XI Giove re del Cielo Che Giove fosse adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. […] Virgilio imitando Omero dice che Giove con un cenno faceva tremar tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1). […] Omero aggiunge che ai lati del suo trono teneva Giove due coppe, l’una del bene e l’altra del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64. […] La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete.
Omero vuole da Oceano e da Teti (e) ; i Greci dicevano dalle tre figliuole del fiume Asterione, dette Eubea, Prosinna, e Acrea (f). […] Omero non ne accenna che due, Lampo cioè, e Faetonte(b). […] La medesima secondo Esiodo passò nell’isola di Citera(d), e secondo Omero in quella di Cipro(e). […] La terra, dice Omero, lo diede alla luce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). […] Omero ce la dà a divedere anche colle ali alle calcagna(e).
Lo stesso Omero ci narra che Achille, quantunque godesse i primi onori nei Campi Elisii, si era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a visitare il regno delle ombre, « Non consolarmi della morte, o Ulisse, « Replicava il Pelide. […] Omero la descrive così : « Sisifo altrove smisurato sasso « Fra l’una e l’altra man portava, e doglia « Pungealo inenarrabile. […] Il padre scellerato ed empio fu condannato nel Tartaro ad una pena che tutti i poeti greci e latini rammentano, ma niuno descrisse meglio di Omero (Odissea, xi.) […] Del gigante Tizio che offese Latona, udiremo da Omero qual fosse la pena nel Tartaro : « Sul terren distendevasi e ingombrava « Quanto in dì nove ara di tauri un giogo ; « E due avvoltoi, l’un quinci e l’altro quindi, « Ch’ei con mano scacciar tentava indarno « Rodeangli il cor, sempre ficcando addentro « Nelle fibre rinate il curvo rostro »267). […] Questa favola è delle meno antiche, e non si trova in Omero.
In un frammento d’Eraclide Pontico è detto : « Omero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette gli occhi. » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche). […] Fiorisce Esiodo,164 il più valente degli imitatori d’Omero, autore della Teogonia o genealogia degli Dei, dello Scudo d’Ercole, poema descrittivo, e di un poema didattico sull’agricoltura, intitolato le Opere e i Giorni. Il poema d’Omero e quelli d’Esiodo sono i principali fonti delle notizie intorno alle favole mitologiche. […] Altri pone la nascita d’Omero nel 1031.
Anche Omero, nel libro X dell’Odissea, dice che Eolo « …. de’venti dispensier supremo « Fu da Giove nomato ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantunque nella stessa regione insulare. […] Poichè tutti i poeti epici han per costume di descrivere qualche tempesta in cui inevitabilmente incappano sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò Eolo ed i Venti figurano molto in tali descrizioni dei poeti pagani, e principalmente in Omero e in Virgilio. […] I 4 Venti principali, rammentati anche da Omero, sono Borea, Noto, Euro e Zeffiro, nomi adottati dai Latini e conservati nella poesia italiana ed in alcune denominazioni scientifiche. […] Ora vediamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole Eolie.
Il Destino o Fato, secondo che insegna Esiodo, poeta greco e contemporaneo d’Omero e che fiorì 9 o 10 secoli prima di G. […] Omero. […] Omero nell’Odissea (lib. […] (Omero, Iliade. […] (Omero, Trad. del Monti.
Omero ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. […] come fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna di averne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti dei fiumi della Troade. […] E da notarsi che in Omero si trovano spesso due nomi dati all’istesso oggetto o alla medesima persona.
Questo Eroe avea sposato Ippodamia, figlia di Atrace(f), che Omero chiama Laodamia(g), e Plutarco Deidamia(h). […] Colei gli partorì diecisette figli (f), o diecinove, come racconta Omero (g). […] Omero dhiama la prima Ifianassa, e la seconda Laodice (a). […] Passò il Greco Eroe dopo sette giorni alla spiaggia de’ Lestrigoni, popoli selvaggi, che Omero denomina antropofagi, cioè mangiatori d’uomini, poichè tal’era il loro cibo. […] Ivi regnava la Dea Calipso, figlia di Teti e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole Omero(c).
Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolenti « Vedeva io te segnata in sulla strada « Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti ! […] Omero rammenta soltanto 12 figli di Niobe, e Ovidio 14. […] Nella sala detta della Niobe in Firenze vi sono 14 statue di Niobidi, ma due sono ripetute per copia conforme : perciò restano 12, come asserisce Omero. — Inoltre sappiamo ancora dal seguente epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima statua di Niobe sculta da Prassitele : « Vivebam : sum facta silex, quæ deinde polita « Praxitelis manibus, vivo iterum Niobe.
Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di questo Dio. […] Virgilio imitando Omero descrive con elegantissimi versi nel lib. […] Il Tasso imitò Omero e-Virgilio descrivendo nel 1° Canto della Gerusalemme liberata la partenza dell’Angelo mandato da Dio a Goffredo : « Così gli disse ; e Gabriel s’accinse « Veloce ad eseguir le imposte cose.
Da circa 3000 anni quasi tutti i poeti, incominciando da Omero, ed incluso anche Dante, hanno parlato delle Sirene ; e raccogliendone tutte le descrizioni e le allusioni se ne formerebbe un volume. Omero inventò che Ulisse, volendo udire il canto delle Sirene e schivare qualunque pericolo, si fece legare all’albero della nave, avendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener dovessero per non accostarsi troppo agli scogli ov’esse abitavano. […] Orazio annovera tra le più belle e mirabili descrizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di Scilla e di Cariddi.
Lo stesso Omero dice chiaramente che quelle infernali regioni, oltre ad esser prive della luce del Sole, erano orrende anche al guardo del Cielo (Iliade, xx), cioè facevano orrore anche agli Dei. […] Omero fa dire poeticamente ad Achille : « Odio al par delle porte atre di Pluto « Colui ch’altro ha sul labbro, altro nel core. » 242. […] « Sotto il braccio un fastel d’alcuni fece ; « Nè il grembo si lasciò nè il seno voto : « Un suo capace zaino empissene anco, « Che gli pendea, come a pastor, dal fianco. » E per intender poi che questa è una imitazione del gigante Polifemo descritto da Omero nell’ Odissea, basta legger la seguente ottava : « L’umana carne meglio gli sapeva ; « E prima il fa veder ch’all’antro arrivi, « Che tre dei nostri giovini che aveva, « Tutti li mangia, anzi trangugia vivi.
Lo stesso Omero l’usa assai spesso in quest’ultimo significato tanto nell’Iliade quanto nell’Odissea ; e del pari si adopra comunemente nella lingua italiana tanto in verso quanto in prosa ; e si applica pur anco agli uomini illustri della storia antica e della moderna, come pure ai più straordinarii personaggi d’invenzione della fantasia dei poeti. […] Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti.
La concordia coniugale era già rotta da gran tempo fra Giove e Giunone ; e Omero sin dal 1° libro dell’Iliade ce ne rende accorti in questi versi : « Acerbissimo Giove, e che dicesti ? […] Omero quando rammenta Giunone accenna quasi sempre o ai grandi occhi o alle bianche braccia di questa Dea, facendone un distintivo e, a quanto pare, un pregio della medesima.
In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitavano sulle rive settentrionali del Ponto Eusino (ora Mar Nero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). […] v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagus : arva, beata « Petamus arva, divites et insulas, « Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis « Ét imputata floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevit littora genti, « Ut inquinavit ære tempus aureum ; — « Ære, dehinc ferro duravit secula : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombro il core « D’affanni, in riva all’Ocean profondo « Soggiorno fan nell’Isole beate, « Ove fecondo il suol tre volte l’anno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi tengon ferma credenza esser ivi il Campo Elisio e quell’abitazione de’beati decantata da Omero. » 236.
Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentemente taciuto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girando a settentrione, per ritornare in tempo la mattina all’Oriente. […] « Argenti bifores radiabant lumine valvæ : « Materiem superabat opus. » Tutti i poeti italiani hanno imitato o tradotto quest’ultimo celebrato emistichio, presso a poco come ha fatto l’Ariosto : « Chè vinta è la materia dal lavoro. » Messer Lodovico però gareggia non pur con Ovidio, ma collo stesso Omero a costruir palagi magnifici senz’ altra spesa che di parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più di trenta miglia intorno aggira), « O stupenda opra, o Dedalo architetto !
La doglianza di Giove presso Omero di non poter evitare il destino, e campar da morte il figlio Sarpedone ne è un troppo chiaro attestato. […] Dichirazione, e sviluppo Mio pensier non è nel favellar di questo infernale Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono di tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e gli Elisii ; sul lor sito, ed ingresso ; su i diversi fiumi, e riviere adjacenti ; su’varii mostri, e larve quivi inabitanti ; e finalmente su altre moltiplici cose a quel tenebroso regno attenenti.
Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano per la massima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne rammenta sempre almeno le principali, come adorate egualmente da entrambe le nazioni.
Per lui eran care delizie le risse e le zuffe, « E discordie e battaglie e stragi e sangue ; » e perciò a Giove stesso suo padre egli divenne fra tutti i celesti odioso, come troviamo scritto in Omero.
Omero però non parla di questa ributtante Dea, e il passo in cui ne discorre Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o di eretici dell’antico paganesimo.
Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani, nata dall’Oceano e da Teti.
Passando ora alla Mitologia classica per ordine cronologico, noterò prima di tutto che i Genii nel linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Omero troviamo che gli stessi Dei davansi tra loro per onorificenza questo titolo.
Ei se ne andò allora in Frigia, ove si mise a fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; della cui divina origine e costruzione parlano Omero e Virgilio e molti altri poeti ; e noi dovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città.