XXXV I Satiri ed altre Divinità campestri Chiunque ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza di forme fra essi e il Dio Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi nel suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbia definiti : « Quella che Pan somiglia « Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più effrenate Baccanti.
A Gaspare Gorresio Non ha guari mi si rioffriva all’occhio uno dei vostri dotti opuscoli, colle cortesi parole da voi scrittevi per me: « in testimonianza d’amica memoria ». E bastarono perchè mi si ravvivasse con molta soavità e con nuovo desiderio la memoria dei colloqui nostri in Torino, singolarmente nell’anno 1862, da quando ebbi la ventura di conoscervi dappresso nella conversazione del celebre Conte Federigo Sclopis, allora Presidente del Senato, visitandovi io poi con assai frequenza nella Biblioteca Universitaria e passeggiando talora con voi nelle vie di cotesta veramente italiana città, al mio cuore carissima e dai buoni venerata, nella compagnia pure di quel dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me per intima amicizia, e nel quale già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvio Pellico e di Vincenzo Gioberti, poiché e’ visse per lungo tempo familiare ad ambedue. — Sovrattutto m’è fìsso in mente quel giorno in cui ci aggirammo per Doragrossa, e voi con erudita e limpida parola, e con abbondevole copia di argomenti e d’esempi, sponevate parecchie verità intorno all’ Orientale Letteratura, della quale siete maestro, giustamente commendato in Europa. Non isgradite ora, che io, a testimonianza di grato animo e di affetto, che non iscema per lontananza nè per tempo, v’intitoli, fra le Opere che tutte riunisco e do alla luce del sommo Toscano del nostro secolo, fra le Opere del Niccolini da voi tanto ammirato, la Mitologia Teologica. Dettò il nostro Poeta nell’anno 1807-8 per gli Artisti queste Lezioni, di guisa che non possiam ricercarvi quel più peregrino sapere, quella più squisita dottrina, che in tali studj addimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scrisse a chiare note da sè medesimo. Tuttavia le versioni che qua e là vi ponea dagli antichi Poeti, rendono tale il Volume, che, eziandio senza il gran nome dell’Autore, potrebbe esser indirizzato all’eccellente traduttore del Ramaiana.