Se dunque il mio giudizio sul compiacimento vostro non erra, perchè l’operetta in tutta la estenzione corrisponde appuntino alle mire, protesto di non aver più che bramare, perche soddisfatto appieno de’voti. […] La efficie di questo Dio è tutta adattata a simboleggiare, ed esprimere i diversi moltiplici suoi impieghi. […] A mio credere più plausibile sembra il parere di chi afferma, che la prosperità dell’empio, e la infelicità del giusto ne sia stata tutta la cagione, ed il motivo. […] Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria di sua maestà. […] Una difficoltà tutta sua propria ci presenta questo metro.
Avvenne, che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uccise. […] Colui, fattosi capo de’ ribelli, privò di vita Creonte, s’impossessò del trono, e voleva anche distruggere tutta la famiglia d’Ercole, ma l’improvviso ritorno di lui dall’ Inferno cangiò tutta la scena. […] Ecuba, rimasta di lui incinta, sognò che aveva partorito una faccola, la quale poi arse tutta Troja. […] Costei sedeva in alto trono, coperta di veste magnifica, e tutta d’oro risplendente. […] Questo vizio tiene stretta una borsa, e sempre la guarda con tutta attenzione.
S’instituirono per comando di un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello era il solo mezzo di placare la Dea, che affliggeva tutta la Grecia colla fame. […] Sulla sera udirono uno scuotimento di tutta la casa. […] Le anzidette Feste si celebravano in tutta la Grecia, e singolarmente a Sparta. […] Portavano in processione la predetta statua con tutta la pompa. […] Le Panatence, ossia Feste di tutta Atene, perchè tutti gli Ateniesi doveano intervenirvi, si dividevano in minori e maggiori.
Giove tornato in Cielo radunò il consiglio degli Dei Superiori, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che umana. […] Per nove giorni e per nove notti piombarono senza intermissione le acque dirottamente su tutta la Terra ; e per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria marea e spingerli ad invadere le vicine convalli. […] La qual trasformazione graduale è significata nella pittura col rappresentar le diverse pietre in maggiore o minor parte trasformate, talchè in alcune scorgesi abbozzata o formata la testa soltanto, in altre anche il petto e le braccia, e così di seguito gradatamente, finchè ne apparisce qualcuna tutta cangiata in forma umana, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora di rozza pietra.
Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole di buon augurio si mantiene tuttora da quasi tremila anni, e non in Roma e in Italia soltanto, ma per tutta Europa e presso molti popoli delle altre parti del mondo. […] Quest’epiteto di Prestiti dato ai Lari è d’origine tutta latina : deriva da prœstare opem (prestar soccorso). […] Bellona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro.
Questi irritato, per dar prova del valor suo, scoccò uno strale dorato contro di lui medesimo, per cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con tutta possa a fuggirlo. […] Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente brama di veder Giove in tutta la sua maestà. […] Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare che chiamavasi Genio, e che Io accompagnava in tutta la vita. […] Essendo Elena stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia, armossi tutta la Grecia per riaverla, e capo della Spedizione fu fatto Agamennone. […] A questi giuochi concorreva tutta le Grecia.
Inoltre la Balena con tutta la sua gigantesca statura, che quando alza l’enorme sua testa perpendicolarmente fuori dell’acqua, l’illuso marinaio la crede uno scoglio ; e per quanto sia straordinaria e tremenda la sua forza, che quando flagella furiosamente le onde colla potente sua pinna produce una piccola tempesta e ne rimbomba il suono per le solitudini dell’artico Oceano come il romor del cannone, pur tuttavia ben lungi dall’avere spiriti guerreschi e sanguinarii, è assolutamente priva di coraggio ; per cui se anche un uccelletto marino le si posa sul dorso, le cagiona grande inquietezza e paura. […] Ho riportato tutta questa poetica descrizione, perchè vi è dipinta mirabilmente l’ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fatti di diverso vi è soltanto la fantastica invenzione ariostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre gli riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con tutta la nave, e che ficcasse l’ancora « E nel palato e nella lingua molle ; » mentre è noto che si scaglia e s’infigge il rampone o la fiocina nella pelle del cetaceo, che è grossa circa un pollice, e si fa penetrare nel sottoposto strato di grasso che è alto almeno quindici pollici.
Insieme con queste si annoveravano ancora la Morte, il Lutto, il Timore, la Fatica, la Povertà, la Fame e perfino la Vecchiezza, funeste divinità allegoriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi in descrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. […] Infatti « Stavvi Minos orribilmente e ringhia, « Esamina le colpe nell’entrata, « Giudica e manda secondo che avvinghia, cioè per mezzo della sua coda, come spiega Dante stesso ; diversamente nessun l’avrebbe indovinato ; perciò soggiunge subito dopo : « Dico che quando l’anima malnata « Gli vien dinanzi, tutta si confessa ; « E quel conoscitor delle peccata « Vede qual luogo d’Inferno è da essa : « Cingesi con la coda tante volte « Quantunque gradi vuol che giù sia messa250. » V’è anche « ….. […] Ma io credo che nell’invenzione dantesca sia da ammirarsi principalmente la facoltà poetica del quidlibet audendi e la potenza del Genio di rendere accette e gradite a tutta la poster ita le sue più strane fantasie.
Tutti gli altri mortali, per quanto buoni e giusti e pii andavano ai Campi Elisii, soggiorno che gli Antichi, con tutta la loro vigorosa fantasia, non seppero dipingere e rappresentare talmente ameno e beato da preferirsi alle terrestri condizioni di questa mortal vita. […] « Ei nuovamente di tutta sua forza « Su la cacciava ; dalle membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne « Dal capo gli salia di polve un nembo262). » (Odissea, xi.) […] Mirabile è poi in sommo grado, e al tempo stesso di tutta evidenza, l’argomentazione con la quale dimostra che usura offende la divina bontade ; e perciò gli usurieri son condannati alle pene dell’Inferno.
In greco, chaos significa confusione, e si riferisce perciò principalmente alla confusa massa di tutta quanta la materia bruta ed informe, supposta esistente nello spazio prima che con essa fosse plasmato il mondo ; e in questo significato si adopra quella parola anche dai nostri poeti. […] Dante più degli altri poeti ci rivela un simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia e dalla Mitologia, dalle Storie sacre e dalle profane.
Da questa quadriennale solennità della Grecia ebbero il nome le Olimpiadi, divisione del tempo tutta particolare ai Greci e significante lo spazio di quattro anni. […] Si fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura, che non può esser tolta all’uomo nemmen da Dio, senza distruggerlo. »
Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa fanciulla robusta, perchè nacque adulta e tutta armata ; e questo nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani. Minerva poi è voce di origine tutta latina, e Cicerone stesso ne dà l’etimologia derivandola dai verbi minuere e minitari (diminuire e minacciare) ; e perciò sotto questo nome sarebbe considerata come della guerra.
Non è tempo perduto, nè fia senza diletto leggerne o rileggerne l’omerica descrizione : « Giungemmo nell’Eolia, ove il diletto « Agl’immortali Dei d’Ippota figlio,42 « Eolo, abitava in isola natante,43 « Cui tutta un muro d’infrangibil rame, « E una liscia circonda eccelsa rupe. […] Quand’egli dice nel Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su per l’orizzonta « E’l Carro tutto sovra’l Coro giace, » accenna con precisione astronomica che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in quell’ora che egli voleva significare appariva la costellazione dei Pesci sulorizzonte, e inoltre la costellazione del Carro, ossia dell’Orsa maggiore giaceva tutta sovra’l Coro, cioè fra settentrione ed occidente, ossia presso a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi.
Ne riporto qui la traduzione del Caro, e in nota l’originale : « È fama che dal fulmine percosso « E non estinto sotto a questa mole « Giace il corpo d’Encelado superbo : « E che quando per duolo e per lassezza « Ei si travolve o sospirando anela, « Si scuote il monte e la Trinacria tutta ; « E dal ferito petto il fuoco uscendo « Per le caverne mormorando esala, « E tutte intorno le campagne e ’l Cielo « Di tuoni empie, di pomici e di fumo77). » Ed è questo uno dei più evidenti esempi a dimostrazione del modo con cui gli Antichi trasformavano in racconti mitologici la descrizione dei naturali fenomeni. […] Non troverà nulla da opporre neppure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi, con tutta la sua nuova teoria dei vulcani.
Lorenzo, così descrive il gruppo del Bacco e del Satirino : « Rarissimo e maravigliosissimo fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta. […] Orazio, in tutta la Satira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui spaventò le streghe Canidia e Sagana mentre facevano un incantesimo negli Orti esquilini, posti sotto la sua guardia e custodia.
Acrisio prese allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. […] « E vede l’oste e tutta la famiglia, « E chi a finestre e chi fuor nella via, « Tener levati al ciel gli occhi e le ciglia, « Come l’ecclisse o la cometa sia.
Fu un prodigioso viaggio quello di Frisso di traversar sull’ aureo montone nuotante l’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo stretto di Costantinopoli e tutta la maggior lunghezza del Mar Nero, e giunger salvo a Colco. […] È ben facile che alla primitiva tradizione, di cui fa cenno anche Omero, non che Esiodo, siano stati aggiunti in appresso nuovi eroi dei diversi Stati della Grecia per accomunar la gloria di questa impresa a tutta la Nazione, poichè si fanno ascendere, come abbiam detto, almeno a cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave di cinquanta remi.
Per altro nell’ amministrazione del regno fu così fortunato e divenne tanto potente che estese il suo dominio su tutta quella penisola della Grecia che ora chiamasi Morea, e che dal nome di Pelope fu detta dagli antichi Peloponneso. […] I poeti si fanno dalla lontana, e veramente ab ovo, narrando che Ecuba quand’era incinta di questo figlio sognò di aver partorito una fiamma che incendiava tutta l’Asia. […] Il tristo annunzio colpì talmente Achille, che dopo aver con gemiti e con pianto sfogato il suo immenso affanno rivolse contro Ettore, per vendicar l’amico estinto, tutta l’ira che aveva prima contro Agamennone. […] Ma quando « I salsi flutti ringhiottiva, tutta « Commoveasi di dentro, ed alla rupe « Terribilmente rimbombava intorno, « E, l’onda il seno aprendo, una azzurigna « Sabbia parea nell’imo fondo : verdi « Le guance di paura a tutti io scôrsi. […] Di quel che avvenne ad Ulisse e ai suoi compagni nell’antro del Ciclope Polifemo la narrazione è troppo lunga in Omero, ed occuperebbe troppo spazio a riportarla qui tutta ; ma se ne trova il compendio in Virgilio, che ne pone il racconto sulle labbra di Achèmene, uno dei compagni di Ulisse : « ………..
Talchè, se si considera quanto si perde per la frode e per la bugia delle vostre professioni, si farà facilmente il conto, che la querela che ci fate in ordine ad una sola spezie di cose, vien compensata dal comodo degli altri dazj che da noi medesimi ricavate con tutta esattezza. […] Gesù Cristo può dunque con tutta verità esser detto Salvatore del mondo nel senso materiale, come si dice nel senso spirituale.
Sulla Cosmogonia dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando il principio generale da essi riconosciuto, che la materia fosse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam.
Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno.
Chi ha letto almeno una volta tutta la Divina Commedia sa bene che vi si trovano più e diversi latinismi, o vogliam dire parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolatre invece di Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e simili.
Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.
Indigeti è parola di etimologia tutta latina, sia che debbasi interpretare inde geniti, o in diis agentes, cioè generati sulla Terra, o ascritti fra gli Dei.
Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano per la massima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne rammenta sempre almeno le principali, come adorate egualmente da entrambe le nazioni.
Dante stesso nel descrivere il Paradiso terrestre accenna questo mito, e dice alla bella Matelda, « ………… (che si gìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primavera. » A questo punto cederò la parola all’ Ariosto, la cui splendida poesia è facile ad intendersi come la prosa : « Cerere poi che dalla madre Idea52 « Tornando in fretta alla solinga valle « Là dove calca la montagna Etnea « Al fulminato Encelado le spalle, « La figlia non trovò dove l’avea « Lasciata fuor d’ogni segnato calle ; « Fatto ch’ebbe alle guance, al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ; « E portandosi questi uno per mano « Sul carro che tiravan due serpenti, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò di sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato di aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in un carro ferrugginoso tirato da neri cavalli guidati e spinti precipitosamente da Plutone per le vie sotterranee verso le regioni infernali.
Anche le colonie Romane adoravano Marte come loro Dio protettore : e tra queste Firenze che non fu già tutta plasmata da « ….quell’ingrato popolo maligno « Che discese di Fiesole ab antico « E tiene ancor del monte e del macigno, » ma vi fu mista ancora « …….la sementa santa « Di quei Roman che vi rimaser, quando « Fu fatto il nido di malizia tanta. » (Inf.
« Di Orazio sol contra Toscana tutta » dichiara che questo fatto era più famoso che credibile : « Rem ausus plus famae habituram ad posteros, quam fidei.