Il détacha Prométhée, et fit mourir le vautour qui lui déchiroit le foie. […] Thésée mourut à Athènes, après avoir mérité d’être mis au rang des Demi-Dieux. […] Jupiter y consentit, et depuis ce temps-là ils vécurent et moururent alternativement. […] Euridice, son épouse, mourut de la piqûre d’un serpent le jour même de ses noces. […] Mais Pilade voulut mourir en sa place ; ils se disputèrent long-temps la gloire de se sauver la vie.
Le frère meurt des coups du frère, Le père, de la main du fils ! […] Cupidon aima Psyché, que Vénus persécuta au point de la faire mourir de douleur. […] Thésée mourut à Athènes, après avoir mérité d’être mis au rang des demi-dieux ; honneur qu’il ne pouvoit obtenir par le droit de sa naissance. […] II étoit encore enfant, lorsque sa mère lui proposa le choix de vivre long-tems sans gloire, ou de mourir jeune tout couvert de lauriers. […] Pilade voulut mourir en sa place : ils se disputèrent long-tems la gloire de sauver la vie à un ami.
Les Hamadryades naissaient et mouraient avec l’arbre auquel elles étaient incorporées. […] Sémélé mourut avant la naissance de son fils, victime de l’artifice de Junon. […] Procris mourut, et Céphale, ayant reconnu sa méprise, se perça de désespoir avec le même trait. […] Un jour il le tua par mégarde, et il en eut tant de regret, qu’il mourut consumé de langueur. […] Les deux époux souhaitèrent seulement d’être les ministres de ce temple, et de ne point mourir l’un sans l’autre.
Enfin, exauçant leur vœu de mourir ensemble, il métamorphose Baucis en tilleul, et Philémon en chêne. […] Elles conservaient leur jeunesse, mais elles pouvaient mourir, après une certaine révolution d’années. […] La destinée de ces dernières Nymphes était attachée à l’arbre qu’elles protégeaient ; elles naissaient et mouraient avec lui. […] La reine, épouse de Créon, mourut de douleur. […] Pendant la durée du voyage on ne faisait mourir aucun condamné dans l’Attique.
Ils faisoient mourir tous les enfans laids et malfaits. […] Laodamie mourut de saisissement à l’aspect de l’ombre de son mari, Protésilas, qu’elle avoit ardemment desiré de revoir. […] Clitie, devenue justement pour Apollon un objet odieux, résolut de se laisser mourir de faim. […] Arion obtint d’eux la permission de jouer encore une fois de son luth, avant de mourir. […] Paris expira dans les bras d’Œnone qui mourut du regret de sa perte.
Il mourut, fut enlevé dans le ciel et placé parmi les signes du zodiaque. […] Cygnus, son frère, mourut de douleur, et fut métamorphosé en cygne. […] Amphion mourut presque aussitôt de chagrin ou de la peste. […] Il se retira dans l’Égypte, où il mourut. […] La dernière mourut dans une ville à laquelle on donna son nom.
La morte sul campo di battaglia era un olocausto agli Dei ; nè c’era cosa che così profondamente scolpita avesse la religione in quell’anime semplici e bellicose, come il continuato uso degli augurj e degli auspicj. […] Allora comincia una guerra sterminatrice : non si perdona nè a sesso nè ad età ; le pubbliche piazze, le vie, le campagne, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giuochi si frammettono al macello ; da tutte parti s’accorre a goder dello spettacolo dell’agonia e della morte degli innocenti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue. […] Nelle furie dei baccanali non si perdona neppure ai Cristiani già defunti : anzi quegli estraggono dal riposo del sepolcro, dall’asilo sicuro della morte, già divenuti un’altra cosa e non interi, e li lacerano, e li dispergono. […] Molti appresso di voi esortano alla tolleranza del dolore e della morte, come Cicerone nelle Tuscolane e Seneca, come Diogene e Pirrone. […] Intirizzire ed impallire dopo la lavanda, posso farlo ancor dopo morte.
Infatti in Grecia richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo avesse compiute imprese straordinarie per valore o per ingegno a prò dell’umanità ; e 3° che solo dopo la morte, e quando in lui si riconoscessero le due precedenti condizioni fosse considerato e adorato qual Nume. […] Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne conquistatore del mondo, senza che pensasse mai a deificare alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza lo guidarono. […] Infatti l’imperator Vespasiano sentendosi vicino a morte disse : a quanto mi pare, divengo un Dio (ut puto, Deus fio) ; e Caracalla dopo avere ucciso il fratello Geta tra le braccia stesse della madre, ne ordinò l’apoteosi dicendo : sia Divo, purchè non sia vivo (sit divus, dum non sit vivus).
Déjanire, en apprenant la fin tragique d’Hercule, fut frappée d’une si profonde douleur qu’elle en mourut. […] Comment mourut ce héros ? […] Comment mourut-il ? […] Comment mourut Castor ? […] Comment mourut Achille ?
I cacciatori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » Dopo altre vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta. […] Quando lo seppe la madre, agitata dal rimorso e divenuta folle per disperato dolore si diede la morte ; il padre ne rimase affranto e istupidito e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli detti Meleàgridi, nome che da alcuni Ornitologi si dà tuttora alle galline affricane (Numida Meleagris). […] » E Virgilio a lui : « Se t’ammentassi come Meleagro « Si consumò al consumar d’un tizzo « Non fora, disse, questo a te sì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico : « E se pensassi come al vostro guizzo « Guizza dentro allo specchio vostra image, « Ciò che par duro ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « Simili corpi la Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene a far conoscere che spesso s’incontrano nelle umane cognizioni misteri inesplicabili.
La prima fermata fu nell’isola di Lenno, « Poi che le ardite femmine spietate « Tutti li maschi loro a morte dienno, » come dice Dante ; e vi giunsero appunto dopo l’atroce fatto che le donne di quell’isola, malcontente delle leggi e dei trattamenti degli uomini, li uccisero tutti per costituirsi in repubblica femminile. […] « Erano sette in una schiera, e tutte « Volto di donne avean pallide e smorte, « Per lunga fame attenuate e asciutte, « Orribili a veder più che la morte. […] Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo figlio di Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore ; ed avendolo lasciato solo in un prato per mostrare ad Adrasto e a’suoi compagni la fontana Langia non molto distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso di un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avrebbe dovuto subire anche la morte, se non la di fendevano Adrasto e i suoi compagni.
Au milieu des richesses, exposé à mourir de faim, il eut recours au même dieu pour le prier de lui ôter un privilège si incommode. […] Ce dieu vit aussi mourir Cyparisse, jeune homme qu’il chérissait, et qui ne put supporter le chagrin que lui causa la perte d’un cerf qu’il avait élevé. […] A la demande de Sémélé, Jupiter parut armé de toutes les foudres qui l’environnent ; et Sémélé, n’ayant pu soutenir cet éclat, mourut bientôt après. […] Enfin, désespérant de posséder jamais l’être dont il chérit l’image, il meurt. […] Enfin Érisichthon, privé de toute ressource, mourut en se dévorant lui-même.
Mais la mythologie est une chose morte, passée, flétrie comme les bouquets à Chloris, fanée comme les roses de l’abbé Chaulieu, comme les lauriers de l’abbé Delille. […] » Non, la mythologie n’est pas morte. […] Écho fut bien vengée, car Narcisse, toujours épris de lui-même, passa son temps à se mirer dans une source et s’oublia, jusqu’à en mourir, dans cette extatique contemplation. Les Narcisses d’aujourd’hui ne meurent plus de cette passion-là. […] Que tu es né pour souffrir et pour mourir.
. — Altri poi asseriscono che si calava nella solita stanza sotterranea, ma subito dopo le si gettava sopra tanta terra da riempire tutto il sotterraneo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso. Al secondo modo era simile la pena detta della propaginazione, che davasi nel Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in una fossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella quale son puniti i Simoniaci : « Io stava come il frate che confessa « Lo perfido assassin, che poi che è fitto « Richiama lui, perchè la morte cessa, » e in tal modo Dante assomiglia sè al confessore e il dannato simoniaco al perfido assassino.
Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed Enea in corpo e in anima, ossia da vivi, fossero andati a visitar questi luoghi, e ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto campo libero ed aperto alla loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta, e senza paura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi avesse trovato di quel che essi dicevano. […] Boschetti, giardini, e varii altri divertimenti v’erano come in prima vita, ma però non tutti, come noteremo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte : di straordinario e soprannaturale avevan soltanto la prescienza del futuro.
E perciò nel Politeismo fu Socrate giudicato eretico, e condannato a morte come violatore della Religione dello Stato e corruttore della gioventù. […] Per altro i Genii delle persone con caratteri e distintivi pagani furono ammessi anche nell’arte cristiana, e si vedono per lo più nei monumenti sepolcrali in atto mesto e colla face rovesciata o spenta, simbolo di morte.
Non la sdegnò il Poliziano, adoratore devoto e felice di tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità ; e così vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bionde. » Più tristi effetti ebbe per Apollo la morte del giovinetto Giacinto. […] Ma i mitologi vi aggiungono che i parenti dell’estinto, dando la colpa della morte di esso ad Apollo, e perciò perseguitandolo, lo costrinsero a fuggire da quel soggiorno.
Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredito in cui eran caduti ? Egli che visse sino all’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conoscere la vera causa della decadenza della religione pagana, e le diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che ne dipendeva.
Vomini, esseri esistenti elevati alla nozione dell’ Ente per pubblica riconoscenza, Diodoro Sicolo parla della maggior parte delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte, degli amori, delle glorie, delle dissavventure, non obbliando a un tempo e il nascer loro e la culla, e la morte e loro tomba. […] Perciò i greci lo chiamavano αδης, invisible, o perchè per sè stesso è invisible, credendosi aver la sede nell’imo della terra, o da ανδανειν, placare, perchè presedendo alla morte, la rende per antifrasi quasi gioconda e soave. […] Portava poi il nome di Ecate da εκατον cento, o perchè ella veniva placata con cento vittime, o perchè desse in una erranza di cento anni coloro che dopo morte andavano insepolti.
Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.
« E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare a me tutt’altre sette. » Un ragionamento simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non erano affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede.
Agostino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo della cerimonia detta l’Apoteosi facevano diventar Divi i loro Imperatori dopo la morte, e spesso li consideravano tali anche in vita4.
Questa, quando lo seppe, agitata dall’invidia, dalla vergogna e dai rimorsi, perdè la ragione e si diede la morte.
A compagne del Fato e ministre esecutrici dei suoi decreti aggiungevansi dagli Antichi la Necessità, la Fortuna e la Morte ; e questa era anche chiamata l’estremo fato o l’ultima necessità.
« Or vuole il Fato che sommerso io pera « D’oscura morte, ohimè !