Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa fanciulla robusta, perchè nacque adulta e tutta armata ; e questo nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani. […] Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio : « Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte « Armati ancora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea della sapienza : « Minerva spira e conducemi Apollo. » Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. […] Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo di Ateneo. Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatina sacra ad Apollo.
Cecrope, fondatore dei Greci, e più specialmente degli Ateniesi. […] Aristeo insegna ai Greci a far coagulare il latte, coltivare gli ulivi, raccogliere le Api negli alveari e cavarne il miele. — Trittolemo insegna l’agricoltura. […] 162 L’armata dei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. condotti da Agamennone, capitano supremo che aveva 100 navi ; di Lacedemoni, condotti da Menelao con 60 navi ; quei d’Argo, Epidauro, Tirinte, Trezene, Ermione, condotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di Megara e di Salamina, da Ajace Telamonio, con 12 navi ; Locresi, da Ajace d’Oileo, con 40 navi ; di Calcide, Calidone, ec. da Toante re d’Etolia, con 40 navi ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ; i Magnesiani del Peneo, da Protoo, con 40 navi ; di Zacinto, Nerito, Cefalonia, Itaca, da Ulisse con 11 navi ; Cretesi, da Idomeneo e Merione con 80 navi ; Rodiani, da Tlepolemo, figlio d’Ercole, con 9 navi. — Erano insiem coi Trojani, e condotti tutti da Ettore figlio di Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo e Foreide, i Paflagonii con Pilamene, i Carii con Naste, i Licii con Sarpedonte e Glauco, i Traci con Piroo ed Acamante. Dicesi che questa guerra costasse ai Greci 800,000 uomini ed ai Trojani 600,000.
L’origine dell’ apoteosi risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. […] Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. […] In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompagnate da azioni erudeli. […] Da essi l’apprescro i Greci, e molto vi si distinsero in Italia gli Etruschi.
E per questo i Greci lo chiamavano Διος, onde i latini dissero sub diu a cielo scoperto. […] Perciò da’ Greci fu detto Ecateo, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν di lontano, cioè dal mandar di lontano sino a noi la luce del sole. […] Invero il fuoco, che commisto all’aere, ossia si alimenta con l’aere, da’ Greci si dice Ηφαιστος che s’interpetra Vulcano, e perciò questo Dio si vuole nato da Giove e da Giunone, intendendosi con l’uno non altro che l’etere, con altra l’aria ; o dalla sola Giunone, chè il fuoco e le fiamme si alimentano con Paria. […] E così interpetrandosi questo mito, a ragione i Greci la chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza di questo nome con quello di Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e consorte di Giove, per la prossimità dell’aria con l’etere, cui, come dicemmo, intendevasi Giove, onde fu nomata aerea. […] Credendosi essere uscita armata dal cervello di Giove, i Greci le davano il nome di Αρεια marziale, duce e governatrice della guerra, pugnando acremente per tutelare la giustizia.
Allora non compariva più come l’avvenente e delicata Ninfa che sceglieva fior da flore alle falde del monte Etna, e a cui Dante assomigliò la bella e cortese giardiniera del Paradiso terrestre ; ma come una matrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altro che lieta del grado di regina : allora confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e di più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai gusti del marito, e li secondasse attirando nei regni infernali più gente che potesse ; e perciò si trova chiamata dai poeti la crudel Proserpina. […] Di maggiore importanza erano le Parche, figlie di Giove e di Temi 244, e corrispondevano a quelle Dee che i Greci chiamavano le Mire. In origine i Greci conoscevano una sola Dea Mira uguale in potenza e in ufficio al Fato dei Romani245 ; e poi ne inventarono tre, distinguendole coi nomi di Cloto, Lachesi ed Atropo, nomi che furono adottati dai poeti latini per le loro Parche, e passarono ancora nel frasario poetico degl’Italiani. […] Le Furie furon dai Greci chiamate Erinni, nome adottato dai poeti latini, e che trovasi anche in Dante ; ed erano tre : Megera, Tisifone ed Aletto, vocaboli significanti odiosa, punitrice delle stragi ed inquieta.
Poco o nulla hanno scritto di lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. […] Era la stessa che la Dea Clori dei Greci, il qual vocabolo fu tradotto con alterazione di pronunzia in quello latino di Flora come asserisce Ovidio21. […] I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli.
Un tripode, che alcuni dissero coperto della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie di caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini cortina, dentro la quale si conservavano i denti e le ossa del serpente Pitone. — In appresso la parola cortina in latino fu interpretata per tenda o velario, col qual significato è passata nella lingua italiana. […] Il responso della Pizia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Grecia289). […] Molti interpretavano che i Greci sarebbero stati vinti a Salamina ; ma Temistocle convinse tutti ragionando così : « Se Apollo avesse voluto significare che Salamina sarebbe infausta agli Ateniesi, non l’avrebbe appellata divina ; e che perciò la minaccia era contro i Persiani, i quali dall’oracolo eran chiamati figli delle donne per indicare la loro effemminatezza e il loro poco valore. » 290.
Molti hanno confuso questo Dio con Conso Dio del Consiglio ; ma stimo meglio con altri distinguerlo, stantecche in Roma altre dicevansi le feste sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri nel mese di Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor di Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio era addetto alle purificazioni da farsi mercè il ministero delle acque, questo mese ancora era a lui consacrato, come general presidente alle acque ; ed universalmente poi da Libici, da Greci, da Romani, dagl’ Itali, e particolarmente da popoli abitanti alle marine spiagge venne Nettuno riguardato per una gran Deità, cui di tratto in tratto innalzarono famosi tempii, istituirono feste indipendentemente dalle indicate. […] Avvegnachè figlio del troppo augusto matrimonio di Giove, e di Giunone quasi da Greci tutti questo Dio si dica ; tuttavolta misteriosa pur troppo pretendono i latini scrittori essere stata la sua nascita. […] Orrore facevano le tre furie Tisifone, Megera, ed Aletto dette Erinni da Greci, che aggirandosi intorno al trono del lor Sovrano scarme, ma foribonde nel viso, con impazienza attendevano il cenno, onde sfogar contre i delinquenti il lor furore, e straziarli a norma delle prescritte sentenze. […] Si consulta Calcante l’aruspice, Chè ognun crede al suo saggio consiglio Egli mostra il tremendo periglio Come puossi da Greci fuggir.
E poichè i moderni filosofi, e tra questi il Pestalozza, discepolo e seguace fidissimo del Rosmini, danno alla religione pagana il titolo di Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo di credere che il sistema da me prescelto sia il più opportuno a spiegare i miti dei Greci e dei Romani. […] Furono allora immaginati e splendidamente dipinti con stile impareggiabile dai Greci e dai Romani i più celebri e graziosi miti di cui non perirà mai la memoria, finchè si leggeranno e s’intenderanno i loro poetici scritti e quelli dei moderni poeti che li imitarono.
E quantunque il termine di Mitologia in senso lato sia riferibile a tutte le religioni pagane, è per altro più specialmente applicabile a quella dei Greci e dei Romani, le cui classiche lingue e letterature tanto contribuirono e contribuiscono a dar pregio e vigore alla lingua e alla letteratura italiana. […] È da osservarsi peraltro che nè Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più strani, oscuri o assurdi miti dei Greci e dei Latini, e invece hanno preferito e trascelto quelli soltanto che racchiudevano le più belle immagini e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza.
Nell’avvilimento della conquista, nell’inerzia che la seguiva, il culto degli Dei pareva la più grande faccenda politica de’ Greci. […] Pare che la Persia, dai Greci chiamata barbara, avesse avuto nei tempi più remoti un culto più ragionevole e più puro del politeismo d’Europa. […] E pure la nostra cena col proprio vocabolo rende buon conto di sè ; perciocchè è detta Agape, che appresso i Greci suona quello che suona carità appresso di noi, talchè sia di qualunque dispendio, è da reputarsi guadagno, mentre si spende per la pietà : poichè certamente con questo sollievo ajutiamo anche i mendichi, non per la vanagloria di renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso di voi succede, arrolandosi i parassiti anche a ricevere ingiurie per ingrassare il ventre, ma perchè appresso a Dio è in gran conto la considerazione che si ha delle persone bisognose.
XI Giove re del Cielo Che Giove fosse adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. […] Da questa quadriennale solennità della Grecia ebbero il nome le Olimpiadi, divisione del tempo tutta particolare ai Greci e significante lo spazio di quattro anni.
I Greci la chiamavano Demèter quali Gemèter (madre Terra) per questa stessa ragione. […] Inventarono i Greci che Cerere avesse prima che agli altri insegnato l’agricoltura a Trittolemo figlio di Celeo re d’ Eleusi, (antica città greca fra Megara e il Pireo), e che questi sul carro di Cerere tirato da draghi volanti avesse percorso gran parte della terra per insegnar quell’arte agli altri popoli.
Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. […] I Greci fecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non era il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi perchè il truce soggetto pareva loro che ripugnasse alla squisitezza della greca eleganza.
XXXIX Eolo e i Venti Non bastò ai Greci ed ai Romani politeisti, dopo aver considerata l’Aria come uno dei 4 elementi del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo di luce), produsse Urano, ossia il Cielo ; in quanto che osservando in appresso che nell’aria esiste « Quell’umido vapor che in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome di Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendosi, « ….. or vien quinci ed or vien quindi, « E muta nome perchè muta lato, » e produce il fenomeno dei Venti, vollero deificare anche questi. […] E siccome i nomi che diedero i Greci e i Latini ai Venti sono per lo più adottati anche dai poeti italiani, e inoltre ne derivaron o molte denominazioni geografiche, non sarà inutile il farne brevemente la rassegna.
Venere era considerata in principio come Dea dell’Amore, e poi le fu aggiunto per questo particolare attributo un figlio chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna di esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. […] Di Enea figlio di Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella celebre guerra dei Greci contro la città di Troia, e nelle origini mitologiche del popolo romano.
Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva, come dicono i mitologi greci, le greche parole le Pai, che significano ferisci o figlio, e da queste parole trassero tanto i Greci quanto i Latini l’etimologia del nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’inno in onore di questo Dio. […] Esculapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci, era figlio di Apollo e della Ninfa Coronide.
Cerimonie funebri dei Greci e dei Romani, 689 e seg. […] — Descrizione dei giuochi dei Greci, 675 2°, 675 3°.
La descrizione delle favole assurde, strane, spesso immorali, per lo più oscure, che sovrabbondavano nella falsa credenza dei gentili, finchè rimane disgiunta affatto dalla storia dei tempi antichi, a poco più può servire che ad agevolare l’intelligenza dei Classici ed a spiegare i monumenti d’arte dei Greci e dei Romani.
Sulla Cosmogonia dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando il principio generale da essi riconosciuto, che la materia fosse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam.
., e dai migliori traduttori dei Greci e dei Latini, Annibal Caro, l’Anguillara, Ippolito Pindemonte, Vincenzo Monti, Giuseppe Borghi ec.
Il feticismo però non prevalse nella religione dei Greci e dei Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialmente degli Egiziani, come abbiamo altrove accennato.
Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali.
Ma siccome fu dato il nome di Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla Terra il nome di Estia, che dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che di sua forza sta, alludendosi in ambedue le lingue all’apparente e creduta immobilità della Terra18.
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani.
Dunque Fato (in latino fatum, participio del verbo fari) significa ciò che fu pronunziato ossia decretato irrevocabilmente ; e in senso filosofico corrisponde al Verbum dei Latini, e al Logos dei Greci.
. — A Giove stesso fu dato dai Greci l’appellativo di Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Capra ; il qual termine per altro non fu adottato dai Latini, e l’usò soltanto qualche moderno poeta italiano.