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4. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine, e il tempio chiamavasi il Partenone, cioè sacro alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avanzi da poter fare su quelli la completa restaurazione dell’edifizio ; e se ne ha il disegno in molte stampe o incisioni. […] Palladio in greco è un diminutivo del nome Pallade, e perciò verrebbe a significare piccola Pallade, o piccola statua di Pallade. — Secondo la superstiziosa credenza degli Antichi si usa figuratamente la parola Palladio in senso di protezione, difesa, salvezza ; e si applica principalmente a quelle politiche istituzioni che servono a mantenere la libertà, e che perciò diconsi il palladio della libertà.

5. (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332

I corsari rubarono infatti la statua di Giunone e la trasportarono sulla loro nave, e misero alla vela, ma tutt’i loro sforzi riuscirono vani, dappoichè il vascello non potè far cammino. Persuasi che quella fosse una punizione del cielo, discesero nuovamente la statua della Dea, e, offertole un sacrifizio ritornarono a bordo della loro nave che questa volta salpò felicemente. […] Poco di poi Admeta purgò con un sacrifizio il supposto delitto dei Samii, e slegata la statua la rimise nel santuario. […] Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli di quel dio. […] In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo.

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