Donde da tre si immaginarono nove Muse, opinioni di Varrone e Diodoro Sicolo. 51. […] E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspetto di tre corpi congiunti in un solo a tre facce. […] Pausania non riconosce che solo tre Muse, Melete, Mneme e Aede, tre nomi, de’quali traendo la interpetrazione dal greco, rispondono a tre altre italiane, memoria, meditazione e canto, che altro non sono che una vera personificazione di tre obbietti, che servono a dar principio, sviluppo e compimento ad un poema. E dalla lettura delle opere dello stesso Pausania apprendiamo da tre essersene fatte nove — Piero principe Macedone portandosi nella Beozia fè credere esser nove il numero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose donzelle sue figlie — Varrone ne fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento di gloria alle tre Muse, scelsero tre scultori a rilevar ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre nel tempio di Apollo, che per superiore bellezza meritassero l’approvazione di tutti. […] I tre corpi dati dalla favola a Gerione forse non erano che tre corpi di armati, che per tutelare il suo territorio oppose ad Ercole ; oppure, che egli avesse tre fratelli, cui vivesse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati di un’anima sola in tre corpi.