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45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Qualche giorno dopo, peggiorando sempre le condizioni del greco esercito, « ………… chè quanti « Eran dianzi i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e di fendente « L’inclito Ulisse e Agamennòn ; » si presentò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi di lui per trattenere alquanto l’impeto dei Troiani che stavano per irrompere nelle greche trincee. […] Ne riporterò due strofe della prima Ode delle Nemee : « Noto a Giunon superba il divin germe « Godea del ciel sereno, « E col fratel posava in crocei veli : « Ma la Saturnia, lacerato il seno « D’aspro gelato verme, « Due volanti spedia draghi crudeli, « Che ratti entrâr le soglie, « Ove del rege partoria la moglie.

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