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11. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

Mitografia civile — ed in questa riponeva tutti gl’ Iddii, che furono immaginafi da’principi e da Sacerdoti, e che meritano il culto degli uomini. […] Da queste nozioni di Macrobio può dirsi dunque altro non essere i miti e le favole, che un velo ingegnoso gettato da prudente mano su tutte le opere di natura, e secondo questi principii noi ci studieremo interpetrare i miti eterodossi nel breve giro di queste nostre escogitazioni, dando a un tempo ad intendere, che il culto renduto a quest’anima dell’universo una al culto del Sole, della Luna e di altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole di tutti i popoli eterodossi. […] Tenendo dietro a questo sentimento della scuola stoica potrà dirsi non meno, che gli antichi si avessero creata questa divinità, onde prestare un culto a questa loro anima del mondo. […] Sempre unite si componevano a coro, sciogliendo iterate danze, cantando inni e celebrando il culto degl’Iddii : con questo volevasi intendere, che le virtù personificate nelle Muse non vanno mai disgiunte fra loro, e che le discipline e le arti traggono la loro iniziativa ed il compimento dal cielo. […] E veramente scorgevasi in Megalopoli un simulacro di Ercole presso quello del sole ; ed Alessandro il grande quando rivide il suo Nearco, che credeva estinto una alla sua flotta, volle render grazia con un sacrificio e a Giove liberatore, ad Ercole, ad Apollo e ad allri Dei del mare, perciocchè Ercole non andava disgiunto nel culto da tutte queste divinità.

12. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424

Sua nascita ; 137 ; — suoi diversi nomi, 138 ; — protegge Endimione, 139 ; — punisce Calisto, 140 ; — punisce Niobe, 141 ; — adorata come Dea dei cacciatori, 142 ; — suo tempio in Efeso, 143 ; — sacrifizj e culto di questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. […] Esculapio, Dio della medicina, 289 ; — fulminato da Giove, 290 ; — suo culto, 291 ; — come vien rappresentato, 292 ; — suoi figli, 293. […] Giano, re del Lazio, 32 ; — protetto da Saturno, 33 ; — suo regno chiamato Età dell’oro, 34 ; — suo culto, 35 ; — come era rappresentato, 36 ; — invocato il primo nei sacrifizj, 37. […] Marte, Dio della guerra : sua nascita, 255 ; — suoi figli, 256 ; — ferito da Diomede, 257 ; — come vien rappresentato, 258 ; — suo culto, 259 ; — suoi sacerdoti, 260 ; — pluralità di Marti, 261. […] Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio dal cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi ; — sposa Anfitrite, 188 ; — suoi figli, 189-191, 201-204 ; — come vien rappresentato, 207 ; — suo carro, 208 ; — suo tridente, 209 ; — suo culto, 210-212.

13. (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -

In Lenno aveva egli il suo principal culto. […] Il suo culto era celebre in Grecia ed in Roma. […] Si vuole che il suo culto sia stato trasportato in Italia dai Lacedemoni. […] Il Destino non aveva statue, ma aveva oracoli ed un culto. […] Il culto che si rendeva loro era presso a poco eguale di quello renduto alie Naiadi.

14. (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389

E Virgilio (1) dice che il culto di Cibèle fu portato da Creta nella Troade. […] Da questa trasformazione ebbe origine il ridicoloso culto che gli Egiziani prestavano a certi animali. […] Forse Cecrope approdato nell’Attica, ed avendo ritrovato gli uomini del paese dediti al culto di Nettuno, cioè inchinati alla navigazione ed al corseggiare, si studiò a suo potere d’introdurre fra quella gente il culto di Minerva, o sia l’amore delle arti e dell’agricoltura. […] Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal culto de’ Numi. […] Pare dunque che l’idolatria abbia avuto principio dal culto del sole, e che quest’astro fosse stato la divinità di quasi tutte le antiche nazioni.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Vero è che lo stesso poeta aggiunge che i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo : « Era nel mezzo del palagio all’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea di molti e di molt’anni un lauro « Che co’rami all’altar facea tribuna, « E coll’ombra a’Penati opaco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, questo fatto non toglie agli Dei Penati il loro carattere generale e il loro principale ufficio, che essi non avrebber perduto ancorchè in ogni famiglia avessero ricevuto un simil culto. […] Tra questi egli annovera il culto degli Dei Penati e dei Lari familiari ; e aggiunge che nella pratica applicazione questi Dei rappresentano i comuni ed i privati vantaggi della social convivenza.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra sino alle Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche questa regione. […] Cangiò in delfini alcuni marinari che si opponevano al suo culto. […] Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione di tesser le tele, fu detto che furono cangiate in vipistrelli 205) e i loro telai in ellera per castigo del disprezzo mostrato pel culto di Bacco.

17. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Questo Nume ebbe nella Grecia e in Roma tempj e culto singolarissimo. […] Enea ne trasferì il culto in Italia(f). […] Eragli vietato l’entrare in qualsivoglia Magistratura, affinchè sempre attendesse al culto del suo Nume. […] L’origine di siffatto culto si deriva da Tarquinio il Superbo. […] Questi le eresse un tempio, e v’introdusse il culto medesimo, che le si rendeva nella Chersoneso Taurica.

18. (1880) Lezioni di mitologia

Poiché gli uomini da Dio ribellatisi ne meritarono la vendetta, che sulla terra gli sparse atterriti e maravigliati, il loro culto rivolsero alla Natura; e quindi l’universo che annunziar dovea la maestà del suo Autore, tempio d’idoli divenne, e gli Dei furono figli dell’uomo. […] Quindi è che l’istoria di tutte le genti (se quella dei Giudei se ne eccettua, che Iddio scelse pel sacro deposito del suo culto) comincia dalle favole: onde io ho giudicato di dover con queste dar principio alle mie Lezioni, ed aprire quel vasto arringo, in cui inoltrandomi sì pieno di lusinghiera fiducia sul vostro compatimento, ho quasi dimenticato la difficoltà dell’impresa a che accinto mi sono. […] Gli Auguri rivolti all’oriente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte di cielo, e questa dicevasi tempio: però Lucrezio dice i templi del cielo; quindi fu comune questa denominazione a tutti i luoghi destinati al culto di qualche nume. […] Triplici qualche volta erano gli altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro di scienze e di superstizioni, vi erano di tal sorta dedicati a Latona, Apollo e Diana. […] Delo cuna del dio, e sola fra tutte le terre pietosa a Latona, gli die di Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro di lui, il quale, dopo che l’isola predetta fu da un Prefetto di Mitridate saccheggiata, la fortuna dell’onde recò alle spiaggie del Peloponneso per farlo oggetto di culto ai Greci presso Malea.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

LXIX Di alcune Divinità più proprie del culto romano A render più completa la spiegazione della classica Mitologia, accennerò brevemente alcune feste che celebravansi più specialmente in Roma che altrove. […] Perciò le matrone romane le prestavano un culto religioso in un tempio chiamato opertum (che in latino vuol dir chiuso), perchè a quei riti e in quel tempio non erano ammessi gli uomini. […] I sacerdoti di questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando il loro nome da quello della Dea.

20. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

Il principale suo culto era in Samo, e Cartagine. […] Aveva egli in Lenno il principal culto. […] In Lamsaco città della Misia aveva egli il culto primario. […] Banier incominciò dal culto degli astri, e principalmente del Sole e della Luna. […] Questo culto però da principio era semplicissimo.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. […] In Roma per altro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al credersi discendenti dai Troiani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio.

22. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Flamini,4 sacerdoti istituiti da Numa, e destinati al culto di qualche deità in particolare. […] Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altri Dei.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

I poeti aggiungono che andò a fermarsi in Cipro, ed ivi ebbe il maggior culto e il titolo di Ciprigna. In molti altri luoghi fu poi venerata, in Citera, in Pafo, in Idalio, in Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli di Citerèa, Pafia, Idalia ecc., tanto frequenti nei poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante183.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Il maggior culto di Esculapio fu in Epidauro ; e sappiamo dallo stesso Livio, non che da Ovidio, che da quella città fu trasportata solennemente la statua del Nume a Roma, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cristiana dedicò quel tempio pagano al culto di quest’apostolo.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Questo culto per Ercole fu accolto e si conservò in appresso in Roma sino agli ultimi tempi del Paganesimo. […] Nella Mitologia dunque non solo trovansi le origini preistoriche dei popoli antichi e delle loro credenze religiose o vogliam dire superstiziose, ma pur anco le cause di certi usi od abusi od errori dei popoli pagani, anche nei tempi istorici, finchè durò il culto dei loro Dei falsi e bugiardi. Perciò nella Mitologia convien parlare pur anco delle principali superstizioni del Paganesimo, che derivarono dal culto di tali Dei : il che faremo nei seguenti capitoli. […] E quantunque egli non enumeri per filo e per segno tutte le idee e le pratiche del culto pagano che egli credeva superstiziose, a noi basta il sapere, per l’argomento di questo capitolo, aver egli dichiarata vana e insussistente la Divinazione in tutte le sue parti, specie e distinzioni, come indicammo di sopra : il che in altri termini equivale a dire che la Divinazione di qualunque genere o specie era una vera superstizione. […] Solo potremo rendercene una ragione probabile riflettendo che Sibille chiamavansi le sacerdotesse del culto di Apollo nell’ Asia Minore, le quali a guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio di Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate dallo stesso Dio e di dar veridici responsi, poichè avevano imparato anch’esse quel gergo amfibologico che potea significar bianco o nero, retto o curvo a piacere degl’interpreti o degl’interessati ad intendere in un modo piuttosto che in un altro.

26. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Il culto, che prestavasi agli Eroi, consisteva in una pompa funebre, al tempo della quale si celebrava la memoria delle loro imprese(b). […] Il culto d’Ercole si estese nelle Gallie, nella Spagna, e nella Trapodana, Isola tra il Gange e l’Indo. […] Regolò altresì îl culto de’ Numi, instituì varie Feste, e rinovò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole avea rinovati gli Olimpici. […] Crearono un Sacerdote, che ne presiedesse al culto, e lo tenesse in propria casa per tutto il tempo del suo ministero. […] Tullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto di questa Divinità.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Ma cadono poi nel feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti della natura (feti) 24), quei mitologi i quali ci raccontano che quella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome di abdir o abadir.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino chiamavansi pagani (aggettivo derivato da pagus che significa borgo o villaggio), e perciò il politeismo stesso fu detto il Paganesimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Le fu aggiunto in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Quindi il culto di tali Dei, chiamati giustamente dall’Alighieri falsi e bugiardi, doveva cadere in dispregio e dileguarsi col progresso del buon senso e del raziocìnio, come avvenne difatti.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Il culto di Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della seconda guerra punica allorchè, infierendo una pestilenza, le risposte dei libri sibillini prescrissero che per farla cessare si ricorresse alla Gran Madre.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo ricco patrimonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal disperazione « Che in sè medesmo si volgea co’denti. » Dante rammenta questo celebre mito, e se ne vale per una similitudine della magrezza a cui per pena eran ridotti i golosi nel Purgatorio : « Non credo che così a buccia strema « Erisiton si fosse fatto secco « Per digiunar quando più n’ebbe tema. » E il Giusti, nella Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo di un insaziabile usuraio : « Da un lato un gran carname « Erisitone ingoia, « E dall’aride cuoia « Conosci che la fame « Coll’intimo bruciore « Rimangia il mangiatore56. » Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura rettorica di metonimia, il grano o le biade, come Bacco il vino, Minerva la sapienza ecc. ; e nello stesso Virgilio troviamo l’espressione Cerere corrotta dalle onde (Cererem corruptam undis), per indicare il grano avariato dall’acqua del mare.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Questo mito è un anello di congiunzione fra la Mitologia classica e il Feticismo egiziano, e rende qualche probabile ragione di così strano culto, come osservammo pur anco nella guerra dei Giganti, quando gli Dei che ebber paura si trasformarono in bestie.

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