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13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Questo culto per Ercole fu accolto e si conservò in appresso in Roma sino agli ultimi tempi del Paganesimo. […] Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome di Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò dopo l’eccidio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno nel Lazio, dal quale derivò Roma che fu poi dominatrice del Mondo. […] Finalmente Enea entrando nella foce del Tevere, allora chiamato il fiume Àlbula, si avanzò in quella regione che doveva divenir sì celebre nella storia con la città di Roma e il popol di Quirino. […] Dalle rive del Fasi furono portati dagli Argonauti i fagiani in Grecia, e dalla Grecia vennero col greco nome a Roma e furono perciò chiamati Phasiani. […] Alcuni credono che quella celebre statua detta comunemente il Gladiator moribondo (che vedesi in una delle sale della Galleria Capitolina in Roma) rappresenti Meneceo. — E questa una di quelle statue che dai primi repubblicani francesi furono portate a Parigi, e dopo la caduta di Napoleone I restituite a Roma.

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. […] « Ella s’adorna il crine, e l’aurea testa « Di rose colte in paradiso infiora. » I pittori pur anco ne fecero ritratti maravigliosi e ispirati, fra i quali meritamente è il più celebre quello dell’Aurora di Guido Reni in Roma. […] Il maggior culto di Esculapio fu in Epidauro ; e sappiamo dallo stesso Livio, non che da Ovidio, che da quella città fu trasportata solennemente la statua del Nume a Roma, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cristiana dedicò quel tempio pagano al culto di quest’apostolo. […] Dante dopo aver descritto il carro di Beatrice, alferma che neppure quello del Sole era si bello e ricco ; e che anzi al confronto parrebbe meschino e povero : « Non che Roma d’un carro così bello « Rallegrasse Africano, ovvero Augusto ; « Ma quel del sol saria pover con ello. » (Purg.

15. (1880) Lezioni di mitologia

Essi mal vinsero: i Penati rapiti da Enea in fra l’iliache rovine torneranno sul Tarpeo: Troia migliore risorgerà in Roma, e Roma comanderà all’universo. […] Pei Greci la selva di Dodona fu solenne oggetto di venerazione; trentadue boschi sacri si numeravano in Roma. […] Nè deve passarsi sotto silenzio Giove Vimineo, che diede, o più probabilmente ebbe nome da un colle di Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altari gli eresse. […] Col titolo di Curi, perchè così l’asta significavano i Sabini, Roma la invocò, e di qui vogliono che derivasse il costume di dividere coU’asta le chiome degli sposi. […] L’essere stato collocato piuttosto ad Anzo che a Roma non è da badarsi da chi ò versato nella storia romana e degl’imperatori, e sa a quanto giungesse il lusso dei Cesari e la non curanza del pubblico di Roma per le arti del disegno.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

E che questa Dea, prima della fondazione di Roma, fosse adorata in Alba e vi avesse un tempio e le sacerdotesse Vestali, lo deduciamo dallo stesso Tito Livio, non che da tutti gli altri storici e poeti latini, i quali concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre di Romolo, era stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale. […] Se poco hanno avuto da inventare e da raccontarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. […] I due punti principali erano : primo, la conservazione perpetua del fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della Dea della castità. […] La Vestale che avesse lasciato spengere il fuoco sacro, era battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità era seppellita viva, in un campo, detto scellerato, fuori di Roma.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Da Tito Livio e da Cicerone sappiamo che esistevano in Roma sino dai primi secoli della Repubblica più e diversi tempii dedicati alla Pietà, alla Fede, alla Libertà, alla Speranza, alla Concordia, alla Pudicizia, alla Virtù militare, all’Onore, alla Vittoria ed alla Salute pubblica, cioè alla più felice conservazione dello Stato. […] Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco di oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito Livio) e vituperosamente celebrati in adunanze clandestine furono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo. […] Non è noto però che la Dea Laverna avesse un pubblico tempio in Roma ; e degli Dei superiori adoravansi pubblicamente i pregi e le virtù, e non i vizii che erano loro dai mitologi e dai poeti attribuiti. […] Vero è che in Roma nel culto pubblico e nel tempio che erale stato eretto, questa Dea fu adorata come figlia di Giove e della Giustizia, e perciò come rappresentante la giusta vendetta, ossia la punizione di quelle colpe che non cadono sotto la sanzione penale delle comuni leggi umane : riferivasi dunque piuttosto alla pubblica vendetta del Popolo Romano per mezzo della guerra, che alle vendette particolari dei privati cittadini.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

XXXII Gli Oracoli Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione di Roma, questo vocabolo sotto cui si conoscono in italiano e in altre lingue moderne è d’origine latina ; e derivando dal nome os, oris (labbro o bocca), sta a significare le risposte a voce che rendevansi dagli Dei ai mortali per mezzo dei sacerdoti281). […] E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi ; e da essi li appresero i Romani che ne facevano un uso frequentissimo negli affari pubblici e nei privati, come sappiamo anche dagli storici di Roma. […] Cominciarono dunque a screditarsi gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana, come intendiamo dal sommo Orator della Grecia, e il discredito andò sempre crescendo molto prima della introduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica Roma. […] Se ne trovano riportate alcune anche nei libri di rettorica e belle lettere, come quella che si suppone data a Pirro re dell’Epiro prima di muover guerra ai Romani : « Aio te, Æacida, Romanos vincere posse. » E l’altra : « Ibis, redibis, non, in bello morieris. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo di Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insieme con Bruto erano andati a consultarlo per sapere chi dovesse regnare in Roma.

19. (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248

A questa Divinità due tempj erano dedicati in Roma. […] Gareggia la nostra Patria con Roma istessa madre, e cultrice delle belle arti, e delle scienze. […] Gli avanzi di questo tempio veggonsi tuttavia in Roma nella Chiesa di Ara Coeli. […] Era Vulcano particolarmente adorato in Mensi, in Sicilia, in Roma. […] Vedesi tuttavia in Roma la spelonca di Caco alle falde del Monte Aventino.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Il culto di Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della seconda guerra punica allorchè, infierendo una pestilenza, le risposte dei libri sibillini prescrissero che per farla cessare si ricorresse alla Gran Madre. […] Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo : talchè quando giunse in Roma la statua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. […] xxix, cap. 14) che ad incontrarla accorse la popolazione fino ad Ostia ; l’accolse e le dedicò un tempio Scipione Nasica, giudicato il più sant’uomo di Roma ; la portarono sulle spalle le matrone e le vergini Vestali.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatina sacra ad Apollo. […] Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169. […] Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma.

22. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta caddero in discredito ; e un cittadino poteva dire impunemente : « Io non so come due auguri possano incontrarsi senza ridere l’uno dell’altro. » Ma il volgo ignorante e coloro che ci trovavano il proprio conto mantennero per lungo tempo siffatte puerili e dannose superstizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite. […] Tarquinio il superbo le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione che alla politica. […] Il primo lettisterno indicato dalla storia durò otto giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contorni.

23. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Due però furono in Roma i più rinomati, il primo viene ascritto a Romolo fatto da lui edificare al parer degl’ auguri fuori le mura, convenevole sembrando, che in mezzo all’abitato star non dovesse il tempio dedicato al gran Dio del fuoco. […] Questa moetra prudenza, e rarità, Questa i n Egitto, e in Roma un dì regnò La Dea della gentil Verginità. […] Presentavansi al suo cospetto venti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o di madre, secondo la legge Papia, nè mostruose per qualche difetto. […] Lacnde qual sostegno de’miseri in Atene, ed in Roma venne con singular onore riguardata, e più tempii s’innalzarono in suo onore. […] Roma per essi fù al periglio estremo Perciò a ragione io li condanno a morte, E perchè non si dolga alcun de’ rei Pria di tutti condanno i figli miei.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

A tempo dei re di Roma fu deificato soltanto Romolo, ma per gherminella politica dopo che i Senatori lo ebbero segretamente ucciso ; i quali non sapendo poi come acquietare il popolo che ricercava il suo re guerriero, gli fecero credere per mezzo di Procolo che fosse assunto in Cielo e divenuto un Nume, e che bisognasse adorarlo sotto il nome di Quirino. […] Così cominciò ben presto in Roma la politica a far servir la religione agl’interessi mondani.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Tali favole o miracolose supposizioni di cui son piene tutte le antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quindi Mitologia significa etimologicamente racconto dei miti, ossia delle favole delle antiche religioni dei Politeisti o Idolatri. […] Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.

26. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

Giano, principe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna di Roma). […] Fondazione di Roma.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma. […] Son celebri nella storia romana i Lupercali dell’anno 710 di Roma, poichè in quel giorno offrì Marc’Antonio il regio diadema a Cesare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più volte nelle sue opere, e specialmente nelle filippiche contro lo stesso Marc’Antonio.

28. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

La Virtù ebbe in Roma tempj e altari. […] Questa Dea ebbe due tempj in Roma. […] di Roma, dopo d’aver sedato la ribellione popolare contro i patrizj. […] Roma singolarmente la onorò, dopochè si sottrasse alla tirannia de’ Re. […] Servio Tullio le fabbricò in Roma il primo tempio.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

E questo era il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e specialmente le donne che furon chiamate Baccanti ; e in tal modo clamoroso e impudente celebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre in Roma che il Senato dovè proibirle.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Nei tempi eroici della romana Repubblica (eroici non solo per valore, ma ancora per senno e per moralità), i riti degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Le fu aggiunto in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

E poichè credevasi che spesso portasse prosperi eventi, quindi non le mancavano e immagini e tempii e adoratori, tanto in Grecia quanto in Italia, e in Roma stessa più che altrove.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

A Marte e ai marziali esercizi fu consacrato in Roma il campo Marzio, che prima era un fondo rustico, ossia un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, perchè apparteneva all’Ambasciata fiorentina o toscana.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che nelle sue poesie per Madonna Laura aveva sempre adoperato un linguaggio casto e verecondo, lo encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce di Calliope labbro « Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma, « D’un velo candidissimo adornando, « Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi di più sana mente avean dovuto immaginare un’altra Venere che presiedesse all’Amor puro e casto, e la chiamaron Venere Urania, ossia Celeste, come accenna Ugo Foscolo.

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