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26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Ma così tosto al mal giunse lo empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge : « Ancor non era sua bocca richiusa, « Quando una donna apparve santa e presta « Lunghesso me per far colei confusa. » E questa donna santa era la Virtù, che stracciando le pompose vesti che cuoprivano quella immagine del vizio, ne mostrò a Dante la turpitudine, « E lo svegliò col puzzo che n’usciva. » Nè al divino Alighieri bastò riferire la lezione di morale che immaginava di aver ricevuta in sogno, ma volle che gliela commentasse il suo duca, signore e maestro, Virgilio : « Vedesti, disse, quell’antica strega « Che sola sovra noi omai si piagne ? […] « Così chi nelle mine il ferro adopra, « La terra, ovunque si fa via, sospende, « Che subita ruina non lo cuopra, « Mentre mal cauto al suo lavoro intende. […] Il raziocinio che fa Dante su tal proposito è molto notabile, e merita di essere imparato a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elefanti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « Più giusta e più discreta la ne tiene ; « Chè dove l’argomento della mente « S’aggiugne al mal volere ed alla possa, « Nessun riparo vi può far la gente. » (Inf.

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