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32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Eran tutti però molto alti e grossi, talchè da lontano tra la caligine infernale li aveva presi per torri, quantunque non apparissero che per metà, cioè dai fianchi in su ; e Virgilio lo disingannò dicendogli : « Acciò che il fatto men ti paia strano, « Sappi che non son torri, ma giganti. » Per quanto Dante ci confessi sinceramente ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metri ciascuno, e di grossezza proporzionati all’altezza come nella specie umana. […] Gli antichi mitologi aborrivano le minuzie aritmetiche e geometriche, e spacciavano tutto all’ingrosso ; e ci danno un’idea, secondo loro, sublime della grandezza e forza dei Giganti dicendo, che per dar la scalata al cielo posero tre monti uno sopra l’altro, cioè sul monte Olimpo il monte Ossa e su questo il monte Pelio 73). […] Chiunque legge con attenzione e riflette su quel che ha letto, quntunque egli sia nuovo alle scienze, pure facendo uso soltanto del lume naturale della ragione, dirà a sè stesso o a qualche chimico : Ma dunque se dite che v’è lo zolfo nativo, parrebbe che vi dovesse essere anche lo zolfo non nativo, ossia procurato con mezzi artificiali per l’industria dell’uomo ! 

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