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1 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
Acheronte, fiume dell’Inferno, 218. — padre d’Ascalafo, 56. Achille. Sua infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio di Tr
’Inferno, 218. — padre d’Ascalafo, 56. Achille. Sua infanzia, 536 ; —  sue avventure all’assedio di Troja, 538-540 ; — sua m
Sua infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio di Troja, 538-540 ; —  sua morte, 541. Aci, trasformato in fiume, 273. Acris
7. Agesilaos, V. Plutone. Aglaia, una delle tre Grazie, 175. Aglauro. Sua invidia punita, 167. Ajace, eroe greco, figlio d’
figlio d’Oileo, 567. Ajace, eroe greco, figlio di Telamone, 561 ; —  sue gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con U
— sue gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con Ulisse, 564 ; —  sua morte, 565. Alceo, 478 (nota). Alceste, esempio d
, 593 e 596. Andromeda, liberata da Perseo, 361. Anfiarao, indovino ; sue sventure, 506, 662. Anfione, abile sonatore, 74,
divinità Egiziana, 705. Api, bue adorato dagli Egiziani, 703. Apollo. Sua nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; —
ine del suo esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; — suoi oracoli, 122 ; —  sua disfida con Marsia, 125 ; — punisce il re Mida, 1
entato, 135, 136. Aquario, segno dello Zodiaco, 687. Aracne o Aragne. Sua metamorfosi, 265. Arcade, figlio della ninfa Cali
re e sonatore ; suo pericolo, 478, e seg. Aristeo, figlio d’Apollo ; sue avventure, 474, 475 ec. Armonia, moglie di Cadmo,
9. Atenodoro, celebre scultore, 607. Ati, sacerdote di Cibele, 49 ; —  sua metamorfosi, 50. Atlante, re in Affrica, e posses
onor di Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; — sua educazione, 149 ; — suoi via
Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; —  sua educazione, 149 ; — suoi viaggi, 151 ; — sposa Ar
vinità dei Babilonesi, 711. Berecinzia, nome di Cibele, 40. Berenice. Sua chioma trasformata in stella, 184. Beroe, nutrice
Briseide, prigioniera d’Achille, 539. Bronte, Ciclope, 272. Busiride, sue crudeltà e suo gastigo, 378. C Cabiri, Dei
aco. Sue colpe, e suo gastigo, 385. Cadmo, fratello d’Europa, 482 ; —  sue avventure 484 e seg. — sua metamorfosi, 490. Cadu
go, 385. Cadmo, fratello d’Europa, 482 ; — sue avventure 484 e seg. —  sua metamorfosi, 490. Caduceo, verga di Mercurio, 161
venture con Ulisse, 577, 578. Calisto, ninfa, madre di Arcade, 75 ; —  sue sventure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274
a guerra di Tebe, 506. Capricorno, segno dello Zodiaco, 686. Cariddi. Sua metamorfosi, 203. Caronte, nòcchiero dell’Inferno
osi, 203. Caronte, nòcchiero dell’Inferno, 225. Cassandra, indovina ; sue sventure, 604. Cassiopea, madre di Andromeda, 361
alia, ninfa trasformata in fonte, 123. Castore, fratello di Polluce ; sua nascita, 441 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —
lo di Polluce ; sua nascita, 441 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —  sue avventure, 444 ; — suo fine, 445. Cecrope, re d’A
e, 445. Cecrope, re d’Atene, 76. Cefalo, secondo marito dell’Aurora ; sue sventure, 116. Cefeo, padre di Andromaca, 361. Ce
206. Celeno, Arpia, 191. Celeo, re d’Eleusi, 54. Celo, Cielo o Urano. Sua moglie, 23 ; — suoi figli, 26. Cencreo, re di Sal
dell’Inferno, 226. Cercione, masnadiero ; suo gastigo, 413. Cerere, sua nascita, 51 ; — suoi figli, 52 ; — ratto del[ILLI
ntola, 57 ; — ritrova Proserpina, 58 ; — come è rappresentata, 59 ; —  sue feste, 60 ; — sacrificj istituiti in onor suo 61 
0, 536. Ciane, Ninfa che s’oppose al ratto di Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; — sue nozze, 40 ; — suoi differenti
che s’oppose al ratto di Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; —  sue nozze, 40 ; — suoi differenti nomi, 40-42 ; — com
0 ; — suoi differenti nomi, 40-42 ; — come vien rappresentata, 44 ; —  sue feste, 47 ; — suoi sacerdoti, 48 ; sacrifizi isti
134, 472. Cimone, 440. Cimotoe, 316. Cinto di Venere, 182. Ciparisso. Sua metamorfosi, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi
274, e seg. Clitennestra, moglie di Agamennone, 532. [ILLISIBLE]ia. Sua metamorfosi, 130. Cloride, moglie di Nereo, 553.
bitanti di Creta, sacerdoti di Cibele, 29, 48. D Dafne, Ninfa ; sua metamorfosi, 103. Danae, madre di Perseo, 353. Da
nti del monte Ida, 48. Dauno, 552. Dedalo, inventore del Laberinto ; sue sventure, 421 ; — sua abilità, 422 ; — sua morte,
Dauno, 552. Dedalo, inventore del Laberinto ; sue sventure, 421 ; —  sua abilità, 422 ; — sua morte, 423. Deianira, amata
inventore del Laberinto ; sue sventure, 421 ; — sua abilità, 422 ; —  sua morte, 423. Deianira, amata da Ercole, 393 ; — Ne
alione, ripopola la terra, 647 e seg. Dia, 248. Diagora, 670. Diana. Sua nascita ; 137 ; — suoi diversi nomi, 138 ; — prot
Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Didone, regina di Cartagine ; sue sventure, 610-612. Diespiter, nome di Giove, 79.
e di Cibele, 40. Diomede, uno dei capitani dell’armata Greca, 550 ; —  sue gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re
omede, uno dei capitani dell’armata Greca, 550 ; — sue gesta, 551 ; —  sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue cru
 ; — sue gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue crudeltà e sua fine, 377. Dionea, Ninfa dell’Ocea
551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue crudeltà e sua fine, 377. Dionea, Ninfa dell’Oceano, 170. Dionig
madre, o secondo altri, sorella della Chimera, 358, 466. Eco, Ninfa ; sue sventure, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597.
Ninfa ; sue sventure, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597. Edipo. Sua nascita, 491 ; — sua infanzia, 492, 493 ; — consu
, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597. Edipo. Sua nascita, 491 ; —  sua infanzia, 492, 493 ; — consulta l’oracolo, 494 ; 
scita, 491 ; — sua infanzia, 492, 493 ; — consulta l’oracolo, 494 ; —  sue sventure, 495 ; — spiega l’enimma proposto dalla
nimma proposto dalla Sfinge, 449 ; — è proclamato re di Tebe, 500 ; —  sua fine, 503, 504. Efeso, città e tempio, 143. Egeo,
o, 143. Egeo, re d’Atene, 402 ; — riconosce Teseo suo figlio, 406 ; —  sua morte, 426. Egeria, Ninfa consigliera di Numa, 32
figlio d’Anchise e di Venere, 608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa sua moglie, 609 ; — suoi amori con Didone, 610 ; — su
bilimento in Italia, 614. Enomao, re d’Elide, 511 ; — avventure della sua figlia Ippodamia, 512, 513. Enone, Ninfa amata da
enti di Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 ; — odio di Giunone contro di lui, 3
 ; — odio di Giunone contro di lui, 365 ; — come si placasse, 366 ; —  sua educazione, 367 ; — suoi figli, 368 ; — le dodici
e, 391 ; — suoi amori, 392, 393 ; — uccide il centauro Nesso, 394 ; —  sua morte, 395-398 ; — sposa Ebe in cielo, 399 ; — no
119. Erifile, moglie d’Anfiarao, 662. Erinni, V. Furie. Erisittone, sue avventure, 62. Eritrea, 665. Erittonio, 517. Erme
rea, 337. Euriale, una delle Gorgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ; sue avventure nell’inferno, e sua morte, 470. Euriste
orgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ; sue avventure nell’inferno, e sua morte, 470. Euristeo, fratello d’Ercole, 364. Eur
rannome di Giove, 79. Feronia, Dea dei frutti nascenti, 312. Fetonte, sua vanagloria e suo gastigo, 118. Fialte, gigante, 6
Fialte, gigante, 69. Filemone, marito di Bauci, 621 e seg. Filomela, sue sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia di Jobate,
nell’idolatria scandinava, 743. Gerione, mostro, 358, 379. Giacinto, sua metamorfosi, 104. Giano, re del Lazio, 32 ; — pro
i Titani, 30. Giasone, padre di Pluto, 52. Giasone, figlio di Esone. Sua nascita, 448 ; — intraprende la conquista del Vel
ita, 448 ; — intraprende la conquista del Vello d’oro, 449 e seg. ; —  sua morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie di E
ua morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie di Edipo, 491. Giove. Sua nascita, 28 ; — sposa Giunone, 64 ; — suoi figli,
70, 274 ; — guerra coi Titani, 65-69 ; — gastiga Prometeo, 70, 71 ; —  sue metamorfosi, 74, 75 ; — gastiga Licaone, 78 ; — s
81 ; — come è rappresentato, 83 ; — pluralità di Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; — sua indole, 88
uralità di Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; —  sua indole, 88 ; — sua persecuzione contro Io, 89-90 
4. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; — sua indole, 88 ; —  sua persecuzione contro Io, 89-90 ; — contro Europa e
a e i figli di Cadmo, 91 ; contro Asopo, 92 ; — contro Latona, 97 ; —  sua messaggera, 93 ; — come vien rappresentata, 94 ; 
i, 240. Ida, fulminato da Giove, 445. Idalia. Vedi Cipro. Idolatria, sua origine, 12-15. Idomeneo, re di Creta, 558, 559.
ommo sacerdote, 60 (nota). Ifianasse, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ifigenia, figlia di Agamennone, 527,
glia di Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ila, rapito dalle Ninfe, 654. Ilio, f
Ino, moglie di Atamante, 449. Invidia, divinità allegorica, 342. Io, sue avventure, 89-90. Iobate, re di Licia, 463. Iole,
le, 375 ; — sposa Teseo, 432. Ippolito, figlio di Teseo, 432, 436 ; —  sua morte, 437 ; — è resuscitato da Esculapio, 438. I
erno, 224. Leucade (salto di), 177. Leucosia, Sirena, 196. Leucotoe. Sua metamorfosi, 131. Libertà, divinità allegorica, 3
341 2°. Libica (sibilla), 665. Lica, ucciso da Ercole, 397. Licaone. Sua istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre di Anfione
pe, 321. Lisia, Sirena, 196. Lisippa, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Loke, 743. Lucifero, Dio del mattino,
i Tiresia, 660. Marsia. Sue avventure, 125. Marte, Dio della guerra : sua nascita, 255 ; — suoi figli, 256 ; — ferito da Di
arti, 261. Mausolo e Mausoleo, 135. Medea. Sue avventure, 454-458 ; —  sua malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio di Med
232. Melampo, 92. Melanconia, divinità allegorica, 345 4°. Meleagro. Sua nascita, 626 ; — sua morte, 628. Melia, madre di
lanconia, divinità allegorica, 345 4°. Meleagro. Sua nascita, 626 ; —  sua morte, 628. Melia, madre di Cadmo, 482. Melicerta
e avventure, 528, 530, 531. Menezio, padre di Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; — sue avventure, 114 ; — sua statu
, 531. Menezio, padre di Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; —  sue avventure, 114 ; — sua statua, 115. Mercurio. Suo
i Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; — sue avventure, 114 ; —  sua statua, 115. Mercurio. Suoi ufficj, 160 ; — consi
ene, città fabbricata da Perseo, 363. Mida, punito da Apollo, 126 ; —  sue orecchie, 168 ; — privilegio accordatogli da Bacc
vilegio accordatogli da Bacco, 128, 129, 459. Milone, atleta, 670 ; —  sue avventure e sua morte, ivi. Mineo, re di Tebe, 1
ogli da Bacco, 128, 129, 459. Milone, atleta, 670 ; — sue avventure e sua morte, ivi. Mineo, re di Tebe, 156. Mineidi. Lor
vi. Mineo, re di Tebe, 156. Mineidi. Loro metamorfosi, 156. Minerva. Sua nascita, 262 ; — quando chiamata Pallade, 263 ; —
 ; — cangia Aragne in ragno, 265 ; — come vien rappresentata, 266 ; —  sua egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 2
irtillo, figliuolo di Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia. Sua definizione e sua etimologia, 1. Mitra, divinità
di Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia. Sua definizione e sua etimologia, 1. Mitra, divinità dei Persiani, 713.
’assedio di Troja, 553-555. Néttare, bevanda degli Dei, 222. Nettuno. Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio d
4 e seg. — della Terra, 318 e seg. Niobe, figlia di Tantalo, 629 ; —  sue sventure e sua metamorfosi, 631-633. Nord, 743. N
a Terra, 318 e seg. Niobe, figlia di Tantalo, 629 ; — sue sventure e sua metamorfosi, 631-633. Nord, 743. Nisa, nutrice di
. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste, figlio di Agamennone, 527 ; —  sue sventure, 533-535 ; — ai Giuochi olimpici, 675, 3
te annue in onor di Minerva, 269. Pandione, re d’Atene, 634. Pandora. Sua origine, 72 ; — dono che le fece Giove, 73 ; — sp
Epimeteo, ivi. Pane, Dio dei pastori, 294 ; — suo simulacro, 295 ; —  sue feste e suoi sacerdoti, 296 ; — considerato qual
pogna, 299. Panope, 316. Parche, divinità infernali, 24, 235. Paride. Sua nascita, 597 ; — giudizio della bellezza, 600 ; —
Peana, inno ad Apollo, 134. Pegaso o Pegaseo, cavallo alato, 124 ; —  sua nascita, 358. Peleo, marito di Teti, 229, 320, 34
Pelia, zio di Giasone, 448. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511 ; —  sue avventure, 512, 513 ; — suoi figli, 514. Pelopidi
in aquila, 76. Perifeto, ucciso da Teseo, 412. Perillo. Gastigo della sua scelleratezza, 409. Peristeria, Ninfa trasformata
ormata in colomba, 183. Permesso, fiume sacro alle Muse, 123. Perseo. Sua nascita, 353 ; — uccide le Gorgoni, 355-357 ; — c
o, 123. Piragmone, Ciclope, 272. Piramo. Suo amore per Tisbe, 644 ; —  sua fine, 645. Pireneo. Oltraggia le Muse, 278. Pirit
ia le Muse, 278. Piritoo, re dei Lapiti, 429 ; — sfida Teseo, 431 ; —  sue avventure, 432, 433 ; — ucciso dal cane Cerbero,
no, 526. Pluto, Dio delle ricchezze, 254. Plutone, Dio dell’Inferno : sua nascita, 213 ; — rapisce Proserpina, 214 ; — come
ratello d’Eteocle, 505 ; — arma la Grecia contro il fratello, 506 ; —  sua morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. P
una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541. Polluce. Sua nascita, 441, — sua celebrità, 442 ; — onorato co
, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541. Polluce. Sua nascita, 441, —  sua celebrità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ;
scita, 441, — sua celebrità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —  sue avventure, 444 ; — sua line, 445. Pomona, moglie
rità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ; — sue avventure, 444 ; —  sua line, 445. Pomona, moglie di Vertunno, e Dea dei
587 ; — ucciso da Pirro, 588. Priapo, Dio dei giardini, 307. Procri. Sua morte, 116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, so
116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, sorella di Filomela, 634 ; —  sua vendetta, 637 ; — cangiata in rondinella, 638. Pr
634 ; — sua vendetta, 637 ; — cangiata in rondinella, 638. Prometeo. Sua audacia punita, 70, 71 ; — è liberato da Ercole,
udacia punita, 70, 71 ; — è liberato da Ercole, 71, 389. Proserpina. Sua nascita, 52 ; — rapita da Plutone, 53 ; — divien
divien moglie di questo Dio, 58. Proteo, Dio marino, 195. Protesilao. Sua morte generosa, 556. Psiche, moglie di Amore, 178
ità campestri, 304. Saturnali, feste in onor di Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo impero, 27 ; — sua moglie, 28
onor di Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo impero, 27 ; —  sua moglie, 28 ; — suoi figli, ivi ; — è combattuto e
 suoi figli, ivi ; — è combattuto e fatto prigione da. Titano, 30 ; —  sue avventure con Giove, 30, 31 ; — si rifugia in Ita
8 ; — come vien rappresentato, 39. Scheneo, re di Sciro, 640. Scilla. Sua metamorfosi, 202. Scioun, 744. Sciro, assassino,
, 197 ; — tentano di sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa. Sua metamorfosi, 299. Sisifo. Suo delitto e suo gasti
6. Tersandro, 510 (nota). Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; — sua infanzia, 404 ; — sue g
Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; —  sua infanzia, 404 ; — sue gesta nell’Attica, 405 ; — 
ove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; — sua infanzia, 404 ; —  sue gesta nell’Attica, 405 ; — riconosciuto da suo pa
i Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfatta, 65-69. Titano. Sua nascita, 26 ; — cede l’impero a Saturno, 27 ; — g
Cerere, 54. Trofonio, oracolo di Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja. Sua fondazione, 517 ; — sua distruzione, 523. Troilo,
racolo di Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja. Sua fondazione, 517 ; —  sua distruzione, 523. Troilo, 521 5°. Troo, 517. Tros
a, 87. Turno re dei Rutuli, 614. U Ulisse, re d’ Itaca, 568 ; —  sua finta follia, 569 ; — sue gesta all’assedio di Tr
, 614. U Ulisse, re d’ Itaca, 568 ; — sua finta follia, 569 ; —  sue gesta all’assedio di Troja, 570 ; — scampa da Pol
— scampa da Polifemo, 573 ; — tempesta che distrugge gran parte della sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Ci
lla sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Circe, 575 ; —  sua discesa all’Inferno, 576 ; — sua dimora nell’isol
dagli incantesimi di Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; —  sua dimora nell’isola di Calisso e presso Alcinoo re
— suo ritorno a Itaca, 579 ; — come egli punisce i Proci, 580-581 ; —  sua morte, 582. Urania, una delle nove Muse, 275. Ura
V Valhalla, 743. Vaso di Pandora, 73. Vello d’Oro, 449. Venere. Sua nascita, 170 ; — sposa Vulcano, 171 ; — suoi figl
2 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ti colla Religione, ha però un tempio nel Regno delle belle arti : le sue antiche bizzarrìe sono tuttogiorno in moda fra no
sì il poeta nella nobile combinazione di tante finzioni aleggia nella sua fantasia : adorna, innalza, abbellisce, ingiganti
gia nella sua fantasia : adorna, innalza, abbellisce, ingigantisce le sue invenzioni, e si aprono i fiori sotto la sua mano
ellisce, ingigantisce le sue invenzioni, e si aprono i fiori sotto la sua mano in ogni stagione. Boileau. » Piano, e di
e poteva sperarsi dal medesimo. I suoi decreti erano immutabili, e la sua volontà inflessibile. Gli Dei istessi a lui erano
lle nuvole. Una picciola parte del zodiaco comincia a comparire sulla sua testa. Si dà ancora il nome di Caos alla mole ind
lo) è il più antico degli Dei. Egli era il figlio del Giorno, e sposò sua sorella Gè, o Titèa, eioè la Terra. Ebbero molti
urpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di Urano, che si
a. Il solo Giove fu esente da tale disgrazia, mercè le cure di Cibele sua madre, che accorgendosi essere incinta, volle que
lta durata. Il torbido suo umore, e ’l coraggio di Giove turbarono la sua felicità. Egli in fine fu rovesciato dal Trono, e
essero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suoi attributi indicano le sue funzioni, Egli è vecchio, perchè da gran tempo cr
le sue funzioni, Egli è vecchio, perchè da gran tempo creato : L’età sua avanzata non gli scema nè attività, nè le forze.
rchio, è simbolo dell’eternità, che non ha cominciamento, nè fine. Le sue vicende, al dire de’ commentatori, sono altresì m
stinguerla dalla figlia del nome medesimo : tal nome ebbe anche Titèa sua madre. Questa Dea ci viene rappresentata sotto le
ganti, ch’eran figli della terra. Questi per attaccarlo fin dentro la sua reggia, sovrapposero montagne sopra montagne. Tem
a morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante era si spaventevole, che la sua forza sorpassava il terrore, che ispirava. Egli a
ra de’ suoi piaceri, ai quali si diede in preda sì fattamente, che la sua maestà fu più degradata di quello, che sarebbe av
are delle diverse sembianze, sotto le quali si cangiò con avvilire la sua dignità. Omero, che ci ha data fra i poeti un’ide
nutrito Giove, e ne armava il braccio sinistro. Questa Capra dopo la sua morte fu situata da Giove per gratitudine fra le
rte fu situata da Giove per gratitudine fra le costellazioni, e della sua pelle ne compose l’Egida, voce che in Greco indic
era sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la riconoscevano. La sua bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado 
esto rispettabile matrimonio non furono altrettanto felici. Giove per sua indole era incostante. Giunone sommamente gelosa 
. Il suo impiego era di porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una
Vulcano non curò questo maltrattamento di suo padre, ma non perdonò a sua madre, che lo aveva dato alla luce così storpio,
efica ebbe da Giove la rinomata Proserpina, infelice cagione di tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giovane Dea in
orni di Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando per
in gufo : ma fu accordato a Proserpina di poter passare sei mesi con sua madre, ed altrettanti con Plutone, che l’aveva sp
, che in tal mestiere a Trittolemo aveva Cerere accordata. In pena di sua perfidia Linco fu trasmutato in Lince, animale ch
he ai raggi solari ogni anno si raccendeva nelle calende di Marzo. Le sue Sacerdotesse dette Vestali erano obbligate ad ess
o i poeti Apollo colla lira fralle mani, e corteggiato dalle Muse. La sua Reggia è in Parnaso, in Pindo, in Elicona ; sulle
lebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la fo
nelle belle arti. Egli amò varie Ninfe ; ma fu sempre infelice nelle sue intraprese. Dafne figlia del fiume Penèo in Tessa
afne figlia del fiume Penèo in Tessaglia, fu l’oggetto primiero delle sue cure : malgrado però tutt’i suoi pregi, non fu ma
alloro. Il Dio, ad eterna memoria di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira delle foglie di questa pianta,
ilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome sua madre. Clizia figlia dell’Oceano, che inutilmente
a Apollo, scoverto l’inganno, nè avvertì Oreamo, che infuriato contro sua figlia la fece sotterrare viva ; ma Apollo, che n
anta che gira guardando sempre il sole, come volendo rinfacciargli la sua poca corrispondenza. Nacque da Apollo, e Coronide
nito a Nettuno, parimente privato della divinità, al Re Laomedonte la sua opera nella fabbrica delle mura di Troja. La merc
isarmare la collera degli Dei nel solo caso ch’esponesse al mostro la sua figliuola Esione. Bisognò cedere : ed oramai ques
ollo in grazia di Giove, comparì nuovamente nel Cielo rivestito della sua gloria. Ma siccome Esculapio fu l’innocente cagio
essere nato da Apollo, come egli credeva. Il giovane Fetonte portò le sue doglianze a Climene sua madre, che gl’insinuò di
ome egli credeva. Il giovane Fetonte portò le sue doglianze a Climene sua madre, che gl’insinuò di recarsi ad Apollo per as
mpezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pioppi, e le di loro l
morì di dolore, e fu trasformato in Cigno. Apollo dopo aver vendicata sua madre contro il Serpente Pitone, volle altresì ve
ver la preminenza su di Latona, che non ne aveva che due, portando la sua empietà al segno di frastornare le feste, che si
Mida ivi pur presente fu di contrario avviso ; Apollo sdegnato della sua temeraria ignoranza gli fece nascere gli orecchi
no, che apportò degli ajuti a Latona, e tocca dai dolori, che provava sua madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo
che provava sua madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo la sua verginità. Il suo pudore fu si grande, che arrivò
o di cacciatore col turcasso sulle spalle, e coll’arco alla mano : la sua veste è succinta, ed il suo cane corre presso a l
ignifica gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di allori con qualche papiro a
musicali, e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona era di ellera, recando in mano una mascher
’altra una coppa avvelenata. Il suo portamento è nobile, e fiero : la sua figura è maestosa, e ’l suo piede calza il coturn
a altr’oggetto, che il Cielo, ed è perciò la Musa dell’astronomia. La sua testa è coronata da un diadema di stelle : ha per
atematici, oltre una bacchetta, colla quale fa le dimostrazioni delle sue lezioni. Ecco ne’ seguenti versi espressi gl’imp
Zefiro la condusse all’Isola di Cipro, dove le Ore presero cura della sua educazione : quindi fu detta Ciprigna, come pure
astava alle nozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Grazie1. La sua bellezza era tale che fu giudicata la più bella f
ze di Teti, e di Peleo. Ma altrettanto indecente e sconvenevole fu la sua condotta : e noi in grazia della modestia volenti
in grazia della modestia volentieri passiamo sotto silenzio le varie sue vicende, specialmente con Marte, e con Adone. Cre
e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurro, di porpora,
, che sarebbe il più tristo fra gli Dei. Giove voleva obbligar Venere sua madre a disfarsene : ma ella per sottrarlo allo s
de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Lenno, in quella di Lipari,
osciuti erano Bronte, Sterope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla sua fucina una quantità di capi d’opera, che formavan
a, che formavano l’ammirazione degli Dei, e degli uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine di Giove, e le saette di A
re fece quella di Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco, e la sua figura è poco vantaggiosamente espressa, cioè, co
ll’altra, e con un martello alla mano, per lo più assiso innanzi alla sua incudine. Vulcano ad onta del suo rozzo impiego s
nunciandosi con soverchia gentilezza per una Divinità, che durante la sua vita doveva mantenere un portamento oltremodo sos
a seconda presedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fi
d era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era bella, ma fiera nel te
ad insinuazione di Giunone, che le comparve sotto l’aspetto di Beroe sua nutrice, chiedette a Giove una grazia, obbligando
il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di sua madre. Ma siccome non era giunto il tempo, che do
a siccome non era giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì una sua coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando nel t
’l vecchio Sileno satiro, che amava molto il vino, ebbero cura della sua infanzia. Bacco a suo tempo contestò la sua grati
l vino, ebbero cura della sua infanzia. Bacco a suo tempo contestò la sua gratitudine, cangiando le figliuole di Atlante in
erra de’ giganti : indi disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la sua armata era composta di uomini, e donne, che porta
brare le feste di Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed alle sue Menadi, o siano Baccanti un sì fatto furore, che
i spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è composta di Tritoni, che fanno echeggiare
, e di Nettuno, ebbe in porzione il regno degli estinti, e stabili la sua sede nell’inferno, che stava nelle viscere della
maniera egli involò Proserpina figliuola di Cerere, per farla divenir sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la
r farla divenir sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la sua reggia non era la più ridente ; ed in conseguenza
o di Plutone. Bisognava tragittarlo. Appena che Mercurio armato della sua verga, aveva condotte le ombre novelle alla riva
sto fiume, Caronte figlio dell’Erebo, e della Notte le riceveva nella sua barca al prezzo di una piccola moneta, e le trasp
colpi del suo remo le altre che si affollavano per passare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba
ano per passare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata : gli occhi vivac
anca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo
erano le pene, che si soffrivano nel Tartaro1. Sisifo, che durante la sua vita aveva colmata di delitti la Grecia, era cond
piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacciarlo colla sua caduta. Il gigante Tizio, che ardì di attentare a
avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine di ammazzare i loro
luogo tra gl’Iddj campestri, ed è specialmente il Dio de’ pastori. La sua figura non lusinghiera pareva che dovesse spavent
fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguito di
l piacevole vecchio, e credendo ciò un prodigio, volle contestarne la sua gratitudine a modo suo, e si ubbriacò secondo il
ò secondo il solito suo costume. Mida allora lo fece trasportare alla sua Reggia, e lo trattò così bene, che Sileno ritorna
dei più funesti. Allorchè volle mangiare, il cibo che accostava alle sue labbra, diventava oro sotto i suoi denti, in guis
e perderono la proprietà dianzi ricevuta. D’allora questo fiume colla sua corrente trasporta scagliette d’oro. Ritornando d
r posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo di avere adempiuto alla sua promessa. Silvano. È questi uno degli Dei del
orte ottenne un luogo nel Zodiaco sotto il nome di Sagittario. Ociroe sua figlia parimente istruita nelle scienze che posse
lla annunziare il destino di Esculapio, e ne fu punita con perdere la sua figura essendo divenuta una cavalla1. Pale.
rare, che questo Dio non era bello : aveva l’aspetto di un satiro. La sua effigie consisteva nella sola parte superiore del
i i più solitarj, ed ivi fu cangiata in rupe. Sopravisse solamente la sua voce, per ripetere le ultime parole di chi la int
caccia. Un giorno mentre si riposava sulla riva di un fonte, vide la sua immagine che traspariva nell’acqua : fu talmente
a sua immagine che traspariva nell’acqua : fu talmente sorpreso della sua bellezza, che divenne amante di se stesso. Ma inu
era Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, dalla quale ebbe Nereo, e Dori che si ma
il numero di quest’ultime vi ha Teti, che bisogna distinguere da Teti sua madre. Giove la guardava di buon occhio : ma aven
gilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio nel quarto libro delle sue Georgiche. Il pastore Aristeo avendo perduto l’in
l pastore Aristeo avendo perduto l’intero sciame delle api, recossi a sua madre Cirene, che così gli parlò : Est in Carpat
icerta. Portunno Dio presidente ai porti chiamavasi Melicerta nella sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu
lo innanzi era stata una ninfa bellissima amata da Glauco : ma Circe sua rivale avvelenò la fontana, ove questa ninfa era
Appena che Scilla si tuffò in quest’acqua, disparvero all’istante le sue dolci attrattive, e la bellezza istessa cangiò fi
ci braccia armate di artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la sua cintura era armata di cani che abbajavano senza i
il solo mormorio del fiume Lete, che c’invita a dormire. Innanzi alla sua abitazione si trovano de’ papaveri, ed altre erbe
do perdono tutto. Ha dippiù la Fortuna le ali ai piedi, indizio della sua incostanza, ed un ciuffo di capelli sulla testa,
o per poter aver dritto all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con
re la fermezza, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La sua figura è di una giovane vergine vestita di un abi
di Temi. Il suo potere si estendeva sulle famiglie, e sulla Città. La sua figura era simile a quella della Pace. I Greci la
qual donna robusta, avendo doppio ordine di mammelle per indicare la sua fecondità, e la cura che si prende per la sussist
ura gigantesca, e circondata da tutti gli strumenti che indicavano la sua attività. I suoi genitori erano l’Erebo, e la Not
e la lumaca. Gli antichi la chiamavano anche Vacuna. La Frode. La sua fisonomia era ridente per meglio ingannare. Il re
e la Fortuna con un piede sopra di una ruota che gira rapidamente. La sua testa è calva al di dietro : nella parte d’avanti
parte d’avanti presenta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La sua mano era armata di un rasojo1. La Necessità.
cessità. Figlia della Fortuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed
ti ch’ ella aveva tutt’i doni. Volle altresi Giove adempiere la parte sua . Egli le donò un vaso, che doveva presentare a Pr
inò una prova terribile. Fece scannare un ostaggio, che abitava nella sua reggia, e ne apprestò delle vivande alla mensa de
diluvio due sole persone furono preservate, cioè Deucalione, e Pirra sua sposa che non avevano partecipato dei delitti deg
tene fu fabbricata. Sposò la figliuola di Attèo re del paese, e della sua colonia se ne formarono dodici borghi, che dieder
sotto l’aspetto di un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve di sua figlia, impose a Cadmo di andarla cercando sin ch
recia, e propriamente dove avesse veduto fermarsi un bove. La novella sua patria fu detta per tal ragione Beozia. Prima di
alla fabbrica della famosa Tebe. Cadmo regnò lungo tempo con Ermione sua sposa, ma sopraffatto dalle disgrazie si ritirò n
e un bambino, che avrebbe dato la morte all’avo, rinchiuse Acrisio la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove da
rchè amata da Nettuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel tempio di Minerva.
seo fu allontanato dalla reggia da Polidette, i Dei ebbero cura della sua salvezza. Minerva gli diede l’egida, Mercurio le
pe. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritornò da Polidette : indi con sua madre Danae ritornò ad Argo. Ivi ammazzò Preto ch
te, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede sua figlia in isposa colla metà del suo regno ». M
fu sì giusto, e regolato, che divenne il modello de’ principi. Per la sua giustizia, ed esattezza fu Minosse eletto dopo mo
ti che sporgevano in fuori. Coll’istesso supplizio pagò la pena delle sue crudeltà. Giunse finalmente ad Atene, dove non po
di Bacco, che ritornava vincitore dall’Indie ; questo Dio asciugò le sue lagrime, e la sposò. Teseo nel partire, aveva pro
irono moltissimo ad accrescere la potenza di quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto di azioni grandiose, e riprensib
fra i dirupi, e l’infelice giovine spirò l’anima protestandosi della sua innocenza. Fedra lacerata dai rimorsi confessò il
eseo fu preso vivo, e condannato a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare l
l Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno alla terra procurò di rien
a di Sciro, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la sua morte gli furono renduti gli onori, che vivendo a
supplicò Giove o che lo avesse privato della vita, o avesse divisa la sua immortalità col fratello. Esaudì Giove i suoi vot
retti talmente, che li schiacciò. Creonte re di Tebe prese cura della sua educazione, che fu qual si conveniva ad un Eroe.
pitale de’ medesimi. Creonte in compenso gli diede in isposa Megaride sua figlia. Questi non furono che piccioli saggi del
no di Giunone, che noi in un fiato accenneremo. Il primo tratto della sua fortezza fu l’aver ucciso un lione che infestava
e di bruciarle appena ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce nel sangue di quest’Idra, che conteneva un
nte era stato trasformato in una montagna, che sostiene il cielo ; le sue quattordici figlie cangiate in altrettante stelle
d Jadi. Oltre tanti fin quì descritti travagli illustrò quest’Eroe la sua vita con tante altre brillanti azioni. Egli fu ch
nel rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza di condurli nella sua caverna, tirandoli per la coda per non far conosc
le figliuola di Eurito, che domandò tempo per pensarci, sull’idea che sua figlia non potesse essere contenta accoppiata ad
, che aveva ammazzato di propria mano i suoi figli. Ercole che fra le sue virtù non contava la pazienza, credendo tal prete
gnarsi l’affetto di Onfale si ridusse colla conocchia a filare tra le sue donne. Vedesi quì tra le Meonie ancelle Favolegg
morte di questo Eroe con aver giurato di non rivelare il luogo della sua tomba ; ma i Greci, che avevano bisogno delle fre
elenato dal suo amico ricevuto. Il veleno s’insinuò negli umori, e la sua ferita divenne insanabile. L’infezione, ed il fet
ono nell’isola di Lenno, ove menò un vita miserabile. Intanto come le sue frecce erano necessarie per la presa di Troja, i
era destro nel tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, calmò la sua collera, e lo persuase a venire ancor egli a Troj
Apollo conoscendo in lui un raro talento per la musica gli regalò la sua lira, alla quale Orfèo aggiunse due altre corde.
ed i sassi. Dopo i suoi viaggi per l’Egitto si ripatriò, ed ebbe per sua sposa la bella Euridice. Ma disgraziatamente nel
erdita volle scendere all’inferno per chiedere in grazia a Plutone la sua sposa, lusingandosi di ammansire que’ mostri al s
ne la sua sposa, lusingandosi di ammansire que’ mostri al suono della sua lira. Gli riuscì in fatti di riavere da Plutone l
ono della sua lira. Gli riuscì in fatti di riavere da Plutone la cara sua sposa a condizione però, che non si fosse rivolta
, che poi le Muse raccolsero, e seppellirono in un luogo decente : la sua lira fu situata nel Cielo1. Non possiamo dispensa
e nella fuga fu da una serpe morsicata. Quindi Aristèo a consigli di sua madre avendo consultato Proteo, così questi gli p
e, ed indi sposata la propria madre. Intanto credendo egli Corinto la sua patria non volle ritornarci, e prese la strada de
i scostarsi, Edipo che nol conosceva, credendosi offeso tirò fuori la sua spada, e dopo essersi battuto uccise Lajo, e l’or
nzia si rotola sovente anche colle mani per terra ; nello stato della sua robustezza camina a due piedi ; e nel declinare d
dall’alto di una roccia, e spirò. Così Tebe fu liberata : Edipo sposò sua madre, e divenne re. Da questa coppia incestuosa
stenza, si cavò anche gli occhi. Giocasta spaventata egualmente dalla sua posizione, si diede da se stessa la morte. Ete
e Polinice. Il delitto di Edipo fu cagione di altre disgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Polinice suoi figli convenne
dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e gli diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò di aggiustare l
detto, fu la molla principale di questa guerra, avendo aceolto nella sua reggia Polinice. Tidèo contemporaneamente con Pol
avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed esperto
e di suo cognato, e si nascose. La sola Erifile sapeva il luogo della sua ritirata, che non tardò a scoprire mercè di una b
er però imposto al suo figlio Alcmeone, che appena intesa la nuova di sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egli in
lità. Fegèa re del paese lo accolse, e gli diede per moglie Alfesibea sua figlia, a cui Alcmeone donò la fatale collana. Av
lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo di tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo contrario era
gettò sul rogo, ove si bruciava il cadavere di Capanèo, e mischiò le sue ceneri con quelle del marito. Ippomedonte, e Part
Creonte fratello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura all
ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Antigone a morte, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo
se stessa si uccise. Creonte visse soltanto per sentire il peso delle sue disgrazie, e benchè regnasse sovranamente, era no
taccato all’idea della religione. Un giorno avendo accolti gli Dei in sua casa, volle mettere alla pruova la divinità, con
orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal dispiacere della rapita sua cara Proserpina, si rivolse a tali odiose vivande
stato ucciso Euristeo dagli Eraclidi nell’Attica. Tieste che restò in sua corte corruppe il cuore di Erope, e ne ottenne du
estuoso commercio, si contentò da prima di cacciare il fratello dalla sua corte : ma non credendosi vendicato abbastanza, f
tta in un bosco consagrato a Minerva, la violentò. Questa era Pelopea sua figlia, che da gran tempo aveva perduta. Ella gli
rèo, seguita la morte di Erope, sposò Pelopea che non riconosceva per sua nipote, facendo allevare nella sua reggia anche E
sò Pelopea che non riconosceva per sua nipote, facendo allevare nella sua reggia anche Egisto insieme con Agamennone, e Men
liuolo di Priamo re di Troja recossi alla Grecia per reclamare Esione sua zia, che Telamone altra volta aveva menata via so
a lasciato presso la regina, per sapere tutto ciò che si faceva nella sua corte. Giunse tant’oltre la di lui scandalosa con
ontar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe stato parimente vittima di sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse celat
e suo figlio sarebbe stato parimente vittima di sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse celato, ed indi fatto parti
segretamente lo fece entrare in Micene, e sparse dei falsi rumori di sua morte. Egisto, e Clitennestra caddero nella retc,
rado tante espiazioni non lo lasciarono giammai fino a che non liberò sua sorella Ifigenìa, che languiva sotto la tirannia
icato a Diana, il suo amico Pilade gli diede i più veraci segui della sua sincera amicizia. Avendo finalmente Oreste ricupe
mantennero esattamente la loro parola. Venere adempì fedelmente alla sua promessa. Essendo Paride partito per la Grecia pe
e in rivolta tutta la Grecia, e tutti lo assicurarono di secondare la sua vendetta. Furono non pertanto inviati ambasciator
ssa della famiglia del reo. Mostrossi pronto Agamennone a sacrificare sua figlia Ifigenia alla collera della Dea, che placa
are le mura di Troja. Achille discendeva da questo principe : ma Teti sua madre sapendo che il figlio morirebbe nell’assedi
viato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia sua figlia. Ulisse il più astuto, e prudente fra i Gr
a salvezza della città. Ulisse, che accorreva da per ogni dove, colla sua destrezza seppe involarla coll’ajuto bensì di Dio
questi di venire al campo de’ Greci carico di doni per riscattare la sua figlia, che Agamennone volle onninamente tenere p
se in città. I suoi fratelli, i parenti, i Trojani tutti, e la stessa sua sposa diedero del ridicolo a questa fuga vergogno
tornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine di persuadere sua madre, e le matrone Trojane di recarsi al tempio
per pregare la Dea, che allontanasse Diomede dalla mischia. Andromaca sua sposa per sottrarlo al pericolo, che correva, gli
a con fargli conoscere quanto potrebbe giovare il suo valore : che la sua collera finalmente doveva aver fine, e gli promis
, sette tripodi, altrettante donzelle di Lesbo, e quel ch’era più, la sua cara Briseide. Queste grandiose promesse, accompa
i, allorchè Agamennone ferito fosse stato obbligato a ritirarsi nella sua tenda. Così fu fatto, e la presenza di Ettore ani
tale incantesimo : dimenticò i Trojani, e corse fra le braccia della sua sposa, dove tranquillamente fu preso dal sonno. D
uga, allorchè Giove si svegliò. Accortosi del cambiamento per arte di sua moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Gi
o un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la sua morte per mano di Achille. Ettore si burlò del pr
per mano di Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia di Achille la m
sì vivamente che l’avrebbe vendicata all’istante, se avesse avute le sue armi. Assisa al fianco del vecchio Nereo, intese
ssi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagrime con promettergli le armi pel dì vegnente.
omparve fra i capi dell’Armata, con protestarsi che scordava l’antica sua collera. Agamennone per non farsi vincere in gene
gli aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achille di sfogare la sua rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo
cia : negò allo spirante nemico fino la consolazione di sapere, se la sua spoglia mortale si recasse all’afflitto padre. Il
llocare il corpo del suo amico, e vi appiccò il fuoco. Indi recise la sua bella chioma, che divenne preda delle fiamme : vo
mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a difesa degli stati di questo re. Priamo ac
ta la sola parte del suo corpo soggetta ad essere ferita, poichè Teti sua madre lo aveva tuffato nelle acque del fiume Stig
esso il promontorio Sigèo. Presa Troja, Pirro suo figlio immolò sulla sua tomba Polissena, innocente cagione della morte di
uest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi al cospetto di tutta l’armata : ma questa vo
a, ove regnava, aveva quasi perduto la speranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di divenire sua sposa : m
peranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di divenire sua sposa : ma questo principe stancava gli Dei, preg
ma questo principe stancava gli Dei, pregandoli di fargli rivedere la sua cara Penelope, e’ l giovanetto Telemaco. Minerva
l giovanetto Telemaco. Minerva intanto, che aveva spiegata per lui la sua protezione, discesa dall’Olimpo sotto l’aspetto d
ea generale : si duole aspramente di quei che aspiravano alla mano di sua madre : ordina che siano cacciati dalla reggia, s
si dà tosto in balìa del mare. Per il corso di dieciassette giorni la sua navigazione fu felice con avere approdato all’iso
o consiglia di andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritroverà la sua salvezza : gli dà un velo, che lo garantisce da o
alla reggia di Alcinoo, re de’ Feaci : apparisce in sogno a Nausicae sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue
in sogno a Nausicae sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le sue nozze erano v
a consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le sue nozze erano vicine a celebrarsi. Appena svegliata
i genitori, e caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle sue compagne di andare al fiume per lavarli. Ciò fatt
che panno per vestirsi. Nausicae dopo aver chiamate, ed assicurate le sue compagne, gli dà degli abiti, della biancheria, e
nel fiume, e vestito degli abiti che aveva ricevuto, si presenta alla sua benefattrice con nobile contegno, e con aria maes
a, onde guadagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame : gli si apprestano de’ cibi, indi vien cond
la di Ogigia ; isola dove regnava Calipso, Dea pericolosissima per le sue attrattive. Ella dopo averlo bene accolto, lo ha
rsi giuochi successero alla mensa : Ulisse dà pruova non dubbie della sua destrezza nel maneggiare il disco, e ne riporta l
e riporta la vittoria. Il cantore Demodoco fa sentir la melodia della sua voce, cantando varie avventure, durante l’assedio
e dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suo
ze della natura istessa. Gli esploratori osservarono nell’atrio della sua reggia degli uomini da Circe cangiati in leoni, i
nsacrata al Sole presso le coste della Sicilia. I suoi compagni nella sua assenza sagrilegamente ne rubarono alcuni. Lo sde
ope. Entrano separatamente in città. Ulisse da pitoccante entra nella sua reggia per dimandare la limosina ai principi radu
’appartamento della saggia Penelope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta a
sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta accolto Ulisse in sua casa, e che a momenti avrebbe riveduto. Le dà par
oi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa promette di dar la sua mano a chi meglio sapesse maneggiare l’arco di Ul
ra il segnale convenuto con Telemaco, che avvicinatosi a lui snuda la sua spada, e piomba sopra ai persecutori di Penelope.
tanto tumulto che regnava nel suo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggia, ordinando ai venti di rientrare nelle pro
a Venere, che il suo figliuolo arriverà felicemente in Italia, ove la sua discendenza regnerebbe per lungo tempo. Spedisce
terribile interamente li determinò. Laocoonte che aveva scagliata la sua asta contro del cavallo, stando in atto di fare u
Enea salvare la vita del vecchio re, si affretta per la difesa della sua sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo pa
iede in mano di Anchise, si accolla questo vecchio rispettabile sulle sue spalle, traversa l’incendiata città col disegno d
Ascanio suo figlio con tutti quelli che avevano abbracciata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca
ati la regina. Rapita intanto Didone dalla virtù di Enea, confessa la sua inclinazione ad Anna sua germana, che la consigli
anto Didone dalla virtù di Enea, confessa la sua inclinazione ad Anna sua germana, che la consiglia a farlo suo sposo. Giun
rnato sulla terra il figliuolo di Venere, levò l’ancora, dirigendo la sua flotta verso l’imboccatura del Tevere. Il Re Lati
’imboccatura del Tevere. Il Re Latino regnava in questa contrada. Una sua figliuola unica, che l’Oracolo destinava in ispos
sposa a questo principe straniero, era l’erede de’ suoi stati ; Amata sua madre, ad onta dell’Oracolo, l’aveva promessa a T
esta furia alla reggia d’Amata, ispirandole il progetto di nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicine montagne : di
dove stava un moro biance. Tisbe partì la prima : mentre aspettava la sua cara metà, si avvide, che un lione se le avvicina
che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise di sangue della sua gola. Sopraggiunto Piramo, vide questo velo, e cr
e per il dolore. Il loro sangue zampillando sulla pianta del moro, le sue frutta da bianche divennero di color rosso. Po
venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non era corrisposto : la sua figura gigantesca, un solo occhio sulla fronte sp
a di un abitante di Festo in Creta chiamato Ligda, che fece sentire a sua moglie Teletusa, allora incinta, che se desse all
Anassarte il tragico fine dell’amante, volle vederne l’esequie dalla sua finestra. Ma gli Dei punirono tanta insensibilità
gato, mentre andava a consultare l’oracolo di Apollo a Claro. Alcione sua moglie, che teneramente lo amava, stavalo attende
e tanti anni, per quanti granellini di arena poteva stringere in mano sua . Il Nume la esaudì. Divenne tanto vecchia, che ap
entre era alla caccia, facendo di tutto per fargli dimenticare Procri sua sposa. Ma fu vano qualunque tentativo : quindi do
ette rimandarlo con dirgli, che un giorno si pentirebbe di tanta poca sua sensibilità. Tal minaccia fece diventar Cefalo ge
geloso, e sospettoso. Travestito volle mettere a pruova la fedeltà di sua moglie, che per vergogna sen fuggì fra le selve.
uro, e ritornava dopo fralle mani di chi lo aveva lanciato. Per parte sua Procri divenne egualmente gelosa, spiando senz’es
derla. S’incaricò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la sua sposa, ma nel condurla, per istrada concepì una v
le strappò barbaramente la lingua per impedirle di poter palesare la sua disgrazia. Continua lo scellerato il suo cammino,
in una torre gelosamente custodita. Trovò però la maniera d’informare sua sorella Progne dell’accaduto, con aver ricamato i
e dell’accaduto, con aver ricamato in un velo la storia funesta delle sue sciagure. Inorridì Progne a tal nuova, e come d’i
ofittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua sorella dalla prigione : indi con un pugnale trap
lia, e finalmente nella Tracia, ove Bacco lo volle per compagno delle sue fatiche. Morì sul monte Emo : i Greci l’onorarono
igava, i marinari lo volevano buttare nel mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingandosi Arione di poterli intenerir
erli intenerire, dimandò in grazia di poter toccare un’altra volta la sua lira : ma non potendo ottenere tal grazia si lanc
ed uno de’ delfini, che si erano accostati al naviglio per sentir la sua voce, lo prese sul dorso, e lo portò sano, e salv
cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sent
di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sentirla gli corser
nto il fasto de’ Romani, conquistatori dell’Universo, spiegò tutta la sua grandezza, onde fralle Greche città andò superba
lio, e l’onesto ritiro della gente tranquilla 1. Fin dall’epoca della sua fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe po
ico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tratto la sua origine, e contribuirono all’accrescimento della
tirossi nella Campania, ed ivi elesse il suolo dove oggi è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, dell
ginette, e fra queste vi era quella del Sebeto. Il suo nome però e la sua gloria mal corrispondono al piccolo volume delle
o nome però e la sua gloria mal corrispondono al piccolo volume delle sue acque. Malgrado che sia egli decantato in ogni pa
ia egli decantato in ogni pagina dalla fervida fantasia de’ poeti, la sua picciolezza è tale, che Boccaccio allorchè recoss
sto di Tanagra nella Boezia fu un giovane eroe conosciutissimo per la sua elegante figura, e diverse virtù che lo adornavan
ad ammazzare Eunosto, accusandolo di avere il mdesimo attentato alla sua pudicizia. Seguito sì atroce misfatto, la giovane
e patrie tutelari Deità. Il nostro ch. D. G. Giacomo Martorelli nella sua laboriosa opera de Reg. theca cal. parlando della
di gioja il Martorelli già trapassato se avesse veduto verificata la sua congettura. Vi ha in fine chi ha creduto, che Eun
Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz di lui. La sua figura eccola espressa da Lattanzio Grammatico :
etesissimo nell’Egitto. Crede Varrone che questa voce abbia tratta la sua origine dalla cassa, o tumulo detto σορος in cui
nati, che Virgilio istesso ne era istruitissimo, come apparisce dalle sue georgiche, e dall’egloga intitolata Pharmaceutria
’antico nostro teatro, dove il folle Nerone volle far pompa dell’arte sua musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insig
condo la testimonianza di Esiodo, ebbe questo Nume a padre Nettuno, e sua madre fu Euriale. Di lui narra la favola, che ama
m. Et quae in templo sunt Pelago Augusti libertus et Procurator fecit sua pecunia dedicavitque. In mezzo a diversi altri m
Agostino Maggiore. L’antico Ercolano, oggi Resina, vanta da Ercole la sua origine, come altresì il Portico di Ercole, Porti
. Vesorius Zeloius Post assignationem aedis Fortunae signum Pantheum sua pecunia D. Secondoche attesta Strabone dal promo
Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della guerra di Troja. Delle sue opere appena i titoli sono a noi pervenuti, cioè
colle ali ; se pur ciò non era a mio credere per darci un’ idea della sua istabilità e leggerezza. 1. Cicerone nel libro t
le Vulcanie. 1. Quantunque tutt’i mitologi pingano Vulcano zoppo, le sue immagini non lo rappresentano così. Gli antichi s
nd’ebbe il nome di Bacco Barbato Καταπωγων. 2. Simbolo della stabile sua giovinezza ; o forse ancora, perchè si credeva ch
o talora al suo genio Ampelo, e talora con corna dorate per notare la sua nascita da Giove Ammone. Quindi Orazio : Te vidi
usculane scrive, che Prometeo era un grande Astronomo ; e per fare le sue osservazioni, stava sempre nel monte Caucaso. Egl
2. Loto, frutto che nasce nell’Africa : credevano gli antichi, che la sua dolcezza facesse dimenticare la patria a chi ne m
alò in Brindisi : prima di morire ordinò, che si desse alle fiamme la sua Eneide, che non aveva ancora limata, ma nol permi
e che Virgilio amava moltissimo. Quivi aveva dato l’ultima mano alla sue Georgiche, giacchè volentieri vi si tratteneva co
3 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
o si foggiò il suo Marte, ogni ladro il suo Mercurio, ogni lascivo la sua Venere, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal de
stati innalzati al grado di Dei indigeti, come di Enea divinizzato da sua madre parla Ovidio. Metam. 14. Contigit os, feci
d’aspetto. Quivi, e propriamente nell’ antro del Monte Argeo procurò sua madre di farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti
inudita crudeltà divorava tutti i maschi figli, che gli partoriva Opi sua moglie, come divorato avrebbe similmente quest’al
dando altresi al primo un tridente, al secondo un elmo, ritenendo per sua condecorazione, ed insegna il fulmine tre mendo,
ongionta col Tartaro si accinsero ad attaccarlo fin dentro la istessa sua Reggia. Il mostruoso Tifeo intanto presentossi il
eo intanto presentossi il primo all’ attacco. Al solo vedere le cento sue teste, al solo udire gl’ orribili suoi fischi, al
o il loro orgoglio si assicurò del suo regno, e riacquistò la perduta sua pace(1). Sue azioni. Quantunque però per queste
mbiandosi, e diverse forme prendendo, come di Cuculo per ingannare la sua stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda
e figlia di Nitteo ec. cereò con diversi mezzi soddisfare le illecite sue brame. Queste strane metamorfisi però perche mena
i o da luoghi, ove venne egli con special culto adorato, o da qualche sua azione, che fra le altre più singolarmente brilla
ssoluto Dio del mare, regno a lui sortito nella general divisione per sua parte, ed eredità, sul quale qual’assoluto padron
luto padrone esercitar poteva ogni impero commovendolo, e sedandelo a sua volontà, come cel descrive nelle sue Eneidi Virgi
pero commovendolo, e sedandelo a sua volontà, come cel descrive nelle sue Eneidi Virgilio … Tumida aequora placat. Collec
sentendo nel seno la forza delle suscitate passioni, nè valendo colla sua virtù a rintuzzarne gl’assalti, pensò ben presto
incognite vie la condusse finalmente dal suo Re, e così divenne essa sua sposa onorata per altro da popoli collo stesso cu
ea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avvilir la sua maestà si con tante indegne azioni, come col tras
strane metamorfisi però meritano di essere sotto silenzio trascorse. Sua contesa cou Minerva. Ebbe questo dio una gran con
se egli col suo divino tridente la terra, come attesta Virgilio nelle sue Georgiche : Percussa magno tellure tridente, e la
eva volare sulla superficie delle onde, come l’attesta Virgillo nelle sue Eneid : Atque rotis summas levibus perlabitur un
nti voglie, E ad onta di ciascun si fe’ marito. Venere lo tradi nelle sue soglie, E allor si fù del rìo voler punito. Guai
lbori dell’ esser suo, gli siano servito di appoggio, e sgabello alle sue fortune. Chi fù Vulcano. Nacque egli da Giove, e
to Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno di sua maestà, subentrar facendo agl’ effetti paterni un
accia distese in gentil gara concorsero, e s’impegnarono opporsi alle sue imminenti ruine ; ma sebbene con mille usate dili
ra morte, non poterono però camparlo dalla sventura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di ques
glienze successivamente prestategli da que’isolani durante la puerile sua età, volle egli a motivo di grata riconoscenza pr
ipari, e nell’Etna pur fece, chiamate perciò officine Vulcanie) ed in sua compagnia associando il mostruoso stuolo dei Cicl
pagnia associando il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla sua Caverna pezzi di opera si ragguardevoli, che risc
tessi suoi collaboratori. Invenzioni del suo ingegno, e fatture delle sue mani al certo dicesi essere il palazzo del Sole,
omini di buon genio ; pronto sempre però si tenne nell’ eseguire ogni sua richiesta. Egli tutto sollecito gli fabbricava qu
resistenza a suoi cenni. E chi in vero gli prestò braccio forte nelle sue antiche battaglie coi giganti ? Non furono i suoi
grazia perciò presso di quello acquistossi, che niente sgomentato di sua natìa bruttezza ardi domandargli la saggia Minerv
andargli la saggia Minerva per sposa ? Vero è, che vane riuscirono le sue pretenzioni ; non però ciò avvenne per parte di G
di Giove renitente, ma per cagion della pretesa Dea, che gelosa della sua amata castità sdegnosetta rifiutò le sue avvanzat
retesa Dea, che gelosa della sua amata castità sdegnosetta rifiutò le sue avvanzate dimande ; Sue nozze benchè in sua vece
tà sdegnosetta rifiutò le sue avvanzate dimande ; Sue nozze benchè in sua vece ebbe però il piacere d’impalmare Venere fra
colta per oscitanza di Elettrione posto per guardia, fece delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento de
delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento delle sue infedeltà. Quali, e quanti figliuoli poi ebbe que
utte in somma le materie capaci di fondersi, e lalorarsi a fuoco(1). Sua qualità. Acquistatosi pertanto Vulcano mercè del
ò questi di ammetterlo al cielo in qualità di coppiere degli Dei ; le sue maniere però poco avvenenti disgustando gli Dei n
sibile i suoi fisici difetti ; la favola non però amante sempre delle sue rappresentanze più vive tutto al naturale ne ha e
bato, con testa coverta da piccolo cappello, col martello alla dritta sua mano, colla tenaglia nella sinistra, e quel, che
e storpio ad ampi i suoi fianchi, sicche ben disse chi disse, che la sua figura derogava non poco alla sua maestà. Suoi t
sicche ben disse chi disse, che la sua figura derogava non poco alla sua maestà. Suoi tempii, e feste. Più tempii in suo
a misteriosa pur troppo pretendono i latini scrittori essere stata la sua nascita. Piccatasi fortemente del suo marito l’or
nz’alcun’opra del suo rivale marito. Anziosa quindi di veder paghe le sue brame partissi per consultar l’oceano pronta ad e
ano pronta ad eseguire quanto quello l’era per svelare ; ma per buona sua sorte stanca fermandosi presso la Dea Flora, ques
ogni cuore, e perciò pel Dio delle guerre venne comunemente tenuto. Sua contesa con Nettuno. Celebre fù la quistione, e l
indicare la violenza usata da Allirozio figliuol di Nettuno alla cara sua figlia Alcippe, avuto quello nelle mani spinto da
ia Alcippe, avuto quello nelle mani spinto dal furore della concepita sua collera gli diè fieramente la morte. Commosso per
e giustizia, e pena ; presso di quelli però cosi bene espose Marte le sue ragioni, cosi attempatamente giustificò la sua ca
i bene espose Marte le sue ragioni, cosi attempatamente giustificò la sua causa, che per giudizio della più sana parte di q
ono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fierezza era costantemente rapito, perder non vol
significa forza, benchè per altro la favola in lui ancor riconosce le sue , per aver divisi i suoi affetti e con Venere, da
se, quod magna vertat. Dicevasi Gradivus dalla vigorìa nel brander la sua asta : Ab hastae vibratione. Nominavasi finalmen
abbia pìù voce. Egli porta i precetti a Giove, e a Pluto, Turba colle sue frodi, e a lutti nuoce, L’alme a Caronte guida, e
imogenita di Atlante consociata con Giove, si grazioso comparve nelle sue sembianze, che Giunone tuttochè dignitosa rapita
arve nelle sue sembianze, che Giunone tuttochè dignitosa rapita dalla sua rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò di s
a, detta perciò da latini Testudo, ed un giorno ancor non compiuto di sua vita mortale giunse a rubare lo scettro a Giove,
lo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece di abborrire le sue infantili leggierezze vieppiù si diede a confirma
sse al coverto del furto, e quegli nel tempo stesso il fio pagasse di sua infedeltà, rampognandolo cosi secondo Òvid. …..
da due attorcigliati serpenti, per dinotare, che siccome al tocco di sua verga i due colubri duellanti deposero ad un trat
e da suoi labbri alcune ben formate catene di oro per significarci la sua aurea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuo
, finalmente come ispettore delle strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però di mani, e di piedi fù detto d
o verisimile per altro sembra, come questo Dio, che per ragione delle sue occupazioni sempre aggiravasi negli affari, ed in
perciò in mezzo alle occasioni più belle, non abbia ancor commesse le sue galanterie. Sia però che le stesse facende col so
rimonia ancora bruciar si dovevano le lingue delle vittime in onor di sua eloquenza, giusta l’antico costume de’ Megaresi.
sto singolare sapere ; pur tutta volta a dure vicende fin dal seno di sua madre miseramente soggiacque. Chi fù Apollo. Corr
tone, acciò questo inseguito avesse da per tutto la sventurata Latona sua rivale. Commosso però dalle sue sventure il gran
sse da per tutto la sventurata Latona sua rivale. Commosso però dalle sue sventure il gran padre Nettuno strinse il suo tri
Latona sotto una pianta di verdeggiante palma sgravossi della doppia sua prole Apollo cioè, e Diana ; quale isola poi per
Sue vendette. Conscio intanto questo Dio de’ patimenti tollerati da sua madre per cagion del detto mostro insecutore pria
se tutte intento le mire. Diveuuto arciero contro di quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte gli fè pagare ben pr
Niobe, regina di Tebe, moglie di Anfione, che superba per la numerosa sua prole sprezzato aveva di lui la madre Latona fino
giamenti si diede ; sempre infelice però fu costretto a mirarsi nelle sue intraprese. Fù primieramente rapito egli da viole
stata un giorno raggiunta, si contentò più tosto di perdere l’antica sua essenza coll’essere trasformata in alloro da suo
amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica fù di sua persona per contentar questo Dio, ma ella a caro
ona per contentar questo Dio, ma ella a caro prezzo pagò il fio della sua men cauta condiscendenza mentre fatto consapevole
suoi amori da questo Dio, e non potendo tanta sventura tollerar nella sua regia famiglia viva fè seppellire la figlia Leuco
’un tanto figlio ; ma disperando di attaccare il potente uccisore, le sue furie convertì contro di chi n’ era stato il mini
te, e questi poscia lasciando pei furti dell’ astuto Mercurio locò la sua opera (non altrimenti che fece Nettuno) a Laomedo
che fece Nettuno) a Laomedonte Re di Troja per la gran fabbrica delle sue mura ; benchè poi tradito da lui nella convenuta
genio del vincitore ligato ad un albore, e vivo denudato della rozza sua pelle a tenore del convenuto. Riacquistata finalm
me Esculapio avuto da Coronide fù in terra la innocente cagione delle sue sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo l’i
di Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio di sua madre di condurre per un giorno il luminoso suo c
ndocili scostaronsi dall’ ordinario corso, e minacciarono al mondo le sue estreme ruine. Il grido intanto di tutti gl’ enti
vesciò nell’ Eridano l’audace Fetonte, che morendo lasciò al padre in sua vece una novella eredità di tristi affanni, e dol
da capellatura fluttuante sul capo con atteggiamento, che annunzia la sua grandezza divina, con pace inalterabile spiegata
ovisque Et sorov, et conjux. eppure ella lungi dal compiacersi delle sue fortune, e viver content per l’altezza del grado,
, da tumultuanti suoi affetti incessanemente travagliata nelle stesse sue grandezze videsi sempre angustiata, gemebonda, ed
re angustiata, gemebonda, ed afflitta. Suc azioni Era il fonte delle sue tristezze un vano orgoglio misto con una solta ge
jani si per la scelta di Ganimede per coppier degli Dei invece di Ebe sua figlia, come nell’ esser posposta a Venere nella
o avanti ad Eolo, di promettergli in sposa Deiopea fra le quattordici sue Ninfe la più bella ; purchè questi mosso a compas
vea di gareggiar collo stesso suo marito Giove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente
ove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente un vivo portento di sapienza, anche essa la
no un’animato prodigio di fortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la sua gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stess
nza motivo il suo glorioso marito pensò vendicarsi, e pel ministro di sua vendetta elesse il deforme suo figlio Vulcano. Pr
a voleri del padre, non si curò di stendere le mani contro la stessa sua madre. Con due calamite la sospese in aria, con c
ll’ opra, che la povera madre non gli avesse promessa, non ostante la sua deformità, la bellissima Venere in isposa. Suo r
a d’un carro tirato da Pavoni, recando nelle mani in segno dell’ alta sua autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco
ità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto di ricordare le sue bravure d’aver cangiato in quest’ uccello quell’
Mercurio per ordine di Giove crudelmente ammazzato : benchè in alcune sue immagini presso gl’ Argivi si scorga coll’ aggiun
to si era Giove per ottenerla al fine dopo tante reiterate ripulse in sua sposa. Suoi nomi. Con varii titoli era questa De
rciò di non essere espressa. Gl’animali inoltre da sacrificarsi nelle sue feste erano una bianca vacca, la scrofa, il monto
redi, Ed o che cade il sole, o fà ritorno Regna ne campi, e all’ opre sue se credi Non verserai il tuo sudor con scorno. An
fregiata di tanta beltà, che gli Dei stessi restarono sorpresi dalle sue fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso da
dalle sue fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso dalle vaghe sue forme, ed obbliando le leggi del sangue cadde in
to essa madre divenne della famosa Proserpina innocente cagione delle sue sventure. Imperocche rapita questa là ne’ campi d
è motivo alla sventurata genitrice di vivere sollecita della infelice sua sorte. Conscia quindi la Dea della per dita, ma i
elo, che negl’amari contrasti scappato era dalle chiome della diletta sua figlia, e fatta quindi consapevole del tutto dall
informarne Giove per l’opportuno riparo. Al sentire il gran padre le sue giuste querele cercò d’impiegare il suo braccio i
va da quel luogo mai più partire, e nel seno ritornare dalla afflitta sua madre. E cosi invero sarebbe avvenuto, se il sovr
figlia non avesse deciso, che sei mesi passasse Proserpina con Cerere sua madre, ed altri sei col suo marito Plutone. Sue
o evitar non poteva chiunque osato avesse oltraggiarla. Vittima delle sue vendette divenne invero il fanciullo Stellio, che
risentita Dea ad un tratto cambiato in vile lucertola. Il peso della sua collera ebbe similmente a provare l’irreligioso E
que quantità di cibi non poteva mai saziarsi, e non ostante che Metra sua figlia, divenuta un proteo, con mille trasformazi
vita a saziarlo, mai non però potè ottenerne l’intento ; onde egli di sua voracità non potendo più tollerar la molestia, di
di sua voracità non potendo più tollerar la molestia, divorandosi le sue medesime carni, con quel cibo in bocca ebbe a las
da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo di con
lci nomi di Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue poppe soltanto gravose di latte in simbolo della
darsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii di sua man donò. Questa moetra prudenza, e rarità, Quest
o tenore, ad onta di qualunque motivo opposto si fosse alle innocenti sue brame ; e quindi fatta paga de’ suoi voti, da tal
de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni di sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni affe
ni di sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni affetti per la sua amata purezza. Suo ossequio e culto. Alzato essa
pietoso Enea infatti nel fuggir dalle consumatrici fiamme della cara sua Troja, tra gl’altri suoi più cari dei penati, che
ele fosse de’ suoi incerti viaggi, non che il fabro avventuroso delle sue novelle fortune. A fronte intanto di questa gran
stesse, soggetta ad esser punita con verga dal gran Sacerdote, se per sua negligenza estinto si fosse il Sacro fuoco, da ri
erva. Giove credendo troppo ciecamente ai vaticinii d’Urano, che Meti sua moglie data avrebbe alla luce con un fanciullo, c
l futuro suo scorno, che con incredibile voracità dibranare la stessa sua moglie ; onde così insieme con la madre distrugge
testa del padre, quivi fissò per ben tre mesi con modo più nobile la sua dimora. Annoiato impertanto dell’insueto gravame
se vittoriosa ; pure ebbe a soffrire il troppo sensibile dolore della sua fronte percossa da iterati colpi di navicella per
ire l’acerbità avrebbe a se stessa tolta la vita, se per favore delle sua rivale istessa, o per grazia degli Dei impietosit
perpetuamente la più spregievole tela incessantemente il fio paga di sua temeraria iattanza. Antiquas exercet arania telas
o essere, e trasformata in pesce per unir così le amare lagrime delle sue aventure colle salse onde del mare. Questa Dea in
urono, onde palesar ben chiaro quanto ella rapita venisse dalla amata sue castità. Suoi nomi. Fra gl’altri nomi con cui ve
perciò da altri, ed in particolar da Marte ne ottenne, come ancor per sue figlie comunemente riconosconsi le tre grazie Agl
Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione di sue statue convertivano quell’argento, che colla perd
no la presente Dea rassembra. Essa nel seno della perseguitata Latona sua madre rinchiusa dopo aver con essa divorati gl’af
quasi di maturo senno dotata tutta sollecita si esibì per levatrice a sua madre nello sgravarsi del suo secondo portato dis
di Apollo, e penetrata quindi da dolori, da quali travagliata mirava sua madre nelle laboriose ore del parto, giurò di ser
sua madre nelle laboriose ore del parto, giurò di serbar perpetua la sua Verginità. Laonde grandetta già divenuta, acciò n
e sedotta da Giove, senza riguardo alcuno tutto sdegno divenuta dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si
dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si amante di sua onestà questa Dea non fia maraviglia se non sol f
cia data libertà a suoi occhi di mirare questa Dea, che insieme colle sue Ninfe si tuffava nelle acque, venne con un pugno
pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno di sua natura cangiato in cervo, e quindi inseguilo, ed
e contro il suo pudore, ma ancora chi osava insidiare qualche seguace sua Ninfa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi
i Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di far violenza ad Opi sua Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però de
Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però del suo onore, che di sua purezza fù molto gelosa Diana. E che altro infatt
articolar parola ? La temerità che ebbe di attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostr
eltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostra con chiarezza nelle sue Metamorfisi Ovidio … Se praeferre Dianae Sustinu
ell’inferno a rivedere il Genitore il pietoso Enea, e saper da lui le sue avventure cercò rendersela propizia col donativo
, con turcasso armato di frecce sospeso alle spalle, circondata dalle sue Ninfe al par di essa similmente agguernite, di st
estifica Plinio ; pur al riferir di Capitolino ebbe a sperimentare le sue finali ruine per man de’Goti crudeli devastatori
ntanto si fù, che disperando i. gentili di commuovere la inflessibile sua volontà non pensarono ad istituire sacrificii, ed
, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma nel seno della stessa sua necessità mal grado il suo rango lo lasciarono in
, che ogni Nume avvanza, Da cui vien la genia, che in Ciel impera. La sua possanza un dì troppo severa Par che a figli togl
padre de’tre più gloriosi Dei dir si dovrebbe certamente Saturno. La sua crudelià però nol fé riguardar per tale, nè mai o
a uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli di divorare ogni maschile sua prole, si per mantenere inviolata al suo fratello
mile atteggiamento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno gli permise non solo il so
diede ben presto a mostrare al suo benefattore i più vivi segni della sua gratitudine. Con arte affatto nuova, gli incivili
Saecula sic placida populos in pace regebant (1) Suo ritratto. La sua immagine però ha più dell’orribile, che del di le
lesando il travaglio della sostenuta inedia ; nna dentata falce nelle sue mani sostiene, ed un grazioso bambino s’avvolge a
po non velato era la cerimonia in preferenza degl’altri Dei del tutto sua propria(1). Sue feste. Celebri furono le feste,
to quindi re del Gianicolo nell’Italia meritato avesse in virtù delle sue ottime qualità di veder lieto all’albo degli Dei
mo, appaciato ogni cuore, prosperato ogni evento ; ma miro altresi la sua mente irradiata da celeste senno, e prudenza, col
col bel titolo di Dio della Pace(1). Sue imprese. Stabilita così la sua fortuna l’incomparabile Giano ben sapendo, che la
Clelo unicamente si ottiene, mosso da divoti affetti tutte rivolse le sue cure a costruire tempii, ed altari in onor dei su
anonizzarono benchè ancor vivo. Suo ritratto. Molto indicativo delle sue qualità è il ritratto, che la Gentilità ne costru
a, presa è l’allegoria dalle quattro stagioni dell’anno, che sotto la sua protezione scorrere comunemente si credeva. Prese
elle porte di questo tempio appunto intende parlar Virg. Nel I. Delle sue Eneide v. 297. riferendo il fausto presagio di Gi
d’amore ? Lo scppe il cielo, ove inoltrando appena la incontrastabile sua forza, che già mosse a tumultuosa discordia tutti
radice assai più micidiale, ed infetta chi mai spiegar potrà le tante sue causate ruine ? Virtù non vi fù, che dal impetuos
nascere di esso prevedendo le future disgrazie obbligar voleva Venere sua madre a disbrigarsi di un tal figlio appena nato.
fiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle sue frecce alla mano, con turcasso sugl’omeri, cou po
ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderanno veleno ; le sue carezze
i gli apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderanno veleno ; le sue carezze gli daranno la morte, e tutto odio alfin
coi suoi due rinomati fratelli il vasto impero si divise, e sortì in sua porzione, ed eredità, come sopra accennai, il vas
a in sorte incontrar non poteva, che accettato l’avesse in marito. La sua deformità, la tenebricosa aria del suo regno, le
masto sarehbe perpetuamente sul trono. E chi in vero per soddisfar le sue brame avrebbe voluto infelicitarsi con lui in que
erbero custode del tartareo ingresso, che impugnando le tre terribili sue teste armate di acri, e penetrantissimi denti con
o ritratto. Il ritratto di questo Dio ben corrisponde alla idea della sua infernale maestà. Mirasi in severo atteggiamento
chioma irsuta intorcigliata da lunghe corna spuntale dalla abbronzita sua fronte, fuliginoso tutto nel viso, con folta, e n
deva i suoi affetti, con soprafina invenzione pensò disbrigarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice
la, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da tal pensiere presa la Dea nel venir ad
sventure cercò con belli modi frastornarla, ma vincer non potendo la sua durezza, nè dissobligarsi dal giuramento prestato
rato del glorioso suo ammanto tosto ne scese. La forza delle cingenti sue fiamme pria ancor d’avvicinarsi più d’appresso in
n potere rimaner superstite quel frutto immaturo impietosito aprì una sua coscia, e quivi l’inchiuse fino a tanto che giunt
Sue prodezze. Fattosi grande questo Nume diè troppo chiari segni di sua arditezza si in cielo, che in terra ; ivi nel com
geloso de’suoi dritti ne prendeva la più cruda vendetta. I frutti di sua collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, che pe
a collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, che per aver impedito le sue feste fù dalla Madre istessa oltre il consueto pe
mente trafitto ; e le Meneidi, che per aver lavorato nel giorno delle sue feste, ebbero a perdere l’antica lor forma col di
do nell’altra. Da ciò ne avvenne, che le Baccanti nel sollennizzar le sue feste al par del lor Dio si adornavano si della p
pre, e acerbe pene. Non tradisce d’alcuno unqua il disegno, Nell’opre sue tutto sperar conviene. Chè dipende da lei dominio
te il suo grado l’averli maternamente enudriti co’ dolci frutti delle sue beneficenze più care, questo forma per essa la gl
a gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle sue qualità. I rari pregi adunque del suo ritratto, i
adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simboli delle sue qualità. Ed in vero se madre degli Dei ella è, co
la terra istessa comunemente fù presa ? Se ferocia non fù, che dalle sue tenerezze non fosse stata’già vinta, come non lig
serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizie, i suoi tesori, e comparir poi li lascia
l Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Almone la sua statua detta venne Lavazione. Gli osceni canti pe
Sonetto T ruce in volto, e nel tratto aspra Regina, Che la sua possa dispietata impiega Contro l’abisso, che dis
oglie, e lega, E spesso avvolge in più fatal ruina. Perchè prigion la sua beltà divina Ella conosce il suo furor dispiega,
tina. Quando a rapirla il fier Plutone si mosse Ella per dimostrar la sua fermezza La lunga barba a pelo a pel gli scosse.
deliziarsi di fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fianco di sua madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi insi
to innocente sollazzo però fù non molto dopo la funesta cagione delle sue improviste disgrazie. Suo rapimento Crucciato Pl
iato Plutone pe’moltiplici successivi rifiuti di tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal continuo pensiere di rest
rdo vide la bella Proserpina primeggiar fra tutte per le sorprendenti sue doti. Tal vistosa figura pose in fiero tumulto i
nuto ad ogni dritto e ragione rapido corse ad involarla. Resistè alle sue insolenza la Dea, e strappandogli per disprezzo l
dogli per disprezzo la barba, a tutto potere ingegnorsi scappar dalle sue mani. Affollaronsi quinci, e quindi a tal veduta
one, e con alzate mani raccomandarsi alla pietà delle accompagnatrici sue ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta
i orgoglio, e di fierezza a tale segno, che nell’essere agitata dalle sue furie aggiungeva stranamente tristezza a tristezz
chi o stoltamente l’ignori, o sfacciatamente lo neghi. Le ammirabili sue qualità, ed i prodigiosi effetti che sotto le div
ammirabili sue qualità, ed i prodigiosi effetti che sotto le diverse sue specie ne’ mortali mirabilmente produce la fan co
ria. Ma che il vizio poi degno sempre di vitupero, e d’infamia si per sua natura, che per le funeste sue conseguenze fosse
sempre di vitupero, e d’infamia si per sua natura, che per le funeste sue conseguenze fosse stato da que’sciagurati al par
sciagurati al par delle virtù divinizzato ancor esso sotto le diverse sue forme, io al certo non l’intenderei se non pensas
tali per cagion del perverso lor animo pingesi nuda per dimostrare la sua semplicità, e schiettezza. Porta in mano uno spec
tas nunquam latet. Siamo pertanto amanti di si bella virtù giacchè la sua nudità non deprava, ma edifica, e preghiamo Dio a
bene è appunto la giustizia, mentre per essa non uscendo l’uomo dalla sua sfera sarà amico di ogni altra virtù. Vien essa d
essa dipinta in atteggiamento di Vergine maestosa er simboleggiare la sua incorruzione, e la sua libertà da alcun ligame no
amento di Vergine maestosa er simboleggiare la sua incorruzione, e la sua libertà da alcun ligame non avvinta. Vien fianghe
spetta, E al mesto prigionier discioglie i nodi. Regge un timon colla sua destra mano, L’altra sparge oro in questa parte,
re la morte, Cade per lei qualunque pena amara, E dan dolce piacer le sue ritorte. Da leï ogni virtù mortale impara Questa
si guai, A chi assicura un trono, e a chi dà un regno. Ma le promesse sue non compie mai, Speranza io veggo chiaro in ogni
ersa un sempre eguale, ed indeficiente ruscello atto a dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo d
dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo di sua beneficenza, e liberalità ? E quella verga, con c
imus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam dunque con cuor docile nelle sue mani le nostre sorti giusta la bella istruzione d
e preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa, e nel tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda, Misericordia è lei figlia d
irtù veramente divina pingesi in figura di donna, che preme la destra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa p
che cinge al cor dolci catene. Spirano i gesti suoi ogni dolcezza, La sua voce nel cor piacer rinnova, Tal che in lei stà r
ricerca, e mai non trova. Annotazioni. La felicità mostra per sua insegna il caducco, onde designare, che con quell
ognor sfrenata, Dall’uno, all’altro polo a un punto accorre, Nè alla sua voce si può forza opporre, E quanto più si cela è
esta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e di altre strane sue attitudini ? Eppure i Gentili per meglio farne co
Annotazioni Il flagello di vipere, e la face accesa, che nelle sue mani stringe la vendetta ben dimostra il crudo su
tto varrebbe a confondere ogni vindicativo, che per dar la vinta alle sue passioni dietro si butta il comando là nel Leviti
contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e le furie. Da questa strana sua indole ammaestrata la più sana parte de’ Gentili
or favella Ma il suo parlar riduce a orrendo stato. Tarlo è la lingua sua , che il tutto rode, Raro la forza sua riman delus
rrendo stato. Tarlo è la lingua sua, che il tutto rode, Raro la forza sua riman delusa, Culunnia è questa, che del mal sol
tento lo sventurato calunniatore, il quale perciò sovente muore nella sua iniquità, giusta quello di Gech 18 Quia calunniat
lunniatus est, et vim fecit fratri suo ecce mortuus est in iniquitate sua , impari ognuno ad abbominar tal mostro, se vuol e
vero segnale del mentitore. Essendo però il proprio nemico dell’anima sua il mendace, giusta quello della Sap. 1. Os, quod
acerbi dardi scocca. Insidioso, orribile, e tremendo. Le vere effigie sue va nascondendo, E seduce talor la gente sciocca,
on orridisce al ritratto di questa furia d’Averno ? Il viperino della sua chioma, il fiammeggiar de’suoi occhi, lo spumar d
ima donna rappresentasi la povertà, onde chiare s’intendano le triste sue conseguenze ; le altre caratteristiche poi, che l
pero su tutti gli esseri viventi, l’impreveduto suo arrivo, le triste sue conseguenze sou troppo chiaramente dipinte. Se pe
tralci cinto. Alla gioia, e al piacer sembra sospinto, Gli affanni da sua man sembran distrutti, Crescon per esso i fiumice
e l’onora Ei fa più breve, ma più dolce il giorno. Il mondo tutto la sua possa adora ; Invoca ognuno ansioso il suo ritorn
pien palesa : Dunque si lasci il vil profano canto, Per cui la gloria sua ne resta offesa Essa, che nel mortal sempre favel
Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter di sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra. Non
terra. Non paventò di mille mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la sua costanza, Aperto sempre di sue grazie il fonte De
stri a fronte, Tra fiamme non mancò la sua costanza, Aperto sempre di sue grazie il fonte De’miseri innalzò fede, e speranz
o i vil timori. Finchè arrivata a incomprensibile ara Fece apparir le sue virtù più note, Ivi appari la forza sua più chiar
rensibile ara Fece apparir le sue virtù più note, Ivi appari la forza sua più chiara Fatto vittima un Dïo, e Sacerdote. Ivi
forza sua più chiara Fatto vittima un Dïo, e Sacerdote. Ivi le fiamme sue cotanto estese, Che aperse all’ uom de suoi tesor
possanza, Nè puossi il suo valor porre in oblio, E allor vacillerà la sua speranza Quando Dio può cessar di essere Dio.
, al dir del melanconico cantor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità di sua cuna. Quel comune proge
antor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità di sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all’ op
ed il cuore senza quei dolci, e diversi palpiti, che sà svegliare la sua possa. Persuadasi perciò chiunque s’inizia nelle
proposti ogni ragion vuole, che della materia poetica, non che delle sue disposizioni dicasi almen generalmente qualche co
roposizione. E qual altro esordi o invero prepose l’epico latino alle sue Eneide ? Quale alla sua Gerusalemme il cigno tosc
o esordi o invero prepose l’epico latino alle sue Eneide ? Quale alla sua Gerusalemme il cigno toscano ? Della nuda, e semp
que siasi semplice, o trascendente dev’ essere sempre corredato della sua brevitâ, e chiarezza, acciò dagli uditori, oppur
o ognuno a suo genio, quall’ape ingegnosa, e trasmutando lo scelto in sua sostanza può abbellire i suoi poemi in guisa, che
e vivaci immagini, che commuovono ; anzi tanta è stata la forza della sua armonia, che per esso è stato dato moto, numero,
olta. Il verso però in altro modo riguardato non è stato sempre nelle sue misure lo stesso presso tutte le nazioni ; ma var
. III. Del disillabo e trisillabo Il verso di due sillabe per la sua brevità, e ristrettezza è quasi intrattabile nell
nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento cade alla seconda sua sillaba, come. Poichè Saprò Pietà Patir Pe
Per tè Nel trisillabo la inflessione della voce cade sulla seconda sua sillaba. Esso anche nel solo ditirambo suole aver
ua sillaba. Esso anche nel solo ditirambo suole aver luogo, mentre la sua ristrettezza rare volte, e con difficoltà può abb
rò. Nel verso quinario la inflessione della voce cade sulla quarta sua sillaba. Con esso perchè più esteso può facilment
Esclama : Romani Poi monta a cavallo L’oracolo è chiaro Dell’armi sue cinto, Il dono più caro L’orrore é gia vinto
terzo. Eccone l’esempio. Temistocle, che prende il veleno. Dalla sua patria ingrata Si scorda nella gioia Temistocle
ome ascosto Poi Serse lo destina, A mille affanni esposto L’estrema sua ruina Senza trovar mercè. Temistocle provò. A
s’innalza Ecco getta ognuno all’ onde Fatta tumida è già l’onda, La sua merce più gradita Senza porto, e senza sponda Q
natura benchè prenda un diverso aspetto, serba sempre non pertanto la sua mellifluità, e vaghezza. Pochi ne’ tempi antichi
ritrarre corpi meravigliosi, e grandi per solo effetto della fervida sua immaginazione, come appunto sono le quattro gran
di parlar della Sestina pensi esser mia intenzione di richiamar dalle sue ceneri l’antica sestina. Di quella sestina cioè,
amente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più forte nelle sue individuali parole. D’un tal componimento abbiam
redibile travaglio sostenuto da questi grand’ uomini per recarla alla sua perfezione, altra bellezza non hà dimostrata, che
si fù, che i posteri conoscendone la difficoltà, o per dir meglio la sua inutilità via la bandirono dall’Italica poesia, a
o col sesto. Eccone a nostro modo l’esempio. Titiro, che deplora la sua mandra tradotta via da una furiosa tempesta. T
a celebre poetessa Marianna Bandettini di Perugia. Rapisce in vero la sua armonia, ma a troppo duro cimento espone chi il t
na qualche estemporaneo di gran polzo si prova a trattarlo, mentre le sue difficoltà anche al tavolino rendonsi laboriose.
tto Cap. XI. Dell’ottonario coronato. Una difficoltà tutta sua propria ci presenta questo metro. Imperochè essen
tano ; questo metro all’opposto vien poco maneggiato per la soverchia sua faciltà. Nel suol della Francia spuntò la prima v
o, non che la effervescenza della fantasia contribuisce non poco alla sua nobillà, ed altezza. Tale è per avventura la come
cui non pochi ingegni han fatto naufragio. La vera ode alcaica per le sue gran difficoltá da qualcuno, o da nessuno forse è
a ad ogni argomento, e molto più a lamentevoli obietti. La coutinuata sua armonìa mentre mostra quanto ha di più grande, e
onco seguente. Nel secondo il primo, che è piano rima col terzo della sua stessa natura, non altrimenti che il secondo, che
ro. In questo metro infatti ha scritto l’immortale Dante Alighieri la sua divina comedia ; in questo scrisse Francesco Bern
lighieri la sua divina comedia ; in questo scrisse Francesco Berni le sue scherzevoli poesie, da cui poi è venuto il nome d
a più autori le epistole eroiche di Ovidio, e in questo hà scritte le sue satire Vittorio Alfieri, Salvator Rosa, Antonio A
o dal nome di Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effervescenza delle sue passioni d’un tal metro servissi per esporre i mo
ome mio ? Sentir potesti gli ultimi sospiri, E l’interrotta, e tronca sua favella ? Deh ! m’assisti al morir, se qui t’aggi
tabile in ogni sorte di argomento, ed in tutti conserva egualmente le sue bellezze. Consiglio perciò gli apprendenti della
a patria afflitta Cerca destarle di virtù l’ardore Acciocchè ognun la sua costanza invitta Conservi sempre, e se l’imprima
e. Ed in vero se la terza rima piana incontra molte difficoltà per la sua concatenazione, quante maggiori dovrà averne ques
istanti ardito cogliere. Or senti, e vedi se ti par possibile, Fra le sue ruberie pur questa annovero, Che ad ognun, che l’
scior nevoso calle, Dolce il rio di andar si sforza Crepa il ramo la sua scorza, È mentre abbonda Di nuovo umor produce il
rissimo Senatore Vincenzio da Filicaia. Tal componimento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè p
ltrui delitti Sparse di sangue un fonte ; Tal’egli offre per tutti la sua vita, E invoca dal gran Dio Dicendo : alto Fattor
nsor de’sventurati ? Chi ne darà più aita ? Ma perchè invidiar l’alta sua sorte ? Egli del tanto zelo Già trova il suo ripo
altrui non dà Perchè forse talor mancò di fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccorso, che l’arte appien gli diè. La
i suoi membri ; chiaro ognuno scorge come avendo io di essa, e d’ogni sua parte sufficientemente ragionato nel precedente t
, loro nomi, e valore. Nel 2. ragionerò del verso, e delle differenti sue specie. Nel 3. Finalmente tratterò della varietà
ribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo, di cui un di per la sua gravità facevasi grand’uso ne’ sacrificii, come l
oltre fa di mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia breve per sua natura, pur se finisce con consonante, e con altr
ncomincia la voce seguente, essa in tal caso soffre cambiamento nella sua quantità, come in questo esempio : Christus cole
sirii non col braccio de’ Titani, o de’ Giganti, ma per la mano della sua debelezza : Nec filii Titan , così nel cap. 16 J
senza lasciare l’essere divino, che si fingevano avere, e prendere in sua vece la condizione de’bruti, che in essi non rico
. Vocabant Barnabam Iovem. Actor 14. Il suo lieto e giovial volto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tr
olto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tratti di sua beneficenza, e liberalità gli meritarono un tal n
turò con cera gl’orecchi, e se stesso fece ligare ad un albore della sua nave ; quale invenzione poi scorgendo la Sirene m
nate Sirene può spiegarsi quel detto di Giobbe, d’aver egli piante le sue disgrazie travagliato da dolori col tuono delle S
nò al cielo in luogo degno fra le cestellazioni presso il Capricorno. Sua contesa cou Minerva. 2. Questo Cavallo perchè so
pe fra destrieri distinto sotto il nome Hyppius, e Nettuno per questa sua bravura acquistò dritto su cavalli e marini, e te
tor, et faber, in cuncta opera aeris, et ferri, non altrimenti che la sua sorella Noema, cui comunemente si attribuisce, la
ere, da essi fù riconosciuta sotto il nome di Nemanun, ossia Minerva. Sua qualità. Suoi nomi. Suo ritratto. Suoi tempii, e
qualità. Suoi nomi. Suo ritratto. Suoi tempii, e feste. Chi fù Marte. Sua contesa con Nettuno. (1). Saggia pur troppo, e p
, e con esso altri ben molti del tutto, simili al primo costruiti per sua ordinanza da un certo Mamurio. Tali sacerdoti poi
la bocca dell’infante Nume distaccatosi per un momento dalle poppe di sua nutrice Giuuone. Folle pensiore ! Sue prodezze. S
Apostolo preferire allo stesso divin Platone pel gran capitale delle sue cognizioni. Che poi sia stato a somiglianza di Me
non è certamente da provarsi, rilevandosi troppo chiaro dalle stesse sue lettere. E che altro è quel, che leggesi al cap. 
ttino ec. ne resterà ognuno sufficientemente convinto a riflettère le sue gesta in più luoghi de’ libri S. registrate. Suoi
e. Il tradito Apollo in memoria poi della tresformata Dafne adornò le sue tempia, e la lira delle verdeggianti foglie di qu
(1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci di questa
agl’uomini sibbene esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in più
ne esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in più Scrittori, e sop
a tra fiori si dilettava della rosa, perchè questa nelle rosseggianti sue foglie sempre rammentavale il fatto del suo caro
del suo caro Adone, che punto in atto di coglierla diè alla naturale sua bianchezza col sangue proprio quel porporino colo
llesa da macchia la castità, se la spada del pudore essa non vanti in sua difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione di alcune
n ciò le tracce del poeta Arato, che per mostrar qual in ciò fosse la sua mente disse : Argentea vota. Chi fù il Destino.
rocchè non essendo il nostro Dio il cieco Dio de’ Gentili, gl’atti di sua prescienza puramente speculativa, e conseguente n
sono nel citato autore, molti recenti Mitologi si sottoscrissero alla sua opinione. Le umane vittime però, che a lui si off
a più vantaggiosa all’uomo, che la prudenza apportatrice dell’esterna sua felicità ? Conobbe tal verità il gran macedone Fi
si a conciliare gl’ animi vertiginosi, che del numero, e valore delle sue forze atte a comprimere ogni suo baldanzoso nemic
tano Plutone la più luminosa a mio credere è quella, che colla divina sua penna delineò nella sua Gerusalemme il Tasso, in
nosa a mio credere è quella, che colla divina sua penna delineò nella sua Gerusalemme il Tasso, in cui dopo aver descritto
e lasso Appoggia a un debil legno il fianco antico. Chiude al fin le sue spoglie angusto sasso, Nell’atto a voi che sospir
l’esordio, nel mezzo la narrativa, e nell’ultimo la conclusione colla sua sentenza. (1). Potrà sembrare a qualcuno, che io
mini, la nobiltà delle espressioni, e quanto può mai contribuire alla sua sublimità devesi in esso singolarmente impiegare.
oè, e la Sinalefo. La Ectlissi è lo struggimento della M con tutta la sua vocale in fine delle parole semprechè la sussegue
4 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
la facoltà visiva, lo sguardo, la pupilla, l’occhio infine, vuole la sua gran parte nell’osservazione anche morale di un o
dere, di sentire, di persuadersi d’un vero qualunque, sottoposto alla sua osservazione, se il libro, la pagina, il caratter
l’obbietto che si vuol farle studiare e comprendere, sarà in tutte le sue singole parti, completa, armonizzando la fisica d
rmonioso, completo, che la natura ha posto nel compimento di tutte le sue opere, dalla vita fisica dell’uomo, fino alla rip
all’infinitamente piccolo, tutto ha il suo più solido fondamento, la sua essenza, il suo sviluppo, il suo essere infine, n
enza o di arte, di studio o d’ispirazione, deve primieramente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine
iderare, con riposata attenzione quest’opera, nel suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col
ortate nelle quali gli studiosi apprenderanno non solo il fatto nella sua forma primitiva e tradizionale, ma avranno anche
nocefale, durante la celebrazione dei giuochi Pizii. Clinton, pone la sua nascita nella LXV Olimpiade (518 anni avanti Gesù
ia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel
ta, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La
ermi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La sua posizione geografica ; la indipendenza degli anti
una religione qualunque ha sempre i suoi Mili, e i suoi Simboli, e le sue Allegorie, le quali tutte conservano l’impronta,
ancora, nell’attenzione del promesso Messia, i simboli proprii delle sue religiose credenze. E così man mano noi potremmo
la Cerere Sicula, vagante per le campagne della Trinacria in cerca di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Madonna
ora, il Mi to purissimo della Vergine Madre, spense col fulgore della sua casta luce, col suo significato umanamente divino
to dell’ancella di Dio, sine labe concepta, che sotto l’usbergo della sua celeste purità, schiaccia col fragile piede, la t
be, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri c
ondatevi e cangiate le vostre vesti. 2. Jacob vero convocato omnidomo sua , ait : Abjecite dese alienos, qui in medio vestri
a gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la form
di spiriti ; e Cecco d’ Ascoli contemporaneodi Dante35 diffuse nelle sue opere cosiffatta dottrina. Milton 36 favella di v
nda, terra eminentemente cattolica, non v’è famiglia che non abbia la sua Bauskie, specie di genio tutelare, come i Penati
della Romana e Greca Mitologia. La famiglia dei Lusignuno 37 aveva la sua Meleusina, larva che appariva quantunque volte ad
i mantenne solo torbido e taciturno. Interrogato circa la causa della sua mestizia, rispose prevedere con gli occhi della m
canali le braccia di Ercole che soffoca il gigante, distaccandolo da sua madre. La maggioranza delle tradizioni mitologich
e. La maggioranza delle tradizioni mitologiche ha, come i simboli, la sua origine dalla fantasia inculta degli antichi, i q
zodiacale, additano le dodici fatiche del Dio-Atleta, il quale, alla sua volta, diventa pei Greci un avventuriero, pei Fen
ti un trionfatore, per tutti, un mito divinizzato dall’apoteosi della sua invincibile forza. I Miti dunque, o simboli della
one, traversando l’umanità, ha lasciato impresso qualche tratto della sua particolare fisonomia. Giovan Battisia Vico 47 l
caratteristico aspetio morale e fisico, ossia traverso il velo della sua religione. Codesti cenni debbono, a parer nostro,
bietto materiale che la rappresenta. La giovenca, per esempio, per la sua fecondità raffigurava simbolicamente la Terra ; i
è dotato d’immaginativa e di fervore religioso, tanto più ricca è la sua mitologia. Weber — Compendio di Storia Universal
 Vol. 1. E così che il tempo passa e lavora, nè si stanca mai, è la sua mano che muta e travolge, che solleva e rovescia,
ntemplando L’eternità parea che in me trasfusa Fosse una stilla della sua grandezza. Byron — Caino Atto 3°(Traduz. di A. M
ll’Introduzione della Beatrice Cenci Benchè più non alberghi Nelle sue grotte Apollo, e tu soggiorno Già delle Muse, or
sa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero alle sue parole che confermavano esser quello istrumento d
che confermavano esser quello istrumento disceso dal cielo per opera sua . Si dice esser questo flauto che poi fu celebre s
zza che le fu offerta. Egli derise la Dea, e questa per punirlo della sua oltracotanza lo cangiò in lucertola. Si crede da
he fu divorato dai cavalli di Diomede, che Ercole aveva affidati alla sua custodia, dopo averti derubati a quel re della Tr
sul suo nome, le cui lettere in carattere greco, presa ognuna per la sua cifra, formano in totale il N.° 365 che è quello
casto. — Famoso cacciatore, figlio di Pelia re di Tessaglia. Creteisa sua moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutam
delfini, e fece suo gran sagrificatore Acete per ricompensarlo della sua buona azione. Vi fu anche un altro Acete, figlio
nche un altro Acete, figlio del Sole e di Persa. Egli dette una delle sue figlie in consorte a Pirro. Evandro re d’Italia,
rovincia del Peloponneso, al quale si dà alcuna volta, compreso nella sua totale estensione, il nome di Achaja. Di qua n’è
mbra di un albero, e lo insultarono : Ercole li legò per i piedi alla sua clava, con la testa in giù, e alzatili sulle spal
cheo. — Detto per soprannome Calicone greco che si rese famoso per la sua stupidità. Si racconta di lui che avendo una volt
nito l’acqua ai Titani, quando questi dettero la scalata al cielo. Le sue acque divennero fangose ed amare ed è uno di quei
telliero, che in lingua Egiziana si chiama Caronte, di ricevere nella sua barca le anime dei perduti. Di là la favola di Ca
e vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tenerissima età, lo immers
egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel quale la madre sua lo tenne al momento dell’immersione. Bambino anco
tauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre avendo saputo dall’indovino Calcante, che A
lealtamente sdegnato, dal procedere del Revillano, si rinchiuse nella sua tenda ; e giurò che non avrebbe più combattuto.
(Omero Iliade libro IX) (trad. di V. Monti) Finchè Achille tenne la sua parola ; i Trojani furono sempre vincitori nei di
uo figlio gl’immolò Polissena. Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto di vivere lunghissimi
a proposito di questo famoso eroe della Grecia, che l’opinione della sua invulnerabilità al tallone, non era accettata ai
ifemo che voleva ucciderlo, e fu salvato da Enea che lo accolse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio di Egeo ; dette il suo n
Acilio. 70. Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Galatea, amata dal
l’antichichità, che per la bellissima descrizione che fa Ovidio della sua povertà estrema. Mio nome è Acete, e del popol T
tanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel popolo a farne una delle sue principali divinità. Non minore era la venerazion
flumi avessero la virtù di cancellare tutti i peccati. Sofocle nella sua tragedia Edipo nell’atto V fa dire ad uno dei suo
r prevenire questa disgrazia egli rinchiuse in una torre dî bronzo la sua unica figliuola Danae. Ma Giove che n’era innamor
are ad Argo, quando in una partita di piacero volendo far prova della sua destrezza nel lanciare il disco, che egli aveva i
amente di una giovine a nome Cedippe, la quale non volle ascoltare le sue parole : allora avendo perduta ogni speranza di s
li eroi favolosi si tenessero altamente onorati. Ulisse, con tutta la sua reputazione di saggio, sembra averlo grandemente
ollo ottenne anche dalle Parche che quando Admeto sarebbe vicino alla sua ultima ora, avesse potuto evitare la morte, quant
volte però avesse trovato un altro uomo tanto generoso per morire in sua vece. Admeto attaccato d’una malattia mortale er
olente che Proserpina, commossa dalle lagrime di lui, volle rendergli sua moglie, ma Plutone vi si oppose. Allora Ercole di
uante ne soffrì Admeto, ma gli Dei lo protessero sempre a causa delle sue grandi virtù. 111. Adod. — Era il Giove dei Fenic
ellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re di Cipro con Mirra sua figlia. Si sapea ben per Cipro il folle incesto,
. Aveva un culto truce e disumano perchè si lasciavano bruciare sulle sue are dei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divi
ra anche il nome di un Re dei Dori, che Telemaco uccise a causa della sua perfidia. Adraste craint d’être surpris, fait se
te si spalancò sotto i piedi di Trofonio e lo inghiotti vivo. Dopo la sua morte la credulità popolare ne fece un dio, e gli
role della indovina, e ritornò in patria, ove in effetti fu ucciso da sua moglie Clitennestra, divenuta la druda dell’usurp
o figliuolo Penteo, nella ricorrenza delle feste di quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, ronostante la sua efferatezza in
a delle feste di quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, ronostante la sua efferatezza innalzata agli onori divini sia perch
rile, Ati di cui Agdisto erasi perdutamente invaghito, fu dalla ninfa sua madre inviato alla Corte del re di Pessinunte per
fatto, ottenne da Giove che anche dopo la morte di Ati qualcuna delle sue membra non sarebbe andata soggetta alla corruzion
ara). Minerva allora per punire Aglauro la rese pazzamente gelosa di sua sorella Erse, amata da Mercurio. Un giorno che qu
sei principi, mentre ella non aveva che un solo figlio. Spinta dalla sua cieca passione, ella uccise una notte il suo prop
posò una donna per nome Ifimedia. La favola racconta, che, essendogli sua moglie stata infedele, essa fe’credere ad Aloo su
mentre lo erano di Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea consentito la sua persona. 219. Aixa, isola del mare Egeo, seminata
ce da Nettuno suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flotta era uscito dal porto per ritornare in patr
re Ulisse. ….. e delle prede Sul misto ancora ed indiviso armento La sua furia devolsi, ond’egli in mezzo Vi si gettando,
ssò, bovi ed agnelli insieme, Quanti ancor vivi rimanean, legati Alla sua tenda strascinò, non bruti Li credendo, ma Greci 
li imprigionò Teseo, perchè d’accordo con Pirotoo, avea voluto rapire sua figlia Proserpina. Plutone era anch’egli sopranno
eto re di Tessaglia. Questo principe essendo pericolosamente infermo, sua moglie consultò l’oracolo, il quale rispose che A
l quale rispose che Admeto morrebbe, se altri non si fosse offerto in sua vece. Nessuno essendosi presentato all’appello fa
di lui i doveri dell’ospitalità. Ercole allora per testimoniargli la sua riconoscenza intraprese di combattere la morte, d
al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto di una sua tragedia la tradizione mitologica di Alceste, tra
padre, e carca D’anni la madre, se al morir propensi Fossero in vece sua  : solu ei trovava Presta a lasciare in eterno la
lu ei trovava Presta a lasciare in eterno la luce Del di per esso, la sua moglie Alceste. Euripide, Alceste Tragedie Atto
cuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone fece dono di una
i farsi da questa restituire la collana per farne presente alla nuova sua sposa, Fegeo ed Arfinoe furono fortemente sdegnat
rcole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi di freccia. Le sette figli
osi del culto con cui veniva onorato Bacco lavorò, e fece lavorare le sue sorelle e le schiave alla tessitura della lana, d
sarebbe stato Ercole. Giunone che avea giurato di perseguitare della sua gelosa vendetta i frutti dell’adultero amore di s
anta Nereidi, quasi avesse cura del mare e facesse di questo elemento sua delizia ed amore. 287. Aliteo o Aliterio. — Giove
gni mese essi crescevano di nove pollici, e non potendo a causa della sua estrema vecchiezza, andare egli stesso alla guerr
Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella di Ossilo. Ateneo, nelle sue opere, dice che essa fu madre di otto figliuole n
ita venir meno. L’arbore, ch’era verde, si fa smorta, Ed ogni spoglia sua rende al terreno : Le ninfe della selva abitatric
le in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia
nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia, con la virtù di produrre tutto quanto e
vare e mantenere i profumi di cui si serviva abitualmente il re, e la sua famiglia. Avendo un giorno rotto un recipiente ch
olò per disperazione vedendo che non avea potuto impedire le nozze di sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Ve
a voluto dare un’idea della natura e del gusto dell’ambrosia. Ecco le sue parole testualmente tradotte : « L’Ambrosia è nov
che sposò Mirra e ne ebbe un figliuolo per nome Adone, famoso per la sua bellezza. Essendosi un giorno Cinira addormentato
di quante avea detto Mirra, e sdegnato la maledisse e la cacciò dalla sua casa insieme al figlio ed al marito. Mirra col pi
e della Dea della povertà, e gli dà il nome di Poro. Amore insieme a sua madre Venere, dea della bellezza, ha avuto un cul
arte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la quale fu insieme a sua sorella Melibea, risparmiata da Latona, quando qu
fosse riposata Cerere, dopo la lunga corsa ch’ella fece per ritrovare sua figlia Proserpina, rapita da Plutone. Le donne di
nto da Apelle, nel quale la Dea veniva rappresentata al momento della sua nascita uscendo dalla spuma del mare. 364. Anagog
fiume nel quale la ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiungere le sue acque. Sbocca nel porto di Siracusa. 369. Anassag
avendo Giove scagliato il fulmine contro Anassagora per punirlo della sua miscredenza, Pericle lo avesse salvato facendo ch
suo, ma la fiera giovanetta lo respinse crudelmente cacciandolo dalla sua presenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolore,
resenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolore, e Anaxarete spinse la sua crudeltà, fino a voler vedere la pompa funebre de
che fece parte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle sue schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più
schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più bevuto il vino della sua vigna. Anceo derise la predizione e per provare c
to da uno dei suoi ufficiali, che il cignale di Calidone devastava la sua vigna. Anceo allora gittò a terra la sua coppa, a
ale di Calidone devastava la sua vigna. Anceo allora gittò a terra la sua coppa, alla quale non aveva ancora bevuto e corse
. 408. Anfiareo o Anfiaro. — Figlio d’Apollo e d’Ipermestra. Erifile, sua moglie, palesò a Polinice per il dono di una coll
ione. — Figlio di’ Giove e di Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura di quella città. — La favol
valore di Ercole a cui fu d’uopo dare un dio per padre. Seneca nelle sue opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che g
34. Anigero. — Fiume della Tessaglia. La favola racconta che fu nelle sue acque che i centauri, sconfitti da Ercole, andaro
arve in sogno alla sorella, e l’avvisò di quanto si tramava contro la sua vita. Anna, durante la notte, prese la fuga e and
accia di traditore, designandolo come colui che avesse nascosto nella sua casa Ulisse, guerriero greco che assediava Troia.
una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia di sua figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figlie d
morte del padre. Allora, credendosi in sicurtà, volle ritornare nella sua patria, ma Sico, suo zio paterno, la perseguito,
ia, ma Sico, suo zio paterno, la perseguito, e la dette in custodia a sua moglie Darcea, dalla quale Anthiope ebbe a soffri
si Con men superbo ed offuscato sguardo Suo nobil cor, l’alto pensar. sue rare Sublimi doti. ammirator tu padre. Sì, ne sar
figlia Altra, che Antigon’ebbe ? Ella è d’ Edippo Prole. di tu ? ma, sua virtude è ammenda Ampia del non suo fallo — Alfi
di maravigliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così caro che dopo la sua morte lo fece annoverare fra gli dei. 477. Antipa
er nome Antron orace, aveva una vacca bellissima che formava tutta la sua ricchezza. Un indovino predisse a Corace, che col
ul monte Aventino sagrificata a Diana quella vacca, procurerebbe alla sua città natale l’ impero su tutta l’ Italia. Corace
race, spinto d’amor patrio, recossi a Roma per sagrificare a Diana la sua vacca ; ma un ufficiale del re informo Servio Tul
. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla sua patria, per ragioni che la favola non ripete, egl
pio ove dimorava il dio Apis, e permettendo in questi rari periodi la sua vista ai forestieri. Nelle feste e solennità prop
, e preceduto da un numeroso coro di fanciulle, che cantavano inni in sua lode. Ma l’occasione in cui si addimostrava più p
pis, era quando il bue che lo rappresentava doveva morire, essendo la sua vita limitata ad un dato numero di anni, secondo
na. — Fontana in Italia presso la città di Padova. Si attribuiva alle sue acque il potere della divinazione. 499. Aporrina.
gica narra che avendo un’aquila portato a Giove l’ambrosia durante la sua infanzia, il padre degli Dei avesse collocato fra
degli Dei avesse collocato fra gli astri quest’uccello in segno della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne part
ssima tela. La Dea accettò la disfida, ma vedendo che il lavoro della sua rivale, sarebbe riuscito migliore del suo, sdegna
19. Archemore. — Figlio di Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la sua nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta d
a figlia di Licambo, ma questi non curando la data promessa, concesse sua figlia in moglie ad un altro. Allora Archiloco sc
ad un altro. Allora Archiloco scrisse dei versi contro il padre della sua amata, così satiricamente mordaci che Licambo si
prima sentenza dell’ Areopago, fosse contro Cefalo, per avere ucciso sua moglie. Temistocle, accusato di adulterio, fu giu
531. Areotopoto. — Che significa gran bevitore di vino. Ateneo, nelle sue cronache mitologiche, rapporta che nella città di
del suo amore impudico : però Alfeo avendola riconosciuta riprese la sua figura di flume e confuse le sue acque con quelle
feo avendola riconosciuta riprese la sua figura di flume e confuse le sue acque con quelle della fontana Aretusa. Ei cerca
nel proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse, E mescer l’acque sue nel fonte mio : E secondo il pensier si cangia e
d avvalorare questa falsa credenza che Strabono combatte e nega nelle sue opere ; lo stesso Plinio racconta che le acque de
il fiume Alfeo, traversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque, prima di giungere in Sicilia e per consegu
ell’isola di Naxos, dove la sventurata dopo aver pianto amaramente la sua disgrazia, si fece sacerdotessa di Bacco il quale
Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender nel cielo, E l’aurea sua corona al bel crin tolse ; Ed a farla immortal ri
è stessa informa ; E giunta presso a quel che ’l serpe stringe ; Ogni sua gemma in foco si trasforma Un fregio pien di stel
grazia di suonare un’ultima volta il liuto. I marinai aderirono alla sua richiesta e al suono dolcissimo un gran numero di
te contro Aristeo per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madre di Aristeo consigliò il fi gliuolo
che uscisse una quantità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la sua morte fu messo nel numero degli Dei e particolarm
e Ateniese la quale fu cangiata in civetta per aver voluto tradire la sua patria in favore di Ninos per avidità di danaro.
e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la più bella giovanetta della sua città. La tradizione mitologica racconta di lei u
ua città. La tradizione mitologica racconta di lei un truce fatto. La sua fatale bellezzà ispirò un incestuoso amore al pad
ei la lasciò partire col novello sposo. Però ben presto pentito della sua generosità, raggiunse gli sposi, uccise il genero
enerosità, raggiunse gli sposi, uccise il genero e ricondusse in Argo sua figlia per esserne assoluto e solo padrone. Arpal
o e lo apprestò in orribile pasto a Climeneo ; ma non potendo dopo la sua terribile vendetta sopportare l’infame passione c
ido delle onde dell’ Ebro. In mezzo della selva una donzella, Ch’era sua madre, si com’era avanti Che madre fosse, incontr
come figliuolo d’ Osiride e d’ Iside e Dio del silenzio, ond’è che la sua statua viene rappresentata con un dito alla bocca
cise. La favola racconta che Diana non lasciò impunita la morte della sua bellissima ninfa, e che a vendicarla facesse tras
ormenti. 593. Arsace. — Re dei Parti, Ammiano Marcellino narra, nelle sue cronache, che dopo la sua morte fosse annoverato
dei Parti, Ammiano Marcellino narra, nelle sue cronache, che dopo la sua morte fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsino
sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa mori nel fiore della sua giovanezza, e il marito per eternarne nella poste
rzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulina, dalla quale fu ucciso. 601. Arus
figliuoli di Acca Laurenzia, Romolo per attestare il suo affetto alla sua nutrice si offrì ad occupare il posto del morto r
rno ; ciò che fu causa che Proserpina non potette essere restituita a sua madre, quando questa andò a cercarla nei regni de
ngiato nell’inferno. Cerere fu così indegnata contro Ascalafo, per la sua rivelazione, che gli gettò sul volto dell’acqua d
egetonte, e lo cangiò in gufo, uccello che poi Minerva prese sotto la sua protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo g
ndo che riferisce Apuleio nel IV libro dei suoi Fiori, e Plinio nelle sue storie, veniva attribuita ad Asclepiade la scoper
lemo. 633. Astianasse. — Ancella di Elena, la quale fu non meno della sua padrona famosa per la corruzione dei suoi costumi
oglie di Edipo la quale calunniò presso il marito i figli della prima sua moglie, onde metterli in malo aspetto del padre.
ma i delitti degli uomini la costrinsero ben presto a ritornare alla sua luminosa dimora, ed ella andò a collocarsi in que
Astrabaco. — Eroe Greco, che si rese celebre nel Peloponneso. Dopo la sua morte gli vennero innalzati varii monumenti. 652.
la ricevette dalle mani di Meleagro sebbene non fosse ancora divenuta sua moglie. Vi fu anche un’altra Atalanta figlia di S
58. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila sua prima moglie. sposò in seconde nozze Leucotea det
no essa aveva la testa di donna e il rimanente di pesce. Vossio nelle sue opere dice che la parola Atergate significa senza
morire Sangaride ; e allora Ati disperato si lasciò traspotare dalla sua passione fino a recidersi le parti virili e si sa
ola finse che suo padre l’avesse incaricato di reggere il mondo sulle sue spalle. Essendo stato un giorno avvertito dallo o
lopo e d’ Ippodamia. Per vendicarsi della vergognosa tresca che Eropa sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad
ata per sotirarsi allo sdegno del padre suo. Telefo senza riconoscere sua madre ottenne da Tetraso di sposarla ; ma Augea n
decima parte dei suoi bestiami, quando lo avesse aiutato a netture le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettav
neramente Titone figlio di Laomedone, giovane principe celebre per la sua bellezza. Ella lo rapì, lo sposò e ne ebbe un fig
a per lui fu così grande che gli propose di domandarle un pegno della sua tenerezza e ne ottenne una longevità senza eguale
esto però disgustata di lui lo abbandonò per amore di Orione che alla sua volta fu da lei abbandonato per altri. 687. Auson
e bellissima del tempio di Baal in Babilonia, monumento famoso per la sua estrema ricchezza e magnificenza. 716. Baal-Berit
onia. — Antica e grandissima città della Caldea, così chiamata per la sua ampiezza e pel tumulto continuo che l’immenso num
umulto continuo che l’immenso numero de’ suoi abitanti facevano nelle sue mura ; le quali ebbero duecento piedi d’altezza e
lte favelle. A vizio di lussuria fu si rotta, Che libito fè lecito in sua legge, Per torre il biasmo in che era condotta. E
ondotta. Ell’è Semiramis, di cui si legge Che succedette a Nino, e fu sua sposa, Tenne la terra che’ I Soldan corregge. Da
e al divino suo amante di mostrarsi a lei in tutto lo splendore della sua gloria immortale ; ciò che ella ottenne da lui, d
estrasse il piccolo Bacco dalle viscere materne, e lo rinchiuse nella sua coscia diritta, ove lo tenne fino al termine dei
n due ventri crebbe. Giove da sè spiccolla, e ne die cura Ad Ino, una sua zia, che cura n’ebbe, La qual, sebben di Gluno av
amorfosi. Libro III trad. di Dell’ Anguillara. Quando il tempo della sua nascita fu giunto, Bacco fu segretamente consegna
della sua nascita fu giunto, Bacco fu segretamente consegnato ad Ino, sua zia, la quale ne prese cura in compagnia delle ni
nte a vendicarsi delle concubine di suo marito, ma faceva ricadere le sue terribili vendette sui figli che nascevano da que
allora cangiò il suo dolore in venerazione, innalzò degli altari alla sua regina, e le offerì sacrificii allo strepito di t
de ; E mentre il guarda e la cagion ne chiede, L’arbor vede ei che la sua donna asconde : E più ch’un mira e attende al fin
inseguito vennero particolarmente illustrate da M. della Torre, nella sua opera delle Antichità d’Anzio, e poro di poi dal
suo onore. Preto, per non violare il diritto delle genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con una l
ericoli ai quali lo si esponeva per vendetta. Finalmente provatasi la sua innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di L
ilonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio delle sue eroiche azioni e della immeritata persecuzione. 7
uno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendevano gli onori divini alla sua statua, che venne poi adorata anche dai Caldei so
interamente senza rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle sue opere, ne fa una bellissima descrizione. 772. Bel
à dicono che una tale denominazione fosse data a questo dio perchè la sua statua, sempre sanguinosa, era coperta di mosche.
etta Abadir, divorata da Saturno, fosse una di queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra
i perdutamente di Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo alle sue voglie, pianse tanto che fu cangiata in fontana.
Bucorno. Cioè che ha due corna : soprannome che si dà a Bacco per la sua sfrontatezza. La luna veniva anch’essa detta bico
i dipingono Borea con le ali ai piedi ed alle spalle per mostrare, la sua leggerezza e con la figura di un uomo giovane avv
fu la più celebrata fra le sacerdotesse di questo tempio, ove dopo la sua morte, le furono resi gli onori divini. 822. Brau
da o Brasida. — Uno dei più valorosi capitani dei Lacedemoni. Dopo la sua morte gli fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli
e derisioni, di cui si vedeva fatto continuo bersaglio, a causa della sua estrema bruttezza, si gettò nel monte Etna. 837.
per tutta la vita l’esempio della castità coniugale. Lattanzio, nelle sue cronache, racconta invece che la moglie di Fauno,
prima statua della Fortuna per gli abitatori di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa menzione come d’un artista di merito
Altri scrittori dicono che Buteo sposasse una donna, la quale, per la sua incomparabile bellezza, fosse soprannominata Vene
ogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il quale aveva rapita sua sorella Melia, nè potendo costringere Apollo a re
, lo uccise a colpi di frecce. 858. Caballina. — Fontana che aveva la sua sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacra
abarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto di sua figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860. aba
e ch’ei fece Del grande armento, ch’egli ebbe vicino : Onde cessar le sue opere biece Sotto la mazza d’Ercole, che forse Gl
on la moglie dal proprio paese, per non assistere alle sciagure della sua famiglia, ma nella fuga furono entrambi cangiati
ta che Apollo fece presente Mercurio quando questi gli ebbe donata la sua lira. Un giorno Mercurio trovò sul monte Citerone
terone due serpenti che combattevano fra loro, e gettò fra di essi la sua verga per separarli. Le due serpi si attorcigliar
un arco. Mercurio volle in segno di pace portar sempre a quel modo la sua baccchetta, all’estremità della quale mise due al
oade, re di Lenno. Questi eresse gran numero di templi in onore della sua consorte in Pafo, in Amatunta, nell’isola di Cipr
questo tempo, Ulisse fece ritorno in patria, abbandonando Calipso per sua moglie Penelope ; e non curando la promessa d’imm
e rozzo pelo ; Questa, ch’in ogni parte Orsa div enne. L’antica mente sua sola ritenne. Ovidio — Metamor. — Lib. II trad.
ere il rito nuziale. 916. Camena. — Dea dei Romani. S. Agostino nelle sue opere ce la ricorda come la Dea del canto. 917. C
e la Dea del canto. 917. Camene. — Soprannome delle Muse, che trae la sua origine dalla parola cano, io canto. I pagani rit
a indarno. Ed ella di me solo Contenta, intemerata e pura e casta, La sua verginità, l’amor de l’armi Sol’ebbe in cale…… V
o dei Romani e dei Greci. Il re Salomone, per compiacere ad una delle sue concubine, innalzò al Dio Camos un tempio. 925. C
suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di colpa che avvolgeva la sua nascita. Il padre di Canacea, furibondo per l’inf
figlio di Mirso, fu l’ultimo degli Araclidi. Amò così passionatamente sua moglie, e fu così superbo della bellezza di lei,
caratteri più salienti della indole di quel quadrupede. Plinio nelle sue opere, dice che i pagani avevano in gran conto la
da nell’Etiopia, i cui abitatori avevano a re un cane e ritenevano le sue carezze o i suoi latrati, come contrassegni della
e ritenevano le sue carezze o i suoi latrati, come contrassegni della sua benevolenza o della sua coliera. E l’istesso auto
zze o i suoi latrati, come contrassegni della sua benevolenza o della sua coliera. E l’istesso autore ci ripete che, sul mo
l dire di Ovidio, ebbe questo nome dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e spos
itenuto come il più possente degli Dei. Egli però andò debitore della sua rinomanza all’astuzia del sacerdote, il quale ave
io Pane si fosse nascoto sotto la figura di una capra. Erodoto, nelle sue opere, narra che la devozione degli Egiziani per
V. l’articolo precedente. La istituzione di queste cerimonie ebbe la sua origine dalla riconciliazione delle dame romane c
a che esse erano obbligate a dargli al momento di prender posto nella sua barca. Questa credenza degli antichi spiega il co
L’una appresso dell’altra. infin che’l ramo Rende alla terra tutte le sue spoglie ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gitta
Saturno cui sacrificavano i propri figliuoli. Giustino rapporta nelle sue cronache, che trovandosi i Cartaginesi decimati d
 ; ma allorchè il Dio l’ebbe sodisfatta, essa non volle più tenere la sua parola, e Apollo, per vendicarsi, le giurò che no
dicarsi, le giurò che non si sarebbe mai da alcuno prestato fede alle sue predizioni. La vendetta del nume sorti il suo pie
essa toccò come preda di bottino ad Agamennone, al quale predisse che sua moglie Clitennestra lo avrebbe assassinato ; ma i
, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi. Ch
lia. 990. Castalia. — Ninfa, che Apollo cangiò in fontana, dando alle sue acque la virtù di ispirare il genio della poesia,
digi per mezzo dei quali si credeva che egli palesasse agli uomini la sua volontà. 996. Catactoniano. — Nella città di Opun
ontagna della Colchide. La cronaca favolosa narra che sopra una delle sue rocce fu incatenato Prometeo, allorchè Giovelo co
e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio di Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva per lui di una flamma inces
lla Bibli, ardeva per lui di una flamma incestuosa, egli abbandonò la sua patria e andò nella Caria, ove edificò una città.
uminosi ; Lampo dinota le ore del mezzogiorno, quando la luce è nella sua maggior forza ; e finalmente Filogeo ne rappresen
onto, quando il sole abbandona la terra, quasi un amante che lasci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero
del mare Egeo, cosi nomata da Ceo, figlio di Titano, è celebre per la sua fertilità in bachi da seta e in armenti di buoi.
Cecolo. — Figlio di Vulcano e di Prenesta. La tradizione racconta che sua madre, essendo seduta dappresso alla fucina di Vu
ini a fondare un’altra città. Ma come essi non fecero attenzione alle sue parole, non credendolo figlio di Vulcano, egli in
tutti coloro che erano presenti, colpiti di spavento, aderirono alla sua volontà. Altri scrittori dicono che Cecolo, ancor
o. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, il quale avendo lasciata la sua patria andò a stabilirsi nell’ Attica ove sposò A
greco, per essersi stabilito nell’ Attica. 1024. Cecrope. — Trasse la sua origine dall’ Egitto, da cui condusse una colonia
ipulse, giurò di vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procride, sua moglie che egli amava passionatamente. Ritornato
nte. Ritornato in patria, Cefalo, volendo accertarsi della fedeltà di sua moglie, le si presentò sotto un travestimento che
ndosi riconoscere dall’adultera sposa, la rimproverò amaramente della sua infedeltà, e Procride andò a nascondere nei bosch
mente della sua infedeltà, e Procride andò a nascondere nei boschi la sua vergogna, ma fu ben presto raggiunta da suo marit
— Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della morte di sua madre che si recò nella città di Claro onde consu
sapere i mezzi per farla risuscitare ; ma si annegò nella traversata. Sua moglie Alcione ne andò in cerca e saputa la sua m
egò nella traversata. Sua moglie Alcione ne andò in cerca e saputa la sua morte ottenne dagli Dei di essere cangiata, con l
ene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa della sua incredulità V. Celma. Vi
so. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa della sua incredulità V. Celma. Vi fu un altro Celmiso fra
prio padre. 1047. Ceneriso. — Fiume della Jonia. Si credeva che nelle sue acque fosse stata tuffata dalla nutrice la piccol
u cangiato in uccello. Costui nacque in Tessaglia. E giunto all’ età sua più verde e bella, Per nome maschio il nominar Ce
udizio diede. Che per lo troppo peso ch’ei sostenne, Fosse dell’ alma sua l’inferno erede. Mopso il negò, chè quindi alzar
urre nel mondo la diletta Euridice, addormentò Cerbero al suono della sua lira dolcissima. Ercole alla sua volta disceso al
e, addormentò Cerbero al suono della sua lira dolcissima. Ercole alla sua volta disceso all’inferno per liberare Alceste, i
’ Oceano e di Teti. 1059. Cercione. — Famoso ladro. Egli attaccava le sue vittime a due grossi alberi di cui aveva ravvicin
morfosi, Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi di sua figlia Proserpina gliela rapì, e Cerere allora sa
ntrapreso e avendo incontrata la ninfa Aretusa, le dimandò novelle di sua figlia Proserpina. La ninfa le disse che Plutone
rapita. Cerere discese immediatamente all’inferno, ove trovò infatti sua figlia la quale, per altro, si ricusò a seguirla
ati sette granellini, per il chè essa non potette essere restituita a sua madre la quale per vendicarsi contro l’indegno de
di Cerere ordinò che Proserpina avesse passato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con sua marito
ato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con sua marito all’inferno. Cerere aveva diversi templi f
ro che per qualunque ragione avessero turbati i solenni misteri delle sue feste. Veniva rappresentata sotto figura di una d
o giudizio di Paride, Venere dovette togliere alla presenza di lui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incomparabile bell
ui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incomparabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di And
e. 1074. Chariclea e Teagene. — Sono questi i nomi che Eliodoro nelle sue storie dà a due personaggi di sua invenzione, che
no questi i nomi che Eliodoro nelle sue storie dà a due personaggi di sua invenzione, che non vissero mai. Le cronache mito
so di suo padre nell’ingannare tutti. Chione fu così orgogliosa della sua bellezza, che osò vantarsi d’esser più bella di D
da lei si trasformava in cavallo per deludere la gelosa vigilanza di sua moglie Rea ; ed è perciò ch’egli ebbe da Filira u
o aveva fatto immortale. Finalmente gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove egli
nirlo, lo colpì d’una tale ebbrezza che quasi demente fece violenza a sua figlia. Appena compiuto il mostruoso incesto, l’i
a figlia di questo trascinò il padre all’altare, e dopo averlo con le sue mani svenato, si uccise sul corpo di lui. 1091. C
Etna, ove secondo la tradizione, il Dio Vulcano, loro capo, aveva la sua officina. Buon numero di essi erano figli del Cie
Ch’entro si sente. lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le sue fiamme E de le sue fornaci, d’ Etna in guisa Into
lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le sue fiamme E de le sue fornaci, d’ Etna in guisa Intonar s’ode ed anelar
o. — Figlio di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli valse il soprannome di serpente. 1102.
antico degli Dei. Fu detronizzato da suo figlio Saturno, che regnò in sua vece. 1104. Cigno o Cieno. — Uccello consagrato a
sagrato ad Apollo, come Dio della musica ; ed a Venere, a causa della sua voluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza dell
a causa della sua voluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle sue penne. Il carro di questa Dea veniva sovente tira
to da fraterna amicizia a Fetonte, tantochè quando quegli morì per la sua famosa caduta. Cigno abbandonò i suoi stati e rec
e radendo la terra, e facesse dell’elemento più contrario al fuoco la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di N
chille rimanendo esente da ogni ferita. Achille allora vedendo che le sue armi erano impotenti contro il suo nemico, gli si
mo tempo che l’eroe vincitore si accingeva a spogliare il vinto delle sue armi, il corpo di Cigno disparve avendolo suo pad
Aristeo. 1116. Cimodocea. — Ninfa che predisse ad Enea l’evento della sua flotta. Fu una di coloro che si presentarono a Ci
da. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia di Giove. Dopo la sua morte fu cangiata in astro. 1130. Cinosarge. — So
i V. Monti. A dire di Luciano nelle opere, Mercurio rubò a Venere la sua cintura, e da quel giorno il suo discorso ebbe gl
o, che essa amava, preferita quella ninfa. Circe accolse Ulisse nella sua isola, e per ritenerlo presso di se, cangiò tutti
e non volle gustare, e potè così dopo qualche tempo far ritorno nella sua patria. ………. la Deessa udiro Dai ben torti capei
0. Cladeo. — Uno degli eroi della Grecia. Pausania ripete che dopo la sua morte gli furono tributati gli onori eroici. 1161
tù di lei. La tradizione favolosa narra, che Claudia, per mezzo della sua cintura, avesse tirato a terra il vascello sul qu
e gli scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il quale, in tutte le sue imprese, si servì sempre della clava. La cronaca
ch’egli avesse esistito prima della creazione del mondo, e che dalla sua bocca fosse uscito il primo uovo, che dette poi v
come pessimo presagio, se avessero ricusato di cibarsi. Tazio, nelle sue opere, dice che gli Egiziani ponevano l’immagine
Cocito. — Fiume dell’inferno che circonda il Tartaro e arricchisce le sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito e
lo, sotto le sembianze di una colomba. Silvio Italico, rapporta nelle sue opere, che due colombe si fossero fermate sulla c
selva di Dodona, interrogate da Ercole, gli svelarono il limite della sua vita. 1221.Colonne d’Ercole. — La tradizione mito
d’Ercole. — La tradizione mitologica ricorda che Ercole, seguendo le sue imprese, si fosse internato fino alla città di Ga
due colonne, per contrasegnare ai posteri il luogo ove ebbero fine le sue conquiste. Al dire di Strabone, queste colonne co
ne è che codesta statua fosse alta settanta cubiti. Solo Festo, nelle sue cronache, ne fissa l’altezza a centocinque piedi.
ale, secondo asserisce Plinio, fu abbattuto cinquantasei anni dopo la sua costruzione, finchè sotto il regno di Vespasiano,
mpio consacrato a Vulcano, varie statue rappresentanti sè stesso e la sua famiglia, l’altezza delle quali giungeva a trenta
tura ; veniva dato codesto soprannome ad Apollo per la bellezza della sua chioma. Al dire di Ateneo si celebrava in Grecia
ore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono gli onori divini. 1234.Con
saputo essere Oreste reo di parricidio, non volle più ammetterlo alla sua tavola ; ma ordinò fosse servito nella sua reggia
volle più ammetterlo alla sua tavola ; ma ordinò fosse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa di forma e di
 Figlio di Midionea cui Priamo, re di Troja, aveva promesso in moglie sua figlia Cassandra. Essendo andato a soccorrere i T
n una caverna del monte Parnaso, conosciuta sotto l’istesso nome : le sue compagne furono dette Coricle. 1257. Corifea. — S
il parere di Eschilo, così avea nome quella furia che da parte delle sue compagne espose l’accusa terribile dell’Eumenidi
1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properzio s’invocava Bacco per le sue corna, dimandandogli una lunga vita, onde poter c
r le sue corna, dimandandogli una lunga vita, onde poter celebrare la sua virtù. 1266. Corno dell’abbondanza. — Era sevente
il quale lo nomò Esculapio. Apollo si penti ben presto della crudele sua vendetta, e per punire il corvo che gli aveva den
ommedia ove sferzava mordacemente i cattivi costumi di Alcibiade e la sua iniziazione agli avergognati misteri di Cotitto,
di Pasifae. Avendo consultato l’oracolo per conoscere i destini della sua vita, ne ebbe in risposta che sarebbe stato uccis
ra che minacciava suo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle sue sorelle, che Mercuri
prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle sue sorelle, che Mercurio avea deflorata, e dopo aver
particolarmente adorata nell’isola. 1291. Cretheo. — Figlio di Eolo. Sua moglie Demodice accusò falsamente un giovane chia
dei Greci. Si riteneva come l’inventore dell’amo per pescare. Dopo la sua morte ebbe gli onori divini. 1298. Crinifo. — Pri
rtivamente su di una barca, e per non esporla alla triste sorte delle sue campagne, l’abbandonò alla fortuna delle onde. Sp
cui il mostro doveva rimanere nella contrada, Crinifo andò a cercare sua figlia, e approdò in Sicilia ; ma non avendo potu
se ancora tanto tempo da poter palesare la verità, ed impedire che la sua morte fosse imputata ai due suoi fratelli. Ippoda
ua morte fosse imputata ai due suoi fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli speranze, si dette di sua mano la morte.
i fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli speranze, si dette di sua mano la morte. 1308. Crisomattone. — Con questo n
eso le forme di quest’uccello onde riacquistare le grazie di Giunone, sua moglie. Quest’uccello era particolarmente consacr
animale. …… Questi di Cigno Era figliuolo, onde ne l’elmo avea De le sue penne un candido cimiero In memoria del padre, e
0. Damaste. — Soprannominato Procuste : famoso gigante celebre per la sua crudeltà. Egli deve il suo soprannome, che signif
rio destino, ne ebbe in risposta ch’egli sarebbe ucciso dal figlio di sua figlia. Allora per togliere Danae alla conoscenza
e sottrarsi così al fato che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere sua figlia in una torre di bronzo ; ma Giove, innamor
vella. Il padre per lo ben, che le volea. Saper cercò il destin della sua stella ; Ma il decreto fatal tanto gli spiacque,
sato dall’oracolo ch’egli sarebbe stato detronizzato dai mariti delle sue figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro uomi
lo di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato della morte di sua figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. Apoll
tta la cera. Il figliuolo promise al padre di seguire strettamente le sue istruzioni, ma appena essi furono nello spazio, i
dichiarazione di guerra, se non avesse consegnato vivo o morte, nelle sue mani, il fuggitivo. All’amata Sicilla alfin arri
ando altrove ; Che quivi appresso al re talmente è viva La fama delle sue stupende prove, E con tal premio Cocalo il ritien
ini, i Fauni, le Ninfe e le Muse. Dei del mare. L’Oceano e Teti sua consorte ; Nettuno e Anfitrite ; Eolo, dio dei ve
a di Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per riguadagnarsi le sue buone grazie. Deifobo. di Priamo il gran figlio,
. Cicerone dice ch’egli non intraprendeva la più piccola azione della sua vita, senza aver consultato gli Aruspici. Un gior
ia che lo ferì mortalmente. Nesso, sentendosi vicino a morte, donò la sua camicia intrisa di sangue a Dejanira, dicendole e
nte, Può dare al morto amor, forza e restauro. Già molto prima ad una sua servente L’avea fatta adornar di seta e d’auro. I
del suo gregge, nelle circonstanza del monte Parnaso, s’avvide che le sue capre, avvicinandosi ad una caverna, gittavano un
ione, epoca in cui Apollo, essendo venuto sul Parnaso, rincinto della sua luce immortale, bello della sua eterna giovanezza
do venuto sul Parnaso, rincinto della sua luce immortale, bello della sua eterna giovanezza, e con una lira d’oronella mano
adizione mitologica ripete che dopo dieci anni, egli riacquistasse la sua primitiva forma di uomo, e che fosse vincitore ai
re sempre lo stesso prezzo per gli ultimi, e minacciando il re per la sua incredulità. Tarquinio allora colpito dalla perse
o benignamente dà Licurgo, redi quella contrada, che gli fece sposare sua figlia Fillide. — V. Fillide. 1412. Demofuonte — 
e di spirito familgliare, i cui avvertimenti lo guidavano in tutte le sue azioni. 1416. Dendroforia. — Si dava codesto nome
e fu poi la famosa Semiramide, regina di Babilonia, la quale annoverò sua madre fra le divinità, e le consacrò un tempio. 1
olendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra, sua moglie, furono i soli esseri umani che per la lor
lei così tenace che cangiò Atteone in cervo per averla sorpresa colle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana
numeroso corteo di ninfe e pretendeva che tutte serbassero la stessa sua castità. Dammi, padre, dicea, ch’io serbi eterne
imione, bellissimo della persona, e che la notte lasciasse sovente la sua dimora celeste per visitarlo. Diana passava quasi
pedisco ; si dava codesto soprannome a Mercurio, volendo ricordare le sue priucipali funzioni, d’essere, cioè, il messaggie
stavano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci, e dalla sua più giovane sorella, a nome Anna, parti coi tesor
nata, fa che ella morisse precipitandosi nelle fiamme che ardevano la sua reggia, disperata di vedersi abbandonata da Enea,
ia. Metastasio. — Didon e abband. Atto III — Scena ultima. Dopo la sua morte Didone fu onorata in Cartagine come una dea
a, ritornato in patria, ebbe tanto orrore degli eccessi lussuriosi di sua moglie Egialea, che abbandonò il governo dell’Eti
Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il quale si rese celebre per le sue crudeltà, e per la nessuna reverenza che egli ebb
e confusa con Diana. La tradizione mitologica racconta di lei, che la sua non comune bellezza avesse ispirata a Minosse, re
l’origine dell’oracolo di Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue figliuole per nome Teba, di due meravigliose colo
olontà di Giove, che in quel luogo sorgesse un oracolo. Erodoto nelle sue opere spiega codesta favola, dicendo che alcuni m
he avendo venduta una di esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua dimora nella selva di Dodona, ove fece costruire
oris amara. Dori fu anche il nome di una delle Nereidi, così detta da sua madre. 1500. Dori. — V. Dorea. 1501. Dorielio. — 
ta che Medea, furibonda per l’abbandono di Giasone, fosse corsa sulle sue tracce, montata su di un carro tirato da due di q
fuggitivi, depredava l’isola di Scio. Gli abitanti misero a prezzo la sua testa, e la cronaca racconta che egli stesso, sta
zzo la sua testa, e la cronaca racconta che egli stesso, stanco della sua vita di delitto, persuase il più povero dei suoi
albero. La disgraziata ebbe appena il tempo di porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il quale, senza di ciò,
na, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti gli abitanti
impose il nome di Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che alla sua morte Plutone lo associò a Minosse ed a Rodomonte
il bel corporeo velo ; Dall’aura la gonnella alzata e vinta Mostrò le sue vergogne a tutto il cielo ; E dell’alme che stan
nato contro i suoi concittadini, perchè questi non avevano onorato la sua vittoria con un monumento, imprecò contro di essi
lcro di Ebota, e poi coloro che riuscivano vincitori, incoronavano la sua statua d’una ghirlanda di flori. 1528. Ecaerga. —
n Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la quale fu celebre per la sua grande statura. È detto anche che Cerere, quando
la sua grande statura. È detto anche che Cerere, quando Plutone rapì sua figlia Proserpina, avesse inviata sua sorella Eca
che Cerere, quando Plutone rapì sua figlia Proserpina, avesse inviata sua sorella Ecate sulla terra, onde far ricerca della
era detta Ecate, come la dea che presiedeva alla morte. Esiodo, nelle sue cronache dell’antichità, ci presenta Ecate come u
dell’antichità, ci presenta Ecate come una dea terribile che ba nelle sue mani il destino degli uomini e degli dei ; quello
e il termine d’una publica calamità. Diogene Laerzio, riferisce nelle sue cronache, che Pitagora ovesse offerto agli dei un
Pausania, che certo Aristomene di Corinto, avendo ucciso in guerra di sua mano trecento nemici, avesse offerto ai celesti t
i Tunchino e nella Persia, secondo che riferisce il Taverniere, nelle sue relazioni di viaggi e scoperte, ove si crede che
e con ogni specie di strumenti, per obbligare il mostro a lasciare la sua preda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig
eda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella sua relazione di viaggio nell’Indie orientali. Il cer
ato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito di sua moglie, Giunone, saputo l’inganno, condannò Eco a
, che essa aveva veduto, quando era regina, implorare a suoi piedi la sua protezione, ond’essere salvato dai guerrieri Troj
tarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba di sua propria mano uccideva i due figliuoli di lui. Per
el re Polibio, volle consultare l’oracolo per conoscere qual fosse la sua sorte, e avendogli l’oracolo predette le stesse s
po si esiliò volontariamente da Corinto, credendo di lasciare così la sua patria. Giunto nella Focide, ebbe querela con uno
to il fanciullo a Polibio, venne a Tebe, lo riconobbe e gli palesò la sua vera nascita. Edipo per disperazione si acciecò,
nascita. Edipo per disperazione si acciecò, e fuggi per sempre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e
dizione favolosa racconta che essendo Edo gelosa di vedere che Niobe, sua cognata, aveva una numerosa famiglia, mentre essa
della trista sorte del padre, corse vicino a lui per consolarlo colle sue filiali carezze ; ma quest’atto di pietà le fu im
lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto delle sue mura, si contavano 227 colonne, innalzatevi da al
ettanti sovrani, e che erano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli prez
offerte ed olocausti, e dedicato per fino un oracolo. Luciano, nelle sue opere, asserisce che lo stesso Alessandro fu uno
in queste tre città ella servì di guida conduttrice a Cromio ed alla sua colonia. 1574. Egenete. — Ossia quotidianamente r
per qualche tempo nella corte di Pitteo, re di Trezene, famoso per la sua saggezza. Pitteo lo accolse regalmente, e una ser
o banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare nella sua camera la figlia Etra, giovanetta di rara bellezz
n Grecia il culto di Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla sua brama di aver figliuoli. 1576. Egeone. — Conosciu
alla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio, gli rese la sua amicizia, dimenticando la parte più che attiva ch
l gran sacerdote, o pontefice, rivestito di tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano quindi la fossa con una tavol
madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo di sua figlia, si dette a cercarla premurosamente, e sap
Giove scagliò i suoi fulmini e costrinse l’ Asopo a risalire verso la sua sorgente ; e per sottrarre Egina alla paterna ven
e l’offesa che gli aveva fatta l’amico, fece in maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento di ci
to il fratello Oreste, allora fanciullo ancor di due lustri, che alla sua volta, ritornato adulto in Micene, uccise l’usurp
rtato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno di Clitennestra sua madre. Noi sotto Troja travagliando in armi, Pas
a ricca Micene il fren ritenne, Ma l’ottavo anno ritornò d’Atene, Per sua sciagura, il pari ai numi Oreste, Che il perfido
sero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più c
ome alla contrada di cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più celebri delle quali furono Ger
tempio a Giunone in ringraziamento di non averla trovata ostile alla sua vendetta ; e le avesse sacrificato una Capra ; da
come simbolo dell’eternità, a cagione della lunghissima durata della sua vita. Nei misteri di Bacco erano sovente adoperat
reatura, la rapì un giorno che essa insieme, ad altre fanciulle della sua età, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta
dal nuocere ad Elena accrebbero invece la già famosa rinomanza della sua divina bellezza, e tanto che ben quaranta fra i p
ben quaranta fra i più rinomati principi della Grecia, dimandarono la sua mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote di Atre
nte strozzare, facendole così scontare gl’innumerevoli mali di cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi costumi er
va la terza colonna delle schiere Priamee, il giorno in cui uccise di sua propria mano Deiporo. Grande e battuta su le tra
utta Troja, se non avessero prima indotto Filottete ad abbandonare la sua isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce
Caro. Eleno regnò molti anni su quella contrada, e al momento della sua morte istituì erede il figlio di Pirro, per nome
I. Scena II All’epoca in cui Agamennone fu trucidato da Clitennestra sua moglie, per istigazione dell’ usurpatore Egisto,
della vita per compiere questa impresa, e tanto che la notizia della sua morte si sparse rapidamente per l’ Argolide. Elet
eneralizzato è il primo, seguendo il quale Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfim
Apollo, che Minerva, dea della saggezza, aveva risoluto di fissare la sua dimora fra quel popolo che prima di ogni altro le
egli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninfa, figlia di Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura dell’infanzia di Giove, q
e vide in sogno il figliuolo che la confortò a non affliggersi della sua morte, giacchè egli era stato trasportato in ciel
l’oracolo di Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sorte delle sue armi. Trajano che non divideva la superstiziosa c
e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli non scrisse nessuna domanda ; m
posta egli ebbe dall’oracolo una vite fatta in pezzi. Macrobio, nelle sue opere, dice che l’evento si avverò in tutta la su
i. Macrobio, nelle sue opere, dice che l’evento si avverò in tutta la sua terribile verità, poichè Trajano fu ucciso in gue
Trajano fu ucciso in guerra, ed in Roma altro non ritornarono che le sue ossa, le quali secondo il suddetto scrittore, era
no, che Saturno era il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli ero
agnata, l’abbandonò per modo che affogò miseramente, rendendo, con la sua morte, celebre quel tratto di mare, che da lei fu
alla maga Circe, cangiato in majale. Avendo riacquistata la primitiva sua forma, egli corse con tanta velocità, onde raggiu
. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto la
to la strana denominazione di Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle sue cronache, e con lui varii altri scrittori dell’an
ergere il suo braccio nella gola dell’animale, liberandolo così dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in ren
oce e sanguinario egli trucidava tutti i viandanti che cadevano nelle sue mani. Ercole lo uccise e le contrade da lui liber
vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale con sua moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi adora
ele animo del re, si recò sul luogo del supplizio, e quivi vedendo la sua amata Antigone sospesa al nodo che essa stessa av
o speco Lei veggiam d’un capestro al collo attorto Pendere, e lui fra sue braccia serrarla, E plorarne la morte, e le tradi
Presso all’estinta ei per tal guisa estinto, Sceso è nell’Orco a far sue nozze ; all’uomo Insegnando cosi, quanto per l’uo
dal suo cratere, torrenti di lava devastatrice. Vincenzo Monti nelle sue magnifiche ottave della Musogonia, ove dipinge la
sposò una delle cinquanta Danaidi la quale, a somiglianza delle altre sue sorelle, uccise il proprio marito la prima notte
one e di Teleo. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote di Giove il quale, avendolo
cinque anni fu allevato dalle Driadi, ninfe alla cui custodia la dea sua madre lo aveva affidato. Ricondotto a Dardano nel
Chirone, il quale sviluppò in lui i buoni germi della semi-celestiale sua origine ; e lo addestrò in tutti quegli esercizii
ò Enea nè meno ardimentoso, nè meno prode degli altri guerrieri della sua parte ; e ben presto egli fu ritenuto nelle file
Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee greche, Enea uccise di sua mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a piega
d Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di sua mano Jaso e Medone. ….. e tali allor dall’asta D
estremamente utile, e potè all’ombra di questa, compiere le valorose sue gesta senza aver mai nulla a soffrire, poichè tut
ne uscì la notte stessa con tutti quei Trojani che vollero seguire le sue sorti, fuggendo per una porta segreta portando su
entaneamente in una caverna del monte Ida. In questa occas one Creusa sua moglie disperse le tracce del consorte Enea, il q
.. e via più bello. Ma di beltà feroce e graziosa Le giva Enea con la sua schiera a lato. Qual se ne va da Licia e da le ri
inalmente l’àncora sul lido Campano, ove ebbe il dolore di perdere la sua tida nutrice Cajeta e il suo fedel seguace Miseno
e liete accoglienze, ed avendogli in prosieguo di tempo fatta sposare sua figlia Lavinia lo dichiarò suo successore al tron
cessore al trono. Sola d’un sangue tal, d’un tanto regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di b
ale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la sua moglie. ed ella concepette e partori Henoc. Poi e
ì aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle cangiata in colomba. V. Anio. 1689. E
l resistergli, si abbandonò alle voglie di lui, che per mostrar le la sua gratitudine le concesse una larga cognizione dell
rovare Enone sul monte Ida, ma questa per vendicarsi lo scacciò dalla sua presenza. Però essendone perdutamente innammorata
ch’egli aveva da più tempo rinunciato ai violenti esercizii dell’arte sua , allorchè la tracotanza di Darete, lo indusse a s
ca creduta dagli abitanti dell’isola di Rodi, che cioè, Elena dopo la sua morte fosse stata sospesa ad un albero, i Rodiani
canie, dette poi dal suo nome, Eolie di cui Lipara, la principale, fu sua abitual residenza. Eolo esperto nell’arte del nav
mitologia, come quella in cui Vulcano, dio del fuoco, avesse posto la sua fucina. Per questa ragione le isole chiamate oggi
Giunone sotto il nome di Egofora, per non averla trovata ostile alla sua vendetta. V. Egofora. Ed un altro a Minerva sotto
denominazione di Epei. Etolo, indifferente alla perdita, restò nella sua patria ; ma Peone inconsolabile della sconfitta,
e frate’o di Gea. Egli in seguito fu chiamato Urano, ossia il cielo e sua sorella Gea, fu detta Rea ossia la terra. Con que
ai tempi di Solone. La cronaca mitologica racconta di lui, che nella sua gioventù avendolo suo padre posto a custodire la
io di cinquantasette anni. Destato da un forte strepito egli cercò la sua mandra ma non avendola rinvenuta s’incaminò alla
te sorpreso di trovar tutto cangiato, rinvenne dopo molte ricerche la sua casa, ma appena picchiò all’uscio, da persone a l
ochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale Epimenide raccontò la sua storia. Ben presto la fama se ne sparse per tutta
orto in seguito delle ferite fattegli da Nitteo stesso, il quale alla sua volta mori vittima dei colpi ricevuti da Epopeo,
bbricò inoltre un tempio a Minerva per la quale egli ebbe in tutta la sua vita una particolare divozione. La tradizione fav
ilo, nativo dell’Etolia, il quale era guercio d’un occhio e faceva la sua strada montato su di un cavallo. Essi, allora, ri
eristico fondamento. L’Ercole greco non à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e
Beozia, Ercole è il tipo perfetto di un eroe benefico che consacra la sua vita al bene dell’umanità ; e in pari tempo il pi
tato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua audacia fino a disfidare gli dei, alla volontà de
, alla volontà dei quali per altro egli si sottopone durante tutta la sua vita. L’odio di Giunone, suscitandogli delle inte
e allora pacificata, non si cura più dell’eroe, il quale lasciando la sua spoglia mortale, che va ad abitare i regni di Plu
to figlio…. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insieme ad Ificlo di cui
zia di Ercole che questi sarebbe annoverato fra gli immortali dopo la sua morte. Ma la gelosa Giunone desiderando la morte
isica, straordinariamente sviluppata fino dalle fasce. Pindaro, nelle sue opere, ci mostra l’indovino Tiresia, il quale all
cole fu allevato nella città di Tebe, e Diodoro racconta, che Alcmena sua madre, spaventata dalgeloso furore di Giunone, av
Lino nelle scienze ; e finalmente Radamanto e Chirone completarono la sua educazione. … Il vecchio Lino figlio D’Apollo, i
re il tributo imposto a quella città. Egli dopo averli battuti con la sua clava, ne fece alcuni prigionieri e dopo aver lor
l suo valore, la mano di Megara figlia di Creonte. Diodoro dice nelle sue opere, che Ercole riuscisse vincitore in questa b
di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli, con la sua forza soprannaturale, aveva fatto cadere sulle ri
più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che egli eseguisse le sue celebri dodici fatiche, e che in premio di esse,
tificazione dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella sua qualità di Dio-Sole, passa per i dodici segni del
i quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio e nella sua forza soprannaturale, Ercole affronta la durezza
Nemea. All’altra mano un baston saldo avea Di frondoso olcastro, con sua scorza. Di non vulgar misura, che alle falde Del
tolta dal suo valore all’ucciso nemico. …. e alle mie membra avvolsi Sua pelle per riparo incontro a Marte Lacerator de’ c
to, sono i primi a rappresentarlo in tal modo. Seguendo Apollonio, la sua clava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; se
sse preso radici, e avesse poi fatto l’albero da cui Ercole taglïo la sua terribile clava. Ci faremo ora, seguendo la più g
roe l’allegorica grandezza del mito, racchiuso sotto il simbolo della sua forza soprannaturale. Il primo comando che Eurist
risteo gli impose di rimanere fuori le mura, essendo spaventato della sua forza. Dopo questa impresa, Ercole combattè contr
vo ne venne ad Ercole, poichè a contare dall’uccisione del mostro, le sue frecce ebbero la terribile facoltà di fare delle
Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorno, segnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo scopo,
trò nella inaccessabile caverna del masnadiere, e lo strangolò fra le sue braccia V. Caco. …… Ei che nè fuga Aveva nè sche
o. …… Ei che nè fuga Aveva nè schermo al suo periglio altronde Da le sue fauci meraviglia a dirlo ! Vapori e nubi a vomita
he’l vaporava indarno, S’addusse, e lo ghermi, gli fece un nodo De le sue braccia, e si la gola e’l fianco Gli strinse, che
o ad Euritia egli s’impadronì degli armenti di Gerione, li mise nella sua barca e ritornato a Tartessia, offrit un olocaust
togliendogli così lo strano privilegio che a lui accordava la Terra, sua madre, cioè, di raddoppiargli le forze, ogni volt
li discese all’inferno, ove incatenò Cerbero V. Cerbero. Terminate le sue dodici colossali fatiche, Ercole ritornò a Tebe o
Ercole ritornò a Tebe ove fece sposare Megara a Iolase, ritenendo la sua primitiva unione con quella come disapprovata dag
il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano di sua figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, insieme
Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re gli ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro,
oracolo novellamente interrogato, rispose che Ercole guarirebbe dalla sua malattia, allorchè sarebbe venduto come uno scbia
ice che l’eroe fu venduto per comando dell’oracolo di Giove, e che la sua schiavitù non durò più di un anno. Comunque ciò s
non molto antiche rapportate da Apollodoro e da Apollonio. Durante la sua schiavitù, Ercole sconfisse ed incatenò i Cercopi
a in Tessaglia, e che il fratello di lui, Diceo, avesse fatto sposare sua figlia all’eroe. La giovane sposa morì poco tempo
temendo di maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed allora in sua vece fu eletto Giasone. Ercole fu aiutato dagli A
gli fosse giunto in Colchide per un cammino sconosciuto. Terminata la sua schiavitù e guarito della sua malattia, Ercole in
er un cammino sconosciuto. Terminata la sua schiavitù e guarito della sua malattia, Ercole intraprese una spedizione contro
hi olimpici, ed innalzò dodici altari in onore di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ciò, fu la presa di Pilo,
rto che Amintore fosse ucciso da Ercole per avergli negato la mano di sua figlia Astidamia. Seguendo le cronache di Apollod
: e delle cento D’ogni sorta colà vittime addotte. Primizia eletta di sue prede immola Dodici egregi tauri. E pria tranquil
netro pruriginoso ardore. Ond’ei, poi che dell’idra il fatal tosco Le sue carni pascea. lo sventurato Lica, non rea del fal
arsi di dosso il fatale tessuto, il quale si era come incollato sulle sue carni, per modo che ad ogni sforzo che Ercole fac
obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’era rivolto nelle sue più crudeli sofferenze. Non vi fu alcuno che aves
replicati scrosci di fulmine, per comando dl Giove stesso. E come la sua invitta e nobite alma Scarca sarà dal suo mortal
do la quale Ercole sottomesso alla legge della mortalità, prima della sua apoteosi, sarebbe stato richiamato in vita odoran
e fanno continua allusione, ai principali fatti da lui compiuti nella sua eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, all
ai principali fatti da lui compiuti nella sua eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, alla sua voracità, alla sua nas
compiuti nella sua eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, alla sua voracità, alla sua nascita quasi divina, o a qual
eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, alla sua voracità, alla sua nascita quasi divina, o a qualcheduna delle singo
figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’oggetto delle sue più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi dato
egualmente nell’infanzia del figlio d’Alemena, e nello sviluppo della sua maschile maturità. Le statue che si trovano nelle
trangola i draghi mandati dalla gelosia di Giunone a farlo morire. Le sue membra sono vigorose ; i capelli crespi e foltiss
suo collo corto e muscoloso : i suoi tratti esprimono la temerità, la sua fronte la conoscenza della sua forza indomabile,
suoi tratti esprimono la temerità, la sua fronte la conoscenza della sua forza indomabile, tutto in lui annunzia infine l’
numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella sua comcompleta maturità mas
, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella sua comcompleta maturità maschile. Ordinariamente egl
tà maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La testa e gli oc
mente sotto il nome d’Ercole Farnese, ce lo presenta appoggiato sulla sua clava, avente nell’altra mano i famosi pomi delle
ia mano. Eretteo per ubbidire all’oracolo sagrificò la maggiore delle sue figliuole per nome Ottonea, e le altre tre manten
ella pugna fossero, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua gli armenti di Gerione. Nel combattimento Erice f
ice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro monta
re cantando una malinconica canzona, in cui rimproverava a Menalca la sua indifferenza crudele. Coll’andar del tempo, quell
ia, in cui era famoso. Venuto per altro in certezza del tradimento di sua moglie, Anfiarao decise di partire per la guerra,
ione ripete di lui uno strano fatto, che egli cioè avesse ricevuta da sua madre tre anime e tre armature, per modo che per
allorquando Cerere andava in cerca, nelle campagne della Sicilia, di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, essa veniss
del promontorio di Giunone, fra Chio ed Eritre. Narra Pausania nelle sue cronache, che quando i due popoli delle suddette
ttà scoprirono la statua, posero in opera tutt’i mezzi ciascuno dalla sua parte per tirarla alla propria spiaggia, ma non r
e di Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’eccidio di tutta la sua famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto re di Atene,
la tradizione mitologica fa figliuolo di Vulcano e di Minerva. La dea sua madre accorgendosi che Erittonio aveva la parte i
amente e volle costringerlo a vivere con lei. Ermafrodito respinse le sue preghiere, e allora la ninfa si gettò nell’acqua,
i sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva dalla sua tunica senatoria e perchè aveva nella mano destra
tra Ermione che fu figlia della famosa Elena e di Menelao. Fino dalla sua infanzia Ermione fu promessa in moglie ad Oreste,
sposò Oreste portandogli in dote il regno di Sparta. Il Racine, nella sua tragedia Andromaca, ci presenta diversamente Ermi
1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa di Venere che visse molti anni della sua vita a Sesto, città dell’ Ellesponto. Essa fu pas
’Asia. Essendo da imperiose ragioni obbligato Leandro a nascondere la sua fiamma, alla quale i suoi genitori, per antiche i
per antiche inimicizie, non avrebbero mai aderito, egli per vedere la sua amata traversava a nuoto un tratto di mare della
oriose. Erodoto stesso è della medesima opinione, allorchè dice nelle sue cronache dell’antichità che all’ Ercole greco fig
a nel seno quando andò ad interrogarla. Erofila passò una parte della sua vita a Claro, quindi andò a Delo poi a Samo e a D
tre ella usciva dal tempio di Minerva, la dimandò in moglie al padre. Sua sorella Aglaura ingelosita della sorte di Erse, v
nto della sorella, ma il dio, avendo cercato invano di piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con
stata oscurata dal veleno dell’invidia e della gelosia. Erse dopo la sua morte ebbe in Atene un tempio ove le venivano tri
quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di lei, la prescelse come sua sposa e n’ebbe un figlio che poi fu chiamato Aoll
be da questa seconda moglie, sarebbe stato cagione della rovina della sua patria e della sua reale famiglia. Esaco tolse in
a moglie, sarebbe stato cagione della rovina della sua patria e della sua reale famiglia. Esaco tolse in moglie la ninfa St
enticarono Acheolo ; il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque e trascinò nel mare le incaute ninfe. Nettu
 — Dio della medicina. I cronisti ed i poeti non sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e di Co
contano, invece che Apollo avendo saputo per mezzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Ela
i i più conosciuti sono Macaone, Podeliro, Alexenore, Arato, e fra le sue figlie Igia, Aglae, Iaso e Panacea. Avendo preso
iso dalla folgore che Giove gli lanciò temendo che il progresso della sua arte non giungesse a sottrarre tutti gli uomini a
a custodire gli armenti di Admeto come semplice pastore. Ovidio nelle sue metamorfosi racconta che Esculapio avesse sposato
cconta che Esculapio avesse sposato Lampezia figlia del Sole. Dopo la sua morte Esculapio fu da tutta la Grecia adorato com
i sono trovate buon numero di monete e di pietre su cui è scolpita la sua immagine. Oltre a questo Esculapio ve n’era un’al
me di Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio Massimo, nella sua storia romana, e che fu portato in Roma nell’anno
nella sua storia romana, e che fu portato in Roma nell’anno 462 della sua fondazione e che era adorato sotto la figura di u
e per mezzo di un simile incantesimo egli avesse saputa l’epoca della sua morte, ciò che per altro non gl’impedì di morire
agione di questo ; e solo aggiunge che avendo Laomedonte mancato alla sua parola, Nettuno mandò un mostro marino che divora
onte di ucdere il mostro. Il principe trasportato di gioja impegnò la sua fede ad Ercole, promettendogli in ricompensa di t
l suo amico Telamone a Troja, onde esigere dal re il compimento della sua parola. Ma il fedifrago principe, per tutta rispo
orni, essendosene impadronito, la mise a sacco ed a fuoco ; uccise di sua mano Laomedonte, e dette Esione stessa in moglie
e quante entran ricchezze In Orcomeno e nell’Egizia Tebe Per le cento sue porte. Omero — Iliade — Libro IX Trad. di V. Mon
in battaglia, ma persino tutt’i prigionieri. Al dire di Luciano nelle sue che dell’antichità, i Galli spingevano la loro ba
la conquista del Vello d’oro, trovando suo padre vecchissimo pregò la sua amante Medea di porre in opera alcuno dei suoi po
Fin quì la tradizione. La storia però, semplificando a contatto della sua imponente severità, qualunque manto di allegoria
ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, che sua moglie pazza di dolore, si fosse appiccata, e che
lle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e figlio di Giapeto. Sua figlia detta da lui Esperide, fu tolta in moglie
ipetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione di sua sorella Camilla, all’epoca del famoso duello dei
ione favolosa, ricorderemo il fatto di Edipo, il quale esiliato della sua patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene,
no dei regni celesti, finchè Giove suo figliuolo, non lo detronizza a sua volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — F
’essere stato Etalide araldo degli Argonauti ; e sugli obblighi della sua carica, che a lui imponevano di essere talora pre
ricusò di cedere il potere al fratello. Polinice allora, deluso nelle sue mire ambiziose, e punto al vivo dalla mala fede f
olide. Egli era di un disinteressamento a tutta prova, e aveva per la sua patria, e per le leggi di questa, una devozione s
a terra. Volean d’oro gli amici a lui far dono : Ei ricusava, onde in sua liber’alma, Dalle ricchezze soggiogata poi Servil
à. Infatti la Fenice (uccello che si rinnova sempre, rinascente dalle sue ceneri) era il simbolo dell’immortalità : l’elefa
onde poter sempre accompagnare suo marito e difenderlo a costo della sua vita. 1854. Etilia. — Una delle molte figliuole d
si trovava, ad approdare fra le isole di Menta e Scio, e persuase le sue compagne ad appiccare il fuoco alle navi greche,
esilao fu obbligato a stabilirsi nel paese ove avea preso terra colle sue prigioniere. Coll’andare del tempo Protesilao fab
Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezene conosciuto per la sua saggezza. Etra fu segretamente, dallo stesso suo
tata ad Egeo che la rese madre di Teseo. Piteo per alcune particolari sue ragioni, delle quali la cronaca non fa parola, du
iava Etra stessa la quale seguitò da quel giorno a rimanere presso la sua padrona, finchè dopo la presa di Troja, riconosci
 : al moti Del pugnar, la celata orrendamente Si squassa intorno alle sue tempie, e Giove Il proteggea dall’alto, e di lui
e di lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome A ricompensa di sua corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad. di V
zò fin sotto le navi dei greci, appiccò a quello il fuoco e uccise di sua mano Patroclo, il compagno d’arme, l’amico, il fr
oiano, e armatosi corse con disperato furore alla pugna. Invano Ecuba sua madre, Andromaca moglie di Ettore, il vecchio re
davere di Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la sua egida di oro, per impedire che Achille, col trasc
elle mura stesse di quella città, che egli aveva difesa a costo della sua vita, fu abbruciato secondo il costume degli anti
di un’altra Eubea, figliuola del fiume Asterione : essa insieme alle sue sorelle Acrea e Posimna, furono fra le nutrici di
s’innammorò così perdutamente di lei, che la rapì e la condusse nella sua patria. Ad ovviare che simili sconci si fossero r
r liberare Oreste dalle furie che lo tormentavano dopo l’uccisione di sua madre Clitennestra, lo avesse consigliato a recar
il più fedele seguace d’Ulisse. Narra la tradizione che Eumeo, nella sua infanzia, fu rubato da alcuni Pirati della Fenici
re di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle sue greggi. Là si rivolse, dove Palla mostro Gli ave
to Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel servito
ti. 1897. Euribate. — Uno degli Argonauti che si rese celebre per la sua agilità negli esercizii del corpo, e per l’arte c
morì in seguito di quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quella sua dilettissima, si ritrasse in luogo deserto, e pia
in luogo deserto, e pianse notte e giorno, al suono dolcissimo della sua lira, la perdita irreparabile che aveva fatta, ma
la notte, si accostò al tetro monarca delle ombre, e col suono della sua lira discese nei più profondi recessi del Tartaro
Le furie stesse ne fureno allettate : Cerbero cessò di latrare con le sue tre gole ; la ruota d’Isione sospese l’eterno suo
sistere al desiderio ardentissimo di rivedere le care sembianze della sua amata, e si rivolse a guardarla ; ma nell’istesso
iostro, Ritenne ’l piede, e già sott’essa luce A lei rivolto Euridice sua vide Scordato oimè dell’ aspra legge iniqua : Qui
iù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro. Il suo
olosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su di una pel
ed infatti ebbe da questo risposta ch’egli avesse dovuto seguitare la sua strada, e fermarsi solamente in quel luogo ove av
bbidiente alla voce dell’oracolo, Euripile s’imbarcò nuovamente, e la sua nave girò per più giorni in balia dei venti, ma f
, Euristeo ebbe tanta paura di lui che non osava presentarsi mai alla sua presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte
i che lo avesse vinto nell’esercizio della freccia. Inorgoglito della sua destrezza osò disfidare gli dei e allora Apollo i
alla parola Evan, che le Baccanti ripetevano nella celebrazione delle sue orgie. Per la istessa ragione furono dette Evanti
e Aventino. Evandro insieme all’uso dell’agricoltura introdusse nella sue colonia anche quello delle lettere, fino allora s
me un uomo caro agli dei. Narra la cronaca che Evandro, accolse nella sua casa Ercole, senza sapere che era figlio di Giove
atino, un tempio a Cerere, come dea dell’agricoltura. Virgilio, nella sua Eneide, ha immaginato che Evandro vivesse ancora
sse a lui legato coi vincoli della parentela, e che lo aiutasse colle sue soldatesche. E non fia il sol dimane Dal balcon
templi ove si celebrava la cerimonia dell’evocazione. Pausania, nelle sue opere, fa menzione di un tempio nella Tespozia, o
di un tempio nella Tespozia, ove andò Orfeo ad evocare l’anima della sua diletta Euridice. Ulisse, recandosi nel paese dei
re. La Fama s’ha quest’alto luogo eletto, E nella maggior cima ha la sua corte : Forato ha la mille luogbi il muro e ’l te
viaggiatori, che presiedeva anche all’anno. Riferisce Macrobio nelle sue cronache dell’antichità, che i Fenici rappresenta
ttà di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese celebre per la sua straordinaria bellezza. I poeti della favola fins
poetessa Saffo, perdutamente innammoratasene, non potè piegarlo alle sue voglie, permodo che, disperata si precipitò nel m
ati a fabbricare le mura di Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera sua , affinchè il lavoro di un uomo mortale, avesse co
piuta in tutto il suo terribile volere ; imperocchè Achille uccise di sua mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbattero
he avevano relazione con la religione pagana, coi suoi misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e
56. Faula — Fu il nome di una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle sue cronache dell’antichità la pone fra le divinità r
Italia il culto degli antichi dei della Grecia. Essendosi durante la sua vita dedicato costantemente a far fiorire l’agric
ne divina, portò con se i due neonati e li consegnò ad Acca Laurentia sua moglie, affinchè li avesse allevati. Quei due inf
avrebbe fatto ritorno nel porto, dopo aver lasciato un mortale nella sua patria. Se non che Alcinoo a ragionar tra loro P
ione più generale però è che Apollo si chiamasse Febo da Febea o Febe sua avola e madre di Latona. — Vedi l’articolo preced
o questo uccello il simbolo della fedeltà, per la fede che porta alla sua compagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa
uale egli fece allevare nella città di Trezene. Qualche tempo dopo le sue nuove nozze con Fedra, Teseo costretto a recarsi
lsi alla lingua : essa degli altri Ben sa gli errori castigar : ma in sua Propria causa assai danni si procaccia, Poi mi pr
ito — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Senonchè avendo confidato alla sua nutrice Oenone, il suo colpevole amore, questa ch
utrice Oenone, il suo colpevole amore, questa che amava ciecamente la sua padrona prese impegno con lei di adoperarsi a sod
te la sua padrona prese impegno con lei di adoperarsi a soddisfare le sue brame colpevoli, e a tale effetto, palesò con acc
ad un infame rimedio onde salvare in faccia al mondo ed al marito, la sua riputazione. Narra la cronaca che ella, disperata
ui foglie erano tutte bucate ; ma che quell’ albero non fosse così di sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua funes
albero non fosse così di sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua funesta passione la distruggeva, passava molte or
oloso del colore della porpora, che gli antichi credevano unico della sua specie, e dotato della prodigiosa qualità di rina
te. Fenice fu anche il nome di un flume nella Tessaglia, che univa le sue acque a quelle del fiume Asopo. Fenice si chiamav
Narra la cronaca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi
di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amare da que
do di cedere alla funesta tentazione, si esilio volontariamente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della q
la Bitinia, ove fondò una colonia, e diffuse il culto degli dei della sua nazione. Alcune cronache dell’antichità, pretendo
nia, Fennide era dotata della qualità di predire l’avvenire e dopo la sua morte, riferisce il cennato scrittore, che fu fat
in sè per più giorni senza esserne divorata. Riferisce Diodoro, nelle sue cronache della favola, che Bacco, che fu uno dei
ola ne fanno tutte menzione, come di colui che si rese celebre per la sua famosa caduta, la cui origine si attribuisce al f
le. Fetonte punto al vivo dalle oltraggiose parole, se ne lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal la
valore, E disse, un giorno voler esser duce Del suo bel carro e della sua gran luce Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
sso i bianchi destrieri del Sole. Ma ben presto ebbe a pentirsi della sua audacia, imperocchè i cavalli riconoscendo di non
to spinto, Sembra quando dal ciel cade una stella. …………… Lontan dalla sua patria il Po l’accoglie. E lava lui con l’infiamm
prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò cadere dal dorso della sua cavalla, al principio della corsa. Però l’animale
tto d’innalzare un monumento sul quale egli era scolpito insieme alla sua cavalla. 2001. Figliuoli degli del. — Presso i pa
mmone. — Figlio di Apollo e della ninfa Chiona. Resosi celebre per la sua bellissima voce e per la perfezione colla quale s
ò passionatamente ; e che per sottrarsi alle gelose investigazioni di sua moglie Rea, prendeva la figura di un cavallo, tut
d. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più mostrarsi nella sua patria, dopo lo scandalo avvenuto, si rifuggi nel
così crudelmente che supplicò notte e giorno gli dei, di toglierle la sua umana natura ; per lo che mossi a compassione i n
na di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli avesse
sensibile alla prova d’affetto che le dava il suo amante. Igino nelle sue cronache delle antichità, non tiene parola di tal
e dicemmo, Pandione acconsenti con molta repugnanza a staccarsi dalla sua figliuola carissima, quasi il suo animo paterno f
a che minacciava la cara giovanetta. Pure, amorosissimo com’era delle sue figliuole, il buon re finì per accondiscendere, e
o dolore, e tanto che passò lunghi giorni a piangere, rinchiusa nelle sue stanze. Poscia a poco a poco, calmato alquanto il
tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato di Tereo, e la triste sua situazione, e si adoperò in modo che quella tela,
pensarono a compierla in modo spaventevole ; infatti Progne uccise di sua mano il fanciullo Iti, e dopo avergli tagliato la
a del figlio suo. All’orribile vista, Tereo forsennato si gittò sulle sue armi, onde uccidere le due donne, ma queste si de
el canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle sue più belle Metamorfosi. E mentre che per l’aria a
n cader sul piano, Come alle Greche insidiose avvenne, Vede le membra sue vestir di penne. Lascia il ferro crudel l’irato a
enza favella : La lingua oggi ha sputata, e corrisponde In parte alla sua sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di
ammorata di un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piegarlo alle sue voglie, si appiccasse per disperazione. Filonome
iolentemente di lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò alle sue voglie e la rese madre di due gemelli. Al dire di
nso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le sue famose frecce, facendogli prima promettere con gi
che non avrebbe mai palesato ad anima viva il luogo ove riposavano le sue ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte di Ercole,
mnos, volendo far vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una di
e privo d’ogni umano conforto su quelle rocce ove i suoi lamenti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli
volta dell’ isola di Lemnos, onde farsi cedere da Filottete le famose sue frecce ; e ciò fece l’astuto greco onde riaccende
trionfò d’ogni ostacolo, riconducendo al campo greco Filottete colle sue fatate armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve i
greci padroni di essa Filottete del tutto risanato da Esculapio della sua ferita al piede, pensò dapprima di ritornare in G
e che Filottete fosse stato uno degli Argonauti ; e a proposito della sua famosa ferita ripete che questa non fu cagionata
lei. Fineo perdutamente innammorato della perversa donna, credè alle sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuo
tati gli Argonauti accolti cortesemente da Fineo, in ricompensa delle sue larghezze, lo liberarono dalle arpie dando loro l
opo la morte. La tradizione ce lo presenta come quello che accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cer
accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cerca di sua figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fitalo
cerca di sua figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente di un albero
ituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ognuno di essi prendeva la sua denominazione individuale dalla divinità a cui er
Zeffiro più leggiero di lei la raggiunse ben presto, la rapì, la fece sua sposa e le dette l’impero dei fiori ed una perpet
eno mercato dei propri vezzi. Venuta a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompen
ue sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompensa la mise fra le sue numerose divinità. Fu questa la ragione che fece
della Nereide Pfammate. Narra la cronaca, che Eaco aveva avuto da una sua prima moglie due altri figliuoli chiamati Peleo e
Telamone e Peleo al giuoco della piastrella, Telamone nel lanciare la sua , ferì così gravemente al capo il piccolo Foco che
iamente ai ganci di esse : questo nome gli veniva probabilmente dalle sue attribuzioni, perchè la parola gancio in latino s
a d’occhi perdette la vista. La tradizione ripete che egli dovette la sua guarigione ad Ercole Eritreo. 2048. Fornacali. — 
, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quello delle sue sorelle. Or dunque alla tremenda Lachesi tosto i
tatta da un incendio, che distrusse quel monumento pochi anni dopo la sua costruzione. Coll’ andare del tempo il culto dell
chità, i quali facciano menzione di questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache della favola, la mette nel numero dei fi
a, la mette nel numero dei figliuoli della Notte. Il Boccaccio, nella sua Genealogia degli dei, la mette nel numero delle d
zione mitologica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra di Lerna, bagnò le sue freccie nel sangue avvelenato del mostro, per mod
preparare una nave e tolto parte dei tesori paterni, in compagnia di sua sorella Elle, veleggiò alla volta della Colchide 
eniva innalzato un altare dedicato generalmente a Giove. Plinio nella sua storia naturale, dice, che era per fino proibito
terrato da un colpo di fulmine lanciatogli da Giove per punirlo delle sue atroci bestemmie, fosse stato posto sul rogo, dov
punirlo delle sue atroci bestemmie, fosse stato posto sul rogo, dove sua moglie Evadne si lanciò, onde le sue ceneri fosse
fosse stato posto sul rogo, dove sua moglie Evadne si lanciò, onde le sue ceneri fossero unite a quelle del suo diletto. Q
ove il popolo correva devotamente in alcune ore del giorno, a fare le sue preghiere innanzi ad un gran fuoco che ardeva con
sacrifizio, nè alcuna religiosa cerimonia, ove il fuoco non avesse la sua gran parte, venendo per fino onorato con ogni spe
fuoco sacro dal cielo, e lo dette in dono agli uomini. Diodoro, nelle sue cronache dell’antich tà, dice che fu un re d’Egit
ise Infra ’mortali indur morti e ruine. Scuoti il fecondo petto, e le sue forze. Tutt’ a quest’ opra accampa. Inferma, annu
imo, fra i poeti dell’antichità, che fece comparire sul teatro, nella sua tragedia intitolata le Eumenidi, queste divinità
oso. I pagani credevano che in tempo di guerra il Furore spezzasse le sue catene per volare sui campi di battaglia, ove si
di Alcmena. La tradizione ricorda a proposito di lei, che essendo la sua padrona tormentata dai dolori del parlo, Galantid
i del parlo, Galantide fosse uscita per breve tempo dal palazzo della sua signora e che nel rientrare premurosamente in que
se il parto, per farla partire di là, dopo essere rientrata presso la sua padrona, ritornò premurosamente vicino alla vecch
la vecchia, dicendole, con i controsegni della più viva gioia, che la sua padrona si era sgravata. All’ annunzio inatteso G
credea nascosta. In grembo ad Aci mio, tra’ fiori e l’ erba : Ben la sua voce allor cruda ed altera Passò, per quel che ud
trad. di dell’ Anguillara Polifemo si dette a cantare le lodi della sua amata, facendo risuonare tutta la spiaggia dei su
pazza di dolore, si precipitò in mare, dove fu raccolta dalle Nereidi sue sorelle. Lo persegue il Ciclope, ed abbrancata U
γαλα che significa di latte, e si dava a questa Nereide a causa della sua bianchezza. 2076. Galena. — Un’ altra delle cinq
amico e confidente del Dio Marte, il quale lo poneva a guardia della sua tenda, tutte le volte che la dea Venere, perdutam
ui, abbandonava furtivamente il cielo, per inebbriarsi d’ amore nelle sue braccia. Narra la cronaca favolosa, che un giorno
animede. — Figliuolo di Tros, re di Troja, che si rese celebre per la sua incomparabile e femminea bellezza. Narra la crona
a delle divinità del loro culto, adorandola assai di sovente sotto la sua forma naturale ; e talvolta anche sotto la figura
Gelanore accolse generosamente l’ospite fuggitivo ; ma ben presto la sua cortesia gli riuscì fatale ; imperocchè Danao, pr
gàna, emerge giustissima l’osservazione che Plinio ci fa tenere nelle sue opere dell’antichità ; cioè, che al tempo del pag
ne ha fatto un mostruoso gigante, il quale custodiva da se stesso le sue numerose mandre, a cui facea guardia insieme ad u
cane a due teste e ad un mostruoso dragone che, vomitava flamme dalle sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e po
a ed il fuoco ossia Apollo, Diana e Vulcano. Tacito però nomina nelle sue storie molti altri numi adorati dai Germani, e fr
cco e fanno quest’ultimo figliuolo della dea Cerere ; aggiungendo che sua madre lo avesse preso in sua compagnia, allorquan
iuolo della dea Cerere ; aggiungendo che sua madre lo avesse preso in sua compagnia, allorquando andò per le campagne della
nella capanna della vecchia Bauci V. Bauci e Filemone, Giacco, colle sue facezie, divertì per poco la madre sua e le dette
auci e Filemone, Giacco, colle sue facezie, divertì per poco la madre sua e le dette a bere certo liquore chiamato Cyceon,
iquore chiamato Cyceon, che valse a farle per brev’ora dimenticare la sua angoscia materna. Perciò nei misteri Eleusini, ce
così passionatamente amato da Apollo, che questi abbandonò sovente la sua celeste dimora per seguirlo da per ogni dove, e s
la sua celeste dimora per seguirlo da per ogni dove, e star sempre in sua compagnia. Un giorno stabilirono di giuocare insi
si ricopri all’istante di un pallore mortale. Apollo raccolse fra le sue braccia il giovanetto morente ; osservò la ferita
to esalò l’estremo sospiro, curvando a somiglianza d’un bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di c
ma, si chiamava così quello dedicato a Giano, perchè egli vi aveva la sua abituale dimora. Al dire di Ovidio, coll’andare d
a, che Creusa, figlia di Eretteo re di Atene, avesse innamorato della sua stupenda bellezza il dio Apollo, il quale la sorp
i riti della loro religione, e a fabbricare i templi. Plutarco, nelle sue Quistioni Romane, asserisce esser due le ragioni
mura di Roma. 2126. Giante. — Figliuola di Teleste e rinomata per la sua bellezza. Un’antica tradizione ripele, che ella f
o al dio protettore di Roma, di venire novellamenle in soccorso della sua città, tutte le volte che ne avesse avuto bisogno
il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le sue freccie ; la sua lira, e perfino l’arte di predir
erse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le sue freccie ; la sua lira, e perfino l’arte di predir l’avvenire. Ma G
Era da l’amor suo, la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei
a e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei che del vecchio infermo e
 — Figliuolo di Epione e di Esculapio. Presiedeva alle malattie, come sua sorella Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. —
Pelia, zio di Giasone ed usurpatore del trono, che sarebbe stato alla sua volta spogliato, da un principe degli Eolidi, del
ore, fece sparger voce che il bambino fosse morto, pochi mesi dopo la sua nascita ; e ad avvalorare la pietosa menzogna fec
stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti anni, e sospinto dalla sua indole avventurosa ed ardita, e mal sofferendo di
tri Anavo, ma non potette guatarlo, a causa dello straripamento delle sue onde ; ond’egli rimase in forze su quanto gli res
sone nella città di Jolco, attrasse dapprima tutti gli sguardi per la sua strana vestitura ; e la sua nobile e bella person
ttrasse dapprima tutti gli sguardi per la sua strana vestitura ; e la sua nobile e bella persona, la fierezza che traspariv
edizione della Colchide, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena re
i sollecitudine, spargere per tutta la Grecia la nuova della prossima sua spedizione, ed ebbe la gioia di vedere che il fio
io, e ordinò un solenne sacrifizio a Giove, come stipite divino della sua stirpe, e a tutte quelle divinità di cui voleva g
e divinità di cui voleva guadagnarsi il favore come proteitrici della sua intrapresa. Voce di tuono dall’eterno empiro Fau
si distrussero gli uni cogli altri. Compiuta questa prima parte della sua colossale impresa, Giasone si reco là dove era ri
ad abbandonar la Tessaglia e a ritrarsi a Corinto, in compagnia della sua inseparabile Medea, avvinta ora indissolubilmente
ani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle Nere
dagli dei, li avesse vomitati dal suo seno, per farli ministri della sua collera. E come sotto alle lor moli istesse Giac
Efialte. — V. Aloidi ed Efialte. Questo superho voll’esser sperto Di sua potenza contra ’l sommo Giove. Disse ’l mio Duca,
to misurare il corpo, lo trovò di sessanta cubiti. Il Boccaccio nella sua Genealogia degli dei, scrive che in una caverna d
a uno strano avvenimento. Al tempo in cui Gige viveva, esercitando la sua modesta professione, la terra si sprofondo in div
no, dopo di che fece ritorno presso i compagni. Appena ritornato alla sua abituale dimora, egli s’accorse che quante volte
olo rispose che un certo Aglao era assai più fortunato. Plinio, nella sua storia Naturale, dice che questo Aglao era un mod
o il suo campicello, dal quale ritraeva tutto quanto abbisognava alla sua famiglia, e che, libero da ogni altra cura, vivev
in cui era avvolto il suo incesto, si appiccò per disperazione. e la sua madre e moglie (Moglie e madre ad un tempo) uscì
urie lasciavano l’inferno e passeggiavano sulla terra. Virgilio nelle sue Georgiche, si attiene alle istesse idee, dicendo
figurato sotto le sembianze di un uomo, nella completa pienezza delle sue fisiche qualità ; con folta barba scendente a met
eduto su di un trono, circondato di raggi in tutto lo splendore della sua divina maestà, e avente nella mano destra i fulmi
o, avea nome una delle prime Vestali, la quale si rese celebre per la sua grande virtù, che le valse, dopo la morte, gli on
patria. Al dire di Omero, Giunone fu allevata dall’Oceano e da Teti, sua moglie. Dell’alma terra Ai fini estremi a visitar
XIV. trad. di V. MONTI. Altri scrittori pretendono che la cura della sua educazione venisse affidata alle Ore ; e finalmen
d Acrea. La tradizione mitologica racconta che Giove, innamoratosi di sua sorella Giunone, l’avesse ingannata trasformandos
ssumendo moltiplici e differenti aspetti, per darsi buon tempo con le sue innumerevoli amanti, ma spingeva la sua brutalità
, per darsi buon tempo con le sue innumerevoli amanti, ma spingeva la sua brutalità fino a batterla e, secondo asserisce la
e aveano la sventura di aver fatto cosa che menomamente offendesse la sua maestà. Essa non veniva onorata in Europa soltant
olitica aveva, nella celebrazione di questi pubblici divertimenti, la sua gran parte ; imperocchè la gioventù acquistava pe
vendetta contro gli uomini, tutte le volte che questi offendevano le sue leggi. Al dire di Arato, la giustizia abitò sulla
e con gli uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e insegnando loro le sue leggi. Durante l’età d’argento, ella non si fece
he loro avevano appartenuto. Però a misura che la civiltà spandeva la sua luce rigeneratrice presso i popoli antichi, codes
bocca il sangue di un dragone. Lo scrittore Palesat, spiegando nelle sue cronache sull’antichità, codesta tradizione favol
edone in Beozia, avesse preso un giorno gran quantità di pesci con le sue reti ; e che avendoli posti sull’erba della spiag
à fean nel mare. E mentre io bado, e maraviglio a un tempo, Nell’onde sua sbrisciò la turba tutta, Il padron nuovo abbandon
co. Secondo il cennato poeta, Glauco non volle accondiscendere che le sue cavalle fossero fecondate dagli stalloni all’uopo
ammo più sopra. Egli si rese celebre nei fasti del paganesimo, per la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse
rese celebre nei fasti del paganesimo, per la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse più volte gli onori de
vere fra i combattenti la lotta. Però a principio Glauco con tutta la sua forza, stava per essere vinto, allorchè suo padre
chi Pitii. In memoria di ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste, sua patria, nella contrada Eubea ; e dopo la sua mort
a una statua in Cariste, sua patria, nella contrada Eubea ; e dopo la sua morte i suoi concittadini gl’innalzarono un monum
si vedeva spesso un globo nella mano del principe, come simbolo della sua potenza. 2187. Goezia — Dalla parola greca οντεια
io le cronache mitologiche narrano uno strano avvenimento. Durante la sua gioventù, egli era stato niente altro che un pove
dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su di un carro. Allora riconoscendo
llissima Castianira, la quale, al dire di Omero, rassomigliava per la sua bellezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio di
ove restò fino alla distruzione di Cartagine. Il cronista Palesato, a sua volta, ripete che le Gorgoni regnarono su tre iso
a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando di restituirlo alle sue regine, se queste in cambio non gli avessero cedu
o avvenimento. È scritto che un giorno ci trovasse due serpenti nella sua casa e che sorpreso d’avere gl’inaspettati ospiti
sciava andare la femmina. Gracco allora, amando teneramente la moglie sua , ed essendo già iu età molto avanzata, pensò che
, in una festa celebrata in onore di questo eroe, per solenuizzare la sua vittoria contro il Minotauro V. Teseo, Minotauro.
r di fame, affetto da una inguaribile nostalgia. Il cronista Eliano a sua volta ripete, che quest’animale, quando mette la
la bellissima giovanetta. Icario pero che amava teneramente la figlia sua , fece di tutto per persuadere il genero a restar
ere così addolorato il padre di lei, la faceva arbitra assoluta della sua volontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itac
lle persecuzioni di Minos, re di Creta, che li teneva rinchiusi nella sua isola. Riferisce Diodoro, nelle sue cronache sull
ta, che li teneva rinchiusi nella sua isola. Riferisce Diodoro, nelle sue cronache sull’antichità, che i due fuggitivi, giu
alazione dei miasmi non avesse prodotto l’istesso effetto ; che nella sua posizione sarebbe tornato funesto allo strano vol
Atene, ove dimorava all’epoca in cui, secondo la favola, ospitò nella sua casa il dio Bacco, il quale in ricompensa gl’inse
ento in cui il coccodrillo dorme con la bocca aperta, si lancia nelle sue viscere e, senza mangiarle, gliele rode in modo d
a cronaca tradizionale, i suoi natali su questa montagna, ove Venere, sua madre, lo dette alla luce. …:…. il valoroso Figl
tradizione è peraltro oppugnata da Diodoro, il quale asserisce nelle sue cronache, che fu la madre degli dei, quella che i
io ch’egli stesso avea letto nel roprio destino, si compì in tutta la sua terribile verità. Un giorno, mentre gli Argonauti
glie trojane, fece ritorno in Creta, ma nella traversata, assalita la sua nave da una furiosa tempesta, era prossima a far
è seguitata anche da varii autori moderni, fra cui il Fénélon, nelle sue avventure di Telemaco. Vi sono per altro alcuni a
è per altro l’opinione del cronista Diodoro, il quale asserisce nelle sue cronache che Idomeneo, caduta Troja, ritornò feli
se l’Idra. La generalità degli autori ripete, che Ercole bagnasse le sue famose frecce, nel sangue della Idra, col fine di
e era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza delle sue forme, e che divise una notte il letto di Patrocl
olare avvenimento. Narra la cronaca, che Ifianassa in compagnia delle sue sorelle, Ifinoe e Lisippa, fossero un giorno entr
no di predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo di guarire le sue figliuole, alle condizioni da lui imposte. Il re
otuto aver figli, dopo varii anni di matrimonio con la bella Astioca, sua consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo st
ole. La tradizione mitologica alla quale si attiene Apollodoro, nelle sue cronache pagane, dice che questi due fanciulli na
erchè Giove, secondo riferisce Plauto, avesse voluto risparmiare alla sua amante Alcmena gli atroci dolori di un doppio sgr
a la tradizione mitologica alla quale si attiene Ovidio stesso, nelle sue Metamorfosi, ripete che ella era nata femmina e c
iamata Feletusa. Vedendola prossima al parto le impose di uccidere la sua creatura se fosse stata femmina, non avendo i mez
salvare l’onore della sorella, fece passare la piccola Ifigenia come sua propria figliuola. e come tale la fece allevare i
casione di liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare una propria sua figlia. In varie cronache dell’antichità si trova
liuola di Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Racine, nella sua Iphigénie, che è una delle più belle tragedie del
to il fatale mistero, ond ella fece ricorso ad Achille, implorando la sua protezione a favore della supposta sua sposa. In
orso ad Achille, implorando la sua protezione a favore della supposta sua sposa. In quanto ad Ifigenia, il poeta greco ce l
e Diana stessa ha sostituito alla giovane principessa in premio della sua eroica sommissione ; e Agamennone persuade alla r
l raggiro, non avesse rimandata Ifigenia in Tauride, ordinando che in sua vece si fosse sacrificato, sull’altare della crue
lata Ifigenia in Aulide. Tolta la principessa dalla altare, su cui in sua vece fu svenata la cerva, ella fu inviata in Taur
Scizia ove fu fatta sacerdotessa del tempio, e dove per doveri della sua carica l’era imposto d’iniziare le vittime umane,
rito una figliuola per nome Pancratide, la quale stando un giorno con sua madre a celebrare i misteri di Bacco, sulla riva
aveva nella città di Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una sua statua, ricoperta interamente da un velo, e innan
zato, soprattutto fra i ricchi pagani, di dedicare alla dea Igiea una sua statua, tutte le volte che risanavano da una mala
dre la concesse in moglie a Polinnestore, re di Tracia, famoso per le sue crudeltà. Durante il decennio assedio di Troja, P
ia della dea Giunone. I pagani credevano che Ilizia, a somiglianza di sua madre, presiedesse al doloroso mistero dello sgra
a bella Dejanira. Durante il tempo che Ercole trascorse a compiere le sue 12 famose imprese, V. Ercole, egli aveva affidato
e, che riconoscendo il figliuolo lo incaricò di portare alla madre le sue imprecazioni. Ilio informato del funesto errore,
ò la madre presso di Ercole, il quale sentendo approssimarsi l’ultima sua ora, ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta,
sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli sotto pena della sua maledizio
di accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli sotto pena della sua maledizione di sposare Iole. Morto Ercole, Ilio s
teniesi, impegnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l
ente d’una giovanetta ateniese e non potendo nemmeno sperare di farla sua un giorno per esser ella di nobile e ricca famigl
ce di poterla almeno vedere e di sentire qualche volta il suono della sua voce adorata. Avvenne intanto, che nella città di
cepì il pensiero di vestirsi da donna onde poter rimanere vicino alla sua amata durante il tempo delle feste. Infatti egli
ad esecuzione il suo disegno e con l’ajuto del travestimento e della sua fisonomia dolce ed imberbe fu ricevuto fra le dam
riposo. Imeneo allora profittando del sonno dei rapitori propose alle sue compagne di aventura di uccidere i corsari ; e po
raggiose fra le rapite, uccise quelli che dormivano e si dette con le sue poche seguaci a correre precipitosamente verso la
a ribocco di superstiziose credenze : tanto più poi perchè l’uomo per sua natura preoccupato sempre ed inquieto dell’avveni
a Cerbero. Secondo ripete la cronaca, a cui si attiene Strabone nelle sue opere, la strada che conduceva all’Inferno, era b
l’Inferno scorrevano cinque fiumi. Vedi Fiumi Dell’Inferno. Plutone e sua moglie Proserpina, avevano lo impero assoluto del
grande, ove si dice Che s’annidano i Sogni, e ch’ogni fronda V’ ha la sua vana immago e il suo fantasma. Molte, oltre a ciò
nza dei crudeli raggiri della moglie, trasportato dall’ira, uccise di sua mano il proprio figliuolo Learco e si dette ad in
ve e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo sdegno della sua terribile vendetta. A tale uopo, comandò alle fur
on esso nel mare. Ma la ninfa Panopea, seguita da altre cento najadi, sue sorelle, ricevè la madre ed il fanciullo fra le s
tre cento najadi, sue sorelle, ricevè la madre ed il fanciullo fra le sue braccia e li condusse entrambi in Italia traversa
leggevano in quelle, i presagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezz
gelosi sospetti e disgombrò la nuvola. Giove allora per sottrarre la sua amata al furore della moglie, cangiò lo in una gi
etta, conservò anche sotto la novella sembianza tutto l’incanto delle sue forme, per modo che Giunone stesso non potè fare
ia ad Argo, che secondo la favola avea cent’occhi. V. Argo. Avuta in sua balia la concubina. La dea non tosto, pose ogni s
inga per città e per borgate. Incalzata così dalla vindice mano della sua divina persecutrice, Io giunse finalmente sulle r
allora commossa dalle preghiere del marito, ridonò ad Io la primitiva sua forma umana. Dopo qualche tempo lo dette alla luc
l’Asia, e si arrestò finalmente sulle sponde del Nilo. Eschilo, nella sua tragedia intitolata Prometeo legato, fa che lo gi
egli era incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io la durata delle sue pene e le mostri gli altri travagli che la gelosa
osa Giunone le riserbava, e le dice finalmente che avrebbe fissato la sua dimora in Egitto, ove avrebbe avuto da Giove un f
i furore colpisce la sventurata Io, la quale lasciando Prometeo sulla sua rupe, riprende la sfrenata sua corsa traverso la
Io, la quale lasciando Prometeo sulla sua rupe, riprende la sfrenata sua corsa traverso la terra. Fin qui la parte mitolog
ace, per nome Argo, il quale Api avesse fatto uccidere per riavere la sua amante. Questa però temendo la vendetta della reg
ntichità, non si può dar certo nome di credulo, ripete sovente, nelle sue opere, che le frequenti apparizioni degli dei, pr
ni diciannove anni ; e che egli stesso nella notte anniversaria della sua nascita, ballasse, al suono della sua lira, come
nella notte anniversaria della sua nascita, ballasse, al suono della sua lira, come a rallegrarsi degli onori che gli si r
tudio dell’astronomia ; e che avendo conosciuto con l’assiduità delle sue osservazioni, il corso del sole, e il movimento d
nza diretta del movimento dei corpi celesti. Avendo comunicate queste sue cognizioni agli uomini, fu dagli antichi ritenuto
tesso Diodoro aggiunge, che Iperione avesse tolta in moglie la stessa sua sorella chiamata Basilea, che lo rese padre di du
elle nozze, come fecero, secondo il crudele comando paterno, le altre sue quarantanove sorelle. V. Danao e Danaidi. Ipernes
sistenza positiva degli Ippocentauri : e Plinio stesso racconta nelle sue opere, d’aver veduto ai tempi dell’ Imperator Cla
ra il suo amore. Essendo egli possessore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un bando nel quale esponeva, c
e, che crebbe al punto che la misera regina ebbra d’amore, fece dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane,
paventato e respinse le inique proposizioni con tutta l’energia della sua tempra, e in modo da toglierle ogni speranza. ….
a di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni sua richiesta a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippo
 Ippolito — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Diodoro poi narra, nelle sue cronache, che dubitando Teseo della verità dell’
tto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede gl
la dea Fedra, si recava quasi ogni giorno in quel tempio, che per la sua elevata posizione, dominava la pianura ove Ippoli
ra, col nome d’Ippolizione, in memoria dell’ amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio di Vener
i alcuni giuochi, e l’uso dei papiri. Aggiunge la cronaca che dopo la sua morte, i suoi figliuoli dedicarono alla memoria d
a divinità tutelare. 2325. Iride. — È questo il nome che Esiodo nelle sue cronache dell’antichità, dà ad una delle tre Arpi
na divelto anco il fatale Suo dorato capello, nè dannata Era ancor la sua testa a l’ Orco inferno. Virgilio — Eneide — Lib
gico fa che Giunone, dea dell’aria, abbia Iride come messaggera della sua volontà. 2326. Irieo. — Nome del padre di Orione.
che gli avessero conceduto un figliuolo, ed infatti dopo poco tempo, sua moglie dette alla luce un bambino, che fu poi il
. 2329. Iro. — Nativo dell’ isola d’Itaca, che si rese celebre per le sue mariolerie, per essere uno degli amanti di Penelo
r le sue mariolerie, per essere uno degli amanti di Penelope e per la sua grande povertà, da cui i suoi concittadini trasse
alla porta di un palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era di una gr
ttà avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte copiato all’ incisione nella sua naturale grandezza. È opinione di molti accredita
troci dolori, che gli cagionavano le ferite fattegli da Apollo con le sue frecce, si precipitò in quel fiume, che dopo ques
emonî abitatori di quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nelle sue cronache di relazione del viaggio, aggiunge che u
neo, quanto alla moglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua futura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione
annome di Giove, il quale meno suscettibile degli altri, accolse alla sua mensa Issione e consentì perfino a fargli le ceri
ernamente ; al dire di Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla sua ruota, e fu quando Proserpina fu da Plutone fatta
eva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran numero di piccoli maiali. 2348. Istmiei
de gettato sulle spiagge dell’ istmo. Plutarco invece asserisce nelle sue opere, che i giuochi istmici fossero istituiti da
Teseo, in onore di Nettuno, il quale come dio del mare aveva sotto la sua particolare protezione l’istmo di Corinto. Aggiun
rittore, che Teseo volle in ciò seguire l’esempio di Ercole, che alla sua volta era stato istitutore dei giuochi Olimpici.
ù astuto dei greci. Omero l’ha resa per questa ragione, celebre nella sua immortale Odissea. Itaca al polo si rivolge, e m
iò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jante era già famosa per la sua bellezza, quando si maritò con Ifide, sebbene non
ao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la sua grande p
cole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la sua grande perizia nel condurre il carro a quattro ca
quella contrada, avesse preso i discendenti del morto eroe, sotto la sua protezione. E quando Euristeo mosse, a capo d’un
rcole. Però non potendo reggere al peso delle armi, troppo grave alle sue membra affralite dagl’anni, Jolao fu costretto a
l’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì di valore, e uccise di sua mano il superbo Euristeo. Occasion pur vale D’ o
mpa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di At
lla quale si è servito il famoso poeta Euripide, come soggetto di una sua tragedia, intitolata Jon. Creusa, sedotta da Apol
vigile affetto. Così Jone crebbe per varî anni sotto gli occhi della sua affettuosa liberatrice, e all’ombra degli altari,
gli abitanti di Delfo e la loro fiducia ; per modo che, ad onta della sua età giovanissima, lo fecero depositario dei ricch
. Ma la suprema gioia, che Jone sentiva nell’ aver ritrovata la madre sua fu presto intorbidata dall’aver ella confessato c
enuta la contrada dell’ Attica troppo angusta, Jone andò con tutta la sua famiglia ad abitare nell’ Asia minore, ove fondò
e numerose varietà del gran fico delle Indie, e che è notevole per la sua ricca e splendida floritura. Le statue e le pagod
città di Osaka il dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove si vede la sua statua in atto di uscire dalla gola spalancata di
cause immediate sia violenti, sia naturali della morte. Esiodo, nelle sue opere, qualifica Ker come un dio, figlio della No
te costruite da uno dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina sua moglie, e d’una sua figliuola, giovanetta di rara
dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina sua moglie, e d’una sua figliuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe a so
questo nome chiamato il dio Visnù, allorquando si considera sotto la sua ottava incarnazione, la quale è ritenuta come la
un suo nipote. Preoccupato da siffatte apprensioni, Kansa allorquando sua sorella fu sposata da Vassudeva, giurò a sè stess
Infatti per ben sette volte la dolente Devakì vide Kansa uccidere di sua mano i proprii figliuoli. Finalmente l’ottava vol
elenato, taglia coi denti già possenti, la mammella che si offre alle sue labbra e fa che il veleno che quella rinchiude fi
tessa che spira ai suoi piedi. Kansa allora ; non punto scorato nella sua iniqua persecuzione, manda contro il piccolo Kris
che l’oracolo avea data a Labda, vollero uccidere il fanciullo, onde sua madre per salvarlo, lo nascose in una misura di b
quando Ercole ebbe vinta Ippolita, regina delle Amazzoni, le tolse le sue bellissime armi, fra cui una scure di maraviglios
fra cui una scure di maraviglioso lavoro, che l’eroe, donò ad Onfale sua  ; amante. Questa principessa la legò ai re di Lid
tradizione, il primo che avesse dedicato un tempio alle Muse. Dopo la sua morte gli venne innalzato un monumento eroico. 24
momento che l’individuo veniva a morire. Cicerone attribuisce, nelle sue opere, un altro prodigio a Giunone Lacinia, e rac
dell’ Attica, al quale, quando morì, fu consacrato, in memoria delle sue gesta un bosco in una contrada, che, dal suo nome
lle acque tutte le offerte che si facevano alla luna. Strabone, nelle sue opere sull’antichità, fa menzione d’un altro lago
rrimo nelle Gallie, sotto il nome di lago dei due corvi, perchè sulle sue rive avevano, da lungo tempo, fissato la loro dim
addolorata di questa sventura che in pochi giorni perdette affatto la sua stupenda bellezza, e cadde in tale eccesso di fur
vezzi innamorarlo in modo, che ben presto egli la proferì a tutte le sue amanti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli an
e le sue amanti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli anni. Dopo la sua morte gli Ateniesi e i Tebani eressero un tempio
ni. Dopo la sua morte gli Ateniesi e i Tebani eressero un tempio alla sua memoria, sotto il nome di Lamia-Venere. Lamia ed
sorella di Faetusa. Al dire di Omero, il Sole avea affidato a queste sue dilettissime la custodia delle mandre che possede
li. Infatti allorchè Ulisse coi suoi seguaci abbandonò la Sicilia, la sua nave fu assalita da una così furiosa tempesta, ch
di, fu anch’essa figlia del Sole e della ninfa Climene. Al paro delle sue sorelle fu cangiata in pioppo, per aver troppo pi
ro a combattere i terribili nemici : l’arco non era ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanciarono su di lui, e lo
sse più quell’oggetto, che manteneva sempre vivo il dolore nell’anima sua . Ma Laodamia, maggiormente afflitta, chiese in gr
Laodamia finalmente avea nome una principessa di Epiro, che insieme a sua sorella Nereide, riuseì per poco tempo a sottrars
a, la quale fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insieme alle sue due sorelle Ifianassa e Crisotemi, quando Agamenn
trojane. L’inclita madre che a trovar sen gia Laodice, la più delle sue figlie Avvenente e gentil. Omero — Iliade — Libr
ja, andò con lui nell’isola di Cipro, ove Agapenore si stabili con la sua famiglia. 2431. Laodoco. — Figliuolo di Antenore
lla mala fede del re, distruggendo uno di quei ripari che erano opera sua . Questa è almeno se non la sola, la più generaliz
corsero all’oracolo, e questo rispose, che Nettuno non placherebbe la sua terribile ira, se non quando la stessa figliuola
 — Libro II. trad. di Giambattista Bianchi. Narra la cronaca, che la sua disgrazia non aveva punto alterata la sorprendent
Al dire di Servio il culto pagano degli dei Lari, trasse la primitiva sua origine dall’uso che avevano gli antichi di sotte
dette le funzioni delle ombre. Quando Espero tre volte indi la bella Sua faccia avrà mostrata, ed avrà ceduto Tre volte il
dei Lari dei romani, perchè si credeva che avesse le strade sotto la sua speciale protezione. Infine, tutti quelle divinit
prole, che una leggiadra giovanetta per nome Lavinia, la quale per la sua bellezza, si vide ben presto scopo ai voti di mol
antico oracolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia sua , che con un principe straniero, egli fece alleanz
o la fa figliuola di Saturno. Giove l’amò con passione, a causa della sua stupenda bellezza e la rese madre di due gemelli
di Giove ebbe veduta la luce del giorno, Giunone spinta sempre dalla sua gelosia, istrutta dell’inatteso ricovero che la s
inta sempre dalla sua gelosia, istrutta dell’inatteso ricovero che la sua rivale avea avuto da Nettuno, la obbligò a fuggir
ndetta dei numi sul loro capo, e Giove non sordo alla preghiera della sua amante, cangiò quei crudeli in rane. Erodoto però
orteremo un avvenimento di cui fa menzione lo scrittore Ateneo, nelle sue cronache. Narra il citato scrittore, che un greco
ittore, che un greco per nome Parmenisco Netapontino, il quale per le sue immense ricchezze godeva del primato su tutti i s
volere a forza penetrare nell’antro di Trofonio, e che in pena della sua azione sagrilega, fosse condannato dagli dei a no
to fare per essere liberato da tale castigo ; e l’oracolo rispose che sua madre gli avrebbe restituita nella propria casa l
ennava l’oracolo era la patria ; e che appena sarebbe rientrato nella sua dimora, avrebbe potuto ridere, Ma la sua aspettaz
pena sarebbe rientrato nella sua dimora, avrebbe potuto ridere, Ma la sua aspettazione andò completamente delusa, poichè ap
aspettazione andò completamente delusa, poichè appena rientrato nelle sue domestiche pareti, si accorse che il ridere gli e
ma, il culto religioso di Cibele, madre degli dei. S. Agostino, nelle sue opere, sferza inesorabilmente le oscenità che i p
o e dell’ Italia. Sola d’un sangue tal, d’un tanto Regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di b
ella si serviva per abbruciare i profumi sull’altare, si appiccò alla sua folta e magnifica capellatura, per modo che la ri
he Enea edificò, secondo il dettato dell’oracolo, in onore di Lavinia sua sposa. Vedi l’articolo precedente. 2456. Laurenta
; e che avendolo il re trovato colà dove avea deciso di fabbricare la sua reggia, lo avesse consacrato ad Apollo Febo. Da c
sso re stesso Nel desiguare i suoi primi edifizi, Là’ ve trovollo, di sua mano a Febo L’avea dicato ; e ch’indì il nome die
mitologica racconta di lei che Giove l’amò perdutamente a causa della sua stupenda bellezza ; e che avendola un giorno vedu
all’amoroso desiderio onde ardeva per la bellissima Leda. Infatti la sua divina volontà fu compiuta, e il cigno perseguita
di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la quale al tempo che la sua patria gemeva sotto il ferreo giogo d’ Ippia tira
o a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla sua concubina. Con l’ andare del tempo il re Minosse
o, in ricompensa di tale servigio, avesse preso quell’ isola sotto la sua protezione, Mentre in Eolia era a quest’ opra in
io — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. e v’ avesse stabilito le sue fucine, ove insieme ai Ciclopi fabbricava i fulmi
tisternio fu solennizzato in Roma e propriamente nell’ anno 356 della sua fondazione. Un rigido e pessimo inverno, seguito
o anche in Grecia. Lo stesso Pausania riferisce, in varii brani delle sue opere, di alcuni cuscini detti Pulvinaria che nei
posavano sulla nuda terra il neonato, e bisognava che il padre, o in sua assenza taluno che lo rappresentasse, lo avesse i
a taluno che lo rappresentasse, lo avesse immediatamente preso fra le sue braccia, levandolo dalla terra, senza di che il b
eguito ; e siccome egli, se pure vestito da donna conservava tutta la sua forza e la sua destrezza, e non trascurava nulla
ome egli, se pure vestito da donna conservava tutta la sua forza e la sua destrezza, e non trascurava nulla per tornar bene
vè, come tutte le altre giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere nel fiume ; ma appalesatosi il
glie solamente l’intervento di Apollo, rimanendo tutto il fatto nella sua completa integrità. In quanto a noi, non essendo
ntrada della Magnesia, ov’essa aveva un tempio, in cui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto di p
eucosia. — Una delle Sirene. Riferisce Strabone, che quando essa e le sue compagne si precipitarono in mare, fu da questa c
ettimo re dell’ antica stirpe di Belo. Leucotea si rese famosa per la sua stupenda bellezza, che vinceva d’assai quella del
te di sabbia. Apollo fece di tutto per salvare dell’ordibile morte la sua diletta, ma non avendo poluto strapparla dalle ma
hè il destino si oppose, asperse di nettare il bellissimo corpo della sua amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla quale
ne, che lo sfortunato Lica avesse conservato, anche dopo la morte, la sua sensibilità. Questi da terra il leva, e poichè i
icaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise di sua mano, immergendogli il brando fra la giuntura del
la tradizione mitologica che Licaone sì rese celebre per la efferata sua barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutt
racconta che Licaone per indurre i suoi sudditi all’ osservanza delle sue leggi, avesse fatto sparger voce che Giove andava
avesse fatto sparger voce che Giove andava sovente a visitarlo nella sua reggia, sotto le sembianze di uno straniero. I fi
roe ebbe distrutte le femmine guerriere, donò a Lico, in premio della sua fedeltà una contrada che quegli chiamò Eraclea, i
mede condusse Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e col pretesto di fargli ammirare il magni
do Virgilio, era anche nominata la cortigiana Citeride, famosa per la sua bellezza. Essa veniva anche detta Volunnia, perch
onò per darsi nelle braccia di Marc’ Antonio triumviro, il quale alla sua volta la dimenticò del tutto, pazzo com’ era d’ a
la, è fondato sull’ aver Licurgo fatto sbarbicare tutte le viti dalla sua patria ; da ciò Bacco che si precipita in mare, i
alla sua patria ; da ciò Bacco che si precipita in mare, insieme alle sue nutrici ; ossia alle viti, ritenute come le nutri
. Prima però di partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, che le sue leggi sarebbero mantenute in pieno vigore, finchè
eno vigore, finchè egli stesso-non avesse fatto ritorno in Sparta. La sua volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora par
i Creta, ove morì ; ordinando che il suo corpo fosse abbruciato, e le sue ceneri disperse al vento ; temendo che se queste
ogativa di rendere gli oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle sue acque. Al dire di Plinio, coloro che volevano int
olo di Egitto, marito d’ Ipernestra, la quale, ben diversamente dalle sue quarantanove sorelle, lo salvò dalla uccisione ch
tanove sorelle, lo salvò dalla uccisione che Danao avea ordinato alle sue figliuole. V. Danao, Danaidi ed Ipernestra. Alla
Linceo salì sul trono di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta nel tempio di Delfo, in mezzo a q
perverso il pensiero della vendetta. Infatti, giunto Trittolemo alla sua corte, Linco finse di accoglierlo con ogni cortes
ll’ardenza dei deserti, ove quell’animale abitualmente dimora, e alla sua indole di fuoco. La tradizione mitologica dice, c
e il nocciuolo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le sue foglie con quella della lingua, è la sorgente di
he quell’astro colle proprie influenze, e perfino colla pioggia della sua pallida luce, fosse talvolta cagione di gravi mal
questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il Sole. Esiodo, nelle sue opere sull’antichità pagana, ripete che Fea, la d
farla discendere dal cielo ; e lo stesso storico Luciano ripete nelle sue opere, che un uomo faceva a suo talento discender
egizi ed i greci, se pure comunemente avessero chiamata la Luna colla sua appellazione femminile, pure nei misteri della lo
essendo venuto in Italia Evandro Arcade, dedicò al dio supremo della sua patria, un dato luogo, a cui impose similmente il
nocefale, durante la celebrazione dei giuochi Pizii. Clinton, pone la sua nascita nella LXV Olimpiade (518 anni avanti Gesù
ia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel
ta, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La
ermi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La sua posizione geografica ; la indipendenza degli anti
be, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri c
ondatevi e cangiate le vostre vesti. 2. Jacob vero convocato omnidomo sua , ait : Abjecite dese alienos, qui in medio vestri
osi grande venerazione che considerano il dare una sola occhiata alle sue sacre mura, come atto meritorio al cospetto di Di
a gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la form
rsità di Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori nel 1256. Le sue cognizioni matematiche, affatto straordinarie pei
arti dilettevoli, volle porgere ai suoi concittadini un saggio delle sue cognizioni matematiche, proponendo loro di far gi
a provincia d’ Oxford. Mori l’ 8 novembre del 1674 nel 66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel ci
to in tutta l’ Europa, da una terra che faceva parte della fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania nel re
sse, re di Creta : di lei la Favola racconta, che per soddisfare alla sua bestiale libbline, fosse soggiaciuta ad un toro,
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
oprietà producevano sui primi popoli, avvezzi a veder la natura nella sua . bellezza selvatica, e indotti a supporre in ogni
i, ha popolato d’ esseri immaginarj l’ universo ; e per effetto delle sue finzioni i mortali egregi divennero spiriti celes
ti la inesorabile Necessità, figlia dell’ Intemperanza, recando nella sua mano di ferro e chiodi e cunei e graffi e liquido
chiamano anche Urano (45), e suppongono che sposasse Titea o la Terra sua sorella, detta anche Vesta (43) o Cibele (40), ne
o sconvolgimento cagionato sulla superficie della terra dalle riposte sue forze, che parevano essersi ribellate incontro al
solamente questa al marito, e gli tenne celato Giove, offrendogli in sua vece una pietra che da Saturno fu subito divorata
le loro istorie nè le loro tradizioni segnavano epoche anteriori alla sua . Giapeto abitava in Tessaglia, vale a dire in uno
l’ Europa, nel tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ istmo di Suez per istabilirsi nell’ Affrica. 31. Poichè Saturno
lle strade, e con una chiave per aver inventate le porte. Talvolta le sue statue hanno quattro facce alludendo alle stagion
a lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e di miele
gue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di sua rabbia : Chè gli avea in guardia istorico o poeta
di Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele gli è moglie ; e la terza è sua figliuola. 44. A ragione immaginarono Cibele con
ate mura, che le ricingon la fronte, additano le città poste sotto la sua tutela ; mentre una chiave nella destra significa
avano di città in città recando la statua di Cibele, cantando inni in sua lode e mendicando. Talora avevano seco alcune vec
acrificavano a Cibele un toro o una capra o una scrofa a motivo della sua fecondità. Il bossolo ed il pino eranle sacri, pe
garius in latino è lo stesso che frigio) ; e la Dea per punirlo della sua ingratitudine fece ferire quella ninfa, e abbando
onde un giorno adocchiata Proserpina che stava cogliendo fiori con le sue compagne sulla pianura d’ Enna in Sicilia, rapill
endo a quei ch’ avean più bel colore. Quest’ era il maggior fin della sua mente, D’ aver fra le compagne il primo onore. In
terra per montagne e per boschi ; e inclusive là notte continuava le sue ricerche al lume delle faci. Intanto per mostrars
se questa nell’Inferno non avesse toccato nè bevanda nè cibo ; ma per sua sventura Proserpina aveva assaggiato alcuni chicc
iscere della terra ; e di lì nell’inferno per richiedere a Plutone la sua figliuola ; ma ogni preghiera fu vana. Corse poi
vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene di latte l’additano nutrice del ge
r procacciarsi alimenti, ed era ridotto in estrema povertà. Allora la sua figliuola Metra, degna di miglior padre, studiand
ro, e tremonne il vasto Olimpo. Omero. 64. Giove sposò Giunone (85) sua sorella, ad esempio del padre che aveva sposato C
li Dei massi enormi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé di sue forze abuso, Con temeraria fronte, Chi monte impo
(Dante Inf. c. xiv) opera dei Ciclopi (272), e saettati con tutta la sua possa i Giganti, restò vittorioso. I più terribil
contro i Centauri (430), e che fu re d’Atene prima di Cecrope, per le sue belle azioni aveva meritato anche in vita onori d
ato in aquila, diventò l’uccello favorito di Giove e il eustode delle sue folgori. 77. La capra Amaltea (amaltheyo, io nutr
re e più usitato fu quello d’Olimpico dall’abitar ch’ei faceva con la sua corte sulla cima del monte Olimpo in Tessaglia. O
Sancus o Sanctus, che secondo alcuni era lo stesso che Pistius, altra sua denominazione. Lo invocavano col nome di Terminal
nazione. Lo invocavano col nome di Terminale quando ponevano sotto la sua protezione i termini o limiti dei campi. Quando s
mente di esterna bellezza, e lo prese a proteggere qual simbolo della sua vanità regale. 90. Giunone vie più sdeguata contr
a terra si fermò sulle sponde del Nilo, ove Giove le rese la primiera sua forma. Quivi partorì Epaso, e gli Egiziani l’hann
Tebe perirono miseramente ; la figliuola Semele (147, 148) restò, per sua malizia, incenerita da Giove ; e fu esposto Ercot
l quale aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò tanto questa sua confidente, saggia e docile giovinetta, dalla qua
a Samo ed a Cartagine. Nella prima di queste città si celebravano le sue feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire
e la terra aveva promesso alla regina dei Numi di non dare asilo alla sua rivale. Infatti Latona era quasi nelle fauci dell
) e Diana (137). Il primo ebbe il soprannome di Delio dal luogo della sua nascita. Certo non si scotea si forte Delo Pria
convertirli in rane. 99. Appena che Apollo fu in età da far uso delle sue forze, consacrò la prima prova di valore alla mad
che devastava i campi della Tessaglia. Lo assalì, lo trafisse con le sue frecce divine, e lo uccise ; e la pelle del mostr
i suoi morti, fulminò il medico temerario che troppo si vantava delle sue prodigiose guarigioni. 101. Il dolore di Apollo d
il mostro. 109. Laomedonte aveva promesso in dono al liberatore della sua figlia certi destrieri invincibili e tanto snelli
reva che si rallegrasse del ritorno dell’Aurora, e s’addolorasse alla sua partenza. 116. Il secondo marito dell’Aurora f
con altri suoi folli compagni ; e vantando, secondo il solito, l’alta sua origine, gli fu contradetta da tutti. Di che anda
i Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si afflissero tanto della sua morte, che per quattro mesi lo piansero sulle spo
di Fetonte acceso, Come si dice, mentre che piangendo Stava la morte sua , mentre ch’all’ombra Delle Pioppe, che pria gli e
correnti, desioso Di più freschi lavacri, onde rifulga Sovra le piume sue nitido il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e
alla favola, offeso da una riprensione troppo severa, avrebbe con la sua lira spezzato il capo al maestro. 122. Apollo pro
cienze e di virtù. Nel tempo che i nemici pigliavano d’assalto Priene sua patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi aver
amente la palma. Tuttavia Marsia, quasichè non volesse riconoscere la sua inferiorità, si pose a dileggiare Apollo ; ed ei,
d ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla vagina delle membra sue . (Dante, Parad. c. i.). Così il poveretto pagò il
embra sue. (Dante, Parad. c. i.). Così il poveretto pagò il fio della sua presunzione. 126. Anche Pane (294) aveva osato sf
sione di tanta miseria, E la miseria dell’avaro Mida, Che segui alla sua dimanda ingorda, Per la qual sempre convien che s
figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghitosi della sua bellezza prese l’effigie della madre per indurla
Dio del giorno, alligna bene in quei luoghi che sono ravvivati dalla sua presenza. Gl’inni più celebri che erano cantati i
iamente cominciavano con queste due parole Io Paean per rammentare la sua vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di que
monia con la quale supponevasi che questo volatile cantasse la vicina sua morte, quasi principio di felicità. Fu poi attrib
Dio diversificano secondo i personaggi ch’ei rappresenta. In Lesbo la sua statua teneva in mano un ramo di mirto. Ha talora
salire al fanale. Un terremoto lo fece cadere non molto tempo dopo la sua erezione, che ebbe luogo 700 anni av. G. C., e ri
olonne, aveva 200 braccia di circuito, 70 di altezza, e sorgeva sulla sua cima un bel carro tirato da quattro cavalli. Le s
ebbe la temeraria curiosità di guardarla mentr’ella si bagnava con le sue ninfe. E Cinzia sempre fu alle Grazie amica, E o
to ciò supponendo che Endimione fosse un abi astronomo che passava la sue notti sulla cima delle mo[ILLISIBLE]tagne a misur
no in cose lodate. 140. È notabile la severità che Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta di quest
ontro la sventurata Niobe (629) che in onta a lei s’era vantata della sua bella e numerosa prole, imperocchè le fece perire
bal Caro (117, per offrire maggior numero d’immagini ai lettori. « La sua figura (della Luna) sarà d’una giovine d’anni cir
c. XXIX. La sdegnata Dea apparve a Semele sotto le sembianze di Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la sua vanità, la is
Semele sotto le sembianze di Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la sua vanità, la istigò a chiedere a Giove ch’ei se le
lampi. 148. Allora andò in fiamme il palazzo, e Semele, vittima della sua ambizione, perì nell’incendio, come sovente àccad
bino del quale Semele era incinta, e lo custodì fino al momento della sua nascita ; e questo bambiuo era Bacco. Indi il Num
dopo cresciuto, per gratitudine a Coloro che avevano avuto cura della sua infanzia, le cangiò in stelle chiamate Jadi. Ma q
so, che è un bastone coronalo di pampani o d’ellera. 151. Bacco nella sua prima giovinezza girò tutta la terra e conquistò
ngemmata, capo d’opera di Vulcano (270). Morta questa principessa, la sua corona fu posta fra le costellazioni. 153. Le fes
attribuisce la prerogativa di dissipare i vapori del vino mediante la sua naturale freschezza. Lungo due fiumi di Beozia, l
o. Fu costei figliuola d’Eretteo re d’ Atene, che invidiosa perchè la sua sorella Erse fosse protetta da Mercurio, pose ost
mato Cillenio da un monte d’Arcadia che secondo alcuni fu luogo della sua nascita ; ebbe nome Ermète, cioè interprete, quan
rpe la vita con accesa brama. 171. Le dodici Ore, cui fu commessa la sua educazione, la condussero in cielo, e quivi tutti
ucazione, la condussero in cielo, e quivi tutti gli Dei, rapiti dalla sua bellezza, la desiderarono per isposa ; ma Giove l
Dio da gente vana. Qual é morto da lui, qual con più gravi Leggi mena sua vita aspra ed acerba Sotto mille catene e mille c
za che spira dalle opere del genio greco, legga quel carme. Una delle sue parti più belle è la descrizione del velo delle G
elo delle Grazie. Pindaro volge questi versi alle Grazie in una delle sue Odi olimpiche : Per voi negli uomini Tutto è dil
osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmi
esserne costantemente corrisposto. Dopo avere studiato lungo tempo la sua indole si accorse che la passione più dominante d
Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravvolse nel mistero le sue intenzioni. Fece costruire un bellissimo palazzo
Per qualche giorno le parve un incanto la vita ; ma per far piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore di tanti do
manere invisibile. Dal canto loro le sorelle di Psiche aumentavano la sua impazienza, e la eccitavano a discoprire il miste
l più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Amore mi sceglie per sua sposa !…. » E si chinava su lui avidamente per co
soffre tutto, obbedisce come un fanciullo, e spera così d’espiare la sua colpa e d’impietosire l’adirato Nume. Venere le o
pina, e chiedile per me di porre in questa scatola una porzione della sua bellezza ; ma bada poi di non aprirla : tu non ha
ella. » Psiche obbedì anche a questo comando ; ma non potè vincere la sua curiosità ; e volle vedere come fosse fatta quell
rta. A tal vista sviene, e si riduce in uno stato da far temere della sua vita. Le vengono prodigati soccorsi, ed è condott
ca la Dea. In quel punto Amore sopraggiunge per mettere il colmo alla sua confusione. Vorrebbe nascondersi ; ma egli, vista
zo il sacro vel s’adorni Della imago di Psiche, or che perfetta Ha la sua tela, e ti sorride in volto. Mortale nacque, e so
le onde, incoronata di rose da Pito o Suada, Dea, della persuasione e sua fida compagna. Ma per lo più la rappresentarono a
a eletta fra le creature, di quell’essere che, quando si mostra nella sua possibile perfezione, vince ogni umana lode, ogni
e perfezione, vince ogni umana lode, ogni maraviglia della natura. La sua statua più celebre, che ci sia pervenuta dall’ant
ultura che l’italiano Canova seppe far risorgere con tanta lode, è la sua Venere ; e questa pure si ammira in Firenze nella
la prima a motivo di questo fatto : Un giorno Cupido passeggiava con sua madre in un prato smaltato di fiori, dove volendo
n prato smaltato di fiori, dove volendo far prova dell’ agilità delle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto p
elle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto più fiori di sua madre. Venuti infatti alla prova, Amore era per v
ore dopo essere stata tinta del sangue di Venere rimasta ferita dalle sue spine nell’ accorrere in aiuto d’ Adone (177) mor
implorando ch’ei tornasse incolume e vincitore dall’Asia. Infatti la sua chioma fu appesa nel tempio della Dea ; ma la not
zzo al grande Ionio Dalla fera Celeno e da quell’altre Rapaci e lorde sue compagne Arpie Fin d’allora abitate, che per tema
ti i suoi compagni, e fece legare sè medesimo all’albero mæstro della sua nave. Non furon già troppe queste cautele ; essen
ò alcuni bovi ad Ercole ; e Giove (63) volle fulminarla in pena della sua insaziabile voracità. Allora la colpevole cadde n
da li ributta Con immenso bollor sino alle stelle, Scilla dentro alle sue buie caverne Stassene insidïando, e colle bocche
ina, e, secondo la favola, fu padre delle Gorgoni (357). Toossa altra sua figlia ebbe da Nettuno il ciclope Polifemo (273)
omani destinarono il primo giorno del mese di luglio per celebrare la sua festa, e gli consacrarono il febbraio per averlo
averlo favorevole alla vicina epoca della nuova navigazione. 211. Le sue vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bi
ovè rapirla (53), giacchè nessuna Dea voleva sposarlo per paura della sua deformità e del tenebroso suo regno. 215. L’imper
go era difesa intorno, E da selve ricinta annose e folte. Escia della sua bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui vo
grande, ove si dice Che s’annidano i sogni, e ch’ogni fronda V’ha la sua vana immago e ’l suo fantasma. Molte oltre a ciò
mbattuto. La bufera infernal che mai non resta, Mena gli spirti nella sua rapina, Voltando e percotendo li molesta…. E come
a terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole, e le sue stelle anch’ella. Qui se ne stan le fortunate gen
aro. ) In questi beati luoghi il fiume Lete scorre placidamente, e le sue onde fanno dimenticare tutti i mali della vita, S
te le spalle inver Damiata,49 E Roma guarda sì, come suo speglio. La sua testa è di fin’oro formata, E puro argento son le
poeti lo figurano vecchio riposantesi sopra un’ urna nera ; dicono le sue acque esser capaci di consumare i più duri metall
9. Il Cocito (Kokyo, io piango, gr.) circondava il Tartaro (216) ; le sue onde altro non erano che le lacrime dell’eterno p
i che le anime degl’ insepolti andassero errando per cento anni sulle sue sponde, e così la carità dei congiunti e dei citt
ente stimolata a dare onorevole sepoltura alle spoglie mortali. Sulle sue sponde coronate di tassi che mandavano ombra mest
enti e vortici di fiamme, e circondava da ogni lato il Tartaro. Nella sua vicinanza non cresceva alcun albero, non una pian
vicinanza non cresceva alcun albero, non una pianta verdeggiava sulle sue sponde ; e dopo lungo corso opposto a quello del
gli Dei per combattere i Giganti (67), Stige accorse la prima con le sue due figlie, onde il padre dei Numi, grato a tanto
e la tazza dell’oblio nell’altra. Era imposto alle ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la proprietà di far loro
ora con carezze le ombre che entravano, e minacciava abbaiando con le sue tre bramose gole quelle che accennavano di volern
sposa d’Admeto (102) ; che Orfeo (469) lo addormentò col suono della sua lira, quando scese per richiedere a Plutone (213)
suono della sua lira, quando scese per richiedere a Plutone (213) la sua Euridice ; e che la Sibilla che condusse Enea (60
cipelago, e governò il suo regno da savio e mite sovrano. Affinchè le sue leggi avessero maggiore autorità appo i Cretesi,
Salamina, dove Cencreo re di quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figlia, e lo destinò a suo successore. Morta Glau
raggio gli fece sposare la figliuola di Laomedonte, Esione, che fu la sua terza moglie e madre di Teucro. — Peleo sposò Tet
re di Teucro. — Peleo sposò Teti (320) e fu padre d’Achille (536). Le sue nozze, che la Discordia turbò col pomo fatale, fu
à della Beozia, dove sposò Alcmena (74) vedova d’Anfitrione (364). Le sue virtù, tra le quali si distinguevano la giustizia
adorare dai propri sudditi, e gli antichi avevan tale opinione della sua equità, che se volevano attestare la giustizia di
ell’altra ha serpi ; ed ambe intorno arrota, E grida e fere ; e delle sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al mi
’impronta d’ un bove o d’en ariete. In mezzo ai trivj dove sorgeva la sua statua, le imbandivano ogni mese una cena che era
si vela di dorata benda » filava, e Atropo impaziente tagliava con le sue forbici il fatale stame. 237. La fertile immagina
ia di bronzo, con le ruote distinte in quattro spazii, per toccare le sue quattro vigilie. » « Per significar questo (il Cr
ume dell’Oblio scorre alla bocca dell’antro, e il solo mormorio delle sue acque rompe il silenzio. Sul limitare crescono pa
ca, Non mai lo scema, si che’l pasto eterno Ed eterna pur sia la pena sua  ; Che fatto a chi lo scempia esca e ricetto, Del
deità che il denaro. Un giorno i Numi andarono ad alloggiare in casa sua  ; ed egli ebbe tanto a male di dover fare le spes
esser meglio dipinta l’avarizia che rende povero l’uomo in mezzo alle sue ricchezze ? 252 Danao, re d’Argo e figlio di Belo
n chiusa la porta dell’eternità. Gli seggono intorno a ministri della sua corte il Furore, l’Odio, l’Ipocrisia, la Vendetta
a dei concittadini, ad alleviare le altri disgrazie, a educar bene la sua famiglia, e viva sempre più lieto e sicuro quanto
lo di Atenea in Atene, le venivano dati indifferentemente. Fino dalla sua nascita ella si dedicò all’invenzione delle arti
l quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia di Minerva è la sua disputa con Nettuno (185) per dare un nome alla c
e sbucar fuori un ardimentoso destriero, e Minerva con un colpo della sua lancia faceva spuntare un ulivo, simbolo della pa
il lavoro, s’impiccò, e da Minerva fu allora cangiata in ragno sulla sua tela : O folle Aragne, si vedea io te Già mezza
cro, perchè questo rettile fu giudicato l’immagine della prudenza. Le sue feste annuali furon dette prima Atenee, quindi Pa
afferrò per un piede, e lo scagliò fuor del cielo, quasi fosse stata sua colpa il nascer brulto. Pensate s’ei dovè rimaner
e chi sa che Giove non lo facesse per ammonirla a non invanirsi della sua bellezza ! 272. La favola lo dichiara Dio del fuo
ndere e di lavorare i metalli ; sicchè questo celeste fabbro aveva le sue fucine nell’isola di Lenno, a Lipari e nelle cave
crive a Didone : Sembrato mi sarebbe un alto monte, A cui la gregge sua pascesse intorno ; Se non che si movea con essa i
la ninfa era già amante del pastorello Aci ; sicchè il Ciclope nella sua brutale gelosia glielo schiacciò sotto un scoglio
o all’eletto coro, temprando la lira, e incoronata di lauro l’augusta sua fronte. Siccome poi ogni Musa presiede a un’arte
motteggi, ma egli trovò materia di biasimo nei coturni. Alla fine le sue continue ed insipide baje lo resero insopportabil
omenti Dal cavo grembo della Notte oscura. Pronto, audace, festivo in sua natura, Di spirti alteri, impetuosi, ardenti, Or
vano la buona custodia e la fecondità. Quindi i Romani collocavano la sua statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gl
orecchie di capra, e una corona di pampani o d’alloro : e talvolta la sua statua comparisce nel mezzo agl’istrumenti di gia
o, abbandonato alle furie (232), e ad ognuno era lecito ucciderlo. Le sue feste a Roma erano celebrate l’ultimo giorno dell
osi istrumenti, come tamburi e cembali. La Dea copriva con un velo la sua ingenua bellezza. Un po’d’alloro o di ramerino le
presiedeva con Priapo (307) ai giardini e segnatamente ai frutti. Era sua cura prediletta potar gli alberi, innestarli e an
ò nel colloquio, che datosele poi a conoscere, Pomona acconsentì alle sue nozze. Le metamorfosi di Vertunno son forse una l
ano le montagne, e solevano accompagnar Diana nei suoi viaggi e nelle sue cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono n
la ninfa Liriope e del fiume Cefiso, e si pose lungamente dietro alle sue orme, senza mai lasciarsi vedere ; ma il giovinet
a in durissimo scoglio. 322. Ma Narciso crudelmente pagò il fio della sua indifferenza ; poichè Amore (172) prese a vendica
a campagna alle pericolose lusinghe dell’amore. Ma Alfeo rapito dalla sua bellezza continuamente ne chiedeva la mano. Allor
questa metamorfosi non valse a diminuir l’affetto d’Alfeo, poichè le sue acque attraversavano il fondo del mare senza misc
ppartava in un bosco vicino a Roma, e così accortamente avvalorava le sue leggi con l’autorità della religione. La favola a
ù si potesse, Fôra per questa man difesa ancora. Ma dovendo cader, le sue reliquie Sacre, e gli santi suoi numi Penati A te
, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il quale sosteneva con le sue mani il sacro incarco de’santi arredi e de’patrii
anche ogni uomo avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azioni ; e di più riconoscevano tutti un genio bu
io ed afferrarla. I Romani adoravano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro era collocata nel quartiere accanto
vede, giudica e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei.71 Le sue permutazion non hanno triegue : Necessità la fa e
lla s’è beata, e ciò non ode : Con l’altre prime creature lieta Volve sua spera, e beata si gode. In Italia i suoi tempj p
idere i legami più forti e più intimi. Ella stessa fu sottomessa alle sue proprie leggi, cedendo alla voce irresistibile de
tte (238) e dell’ Oceano (192), e ministra della celeste vendetta. Le sue funzioni consistevano in gastigare col sentimento
lmente coronata, a significare ch’ ella è il flagello dei tiranni. Le sue ali « Infaticabilmente agili e preste, » denotano
ro Giove Fu nocente costei …. (Omero, Trad. del Monti.) Le Preghiere sue sorelle, e, come lei, figlie di Giove, la seguono
e, era figlio d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al Silenzio. La sua statua era collocata sul limitare dei templi, o p
o. 339. Astrea, figlia di Giove (63) e di Temi (337), presiedeva come sua madre alla giustizia, laonde spesso va confusa co
sa con lei. Nel tempo del beato secolo d’ oro ella aveva stabilito la sua dimora sopra la terra ; ma venuto il regno della
ta dall’ inquietudine, non ride mai ; nè mai il dolce sonno chiude le sue pupille. Ogni evento felice l’affligge o sveglia
 II.) Ha costei la testa leonina che al minimo strepito si rizza ; la sua veste, di color cangiante come il suo cuore, ondu
li ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che gli tien chiuso nelle sue viscere. La melanconia. 345, 4°. Presso a
345, 4°. Presso al Dolore procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta di velo più sottile. Ella ha per
terra nè il cielo ; e par che ricerchi nel proprio cuore soltanto le sue consolazioni, e che deliziosamente s’inebrii di t
rlo si cacci dentro nella camera per lo finestrone che si è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, c
a dedicato il tempio, ma non trovo già come fosse figurata, se già la sua figura non fosse quella della Securità. Il che no
ai piedi una gallina che covi, per mostrare che ancora posando fa la sua azione. » (Vasari, Vita citata.) La vittoria.
in fondo a un pozzo. Con bel modo ne fa la dipintura il Pignoni nelle sue sestine sull’origine della favola. Ecco il princi
l’andare onesta, » e che al solo mirarla sveglia amore e rispetto. Le sue grandi ali sono spiegate a significare che sotto
corrotto con denaro le guardie della principessa, la involò e la fece sua moglie ; da questo imeneo nacque Perseo. 354. Ac
Acrisio, scoperta l’esistenza del temuto nipote, lo fece esporre con sua madre in preda alle onde in una debole navicella.
lo. Minerva gli prestò il suo scudo lucido come specchio, Mercurio le sue ali e la spada adamantina, e Plutone un elmo che
. 358. D’allora in poi Perseo recò sempre seco quel teschio, e nelle sue avventure l’adoperò ad impietrire i nemici. Parte
erseo era per essere soverchiato dal numero, quando si rammentò della sua arme fatale, e il rapitore e i suoi compagni dive
l padre. I popoli di Micene e d’Argo alzarono gloriosi monumenti alla sua memoria, e Giove (63) lo pose in cielo tra le cos
i atterrito, gli sbranò, e fece manifesto fino dai primi giorni della sua vita ch’ei poteva meritamente esser chiamato figl
dello zodiaco (676). Il Pàrini ne traggo opportuno insegnamento nella sua Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole era
ga e perigliosa battaglia, nella qualé non valevano le armi perchè la sua pelle era impenetrabile, potè agguantarlo, lo sof
enetrabile, potè agguantarlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu qu
erborute sue braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua corazza e la sua veste. 371. Nelle paludi di Lern
cia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua corazza e la sua veste. 371. Nelle paludi di Lerna vicino ad Argo
n un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle sue frecce nel sangue dell’Idra perchè mortali ne fos
ttili ; e la poesia tramandò ai posteri l’avvenimento abbellito dalle sue finzioni. 372. Uno spietato cinghiale che s’intan
no aveva mai potuto raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le sue frecce perchè era consacrata a Diana (137), non l
ano i greggi e le mèssi dei vicini paesi. Ercole gli esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a
testa e ’l busto :78 Ma in su la riva non trasse la coda. La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fu
in terra, E come là tra li Tedeschi lurchi Lo bevero s’assetta a far sua guerra ;83 Cosi la fiera pessima si stava Sull’o
si stava Sull’orlo, che, di pietra, il sabbion serra. Nel vano tutta sua coda guizzava, Torcendo in su la venenosa forca C
efficacia a tal guaio, deviò il fiume Alfeo (346), facendo passar le sue acque per mezzo alle stalle ; e così in un giorno
e pulite. Allora Ercole si recò ad Augia per ricevere il premio della sua fatica ; ma costui avendoglielo villanamente ricu
e tracce del furto facendoli camminare all’indietro nel tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’autore di questa per
ma fu inutile, perchè il figliuolo d’Alcmena strettolo fra le robuste sue braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’infern
ch’ei fece Del grande armento, ch’egli ebbe a vicino ; Onde cessâr le sue opere biece 84 Sotto la mazza d’Ercole, che fors
ostro, lo assalì, e lo atterrò tre volte ; ma invano, poichè la Terra sua madre ogni volta ch’ei la toccava gli rendeva nuo
 ; sicchè, per finirla, il prode lo alzò di peso, e lo soffocò tra le sue braccia. 387. 1 Pimmei erano uomiciatti alti poco
o che d’assalire Ercole che s’era addormentato sulla spiaggia dopo la sua lunga lotta con Anteo. Si condussero in questa im
bbe a scoppiar dalle risa in vederli ; e raccattandone parecchi nella sua pelle di leone, li recò in dono ad Euristeo. 388
oracolo annunziò ch’ei ne sarebbe scampato se qualcuno fosse morto in sua vece Alceste allora non esitò a dar la sua vita p
se qualcuno fosse morto in sua vece Alceste allora non esitò a dar la sua vita per quella del marito, e compiè generosament
riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ritoltale la sua preda, rese la diletta sposa ad Admeto. Alfieri h
figli suoi, questo è d’Admeto il sangue : Or, qual di questi in vece sua disfatto Esser potea da morte ? Il figlio forse ?
i due lustri non compie : ancor che in esso L’ardir non manchi, l’eta sua capace Non è per anco di spontaneo, vero Voler di
ieco e sì tremendo, che l’infelice eroe, senza saperlo, uccise Megara sua moglie e i propri figliuoli ; e quando ritornato
nemici, ed uscir vittorioso dai rischi maggiori, commise ad Amore la sua vendetta. Questo Dio svegliò allora in Ercole una
ttiva intenzione di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371)
. Sentita l’ eroe già vicina l’ ultim’ ora, donò a Filottete (546) le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (372)
7) Dea della giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali,
lle del leone di Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, c
anco, che era l’ albero a lui sacro per essersi cinta la testa con le sue fronde scendendo all’ Inferno. Passa molta somigl
negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la sua spada sotto una enorme pietra ; e le raccomandò,
a maga. Ella temendo che la presenza di uno straniero, celebre per le sue gesta, le avesse a sventare il progetto d’ usurpa
oco lento i condannati alla morte, e pareva godesse dei lamenti delle sue vittime, che si assomigliavano ai muggiti di un b
secondo altri, cadde per sollevazione in mano del popolo stanco della sua tirannide : e fu il secondo a morire arso nell’ o
olava l’ Attica, spogliando i viandanti. Teseo lo uccise, e bruciò le sue ossa, facendone un sacrifizio a Giove (63). 411.
ccideva ; ma Teseo superò lui, e lo punì dell’ abuso che faceva della sua forza. 414. Teseo, vinti questi tiranni, volse il
combattere il Minotauro. 417. Non gli avrebbe arriso fortuna nella sua impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola di M
nto dopo aver ucciso la belva. 418. Teseo, che aveva condotto seco la sua liberatrice fuggendo da Creta, l’ abbandonò poi c
la di Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima vittima della sua invenzione, poichè caduto in sospetto di infedelt
congegnò due paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza di cera alle sue spalle ed a quelle d’ Icaro. In questo modo potè
padre, volle volare troppo alto vicino al sole ; sicchè la cera delle sue ali si strusse, e il giovine temerario, precipita
lte invenzioni, e specialmente quella delle vele. Credesi anzi che le sue ali sieno un’ allegoria per indicare le vele di u
nno a Delo ad offrir sacrifizj in ringraziamento del buon esito della sua impresa. Così tutti gli anni vi andavano i messag
o e raro esempio restituì la libertà al popolo, e riprese la primiera sua vita cercando nuove occasioni di render utile il
a gli riuscì, e poi ne sposò la regina Antiope o Ippolita (375) fatta sua prigioniera. Da essa ebbe lo sventurato Ippolito
ionia Elena fu rimessa in libertà dai fratelli, e ricondotta a Sparta sua patria, ove diventò sposa di Menelao (528). 435.
inferno. Fedra poi lacerata dai rimorsi, fu astretta a confessare la sua calunnia, e si diede da sè stessa la morte. 439.
sui quali Teseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato di
no ; ed egli, sdegnato di tale ingratitudine eccitata per altro dalle sue imprudenze, scagliò maledizioni contro Atene, e s
e di Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per fuggire con Elle sua sorella i mali trattamenti della matrigna Ino, si
lesponto, ora stretto dei Dardanelli. Intanto Ino pagava il fio delle sue persecuzioni contro i figliastri ; poichè Atamant
ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice che gli Argonauti recas
arono iniqui mezzi per rattenere i passi del furibondo. Sfuggiti alle sue ricerche, e pervenuti alla dimora d’ Alcinoo re d
tornavano vittoriosi ad Iolco. 89 456. Ma Pelia, (448) ad onta della sua promessa, negò di rendere a Giasone (448) il tron
l’ incarico di punirlo. Costei, che si vantava d’ aver trovato con le sue arti il segreto di rendere la gioventù al padre d
quale, dissimulando lo sdegno, perseguitò la rivale, e fu causa della sua morte. Giasone voleva punirla ; ma ella, prevenen
disparve. 459. Aggiungono che Medea tentasse dipoi d’ involgere nelle sue frodi anche Teseo (406) erede del trono d’ Atene 
i anche Teseo (406) erede del trono d’ Atene ; ma scoperta da Egeo la sua malvagità, e costretta nuovamente a fuggire, andò
Medea, Giasone visse miseramente ramingo e turbato dai rimorsi della sua imprudente condotta. Medea, che era dotata della
e benignamente, e gli fece passare in festa i primi nove giorni della sua dimora appo lui. Ma poi, aperte le lettere del ge
sso offendere le leggi dell’ ospitalità col punire Bellerofonte nella sua corte, pensò di esporlo a qualche gran rischio. 4
nza d Bellerofonte per la protezion degli Dei, gli dette in moglie la sua figliuola Filonoe, e lo dichiarò suo successore.
mentata dai rimorsi prese il veleno, e Bellerofonte inorgoglito delle sue gesta volle salire in cielo col Pegaseo ; ma Giov
Apollo (96) e Clio (275) ; e tanta era la dolcezza dell’armonia della sua lira e della sua voce, che a sentirlo suonare o c
o (275) ; e tanta era la dolcezza dell’armonia della sua lira e della sua voce, che a sentirlo suonare o cantare, le belve
e, ma ebbe la sventura di vederla morire (474) il giorno stesso delle sue nozze, sicchè mortalmente afflitto di questa perd
se all’inferno (215), e la richiese a Plutone (213). La melodia della sua lira, inspirata da tanto dolore, commosse le divi
iana.) 472. Fu eretto un tempio ad Orfeo nel luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne era vietato l’accesso alle donne.
ccesso alle donne. Quindi suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona di
ella, fedele ad Orfeo (466), non lo curò ; ed il giorno stesso delle sue nozze, volendo fuggirne la presenza, fu punta da
perire tutte le api d’Aristeo, ed egli ne fu sconsolato, e ricorse a sua madre. Cirene, impietosita dal suo dolore, gli co
o a ripigliare la prima forma. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò di far sacrifizj espiator
l’isola di Coo, quindi in Sardegna e poi in Sicilia ; dove propagò le sue cognizioni d’agraria e di pastorizia. Alla fine s
lì nella Tracia, ove Bacco lo iniziò nei misteri delle Orgie. Dopo la sua morte parecchie città della Grecia l’onoraron di
nto a Corinto, i marinari s’argomentarono di ucciderlo per carpire le sue ricchezze. 479. Arione chiese almeno la grazia di
ire ai poeti che le mura di Tebe furono alzate mediante i suoni della sua lira, poichè le pietre sensibili alla dolcezza di
n toro bianco, e scese in riva al mare dove Europa passeggiava con le sue donzelle. Essa gli s’accostò per ammirare la bell
tili grida. Il Nume la condusse in Creta, e quivi riprese la primiera sua forma. 484. Agenore, disperato per questa perdita
Egitto. Anfione (481) costruì le mura di questa città col suono della sua lira. 486. La favola aggiunge che i suoi compagni
nsegnato ai Greci. 490. Siccome un oracolo aveva detto a Cadmo che la sua posterità era minacciata da grandi sventure, cosi
colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui era incinta Giocasta sua moglie, ordinò che il pargoletto appena nato foss
ritrovò a caso questo bambino sul monte Citerone, e lo ricoverò nella sua capanna. 493. La regina di Corinto, avuta questa
bando da Corinto, e s’incamminò verso la Focide. 495. Appunto questa sua premura di fuggire i decreti del Fato lo trasse a
’età matura cammina qual si conviene ; e declinando la vita, regge la sua vecchiaia con un bastone che gli fa da terzo pied
desimo, non potè più sostenere la vista del sole, degli uomini, della sua persona, e si accecò con le proprie mani. I figli
ieco, non ebbe altro sostegno, altra guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci t
e era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena di una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e crediamo d
ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la terra gli s’aperse sotto i pi
Emone, figlio di quello scellerato di Creonte, non partecipava della sua barbarie, ed essendo innamorato d’Antigone, quand
pe la disgraziata morte, non le potè sopravvivere.94 Pelope e la sua posterità. 511. Pelope, figlio di Tantalo (25
lo avesse vinto nella corsa dei carri. I perdenti dovevano perire di sua mano. L’amante poteva correre il primo, ma il re,
al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridire delle sue scelleraggini la terra. 515. Tieste offese Atreo
ndo di non la rendere, se prima non gli fosse stata restituita Esione sua zia. I principi ricusarono di rendere Esione, pre
contenta di questa vittima, trasportò la vergine in Tauride per farla sua sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra d
ornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa gli rinfacciarono la sua viltà ; Menelao chiese il premio della vittoria,
tanti eroi periti nella lunga guerra : ma lasciatosi intenerire dalle sue lacrime, le concesse il perdono. 532. Egisto (516
96), n’ebbe in risposta che avrebbe trovato un qualche lenimento alla sua disperazione, andando in Tauride a rapire la stat
tura, mentre era per compiersi il sacrifizio, Ifigenia sacerdotessa e sua sorella lo riconobbe, e trovò modo di sottrarlo a
cendente d’ Eaco re dell’isola d’ Egina e giudice dell’inferno (229). Sua madre, che teneramente lo amava, andò ad immerger
esa di Troja era necessario Achille, ma ch’ei sarebbe perito sotto le sue mura. Teli, per distornare questa predizione fune
fosse, Quando la madre da Chirone a Sciro Trafugò lui dormendo in le sue braccia, Là onde poi li Greci il dipartiro ; Che
i alloggiamenti deliberato avendo di non voler più combattere. Questa sua ostinazione fu favorevole ai Trojani, che in quel
ni. Polissena divenne poi schiava di Pirro (543) che la menò sopra la sua flotta, e la immolò ai mani d’Achille, presso la
ccompagnata da una lunga schiera di ninfe per andare a piangere sulla sua spoglia. Anche le nove Muse (274) amaramente lo p
va d’Ettore, e l’amò tanto da preferirla ad Ermione che doveva essere sua sposa. Questo amore gli riesci funesto, perchè re
esercito greco. Essendo stato amico d’Ercole (364) aveva ereditato le sue frecce ; ma un giuramento l’obbligava a nasconder
Diomede, che al suo ritorno non potendo più vivere in pace con Egiale sua moglie, dovè fuggire e ricoverarsi presso Dauno r
de, il solo che sfuggisse ai colpi d’Ercole (364) quand’ egli punì la sua famiglia d’aver preso parte per Augia (380). 554
ra ancora molto eloquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che di sua bocca usciéno Più che miel dolci d’eloquenza i ri
che miel dolci d’eloquenza i rivi. 555. Apollo (96) in premio della sua saviezza lo fece vivere trecento anni, ossia tre
ore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mura di Troja sacrificò la sua per salvare la vita del genitore : Ecco al Nesto
ssa un gelo, E, vieni, salvami, fedel mia prole, Gridò, nè inutili le sue parole Volâr pel cielo. Corso il magnanimo fra mi
avi ; ma egli generosamente sacrificandosi per la patria, balzò dalla sua , e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591). 557
a da valutare quest’azione, in quanto che Protesilao aveva sposato la sua diletta Laodamia la vigilia stessa della partenza
bile quanto quella del leone di Nemea (374) ch’ ei soleva portare per sua difesa. Nacque infatti il fanciullo, ed Ercole, a
non si reputava da tanto, fece rigettare l’ ardita proposta, e con la sua eloquenza sedusse i giudici a segno che proferiro
ezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figurandosi di sfogare la sua ira contro Agamennone (527) e Menelao (528) che a
i Col vindice pugnai. E là sul Xanto i Danai Copria di vitupero : Ma sua virtù fe’stabile, Ma chiaro il rese Omero, Cagion
nch’esso tra gli eroi della spedizione greca contro i Trojani ; ma la sua maggior fama consistè nella robustezza, nell’ agi
pregio dei Numi. Narrano i poeti che Minerva (262), per punirlo della sua tracotanza, gli suscitò contro una furiosa burras
i gagliarda gioventù nutrice. Deh qual giammai l’ uom può della natia Sua contrada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz
ada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz. di Pindemonte.) 569. La sua moglie Penelope fu chiara non tanto per virtù e p
ompagnare i principi greci alla grande impresa. Per dare a credere la sua finta pazzia, s’ era posto ad arare la sabbia sul
ora lottare per altrettanto tempo contro la fortuna che in pena delle sue frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi le
he in pena delle sue frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi le sue avventure, dalla caduta di Troja fino al ritorno
, e il dono di certi otri ove stavano rinchiusi i venti contrarj alla sua navigazione. Ma i suoi compagni, vinti da indiscr
sero tutti divorati.101 575. Ulisse ebbe a veder perire undici delle sue navi in quella tempesta, ed appena potè egli stes
ompagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo di partire dalla sua isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, trattov
suo Polifemo. Allora vide sfasciarsi e perire con tutti i compagni la sua ultima nave, ed egli solo trovò salvezza nell’ is
Questa Dea lo accolse benignamente, lo trattenne per sette anni nella sua isola, e gli promise l’immortalità se avesse cons
nelope, sicchè Giove (63) ordinando a Calisso di non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò andar via sopra una frag
ini che in tutte le stagioni producevano vaghi fiori e bei frutti. La sua famiglia manteneva l’innocenza e l’illibatezza di
i ; la moglie dava l’ esempio del lavoro e dell’ economia ; e Nausica sua figlia, bella e vereconda fanciulla, aiutava la m
accende domestiche. Filava, tesseva la lana, lavava la biancheria, le sue vesti e quelle dei suoi fratelli ; e Minerva, Dea
ascina a’piedi implorando il suo aiuto. Nausica impietosita chiama le sue compagne, e le invita a soccorrere lo straniero :
. Indi fu guidato al palazzo ; e giunto al cospetto d’Alcinoo e della sua moglie, si prostrò alle loro ginocchia aspettando
nti, in suoni, in amorevoli colloqui ; ed Alcinoo mette il colmo alla sua buona accoglienza annunziando all’ospite ch’ei fa
nduca ad Itaca. Ulisse corrispose a tante cortesie col racconto delle sue avventure, e svegliò tenerezza e stima in tutti q
cini, che lo credevano morto, erano andati a farla da padroni in casa sua , e volevano costringere Penelope a scegliersi tra
tessea la notte Al complice chiaror di muto faci. Cosi un triennio la sua frode ascose, E deluse gli Achei…. (Omero, Odiss
a per sedarlo ; e senza esser visto dal figliuolo restò ucciso da una sua freccia avvelenata. Ma Dante, che lo trova all’In
ondenze coi nemici. Furono immaginate lettere finte, e fu posta nella sua tenda una somma di denaro per far credere che gli
lao, distrussero Troja, e fecero miseramente perire Priamo e tutta la sua famiglia. 588. Lo sventurato padre fu ucciso d
iovinetto che Polinestore aveva fatto uccidere per impadronirsi delle sue ricchezze. Allora questa infelicissima madre entr
in schiavitù, ed avventate segli addosso lo accecarono, e spensero la sua prole. 590. Le guardie del principe sleale la ins
tore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’Achille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spog
e gemiti e singulti Per la città s’udian, come se tutta Dall’eccelse sue cime arsa cadesse. Rattenevano a stento i cittadi
del padre, e ne avrebbe un giorno vendicata la morte, così Andromaca sua madre, per sottrarlo alla persecuzione dei nemici
ore di suo marito (545), che la condusse in Epiro, e l’obbligò contro sua voglia a sposarlo. Morto lui, ebbe un terzo marit
fratello d’Ettore, e con esso menò sempre afflitto il rimanente della sua vita, perchè non potè mai consolarsi della perdit
i il dono, la fece passare per folle, acciocchè niuno desse fede alle sue predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina d
e dove « verace sempre, e non creduta mai » cantava le sventure della sua patria. Agamennone (527), che la possedè schiava
ro ; ma sempre inseguito dall’ira di Giunone (85), incorse, per causa sua , in una furiosa tempesta che lo gettò sulle coste
se a ritrarlo dalle insidie che l’odio di Giunone tendeva sempre alla sua gloria, e gli ordinò d’andare sulle coste d’Itali
dare sulle coste d’Italia in traccia della nuova patria promessa alla sua schiatta. Enea seppe staccarsi dalle delizie e ob
ojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quelli della sua posterità. 614. Tornato che fu dall’inferno andò
parsi sulle sponde del Tevere, dove Cibele (40) trasformò in ninfe le sue navi, e quivi avendo saputo che gli Dei avevano f
vi avendo saputo che gli Dei avevano finalmente posto un termine alle sue peregrinazioni, andò a visitare Latino re del Laz
l’oracolo, favorevolmente lo accolse, e gli promise in moglie Lavinia sua figlia. Ma Turno re dei Rutuli che pretendeva la
i che pretendeva la mano della fanciulla, lo aggredì per sostenere le sue pretese. I Rutuli furono vinti due volte ; e fina
sedeva. Giove, desiderando ricompensarlo, promise di accordargli ogni sua richiesta ; e il buon uomo si contentò d’impetrar
amore all’astronomia che gli fu insegnata da Atlante (359), e per la sua passione della caccia che, al dire dei poeti, ei
o, ebbe voglia di far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava, la sua bravura nel tirare a segno, e mirò tanto bene, ch
segno, e mirò tanto bene, che Orione rimase mortalmente ferito da una sua freccia. Ecco come sovente i capricci e le folli
o facesse sbucare dalla terra uno scorpione che lo ferì a morte colla sua puntura. Fatto sta che Diana si pentì molto d’ave
rato ad ardere un tizzone che le Parche avevan messo nel fuoco mentre sua madre lo partoriva ; sicchè Altea, per prolungare
i, sei dell’un sesso, e sei dell’altro. 630. Niobe, inorgoglita della sua fecondità, spregiava Latona (96) che aveva avuto
in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta era la sua immobilità che pareva non desse più segno di vita
re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua sorella, la quale non poteva vivere separata da l
inchiusa in stretta prigione ; e stanco degli acerbi rimproveri della sua vittima, le tagliò la lingua. 636. La misera Filo
to a tanto prodigio, non osava ancora abbandonarsi ai trasporti della sua gioia ; la toccò di nuovo, e già le belle membra
iberarsi da una folla importuna di pretendenti, che non voleva dar la sua mano se non a chi l’avesse vinta nel corso ; quin
e l’infelice fosse stata divorata, si lasciò cadere sulla punta della sua spada. Quand’ ecco Tisbe uscir dal luogo dove s’
ia. All’aspetto di Leandro estinto, non potè moderare l’eccesso della sua disperazione, e si uccise. Anche questo lacrimevo
. Solamente Deucalione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie, che era la donna più virtuosa, andarono i
so di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era la Terra e le sue ossa le pietre. Sicchè andarono raccattando pietr
, che cammina sopra le nuvole ; e soffia a piene gote per indicare la sua violenza, e tiene in mano un annaffiatoio, perchè
he abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani gli Aquiloni e le nere Tempes
losofo dell’ isola di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della sua vita è tessuta di prodigj. Ancor giovinetto si sm
ul monte Cillene due serpenti avviticchiati fra loro, li colpì con la sua verga, e tosto diventò donna, e dopo essere stato
e colpitili di nuovo con la medesima verga, riebbe subito la primiera sua forma. Di lui fa menzione anche Dante nel XX dell
arrarese che di sotto alberga, Ebbe tra bianchi marmi la spelonca Per sua dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non gl
a. Li, per fuggire ogni consorzio umano, Ristette co’suoi servi a far sue arti, E visse, e vi lasciò suo corpo vano. Gli uo
i garzoni, o alle carole Le anfionie fanciulle ; ed insultanti, Delle sue frecce immemori, le lepri Gli trescavano attorno,
52), e fu celebre indovino al tempo della guerra di Tebe. Sapendo per sua propria scienza che in quella guerra avrebbe dovu
guerra avrebbe dovuto perire, si nascose per non andarvi ; ma Erifile sua moglie, sedotta dal donativo d’una collana, svelò
spedizione, il funesto vaticinio, poichè Giove (63) per punirlo della sua presunzione lo fulminò, e la terra inghiottì lui
le. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella ne bruciò altri tre, e gli o
desimo prezzo. Tarquinio maravigliato, consultò allora i grandi della sua corte, fece sborsare alla vecchia sibilla la rich
(201) e sacerdotessa d’ Apollo. Si narra che questo Dio, rapito dalla sua bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dima
questo Dio, rapito dalla sua bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni qua
ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi di sabbia erano nella sua mano. Apollo vi acconsentì, e le concesse ancora
rè anni, e che gli tolse lo scettro e la vita. Alessandro prima della sua spedizione nell’Asia andò a Delfo in uno dei mesi
victo ; ma egli sdegnandosi della resistenza, la trasse a forza dalla sua cella, e la condusse nel Santuario, dov’ella diss
sostegno ai vecchi genitori, la nazione tutta li accoglieva sotto la sua tutela ; ed anche senza tale estremo bisogno, la
i del tiranno, gridò che egli era di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua : Antipatro figliuolo di Clinopatro, Miles
remoto, scòrse un’albero spaccato dal vento. Rammentatosi dell’antica sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo b
franare la volta, ed i convitati scapparono ; ma egli, fidando nella sua forza, pretese di sostencre l’enorme peso, e dovè
to Augia (380) re d’ Elide, usò le ricche spoglie del tiranno e della sua città ad aprire questo pubblico esperimento di co
Archemoro, furono ripristinati e consacrati a Giove da Ercole dopo la sua vittoria contro il famoso leone (370). Una corona
rostrato e deriso dalla moltitudine, mentre il vincitore seguitava la sua carriera fra gli applausi. Giunto solo alla meta,
into dalla consueta zona atletica. Non erano così alte e smisurate le sue membra come quelle del competitore, ma formate co
e viole Sulla funebre zolla ; e chi sedea A libar latte e a raccontar sue pene Ai cari estinti, una fragranza intorno Senti
e ogni avviso Nostro, tra’nostri siamo in prova addotti Per onorar le sue ceneri sante, Onoriamle, adoriamle ; e dal suo Nu
li altari e i vasi Le vivande lambendo, in dolce guisa Con le cerulee sue squamose terga Se’n gío divincolando, e quasi un
o il nome E l’anima di Anchise. Indi i compagni, Ciascun, secondo la sua possa, offrendo, Lieti colmàr di doni i santi alt
ineo tra le faville Ricerche e scelte, e di viu puro asperse ; Poi di sua mano acconciamente in una Di dorato metallo urna
dolcezza e con la persuasione, di quello che con le armi. 698. Nella sua assenza Tifone suo fratello aveva tentato d’usurp
ue, simulacro vivente d’ Osiride perchè gli Egiziani credevano che la sua anima fosse andata in quell’animale (Metempsicosi
vano la moltitudine, ed era preceduto da fanciulli che celebravano le sue lodi. — Secondo i libri sacri degli Egiziani Api
r cattivo augurio. Talora lo consultavano accostando un orecchio alla sua gola, e poi uscivan dal tempio chiudendosi le ore
iunto un figliuolo chiamato Anubi, il Mercurio degli Egiziani ; ma la sua origine è incerta come quella degli altri Dei pri
ell’èra cristiana ; ma il Senato lo abolì per la troppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di
po aver soggiornato nell’uovo per un gran numero d’anni, scompartì la sua stanza in due parti eguali, di cui formò il cielo
o Triloco. Visnù. 722. Questo Dio è celebre in specie per le sue nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d
i riconoscevano in esso il principio attivo, l’anima del mondo ; e le sue cerimonie erano celebrate al lume di luna od alla
sotto la figura d’una querce quando lo scongiuravano a comunicare la sua sapienza alle assemblee del popolo ; e sotto quel
macchinò di levare il trono a Tegirio re di quel paese per regnare in sua vece ; ma sventata la coapirazione, gli convenne
cttrice nè i aegreti della fisica sperimentale. 18. Per la smisurata sua mole presa dal gelo di morte. 19. Coloro cho amm
alle quali mandava fuoco. Non ò questa la terra cho manda fuoco dallo sue viscero, essendo il Tartaro per gli antichi il fo
il fondo dolla terra ? E descrivendo il gigante, Esiodo segua : Nelle sue ammirabili teste sotto le ciglia gli sfavillava i
te sotto le ciglia gli sfavillava il fuoco dagli occhi, e in lutte le sue teste insieme ardeva la fiamma. E indica il rnmor
vole scienziato di Germania, confermô la sentenza degli antichi colle sue Osservazioni che, tradotte dal ledesco, furono st
o Evergete, partendo a guerreggiare contra la Siria, lasciò Berenice, sua sposa recente, tanto sollecita di lui, che ella v
ni o Circenses. 42. Promontorio del Peloponneso nella Laconia. Alle sue falde era una caverna larga e profonda onde esala
favola del Tartaro, quella dei giudici infernoli, di Caronte e della sua barca. 44. Rovinato. 45. Virgilio. 46. Inlendi
llotto, a domare i cavalli, a guidera i carri. Il popolo vi tenova le sue assemblee, vi eleggeva i magistrati e vi ardova i
er nelle mani d’Augusto. 63. Dicesi di Cristoforo Colombo, che nella sua maraviglioss navigazione ai lidi del Nuovo Mondo
se dell’accostarsi ad una terra dagli olezzi dei fiori, portati sulla sua nave dai veuticelli. 64. Dalla parola penus o pe
Alceo e della poetessa Saffo. 92. Era d’Argo, e fidava tanto nella sua forza che andava dicendo di voler prendere Tebe a
prode, amabile e bello, che seppe cattivarsi il cuore di tutti per la sua savia condotta e per la onoralezza dei sentimenti
teramente il pudore, e fu sino alla morte il modello degli eroi della sua patria. 94. I figli maggiori dei selle capitani
o resistè ai miasmi pestiferi e all’orribile spettacolo dell’ estinta sua prole. L’eccesso del dolore la rese muta e impass
spetto dei luoghi dove aveva vissuto nell’ infsuzia, alla vista della sua vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi a
in equilibrio con un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la sua più lontano di tutte, oltre il termine statuito.
6 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
il bel’ zeffiro Dell’italico cielo ; in procellosi Venti e bufère le sue molli aurette ; I lieti allòri dell’aonie rive In
nome di Cielo ; e qualcuno confonde Vesta Prisca o Tetture con Cibele sua figlia. Da queste due divinità trassero origine l
del mondo, ma cedette i suoi diritti a Saturno dietro le preghiere di sua madre Tellure, a condizione però che il fratello
i divorava i suoi figli a misura che nascevano. Tuttavia Rea o Cibele sua moglie trovò modo di sottrarre alla crudeltà del
ere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di sua madre colla quale è soventi confusa. I suoi sacer
Coribanti ed anche Cureti le rendevano il culto danzando intorno alla sua statua contorcendosi con modi spaventevoli. Sotto
to dalla capra Amaltea. Cresciuto in età e venuto in cognizione della sua nascita chiese che Saturno lo riconoscesse erede.
l’obbligò a ricovrarsi nel Lazio. Impadronitosi del trono Giove sposò sua sorella Giunone e divise l’impero co’due suoi fra
di Olimpico era il principale perchè dicesi che facesse dimora colla sua corte sul monte Olimpo in Macedonia. Il faggio e
. Contro Io figlio di Inaco re d’Argo esercitò ella principalmente la sua gelosia. Essendosi accorto Giove dell’avvicinarsi
Troiani ; e suscitando contro di essi una terribile guerra estese la sua vendetta fin contro Enea. Mentre questi navigava
unone andò a ritrovar Eolo, e gli promise Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se faceva perire Enea colle sue navi ; ma
se Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se faceva perire Enea colle sue navi ; ma Enea fu protetto da Venere. Avendo sapu
umate, e quelle di cattiva vita non potevano entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Tauman
osofi che prendono Giove per l’aria più pura o l’etere, riguardano la sua sposa come l’aria la più ingombra di vapori e la
a, ed ebbe da lui promessa di riaverla quando però non avesse dopo la sua entrata nei Campi Elisi gustato alcun cibo. Ascal
na melagrana e ne avea mangiati sette grani, Cerere vedendo deluse le sue speranze, cambiò per vendetta Ascalafo in barbagi
sare al più deforme degli Dei. Venere odiò il marito per la soverchia sua deformità ed ebbe un numero infinito d’amanti. De
ide, innanzi del quale levatosi il cinto si mostrò Venere in tutta la sua bellezza, le diede il pomo d’oro, contrastatole d
oni ed a tutti i piaceri che traggon il principio dalla tenerezza. Le sue feste si celebravano con ogni sorta di dissolutez
so ; e mille Amoretti stanno scherzando col suo cinto ed ammirando la sua bellezza. Sono abbominevoli i disordini commessi
che molti altri nomi secondo i luoghi ov’era particolarmente onorata. Sua madre partorì due gemelli, e Diana, nata per la p
ant’odio pel matrimonio, che ottenne da Giove per sè e per la sorella sua Minerva la grazia di poter conservare una perpetu
a che nelle selve, accompagnata da’ suoi cani. Fu sempre gelosa della sua bellezza e degli omaggi degli uomini. Vendicativa
ervi bianchi ; cammina spesso a piedi col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma ba
ità. Nettuno Nettuno figlio di Saturno e di Rea, fu salvato da sua madre come Giove, dal furore del padre, e consegn
ad amarlo, le mandò un delfino il quale fu sì abile nell’eseguire la sua commissione che persuase Anfitrite a sposare Nett
mente il Caval Pegaso, che loro serviva di cavalcatura. Riguardo alla sua nascita, dicesi che Latona sua madre, perseguitat
serviva di cavalcatura. Riguardo alla sua nascita, dicesi che Latona sua madre, perseguitata dall’implacabile Giunone, la
due suoi figli.   Apollo   Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu
e Dio del commercio ; e come quello dell’eloquenza si finse che dalla sua bocca uscissero catene d’oro, che dolcemente lega
una bella vacca onde conservasse il segreto ; ma avendo mancato alle sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra di paragone
ra sul conto suo. Giunone sempre gelosa di Giove e sdegnata contro le sue amanti, assunte le forme e la figura di Beroe vec
o amante le mise in animo un’ardente brama di veder Giove in tutta la sua maestà. Semele che non si avvedeva della malignit
abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle sue coscie, ove lo tenne il resto dei nove mesi ; ven
a Dea non odiava soltanto le amanti di Giove, ma estendeva puranco la sua vendetta contro i figli che di esse nascevano. Li
e di esse nascevano. Licurgo re di Tracia avendo inseguito Bacco e le sue sacerdotesse, che celebravano le orgie sul monte
o quello che da lui fosse toccato. Ma ebbe ben tosto a pentirsi della sua dimanda, e mutandosegli in oro anche il pane ed i
lavoro egregio di Vulcano, che pose tra gli astri dopo la morte della sua sposa. Arianna partecipò nell’Olimpo all’immortal
ricomparve nell’Olimpo, e sposò Venere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari e di Lenno e sul mon
ono dal corpo. Lo ritengono altri come l’emblema del sole, che, nella sua assenza durante l’inverno, piomba la natura nel l
oeti e de’rinomati cantori con dolce mormorio. Lete vi scorreva, e le sue onde spargevano d’oblio i mali della vita. Una te
della vita. Una terra sempre ridente rinnovava tre volte ogni anno le sue produzioni, e con bella vicenda presentava o fior
r aver fornito l’acqua ai Titani nella lor guerra contro di Giove. Le sue acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passav
perfetto, sfuggono e vanno a riuniral a quelle dell’Acheronte. Sulle sue sponde si vedevano dei tassi che porgevano un’omb
l’acqua di questo fiume Cerere trasformò l’indiscreto Ascalafo. Su le sue sponde non vedevasi giammaï crescere albero o pia
si anche il fiume dell’Oblio. Le ombre erano obbligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva nel fa
oprannominato il fiume d’olio perchè il suo corso era placido ; sulle sue sponde si vedeva una porta che comunicava col Tar
llocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era difficile e le sue acque con sordo strepito mormorando, ispiravano u
ò di beneficenze e stabili che quando gli Dei avessero giurato per le sue acque, il loro giuramento fosse inviolabile, e se
un oscuro vestimento indosso, lordo del fango del fiume infernale. La sua barca ha vele color di ferro, ed egli tiene un pa
he con esso si denotasse colui che per ordine del re tragittava nella sua barca quelli che avevano pagato il diritto della
ne ove si era rifuggito. Orfeo addormentò questo cane col suono della sua lira, allorchè andò a cercare Euridice. La Sibil
Apollo. Si danno molti caratteri a questa Dea e varia all’infinito la sua genealogia ; pare che ogni paese avesse la sua Ec
varia all’infinito la sua genealogia ; pare che ogni paese avesse la sua Ecate di cui i mitologi hanno complicato le quali
vida degli altri o distratta dall’affano che le cagionava il ratto di sua figlia senza avverdersene ne mangiasse una spalla
re de’ Lapiti volendosi vendicare di Apollo che aveva sedotta l’unica sua figlia Coronide incendiò il tempio che quel Dio a
Egli fu il primo che si fece reo dell’uccisione di una persona della sua famiglia. Questo delitto destò orrore ; e siccome
stro accidente l’aveva immerso lo ricevette in cielo e lo ammise alla sua tavola ; e questo ingrato principe abbagliato dal
a figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra, perchè sua madre lo partorì sotto terra o in una caverna ove
le tra gli Dei Inferiori. Gli autori antichi non sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Merc
nventore. Accompagnò Bacco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura era di stare giorno e notte nelle
e di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio all’anno ed alle sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figur
hitosi di Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto distinta per la sua bellezza e che avea rifiutato la mano di vari Dei
’abbondanza tra le mani ovvero un cesto di fiori. Giunto Vertunno con sua moglie in età avanzata, ringiovanissi insieme con
ttevano. Aristeo figlio di Apollo e di Cirene avendo perdute tutte le sue api, andò per consiglio della madre Cirene a cons
madre Cirene a consultare Proteo per sapere il mezzo di rìsuperare le sue api, e dovette sorprenderlo mentre dormiva e con
gliono alcuni che Proteo sia stato re d’Egitto saggio ed avveduto. La sua prudenza gli faceva prevedere tutti i pericoli, e
a altri fu detto che Proteo era un oratore che colle attrattive della sua eloquenza conduceva a suo talento lo spirito di c
Isole Fortunate. Essa fu amata da Zefiro, il quale la rapì e la fece sua sposa, conservandole il fiore della sua prima gio
o, il quale la rapì e la fece sua sposa, conservandole il fiore della sua prima giovinezza e dandole in dote l’impero de’ f
Giunone, che dopo il giudizio di Paride la odiava tanto, le offrì la sua assistenza nel parto, e ricevette il fanciullo sì
in mano per allontanare i ladri e gli uccelli. I Romani mettevano la sua statua negli orti, nella persuasione ch’egli ne f
a ov’egli risiedeva. Era tale il potere di Eolo sui venti che la sola sua volontà li riteneva. Quando i venti gettarono Uli
ce dono di alcuni otri in cui stavano rinchiusi i venti contrari alla sua navigazione. I compagni di Ulisse, vinti dalla cu
retteo sesto re di Atene, e non avendo potuto renderla sensibile alla sua passione, la rapì dalle sponde del fiume Ilisso d
sponde del fiume Ilisso dove si trastullava con altre fanciulle della sua età, e la trasportò nella Ciconia, regione di Tra
Si dipinge coi coturni ai piedi e le ali alle spalle per indicare la sua leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantel
nudo. Cammina sopra nuvole, soffia con gote enfiate, per dinotare la sua violenza, e tiene in mano un innaffiatoio, per in
cono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu schiacciato nella propria casa, e che i
zella ateniese ; ma siocome dessa era di nascita molto superiore alla sua , così non osava egli dichiarare la sua passione,
i nascita molto superiore alla sua, così non osava egli dichiarare la sua passione, quindi si contentò di seguirla ovunque
piaggia del mare la festa di Cerere, alla quale doveva intervenire la sua favorita, egli si travestì, e quantunque sconosci
sua favorita, egli si travestì, e quantunque sconosciuto, pure l’aria sua amabile lo fece ricevere in quella devota compagn
fosse stata accordata la mano di quella ch’egli teneramente amava. La sua proposta venne accettata, sposò egli la sua innam
gli teneramente amava. La sua proposta venne accettata, sposò egli la sua innamorata, e in memoria di un sì fortunato marit
ere e Celo. Dicono alcuni che la Notte fece un uomo, lo covò sotto le sue nere ali, e ne fece nascere Amore, il quale spieg
o le sue nere ali, e ne fece nascere Amore, il quale spiegò subito le sue ali dorate, e pigliò il volo a traverso il nascen
e ; esso presiedeva alla voluttà. Appena nato, Giove prevedendo dalla sua fisonomia i disordini di cui sarebbe stato origin
re si estende fino sui mari. Non è cosa rara di vederlo scherzare con sua madre ; qualche volta Venere tiene il suo turcass
olte essa lo stringe al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con
he il solo mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora sua madre gli diede per fratello un altro Amore il qu
che questo Amore ebbe veduta la luce, suo fratello sentì aumentar le sue forze e dilatarsi le ali che ripigliavano il loro
lio di Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Vogliono i poeti che sua madre, avendolo perduto mentre era fanciullo, and
si deve custodire il secreto delle lettere. Si pretende da alcuni che sua madre lo desse alla luce prima del termine e che
a e la confinò nell’inferno perchè aveva scoperto a Giunone una delle sue relazioni amorose. Mercurio invaghito della sua g
o a Giunone una delle sue relazioni amorose. Mercurio invaghito della sua grande bellezza la sposò e n’ebbe due figli chiam
e del giorno. Amò teneramente Titone, giovinetto molto celebre per la sua bellezza, figlio di Laomedonte ; essa lo rapì, lo
one. Fu tanto il dolore ch’essa provò per la morte di essi per cui le sue abbondanti lagrime produssero la rugiada della ma
produssero la rugiada della mattina. L’Aurora per dar un segno della sua tenerezza a Titone, gli accordò di poter vivere l
i ed alle Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui si celebrava la sua festa era permesso agli uomini di vestire da donn
tti. Questo Nume era uno de’compagni di Dioniso o Bacco. Si poneva la sua statua sul limitare dell’appartamento de’nuovi sp
ea o Igia Igiea secondo alcuni moglie di Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo
di Epidauro ; fu nutrito da una donna chiamata Trigone, e passando la sua vita ne’giardini acquistò una perfetta cognizione
e divenne eccellente nel predire il futuro. Temi voleva conservare la sua verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo e la
i rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi. La sua bilancia fu da Giove posta tra i segni dello zodi
discussioni bandita ; ingegnosa idea che dovrebbe dovunque trovare la sua applicazione. Gl’infermi, per quanto si riferisce
to rincontrano sul loro cammino. Le sta vicina la Discordia che colle sue faci mette fuoco ai tempii ed ai palazzi ; ed in
fugge con un fanciullo nelle braccia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo gli uni contro gli altri armati di
precedenza che al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte era fi
Sole come si credeva. Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con sua madre Climene, la quale il rimandò al Sole per ac
n sua madre Climene, la quale il rimandò al Sole per accertarsi della sua nascita. Fetonte entrò nel palazzo del Sole e lo
rovò seduto sul suo rilucente trono ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza
Po. Fu tanto il piangere che fecero per la morte di Fetonte le Eliadi sue sorelle e l’amico Cicno o Cigno, che furono esse
noscere il corso del sole ; che morì in freschissima età, e lasciò le sue osservazioni ancora imperfette ; e da ciò i poeti
non aver egli potuto condurre il carro del Sole sino al termine della sua carriera. Aggiungono alcuni che questo principe f
o agli ordini delle persone che avevano diritto d’imporli. Volgeva la sua attenzione particolarmente alle offese fatte dai
Titea o la Terra. La maggior parte de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie di Pelco e madre di Achille. Da Te
olare Achille, e vedendo che insieme all’ amico aveva egli perdute le sue armi, si portò in cielo a pregar Vulcano di darle
Vulcano di darle pel proprio figlio delle armi divine e dalle proprie sue mani lavorate. Ottenute che le ebbe le portò tost
so l’ anno 1430 prima della nostr’era. Fece edificare molte città. La sua giustizia e l’ amore pe’ suoi sudditi, che lo ris
Gran Legislatore e fu detto il Giusto per cocellenza. Per dare alle sue leggi maggiore autorità, ogni nove anni, ritirava
portare qualche nuova legge. Avvi chi asserisce che Minosse ricevè le sue leggi da Apollo e che viaggiò a Delfo per apprend
teva esser tradito che dalla propria figlia, in cui riponeva tutta la sua confidenza. Essendosi essa innamorata di Minosse
nnati ad essere preda del mostro, lo uccise, liberando così la patria sua da questo crudele castigo e sortì felicemente dal
i Minosse gli aveva dato. Nel partire da Creta Teseo condusse seco la sua liberatrice, che abbandonò poi nell’isola di Nass
architettura, Benchè uscito di sangue reale, egli coltivò in tutta la sua vita le arti e le condusse a perfezione. Gli anti
colla di pesce e del livello. Egli si rese specialmente famoso per la sua abilità nel fare certe statue che uscendo dalla s
nte famoso per la sua abilità nel fare certe statue che uscendo dalla sua mano croatrice, erano come automati che si credev
per nome Ascalo, noto anche sotto il nome di Talao, figlio di Perdice sua sorella. Questo giovine prometteva maggiori talen
re a terminar la loro vita coll’ultimo supplizio. Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di
reopago era in fatti situato in cima alla collina ove Marte difese la sua causa allorchè fu obbligato di giustificarsi dell
sse delle conversazioni colle marine Deità. Malgrado però di tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto c
sa e rallegrante, presiede al flauto ed agli istromenti da fiato e la sua giurisdizione estendesi su la musica istrumentale
o venne ad esse aggiunto l’autunno ed il solstizio d’inverno ossia la sua più fredda parte, si crearono due nuove Ore, cui
ti. Perseo le vinse e tagliò la testa a Medusa, la più eelebre per le sue disavventure, ma la sola che fosse mortale, mentr
ebre per le sue disavventure, ma la sola che fosse mortale, mentre le sue sorelle non erano soggette nè alla vecchiaia nè a
ngue orientali, le navi di un principe, per quanto si dice, chiamansi sue figlie. Allorchè Perseo troncò il capo di Medusa,
Pierio e Permesso. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le sue ali i poeti di primo ordine. Avvi chi confonde co
iviere. Ogni Divinità superiore dell’uno e dell’altro sesso aveva le sue Ninfe, nel cuirango convien mettere eziandio le M
re, per ricompensarlo del servigio che avevale reso con prolungare la sua esistenza, che da quella quercia dipendeva ; e la
mare. Una delle più distinte tra le figlie di Nereo fu Galatea per la sua ammirabil bianchezza, per la divina bellezza dell
ra Aci e lo schiacciò. Galatea gittossi in mare e si unì alle Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Are
ella quale erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aretusa. Allora la casta Dian
one nella Ionia, la quale lavorava così bene in ricamo, che traeva in sua casa un’infinità di stranieri per ammirare la bel
a in sua casa un’infinità di stranieri per ammirare la bellezza delle sue opere. Gli elogi che le si tributarono, le inspir
e gli Egizi per rammentare continuamente al popolo l’importanza delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste
go, portò i pomi d’oro a Euristeo, e in questa guisa compì l’undecima sua fatica. Vogliono alcuni ch’egli pregasse soltanto
se soltanto Atlante a procurargli que’ pomi offrendosi a sostenere in sua vece il cielo, intanto che Atlante si recasse all
ma furono sorpresi da Ercole che li ucelse, e Atlante in prova della sua riconoscenza diede all’eroe i pomi ch’egli era ve
a ; si sostiene da altri che Cerere in punizione di non aver soccorso sua figlia rapita da Plutone le cambiò in uccelli. Pa
di coloro che erano in tal guisa periti. Ulisse dovendo passare colla sua nave dinanzi alle Sirene, e avvertito da Circe, t
n mare approdò in Italia e fu sepolta a Dicearchia oggi Pozzuolo ; la sua tomba fu trovata nell’edificare una città che dal
e e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintura, e coi continui loro urli, spaventavano t
spaventavano tutti i passaggeri. Scilla spaventata ella stessa della sua figura gittossi in mare, vicino al luogo ove è il
suo amante. Si dice che Seilla ha una voce terribile e che le orrende sue grida rassembrano al muggito del lione ; che è un
sere anche gran bevitore, se si deve giudicarlo dalla grandezza della sua tazza, che dicesi fossero necessari due uomini pe
risteo, sotto i cui ordini dovea imprendere i suoi combattimenti e le sue fatiche per la sorte della sua nascita. Alcuni pr
a imprendere i suoi combattimenti e le sue fatiche per la sorte della sua nascita. Alcuni pretendono che questo suo procede
e di sottomettersi agli ordini di Euristeo. Giunoue per punirlo della sua disubbedienza lo colpì con tale delirio che uccis
lo colpì con tale delirio che uccise i propri figli natigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere di vita quelli
purificata l’aria, Ercole si presentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gre
rincipalmente gli stranieri che avevano la mala sorte di cadere nelle sue mani. Ercole preso che ebbe Diomede lo fece divor
rpi che faceva pascere i suoi buoi con carne umana. Per custode delle sue mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto
fe’ cogliere da Atlante ed ei frattanto sostenne invece di lui sulle sue spalle il cielo. 12.° Discese all’inferno, incate
parti, il Dio si diede a conoscere e si congratulò col figlio per la sua forza e valore. Ercole ebbe molte mogli e gran nu
fermarsi. Sentendosi il Centauro vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia intrisa nel proprio sangue, a ssicurandol
e si avvicinava il suo fine, alzò un rogo sul monte Oeta, vi stese la sua pelle di leone, vi si coricò sopra, si pose la ma
capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue ceneri. Appena fu acceso il rogo, dicesi che cade
sso ; ora barbuto e molte volte senza barba. La più bella di tutte le sue statue l’Ercole farnese ora in Napoli lo rapprese
suo bianco colore, mentre la parte esterna fu fatta nera dal fumo. La sua clava era d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la s
nera dal fumo. La sua clava era d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la sua morte, piantata nella terra aveva preso radice, e
uoco, vi accese una fiaccola e portatala in terra diede con essa alla sua statua anima e vita. Adirato Giove per questo att
barca la quale portava Deucalione il più giusto degli uomini, e Pirra sua sposa la più virtuosa tra le donne, i soli che pe
rando che i flutti non tardassero ad inghiottirli, ma fu deluso nella sua speranza perchè il naviglio fu trasportato sulle
i di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di voler dare un pranzo ai
ostengono altri che Perseo trovandosi a Larissa volle far prova della sua destrezza nel lanciare il disco da lui inventato
ia era re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne celebre per le sue cognizioni astronomiche ; fu il primo per quanto
. Si narra da altri che Giove lo condannò veramente a sostenere colle sue spalle il cielo per aver prestato dei soccorsi ai
si da un figlio di Giove, si decise a non ricevere più alcuno in casa sua . Perseo vi andò, come abbiam già visto, ed essend
ri di Egeo. Teseo vantavasi di nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origine diede egli segni di straordinario valore
nte i suoi giorni in una vita privata, ma il re Licomede geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe o
pararono la loro ingratitudine verso Teseo rendendo onori divini alle sue ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in mezzo
Melata moglie di Issione, invidioso della gloria di lui, venne colle sue genti nell’Attica per provarsi con esso : ma appe
la pugna che egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Enomao invitato i C
, pace che non durò lunga pezza ; imperciocchè avendoli invitati alle sue nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia sposa
iope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sorella essendo stata rapita da Giove, Agenore ch
volle, avanti gettare le fondamenta della nuova città, dimostrare la sua riconoscenza agli Dei con un sacrificio. A tal fi
cità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo era fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli cagionò, si
o al fine al dolore che gli cagionavano tante sciagure avvenute nella sua famiglia, abbandonò il soggiorno di Tebe e dopo a
ver lungamente errato in diversi paesi, giunse in Illiria con Ermione sua sposa, che avevalo sempre accompagnato. Oppressi
egò Giove che rendesse questi alla vita e togliesse a lui medesimo la sua immortalità. Tutto ciò ch’egli potè ottenere si f
o re di Tracia e della musa Calliope. Per dare maggior splendore alla sua nascita e ai talenti di lui venne in seguito pubb
lodia e vi erano per anco attratti gli augelli ; al dolce suono della sua lira tacevano i venti, il lor corso fermavano i f
ome il padre della pagana teologia. Incantate dai soavi accordi della sua cetra le Ninfe delle acque e delle foreste, dovun
in dovere di rintracciarla sin nci regni della morte ; prese egli la sua lira, discese pel Tenaro sulla riva di Stige e a
iva di Stige e a quella accoppiando il doloe e commovente suono della sua voce, dilettò le infernali divinità, e sospese i
tà, e sospese i tormenti delle colpevoli ombre. Tantalo dimenticò la sua sete, la ruota d’Issione si arrestò, gli avoltoi
al riempir d’acqua il loro vaglio ; Sisifo si assise tranquillo su la sua rupe ; le Furie stesse ne furono commosse, e vers
Non gli restava a fare che un passo ed avrebbe riveduta la luce colla sua amata Euridice ; l’impazienza lo tradisce, egli s
Acheronte senza prender alcun cibo, pascendosi del suo dolore e delle sue lagrime. Si ritirò poscia sul monte Rodopo nella
, cercando di vivere solitario nei boschi, piangendo continuamente la sua perdita e divenuto insensibile all’amore ricusò c
lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfe
tata dai flutti, si fermò presso l’isola di Lesbo, e dicesi che dalla sua bocca udivansi uscire tristi e lugubri suoni che
mito. Alcun tempo dopo Anfione costruì le mura di Tebe al suono della sua lira : le pietre sensibili alla soavità de’suoi c
essere un avanzo di quelle ch’egli aveva fatte venire al suono della sua lira. Non è difficile l’intendere che i poeti nel
nel dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe col suono della sua lira, che indipendentemente del suo talento nel m
lo aveva aspramente rampognato, ed anche contraffatto per la cattiva sua maniera di maneggiare quell’istromento. A questo
o Chirone, il più saggio degli uomini del suo tempo, prese cura della sua educazione e gl’insegnò le scienze delle quali eg
sone in lolco trasse a sè gli sguardi di tutto il popolo per la bella sua presenza e pel suo abito straordinario : si fece
quelle divinità della cui assistenza credeva poter abbisognare nella sua intrapresa. Giove promise colla voce del tuono il
lla Colchide, famosa maga, divenisse amante di Giasone affinchè colla sua arte lo assistesse a superare tutti i pericoli cu
ssarsi affettuosamente per Giasone, gli promise il soccorso dell’arte sua , purchè egli volesse darle la sua fede. Dopo reci
, gli promise il soccorso dell’arte sua, purchè egli volesse darle la sua fede. Dopo reciprochi giuramenti si separarono, e
lo rinascere ringiovanito. Questo delitto non rendè però a Giasone la sua corona, perchè Acasto, figlio di Pelia, se ne imp
re marito che dopo aver vissuto molto tempo tormentato dal peso delle sue sventure, egli perirebbe colpito dagli avanzi del
poscia s’impadronì di Iolco, ove passò tranquillamente il resto della sua vita. Chirone nacque dagli amori di Filira figli
no con Saturno che si era trasformato in cavallo per occultarsi a Rea sua sposa. Divenuto grande si ritirò su le montagne e
e delle stelle. Questo Centauro viveva avanti l’acquisto di Troia. La sua grotta, situata appiè del monte Pelio in Tessagli
r la musica, che giunse a guarire le malattie coi soli concenti della sua lira ed era tanto valente nella cognizione de’cor
rato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra di Lerna, manc
ò Giove di porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, tocoo dalla sua sciagura, trasferì a Prometeo l’immortalità ch’er
i. Borea vendicò l’innocenza de’nipoti, accecando Fineo, il quale per sua consolazione ottenne di poter saper l’avvenire. R
ra di Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a sei leghe dalla sua imboccatura, capitale della Colchide ove regnava
ero nel mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e che Teti e le sue Ninfe dirigessero la nave degli Argonauti a trave
frequenti eccessi di pazzia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino sua prima moglie. I figli di Nefele ebbero parte alla
i disegni della matrigna discoperse ; il consigliò a fuggire con Elle sua sorella e si offrì per servir loro di vettura. L’
ria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla qu
Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di fuoco e di fi
tti. Allora Giobate ammirando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne
partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e gli diede in isposa sua figlia e con essa metà del suo regno. I popoli me
are la Chimera ; ch’egli su questo destriero, e gonfio il cuore delle sue vittorie, tentò di salire in cielo : allora Giove
ro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia, rapita dalla sua patria e trasportata in Grecia. Nelle medaglie an
i Pleurone tutte e due città della Grecia nell’Etolia. Al suo nascere sua madre s’avvide che le Parche misero un tizzone su
ssippo, egli adirato gli uccise. Ma questa uccisione fu cagione della sua morte ; perocchè Altea di ciò irritata rimisi il
Atalanta che sospettava la loro intenzione, vedendoli avvicinare alla sua grotta, non ne fu commossa ; ma stende l’arco e f
e asserirono alcuni, ella d’accordo col padre suo, mise il dono della sua mano ad una condizione capace di allontanare i pi
ile amicizia tra i coniugati ; questo uccello non si separa mai dalla sua compagna quando l’ha scelta. È celebre nella mito
Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella quale soccorse
terrò più volte il suo nemico ; ma tosto che Alcione toccava la terra sua madre, prendeva nuove forze e si rialzava più for
di Apollo. Giano fu allevato in Delfo, ed Eretteo ignorò sempre e la sua nascita e la sua educazione. Avendo maritata la f
fu allevato in Delfo, ed Eretteo ignorò sempre e la sua nascita e la sua educazione. Avendo maritata la figlia a Xifeo e n
io per impedire tale enormità consegnò Edipo subito nato ad uno della sua corte acciò lo facesse perire, ma questi, fatto p
ie che a Laio erano state predette e lo avvisò di non ritornare nella sua patria per evitarle. Credendo Edipo che l’oracolo
in questo animale si figurava l’uomo, perchè l’uomo sul mattino della sua vita, cioè quando è bambino, se ne va carponi, on
con quattro gambe ; sul mezzogiorno, cioè mentre dura il fiore della sua vita, cammina su due piedi, e venuta finalmente l
lla sua vita, cammina su due piedi, e venuta finalmente la sera della sua vecchiezza, è costretto ad aiutarsi col bastone,
era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore nel vedersi tutt’ad un tem
io esilio o come altri scacciato dai propri figli si fece condurre da sua figlia Antigone in poca distanza di un borgo dell
pollo, il quale gli predisse ch’egli doveva morire a Colonos e che la sua tomba sarebbe il segnale della vittoria degli Ate
te egli un colpo di tuono, lo risguarda come un presagio della vicina sua morte e senza guida alcuna s’incammina al luogo d
presenza di Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al genere di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la vol
o è palese il secreto intorno al genere di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la volontà dalla quale viene cost
quale viene costituito il delitto, non abbia avuto parte alcuna nella sua vita, pure i poeti non tralasciano di situarlo ne
on solo diede un superbo rifiuto, ma fe’pure tendere un agguato dalle sue genti comandate da Licofonte e Meone a Tideo per
h’essi estinti ; e Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovè tornarsene scornato in Argo. Più che a
ome un mostro da tutti riguardare. Gli artigli di lione indicavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini d
avvenimenti, è conosciuta ora sotto il nome di Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori divini, ed i Greci lo pon
per nome Astioche, non volle mai più permettere che comparissero alla sua presenza, dimodochè essi spatriarono entrambi. At
a seguito suo fratello Atreo nell’Argolide, si fe’ amare dalla regina sua cognata, e la rese madre di due figli. Atreo aven
idi. Dopo la morte di Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu sua prima cura di allontanare i suoi pronipoti Agamen
n tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a Menelao e Clitenne
andosi di esiliarlo nell’isola di Creta. Divenuto Agamennone e per le sue conquiste e per la morte di Tieste, che gli aveva
la regina, gli riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua condotta, di concerto con essa, allorchè Agamenno
ui era incinta, sarebbe stato un giorno cagione dello sterminio della sua famiglia e della sua patria. Priamo a fin di prev
be stato un giorno cagione dello sterminio della sua famiglia e della sua patria. Priamo a fin di prevenire una tale disavv
Paride vivesse tra pastori, pure l’interessante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti di spirito e di magnanimit
mo per andare in qualità d’ambasciadore a Sparta a ridomandare Esione sua avola, condotta via da Telamone fin dal tempo che
a partire per Creta, e abusando dell’ospitalità, si tolse Elena su le sue navi e condussela a Troia. Per vendicare quest’in
ride fu ucciso da Pirro e vide prima di morire interamente ruinata la sua patria per propria cagione. Subito ch’ei fu ferit
nse che Troia sarebbe stata eternamente sicura, se quel cavallo nelle sue mura si conducesse. Fu esso adunque, squarciate l
ccessore il figlio Giulio Ascanio, che edificò Alba e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Num
ro da Omero descritte nell’Odissea. Le vicende sofferte da Enea dalla sua partenza dall’Asia fino al suo stabilimento in It
giani e financo il suo caro Effestione. Vespasiano fa allontanare la sua scorta nel presentarsi che fa al tempio di Serapi
lte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità di sovrano degli Dei, era riguardato come
però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto per la sua anzianità, quanto per la precisione e la chiarezz
o per la sua anzianità, quanto per la precisione e la chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ; di modo che
vivere tanti anni, quanti erano i grani di sabbia che essa teneva in sua mano, poc’anzi raccolti ; locchè fu a lei concess
o dei grani di sabbia che dovevano por fine alla misura degli anni di sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presente l
la scacciò con disprezzo ; per il che essa ne gettò tre nel fuoco in sua presenza e chiese lo stesso prezzo per quelli che
o Pallatino, poichè Giuliano li fece consultare in quell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo
che i luoghi profanati. Ve n’erano di più specie, e ciascuna aveva le sue particolari cerimonie. Le principali erano quelle
o perchè Mirra stessa acconciandosi i capelli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella di Venere.
7 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
se nell’ Inferno come ingannatore di femmine, non tace però di alcune sue egregie doti, facendo dire a Virgilio : « ….. Gu
di condurla seco ad esser regina in Grecia, se lo aiutava colle arti sue ad impadronirsi del vello d’oro. Le difficoltà er
ronitosi dell’ambito tesoro, partì subito cogli eroi compagni e colla sua fidanzata per imbarcarsi nuovamente sulla nave Ar
colare della vita di questo Eroe. Giasone colpito cru- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel
rticolari incidenti per renderlo verosimile. Lo stesso Cicerone nelle sue opere filosofiche riporta una scena della tragedi
sto fine e con questo stesso intento invoca Dante le Muse a dare alla sua poesia una efficacia pari a quella di Anfione :
oè di perder tutti i figli per colpa e in punizione della superbia di sua moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figlio di
damente di tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso destinato alle sue nozze colla Ninfa Euridice, perdè la sua sposa ch
giorno stesso destinato alle sue nozze colla Ninfa Euridice, perdè la sua sposa che morì per essere stata morsa in un piede
per pregar Plutone e Proserpina, creduti inesorabili, a rendergli la sua sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagna
a sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagnato dal suono della sua cetra, che lo stesso Can Cerbero ne rimase ammali
erpina inteneriti gli accordarono la grazia implorata di riprender la sua diletta Euridice. Vi aggiunsero per altro una con
qualunque nuovo connubio che gli fosse offerto. Il che fu causa della sua fine funesta, perchè le Tracie femmine indispetti
dice. Fu poi raccolto dai Lesbii e datogli onorevole sepoltura ; e la sua lira fu presa dalle Muse e cangiata in quella cos
compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così lo privarono delle sue rendite. Nè allora esistevano altre api nel mondo
almente gli disse di sacrificar quattro giovenche in espiazione della sua colpa, e che lasciandone putrefare le carni, ne s
utti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio di Giove, per
di Giove, per render più credibili, secondo le idee di quei tempi, le sue straordinarie e prodigiose gesta. Le quali genera
ma pur anco nelle scienze, nella poesia e nella musica. E dell’indole sua impetuosa ci tramandarono un tristo esempio gli A
l voler del Fato di star sottoposto ad Euristeo. A questo tempo della sua vita si riferisce il moralissimo racconto di Erco
Nemeo Colla clava, e secondo alcuni Mitologi, soffocandolo tra le sue braccia, uccise Ercole il Leone della selva Nemea
poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa tinse le sue freccie che divennero in appresso tanto famose an
straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni umane in cibo alle sue giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di tutt
ra dicesi di Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni dalla parte di ponente, e, secondo i M
ono che il can Cerbero arrivato all’aria aperta sparse sul terreno la sua bava, e da quella ivi nacque la pianta erbacea ch
rze. Di che accortosi Ercole, lo sollevò per aria e lo soffocò tra le sue braccia. Di questa favola dà la seguente spiegazi
ll’Inferno, anzi fu quello stesso che pregato da Virgilio prese colle sue mani i due poeti in un fascio 90, e li calò lieve
ccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiava di ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole nel piano fra quel monte e
si) quattro giovenche ; e le tirò a ritroso, ossia per la coda, nella sua caverna, perchè non si avesse indizio dalle orme
i fece « Del grande armento, ch’egli ebbe a vicino : « Onde cessâr le sue opere biece « Sotto la mazza d’Ercole, che forse
o più a lungo. È tempo ormai che Ercole abbia un poco di riposo dalle sue molteplici e sovrumane fatiche, e che noi assisti
alle nozze di lui, senza trascurar però di notare in appresso qualche sua debolezza che in ultimo fu causa della sua morte 
notare in appresso qualche sua debolezza che in ultimo fu causa della sua morte ; la quale per altro egli incontrò con un e
ncontrò con un eroismo pari a quello mostrato in tutto il corso della sua vita. Sposò da prima Mègara figlia del re Creonte
apirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna ; e N
ndosi mortalmente ferito si vendicò col persuader Deianira che quella sua veste insanguinata sarebbe un talismano per conse
è la vendetta egli stesso. » Ercole dopo qualche tempo ricominciò la sua vita randagia e di avventure, e la Fama divulgò c
dagia e di avventure, e la Fama divulgò che a menomar la gloria delle sue imprese eroiche, avesse avuto la debolezza di fil
vittima egli stesso, e insieme vi stese il vello del Leon Nemeo e la sua clava. Lasciò soltanto le freccie tinte nel sangu
camente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Giove, di c
il segno che segue il Tauro, quando racconta che questa fu una delle sue stazioni nell’ascendere al Paradiso : « ……………io
osse e divenne ottimo re e sapiente legislatore di quel popolo. Nella sua vita pubblica appartiene più alla Storia che alla
la Mitologia che alla Storia. La Cronologia greca fissa l’epoca della sua esistenza nei secoli xiv e xiii, avanti l’era vol
o la morte divenisse il primo dei tre giudici dell’Inferno pagano. Le sue leggi sono encomiate, non solo perchè regolavano
vita privata o di famiglia, per altro, egli fu poco fortunato ; ma le sue sventure domestiche furon di certo magnificate e
egnoso architetto e meccanico, il quale costretto ad esulare da Atene sua patria erasi rifugiato nella suddetta isola, ov’e
boria fanciullesca essendosi troppo avvicinato al sole, la cera delle sue ali si squagliò, e, cadute le penne, cadde anch’e
iuolo. » Dante rammenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la sua paura a quella di questo giovanetto, « …..quando
ili della vita particolare di Minosse, e tutte le altre vicende della sua famiglia dipendono dalle gesta di Teseo ; perciò
. Lo stesso Plutarco che è sì credulo e miracolaio ed inserisce nelle sue celebri Vite degli Uomini illustri tanti insulsi
molto impacciato a sceverarne il vero dal falso o mitologico. Ecco la sua dichiarazione colle sue stesse frasi tradotte dal
rarne il vero dal falso o mitologico. Ecco la sua dichiarazione colle sue stesse frasi tradotte dal Pompei : « Ora mi fosse
fosse di origine divina, non vollero per altro minorare la fama delle sue imprese coll’attribuirne il merito ad una special
ebbe invidia, e agognava di poterlo imitare. Quando poi egli seppe la sua vera origine ed ebbe la spada lasciata dal padre,
e Procuste, che costringendo i passeggieri a prendere ospizio in casa sua , li legava in un letto, e poi se eran più lunghi
e, come dicemmo ; ed avendo acquistato molta autorità per mezzo delle sue malìe (o vogliam dire raggiri) sull’animo del vec
erire. Arianna pensò di salvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. Due erano i peric
difendersi ; provvide dunque al secondo con un mezzo semplicissimo a sua disposizione. Diede a Teseo un gomitolo di filo,
contro la troppo semplice e pietosa Arianna, alla quale pur doveva la sua salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella
te per essa giunse il giorno stesso in quell’isola Bacco, che la fece sua sposa, come dicemmo parlando di questo Dio. Intan
a sopra una altura sporgente in mare per osservar se comparivano alla sua vista le desiate vele purpuree, segno convenuto a
a « Col pianto di colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato con sua lima, « Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì
afferma Cicerone109. Il quale parla molte volte di questo toro nelle sue opere, e dice fra le altre cose, che essendo cons
il primo ad essere invitato alla festa nuziale ; e fu utile assai la sua presenza e l’opera del suo forte braccio per impe
a mille a mille « Saettando qual’anima si svelle « Del sangue più che sua colpa sortille. » Anche nelle Belle Arti furono
ritoo fu lacerato dal Can Cerbero, e Teseo dovè soltanto ad Ercole la sua liberazione dall’Inferno114. Restano ora da racco
stano ora da raccontarsi soltanto le vicende domestiche di Teseo e la sua morte. Da prima aveva sposato Ippolita regina del
o col ferro, o coll’esser precipitato da un’altura in un baratro. La sua morte rimase per lungo tempo ignota, o fu udita c
Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine di farlo perire appena nato 
le passò prima di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò alla sua capanna e lo tenne come suo figlio, chiamandolo E
a stato egli stesso l’uccisore ; e inoltre riandando le memorie della sua infanzia e confrontando le relazioni del pastor F
comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. Allora inorridito di questo suo perverso d
andò ramingando per la Grecia, accompagnato e condotto dalla pietosa sua figlia Antigone ; e Giocasta si diede la morte. I
di molte tragedie ; ed ogni scrittore li modificò o alterò secondo la sua fantasia e lo scenico effetto che ne sperava : tu
re, chiese di abbracciarlo per l’ultima volta ; e, raccolte tutte le sue forze, con un pugnale, che portava sempre nascost
orte, stimando così di render più sicuro il possesso del trono per la sua dinastia. Ma non potè co’suoi delitti esser felic
gno che fosse), che tanto lo aveva tenuto in sospetto e timore per le sue figlie. E la spiegazione era questa : Poichè Poli
edente numero, e Tideo per avere ucciso un illustre personaggio della sua patria, e secondo alcuni, il proprio fratello. Ma
ominciate le regolari battaglie, fece prodigii di valore, e la destra sua valeva per cento mani ; ma finalmente colpito da
l supremo dei Numi, dicendo che quantunque Giove lo sættasse di tutta sua forza, « Non ne potrebbe aver vendetta allegra. 
. » A questo punto Dante fa che Virgilio gli rintuzzi severamente la sua impotente stizza con queste parole : « O Capaneo
rì nella guerra di Tebe. Molto invece fu narrato di Anfiarao e della sua famiglia. Essendo egli indovino, previde che sare
dovervi perire, lasciò detto al figlio Alcmeone, che appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura
ietato. » E nel Canto xii del Purgatorio rammentò « Come Alcmeone a sua madre fe’caro « Parer lo sventurato adornamento. 
anche al figlio Alcmeone che ne fu l’erede. Ne fece egli un dono alla sua prima sposa Alfesibea ; ma poi ripudiatala per is
sa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle sue due figlie, non che il fratello e la sorella, il
a dei Numi da lui convitati ; e inoltre che Pelope fu restituito alla sua pristina forma corporea e risuscitato da Giove. O
senza delitto. Si racconta che Enomao era riluttante dal maritare la sua unica figlia Ippodamia, perchè aveva saputo dall’
E già più d’uno aveva inesorabilmente pagato colla vita il fio della sua folle speranza. Pelope senza essere scoraggiato d
elope senza essere scoraggiato da sì funesti esempi, lasciò la Frigia sua patria, e volle tentare anch’egli il periglioso a
azioni degli antichi pœti. Basti il dire che Atreo sospettando che la sua propria moglie fosse segretamente d’accordo con T
che fu invidiato da Alessandro Magno, perchè ebbe per banditore delle sue lodi Omero. La prosapia di Achille deriva da Gio
acque in quell’isola dell’Arcipelago che portò anticamente il nome di sua madre, e che ora con poca differenza di suono chi
hiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu donata da Asopo re di Beozia a sua figlia Egina, e perciò divenne il regno di Eaco.
oscura valle « Languir gli spirti per diverse biche. » Eaco per la sua bontà e giustizia fu posto dopo la morte fra i gi
Di Telamone abbiamo già detto che fu uno degli Argonauti ; e di altre sue imprese e vicende, come pure de’ suoi due celebri
ella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe meritò di s
, « Quando la madre da Chirone a Schiro « Trafugò lui dormendo in le sue braccia, « Là onde poi gli Greci il dipartiro. »
Troia fosse mai esistita. Lo stesso Cantù nelle prime edizioni della sua Storia Universale accennava questo dubbio senza r
nsione della città in quelle diverse epoche. Ma lo stesso Cantù nella sua Storia Universale non ha potuto dare un giudizio
i Dei « Rapito in cielo, perchè fosse a Giove « Di coppa mescitor per sua beltade, « Ed abitasse cogli Eterni. Ad Ilo « Nac
25. Nella Cronologia Greca, riportata dal Cantù tra i Documenti della sua Storia Universale, è posto il regno di Dardano da
figlia dello stesso Laomedonte. Allora soltanto il re si scosse dalla sua noncuranza, e per salvar la propria figlia promis
poeti per significare quanto egli fosse divenuto querulo nell’estrema sua vecchiezza. Riscattato che fu Priamo e proclamato
llevato come suo figlio sul monte Ida. Quivi egli crebbe ignaro della sua origine, e fu tra i pastori chiamato Alessandro ;
era tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, ricorse alle arti sue , ed ispirò ad Elena un fatale aborrimento pel mar
fingesse di esser pazzo per non andare alla guerra e non lasciare la sua Penelope e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca
se avesse ciò fatto per vendicarsi di Palamede, che aveva scoperto la sua simulazione d’insania e costrettolo a partir per
ma giurò per altro di non più combatter per esso. E ritiratosi nelle sue navi con Patroclo suo inseparabile amico e coi su
fremesse, a lasciar condur via dagli araldi mandati da Agamennone, la sua schiava Briseide, rispettando in essi il diritto
pettando in essi il diritto delle genti, e confidando che farebber le sue vendette i nemici. Infatti i Troiani, conosciuta
esso Agamennone si pentì di averlo insultato. E Achille intanto nelle sue sicure tende godeva delle sconfitte dei Greci ; e
o Agamennone gli offrisse per mezzo dei più illustri personaggi della sua armata, oltre la restituzione di Briseide, i più
ani che stavano per irrompere nelle greche trincee. L’ottenne ; ma la sua pietà gli costò cara, perchè dopo aver dato prove
e volte nella polvere intorno alle mura di Troia ; e poi tornato alle sue tende lo trascinò altre volte intorno al cadavere
e le ceneri del fido amico nell’urna stessa destinata ad accoglier le sue , aveva risoluto di lasciar pasto alle fiere dell’
della terra il corpo di Ettore ; quando la sera vede comparire nella sua tenda il vecchio re Priamo, che inginocchiatosi d
i quel deformato cadavere, obbliga Priamo a dormir quella notte nella sua tenda, e la mattina gli fa trovare imbalsamata la
ivini, gli eressero un monumento sul promontorio Sigèo, e chiusero le sue ceneri nella stessa urna ov’eran quelle di Patroc
loro titoli ad avere la preferenza, ma vinse Ulisse col fascino della sua facondia ; e Aiace ne rimase così indignato che p
tti : quindi in un lucido intervallo accortosi del suo errore e della sua sventura intellettuale si tolse da sè stesso la v
ttete, abbandonato, come dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse u
asseriscono essere accorsa in aiuto dei Troiani con una schiera delle sue compagne e che fu uccisa da Achille. Virgilio cos
di lunati scudi « Guidar Pentesilèa l’armate schiere « Dell’Amazzoni sue  : guerriera ardita « Che succinta, e ristretta in
enti, e fa che un altro dannato altercando con esso gli rimproveri le sue frodi, dicendogli : « Ma tu non fosti sì ver tes
re una gran parte dei suoi sudditi, e presa e incendiata dai Greci la sua città, fu ucciso per mano di Pirro. Nè qui si arr
e perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta. Aiace stesso Oilèo (d
i più funesto che agli altri fu il ritorno in patria. Nel tempo della sua più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figl
resa e distrutta Troia, si disponeva a ritornar nel suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra figlia di Priamo, profete
ave eravi Cassandra figlia di Priamo, profetessa veridica in tutte le sue predizioni, ma per volere di Apollo con essa adir
de ; e quindi non potè schivare la trista fine che lo attendeva nella sua propria reggia. L’iniquo Egisto sentendo imminent
da mille pericoli, il giorno stesso che giunse nel suo regno e nella sua reggia, in mezzo alle finte accoglienze, quand’er
bile amico suo Pilade, figlio di Strofio, ritornò nascostamente nella sua reggia, e non senza incontrar gravi pericoli, da
Sparta che era il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una sua parente a cui era morto il marito in quella guerr
n quella guerra, fu, per ordine di essa, soffocata in un bagno da tre sue ancelle travestite da Furie. Neottolemo, ossia P
o di Priamo e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava la fece divenire sua moglie, ed ebbe da essa un figlio a cui alcuni Mi
erò di quest’eroe fu poco gloriosa, e non per disgrazia, ma per colpa sua . Volle rapire Ermione promessa sposa di Oreste, e
Romani in difesa dei Tarentini. Il vecchio Nestore ritornato in Pilo sua patria e suo regno (sulle coste della Messenia ne
della Messenia nel Peloponneso) visse ancora alcuni anni in seno alla sua famiglia, in cui però mancava il figlio Antìloco,
nare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fin
annosa agli stessi vincitori. Anche Filottete invece di tornare nella sua patria venne in Italia e fondò nella Magna Grecia
ase dieci anni dopo la presa di Troia senza che di lui giungesse alla sua famiglia novella alcuna. E sì che vi sarebbe stat
novella alcuna. E sì che vi sarebbe stato bisogno quanto prima della sua presenza e del suo forte braccio per discacciar d
prima della sua presenza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una turba di principi greci delle Isole Io
i delle Isole Ionie, che credendolo estinto pretendevano che Penelope sua moglie si risolvesse a sposare uno di loro. Erano
amente dall’isola dei Feaci (ora di Corfù) andò direttamente ad Itaca sua patria, com’ egli volle e desiderò da lunghi anni
o di citarne alcuni dei più straordinarii e mirabili a conferma della sua tesi : « Non fumum ex fulgore, sed ex fumo dare
isse dicendo che, secondo Omero, Ulisse fu ricondotto dai Feaci nella sua isola nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi
la nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi poste in opera tutte le sue più mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto
a lungo nel Canto xxvi dell’Inferno, e fa raccontare a lui stesso la sua fine (molto diversa da quella che narra Omero), a
ella nuova terra nacque un tal turbine, che fece affondar nel mare la sua nave con esso lui e tutti i suoi compagni. Queste
il mondo senza gente. Tutto il suddetto Canto xxvi è mirabile in ogni sua parte, e non merita meno di quelli della Francesc
er costruir le navi e per raccoglier compagni che lo seguissero nella sua emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipo
ne in Tracia è il primo non solo cronologicamente, ma pur anco per la sua importanza, poichè fu creduto degno di essere imi
beri l’anima di Pier delle Vigne, è pregio dell’opera riferirlo colle sue stesse parole per farne il confronto colla virgil
rge in vermena ed in pianta silvestra ; « Le Arpie pascendo poi delle sue foglie « Fanno dolore ed al dolor finestra 146. 
di fare un sol popolo coi Tirii, e credendo accettata stabilmente la sua offerta, stimò rafforzato il suo nuovo regno, e l
future cose. » La Sibilla Cumana, che era solita dare agli altri le sue risposte per mezzo di foglie sparse qua e là gero
e risposte per mezzo di foglie sparse qua e là geroglificamente nella sua caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si
sso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua moglie la città di Lavinio, e che in appresso Asc
aver egli dichiarata vana e insussistente la Divinazione in tutte le sue parti, specie e distinzioni, come indicammo di so
ntare che fu detto e creduto che egli avendo un giorno percosso colla sua verga due serpenti che si battevano, fu cangiato
consultare l’indovino Tiresia, e da lui ottenne notizie sicure della sua famiglia, del suo regno e dei suoi futuri destini
« Lì per fuggire ogni consorzio umano « Ristette co’suoi servi a far sue arti, « E visse, e vi lasciò suo corpo vano. « G
tudine la Sibilla Cumana, che dava i suoi responsi colle foglie nella sua caverna, come abbiamo detto parlando di Enea : «
a, che nacque in Babilonia come afferma Apollodoro, asserendo che era sua concittadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Eratòs
me Albunea, della quale è rammentata la grotta da Orazio in una delle sue Odi165. 71. Dicono gli scrittori antichi che
 » (De Arte poet., v. 185.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lodare questa tragedia
sset. » — E Ovidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre sue Opere, e di talune confessa ancora i difetti, par
poet., v. 394.) « Saxa Cithœronis, Thebas agitata per artem « Sponte sua in muri membra coisse ferunt. » (Propert., iii,
tate col canto e col suono, i marinari che lo riconducevano a Metimna sua patria nell’isola di Lesbo, congiurarono di uccid
i quali Ovidio lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti, e chiude la sua narrazione con le lodi del delfino e col premio c
alla stessa sorgente. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità di verso e di locuzione, accenna,
imis celebrantur. » — (Catilin. vii.) 107. Benedetto Menzini nella sua Poetica assomiglia al letto di Procuste il Sonett
deli, ed a ciò far non bieci (non inconsiderati) « Come fu Jefte alla sua prima mancia ; « Cui più si convenia dicer : Mal
e che Ippolito fosse costretto a partir d’Atene per le calunnie della sua matrigna Fedra ; ed egli facendosi predire il suo
e Off. i, 28.) 122. Il Machiavelli non ha creduto indegno dell’alta sua mente il trarre precetti di politica dai miti del
incipi antichi furono dati a nutrire a Chirone Centauro, che sotto la sua disciplina li custodisse : il che non vuol dire a
perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa era figlia e la sua malaugurata predilezione per Enea : « Che più no
malïone allotta, « Cui traditore e ladro e patricida « Fece la voglia sua dell’oro ghiotta. » (Purgat. xx, 103.) 148. Pe
cora di aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Che con Lavina sua figlia sedea. » 153. « Novam ipse aliam (urbem
8 (1880) Lezioni di mitologia
tudj più cari me lo vietano ora; nondimeno gli son riconoscente della sua graziosa offerta » 1. Ed è pure da riferire la br
i ed efficaci opere, onde l’Italia non fallisca oggimai alla gloriosa sua meta. Ottobre 1871. Corrado Gargiolli . Lezi
eccoci giunti a quell’epoca in cui la Grecia potente spiegò  tutte le sue forzo por vendicare l’ingiuria del violato ospizi
Che sovra gli altri com’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgorà la sua attenzione ai versi di tanto poeta, del « Primo
ca ad lettore, che rimprovera a Paride lo sciagiure della patria e la sua viltà, e fìnalmente Priamo che bacia le mani lord
l’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riempie di sua luce l’universo, nell’Odissea ancora imita l’astr
ciò l’universo: ma lo spirito mentovato non conobbe da verun altro la sua produzione. Si unì finalmente col mot, o mud che
ia cominciò a moversi costantemente; il foco, alzandosi al cielo, per sua natura produsse il rapido circolare moto del sole
cominciò a fermentare. Essendo giunta la fermentazione alla perfetta sua maturità, ed essendosi le membrane onde era invol
ssi simboli così dichiaravasi. Le piume onde va coperta additavano la sua invisibil natura, il supremo dominio delle cose,
e ed all’uomo istesso. » Da Orfeo, secondo alcuni, dedusse Esiodo la sua teogonia, della quale darò il compendio fatto da
i un moderno poeta paragona con tanta eleganza, imitando Virgilio, la sua amica. Giova ridirne i versi: « Qual dagli antri
a, la Forza, la Violenza, eterne compagne di Giove, ch’egli chiamò in sua difesa quando far volle sui Titani la memorabil v
ellato arriva E della zuffa l’ululato; e Giove Non più contiene l’ira sua . D’eterno Vigor ridonda l’animoso petto, E tutta
col sangue d’Ifigenia, e un padre immolava all’ambizione del regno la sua primogenita figlia. Euripide, Seneca ci narreran
nell’Odissea nerissimo toro svenato all’adirato Nettuno, a cui, se le sue onde spianava, offrivano ancora il cinghiale e l’
onno Trova di estinti figli afflitta madre, » passeggia chiusa nella sua nera veste dentro i sepolcri, e fa risuonare le a
iorno Dispersa avria sull’onde tue, se salvo E vincitor di Troia alle sue braccia Ritornato m’avessi. Invan, che a tanto No
ie Pelide allora, e di riposo e cibo. Disse, ha d’uopo la turba; alle sue navi Tu la rinvia; quei che del rogo han cura Res
so di monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco. Onde cessar le sue opere bieco Sotto la mazza di Ercole, che forse G
erano abbracciate dai colpevoli e dagl’ infelici; onde unica ara alle sue fortune chiamò Ovidio quel raro e memore amico, a
di più? Udite come Cicerone rimprovera ai Galli questo costume nella sua Orazione in difesa di Fonteio. Egli dice, volendo
ama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope sua moglie e figliuola di Marte, che Adrasto ed Ippon
ono gettandosi nel fuoco8; vittima volontaria per la salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi furori e d
e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero delle sue Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu can
nia rimira Tener le schiere un lato, e l’altro Achille, Che solo è in sua difesa, e solo i Greci Spaventa, e i numi fa disc
Achille: Adesso un Dio per me vi parla, e spiega I suoi decreti e la sua scelta. Un’altra Ifigenia macchiar deve la riva.
al coltello Le dimore accusava, e il volsjo ammira I suoi natali e la sua sorte: il core Pietà furtiva percotea. Ma Troia G
il volto di Alcibiade; al che allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di sue bellezze gloriosa
allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di sue bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante d
l’inclinazione prevalse, che Gerusalemme stessa vide un bosco fra le sue mura. Nelle selve sacre si univano gli antichi ne
Seneca, Tieste. Atto IV. Lezione settima. Giove: suo nascimento, sua educazione e sue prime imprese. Nelle passate
Atto IV. Lezione settima. Giove: suo nascimento, sua educazione e sue prime imprese. Nelle passate Lezioni ho cercat
imo trovo, che il destro piede fa posar sull’aquila, quasi base delle sue alte venture. Non placarono i henefizj del figliu
di porpora cantasse dopo la pugna famosa, e coll’eterna armonia della sua cetra e dei suoi versi di incognita e maraviglios
minaccia, quando l’immenso fianco mutando avventa contro il cielo le sue fiam me, fa crollar le caverne di Vulcano e cader
lli secondo lui a non invidiargli di possedere il cielo quasi propria sua casa. Lattanzio spiega questa favola istoricament
liberi crini L’error felice accresce. Allor che lunge Dalla terra già sua non vide Europa Più lido e monti, ma di sopra il
ve. A diverse sembianze favoleggiarono i poeti che sottoponesse la sua divinità il padre degli uomini e degli Dei, onde
cabolo, fu per tal motivo chiamato. Tempesta, comandata dal dio che a sua voglia il cielo oscura e rasserena, coperse la te
anti si pose sulle ginocchia della dea, che impietosita lo celò nella sua veste. Depose allora il mentito aspetto`. ed a un
el talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua propizia fortuna, o di Giove il volere, fé’ che v
quel famoso che liberò Andromeda bella, benché bruna pel colore della sua patria. Argo e Sarpedone (che tanta lode ottenne
lebre al pari d’Ercole è Bacco, che empì l’ Oriente e 1’ Occidente di sua fama, e fu causa d’invidia e di conquiste ad Ales
o, e Bardano da Elettra, e i fratelli Palici da Talia. Nè Giove nelle sue galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’
lla bella statua che converte gli occhi di tutto il mondo, non per la sua grandezza, perchè in Rodi ed in Roma si veggono s
zza, perchè in Rodi ed in Roma si veggono statue colossali, ma per la sua ricchezza perchè è d’avorio e d’oro, e per la pro
o, Ch’ha lo scettro del ciel, mai gliel consenta Quel dio, che con la sua sicura mano Il tremendo dal ciel folgore avventa.
el marito ha timor, che in ciel non vede, E conosce i suoi furti e la sua fede. Noi ritrovando in cielo, è più che certa,
ch’egli si spoglie D’una vita si dolce e sì gioiosa. Ma se nega alla sua sorella e moglie, Che sospetto darà sì lieve cosa
lie, Che sospetto darà sì lieve cosa? Amor vuol ch’ei compiaccia alle sue voglie. Ma non vuol già la sua moglie ritrosa. Al
cosa? Amor vuol ch’ei compiaccia alle sue voglie. Ma non vuol già la sua moglie ritrosa. Alfin per torlo allor quel gran s
a faccia gira. Ch’ha di si ricche gemme il capo adorno, Alla giovenca sua per forza mira, Perch’egli scuopre ancor di dietr
on nel suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amare e fronde Le sue vivande sono e’l suo sostegno. Ma come il Sol nel
nell’Ocean si asconde, Argo li gitta al collo il laccio indegno. E le sue piume son dove la serra a non ben sempre stramegg
terne rive un dì ritorna Dove giocar solea con le sorelle; Ma come le sue nuove altere corna Mira nell’acque cristalline e
Dentro a sé piange, e direbbe anche forte, Se potesse parlar, l’empia sua sorte. Pur fa che il padre (tanto e tanto accenn
nto e tanto accenna) Seguendo lei nel nudo lito scende, Dove l’unghia sua fessa usa per penna Per far noto quel mal, che sì
Raddoppia il duol, la pena, il grido e il pianto; Le nuove corna alla sua figlia abbraccia, Baciando spesso la cangiata fac
nger mai sempre? Mentre il misero vecchio ancor si duole, E tutte le sue pene in un raccoglie. Lo stellato pastor, che la
no. Giove non vuol, come ben grato amante, Ch’in sì gran mal l’amata sua s’invecchi; Onde al suo figlio e nipote d’Atlante
l, lasciò le penne: Per far dormir le tante luci deste Sol la potente sua verga ritenne: E dove è quel pastor il cammin pre
da canto, Che alle fresche erbe il suo gregge ristora: E con le canne sue sì dolce canto Rende, che n’addolcisce il cielo e
…… …………………………………………………… Dalla sampogna il suono, e la favella Dalla sua lingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi gl
disgiugne; Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la verga sua toccando aggiugne; Sfodra la spada sua lucida e b
chi suggella, Che con la verga sua toccando aggiugne; Sfodra la spada sua lucida e bella, E dove il capo al collo si congiu
n voltar la schiena: Tu solo, altero Nil, restavi in terra A veder la sua rabhia e la sua guerra. Laddove giunta, prostrat
ena: Tu solo, altero Nil, restavi in terra A veder la sua rabhia e la sua guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol
e fu l’umana faccia, I pie dinanzi suoi si fer due braccia. L’unghia sua fessa di nuovo si fende D’altri tre fessi, che fa
rrando un agnello, nella destra una pietra, chiama in testimonj delle sue promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giove Pi
hè il nome di lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco della sua altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal mon
scettro, sostiene ora colla destra posata alle ginocchia il fulmine, sua arme. Ma il placido e sereno contegno del volto e
anta è l’offesa degli irsuti pruni) Tinte le bianche braccio, e dalla sua Rocca piangendo, gli infelici amori, Onta e furor
chi dell’acceso fieno Volar gli immondi cibi. Ozi decreta Romolo alle sue schiere: è muto il campo. Coglie il tempo Tarpea:
el Tonante. La prima città colla testimonianza di Omero dà forza alle sue ragioni; la seconda op pone il grido volgare, gli
ie collocarlo sopra un carro, spargendo al tempo stesso la fama delle sue nozze con Platea figlia di Asopo. Prestò lede Giu
accostò al petto Alcide bambino, che succhiò il primo alimento dalla sua nemica, che svegliata scosse l’odiato fanciullo;
ei a fuggire nell’Egitto, prescelse la dea questa forma per celare le sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziava
dell’Olimpo, e dopo aver percorso vasto spazio, Lenno pose fine alla sua caduta, e i pietosi cittadini aiutarono il dio, c
bre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cinto di Venere accresce la sua eterna bellezza per distogliere col piacere Giove
imo un cinto. Cinto d’inenarrabile testura. Di portenti fecondo: alle sue fila Invisibili al guardo errano intorno Quai sus
on arsi Di tale ardor; vieni al mio sen. — Tacendo Cade la dea fra le sue braccia: intorno Poi gira il guardo timidetta, e
Aventino. Altro pure ne sorgeva sul Campidoglio che C. Flaminio nella sua guerra contro i Liguri avea promesso di edificare
mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plutarco nel
i Guido, sito corrispondente all’antica Lorio, è considerabile per la sua integrità, essendosi conservata la destra che sos
e medaglie, che portano l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la sua statua che sul Campidoglio si venerava, come dai
titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco. Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro di S
amo, lavoro di Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce dalle sue medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo
, e per l’ornamento del capo, e per una certa nobile fiso nomia che è sua propria, altrettanto siamo dubbii sai bambino che
osti a credere in braccio della gelosa moglie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella stessa lieta di triplice
che, secondo la Mitologia meno antica, riconosceva la vita dalla sola sua madre, ma perchè alcune medaglie imperiali vengon
rte nel natale di Pallade, voleva anch’essa avere una prole che fosse sua unicamente, doride o Flora fu quella che trovò il
ra la terra. Prima dal Terapneo sangue formai Un fiore, e ancor nella sue foglie scritta Sta la querela: del giardin felice
fitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impegno di conciliarla alle sue voglie commise al delfino, che fortunato nell’imp
uale, imitatore di Giove fratello, in fiume, in toro, in delfino mutò sua sembianza; Cerere deluse trasformato in cavallo;
’incedente Irato Enosigéo. Tre passi ei fece; E al quarto giunse alla sua meta in Ega, Ove d’auro coruschi in fondo al mare
va l’armento degl’immortali. Separò da questo cinquanta bovi, e delle sue arti non dimentico, egli con la preda camminava a
rtali; quindi affrettandosi verso il proprio tetto, non riscontrò per sua gran ventura ninno degli uomini e degli Dei: dei
ime Mercurio. Omero, altri che sia l’autore dell’antichissimo inno in sua lode, narra che avendo egli involato lo stesso gi
lato lo stesso giorno che nacque i buoi di Apolline, per quanto colla sua avvedutezza si avvisasse di celare ogni indizio d
vveduto bambino dissimulare con un riso artificioso l’imbarazzo della sua sorpresa, e far cenno col dito per inculcare il s
l’avea osservato. Questo riso appunto che brilla insidiosamente sulle sue labbra, e l’aria vezzosa del volto, son rammentat
tiene la clamide ravvolta al braccio sinistro, emblema consueto della sua speditezza, per cui gli furono anche attribuite l
er curio Agoreo, o Forense, come era chiamato dagli antichi quando le sue statue erano situate nei Fori, ai quali presiedev
appunto che si godeva dal Foro Romano l’ imminente Campidoglio colle sue fabbriche e coi suoi templi. In questo piano adun
e palesa l’inventore o il padre della palestra, al dir di Filostrato. sua figlia; a lui finalmente è tutto proprio, secondo
egli antiquarii, il manto ravvolto al braccio sinistro, simbolo della sua speditezza nelle tante incombenze delle sue molti
o sinistro, simbolo della sua speditezza nelle tante incombenze delle sue moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i segni
n ogni colpa trascorsa, uccise questo raro medico, cui non valsero le sue arti. Apollo percosso dalla pietà dell’estinto fi
percosso dalla pietà dell’estinto figliuolo, non potendo rivolgere la sua vendetta contro il Tonante, diresse infallibili s
o di richiamare il calore nelle gelide membra. Si oppose il Fato alle sue cure; onde cercando compensi al suo dolore, conve
? Nè un giorno solo regnerà nel canto Febo che d’inni è colmo: il dir sue lodi E lieve. Apollo aurea ha la veste, e d’oro T
l nume con irato piede E grida: Larga dell’assirio fiume E l’onda, ma sua preda è solo il fango, E va superba di sozzura. A
ania, tesoro di pellegrine cognizioni per l’artista, c’istruirà colle sue stesse parole. «Vi sono molte tradizioni, e tutte
chè dicesi che anticamente Delfo era il luogo ove la Terra rendeva le sue risposte, e che Dafne, una delle ninfe della mont
ministero di Pircone. Si pretende che snccessivamente la dea dasse la sua porzione a Temi, e che Temi ne facesse dono ad Ap
guitata è che Apollo ha sempre avuto delle donne per interpreti delle sue risposte. « Si pretende che la prima cappella de
é Acrisie avea fatta edificare una camera della stessa materia per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel temp
e. In Roma, il luogo ove si amministra la giustizia, sorprende per la sua gran dezza: ma ciò che più vi si ammira è un pavi
nfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al detto luogo, e quello di sua madre ad un altro, che Coricio ai tempi nostri an
rtorì ad Apollo un figlio chiamato Delfo, da cui la città ha tolto la sua denominazione. Altri dicono che Castalio, figlio
uochi Pitici. Si racconta che Eleutero fu dichiarato vincitore per la sua bella e sonora voce, quantunque cantasse un inno
augaso, che s’innamorò di Tene figliastro. Non essendo riescita nella sua passione, l’accusò al marito di averla volata vio
moglie. S’imbarca e va in traccia dei figliuoli per confessar loro la sua imprudenza, e dimandarne perdono. Ma nel momento
. Elena ha due donne seco, Pantali ed Elettra. La prima è vicina alla sua padrona; la seconda le attacca la sua calzatura.
Elettra. La prima è vicina alla sua padrona; la seconda le attacca la sua calzatura. Omero si serve di altri nomi nell’Ilia
e di altri nomi nell’Iliade, quando ci sappresenta Elena che va colle sue donne verso le mura della città. Sopra Elena vi è
llara. Ma questo insigne traduttore, dividendo cogli artisti dell’età sua il difetto di dare moderni costumi agli antichi,
eterno oppresse. Alla terza il fuggir dubbio si toglie, E la sorella sua preme. Vedresti Celarsi l’une, tremar l’altre, se
olore: i lumi stessi Immoti stanno nelle guance meste, E nell’immagin sua nulla è di vivo. Fredda è la lingua: più non scor
espressa con tanta fé licita nel marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con un semplice atto di volontà. Ha rap pres
onato la cocca; il moto dell’azione non è per anco sedato nelle agili sue membra, che ne conservano ancora un certo ondeggi
te con una certa compiacenza che mostra la soddisfazione delle divine sue ire; ma contro chi ha vibrato gli strali? non dub
mostro che strisci sul suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle sue freccie, l’ azione di aver saettato è tanto evide
tto insieme, cresce poi il piacere a considerare le perfezioni d’ogni sua parte. I suoi capelli raccolti in un nodo sopra l
dio del giorno. Il lungi-saettante si ravvisa nei suoi sguardi, e la sua faretra appena agli omeri sembra che, secondo la
enza le affaticate muscolature di Ercole, ancorché deificato. L’aurea sua clamide s’allaccia gentilmente sull’omero destro,
el Gladiatore Borghese. Giulio II aveva acquistata la prima avanti la sua assunzione al Pontificato, e la teneva a’SS. Apos
Mengs) che non contento di aver rapita la meraviglia del secolo colle sue sorprendenti pitture, ha meritato ancora la fama
issata in mente, e che era l’archetipo che si sforzava ritrarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi h
r mostrare che il morbo eccitato dall’ira del nume cessava poi per la sua clemenza col mezzo dell’arti agli uomini da lui i
prendendo dalla materia quel solo che era necessario per esprimere la sua idea e renderla visibile. Questa mirabile statua
di Omero è più grande degli altri descritti dai susseguenti poeti. Le sue forme sollevansi sopra l’umana natura, e il suo a
embra che una tenera morbidezza scherzi sulla robusta struttura delle sue membra. — Vola, o tu che ami i monumenti dell’art
una piena compiacenza, portasi quasi all’infinito bene al di là della sua vittoria. Siede nelle sue labbra il disprezzo, e
tasi quasi all’infinito bene al di là della sua vittoria. Siede nelle sue labbra il disprezzo, e lo sdegno che in sé racchi
e in sé racchiude gli dilata alquanto le nari, e fino sull’orgogliosa sua fronte s’inalza: ma la pace, la tranquillità dell
gli occhi della regina degli Dei in maniera dignitosa inarcati; é la sua bocca un’immagine di quella dell’amato Branco, in
immagine di quella dell’amato Branco, in cui respirava la voluttà: la sua morbida chioma simile a teneri pampini scherza qu
i sento trasportato in Delo, e nelle Licie selve, che Apollo onorò di sua presenza. Farmi già che l’immagine, che io men fo
capo. » Debbo farvi avvertire che il celebre Visconti, poiché fermò sua dimora in Parigi, mutò d’opinione riguardo all’au
o Contrario; il primo all’odio, ed all’amore Desta il secondo: per la sua vendetta Ambo gli sceglie, e col primiero Apollo
ggia; un’aura lieve Dolcemente solleva il crin, che torna Indietro, e sua beltà la fuga accresce. Nè più il giovine iddio p
incipalmente in Apollo, che riputavasi il più bello fra i numi. Nelle sue figure si ravvisano in bella armonia combinate la
on degne di un garzone nobile, e nato a grandi imprese. Si vede nella sua figura una sanità vivace che annunzia la forza, s
nto le mentovate teste erano loro ignote. » Fin qui Winkelmann nella sua insigne istoria dell’arti del disegno. In un’altr
o, e tiene al tempo stesso un ramo di mirto, attributo ordinario alle sue figure nell’isola di Lesbo, perchè, secondo l’opi
esposte queste statue alla luce dell’universo, che si affollava nella sua metropoli, può essere stato il motivo che indusse
levano le fortunate contrade alle quali la mal cauta Cerere affidò la sua figlia. Delo cuna del dio, e sola fra tutte le te
acio che diede a Branco fanciullo caro al nume, o perchè amabile è la sua luce quando appare sull’orizzonte. Ecaergo, o Lun
 » L’arco di argento gii diede l’epiteto di Argirotosso, e per l’arco sua arma fu chiamato Arcitenente ancora dai Latini. M
he suona la ritorta conca, E Proteo dubbio, ed Egeon che preme Con le sue braccia alle balene il tergo: Dori e le figlie al
a d’amore. Notabile è nella no stra statua che non è succinta come le sue immagiai ce l’offrono da cacciatrice, eppure la s
succinta come le sue immagiai ce l’offrono da cacciatrice, eppure la sua attitudine non è il riposo, col quale ha creduto
onarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, nè dee
nder ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, nè dee farci maravig
lare con un cervo che ha raggiunto, stretto da lei per le corna colla sua destra, e con una lancia da cacciatrice nella sin
o contro i figli di Niobe per vendicare la madre. Omero stesso nella sua Necromanzia fa menzione di qualche eroina estinta
sso nella sua Necromanzia fa menzione di qualche eroina estinta dalle sue freccio, e la presente scultura poteva anticament
mi avere il Winkelmann dimostrato, e che io credo insussistente, è la sua massima che qualunque statua con tal benda si oss
ia nel recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea L’imitatrice sua col proprio ingegno, E con pomice vivo e lievi tu
, e invan la chiama Il suo Titon con desiose braccia. Pur dalie ninfe sue celata e stretta Rivolge indietro il volto, e le
lse le navi. Agamennone pose nel tuo tempio in Aulide il timone della sua nave, quando i venti imprigionati differirono la
come Pallade, ma libero, franco, gioviale, quasi intento alla caccia, sua piacevole occupazione, e quale appunto si convien
altri attributi, o fregia che le furono dati nei tempi posteriori. La sua figura è più svelta, ed ha membra più pieghevoli
fra tutte le altre dee. Come Diana stessa, presso Omero, fra tutte le sue belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che
alora è pure effigiata in veste lunga, ed è la sola d^a che in alcune sue figure porti scoperta la destra mammella. « Sopra
iene alla figura di questa dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le sue Oreadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta,
ui la parte inferiore è formata di foglie, e che tiene un’ asce nelle sue mani: la più cognita fra queste si chiamava Figal
o pianto Questa immagin crudele. Io vidi, io vidi Dai destrier che la sua mano nutria Strascinato quel tuo misero figlio. R
iamarli volea: terror la voce Accresce a loro: una ferita sola Son le sue membra: di querele e gridi Risuona il piano. Si r
suoi l’ossa nasconde. Sospirando vi corro, e m’ accompagna La guardia sua : del generoso sangue L’orma ci guida. Son tinte l
ttrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asserisce Pindaro in una delle sue Odi ch’egli fosse edificato dalle Amazzoni allorq
trai volante. Cresce la rabbia della belva. È lieve Sembianza all’ira sua folgor che abbatte Ed arde i templi del suo Giove
avventa, e sbrana L’inerme ventre. Cade Anceo; la terra Colle fumanti sue viscere bagna. Verso la belva d’Ission la prole I
e nude ombre sarete: Io lo vedrò? pera, l’iniquo pera, E tragga nella sua ruina il padre, La patria, il regno: ed io son ma
arro della diva. Ippolito Pindemonte dice con molta leggiadria in una sua Canzone alla Luna: « L’Ore in oscuro ammanto E c
he ci offre di misterioso questa bizzarra figura. Incominciando dalla sua forma, altro questa non c’indica senonchè l’antic
o di Minucio Felice l’attesta, che, guasto da’ critici, è stato colla sua vera lezione esposto e sostenuto da Luca Olstenio
a della dea: ma quello che v’è di più osservabile è il suo petto e la sua collana. Pendono dal primo sedici poppe simboli d
te da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere. Una somiglianza di quel gran tempio, o piu
uasi oblia Toglier l’arco sospeso e i certi strali. Quando Diana alle sue ninfe in mezzo Lieta pel sangue delle vinte fiere
non v’è; fanciullo Arcade è già (dolor di Giuno): è nato Dalla rivale sua : biechi rivolse Gli occhi, gridando: Al tuo falli
vertì, nei dialoghi degli Dei introduce, con quella grazia ch’è tutta sua , Giove afflitto dai dolori del parto, che non il
sa intorno Al fiero teschio, che così com’era Disanimato e tronco, le sue luci Volsrea d’intorno minacciosa e torva. » Una
ta rappresentata con Giunone, allato del trono di Giove, in piedi. La sua figura, vale a dire il Palladio dei Troiani, tene
turale lavorata nel più antico stile greco rappresenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisele di pe
lio. Quando Pallade tiene un ramo d’olivo, e questo simbolo indica la sua vittoria sopra Nettuno cagionata dal nome che si
chiamava Pallade Musicale, perchè si pretendeva che i serpenti della sua egida si movesseso quando si suonava il flauto in
i capelli più lunghi dell’altre sia il solo fondamento, per cui sulla sua chioma biònda giurar si solea. Si trova, sebben d
guardo la dea della Guerra. Ha Telmo in capo, suo ornamento insieme e sua difesa, onde trasse i titoli di (grec), e (grec),
due civette, uccello a lei sacro per la somiglianza del colore delle sue pupille con quelle della dea. Gli antichi, accura
per altro supponessero la spoglia istessa del mostro piuttosto che la sua immagine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò
ausania, che nel tempio di Minerva Itonia essendo apparsa la dea alla sua sacerdotessa lodamia, questa all’aspetto della Go
cercava distorlo da lanciare un dardo contro Agamennone. Ritornato in sua casa l’eroe ebbe una visione, in cui Pallade gli
ffre le armi di Pallade in una maniera assai distinta. Chi osserva la sua celata vede in un colpo d’occhio la ragione perch
a questa dea. Così parla di questo Polibio: — La parma è forte per la sua struttura, e di sufficiente grandezza per la dife
rappresentata ancora nelle greche monete dei Mamertini. La dea ha le sue solite insegne, l’elmo, lo scudo argolieo, che a
i quella caduta del panno, che sarebbe determinata naturalmente dalla sua gravità. Sembra che da tal circostanza, certament
ali dà principio esaltando la cura e l’amore che porta ai cavalli, la sua natia beltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca
ia molto si diffonde. Poi, ritornando a Minerva, molto la loda per la sua nascita prodigiosa, e per la sua divina bellezza,
ando a Minerva, molto la loda per la sua nascita prodigiosa, e per la sua divina bellezza, e termina col solito saluto e ri
e, a Danao prole, O a Fisadea, che, sparse d’oro e fiori Inaco l’onde sue , verrà dai colli Lieti per erba, e fia che rechi
ice vita, florida prole, ed invidiata vecchiezza. Dissimulò Venere la sua divinità dicendo di esser figlia di Otreo, che al
d’ imputarlo alla ninfa Calciopida; che se egli avesse manifestata la sua fortuna provato avrebbe il fulmine di Giove e l’i
in tutto quel maggior risalto che acquistano nelr uscir dal bagno le sue membra divine, non è restato inferiore nell’esecu
, non è restato inferiore nell’esecuzione alla bellezza sublime della sua idea, tanto è regolare nei lineamenti, vezzosa ne
uo aspetto; avea Criprigna Bello l’aspetto allor che Adon vivea. Morì sua forma con Adone, ahi ahi! Dicon le querce, e i mo
Tamor mio Da me sparì qual sogno, e volò via. Vedova è Citerea, e in sua magione Stannosi indarno i pargoletti Amori. Teco
i. Gridando Citerea piangon gli Amori. Spense Imeneo alle soglie ogni sua face; La nuzial ghirlanda a terra sparse. Non Ime
to. Inoltre giova osservare che le pieghe regolari ed artefatte della sua tunica, la quale ne contorna le membra e ne adomb
re che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come parecchie altre del suo poema
la Sicilia vicine. Vogliono che fosse educato dalle scimmie, e per la sua deformità tanto al padre dispiacesse da essere in
Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle sue fiamme E de le sue fornaci, d’Etna in guisa Inton
lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle sue fiamme E de le sue fornaci, d’Etna in guisa Intonar s’ode, ed anelar
duzione dell’ Abate Cesarotti: « Lascia la diva, e torna Alla fucina sua : dall’arca schiude I mantici riposti, e già da ve
ena; ei giura Che assalito ferì: ciascuno ha seco Chi ‘1 ravvalora, e sua ragion difende Con dubbiosa tenzon; parteggia e g
in greco significa lo stesso che gallo, e porta ancora la pena della sua negligenza e del rossore di Marte, annunciando ai
vere ucciso Alirrozio figlio di Nettuno, perchè violar voleva Alcippe sua figlia, difese con successo la causa della sua vi
violar voleva Alcippe sua figlia, difese con successo la causa della sua vita alla presenza di dodici Dei, e ne fu per com
ordinò al Furore e alla Fuga di apprestare il suo carro e prendere le sue armi rilucenti. Era egli per accendere nell’animo
o figlio, ordinò al medico degli Dei che lo sanasse. Peone pose sulla sua ferita un balsamo eccellente che lo risanò senza,
re contro gli adulteri, ed essendo stato informato che una dama della sua corte avea commercio impudico con un cortigiano,
corte avea commercio impudico con un cortigiano, entrò di notte nella sua casa, ed avendola sorpresa coll’amante castigolla
ome osserva il senator Buonarroti, di adulare questo imperatore nelle sue maggiori crudeltà, e in quella sua massima tirann
di adulare questo imperatore nelle sue maggiori crudeltà, e in quella sua massima tirannica accennata da Capitolino, che se
egno, lo indicò a Giove che mandò le Parche a Cerere perchè la giusta sua collera deponesse. Alcuni attribuiscono questo ev
e dei piatti di frutti. Giove avendo promesso a Cerere che Proserpina sua figlia starebbe seco sei mesi, ricomparve la tran
tengono il corno dell’abbondanza, e ciascuno è posto presso una delle sue mammelle. Questa attitudine le conveniva, suppone
cime, E annunzia il dio; freme la terra, e l’antro Cecropio mugge: le sue faci inalza Eleusi: già dall’ incurvato giogo Di
il leone, che sulle ginocchia della dea si vede, parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della quale era
Iside differisce, o sia per accennare che deve lo stabilimento della sua religione alle colonie egiziane. I progressi dei
te le ricchezze sono figlie della terra. Eschilo ];el principio della sua tragedia delle Eiimenidi fa comparire la Pitia ch
la prima fra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi che a sua madre nel santuario profetico successe. Per la ce
profetico successe. Per la cessione libera e volontaria di lei, Febe sua sorella ne divenne la terza sovrana, ed ella alla
re Nutrice; ma vi ha chi pretende che ciò che tiene inviluppato nelle sue vesti sia un piccolo leone. Alcuni hanno creduto
lie di Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da una parte della sua veste. Osserva Winkelmann che non si vede mai con
Callimaco è dipinta. Ma è difficile, come Lessing ha riflettuto nella sua famosa opera sul Laocoonte, di trovare nei monume
sciolti sulla fronte, il che forse n’ esprime il dolore per la rapita sua figlia Proserpina. Le città della Ma^na Grecia e
egge avea Vinta natura la discordia antica. Il fuoco al ciel salì per sua natura, E la terra piombò nel mezzo, il mare Scor
e comandava agli Eleusini, rinacque dopo tanto tempo il riso sopra le sue labbra, mercè una vecchia detta Jambe. Quindi è c
alcuno, e seco Volgon il piò le dee sorelle: è prima Venere lieta di sua frode: in core, Conscia di tanto furto, essa misu
suo recinto maggior numero di persone che ogni città di Grecia nelle sue feste. Il sacrario, secondo Strabene e Vitruvio,
adre della Tragedia, corse pericolo della vita perchè parve in alcune sue opere avere toccato con profana curiosità i miste
steri di Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti, dice in una sua Ode: Io vieterò che chi ha divulgato gli arcani E
ia: lieto nell’antro Già l’urna liberal dechina il fiume. Dall’erbosa sua cima il sacro volgo Etna mirò madre dei fiori, e
i Cretesi. Claudio Cesare tentò di trasportarli presso i Romani, e la sua intenzione fu posta col tempo in effetto da Adria
l volante carro Proserpina è rapita, e grida: O dee, Aita; — e già la sua Gorgone svela Pallade, e con il teso arco s’affre
divinità minori io terrò lo stesso ordine che Esiodo, il quale nella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divise con Omer
composizione di questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava le sue forze ogni volta che toccava la Terra. Sopra una
spaventata dall’incendio. Consumata dall’ardore, egli dice, inalza la sua testa carica d’ innumerabili frutti. Oppone la ma
ne, l’artista adotta quella, colla quale Lucano felicita Nerone della sua maestria nel guidare il carro, dicendogli che s’e
adre. Stassi adagiatamente sotto l’ombra di una palma per dinotare la sua continua fecondità, essendo questo albero simbolo
ragin dell’ ingordo ventre Tutto alfine discende il censo avito, E le sue membra a lacerar col morso Necessità lo strinse,
hé da noi senza paura si mira un tanto nemico e niuno va esente dalle sue ferite. « In me rimangono i dardi, e l’immagine f
i dardi, e l’immagine fanciullesca: ma certamente egli ha perduto le sue penne, poiché dal mio cuore non è volato più mai.
i Tespiesi popoli della Beozia era l’Amore singolarmente venerato. La sua statua, come nei tempi più antichi, era una pietr
Amore è stato rappresentato sotto forme varie all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto di Stos
i che il fatto sia, sa la novella. » Questo dio mi rammenta la Notte sua madre, che nacque dal Caos, e che Esiodo annovera
ra, la Fatica, l’Invidia, la Vecchiezza, le Tenebre, la Miseria, sono sua prole, per tacere di molti altri. Vogliono alcuni
e, ed altri, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al di sopra della sua testa una vesr,e volante seminata di stelle si sc
Venere altera Non calmò l’ire gravi, e su l’afflitta Compier giurò la sua vendetta intera; Chi dir potria l’oscura Carcere,
ai, Come furono ignoti Della tua Psiche i guai! Ella, come imponea la sua tiranna, Osò d’entrar per la Tenaria porta, E por
aganesimo, la vostra attenzione e le mie ricerche. Non è disputata la sua origine, ma alcuni fra gli antichi estendono la s
on è disputata la sua origine, ma alcuni fra gli antichi estendono la sua parentela, dandogli per sorelle ancora le Speranz
re serpeggia fra le lacrime dell’infelice. Ma s’egli lo ricopre colle sue penne può disprezzare la servitù, il dolore, la m
endo in piuma In fama non si vien, nè sotto coltre: Sanza la qual chi sua vita consuma, Cotal vestigio in terra di sé lasci
zo alla città il fiume della dimenticanza: il suo corso è cheto, e le sue acque sono simili all’odio. Nasce da due fonti, c
colla parola Sonno sopra una pietra sepolcrale nella Villa Albani con sua sorella la Morte. Si vedon questi due genii nella
io, giacché l’espressiva attitudine del dormire è segnata in tutte le sue membra, e particolarmente nelle palpebre mollemen
non Bellerofonte, che avrebbe qualche rapporto col Pegeso, perchè la sua testa non si trova giammai alata; non finalmente
di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di morbido letto. « I letei
e ancora fiorenti, parte già formati in guscio di semi, pendono dalla sua lenta sinistra, e tre piccoli animali scherzangli
cherzangli intorno, postivi quasi altrettanti emblemi ad esprimere la sua possanza e i suoi pregi. « Il primo, e il più rar
’ piedi del putto? Forse lo stesso che quel del ghiro per l’apparente sua sonnolenza durante la fredda stagione. « Tal repl
la statua dell’ indovino Trasibulo non avea altro simbolo della sacra sua professione che l’immagine di un ramarro, che par
Sterope, Arge, Cotto, Briareo e Già, che tutti Esiodo commemora nella sua opera sugli Dei, come Apollodoro nella Biblioteca
Muse. Il nome greco (grec) che sta scritto in vetusti caratteri sulla sua base, non solo ci dà il significato di questo sim
con maggior chiarezza di quella che potevamo sperare l’immagine della sua figlia Polinnia. Il raccoglimento cotanto utile p
esametri. Il tripode indica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di corona, o di benda, come a
ofessa. « Mi resta finalmente ad osservare che in una maniera, per la sua semplicità e nobiltà degna degli artefici antichi
ra sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla sua prudenza ed amore per la giustizia; ed è quella,
logia e divenne peritissima nell’arte di predir l’avvenire, e dopo la sua morte ebbe dei templi dove si aveano degli oracol
sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola che Temi volea custodire la sua verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo, e gl
i scendeva dal cielo, eresse un santuario a lei e a Pane accanto alla sua casa. Nè in altro luogo la onorarono i Tebani, do
di Tolo, o cupoletta, e la pietra di Pessinunte che somigliava per la sua scabrosità una testa umana, videsi sopraposta a g
dall’occipite cadente sulle spalle e sulla schiena, copra parte della sua corona murale. Nei monumenti figurati la dea ora
, il dottissimo abate Lanzi, tanto benemerito delle Belle Arti per la sua Storia Pittorica, quanto lo è dell’ Antiquaria pe
nte intorno cinto, U’ da rabbioso alto furor sospinto, Tratto fuor di sua mente. Con selce si sanò dura e tagliente. Dunque
dura e tagliente. Dunque come piuttosto ella s’accorse Della cangiata sua forma nativa (E già di fresco sangue, ovunque cor
dunque colà Fra’ tripudi e carole Si vada, anzi si vole. Poiché alle sue compagne in questi termini Ati parlò, la traligna
en va. La diva moglie Pasitea frettoloso in sen l’accoglie. Tal senza sua rabbia Rabbiosissima Dal placido riposo Ati risco
assa in atto terribile e fero. Così torva parlò Cibele, e il giogo di sua man lento. Va la belva orribile ed aspera. S’avva
cuni che sì mostruosa colpa patteggiasse Saturno coi Titani, e che la sua pietà facendolo spergiuro, fosse colla moglie da
eteo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore. Saturno fuggitosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Italia,
nti, insieme accolse E die lor leggi; onde il paese poi Dalle latebre sue Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido imp
udeltà ch’esercitò contro i suoi figliuoli. Forse ancora l’idea della sua atroce natura indusse molti popoli a prestare a q
l’agricoltura. Sopra una base quadrata, antico monumento, unico della sua specie, si vede Saturno, al quale Rea dà una piet
sti consistevano in fascie di lana, che si toglievano il giorno della sua festa. Una statua di Saturno, riportato da Montfa
vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio manoscritto: la sua testimonianza è confermata dai particolari sommin
li fanno dei fabbri che lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella sua tragedia di Alceste fa uccidere i Ciclopi da Apol
na finzione nuova immaginata dopo Omero. Il Vulcano dell’Iliade ha la sua fucina in cielo: vi lavora solo, servito da statu
vi lavora solo, servito da statue d’oro, che sono il capolavoro della sua arte. I Ciclopi di Callimaco sono probabilmente q
oprietà eran conosciute fin d’ allora, e che pure ‘adesso conserva la sua celebrità nel Levante. Fin qui il signor Fréret,
Abbastanza dei Dattili. Seguitiamo adesso il signor Fréret nell’altre sue ricerche sui Telchini. Noi dobbiamo, egli dice, r
Probabilmente eglino impararono nell’isola di Cipro celebrata per le sue miniere, l’arte di lavorare il ferro e il rame da
te che non dovevano far dubitare i moderni dell’origine pontica delle sue immagini. Difatti Dionisio il geografo, ch’era Al
getto la moltiplico religione del Politeismo, pure è stimabile per la sua integrità e per rappresentarci forse l’immagine s
n Villa Borghese alla quale è stata innestata una testa imberbe e non sua fa congetturare che celebre per la devozione dei
orti, e come a deità nocente e funesta. Non tanto il color nero delle sue foglie, quanto il non rallegrarsi con nessun fior
icemente ne’ suoi stati. Si vede subito un fiume ch’è l’Acheronte: le sue rive sono ripiene di giunchi. Vi si distinguono d
iulla. Telli fu il bisavolo del poeta Archilo co. Cleobea tiene sulle sue ginocchia una cista, eguale a quelle che sono in
che qui son descritti, è poco distinto dalla forma, dal colore, e la sua realità confina coll’ombra in piena aria prodotta
sso è un’asina che mangia la corda. Ocno era un uomo faticante. ma la sua moglie dissipava i frutti delle fatiche del marit
e ragione di questa attitudine. L’avventura di Procri è nota. Dopo la sua morte Gefalo sposò Glimene figlia di Minia e n’eb
sopra una pietra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa passar la sua mano al di sotto della sua tunica, come per nasco
o a lei Erifìle in piedi, che fa passar la sua mano al di sotto della sua tunica, come per nascondere il monile così famoso
to Elpenore, ed Ulisse inginocchiato. Egli pende in avanti e tiene la sua spada stesa sopra la fossa. L’indovino Tiresia ar
su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la sua : Piritoo fìssa gli occhi su queste due spade, e s
ilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo viso e la sua testa sopra ambe le mani. Agamennone è accanto, l
tti senza barba, Agamennone eccettuato. Più alto è il giovin Foco: le sue forme hanno un’aria di nobiltà, egli ha un anello
no dei diti della mano sinistra. lasco che gli è accanto, e che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello dal
o: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio di Arìsteo. La sua madre gli accanto; eglino tengono un cerbiatto, e
feo seduto sopra un’eminenza e appoggiato ad un albero; egli tiene la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei ram
eo. Tamiri è seduto accanto a Pelia: si vede che è divenuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed
vede che è divenuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed i suoi capelli sono incanutiti per la ve
capelli sono incanutiti per la vecchiaia: egli ha gettata ai piedi la sua lira, eh’ è fracassata, e ne sono rotto le corde.
Sarpedone, che appoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle sue sulle spalle di Sarpedone. Il pittore ha rapprese
resso alla luce, Immemore, ed, aimè: nel cor già vinto. Mirò Euridice sua . Qui, sparsa al vento Ogni fatica, del crudel tir
one d’ intorno ne porta il nome. Qui dicono che Oreste, avendo ucciso sua madre, divenne furioso. Molto d’appresso al tempi
che Oreste, divenuto furioso, ivi tadìò coi denti uno dei diti della sua mano. In vicinanza vi è un luogo chiamato Acè, ci
legro, Per man ne prese, e ne baciò le guance, Non sapend’ ei che noi sue nuore acerbe Avessi m sotto a nostre gonne ascoso
za, e la consorte stessa Del Tonator del Ciel lasciò quel giorno Argo sua bella, e se n’andò da lunge Per non veder le scel
ià dal sonno E dal cibo e dal vin ciascun oppresso Sicur giaceva alla sua donna in braccio; E profonda quiete intorno aveva
non si vede Plutone in alcun monumento rappresentato, e dà peso alla sua congettura un certo che di mesto e di riserbato c
fu figliuolo dell’Èrebo e della Notte, secondo Esiodo, il quale nella sua Teogonia afferma che da questi due nacquero la ma
sepolcro. Plutone per sollevare il dolore di Proserpina l’idea della sua nuova grandezza, così le dice in Claudiano, il dì
no ch’egli salisse sul trono paterno. Egli volendo loro persuadere la sua origine divina, disse che avrebbe a Nettuno sacri
etesi maravigliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi
nel bagno. Ma quello che è fuori di dubbio si è che per la fama della sua giustizia meritò di esser creduto figliuolo di Gi
no, sedente in mezzo all’ ombre, dalle quali si trattan le cause alla sua presenza. Virgilio dice che agita l’urna fatale,
to, cui la Mitologia assegna gli stessi genitori, fu anch’esso per la sua prudenza ed amore del giusto stimato degno di tan
ell’altra ha i serpi, ed ambe intorno arrosta E grida e fere, e de le sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al mi
anti. Eaco solo avanzò a tanta strage, ed odiando la solitudine della sua patria fé prego agli Dei perchè riparassero quest
avoleggiano altri che fu da Giove precipitato nell’Inferno, perchè le sue acque servirono ad estinguere la sete dei Titani.
ume ne divenne. L’Acheronte era un fiume della Tesprozia, che avea le sue sorgenti dalle paludi di Acherusa, e scaricavasi
i di Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia nel golfo Adriatico: le sue acque erano amare e nocevoli: ciò unito alla sua
golfo Adriatico: le sue acque erano amare e nocevoli: ciò unito alla sua lunga dimora sotto la terra servì per far credere
ra e di qualunque metallo. L’unghie sole del cavallo resistevano alla sua forza. Credono che Alessandro fosse con quest’acq
latone, Flegetonte nella palude Acherusia, ma non mescola con esso le sue onde. Favoleggiarono che Plutone ruppe la fedeltà
. Il nome di esso deriva dalle querele e dai pianti onde riempiono le sue rive 1’ ombre dei malvagi. Di Flegetonte sappiamo
erace, e la Giustizia che presso le siede, la Giustizia che stende le sue ali immense, che la superbia dei mortali toglie d
avanti, ed un ramo nella mano dritta: colla sinistra ella solleva la sua veste, che ella tiene un poco allontanata dal suo
ressante e sicuro, acquista egli allora una più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimentica delle taccie di frivolo,
sò e scrisse: lodevole in questo, ma non egualmente nell’applicare la sua osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la
ea riposo: apparizione, a meglio dire, sogno, a cui dovette Smirne la sua nuova edificazione e la sua grandezza. Lo scultor
glio dire, sogno, a cui dovette Smirne la sua nuova edificazione e la sua grandezza. Lo scultore, qualunque fosse, di quei
vide Stupido il pescator ch’insidia l’onde; Con la tremula canna alla sua stiva 11 bifolco s’appoggia; ambe le mani Pone al
Icaro, allor che rimirò nell’onde Le penne, e maledì l’arti novelle E sue : die tomba al corpo, e il nome ancora La fida ter
ovvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue: Necessità la fa es
ella s’è beata, e ciò non ode: Con l’altre prime creature lieta Volve sua spera, e beata si gode.» Inferno, Canto VII, v.
a. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, compose di molti simboli la sua statua della Fortuna, ch’eresse della sua nuova c
compose di molti simboli la sua statua della Fortuna, ch’eresse della sua nuova città nella fondazione: le diede la corona
o di gentilesimo le pose col tempo in testa una croce per mostrare la sua dipendenza da Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Ap
altro suo distintivo, conosciuto come i precedenti, ci ricorda che Le sue permutazion non hanno tregue. « Il cornucopio che
forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni di lei, quella della sua origine, per imitazione dei vetusti simulacri ado
bani, e Winkelmann ha data la stampa di uno di questi monumenti nella sua Storia dell’Arte. Nel Museo Clementine vi ha pure
osteriormente e in questa parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitudine era di coprirsi il capo, quasi pe
bia ombra sdegnata. Sinché per me poi vide Trasformata l’immago De la sua gran nemica: E allor placò i desiri De la feroce
a l’immago De la sua gran nemica: E allor placò i desiri De la feroce sua vendetta antica: E trasse anco i sospiri Sovra l’
ri di rappresentarle distintamente. Io non posso prevalermi che delle sue stesse parole, e seguire l’ordine ch’egli si è pr
così la sinistra, che per altro non poteva altra cosa reggere per la sua disposizione che una bacchetta o una tibia. La pr
ancora della poesia pastorale e georgica, alla quale può alludere la sua verga. Siccome però la Commedia è il suo più rino
puta di suo padre: degno certamente di grandissima compassione per la sua tenera giovinezza, ma felice dall’altra parte pel
senza lunaa chioma e senza apparenza ch’egli la nutrisca. Tenendo la sua spada in pugno si pianta all’entrata della cavern
sse il suo più opportuno argomento. Le chiome sparse rappresentano la sua tristezza, affetto seguace della compassione e de
le viti. Perciò la scena fu attribuita a Bacco, ed egli stesso per la sua sovrintendenza alla Tragedia fu venerato in Atene
ol plettro che ha nella destra, va destando i concenti dell’armoniosa sua lira? La credo Tersicore per la somiglianza appun
o ch’è nell’area del dritto, come dalla cetra ch’è nel rovescio della sua figura. Erato. Le poesie amorose, la danza
erivarono l’amabile denominazione. Ovidio non invoca altra Musa nella sua Arte, assegnandone la ragione appunto dal nome. A
mi narra Donde e in qual guisa il desiato vello Giason condusse alla sua lolco. Amore Tanto in Medea potè. Vezzosa Musa, T
ivina, si sforza di andare a cadere sopra Agamennone, strappandosi le sue ghirlande dalla chioma per porle sulla testa di l
do veniamo in un’esatta cognizione de’ suoi studii prediletti e delle sue varie incombenze. In primo luogo, quantunque il s
igrafe della Polinnia Ercolanense, che ha Polinnia le favole, così la sua taciturnità e la cognizione della favola fecero p
e attribuiscono alle Muse i greci poeti, e fra gli altri Teocrito. La sua testa, e pei lineamenti e pel serto, è del tutto
vede Pito, ovvero la Dea della persuasione: le altre due indicano la sua perizia nella musica e nel suono di varii istrume
mpre per Polinnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia sua immagine nel bassorilievo della Villa Mattei, dov
na doppia sua immagine nel bassorilievo della Villa Mattei, dove alla sua figura, simile alla sovra descritta, si aggiunge
o VI. Abbattuto perciò quanto vi era di modernosi rese alla statua la sua vera espressione, aggiungendovi un’ elegantissima
rima in una fiancata, 1’ ottava in quello del Campidoglio. Se però la sua immagine non è stata in simili monumenti equivoca
non è stata in simili monumenti equivocata, non così è accaduto della sua statua colossale, che si vede nel portico del Pal
rrebbe lamentarsi s’ella ardisse, abbracciando il caro fratello colle sue forti e robuste braccia. Ella rattiene non ostant
tello colle sue forti e robuste braccia. Ella rattiene non ostante le sue lacrime avendo paura di quelli che sono in sentin
ute esequie ai due corpi, non vuole essere di accordo nè mescolare le sue fiamme, ma le allontana l’una dall’altra, attesta
rché Perseo innanzi d’ intraprendere la pugna gli avea indirizzate le sue preghiere perchè egli volasse a combattere seco l
tile per esser di una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la sua beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una
tenera erba spargendo gran stille di sudore, ed ha messo da parte la sua spaventevole Gorgone onde non converta in pietre
arda nel tempo stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sang
le nel paneggiamento, perfetta in ogni più piccola e men significante sua parte, che non possiamo far a meno di crederla un
Clio, a Calliope le tavolette incerate. Così oltre il determinare le sue figure senza iscrizione, ufficio proprio delle ar
esporre che ciò che in prosa. « Nè solo ha espresso ciò nel dare alla sua Calliope i pugillari e lo stilo, ma l’ ha indicat
tante erudite reliquie dell’antica Ercolano, che il Vesuvio sotto le sue eruzioni ha conservate per tanti secoli, per farn
ti gli altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a conoscersi dalla sua fìsonomia severa e sveglia; Menelao dalla dolcezz
vera e sveglia; Menelao dalla dolcezza del suo viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quanto al figlio di Tideo una li
nerosa lo esprime. Voi ben discernerete ancora Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di Locri alla sua agi
Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di Locri alla sua agile velocità. I soldati poi che gli sono tutti
l’aste fissate in terra. Ma non crediate di distinguere Achille dalla sua lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo la mo
a perchè egli se l’è recisa dopo la morte di Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostrerà, la sua grande ‘ statura
la morte di Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostrerà, la sua grande ‘ statura e i suoi rasi capelli. Presentem
e somigliante a un morto: al contrario par che sorrida e porta nella sua faccia impresso il contento di aver salvata la vi
? Disputata è pure l’origine di queste amabili divinità. Esiodo nella sua Teogonia le vuol nate da Eurinome figlia dell’Oce
voti, contenevano queste divinità senza le quali la bellezza perde le sue attrattive, la saviezza il mezzo di giovare, e la
ssando per diverse mani ritorna sempre a chi lo dà, e perchè tutta la sua bontà se ne perde se è interrotto. Sono ridenti i
re nelle ardimentose minacele. Il vigore non ha ancora abbandonate le sue forti braccia: alza la testa come soleva contro E
ano i suoi occhi benché spenti dalla morte I Mirate la lanugine della sua barba che appena gli fa ombra al volto; ben ciò c
celebrato divenne. Credesi che il primo a risentire gli effetti della sua scienza salutare fosse un certo Asole di Epidauro
stra il celebre Visconti: « D’Esculapio dio della Medicina e d’ Igia sua figlia dea della Salute parlano tanto i mitologi
gguato, l’altro di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso alle sue mani, chi gli prende le gambe, chi gli salta al c
ari di Ercole per le conquiste: l’Oriente e l’Occidente è pieno della sua fama: nè poca gloria è per lui di essere stato ca
torico, profittando della simiglianza che un fanciullo nato da Semele sua figlia non unita in matrimonio, aveva con Osiride
del dio, e passava almeno per essere il luogo ove fu deposto dopo la sua nascita: ciò viene attestato ancora dal nome di D
altri formò la delizia del cavalier Mengs negli ultimi periodi della sua vita. « Quantunque l’essere stato risarcito per B
ine. » Quindi Momo, presso Luciano, rileva tra i difetti di Bacco la sua complessione feminile e donnesca; quindi finalmen
rde l’indegno Dell’amor di una schiava: arde, e ritorna Coll’adultera sua , che al casto letto Già s’avvicina: Non per fama
ntagna infame Del Citerone, tu togliesti a Cadmo I due conforti della sua vecchiezza: Hai Penteo morto, ed Atteon nascondi.
il capo Di Penteo ucciso. Sull’arena alfine Disperata si getta, e le sue chiome Rotolando deturpa. A) seno toglie L’irsute
vino che spremerà dai frutti dell’autunno. Tutta la terra canterà la sua presenza. Vincitore dei Giganti e degi’ Indiani,
gioventù, e una mitra in forma di serpenti attortigliati coronerà la sua testa. Egli dividerà gli onori degl’immortali. Co
i dodici dardi di fuoco destinati a trapassare il core di Giove nelle sue metamorfosi diverse. Ogni dardo aveva la sua iscr
e il core di Giove nelle sue metamorfosi diverse. Ogni dardo aveva la sua iscrizione. Egli scelse il quinto, che renderlo d
colpita, e la cura che prese Giove del suo figlio, che nascose nella sua coscia, finché avesse condotto al termine un fanc
natura di questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel tempio di Minerva per sacrificare a Gi
le passò sulle rive dell’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la sua freccia nel cuore di Giove, che per meglio osserv
vibrò la sua freccia nel cuore di Giove, che per meglio osservare la sua amante si cangiò in aquila volteggiando sul fiume
che r antichità attribuisce a Bacco. Finalmente si fa conoscere dalla sua amante. che divien madre in mezzo ai fiori, e tra
e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le sue forme, che diventano rotondeggianti, accusano la
uo padre. Già le sue forme, che diventano rotondeggianti, accusano la sua colpa. Ella già prende gusto per 1’ edera, di cui
e gusto per 1’ edera, di cui ella intralcia la corona ornamento della sua testa. Se ascolta il suono di qualche strumento g
nserva ancora tutta l’istoria, da che egli vi ha trasportate tutte le sue amanti, e i figli che ha avuti da donne mortali.
si vedrà giungere un giorno Semele e Bacco, e brillare Arianna colla sua corona? No, dice Marte, o piuttosto l’Invidia sot
anna colla sua corona? No, dice Marte, o piuttosto l’Invidia sotto la sua forma, io non posso restar più in cielo per veder
sta profanazione del tempio degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la sua testa di Medusa e la sua scimitarra, e le forme o
io degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la sua testa di Medusa e la sua scimitarra, e le forme orribili della balena. — C
indirizza alla dea della Furberia, che errava sulle montagne di Creta sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timo
lo crede Giove, lo inviti a venire da lei in tutto lo splendore della sua gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il so
l’ambizione, dimanda al suo amante questo contrassegno distinto della sua tenerezza. Ella vuole che si mostri a lei come a
igge di questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche nemiche della sua amante. Siccome prevede le conseguenze, e vuol sa
i questo favor singolare, che la pone infinitamente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e di gio
iglio per mezzo delle cure di Mercurio fugge all’incendio che consuma sua madre. Giove sensibile all’infelicità della sua a
’incendio che consuma sua madre. Giove sensibile all’infelicità della sua amante la trasporta in cielo, ove ha per compagni
favola brevemente. Irritata Giunone, che dopo la morte di Semele Ino sua sorella si fosse adossata la cura di allevare Bac
lo, e andò con esso a precipitarsi nel mare. Venere impietosita della sua nipote pregò Nettuno ad averne compassione; e que
i doni il tuo beato alunno. — Una rupe sovrasta al mare, incava L’ime sue parti lo spumante flutto: Nell’aperto Ocean sorge
della vite. Dopo la morte di Semele, il re degli Dei depose nella sua coscia il giovine Bacco, finché il parto arrivass
scita di Bacco l’Ore si trovano pronte per riceverlo, e pongono sulla sua testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi cape
le, dea marina, madre di Palemone. Ma Giunone avendo minacciata della sua collera questa nuova nutrice, Mercurio ritira il
’Ino per darlo in deposito a Rea, a Cibele, che ne prende cura. Dalla sua più tenera giovinezza la dea gì’ insegna a montar
e aveva osato di nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie la sua casa di quelle infelicità, che Ovidio vi descriss
to Ampelo, o la Vigna. Il poeta ci dipinge questo bel fanciullo, e le sue grazie nascenti, che a Bacco inspirano affetto. I
lge verso lui, e gli dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla sua nascita, e finisce per dire, che lo conosce e sa
Bacco se ne innamora: non è contento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo di tutt
ella quale il carro è dai bovi condotto. Que sta dea lo punisce della sua insolenza, mandando un assillo che punge il toro.
viveva. Bacco lo contempla, ed esprime il suo dolore: minaccia della sua vendetta il toro crudele nello stesso tempo che p
uo misero amante. Egli accusa l’ Inferno inesorabile che non rende le sue prede. Scongiura Giove di voler rendere la vita a
ioso che si spreme dalla vite, e la figura di Ganimede cht; inalza la sua coppa. Uditi questi detti, la giovine ninfa volge
rere le spighe. È rapita di gioia a questa vista, va a raggiungere le sue sorelle, e ritorna verso il mare d’oriente, da cu
ortuosamente intorno alla vite, ed agli alberi i quali protegge colla sua ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fr
tegge colla sua ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bov
corno di bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della sua scoperta. Apostrofa l’ombra del suo amico, la di
pente volle mangiare del frutto di lei, e raccoglierne il liquore. La sua bocca divenne rossa per questo umore, e Bacco •ch
sfigurata che Bacco stesso n’ha compassione: è nel primo fiore della sua età, ha la faccia tenera, delicata; i capelli bio
o, rammentando il loro delitto. Sono sedute in terra: una appoggia la sua testa su le ginocchia; 1’ altra la piega sulle sp
ma di Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si era reso terribile per le sue navi, e comunichi quindi a questi popoli le sue o
reso terribile per le sue navi, e comunichi quindi a questi popoli le sue orgie e i doni della vite. E noto che i misteri d
sale al cielo. Nelristante Cibele invia il capo dei suoi cori e delle sue danze per riunire un’armata, che deve esser coman
llando nel cielo e formando la settima stella delle Pleiadi, dà colla sua apparizione a Bacco il segnale felice del combatt
armata, alla testa della quale Bacco si move. Il poeta ne descrive la sua armatura, i suoi vestiti, che rappresentavano il
ntrare in azione: il fulmine fa rimbombare le montagne, e annunzia la sua vittoria a Bacco. Dipinge quindi il poeta l’insol
endo ai suoi piedi un leone terribile, che abbassava davanti a lei la sua terribile criniera. In vicinanza abitava un bifol
lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le sue preghiere, e scocca una freccia sul misero amante
udele nega soddisfare i suoi desiderii, lo minaccia, e s’ invola alla sua persecuzione. Bacco ne sesrue l’orme, e la cerca
e in rimproveri contro Venere e Bacco. Si lamenta della perdita della sua verginità, vuole uccidersi e cerca il rapitore pe
rappresenta Bacco, che di nuovo marcia contro gl’Indiani, prosegue le sue conquiste in Oriente coli’ apparecchio meno di un
riva sulla terra fertile di Alibe, che il tranquillo Eudi bagna colle sue acque. Quivi un pastore nominato Brongo riceve Ba
nume lo respinge vigorosamente, e Oronte dopo essersi trafitto colla sua spada cade nel fiume al quale dà il suo nome. Le
Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti sua moglie, ed aveva Pito per capitano. Questi eroi n
afilo accompagna Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e gli rammenta quella di Giove sul serp
Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move il dolore di tutta la sua famiglia e della sua casa. Il Canto diciannovesim
lo, e la morte di lui move il dolore di tutta la sua famiglia e della sua casa. Il Canto diciannovesimo comincia dallo spet
l giovine Botri e Pito. Bacco l’assicura e promette di associare alle sue feste Meti, Stafilo e Botri. Converte questi ulti
di Giove Ammone. Soffria la pena dell’error materno Andromeda, e le sue tenere membra, Eran mercede al mare e preda al mo
o, e mollemente China si sta sulla cervice bianca. Sola custode della sua figura Scorre la veste dalle spalle, e fugge Le b
i e alle Baccanti, che compongono l’armata di Bacco. Lo dio dirige le sue schiere per Tiro e per Biblo sulle rive del fiume
Baccanti. Proteo gli aveva già manifestato ciò ch’era successo nella sua assenza: l’ accecamento di Licurgo e la metamorfo
iade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l’Oriente. Deriade dalla sua parte arma gl’Indiani, e si accampa vicino ad una
e la presenza di questo dio sparge il coraggio e la gioia in tutte le sue schiere. Tutta la natura si rallegra. Mentre i so
e Bacco non risparmia che il solo Turco, perchè sia testimonio della sua vittoria. Giunone sempre nemica dello dio invita
pena si è inoltrato nel fiume che l’Idaspe impegna Eolo a sollevar le sue onde sprigionando i venti. È descritta la confusi
no si placa, e nelr istante il vento settentrionale rende al fiume le sue acque. Deriade arma gl’Indiani contro Bacco, e co
Penelope, e Vulcano dei suoi Cabiri. Bacco s’inoltra alla testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli ser
te le schiere. Giunge la notte, e stendendo sulla terra il velo delle sue tenebre richiama al sonno i mortali. Nel Canto se
ti dell’Oriente. Agreo e Flogio si presentano i primi per comandar le sue squadre. Entrano nella lega tutti gli abitanti de
di Bacco, la quale si distribuisce in quattro corpi. Bacco arringa le sue schiere: Giove raduna gì’ immortali, e invita mol
nulla le contrasti la vista del marito. Il fiume Alfeo si alza dalle sue acque profonde onde presentare una corona di uliv
sentare una corona di ulivo selvaggio al vincitore che passa lungo le sue rive. Quelli che cercavano le nozze d’Ippodamia s
stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di morire sopra il suo rog
rianimare il coraggio e il furore di Deriade loro capo, che unisce le sue truppe, e con nuovo impeto rinnova la battaglia.
iade; la notte sopravveniente separa i combattenti. Marte dorme, e la sua quiete è da un sogno agitata. Si alza quando 1’ a
l popolo nero. Aristeo combatte all’ala sinistra. Morreo manifesta la sua meraviglia perchè i soldati di Bacco armati del s
atello. Eurimedonte invoca Vulcano loro padre, che copre Morreo colle sue fiamme. Ma l’I daspe padre di Deriade l’ estingue
’I daspe padre di Deriade l’ estingue: uccide Flogio, ed insulta alla sua disfatta. Il famoso Tettafo che la sua figlia ave
uccide Flogio, ed insulta alla sua disfatta. Il famoso Tettafo che la sua figlia avea nutrito col proprio latte nella prigi
ua figlia avea nutrito col proprio latte nella prigione, armato della sua terribile spada sconvolge l’armata dei Satiri, e
otto i colpi di Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore di Meroe sua figlia, numera le altre vittime di Morreo, Alcima
de la fuga: Minerva lo richiama al combattimento, e gii rimprovera la sue codardia. Lo dio riprende coraggio, ritorna all’a
Discende all’ Inferno per trovarvi Proserpina, onde prenda parte alla sua vendetta, e sollevi le furie contro Bacco. Proser
e sollevi le furie contro Bacco. Proserpina persuasa acconsente alla sua domanda, e le concede Megera. Giunone parte con l
var Morfeo, e nelle sembianze della Notte lo persuade a vincere colla sua quiete gli occhi del re degli Dei, onde servire a
dio del Sonno obbedisce, ed Iride va nell’Olimpo a render conto della sua imbasciata a Giunone, che prepara altri artifizi
ge il suo volo verso l’Olimpo, ove ella nuovi ornamenti aggiunge alla sua bellezza. Quindi s’avvicina a Giove, che dell’ant
egni risente. Il suo amore si accresce per le carezze insidiose della sua sposa, alla quale confessa il suo violento afiett
come un toro ferito dall’ assillo si precipitava negli accessi della sua rabbia, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Vene
ol pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia di sua madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espone i
motivo dei suoi timori per Bacco, e lo persuade a prender parte nella sua causa dello dio. Gli parla della leggiadra Calcom
Antiope, onde goder potesse, nella forma di Satiro, dei favori della sua amante. La ninfa terribile lo fugge, e vuole prec
questa disperata risolu zione: le dice eh’ ella pure ha custodita la sua verginità contro gli assalti di Giove che l’ha pe
Baccanti. Aggiunge che se l’Indiano volesse costringerla, ella ha in sua difesa il serpente che orna l’acconciatura della
erla, ella ha in sua difesa il serpente che orna l’acconciatura della sua testa. Bacco la porrà in cielo come un testimonio
sua testa. Bacco la porrà in cielo come un testimonio perpetuo della sua virtù accanto alla corona d’Arianna, e splenderà
Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta ancora una
rnata del lungo collo di un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le sue spalle, gli versa da un vaso il liquore nella boc
ttura da un Inno degli abitanti di Elide, commemorato da Plutarco, le sue statue pure devono avere avuti i piedi di questo
accennai nel principio delle mie Lezioni sullo dio, quanto perchè le sue feste si celebravano la notte, come si vede in Pa
male: siccome scrive Diodoro che per il medesimo fine Bacco levò alla sua gente l’asta, dando loro in quella vece la ferula
lo si avvicina all’onde, ed esse sono ferme ed innamorate quasi della sua bellezza. — Giacinto. — Leggete in questo fiore
o. L’infelice giovine spartano giace là rovesciato sopra la terra: le sue forme sono belle, ed esercitate alla corsa. Apoll
. L’ornamento più frequente di lui e di tutto il coro ò l’ellera e le sue coccole, perchè fra quelle foglie l’occultarono l
a da un antichissimo Sileno, che avendo avuto coda a’ lombi, tutta la sua posterità ebbe lo stesso segno. Col tempo si diss
re ciò che gli antichi aveano creduto e detto. L’ Italia manteneva le sue rozze tradizioni, come specialmente si vede in Ov
un riso innocente, qual piacque più volte a Correggio d’imitare nelle sue pitture: due tubercoli talvolta sotto il mento, q
rceli rico noscere nei monumenti: ma riguardo a Sileno troviamo nelle sue immagini scolpita quella varietà medesima, che sc
na nuvola le sembianze di Giunone. Strinse il credulo adultero fra le sue braccia l’ ingannevole simulacro, e del suo vano
fra gli altri animali favolosi, grifi e sfingi, in segno forse delle sue conquiste fatte ne’ paesi orientali, dove credeva
zzo perfetto, l’uomo misto di cavallo nitriva, bramando alzare con le sue spalle Bacco: — quindi è che spesso negli antichi
fono in co altro cammeo d’agata sardonica inserito dallo stesso nella sua opera sui medaglioni antichi. In questo si rappre
onarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tigre consacrata accanto e fra du
dalla petulanza di un giovin Baccante, che salito in ginocchio sulla sua groppa si adopera con ambe le mani per torli ad e
coturnato e cinto intorno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la qu
lla Borghese, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella sua caccia, di cui dimostra la gioia negli occhi e ne
un giovine cacciatore, che vedendo Cupido per la foresta volea farne sua preda; ma fu avvertito da un vecchio che lasciass
(grec), che significa ululare smodatamente, come quello di Menadi ha sua origine da (grec) che equivale ad infuriare. Ma i
Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegna di chi presiede alle sue orgie, e qualche particolar distinzione, giacché
rvazione ugualmente stimabile ed interessante, quando si consideri la sua forma non lascia dubbio alcuno di aver servito pe
lascia dubbio alcuno di aver servito per ara sepolcrale, comecché la sua figura e le sue proporzioni siano fra l’are antic
lcuno di aver servito per ara sepolcrale, comecché la sua figura e le sue proporzioni siano fra l’are antiche assai rare. «
are. « Il masso è quasi un parallelepipedo lungo una volta e mezzo la sua larghezza e circa due l’altezza; rastremato alcun
cavati dal pezzo medesimo, che han forma di quattro alate chimere. La sua superfìcie superiore è affatto piana. « Dell’are
rappresenta alcuna delle più ammirate ne’ secoli dell’arte greca. La sua bellezza n’è una prova ulteriore. Un uomo corpule
dei leggitori, dopo aver fatto considerar loro la statua con tutte le sue circostanze. È effigiato nel marmo un uomo, il di
ade sul petto, artificiosamente sparsa e disposta. I lineamenti della sua fìsonomia sono puramente ideali: naso greco e qua
ta. La molezza e la grandiosità dell’abito corrisponde al lusso della sua capigliera. È vestito di una larga tunica sovrabb
stesso, il quale forma sul petto un doppio ravvolgimento, ed ha nelle sue falde segnato in greche lettere Sardanapalo. Tant
re Sardanapalo non può esservi scolpito, e perchè la lunga barba alla sua storia non corrisponde, e perchè di fatti le grec
elle circostanze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La sua nicchia era sostenuta da quattro statue muliebri,
ascente. « Il soggetto singolare di questo grandioso bassorilievo, la sua conservazione, il suo stile possono farlo conside
amente in attitudine di un qualche sforzo, ma senza pregiudicare alla sua tranquillità. Dinanzi a lui s’ inchina alcun poco
riolo detta nebride e sacra alla nascente deità, per riceverlo fra le sue braccia, e condurlo alle Ninfe che l’educheranno.
come a istitutore di religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la sua clamide, i suoi calzari somigliano estremamente a
deità, pur non dubito denominar Proserpina o Libera, e ciò sì per le sue relazioni col nume che nasce, sì per l’altre più
ttura. « L’ultima è la dea Cerere gentilmente anch’essa avvolta nella sua palla, o peplo, colle spighe, dono da lei fatto a
i; o sia che preside delle vendemmie ed inventore del vino, fosser le sue immagini egualmente opportune alle religioni agre
ore e corifeo di misteri riputati allor sacrosanti, le allusioni alle sue cerimonie si riguardassero come la più convenient
al gruppo ch’è nel mezzo del bassorilievo ci mostra Bacco vinto dalla sua bevanda, e vacillante qual Momo il dipinge, retto
giamento della mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di
una delle Baccanti: i serpenti Bacchici sono stretti nella destra, la sua tunica è cinta di campanelli adoperati forse nei
onneschi. « La testa del simulacro di nobile e serena fìsonomia ha la sua lunga e ben acconcia chioma avvinta dal diadema,
delle frutta, primizie dei campi e oblazione propria di Bacco, nella sua nebride, che pendente dall’omero e raccolta colla
iete e ridenti, dierono principio all’arte del ballo. « Coronata è la sua testa come proprio è dei sacrificanti, e la coron
o (grec) e frontem comatos. « La nostra statua è commendabile per la sua integrità, non avendo restauro che nelle braccia,
o, è, come io penso, rappresentato in questo fanciullo, e sì le altre sue immagini, sì lo stato di ubbriachezza in cui Bacc
he presso al cocchio par che lo guardi con af fetto, è forse Nisa, la sua nutrice: la turba degli altri Baccanti il precede
gnote, ed introdusse tra loro sì nuovi costumi, i Greci dipingonci la sua venuta da quelle contrade come il ritorno trionfa
no trionfale di un capitano sì prode, che non trovò altri emuli delle sue gesta, se non che, molti secoli dopo, Alessandro
orilievo è relativo appunto alle vittorie del nume di Nisa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica di prede dalle port
della vinta belva. L’ elefante non è rappresentato si grande come la sua naturai proporzione il richiederebbe: ma simili i
ertame gliela togliesse, tutti consentono Dell’attribuire a Bacco per sua sposa la figlia di Minosse e di Pasifae. Parecchi
con Bacco non sono ignoti, e dai quali nacque Priapo, se alcuna delle sue nutrici, o Nisa Leucotea, alla prima delle quali
dei panneggiamenti, sì per la grazia delle situazioni. Merita per la sua semplicità di essere ancora osservata la figura d
uando Settimio Severo li fé’ riconoscere come divinità tutelari della sua persona e della sua famiglia, e li fé’ congiunger
o li fé’ riconoscere come divinità tutelari della sua persona e della sua famiglia, e li fé’ congiungere nei conii delle mo
vetusti riti nuziali, Ebe la dea della giovinezza destinata in cielo sua sposa. « La bibacità d’Ercole celebrata dai poeti
sse, non ordinaria venerazione. Quindi è che si adornin sovente della sua effige le pompe dei Baccanali. Sileno ubriaco s
forse nulla di superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla sua fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudine de
ore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla sua fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudine del suo corpo, dall’abb
n suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accresce l’imbarazzo della sua situazione: mentre un altro Faunetto che il segue
un palliolo che tien ravvolto al sinistro. « Il tirso, sfuggito dalla sua destra scorre nei seni della tunica, e la solleva
zioni. Son tutti e cinque coronati la testa di pino, egualmente dalle sue capillate frondi che dalle piccole pine o coni co
nie di Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell’edera per le sue corone. Cinquecento fanciulle comparvero nella po
iamo, e si rizzava in piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella  sua destra e tornava di tempo in tempo a sedersi. Se
esta di uccisi leoni. Le Baccanti. « Quantunque Euripide noti nella sua tragedia intitolata Le Baccanti la modestia e la
ontagne, dato a Bacco dai Poeti per dimostrare che le solennità delle sue rumorose orgie sui monti per sacro costume si cel
orilievo nel Palazzo Giustiniani: eppure non solo il dimostra tale la sua perfetta simiglianza col nostro putto, ma ne togl
di Mitologia farebbe tesoro il Niccolini, se vivendo ricomponesse le sue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancher
ori. 4. Daremo intorno al metodo ch’erasi prefisso il Niccolini, una sua lettera bellissima e inedita. 5. Porfirio, addu
9 (1897) Mitologia classica illustrata
a d’ altri popoli. 2. La Mitologia di un popolo, non va confusa colla sua Religione; ha però con essa intimi rapporti; giac
cui non potrà più rivedere se non quando sarà giunto al termine della sua faticosa giornata. Un piccolo strumento composto
i serpenti delle tenebre, ora di un altro gigante che intraprende la sua corsa faticosa, ora di un guerriero che si appres
rende la sua corsa faticosa, ora di un guerriero che si appresta alla sua lotta colle nuvole e colla tempesta ecc. ecc. Cos
ndare a rapire le giovenche di Apollo, e dopo nascostele, torna nella sua culla. La principal prerogativa è poi questa, che
tenza; Zeus stesso era in qualche modo limitato nell’ esercizio della sua forza, ad es. era egli stesso soggetto al fato in
mento della sconfitta gli aveva predetto che avrebbe subito la stessa sua sorte; e così avvenne. Crono temendo di essere de
, incominciò contro di lui la tremenda lotta che doveva por fine alla sua signoria. 4. Questa lotta fu detta Titanomachia,
so nelle viscere dell’ Etna in Sicilia, donde ancora manifesta l’ ira sua vomitando fuoco e fiamme. Alcuni poeti parlano an
è seguita da quella savia riflessione: Vis consili expers mole ruit sua : Vim temperatam Di quoque provehunt, In maius; id
ronidi avevano sostenuto la lotta contro i Titani; e l’ Olimpo con le sue alte vette si pensava toccasse il cielo e ivi sor
gli vien detto « padre degli Dei », perchè, sebbene ultimo nato nella sua divina famiglia, ha però l’ autorità suprema su t
a gli Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limite alla volontà sua che il potere inesorabil del fato (la Moira). Ha
ordine, egli delega al re per qualche tempo una parte dell’ autorità sua sugli uomini, e li punisce se sgovernano; sorvegl
ù alta di divine rivelazioni. In vario modo credevasi manifestasse la sua volontà, per via del tuono e del lampo, per mezzo
di molte donne e immortali e mortali, destando così la gelosia di Era sua legittima moglie. Prima egli ha rapporti con l’ O
econdo luogo ciascuna località ove Zeus era oggetto di culto aveva le sue proprie leggende, identiche nella sostanza ma var
e. Cenni del Dio supremo e rappresentazioni più o meno compiute della sua figura è naturale che ricorrano assai di frequent
e collocata nel tempio di Olimpia. Così la descrive il Gentile nella sua Storia dell’ arte greca (p. 108): « Il Dio, di fo
rso da lui governato, infine la Niche o Dea della vittoria. Spesso la sua chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perch
e Argo è appunto il cielo stellato attraverso il quale essa compie la sua peregrinazione. Anche l’ essere Era una deità del
biltà della donna che serba costante fede al marito trovava in lei la sua più alta espressione. Quindi essa era considerata
ente chiamata l’ Argiva. Argo, Micene e Sparta, seconde Omero eran le sue città predilette. Diffusosi il concetto di dea pr
ti gli atti della vita. Anzi ciascuna donna di Roma si diceva aver la sua Giunone, come ogni uomo aveva il suo Genio. Varii
li epiteti dati a Giunone secondo il momento della vita affidato alla sua tutela; Iuno Lucina presiedeva all’ atto del nasc
che protettrice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capitolino, accanto a quella di
me già si disse, dal cervello ili lui, dopochè egli aveva ingoiato la sua prima sposa Metis. Gli è il cielo temporalesco, g
avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a terrore de’ nemici suoi. In fondo tutto
de fra gli edifizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche ora nelle sue rovine, era dedicato ad Atena Parteno (Parthenos
a pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran tempio di Giove Capitolino. Altri
ello della imperscrutabile sapienza della dea, questi della vigilante sua custodia, come guardiana del pubblico tesoro depo
l trionfo del giorno sulle potenze delle tenebre. Apollo avendo colle sue freccie ucciso Pitone, n’ ebbe il soprannome di P
iacinto (Hyacinthus), il bel giovane Spartano, amato da Apollo per la sua straordinaria bellezza, e da lui ucciso con un in
, Apollo si appostò lontano dalle navi, e per nove giorni volarono le sue pestifere saette nel campo greco seminando la mor
i Alessandro Magno. Scopa compose un Apollo Citaredo, ammirato per la sua bellezza nei secoli seguenti e da Augusto traspor
stro. Armata di areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’ armi sue contro gli esseri catti vi o mostruosi ch’ essa o
li ardenti cani, essa insegue le fiere selvaggie, e le colpisce colle sue freccie infallibili. Si vendica anche fieramente
eggiare; e ne provo, fra gli altri, lo sdegno Orione che ucciso dalle sue freccie fu trasformato nella costellazione del su
suo nome. Quando poi è finita la caccia, la Dea si compiace tuffar le sue belle membra dentro qualche fresco corso d’ acqua
e belle membra dentro qualche fresco corso d’ acqua, circondata dalle sue ninfe, tra le quali primeggia per l’ alta statura
i contemplare le nude forme della bagnante; niuno lo salverebbe dalla sua ira. Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il qual
yia). La bella leggenda del giovane Ippolito, caro ad Artemide per la sua castità, dà una chiara idea del concetto che di q
rva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Tauride per farne là una sua sacerdotessa. In seguito Ifigenia aiutata dal suo
ricchezza degli agricoltori; le si rivolge preghiera che conservi la sua tutela alla stirpe di Romolo. Anche Orazio ha tra
conservi la sua tutela alla stirpe di Romolo. Anche Orazio ha tra le sue odi degl’ inni a Diana; dove però essa è per lo p
catena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto di lui che sua patria e suo soggiorno prediletto fosse la Tracia
testa ai piedi, coll’ elmo dal cimiero ondeggiante, alto vibrando la sua lancia, colla sinistra imbracciando lo scudo, sco
Atena, ricoperse del suo corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la sua capigliatura si lordò di polvere. Altra volta, pr
re Numa pregava per la salvezza dello stato, Giove, a dar segno della sua grazia, avesse lasciato cadere giù dal cielo uno
i facevan compagne di Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona, sua sorella, dea di guerra, corrispondente alla greca
on Efesto; là, nell’ interno dei vulcani si diceva che egli avesse le sue grandi officine per lavorare i metalli. Così il m
mortali abitazioni per gli altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente d
uttrice di esso, sia lo spegnimento. Onde si ponevan le case sotto la sua protezione, e insieme sotto la protezione della S
empre rappresentato come un uomo in età matura e nella pienezza delle sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien con
nica che lasciava nuda la spalla destra), e con gli arnesi dell’ arte sua . Si hanno ben pochi monumenti antichi di Efesto.
manifeste della destrezza ed abilità che costituivano il fondo della sua indole. Giacchè, nato al mattino, verso il mezzog
coprir traccia; poi torna zitto zitto a Cillene e si riacconcia nelle sue fasce. Ma Apollo non poteva ignorare la cosa, ed
aestro di scaltrezza, era l’ aiuto del commercio e dei traffici. Alia sua protezione si attribuiva ogni guadagno, anche nel
datore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi di imagini sue . Infine, come facondo oratore, era il dio che dav
aduceo. In origine lo si figurava come un uomo nel pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di fi
e, tutta riso il sembiante, tutta oro l’ abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d’ ambrosia, e allorchè ella
d’ ambrosia, e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all’ incanto che em
aurora, figlia del cielo, la quale sorride dall’ oriente e allieta di sua luce tutta la natura. Ma a questo concetto primit
o con Dioniso e con Ermes. Spesso poi di essa si dice che esercito la sua forza sul mortali. Aiutò Paride a rapir Elena e c
utto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vitt
a tutto ciò, era quindi la divinità principale della famiglia; era la sua protettrice, ed aveva parte importantissima in tu
ominciasse e finisse con una libazione ad Estia; sicchè essa aveva la sua parte in tutti i banchetti festivi e in tutte le
i sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era sua , ond’ egli era invocato come padre matutino (cfr.
indicare che il Dio era uscito coll’ esercito e lo accompagnava colla sua protezione. Analogamente ogni magistrato, entrand
devolo trovavasi sul Gianicolo, dove si diceva che Giano avesse avuto sua sede prima che fosse Roma. 3. Chi voglia leggere
condo altri, di Eurifaessa (Euryphaëssa, la largisplendente), come le sue due sorelle Selene ed Eos (la luna e l’ aurora).
i Etiopi diventarono troppo mori, il Nilo nascose d’ allora in poi le sue sorgenti; finalmente Giove fulminò il malcapitato
nche il suo lato morale; egli è colui che tutto vede e ascolta; colla sua luce penetra nei più segreti luoghi, discopre que
ato come dio potente in molti luoghi, segnatamente in Corinto e nelle sue colonie, in Sicione, in Argo, in Arcadia, sul mon
e al voltarsi del cielo precipita la notte dall’ oceano involgendo di sua grand’ ombra la terra (es. Virg. Eneide, 2,250),
riproduce un rilievo trovato a Troia dallo Schliemann; il Dio è sulla sua quadriga col lungo abito proprio del cocchiere, e
specialmente di sarcofagi. b) Selene-Luna. 1. La luna colla sua notturna peregrinazione pel cielo, colle sue dive
una. 1. La luna colla sua notturna peregrinazione pel cielo, colle sue diverse fasi, colla pallida luce che dà un aspett
nte Latmos, e ogni notte veniva Selene a visitarlo e a pascersi della sua bellezza e a baciarlo dormente. — In tempi poster
ci parla degli astri che intorno alla bella Selene, quando ella nella sua pienezza splende argentea, nascondono la loro viv
. D’ allora in poi piange Eos incessantemente il perduto figlio, e le sue lagrime cadono sulla terra in forma di rugiada. I
ne, vecchio tutto rughe, non più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, come una cicala, era un’ allegoria del gior
ra forse l’ immagine del giorno nuovo, ringiovanito, somigliante alla sua madre Eos. — Tali le principali leggende relative
inus. Era una dea della prima luce, quindi anche del nascimento, e la sua festa chiamavasi Matralia, ed aveva luogo in Roma
olo dei rapporti fra cielo e terra; quiudi era naturale che Iride, la sua mistica rappresentante, fosse concepita come una
lla ode 30a del libro I progando Venere affinchè venisse, lasciata la sua diletta Cipro, a visitar la casa della sua amata
inchè venisse, lasciata la sua diletta Cipro, a visitar la casa della sua amata Glicera, enumera tra i seguaci di lei non s
o compì uno de’ suoi capolavori, e questi è il Canova (1757-1822). La sua Ebe è una bella fanciulla in atto di versare il n
agli Dei. Omero dice che era figlio del re Troiano Tros, e che per la sua grande bellezza fu da Giove assunto in cielo, res
’ è detto. Più tardi si favoleggiò che Giove avesse mandato l’ aquila sua perrapire il formoso giovanetto. Altri fecero anc
di Reggio, Fanocle di Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima sua forma, secondo la quale Ganimede era amato da Gio
agliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue freccie infallibili producendo in chi voleva, o D
e Eros. Raccontavano che il piccolo Eros non volendo crescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura)
el 2º sec. dell’ e.v. Psiche era una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza destò la gelosia di Venere; questa allor
sere divino che ogni notte viene a visitarla. Senonchè, aizzata dalle sue sorelle che le insinuano nell’ animo il veleno de
il divieto, ed ecco d’ un tratto sparisce Amore ed ella rimane colla sua desolazione. Allora cominciano per lei le più cru
per farsi dare da Persefone certa scatola voluta da colei che era la sua signora, e avendola per curiosità aperta, stava p
e Stigio che ne emanava, quando accorse Amore in suo aiuto; allora le sue sofferenze furon finite, perchè Amore ottenne da
acque correnti. Narravasi poi, che essendo stata Coronide, per colpe sue , condannata a morire sotto gli strali di Artemide
questo sconvolgimento dell’ ordine naturale lo fulminò; e Apollo alla sua volta, per vendicare il figliuolo, uccise i Ciclo
salito sulla nave che doveva portario a Roma. Ivi poi sbarcato scelse sua sede nell’ isola Tiberina in mezzo al Tevere, e s
degli uomini, e adducendo le guarigioni miracolose da lui operate, le sue epifanie, i suoi oracoli. 4. Tra le opere lettera
omento della nascita di ognuno già fossero decretate le vicende della sua vita fi no al momento del morire. E questo diceva
ue correnti e da tutte parti a contatto col mare. I. L’ Oceano e la sua stirpe. 1. Nella teogonia greca, il più antico
re in pace e in piena indipendenza al governo del suo umido regno. La sua abitazione collocavasi all’ estremo Occidente, là
er ordine dello zio Numitore, fu dal Dio accolta benignamente e fatta sua sposa. Nè solo i fiumi, ma anche l’ acque corrent
gri, la cui testa fu ristaurata da Michelangelo. II. Ponto e la sua stirpe. Vedemmo nella Teogonia che il Ponto, o
avano come un buon vecchio, pieno di senno e di esperienza, che colle sue figliuole abitava nel fondo del mare in una scint
dire l’ avvenire. Non sempre, a dir vero, offriva volontieri l’ opera sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo via
tre leggende appariscono come genii della rapida morte che afferra la sua preda coll’ impeto della tempesta. In Esiodo se n
e capo di tutti i mostri marini, che eran detti il suo esercito, e la sua sposa Cheto (Ketos) rappresentava il mare come pa
ricordare pel culto di Posidone la Tessaglia, che a lui attribuiva la sua liberazione dalle inondazioni del Peneo, in quant
i diceva che Posidone avesse creato lui il cavallo in occasione della sua contesa con Atena per il possesso dell’ Attica (c
upo somigliante al color del mare, o più probabilmente per l’ utilità sua nella fabbricazione delle navi. 3. Nettuno (Neptu
, accortosi di quello scompiglio del suo regno, sollevò sull’ onde la sua placida testa, e veduto di che si trattava, chiam
ardi venne messa in costante rapporto con Posidone e venerata come la sua sposa. Ai Romani, il culto di Anfitrite rimase co
io di Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine di soffiar nella sua tromba per ritirar l’ acque ai loro luoghi,     
enda che egli fosse da principio pescatore; e che un giorno, fatta la sua pesca, avendo posto giù i pesci semivivi sull’ er
sua pesca, avendo posto giù i pesci semivivi sull’ erba, vedesse con sua meraviglia che al contatto di un certa erba ripig
, verso la fine, fa raccontare a Glauco stesso in bellissimi versi la sua storia. Glauco die’ anche argomento a componiment
i esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri, come nutrice delle sue creature, tutta intesa a farle crescere vigorose,
ura, dell’ ordine morale e civile. — Ma poichè la detta energia ha la sua sosta e quasi una temporanea cessazione nell’ in
o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amat
gelosa Era a chiedere la grazia di poter vedere l’ amante in tutta la sua maestà fra tuoni e lampi, fu involta dalle flamme
e di Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; secondo altra leggenda la sua prima nutrice fu Ino, la sorella di Semele; in og
terra che vien bruciata dai raggi estivi del sole, ma il frutto delle sue viscere, il calore vivificante e maturante, è sal
sì anche in altri casi Dioniso diè a vedere quanto fosse terribile la sua vendetta contro quelli che non lo riconoscevano e
ndetta contro quelli che non lo riconoscevano e tentavano impedire le sue feste orgiastiche. Sono celebri le leggende di Li
e, che il coro delle Baccanti stava celebrando sul monte Citerone. Ma sua madre che trovavasi tra le Baccanti, invasata da
costarsi il corteo di Dioniso. Questi vedutala se n’ innamora e la fa sua sposa, ottenendole da Zeus l’ immortalità. Ella g
us l’ immortalità. Ella gli fu d’ allora in poi compagna fedele nelle sue peregrinazioni, e insieme venivano venerati nelle
lle biade; veniva detto talvolta l’ umido, come si sopranomava Semele sua madre l’ umida, alludendosi all’ umor terrestre c
nade o Baccante. Scopa n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la sua figura era in atto di ebbra agitazione, il capo a
fedeltà; onde ad es. Dafni, il bel pastore siciliano, orgoglio della sua isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice di
un re, perde la luce degli occhi o secondo altri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la quale i
uale invano ora spasimava, lamentando finchè visse, in dolci canti la sua sorte infelice. A volte si attribuiva a opera del
etarsi a una chiara fontana sull’ Elicone, s’ innamorò dell’ immagine sua riflessa nello specchio dell’ acqua, e poichè l’
iceva che col morir d’ ogni pianta avesse termine anche la vita della sua ninfa. 2. Le Ninfe erano oggetto di culto in molt
ito della natura sembrava manifestarsi nelle forme più mirabili della sua attività. In certi punti si eressero Ninfei, o te
ome le Ninfe rappresentavano femminilmente la vita della natara nelle sue varie forme, così i Satiri erano i rappresentanti
fare qualunque desiderio egli fosse per esprimere. Mida, spinto dalla sua avarizia, chiese si convertisse in oro ciò che eg
espugli, tra quelle verdi praterie, là Pane compiacevasi di passar la sua vita. Di giorno aggiravasi colle ninfe, cacciando
or lungo i borri, or sulle cime de’ monti; alla sera ritiravasi nelle sue caverne e si poneva a sonar la zampogna, e le Ore
n oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era detta la sua profetessa. Secondo alcuni, Apollo stesso avrebbe
i rappresentava con uno scettro nella mano sinistra, a significare la sua regal signoria sulla terra e sugli esseri che vi
ndo). Si aggiungeva, che accolto benignamente da Giano, avrebbe posto sua sede ai piedi del Colle Capitolino. A lui s’ attr
dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno era Ops ed Opis, sua moglie, Dea dell’ abbondanza, identificata colla
rutto, era la dea dei giardini e degli alberi da frutta. Armata della sua piccola falce, essa si compiace di vagar per la c
i maturi curati da lei, con dolci parole rimproverolla della fierezza sua , e a un tratto prendendo figura d’ un bel giovane
zza sua, e a un tratto prendendo figura d’ un bel giovane seppe farla sua . Così Pomona dicevasi fatta sposa a Vertunno. 2.
Termine non aveva solo giurisdizione in cose private; erano sotto la sua protezione anche i confini dello Stato; come tale
capire il culto di lei, che il ratto di Persefone (Proserpina) o Cora sua figlia. Un giorno Persefone, in compagnia delle O
iso aprirsi davanti a lei la terra e sbucarne fuori Ade o Pluto sulla sua carrozza tirata da cavalli immortali; costui affe
mortali; costui afferra non visto la giovinetta, e non distolto dalle sue pietose grida, la pone in carrozza e via sprofond
dasi nelle viscere della terra e la trasporta in Inferno per farne la sua sposa. Tutto ciò avveniva non senza il consenso d
che cosa fosse accaduto. Poichè vide ch’ ella non rispondeva più alla sua chiamata, e nessuno sapeva darle notizie, cominci
terzi dell’ anno Persefone tornasse sopra la terra ad allietare della sua presenza la madre, e il resto dell’ anno vivesse
eguente. Allorquando Demetra errava corrucciata pel mondo in cerca di sua figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma di povera
ustare latte nè pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tra le sue braccia gli soffiava sopra, e nottetempo, celando
’ è opposta, non avrà l’ immortalità; pur tuttavia imperitura sarà la sua gloria perchè ha riposato sulle ginocchia d’ una
re leggende, era Trittolemo il figlio di Celeo a cui la Dea prestò le sue cure. D’ allora in poi Trittolemo, ammaestrato da
vili ordinamenti. Non però da tutti tu accolto benignamente; trovò le sue opposizioni e i suoi nemici; onde la Dea dovè int
lo rende invisibile (donde il suo nome); ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni s
droniva dell’ anima di ogni mortale, non appena fosse scoccata l’ ora sua , per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi
a egli stende le mani per coglierli. Sisifo, re di Corinto, che colla sua astuta malvagità più volte ha destato l’ ira degl
arne la furia Tisifone e ottener per mezzo di lei vendetta contro Ino sua rivale (v. 432 e sgg.). Fra le rappresentazioni f
mito di Ercole che rapisce Cerbero o di Orfeo che va a riprendere la sua Euridice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inf
dove venne a cercar pace l’ infelice Edipo dopo esser stato tutta la sua vita perseguitato dalle Erinni per delitti involo
ro lui, l’ avrebbe precipitato in mare se non fosse stato soccorso da sua madre, la notte. — Ma la più bella descrizione de
sua madre, la notte. — Ma la più bella descrizione del Sonno e della sua casa leggesi nel decimoprimo delle Metamorfosi d
ma l’ ha fatto ritrovare ad Euclione stesso, perchè potesse dotare la sua figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare, di q
inizzate, era naturale che raccontasse anche in maniera fantasiosa la sua prima storia e magnificasse i progenitori della s
era fantasiosa la sua prima storia e magnificasse i progenitori della sua stirpe considerandoli come più che uomini. Se si
e a loro spetterebbe, pur beneficando con ciò la società umana; della sua audacia deve pagare il fio, soffrendo inenarrabil
non seppe resistere alle attrattive della donna e l’ accolse e la fè sua sposa. Da quel momento tutti i mali piombarono su
ipopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da Epimeteo e Pandora. Avv
enti del mito, il rapimento del fuoco, la punizione di Prometeo, e la sua liberazione. Sebbene noi più non abbiamo che la s
ri. Già ne parla Omero, il quale fa dire al vecchio Nestore che nella sua prima giovinezza aveva preso parte alla tremenda
momento a casa di Admeto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte la sua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di
vi dopo un fiero dibattito tra Febo e la Morte che è venuta per rapir sua preda, si assiste agli ultimi momenti dell’ eroic
one, il quale ne aveva fatto un abile cacciatore e guerriero. Dopo la sua morte, Atteone fu venerato in Beozia e lo si invo
sdegno paterno, recossi a Sicione, dove il re Epopeo l’ accolse e fe’ sua sposa. Nitteo allora mosse guerra ad Epopeo per o
rendo lasciò al fratello Lico, erede del trono, l’ incarico di far le sue vendette. Lico riprese la guerra, vinse ed uccise
oi due figli omai cresciuti, ai quali, dopo riconosciuta, raccontò le sue sciagure e li indusse a tremenda vendetta. Essi d
piombare nella più crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo pa
crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Ze
ma in iscambio uccise il proprio. Di che rimase afflitta tanto che la sua vita seguente fu tutta un piangere e lamentarsi.
da Zeus in usignolo, continua co’ suoi queruli trilli a rammentar la sua disgrazia. Della morte di Zeto nulla lasciò detto
la madre, narra Ovidio, ricoprendola con tutto il suo corpo e con le sue vesti, gridava rivolta a Latona: « lasciatni alme
e affranta dal dolore impietrò. Ora Niobe appunto che sta coprendo la sua figlia e supplicando per lei, eccola (fig. 78) in
do Zeus, per questo tradimento, mandato a Sisifo la morte, egli colla sua malizia riuscì a legare la morte stessa con si st
che questa volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo ordinato a sua moglie di non celebrare funerali per lui, andato
o che esso può toccare del cielo, si volge e riprende a discendere la sua china per ricorninciare il gioco dopo il solstizi
la etimologia supposta del nome), Bellerofonte dovette abbandonare la sua patria e rifugiarsi in Tirinto, ove ebbe benigna
mente protetto dagli Dei, si riconciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano di una parte della Lic
Allora egli la prese con sè sul cavallo alato come per condurla nella sua nuova sede; ma per via la balzò giù in mare. Alcu
il sole e i mostri delle tenebre. 2. La favola di Bellerofonte ha la sua parte nelle opere letterarie ed artistiche dell’
a Jobate, ed Euripide una su Stenebea. Allusioni a questo eroe e alle sue vicende si incontrano assai spesso, ricordandosi
re come vigorose e florenti fanciulle, somiglianti ad Artemide o alle sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi s
rafi. Eccola in breve. Io, sacerdotessa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza, gli sguardi di Zeus che se ne
i di Zeus che se ne innamorò. Di che accortasi la gelosa Era, mutò la sua sacerdotessa in una bianca vacca e l’ affidò alla
Europa e d’ Asia, finchè si posò in Egitto. Ivi Zeus la ritornò alla sua prisca forma, ed ella die’ poi alla luce un figli
lo. Quegli regnò sul Fenicii, questi sull’ Egitto. Ora Belo ebbe alla sua volta da Anchirroe (la lonte scorrente), una figl
mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di sua stirpe, Io. Vi giunse toccando Rodi, ove, a Lindo
ennero anch’ essi ad Argo e obbligarono lo zio a dar loro in mogli le sue cinquanta figliuole. Egli consentì, ma diè ad ogn
ceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte, il quale alla sua volta ebbe due gemelli, Acrisio e Preto. Questi e
suo fratello e se ne fuggi in Licia presso Jobate. Questo diedegli la sua figliuola, Antea o Stenebea, in moglie, e lo rima
volendo ivi penetrare Zeus, si trasformò in pioggia d’ oro, e così fè sua Danae e con lei genero Perseo, che Omero dice il
utti gli uomini. Quando Acrisio venne a saper questo, tutto ira, pose sua figlia e il bambino in una cassetta e questa fè g
a suo fradello Polidette ch’ era re dell’ isola. Polidette voleva far sua moglie Danae, ma poich’ ella rifiutavasi, la fè s
idette voleva far sua moglie Danae, ma poich’ ella rifiutavasi, la fè sua schiava. Temendo poi la vendetta di Perseo, fatto
d Argo, consegnato il capo di Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida sua per servirsene a terrore de’ nemici (cfr. pag. 34
Andromeda. Era allora re d’ Etiopia un tal Cefeo, e Cassiepea era la sua moglie; avevano una figliuola assai bella, di nom
la assai bella, di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della sua figliuola, e avend
da. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della sua figliuola, e avendo osato venire in questo al par
l’ antica città di Pleurone in Etolia. Costui diede loro in moglie le sue figliuole, a Icario Policaste che ebbe per figlia
a ed Elena. Più tardi Tindareo fu restituito per opera d’ Ercole alla sua signoria di Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise I
prosperità della terra. In letteratura e in arte Cecrope mantiene la sua doppia figura, ond’ è detto dimorfo dagli scritto
re al diluvio. Una leggenda a lui particolare era questa, che dopo la sua nascita Gea l’ affidò alla dea Pallade, e questa
ffidò alla dea Pallade, e questa consegnollo in una cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo di a
t’ invasione se non sacrificando, per ordine dell’ oracolo, una delle sue figliuole agli Dei infernali; solo dopo cio moven
ondurla dalla sorella, la portò in luogo remoto del suo regno e la fè sua , poi perchè ella non potesse parlare le tagliò cr
rella un suo ricamo in cui per segni le faceva conoscere la disgrazia sua . Progne tutta voltasi a pensieri di vendetta, pro
colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli d
chè Lico fu cacciato da Egeo e si riparò in Asia Minore, Niso vide la sua città assediata da Minosse cretese ed è allora ch
re, strappò di testa al padre quel capello d’ oro da cui dipendeva la sua vita, onde Niso morì e fu poi mutato in aquila ma
roe dell’ età mitica. Allorquando Egeo prese congedo da Etra, pose la sua spada e i suoi sandali sotto un masso sul monti t
anti a quel masso, lo sollevò facilmente, e da quel momento iniziò la sua vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una seri
esser del numero, deciso a lottare contro il Minotauro ed esporre la sua vita per liberare la patria da si doloroso tribut
Atene, attese a riforme religiose e politiche; in ringraziamento alla sua divina protettrice istituì il culto di Afrodite P
o fu più tardi liberato per opera di Eracle come si vedrà. Durante la sua assenza, i Dioscuri ripresero la loro sorella dop
secondo altri, costei seguì volontariamente Teseo ad Atene e divenne sua moglie e madre di quell’ ippolito (Hippolytos) ch
icamente, perchè accusato al padre di aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedra (sorella di Ariadne, sposata da Te
loro regina Antiopa; nella qual occasione costei anzichè unirsi alle sue conuazionali, combattè contro di loro a fianco de
alza tosto, accostasi al lido, tuffasi nell’ acqua e via sen va colla sua preda. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa d
re un toro che egli avrebbe poi a lui sacrificato. Posidone esaudì la sua preghiera, e comparì fra le spume marine un magni
Idomeneo uno degli eroi Greci a Troia; Glauco che trovò fanciullo la sua morte in un vaso di miele dove cadde, ma fu richi
li Argonauti reduci dalla Colchide lo sbarco nell’ isola; Medea colla sua astuzia riuscì a strappargli il tappo fatale e co
riuscì a strappargli il tappo fatale e così egli morì. 2. Talo ha la sua piccola parte nella letteratura e nell’ arte. Lo
o discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote
a vendetta di Stenelo fratello dell’ ucciso, fuggire da Tirinto colla sua sposa e cercar rifugio in Tebe ove il re Creonte
così le prime avversità crebbe in Tebe il forte Eracle. Attesero alla sua educazione ottimi maestri; ma mentre egli faceva
itrione. Creonte grato ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono di splen
ue figli di Iflcle. Tornato in sè, si recò a Tirinto per compiervi la sua missione. B) Eracle al servizio di Euristeo, o t
n potendo ferirlo nè colle freccie nè colla clava, lo cacciò entro la sua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli to
istoni in Tracia, gettava in pasto gli stranieri che capitavano nelle sue rive. Eracle vinse Diomede e diè lui in pasto all
pitavano nelle sue rive. Eracle vinse Diomede e diè lui in pasto alle sue bestie. Poi legò queste e le portò vive ad Eurist
ava i passanti a lottare con lui; egli semprechè toccava col piedi la sua madre terra, ripigliava forza, ond’ era invincibi
lo tenerlo sollevato da terra e soffocarlo così con una stretta delle sue braccia poderose. Altri nemici vinti allora da Er
mente per la Scizia al paese degli Iperborei dove Atlante regge sulle sue spalle il mondo. Qui riusciva al termine della sp
Eracle dopo le dodici fatiche. Tornato a Tebe, Eracle cedè a Iolao la sua prima moglie Megara, ed egli s’ avviò ad Ecalia (
a, ed anche in Eubea presso Eretria), dove il re Eurito prometteva la sua bionda e bella figliuola Iole in isposa a chi sap
vestito da donna anch’ egli, avendo lasciato che Onfale indossasse la sua pelle leonina e portasse la clava a dileggio. Pur
i uccise il malvagio Sillo che obbligava i viandanti a lavorare nella sua vigna. — Tornato in libertà dalla servitù di Onfa
in unione con altri eroi Greci, come Peleo, Telamone, Oicle, fece la sua spedizione contro Troia per trar vendetta di Laom
lotta tra i due; Acheloo ricorse alle varie forme ond’ era capace la sua natura, ma in nessuna guisa potè sottrarsi alle s
che era accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende di Eracle e sua apoteosi. L’ ultima impresa di Eracle fu la spedi
questo servizio, in compenso di che egli a lui donò il suo areo e le sue freccie. Mentre il rogo ardeva, ecco fra lo scros
me non tradissero il luogo ove erano stati condotti, li trascinò alla sua grotta. Ma il muggito di questi bovi allontanati
arti figurative e specialmente alla statuaria il tipo di Ercole e le sue gesta offrivano inesauribile fonte di argomenti.
me nell’ agitazione di commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la sua statua colossale di Ercole in bronzo ch’ era in T
ma invano; lo prega pure il suo vecchio padre, invano; lo pregano le sue sorelle e la madre istessa, ma Meleagro rimane ir
la crudele erinni, che aveva udito la maledizione della madre, ne fe’ sua preda e lo fe’ morire. Tale è la leggenda come si
storiella per spiegare la fine dell’ eroe. Si diceva che poco dopo la sua nascita, le Moire erano apparse alla madre Altea
a. 2. Dopochè Omero aveva reso popolare il racconto di Meleagro nella sua prima forma, presto altri generi letterari si imp
copiosi materiali alla letteratura e all’ arte. Conosciuta già nelle sue linee principali da Omero e da Esiodo, ispira poi
figlio suo avrebbe ucciso lui e sposata la madre. Perciò allorquando sua moglie Giocasta (in Omero è chiamata Epicasta) di
irizzo da un giovane corinzio gli gettò nell’ anima il sospetto sulla sua origine. Allora egli partì da Corinto per recarsi
dasse dal tornare in patria perchè avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Egli allora pensò di evitar Corinto, dove
il trono e la mano di Giocasta; divenne così inconsciamente sposo di sua madre avverando il terribile oracolo che pesava s
nti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di
sore di Laio. Edipo s’ affanna a ricercare il colpevole; ma qual è la sua sorpresa quando, specialmente per mezzo del servo
egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si appi
Tebe e la Beozia; e così il povero vecchio cieco, accompagnato dalla sua amorosa figliuola Antigone, andò errando di luogo
ell’ Attica, ebbe rifugio nel bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la sua tomba divenne, in forza d’ un oracolo, un luogo d
ggiaschi promettendo di rimetterli in trono, e die’ loro in ispose le sue due figliuole Argia e Deipile. E subito intrapres
e di Melampo cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la sua virtù di antivedere le cose sapeva che la spedizi
damante, figlio di Eteocle, che ora governava in Tebe spiegò tutta la sua energia, e uccise in battaglia Egialeo, ma fu mor
noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, uccisore di sua madre Erifile, e perciò perseguitato dalle Erinni
fi per opera di Fegeo, alla cui figlia Alfesibea (o Arsinoe) divenuta sua moglie donò il peplo e il collare di Armonia tolt
raevano la origine loro dal re frigio Tantalo, quel re celebre per la sua straordinaria felicità e ricchezza, precipitato p
peregrino pel mondo e capitò in Elide, ove il re Enomao prometteva la sua bella figlia Ippodamia in isposa a colui che sape
con questo però che chi si lasciava vincere doveva pagar il fio della sua audacia colla morte, perchè egli raggiungendolo a
è egli raggiungendolo alla corsa l’ avrebbe trapassato da tergo colla sua lancia. Pelope si decise a tentar la prova, ma av
a lancia. Pelope si decise a tentar la prova, ma aveva a disposizione sua dei cavalli alati donatigli da Posidone, poi guad
oriente. Tieste imprecando ogni maledizione sul capo di Atreo e della sua stirpe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto r
la di Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro Chirone. Per la sua pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una
Per la sua pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una peste la sua isola e spoglia d’ abitanti, ottenne da Zeus che
i (myrmex voce greca, che val formica). Dopo morte, Eaco venne per la sua giustizia ascritto con Minosse e Radamanto fra i
in Tessaglia, dove lo accolse il re Euritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte
i Centauri avrebbero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una
iuto dei Dioscuri, uccise Acasto e Astidamia. In ricompensa poi della sua castità gli diedero in moglie una formosissima Ne
Anche il fratellastro Teucro ebbe un bel posto tra i guerrieri per la sua abilità nel trar d’ arco. Di molto inferiore ad A
oiana avendo visto tre generazioni; pure vi prese parte e giovò colla sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d
di affinità cogli Atridi. Alla guerra di Troia si rese famoso per la sua scaltrezza, per l’ eloquenza, ed anche per la sua
rese famoso per la sua scaltrezza, per l’ eloquenza, ed anche per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era p
principali guerrieri Troiani. La famiglia regnante in Troia traeva la sua origine da Dardano, figlio di Zeus, emigrato dall
o, Assaraco e Ganimede. Di quest’ ultimo, fatto rapir da Zeus, per la sua straordinaria bellezza e divenuto coppiere degli
ia. Fondata la città, pregò Zeus gli mandasse un segno visibile della sua grazia; il dimane trovò davanti la sua tenda il c
ndasse un segno visibile della sua grazia; il dimane trovò davanti la sua tenda il celebre Palladion, una statua in legno d
, e infine anche una grossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende di
ato rispose che ad ammansire la dea dovesse Agamennone sacrificare la sua figlia Ifigenia. Già la innocente fanciulla stava
al padre mando i suoi messi a prendere Briseide e la fè condurre alla sua tenda. Achille sdegnato di questo procedere si ap
lle preghiere del suo amico Patroclo a permettergli che indossasse le sue armi e alla testa dei Mirmidoni corresse in aiuto
di Achille al pensiero di vendicare il morto amico, e per mezzo della sua divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nu
alla fine anche egli fu ucciso dal forte Pelide, e disperse furono le sue genti. Pianse Eos la morte di suo figlio, e conti
do altri con Neottolemo figlio d’ Achille; riuscì a trascinare contro sua voglia Filottete a Troia; il quale fu poi guarito
re contro sua voglia Filottete a Troia; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle sue freccie ucc
; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle sue freccie uccise Paride, la cagion prima della guer
sdegno contro la infedele donna avrebbela uccisa, se l’ incanto della sua bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatt
lice Polissena, altra figlia di Priamo. Mentre Agamennone ancorata la sua flotta sul lido di Tracia aspettava un vento favo
zi a una furiosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ Eubea, nella sua reggia di Micene trovò la morte a tradimento per
sette anni dopo che n’ era uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche sua madre. Questo gli tirò addosso la persecuzione de
invero lo colse presso il promontorio Malea e questa lo sbalzò colle sue navi in Creta e in Egitto, e dove poi ancora gira
nto egli potè salvare la vita su un nudo scoglio. Di che lieto, nella sua temeraria presunzione, non dubitò dire che si sar
erica. Enumerate brevemente riduconsi alle seguenti: a) Partito colle sue dodici navi dal lido di Troia, Ulisse veniva anzi
lenti; custodendo quest’ otre egli sarebbe pervenuto felicemente alla sua patria. E difatti già erano le navi di Ulisse vic
restieri che capitavano nell’ isola. Ulisse avendo mandato metà della sua gente con Euriloco al palazzo della maga, non li
l’ ombra di Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticlea che gli dà desiderate notizie del
ppo all’ altro mostro che con sei lunghi colli e bocche abitava nella sua tenebrosa inaccessibile caverna, sei fra i remato
erra. Ma troppo poteva in Ulisse l’ amor della diletta patria e della sua Penelope perchè cedesse a queste lusinghe. Neanch
ccoglienza; si istituirono giochi in segno di festa; egli racconto le sue avventure; infine una nave dei Feaci ricondusse l
lla tristezza; Penelope era perseguitata da molti che aspiravano alla sua mano, i quali intanto venivano nella reggia d’ It
arve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastor
a festa d’ Apollo; Penelope annunziò che quel giorno avrebbe fatto la sua scelta; sarebbe stato preferito chi fosse in grad
n lei e col vecchio Laerte visse i suoi ultimi anni felicemente nella sua patria. La tradizione posteriore ad Omero lo face
o d’ Apollo. Ammonito di andar in cerca della patria originaria della sua famiglia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era
e dei trapassati e saper da loro notizie del proprio avvenire e della sua discendenza. Ciò fatto, riprese il viaggio e vele
o all’ eroe. Amata, la moglie di Latino, avrebbe preferito sposare la sua figliuola al potente Turno re dei Rutuli, e indus
no morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome di sua moglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì e a
rasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle sue forze. — Varie scene della guerra troiana riscont
uell’ Amitaone, che venuto dalla Tessaglia in Messenia ivi propago la sua stirpe; Melampo e Biante suoi figli vissero e fio
ò la morte nella fuga; ancora nel secondo sec. dopo C. si indicava la sua tomba nelle vicinanze di Aliarto. Tiresia ebbe un
fra i Traci così famosi per la musica e Tarte del canto poetico, pose sua residenza nelle regioni dell’ Olimpo. Cantava cos
re selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di acerba morte per essere st
i (Thamyris) fu il primo dei cantori antichi che allietava dell’ arte sua le corti de’ principi e dei nobili e la folia rac
e illustre pel trionfo sui Giganti, quel Giove che con un cenno delle sue ciglia fa muover tutto l’ universo. » 3. « Giove
16. En. 7, 26: « dall’ alto cielo rifulgeva la bionda Aurora sulla sua rosea biga ». 17. Metam. 2, 112: « ecco dal ro
ia che voglia rabbonacciarle ». 21. Cfr. pag. 90. 22. « Iride colle sue penne variopinte, stillante rugiada pel cielo e t
V. 17 e segg.: « Te sempre precede la cruda Nécessità portando nella sua mano di bronzo chiodi da travi e cunei, nè le man
e la rara Fedeltà di bianco panno velata, la quale non ti rifiuta la sua compagnia allorchè tu, mutata veste e fatta nemic
ido corso dei fiumi e i celeri venti, carezzevole così col suon della sua cetra da trascinare a sè come fossero manite d’ o
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
utato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra, sua moglie. De’quali Titàno (Τιταν Titan), benchè a l
si, ebbe il re Latìno, padre di Lavinia. E però il popolo Latino ebbe sua origine da Satùrno, di cui figliuolo era Pico, pe
diletto per un bosco, incontrò la maga Circe, la quale il toccò colla sua verga d’oro ed il cangiò nell’uccello detto pico
e la Guerra e Marte, e che Giano siede sempre alla custodia delle due sue porte di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta
ncellare ciò che si era scritto. Chiròne da’poeti fu celebrato per la sua giustizia e pietà : ritrovò non solo la chirurgia
l giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne era di natura sua immortale, perchè figliuolo di Satùrno ; ma mentr
Lerna, impaziente del dolore, e vano riuscendo ogni rimedio, cedè la sua immortalità a Prometeo, cui Giove donata l’avea a
nificare l’universo ch’è rotondo, e nel cui bel mezzo stassi, come in sua sede, il fuoco, secondo i Pittagorici. Altri vogl
llo al pargoletto Giove, il quale, ottenuta la signoria del cielo, la sua nutrice trasformò in costellazione, ed al corno d
ammirabili. Così allevato crebbe Giove in bellissima adolescenza ; la sua fanciullezza fu in grande onore presso gli antich
che ebbe Giove co’ fulmini represso l’empio orgoglio de’ Giganti, la sua potenza si stabilì maggiormente, ed a fianco a lu
ne chiome, tremava tutto quanto l’Olimpo. Ma nulla meglio mostrava la sua potenza che il tuono e la folgore, ond’era sempre
a flaccola al fuoco del sole, e con questo fuoco celeste animò quella sua mirabile statua. Oltre a ciò agli uomini donò un
vvoltoio gli divorasse il cuore che sempre rinasceva. Ma Ercole colle sue saette uccise l’uccello e liberò Prometeo da quel
tutta divina ; e l’anima, un fuoco tratto dal cielo, per indicare la sua origine da Dio. Potrebbe pur dirsi che Prometeo,
la sua origine da Dio. Potrebbe pur dirsi che Prometeo, avendo colla sua sapienza ridotto gli uomini salvatici e rozzi all
tani ed i Giganti, vieppiù inacerbita, volle fare l’estrema pruova di sua possanza, producendo dal seno del Tartaro il most
amme, e scuotendo il suolo della Trinacria ; ma indarno, chè sopra la sua destra sta il capo Peloro ; sopra la sinistra, il
a guardarsi da un figliuolo di Giove, non volea che abitasse in casa sua uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo,
nta che Venere si manifestò ad Enèa dal divino odore che spiravano le sue chiome tutte sparse di ambrosia. Questo cibo deli
egli Dei, Rapito in cielo, perchè fosse a Giove Di coppa mescitor per sua beltade, Ed abitasse cogli Eterni. Monti. Strabo
degno di Giove i poeti dicono ch’esso orribilmente scuote la tremenda sua egida (την αιγιδα ειπισειειν). Allorchè i Greci s
burroni. Di queste la più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua maggior bellezza era nella chioma, somigliante a
lo, portando in mano quel teschio che grondava sangue, qual trofeo di sua vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il cap
fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, avea detto di superar le Nereidi in leg
le andava un giorno a diletto lungo la riva del mare. E come volle la sua ventura, approdò colà una nave, che avea dipìnta
. Palefato dice che un Signore di Creta, chiamato Tauro, invase colle sue armi la Fenicia, e fra le altre nobili donzelle p
pellegrinare, avendo dimorato alcun tempo nella Tracia con Telafassa, sua madre, questa morta, andò a Delfo per consultare
dre, questa morta, andò a Delfo per consultare l’oracolo della futura sua sorte. Il quale rispose, che fosse andato nella F
te guardava. Cadmo uccise quel mostro con un colpo di pietra, o colla sua spada ; e per consiglio di Minerva ne seminò i de
re l’oracolo di Apòllo sul luogo, ove avesse a stabilir finalmente la sua dimora. Indomita giovenca, rispose Febo, tu ritro
unirono a Cadmo. Fiorente e lungo fu il regno di Cadmo in Tebe, ma la sua felicità pur ebbe un termine. Avea sposata Armonì
. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti gli Dei e vi cantarono l
etesi adorarono col nome di Giove, e che in quell’isola avea anche la sua tomba. Celebre nelle favole è la guerra che Minos
di Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutta di bellissímo oro, dalla quale la co
a Scilla, la quale, credendo far cosa grata a Minos e così meritar la sua mano, perfidamente recise l’aureo crine del genit
spelonca con moltissimi ravvolgimenti, ne’ quali l’arte ebbe pure la sua parte. XV. Continuazione-Dedalo ed Icaro-Perdi
ello ; e fu il primo che fornì le navi di antenne e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu annebbiata da un vil tratto di
Minèrva n’ebbe pietà e cangiollo in pernice, uccello che memore della sua caduta pone il nido nelle siepi e vola poco alto
ale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo e più altre sue famose avventure, come sa chiunque ha letto l’amm
primo figliuolo di Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta, sua patria, si ritirò nella Cilicia, e s’impadronì de
ni. Per somigliante cagione il fratello Radamanto lasciò Creta e pose sua sede nelle isole del Mediterraneo, le quali volen
lluce ; ed Elena li chiama suoi germani fratelli, e nati dalla stessa sua madre (1). nulladimeno essi son chiamati per lo p
stori, dicendosi i giuochi, il tempio, la stella de’ Castori. E della sua gagliardia nel giuoco del cesto diede Polluce ins
ipe de’ tempi suoi, e perciò si annoverava fra’ giudici dell’inferno. Sua madre fu Europa, o Egina, fig. del fiume Asopo, d
desse un popolo nel numero uguale a quegli animaletti. Fu esaudita la sua preghiera, e quelle formiche furon cangiate in uo
; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue virtù, dal buon genitore fu più amato degli altri
oestrum), specie di mosca assai molesta agli armenti, la quale colle sue punture li mette in grandissimo furore. E la sua
enti, la quale colle sue punture li mette in grandissimo furore. E la sua smania fu sì strana che precipitossi in quel mare
curio, e quivi partorì Epafo. Allora Giove restituì ad Io la primiera sua forma, e volle che fosse da que’ popoli adorata q
ell’oracolo, andò nella Teucride, ove accolto dal re Teucro sposò una sua figliuola, da cui ebbe Erittonio. Quivi edificò u
e, padre di Priamo, il quale morì sepolto fra le ceneri dell’infelice sua patria. Dardano ebbe gli onori onori divini, e fu
e Strongoli (στρογγυλος, rotundus), così detta dalla rotondità della sua forma, e che getta fuoco con grande splendore ; e
sse, il quale da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella sua nave ad una catena di argento, salvo Zeffiro che
catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prospero fine di sua navigazione. Ma i compagni, per sospetto che nell
dò a Dodona per conoscere la volontà di Giove, che dava oracoli dalla sua altissima quercia ; ed Enea(1), lasciata la flott
iti a’suoi. Si sa che Tucidide, fanciullo, vi udì Erodoto recitare la sua storia. Il vincitore dei giuochi olimpici avea pe
tale, vicino al fiume Imbraso e sotto una pianta di vetrice(1). Nella sua fanciullezza fu educata da Eubea, Prosinna ed Asc
) Giunone alla stessa Samo antepose la superba Cartagine, ov’erano le sue armi ed il cocchio, tanto che meditava farla donn
lle grù. Finalmente Antigone, fig. di Laomedonte, re di Troia, per la sua bellissima chioma osò agguagliarsi a Giunone, la
ccello che col suo canto pare che applaudisca a se stessa e mostri la sua favolosa origine. Altri dicono che Giunone le can
uale legata ad uno scoglio aspettava il fatale arrivo del mostro. Per sua buona ventura la regale donzella fu liberata da E
e(3). Ercole consegnò la figliuola al padre per andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli n
e, dalla quale ebbe un figliuolo detto Teucro(2). Priamo dopo Arisba, sua prima moglie, sposò Ecuba, fig. di Dimante, re di
tutta quanta incendiava Troia. Siffatto sogno gettò Priamo e tutta la sua Corte nella più grande costernazione ; si corre a
inerva e più la nostra Giunone giurarono odio eterno a Priamo ed alla sua stirpe. Nell’Antologia, Venere schernendo Minerva
e città, visitò Sparta, ove con grandissima cortesia fu accolto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fra
spesso le conveniva giungere ad atti di sommissione poco degni della sua grandezza, di modo che il titolo di regina del ci
cagione avea fulminato Aiace, si crede vilipesa. Quindi obbliando la sua dignità e solo aspirando al piacere della vendett
ingercela come l’essere più infelice dell’universo. Nulladimeno della sua grandezza e potenza vi è assai a dire, ed i poeti
oi natali ; e ben conveniva che Giove avesse una consorte degna della sua grandezza ; e s’egli era il sovrano degli uomini
mini e degli Dei, Giunone esser dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portamento, di cui
ina de’ cieli colla sommessione di un suddito rispettoso innanzi alla sua sovrana ; e le dice ch’è tutta sua mercè se gode
un suddito rispettoso innanzi alla sua sovrana ; e le dice ch’è tutta sua mercè se gode del favore di Giove, se ha l’impero
e pettiere ; ma propriamente Iride era l’intima di lei cameriera e la sua messaggiera fedele(5). Giunone la pose in cielo i
a ; e quando ritornava dall’inferno in cielo, con profumi e con certe sue acque la purificava(2). Nell’Eneide(3) Giove sped
va(2). Nell’Eneide(3) Giove spedisce Iride per significare a Turno la sua volontà ; e Giunone la manda all’infelice Didone
osse fig. del Ponto e della Terra, perchè l’Iride o arco baleno colle sue estremità o corna attigne le acque dal mare. Esio
ortuna  ; ed i Romani dicevano che la Fortuna avea stabilita l’eterna sua dimora in Roma, ove sul Palatino, deposte le ali,
oni furon detti i Genii delle donne ; percui una donna giurava per la sua Giunone, come un uomo, pel suo Genio(2). Ella sop
edesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua che nel Campidoglio si venerava, come da’
nfe(1) ; ma più che di ogni altra, ella servivasi dell’opera d’Iride, sua fedele messaggiera, come abbiam detto. Il suo coc
il passere l’erano pur consacrati, e qualche volta veggonsi presso le sue statue. I Greci le offerivano il dittamo ed il pa
none Lucina, ed anche la melagrana, e con siffatte piante ornavano le sue immagini. La vittima a lei più spesso sacrificata
a della guerra, diminuisce il numero degli uomini(2) ; o perchè colle sue armi inspira timore e sembra di minacciare (quia
o pure afferma che dicesi Minerva, perchè dipingesi minaccevole nelle sue armi (minitans armis). Altri finalmente dalla mem
uoco, e però furono dagli Ateniesi prevenuti ; percui Minerva pose la sua sede in Atene. Ma Giove conoscendo la buona dispo
a assai nelle lettere e nelle arti, e forse ancor nelle armi, dopo la sua morte fu tenuta come una Divinità che alle belle
inerva, come in Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III
oma nel tempio Capitolino alla destra di Giove, che avea Giunone alla sua sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra gl
ienza, sotto le sembianze ed il nome di Mentore, si fece, nella varia sua fortuna, fedelissima scorta. E con ciò i poeti vo
mini, ne’ fortunosi accidenti scorge a gloriosa meta. In segno della sua potenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma di
a città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran fortuna di mare, e le sue navi ruppero presso il promontorio Cafarea, sul q
η, Minerva) dal suo nome, e se l’ebbe cara, e le piacque averla nella sua special tutela. Varrone(1) però racconta che, reg
uel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acchetare col trarre dalla sua parte principalmente le donne. E ciò vuol dire la
uella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma la fama delle sue opere maravigliose andava sì grande per quelle co
ii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta si studiò di vincere la sua divina rivale, e fece un broccato da reggere al p
rva fu trasformata in ragno e che pur non lascia di esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttavia quella tela di sì m
tela di sì mirabil lavoro. Ed in greco aracne vuol dire il ragno e la sua tela. (Suida). E incerto a qual Nume debba attrib
Argo, chiamata da Fedro opera Palladia (2). Giasone, al ritorno della sua spedizione, consacrò questa nave a Minerva, che l
erma che il cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Prudenza, cioè da Minerva, diret
custode delle città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era un tempio consacrato a M
ntichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si sa che il sistro era sua invenzione. Così Minerva inventò il flauto ; e Pi
ella lira e della cetra. L’arte nautica dovea molto ad Iside, e nelle sue feste si portava una nave ; ed i Greci dissero ch
i erano giudicati. Oreste, dicevano essi, avendo uccisa Clitennestra, sua madre, fu dalle infernali furie assalito. Per lib
eva poterle dare che un bel peplo. Callimaco(2) descrive Pallade e la sua ninfa vestite di peplo ; e Teocrito loda Cerere d
eo vedesi la Dea vincitrice di un gigante, che ha steso a terra colla sua asta ; per cui cantò Dante : ……. vedea Pallade e
me mai, essendo il gallo simbolo della vigilanza ; o perchè esso è di sua natura pugnacissimo ; percui conveniva alla Dea d
) domandò all’amico Attico un’Ermatena, da servire per ornamento alla sua accademia. Vi è chi crede ch’essa sia la stessa c
ea oltraggiato Crise, suo sacerdote, col tirare sul Greco esercito le sue micidiali saette, vi suscita grave pestilenza. Il
e talora il Sole chiamasi Iperione, quasi supergradiens, perchè fa le sue passeggiate per le soprane regioni del cielo, Por
ungo errare, giunse ad un bel lago della Licia, ove volle spegnere la sua gran sete. Ma molti contadini intesi a raccoglier
gare il suo mal talento contro Latona, comandò a Tizio che facesse le sue vendette. Era questi un enorme gigante, creduto f
madre Latona da ogni oltraggio del gigante difese, uccidendolo colle sue saette, e confinandolo all’inferno, ove disteso o
il corso del Sole, fosse morto prima di compiere l’audace opera delle sue astronomiche contemplazioni. Un Fetonte, re de’Mo
di Fetonte che volea lasciar la cura del suo cocchio. Ma le maggiori sue sventure ebbero quest’altra cagione. Figliuolo di
morte di Esculapio adirato, volle farne vendetta, e non potendo l’ira sua sfogare con Giove, uccise di saetta i Ciclopi, fa
il tripode, i tempii, i poeti, i vincitori ne’ giuochi Pizii ec. e le sue statue ne’ monumenti veggonsi o coronate di allor
alto e con mirabil destrezza ; ma il vento Zeffiro, per fare qualche sua vendetta, spirò più gagliardo e spinse il disco a
acque in Pimpla vicino al monte Olimpo. Mirabile e quasi divina fu la sua perizia nel suonar la lira donatagli da Mercurio
co al suo pianto le rupi del monte Rodope. E tanta fidanza ebbe nella sua lira, che discese all’inferno per la profonda cav
dolore. Orfeo insegnò pure l’astronomia a’ Greci ; ed il suono della sua lira composta di sette corde rappresentava l’armo
Quivi lagrimando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorevolmente, gli propo
resente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della sua maestria nel suonare il flauto, veniva al paragon
l satiro non potè colla piva seguirlo. E però vinto pagò il fio della sua temerità, perchè Apollo, geloso di sua gloria, le
E però vinto pagò il fio della sua temerità, perchè Apollo, geloso di sua gloria, legatolo ad un albero, il fece vivo vivo
liardo vento trasportato sul monte Sipilo, è tuttavia monumento della sua empietà verso i Numi e dell’ acerbità del suo dol
e bellissima prole. Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal cult
nzio. Palefato vuole che sia nata la favola dall’aver Niobe posta una sua statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli.
Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata la virtù di presagire il futu
 ; e fingendo amorevolezza, pregolle a volersi ricoverare per poco in sua casa. Vi andarono esse, ma come furono entrate, c
llemente seguirle, precipitò da quell’altezza e riportò la pena della sua insolenza. I Traci eran gente barbara ; e Pireneo
però chiamasi spesso bivertice (δικορυμβος. Lucian.) da’ poeti. Alle sue falde era il fonte Castalio, le cui acque a bere
anzi a rappresentare il Genio di qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro,
emia di musica da Giove stabilita in Creta, in cui primeggiavano nove sue figliuole, e queste furon poscia le Muse, ed egli
, e dal suo bel mezzo si spicca un ramo che forma il Parnaso, e colla sua estremità l’Elicona ; e però spesso da’ Poeti il
il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure la virtù di poetare. Notisi inf
ioni astronomiche. Sulle medaglie della famiglia Pomponia tocca colla sua bacchetta un globo che poggia su tre piedi, ed ha
. Si vuole edificato da Manto, fig. di Tiresia, la quale, presa Tebe, sua patria, dagli Epigoni, erasi nella città di Claro
do non molto lontana da Delfo, spesso si prende l’uno per l’altro. Le sue risposte non eran che liete ; e s’eran triste, es
candidissime, e che Apollo gliele trasformò in nere per punirlo della sua loquacità. Un giorno(2) avendolo mandato quel Num
he il cigno, perchè stimasi avere quasi un presentimento della vicima sua morte, la quale esso annunzia con un canto dolcis
l consorte. Anfiarao impose al figliuolo Alcmeone di vendicar dopo la sua morte il tradimento della madre ; ed andato a Teb
Apollo sulla perizia nel maneggiar l’arco, questo Nume sdegnato colle sue frecce l’uccise. Le quali cose dissero i poeti, p
o’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano fa sentire la sua influenza. Si vuole che avesse ricevuto da Vulcan
sua influenza. Si vuole che avesse ricevuto da Vulcano e l’arco e le sue frecce inevitabili. Sotto la protezione di Apollo
ancora la pietra, sulla quale il celeste muratore avea appoggiata la sua lira, e che da quell’istante rendeva toccata un s
ormati in porci per virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magica verga. E lo stesso sarebbe accaduto ad Uli
ve Scilla era solita bagnarsi ; percui, entrandovi questa, secondo la sua usanza, subito sentì cangiarsi la metà inferiore
a metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della quale sua deformità forte vergognandosi, gettossi nel mare
tacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che colora delle sue vampe. I Greci asserivano di sentire un certo rum
so occidente, allorchè il Sole si tuffava nel mare e si estingueva la sua luce nelle onde, come se il mare stridesse nel di
nge con un gran velo sulla testa rivoltato indietro, e dice che colle sue dita di rose apre le porte dell’oriente ; e ch’ e
detta da Winckelmann la più bella fra le statue di questo nume ; e la sua testa, il colmo dell’umana bellezza. Esso in pied
gambe incrocicchiate è in atto di unire il canto al dolce suono della sua lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti di
più grande di quelli descritti dagli altri poeti. Il complesso delle sue forme sollevasi sopra l’umana natura, ed il suo a
sembra che una tenera morbidezza scherzi sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella dolce
quella dolcezza che mostrar suole allorchè le circondano le Muse. La sua morbida chioma pare unta coll’olio degli Dei ; e
alle Grazie annodata ». Queste e più altre parole ; nell’estasi della sua ammirazione per l’Apollo di Belvedere, diceva il
enza le affaticate musculature di Ercole, ancorchè deificato. L’aurea sua clamide si allaccia gentilmente sull’omero destro
porto di Rodi ; e le navi a vele gonfie passavano liberamente fra le sue gambe. Un forte tremuoto il ridusse in pezzi, ed
ittori adoperano ogni fiore di bellezza. Egli va superbo per la bella sua chioma lunghissima(2), che portava tutta profumat
la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione di una f
più cara per cagione di una fiorente avvenenza che ornava le fresche sue guance, sulle quali non mai spuntò anche picciola
iovinezza, perchè il sole sorge sempre mai collo stesso splendore. La sua lira infine che avea sette corde, significava i s
la dell’ Egeo, ove Apollo era nato. Apollo intonso, intonsus, per la sua lunga chioma ; da’ Greci, ακειρεκομης. Apollo Ip
o, come la chiama Orazio, o secondo Eschilo, l’occhio della notte. Le sue influenze si temeano assai dagli antichi, come qu
gilio(4) ci rappresenta la Notte che precipita dal cielo e colle nere sue ali abbraccia la terra. Le si sacrificava un gall
cenna con mano. Luciano ancora descrive l’isola ove il Sonno avea la sua reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva
col papavero ed una lucerna rappresenta il Sonno. Credevasi che colle sue ali ricoprisse quelli che voleva addormentare. Il
a giovinezza ed un perpetuo sonno. Altri raccontano che Giove, per la sua giustizia e probità, accolto lo avesse in cielo ;
un bassorilievo(1) si vede la Luna preceduta da Espero che spegne la sua face nelle onde, e seguita da uno de’ Dioscuri, m
e la sua face nelle onde, e seguita da uno de’ Dioscuri, mentre colla sua nera biga precipita nell’oceano. Gli antichi attr
chiamava Diana ; epiteti convenienti a Diana Luna che illumina colla sua luce la notte. E credo che si chiamò Fascelis non
e che Giove le si mostrasse armato di fulmini e nello splendore della sua maestà. Diviene vaga oltremodo l’incauta giovane
presente convertiti in delfini ; ed Acete, ricevendo il premio della sua pietà, su quella nave portò a Nasso il nume, suo
eva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il canto a suon del flauto, per cui era f
rgie mossero Penteo a tal dispregio di Bacco ed a tanto sdegno per le sue feste, che a tutto potere cercò distoglierne i su
pinge più stranamente furioso, anzi feroce, che non fa Euripide nelle sue Baccanti. Il cieco vate Tiresia, di cui Penteo de
prima di ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ clamori delle sue feste, obbligando le donne Tebane a far pazze all
armata mano, gl’impedì ch’entrasse in Argo ; nè mai permise che nella sua città prendessero piede le orgie di quel nume. Pa
uomini il prezioso frutto della vite, fu molto amichevolmente in casa sua accolto da Icaro e dalla figliuola Erigone. Era q
ro fatto per ammaestrare que’ popoli. Imperocchè, volendo egli che la sua beneficenza non si restringesse nel solo suo regn
tali e feroci. Quanto poi al tirso, leggiamo in Esichio ch’esso nella sua greca origine significa qualunque cosa di figura
one attorcigliato di pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle sue guerre dell’ India, e che i suoi seguaci portavan
guisa fin nelle Indie, dove combattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ qua
ce che il primo Sileno avea una coda, della quale fu fornita tutta la sua posterit Nel Museo Borb. Vi è un Sileno vecchio,
apprese assai buone cose ; il che finse per conciliare autorità alle sue leggi ; e trattò quel piacevole ospite con modi m
o, racconta all’amico Anchise la trasformazione in colombe di quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la virtù di ca
bravano ; Edonidi, dal monte Edone, nella Tracia, ove celebravansi le sue feste ; Evias, o Evia da Orazio(1) chiamasi una B
inosa pugna del mondo, che Ovidio(5) descrive con tutt’i colori della sua vivace fantasia. Orazio coll’esempio della feral
). Tibullo rappresenta Bacco con dolci grappoli di uva pendenti dalle sue corna. Nella così detta casa del Questore a Pompe
accanti. In una statua del Museo Borbon. vedesi Bacco nel fiore della sua immutabile giovinezza, e col braccio sinistro app
sici che assistono alla festa. Ercole comparisce in tale stato che la sua forza vinta si vede dalla ubbriachezza, poichè no
bbandonare a’ Fauni che gli sono accanto, la cura di portare l’enorme sua clava, ma non potrebbe reggersi in piedi, se non
n un antico dipinto Pompeiano vi è un Bacco, « il quale florido nella sua conta e bella giovinezza siede maestosamente sopr
co il primo insegnò a cavare il sugo dell’uva ; o da Brisa, una delle sue nutrici. Persio chiama Briseo il poeta Accio a ca
ma delicata ; κρυσοκομης, dall’aurea chioma ; epiteti di Bacco per la sua bella e delicata capellatura. Κρισσοκομης, e κισσ
o, Θυωνευς, Thyoneus, fu detto Bacco o da θυειν, furere ; o da Tione, sua madre, perchè egli scese all’inferno per trarne l
una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che Bacco, in segno della sua perpetua gioventù, avea la mitra serpentina, perc
alla foggia delle immortali, e così la condussero all’Olimpo, ove la sua bellezza destò la maraviglia di tutt’i numi. Giov
iano i Mitologi. IV. Vittoria di Venere sopra Giunone e Minerva, e sue conseguenze nella condotta dell’Iliade e dell’ En
none, pel pomo della Discordia, concepì un odio implacabile contro la sua rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sd
quella città sventurata ; mentre Venere pone in opera tutte le forze sue per salvare e l’una e l’altro, se stato fosse pos
olpì Enea nel ginocchio, e già questi era presso a morire, se Venere, sua madre, oprendolo del suo peplo, non avesse impedi
iosa alla divinità, che per questa ragione Platone cacciò Omero dalla sua repubblica ; e Pittagora disse ch’egli era crudel
hi lo portava, tanto che Luciano dice che Mercurio involò a Venere la sua cintura per significare che questo nume possedeva
Continuazione. Ma i fati traevano Troia a dover sostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte d
oncordia e non più brigarsi de’ fatti degli uomini, Venere rinnova le sue lagnanze pel pernicioso odio di Giunone contro i
finalmente, dopo varii casi e molti acerbi e duri perigli, Fondò la sua cittade, e gli suoi Dei Ripose in Lazio : onde co
Apuleio poi afferma (4) che Mercurio sempremai assisteva Venere colla sua eloquenza. Esiodo rappresenta questa Dea accompag
igliuoli il principale era Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama sua forza e sua maggior potenza, come i figli soglion
principale era Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama sua forza e sua maggior potenza, come i figli soglionsi chiamare
ebbe felicissimo matrimonio. Quindi agli sposi novelli si augurava la sua felicità ; e di lui si fece un nume dell’innocenz
e, principii delle cose, secondo Empedocle. Essa sposò Cadmo, e nelle sue nozze intervennero tutti gli Dei e le fecero de’
numero delle città, in cui un nume era venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per esso argomento di maggior dignità
o di regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandonare per poco la sua diletta Cipro. Vediamo brevemente de’ principali.
che fu portata a Gnido ed alla quale fu debitrice quella città della sua rinomanza e del concorso de’ forestieri. Questa s
è quando morisse : ma pare assai verisimile, ch’egli mancasse in Coo, sua patria, mentre dipingeva la seconda Venere, la qu
o(3) anche il cocchio trionfale di Cupido fa tirare dalle colombe. Le sue chiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai
In esso inchinatosi per bere e veggendo nello specchio delle acque la sua immagine, fu attonito di quella singolare e fresc
opolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo di na
a fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo di natura sua bellicoso e che al valore guerriero doveva la sua
un popolo di natura sua bellicoso e che al valore guerriero doveva la sua origine e la sua grandezza, stava assai bene sott
ra sua bellicoso e che al valore guerriero doveva la sua origine e la sua grandezza, stava assai bene sotto la protezione d
(2), rivolto a Romolo, gli dice che avea col latte succhiato l’indole sua feroce. Or si finse Romolo nato da Marte anche pe
subsuli, voce forse foggiata dal poeta per esprimere più vivamente la sua idea. Livio(4) dice che Numa statuì dodici sacerd
il cingolo o sia la fascia di Marte (balteus Martis) per segno della sua diguità di regina delle Amazzoni. Ercole, per com
e di lunati scudi Guidar Pentesilea le armate schiere De le Amazzoni sue , guerriera ardita Che succinta, e ristretta in fr
o : « In tal sembianza Termodoonte il bellicoso stuolo De l’Amazzoni sue vide in battaglia Attorneggiar Ippolita, e col ca
ollocato fra gli astri, e chiamasi Enioco o il cocchiere. Pelope e la sua famiglia per questo fatto di Mirtilo, furon costa
dipingeva un lupo che portava seco una pecora, perchè il lupo per la sua rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. E
atue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era sacro per la sua indole guerresca, e come simbolo della vigilanza.
volte grandissimo (a τρεις, tres, e μεγιστος, maximus), forse per le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di somm
debbo presentarmi a Giove, il quale mi manda or su, or giù con tante sue ambasciate e mi abbliga a ben lunghi viaggi. Da’
ma indice (Index, i.e. lapis Lydius) e porta nel nome l’infamia della sua origine. In un monte della Messenia vedevasi un s
disperando di poter conoscere l’autore del furto, pensò di marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli ar
i di Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il rubatore delle sue pecore. Piacque tanto ad Autolico l’astuzia di Si
econdo, Mercurio, appunto perchè destava la maraviglia di tutti colla sua sovrumana eloquenza (quoniam ipse erat dux verbi)
ava al pascolo gli armenti ; e che Mercurio, volendo far pruova della sua virtù, ed imbattutosi a caso, sul monte Citerone,
a divelto anco il fatale Suo dorato capello ; nè dannata Era ancor la sua testa all’Orco inferno. Caro. Allora Giunone, av
ncarico ; ma la verga di Mercurio, dice Virgilio (4), e quella che ha sua possanza fin nell’inferno, e con essa egli richia
le anime de’ giusti al lieto soggiorno degli Elisi, e che coll’aurea sua verga, a guisa di pastore, si mena innanzi le omb
eduto avea un artete a lato(2), forse perchè quel nume tenea sotto la sua protezione gli armenti e li faceva crescere(3) An
o, Viale (ab εν, in, et οδος, via), quasi preside delle strade ; e la sua statua si poneva ne’ trivii per indicare la via.
e, dalle quali cento voci uscivano insieme, quando la Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re
apitavano nel suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava. Ma per sua mala ventura provocò anche Ercole, il quale l’att
che Ercole, il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra, sua madre, gli dava nuova forza ogni volta che, caden
i figliuoli ; ma può anche dirsi a ragione ch’essa in tutta quanta la sua superficie fosse stata da’ gentili popolata di va
dunco in varie guise Anima la siringa, e fa che dolce Versin le canne sue musa silvestre. Marchetti. VI. Continuazione.
vivanda formata di varie specie di cibi. E Pescennio Festo scrisse le sue storie per saturam, che eran le varie istorie (πο
ui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la sua destrezza nel coltivare i giardini, meritò la man
suoi vanni. Ad ogni passo di lei spunta dal suolo un nuovo fiore ; la sua fronte ba il candore del giglio ; le guance sono
chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e nel collo un monile : la sua rossa tunica è affibbiata sulla sinistra spalla,
della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gli onori divini. I suoi misterio
ευρυστερνος, per ragione dell’ampiezza del suo seno, cioè delle vaste sue pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudrice di giova
vicino a tramontare la videro infatigabilmente intesa a cercar della sua Proserpina(2). Nelle mani avea due gran faci acce
tutto quel tempo, non gustò cibo, se non che il papavero, che per la sua virtù sonnifera, valse ad ammorzar qualche fiata
da dire alla madre che cosa fosse della figliuola. Ma pur vide su le sue acque galleggiare la cintura di Proserpina ; il c
uoi doni. Allora, per pietà di sì gravi mali, la ninfa Aretusa, dalle sue chiare acque levando il capo, alla dea disse che
sopra il suo cocchio, e piangendo dice a Giove che Proserpina era pur sua figliuola, e non convenire che se l’abbia in mogl
Giove la racconsola, mostrando che non tornavan certo quelle nozze a sua vergogna ; che Plutone era suo germano e che Pros
cilia particolarmente venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la quale M. Catone(1) chiamò la Sic
semenza delle biade, la quale nascosta sotterra è cercata da Cerere, sua madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Pluto
Ligea ; ed eran figliuole dell’Acheloo, fiume della Grecia che ha la sua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali,
questo nome, la quale presso quella ridente e deliziosa città ebbe la sua tomba. Secondo Servio, vi eran negli antichi temp
e volea ad ogni modo trovar la figliuola, aprì a quella Dea che nella sua isola prediletta non già, ma bensì nel regno infe
regina, quando per occulte vie gettavasi sotterra per congiungere le sue acque con quelle dell’Alfeo. Or lieta la dea a ta
Alfeo, mutato in un fiume non mi seguisse, alle mie unendo le chiare sue onde.» Così la ninfa Aretusa narrò a Cerere la su
e unendo le chiare sue onde.» Così la ninfa Aretusa narrò a Cerere la sua mirabile trasformazione. Cicerone(1) così descriv
a Trinacria giace l’isola Ortigia, ove sgorga l’Alfeo che confonde le sue acque colla fontana Aretusa . Si racconta che una
giorni si trattenne a cielo scoperto ; ma ritrovata da Celeo e da una sua figliuola, fu amorevolmente invitata a casa loro,
i Linco, cangiandolo in lince, fiera di vario colore che significa la sua indole astuta ; e volle che Trittolemo continuass
che in essi s’insegnavano i principali dommi dell’unità di Dio, della sua provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’
a Fame, per soddisfar la quale consumò tutto il suo avere e vendè una sua figliuola Mestra o Metra, la quale, ricevuto da N
perimentare la divinità degli Dei che nel loro pellegrinaggio avea in sua casa ricevuti, fece cuocere il figliuolo Pelope e
la destra, e sostenendo colla sinistra un cesto ricolmo di spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda di s
con fiaccole in mano, in memoria di Cerere che andava in cerca della sua Proserpina ; e si facevano per otto giorni nel Ci
li Egiziani ; il terzo, fig. di Giove terzo e di Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, si
tettore di quelli che lavorano il ferro. Ed era sì perfetto nell’arte sua che tutte le armi degli Dei, ed anche i fulmini d
anelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo nel dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un peplo ed una col
dio l’ufficio di coppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come la sua deformità non era conveniente ad inspirare la gio
giganti il nostro inclito zoppo Vulcano, malgrado la debolezza delle sue gambe, non mancò di adoperarsi per la salvezza de
i, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo ravvolge ne’ vortici delle sue onde e comincia non mai udita lotta coll’eroe, il
ssero stati guidati, per la coda indietro tirandoli, li condusse alla sua spelonca. Ma dal mugghiare delle bestie accortosi
hiare delle bestie accortosi Ercole del furto, percuotendo Caco colla sua clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig. di V
υτος, αγακλυτος e περικλυτος, celeberrimo, in Omero ed Esiodo, per la sua perizia maravigliosa nelle arli. Etneo, Aetnaeus
nelle arli. Etneo, Aetnaeus, dal monte Etna, in Sicilia, ove avea la sua fucina. Κυλλοποδιων, zoppo, da κυλλος, claudus, e
rivendo il modo di vivere del suo zio, racconta ch’egli cominciava le sue letterarie vigilie net di delle feste Volcanali,
elo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che Giove amò assai questa sua figliuola specialmente per la sua verginità ; e c
ana dice che Giove amò assai questa sua figliuola specialmente per la sua verginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli
schi ed i monti e feriva i cervi al corso. In breve, la caccia era la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori, e del
Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non che della sua virtù, e degli omaggi
attere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non che della sua virtù, e degli omaggi degli uomini, vendicativa,
ggia uccise a colpi di freccia per averla dispregiata a cagione della sua veste corta a foggia di uomo. Di Orione ancora ra
o, Deianira e Tideo. Di Meleagro raccontasi che, sette giorni dopo la sua nascita, apparvero ad Altea le tre Parche, le qua
iammati stillavano sangue ; e notte e giorno l’inseguono, mentre alle sue orecchie risuonano di continuo le grida della mad
ropose che uno di loro fosse immolato e rimandato l’altro libero alla sua patria ; il che diede occasione alla gara de’ due
ana su’monti di Delo o sulle sponde dell’ Eurota in mezzo alle ninfe, sue seguaci ». Diana oltre a ciò presedeva a’parti, d
a nostra Dea ; ma pare che il culto di lei avesse avuto la principale sua sede in Efeso, famosa città della Gionia, ove in
econdo il Millin, Diana, in una bella pittura, è seguita dalle Ninfe, sue compagne, dalle quali si distingue per la mezza l
ta o sul monte Cinto, da cento e cento Oreadi accompagnata, esegue le sue danze, colla faretra su gli omeri, tutte le altre
e, colla faretra su gli omeri, tutte le altre seguaci superando colla sua nobile statura. Sulla maggior parte delle medagli
Lucina dicevasi Diana come Dea de’ parti, perchè il parto per opera sua veniva alla luce. Diana saeva dicesi da Ovidio(1
a Grecia. L’antica Grecia avea ben molte ragioni per abbellire la sua origine col maraviglioso delle favole. Furono qui
o, il quale sostiene che da Sansone principalmente, per la prodigiosa sua forza, i poeti hanno foggiato il loro Ercole, pri
randissima. Or quest’eroe fin dall’infanzia mostrò la grandezza della sua forza. Giunone mandò per divorarlo due orribili s
che si appella il leone Nemeo. Il quale essendo invulnerabile per la sua pelle durissima, Ercole con inudito valore, preso
le con inudito valore, presolo pel collo, lo strozzò e vestissi della sua pelle. Furono per ciò istituiti celebri giuochi d
stifero che il solo alito uccideva i viandanti. Ercole l’assalì colla sua clava, ma indarno, perchè mentre abbatteva un cap
quell’eroe, erano venuti ad un serio combattimento co’ Lapiti. Delle sue spedizioni stabilì pure un termine nelle così det
do il ferì nel petto ; il quale, vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia tinta del proprio sangue, facendole crede
i dolori, fatto un rogo e postavi sopra la pelle del leone Nemeo e la sua clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig.
uoi cavalli. Con Argo confinava Micene, da Orazio(1) celebrata per le sue dovizie. Da Argo sino a Stenelo regnarono quattro
tro di lui poderoso esercito e l’ obbligò a dar loro in matrimonio le sue figliuole, le quali per consiglio del padre nella
. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica era sterile di sua natura, ma per l’industria degli abitanti reudeas
dall’oscurità dell’oracolo, persuase-il novello ospite d’impalmare la sua figliuola Etra. Egeo intanto, temendo di condurre
levò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella quale, riposta la sua spada, sordo a’pianti della sconsolata, si accomm
per orrore del commesso parricidio, si cavò gli occhi e maledisse la sua infelice discendenza. Intanto i due suoi figliuol
egi di natura, talchè fu riputata il dolce soggiorno delle Muse, e le sue delizie andarono in proverbio. Si vuole poi che n
n altro, Ila, fig. di Tiodamante e molto caro a quell’eroe, fu per la sua bellezza dalle Ninfe rapito nell’atto che bevea a
ostinato assedio quell’infelice città, il quale non terminò che colla sua totale distruzione ? Lo sdegno de’ numi, dicono i
bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade, poema inimitabile, che non debbe essere g
hille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanzava(1), e la sua velocità oltremodo celebrarono i poeti, percui sì
emo duce Agamennone, diciamo che avendo questi restituita al padre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo,
di Peleo, sdegnato oltre misura, si ritira sopra le navi con tutta la sua gente e ricusa di più combattere pe’ Greci. Noi d
o ed il più ingegnoso de’poemi conosciuti. Achille si rinchiuse nella sua tenda, ove procurava di consolarsi di quell’ingiu
il dice morto in un combattimento presso le mura di Troia(1). Dopo la sua morte nacque una famosa gara fra’Greci per ottene
che la venuta di Enea in Italia sia una mera favola. Per dire poi le sue avventure bisognerebbe ripetere quanto di lui can
che voglion dire scuotere il suolo, perchè il mare coll’impeto delle sue onde scuote la terra. II. Storia favolosa di N
lorchè descrive il modo come egli sdegnato con Eolo, che senza saputa sua suscitato avea, ad istanza di Giunone, fiera temp
i altri greci capitani. Presso Ovidio(4) Venere dice a Nettuno che la sua potenza è prossima a quella di Giove. Egli dallo
chiamasi l’assoluto signore de’fiumi, i quali pronti ubbidiscono alla sua voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sg
, dicono i poeti, tremò non solo la terra, ma lo stesso Plutone nella sua reggia, temendo che a quella scossa non si apriss
isto regno delle ombre penetrasse la chiara luce del giorno. E questa sua potenza, per la quale chiamavasi scotitor della t
il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa sua potenza sul mare ci dà Virgilio(3), quando dice c
etto freddo, perchè nascendo dall’ Etna, porta al mare gelidissime le sue acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi nel m
Per tale fatto quella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Le
strigoni fu Lamo, di eui fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per sua mala ventura, alla loro spiaggia approdò Ulisse,
igli ebbe Nettuno ; Ergino, che fu uno d’egli Argonauti, e che per le sue molte conoscenze nautiche ed astronomiche, succes
e pugne, e per la loro abilità nelta nautica. Sesto Pompeo, gonfio di sue vittorie in mare e della gloria acquistata, volle
redenza degli antichi che quel trombettiere col suono fragoroso della sua conca quasi sgridava le onde commosse, e che ques
che si trasforma in varii corpi. Ora per ottenere che Proteo desse le sue fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo nel
na considerevole differenza nel getto de’capelli che al disopra della sua fronte s’innalzano. Alle volte si rappresenta co
ger, et Tridentifer, Tridentiere, dicesi Nettuno(4), perchè l’insegna sua principale era il tridente. VII. Alcune altre
sapendosi che a quel nume si sacrificavano tori di color nero(6). Le sue feste chiamavansi Neptunalia, e si celebravano so
, la moglie Anfitrite avesse indotto Circe a trasformare Scilla colle sue magiche arti in mostro marino. Pare che Virgilio
hè si conoscesse appieno questa materia. Ovidio(2) ci ha dato pure la sua descrizione dell’Inferno ; ma è stato poco accura
o su rapida ruota, e ad insaziabili avvoltoi Tizio fa pasto dell’atre sue viscere, mentre per nove ingeri è prosteso al suo
che fugge e che quando è già presso al labbro, più avviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’empia prole di Danao, la q
le rive della Stigia palude, nè da Caronte sono ammesse nella vecchia sua barca che dopo sì lungo spazio di tempo. Nè quel
ifesa da un lago di nere acque e cinta da annose e folte selve. Della sua bocca usciva un alito, anzi una peste, percui gli
rcondano, sono stati cangiati in vigneti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di A
a da Livio (1), si scorge che vi erano due Acheronti, uno che avea la sua sorgente nella Molossia, parte dell’antico Epiro,
vi straripa furibondo e fa tutto rimbombare co’ rapidi vortici delle sue fiamme, lanciando infuocati macigni. Anche il Coc
ce Virgilio (1), fiume limaccioso e che abbonda di canne, colla tarda sua onda, e lo Stige che con nove giri l’Erebo circon
bili, è una palude di orrida pece e di solfo limaccioso e fumante. Le sue acque mandavano fuori una nebbia foltissima, perc
ove si dice che ciascuno soffre i suoi Mani(5), cioè i suoi mali, le sue pene. Ovidio e Tibullo (1) allogano il Cerbero a
iale suo capo ; e pestifero fiato e tetro veleno esca della trilingue sua bocca ; ma questo poeta che qui dà al Cerbero tre
eno dalle ardenti faci delle Furie agitati e scossi. Ciascuno è dalle sue magagne e da’ suoi errori in istrana guisa agitat
magagne e da’ suoi errori in istrana guisa agitato ; ciascuno è dalle sue scelleratezze ridotto all’insania, i ferali pensi
n riguardo nè a dignità, nè a ricchezze. Egli dovea trasportare sulla sua barca le anime de’ morti, non già i corpi de’vivi
corpi de’vivi ; percui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella sua nave e portarlo di là della stigia palude (1). E
fatto ricordavasi Caronte che avendo per timore accolto Ercole nella sua barca, quando questo figliuolo di Giove volle and
) era solito confidargli ogni suo segreto, avendolo pure ammesso alla sua mensa ; ma Tantalo ebbe l’imprudenza di svelare a
ivelato agli uomini i segreti de’numi. Altri lo dicono insigne per la sua astuzia e pe’suoi ladronecci, poichè, dopo avere
onecci, poichè, dopo avere spogliato gli stranieri che cadevano nelle sue mani, li faceva morire con un gran sasso. A Sisif
di Flegias, chiamato perfido da Orazio, perchè ammesso da Giove alla sua mensa osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pe
i un obolo pel trasporto ; da che è nata la favola di Caronte e della sua barca. Le varie dimore, dice il Banier, che Virgi
ndevasi, e ciascuno mosso dall’altrui esempio temeva di disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non er
no mosso dall’altrui esempio temeva di disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non era convinto di alc
hè regnava in luoghi assai bassi riguardo alla Grecia, ove Giove avea sua signoria. Il suo dominio stendevasi sopra gl’infe
verna l’universo. Abbiam detto che Plutone avea il suo soggiorno e la sua signoria nelle miniere, e che per ciò era tenuto
Giove terrestre. Ferale, soprannome dato a Plutone per quell’indole sua crudele ed inesorabile, per la quale fu detto da
asi qual segno funebre avanti la porta de’ defonti (6), e ciò per una sua proprietà, che una volta reciso, non rinasce mai
i scuotere l’universo fin dalle fondamenta. Ma le Parche arrestano le sue minacce e con quelle mani, con cui regolano la se
llo(2), le Parche predicevano sul nascere di ciascuno il tenore della sua vita, filando quello stame fatale che a nessuno d
dividere, perchè le Parche distribuiscono ed assegnano a ciascuno la sua sorte ; o da μοιρα, fato, perchè le Parche spesso
Plutone. Il rapimento di questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua vita che i pittori e gli scultori abbiano rappres
icava una troia, ed anche una vacca nera e sterile(1), in segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa
II, 52. Strab. VII, p. 231. (3). Ovid. Met. XIII, v. 716. Vocalemque sua terran Dodonida quercu. (4). Dionys. Hal. I, 51 
54. (3). Virg. Aen. VI. v. 325, sqq. (4). Plorantemque animam supra sua funera vidi. Stat. Silv. I. 22. (1). Virg. Aen. 
11 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
on Cilice e Fenice, suoi fratelli (2), dovette andar cercando Europa, sua sorella(3). Egli avea fatto tutte le possibili pe
di Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però attribuì tutte le sue seiagure al destino del luogo, ove soggiornava ;
impedire la veriocazione del funesto vaticinio. Acrisio rinchiuse la sua figliuola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giov
loro, che Nettuno si sarebbe placato, qualora Cefeo avesse esposto la sua figliuola, Andromeda, a divenire cibo del vorace
ore di Polidette, anch’ egli vi concorse, e molto vi si segnalò colla sua destrezza nel giuoco del Disco. A’ medesimi giuoc
Creteo, del regno di Iolco, che apparteneva ad Esone. Temendo, che la sua usurpazione fosse per produrgli tristi conseguenz
va preso le sembianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al di là di quelle acque ; e allora vi per
adre di Giasone, non potè gustare la gioja di quelle feste, attesa la sua decrepita età. Il pietoso figlio, osservando il g
’impresa propostagli, ciò nulla ostante non curavasi d’adempiere alla sua promessa, e continuava a ritenersi l’usurpata cor
ve, essendosi riconciliato con Medea, e avendo dato varie prove della sua prudenza e del suo invitto valore, meritò dopo mo
ero, i quali presagirono la gloria, ch’egli era per acquistarsi colle sue esimie azioni (c). Giunone poi insistette nell’ i
dono ; che Giunone ad istanza di Minerva abbia alquanto cessato dalle sue persecuzioni, ed abbia ella stessa somministrato
Eurito (b) a tirare d’arco, in età d’anni dieci otto scaricò tutte le sue frecce contro quell’animale, e sopra il medesimo
ue frecce contro quell’animale, e sopra il medesimo perfino spezzò la sua clava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’uccider
ra impenetrabile. Lo incalzò quindi in guisa, che lo ridusse entro la sua caverna, la quale aveva due aperture. Dopo d’aver
quale a guisa di glorioso trionfo portò indosso tutto il tempo della sua vita(c) (5). Mentre Ercole si avviava a combatter
iacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le sue frecce : dal che ne avveniva, che le ferite, reca
avano incurabili. Euristeo però, come seppe, che Ercole avea avuto in sua compagnia Jolao, non volle annoverare questo trav
un anno nell’inseguirla con tale costanza, che la stancò, se la fece sua , e la portò sulle spalle a Micene(d). Euristeo i
uanto gli si era prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adempiere alla sua promessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Lepre
seppe, che l’ Eroe accingavasi ad attaccarlo, affidò il comando delle sue truppe a’due fratelli, Eurito e Cteato, detti Mol
rimase ucciso nel combattimento(a). L’ Eroe poi saccheggiò a Neleo la sua città, e mise a morte lui, e tutti i figli(13), c
lotta, e più volte ne rimase atterrato ; ma qualora toccava la terra, sua madre, questa sempre gli somministrava forze magg
a Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome di sua moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi travagli si
onneso, faceva morire i passeggieri, schiacciando la loro testa colla sua . Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). E
lio di Licinnio, fratello d’ Alcmena, erasi rècato nella Spagna’nella sua prima gioventù. Mentre egli passava dinanzi alla
Atlantici. L’ Eroe avea inutilmente scaricato contro di essi tutte le sue saette, e già trovavasi in grande pericolo, quand
o di notte gliene rubò quattro paja, e per la coda le strascinò nella sua abitazione, affinchè Ercole dalle pedate non iscu
scuoprisse ove quelle si trovavano. L’ Eroe passò col rimanente della sua mandra vicino alla caverna, e dal muggito d’uno d
il furto. Per tale fatto Ercole fu detto Indicante (a). Ercole per la sua eccessiva voracità si appellò Polifago, e Adefago
, ne di Calidone, nell’ Etolia. Tespio fece sposare tutte le predette sue figlie ad Ercole, dopo d’averlo ubbriacato in un
e in ricompensa di sì segnalato servigio diede in moglio all’ Eroe la sua figliuola, Megara, da cui nacquero Lamio, Creonzi
egato, ad una colonna. Dopo alquanto di tempo si destò, guarito della sua frenesia. Conobbe allora la strage, che avea fatt
l premio del vincitore, e questi seco lei s’avviò alla volta di Tebe, sua patria. Giunto alle rive dell’ Eveno, fiume dell’
gli promise d’assicurarne anche alla di lui sposa il passaggio sulle sue spalle. Ercole affidò Dejanira al Centauro, indi
a tutti nel tirare d’arco, e prometteva di dare in moglie la predetta sua figlia chi lo avesse superato. Ercole vi riuscì,
allegando per pretesto, chegli aveva ucciso i figli, avuti da Megara, sua prima moglie, e che temeva che fosse per trattare
e figliodi Peane, gl’impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce, le quali dal Fato si riserbavano all’este
Giove accolse Ercole in Cielo, e Giunone gli diede lassù in moglie la sua figliuola, Ebe (b) (36). Da tale mattimonio nacqu
auna vi piantò una colonna, per ricordare a’ posteri il termine delle sue conquiste (b). Queste stesse Colonne si chiamavan
ttadino d’Ar go ; e in tuono minaccevole gli comandò d’abbandonare la sua patria, e di trasferirsi sulle rive dell’ Esaro,
Evandro, re del Lazio. Allorchè questo Principe ricevette Ercole alla sua corte, l’Eroe indico a’ due predetti vecchi il mo
isprezzo, che aveasi fatto de’ suoi sacrifizj (a). Ercole esorcitò la sua protezione spezialmente verso Fillio, giovine del
iglio appresso Pitteo. Nello stesso tempo nascose i suoi calzari e la sua spada sotto un grosso sasso, e commise ad Etra di
e d’invitta fortezza. Ercole, trasferitosi appresso Pitteo, depose la sua pelle di leone per assidersi a mensa. Molti fanci
cise, e portò sempre con se quella clava, come il primo trionfo della sua virtù(c)Incontrò poscia nell’ Istmo di Corinto un
ione di costoro obbligò questo Eroe ad allontanarsi per un anno dalla sua città, e dopo questo tempo egli venne assolto da’
gne di Cuma. Là v’ eresse un tempio ad Apollo in riagraziamento della sua felice fuga, consecrò a quel Nume le sue ali, e s
ollo in riagraziamento della sua felice fuga, consecrò a quel Nume le sue ali, e sulla porta del di lui tempio vi scolpì la
siteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in qualità di piloti nella sua famosa spedizione in Creta (d). Le Oscoforie venn
e l’ Attica à Repubblica, creò un Consiglio, in cui trasmise tutta la sua autorità, nè si riserbò che il comando delle armi
a) (24). Morta Ippodamia, Piritoo e Teseo, a cui era pur morta Fedra, sua moglie, e sorella della mentovata Arianna, stabil
dosi calunniato appresso i suoi da un certo Lico (h), fece passare la sua famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Iso
zione(28) ; Astipilo(29) ; Adrasto ed Anfio(30). Priamo, come vide la sua città in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, m
di rititarsi piuttosto all’altare di Giove Erceo, ove anch’ella colle sue figliuole era ricorsa per sottrarsi al furore nem
contro di Ettore la picca, e lo stese a terra morto. Disonorò poi la sua vittoria con un tratto di turpe crudeltà. Non con
nascere fu conosciuto come quello, che doveva essere la rovina della sua pattia. Ecuba, rimasta di lui incinta, sognò che
are Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle sue nozze, le quali si celebrarono sul monte Pelio. L
i di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molto bene la parte sua senza manifestarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza
cangiò la gelosia in tenerezza, e fu da Priamo di nuovo accolto nella sua Reggia(a). Paride, mentre soggiornava sul monte I
unse la peste, e gli Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della sua antica origine era l’Italia. Anchise si rammentò,
i quella città(11) si desse la morte. Colei, all’udirlo raccontare le sue disavventure, si senti ardere d’amore per lui(12)
o recarsi, ove desiava. Così avvenne ; e l’Eroe tragli Antenati della sua famiglia s’abbattè nell’ombra d’Anchise da cui ap
a, regina de’ Volsci(b) (23). Finalmente vi rimase ferito ; e la Dea, sua madre, con certa erba quasi in un istante lo risa
o salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didon
rò di lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re di Sparta, diede la sua figliuola, Cliteanestra, in matrimonio ad Agameno
llo stesso Agamenonne. Quessa era rimasta in Micene con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece tacere nel cuore di
figlio di Tieste, cui Agamenonne avea affidaso durante il tempo delle sua assenza la cura della sua famiglia e del suo Regn
enonne avea affidaso durante il tempo delle sua assenza la cura della sua famiglia e del suo Regno(23). Colei, mal comporta
e alleato de’Trojani. Questi addolorato, perchè Agamenonne avea fatta sua schiava la di lui figliuola, erasi recato al camp
al rifiuto v’aggiunse anche le ingiurie, e lo fece allontanare dalla sua presenza. Crise chiese ad Apollo vendetta di un a
lla di Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso di quello Elettra, sua sorella, lo fece secretamente trasferire per sott
a sorella, lo fece secretamente trasferire per sottratlo al furore di sua madre, che altrimenti lo avrebbe ucciso, come ne
le venne in pensiero di far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi di salvare uno di loro
a di quella guerra erano periti ; ma colei seppe così bene perorare a sua difesa, che placò il marito, e ne fu rìcondotta a
regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla sua patria. Ella lo avvertì, che per farlo parlare, c
cora, quando cangiava di figura ; cossicchè colui, veggendo vana ogni sua arte ; ripigliò le primiere sembianze, e diede a
l’osservazione delle loro interiora la volontà degli Dei intorno alla sua partenza. Sì orrida barbarie talmente lo rendetre
ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani di sua moglie, quando colei stava per porlo sulle fiamme
se lo stesso dopo quella guerra si fosse felicemente restituito alla sua patria(c) (3). L’Eroe, di cui parliamo, marciò co
e’Misj ; perchè egli tentava d’impedire che i Greci passassero per le sue terre(6). Non trovavasi rimedio che guarisse quel
orso di Troja(7). Alfine la mise a morte(8), e nello spogliarla della sua armatura la osservò talmente bella, che ebbe disp
abile nella determinazione di non più trattare le armi a favore della sua nazione(b). Il Trojano esercito intanto continuav
Achille, invaghitosi della di lei bellezza, voleva per forza farsela sua . Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. In
la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se prometteva di sposarla. Achille ne fece
tore, oltre varj generosi doni condusse seco a supplicarnelo anche la sua figliuola, Polissena. Il Greco, al vederla, tosto
ò un magnifico Mausoleo e tempio sul Promontorio Sigeo, ove la Ninfa, sua madre, fece celebrare dei Giuochi funebri da’più
più perseguitato dall’avverso Destino, allorchè volle rimettersi alla sua patria. Ei corse molti rischi, ne’ quali diede se
arsene il Ciclope Polifemo. Costui n’era allora uscito per pascere la sua greggia ne’ vicini campi. Mentre l’Eroe trattenev
o, i venti Boreali, acciocchè essi non gl’impedissero il ritorno alla sua patria(11). Per nove giorni la nave avea tenuto i
e Circe aveagli tosto offerto. Colei altresì stava per toccarlo colla sua verga ; ma egli, imbrandita la spada, la riempì d
mpunito l’insulto, sofferto da coloro. Giove non tardò a dar segni di sua collera : le pelli di quegli animali si misero a
uel tempo andò persuadendolo, onde volesse fissare appresso di lei la sua dimora, ma egli non mai v’acconsentì. Minerva fin
portò ivi a lavare alcuni panni. Il Greco al rumore, che colei colle sue serve faceva, si destò, e presentatosi alla medes
e faceva, si destò, e presentatosi alla medesima, le espose la trista sua sventura. Ella lo consolò, e assicurollo, che nie
enore, e moglie dello stesso re, chiedendole d’essere ricondotto alla sua patria. Alcinoo, prendendo Ulisse per mano, lo fe
nobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro Ulisse, e gli restituì la sua primiera figura. Il figlio, sorpreso dall’improvv
dre lo stato deplorobile, in cui i Nobili del paese aveano ridotto la sua casa. Ulisse commise al figlio, che solo ritornas
di Antimoo(b). Frattanto sopraggiunse un altro mendico, famoso per la sua ghiottoneria, perchè sempre mangiava, e non ostan
uoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti di sua moglie tali scoccò e tante frecce, che li fece tu
ico fedele, a cui l’Eroe prima di partire, per Troja avea affidata la sua famiglia(b). Secondo Sofocle(c) Ulisse visse quin
dere vittima delle proprie mani. Egli, morto Achille, pretendeva, che sue fossero le armi di lui. Ulisse gliele contrastò i
in vece dato ad Ulisse ; ma Ajace il dì seguente si trovò morto nella sua tenda(b) (4). Altri dicono, che Ajace, combattend
di Arene nella Messenia, la quale città egli così denominò da Arene, sua moglie, e madre dei predetti Linceo ed Ida(f). In
loro, e in pena di tale delitto rimase sepolto sotte le rovine della sua stanza. All’ opposto un certo Simonide, che aveva
me Giocasta(3). Edipo non godatte sempre felicemente il suo regno. La sua maggior prosperità si cambiò alfine in un’estrema
ì, il re a tale racconto, e molto più quando intese, che Giocasta era sua madre(c). E perchè costei pel dolore erasi appicc
desimo, si trasse gli occhi per disperazione ; e guidato da Antigona, sua figliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri
accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di pietra, si spogliò delle sue vesti, si purificò, e si cuoprì con abito simile
velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli fece prevedere che sarebbe operito ne
, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
, e condannò. Antigona ad essere sepolta viva. Fu allora, che Ismene, sua sorella, corse ad incontrare lo stesso supplizio,
n soggiacque alla bramata pena, perchè Antigona accertò il re, che la sua sorella non avea avuto secolei parte alcuna. La s
o comando ; e strangolandosi colle proprie mani, finì di vivere nella sua più brillante gioventù(c) (11). Istoria mitol
nni dopo fu dedicato appresso la Porta Capena. Anche C. Mario dopo la sua vittoria, riportata sopra i Cimbri, consecrò a qu
zza si sottrae ad ogni pericolo. Le giace a’piedi un leone. Questo di sua natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente ing
ea, stette sulla terra, finchè durò l’Età d’oro, e insegnò a tutti le sue leggi. Venuta poi l’Età di ferro, in cui crebbero
udici. Dicevasi, ch’era vergineper alludere all’integrità di tutte le sue operazioni(a). La Giustizia secondo Igino ebbe un
vola si ricordava la bella azione di pietà che operò una figlia verso sua madre. Valerio Massimo(a) la racconta così : una
na mano sul proprio cuore, perchè ella si fa conoscere soltanto dalle sue esimie azioni, nè coltiva ostentazione, o desider
sposata ad un uomo, il quale cra stato già due volte Console, e colle sue illustri azioni aveasi acquistata tanta gloria, q
zioni aveasi acquistata tanta gloria, quanta qualsivoglia donna della sua città potea vantarne in forza de’ suoi natali. El
uesta Virtù dipingesi scalza, e in abito succinto, per qualificare la sua prontezza nell’eseguire i voleri degli altri. Ha
re agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il quale di natura sua si compiace di se medesimo, e disprezza ogni altr
quel bene, che crede esservi in se stesso, non riflette poi mai alle sue imperfezioni. Esso finalmente sta appresso una fo
colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira, lo rimproverò bruscamente della sua ingratitudine, e lo rimandò alla sua sposa col pr
lo rimproverò bruscamente della sua ingratitudine, e lo rimandò alla sua sposa col presagirgli un tardo e inutile pentimen
entarne la fedeltà. Entrato, senza essero conosciuto da alcuno, nella sua casa, trovò la consorte, che piangeva, e doleasi
ossore, fuggì ne’ boschi, e si propose la caccia per unico oggetto di sue delizie. La privazione di sì amabile compagnia de
addoleisse il rincreseimento, che le cagiona, va la rimembranza della sua , lo strinse al seno, e ritornò a vivere seco lui
evole gemito gli fece intendere, che bersaglio del colpo era stata la sua Procride Precipitoso, e fuor di se medesimo colà
rente, della persona, cui egli ama. V’ è il Gallo, perchè questo è di sua natura gelosissimo. Le spine finalmente manifesta
arsi gli utili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso, che colle sue parole di vanto fa molto strepito, ma del resto è
e alludono alla superbia, da cui la Disobbedienza trae d’ordinario la sua origine. V'è in terra un Aspide, che con un orecc
indice : lo che dichiara la tenacità, con cui l’Arrogante coltiva le sue opinioni, beachè sieno false, e da tutti disappao
ri è facile ad appropriarsi le cose altrui, senzachè sazii giammai la sua ingorda passione. Furto. Il Furto è l’appro
è il ladro odia la luce, ed ama le tenebre, le quali favoriscono alle sue disonorate azioni. Stringe l’arma, perchè i ladri
lia accèsa. L’essere artifiziosamente vestita dimostra, ch’Ella colla sua arte s’industria di persuadere ciò, che non è, o
ita, perchè nel Vile non risvegliasi mai il pensiero di migliorare la sua condizione. Giace in luogo sozzo, perchè chi è pr
nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure di sua natura vilissimo. Adulazione. L’Adulazione
, perchè è proprio della Detrazione l’offuscare le onorate azioni. La sua veste è logora, tinta del colore della ruggine, e
ossia Dea della sorte, perchè credette di dover a lei granpartè della sua gloria(a). Servio Tullio le fabbricò in Roma il p
rta Capena un tempio alla Fortuna per onorare Veturia, la quale colle sue lagrime fece, che il di lei figlio, Coriolano, de
fece, che il di lei figlio, Coriolano, desistesse dall’assedio della sua città. Era questo il tempio, in cui tutti gli ann
lo ne prese le sembianze, quando Giove volle celasla alla gelosia di sua moglie, Giunone(c). Si credette, che Europa fosse
tato. Sappiarro, che Semele, per aver voluto vedere Giove in tutta la sua maestà, ne rimase in quello stesso istante incene
nella Licia appresso il re Giobate, che gli diede in moglie Stenobea, sua figliuola(d), da cui nacque Megapente, il quale r
nnominato Alcide(a). (12). Elettrione regnò in Micene, sposò Anasso, sua nipote, e n’ebbe una figlia, di nome Alcmena. Cos
otonde le tro navi(b). Essa fu considerata sacra e fatidica perchè la sua prora era stata formata di una quercia presa dal
tato il primo, che solcasse il mare. Questo però resta smentito nella sua generalità da Apollonio(l), e da altre ben fondat
o città, e l’onorarono sotto il nome di Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticinare, e alla sua provenienza da Apo
nome di Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticinare, e alla sua provenienza da Apollo(b). (15). Ercole, deposto
i strappò dalle mani il ferale stromento, e gli manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risolu
l loro paese (a). (18). Ificlo si trovò tra gli Argonauti, attesa la sua parentela con Giasone. Tale parentela venne dall’
a Medea nella persona di Esone, chese a quella Maga il soccorso della sua arte per ringiovinire le sue Baccanti, e ne rimas
e, chese a quella Maga il soccorso della sua arte per ringiovinire le sue Baccanti, e ne rimase compiaciuto(g). Valerio Fla
re la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più forti della sua Guardia, e Polidamante li uccise tutti con un sol
mosca(a). (b). Catep. Sept. Ling. (14). Nestore, rimasto solo di sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’
ppea, e marito di Laonome, sorella uterina d’Ercole, e celebre per la sua celerità de’ piedi(f). Il medesimo rimase ucciso
Lex. Univ. (d). l. 4. (28). Lamo o Lamone succedette al trono di sua madre, ma poco dopo ne fu scacciato, e si ritirò
l corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arco e delle sue frecce(d) (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (31).
emico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rientrare nel Feloponneso, sua patria, cogli altri Eraclidi, ma ne, fu impedito
icidio, benchè involontario, Tlepolemo fu costretto di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola di Rodi. Quì a di
è lo partorì, in una foresta, dopo d’averlo coperto d’una parte della sua veste. Là il bambino venne allattato da un giumen
corrisposta, e la quale, per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua rivale, fu dal predetto Nume cangiata in pianta,
lebre e singolare in bellezza, che invogliò parecchi personaggi delle sue nozze. Cenide però ritirossi ne’ più remoti lidi
idio fa, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimprovera della sua indifferenza, e procura di riaccenderne l’affettó
. (3). Deifobo tralle altre illustri imprese, operate a difesa della sua città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalaf
fu il solo de’figliuoli di Priamo, che sopravvisse alla, rovina della sua patria. Professava l’arte d’indovinare in molte m
o Polinnestore, re della Tracia, a cui avea sposato la maggiore della sue figliuòle, chiamata Ilione. Polinnestore, come ud
iglio di Priamo. Spedito Polidoro, dic’egli, dal padre nella Tracia a sua sorella, Ilione, costei, che temeva della crudelt
ntese dall’Oracolo d’Apollo, che il padre suo era morto, che la madre sua viveva in ischiavitù, e ch’era stata incendiata l
, che la madre sua viveva in ischiavitù, e ch’era stata incendiata la sua città. Ritornato nella Tracia, e sorpreso di aver
more(c). (8). Polite, com’era agilissimo di piedi, stava fuori della sua città per ispiare, quando i Greci si avanzavano v
ustodia d’uno de’suoi temoj(a). Altri poi soggiungono, che Enea colle sue mani la uccise, avendo così patteggiato co’Greci,
fo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò appresso la sua famiglia(c). Alcuni pretendono, ch’ella al tempo
u altora derisa da prima, e poi chiusa in una torre. Qui raddoppie le sue declamazioni sulla cecità de’Trojani, ma questi n
cellente Artista, decantato da Omero. Fereclo poi, combattendo per la sua patria, rimase ferito da Merione, I figlio di Mol
erfidia, dimostrata nel rapire la moglie di chi lo avea enorato della sua ospitalità. Soggiumse, che nol faceva morire, com
Paride in Troja, che pur v’arrivò la Greca armata per ridomandare la sua concittadina. I Trojani esposero ciò, ch’era avve
4., Dares Phryg. c. 24. & 25. (15). Elena, resasi famosa per la sua bellezza, avea destato in molcissimi Principi del
suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti gli amanti di sua figlia giurassero d’approvare e proteggere la di
a di lui madre presse a piangere il perduto figluiolo, formando colle sue lagrime quella rugiada, che sul crepuscolo mattut
a ne rendeva un altro lugubre, quasi rattristandosi della partenza di sua madre, e rallegrandosi del suo ritorno(a). Cambis
voluto Ecuba, perchè era vecchia. Ulisse alla fine la confuse tralle sue schiave, e la condusse nella Tracia. Una delle di
hinò ben tosto la vendetta. Il suo coraggio agginase nuove forze alla sua vecchiezza. Si recò alla Reggia di Polinnestore,
straordinario. Il di lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche, sua moglie, senza averne avuto mai prole. Egli consul
’Indovino Melampo del mezzo, con cui avrebbe potuto rendere la moglie sua feconda. Quegli lo consigliò d’introdurre un colt
oh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Miseno dopo la distruzione della sua città venne con Enea in Italia. Dicesi, ch’egli,
sse a vendicare la morte di suo padre, e a rifabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose nel sepolcro di Ettor
o spedito una spada, lavorata da Vulcano, con cui potè provedere alla sua salvezza. Assistito poscia da Giasone e da altri
spedì il suo figliuolo, Corito, a Troja per ispiare la condotta della sua rivale. Ma il giovine fu preso in sospetto da Par
u da lei rimandato indietro col commettergli, che suggerisse da parte sua a Paride di farsi piuttosto risanare da Elena. Un
so a’ di lei piedi, e già vicino a spirare, le chiedeva perdono della sua infedeltà, e implorava la di lei assistenza. Aggi
uti insieme con Ulisse. Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le sue avventure, e quelle di Ulisse(b). (c). Hom. Ili
che, per l’età divenuto impotente a prendere le armi in difesa della sua città, molto però le giovò colla saggiezza de’suo
o, l’espose il barbaro misfatto, e la consigliò ad allontanarsi dalla sua patria, e a trasportare seco i tesori, i quali er
(e). (14). Giunone offerì in matrimonio ad Eolo la più bella tralle sue quattordici Ninfe, di nome Dejopeia, per eccitarl
li insegnò agli Albani, e questi a’Romani. Silla li celebrò durame la sua Dittatura. Le guerre civili li interruppero. Giul
ucciso accidemalmente il padre, lasciò l’Artadia, e per consiglio di sua madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati gli
uolo di Giove, e che le di lui grandi azioni corrispondevano all’alto sua nascita, volle essere il primo ad onorarlo ancor
dovette dargli la morte, attesochè colui avea conseguito da Feronia, sua madre, tre anime, e tre armature (a) Evandro dopo
, e che portava scoloita sullo scudo l’Idra di Lerna, per indicare la sua illustre origine (h). (c). Id. Aeneid. l. 9. (
to i suoi piedi, o sopra le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste era una pelle di tigre. Quando marciò contr
dizione, riferita da Pausania (b), soggiunge, che Teucro ritornò alla sua nuova Salamina. Allora fu, che vi eresse al dire
Dardano. Euripilo aprì quella cassa imitò la statua, e in pena della sua curiosità divenne tosto furibondo. Questa malatti
fanciulla a Diana Triclaria. Quivi si fermò, e trovossi libero dalla sua follia. In memoria di tale avvenimento que’di Pat
ugnato Troja, se avesse avuto seco dieci Nestori (c). In premio delle sue singolari prerogative gli si diede Ecamede, figli
e era stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò al servigio della sua mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo di Deucali
ioneo, originario della Tracia, cui Priamo avea promesso in moglie la sua figliuola, Cassandra(b). Privò di vita Festo, fig
ne fosse caduto in suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di sua mano sul rogo di Patroclo dodici de’più illustri
a la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla sua risoluzione. Questi, trasportato dalla collera, f
to. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde ammalato, e mor
). Tersite era un miserabile buffone. Fu da Agamennone ammesso tralla sua armata, affinchè facesse ridere, e servisse di di
, avea avuto da Tesseo, e che da lei non era stata mai dichiarata per sua figliuola, attesochè ella non osava di manifestar
enza, e rimase ucciso da Peneleo (a). (23). Tieste rendette Pelopea, sua figlia, madre d’un bambino. Per celare poi l’obbr
de, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli occhi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di suo
. 1. (1). Altri dicono, che Oreste fu spedito appresso Strofio dalla sua nutrice, detta Atsinoe da Pindaro (a), Laodamia d
lo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il quale lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’ Elettra di Sofocle Or
o Oreste ucciderla, Diana la sottrasse al di lui furore, e la stabilì sua sacerdotessa nell’ Attica (g). (b). Id. Ibid.
cò ivi una città, che denominò Canobo, e nella quale al momento della sua partenza vi lasciò tutti gl’inutili alla navigazi
Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (2). Neottolemo fece perire sotto la sua mano un gran numero di prodi Trojani. Spezialment
itornando a Neottolemo, dicesi, che Menelao avesse, promesso Ermione, sua figlia, ad Oreste, e che poi la abbia data in mog
a testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di consecrare la sua bella chioma a Venere, se egli fosse ritornato a
ece la spedì a Teutrante, re di Misia in Asia, il quale la adotto per sua figliuola(d). Pausania dice, che Auge, rinchiusa
da Teutrante(e). Anche Igino riferisce ; che Teutrante la adottò per sua figliuola ; ma soggiunge, ch’ella da se medesima
di lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a ritirarsi colle sue truppe(b). (f). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ.
se ed uccise Achille ; ma che questo Eroe per le preghiere di Tetide, sua madre, cisuscitò un momento per troncare la vita
uscitò un momento per troncare la vita a colei, che gli avea tolto la sua . (e). Quint. Calab. l. 1. (f). In Virg. Aenei
ra d’un capello d’oro, il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa, e al quale era annessa la durata della di
el suo parricidio dallo stesso Anfitrione, poichè questi, com’ebbe in sua mano la di lei città, ordinò che colei fosse fatt
zione, riferita da Pausania(c), Icario, volendo maritare la mentovata sua figlia, la propose, come premio a colui, che aves
Ciclopi. Colui dovette rimanersene colà, finchè Enea, passando colla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo navi
Isola Siria, chiamato Cresio Ormenide ; ma preso poi nel fiore della sua gioventù da certi corsari Fenici, era stato vendu
ci, era stato venduto a Laerte, e da questo stabilito guardiano delle sue greggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, altro
se ella a tessere una tela, e promise a’suoi amanti di manifestare la sua risoluzione, quando avesse compito quel lavoro, c
, in cui Telemaco stava per partire da di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo navigl
mondo anche Ettore, e fu dopo di lui il più valoroso difensore della sua patria(a). Omero lo dipinge come il più saggio ed
fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla sua isola, e lo condannò ad un perpetuo esilio. Il gi
non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, che se voleva fare le sue difese, le esponesse, stando nel naviglio, ove si
te seguente nel porto, e là, alzato un monticello di terra, trattò la sua causa. La perdette, e quindi fece vela verso l’is
di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la quale Diodoro Siciliano chiama Glau
(4). Quelli, i quali dicono, che Ajace sia stato trovato morto nella sua tenda, soggiungono, che Ulisse, essendo stato pre
empio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze di sua figlia, aveano per mano di lui perduto la vita(a)
he ucciso il di lui figliuolo, Eurippo. Megareo promise il regno e la sua figliuola a chiunque lo avesse liberato da quell’
. Univ. (b). In Phoeniss. (3). Pausania accorda, che Edipo sposò sua madre, ma nega, che quegli ne abbia avuto alcun f
). Adrasto si portò a consultare l’Oracolo sopra il destino delle due sue figliuole, le quali si chiamavano Argia e Deifile
perire moltissimi altri Greci(b). Egli poi, anzichè restituirsi alla sua patria, passò in Italia, e vi fon ò Siponto, o Si
, città marittima, appiè delemonte Gargano, per non unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re d’Argo, o d
velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli fece prevedere che sarebbe operito ne
(b), o da Nisimaco e Nasica, come vuole Lattanzio(c). Egli fino dalla sua prima gioventù erasi applicato a’ Iavori campestr
padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era di bell’aspetto, nè tanto colle sue grazione maniere, quanto colla sua saggia condott
ra di bell’aspetto, nè tanto colle sue grazione maniere, quanto colla sua saggia condotta sapeva cattivarsi l’animo di tutt
, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
a, che ci ha porto la interpetrazione di un mito, abbiamo aggiunto la sua etimologia, e per toglierne tante volte la interp
favola — divisione della favola secondo il diverso obbietto cui ha le sue mire. Tempo già fu, che dilettando i prischi Del
ssioma rivelato e razionale della creazione e lo conserva in tutta la sua purezza. La seconda, che può rappresentarsi come
secondo la natura dell’errore, abbraccia il paganesimo sotto tutte le sue forme e con tutte le sue filosofie, l’eresie cris
rore, abbraccia il paganesimo sotto tutte le sue forme e con tutte le sue filosofie, l’eresie cristiane, il nominalismo del
o vi sarebbe peruto nell’abbandono di sè stesso e nella debolezza di sua vita. L’uomo nato adulto e manodotto da Dio, la I
la Idea presentoglisi spontaneamente allo intuito, la riconoscenza di sua creazione, il cum ulo interminato delle doti del
cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primitiva di sua mente, non manteune il culto civile, cui chiamoll
d irsuto come belva tra le boscaglie, e molte cagioni concorsero alla sua dispersione. Il dipartirsi per diverse regioni de
ui la natura ha tolto addivenire un’uomo ; ora un padre colpito nella sua tenera posterità invoca in essa gli Dei del suo d
’Iddii. — Dimandiamo, ei dicc(1), voltando, come meglio ci è dato, le sue parole nella nostra lingua, quale tra la innumera
cora da Platone, sebbene viveva in una età assai posteriore. Ei nella sua Repubblica (5) per dare un’immagine del mondo, de
può mettersi impunemente la falce, e scoprirvi ciò che meglio torna a sue propensioni, o va a seconda de’suoi studii. Lo is
llegorizzati e abbelliti dalle grazie della poesia. « Ed Esiodo nella sua Teogonia parla degli Iddii come figli del cielo e
e figli del cielo e della terra » Cantate, così volto in italiano le sue parole(2), o Muse, gli Dei immortali, figli della
o impero di Dio sul triplice regno della creazione, l’aere mobile per sua natura si eleva in alto cielo, si diffonde su la
ta di quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a sua sorella Giunone, ed a’suoi fratelli ; or si vuole
e il cielo, che con le feconde piogge e co’semi feconda la terra come sua consorte. Egli stesso nell’etere è Giove, nell’ae
corso apparente per le vie del cielo compie l’anno, e la Luna con le sue rivoluzioni i mesi. Nè, soggiunge, creder si deve
gine di Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stesso Sole nella sua materia essere Giove, e la stessa Luna nella sua
lo stesso Sole nella sua materia essere Giove, e la stessa Luna nella sua materia Giunone, onde ella porta questo nome a iu
iglio il dio Bacco. Fu creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele, ch
e Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele, che restò morta in veder Giove in t
madre Semele, che restò morta in veder Giove in tutto lo splendore di sua grandezza, quando non ancora era compiuto il temp
a rappresentar le cose sotto traslati allegorici. Altri riponendo la sua sede nel fondo delle miniere, e nel seno della te
apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di sua dimostrazione. Perciò da’ Greci fu detto Ecateo,
perchè il sole va di stagione in stagione variamente declinando nella sua comparsa su lo emisfero ; o come teneva in mente
indicare i raggi del Sole ; e soprattutto la lira, chè il Sole con la sua forza centripeta, senza distruggere la centrifuga
come Dio della salute pubblica ; perciocchè il Sole la produce con la sua temperie. Perciò la parola Apollo può derivarsi d
Antipatro filosofo stoico — Dalla terra, così voltiamo in italiano le sue parole(1), ancor umida, elevandosi su nelle regio
ticolo, noi qui sceglieremo alcune poche parole onde far conoscere le sue nozioni intorno a questo nume. « Si fantasticò, e
, ne avesse tolto di mezzo la rissa, rappacificandoli col tocco della sua verga. Questo mito non era che un’allegoria, cui
sse, bastandogli solo la parola — di forma quadrata onde esprimere la sua stabilità e fermezza. Intorno alle statue di lui
remo i suoi concetti, scegliendone solo poche parole tra la doviziosa sua erudizione. « Fantasticarono, ei dice(1), i poeti
itato dal cielo, e caduto su la terra andasse zoppicante per tutta la sua vita, non è altro che una personificazione del fu
Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di sua simbolica — Vn’altra interpetrazione dello scritt
consorte nello imo della terra, ove distendeva il suo impero. Cerere sua madre dolente della perdita della rapita figlia,
do il fuoco in Plutone, ed il frumento in Proserpina. Cerere cerca la sua Proserpina per tutta la terra — con questo esprim
omini considerata come guerriera, vel quod minaretur, o perchè con la sua armatura guerriera caccia il terrore nel euore de
Ma di questa Diva non poche altre cose, poichè ne’suoi nomi, e nelle sue attribuzioni, da noi spigolati con lungo studio n
i lessiografi greci, può interpetrarsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto di sua verginità sempr
arsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto di sua verginità sempre incontaminata, sempre pura. Fu c
entrice dell’ulivo e dell’olio ; posciachè non perdendo mai quello la sua verdezza, e questo non potendosi mai contraffare
n potendosi mai contraffare con altro liquore, rimanendo sempre nella sua purezza, vera simbolica della verginità di questa
che dopo morte andavano insepolti. Era detta Trivia o dalla triplice sua apparenza, o che presedeva come Giove e Febo, com
veduta nuda da Atteone celebre cacciatore, mentre si bagnava una alle sue ninfe, l’abbia cambiato in cervo, lasciandolo sbr
e un simbolo delle apparizioni della Luna istessa, che presenta nelle sue fasi nell’alto de’cieli, prima di mezza Luna, pos
i altri che con assidua meditazione e diligente memoria. Esiodo nella sua Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, nè
umero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose donzelle sue figlie — Varrone ne fragge la loro origine da div
la opinione di Diodoro Sicolo — Osiride, così voltiamo in italiano le sue parole, teneva a suo diletto il canto e le ridde,
esto nome volevasi esprimere, che l’uomo deve con piacere mostrare la sua riconoscenza e prestare buoni ufficii a coloro, d
orie. 58. Ercole uccide Anteo figlio della terra, strozzandolo tra le sue braccia, interpetrazione di questo mito dallo scr
lzati a Giano. 70. Pane, simbolica di questa divinità boschereccia, e sua interpetrazione. 71. Conchiusione. ercole, cadmo
so col ferro e col fuoco un’idra, che sempre ripullulando nelle molte sue teste, quando altri le troncasse, non vi era chi
vuole figlio della terra, con sollevarlo in atto strozzandolo fra le sue braccia, scorgendo di non poterlo uccidere altrim
un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania con le sue frequenti inondazioni portava il guasto alle camp
voleva intendersi il corso tortuoso del fiume — con quella di toro le sue inondazioni ne’campi — con venirgli strappato da
o il grande quando rivide il suo Nearco, che credeva estinto una alla sua flotta, volle render grazia con un sacrificio e a
spone nei suoi Fastì (1) che i romani in ciascuno anno celebravano le sue feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiu
icato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e
e, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso di sua vita — risponde al passar del sole nella costella
intauro, che sacrifica su di un’altare al levarsi del Pastore e della sua gregge, e quando Ercole declina verso le regioni
adiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la sua istoria — Giù, Vate operoso, il timore ; odi le m
esso a quel Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le sue porte a gli Dei le preci dei supplicanti. Perciò
sotto le fattezze di un dragone, che spiegandosi in cerchio morde la sua istessa coda, onde far comprendere, che il mondo
inquam, hostire contra ut merueris, cioè eguagliare ; e questa altra sua frase — Par pari hostimensum datum est opera pro
on altro nome Fauna, e la vogliono così detta a fando, chè credevasi, sua mercè, che parlassero i fanciulli, se pur non fu
ignis utrique Significat sedem terra focusque suum Stat vi terra sua , vi stando Vesta vecatur (1). Dante, Paradiso
13 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
a gioventù, gli elementi delle scienze, e dell’ amena letteratura. La sua opera rimasta inedita fu dopo la sua morte pubbli
e, e dell’ amena letteratura. La sua opera rimasta inedita fu dopo la sua morte pubblicata a Vigevano nell’ anno 1810. Noi
I. Della Genealogia degli Dei fino a Saturno. Secondo Esiodo nella sua Teogonia o Generazione degli Dei, i primi fra tut
gelosissima fu ella poscia di lui, ne certamente senza ragione; e la sua gelosia principalmente esercitò contro di Io figl
bbene alcuni per essa intendan Diana, altri Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Tauman
inerva nell’ arte del tessere. Minerva, secondo Ovidio, in mezzo alla sua tela rappresentò l’ anzidetta gara avuta da lei c
n Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re di Tracia e Rodope sua moglie cangiati in monti, perchè scambievolmente
nel Capo XII. parlando di Mercurici. Erittonio frattanto malgrado la sua deformità crebbe a segno, che diventò Re di Atene
osì dette, perchè duravano cinque giorni cominciando dai 19 di Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI.
figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa di rivedere Filomela sua sorella, Tereo s’ incaricò di condorgliela, ma pe
a per via. Filomela in un candido velo con fili purpurei descrisse la sua sciagura, e spedì il velo a Progne per uno de’ cu
avasi Mamurio, com’ egli a Numa aveva chiesto in compenso dell’ opera sua ) e con salti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu da
alazzo del Sole, la corona di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era quello di fabbricare i f
occhi bendali, e coll’ arco e la faretra; e grandissima si suppone la sua possanza su gl’ immortali egualmente che sopra i
che a tal fine intraprese, avvenutasi nelle sorelle raccontò loro la sua sciagura, ed aggiunse che per maggiore vendetta A
olta in aura; finalmente con una bevanda incantata, e col tocco della Sua verga mutò ella in porci i compagni di Ulisse, ch
ual cresciuto, e fatto espertissimo arciero, il serpente Pitone colle sue frecce poi mise a morte. Superbo di questa uccisi
uirla, e già slava per raggiugnerla, quando frodate vide del tutto le sue speranze; perciocchè ella al padre raccomandandos
saglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo propose alla guardia delle sue greggi’ lungo il fiume Anfriso. Grado fu Apollo a
Pireneo invitato le Muse sopraggiunte dalla pioggia a ricoverarsi in sua casa, e quindi tentato di far loro violenza, esse
nta. Era Diana tenuta per Dea della caccia, perchè di essa formava la sua occupazione e il suo diletto. Costringeva a perpe
upazione e il suo diletto. Costringeva a perpetua verginità le Ninfe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Cali
ei. Perciò dipingevasi colle ali a piedi ed al capo; onde esprimer la sua velocità. Davaglisi pure in mano il caduceo; vale
mani. Dio dell’ eloquenza fu egli pur nominato, e si finse che dalla sua bocca uscissero catene d’ oro, che dolcemente leg
nutrice le mise in animo un’ ardente brama di veder Giove in tutta la sua maestà. Consentì Giove a tale richiesta, sebbene
incendiò. Allora Giove le estrasse il figlio vivo, e l’ ascose nella sua coscia, poi datolo alla luce lo fece allevare da
do trovò nell’ Isola di Nasso Arianna abbandonata da Teseo, e fattala sua sposa trasportò iu cielo la corona di lei nella c
ono cangiate in nottole. Era egli tenuto per inventore del vino, e le sue feste celebravansi dalle Baccanti in una specie d
colto una melagrana e mangiatine sette grani, Cerere frodale vide le sue speranze, e in vendetta cangiò Ascalafo in barbag
o con lei si stesse, e per altri sei con Plutone. Mentre Cerere nelle sue scorrerìe arsa di sete e sudata e affannata chied
er modo, e così insaziabile divoratore lo rese, che consunte tutte le sue sostanze, vendette schiava perfino la figlia Metr
ra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; sopra di un cocchio a quattro ruote t
la meretrice Acca Tarunzia o Tarruzia che a quest’ effetto avea delle sue ricche sostanze lasciato erede il popolo romano.
presedeva ai confini dei campi, cui era grave delitto il violare. La sua figura a principio non era che una pietra, da qua
tino, si volle da esso per gratitudine onorata di perenne culto, e la sua festa con solennità celebrata ai 15 di Marzo.
otto il peso delle piante su lui ammassate. Già si è detto come nella sua contesa con Pallade per dar il nome ad Atene, fec
o a schiacciarlo. Issione figliuolo di Flegia ammesso da i Giove alla sua mensa osò aspirare a Giunone. Giove da essa avver
Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola, con essa diede alla sua statua anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucali
condo i Mitologi, avvenne l’ universale diluvio. Deucalione con Pirra sua moglie figliuola di Epimeteo, postosi in una nave
gli trasse la pelle, e n’ andò poi sempre coperto per monumento della sua vittoria. 2. Pugnò nel paese di Argo coll’ Idra L
ne veniva recisa, immantinente rinasceva. Egli secondo alcuni, colla sua clava, le troncò tutte di un colpo, secondo altri
fè cogliere da Atlante, ed ei frattanto in vece di lui sostenne sulle sue spalle il cielo. 12. Per ordine di Euristeo scese
va sempre più vigoroso, levollo in aria, e il petto gli strinse colle sue braccia sì fattamente, che il soffocò. Mentre and
ella Gallia Narbonese; ei dopo aver consumalo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia di sassi, co
il fumo e le fiamme, che vomitava Caco dalla bocca, io soffocò, e le sue vacche ritolse. Evandro, che allor regnava sul Pa
o e l’ uccidesse. Altri voglion però che sia stato Periclimeno per la sua insolenza ucciso dallo stesso Nettuno. Il poter d
ella prima parte. Ma fu Ercole in procinto di perdere il fruito della sua vittoria; perciocchè giunto con Deianira al fiume
oglio; indi costrutta una pira, su quella si abbracciò, date prima le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine d
o dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il quale per la sua altezza si disse poi sostenere il cielo: sebbene
. Perseo, ottenuta promessa da’ Genitori, che Andromeda sarebbe stata sua sposa, uccise il mostro, e posato il teschio di M
ore di lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua figlia dalla quale Bellerofonte ebbe Issandro, Ip
ssippo, egli adirato gli uccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua morte; perocchè Altea di ciò irritata, rimise il
uccise in compagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure di sua famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insieme c
o agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il principio di sue avventure, fu insieme con Ermione tramutato in se
contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornare nella sua patria, perchè vi avrebbe ucciso il padre, e spos
era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre. Preso da orrore al vedersi tutto ad un tem
ato da questo sogno cercando andavane il significalo, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto di una pelle d
secondo il patto; ma Eteocle dopo un superbo rifiuto fece pure dalle sue genti comandate da Licofonte e Meone tendere a Ti
essi estinti; ed. Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovette tornarse scornato in Argo. Più che
ste di ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promettendo che con sue erbe l’ avrebbe fatto rinascere giovane; ma invec
trarli al vivere socievole, fu detto dalle favole, che al suono della sua lira traeva le piante e le fiere, ed arrestava il
n volgersi a guardarla, finchè dall’ Inferno non fosse uscito, mai la sua impazienza il tradì, ed Euridice gli fu ritolta.
a. Allora andò egli solitario i pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere;
o di Radamanto, fu legislalor de’ Cretesi, e per meglio accreditar le sue leggi dicea di averle ricevute da Giove stesso. D
editar le sue leggi dicea di averle ricevute da Giove stesso. Dopo la sua morte ei fu in compagnia di Radamanto e di Eaco f
sissimo artefice, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il quale mostrava di voler superarlo (per
sposata da Bacco e tornossene in Atene, con Fedra soltanto, cui fece sua moglie, e che fu poi ad esso cagione di estremo d
i Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria di lui venne colle sue genti nell’ Attica per provarsi con esso; ma appe
la pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Atracio invitato i
Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della sua vita. Erasi questa d’ incestuoso amore accesa per
chiesto, il pregò a volere in quella occasione far contro Ippolito le sue vendette. Nettuno spedì perciò un mostro marino,
erto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, invitandolo in casa sua ad un solenne convito, a tradimento l’ uccise, e
a partire per Creta, abusando dell’ ospitalità, si tolse Elena sulle sue navi, e condussela a Troia. Per vendicar quest’ i
pagno di Ercole, e testimonio della morte di lui. Ercole volle che le sue frecce tinte del sangue dell’ Idra fossero seppel
be perito. Ciò gli altri ricusando, Protesilao balzò coraggioso dalla sua nave, e fu ucciso da Ettore. Ne’ primi anni si oc
che essendo Venuto Crise sacerdote di Apollo per riscattare la figlia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome di
lla spada, ma fu da Pallade trattenuto. Si chiuse egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando di non
, e che Troia sarebbe stata eternamente sicura, se quel cavallo nelle sue mura si conducesse. Fu esso adunque, squarciate l
Ciclopi in Sicilia, dove andato con dodici compagni a visitare nella sua grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene
fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli colla sua e coi compagni che in essa erano potè camparne. C
ello nipote di Augusto. Uscito dall’ inferno, e rimbarcatosi perde la sua nutrice Caieta presso il luogo che poi da essa n’
anti potè de’ principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria;
assenza di Enea, assalì la piccola città, dove Enea aveva lasciato le sue genti, incendiò le navi, che per esser costruite
cessore il figlio Giulio Ascanio, che edificò Alba, e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Num
per avere con lunghi discorsi intertenuto dal sorprender Giove nelle sue tresche amorose ne aveva avuto per pena di non po
 VII. Bacco da esso ottiene dì rendere la gioventù anche alle vecchie sue nutrici. Per uccider Pelia Medea finge odio con G
e per aver tagliato il bosco di Cerere è tormentato dalla fame. Metra sua figlia, col lasciarsi vendere schiava, per alcun
cangiata in fonte. Litto in Festo di Creta esige promessa da Teletusa sua moglie, che se partorisce una figlia, l’ uccida.
i in tori. Parte I. Capo VIII. Pigmalione scultore s’ innamora di una sua statua, chiede a Venere che sia animata, e l’ ott
14 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
di supplirvi io : non che abbracciando siffatto argomento in tutta la sua estensione, v’abbia introdotta una connessione di
l dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua Teogonia, ossia Canto intorno alla generazione de
, e Cerere. Non altrimenti era per accadere anche a Giove, se Cibele, sua madre, artifiziosamente nol avesse serbato in vit
in cognizione, e unitosi quindi a’ suoi figliuoli, caricò Saturno, e sua moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta un
r indicare ciò, volle che in una parte delle monete fosse impressa la sua immagine a due faccie(13), e nell’ altra una nave
izione, ma di costumi irreprensibile. Egli, vedendo gravida Taletusa, sua moglie, le ordinò, che se partoriva una femmina,
re. Finalmente Claudia, una delle Vestali, vi riuscì : ella atuccò la sua cintura al vascello, e questo senza reistenza rip
cibati gli uomini(b) (2). Questa Dea per molto tempo andò cercando la sua figliuola, Proserpina, chiamata anche Ferefatta(3
lucertola(f). Altri dicono, che Metanira abbia accolto Cerere in casa sua , e che la Dea abbia nell’indicato modo castigato
quale in aria mesta stava sedendo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di
in quelle acque. La riconobbe la Dea, nè pose in dubbio che la figlia sua fosse stara rapita. Alzò frattanto la fronte dal
per ricordare la tristezza, a cui Cerere soggiacque dopo il ratto di sua figlia. Queste Feste ebbero principio nell’ Attic
i in memoria del dolore, che Cerere ebbe a soffrire per la perdita di sua figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cerere,
ovarsi digiuno, e altri continuamente ne cercava. Per soddisfare alle sue voglie avea già consumato tutte le sue sostanze,
e cercava. Per soddisfare alle sue voglie avea già consumato tutte le sue sostanze, senza però aver diminuito in modo alcun
arsene (a). Fu soprannominato Etone, ossia ardente, dall’ardore della sua fame (b). Cerere rappresentasi coronata di spighe
tate le cose più preziose del paese, v’ avea gettato gran parte delle sue ricchezze, ma inutilmente. Ancuro allora, avvisan
ù preziosa della vita dell’ uomo, diede un addio al padre, a Timotea, sua moglie, e si precipitò a cavallo nella voragine.
. La stessa innoltre cra tale, che all’accostarsi delle fiaccole alle sue acque, le estingueva, e le riaccendeva estinte (d
e). Ella scelse la cupa ombra d’una venerabile quercia, donde dava le sue misteriose risposte(13). La di lei riputazione s’
gl’innalò un piccolo tempio o un altare, su cui scolpì i motivi della sua riconoscenza (d) (19). Giove dall’essere magnific
ittà d’Arisba, perchè egli, abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritt
Echidna, ogni dì gli diverava le viscere : e affinchè fosse eterna la sua pena, Giove volle altresì, che quelle si riproduc
resso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in qualità di sua ambasciatrice, colle ale sparse d’occhi, e colla
che Perifa, uno de’ primi re dell’ Attica, divenuto tale per l’esimia sua equità, non fece uso del suo potere, che per rend
inserì tosto il non ancor maturo infante a perfezionarsi in una delle sue oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che Bacco acqui
di questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno per trarne fuori sua madre. Nel tempio di Diana, eretto in Trezene, v’
ele sulla terra(b). Tralle altre gesta poi di lui la più celebre è la sua conquista dell’ Arcadia e della Siria, dette le I
ichi, e il sacrifizio di un Irco, animale odioso al Nume, perchè esso sue le devastare le vigne (b). Queste Feste si distin
ome altri yogliono, di Demofconte, re d’ Atene. Oreste, avendo ucciso sua madre, come più diffusamente vedremo, per purgars
del Pelopouneso, durante le quali credevasi, che Bacco onorasse della sua presenza il luogo, ove quelle si celebravano. Tre
Icaro(c), figlio di Ebalo, re degli Spartani. Questi lo accolse nella sua casa, e il Nume gl’insegnò l’arte di fare il vino
condo e allegro ; bionda la chioma, e ondeggiante sulle spalle(e). La sua veste è una pelle di pantera. Tiene in mano un ti
ò appresso Ia Dea. Questa, veggendolo tutto tremante, lo cuoprì colla sua veste. Il Nume riprese allora le sue premiere sem
tutto tremante, lo cuoprì colla sua veste. Il Nume riprese allora le sue premiere sembianze, e la sposò. Ciò avvenne nell’
re portare sopra di se la propria casa, e fu condannata in pena delle sue derisioni ad un perpetuo silenzio (c). Dicesi, ch
naco e da Ismene, e sacerdotessa di questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendente bellezza era amata da Giove, che la
non bambini morti. Lamia così se ne afflisse che perdette al fine la sua primiera avvenenza, e tanto divenne furiosa, che
rirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse sue figliuole in matrimonio a chi le avesse ritornate
fece sì, che Preto cedesse un’altra partè del suo Regno, e Lisippe a sue fratello, Biante (b) (11). Giunone cangiò Antigon
ggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse per compire più presto la sua opera, avesse a ricevere dall’ altro una serva. V
ivo, e porzione di un bue sacrificato, e potea consecrare alla Dea la sua immagine. Altra Festa dello stesso nome si solenn
tale solennità, portava anch’ egli delle vittime a proporzione delle sue facoltà. Finalmente si appiccava fuoco al Rogo, e
Una schiava, di nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di
tto una selvatica ficaja ogni anno si rinovellava. Filotide poi, e le sue compagne conseguirono la libertà, furono marine a
(d). L’Eresidi poi servivano la Dea, quando ella, per riacquistare la sua verginità, si recava a bagnarsi nella fontana Can
lei erasi convertito in fiamma(a). I Giganti, che Giove aveva dopo la sua vittoria seppellito sotto il monte Etna, facevano
e mettesse in iscompiglio le ombre colà confinate. Uscì quindi dalla sua Reggia per visitare le viscere più profonde della
, che per prolungare al marito la vita, sacrificasse genetosamente la sua (g) : lo che le meritò da Omero il soprannome di
. Il Nume insieme con Nettuno, ramingo del pari sulla terra, esibì la sua assistenza a quel re per una somma di danaro. Com
dell’Artica. Ivi si vedeva la pietra, su cui il Nume avea deposto la sua cetra, e la quale da quel momento rendeva, ogni q
. Il Nume dopo aver ucciso il serpente Pitone, si trasferì con Diana, sua sorella, in Egialea ; ed essendone stato scacciat
le lagrime, che sparse la predetta Manto, quando ebbe ad osservare la sua rovina, e quella della sua patria(b). Strabone ag
redetta Manto, quando ebbe ad osservare la sua rovina, e quella della sua patria(b). Strabone aggrunge, che chi bevea di qu
quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare in traccia di sua sorella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo, e
per cadergli di mano, ergesse un tempio ad Apollo, ed ivi fissasse la sua dimora. Giunto Corebo al monte Geranieno nella Me
to uno strale, mortalmente lo ferì. Nel vederlo ridotto al fine della sua vita ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli De
sponde’ del fiume, suo padre, quando la giovine chiamò il genitore in sua difesa, e ne implorò altresì l’assistenza de’Numi
Numi. Quel, ch’ella bramava, era, che o la terra la nascondesse nelle sue viscere, ovvero ch’ella cambiasse di forma. Nè in
e d’acqua, in cui Diana era venuta a ricrearsi insieme colle vergini, sue seguaci. Si avvicinò in quel momento alla stessa
Aretusa, figlia di Nereo e di Coride, nata in Elide. Endimione per la sua giustizia ottenne da Giove il privilegio di sempr
, inflessibile, a cagione della severità, con cui puniva quelle delle sue Ninfe, le quali non custodivano la verginità (c).
veva famigliarmente con quegli abitanti. Un’incauta fanciulla divenne sua preda. I fratelli di lei uccisero quell’animale.
istere alle Brauronie (c). Venne appellata Triforme, o a motivo della sua triplice potestà, in cielo, in terra, e nell’infe
iamata da’ Calidonj Lafria, da che credettero che si fosse calmata la sua collera contro Eneo, di cui parleremo. Que’ popol
avesse sacrificata a Diana sul monte Aventino, avrebbe procurato alla sua città l’imperio del mondo. V’ andò egli. Il re Se
la pregò, che gli concedesse una moglie, che fosse somiglievole alla sua statua. Sperando, che la Dea volesse consolarlo,
ze, fu poi veduto a sposare pieno di contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo, di cui
i finge, ch’egli perciò abbia dovuto vedere a perire di pestilenza la sua armata, e ch’egli stesso sia stato poi ucciso da’
Istmo di Corinto, e la di lei statua era colà molto pregiabile per la sua grandezza e bellezza. Ivi le giovani avanti le lo
l gìudizio degli Ateniesi riuscì la migliore. Agoracriro, affinchè la sua non avesse a restare in Atone, la vendette a cert
di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono delle lagrime, che sua madre andava spargendo. Il bambino crebbe sì bell
inio e favore agli amici, talora per lettera sfogava colla giovine le sue tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla por
te, figlio di Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe
iglio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori di sua madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; ma eg
chè la Dea avea cangiata in mirto Mirena, giovine Greca, ed una delle sue sacerdotesse(16). Le perle altresì erano particol
a Dea due grosse pietre, le quali erano state donate all’Imperatrice, sua moglie. Venere rappresentasi in un cocchio, tirat
n potendo indurre Anfitrite, figlia di Nereo e di Dori(3), a divenire sua moglie, spedì un Delfino, affinchè ne la persuade
avia, bagnandosi ogni anno nella fonte Castalia, avea riacquistata la sua natìa verginità. Dal predetto nome il tempio, dis
ella ch’era. Aracne con tutto ciò stette baldanzosa e intrepida nella sua opinione Postesi portanto a gareggiare tra loro,
eppe trovare eccezione sul merito del lavoro e dell’arte, usata dalla sua competitrice : bensì la disgustarono i simboli, e
ll’animale a questa Divinità, perchè è simbolo di sapienza, attesa la sua perspicacia e accortezza. E’stata chiamata Triton
ea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra di Ellotide e di sua sorella. Così si eseguì coll’innalsare un nuovo t
di loro(d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili, porta, perchè la sua statua si poneva alle porte de’tempj e delle citt
. Ciò accese talmente Minerva di sdegno, che per punire Aglauro della sua disobbedienza, la rendette sì furibonda, ch’ella
presso la porta della Dea Flora, e a questa manifestò il motivo della sua discesa sulla terra. Flora le indicò, che ne’ cam
animali, soliti a sacrificarsi a Marte, erano il lupo a cagione della sua ferocia ; il cavallo, come il più bellicoso tra t
adia. Ella coltivava assaissimo la caccia, e passava gran parte della sua vita nelle foreste. Marte prese la figura di past
), e la quale regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, che alle sue disposizioni non solo gli uomini, ma tutti gli al
re da quel luogo(h). Luciano poi pretende, che Saturno a motivo della sua impotente età abbia spontaneamente rinunziato a G
o l’uccello, detto Fenice. Fingesi che questo animale sia unico della sua spezie, che dopo essere vissuto cinquecento anni,
che sopra di queste da se si abbruci, e che rinasca poi dalle stesse sue ceneri(c). (21). I sacrifizj da principio consis
i ne presentavano le fumanti viscere all’Aruspice, onde vi facesse le sue osservazioni. Colla più accurata attenzione si es
niadi(c) ; Nereidi si chiamavano quelle del mare, nate da Nereo, e da sua sorella, Doride. Queste secondo Esiodo erano cinq
tà campereccie, tranne il fiume Acheloo. Questo per isdegno gonfiò le sue acque, e trasporto nel mare le Ninfe e il luogo d
parimenti una certa Emilia, accusata del medesimo delitto, invocò la sua Dea, e gettato il proprio velo sulla fredda cener
avvertì di ricercarne al tempo stesso permanente la freschezza della sua gioventù. Quindi tutti sopra di lei si accumularo
gio all’ Inferno, di cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un ant
ide Ancira, città della Frigia, da dove questa fatidica donna dava le sue risposte. La Tiburtina venne così detta, perchè s
omene riguadagnò allora il vantaggio perduto ; e rinovate a Venere le sue preghiere, gettò l’ultimo pomo quasi sull’orlo de
h’eglino sieno stati quelli ; i quali avvertirono Cerere del ratto di sua figlia, e che la Dea per gratitudine abbia loro i
conseguito tale dignità, dovea vivere celibe tutto il rimanente della sua vita (d). (a). Potter. Arebacol. Grats. l. 2.
dalle campagne. Uno di que’ figliuoli morì, e Romolo, per onorare la sua nutrice, volle sostituirsi nel di lui luogo (h).
ti altresì, che la stessa instituì il Popolo Romano erede delle molte sue ricchezze, e che pefò ne fu annoverata tra le Div
ei, come l’ambrosia n’è il cibo. Credevasi, che questa, come suona la sua crimologia, rendesse immortale chiunque se ne pas
ortò il premio negli anzidetti Giuochi. La forza di lui eguagliava la sua voracità. Invitato a pranzo da Ariobarzane, re di
ne concepì tale dispiacere, che divenne pazzo. Ritornando quindi alla sua patria, entrò in una Secola, e scosse sì fortemen
rvato in una pubblica strada una statua di bronzo, la portò sino alla sua casa ; indi la rimise nel luogo stesso, donde l’a
tivo di Cleone, avea lasciata la professione d’Atleta a cagione della sua avanzata età ; ma per conservarsi robusto, soleva
ata sempre sterile, divenne gravida, e partorì Ebe (e). Costel per la sua singolare bellezza fu da Giove trasferita in Ciel
mme, di varj fragranti liquori. Il Rogo era formato a guisa d’ara. La sua maggiore o minore altezza era relativa alla condi
ittà d’Arisba, perchè egli, abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritt
icaone, dic’egli, volendo ridurre i suoi Sudditi all’osservanza delle sue leggi, pubblicò, che Giove si recava spesso a vis
quello stesse momento destato, li prese pe’piedi, e attaccatili alla sua massa, dietro alle spalle li portò per la strada
tta Dea la rendette madre d’Arcade, Diana non volle più averla tralle sue Ninfe, e Giunone la trasformò in orsa. Il di lei
onio con un mortale, che fu Sisifo, re de’Corintj(h), mentre le altre sue sorelle ebbero per isposi dei Numi. (l). Nat.
questa contrada della Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore di sua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tempo d
e, e si ritirò appresso il re Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4)
sò Menfi, figlia del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome di sua moglie. Ebbe una figlia, detta Libia, che Nettuno
ella Tracia, pregò il marito di lasciarla andare a rivedere Filomela, sua cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo p
ei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. Il re non v’aderì che con somma ripugnanz
come se avesse presagita la trista sventura, ch’era per accadere alla sua figliuola. Nè s’ingannò : il perfido Tereo, che d
el tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè seppe di mangiare le sue carni in quelle del figlio. Non avea per anco fin
quel varco trovandosi la giovine, chiese questa soccorso alle Ninfe, sue sorelle, e a Ladone, suo padre. Non compì Siringa
almente nel terzo giorno conduceva la sposa dalla casa del padre alla sua . La sposa allora vestivasi di lunga e nuova tonac
sacrificavano. Altri vollero, che il nome di Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che di quell
sacerdotessa di Giunone, per negligenza lasciò ardere il tempio della sua Dea (g). La stessa poscia si rifugiò in Tegea, ci
cuore il sentimento della propria immortalità, e fu persuaso ; che la sua anima neppure allora cessa di esistere ; quando s
mpre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il di lui valore, gli diede la sua figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, in matrimonio,
vato in quelle acque, ritornava in dietro, gettando al di sopra della sua testa delle fave nere, delle quali ne teneva anch
tteva un vaso di bronzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire dalla sua casa. Il suono de’ predetti vasi si risguardava c
ce, che se ne ponevano due(e). Caronte neppure poteva ammettere nella sua barca alcuno de’ viventi, che non gli avesse most
ella guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso di questi le sue figliuole, Vittoria, Fortezza, e Valore(g). Apoll
za quella di Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trattava colla sua immagine nello specchio, come se si fosse trovata
rno. Pausania dice, che Sisifo indicò ad Asopo il rapimento d’ Egina, sua figlia, fattosi da Giove, trasformato in fiamma d
uoco(h). Altri riferiscono, che Sisifo, essendo per motire, comandò a sua moglie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’eg
e oggetto formò un ponte di bronzo, che attraversava gran parte della sua città ; vi feco correre sullo stesso un carro, ch
di lui figliuola, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle sue frecce, e lo condanno nel Tartaro ad essere conti
ta(g). La maggior parte poi dice, che Tantalo, avendo accolte in casa sua alcuni Dei, e volendo accertarsi, se erano tali,
di lui, e dopo averlo purificato, e ricevuto in Cielo, lo ammise alla sua mensa cogli altri Dei. Issione prese allora ad am
no de’suoi generi gli avrebbe tolto e trono e vita, foce giurare alle sue figliuole, che la prima notte ognuna di esse avre
me maggior autorità, ritiravasi di quando in quando in un antro della sua Isola, e fingeva che Giove vi discendesse a detta
imonio, avea giurato di darla a colui, che avesse condotto in giro la sua figliuola sopra un carro, tirato da un leone e da
noltre, che, fatto Pelia morire, come più diffusamente vedremo, dalle sue figlie, Acasto, loro fratello, prese a perseguita
llod. l. 3. (h). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (7). Admeto colle sue lagrime, versate dal grande amore per Alceste, ta
ni qual volta che volevano. Il Principe finalmente osservando, che le sue ricchezze di giorno in giorno grandemente si scem
n Colofone, città consecrata a quel Nume, ne riportò tanta fama colle sue predizioni, che non solo l’Asia, ma tutta la Grec
trasferì in Delfo alla porta del di lui tempio. Il Nume inspirò alla sua sacerdotessa tanta pietà verso il fanciullo, ch’e
ccupato a sacrificare, e ad apparecchiare un convito per celebrare la sua nascita. In vece d’assaggiare la tazza, ch’eragli
nstituì(b). Strabone però volle, che tale Deputazione abbia tratto la sua origine dal re Acrisio(c). Ogni anno in Autunno e
are, che in que’giorni Romolo aveva gettato le prime fondamenta della sua città(b). E quì di passaggio notiamo, che siccome
dre di Branco, vicina a partorirlo, sognò, che il Sole entrava per la sua bocca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini
torirlo, sognò, che il Sole entrava per la sua bocca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò era di
esti fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome di sua madre(a). (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
osforo, ossia Lucifero, che parimenti annunzia alla terra l’arrivo di sua madre. A Titono poi l’ Aurora ottenne dalle Parch
u dal Sole trasferita nel suo carro nell’ Esperia, e ch’ella fissò la sua dimora in un’ Isola del mare Siciliano, la quale
spose al di lei affetto, ma volle serbarsi fedele alla Ninfa Canente, sua moglie, fu dall’anzidetta Maga convertito nell’uc
e afflisse, che anch’ella morì di dolore(a). Circe poi non ostante la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di
osì denominavasi Venero(d). (29). Faetonte millantavasi sempre della sua nasoita, originata da un Nunre. Epafo, figliuolo
ui fosse figliuolo del Sole. Faetonte se ne querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui pa
istezza per la perdita del figlio, privò per un’intera giornata della sua luce tutto il Mondo. Ad avvenimenti sì strani era
e dell’ Eridano, ora le tre novelle piante. Poco però potè sfogare la sua doglia, poichè venne convertito in Cigno(c). Noti
i difetti dell’oggetto amato. Le ali, di cui è fornito, dimostrano la sua leggierezza e incostanza. Finalmente stringe anch
saglia(b). (38). Il Permesso era un fiume della Beozia, che aveva la sua sorgente nel monte Elicona, e si scaricava nel la
arsene si recò ad una fonte del monte Ida, e non appena v’ osservò la sua deformità, che, gettato via il flauto, giurò, che
imo, che Anfione, addolorato per aver perduto sì miseramente tutta la sua famiglia, anch’egli si privò di vita(c). (c). O
era figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. Egli rendette la sua sorella, Canace, madre d’un figlio. Voleva la gio
ani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinchè di sua mano si uccidesse. Macareo, informato dello sdegn
i trasferì in Italia e nella Sicilia ; ed avendoviraccolto coll’ arte sua gran quantità di ricchezze, volle ritornarsene do
morite almano gli fosse permesso di toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò gli fu accordato. Lusingavasi egli d
ò, ch’ era figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta dolcezza la sua voce al suono della lira, che sospendeva il corso
’ Euridice. Non bastò ad Orfeo disfogare notte e giorno col pianto la sua doglia ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia,
Promontorio di Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco delle sue corde il cane Cerbero, e vi fece risuonare sì fle
odi di tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Nume destò nelle sue Baccanti tale furore, ch’ elleno appresso l’Ebro
e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apol
re ne boschi, ove fu accolta da Diana, che la ammis’ nel numero delle sue compagne. Venere, offesa dee disprezzo, che Polif
. Chione in età di quindici anni fu incontrata nella Bassa Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali
n mura. Vi si discendeva per alquanti gradini, e ogni celetta avea la sua porta. Furonvi anche aggiunte colonne e statue, c
no. Sopra la tomba si versavano soavi odori(a). Ogni sepolero avea la sua iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l
er toglierla da ogni inquietudine ; e che la giovine gli significò la sua impaziente brama di rivederlo (a). (b). Catull.
, ma povero, e di abbietti natali. Egli s’invaghì d’una giovine della sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore,
ono, che finalmente caddero in profondo sonno. Imene, assistito dalle sue concittadine, li mise tutti a morte, ritornò ad A
ro, e da cui nacque poi Cupido(c). Offeo soggiunge, che Cupido trasse sua origine da Saturno ; e Saffo pretende dal Cielo e
tta Arno, perchè avendole Saturno ricercato Nettuno, negò d’averlo in sua cura(a). (c). Apolled. l. 1. (d). Joh. Jacoh.
momento il nome di Priamo, che conservò poi per tutto il tempo della sua vita(b). Nè è fuor di proposito il riferire altre
to d’Egesta. Ippote, nobile Trojano, temendo che la predetta giovine, sua figliuola, venisse esposta all’anzidetto mostro m
gli annunziò a Paride tutto quel, che di tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto di Elena, di cui parler
lio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, circondato dalle sue figlie, chiamate Nereidi, le quali lo divertivano
di Forco ; e vedendosene disprezzato, ricorse a Circe, ond’ella colla sua incantatrice arte gliene ottenesse pari corrispon
ina a quella d’Egina. Cencreo ne divenne il re, e le diede il nome di sua madre (a). (11). Tafio ebbe per madre Ippotoe, n
feroci. Metaponte, figlio di Sisifo, era allora per ripudiare Teano, sua moglie, perchè non potea averne alcun figliuolo.
osse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè gli aveva rapito questa sua seconda figliuola. Il combattimento riuscì sangui
atello, e a lui lisciò il regno, pregandolo, che volesse vendicare la sua morte col combattere più fortemente contro Epopeo
bandonò, come abbiamo altrove raccontato, a’ maltrattamenti di Dirce, sua moglie(e). (14). La madre di Tritone secondo Esi
do, stromento, usato da’ cacciatori di fiere. Ei chiamò a parte della sua gloria Atalanta, e seco lei ne divise le spoglie.
uciarlo. Lontano si trovava allora il figlio, e niente consapevole di sua sciagura, quando all’improvviso si sentì ardere l
re vissuto sino a quel giorno. Altea, dall’orrore e dal rimorso della sua colpa trafittasi il petto, mancò pure di vita. Fu
onio, avendo osservato ch’egli aveva i piedi di dragone, percelare la sua deformità, inventò, l’uso della quadriga(a). (b)
avrebbe trionfato, qualora avesse sacrificato a Proserpina una delle sue figlie. Queste erano quattro, Ottonea, Creusa, Or
aggiunse, che lo stesso Romolo gli predisse la futura grandezza della sua città, e promise d’ esserne il protettore ; conch
opra una collina, sacra a Marte (f), da che questo Nume ivi trattò la sua causa, quando fu accusato d’aver dato la morte al
i Roma un tempio per voto, fatto da T. Ostilio, quando osservò che le sue truppe prendevano la fuga in un combattimento(d).
quelle fiamme, ch’essere continuamente deriso per la deformità della sua bocca(e). (4). Ceculo fu creduto figlio di Vulca
ano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò nel seno di sua madre, mentre questa stava appresso il fuoco. Alt
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ù ingegnoso commentario del paganesimo ed il segnale più chiaro della sua decadenza. Il solo Livio rimpiangeva la pietà dei
’antica religione e l’antica filosofia. L’Asia minore offriva in ogni sua parte la mescolanza degli Dei eleganti della Grec
fuse come gli strati del fango che il Nilo straripato ammucchia sulle sue sponde. Nel riposo della conquista romana gl’inte
ta da tutti i navigatori d’Europa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la sua vasta biblioteca, con le sue scuole, parea l’Aten
ropa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la sua vasta biblioteca, con le sue scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, pi
el santuario e il libro della legge ; la nazione giudaica sparì, e le sue ceneri furono, per così dire, gettate come polver
va dalla Giudea ; anzi ella vide in questo esterminio una prova della sua verità ; e Roma, dopo aver distrutto una nazione
nzi agli sguardi ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. Le sue feste erano lo spettacolo della folla ; esso fram
nuto una specie d’ipocrisia pubblica professata dallo Stato ; e nella sua decadenza, sorretto dal potere, dall’interesse, d
credenza rafforzato, e conservavasi per consuetudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi l
to, e conservavasi per consuetudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi legami colle istitu
micizia che avete con questa setta, è stato precluso il sentiero alla sua difesa ; sia lecito almeno alla verità per la tac
delle lettere di pervenire alle vostre orecchie. Questa invero per la sua causa non vi prega, perchè nemmeno della sua sort
ie. Questa invero per la sua causa non vi prega, perchè nemmeno della sua sorte si maraviglia, mentre, sapendo d’esser pere
trova fra gli estranei facilmente i nemici ; ma essendole noto che la sua stirpe, la fede, la speranza, la grazia e la dign
stro danno è proibito. Imperciocchè Plinio Secondo, mentre reggeva la sua provincia, condannati alcuni Cristiani, alcuni da
arte per obbedire alle leggi ! Quante volte, senza riguardo a voi, di sua autorità l’inimico volgo ci assale colle pietre e
torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale fa prova della sua virtù. Che, se noi volessimo farla da nemici scop
Dio, al Signore e Creatore nostro. Non rigettiamo alcun frutto delle sue opere. Bene è vero che siamo temperanti, per non
iviltà e delle arti, così avrebbe salvato anche il mondo romano dalla sua propria corruzione, se non fosse soggiaciuto alla
armi straniere : sola una religione può rinnovellare un popolo nelle sue sorgenti. E già quella di Gesù Cristo ristabiliva
mento in cui s’avverò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la sua morale non era di assoluta necessità, perchè i po
vano d’inverno ; perciò chi ai lavava innanzi di metteva a rischio la sua salute, e intirizziva pel freddo e impallidiva co
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a vi
della terrena vesta, « Non del tutto si spoglian le meschine « Delle sue macchie ; chè ’l corporeo lezzo « Sì l’ha per lun
lo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tart
un monte un gran masso, che tosto ricadendo a valle rendeva eterna la sua pena. Omero la descrive così : « Sisifo altrove
el chino « Sino alla valle la pesante massa. « Ei nuovamente di tutta sua forza « Su la cacciava ; dalle membra a gronde « 
ddosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la sua pena durerà eternamente. Orazio assomigliava a Ta
per tentar di assicurarsi la vita macchinò un misfatto, che 49 delle sue figlie eseguirono, qual fu quello di uccidere i l
morali verso Dio, verso sè stesso, e verso il prossimo. Son queste le sue parole : « D’ogni malizia ch’odio in cielo acqui
parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da sua arte : « E se tu ben la tua Fisica note, « Tu tro
se tu ti rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender sua vita ed avanzar la gente. « E perchè l’usuriere a
ente. « E perchè l’usuriere altra via tiene, « Per sè natura e per la sua seguace. « Dispregia, poichè in altro pon la spem
stringe ancora ad ammirare che di tanta sapienza, arte e giustizia la sua mente sia un così splendido riflesso e la sua par
za, arte e giustizia la sua mente sia un così splendido riflesso e la sua parola il più eloquente interprete. Non tutti i d
nuovo elemento o corpo che partecipa della natura dei metalli per le sue proprietà fisiche, ma se ne scosta per varii cara
, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue asserzioni erano stimate verità indubitabili. Ess
morì ; e dopo la morte fu più ancora ammirato che in vita, poichè la sua casa fu cangiata in un tempio, ed egli adorato qu
ii, volgarmente detti pizzicagnoli. Sapevalo bene il Giusti che nella sua satira sui Brindisi, inveisce contro un vil paras
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
troviamo che andasse mai a visitare i Campi Elisii, o invitasse alla sua reggia alcuno dei più illustri eroi che vi soggio
il tricipite Can Cerbero. Tal volta gli si poneva a lato Proserpina, sua moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vi
er forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di Cerere sua madre. Allora non compariva più come l’avvenente
o la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite. Vediamo ora quali di queste Divinità mitolo
e intorno agli occhi avea di fiamme ruote. » Egli invita coll’antica sua buona grazia le anime ad entrar nella barca, « G
ncontra poi « Cerbero fiera crudele e diversa, » che conservando la sua forma tricipite, « Con tre gole caninamente latr
; ma nell’Inferno dei Cristiani questo giudice ha perduto molto della sua dignità. Infatti « Stavvi Minos orribilmente e r
trata, « Giudica e manda secondo che avvinghia, cioè per mezzo della sua coda, come spiega Dante stesso ; diversamente nes
rateque commiserint, agitari et perterreri Furiarum tædis ardentibus. Sua quemque fraus et suus terror maxime vexat : suum
e i diavoli, maligno nè bugiardo, ma giudica secondo giustizia ; e la sua lunghissima coda non gli offusca l’intelletto, nè
altre terre, « Come suol esser tolto un uom solingo « Per conservar sua pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito d
tenza del Genio di rendere accette e gradite a tutta la poster ita le sue più strane fantasie. 251. Talvolta nelle poesi
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
ll’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima vol
zii, a Venere più che mai. Cominciarono a dire che questa Dea, per la sua singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in
più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’esercizio della sua professione di fabbro. Giove così volle premiar V
o Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che nelle sue poesie per Madonna Laura aveva sempre adoperato u
ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sempre a saettar colle sue freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar m
o, nascondendo l’esser suo, sottopose la curiosità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più in
e Cupido si rendeva invisibile a Psiche facendole soltanto sentire la sua voce, esprime filosoficamente, che questa e tutte
che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile
significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle sue facoltà. 188. Epitalamio è parola di greca orig
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e
sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e politica. Il conoscer dunque le
e il Lete. Lo Stige era considerato come un Dio fluviatile, e per le sue acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento era
era inviolabile : onorificenza che fu accordata allo Stige perchè la sua figlia Vittoria nella guerra dei Giganti si dichi
il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli Elisii, e le sue acque piacevoli a beversi producevano l’oblio del
terra « Che d’un lume di porpora è vestita, « Ed ha ’l suo sole e le sue stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza
modo sì mirabile da superare l’abilità di qualsivoglia architetto. La sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente ch
. Largior hic campos æther et lumine vestit Purpureo ; solemque suum, sua sidera norunt. (Æneid., vi, 637.) 237. Per da
rterò soltanto quella di Malebolge, che è veramente ammirabile per la sua evidenza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
vesse bisogno di rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare la sua scaltrezza si divertiva a far delle burle agli De
co, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto di t
i, contribuiva a corrompere e disfare la società pagana. Ridotto alla sua vera significazione questo attributo di Mercurio,
avendo egli trovato due serpenti che si battevano, li percosse colla sua verga per separarli e dividerli ; ed essi attorti
e regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la sua fede prese la forma di un altro che cercasse il l
i tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, lo rimproverò della sua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietr
il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argenteo e della sua mobilità ; per cui serve ottimamente nei tubi dei
rubai. » A proposito di questi tali riporta Cicerone nella 2ª delle sue Filippiche un bellissimo ed elegantissimo proverb
disse ; e Gabriel s’accinse « Veloce ad eseguir le imposte cose. « La sua forma invisibil d’aria cinse, « Ed al senso morta
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
ente, come « …. Semiramis, di cui si legge « Che libito fe’licito in sua legge. » I Naturalisti danno il nome di Satiri a
a corte celeste come buffone degli Dei, ma poi ne fu scacciato per la sua soverchia insolenza. Poco o nulla hanno scritto d
, che davasi al Dio delle stagioni e della maturità dei frutti, colla sua latina etimologia a vertendo, (cioè dai cangiamen
ti della terra) dimostra l’origine italica e romana di questo Dio. Le sue feste si celebravano nell’ottobre quasi in ringra
itti del cittadino, la proprietà e la libertà. 13. Il Varchi nella sua elaboratissima Orazione funebre in morte del Buon
rso. 14. Orazio satiro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire, nel parlar di giudizii diversi che ne dav
ea Pale. 3ª Romae Natalis, cioè giorno natalizio di Roma, ossia della sua fondazione. Anche Cicerone rammenta questo giorno
fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui spaventò le streghe
a mentre facevano un incantesimo negli Orti esquilini, posti sotto la sua guardia e custodia. La famosa satira comincia cos
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
l tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla sua quanto mirabile altrettanto fantastica invenzione
tantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale alla sua nascita è affidato ad un dèmone particolare che l
idato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della sua vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anc
ù. Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella sua segreta intenzione, una divinità mitologica, ma p
l Manzoni, nel suo mirabile Cantico il Cinque Maggio, chiama Genio la sua facoltà poetica : « Lui sfolgorante in soglio « 
dua « Cadde, risorse, e giacque, « Di mille voci al sonito « Mista la sua non ha : » Il Giusti nelle sue impareggiabili po
« Di mille voci al sonito « Mista la sua non ha : » Il Giusti nelle sue impareggiabili poesie usa molte volte il termine
la parola Genio in questi termini : « Di una persona eccellente nella sua arte o in più discipline si ode dire spessissimo 
i lo stesso Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi, e son queste le sue parole : « Il genio genera : chi confronta, racco
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
Eroe e per l’epoca in cui visse e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. Per
sola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. I
e se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una cit
minarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di u
e trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua , che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed ass
Cronologia Greca verso il 1580 avanti l’èra cristiana. E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che
ei Romani è notizia storica confermata anche da Cornelio Nipote nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. Quanto poi
, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua prefazione) considera quest’ Eroe Fenicio non sol
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
due lunghissime corna gli torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte di pelo cap
o, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizione della sua loquacità, e condannata a tacere se nessun le par
coli e mezzo prima della fondazione di Roma. Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino
ta l’eterna città. Anche a tempo di Cicerone, com’egli racconta nelle sue epistole familiari, esisteva sotto quel colle un
sare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più volte nelle sue opere, e specialmente nelle filippiche contro lo
tudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da quelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali p
ella verità dei fatti. Anche Tito Livio racconta molti miracoli nella sua Storia Romana, ma non li garantisce, e aggiunge q
he si aveva per una ubbìa e non per un miracolo. Anche Cicerone nelle sue Opere usa almeno due volte, per quanto mi ricordi
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
r ambizione di regno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la sua in una torre di bronzo per impedire che prendesse
se detronizzarlo : quindi per dargli occupazione e allontanarlo dalla sua reggia lo eccitò, coll’allettamento della gloria
; e fu esposta ad esser divorata da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nere
ebbe la stessa sorte. Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli
di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove. Ma la sua stessa precauzione fu causa del suo male, poichè
aso, nel fare esercizi guerreschi uccidesse l’avo. Compiute Perseo le sue imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva.
elo, poichè asserirono trasformati in costellazioni, oltre Perseo, la sua moglie Andromeda, i suoi suoceri Cefeo e Cassiope
seguita, ed anche adottata dallo stesso Cantù (Ved. i Documenti alla sua Storia Universale), pone Inaco per primo re d’Arg
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
piccolo Bacco cresceva vivace ed allegro ; ed ebbe per custode della sua giovinezza (o come ora diremmo per aio o educator
, i pampini e l’uva non hanno bisogno di spiegazione ; l’ellera colla sua freschezza era stimata dagli Antichi un. sedativo
Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. Quel Nume
l Nume gioviale e nemico della malinconia la consolò subito facendola sua sposa e conducendola sempre seco in continua fest
n puniti gli avari : « E la miseria dell’avaro Mida « Che seguì alla sua dimanda ingorda « Per la qual sempre convien che
i, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), i
stessa forma metrica irregolare. Perciò il Giusti chiamo Ditirambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a c
parla in questi termini : « Chi la squallida cervogia « Alle labbra sue congiunge « Presto muore, o rado giunge « All’età
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
; ma poichè la Divinità è onnipotente, perciò immensa e infinita è la sua beneficenza. Da queste idee filosofiche derivò il
lo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la sua potenza » 59. Era detto ancora Ospitale, perchè g
il coglie. » Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e
eva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte. Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra,
ito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, consi
opulus Romanus Optimum, propter vim Maximum nominavit. (Cic. pro Domo sua .) Perciò questo duplice titolo di Ottimo Massimo
fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura,
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè gli antichi politeisti ebbero pe
Tempo e della Terra), era considerata come la Dea delle biade che in sua stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla ter
he rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre. Raccontano i mitologi che Proserpina come
ordine stava sulla terra e precisamente in Sicilia con diverse ninfe sue compagne od ancelle ; che mentre essa coglieva fi
falde del monte Etna fu rapita da Plutone Dio dell’inferno, per farla sua sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo
ìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Pro
uella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne va
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa eti
to rango fra le Dee, essendo essa sorella e moglie di Giove92). Nella sua pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e bene
mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aquila e rendendolo immortale. Il nome di Ebe fu
la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche Dea sua nemica li proteggesse, o fossero parenti od anche
re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni di sua moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone non ve
altra particolarità che si riferisce alla dea Giunone è il mito della sua ancella e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa
urato di rendere onore alla regina degli Dei anche prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti di dare il nome di Giu
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
ne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sor
fini della Tessaglia. Egli dice che « ……………… quando « Il Tempo colle sue fredde ali vi spazza « Fra le rovine (dei sepolcr
Gerusalemme liberata. « Sai che là corre il mondo ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Odesi spesso c
ira tue, « Sì come quando Marsia traesti « Dalla vagina delle membra sue . » (Parad., i, 19.) Apollo però non fu sempre fe
voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole. Il Poliziano nelle sue celebri ottave, conosciute sotto il nome di Stanz
torelli amici o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzat
olpo dopo brevi istanti morì. Apollo dolentissimo, per sollievo della sua afflizione lo cangiò nel fiore che porta lo stess
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge : « Ancor non era sua bocca richiusa, « Quando una donna apparve santa
un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la Balena con tutta la sua gigantesca statura, che quando alza l’enorme sua
Balena con tutta la sua gigantesca statura, che quando alza l’enorme sua testa perpendicolarmente fuori dell’acqua, l’illu
o la crede uno scoglio ; e per quanto sia straordinaria e tremenda la sua forza, che quando flagella furiosamente le onde c
la sua forza, che quando flagella furiosamente le onde colla potente sua pinna produce una piccola tempesta e ne rimbomba
ieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio l
è stesso : Epicuri de grege porcum. Ecco i due celebri esametri della sua sincera ed aperta dichiarazione : « Me pinguem e
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
siodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. La sua moglie che l’arricchì di sì numerosa prole era Te
gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solen
Perciò Nettuno si risolse ben presto a prender moglie ; e scelse per sua sposa la dea Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori
endere qualunque forma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua stranezza, che egli cioè non volesse presagire il
zzarrisse a trasformarsi, se finalmente voleva riprender la primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima lega
Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a riprender la sua prima figura, così conviene che gli studiosi non
Teti nel cui palazzo andava tutte le sere il Sole a riposarsi dopo la sua corsa diurna, come accennammo nel Cap. xvii, parl
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
emità dei due moli del porto, e le navi passavano a piena vela fra le sue gambe. Era questa una delle 7 maraviglie del mond
er un giorno il carro della luce. E coll’approvazione dell’ ambiziosa sua madre Climene andò nella sublime reggia di Apollo
olte nella Divina Commedia. Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scender su di un alato mostro in un
he chiamarono il Peana 118. Un’altra solenne prova diede Apollo della sua infallibile valentia nel tirar d’ arco, quando do
morti. Ma Plutone re delle regioni infernali che vedeva togliersi le sue prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudd
e l’arte medica può ottenere quest’utile effetto che è lo scopo delle sue cure, fu aggiunto che Esculapio, a richiesta di P
moderata, diæta. » E il celebre igienista Michel Lévy dichiara nella sua grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri as
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
ncora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella q
oll’arme o stemma di quel popolo pel territorio del quale scorrono le sue acque. Tra i Fiumi della Grecia ve n’erano alcuni
sto il suo sepolcro, onde non v’abbia « Mestier di fossa nell’esequie sue . « Disse, ed alto insorgendo, e d’atre spume « Ri
verne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, p
tegebat arundo. » (Æneid., viii, v. 32 …) 29. Virgilio che nelle sue Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice eg
e sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri di corso dalla sua origine sparisce in un canneto presso Tomelioso,
35 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
— Argo, pronipote d’Inaco, dà a Foronea il proprio nome. — Efira, sua sorella, fonda Corinto. — Fegeo, suo figlio,
fatti sacrifizj, i poeti narrano che fu trasformato in lupo. — Io, sua figlia, rapita da mercanti Fenicj, e condotta in
sua figlia, rapita da mercanti Fenicj, e condotta in Egitto, e per la sua bontà stimata degna d’Osiride, soprannominato Gio
i Prometeo, re di Tessaglia. Una terribili inondazione che devastò le sue terre fu l’origine di questo diluvio. Deucalione
sue terre fu l’origine di questo diluvio. Deucalione si rifugia colla sua moglie Pirra sul monte Parnaso, e poi ripopola la
uista del Vello d’oro, ec. (Vedi la favola.) — Ercole o Alcide. Le sue dodici fatiche, ec. Credesi che la vita di Sanson
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
imi tempi della scoperta del nuovo Mondo credettero che Colombo colle sue preghiere potesse far sì che si oscurasse e rasse
, ed anche gl’italiani, rammentano il vago della Luna, Endimione e la sua Diva, il dormitore di Latmo. E tra i filosofi Pla
che incontrata nei boschi quest’orrida fiera e non sapendo che fosse sua madre, stava per trafiggerla con un dardo. E ques
nel C. II del Paradiso ; ma ivi parlò con figura poetica, e prese per sue stelle polari le Muse : « E nove Muse mi dimostr
etrato in un boschetto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e
autorizzato da questo racconto mitologico a darci ad intendere, nella sua 4ª Canzone, che per opera di Madonna Laura avveni
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
sposò in seconde nozze Ino divenuta poi la Dea Leucotoe, aveva della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nom
 ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filia
lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciaron
mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiunta
una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fineo ebbero gli Argonauti notizie
a nave è chiamata Pagasœa puppis, e Medea Pagasœa conjux. 66. Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo fi
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che di sua forza sta, alludendosi in ambedue le lingue all’a
in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in
trada al trono o per sè o per i propri figli Titani, quando Saturno a sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto di fa
rtenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella di far girare i
latices epulasque deorum. » (Ovid., Epist.) 18. « Stat vi terra sua , vi stando Vesta vocatur. » (Ovid., Fast. vi.)
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
ologi dicono che anche la Ninfa Amaltea fosse cangiata insieme con la sua capra in quella costellazione25. Della Ninfa Meli
accese amor tra l’uomo e ‘l fonte ; » cioè tra Narciso e l’immagine sua reflessa dall’acqua. Anche la Ninfa Galatea è mo
« Pria che Beatrice discendesse al mondo. « Fummo ordinate a lei per sue ancelle. » E nel rammentar questo passo il can.
to un corno, Giove ne fece un regalo alle Ninfe che ebbero cura della sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prod
infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
nche Ovidio così erudito negli antichi miti, come dimostrano tutte le sue poesie e principalmente i Fasti e le Metamorfosi
oi Ciclopi si affaticava a fabbricargli in gran copia i fulmini nelle sue sotterranee fucine, e l’aquila glieli portava. A
ide fiamme, « Che van lambendo a scolorar le stelle ; « E talvolta le sue viscere stesse « Da sè divelte, immani sassi e sc
pure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi, con tutta la sua nuova teoria dei vulcani. I chimici poi che ricon
sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue molteplici combinazioni, soggiungerebbe : La spie
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
ia, situata fra il monte Cirfide e il monte Parnaso, conteneva fra le sue mura il tempio e il famosissimo oracolo di Apollo
i ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popol
ll’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del
o per sapere chi dovesse regnare in Roma. Tito Livio nel lib. I della sua Storia Romana, la riporta tradotta in questi term
ura l’artifizio di Numa nel dare ad intendere al popolo romano che le sue prescrizioni religiose e civili gli erano suggeri
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
nza disturbo alcuno, se non erano le astuzie e le pietose frodi della sua moglie Cibele. Convien sapere prima di tutto che
Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. Il qual fatto, inteso l
ura, ed esiliò Saturno dal Cielo ; ma non estese la condanna a Cibele sua madre, perchè questa, dopo la perdita del trono e
edia di questo nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crudele. « Tra le sue mire di grandezza e lui « Metti il capo del padre
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
he vi sarebbe perito, se egli era reo, oppure darebbe una prova della sua innocenza se riuscisse vittorioso54. La più celeb
il sospetto in ammirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorella di Stenobea. Questa, quan
rlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per punirlo della sua folle superbia, mandò un tafano a molestare il ca
perbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sull
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille
ella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta valentissima c
era, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta valentissima cacciatrice. Infa
a fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » D
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
ltati dallo stesso Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la sua potenza o il suo arbitrio. Da queste idee pagane
bero volere in questi splendidi versi : « Lo maggior don che Dio per sua larghezza « Fesse creando, e alla sua bontate « P
: « Lo maggior don che Dio per sua larghezza « Fesse creando, e alla sua bontate « Più conformato, e quel ch’ei più apprez
o con un sol piede sopra una ruota o un globo, per indicare la facile sua mutabilità. Le si dava inoltre il cornucopia da c
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
i animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, sin dalla sua fondazione, il Politeismo Troiano e Greco. Raccon
 : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro cons
vidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio nel lib. i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fann
ote principalmente le donne ; tra le quali è rammentata da Tibullo la sua Delia, che passò ancora qualche notte avanti le p
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa
ta sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa stessa della sua ambizione o vanità, poichè Apollo e Diana invisib
renze le statue attribuite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la sua famiglia colpita dalla celeste vendetta104). Acce
ome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo,
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la sua dimora su quel monte che poi fu detto il Palatino
per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che di esser rammentato nell’inno saliare. Vèiov
senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta. Aveva un tempio fra
ma non ne spiegano gli attributi : Plinio nel libro ii, cap. 52 della sua Storia Naturale, dice soltanto che a questo Dio s
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
po : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della sua forma corporea, che certamente debbono apparire s
ci dice che Vulcano nacque zoppo e deforme, che dalla stessa Giunone sua madre fu gettato giù dall’Olimpo nel mare, e piet
ere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcani
ns cœlo descendit ab alto. (Æneid., viii.) 194. Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde e
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
ivati cittadini. Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto
detta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti
e e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti civili, neppure d
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora in a
per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse
a qualunque italiano desideri accostarsi « ……….. ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Quanto poi all
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
al carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomini viventi e parla
sta favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni. Tutti però, generalmente, conveng
dre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fe
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
apo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, questo fatto non toglie ag
isognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse lat
ta « Cangiò ’l primo padrone ; ond’ ei per questo « Sempre coll’arte sua la farà trista. » (Inf., xiii, 143….) 37. Ecc
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
atino Ops, Opis, che significa aiuto, soccorso, perchè la Terra colle sue produzioni soccorre ai bisogni dei mortali. Qualc
evano moglie, somigliavano in questo i monaci o frati. Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rass
di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45. Il nome di Coribanti d
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
due della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora 
Omberto Aldobrandeschi dei conti di Santa Fiora, che fu ucciso per la sua superbia arrogante : « L’antico sangue e l’opere
re sotterraneo, in quanto che Vulcano era il Dio del fuoco e aveva le sue fucine sotto i monti ignivomi, come l’Etna, lo St
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gibetto a sè delle sue case : « Io fui della città che nel Batista « Ca
tista « Cangiò il primo padrone, ond’ei per questo « Sempre coll’arte sua la farà trista. » E-aggiunge che vi rimaneva anc
più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egl
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
ammessi in Roma, come avverte T. Livio nel lib. iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono neppure i più str
eglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo scopo altamente soc
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie era la Notte. Dei figli parleremo in appre
o che visse « A tempo degli Dei falsi e bugiardi, » e la prediletta sua Beatrice, divinizzata come la Teologia, a dargli
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
a, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla sua Beatrice rappresentante la cristiana Teologia. E
ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli s
60 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
te vittime gli animali destinati ai saerifizj. Ogni divinità aveva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle
ttro, e più ; Silla no creò fin quindici, per accrescere appoggi alla sua tiranuide. Le persone colto fomentavano, pei loro
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
o scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cortesia, m
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
hominis demortui in Deos. » — (In Apoll., cap. 34.) Il Giust i nelle sue poesie estende la parola apoteosi a significare i
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
le espressioni : è naturale ; naturalmente ; per natura, o di natura sua e simili. Di più nella lingua italiana, oltre il
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
he Eolo « …. de’venti dispensier supremo « Fu da Giove nomato ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
aturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo o delle sue emanazioni : la luce pallida o plumbea del pianet
66 (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes
an elephant, addressing the sorceress in human language, thus: — “I sue not for my happy crown again; I sue not for my ph
ss in human language, thus: — “I sue not for my happy crown again; I sue not for my phalanx on the plain; I sue not for my
ot for my happy crown again; I sue not for my phalanx on the plain; I sue not for my lone, my widowed wife; I sue not for m
or my phalanx on the plain; I sue not for my lone, my widowed wife; I sue not for my ruddy drops of life, My children fair,
67 (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls
ke their baleful streams, Abhorrèd Styx, the flood of deadly hate.” Sua ′da [Suada], the goddess of Persuasion. See Pitho.
68 (1810) Arabesques mythologiques, ou les Attributs de toutes les divinités de la fable. Tome II
io sicura S’alzar volando alle celesti spere Come va foco al ciel per sua natura45. La Gerusalemme Liberata. La Fra
69 (1900) Myths of old Greece in story and song
had loved her deeply at first sight. He had asked Pelias if he might sue for Alcestis’ hand; and had been told that he mig
70 (1812) Manuel mythologique de la jeunesse
pénètre enfin le cavalier ;            Sous son balandias fait qu’il sue ,            Le contraint de s’en dépouiller ; Enc
71 (1842) Heathen mythology
Minerva’s power, Favoured of heaven, thy mercy I implore, For life I sue , the rest to thee I yield: In pity from my sight
72 (1800) Cours de mythologie pp. -360
sent la Nature en révérant les Dieux. Là, du sang des humains on voit suer les marbres, On voit fumer la terre, on voit roug
73 (1898) Classic myths in english literature
ned others in urging his wife’s brother Gunnar, a doughty warrior, to sue for the hand of Brynhild herself. But Brynhild wo
Progress of Error; O. W. Holmes, Metrical Essay; Keats, Endymion, “I sue not for my happy crown again,” etc. On Sirens and
74 (1807) Cours de mythologie (2e éd.)
sent la Nature en révérant les Dieux. Là, du sang des humains on voit suer les marbres, On voit fumer la terre, on voit roug
75 (1909) The myths of Greece and Rome
se whom guiltless he could ne’er behold, Or those to whom he now must sue for aid.” Sophocles ( Francklin’s tr.). Pennile
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