Sorride il cielo, circola d’intorno Arcano gaudio, e con bisbigli e tresche Di lieti augei, d’ implacidite belve, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al gioir del suo nume Ida festeggia. » Iliade, Canto XIV, v. 267 e segg. […] V, v. 251 e segg. […] Cimotoe e Triton, Tuna coli’ onde, L’altro col dorso le tre navi indietro Ritirar dallo scoglio in cui percossero: Le tre che nell’arena eran sepolte, Egli stesso, le vaste sirti aprendo, Sollevò col tridente ed a sé trassele; Poscia sovra al suo carro d’ogni intorno Scorrendo lievemente, ovunque apparve Agguagliò il mare, e lo ripose in calma. » Eneide, libro I, v. 230 e segg. […] IV, v. 237 e segg.
Introduzione. Se col volgere degli anni si videro di quando in quando anche le Scienze pressochè tutte a rinovazioni e progressi andar soggette ; onde sempre più raffinate comparveto e degne d’ammirazione ; non v’ ha dubbio che a’ giorni nostri, piucchè in altro tempo mai, così le Belle-Lettere si coltivano, e la venustà, l’eleganza, e’l buon gusto così oramai se ne accrebbero, che nuove del tutto potrebbono giudicarle l’Età trascorse. Non saprei però, se finalmente oggidì ciascuna di esse fosse da risguardarsi come a tale grado di perfezione ridotta ; che più non abbisognasse di lavoro alcuno. Tale per certo non è la Mitologia, il di cui studio è poi sì necessario a costituire l’uomo erudito ; e capace di ravvisare molti preziosi avanzi della più rimota Antichità. Di fatti se nell’ applicarsi a qualsivoglia Scienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il quale a guisa di luminosa face suole guidare agevolmente il nostro intelletto all’acquisto di ogni più sublime e difficile cognizione ; questa esattezza d’ordine non venne fin’ora osservata dalla maggior parte di quegli Scrittori, che nella nostra Italiana favella ci trasmisero la serie de’ vetusti Favolosi avvenimenti.
, viii, v. 454.)
, ii, v. 490.)
i, 7, v. 24.)
, xix, v. 44.)
ii, v. 538.)
v. « Che abominevol peste, che Megera « È venuta a turbar gli umani petti ?
v. 132.
, v. 391.)
ii, 3ª, v. 14.)
, Canto xviii, v. 118.)
Cosi cantò il Chiabrera, v. 46 : « E di nebridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al suon del crotalo, « Cinte di nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi « Di quella porpora, ecc. » I poeti pensarono ancora a dar moglie a Bacco, e inventarono un modo sbrigativo, franco e alla buona, senza tante sicumere e accordature d’orchestra.
Considerato Nettuno come causa dei terremoti, chiamavasi con greco vocabolo Ennosigèo (scuotitor della terra) ; il qual nome è usato da Giovenale nella Satira x, v. 182, parlando di Serse, che pretese d’incatenare il mare : « Ipsum compedibus qui vinxerat Ennosigœum. » 217.
VI, v. 4) : « Il y avait en ce temps des géants sur la terre. » 8.
v. 302.
Ces portes étoient d’airain massif ; de là vient que Dieu, permettant à Cyrus la conquête de Babylone, lui dit : (Isaïe , chap. 25. v. 2.
Delle sue Eneide v. 297. riferendo il fausto presagio di Giove a Venere addolorata pel suo figlio.