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10. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Scorre il cielo, e ne’ regni dell’obblio Il riso spesso fa mutare in pianti : Questo è Mercurio delle frodi il Dio. […] Riacquistata finalmente la grazia dí Giove, e chiamato novellamente nel cielo chi mai creduto non avrebbe esser per lui terminati omai gli affanni ? […] Eppur non fù così, mentre siccome Esculapio avuto da Coronide fù in terra la innocente cagione delle sue sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo l’impertinente motivo delle novelle disgrazie. […] Si cruccia, si addolora, e avvien che morda I labbri spesso nel dolor caduto, E co’ mugiti il cielo e il mondo assorda. […] E tolgasi pure, o almeno si ecclissi nel cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, dove è più nella eloquenza la grazia, la persuasiva ne’ pergami, il convincimento nei fori ?

11. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424

Amaltea (capra), nutrice di Giove, 29 ; — collocata in cielo, 77. […] Sua nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; — morte di Esculapio suo figlio, 100 ; — suo esilio dal cielo, 101 ; — è adorato dai pastori, 102 ; — fabbrica con Nettuno le mura della città di Troja, 106 ; — si vendica della mala fede di Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; — suoi oracoli, 122 ; — sua disfida con Marsia, 125 ; — punisce il re Mida, 126 ; — metamorfosi da esso operate, 130-133 ; — come vien rappresentato, 135, 136. […]  ; — percorre l’universo, 384 ; — punisce Caco, 385 ; — soffoca Anteo, 386 ; — punisce la temerità dei Pimmei, 387 ; — combatte e vince la Morte, 388 ; — libera Prometeo, 389 ; — separa due monti, 390 ; — è di nuovo in odio a Giunone, 391 ; — suoi amori, 392, 393 ; — uccide il centauro Nesso, 394 ; — sua morte, 395-398 ; — sposa Ebe in cielo, 399 ; — nomi diversi con cui vien chiamato, 400 ; — come è rappresentato, 401. […] Momo, Dio della maldicenza, 282 ; — cacciato dal cielo, 283 ; — come è rappresentato, 284. […] Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio dal cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi ; — sposa Anfitrite, 188 ; — suoi figli, 189-191, 201-204 ; — come vien rappresentato, 207 ; — suo carro, 208 ; — suo tridente, 209 ; — suo culto, 210-212.

12. (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248

Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al di sotto toccava il cielo, e la terra. […] Vedevasi da per tutto nel cielo, nella terra, e nell’Inferno, e per potere da per tutto accorrere, aveva le ali nella testa, e nei piedi. […] Finalmente furono trasportati nel cielo, e diedero il nome a due segni del Zodiaco chiamati i Gemelli 1. […] Osservammo già che Atlante era stato trasformato in una montagna, che sostiene il cielo ; le sue quattordici figlie cangiate in altrettante stelle dette Plejadi, ed Jadi. […] Giove trasportò nel cielo questi sposi, che cangiò in due stelle.

13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno. […] Per quanto tutti i poeti antichi abbiano parlato magnificamente della dea Iride, descrittane la bellezza e chiamatala, come Virgilio96, fregio ed onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenomeno.

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto a presiedere al tempo. […] Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e più grossi, come per esempio il gigante Tizio che si estendeva per nove jugeri, ed Encelado che era lungo quanto la Sicilia, e Tifeo che toccava il cielo col capo. Gli antichi mitologi aborrivano le minuzie aritmetiche e geometriche, e spacciavano tutto all’ingrosso ; e ci danno un’idea, secondo loro, sublime della grandezza e forza dei Giganti dicendo, che per dar la scalata al cielo posero tre monti uno sopra l’altro, cioè sul monte Olimpo il monte Ossa e su questo il monte Pelio 73).

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Salmoneo, fratello di Sisifo, era sì pien d’orgoglio per aver conquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler, quale il Tonante in cielo, « Tonar quaggiuso e folgorare a prova. […] Son queste le sue parole : « D’ogni malizia ch’odio in cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O con forza o con frode altrui contrista.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Invece fu onorata ben più la stessa nave, che i poeti asserirono assunta in cielo e trasformata in quella costellazione che ne porta tuttora il nome, e nella quale i moderni astronomi coi loro telescopii hanno contato 127 fulgidissime stelle. […] Questo fatto divenne tanto famigerato, che anche i pittori, e principalmente gli scultori si dilettarono di rappresentare Ercole infante che stringe in ciascuna mano un serpente e sta in atto di strangolarli entrambi84.Questa insidia di Giunone contro un bambino parve troppo atroce e crudele a tutti gli Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa finse di cangiar l’odio in benevolenza, e per illuder meglio, fattosi recare in cielo il piccolo Ercole gli diede del suo proprio latte, che però al pargoletto Eroe non piacque e lo lasciò cadere nella volta celeste, ove scorgesi tuttora una striscia biancastra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommensurabile strato di milioni e milioni di stelle. […] D’Erittonio nacque « Trœ re de’Troiani, e poi di Trœ « Generosi tre figli Ilo ed Assaraco « E il deiforme Ganimede, al tutto « De’mortali il più bello, e dagli Dei « Rapito in cielo, perchè fosse a Giove « Di coppa mescitor per sua beltade, « Ed abitasse cogli Eterni. […] Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N° XV che fu rapito dall’aquila di Giove e trasportato in cielo per far da coppiere invece della Dea Ebe. […] « Sempre che rigettavale, siccome « Caldaia in molto rilucente foco, « Mormorava bollendo ; e i larghi sprazzi, « Che andavan sino al cielo in vetta d’ambo « Gli scogli ricadevano.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Cibele aveva preso molte precauzioni per nascondere l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagiti di quei pargoletti numi.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Erravano dunque meno del famoso astronomo Tolomeo (vivente nel secondo secolo, dell’êra volgare), il quale fantasticò e spacciò per verità scientifica l’esistenza di tante sfere di solido cristallo negli spazii del cielo.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e nell’ inferno.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Vedonsi nel mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo fantasmagoricamente nuvoloso per l’umido vapore sollevato dalle recenti acque ancora stagnanti, Deucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno di faccia all’altra in atto di scagliare dietro le spalle una pietra, e a poca distanza le pietre già prima scagliate divenir gradatamente uomini e donne.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Dante che ben volentieri riporta nella Divina Commedia anche le punizioni mitologiche dei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quando i cavalli al cielo erti levorsi, « Sì come nuvoletta, in su salire. » Un altro celebre miracolo mitologico attribuito a Cerere è rammentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Il mar, la terra, e ‘l cielo « Lacerati da lor, confusi e sparsi « Con essi andrian per lo gran vano a volo.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Arval. e nel Glossarium Labronicum, concludono col Preller che Summanus è un Dio del cielo notturno, a cui si attribuivano i temporali notturni come a Giove quelli diurni.

27. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Lettisterni, banchetti sacri dei Romani in tempi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

iv dell’ Eneide : « Tergeminamque Hecaten, tria virginis ora Dianæ. » E l’Ariosto nell’ Orlando Furioso, Canto XVIII : « O santa Dea, che dagli antichi nostri « Debitamente sei detta Triforme : « Che in cielo, in terra e nell’ inferno mostri « L’alta bellezza tua sotto più forme. » 136.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

« Monti pel cielo stelleggiato, o scenda « Lo sfavillante d’or Sole, non guarda « Quegl’infelici popoli, che trista « Circonda ognor pernizïosa notte. » (Trad. di Pindemonte).

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