Fissò quivi a tal uopo ampia fucina, (come in Lipari, e nell’Etna pur fece, chiamate perciò officine Vulcanie) ed in sua compagnia associando il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla sua Caverna pezzi di opera si ragguardevoli, che riscossero del pari la maraviglia degli Dei, e degl’ uomini, e resero al mondo celebre il suo nome non senza gloria degli stessi suoi collaboratori. […] La sua crudelià però nol fé riguardar per tale, nè mai ottener gli fece il bel titolo di padre degli Dei a lui per natural dritto dovuto. […] Ella fece spezzare i brandi, e gli archi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La gloria, ed il terror fù di Monarchi Fra suoi trïonfi generosi, e spessi. […] Come suole apparir tra nubi il Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter di sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra. […] Coll’ opre, cogli affetti, e con favella, Col voler, col saper, co’ suoi costumi Tanto fece avvanzar la navicella, Che obice non le son nè mar, nè fiumi.
Poco o nulla hanno scritto di lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. […] Le Feste Terminali eran celebrate agli ultimi di febbraio, che fu per lungo tempo l’estremo mese dell’anno, poiché quando Numa vi aggiunse i mesi di gennaio e di febbraio, fece precedere il gennaio e seguire il febbraio ai dieci mesi dell’anno di Romolo. […] Lorenzo, così descrive il gruppo del Bacco e del Satirino : « Rarissimo e maravigliosissimo fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta. […] Il nome di Fauno si fece derivare dal verbo fari (parlare) e si interpretò canere fata ossia presagire : quindi si disse che Fauno rendeva gli oracoli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7° dell’Eneide.
Giove fece piombare nell’inferno Menezio ripieno di mille colpe, die la cura ad Atlante di sostenere coi forti omeri il Cielo nel paese dell’Esperidi, e sul Caucaso incatenò Prometeo, le di cui interiora rinascevano alla pena sotto il rostro di un avvoltoio. […] Giove, nonostante, trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove gli die per custodi Cotto e Briareo. […] Tre passi ei fece; E al quarto giunse alla sua meta in Ega, Ove d’auro coruschi in fondo al mare Sorgono eccelsi i suoi palagi eterni. […] Nè la pattuita mercede segui la fatica: più generoso del re dell’acque, non fece piangere Apollo i popoli per la colpa del re, ma propizio ai Troiani diresse l’arco di Paride contro Achille, di lui solamente minore. […] Cigno, ingannato da questa impostura, fece chiudere il fratello e la sorella in una cassa, e li gettò nel mare.
132 e ne hanno non solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di Apollo, che in un modo più tremendo (e diremo ancora crudele) fece scorticar vivo il satiro Marsia, dopo averlo vinto nella sfida da lui ricevuta a chi meglio cantasse. […] Il lauro d’allora in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subito lo imitarono, e dopo i poeti anche i generali trionfanti e tutti gl’ imperatori, ancorchè non fossero poeti nè mai stati alla guerra. […] Non la sdegnò il Poliziano, adoratore devoto e felice di tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità ; e così vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bionde. » Più tristi effetti ebbe per Apollo la morte del giovinetto Giacinto. […] E da notarsi che Dante nel Canto xviii del Paradiso, invocando la Musa, la chiama diva Pegasea, secondo la frase dei latini poeti, perchè il Pegaso fece scaturire con un calcio la fontana Ippocrene che fu sacra alle Muse : « O diva Pegasea, che gl’ ingegni « Fai glorïosi e rendigli longevi, « Ed essi teco le cittadi e i regni, « Illustrami di te, si ch’io rilevi « Le lor figure com’io l’ho concette ; « Paia tua possa in questi versi brevi. » 131.
Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affrica la potenza cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solenni frasi rituali. […] Nella nautica si chiamano Nettuni le collezioni di carte nautiche ; la qual denominazione mitologica è analoga a quella che fece chiamare Atlanti le collezioni delle carte geografiche. […] Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sollevato da forza soprannaturale, si trovò in un istante senza avvedersene in mezzo al mare, accolto dalle Divinità marine e trasformato in un Dio protettore della navigazione. […] Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco secondo la favola, senza diminuirne in nessuna parte il maraviglioso, perchè voleva raccontar di sè stesso un fatto maraviglioso non meno.
Racconta lo stesso Tito Livio che i Troiani profughi dalla loro città distrutta dai Greci vennero in Italia seguendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con Latino re dei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio di Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla dinastia dei re Albani discesi in linea retta da Enea, nacque il fondatore di Roma a cui si attribuì per padre il Dio Marte. […] Anche il culto di Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione da Evandro ed accolto dai popoli limitrofi in ringraziamento dell’averli Ercole liberati da quel mostro dell’assassino Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco. » Della qual liberazione e del qual culto non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. […] Lo stesso Numa Pompilio che inventò tante cerimonie e pratiche religiose, non aggiunse alcun Dio a quelli adorati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria.
Europa vedendolo così mansueto vi era salita in groppa per giovanile trastullo ; ma il toro giunto sulla riva del mare, si gettò in mezzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. […] Dante rammenta questa favola del ratto di Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e di qua presso il lito « Nel qual si fece Europa dolce carco. » 58.
Talchè la lira fu lo unisone delle corde o forze de’padri, onde si compose la forza pubblica, che si dice imperio civile, che fece cessar finalmente tutte le forze o violenze private, e la legge con tutta proprietà restò ai poeti definita lyra regnorum. » 29. […] Questa Diva non poteva essere immaginata nella mente de’poeti, che dalla riconoscenza, volendo tributare onori divini a colei, che insegnando all’uomo irsuto e ancor disperso nella grande selva della terra l’agraria, ne fece pullulare le biade, onde porgere all’uomo istesso un migliore alimento. […] E il sommo cantor dell’Eneide(1) portando innanzi il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per riveder l’ombra di suo padre Anchise, fè dono a Proserpina. […] Taluni interpetrando questo mito vogliono, che Anteo fosse un mercante stabilito nella Libia tanto dovizioso, che a nessuno veniva il destro di indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendogli di recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con nuovi sussidii, ivi lo fece perire […] Non difficile è la interpetrazione di questo mito ; posciachè Cadmo uccise un principe di nome Draco, che si voleva figlio di Marte, intendendosi dall’altra parte co’denti i sudditi del principe, i quali sollevandosi dopo la sconfitta di lui, Cadmo li fece, tranne alcuni pochi, tutti morire
Il diritto, che ora chiamerebbesi legittimo, al trono del Cielo apparteneva veramente ai Titani come figli e discendenti di Titano, che cedè il regno a Saturno sotto condizione che questi non allevasse figli maschi ; e non essendo adempiuta l’apposta condizione sine qua non, la dinastia divenne da quel momento in poi usurpatrice ; e Giove in appresso fu soltanto un invasore fortunato che fece valere il diritto del più forte (jus datum sceleri) come vera e propria ragione. […] Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato nel testo la venerazione dell’ Alfieri per Dante, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il sepolero del divino poeta, da lui invocato come una divinità : « O gran padre Alighier, se dal ciel miri « Me tuo discepol non indegno starmi, « Dal cor traendo profondi sospiri, « Prostrato innanzi a’ tuoi funerei marmi, « Piacciati deh ! […] Anche Dante la rammenta con questo nome : « Si come ei fece alla pugna di Flegra. » (Inf.
S’intende facilmente che l’oro col quale furon comprate le guardie da un ricco principe aprì le porte della torre di bronzo, per la stessa ragione che fece dire a Filippo padre di Alessandro Magno non esservi fortezza inespugnabile alla quale potesse accostarsi un asinello con una soma d’oro48. Acrisio prese allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. […] Inoltre questo cavallo dando un calcio al terreno presso il monte Elicona nella Beozia, fece sgorgare una fonte che fu poi sacra alle Muse e fu chiamata Ippocrene, che vuol dir fonte del cavallo.
Così si fece come una fusione di essere mitici, il greco Zeus venne identificato coll’ italico Iupiter, Hera con Giunone, Athena con Minerva, ecc. […] Numa, riconosciuto quello scudo come lo scudo di Marte, a meglio conservarlo, ne fece fabbricare altri undici somigliantissimi a quello, tanto da non poteri distinguere. […] Tra i templi dedicati a Marte, merita special menzione il tempio di Marte Ultore che Augusto fece edificare nel suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli uccisori di Cesare. […] Già da tempi abbastanza antichi fu pensato in rapporto con la gran Madre e se ne fece un compagno di lei. […] Più tardi lo si fece educatore anche di altri e altri esseri mitici, come Castore e Polideuce, Teseo, Nestore, Meleagro, Diomede, ecc.
Cibele dipoi, per salvare gli altri figli maschi che nacquero in appresso, li mandò nascostamente nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece di ciascun neonato. […] Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno.
Di qui l’accanimento di quella guerra spaventevole che fece terrore ai Romani medesimi, e diè loro per la prima volta a combattere il fanatismo religioso. […] Il tempio fu consunto dalle fiamme ; Tito, tornato a Roma, si fece portare dinanzi nel suo trionfo i vasi sacri, il velo del santuario e il libro della legge ; la nazione giudaica sparì, e le sue ceneri furono, per così dire, gettate come polvere al vento nell’universo intero. […] La classe più numerosa era schiava ; le società ondeggiavano continuamente fra l’anarchia popolare ed il dispotismo : ecco i mali a cui il Cristianesimo apportò un rimedio sicuro, come fece manifesto liberando da questi mali medesimi le società moderne.
Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. […] ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno maraviglia a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fece un solo Giove, un solo Mercurio, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi.
Nel medio evo, al risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la manìa di costruire automi ; e sappiamo che Alberto Magno fece un bellissimo androide che apriva la porta di casa a chi battesse a quella, e quando le persone entravano le salutava. […] Gli archeologi chiamano ciclopiche quelle antichissime costruzioni composte di grandi massi o macigni talvolta irregolari, ma spesso ancora tagliati a poliedri regolari, e notabili inoltre per l’assenza di qualunque cemento : la loro pesante mole ne rende sicura la stabilità, e fece attribuire tali costruzioni alla gigantesca forza dei Ciclopi.
Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio marittimo che fece Frisso sulla groppa del suo impareggiabile montone, furon costretti a costruire ed armare una nave che fu creduta la prima inventata dagli uomini, e celebrata perciò con lodi interminabili da tutti gli antichi. […] Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche.
Anche gli scienziati adottarono alcune denominazioni derivate dall’Inferno dei Pagani ; e principalmente i geologi che diedero il nome di plutoniche ad alcune roccie che il progresso delle osservazioni scientifiche fece riconoscere differenti, per certi particolari caratteri, da quelle che avevan chiamate vulcaniche, e perciò da doversi distinguere con altro nome. […] « Sotto il braccio un fastel d’alcuni fece ; « Nè il grembo si lasciò nè il seno voto : « Un suo capace zaino empissene anco, « Che gli pendea, come a pastor, dal fianco. » E per intender poi che questa è una imitazione del gigante Polifemo descritto da Omero nell’ Odissea, basta legger la seguente ottava : « L’umana carne meglio gli sapeva ; « E prima il fa veder ch’all’antro arrivi, « Che tre dei nostri giovini che aveva, « Tutti li mangia, anzi trangugia vivi.
Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi di tutte le forze e leggi della creazione non solo del mondo fisico, ma pur anco del mondo morale.
Solamente dopo la proditoria uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza, a cui era dovuta la prostrazione del partito aristocratico e inoltre tanti vantaggi a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual Nume.
Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomini viventi e parlanti.
Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse del nostro Giovan Battista Vico : « Tutti gliStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronologicamente quest’epoca, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di Troia.
Questa costellazione, invece di esser chiamata la Capra, è detta il Capricorno ; la qual parola composta starebbe a significare il corno della capra, o la capra con un corno, per alludere alla favola, che alla capra nutrice di Giove essendosi rotto un corno, Giove ne fece un regalo alle Ninfe che ebbero cura della sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona che lo possedeva.
Quegli fece nascere il cavallo e questa l’olivo ; e fu stimato più utile l’uso dell’olio che quello del cavallo.
I mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia, quando egli andò a far visita a Venere, e il Sole lo scuoprì.
E Numa ne fece costruire altri undici, non solo simili, ma tanto uguali che neppur l’artefice seppe in appresso distinguere qual fosse quello caduto dal Cielo.
Mercurio però col canto, col suono e con un soporifero fece completamente addormentare Argo, gli chiuse tutti i cento occhi, e poi gli tagliò la testa e liberò la vacca.
Questa più strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza della prima che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il greco nome di Afrodite, che significa appunto nata dalla schiuma.
Tutte le opere d’arte (qual che si fosse lo maestro che le fece, come dice Dante), furono eseguite secondo le regole architettoniche e le proporzioni matematiche in modo così esatto e preciso, che i più dotti commentatori della Divina Commedia dalle indicazioni che ne ha date l’autore hanno potuto determinarne in numeri concreti le dimensioni geometriche di lunghezza, larghezza e profondità237.