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11. (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332

Marte geloso di tal preferenza avventò contro di Adone uno smisurato cignale che lo ridusse in brani. […] Aleissiare. — Ebe, dea della giovanezza, ebbe da Ercole una figliuola a cui fu imposto un tal nome. […] Si chiamava anche con tal nome uno dei capitani di Enea. […] Plinio chiama similmeute con tal nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome di Anceo. […] Atamante. — Leucotea detta anche Ino, veniva in tal modo denotata perchè moglie di Atamaso.

12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Raccontano i mitologi che Proserpina come dea di secondo ordine stava sulla terra e precisamente in Sicilia con diverse ninfe sue compagne od ancelle ; che mentre essa coglieva fiori alle falde del monte Etna fu rapita da Plutone Dio dell’inferno, per farla sua sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo ratto fu eseguito con tal prestezza che neppur le Ninfe a lei vicine se ne accorsero, e non poteron dire alla madre che fosse avvenuto della perduta Proserpina. […] Forse la somiglianza del nome, che in latino è omonimo con quello di questo piccolo rettile, diè motivo ad inventare una tal trasformazione. […] Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo ricco patrimonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal disperazione « Che in sè medesmo si volgea co’denti. » Dante rammenta questo celebre mito, e se ne vale per una similitudine della magrezza a cui per pena eran ridotti i golosi nel Purgatorio : « Non credo che così a buccia strema « Erisiton si fosse fatto secco « Per digiunar quando più n’ebbe tema. » E il Giusti, nella Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo di un insaziabile usuraio : « Da un lato un gran carname « Erisitone ingoia, « E dall’aride cuoia « Conosci che la fame « Coll’intimo bruciore « Rimangia il mangiatore56. » Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura rettorica di metonimia, il grano o le biade, come Bacco il vino, Minerva la sapienza ecc. ; e nello stesso Virgilio troviamo l’espressione Cerere corrotta dalle onde (Cererem corruptam undis), per indicare il grano avariato dall’acqua del mare.

13. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

Il Paganesimo s’era infiacchito a tal segno, che, cessata la fede ne’falsi Iddii, omai per tutto si dubitava persino dell’esistenza d’una natura divina. […] Non vi essendo dunque la notizia di tal merito, come si potrà difendere la giustizia d’un simil odio, la quale si dee provare non dall’odiare, ma dal sapere perchè si deve odiare ? […] Rescrisse allora Trajano che genti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate, di punirle era d’uopo. […] Talchè è un gran contrassegno della futura dannazione per colui che in tal modo pecca, che si venga a relegarlo dalla comunione dell’orazioni, e da queste adunanze, e da ogni santo commercio.

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

Quindi i poeti alludendo a tal fatto mitologico chiamano questa costellazione l’animal di Frisso ; e Dante l’appella più volte antonomasticamente il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre di quanti montoni sieno esistiti giammai ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio di sette anni, usa questa perifrasi mitologica ad un tempo ed astronomica : « … Or va, che il Sol non si ricorca « Sette volte nel letto che il Montone « Con tutti e quattro i piè copre ed inforca, « Che cotesta cortese opinïone « Ti fia chiovata in mezzo della testa « Con maggior chiovi che d’altrui sermone. » Il vello d’oro rimasto nella Colchide fu consacrato, secondo alcuni, a Giove, e, secondo altri, a Marte, e custodito religiosamente, e assicurato con molte cautele e magiche invenzioni, di cui parleremo in appresso. […] Dante, amico non timido amico al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno di Giasone, non fa come certi lassisti 68 che scusano facilmente i così detti errori giovanili : per lui qualunque inganno dannoso al prossimo, in qualunque età commesso, è non solo meritevole di punizione, ma anche di pena maggiore dell’omicidio ; e perciò mette Giasone nella prima bolgia dell’Inferno fra i dannati che eran puniti « Da quei Dimon cornuti con gran ferze « Che li battean crudelmente di retro ; » e soggiunge : « Tal colpa a tal martirio lui condanna, « Ed anche di Medea si fa vendetta. « Con lui sen va chi da tal parte inganna. » Dopo questo episodio, poco cavalleresco a dir vero, proseguirono gli Argonauti il loro viaggio.

15. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

Ligate, ei dice(1), in tal modo, ora con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più deboli, rimanevano ad oppugnare ancora le sorti, cioè di coloro che dati alla contemplazione del vero, potevano, come Tullio appresso i romani, e Socrate nella Grecia, ridersi apertamente di queste umane invenzioni ». […] A lei si offriva il papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondità di tal flore la forma quasi sferica della terra, per la quale ella si prendeva. […] Taluni si finsero in tal modo questa prima intelligenza per dire, che Dio per verbum avesse creato il mondo. […] Presa Vesta per la terra le si davano sembianze rotonde, e veniva collocata per mezzo gli omeri, per esprimersi la forma quasi rotonda della terra, e che questa in tal modo conglobata vien posta. […] E quando a questo mito si volesse dare una perfetta allegoria, potrebbe portare questa interpetrazione — Con Gerione intendersi il fulmine, cui fu dato tal nome per indicarsi lo strepito, che seco porta il fulmine istesso — col triplicato corpo significarsi la triplice forza del fulmine, infrangere, prostrare, incenerire — co’bovi toltigli esprimersi il rombo, che siegue dopo lo slancio del fulmine squarciando i campi dell’aere, rombo che giunge all’orecchio quasi non dissimile al muggito de’bovi.

16. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359

Con tal favola sembra che i poeti volessero indicare la prepotenza dispotica, la quale si studiava di tenere oppressi coloro che, illuminando le menti della moltitudine, davano opera a distruggere tra gli uomini ogni disuguaglianza contraria alla naturale giustizia. […] Talora è assiso sopra un toro, e in tal modo si assomiglia molto al dio Mitra (707) dei Persiani ; tal altra è in un carro tirato da tigri o da pantere od anche da Centauri (430). […] Finalmente arrivarono a tal segno da inspirarle diffidenza contro il donatore meraviglioso. […] A tal vista sviene, e si riduce in uno stato da far temere della sua vita. […] Ercole, per rimediare con efficacia a tal guaio, deviò il fiume Alfeo (346), facendo passar le sue acque per mezzo alle stalle ; e così in un giorno rimasero perfettamente pulite.

17. (1897) Mitologia classica illustrata

In tal caso le deità vinte generalmente passavano in seconda linea, diventando ancelle delle deità vincitrici, o a dirittura scendendo al grado di semplici eroi. […] Verso sera va nella Pieria, dove Apollo stava pascolando le greggi degli Dei, e gli ruba cinquanta giovenche, e via le conduce e le nasconde con tal arte che non se ne può scoprir traccia; poi torna zitto zitto a Cillene e si riacconcia nelle sue fasce. […] E questo dicevasi talvolta effetto della volontà di Zeus o in genere degli Dei, tal altra si concepiva il destino come qualcosa di superiore alla stessa volontà divina, potenza a cui Zeus stesso non valeva a sottrarsi. […] L’ arte più antica soleva presentarlo con aspetto maestoso sebben collo sguardo sfolgorante di gioia, quindi si faceva il viso barbato; veggasi la statua dei così detto Sardanapalo in Vaticano (fig. 55), un bel saggio di tal tipo. […] Anch’ egli si divertiva a spaventar la gente, e dicevasi che di notte penetrasse nelle case e tormentasse gli uomini o con cattivi sogni o con apparizioni patirose; in tal senso era detto Incubus.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

xxxi del Paradiso : « Se i Barbari venendo da tal plaga, « Che ciascun giorno d’Elice si cuopra, « Rotante col suo figlio ond’ella è vaga ; » ecc. […] Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea faccia orrore.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Ma essendo carattere proprio della falsa religione del Politeismo il moltiplicare gli Dei, come nei falsi sistemi di governo si moltiplicano gl’impiegati, comiciarono i mitologi a supporre che questo unico Genio sarebbe troppo occupato a provvedere da sè solo a tutti gli esseri della creazione ; e perciò immaginarono che vi fossero Genii particolari per ciascun popolo, e poi per ciascun luogo, e finalmente per ciascuna persona ; e in tal modo li moltiplicarono all’infinito. […] Quale già i Numi « D’Ilio sui campi, tal l’amico Genio, « Lieve lieve per l’aere labendo, « S’avvicina alla Terra ; e questa ride « Di riso ancor non conosciuto. » « …………… « Gli s’aggiran d’intorno i Vezzi e i Giochi, « E come ambrosia le Lusinghe scorrongli « Dalle fraghe del labbro. » Il Monti, nel Canto intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa la parola Genio nel senso più generale : « Ferve d’alme sì grandi e non indarno « Il Genio redivivo.

20. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Altri dicono, che Polidette soggiacque a tal fine in pena d’aver usato a Danae turpe violenza(f). […] Io, lo scosse di tal fatta ; che cadde alla fine, dove il Centauro desiderava. […] In tal modo evitò anche quel pericolo(14). […] Così avvenne ; e Giove si ritirò appresso Leda, che dopo tal fatro partorì un uovo, e da esso nacquero Castore, Polluce, ed Elena. […] La veste di questa Dea è bianco, perchè tal colore, essendo considerato tra tutti il più semplice, è opportuno ad insegnare, che questa Virtù dey’essere pura, nè mai diretta dal vile interesse.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

A Dante piacque questo mito, e rammentando quel che dice Ovidio, che le Muse, per confonder le loro emule presuntuose, cantarono così divinamente da farle rimanere attonite ed atterrite, se ne vale stupendamente coll’ invocar per sè da quelle Dee un simil canto, che abbatta l’invida rabbia de’ suoi nemici : « Ma qui la morta Poesia risurga, « O sante Muse, poichè vostro sono, « E qui Calliopea alquanto surga, « Seguitando il mio canto con quel suono, « Di cui le Piche misere sentiro « Lo colpo tal che disperar perdono130. » (Purg. […] Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò di sposare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e datasi a fuggire pregando gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta di cui portava il nome, cioè in alloro, poichè Dafne in greco significa lauro.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Di bocca il sangue in tanta copia fonde, « Che questo oggi il mar Rosso si può dire, « Dove in tal guisa ella percuote l’onde, « Che insino al fondo le vedreste aprire : « Ed or ne bagna il cielo, e il lume asconde « Del chiaro Sol : tanto le fa salire. […] Il raziocinio che fa Dante su tal proposito è molto notabile, e merita di essere imparato a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elefanti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « Più giusta e più discreta la ne tiene ; « Chè dove l’argomento della mente « S’aggiugne al mal volere ed alla possa, « Nessun riparo vi può far la gente. » (Inf.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

E questo era il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e specialmente le donne che furon chiamate Baccanti ; e in tal modo clamoroso e impudente celebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre in Roma che il Senato dovè proibirle. […] Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

È decisivo su tal proposito il seguente passo di Cicerone : « Quid Opis ?

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Al secondo modo era simile la pena detta della propaginazione, che davasi nel Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in una fossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella quale son puniti i Simoniaci : « Io stava come il frate che confessa « Lo perfido assassin, che poi che è fitto « Richiama lui, perchè la morte cessa, » e in tal modo Dante assomiglia sè al confessore e il dannato simoniaco al perfido assassino.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell’insigne trofeo62.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Con tal distinzione sparisce ogni dubbio sul vero e proprio ufficio attribuito dai Pagani agli Dei Penati.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Ne troveremo in appresso tal quantità che la collezione di esse diede origine ad un celebre poema latino, intitolato appunto le Metamorfosi.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

In tal modo ben presto con molte coppie di coniugi fu ripopolato il mondo.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Era desso di tal ricco e mirabil lavoro che facea risaltar la bellezza e vi aggiungeva un fáscino irresistibile.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

In Omero e negli altri poeti greci le idee su tal proposito furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità nel disegno, nè regolarità nella esecuzione.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Fatta una tal distinzione, resta ora da accennare soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia.

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