Perciocchè avendo Saturno inteso da Urano, e da Gea, che doveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiottire di mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da Rea. […] Effigiavasi Vulcano, in sembianza di fabbro col martello in mano, e zoppo da ambi i piedi. […] Ei presedeva alle nozze, rappresentavasi avente in mano una fiaccola accesa. […] Effigiavasi colla barba, e la chioma scomposta, e una falce di legno in mano per allontanare i ladri e gli uccelli. […] Rappresentavasi con chiome cerulee, e col tridente in mano, sopra una grande conchiglia tirata da due cavalli marini.
Nettuno rappresenta vasi col tridente in mano, segno della terza regione, il mare, dopo il cielo e la terra(1). […] E gli si pone lo scettro in mano, chè lo imperio del Sole si distende su la terra. […] Portava ancora il nome di Pallade, parola tutta greca, che deriva dal radicale « παλλειν vibrare, saettare, onde si rappresenta con in mano un’asta in atto di vibrarla. […] Sposa del Dio del fuoco, di quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entrava essa in congiunzione, secondo i diversi suoi aspetti in cielo ». […] Tutto ciò, che vedi da ogni lato, il Cielo, il mare, le nubi, la terra, tutto è chiuso ed aperto della mia mano.
Finalmente le si diede anche le scettro in mano. […] Cerere rappresentasi coronata di spighe, e con fiaccola accesa in mano. […] Tiene in mano un tirso(23). […] Fecero poi passare i donativi di mano in mano per mezzo di que’popoli, che si trovavano sulla strada dal loro paese sino a Delo(b). […] Con una mano stringe pure una corona d’alloro, e tratra coll’altra un arco con varie frecce, ovvero una lira.
Polinnia coll’alloro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e nell’altra il plettro. Clio colla corona d’alloro e un libro in mano. Talia con volto allegro e ridente, la corona d’ellera in capo e una maschera, oppure, come voleva il Parini, uno specchio in mano. […] Urania coronata di stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo presso di sè un globo celeste e in mano qualche stromento matematico.
» All’età dell’oro successe quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di mano in mano che gli uomini peggiorarono. […] O Marco mio, bene argomenti. » Qui osserverò una volta per sempre che alle erronee o pregiudicate opinioni bisogna sempre opporre le contrarie sentenze per rettificarle : diversamente la nuda erudizione che non sa far confronti e dedurne logiche conseguenze è peggio che inutile per l’umano progresso ; e quel tempo che si perde in vanità e quisquilie letterarie, saria meglio impiegarlo « ….. in qualche atto più degno « O di mano o d’ingegno, » come suggerisce il Petrarca. […] Si rappresenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orologio a polvere, oppure un serpente che si morde la coda e forma così un circolo non interrotto. […] Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada.
Un uguale effetto deriva ancora talvolta per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi, produce estesissimi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle materie combustibili che trovansi sulla Terra. Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di tutte le arti degli uomini. […] Lungo sarebbe e molesto il voler tutte rammentarle di seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta, di mano in mano che ne verrà l’occasione, secondo l’ordine cronologico e gerarchico, nel parlare dei figli di Giove.
Era rappresentato con un berretto frigio coi sonagli, un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che egli con sfrenata licenza plebea e con modi da pazzo censurava tutti, pretendendo di smascherarne i vizii. […] Virgilio nelle Georgiche invoca Silvano tra le divinità protettrici delle campagne, e accenna che per distintivo portava in mano un piccolo cipresso divelto dalle radici17. […] L’immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fiori spuntano sul terreno ov’ella posa le piante. […] Lorenzo, così descrive il gruppo del Bacco e del Satirino : « Rarissimo e maravigliosissimo fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta.
Perciò questi due fratelli, oltre all’esser rappresentati con cavalli bianchi e con un’asta in mano, si vedono spesso, specialmente in pittura, con una stella sopra la fronte. […] Fra gli episodii però dell’eccidio di Troia uno dei più lagrimevoli è quello della morte del vecchio re Priamo, che dopo aver veduti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte dei suoi sudditi, e presa e incendiata dai Greci la sua città, fu ucciso per mano di Pirro. […] Il vecchio Nestore ritornato in Pilo sua patria e suo regno (sulle coste della Messenia nel Peloponneso) visse ancora alcuni anni in seno alla sua famiglia, in cui però mancava il figlio Antìloco, ucciso sotto le mura di Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Mennone. […] « Allor porsi la mano un poco avante, « E colsi un ramoscel da un gran pruno ; « E ‘l tronco suo gridò : Perchè mi schiante ? […] « Lascia a color che a tanto il Ciel destina « L’opra scabrosa ; o per lung’uso ed arte « Via più la mano e più l’ingegno affina. » 108.
La maligna astuzia di Giunone sortì pienissimo effetto ; e Giove avendo promesso non potè mancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò la reggia Tebana e uccise e incenerì Semele195 ; e sarebbe perito del pari il non ancor nato figlio, se Giove non lo salvava supplendo all’ incompleto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. […] Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. […] Le Baccanti erano rappresentate come donne furibonde colla testa alta e piegata indietro, colle chiome scarmigliate e svolazzanti, in atto di far passi concitati o salti, e perciò colle vesti che formavano obliquamente molte pieghe ; e in mano il tirso o il cembalo o il crotalo 203), il flauto o le nacchere ; ed anche talvolta la spada o il pugnale. […] Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe.
Dante stesso nel descrivere il Paradiso terrestre accenna questo mito, e dice alla bella Matelda, « ………… (che si gìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primavera. » A questo punto cederò la parola all’ Ariosto, la cui splendida poesia è facile ad intendersi come la prosa : « Cerere poi che dalla madre Idea52 « Tornando in fretta alla solinga valle « Là dove calca la montagna Etnea « Al fulminato Encelado le spalle, « La figlia non trovò dove l’avea « Lasciata fuor d’ogni segnato calle ; « Fatto ch’ebbe alle guance, al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ; « E portandosi questi uno per mano « Sul carro che tiravan due serpenti, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò di sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato di aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in un carro ferrugginoso tirato da neri cavalli guidati e spinti precipitosamente da Plutone per le vie sotterranee verso le regioni infernali. […] Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra. […] Non è però possibile scambiarla o confonderla con altre Dee, quando si vede rappresentata in un carro tirato da serpenti alati, o vogliam dire draghi volanti, ed avente in mano una o due faci accese : si riconosce subito Cerere che va in cerca della smarrita Proserpina.
Siccome è regina del Cielo e degli Dei ha in capo il diadema ; il suo volto è maestoso ; ha grandi gli occhi, bianche le braccia93), lunga la veste matronale e il manto, i cui lembi estremi le stanno ricinti a mezzo la persona ; in una mano ha lo scettro e talvolta nell’altra una melagrana frutto dell’albero a lei sacro, e ai piedi il pavone. […] Ebe oltre ad esser la dea della gioventù, mesceva il nettare agli Dei, quando erano a convito con Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. […] Di forme corporee ed in figura umana raramente trovasi Iride dipinta o sculta, e non è mai rappresentata nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta avente in mano un’Idria, quasi ad indicare l’erronea idea degli Antichi che Iride somministrasse l’acqua alle nubi.
E chi fu mai sì losco o dell’occhio o dell’intelletto che non abbia veduto e ammirato, in tela, in legno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? […] In mano aveva o la sola verga, o la verga coi serpenti, detta il caducèo, e talvolta la borsa. […] Dante a cui nulla sfugge, e che ovunque stenda la mano o colorisce o scolpisce, nel descrivere il cerchio del Purgatorio ove son puniti gl’invidiosi, ci narra che ei vide « Il livido color della petraia, » e più oltre « ………ombre con manti Al color della pietra non diversi, » e udì « Voce che giunse di contro dicendo : « Io son Aglauro che divenni sasso ; » e seppe così valersi incomparabilmente della pagana Mitologia, per ornamento del linguaggio poetico anche nel Purgatorio cristiano, apostolico, romano163.
Considerato Apollo come il Dio del Sole, chi è che non l’abbia veduto dipinto da più o men valenti pittori come un giovane imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guidare con mano ferma e sicura quattro focosi destrieri per le vie del firmamento, e circondato da dodici avvenenti ninfe piè-veloci, che intreccian carole intorno al suo carro ? […] Infatti i focosi cavalli del Sole ben presto si accorsero della inesperta ed imbelle mano che li guidava, e non trattenuti dai freni deviarono dall’usato sentiero, ora accostandosi alla vôlta celeste ed arroventandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando gli alberi e gli animali e prosciugando i fiumi, i laghi ed i mari. […] Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto di meditare ; lunga avea la barba che scendeagli a mezzo il petto ; sulle spalle il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al quale era attortigliato un serpente, simbolo della prudenza, virtù necessaria principalmente ad un medico.
Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea la corona ; un manto ricuoprivalo dai fianchi in giù ; e ai piedi aveva il tricipite Can Cerbero. […] I pittori fanno a gara coi poeti a rappresentarle orribili nell’ aspetto, nelle vesti, nei distintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano aveano la face fiammeggiante e nell’altra un mazzo di serpenti per avventarli a morsicare i colpevoli. […] Anche il can Cerbero ha ricevuto l’onore dagli astronomi che il suo nome fosse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione di Ercole che si chiama la mano, volendosi così alludere alla favola che Ercole incatenò il can Cerbero nell’Inferno e lo trascinò seco sino alla vista del Cielo.
Degli altri dirò a mano a mano che toccherà la lor volta per ordine cronologico ; e di quelli che si trovarono insieme in una data spedizione prima accennerò brevemente le particolari qualità di ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa.
I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati.
Se la vittima doveva essere trascinata per forza all’altare, se sfuggiva di mano al conduttore, se schivava il colpo, e via discorrendo, erano cattivi prognostici ; e se il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio di prossimi e inevitabili guai. […] La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano.
E per farne distinguere gli ufficii, gli pongono in mano un martello e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. […] Altri automi più semplici, e non di umana forma, ma non meno mirabili, descrive Omero come fatti da Vulcano : « ……..Avea per mano « Dieci tripodi e dieci, adornamento « Di palagio regal.
Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa di Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie dell’ Orgagna in Piazza della Signoria. […] Questa mirabile liberazione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel bassorilievo di bronzo fuso che vedesi nella base del Perseo ; ma l’eroe vi è rappresentato volante col petaso e i talari di Mercurio e non sul caval Pegaso ; con la scimitarra nella destra, e senza la testa di Medusa nell’altra mano.
Convenne far diverse fermate per prender, come suol dirsi, paese, ossia per avere a mano a mano opportune notizie riferibili al luogo e allo scopo del loro viaggio, ed anche per rinnovare le loro provvisioni da bocca, perchè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe, era anche il più gran divoratore, e mangiava per cinquanta, bevendo ancora in proporzione ; e perciò gli avevan messo il soprannome di Panfago, che vuol dir mangia-tutto.
Finalmente, i carnefici stanchi s’arrestano, la scure sfugge loro di mano, e un’arcana virtù celestc, scaturita dalla croce, comincia a commuovere anche questi feroci. […] Del rimanente, se la vuole, porga Giove la mano, e prenda la limosina ; essendo che frattanto la nostra misericordia più spende per le strade, che la vostra religione per i templi.
Quindi Orazio la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso.
Nel tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che era considerato come Dio del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto di premer le labbra col dito indice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione di silenzio.
Si rappresentano generalmente seduti in un terreno alquanto declive e colle gambe stese per indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la sorgente ; e se il fiume è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due corna.
Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti.
Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e nell’altra la sampogna.
Perciò questo Dio è rappresentato giovinetto e senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta.
E perciò si rappresenta come le vergini Tirie140, con veste corta che appena le giunge al ginocchio, i coturni sino alla metà della gamba, pendente alle spalle il turcasso cogli strali, in una mano l’arco e nell’altra un guinzaglio con cui trattiene un levriero che si volta a guardarla ; e perchè si distingua che questa cacciatrice è Diana, le si aggiunge sull’alto della fronte un aureo monile in forma di luna crescente.