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8. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Agli Antichi non bastò il dire che la loro mitologica Idra fosse insanabilmente velenosa, ma vi aggiunsero che avea sette teste, e (maggior maraviglia), che recisa una testa ne rinascessero due. Questa Idra avea per soggiorno la palude di Lerna in Grecia. […] Questi fu il solo pretendente che non cedesse al nome ed alla fama del valore di Ercole, il solo che osò cimentarsi con lui in singolar tenzone, fidandosi forse nel privilegio che avea di trasformarsi in toro e in serpente. […] « Gli uomini poi che intorno erano sparti « S’accolsero a quel luogo ch’era forte « Per lo pantan che avea da tutte parti. […] xii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al vecchio Nestore che vi si era ritrovato presente e vi avea preso parte.

9. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Acrisio avea saputo dall’Oracolo che se nascesse un figlio da Danae ucciderebbe l’avo. […] Le feste per le nozze di Perseo con Andromeda furono disturbate negli ultimi giorni da una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a cui Andromeda era stata promessa in isposa, ma che però non si era mosso per liberarla dal mostro marino, e quindi avea perduto qualunque titolo ad ottenerla. […] Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove. […] « Grandi eran l’ale e di color diverso, « E vi sedea nel mezzo un cavaliero, « Di ferro armato luminoso e terso, « E ver ponente avea dritto il sentiero. […] « Non è finto il destrier, ma naturale, « Ch’una giumenta generò d’un Grifo : « Simile al padre avea la piuma e l’ale, « Li piedi anterïori, il capo e ’l grifo ; « In tutte l’altre membra parea quale « Era la madre, e chiamasi Ippogrifo, « Che nei monti Rifei vengon, ma rari, « Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51.

10. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359

Poichè Saturno udì dal Destino (21) che Giove gli avrebbe usurpato il regno, appena fu libero, gli mosse guerra ; ma Giove lo vinse ; e temendo che il padre usasse un’ altra volta a suo danno della libertà che gli avea procurata, lo discacciò dal Cielo. […] Il Nume la cangiò allora in girasole od elitropio, il qual fiore, per dimostrare l’affetto che Clizia avea per Apollo, dicesi vòlto sempre al disco solare, o più veramente fiorisce d’estate quando il sole è nel Tropico del Cancro. […] Questo nuovo mostro avea sette teste, e troncatagliene una, altre due ne spuntavano più tremende, a meno che non si mettesse il fuoco sulla piaga ; ma Ercole con un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle sue frecce nel sangue dell’Idra perchè mortali ne fossero le ferite. […] La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fuor la pelle, E d’un serpente tutto l’altro fusto. Duo branche avea pilose infin l’ascelle :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.

11. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Molti altri nomi e appellativi avea questo Dio : quelli di Delio e di Cinzio li abbiamo già notati nel numero precedente, e in appresso avremo luogo di notarne anche altri. […] Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto di meditare ; lunga avea la barba che scendeagli a mezzo il petto ; sulle spalle il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al quale era attortigliato un serpente, simbolo della prudenza, virtù necessaria principalmente ad un medico. […] I poeti usano spesso la parola elettro, invece di ambra, come l’Ariosto nell’accennare la favola della trasformazione delle Eliadi così scrisse : « ……. sul fiume « Dove chiamò con lacrimoso plettro « Febo il figliuol che avea mal retto il lume, « Quando fu pianto il fabuloso elettro, « E Cigno si vesti di bianche piume. » 115.

12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea la corona ; un manto ricuoprivalo dai fianchi in giù ; e ai piedi aveva il tricipite Can Cerbero. […] Primo si trova il barcaruolo dell’Acheronte, « Caron dimonio con occhi di bragia, « Un vecchio bianco per antico pelo, « Che intorno agli occhi avea di fiamme ruote. » Egli invita coll’antica sua buona grazia le anime ad entrar nella barca, « Gridando : guai a voi, anime prave ! […] Son questi i versi di Dante riferibili ai nomi ed agli ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che di e notte fila « Non gli avea tratta ancora la conocchia, « Che Cloto impone a ciascuno e compila. » (Purg.

13. (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -

Tutto avea vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati. […] Ascalafo figlio di Acheronte e della Notte avendo manifestato che Proserpina avea colto nei giardini di Plutone una melagrana e ne avea mangiati sette grani, Cerere vedendo deluse le sue speranze, cambiò per vendetta Ascalafo in barbagianni. […] Il pastore Batto che era stato testimonio del furto avea avuto una bella vacca onde conservasse il segreto ; ma avendo mancato alle sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra di paragone. […] Era custode delle gregge di Nettuno chiamate foche o vitelli marini, è suo padre in compenso lo avea dotato del dono di predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi era forzato. […] Questa Dea avea diversi tempii, e tra gli altri uno in Flio, città del Peloponneso, che aveva il privilegio dell’immunità.

14. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Molte similmente furono le feste istituite in suo onore, le più considerabili però furono le cosi dette Lampadophores per le fiaccole, che si portavano da campioni accorsi a celebrar tali feste, con legge, che colui, cui correndo smorzavasi la fiaccola, dritto più non avea alla corsa, e colui, che ceduto aveva altrui nel corso, in segno della perdita fatta ceder dovea al vincitore la lampada, Cap.  […] Pingevasi egli colle ali alla testa, ed a’piedi, mentre essendo suo ufficio portare i comandi di Giove, servire agli Dei nelle loro ordinanze, ed il presidente altresì essendo alla negoziatura, al governo della guerra, e della pace, a giuochi, alle adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil era potersi spedire di tante faccende, se il vantaggio non avea de suoi celeri vanni ? […] E per qual altra cagione invero privato venne del prezioso lume degl’occhi l’infelice Tiresia, se non perchè un curioso sguardo lanciato avea verso di essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque di Elicona ? […] Essa qual nave esposta a mille venti Scorse senza timor il salso impero, E sicura affrontò mille cimenti, Perché il braccio del Nume avea nocchiero. […] Vista la veste, che il fratel recava Che pel Curiazio un dì trapunto avea Repente esclama mentre il duol l’aggrava : Ahi sorte rea !

15. (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248

Nè il mar avea col suo perpetuo grido Fatto intorno alla terra il vario Lido. […] Il Destino avea altresì predetto, che per ultimar questa guerra ci voleva la destra di un uomo : Giove a tal tempo si servì di Ercole, che diede non equivoci contrassegni del suo valore. […] Giove per assicurarsi del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastica formata di nuvole, e che s’assomigliava perfettamente alla Dea. […] Le Danaidi, alle quali era concesso tregua, e riposo allora che avessero riempiuta una botte, che non avea fondo. […] Avendo posto piede a terra con i suoi compagni entrò in una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo di Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un occhio solo nel mezzo della fronte.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Dante stesso nel descrivere il Paradiso terrestre accenna questo mito, e dice alla bella Matelda, « ………… (che si gìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primavera. » A questo punto cederò la parola all’ Ariosto, la cui splendida poesia è facile ad intendersi come la prosa : « Cerere poi che dalla madre Idea52 « Tornando in fretta alla solinga valle « Là dove calca la montagna Etnea « Al fulminato Encelado le spalle, « La figlia non trovò dove l’avea « Lasciata fuor d’ogni segnato calle ; « Fatto ch’ebbe alle guance, al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ; « E portandosi questi uno per mano « Sul carro che tiravan due serpenti, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò di sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato di aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in un carro ferrugginoso tirato da neri cavalli guidati e spinti precipitosamente da Plutone per le vie sotterranee verso le regioni infernali. […] Queste due ottave son poste dall’ Ariosto a modo di similitudine, come s’intende dall’ottava che segue : « Se in poter fosse stato Orlando pare « All’ Eleusina Dea come in desio, « Non avria, per Angelica cercare, « Lasciato o selva o campo o stagno o rio « O valle o monte o piano o terra o mare, « Il Cielo e ’l fondo dell’eterno oblìo ; « Ma poichè ’l carro e i draghi non avea, « La gìa cercando al meglio che potea. » Un’infinità di esempii, simili a quelli sopra citati di Dante e dell’ Ariosto, dimostrano come e quanto graziosamente i nostri sommi poeti si servano della Mitologia per ornamento del linguaggio poetico.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

A Vulcano infatti attribuivansi i più mirabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggiunge che tutti gli Dei possedevan palagi « ……che fabbricati « A ciascheduno avea con ammirando « Artifizio Vulcan l’inclito zoppo. […] Sopposte a tutti « D’oro avea le rotelle, onde ne gisse « Da sè ciascuno all’assemblea de’Numi, « E da sè ne tornasse onde si tolse : « Maraviglia a vederli ! 

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

La sola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la giovinetta, « Che prima tutte l’altre avea ingannate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciarono dal regno. […] Conosciuti i mezzi, ecco in qual modo l’Ariosto li fa porre in opera dal duca Astolfo per la liberazione del Senàpo dalle Arpie : « Avuto avea quel re ferma speranza « Nel duca, che l’ Arpie gli discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar gli avanza, « Sospira e geme e disperato stassi.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e di vitelli marini. […] Perciò il Tasso fa dire da Erminia al pietoso pastore che piangeva al suo pianto : « oh fortunato, « Che un tempo conoscesti il male a prova, « Se non t’invidii il Ciel sì dolce stato, « Delle miserie mie pietà ti mova. » E quindici secoli prima, Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle labbra di Didone quell’affettuosissimo verso : « Non ignara mali, miseris succurrere disco. » 223.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

Il popolo che credeva Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura come una teologica conseguenza della prima ; e il Senato fu ben contento di adorar come Dio colui che non avea potuto tollerar come re.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Il Pontefice Massimo quando avea scelto una di queste giovanette, per consacrarla Vestale usava la semplice formula : Te, Amata, capio.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e dalle narici.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Ma poi nel cadere della Repubblica e nei primi tempi dell’Impero sappiamo non solo dagli Storici, ma dai poeti stessi imperiali, che la corruzione avea dal mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civile.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

I cacciatori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » Dopo altre vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

« Nell’alma Pilo ei già trascorse avea « Due vite, e nella terza allor regnava. » (Iliad.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi.

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