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1 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
conseguita pubblica ragione nel vostro gentil seno, quasi a prefisso suo centro, lasciasi affettuosamente cadere. Io mi av
mprende, Cic. de Of. Lib. 1. sub init. aver deve dalla definizione il suo principio, acciò quanto in prosieguo è da dirsi c
ttar potesse i sensi, tosto avvenne, che ogni sanguinoso si foggiò il suo Marte, ogni ladro il suo Mercurio, ogni lascivo l
to avvenne, che ogni sanguinoso si foggiò il suo Marte, ogni ladro il suo Mercurio, ogni lascivo la sua Venere, ed ogni vin
dro il suo Mercurio, ogni lascivo la sua Venere, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal detestabile sistema pertanto di qua
mente sia nato nella famiglia di Rel. Cham, da cui partendo, quasi da suo fonte, si pernicioso errore, culto si strano si d
nell’Occidente. Toccata la Grecia anch’essa dallo stesso contagio nel suo seno introdotto da Fenicii, nelle stesse miserie
german cresciuto in Creta, Toccò nascente de’desir la meta, E diè di suo poter tremende prove. Il regno al Padre tolse in
te, e lieta, Tien l’impero nel Ciel, tutto decreta, E solo il Fato al suo piacer lo. muove. Regge il folgor funesto apporta
ritrovato âvesse potuto sfuggire il nato infante il furore di Saturno suo padre, il quale memore delle promesse fatte al fr
no di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole delle parole di suo padre, dover cioè venire un giorno, in cui da uno
dogli ad inghiottire una pietra, detta poi Abder, in luogo dell’amato suo Giove. Quivi egli cresciuto, e consapevole de’pas
vi egli cresciuto, e consapevole de’passati crudeli tratti di Saturno suo padre, nonche della congiura, che contro di se no
opi. Non godè egli però dopo tal divisione una lunga tranquillità nel suo Regno, perche più guerre a lui mosse lo tennero d
te, al solo udire gl’ orribili suoi fischi, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impauriti gli Dei sotto figura di diversi a
affaticavano a soprapporre monti a monti con forza stupenda, vide con suo piacere tra un nembo di fulmini cadere il’ forte
otentinemici, e così vinto, e domato il loro orgoglio si assicurò del suo regno, e riacquistò la perduta sua pace(1). Sue
e si diede. Imperochè quantunque egli assicuratosi di già del sortito suo regno impalmato avesse per mogli e Meti dea del C
monte, ove da Tarquinio Superbo fù perfezionato un sontuoso tempio in suo onore, da Tarquinio Priseo molto pria di già desi
liato, con fronte covert da nubi, co’ fulmini alla mano, coll’uccello suo ministro a piedi, da lui stesso trasmutato per ge
li, perche amati focosamente da Giove. Gl’ animali poi da svenarsi in suo onore erano bianchi bovi, da’ quali credevasi ess
al gli forma il segno Del vasto impero, e fra conchigliè rare Erge il suo trono, e insiem possente, e degno Per tutto il gu
are Erge il suo trono, e insiem possente, e degno Per tutto il guardo suo terribil pare. Due Tritoni la guardia hanno del s
on lasciò mezzo alcuno intentato ; ma quella per custodir illibato il suo vergineo candore con magnanimo rifiuto constantem
il respinse. Un fortunato Delfino però conscio delle pretenzioni del suo gran Nume avendo ritrovato un giorno la bramata A
aderla, e seco menandola per incognite vie la condusse finalmente dal suo Re, e così divenne essa sua sposa onorata per alt
ate a menare, e respingere i flutti dal lido ; onde a somiglianza del suo fratelle Giove variamente cambiandosi a sfogar si
la Cittä di Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti essere ciò di suo dritto esclusivo. Gli Dei chiamati a dirimere tal
parti tal sovrana decisione Nettuno il primo si diede a far pruova di suo potere. Percosse egli col suo divino tridente la
ttuno il primo si diede a far pruova di suo potere. Percosse egli col suo divino tridente la terra, come attesta Virgilio n
che : Percussa magno tellure tridente, e la terra ubbidiente all’alto suo cenno si apri, e cacciò dal suo seno, quasi diven
dente, e la terra ubbidiente all’alto suo cenno si apri, e cacciò dal suo seno, quasi divenuta ad un tratto feconda un legi
cchio Nettuno istesso pregiavasi essere il regolatore colla virtù del suo grave tridente, come cel descrive Stazio… Triplic
’uom spavento, e lutto. A far säette crudelmente istrutto Par che dal suo destin fù dichiarato ; Giove per esso vien sovent
se disgrazie, alle quali fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo , gli siano servito di appoggio, e sgabello alle s
o gli stessi suoi genitori, e soprattutto Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno di sua maestà, su
a terra appressavasi il Nume bambino per esalar quivi giunto l’ultimo suo affannoso respiro ; ma al ravvïsar gli abitanti d
la maraviglia degli Dei, e degl’ uomini, e resero al mondo celebre il suo nome non senza gloria degli stessi suoi collabora
nome non senza gloria degli stessi suoi collaboratori. Invenzioni del suo ingegno, e fatture delle sue mani al certo dicesi
e Venere fra le Dee la più bella, la quale per altro niente rapita di suo marito, non senza suo disonore, e discredito divi
più bella, la quale per altro niente rapita di suo marito, non senza suo disonore, e discredito divise con altri i suoi af
vise con altri i suoi affetti, sebbene poi la sottil rete distesa dal suo astuto consorte, dove ella con Marte improvisamen
rsi a fuoco(1). Sua qualità. Acquistatosi pertanto Vulcano mercè del suo ministerio la grazia del suo padre Giove, non isd
Acquistatosi pertanto Vulcano mercè del suo ministerio la grazia del suo padre Giove, non isdegnò questi di ammetterlo al
one furono, per cui la bella Ebe il piacere incontrò di subentrare al suo invidiabile impiego. Suoi nomi. Questo Dio oltre
ubentrare al suo invidiabile impiego. Suoi nomi. Questo Dio oltre il suo nome, che abbastanza il distingueva, stant ecchè
rogava non poco alla sua maestà. Suoi tempii, e feste. Più tempii in suo onore godevasi Vulcano. Due però furono in Roma i
importantissimi affari. Molte similmente furono le feste istituite in suo onore, le più considerabili però furono le cosi d
atini scrittori essere stata la sua nascita. Piccatasi fortemente del suo marito l’orgogliosa Giunone per aver egli da se s
senza vantarvi ella parte data alla luce Minerva qual dimostranza del suo invitto potere, pensò di operare anche essa un co
consimile sovraumano portento, un Dio producendo senz’alcun’opra del suo rivale marito. Anziosa quindi di veder paghe le s
tanca fermandosi presso la Dea Flora, questa all’udire il disegno del suo cammino con dolce sorriso un fiore additolle, di
ore ne corse la Dea, ed immantinenti n’ ebbe a sperimentare con sommo suo piacere l’effetto. Diede quindi a suo tempo alla
’ ebbe a sperimentare con sommo suo piacere l’effetto. Diede quindi a suo tempo alla luce un bambino, che sebbene d’un orig
ile fosse parto ; pur tanto terribile, e fiero addivenne, che il solo suo nome riempiva di spavento ogni cuore, e perciò pe
Nettuno. Celebre fù la quistione, e la lite, che ebbe questo Dio col suo zio Nettuno. Egli per vindicare la violenza usata
perchè di sua fierezza era costantemente rapito, perder non volle il suo carattere anche quando passò alla morbidezza dell
ritratte. In atteggiamento assai terribile convenevole però al fiero suo genio fù effigiato questo Nume. Pingevasi egli da
, da più mostri cinto per corteggio, con furie svolazzanti intorno al suo elmo per orrore, con gallo qual simbolo di vigila
ntorno al suo elmo per orrore, con gallo qual simbolo di vigilanza al suo fianco, preceduto dalla fama, che con spaventevol
me. La Tracia però, o perchè gloriosa della fortuna di riconoscere il suo nome da Trace figliuol di Marte, o perchè nazione
ituendo in varii modi, e diversi tempi altari, sagrificii e, feste in suo onore, e culto ; benchè forse non minore era il c
per amore del lor fondatore, che per timore delle loro battaglie. In suo onore invero aveano essi costruiti due tempii, un
quella Città il difensore contro gl’insulti d’ogni esterno nemico. In suo ossequio similmente leggiamo e le feste istituite
oveano sacrificii a questò Nume, non altra vittima svenar si dovea in suo onore, che sol quella, di cui prendevasi piacere 
ua rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò di somministrargli il suo latte(1) dal che forse ne avvenne, che egli intem
a di sottrarsi del tutto all’ altrui vigilanza, mentre nel meglio del suo nero attentato fù veduto dal vigilante Batto. Tem
eghi. Pingevasi egli colle ali alla testa, ed a’piedi, mentre essendo suo ufficio portare i comandi di Giove, servire agli
rosamente si strinsero, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbandonati sens
Scorgesi finalmente in molti suoi ritratti una verga, onde divisar il suo impiego di sciogliere da ligami degl’egri corpi l
uelle, non potevano essi far ammeno di prestargli qualche ossequio in suo omaggio. Cap. VI. Apollo Sonetto
do dignitoso Ei gira Per tutto splender fà fiamme divine. Scioglie il suo fiato le gelate brine, Ogni mortal il suo pote so
fiamme divine. Scioglie il suo fiato le gelate brine, Ogni mortal il suo pote sospira, Ad esso intorno il globo ognor s’ag
tesori eccelsi intorno, Chè la terra salvar Ei sa da danni. Fulge il suo carro di saffiri adorno, Nè invecchia mai per lun
fra il sodalizio degli Dei uno de’ più rinomati si era per cagion del suo vasto singolare sapere ; pur tutta volta a dure v
seramente soggiacque. Chi fù Apollo. Corrucciata Giunone perche Giove suo marito particolare affetto nudrisse per Latona gi
terra dippiù obbligò con solenne giuramento a negarle asilo nel vasto suo seno. Nè contenta di questo da sozzo fango fè sor
le. Commosso però dalle sue sventure il gran padre Nettuno strinse il suo tridente, e forte battendo le salse onde fè salir
sue frecce, e con violenta morte gli fè pagare ben presto il fio del suo nero attentato. Dopo un tal fatto tutto sdegno si
di lui la madre Latona fino a frastornare le feste, che facevansi in suo onore, ammazzandole a colpi di frecce i sette suo
di perdere l’antica sua essenza coll’essere trasformata in alloro da suo padre istesso da lei chiamato in soccorso,(1) che
della sua men cauta condiscendenza mentre fatto consapevole di ciò il suo padre Orcamo da Clizia tradita ne’ suoi amori da
enunciante Clizia in girasole. Perduta intanto questa sposa trasse al suo fianco sì Climene figlia di Teti, che Coronide fi
Dei per guiderdone l’ascrisse. Non potè pertanto Apollo contenere il suo sdegno pel crudele fato d’un tanto figlio ; ma di
per giudizio di Tmolo Re di Lidia, pagò colle umiliazioni il fiò del suo presuntuoso attentato, e Mida suo fautore con due
, pagò colle umiliazioni il fiò del suo presuntuoso attentato, e Mida suo fautore con due orecchi di asino tirategli dal vi
di asino tirategli dal vincitore Apollo alle chiome diede la pena del suo mal giudicato. Mosso dopo un tal fatto o da spiri
adre per consiglio di sua madre di condurre per un giorno il luminoso suo carro. Tremò il caro genitore a tal dimanda, ed i
a quella degli elisii campi sul volto, colla lira in una mano, e col suo arco nell’ altra, con cornacchia svolazzante sull
le mani di questo Dio, non fia maraviglia se molto esteso si legge il suo culto. Con particolar modo però era egli adorato
oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuochi detti dal suo nome Apollinari, e
poi nel mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuochi detti dal suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offerivansi
onne infide il telo. Europa, Danae, ed Alcmene un giorno Destaron nel suo sen la voglia rea Di punir l’opre di fatal rio sc
e la sventurata non fosse stata il bersaglio dello stesso vertiginoso suo genio. E che altro invero bramar più poteva per e
perseguitava chiunque credeva recarle qualch’ onta. Son testimoni del suo sdegno Io, Europa, Danee, Semele, Latona, Alcmene
da Giove. Nè qualora pensava alle vendette punto curava la maestà del suo grado ; ma prostergando ogni decoro non s’ arross
a orgogliosa Dea di Ebe, e Vulcano suoi figli concepiti per opera del suo Giove, sollecita impegnossi ancora un altro conce
i disse, per far conoscere agli Dei, ed agl’uomini quanto efficace il suo potere si fosse, che dubitata non avea di gareggi
suo potere si fosse, che dubitata non avea di gareggiar collo stesso suo marito Giove ; mentre se questi per sua virtù tra
ssa la gloria volle d’ aver cavato sol da se dagl’occulti recinti del suo seno un’animato prodigio di fortezza. Suo castig
ortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la sua gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stesso marito pel seguente motiv
tigo. Fù però oscurata la sua gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stesso marito pel seguente motivo. Nella gran con
ancora volle prenderne le parti. Crucciato allora non senza motivo il suo glorioso marito pensò vendicarsi, e pel ministro
to pensò vendicarsi, e pel ministro di sua vendetta elesse il deforme suo figlio Vulcano. Pronto questi a voleri del padre,
e mani in segno dell’ alta sua autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto di ricordare le sue bravure d’ave
bravure d’aver cangiato in quest’ uccello quell’ Argo di cento occhi suo esploratore da Mercurio per ordine di Giove crude
immagini presso gl’ Argivi si scorga coll’ aggiunta d’ un cuculo sul suo scettro, perchè in quello cangiato si era Giove p
etta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore era il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che solito
Domiduca dall’ accompagnare la novella sposa al soggiorno dell’ amato suo sposo, per qual motivo ancora dicevasi Iuga, cioè
le feste a lei sacre ; le Calende però d’ ogni mese furono sempre in suo onore, non altrimenti che fù il mese di giugno, c
sempre in suo onore, non altrimenti che fù il mese di giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato, come ancora quello
me credevasi così chiamato, come ancora quello di febbrajo, in cui in suo culto celebravansi i giuochi Lupercali in una man
rar la vedi Scorrendo ogni tugurio, ogni soggiorno. Sono i cultor del suo favor gl’ eredi, Ed o che cade il sole, o fà rito
del portento, e da essa, e dal figliuol di Celio Trittolemo divenuto suo caro ministro ben ammaestrati nell’arte della col
sue sventure. Imperocche rapita questa là ne’ campi della Sicilia dal suo zio Plutone sordo divenuto alle doglianze delle N
. Al sentire il gran padre le sue giuste querele cercò d’impiegare il suo braccio in soccorso. Ma poiche il destino decreta
e sei mesi passasse Proserpina con Cerere sua madre, ed altri sei col suo marito Plutone. Sue vendette. Gelosa pur troppo
i sei col suo marito Plutone. Sue vendette. Gelosa pur troppo fù del suo onore questa Dea ; sicche il suo sdegno evitar no
e vendette. Gelosa pur troppo fù del suo onore questa Dea ; sicche il suo sdegno evitar non poteva chiunque osato avesse ol
mette a donzelle alta mercè, Perchè più bella, e la più antica fù. Il suo rito scordarsi omai non può, E a chi lo conservò
suoi giudizii mostrò fin da’ primi albori tale affetto, e gelosia pel suo vergineo candore, che quando Giove rapito indi a
sia pel suo vergineo candore, che quando Giove rapito indi a poco dal suo grazioso sembiante con tenere espressioni di padr
chiese di potersi eternamente mantenere illibata Vergine in tutto il suo tenore, ad onta di qualunque motivo opposto si fo
e avesse voluto profittarne, così diffuse le scintille dell’innocente suo fuoco nel petto de’ mortali, che sentendone quest
estargli sacrificii in segno di omaggio ben dovuto all’impareggiabile suo merito : anzi perchè era riguardata per Dea del f
olo intieri, e distinti tempii, ma altari ancora costrutti vennero in suo onore eretti sibbene in tempii sacri ad altre Div
n immota pupilla pregiavansi di vagheggiar la fiamma, che bruciava in suo onore ? Qual po rtento in sentirla invocata non c
petto del religioso Nume II. Re de’ Romani. Ordinò questi ergersi in suo onore magnifico tempio in forma rotonda fra i due
r questa Dea, ma una viva fiamma soltanto al vivo espressa formava il suo tipo ; mentre le statue tutte, che dicevansi esse
ntefice Massimo dopo i Re s’apparteneva tal facoltà. Presentavansi al suo cospetto venti verginelle delle principal i famig
gli affetti non vide altro mezzo più espediente per ovviare il futuro suo scorno, che con incredibile voracità dibranare la
sueto gravame l’ignorante Giove, e ravvisando crescere sempre più con suo maggior dolore il gran peso, per man di Vulcano s
ulcano si fè in due parti aprire il capo, per osservar cosa fosse del suo tormento il motivo. Vide allora con suo stupore u
, per osservar cosa fosse del suo tormento il motivo. Vide allora con suo stupore uscire una bambina ben grande, e tutt’arm
il competitore Nettuno, come nella vita di costui sta scritto, fù del suo onore si fortemente gelosa, che senza pietà con c
pietà con castighi sopraffece chiunqne non la rispettava a tenor del suo grado. Provò primieramente gl’effetti del suo sde
rispettava a tenor del suo grado. Provò primieramente gl’effetti del suo sdegno la vana figlia di Idimone Aracne. Questa p
meliose, e degradanti l’onor di questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno privata dell’antico suo essere, e trasform
questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno privata dell’antico suo essere, e trasformata in pesce per unir così le a
ettò chianque avrebbe voluto annebiarle, benchè sol collo sguardo, il suo vergineo candore. E per qual altra cagione invero
la cagione, per cui l’appassionato Nettuno senza rispettare il sacro suo tempio ardi violarla ? E che altro fù il fulminar
verginella, e profetessa figlia di Priamo Cassandra rifuggiatasi nel suo tempio per soccorso, e salute ? Illustri esempii
ima. Non potè però la sventurata tant’oltre gloriarsi di tal naturale suo pregio ; mentre per volontà di Giunone, non altro
el quale sebbene di più figli fù madre ; pure perchè mal contenta del suo consorte imprese a fare un traffico troppo infame
ontenta del suo consorte imprese a fare un traffico troppo infame del suo corpo, altri molti perciò da altri, ed in partico
delle nazioni effigiata venne tal Dea. Questo però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora di diaman
ta dai due Cupidi, non che dalle tre grazie, e finalmente seguita dal suo bellissimo Adone. Suoi nomi. Con varii nomi fù c
centibus halant. In Roma poi nelle Calende di Aprile celebravansi in suo o nore i Sacrifici detti Verticordia, acciò degna
ori alcuni popoli di Cipro, che ardirono sacrificare umane vittime in suo onore. Con maniere inoltre le più strane credevan
e Sire, le Medi, le Persiche, le Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione di sue statue convertiva
utta sollecita si esibì per levatrice a sua madre nello sgravarsi del suo secondo portato distinto sotto il nome di Apollo,
r perpetua la sua Verginità. Laonde grandetta già divenuta, acciò nel suo seno non si accendesse la molle fiamma temuta, tu
lo Oceano, non che di venti altre verginelle, che la cura avevano del suo campestre equipaggio ; quali tutte affinchè ne’di
recato nel tempo almeno di ristoro qualche occasione, o periglio pel suo candore obbligò alla più stretta, e perfetta Verg
e, che implacabile mostravasi contro chiunque sembravale far ombra al suo amato candore. Sperimentò in vero i colpi del suo
ravale far ombra al suo amato candore. Sperimentò in vero i colpi del suo sdegno l’incauto Atteone figliuol di Aristeo. Egl
sì fieramente puniva ella chiunque rivolgevasi direttamente contro il suo pudore, ma ancora chi osava insidiare qualche seg
iolenza ad Opi sua Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però del suo onore, che di sua purezza fù molto gelosa Diana.
e Minerva, ne fù l’infausto motivo ; E perchè inoltre traforò con un suo dardo la lingua della infelice figlia di Dedalion
data sotto il nome di Diana ; in questo sol ristretto però non era il suo ammirabil potere. Suo potere e suoi nomi. Essa qu
giusta i consigli a lui prescritti dalla Sibilla Cumana. Tal triplice suo potere in Cielo, in terra, e nell’inferno, per cu
nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di già compendiati nel suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effigie d
un carro tirato da Cervi in abito sciolto, si ma decente affibiato al suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con
rra. Il costume però più praticato fù l’offerirsi uua bianca cerva in suo onore, come cel descrive Ovid. Candida, quae sem
anche esso Efesino preso dallo stolto disegno di rendere immortale il suo nome ; e benchè più volte fosse stato quindi rial
gl’eventi tiene Con atto grave, e in furibondo viso. Ogni avvenir dal suo poter deciso, Nè i desiderii del mortal previene,
orta si fossero ; ma nel seno della stessa sua necessità mal grado il suo rango lo lasciarono infelicemente a giacere : mit
retesero col pingerlo bendato, se non che la sola nccessità aveva nel suo governo per guida ? E che altro dargli nelle mani
a lui per natural dritto dovuto. Campato questi dallo sdegno d’Urano suo padre per cura di Titea, si indocile si dimostrò
ma con mano audace ancora di uncinato ferro armata sorprese lo stesso suo padre, e devirollo. Quello stesso però, che fece
lo stesso suo padre, e devirollo. Quello stesso però, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i
li di divorare ogni maschile sua prole, si per mantenere inviolata al suo fratello la fede, come per perpetuarsi nel suo re
mantenere inviolata al suo fratello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede, gli furono di alcun giovamento, e
e, gli furono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocchè il torbido suo umore di giorno in giorno sempre più ingelosendo
hè il torbido suo umore di giorno in giorno sempre più ingelosendo il suo figlio Giove, fù la cagione, per cui obliando que
o presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno gli permise non solo il soggiorno, ma consi
allora di tali accoglienze Saturno si diede ben presto a mostrare al suo benefattore i più vivi segni della sua gratitudin
fondono col tempo gl’aggiungono sul dorso le ali, ed una ambollina al suo fianco, quelle per dinotar la velocità del tempo,
el tutto sua propria(1). Sue feste. Celebri furono le feste, che dal suo nome vennero dette Saturnali istituite o da Tullo
elle sue ottime qualità di veder lieto all’albo degli Dei ascritto il suo Nome. Le avvenenti maniere, con cui accolse l’esu
quel Nume a tal segno, che in grazia di costui non sol vide egli nel suo regno civilizzato ogni animo, appaciato ogni cuor
facce, detto perciò Bifronte, in memoria d’aver egli diviso un dì il suo regno col Dio Saturno formando entrambi un sol Re
ntore de’ chiavistelli delle porte dette per questo Ianua dal proprio suo nome, se pur non dinoti con quella esser egli la
v. 297. riferendo il fausto presagio di Giove a Venere addolorata pel suo figlio. … dirae ferro, et compagibus arctis Clau
potrà le tante sue causate ruine ? Virtù non vi fù, che dal impetuoso suo soffio non fosse restata abbattuta ; mente non ev
irossi, che da dolci suoi strali non fosse stato corrotto. Col tenero suo piede conculcò ogni altero ; con pargoletta mano
o ; con pargoletta mano tolse a Regi istessi la porpora ; e dietro al suo carro portò superbo incatenato ogni cuore. Quindi
, che per sottrarre al giusto sdegno del regnator dell’Olimpo l’amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove
produrre i suoi effetti ; benchè per altro al vederlo Essa contro il suo genio perduto amante della giovanetta Psiche, la
dolor caduto, E co’ mugiti il cielo e il mondo assorda. In svelar il suo duol non è mai muto, Apre la bocca ognor di sangu
ermani fratelli gli alti gloriosi natali, e caduto non molto dopo dal suo soglio il padre, insiem coi suoi due rinomati fra
va ogni dominio qual’assuluto, ed esclusivo padrone. Ad onta però del suo ammirabil potere su i morti Dea in sorte incontra
cettato l’avesse in marito. La sua deformità, la tenebricosa aria del suo regno, le mille penurie quivi galleggianti erano
, e se la infelice Proserpina con infame ratto attirata non avesse al suo seno, io mi credo, che scompagnato, e solo rimast
dalla Sibilla resasi sicura guida di Enea nello andare a rivedere il suo amato Padre Anchise. Suo ritratto. Il ritratto d
ua fronte, fuliginoso tutto nel viso, con folta, e nera barba fino al suo petto, mostrando in segno di terrore un ruido sce
erribili chiave, dette le chiavi della morte in scgno, che nessun del suo regno disserrar mai più poteva quella porta, per
iata madre di questo Dio. Mal soffrendo l’iraconda Giunone, che Giove suo fratello, e marito spesso con questa divideva i s
l’obbligò a serbarle la promessa. Manifestò quindi l’incauta donna il suo concepito desìo, e Giove prevedendone le sventure
giuramento prestato, ratto volò all’ Olimpo, e decorato del glorioso suo ammanto tosto ne scese. La forza delle cingenti s
nto che giunto non fosse alla perfezione richiesta. Trattolo quindi a suo tempo lo diè allo stesso benefattore Mercurio, il
cre a questo Mecenate del vino, ebbe a recidersi le gambe col proprio suo ferro. Suo ritratto. Ben convenevole inoltre all
ratto. Ben convenevole inoltre all’indole graziosa di questo Dio è il suo ritratto. Pingesi egli qual fresco, e rubicondo g
m spesso la sorte, Essa di dargli ogni contento hà cura ; Se manca il suo favor tutto è sventura, Chè il mondo regge con ma
en purgata penna quanto di più magnifico, e singolare in più libri in suo onore registrato si legge, e descritto. L’essere
Deum : il non aver obliate le cure de’ mortali ; anzi non ostante il suo grado l’averli maternamente enudriti co’ dolci fr
e beneficenze più care, questo forma per essa la gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle sue qu
il più ammirabile encomio delle sue qualità. I rari pregi adunque del suo ritratto, i sacrificii istituiti in suo onore mi
ità. I rari pregi adunque del suo ritratto, i sacrificii istituiti in suo onore mi restano unicamente ad esporre. Suo ritr
ammantata d’una veste vagamente adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simboli delle sue qualità. Ed in ve
le l’atteggiamento di augusta matrona ? Se la terra è equilibrata nel suo peso, giusta le leggi de’planetarii corpi, come n
che dalle sue tenerezze non fosse stata’già vinta, come non ligare al suo carro animali i più indomiti per natura, ed amman
hiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizie, i
sissima chiave ? Se la terra variamente tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di fiori di questa Dea l
i di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotonda si divisa nel suo globo la terra, come non collocar al fianco di ta
e della capra animali, che svenar si doveano nelle Megalesie feste in suo onore. Disponevansi i Sacerdoti detti comunemente
n più fatal ruina. Perchè prigion la sua beltà divina Ella conosce il suo furor dispiega, E se al tartaro mai le luci piega
ispiega, E se al tartaro mai le luci piega Maggior tormento il guardo suo destina. Quando a rapirla il fier Plutone si moss
re per andar ne’campi, e quivi divertirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere gli amati suoi oggetti, e va
orrito, e negletto, per alleviarsi da suoi affanni montò un giorno il suo carro, e ratto salendo dalla nera dimora portossi
, onde godersi dell’aria di quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo piacere un drappello di vaghe donzelle, che deliz
rro la preda bramata, e con rapida velocità seco la menò nel tartareo suo regno per farla seco sedere in qualità di sposa s
e ogui altra novella speranza, e cedendo al sovrano volere rivolse il suo affetto per legge di sola necessità all’una volta
volse il suo affetto per legge di sola necessità all’una volta odiato suo sposo : ma poi succrescendo di tratto in tratto l
i Cocito per nome Menta ingelosita cangiò questa in erba dello stesso suo nome : onde così non avendo il marito con chi div
ici sue ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta al fianco di suo marito su d’uu carro tirato da neri cavalli mostr
rispetto, che quel popole nudriva per essa, che il giuramento dato in suo nome non solo era il più solenne, ma il più invio
e assicurato Palpar la lingua al crudo mostro pensa, E neppur vede il suo terribil stato. Mortal se vuoi di lui la conoscen
rde… accipiet benedictionem a Domino, et misericordiam a Deo salutari suo . Capitolo III. Giustizia Sonetto
game non avvinta. Vien fiangheggiata da due fanciulle per indicare il suo scopo di mantenere intatta nei popoli le due amat
retta a suoi piedi manifesta ben chiaro le pruove del naturale gentil suo genio nel carattere appunto di questo uccello, ch
bianze di contristata donzella piangente alle carceri del disgraziato suo Padre, che col proprio latte nudrisce per prolung
scello, Che in ogni dì disseta e questo e quello, E l’onda sempre nel suo corso avvanza. Segna con verga il globo, e la pos
he fa sereno L’uom, che con essa ogni travaglio sfida, Chè il materno suo amor non vien mai meno. Madre, Nudrice, Condottie
e Guida Miseri, e grandi tutti accoglie in seno, Nè sa tradir chi al suo poter confida. Annotazioni. La providenza
n cui segna il globo non mostra evidentemente il vasto, ed universale suo governo ed impero ? Or se tanto seppero ideare i
Ogni affanno da lei vien calpestato, Che per giovare altrui scorda il suo stato, Fonte inesausta di divin ristoro. Nemica d
ma venne con singular onore riguardata, e più tempii s’innalzarono in suo onore. Bella virtù ! Da questa deve farsi rapire
ssa come passar suole una voce. Crinita fronte porta, ed è precoce Il suo favor, che se al mortal mai sfugge Non più ritorn
man possente ; La precede un lïon tremendo, e atroce, E al precipizio suo corre repente. Anela, geme, suda, e in modo stran
ccorta. Alza un’ardente face, e il mondo intero Mentre che incende il suo furor conforta : Volubil ruota è a passi suoi di
’affretta Di sangue intrisa, e di veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricetta Questa ad opre di sdegno ognor conver
accesa, che nelle sue mani stringe la vendetta ben dimostra il crudo suo genio di distruggere quanto mai le si para d’avan
uccinta, e lacera veste, di cui ella si ammanta simbolo è del bestial suo naturale, che laddove essa non può tormentare gli
di serpi empia facella, Entra per tutto, e cauta ognor favella Ma il suo parlar riduce a orrendo stato. Tarlo è la lingua
elle famiglie essa induce. Compiangendo si dice, che accusa, perchè è suo proprio vestire col manto della compassione per o
à, giusta quello di Gech 18 Quia calunniatus est, et vim fecit fratri suo ecce mortuus est in iniquitate sua, impari ognuno
nsogna. Sonetto A udace, zoppa, vecchia, mascherata, Che il suo deforme in ricco ammanto cele, Porta una benda in
come delitti svela, Par, che teme, ed ardisce, suda, e gela Mentre il suo gran poter cresce, e dilata. Corre per tutto, e r
ritta imagine della morte bisogno non hà di spiègazione. L’universale suo impero su tutti gli esseri viventi, l’impreveduto
e. L’universale suo impero su tutti gli esseri viventi, l’impreveduto suo arrivo, le triste sue conseguenze sou troppo chia
o rondinella. Nascon sotto a’suoi passi erbette, e fiori, Sorride al suo venir l’alma natura Mitigando del sole i gravi ar
l di mosto tinto Coronato di foglie, e varii frutti, Mille augelli al suo piè si tien ridutti, Coll’ uve in man di mille tr
giorno. Il mondo tutto la sua possa adora ; Invoca ognuno ansioso il suo ritorno, Perchè egli sol sà unir Pomona, e Flore.
E gli increduli rei depresse, e uccise. Nel sangue giusto sollevò il suo trono, Che fu del soglio suo primo ornamento ; Ma
, e uccise. Nel sangue giusto sollevò il suo trono, Che fu del soglio suo primo ornamento ; Ma da quel sangue poi scoppiò q
agli innocenti. Ne manca, ne mancar può in lei possanza, Nè puossi il suo valor porre in oblio, E allor vacillerà la sua sp
nar di più scrittori compose ben sei cantici per piangere il commesso suo fallo, ed ottenerne dall’offeso suo Dio indulgenz
cantici per piangere il commesso suo fallo, ed ottenerne dall’offeso suo Dio indulgenza, e perdono può essere di tal verit
Dio d’Israello se non diversi cantici comporre con divoti affetti in suo onore. Qual meraviglia fia poi se rapiti oltre mo
terminata materia non mai riconosce, quindi come questa assoggetta al suo impero ogni cosa, così quella sopra di tutto este
velit. Di qualunque cosa però voglia un poeta cantando ragionare, il suo poema o lungo, o breve che sia di queste tre part
rnamenti in una varietà la piuchè diffusa ; onde sciegliendo ognuno a suo genio, quall’ape ingegnosa, e trasmutando lo scel
cuore altrui mercé la forza della persuasiva, il primo, anzi l’unico suo impegno deve raggirarsi nel saper restringere in
tile sarebbe ogni sforzo, tarpate vedrebbe un tal chiesto Oratore dal suo intelletto le piume per sollevarsi a fare un pare
o si affaticasse un ingegno mai non può far gran cosa. Suole avere il suo luogo nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’
ue Ricolmo d’ardir. Così scese allor. Abbatte, debella Trionfa il suo campo Con destra feroce, È sparta già vinta O
rgogna sol teme, Allora il gran Duce E sprezza il morir. Conobbe il suo fin. Ma un dardo fatale Dall’armi si scosta,
stato Cangia l’irate voglie, Ribelle, o pure ingrato Si scorda il suo furor. Il fato il destinò. Fuggir l’indegne tr
te morir propose, Né ingrato, nè ribelle E tosto l’eseguì. Il viver suo finì(1). L’ottonario metro non altrimenti che
de appien la stanca nave, Non appar più raggio in cielo, Ed il peso suo più grave Che speranza può recar. Traboccar nel
ima Presso il ruscello limpido Più la quiete stabile Col gorgogliar suo flebile Se al par d’afflitta tortora Cresce del
Esso è adattissimo alle composizioni di qualunque natura, sebbene il suo genio facile, e piano non così di leggieri sa sof
i, acciò non sembrino stentati, mentre lo sdrucciolo natural forma il suo pregio. Eccone intanto l’esempio tessuto nella di
e ascende Senza speranza il popolo Le mura, e poscia l’ordine Nel suo dolor gemea In squadre appien distende ; Non sa
ina eroica del Casti negli animali parlanti, della quale si parlerà a suo luogo. Qui adunque il mio scopo sol è di parlare
ia, che beve le ceneri di Mausolo. Vittima del dolor La fiamma del suo sen, Presa da doppio ardor Il suo sposo, il suo
Vittima del dolor La fiamma del suo sen, Presa da doppio ardor Il suo sposo, il suo ben La donna afflitta Colà giacea
dolor La fiamma del suo sen, Presa da doppio ardor Il suo sposo, il suo ben La donna afflitta Colà giacea Presso l’ur
Grida il padre chi si abusa Contro il cenno di veuir Della legge a suo favor, Vinca, o perda dee morir. È un ribelle,
e la delizia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come nel natio suo suolo era apparso. Dappoichè non essendo presso i
n presso a perir. Si consulta Calcante l’aruspice, Chè ognun crede al suo saggio consiglio Egli mostra il tremendo periglio
ena fia quella Tanti affanni potranno finir. Ma non basta ; l’istesso suo figlio, Che la regia donzella si adora E del padr
la norma. Zeleuco, che salva un occhio al figlio colla perdita del suo . Promulga il re Zeleuco il gran decreto Che perd
e perda gli occhi, e cada in fier periglio Ognun, che trasgredisce il suo divieto ; Ma tosto si pentì del suo consiglio, E
riglio Ognun, che trasgredisce il suo divieto ; Ma tosto si pentì del suo consiglio, E pianse afflitto sulla propria legge
suo consiglio, E pianse afflitto sulla propria legge Scoverto reo il suo medesmo figlio. Maledice quel dì, che nacque regg
o figlio. Maledice quel dì, che nacque regge Tardi condanna il troppo suo rigore, E il duol del cor nel volto suo si legge 
egge Tardi condanna il troppo suo rigore, E il duol del cor nel volto suo si legge ; Ma pensando al dover del regnatore, E
, E qual’obbligo tien colui, che regna, Che forma il ben d’altrui col suo dolore Che il camin di giustizia un re disegna, E
r esporre i moltiplici diversi affetti, da quali tiranneggiato era il suo cuore. Per tal circostanza appunto ne avvenne, ch
fasti ostendi ? Mirar potesti il moribendo aspetto, Veder potesti del suo sangue un rio. Mentre invocava il labro pallidett
qual giovanetto in vero può aver la fortuna di sollevar tant’alto il suo volo sichè possi non dico raggiungere, ma tenersi
le robuste espressioni, che ricerca, decade con lagrimevol veduta dal suo natio decoro. Badino dunque bene i giovani a ques
u tal dolore Quanto feci per voi ciascun rammenti, E più che morte il suo rossor paventi. Cedere i prigionier sarìa funesto
ciglio Lascia la patria, e va costante a morte Innalzandola ancor col suo consiglio Da se stesso tornò fra le ritorte Senza
r col suo consiglio Da se stesso tornò fra le ritorte Senza temere il suo vicin periglio Da grande visse, e sa morir da for
ssimo Fe per que’greppi divorando bacchere, E i cespi apria col corno suo fortissimo Vien Melibeo, e con moïne, e zacchere
della Grecia fù vinto da Esiodo non per altro, se non perchè quegli a suo solito cantó gesta guerriere, e furor di battagli
per Lilla, per Cirene l’altro, entrambi però avvelenati dal depravato suo genio. Scrissero dopo lui molti altri delle belle
i, e vivi, Zefiro lambe i tronchi in soffio lieve, Alza il passero il suo grido, Fà la rondine il suo nido, E ferma il volo
onchi in soffio lieve, Alza il passero il suo grido, Fà la rondine il suo nido, E ferma il volo Sulla fronzuta quercia l’us
ore egregioChe volò dalla terra in sen di Dio, E come rammentare ogni suo pregio. Egli, che travagliò tanto nel mondo Perch
ravagliò tanto nel mondo Perchè la navicella Non travïasse il diritto suo camino, E in sen della procella Ritta la raddrizz
a perchè invidiar l’alta sua sorte ? Egli del tanto zelo Già trova il suo riposo in sen di Dio, E il premio al suo sudor si
del tanto zelo Già trova il suo riposo in sen di Dio, E il premio al suo sudor si gode in Cielo. Cap. XXII. Del sone
io dissi. Questo più nobil patro però dell’umano ingegno ad onta del suo natio decoro ha incontrato a dirla schietta la so
e vicino alla foce porta maggior copia di acque, nell’ avvicinarsi al suo termine deve finire con una sentenza, che ferisce
dosi pietà, dover, ragione Arriva a calpestar fin la natura. Visto il suo padre in grembo a rea sventura Superbamente al me
e, e veneri d’ogni rispettivo linguaggio, non cangia unquemai però il suo essere, anzi sempre la stessa si conserva nella n
ire tu-o. Ov. lib. 1. Eleg. 1. II. L’ Archilochio detto da Archiloco suo inventore costa di due Dattili, ed una cesura, co
eno che vi regna. Un tal verso dal numero de’ piedi prende diverso il suo nome, sicchè dicesi Dimetro se costa di quattro p
entati da Alceo hanno quattro piedi, cioè un Giambo, o uno Spondeo in suo luogo, un giambo con cesura, ed in fin due dattil
verso dai quattro piedi Anapesti, dei quali era composto improntò il suo nome, nel decadimento del rigore colla sostituzio
idolatria, perchè ei si fù il primo, che inalzò un tempio in onor del suo padre Belo, cui volle, che si tributassero gli st
tolo Barnaba fù chiamato Giove. Vocabant Barnabam Iovem. Actor 14. Il suo lieto e giovial volto, le sue maniere molto dolci
e metà Delfino, il quale perchè fù il principal Trombetta di Nettuno suo padre, fece si, che tutti quei mostri marini, che
pari avanti al cocchio dell’ alto regnatore delle onde, venissero dal suo nome chiamati Tritoni. Egli in premio dcl suo mes
lle onde, venissero dal suo nome chiamati Tritoni. Egli in premio dcl suo mestiere, e molto più in rapporto al legnaggio go
dò Giove a farlo pago de’suoi voti. Imperochè vide egli un giorno con suo piacere scender dal cielo uno scintillante scudo
o ritratto, e culto. Chi fù Giunone. Suc azioni (1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che nel i. delle sue En
ncipessa Nittimene, che mal servendosi delle tenebre per ingannare il suo padre Nitteo, onde conseguirne l’incestuoso comme
padre Nitteo, onde conseguirne l’incestuoso commercio fù in pena del suo attentato cambiata in questo animale, che fuggend
uggendo sempre la luce cerca nascondere fra le tetre ombre l’orroroso suo fallo Ov. ……….Conscia culpae. Conspectum, lucemq
us, et ut acciperet pecunias multas dotis uomine. Che se qvesto fù il suo depravato disegno, con ragione pagò il fio del su
he se qvesto fù il suo depravato disegno, con ragione pagò il fio del suo attentato per mano degl’ingannatori Sacerdoti di
essa sarebbe restata vinta dall’aligiero Nume, se sorta non fosse in suo aiuto la bella Ninfa Peristea ; per la qual cosa
ramente l’amava a tale segno, che svenata la voleva religiosamente in suo onore : che anzi severamente puniva chi fuor dell
questa nelle rosseggianti sue foglie sempre rammentavale il fatto del suo caro Adone, che punto in atto di coglierla diè al
imperatore l’infamia, e perciò con note leggi proibi rinserrarsi nel suo erario i tributi pagati con tal sozzo danaro. Chi
nosi, che del numero, e valore delle sue forze atte a comprimere ogni suo baldanzoso nemico. Sia adunque ad ognuno impresso
to vuol, che quell’industria, che in questo manca, tutta si versi sul suo artificio, ed impasto. Quindi la ricercatezza de’
Caro, Ceruti, Cesarotti, Leone, Barbieri ecc. li consulti chi vuole a suo genio. (1). Dicesi Spondiaco quell’ Esametro, di
2 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
non è altro che la Storia, e la spiegazione della favola. L’indica il suo nome composto di due voci Greche, le quali unite
a benda avanti gli occhi. Egli è, a dire il vero, un Nume cieco, e ’l suo governo ha per guida una invincibile necessità1.
co, e ’l suo governo ha per guida una invincibile necessità1. Giace a suo fianco un’ urna, e racchiude la sorte degli uomin
rso. Vien egli rappresentato in atto di assegnare ad ogni elemento il suo posto. Agitandosi in un ammasso di luce sembra di
corso preso ; Nè pendeva la terra intorno intorno Librata in aere dal suo proprio peso. Nè il mar avea col suo perpetuo gri
orno intorno Librata in aere dal suo proprio peso. Nè il mar avea col suo perpetuo grido Fatto intorno alla terra il vario
tutte le cose, La natura migliore, e ’l vero Dio, Tutti quei corpi al suo luogo dispose, Secondo il proprio lor primo desio
ispose, Secondo il proprio lor primo desio. D’intorno il Cielo, e nel suo centro pose La terra, indi dal mar la dispartìo ;
universo. Il dippiù si potrà leggere nel testo di Ovidio, e presso il suo anzidetto traduttore. Il Cielo. Urano (parola
ò dell’Empireo : ed aggiungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli a
i lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto come avea esso praticato con suo padre. Egli dunque divorò tutt’i figli, ai quali
ichiarata la guerra a Saturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla quale gli fece recere i figli da lui
divorati. Il Regno di Saturno però non ebbe molta durata. Il torbido suo umore, e ’l coraggio di Giove turbarono la sua fe
i in fine fu rovesciato dal Trono, e discacciato dall’Olimpo da Giove suo figlio. Ritirossi perciò in Italia, e propriament
tto egli stesso al numero degli Dei, col titolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorchè la guerra era finita 
cenza del passato, e del futuro, o finalmente perchè avesse diviso il suo regno con Saturno, non formando entrambi che un R
te. Saturno avrebbe potuto pacificamente vivere fra gli uomini, se il suo genio torbido non lo avesse indotto ad unirsi nuo
: porta seco una falce per tutto mietere, e consumare. L’ampollina al suo fianco ci mostra il corso sempre eguale, e misura
cende, al dire de’ commentatori, sono altresì misteriose. Egli mutilò suo padre, perchè dopo la creazione del mondo, tutto
Giove era il primo, e’ l più potente degli Dei. Al solo inarcare del suo sopracciglio tremava l’Universo : il Fato solamen
a su di lui la preminenza(1). Dopo aver vinto Saturno, egli divise il suo imperio cogli altri fratelli. Nettuno ebbe il mar
schiarvi la luce, lo scoppio, il rumore, lo spavento, e lo sdegno. Il suo regno però non fu sempre tranquillo. I Titani mal
osero montagne sopra montagne. Temendo Giove di soccombere, chiamò in suo ajuto tutte le divinità. La Dea Stige, che regnav
tal tempo si servì di Ercole, che diede non equivoci contrassegni del suo valore. Ciascuno degli Dei ebbe parte in questa m
tutti gli altri presi insieme, per nome Tifèo. La terra lo cacciò dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli. Qu
le sembianze di diversi animali ; ma Giove più coraggioso abbattè col suo fulmine sì potente nemico : lo rovesciò, e restit
e. A’ suoi piedi fanno sgabello il Rispetto, e l’Equità : ed in poter suo sono i beni, ed i mali, che a suo talento distrib
Rispetto, e l’Equità : ed in poter suo sono i beni, ed i mali, che a suo talento distribuisce. Talvolta è rappresentato as
ccorso di Giove, si vide innanzi un ariete, che battendo la terra col suo piede ne scaturì una sorgente di acqua. Bacco ric
caturì una sorgente di acqua. Bacco riconoscente innalzò un altare al suo benefattore sotto la denominazione di Giove Ammon
i Dei la riconoscevano. La sua bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado : ma il suo orgoglio era insoffribile. Parl
vano. La sua bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado : ma il suo orgoglio era insoffribile. Parlando di se stessa,
egolezzi. La Dea non perdeva giammai di vista tutti gli andamenti del suo sposo, e perseguitava a morte chiunque poteva dar
erseguitava a morte chiunque poteva darle ombra di sospetto. Sfogò il suo sdegno principalmente sopra di Io, Europa, Semele
nso della di lui fedeltà appiccò gli occhi del suddetto alla coda del suo pavone. Giunone fu detta pronuba, come colei che
altresì detta Moneta dal Latino monere per una voce, che fu udita nel suo tempio in occasione di un fiero terremoto, colla
volle altresì ella fare un consimile miracolo. Dopo avere affidato il suo segreto a Flora, le fu da questa indicato un fior
r madre di Marte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego era di porgere il nettare agli Dei : ma c
to il gentile Ganimede, che Giove fingendosi un’aquila aveva al padre suo Troe involato. Vulcano nacque sì brutto, e scontr
sulla terra con un calcio. Vulcano non curò questo maltrattamento di suo padre, ma non perdonò a sua madre, che lo aveva d
isposa Venere la più bella fralle Dee. Oltre di Argo aveva Giunone al suo servizio anche una messaggiera per nome Iride fig
carro tirato da pavoni, portando lo scettro in mano, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e d
; e malgrado che non fosse corrisposto, la rapì, e la fece sedere nel suo carro tirato da cavalli di color nero a dispetto
, e del fuoco, per cui portava una fiaccola nelle mani. Il principale suo culto consisteva a tenere sempre vivo il fuoco, c
tale divieto, come pure a chi non manteneva il fuoco acceso sopra il suo altare. La pena era di essere seppellita viva all
to dalle Ore figlie di Giove, e di Temi, impiega dodici ore a fare il suo giro. Al far della sera scende verso il mare, e F
rara ignoto ai Greci, ma il più atto a potere felicemente eseguire il suo pensiero, e dare all’opera la più viva espression
n luogo, obbligò la Terra a giurare di non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più fece nascere dal limo lasciato dalle
n sito ove sgravarsi, se Nettuno mosso a compassione con un colpo del suo tridente non avesse fatta sorgere dal fondo del m
ciava fiamme dalla bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti
tutta possa, ella per timore di cadere fralle di lui mani, chiamò in suo ajuto Penèo suo padre, e fu tosto cangiata in all
la per timore di cadere fralle di lui mani, chiamò in suo ajuto Penèo suo padre, e fu tosto cangiata in alloro. Il Dio, ad
salvarla. Laomedonte l’aveva promessa in isposa a questo Eroe : ma al suo solito pure gli mancò di parola. Infuriato Ercole
ito della sua gloria. Ma siccome Esculapio fu l’innocente cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli gli atti
inosi, e giurò per la Stige, che avrebbe acconsentito a tutto ciò che suo figlio gli domandasse in contrassegno della pater
etonte gli chiedette in grazia di poter condurre per un sol giorno il suo carro per le vie del Cielo. Tal dimanda fece trem
giuramento, che rivocare non era permesso agli Dei. Cercò dissuadere suo figlio, ma in vano. Il giovine temerario ne prete
carro risplendente, e si allontana pur troppo, malgrado il divieto di suo padre. Ma i cavalli indocili all’insolita voce, e
suoi prieghi. Il Re degli Dei mosso a compassione diede di piglio al suo fulmine, e lo scagliò contro Fetonte, con averlo
o ai colpi dell’invidia. Pane ebbe l’ardire di mettere al paragone il suo flauto alla lira del figlio di Latona : gli propo
lo volentieri accettò. Tmolo Re di Lidia fu scelto per giudice, ed il suo voto fu per Apollo. Mida ivi pur presente fu di c
o, cercò di nascondergli sotto un’alta berretta. Per disgrazia era al suo servizio un barbiere d’indole cicalone, che non o
si Diana. Il nome di Ecate a lei si appropriava nell’inferno, dove il suo potere era considerabile, e veniva implorata da’
adre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo la sua verginità. Il suo pudore fu si grande, che arrivò a punire severame
de alla luce Arcade. Furono a notizia di Giunone i nuovi intrighi del suo sposo, e Callisto pagò il fio del reato di Giove 
ben quindici anni sotto tal forma, finchè non fu incontrata da Arcade suo figlio, e valente cacciatore. Questi non era al c
talanta. Malgrado che Diana giurasse di esser casta, e sommo fosse il suo contegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pasto
sulle spalle, e coll’arco alla mano : la sua veste è succinta, ed il suo cane corre presso a lei. Doppia treccia annodata
cui estremità sono rivolte verso il Cielo : ornamento, che indica, il suo impiego di condurre il carro della luna. Talvolta
se. Clio, parola che significa gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di allo
edia collo scettro in una mano, e nell’altra una coppa avvelenata. Il suo portamento è nobile, e fiero : la sua figura è ma
Il suo portamento è nobile, e fiero : la sua figura è maestosa, e ’l suo piede calza il coturno. Terpsicore dirige il bal
ato si occupa della bellezza degli amorosi componimenti. La lira è il suo istrumento musicale, ed è corteggiata da piccoli
, dal sangue, che versò nel mare Urano, allorchè fu ferito da Saturno suo figlio. Appena uscita alla luce questa Dea, Zefir
ve. Giunone una volta la chiese in prestito per comparir più bella al suo sposo. I luoghi dove si esercitava il culto di Ve
senza che costei lo avesse conosciuto. Venere afflitta per vedere il suo figlio fatto suddito di questa giovane, la perseg
ano, per lo più assiso innanzi alla sua incudine. Vulcano ad onta del suo rozzo impiego sulla terra, ne aveva non pertanto
enza degli Dei, lasciò pur essa un tale impiego, dato poi da Giove al suo caro Ganimede1. Minerva. Minerva nacque in un
rvizio alla nuova città, avesse tal facoltà. Nettuno con un colpo del suo tridente battè la terra, e fece uscire un cavallo
rettanto, creando un Dio, senza che Giove ci avesse parte1. Forte nel suo proposito si consigliò con Flora, che le indicò u
po a piedi, avendo un gallo a lui vicino, simbolo della vigilanza. Il suo carro di acciajo è guidato da Bellona Dea similme
ulla di lui carrozza : il Furore, e lo Sdegno formano l’ornamento del suo elmo : la Fama lo precede da lontano, ed il Terro
’evitar invan procura. Terribil questo Dio di lampi cinto Calpesta al suo passar scettri, e corone, E de’ troni si fa sgabe
iove per Semele a tale inchiesta, ma non avendo potuto rimuoverla dal suo proposito, fu astretto ad eseguire il suo giurame
vendo potuto rimuoverla dal suo proposito, fu astretto ad eseguire il suo giuramento. Egli rimontò all’Olimpo, ed indi ne d
iro, che amava molto il vino, ebbero cura della sua infanzia. Bacco a suo tempo contestò la sua gratitudine, cangiando le f
come si è detto, l’impero del mare, dove principalmente esercitava il suo potere, come Sovrano di tutt’i Dei delle acque. S
ne, e degli Dei del mare, che tutti circondano, e sieguono a nuoto il suo carro, che galleggiando vola sulle acque. Noi abb
mano, e nell’altra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbero c
te ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrovata una Dea, che di tutto suo genio si fosse a lui accoppiata. Descrizione d
ntastici, vedevasi Acheronte fiume grande, e torbido, che deponeva il suo limo nello stagno di Cocito, dopo avere attravers
he avevano avuto gli onori della sepoltura1, allontanando a colpi del suo remo le altre che si affollavano per passare. L’o
a. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle era il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte stava C
a osato di aspirare al possesso di Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastic
a la divinità degli Dei in una festa diede loro a mangiare il proprio suo sigliuolo, sente eternamente gli stimoli della fa
frutta, il ramo da se stesso si allontana. Supplizio proporzionato al suo delitto. Le Danaidi, alle quali era concesso treg
tte, le aveva promesse in matrimonio ai cinquanta figliuoli di Egitto suo fratello Re dell’Egitto : ma fu un tempo istesso
orribile disegno. Come l’oracolo avea predetto, che uno de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli die
essi si univano. La sola Ipermnestra rifiutò di obbedire, salvando il suo sposo Linceo, che amava teneramente ; e questi ve
infa si diede alla fuga, e si rifugiò in un canneto del fiume Ladonte suo padre, dal quale fu cangiata in canna. Pane per c
de’ pastori, ed è rappresentato sotto la forma medesima di Pane. Pico suo padre non avendo voluto ascoltar Circe, fu da que
die. Un giorno, che il buon uomo viaggiava per la Lidia, smontato dal suo asinello si fermò presso di un fonte, ed ivi pres
credendo ciò un prodigio, volle contestarne la sua gratitudine a modo suo , e si ubbriacò secondo il solito suo costume. Mid
starne la sua gratitudine a modo suo, e si ubbriacò secondo il solito suo costume. Mida allora lo fece trasportare alla sua
e in lode di questo re. Bacco in compenso di tanti favori prestati al suo caro Sileno, disse a Mida che avesse dimandato ci
gi Sileno si fermò nell’Arcadia, dove in tutt’i giorni si ubbriacò al suo solito, e si fece amare moltissimo dai pastori, e
e dalle pastorelle, a’ quali cantava delle tenere canzoni, atteso il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpreser
ore tanto sensibile che cercò in grazia agli Dei di poter morire : il suo voto fu esaudito, e dopo morte ottenne un luogo n
rio. Ociroe sua figlia parimente istruita nelle scienze che possedeva suo padre, sapeva altresì presagire il futuro : ella
Pale. Pale è la Dca de’ pascoli, de’ pastori, e degli armenti. Il suo culto era in voga presso i Romani : i Greci però
he lo amavano. Eco fu egualmente che le altre sfortunata : fu tale il suo dolore, che si ritirò ne’ siti i più solitarj, ed
a di quel fonte ; fu cangiato in un fiore, che conserva anche oggi il suo nome. Divinità del mare. L’Oceano, e Tet
la nascerebbe un bambino, che avrebbe un giorno superato la gloria di suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia nac
a cintura : il resto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il c
si annegò. Il sito ove morì fu detto Hellesponto. Frisso proseguì il suo viaggio, e giunse felicemente in Colco, ove sasag
uo viaggio, e giunse felicemente in Colco, ove sasagrificò a Marte il suo ariete, che dopo fu situato fra i dodici segni de
molto Atamante, che trasportato dalla rabbia volle ammazzare Ino col suo figliuolo Melicerta. Ella non potè salvarsi, se n
la superficie della terra in un carro tirato da due cavalli neri. Il suo velo, e la veste sono di color nero ornato di ste
terra. Gli antichi sacrificavano alla Notte il gallo, perchè turba il suo silenzio, ed a lei era sagrato il gufo uccello am
iaramente conoscere la natura, e gli effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio di luce
l’altro. Morfeo, Fobetore, e Fantaso, erano i tre figli del Sonno. Il suo altare era collocato presso quello delle Muse per
in questo mondo, e nell’altro ; abbassava l’orgoglio, e dispensava a suo arbitrio il male, ed il bene. È rappresentata in
sse un vicino pericoloso. L’origine di Momo non sembra conveniente al suo carattere, giacchè lo fanno figlio del Sonno, e d
l suo carattere, giacchè lo fanno figlio del Sonno, e della Notte. Il suo fare è grottesco, e porta in mano una maschera, e
e, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed assistevano al suo abbígliamento. Erano tre Aglaja, Talia, ed Eufros
pinta con benda avanti gli occhi, perchè non vegga chi si presenta al suo tribunale : sia ricco, sia povero, ognuno è ugual
ora. La Virtù, e l’Onore. Avevano queste due Divinità ciascuna il suo tempio in Roma, ma fatto in modo che non si potev
pra di pietra quadrata per indicare la fermezza, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La sua figura è di una
mpj aveva in Roma la Concordia. Era figliuola di Giove, e di Temi. Il suo potere si estendeva sulle famiglie, e sulla Città
tarda vendetta. La Fedeltà. La fedeltà, o la buona Fede aveva il suo culto nel Lazio prima di Romolo. Ella presedeva a
e da Temi è nata la Legge. Porta in mano uno scettro per simbolo del suo impero. La Sfrenatezza o la Licenza. Compariv
ta. Sulla di lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inverno. Il suo fianco era aperto fino a vedersi il cuore che mos
mpo, in ogni luogo inalterabile nella felicità, e nelle disgrazie. Il suo cuore aperto indicava che non ha ella segreti per
disastri ch’essa stessa ci cagiona. Le lodi e gli encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizio è di vedere innalzati
stessa ci cagiona. Le lodi e gli encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizio è di vedere innalzati i talenti. In som
a, ed un pugnale rappresentava la Discordia detta puranche Erinni. Il suo volto era livido, e tetro : torvo lo sguardo, e l
per essere al dì vegnente divorato di nuovo. Eterno sarebbe stato il suo supplizio, se Ercole che si trovò di là passando,
o al testè detto supplizio. Epimeteo meno sospettoso, e diffidente di suo fratello Prometeo, volle aprir questo vaso donde
sare una principessa di Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo fasto voleva quanto di più raro esistesse nel mon
liò. Ma fatalmente giuocando al disco, con un colpo imprevisto uccise suo avo, con essersi così verificato l’oracolo. Be
oracolo. Bellerofonte. Ascoltiamone la storia per bocca di Glauco suo discendente. « Questo Eroe (diceva a Diomede dura
accusa, ma per non violare il diritto delle genti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Licia con ordini segreti di pren
nove giorni durarono le feste, ed i divertimenti nella reggia per il suo arrivo. Nel giorno decimo avendo aperto le letter
a superiore ai perigli, gli diede sua figlia in isposa colla metà del suo regno ». Minosse. Gli Ateniesi avendo assassi
ro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella di lui disgrazia con il suo figlio Icaro. Questi però escogitò la maniera com
l Sole, cadde infelicemente nel mare, cui diede per tale occasione il suo nome. Icarus Icariis nomina fecit aquis, Ovidio.
molti figli : i più conosciuti furono Androgèo, Fedra, ed Arianna. Il suo governo fu sì giusto, e regolato, che divenne il
adre di Etra volle intraprendere un viaggio per Atene per vedere Egèo suo genitore. Cammin facendo diede i primi saggi del
per vedere Egèo suo genitore. Cammin facendo diede i primi saggi del suo valore. Passando pel territorio di Epidauro, ucci
donzelle. Volle Teseo ascriversi fra quelli, e malgrado le lagrime di suo padre si pose in viaggio ad oggetto di combattere
luogo. Volle Arianna seguire i passi di quest’Eroe, che amava per il suo valore : ma questi ebbe la crudeltà di abbandonar
esso ad Egèo, che se ritornava vittorioso avrebbe fatto inalberare al suo vascello una bandiera bianca in vece della nera c
icava la morte dell’Eroe, per disperazione gittossi nel mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo montò sul trono di A
rdano di mal occhio i figli del primo letto, inviò Ippolito presso il suo avo Piteo. Divenne questo figlio in seguito l’odi
estandosi della sua innocenza. Fedra lacerata dai rimorsi confessò il suo delitto, e si diede da se stessa la morte. Contra
ndare in esilio. Questa lezione non bastò a correggere Teseo. Piritoo suo amico, e compagno d’armi volendo imitarlo, gli ve
essaglia Esone principe debole, ed incapace di difendere i dritti del suo popolo ; fu sbalzato dal trono da Pelia suo frate
di difendere i dritti del suo popolo ; fu sbalzato dal trono da Pelia suo fratello. Questi per palliare l’usurpazione promi
o. Questi per palliare l’usurpazione promise di restituire il regno a suo nipote Giasone, allorchè venisse all’età di poter
mare. Frisso più fortunato guadagnò l’opposta riva, e continuando il suo viaggio arrivò in Colco, ove offerì in sacrifizio
eguirli : ma la perfida figlia avvezza ad ogni delitto, preso Absirto suo fratello minore lo trucidò, spargendo le membra l
re lo trucidò, spargendo le membra lungo la strada che doveva battere suo padre, perchè si occupasse il medesimo a raccogli
quest’Eroe da Alcmena, e da Giove, che la sedusse sotto l’aspetto del suo sposo Anfitrione figliuolo di Alcèo. Come Giove a
isposa Megaride sua figlia. Questi non furono che piccioli saggi del suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva ris
do a misura, che si tagliavano. Ercole le sterminò coll’ajuto di Jolo suo cugino, a cui impose di bruciarle appena ch’egli
isteri Eleusinj discese poscia all’inferno, ove dopo aver liberato il suo amico Teseo, costrinse Cerbero per la prima volta
rduti, se non avesse udito il muggìto de’ bovi. Pagò Caco la pena del suo delitto : si riprese Ercole i bovi, ed uccise l’i
ato Antèo, che attaccava i viandanti. Aveva questi promesso a Nettuno suo padre d’innalzargli un tempio di cranj, ed ossa u
erno : combattè colla Morte : la vinse, e rimenò la tenera Alceste al suo sposo fedele, malgrado la renitenza di Plutone. V
retesto un vero rifiuto, crucciato si portò via i cavalli di Eurito : suo figlio Ifito, che volle reclamarli, cadde vittima
: suo figlio Ifito, che volle reclamarli, cadde vittima di Ercole. Il suo rimorso avendo costretto Ercole a consultare l’or
sultare l’oracolo, gli fu risposto, che l’uccisore avrebbe espiato il suo delitto a solo patto che si fosse pubblicamente l
di morire alla credula Dejanira di conservare una camicia intrisa nel suo sangue perchè la dasse allo sposo, allorchè aveva
o interno, indi preso da furore precipitò dall’alto della montagna il suo schiavo Lica, che gli aveva recato quel dono così
arvi il fuoco. Il solo Filottete fra tanti che ricusarono, secondò il suo volere. Per compenso n’ebbe l’arco, e le frecce,
i cadde sul piede che aveva battuta la terra, un dardo avvelenato dal suo amico ricevuto. Il veleno s’insinuò negli umori,
’oracolo, che il figlio che nascerebbe da questo matrimonio avrebbe a suo tempo ammazzato il genitore ; quindi sgravatasi l
mpo ammazzato il genitore ; quindi sgravatasi la regina, ordinò ad un suo familiare, che avesse esposto il bambino in un de
per figlio. Edipo divenuto adulto seppe, che Polibo non era il padre suo . Volle a tale oggetto consultare l’oracolo, da cu
giammai non pensasse a far ritorno alla patria, perchè avrebbe ucciso suo padre, ed indi sposata la propria madre. Intanto
di aggiustare le differenze tra i due fratelli, inviando Tidèo altro suo genero ad Eteocle, che violando il dritto delle g
ndo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dalla corte di suo cognato, e si nascose. La sola Erifile sapeva il
da Polinice. Amfiarao fu obbligato a partire con aver però imposto al suo figlio Alcmeone, che appena intesa la nuova di su
contrario era il modello della dolcezza. Ella non potè sopravvivere a suo marito. Colla massima indifferenza si gettò sul r
la patria ; ma Antigone non tollerando quest’ultimo insulto fatto al suo fratello, uscì di notte, e rendette al fratello g
al padre il gentile Ganimede. Ecco la prima scintilla, che produsse a suo tempo l’incendio di Troja. Abbenchè di stirpe div
va la divinità, con preparar loro in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei : la sola Ce
o nel tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tieste riconobbe il suo figlio Egisto ; Pelopea sopraggiunta, ed istruita
erale in capo di quest’armata, che doveva vendicare l’insulto fatto a suo fratello. Questo re prima di partire si riconcili
morto di Agamennone sposò Egisto, e lo fece montar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe stato parimente vittima di sua mad
e ; arrollò delle truppe, e prese congedo da Strofio insieme col caro suo Pilade. Elettra segretamente lo fece entrare in M
ciuto in Tauride, e nel punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pilade gli diede i più veraci segui della s
sua sincera amicizia. Avendo finalmente Oreste ricuperato il trono di suo padre, diede Elettra per isposa a Pilade, e visse
figlio che nascerebbe da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò di buona gana agl’impulsi del suo
lunga la gloria di suo padre, rinunziò di buona gana agl’impulsi del suo cuore, e maritò Teti a Peleo figliuolo di Eaco re
rello volle Priamo vederlo : ne restò sorpreso ; seppe altresì ch’era suo figlio, e malgrado la minaccia dell’oracolo, ebbe
alla sua promessa. Essendo Paride partito per la Grecia per ordine di suo padre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena la p
dicati i suoi torti. Teti fin dal fondo del mare intese le querele di suo figlio, ed immantinente volò sull’Olimpo per indu
ermente a Menelao ; ed Agamennone, spirando nuova vendetta schierò il suo esercito, e cominciò la pugna con maggior accanim
, che ardì di farglisi innanzi, ritornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine di persuadere sua madre, e le mat
ottrarlo al pericolo, che correva, gli presentò il piccolo Astianatte suo figlio : ma l’Eroe dopo aver abbracciato il fanci
vesse sposato partito per l’una, e per l’altra parte : indi montò sul suo carro, e si diresse sul monte Ida. Disperando int
e ad Achille di tornare, e fargli presente quanto fosse necessario il suo braccio. Ne fu dato l’incarico ad Ulisse, ed Ajac
a favore della Grecia con fargli conoscere quanto potrebbe giovare il suo valore : che la sua collera finalmente doveva ave
, e per la morte data a Sarpedone re della Licia, obbliò l’ordine del suo amico : più voleva inoltrarsi, ma Apollo si oppos
armi. Appena che giunse a notizia di Achille la morte di Patroclo, il suo dolore non ebbe limiti. La sentì sì vivamente che
del vecchio Nereo, intese Teti negli abissi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagrime
tessi fra loro si attaccarono. Achille intanto immolava all’ombra del suo amico estinto chiunque gli si opponeva : ma quest
la vittoria. Achille finalmente la vinse, e la trista rimembranza del suo amico perduto lo rendette inesorabile fino alla f
mortale si recasse all’afflitto padre. Il barbaro legò il cadavere al suo carro, e lo trascinò intorno le mura della città.
rogo alla riva del mare, sopra del quale fece collocare il corpo del suo amico, e vi appiccò il fuoco. Indi recise la sua
o spazio di nove giorni trascinò tre volte il mattino il cadavere del suo nemico, che Apollo covrì col suo scudo per non fa
tre volte il mattino il cadavere del suo nemico, che Apollo covrì col suo scudo per non farlo corrompere. Finalmente si con
iuola di Priamo, che aveva veduta sulle mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a dif
e Apollo diresse al calcagno di Achille. Era questa la sola parte del suo corpo soggetta ad essere ferita, poichè Teti sua
le quì notare, che Omero non abbia fatta menzione di tale favola : il suo Eroe sarebbe stato meno grande, se lo avesse dipi
rive dell’Ellesponto presso il promontorio Sigèo. Presa Troja, Pirro suo figlio immolò sulla sua tomba Polissena, innocent
pure alla corte di Menelao, dove probabilmente avrebbe avuto nuove di suo padre. Si avvide Telemaco, che Minerva stessa gli
iuola di quel re, che gli disse aver inteso da Proteo Dio marino, che suo Padre Ulisse è trattenuto da una ninfa in un’isol
sulla superficie del mare, ed abbracciandosi ad un piccolo avanzo del suo naviglio, stretto a quello si tiene, errando a di
i di Alcinoo : soggiunge, che un fulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isol
o ha trattenuto per otto anni in quest’isola, impegnandolo a divenire suo sposo. Finalmente il destino ha permesso che scap
re Alcinoo raduna l’assemblea de’ grandi del Regno : loro presenta il suo ospite : espone la di lui trista situazione, e li
ifemo1 : (aveva Ulisse avuta l’accortezza di dirgli che questo era il suo nome). Credettero i Ciclopi, che avesse perduta l
dal Cielo. Ognuno fece a gara per offrirgli un dono corrispondente al suo rango, come pure fu allestito un naviglio ben equ
isola de’ Feaci. Svegliatosi Ulisse, non riconobbe affatto il proprio suo regno : ma Minerva sotto l’abito di un pastore l’
n vecchio Cretese, il figliuolo di Laerte portossi alla casa di Eumeo suo amico, dove bene accolto si tenne sconosciuto fin
Penelope, che Ulisse è in Itaca : egli viene riconosciuto, e corre da suo padre Laerte, che piangeva la perdita di un figli
ti, vi stabilì la pace, e fece fiorire le arti, e la tranquillità nel suo regno. Analisi dell’Eneide. Virgilio ad imita
o nell’Eneide ha imitato le bellezze dell’Iliade, e dell’Odissea : il suo protagonista va errante come Ulisse, ed all’occas
uramente perita, se Nettuno sorpreso da tanto tumulto che regnava nel suo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggia, o
e scopriva il resto de’ legni. In questo mentre Venere si dà moto per suo figlio : si presenta a Giove, e gli rammenta le p
e in di lui favore. Questo Dio le rinnova, ed assicura Venere, che il suo figliuolo arriverà felicemente in Italia, ove la
o alla vista di tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fedele Acate s’incamina l’Eroe verso Cartagine, e
sensibile alle di lui disgrazie, gli contesta la gioja che sente pel suo arrivo, dando le disposizioni per una grandiosa f
riconoscono. Corre pertanto Enea in soccorso di Priamo, assediato nel suo palazzo da Pirro, che ivi l’uccide con quanti a l
chio re, si affretta per la difesa della sua sposa Creusa, del figlio suo , e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, ch
ta per la difesa della sua sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che diede in mano di
, e sparì. Ritornato al luogo dove aveva lasciato Anchise, ed Ascanio suo figlio con tutti quelli che avevano abbracciata l
Sicilia, dove regnava Alceste Principe Trojano : ivi morì il vecchio suo padre Anchise. Trapani fu il termine de’ suoi via
e l’aveva condotto nell’impero di Didone. » Avendo Enea dato fine al suo racconto, si ritira negli appartamenti che gli av
ssa la sua inclinazione ad Anna sua germana, che la consiglia a farlo suo sposo. Giunone per impedire il corso dei destini
costretto a fermarsi in Trapani, ove da un anno era morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del quale fece celebrare
e i deputati ; ma loro promise dippiù, cioè che Enea sarebbe divenuto suo genero. Piccata Giunone de’ fortunati successi di
ipi vicini prendono parimente lo armi contro Enea, il quale non ha in suo favore, che il solo Evandro, che abitava sul mont
lcuni rami di una pianta detta Loto, per darne a mangiare le frutta a suo figlio. Alcune gocce di sangue caddero da questa
, ed inseguita da Pane aveva perduta l’antica bellezza, e figura : il suo nome era Loto. Driope nel vedere stillare il sang
a bambina, se per l’opposto un maschio, lo avrebbe allevato, perchè a suo tempo avrebbe potuto sollevare i genitori dall’in
nta insensibilità, la cangiarono in pietra, simbolo della durezza del suo cuore. Coreso, e Calltroe. Calliroe donzella
inazione, che aveva per lei Coreso sacerdote di Bacco, che vendicò il suo ministro con far sorgere una malattia in Calidoni
con impazienza, ma Giunone in sogno le fece intendere la disgrazia di suo marito. Spaventata la misera Alcione del sinistro
azione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, facendo di tutto pe
che non poteva vivere lontano da Procri, la richiamò con premura. Al suo ritorno ella diede in dono a suo marito un cane v
Procri, la richiamò con premura. Al suo ritorno ella diede in dono a suo marito un cane velocissimo, ed un giavellotto che
cespuglio : credendo che fosse una qualche bestia feroce, scagliò il suo giavellotto. Un grido che si alzò lo fece avveder
pedirle di poter palesare la sua disgrazia. Continua lo scellerato il suo cammino, e reca a Progne l’annunzio che Filomela
te : liberò sua sorella dalla prigione : indi con un pugnale trapassò suo figlio Iti, e lo diede a mangiare a Tereo in un s
a mangiare a Tereo in un solenne banchetto. Cercando questi di vedere suo figlio, allora Filomela infuriata si presenta a T
padre di Atteone, che Diana cangiò in cervo. Dopo la morte di questo suo figlio, si ritirò in Sardegna da lui per la prima
nope dal Sepolcro della estinta Sirena. Colà in seguito a cagione del suo amenissimo clima concorsero diversi altri popoli,
o così pure cantò il nostro concittadino Stazio piangendo la morte di suo padre :   Exere semirutos subito de pulvere vult
ossa di un gran terremoto (afflato monte), e compiangere la morte del suo allievo, cioè del padre di Stazio.   II. Il
diverse sacre immaginette, e fra queste vi era quella del Sebeto. Il suo nome però e la sua gloria mal corrispondono al pi
agli scolgi Platamoni 1 in Napoli fra gli screpoli avere esistito il suo tempio, onde leggiadramente scrisse il Sannazzaro
r l’arco, a vibrare a quel segno un dardo, e mortalmente ferì l’amato suo oggetto. Gittato Orione dal mare semivivo sul lid
aco nel Lazio, visitò varie contrade del nostro regno, a cui diede il suo nome. Oltre di Eraclea nella magna Grecia, chiama
ati al bene ed al male. Comunque sia, ogni luogo aveva il particolare suo Genio. Leggiamo nelle antiche iscrizioni Genio lo
libro secondo de rerum nat. (2). Megalesie furono dette le feste a suo onore. I suoi Sacerdoti distinti coi nomi Galli,
ti. Erostrato ci attaecò fuoco per voglia di cosi poter tramandare il suo nome alla posterità ; il che gli riuscì, malgrado
do il decreto fatto dagli Efesj di non doversi giammai pronunziare il suo nome. 1. Tullio nel terzo della natura degli Dei
oto contro l’ubbriachezza. 1. Si mira anche Bacco poggiato talora al suo genio Ampelo, e talora con corna dorate per notar
stinzione fra gli Angioli, ed i Demonj. 2. Il popolo Romano aveva il suo Genio particolare. L’Imperatore Caligola fece mor
aligola fece morire moltissimi, che non avevano voluto giurare per il suo Genio. 1. Leggasi fra i moderni la stupenda canz
io detto Καιρος ; i Romani per contrario ne fecero una Dea, perchè il suo nome in latino è di genere feminino. 1. Leggansi
stato riconosciuto nel proprio paese, mentre Omero ci assicura che un suo cane per nome Argo diede segni manifesti di aver
un suo cane per nome Argo diede segni manifesti di aver ravvisato il suo padrone saltellando, e dimenando la coda. 1. Nie
questo anacronismo, volle servirsi di questo bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate Metastasio in uno de’ suoi meravig
sta a noi dire che Virgilio sulle orme di Omero ha lavorato il divino suo poema, che malgrado varj difetti, non lascia di e
a sua Eneide, che non aveva ancora limata, ma nol permise Augusto. Il suo cadavere fu trasferito a Napoli allora città fior
eduna regione della Città. Queste erano ben molte, ed ognuna aveva il suo nome particolare. Queî che vi erano ascritti dett
3 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
co, dall’infinitamente grande, all’infinitamente piccolo, tutto ha il suo più solido fondamento, la sua essenza, il suo svi
te piccolo, tutto ha il suo più solido fondamento, la sua essenza, il suo sviluppo, il suo essere infine, nell’ordine ammir
ha il suo più solido fondamento, la sua essenza, il suo sviluppo, il suo essere infine, nell’ordine ammirevole, assoluto,
, di studio o d’ispirazione, deve primieramente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine col quale vien
lar nome, o di cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerato nel suo insieme totale. E per maggior mente far comprende
tori si porti a considerare, con riposata attenzione quest’opera, nel suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo l
complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il quale, considerato nel suo insieme, costituisce il linguaggio della credenza
tendosi, che circola, mediante orale tradizione, senza riguardo se il suo contenuto sia vero o falso, reale o immaginario.
ne25 tratta in processione, va per le strade della città in cerca del suo Divino Figliuolo, e quando poi dopo lungo cercare
ia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe, come per incanto, dal suo seno divino, e s’innalza nell’aria a spandere pel
no divino, e s’innalza nell’aria a spandere pel cielo l’esultanza del suo cuore di madre. L’antichissimo cataclisma del dil
l’ Arca è Satyaxrata — Iao, in Cina, il primo re, dà cominciamento al suo regno con lo scolamento delle acque diluviane, ch
imo della Vergine Madre, spense col fulgore della sua casta luce, col suo significato umanamente divino, l’osceno bagliore
Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggiva il fratel suo . 7. Ædificavit quae ibi allare, et appellavil nom
rità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve tendere al suo vero principio facendosi sostegno della verità :
ici, pitonesse e larve d’ogni maniera,33 Il Tasso, porgeva ascolto al suo genio familiare. Sacrobosco 34 insegnò le sfere s
ico di un popolo, di un età, di una generazione, considerata sotto il suo più caratteristico aspetio morale e fisico, ossia
i cosa, presso la religione degli antichi, veniva riguardata sotto il suo aspetto simbolico, e questo simbolo da principio
ghiacciata i suoi calcoli, a noi lasci le nostre immagini ; serbi il suo argomentare, che distrugge, a me talenta il palpi
aggiunse l’ebrezza nuova ; e, fatta Menade, percuote orribilmente un suo crotalo infernale, eccitando al ballo tondo Grazi
icare. Altri vogliono che Ercole edificasse questa città in onore del suo amico Abdereo, che fu miseramente divorato dai ca
oso in Messenia. Essa si ritirò nella città d’Ira alla quale dette il suo nome. Questa città fu una delle sette che Agamenn
gliono sia la Mithia dei Persiani. Si avea una grande venerazione sul suo nome, le cui lettere in carattere greco, presa og
ra la figura dell’art. precedente). 23. Abrezia. — Ninfa che dette il suo nome alla Misia, città in cui Giove era adorato,
lia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi di Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio di Licaone. 29. Acad
ote di Dedalo. Egli fu l’inventore della lega e del compasso. Dedalo, suo zio, ne fu così geloso che lo precipitò dall’alto
cina, questo principe ebbe la ventura di riconoscere Ethra col figlio suo , e riuscì a salvar tutti e due dalle mani dei nem
di Siracusa, in cui Giove Olimpico avea un antico tempio, dedicato al suo culto. 35. Acarnao e Amphoterens. — Questi due fr
etta anche Ippolita, s’innamorò perdutamente di Peleo, e gli offrì il suo amore, ma questi resistè alle prave voglie della
ifiuto, Creteisa, accusò Peleo al marito per aver voluto attentare al suo onore. Acasto dissimulando il suo dolore condusse
marito per aver voluto attentare al suo onore. Acasto dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e
orella e compagna di Camilla, regina dei Volsci. Di questa, Dante nel suo Inferno Canto primo, dice : Di quell’untile Ital
gli onori divini. 40. Aceleo. — Uno dei figli di Ercole che dette il suo nome ad una città di Licya. 41. Acersecome. — I G
e per punire i ribaldi compagni di Acete li cangiò in delfini, e fece suo gran sagrificatore Acete per ricompensarlo della
fu vinto. Allora assunta la forma di serpente, attaccò nuovamente il suo rivale, ma ne fu nuovamente vinto ; in seguito so
li, e delle armi bellissime : l’astuto greco riuscì completamente nel suo disegno, poichè Achille, quantunque vestito da do
ia, e di là innanzi alle mura di Troja. Achille mostrò prestamente il suo immenso valore, e divenne il terrore de’ nemici.
ornò alle armi e per vendicare il caduto amico, fece legare Ettore al suo carro, e guidando egli stesso i suoi focosi destr
ita. I Greci gli innalzarono una tomba sul promontorio Sigeo, e Pirro suo figlio gl’immolò Polissena. Si racconta ancora di
che lo accolse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio di Egeo ; dette il suo nome ad una parte della Persia. 66. Achmon. V. Ac
schiacciò sotto una rupe : ma la ninfa madre dell’infelice, cangiò il suo sangue in un fiume detto Aciso. 71. Acitio V. Aci
ito di Venere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola di Creta. 75. Acmoni
nne meno, Ch’andò a trovar le trapassate genti, Altro non mi potè del suo lasciare, Ch’un amo ed una canna da pescare. (Ovi
ladi) dove la barca approdò, trattò cortesemente Danae e fece educare suo figlio Perseo, il quale divenuto adulto si mise a
o a modo degli eroi favolosi, in cerca di avventure onde segnalare il suo coraggio. Passando per Lariffa egli incontrò in q
o coraggio. Passando per Lariffa egli incontrò in questa città Acrise suo avo, e lo riconobbe. Si preparava a lasciare ques
oracitas Dea della gola. In Sicilia le rendevano gli onori divini. Il suo nome è composto dalle due parole greche Phago man
ettuno, a chi avesse mangiato un intero bue. A ciascuno fu servito il suo , e l’uno e l’altro riuscirono nell’intento prefis
ingiurie che terminarono con una lotta nella quale Ercole atterrò il suo antagonista. Questa prodezza valse ad Ercole il s
ora Ercole discese all’inferno, e ricondusse Alceste nelle braccia di suo marito. Non vì fu principe la cui vita avesse sof
allora lo cangiò in anemone. Adone dopo la morte fu deificato, ed il suo culto ebbe cominciamento nella Fenicia, ov’egli r
avesse cangiato il colore delle acque di quel fiume, che poi prese il suo nome. 113. Adoneo. — Era questo un soprannome dat
ondo Plutarco era l’unica furia ministra della vendetta degli Dei. Il suo nome, che viene dall’α privativa e da δραω, δαδρα
. Adrasto. — Re d’Argo, fu obbligato a cercar rifugio presso Polibio, suo avo paterno, per sottrarsi alle persecuzioni dell
e il padre del morto lo avesse perdonato, egli non potendo reggere al suo rimorso, si trafisse sulla tomba dell’estinto ami
ero mentre codesto nome significa l’ardente per esprimere il sole nel suo meriggio, essendo stata appunto l’ardente luce di
Afonis. 145. Afonis, Afonio o Afonide. — Soprannome dato a Giasone da suo padre Efone. 146. Afra (sorelle) — Ossia sorelle
o nel quale cadde Agamede, e da cui non valse a tirarsi, per modo che suo fratello Trofonio non seppe trovare altro scampo
so da Diomede. 159. Agathirno o Agatirno. — Figlio di Eolo : dette il suo nome ad una città che fece fabbricare in Sicilia.
a l’educazione del Dio Bacco, sia, come vogliono altri scrittori, pel suo preteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora
ola racconta che una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto nel suo seno alcune di quelle mandorle, queste scomparver
ollo giudicò più felice di Gige perchè viveva contento dei legumi del suo piccolo orticello. 185. Aglaonice. V. Aganice. 18
el Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il suo nome ad una fontana celebre per favolose meravigl
olo figlio. Spinta dalla sua cieca passione, ella uccise una notte il suo proprio figliuolo Itilo, che l’oscurità le impedi
uno dei suoi nipoti a nome Amaneo. L’infelice Aidone, riconoscendo il suo terribile errore, pianse tanto la morte del suo u
done, riconoscendo il suo terribile errore, pianse tanto la morte del suo unico figlio, che gli Dei, mossi a compassione de
a, che, essendogli sua moglie stata infedele, essa fe’credere ad Aloo suo marito, che i due figliuoli ai quali dette la luc
e la vergine s’era nascosta, sperando di sottrarsi alle brutalità del suo persecutore. Minerva, fortemente sdegnata, risolv
o agli altri tutti ? Il grande Aiace, rispondea racchiusa Nel fluente suo vel la dia Lacena, Alace, rocca degli Achei…… (Om
a mano in mezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede Sul
contro se stesso la spada che gli avea donata Ettore, e si uccise. Il suo sangue fu cangiato nel flore conosciuto sotto il
tato muto ». 224. Alabanda, figlio di Calliroe che fu divinizzato. Il suo culto fu celebre in Alabanda, città della Caria.
eva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e che era a lei cons
pe. Essendo stato incolpato d’aver preso parte alla morte di Crisippo suo fratello, egli si rifugiò in Megara, dove uccise
’istesso giorno in cui Alceste si era sacrificata. Admeto malgrado il suo dolore gli fece onorevole accoglienza, e non tras
l marito. Omero dà ad Alceste il soprannome di Divina perchè ella amò suo marito fino al punto di sagrificargli la vita. Eu
e Atto I, Scena 1. 240. Alchmeone figlio di Anfiareo. Per ordine di suo padre uccise la madre Erifile, perchè questa avev
se espiazioni ond’essere liberato dalle Furie. Posto in esecuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale gli fece sp
ana ad Apollo. Properzio dice invece che Arfinoe stessa per vendicare suo marito uccidesse i suoi due fratelli. Indi il fi
eon, quand’avrà scorto Dalla terrena e subita vorago Restare il padre suo sepolto e morto ; Ucciderà della vendetta vago. P
rlo il marito ed i figli, ma poi divenne così furiosamente gelosa del suo amante che disperata si precipitò nel mare. 246.
6. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo re dell’isola di Corcira. Il suo nome divenne celebre per la bellezza dei giardini
o, re dei venti della stirpe di Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re di Traflina, che morì di dolore qu
i Mitologi che ella si precipitasse nel mare disperata della morte di suo marito, e che gli Dei mossi a compassione cangiar
idicia. Ella sposò Anfitrione col patto che vendicherebbe la morte di suo fratello, che i Telebani avevano ucciso. Mentre c
erseguitare della sua gelosa vendetta i frutti dell’adultero amore di suo marito, fece che Alcmena incinta di due gemelli,
a astuzia di Giunone allorchè nacque Ercole. Alcmena dopo la morte di suo marito Anfitrione sposò Radamento. Ed io che ave
one. Temendo che Egisto e Clitennestra, dopo aver dato morte al padre suo , non gli serbassero la stessa sorte fuggì dalla G
l fiore di frumento. 282. Alia. — Era una delle cinquanta Nereidi. Il suo nome le viene dall’elemento che essa abitava poic
a di Minos re di Creta nemico dichiarato dei Megaresi ; essa tagliò a suo padre un capello a cui érano legati i destini del
ttuno. La tradizione mitologica ci racconta di lui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era s
re della sedotta la uccise per lavare col sangue l’onta riversata sul suo nome. Nettuno la cangiò in fontana. 301. Alpheja.
l corpo della belva. Meleageo che amava Atalanta non seppe frenare il suo sdegno, e trasportato dal suo furore uccise i suo
che amava Atalanta non seppe frenare il suo sdegno, e trasportato dal suo furore uccise i suoi zii. Allora, Altea per vendi
emente sotto il nome di ninfe Amadriadi. Ognuna di esse però aveva il suo nome particolare che comunemente era quello di un
er un dato tempo per far ritorno nel tronco di quello. Così Omero nel suo inno a Venere. Non mortal non divina è la lor so
nta in cui avevano vissuto. 311. Amaltea. — Fu la capra che nutri del suo latte Giove, il quale in segno di riconoscenza la
ne. 321. Amatus. — Fu figlio d’Ercole e fondatore della città che dal suo nome fu detto Amatunta. 322. Amazonto. — Sopranno
tiro volle violentarla. La principessa fuggendo spaventata, chiamò in suo aiuto Nettuno, il quale la liberò dal satiro, ma
a Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche uno dei sacerdoti del suo culto conosciuto sotto l’istesso nome. Questa par
. Amphiaro. — Vedi Ampiareo. 351. Ampleide. — Soprannome di Mopso, da suo padre Ampix. 352. Ampico. — Detto anche Ampix, fi
he ella uccise la prima notte delle nozze, per ubbidire al comando di suo padre. Straziata dai rimorsi, ella si nascose in
li armenti di Priamo. 373. Anax. — Figlio del Cielo e della Terra. Il suo nome che significa padrone, signore, veniva, seco
alla cieca passione che essa gli avea ispirato, ardi svelarle l’amor suo , ma la fiera giovanetta lo respinse crudelmente c
e di quell’iufelice, il sangue se le agghiaccio nelle vene e tutto il suo corpo si coprì di mortale pallidezza. Di qua la f
alla presa di Troia era così vecchio, che non potendo camminare fu da suo figlio Enea portato in braccio fino alle navi Gre
ancata una voragine. Anchuro per il bene pubblico vi si precipitò col suo cavallo, e la voragine si rinchiuse immantinenti.
sposò Eleno, altro figliuolo di Priamo. Ella amò così teneramente il suo primo marito Ettore, che parlava continuamente di
nguillara). 402. Androso o Andruso. — Figlio d’Eurimaco che dette il suo nome all’isola d’Andros. Uno dei figli di Anio ve
feriscono che i poeti dell’antichità confondono Anfiareo con Alcmeone suo figlio. 409. Anfidamo. — Figlio di Busiride che f
e fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal nome di suo padre fu detto Helenus, i cui decreti si riteneva
lodia, si collocavano di per se stesse al loro posto. A lui ed a Zeto suo fratello, si attribuiva dagli antichi l’invenzion
Pterelao, divenne formidabile a tutt’i suoi nemici e punì Cometo del suo tradimento. Gli scrittori delle cronache mitologi
ocando alla palla. La Sibilla di Cuma, detta anche Anfrisia trasse il suo soprannome da que to fiume. 425. Angelia. — Figli
ra, credendosi in sicurtà, volle ritornare nella sua patria, ma Sico, suo zio paterno, la perseguito, e la dette in custodi
472. Antifo. — Uno dei figli di Priamo. Agamennone l’uccise insieme a suo fratello Iso, sotto le mura di Troia. Due di Pri
. — Figlia di Edipo e di Giocasta. Volendo rendere gli ultimi onori a suo fratello Polinice, in opposizione agli ordini di
tendo resistere all’orrore della morte spietata, si strangolò. Emone, suo fidanzato, si uccise sul corpo di lei. …..Ah tu,
, e cara. Dicevi allor : qual ebbe, afflitta madre. Altro conforto al suo dolore Immenso ? Qual compagna nel piangere ? qua
la è d’ Edippo Prole. di tu ? ma, sua virtude è ammenda Ampia del non suo fallo — Alfieri — Antigone Trag. Atto III Le c
i mitologici. 475. Antilogo. — Figlio di Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedio di Troia e vi fu ucciso da Menn
di questa, lo uccise in una festa. L’imperatore Adriano ebbe anche un suo carissimo amico a nome Antinoo, giovane di maravi
lla setta cinica discepolo di Socrate. Per assistere alle lezioni del suo maestro, egli ogni giorno traversava una distanza
egli si stabili su di una montagna della Beozia, che da lui prese il suo nome. Coll’andare del tempo tutta la catena di mo
nto di partire. Così in Virgilio allorchè Venere si presenta ad Enea, suo figlio, in sembianza di cacciatrice, l’erce non l
ccettò la sfida del re dei Beozii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di affrontarlo, fingen
se, non avesse proclamato con giuramento, che il novello ascritto era suo figlio. Sino al compimento di codesta formola i n
feste e solennità proprie degli Egiziani, il sacro animale veniva nel suo giro per la città scortato da tutti gli ufficiali
periodo degli anni che il bue dovea vivere, i sacerdoti consacrati al suo culto in gran pompa e con tutte le cerimonie che
il bue mangiava ciò che essi gli presentavano, prima d’interrogare il suo oracolo. Nelle opere di Plinio troviamo che il bu
vedendo che il lavoro della sua rivale, sarebbe riuscito migliore del suo , sdegnatasi ruppe il telaio. Aracne fu così affli
’ Eumenidi etc. 514. Arcade. — Figlio di Giove e di Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la contrada più rinomata
. Arcade essendo divenuto adulto fu da alcuni cacciatori presentato a suo avolo Licaone, il quale lo ricevette molto benevo
biasimati gli uccisori del poeta per la stima che tutti facevano del suo genio. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archi
, che questa Dea cangiò in fontana allorchè Alfeo la perseguitava del suo amore impudico : però Alfeo avendola riconosciuta
fra questi, ritenevano che il fiume Alfeo nell’ Arcadia, seguendo il suo corso sottomarino venisse a spuntare sulle rive d
ci, e che ciò avveniva appunto perchè il fiume Alfeo, traversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque, prim
a che Evandro d’ Arcadia, nemico degli Argiani, in commemorazione del suo odio contro di essi, quando venne a stabilirsi in
di Polinice : Argia …………. Alfieri. Tragedia Antigone Atto 2. Quando suo marito morì, essa insieme alla sorella Antigone,
Re Agamennone, che lo aveva assai caro, fece fabbricare un tempio in suo onore, e lo consacrò a Venere Arginna. 552. Argio
primo vascello che avesse solcato le onde. Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con gli a
Giove avea cangiata in giovenca. Ma Mercurio col suono dolcissimo del suo flauto, addormentò il guardiano e l’uccise. Giuno
libio ; generalmente è lo stesso che inventò il naviglio che prese il suo nome. Finalmente la tradizione mitologica fa menz
o, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiamata col suo nome, ed il primo che coltivò le terre della Grec
proprie piume. Per contentarla più Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender nel cielo, E l’aurea sua corona al bel c
ome del cavallo che Nettuno fece sorgere dalla terra con un colpo del suo tridente, allorchè sostenne con Minerva la disput
vendetta di Apollo, il quale facea per tal modo espiare la morte del suo indovino ; e che il flagello non sarebbe cessato
solo padrone. Arpalice disperata non appena giunta in Argo uccise il suo minor fratello e lo apprestò in orribile pasto a
a terribile vendetta sopportare l’infame passione che avea ispirato a suo padre, supplicò giorno e notte gli Dei che l’aves
nti fu presa ed uccisa. Virgilio canta che Venere presentossi ad Enea suo figlio in sembianza di cacciatrice all’istesso mo
e memoria come inventrice di un certo cantico a cui si dava lo stesso suo nome. 588. Arpedoforo. — Dalle due parole greche
ana racconta che Arteride fosse figlia d’Iside e di Osiride, e che il suo concepimento avvenisse in modo affatto particolar
do morto uno dei figliuoli di Acca Laurenzia, Romolo per attestare il suo affetto alla sua nutrice si offrì ad occupare il
inerva prese sotto la sua protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo grido di tutto ciò che avveniva la notte. Fece d
stro) Di giorno a volo mai l’inerti braccia, Si fece un gufo, e ancor suo grido è tale, Ch’ovunque il fa sentir, predice ma
sediarono Troia, nativo d’ Orcomene nella Beozia. Egli rese famoso il suo nome per aver condotto seco più di trenta navi.
col vino. Salvator Rosa nelle satire dice : So che Asclepiade con un suo trombone I sordi medicava. Sal. Rosa. La Musica
sendo i giardini sacri a quel dio. Abbia il vero, o Priapo, il luogo suo , Se gli asini a te sol son dedicati, Bisogna dir
iò ai suoi compagni a non intraprendere la guerra contro i Lapidi. Il suo saggio consiglio non fu seguito e i centauri furo
cheneo. Essa fu richiesta in matrimonio da molti giovani principi, ma suo padre non volle concederla che a colui che avesse
tichi dissero che ella uscisse dal cerebro del padre, imperciocchè il suo nome significa saggezza. Fu dessa che dette il no
i Minerva quante volte essi avessero saputo produrre ognuno del canto suo la cose più utile agli uomini. Nettuno allora con
morato di Sangaride figlia del fiume Sango. Cibele per punire Ati del suo tradimento fece morire Sangaride ; e allora Ati d
e. — Gigante che fu figlio di Giove e di Climene. La favola finse che suo padre l’avesse incaricato di reggere il mondo sul
Per vendicarsi della vergognosa tresca che Eropa sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e gli f
onta che il sole inorridito dall’orribile scena avesse retrocesso dal suo corso quotidiano. È questo uno degli episodi più
le Augea si era del pari ritirata per sotirarsi allo sdegno del padre suo . Telefo senza riconoscere sua madre ottenne da Te
le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettava l’aria nel suo regno. Ercole per riuscire nello scopo prefisso d
ancato ai patti Ercole sdegnato l’uccise e dette i suoi stati a Fileo suo figlio. 681. Augurio. — Specie di sortilegio che
a Perseo in commemorazione della pioggia d’oro in cui si cangiò Giove suo padre per giungere fino a Danae, della quale poi
tia. 692. Autolico. — Figlio di Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di ladro col potere di prendere
Sisifo lo scoprì e lo ingannò come faceva a tutti, ma Autolico restò suo amico perchè era innamorato della figlia Anticlea
Turno. ….Aventino, de l’invitto Alcide Leggiadro figlio. Questi col suo carro Di palme adorno, e co’ vittorïosi Suoi corr
no, e co’ vittorïosi Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea nel suo cimiero e nel suo scudo In memoria del padre, un’
si Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea nel suo cimiero e nel suo scudo In memoria del padre, un’idra, cinta Da cen
o dedicato ad Apollo, ove ogni tre anni si celebravano delle feste in suo onore, alle quali si dava il nome di feste Aziach
abitatori di Babilonia, per la loro sfrenata libidine, che arrivò al suo maggior punto di corruttela, sotto la famosa regi
nserva altro ricordo. Oscuro di nascita, fu pessimo di costumi, ed il suo nome andò perduto nella notte dei tempi. Nel prin
emele, le consigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante di mostrarsi a lei in tutto lo splendore d
questa Dea non si limitava solamente a vendicarsi delle concubine di suo marito, ma faceva ricadere le sue terribili vende
o, Bacco, trasformato in leone, combattè coraggiosamente al fianco di suo padre e fu ritenuto dopo Giove come il più possen
he modo l’anagramma. 735. Baciso. — Famoso indovino che poi detta il suo nome a tutti coloro che predicevano l’avvenire. 7
regina. La tradizione mitologica racconta che Basilea sposò Iperione, suo fratello, che essa avea più caro degli altri, e n
aleni e tuoni orrendi, e Basilea disparve. Il popolo allora cangiò il suo dolore in venerazione, innalzò degli altari alla
io del furto degli armenti che Mercurio rubò ad Apollo. In premio del suo silenzio, Mercurio gli dette la più bella delle v
santo aspetto. Cercò farla restar di sè contenta : E del vin, che nel suo povero tetto Teneva, e d’una rustica polenta, Ch’
nel suo povero tetto Teneva, e d’una rustica polenta, Ch’avea per uso suo fatta pur dianzi, Con fede e con amor le pose inn
cciato da tutti gli abitanti della contrada in cui dimoravano Bauci e suo marito, che furono i soli che li ospitarono. Per
ede Dei gradi ove sta un pian fra’l tempio e l’onde, La donna far del suo marito vede I canuti capei silvestri fronde ; E m
ad uno degli Dei minori di tagliare la propria testa, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne gli uomini e gli
uco re di Epiro. Un giorno essendo alla caccia uccise inavvedutamente suo fratello Pireno, e per sottrarsi all’ira del padr
per vendicarsi lo accusò al marito come aver egli voluto attentare al suo onore. Preto, per non violare il diritto delle ge
ni. Presso gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempio era esente da questi insetti. Non pochi sc
a, che ella recise ed offrì agli dei, per la prosperità delle armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da ques
Mantova, alla quale dette questo nome in memoria di quello del padre suo . Vi fu anche un principe Troiano, così chiamato,
ia di Mileto e della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutamente di Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo alle sue vogl
che un tal nome fosse dato a quella città, per essersi ritrovato nel suo ricinto una iscrizione che diceva, Deœ Bibracli,
i Marte e di Calliroe. Edificò una città della Tracia, a cui dette il suo nome. 804. Bistonidi. — Donne della Tracia e prob
erra e strugge ; E vede in Grecia appresso il regio nido Lei, che dal suo furor con molte fugge : La toglie in grembo, e vo
e nelle file dei Greci contro i Troiani, ma poi la morte di Patroclo, suo intimo e carissimo amico, indusse Achille a prend
icare con la morte di Ettore (il cui cadavere egli trascinò legato al suo carro per tre volte intorno alle mura di Troia) q
suo carro per tre volte intorno alle mura di Troia) quella dell’amico suo . 827. Briseo. — Soprannome di Bacco a lui dato da
agli abitanti di Anfipoli una ricchissima tomba e furono celebrate in suo onore delle feste dette Brisidee o Brasidee. 829.
eva in grande venerazione la Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che era una delle principali del
ove tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al
onata da Eleno. C 857. Caante. — Figlio dell’Oceano. Avendogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il quale a
. — Dio a cui s’offerivano in sacrificio dei piccoli pesci salati. Il suo culto era celebre in Faselide, città delle Panfil
la di Caco. Si pretende ch’ella avesse palesato il furto dei buoi che suo fratello aveva fatto ad Ercole, e che perciò aves
a di Eubea. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice di Enea e dette il suo nome ed un promontorio della penisola Italiana, d
aver l’ossa consacrate e’l nome Ne la famosa Esperia. Ebbe Caieta Dal suo pietoso alunno esequie e lutto, E sepoltura alter
ciò che Mopso, altro indovino, aveva predetto. Così Calcante compì il suo destino, che era quello di morire quando avesse r
Calciope, da cui ebbe un figliuolo per nome Tessalo, che poi dette il suo nome alla Tessaglia. 893. Calendaria. — Soprannom
in Amatunta, nell’isola di Cipro ed a Biblo nella Siria : istituì in suo onore un culto sacro e particolare, con feste e s
uale, Calisto dette la luce in un bosco, avendola Diana scacciata dal suo seguito per essersi ella negata a spogliarsi prim
gno. Giunone intanto, implacabile persecutrice di tutte le amanti del suo divino consorte, cangiò Calisto e suo figlio Arca
ecutrice di tutte le amanti del suo divino consorte, cangiò Calisto e suo figlio Arcaso in orsi : Quel si leggiadro e graz
alligenie. — Nutrice di Cerere, secondo alcuni scrittori, e Ninfa del suo seguito secondo altri. La più antica e la più gen
ender parte, si travestì da maestro degli esercizî, per accompagnarvi suo figlio. Ma, non potendo frenare i trasporti della
nnomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di una parte del suo corpo. 909. Callirot. — Secondo Esiodo, fu figliu
a sacco ed a fuoco. 914. Cambe. — Soprannominato Ofiaso, dal nome di suo padre Ofio. Gli si attribuisce la invenzione dell
re un cuoio. Le facea veste intorno e cuffia in capo. Il fanciullesco suo primo diletto E ’l primo studio fu lanciar di pal
Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città alla quale dette il suo nome. 924. Camos. — Secondo il Vossio, il Dio Cam
di cui nell’articolo precedente. Canacea sposò segretamente Macabro, suo fratello, da cui ebbe un bambino, il quale coi su
ale perchè si punisse da sè dell’orrendo misfatto ; e pensava in cuor suo di far morire Macabro stesso ; ma questi si sottr
ezza di lei, che volle un giorno che ella si facesse veder nuda ad un suo favorito, per nome Gige. La regina fu così profon
esta sulle coste dell’Egitto, ebbe ben presto il dolore di perdere il suo fido pilota, il quale morì per la morsicatura di
er la morsicatura di un serpente. Menelao, per onorare la memoria del suo servo fedele, fabbricò in quel luogo una città, a
utrito. 955. Capyso, detto anche Capi. — Troiano, compagno di Enea, e suo seguace in Italia. Egli fu il fondatore della cit
sola istituirono in onore della defunta una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella quale la statua di lei, veniv
l culto particolare con cui veniva adorato nella provincia fondata da suo figlio. V. Caria. 967. Carisie. — I greci chiamav
Ella fu onorata come una Divinità, e dopo la morte si celebrarono in suo onore delle feste, da lei dette Carmentali. 973.
rneade. — Figlio di Giove e di Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal suo nome furono chiamati Carneadi, alcuni dibattiment
Adamo : Gittansi di quel lito ad una ad una, Per cenni, com’augel per suo richiamo. Cosi sen vanno su per l’onda bruna, Ed
cuno prestato fede alle sue predizioni. La vendetta del nume sorti il suo pieno effetto. Le predizioni di Cassandra furono
e, pregarono Nettuno di vendicarle. Il Dio per sodisfare le ninfe del suo seguito, mandò sulle terre di Cefeo, un mostro ch
endo Giove conceduta l’immortalità a Polluce, questi la divid sse col suo bene amato Castore, per modo che, essendo quest’u
r saggio : Da lei segretamente s’allontana, E ferma alfin in Caria il suo viaggio : E fonda per fuggir l’incesto indegno, L
un presagio di guerra. Enea appena ebbe posto il piede in Italia con suo padre Anchise, ritenne come presagio di battaglie
nzione alle sue parole, non credendolo figlio di Vulcano, egli invocò suo padre, dio del fuoco, e il luogo dove si trovavan
condusse una colonia nella Grecia ove fondò il regno d’Atene, che dal suo nome fu detta Cecropia. Alcuni la confondono con
nascondere nei boschi la sua vergogna, ma fu ben presto raggiunta da suo marito il quale non potea vivere lontao da lei. A
o raggiunta da suo marito il quale non potea vivere lontao da lei. Al suo ritorno nella casa del marito, essa lo presentò d
a uccise con l’istessa arme ch’ella gli aveva donato. Riconosciuto il suo fatale errore egli si trafisse col ferro stesso.
e lagrime, che la Dea mossa a pietà, la cangiò in una fontana che dal suo nome fu detta Pirene. 1045. Cencrea. — V. Cenchir
to il lago Averno Per gire u’ piangon l’anime funeste ; Perch’ebbe il suo valor Cerbero a scherno, Quel mostro ch’ivi abbaj
le abbaia, e cerca scampo. La bava, che gli fa lo sdegno e l’ira, Del suo crudo veneno empie ogni campo. Ovidio. — Metamor
gretamente il figlio di lui, per nome Deifone, al quale ella porse il suo latte per renderlo immortale : ma per negligenza
sinistra un pugno di spighe di cui aveva anche coronata la fronte. Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto di mamm
sovente per altre donne. 1078. Cherone. — Figlio di Apollo. Dette il suo nome ad una città che da lui cangiò il suo antico
Figlio di Apollo. Dette il suo nome ad una città che da lui cangiò il suo antico nome di Arnea in quello di Cheronea. 1079.
atore di liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non meno famoso di suo padre nell’ingannare tutti. Chione fu così orgogl
mente soffrire, ch’egli desiderava ardentemente la morte ; ma il nume suo padre lo aveva fatto immortale. Finalmente gli De
roserpina. Da quel sorge non lunge un’altra fonte : V’è chi dal nome suo Ciane l’appella, Nïnfa che l’à in custodia a piè
o tirato da quattro leoni. Il pino le era consagrato. I sacerdoti del suo culto l’onoravano danzando intorno al suo simulac
consagrato. I sacerdoti del suo culto l’onoravano danzando intorno al suo simulacro, contorcendosi in strana e sconcia mani
no chiamate alcune feste che Teseo istituì per onorare la memoria del suo pilota Naufitosio, a lui estremamente caro. 1094.
’occhio in mezzo la fronte. Apollo sdegnato per la morte di Esculapio suo figlio, fulminato da Giove, distrusse i ciclopi c
li della Tracia : Ulisse, gettato da una tempesta sulle loro coste al suo ritorno da Troja, fece loro la guerra, li vinse e
rra. Egli è ritenuto come il più antico degli Dei. Fu detronizzato da suo figlio Saturno, che regnò in sua vece. 1104. Cign
recossi sulle sponde dell’ Eridano a piangere sulla tomba dell’amico suo . Egli cantò così soavemente nel suo dolore, che d
a piangere sulla tomba dell’amico suo. Egli cantò così soavemente nel suo dolore, che divenuto vecchio, gli Dei mossi a com
lli, e lo trasformarono in cigno. L’allegoria favolosa, seguitando il suo simbolo anche dopo codesta metamorfosi, dice che
che egli ricordandosi del fulmine di Giove, che aveva ucciso l’amico suo , non avesse mai spinto il volo nelle regioni supe
u finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padre reso invulnerabile fino dall’infanzia, e ta
ita. Achille allora vedendo che le sue armi erano impotenti contro il suo nemico, gli si spinse addosso e afferratolo alla
pogliare il vinto delle sue armi, il corpo di Cigno disparve avendolo suo padre Nettuno cangiato in uno di questi animali.
che andò a stabilirsi in quella parte dell’ Asia minore, che poi dal suo nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nome di
dell’Arcadia. Vogliono alcuni scrittori mitologici, che essa debba il suo nome, ad una figlia di Menofrone, chiamata Cillen
lle opere, Mercurio rubò a Venere la sua cintura, e da quel giorno il suo discorso ebbe gli ornamenti, le grazie più attrae
fosi. — Libro XIV. trad. di Dell’anguillara. Circe fu scacciata dal suo paese nativo per avere avvelenato suo marito, re
llara. Circe fu scacciata dal suo paese nativo per avere avvelenato suo marito, re dei Sarmati, ed andò a dimorare nell’i
di Ea, o, secondo altri in un promontorio della Campania che poi dal suo nome fu detto Circeo, e dov’essa cangiò Scilla in
famoso Diomede. 1141. Cirno. — Uno dei figliuoli di Ercole : dette il suo nome all’isola di Corsica. 1142. Cirra. — Città d
rimonio per ricondurre a se Giunone. Il consiglio di Citerone ebbe il suo pieno effetto. 1154. Citeronia. — Sopraunome di G
nquista del vello d’oro lo uccise inavvertentemente. Da quel tempo il suo nome fu dato alla capitale dei Dolioni, la quale
drone de’suoi stati, usurpando, con sanguinosa opera di regicidio, il suo trono ed il suo talamo. … Ahi ! lassa ! ohimè !
ati, usurpando, con sanguinosa opera di regicidio, il suo trono ed il suo talamo. … Ahi ! lassa ! ohimè ! che bramo ? Elet
mennone — Tragedia. Atto 1. Scena 3. Oreste divenuto adulto, vendicò suo padre, ed uccise Egisto e Clitennestra, immergend
le Baccanti. 1194. Cloe. — Soprannome di Cerere, da cu i le feste in suo onore dette Clojane. 1195. Cloesie. — Feste celeb
d’aver presso di sè un uomo, che come Dedalo si era reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro di Minos, che veniva a
essere sacro a Venere. Apulejo ripete che questa dea facea tirare il suo carro da due colombe e spesso prendeva le sembian
l’altra passò il mare e si arresto nella Libia, ove andò a posare il suo volo fra le corna di un capro. Al dire di Filostr
i Vespasiano, non fu, per ordine di questo imperatore, ricollocato al suo posto. Verso la metà del settimo secolo, i mori,
Coe. 1242.Coon. — Figlio di Antenore : volendo vendicare la morte di suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli trapa
tto divennero pietrose e sanguigne. 1246.Corcira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli di Nettu
Bacco. 1259. Corinto. — Famosa città della Grecia, la quale deve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 1260. Corinete.
sa aveva un tempio famoso nella città di Atene, ove si celebravano in suo onore delle feste dette Coritie. V. l’articolo pr
i Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto di Elena, fatto da suo marito, mandò a Troja il figliuolo Corito, raccom
l nume fu talmente irritato dell’abbandono, che uccise Coronide ed il suo novello amante ; ma non potendo interamente porre
ausania, come di una dea adorata in Sicione, ove non avendo un tempio suo proprio e particolare, le veniva sacrificato in q
stini della sua vita, ne ebbe in risposta che sarebbe stato ucciso da suo figlio Altmeno. Questo giovane principe, spaventa
no. Questo giovane principe, spaventato dalla sventura che minacciava suo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla s
e un tranquillo avvenire a Crateo, ma questi non potendo vivere senza suo figlio, allesti una flotta e mosse egli stesso a
e di veder compiuta la funesta predizione dell’oracolo, perchè quando suo figlio gli si accosto per spogliarlo delle armi,
Medea. 1285. Creontide o Creonciade. — Figlio dell’Ercole di Megara : suo padre lo uccise in un momento di furore. 1286. Cr
sò falsamente un giovane chiamato Prisso, di aver voluto attentare al suo pudore. Cretheo prestò fede all’accusa, e volle u
Virgo. — Così veniva denominata Elle, sorella di Prisso, dal nome del suo avo Cretheo, di cui nell’articolo precedente. 129
’articolo precedente. 1293. Cretone. — Figlio di Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’assedio di Troja, furono en
ione, lo cangiarono in flume, accordandogli il privilegio di potere a suo talento assumere qualunque sembianza. Egli usò di
. — Sacerdote di Apollo. Questo dio per punirlo di aver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mandò una grande quantità d
nnone, ricusò di combattere nelle file dei Greci, finchè la morte del suo anico Patrocolo, non gli fece rompere il suo giur
eci, finchè la morte del suo anico Patrocolo, non gli fece rompere il suo giuramento. 1306. Crisia. — Sacerdotessa di Giuno
lerebbe la fede coniugale, sarebbe divenuto cieco. Dafni dimendicò il suo giuramento, s’innamorò di un’altra ninfa e fu cie
o Procuste : famoso gigante celebre per la sua crudeltà. Egli deve il suo soprannome, che significa estendere per forza, pe
coloro ai quali dava ospitalità, onde raggiungessero la misura di un suo letto ; e che faceva mozzare le gambe, a quelli c
nae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre consultato l’oracolo, per conoscere il prop
aterno Perseo, di cui ella era rimasta incinta. L’oracolo ebbe poi il suo pieno conseguimento. V. Perseo. 1356. Danaidi. — 
i loro uomini la prima notte delle nozze. La sola Ipernestra salvò il suo , per nome Linceo, mentre le sorelle di lei, che s
. — Figlio di Giove e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato di fuggire dall
sola di Creta, e si ricovero in Asia, ove costrui una città detta dal suo nome Dardania, che fu più tardi la famosa Troja.
. Daulle o Daulisia veniva pure chiamata una ninfa, la quale dette il suo nome alla città di Daulia, nella Focide. 1368. Da
Figlio di Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al quale impose il suo stesso nome, e che poi sposò Venilia da cui ebbe
e nel quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiudere insieme a suo figlio Icaro, per punire entrambi, secondochè nar
si fece rinserrare l’infame Pasifae, fosse opera di Dedalo e d’Icaro suo figlio, li fece rinchiudere nello stesso laberint
. Giove era ritenuto come il più potente di tutti gli dei, sebbene il suo incontrastato potere, fosse subordinato alla volo
dii e divi, per indicare gli dei in generale, pure la parola dii, nel suo senso proprio, non conviene che agli dei di prim’
el mercato, ove il novello imperatore recitava l’orazione funebre del suo predecessore. Dopo di ciò tutto il corteggio pren
a, la quale, montata in furore, si dileguò negli spazi dell’aria, sul suo carro tirato da due draghi e lasciò bruciare Deif
a percorrere, crollò dalle fondamenta, ed egli se avesse seguitato il suo viaggio, sarebbe senza altro rimasto schiacciato
fatale tessuto, si sentì come bruciare da un fuoco divoratore, e nel suo delirio, si gettò sui carboni accesi d’un sacrifi
conta che un pastore, per nome Coreta, stando un giorno a guardia del suo gregge, nelle circonstanza del monte Parnaso, s’a
all’epoca in cui essi supponevano il ritorno del dio, celebravano in suo onore feste e cerimonie d’ognimaniera. 1405. Deme
. La forma credenza che il sommo filosofo aveva nella esistenza di un suo demonio o genio particolare, specie di spirito fa
a la quale profonda, damente pentita di essersi data in braccio ad un suo amante, si precipitò in uno stagno, ove, non esse
ante, si precipitò in uno stagno, ove, non essendosi più ritrovato il suo corpo, fu creduto che fosse stata cangiata in pes
generale distruzione. Prosciugatesi le acque e ritornata la terra nel suo stato primitivo, i superstiti consultarono l’orac
prestar mai giuramanto. Non poteva mai montare a cavallo, e tutto nel suo modo di vivere dovea risentire dell’austera sempl
, e tutte le altre divinità secondarie, celebravano continue feste in suo onore. I poeti rappresentavano Diana su di un car
, che fosse conosciuto in quei tempi, era destinato esclusivamente al suo culto. 1432. Diania-turba. — Ossia turba, drappel
o fosse stato ucciso dai ladroni, restò per qualche tempo impunito il suo delitto ; ma l’ombra dell’ucciso priva degli onor
a che Didone coi suoi seguaci si stabilissero sulle terre soggette al suo comando, ma l’astuta principessa gli richiese di
Cartagine per distruggerla, amò meglio darsi la morte che violare il suo giuramento di fedeltá. Ella si ucsise con un pugn
che vuol dire donna risoluta. Il Metastasio per l’effetto scenico del suo celebre melodramma, Didone abbandonata, fa che el
mora ; e l’infedete Enea Abbia nel mio destino Un augurio funesto al suo cammino. Precipiti Cartago, Arda la reggira, e si
i Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome di suo padre Dimaso. 1450. Dimaso. — V. l’articolo prece
1456. Dicclesìo. — Eroe venerato come un dio dai Megaresi, i quali in suo onore celebravano dei giuochi detti Dioclesi. 145
va un tempio superbo, esclusivamente dedicato agli osceni misteri del suo culto. Dioniso è pure il nome di uno dei tre dei
ittare della bontà degli dei ; e fece vendere su i pubblici mercati a suo profitto le spoglie di che si rendeva padrone con
ibia, ove poi fu il famoso oracolo di Giove Ammone ; l’altra fermò il suo volo in Epiro, nella selva di Dodona, ove disse a
ori. — Detta anche Dorisia, figlia dell’ Oceano e di Teti. Essa sposò suo fratello Nereo, da cui ebbe cinquanta figlie, che
che fuggiva perfino la vista degli uomini. Anche nelle cerimonie del suo culto era espressamente proibito agli uomini d’in
da Mercurio. Un giorno, mentre essa teneva sulle ginocchia un bambino suo figlio, svelse un ramo di edera da una pianta vic
abitanti dei suoi stati, da una terribile pestilenza, egli ottenne da suo padre Giove che tutte le formiche si fossero cang
; ma essendo un giorno caduta in sconcia maniera, mentre attendeva al suo ufficio, Giove le tolse ii suo incarico e fece Ga
n sconcia maniera, mentre attendeva al suo ufficio, Giove le tolse ii suo incarico e fece Ganimede il coppiere degli dei.
e presso di sè Ebe, assegnandole l’incarico di attaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mitologica fa Ebe moglie di Er
ecclissi lunare fossero le visite che Diana, ossia la luna, faceva al suo amante Endimione, nelle montagne della Caria. Per
lisse, ov’ebbe anche il dolore di veder morire il piccolo Astianatte, suo nipote, Ecuba abbandonò le rive di Troja, dopo av
Troja, dopo aver reso splendidi onori funebri al figliuolo del figlio suo , e fu condotta presso Polinnestore, re della Trac
estore, re della Tracia, al quale il defunto re Priamo aveva affidato suo figlio Polidoro. Ma avendo saputo che Polinnestor
olo Polidoro, la povera madre, cieca di collera, frenando a stento il suo furore, dimandò ed ottenne di parlare in segreto
cuba, trista misera e cattiva, Poscia che vide Polissena morta, E del suo Polidoro in su la riva Del mar si fu la dolorosa
e di Giocasta. L’oracolo aveva predetto a Lajo che morrebbe ucciso da suo figlio, il quale dopo aver consumato il parricidi
lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese cura come di un suo proprio figliuolo, e lo chiamò Edipo, parola che
predette le stesse spaventevoli sciagure, che aveva già annunziate al suo vero padre, Edipo si esiliò volontariamente da Co
e querela con uno sconosciuto e lo uccise. Quello incognito era Laio, suo padre ! Seguitando il suo viaggio, dopo avere err
uto e lo uccise. Quello incognito era Laio, suo padre ! Seguitando il suo viaggio, dopo avere errato in diverse contrade, g
he dormiva nel medesimo tetto di Itilo. Onde mandare ad esecuzione il suo perverso disegno, Edo avvisò il figliuolo di cang
i seguire le ingiunzioni materne e la notte, Edo, invece di trucidare suo nipote, come credeva, uccise il proprio figliuolo
bile divinità, si fece sentire. Essendo un giorno Politecno andato da suo suocero, per chiedergli Chelidonia, sorella di Ed
ale, inabile a rendersi celebre per opere valorose, volle eternare il suo nome coll’incendiare una delle più meravigliose o
sulla porta principale del tempio fosse inciso, in lettere d’oro, il suo nome. Gli Efesiani, gelosi della loro nazionalità
a. 1570. Efira. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città di Corinto, che dal principio chi
ta anche oggidì col nome di capra. Del vello di Ega, Giove rivestì il suo scudo, che perciò fu detto Egida. Questo scudo fu
da Etra che ella era incinta, e non dubitando che il nascituro fosse suo figlio, consegno ad Etra una spada, ingiungendole
figlio, consegno ad Etra una spada, ingiungendole di conservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal r
a. Però la nemica sorte di Egeo non era stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè in quel turno di tempo la sorte ca
à. Egeo con le lagrime del più profondo dolore vide partire il figlio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più cald
iana, sturbata nei suoi sagrifizi, la cangliò in una fontana, che dal suo nome fu detta Egeria. Tra i moderni scrittori tal
epolcri. 1580. Egialeo. — Fu figlio d’ Inaco e di Melisse, e diede il suo nome alla contrada di cui poi fu re, e che da lui
di Giove, era ricoperta della pelle della capra Amaltea, che avea col suo latte nutrito il re dei numi e che egli aveva chi
— Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la sciagura di suo fratello, fu insieme alle sorelle cangiata in pio
a lui veniva, secondo la tradizione favolosa, dall’aver ricoperto il suo scudo, o Egida, della pelle della Capra Amaltea.
o e giusto, e queste pregevoli qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano. Da sua mog
nta figli, i quali tolsero in moglie le cinquanta figliuole di Danao, suo fratello, comunemente conosciute sotto il nome di
ronaca tradizionale ripete che la forza di Egone non fosse minore del suo appetito, mentre ad un banchetto a cui era stato
Ejoneo.Fu l’avo di Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia di suo genere. V. Issinione. 1608. Elafebolle. — Festa c
ù santi vincoli del sangue, non si astenne dal seguire gl’impulsi del suo animo vizioso e corrotto, e quando vide imminente
imminente la caduta della città, pensò di riguadagnare la grazia del suo primo marito Menelao, col tradire i Troiani. Di n
degnata contro di lei per averla trovata fra le braccia di Tlepolemo, suo consorte, la fece segretamente strozzare, facendo
li Dei le menti occulte, Che Febo spiri e ’l tripode e gli allori Del suo tempio dispensi, e de le stelle E de’ volanti ogn
hiavo di Pirro, figliuolo di Achille, seppe guadagnarsi l’affetto del suo signore, avendogli predetto molti prosperi succes
ostro, era a quel regno Di greche terre assunto, e che di Pirro E del suo scettro e del suo letto erede Troiano sposo, a la
regno Di greche terre assunto, e che di Pirro E del suo scettro e del suo letto erede Troiano sposo, a la trojana Andromaca
A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria di un suo fratello per nome Caone, da lui involontariamente
a morte istituì erede il figlio di Pirro, per nome Molosso, mentre al suo proprio figliuolo Cestrino, unica prole avuta da
che quegli compì sette anni dopo, epoca in cui ritornato a Micene col suo fido Pilade, ordi, d’ accordo con la sorella, la
ra. Elettra, spaventata dal delirio e dalle smanie crudeli del fratel suo , consutò l’oracolo e questi ordinò ad Oreste di a
tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al momento di compiere il suo fatale disegno, sentì arrestarsi da due solide br
na di quelle giovenche ch’ erasi data alla fuga, le scagliò contro il suo giavellotto ma il ferro invece di colpire l’ anim
divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla città di Eleusi nell’Attica. In alcuni
egnò l’agricoltura. 1630. Eleutera. — Bacco, prima d’intraprendere il suo viaggio per le Indie, liberò i popoli della Beozi
e Atti, traversando l’Egitto, vi edificò una città a cui, in onore di suo padre Elio, dette il nome di Eliopoli. La tradizi
tempo meditava. Però avendo il confidente risposto all’obbiezione del suo signore, che non occorreva recarsi di persona ond
apiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse di aderire alle brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato
si che l’oraco lo di Eliopoli dava per iscritto, comunicava ancora il suo volere, sia chinando il capo, sia con far cenno c
do a combattere la Gorgone Medusa, ottenne in prestito da Plutone, il suo elmo. 1653. Elonoforie. — Si dava questo nome ad
nava una dolorosa ferita. Elpide non esitò un momento ad immergere il suo braccio nella gola dell’animale, liberandolo così
tto, ed in rendimento di grazie al nume che Elpide aveva invocato nel suo pericolo, egli, ritornato in Samo, innalzò a Bacc
esta divinità era estesa e divulgata per tutta l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea era carico di ricc
circonvicine doni ed offerte ad Emitea di una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene non circondato di mura, fu sempre
ntigone. — Trag. Atto 2. Scena 2. Emone andò a gittarsi ai piedi di suo padre, onde supplicarlo a revocare il crudele com
sua amata Antigone sospesa al nodo che essa stessa aveva formato del suo velo, l’abbracciò fortemente, e pazzo di dolore,
se i suoi ordini fossero stati eseguiti, Emone brandì il ferro contro suo padre, e l’avrebbe ucciso, sè questi non si fosse
el figlio con la fuga. Allora Emone rivolse contro se stesso tutto il suo furore e abbracciando anche una volta Antigone, e
tto il fulminato gigante ritenta onde volgersi su i fianchi, e che al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo crate
si su i fianchi, e che al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo cratere, torrenti di lava devastatrice. Vincenzo
4. Endoco. — Discepolo di Dedalo, che si rese celebre quasi quanto il suo maestro. In una piccola città della Grecia, nelle
che era opera di lui, e che veniva altamente pregiata. Egli aveva pel suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della di
tacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè vendicare la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando il pe
o ; e potè vendicare la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando il petto di due chiari e prodi guerrieri g
’impadronirsi dei superbi destrieri di Achille, ma non riuscì mai nel suo intento. La protezione che Nettuno aveva accordat
orti, fuggendo per una porta segreta portando sulle proprie spalle il suo vecchio padre Anchise e per mano il figliuolo Asc
ampano, ove ebbe il dolore di perdere la sua tida nutrice Cajeta e il suo fedel seguace Miseno. Enea ad onorare la loro mem
ssa Sibilla, Enea discendesse negli inferni, onde visitare l’ombra di suo padre Anchise, morto a Drepano. Ritornato dalla r
li in prosieguo di tempo fatta sposare sua figlia Lavinia lo dichiarò suo successore al trono. Sola d’un sangue tal, d’un
trasportato nel cielo, dopo avere con materna sollecitudine lavato il suo corpo nelle onde del Numico ; sulle sponde del qu
gliuolo di Cefalo, che succedette nel governo della Focide a Dejoneo, suo avo. 1677. Eneo. — Apparteneva alla famiglia degl
il reggimento dei suoi stati investendo del supremo potere Andremone suo genero, e si ritirò come semplice privato presso
gran pompa e solennità, e volle che il luogo ove egli morì fosse dal suo nome detto Eneo. È opinione di varii scrittori ch
che fu fabbricata da Caino, il quale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la sua moglie. ed ella
noc. Poi egli si mise ad edificare una città e la nominò dal nome del suo figliuolo Henoc. Genesi — cap. IV. trad. di G. D
o soprannome a Giunone per indicare ch’essa conduceva da sè stessa il suo carro. Comunemente non si andava a consultare l’o
entato da un oracolo che gli aveva predetto ch’egli sarebbe ucciso da suo genero, essendo del continuo assediato dalle rich
in Italia con una colonia greca. Secondo Virgilio egli dette anche il suo nome a tutta questa contrada che da principio fu
e atleta ; fu uno dei principali seguaci di Aceste, il quale dette il suo nome alla città chiamata Sicheliota di Entello. L
ell’arena, ove brandito il cesto, vinse, non ostante la tarda età, il suo giovine avversario. In prima in su le punte De’p
mpo della guerra di Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal suo nome, Eolie di cui Lipara, la principale, fu sua
essi obbedirono. e Giove irritato li fece tutti morire. Io, dal canto suo , abbandonò l’Egitto per andare in traccia del fig
e qualche tempo dopo fermatosi sulle sponde del flume Assio, dette il suo nome a quella contrada conosciuta con la denomina
este. Forse per la stessa ragione, aveva Apollo un tempio dedicato al suo culto nel borgo di Bassa, ove veniva adorato con
’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a quella contrada dell’Argolide detta perciò
a cronaca mitologica racconta di lui, che nella sua gioventù avendolo suo padre posto a custodire la gregge, egli assiso in
rcò la sua mandra ma non avendola rinvenuta s’incaminò alla volta del suo villaggio. Estremamente sorpreso di trovar tutto
a Posiponte ajo di Ascanio figlio d’Enea : veniva così detto da Epito suo padre. 1746. Epitembia. — Una tale qualificazione
he alla protezione della dea, dovesse Quinto la riportata vittoria al suo non comune ardire, ed alla bravura dei soldati, p
la terra e sul mare, per compiere i suoi alti destini. Il cerchio del suo pellegrinaggio non si estende, ciò non ostante, a
r gelosia di Giunone, del dritto di successione al trono del supposto suo padre : Giove non potendo rimediare al già fatto,
tti vincerà mortali e belve, Compiute ch’egli avrà, dodici imprese, E suo destin, che alberghi in casa a Giove, E la Trachi
suo destin, che alberghi in casa a Giove, E la Trachinia pira avrà il suo frale. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. tr
onno in cui era immersa Giunone lo depose sul seno di lei. Giunone al suo svegliarsi strappò violentemente il fanciullo dal
il primo fu Anfitrione il quale, sebbene si accorgesse di non essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e gli insegnò
— L’Ercoletto — idillio XXIV trad. G. M. Pagnini. Lo Scita Eurito fu suo maestro nel tirar d’arco ; Eurito, che da i padr
tributo che i Tebani intendevano pagare. Ergino allora alla testa del suo esercito, marciò contro Tebe, ma fu nella battagl
fu ucciso in questo combattimento che valse ad Ercole, in premio del suo valore, la mano di Megara figlia di Creonte. Diod
la follia di Ercole. Secondo Euripide, il delirio non lo colpì che al suo ritorno dai regni infernali. Fu allora che egli u
l peso di un’enorme pietra che Minerva gli lanciò, onde raffrenare il suo terribile furore. Pindaro si accorda con Euripide
rda con Euripide per far perire i figli di Ercole sotto le frecce del suo arco micidiale. Secondo Diodoro, Giunone sofflò i
isposta, avesse involato il sacro Tripode, e non lo avesse rimesso al suo posto che dietro un assoluto comando di Giove, pe
anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio e nella sua forza soprannaturale, Ercole
corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile di una poderosa clava, taglia
una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo valore all’ucciso nemico. …. e alle mie membra a
mostro che desolava le campagne. Ercole lo combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città, Euristeo gli impose di rimanere
dopo di essersene impadronito, fondò la città di Abdera in onore del suo amico Abdero, ucciso in una battaglia. Poi, comba
lò fra le sue braccia V. Caco. …… Ei che nè fuga Aveva nè schermo al suo periglio altronde Da le sue fauci meraviglia a di
ndo la contrada di Tartessia, egli innalzò due colonne in memoria del suo viaggio, sulle due opposte montagne che terminano
u di lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro di cui s
insieme ai suoi figli dalla mano stessa di Ercole. Poco tempo dopo il suo ritorno a Tebe, avendo saputo che il re Euriteo a
ervigio. Ciò non impedì per altro all’Eterna Giustizia, di seguire il suo immutabile corso, ed Ercole colpito da una terrib
e alle domande di lui, Ercole rapì il sacro Tripode, e si costituì un suo particolare oracolo. Apollo allora sdegnato scese
ezzo di quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo della perdita di suo figlio, e si fosse in ultimo obbligato a rimanere
egli uccise Sileo insieme alla figlia Xenodice, poichè d’accordo con suo padre obbligava i passanti a lavorare la terra. A
che servi a quella spedizione, dandole il nome di Argo in onore di un suo diletto amico così chiamato, e che la tradizione
o abbandonato su di un’isola deserta Ercole, perchè l’enorme peso del suo corpo faceva affondare la nave, e che abbandonato
figli, meno Podareo ed Esioda la quale dette in moglie a Telamone. Al suo ritorno da questa spedizione, egli fu spinto da u
comando di Minerva, combattè contro i giganti in favore degli dei. Al suo ritorno egli instituì i giuochi olimpici, ed inna
Da quest’ultima città egli marciò contro Lacedemone per vendicarsi di suo figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno Cef
ocoone, Ercole si impadronì della città, di cui ritornò lo scettro al suo legittimo re Tintaro. Di là Ercole si rese a Cali
, e tutti i suoi figli con lui, per punirli della loro ribellione. Al suo passaggio per Itone. Ercole fu disfidato ad un pa
are combattimento da Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale seguendo l’opinione di Ste
ano per quella città, onde innalzare coi loro cranî un tempio al nume suo padre. Ercole andò in seguito ad Ormenio, di cui
era re Amintore che egualmente Ercole uccise perchè si era opposto al suo passaggio per i suoi stati, quantunque Diodoro ra
o di Ceixo, ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti combattendo al suo fianco, egli mise la città a sacco ed a fuoco, e
ntano dalla città di Trachina senza che Dejanira conosca il luogo del suo soggiorno. L’eroe serviva allora la regina Onfale
…… poscia che il tosco Senti della fatal veste di Nesso, Svelse nel suo furor dalla radice I tessalici abeti, e nell’Eube
dl Giove stesso. E come la sua invitta e nobite alma Scarca sarà dal suo mortal tormento, Vo che venga alla patria eterna
palma Di mille imprese carche di spavento, Giusta cosa mi par che ’l suo gran lume, Nel ciel risplenda e sia celeste Nume.
, possedevano monumenti simili, in cui egli veniva adorato o sotto il suo proprio nome, o con qualche particolare denominaz
ri, uno posto presso la porta Trigemina e l’altro nel Foro Boario. Il suo famoso altare detto Ara Maxima, istituito da prim
rire. Le sue membra sono vigorose ; i capelli crespi e foltissimi, il suo collo corto e muscoloso : i suoi tratti esprimono
1768.Eretrio. — Uno dei figli del Titano Fetonte il quale dette il suo nome ad una città della Beozia detta perciò Eretr
ti dell’antichità, per avere egli fatto uccidere tutt’i sacerdoti del suo paese, temendo, non senza ragione, il potere dell
la viene riguardata come madre degli astri, forse a causa del nome di suo marito. È questa peraltro un’opinione assai incer
onfutata da molti autori. 1776. Erice. — Re di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui era sovran
ore chiamato Menalca. Ella non potendo sopportare la freddezza che il suo prediletto le addimostrava, morì consunta d’amore
morte che lo aspettava, ma prima di allontanarsi, impose ad Alcmeone, suo figlio, di uccidere l’ adultera Erifile, Alcmeone
Clitennestra e di Egisto e moglie di Oreste, quantunque questi fosse suo fratello per parte materna, da questa unione naqu
alle tre Parche, che a forza di preghiere la persuasero ad uscire dal suo nascondiglio. Da ciò i siciliani chiamarono Erinn
sta sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nome di Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Greci il conquisto
ome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei più splendidi episodii di un suo poema in cui fa predire al padre di Sesto Pompeo,
nomi del dio Mercurio, si chiamaveno Ermee alcune feste celebrate in suo onore. 1801. Ermenitra. — Si dava cotesta denomin
a, il quale dopo la morte venne annoverato fra gli dei, in premio del suo eroico valore. In quasi tutti i monumenti della G
ia e lo scudo. Ermione è anche un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città posta su di un estremo lembo de
ra perdutamente innammorata di Oreste, la condusse seco insultando al suo rivale : Così in Euripide ed Ovidio. Però questi
e non ebbe pel marito che odio e disprezzo. Mentre Euripide dal canto suo ci presenta Ermione amante del marito fino alla g
circa di 875 passi. Ero, conturbata dal pericolo a cui si esponeva il suo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’
e rinomanza, nella cronaca mitologica, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo, re
meraviglie del mondo. Vi sono alcuni autori i quali pretendono che il suo vero nome fosse Erotostrato. Erostrato era anche
ti gli onori divini, e da lei furono dette Erseforie, le feste che in suo onore si celebravano dai Greci nel mese di scrofo
già Coronide era presso a morire, allorchè Apollo accorse per salvare suo figlio Esculapio e lo trasportò presso il centaur
trad. di Dell’Anguillara. Altri racconta che Coronide, accompagnando suo padre Flegia nel Peloponneso, avesse partorito Es
edesse un serpente che essendoglisi avvicinato, si avvolse intorno al suo bastone. Esculapio lo uccise, ma all’istesso mome
ro i Ciclopi, che avevano fabbricata la folgore colla quale fu ucciso suo figlio, li avesse tutti esterminati. Giove irrita
liti troviamo ripetuto che persino Mosè avesse esposto alla vista del suo popolo un serpente di bronzo la cui vista guariva
pio fa anche parola la cronaca favolosa, e che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alcippe
divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non sol
opria volontà, avendule il padre lasciata la scelta o di seguitare il suo liberatore, ovvero di rimanere nella propria fami
aomedonte stesso, a patto però che gli avrebbe restituito il tutto al suo ritorno dalla Colchide. Compiuta la gloriosa sped
ide. Compiuta la gloriosa spedizione degli Argonauti, Ercole mandò il suo amico Telamone a Troja, onde esigere dal re il co
di Creteo re di Isico in Tessaglia. Egli succedette al padre ma fu da suo fratello Pelia, detronizzato e costretto a vivere
i dritti paterni. La tradizione narra che Giasone, divenuto adulto al suo ritorno dalla conquista del Vello d’oro, trovando
enuto adulto al suo ritorno dalla conquista del Vello d’oro, trovando suo padre vecchissimo pregò la sua amante Medea di po
sone ringiovanisse ; e che in fatti Medea, cedendo alle preghiere del suo amante fece scendere dal cielo un carro tirato da
tro non ci ricorda se non che Esone, essendo stato obbligato da Pelia suo fratello, a bere del sangue di toro, fosse morto
o, a bere del sangue di toro, fosse morto in seguito di ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, ch
che sua moglie pazza di dolore, si fosse appiccata, e che Giasone al suo ritorno avesse per onorare la memoria del padre f
rir parola, conficcare nel terreno l’arme che era stata strumento del suo delitto. Se l’espiatore accettava l’incarico che
nocchiato offeriva alle sdegnate divinità, pregandole di perdonare al suo misfatto. Si trova anche ripetuto in vari autori
ipo, si sottomise ad eseguir simil cerimonie onde espiare le colpe di suo padre. Coro Tu dei propizie Far queste dive, i
nguinarono la terra. Saturno stesso divora i suoi figli, e detronizza suo padre Urano, usurpando così il governo dei regni
adre Urano, usurpando così il governo dei regni celesti, finchè Giove suo figliuolo, non lo detronizza a sua volta, scaccia
olidi. La tradizione favolosa racconta che Etalide avesse domandato a suo padre due grazie ; la prima di essere a conoscenz
e maggiore, Eteocle fu il primo a regnare per un anno, ma compiuto il suo tempo egli ricusò di cedere il potere al fratello
mire ambiziose, e punto al vivo dalla mala fede fraterna, ricorse al suo suocero Adrasto, re d’Argo, e ottenuto da lui pro
a. — Giovanetta di Laodicea, città della Siria. Amò così perdutamente suo marito che, secondo riferisce la cronaca, domandò
a speciale di essere cangiata in uomo, onde poter sempre accompagnare suo marito e difenderlo a costo della sua vita. 1854.
ne conosciuto per la sua saggezza. Etra fu segretamente, dallo stesso suo padre, maritata ad Egeo che la rese madre di Tese
presso la sua padrona, finchè dopo la presa di Troja, riconosciuta da suo nipote Demofoonte, fu da lui liberata e ricondott
’arme, l’amico, il fratello del famoso Achille. Ed Ettore, veduto il suo nemico Retrocedente e già di piaga offeso, Tra le
e — Libro XVI trad. di V. Monti. Questi, disperato d’aver perduto il suo amico, giurò la perdita del valoroso Troiano, e a
ano Ecuba sua madre, Andromaca moglie di Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri, di amici cerca
lla gola da un colpe mortale, Ettore cade, e Achille, fatto legare al suo carro il cadavere di lui, fa per tre volte il gir
dalle preghiere del vecchio padre, il quale, traverso le lagrime del suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado 
e, traverso le lagrime del suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado ; e gli permise di riportare in Troia il ca
Isifile, figlia di un re della Tracia per nome Toante. Giasone in un suo viaggio all’isola di Lemnos, s’innamorò d’Isifile
tempo istesso essendosi una cicala posata sull’istromento, supplì col suo canto con tanta aggiustatezza al difetto della co
o. La tradizione favolosa racconta di lei che, qualche giorno dopo il suo matrimonio, essendo inseguita da certo Aristeo ;
ò di latrare con le sue tre gole ; la ruota d’Isione sospese l’eterno suo movimento ; e Proserpina e Plutone stesso, intene
denza dolcissima di raggiungere l’unico e costante oggetto dell’ amor suo . Euridice fu anche il nome di una figliuola, che
tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non si apriva che una sola volta l’anno e
sola volta l’anno e in un giorno determinato nel quale si facevano in suo onore pubblici e privati sacrifizii. 1903. Eurin
essendo stati gli Argonauti spinti da una tempesta sulle spiagge del suo regno, egli avesse dato loro un naviglio onde ser
ata una sola volta nella vita, e dal momento che veniva insignita del suo sacro carattere, doveva far giuramente di viver c
udele fra i ministri del tiranno Gerione. Ercole lo uccise insieme al suo spietato signore. Eurizione si chiamava anche que
onori divini, col nome di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo onore. È opinione di varì scrittori dell’ antichi
riportata che l’ebbe, fece fabbricare nel luogo stesso ove accampò il suo esercito, un tempio, nel cui atrio fece mettere l
ello. 1915. Evadne — Moglie di Capaneo e figlia d’ Ifide. Allorquando suo marito morì sotto le mura di Tebe. V. Capaneo — e
ece innalzare un altare, e innanzi ad Ercole stesso, vi sacrificò, in suo onore, un giovine toro. Coll’andar del tempo ques
i Sicioni, i quali lo invocavano ogni giorno all’ora del tramonto. Il suo nome che significa che vive felicemente deriva da
a che allorquando Bacco combattè nella guerra dei giganti a fianco di suo padre Giove, questi nel vedere che il figliuolo a
ato contro gli Ateniesi per l’indegno trattamento da essi fatto ad un suo protetto. Consultato nuovamente l’oracolo sul mod
dei tre sogni che la tradizione mitologica fa figliuoli del Sonno. Il suo nome gli veniva dai differenti fantasmi che forma
che si precipitò nel fiume Arturo, il quale da quel giorno cangiò il suo primitivo nome in quello di Fasi. 1948. Fatalità.
stato abbattuto. Ed anche in ciò la fatalità fu compiuta in tutto il suo terribile volere ; imperocchè Achille uccise di s
una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò in viso altro uomo che suo marito. Era la stessa che sotto il nome di Buona
no figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fanno successore al trono di suo padre. Soventi volte nelle cronache della Favola
si coricava sopra durante la notte. Per tutto il tempo che durava il suo sonno si credeva fermamente che egli s’intrattene
— Eneide — Libro VII. Trad. di A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegliarsi era ritenuto dai pagani come rivelazio
abitante dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui era
i F. Bellotti. Senonchè avendo confidato alla sua nutrice Oenone, il suo colpevole amore, questa che amava ciecamente la s
orrende Eumenidi. pregando Che mal concesso non mi fosse il porre Sul suo ginocchio un figlio mio. Omero — Iliade — Libro
ibro IX trad. di V. Monti.. Allora Fenice, altamente irritato contro suo padre, concepì l’orrendo pensiero di ucciderlo, m
soffrire l’ineffabile dolore di veder morto l’amico dilettissimo del suo cuore. Allora Fenice fu spedito dai Greci in trac
si rinvenuta, Fenice non ebbe il coraggio di affrontare la collera di suo padre e andò nella Bitinia, ove fondò una colonia
a Proserpina, sotto il quale si celebravano in Sicilia delle feste in suo onore, dette perciò Ferefattie. 1985. Ferepola. —
te, oltre ad un sacrifizio annuale in un determinato giorno. Aveva il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città di Fe
sul monte Soracte, vicino alla città di Feronia, dalla quale prese il suo nome particolare. Credevano i pagani, secondo che
entò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro di suo padre avesse inteso la verità. Il giovanetto narr
he avrebbegli domandata. Il Sole, trasportato d’affetto pel figliuolo suo , giuro per lo Stige, che non gli avrebbe nulla ne
rta prova. Della proferta il giovinetto altiero Troppo si confidò del suo valore, E disse, un giorno voler esser duce Del s
po si confidò del suo valore, E disse, un giorno voler esser duce Del suo bel carro e della sua gran luce Ovidio — Metamor
di Augia, re d’Elide, il quale fu da Ercole posto sul trono del padre suo , perchè volle opporsi alla ingiustizia che Augia
onte, re d’Atene, gettato da una tempesta sulle rive della Tracia, al suo ritorno in patria dall’assedio di Troja, fu accol
oonte dovè fare ritorno in Atene, ove lo chiamavano le gravi cure del suo regno ; e onde calmare il dolore disperato di Fil
oonte rispose all’innammorata donna, fissandole perfino il giorno del suo arrivo. Venuto quel giorno. Fillide, si recò per
mparire la vela desiderata ; ma ginnta la sera nè vedendo esaudito il suo ardente desiderio, disperata d’amore, si precipit
sse anche dopo la morte sensibile alla prova d’affetto che le dava il suo amante. Igino nelle sue cronache delle antichità,
molta repugnanza a staccarsi dalla sua figliuola carissima, quasi il suo animo paterno fosse stato presago dell’amarissima
re della bella persona ; onde posto piede a terra, la rinchiuse in un suo antico ed abbandonato castello, ove la violò. Ma
liberò, la condusse seco, e la rinchiuse nelle più segrete camere del suo palazzo insieme al piccolo Iti, figlio di Tereo e
ena comparve e gittò sulla tavola innanzi a Tereo la testa del figlio suo . All’orribile vista, Tereo forsennato si gittò su
e corrisponde In parte alla sua sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di fronde in fronde Con una melodia soave e
suo duol di fronde in fronde Con una melodia soave e bella : Tien del suo incesto ancor vergogua e cura E non osa albergar
i la disgraziata Fedra. V. Fedra ; e che pazzamente innammorata di un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piegarlo all
utarco quando Filonome li ebbe partoriti, temendo lo sdegno del padre suo , ebbe il coraggio di gettarli nel fiume Erimanto,
citato scrittore, il dio Marte preservò dalla morte i figli dell’amor suo . 2020. Filottete. — Figlio di Peante, e il più ca
giuro, lo punirono con quelle istesse armi ch’erano state cagione del suo tradimento ; imperocchè nel passare per l’isola d
sa, valse a dissetarlo, e le frecce istesse che aveano richiamato sul suo capo l’ira degli dei, servirono a prolungargli la
nsò dapprima di ritornare in Grecia, ma poi avendo saputo la morte di suo padre, s’imbarcò alla volta della Calabria in com
li combattè il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon nel suo libro delle Aventures de Télémaque. Cependant Ad
o d’Aquilone acciecare il crudele re, il quale fu sottoposto da Borea suo avo all’istesso crudele supplizio che egli aveva
fu il primo a stabilire in quella città dei solenni sacrifizi a Bacco suo padre, nei quali si cantava un coro che fu per lu
ange ; il Reno veniva rappresentato ed adorato, coniandosi persino in suo onore delle medaglie, su cui erano incise le paro
vita dell’ individuo ; però ognuno di essi poteva essere rimosso dal suo grado per alcune date ragioni ; ciò che si diceva
ltri sacerdoti. 2028. Flamine Falacro. — Questo sacerdote prendeva il suo nome dall’ antico dio Falacro, di cui fanno menzi
. Flegia. — Re della Beozia e propriamente di quella contrada che dal suo nome fu detta Flegiade. La tradizione mitologica
passo del classico scrittore, si trova contradetto in altri brani del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era qu
amarono Clori ed i latini Flora. L’allegoria mitologica rivestita del suo poetico ammanto, ci rivela che Zeffiro attratto d
dea Flora, in onore della quale si celebravano dei giuochi detti dal suo nome Florali, a cui, coll’andare degli anni si un
combattimento navale da Atlante, morì senza che si potesse trovare il suo cadavere. Da ciò i pagani immaginarono che fosse
2049. Fornace. — I romani ne avevano fatta una divinità ed avevano in suo onore consacrata una pubblica festa, che si celeb
naco, re di Argo, e come colui che avesse insegnato agli abitanti del suo paese, a vivere sotto leggi miti e dolci, laddove
ddove prima traevano vita di selvaggi. Egli edificò una città che dal suo nome fu detta Foronica. Fin qui la storia. Second
ue pianeti, regola e presiede a tutto ciò che accade sulla terra. Col suo braccio sinistro cinge due corni dell’abbondanza,
ta sotto la denominazione di Dea Proenestina. Nerone al principio del suo regno, fece costruire in onore di questa dea un t
to contro i greci che non volevano lasciar libera la figlia di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di freccie gran
e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefelea e di Atamante. Avendo suo padre tolta un’altra moglie dopo la morte della p
trattamenti della matrigna, onde egli esortato anche dai consigli del suo ajo, fece segretamente preparare una nave e tolto
alla volta della Colchide ; ove giunto fu cortesemente ospitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il qua
fece segretamente morire onde rendersene signore, promettendo in cor suo di far subire l’ istessa sorte ai figli di Frisso
acconta che essendo stato Cielo, padre di Saturno, liberato da Giove, suo nipote, dalla prigione ove Saturno lo aveva rinch
aveva rinchiuso per impadronirsi dei suoi regni, per ricompensare il suo liberatore lo avesse presentato di un fulmine, fa
re Apelle con un fulmine nella destra, volendo così dimostrare che al suo potere nulla resisteva. Il fulmine di Giove veniv
oglie Evadne si lanciò, onde le sue ceneri fossero unite a quelle del suo diletto. Qual giorno il Sol, qual mal Carreggiò
el mare, dal sangue che grondò dalla ferita che Saturno fece a Cielo, suo padre. Al dire di Sofocle esse furono generate da
e il cui animo fu lacerato in mille modi dalle Furie vendicatrici del suo matricidio. Non è strano che divinità cotanto ter
seno di Giunone allorquando essa, per consiglio di Minerva, nudrì del suo latte il piccolo Ercole, abbandonato in un campo.
trad. di Dell’ Anguillara Ma accortosi Polifemo della presenza del suo rivale e fatto conscio di quanto era avvenuto fra
turbare la pace delle famiglie. Il cronista Luciano, riferisce nelle suo cronache sull’ antichità, che allorquando uno dei
enda di Marte, e lasciò sorprendere Venere nelle braccia dell’ amante suo , da Vulcano marito di lei. Sdegnato Marte della p
suo, da Vulcano marito di lei. Sdegnato Marte della poca solerzia del suo confidente, lo cangiò in quello animale che porta
turbolenze intestine, si pose alla testa di un partito, detronizzò il suo benefattore, ponendo così termine alla discendenz
nella Scizia Europea, e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome prese quella di Gelone, popoli che si resero
 I pagani ritenevano per fermo che ogni uomo nascendo avesse avuto il suo genio tutelare ; nè più nè meno che i cristiani,
ra di un serpente o di altri animali. Il popolo romano raffigurava il suo genio tutelare sotto le sembianze di un giovane b
quindi cominciarono il giuoco. Apollo essendo il primo a lanciare il suo disco, lo spinse così forte e con tanta destrezza
ipete che Giano accogliesse amorevolmente Saturno, e lo associasse al suo regno. Da ciò la prima interpretazione data ai du
e dei romani, non avesse in quell’istesso momento fatto scaturiré dal suo tempio, una larga sorgente di acqua bollente, che
a con aperta guerra. Alle usate arti mie scaltro ricorsi. Coll’alto suo poter mia man disserra Delle fonti le bocche, e l
to da Apollo, il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le sue freccie ; la sua lira, e perfino l’a
’erbe e delle piante : e ciò egli fece per prolungare l’esistenza del suo amatissimo genitore già vecchio ed infermo. Comp
gni altro amato Da Febo. E Febo stesso, allor ch’acceso Era da l’amor suo , la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’ar
arra che egli avesse fatto nei suoi stati innalzare in onore del dio, suo padre, cento templi, sulle cui cento are si sagri
la Garamantide Napea, Già rapita da lui, questo re nato. Onde a Giove suo padre entro a’suoi regni Cento gran tempi e cento
sofferendo di rimanere ancora nascosto nell’ombra e nel silenzio del suo ignorato ritiro ; mosse a consultare l’oracolo, o
. La fatidica voce rispose che egli avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armar
volontà di Pelia, tanto più che questi gli promise formalmente che al suo ritorno dalla gloriosa spedizione della Colchide,
par !.. Me misera : Crudeli Dei ! Venere inesorata ! Al primo sguardo suo , pria d’ogni accento. Restal stupida e muta. Erra
labbro ribellante a mio volere Gli sorridea ; e stavan le pupille Al suo votto confitte accesamente : Aspiro ! Guardo ! As
a, onde porre in opera quant’era necessaria a secondare le vedute del suo amante. Aete aveva imposto a Giasone alcune condi
del trono paterno, che ora gli era doppiamente dovuto, sia per essere suo retaggio, sia per gli enormi pericoli che aveva d
te lagrime della tradita. Ma Medea si vendicò atrocemente dell’infame suo seduttore ; e la sanguinosa rappresaglia segui be
amo che al cenno di Jehova si accinge ad offrire in olocausto, Isacco suo figliuolo. 2139. Glera. — Una delle isole Vulcani
Mercurio cangiò in sparviere, sdegnato che egli avesse col suono del suo flauto rotto il sonno di Argo, al momento istesso
i suoi figliuoli Titani, sterminati dagli dei, li avesse vomitati dal suo seno, per farli ministri della sua collera. E co
he Giove stesso altamente atterrito dagli sforzi sovrumani, chiamò in suo soccorso tutti gli dei ; ma questi spaventati fug
acolo, persuase a Giove di chiamare Ercole, onde avesse combattuto al suo fianco. Giove seguì il salutare consiglio che le
uesti cadaveri di smisurata grandezza, potrebbe benissimo non aver il suo fondamento che su relazioni di artefici e di oper
rannome a Pallade Minerva, per ricordare che essa aveva aiutato Giove suo padre nella guerra contro i Giganti — V. l’artico
cupe voragini, di che era solcata la terra, e posto ad esecuzione il suo audace disegno, penetrò per oscuro e tenebroso ca
ostacolo ai suoi ambiziosi disegni ; fece morire lo stesso Candaule, suo sovrano, e giunse a rendersi padrone del regno. L
dice che questo Aglao era un modesto pastore, che viveva lavorando il suo campicello, dal quale ritraeva tutto quanto abbis
nevitabile del destino fu moglie di Edipo, che era nell’istesso tempo suo figlio D’Edippo io moglie, e in un di Edippo mad
cle, Giocasta appena scoperto il fatale mistero in cui era avvolto il suo incesto, si appiccò per disperazione. e la sua m
. Secondo Euripide invece, ella più forte del destino sopravvive al suo dolore ; resta in Tebe, dopo l’esilio di Edipo ;
orme di quelli, attenendosi ad una consimile distinzione. Esiodo, nel suo trattato intitolato Le opere ed i giorni, ci ha t
quella pietosa astuzia materna. Rea la scelse già per cuna fida Del suo figliuolo, e, per celarlo meglio, Quando piangea,
la Prudenza, e la cronaca mitologica aggiunge che egli avesse dato a suo padre Saturno una bevanda, la quale ebbe la poten
o ; ed avendogli la Terra predetto, che egli non avrebbe raggiunto il suo scopo, se non quando avesse potuto avere l’ appog
fulmine, il tuono, ed il lampo, se ne servi per detronizzare il padre suo , e rendersi così padrone assoluto dell’ universo.
aquila con le ali spiegate. La tradizione aggiunge che al muovere del suo capo divino, tremasse il mondo. egli dal seggio
erchè il trono sul quale egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo potere : l’aver egli la parte superiore del corpo
nascosta agli occhi di questo basso mondo : il fulmine, ricordava il suo invincibile potere, che dalle sfere supreme si es
l Giove pagano, ne venne poi che ogni popolo dell’ antichità, ebbe il suo Giove particolare ; così gli Sciti onoravano il G
esse la sua maestà. Essa non veniva onorata in Europa soltanto, ma il suo culto era penetrato in Asia, nell’impero di Carta
po, irradiata di raggi. Ai suoi piedi riposava comunemente un pavone, suo uccello favorito, che non si dà come attributo a
ai nomi dei luoghi in cui era adorata, ed altri moltissimi da qualche suo attributo. I più comuni fra i soprannomi di Giuno
rizione dei solenni giuochi funebri, che Enea celebra sul sepolcro di suo padre Anchise. Similmente Omero nell’Iliade, ci d
ra, al cesto, a l’arco. Ognun vi si prepari, ognun ne speri Degna del suo valor mercede e palma. Virgilio — Eneide — Libro 
le e a quegli eroi rivolto Sorga, disse, chi vuole in questo ludo Del suo valor far prova. Immantinente Surse l’immane Tela
e la giustizia figlinola di Giove stava nel cielo sul carro del padre suo , al quale dimandava vendetta contro gli uomini, t
e dei suoi favori ed ella aderì volentieri volentieri alle voglie del suo amante immortale ; il quale in premio dei favori
vittima il fratello di lei ; ella rivestì la divisa dei guerrieri di suo fratello e mischiatasi ai soldati di lui, si adop
do che questi avessero rotto il trattato. Ma non essendo riuscita nel suo intento, e vedendo che Enea incalzava da vicino T
no Turno, montò sul carro del fratello, e lo sottrasse alla vista del suo nemico. Ma tutto ciò non valse ad impedire il fat
a e dolente, di ceruleo ammanto Il capo si coverse. Indi correndo Nel suo fiume gittossi, ove s’immerse Infino al fondo, e
ico per nome Dracone, lo avesse ritornato alla sanità per mezzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di un fig
rtenza lo avea caldamente esortato a distinguersi nelle battaglie pel suo valore, ingiungendogli di vincere in generosità i
arra la tradizione che un giorno, mentr’egli era ancora giovanissimo, suo padre lo vide accomodare con un pugno l’aratro, c
cipio Glauco con tutta la sua forza, stava per essere vinto, allorchè suo padre Dimilo, gli gridò ad alta voce : Ricordati
he appena Alessandro ebbe tagliato il nodo ; si ritrasse con tutto il suo seguito, come se avesse del tutto compiuta la pre
ra sempre un volto sereno e giovanile, Gordio le palesò il motivo del suo viaggio, e quella fanciulla, che era della schiat
lui, onde insegnargli la formola del sacrificio. Essa accondiscese al suo desiderio, e dopo qualche tempo Gordio la sposò,
e del compimento dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su di un carro. All
incipio alla sacra cerimonia, fu avvisato della morte repentina di un suo amatissimo figliuolo. Alla dolorosa notizia il re
che, come simbolo della vigilanza, era consacrato a Minerva. Fè nel suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugubri a
un tal rimedio, a cui si piega, con assai facilità, la lunghezza del suo becco e del suo collo. Nei ruderi dell’antico Egi
a cui si piega, con assai facilità, la lunghezza del suo becco e del suo collo. Nei ruderi dell’antico Egitto, si trovano
non separarsi dalla figlia carissima ; ma Ulisse fu irremovibile nel suo volere, e forte dei suoi diritti, condusse seco P
l carro, Icario segui correndo i veloci corsieri, che gli rapivano il suo tesoro, per modo che Ulisse, stanco della tenace
tà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele bivio di sacrifi
29. Icaro. — Figlio di Dedalo, il quale si sottrasse insieme al padre suo , colla fuga dalle persecuzioni di Minos, re di Cr
ldamente il figliuolo a non volare nè alto nè basso, ma a spingere il suo volo nè troppo vivino al sole, temendo che gl’inf
a foga propria dell’età giovanile ed inesperta, Icaro spinse l’audace suo volo troppo oltre le nubi, così che i raggi del s
li somigliava con una perfezione incredibile. Da cio l’etimologia del suo nome Icelo come dio, e Fobetore come uomo V. Fobe
era scavato un antro ove, si vuole, che Paride avesse pronunciato il suo famoso giudizio. — V. Paride. Ida era similmente
ello di Altea. Secondo lo scrittore Igino, Ideo fu ucciso da Meleagro suo nipote, perchè egli, avea voluto a forza togliere
elli, e si distinse in più di un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo valore. Il gran mastro di laurta Idomeneu Guida
rima persona che gli si parò innanzi fu il proprio figliuolo, l’unico suo figliuolo, il quale avvisato dell’arrivo del re,
impedisse con la forza delle armi che il padre dispietato compisse il suo voto, e lo scacciarono dai suoi stati e lo costri
Idomeneo per aver egli mantenuto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo, gli tributarono gli onori divini e gl’In
di animali, nelle circostanze della palude di Lerna, ov’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò di salire su d
salire su di una piccola biga, di cui dette a guidare i destrieri al suo fedele amico Iolao, il quale gli servi da cocchie
onde andare a morire sul rogo stesso, che dovea divorare il corpo del suo diletto consorte, caduto sotto le mura di Tebe. V
to di una rupe, ove colle lagrime agli occhi, la supplicò in nome del suo amore paterno a far ritorno presso di lui. Ma Eva
i fuori di sè alla vista terribile, volle darsi la morte, ma Stenelo, suo nipote, ne lo impedì promettendogli, per calmare
, ma Stenelo, suo nipote, ne lo impedì promettendogli, per calmare il suo dolore di vendicare sui tebani, la morte della di
una notte il letto di Patroclo, quando questi si recò nella tenda del suo amico Achille. Dormi Patroclo in altra parte, e
e del male, venne facilmente a capo, con la protezione di Apollo, del suo intento, ed infatti, poco tempo dopo, ridonata co
adre si accorse che Ifide camminava più spedito ; che il colorito del suo volto, lasciando quella tinta rosea propria della
figlia di Elena e di Teseo, e che quando la madre di lei fu tolta al suo primo rapitore, avesse nella città di Argo, dato
ento del proprio dovere come re e come guerriero ; e la tenerezza det suo cuore di padre ; ma finalmente il pensiero della
litennestra, che seco in Argo la teneva carissima. Per raggiungere il suo scopo, Agamennone allo ra scrisse alla regina, or
 ; preparò ella stessa l’altare per l’orribile cerimonia, e spinse il suo eroico coraggio fino ad accompagnare ella stessa
padre, furono detti Aloidi. Vedi questo nome. Ifimedia aveva avuto da suo marito una figliuola per nome Pancratide, la qual
bellezza. Igiea aveva nella città di Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una sua statua, ricoperta interamente da u
narrano a proposito di questa principessa un lagrimevole fatto. Il re suo padre la concesse in moglie a Polinnestore, re di
scrittore, Iliona moglie di Polinnestore, ricevè il piccolo Polidoro, suo fratello, bambino ancora nelle fasce ; e conoscen
so animo del marito, fece passare Difilo figlio di Polinnestore, come suo fratello ed allevò iuvece con ogni materna sollec
colo Polidoro. Intanto Polinestore volendo far morire il figliuolo di suo suocero, dette ordine che si uccidesse il fanciul
a sorte dello sposo, esortò il figliuolo Ilio ad andare in traccia di suo padre, per cer care di saperne il destino. Ilio c
dopo molte ricerche ritrovò finalmente, nella città di Cenea, l’eroe suo padre occupato nella fabbricazione di un tempio a
iscendenti di lui, temendo in Illo un vendicatore andò a turbarlo nel suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro presso
ano tutte le dame ateniesi, così Imene seppe che anche la diletta del suo cuore si sarebbe recata alle feste e spinto dell’
mata durante il tempo delle feste. Infatti egli pose ad esecuzione il suo disegno e con l’ajuto del travestimento e della s
nciate e Imene assaporava la felicità di star vicino alla diletta del suo cuore, una mano di corsari piombarono improvvisam
dell’eroico coraggio sposò la nobile giovanetta che formava tutto il suo amore. Gli ateniesi in commemorazione di questo f
Imene nella celebrazione dei matrimonii e stabilirono delle feste in suo onore chiamate Imenee. Da ciò emerge il simbolo d
e che appena Imero si fu anneganelle acque del fiume che poi prese il suo nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la
Altre opinioni asseriscono che il fiume Imero cangiasse nuovamente il suo nome in quello di Eurola, per una consimile congi
popoli le invocavano per la distruzione dei nemici. Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la quale g
ra, questi confessò il delitto e restituì la tazza, che fu rimessa al suo posto. Da questo fatto Ercole ebbe il soprannome
he s’annidano i Sogni, e ch’ogni fronda V’ ha la sua vana immago e il suo fantasma. Molte, oltre a ciò, vi son di varie fer
n vero cuore di madrigna, Elle e Frisso, figliuoli del primo letto di suo marito ; e tanto che, sapendo che, per diritto di
cosso nello intelletto dalle terribili dee vendicatrici, credè che il suo palagio fosse trasformato in un bosco ; la moglie
lei quale sarebbe per essere il proprio destino, e quello del figlio suo  ; e Carmenta, invasa dello spirito divino d’Apoll
e, ricevè Ino e il figliuolo Melicerta fra le divinità secondaire del suo regno. V. Leucotoe e Matuta. 2287. Intereidona. —
o in mente Intisichisce, e sè rode ed altrui. E porta in se medema il suo castigo. Ovidio — Metamorf. — Libro II. Fav. XII
la terra, Giunone chiese al marito di donarle quella giovenca. Giove suo malgrado condiscese alla inchiesta e Giunone la d
fascio d’erba. Commossa Io dall’atto cortese, ed avendo riconosciuto suo padre, lambì a lui le mani in atto di riconoscenz
’occhi ; ed in mancanza della parola, segnò sulla sabbia col piede il suo nome. Giove intanto addolorato suile persecuzioni
detto che Giunone, per vendicare sull’odiata giovanetta la morte del suo fedele Argo, avesse mandato ad Io una grossa mosc
itata in strana guisa, e quasi demente si precipitò nel mare, che dal suo nome fu detto mare Ionio, …….. e tutto poi Quel
ita la regina avesse fatto rapire Io, affidandola alla custodia di un suo seguace, per nome Argo, il quale Api avesse fatto
ol quale Io fu adorata come una Dea, le venne dato solo perchè Inaco, suo padre, portò dall’Egitto in Grecia il cutto della
igliuole di Danao, e propriamente quella che si ricusò di uccidere il suo sposo nella prima notte delle nozze, come fecero,
tanove sorelle. V. Danao e Danaidi. Ipernestra invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli porse il mezzo di sot
era di una così sorprendente bellezza, che colpì vivamente l’istesso suo padre, il quale non volendo concederla in moglie
ricorse ad un’astuzia altrettanto colpevole, per quanto turpe era il suo amore. Essendo egli possessore dei più veloci cav
delle Amazzoni. V. l’articolo precedente, e che fu allevato da Piteo suo avolo, nella città di Trezene. Questo principe gi
che gli veniva apposto. Ippolito intraprese il viaggio, e montato sul suo carro, mosse, obbediente al volere paterno, senon
l suo carro, mosse, obbediente al volere paterno, senonchè, intese al suo passaggio vociferare ripetute volte l’infame calu
va l’ Ippopotamo considerato come il simbolo di Tifone, a cagione del suo naturale maligno e nocivo agl’ uomini. Per altro
ra dell’ucciso, con solenni funerali, e giuochi funebri, celebrati in suo onore. Ippotette allora prima che si fosse agito
e. Ippotette allora prima che si fosse agito contro di lui, cedette a suo figlio Alete il comando dell’armata che avea sott
Alope e di Nettuno. È opinione fra varii accreditati scrittori che il suo nome che ha qualche somiglianza etimologica con l
otoo, fosse, appena nato, esposto in un bosco per ordine di Cercione, suo avolo ; e che quivi egli fosse stato nudrito da d
alla volta della Colchide. Invano Ipsipile pianse, pregò, supplicò il suo amante di non abbandonarla : Giasone, stanco di q
Grecia, ritornato presso di lei. Ipsipile fiduciosa nelle parole del suo amante, lo lasciò partire ; ma Giasone appena giu
le prese a proteggere la sventurata giovanetta e la fece nudrice d’un suo figliuoletto. Un giorno avendo lasciato a piè d’u
mostrare ad alcuni forestieri il cammino che essi aveano smarrito, al suo ritorno trovò il bambino strangolato da una serpe
i due lunghe ali trasparenti di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quello di tagliare al
groppo disciogliesse tosto, Che la tenea, malgrado anco di morte, Col suo mortal si strettamente avvinta ; Ch’ anzi tempo m
Eco. Non bisogna confonderla con la ninfa Siringa, di cui parleremo a suo tempo. 2328. Irminsul. — La più antica e la più f
i concittadini trassero argomento al proverbio : Più povero d’Iro. Il suo vero nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vi
e del quale si celebravano in Grecia, delle pubbliche feste dette dal suo nome Ischenie. 2332. Isee. — V. Isie. 2333. Isiac
o Osiride morto in seguito delle persecuzioni, che ebbe a soffrire da suo fratello Tifone, Iside ne pianse lungamente la mo
lo Tifone, Iside ne pianse lungamente la morte e onorò la memoria del suo consorte e fratello, con splendidi e magnifici fu
ri, i quali pretendono che la stessa città di Parigi, avesse preso il suo nome dall’ avere un tempio d’ Iside a qualche dis
uogo ove vi era un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scaturire una sorgente di ac
ecipitò in quel fiume, che dopo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismen
quelle isole, egli fosse approdato alla prima isola che incontrò nel suo cammino, ove poco dopo si scatenò un furioso urag
no asserisce esser egli figliuolo di Leonzio ; e Diodoro pretende che suo padre si chiamasse Anzione. Checchè ne sia, le cr
llecitato più volte dal padre della sua futura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione lo traccheggiò sempre con belle p
onoscere i proprii torti, e fece le viste di volersi riaccomodare col suo futuro suocero, e lo invitò ad un banchetto. Deio
ssione retribuì della più nera ingratitudine le larghezze dell’ospite suo , del quale sedusse la moglie, intrattenendo per p
one, moglie di Giove, ebbe l’incredibile tracotanza di dichiararle il suo amore. Sdegnata la severa Giunone contro tanta au
aderire agl’ insani desiderii d’Issione, senza macchiare l’ immortale suo talamo. Sebbene a malincuore, Giunone accondisces
che far le volse, Nel tempo che credendo abbracciar lei, Una nube in suo cambio in braccio accolse, Ovidio — Metamorf : L
i fulmine, precipitò Issione nel fondo del Tartaro, dove Mercurio per suo ordine, legò lo sciagurato millantatore ad una ru
li Eraclidi e figliuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo , gli successe nel governo di quella città. 2347.
ne, fu ucciso dalla propria madre e presentato in orrido banchetto al suo genitore per atroce vendetta — V. Filomena e Prog
te. — Detta anche Giante, fu sposata da Ifide quando questa cangiò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jante era già fam
udi. Pindaro — Odi Ismiche — Ode I. trad. di G. Borghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Megara, figlia di Creonte re di
egara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo era suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe che
zione che aveva per lo zio, accondiscese anche in ciò a fare il voler suo . Morto Ercole, Jolao si pose alla testa degli Era
dopo la morte di Jolao, gl’ innalzarono varii eroici monumenti, ed in suo onore eressero un altare nella città di Atene, e
quell’eroe ucciso in un accesso di furore, a cui egli soggiacque, al suo ritorno dall’ inferno. 2370. Jolco. — Patria di G
go, ai piedi del monte Pelio. Fu in questa città che Giasone, dopo il suo ritorno dalla famosa conquista del vello d’oro, c
richiese ; Ma indarno : ond’ egli di mentita accusa Fatto pretesto al suo voler, con l’armi Ecalia assale, ove sedea regnan
Creusa era stata tolta in moglie da Xuto, e Apollo, spinto sempre dal suo affetto pel figliuolo, si adoperò, con solerte cu
he Jone passasse un giorno come figlio di Xuto, onde procurare a quel suo dilettissimo la gloria di essere nell’avvenire il
persona che avrebbe incontrato all’ uscire dal tempio, sarebbe stato suo figlio. A questa risposta, Xuto con l’anima giubi
che l’età del giovanetto era in esatta corrispondenza con la data del suo viaggio, lo riconobbe per figliuolo, e gl’ impose
al tempio. Intanto Creusa venuta a conoscenza di quanto aveva operato suo marito Xuto, considerò l’adozione del giovanetto
di farne vendetta. A tale uopo dette l’incarico ad un vecchio servo, suo confidente, di uccidere Jone col veleno. Quando f
enata nel convito che Jone avea fatto imbandire, per sollennizzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece di bere il v
slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo suo figlio. Ma la suprema gioia, che Jone sentiva nel
to, e non togliendo al buon re l’illusione d’un errore tanto soave al suo cuore paterno. La gran maggioranza degli storici
a prese parte ai famosi onori funebri che i greci resero al figliuolo suo . V. Trittolemo. 2376. Jopa. — Re di una contrada
itiene il primo come padre della famosa dea Keasaire, il secondo come suo marito, ed il terzo come suo fratello. Però è a n
lla famosa dea Keasaire, il secondo come suo marito, ed il terzo come suo fratello. Però è a notare che, il più delle volte
he un giorno, egli avrebbe jerduta la corona e la vita per mano di un suo nipote. Preoccupato da siffatte apprensioni, Kans
rose prove del passato, fece allontanare il piccolo Krisna, che fu il suo ottavo maschio, onde sottrarlo allo spietato furo
ui quali si batteva per ordine della regina, stordisce i ministri del suo dispietato furore, i quali si lasciano rapire dal
o il regno del suocero, dette alla città capitale indistintamente, il suo nome e quello della moglie. Da cio la doppia deno
nnibale perduto un occhio in una battaglia) se non avesse eseguito il suo comando. Annibale allora, prestand o piena fede a
acrato, in memoria delle sue gesta un bosco in una contrada, che, dal suo nome, fu detta borgata dei Lacidi ; e che poi div
no sulle rive del fiume Ladone, si servì il dio Pane per costruire il suo famoso flauto a sette canne, al quale dette il no
che molti scrittori chiamano Taide, e l’ Alighieri, nel 18° Canto del suo Inferno, denomina Taida. Ella richiese al famoso
bdaco re di Tebe. V. Labdaco. — Stava ancora in culla, allorchè morto suo padre, l’usurpatore Lico s’impossessò del trono.
ezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa portò querela di ciò al suo immortale genitore, e questi a Giove, il quale pr
che presiedeva al mezzogiorno, ora in cui il Sole rifulge in tutto il suo spendore. Gli altri tre cavalli bianchi del carro
ocoonte e dei suoi figliuoli fu da tutti ritenuta come il castigo del suo sacrilegio per aver osato di ferire il cavallo of
, e due nel collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte Entro al suo capo fieramente infisse Gli addentarono il teschi
fece fare una statua che riproduceva fedelmente la cara immagine del suo sposo ; e per farsi una dolce illusione, sempre s
gine del suo sposo ; e per farsi una dolce illusione, sempre soave al suo cuore innamorato, fece mettere nel proprio letto
ui nel regno dei morti, di quello che rimanere sulla terra divisa dal suo diletto. Laodamia finalmente avea nome una princi
altra cosa d’esser condannata a servire l’odiata consorte di Telefo, suo primo marito, si precipitò da una rupe, anteponen
adizione serba memoria come di donna crudelmente ambiziosa. Ariarate, suo consorte, morì lasciandola madre di sei figliuoli
iorno spogliata della clamide reale e del supremo poteretanto caro al suo cuore ambizioso. Ma ben presto il popolo, cieco d
Laodice, da ultimo, fu una figliuola di Agapenore che seguì il padre suo all’assedio di Troja, ov’egli si recò a capo dell
per aver fatto circondare di fortissime e salde mura, la capitale del suo regno ; e tanto che quest’opera fu dai pagani att
ripotono che Laomedonte, onde abbellire e fortificare la capitale del suo regno, si fosse servito dei tesori consacrati ad
vastò tutta la contrada, e uccise lo stesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che gli successe sul trono di Troia fece i
lio di (Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia di suo nipote Ercole e lo ritenne presso di sè, per qual
i Lazio il Be Latino, Un re, che veglio, e placido gran tempo Avea ’l suo regno amministrato in pace. Questi nacque di Faun
fa di Laurento, e Fauno a Pico Era figliuolo, e Pico a te Saturno Del suo regio legnaggio ultimo autore. Virgilio — Eneide
ssa da geloso furore, perseguitò instancabilmente la bella rivale. Al suo divino volere il serpente Pitone uscendo dalle pi
dio, mosso e compassione delle lagrime di lei, fece con un colpo del suo tridente sorgere, dal fondo dell’oceano, l’isola
u quello che sorgeva nell’isola di Delo, vicino a quello del figliuol suo . Al dire di Pausania, un altro tempio famoso cons
ripete, che offerendo Lavinia un giorno un sacrifizio, insieme al re suo padre, improvvisamente, la flamma di cui ella si
uno splendidissimo destino, il quale pero sarebbe riuscito funesto al suo popolo, che per cagione di lei avrebbe avuto a so
orto poi Enea, dopo molti anni di regno, la vedova Lavinia vedendo il suo trono occupato da Ascanio, figlio d’Enea, e di Cr
di Ero : egli mori annegato nell’ andare a trovare la donna dell’amor suo . V. Ero. 2462. Leargo. — Figlio di Atamante e di
la lingua, e la sputò in volto al carnefice, intento a martoriare il suo bellissimo corpo. Qualche ora dopo l’ eroica donn
o ove, secondo la tradizione mitologica cadde Vulcano, allorchè Giove suo padre lo precipitò dal cielo con un calcio. La cr
a a Romolo, che volle con quelle cerimonie, placare l’ ombra di Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ragione per
nifica torchio, si dava questo soprannome a Bacco, da alcune feste in suo onore celebrate nell’ Attica, verso la fine dell’
di botte Antifate chiamava Dalla pubblica piazza, il rinomato Marito suo , che disegnò lor tosto Morte barbara e orrenda. U
gli dei sdegnati la condannarono ad esser trasformata in sasso. Oleno suo marito che amava passionatamente Letea volle addo
nviti eran posti sotto le statue degli dei e degli eroi. Lo Spon, nel suo viaggio della Grecia, scrive che nella città di A
uelle due divinità. 2482. Levana. — Divinità tutelare dei bambini, il suo nome deriva da una costumanza generalizzata press
Leucade che Enea fece celebrare i famosi giuochi funebri, in onore di suo padre Anchise. 2485. Leuce. — Isola del Ponto Eus
a. Dafne delusa dalle apparenze, concesse a Leucippo di far parte del suo seguito ; e siccome egli, se pure vestito da donn
giovanetta, fu il primo che fece piantare alcuni alberi d’incenso nel suo regno. Apollo, ossia il Sole, ama ardentemente Le
nso. Numeri Cap. XV. 2496. Libentina. — Dea delle dissolutezze. Il suo nome, viene secondo Varrone, dalla parola libendo
a da Nettuno, che la rese madre di Belo e di Agenore. Da lei prese il suo nome la contrada conosciuta sotto l’appellazione
duello che quegli combattè contro Menelao, …… Quindi una lorica Del suo germano Licaon, che fatta I suo sesto parea, si p
ro Menelao, …… Quindi una lorica Del suo germano Licaon, che fatta I suo sesto parea, si pose al petto : Omero — Iliade —
st’ ultima città, e di far ritorno a Troja, alla casa paterna ; ma il suo cattivo destino lo pose nuovamente in potere di A
servaggio. In quel torno di tempo, Achille furibondo per la morte del suo amico Patreclo, Perchè si piangi ? Mori Patròclo
ontò le membra di lui, onde servirle la sera al banchetto che dava al suo ospite. Ma ben presto, per comando di Giove, Lica
istesso tempo che Cecrope regnava in Atene ; e che sul principio del suo regno fu caro ai suoi popoli, che egli cercò d’in
città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia, fu edificata per suo ordine sui monti d’ Arcadia, e vi fece innalzare
ui si rese col tempo colpevole Licaone, e dalla stessa etimologia del suo nome, che in greco significa Lupo, han dato fonda
giungono che Licurgo stesso, volendo eccitare gli operai a seguire il suo esempio, si fosse tagliate ambedue le gambe, con
sopra alcuni immegliamenti ch’ ei credeva necessario di apportare nel suo codice. Prima però di partire, fece giurare dal S
llora partì, ma invece di andare a Delfo, siccome aveva annunziato al suo popolo, s’ andò a nascondere in un luogo lontano
raesse segretamente nell’ isola di Creta, ove morì ; ordinando che il suo corpo fosse abbruciato, e le sue ceneri disperse
figliuola del fiume Cefiso, la quale, secondo la tradizione, dette il suo nome ad una piccola città nelle circostanze di De
o soprannome di Diana, come dea protettrice dei pescatori, i quali in suo onore celebravano una festa detta dal suo nome Li
e dei pescatori, i quali in suo onore celebravano una festa detta dal suo nome Limnatidia. 2536. Limnatidia. — Vedi l’ arti
ne dei metalli. Morì ucciso da Polluce, allorquando questi, e Castore suo fratello, rapirono ad Ida e Linceo le loro fidanz
aro invidia ; e sè medesmo Bramando largitor d’ un tanto dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave e
morte di Lino, e che gli abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario, con una festa, la quale cominciava
la, la rese madre di Narciso. La tradizione dice che Liriade dette il suo nome a quella fonte, ove il bellissimo suo figlio
dice che Liriade dette il suo nome a quella fonte, ove il bellissimo suo figlio morì annegato. V. Narciso. 2546. Lissa. — 
credettero che fosse animata ; e vedendo le fasi sempre eguali, ed il suo corso costantemente lo stesso nell’ampia volta de
o stesso storico Luciano ripete nelle sue opere, che un uomo faceva a suo talento discender la Luna sopra la terra ; e Petr
rtilegi. 2567. Lunedi. — Questo giorno della settimana era, forse dal suo nome medesimo, consacrato a Diana Luna, ed è fors
, con una picca nella destra e con ai piedi un gallo, animale che col suo canto avvisa il ritorno della luce. Finalmente il
Lupercale, ritenendo che la protezione di quel dio, avesse salvato il suo bestiame da’lupi. 2571. Lupercali. — Così venivan
rere nudi nella celebrezione delle Lupercali. Nudo ciascuno il corpo suo portava Indurandolo all’aria ; e grave piova. O c
ni. A questi due, Giulio Cesare aggiunse un terzo collegio, detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire di Sveto
Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggiva il fratel suo . 7. Ædificavit quae ibi allare, et appellavil nom
Dicemmo di lui : Venerato fino nelle mura del Campiglio , perchè il suo simulacro era ivi religiosamente conservato come
ecca, il quale, secondo la loro credenza, fu edificato da Abramo e da suo figlio Ismaele. Questo tempio gode il privilegio
rità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve tendere al suo vero principio facendosi sostegno della verità :
tempi, gli acquistarono grande riputazione. 35. Cecco d’ Ascoli, il suo vero nome fu Francesco Stabili, conosciuto però s
a Cipro e si rese celebre nella storia delle Crociate. Essa traeva il suo nome da una piccola città del Poitou, poco lungi
erta del magnetismo animale preso come base di un metodo curativo. Al suo sistema fu dato il nome di Mesmerismo. Mori il 5 
esso Scéaux il 20 febbraio 1694 ; mori a Parigi il 20 maggio 1778. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Vo
russia, capoluogo della provincia di Brandeburgo e della reggenza del suo nome. È posta sulla riva destra dell’Havel. In qu
promessa Venere in isposa. 45. Vulcano. — Era nato deforme e perciò suo padre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo.
oria, nacque nel 1668 in Napoli da onesti ma poveri genitori, essendo suo padre Antonio, libraio di pochissimo conto. — Mor
4 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
mensi regni, Ove il diletto è prima legge, e mille Mondi il pensier a suo voler si crea. Mitologia ad uso della giovent
a canto indica la rapidità di questa rivoluzione. Saturno ha dato il suo nome ad un pianeta. Cibele Cibele o Rea
oi templi. Il pino è la pianta che le si consacrava. Vesta ha dato il suo nome ad un pianeta. Giove Giove figlio di
e lo fece prigioniere. Da quel momento Giove cominciò a dar segni del suo valore. Assalì Titano, liberò suo padre e lo rimi
ento Giove cominciò a dar segni del suo valore. Assalì Titano, liberò suo padre e lo rimise in trono. Ma informato Saturno
terra. I fratelli uniti a Pallade e Giunone tentarono di sottrarsi al suo dominio, ma restarono vinti da Giove e furono cos
uila per rapire Ganimede figlio di Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece di Ebe. Giove era la divinità de
spogliato del regno da’ suoi figli com’egli ne aveva privato il padre suo  ; che nella divisione essendo toccata a Giove la
Giove senza di lei aveva posto al mondo Pallade, facendola uscire dal suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza di lui.
fatto perdere ; ed aveva in tal modo trovato il mezzo di alleviare il suo dolore. Il suo cocchio era tirato da due dragoni.
ed aveva in tal modo trovato il mezzo di alleviare il suo dolore. Il suo cocchio era tirato da due dragoni. Questo è quant
questa divinità che confondono con Cibele. Da questa Dea ha preso il suo nome un pianeta. Minerva Minerva Minerv
al cervello ne sortì Minerva tutta armata da capo a piedi. Ella aiutò suo padre nella guerra contro i Titani ove si distins
Dea delle scienze e delle arti. Il pianeta detto Pallade ha preso il suo nome da questa Dea. Marte Marte, dio della
siedere alle battaglie. Marte amò passionatamente Venere, colla quale suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di fili
da capo a piedi, con un gallo vicino, per aver convertito in gallo il suo favorito Alettrione, il quale addormentossi facen
I suoi sacerdoti si chiamavano Salici. Fabbricaronsi molti templi in suo onore. Il suo principal culto era a Roma perchè i
oti si chiamavano Salici. Fabbricaronsi molti templi in suo onore. Il suo principal culto era a Roma perchè i Romani riguar
magnifico tempio dopo la battaglia di Filippi. Questo Dio ha dato il suo nome ad un pianeta. Venere Amore Venere
iede su le labbra il sorriso ; e mille Amoretti stanno scherzando col suo cinto ed ammirando la sua bellezza. Sono abbomine
disordini commessi da questa Dea al dir de’ poeti. Venere ha dato il suo nome ad un pianeta chiamato volgarmente la stella
icativa ed implacabile si mostrò ella mai sempre contro chi eccitò il suo risentimento, recando stragi nelle gregge con epi
ttime umane ; Ifigenia tra i Greci ne fa prova. Si uccidevano in onor suo nella Tauride tutti gli stranieri che la tempesta
quelle coste. I Satiri, le Driadi, i Fauni celebravano feste in onor suo . Questa Dea si rappresenta sotto la figura di una
irato da due cervette o da cervi bianchi ; cammina spesso a piedi col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate
avanti G. C. da Erostrato che non trovò altro mezzo di tramandare il suo nome alla posterità. Nettuno Nettuno figli
uto, lo collocò fra gli astri ove forma la costellazione che porta il suo nome. Si pretende che abbia avuto un infinito num
al padre degli Dei. Per questa vendetta fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio ritirossi presso Admeto re di Tessaglia,
de’pastori. Mercurio venne a rapirgli le gregge, e mentre cercava il suo arco e le frecce, s’avvide che nel momento stesso
tà ad Apollo e lo richiamò in cielo. Pretendono alcuni che durante il suo soggiorno sulla terra egli inventasse la lira, ma
ente, ed Apollo che amava Giacinto lo cangiò in un fiore che porta il suo nome. Ciparissa avendo con uno strale ucciso per
re di Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, g
ndo trattenersi dal dirlo, fece un buco nella terra, e colà depose il suo segreto. Poco dopo vi crebbero delle canne le qua
Mercurio. Interprete e messaggiero degli Dei e specialmente di Giove suo padre, al levare del quale doveva ogni giorno tro
i sorta di frappatori. Egli conduceva le anime all’inferno e poteva a suo piacere cavarnele e non si poteva morire se egli
caduceo vuolsi da alcuni che avesse il potere di chiamare o fugare a suo talento il sonno su gli occhi de’ mortali ; del c
che tale è il nome di Mercurio in quella lingua. Mercurio ha dato ìl suo nome ad un pianeta. Mercurio dopo Giove è forse q
vinità, cui siano, stati eretti più monumenti e dedicati più voti. Il suo culto era molto esteso ; e particolarmente nelle
cui vi aveva più gran commercio s’innalzarono parecchi templi in onor suo . Le favole di Mercurio non sono state da molti do
glia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto suo . Giunone sempre gelosa di Giove e sdegnata contro
sapeva essere incinta e dopo avere mosso dei dubbi su la divinità del suo amante le mise in animo un’ardente brama di veder
o che dovea esserle cagione di morte. Giove che non poteva violare il suo giuramento comparì armato de’ suoi fulmini, e Sem
ì armato de’ suoi fulmini, e Semele, semplice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco, di cui era incinta
coscie, ove lo tenne il resto dei nove mesi ; venuto poi il tempo del suo nascere fu nascostamente consegnato ad Ino, sorel
egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo di imporre tributo ai vinti, ma d’insegnar
nì severamente tutti quelli che vollero opporsi allo stabilimento del suo culto, trionfò di tutti i suoi nemici e di tutti
fu costretto per non perire d’inedia di pregar Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi allora gl’impose di lavarsi nel fi
opoli, Evanto, Toante, Eponione. Pretendono alcuni ch’ei trovasse nel suo ritorno dall’ India l’affetuosa Arianna abbandona
Romani lo rappresentavano giovine ed imberbe. In Lenno aveva egli il suo principal culto. Plutone, Proserpina, altre de
sendo il Dio dell’inferno e non regnando che sui morti, la natura del suo impero inspirava una tale avversione a tutti, che
iori. Plutone la vide, ed invaghitosene, corse a rapirla, la mise sul suo carro e la trasportò nell’inferno. Non valsero le
nell’inferno e desiderava morissero tutti i viventi per popolarne il suo regno. Questo Dio non ebbe posterità. La divinità
o ; laddove ai celesti le viltime si offerivano in numero dispari. Il suo culto era celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Ro
rcondava il Tartaro ed era formato delle sole lagrime dei malvagi. Il suo nome significa pianti e gemiti. Si rappresenta so
vo le miserle della vita. Fu soprannominato il fiume d’olio perchè il suo corso era placido ; sulle sue sponde si vedeva un
uoi creditori erano soddisfatti, giacchè gli rimaneva per ottenere il suo passaggio. I Greci avevano tolto dagli Egizi l’id
iava il filo colle forbici allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Si voleva con ciò indicare che la prima
in mano. Il Sonno figlio dell’Erebo e della Notte, dicono che ebbe il suo palazzo in luogo deserto e sconosciuto, ove non p
sconosciuto, ove non penetrano mai i raggi del sole. All’entrata del suo palazzo stanno de’ papaveri e dell’erbe concilian
che ha le tende nere. I Sogni gli stanno dintorno sdraiati, e Morfeo suo figlio o ministro, che addormenta tutti quelli ch
mortali, mentre egli con ali spiegate nelle aeree regioni, lascia dal suo manto in gran copia cadere su la terra i papaveri
olo dell’oblio in cui giaccionsi le tenui cure all’ombra del benefico suo impero. Si faceva soggiornare in fine nell’Infern
d’Argo, ch’egli maritò tutte in un giorno a cinquanta figli di Egitto suo fratello. Avendo inteso Danao dagl’indovini che d
ratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo occupato l’istmo di Corinto, infest
logi sposò Dia, figliuola di Deione o Deioneo. Volendosi vendicare di suo suocero per un’ingiuria che ne aveva ricevuto lo
bolo della continua inquietudine in cui visse questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio di Giove e di Elara 
olenza a Latona ; e sepolto nel Tartaro, ove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri di terreno, fu condannato ad av
ro Giove, salisse al cielo e si sedesse al fianco di Giove, e che col suo fiero e terribile contegno spaventasse i congiura
Vertunno così chiamate perchè cangiavasi in tutte le forme a piacer suo , era il Dio delle vergini e presiedeva all’autunn
a all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere di cambiare di forma a suo piacere si riguardava anche come il Dio dei pensi
ra custode delle gregge di Nettuno chiamate foche o vitelli marini, è suo padre in compenso lo avea dotato del dono di pred
o era un oratore che colle attrattive della sua eloquenza conduceva a suo talento lo spirito di chi l’ascoltava. Avvi chi n
, oltre un annuo sacrificio in un giorno determinato. Si vuole che il suo culto sia stato trasportato in Italia dai Lacedem
senza abbruciarsi. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano il cappello della libertà. Z
osì soavemente ed ha pur tanta virtù, che ravviva tutta la natura. Il suo nome significa infatti che reca la vita. Si rappr
iove e si ritirarono ne’ vicini luoghi ; ma il dio Termine rimase nel suo posto senza muoversi malgrado gli sforzi che si f
e Giove si riserbò l’impero dell’aria. Egli poi affidò ad Eolo figlio suo e di Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano i
vento estremamente caldo dimorava nei climi caldi del mezzogiorno. Il suo fiato era alcuna volta sì infuocato che ardeva le
o. Portossi poscia in Atene, e dichiarò in un’assemblea del popolo il suo essere, e ciò che gli era accaduto, promettendo d
e loro nozze sotto il nome d’Imene, e celebrarono delle feste in onor suo che furono chiamate Imenee. Chiamavansi anche Ime
ferite che si proponeva di portare agli uomini. In appresso cangiò il suo arco e il suo turcasso di legno con altri d’oro.
proponeva di portare agli uomini. In appresso cangiò il suo arco e il suo turcasso di legno con altri d’oro. Si rappresenta
con un arco ed un turcasso d’oro pieno di frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli animi, alcune volte con una torcia
re. Si fa calvacare alcune volte su di un delfino per indicare che il suo potere si estende fino sui mari. Non è cosa rara
ra di vederlo scherzare con sua madre ; qualche volta Venere tiene il suo turcasso alzato in aria, e Cupido cerca di piglia
are una cote. Un altro Amore che si è punto un braccio fa spillare il suo sangue su questa pietra, e Cupido affila su di es
uale fu chiamato Antero. Appena che questo Amore ebbe veduta la luce, suo fratello sentì aumentar le sue forze e dilatarsi
acrati, perchè le foglie di pesco hanno la figura di una lingua, e il suo frutto quella del cuore : emblema della perfetta
be tanta vergogna, che non volle più lasciarsi vedere. Giove diede il suo impiego a Ganimede. Giunone la ritenne presso di
nita alla gioventù. Ad istanza d’Ercole Ebe ringiovenì lola nipote di suo marito, che si pretende avesse abbruciata la test
ed apre le porte dell’oriente ; è accompagnata dalle Ore e fuggono al suo giugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura alle
no da lui. Il Cielo, la Terra, il Mare, l’Inferno erano sottomessi al suo impero, e niun potere aveva la forza di cangiare
mondo. Giove vorrebbe salvare Ettore, ma bisogna che egli esamini il suo Destino che non gli è noto. Lo stesso Dio si duol
Lo stesso Dio si duole di non poter piegare il Destino per Sarpedonte suo figlio re di Licia natogli da Laodamia figlia di
con una corona sormontata di stelle ed uno scettro simbolo del sommò suo potere. Per indicare che esso non variava e che e
a una catena. Si pretende che sia miserabile e che ogni uomo abbia il suo . Il Destino non aveva statue, ma aveva oracoli ed
i gli anni pare che ringiovanisca sempre. Aveva dessa in un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un velo, a
. La celebrità ch’egli si era acquistata il fece riguardare insieme a suo padre Apollo qual dio della medicina. Gli si rend
lla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto di slanciarsi dal suo carro tirato da cavalli focosi, che calpestano tu
sua nascita. Fetonte entrò nel palazzo del Sole e lo trovò seduto sul suo rilucente trono ed informatolo dell’oggetto della
ello che avesse chiesto e l’imprudente figlio richiese di condurre il suo carro per lo spazio di un giorno. Impegnato il pa
irrevocabile giuramento, tentò ogni via ma inutilmente di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa, onde suo malgrad
inutilmente di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa, onde suo malgrado gli consegnò il carro dopo d’averlo istr
etto quel calore immenso che ebbe luogo ai suoi tempi e che desolò il suo regno. Vittoria La Vittoria fu personifica
oni che li facevano operare, comandava eziandio al cieco Destino, e a suo beneplacito faceva dell’urna di quel Dio uscire i
emuta divinità, riguardata da molti come solare potenza, estendeva il suo impero sopra tutto il globo ed il suo culto erasi
me solare potenza, estendeva il suo impero sopra tutto il globo ed il suo culto erasi dovunque sparso. Riconoscono alcuni m
dall’ altra teneva sovr’uno de’ suoi ginocchi il piccolo dio Palemone suo figlio attaccato alla mammella. Aveva essa sereno
te che le ebbe le portò tosto ad Achille, e lo esortò a rinunciare al suo risentimento contro di Agamennone, e gl’inspirò u
nuotare, Sarone si gettò dietro a lui, e lasciandosi trasportare dal suo ardore, insensibilmente trovossi in alto mare, do
finito di forze, nè potendo più lottare contro le onde, si annegò. Il suo corpo fu trasportato nel sacro bosco di Diana, e
utorità, ogni nove anni, ritiravasi in un antro ove diceva che Giove, suo padre, a lui le dettava, nè mai ritornava da quel
l destino di tutti i mortali, citando le ombre a comparire innanzi al suo tribunale, e sottomettendo l’intiera loro vita al
le troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui era attaccato il suo destino e quello pur anche del suo impero. Inform
o di porpora cui era attaccato il suo destino e quello pur anche del suo impero. Informato Niso dall’ oracolo che dalla co
acolo che dalla conservazione di quel capello dipendeva la durata del suo impero, non è difficile l’immaginarsi qual cura n
lla. Questo giovine prometteva maggiori talenti e maggior ingegno del suo n.aestro. Egli inventò la sega, il compasso, il t
opago era un celebre tribunale di giustizia degli Ateniesi. Traeva il suo nome da Ares, Marte e da Pagos, collina. L’Areopa
nove secoli prima di Solone che ne fu il ristauratore ritornandolo al suo antico splendore. Glauco Glauco figlio di
a della semplice natura, e che se qualche volta essa chiama l’arte in suo soccorso, non deve quest’ultima far uso di orname
o quell’entusiasmo tanto all’arte lor necessario. Clio che prende il suo nome da Kleos, gloria, fama, presiedeva alla stor
endo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re di Focide, dietro il suo gentile invito per riposarsi, avendo egli tentato
sta Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle piû celebri nel suo genere e che dir si può un miracolo dell’arte, il
ile al genere umano, egli non avrebbe eseguito che una sola parte del suo divisamento, allora quando avesse tollerato che a
rnaso, Elicona, Pierio e Permesso. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le sue ali i poeti di primo ordine. Avvi
onde con Pegaso il cavallo alato che Nettuno percuotendo la terra col suo tridente fece nascere nella gara che ebbe con Min
Le Ninfe, Galatea, Aretusa e Aracne Il nome di Ninfa indica nel suo vero significato una donzella maritata da poco te
lare si dava loro le ali. In un bassorilievo vedesi Diana discesa dal suo carro per contemplare Endimione, che fa tenere da
bero, la quale dissegli che era disposta ad accordargli quanto cra in suo potere, per ricompensarlo del servigio che aveval
ben rappresentate le colpe degli Dei. Aggiungesi che la Dea portò il suo risentimento a segno di percuotere Aracne, il che
i Pozzuolo ; la sua tomba fu trovata nell’edificare una città che dal suo nome fu detta Partenope. Questa città fu ruinata
ittossi in mare, vicino al luogo ove è il famoso stretto che porta il suo nome ; ma vendicossi di Circe, facendo perire i v
o nome ; ma vendicossi di Circe, facendo perire i vascelli di Ulisse, suo amante. Si dice che Seilla ha una voce terribile
e i vascelli nello stretto, dicono i poeti, sporge la testa fuori del suo antro e se li attrae per farli perire. Dalla test
d i loro lavori. Colui che rubava del mele o guastava gli alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno di questa Divinità.
ad ogni uomo, l’uno buono e l’altro cattivo. Ciascuno nel giorno del suo nascere sacrificava al proprio Genio. Gli si offr
ndo la nascita di Euristeo, ed assicurandogli così la superiorità sul suo competitore. Nel giorno che nacque Ercole il tuo
secondo alcuni Euristeo. Volendo Anfitrione sapere qual d’essi fosse suo figlio, mandò due serpenti presso della loro cull
Ercole strozzò i due serpenti, dando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che era degno figlio di Giove. La maggior
mmirando la bellezza di quel fanciullo consigliò Giunone a dargli del suo latte. Giunone vi acconsentì, ma il bambino la mo
adamanto e da Eurito, da Castore a combattere tutto armato Chirone fu suo maestro in astronomia e in medicina. Lino gl’ ins
dibile ; era anche un famoso mangiatore. Un giorno viaggiando con Ilo suo figlio, sorpresi dalla fame ambidue, chiese da ma
fatiche per la sorte della sua nascita. Alcuni pretendono che questo suo procedere non fossé volontario e che da principio
antemente fuori dei suoi stati onde togliergli i mezzi di sturbare il suo regno ; gli comandò le cose più dure e malagevoli
re. Siccome Augia gli rifiutò il compenso malgrado il parere di Fileo suo figlio che lo consigliò a mantenere i patti, Erco
dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati di suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava l’i
Centauri, uccise Busiride tiranno d’Egitto che sacrificava a Nettuno suo padre i forastieri. Uccise l’avoltoio che rodeva
a e tese l’arco per dirigere a lui una freccia ; il Sole ammirando il suo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, s
lcuno di competere con esso, Giove medesimo volle lottare col proprio suo figlio sotto la figura di un atleta ; e siccome d
proprio sangue, a ssicurandola che quella vesta aveva tal virtù, che suo marito indossandola non avrebbe potuto lasciarla
lo ritornare a lei. Deianira troppo credula, informata degli amori di suo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia, ed
moglie ; vedendo finalmente seccarsi le membra e che si avvicinava il suo fine, alzò un rogo sul monte Oeta, vi stese la su
oane isola tra l’Indo ed il Gange, furono eretti degli altari in onor suo . Si dipinge Ercole estremamente nerboruto, con s
quando discese nell’inferno : ciò che toccavagli il capo conservò il suo bianco colore, mentre la parte esterna fu fatta n
cole vi avesse come si è già detto e che ciascuna nazione vantasse il suo , e che tutte poi attribuite fossero le imprese di
l’avvedutezza di ricusare il dono temendo di un inganno, ed Epiméteo suo fratello accolse lietamente il dono e sposò Pando
rchè sapeva che non ne aveva. Questo giovine ardente di far prova del suo coraggio offerse di portargli invece del cavallo
mortale ; cui Pallade per punirla di aver amoreggiato con Nettuno nel suo tempio aveva cangiato i capelli in serpenti, ed a
Perseo. Ma siccome questo giovine era amato dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mercurio gli prestò le ali ed i talari
figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo giardino, gli negò l’ospitalità e lo scacciò. Per
etto l’oracolo. Intanto il dolore provato da Perseo per la morte del suo avolo gli fece abbandonare il soggiorno di Argo e
ico del vizio. Purgò l’Attica dai ladri che la infestavano. Liberò il suo paese dal vergognoso tributo che pagava a Minosse
lefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sorella
bbe miglior fortuna ; questo principe fu avo di Laio, ucciso da Edipo suo proprio figlio. Cadmo cedendo al fine al dolore c
ri, la cui modestia era pari all’avvenenza, gli parve degna dell’amor suo  ; la sposò quindi, e fu da quella teneramente ama
ni su le rive dell’Acheronte senza prender alcun cibo, pascendosi del suo dolore e delle sue lagrime. Si ritirò poscia sul
acconti su la morte di Orfeo ; avvi chi pretende che nell’eccesso del suo dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno
Antiope, Zeto Antiope moglie di Lico re di Tebe fu ripudiata da suo marito per sospetto che fosse invaghita di Epafo
tiope restata incinta di Giove, Dirce seconda sposa di Lico, sospettò suo marito, e fece rinchiudere Antiope in una stretta
o le mura di Tebe col suono della sua lira, che indipendentemente del suo talento nel maneggiare questo istromento, egli er
scacciato da un figlio di Es one. Quindi appena Giasone vide la luce suo padre fece sparger la voce che il bambino era gra
l monte Pelio ove il centauro Chirone, il più saggio degli uomini del suo tempo, prese cura della sua educazione e gl’inseg
, e specialemente la medicina ; per cui il giovine principe cambiò il suo primo nome di Diomede in quello di Giasone. Prete
i del nipote. Volendo Giasone giunto in età di venti anni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale
e a sè gli sguardi di tutto il popolo per la bella sua presenza e pel suo abito straordinario : si fece conoscere pel figli
viaggio. Giasone nel fior della gioventù può solo intraprenderlo ; il suo dovere e la gloria lo invitano ; e Pelia giura pe
 ; e Pelia giura per Giove dal quale hanno tutti e due origine che al suo ritorno gli darà il possesso del trono che gli ap
bisognare nella sua intrapresa. Giove promise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa di eroi, la quale finito
Medea andò subito a preparare ciò che erale necessario per salvare il suo amante. Le condizioni prescritte da Eete a Giason
ire a Giasone il trono del padre, Medea trovò il mezzo di liberare il suo sposo da questo nemico, consigliando le figlie di
ua corona, perchè Acasto, figlio di Pelia, se ne impadronì e forzò il suo rivale ad abbandonare la Tessaglia ed a ritirarsi
a di essere contenta ch’egli passasse alle nuove nozze, e fe’ pure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste ; m
mme con tutta la reggia. Nè paga di ciò Medea per isfogare vie più il suo furore uccise essa stessa colle proprie mani sott
tene ove sposò Egeo padre di Teseo da cui ebbe Medo il quale diede il suo nome alla Media. Giasone poscia s’impadronì di Io
e tutte le cerimonie del culto bacchico. Chirone portò a tal segno il suo talento per la musica, che giunse a guarire le ma
i, sperando questi di calmare il furore dell’eroe con la presenza del suo antico maestro, si rifuggirono a Malea dove ritir
perato corse prontamente ed applicò un rimedio che aveva imparato dal suo antico precettore : ma il male era incurabile e l
eti fu celebrata come la prima nave che fosse costrutta e le diede il suo nome ; Tifi ne fu il piloto. Gli Argonauti s’imba
la quale meno inumana delle altre aveva furtivamente salvato il padre suo Toante, accolse ospitalmente Giasone, e a lui pur
fu perita, Frisso dalla stanchezza e dal dolore oppresso approdò col suo montone a un capo abitato da barbari vicino a Col
olo visto quegli abitanti già disponeansi a farlo morire, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce
a alcuni che quell’animale fosse coperto d’oro invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto degli amori di Nettu
condurre un cavallo col soccorso della briglia ; ma dopo aver ucciso suo fratello Alcimeno o Delrade o Bellero (perciocchè
voleva corrispondere a’suoi desiderii lo avrebbe posto sul trono del suo sposo ; ma avendolo trovato insensibile, lo accus
ono del suo sposo ; ma avendolo trovato insensibile, lo accusò presso suo marito di aver voluto sedurla e pretese ch’ei lo
l giovine eroe. Nel decimo dì gli chiese i segni che mandavagli il re suo genero : aspettò fino allora in grazia del costum
aveva ricevuti, e gli diede in isposa sua figlia e con essa metà del suo regno. I popoli medesimi, tocchi di ammirazione p
essa metà del suo regno. I popoli medesimi, tocchi di ammirazione pel suo valore, formarono per lui un immenso dominio, ch’
la quale Giove s’innamorò e la rese madre di Sarpedonte. Laodamia pel suo troppo orgoglio fu uccisa da Diana. Il sepolcro d
llerofonte fu forse il primo che lo rese abitabile, e di qui venne il suo finto combattimento con questo mostro. Dicesi che
Testio re di Pleurone tutte e due città della Grecia nell’Etolia. Al suo nascere sua madre s’avvide che le Parche misero u
te de’ mitologi, alcuni dei quali la fanno figlia di Iaso o Iasio. Il suo nome è celebre nella storia eroica. Appena ch’ess
o. Il suo nome è celebre nella storia eroica. Appena ch’essa fu nata, suo padre che non voleva aver se non figli maschi, la
essa la sorte. Non dicono i mitologi come Atalanta fosse restituita a suo padre ; ma la maggior parte combinano nel dire ch
rebbe stato funesto, come asserirono alcuni, ella d’accordo col padre suo , mise il dono della sua mano ad una condizione ca
e ; gli Dei li trasformarono per ciò in lioni, e Cibele li attaccò al suo carro. Vogliono altri che Atalanta ed Ippomene no
hiatta di Deucalione, essendo inconsolabile a cagione della morte del suo sposo Ceice, figliuolo di Luciefero e re di Trach
d Ercole di batterlo, questi, a colpi di frecce, atterrò più volte il suo nemico ; ma tosto che Alcione toccava la terra su
ia, ove approdato, conquistò molto paese e fabbricò una città che dal suo nome fu chiamata Gianicola. Nel tempo del suo reg
bricò una città che dal suo nome fu chiamata Gianicola. Nel tempo del suo regno essendo Saturno stato scacciato dal cielo o
l suo regno essendo Saturno stato scacciato dal cielo o piuttosto dal suo paese, approdò anch’esso in Italia, ove fu da Gia
perchè aprisse l’anno nel mese di gennaio che da lui tratto aveva il suo nome ; ed un bastone perchè accoglieva con cortes
ore. Altra eredità non aveva fatta che due soli paia di buoi, uno pel suo aratro, l’altro pel suo carro. Un giorno ch’egli
veva fatta che due soli paia di buoi, uno pel suo aratro, l’altro pel suo carro. Un giorno ch’egli stava arando, un’aquila
a che veniva ad attinger acqua, ed avendole significato il motivo del suo viaggio, ella, essendo della schiatta degli indov
del favore che Gordio aveva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente della
lia di Creonte. L’oracolo aveva predetto a Laio che sarebbe ucciso da suo figlio il quale avrebbe poi sposata la madre, dal
he l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore nel v
d Atene, ove Teseo li accolse ambidue favorevolmente, ed offrìloro il suo potere per appoggio ed i suoi stati per asilo. Ed
re scalava le mura di Tebe venne fulminato da Giove ; anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito ; Ippomendonte e Pa
un’armata straniera ; ma Antigone, non potendo tollerare che Polinice suo fratello divenisse preda dei cani e degli avoltoi
lla che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quella spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di guarire ogni sorta di ma
stato precipitato nell’inferno, Pelope restato solo fu scacciato dal suo regno dal re di Troia, e datosi alla fuga si riti
. Questo principe informato dall’oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gar
ieste. Pelope sospettandoli ambedue rei della morte di Crisippo altro suo figlio che aveva avuto da una concubina per nome
triarono entrambi. Atreo si rifuggì alla corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, un
e figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo e morendo gli lasciò la corona. Tieste,
uo governo e morendo gli lasciò la corona. Tieste, che aveva seguito suo fratello Atreo nell’Argolide, si fe’ amare dalla
ese madre di due figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso intrigo di suo fratello, lo bandì dalla corte, ma non credendosi
aveva avuti dalla regina, ne fece imbandire le membra e le presentò a suo fratello. Non contento di questa atrocità, fece r
nte principe della Grecia, scelse la città di Micene per capitale del suo impero. Menelao divenne re di Sparta. In vista de
tale del suo impero. Menelao divenne re di Sparta. In vista del vasto suo potere Agamennone fu scelto a voce unanime capo d
le una cerva e lei trasportò in Tauride, ove la fece sacerdotessa del suo tempio. Dopo questo sacrificio, un favorevol vent
i lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atreo che era suo cugino per vegliare al governo de’ suoi stati. In
i pastori. Quantunque Paride vivesse tra pastori, pure l’interessante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti di sp
la cura di numerose mandre, che seppe in più occasioni difendere col suo coraggio dalle feroci belve. In diverse circostan
di Peleo. L’azione che più d’ogni altro il rendette celebre, si è il suo giudizio pronunciato risguardo alle tre Dee. Si è
o fecero pur anche Minerva e Venere ; e quest’ultima non dimenticò il suo cinto. Paride dichiarò loro che vedendole coi lor
rso Paride in Troia ai pubblici giuochi riportò vittoria sul medesimo suo fratello Ettore senza conoscerlo ; e siccome non
pastore Priamo il volle vedere, e dopo averlo interrogato intorno il suo nascimento, il riconobbe per suo figlio, nè poten
e dopo averlo interrogato intorno il suo nascimento, il riconobbe per suo figlio, nè potendo resistere alla forza dell’amor
re dopo lungo conflitto l’uccise, indi attaccatone il corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo strascinò intorno le mura d
a città in fiamme, per ordine di Venere prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise che portava gli Dei Penati, e guida
Rutuli cui Lavinia era stata innanzi promessa. Enea lasciò nel Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, che edificò
sea. Le vicende sofferte da Enea dalla sua partenza dall’Asia fino al suo stabilimento in Italia furone cantate da Virgilio
io di Giove Ammone e lascia alla porta i suoi cortigiani e financo il suo caro Effestione. Vespasiano fa allontanare la su
nea approdò in Italia presso la città di Cuma ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla nel suo antr
ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla nel suo antro e la pregò di condurlo all’inferno onde ved
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
12. Dopo che gli uomini ebbero perduto la memoria del vero Dio e del suo culto, e quando non sapevano ancora spiegare gli
; ma Giove lo vinse ; e temendo che il padre usasse un’ altra volta a suo danno della libertà che gli avea procurata, lo di
nde, Mangiavan corne, more, fraghe, ghiande. Febo sempre più lieto il suo viaggio Facea, girando la superna sfera ; E con f
ove, senz’ alcun mal, tutti i ben fòro ! Età dell’ argento. Poichè al suo vecchio Dio10 nojoso e lento Dal suo maggior figl
o ! Età dell’ argento. Poichè al suo vecchio Dio10 nojoso e lento Dal suo maggior figliuol fu tolto il regno, Segui il seco
e e l’ ingegno, Servar modi, costumi e leggi nove, Siccome piacque al suo tiranno Giove. Egli quel dolce tempo, ch’ era ete
i o feri In lor discordi, ostinati pareri. All’ uom che già vivea del suo sudore, S’ aggiunse noja, incomodo ed affanno, Pe
egno Fra cittade e città, fra reguo e regno. Va il ricco peregrino al suo viaggio, Ecco un ladro il saluta, il bacia e ride
eati Numi. 35. I Romani onorarono Giano con special culto ; e pel suo regno lungo e tranquillo fu detto il Dio della pa
i Roma ; e le porte delle case, dette in latino Januœ, erano sotto il suo patrocinio, come sotto quello degli Dei Lari e Pe
nella destra significa i tesori chiusi nelle viscere della terra. Il suo carro, tratto da due leoni, è l’ emblema della te
nè termine a verun sacrificio se prima non avessero onorato Vesta. Il suo simulacro era coperto con ampio manto, e aveva la
endi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro di Vesta nel suo carme le Grazie :13 Solinga nell’ altissimo de’
sse di Vesta col nome di Vestali, destinate in Roma alla custodia del suo tempio, del Palladio (570) e del fuoco sacro simb
ato nel secondo il giovine Ati. 50. Cibele prese a proteggere e creò suo sacerdote questo Ati, bellissimo pastorello di Fr
ote questo Ati, bellissimo pastorello di Frigia ; ma egli trascurò il suo ministero per isposare la ninfa Sangaride (sangar
detto lupo, qual si conviene al nume di coloro in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed il suo regno, benchè pieno di dov
viene al nume di coloro in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed il suo regno, benchè pieno di dovizie, incuteva tale spa
e fu da lui trasformata in fontana. La terra si spalancò al colpo del suo scettro, ed egli trasse la preda nei suoi tenebro
mato e nero, Stridendo alle compagne aiuto chiede. Plutone intanto al suo infernale impero Gl’ infiammati cavalli instiga e
Chiama la mesta vergine in quel corso, Più d’ ogni altra la madre in suo soccorso. Anguillara. Cerere sconsolata salì u
’ ospitalità di Celeo, re d’Eleusi nell’ Attica, insegnò a Trittolemo suo figliuolo l’arte dell’agricoltura, e gli donò un
tato cangiato da Cerere in lince. Indi Celeo eresse un tempio in onor suo , il qual tempio d’Eleusi diventò poi uno dei più
n covone di spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiaccola. Al suo carro vanno attaccati due leoni o due serpenti. 6
l nonno Urano (25) o Celo che s’era congiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che gli costava un delitto di violenza inc
Giganti di combattere contro Giove, presero ad assalirlo sullo stesso suo trono sovrapponendo Ossa a Pelio, ed Olimpo ad Os
prevedendo qualche inganno, respinse Pandora ed il vaso ; ma Epimeteo suo fratello, meno accorto di lui, l’accolse e la spo
, ossia diei pater, padre del giorno : Feretrio, da ferre, perchè nel suo tempio erano recate le spoglie opime, cioè le spo
ani. 81. Siccome Giove teneva il primo posto tra le divinità, così il suo culto fu sempre il più solenne ed il più diffuso
mpre il più solenne ed il più diffuso tanto in Europa che in Asia. Il suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la m
85. Giunone, figlia di Saturno (27) e di Rea, (42) sposò Giove (63) suo fratello, e divenne regina degli Dei. Era la divi
l tempo che gli altri eran chiusi dal sonno. Ma la Dea non ottenne il suo intento, perchè Giove ordinò a Mercurio suo arald
Ma la Dea non ottenne il suo intento, perchè Giove ordinò a Mercurio suo araldo (160) di fare addormentare il maraviglioso
cò d’Europa (74, 483) prediletta a Giove, financo sui discendenti del suo fratello Cadmo (482), poichè Melicerta (449), Att
olo di questa regina e di Giove, pregò il padre perchè ripopolasse il suo regno ; ed egli fece scaturir fuori da una vecchi
gina degli Dei non volle esser da menò del-marito, il quale aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò tanto questa s
ol sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire di cento bovi ; e presso al suo tempio scorreva un fonte dotato della prerogativa
del fiume Peneo, fu incontrata all’improvviso da Apollo nel tempo del suo esilio sopra la terra, e svegliò in lui ardentiss
, timida e pudibonda si pose a fuggirlo con tanta precipitazione, che suo padre, per meglio nasconderla, sulle proprie spon
aggior della natura, Che del valor del cielo il mondo imprenta, E col suo lume il tempo ne misura, (Dante, Parai., c. X.)
essere insidiato da una belva nascosta in quelle fronde, vi lanciò il suo giavellotto, e ferì mortalmente la moglie. E’ la
tali ; quasichè l’avere Apollo per padre e Giove per avo fosse merito suo , e tenesse luogo di virtù e di sapienza. Un giorn
orse che l’astro del giorno prima di giungere al prefisso termine del suo corso fosse caduto in quel suolo che era ingombra
dei barbari e dei fanciulli che Febo n’avesse ceduto il reggimento al suo figliuolo Fetonte, il quale per l’imperita età ma
’ombra Delle Pioppe, che pria gli eran sorelle, Sfogava colla musa il suo dolore, Fatto cantando già canuto e veglio In aug
a. L’affettuoso tratto di amicizia ch’ei ricorda, questa credenza del suo dolce cantare, la candidezza delle penne, i miti
ltri volator sorride, E lieto la superba aquila ammira. Sovra l’omero suo guizzan securi Gli argentei pesci, ed ospite leal
(294) aveva osato sfidare Apollo, e andava spacciando che i suoni del suo flauto superavano la lira ed il canto del Nume de
l’ignoranza. Questa infatti lo indusse a decretar la vittoria a Pane suo favorito ; ma Apollo volle punirlo di tale parzia
emoto, fa un buco in terra, e sdraiatosi sopra, dice sottovoce che il suo padrone ha le orecchie d’asino ; indi ricopre il
regale. Bacco volendo ricompensarlo di sì bella ospitalità largita al suo balio, promisegli d’esaudire il primo desiderio c
ati dalla sua presenza. Gl’inni più celebri che erano cantati in onor suo furon detti Peani o Peane, perchè ordinariamente
i attribuito al corvo il naturale istinto di predire il futuro, ed il suo crocidare serviva spesso di prognostico. L’aquila
e serviva spesso di prognostico. L’aquila che fissa nel sole l’audace suo sguardo, il gallo che ne celebra col canto mattut
ritorno, e la cicala che festeggia infaticabilmente i bei giorni del suo impero, avevano anch’essi l’onore di essergli con
da Trofonio, i popoli e i re andavano frequentemente a consultare il suo oracolo, recando magnifici donativi. I Rodiani ch
ertile paese ; e finalmente la tomba che Artemisia alzò al re Mausolo suo sposo. Questo monumento prese il nome dal princip
di Giove (63) e di Latona (97), e sorella d’Apollo (96). Forse questo suo nome principale deriva da dios che in greco vuol
(75). Allora Diana, conosciuta la poca fede di Calisto, la cacciò dal suo cospetto, e la mutò in orsa ; ma Giove la collocò
trato commettesse questo misfatto per fare immortale con l’infamia il suo nome. Gli Efesj decretarono, ma invano, che il no
un branco d’amorini l’accompagna verso Endimione (139). Ed allora il suo carro è di madreperla : Il lume Che Cinzia versa
ltivazione della vite, e fu adorato qual Dio del vino. Notammo già il suo valore nella guerra dei Giganti (68). Questi viag
li antichi la deità di Venere, allorchè diedero alla Natura stessa il suo nome, e la fecero genitrice delle cose. Cosi la r
le giova L’inno che bella Citerea la invoca. Tito Lucrezio Caro nel suo poema della Natura delle cose a lei chiede la isp
te il concetto della Venere genitrice, dichiarando i suoi pregi ed il suo potere. Vediamone la elegante traduzione del Carr
a. Il nostro altissimo poeta Dante Alighieri, non contento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose nel cielo,
fiori, con la face nella destra e un velo nuziale nella sinistra. Il suo volto spira soavi affetti, e gli sguardi rivelano
ano un’ardentissima segreta fiamma dal pudor governata, e in tutto il suo contegno dimostra quante virtù sieno necessarie p
petto anelo, Benedicendo lor passata cura. E non venal cantor sciolga suo zelo A lieti annunzj per l’età ventura ; E tuoni
re — Delle ingenue fanciulle, dice il Foscolo nel più volte ricordato suo carme alle Grazie. Chi vuol meglio conoscere le i
sporsi a tanti pericoli contro le belve feroci. Un giorno, tratto dal suo coraggio, e dimentico dei consigli della Dea colp
inuccia. Venere afflittissima di questa morte, richiese a Giove 35 il suo diletto Adone, ed ottenne ch’ egli passasse ogni
arebbero immagini insufficienti per dare un’idea della leggerezza del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfall
potete comandarvi da principessa. » Psiche ordina infatti, e ad ogni suo cenno compariscono vesti sontuose, dolcissime sin
costo ; prendi questa lucerna e questo pugnale ; sincerati sul conto suo  ; e se le nostre congetture non sono mal fondate,
si prostra a’ piedi del generoso vincitore, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celeste, contento di questa umi
e l’anima immortale ; il che può rilevarsi anche dalla etimologia del suo nome : onde i filosofi hanno derivato la parola p
letta di Citera nel Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso, ov’era il suo più celebre tempio. Giace oltra, ove l’Egeo sosp
sciuto giacque…. Ed anco è di valor si nuda e macra, Tanto ritien del suo primo esser vile, Che par dolce a’cattivi, ed a’b
compagnandola le Nereidi (315) e gli Amori. Secondo poi la natura del suo culto aveva altri soprannomi, come vedremo nel §
a con eloquenza le labbra ; l’alterezza e il valore spiravano in ogni suo atto ; e la Venere Celeste, così rappresentata da
i altari della Dea. Questo sacrifizio, grato a Venere, durò quanto il suo culto ; e Berenice, sposa di Tolomeo Evergete re
icompensò il delfino collocandolo tra gli astri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite saliva una conchiglia di splend
l resto il pesce. Precedevano il Nume o Anfitrite, ed annunziavano il suo arrivo col suono della conca marina. Talora anch’
voraci, che distese Tien mai sempre ed aperte, i naviganti Entro al suo spece a sè tragge e trangugia. Dal mezzo in su, l
una Dea voleva sposarlo per paura della sua deformità e del tenebroso suo regno. 215. L’impero di Plutone, ossia l’Inferno
Che s’annidano i sogni, e ch’ogni fronda V’ha la sua vana immago e ’l suo fantasma. Molte oltre a ciò vi son di varie fere
largo, e con la terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole, e le sue stelle anch’ella. Qui se ne stan l
è diserta come cosa vieta.47 Rea la scelse già per cuna fida48 Del suo figliuolo, e per celarlo meglio, Quando piangea,
lio Che tien volte le spalle inver Damiata,49 E Roma guarda sì, come suo speglio. La sua testa è di fin’oro formata, E pur
uesto Fangoso e torbo, e fa gorgo e vorago, Che bolle e frange, e col suo negro loto Si devolve in Cocito. (Eneid., loc. c
issime pene contro coloro che avessero violato i giuramenti fatti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dovevano
alsamò il corpo del valoroso Sarpedonte, e Venere guarì le ferite del suo figlio Enea. Si dice che l’ambrosia scaturisse la
Creta,53 isola del Mediterraneo al sud dell’Arcipelago, e governò il suo regno da savio e mite sovrano. Affinchè le sue le
eleo. Il primo, esiliato dal padre per aver ucciso per disgrazia Foco suo fratello minore nel fare il chiasso, si rifugiò a
di quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figlia, e lo destinò a suo successore. Morta Glauca sposò Peribea figlia d’A
lle mura di quella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in premio del suo coraggio gli fece sposare la figliuola di Laomedo
di cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco, ed e
ne. di leone e di toro. Una corona di querce è intrecciata al vipereo suo crine ; a’ piedi le stanno cani furiosi, con occh
imbandivano ogni mese una cena che era poi goduta dai poveri in onor suo . Talvolta le era fatta un’ Ecatombe, o sacrifizio
; quelle sventurate non lo hanno mai conosciuto ! Ognuna poi aveva il suo nome proprio Cloto (Klotho, io filo, gr.), Laches
ilavano quello stame che è simbolo ingegnoso del corso della vita. Il suo colore indicava il destino dei mortali : il nero
della sera, e Dio del mattino sotto il nome di Lucifero, ha cura del suo carro, e glielo mette in ordine pel tacito viaggi
ciel d’intorno sia d’azzurro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro sia di bronzo, con le ruote distinte in qua
tutte le membra languide, e come abbandonato nel dormire. Dintorno al suo letto si vegga Morfeo, Icelo e Fantaso, e gran qu
rfeo, capo degli altri sogni, era nel tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e talora veniva confuso con lui. È rappres
lla morte il tasso, il cipresso ed il gallo, essendochè sembri che il suo canto debba turbare il silenzio delle tombe. 243.
65), schiacciati sotto il peso del monte Etna, il quale, a motivo dei suo cratere ignivomo era preso per una sbocco inferna
pur sia la pena sua ; Che fatto a chi lo scempia esca e ricetto, Del suo proprio martir s’avanza e cresce ; E perchè langu
aro (216) l’avarizia di Tantalo ; e Nettuno, preso da compassione pel suo figlioletto Pelope che menava con lui vita stenta
te dal nome paterno Danaidi, o Belidi da quello dell’avo ; ed Egitto, suo fratello e re d’Egitto, aveva cinquanta figli, e
è dipinto nell’atto di rapire Proserpina (53), recandola svenuta nel suo carro tirato da cavalli neri. Nell’Inferno siede
ua famiglia, e viva sempre più lieto e sicuro quanto meno è pingue il suo scrigno ? Ora gettate uno sguardo sopra gl’ingord
mione, e da Rea-Silvia sacerdotessa di Vesta, Romolo e Remo. Un altro suo figlio chiamato Ascalafo rimase estinto nell’asse
a cosa più utile per una città. Allora Nettuno, battendo la terra col suo tridente, ne fece sbucar fuori un ardimentoso des
avea d’intorno La greggia a’ piedi, e la zampogna al collo, Quella il suo amore e questa il suo trastullo Ond’orbo allegger
gia a’ piedi, e la zampogna al collo, Quella il suo amore e questa il suo trastullo Ond’orbo alleggeriva il duolo in parte.
un scoglio. Galatea trafitta da immenso dolore, cangiò il sangue del suo diletto in un fiume di Sicilia, che porta quel no
mo un tiranno violento, che a guisa dei signorotti del Medio-Evo, dal suo monte o dal suo castello usava la forza contro i
olento, che a guisa dei signorotti del Medio-Evo, dal suo monte o dal suo castello usava la forza contro i deboli per assog
(mneme, memoria, gr.) figlia di Celo (25) e della Terra (25) ; e dal suo matrimonio con lei nacquero le nove Muse. Abitaro
rollando le dighe, entro la scura Eternità rimbomba, e paurosa Fa del suo regno dubitar Natura. 277. Le Muse sono rapprese
lto e ignorante, nemico delle belle arti e delle lettere, scacciò dal suo regno i dotti e i filosofi, distrusse le bibliote
parmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla di suo , come suole chi pretende troppo dagli altri. Scel
toltamente beffarli. 283. Biasimò Nettuno (185), perchè modellando il suo toro non gli aveva messo le corna davanti gli occ
, la rilassatezza delle membra, la sazietà, la noia sono espresse nel suo contegno ; e dà bene a conoscere quanto sia miser
della guerra, fu sorella di Marte (255). Ella attaccava i cavalli al suo carro quand’ei s’apparecchiava alle pugne. La dip
espir, E videsi perir — con egual sorte. (Trad. del Borghi.) 291. Il suo culto fondato prima in Epidauro, città del Pelopo
forma d’animali al tempo della guerra dei Giganti. 295. Per lo più il suo aspetto è deforme, poichè ha la faccia soverchiam
rcali dal nome di una grotta presso alla quale era stato costruito il suo tempio. Credevasi che fosse la stessa grotta ove
Siringa (syrinx, canna, gr.), ninfa d’Arcadia ; ma ella atterrita dal suo aspetto deforme si dette a fuggirlo, e il fiume L
errita dal suo aspetto deforme si dette a fuggirlo, e il fiume Ladone suo padre la trasformò in canna ; ed ecco che il verd
azione divina, e prediceva ai suoi contemporanei il futuro. Quindi il suo nome fu dato a tutte le donne che pretendevano d’
ramo di pino. Le feste Lupercali (296) erano celebrate anche in onor suo . 303. Il nome di Silvani, appartenente ai figliuo
i intorno a ciò che dovessero farne, ordinarono che fosse lasciata al suo posto nel Campidoglio. Ed i Romani pigliando ques
n solamente nei templi, ma più di tutto sui confini dei campi, ove il suo simulacro veniva sempre coperto di fiori. Il teme
he nel mese di maggio, o, secondo altri, d’aprile celebravano in onor suo le feste dette Palilie. La cerimonia consisteva n
dei frutti nascenti, finchè Pomona (311) non vien da sè a regnare nel suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piante, e
è Pomona (311) non vien da sè a regnare nel suo impero : Era diletto suo , di peregrine Piante, e di fiori in suolo estrane
ello amenissimo, posto innanzi alla bocca della grotta, lo teneva col suo nutrimento sempre erboso, e per lo più tempo fior
i ebbero pietà di Narciso, e lo cangiarono in quel fiore che porta il suo nome. 323. Aretusa, ninfa e seguace di Diana (137
enio tutelare. 330. Era dunque naturale che anche ogni uomo avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azion
genio cattivo che li tentava a commettere il male. Quindi ognuno nel suo giorno natalizio sacrificava al proprio Genio, of
ratore regnante, di dove, appena morto, la trasferivano in quello del suo successore. L’adoravano anche sotto i titoli di C
ile dell’amore ; ma quale sovrana dei mortali non volle sottoporre il suo cuore, se non che al supremo dei Numi che la fece
ile, o non fuggire, gr.), Ancaria (formidabile), e Ramnusia perchè il suo più celebre tempio fu situato sopra un’eminenza p
esso la pena segue tosto il delitto. Gli Ateniesi istituirono in onor suo le feste Nemesie, solennità funebre, perchè crede
a il cuore e la lingua degli uomini onesti e dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abita
acendola messaggéra di Giove (63). Degnamente celebra il Petrarca nel suo Trionfo la buona Fama : Quale in sul giorno l’am
seno un rettile mostruoso che la divora continuamente e le infonde il suo veleno ; sempre agitata dall’ inquietudine, non r
l minimo strepito si rizza ; la sua veste, di color cangiante come il suo cuore, ondula sul petto agitato, e le ali a’ pied
ne di questa maligna divinità. « Dipinse egli nella destra banda (del suo quadro) a sedere un uomo con orecchie lunghissime
colonna, e impugna con la sinistra un ramo di quercia. Il leone è il suo più comune attributo. La pace. 347. In
to di godere ai mortali. La Pace ebbe are, culto e statue in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra era il più grande ed
inito da Vespasiano, e accolse le spoglie che questo imperatore ed il suo figliuolo recarono dal tempio di Gerusalemme. La
sulla terrestre mole Dalle celesti lucide contrade, Per dissipar col suo divin fulgore La cieca nebbia dell’umano errore.
che sotto di esse possono ricovrarsi gli uomini ; e candidissimo è il suo manto per simbolo di purità. Impugna l’asta, il b
ntinue lotte e nella vittoria, e della ricompènsa che le è dovuta. Il suo trono è un cubo di marmo per denotare la persever
tà, la fortezza della vera virtù. Chi non si sentirebbe infiammato al suo culto ? Bene si addicono alla severa e modesta De
ltre il lato sinistro aperto, e con l’indice della destra scopriva il suo cuore, nel cui mezzo erano scritte queste parole 
in una torre di metallo, perchè l’oracolo aveva predetto che un dì il suo nipote gli avrebbe tolto corona e vita. Ma Giove
a gli Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva gli prestò il suo scudo lucido come specchio, Mercurio le sue ali e
di Medusa. Così il gigante fu trasformato nella montagna che porta il suo nome, e Perseo potè impossessarsi dei pregiati fr
di bellezza con Giunone e con le Nereidi (316). Perseo dall’alto del suo aereo viaggio scòrse la giovinetta, il mostro che
nne conquistarla con altre prove di valore, e combattere contro Fineo suo pretendente, che alla testa di molti armati accor
er rimetterlo sul trono, dal quale era stato scacciato da Preto (462) suo fratello ; ed uccise l’usurpatore. Ma poco dopo g
ole. E qui convien rammentare come la prima giovinezza d’Ercole ed il suo accingersi a tali imprese, abbia somministrato a’
, non la potè prendere che dopo un intero anno di caccia, e l’ebbe in suo potere al varco del fiume Ladone. Allora se la re
edendo di non poter bastare egli solo a tanta impresa, si unì a Teseo suo prode amico. 376. Due sfacciati tiranni, Diomede
incatenare il Cerbero (226), e potè così liberare da tanto rischio il suo emulo. 384. Giunto a buon fine delle dodici fatic
ella Grecia andavan lieti d’aver vista qualche maravigliosa prova del suo valore. Ci contenteremo di citare le più note. 38
inferno tra’Centauri nel cerchio dei violenti, narra in altro modo il suo gastigo : …………Questi è Caco, Che sotto ’l sasso
88. La mano d’Alceste figlia di Pelia fu ambita da molti principi ; e suo padre, per liberarsi dall’importunità di tante di
iversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio tutelare, e questi gli procacciò un leone e u
ude ; Pronta (son certa), ove il sapesse, a darsi Vittima a Stige del suo figlio in vece : Ma tu poi, di’, tu che sol vivi
o in vece : Ma tu poi, di’, tu che sol vivi in essa, Dimmi, in un col suo vivere non fòra Tronco all’istante il tuo ? Dunqu
parve il Centauro Nesso, e gli propose di tragittar Dejanira sopra il suo dorso. Ercole accettò il favore, e fu il primo a
i morire, volle vendicarsi ; e donò a Dejanira una tonaca bagnata col suo sangue, facendole credere che se Ercole volesse m
Questo Eroe spesso è chiamato Alcide, ossia figlio d’ Alceo, che era suo avo materno. Ebbe il nome d’ Ercole dopo avere st
re di Creta, com’ egli fosse discendente di Nettuno, gettò in mare il suo anello, poi si tuffò nelle onde, e ne lo ritrasse
dal Peloponneso per tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la
degno ; e poichè la gloria e le virtù d’ Ercole (364) infiammavano il suo coraggio, si propose d’ imitarne le gesta, e perc
Poichè Teseo fu dichiarato erede del trono, dette maggiori prove del suo coraggio, trucidando un gran numero di scellerati
he faceva della sua forza. 414. Teseo, vinti questi tiranni, volse il suo valore contro i mostri, ed ebbe tosto la gloria d
iana (137) contro gli Etolj per punirli d’ aver tenuto in non cale il suo culto. Finalmente fece perire il Minotauro, mostr
toria narra che fu loro imposto da Minosse per vendicare la morte del suo figlio Androgeo ucciso da alcuni giovani ateniesi
l giovine temerario, precipitato nelle onde, vi s’ annegò, e dette il suo nome a quel mare : 87 …. Quando Icaro misero le
e preso dalla disperazione, si gettò in mare. Gli Ateniesi dettero il suo nome a quel mare (il mare Egeo) che oggi è detto
rese la primiera sua vita cercando nuove occasioni di render utile il suo valore. 429. Piritoo, figlio d’ Issione e della
. Già con medica mano Quel Centauro ingegnoso Rendea feroce e sano Il suo alunno famoso ; Ma, non men che alla salma, Porge
che alla salma, Porgea vigore all’ alma. (parini. L’ Educazione.) Il suo nome, derivante dal greco chéir, che vuol dir man
eva promesso d’ esaudire tre dei suoi voti. Ippolito, salito sopra il suo carro, abbandonava mestamenteTrezene, quand’ ecco
aurita dallo strepito delle onde, vacillò e cadde in mare, e diede il suo nome all’ Ellesponto, ora stretto dei Dardanelli.
astore e Polluce, Ercole che non potè continuare il viaggio perchè il suo peso faceva pericolare il vascello, Peleo padre d
leagro, Esculapio ec. Ognuno dei principali tra questi prodi aveva il suo ufficio. Tifi stava al timone ; Linceo, di vista
egli Dei, gli dette in moglie la sua figliuola Filonoe, e lo dichiarò suo successore. Stenobea tormentata dai rimorsi prese
destriero, che lo precipitò sulla terra, e così l’ eroe fu punito del suo orgoglio. Tuttavia, secondo alcuni, risplende col
per sempre. 471. Allora, preso da disperazione, andò a nascondere il suo dolore sul monte Rodope. Le Baccanti (153) tentar
nnero la sua spoglia ; ma ne era vietato l’accesso alle donne. Quindi suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira
egli ne fu sconsolato, e ricorse a sua madre. Cirene, impietosita dal suo dolore, gli consigliò d’andare a consultar Proteo
consigliò d’andare a consultar Proteo (195). 476. Il Nume, secondo il suo solito, si trasformò prima in serpente, poi in ti
), e visse lungo tempo alla corte di Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno era largamente ricompensato. Un giorno, m
tratto dal dolce suono teneva dietro alla nave, guizza a raccorlo sul suo dosso, e lo reca fino al capo Tenaro in Laconia,
tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che era già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente risposero ch’egli er
era in Italia a godere i favori della fortuna e gli omaggi dovuti al suo merito. A queste parole Arione comparisce al loro
riva. Ulisse, per eternarne la memoria, fece scolpire un delfino sul suo scudo. Anfione. 481. Anfione discendeva d
sta notizia, volle vederlo ; e siccome non aveva figli, lo adottò per suo , e lo fece regalmente educare. 494. Divenuto gran
educare. 494. Divenuto grande, edipo consultò l’oracolo intorno al suo destino, e n’ebbe in risposta ch’egli era nato pe
e poi era destinata a perire appena avesse trovato lo scioglitore del suo enimma. 499. Edipo, mosso dalla ricompensa e dall
ia di Laio. 502. Dopo molte ricerche, edipo stesso conobbe l’esser suo da chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e s
ti riportandone quei versi che dimostrano la tenerezza d’Antigone per suo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando alle sve
perse sotto i piedi, ma senza violenza, per nascondere quetamente nel suo seno la vittima d’una tremenda persecuzione celes
medonte, l’indovino Anfiarao (662) che fu inghiottito dalla terra, il suo figlio Alcmeone, e Partenopeo. 93 Sono conosciuti
i quel re. 512. Ma siccome un oracolo aveva predetto ad Enomao che il suo genero gli avrebbe tolto il regno, così egli cond
allora sposò Ippodamia, prese gli stati della moglie, e diede loro il suo nome, chiamandoli Pelopponneso, che è la moderna
6. Tieste ebbe a figliuolo un Egisto, che si rese più empio del padre suo per vendicarlo. A suo tempo il giovine lettore co
uolo un Egisto, che si rese più empio del padre suo per vendicarlo. A suo tempo il giovine lettore conoscerà meglio questi
edonte e Priamo, acquistò possanza e splendore ; e tre secoli dopo il suo nascimento era già la più celebre città dell’univ
la di Laomedonte ; ma Priamo, il successor di questo re, spedì Paride suo figlio a riprendere Esione. Paride, chiamato anch
otesse sempre i suoi diletti Trojani, e talora trasse anche Giove nel suo partito. Gli stessi due fiumi della campagna di T
aveva il supremo comando di tutte le milizie greche ; Menelao (528), suo fratello ; Achille (536), Patroclo amico suo, e P
greche ; Menelao (528), suo fratello ; Achille (536), Patroclo amico suo , e Pirro suo figliuolo (543) ; i due Ajaci (561),
elao (528), suo fratello ; Achille (536), Patroclo amico suo, e Pirro suo figliuolo (543) ; i due Ajaci (561), Diomede (550
mennone, dopo essere stato spogliato del trono d’Argo da Tiesle (514) suo zio, si rifugiò alla corte di Tindaro (441) re di
mennone, adoperando le arti della perfida ipocrisia, dispose in favor suo l’animo di Clitennestra, si fece partigiani in Ar
i fece partigiani in Argo, e tese tante insidie ad Agamennone, che al suo ritorno fu tradito dalla moglie, ed ucciso nella
dalle insidie, e di mandarlo segretamente a Strofio re della Focide e suo parente. Dopo dodici anni d’assenza, Oreste tornò
anno ; e, non senza grave pericolo, con l’aiuto d’Elettra e di Pilade suo amico, potè finalmente assalire Egisto ed uccider
le, che le furie d’ Oreste (232) sono passate in proverbio, e il nome suo svegliò orrore nei posteri. Consultato l’oracolo
rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade suo costante amico nella sventura. Ma Oreste fu arres
nata fra lui ed Agamennone privò lungo tempo i Greci dell’ aiuto del suo valore. 539. Agamennone aveva fatto prigioniera C
i Greci. Achille propose di placar l’ira d’Apollo rendendo Criseide a suo padre ; e il supremo comandante de’Greci fu obbli
nto di questo, inferocì nello stesso cadavere trascinandolo dietro il suo carro per tre volte intorno alle mura di Troja e
i vincere da molle affetto, finchè la patria avesse avuto bisogno del suo valore. Ma egli, avendo conosciuto in tempo di tr
sso la riva del Chersoneso. 542. Quando Teti ebbe saputa la morte del suo figliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnat
536) e di Deidamia (537), fu educato alla corte del re Licomede (439) suo avo materno ; e dopo la morte d’Achille, rammenta
e tornare in Grecia, forse per non rivedere i luoghi dov’era morto il suo amico ; e unitosi ad una schiera di Tessali andò
di tanta audacia, mise tale scompiglio nella casa di Diomede, che al suo ritorno non potendo più vivere in pace con Egiale
o troiano fu questo Protesilao, e ben meritava che Omero eternasse il suo nome, perchè l’ oracolo aveva predetto una morte
imo a comparirgli davanti… Lo sciagurato padre voleva esser fedele al suo voto ! 560. Ma i Cretesi inorriditi da tanta barb
a eloquenza sedusse i giudici a segno che proferiron sentenza a favor suo . 565. Ajace fu tanto sdegnato di questa parzialit
imile al giacinto, sul quale paiono impresse le due prime lettere del suo nome A J. Anche Giacinto fu trasformato nello ste
mato nello stesso fiore, e suol dirsi che le due lettere esprimano il suo ultimo sospiro. I Greci eressero un magnifico mon
rito queste parole, che Nettuno (185) sdegnato, franse lo scoglio col suo tridente, e lo fece sprofondare nei flutti. U
rono tutti dalla caverna, passando fra le gambe del gigante mentre il suo gregge usciva alla pastura. 574. Di Sicilia pass
ntro da Nettuno che volle punirlo per aver tolto la vista al figliuol suo Polifemo. Allora vide sfasciarsi e perire con tut
ica rimane imperterrita, ed egli se le trascina a’piedi implorando il suo aiuto. Nausica impietosita chiama le sue compagne
a sua moglie, si prostrò alle loro ginocchia aspettando con umiltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con fraterna benevolen
ti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristabilito così nel suo regno, sarebbe stato felice senza la predizione d
ventura si disponeva a vivere solitario, quand’ ecco arrivar Telegono suo figliuolo per visitarlo. Le guardie lo respingeva
armata trojana. Priamo. 587. Priamo re di Troja successe a suo padre Laomedonte (106) ; rifabbricò la città ruin
trista, misera e cattiva, 116 Poscia che vide Polissena morta, E del suo Polidoro in su la riva Si fu del mar la dolorosa
olendo rattenere i progressi del vincitore, indossò le armi d’Achille suo amico, respinse i Trojani, e sfidò Ettore a singo
Alla vista del tremendo guerriero chiedente ad alle grida la vita del suo nemico, Ecuba e Priamo tremano pei giorni del lor
ile, riman solo fuori della città assediata per aspettare impavido il suo rivale : Ed ecco Achille avvicinarsi, al truce D
trave ; come viva fiamma, O come disco di nascente sole, Balenava il suo scudo. Il riconobbe Ettore, e freddo corsegli per
e d’accordi, perchè a placare l’ombra di Patroclo è poca la morte del suo uccisore. Gli eroi si scagliano contro le loro as
a morte il nemico nel collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al suo cocchio : ……. Sul carro indi salito Con l’elevat
i conforta, e spera Ad ogn’istante riveder tornato Da Troja il figlio suo diletto. Ed io, Miserrimo ! io che a tanti e valo
rizzò dal seggio, E colla destra sollevò il cadente Veglio, il bianco suo crin commiserando Ed il mento canuto. (Omero, Ve
e volle ristorarlo di cibo e di riposo, mentre le ancelle, per ordine suo lavavano il cadavere d’Ettore, e lo involgevano i
caduta della patria, ad essere schiava del figliuolo dell’uccisore di suo marito (545), che la condusse in Epiro, e l’obbli
ente della sua vita, perchè non potè mai consolarsi della perdita del suo caro Ettore, nè di quella dell’innocente Astianat
nte Ida ad essere giudicate da Paride. Ognuna d’esse pose in opera il suo potere per ottener favorevole la sentenza : Giuno
Quantunque Enone avesse a dolersi di lui, nonostante adoperò tutto il suo sapere a guarirlo ; ma ogni sforzo fu inutile, po
de alle sue predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina di Priamo suo padre, di Paride e della città, la rinchiusero in
ersuasi della verità de’suoi detti, lanciò nei fianchi del cavallo il suo giavellotto, e udissi tosto il cupo rimbombo e lo
, e due nel collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte Entro al suo capo fieramente infisse, Gli addentarono il tesch
sciando e zufolando al sommo ascesero, E nel tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’piè di lei si raggrupparo. (Vi
609. Nella notte dell’eccidio di Troja dette le più alte prove del suo valore ; ma debole troppo per resistere a tanti v
e, e gli disse che Cibele (40) l’aveva seco rapita per consacrarla al suo culto. 610. Enea potè costruire una flotta di ven
i alle crudeltà del fratello Pigmalione, che aveva assassinato Sicheo suo marito per possederne le ricchezze. Approdata all
penetrò nell’inferno, e vide nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quel
0), secondo quello che racconta la favola. 616. Succedette ad Enea il suo figlio Ascanio, che fabbricò la città d’Alba-lung
 ; e dalla pelle del bove che aveva ucciso nacque Orione, celebre pel suo grande amore all’astronomia che gli fu insegnata
nei Campi Elisi. 619. Orione era inoltre uno dei più belli uomini del suo tempo, ed aveva la statura sì appariscente, che n
eagro, ferì a morte gli zii. 628. Altea, non dando più ascolto che al suo furore, si dimenticò d’esser madre, e lanciò tra
rondinella ; Tereo che le inseguiva fu trasformato in upupa ; ed Iti suo figlio, vittima innocente degli altrui delitti, i
! la felicità di Pigmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore al suo ingegno della più bella e della più virtuosa dell
Piramo et Tisbe. 644. Piramo giovine assiro è divenuto celebre pel suo amore per Tisbe che era la più bella tra le giova
spinta da terrore si dette a fuga tanto precipitosa, che perdette il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò,
scomparve nel profondo abisso. Pochi giorni dopo le onde trassero il suo cadavere sotto quella medesima torre di dove Ero,
ssaglia vicino al Parnaso, quando sopravvenne il diluvio che porta il suo nome. 648. Giove (63), sdegnato della perversità
giovinetto vermiglio e fresco siccome i fiori ch’egli accarezza ; il suo colorito è rosso virgineo al par di quello della
dei fragili tesori che abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani gli Aquil
Ancor giovinetto si smarrì col gregge lungi da una casa campestre di suo padre ; e venuta la notte si ricoverò in una cave
ritrovare la casa paterna, e nessuno seppe riconoscerlo, meno che il suo fratello minore che era già vecchio, ed al quale
ci furono Tiresia, Anfiarao e Calcante. 660. Tiresia vantava l’esser suo da uno di quei guerrieri nati dai denti del serpe
u’ io ;128 Onde un poco mi piace che mi ascolte. Poscia che ’l padre suo di vita uscio. E venne serva la città di Baco,129
io umano, Ristette co’suoi servi a far sue arti, E visse, e vi lasciò suo corpo vano. Gli uomini poi, che ’ntorno erano spa
Giove per consolarlo fecelo diventare uno dei più grandi indovini del suo tempo, e ne prolungò la vita oltre cinque secoli.
pri Gli trescavano attorno, e i capri e i cervi, Che non più il dardo suo dritto fischiava ; Però che la divina ira di Pall
moglie, sedotta dal donativo d’una collana, svelò a Polinice (505) il suo nascondiglio. Anfiarao costretto a partire vide a
irlo della sua presunzione lo fulminò, e la terra inghiottì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra gli Dei ;
. I capitani non facevano alcuna cosa di rilievo senza prima udire il suo parere ; e con Agamennone (527) e con Ulisse (568
rezza verso il palazzo di Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo cospetto, gli mostrò nove manoscritti, dicendo :
i sabbia le restava da vivere altri tre secoli. Dopo il qual tempo il suo corpo consumato dalla vecchiezza doveva struggers
ersiani ; e soccombendo egli stesso, la medesima sorte era serbata al suo . Quando la Pitia disse a Nerone : diffida dei set
i, egli credè di dover morire in quell’età avanzata ; ma non pensò al suo luogotenente Galba che aveva settantatrè anni, e
tato il pitio trionfo col carro, volle che fosse pubblicato vincitore suo padre. Pindaro celebra con una bella ode139 quest
fio. Milone di Crotone nel Brutium (Abruzzi) superò tutti quelli del suo tempo. Era stato visto mettersi sulle spalle un t
mentatosi dell’antica sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quello di prima. L’albero ape
varne le mani, e gli toccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante, suo emulo ed amico, il quale da fanciullo, dicono, av
ndo l’altro di minimo spazio, quando quegli ch’era di mezzo crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gli altri, che erano a
rappresentare Ercole. Faone, senza ritardo, gettò animosamente ad un suo satellite il succinto sajo, sciogliendone al pett
argando le gambe spiccò un salto, per cui rimase di nuovo a tergo del suo deluso competitore. Questi, feroce anzichè artifi
to con noi, se pia la terra Che lo raccolse infante e lo nutriva, Nel suo grembo materno ultimo asilo Porgendo, sacre le r
urati Suoi genitori di cordoglio oppressi ; Così dando alle fiamme il suo compagno, Geme il Pelide, e crebri alti sospiri T
addotti Per onorar le sue ceneri sante, Onoriamle, adoriamle ; e dal suo Nume Imploriamo devoti amici i venti, E stabil se
a, al cesto, a l’arco. Ognun vi si prepari : ognun ne speri Degna del suo valor mercede e palma. E voi datevi assenso, e tu
senso, e tutti insieme V’inghirlandate ; e ciò dicendo, il primo Del suo mirto materno il crin si cinse. Elimo lo segui, s
no d’ Ettore : Non s’intermise di Miseno intanto Condur l’esequie al suo cenere estremo ; E primamente la gran pira estrut
i, Li purgò tutti, e ’l vale ultimo disse. Oltre a ciò fece Enea per suo sepolcro Ergere un’alta e sontuosa mole, E l’armi
per consigliere, Ercole (364) per generale, e per ministro Argo (89) suo fratello, il quale per sapere tutto ciò che accad
persuasione, di quello che con le armi. 698. Nella sua assenza Tifone suo fratello aveva tentato d’usurpargli il trono. Osi
oracolo ; la risposta era favorevole quando accettava le offerte ; ma suo rifiutarle passava per cattivo augurio. Talora lo
le è attribuito quell’istrumento per isferzare i cavalli attaccati al suo carro. Talora comparisce in figura d’uomo con la
stito di corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nell’altra. Il suo culto fu sempre associato a quello d’Iside e d’ O
nù trasformato in maiale vinse il gigante ; riportò la terra sopra il suo grifo, e la collocò nel primiero suo posto. Le al
ante ; riportò la terra sopra il suo grifo, e la collocò nel primiero suo posto. Le altre metamorfosi di questo Dio son del
vano rendersi favorevole questo Nume con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e il più sanguinoso. 7
on l’hanno veduto mai, lo riguardano qual Dio sconosciuto. Per ordine suo venne dal settentrione un uomo straordinario chia
dinario chiamato Scioun che avea corpo senz’ossa e senza muscoli : al suo passare si abbassavan le montagne, colmavansi le
simbolo dello stato d’ innocenza dell’ uomo innanzi il peccato, e del suo successivo corrompimento. 10. Saturno cacciato d
secondo essi, restò sommerso nelle acque dell’Oceano cho porta óra il suo nome, trovano nella favola dei Titani o dei Gigan
ce) e le loro sorelle. La bellezza di Leda e il candido e ben tornito suo collo la fecero paragonare ad un cigno, e la poes
lia. D’allora in poi Trofonio fu tenuto per figliuolo d’Apollo, ed il suo antro diventò uno dei più celebri oracoli della G
i Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni fanno derivare il suo nome dalla parola merces, mercium. 34. Di qui i
raccomandò anche ad Apollo perchè le insegnasse una via a mederare il suo dolore ; e queste Dio le conaigliò il salto di Le
Romani avevano Io Dio della buona fede, col nome di Fidius (Dius). Il suo nome serviva di giuramento, e dicevano : Me Dius
l fiume. La metamorfosi d’Acheloo in serpente indica le sinuosità del suo corso, e quella in toro i danni cagionati dai suo
st’isola, oggidì chiamala di Metelina, ò celebre per la fertilità del suo territorio, per i suoi vini squisiti, e per esser
ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto che era la caosa di
nche i esdaveri dei figliuoli, cadde svenuta, ma non potè morire ! Il suo tamperamento robusto resistè ai miasmi pestiferi
a lutto, pallida, abbattuta ella usci di Tebe, e ritornò nella Lidia suo paese natio per abbandonarvisi liberamente al dol
6 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
ndo Jason vider fatto bifolco. » Medea per altro avea preveduto che suo padre Eeta li avrebbe fatti inseguire, e perciò c
ciò condusse seco come in ostaggio per qualunque più tristo evento il suo piccolo fratello Absirto ; e quando vide che il p
o Absirto e ne gettò le membra sparse sulla via per cui passar doveva suo padre, affinchè questo ferale spettacolo lo ritar
- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più si r
i Eroi, varcava su quella incogniti mari. Ma un giorno, come volle il suo fato funesto, dalla nave sconquassata nel lungo v
creduti inesorabili, a rendergli la sua sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagnato dal suono della sua cetra, che
ro per altro una condizione (sic erat in fatis), che precedendola nel suo ritorno non si voltasse mai a guardarla, finchè n
sotto il nome di fatiche d’Ercole, ed imposte ad esso dal re Euristeo suo cugino ; ma però molte altre ancora ne compiè spo
luder meglio, fattosi recare in cielo il piccolo Ercole gli diede del suo proprio latte, che però al pargoletto Eroe non pi
quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra gli Dei nel Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles, che in quella lingua s
es che noi traduciamo per Ercole. Chiamavasi anche Alcide, o dall’avo suo Alceo, come asserisce Erodoto, o da un greco voca
i, il solo che sia a disdoro di quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro di musica chiamato Lino, gli ruppe la tes
i tolse l’irsuto vello, che portò sempre in dosso per manto e come il suo primo trofeo di gloria. Questi due distintivi, la
il cui veleno era letale. Ercole fu costretto a chiamare in aiuto il suo servo o amico Jolao che lo schermisse dalle offes
n pensarono che questa stessa Amazzone fu data da Ercole in moglie al suo amico Teseo, e ne nacque Ippolito tanto celebrato
Mostri peggiori delle fiere crudeli sono i tiranni ; ed Ercole da par suo non li risparmia. Seppe che Diomede re dei Biston
sa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavasi di straziare i popoli, e
n più volentieri che alle altre, perchè trattavasi di liberar l’amico suo Teseo, il quale per secondare il suo inseparabile
hè trattavasi di liberar l’amico suo Teseo, il quale per secondare il suo inseparabile Piritoo si unì ad esso nella folle i
li tira ; ma l’irresistibil forza del braccio d’Ercole lo trascinava suo malgrado, facendogli rimaner pelato il mento e il
le Egizio fu insuperabile, mentre che lo aspettò dentro a’confini del suo regno ; ma come e’ se ne discostò per astuzia di
, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni di ferro fattigli da suo padre. Di là scendeva a rubare ed uccidere ; e il
Centauro Nesso si offrì di passar Deianira all’altra riva sull’equino suo dorso ; ma appena l’ebbe in groppa tentò di rapir
veste insanguinata sarebbe un talismano per conservarle l’affetto di suo marito. E infatti quella veste o camicia di Nesso
le carni da occulto fuoco : il veleno dell’Idra cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quel
ogli però di sotterrarle e di non manifestarne il luogo ad alcuno. Il suo corpo fu ridotto in cenere dalle fiamme ; il suo
luogo ad alcuno. Il suo corpo fu ridotto in cenere dalle fiamme ; il suo spirito fu accolto in Cielo come Indigete Dio, ed
protettori della navigazione ; e perciò Orazio li invoca propizii al suo amico Virgilio che andava per mare nell’Attica. E
alberi dei bastimenti dopo la tempesta. Le rammenta anche il Redi nel suo Ditirambo Bacco in Toscana : « Allegrezza, alleg
Polluce « Fossero in compagnia di quello specchio « Che su e giù del suo lume conduce100 « Tu vedresti il Zodiaco rubecch
oppo tutte le stravaganze della regina Pasifae, fu chiuso insieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli trovò
assici antichi encomiano tanto l’ingegno inventivo di Dedalo, che del suo nome formarono un aggettivo che significa mirabil
l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo nipote Perdice che dimostrava con nuove invenzion
lio quando fosse adulto ; al qual segnale lo avrebbe riconosciuto per suo . Questo figlio fu chiamato Teseo ; il quale nel c
rame ; Teseo lo uccise, e presa quella clava la portò sempre come il suo primo trofeo, a imitazione di quel che fece Ercol
a terra tutte le imbandite vivande, ed abbracciando Teseo lo dichiarò suo figlio. Medea prestamente fuggì e andò altrove a
uto di sangue a Minosse. Il giovane Eroe, come erede del trono, credè suo dovere di liberare il suo popolo da questo vergog
l giovane Eroe, come erede del trono, credè suo dovere di liberare il suo popolo da questo vergognoso tributo, o morire. Vo
rno avanti i funebri giuochi che Minosse faceva celebrare in onor del suo estinto figlio Androgeo ; compiuti i quali, chiud
egli a quei giuochi ; e destò ammirazione in tutti gli spettatori col suo avvenente e nobile aspetto, e più per la destrezz
ice il perchè Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo nel capo di coloro co’quali s’incontrava, mandava
raccontano ancora diverse imprese di Teseo compiute in compagnia del suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima di tutto c
oro amicizia. Piritoo re dei Làpiti sentendo tanto encomiar Teseo pel suo valore, e non stimandosi inferiore ad esso, lo sf
o alla festa nuziale ; e fu utile assai la sua presenza e l’opera del suo forte braccio per impedir che all’amico fosse tol
e per non farsene micidiale egli stesso, ottenne da Nettuno (creduto suo padre) che punisse Ippolito. Lo stesso Cicerone r
perire appena nato ; il secondo, che non ostante non potè sfuggire il suo destino, e fu ucciso dal figlio miracolosamente s
oso pastore, che lo prese e lo portò alla sua capanna e lo tenne come suo figlio, chiamandolo Edipo, che significa piede go
accorse o seppe che il pastor Forba (o secondo altri Polibo) non era suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi genit
ngolatrice. Era però voler del destino che se qualcuno indovinasse il suo enigma, sarebbe toccato ad essa a morire. Edipo p
 ; « Tre n’ha poi vecchio, contando il bastone. » La Sfinge, com’era suo fato, si precipitò dalla rupe del monte Citerone,
parricida, e che Giocasta era sua madre. Allora inorridito di questo suo perverso destino, esclamò, come dice Sofocle : 0
sposò la figlia Argia, e così impegnò anche di più quel re, divenuto suo suocero, ad aiutarlo a ricuperare il regno. La gu
ita fingendo di volersi riconciliare col fratello, ma furente in cuor suo di lasciarlo in vita vincitore e re, chiese di ab
sendo invaghito di Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà di suo padre, si uccise per disperazione. Anche Ismene v
ratello ; e vi mandò per ambasciatore plenipotenziario Tideo, l’altro suo genero. Bisogna credere che Adrasto non conoscess
o. Bisogna credere che Adrasto non conoscesse bene l’indole di questo suo genero, affidandogli una sì delicata missione, po
vo arditissimo, che primo inventò di dar la scalata alle fortezze. Al suo ardire univa un insolente ed empio disprezzo per
nto iv del Paradiso : « Come Alcmeone che di ciò pregato « Dal padre suo , la propria madre spense, « Per non perder pietà
e fu Tantalo condannato alle pene del Tartaro per avere ucciso questo suo figlio, e imbanditene le carni per cibo alla mens
one del regno fu così fortunato e divenne tanto potente che estese il suo dominio su tutta quella penisola della Grecia che
aggiungono che in quel giorno il Sole inorridito ritornò indietro dal suo corso. All’opposto la plebe antica dilettavasi di
rre prima di tutto di dover dire che Egisto uccise a tradimento Atreo suo zio, e quindi con Tieste suo padre s’impadronì de
ire che Egisto uccise a tradimento Atreo suo zio, e quindi con Tieste suo padre s’impadronì del regno di Micene e ne cacciò
osapia di Achille deriva da Giove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio di Giove e di Egina. Eaco nacque i
Achille. La madre, come Dea, sapeva già dal libro del Fato che questo suo figlio sarebbe un fulmine di guerra ; quindi per
di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente per le stampe nel suo libro intitolato Antichità Troiane di essere stat
 » poichè anche Giulio Cesare dittatore discendeva dai Troiani, e il suo nome di Giulio derivava da quello di Giulo Ascani
, onde vennero i nomi di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò quello di Ilion (in italiano Ilio) all
onte, prese Esione liberata dal mostro e la diè per isposa a Telamone suo amico, e portò seco in ostaggio Podarce principe
co, e portò seco in ostaggio Podarce principe ereditario, che dopo il suo riscatto fu chiamato Priamo. Questo vocabolo, se
lità, si dimenticò di chiedere ad un tempo la perpetua giovinezza del suo sposo ; e perciò Titone invecchiò tanto che venne
lui come di Edipo, che fu trovato vivo da un pastore ed allevato come suo figlio sul monte Ida. Quivi egli crebbe ignaro de
taneamente Paride a Troia. Elena inoltre, per non andar senza dote al suo nuovo marito, portò via tutti i più preziosi teso
r proprio e nell’interesse, giurò vendetta e l’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone, di lui più potente e più ard
pazzo per non andare alla guerra e non lasciare la sua Penelope e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca scuoprì la finzion
errieri, fu questa che fece palese Achille ; il quale dimenticando il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e
lle ; il quale dimenticando il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e a quella diè di piglio, quando apposit
iso questo barbaro sacrifizio, soggiunge : « Onde pianse Ifigènia il suo bel volto « E fe’ pianger di sè i folli e i savi
ando di veder l’ombra del marito e poi morire, fu trovata estinta nel suo letto e fu detto che era morta dopo averlo veduto
ri ; e si aggiunge inoltre di quattro lettere dell’alfabeto greco. Il suo ingegno straordinario meritava però miglior sorte
Poi per compagno a questa guerra diemmi. « Infin ch’ei visse, e fu ‘l suo stato in fiore, « Fioriro anco i miei giorni ; e
Stati limitrofi. Telefo vinto in battaglia fu costretto a fuggir dal suo regno ; e per maggiore sciagura rimase colpito da
dell’Inferno : « Così od’io che soleva la lancia « D’Achille e del suo padre esser cagione « Prima di trista e poi di bu
amore alfine combatteo ; » ma nell’Inferno il fraudolento Ulisse col suo compagno Diomede circondati ambedue dalle fiamme 
na lunga serie di esse. Sebbene il titolo d’Iliade che diede Omero al suo poema, derivando da Ilio, appelli in generale all
campo greco, fu creduta una vendetta di Apollo per l’insulto fatto al suo sacerdote. Ciò disse l’indovino Calcante in pubbl
non più combatter per esso. E ritiratosi nelle sue navi con Patroclo suo inseparabile amico e coi suoi Mirmidoni non si op
inseparabile amico e coi suoi Mirmidoni non si oppose, benchè in cuor suo ne fremesse, a lasciar condur via dagli araldi ma
a straordinaria forza del braccio, e che il più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille
pì talmente Achille, che dopo aver con gemiti e con pianto sfogato il suo immenso affanno rivolse contro Ettore, per vendic
ebbe indossate si mischiò tra i combattenti spingendo furiosamente il suo cocchio in cerca dell’uccisore di Patroclo. Trova
o abbattè, l’uccise ; e spogliatolo delle armi e legatigli i piedi al suo carro, lo trascinò per tre volte nella polvere in
si che l’estinto amico dovesse esultar degli strazii del cadavere del suo uccisore. Compiuti poi solennemente i funebri ono
stringe a prender seco qualche cibo e bevanda, pietosamente piange al suo pianto, e gli accorda il corpo del suo figlio sen
evanda, pietosamente piange al suo pianto, e gli accorda il corpo del suo figlio senza alcun riscatto. Anzi per aver tempo
uti « Al domatore di cavalli Ettorre. » Anche Ugo Foscolo termina il suo celebre Carme sui Sepolcri con le lodi di quest’E
Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli era vulnerabile, e tagliatogli
greci li uccise tutti : quindi in un lucido intervallo accortosi del suo errore e della sua sventura intellettuale si tols
n figlio nato da Deidamia, e vivente anche allora alla corte dell’avo suo Licomede in Sciro : quindi andò ad invitarlo a re
o venuto alla guerra, il nuovo guerriero. Al tempo stesso Ulisse, al suo ritorno con Pirro, passò per l’isola di Lenno per
rasportato invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rendesser
ndessero solennemente i funebri onori. Dal rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degli uccelli di una nuova
ne animando quella statua tramandasse quei suoni per salutare il Sole suo avo quando la irradiava ; ed erano essi che penet
er prender la città di Troia è non solo di nuovo genere, ma unica nel suo genere. Omero dice che fu uno stratagemma, Virgil
…. l’edifizio « Del gran cavallo che d’inteste travi « Con Pallade al suo fianco Epeo costrusse, « E Ulisse penetrar feo ne
tornar sembiante « Fecero tal che se ne sparse il grido. « Dentro al suo cieco ventre e nelle grotte, « Che molte erano e
puto trovare il modo di persuader Menelao a riprenderla per moglie al suo ritorno in Grecia, come difatti avvenne. Anche di
he lo stesso Dante ha detto di lui : « Ch’ei fu dell’alma Roma e del suo impero « Nell’empireo Ciel per padre eletto. » D
a trista, misera e cattiva, « Poscia che vide Polissena morta « E del suo Polidoro in su la riva « Del mar si fu la doloros
ntarle in tele e in marmi ; ed anche il vivente scultore Pio Fedi col suo mirabil gruppo di quattro statue, chiamato volgar
na e la sostiene col braccio sinistro sollevata da terra e stretta al suo fianco, mentre colla destra alzando la spada mina
E qui finisce il racconto delle vicende che provò l’armata greca nel suo ritorno ; e resta solo a sapersi se questi reduci
itorno in patria. Nel tempo della sua più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figlio di Tieste continuando a nutrire l
o, ma poco dopo, presa e distrutta Troia, si disponeva a ritornar nel suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra figlia
re dei re scampato da mille pericoli, il giorno stesso che giunse nel suo regno e nella sua reggia, in mezzo alle finte acc
nto appena alla pubertà, essendo impaziente di ricuperare il trono di suo padre e vendicarne la morte, accompagnato dall’in
uo padre e vendicarne la morte, accompagnato dall’incomparabile amico suo Pilade, figlio di Strofio, ritornò nascostamente
Diana vit time umane, scelte tra i forestieri che vi approdavano nel suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invece di
ntrambi la libertà ed una parte del regno dell’Epiro che era divenuto suo , non si sa bene se per volontà della nazione, o p
fesa dei Tarentini. Il vecchio Nestore ritornato in Pilo sua patria e suo regno (sulle coste della Messenia nel Peloponneso
rriero dopo Achille, arrivò salvo in Argo, ma non volle ritornare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’a
ove sposò la figlia del re Dauno che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fondò la città di Arpi, e, secondo
o che parla più volte con gran lode del valore di Idomeneo, quanto al suo ritorno dice soltanto che « …………. in Creta « Rim
ne’loro alberghi « Fuor dell’orme sedeano e fuor dell’onde. « Sol dal suo regno e dalla casta donna « Rimanea lungi Ulisse.
sì che vi sarebbe stato bisogno quanto prima della sua presenza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una
rno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualche notizia di suo padre, partì segretamente da Itaca accompagnato d
esiderò da lunghi anni ; ma prima era andato sempre errando contro il suo desiderio e per necessità o forza maggiore. Chi s
che un’impresa propria di Ulisse. Infatti egli stesso così narra quel suo miracoloso viaggio : « Là dal crin crespo e dal
botto Antifate chiamava « Dalla pubblica piazza, il rinomato « Marito suo , che disegnò lor tosto « Morte barbara e orrenda.
gue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con gli occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender le branche, e due presi
i, vendicarsi dei Proci uccidendoli tutti, e poi viver tranquillo nel suo regno con la fida Penelope, il saggio figlio e il
llo nel suo regno con la fida Penelope, il saggio figlio e il vecchio suo padre Laerte (chè la madre Anticlèa era già morta
cchio suo padre Laerte (chè la madre Anticlèa era già morta prima del suo ritorno 141. Non tutti però gli antichi autori si
dominatrice del Mondo. Quindi Virgilio lo scelse per protagonista nel suo poema epico intitolato perciò appunto l’Eneide ;
appunto l’Eneide ; e Dante disse lui « Ch’ei fu dell’alma Roma e del suo Impero « Nell’empireo ciel per padre eletto. » M
e il titolo di Pio per aver salvato dall’incendio di Troia il vecchio suo padre Anchise portandolo sulle spalle e conducend
ie della Troade in cerca di nuove terre per fondarvi un regno ; e nel suo corso marittimo toccò, per quanto affermano i poe
nque prima di tutto sentirlo narrare da Virgilio stesso, o almeno dal suo classico traduttore : « ………….. Era nel lito « Un
dare da Enea un’ampia spiegazione, io qui la riporto colle parole del suo traduttore : « A cotal suon da dubbia tema oppre
n poco avante, « E colsi un ramoscel da un gran pruno ; « E ‘l tronco suo gridò : Perchè mi schiante ? « Da che fatto fu po
e credendo accettata stabilmente la sua offerta, stimò rafforzato il suo nuovo regno, e lasciò correr la fama che Enea fos
na perifrasi allusiva alla sepoltura che ivi diede Enea alla salma di suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un viag
 ; e così la rammenta nel descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri e gli Etrusci, e a Rom
di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima di suo padre Anchise. In questo sotterraneo viaggio son
lio stesso ne dà la spiegazione, qui la riporteremo con le parole del suo celebre traduttore A. Caro : « Nel secco lito in
estinto ; « Miseno, il figlio d’Eolo, che araldo « Era supremo, e col suo fiato solo « Possente a suscitar Marte e Bellona.
furon resi a Miseno, e termina dicendo : « Oltre a ciò fece Enea per suo sepolcro « Ergere un’alta e sontuosa mole, « E l’
l’ossa consecrate e’l nome « Nella famosa Esperia. Ebbe Caieta « Dal suo pietoso alunno esequie e lutto « E sepoltura alte
r di sua moglie la città di Lavinio, e che in appresso Ascanio figlio suo e di Creusa, fabbricò la città di Alba Lunga, cos
vino Tiresia, e da lui ottenne notizie sicure della sua famiglia, del suo regno e dei suoi futuri destini. Ebbe Tiresia una
umano « Ristette co’suoi servi a far sue arti, « E visse, e vi lasciò suo corpo vano. « Gli uomini poi che intorno erano s
ce in una elegia (Trist. iii, 9ª), che Medea uccise e fece a pezzi il suo fratello Absirto in quella regione, e che la citt
idetur mihi ostendere, quantum ille vir præstare potuerit, si ingenio suo temperare quam indulgere maluisset. » — E Ovidio
a i difetti, parla poi più volte con gran convinzione e sicurezza del suo valore tragico, come, per esempio, nei seguenti v
tifico dimostrata dal celebre nostro marchigiano Alberigo Gentile nel suo trattato De Jure Belli e nell’altro De Legationib
ì stolto Ritrovar puoi lo gran duca de’Greci, Onde pianse Ifigenia il suo bel volto ; ecc. » 116. Dante ammette che Ip
r le calunnie della sua matrigna Fedra ; ed egli facendosi predire il suo esilio, assomiglia sè stesso all’innocente figlio
all’innocente figlio di Teseo. La predizione è posta sulle labbra del suo trisavolo Cacciaguida nel Canto xvii del Paradiso
, che bene a ragione ammirava le opere del Bartolini, vivente a tempo suo , scrisse di lui nella Terra dei Morti : « E tu,
.) Questa scena fu imitata egregiamente dall’Alfieri nell’atto iv del suo Oreste, e produce sempre grandissimo effetto. Anc
7 (1880) Lezioni di mitologia
aviamente i critici e i biografi di lui, e tali giudizj riporteremo a suo tempo, come è debito nostro, in questa raccolta.
lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi lo richiedeva di stampare il suo Corso; « Son grato alla cortese opinione che il
e tutte le Lezioni dell’Autore, si acquisterà migliore intelletto del suo metodo4 e de’ suoi fini, e apparirà splendidament
ro alla Natura; e quindi l’universo che annunziar dovea la maestà del suo Autore, tempio d’idoli divenne, e gli Dei furono
lle tenebre, la vera sede di Dio, che, al dir del Profeta, vi pose il suo padiglione. Ma col proceder del tempo l’uman gene
la dei Giudei se ne eccettua, che Iddio scelse pel sacro deposito del suo culto) comincia dalle favole: onde io ho giudicat
Apelle? O sacra arto dei versi! Ilio appena mostrano le rovine, ma il suo nomo vola eterno por le bocche degli uomini, e a
sua viltà, e fìnalmente Priamo che bacia le mani lorde del sangue del suo figlio per riaverne il cadavere. Quinto Calabro c
venture dell’accorto figlio di Laerte narrate ci saranno da Omero nel suo poema. Egli è grande ancora in questo, poiché (co
sti principj della gente romana, e nella divina Eneide di lui avrà il suo compimento l’istorica Mitologia. Mancherei allo s
ia dell’arte. Michelangelo, leggendo gli alti versi di quel magnanimo suo concittadino, che sdegnando trattare argomento mo
ì colla divinità dei suoi versi, viene accusato per alcuni di avere a suo capriccio inventati i nomi degli Dei e confusa la
ma che la Luce penetrando l’Etere, aveva il mondo intiero coperto del suo splendore. Questa luce era la primogenita degli e
Teneva Cielo rinchiusi i suoi figli, onde la Terra era afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che diede a Saturno; e
o, gli fé’ colla falce quell’ingiuria che in lui fu ripetuta da Giove suo figlio. Dal sangue che piovea dalla ferita nacque
di punire i Titani suoi figli. La Notte, benché niun dio degnasse il suo letto di tenebre, generò da sé stessa l’inesorabi
o delle leggi, la doppiezza e il giuramento. Ponto, cioè il mare, dal suo commercio colla Terra ebbe il giusto Nereo, Tauma
generarono il Sole la Luna, l’Aurora colle dita di rosa; e Creio dal suo matrimonio con Eurita ottenne Astreo, Perseo e Fa
aro a Venere Coi rugiadosi crini Fra le fuggenti tenebre Appare, e il suo viaggio Orna col lume dell’etereo raggio, Sorgon
a si congiunse con Saturno, e n’ebbe prole troppo chiara e potente in suo danno: Vesta, Cerere, Giunone, Plutone, Nettuno e
ento teste di serpente. Pericolava il Cielo; Giove stava in forse del suo trono; ma rimediò alla comune paura l’arme per cu
ndi il vino riceveva l’oceano paventato; e Virgilio ne rappresenta il suo eroe, che ornato le chiome di ulivo, getta dalla
addio. Funerali di Patroclo. ………………………………… Ma grande Ed ammirando in suo cordoolio Achille Ultimo vien presso alla bara: i
guerrier sostenta e stringe Con ambe mani, e ad or ad or sov’esso Il suo dechina, e il freddo volto esangue Scalda co’ bac
ov’esso Il suo dechina, e il freddo volto esangue Scalda co’ baci del suo pianto aspersi. Giunto al luogo prefìsso, egli in
stade, e pegno Di dolorosa tenerezza. — Ei tosto Le lunghe anella del suo crine, aurato Degli omeri flagello, e della front
, che s’apprende e sparge Per l’ammontata arida selva, e stride, E in suo cammino struggitor s’inforza. Iliade, Canto XXI
vasto il corpo E belle avea le forme, e tutta avea Sparso del sangue suo Tara del nume. Con quella gioia che pensar ti puo
e scorsi allora La minaccia dei fati. Or qui la tragge Fortuna, e il suo furor: sotto mentito Nome vi sta davanti agli occ
orpo le mani, onde fama eterna ottenne, e diede a questi simulacri il suo nome. Il nome di erme non si dava solamente alle
questo ingegno sovrano, se il Tasso avendone derivate le bellezze nel suo poema, non rendesse inutile e presuntuosa questa
mora al pianto. Seneca, Tieste. Atto IV. Lezione settima. Giove: suo nascimento, sua educazione e sue prime imprese.
hiamato Corcira dalla falce ministra di quell’ingiuria, a cui deve il suo nascere la madre degli amori. Favoleggiarono gli
alla tua tenera mente Tessere, o giovinetta, illustre frode. Cela ir suo nume, muta forma, è toro: Non qual si nutre nelle
i studj seguiva) diede alla luce Arcade: e la costellazione cui dà il suo nome stancava gli occhi dei greci nocchieri, poic
ncertezza regni nella Mitologia, Tre (al dir di Cotta in Cicerone nel suo libro Della Natura degli Dei) erano i Giovi, seco
e non sia pieno di statue, perchè ciascuna città ha voluto segnare il suo zelo dando un simulacro: ma gli Ateniesi si sono
e Giunone, Giove e le Grazie; dall’altra il Sole che guidava l’eterno suo carro. Vi si ammirava Venere, che appena nata dal
eco Che fian oggi per noi dolce ricetto. Mentre alto è il Sol, che ‘1 suo torrido raggio Non fesse a tal beltà noia ed oltr
lui. Per troncar Giove ogni sospetto e guerra, Che la gelosa già nel suo cor sente. Perchè non ne cerchi altro, che la ter
core? Quinci il dover ti sprona, e quindi amore. Troppo è contro il suo fin ch’egli si spoglie D’una vita si dolce e sì g
trosa. Alfin per torlo allor quel gran sospetto, Tolse a sé stesso il suo maggior diletto. Così la dea ben curiosa ottiene
la vede. Lascia che pasca il dì l’erbose sponde, Che sparte son nel suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amare e
regno; Acque fangose, ed erbe amare e fronde Le sue vivande sono e’l suo sostegno. Ma come il Sol nell’Ocean si asconde, A
eggiata terra. Talvolta l’infelice apre le braccia Per abbracciar il suo nuovo custode; Ma col piede bovin da se lo scacci
onde l’annode. Pregar il vuol che d’ascoltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scorre di qua, di là tutto q
il ode, Scorre di qua, di là tutto quel sito, Fuggendo sé medesma e’I suo muggito. Dove la guida il suo pastor, soggiorna P
utto quel sito, Fuggendo sé medesma e’I suo muggito. Dove la guida il suo pastor, soggiorna Pascendo l’erbe fresche e tener
ia: Toccar si lascia, e fugge, e torna a prova. Come fa il can, ch’il suo patron ritrova. Mentre scherzando ella s’aggira
ron ritrova. Mentre scherzando ella s’aggira ed erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di propria man l’erba di te
averso, e in giro il fende; E tanto e tanto fa, che mostra scritto Il suo caso infelice al padre afflitto. Quando il mìser
e ben grato amante, Ch’in sì gran mal l’amata sua s’invecchi; Onde al suo figlio e nipote d’Atlante Commette che contr’Argo
ù bassa se ne venne, Dove giunto, mutò sembiante e veste, E lasciò il suo cappel, lasciò le penne: Per far dormir le tante
ccese. Come rozzo pastor gli erra da canto, Che alle fresche erbe il suo gregge ristora: E con le canne sue sì dolce canto
si congiugne, Fere, e tronca la testa empia e superba, E macchia del suo sangue i fiori e l’erba. Argo, tu giaci, e 1 gra
‘1 giorno. Ma la gelosa dea, che gli occhi a terra Chinava spesso al suo fido pastore Quando il vide giacer disteso in ter
ore Quando il vide giacer disteso in terra, E ‘1 capo tronco senza il suo splendore. E ch’empia morte quei bei lumi serra,
rle il core, Dal morto capo quei cent’ occhi svelle, E fa le penne al suo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda
le penne al suo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda Del suo pavone, e gli occhi che distacca Dal capo tronco,
fuga trascorse. La spiritata bestia scorre, e passa Dove il rabbioso suo furor la mena; E s’ alcun le s’oppon, le corna ab
ani accidenti si dolesse, E che chiedesse il fin, come innocente, Del suo doppio martir che prova e sente. Giove con grato
trecce ambe le corna; Ogni altro pel da lei toglie commiato: L’occhio suo come pria picciol ritorna, Il volto è più che mai
con rotta favella Tutta dubbiosa sotto voce a dire; E poi che’l caso suo conobbe espresso, Il ciel ringraziò del buon succ
imna ed Acrea, figliuole del fiume Asterione, come lasciò scritto nel suo Viaggio corintiaco Pausania, che nell arcadico se
Giunone andasse tant’ oltre che fuggitasi nella Eubea, non poteva dal suo ritiro toglierla veruna promessa del ravveduto ma
dea: del cinto armata Marte fé’ schiavo, e del monile adorna Vide al suo piede il già pentito sposo Chieder gemendo de’ su
uardo S’appresenta di Giove. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltade, C
fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al gioir del suo nume Ida festeggia. » Iliade, Canto XIV, v. 267
perchè al giogo del matrimonio sottoponeva i coniugi, che davanti al suo altare si univano con un laccio in augurio, raram
glieva il cinto beato. Regina appellavanla i Latini, e celebre era il suo tempio che Camillo, unica lode della patria caden
’ Italia le diede il nome di Lacinia, e santo a tutti i popoli era il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò di marmi pe
Giunone Marziale, che ad altro per avventura non si riferisce questo suo epiteto, e l’erba o il fiore che ha nella destra
e e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora, secondo la Mitologia, era suo figlio, quantunque Plutarco, che nella vita di lu
uiti gli furono dagli antichi. Luciano nei Sacrifizii, e Cicerone nel suo libro Intorno alla natura degli Dei, avvertono ch
sirti aprendo, Sollevò col tridente ed a sé trassele; Poscia sovra al suo carro d’ogni intorno Scorrendo lievemente, ovunqu
critto che nacque in Cillene monte dell’Arcadia; Pausania afferma nel suo Viaggio in Beozia che non lungi da Tanagro, in un
E quantunque nella maggior parte dei monumenti le ali appariscano sul suo petaso, o cappello, in una medaglia di Metaponto
i da Luciano in uno dei suoi Dialoghi, in cui delinea collo spiritoso suo stile il carattere di Mercurio infante, similissi
ha segnato l’antico scultore nei tratti di questa graziosa figura col suo maestrevole scalpello. Il braccio sinistro mancav
servata questa singolare insegna del messaggiero dei numi. Ha egli il suo petaso, o cappello, in capo e tiene la clamide ra
gia, questa di Mercurio Agoreo, e diverse altre che si riporteranno a suo luogo, si sono scoperte due basi di gran mole con
Strofeo lo dissero perchè presiedeva al giro delle merci, o perchè il suo idolo collocavano presso la porta, onde presedess
iversi cognomi, coi quali fu dai Pagani distinto Mercurio, a cui come suo ministro favoleggiarono che Giove affidasse pure
i simulacri dell’antichità e dell’idolatria, A lui si compete, anzi è suo particolar distintivo, il crine vezzosamente incr
h’ebbe per fondatore Adriano, non potesse appartenere ad altri che al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare
nfiniti benefizii, onde nell’insigne tragedia di Euripide il nume col suo pietoso ministero aiuta Ercole, che libera dalla
e del laberinto. Tale grido correva fra i Megaresi, come Pausania nel suo Viaggio nell’Attica fa testimonianza. Nel suo mor
resi, come Pausania nel suo Viaggio nell’Attica fa testimonianza. Nel suo mortale pellegrinaggio cercò Apollo l’oblivione d
non furono crudeli. Clizia, volgendogli la faccia, attesta ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo
de membra. Si oppose il Fato alle sue cure; onde cercando compensi al suo dolore, convertì la giovinetta in una verga dell’
edi degli immortali. Ma Clizia, quantunque nell’amore avesse scusa il suo fallo, non gustò più la dolcezza dei baci divini.
cose intorno a questa divinità insegnate vi saranno da Callimaco nel suo Inno, che in parte ho tradotto. Apollo detto il
ol rege chi con dio combatte. Apollo il coro onorerà se canta A senno suo : chi al par di lui lo puote. Che siede a destra d
la fu edificata da uno di Delfo chiamato Ptera, che coll’equivoco del suo nome, che in greco significa ala, diede luogo all
izione porta che Apollo ehhe dalla ninfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al detto luogo, e quello di sua madre ad un
ndono che Delfo avesse un figlio chiamato Piti, che regnando diede il suo cognome alla terra. « Ma l’opinione più comune è
lebre eternamente. — « Il tempio di Apollo fu dunque esposto fino dal suo principio alle intraprese degli uomini avidi e sc
itore per la sua bella e sonora voce, quantunque cantasse un inno non suo . « Vogliono che Esiodo non fosse ammesso alla gar
degli uomini armati. » Fin qui Pausania. Daremo quel che avanza del suo racconto nella se^’uente Lezione. Udite intanto d
i pitici, due al pentatlo, una alla corsa. ma più illustre ancora pel suo combattimento navale contro i Persiani. A dritto
ginarii di Tegea; come Callisto figlia di Licaone Arcade che diede il suo nome a tutta la contrada, il figlio di lui Elato,
na sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con Batone suo parente e suo scudiere, che tiene le briglie dei
Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con Batone suo parente e suo scudiere, che tiene le briglie dei cavalli. L’ult
che i Greci riportarono insieme a Platea, la nazione intera stimò di suo dovere il fare un dono ad Apollo, che consistè in
erdono. Ma nel momento che tocca la riva, e che attacca il canape del suo naviglio a un albero, ovvero ad uno scoglio. Tene
ol braccio fasciato nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge nel suo poema sul sacco di Troia, poiché dice che il mede
alza, e la terra Bagna di sangue. Dell’avito nome Tantalo erede, e il suo minor fratello Fedirne, prova di novelle forze Fa
per diverso fato. L’ultima avanza di cotanta prole: Colla vesta e col suo corpo la madre La protegge gridando: Una ti chied
ap presentato il figlio di Latona quando è sdegnato e ha ritratto nel suo volto lo sdegno; ma in quel modo che non ne alter
n piuttosto contro il campo degli Achei per vendicare l’oltraggio del suo sacerdote, vendetta memorabile che è l’occasione
obili e più degni d’esser immaginati che la morte di un rettile, e il suo sguardo sollevato non sembra osservare un mostro
alle del dio sdegnato. Una eterna gioventù si diifonde mollemente sul suo bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di a
anti la sua assunzione al Pontificato, e la teneva a’SS. Apostoli nel suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme col
el suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme col Laocoonte nel suo giardino Vaticano colla direzione, come si crede,
no di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno nel suo tempio, l’altro per ornamento, e questo aggiunge
susseguenti poeti. Le sue forme sollevansi sopra l’umana natura, e il suo atteggiamento mostra la grandezza divina che l’in
ito il serpente Pitone contro di cui ha per la prima volta piegato il suo arco, e coll’agil piede lo ha raggiunto e trafìtt
piegato il suo arco, e coll’agil piede lo ha raggiunto e trafìtto. Il suo sguardo, sollevato in una piena compiacenza, port
pampini scherza quasi agitata da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima a cui sembra con bella pompa annoda
tro compatimento, ho tradotto, quanto il più bello dei numi fosse nel suo primo amore sventurato. Dafne. Fu Dafne a Febo i
tonso mio capo. — Eran d’Apollo Tali gli accenti: coi novelli rami Il suo lauro acconsente, e quasi capo Scosse l’onor dell
della frondosa cima, Raro dono al Poeta, e che di Giove E del fulmine suo l’ire prescrive. Ovidio Metamorf., lib. I.
nella quale Anacreonte desiderava che fossero dipinti i capelli del suo favorito: gli voleva neri nell’interno e splendid
offrono Apollo che si corona da sé stesso di lauro come vincitore nel suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra incisa
itudini simili forse a quelle delle lodate di Filisco, come andremo a suo luogo notando. « Raccogliamoci alquanto dallo stu
in altro cielo Alberghi. Febo con l’allor lusinga La nuova strada al suo poeta. musa, Narra del Palatino Apollo il tempio:
lo; Delo che sta, vindice il nume, e un giorno Soffiò Noto dinanzi al suo furore. Sopra Augusto ristette, e nuova fiamma Ap
o fu adorato in Tebe perchè sopra la cenere dei sacrifìcii sorgeva il suo altare. Perchè Delfico fosse chiamato vi si prese
dio per la morte di Anfìarao, reputò di non poter meglio giungere al suo scopo che dicendo: « Sarai sempre di Febo eterno
destinarono a questo ufficio perchè mia madre, quando mi portava nel suo seno, e quando ancora mi partorì, alcun dolore no
favola Omerica, nella quale si narra che questa diva del mare die il suo credemno al naufrago Ulisse perchè gii fosse di s
o dà a Penelope, come abbian sopra notato, e Coluto nel principio del suo poema ne adorna le ninfe dello Scamandro. « Vero
ncerti Vagando: così piacque al fato. Appena Nell’antro penetrava, al suo conspetto Si percossero il sen le ninfe ignuda, E
e briglie sparse di rugiada Le presentano l’Ore, e invan la chiama Il suo Titon con desiose braccia. Pur dalie ninfe sue ce
vi: dir volea: Fermate, Sono Atteone, conoscete il vostro Signore: al suo desio manca la voce: L’aer risuona di latrati; il
co lato Si avventa, e manca alle ferite il loco; Geme, e se umano del suo pianto il suono Non è, nò meno si conviene a cerv
gli occhi Atteon cercano, a gara: Atteone, Atteon gridano; il capo Al suo nome rivolge: essi querela Fanno ch’ei sia lontan
i tori, alle quali oro splendea dalle corna. Stupefatta così disse al suo core: — Questa prima caccia sarà degna di me. — D
medesimo ventre col quale s’in contro in Teodamante che arava, e fé’ suo pasto un bove. A te, o Diana, le Ninfe Annisiadi
sembianze d’una vergine, eh’ essendo dotata di tutte l’attrattive del suo sesso, sembra ignorarle. Non. ha però umile e pie
oronato, introdotta per sciogliere Fazione, ci palesa l’innocenza del suo seguace, ed ordina che nella patria onori gli sie
e avea la porta Ippolito: facea corona al cocchio Schiera ch’imita il suo silenzio, e gara Ha di mestizia col signor, che s
d indomabil toro Colla coda più volte il mar misura. Freme la riva al suo muggito, il cielo Inorridisce e si avvelena, il s
a le sette meraviglie del mondo. Era antichissimo, ma non fu però nel suo principio così magnifico come divenne in appresso
erreni dell’Asia ingrossi e cresca a dismisura. Nè Chersifrone, nè il suo figliuolo Metagene terminarono un’ opera così gra
ella maniera che a tutti è ben nota: imperocché quello che esisteva a suo tempo era stato fabbricato da Dinocrate, o, secon
or del cultore, Pianto maggior, miete i maturi voti; Cade la vite al suo marito accanto, E il sempre verde olivo. Infuria
segue L’orme dei piedi nell’arena impresse, E ha desio di trovare il suo periglio. Vi era concava valle, ove discende L’ac
È lieve Sembianza all’ira sua folgor che abbatte Ed arde i templi del suo Giove: orrenda Luce vibrano gli occhi, e fiamme e
sta librato, i rami Non afferrava di vicina querce Ove mirò sicuro il suo nemico, Che invano i denti nell’annoso tronco Con
ll’altro D’ inciampo, ed al disio nuoce la fretta. Quando incontro il suo fato Anceo furente Vola gridando: All’arme mia ce
n roco strider versa il novello Sangue e la spuma, Meleagro irrita Il suo nemico, e nell’avverso fianco Nasconde il dardo.
fiamma. Sente da cieco fuoco arder le membra L’ignaro Meleagro, e del suo duolo Col coraggio trionfa: ignobil morte Senza s
intride Col fato della lunga età sdegnato. Dalle furie inseguita, il suo rimorso E la vita troncato avea la madre. Ah se a
nutricati, non è maraviglia se incomincian questi a guarnire sino il suo nimbo: quelli però su d’esso effigiati, forniti d
e sulle braccia della dea: ma quello che v’è di più osservabile è il suo petto e la sua collana. Pendono dal primo sedici
ggiore. Si erge sopra di questa la mezza luna, simbolo di Diana, e il suo simulacro, che dovea esservi in antico, ora manca
deforme il volto Lode di Giove: il favellar l’è tolto. Onde pietà col suo pregar non mova, E si disserra dalla roca gola La
atta: ma resta in lei la mente Antica, e attesta con assiduo grido Il suo dolore, e verso il cielo inalza, Qual sian, le ma
ea, I nostri voti, e rendi a questo regno, Prendi alla tua cittade il suo sostegno. Teseo, Parte I, scena 2. Ma per attri
he la solitudine rendono cara delle domestiche pareti. Luciano in un suo dialogo intitolato Hermolimo narra che venuta a c
medaglia posteriore a Troia. Avanti che le fosse data la civetta, il suo attributo era la cornacchia. Una statua in marmo
riconoscervi al primo sguardo la dea della Guerra. Ha Telmo in capo, suo ornamento insieme e sua difesa, onde trasse i tit
capra portento. » « Questo capo fatale ai riguardanti era affìsso sul suo usbergo, anche come un trofeo; per aver Medusa co
da Alcandro, giovine feroce, che il popolo consegnò alla vendetta del suo legislatore. Ma egli magnanimamente lasciò l’oltr
odo di rappresentarla, narrando che Teuti, il quale diede al luogo il suo nome, ferì in sì fatta maniera la dea mentre sott
he nella destra piuttosto che l’asta, ristauro moderno, sostenesse il suo olivo, pianta diletta a Pallade, ed emblema del s
ente grandezza per la difesa, essendo di figura rotonda, ed avendo il suo diametro di tre piedi. — Non solo la forma, ma an
llicoso e feroce della vergine guerriera, ed insieme l’etimologia del suo nome greco di Pallade e del latino di Minerva. Se
bassorilievo simile del Palazzo Giustiniani, dopo Minerva aggiunge il suo voto, per assolvere Oreste, ai suffragi raccolti
proprio aggiungere alla nostra statua una testa antica non armata del suo consueto cimiero, che invece le si è fatto regger
ramo di ulivo, nato, secondo la favola, presso la rocca di Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando ha il titolo
richiama: il figlio Questo fato sortì quando la luce Vide, ed ora ha suo premio. Ahi quanto offerte Autonoe n’arderà, quan
ral: la madre afflitta Errerà per le selve, e l’ossa sole Troverà del suo figlio; e tu felice, Diva, sei stata, che dai mon
acro sangue. Mettendo acute strida, ella si porta Per lunghe valli il suo garzone e sposo, L’Assirio sposo suo alto chiaman
lla si porta Per lunghe valli il suo garzone e sposo, L’Assirio sposo suo alto chiamando. A lui sul corpo un rio di sangue
piangon gli Amori. Perde il vago consorte, e perde insieme Il divino suo aspetto; avea Criprigna Bello l’aspetto allor che
iere Perchè serrarsi tanto in dura lotta? — Vener così piangea; ed al suo pianto Sospira, e piange il coro degli Amori. Ahi
d’oro non voller cedere a Nicomede re di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera di Scopa e di Briasside; pe
nque ristaurata su questa idea, e le fu aggiunta la palma allusiva al suo epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si sc
Se la favola di Virgilio, il quale introduce Venere che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse di sua
di Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come parecchie altre del suo poema avesse preesistito all’Eneide, sarebbe da c
presentare che come una dea vittoriosa. Infatti, Venere armata era il suo sigillo. A questo allude Properzio in quel verso:
iunone e di Giove fu figlio, come ad altri piace, deve interamente il suo natale alla madre. A questo dio furono dati i van
metallo Cede alla man che lo governa, e ‘1 segna D’orme diverse, e a suo piacer l’informa. E pria le cure del gran mastro
tto L’altra cittade. Ella d’assedio è cinta Da squadra ostil, che nel suo cor già certa È di pronta conquista, e sol consul
lievi tumuli colmeggia Sotto l’aratro, e per mirabil’ arte Vivido in suo fulgor l’oro s’imbruna. Dei tesori di Cerere poc’
n trono erboso Siede il re del villaggio, e lieto ammira Le rusticali suo dovizie, intanto Che i fidi servi le spezzate mem
a Vulcano i due amanti. Sdegnato il dio lo converse in un uccello del suo nome, giacché Alettrione in greco significa lo st
vore, contro i Troiani, ordinò al Furore e alla Fuga di apprestare il suo carro e prendere le sue armi rilucenti. Era egli
verai piiì alcuna reverenza pel re degli Dei, e ti sei dimenticato il suo comando? Frena la collera che t’ inspira la morte
ro piacere che quello della discordia e delle guerre. — Pure, essendo suo figlio, ordinò al medico degli Dei che lo sanasse
pregò istantemente lo zoppo fabbro a slegare Marte promettendogli in suo nome un’intera soddisfazione. Vulcano alla parola
itto volendo far osservare con tutto il rigore la legge promulgata da suo padre contro gli adulteri, ed essendo stato infor
co alle favole è impresa pericolosa, e dubito che Palefato troppo del suo sistema si compiacesse. Varii cognomi sortì Marte
tro fu letto agli amanti: ma il padre degli uomini, non soffrendo nel suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo Scoli
orfù, la quale innanzi che la figlia di Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò Drepano dalla falce di Saturno, c
ina sua figlia starebbe seco sei mesi, ricomparve la tranquillità sul suo volto, intralciò con le spighe i capelli, e la ra
to agli uomini il loro principal nutrimento, il pane stesso, divenuto suo simbolo sopra molti monumenti. Ovidio, Virgilio,
misteriose: così si vede circondata da questi rettili tortuosi, e il suo carro n’è qualche volta attaccato, ed ordinariame
entava ancora tirata da cavalli, o da buoi. La dea stava in piedi sul suo carro, teneva da una mano le redini, dall’altra u
lor che di pruine armato L’ispido mento e le sonanti penne Innanzi al suo furor l’onde e le selve Soffiar desia; ma se le f
r tiranno Taccion gli abissi impauriti, e frena Cerbero nelle gole il suo latrato. Delle lacrime chiuso il fonte stagna Ooc
sa il danno Proserpina alla dea cura primiera. Sì giovenca non ama il suo torello Che calca appena la minuta arena Col pie
, emula Giuno Dell’altera Latona: ambe le sprezza Cerere bionda, e il suo pegno commenda, Ahi: cieca del futuro, ai campì E
re relative. Una rappresenta questo insetto ai suoi piedi, l’altra al suo carro lo aggiunge. I galli piacevano a Cerere, ed
ebe sua sorella ne divenne la terza sovrana, ed ella alla nascita del suo nipote gliene fece un dono, e gli diede il cognom
ata ricercatezza di partiti, rendono questa scultura un esemplare nel suo genere quasi inimitabile, e a cui non si sono da
ra le dodici deità maggiori della religione delle genti. « Siccome il suo culto fu uno dei più universali, e per le campagn
re di Dite. Così Temi predisse: Atropo incalza La preda, e compie il suo decreto il tempo. Invadi la Sicilia, opra le frod
e opinioni diverse che regnano in questo particolare. Tertulliano nel suo Apologetico divide la gloria di questa impresa, d
ega il crudel Caos, e vinto Dite, le trionfate ombre conduce Retro al suo carro. In molti giri il crine Diviso dairidalio a
e’ suoi prestigi. Secondo Aristide, il tempio Eleusino accoglieva nel suo recinto maggior numero di persone che ogni città
he Cerere per le persuasioni di una donna chiamata Baubone, bevve nel suo dolore per la figlia rapita. Soggiungevano: Lo to
tuoi fonti, Crimniso, E a Pantagia che rota i sassi, e a Gela Che dà suo nome alla cìttade, e quella Che la marina irresol
ide di rugiada, e col fecondo Umor marita le soggette glebe. Segue il suo volo Primavera, e dona All’erbe ogni color: sparg
dal crine Le feconde rugiade: — e toglie al prato Il fior memoria del suo pianto: invade Il volgo delle ninfe i varii bosch
il riso la mestizia eterna Mansuefece. Flegetonte s’alza Al venir del suo re, d’ardenti rivi Spuma l’ispida barba, e tutto
i Winkelmann, Vesta è la sola dea che abbia un lungo scettro. L’abito suo è di matrona; qualche volte invece della lampade
gli ozii del ciel Giove avviliro Che alla difesa di cotanto pegno II suo fulmin non vibri: Or vai, ma ratta, E felice rito
d erra per le vote sedi, Per gli atrii desolati, e riconosce La tela, suo lungo desio, confusa, E del pettin le dotte arti
on lacrime a con baci: i voti campi Interroga così mesta giovenca Del suo torello dal desìo trafitta. Del tetto alfin nella
o paterno, ed era a lei Genitrice seconda. Allora avea La canizie del suo capo tremante Sparsa di polve, e gran pianto spar
rator Comodo, dice Addison, offre l’immagine del Sole che comincia il suo corso; il disegno n’è bello, e rammenta i celebri
ica d’ innumerabili frutti. Oppone la mano alla fronte, e scotendo il suo vasto corpo si lagna col Cielo. — Per allontanare
capo, ed alla sinistra è Saturno turbato in vista e severo. Marte col suo elmo, e Venere colle chiome annodate pongono in m
nfiniti colpi, e al suol piegata Per tese funi ruinò la querce, E col suo peso molto bosco inchina. Le Driadi sorelle, in v
vito, E le sue membra a lacerar col morso Necessità lo strinse, e col suo corpo II misero la vita e scema e nutre. Ovidi
te le grandi divi^nità per denotare l’estensione e l’universalità del suo impero. Possiamo convincercene in un basso riliev
ercorre, e chiude all’ improvviso gli occhi dei mortali. Solamente il suo volo manca qualche volta innanzi le case del dolo
lla notte. Scorre in mezzo alla città il fiume della dimenticanza: il suo corso è cheto, e le sue acque sono simili all’odi
o è rappresentato per una figura addormentata nelle braccia di Morfeo suo figlio, secondo Ovidio. Così in due urne cinerari
lie contornate, che cotroni comunemente si appellano, e finalmente il suo busto col nome greco pubblicato da Fulvio Orsino,
tro Giove prese le armi illustrando l’ardimento e la pena di Promoteo suo figlio. Avanti la guerra dei Giganti ebbe una fig
la guerra dei Giganti ebbe una figlia chiamata Anchiale, che diede il suo nome ad una città della Cilicia. Di Mnemosine non
inistra di Apollo sia piuttosto la Pizia. Piacemi estremamente questa suo congettura: aggiungo solamente per avvalorarla ch
ie, e fu il primo a servirsi dei versi esametri. Il tripode indica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è
che vedremo dato all’ immagine di Aspasia unica nel nostro Museo col suo nome greco, non rende improbabile che possa darsi
ella Giustizia, che produce le leggi e la pace dando a ciascheduno il suo . Esiodo inoltre costituisce Temi madre dell’Ore
va che fossero osservati. Teraistiadi si dicevano le sacerdotesse del suo tempio in Atene. Lezione quarantesimaseconda.
Tevere: collocato dopo la lustrazione sopra un carro da buoi, fece il suo ingresso in Roma per la porta Capena. Avea prescr
andone le redini. Havvi delle medaglie ove quattro leoni attaccati al suo cocchio or lentamente lo tirano, ora a pieno salt
di questo in medaglie, ed anche la sola testa, simbolo comparisca del suo culto. Il compagno di Cibele suo ministro e favor
a sola testa, simbolo comparisca del suo culto. Il compagno di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuco Ati, il q
le Arti per la sua Storia Pittorica, quanto lo è dell’ Antiquaria pel suo Saggio sulla lingua etrusca. « Entro veloce legn
hi miei Mirar fiso là ‘ve tu sei Nella brev’ora, Che resta ancora Del suo furore Libero il core. Dunque io n’andrò per ques
e del re per questa inestimabile cognizione, che gli cede la metà del suo regno. La grata posterità, dice Ovidio, impresse
onde il paese poi Dalle latebre sue Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido impero Con giustizia, con pace e con amor
. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio manoscritto: la sua testimonianza è confe
confermata dai particolari somministrati dal signor Fourmont dopo il suo ritorno dal viaggio di Levante. Egli ne parlava c
o era consacrata a Vulcano: vi aveva dei templi; una città portava il suo nome. Ma non vediamo negli antichi poeti citati i
e ofjTiurj di voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta è nel suo genere maraviglioso. Mi prevarrò intanto dell’alt
o non ti posso, O donzella, a notar fra poco imparo; Se navigando col suo legno arriva Qualche straniero in questo lido, al
erzo regno, cioè l’ Inferno: lasciò scritto il mentovato Pausania nel suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli Ate
gli in dominio riconosca per origine dell’aver egli avuto soggetti al suo impero i paesi occidentali, che sino all’Oceano s
itata la volgare superstizione. Le geste di questo dio si limitano al suo ratto di Proserpina, che Claudiano da me tradotto
questo dio assegna all’ anime il luogo eh’ elleno devono abitare nel suo impero. Conferma 1’ opinione del principe degli a
osservandosi in mano a Plutone in verun monumento. Conviene bensì al suo capo il medio, o calato, emblema di ricchezze e d
ò appunto da questa epoca ad essere più conosciuto Serapide, e che il suo culto divenne più divulgato da che il primo dei T
divenne più divulgato da che il primo dei Tolomei fece, a motivo d’un suo sogno, trasportare in Alessandria un vetusto simu
Lezione quarantesimasesta. L’Inferno di Polignoto. Pausania nel suo Viaggio nella Grecia parla incessantemente delle
l di sotto della barca di Caronte; un figlio snaturato è strozzato da suo padre. Accanto vi è un empio che ha saccheggiati
i è un empio che ha saccheggiati i tempi degli Dei: egli è punito del suo sacrilegio da una donna perita nella composizione
ro si vede Antilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo viso e la sua testa sopra ambe le mani. Agamennon
ambe le mani. Agamennone è accanto, l’ascella sinistra appoggiata sul suo scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il
ando, perchè lo scettro, che ne era il segno naturale, qui perdeva il suo uso: Protesilao seduto riguarda Achille, e Patroc
In basso della tavola, dopo Tamiri, vi è Ettore seduto: egli tiene il suo ginoc chio sinistro con due mani, e sembra oppres
embra invitare Pentesilea ad avvicinarsegli. Questa lo guarda, ma dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta nelle
idarvi nei vostri studii. L’avventura di Orfeo, che coli’ armonia del suo canto potè riavere dall’Inferno la moglie, che da
odo nella Teogonia le vuol nate dal sangue di Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’opera ed i Giorni dia loro per
e il mare. I nomi delle Parche furono varii, come scrìve Pausania nel suo Viaggio nell’Attica. Venere Celeste, secondo esso
anao re d’Argo, che negava di sposarle ad altrettanti figli di Egitto suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva predetto che
li di Egitto suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva predetto che un suo genero lo avrebbe ucciso. Costretto dalla fortuna
irono il comando paterno, fuori che Ipermestra, la quale salvò Linceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradotto da Remigio, la
e forti, Ch’ornai creder si può che d’esse ognuna Abbia già tolto al suo cugin la vita. Ma se questa mia destra ardito ave
blicato. Non credo però molto antica l’idea di attaccare al carro del suo rapitore due cigni, due cavalli condotti dall’Amo
certo in mente questi versi di Dante, che così introduce Caronte nel suo Inferno: « Ed ecco verso noi venir per nave Un v
re tributo agli Ateniesi per la morte di Andro geo, come dichiarerò a suo luogo parlandovi di Teseo. Nacquero da lui (non c
la sorte della patria. Minosse inorridì al tradimento, e respinse dal suo cospetto l’infame principessa, e lasciò Nisa. Sci
pur seguire si gettò nel mare, e fu cangiata dagli Dei in allodola, e suo padre in isparviere, che piombò subito sopra la f
rna fatale, nella quale stanno chiuse le sorti umane; cita l’Ombre al suo tribunale; esamina la loro vita; indaga tutti i l
ssere stata ingannata dal dio nelle sembianze di fuoco. Ella diede il suo nome a un’Isola dove, suo figlio regnando, accade
dio nelle sembianze di fuoco. Ella diede il suo nome a un’Isola dove, suo figlio regnando, accade che dalla peste consunti
Dei perchè riparassero questo danno. Mosso Giove dalle preghiere del suo figlio convertì in uomini delle formiche che erra
torbo e fangoso, pieno di voragini, che bolle e si frange, e che col suo nero loto si perde in Cocito. Alcuni fanno figliu
tra ella solleva la sua veste, che ella tiene un poco allontanata dal suo seno. Questo braccio, piegato dal gomito sino all
ione giusta ed equa di tutte le azioni. Lo sguardo che ella volge nel suo seno per la parte del suo vestiario, ch’ella ne t
te le azioni. Lo sguardo che ella volge nel suo seno per la parte del suo vestiario, ch’ella ne tiene lontano e tirato vers
a Venere, soggetto che volea rappresentare in concorrenza di Alcamene suo condiscepolo. « Il favore e la passione di Fidia
l paragone l’opera di Agoracrito, se il pubblico d’Atene parziale pel suo concittadino, per un male inteso patriottismo, no
radotto, come Dedalo, il più antico degli Artisti, fuggisse con Icaro suo mal avventurato figlio a Minosse, di cui vi favel
’ultima man fu posta all’opra, Sulle ali doppie il facitor librava II suo corpo, e nel mosso aer sospeso Anche il figlio am
ripetuti avvisi Bagnava il pianto la mutata guancia; Sulla bocca del suo figlio trattiene Baci che non ripeterà: s’inalza
o trattiene Baci che non ripeterà: s’inalza Sulle penne, e precede il suo compagno. Timido sol di lui: così dall’alto Nido
che in questo particolare se gli vuole ascrivere. Sembra anzi che il suo fato abbia molta relazione a quella necessità, co
Fortuna. Quindi è nominata in alcune lapidi prima di Giove; quindi il suo simulacro Prenestino sosteneva fra le braccia, in
indicato nel timone, simbolo di governo, e nel globo. La ruota, altro suo distintivo, conosciuto come i precedenti, ci rico
pio che ha nella manca ci dà l’idea dell’abbondanza, che scende ad un suo volere a beare le nazioni, le città, le famiglie.
accio Pluto bambino. « Anche di un altro simbolo adornò Bupalo questo suo simulacro, e fu il polo che le pose sul capo. « A
esempio di quella che si vede nelle medaglie. Non perciò è priva del suo trofeo, quantunque da alcuni possa credersi più a
e, E questa i miei pensieri alto sostiene, E gli avvolge per entro il suo gran lume. Che tutti i tuoi splendori adombra e p
storia invenzione di Clio. Una prova dell’impiego di questa Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plutarco, che le attribu
, e ci fa sovvenire il nome delle Ninfe che dà Virgilio alle Muse. Il suo vestire consiste in una tunica con mezze maniche,
a, ch’è ancora presidente agli studii campestri e all’agricoltura. Il suo nome come vuol dir Florida, è adattato al suo dop
i e all’agricoltura. Il suo nome come vuol dir Florida, è adattato al suo doppio uffìzio, sì ai piaceri e ai divertimenti,
, alla quale può alludere la sua verga. Siccome però la Commedia è il suo più rinomato esercizio, così il suo più distinto
ga. Siccome però la Commedia è il suo più rinomato esercizio, così il suo più distinto attributo è la maschera comica, dall
i nella grotta del serpente. Però Meneceo va a morire senza saputa di suo padre: degno certamente di grandissima compassion
passione per la sua tenera giovinezza, ma felice dall’altra parte pel suo generoso coraggio. Volgete adesso il vostro occhi
re la Tragedia che la maschera di Ercole, la cui clava suole esser il suo simbolo più comune nella maggior parte dei monume
rchè si comprendesse qual genere di personaggi e d’azioni formasse il suo più opportuno argomento. Le chiome sparse rappres
furono i primi attori che le recitarono, tinto il volto di mosto. Il suo nome stesso Tragedia, che vale canto del capro, m
a dà la Tragedia ad Euterpe, a Melpomene il barbito. L’etimologia del suo nome, che vai Cantante, è stato forse il principi
sul braccio manco: ora l’è stato riposto sulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma di una semp
gli antichi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni han dedotto il suo nome dalla presentazione della verità. Oltre ques
faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è di suo dominio la notte e il giorno. Tiene ancora un cor
ello ha tagliato il pugno coi quale solleva la tazza. Chi cadendo dal suo letto trae dietro a sé la tavola, un altro si rov
rediletti e delle sue varie incombenze. In primo luogo, quantunque il suo nome, in diverse maniere scritto, ci offra differ
semente i loro doni appoggiato sul gomito sinistro, per distendersi a suo bell’agio e risposare il suo petto anelante. Egli
o sul gomito sinistro, per distendersi a suo bell’agio e risposare il suo petto anelante. Egli guarda nel tempo stesso la g
ovescio è rappresentata questa dea della Lirica in atto di suonare il suo favorito istrumento. È detta dal Begero Melpomene
mbali, nè i Satiri di tibie presentemente che lo stesso Pane frena il suo saltare perchè non turbi il sonno della fanciulla
Mennone, che venuto di Etiopia uccide Antiloco che difendeva Nestore suo padre, ed il terrore che spaventa i Greci, perchè
ersi dalla sua fìsonomia severa e sveglia; Menelao dalla dolcezza del suo viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quant
porta nella sua faccia impresso il contento di aver salvata la vita a suo padre. Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima h
trattive, la saviezza il mezzo di giovare, e la scienza allontana dal suo santuario coloro che potrebbero innamorarsi del v
istituire loro un culto particolare: e la fama grata sparse che fosse suo padre. Elide, Delfo, Perga, Perinto, Bisanzio, Pa
io e modesto risparmiava allora gli Dei, e lo incorraggiva allora col suo scettro) ma adesso ch’egli è oltraggiato, impugna
a allora col suo scettro) ma adesso ch’egli è oltraggiato, impugna il suo tridente, e lo scoglio che Aiace sostiene sarà sc
testa come soleva contro Ettore e contro i Troia » ni. Ma Nettuno 6ol suo tridente abbatterà con lui gran parte dello scogl
te sono tutti mesti e pensosi; l’Aurora che piange a calde lacrime il suo caro figlio contrista il Sole, e prega la Notte c
mini potessero trionfare della morte, che uccise Esculapio, da Apollo suo padre vendicato e pianto. Si celebravano nell’Arc
. Telesforo in una medaglia dei Nicei vedesi con la penula cuculiata, suo abito particolare, e così si scorge nel medeglion
sprimere in lui un dio tutelare della convalescenza, poiché quanto al suo nome, significa condurre a fine i mali. E perchè
i si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, il furore regna nel suo volto. Voi avete sovente udito dire nelle tragedi
Osiride, e della circostanza della pronta morte di questo, istituì in suo onore dei sacrifizii, insinuando nell’ingannato v
accanto, Che dalle cure attrita il casto letto Conserva, e sempre il suo marito attende, E nel lido stancò le ancelle: ogn
arar le mense Negli atrii ornati: a ognun s’asside accanto, Rapida in suo furor, l’iniqua moglie, Qual nella notte del bara
sol piene di mostri E l’isola crudel. La man pietosa Armata, al padre suo disse: Deh: fuggi, Fuggi la patria e me: non han
lo tira Per l’altra mano Autouoe a se, la madre Errando intorno, col suo piede opprime Il petto al figlio, e la cervice in
ti del destino, e gli rivela il mistero della nascita futura di Bacco suo figlio, che deve portare agli uomini un liquore d
terea a percorrere la via degli astri, e a tenere il fulmine di Giove suo padre. Egli risplenderà delle grazie della gioven
tempo, dopo avere scosse le porte tenebrose del Caos, si avanzava col suo turcasso che rinchiudeva i dodici dardi di fuoco
iava il fulmine da cui sarebbe colpita, e la cura che prese Giove del suo figlio, che nascose nella sua coscia, finché aves
di toro, e che sembrava essere della natura di questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel t
re del giorno nuoce ai suoi amori: egli sollecita il sole a finire il suo corso, e chiama la notte troppo lenta a coprire c
e a finire il suo corso, e chiama la notte troppo lenta a coprire col suo velo il mistero dei suoi piaceri. Finalmente giun
no le stelle. Dopo avere consolata Semele col paragone ch’egli fa del suo destino con quello delle altre amanti, Giove risa
e risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le sue forme, che diventano rotondeggi
zare, e a imitare i cori delle Baccanti, e il figlio che s’ agita nel suo seno sembra accompagnare la madre. Ben presto l’I
che Minerva e Giunone. Ella rammenta a quest’ ultima le infedeltà del suo sposo, delle quali il cielo conserva ancora tutta
Pleiadi formano in cielo il loro coro: Elettra infatti vi mescola il suo splendore con quello della luna: Apollo è figlio
Invidia gelosa dei destini di Semele, che la chiamavano al cielo col suo fiolio. Giunone medita nell’istante uno stratagem
al cielo, e ne faccia Semele la regina. Ella la prega di prestarle il suo magico cinto affinchè ella possa con questo richi
ico cinto affinchè ella possa con questo richiamare nell’Olimpo Marte suo figlio, che se n’ è esiliato. La dea della Furber
a venire da lei in tutto lo splendore della sua gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il solo mezzo di assicurarsene.
curarsene. La giovine principessa accecata dall’ambizione, dimanda al suo amante questo contrassegno distinto della sua ten
vuol toccare il fulmine terribile, e ne perisce in mezzo al fuoco. Il suo figlio per mezzo delle cure di Mercurio fugge all
rne compassione; e questi la ricevette col figlio fra le divinità del suo impero, e Leucotea fu detta la madre, Palemone il
re. Allor, scagliata in alto La face, scorre per l’istesso giro, E il suo loco raggiunge. Alfìn ritorna Vincitrice d’Averne
e già si slancia In mare, e non la tarda alcun timore: Spuma dal peso suo l’onda percossa. Della nipote Venere piangeva Il
epose nella sua coscia il giovine Bacco, finché il parto arrivasse al suo termine, e non ve lo tolse che per darlo alla luc
che Semole ancora ardente nei cieli s’ insuperbisce della fortuna del suo figlio, e delle cure particolari che ne prendono
Bacco, che inconsolabile diviene. Egli bagna di lacrime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre di rose e d
da Rea, che dopo la metamorfosi di Ampelo in vite, bastò per dare al suo frutto un odore delizioso. I Sileni dividono il d
era tanto bello come quando viveva. Bacco lo contempla, ed esprime il suo dolore: minaccia della sua vendetta il toro crude
ele nello stesso tempo che pasce i suoi occhi nel veder le grazie del suo misero amante. Egli accusa l’ Inferno inesorabile
e non rende le sue prede. Scongiura Giove di voler rendere la vita al suo amico per qualche istante. L’Amore sotto la forma
esce il Sole. Bacco però era sempre inconsolabile per la perdita del suo amico, e la natura intera sembrava dividere il su
per la perdita del suo amico, e la natura intera sembrava dividere il suo dolore. La Parca gli annunzia che il suo caro Amp
intera sembrava dividere il suo dolore. La Parca gli annunzia che il suo caro Ampelo non è morto del tutto; che non passer
queste parole, che un prodigio colpì gli occhi del dio. Il corpo del suo amico si cangia in un istante, s’inalza sotto le
, e forma una vite. Il nuovo albero prende il nome di Ampelo, come il suo amico, e divien carico di un frutto nero, mentre
. Lo gusta, e s’applaudisce della sua scoperta. Apostrofa l’ombra del suo amico, la di cui morte ha preparata la felicità d
gli elogi più pomposi all’eccellenza del nuovo arbusto e a quella del suo frutto, sopra tutte le produzioni della terra. Il
occhia; 1’ altra la piega sulle spalle. Agave vorrebbe abbracciare il suo figlio, ma non ardisce toccarlo: che ha le mani,
che arma in favore di Bacco i suoi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al suo soccorso i due Cabiri figli di Vulcano, i Dattili
di il poeta l’insolenza del generale indiano Astraide, che accampa il suo esercito sulle rive dell’Astaco, di cui vuole a B
Bacco ne sesrue l’orme, e la cerca in mezzo alle selve coir aiuto del suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette
i collocarlo nel cielo accanto a Sirio ed a Procione, onde, unendo il suo foco a quello dì questi astri, concorra a maturar
ugale offerto allo dio, che all’ospite dà in ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e gli dà pur una pianta di vite da
uore, e gli dà pur una pianta di vite da coltivare. Bacco continua il suo cammino, e marcia contro Oronte capo degl’Indiani
e dopo essersi trafitto colla sua spada cade nel fiume al quale dà il suo nome. Le ninfe piangono questo figlio sventurato
del dio del Vino. Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti sua moglie, ed aveva Pito per capit
a volta che beve il liquore che Bacco le versa, diviene ebra, come il suo sposo Stafilo, il loro figlio Botri e il loro vec
o spettacolo della principessa di Assiria desolata per la perdita del suo sposo. Ella ha perduto il suo caro Stafilo, e il
di Assiria desolata per la perdita del suo sposo. Ella ha perduto il suo caro Stafilo, e il dio del Vino 1’ ha abbandonata
uo caro Stafilo, e il dio del Vino 1’ ha abbandonata: ella dimanda il suo liquore per consolarsi. Serve, dic’ella, eh’ io v
la vide Dalle rupi, stupìa quel volto istesso Intrepido ai nemici. Il suo trofeo Sostenne appena colla mano, e vinto In And
ra preda. Ma vola in alto Perseo, e, sulle penne Librato, incontra il suo nemico, e vibra La spada tinta del Gorgoneo sangu
fatai tenzone il dubbio evento. L’innocente cagion mirava, e teme Del suo liberator di sé scordata: Sospira, e il cor più c
di Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Ornava le porte del suo palazzo colle teste degl’ infelici che aveva ucci
enz’ armi al palazzo del re feroce, che sorride con aria sdegnosa del suo corteggio: minaccia il dio, armandosi della sferz
brosia e la converte in vite. In questa nuova figura ella incatena il suo vincitore coi suoi giri tortuosi. Invano tenta di
liere questo esempio, acceca il re feroce, che non può riconoscere il suo cammino. Intanto le Nereidi, o le ninfe del Mar R
a combattere. Rinnuova contro il nume le prime minacele, e rimanda il suo araldo. Gli dice che se vuol rivolgere i suoi pas
ra, e in Persia Tassino Fetonte. Quanto a lui ricusa i suoi doni e il suo vino, e non vuol bere che le acque dell’Idaspe. L
ritorna, e gli arreca la risposta di Deriade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l’Oriente. Deriade dalla sua parte ar
Lo dio minaccia il fiume, che diviene più furioso. Bacco gli arde il suo letto. L’Oceano se ne sdegna, e minaccia Bacco e
nelle forme di un’ aquila gli serve di guida portando nell’aria Eaco suo figlio. Intanto Turco annunzia a Deriade la gran
i, Deriade, gli dice. Un re che deve esser vegliante per difendere il suo popolo numeroso, deve egli dormire quando il nemi
esciato, fiero ed orribile, e simigliante a Diomede di Tracia, che il suo destriero pasceva di sangue. Riconoscerete alla b
e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di morire sopra il suo rogo. Mirate: ella si dirige verso le fiamme ricc
ei. Non rivolge indietro lo sguardo, ma sembra in atto di chiamare il suo marito. Intanto dei piccoli amorini danno fuoco a
la coscia. Bacco n’ è vivamente afflitto, e ha gran cura di sanare il suo favorito. Incontanente il giovine Imeneo guarito
a a dar luce dalla cima dei monti. Il terrore e la paura preparano il suo carro; vola a Pafo, a Lenno, e quindi al cielo ri
ile paura. Morreo ferisce Eurimedonte, al di cui soccorso vola Alcone suo fratello. Eurimedonte invoca Vulcano loro padre,
oso sopra un albero avea molti uccisi. Ma Giunone sempre costante nel suo odio contro Bacco cerca nuovi mezzi di nuocergli.
nte discorso ripieno d’ingiurie a Giove e minacce a Bacco. Compito il suo parlare, s’ innalza verso il cielo, mentre la Fur
izi per sedurre Giove. Va a trovar Venere sul Libano per chiederle il suo cinto: questa vedendola afflitta ne domanda la ra
domato. Venere aderisce alle dimando di Giunone, che tosto dirige il suo volo verso l’Olimpo, ove ella nuovi ornamenti agg
Quindi s’avvicina a Giove, che dell’antica fiamma i segni risente. Il suo amore si accresce per le carezze insidiose della
esce per le carezze insidiose della sua sposa, alla quale confessa il suo violento afietto per lei. Mentre che gustano il p
ari, la Grazia figlia di Bacco e di Venere, spettatrice del furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lui. E
Venere, e sale al cielo, onde veder la dea, la quale accorgendosi del suo dolore ne domanda la cagione. Non la tace, e la p
a la cagione. Non la tace, e la prega ad interessarsi per la sorte di suo padre. Venere commossa, invia Aglae a Cupido, ed
a lo trova sulle sommità dell’Olimpo. Aveva accanto il giovine Imeneo suo compagno di giuochi: ambidue avevano scommesso tr
, e disperata s’impiccò all’albero vicino alla fossa paterna. Il cane suo fedele compagno, dopo aver custodito il corpo del
ì dicendo fuggì l’immago alata Del sonno lacrimato. Erigon sveglia Il suo dolore: le rosate guance Lacera, strappa dalla lu
erato silenzio. Ulula accanto, Indiviso compagno, il mesto cane, E al suo doler si duole. Ahi l’arbor stesso Che sorge acca
tutto. Luciano lo deride, quasi la cuffia fosse nel guerreggiare il suo elmo; ma la Grecia credette che questo fosse un r
scritto. La perfezione colla quale il valente artefice ha espresso il suo concetto non può abbastanza comprendersi da chi n
ria moglie ad un convito con finta amicizia, asserendo di volersi dal suo obbligo liberare. Trovò Eineo la morte nella casa
non sapea a quale degli Dei e degli uomini rivolgersi per essere del suo atroce misfatto espiato. Giove mosso dal suo pent
ivolgersi per essere del suo atroce misfatto espiato. Giove mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente nel ci
l credulo adultero fra le sue braccia l’ ingannevole simulacro, e del suo vano delitto furono frutto i Centauri. Vantavasi
quell’isola, con una vela che le svolazza sulla testa per indicare il suo sito sul mare; e sarà forse la Naiade stessa, che
il quale porta molte cose prese dai libri antichi non ancora a tempo suo perduti, adduce una più stretta attenenza dei Cen
puranco amico di Bacco, e destinato a portare il vecchio e corpulento suo balio Sileno. Il Centauro a mancina, non conoscen
a Centauressa, la quale insieme con un Faunetto si sforza scotere dal suo dorso il Fauno insolente che vi è salito, chiude
nte scavato presso al Laterano, ed è una prova novella del merito del suo originale, che è il più giovane dei due famosi Ce
ndole, che domato dal nume infante ha perduto la naturai fortezza del suo ferino carattere, idea espressa colle mani avvint
intanto l’amore che ha fatto la preda del cacciator feroce, ride del suo riso e siede vincitore sul suo dorso. Non è molto
a preda del cacciator feroce, ride del suo riso e siede vincitore sul suo dorso. Non è molto differente questo concetto da
u avvertito da un vecchio che lasciasse l’inutil caccia, e che anzi a suo tempo Amore avrebbe fatto preda di lui, e si sare
o Amore avrebbe fatto preda di lui, e si sarebbe seduto vincitore sul suo capo: — Sul capo tuo s’assiderà renente. Oltreché
o a trarre di se chiunque n’era inspirato: sicché Agave sbranò Penteo suo figlio, Licurgo imperversò col ferro contro se st
rippina mentre celebra i Vinali, nei quali vedeasi la principessa col suo coro scorrere per la reggia nel modo che Euripide
che lo chiamò Sileno, non avrebbe potuto addur prova a confermare il suo sentimento abbastanza valido al confronto di tant
n una simil figura. Il Bellori che lo chiamò Trimalcione, trascurò al suo solito di osservare che i ministri della mensa er
, è egualmente propria per adornare un luogo riservato ai piaceri del suo genitore, come per indicare il luogo agreste dell
eche medaglie ce ne rappresentano l’immagine qual era in Anchialo sul suo sepolcro, nella quale ben si discerne il mento sb
iglie, senza badare all’orecchie faunine e alle code delle figure del suo corteggio, che facilmente l’ avrebbero contrasegn
singolare di questo grandioso bassorilievo, la sua conservazione, il suo stile possono farlo considerare, come uno dei più
la prima volta. « Cominciando dalla sinistra. Giove siede coperto del suo manto dal mezzo in giù, secondo il costume, e col
o perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra mano lo sce
con un gentil serpeggiare l’ondeggiamento della mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte di una fa
capo è coronato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di un serto d’ alloro che dal sinistro omer
per ricomporre la sconcertata immaginazione. Pane è poco appresso col suo bastone pastorale: si rivolge indietro verso una
fice, il quale dee aver tratto questa composizione tanto superiore al suo genio da egregio, ma ora incognito originale. »
ne ha il capo cinto persino in quel bassorilievo, che rappresenta il suo nascimento. « E credibile che in antico si vedess
a piuttosto r immagine di una defunta rappresentata sul coperchio del suo monumento in foggia di ninfa Bacchica, come, al d
no sull’elefante, ed un giovine seminudo. Una Baccante lo stimola col suo tirso. Altri portano canestri di frutta forse eso
ve nelle pompe Bacchiche abbiamo osservato. Il fanciullo Aerato è sul suo cocchio medesimo, e il nume colla ferula nella ma
una delle più vaghe e bizzarre nell’originale; ma nella copia non è a suo luogo, nè corrisponde appieno all’intenzione dell
o argomento di questo bassorilievo compensa largamente il difetto del suo artifizio. E il più evidente monumento della stre
all’ omero, abbraccia colla sinistra Bacco. Questi ha nella destra il suo cantaro, il tirso, o la ferula nella manca. Ercol
a la destra, o perchè Alcide è qui l’ospite cui Bacco ha ricevuto nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita
ssegnato dalla sua fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudine del suo corpo, dall’abbigliamento rusticano e disordinato
amorosi Evoè. Il tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accresce l’i
tipo della più scelta natura. L’ azione del putto è tutta pròpria del suo carattere, giacché la piccola coda, che se gli at
o. Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide. L’ardite Ninfe l’asinel suo pavido Punsron col tirso; ed ei con le man tumide
8 (1897) Mitologia classica illustrata
e religiose; ma nelle pagine seguenti noi faremo astrazione da questo suo aspetto, e non la considereremo se non come racco
ipotesi ripetuta anche in tempi a noi più vicini, prese, appunto dal suo autore, il nome di Euemerismo. — Altri poi per al
detto il Titano che strozza i serpenti della notte prima di trarre il suo carro su pel cielo; e si diceva pure che nello sp
on violenza il padre, lo domò, lo mutilò e l’ obbligò a rinunziare in suo favore al dominio del mondo. Dal sangue di Urano
i risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra gli Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limite alla volontà sua c
Epiro e di Olimpia, e manifestava poi anche l’ avvenire per mezzo del suo prediletto figlio Apollo. 3. L’ alto concetto che
ti i bambini degli uomini. A stento sottratto da Rea alla crudeltà di suo padre, venne allevato, in un antro segreto dell’
gli togliesse la signoria dell’ universo, l’ ingoia, ed esce poi dal suo cervello, bella ed armata, Pallade Atena (Pallas
ragico Eschilo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filosofia
eità della tempesta spiega come sia stata pensata madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi di guerra, ed es
orale di Era ricevette nelle leggende greche maggiore sviluppo che il suo carattere fisico. Essa era specialmente celebrata
simo era essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e di Samo. Il suo principal tempio era il così detto Ereo (Heraion)
donna di Roma si diceva aver la sua Giunone, come ogni uomo aveva il suo Genio. Varii erano poi gli epiteti dati a Giunone
fosse commossa, avesse tremato la terra, il sole avesse interrotto il suo corso. In conseguenza Atena era deità bellicosa,
un Dio benefico e datore di ogni felicità ai mortali, ma ha anche il suo carattere bellicoso e funesto. È persino Dio dell
ed è cagione di morti improvvise. A Troia, quando i Greci negarono al suo sacerdote Crise i dovuti onori, Apollo si appostò
ia che Apollo sia stato anche pensato come inventore della musica. Il suo istrumento era la cetra o forminx, ed ei la sonav
ipio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il quale aggiunse di suo il mozzicone d’ arco nella mano sinistra; ma non
a. 1. Figlia di Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura di suo fratello Apollo, di cui è, in certa guisa, la for
Artemide era pensata come dea grandemente benefica. Ma aveva anche il suo lato sinistro. Armata di areo e freccie (i raggi
e che ucciso dalle sue freccie fu trasformato nella costellazione del suo nome. Quando poi è finita la caccia, la Dea si co
de per farne là una sua sacerdotessa. In seguito Ifigenia aiutata dal suo fratello Oreste avrebbe rapito e portato in Greci
vedutezza nei rapporti guerreschi, Ares compiacevasi della guerra nel suo lato più brutale, come strage e spargimento di sa
suo lato più brutale, come strage e spargimento di sangue. Secondo il suo significato naturale, Ares era probabilmente l’ u
rioso irresistibile impeto; difatti era detto di lui che sua patria e suo soggiorno prediletto fosse la Tracia, la regione
aggia e temeraria. E quando cadde Ares ferito da Atena, ricoperse del suo corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la sua c
stra del Tevere, destinata a esercizi ginnastici e militari, prendeva suo nome appunto dal Dio Marte ed era a lui consacrat
ial menzione il tempio di Marte Ultore che Augusto fece edificare nel suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli ucc
altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Erac
ta a custodire ad Argo dai cent’ occhi. Ermes uccise Argo e di qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per gli uni Io
il Dio dei commerci e aveva pochi tratti comuni coll’ Ermes greco. Il suo culto erasi introdotto insieme con quel di Cerere
sia rimasto sempre plebeo. La società dei mercanti onorava in lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi di Maggio
a che la vedere al fanciullo, verso cui si volge con dolce sorriso il suo sguardo. Belle le fattezze del volto, e hanno una
della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all’ incanto che emanava dal suo corpo. S’ indovina il significato primitivo di qu
i trattata e ampliata dai poeti greci, nondimeno lascia trasparire il suo senso primitivo naturalistico. Raccontavasi dunqu
ni dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luogo) conservavansi gli a
llissima l’ invocazione a Venus Genetrix con cui Lucrezio cominciò il suo poema della natura; nè meno degno d’ ammirazione
ra un tempietto rotondo, propriamente null’ altro che un focolare col suo tetto; ivi ardeva continuamente il sacro fuoco, s
di Climene; il quale avendo chiesto al padre di guidare una volta il suo carro, e il padre avendo imprudentemente consenti
solo da Giove con opportuni temporali. 2. Il dio Elio aveva anche il suo lato morale; egli è colui che tutto vede e ascolt
culto del sole presso i Romani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso il tempio di Quirino, sulla facciata d
he in pitture vascolari dell’ età di Fidia, rappresentato il sole sul suo carro e le stelle in figura di giovanetti aerei c
verso. L’ arte statuaria più volte ricorse alla figura del Sole e del suo carro, specialmente come motivo di decorazione; a
a sorgeva dai flutti dell’ oceano per percorrere la volta celeste sul suo carro tirato da due cavalli bianchi. Si favoleggi
abbastanza frequente la rappresentazione della luna, comunemente sul suo carro, tirato da due cavalli o da giovenchi; tale
ata come una bella donna a cavallo; tale la fece Fidia nella base del suo Giove d’ Olimpia; tale trovavasi nell’ altare di
see le dita; dicevasi che lieta e robusta si levasse ogni mattina dal suo letto, e vestitasi del suo mantello d’ oro, si af
ieta e robusta si levasse ogni mattina dal suo letto, e vestitasi del suo mantello d’ oro, si affrettasse a bardare i suoi
e Dei ed uomini, prevenendo il carro del sole, e spargendo di rose il suo cammino. Il linguaggio mitico è qui trasparente,
e molti altri simili. Il dolore dell’ Aurora per la morte di Mennone suo figlio, bene è ricordato in un episodio del 13o d
oppure che Afrodite l’ avesse rapito giovane e fattolo guardiano del suo tempio; onde si spiega il virgiliano: Lucifer… q
Orione nell’ estate al primo mattino nel ciel d’ oriente e il subito suo impallidire al sorgere del sole, destò l’ immagin
agine dell’ amor di Eos per lui; invece al principio dell’ inverno il suo levarsi di sera e l’ essere visibile tutta notte,
e si conserva in Siena, dal quale Raffaello trasse l’ ispirazione pel suo celebre quadro. c) Temi e le Ore. In intima
er la sua bellezza destò la gelosia di Venere; questa allora ordinò a suo figlio che eccitasse in lei amore per un basso e
e soffocata dal vapore Stigio che ne emanava, quando accorse Amore in suo aiuto; allora le sue sofferenze furon finite, per
vesse dato alla luce il figlio d’ Apollo, allorquando già il cadavere suo veniva bruciato sul rogo, Apollo stesso intervenn
enne così benefattore dell’ umanità; ma volle anche far più del dover suo , volle anche risuscitare un morto; allora Zeus ad
ora in sogno doveva apparirgli il Dio che gli suggeriva il rimedio al suo male. 3. Presso i Romani, prima che s’ introduces
ali si convenivano a un generoso benefattore dell’ umanità. Attributo suo costante una serpe, come simbolo della forza vita
messo in luce parecchi monumenti che si riferiscono ad Asclepio e al suo culto. Non infrequenti le rappresentazioni di
in rapporto con Zeus reggitore dell’ ordine supremo, o con Apollo il suo profeta; quindi l’ uno e l’ altro eran detti Moir
tani, ma potè rimanere in pace e in piena indipendenza al governo del suo umido regno. La sua abitazione collocavasi all’ e
nuali senza cerimonie d’ espiazione. Naturalmente ogni fiume aveva il suo culto locale; ma alcuni ebbero celebrità maggiore
iva volontieri l’ opera sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo viaggio ai giardini delle Esperidi andò a visitar
ys) era il signore e capo di tutti i mostri marini, che eran detti il suo esercito, e la sua sposa Cheto (Ketos) rappresent
o è egli e potente come l’ elemento che ei governa; allorch’ egli col suo tridente, l’ insegna della regale dignità, si tuf
crifizio, nè tornavano incolumi ai patrii lidi senza ringraziarlo. Il suo culto era sparso largamente, ma più fioriva nelle
berazione dalle inondazioni del Peneo, in quanto che con un colpo del suo tridente aveva egli aperto la scogliosa valle di
e il delfino era sacro a Posidone, e tra gli alberi il pino, o per il suo color verde cupo somigliante al color del mare, o
Troiani, si racconta come Nettuno, accortosi di quello scompiglio del suo regno, sollevò sull’ onde la sua placida testa, e
tto minutamente già in Apollonio di Rodi, e da lui trasse Virgilio il suo :                 … immanis Triton… caerula conch
o; e sopratutto nell’ ore calde d’ estate narravasi che conducesse il suo gregge a meriggiare nell’ isola di Faro, ed egli
Allora si creò la storia, che la principessa figlia di Cadmo dopo il suo salto in mare sarebbe stata accolta dalle Nereidi
ose, che ogni essere vivo inesorabilmente rievoca a sè e accoglie nel suo segreto grembo, quindi divinità ctonica, ossia de
uce la terra, quindi chiamatela la madre Terra ». Varrone comincia il suo lavoro di cose agricole con un’ invocazione a Gio
Museo Chiaramonti in Vaticano raffigurante Gea in atto di presentare suo figlio Erittonio ad Atena. Più tardi si rappresen
Dea portano pure un carattere selvaggiamente fantastico come tutto il suo culto. Conosciutissimo il mito di Atti (Attis o A
tra strepiti e ululati. 3. Poetica descrizione della Dea Cibele e del suo corteggio leggesi nel secondo libro del poema di
a indicare ch’ essa era fondatrice e conservatrice delle città, e al suo corteggio di Coribanti che Tympana tenta tonant
giunto la maturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo tempo; di qui dicevasi che Dioniso avesse avuto u
ome più tardi si favoleggiava, impazzì e colla propria accetta uccise suo figlio scambiandolo per un tralcio di vite, e fu
le più strazianti querele, ma tutto fu inutile. Or ecco, in mezzo al suo abbattimento, sente risuonar le selve d’ un lieto
ggiò ch’ egli si fosse recato fino in India, e là avesse propagato il suo culto, per poi tornar trionfante in Occidente. — 
a, non si può in poche linee, tante sono le opere da questo Dio e dal suo culto ispirate. Già il ditirambo, la commedia, la
gine sua riflessa nello specchio dell’ acqua, e poichè l’ oggetto del suo amore non si poteva in verun modo raggiungere, co
i meritano special menzione Marsia e Mida. Marsia, insiem con Iagnide suo padre e Olimpo suo alunno, era detto inventore de
menzione Marsia e Mida. Marsia, insiem con Iagnide suo padre e Olimpo suo alunno, era detto inventore del suon dei flauti,
In Attica narravasi che egli avesse soltanto trovato in terra e fatto suo il flauto che Atena, la vera inventrice, aveva ge
sua avarizia, chiese si convertisse in oro ciò che egli toccasse col suo corpo. Fu soddisfatto; ma il piacere divenne per
a una fossa e mormorò dentro di quella quali orecchie avesse visto al suo padrone; poi rigetto la terra nel fosso. Sorto da
s’ affollano a udirlo e danzano intorno ritmicamente; e riferisce il suo canto che ha ad argomento l’ origine delle cose e
i essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivavano gli antichi il suo nome (pan=tutto); laddove in verità esso proveniv
ice, dov’ ei, librando il corpo e simile a uno che voli, non ponga il suo piè caprino. Talvolta piegandosi a mezzo, riguard
del mese Februarius, Febbraio. La Dea Bona o Fauna aveva essa pure il suo santuario e il suo culto. È da ricordare specialm
, Febbraio. La Dea Bona o Fauna aveva essa pure il suo santuario e il suo culto. È da ricordare specialmente la festa che i
314 e sgg.). In arte Saturno è sempre rappresentato come un vecchio e suo costante attributo è il. coltello da giardiniere
re, sempre senza frutto; infine prese forma d’ una vecchia, entrò nel suo orto, lodo frutti maturi curati da lei, con dolci
abina, un altro presso il tempio di Cerere al Circo Massimo. Aveva il suo sacerdote, flamen floralis, e solennissime feste
nto dei Fasti d’ Ovidio si parla di Flora; ed ella stessa descrive il suo carattere e spiega come siano nate le leste celeb
crive il suo carattere e spiega come siano nate le leste celebrate in suo onore. In arte soleva costei rappresentarsi come
artossi dall’ Olimpo, e prese a vivere in luoghi solitari immersa nel suo dolore, mentre intanto cessava la fertilità della
a sua presenza la madre, e il resto dell’ anno vivesse in inferno col suo sposo e signore. Così avviene che ogni anno all’
nira ad accogliere la vecchia affidandole la cura dell’ ultimo figlio suo Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Ce
o figlio suo Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la regina stessa
esenza di lei; pure rimase da principio incognita. Assunto l’ ufficio suo , Demofoonte cresceva così presto come fosse Dio,
a insospettita stette in agguato e colse la nutrice in atto di gettar suo figlio nel fuoco. Die’ in acuto grido temendo per
nocchia d’ una dea. In così dire svela a Metanira e a Celeo l’ essere suo e li esorta a fondare un tempio in Eleusi. Compiu
a Dea l’ avrebbe guarito da una grave malattia per guadagnarlo poi al suo culto. Ancor nei tardi tempi della letteratura la
Bacchus. 3. Chi rieorda i furvae regna Proserpinae di Orazio e il suo : Mixta senum ac iuuenum densentur funera, nullum
e che occultamente opera, anzi un elmo lo rende invisibile (donde il suo nome); ma tanto più è terribile la sua potenza. O
remenda scossa alla terra, dicesi che Ade saltasse giù spaventato dal suo trono per terna che si squarciasse la terra e com
terra e comparisse agli occhi dei mortali e degli immortali l’ odiato suo soggiorno. Più tardi invece, nell’ età dell’ Odis
ltri si raccontava, per aver dato in cibo agli Dei le membra cotte di suo figlio Pelope, è condannato ad un’ eterna fame e
n mano rischiarano d’ una sinistra luce i passi di lui, e il tormento suo non ha più line se non quando egli impazzisce e m
la leggenda di Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la morte di suo padre Agamennone uccidendo la madre Clitemestra i
oll’ anime dei trapassati su pei trivii e intorno ai sepolcri; che al suo avvicinarsi i cani ululavano e guaivano; ch’ essa
accoglitore (cfr. arca, arcanus). S’ immaginava che l’ Orco avesse il suo ripostiglio, dove riponeva le ombre come il mieti
naio; e ora parlavasi di lui come di uno armato di falce che al tempo suo coglie chi deve, non risparmiando i polpacci di c
Giunone per invitare il Sonno a dar notizia ad Alcione della morte di suo marito Ceice. Ivi si dan compagni al Sonno i Sogn
la tragedia essa discorre con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo proposito di portar con sè l’ infelice regina sac
portar con sè l’ infelice regina sacratasi a morte per la salvezza di suo marito Admeto. L’ arte dapprima rappresentava la
a più volte un’ altra formola con cui invitava le ombre a lasciare il suo tetto. Si attribuivano a questa venuta delle ombr
Romolo e Remo divennero i Lari di Roma, e vivente ancora Augusto, il suo genio fu detto il Lare pubblico. Tanto più crebbe
meteo; sua moglie era Pirra, nata da Epimeteo e Pandora. Avvertito da suo padre dell’ intenzione che Zeus aveva di stermina
e pur tra i tormenti tiene alta la testa e invitto l’ animo contro il suo oppressore. — Non mancano neppure rappresentazion
orio Malea. Ferito per disgrazia con una delle freccie avvelenate del suo amico Eracle, rinunziò all’ immortalità per favor
hiavo di qualche mortale, venne da Admeto e stette un intiero anno al suo servizio come pastore. In questo tempo strinsero
apir sua preda, si assiste agli ultimi momenti dell’ eroica sposa; il suo distacco dal marito e dai figli non potrebbe esse
i, Anfione e Zeto. 1. Allorquando Cadmo lasciò Tebe, già era morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio di lui Labd
be insuperbitasi della sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Zeus), voleva impedire alle d
izione viva e vera della morte dei figli di lei, e l’ espressione del suo immenso dolore? Quando eran già tutti morti, salv
’ ultima figliuola, la madre, narra Ovidio, ricoprendola con tutto il suo corpo e con le sue vesti, gridava rivolta a Laton
lla statua della madre, detta la mater dolorosa dell’ arte antica; il suo però non è un dolore rassegnato; il suo occhio pi
olorosa dell’ arte antica; il suo però non è un dolore rassegnato; il suo occhio piangente, volgendosi al cielo, accusa ins
Preto per vendicare il creduto insulto, pensò mandar Bellerofonte al suo suocero Jobate re della Licia, con una tavoletta
le nari, infestava il paese intorno intorno. Bellerofonte, stando sul suo cavallo in aria, potè a distanza saettar la fiera
aro, si sarebbe attirato l’ odio di Zeus per aver voluto in groppa al suo Pegaso salire al cielo; e Zeus l’ avrebbe punito
i che fatto re di parte della Licia, Bellerofonte tornò a Tirinto sul suo Pegaso, e riaccese l’ amore di Stenebea per lui.
sembrato, essa è la bianca nuvola, gravida di pioggia, che, ucciso il suo custode ossia il sole, scorre pel cielo spinta da
entrata in rapporti colla regione del Nilo. In ogni modo il mito nel suo insieme già leggesi in Esiodo; poi ne fè cenno in
consorte. Così fecero tutte salvo una Ipermnestra, la quale salvò il suo sposo Linceo. Si arrabbiò Danao e cacciò la figli
carcere; ma poi le perdonò e si riconciliò con Linceo che divenne il suo successore, celebre come fondatore delle gare equ
della paterna eredità era toccato Tirinto, dovette alla fine cedere a suo fratello e se ne fuggi in Licia presso Jobate. Qu
così il possesso di Tirinto, anzi mettendolo in grado di estendere il suo dominio fin verso Corinto. Or questo Preto ebbe t
la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratello Biante parte del regno di Tirinto. Essen
o ammonito dall’ oracolo che egli avrebbe avuto morte per opera d’ un suo nipote, richiuse Danae in una caverna sotterranea
rete la trasse a terra, e salvati così madre e figlio, li consegnò a suo fradello Polidette ch’ era re dell’ isola. Polide
n conscio delle difficolta che avrebbe dovuto superare. Ma vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di
i Gerione. Tornato a Serifo, Perseo impietrò colla testa di Medusa il suo nemico Polidette, e diè il regno al fratello Ditt
g. 34). Questo il nucleo, abbastanza antico del mito di Perseo; ma il suo viaggio in ignote regioni e la virtù straordinari
col ritorno dell’ eroe ad Argo. Perseo si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor di lui era fuggito a
fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre di Alcmena e da un alt
acle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre di Alcmena e da un altro suo figlio nacque anche Anfitrione. Anche fuori della
forma della tradizione. Che anche l’ arte assai per tempo abbia fatto suo pro’ di questo terna ricco di belle situazioni, o
servi per uccidere Medusa e coll’ elmo che lo rendeva invisibile. Il suo aspetto in genere ricorda molto quello di Ermes.
1. A Cecrope successe nel regno dell’ Attica Cranao, da alcuni detto suo figlio. Sotto Cranao sarebbe avvenuto il diluvio
e colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa Dea nel suo santuario dell’ Acropoli, e fatto poi re di Atene
col pretesto di condurla dalla sorella, la portò in luogo remoto del suo regno e la fè sua, poi perchè ella non potesse pa
ampo e di vendetta, finalmente riuscì a far pervenire alla sorella un suo ricamo in cui per segni le faceva conoscere la di
sti pericoli, Teseo potè finalmente giungere in Atene. Ivi trovò Egeo suo padre irretito nei lacci della pericolosa incanta
l’ uopo il veleno, quando Egeo riconobbe dalla spada e dai sandali il suo figliuolo; allora buttò a terra il bicchiere del
spettito perchè gli Ateniesi e i Megaresi avevano a tradimento ucciso suo figlio Androgeo, o, secondo altra leggenda, lo av
esso ritrovar la via d’ uscire. Come poi Ariadne accompagnò Teseo nel suo ritorno, come a Nasso fu da lui abbandonata, e di
Dio. Nel ritorno ad Atene Teseo fu indiretta cagion di morte ad Egeo suo padre; erano rimasti d’ intesa che in caso di fel
con sè da Creta, e lo sacrificò ad Apollo Delfinio; 2º aiutò l’ amico suo Piritoo, principe dei Lapiti nella guerra contro
nignamente dal re Licomede, ma poi proditoriamente ucciso. Demofonte, suo figlio natogli da Fedra, riuscì a ottenere la suc
ne le opere. Infatti ogni genere letterario si può dire abbia dato il suo contributo a illustrare la leggenda di Teseo. La
e di Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfosi narrò da par suo la caduta di Megara e l’ uccisione del Minotauro.
nel momento che trae fuori ili sotto il masso la spada e i sandali di suo padre. VII. Creta. a) Minosse e il Mi
Elio (altra personificazione della luna); da cui gli nacquero Catreo, suo successore nel governo, Deucalione, Glauco e Andr
odo sopra narrato, e ridusse alle strette il re Egeo. A confermare il suo diritto al trono, un giorno Minosse pregò Posidon
e cominciò a corrergli dietro per monti e boschi fin che ridusselo al suo desiderio. Ne nacque il Minotauro, mostro compost
Mezione e pronipote di Eretteo, avendo per gelosia d’ arte ucciso il suo nipote Talo, erasi riparato in Creta col figlio I
le vie aeree, e fabbricate delle ali di penne, le adattò con cera al suo corpo e a quello del figlio; così volaron via. Se
sardonico finchè esalavano l’ ultimo respiro. Ma aveva anch’ egli il suo lato debole e ne fu vittima. Aveva una vena unica
lli, rimaneva addietro nell’ arti musiche; anzi accoppò colla lira il suo maestro Lino che gli aveva inflitto un castigo. I
imase fra i pastori fino al diciottesimo anno d’ età. Compi allora il suo primo atto eroico uccidendo un leone che infestav
— A questo punto Euristeo re di Tirinto (o Micene), chiamò Eracle al suo servizio. Doveva, secondo il decreto di Zeus, com
consulto l’ oracolo di Delfo, e n’ ebbe in risposta si rassegnasse al suo destino. Di che egli montato in furore, così la l
’ affronte) impavido e andava tagliando con la spada le teste; ma con suo grande stupore a ogni testa tagliata ne vedeva ri
inascer due. Allora, ricorrendo all’ aiuto di Iolao figlio di Ificle, suo fido compagno, fece dare il fuoco ad un bosco vic
uoi strali, onde Elios ammirato di tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a forma di tazza. Coll’ aiu
uesti un dono di nozze che Era aveva ricevuto da Gea in occasione del suo matrimonio con Zeus. Erano custoditi nell’ estrem
vendetta allora s’ allontanò da Ecalia l’ eroe; e poco dopo avuto in suo potere Ifito figlio di Eurito, lo precipitò giù d
adre di Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà di salvare col suo velo uno dei prigionieri, salvò suo fratello Poda
da Eracle facoltà di salvare col suo velo uno dei prigionieri, salvò suo fratello Podarce, che d’ allora in poi si chiamò
tempo e n’ ebbe il figliuolo Illo. Più tardi si recò con Deianira dal suo amico Ceice in Trachine ai piedi del monte Oeta.
. Egli pur morendo fè terribile vendetta, dando a Deianira un po’ del suo sangue e dicendo avrebbe potuto prepararne dell’
pararne dell’ unguento magico da assicurarsi in ogni caso l’ amore di suo marito. Si vedrà appresso qual inganno si nascond
di Ares, presso Itone vicino al golfo di Pagase; e non solo uccise il suo avversario, ma ferì anche il Dio della guerra che
già erasi pel dolore uccisa. Allora vedendo tutto perduto, ordinato a suo figlio Illo di sposar Iole, tornò sull’ Oeta, ivi
i là, gli rese questo servizio, in compenso di che egli a lui donò il suo areo e le sue freccie. Mentre il rogo ardeva, ecc
a lui sacro il quarto giorno d’ ogni mese; chè lo si riteneva per il suo giorno natalizio. 3. Latinizzato il nome Eracle i
o, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passando col suo armento per le pendici del monte stesso un ladron
con lui aspra lotta, affine lo vinse ed uccise. Poi per gratitudine a suo padre Giove che gli aveva fatto scoprir il furto,
a ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, intitolato « le gesta di Eracle »
cui nulla giovò la facoltà ottenuta dall’ avo Posidone di prendere a suo bell agio qualunque forma desiderasse e di bel nu
vennero tra gli altri i Dioscuri Castore e Polluce, Teseo e l’ amico suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto di
eleagro e lo pregano a riprender l’ armi, ma invano; lo prega pure il suo vecchio padre, invano; lo pregano le sue sorelle
re erano apparse alla madre Altea e l’ avevano avvisata che il figlio suo sarebbe vissuto sol tanto quanto stava per durare
o il compito principale. Atamante stesso s’ accord tanto dei mali del suo paese che ne impazzi, e nella pazzia perseguitand
endo Atamante fuggito in Epiro, la signoria dei Minii passò a Creteo, suo fratello. Questi ebbe da Tiro figliuola di un ter
Posidone. A stento potè Esone salvare dalla persecuzione di Pelia il suo piccolo figlio Giasone (Iason), affidandolo al ce
truire nel portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal nome del suo costruttore chiamò Argo, e chiamati a raccolta qu
o dall’ impresa, lasciando nella Misia i commilitoni per inseguire il suo prediletto Ila (Hylas) che le ninfe fontane aveva
to l’ avviso dall’ oracolo, non generasse figliuoli, perchè un figlio suo avrebbe ucciso lui e sposata la madre. Perciò all
eri genitori. Ma un giorno in un banchetto qualche parola lanciata al suo indirizzo da un giovane corinzio gli gettò nell’
bbe risposta si guardasse dal tornare in patria perchè avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Egli allora pensò di e
o giù in un profondo burrone. Appena saputo la morte di Laio, Creonte suo cognato preoccupato del continuo pericolo della S
le che era più vecchio, (alcuni fan più vecchio Polinice) non volle a suo tempo cedere il luogo al fratello; il quale allor
; allora tutto a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio di resistere anche al fuoco di Zeus, ven
si diedero alla fuga; fuggì Anfiarao, e mentre fuggiva fu insieme col suo cocchio ingoiato dal terreno e divenne un dio pro
enne un dio profeta venerato a Tebe e altrove; fuggì Adrasto mercè il suo bravo destriero Arione, prodotto dalla Demetra Er
erari e malvagi. Per mettere alla prova l’ onniscienza divina, uccise suo figlio Pelope e ne fe’ cuocere le membra e le app
di Enomao inducendolo a levar i cavicchi dalle ruote del cocchio del suo padrone e a sostituirli con cavicchi di cera. Cos
omesso, lo precipite in mare. Secondo alcuni, costui sarebbe stato da suo padre Ermes mutato nella costellazione dell’ auri
o, portò seco un figlio di Atreo, di nome Plistene, e allevatolo come suo , un bel giorno lo mandò a Micene perchè uccidesse
fio di tanta audacia. Ma Atreo quando seppe di aver fatto uccidere il suo proprio figlio, concepì un terribile disegno di v
n moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte del suo dominio. Più tardi prese parte alla caccia del ci
one, durante la quale ebbe la disgrazia di uccidere involontariamente suo suocero. Allora lasciò Ftia, e si recò a Iolco do
co dove prese parte ai giochi funebri istituiti da Acasto in onore di suo padre Pelia. In quest’ occasione Astidamia ( Omer
enda posteriore ad Omero quella secondo la quale Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo n
e ad Omero quella secondo la quale Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo nascose in casa
io di Agamennone risiedente in Micene. Ristabilì sul trono etolico il suo nonno Eneo che era stato cacciato dai figliuoli d
etolico il suo nonno Eneo che era stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello Agrio. Nella guerra di Troia, protetto d
ndole una cerva, e la trasportò in Tauride per farla sacerdotessa del suo tempio. Dopo ciò la flotta potè con buon vento sa
che saltò a riva, Protesilao (=il primo che salta), cadde vittima del suo coraggio. Anche Cicno (Cycnos) il re di Colone ne
arvi il fuoco, allorchè Achille si lasciò indurre dalle preghiere del suo amico Patroclo a permettergli che indossasse le s
forte Pelide, e disperse furono le sue genti. Pianse Eos la morte di suo figlio, e continua a piangerla, giacchè che cos’
tto da Apollo. Secondo una leggenda posteriore, mentre festeggiava il suo sposalizio con Polissena la bella figlia di Priam
a bella figlia di Priamo, fu a tradimento ucciso. Intorno al cadavere suo sì combattè a lungo e con accanimento, finalmente
più grande degli eroi? Aiace il maggiore, sia come cugino, sia per il suo valore, vi aspirava con ragionevole presunzione,
venuti dal mare s’ avventarono contro lui e avvinghiandosi attorno al suo corpo e a quello de’ ragazzi li soffocarono tra l
o di Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposata. Menelao nel suo sdegno contro la infedele donna avrebbela uccisa,
a madre già affranta da tanti dolori, verso sulla tomba d’ Achille il suo sangue per opera di Neottolemo. 3. Ed ora le avve
roverbiale. Giunto a età matura, Oreste decise di muovere a vendicare suo padre così indegnamente ucciso; e accompagnato da
salvato anche a dispetto degli Dei; allora Posidone con un colpo del suo tridente spaccò lo scoglio e l’ empio sprofondò i
non gli era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etolia, patria di suo padre Tideo, ove viveva ancora l’ avo Eneo, ma sp
l’ avo Eneo, ma spogliato della signoria per opera dei figli di Agrio suo fratello; Diomede combattè, vinse e restituì all’
e tardi s’ accorse del tiro fattogli e dovè contentarsi di invocar da suo padre Posidone vendetta contro Ulisse. d) Dalla t
colse il naufrago con grande benevolenza; se ne invaghì; voleva farlo suo sposo e indurlo a non abbandonar più quella terra
inta promise fissar un giorno nel quale avrebbe scelto fra i Proci il suo secondo marito. Appunto allora Ulisse era stato s
vaghitasi di Enea, avrebbe voluto che si fermasse con lei e divenisse suo sposo, ma un espresso ordine di Giove indusse Ene
opolitano, in ultimo gli Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo pro di questo mondo così vario e ricco di sentime
così vario e ricco di sentimenti poetici; ad es., Stesicoro trattò a suo modo la presa d’ Ilio, i Nosti, le leggende d’ Or
le leggende degli Eacidi. Specialmente la tragedia s’ aggirò come nel suo proprio elemento fra argomenti del ciclo troiano;
iglia che ancora il medio evo abbia conservate, trasformandole a modo suo , quelle tanto vivaci e tanto belle tradizioni. Op
piede inceppato, egli mostrasi spaventato non per sè ma per il padre suo , al quale si volge con pietà e sgomento. E il pad
ei sette e degli Epigoni; ed’ altri minori, come Polifide, Teoclimeno suo figlio che andò in Itaca con Telemaco e Poliido c
Poliido che acquistò fama in Corinto. — Ogni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’ era Mopso f
re. Pensò di scendere all’ inferno per veder di riaverla. In fatti il suo dolce canto faceva spuntar le lagrime fin sul cig
o in terra, andò errante per le montagne della Tracia a dare sfogo al suo dolore, e gli avvenne poi di perire miseramente l
rali, inni, vaticini. Ma i lavori che nell’ età storica correvano col suo nome eran naturalmente di elaborazione ben poster
rda con triste dolcezza. La terza figura è Ermes che deve compiere il suo dovere di separare i due amanti, ma si vede che l
ornamento delle sepolture. 1. « Forza senza senno rovina pel suo peso istesso; invece a forza temperata (dalla pru
ndo dall’ aperto cielo piega i cavalli e volando spinge alla corsa il suo cocchio veloce. » 37. Eneide, X, 209 sgg.: « l
allorchè Eneo fu caccialo dal regno per opera dei figliuoli di Agrio suo fratello, cfr. pag. 412. 53. Carm. I, 12, 9: « 
9 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
pe, nata dal fiume Nilo(c). Non sempre Cadmo stette appresso il padre suo , ma insieme con Cilice e Fenice, suoi fratelli (2
pita l’impresa, l’Eroe nuovamente s’alzò per l’aria colla spoglia del suo trionfo. Scorse a volo molte terre, finchè giunto
tre parti del Mendo,(a) (6). Colà non fermossi l’Eroe, ma continuò il suo aereo viaggio, finchè arrivò nella Mauritania, do
lle villanie v’aggiunse violenze e minacce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa, la
Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo,
ito. Ella, come osservò esserle vicino il genitore, uccise il piccolo suo fratello, Absirto, chiamato anche Egialeo (a), na
e prenderne vendetta. Finse la Maga di essere in discordia col marito suo , e ricorse supplichevole alle figliuole di Pelia.
colei di pagare la giusta pena dell’ esecrando delitto, salì sopra il suo carro, e dopo aver cercati inutilmente varj asili
gonauti, ed era riuscito eccelente cacciatore. Quegli, morto il padre suo , subito s’impossessò del trono, e costrinse Giaso
n poteva che di mal animo sofferire il nuovo imeneo ; pure nascose il suo sdegno sotto artifiziosa indifferenza, e spedì in
ciliato con Medea, e avendo dato varie prove della sua prudenza e del suo invitto valore, meritò dopo morte gli onori divin
de alla luce Ercole. Galantide non potè trattenersi dall’esternare il suo giubilo, prodotto dall’aver ingannata la Dea. Que
ntaneo ; e che, come quegli giunse all’adolescenza, ella risvegliò il suo sdegno contro di lui, e con maggiore ardore tentò
Poeti qualche volta detto Cleoneo(a). Molorco poi, per dimostrare il suo rispetto vero sì celebre ospite, voleva immolare
ima a di lui onore. Ercole lo persuase di differirne il sacrifizio al suo ritorno, e gli promise d’offerirlo egli a Giove S
guidato da Iolao, figlio d’Ificlo, re d’un cantone della Tessaglia, e suo particolare amico(6), s’accinse al gran cimento.E
i cavalli. Ercole affidò questi alla custodia del giovanetto Abdero, suo favorito, e disfece la maggier parte di coloro. A
anetto Abdero, suo favorito, e disfece la maggier parte di coloro. Al suo ritorno trovò, che i cavalli aveano divorato Abde
esi, che avendo l’ Eroe ricercato qualche cibo a Teodamente per Illo, suo figlio, avendo quel re ricusato di soddisfarnelo,
pi, e vi sacrificò Busiride, il di lui figliuolo, Anfidamante, Calbe, suo araldo d’armi, e tutti gli altri ministri della d
pita da’corsari, e venduta a Litierse o Litierside, figlio di Mida, e suo successore al trono di Colene. Dafnide, inconsola
gli d’ Androgeo, na to da Minos, re di Creta. Da di là continuando il suo viaggio, arrivò in Misia, dove combattè con Amico
el medesimo Caco, quella che scoperse ad Ercole il furto, fattogli da suo fratello. Fu perciò, dicono, annoverata tralle De
el seno. Molestato dagli ardori del Sole, tese pure contro, di lui il suo arco. Il Sole ammirò tanto coraggio, e lo regalò
i, comuni con Apollo ed Esculapio. Conobbe la botanica, e arricchì il suo paese di molte piante, delle quali esso mancava.
oi, ed egli esigeva questo omaggio per vendicare la morte di Climeno, suo padre, ucciso da un Tebano. Quel re spediva ogni
to in ricompensa una città, la avea denominata Eraclea per onorare il suo benefattone. Colui, fattosi capo de’ ribelli, pri
io a Giove, lo rendette furibondo. Partì dall’ altare, si trasferì el suo palagio, e quivi credendo di trovarsi ora in Cori
predetto Euristeo. Avrebbe privato di vita anche Anfitrione, creduto suo padre, se il di lui figliuolo. Pallante, non ne I
o, che fosse per nascergli in avvenire. Ercole rapì la giovine, e nel suo furore precipitò dall’ alto delle mura il di lei
che sarebbe avvenuto, se Giove non li avesse separati, scagliando il suo fulmine nel mezzo loro (a). L’Oracolo allora fece
allora fece intendere ad Ercole, ch’ egli non si sarebbe liberato dal suo male, qualora non fosse stato venduto, e non aves
ta Jole, piena di gelosia e timori, spedì al marito per mano di Lica, suo servo, la veste di Nesso. L’Eroe Tebano stava all
lanciò in mare, dove fu cangiato in iscoglio (b). L’Eroe proseguì nel suo furore, pronunziò orribili imprecazioni contro De
a se Filottete figliodi Peane, gl’impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce, le quali dal Fato si riserb
fosi sottrasse Miscelo all’ atroce castigo. Quindi, rendute grazie al suo liberatore, fece vela con propizio vento per la I
capace di smuovete quel sasso. Converiva, che Egeo tenesse secreto il suo matrimonio a motivo de’cinquanta figliuoli di Pal
ecreto il suo matrimonio a motivo de’cinquanta figliuoli di Pallante, suo fratello, detti però Pallantidi, i quali aspirava
a volta d’Atene, nè stette molto a trovare occasioni di far prova del suo valore. Sulle vie d’Epidauro s’abbattè in Perifet
o gli altti(a). Perigona, figlia del predetto Scini, dopo la morte di suo padre ando a nascondersi tra morte di suo padre a
tto Scini, dopo la morte di suo padre ando a nascondersi tra morte di suo padre ando a nascondersi tra molte canne e altre
iamo esposto, a devastare le campagna di Maratona. L’Etoe proseguì il suo viaggio, passò per Cremiona, luogo vicino a Corin
he il Re stesso ne porgesse il nappo al proprio figliuolo, come ad un suo nemico. Mentre Teseo appressava le labbra alla ta
rificando nel tempio delle Grazie in Paro, quando intese la morte del suo figliuolo(b). Egli, per vendicarla con numerose f
dormiva(15), e si trasferì in Delo, dove per eternare la memoria del suo trionfo sopra il Minotauro, in stituì la Festa Pi
crifizio ad Apollo di tutte le vettovaglie, ch’erano sopravanzate nel suo vascello, e in particolare delle fave. Mise il tu
se da Atene per trasferirsi in Creta, aveva ricevuto ordine dal padre suo di spiegare al suo ritorno, se mai poteva riuscir
sferirsi in Creta, aveva ricevuto ordine dal padre suo di spiegare al suo ritorno, se mai poteva riuscirvi, una vela bianca
e di lutto. Egeo dall’alto d’Atene, detta Acropoli, dove l’impaziente suo amore pel figlio lo aveva condotto, stava osserva
o il dolore, che ebbe a sentire, quando intese, ch’era morto il padre suo , e che egli n’era stato la cagione. Gli Ateniesi
oleonte, che Teseo progredisse più oltre negli avvenimenti felici del suo combattere ; e però adoperò tutta la forza per is
i marziale valore. Posto da Ercole sul trono del predetto Laomedonte, suo padre, ne ampliò lo Stato per mezzo di varie conq
vascelli(13) per andarsene in Grecia a ridomandare Esione, sorella di suo padre, ch’ Ercole avea rapito, e dato in isposa a
seppe piacere a quella Regina, che la medesima, abbandonato il marito suo , fuggì seco lui nella Troade(14). Priamo la accol
alo (f), e Cerano, cocchiere di Merione (g). Fece pur cadere sotto il suo braccio Epigeo, figlio di Agacleo, e re di Budia(
ebe nella Cilicia, la quale era bella, coraggiosa, e molto amante del suo marito(g) (6). Stava Ettore dinanzi alla Porta Sc
n contento d’aver insultato agli ultimi respiri di lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo strascinò col volto nella
al figlio gli onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose il s
). Paride, cresciuto in età, ebbe ivi la cura di numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava di rubargl
estione. Ciascuna di esse fecegli generose offerte, onde giudicasse a suo favore. Giunone gli esibì ricchezze e imperj ; Mi
he ben tosto si ritirò tra’ suoi. Rianimato da’ rimproveri di Ettore, suo fratello, si presen ò di nuovo a combattere contr
chise(a) (1). Fu allattato da una certa Caieta, la quale diede poi il suo nome ad una città, dove fu sepolta(b) (2). Qesto
on vi ruscì : quindi, affidata la cura degli Dei Penati(3) al vecchio suo padre, con lui sulle spalle, e col figlinolo, Asc
Sicilia, ed ivi ebbe a sofferire il dolore di veder a morire il padre suo , Anchise(a) (10). Giunone, implacabilmente sdegna
a la benevolenza lo accolse. Enea vi celebrò allora l’anniversario di suo padre(15). In quel momento uscì dal sepolcuo d’An
a quella giovine. Latino allora volle consultare l’Oracolo di Fauno, suo padre. La notte, mentre stava coricato sulle pell
rio(18). Questi gli regalò quattrocento cavalli, guidati da Pallante, suo figliuolo. Poco dopo si collegarono con Enea anch
sente tra’Greci Principi, stabilì la città di Micene per Capitale del suo Impero. Egli fu altresì nominato per supremo Coma
o durante il tempo delle sua assenza la cura della sua famiglia e del suo Regno(23). Colei, mal comportando il ritorno del
iedesse al culto, e lo tenesse in propria casa per tutto il tempo del suo ministero. Questo durava un anno ; compito il qua
di quello erano divis. Minerva, che aveva pure il diritto di darvi il suo , si dichiarò a favore di Oreste, e questi quindi
e Furie ; ritornò nella Grecia ; sposò Ermione, figliuola di Menelao, suo zio ; salì senza contrasto sul paterno soglio ; e
da’Greci, fu da loro restituita a Menelao. Questi voleva immolarla al suo risentimento, e alle ombre di coloro, che per cau
e, secretamente lo fece passare in abito femminile appresso Licomede, suo fratello, e re dell’Isola di Sciro. Il naturale a
Troja, seguito in cinquanta navi da’ Mimidoni(d) (4), e da Menescio, suo parente(5), a cui diede il comando di una parte d
corpo di colui era invulnerabile ; però Achille, osservando, che ogni suo colpo riusciva vano contro di quello, scese dal c
mi, quando Nettuno trasformò Cicno in bianco volatile, che ritenne il suo primiero nome(b). Dopo questa memorabile e labori
di Tenedo. Emitea, figlia di Cigno, erasi colà portata per seguire il suo fratello, Tene(11). Achille, invaghitosi della di
timne, comandò a’suoi soldati, che lapidassero la giovine in pena del suo delitto(b) (12). Ad Achille, per essere nato da P
llo Stige(a). Ovidio poi dice, che Nettuno, sdegnato per la morte del suo figliuolo, Cicno, concepì implacabile odio contro
a’ Greci nel tempo della guerra Trojana sì co’ suoi consigli, che col suo valore. Egli insieme con Diomede tolse a’nemici,
i. A tale risposta i di lui compagni lo eccitarono a pregare Nettuno, suo padre, che lo soccorresse. Non molto dopo il Cicl
o contro di lui nutriva a motivo del male, che avea fatto a Polifemo, suo figlio(b). Ritomato Ulisse a Circe, essa pure gli
ssere volere degli Dei, ch’ella lasciasse proseguire al Greco Eroe il suo viaggio. Così avvenne ; e Ulisse, proveduto di be
inoo, prendendo Ulisse per mano, lo fece sorgere, e sedere. Ordinò al suo coppiere, Pontonoo, di mescere olce vino ; bevuto
olungo tempo e in mezzo ad infiniti, disastri cercato, inutilmente il suo genitore. Parlò egli col padre, nè lo riconobbe,
e di vecchio e mendico uomo, passò con Eumeo alla città(a). Giunto al suo palagio, venne tosto riconosciuto da uno de’suoi
e Medone. Neppure la risparmiò a Melantio, figlio di Dolio, ed altro suo guardiano di capre. Costui avea insultato ad Ulis
cordò allora di un Oracolo, che lo aveva avvertito di guardarsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle sapere chi era quell
di Minerva sposò Penelope, e la rendette madre d’ Italo, che diede il suo nome all’Italia(b). Ulisse poi dopo morte fu amov
delitto. Minerva tuttavia non lasciò invendicata la profanazione del suo tempio, e sì colpì con fulmine tutta la di lui fl
giovanette di Locri, estratte a sorte, onde servissere a Minerva nel suo tempio, eretto in Troja(c). Que’ di Locri ebbero
Oracolo gli avea predetto, ch’ei sarebbe perito per le insidie di un suo genero. A fine dunque di liberarsi da tutti quell
cercargli il premio dell’operato tradimento(f). Pelope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale era al di l
Tieste(7), Alcatoo(8), e Crisippo. Il fine di Pelope fu, che il padae suo , come già abbiamo detto, lo fece in pezzi, e poi
gli si affezionò ; lo fece allevare non altrimenti che se fosse stato suo figliuolo, e gl’impose il nome di Edipo, dalle du
credeva, figlio di Polibo. Consultò l’Oracolo per sapere, qual’era il suo padre, e ne udì, che lo avrebbe trovato nella Foc
e spiegazione, si precipitò nel mare, giacchè questo doveva essere il suo fine, qualora si fosse spiegato il suo enimma(b)
iacchè questo doveva essere il suo fine, qualora si fosse spiegato il suo enimma(b) (2). Edipo quindi oltre il trono di Teb
figlia, di nome Giocasta(3). Edipo non godatte sempre felicemente il suo regno. La sua maggior prosperità si cambiò alfine
ume d’imporsi a’ morti. La terra finalmente si aprì, e lo accolse nel suo seno(a) (6). Eteocle e Polinice. ETeocle e
Polinice. Questi, mal sofferendo la violazione del patto, ricorse al suo genero, Adrasto, figlio di Talaone, e re d’Argo(1
la si trasferì da Argo in Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi
niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol aves
dito. Anch’egli perciò dovette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostoch
tezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo
a siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo morte fu ascritto tra’ Se
dalle Furie, passò appresso il fiume Fegeo, ond’essere purificato del suo delitto. Ne sposò la figlia, che si chiamava Alfe
one e Azione(d). Calliroe desiderava di vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i di lei piccoli
Adrasto si portò ad Eteocle, e ne esigette, che cedesse la corona al suo fratello, Polinice. Eteocle, anzichè aderirvi, lo
, ma quegli, avvalorato dal desiderio della vendetta, lo trafisse col suo ferro, e amendue spirarono sul campo. Neppure la
umanzia, fu il primo ad ergerle un tempio. M. Marcello nel tempio del suo primo Consolato, trovandosi nella Gallia appresso
levano offerire un sacrifizio a questa Dea nel Campidoglio, e dare in suo onore uno spettacolo di gladiatori(d). A Nemesi s
, che famelico perfino si astiene dal cibo, qualora glielo comandi il suo padrone. Beneficenza. La Beneficenza è virt
cuore dinota l’integrità dell’uomo sincero, che manifesta a tutti il suo animo. Riprensione. La Riprensione è rimpro
eso, s’accende di furore, e tenta ogni mezzo di prendere vendetta del suo offensore. Gelosia. La Gelosia è interna in
lui divisa. A tale vista talmente egli s’intenerì, che detestando il suo malnato capriccio, si mosse per abbracciarla. Pro
e con proteste, ch’ ella ad uno solo, ovunque egli fosse, serbava il suo affetto. Ciò doveva bastare ad assicurare Cefalo
la rinvenne. Si gettò a di lei piedi, la pregò di perdono, detestò il suo fallo, e prese a giustificare la di lei debolezza
nto cara. Cefalo allora comprese l’arcano, e procurò di toglierla dàl suo errore, ma senza frutto. S’ abbandonò la misera n
le maschere, e le lingue Indicano l’incostanza del Bugiardo, che nel suo favellare dà diverso aspetto alle cose onde accad
a grazia di Pallade, perchè egli le eta riuscito troppo importuno col suo cantare. Ira. L’Ira è interna inquietudine,
dal Sole, si oppone poi al medesimo, onde non diffonda sulla terra il suo splendore. Tal’ è il carattere anche dello Sconos
irare intorno alla mensa un ramo di quella pianta, e così invitava il suo vicino a cantare. Fortuna. La Fortuna è un’
ora d’un naviglio : lo che dà a conoscere, che questa Dea esercita il suo dominio tanto sulla terra, che sul mare. Altri la
rive del mare con altre giovani, osservò tra l’armenmento d’ Agenore, suo padre, un toro bellissimo, che là pascolava. Giov
traordinarj onori(a). (6). Agave stracciò, come abbiamo riferito, il suo figliuolo, Penteo. Autonoe morì di dolore al vede
, il suo figliuolo, Penteo. Autonoe morì di dolore al vedere Atteone, suo figlio, cangiato in cervo, e divorato da’ cani, c
Declaustre Diction. Mythol. (g). Id. Ibid. (8). Perse diede il suo nome a’ Persiani, se crediamo ad Erodoto(f), e ad
are contro i Teleboi, affidò il governo de’ suoi Stati ad Anfitrione, suo nipote. Ritornossene vittorioso alla patria, e vi
arco. Questi fu slanciato contro un muro, e fatto morire dallo stesso suo padre, che, essendo rimasto invasato dalle Furie,
i grato al Sole, padre del medesimo Eeta, perchè lo aveva accolto nel suo cocchio, quando ritornava dall’ aver combattoto c
lle Ninfe di quel fiume. Ercole inconsolabile per la perdita del caro suo amico andò a cercarlo per le foreste e montagne c
ste della Caria, dove fu fatto prigioniero. Avea Testore lasciata nel suo paese l’altra figliuola, Leucippe Ansiosa la mede
di Teonoe, risoluta di privarla di vita, e vi chiamò anche Testore in suo ajuto. A tale nome l’un l’altro si riconobbero ;
osto l’orribile avvenimento (b). Altri raccontano, che Medea mindò il suo figliuolo, Fere, con certi doni avvelenati, affin
enderla madre d’Ercole le sia apparso sotto le sembianze del predetto suo marito (a). (d). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ.
, finchè riusciva sì bella, che avessero potuto offerirla a Iolio nel suo tempio (a) Plutarco finalmente dice, che nella Be
tion. Mythol. (9). Antiope acquistò il nome d’Ippolita da Ippolito, suo figliuolo(e). (e). Quaest. Graec. (f). Schol
di Neleo si nomina Peticlimeno, il quale aveva conseguito da Nettuno, suo Avo, il privilegio di trasformarsi a piacere in q
heloo, la precipitò dall’alto di una rupe. Ella era per partorire. Il suo amante, trovatosi in quel momento sotto la rupe,
sere abbandonata da Apollo, quando fosse divenuta vecchia, si riunì a suo marito(b). Notiamo per ultimo, che Plutarco chiam
). Nesso, ferito da Ercole, si ridusse nella Locride, ove morì ; e il suo corpo, rimasto insepolto, orribilmente infestò qu
ro armata, finchè Candaulo, giudicandola poco comoda, o non degna del suo rango, la regalò ad eno de’suoi Cortigiani. Non m
o ad abbruciare il corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arco e delle sue frecce(d) (b). Nat. Com. Myth
ssenia(g). (34). Illo ebbe per madre Dejanira. Egli dopo la morte di suo padre fu quasi sempre infelice. Euristeo lo perse
tto dagli Ateniesi, come abbiamo raccontato, vinse e privò di vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rient
chiavo. Tlepolemo, osservando che quello schiavo non eseguiva bene il suo uffizio, gli gettò un bastone, che colpì ed uccis
thol. l. 7. (36). La Dea Ebe ad istanza d’Ercole, divenuto in Cielo suo sposo, fece sì, che Iolao, vecchio qual’era, comp
pericolo della proposta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne e di vino, e quando fu vicino al
uel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il quale dopo la morte di suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi il
al supplizio, cui era stato condannato dall’ Areopago, si ritirò col suo discepolo, Endeo, nell’ Isola di Creta (b). Minos
stradelli non si sapeva trovarne l’ uscita(d). Ivi Dedalo stesso col suo figliuolo, Icaro, per ordine del re in pena di un
stesso quel re di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tu
glielo permise, e in vece del Centauro privò di vita con essa Conete, suo collegato, ch’era poco lontapo. Non posè Reto fre
 79. (26). In Plutarco leggiamo, che Teseo affido la giovine Leda al suo amico, Afidno(e). (e). Joh. Jacob. Hofman. Lex.
Demofoonte, obbligato a ritornarsene in Atene per affari del Regno di suo padre, promise a Fillide di ritornate a lei dopo
oonte, che attendeva ad assicurarsi il trono d’Atene, da cui il padre suo n’era stato escluso per opera de’partigiani di Mn
l’istante, come se Fillide fosse stata ancor sensibile al ritorno del suo amanre. Tzetze vuole, che il fatto testè descritt
e di Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto gli Orcomenj all’assedio
da Ajace, figlio di Telamone. Achille sorprese e condusse schiavi al suo campo Antifo, il di lui fratello, Iso, i quali cu
a sorella, Ilione, costei, che temeva della crudeltà di Polinnestore, suo marito, sostituì il fratello a Deifilo, ch’ella a
figlio, il quale già era della stessa età ; fece passare Deifilo per suo fratello. I Greci, dopo d’averpreso la città di T
ualche tempo dopo Polidoro intese dall’Oracolo d’Apollo, che il padre suo era morto, che la madre sua viveva in ischiavitù,
cia, e sorpreso di avervi trovato vivo ancora quello, ch’egli credeva suo padre, espose ad Ilione la risposta dell’Oracolo.
lta da Agamennone ; e ch’ella poi di notte sia andata sulla tomba del suo sposo, ed ivi s’abbia trapassato il seno(g). (10
ja fu presa da’Greci, Creusa si smarrì per istrada, mentre seguiva il suo marito, Enea, il quale erasi dato alla fuga. Enea
alità. Soggiumse, che nol faceva morire, come pur avrebbe meritato il suo delitto, poichè gli Egiziani si guardavano dall’i
ssimi Principi della Grecia il desiderio d’averla in isposa. Tindaro, suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tut
, che quegli sia staso ucciso da Ettore(b). Nestore, veduto morto, il suo figliuolo, suplicò Achille, che ne preniesse vend
quasi rattristandosi della partenza di sua madre, e rallegrandosi del suo ritorno(a). Cambise, sospettando che fosse opera
alla difesa di Troja con otto vascelli (c). (19). Appotoo con Pileo, suo , fratello condusse i Pelasgi a difendere la prede
dre dolente, e prima di sdegno, ne macchinò ben tosto la vendetta. Il suo coraggio agginase nuove forze alla sua vecchiezza
Dei, cae le fosse permesso di vedere e ragionare per tre ore sole col suo marito. Mercurio ne la soddisfece ; ma spiratto i
eci lo cercavano a morte, affinchè non avesse a vendicare la morte di suo padre, e a rifabbricare le mura della sua città.
ve regnava Ario, uccise quel Sovrano, salì sul di lui trono, diede il suo nome ad una città, situata sul fiume Caico, e la
’orse. Altri soggiungono, che fu allevato dal predetto Archelao, come suo proprio figlio(a). (c). Ovid. Epist. Heroid. 16
ythol. (b). Ovid. Metam. l. 11. (2). Peleo, per aver ucciso Foco, suo fratello, dovette ritirarsi in Etis, città della
che chiunque fosse nato da colei, sarebbe divenuto maggiore del padre suo . La stessa giovine mal acconsentiva alle nozze d’
uo. La stessa giovine mal acconsentiva alle nozze d’un mortale ; e il suo ordinario soggiorno era in una grotta lungo le ri
ivenuta gelosa di Paride pel ratto di Elena, fattosi da lui, spedì il suo figliuolo, Corito, a Troja per ispiare la condott
idio di Troja, si salvò a traverso de’nemici, tenendo per una mano un suo nipore, e portando coll’altra i suoi Dei Penati,
odo la morte di Didone. Dicono, che quando colei stabilì in Africa il suo regno, Iarba voleva sposarla ; ma l’amore, ch’ell
gno, Iarba voleva sposarla ; ma l’amore, ch’ella conservava pel morto suo marito, fece sì, che non mai volle acconsentirvi.
feste e a giuochi. Mentre Enea celebrava in Sicilia d’anniversario di suo padre, Entello, famoso Atleta, disputò il premio
ifizio vino e fiori (g) : e ciò facevasi da ciascuno spezialmente nel suo giorno natalinio (a). Queste Deità comunemente si
Silvio (c). E siccome il medesimo comparve alla luce dopo la morte di suo padre, così egli fu anche socrannominato Postumo
o dall’assedio di Troja, senzachè avesse vendicata la morte di Ajace, suo fratello, non fu accolto dal padre. Si ritirò qui
colo di Apollo Delfico. N’ebbe in risposta, che dovesse proseguire il suo viaggio, e fermarsi soltanto in quel luogo, ove a
mentre giuocava seco lui, fu costretto a trasferirsi appresso Peleo, suo parente, e re di Ftia. Quegli lo fece allevare da
parente, e re di Ftia. Quegli lo fece allevare da Chirone insieme col suo figliuole, Achille. Da ciò ne nacque tra i due gi
Patroclo le di lui armi, eccettuatane l’asta, la quale per l’immenso suo peso non si poteva maneggiare che dal solo Achill
non ne avrebbe celebrato i funerali, se prima non ne fosse caduto in suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di su
r sua figliuola, attesochè ella non osava di manifestare a Menelao il suo secreto matrimonio con Teseo. (18). Mentre i Gre
ultare agli occhi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Elettra
(d). (a). Iliad. l. 9. (26). Aleso, spaventato del tristo fine di suo padre, e temendo d’incontrare anch’egli la stessa
 ; per vendicarsi di Elena, cagione della guerra, in cui era morto il suo marito, ordinò a certe donne, che si fingessero f
uga il nemico. Questa sì valorosa giovine, afflitta per la perdita di suo padre, che qualche tempo dopo era perito in una s
rire, mentre Neottolemo era andato in Delfo. Ella era per eseguire il suo progetto, allorchè ne fu impedita, altri dicono,
Neottolemo. Questi, dicono essi, giudicò Apollo autore della morte di suo padre. Si portò quindi in Delfo per saccheggiare
i capegli nel tempio dell’anzidetta Dea, eretto in Arsinoe, città del suo regno. Il di seguente non si trovò più quella chi
di postilenza quasi tutti quegli abitatori. Eaco si rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di
ch’ella da se medesima si ritirò nella Misia par sottrarsi all’ira di suo padre(a). Telefo rimasto in Arcadia, e divenuto g
leo, che lo ricolraò di ricchezze, gli affidò l’educazione d’Achille, suo figlio, e lo deputò a comandare a moltissimo popo
, re di Tafo, città dell’Argolide. Pterelao avea ricevuto da Nettuno, suo avo, il dono dell’immortalità a condizione, che a
adì il genitore, recidendogli il crine fatale. Ella rimase punita del suo parricidio dallo stesso Anfitrione, poichè questi
iglio d’Amisodaro(i). La destrezza e agilità d’Antiloco uguagliava il suo coraggio ; e sì nell’una che nell’altra molto si
nte dice, che Antiloco fu soprannominato Filopatore, ossia amatore di suo padre, perchè egli sacrificò la propria vita per
ggiunge, che Nauplio fece credere ad Anticlea, madre d’Ulisse, che il suo figliuolo era morto ; e che colei disperata si di
lamente, che l’anzidetta donna morì di dolore per la lunga assenza di suo figlio(d). (c). Declaustre Diction. Mythol. (
chè Enea, passando colla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo naviglio, e seco lo trasferì in Italia(d). (11).
o, cui Ulisse aveva preso ad amare, fu sì sensibile alla partenza del suo amante, che non cessava dal bagnare di calde lagr
custode delle pecore di Ulisse. Quegli pure sospirava il ritorno del suo padrone. Ulisse, assicurato della di lui fedeltà,
ompito quel lavoro, che destivana per ravvolgervi il corpo di Laerte, suo suocero, allorchè fosse morto. In cotal guisa li
tenne per tre anni, senzachè la predetta tela vertisse mai ridotta al suo termine, perchè ella di notte disfaceva quel ch’e
à, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo naviglio ; e il giovine Principe ne lo soddisfece
Telemaco(d). Eupiteo, padre d’Antinoo, volendo vendicare la morte di suo figlio, si fece alla testa d’alcuni d’Itaca, che
hirone, e per padre Eaco, re degli Egineti. Egli, giuocando con Folo, suo fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Ea
Elena trovavasi, fu un Eroe Ateniese, chiamato Academo. Egli diede il suo nome a una villetta suburbana d’Atene, denominata
ncipi recavansi da lontani paesi a ricercarla in matrimonio. Il padre suo dichiarò, che la avrebbe data a quello, che avess
to, e se n’era già estremamente invaghita. Ella temeva della vita del suo amante, ma non osava di manifestare l’interna agi
endosi lasciato sortire dagli occhi qualche lagrima alla presenza del suo balio, non potè celare al medesimo il suo timore.
e lagrima alla presenza del suo balio, non potè celare al medesimo il suo timore. Quegli, per consolarla, le promise, che a
rebbe così disposte le cose, che Clito avrebbe certamente superato il suo rivale. Il balio mediante considerabile somma di
cchiere di Driante per modo, che questi adattò le ruote del carro del suo padrone in guisa, che avessero a cadere facilment
a. Così avvenne ; e Clito, approfittando della circostanza, uccise il suo rivale, e conseguì la figlia e il trono di Sitone
he Mirtillo fu collocato tra gli Astri in considerazione di Mercurio, suo padre. (d). Eurip. in Orest. (6). V’è chi dic
ssa commise il predetto misfatto ; e che colei, come vide scoperto il suo delitto, si diede la morte(c). Tiesto poi prese a
Alcatoo fu preso in sospetto, che avesse avato parte nell’omicidio di suo fratello, Crisippo ; e però dovette ritirarsi app
a figlia del re, e divenne possessore del trono(b). Dopo morte ebbe a suo onore delle annue feste, dette Alcatoe(c). (9).
anche a Crateo, nato da Minos, re dell’Isola di Creta, e ad Altemene, suo figliuolo. Quell’infelice padre avea inteso dall’
viventi. La terra in quel momento stesso si aprì, e lo racchiuse nel suo seno(a). (b). Nat. Cem. Mythol. l. 9. (2). Il
lcun figliuolo, perchè Giocasta, appenachè lo sposò, Io riconobbe per suo figlio, ed ella tosto si uccise(d). V’è chi, segu
to di una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare, che Meleagro, suo fratello, avea ucciso il famoso Cinghiale di Cali
vita. Gli uni, dice Apollodoro(c), pretendono, che sia stato Alcatoo, suo zio ; gli altri, soggiunge Ferecide(d), dicono, c
zio ; gli altri, soggiunge Ferecide(d), dicono, che sia stato Olenio, suo fratello. Comunque ciò sia, Tideo finalmente rest
ne fece orribile carnificina. Pandaro allora salì sul carro di Enea, suo amico, e volò contro Diomede. Scoccò un dardo, ch
a terra Pandaro. Enea voleva ricuperare le spoglie dell’amico, ma il suo fine, se Venere nol cuopriva d’una nube, sarebbe
o ché gli avvenne, per aver ferito Venere, quando questa difendeva il suo figliuolo, Enea(c). Durante la navigazione molti
la si trasferì da Argo in Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi
niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol aves
dito. Anch’egli perciò dovette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostoch
tezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo
a siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo morte fu ascritto tra’ Se
dalle Furie, passò appresso il fiume Fegeo, ond’essere purificato del suo delitto. Ne sposò la figlia, che si chiamava Alfe
one e Azione(d). Calliroe desiderava di vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i di lei piccoli
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ia per me data alla stampa, in guisa che potrei dirle come Catullo al suo Cornelio : … namque tu solebas Meas esse aliquid
il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o il Sole, il quale col suo corso regolare è il misuratore e quasi l’autore d
fratello Satùrno, a questo la cedè, ma con espressa legge che nessun suo figlio maschio lasciasse vivere. E però Satùrno t
e Satùrno con lietissimo animo, ed il fece padrone di buona parte del suo reame ; percui questi il regalò di una sì segnala
e la bontà di ciascun secolo. Ciò voleva dire che il genere umano dal suo primitivo stato di felicità e d’innocenza a passo
nio o Dercenno, cui successe Giano ; a Giano, Pico, ed a Pico, Fauno, suo figliuolo, il quale da Marica, ninfa de’ Minturne
onno. Finalmente in un luogo alla riva del Tevere che portò poscia il suo nome, finì disciolta in leggiera auretta, di se n
fu il primo ad edificare de’ tempii agli Dei fra gli Aborigeni, e dal suo nome si crede derivata la parola fanum, tempio. D
chiuso ; e se aperto, di guerra. Ovidio (1) rappresenta Giano che nel suo tempio tiene rinchiusa e la pace e la guerra, e c
ano che nel suo tempio tiene rinchiusa e la pace e la guerra, e che a suo talento or questa ne fa uscire ed or quella. Virg
di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta Giano stesso rinchiuso nel suo tempio qual custode ed autore della pace. Quindi
l famoso tempio edificato da Numa, presso al quale era il palagio del suo fondatore. Era di forma rotonda per significare l
atulcius (da patet) et Janus Clusius (da claudo), perchè le porte del suo tempio in guerra erano aperte, ed in pace eran ch
aggiormente, ed a fianco a lui si assise la Maestà, qual compagna del suo trono (συνθρονος. Aeschil.). Al suo lato sedevano
sise la Maestà, qual compagna del suo trono (συνθρονος. Aeschil.). Al suo lato sedevano, secondo i Poeti, la potenza e la g
danze e con inni. E da ciò quel Iupiter Fulgur apresso Festo. Or del suo fulmine era Giove oltremodo gelose, come ebbe a s
mède-Perifànte. L’aquila era l’uccello di Giove e la ministra del suo fulmine. Finsero ciò i poeti, perchè niun’ aquila
he Perifànte, antichissimo re di Atene, governò con tanta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual altro Giove ; il qual
che Dio formò del fango della terra e cui diede l’anima e ta vita col suo soffio divino. Di fatto vedendo Prometeo altro no
nza ch’era nel fondo. E così Epimeteo, come tutti gli stotti, conobbe suo danno dopo essergli intervenuto ; da che la prove
mbe di serpenti, aspirando follemente a discacciare Giove dal celeste suo regno, all’altissimo Olimpo soprapposero il monte
uale pel Mediterraneo fuggendo l’ira di lui, fu da quel Nume al vasto suo corpo sovrapposta tutta quanta è la Sicilia. Spes
ove, mosso dall’empietà degli uomini, sotto uman sembiante andava pel suo regno, volle vedere se ciò fosse vero. E però gl’
vero. E però gl’imbandì una tavola delle carni del fanciullo Nittimo, suo figliuolo. Giove allora trasformò l’empio Re in o
trada sorgevano le magnifiche abitazioni degli Dei ; e pel mezzo, sul suo cocchio, Giove era solito di passeggiare. E’ fama
de’ Greci era la Dea Gioventù (Iuventas), la quale prendeva sotto il suo patrocinio i giovani dopo che aveano indossata la
apelli perdè per volere di Minerva, la quale per vendicare l’onor del suo tempio da lei oltraggiato, que’ vaghissimi crini
fu che celebrandosi funebri giuochi in di lui onore, Persèo lanciò il suo disco, che il vento portò a percuotere il capo de
gliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di Medùsa nel suo scudo come in uno specchio ; e l’eroe guardandola
inuazione-Serpenti della Libia- Andromeda- Coralli. Or nell’aereo suo viaggio, passando Persèo sopra le regioni della L
alle molte lagrime, pareva aspettarsi grave sventura. Fermò Persèo il suo volo vicino a quella vergine infelice, ch’era And
furon detti Poeni ; e Cilice, in una regione dell’Asia Minore che dal suo nome si chiamò Cilicia. Ma Cadmo, dopo vano e lun
fig. di Anfidamante, e dall’armento di lui avesse scelto a scorta del suo viaggio un bue con un segno bianco a foggia di lu
ai in solitaria campagna, di cui seguendo le orme, ov’essa fermerà il suo cammino, edificherai una città, che chiamerassi B
ma tutta di bellissímo oro, dalla quale la conservazione dipendea del suo regno. Avea egli una figliuola chiamata Scilla, l
in Creta e chiese la protezione di Minos. E qui fu che per colpa del suo ingegno avendo offeso quel principe, fu da lui ne
ntù, mal seguendo gli accorti consigli del padre, alzò troppo alto il suo volo, per cui il calore del solle, liquefacendo a
olo, cioè, su di una nave velocemente portata dalle vele, ch’erano un suo novello ritrovato. Dedalo, secondo Luciano, fu no
Dedalo intanto, dopo l’acerbo caso d’Icaro, dolentissimo continuò il suo viaggio e giunse in Sicilia, ove accolto dal re C
e de’ Bebrici. Or questo re tutti coloro che per sorte giungevano nel suo regno, obbligava a seco combattere al cesto ; nel
e, o guidatore di buoi, essendo che siegue l’Orsa, come un bifolco il suo carro. Chiamasi pure Settentrione ; percui il pol
’ discendenti di Dardano, e del miserando fato di Troia, abbandonò il suo posto e ritirossi presso al polo artico. Oltre a
sime giumente(3). A lui successe nel regno Troio o Troe (Τρως, Tros), suo figliuolo, che alla città diede il nome di Troia,
ssere stato in mezzo al mare, perchè altrimenti non avrebbe potuto il suo oracolo giungere a tanta gloria ; la quale poscia
bel fonte a Bacco, il quale pe’deserti della Libia guidava l’assetato suo esercito ; in premio di che fu quell’animale post
e di quella verdura, cui Properzio aggiunge un freschissimo antro. Il suo simulacro era un capo bovino innestato a corpo um
e. Altri dicono che l’istituì Atreo per onorare i funerali di Pelope, suo padre. A tempo della guerra di Troia i giuochi ol
lo, detto quinquertium da’ Latini. Chi desiderava combattere, dava il suo nome dieci mesi prima, e nel pubblico ginnasio di
limpici, come di eloquenza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò il suo panegirico, opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe
nazione a gara li ricolmava di privilegii. XXIV. Giore Capitolino, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e di Giunone.
igola, che per imitare Giove portava il fulmine e la barba d’oro. Del suo tempio gettò le fondamenta Tarquinio Prisco, dopo
rbato, con corona di quercia ed adagiato sulle nuvole che addensa col suo cenno ; ha vicino l’arco baleno e l’aquila, e tie
piter Olympius, così detto o dalla città di Olimpia, ov’era il famoso suo tempio ; o dal monte Olimpo, in Tessaglia ; o dal
 ; perchè Giove teneasi per vindice del giuramento, e perchè nel nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove gli El
a di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibele. Samo era il suo soggiorno gradito, perchè si vuole che quivi abbi
ra il suo soggiorno gradito, perchè si vuole che quivi abbia avuto il suo natale, vicino al fiume Imbraso e sotto una piant
Celeste. A Samo Giunone sposò Giove ; e Varrone attesta che vi era un suo antico tempio ed una statua che la rappresentava
di Regina(1). I poeti la dipingono oltremodo superba e pertinace nel suo sdegno ; di che nelle favole sono non pochi esemp
a Giunone, la quale trasformò la donzella in cicogna, uccello che col suo canto pare che applaudisca a se stessa e mostri l
dirono preferirsi a Giunone, furono cangiate ne’marmorei gradini, del suo tempio(1). Ma più conto è l’odio di questa Dea co
r in loro onore tutto il bestiame, che in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la citt
siffatta doppia perfidia del re Troiano, che l’imputarono a tutto il suo popolo e da quelle ripetevano le sciagure de’ Tro
data la facoltà di liberare un prigioniere, ed ella scelse Podarcete, suo piccolo fratello, e per prezzo del riscatto diede
are del regno, com’egli fatto avea a Saturno. Fece adunque che Peleo, suo nipote, sposasse quella Dea ; alle quali nozze fu
uerriera(2). Se vogliam credere a’ poeti, Giunone depose alla fine il suo sdegno contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir d
celestial consiglio, in grazia di Marte, Giunone consentì che questo suo nipote fosse annoverato fra gli Dei, contenta di
i, contenta di aver veduta Troia distrutta, e che Roma distendesse il suo impero per tutta la terra, purchè però fra Troia
taene animis coelestibus irae ? VI. Continuazione. Giunone pel suo carattere capriccioso ed importuno orgoglio muove
e convenne vedere da una fredda nube il trionfo di Enea, e permettere suo malgrado che fosse posto nel numero degli Dei e c
està di Giunone. Iride. Da quanto dicono i poeti di Giunone e del suo carattere, siam costretti a credere ch’essi volle
a facevasi bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentiere a
sedeva alla cerimonia, con cui la sposa ungeva la porta della casa di suo marito prima di entrarvi, in segno che dovea reca
onne ; percui una donna giurava per la sua Giunone, come un uomo, pel suo Genio(2). Ella soprantendeva a’ parti, e però a l
unone. Iuno Argiva, detta dalla città di Argo a lei cara, ove in suo onore celebravansi alcune feste (ηραια) col sacri
epiteti che spesso si danno a Giunone, specialmente nell’Eneide, pel suo carattere orgoglioso e vendicativo, e quindi crud
Malamente Plinio(3) dice che ciò avvenne a Girgenti. Giunone avea al suo servigio quattordici bellissime Ninfe(1) ; ma più
asi dell’opera d’Iride, sua fedele messaggiera, come abbiam detto. Il suo cocchio era portato leggermente per l’aria da’ pa
che finse, Minerva esser nata dal cervello di Giove ; e Luciano in un suo dialogo lepidamente introduce Vulcano che con una
racconta che Giove, quando niun’altra cosa avea prodotto, partorì dal suo cervello Minerva, uguale al padre sì nella potenz
e belle lettere ed alle armi soprantende, e ch’era uscita del capo di suo padre. Ma più veramente volevano dirci i poeti, c
tempio di Giove Olimpico era una statua che lo rappresentava sopra il suo trono con Minerva a lato(1) ; ed il poeta Aristid
a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutto era dal suo cenno divino comprovato. E però Omero ne’ suoi po
olle vendicarsi di Aiace, il dimandò a quel Nume e lo scagliò, chè il suo non valeva a distruggere la flotta de’ Greci, de’
ati. Nettuno fu il primo a venire nell’Attica ; e piantato a terra il suo tridente, fece ov’era Atene, uscire un braccio di
ò per Minerva, la quale chiamò la città Atene (ab Αθηνη, Minerva) dal suo nome, e se l’ebbe cara, e le piacque averla nella
e(1) che nella contesa fra Minerva e Nettuno, questi con un colpo del suo tridente fece uscir della terra un fremente destr
ttuno, cioè inchinati alla navigazione ed al corseggiare, si studiò a suo potere d’introdurre fra quella gente il culto di
avendo fatto il satiro Marsia, nella gara con Apollo pagò il fio del suo ardimento, come nell’articolo di quel Nume diremo
ide degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig. di Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Paganesimo, si studia di d
ale giudizio, assicura l’animo dell’infelice Principe dicendo che per suo riguardo istituito avrebbe un tribunale per giudi
te ; si raccolgono i voti, i quali ritrovati uguali, Minerva diede il suo suffragio in favore del reo, ed egli fu assoluto.
ii di Pallade, che per questi soli, nel tempio di Giunone in Elea, il suo simulacro distinguevasi da quelli delle altre div
l’aurea fibbia loda le donne Attiche ; ed anche l’Aurora va lieta del suo croceo peplo (κροκόπεπλος). Questa veste era in g
er avere i piedi di serpente, era stato da Minerva segretamente in un suo tempio allevato. Giunto ad età adulta e fattosi p
ausania racconta che Oreste, essendo stato assoluto nell’Areopago del suo parricidio, dedicò un altare a Minerva Marziale,
l capo di Giove ; o da captus, voce degli Auguri, che significava, il suo tempio essere stato disegnato con tutte le cerimo
ì nell’Iliade Apollo irato con Agamennone che avea oltraggiato Crise, suo sacerdote, col tirare sul Greco esercito le sue m
livo(7) partorì Apollo e Diana, de’quali il primo, quattro dì dopo il suo nascimento, sul Parnaso uccise il Pitone, ne gitt
uccise il Pitone, ne gittò le ossa sul tripode o cortina che pose nel suo tempio, ed in memoria di ciò istituì solenni giuo
villani in ranocchie, come avvenne. Giunone intanto, per disfogare il suo mal talento contro Latona, comandò a Tizio che fa
ne dal fargli molte care accoglienze, certificandolo ch’era veramente suo figlio. Giurò poscia per la stigia palude di vole
temente pel lagrimevole caso di Fetonte che volea lasciar la cura del suo cocchio. Ma le maggiori sue sventure ebbero quest
le di Plutone, il quale si doleva per vedersi rapito un abitatore del suo regno, percosse di un fulmine Esculapio, e così t
a di serpente adoravasi ad Epidauro, città del Peloponneso, ov’era un suo magnifico tempio ; e da’ medici è reputato lor Di
ome un bel papavero dall’aratro reciso piega sullo stelo il languente suo capo. Apollo n’ebbe gran dolore, e dal suo sangue
a sullo stelo il languente suo capo. Apollo n’ebbe gran dolore, e dal suo sangue fece nascere un fiore del colore dell’ostr
di conforto, e l’estinta consorte dì e notte chiamava, facendo eco al suo pianto le rupi del monte Rodope. E tanta fidanza
ombre. Allora squallido, per sette giorni(1), senz’altro cibo che il suo dolore, pianse con mesto canto la perduta consort
della Libia, ove dopo fu edificata la città di Cirene, così detta dal suo nome. Nato appena Aristeo, Apollo il diede ad all
l privarono e degli occhi. Questo Lino vuolsi essero stato ucciso dal suo discepolo Ercole colla propria lira, perchè, vede
igii, colla quale coprendo il capo e le orecchie, a tutti, fuorehè al suo barbiere, tenne occulta quella ignominia. Il qual
el marito e de’ figliuoli, presso la loro tomba sfogando il disperato suo dolore, fu cangiata in sasso, il quale da gagliar
uttavia monumento della sua empietà verso i Numi e dell’ acerbità del suo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelop
aro pel riscatto, domandò la restituzione della figliuola in nome del suo Dio. Agamennone però con villani modi rigetta le
sacrificii di quel Nume, in pena vide miseramente darsi il guasto al suo campo da grandissima schiera di topi. Per allonta
a di Apollo ; il quale, volendo liberare da quella peste il campo del suo sacerdote, in sembianza di uomo accolto in casa d
osero sì bei versi in bocca ad Esiodo, mentre sull’Elicona pasceva il suo gregge ; e donandogli, quasi scettro, un ramoscel
o velocissime per l’aria ; ed egli che salito su di un’alta torre del suo palagio, volea follemente seguirle, precipitò da
rascinata, fu per compassione degli Dei convertita in una fontana del suo nome. Il supplizio di Dirce è rappresentato in un
, il quale da’ monti Acrocerauni si stende sino alle Termopili, e dal suo bel mezzo si spicca un ramo che forma il Parnaso,
o(3) afferma che questa fontana eziandio scaturì per un colpo che col suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa e
colla sua bacchetta un globo che poggia su tre piedi, ed ha dietro al suo capo una stella. Catullo la fa madre d’Imeneo ; e
’ eloquenza ed alla poesia epica. Da Ovidio(1) si chiama la prima del suo coro e la più grande delle Muse ; come Orazio(2)
, per vendetta di un grave oltraggio recatogli da Apollo, incendiò il suo tempio di Delfo. E perciò quel Nume il fulminò e
lo Delio di far sì che gli Ateniesi ogni anno facessero un viaggio al suo tempio, se ritornato fosse vincitore. Così istitu
putati veraci e fermi ; e si finse che quando nacque Apollo, al parto suo assistesse la Verità. XIV. Continuazione. N
iuoli di Niobe. Da Orazio(1) chiamasi Febo tremendo per l’infallibile suo arco ; e dice ancora(2) che il gigante Tizio, ave
nel tartaro ad occupare lo spazio di ben nove iugeri collo smisurato suo corpo. Altri dicono che fu da Giove ucciso di un
Sdegnato di ciò Apollo prende la figura di Paride e coll’inevitabile suo strale mortalmente il ferisce nel calcagno, ove s
ra vulnerabile, come Ettore stesso, vicino a morire, predetto avea al suo inesorabile vincitore(3). Alcuni vogliono che Par
no che Paride stesso uccise Achille ; ed altri, che Apollo diresse il suo dardo. Infine è certo che principale attributo di
uto ; Il qual volendo un sasso in alto porre, Appoggiò alla parete il suo liuto. Subito il muro il suon gli venne a torre,
, secondo la sua usanza, subito sentì cangiarsi la metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della quale sua
Italia meridionale dirimpetto a Cariddi, che nel profondo e vorticoso suo gorgo assorbiva i vascelli con rumoreggiare spave
n seno a Teti ; e che le Ore ligano ogni mattina i quattro cavalli al suo cocchio, dopo essere stato trasportato pel setten
. Anzi essa attacca i cavalli al cocchio del Sole, e poscia siede sul suo tirato da due cavalli bianchi, secondo Teocrito,
fu collocata nel padiglione del Belvedere in Vaticano, donde trae il suo nome. Alla pace di Tolentino nel 1797 fu trasport
rendendo dalla materia solo quello ch’era necessario per esprimere il suo intento e renderlo visibile. Questa mirabile stat
i. Il complesso delle sue forme sollevasi sopra l’umana natura, ed il suo atteggiamento mostra la grandezza divina che lo i
viticci, scherza quasi agitata da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima a cui sembra con bella pompa dalle
palle del Dio sdegnato. Un’eterna gioventù si diffonde mollemente sul suo mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di a
. In un’agata presso il Sig. De la Chausse si rappresenta il Sole sul suo cochio, che nella destra tiene un flagello, e col
ondo il corso del sole. Il gallo era consacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunzia il vicino apparire di Febo, cioè d
Nox nigro-peplo. Eurip.). Tibullo(2) dipinge la Notte che attacca al suo cocchio i destrieri, ed un coro di stelle che il
io(2) la reggia del Sonno è bagnata da un ruscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ;
inistro del Sonno e quasi il corifeo de’ sogni, che ad ogni cenno del suo signore imita qualunque sembianza, e le parole ed
sostanza del Sole. Selene che molto amava il fratello, alla nuova del suo infortunio erasi precipitata da una loggia del su
lo, alla nuova del suo infortunio erasi precipitata da una loggia del suo palagio ; e dopo quel sogno insieme col fratello
na, ebbero onori divini. Nel fatto di Elio si ravvisa il Sole che nel suo tramontare si tuffa nell’oceano, perchè l’Eridano
s’immergeva nel mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte. Il suo cocchio era portato da due cavalli, e nell’arco d
attributi della Diana de’ Romani. Sopra un gruppo di nubi vedesi sul suo cocchio notturno tirato da due ninfe nell’atto d’
abile loquacità di una donna letterata e saccente, la quale, col solo suo perpetuo cinguettare, poteva soccorrere al deliqu
tiene il fanciulletto Bacco fra le braccia. Della molle bellezza del suo sembiante più cose diremo nell’articolo iconologi
e un tale Acete, nativo della Lidia. Veggendo questi un giorno che un suo compagno trovato avea sul lido un fanciullo a dor
endo il premio della sua pietà, su quella nave portò a Nasso il nume, suo benefattore. Luciano in uno de’ dialoghi marini d
imprigionare, e pensava farlo morire. Bacco però non gli mancava del suo aiuto, giacchè gli caddero da se le catene, e si
fa in pezzi il figliuolo, il quale domandava perdono e confessava il suo fallo. Poscia ululò, scosse il capo e la sparsa c
ico di Bacco e non volendolo riconoscere per dio, il cacciò fuori del suo regno, e ne fece tagliare tutte le viti, dicendo
enata bevanda, a colpi di bastone l’uccisero. Allora il cane Mera col suo mesto latrare mostrò alla figliuola ov’era il cad
si chiama la canicola, la quale, e specialemente la stella Sirio, nel suo nascere per quaranta giorni tormenta le regioni m
Ma, ad onta di tante contraddizioni, Bacco trionfò dei nemici, ed il suo culto alla giornata prese piede e si propagò mira
opiare dalla storia della morte di Osiride ucciso dal gigante Tifone, suo fratello. Orazio(1) afferma che quando i gigan ti
. Orazio(1) afferma che quando i gigan ti vollero scacciare Giove dal suo trono, Bacco, presa la figura di animoso leone, f
chè, volendo egli che la sua beneficenza non si restringesse nel solo suo regno, deliberò girare per varie nazioni e dirozz
l nostro Bacco divenuto adulto partì per l’oriente, fermato avendo in suo cuore di portare in que’ lontani paesi la civiltà
izione fu il vecchio Sileno, satiro che Bacco oltremodo amava, come a suo balio e pedagogo. Anche i Satiri, quando eran vec
icchezze di Mida andavano in proverbio. Egli fu successore di Gordio, suo padre, che fondò il regno di Frigia. Anio(4), vec
vittime pel sacrificio ; e finalmente il vecchio Sileno ubbriaco sul suo asino che il conduce a stento. In memoria de’tre
si celebravano alcune feste notturne dette Lampterie, nelle quali al suo tempio portavansi torce accese, e qua e là per le
dire di Diodoro Siculo(4), significava il Sole che in vino cangia il suo raggio giunto al licor che dalla vite cola. Quind
n Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote, il quale abitava sull’ Ismaro, monte d
che scorreva latte, vino e mele quel paese, pel quale egli guidava il suo esercito ; forse alludendo alla sparsa voce che l
i pittori ed i poeti gli danno due picciole corna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo di maestà e di poten
spalle ; or sul dosso di Pane, or fra le braccia di Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro circondato di edera e d
i e Satiri che suonano doppii flauti, e siringhe. Presso a Bacco è il suo babbo Sileno. Il contorno del vaso rappresenta la
el vaso rappresenta la vittoria riportata da Bacco sopra Ercole ed il suo trionfo. La truppa è preceduta da Baccanti d’ambi
di Bacco. Quanto a questo dio, egli è assiso tranquillamente sopra il suo carro tirato da pantere ; ha una mano nella testa
no nella testa in segno di riposo, e rimira con indifferenza il vinto suo antagonista ». Nel Museo Borbon. si vede una Bacc
agli omeri gli discende sino a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed int
levato in un antro che avea due porte o uscite (διθυρω). Or da questo suo cognome fu chiamato ditirambo un inno in di lui o
he a principio cantavansi nelle feste di Bacco da uomini invasati dal suo furore, e senza legge alcuna ; ma Laso, maestro d
un’audacia assai grande in guisa che il poeta, servendo al soperchio suo estro, passa senza legge da una ad un’altra manie
ana padrona di Cipro, ove nacque ed esercitava in modo particolare il suo impero. Anzi si venerava pure come dea della mari
dono, avendole per cosa sacra(6). Macrobio finalmente(7), seguendo il suo sistema che il sole e la luna erano le sole divin
rbette le germogliavano sotto i piedi, ed era accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal giuoco, e dal riso, che la rendeva
ito Adone, la spina di un rosaio le punse il piede, ed una goccia del suo sangue che zampillò dalla ferita, cangiò in rosso
sa vendicò l’oltraggio, trasformando entrambi in leoni che attaccò al suo cocchio. La corsa di Atalanta e d’Ippomene è il s
implacabile contro la sua rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli eroi del sangue di lei. Ed ec
e già questi era presso a morire, se Venere, sua madre, oprendolo del suo peplo, non avesse impedito che » ferro Acheo gl
ch’egli era crudelmente tormentato nell’inferno per avere sparso nel suo poema finzioni sì strane ed indegne. Si potrebbe
otevano molto bene partecipare delle umane debolezze ed infermità. Ma suo malgrado ed ingannata dalla scaltra Giunone dovè
Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Marte e dirla Roma dal suo nome, città ch’esser dovea l’eterna imperatrice d
ne, qual’era Cartagine, e per la naturale incostanza di una donna, il suo Enea non avesse quivi a ritrovare stanza sicura,
rimavera mostravasi sulla terra preceduta dall’alato Zeffiro, come da suo foriere. E nell’inno di Apollo dice Omero che le
ρως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e di Marte, era il suo contrario, cioè l’Amore o l’Amicizia reciproca, o
luoghi, alle persone, alle opere ed a qualunque altra cosa nel genere suo quell’ultimo finimento, diciam così, che fa belle
no voti ed incensi ; e mentre ciascuna scienza e ciascun’arte avea il suo particolar nume tutelare, tutte le arti e tutte l
ui si fece un nume dell’innocenza e del buon costume, e s’invocava il suo nome nelle nozze. « Alcune delle più belle Sabine
le altre opere di quell’insigne scultore, il quale vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere di
ndo che il cielo invidiasse così bella cosa alla terra ; e Nerone nel suo principato invece di quella ve ne pose una fatta
i due primi mesi dell’anno antico, Marzo ed Aprile, il primo a Marte, suo padre, ed il secondo, a Venere, madre di Enca, af
e l’avvertì toccandolo leggermente con un ramoscello di mirto, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il punto fortunato dic
cia per compassione delle ninfe cangiato in un bel fiore che tiene il suo nome. In un dipinto di Pompei rappresentasi Narci
l’arte della guerra, per cui divenne un insigne capitano, dopo che il suo educatore ne avea fatto un perfetto danzatore. In
rchè, udito avendo questo nume che Deifobo avea ucciso nella pugna un suo figliuolo e di Astioche, chiamato Ascalafo, il qu
infiammava ; e l’empie Furie Co’lor serpenti, la Discordia pazza Col suo squarciato ammanto, con la sferza Di sangue tinta
di Marte. Fu egli quindi meritamente inteso a promuovere il culto del suo divin genitore, e perciò chiamò Martius, da Marte
nimale dedicato al dio della guerra, perchè rapace e feroce, porse il suo latte a’ due figliuoli di Marte, Romolo e Remo ;
a, fosse stato rapito e portato in cielo dal padre Marte sullo stesso suo cocchio. E T. Livio(5) racconta che avendo fatto
gnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella di porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ carmi Saliari. Or g
Xanto e Dino. Diomede faceva uccidere i forestieri che giungevan nel suo regno per alimentare que’ destrieri ; ma Ercole g
e a niuno dar volea in matrimonio per aver inteso dall’oracolo che un suo genero l’avrebbe ucciso. Ora, essendo la figliuol
lope, fig. di Tantalo, ricevuti da Nettuno cavalli alati, e tratto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di M
ine, fig, di Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giungev
onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giungevano nel suo paese. A Diomede sarebbe toccata la stessa sorte,
eziandio si rassomiglia al prode Enialio, cioè a Marte che crolla il suo elmo. Questa voce poi deriva o dal verbo ενυω, uc
lona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima di predire il futuro al poeta, si f
iere nella trappola i compratori. In Plauto (3) vi è chi dice, essere suo costume, quando ritornava a casa con molto lucro,
rio, il quale lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresciuto il suo avere. E perciò una bottega, dove si espongono in
o trascorre Collo spiro dei venti. Indi la verga, Che dona e toglie a suo talento il sonno, Nella destra si reca e scioglie
disciolgo Da le tue membra. Ciò dicendo sparve ; Ed ella, in aura il suo spirto converso, Restò senza calore e senza vita.
stuggine ed a destra una lucertola, ed un ariete sta pure in piedi al suo fianco. « Mercurio Crioforo, cioè che porta l’ari
dò da Deucalione per trattare la riparazione del genere umano dopo il suo famoso diluvio(3) ; per comando anche di Giove at
a cagione naturale degli oracoli era la Terra, la quale ricevendo nel suo seno tutt’i celesti influssi, e producendo ogni d
do ogni dì sì varie e mirabili cose , non dee recarmaraviglia, se dal suo seno mandava fuori certe esalazioni ed alcune acq
olo della Terra e di Nettuno ; e che poscia la Terra avesse ceduto il suo oracolo a Temi, e questa ad Apollo. Euripide (4)
con tutti e due gli occhi ; ed Omero non ha mai dato un sol occhio al suo Polifemo acciecato da Ulisse. Strabone(2) parla d
umani, costringeva a lottar seco tutt’i viandanti che capitavano nel suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava. Ma p
ttar seco tutt’i viandanti che capitavano nel suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava. Ma per sua mala ventura prov
o i loro Penali ed i Lari ; e ciascun uomo, e forse ciascun luogo, il suo Genio. Delle quali maniere di numi qui brevemente
icii, antri e monti a lui consacrati ; e sul monte Liceo presso ad un suo tempio era l’ippodromo e lo stadio, ove si celebr
iglio ; le guance sono colorite da vermiglie rose freschissime, ed il suo fiato spira fragranza. Le vere statue di Flora so
di lei (4) ; ed i suoi sacrificii si chiamavan Palilia o Parilia. Nel suo giorno festivo Romolo gettò le fondamenta di Roma
braccia, nè piedi. Tibullo (5) afferma ch’egli prestava il religioso suo culto a qualunque tronco piantato ne’ campi, o an
In Esiodo (2) leggesi Γαιαευρυστερνος, per ragione dell’ampiezza del suo seno, cioè delle vaste sue pianure. Curotrofa, κ
Siciliane nobilissima, era posta in mezzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una
la sua virtù sonnifera, valse ad ammorzar qualche fiata col sonno il suo dolore ; percui chiamasi il papavero, Cereale(3).
ne attonita a tal nuova, e piena di dispetto ne va al cielo, sopra il suo cocchio, e piangendo dice a Giove che Proserpina
che non tornavan certo quelle nozze a sua vergogna ; che Plutone era suo germano e che Proserpina signoreggiava in ampio r
Celeo padrone di quel podere e marito di Metanira che piangeva per un suo figliuolino infermo. Entrata che fu la dea, donò
za accoltolo nella reggia, tentò di ucciderlo. Ma Cerere non mancò al suo Trittolemo di pronto aiuto, e punì tosto la gelos
ignifica la sua indole astuta ; e volle che Trittolemo continuasse il suo viaggio. Il bue riputato era dagli antichi (1) pi
o ; percui gli mandò la Fame, per soddisfar la quale consumò tutto il suo avere e vendè una sua figliuola Mestra o Metra, l
cacciato nella città, e parte nello Scamandro, il quale, al vedere il suo letto iugombro tutto di cadaveri, irato parla ad
tto una porta al petto dell’uomo, per iscorgere i pensieri dell’animo suo , e se egli dicesse il vero o mentisse. Vulcanali
ouo augurio. Plinio il giovane.(2), descrivendo il modo di vivere del suo zio, racconta ch’egli cominciava le sue letterari
na. Cicerone però(2) deriva il nome Diana da dies, perchè la Luna col suo splendore fa che la notte sia simile al giorno. A
ato l’arco, gli strali ed il drappello di sessanta ninfe Oceanine per suo corteggio, oltre venti altre che le custodivano l
e la madre sparse tante lagrime da farne un fonte che portò poscia il suo nome ed in cui dicesi che fu ella convertita. Nè
non pochi fatti della storia favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della sua
Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il suo cane ; ed a’ suoi piedi è il teschio dell’ucciso
la tolse al sacrificio, ricoprendola di folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu
a sacrificare sull’altare di Diana gli stranieri che nei confini del suo regno capitavano. Ma uno strano avvenimento tolse
vanetto principe con molta amorevolezza e lo fece educare con Pilade, suo figliuolo ; per cui fra questi due principi si st
na. Molte ninfe e Marine, e Fluviatili, ed Oreadi ec. volle la Dea al suo servigio, perchè amava con esso loro danzare ; so
era la stessa che Giunone-Lucina, pure talvolta l’invocavano sotto il suo nome greco. Finalmente Diana presedeva alle vie,
to la principale sua sede in Efeso, famosa città della Gionia, ove in suo onore celebravansi le feste dette Efesie. Ciò si
strato, uomo di oscuri natali, desiderando di acquistare celebrità al suo nome, incendiò quel gran tempio. I magistrati di
n tempio. I magistrati di Efeso proibirono con gravi pene di porre il suo nome nelle pubbliche carte ; ma ciò non impedì ch
a finalmente l’uccise, avendole reciso il collo con un sol colpo. Del suo velenoso fiele Ercole intinse le saette che facev
redere che se mai Ercole l’avesse indossata, cresciuto sarebbe l’amor suo verso di lei. Ma a quel sangue era misto il velen
da Inaco, primo re dell’Argolide. Il popolo avendolo riconosciuto per suo re, Egitto sotto la condotta de’cinquanta suoi fi
l’infelice donzella su di un fazzoletto scrisse con sottil ricamo il suo infortunio e lo mandò segretamente alla sorella,
e, liberò la sorella, e per vendicarsi di tanta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo diede al padre in forma di vivand
n fagiano, e Tereo, in upupa. Quindi l’Ariosto : Come vien Progne al suo loquace nido. Ed altrove : Qual Progne si lamen
; e ciò per aver predetto l’oracolo ch’egli dovea essere ucciso da un suo figliuolo. Ma il pastore per compassione il lasci
are i piedi, percui era stato detto Edipo, il tenne nella reggia qual suo figliuolo. Edipo intanto, cresciuto in età, e sap
Argonauti. Esone, fig. di Creteo, volle, già vecchio, destinar Pelia, suo fratello uterino, al governo del regno dì Tessagl
rno del regno dì Tessaglia fino a che non divenisse maggiore Giasone, suo figliuolo. Pelia però, risoluto di assicurare il
dire a’sacerdoti ch’era mestieri sacrificar Frisso agli Dei. Atamante suo malgrado fu dal popolo obbligato a condurre all’a
berarlo, dandogli un ariete donatole da Mercurio e ch’era insigne pel suo vello d’oro ; sul quale montati Frisso ed Elle te
la Misia, ove Ercole, avendo con maggior forza che pratica piegato il suo remo, lo ruppe, e mentre che andava nel bosco per
nto si mostrò il monarca a compiacerlo, ma volle prima far pruova del suo valore, comandandogli di sottoporre al giogo due
onte, fig. del mentovato Glauco o Creonte, il quale, avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Preto, dal quale fu espia
incipi greci, continua lo stesso autore, nè le rimostranze di Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni di tutt’i s
di Troia, era stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo, dimenticando il suo antico risentimento contro Agamennone, fece ritor
ugò i Troiani e vendicò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amici
le mura di Troia l’infelice cadavere di Ettore attaccato pe’ piedi al suo cocchio ed esporlo a’cani ed agli avvoltoi. Ma es
a gittarsi a’suoi piedi, supplicandolo di restituirgli il cadavere di suo figlio, commosso Achille dalle lagrime dell’infel
la greca flotta’ che si era nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco l’infelice città
oluto signore de’fiumi, i quali pronti ubbidiscono alla sua voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sgorgano larghi
ente esso era un attributo proprio del Dio del mare ed un simbolo del suo assoluto dominio su quell’infido elemento, percui
dà Virgilio(3), quando dice ch’egli fa attaccare i cavalli al dorato suo occhio, e loro ne abbandona le redini ; ch’ei vol
bbandona le redini ; ch’ei vola sulla superficie delle onde, e che al suo cospetto i fiotti si cal mano e dileguansi le nub
cal mano e dileguansi le nubi, mentre cento mostri marini intorno al suo cocchio si raccolgono. Si sa che Omero(1) lo rapp
o re. La terra con dolce fremito attesta la presenza di lui. Sotto al suo cocchio si curvano i fiotti, e le ruote che fuggo
no, gli avea predetto che un dì Ulisse gli avrebbe cavato quell’unico suo occhio(4) ; vaticinio che il superbo gigante pres
e commosse, e che queste, come se avessero avuto senso, ubbidivano al suo impero. Veniva rappresentato in figura di mezzo u
ttribuita a Proteo ed a Glauco da altri poeti. Secondo Apollodoro, il suo più ordinario soggiorno era il mare Egeo, ove lie
Proteo desse le sue fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo nel suo antro e legarlo, essendo antica credenza che ques
e Orazio(2), che a tempo del diluvio di Deucalione, Proteo guidava il suo gregge sopra le cime delle più alte montagne.
potenza ch’egli esercita anche sulla terra, scuotendola talvolta col suo tridente. Winckelmann dice che la configurazione
e della città di Berito nella Fenicia i cavalli marini che portano il suo cocchio, hanno di cavallo tutta la parte superior
ione, fu da Giove fulminata e trasformata nella voragine che porta il suo nome e ch’è nello stretto di Messina in faccia al
a mille porte ; e come il mare da tutta la terra accoglie i fiumi nel suo seno, così quel luogo, Ie anime di ogni paese. Qu
o fra le tenebre di cui erano i Cimmerii eternamente coperti, pose il suo Inferno. E perciò pure finsero che l’Averno era l
rpo tutto lacero, come morì (1) ; ed Euridice seguiva nell’inferno il suo Orfeo con lenti passi per cagion della ferita che
gli Dei Mani erano Genii, che credevano assegnati a ciascun uomo nel suo nascimento, uno buono e l’altro cattivo, i quali
però quel cane sta in un antro all’altra riva dell’Acheronte, ove col suo eterno latrare ch’esce da tre gole, fa echeggiare
guardiano dell’infernal magione, benchè cento serpi ornino il furiale suo capo ; e pestifero fiato e tetro veleno esca dell
ava le anime de’morti, i quali, chi seduto e chi in piedi, stavano al suo tribunale avanti la porta dell’ampia casa di Plut
padre di Pelope e di Niobe ; e Giove (2) era solito confidargli ogni suo segreto, avendolo pure ammesso alla sua mensa ; m
mpia vivanda poi da Tantalo preparata agli Dei colle carni di Pelope, suo figlio, abbiamo altrove ragionato. A Tantalo suc
iso a colpi di frecce. Era di enorme statura, e da’più si dice che il suo corpo occupava nove iugeri di terra. Lucrezio (2)
ghi assai bassi riguardo alla Grecia, ove Giove avea sua signoria. Il suo dominio stendevasi sopra gl’infernali regni non s
o dominio stendevasi sopra gl’infernali regni non solo, ove teneva il suo trono, ma sull’interno ancora della terra, e sull
stami, giacchè esso presiede alla vita ed alla morte degli uomini. Il suo dominio era formidabile, e come dice Sesto Empiri
inesorabile ; e ci vien descritto di una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir di Claudiano, è in oscura nube ravvo
uogo gli uomini han consacrato mai tempii ed altari o cantato inni in suo onore (3). E la stessa Dacier osserva che gli ant
la divinità che governa l’universo. Abbiam detto che Plutone avea il suo soggiorno e la sua signoria nelle miniere, e che
nel cielo, e di chiamarla sposa di Autunno, come la dice Orfeo in un suo inno. IV. Iconologia di Plutone. Alcuni vo
rico Filosofo, in un modo che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su
tre Arpie, per le quali forse intendono le tre Furie ; e dal sulfureo suo trono uscivano i quattro infernali fiumi Lete, Co
acevali pascolare sulle rive di Cocito, e li attaccava al cocchio del suo signore. A Plutone si offerivano vittime di color
o, non rinasce mai più, simbolo della vita umana che quando giunge al suo tramonto, non vi è speranza che mai più risorga.
arono con inudito coraggio scendere all’inferno e rapire sullo stesso suo trono la regina dell’Erebo. È probabile che Ercol
imento di Proserpina. Plutone, dice Claudiano(4), volendo dividere il suo trono con una giovane Dea, e non trovandone una n
Olimpo, nè sulla terra, che accettar volesse lo scettro del tenebroso suo regno, irritato minaccia di scuotere l’universo f
viene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e di Teti
ani addosso e lo consacrarono alle armi di Evandro, cioè di Pallante, suo figlio. Il veloce avvolgersi de’loro fusi dinotav
di cui la vita fosse stata una serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parca gli si era mostrata con volto nu
sempre allato a Plutone. Spesso si vede col papavero ch’è il proprio suo simbolo, o tenendo in mano de’ narcissi ch’ella r
11 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
Anfitrite, moglie di Nettuno, 188. Anteo (gigante). Suoi misfatti e suo fine, 386. Anteros, amore vizioso, 173. Anticlea,
nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; — morte di Esculapio suo figlio, 100 ; — suo esilio dal cielo, 101 ; — è a
ide il serpente Pitone, 99 ; — morte di Esculapio suo figlio, 100 ; —  suo esilio dal cielo, 101 ; — è adorato dai pastori,
a, 106 ; — si vendica della mala fede di Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; — suoi oracoli,
ane, divinità dei Persiani, 715. Arione, celebre cantore e sonatore ; suo pericolo, 478, e seg. Aristeo, figlio d’Apollo ;
449. Atea, divinità allegorica, 335. Atene, città greca ; origine del suo nome, 264. Atenea o Minerva, 263. Atenee, feste i
delle Mineidi, 156 ; — com’è rappresentato, 157 ; — sacrifizj in onor suo , 158 : — supposizioni degli antiquarj intorno a q
oniera d’Achille, 539. Bronte, Ciclope, 272. Busiride, sue crudeltà e suo gastigo, 378. C Cabiri, Dei originarj dell’
C Cabiri, Dei originarj dell’Egitto, 58 (nota). Caco. Sue colpe, e suo gastigo, 385. Cadmo, fratello d’Europa, 482 ; — s
cita, 441 ; — onorato come Dio marino, 443 ; — sue avventure, 444 ; —  suo fine, 445. Cecrope, re d’Atene, 76. Cefalo, secon
Cerbero, mostro a custodia dell’Inferno, 226. Cercione, masnadiero ; suo gastigo, 413. Cerere, sua nascita, 51 ; — suoi f
è rappresentata, 59 ; — sue feste, 60 ; — sacrificj istituiti in onor suo 61 ; — gastiga Erisittone, 62. Cerimonie funebri
0 ; — punisce Niobe, 141 ; — adorata come Dea dei cacciatori, 142 ; —  suo tempio in Efeso, 143 ; — sacrifizj e culto di que
Efeso, città e tempio, 143. Egeo, re d’Atene, 402 ; — riconosce Teseo suo figlio, 406 ; — sua morte, 426. Egeria, Ninfa con
Troja perde Creusa sua moglie, 609 ; — suoi amori con Didone, 610 ; —  suo stabilimento in Italia, 614. Enomao, re d’Elide,
7. Esculapio, Dio della medicina, 289 ; — fulminato da Giove, 290 ; —  suo culto, 291 ; — come vien rappresentato, 292 ; — s
di Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e di Radamanto, 74 ; —  suo ratto, 483. Euterpe, una delle nove Muse, 274 e s
o, generale spartano, salvato da un delfino, 480. Falaride, tiranno ; suo gastigo, 408 e 409. Fama, divinità allegorica, 34
a, 351 3°. Fedra, moglie di Teseo, 435 ; — calunnia Ippolito, 436 ; —  suo gastigo, 438. Fenice, animale favoloso, 158. Fenr
79. Feronia, Dea dei frutti nascenti, 312. Fetonte, sua vanagloria e suo gastigo, 118. Fialte, gigante, 69. Filemone, mari
morfosi, 104. Giano, re del Lazio, 32 ; — protetto da Saturno, 33 ; —  suo regno chiamato Età dell’oro, 34 ; — suo culto, 35
— protetto da Saturno, 33 ; — suo regno chiamato Età dell’oro, 34 ; —  suo culto, 35 ; — come era rappresentato, 36 ; — invo
fosi, 74, 75 ; — gastiga Licaone, 78 ; — suoi differenti nomi, 79 ; —  suo culto, 81 ; — come è rappresentato, 83 ; — plural
Latona, 97 ; — sua messaggera, 93 ; — come vien rappresentata, 94 ; —  suo culto, 95 ; — abbandonata da Giove, 96. Giuochi p
e, divinità egiziana, 696. Ismene, sorella d’Antigone, 510. Issione, suo supplizio, 248. Iti, figlio di Tereo, 637. K
re di Tebe, 491. Lamia, 665. Laocoonte, figliuolo di Priamo, 605 ; —  suo tragico fine, 606, 607. Laodamia, moglie di Prote
, 256 ; — ferito da Diomede, 257 ; — come vien rappresentato, 258 ; —  suo culto, 259 ; — suoi sacerdoti, 260 ; — pluralità
rciso. Sue avventure, 321, 322. Nauplio, vendica la morte di Palamede suo figlio, 585. Nausica, figlia d’Alcinoo, 578. Nece
3-555. Néttare, bevanda degli Dei, 222. Nettuno. Sua nascita, 185 ; —  suo impero, 186 ; — suo esilio dal cielo, 187 ; — gas
nda degli Dei, 222. Nettuno. Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; —  suo esilio dal cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi
; — suoi figli, 189-191, 201-204 ; — come vien rappresentato, 207 ; —  suo carro, 208 ; — suo tridente, 209 ; — suo culto, 2
-191, 201-204 ; — come vien rappresentato, 207 ; — suo carro, 208 ; —  suo tridente, 209 ; — suo culto, 210-212. Nicea, Ninf
vien rappresentato, 207 ; — suo carro, 208 ; — suo tridente, 209 ; —  suo culto, 210-212. Nicea, Ninfa, 304. Nicostrato, po
o, poeta, 469 ; — scende nell’inferno a ripigliare Euridice ; 470 ; —  suo tragico fine, 471. Orgie, 153. Orione. Sue avvent
ce Giove, 73 ; — sposa Epimeteo, ivi. Pane, Dio dei pastori, 294 ; —  suo simulacro, 295 ; — sue feste e suoi sacerdoti, 29
eucalione, 647. Pirro, figlio d’Achille, 543 ; — vendica la morte di suo padre, 544 ; — suo fine, 545. Pitia. Vedi Pitones
rro, figlio d’Achille, 543 ; — vendica la morte di suo padre, 544 ; —  suo fine, 545. Pitia. Vedi Pitonessa. Pito, Dea della
Saturnali, feste in onor di Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; —  suo impero, 27 ; — sua moglie, 28 ; — suoi figli, ivi
ove, 30, 31 ; — si rifugia in Italia, 32 ; — ricompensa Giano, 33 ; —  suo regno in Italia, detto Età dell’oro, 34 ; — feste
33 ; — suo regno in Italia, detto Età dell’oro, 34 ; — feste in onor suo , 38 ; — come vien rappresentato, 39. Scheneo, re
i compagni, 198. Siringa. Sua metamorfosi, 299. Sisifo. Suo delitto e suo gastigo, 245. Siva, divinità indiana, 721. Sogni,
Talia, una delle nove Muse, 275. Tantalo. Oltraggia gli Dei, 250 ; —  suo gastigo, 251. Taranete, divinità gallica, 732. Ta
 sua infanzia, 404 ; — sue gesta nell’Attica, 405 ; — riconosciuto da suo padre, 406 ; — uccide Falaride, 408 ; — Sciro, 41
Vedi Vesta, 26. Titone, marito dell’Aurora, 112. Tizio. Suo delitto e suo gastigo, 249. Toossa, una delle figlie di Forco,
a dimora nell’isola di Calisso e presso Alcinoo re dei Feaci, 578 ; —  suo ritorno a Itaca, 579 ; — come egli punisce i Proc
12 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
oveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiottire di mano in
n da Rea. Questa di ciò oltremodo dolente, allorchè ebbe a dar Giove suo ultimo maschio alla luce, ricorse ai genitori suo
nse coll’ arte e colla forza, giusta le predizioni di Urano e di Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse a rivomitare i figl
è egli apriva l’ anno nel mese di Gennaio, che da lui tratto aveva il suo nome. Gli si ponevano dodici altari secondo il nu
a, dette perciò le corna dell’ abbondanza. Caccialo dal regno Saturno suo padre, ci diviselo co’ fratelli, ritenendo per se
ini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la diede poscia alla lu
rapir Ganimede figlio di Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo coppiere in luogo di Ebe. Quelli che sotto il vel
o che Saturno fu re di Creta, che come egli spogliato aveva del regno suo padre, cosi ne fu privato da’ propini figli; che
vone ai piedi, o sopra di un cocchio tirato dai pavoni. Il principale suo culto era in Samo, e Cartagine. Sacre a lei erano
ie di Cinira per lo stesso motivo trasformale da Giunone de gradi del suo tempio. Aracne rappresentò Giove per Europa cangi
ra, e suoi ministri, secondo Esiodo, erano il Terrore e il Timore. Il suo principal culto era nella Tracia ed anche in Roma
o di lui ardentemente si accese. Ma poco tempo potè godere dell’ amor suo ; perciocchè egli appassionatissimo della caccia,
o figlio di Eolo, e marito di Procri; ma ritroso veggendolo all’ amor suo , perchè costante verso di Procri, ad essa lo rima
li avesse chiesto, dopo aver cercato per ogni modo di dissuaderlo, fu suo malgrado costretto ad accordarglielo. Ma non sape
elo e di una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la sciagura del suo cugino ed amico, fu tramutato in cigno. Eeta fu r
rattar l’ arco e gli strali. Questi irritato, per dar prova del valor suo , scoccò uno strale dorato contro di lui medesimo,
lebrità ch’ egli si era acquistata fece riguardare insieme con Apollo suo patire qual Dio della medicina. Il suo culto era
riguardare insieme con Apollo suo patire qual Dio della medicina. Il suo culto era specialmente in Epidauro; ma passò posc
ta fuor dell’ l’ Inferno, dopo avervi incatenata la Morte. Durante il suo esiglio andò pure Apollo in compagnia di Nettuno,
questi la zampogna, o quegli la lira; ed avendolo vinto, in pena del suo ardimento’ gli trasse la pelle, e dalle lagrime d
o. Ingegnossi egli colle velature del capo a ricoprirle, ed ordinò al suo tosatore di non manifestarle a nessuno; ma questi
per Dea della caccia, perchè di essa formava la sua occupazione e il suo diletto. Costringeva a perpetua verginità le Ninf
Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famoso era il suo tempio in Efeso, che poi fu incendiato da Erostra
ro, eh egli chiamava il sonno su gli occhi de’ mortali, o il fugava a suo talento, e con cui pur guidava le anime de’ trapa
i mano. Pallade ciò sapendo mandò l’ Invidia ad infettare Aglauro del suo veleno. Ella perciò al venir di Mercurio cercò vi
u costretto per non morire d’ inedia a pregar Bacco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impose di lavarsi nel fi
enamente istruito nell’ arte di coltivare la terra, Io spedì sopra il suo carro tirato da due dragoni in varie parti del mo
in traccia della figlia, e la falce con cui si miete il frumento. Il suo cocchio era tirato da due dragoni. In Roma a lei
vivere; Cibele o dalla città o dal monte Cibelo nella Frigia, ove il suo culto ebbe principio, o da Cibelo suo primo Sacer
nte Cibelo nella Frigia, ove il suo culto ebbe principio, o da Cibelo suo primo Sacerdote. Fu detta anche Dindimene, Bereci
olato egli avea il precetto di castità impostogli da Cibele nel farlo suo sacerdote. Ati fu poi da essa cangiato in pino. L
i rappresentavasi colle orecchie, le corna e le gambe di copro; ed il suo soggiorno ponevasi in Arcadia, spezialmente sui m
le brage ardenti. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano il cappello della libertà. Pomo
ti fu amata dal Di o Vertunno, cosi chiamalo perchè volgeasi a piacer suo in tutte le forme. Per superare l’ avversione ch’
oo re de’ Feaci, padre di Alcinoo, che liberamente accolse Ulisse nel suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e ric
to. Invece innammorossi Circe di, lui, ma rimanendo esso costante nel suo amore per Scilla, Circe indispettita di vedersi p
r consiglio di Venere dallo strale di Amore, corse a rapirla sopra il suo cocchio. Ben volle i Ciane amica di Proserpina a
filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Le tre Furie, o Dire, o Erinni, o Eumeni
cciso da Apollo, e sepolto nel Tartaro, dove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri di terreno, e le viscere sempre
di Argo, che tutte in un giorno le maritò a cinquanta figli di Egitto suo fratello; ma avendo inteso che dai generi doveva
bosco Pagaseo a lui opporsi, ei l’ uccise, e ferì Marte, che sopra il suo cocchio dovette fuggirsene. I giganti Albione e B
massima., Busiride tiranno di Egitto sacrificava empiamente a Nettuno suo padre i forastieri. Ercole colà recatosi il prese
ratello di Nestore, avea da Nettuno ottenuto di potersi trasformare a suo talento. Di ciò orgoglioso volle provarsi con Erc
Idra, e l’ uccise. Lasciò però Nesso a Deianira la veste intrisa del suo sangue e del veleno dell’ Idra, dandole a credere
dandole a credere che con quella avrebbe richiamato Ercole all’ amor suo qualor le fosse infedele; ma essa invece fu poi a
nta del sangue di Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ amor suo , come il Centauro le avea promesso; ma invece all
ella Gioventù, dalla quale pur conseguì che Gioluo figlia d’ Ificlo e suo compagno in molte imprese allorchè fu giunto all’
ospitalità ucciderla in casa propria, lo spedì ad Ariobate o Giobate suo suocero nella Libia con lettere, in cui raccomand
ite da Melampo, il quale sposò una di esse, e diede l’ altra a Biante suo fratello. Capo V. Di Meleagro, della caccia de
o era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio. Al suo nascere le Parche misero un tizzone sul fuoco, di
e nel corso, con questa legge però, che raggiugnendoli fosse in poter suo l’ ucciderli. Ippomene figlio di Macareo per supe
i, di Cibele, che per vendicarsene li mutò in lioni, e gli attaccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cad
e l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre. Preso da orrore al v
re scalava le mura di Tebe, venne fulminato da Giove; Anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito; Ippomedonte e Part
i fu celebrata come la prima nave, che fosse costruita, e le diede il suo nome; Tifi ne fu il piloto; i compagni di Giasone
la quale meno inumana delle altre salvata avea furtivamente il padre suo Toante, accolse ospitalmente Giasone, e a lui pur
ciocchè il misero padre occupato a raccoglierle ritardato venisse nel suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti, pe
ta di esser contenta ch’ egli passasse alle nuove nozze, e fe pure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste; ma
me con tutta la reggia. Ne paga di ciò Medea, per isfogare vie più il suo furore scannò atrocemente sotto agli occhi di Gia
Aristeo, egli scese all’ inferno per riacquistarla. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che gli
epolta avea sotto del sasso, e gettata la tazza abbracciò Teseo’ come suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione di An
a molti. Ma Enomao sapendo dall’ oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di g
e una cerva, e lei trasportò in Tauride, ove la fece sacerdotessa del suo tempio. Partito Agamennone per la guerra di Troia
contrassegni di essere a lui fratello, il placò e Priamo stesso come suo figlio amorevolmente l’ accolse. Poco dopo lo spe
e giurarsi da Filottete di non mai ad alcuno manifestare il luogo del suo sepolcro. Ma avvertiti i Greci dall’ oracolo, ess
allade trattenuto. Si chiuse egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando di non voler più combattere
consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuoverlo dal suo proponimento. Frattanto Paride e Menelao convenne
e dopo lungo conflitto l’ uccise, indi attaccatone il corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno alle mu
lmente colla spada si trapassò da se stesso. Ovidio aggiugne, che dal suo sangue sorsero de’ giacinti. Non però a torto dec
però asserisce, che egli morì tranquillamente in Creta, e che anche a suo tempo mostravasi nella città di Gnosso la tomba,
, vi fu trattenuto un mese da’ venti contrari, e i compagni contro il suo divieto divorarono le vacche delle mandre del Sol
nato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si mani
mattino seguente in villa a far una dolce sorpresa al vecchio Laerte suo padre; ed essendo là venuti per assalirlo Eupide
essendo là venuti per assalirlo Eupide padre di Antinoo con altri del suo partito, Laerte per consiglio di Pallade getto co
ittà in fiamme, per ordine di Venere si prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise, che portava gli Dei Penati, e guid
Morfeo addormentalo e’ gettato in mare vicino al promontorio, che dal suo nome fu detto poi Palinuro. Giunto a Cuma, seguen
rio a Latino re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia ad uno stra
i Latini e i Troiani. Dichiarata la guerra, Turno cercò di trarre al suo partito quanti potè de’ principi dell’ Italia, fr
era venuto in Italia a stabilirsi sul colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il c
e, e fosse in cielo fra gli Dei Indigeti annoverato. Lasciò nel Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, che edificò
rage di buoi veniva a bere al vicin fonte, sen fugge lasciando ivi il suo velo. Questo dalla lionessa è lordalo di sangue.
a di Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ innamora di Cauno suo fratello gemello, e quest’ amore incestuoso gli m
lla moglie Alcione di tornar fra due mesi. Naufraga nel ritorno, e il suo corpo è portato dalle onde verso il lido. La mogl
te II. Capo XI. Sacrificio d’ Ifigenia, e sostituzione della cerva in suo luogo. Parte II. Capo XI. Cene figlia di Elato ot
Ulisse nella contesa per le armi di Achille, furioso si uccide, e dal suo sangue spuntano dei giacinti. Parte II. Capo XI.
dalla terra apertasi sotto di lui, e che in quella stessa caverna il suo oracolo fu indi stabilito. Chi andava per consult
13 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
i venne a quella del moltiplice, interpetrare la parola Mito nel vero suo significato e di quali vesti fu poscia ricoperta
ligione, per dir tutto in una parola, dovè parlare eloquentemente nel suo cuore, dovè nascere tutta compiuta e perfetta, o,
e altre cagioni. Ora la pietà di un figlio deifica un padre rapito al suo amore ; ora la desolazione di una madro fa un Dio
n padre colpito nella sua tenera posterità invoca in essa gli Dei del suo dolore ; ora il menzogniero artificio delle caste
i ; infine lo stesso linguaggio mitico perdendo di tempo in tempo il’ suo significato primitivo, pone divinità enimmatiche
modelli, o pure ritratti ideali tutte le specie particolari a ciascun suo genere simiglianti : come gli Egizii tutti i loro
o le altre cose della terra, crede esser Venere, la bellezza tutto il suo mondo, il suo bene. — Inventate a capriccio, e so
e della terra, crede esser Venere, la bellezza tutto il suo mondo, il suo bene. — Inventate a capriccio, e sono quelle imma
n regione per le vie dell’alto ingenera la folgore, e nel rapidissimo suo slancio, squardo i campi dell’aere, è infine il p
ende Giove per il Sole, e Giunone per la Luna ; poichè il sole con il suo corso apparente per le vie del cielo compie l’ann
ra compiuto il tempo della gravidanza di lui, traendonelo poi fuori a suo tempo. A questo mito può darsi varia interpetrazi
Diodoro Sicolo al contrario vuole, che Bacco vedendo andare a male il suo esercito nelle Indie dalla pestilenza, Bacco meno
o di cembali e di tamburi, per indirare il tumulto degl’ubbriachi. Al suo cocchio si aggiogavano pardi e pardi lo seguivano
rnando. Se nella favola si dice, che Saturno avesse castrato il Cielo suo padre, con questo s’intese che presso Saturno, no
ice(1), portava un’antica credenza, che Vrano fosse stato mutilato da suo figlio Saturno, e questi stretto in catene dal su
stato mutilato da suo figlio Saturno, e questi stretto in catene dal suo figlio Giove. Sotto quest’empie favole va occulto
uori un muggito. A Nettuno si poneva in mano un tridente, simbolo del suo impero su i mari, o perchè i pescatori si giovano
ione, finalmente ritornano a lui, alla terra, e vengono sottoposte al suo imperio. E gli si pone lo scettro in mano, chè lo
tti gli aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti
; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di sua di
ra, ond’è detto Dio della medicina, giovando ai mortali col temperato suo calore, e cacciando al contrario nelle vene di lo
sig. Screvelio(1), dal verbo απολυιν, liberare,perchè il Sole con il suo temperato concorso ci tiene liberi dai mali della
li ponevano su la fronte una immagine della vittoria, due simboli del suo potere irresistibile ; e nella sinistra un fiore,
istra un fiore, indice del regno vegetabile prodotto e perpetuato dal suo benefico calore. A canto a lui facevano distender
’un’aquila, con cui volevano dare un’immagine dell’etere emanante dal suo seno, come dal suo centro. A suoi piedi ponevano
volevano dare un’immagine dell’etere emanante dal suo seno, come dal suo centro. A suoi piedi ponevano tre figure muliebri
folto addensar di caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma poscia estenuate col salubre fervo
e si voleva esprimere, che il Sole istesso fecondando la terra con il suo calore, e generando la vegetazione, anima e dà vi
o indicavasi l’apparente discesa del Sole sotto l’orizzonte, e che al suo apparire nel nostro emisfero ne venissero scaccia
su la terra non mai retto porta le fattezze di uno zoppo nel moto del suo vampo. A Vulcano si dava per consorte Venere, la
. 40. Minerva — Etimologia di questa parola — 41. Interpetrazione del suo mito dello scrittore della Scienza Nuova. Nomi e
gia, e interpetrazione del suomito. 43. Cupido, e interpetrazione del suo mito. 44. Diana — Perchè detta Diva Triforme — et
hè detta Diva Triforme — etimologia della parola Diana. 45. Atteone e suo mito. 46. Attribuzioni, che si davano a questa De
ibuzioni di Diana. 49. Le Muse — Etimologia di questa parola, e vario suo significato. 50. Donde da tre si immaginarono nov
Proserpina. È questo un nome tutto greco περσεφονη, che Screvelio nel suo lessico deriva da περθιν devastare, e φενιν uccid
co trasportandola a consorte nello imo della terra, ove distendeva il suo impero. Cerere sua madre dolente della perdita de
ezione de’fondatori, con queste le dovizie che la terra racchiude nel suo seno nello inverno e fuori tragge nella estate. A
o Minerva il triangolo di tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo vertice, e di Tritogonia, perciocchè questo trian
ed elevandosi su la fralezza dell’argilla, onde l’uomo è plasmato. Il suo nome tutto greco Αθηνη può derivare da ατρειν, ra
pompa esce dal grembo delle acque, passò per aver avuto da quelle il suo nascere. Fra i piccoli pianeti è dessa la sola, c
4), le preghiere del taciturno esploratore degli astri. Emergendo col suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di Art
5), guidatrice delle vergini oceanine, i primi nocchieri andavano nel suo tempio ad appiccarvi il timone, quando venivano s
uesto fuoco, o che ella ne fosse la cagione, e che quasi sia nato per suo potere. E non di rado fu presa per la terra. Inve
gli antichi fu creduto rimanersi la terra sempre immobile e fissa nel suo centro, a Vesta fu dato il nome di εστια da εστεν
Ovidio(3), non è altro che la terra ; e poichè questa si sostiene col suo proprio peso, è detta Vesta. Presa Vesta per la t
le concetto fu mirabilmente svolto dallo immortale Vincenzo Monti nel suo eruditissimo canto, la Musogonia. Furono credute
o Sicolo — Osiride, così voltiamo in italiano le sue parole, teneva a suo diletto il canto e le ridde, ed aveva sempre con
el Sole ne’dodici segni dello Zodiaco. 64. Cadmo, interpetrazione del suo mito. 65 Sfinge Cadmea, e suo mito. 66. Giano — P
Zodiaco. 64. Cadmo, interpetrazione del suo mito. 65 Sfinge Cadmea, e suo mito. 66. Giano — Perchè andava rappresentato a d
mo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per riveder l’ombra di suo padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna dell
Gerione forse non erano che tre corpi di armati, che per tutelare il suo territorio oppose ad Ercole ; oppure, che egli av
anira promessagli in isposa, e vedendosi inferiore di forze contra il suo rivale, trasformossi in su le prime in serpe, che
ole presso quello del sole ; ed Alessandro il grande quando rivide il suo Nearco, che credeva estinto una alla sua flotta,
el Solstizio estivo entrava nel segno del Leone, meta più sublime del suo corso. 63. A rafforzare quanto finora abbiamo det
le denominazione, perciocchè accogliendo egli cortesemente nel Lazio, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, avesse avuto
e dell’altra parte del Cielo, schiudendo il giorno col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e solevasi prima di o
i cittadini, ricoverossi nel monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo consorte, tendendo di giorno in giorno molte insi
t pleno carmine vera Dei. In Roma era una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino a q
 III. (4). Macrobii Saturnalium lib. I. cap. XVIII. (5). Quod in suo processu et occasu eius orbita multis modis signi
ire, e Clusio, da Claudere, chiudere, ossia dall’aprirsi le porte del suo tempio in guerra, e dal chiudersi in tempo di pac
14 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
l loro padre orribilmente li maltrattava. Titea finalmente trasse dal suo seno il ferro, ne formò una falce, e la diede a S
asserisce ch’egli ciò faceva, perchè da Urano e da Titea riguardo al suo Destino(8) aveva udito, che uno de’ proprj figli
i vivere, e di coltivare le campagne. Giano in ricambio lo associò al suo regno : e per indicare ciò, volle che in una part
scorsi tredici anni, gli destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovani di Festo si
o, Trittolemo(5) ; e volendo renderlo immortale, il dì lo nutriva del suo latte, e lo nascondeva la notte sotto il fuoco. N
qualsivoglia cibo. Così avvenne : la Fame volò di notte a spargere il suo veleno sopra lo scellerato, mentre dormiva. Appen
e le sue sostanze, senza però aver diminuito in modo alcuno l’interno suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che
di prendere ora questo ed ora quell’ aspetto per alimentare il padre suo , sempre più affamato. Si scuoprì alfine l’artifiz
col nettare (d) (2). Altri pretendono, che il Nume abbia ricevuto il suo primo alimento da certe Colombe (e) : altri dalle
angiato in diamante (h). Giove, cresciuto nell’ età, scacciò il padre suo dal trono, e ne divise l’impero co’ suoi fratelli
li Dei avrebbe potuto vincere que’ nemici, quando non avesse avuto in suo ajuto qualche mortale. Per consiglio di Minerva s
atro, vide mangiarsi da un bue una focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò era delitto per l’u
in qualsivoglia Magistratura, affinchè sempre attendesse al culto del suo Nume. Non poteva nè andare a cavallo, nè dormire
noltre, che il Console Flaminio, marciando contro Annibale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro di Giove Statore. I
ticolarità. Dicono alcuni, che Giove non volendo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potend
a, col di cui latte era stato nutrito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo scudo cotta di lei polle, e lo chiamò Egide. Da c
a in Tiglio, e in Quercia nello stesso momento restò pure cangiato il suo marito (a). Ma Giove come premiava l’ospitalità,
, pregò Giove di togliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò in una pianta, la quale
dell’ Attica, divenuto tale per l’esimia sua equità, non fece uso del suo potere, che per rendete felici i suoi sudditi, e
sso Nume lo cangiasse invece in Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse di avvicinarsi al di l
suadernela, ma sempre in vano. Ascese quindi sull’Olimpo, si armò del suo fulmine, e fece ritorno a Semele. Non appena cost
ese poi il nome di Dionisio, per alludere nello stesso tempo al padre suo , che nel Greco Idioma si chiama Dios (c). Neppure
e mani, Melanto tacciò Santio di aver violati i patti, avendo egli al suo fianco un altro guerriero, coperto con nera pelle
ndo ucciso sua madre, come più diffusamente vedremo, per purgarsi del suo delitto, giunse in Atene, mentre si celebravano l
tutte le viti ; ch’egli stesso volle darne eccitamento a’ Sudditi col suo esempio ; che con un colpo d’accetta si tagliò le
, e poi anch’ella s’uccise(b). Driope stava tenendo tralle braccia il suo figliuolino, Anfisso, avuto da Andremone, e per d
per cui egli onorava Bacco. Lo stranìero soggiunse, che Acete era il suo nome, la Meonia il paese, la condizione plebea. I
avventarsegli furibonda. Nè contenta di essere sola, chiamò anche in suo ajuto le due sorelle, Ino e Autonoe. Tutte le alt
rsi dalle altre. La sorte cadde sopra Leucippe, che sacrificò Ippaso, suo figlio(b). Tra’ figliuoli di Bacco si nominano St
ossia vedova, per alludere al tempo ; in cui ella stette lontana dal suo marito, come quanto prima riferiremo (g). Giove i
aghitosi della bellezza di questa Dea, e volendo ridorla sensibile al suo amore, rendette l’aria estremamente fredda, e sot
urato da insolita : nebbia, sospettò, che colà sone istesse celato il suo marito non senza qualche disegno. Scese pertanto
gliò Argo. Mercurio, non potendo più allora verificare di nascosto il suo furto, uccise quel custode(4), e cangiò Jerace ne
si questa Dea. Per questo pue fece ella provare a molti il rigore del suo sdeno. Tra gli altri spezialmente si nominano le
uesti di tutti i mezzi per uarirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse sue figliuole in matrimo
ma di ciò non contento, fece sì, che Preto cedesse un’altra partè del suo Regno, e Lisippe a sue fratello, Biante (b) (11).
ravagli continui. Udendola finalmente un giorno a diplorare il tristo suo destino, tali e sì pressanti ri cerche le fece, c
to. L’ una e l’altra risolvettero di far mangiare a Politecno l’unico suo figliuolo, Iti. Eseguito l’atroce fatto, si rifug
ci (c). Fu detta Curite (d) o Quirite, perchè ogni anno s’imbandiva a suo onore un pubblico convito in ciascuna Curia (e).
la conferisse la luce a quelli, che nascevano ; ovvero perchè avea il suo tempio in un bosco, che da’ Latini chiamavasi luc
era una statua, e riconomendo l’azione, come un tratto d’astuzia del suo marito, so ne compiacque, e si rappacificò seco l
del mare ; e dopo di a verle offerto certe focacce, la riportavano a suo luogo (a). Vuolsi che sia stata detta Feronia dal
vedemmo, da Giove, fu stabilita da Giunone ad attaccare i cavalli al suo carro (d). L’Eresidi poi servivano la Dea, quando
no dalle fondamenta tremare, cosicchè ne sentiva spavento perfino nel suo tenebroso regno Plutone. Temette questo Dio, che,
le meritò da Omero il soprannome di Divina (h) (7). Apollo durante il suo esilio sulla terra prese pure ad amare il giovane
a quantità di vasi d’oro e d’argento(12). Venne poi imitato da Creso, suo successore. Questi tra gli altri doni vi spedì du
me Crine. Il Nume per punirlo della negligenza, con cui esercitava il suo ministero, mandò de’topi a desolare tutti i di lu
e di venire seco lui a confronto. Sedette giudice della gara sopra il suo giogo il monte Tmolo. Suonò Pane il rusticale str
ava ì capelli, quando erano lunghi : e smanioso di pubblicare, che il suo Re aveva le orecchie asinine, ma non osando nel t
mote di castigo, scavò in rimota campagna una fossa, ed ivi appagò il suo desiderio. Qualche tempo dopo uscì da quel terren
i secolei nel Ponto, la rendette madre di Siro, il quale diede poi il suo nome a’Sirj. Dicesi da alcuni, ch’ella abbia otte
abbattersi in lei. Era egli per raggiungerla sulle sponde’ del fiume, suo padre, quando la giovine chiamò il genitore in su
tare al di lei pudore (d). Fece altresì esperimentare gli effetti del suo sdegno ad Atteone, cacciatore, nato dal celebre A
là, dove Diana ogni giorno si recava a visitarlo per dimostrargli il suo affetto. Endimione secondo Pausania ebbe da lei c
le quali non custodivano la verginità (c). E’ stata detta Panagea dal suo scorrere di foresta in foresta ; o dal trovarsi o
ra in cielo, ora sulla terra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare di forma e di figura (d). In Elide fu on
col nome di Re del bosco. Esso doveva aver ucciso di propria mano il suo predecessore, e stringeva sempre una spada per re
le quali si riponeva il di lei simulacro (c). Si chiamò Febe da Febo, suo fratello, il quale le comunica parte della propri
atresi, dopo d’averle eretto un tempio, stabilirono un’annua festa in suo onore. Pausania così ne descrive le ceremonie. At
ia notiamo, che Anfiteno o Anfisteno, il di lui padre, Anficle, Irbo, suo figlio, e i suoi népoti, Astrabaco, e Alopeco, Sp
nde. Lo ridusse a tal fine Erostrato Efesino per rendere immortale il suo nome (b). Il predetto Alessandro propose a que’ d
, quando, si trasferì in quell’ Isola per congratularsi con Galba del suo innalzamento all’ Impero(b). Si racconta innoltre
loro capo, la quale se n’era invaghita, alzò sopra un Promontorio del suo paese un tempio a Vedere, e la denominò Coliade d
iovine la costrinsero ad altre nozze. Alesside disperato abbandonò il suo paese, e Melibea nel giorno, in cui dovea sposars
io un tempo, dedicato da Q. Fabio Massimo nel tempo stesso, in cui il suo collega, Otacilio Crasso, consecrava quello, che
eso famoso in Lenno e in tutta la Grecia il di lei nome, che senza il suo consiglio o comando niente si faceva : Poliso lor
rina, sua moglie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio di Bacco, e poi l
o da Cigni (c), o da Passere (d). E’accompagnata da Cupido, ed ha per suo speziale ornamento una misteriosa cintura, detta
ti Tinni e quindi tali sacrifizj si chiamavano Tinnei(b). Platone nel suo Crizia ci riferisce, che Nettuno aveva nell’Isola
retto da Tenaro, fratello di Geresto, e figlio di Giove, che diede il suo nome al predetto Promontorio(c). A Nettuno era ez
vò il soprannome di Gerestio ; e Gerestie si diceano le Feste, che in suo onore vi si celebravano(a). A Nettuno era sacro i
, regalatagli da’Ciclopi al tempo della guerra contro i Titani(c). Il suo carro è una vasta conchiglia, tirata sulla superf
ch’ella abbia acquistato l’anzidetto nome, perchè offesa da Pallante, suo padre, lo scorticò, e della di lui pelle si fece
ompetitrice : bensì la disgustarono i simboli, espressi da Aracne nel suo arazzo ; nè potendo più frenare la collera, si av
ospendersi con un laccio, e morire. Minerva però volle, che colei per suo castigo vivesse sempre così cospesa, come si trov
che oggidì va tessendo una finissima tela per eternare la memoria del suo antico esercizio,(a) (4). Fu denominata Scirade o
uesta fosse migliore della guerra ; e però la Dea diede alla città il suo nome, appellandola Atene, voce greca, che signifi
idetto cestello, perchè voleva allevare quel bambino secretamente nel suo tempio. Pandroso ed Erse osservarono fedelmente i
ce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo, Pr
presso di se, come ministra e compagna. Minerva poi la allontanò dal suo lato, perchè ella corse a riferisle, che Aglauro
none : turbata questa Dea, perchè Giove avea fatto uscire Minerva dal suo cervello, s’avviò verso l’Oceano per conoscere in
e il nome del predetto Mamutio, com’egli avea ricercato in premio del suo lavoro (c). Altri sono di parere, che gli anzidet
ta lo risguardava come il padre di Remo e Romolo, e il protettore del suo Imperio. Tra’ tempj, ch’ebbe appresso i Romani, q
ero il soprannome di Apator, ossia senza padre (d). Comparve sino dal suo nascere deforme. Per lo che Giunone secondo Omero
le scimie(b). Inoltre fu detto Ignipotente, ossia che ba il fuoco in suo petere (c) ; Mulcibero dal latino verbo mulceo, a
uturo ; ovvero secondo Plutarco perchè aveva dato un altro aspetto al suo regno, introducendo una vita civile tra que’ popo
voce immolazione (b). Indi si scannava l’animale, e si aspergeva del suo sangue l’altare. Se la vittima si lasciava consum
visse sì pudica, che non guardò m i in volto verun altro uomo, che il suo marito(e). Per questo le sole donne Romane le sac
le ricchezze de’ particolari(c). Cesare nel tempio di Ope depositò il suo tesoro, che fu poi dissipato da Antonio. (b). A
lla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo proprio nome era Elissa. Dicono die vivesse prima
gran quantità di versi ; e dicesi che anche Omero n’ abbi sparso nel suo Poema(i). Tibullo la nomina Erifile(l), e Pausani
 ; e dicesi che avesse 700. anni, quando la interrogò Enea intorno il suo viaggio all’ Inferno, di cui parleremo altrove(f)
che sia stata con no me proprio chiamata Eritrea, e che abbia avuti i suo natali in Babilonia(b). Pausania riferisce, che n
sponziaca fu così detta, perchè fiorì nell’ Ellesponto. E’ incerto il suo nome, poichè ora coll’ uno ed ora coll’ altro ved
sa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto di fare suo l’altro pomo, che le si presentò dinanzi agli occ
ui interroppe l’azione di Cerere ; e questa, salita di nuovo sopra il suo carro, lasciò Deifonte in preda del fuoco (h). (
o Berenice(o). Costei vi riportò il premio della Corsa ; e il figlio suo , Pisidoro o Eucleo, vi conseguì pure una corona :
ta che Acusilao fu coronato ne’ medesimi Giuochi, egli prese il padre suo salle spalle, e lo portò per le vie d’Olimpia in
tezza, volle fendere una quercia, che già cominciava ad aprisi ; e il suo braccio vi restò preso dentro, consicchè egli div
ncorso per la settima volta, non potè superare nella lotta Timasiteo, suo concittadino(c). Celebrandosi i mentovati Giuochi
iuochi Olimpici il premio del Pentatlo. Lasciò un figlio dello stesso suo nome, il quale pure conseguì più corone a’ medesi
un viaggio, interruppe per qualche tempo anche siffatto esercizio. Al suo ritorno volle riprenderlo, nè si trovò più capace
sì avvenne ; e a Fidola si permise innoltre d’innalzare una statua al suo cavallo(d). Polifite, e Callitele, suo padre, ame
ltre d’innalzare una statua al suo cavallo(d). Polifite, e Callitele, suo padre, amendue Spartani, meritarono ne’ Giuochi O
lti cravi il carro di Polifite sopra una colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo di straordina
trasferita in Cielo a mescergli il nettare. Mentre poi esercitava il suo uffizio, cadde in terra in un modo. indecente. Il
io, cadde in terra in un modo. indecente. Il Nume non la volle più al suo servigio (f). Omero pretende ch’ella abbia sempre
eo (c). Altri soggiungono, che il predetto Re era religioso e caro al suo popolo, a cui insegnò a condurre una vita meno se
osceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era stata da Giunone trasferita in Cielo (
perimento si faceva in questo modo : quello, che giurava, scriveva il suo giuramento sopra certe tavolette di legno, e gett
mele(a). Altri attribuiscono questo stesso nome non a Bacco, ma ad un suo figlio(b). Cicerone pretende, che il Bacco, per c
loro Re, Mida. Questi al vederlo estremamente gioì, e fece palese il suo godimento con magnifiche Feste per dieci giorni e
molto decoroso, giacchè Demostene si studia di mettere in ridicolo il suo avversario Eschine, rinfacciandogli, ch’egli avea
Aletide, ossia errante, dall’essere andata cercando col cane il morto suo padre (f). Si fece allora anche la Festa E ora, o
hol. l. 8. (h). Lil. Gyrald. Syntagm. 15. (3). Inaco spedì Lirco, suo nipote e figlio di Fo’ roneo, affinchè cercasse d
o. Il giovane, non avendo potuto trovarla, non osò di ritornarsene al suo paese, e si ritirò appresso il re Ebialo, che gli
vecchio tugurio, situato in mezzo ad un bosco. Ivi, palesatole l’amor suo , pretendeva d’esserne con pari affetto corrispost
ovea far portare all’empio marito. In quell’istante sopraggiunse Iti, suo figlio, oui Progne considerando somiglievole a Te
le del figlio. Non avea per anco finito di cibarsene, che ricercò del suo Iti per divertirsi seco lui. Comparve allora Filo
giovine, chiese questa soccorso alle Ninfe, sue sorelle, e a Ladone, suo padre. Non compì Siringa la preghiera, che trasfo
gno vieppiù i loro cuori si unissero insieme (i). Plinio dice, che al suo tempo tale anello era di ferro, e senza gemma (l)
di cui n’era la sacerdotessa. Non avendo essa buoi, che tirassero il suo carro, i due figliuoli lo strascinarono sino al t
omo anche tra le più dense tenebro del Paganesimo conservò sempre nel suo cuore il sentimento della propria immortalità, e
sse malvagia vita. Ha la barba bianca, perchè d’ordinario esercita il suo dominio assai più sopra i vecchi, che sopra i gio
iglio di Glauco, re di Corinto nell’ Acaja, accidentalmente uccise il suo fratello, Bellero, chiamato da altri Alcimeno, o
sua figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, in matrimonio, e una parte del suo regno(g). Dicesi, che l’anzidetta moglie di Preto
vano Remurie, perchè le avea introdotte Romolo per placare l’ombra di suo fratello, Remo. In tali Feste si occupavano a sca
ra veste, e aggruppata sopra una spalla(b). (13). Lo Stige trasse il suo nome dalla Ninfa Stige, figlia d’Oceano, e moglie
nni suoi morì d’acerbo dolore : Fu cangiato in un fiore, che porta il suo nome(b), e il quale poscia venne consecrato all’
egetonte, chiamato anche Piriflegetonte, era un fiume immaginario. Il suo nome deriva dal verbo greco-poetico, phlegetho, a
appresso di lui(g). Ferecide vuole, che abbia ritenuto incatenata nel suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte alle p
fo, essendo per motire, comandò a sua moglie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’egli poi chiese a Plutone di ritornars
ndezza sino alla sommità di un alto monte, donde ricadendo quello pel suo peso al piano, Sisifo era costretro a riportarlo
timore, che precipiti sopra di se un gran sasso, il quale sovrasta al suo capo(c). I Mitografi neppure vanno d’accordo nell
e volendo accertarsi, se erano tali, offerì loro in cibo le carni del suo figliuolo, Pelope ; che Cerere, niente accorgendo
a. Danao, loro padre, le uni in matrimonio con cinquanta figliuoli di suo fratello, Egitto. Come poi Danao intese dall’ Ora
le sue figliuole, che la prima notte ognuna di esse avrebbe ucciso il suo marito. Tutte eseguirono l’empia promessa, eccett
no l’empia promessa, eccettuata Ipermnestra, che risparmiò la vita al suo consorte Linceo, e fece sì, ch’egli potè ritirars
nuta moglie dello stesso Admeto, vedendolo minacciato della morte dal suo nemico, si offerì ad incontrarla in vece di lui.
vece di lui. Acasto v’acconsentì, e sacrificò la sorella all’ombra di suo padre(a). (g). Apollod. l. 3. (h). Joh. Jacob
Quest. l. I. (8). Pausania dice, che Agamede fu ucciso dallo stesso suo fratello, Trofonio, nella seguente circostanza. I
colo per sapere, se egli avrebbe alcun figliuolo. Intese, che sarebbe suo figlio quello, il quale egli incontrerebbe, uscen
n cui aveva raccolto lui bambino. Creusa a tale vista lasciò tosto il suo asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò
palesasse a Zuto, ch’ella era madre di Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone dopo la morte di lui salì sul tro
bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli partor
elenare o per convertire in bestie gli uomini. Neppure la risparmio a suo marito, ch’era re de’ Sarmati, e per regnare sola
me di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole trasferita nel suo carro nell’ Esperia, e ch’ella fissò la sua dimor
a(e). Circe, trovandosi in Italia, fece esperimentare gli effetti del suo sdegno anche a Pico, antico re del Lazio, figlio
do nè colle ragioni dissuadernelo, nè colle preghiere, fu con estremo suo rammarico dall’irrevocabile giuramento costretto
da che dovea tenere, nè ebbe forza sufficiente a reggere i cavalli di suo padre. Ne avvenne, che quelli ben presto traviaro
use, le quali facevano ritorno al Parnasso, le invitò a ritirarsi nel suo palagio, finchè cessava una dirotta pioggia. Fini
no il volo, e uscirono dalla Reggia per le finestre. Deluso colui nel suo desiderio, si lusingò pazzamente di poter raggiun
grano la bocca a lui, che dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza.
se pur anche Bibli, figlia di Mileto e della Ninfa Gianea, per Cauno, suo fratello. Questi però, non volendo corrisponderle
ino(e). (49). Filamone riuscì anch’egli eccellentemente nell’arte di suo padre, e la comunicò anche al figlio, Tamiride. Q
agli Sciti creato loro re. Egli poi ebbe la temerità di far prova del suo canto colle Muse ; ed essendone rimasto superato,
carono Dirce alla coda d’un toro indomito, il quale colla varietà del suo corso la fece morire di mille morti, e vi regnaro
ma non essendovì riuscito, si lanciò ia mare. Il naviglio continuò il suo viaggio, e ’l cantore fu portato da un Delfino in
e vita(f). Le Ninfe delle acque e delle foreste, allettate dal canoro suo canto, lo seguivano da per tutto, e lo desiderava
i dice, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il privilegio di camminare a p
pe. Enopione per vendicarseno gli strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Passò Orione in Lenno, e da Vulcano vi ric
mone, de’ quali parleremo. La morte poi di Chione destò in Dedalione, suo padre, tale afflizione, ch’egli disperato si prec
na casa, vi trovò cambiata ogni cosa, e appena vi fu riconosciuto dal suo fratello minore, già fatto vecchio. Epimenide inn
ui ; ma Peone si trasferì sulle sponde del fiume Assio, e ne diede il suo nome a quella parte, la quale poscia venne chiama
nvaghì d’una giovine della sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella era di nobile prosapia ; e con
rimonio, la ottenne. Venere sdegnata, che le si fosse allontanata dal suo servigio una Sacerdotessa, la quale oramai erale
o teneva legato, o usavagli altra violenza, egli alfine ripigliava il suo primiero aspetto, e rispondeva a ciò, di che veni
e dicevasi che Nereo, di cui abbiamo favellato, lo avesse costituito suo interprete (b). Que’d’Antedone gli fabbricarono u
ce, estremamente sensibile a questa ripulsa, si propose di sfogare il suo sdegno colla misera Scilla, e co’veleni infettò l
Crebbero i di lei figli naturali, ed ella li eccitò ad effettuare il suo progetto. Trovatisi tutti quattro in un luogo sol
o, e perdette la battaglia. Si fece trasportare a Tebe appresso Lico, suo fratello, e a lui lisciò il regno, pregandolo, ch
(e). Zefiro da’ Latini fu ch’amato Favonio, perchè favoriva col dolce suo soffio alla comune generazione : benchè evvi chi
ò grandemente Ceice, il quale regnava nella Ftiotide, ed era divenuto suo marito. Egli, ritornando dall’avere consultato l’
ianto sugli occhi ad Alcione, che dolcemente dormiva, le partecipò il suo rio destino. Il dì seguente ella ne vide il corpo
tarsi anch’ella nel mare ; ma i Numi cangiarono sì lei, che il marito suo in volatili(b). Non è da confondersi l’anzidetta
a di Jasio, o Scheneo, re degli Argivi. Era questa molto rinomata pel suo coraggio. Un’orsa la aveva allattata, ed ella era
fanciullo. Cloto le disse, ch’egli sarebbesi acquistato gran nome col suo coraggio ; Lachesi soggiunse, che sarebbe stato d
nata Alcione, perchè, come un’altra Alcione, avea pianto la morte del suo marito. Diana alla fine, soddisfatta di tali e ta
i Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno per opera di Agrio, suo cugino. Fu in seguito ristabilito sul trono da Di
di Agrio, suo cugino. Fu in seguito ristabilito sul trono da Diomede, suo nipote. Finalmente veggendosi in preda a nuove sc
veggendosi in preda a nuove sciagure, lasciò il governo ad Andremone, suo genero, e stabilì di ritirarsi nell’Argolide. Mor
genero, e stabilì di ritirarsi nell’Argolide. Morì per viaggio, e il suo corpo fu da Diomede fatto trasferite in una città
ominato, perchè secondo un’ antica tradizione quella Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere la causa di Oreste,
e in altro modo. Dicesi ch’ egli erasi proposto di vendicare il padre suo , vinto da Minerva, allorchè le due Divinità gareg
’ Romani anche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco di che mangiare a Remo e a Romolo (b) (e)
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
latini che dagl’italiani. Per altro Ugo Foscolo ne ha intredotto, nel suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi anc
orio : « Or convien ch’Elicona per me versi, « Ed Urania m’aiuti col suo coro « Forti cose a pensar, mettere in versi. »
lus, che in italiano significa assillo o tafano. È dunque l’estro nel suo primitivo significato un insetto molestissimo all
i, 19.) Apollo però non fu sempre felice. Sappiamo già come perdè il suo figlio Fetonte : dicemmo ancora che perì fulminat
o figlio Fetonte : dicemmo ancora che perì fulminato da Giove l’altro suo figlio Esculapio, ad istanza di Plutone, che si v
egnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro di esso, perchè era suo padre e più potente, uccise i Ciclopi che fabbric
per farvi tanti giuochetti di parole col nome di Laura, l’ Eroina del suo Canzoniere. Su tale argomento basti l’ aver citat
gli cangiò in cipresso il giovane Ciparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, n
amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo, un cervo suo prediletto. Invenzione veramente fanciullesca ! N
esto un di quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pastore ; i quali
direbbesi alle piastrelle), il vento Zeffiro invidioso che Apollo col suo ingegno avesse trovato il modo di esser tranquill
di esser tranquillo e contento anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia di Giacinto il disco scag
tosa invenzione dei mitologi, il Poliziano cantò : « Descritto ha il suo dolor Giacinto in grembo. »
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
lle, e il Sole l’onorò coll’ incominciar dal 1° grado di esso l’annuo suo corso tra i segni del Zodiaco. Quindi i poeti all
l’esercizio di un diritto imprescrittibile, di riacquistar ciò che è suo , essendo che l’aureo montone appartenesse origina
per far lo stesso viaggio marittimo che fece Frisso sulla groppa del suo impareggiabile montone, furon costretti a costrui
e ap parteneva alla Grecia, e gli promise di restituirgli il regno al suo ritorno, ma sperando in cuor suo che sarebbe peri
promise di restituirgli il regno al suo ritorno, ma sperando in cuor suo che sarebbe perito in quella impresa. Fu costruit
Tifi, ed a prua stava Linceo di vista acutissima, (come significa il suo nome derivato da lince, per osservare se v’eran s
ola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di qu
Strofadi, ove poi furono trovate da Enea nel venire in Italia, come a suo luogo diremo. Finalmente furono confinate nell’In
enze degli antichi poeti su questo fatto mitologico, aggiungendovi di suo altre invenzioni medioevali, riporterò prima l’im
le invenzioni del Medio Evo, di cui si era valso in altri luoghi del suo poema, narra la liberazione del Senàpo dalle Arpi
o Eusino perderono la compagnia di Ercole, il quale avendo mandato il suo valletto Ila a prender dell’acqua sulle coste del
ad Adrasto e a’suoi compagni la fontana Langia non molto distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
ato Sileno, a cui molto piaceva il vino, e che ne istillò il gusto al suo allievo, cosa molto più facile che istillare il g
i sessi percorse la terra sino alle Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche questa regione. Egli aveva sempre l’a
inuamente ubriaco non reggevasi in equilibrio neppur sulla groppa del suo asinello. Ma qui cederò la parola al Poliziano, c
Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumi
o chiamavasi Dionisio, parola composta da Dios, uno dei nomi di Giove suo padre, e dall’isola di Nisa o dal monte Niso, dov
e d’incoraggiamento che i mitologi suppongono dette da Giove a Bacco suo figlio, allorchè questi sotto la forma di leone c
ersi miracoli. Cangiò in delfini alcuni marinari che si opponevano al suo culto. Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il qual
o re lietamente e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà
eo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di pote
vere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro n
antichi confusero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembrano più inge
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
e e neppur la parte millesima delle maraviglie che esso racchiude nel suo seno. Ma quanto erano scarsi di cognizioni positi
libertà della patria, che fu in quel tempo oppressa dai Medici, in un suo sonetto prega il padre Oceano, che rammenti « Al
in un suo sonetto prega il padre Oceano, che rammenti « All’onorato suo figliol Tirreno, » che si svegli omai ; ma il T
erò dalla Ninfa Teti, madre di Achille. Secondo Omero, l’Oceano ha il suo palazzo nelle acque del mare agli estremi confini
o Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solenni frasi rituali. Se non è bene che l’uom
e a significare la pesca colla rete. Le si dà ancora un carro a conto suo , simile a quello di Nettuno, con un particolar co
ne la regina Ino moglie di Atamante re di Tebe ; e il dio Palemone il suo piccolo figlio chiamato Melicerta. Dal colmo-dell
Glauco poi raccontano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi Dante
r l’esempio di Glauco per offrirci qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto (di Beatrice) tal d
per offrirci qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto (di Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si
Perciò il Tasso fa dire da Erminia al pietoso pastore che piangeva al suo pianto : « oh fortunato, « Che un tempo conosces
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
chine « Delle sue macchie ; chè ’l corporeo lezzo « Sì l’ha per lungo suo contagio infette, « Che scevre anco dal corpo, in
vessero l’onniscenza, li invitò a pranzo e imbandì loro le membra del suo figlio Pelope da lui stesso ucciso. Tutti gli Dei
a è inutile nell’Inferno ; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della
llo di Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè del regno di suo fratello non andassero in possesso generi estrane
ultato non avesse risposto che egli sarebbe stato ucciso da un genero suo nipote. Ma Belo coll’insistenza e colle ostilità
a prima sera del loro matrimonio. La sola Ipermestra salvò la vita al suo sposo Linceo ; e questi poi compì quanto aveva pr
a chi la intende, « Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da sua art
terprete. Non tutti i dannati celebri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo spa
uperbo, e secondo Tito Livio sotto il regno di Servio Tullo. Fissò il suo soggiorno in Crotone città della Magna, Grecia, e
erciò non solo poeticamente, ma storicamente scriveva Ugo Foscolo nel suo Carme dei Sepolcri : « Testimonianza ai fasti er
rovero : « Rida in barba a San Marco ed a San Luca, « E gridi che il suo santo è san Secondo, « E che il zampon di Modena
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà se
sempre ardeva, e serviva per tuffarvi i dannati. Il Lete poi aveva il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli
argo, e con la terra « Che d’un lume di porpora è vestita, « Ed ha ’l suo sole e le sue stelle anch’ella »236. La reggia
dei Pagani, che potevan meglio servire alla immaginata allegorìa del suo poema. Ma quanto alla fabbrica dell’Inferno la cr
. Ma quanto alla fabbrica dell’Inferno la creò tutta di pianta a modo suo , guidato soltanto dal suo ingegno, dalla scienza
dell’Inferno la creò tutta di pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingegno, dalla scienza e dall’arte. Egli asserisc
el campo maligno « Vaneggia un pozzo assai largo e profondo, « Di cui suo loco dicerà l’ordigno. « Quel cinghio che rimane
stronomiche sono sostenute splendidamente dal P. Secchi, gesuita, nel suo libro intitolato Il Sole : io ne citai le espress
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
dismago, « Tanto son di piacere a sentir piena. « Io volsi Ulisse dal suo cammin vago « Al canto mio ; e qual meco s’aùsa «
aginava di aver ricevuta in sogno, ma volle che gliela commentasse il suo duca, signore e maestro, Virgilio : « Vedesti, d
ui Perseo liberò Andromeda : e di queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. Per altro si capisce che quelle così terri
masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, oss
ugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio
iosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a do
ia, sospende, « Che subita ruina non lo cuopra, « Mentre mal cauto al suo lavoro intende. « Da un amo all’altro l’àncora è
rno, « Si colca e lieva, e non può uscir d’impaccio ; « Così fuor del suo antico almo soggiorno « L’Orca tratta per forza d
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
ione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. Per i
erarlo, mandò a chiamare Prometeo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con un ferro tagliente
ello del cavallo. Minerva dunque che in greco chiamasi Atena diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i citta
quelle braccia ardite, ecc. » Dante inoltre volge ad ornamento del suo divino linguaggio poetico l’origine mitologica de
e alla sua Beatrice rappresentante la cristiana Teologia. E perchè il suo nuovo concetto apparisca manifesto, prima descriv
a somiglianza del nome. Infatti Suida, lessicografo greco, scrive nel suo dizionario che la parola Aracne al femminile sign
ene d’Italia, dopo che sorsero in essa i più grandi scrittori, che il suo dialetto meritò di divenire la lingua comune de p
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
iuturna, sorella di Turno re dei Rutuli, resa celebre da Virgilio nel suo poema dell’Eneide. Le fu dedicato anticamente un
rchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si chiuse nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo c
nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo che quella di suo marito. Perciò le matrone romane le prestavano un
te ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava di sangue e di stra
ano Capella, poeta latino del quinto secolo dell’ E. V. asserisce nel suo libro intitolato Satyricon che Summanus significa
inoltre che l’illustre grecista e filologo prof. B. Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo di Firenze del 15 f
tata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce giusta la conclu
24 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
otente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. Cicerone nel suo libro Sulla natura degli Dei lasciò scritto : « L
evole e più puro del politeismo d’Europa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro, era un’adorazion
unto dalle fiamme ; Tito, tornato a Roma, si fece portare dinanzi nel suo trionfo i vasi sacri, il velo del santuario e il
qualche antico rito, qualche superstizione locale conservava tutto il suo potere : intieri popoli erano ingolfati nella più
ra autorità teme o si vergogna di scrutinare in palese le ragioni del suo procedere per dare il diritto alla giustizia, men
no però costoro : Non è buona cosa, perchè questa setta molti tira al suo partito, mentre quanti sono gli scellerati, quant
iplinata inclinazione, il destino e le stelle, e non vogliono che sia suo quello che riconoscono per male. Ma qual somiglia
tre reggeva la sua provincia, condannati alcuni Cristiani, alcuni dal suo posto rimossi, turbato alfine per tanta moltitudi
ad adorare Dio. Discorrono in quella guisa che discorre chi sa che il suo Signore l’ascolta ; poichè, data l’acqua alle man
ale, come si dice nel senso spirituale. Anche umanamente parlando, il suo passaggio sopra la terra è il più grande avvenime
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
Pafo, in Idalio, in Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli di Citerèa, Pafia, Idalia ecc., ta
sorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta efficacia a un suo discepolo, ingegnoso sì ma zotico anzichè no : sa
rto a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per
pano le più belle poesie dei classici antichi. Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che nel
, e conclusero che dopo mille prove a cui Cupido, nascondendo l’esser suo , sottopose la curiosità e la fiducia della sua el
rimonio. Rappresentavasi come un giovane maggiore di qualche anno del suo fratello Cupido, con volto serio e riflessivo, pe
he debbono esser temperate e non affettate ; e perciò Ugo Foscolo nel suo delicatissimo poemetto intitolato Le Grazie, le r
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
achia, non ci fa molto rimpiangere la perdita del rimanente di questo suo mitico poema ; ma il titolo soltanto dimostra che
contro Giove e gli altri Dei, così spietatamente crudeli, generò dal suo seno immani, fortissimi e mostruosi figli chiamat
. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e più
ti antichi e moderni. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di parlar
rizione dei naturali fenomeni. Infatti Virgilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto i
o romoreggia e bolle79). » E Dante gareggiando col maestro, e, com’è suo stile, distinguendosi da esso e da qualsivoglia a
venerazione dell’ Alfieri per Dante, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il s
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitivo era Ipponoo ; ed è soltanto u
di Bellerofonte, che gli fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo fratello ; di che rimase poi sempre dolente e mes
mesto52. Dicono i Mitologi che egli pure fosse re di Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca cronologia di questi
sità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chius
sino al Firmamento, ove fu cangiato nella costellazione che porta il suo nome, come dicemmo. La spiegazione più plausibile
delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promoz
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
ci, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. Il n
Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte.
ove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte. Ma spesso scen
ava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero aggiunge che ai lati del suo trono teneva Giove due coppe, l’una del bene e l’
va Giove due coppe, l’una del bene e l’altra del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero
enza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzi
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
nte il capo. Tibullo si maravigliava che il Padre Nilo nascondesse il suo capo in ignote terre26 ; e per quanto i Geografi
n certi casi anche un poco profeta. Nell’Eneide parla divinamente nel suo linguaggio originale, come lo fa parlare Virgilio
è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono
endo le stragi che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque 
Ben io t’affermo « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di limo « Giacerà ricoperto in qualche
potran : cotanta « La belletta sarà che lo nasconda. « Fia questo il suo sepolcro, onde non v’abbia « Mestier di fossa nel
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
discordie e battaglie e stragi e sangue ; » e perciò a Giove stesso suo padre egli divenne fra tutti i celesti odioso, co
Marte fu accusato da Nettuno di avergli ucciso contro ogni ragione il suo figlio Alitrozio ; e fu scelto un consesso di 12
xv.) E inoltre Dante ricorda che Firenze, quand’era pagana, aveva per suo protettore Marte, che cangiò nel Battista, allorc
battaglie. I mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene
io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir sì ratto, Che’l muover suo nessun volar pareggia. » 173. Da questa favola
ti come conviensi. Dice il Machiavelli che quand’egli si chiudeva nel suo gabinetto per leggere e studiare questi scrittori
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
me, che significa interprete ; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè di messaggiero degli Dei.
nguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattiva
lo piacque tanto questo stromento e tanto se ne invogliò che Mercurio suo fratello glie ne fece un regalo graditissimo. — I
hè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento di rivoluzione intorno al Sole, vale a
o. È conosciuto volgarmente sotto il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argenteo e della sua mobilità ; per
buti di questo Dio. 147. Le ali di Mercurio non formavano parte del suo corpo come quelle degli uccelli, ma due eran fiss
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
e idee dei suoi connazionali e per essere inteso da loro ; ma in cuor suo e per intimo convincimento era monoteista. Bastin
ne oprare, « E dall’opere ingiuste il tiri e frene. » Il Parini, nel suo celebre poemetto satirico il Giorno, personifica
uol romano « D’Augusto i tempi e di Leon tornarno. » Il Manzoni, nel suo mirabile Cantico il Cinque Maggio, chiama Genio l
alente a sciens, peritus. Quindi egregiamente l’illustre Tommaseo nel suo celebre Dizionario dei Sinonimi determina il sign
o del Salvini, e l’altro del Magalotti ; ma il Fanfani riportando nel suo Dizionario questa stessa espressione dichiara che
re spessissimo : È un genio. » Lo dice infatti lo stesso Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi, e son queste le sue paro
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
a dodici avvenenti ninfe piè-veloci, che intreccian carole intorno al suo carro ? I pittori e i poeti han fatto a gara a ra
esso poeta aggiunge : « E compito del dì la nona ancella « L’officio suo , il governo abbandonava « Del timon luminoso alla
opera di Vulcano109), nella regione d’Oriente. Da essa cominciava il suo corso diurno, e la sera andava a riposare da Teti
riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato veloc
e imprese. Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo , cioè con Epafo figlio di Giove e della Ninfa lo,
sercizio dell’arte medica, lo fulminò per contentar più pienamente il suo fratello Plutone. Consentì per altro che fosse tr
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
. Era inoltre al pari degli altri Dei sottoposto al Fato, ed anche al suo maggiore e più potente fratello Giove. Si accorse
entato le Parche in queste loro diverse occupazioni, come si vede nel suo quadro che trovasi nella galleria di Palazzo Pitt
e dei Sogni ; ed anche Dante racconta diversi sogni ch’egli ebbe nel suo viaggio allegorico. Lo stesso Virgilio ci narra c
di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighieri d’impiegare nel suo Inferno. È facile l’indovinare che introducendole
pico. Anche il can Cerbero ha ricevuto l’onore dagli astronomi che il suo nome fosse dato ad una piccola costellazione, com
astel d’alcuni fece ; « Nè il grembo si lasciò nè il seno voto : « Un suo capace zaino empissene anco, « Che gli pendea, co
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necess
eticismo Egiziano ed alle idee religiose che quel popolo annetteva al suo stravagantissimo culto. L’antico Egitto rimane tu
ni sotto quella di vacca, perchè credevano che questa Dea insieme col suo fratello e marito Osiride, dopo avere insegnato a
a favola o tradizione Egizia che Tifòne avesse ucciso segretamente il suo fratello Osiride ; e che questi poi fosse trasfor
i fosse trasformato in bove. Aggiungono inoltre che Iside insieme con suo figlio Oro uccidesse Tifone in battaglia. Osìrid
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
eleste Matelda : « Quelli che anticamente poetaro « L’età dell’oro e suo stato felice « Forse in Parnaso esto loco sognaro
ggiori, ma destinato soltanto a presiedere al tempo. Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima di tutto insegnò ai po
rre che egli indicasse ai viandanti la strada. Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aper
zio, che comincia : Jamdudum ausculto, nella quale il poeta dice al suo servo : Age, libertate decembri (Quando ita major
« Et jus vertendi cardinis omne meum est. » 39. Cicerone dice a suo figlio nel De Officiis, che certi ottimi negozian
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
o Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi nel suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbia de
osson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli Uffiz
te nella stessa Galleria. Il Dio Momo è da porsi vicino ai Satiri pel suo umor satirico ed impudente. Il greco nome Momos d
nacciate anche dalle Leggi civili a chi rimuovesse il Dio Termine dal suo posto per estendere i proprii possessi a danno di
transierit, solito celebretur honore « Separat indicio qui Deus arva suo . « Termine, sive lapis sive es defossus in agro «
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
dipingere e scolpire la testa di Medusa. Dante asserisce che a tempo suo la Gorgone era già all’Inferno da lunga pezza ; e
ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel suo celebre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo
Mal non vengiammo in Teseo l’assalto. » E non era un timor panico il suo , perchè Virgilio stesso gli disse tosto : « Volg
mere da un figlio di Giove. Ma la sua stessa precauzione fu causa del suo male, poichè Perseo, irritato di tale scortesia,
a tradimento da Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. La storia di Perseo fu registrata dagli A
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
gli furono Titano, Saturno e Cibele. Poichè Urano significa Cielo, il suo nome stesso serve a manifestare qual parte dell’
o e Saturno, ed una figlia chiamata Cibele. Titano in prima, e poi un suo figlio chiamato Iperione ebbero l’ufficio di guid
ntico degli Dei, e perciò lo stipite della celeste dinastia, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli
, ma principalmente per Titano e pe’ suoi discendenti, come vedremo a suo luogo e tempo. Urano dopo aver ceduto il regno ai
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
ieri. Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra
sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lodarse
to Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè
udibrio di quelle stravaganti Divinità del Paganesimo, come vedremo a suo luogo. 81. « …..macies et nova febrium « Ter
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
dell’incendio mondiale cagionato dall’imprudenza di Fetonte42, come a suo luogo vedremo. Di Cibele per altro convien parlar
di Creta e del monte Ida : « Rhea la scelse già per cuna fida « Del suo figliuolo, e per celarlo meglio, « Quando piangea
tua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venut
ibele era sacro il pino, perchè in quest’albero fu da lei cangiato un suo prediletto sacerdote chiamato Ati, che si era per
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
caverna donde sgorgava la sorgente, gli presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli
sse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo n
Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di u
De Art. Poet., v. 185.) 60. Nel 1821 fu pubblicato dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo
43 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
il proprio nome. — Efira, sua sorella, fonda Corinto. — Fegeo, suo figlio, erige Feges in Arcadia. — Pelasgo, su
into. — Fegeo, suo figlio, erige Feges in Arcadia. — Pelasgo, suo nipote, fonda nel 1883 il regno d’Arcadia. Indi e
Tessaglia con gli Arcadi, detti Pelasgi.159 — Sparto o Spartone suo nipote, dà principio a Sparta. — Miceneo, fig
questo Menete sia lo stesso che Misraim, figlio di Cam. Altri pone il suo regno in Egitto nel 2965. E questi il Mercurio eg
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
e in quelli enciclopedici più moderni9. Bacone da Verulamio, che nel suo libro De Sapientia Veterum spiegò anche troppo mi
mmenta la favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile di esser concisissimo e presentare al letto
n Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e
a la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbrica
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
, di procelle e d’austri « E delle furie lor patria feconda. « Eolo è suo re, ch’ivi in un antro immenso « Le sonore tempes
colle indicazioni astronomiche ci fa conoscere non solo i giorni del suo viaggio allegorico, ma pur anco le ore diverse di
cenno della favola di Eolo re dei Venti, secondo ciò che ne scrive il suo maestro Virgilio nei versi da noi citati in princ
amente che soffia o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con questa perifrasi mitologica : « Qua
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
di Dea Triforme 135. Tutto ciò che si riferisce a Diana in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il luogo
rabile e puniva severamente qualunque colpa o mancanza. Discacciò dal suo coro di ninfe e cangiò in orsa la giovane Callist
o da tal plaga, « Che ciascun giorno d’Elice si cuopra, « Rotante col suo figlio ond’ella è vaga ; » ecc. E al nome di Ors
nel farsi predire da Farinata degli Uberti (nel C. x dell’Inferno) il suo esilio, e indicarne l’epoca fra circa 50 mesi lun
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannatural
blicani dell’antica Roma. Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attr
eomanzia ecc. di cui parleremo altrove. 282. Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme dei Sepolcri ha detto : « ……. uscian quind
De art. poet., v. 391.) 289. Narra Erodoto che la Pizia terminò il suo responso con queste parole che in greco eran comp
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
to quasi sul posto stesso di quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da una violenta inondazione ; un altro simile si
he simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza
a ed un lume, vi era chiusa ermeticamente e abbandonata senz’altro al suo orribile destino. — Questo modo però potrebbe far
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
i del mondo uomo santo e pio per ingannare più facilmente il prossimo suo . Non è noto però che la Dea Laverna avesse un pub
tte particolari dei privati cittadini. Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spi
utti citare il Giusti, che ci rappresentò quelli predominanti a tempo suo (cioè nella prima metà del presente secolo) facen
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
o Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la sua potenza o il suo arbitrio. Da queste idee pagane del Fato e della
è questa ingenita forza e facoltà di prestare o negare liberamente il suo assenso ; e sotto questo rapporto suol dirsi che
lla schiavitù. Perciò Dante, avversando il fatalismo, proclama da par suo il libero volere in questi splendidi versi : « L
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
chi loro altre terre, erga altre mura 32. E quando Enea li consegna a suo padre Anchise, li chiama patrii Penati 33. E per
onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, questo fatto non toglie agli Dei Penati il
e lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama nel suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove, i
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso del p
elle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e nell’ inferno. Il suo greco nome significa Cielo, e perciò credevasi fi
re, mezzo uomo e mezzo capro. Di questo nume semibestiale parleremo a suo luogo, poichè appartiene alla seconda o inferior
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
a considerata come la Dea delle biade che in sua stagiòne (in tempore suo ), producevansi dalla terra. Il nome di Cerere, se
sacrificavasi a Cerere era la scrofa, perchè, dice Ovidio, scava col suo grifo le biade sacre a questa Dea. Fra i supposti
Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo ricco patrimonio, vendendo perfino la figlia Metr
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
re. Siccome è regina del Cielo e degli Dei ha in capo il diadema ; il suo volto è maestoso ; ha grandi gli occhi, bianche l
giungono alcuni mitologi, che un giorno questa Dea nell’esercizio del suo ministero cadde sconciamente e destò l’ilarità de
a, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per part
55 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
oto che Alessandro il grande, non contento dei magnifici funerali pel suo amico Efestione, volle che gli fosser fatti onori
d altri miracoli. Sono pur note le follie dell’imperatore Adriano pel suo favorito Antinoo. L’onore dell’ apoteosi fu talor
nate da azioni erudeli. Un omicida non si poteva purificare da sè del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnav
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
 ; i quali non sapendo poi come acquietare il popolo che ricercava il suo re guerriero, gli fecero credere per mezzo di Pro
i in un gran letto di avorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il quale era seppellito o arso segretam
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
giovani della Grecia a prender parte a questa caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro. Accorsero all’invito i più disti
e fu poi duce degli Argonauti, Teseo vincitore del Minotauro, Piritoo suo fidissimo amico, Castore e Polluce gemelli affett
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
one di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto il suo furibondo vigore e il così detto diritto della pr
onologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
e di Doridi, oltre all’aver detto anche prima, che Giunone aveva per suo corteo quattordici Ninfe, Diana cinquanta e Cerer
rla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’una volta a questa favol
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
a Divinità. Scese perciò dal Cielo in Terra, e prendendo per compagno suo figlio Mercurio, si misero ambedue a viaggiare so
e degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo ne diremo il perchè) ; quindi Deucalione e
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
io, « Che visse a Roma sotto il buono Augusto, » e che Dante chiama suo maestro « E quel savio gentil che tutto seppe. 
condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta). 193. Perciò Virgilio
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
nciarono ad esser neglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
agri rationem primus induxit. (Lactant., lib. 1, c. 20.) Italia regi suo Stercutio ob hoc inventum immortalitatem tribuit.
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
nque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale del
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
r sette figli e sette figlie ; e perciò dispregiava, non solo in cuor suo , ma pubblicamente, Latona e la stimava a sè infer
66 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
adhibetur quod tam sterilis ea sit quam mulus, vel quod ut mulus non suo genere sed equi creetur, sic ea solis non suo, fu
, vel quod ut mulus non suo genere sed equi creetur, sic ea solis non suo , fulgore luceat.» 249. See Voss, Mythol. Briefe,
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