Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creavano nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunsero, come di Eusehio, ai miti, interpolandoli, significati mistici ed improprii, sensi laidi ed oscurissimi, e questo avvenne anche prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava di non andare gli Dei avversi a’loro voti, come credevano avversi a’loro costumi, onde appiccarono a gl’ Iddii stessi i loro proprii trasporti, per trascorrere senza rimorso alcuno. […] Questa divinità nacque in mente de’poeti come un’universale fantastico, per indicarsi ogni oceano, ogni mare ; o come un carattere poetico, onde significarsi tutte le virtù nautiche, cui andarono celebrati non pochi nocchieri, e furono creduti come Iddii anche in tempi non di molto remoti ; sì perchè dalla istoria è dato principio al secolo degli eroi con le piraterie di Minosse, e con la spedizione navale, che fece Giasone nel Ponto per la conquista del vello di oro ; sì ancora, mancando a gl’antichi fiore d’ingegno, onde scoprire come dominare gli oceani e i mari ; od in fine, perchè lungo tempo paventando dell’aspetto delle onde, si tennero lungi a percorrerle. […] Anche in questo mito va rinchiusa un’allegoria, e noi qui ne daremo la interpetrazione come saggiamente fu esposta da Macrobio, la quale egli stesso improntava da Antipatro filosofo stoico — Dalla terra, così voltiamo in italiano le sue parole(1), ancor umida, elevandosi su nelle regioni superiori del cielo frequenti esalazioni, e poscia quivi riscaldate cadendo giù ravvolgentisi a simiglianza di un serpente mortifero nelle ime sedi della terra portavano il guasto, e contaminando tutte le cose per via di una putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè di una effervescenza, che ricoprendo il sole istesso con un folto addensar di caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma poscia estenuate col salubre fervore de’raggi cadenti a simiglianza di saette, prosciugate e svanite, i poeti ne immaginarono la favola del dragone ucciso da Apollo. […] Detta anche Lucina, che porta i parti alla luce non già naturale, la quale è comune ai parti schiavi, ma civile, onde i nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 309 di Roma tennero i connubii esclusi alla plebe.