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17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

E non è necessario di aver scoperto come Balboa dall’alto delle Ande il grande Oceano equinoziale per esser compresi di maraviglia all’idea dell’Immenso e cader prostrati a terra, com’esso, o almeno « Colle ginocchia della mente inchine » come diceva il Petrarca ; ma basta l’essersi trovato o di giorno o di notte, « O quando sorge o quando cade il die » in mezzo olle onde dove non apparisce più terra alcuna e null’altro vedesi che Cielo ed acqua209), per sentirsi intenerito il core210) e rapita in estasi l’immaginazione211). […] E quantunque non conoscessero in tutta la loro estensione che i principali mari interni di quello che ora chiamasi il Mondo antico, avevan però un’idea generale dell’Oceano che cinge da tutte le parti la Terra, e perciò lo chiamavan circumvagus, ossia che gira all’intorno, perchè vedevano da ogni parte dove finivan le terre da loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di tutti i più grandi fiumi.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Troviamo anche nella Bibbia un fatto simile, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esporre sulle prime file contro i nemici, perchè vi perisse, come avvenne di fatto.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ Inferno pagano, i pomi e l’acqua senza poterne gustare ; il qual tormento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e tanto scema « Che dall’ossa la pelle s’informava, cominciò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da sè, finalmente, fattosi coraggio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ? 

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Immaginavano che i suoi decreti, riferibili a tutte le future vicende (ecco la prima idea della predestinazione), fossero contenuti in un’urna o registrati in un libro di bronzo, e consultati dallo stesso Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la sua potenza o il suo arbitrio.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Ignis è la materia combustibile in ignizione, il fuoco : focus è il luogo dove il fuoco si accende, il focolare.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

« Qui i coccodrilli, là di velenose « Serpi Ibi sazia a venerar si volta ; « Di sacri omaggi segno eziandio pose « Caudata scimia in fulgid’oro scolta « Là dove a Tebe diroccata accanto « Scioglie i magici suon Mennone infranto.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

E in questo stesso significato si usa nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome di Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur anco nelle scienze morali, come per esempio, dove si tratta del diritto naturale.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Fu chiamato anche Giove Pluvio 60 perchè i loro fisici lo considerarono come l’etere o l’aria, ove « ……… si raccoglie « Quell’umido vapor che in acqua riede « Tosto che sale dove ’l freddo il coglie. » Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Bianchi, che fu segretario dell’Accademia della Crusca, così lo spiegò : Le virtù morali sono ninfe nella vita mortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La quale spiegazione dimostra che ad un teologo, e al tempo stesso elegante scrittore, parve opportunamente adoprata in verso e in prosa la parola Ninfe anche in argomento religioso.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Ivi diede alla luce in un sol parto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in quella stessa isola.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Ed ora dove sorgeva quel tempio e la stessa popolosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu sede di due Concilii Ecumenici, non trovasi che qualche lurida capanna mezzo sepolta in una pianura paludosa da cui sollevansi esalazioni deleterie dell’organismo vitale !

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

« Quale, dove per guardia delle mura « Più e più fossi cingon li castelli, « La parte dov’ei son rende figura ; « Tale imagine quivi facean quelli, « E come a tai fortezze dai lor sogli « Alla ripa di fuor son ponticelli ; « Così da imo della roccia scogli « Movien, che recidean gli argini e i fossi « Infino al pozzo, che i tronca e raccogli. » (Inf.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Alcuni ci narrano che Encelado, o, secondo altri, Gige aveva cento braccia, e perciò maneggiava cinquanta scudi e cinquanta lance ; che Briarèo scagliava enormi massi e interi scogli a sì prodigiose distanze da perdersi di vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un armadillo.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual Dio.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

« E dove era il rumor si trovò presta.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

« Questa dottrina che ammette due principii coeterni, del bene e del male, insegnata antichissimamente da Manete, prese voga dopo stabilito il cristianesimo, per opera dei Manichei, seguaci di Manete ; ma dove gli antichi pel domma dei due principii avevano fabbricate diverse favole poetiche sulle creazioni opposte e sui combattimenti dei due principii, dai quali ripetevano le grandi catastrofi della natura, le guerre dei giganti, la corruzione ognor crescente del genere umano, il diluvio, i tremuoti, le eru zioni vulcaniche, e via discorrendo, i Manichei all’incontro sostenevano l’esistenza dei due principii con la sofistica, e maggior danno cagionavano alla morale pubblica e privata.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Invenzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà di questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

« Quivi s’è quella turba predatrice « Come in sicuro albergo ricondotta, « E già sin di Cocito in su la proda « Scesa, e più là, dove quel suon non s’oda. » E così l’Ariosto collega l’antico col moderno, e fingendo che Astolfo nell’800 dell’èra volgare avesse spinto le Arpie nell’Inferno, ove Dante, 500 anni dopo Astolfo, dice di averle trovate, mette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

« Sì che le bianche e le vermiglie guance « Là dove io era, della bella Aurora « Per troppa etade divenivan rance. » (Purg.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

« Viene alla stalla e un gran sasso ne leva ; « Ne caccia il gregge, e noi rinserra quivi ; « Con quel sen va dove il suol far satollo, « Suonando una zampogna ch’avea in collo. » 244.

37. (1842) Heathen mythology

The rose, the myrtle, and the apple, were sacred to Venus; among birds, the dove, the swan, and the sparrow, were her favourites. […] Nor flowers budding in an April rain, Nor breath of sleeping dove, nor river’s flow — No, nor the Œolian twang of Love’s own bow, Can mingle music fit for the soft ear Of goddess Cytheræa! […] In revenge, Cupid changed her into a dove. […] I wandered in a forest thoughtlessly, And, on the sudden, fainting with surprise, Saw two fair creatures, couched side by side,     In deepest grass, beneath the whispering roof     Of leaves and trembled blossoms, where there ran         A brooklet, scarce espied: ’Mid hushed, cool rooted flowers, fragrant-eyed,     Blue, silver white, and budded Tyrian, They lay calm breathing on the bedded grass;     Their arms embraced, and their pinions too;     Their lips touched not, but had not bade adieu, As if disjoined by soft handed slumber, And ready still, past kisses to outnumber,     At tender eye-dawn of aurorean love:         The winged boy I knew; But who wast thou, O happy, happy dove? […] “They cannot paint thee, let them dream     A dark and nameless thing: Why give the likeness of the dove,     Where is the serpent’s sting?

38. (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389

A S. E. R. Monsignor D. Ignazio De Bisogno Della Metropolitana chiesa di Napoli canonico cardinale del titolo di S.

39. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424

Sua nascita, 262 ; — quando chiamata Pallade, 263 ; — dà il nome ad Atene, 264 ; — cangia Aragne in ragno, 265 ; — come vien rappresentata, 266 ; — sua egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 269.

40. (1832) A catechism of mythology

In Sicily her image was represented in a black veil, with the head of a horse, and holding a dove in one hand, and in the other, a dolphin. […] Cupid, enraged at his defeat, turned her into a dove, which her name signifies. […] Relate the fable of Cupid turning Peristera into a dove.

41. (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes

Do not fly me as a lamb flies the wolf, or a dove the hawk. […] “In the full city, — by the haunted fount, —     Through the dim grotto’s tracery of spars, — ’Mid the pine temples, on the moon-lit mount,     Where silence sits to listen to the stars; In the deep glade where dwells the brooding dove,     The painted valley, and the scented air, She heard far echoes of the voice of Love,     And found his footsteps’ traces every where. […] When they reached the islands they let go a dove, which took her way between the rocks, and passed in safety, only losing some feathers of her tail. […] The name Argo seems to countenance this, and the incident of the dove is another confirmation.

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