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20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

E che quel soggiorno fosse pur troppo inamabile, come dicono i poeti latini, e tetro, si può dedurre pur anco dal sapere che nessuna Dea o Ninfa, per quanto ambiziosa e vana, acconsentì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie gli convenne rapirla, e poi contentarsi che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o nel Cielo. […] Allora non compariva più come l’avvenente e delicata Ninfa che sceglieva fior da flore alle falde del monte Etna, e a cui Dante assomigliò la bella e cortese giardiniera del Paradiso terrestre ; ma come una matrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altro che lieta del grado di regina : allora confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e di più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai gusti del marito, e li secondasse attirando nei regni infernali più gente che potesse ; e perciò si trova chiamata dai poeti la crudel Proserpina. […] Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo numero parlando dello stato delle anime dopo la morte. […] Anche il can Cerbero ha ricevuto l’onore dagli astronomi che il suo nome fosse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione di Ercole che si chiama la mano, volendosi così alludere alla favola che Ercole incatenò il can Cerbero nell’Inferno e lo trascinò seco sino alla vista del Cielo.

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