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13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Dante nel Canto xxix dell’Inferno usò il nome di Dedalo per significar volatore, o uomo volante a somiglianza e coll’arte di Dedalo, facendo così dire a Capocchio : « Ver è ch’io dissi a lui parlando a giuoco : « Io mi saprei levar per l’aere a volo ; « E quei che avea vaghezza e senno poco, « Volle ch’io gli mostrassi l’arte, e solo « Perch’io nol feci Dedalo, mi fece « Ardere a tal che l’avea per figliuolo. » Dante rammenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la sua paura a quella di questo giovanetto, « …..quando Icaro misero le reni « Sentì spennar per la scaldata cera « Gridando il padre a lui : Mala via tieni104. » Alcuni Mitologi attribuiscono a Dedalo un grave delitto a cui lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo nipote Perdice che dimostrava con nuove invenzioni ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli era stato maestro lo zio.

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