Acheronte, fiume dell’Inferno, 218. — padre d’Ascalafo, 56. Achille.
Sua
infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio di Tr
’Inferno, 218. — padre d’Ascalafo, 56. Achille. Sua infanzia, 536 ; —
sue
avventure all’assedio di Troja, 538-540 ; — sua m
Sua infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio di Troja, 538-540 ; —
sua
morte, 541. Aci, trasformato in fiume, 273. Acris
7. Agesilaos, V. Plutone. Aglaia, una delle tre Grazie, 175. Aglauro.
Sua
invidia punita, 167. Ajace, eroe greco, figlio d’
figlio d’Oileo, 567. Ajace, eroe greco, figlio di Telamone, 561 ; —
sue
gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con U
— sue gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con Ulisse, 564 ; —
sua
morte, 565. Alceo, 478 (nota). Alceste, esempio d
, 593 e 596. Andromeda, liberata da Perseo, 361. Anfiarao, indovino ;
sue
sventure, 506, 662. Anfione, abile sonatore, 74,
divinità Egiziana, 705. Api, bue adorato dagli Egiziani, 703. Apollo.
Sua
nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; —
ine del suo esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; — suoi oracoli, 122 ; —
sua
disfida con Marsia, 125 ; — punisce il re Mida, 1
entato, 135, 136. Aquario, segno dello Zodiaco, 687. Aracne o Aragne.
Sua
metamorfosi, 265. Arcade, figlio della ninfa Cali
re e sonatore ; suo pericolo, 478, e seg. Aristeo, figlio d’Apollo ;
sue
avventure, 474, 475 ec. Armonia, moglie di Cadmo,
9. Atenodoro, celebre scultore, 607. Ati, sacerdote di Cibele, 49 ; —
sua
metamorfosi, 50. Atlante, re in Affrica, e posses
onor di Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-155. Bacco.
Sua
nascita, 146 ; — sua educazione, 149 ; — suoi via
Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; —
sua
educazione, 149 ; — suoi viaggi, 151 ; — sposa Ar
vinità dei Babilonesi, 711. Berecinzia, nome di Cibele, 40. Berenice.
Sua
chioma trasformata in stella, 184. Beroe, nutrice
Briseide, prigioniera d’Achille, 539. Bronte, Ciclope, 272. Busiride,
sue
crudeltà e suo gastigo, 378. C Cabiri, Dei
aco. Sue colpe, e suo gastigo, 385. Cadmo, fratello d’Europa, 482 ; —
sue
avventure 484 e seg. — sua metamorfosi, 490. Cadu
go, 385. Cadmo, fratello d’Europa, 482 ; — sue avventure 484 e seg. —
sua
metamorfosi, 490. Caduceo, verga di Mercurio, 161
venture con Ulisse, 577, 578. Calisto, ninfa, madre di Arcade, 75 ; —
sue
sventure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274
a guerra di Tebe, 506. Capricorno, segno dello Zodiaco, 686. Cariddi.
Sua
metamorfosi, 203. Caronte, nòcchiero dell’Inferno
osi, 203. Caronte, nòcchiero dell’Inferno, 225. Cassandra, indovina ;
sue
sventure, 604. Cassiopea, madre di Andromeda, 361
alia, ninfa trasformata in fonte, 123. Castore, fratello di Polluce ;
sua
nascita, 441 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —
lo di Polluce ; sua nascita, 441 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —
sue
avventure, 444 ; — suo fine, 445. Cecrope, re d’A
e, 445. Cecrope, re d’Atene, 76. Cefalo, secondo marito dell’Aurora ;
sue
sventure, 116. Cefeo, padre di Andromaca, 361. Ce
206. Celeno, Arpia, 191. Celeo, re d’Eleusi, 54. Celo, Cielo o Urano.
Sua
moglie, 23 ; — suoi figli, 26. Cencreo, re di Sal
dell’Inferno, 226. Cercione, masnadiero ; suo gastigo, 413. Cerere,
sua
nascita, 51 ; — suoi figli, 52 ; — ratto del[ILLI
ntola, 57 ; — ritrova Proserpina, 58 ; — come è rappresentata, 59 ; —
sue
feste, 60 ; — sacrificj istituiti in onor suo 61
0, 536. Ciane, Ninfa che s’oppose al ratto di Proserpina, 53. Cibele.
Sua
nascita, 26 ; — sue nozze, 40 ; — suoi differenti
che s’oppose al ratto di Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; —
sue
nozze, 40 ; — suoi differenti nomi, 40-42 ; — com
0 ; — suoi differenti nomi, 40-42 ; — come vien rappresentata, 44 ; —
sue
feste, 47 ; — suoi sacerdoti, 48 ; sacrifizi isti
134, 472. Cimone, 440. Cimotoe, 316. Cinto di Venere, 182. Ciparisso.
Sua
metamorfosi, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi
274, e seg. Clitennestra, moglie di Agamennone, 532. [ILLISIBLE]ia.
Sua
metamorfosi, 130. Cloride, moglie di Nereo, 553.
bitanti di Creta, sacerdoti di Cibele, 29, 48. D Dafne, Ninfa ;
sua
metamorfosi, 103. Danae, madre di Perseo, 353. Da
nti del monte Ida, 48. Dauno, 552. Dedalo, inventore del Laberinto ;
sue
sventure, 421 ; — sua abilità, 422 ; — sua morte,
Dauno, 552. Dedalo, inventore del Laberinto ; sue sventure, 421 ; —
sua
abilità, 422 ; — sua morte, 423. Deianira, amata
inventore del Laberinto ; sue sventure, 421 ; — sua abilità, 422 ; —
sua
morte, 423. Deianira, amata da Ercole, 393 ; — Ne
alione, ripopola la terra, 647 e seg. Dia, 248. Diagora, 670. Diana.
Sua
nascita ; 137 ; — suoi diversi nomi, 138 ; — prot
Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Didone, regina di Cartagine ;
sue
sventure, 610-612. Diespiter, nome di Giove, 79.
e di Cibele, 40. Diomede, uno dei capitani dell’armata Greca, 550 ; —
sue
gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re
omede, uno dei capitani dell’armata Greca, 550 ; — sue gesta, 551 ; —
sua
metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue cru
; — sue gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ;
sue
crudeltà e sua fine, 377. Dionea, Ninfa dell’Ocea
551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue crudeltà e
sua
fine, 377. Dionea, Ninfa dell’Oceano, 170. Dionig
madre, o secondo altri, sorella della Chimera, 358, 466. Eco, Ninfa ;
sue
sventure, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597.
Ninfa ; sue sventure, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597. Edipo.
Sua
nascita, 491 ; — sua infanzia, 492, 493 ; — consu
, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597. Edipo. Sua nascita, 491 ; —
sua
infanzia, 492, 493 ; — consulta l’oracolo, 494 ;
scita, 491 ; — sua infanzia, 492, 493 ; — consulta l’oracolo, 494 ; —
sue
sventure, 495 ; — spiega l’enimma proposto dalla
nimma proposto dalla Sfinge, 449 ; — è proclamato re di Tebe, 500 ; —
sua
fine, 503, 504. Efeso, città e tempio, 143. Egeo,
o, 143. Egeo, re d’Atene, 402 ; — riconosce Teseo suo figlio, 406 ; —
sua
morte, 426. Egeria, Ninfa consigliera di Numa, 32
figlio d’Anchise e di Venere, 608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa
sua
moglie, 609 ; — suoi amori con Didone, 610 ; — su
bilimento in Italia, 614. Enomao, re d’Elide, 511 ; — avventure della
sua
figlia Ippodamia, 512, 513. Enone, Ninfa amata da
enti di Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole.
Sua
nascita. 364 ; — odio di Giunone contro di lui, 3
; — odio di Giunone contro di lui, 365 ; — come si placasse, 366 ; —
sua
educazione, 367 ; — suoi figli, 368 ; — le dodici
e, 391 ; — suoi amori, 392, 393 ; — uccide il centauro Nesso, 394 ; —
sua
morte, 395-398 ; — sposa Ebe in cielo, 399 ; — no
119. Erifile, moglie d’Anfiarao, 662. Erinni, V. Furie. Erisittone,
sue
avventure, 62. Eritrea, 665. Erittonio, 517. Erme
rea, 337. Euriale, una delle Gorgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ;
sue
avventure nell’inferno, e sua morte, 470. Euriste
orgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ; sue avventure nell’inferno, e
sua
morte, 470. Euristeo, fratello d’Ercole, 364. Eur
rannome di Giove, 79. Feronia, Dea dei frutti nascenti, 312. Fetonte,
sua
vanagloria e suo gastigo, 118. Fialte, gigante, 6
Fialte, gigante, 69. Filemone, marito di Bauci, 621 e seg. Filomela,
sue
sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia di Jobate,
nell’idolatria scandinava, 743. Gerione, mostro, 358, 379. Giacinto,
sua
metamorfosi, 104. Giano, re del Lazio, 32 ; — pro
i Titani, 30. Giasone, padre di Pluto, 52. Giasone, figlio di Esone.
Sua
nascita, 448 ; — intraprende la conquista del Vel
ita, 448 ; — intraprende la conquista del Vello d’oro, 449 e seg. ; —
sua
morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie di E
ua morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie di Edipo, 491. Giove.
Sua
nascita, 28 ; — sposa Giunone, 64 ; — suoi figli,
70, 274 ; — guerra coi Titani, 65-69 ; — gastiga Prometeo, 70, 71 ; —
sue
metamorfosi, 74, 75 ; — gastiga Licaone, 78 ; — s
81 ; — come è rappresentato, 83 ; — pluralità di Giovi, 84. Giunone.
Sua
nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; — sua indole, 88
uralità di Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; —
sua
indole, 88 ; — sua persecuzione contro Io, 89-90
4. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figli, 86 ; — sua indole, 88 ; —
sua
persecuzione contro Io, 89-90 ; — contro Europa e
a e i figli di Cadmo, 91 ; contro Asopo, 92 ; — contro Latona, 97 ; —
sua
messaggera, 93 ; — come vien rappresentata, 94 ;
i, 240. Ida, fulminato da Giove, 445. Idalia. Vedi Cipro. Idolatria,
sua
origine, 12-15. Idomeneo, re di Creta, 558, 559.
ommo sacerdote, 60 (nota). Ifianasse, figlia di Preto ; gastigo della
sua
vanità, 92. Ifigenia, figlia di Agamennone, 527,
glia di Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia di Preto ; gastigo della
sua
vanità, 92. Ila, rapito dalle Ninfe, 654. Ilio, f
Ino, moglie di Atamante, 449. Invidia, divinità allegorica, 342. Io,
sue
avventure, 89-90. Iobate, re di Licia, 463. Iole,
le, 375 ; — sposa Teseo, 432. Ippolito, figlio di Teseo, 432, 436 ; —
sua
morte, 437 ; — è resuscitato da Esculapio, 438. I
erno, 224. Leucade (salto di), 177. Leucosia, Sirena, 196. Leucotoe.
Sua
metamorfosi, 131. Libertà, divinità allegorica, 3
341 2°. Libica (sibilla), 665. Lica, ucciso da Ercole, 397. Licaone.
Sua
istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre di Anfione
pe, 321. Lisia, Sirena, 196. Lisippa, figlia di Preto ; gastigo della
sua
vanità, 92. Loke, 743. Lucifero, Dio del mattino,
i Tiresia, 660. Marsia. Sue avventure, 125. Marte, Dio della guerra :
sua
nascita, 255 ; — suoi figli, 256 ; — ferito da Di
arti, 261. Mausolo e Mausoleo, 135. Medea. Sue avventure, 454-458 ; —
sua
malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio di Med
232. Melampo, 92. Melanconia, divinità allegorica, 345 4°. Meleagro.
Sua
nascita, 626 ; — sua morte, 628. Melia, madre di
lanconia, divinità allegorica, 345 4°. Meleagro. Sua nascita, 626 ; —
sua
morte, 628. Melia, madre di Cadmo, 482. Melicerta
e avventure, 528, 530, 531. Menezio, padre di Patroclo, 592. Mennone.
Sua
nascita, 113 ; — sue avventure, 114 ; — sua statu
, 531. Menezio, padre di Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; —
sue
avventure, 114 ; — sua statua, 115. Mercurio. Suo
i Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; — sue avventure, 114 ; —
sua
statua, 115. Mercurio. Suoi ufficj, 160 ; — consi
ene, città fabbricata da Perseo, 363. Mida, punito da Apollo, 126 ; —
sue
orecchie, 168 ; — privilegio accordatogli da Bacc
vilegio accordatogli da Bacco, 128, 129, 459. Milone, atleta, 670 ; —
sue
avventure e sua morte, ivi. Mineo, re di Tebe, 1
ogli da Bacco, 128, 129, 459. Milone, atleta, 670 ; — sue avventure e
sua
morte, ivi. Mineo, re di Tebe, 156. Mineidi. Lor
vi. Mineo, re di Tebe, 156. Mineidi. Loro metamorfosi, 156. Minerva.
Sua
nascita, 262 ; — quando chiamata Pallade, 263 ; —
; — cangia Aragne in ragno, 265 ; — come vien rappresentata, 266 ; —
sua
egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 2
irtillo, figliuolo di Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia.
Sua
definizione e sua etimologia, 1. Mitra, divinità
di Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia. Sua definizione e
sua
etimologia, 1. Mitra, divinità dei Persiani, 713.
’assedio di Troja, 553-555. Néttare, bevanda degli Dei, 222. Nettuno.
Sua
nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio d
4 e seg. — della Terra, 318 e seg. Niobe, figlia di Tantalo, 629 ; —
sue
sventure e sua metamorfosi, 631-633. Nord, 743. N
a Terra, 318 e seg. Niobe, figlia di Tantalo, 629 ; — sue sventure e
sua
metamorfosi, 631-633. Nord, 743. Nisa, nutrice di
. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste, figlio di Agamennone, 527 ; —
sue
sventure, 533-535 ; — ai Giuochi olimpici, 675, 3
te annue in onor di Minerva, 269. Pandione, re d’Atene, 634. Pandora.
Sua
origine, 72 ; — dono che le fece Giove, 73 ; — sp
Epimeteo, ivi. Pane, Dio dei pastori, 294 ; — suo simulacro, 295 ; —
sue
feste e suoi sacerdoti, 296 ; — considerato qual
pogna, 299. Panope, 316. Parche, divinità infernali, 24, 235. Paride.
Sua
nascita, 597 ; — giudizio della bellezza, 600 ; —
Peana, inno ad Apollo, 134. Pegaso o Pegaseo, cavallo alato, 124 ; —
sua
nascita, 358. Peleo, marito di Teti, 229, 320, 34
Pelia, zio di Giasone, 448. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511 ; —
sue
avventure, 512, 513 ; — suoi figli, 514. Pelopidi
in aquila, 76. Perifeto, ucciso da Teseo, 412. Perillo. Gastigo della
sua
scelleratezza, 409. Peristeria, Ninfa trasformata
ormata in colomba, 183. Permesso, fiume sacro alle Muse, 123. Perseo.
Sua
nascita, 353 ; — uccide le Gorgoni, 355-357 ; — c
o, 123. Piragmone, Ciclope, 272. Piramo. Suo amore per Tisbe, 644 ; —
sua
fine, 645. Pireneo. Oltraggia le Muse, 278. Pirit
ia le Muse, 278. Piritoo, re dei Lapiti, 429 ; — sfida Teseo, 431 ; —
sue
avventure, 432, 433 ; — ucciso dal cane Cerbero,
no, 526. Pluto, Dio delle ricchezze, 254. Plutone, Dio dell’Inferno :
sua
nascita, 213 ; — rapisce Proserpina, 214 ; — come
ratello d’Eteocle, 505 ; — arma la Grecia contro il fratello, 506 ; —
sua
morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. P
una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541. Polluce.
Sua
nascita, 441, — sua celebrità, 442 ; — onorato co
, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541. Polluce. Sua nascita, 441, —
sua
celebrità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ;
scita, 441, — sua celebrità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ; —
sue
avventure, 444 ; — sua line, 445. Pomona, moglie
rità, 442 ; — onorato come Dio marino, 443 ; — sue avventure, 444 ; —
sua
line, 445. Pomona, moglie di Vertunno, e Dea dei
587 ; — ucciso da Pirro, 588. Priapo, Dio dei giardini, 307. Procri.
Sua
morte, 116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, so
116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, sorella di Filomela, 634 ; —
sua
vendetta, 637 ; — cangiata in rondinella, 638. Pr
634 ; — sua vendetta, 637 ; — cangiata in rondinella, 638. Prometeo.
Sua
audacia punita, 70, 71 ; — è liberato da Ercole,
udacia punita, 70, 71 ; — è liberato da Ercole, 71, 389. Proserpina.
Sua
nascita, 52 ; — rapita da Plutone, 53 ; — divien
divien moglie di questo Dio, 58. Proteo, Dio marino, 195. Protesilao.
Sua
morte generosa, 556. Psiche, moglie di Amore, 178
ità campestri, 304. Saturnali, feste in onor di Saturno, 38. Saturno.
Sua
nascita, 26 ; — suo impero, 27 ; — sua moglie, 28
onor di Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo impero, 27 ; —
sua
moglie, 28 ; — suoi figli, ivi ; — è combattuto e
suoi figli, ivi ; — è combattuto e fatto prigione da. Titano, 30 ; —
sue
avventure con Giove, 30, 31 ; — si rifugia in Ita
8 ; — come vien rappresentato, 39. Scheneo, re di Sciro, 640. Scilla.
Sua
metamorfosi, 202. Scioun, 744. Sciro, assassino,
, 197 ; — tentano di sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa.
Sua
metamorfosi, 299. Sisifo. Suo delitto e suo gasti
6. Tersandro, 510 (nota). Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo.
Sua
nascita, 402, 403 ; — sua infanzia, 404 ; — sue g
Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; —
sua
infanzia, 404 ; — sue gesta nell’Attica, 405 ; —
ove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; — sua infanzia, 404 ; —
sue
gesta nell’Attica, 405 ; — riconosciuto da suo pa
i Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfatta, 65-69. Titano.
Sua
nascita, 26 ; — cede l’impero a Saturno, 27 ; — g
Cerere, 54. Trofonio, oracolo di Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja.
Sua
fondazione, 517 ; — sua distruzione, 523. Troilo,
racolo di Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja. Sua fondazione, 517 ; —
sua
distruzione, 523. Troilo, 521 5°. Troo, 517. Tros
a, 87. Turno re dei Rutuli, 614. U Ulisse, re d’ Itaca, 568 ; —
sua
finta follia, 569 ; — sue gesta all’assedio di Tr
, 614. U Ulisse, re d’ Itaca, 568 ; — sua finta follia, 569 ; —
sue
gesta all’assedio di Troja, 570 ; — scampa da Pol
— scampa da Polifemo, 573 ; — tempesta che distrugge gran parte della
sua
flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Ci
lla sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Circe, 575 ; —
sua
discesa all’Inferno, 576 ; — sua dimora nell’isol
dagli incantesimi di Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; —
sua
dimora nell’isola di Calisso e presso Alcinoo re
— suo ritorno a Itaca, 579 ; — come egli punisce i Proci, 580-581 ; —
sua
morte, 582. Urania, una delle nove Muse, 275. Ura
V Valhalla, 743. Vaso di Pandora, 73. Vello d’Oro, 449. Venere.
Sua
nascita, 170 ; — sposa Vulcano, 171 ; — suoi figl
ti colla Religione, ha però un tempio nel Regno delle belle arti : le
sue
antiche bizzarrìe sono tuttogiorno in moda fra no
sì il poeta nella nobile combinazione di tante finzioni aleggia nella
sua
fantasia : adorna, innalza, abbellisce, ingiganti
gia nella sua fantasia : adorna, innalza, abbellisce, ingigantisce le
sue
invenzioni, e si aprono i fiori sotto la sua mano
ellisce, ingigantisce le sue invenzioni, e si aprono i fiori sotto la
sua
mano in ogni stagione. Boileau. » Piano, e di
e poteva sperarsi dal medesimo. I suoi decreti erano immutabili, e la
sua
volontà inflessibile. Gli Dei istessi a lui erano
lle nuvole. Una picciola parte del zodiaco comincia a comparire sulla
sua
testa. Si dà ancora il nome di Caos alla mole ind
lo) è il più antico degli Dei. Egli era il figlio del Giorno, e sposò
sua
sorella Gè, o Titèa, eioè la Terra. Ebbero molti
urpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che
sua
madre gli avea dato. Dal sangue di Urano, che si
a. Il solo Giove fu esente da tale disgrazia, mercè le cure di Cibele
sua
madre, che accorgendosi essere incinta, volle que
lta durata. Il torbido suo umore, e ’l coraggio di Giove turbarono la
sua
felicità. Egli in fine fu rovesciato dal Trono, e
essero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suoi attributi indicano le
sue
funzioni, Egli è vecchio, perchè da gran tempo cr
le sue funzioni, Egli è vecchio, perchè da gran tempo creato : L’età
sua
avanzata non gli scema nè attività, nè le forze.
rchio, è simbolo dell’eternità, che non ha cominciamento, nè fine. Le
sue
vicende, al dire de’ commentatori, sono altresì m
stinguerla dalla figlia del nome medesimo : tal nome ebbe anche Titèa
sua
madre. Questa Dea ci viene rappresentata sotto le
ganti, ch’eran figli della terra. Questi per attaccarlo fin dentro la
sua
reggia, sovrapposero montagne sopra montagne. Tem
a morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante era si spaventevole, che la
sua
forza sorpassava il terrore, che ispirava. Egli a
ra de’ suoi piaceri, ai quali si diede in preda sì fattamente, che la
sua
maestà fu più degradata di quello, che sarebbe av
are delle diverse sembianze, sotto le quali si cangiò con avvilire la
sua
dignità. Omero, che ci ha data fra i poeti un’ide
nutrito Giove, e ne armava il braccio sinistro. Questa Capra dopo la
sua
morte fu situata da Giove per gratitudine fra le
rte fu situata da Giove per gratitudine fra le costellazioni, e della
sua
pelle ne compose l’Egida, voce che in Greco indic
era sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la riconoscevano. La
sua
bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado
esto rispettabile matrimonio non furono altrettanto felici. Giove per
sua
indole era incostante. Giunone sommamente gelosa
. Il suo impiego era di porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le
sue
funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una
Vulcano non curò questo maltrattamento di suo padre, ma non perdonò a
sua
madre, che lo aveva dato alla luce così storpio,
efica ebbe da Giove la rinomata Proserpina, infelice cagione di tante
sue
sciagure. Mentre un giorno questa giovane Dea in
orni di Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della mancanza di
sua
figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando per
in gufo : ma fu accordato a Proserpina di poter passare sei mesi con
sua
madre, ed altrettanti con Plutone, che l’aveva sp
, che in tal mestiere a Trittolemo aveva Cerere accordata. In pena di
sua
perfidia Linco fu trasmutato in Lince, animale ch
he ai raggi solari ogni anno si raccendeva nelle calende di Marzo. Le
sue
Sacerdotesse dette Vestali erano obbligate ad ess
o i poeti Apollo colla lira fralle mani, e corteggiato dalle Muse. La
sua
Reggia è in Parnaso, in Pindo, in Elicona ; sulle
lebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana
sua
sorella nel più forte delle boscaglie sotto la fo
nelle belle arti. Egli amò varie Ninfe ; ma fu sempre infelice nelle
sue
intraprese. Dafne figlia del fiume Penèo in Tessa
afne figlia del fiume Penèo in Tessaglia, fu l’oggetto primiero delle
sue
cure : malgrado però tutt’i suoi pregi, non fu ma
alloro. Il Dio, ad eterna memoria di questa Ninfa, volle adornare le
sue
tempia, e la lira delle foglie di questa pianta,
ilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome
sua
madre. Clizia figlia dell’Oceano, che inutilmente
a Apollo, scoverto l’inganno, nè avvertì Oreamo, che infuriato contro
sua
figlia la fece sotterrare viva ; ma Apollo, che n
anta che gira guardando sempre il sole, come volendo rinfacciargli la
sua
poca corrispondenza. Nacque da Apollo, e Coronide
nito a Nettuno, parimente privato della divinità, al Re Laomedonte la
sua
opera nella fabbrica delle mura di Troja. La merc
isarmare la collera degli Dei nel solo caso ch’esponesse al mostro la
sua
figliuola Esione. Bisognò cedere : ed oramai ques
ollo in grazia di Giove, comparì nuovamente nel Cielo rivestito della
sua
gloria. Ma siccome Esculapio fu l’innocente cagio
essere nato da Apollo, come egli credeva. Il giovane Fetonte portò le
sue
doglianze a Climene sua madre, che gl’insinuò di
ome egli credeva. Il giovane Fetonte portò le sue doglianze a Climene
sua
madre, che gl’insinuò di recarsi ad Apollo per as
mpezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore di
sua
morte : furono cangiate in pioppi, e le di loro l
morì di dolore, e fu trasformato in Cigno. Apollo dopo aver vendicata
sua
madre contro il Serpente Pitone, volle altresì ve
ver la preminenza su di Latona, che non ne aveva che due, portando la
sua
empietà al segno di frastornare le feste, che si
Mida ivi pur presente fu di contrario avviso ; Apollo sdegnato della
sua
temeraria ignoranza gli fece nascere gli orecchi
no, che apportò degli ajuti a Latona, e tocca dai dolori, che provava
sua
madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo
che provava sua madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo la
sua
verginità. Il suo pudore fu si grande, che arrivò
o di cacciatore col turcasso sulle spalle, e coll’arco alla mano : la
sua
veste è succinta, ed il suo cane corre presso a l
ignifica gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La
sua
effigie è coronata di allori con qualche papiro a
musicali, e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la
sua
corona era di ellera, recando in mano una mascher
’altra una coppa avvelenata. Il suo portamento è nobile, e fiero : la
sua
figura è maestosa, e ’l suo piede calza il coturn
a altr’oggetto, che il Cielo, ed è perciò la Musa dell’astronomia. La
sua
testa è coronata da un diadema di stelle : ha per
atematici, oltre una bacchetta, colla quale fa le dimostrazioni delle
sue
lezioni. Ecco ne’ seguenti versi espressi gl’imp
Zefiro la condusse all’Isola di Cipro, dove le Ore presero cura della
sua
educazione : quindi fu detta Ciprigna, come pure
astava alle nozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Grazie1. La
sua
bellezza era tale che fu giudicata la più bella f
ze di Teti, e di Peleo. Ma altrettanto indecente e sconvenevole fu la
sua
condotta : e noi in grazia della modestia volenti
in grazia della modestia volentieri passiamo sotto silenzio le varie
sue
vicende, specialmente con Marte, e con Adone. Cre
e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le
sue
picciole ali sono di colore azzurro, di porpora,
, che sarebbe il più tristo fra gli Dei. Giove voleva obbligar Venere
sua
madre a disfarsene : ma ella per sottrarlo allo s
de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la
sua
fucina nell’isola di Lenno, in quella di Lipari,
osciuti erano Bronte, Sterope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla
sua
fucina una quantità di capi d’opera, che formavan
a, che formavano l’ammirazione degli Dei, e degli uomini. Opera delle
sue
mani furono il fulmine di Giove, e le saette di A
re fece quella di Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco, e la
sua
figura è poco vantaggiosamente espressa, cioè, co
ll’altra, e con un martello alla mano, per lo più assiso innanzi alla
sua
incudine. Vulcano ad onta del suo rozzo impiego s
nunciandosi con soverchia gentilezza per una Divinità, che durante la
sua
vita doveva mantenere un portamento oltremodo sos
a seconda presedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La
sua
figura era nobile, ed alta la sua statura : la fi
d era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la
sua
statura : la fisonomia era bella, ma fiera nel te
ad insinuazione di Giunone, che le comparve sotto l’aspetto di Beroe
sua
nutrice, chiedette a Giove una grazia, obbligando
il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di
sua
madre. Ma siccome non era giunto il tempo, che do
a siccome non era giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì una
sua
coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando nel t
’l vecchio Sileno satiro, che amava molto il vino, ebbero cura della
sua
infanzia. Bacco a suo tempo contestò la sua grati
l vino, ebbero cura della sua infanzia. Bacco a suo tempo contestò la
sua
gratitudine, cangiando le figliuole di Atlante in
erra de’ giganti : indi disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la
sua
armata era composta di uomini, e donne, che porta
brare le feste di Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed alle
sue
Menadi, o siano Baccanti un sì fatto furore, che
i spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La
sua
corte è composta di Tritoni, che fanno echeggiare
, e di Nettuno, ebbe in porzione il regno degli estinti, e stabili la
sua
sede nell’inferno, che stava nelle viscere della
maniera egli involò Proserpina figliuola di Cerere, per farla divenir
sua
moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la
r farla divenir sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la
sua
reggia non era la più ridente ; ed in conseguenza
o di Plutone. Bisognava tragittarlo. Appena che Mercurio armato della
sua
verga, aveva condotte le ombre novelle alla riva
sto fiume, Caronte figlio dell’Erebo, e della Notte le riceveva nella
sua
barca al prezzo di una piccola moneta, e le trasp
colpi del suo remo le altre che si affollavano per passare. L’orrida
sua
ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba
ano per passare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La
sua
barba era bianca, ed arricciata : gli occhi vivac
anca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la
sua
vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo
erano le pene, che si soffrivano nel Tartaro1. Sisifo, che durante la
sua
vita aveva colmata di delitti la Grecia, era cond
piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacciarlo colla
sua
caduta. Il gigante Tizio, che ardì di attentare a
avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle
sue
figlie un pugnale con ordine di ammazzare i loro
luogo tra gl’Iddj campestri, ed è specialmente il Dio de’ pastori. La
sua
figura non lusinghiera pareva che dovesse spavent
fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di
sua
vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguito di
l piacevole vecchio, e credendo ciò un prodigio, volle contestarne la
sua
gratitudine a modo suo, e si ubbriacò secondo il
ò secondo il solito suo costume. Mida allora lo fece trasportare alla
sua
Reggia, e lo trattò così bene, che Sileno ritorna
dei più funesti. Allorchè volle mangiare, il cibo che accostava alle
sue
labbra, diventava oro sotto i suoi denti, in guis
e perderono la proprietà dianzi ricevuta. D’allora questo fiume colla
sua
corrente trasporta scagliette d’oro. Ritornando d
r posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo di avere adempiuto alla
sua
promessa. Silvano. È questi uno degli Dei del
orte ottenne un luogo nel Zodiaco sotto il nome di Sagittario. Ociroe
sua
figlia parimente istruita nelle scienze che posse
lla annunziare il destino di Esculapio, e ne fu punita con perdere la
sua
figura essendo divenuta una cavalla1. Pale.
rare, che questo Dio non era bello : aveva l’aspetto di un satiro. La
sua
effigie consisteva nella sola parte superiore del
i i più solitarj, ed ivi fu cangiata in rupe. Sopravisse solamente la
sua
voce, per ripetere le ultime parole di chi la int
caccia. Un giorno mentre si riposava sulla riva di un fonte, vide la
sua
immagine che traspariva nell’acqua : fu talmente
a sua immagine che traspariva nell’acqua : fu talmente sorpreso della
sua
bellezza, che divenne amante di se stesso. Ma inu
era Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti
sua
germana, dalla quale ebbe Nereo, e Dori che si ma
il numero di quest’ultime vi ha Teti, che bisogna distinguere da Teti
sua
madre. Giove la guardava di buon occhio : ma aven
gilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio nel quarto libro delle
sue
Georgiche. Il pastore Aristeo avendo perduto l’in
l pastore Aristeo avendo perduto l’intero sciame delle api, recossi a
sua
madre Cirene, che così gli parlò : Est in Carpat
icerta. Portunno Dio presidente ai porti chiamavasi Melicerta nella
sua
infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu
lo innanzi era stata una ninfa bellissima amata da Glauco : ma Circe
sua
rivale avvelenò la fontana, ove questa ninfa era
Appena che Scilla si tuffò in quest’acqua, disparvero all’istante le
sue
dolci attrattive, e la bellezza istessa cangiò fi
ci braccia armate di artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la
sua
cintura era armata di cani che abbajavano senza i
il solo mormorio del fiume Lete, che c’invita a dormire. Innanzi alla
sua
abitazione si trovano de’ papaveri, ed altre erbe
do perdono tutto. Ha dippiù la Fortuna le ali ai piedi, indizio della
sua
incostanza, ed un ciuffo di capelli sulla testa,
o per poter aver dritto all’onore. La virtù è figlia della verità. La
sua
figura era quella di una donna di fresca età con
re la fermezza, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La
sua
figura è di una giovane vergine vestita di un abi
di Temi. Il suo potere si estendeva sulle famiglie, e sulla Città. La
sua
figura era simile a quella della Pace. I Greci la
qual donna robusta, avendo doppio ordine di mammelle per indicare la
sua
fecondità, e la cura che si prende per la sussist
ura gigantesca, e circondata da tutti gli strumenti che indicavano la
sua
attività. I suoi genitori erano l’Erebo, e la Not
e la lumaca. Gli antichi la chiamavano anche Vacuna. La Frode. La
sua
fisonomia era ridente per meglio ingannare. Il re
e la Fortuna con un piede sopra di una ruota che gira rapidamente. La
sua
testa è calva al di dietro : nella parte d’avanti
parte d’avanti presenta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La
sua
mano era armata di un rasojo1. La Necessità.
cessità. Figlia della Fortuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le
sue
mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed
ti ch’ ella aveva tutt’i doni. Volle altresi Giove adempiere la parte
sua
. Egli le donò un vaso, che doveva presentare a Pr
inò una prova terribile. Fece scannare un ostaggio, che abitava nella
sua
reggia, e ne apprestò delle vivande alla mensa de
diluvio due sole persone furono preservate, cioè Deucalione, e Pirra
sua
sposa che non avevano partecipato dei delitti deg
tene fu fabbricata. Sposò la figliuola di Attèo re del paese, e della
sua
colonia se ne formarono dodici borghi, che dieder
sotto l’aspetto di un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve di
sua
figlia, impose a Cadmo di andarla cercando sin ch
recia, e propriamente dove avesse veduto fermarsi un bove. La novella
sua
patria fu detta per tal ragione Beozia. Prima di
alla fabbrica della famosa Tebe. Cadmo regnò lungo tempo con Ermione
sua
sposa, ma sopraffatto dalle disgrazie si ritirò n
e un bambino, che avrebbe dato la morte all’avo, rinchiuse Acrisio la
sua
figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove da
rchè amata da Nettuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la
sua
premura per questa giovane nel tempio di Minerva.
seo fu allontanato dalla reggia da Polidette, i Dei ebbero cura della
sua
salvezza. Minerva gli diede l’egida, Mercurio le
pe. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritornò da Polidette : indi con
sua
madre Danae ritornò ad Argo. Ivi ammazzò Preto ch
te, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede
sua
figlia in isposa colla metà del suo regno ». M
fu sì giusto, e regolato, che divenne il modello de’ principi. Per la
sua
giustizia, ed esattezza fu Minosse eletto dopo mo
ti che sporgevano in fuori. Coll’istesso supplizio pagò la pena delle
sue
crudeltà. Giunse finalmente ad Atene, dove non po
di Bacco, che ritornava vincitore dall’Indie ; questo Dio asciugò le
sue
lagrime, e la sposò. Teseo nel partire, aveva pro
irono moltissimo ad accrescere la potenza di quel popolo. Il resto di
sua
vita fu un misto di azioni grandiose, e riprensib
fra i dirupi, e l’infelice giovine spirò l’anima protestandosi della
sua
innocenza. Fedra lacerata dai rimorsi confessò il
eseo fu preso vivo, e condannato a restar per sempre nel Tartaro. Per
sua
fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare l
l Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la
sua
pena. Teseo di ritorno alla terra procurò di rien
a di Sciro, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la
sua
morte gli furono renduti gli onori, che vivendo a
supplicò Giove o che lo avesse privato della vita, o avesse divisa la
sua
immortalità col fratello. Esaudì Giove i suoi vot
retti talmente, che li schiacciò. Creonte re di Tebe prese cura della
sua
educazione, che fu qual si conveniva ad un Eroe.
pitale de’ medesimi. Creonte in compenso gli diede in isposa Megaride
sua
figlia. Questi non furono che piccioli saggi del
no di Giunone, che noi in un fiato accenneremo. Il primo tratto della
sua
fortezza fu l’aver ucciso un lione che infestava
e di bruciarle appena ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le
sue
frecce nel sangue di quest’Idra, che conteneva un
nte era stato trasformato in una montagna, che sostiene il cielo ; le
sue
quattordici figlie cangiate in altrettante stelle
d Jadi. Oltre tanti fin quì descritti travagli illustrò quest’Eroe la
sua
vita con tante altre brillanti azioni. Egli fu ch
nel rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza di condurli nella
sua
caverna, tirandoli per la coda per non far conosc
le figliuola di Eurito, che domandò tempo per pensarci, sull’idea che
sua
figlia non potesse essere contenta accoppiata ad
, che aveva ammazzato di propria mano i suoi figli. Ercole che fra le
sue
virtù non contava la pazienza, credendo tal prete
gnarsi l’affetto di Onfale si ridusse colla conocchia a filare tra le
sue
donne. Vedesi quì tra le Meonie ancelle Favolegg
morte di questo Eroe con aver giurato di non rivelare il luogo della
sua
tomba ; ma i Greci, che avevano bisogno delle fre
elenato dal suo amico ricevuto. Il veleno s’insinuò negli umori, e la
sua
ferita divenne insanabile. L’infezione, ed il fet
ono nell’isola di Lenno, ove menò un vita miserabile. Intanto come le
sue
frecce erano necessarie per la presa di Troja, i
era destro nel tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, calmò la
sua
collera, e lo persuase a venire ancor egli a Troj
Apollo conoscendo in lui un raro talento per la musica gli regalò la
sua
lira, alla quale Orfèo aggiunse due altre corde.
ed i sassi. Dopo i suoi viaggi per l’Egitto si ripatriò, ed ebbe per
sua
sposa la bella Euridice. Ma disgraziatamente nel
erdita volle scendere all’inferno per chiedere in grazia a Plutone la
sua
sposa, lusingandosi di ammansire que’ mostri al s
ne la sua sposa, lusingandosi di ammansire que’ mostri al suono della
sua
lira. Gli riuscì in fatti di riavere da Plutone l
ono della sua lira. Gli riuscì in fatti di riavere da Plutone la cara
sua
sposa a condizione però, che non si fosse rivolta
, che poi le Muse raccolsero, e seppellirono in un luogo decente : la
sua
lira fu situata nel Cielo1. Non possiamo dispensa
e nella fuga fu da una serpe morsicata. Quindi Aristèo a consigli di
sua
madre avendo consultato Proteo, così questi gli p
e, ed indi sposata la propria madre. Intanto credendo egli Corinto la
sua
patria non volle ritornarci, e prese la strada de
i scostarsi, Edipo che nol conosceva, credendosi offeso tirò fuori la
sua
spada, e dopo essersi battuto uccise Lajo, e l’or
nzia si rotola sovente anche colle mani per terra ; nello stato della
sua
robustezza camina a due piedi ; e nel declinare d
dall’alto di una roccia, e spirò. Così Tebe fu liberata : Edipo sposò
sua
madre, e divenne re. Da questa coppia incestuosa
stenza, si cavò anche gli occhi. Giocasta spaventata egualmente dalla
sua
posizione, si diede da se stessa la morte. Ete
e Polinice. Il delitto di Edipo fu cagione di altre disgrazie nella
sua
famiglia. Eteocle, e Polinice suoi figli convenne
dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e gli diede una
sua
figliuola in isposa. Questi tentò di aggiustare l
detto, fu la molla principale di questa guerra, avendo aceolto nella
sua
reggia Polinice. Tidèo contemporaneamente con Pol
avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una
sua
figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed esperto
e di suo cognato, e si nascose. La sola Erifile sapeva il luogo della
sua
ritirata, che non tardò a scoprire mercè di una b
er però imposto al suo figlio Alcmeone, che appena intesa la nuova di
sua
morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egli in
lità. Fegèa re del paese lo accolse, e gli diede per moglie Alfesibea
sua
figlia, a cui Alcmeone donò la fatale collana. Av
lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo di tutti. La
sua
sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo contrario era
gettò sul rogo, ove si bruciava il cadavere di Capanèo, e mischiò le
sue
ceneri con quelle del marito. Ippomedonte, e Part
Creonte fratello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle
sue
cure fu di proibire che si desse la sepoltura all
ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Antigone a morte, che di
sua
mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo
se stessa si uccise. Creonte visse soltanto per sentire il peso delle
sue
disgrazie, e benchè regnasse sovranamente, era no
taccato all’idea della religione. Un giorno avendo accolti gli Dei in
sua
casa, volle mettere alla pruova la divinità, con
orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal dispiacere della rapita
sua
cara Proserpina, si rivolse a tali odiose vivande
stato ucciso Euristeo dagli Eraclidi nell’Attica. Tieste che restò in
sua
corte corruppe il cuore di Erope, e ne ottenne du
estuoso commercio, si contentò da prima di cacciare il fratello dalla
sua
corte : ma non credendosi vendicato abbastanza, f
tta in un bosco consagrato a Minerva, la violentò. Questa era Pelopea
sua
figlia, che da gran tempo aveva perduta. Ella gli
rèo, seguita la morte di Erope, sposò Pelopea che non riconosceva per
sua
nipote, facendo allevare nella sua reggia anche E
sò Pelopea che non riconosceva per sua nipote, facendo allevare nella
sua
reggia anche Egisto insieme con Agamennone, e Men
liuolo di Priamo re di Troja recossi alla Grecia per reclamare Esione
sua
zia, che Telamone altra volta aveva menata via so
a lasciato presso la regina, per sapere tutto ciò che si faceva nella
sua
corte. Giunse tant’oltre la di lui scandalosa con
ontar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe stato parimente vittima di
sua
madre, se Elettra sua sorella non lo avesse celat
e suo figlio sarebbe stato parimente vittima di sua madre, se Elettra
sua
sorella non lo avesse celato, ed indi fatto parti
segretamente lo fece entrare in Micene, e sparse dei falsi rumori di
sua
morte. Egisto, e Clitennestra caddero nella retc,
rado tante espiazioni non lo lasciarono giammai fino a che non liberò
sua
sorella Ifigenìa, che languiva sotto la tirannia
icato a Diana, il suo amico Pilade gli diede i più veraci segui della
sua
sincera amicizia. Avendo finalmente Oreste ricupe
mantennero esattamente la loro parola. Venere adempì fedelmente alla
sua
promessa. Essendo Paride partito per la Grecia pe
e in rivolta tutta la Grecia, e tutti lo assicurarono di secondare la
sua
vendetta. Furono non pertanto inviati ambasciator
ssa della famiglia del reo. Mostrossi pronto Agamennone a sacrificare
sua
figlia Ifigenia alla collera della Dea, che placa
are le mura di Troja. Achille discendeva da questo principe : ma Teti
sua
madre sapendo che il figlio morirebbe nell’assedi
viato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia
sua
figlia. Ulisse il più astuto, e prudente fra i Gr
a salvezza della città. Ulisse, che accorreva da per ogni dove, colla
sua
destrezza seppe involarla coll’ajuto bensì di Dio
questi di venire al campo de’ Greci carico di doni per riscattare la
sua
figlia, che Agamennone volle onninamente tenere p
se in città. I suoi fratelli, i parenti, i Trojani tutti, e la stessa
sua
sposa diedero del ridicolo a questa fuga vergogno
tornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine di persuadere
sua
madre, e le matrone Trojane di recarsi al tempio
per pregare la Dea, che allontanasse Diomede dalla mischia. Andromaca
sua
sposa per sottrarlo al pericolo, che correva, gli
a con fargli conoscere quanto potrebbe giovare il suo valore : che la
sua
collera finalmente doveva aver fine, e gli promis
, sette tripodi, altrettante donzelle di Lesbo, e quel ch’era più, la
sua
cara Briseide. Queste grandiose promesse, accompa
i, allorchè Agamennone ferito fosse stato obbligato a ritirarsi nella
sua
tenda. Così fu fatto, e la presenza di Ettore ani
tale incantesimo : dimenticò i Trojani, e corse fra le braccia della
sua
sposa, dove tranquillamente fu preso dal sonno. D
uga, allorchè Giove si svegliò. Accortosi del cambiamento per arte di
sua
moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Gi
o un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la
sua
morte per mano di Achille. Ettore si burlò del pr
per mano di Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogliò delle
sue
armi. Appena che giunse a notizia di Achille la m
sì vivamente che l’avrebbe vendicata all’istante, se avesse avute le
sue
armi. Assisa al fianco del vecchio Nereo, intese
ssi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le
sue
lagrime con promettergli le armi pel dì vegnente.
omparve fra i capi dell’Armata, con protestarsi che scordava l’antica
sua
collera. Agamennone per non farsi vincere in gene
gli aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achille di sfogare la
sua
rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo
cia : negò allo spirante nemico fino la consolazione di sapere, se la
sua
spoglia mortale si recasse all’afflitto padre. Il
llocare il corpo del suo amico, e vi appiccò il fuoco. Indi recise la
sua
bella chioma, che divenne preda delle fiamme : vo
mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di rivolgere le
sue
armi a difesa degli stati di questo re. Priamo ac
ta la sola parte del suo corpo soggetta ad essere ferita, poichè Teti
sua
madre lo aveva tuffato nelle acque del fiume Stig
esso il promontorio Sigèo. Presa Troja, Pirro suo figlio immolò sulla
sua
tomba Polissena, innocente cagione della morte di
uest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le
sue
armi al cospetto di tutta l’armata : ma questa vo
a, ove regnava, aveva quasi perduto la speranza di ritornare ad Itaca
sua
patria. Bramava Calipso di divenire sua sposa : m
peranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di divenire
sua
sposa : ma questo principe stancava gli Dei, preg
ma questo principe stancava gli Dei, pregandoli di fargli rivedere la
sua
cara Penelope, e’ l giovanetto Telemaco. Minerva
l giovanetto Telemaco. Minerva intanto, che aveva spiegata per lui la
sua
protezione, discesa dall’Olimpo sotto l’aspetto d
ea generale : si duole aspramente di quei che aspiravano alla mano di
sua
madre : ordina che siano cacciati dalla reggia, s
si dà tosto in balìa del mare. Per il corso di dieciassette giorni la
sua
navigazione fu felice con avere approdato all’iso
o consiglia di andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritroverà la
sua
salvezza : gli dà un velo, che lo garantisce da o
alla reggia di Alcinoo, re de’ Feaci : apparisce in sogno a Nausicae
sua
figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue
in sogno a Nausicae sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle
sue
vesti, con dirle di più, che le sue nozze erano v
a consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le
sue
nozze erano vicine a celebrarsi. Appena svegliata
i genitori, e caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle
sue
compagne di andare al fiume per lavarli. Ciò fatt
che panno per vestirsi. Nausicae dopo aver chiamate, ed assicurate le
sue
compagne, gli dà degli abiti, della biancheria, e
nel fiume, e vestito degli abiti che aveva ricevuto, si presenta alla
sua
benefattrice con nobile contegno, e con aria maes
a, onde guadagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la
sua
fame : gli si apprestano de’ cibi, indi vien cond
la di Ogigia ; isola dove regnava Calipso, Dea pericolosissima per le
sue
attrattive. Ella dopo averlo bene accolto, lo ha
rsi giuochi successero alla mensa : Ulisse dà pruova non dubbie della
sua
destrezza nel maneggiare il disco, e ne riporta l
e riporta la vittoria. Il cantore Demodoco fa sentir la melodia della
sua
voce, cantando varie avventure, durante l’assedio
e dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli era accaduto Ecco la
sua
narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suo
ze della natura istessa. Gli esploratori osservarono nell’atrio della
sua
reggia degli uomini da Circe cangiati in leoni, i
nsacrata al Sole presso le coste della Sicilia. I suoi compagni nella
sua
assenza sagrilegamente ne rubarono alcuni. Lo sde
ope. Entrano separatamente in città. Ulisse da pitoccante entra nella
sua
reggia per dimandare la limosina ai principi radu
’appartamento della saggia Penelope, le narra una falsa istoria delle
sue
avventure, con aggiungere di aver egli in Creta a
sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta accolto Ulisse in
sua
casa, e che a momenti avrebbe riveduto. Le dà par
oi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa promette di dar la
sua
mano a chi meglio sapesse maneggiare l’arco di Ul
ra il segnale convenuto con Telemaco, che avvicinatosi a lui snuda la
sua
spada, e piomba sopra ai persecutori di Penelope.
tanto tumulto che regnava nel suo impero, non fusse uscito dall’umida
sua
reggia, ordinando ai venti di rientrare nelle pro
a Venere, che il suo figliuolo arriverà felicemente in Italia, ove la
sua
discendenza regnerebbe per lungo tempo. Spedisce
terribile interamente li determinò. Laocoonte che aveva scagliata la
sua
asta contro del cavallo, stando in atto di fare u
Enea salvare la vita del vecchio re, si affretta per la difesa della
sua
sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo pa
iede in mano di Anchise, si accolla questo vecchio rispettabile sulle
sue
spalle, traversa l’incendiata città col disegno d
Ascanio suo figlio con tutti quelli che avevano abbracciata la stessa
sua
sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca
ati la regina. Rapita intanto Didone dalla virtù di Enea, confessa la
sua
inclinazione ad Anna sua germana, che la consigli
anto Didone dalla virtù di Enea, confessa la sua inclinazione ad Anna
sua
germana, che la consiglia a farlo suo sposo. Giun
rnato sulla terra il figliuolo di Venere, levò l’ancora, dirigendo la
sua
flotta verso l’imboccatura del Tevere. Il Re Lati
’imboccatura del Tevere. Il Re Latino regnava in questa contrada. Una
sua
figliuola unica, che l’Oracolo destinava in ispos
sposa a questo principe straniero, era l’erede de’ suoi stati ; Amata
sua
madre, ad onta dell’Oracolo, l’aveva promessa a T
esta furia alla reggia d’Amata, ispirandole il progetto di nascondere
sua
figlia Lavinia in seno delle vicine montagne : di
dove stava un moro biance. Tisbe partì la prima : mentre aspettava la
sua
cara metà, si avvide, che un lione se le avvicina
che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise di sangue della
sua
gola. Sopraggiunto Piramo, vide questo velo, e cr
e per il dolore. Il loro sangue zampillando sulla pianta del moro, le
sue
frutta da bianche divennero di color rosso. Po
venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non era corrisposto : la
sua
figura gigantesca, un solo occhio sulla fronte sp
a di un abitante di Festo in Creta chiamato Ligda, che fece sentire a
sua
moglie Teletusa, allora incinta, che se desse all
Anassarte il tragico fine dell’amante, volle vederne l’esequie dalla
sua
finestra. Ma gli Dei punirono tanta insensibilità
gato, mentre andava a consultare l’oracolo di Apollo a Claro. Alcione
sua
moglie, che teneramente lo amava, stavalo attende
e tanti anni, per quanti granellini di arena poteva stringere in mano
sua
. Il Nume la esaudì. Divenne tanto vecchia, che ap
entre era alla caccia, facendo di tutto per fargli dimenticare Procri
sua
sposa. Ma fu vano qualunque tentativo : quindi do
ette rimandarlo con dirgli, che un giorno si pentirebbe di tanta poca
sua
sensibilità. Tal minaccia fece diventar Cefalo ge
geloso, e sospettoso. Travestito volle mettere a pruova la fedeltà di
sua
moglie, che per vergogna sen fuggì fra le selve.
uro, e ritornava dopo fralle mani di chi lo aveva lanciato. Per parte
sua
Procri divenne egualmente gelosa, spiando senz’es
derla. S’incaricò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la
sua
sposa, ma nel condurla, per istrada concepì una v
le strappò barbaramente la lingua per impedirle di poter palesare la
sua
disgrazia. Continua lo scellerato il suo cammino,
in una torre gelosamente custodita. Trovò però la maniera d’informare
sua
sorella Progne dell’accaduto, con aver ricamato i
e dell’accaduto, con aver ricamato in un velo la storia funesta delle
sue
sciagure. Inorridì Progne a tal nuova, e come d’i
ofittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò
sua
sorella dalla prigione : indi con un pugnale trap
lia, e finalmente nella Tracia, ove Bacco lo volle per compagno delle
sue
fatiche. Morì sul monte Emo : i Greci l’onorarono
igava, i marinari lo volevano buttare nel mare, per arricchirsi delle
sue
spoglie. Lusingandosi Arione di poterli intenerir
erli intenerire, dimandò in grazia di poter toccare un’altra volta la
sua
lira : ma non potendo ottenere tal grazia si lanc
ed uno de’ delfini, che si erano accostati al naviglio per sentir la
sua
voce, lo prese sul dorso, e lo portò sano, e salv
cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della
sua
lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sent
di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la
sua
voce era tanto dolce, che per sentirla gli corser
nto il fasto de’ Romani, conquistatori dell’Universo, spiegò tutta la
sua
grandezza, onde fralle Greche città andò superba
lio, e l’onesto ritiro della gente tranquilla 1. Fin dall’epoca della
sua
fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe po
ico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tratto la
sua
origine, e contribuirono all’accrescimento della
tirossi nella Campania, ed ivi elesse il suolo dove oggi è Napoli per
sua
abitazione, guidata dal volo di una colomba, dell
ginette, e fra queste vi era quella del Sebeto. Il suo nome però e la
sua
gloria mal corrispondono al piccolo volume delle
o nome però e la sua gloria mal corrispondono al piccolo volume delle
sue
acque. Malgrado che sia egli decantato in ogni pa
ia egli decantato in ogni pagina dalla fervida fantasia de’ poeti, la
sua
picciolezza è tale, che Boccaccio allorchè recoss
sto di Tanagra nella Boezia fu un giovane eroe conosciutissimo per la
sua
elegante figura, e diverse virtù che lo adornavan
ad ammazzare Eunosto, accusandolo di avere il mdesimo attentato alla
sua
pudicizia. Seguito sì atroce misfatto, la giovane
e patrie tutelari Deità. Il nostro ch. D. G. Giacomo Martorelli nella
sua
laboriosa opera de Reg. theca cal. parlando della
di gioja il Martorelli già trapassato se avesse veduto verificata la
sua
congettura. Vi ha in fine chi ha creduto, che Eun
Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz di lui. La
sua
figura eccola espressa da Lattanzio Grammatico :
etesissimo nell’Egitto. Crede Varrone che questa voce abbia tratta la
sua
origine dalla cassa, o tumulo detto σορος in cui
nati, che Virgilio istesso ne era istruitissimo, come apparisce dalle
sue
georgiche, e dall’egloga intitolata Pharmaceutria
’antico nostro teatro, dove il folle Nerone volle far pompa dell’arte
sua
musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insig
condo la testimonianza di Esiodo, ebbe questo Nume a padre Nettuno, e
sua
madre fu Euriale. Di lui narra la favola, che ama
m. Et quae in templo sunt Pelago Augusti libertus et Procurator fecit
sua
pecunia dedicavitque. In mezzo a diversi altri m
Agostino Maggiore. L’antico Ercolano, oggi Resina, vanta da Ercole la
sua
origine, come altresì il Portico di Ercole, Porti
. Vesorius Zeloius Post assignationem aedis Fortunae signum Pantheum
sua
pecunia D. Secondoche attesta Strabone dal promo
Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della guerra di Troja. Delle
sue
opere appena i titoli sono a noi pervenuti, cioè
colle ali ; se pur ciò non era a mio credere per darci un’ idea della
sua
istabilità e leggerezza. 1. Cicerone nel libro t
le Vulcanie. 1. Quantunque tutt’i mitologi pingano Vulcano zoppo, le
sue
immagini non lo rappresentano così. Gli antichi s
nd’ebbe il nome di Bacco Barbato Καταπωγων. 2. Simbolo della stabile
sua
giovinezza ; o forse ancora, perchè si credeva ch
o talora al suo genio Ampelo, e talora con corna dorate per notare la
sua
nascita da Giove Ammone. Quindi Orazio : Te vidi
usculane scrive, che Prometeo era un grande Astronomo ; e per fare le
sue
osservazioni, stava sempre nel monte Caucaso. Egl
2. Loto, frutto che nasce nell’Africa : credevano gli antichi, che la
sua
dolcezza facesse dimenticare la patria a chi ne m
alò in Brindisi : prima di morire ordinò, che si desse alle fiamme la
sua
Eneide, che non aveva ancora limata, ma nol permi
e che Virgilio amava moltissimo. Quivi aveva dato l’ultima mano alla
sue
Georgiche, giacchè volentieri vi si tratteneva co
o si foggiò il suo Marte, ogni ladro il suo Mercurio, ogni lascivo la
sua
Venere, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal de
stati innalzati al grado di Dei indigeti, come di Enea divinizzato da
sua
madre parla Ovidio. Metam. 14. Contigit os, feci
d’aspetto. Quivi, e propriamente nell’ antro del Monte Argeo procurò
sua
madre di farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti
inudita crudeltà divorava tutti i maschi figli, che gli partoriva Opi
sua
moglie, come divorato avrebbe similmente quest’al
dando altresi al primo un tridente, al secondo un elmo, ritenendo per
sua
condecorazione, ed insegna il fulmine tre mendo,
ongionta col Tartaro si accinsero ad attaccarlo fin dentro la istessa
sua
Reggia. Il mostruoso Tifeo intanto presentossi il
eo intanto presentossi il primo all’ attacco. Al solo vedere le cento
sue
teste, al solo udire gl’ orribili suoi fischi, al
o il loro orgoglio si assicurò del suo regno, e riacquistò la perduta
sua
pace(1). Sue azioni. Quantunque però per queste
mbiandosi, e diverse forme prendendo, come di Cuculo per ingannare la
sua
stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda
e figlia di Nitteo ec. cereò con diversi mezzi soddisfare le illecite
sue
brame. Queste strane metamorfisi però perche mena
i o da luoghi, ove venne egli con special culto adorato, o da qualche
sua
azione, che fra le altre più singolarmente brilla
ssoluto Dio del mare, regno a lui sortito nella general divisione per
sua
parte, ed eredità, sul quale qual’assoluto padron
luto padrone esercitar poteva ogni impero commovendolo, e sedandelo a
sua
volontà, come cel descrive nelle sue Eneidi Virgi
pero commovendolo, e sedandelo a sua volontà, come cel descrive nelle
sue
Eneidi Virgilio … Tumida aequora placat. Collec
sentendo nel seno la forza delle suscitate passioni, nè valendo colla
sua
virtù a rintuzzarne gl’assalti, pensò ben presto
incognite vie la condusse finalmente dal suo Re, e così divenne essa
sua
sposa onorata per altro da popoli collo stesso cu
ea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avvilir la
sua
maestà si con tante indegne azioni, come col tras
strane metamorfisi però meritano di essere sotto silenzio trascorse.
Sua
contesa cou Minerva. Ebbe questo dio una gran con
se egli col suo divino tridente la terra, come attesta Virgilio nelle
sue
Georgiche : Percussa magno tellure tridente, e la
eva volare sulla superficie delle onde, come l’attesta Virgillo nelle
sue
Eneid : Atque rotis summas levibus perlabitur un
nti voglie, E ad onta di ciascun si fe’ marito. Venere lo tradi nelle
sue
soglie, E allor si fù del rìo voler punito. Guai
lbori dell’ esser suo, gli siano servito di appoggio, e sgabello alle
sue
fortune. Chi fù Vulcano. Nacque egli da Giove, e
to Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno di
sua
maestà, subentrar facendo agl’ effetti paterni un
accia distese in gentil gara concorsero, e s’impegnarono opporsi alle
sue
imminenti ruine ; ma sebbene con mille usate dili
ra morte, non poterono però camparlo dalla sventura di una mal concia
sua
gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di ques
glienze successivamente prestategli da que’isolani durante la puerile
sua
età, volle egli a motivo di grata riconoscenza pr
ipari, e nell’Etna pur fece, chiamate perciò officine Vulcanie) ed in
sua
compagnia associando il mostruoso stuolo dei Cicl
pagnia associando il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla
sua
Caverna pezzi di opera si ragguardevoli, che risc
tessi suoi collaboratori. Invenzioni del suo ingegno, e fatture delle
sue
mani al certo dicesi essere il palazzo del Sole,
omini di buon genio ; pronto sempre però si tenne nell’ eseguire ogni
sua
richiesta. Egli tutto sollecito gli fabbricava qu
resistenza a suoi cenni. E chi in vero gli prestò braccio forte nelle
sue
antiche battaglie coi giganti ? Non furono i suoi
grazia perciò presso di quello acquistossi, che niente sgomentato di
sua
natìa bruttezza ardi domandargli la saggia Minerv
andargli la saggia Minerva per sposa ? Vero è, che vane riuscirono le
sue
pretenzioni ; non però ciò avvenne per parte di G
di Giove renitente, ma per cagion della pretesa Dea, che gelosa della
sua
amata castità sdegnosetta rifiutò le sue avvanzat
retesa Dea, che gelosa della sua amata castità sdegnosetta rifiutò le
sue
avvanzate dimande ; Sue nozze benchè in sua vece
tà sdegnosetta rifiutò le sue avvanzate dimande ; Sue nozze benchè in
sua
vece ebbe però il piacere d’impalmare Venere fra
colta per oscitanza di Elettrione posto per guardia, fece delle reità
sue
la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento de
delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento delle
sue
infedeltà. Quali, e quanti figliuoli poi ebbe que
utte in somma le materie capaci di fondersi, e lalorarsi a fuoco(1).
Sua
qualità. Acquistatosi pertanto Vulcano mercè del
ò questi di ammetterlo al cielo in qualità di coppiere degli Dei ; le
sue
maniere però poco avvenenti disgustando gli Dei n
sibile i suoi fisici difetti ; la favola non però amante sempre delle
sue
rappresentanze più vive tutto al naturale ne ha e
bato, con testa coverta da piccolo cappello, col martello alla dritta
sua
mano, colla tenaglia nella sinistra, e quel, che
e storpio ad ampi i suoi fianchi, sicche ben disse chi disse, che la
sua
figura derogava non poco alla sua maestà. Suoi t
sicche ben disse chi disse, che la sua figura derogava non poco alla
sua
maestà. Suoi tempii, e feste. Più tempii in suo
a misteriosa pur troppo pretendono i latini scrittori essere stata la
sua
nascita. Piccatasi fortemente del suo marito l’or
nz’alcun’opra del suo rivale marito. Anziosa quindi di veder paghe le
sue
brame partissi per consultar l’oceano pronta ad e
ano pronta ad eseguire quanto quello l’era per svelare ; ma per buona
sua
sorte stanca fermandosi presso la Dea Flora, ques
ogni cuore, e perciò pel Dio delle guerre venne comunemente tenuto.
Sua
contesa con Nettuno. Celebre fù la quistione, e l
indicare la violenza usata da Allirozio figliuol di Nettuno alla cara
sua
figlia Alcippe, avuto quello nelle mani spinto da
ia Alcippe, avuto quello nelle mani spinto dal furore della concepita
sua
collera gli diè fieramente la morte. Commosso per
e giustizia, e pena ; presso di quelli però cosi bene espose Marte le
sue
ragioni, cosi attempatamente giustificò la sua ca
i bene espose Marte le sue ragioni, cosi attempatamente giustificò la
sua
causa, che per giudizio della più sana parte di q
ono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di
sua
fierezza era costantemente rapito, perder non vol
significa forza, benchè per altro la favola in lui ancor riconosce le
sue
, per aver divisi i suoi affetti e con Venere, da
se, quod magna vertat. Dicevasi Gradivus dalla vigorìa nel brander la
sua
asta : Ab hastae vibratione. Nominavasi finalmen
abbia pìù voce. Egli porta i precetti a Giove, e a Pluto, Turba colle
sue
frodi, e a lutti nuoce, L’alme a Caronte guida, e
imogenita di Atlante consociata con Giove, si grazioso comparve nelle
sue
sembianze, che Giunone tuttochè dignitosa rapita
arve nelle sue sembianze, che Giunone tuttochè dignitosa rapita dalla
sua
rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò di s
a, detta perciò da latini Testudo, ed un giorno ancor non compiuto di
sua
vita mortale giunse a rubare lo scettro a Giove,
lo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece di abborrire le
sue
infantili leggierezze vieppiù si diede a confirma
sse al coverto del furto, e quegli nel tempo stesso il fio pagasse di
sua
infedeltà, rampognandolo cosi secondo Òvid. …..
da due attorcigliati serpenti, per dinotare, che siccome al tocco di
sua
verga i due colubri duellanti deposero ad un trat
e da suoi labbri alcune ben formate catene di oro per significarci la
sua
aurea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuo
, finalmente come ispettore delle strade, nelle quali collocavansi le
sue
statue, prive però di mani, e di piedi fù detto d
o verisimile per altro sembra, come questo Dio, che per ragione delle
sue
occupazioni sempre aggiravasi negli affari, ed in
perciò in mezzo alle occasioni più belle, non abbia ancor commesse le
sue
galanterie. Sia però che le stesse facende col so
rimonia ancora bruciar si dovevano le lingue delle vittime in onor di
sua
eloquenza, giusta l’antico costume de’ Megaresi.
sto singolare sapere ; pur tutta volta a dure vicende fin dal seno di
sua
madre miseramente soggiacque. Chi fù Apollo. Corr
tone, acciò questo inseguito avesse da per tutto la sventurata Latona
sua
rivale. Commosso però dalle sue sventure il gran
sse da per tutto la sventurata Latona sua rivale. Commosso però dalle
sue
sventure il gran padre Nettuno strinse il suo tri
Latona sotto una pianta di verdeggiante palma sgravossi della doppia
sua
prole Apollo cioè, e Diana ; quale isola poi per
Sue vendette. Conscio intanto questo Dio de’ patimenti tollerati da
sua
madre per cagion del detto mostro insecutore pria
se tutte intento le mire. Diveuuto arciero contro di quello drizzò le
sue
frecce, e con violenta morte gli fè pagare ben pr
Niobe, regina di Tebe, moglie di Anfione, che superba per la numerosa
sua
prole sprezzato aveva di lui la madre Latona fino
giamenti si diede ; sempre infelice però fu costretto a mirarsi nelle
sue
intraprese. Fù primieramente rapito egli da viole
stata un giorno raggiunta, si contentò più tosto di perdere l’antica
sua
essenza coll’essere trasformata in alloro da suo
amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica fù di
sua
persona per contentar questo Dio, ma ella a caro
ona per contentar questo Dio, ma ella a caro prezzo pagò il fio della
sua
men cauta condiscendenza mentre fatto consapevole
suoi amori da questo Dio, e non potendo tanta sventura tollerar nella
sua
regia famiglia viva fè seppellire la figlia Leuco
’un tanto figlio ; ma disperando di attaccare il potente uccisore, le
sue
furie convertì contro di chi n’ era stato il mini
te, e questi poscia lasciando pei furti dell’ astuto Mercurio locò la
sua
opera (non altrimenti che fece Nettuno) a Laomedo
che fece Nettuno) a Laomedonte Re di Troja per la gran fabbrica delle
sue
mura ; benchè poi tradito da lui nella convenuta
genio del vincitore ligato ad un albore, e vivo denudato della rozza
sua
pelle a tenore del convenuto. Riacquistata finalm
me Esculapio avuto da Coronide fù in terra la innocente cagione delle
sue
sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo l’i
di Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio di
sua
madre di condurre per un giorno il luminoso suo c
ndocili scostaronsi dall’ ordinario corso, e minacciarono al mondo le
sue
estreme ruine. Il grido intanto di tutti gl’ enti
vesciò nell’ Eridano l’audace Fetonte, che morendo lasciò al padre in
sua
vece una novella eredità di tristi affanni, e dol
da capellatura fluttuante sul capo con atteggiamento, che annunzia la
sua
grandezza divina, con pace inalterabile spiegata
ovisque Et sorov, et conjux. eppure ella lungi dal compiacersi delle
sue
fortune, e viver content per l’altezza del grado,
, da tumultuanti suoi affetti incessanemente travagliata nelle stesse
sue
grandezze videsi sempre angustiata, gemebonda, ed
re angustiata, gemebonda, ed afflitta. Suc azioni Era il fonte delle
sue
tristezze un vano orgoglio misto con una solta ge
jani si per la scelta di Ganimede per coppier degli Dei invece di Ebe
sua
figlia, come nell’ esser posposta a Venere nella
o avanti ad Eolo, di promettergli in sposa Deiopea fra le quattordici
sue
Ninfe la più bella ; purchè questi mosso a compas
vea di gareggiar collo stesso suo marito Giove ; mentre se questi per
sua
virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente
ove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di
sua
mente un vivo portento di sapienza, anche essa la
no un’animato prodigio di fortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la
sua
gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stess
nza motivo il suo glorioso marito pensò vendicarsi, e pel ministro di
sua
vendetta elesse il deforme suo figlio Vulcano. Pr
a voleri del padre, non si curò di stendere le mani contro la stessa
sua
madre. Con due calamite la sospese in aria, con c
ll’ opra, che la povera madre non gli avesse promessa, non ostante la
sua
deformità, la bellissima Venere in isposa. Suo r
a d’un carro tirato da Pavoni, recando nelle mani in segno dell’ alta
sua
autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco
ità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto di ricordare le
sue
bravure d’aver cangiato in quest’ uccello quell’
Mercurio per ordine di Giove crudelmente ammazzato : benchè in alcune
sue
immagini presso gl’ Argivi si scorga coll’ aggiun
to si era Giove per ottenerla al fine dopo tante reiterate ripulse in
sua
sposa. Suoi nomi. Con varii titoli era questa De
rciò di non essere espressa. Gl’animali inoltre da sacrificarsi nelle
sue
feste erano una bianca vacca, la scrofa, il monto
redi, Ed o che cade il sole, o fà ritorno Regna ne campi, e all’ opre
sue
se credi Non verserai il tuo sudor con scorno. An
fregiata di tanta beltà, che gli Dei stessi restarono sorpresi dalle
sue
fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso da
dalle sue fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso dalle vaghe
sue
forme, ed obbliando le leggi del sangue cadde in
to essa madre divenne della famosa Proserpina innocente cagione delle
sue
sventure. Imperocche rapita questa là ne’ campi d
è motivo alla sventurata genitrice di vivere sollecita della infelice
sua
sorte. Conscia quindi la Dea della per dita, ma i
elo, che negl’amari contrasti scappato era dalle chiome della diletta
sua
figlia, e fatta quindi consapevole del tutto dall
informarne Giove per l’opportuno riparo. Al sentire il gran padre le
sue
giuste querele cercò d’impiegare il suo braccio i
va da quel luogo mai più partire, e nel seno ritornare dalla afflitta
sua
madre. E cosi invero sarebbe avvenuto, se il sovr
figlia non avesse deciso, che sei mesi passasse Proserpina con Cerere
sua
madre, ed altri sei col suo marito Plutone. Sue
o evitar non poteva chiunque osato avesse oltraggiarla. Vittima delle
sue
vendette divenne invero il fanciullo Stellio, che
risentita Dea ad un tratto cambiato in vile lucertola. Il peso della
sua
collera ebbe similmente a provare l’irreligioso E
que quantità di cibi non poteva mai saziarsi, e non ostante che Metra
sua
figlia, divenuta un proteo, con mille trasformazi
vita a saziarlo, mai non però potè ottenerne l’intento ; onde egli di
sua
voracità non potendo più tollerar la molestia, di
di sua voracità non potendo più tollerar la molestia, divorandosi le
sue
medesime carni, con quel cibo in bocca ebbe a las
da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e di
sua
diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo di con
lci nomi di Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in veder le
sue
poppe soltanto gravose di latte in simbolo della
darsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii di
sua
man donò. Questa moetra prudenza, e rarità, Quest
o tenore, ad onta di qualunque motivo opposto si fosse alle innocenti
sue
brame ; e quindi fatta paga de’ suoi voti, da tal
de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni di
sua
allegrezza facil era il giudicare gl’interni affe
ni di sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni affetti per la
sua
amata purezza. Suo ossequio e culto. Alzato essa
pietoso Enea infatti nel fuggir dalle consumatrici fiamme della cara
sua
Troja, tra gl’altri suoi più cari dei penati, che
ele fosse de’ suoi incerti viaggi, non che il fabro avventuroso delle
sue
novelle fortune. A fronte intanto di questa gran
stesse, soggetta ad esser punita con verga dal gran Sacerdote, se per
sua
negligenza estinto si fosse il Sacro fuoco, da ri
erva. Giove credendo troppo ciecamente ai vaticinii d’Urano, che Meti
sua
moglie data avrebbe alla luce con un fanciullo, c
l futuro suo scorno, che con incredibile voracità dibranare la stessa
sua
moglie ; onde così insieme con la madre distrugge
testa del padre, quivi fissò per ben tre mesi con modo più nobile la
sua
dimora. Annoiato impertanto dell’insueto gravame
se vittoriosa ; pure ebbe a soffrire il troppo sensibile dolore della
sua
fronte percossa da iterati colpi di navicella per
ire l’acerbità avrebbe a se stessa tolta la vita, se per favore delle
sua
rivale istessa, o per grazia degli Dei impietosit
perpetuamente la più spregievole tela incessantemente il fio paga di
sua
temeraria iattanza. Antiquas exercet arania telas
o essere, e trasformata in pesce per unir così le amare lagrime delle
sue
aventure colle salse onde del mare. Questa Dea in
urono, onde palesar ben chiaro quanto ella rapita venisse dalla amata
sue
castità. Suoi nomi. Fra gl’altri nomi con cui ve
perciò da altri, ed in particolar da Marte ne ottenne, come ancor per
sue
figlie comunemente riconosconsi le tre grazie Agl
Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione di
sue
statue convertivano quell’argento, che colla perd
no la presente Dea rassembra. Essa nel seno della perseguitata Latona
sua
madre rinchiusa dopo aver con essa divorati gl’af
quasi di maturo senno dotata tutta sollecita si esibì per levatrice a
sua
madre nello sgravarsi del suo secondo portato dis
di Apollo, e penetrata quindi da dolori, da quali travagliata mirava
sua
madre nelle laboriose ore del parto, giurò di ser
sua madre nelle laboriose ore del parto, giurò di serbar perpetua la
sua
Verginità. Laonde grandetta già divenuta, acciò n
e sedotta da Giove, senza riguardo alcuno tutto sdegno divenuta dalla
sua
seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si
dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si amante di
sua
onestà questa Dea non fia maraviglia se non sol f
cia data libertà a suoi occhi di mirare questa Dea, che insieme colle
sue
Ninfe si tuffava nelle acque, venne con un pugno
pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno di
sua
natura cangiato in cervo, e quindi inseguilo, ed
e contro il suo pudore, ma ancora chi osava insidiare qualche seguace
sua
Ninfa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi
i Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di far violenza ad Opi
sua
Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però de
Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però del suo onore, che di
sua
purezza fù molto gelosa Diana. E che altro infatt
articolar parola ? La temerità che ebbe di attaccar con disprezzo la
sua
beltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostr
eltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostra con chiarezza nelle
sue
Metamorfisi Ovidio … Se praeferre Dianae Sustinu
ell’inferno a rivedere il Genitore il pietoso Enea, e saper da lui le
sue
avventure cercò rendersela propizia col donativo
, con turcasso armato di frecce sospeso alle spalle, circondata dalle
sue
Ninfe al par di essa similmente agguernite, di st
estifica Plinio ; pur al riferir di Capitolino ebbe a sperimentare le
sue
finali ruine per man de’Goti crudeli devastatori
ntanto si fù, che disperando i. gentili di commuovere la inflessibile
sua
volontà non pensarono ad istituire sacrificii, ed
, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma nel seno della stessa
sua
necessità mal grado il suo rango lo lasciarono in
, che ogni Nume avvanza, Da cui vien la genia, che in Ciel impera. La
sua
possanza un dì troppo severa Par che a figli togl
padre de’tre più gloriosi Dei dir si dovrebbe certamente Saturno. La
sua
crudelià però nol fé riguardar per tale, nè mai o
a uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli di divorare ogni maschile
sua
prole, si per mantenere inviolata al suo fratello
mile atteggiamento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle
sue
sventure nel suo regno gli permise non solo il so
diede ben presto a mostrare al suo benefattore i più vivi segni della
sua
gratitudine. Con arte affatto nuova, gli incivili
Saecula sic placida populos in pace regebant (1) Suo ritratto. La
sua
immagine però ha più dell’orribile, che del di le
lesando il travaglio della sostenuta inedia ; nna dentata falce nelle
sue
mani sostiene, ed un grazioso bambino s’avvolge a
po non velato era la cerimonia in preferenza degl’altri Dei del tutto
sua
propria(1). Sue feste. Celebri furono le feste,
to quindi re del Gianicolo nell’Italia meritato avesse in virtù delle
sue
ottime qualità di veder lieto all’albo degli Dei
mo, appaciato ogni cuore, prosperato ogni evento ; ma miro altresi la
sua
mente irradiata da celeste senno, e prudenza, col
col bel titolo di Dio della Pace(1). Sue imprese. Stabilita così la
sua
fortuna l’incomparabile Giano ben sapendo, che la
Clelo unicamente si ottiene, mosso da divoti affetti tutte rivolse le
sue
cure a costruire tempii, ed altari in onor dei su
anonizzarono benchè ancor vivo. Suo ritratto. Molto indicativo delle
sue
qualità è il ritratto, che la Gentilità ne costru
a, presa è l’allegoria dalle quattro stagioni dell’anno, che sotto la
sua
protezione scorrere comunemente si credeva. Prese
elle porte di questo tempio appunto intende parlar Virg. Nel I. Delle
sue
Eneide v. 297. riferendo il fausto presagio di Gi
d’amore ? Lo scppe il cielo, ove inoltrando appena la incontrastabile
sua
forza, che già mosse a tumultuosa discordia tutti
radice assai più micidiale, ed infetta chi mai spiegar potrà le tante
sue
causate ruine ? Virtù non vi fù, che dal impetuos
nascere di esso prevedendo le future disgrazie obbligar voleva Venere
sua
madre a disbrigarsi di un tal figlio appena nato.
fiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle
sue
frecce alla mano, con turcasso sugl’omeri, cou po
ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli apriranno ferite ; le
sue
lusinglie gl’infonderanno veleno ; le sue carezze
i gli apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderanno veleno ; le
sue
carezze gli daranno la morte, e tutto odio alfin
coi suoi due rinomati fratelli il vasto impero si divise, e sortì in
sua
porzione, ed eredità, come sopra accennai, il vas
a in sorte incontrar non poteva, che accettato l’avesse in marito. La
sua
deformità, la tenebricosa aria del suo regno, le
masto sarehbe perpetuamente sul trono. E chi in vero per soddisfar le
sue
brame avrebbe voluto infelicitarsi con lui in que
erbero custode del tartareo ingresso, che impugnando le tre terribili
sue
teste armate di acri, e penetrantissimi denti con
o ritratto. Il ritratto di questo Dio ben corrisponde alla idea della
sua
infernale maestà. Mirasi in severo atteggiamento
chioma irsuta intorcigliata da lunghe corna spuntale dalla abbronzita
sua
fronte, fuliginoso tutto nel viso, con folta, e n
deva i suoi affetti, con soprafina invenzione pensò disbrigarsi della
sua
rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice
la, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria di
sua
maestà. Da tal pensiere presa la Dea nel venir ad
sventure cercò con belli modi frastornarla, ma vincer non potendo la
sua
durezza, nè dissobligarsi dal giuramento prestato
rato del glorioso suo ammanto tosto ne scese. La forza delle cingenti
sue
fiamme pria ancor d’avvicinarsi più d’appresso in
n potere rimaner superstite quel frutto immaturo impietosito aprì una
sua
coscia, e quivi l’inchiuse fino a tanto che giunt
Sue prodezze. Fattosi grande questo Nume diè troppo chiari segni di
sua
arditezza si in cielo, che in terra ; ivi nel com
geloso de’suoi dritti ne prendeva la più cruda vendetta. I frutti di
sua
collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, che pe
a collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, che per aver impedito le
sue
feste fù dalla Madre istessa oltre il consueto pe
mente trafitto ; e le Meneidi, che per aver lavorato nel giorno delle
sue
feste, ebbero a perdere l’antica lor forma col di
do nell’altra. Da ciò ne avvenne, che le Baccanti nel sollennizzar le
sue
feste al par del lor Dio si adornavano si della p
pre, e acerbe pene. Non tradisce d’alcuno unqua il disegno, Nell’opre
sue
tutto sperar conviene. Chè dipende da lei dominio
te il suo grado l’averli maternamente enudriti co’ dolci frutti delle
sue
beneficenze più care, questo forma per essa la gl
a gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle
sue
qualità. I rari pregi adunque del suo ritratto, i
adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simboli delle
sue
qualità. Ed in vero se madre degli Dei ella è, co
la terra istessa comunemente fù presa ? Se ferocia non fù, che dalle
sue
tenerezze non fosse stata’già vinta, come non lig
serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le
sue
dovizie, i suoi tesori, e comparir poi li lascia
l Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Almone la
sua
statua detta venne Lavazione. Gli osceni canti pe
Sonetto T ruce in volto, e nel tratto aspra Regina, Che la
sua
possa dispietata impiega Contro l’abisso, che dis
oglie, e lega, E spesso avvolge in più fatal ruina. Perchè prigion la
sua
beltà divina Ella conosce il suo furor dispiega,
tina. Quando a rapirla il fier Plutone si mosse Ella per dimostrar la
sua
fermezza La lunga barba a pelo a pel gli scosse.
deliziarsi di fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fianco di
sua
madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi insi
to innocente sollazzo però fù non molto dopo la funesta cagione delle
sue
improviste disgrazie. Suo rapimento Crucciato Pl
iato Plutone pe’moltiplici successivi rifiuti di tante Dee pretese in
sue
spose, e tormentato dal continuo pensiere di rest
rdo vide la bella Proserpina primeggiar fra tutte per le sorprendenti
sue
doti. Tal vistosa figura pose in fiero tumulto i
nuto ad ogni dritto e ragione rapido corse ad involarla. Resistè alle
sue
insolenza la Dea, e strappandogli per disprezzo l
dogli per disprezzo la barba, a tutto potere ingegnorsi scappar dalle
sue
mani. Affollaronsi quinci, e quindi a tal veduta
one, e con alzate mani raccomandarsi alla pietà delle accompagnatrici
sue
ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta
i orgoglio, e di fierezza a tale segno, che nell’essere agitata dalle
sue
furie aggiungeva stranamente tristezza a tristezz
chi o stoltamente l’ignori, o sfacciatamente lo neghi. Le ammirabili
sue
qualità, ed i prodigiosi effetti che sotto le div
ammirabili sue qualità, ed i prodigiosi effetti che sotto le diverse
sue
specie ne’ mortali mirabilmente produce la fan co
ria. Ma che il vizio poi degno sempre di vitupero, e d’infamia si per
sua
natura, che per le funeste sue conseguenze fosse
sempre di vitupero, e d’infamia si per sua natura, che per le funeste
sue
conseguenze fosse stato da que’sciagurati al par
sciagurati al par delle virtù divinizzato ancor esso sotto le diverse
sue
forme, io al certo non l’intenderei se non pensas
tali per cagion del perverso lor animo pingesi nuda per dimostrare la
sua
semplicità, e schiettezza. Porta in mano uno spec
tas nunquam latet. Siamo pertanto amanti di si bella virtù giacchè la
sua
nudità non deprava, ma edifica, e preghiamo Dio a
bene è appunto la giustizia, mentre per essa non uscendo l’uomo dalla
sua
sfera sarà amico di ogni altra virtù. Vien essa d
essa dipinta in atteggiamento di Vergine maestosa er simboleggiare la
sua
incorruzione, e la sua libertà da alcun ligame no
amento di Vergine maestosa er simboleggiare la sua incorruzione, e la
sua
libertà da alcun ligame non avvinta. Vien fianghe
spetta, E al mesto prigionier discioglie i nodi. Regge un timon colla
sua
destra mano, L’altra sparge oro in questa parte,
re la morte, Cade per lei qualunque pena amara, E dan dolce piacer le
sue
ritorte. Da leï ogni virtù mortale impara Questa
si guai, A chi assicura un trono, e a chi dà un regno. Ma le promesse
sue
non compie mai, Speranza io veggo chiaro in ogni
ersa un sempre eguale, ed indeficiente ruscello atto a dissetar nelle
sue
voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo d
dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo di
sua
beneficenza, e liberalità ? E quella verga, con c
imus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam dunque con cuor docile nelle
sue
mani le nostre sorti giusta la bella istruzione d
e preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa, e nel tuo fio Dell’alta
sua
pietà sol ti ricorda, Misericordia è lei figlia d
irtù veramente divina pingesi in figura di donna, che preme la destra
sua
mammella in bene degli altri, perchè con questa p
che cinge al cor dolci catene. Spirano i gesti suoi ogni dolcezza, La
sua
voce nel cor piacer rinnova, Tal che in lei stà r
ricerca, e mai non trova. Annotazioni. La felicità mostra per
sua
insegna il caducco, onde designare, che con quell
ognor sfrenata, Dall’uno, all’altro polo a un punto accorre, Nè alla
sua
voce si può forza opporre, E quanto più si cela è
esta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e di altre strane
sue
attitudini ? Eppure i Gentili per meglio farne co
Annotazioni Il flagello di vipere, e la face accesa, che nelle
sue
mani stringe la vendetta ben dimostra il crudo su
tto varrebbe a confondere ogni vindicativo, che per dar la vinta alle
sue
passioni dietro si butta il comando là nel Leviti
contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e le furie. Da questa strana
sua
indole ammaestrata la più sana parte de’ Gentili
or favella Ma il suo parlar riduce a orrendo stato. Tarlo è la lingua
sua
, che il tutto rode, Raro la forza sua riman delus
rrendo stato. Tarlo è la lingua sua, che il tutto rode, Raro la forza
sua
riman delusa, Culunnia è questa, che del mal sol
tento lo sventurato calunniatore, il quale perciò sovente muore nella
sua
iniquità, giusta quello di Gech 18 Quia calunniat
lunniatus est, et vim fecit fratri suo ecce mortuus est in iniquitate
sua
, impari ognuno ad abbominar tal mostro, se vuol e
vero segnale del mentitore. Essendo però il proprio nemico dell’anima
sua
il mendace, giusta quello della Sap. 1. Os, quod
acerbi dardi scocca. Insidioso, orribile, e tremendo. Le vere effigie
sue
va nascondendo, E seduce talor la gente sciocca,
on orridisce al ritratto di questa furia d’Averno ? Il viperino della
sua
chioma, il fiammeggiar de’suoi occhi, lo spumar d
ima donna rappresentasi la povertà, onde chiare s’intendano le triste
sue
conseguenze ; le altre caratteristiche poi, che l
pero su tutti gli esseri viventi, l’impreveduto suo arrivo, le triste
sue
conseguenze sou troppo chiaramente dipinte. Se pe
tralci cinto. Alla gioia, e al piacer sembra sospinto, Gli affanni da
sua
man sembran distrutti, Crescon per esso i fiumice
e l’onora Ei fa più breve, ma più dolce il giorno. Il mondo tutto la
sua
possa adora ; Invoca ognuno ansioso il suo ritorn
pien palesa : Dunque si lasci il vil profano canto, Per cui la gloria
sua
ne resta offesa Essa, che nel mortal sempre favel
Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter di
sue
parole Spesso fece cangiar volto alla terra. Non
terra. Non paventò di mille mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la
sua
costanza, Aperto sempre di sue grazie il fonte De
stri a fronte, Tra fiamme non mancò la sua costanza, Aperto sempre di
sue
grazie il fonte De’miseri innalzò fede, e speranz
o i vil timori. Finchè arrivata a incomprensibile ara Fece apparir le
sue
virtù più note, Ivi appari la forza sua più chiar
rensibile ara Fece apparir le sue virtù più note, Ivi appari la forza
sua
più chiara Fatto vittima un Dïo, e Sacerdote. Ivi
forza sua più chiara Fatto vittima un Dïo, e Sacerdote. Ivi le fiamme
sue
cotanto estese, Che aperse all’ uom de suoi tesor
possanza, Nè puossi il suo valor porre in oblio, E allor vacillerà la
sua
speranza Quando Dio può cessar di essere Dio.
, al dir del melanconico cantor della notte, insiem col mondo vanta a
sua
gloria l’antichità di sua cuna. Quel comune proge
antor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità di
sua
cuna. Quel comune progenitore invero, che all’ op
ed il cuore senza quei dolci, e diversi palpiti, che sà svegliare la
sua
possa. Persuadasi perciò chiunque s’inizia nelle
proposti ogni ragion vuole, che della materia poetica, non che delle
sue
disposizioni dicasi almen generalmente qualche co
roposizione. E qual altro esordi o invero prepose l’epico latino alle
sue
Eneide ? Quale alla sua Gerusalemme il cigno tosc
o esordi o invero prepose l’epico latino alle sue Eneide ? Quale alla
sua
Gerusalemme il cigno toscano ? Della nuda, e semp
que siasi semplice, o trascendente dev’ essere sempre corredato della
sua
brevitâ, e chiarezza, acciò dagli uditori, oppur
o ognuno a suo genio, quall’ape ingegnosa, e trasmutando lo scelto in
sua
sostanza può abbellire i suoi poemi in guisa, che
e vivaci immagini, che commuovono ; anzi tanta è stata la forza della
sua
armonia, che per esso è stato dato moto, numero,
olta. Il verso però in altro modo riguardato non è stato sempre nelle
sue
misure lo stesso presso tutte le nazioni ; ma var
. III. Del disillabo e trisillabo Il verso di due sillabe per la
sua
brevità, e ristrettezza è quasi intrattabile nell
nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento cade alla seconda
sua
sillaba, come. Poichè Saprò Pietà Patir Pe
Per tè Nel trisillabo la inflessione della voce cade sulla seconda
sua
sillaba. Esso anche nel solo ditirambo suole aver
ua sillaba. Esso anche nel solo ditirambo suole aver luogo, mentre la
sua
ristrettezza rare volte, e con difficoltà può abb
rò. Nel verso quinario la inflessione della voce cade sulla quarta
sua
sillaba. Con esso perchè più esteso può facilment
Esclama : Romani Poi monta a cavallo L’oracolo è chiaro Dell’armi
sue
cinto, Il dono più caro L’orrore é gia vinto
terzo. Eccone l’esempio. Temistocle, che prende il veleno. Dalla
sua
patria ingrata Si scorda nella gioia Temistocle
ome ascosto Poi Serse lo destina, A mille affanni esposto L’estrema
sua
ruina Senza trovar mercè. Temistocle provò. A
s’innalza Ecco getta ognuno all’ onde Fatta tumida è già l’onda, La
sua
merce più gradita Senza porto, e senza sponda Q
natura benchè prenda un diverso aspetto, serba sempre non pertanto la
sua
mellifluità, e vaghezza. Pochi ne’ tempi antichi
ritrarre corpi meravigliosi, e grandi per solo effetto della fervida
sua
immaginazione, come appunto sono le quattro gran
di parlar della Sestina pensi esser mia intenzione di richiamar dalle
sue
ceneri l’antica sestina. Di quella sestina cioè,
amente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più forte nelle
sue
individuali parole. D’un tal componimento abbiam
redibile travaglio sostenuto da questi grand’ uomini per recarla alla
sua
perfezione, altra bellezza non hà dimostrata, che
si fù, che i posteri conoscendone la difficoltà, o per dir meglio la
sua
inutilità via la bandirono dall’Italica poesia, a
o col sesto. Eccone a nostro modo l’esempio. Titiro, che deplora la
sua
mandra tradotta via da una furiosa tempesta. T
a celebre poetessa Marianna Bandettini di Perugia. Rapisce in vero la
sua
armonia, ma a troppo duro cimento espone chi il t
na qualche estemporaneo di gran polzo si prova a trattarlo, mentre le
sue
difficoltà anche al tavolino rendonsi laboriose.
tto Cap. XI. Dell’ottonario coronato. Una difficoltà tutta
sua
propria ci presenta questo metro. Imperochè essen
tano ; questo metro all’opposto vien poco maneggiato per la soverchia
sua
faciltà. Nel suol della Francia spuntò la prima v
o, non che la effervescenza della fantasia contribuisce non poco alla
sua
nobillà, ed altezza. Tale è per avventura la come
cui non pochi ingegni han fatto naufragio. La vera ode alcaica per le
sue
gran difficoltá da qualcuno, o da nessuno forse è
a ad ogni argomento, e molto più a lamentevoli obietti. La coutinuata
sua
armonìa mentre mostra quanto ha di più grande, e
onco seguente. Nel secondo il primo, che è piano rima col terzo della
sua
stessa natura, non altrimenti che il secondo, che
ro. In questo metro infatti ha scritto l’immortale Dante Alighieri la
sua
divina comedia ; in questo scrisse Francesco Bern
lighieri la sua divina comedia ; in questo scrisse Francesco Berni le
sue
scherzevoli poesie, da cui poi è venuto il nome d
a più autori le epistole eroiche di Ovidio, e in questo hà scritte le
sue
satire Vittorio Alfieri, Salvator Rosa, Antonio A
o dal nome di Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effervescenza delle
sue
passioni d’un tal metro servissi per esporre i mo
ome mio ? Sentir potesti gli ultimi sospiri, E l’interrotta, e tronca
sua
favella ? Deh ! m’assisti al morir, se qui t’aggi
tabile in ogni sorte di argomento, ed in tutti conserva egualmente le
sue
bellezze. Consiglio perciò gli apprendenti della
a patria afflitta Cerca destarle di virtù l’ardore Acciocchè ognun la
sua
costanza invitta Conservi sempre, e se l’imprima
e. Ed in vero se la terza rima piana incontra molte difficoltà per la
sua
concatenazione, quante maggiori dovrà averne ques
istanti ardito cogliere. Or senti, e vedi se ti par possibile, Fra le
sue
ruberie pur questa annovero, Che ad ognun, che l’
scior nevoso calle, Dolce il rio di andar si sforza Crepa il ramo la
sua
scorza, È mentre abbonda Di nuovo umor produce il
rissimo Senatore Vincenzio da Filicaia. Tal componimento per legge di
sua
lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè p
ltrui delitti Sparse di sangue un fonte ; Tal’egli offre per tutti la
sua
vita, E invoca dal gran Dio Dicendo : alto Fattor
nsor de’sventurati ? Chi ne darà più aita ? Ma perchè invidiar l’alta
sua
sorte ? Egli del tanto zelo Già trova il suo ripo
altrui non dà Perchè forse talor mancò di fè Le sembianze d’altrui le
sue
ne fà Col soccorso, che l’arte appien gli diè. La
i suoi membri ; chiaro ognuno scorge come avendo io di essa, e d’ogni
sua
parte sufficientemente ragionato nel precedente t
, loro nomi, e valore. Nel 2. ragionerò del verso, e delle differenti
sue
specie. Nel 3. Finalmente tratterò della varietà
ribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo, di cui un di per la
sua
gravità facevasi grand’uso ne’ sacrificii, come l
oltre fa di mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia breve per
sua
natura, pur se finisce con consonante, e con altr
ncomincia la voce seguente, essa in tal caso soffre cambiamento nella
sua
quantità, come in questo esempio : Christus cole
sirii non col braccio de’ Titani, o de’ Giganti, ma per la mano della
sua
debelezza : Nec filii Titan , così nel cap. 16 J
senza lasciare l’essere divino, che si fingevano avere, e prendere in
sua
vece la condizione de’bruti, che in essi non rico
. Vocabant Barnabam Iovem. Actor 14. Il suo lieto e giovial volto, le
sue
maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tr
olto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tratti di
sua
beneficenza, e liberalità gli meritarono un tal n
turò con cera gl’orecchi, e se stesso fece ligare ad un albore della
sua
nave ; quale invenzione poi scorgendo la Sirene m
nate Sirene può spiegarsi quel detto di Giobbe, d’aver egli piante le
sue
disgrazie travagliato da dolori col tuono delle S
nò al cielo in luogo degno fra le cestellazioni presso il Capricorno.
Sua
contesa cou Minerva. 2. Questo Cavallo perchè so
pe fra destrieri distinto sotto il nome Hyppius, e Nettuno per questa
sua
bravura acquistò dritto su cavalli e marini, e te
tor, et faber, in cuncta opera aeris, et ferri, non altrimenti che la
sua
sorella Noema, cui comunemente si attribuisce, la
ere, da essi fù riconosciuta sotto il nome di Nemanun, ossia Minerva.
Sua
qualità. Suoi nomi. Suo ritratto. Suoi tempii, e
qualità. Suoi nomi. Suo ritratto. Suoi tempii, e feste. Chi fù Marte.
Sua
contesa con Nettuno. (1). Saggia pur troppo, e p
, e con esso altri ben molti del tutto, simili al primo costruiti per
sua
ordinanza da un certo Mamurio. Tali sacerdoti poi
la bocca dell’infante Nume distaccatosi per un momento dalle poppe di
sua
nutrice Giuuone. Folle pensiore ! Sue prodezze. S
Apostolo preferire allo stesso divin Platone pel gran capitale delle
sue
cognizioni. Che poi sia stato a somiglianza di Me
non è certamente da provarsi, rilevandosi troppo chiaro dalle stesse
sue
lettere. E che altro è quel, che leggesi al cap.
ttino ec. ne resterà ognuno sufficientemente convinto a riflettère le
sue
gesta in più luoghi de’ libri S. registrate. Suoi
e. Il tradito Apollo in memoria poi della tresformata Dafne adornò le
sue
tempia, e la lira delle verdeggianti foglie di qu
(1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che nel i. delle
sue
Eneide fà Virgilio delle affannose voci di questa
agl’uomini sibbene esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle
sue
passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in più
ne esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le
sue
prostituzioni con Anchise in più Scrittori, e sop
a tra fiori si dilettava della rosa, perchè questa nelle rosseggianti
sue
foglie sempre rammentavale il fatto del suo caro
del suo caro Adone, che punto in atto di coglierla diè alla naturale
sua
bianchezza col sangue proprio quel porporino colo
llesa da macchia la castità, se la spada del pudore essa non vanti in
sua
difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione di alcune
n ciò le tracce del poeta Arato, che per mostrar qual in ciò fosse la
sua
mente disse : Argentea vota. Chi fù il Destino.
rocchè non essendo il nostro Dio il cieco Dio de’ Gentili, gl’atti di
sua
prescienza puramente speculativa, e conseguente n
sono nel citato autore, molti recenti Mitologi si sottoscrissero alla
sua
opinione. Le umane vittime però, che a lui si off
a più vantaggiosa all’uomo, che la prudenza apportatrice dell’esterna
sua
felicità ? Conobbe tal verità il gran macedone Fi
si a conciliare gl’ animi vertiginosi, che del numero, e valore delle
sue
forze atte a comprimere ogni suo baldanzoso nemic
tano Plutone la più luminosa a mio credere è quella, che colla divina
sua
penna delineò nella sua Gerusalemme il Tasso, in
nosa a mio credere è quella, che colla divina sua penna delineò nella
sua
Gerusalemme il Tasso, in cui dopo aver descritto
e lasso Appoggia a un debil legno il fianco antico. Chiude al fin le
sue
spoglie angusto sasso, Nell’atto a voi che sospir
l’esordio, nel mezzo la narrativa, e nell’ultimo la conclusione colla
sua
sentenza. (1). Potrà sembrare a qualcuno, che io
mini, la nobiltà delle espressioni, e quanto può mai contribuire alla
sua
sublimità devesi in esso singolarmente impiegare.
oè, e la Sinalefo. La Ectlissi è lo struggimento della M con tutta la
sua
vocale in fine delle parole semprechè la sussegue
la facoltà visiva, lo sguardo, la pupilla, l’occhio infine, vuole la
sua
gran parte nell’osservazione anche morale di un o
dere, di sentire, di persuadersi d’un vero qualunque, sottoposto alla
sua
osservazione, se il libro, la pagina, il caratter
l’obbietto che si vuol farle studiare e comprendere, sarà in tutte le
sue
singole parti, completa, armonizzando la fisica d
rmonioso, completo, che la natura ha posto nel compimento di tutte le
sue
opere, dalla vita fisica dell’uomo, fino alla rip
all’infinitamente piccolo, tutto ha il suo più solido fondamento, la
sua
essenza, il suo sviluppo, il suo essere infine, n
enza o di arte, di studio o d’ispirazione, deve primieramente aver la
sua
base e il suo fondamento più solido, nell’ordine
iderare, con riposata attenzione quest’opera, nel suo concetto, nella
sua
forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col
ortate nelle quali gli studiosi apprenderanno non solo il fatto nella
sua
forma primitiva e tradizionale, ma avranno anche
nocefale, durante la celebrazione dei giuochi Pizii. Clinton, pone la
sua
nascita nella LXV Olimpiade (518 anni avanti Gesù
ia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della
sua
vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel
ta, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la
sua
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La
ermi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La
sua
posizione geografica ; la indipendenza degli anti
una religione qualunque ha sempre i suoi Mili, e i suoi Simboli, e le
sue
Allegorie, le quali tutte conservano l’impronta,
ancora, nell’attenzione del promesso Messia, i simboli proprii delle
sue
religiose credenze. E così man mano noi potremmo
la Cerere Sicula, vagante per le campagne della Trinacria in cerca di
sua
figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Madonna
ora, il Mi to purissimo della Vergine Madre, spense col fulgore della
sua
casta luce, col suo significato umanamente divino
to dell’ancella di Dio, sine labe concepta, che sotto l’usbergo della
sua
celeste purità, schiaccia col fragile piede, la t
be, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta la
sua
famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri c
ondatevi e cangiate le vostre vesti. 2. Jacob vero convocato omnidomo
sua
, ait : Abjecite dese alienos, qui in medio vestri
a gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la
sua
vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la form
di spiriti ; e Cecco d’ Ascoli contemporaneodi Dante35 diffuse nelle
sue
opere cosiffatta dottrina. Milton 36 favella di v
nda, terra eminentemente cattolica, non v’è famiglia che non abbia la
sua
Bauskie, specie di genio tutelare, come i Penati
della Romana e Greca Mitologia. La famiglia dei Lusignuno 37 aveva la
sua
Meleusina, larva che appariva quantunque volte ad
i mantenne solo torbido e taciturno. Interrogato circa la causa della
sua
mestizia, rispose prevedere con gli occhi della m
canali le braccia di Ercole che soffoca il gigante, distaccandolo da
sua
madre. La maggioranza delle tradizioni mitologich
e. La maggioranza delle tradizioni mitologiche ha, come i simboli, la
sua
origine dalla fantasia inculta degli antichi, i q
zodiacale, additano le dodici fatiche del Dio-Atleta, il quale, alla
sua
volta, diventa pei Greci un avventuriero, pei Fen
ti un trionfatore, per tutti, un mito divinizzato dall’apoteosi della
sua
invincibile forza. I Miti dunque, o simboli della
one, traversando l’umanità, ha lasciato impresso qualche tratto della
sua
particolare fisonomia. Giovan Battisia Vico 47 l
caratteristico aspetio morale e fisico, ossia traverso il velo della
sua
religione. Codesti cenni debbono, a parer nostro,
bietto materiale che la rappresenta. La giovenca, per esempio, per la
sua
fecondità raffigurava simbolicamente la Terra ; i
è dotato d’immaginativa e di fervore religioso, tanto più ricca è la
sua
mitologia. Weber — Compendio di Storia Universal
Vol. 1. E così che il tempo passa e lavora, nè si stanca mai, è la
sua
mano che muta e travolge, che solleva e rovescia,
ntemplando L’eternità parea che in me trasfusa Fosse una stilla della
sua
grandezza. Byron — Caino Atto 3°(Traduz. di A. M
ll’Introduzione della Beatrice Cenci Benchè più non alberghi Nelle
sue
grotte Apollo, e tu soggiorno Già delle Muse, or
sa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero alle
sue
parole che confermavano esser quello istrumento d
che confermavano esser quello istrumento disceso dal cielo per opera
sua
. Si dice esser questo flauto che poi fu celebre s
zza che le fu offerta. Egli derise la Dea, e questa per punirlo della
sua
oltracotanza lo cangiò in lucertola. Si crede da
he fu divorato dai cavalli di Diomede, che Ercole aveva affidati alla
sua
custodia, dopo averti derubati a quel re della Tr
sul suo nome, le cui lettere in carattere greco, presa ognuna per la
sua
cifra, formano in totale il N.° 365 che è quello
casto. — Famoso cacciatore, figlio di Pelia re di Tessaglia. Creteisa
sua
moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutam
delfini, e fece suo gran sagrificatore Acete per ricompensarlo della
sua
buona azione. Vi fu anche un altro Acete, figlio
nche un altro Acete, figlio del Sole e di Persa. Egli dette una delle
sue
figlie in consorte a Pirro. Evandro re d’Italia,
rovincia del Peloponneso, al quale si dà alcuna volta, compreso nella
sua
totale estensione, il nome di Achaja. Di qua n’è
mbra di un albero, e lo insultarono : Ercole li legò per i piedi alla
sua
clava, con la testa in giù, e alzatili sulle spal
cheo. — Detto per soprannome Calicone greco che si rese famoso per la
sua
stupidità. Si racconta di lui che avendo una volt
nito l’acqua ai Titani, quando questi dettero la scalata al cielo. Le
sue
acque divennero fangose ed amare ed è uno di quei
telliero, che in lingua Egiziana si chiama Caronte, di ricevere nella
sua
barca le anime dei perduti. Di là la favola di Ca
e vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di Teti.
Sua
madre, essendo egli in tenerissima età, lo immers
egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel quale la madre
sua
lo tenne al momento dell’immersione. Bambino anco
tauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi.
Sua
madre avendo saputo dall’indovino Calcante, che A
lealtamente sdegnato, dal procedere del Revillano, si rinchiuse nella
sua
tenda ; e giurò che non avrebbe più combattuto.
(Omero Iliade libro IX) (trad. di V. Monti) Finchè Achille tenne la
sua
parola ; i Trojani furono sempre vincitori nei di
uo figlio gl’immolò Polissena. Si racconta ancora di Achille che Teti
sua
madre, gli avesse proposto di vivere lunghissimi
a proposito di questo famoso eroe della Grecia, che l’opinione della
sua
invulnerabilità al tallone, non era accettata ai
ifemo che voleva ucciderlo, e fu salvato da Enea che lo accolse sulle
sue
navi. 65. Achmeno figlio di Egeo ; dette il suo n
Acilio. 70. Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e di un fauno. La
sua
bellezza gli valse l’amore di Galatea, amata dal
l’antichichità, che per la bellissima descrizione che fa Ovidio della
sua
povertà estrema. Mio nome è Acete, e del popol T
tanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel popolo a farne una delle
sue
principali divinità. Non minore era la venerazion
flumi avessero la virtù di cancellare tutti i peccati. Sofocle nella
sua
tragedia Edipo nell’atto V fa dire ad uno dei suo
r prevenire questa disgrazia egli rinchiuse in una torre dî bronzo la
sua
unica figliuola Danae. Ma Giove che n’era innamor
are ad Argo, quando in una partita di piacero volendo far prova della
sua
destrezza nel lanciare il disco, che egli aveva i
amente di una giovine a nome Cedippe, la quale non volle ascoltare le
sue
parole : allora avendo perduta ogni speranza di s
li eroi favolosi si tenessero altamente onorati. Ulisse, con tutta la
sua
reputazione di saggio, sembra averlo grandemente
ollo ottenne anche dalle Parche che quando Admeto sarebbe vicino alla
sua
ultima ora, avesse potuto evitare la morte, quant
volte però avesse trovato un altro uomo tanto generoso per morire in
sua
vece. Admeto attaccato d’una malattia mortale er
olente che Proserpina, commossa dalle lagrime di lui, volle rendergli
sua
moglie, ma Plutone vi si oppose. Allora Ercole di
uante ne soffrì Admeto, ma gli Dei lo protessero sempre a causa delle
sue
grandi virtù. 111. Adod. — Era il Giove dei Fenic
ellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re di Cipro con Mirra
sua
figlia. Si sapea ben per Cipro il folle incesto,
. Aveva un culto truce e disumano perchè si lasciavano bruciare sulle
sue
are dei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divi
ra anche il nome di un Re dei Dori, che Telemaco uccise a causa della
sua
perfidia. Adraste craint d’être surpris, fait se
te si spalancò sotto i piedi di Trofonio e lo inghiotti vivo. Dopo la
sua
morte la credulità popolare ne fece un dio, e gli
role della indovina, e ritornò in patria, ove in effetti fu ucciso da
sua
moglie Clitennestra, divenuta la druda dell’usurp
o figliuolo Penteo, nella ricorrenza delle feste di quel Dio. Dopo la
sua
morte Agave, fu, ronostante la sua efferatezza in
a delle feste di quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, ronostante la
sua
efferatezza innalzata agli onori divini sia perch
rile, Ati di cui Agdisto erasi perdutamente invaghito, fu dalla ninfa
sua
madre inviato alla Corte del re di Pessinunte per
fatto, ottenne da Giove che anche dopo la morte di Ati qualcuna delle
sue
membra non sarebbe andata soggetta alla corruzion
ara). Minerva allora per punire Aglauro la rese pazzamente gelosa di
sua
sorella Erse, amata da Mercurio. Un giorno che qu
sei principi, mentre ella non aveva che un solo figlio. Spinta dalla
sua
cieca passione, ella uccise una notte il suo prop
posò una donna per nome Ifimedia. La favola racconta, che, essendogli
sua
moglie stata infedele, essa fe’credere ad Aloo su
mentre lo erano di Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea consentito la
sua
persona. 219. Aixa, isola del mare Egeo, seminata
ce da Nettuno suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la
sua
flotta era uscito dal porto per ritornare in patr
re Ulisse. ….. e delle prede Sul misto ancora ed indiviso armento La
sua
furia devolsi, ond’egli in mezzo Vi si gettando,
ssò, bovi ed agnelli insieme, Quanti ancor vivi rimanean, legati Alla
sua
tenda strascinò, non bruti Li credendo, ma Greci
li imprigionò Teseo, perchè d’accordo con Pirotoo, avea voluto rapire
sua
figlia Proserpina. Plutone era anch’egli sopranno
eto re di Tessaglia. Questo principe essendo pericolosamente infermo,
sua
moglie consultò l’oracolo, il quale rispose che A
l quale rispose che Admeto morrebbe, se altri non si fosse offerto in
sua
vece. Nessuno essendosi presentato all’appello fa
di lui i doveri dell’ospitalità. Ercole allora per testimoniargli la
sua
riconoscenza intraprese di combattere la morte, d
al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto di una
sua
tragedia la tradizione mitologica di Alceste, tra
padre, e carca D’anni la madre, se al morir propensi Fossero in vece
sua
: solu ei trovava Presta a lasciare in eterno la
lu ei trovava Presta a lasciare in eterno la luce Del di per esso, la
sua
moglie Alceste. Euripide, Alceste Tragedie Atto
cuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale gli fece sposare
sua
figlia Arfinoe, a cui Alchmeone fece dono di una
i farsi da questa restituire la collana per farne presente alla nuova
sua
sposa, Fegeo ed Arfinoe furono fortemente sdegnat
rcole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale parò il colpo con la
sua
clava, lo fini a colpi di freccia. Le sette figli
osi del culto con cui veniva onorato Bacco lavorò, e fece lavorare le
sue
sorelle e le schiave alla tessitura della lana, d
sarebbe stato Ercole. Giunone che avea giurato di perseguitare della
sua
gelosa vendetta i frutti dell’adultero amore di s
anta Nereidi, quasi avesse cura del mare e facesse di questo elemento
sua
delizia ed amore. 287. Aliteo o Aliterio. — Giove
gni mese essi crescevano di nove pollici, e non potendo a causa della
sua
estrema vecchiezza, andare egli stesso alla guerr
Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella di Ossilo. Ateneo, nelle
sue
opere, dice che essa fu madre di otto figliuole n
ita venir meno. L’arbore, ch’era verde, si fa smorta, Ed ogni spoglia
sua
rende al terreno : Le ninfe della selva abitatric
le in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle
sue
corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia
nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la
sue
infanzia, con la virtù di produrre tutto quanto e
vare e mantenere i profumi di cui si serviva abitualmente il re, e la
sua
famiglia. Avendo un giorno rotto un recipiente ch
olò per disperazione vedendo che non avea potuto impedire le nozze di
sua
figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Ve
a voluto dare un’idea della natura e del gusto dell’ambrosia. Ecco le
sue
parole testualmente tradotte : « L’Ambrosia è nov
che sposò Mirra e ne ebbe un figliuolo per nome Adone, famoso per la
sua
bellezza. Essendosi un giorno Cinira addormentato
di quante avea detto Mirra, e sdegnato la maledisse e la cacciò dalla
sua
casa insieme al figlio ed al marito. Mirra col pi
e della Dea della povertà, e gli dà il nome di Poro. Amore insieme a
sua
madre Venere, dea della bellezza, ha avuto un cul
arte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la quale fu insieme a
sua
sorella Melibea, risparmiata da Latona, quando qu
fosse riposata Cerere, dopo la lunga corsa ch’ella fece per ritrovare
sua
figlia Proserpina, rapita da Plutone. Le donne di
nto da Apelle, nel quale la Dea veniva rappresentata al momento della
sua
nascita uscendo dalla spuma del mare. 364. Anagog
fiume nel quale la ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiungere le
sue
acque. Sbocca nel porto di Siracusa. 369. Anassag
avendo Giove scagliato il fulmine contro Anassagora per punirlo della
sua
miscredenza, Pericle lo avesse salvato facendo ch
suo, ma la fiera giovanetta lo respinse crudelmente cacciandolo dalla
sua
presenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolore,
resenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolore, e Anaxarete spinse la
sua
crudeltà, fino a voler vedere la pompa funebre de
che fece parte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle
sue
schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più
schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più bevuto il vino della
sua
vigna. Anceo derise la predizione e per provare c
to da uno dei suoi ufficiali, che il cignale di Calidone devastava la
sua
vigna. Anceo allora gittò a terra la sua coppa, a
ale di Calidone devastava la sua vigna. Anceo allora gittò a terra la
sua
coppa, alla quale non aveva ancora bevuto e corse
. 408. Anfiareo o Anfiaro. — Figlio d’Apollo e d’Ipermestra. Erifile,
sua
moglie, palesò a Polinice per il dono di una coll
ione. — Figlio di’ Giove e di Antiope, regina di Tebe. Al suono della
sua
lira fabbricò le mura di quella città. — La favol
valore di Ercole a cui fu d’uopo dare un dio per padre. Seneca nelle
sue
opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che g
34. Anigero. — Fiume della Tessaglia. La favola racconta che fu nelle
sue
acque che i centauri, sconfitti da Ercole, andaro
arve in sogno alla sorella, e l’avvisò di quanto si tramava contro la
sua
vita. Anna, durante la notte, prese la fuga e and
accia di traditore, designandolo come colui che avesse nascosto nella
sua
casa Ulisse, guerriero greco che assediava Troia.
una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia di
sua
figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figlie d
morte del padre. Allora, credendosi in sicurtà, volle ritornare nella
sua
patria, ma Sico, suo zio paterno, la perseguito,
ia, ma Sico, suo zio paterno, la perseguito, e la dette in custodia a
sua
moglie Darcea, dalla quale Anthiope ebbe a soffri
si Con men superbo ed offuscato sguardo Suo nobil cor, l’alto pensar.
sue
rare Sublimi doti. ammirator tu padre. Sì, ne sar
figlia Altra, che Antigon’ebbe ? Ella è d’ Edippo Prole. di tu ? ma,
sua
virtude è ammenda Ampia del non suo fallo — Alfi
di maravigliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così caro che dopo la
sua
morte lo fece annoverare fra gli dei. 477. Antipa
er nome Antron orace, aveva una vacca bellissima che formava tutta la
sua
ricchezza. Un indovino predisse a Corace, che col
ul monte Aventino sagrificata a Diana quella vacca, procurerebbe alla
sua
città natale l’ impero su tutta l’ Italia. Corace
race, spinto d’amor patrio, recossi a Roma per sagrificare a Diana la
sua
vacca ; ma un ufficiale del re informo Servio Tul
. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla
sua
patria, per ragioni che la favola non ripete, egl
pio ove dimorava il dio Apis, e permettendo in questi rari periodi la
sua
vista ai forestieri. Nelle feste e solennità prop
, e preceduto da un numeroso coro di fanciulle, che cantavano inni in
sua
lode. Ma l’occasione in cui si addimostrava più p
pis, era quando il bue che lo rappresentava doveva morire, essendo la
sua
vita limitata ad un dato numero di anni, secondo
na. — Fontana in Italia presso la città di Padova. Si attribuiva alle
sue
acque il potere della divinazione. 499. Aporrina.
gica narra che avendo un’aquila portato a Giove l’ambrosia durante la
sua
infanzia, il padre degli Dei avesse collocato fra
degli Dei avesse collocato fra gli astri quest’uccello in segno della
sua
riconoscenza. L’aquila era una delle insegne part
ssima tela. La Dea accettò la disfida, ma vedendo che il lavoro della
sua
rivale, sarebbe riuscito migliore del suo, sdegna
19. Archemore. — Figlio di Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la
sua
nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta d
a figlia di Licambo, ma questi non curando la data promessa, concesse
sua
figlia in moglie ad un altro. Allora Archiloco sc
ad un altro. Allora Archiloco scrisse dei versi contro il padre della
sua
amata, così satiricamente mordaci che Licambo si
prima sentenza dell’ Areopago, fosse contro Cefalo, per avere ucciso
sua
moglie. Temistocle, accusato di adulterio, fu giu
531. Areotopoto. — Che significa gran bevitore di vino. Ateneo, nelle
sue
cronache mitologiche, rapporta che nella città di
del suo amore impudico : però Alfeo avendola riconosciuta riprese la
sua
figura di flume e confuse le sue acque con quelle
feo avendola riconosciuta riprese la sua figura di flume e confuse le
sue
acque con quelle della fontana Aretusa. Ei cerca
nel proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse, E mescer l’acque
sue
nel fonte mio : E secondo il pensier si cangia e
d avvalorare questa falsa credenza che Strabono combatte e nega nelle
sue
opere ; lo stesso Plinio racconta che le acque de
il fiume Alfeo, traversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle
sue
acque, prima di giungere in Sicilia e per consegu
ell’isola di Naxos, dove la sventurata dopo aver pianto amaramente la
sua
disgrazia, si fece sacerdotessa di Bacco il quale
Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender nel cielo, E l’aurea
sua
corona al bel crin tolse ; Ed a farla immortal ri
è stessa informa ; E giunta presso a quel che ’l serpe stringe ; Ogni
sua
gemma in foco si trasforma Un fregio pien di stel
grazia di suonare un’ultima volta il liuto. I marinai aderirono alla
sua
richiesta e al suono dolcissimo un gran numero di
te contro Aristeo per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le
sue
Api. La madre di Aristeo consigliò il fi gliuolo
che uscisse una quantità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la
sua
morte fu messo nel numero degli Dei e particolarm
e Ateniese la quale fu cangiata in civetta per aver voluto tradire la
sua
patria in favore di Ninos per avidità di danaro.
e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la più bella giovanetta della
sua
città. La tradizione mitologica racconta di lei u
ua città. La tradizione mitologica racconta di lei un truce fatto. La
sua
fatale bellezzà ispirò un incestuoso amore al pad
ei la lasciò partire col novello sposo. Però ben presto pentito della
sua
generosità, raggiunse gli sposi, uccise il genero
enerosità, raggiunse gli sposi, uccise il genero e ricondusse in Argo
sua
figlia per esserne assoluto e solo padrone. Arpal
o e lo apprestò in orribile pasto a Climeneo ; ma non potendo dopo la
sua
terribile vendetta sopportare l’infame passione c
ido delle onde dell’ Ebro. In mezzo della selva una donzella, Ch’era
sua
madre, si com’era avanti Che madre fosse, incontr
come figliuolo d’ Osiride e d’ Iside e Dio del silenzio, ond’è che la
sua
statua viene rappresentata con un dito alla bocca
cise. La favola racconta che Diana non lasciò impunita la morte della
sua
bellissima ninfa, e che a vendicarla facesse tras
ormenti. 593. Arsace. — Re dei Parti, Ammiano Marcellino narra, nelle
sue
cronache, che dopo la sua morte fosse annoverato
dei Parti, Ammiano Marcellino narra, nelle sue cronache, che dopo la
sua
morte fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsino
sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa mori nel fiore della
sua
giovanezza, e il marito per eternarne nella poste
rzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò
sua
figlia Medulina, dalla quale fu ucciso. 601. Arus
figliuoli di Acca Laurenzia, Romolo per attestare il suo affetto alla
sua
nutrice si offrì ad occupare il posto del morto r
rno ; ciò che fu causa che Proserpina non potette essere restituita a
sua
madre, quando questa andò a cercarla nei regni de
ngiato nell’inferno. Cerere fu così indegnata contro Ascalafo, per la
sua
rivelazione, che gli gettò sul volto dell’acqua d
egetonte, e lo cangiò in gufo, uccello che poi Minerva prese sotto la
sua
protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo g
ndo che riferisce Apuleio nel IV libro dei suoi Fiori, e Plinio nelle
sue
storie, veniva attribuita ad Asclepiade la scoper
lemo. 633. Astianasse. — Ancella di Elena, la quale fu non meno della
sua
padrona famosa per la corruzione dei suoi costumi
oglie di Edipo la quale calunniò presso il marito i figli della prima
sua
moglie, onde metterli in malo aspetto del padre.
ma i delitti degli uomini la costrinsero ben presto a ritornare alla
sua
luminosa dimora, ed ella andò a collocarsi in que
Astrabaco. — Eroe Greco, che si rese celebre nel Peloponneso. Dopo la
sua
morte gli vennero innalzati varii monumenti. 652.
la ricevette dalle mani di Meleagro sebbene non fosse ancora divenuta
sua
moglie. Vi fu anche un’altra Atalanta figlia di S
58. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila
sua
prima moglie. sposò in seconde nozze Leucotea det
no essa aveva la testa di donna e il rimanente di pesce. Vossio nelle
sue
opere dice che la parola Atergate significa senza
morire Sangaride ; e allora Ati disperato si lasciò traspotare dalla
sua
passione fino a recidersi le parti virili e si sa
ola finse che suo padre l’avesse incaricato di reggere il mondo sulle
sue
spalle. Essendo stato un giorno avvertito dallo o
lopo e d’ Ippodamia. Per vendicarsi della vergognosa tresca che Eropa
sua
moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad
ata per sotirarsi allo sdegno del padre suo. Telefo senza riconoscere
sua
madre ottenne da Tetraso di sposarla ; ma Augea n
decima parte dei suoi bestiami, quando lo avesse aiutato a netture le
sue
stalle dalla gran quantità di letame che infettav
neramente Titone figlio di Laomedone, giovane principe celebre per la
sua
bellezza. Ella lo rapì, lo sposò e ne ebbe un fig
a per lui fu così grande che gli propose di domandarle un pegno della
sua
tenerezza e ne ottenne una longevità senza eguale
esto però disgustata di lui lo abbandonò per amore di Orione che alla
sua
volta fu da lei abbandonato per altri. 687. Auson
e bellissima del tempio di Baal in Babilonia, monumento famoso per la
sua
estrema ricchezza e magnificenza. 716. Baal-Berit
onia. — Antica e grandissima città della Caldea, così chiamata per la
sua
ampiezza e pel tumulto continuo che l’immenso num
umulto continuo che l’immenso numero de’ suoi abitanti facevano nelle
sue
mura ; le quali ebbero duecento piedi d’altezza e
lte favelle. A vizio di lussuria fu si rotta, Che libito fè lecito in
sua
legge, Per torre il biasmo in che era condotta. E
ondotta. Ell’è Semiramis, di cui si legge Che succedette a Nino, e fu
sua
sposa, Tenne la terra che’ I Soldan corregge. Da
e al divino suo amante di mostrarsi a lei in tutto lo splendore della
sua
gloria immortale ; ciò che ella ottenne da lui, d
estrasse il piccolo Bacco dalle viscere materne, e lo rinchiuse nella
sua
coscia diritta, ove lo tenne fino al termine dei
n due ventri crebbe. Giove da sè spiccolla, e ne die cura Ad Ino, una
sua
zia, che cura n’ebbe, La qual, sebben di Gluno av
amorfosi. Libro III trad. di Dell’ Anguillara. Quando il tempo della
sua
nascita fu giunto, Bacco fu segretamente consegna
della sua nascita fu giunto, Bacco fu segretamente consegnato ad Ino,
sua
zia, la quale ne prese cura in compagnia delle ni
nte a vendicarsi delle concubine di suo marito, ma faceva ricadere le
sue
terribili vendette sui figli che nascevano da que
allora cangiò il suo dolore in venerazione, innalzò degli altari alla
sua
regina, e le offerì sacrificii allo strepito di t
de ; E mentre il guarda e la cagion ne chiede, L’arbor vede ei che la
sua
donna asconde : E più ch’un mira e attende al fin
inseguito vennero particolarmente illustrate da M. della Torre, nella
sua
opera delle Antichità d’Anzio, e poro di poi dal
suo onore. Preto, per non violare il diritto delle genti, non puni di
sua
mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con una l
ericoli ai quali lo si esponeva per vendetta. Finalmente provatasi la
sua
innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di L
ilonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio delle
sue
eroiche azioni e della immeritata persecuzione. 7
uno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendevano gli onori divini alla
sua
statua, che venne poi adorata anche dai Caldei so
interamente senza rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle
sue
opere, ne fa una bellissima descrizione. 772. Bel
à dicono che una tale denominazione fosse data a questo dio perchè la
sua
statua, sempre sanguinosa, era coperta di mosche.
etta Abadir, divorata da Saturno, fosse una di queste. Boccart, nelle
sue
opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra
i perdutamente di Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo alle
sue
voglie, pianse tanto che fu cangiata in fontana.
Bucorno. Cioè che ha due corna : soprannome che si dà a Bacco per la
sua
sfrontatezza. La luna veniva anch’essa detta bico
i dipingono Borea con le ali ai piedi ed alle spalle per mostrare, la
sua
leggerezza e con la figura di un uomo giovane avv
fu la più celebrata fra le sacerdotesse di questo tempio, ove dopo la
sua
morte, le furono resi gli onori divini. 822. Brau
da o Brasida. — Uno dei più valorosi capitani dei Lacedemoni. Dopo la
sua
morte gli fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli
e derisioni, di cui si vedeva fatto continuo bersaglio, a causa della
sua
estrema bruttezza, si gettò nel monte Etna. 837.
per tutta la vita l’esempio della castità coniugale. Lattanzio, nelle
sue
cronache, racconta invece che la moglie di Fauno,
prima statua della Fortuna per gli abitatori di Smirne. Plinio nelle
sue
opere ne fa menzione come d’un artista di merito
Altri scrittori dicono che Buteo sposasse una donna, la quale, per la
sua
incomparabile bellezza, fosse soprannominata Vene
ogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il quale aveva rapita
sua
sorella Melia, nè potendo costringere Apollo a re
, lo uccise a colpi di frecce. 858. Caballina. — Fontana che aveva la
sua
sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacra
abarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto di
sua
figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860. aba
e ch’ei fece Del grande armento, ch’egli ebbe vicino : Onde cessar le
sue
opere biece Sotto la mazza d’Ercole, che forse Gl
on la moglie dal proprio paese, per non assistere alle sciagure della
sua
famiglia, ma nella fuga furono entrambi cangiati
ta che Apollo fece presente Mercurio quando questi gli ebbe donata la
sua
lira. Un giorno Mercurio trovò sul monte Citerone
terone due serpenti che combattevano fra loro, e gettò fra di essi la
sua
verga per separarli. Le due serpi si attorcigliar
un arco. Mercurio volle in segno di pace portar sempre a quel modo la
sua
baccchetta, all’estremità della quale mise due al
oade, re di Lenno. Questi eresse gran numero di templi in onore della
sua
consorte in Pafo, in Amatunta, nell’isola di Cipr
questo tempo, Ulisse fece ritorno in patria, abbandonando Calipso per
sua
moglie Penelope ; e non curando la promessa d’imm
e rozzo pelo ; Questa, ch’in ogni parte Orsa div enne. L’antica mente
sua
sola ritenne. Ovidio — Metamor. — Lib. II trad.
ere il rito nuziale. 916. Camena. — Dea dei Romani. S. Agostino nelle
sue
opere ce la ricorda come la Dea del canto. 917. C
e la Dea del canto. 917. Camene. — Soprannome delle Muse, che trae la
sua
origine dalla parola cano, io canto. I pagani rit
a indarno. Ed ella di me solo Contenta, intemerata e pura e casta, La
sua
verginità, l’amor de l’armi Sol’ebbe in cale…… V
o dei Romani e dei Greci. Il re Salomone, per compiacere ad una delle
sue
concubine, innalzò al Dio Camos un tempio. 925. C
suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di colpa che avvolgeva la
sua
nascita. Il padre di Canacea, furibondo per l’inf
figlio di Mirso, fu l’ultimo degli Araclidi. Amò così passionatamente
sua
moglie, e fu così superbo della bellezza di lei,
caratteri più salienti della indole di quel quadrupede. Plinio nelle
sue
opere, dice che i pagani avevano in gran conto la
da nell’Etiopia, i cui abitatori avevano a re un cane e ritenevano le
sue
carezze o i suoi latrati, come contrassegni della
e ritenevano le sue carezze o i suoi latrati, come contrassegni della
sua
benevolenza o della sua coliera. E l’istesso auto
zze o i suoi latrati, come contrassegni della sua benevolenza o della
sua
coliera. E l’istesso autore ci ripete che, sul mo
l dire di Ovidio, ebbe questo nome dalla incomparabile bellezza della
sua
voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e spos
itenuto come il più possente degli Dei. Egli però andò debitore della
sua
rinomanza all’astuzia del sacerdote, il quale ave
io Pane si fosse nascoto sotto la figura di una capra. Erodoto, nelle
sue
opere, narra che la devozione degli Egiziani per
V. l’articolo precedente. La istituzione di queste cerimonie ebbe la
sua
origine dalla riconciliazione delle dame romane c
a che esse erano obbligate a dargli al momento di prender posto nella
sua
barca. Questa credenza degli antichi spiega il co
L’una appresso dell’altra. infin che’l ramo Rende alla terra tutte le
sue
spoglie ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gitta
Saturno cui sacrificavano i propri figliuoli. Giustino rapporta nelle
sue
cronache, che trovandosi i Cartaginesi decimati d
; ma allorchè il Dio l’ebbe sodisfatta, essa non volle più tenere la
sua
parola, e Apollo, per vendicarsi, le giurò che no
dicarsi, le giurò che non si sarebbe mai da alcuno prestato fede alle
sue
predizioni. La vendetta del nume sorti il suo pie
essa toccò come preda di bottino ad Agamennone, al quale predisse che
sua
moglie Clitennestra lo avrebbe assassinato ; ma i
, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con
sua
figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi. Ch
lia. 990. Castalia. — Ninfa, che Apollo cangiò in fontana, dando alle
sue
acque la virtù di ispirare il genio della poesia,
digi per mezzo dei quali si credeva che egli palesasse agli uomini la
sua
volontà. 996. Catactoniano. — Nella città di Opun
ontagna della Colchide. La cronaca favolosa narra che sopra una delle
sue
rocce fu incatenato Prometeo, allorchè Giovelo co
e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio di Mileto e di Ciane. Accortosi che
sua
sorella Bibli, ardeva per lui di una flamma inces
lla Bibli, ardeva per lui di una flamma incestuosa, egli abbandonò la
sua
patria e andò nella Caria, ove edificò una città.
uminosi ; Lampo dinota le ore del mezzogiorno, quando la luce è nella
sua
maggior forza ; e finalmente Filogeo ne rappresen
onto, quando il sole abbandona la terra, quasi un amante che lasci la
sua
donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero
del mare Egeo, cosi nomata da Ceo, figlio di Titano, è celebre per la
sua
fertilità in bachi da seta e in armenti di buoi.
Cecolo. — Figlio di Vulcano e di Prenesta. La tradizione racconta che
sua
madre, essendo seduta dappresso alla fucina di Vu
ini a fondare un’altra città. Ma come essi non fecero attenzione alle
sue
parole, non credendolo figlio di Vulcano, egli in
tutti coloro che erano presenti, colpiti di spavento, aderirono alla
sua
volontà. Altri scrittori dicono che Cecolo, ancor
o. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, il quale avendo lasciata la
sua
patria andò a stabilirsi nell’ Attica ove sposò A
greco, per essersi stabilito nell’ Attica. 1024. Cecrope. — Trasse la
sua
origine dall’ Egitto, da cui condusse una colonia
ipulse, giurò di vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procride,
sua
moglie che egli amava passionatamente. Ritornato
nte. Ritornato in patria, Cefalo, volendo accertarsi della fedeltà di
sua
moglie, le si presentò sotto un travestimento che
ndosi riconoscere dall’adultera sposa, la rimproverò amaramente della
sua
infedeltà, e Procride andò a nascondere nei bosch
mente della sua infedeltà, e Procride andò a nascondere nei boschi la
sua
vergogna, ma fu ben presto raggiunta da suo marit
— Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della morte di
sua
madre che si recò nella città di Claro onde consu
sapere i mezzi per farla risuscitare ; ma si annegò nella traversata.
Sua
moglie Alcione ne andò in cerca e saputa la sua m
egò nella traversata. Sua moglie Alcione ne andò in cerca e saputa la
sua
morte ottenne dagli Dei di essere cangiata, con l
ene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di
sua
moglie a causa della sua incredulità V. Celma. Vi
so. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa della
sua
incredulità V. Celma. Vi fu un altro Celmiso fra
prio padre. 1047. Ceneriso. — Fiume della Jonia. Si credeva che nelle
sue
acque fosse stata tuffata dalla nutrice la piccol
u cangiato in uccello. Costui nacque in Tessaglia. E giunto all’ età
sua
più verde e bella, Per nome maschio il nominar Ce
udizio diede. Che per lo troppo peso ch’ei sostenne, Fosse dell’ alma
sua
l’inferno erede. Mopso il negò, chè quindi alzar
urre nel mondo la diletta Euridice, addormentò Cerbero al suono della
sua
lira dolcissima. Ercole alla sua volta disceso al
e, addormentò Cerbero al suono della sua lira dolcissima. Ercole alla
sua
volta disceso all’inferno per liberare Alceste, i
’ Oceano e di Teti. 1059. Cercione. — Famoso ladro. Egli attaccava le
sue
vittime a due grossi alberi di cui aveva ravvicin
morfosi, Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi di
sua
figlia Proserpina gliela rapì, e Cerere allora sa
ntrapreso e avendo incontrata la ninfa Aretusa, le dimandò novelle di
sua
figlia Proserpina. La ninfa le disse che Plutone
rapita. Cerere discese immediatamente all’inferno, ove trovò infatti
sua
figlia la quale, per altro, si ricusò a seguirla
ati sette granellini, per il chè essa non potette essere restituita a
sua
madre la quale per vendicarsi contro l’indegno de
di Cerere ordinò che Proserpina avesse passato sei mesi dell’anno con
sua
madre sulla terra, e gli altri sei con sua marito
ato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con
sua
marito all’inferno. Cerere aveva diversi templi f
ro che per qualunque ragione avessero turbati i solenni misteri delle
sue
feste. Veniva rappresentata sotto figura di una d
o giudizio di Paride, Venere dovette togliere alla presenza di lui la
sua
cintura, onde mostrare tutta l’incomparabile bell
ui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incomparabile bellezza delle
sue
forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di And
e. 1074. Chariclea e Teagene. — Sono questi i nomi che Eliodoro nelle
sue
storie dà a due personaggi di sua invenzione, che
no questi i nomi che Eliodoro nelle sue storie dà a due personaggi di
sua
invenzione, che non vissero mai. Le cronache mito
so di suo padre nell’ingannare tutti. Chione fu così orgogliosa della
sua
bellezza, che osò vantarsi d’esser più bella di D
da lei si trasformava in cavallo per deludere la gelosa vigilanza di
sua
moglie Rea ; ed è perciò ch’egli ebbe da Filira u
o aveva fatto immortale. Finalmente gli Dei mossi a compassione delle
sue
sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove egli
nirlo, lo colpì d’una tale ebbrezza che quasi demente fece violenza a
sua
figlia. Appena compiuto il mostruoso incesto, l’i
a figlia di questo trascinò il padre all’altare, e dopo averlo con le
sue
mani svenato, si uccise sul corpo di lui. 1091. C
Etna, ove secondo la tradizione, il Dio Vulcano, loro capo, aveva la
sua
officina. Buon numero di essi erano figli del Cie
Ch’entro si sente. lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le
sue
fiamme E de le sue fornaci, d’ Etna in guisa Into
lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le sue fiamme E de le
sue
fornaci, d’ Etna in guisa Intonar s’ode ed anelar
o. — Figlio di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia della
sua
indole gli valse il soprannome di serpente. 1102.
antico degli Dei. Fu detronizzato da suo figlio Saturno, che regnò in
sua
vece. 1104. Cigno o Cieno. — Uccello consagrato a
sagrato ad Apollo, come Dio della musica ; ed a Venere, a causa della
sua
voluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza dell
a causa della sua voluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle
sue
penne. Il carro di questa Dea veniva sovente tira
to da fraterna amicizia a Fetonte, tantochè quando quegli morì per la
sua
famosa caduta. Cigno abbandonò i suoi stati e rec
e radendo la terra, e facesse dell’elemento più contrario al fuoco la
sua
abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di N
chille rimanendo esente da ogni ferita. Achille allora vedendo che le
sue
armi erano impotenti contro il suo nemico, gli si
mo tempo che l’eroe vincitore si accingeva a spogliare il vinto delle
sue
armi, il corpo di Cigno disparve avendolo suo pad
Aristeo. 1116. Cimodocea. — Ninfa che predisse ad Enea l’evento della
sua
flotta. Fu una di coloro che si presentarono a Ci
da. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia di Giove. Dopo la
sua
morte fu cangiata in astro. 1130. Cinosarge. — So
i V. Monti. A dire di Luciano nelle opere, Mercurio rubò a Venere la
sua
cintura, e da quel giorno il suo discorso ebbe gl
o, che essa amava, preferita quella ninfa. Circe accolse Ulisse nella
sua
isola, e per ritenerlo presso di se, cangiò tutti
e non volle gustare, e potè così dopo qualche tempo far ritorno nella
sua
patria. ………. la Deessa udiro Dai ben torti capei
0. Cladeo. — Uno degli eroi della Grecia. Pausania ripete che dopo la
sua
morte gli furono tributati gli onori eroici. 1161
tù di lei. La tradizione favolosa narra, che Claudia, per mezzo della
sua
cintura, avesse tirato a terra il vascello sul qu
e gli scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il quale, in tutte le
sue
imprese, si servì sempre della clava. La cronaca
ch’egli avesse esistito prima della creazione del mondo, e che dalla
sua
bocca fosse uscito il primo uovo, che dette poi v
come pessimo presagio, se avessero ricusato di cibarsi. Tazio, nelle
sue
opere, dice che gli Egiziani ponevano l’immagine
Cocito. — Fiume dell’inferno che circonda il Tartaro e arricchisce le
sue
tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito e
lo, sotto le sembianze di una colomba. Silvio Italico, rapporta nelle
sue
opere, che due colombe si fossero fermate sulla c
selva di Dodona, interrogate da Ercole, gli svelarono il limite della
sua
vita. 1221.Colonne d’Ercole. — La tradizione mito
d’Ercole. — La tradizione mitologica ricorda che Ercole, seguendo le
sue
imprese, si fosse internato fino alla città di Ga
due colonne, per contrasegnare ai posteri il luogo ove ebbero fine le
sue
conquiste. Al dire di Strabone, queste colonne co
ne è che codesta statua fosse alta settanta cubiti. Solo Festo, nelle
sue
cronache, ne fissa l’altezza a centocinque piedi.
ale, secondo asserisce Plinio, fu abbattuto cinquantasei anni dopo la
sua
costruzione, finchè sotto il regno di Vespasiano,
mpio consacrato a Vulcano, varie statue rappresentanti sè stesso e la
sua
famiglia, l’altezza delle quali giungeva a trenta
tura ; veniva dato codesto soprannome ad Apollo per la bellezza della
sua
chioma. Al dire di Ateneo si celebrava in Grecia
ore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la
sua
morte, gli tributarono gli onori divini. 1234.Con
saputo essere Oreste reo di parricidio, non volle più ammetterlo alla
sua
tavola ; ma ordinò fosse servito nella sua reggia
volle più ammetterlo alla sua tavola ; ma ordinò fosse servito nella
sua
reggia particolarmente in una coppa di forma e di
Figlio di Midionea cui Priamo, re di Troja, aveva promesso in moglie
sua
figlia Cassandra. Essendo andato a soccorrere i T
n una caverna del monte Parnaso, conosciuta sotto l’istesso nome : le
sue
compagne furono dette Coricle. 1257. Corifea. — S
il parere di Eschilo, così avea nome quella furia che da parte delle
sue
compagne espose l’accusa terribile dell’Eumenidi
1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properzio s’invocava Bacco per le
sue
corna, dimandandogli una lunga vita, onde poter c
r le sue corna, dimandandogli una lunga vita, onde poter celebrare la
sua
virtù. 1266. Corno dell’abbondanza. — Era sevente
il quale lo nomò Esculapio. Apollo si penti ben presto della crudele
sua
vendetta, e per punire il corvo che gli aveva den
ommedia ove sferzava mordacemente i cattivi costumi di Alcibiade e la
sua
iniziazione agli avergognati misteri di Cotitto,
di Pasifae. Avendo consultato l’oracolo per conoscere i destini della
sua
vita, ne ebbe in risposta che sarebbe stato uccis
ra che minacciava suo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla
sua
patria, uccise una delle sue sorelle, che Mercuri
prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle
sue
sorelle, che Mercurio avea deflorata, e dopo aver
particolarmente adorata nell’isola. 1291. Cretheo. — Figlio di Eolo.
Sua
moglie Demodice accusò falsamente un giovane chia
dei Greci. Si riteneva come l’inventore dell’amo per pescare. Dopo la
sua
morte ebbe gli onori divini. 1298. Crinifo. — Pri
rtivamente su di una barca, e per non esporla alla triste sorte delle
sue
campagne, l’abbandonò alla fortuna delle onde. Sp
cui il mostro doveva rimanere nella contrada, Crinifo andò a cercare
sua
figlia, e approdò in Sicilia ; ma non avendo potu
se ancora tanto tempo da poter palesare la verità, ed impedire che la
sua
morte fosse imputata ai due suoi fratelli. Ippoda
ua morte fosse imputata ai due suoi fratelli. Ippodamia, delusa nelle
sue
crudeli speranze, si dette di sua mano la morte.
i fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli speranze, si dette di
sua
mano la morte. 1308. Crisomattone. — Con questo n
eso le forme di quest’uccello onde riacquistare le grazie di Giunone,
sua
moglie. Quest’uccello era particolarmente consacr
animale. …… Questi di Cigno Era figliuolo, onde ne l’elmo avea De le
sue
penne un candido cimiero In memoria del padre, e
0. Damaste. — Soprannominato Procuste : famoso gigante celebre per la
sua
crudeltà. Egli deve il suo soprannome, che signif
rio destino, ne ebbe in risposta ch’egli sarebbe ucciso dal figlio di
sua
figlia. Allora per togliere Danae alla conoscenza
e sottrarsi così al fato che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere
sua
figlia in una torre di bronzo ; ma Giove, innamor
vella. Il padre per lo ben, che le volea. Saper cercò il destin della
sua
stella ; Ma il decreto fatal tanto gli spiacque,
sato dall’oracolo ch’egli sarebbe stato detronizzato dai mariti delle
sue
figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro uomi
lo di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato della morte di
sua
figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. Apoll
tta la cera. Il figliuolo promise al padre di seguire strettamente le
sue
istruzioni, ma appena essi furono nello spazio, i
dichiarazione di guerra, se non avesse consegnato vivo o morte, nelle
sue
mani, il fuggitivo. All’amata Sicilla alfin arri
ando altrove ; Che quivi appresso al re talmente è viva La fama delle
sue
stupende prove, E con tal premio Cocalo il ritien
ini, i Fauni, le Ninfe e le Muse. Dei del mare. L’Oceano e Teti
sua
consorte ; Nettuno e Anfitrite ; Eolo, dio dei ve
a di Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per riguadagnarsi le
sue
buone grazie. Deifobo. di Priamo il gran figlio,
. Cicerone dice ch’egli non intraprendeva la più piccola azione della
sua
vita, senza aver consultato gli Aruspici. Un gior
ia che lo ferì mortalmente. Nesso, sentendosi vicino a morte, donò la
sua
camicia intrisa di sangue a Dejanira, dicendole e
nte, Può dare al morto amor, forza e restauro. Già molto prima ad una
sua
servente L’avea fatta adornar di seta e d’auro. I
del suo gregge, nelle circonstanza del monte Parnaso, s’avvide che le
sue
capre, avvicinandosi ad una caverna, gittavano un
ione, epoca in cui Apollo, essendo venuto sul Parnaso, rincinto della
sua
luce immortale, bello della sua eterna giovanezza
do venuto sul Parnaso, rincinto della sua luce immortale, bello della
sua
eterna giovanezza, e con una lira d’oronella mano
adizione mitologica ripete che dopo dieci anni, egli riacquistasse la
sua
primitiva forma di uomo, e che fosse vincitore ai
re sempre lo stesso prezzo per gli ultimi, e minacciando il re per la
sua
incredulità. Tarquinio allora colpito dalla perse
o benignamente dà Licurgo, redi quella contrada, che gli fece sposare
sua
figlia Fillide. — V. Fillide. 1412. Demofuonte —
e di spirito familgliare, i cui avvertimenti lo guidavano in tutte le
sue
azioni. 1416. Dendroforia. — Si dava codesto nome
e fu poi la famosa Semiramide, regina di Babilonia, la quale annoverò
sua
madre fra le divinità, e le consacrò un tempio. 1
olendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra,
sua
moglie, furono i soli esseri umani che per la lor
lei così tenace che cangiò Atteone in cervo per averla sorpresa colle
sue
ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana
numeroso corteo di ninfe e pretendeva che tutte serbassero la stessa
sua
castità. Dammi, padre, dicea, ch’io serbi eterne
imione, bellissimo della persona, e che la notte lasciasse sovente la
sua
dimora celeste per visitarlo. Diana passava quasi
pedisco ; si dava codesto soprannome a Mercurio, volendo ricordare le
sue
priucipali funzioni, d’essere, cioè, il messaggie
stavano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci, e dalla
sua
più giovane sorella, a nome Anna, parti coi tesor
nata, fa che ella morisse precipitandosi nelle fiamme che ardevano la
sua
reggia, disperata di vedersi abbandonata da Enea,
ia. Metastasio. — Didon e abband. Atto III — Scena ultima. Dopo la
sua
morte Didone fu onorata in Cartagine come una dea
a, ritornato in patria, ebbe tanto orrore degli eccessi lussuriosi di
sua
moglie Egialea, che abbandonò il governo dell’Eti
Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il quale si rese celebre per le
sue
crudeltà, e per la nessuna reverenza che egli ebb
e confusa con Diana. La tradizione mitologica racconta di lei, che la
sua
non comune bellezza avesse ispirata a Minosse, re
l’origine dell’oracolo di Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle
sue
figliuole per nome Teba, di due meravigliose colo
olontà di Giove, che in quel luogo sorgesse un oracolo. Erodoto nelle
sue
opere spiega codesta favola, dicendo che alcuni m
he avendo venduta una di esse nella Grecia questa avesse stabilito la
sua
dimora nella selva di Dodona, ove fece costruire
oris amara. Dori fu anche il nome di una delle Nereidi, così detta da
sua
madre. 1500. Dori. — V. Dorea. 1501. Dorielio. —
ta che Medea, furibonda per l’abbandono di Giasone, fosse corsa sulle
sue
tracce, montata su di un carro tirato da due di q
fuggitivi, depredava l’isola di Scio. Gli abitanti misero a prezzo la
sua
testa, e la cronaca racconta che egli stesso, sta
zzo la sua testa, e la cronaca racconta che egli stesso, stanco della
sua
vita di delitto, persuase il più povero dei suoi
albero. La disgraziata ebbe appena il tempo di porre nelle braccia di
sua
sorella Iole il bambino, il quale, senza di ciò,
na, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome di
sua
madre. Essendo stati distrutti tutti gli abitanti
impose il nome di Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che alla
sua
morte Plutone lo associò a Minosse ed a Rodomonte
il bel corporeo velo ; Dall’aura la gonnella alzata e vinta Mostrò le
sue
vergogne a tutto il cielo ; E dell’alme che stan
nato contro i suoi concittadini, perchè questi non avevano onorato la
sua
vittoria con un monumento, imprecò contro di essi
lcro di Ebota, e poi coloro che riuscivano vincitori, incoronavano la
sua
statua d’una ghirlanda di flori. 1528. Ecaerga. —
n Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la quale fu celebre per la
sua
grande statura. È detto anche che Cerere, quando
la sua grande statura. È detto anche che Cerere, quando Plutone rapì
sua
figlia Proserpina, avesse inviata sua sorella Eca
che Cerere, quando Plutone rapì sua figlia Proserpina, avesse inviata
sua
sorella Ecate sulla terra, onde far ricerca della
era detta Ecate, come la dea che presiedeva alla morte. Esiodo, nelle
sue
cronache dell’antichità, ci presenta Ecate come u
dell’antichità, ci presenta Ecate come una dea terribile che ba nelle
sue
mani il destino degli uomini e degli dei ; quello
e il termine d’una publica calamità. Diogene Laerzio, riferisce nelle
sue
cronache, che Pitagora ovesse offerto agli dei un
Pausania, che certo Aristomene di Corinto, avendo ucciso in guerra di
sua
mano trecento nemici, avesse offerto ai celesti t
i Tunchino e nella Persia, secondo che riferisce il Taverniere, nelle
sue
relazioni di viaggi e scoperte, ove si crede che
e con ogni specie di strumenti, per obbligare il mostro a lasciare la
sua
preda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig
eda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella
sua
relazione di viaggio nell’Indie orientali. Il cer
ato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito di
sua
moglie, Giunone, saputo l’inganno, condannò Eco a
, che essa aveva veduto, quando era regina, implorare a suoi piedi la
sua
protezione, ond’essere salvato dai guerrieri Troj
tarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba di
sua
propria mano uccideva i due figliuoli di lui. Per
el re Polibio, volle consultare l’oracolo per conoscere qual fosse la
sua
sorte, e avendogli l’oracolo predette le stesse s
po si esiliò volontariamente da Corinto, credendo di lasciare così la
sua
patria. Giunto nella Focide, ebbe querela con uno
to il fanciullo a Polibio, venne a Tebe, lo riconobbe e gli palesò la
sua
vera nascita. Edipo per disperazione si acciecò,
nascita. Edipo per disperazione si acciecò, e fuggi per sempre dalla
sua
vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e
dizione favolosa racconta che essendo Edo gelosa di vedere che Niobe,
sua
cognata, aveva una numerosa famiglia, mentre essa
della trista sorte del padre, corse vicino a lui per consolarlo colle
sue
filiali carezze ; ma quest’atto di pietà le fu im
lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto delle
sue
mura, si contavano 227 colonne, innalzatevi da al
ettanti sovrani, e che erano tutte dei marmi più rari e preziosi : le
sue
porte erano di legno di cipresso con intagli prez
offerte ed olocausti, e dedicato per fino un oracolo. Luciano, nelle
sue
opere, asserisce che lo stesso Alessandro fu uno
in queste tre città ella servì di guida conduttrice a Cromio ed alla
sua
colonia. 1574. Egenete. — Ossia quotidianamente r
per qualche tempo nella corte di Pitteo, re di Trezene, famoso per la
sua
saggezza. Pitteo lo accolse regalmente, e una ser
o banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare nella
sua
camera la figlia Etra, giovanetta di rara bellezz
n Grecia il culto di Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla
sua
brama di aver figliuoli. 1576. Egeone. — Conosciu
alla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio, gli rese la
sua
amicizia, dimenticando la parte più che attiva ch
l gran sacerdote, o pontefice, rivestito di tutti gli attributi della
sua
autorità. Coprivano quindi la fossa con una tavol
madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo di
sua
figlia, si dette a cercarla premurosamente, e sap
Giove scagliò i suoi fulmini e costrinse l’ Asopo a risalire verso la
sua
sorgente ; e per sottrarre Egina alla paterna ven
e l’offesa che gli aveva fatta l’amico, fece in maniera che tirò alle
sue
voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento di ci
to il fratello Oreste, allora fanciullo ancor di due lustri, che alla
sua
volta, ritornato adulto in Micene, uccise l’usurp
rtato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno di Clitennestra
sua
madre. Noi sotto Troja travagliando in armi, Pas
a ricca Micene il fren ritenne, Ma l’ottavo anno ritornò d’Atene, Per
sua
sciagura, il pari ai numi Oreste, Che il perfido
sero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano. Da
sua
moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più c
ome alla contrada di cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre
sue
concubine — le più celebri delle quali furono Ger
tempio a Giunone in ringraziamento di non averla trovata ostile alla
sua
vendetta ; e le avesse sacrificato una Capra ; da
come simbolo dell’eternità, a cagione della lunghissima durata della
sua
vita. Nei misteri di Bacco erano sovente adoperat
reatura, la rapì un giorno che essa insieme, ad altre fanciulle della
sua
età, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta
dal nuocere ad Elena accrebbero invece la già famosa rinomanza della
sua
divina bellezza, e tanto che ben quaranta fra i p
ben quaranta fra i più rinomati principi della Grecia, dimandarono la
sua
mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote di Atre
nte strozzare, facendole così scontare gl’innumerevoli mali di cui la
sua
fatale bellezza e la lascivia dei suoi costumi er
va la terza colonna delle schiere Priamee, il giorno in cui uccise di
sua
propria mano Deiporo. Grande e battuta su le tra
utta Troja, se non avessero prima indotto Filottete ad abbandonare la
sua
isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce
Caro. Eleno regnò molti anni su quella contrada, e al momento della
sua
morte istituì erede il figlio di Pirro, per nome
I. Scena II All’epoca in cui Agamennone fu trucidato da Clitennestra
sua
moglie, per istigazione dell’ usurpatore Egisto,
della vita per compiere questa impresa, e tanto che la notizia della
sua
morte si sparse rapidamente per l’ Argolide. Elet
eneralizzato è il primo, seguendo il quale Elettrione tolse in moglie
sua
nipote Anaxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfim
Apollo, che Minerva, dea della saggezza, aveva risoluto di fissare la
sua
dimora fra quel popolo che prima di ogni altro le
egli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninfa, figlia di Oleno. Avendo con
sua
sorella Ega, preso cura dell’infanzia di Giove, q
e vide in sogno il figliuolo che la confortò a non affliggersi della
sua
morte, giacchè egli era stato trasportato in ciel
l’oracolo di Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sorte delle
sue
armi. Trajano che non divideva la superstiziosa c
e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla
sua
miscredenza, egli non scrisse nessuna domanda ; m
posta egli ebbe dall’oracolo una vite fatta in pezzi. Macrobio, nelle
sue
opere, dice che l’evento si avverò in tutta la su
i. Macrobio, nelle sue opere, dice che l’evento si avverò in tutta la
sua
terribile verità, poichè Trajano fu ucciso in gue
Trajano fu ucciso in guerra, ed in Roma altro non ritornarono che le
sue
ossa, le quali secondo il suddetto scrittore, era
no, che Saturno era il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con
sua
moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli ero
agnata, l’abbandonò per modo che affogò miseramente, rendendo, con la
sua
morte, celebre quel tratto di mare, che da lei fu
alla maga Circe, cangiato in majale. Avendo riacquistata la primitiva
sua
forma, egli corse con tanta velocità, onde raggiu
. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il quale in questa
sua
città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto la
to la strana denominazione di Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle
sue
cronache, e con lui varii altri scrittori dell’an
ergere il suo braccio nella gola dell’animale, liberandolo così dalla
sua
sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in ren
oce e sanguinario egli trucidava tutti i viandanti che cadevano nelle
sue
mani. Ercole lo uccise e le contrade da lui liber
vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale con
sua
moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi adora
ele animo del re, si recò sul luogo del supplizio, e quivi vedendo la
sua
amata Antigone sospesa al nodo che essa stessa av
o speco Lei veggiam d’un capestro al collo attorto Pendere, e lui fra
sue
braccia serrarla, E plorarne la morte, e le tradi
Presso all’estinta ei per tal guisa estinto, Sceso è nell’Orco a far
sue
nozze ; all’uomo Insegnando cosi, quanto per l’uo
dal suo cratere, torrenti di lava devastatrice. Vincenzo Monti nelle
sue
magnifiche ottave della Musogonia, ove dipinge la
sposò una delle cinquanta Danaidi la quale, a somiglianza delle altre
sue
sorelle, uccise il proprio marito la prima notte
one e di Teleo. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, famoso per la
sua
bellezza, era nipote di Giove il quale, avendolo
cinque anni fu allevato dalle Driadi, ninfe alla cui custodia la dea
sua
madre lo aveva affidato. Ricondotto a Dardano nel
Chirone, il quale sviluppò in lui i buoni germi della semi-celestiale
sua
origine ; e lo addestrò in tutti quegli esercizii
ò Enea nè meno ardimentoso, nè meno prode degli altri guerrieri della
sua
parte ; e ben presto egli fu ritenuto nelle file
Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee greche, Enea uccise di
sua
mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a piega
d Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di
sua
mano Jaso e Medone. ….. e tali allor dall’asta D
estremamente utile, e potè all’ombra di questa, compiere le valorose
sue
gesta senza aver mai nulla a soffrire, poichè tut
ne uscì la notte stessa con tutti quei Trojani che vollero seguire le
sue
sorti, fuggendo per una porta segreta portando su
entaneamente in una caverna del monte Ida. In questa occas one Creusa
sua
moglie disperse le tracce del consorte Enea, il q
.. e via più bello. Ma di beltà feroce e graziosa Le giva Enea con la
sua
schiera a lato. Qual se ne va da Licia e da le ri
inalmente l’àncora sul lido Campano, ove ebbe il dolore di perdere la
sua
tida nutrice Cajeta e il suo fedel seguace Miseno
e liete accoglienze, ed avendogli in prosieguo di tempo fatta sposare
sua
figlia Lavinia lo dichiarò suo successore al tron
cessore al trono. Sola d’un sangue tal, d’un tanto regno Restava una
sua
figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di b
ale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la
sua
moglie. ed ella concepette e partori Henoc. Poi e
ì aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le
sue
due sorelle cangiata in colomba. V. Anio. 1689. E
l resistergli, si abbandonò alle voglie di lui, che per mostrar le la
sua
gratitudine le concesse una larga cognizione dell
rovare Enone sul monte Ida, ma questa per vendicarsi lo scacciò dalla
sua
presenza. Però essendone perdutamente innammorata
ch’egli aveva da più tempo rinunciato ai violenti esercizii dell’arte
sua
, allorchè la tracotanza di Darete, lo indusse a s
ca creduta dagli abitanti dell’isola di Rodi, che cioè, Elena dopo la
sua
morte fosse stata sospesa ad un albero, i Rodiani
canie, dette poi dal suo nome, Eolie di cui Lipara, la principale, fu
sua
abitual residenza. Eolo esperto nell’arte del nav
mitologia, come quella in cui Vulcano, dio del fuoco, avesse posto la
sua
fucina. Per questa ragione le isole chiamate oggi
Giunone sotto il nome di Egofora, per non averla trovata ostile alla
sua
vendetta. V. Egofora. Ed un altro a Minerva sotto
denominazione di Epei. Etolo, indifferente alla perdita, restò nella
sua
patria ; ma Peone inconsolabile della sconfitta,
e frate’o di Gea. Egli in seguito fu chiamato Urano, ossia il cielo e
sua
sorella Gea, fu detta Rea ossia la terra. Con que
ai tempi di Solone. La cronaca mitologica racconta di lui, che nella
sua
gioventù avendolo suo padre posto a custodire la
io di cinquantasette anni. Destato da un forte strepito egli cercò la
sua
mandra ma non avendola rinvenuta s’incaminò alla
te sorpreso di trovar tutto cangiato, rinvenne dopo molte ricerche la
sua
casa, ma appena picchiò all’uscio, da persone a l
ochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale Epimenide raccontò la
sua
storia. Ben presto la fama se ne sparse per tutta
orto in seguito delle ferite fattegli da Nitteo stesso, il quale alla
sua
volta mori vittima dei colpi ricevuti da Epopeo,
bbricò inoltre un tempio a Minerva per la quale egli ebbe in tutta la
sua
vita una particolare divozione. La tradizione fav
ilo, nativo dell’Etolia, il quale era guercio d’un occhio e faceva la
sua
strada montato su di un cavallo. Essi, allora, ri
eristico fondamento. L’Ercole greco non à nulla in se stesso, e nelle
sue
opere, che lo riveli di una indole di colono ; e
Beozia, Ercole è il tipo perfetto di un eroe benefico che consacra la
sua
vita al bene dell’umanità ; e in pari tempo il pi
tato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge talvolta la
sua
audacia fino a disfidare gli dei, alla volontà de
, alla volontà dei quali per altro egli si sottopone durante tutta la
sua
vita. L’odio di Giunone, suscitandogli delle inte
e allora pacificata, non si cura più dell’eroe, il quale lasciando la
sua
spoglia mortale, che va ad abitare i regni di Plu
to figlio…. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti.
Sua
madre lo dette alla luce insieme ad Ificlo di cui
zia di Ercole che questi sarebbe annoverato fra gli immortali dopo la
sua
morte. Ma la gelosa Giunone desiderando la morte
isica, straordinariamente sviluppata fino dalle fasce. Pindaro, nelle
sue
opere, ci mostra l’indovino Tiresia, il quale all
cole fu allevato nella città di Tebe, e Diodoro racconta, che Alcmena
sua
madre, spaventata dalgeloso furore di Giunone, av
Lino nelle scienze ; e finalmente Radamanto e Chirone completarono la
sua
educazione. … Il vecchio Lino figlio D’Apollo, i
re il tributo imposto a quella città. Egli dopo averli battuti con la
sua
clava, ne fece alcuni prigionieri e dopo aver lor
l suo valore, la mano di Megara figlia di Creonte. Diodoro dice nelle
sue
opere, che Ercole riuscisse vincitore in questa b
di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli, con la
sua
forza soprannaturale, aveva fatto cadere sulle ri
più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che egli eseguisse le
sue
celebri dodici fatiche, e che in premio di esse,
tificazione dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella
sua
qualità di Dio-Sole, passa per i dodici segni del
i quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio e nella
sua
forza soprannaturale, Ercole affronta la durezza
Nemea. All’altra mano un baston saldo avea Di frondoso olcastro, con
sua
scorza. Di non vulgar misura, che alle falde Del
tolta dal suo valore all’ucciso nemico. …. e alle mie membra avvolsi
Sua
pelle per riparo incontro a Marte Lacerator de’ c
to, sono i primi a rappresentarlo in tal modo. Seguendo Apollonio, la
sua
clava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; se
sse preso radici, e avesse poi fatto l’albero da cui Ercole taglïo la
sua
terribile clava. Ci faremo ora, seguendo la più g
roe l’allegorica grandezza del mito, racchiuso sotto il simbolo della
sua
forza soprannaturale. Il primo comando che Eurist
risteo gli impose di rimanere fuori le mura, essendo spaventato della
sua
forza. Dopo questa impresa, Ercole combattè contr
vo ne venne ad Ercole, poichè a contare dall’uccisione del mostro, le
sue
frecce ebbero la terribile facoltà di fare delle
Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorno, segnano una delle
sue
più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo scopo,
trò nella inaccessabile caverna del masnadiere, e lo strangolò fra le
sue
braccia V. Caco. …… Ei che nè fuga Aveva nè sche
o. …… Ei che nè fuga Aveva nè schermo al suo periglio altronde Da le
sue
fauci meraviglia a dirlo ! Vapori e nubi a vomita
he’l vaporava indarno, S’addusse, e lo ghermi, gli fece un nodo De le
sue
braccia, e si la gola e’l fianco Gli strinse, che
o ad Euritia egli s’impadronì degli armenti di Gerione, li mise nella
sua
barca e ritornato a Tartessia, offrit un olocaust
togliendogli così lo strano privilegio che a lui accordava la Terra,
sua
madre, cioè, di raddoppiargli le forze, ogni volt
li discese all’inferno, ove incatenò Cerbero V. Cerbero. Terminate le
sue
dodici colossali fatiche, Ercole ritornò a Tebe o
Ercole ritornò a Tebe ove fece sposare Megara a Iolase, ritenendo la
sua
primitiva unione con quella come disapprovata dag
il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano di
sua
figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, insieme
Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re gli ricusò la mano di
sua
figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro,
oracolo novellamente interrogato, rispose che Ercole guarirebbe dalla
sua
malattia, allorchè sarebbe venduto come uno scbia
ice che l’eroe fu venduto per comando dell’oracolo di Giove, e che la
sua
schiavitù non durò più di un anno. Comunque ciò s
non molto antiche rapportate da Apollodoro e da Apollonio. Durante la
sua
schiavitù, Ercole sconfisse ed incatenò i Cercopi
a in Tessaglia, e che il fratello di lui, Diceo, avesse fatto sposare
sua
figlia all’eroe. La giovane sposa morì poco tempo
temendo di maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed allora in
sua
vece fu eletto Giasone. Ercole fu aiutato dagli A
gli fosse giunto in Colchide per un cammino sconosciuto. Terminata la
sua
schiavitù e guarito della sua malattia, Ercole in
er un cammino sconosciuto. Terminata la sua schiavitù e guarito della
sua
malattia, Ercole intraprese una spedizione contro
hi olimpici, ed innalzò dodici altari in onore di dodici divinità. La
sua
prima impresa, dopo di ciò, fu la presa di Pilo,
rto che Amintore fosse ucciso da Ercole per avergli negato la mano di
sua
figlia Astidamia. Seguendo le cronache di Apollod
: e delle cento D’ogni sorta colà vittime addotte. Primizia eletta di
sue
prede immola Dodici egregi tauri. E pria tranquil
netro pruriginoso ardore. Ond’ei, poi che dell’idra il fatal tosco Le
sue
carni pascea. lo sventurato Lica, non rea del fal
arsi di dosso il fatale tessuto, il quale si era come incollato sulle
sue
carni, per modo che ad ogni sforzo che Ercole fac
obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’era rivolto nelle
sue
più crudeli sofferenze. Non vi fu alcuno che aves
replicati scrosci di fulmine, per comando dl Giove stesso. E come la
sua
invitta e nobite alma Scarca sarà dal suo mortal
do la quale Ercole sottomesso alla legge della mortalità, prima della
sua
apoteosi, sarebbe stato richiamato in vita odoran
e fanno continua allusione, ai principali fatti da lui compiuti nella
sua
eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, all
ai principali fatti da lui compiuti nella sua eroica carriera, o alla
sua
forza prodigiosa, alla sua voracità, alla sua nas
compiuti nella sua eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, alla
sua
voracità, alla sua nascita quasi divina, o a qual
eroica carriera, o alla sua forza prodigiosa, alla sua voracità, alla
sua
nascita quasi divina, o a qualcheduna delle singo
figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’oggetto delle
sue
più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi dato
egualmente nell’infanzia del figlio d’Alemena, e nello sviluppo della
sua
maschile maturità. Le statue che si trovano nelle
trangola i draghi mandati dalla gelosia di Giunone a farlo morire. Le
sue
membra sono vigorose ; i capelli crespi e foltiss
suo collo corto e muscoloso : i suoi tratti esprimono la temerità, la
sua
fronte la conoscenza della sua forza indomabile,
suoi tratti esprimono la temerità, la sua fronte la conoscenza della
sua
forza indomabile, tutto in lui annunzia infine l’
numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle
sue
forze fisiche, nella sua comcompleta maturità mas
, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella
sua
comcompleta maturità maschile. Ordinariamente egl
tà maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’una pelle di leone. Le
sue
armi sono un arco ed una clava. La testa e gli oc
mente sotto il nome d’Ercole Farnese, ce lo presenta appoggiato sulla
sua
clava, avente nell’altra mano i famosi pomi delle
ia mano. Eretteo per ubbidire all’oracolo sagrificò la maggiore delle
sue
figliuole per nome Ottonea, e le altre tre manten
ella pugna fossero, per parte del principe, i suoi stati, e per parte
sua
gli armenti di Gerione. Nel combattimento Erice f
ice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio di Venere. Dopo la
sua
morte i Siciliani chiamarono una delle loro monta
re cantando una malinconica canzona, in cui rimproverava a Menalca la
sua
indifferenza crudele. Coll’andar del tempo, quell
ia, in cui era famoso. Venuto per altro in certezza del tradimento di
sua
moglie, Anfiarao decise di partire per la guerra,
ione ripete di lui uno strano fatto, che egli cioè avesse ricevuta da
sua
madre tre anime e tre armature, per modo che per
allorquando Cerere andava in cerca, nelle campagne della Sicilia, di
sua
figlia Proserpina, rapita da Plutone, essa veniss
del promontorio di Giunone, fra Chio ed Eritre. Narra Pausania nelle
sue
cronache, che quando i due popoli delle suddette
ttà scoprirono la statua, posero in opera tutt’i mezzi ciascuno dalla
sua
parte per tirarla alla propria spiaggia, ma non r
e di Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’eccidio di tutta la
sua
famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto re di Atene,
la tradizione mitologica fa figliuolo di Vulcano e di Minerva. La dea
sua
madre accorgendosi che Erittonio aveva la parte i
amente e volle costringerlo a vivere con lei. Ermafrodito respinse le
sue
preghiere, e allora la ninfa si gettò nell’acqua,
i sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva dalla
sua
tunica senatoria e perchè aveva nella mano destra
tra Ermione che fu figlia della famosa Elena e di Menelao. Fino dalla
sua
infanzia Ermione fu promessa in moglie ad Oreste,
sposò Oreste portandogli in dote il regno di Sparta. Il Racine, nella
sua
tragedia Andromaca, ci presenta diversamente Ermi
1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa di Venere che visse molti anni della
sua
vita a Sesto, città dell’ Ellesponto. Essa fu pas
’Asia. Essendo da imperiose ragioni obbligato Leandro a nascondere la
sua
fiamma, alla quale i suoi genitori, per antiche i
per antiche inimicizie, non avrebbero mai aderito, egli per vedere la
sua
amata traversava a nuoto un tratto di mare della
oriose. Erodoto stesso è della medesima opinione, allorchè dice nelle
sue
cronache dell’antichità che all’ Ercole greco fig
a nel seno quando andò ad interrogarla. Erofila passò una parte della
sua
vita a Claro, quindi andò a Delo poi a Samo e a D
tre ella usciva dal tempio di Minerva, la dimandò in moglie al padre.
Sua
sorella Aglaura ingelosita della sorte di Erse, v
nto della sorella, ma il dio, avendo cercato invano di piegarla colle
sue
preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con
stata oscurata dal veleno dell’invidia e della gelosia. Erse dopo la
sua
morte ebbe in Atene un tempio ove le venivano tri
quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di lei, la prescelse come
sua
sposa e n’ebbe un figlio che poi fu chiamato Aoll
be da questa seconda moglie, sarebbe stato cagione della rovina della
sua
patria e della sua reale famiglia. Esaco tolse in
a moglie, sarebbe stato cagione della rovina della sua patria e della
sua
reale famiglia. Esaco tolse in moglie la ninfa St
enticarono Acheolo ; il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le
sue
acque e trascinò nel mare le incaute ninfe. Nettu
— Dio della medicina. I cronisti ed i poeti non sono d’accordo sulla
sua
nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e di Co
contano, invece che Apollo avendo saputo per mezzo di un corvo che la
sua
amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Ela
i i più conosciuti sono Macaone, Podeliro, Alexenore, Arato, e fra le
sue
figlie Igia, Aglae, Iaso e Panacea. Avendo preso
iso dalla folgore che Giove gli lanciò temendo che il progresso della
sua
arte non giungesse a sottrarre tutti gli uomini a
a custodire gli armenti di Admeto come semplice pastore. Ovidio nelle
sue
metamorfosi racconta che Esculapio avesse sposato
cconta che Esculapio avesse sposato Lampezia figlia del Sole. Dopo la
sua
morte Esculapio fu da tutta la Grecia adorato com
i sono trovate buon numero di monete e di pietre su cui è scolpita la
sua
immagine. Oltre a questo Esculapio ve n’era un’al
me di Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio Massimo, nella
sua
storia romana, e che fu portato in Roma nell’anno
nella sua storia romana, e che fu portato in Roma nell’anno 462 della
sua
fondazione e che era adorato sotto la figura di u
e per mezzo di un simile incantesimo egli avesse saputa l’epoca della
sua
morte, ciò che per altro non gl’impedì di morire
agione di questo ; e solo aggiunge che avendo Laomedonte mancato alla
sua
parola, Nettuno mandò un mostro marino che divora
onte di ucdere il mostro. Il principe trasportato di gioja impegnò la
sua
fede ad Ercole, promettendogli in ricompensa di t
l suo amico Telamone a Troja, onde esigere dal re il compimento della
sua
parola. Ma il fedifrago principe, per tutta rispo
orni, essendosene impadronito, la mise a sacco ed a fuoco ; uccise di
sua
mano Laomedonte, e dette Esione stessa in moglie
e quante entran ricchezze In Orcomeno e nell’Egizia Tebe Per le cento
sue
porte. Omero — Iliade — Libro IX Trad. di V. Mon
in battaglia, ma persino tutt’i prigionieri. Al dire di Luciano nelle
sue
che dell’antichità, i Galli spingevano la loro ba
la conquista del Vello d’oro, trovando suo padre vecchissimo pregò la
sua
amante Medea di porre in opera alcuno dei suoi po
Fin quì la tradizione. La storia però, semplificando a contatto della
sua
imponente severità, qualunque manto di allegoria
ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, che
sua
moglie pazza di dolore, si fosse appiccata, e che
lle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e figlio di Giapeto.
Sua
figlia detta da lui Esperide, fu tolta in moglie
ipetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione di
sua
sorella Camilla, all’epoca del famoso duello dei
ione favolosa, ricorderemo il fatto di Edipo, il quale esiliato della
sua
patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene,
no dei regni celesti, finchè Giove suo figliuolo, non lo detronizza a
sua
volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — F
’essere stato Etalide araldo degli Argonauti ; e sugli obblighi della
sua
carica, che a lui imponevano di essere talora pre
ricusò di cedere il potere al fratello. Polinice allora, deluso nelle
sue
mire ambiziose, e punto al vivo dalla mala fede f
olide. Egli era di un disinteressamento a tutta prova, e aveva per la
sua
patria, e per le leggi di questa, una devozione s
a terra. Volean d’oro gli amici a lui far dono : Ei ricusava, onde in
sua
liber’alma, Dalle ricchezze soggiogata poi Servil
à. Infatti la Fenice (uccello che si rinnova sempre, rinascente dalle
sue
ceneri) era il simbolo dell’immortalità : l’elefa
onde poter sempre accompagnare suo marito e difenderlo a costo della
sua
vita. 1854. Etilia. — Una delle molte figliuole d
si trovava, ad approdare fra le isole di Menta e Scio, e persuase le
sue
compagne ad appiccare il fuoco alle navi greche,
esilao fu obbligato a stabilirsi nel paese ove avea preso terra colle
sue
prigioniere. Coll’andare del tempo Protesilao fab
Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezene conosciuto per la
sua
saggezza. Etra fu segretamente, dallo stesso suo
tata ad Egeo che la rese madre di Teseo. Piteo per alcune particolari
sue
ragioni, delle quali la cronaca non fa parola, du
iava Etra stessa la quale seguitò da quel giorno a rimanere presso la
sua
padrona, finchè dopo la presa di Troja, riconosci
: al moti Del pugnar, la celata orrendamente Si squassa intorno alle
sue
tempie, e Giove Il proteggea dall’alto, e di lui
e di lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome A ricompensa di
sua
corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad. di V
zò fin sotto le navi dei greci, appiccò a quello il fuoco e uccise di
sua
mano Patroclo, il compagno d’arme, l’amico, il fr
oiano, e armatosi corse con disperato furore alla pugna. Invano Ecuba
sua
madre, Andromaca moglie di Ettore, il vecchio re
davere di Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la
sua
egida di oro, per impedire che Achille, col trasc
elle mura stesse di quella città, che egli aveva difesa a costo della
sua
vita, fu abbruciato secondo il costume degli anti
di un’altra Eubea, figliuola del fiume Asterione : essa insieme alle
sue
sorelle Acrea e Posimna, furono fra le nutrici di
s’innammorò così perdutamente di lei, che la rapì e la condusse nella
sua
patria. Ad ovviare che simili sconci si fossero r
r liberare Oreste dalle furie che lo tormentavano dopo l’uccisione di
sua
madre Clitennestra, lo avesse consigliato a recar
il più fedele seguace d’Ulisse. Narra la tradizione che Eumeo, nella
sua
infanzia, fu rubato da alcuni Pirati della Fenici
re di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle
sue
greggi. Là si rivolse, dove Palla mostro Gli ave
to Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti anni di lontananza dalla
sua
patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel servito
ti. 1897. Euribate. — Uno degli Argonauti che si rese celebre per la
sua
agilità negli esercizii del corpo, e per l’arte c
morì in seguito di quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quella
sua
dilettissima, si ritrasse in luogo deserto, e pia
in luogo deserto, e pianse notte e giorno, al suono dolcissimo della
sua
lira, la perdita irreparabile che aveva fatta, ma
la notte, si accostò al tetro monarca delle ombre, e col suono della
sua
lira discese nei più profondi recessi del Tartaro
Le furie stesse ne fureno allettate : Cerbero cessò di latrare con le
sue
tre gole ; la ruota d’Isione sospese l’eterno suo
sistere al desiderio ardentissimo di rivedere le care sembianze della
sua
amata, e si rivolse a guardarla ; ma nell’istesso
iostro, Ritenne ’l piede, e già sott’essa luce A lei rivolto Euridice
sua
vide Scordato oimè dell’ aspra legge iniqua : Qui
iù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la
sua
statua era legata con delle catene d’oro. Il suo
olosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi era una
sua
statua, che la rappresentava seduta su di una pel
ed infatti ebbe da questo risposta ch’egli avesse dovuto seguitare la
sua
strada, e fermarsi solamente in quel luogo ove av
bbidiente alla voce dell’oracolo, Euripile s’imbarcò nuovamente, e la
sua
nave girò per più giorni in balia dei venti, ma f
, Euristeo ebbe tanta paura di lui che non osava presentarsi mai alla
sua
presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte
i che lo avesse vinto nell’esercizio della freccia. Inorgoglito della
sua
destrezza osò disfidare gli dei e allora Apollo i
alla parola Evan, che le Baccanti ripetevano nella celebrazione delle
sue
orgie. Per la istessa ragione furono dette Evanti
e Aventino. Evandro insieme all’uso dell’agricoltura introdusse nella
sue
colonia anche quello delle lettere, fino allora s
me un uomo caro agli dei. Narra la cronaca che Evandro, accolse nella
sua
casa Ercole, senza sapere che era figlio di Giove
atino, un tempio a Cerere, come dea dell’agricoltura. Virgilio, nella
sua
Eneide, ha immaginato che Evandro vivesse ancora
sse a lui legato coi vincoli della parentela, e che lo aiutasse colle
sue
soldatesche. E non fia il sol dimane Dal balcon
templi ove si celebrava la cerimonia dell’evocazione. Pausania, nelle
sue
opere, fa menzione di un tempio nella Tespozia, o
di un tempio nella Tespozia, ove andò Orfeo ad evocare l’anima della
sua
diletta Euridice. Ulisse, recandosi nel paese dei
re. La Fama s’ha quest’alto luogo eletto, E nella maggior cima ha la
sua
corte : Forato ha la mille luogbi il muro e ’l te
viaggiatori, che presiedeva anche all’anno. Riferisce Macrobio nelle
sue
cronache dell’antichità, che i Fenici rappresenta
ttà di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese celebre per la
sua
straordinaria bellezza. I poeti della favola fins
poetessa Saffo, perdutamente innammoratasene, non potè piegarlo alle
sue
voglie, permodo che, disperata si precipitò nel m
ati a fabbricare le mura di Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera
sua
, affinchè il lavoro di un uomo mortale, avesse co
piuta in tutto il suo terribile volere ; imperocchè Achille uccise di
sua
mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbattero
he avevano relazione con la religione pagana, coi suoi misteri, colle
sue
feste, col culto onde venivano onorati gli dei e
56. Faula — Fu il nome di una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle
sue
cronache dell’antichità la pone fra le divinità r
Italia il culto degli antichi dei della Grecia. Essendosi durante la
sua
vita dedicato costantemente a far fiorire l’agric
ne divina, portò con se i due neonati e li consegnò ad Acca Laurentia
sua
moglie, affinchè li avesse allevati. Quei due inf
avrebbe fatto ritorno nel porto, dopo aver lasciato un mortale nella
sua
patria. Se non che Alcinoo a ragionar tra loro P
ione più generale però è che Apollo si chiamasse Febo da Febea o Febe
sua
avola e madre di Latona. — Vedi l’articolo preced
o questo uccello il simbolo della fedeltà, per la fede che porta alla
sua
compagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa
uale egli fece allevare nella città di Trezene. Qualche tempo dopo le
sue
nuove nozze con Fedra, Teseo costretto a recarsi
lsi alla lingua : essa degli altri Ben sa gli errori castigar : ma in
sua
Propria causa assai danni si procaccia, Poi mi pr
ito — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Senonchè avendo confidato alla
sua
nutrice Oenone, il suo colpevole amore, questa ch
utrice Oenone, il suo colpevole amore, questa che amava ciecamente la
sua
padrona prese impegno con lei di adoperarsi a sod
te la sua padrona prese impegno con lei di adoperarsi a soddisfare le
sue
brame colpevoli, e a tale effetto, palesò con acc
ad un infame rimedio onde salvare in faccia al mondo ed al marito, la
sua
riputazione. Narra la cronaca che ella, disperata
ui foglie erano tutte bucate ; ma che quell’ albero non fosse così di
sua
natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua funes
albero non fosse così di sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la
sua
funesta passione la distruggeva, passava molte or
oloso del colore della porpora, che gli antichi credevano unico della
sua
specie, e dotato della prodigiosa qualità di rina
te. Fenice fu anche il nome di un flume nella Tessaglia, che univa le
sue
acque a quelle del fiume Asopo. Fenice si chiamav
Narra la cronaca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento di
sua
madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi
di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una
sua
concubina per nome Lizia, si facesse amare da que
do di cedere alla funesta tentazione, si esilio volontariamente dalla
sua
patria e si condusse nella città di Ftia, della q
la Bitinia, ove fondò una colonia, e diffuse il culto degli dei della
sua
nazione. Alcune cronache dell’antichità, pretendo
nia, Fennide era dotata della qualità di predire l’avvenire e dopo la
sua
morte, riferisce il cennato scrittore, che fu fat
in sè per più giorni senza esserne divorata. Riferisce Diodoro, nelle
sue
cronache della favola, che Bacco, che fu uno dei
ola ne fanno tutte menzione, come di colui che si rese celebre per la
sua
famosa caduta, la cui origine si attribuisce al f
le. Fetonte punto al vivo dalle oltraggiose parole, se ne lamentò con
sua
madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal la
valore, E disse, un giorno voler esser duce Del suo bel carro e della
sua
gran luce Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
sso i bianchi destrieri del Sole. Ma ben presto ebbe a pentirsi della
sua
audacia, imperocchè i cavalli riconoscendo di non
to spinto, Sembra quando dal ciel cade una stella. …………… Lontan dalla
sua
patria il Po l’accoglie. E lava lui con l’infiamm
prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò cadere dal dorso della
sua
cavalla, al principio della corsa. Però l’animale
tto d’innalzare un monumento sul quale egli era scolpito insieme alla
sua
cavalla. 2001. Figliuoli degli del. — Presso i pa
mmone. — Figlio di Apollo e della ninfa Chiona. Resosi celebre per la
sua
bellissima voce e per la perfezione colla quale s
ò passionatamente ; e che per sottrarsi alle gelose investigazioni di
sua
moglie Rea, prendeva la figura di un cavallo, tut
d. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più mostrarsi nella
sua
patria, dopo lo scandalo avvenuto, si rifuggi nel
così crudelmente che supplicò notte e giorno gli dei, di toglierle la
sua
umana natura ; per lo che mossi a compassione i n
na di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di
sua
mano uccisa nel modo più crudele, se egli avesse
sensibile alla prova d’affetto che le dava il suo amante. Igino nelle
sue
cronache delle antichità, non tiene parola di tal
e dicemmo, Pandione acconsenti con molta repugnanza a staccarsi dalla
sua
figliuola carissima, quasi il suo animo paterno f
a che minacciava la cara giovanetta. Pure, amorosissimo com’era delle
sue
figliuole, il buon re finì per accondiscendere, e
o dolore, e tanto che passò lunghi giorni a piangere, rinchiusa nelle
sue
stanze. Poscia a poco a poco, calmato alquanto il
tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato di Tereo, e la triste
sua
situazione, e si adoperò in modo che quella tela,
pensarono a compierla in modo spaventevole ; infatti Progne uccise di
sua
mano il fanciullo Iti, e dopo avergli tagliato la
a del figlio suo. All’orribile vista, Tereo forsennato si gittò sulle
sue
armi, onde uccidere le due donne, ma queste si de
el canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle
sue
più belle Metamorfosi. E mentre che per l’aria a
n cader sul piano, Come alle Greche insidiose avvenne, Vede le membra
sue
vestir di penne. Lascia il ferro crudel l’irato a
enza favella : La lingua oggi ha sputata, e corrisponde In parte alla
sua
sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di
ammorata di un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piegarlo alle
sue
voglie, si appiccasse per disperazione. Filonome
iolentemente di lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò alle
sue
voglie e la rese madre di due gemelli. Al dire di
nso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le
sue
famose frecce, facendogli prima promettere con gi
che non avrebbe mai palesato ad anima viva il luogo ove riposavano le
sue
ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte di Ercole,
mnos, volendo far vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle
sue
frecce contro gli animali, nell’ adattare una di
e privo d’ogni umano conforto su quelle rocce ove i suoi lamenti e le
sue
grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli
volta dell’ isola di Lemnos, onde farsi cedere da Filottete le famose
sue
frecce ; e ciò fece l’astuto greco onde riaccende
trionfò d’ogni ostacolo, riconducendo al campo greco Filottete colle
sue
fatate armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve i
greci padroni di essa Filottete del tutto risanato da Esculapio della
sua
ferita al piede, pensò dapprima di ritornare in G
e che Filottete fosse stato uno degli Argonauti ; e a proposito della
sua
famosa ferita ripete che questa non fu cagionata
lei. Fineo perdutamente innammorato della perversa donna, credè alle
sue
parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuo
tati gli Argonauti accolti cortesemente da Fineo, in ricompensa delle
sue
larghezze, lo liberarono dalle arpie dando loro l
opo la morte. La tradizione ce lo presenta come quello che accolse in
sua
casa Cerere, allorquando questa dea andava in cer
accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cerca di
sua
figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fitalo
cerca di sua figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fitalo della
sua
buona accoglienza, gli fece presente di un albero
ituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ognuno di essi prendeva la
sua
denominazione individuale dalla divinità a cui er
Zeffiro più leggiero di lei la raggiunse ben presto, la rapì, la fece
sua
sposa e le dette l’impero dei fiori ed una perpet
eno mercato dei propri vezzi. Venuta a morte lasciò erede di tutte le
sue
sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompen
ue sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompensa la mise fra le
sue
numerose divinità. Fu questa la ragione che fece
della Nereide Pfammate. Narra la cronaca, che Eaco aveva avuto da una
sua
prima moglie due altri figliuoli chiamati Peleo e
Telamone e Peleo al giuoco della piastrella, Telamone nel lanciare la
sua
, ferì così gravemente al capo il piccolo Foco che
iamente ai ganci di esse : questo nome gli veniva probabilmente dalle
sue
attribuzioni, perchè la parola gancio in latino s
a d’occhi perdette la vista. La tradizione ripete che egli dovette la
sua
guarigione ad Ercole Eritreo. 2048. Fornacali. —
, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quello delle
sue
sorelle. Or dunque alla tremenda Lachesi tosto i
tatta da un incendio, che distrusse quel monumento pochi anni dopo la
sua
costruzione. Coll’ andare del tempo il culto dell
chità, i quali facciano menzione di questa dea ; e solo Esiodo, nelle
sue
cronache della favola, la mette nel numero dei fi
a, la mette nel numero dei figliuoli della Notte. Il Boccaccio, nella
sua
Genealogia degli dei, la mette nel numero delle d
zione mitologica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra di Lerna, bagnò le
sue
freccie nel sangue avvelenato del mostro, per mod
preparare una nave e tolto parte dei tesori paterni, in compagnia di
sua
sorella Elle, veleggiò alla volta della Colchide
eniva innalzato un altare dedicato generalmente a Giove. Plinio nella
sua
storia naturale, dice, che era per fino proibito
terrato da un colpo di fulmine lanciatogli da Giove per punirlo delle
sue
atroci bestemmie, fosse stato posto sul rogo, dov
punirlo delle sue atroci bestemmie, fosse stato posto sul rogo, dove
sua
moglie Evadne si lanciò, onde le sue ceneri fosse
fosse stato posto sul rogo, dove sua moglie Evadne si lanciò, onde le
sue
ceneri fossero unite a quelle del suo diletto. Q
ove il popolo correva devotamente in alcune ore del giorno, a fare le
sue
preghiere innanzi ad un gran fuoco che ardeva con
sacrifizio, nè alcuna religiosa cerimonia, ove il fuoco non avesse la
sua
gran parte, venendo per fino onorato con ogni spe
fuoco sacro dal cielo, e lo dette in dono agli uomini. Diodoro, nelle
sue
cronache dell’antich tà, dice che fu un re d’Egit
ise Infra ’mortali indur morti e ruine. Scuoti il fecondo petto, e le
sue
forze. Tutt’ a quest’ opra accampa. Inferma, annu
imo, fra i poeti dell’antichità, che fece comparire sul teatro, nella
sua
tragedia intitolata le Eumenidi, queste divinità
oso. I pagani credevano che in tempo di guerra il Furore spezzasse le
sue
catene per volare sui campi di battaglia, ove si
di Alcmena. La tradizione ricorda a proposito di lei, che essendo la
sua
padrona tormentata dai dolori del parlo, Galantid
i del parlo, Galantide fosse uscita per breve tempo dal palazzo della
sua
signora e che nel rientrare premurosamente in que
se il parto, per farla partire di là, dopo essere rientrata presso la
sua
padrona, ritornò premurosamente vicino alla vecch
la vecchia, dicendole, con i controsegni della più viva gioia, che la
sua
padrona si era sgravata. All’ annunzio inatteso G
credea nascosta. In grembo ad Aci mio, tra’ fiori e l’ erba : Ben la
sua
voce allor cruda ed altera Passò, per quel che ud
trad. di dell’ Anguillara Polifemo si dette a cantare le lodi della
sua
amata, facendo risuonare tutta la spiaggia dei su
pazza di dolore, si precipitò in mare, dove fu raccolta dalle Nereidi
sue
sorelle. Lo persegue il Ciclope, ed abbrancata U
γαλα che significa di latte, e si dava a questa Nereide a causa della
sua
bianchezza. 2076. Galena. — Un’ altra delle cinq
amico e confidente del Dio Marte, il quale lo poneva a guardia della
sua
tenda, tutte le volte che la dea Venere, perdutam
ui, abbandonava furtivamente il cielo, per inebbriarsi d’ amore nelle
sue
braccia. Narra la cronaca favolosa, che un giorno
animede. — Figliuolo di Tros, re di Troja, che si rese celebre per la
sua
incomparabile e femminea bellezza. Narra la crona
a delle divinità del loro culto, adorandola assai di sovente sotto la
sua
forma naturale ; e talvolta anche sotto la figura
Gelanore accolse generosamente l’ospite fuggitivo ; ma ben presto la
sua
cortesia gli riuscì fatale ; imperocchè Danao, pr
gàna, emerge giustissima l’osservazione che Plinio ci fa tenere nelle
sue
opere dell’antichità ; cioè, che al tempo del pag
ne ha fatto un mostruoso gigante, il quale custodiva da se stesso le
sue
numerose mandre, a cui facea guardia insieme ad u
cane a due teste e ad un mostruoso dragone che, vomitava flamme dalle
sue
sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e po
a ed il fuoco ossia Apollo, Diana e Vulcano. Tacito però nomina nelle
sue
storie molti altri numi adorati dai Germani, e fr
cco e fanno quest’ultimo figliuolo della dea Cerere ; aggiungendo che
sua
madre lo avesse preso in sua compagnia, allorquan
iuolo della dea Cerere ; aggiungendo che sua madre lo avesse preso in
sua
compagnia, allorquando andò per le campagne della
nella capanna della vecchia Bauci V. Bauci e Filemone, Giacco, colle
sue
facezie, divertì per poco la madre sua e le dette
auci e Filemone, Giacco, colle sue facezie, divertì per poco la madre
sua
e le dette a bere certo liquore chiamato Cyceon,
iquore chiamato Cyceon, che valse a farle per brev’ora dimenticare la
sua
angoscia materna. Perciò nei misteri Eleusini, ce
così passionatamente amato da Apollo, che questi abbandonò sovente la
sua
celeste dimora per seguirlo da per ogni dove, e s
la sua celeste dimora per seguirlo da per ogni dove, e star sempre in
sua
compagnia. Un giorno stabilirono di giuocare insi
si ricopri all’istante di un pallore mortale. Apollo raccolse fra le
sue
braccia il giovanetto morente ; osservò la ferita
to esalò l’estremo sospiro, curvando a somiglianza d’un bel fiore, la
sua
pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di c
ma, si chiamava così quello dedicato a Giano, perchè egli vi aveva la
sua
abituale dimora. Al dire di Ovidio, coll’andare d
a, che Creusa, figlia di Eretteo re di Atene, avesse innamorato della
sua
stupenda bellezza il dio Apollo, il quale la sorp
i riti della loro religione, e a fabbricare i templi. Plutarco, nelle
sue
Quistioni Romane, asserisce esser due le ragioni
mura di Roma. 2126. Giante. — Figliuola di Teleste e rinomata per la
sua
bellezza. Un’antica tradizione ripele, che ella f
o al dio protettore di Roma, di venire novellamenle in soccorso della
sua
città, tutte le volte che ne avesse avuto bisogno
il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le
sue
freccie ; la sua lira, e perfino l’arte di predir
erse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le sue freccie ; la
sua
lira, e perfino l’arte di predir l’avvenire. Ma G
Era da l’amor suo, la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti
sue
Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei
a e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a
sua
scella gli offerse. Ei che del vecchio infermo e
— Figliuolo di Epione e di Esculapio. Presiedeva alle malattie, come
sua
sorella Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. —
Pelia, zio di Giasone ed usurpatore del trono, che sarebbe stato alla
sua
volta spogliato, da un principe degli Eolidi, del
ore, fece sparger voce che il bambino fosse morto, pochi mesi dopo la
sua
nascita ; e ad avvalorare la pietosa menzogna fec
stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti anni, e sospinto dalla
sua
indole avventurosa ed ardita, e mal sofferendo di
tri Anavo, ma non potette guatarlo, a causa dello straripamento delle
sue
onde ; ond’egli rimase in forze su quanto gli res
sone nella città di Jolco, attrasse dapprima tutti gli sguardi per la
sua
strana vestitura ; e la sua nobile e bella person
ttrasse dapprima tutti gli sguardi per la sua strana vestitura ; e la
sua
nobile e bella persona, la fierezza che traspariv
edizione della Colchide, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di
sua
spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena re
i sollecitudine, spargere per tutta la Grecia la nuova della prossima
sua
spedizione, ed ebbe la gioia di vedere che il fio
io, e ordinò un solenne sacrifizio a Giove, come stipite divino della
sua
stirpe, e a tutte quelle divinità di cui voleva g
e divinità di cui voleva guadagnarsi il favore come proteitrici della
sua
intrapresa. Voce di tuono dall’eterno empiro Fau
si distrussero gli uni cogli altri. Compiuta questa prima parte della
sua
colossale impresa, Giasone si reco là dove era ri
ad abbandonar la Tessaglia e a ritrarsi a Corinto, in compagnia della
sua
inseparabile Medea, avvinta ora indissolubilmente
ani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse una delle
sue
fucine. Giera era anche il nome di una delle Nere
dagli dei, li avesse vomitati dal suo seno, per farli ministri della
sua
collera. E come sotto alle lor moli istesse Giac
Efialte. — V. Aloidi ed Efialte. Questo superho voll’esser sperto Di
sua
potenza contra ’l sommo Giove. Disse ’l mio Duca,
to misurare il corpo, lo trovò di sessanta cubiti. Il Boccaccio nella
sua
Genealogia degli dei, scrive che in una caverna d
a uno strano avvenimento. Al tempo in cui Gige viveva, esercitando la
sua
modesta professione, la terra si sprofondo in div
no, dopo di che fece ritorno presso i compagni. Appena ritornato alla
sua
abituale dimora, egli s’accorse che quante volte
olo rispose che un certo Aglao era assai più fortunato. Plinio, nella
sua
storia Naturale, dice che questo Aglao era un mod
o il suo campicello, dal quale ritraeva tutto quanto abbisognava alla
sua
famiglia, e che, libero da ogni altra cura, vivev
in cui era avvolto il suo incesto, si appiccò per disperazione. e la
sua
madre e moglie (Moglie e madre ad un tempo) uscì
urie lasciavano l’inferno e passeggiavano sulla terra. Virgilio nelle
sue
Georgiche, si attiene alle istesse idee, dicendo
figurato sotto le sembianze di un uomo, nella completa pienezza delle
sue
fisiche qualità ; con folta barba scendente a met
eduto su di un trono, circondato di raggi in tutto lo splendore della
sua
divina maestà, e avente nella mano destra i fulmi
o, avea nome una delle prime Vestali, la quale si rese celebre per la
sua
grande virtù, che le valse, dopo la morte, gli on
patria. Al dire di Omero, Giunone fu allevata dall’Oceano e da Teti,
sua
moglie. Dell’alma terra Ai fini estremi a visitar
XIV. trad. di V. MONTI. Altri scrittori pretendono che la cura della
sua
educazione venisse affidata alle Ore ; e finalmen
d Acrea. La tradizione mitologica racconta che Giove, innamoratosi di
sua
sorella Giunone, l’avesse ingannata trasformandos
ssumendo moltiplici e differenti aspetti, per darsi buon tempo con le
sue
innumerevoli amanti, ma spingeva la sua brutalità
, per darsi buon tempo con le sue innumerevoli amanti, ma spingeva la
sua
brutalità fino a batterla e, secondo asserisce la
e aveano la sventura di aver fatto cosa che menomamente offendesse la
sua
maestà. Essa non veniva onorata in Europa soltant
olitica aveva, nella celebrazione di questi pubblici divertimenti, la
sua
gran parte ; imperocchè la gioventù acquistava pe
vendetta contro gli uomini, tutte le volte che questi offendevano le
sue
leggi. Al dire di Arato, la giustizia abitò sulla
e con gli uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e insegnando loro le
sue
leggi. Durante l’età d’argento, ella non si fece
he loro avevano appartenuto. Però a misura che la civiltà spandeva la
sua
luce rigeneratrice presso i popoli antichi, codes
bocca il sangue di un dragone. Lo scrittore Palesat, spiegando nelle
sue
cronache sull’antichità, codesta tradizione favol
edone in Beozia, avesse preso un giorno gran quantità di pesci con le
sue
reti ; e che avendoli posti sull’erba della spiag
à fean nel mare. E mentre io bado, e maraviglio a un tempo, Nell’onde
sua
sbrisciò la turba tutta, Il padron nuovo abbandon
co. Secondo il cennato poeta, Glauco non volle accondiscendere che le
sue
cavalle fossero fecondate dagli stalloni all’uopo
ammo più sopra. Egli si rese celebre nei fasti del paganesimo, per la
sua
destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse
rese celebre nei fasti del paganesimo, per la sua destrezza e per la
sua
forza ; cosa che gli valse più volte gli onori de
vere fra i combattenti la lotta. Però a principio Glauco con tutta la
sua
forza, stava per essere vinto, allorchè suo padre
chi Pitii. In memoria di ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste,
sua
patria, nella contrada Eubea ; e dopo la sua mort
a una statua in Cariste, sua patria, nella contrada Eubea ; e dopo la
sua
morte i suoi concittadini gl’innalzarono un monum
si vedeva spesso un globo nella mano del principe, come simbolo della
sua
potenza. 2187. Goezia — Dalla parola greca οντεια
io le cronache mitologiche narrano uno strano avvenimento. Durante la
sua
gioventù, egli era stato niente altro che un pove
dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con
sua
madre, seduti su di un carro. Allora riconoscendo
llissima Castianira, la quale, al dire di Omero, rassomigliava per la
sua
bellezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio di
ove restò fino alla distruzione di Cartagine. Il cronista Palesato, a
sua
volta, ripete che le Gorgoni regnarono su tre iso
a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando di restituirlo alle
sue
regine, se queste in cambio non gli avessero cedu
o avvenimento. È scritto che un giorno ci trovasse due serpenti nella
sua
casa e che sorpreso d’avere gl’inaspettati ospiti
sciava andare la femmina. Gracco allora, amando teneramente la moglie
sua
, ed essendo già iu età molto avanzata, pensò che
, in una festa celebrata in onore di questo eroe, per solenuizzare la
sua
vittoria contro il Minotauro V. Teseo, Minotauro.
r di fame, affetto da una inguaribile nostalgia. Il cronista Eliano a
sua
volta ripete, che quest’animale, quando mette la
la bellissima giovanetta. Icario pero che amava teneramente la figlia
sua
, fece di tutto per persuadere il genero a restar
ere così addolorato il padre di lei, la faceva arbitra assoluta della
sua
volontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itac
lle persecuzioni di Minos, re di Creta, che li teneva rinchiusi nella
sua
isola. Riferisce Diodoro, nelle sue cronache sull
ta, che li teneva rinchiusi nella sua isola. Riferisce Diodoro, nelle
sue
cronache sull’antichità, che i due fuggitivi, giu
alazione dei miasmi non avesse prodotto l’istesso effetto ; che nella
sua
posizione sarebbe tornato funesto allo strano vol
Atene, ove dimorava all’epoca in cui, secondo la favola, ospitò nella
sua
casa il dio Bacco, il quale in ricompensa gl’inse
ento in cui il coccodrillo dorme con la bocca aperta, si lancia nelle
sue
viscere e, senza mangiarle, gliele rode in modo d
a cronaca tradizionale, i suoi natali su questa montagna, ove Venere,
sua
madre, lo dette alla luce. …:…. il valoroso Figl
tradizione è peraltro oppugnata da Diodoro, il quale asserisce nelle
sue
cronache, che fu la madre degli dei, quella che i
io ch’egli stesso avea letto nel roprio destino, si compì in tutta la
sua
terribile verità. Un giorno, mentre gli Argonauti
glie trojane, fece ritorno in Creta, ma nella traversata, assalita la
sua
nave da una furiosa tempesta, era prossima a far
è seguitata anche da varii autori moderni, fra cui il Fénélon, nelle
sue
avventure di Telemaco. Vi sono per altro alcuni a
è per altro l’opinione del cronista Diodoro, il quale asserisce nelle
sue
cronache che Idomeneo, caduta Troja, ritornò feli
se l’Idra. La generalità degli autori ripete, che Ercole bagnasse le
sue
famose frecce, nel sangue della Idra, col fine di
e era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza delle
sue
forme, e che divise una notte il letto di Patrocl
olare avvenimento. Narra la cronaca, che Ifianassa in compagnia delle
sue
sorelle, Ifinoe e Lisippa, fossero un giorno entr
no di predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo di guarire le
sue
figliuole, alle condizioni da lui imposte. Il re
otuto aver figli, dopo varii anni di matrimonio con la bella Astioca,
sua
consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo st
ole. La tradizione mitologica alla quale si attiene Apollodoro, nelle
sue
cronache pagane, dice che questi due fanciulli na
erchè Giove, secondo riferisce Plauto, avesse voluto risparmiare alla
sua
amante Alcmena gli atroci dolori di un doppio sgr
a la tradizione mitologica alla quale si attiene Ovidio stesso, nelle
sue
Metamorfosi, ripete che ella era nata femmina e c
iamata Feletusa. Vedendola prossima al parto le impose di uccidere la
sua
creatura se fosse stata femmina, non avendo i mez
salvare l’onore della sorella, fece passare la piccola Ifigenia come
sua
propria figliuola. e come tale la fece allevare i
casione di liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare una propria
sua
figlia. In varie cronache dell’antichità si trova
liuola di Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Racine, nella
sua
Iphigénie, che è una delle più belle tragedie del
to il fatale mistero, ond ella fece ricorso ad Achille, implorando la
sua
protezione a favore della supposta sua sposa. In
orso ad Achille, implorando la sua protezione a favore della supposta
sua
sposa. In quanto ad Ifigenia, il poeta greco ce l
e Diana stessa ha sostituito alla giovane principessa in premio della
sua
eroica sommissione ; e Agamennone persuade alla r
l raggiro, non avesse rimandata Ifigenia in Tauride, ordinando che in
sua
vece si fosse sacrificato, sull’altare della crue
lata Ifigenia in Aulide. Tolta la principessa dalla altare, su cui in
sua
vece fu svenata la cerva, ella fu inviata in Taur
Scizia ove fu fatta sacerdotessa del tempio, e dove per doveri della
sua
carica l’era imposto d’iniziare le vittime umane,
rito una figliuola per nome Pancratide, la quale stando un giorno con
sua
madre a celebrare i misteri di Bacco, sulla riva
aveva nella città di Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una
sua
statua, ricoperta interamente da un velo, e innan
zato, soprattutto fra i ricchi pagani, di dedicare alla dea Igiea una
sua
statua, tutte le volte che risanavano da una mala
dre la concesse in moglie a Polinnestore, re di Tracia, famoso per le
sue
crudeltà. Durante il decennio assedio di Troja, P
ia della dea Giunone. I pagani credevano che Ilizia, a somiglianza di
sua
madre, presiedesse al doloroso mistero dello sgra
a bella Dejanira. Durante il tempo che Ercole trascorse a compiere le
sue
12 famose imprese, V. Ercole, egli aveva affidato
e, che riconoscendo il figliuolo lo incaricò di portare alla madre le
sue
imprecazioni. Ilio informato del funesto errore,
ò la madre presso di Ercole, il quale sentendo approssimarsi l’ultima
sua
ora, ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta,
sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le proprie
sue
mani, imponendogli sotto pena della sua maledizio
di accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli sotto pena della
sua
maledizione di sposare Iole. Morto Ercole, Ilio s
teniesi, impegnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise di
sua
mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l
ente d’una giovanetta ateniese e non potendo nemmeno sperare di farla
sua
un giorno per esser ella di nobile e ricca famigl
ce di poterla almeno vedere e di sentire qualche volta il suono della
sua
voce adorata. Avvenne intanto, che nella città di
cepì il pensiero di vestirsi da donna onde poter rimanere vicino alla
sua
amata durante il tempo delle feste. Infatti egli
ad esecuzione il suo disegno e con l’ajuto del travestimento e della
sua
fisonomia dolce ed imberbe fu ricevuto fra le dam
riposo. Imeneo allora profittando del sonno dei rapitori propose alle
sue
compagne di aventura di uccidere i corsari ; e po
raggiose fra le rapite, uccise quelli che dormivano e si dette con le
sue
poche seguaci a correre precipitosamente verso la
a ribocco di superstiziose credenze : tanto più poi perchè l’uomo per
sua
natura preoccupato sempre ed inquieto dell’avveni
a Cerbero. Secondo ripete la cronaca, a cui si attiene Strabone nelle
sue
opere, la strada che conduceva all’Inferno, era b
l’Inferno scorrevano cinque fiumi. Vedi Fiumi Dell’Inferno. Plutone e
sua
moglie Proserpina, avevano lo impero assoluto del
grande, ove si dice Che s’annidano i Sogni, e ch’ogni fronda V’ ha la
sua
vana immago e il suo fantasma. Molte, oltre a ciò
nza dei crudeli raggiri della moglie, trasportato dall’ira, uccise di
sua
mano il proprio figliuolo Learco e si dette ad in
ve e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo sdegno della
sua
terribile vendetta. A tale uopo, comandò alle fur
on esso nel mare. Ma la ninfa Panopea, seguita da altre cento najadi,
sue
sorelle, ricevè la madre ed il fanciullo fra le s
tre cento najadi, sue sorelle, ricevè la madre ed il fanciullo fra le
sue
braccia e li condusse entrambi in Italia traversa
leggevano in quelle, i presagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle
sue
opere, che era questa una delle più forti mattezz
gelosi sospetti e disgombrò la nuvola. Giove allora per sottrarre la
sua
amata al furore della moglie, cangiò lo in una gi
etta, conservò anche sotto la novella sembianza tutto l’incanto delle
sue
forme, per modo che Giunone stesso non potè fare
ia ad Argo, che secondo la favola avea cent’occhi. V. Argo. Avuta in
sua
balia la concubina. La dea non tosto, pose ogni s
inga per città e per borgate. Incalzata così dalla vindice mano della
sua
divina persecutrice, Io giunse finalmente sulle r
allora commossa dalle preghiere del marito, ridonò ad Io la primitiva
sua
forma umana. Dopo qualche tempo lo dette alla luc
l’Asia, e si arrestò finalmente sulle sponde del Nilo. Eschilo, nella
sua
tragedia intitolata Prometeo legato, fa che lo gi
egli era incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io la durata delle
sue
pene e le mostri gli altri travagli che la gelosa
osa Giunone le riserbava, e le dice finalmente che avrebbe fissato la
sua
dimora in Egitto, ove avrebbe avuto da Giove un f
i furore colpisce la sventurata Io, la quale lasciando Prometeo sulla
sua
rupe, riprende la sfrenata sua corsa traverso la
Io, la quale lasciando Prometeo sulla sua rupe, riprende la sfrenata
sua
corsa traverso la terra. Fin qui la parte mitolog
ace, per nome Argo, il quale Api avesse fatto uccidere per riavere la
sua
amante. Questa però temendo la vendetta della reg
ntichità, non si può dar certo nome di credulo, ripete sovente, nelle
sue
opere, che le frequenti apparizioni degli dei, pr
ni diciannove anni ; e che egli stesso nella notte anniversaria della
sua
nascita, ballasse, al suono della sua lira, come
nella notte anniversaria della sua nascita, ballasse, al suono della
sua
lira, come a rallegrarsi degli onori che gli si r
tudio dell’astronomia ; e che avendo conosciuto con l’assiduità delle
sue
osservazioni, il corso del sole, e il movimento d
nza diretta del movimento dei corpi celesti. Avendo comunicate queste
sue
cognizioni agli uomini, fu dagli antichi ritenuto
tesso Diodoro aggiunge, che Iperione avesse tolta in moglie la stessa
sua
sorella chiamata Basilea, che lo rese padre di du
elle nozze, come fecero, secondo il crudele comando paterno, le altre
sue
quarantanove sorelle. V. Danao e Danaidi. Ipernes
sistenza positiva degli Ippocentauri : e Plinio stesso racconta nelle
sue
opere, d’aver veduto ai tempi dell’ Imperator Cla
ra il suo amore. Essendo egli possessore dei più veloci cavalli della
sua
contrada, promulgò un bando nel quale esponeva, c
e, che crebbe al punto che la misera regina ebbra d’amore, fece dalla
sua
nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane,
paventato e respinse le inique proposizioni con tutta l’energia della
sua
tempra, e in modo da toglierle ogni speranza. ….
a di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni
sua
richiesta a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippo
Ippolito — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Diodoro poi narra, nelle
sue
cronache, che dubitando Teseo della verità dell’
tto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle
sue
virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede gl
la dea Fedra, si recava quasi ogni giorno in quel tempio, che per la
sua
elevata posizione, dominava la pianura ove Ippoli
ra, col nome d’Ippolizione, in memoria dell’ amato giovane, cangiò la
sua
prima denominazione con quella di tempio di Vener
i alcuni giuochi, e l’uso dei papiri. Aggiunge la cronaca che dopo la
sua
morte, i suoi figliuoli dedicarono alla memoria d
a divinità tutelare. 2325. Iride. — È questo il nome che Esiodo nelle
sue
cronache dell’antichità, dà ad una delle tre Arpi
na divelto anco il fatale Suo dorato capello, nè dannata Era ancor la
sua
testa a l’ Orco inferno. Virgilio — Eneide — Lib
gico fa che Giunone, dea dell’aria, abbia Iride come messaggera della
sua
volontà. 2326. Irieo. — Nome del padre di Orione.
che gli avessero conceduto un figliuolo, ed infatti dopo poco tempo,
sua
moglie dette alla luce un bambino, che fu poi il
. 2329. Iro. — Nativo dell’ isola d’Itaca, che si rese celebre per le
sue
mariolerie, per essere uno degli amanti di Penelo
r le sue mariolerie, per essere uno degli amanti di Penelope e per la
sua
grande povertà, da cui i suoi concittadini trasse
alla porta di un palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la
sua
fame, che non era mai satolla. Egli era di una gr
ttà avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte copiato all’ incisione nella
sua
naturale grandezza. È opinione di molti accredita
troci dolori, che gli cagionavano le ferite fattegli da Apollo con le
sue
frecce, si precipitò in quel fiume, che dopo ques
emonî abitatori di quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nelle
sue
cronache di relazione del viaggio, aggiunge che u
neo, quanto alla moglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della
sua
futura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione
annome di Giove, il quale meno suscettibile degli altri, accolse alla
sua
mensa Issione e consentì perfino a fargli le ceri
ernamente ; al dire di Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla
sua
ruota, e fu quando Proserpina fu da Plutone fatta
eva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era di svenare sulle
sue
are, gran numero di piccoli maiali. 2348. Istmiei
de gettato sulle spiagge dell’ istmo. Plutarco invece asserisce nelle
sue
opere, che i giuochi istmici fossero istituiti da
Teseo, in onore di Nettuno, il quale come dio del mare aveva sotto la
sua
particolare protezione l’istmo di Corinto. Aggiun
rittore, che Teseo volle in ciò seguire l’esempio di Ercole, che alla
sua
volta era stato istitutore dei giuochi Olimpici.
ù astuto dei greci. Omero l’ha resa per questa ragione, celebre nella
sua
immortale Odissea. Itaca al polo si rivolge, e m
iò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jante era già famosa per la
sua
bellezza, quando si maritò con Ifide, sebbene non
ao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le
sue
fatiche. Egli si rese celebre per la sua grande p
cole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la
sua
grande perizia nel condurre il carro a quattro ca
quella contrada, avesse preso i discendenti del morto eroe, sotto la
sua
protezione. E quando Euristeo mosse, a capo d’un
rcole. Però non potendo reggere al peso delle armi, troppo grave alle
sue
membra affralite dagl’anni, Jolao fu costretto a
l’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì di valore, e uccise di
sua
mano il superbo Euristeo. Occasion pur vale D’ o
mpa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Creusa.
Sua
madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di At
lla quale si è servito il famoso poeta Euripide, come soggetto di una
sua
tragedia, intitolata Jon. Creusa, sedotta da Apol
vigile affetto. Così Jone crebbe per varî anni sotto gli occhi della
sua
affettuosa liberatrice, e all’ombra degli altari,
gli abitanti di Delfo e la loro fiducia ; per modo che, ad onta della
sua
età giovanissima, lo fecero depositario dei ricch
. Ma la suprema gioia, che Jone sentiva nell’ aver ritrovata la madre
sua
fu presto intorbidata dall’aver ella confessato c
enuta la contrada dell’ Attica troppo angusta, Jone andò con tutta la
sua
famiglia ad abitare nell’ Asia minore, ove fondò
e numerose varietà del gran fico delle Indie, e che è notevole per la
sua
ricca e splendida floritura. Le statue e le pagod
città di Osaka il dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove si vede la
sua
statua in atto di uscire dalla gola spalancata di
cause immediate sia violenti, sia naturali della morte. Esiodo, nelle
sue
opere, qualifica Ker come un dio, figlio della No
te costruite da uno dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina
sua
moglie, e d’una sua figliuola, giovanetta di rara
dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina sua moglie, e d’una
sua
figliuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe a so
questo nome chiamato il dio Visnù, allorquando si considera sotto la
sua
ottava incarnazione, la quale è ritenuta come la
un suo nipote. Preoccupato da siffatte apprensioni, Kansa allorquando
sua
sorella fu sposata da Vassudeva, giurò a sè stess
Infatti per ben sette volte la dolente Devakì vide Kansa uccidere di
sua
mano i proprii figliuoli. Finalmente l’ottava vol
elenato, taglia coi denti già possenti, la mammella che si offre alle
sue
labbra e fa che il veleno che quella rinchiude fi
tessa che spira ai suoi piedi. Kansa allora ; non punto scorato nella
sua
iniqua persecuzione, manda contro il piccolo Kris
che l’oracolo avea data a Labda, vollero uccidere il fanciullo, onde
sua
madre per salvarlo, lo nascose in una misura di b
quando Ercole ebbe vinta Ippolita, regina delle Amazzoni, le tolse le
sue
bellissime armi, fra cui una scure di maraviglios
fra cui una scure di maraviglioso lavoro, che l’eroe, donò ad Onfale
sua
; amante. Questa principessa la legò ai re di Lid
tradizione, il primo che avesse dedicato un tempio alle Muse. Dopo la
sua
morte gli venne innalzato un monumento eroico. 24
momento che l’individuo veniva a morire. Cicerone attribuisce, nelle
sue
opere, un altro prodigio a Giunone Lacinia, e rac
dell’ Attica, al quale, quando morì, fu consacrato, in memoria delle
sue
gesta un bosco in una contrada, che, dal suo nome
lle acque tutte le offerte che si facevano alla luna. Strabone, nelle
sue
opere sull’antichità, fa menzione d’un altro lago
rrimo nelle Gallie, sotto il nome di lago dei due corvi, perchè sulle
sue
rive avevano, da lungo tempo, fissato la loro dim
addolorata di questa sventura che in pochi giorni perdette affatto la
sua
stupenda bellezza, e cadde in tale eccesso di fur
vezzi innamorarlo in modo, che ben presto egli la proferì a tutte le
sue
amanti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli an
e le sue amanti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli anni. Dopo la
sua
morte gli Ateniesi e i Tebani eressero un tempio
ni. Dopo la sua morte gli Ateniesi e i Tebani eressero un tempio alla
sua
memoria, sotto il nome di Lamia-Venere. Lamia ed
sorella di Faetusa. Al dire di Omero, il Sole avea affidato a queste
sue
dilettissime la custodia delle mandre che possede
li. Infatti allorchè Ulisse coi suoi seguaci abbandonò la Sicilia, la
sua
nave fu assalita da una così furiosa tempesta, ch
di, fu anch’essa figlia del Sole e della ninfa Climene. Al paro delle
sue
sorelle fu cangiata in pioppo, per aver troppo pi
ro a combattere i terribili nemici : l’arco non era ancora teso nelle
sue
mani, che i mostri si slanciarono su di lui, e lo
sse più quell’oggetto, che manteneva sempre vivo il dolore nell’anima
sua
. Ma Laodamia, maggiormente afflitta, chiese in gr
Laodamia finalmente avea nome una principessa di Epiro, che insieme a
sua
sorella Nereide, riuseì per poco tempo a sottrars
a, la quale fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insieme alle
sue
due sorelle Ifianassa e Crisotemi, quando Agamenn
trojane. L’inclita madre che a trovar sen gia Laodice, la più delle
sue
figlie Avvenente e gentil. Omero — Iliade — Libr
ja, andò con lui nell’isola di Cipro, ove Agapenore si stabili con la
sua
famiglia. 2431. Laodoco. — Figliuolo di Antenore
lla mala fede del re, distruggendo uno di quei ripari che erano opera
sua
. Questa è almeno se non la sola, la più generaliz
corsero all’oracolo, e questo rispose, che Nettuno non placherebbe la
sua
terribile ira, se non quando la stessa figliuola
— Libro II. trad. di Giambattista Bianchi. Narra la cronaca, che la
sua
disgrazia non aveva punto alterata la sorprendent
Al dire di Servio il culto pagano degli dei Lari, trasse la primitiva
sua
origine dall’uso che avevano gli antichi di sotte
dette le funzioni delle ombre. Quando Espero tre volte indi la bella
Sua
faccia avrà mostrata, ed avrà ceduto Tre volte il
dei Lari dei romani, perchè si credeva che avesse le strade sotto la
sua
speciale protezione. Infine, tutti quelle divinit
prole, che una leggiadra giovanetta per nome Lavinia, la quale per la
sua
bellezza, si vide ben presto scopo ai voti di mol
antico oracolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia
sua
, che con un principe straniero, egli fece alleanz
o la fa figliuola di Saturno. Giove l’amò con passione, a causa della
sua
stupenda bellezza e la rese madre di due gemelli
di Giove ebbe veduta la luce del giorno, Giunone spinta sempre dalla
sua
gelosia, istrutta dell’inatteso ricovero che la s
inta sempre dalla sua gelosia, istrutta dell’inatteso ricovero che la
sua
rivale avea avuto da Nettuno, la obbligò a fuggir
ndetta dei numi sul loro capo, e Giove non sordo alla preghiera della
sua
amante, cangiò quei crudeli in rane. Erodoto però
orteremo un avvenimento di cui fa menzione lo scrittore Ateneo, nelle
sue
cronache. Narra il citato scrittore, che un greco
ittore, che un greco per nome Parmenisco Netapontino, il quale per le
sue
immense ricchezze godeva del primato su tutti i s
volere a forza penetrare nell’antro di Trofonio, e che in pena della
sua
azione sagrilega, fosse condannato dagli dei a no
to fare per essere liberato da tale castigo ; e l’oracolo rispose che
sua
madre gli avrebbe restituita nella propria casa l
ennava l’oracolo era la patria ; e che appena sarebbe rientrato nella
sua
dimora, avrebbe potuto ridere, Ma la sua aspettaz
pena sarebbe rientrato nella sua dimora, avrebbe potuto ridere, Ma la
sua
aspettazione andò completamente delusa, poichè ap
aspettazione andò completamente delusa, poichè appena rientrato nelle
sue
domestiche pareti, si accorse che il ridere gli e
ma, il culto religioso di Cibele, madre degli dei. S. Agostino, nelle
sue
opere, sferza inesorabilmente le oscenità che i p
o e dell’ Italia. Sola d’un sangue tal, d’un tanto Regno Restava una
sua
figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di b
ella si serviva per abbruciare i profumi sull’altare, si appiccò alla
sua
folta e magnifica capellatura, per modo che la ri
he Enea edificò, secondo il dettato dell’oracolo, in onore di Lavinia
sua
sposa. Vedi l’articolo precedente. 2456. Laurenta
; e che avendolo il re trovato colà dove avea deciso di fabbricare la
sua
reggia, lo avesse consacrato ad Apollo Febo. Da c
sso re stesso Nel desiguare i suoi primi edifizi, Là’ ve trovollo, di
sua
mano a Febo L’avea dicato ; e ch’indì il nome die
mitologica racconta di lei che Giove l’amò perdutamente a causa della
sua
stupenda bellezza ; e che avendola un giorno vedu
all’amoroso desiderio onde ardeva per la bellissima Leda. Infatti la
sua
divina volontà fu compiuta, e il cigno perseguita
di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la quale al tempo che la
sua
patria gemeva sotto il ferreo giogo d’ Ippia tira
o a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla
sua
concubina. Con l’ andare del tempo il re Minosse
o, in ricompensa di tale servigio, avesse preso quell’ isola sotto la
sua
protezione, Mentre in Eolia era a quest’ opra in
io — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. e v’ avesse stabilito le
sue
fucine, ove insieme ai Ciclopi fabbricava i fulmi
tisternio fu solennizzato in Roma e propriamente nell’ anno 356 della
sua
fondazione. Un rigido e pessimo inverno, seguito
o anche in Grecia. Lo stesso Pausania riferisce, in varii brani delle
sue
opere, di alcuni cuscini detti Pulvinaria che nei
posavano sulla nuda terra il neonato, e bisognava che il padre, o in
sua
assenza taluno che lo rappresentasse, lo avesse i
a taluno che lo rappresentasse, lo avesse immediatamente preso fra le
sue
braccia, levandolo dalla terra, senza di che il b
eguito ; e siccome egli, se pure vestito da donna conservava tutta la
sua
forza e la sua destrezza, e non trascurava nulla
ome egli, se pure vestito da donna conservava tutta la sua forza e la
sua
destrezza, e non trascurava nulla per tornar bene
vè, come tutte le altre giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle
sue
vesti e discendere nel fiume ; ma appalesatosi il
glie solamente l’intervento di Apollo, rimanendo tutto il fatto nella
sua
completa integrità. In quanto a noi, non essendo
ntrada della Magnesia, ov’essa aveva un tempio, in cui si adorava una
sua
statua che la rappresentava col seno coperto di p
eucosia. — Una delle Sirene. Riferisce Strabone, che quando essa e le
sue
compagne si precipitarono in mare, fu da questa c
ettimo re dell’ antica stirpe di Belo. Leucotea si rese famosa per la
sua
stupenda bellezza, che vinceva d’assai quella del
te di sabbia. Apollo fece di tutto per salvare dell’ordibile morte la
sua
diletta, ma non avendo poluto strapparla dalle ma
hè il destino si oppose, asperse di nettare il bellissimo corpo della
sua
amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla quale
ne, che lo sfortunato Lica avesse conservato, anche dopo la morte, la
sua
sensibilità. Questi da terra il leva, e poichè i
icaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise di
sua
mano, immergendogli il brando fra la giuntura del
la tradizione mitologica che Licaone sì rese celebre per la efferata
sua
barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutt
racconta che Licaone per indurre i suoi sudditi all’ osservanza delle
sue
leggi, avesse fatto sparger voce che Giove andava
avesse fatto sparger voce che Giove andava sovente a visitarlo nella
sua
reggia, sotto le sembianze di uno straniero. I fi
roe ebbe distrutte le femmine guerriere, donò a Lico, in premio della
sua
fedeltà una contrada che quegli chiamò Eraclea, i
mede condusse Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla
sua
isola, e col pretesto di fargli ammirare il magni
do Virgilio, era anche nominata la cortigiana Citeride, famosa per la
sua
bellezza. Essa veniva anche detta Volunnia, perch
onò per darsi nelle braccia di Marc’ Antonio triumviro, il quale alla
sua
volta la dimenticò del tutto, pazzo com’ era d’ a
la, è fondato sull’ aver Licurgo fatto sbarbicare tutte le viti dalla
sua
patria ; da ciò Bacco che si precipita in mare, i
alla sua patria ; da ciò Bacco che si precipita in mare, insieme alle
sue
nutrici ; ossia alle viti, ritenute come le nutri
. Prima però di partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, che le
sue
leggi sarebbero mantenute in pieno vigore, finchè
eno vigore, finchè egli stesso-non avesse fatto ritorno in Sparta. La
sua
volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora par
i Creta, ove morì ; ordinando che il suo corpo fosse abbruciato, e le
sue
ceneri disperse al vento ; temendo che se queste
ogativa di rendere gli oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle
sue
acque. Al dire di Plinio, coloro che volevano int
olo di Egitto, marito d’ Ipernestra, la quale, ben diversamente dalle
sue
quarantanove sorelle, lo salvò dalla uccisione ch
tanove sorelle, lo salvò dalla uccisione che Danao avea ordinato alle
sue
figliuole. V. Danao, Danaidi ed Ipernestra. Alla
Linceo salì sul trono di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La
sua
statua fu posta nel tempio di Delfo, in mezzo a q
perverso il pensiero della vendetta. Infatti, giunto Trittolemo alla
sua
corte, Linco finse di accoglierlo con ogni cortes
ll’ardenza dei deserti, ove quell’animale abitualmente dimora, e alla
sua
indole di fuoco. La tradizione mitologica dice, c
e il nocciuolo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le
sue
foglie con quella della lingua, è la sorgente di
he quell’astro colle proprie influenze, e perfino colla pioggia della
sua
pallida luce, fosse talvolta cagione di gravi mal
questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il Sole. Esiodo, nelle
sue
opere sull’antichità pagana, ripete che Fea, la d
farla discendere dal cielo ; e lo stesso storico Luciano ripete nelle
sue
opere, che un uomo faceva a suo talento discender
egizi ed i greci, se pure comunemente avessero chiamata la Luna colla
sua
appellazione femminile, pure nei misteri della lo
essendo venuto in Italia Evandro Arcade, dedicò al dio supremo della
sua
patria, un dato luogo, a cui impose similmente il
nocefale, durante la celebrazione dei giuochi Pizii. Clinton, pone la
sua
nascita nella LXV Olimpiade (518 anni avanti Gesù
ia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della
sua
vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel
ta, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la
sua
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La
ermi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La
sua
posizione geografica ; la indipendenza degli anti
be, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta la
sua
famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri c
ondatevi e cangiate le vostre vesti. 2. Jacob vero convocato omnidomo
sua
, ait : Abjecite dese alienos, qui in medio vestri
osi grande venerazione che considerano il dare una sola occhiata alle
sue
sacre mura, come atto meritorio al cospetto di Di
a gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la
sua
vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la form
rsità di Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori nel 1256. Le
sue
cognizioni matematiche, affatto straordinarie pei
arti dilettevoli, volle porgere ai suoi concittadini un saggio delle
sue
cognizioni matematiche, proponendo loro di far gi
a provincia d’ Oxford. Mori l’ 8 novembre del 1674 nel 66. anno della
sua
vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel ci
to in tutta l’ Europa, da una terra che faceva parte della fortuna di
sua
madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania nel re
sse, re di Creta : di lei la Favola racconta, che per soddisfare alla
sua
bestiale libbline, fosse soggiaciuta ad un toro,
oprietà producevano sui primi popoli, avvezzi a veder la natura nella
sua
. bellezza selvatica, e indotti a supporre in ogni
i, ha popolato d’ esseri immaginarj l’ universo ; e per effetto delle
sue
finzioni i mortali egregi divennero spiriti celes
ti la inesorabile Necessità, figlia dell’ Intemperanza, recando nella
sua
mano di ferro e chiodi e cunei e graffi e liquido
chiamano anche Urano (45), e suppongono che sposasse Titea o la Terra
sua
sorella, detta anche Vesta (43) o Cibele (40), ne
o sconvolgimento cagionato sulla superficie della terra dalle riposte
sue
forze, che parevano essersi ribellate incontro al
solamente questa al marito, e gli tenne celato Giove, offrendogli in
sua
vece una pietra che da Saturno fu subito divorata
le loro istorie nè le loro tradizioni segnavano epoche anteriori alla
sua
. Giapeto abitava in Tessaglia, vale a dire in uno
l’ Europa, nel tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ istmo di
Suez
per istabilirsi nell’ Affrica. 31. Poichè Saturno
lle strade, e con una chiave per aver inventate le porte. Talvolta le
sue
statue hanno quattro facce alludendo alle stagion
a lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la
sua
festa con offerte di datteri, di fichi e di miele
gue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di
sua
rabbia : Chè gli avea in guardia istorico o poeta
di Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele gli è moglie ; e la terza è
sua
figliuola. 44. A ragione immaginarono Cibele con
ate mura, che le ricingon la fronte, additano le città poste sotto la
sua
tutela ; mentre una chiave nella destra significa
avano di città in città recando la statua di Cibele, cantando inni in
sua
lode e mendicando. Talora avevano seco alcune vec
acrificavano a Cibele un toro o una capra o una scrofa a motivo della
sua
fecondità. Il bossolo ed il pino eranle sacri, pe
garius in latino è lo stesso che frigio) ; e la Dea per punirlo della
sua
ingratitudine fece ferire quella ninfa, e abbando
onde un giorno adocchiata Proserpina che stava cogliendo fiori con le
sue
compagne sulla pianura d’ Enna in Sicilia, rapill
endo a quei ch’ avean più bel colore. Quest’ era il maggior fin della
sua
mente, D’ aver fra le compagne il primo onore. In
terra per montagne e per boschi ; e inclusive là notte continuava le
sue
ricerche al lume delle faci. Intanto per mostrars
se questa nell’Inferno non avesse toccato nè bevanda nè cibo ; ma per
sua
sventura Proserpina aveva assaggiato alcuni chicc
iscere della terra ; e di lì nell’inferno per richiedere a Plutone la
sua
figliuola ; ma ogni preghiera fu vana. Corse poi
vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le
sue
mammelle piene di latte l’additano nutrice del ge
r procacciarsi alimenti, ed era ridotto in estrema povertà. Allora la
sua
figliuola Metra, degna di miglior padre, studiand
ro, e tremonne il vasto Olimpo. Omero. 64. Giove sposò Giunone (85)
sua
sorella, ad esempio del padre che aveva sposato C
li Dei massi enormi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé di
sue
forze abuso, Con temeraria fronte, Chi monte impo
(Dante Inf. c. xiv) opera dei Ciclopi (272), e saettati con tutta la
sua
possa i Giganti, restò vittorioso. I più terribil
contro i Centauri (430), e che fu re d’Atene prima di Cecrope, per le
sue
belle azioni aveva meritato anche in vita onori d
ato in aquila, diventò l’uccello favorito di Giove e il eustode delle
sue
folgori. 77. La capra Amaltea (amaltheyo, io nutr
re e più usitato fu quello d’Olimpico dall’abitar ch’ei faceva con la
sua
corte sulla cima del monte Olimpo in Tessaglia. O
Sancus o Sanctus, che secondo alcuni era lo stesso che Pistius, altra
sua
denominazione. Lo invocavano col nome di Terminal
nazione. Lo invocavano col nome di Terminale quando ponevano sotto la
sua
protezione i termini o limiti dei campi. Quando s
mente di esterna bellezza, e lo prese a proteggere qual simbolo della
sua
vanità regale. 90. Giunone vie più sdeguata contr
a terra si fermò sulle sponde del Nilo, ove Giove le rese la primiera
sua
forma. Quivi partorì Epaso, e gli Egiziani l’hann
Tebe perirono miseramente ; la figliuola Semele (147, 148) restò, per
sua
malizia, incenerita da Giove ; e fu esposto Ercot
l quale aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò tanto questa
sua
confidente, saggia e docile giovinetta, dalla qua
a Samo ed a Cartagine. Nella prima di queste città si celebravano le
sue
feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire
e la terra aveva promesso alla regina dei Numi di non dare asilo alla
sua
rivale. Infatti Latona era quasi nelle fauci dell
) e Diana (137). Il primo ebbe il soprannome di Delio dal luogo della
sua
nascita. Certo non si scotea si forte Delo Pria
convertirli in rane. 99. Appena che Apollo fu in età da far uso delle
sue
forze, consacrò la prima prova di valore alla mad
che devastava i campi della Tessaglia. Lo assalì, lo trafisse con le
sue
frecce divine, e lo uccise ; e la pelle del mostr
i suoi morti, fulminò il medico temerario che troppo si vantava delle
sue
prodigiose guarigioni. 101. Il dolore di Apollo d
il mostro. 109. Laomedonte aveva promesso in dono al liberatore della
sua
figlia certi destrieri invincibili e tanto snelli
reva che si rallegrasse del ritorno dell’Aurora, e s’addolorasse alla
sua
partenza. 116. Il secondo marito dell’Aurora f
con altri suoi folli compagni ; e vantando, secondo il solito, l’alta
sua
origine, gli fu contradetta da tutti. Di che anda
i Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si afflissero tanto della
sua
morte, che per quattro mesi lo piansero sulle spo
di Fetonte acceso, Come si dice, mentre che piangendo Stava la morte
sua
, mentre ch’all’ombra Delle Pioppe, che pria gli e
correnti, desioso Di più freschi lavacri, onde rifulga Sovra le piume
sue
nitido il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e
alla favola, offeso da una riprensione troppo severa, avrebbe con la
sua
lira spezzato il capo al maestro. 122. Apollo pro
cienze e di virtù. Nel tempo che i nemici pigliavano d’assalto Priene
sua
patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi aver
amente la palma. Tuttavia Marsia, quasichè non volesse riconoscere la
sua
inferiorità, si pose a dileggiare Apollo ; ed ei,
d ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla vagina delle membra
sue
. (Dante, Parad. c. i.). Così il poveretto pagò il
embra sue. (Dante, Parad. c. i.). Così il poveretto pagò il fio della
sua
presunzione. 126. Anche Pane (294) aveva osato sf
sione di tanta miseria, E la miseria dell’avaro Mida, Che segui alla
sua
dimanda ingorda, Per la qual sempre convien che s
figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghitosi della
sua
bellezza prese l’effigie della madre per indurla
Dio del giorno, alligna bene in quei luoghi che sono ravvivati dalla
sua
presenza. Gl’inni più celebri che erano cantati i
iamente cominciavano con queste due parole Io Paean per rammentare la
sua
vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di que
monia con la quale supponevasi che questo volatile cantasse la vicina
sua
morte, quasi principio di felicità. Fu poi attrib
Dio diversificano secondo i personaggi ch’ei rappresenta. In Lesbo la
sua
statua teneva in mano un ramo di mirto. Ha talora
salire al fanale. Un terremoto lo fece cadere non molto tempo dopo la
sua
erezione, che ebbe luogo 700 anni av. G. C., e ri
olonne, aveva 200 braccia di circuito, 70 di altezza, e sorgeva sulla
sua
cima un bel carro tirato da quattro cavalli. Le s
ebbe la temeraria curiosità di guardarla mentr’ella si bagnava con le
sue
ninfe. E Cinzia sempre fu alle Grazie amica, E o
to ciò supponendo che Endimione fosse un abi astronomo che passava la
sue
notti sulla cima delle mo[ILLISIBLE]tagne a misur
no in cose lodate. 140. È notabile la severità che Diana usava con le
sue
seguaci. Calisto era la ninfa prediletta di quest
ontro la sventurata Niobe (629) che in onta a lei s’era vantata della
sua
bella e numerosa prole, imperocchè le fece perire
bal Caro (117, per offrire maggior numero d’immagini ai lettori. « La
sua
figura (della Luna) sarà d’una giovine d’anni cir
c. XXIX. La sdegnata Dea apparve a Semele sotto le sembianze di Berœ
sua
nutrice, ed accendendo tutta la sua vanità, la is
Semele sotto le sembianze di Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la
sua
vanità, la istigò a chiedere a Giove ch’ei se le
lampi. 148. Allora andò in fiamme il palazzo, e Semele, vittima della
sua
ambizione, perì nell’incendio, come sovente àccad
bino del quale Semele era incinta, e lo custodì fino al momento della
sua
nascita ; e questo bambiuo era Bacco. Indi il Num
dopo cresciuto, per gratitudine a Coloro che avevano avuto cura della
sua
infanzia, le cangiò in stelle chiamate Jadi. Ma q
so, che è un bastone coronalo di pampani o d’ellera. 151. Bacco nella
sua
prima giovinezza girò tutta la terra e conquistò
ngemmata, capo d’opera di Vulcano (270). Morta questa principessa, la
sua
corona fu posta fra le costellazioni. 153. Le fes
attribuisce la prerogativa di dissipare i vapori del vino mediante la
sua
naturale freschezza. Lungo due fiumi di Beozia, l
o. Fu costei figliuola d’Eretteo re d’ Atene, che invidiosa perchè la
sua
sorella Erse fosse protetta da Mercurio, pose ost
mato Cillenio da un monte d’Arcadia che secondo alcuni fu luogo della
sua
nascita ; ebbe nome Ermète, cioè interprete, quan
rpe la vita con accesa brama. 171. Le dodici Ore, cui fu commessa la
sua
educazione, la condussero in cielo, e quivi tutti
ucazione, la condussero in cielo, e quivi tutti gli Dei, rapiti dalla
sua
bellezza, la desiderarono per isposa ; ma Giove l
Dio da gente vana. Qual é morto da lui, qual con più gravi Leggi mena
sua
vita aspra ed acerba Sotto mille catene e mille c
za che spira dalle opere del genio greco, legga quel carme. Una delle
sue
parti più belle è la descrizione del velo delle G
elo delle Grazie. Pindaro volge questi versi alle Grazie in una delle
sue
Odi olimpiche : Per voi negli uomini Tutto è dil
osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito di questa
sua
indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmi
esserne costantemente corrisposto. Dopo avere studiato lungo tempo la
sua
indole si accorse che la passione più dominante d
Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravvolse nel mistero le
sue
intenzioni. Fece costruire un bellissimo palazzo
Per qualche giorno le parve un incanto la vita ; ma per far piena la
sua
felicità bisognava conoscere l’autore di tanti do
manere invisibile. Dal canto loro le sorelle di Psiche aumentavano la
sua
impazienza, e la eccitavano a discoprire il miste
l più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Amore mi sceglie per
sua
sposa !…. » E si chinava su lui avidamente per co
soffre tutto, obbedisce come un fanciullo, e spera così d’espiare la
sua
colpa e d’impietosire l’adirato Nume. Venere le o
pina, e chiedile per me di porre in questa scatola una porzione della
sua
bellezza ; ma bada poi di non aprirla : tu non ha
ella. » Psiche obbedì anche a questo comando ; ma non potè vincere la
sua
curiosità ; e volle vedere come fosse fatta quell
rta. A tal vista sviene, e si riduce in uno stato da far temere della
sua
vita. Le vengono prodigati soccorsi, ed è condott
ca la Dea. In quel punto Amore sopraggiunge per mettere il colmo alla
sua
confusione. Vorrebbe nascondersi ; ma egli, vista
zo il sacro vel s’adorni Della imago di Psiche, or che perfetta Ha la
sua
tela, e ti sorride in volto. Mortale nacque, e so
le onde, incoronata di rose da Pito o Suada, Dea, della persuasione e
sua
fida compagna. Ma per lo più la rappresentarono a
a eletta fra le creature, di quell’essere che, quando si mostra nella
sua
possibile perfezione, vince ogni umana lode, ogni
e perfezione, vince ogni umana lode, ogni maraviglia della natura. La
sua
statua più celebre, che ci sia pervenuta dall’ant
ultura che l’italiano Canova seppe far risorgere con tanta lode, è la
sua
Venere ; e questa pure si ammira in Firenze nella
la prima a motivo di questo fatto : Un giorno Cupido passeggiava con
sua
madre in un prato smaltato di fiori, dove volendo
n prato smaltato di fiori, dove volendo far prova dell’ agilità delle
sue
ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto p
elle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto più fiori di
sua
madre. Venuti infatti alla prova, Amore era per v
ore dopo essere stata tinta del sangue di Venere rimasta ferita dalle
sue
spine nell’ accorrere in aiuto d’ Adone (177) mor
implorando ch’ei tornasse incolume e vincitore dall’Asia. Infatti la
sua
chioma fu appesa nel tempio della Dea ; ma la not
zzo al grande Ionio Dalla fera Celeno e da quell’altre Rapaci e lorde
sue
compagne Arpie Fin d’allora abitate, che per tema
ti i suoi compagni, e fece legare sè medesimo all’albero mæstro della
sua
nave. Non furon già troppe queste cautele ; essen
ò alcuni bovi ad Ercole ; e Giove (63) volle fulminarla in pena della
sua
insaziabile voracità. Allora la colpevole cadde n
da li ributta Con immenso bollor sino alle stelle, Scilla dentro alle
sue
buie caverne Stassene insidïando, e colle bocche
ina, e, secondo la favola, fu padre delle Gorgoni (357). Toossa altra
sua
figlia ebbe da Nettuno il ciclope Polifemo (273)
omani destinarono il primo giorno del mese di luglio per celebrare la
sua
festa, e gli consacrarono il febbraio per averlo
averlo favorevole alla vicina epoca della nuova navigazione. 211. Le
sue
vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bi
ovè rapirla (53), giacchè nessuna Dea voleva sposarlo per paura della
sua
deformità e del tenebroso suo regno. 215. L’imper
go era difesa intorno, E da selve ricinta annose e folte. Escia della
sua
bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui vo
grande, ove si dice Che s’annidano i sogni, e ch’ogni fronda V’ha la
sua
vana immago e ’l suo fantasma. Molte oltre a ciò
mbattuto. La bufera infernal che mai non resta, Mena gli spirti nella
sua
rapina, Voltando e percotendo li molesta…. E come
a terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole, e le
sue
stelle anch’ella. Qui se ne stan le fortunate gen
aro. ) In questi beati luoghi il fiume Lete scorre placidamente, e le
sue
onde fanno dimenticare tutti i mali della vita, S
te le spalle inver Damiata,49 E Roma guarda sì, come suo speglio. La
sua
testa è di fin’oro formata, E puro argento son le
poeti lo figurano vecchio riposantesi sopra un’ urna nera ; dicono le
sue
acque esser capaci di consumare i più duri metall
9. Il Cocito (Kokyo, io piango, gr.) circondava il Tartaro (216) ; le
sue
onde altro non erano che le lacrime dell’eterno p
i che le anime degl’ insepolti andassero errando per cento anni sulle
sue
sponde, e così la carità dei congiunti e dei citt
ente stimolata a dare onorevole sepoltura alle spoglie mortali. Sulle
sue
sponde coronate di tassi che mandavano ombra mest
enti e vortici di fiamme, e circondava da ogni lato il Tartaro. Nella
sua
vicinanza non cresceva alcun albero, non una pian
vicinanza non cresceva alcun albero, non una pianta verdeggiava sulle
sue
sponde ; e dopo lungo corso opposto a quello del
gli Dei per combattere i Giganti (67), Stige accorse la prima con le
sue
due figlie, onde il padre dei Numi, grato a tanto
e la tazza dell’oblio nell’altra. Era imposto alle ombre di bevere le
sue
acque, le quali avevano la proprietà di far loro
ora con carezze le ombre che entravano, e minacciava abbaiando con le
sue
tre bramose gole quelle che accennavano di volern
sposa d’Admeto (102) ; che Orfeo (469) lo addormentò col suono della
sua
lira, quando scese per richiedere a Plutone (213)
suono della sua lira, quando scese per richiedere a Plutone (213) la
sua
Euridice ; e che la Sibilla che condusse Enea (60
cipelago, e governò il suo regno da savio e mite sovrano. Affinchè le
sue
leggi avessero maggiore autorità appo i Cretesi,
Salamina, dove Cencreo re di quell’ isola gli dette in moglie Glauca
sua
figlia, e lo destinò a suo successore. Morta Glau
raggio gli fece sposare la figliuola di Laomedonte, Esione, che fu la
sua
terza moglie e madre di Teucro. — Peleo sposò Tet
re di Teucro. — Peleo sposò Teti (320) e fu padre d’Achille (536). Le
sue
nozze, che la Discordia turbò col pomo fatale, fu
à della Beozia, dove sposò Alcmena (74) vedova d’Anfitrione (364). Le
sue
virtù, tra le quali si distinguevano la giustizia
adorare dai propri sudditi, e gli antichi avevan tale opinione della
sua
equità, che se volevano attestare la giustizia di
ell’altra ha serpi ; ed ambe intorno arrota, E grida e fere ; e delle
sue
sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al mi
’impronta d’ un bove o d’en ariete. In mezzo ai trivj dove sorgeva la
sua
statua, le imbandivano ogni mese una cena che era
si vela di dorata benda » filava, e Atropo impaziente tagliava con le
sue
forbici il fatale stame. 237. La fertile immagina
ia di bronzo, con le ruote distinte in quattro spazii, per toccare le
sue
quattro vigilie. » « Per significar questo (il Cr
ume dell’Oblio scorre alla bocca dell’antro, e il solo mormorio delle
sue
acque rompe il silenzio. Sul limitare crescono pa
ca, Non mai lo scema, si che’l pasto eterno Ed eterna pur sia la pena
sua
; Che fatto a chi lo scempia esca e ricetto, Del
deità che il denaro. Un giorno i Numi andarono ad alloggiare in casa
sua
; ed egli ebbe tanto a male di dover fare le spes
esser meglio dipinta l’avarizia che rende povero l’uomo in mezzo alle
sue
ricchezze ? 252 Danao, re d’Argo e figlio di Belo
n chiusa la porta dell’eternità. Gli seggono intorno a ministri della
sua
corte il Furore, l’Odio, l’Ipocrisia, la Vendetta
a dei concittadini, ad alleviare le altri disgrazie, a educar bene la
sua
famiglia, e viva sempre più lieto e sicuro quanto
lo di Atenea in Atene, le venivano dati indifferentemente. Fino dalla
sua
nascita ella si dedicò all’invenzione delle arti
l quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia di Minerva è la
sua
disputa con Nettuno (185) per dare un nome alla c
e sbucar fuori un ardimentoso destriero, e Minerva con un colpo della
sua
lancia faceva spuntare un ulivo, simbolo della pa
il lavoro, s’impiccò, e da Minerva fu allora cangiata in ragno sulla
sua
tela : O folle Aragne, si vedea io te Già mezza
cro, perchè questo rettile fu giudicato l’immagine della prudenza. Le
sue
feste annuali furon dette prima Atenee, quindi Pa
afferrò per un piede, e lo scagliò fuor del cielo, quasi fosse stata
sua
colpa il nascer brulto. Pensate s’ei dovè rimaner
e chi sa che Giove non lo facesse per ammonirla a non invanirsi della
sua
bellezza ! 272. La favola lo dichiara Dio del fuo
ndere e di lavorare i metalli ; sicchè questo celeste fabbro aveva le
sue
fucine nell’isola di Lenno, a Lipari e nelle cave
crive a Didone : Sembrato mi sarebbe un alto monte, A cui la gregge
sua
pascesse intorno ; Se non che si movea con essa i
la ninfa era già amante del pastorello Aci ; sicchè il Ciclope nella
sua
brutale gelosia glielo schiacciò sotto un scoglio
o all’eletto coro, temprando la lira, e incoronata di lauro l’augusta
sua
fronte. Siccome poi ogni Musa presiede a un’arte
motteggi, ma egli trovò materia di biasimo nei coturni. Alla fine le
sue
continue ed insipide baje lo resero insopportabil
omenti Dal cavo grembo della Notte oscura. Pronto, audace, festivo in
sua
natura, Di spirti alteri, impetuosi, ardenti, Or
vano la buona custodia e la fecondità. Quindi i Romani collocavano la
sua
statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gl
orecchie di capra, e una corona di pampani o d’alloro : e talvolta la
sua
statua comparisce nel mezzo agl’istrumenti di gia
o, abbandonato alle furie (232), e ad ognuno era lecito ucciderlo. Le
sue
feste a Roma erano celebrate l’ultimo giorno dell
osi istrumenti, come tamburi e cembali. La Dea copriva con un velo la
sua
ingenua bellezza. Un po’d’alloro o di ramerino le
presiedeva con Priapo (307) ai giardini e segnatamente ai frutti. Era
sua
cura prediletta potar gli alberi, innestarli e an
ò nel colloquio, che datosele poi a conoscere, Pomona acconsentì alle
sue
nozze. Le metamorfosi di Vertunno son forse una l
ano le montagne, e solevano accompagnar Diana nei suoi viaggi e nelle
sue
cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono n
la ninfa Liriope e del fiume Cefiso, e si pose lungamente dietro alle
sue
orme, senza mai lasciarsi vedere ; ma il giovinet
a in durissimo scoglio. 322. Ma Narciso crudelmente pagò il fio della
sua
indifferenza ; poichè Amore (172) prese a vendica
a campagna alle pericolose lusinghe dell’amore. Ma Alfeo rapito dalla
sua
bellezza continuamente ne chiedeva la mano. Allor
questa metamorfosi non valse a diminuir l’affetto d’Alfeo, poichè le
sue
acque attraversavano il fondo del mare senza misc
ppartava in un bosco vicino a Roma, e così accortamente avvalorava le
sue
leggi con l’autorità della religione. La favola a
ù si potesse, Fôra per questa man difesa ancora. Ma dovendo cader, le
sue
reliquie Sacre, e gli santi suoi numi Penati A te
, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il quale sosteneva con le
sue
mani il sacro incarco de’santi arredi e de’patrii
anche ogni uomo avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle
sue
azioni ; e di più riconoscevano tutti un genio bu
io ed afferrarla. I Romani adoravano la Fortuna Aurea ; ed infatti la
sua
statua d’oro era collocata nel quartiere accanto
vede, giudica e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei.71 Le
sue
permutazion non hanno triegue : Necessità la fa e
lla s’è beata, e ciò non ode : Con l’altre prime creature lieta Volve
sua
spera, e beata si gode. In Italia i suoi tempj p
idere i legami più forti e più intimi. Ella stessa fu sottomessa alle
sue
proprie leggi, cedendo alla voce irresistibile de
tte (238) e dell’ Oceano (192), e ministra della celeste vendetta. Le
sue
funzioni consistevano in gastigare col sentimento
lmente coronata, a significare ch’ ella è il flagello dei tiranni. Le
sue
ali « Infaticabilmente agili e preste, » denotano
ro Giove Fu nocente costei …. (Omero, Trad. del Monti.) Le Preghiere
sue
sorelle, e, come lei, figlie di Giove, la seguono
e, era figlio d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al Silenzio. La
sua
statua era collocata sul limitare dei templi, o p
o. 339. Astrea, figlia di Giove (63) e di Temi (337), presiedeva come
sua
madre alla giustizia, laonde spesso va confusa co
sa con lei. Nel tempo del beato secolo d’ oro ella aveva stabilito la
sua
dimora sopra la terra ; ma venuto il regno della
ta dall’ inquietudine, non ride mai ; nè mai il dolce sonno chiude le
sue
pupille. Ogni evento felice l’affligge o sveglia
II.) Ha costei la testa leonina che al minimo strepito si rizza ; la
sua
veste, di color cangiante come il suo cuore, ondu
li ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che gli tien chiuso nelle
sue
viscere. La melanconia. 345, 4°. Presso a
345, 4°. Presso al Dolore procede con lento passo una giovinetta
sua
sorella coperta di velo più sottile. Ella ha per
terra nè il cielo ; e par che ricerchi nel proprio cuore soltanto le
sue
consolazioni, e che deliziosamente s’inebrii di t
rlo si cacci dentro nella camera per lo finestrone che si è detto. La
sua
forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, c
a dedicato il tempio, ma non trovo già come fosse figurata, se già la
sua
figura non fosse quella della Securità. Il che no
ai piedi una gallina che covi, per mostrare che ancora posando fa la
sua
azione. » (Vasari, Vita citata.) La vittoria.
in fondo a un pozzo. Con bel modo ne fa la dipintura il Pignoni nelle
sue
sestine sull’origine della favola. Ecco il princi
l’andare onesta, » e che al solo mirarla sveglia amore e rispetto. Le
sue
grandi ali sono spiegate a significare che sotto
corrotto con denaro le guardie della principessa, la involò e la fece
sua
moglie ; da questo imeneo nacque Perseo. 354. Ac
Acrisio, scoperta l’esistenza del temuto nipote, lo fece esporre con
sua
madre in preda alle onde in una debole navicella.
lo. Minerva gli prestò il suo scudo lucido come specchio, Mercurio le
sue
ali e la spada adamantina, e Plutone un elmo che
. 358. D’allora in poi Perseo recò sempre seco quel teschio, e nelle
sue
avventure l’adoperò ad impietrire i nemici. Parte
erseo era per essere soverchiato dal numero, quando si rammentò della
sua
arme fatale, e il rapitore e i suoi compagni dive
l padre. I popoli di Micene e d’Argo alzarono gloriosi monumenti alla
sua
memoria, e Giove (63) lo pose in cielo tra le cos
i atterrito, gli sbranò, e fece manifesto fino dai primi giorni della
sua
vita ch’ei poteva meritamente esser chiamato figl
dello zodiaco (676). Il Pàrini ne traggo opportuno insegnamento nella
sua
Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole era
ga e perigliosa battaglia, nella qualé non valevano le armi perchè la
sua
pelle era impenetrabile, potè agguantarlo, lo sof
enetrabile, potè agguantarlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute
sue
braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu qu
erborute sue braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la
sua
corazza e la sua veste. 371. Nelle paludi di Lern
cia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua corazza e la
sua
veste. 371. Nelle paludi di Lerna vicino ad Argo
n un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle
sue
frecce nel sangue dell’Idra perchè mortali ne fos
ttili ; e la poesia tramandò ai posteri l’avvenimento abbellito dalle
sue
finzioni. 372. Uno spietato cinghiale che s’intan
no aveva mai potuto raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le
sue
frecce perchè era consacrata a Diana (137), non l
ano i greggi e le mèssi dei vicini paesi. Ercole gli esterminò con le
sue
frecce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a
testa e ’l busto :78 Ma in su la riva non trasse la coda. La faccia
sua
era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fu
in terra, E come là tra li Tedeschi lurchi Lo bevero s’assetta a far
sua
guerra ;83 Cosi la fiera pessima si stava Sull’o
si stava Sull’orlo, che, di pietra, il sabbion serra. Nel vano tutta
sua
coda guizzava, Torcendo in su la venenosa forca C
efficacia a tal guaio, deviò il fiume Alfeo (346), facendo passar le
sue
acque per mezzo alle stalle ; e così in un giorno
e pulite. Allora Ercole si recò ad Augia per ricevere il premio della
sua
fatica ; ma costui avendoglielo villanamente ricu
e tracce del furto facendoli camminare all’indietro nel tradurli alla
sua
caverna, Ercole, ignorando l’autore di questa per
ma fu inutile, perchè il figliuolo d’Alcmena strettolo fra le robuste
sue
braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’infern
ch’ei fece Del grande armento, ch’egli ebbe a vicino ; Onde cessâr le
sue
opere biece 84 Sotto la mazza d’Ercole, che fors
ostro, lo assalì, e lo atterrò tre volte ; ma invano, poichè la Terra
sua
madre ogni volta ch’ei la toccava gli rendeva nuo
; sicchè, per finirla, il prode lo alzò di peso, e lo soffocò tra le
sue
braccia. 387. 1 Pimmei erano uomiciatti alti poco
o che d’assalire Ercole che s’era addormentato sulla spiaggia dopo la
sua
lunga lotta con Anteo. Si condussero in questa im
bbe a scoppiar dalle risa in vederli ; e raccattandone parecchi nella
sua
pelle di leone, li recò in dono ad Euristeo. 388
oracolo annunziò ch’ei ne sarebbe scampato se qualcuno fosse morto in
sua
vece Alceste allora non esitò a dar la sua vita p
se qualcuno fosse morto in sua vece Alceste allora non esitò a dar la
sua
vita per quella del marito, e compiè generosament
riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ritoltale la
sua
preda, rese la diletta sposa ad Admeto. Alfieri h
figli suoi, questo è d’Admeto il sangue : Or, qual di questi in vece
sua
disfatto Esser potea da morte ? Il figlio forse ?
i due lustri non compie : ancor che in esso L’ardir non manchi, l’eta
sua
capace Non è per anco di spontaneo, vero Voler di
ieco e sì tremendo, che l’infelice eroe, senza saperlo, uccise Megara
sua
moglie e i propri figliuoli ; e quando ritornato
nemici, ed uscir vittorioso dai rischi maggiori, commise ad Amore la
sua
vendetta. Questo Dio svegliò allora in Ercole una
ttiva intenzione di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le
sue
frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371)
. Sentita l’ eroe già vicina l’ ultim’ ora, donò a Filottete (546) le
sue
frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (372)
7) Dea della giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle
sue
gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali,
lle del leone di Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma sulla
sua
clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, c
anco, che era l’ albero a lui sacro per essersi cinta la testa con le
sue
fronde scendendo all’ Inferno. Passa molta somigl
negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la
sua
spada sotto una enorme pietra ; e le raccomandò,
a maga. Ella temendo che la presenza di uno straniero, celebre per le
sue
gesta, le avesse a sventare il progetto d’ usurpa
oco lento i condannati alla morte, e pareva godesse dei lamenti delle
sue
vittime, che si assomigliavano ai muggiti di un b
secondo altri, cadde per sollevazione in mano del popolo stanco della
sua
tirannide : e fu il secondo a morire arso nell’ o
olava l’ Attica, spogliando i viandanti. Teseo lo uccise, e bruciò le
sue
ossa, facendone un sacrifizio a Giove (63). 411.
ccideva ; ma Teseo superò lui, e lo punì dell’ abuso che faceva della
sua
forza. 414. Teseo, vinti questi tiranni, volse il
combattere il Minotauro. 417. Non gli avrebbe arriso fortuna nella
sua
impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola di M
nto dopo aver ucciso la belva. 418. Teseo, che aveva condotto seco la
sua
liberatrice fuggendo da Creta, l’ abbandonò poi c
la di Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima vittima della
sua
invenzione, poichè caduto in sospetto di infedelt
congegnò due paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza di cera alle
sue
spalle ed a quelle d’ Icaro. In questo modo potè
padre, volle volare troppo alto vicino al sole ; sicchè la cera delle
sue
ali si strusse, e il giovine temerario, precipita
lte invenzioni, e specialmente quella delle vele. Credesi anzi che le
sue
ali sieno un’ allegoria per indicare le vele di u
nno a Delo ad offrir sacrifizj in ringraziamento del buon esito della
sua
impresa. Così tutti gli anni vi andavano i messag
o e raro esempio restituì la libertà al popolo, e riprese la primiera
sua
vita cercando nuove occasioni di render utile il
a gli riuscì, e poi ne sposò la regina Antiope o Ippolita (375) fatta
sua
prigioniera. Da essa ebbe lo sventurato Ippolito
ionia Elena fu rimessa in libertà dai fratelli, e ricondotta a Sparta
sua
patria, ove diventò sposa di Menelao (528). 435.
inferno. Fedra poi lacerata dai rimorsi, fu astretta a confessare la
sua
calunnia, e si diede da sè stessa la morte. 439.
sui quali Teseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della
sua
corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato di
no ; ed egli, sdegnato di tale ingratitudine eccitata per altro dalle
sue
imprudenze, scagliò maledizioni contro Atene, e s
e di Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per fuggire con Elle
sua
sorella i mali trattamenti della matrigna Ino, si
lesponto, ora stretto dei Dardanelli. Intanto Ino pagava il fio delle
sue
persecuzioni contro i figliastri ; poichè Atamant
ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con gli accordi della
sua
lira e col canto. Si dice che gli Argonauti recas
arono iniqui mezzi per rattenere i passi del furibondo. Sfuggiti alle
sue
ricerche, e pervenuti alla dimora d’ Alcinoo re d
tornavano vittoriosi ad Iolco. 89 456. Ma Pelia, (448) ad onta della
sua
promessa, negò di rendere a Giasone (448) il tron
l’ incarico di punirlo. Costei, che si vantava d’ aver trovato con le
sue
arti il segreto di rendere la gioventù al padre d
quale, dissimulando lo sdegno, perseguitò la rivale, e fu causa della
sua
morte. Giasone voleva punirla ; ma ella, prevenen
disparve. 459. Aggiungono che Medea tentasse dipoi d’ involgere nelle
sue
frodi anche Teseo (406) erede del trono d’ Atene
i anche Teseo (406) erede del trono d’ Atene ; ma scoperta da Egeo la
sua
malvagità, e costretta nuovamente a fuggire, andò
Medea, Giasone visse miseramente ramingo e turbato dai rimorsi della
sua
imprudente condotta. Medea, che era dotata della
e benignamente, e gli fece passare in festa i primi nove giorni della
sua
dimora appo lui. Ma poi, aperte le lettere del ge
sso offendere le leggi dell’ ospitalità col punire Bellerofonte nella
sua
corte, pensò di esporlo a qualche gran rischio. 4
nza d Bellerofonte per la protezion degli Dei, gli dette in moglie la
sua
figliuola Filonoe, e lo dichiarò suo successore.
mentata dai rimorsi prese il veleno, e Bellerofonte inorgoglito delle
sue
gesta volle salire in cielo col Pegaseo ; ma Giov
Apollo (96) e Clio (275) ; e tanta era la dolcezza dell’armonia della
sua
lira e della sua voce, che a sentirlo suonare o c
o (275) ; e tanta era la dolcezza dell’armonia della sua lira e della
sua
voce, che a sentirlo suonare o cantare, le belve
e, ma ebbe la sventura di vederla morire (474) il giorno stesso delle
sue
nozze, sicchè mortalmente afflitto di questa perd
se all’inferno (215), e la richiese a Plutone (213). La melodia della
sua
lira, inspirata da tanto dolore, commosse le divi
iana.) 472. Fu eretto un tempio ad Orfeo nel luogo dove rinvennero la
sua
spoglia ; ma ne era vietato l’accesso alle donne.
ccesso alle donne. Quindi suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre
sua
lira fu collocata fra gli astri con una corona di
ella, fedele ad Orfeo (466), non lo curò ; ed il giorno stesso delle
sue
nozze, volendo fuggirne la presenza, fu punta da
perire tutte le api d’Aristeo, ed egli ne fu sconsolato, e ricorse a
sua
madre. Cirene, impietosita dal suo dolore, gli co
o a ripigliare la prima forma. Allora Proteo gli svelò la causa della
sua
disgrazia, e gli ordinò di far sacrifizj espiator
l’isola di Coo, quindi in Sardegna e poi in Sicilia ; dove propagò le
sue
cognizioni d’agraria e di pastorizia. Alla fine s
lì nella Tracia, ove Bacco lo iniziò nei misteri delle Orgie. Dopo la
sua
morte parecchie città della Grecia l’onoraron di
nto a Corinto, i marinari s’argomentarono di ucciderlo per carpire le
sue
ricchezze. 479. Arione chiese almeno la grazia di
ire ai poeti che le mura di Tebe furono alzate mediante i suoni della
sua
lira, poichè le pietre sensibili alla dolcezza di
n toro bianco, e scese in riva al mare dove Europa passeggiava con le
sue
donzelle. Essa gli s’accostò per ammirare la bell
tili grida. Il Nume la condusse in Creta, e quivi riprese la primiera
sua
forma. 484. Agenore, disperato per questa perdita
Egitto. Anfione (481) costruì le mura di questa città col suono della
sua
lira. 486. La favola aggiunge che i suoi compagni
nsegnato ai Greci. 490. Siccome un oracolo aveva detto a Cadmo che la
sua
posterità era minacciata da grandi sventure, cosi
colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui era incinta Giocasta
sua
moglie, ordinò che il pargoletto appena nato foss
ritrovò a caso questo bambino sul monte Citerone, e lo ricoverò nella
sua
capanna. 493. La regina di Corinto, avuta questa
bando da Corinto, e s’incamminò verso la Focide. 495. Appunto questa
sua
premura di fuggire i decreti del Fato lo trasse a
’età matura cammina qual si conviene ; e declinando la vita, regge la
sua
vecchiaia con un bastone che gli fa da terzo pied
desimo, non potè più sostenere la vista del sole, degli uomini, della
sua
persona, e si accecò con le proprie mani. I figli
ieco, non ebbe altro sostegno, altra guida che la giovinetta Antigone
sua
figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci t
e era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena di una
sua
bella tragedia il celebre Niccolini, e crediamo d
ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di Giove gli annunziò la
sua
prossima fine, e la terra gli s’aperse sotto i pi
Emone, figlio di quello scellerato di Creonte, non partecipava della
sua
barbarie, ed essendo innamorato d’Antigone, quand
pe la disgraziata morte, non le potè sopravvivere.94 Pelope e la
sua
posterità. 511. Pelope, figlio di Tantalo (25
lo avesse vinto nella corsa dei carri. I perdenti dovevano perire di
sua
mano. L’amante poteva correre il primo, ma il re,
al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridire delle
sue
scelleraggini la terra. 515. Tieste offese Atreo
ndo di non la rendere, se prima non gli fosse stata restituita Esione
sua
zia. I principi ricusarono di rendere Esione, pre
contenta di questa vittima, trasportò la vergine in Tauride per farla
sua
sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra d
ornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa gli rinfacciarono la
sua
viltà ; Menelao chiese il premio della vittoria,
tanti eroi periti nella lunga guerra : ma lasciatosi intenerire dalle
sue
lacrime, le concesse il perdono. 532. Egisto (516
96), n’ebbe in risposta che avrebbe trovato un qualche lenimento alla
sua
disperazione, andando in Tauride a rapire la stat
tura, mentre era per compiersi il sacrifizio, Ifigenia sacerdotessa e
sua
sorella lo riconobbe, e trovò modo di sottrarlo a
cendente d’ Eaco re dell’isola d’ Egina e giudice dell’inferno (229).
Sua
madre, che teneramente lo amava, andò ad immerger
esa di Troja era necessario Achille, ma ch’ei sarebbe perito sotto le
sue
mura. Teli, per distornare questa predizione fune
fosse, Quando la madre da Chirone a Sciro Trafugò lui dormendo in le
sue
braccia, Là onde poi li Greci il dipartiro ; Che
i alloggiamenti deliberato avendo di non voler più combattere. Questa
sua
ostinazione fu favorevole ai Trojani, che in quel
ni. Polissena divenne poi schiava di Pirro (543) che la menò sopra la
sua
flotta, e la immolò ai mani d’Achille, presso la
ccompagnata da una lunga schiera di ninfe per andare a piangere sulla
sua
spoglia. Anche le nove Muse (274) amaramente lo p
va d’Ettore, e l’amò tanto da preferirla ad Ermione che doveva essere
sua
sposa. Questo amore gli riesci funesto, perchè re
esercito greco. Essendo stato amico d’Ercole (364) aveva ereditato le
sue
frecce ; ma un giuramento l’obbligava a nasconder
Diomede, che al suo ritorno non potendo più vivere in pace con Egiale
sua
moglie, dovè fuggire e ricoverarsi presso Dauno r
de, il solo che sfuggisse ai colpi d’Ercole (364) quand’ egli punì la
sua
famiglia d’aver preso parte per Augia (380). 554
ra ancora molto eloquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che di
sua
bocca usciéno Più che miel dolci d’eloquenza i ri
che miel dolci d’eloquenza i rivi. 555. Apollo (96) in premio della
sua
saviezza lo fece vivere trecento anni, ossia tre
ore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mura di Troja sacrificò la
sua
per salvare la vita del genitore : Ecco al Nesto
ssa un gelo, E, vieni, salvami, fedel mia prole, Gridò, nè inutili le
sue
parole Volâr pel cielo. Corso il magnanimo fra mi
avi ; ma egli generosamente sacrificandosi per la patria, balzò dalla
sua
, e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591). 557
a da valutare quest’azione, in quanto che Protesilao aveva sposato la
sua
diletta Laodamia la vigilia stessa della partenza
bile quanto quella del leone di Nemea (374) ch’ ei soleva portare per
sua
difesa. Nacque infatti il fanciullo, ed Ercole, a
non si reputava da tanto, fece rigettare l’ ardita proposta, e con la
sua
eloquenza sedusse i giudici a segno che proferiro
ezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figurandosi di sfogare la
sua
ira contro Agamennone (527) e Menelao (528) che a
i Col vindice pugnai. E là sul Xanto i Danai Copria di vitupero : Ma
sua
virtù fe’stabile, Ma chiaro il rese Omero, Cagion
nch’esso tra gli eroi della spedizione greca contro i Trojani ; ma la
sua
maggior fama consistè nella robustezza, nell’ agi
pregio dei Numi. Narrano i poeti che Minerva (262), per punirlo della
sua
tracotanza, gli suscitò contro una furiosa burras
i gagliarda gioventù nutrice. Deh qual giammai l’ uom può della natia
Sua
contrada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz
ada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz. di Pindemonte.) 569. La
sua
moglie Penelope fu chiara non tanto per virtù e p
ompagnare i principi greci alla grande impresa. Per dare a credere la
sua
finta pazzia, s’ era posto ad arare la sabbia sul
ora lottare per altrettanto tempo contro la fortuna che in pena delle
sue
frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi le
he in pena delle sue frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi le
sue
avventure, dalla caduta di Troja fino al ritorno
, e il dono di certi otri ove stavano rinchiusi i venti contrarj alla
sua
navigazione. Ma i suoi compagni, vinti da indiscr
sero tutti divorati.101 575. Ulisse ebbe a veder perire undici delle
sue
navi in quella tempesta, ed appena potè egli stes
ompagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo di partire dalla
sua
isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, trattov
suo Polifemo. Allora vide sfasciarsi e perire con tutti i compagni la
sua
ultima nave, ed egli solo trovò salvezza nell’ is
Questa Dea lo accolse benignamente, lo trattenne per sette anni nella
sua
isola, e gli promise l’immortalità se avesse cons
nelope, sicchè Giove (63) ordinando a Calisso di non più opporsi alla
sua
partenza, ella lo lasciò andar via sopra una frag
ini che in tutte le stagioni producevano vaghi fiori e bei frutti. La
sua
famiglia manteneva l’innocenza e l’illibatezza di
i ; la moglie dava l’ esempio del lavoro e dell’ economia ; e Nausica
sua
figlia, bella e vereconda fanciulla, aiutava la m
accende domestiche. Filava, tesseva la lana, lavava la biancheria, le
sue
vesti e quelle dei suoi fratelli ; e Minerva, Dea
ascina a’piedi implorando il suo aiuto. Nausica impietosita chiama le
sue
compagne, e le invita a soccorrere lo straniero :
. Indi fu guidato al palazzo ; e giunto al cospetto d’Alcinoo e della
sua
moglie, si prostrò alle loro ginocchia aspettando
nti, in suoni, in amorevoli colloqui ; ed Alcinoo mette il colmo alla
sua
buona accoglienza annunziando all’ospite ch’ei fa
nduca ad Itaca. Ulisse corrispose a tante cortesie col racconto delle
sue
avventure, e svegliò tenerezza e stima in tutti q
cini, che lo credevano morto, erano andati a farla da padroni in casa
sua
, e volevano costringere Penelope a scegliersi tra
tessea la notte Al complice chiaror di muto faci. Cosi un triennio la
sua
frode ascose, E deluse gli Achei…. (Omero, Odiss
a per sedarlo ; e senza esser visto dal figliuolo restò ucciso da una
sua
freccia avvelenata. Ma Dante, che lo trova all’In
ondenze coi nemici. Furono immaginate lettere finte, e fu posta nella
sua
tenda una somma di denaro per far credere che gli
lao, distrussero Troja, e fecero miseramente perire Priamo e tutta la
sua
famiglia. 588. Lo sventurato padre fu ucciso d
iovinetto che Polinestore aveva fatto uccidere per impadronirsi delle
sue
ricchezze. Allora questa infelicissima madre entr
in schiavitù, ed avventate segli addosso lo accecarono, e spensero la
sua
prole. 590. Le guardie del principe sleale la ins
tore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’Achille, il quale con la
sua
ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spog
e gemiti e singulti Per la città s’udian, come se tutta Dall’eccelse
sue
cime arsa cadesse. Rattenevano a stento i cittadi
del padre, e ne avrebbe un giorno vendicata la morte, così Andromaca
sua
madre, per sottrarlo alla persecuzione dei nemici
ore di suo marito (545), che la condusse in Epiro, e l’obbligò contro
sua
voglia a sposarlo. Morto lui, ebbe un terzo marit
fratello d’Ettore, e con esso menò sempre afflitto il rimanente della
sua
vita, perchè non potè mai consolarsi della perdit
i il dono, la fece passare per folle, acciocchè niuno desse fede alle
sue
predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina d
e dove « verace sempre, e non creduta mai » cantava le sventure della
sua
patria. Agamennone (527), che la possedè schiava
ro ; ma sempre inseguito dall’ira di Giunone (85), incorse, per causa
sua
, in una furiosa tempesta che lo gettò sulle coste
se a ritrarlo dalle insidie che l’odio di Giunone tendeva sempre alla
sua
gloria, e gli ordinò d’andare sulle coste d’Itali
dare sulle coste d’Italia in traccia della nuova patria promessa alla
sua
schiatta. Enea seppe staccarsi dalle delizie e ob
ojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quelli della
sua
posterità. 614. Tornato che fu dall’inferno andò
parsi sulle sponde del Tevere, dove Cibele (40) trasformò in ninfe le
sue
navi, e quivi avendo saputo che gli Dei avevano f
vi avendo saputo che gli Dei avevano finalmente posto un termine alle
sue
peregrinazioni, andò a visitare Latino re del Laz
l’oracolo, favorevolmente lo accolse, e gli promise in moglie Lavinia
sua
figlia. Ma Turno re dei Rutuli che pretendeva la
i che pretendeva la mano della fanciulla, lo aggredì per sostenere le
sue
pretese. I Rutuli furono vinti due volte ; e fina
sedeva. Giove, desiderando ricompensarlo, promise di accordargli ogni
sua
richiesta ; e il buon uomo si contentò d’impetrar
amore all’astronomia che gli fu insegnata da Atlante (359), e per la
sua
passione della caccia che, al dire dei poeti, ei
o, ebbe voglia di far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava, la
sua
bravura nel tirare a segno, e mirò tanto bene, ch
segno, e mirò tanto bene, che Orione rimase mortalmente ferito da una
sua
freccia. Ecco come sovente i capricci e le folli
o facesse sbucare dalla terra uno scorpione che lo ferì a morte colla
sua
puntura. Fatto sta che Diana si pentì molto d’ave
rato ad ardere un tizzone che le Parche avevan messo nel fuoco mentre
sua
madre lo partoriva ; sicchè Altea, per prolungare
i, sei dell’un sesso, e sei dell’altro. 630. Niobe, inorgoglita della
sua
fecondità, spregiava Latona (96) che aveva avuto
in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta era la
sua
immobilità che pareva non desse più segno di vita
re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di
sua
sorella, la quale non poteva vivere separata da l
inchiusa in stretta prigione ; e stanco degli acerbi rimproveri della
sua
vittima, le tagliò la lingua. 636. La misera Filo
to a tanto prodigio, non osava ancora abbandonarsi ai trasporti della
sua
gioia ; la toccò di nuovo, e già le belle membra
iberarsi da una folla importuna di pretendenti, che non voleva dar la
sua
mano se non a chi l’avesse vinta nel corso ; quin
e l’infelice fosse stata divorata, si lasciò cadere sulla punta della
sua
spada. Quand’ ecco Tisbe uscir dal luogo dove s’
ia. All’aspetto di Leandro estinto, non potè moderare l’eccesso della
sua
disperazione, e si uccise. Anche questo lacrimevo
. Solamente Deucalione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra
sua
moglie, che era la donna più virtuosa, andarono i
so di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era la Terra e le
sue
ossa le pietre. Sicchè andarono raccattando pietr
, che cammina sopra le nuvole ; e soffia a piene gote per indicare la
sua
violenza, e tiene in mano un annaffiatoio, perchè
he abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le
sue
ale ne tien lontani gli Aquiloni e le nere Tempes
losofo dell’ isola di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della
sua
vita è tessuta di prodigj. Ancor giovinetto si sm
ul monte Cillene due serpenti avviticchiati fra loro, li colpì con la
sua
verga, e tosto diventò donna, e dopo essere stato
e colpitili di nuovo con la medesima verga, riebbe subito la primiera
sua
forma. Di lui fa menzione anche Dante nel XX dell
arrarese che di sotto alberga, Ebbe tra bianchi marmi la spelonca Per
sua
dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non gl
a. Li, per fuggire ogni consorzio umano, Ristette co’suoi servi a far
sue
arti, E visse, e vi lasciò suo corpo vano. Gli uo
i garzoni, o alle carole Le anfionie fanciulle ; ed insultanti, Delle
sue
frecce immemori, le lepri Gli trescavano attorno,
52), e fu celebre indovino al tempo della guerra di Tebe. Sapendo per
sua
propria scienza che in quella guerra avrebbe dovu
guerra avrebbe dovuto perire, si nascose per non andarvi ; ma Erifile
sua
moglie, sedotta dal donativo d’una collana, svelò
spedizione, il funesto vaticinio, poichè Giove (63) per punirlo della
sua
presunzione lo fulminò, e la terra inghiottì lui
le. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla
sua
presenza, quand’ella ne bruciò altri tre, e gli o
desimo prezzo. Tarquinio maravigliato, consultò allora i grandi della
sua
corte, fece sborsare alla vecchia sibilla la rich
(201) e sacerdotessa d’ Apollo. Si narra che questo Dio, rapito dalla
sua
bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dima
questo Dio, rapito dalla sua bellezza, le offerisse d’accordarle ogni
sua
dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni qua
ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi di sabbia erano nella
sua
mano. Apollo vi acconsentì, e le concesse ancora
rè anni, e che gli tolse lo scettro e la vita. Alessandro prima della
sua
spedizione nell’Asia andò a Delfo in uno dei mesi
victo ; ma egli sdegnandosi della resistenza, la trasse a forza dalla
sua
cella, e la condusse nel Santuario, dov’ella diss
sostegno ai vecchi genitori, la nazione tutta li accoglieva sotto la
sua
tutela ; ed anche senza tale estremo bisogno, la
i del tiranno, gridò che egli era di Mileto, e fece scolpire sotto la
sua
statua : Antipatro figliuolo di Clinopatro, Miles
remoto, scòrse un’albero spaccato dal vento. Rammentatosi dell’antica
sua
forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo b
franare la volta, ed i convitati scapparono ; ma egli, fidando nella
sua
forza, pretese di sostencre l’enorme peso, e dovè
to Augia (380) re d’ Elide, usò le ricche spoglie del tiranno e della
sua
città ad aprire questo pubblico esperimento di co
Archemoro, furono ripristinati e consacrati a Giove da Ercole dopo la
sua
vittoria contro il famoso leone (370). Una corona
rostrato e deriso dalla moltitudine, mentre il vincitore seguitava la
sua
carriera fra gli applausi. Giunto solo alla meta,
into dalla consueta zona atletica. Non erano così alte e smisurate le
sue
membra come quelle del competitore, ma formate co
e viole Sulla funebre zolla ; e chi sedea A libar latte e a raccontar
sue
pene Ai cari estinti, una fragranza intorno Senti
e ogni avviso Nostro, tra’nostri siamo in prova addotti Per onorar le
sue
ceneri sante, Onoriamle, adoriamle ; e dal suo Nu
li altari e i vasi Le vivande lambendo, in dolce guisa Con le cerulee
sue
squamose terga Se’n gío divincolando, e quasi un
o il nome E l’anima di Anchise. Indi i compagni, Ciascun, secondo la
sua
possa, offrendo, Lieti colmàr di doni i santi alt
ineo tra le faville Ricerche e scelte, e di viu puro asperse ; Poi di
sua
mano acconciamente in una Di dorato metallo urna
dolcezza e con la persuasione, di quello che con le armi. 698. Nella
sua
assenza Tifone suo fratello aveva tentato d’usurp
ue, simulacro vivente d’ Osiride perchè gli Egiziani credevano che la
sua
anima fosse andata in quell’animale (Metempsicosi
vano la moltitudine, ed era preceduto da fanciulli che celebravano le
sue
lodi. — Secondo i libri sacri degli Egiziani Api
r cattivo augurio. Talora lo consultavano accostando un orecchio alla
sua
gola, e poi uscivan dal tempio chiudendosi le ore
iunto un figliuolo chiamato Anubi, il Mercurio degli Egiziani ; ma la
sua
origine è incerta come quella degli altri Dei pri
ell’èra cristiana ; ma il Senato lo abolì per la troppa licenza delle
sue
feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di
po aver soggiornato nell’uovo per un gran numero d’anni, scompartì la
sua
stanza in due parti eguali, di cui formò il cielo
o Triloco. Visnù. 722. Questo Dio è celebre in specie per le
sue
nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d
i riconoscevano in esso il principio attivo, l’anima del mondo ; e le
sue
cerimonie erano celebrate al lume di luna od alla
sotto la figura d’una querce quando lo scongiuravano a comunicare la
sua
sapienza alle assemblee del popolo ; e sotto quel
macchinò di levare il trono a Tegirio re di quel paese per regnare in
sua
vece ; ma sventata la coapirazione, gli convenne
cttrice nè i aegreti della fisica sperimentale. 18. Per la smisurata
sua
mole presa dal gelo di morte. 19. Coloro cho amm
alle quali mandava fuoco. Non ò questa la terra cho manda fuoco dallo
sue
viscero, essendo il Tartaro per gli antichi il fo
il fondo dolla terra ? E descrivendo il gigante, Esiodo segua : Nelle
sue
ammirabili teste sotto le ciglia gli sfavillava i
te sotto le ciglia gli sfavillava il fuoco dagli occhi, e in lutte le
sue
teste insieme ardeva la fiamma. E indica il rnmor
vole scienziato di Germania, confermô la sentenza degli antichi colle
sue
Osservazioni che, tradotte dal ledesco, furono st
o Evergete, partendo a guerreggiare contra la Siria, lasciò Berenice,
sua
sposa recente, tanto sollecita di lui, che ella v
ni o Circenses. 42. Promontorio del Peloponneso nella Laconia. Alle
sue
falde era una caverna larga e profonda onde esala
favola del Tartaro, quella dei giudici infernoli, di Caronte e della
sua
barca. 44. Rovinato. 45. Virgilio. 46. Inlendi
llotto, a domare i cavalli, a guidera i carri. Il popolo vi tenova le
sue
assemblee, vi eleggeva i magistrati e vi ardova i
er nelle mani d’Augusto. 63. Dicesi di Cristoforo Colombo, che nella
sua
maraviglioss navigazione ai lidi del Nuovo Mondo
se dell’accostarsi ad una terra dagli olezzi dei fiori, portati sulla
sua
nave dai veuticelli. 64. Dalla parola penus o pe
Alceo e della poetessa Saffo. 92. Era d’Argo, e fidava tanto nella
sua
forza che andava dicendo di voler prendere Tebe a
prode, amabile e bello, che seppe cattivarsi il cuore di tutti per la
sua
savia condotta e per la onoralezza dei sentimenti
teramente il pudore, e fu sino alla morte il modello degli eroi della
sua
patria. 94. I figli maggiori dei selle capitani
o resistè ai miasmi pestiferi e all’orribile spettacolo dell’ estinta
sua
prole. L’eccesso del dolore la rese muta e impass
spetto dei luoghi dove aveva vissuto nell’ infsuzia, alla vista della
sua
vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi a
in equilibrio con un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la
sua
più lontano di tutte, oltre il termine statuito.
il bel’ zeffiro Dell’italico cielo ; in procellosi Venti e bufère le
sue
molli aurette ; I lieti allòri dell’aonie rive In
nome di Cielo ; e qualcuno confonde Vesta Prisca o Tetture con Cibele
sua
figlia. Da queste due divinità trassero origine l
del mondo, ma cedette i suoi diritti a Saturno dietro le preghiere di
sua
madre Tellure, a condizione però che il fratello
i divorava i suoi figli a misura che nascevano. Tuttavia Rea o Cibele
sua
moglie trovò modo di sottrarre alla crudeltà del
ere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di
sua
madre colla quale è soventi confusa. I suoi sacer
Coribanti ed anche Cureti le rendevano il culto danzando intorno alla
sua
statua contorcendosi con modi spaventevoli. Sotto
to dalla capra Amaltea. Cresciuto in età e venuto in cognizione della
sua
nascita chiese che Saturno lo riconoscesse erede.
l’obbligò a ricovrarsi nel Lazio. Impadronitosi del trono Giove sposò
sua
sorella Giunone e divise l’impero co’due suoi fra
di Olimpico era il principale perchè dicesi che facesse dimora colla
sua
corte sul monte Olimpo in Macedonia. Il faggio e
. Contro Io figlio di Inaco re d’Argo esercitò ella principalmente la
sua
gelosia. Essendosi accorto Giove dell’avvicinarsi
Troiani ; e suscitando contro di essi una terribile guerra estese la
sua
vendetta fin contro Enea. Mentre questi navigava
unone andò a ritrovar Eolo, e gli promise Deiopea, la più bella delle
sue
Ninfe, se faceva perire Enea colle sue navi ; ma
se Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se faceva perire Enea colle
sue
navi ; ma Enea fu protetto da Venere. Avendo sapu
umate, e quelle di cattiva vita non potevano entrare ne’ suoi templi.
Sua
messaggiera e ministra era Iride figlia di Tauman
osofi che prendono Giove per l’aria più pura o l’etere, riguardano la
sua
sposa come l’aria la più ingombra di vapori e la
a, ed ebbe da lui promessa di riaverla quando però non avesse dopo la
sua
entrata nei Campi Elisi gustato alcun cibo. Ascal
na melagrana e ne avea mangiati sette grani, Cerere vedendo deluse le
sue
speranze, cambiò per vendetta Ascalafo in barbagi
sare al più deforme degli Dei. Venere odiò il marito per la soverchia
sua
deformità ed ebbe un numero infinito d’amanti. De
ide, innanzi del quale levatosi il cinto si mostrò Venere in tutta la
sua
bellezza, le diede il pomo d’oro, contrastatole d
oni ed a tutti i piaceri che traggon il principio dalla tenerezza. Le
sue
feste si celebravano con ogni sorta di dissolutez
so ; e mille Amoretti stanno scherzando col suo cinto ed ammirando la
sua
bellezza. Sono abbominevoli i disordini commessi
che molti altri nomi secondo i luoghi ov’era particolarmente onorata.
Sua
madre partorì due gemelli, e Diana, nata per la p
ant’odio pel matrimonio, che ottenne da Giove per sè e per la sorella
sua
Minerva la grazia di poter conservare una perpetu
a che nelle selve, accompagnata da’ suoi cani. Fu sempre gelosa della
sua
bellezza e degli omaggi degli uomini. Vendicativa
ervi bianchi ; cammina spesso a piedi col suo cane e circondata dalle
sue
Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma ba
ità. Nettuno Nettuno figlio di Saturno e di Rea, fu salvato da
sua
madre come Giove, dal furore del padre, e consegn
ad amarlo, le mandò un delfino il quale fu sì abile nell’eseguire la
sua
commissione che persuase Anfitrite a sposare Nett
mente il Caval Pegaso, che loro serviva di cavalcatura. Riguardo alla
sua
nascita, dicesi che Latona sua madre, perseguitat
serviva di cavalcatura. Riguardo alla sua nascita, dicesi che Latona
sua
madre, perseguitata dall’implacabile Giunone, la
due suoi figli. Apollo Il primo uso che Apollo fece delle
sue
frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu
e Dio del commercio ; e come quello dell’eloquenza si finse che dalla
sua
bocca uscissero catene d’oro, che dolcemente lega
una bella vacca onde conservasse il segreto ; ma avendo mancato alle
sue
promesse Mercurio lo cangiò in pietra di paragone
ra sul conto suo. Giunone sempre gelosa di Giove e sdegnata contro le
sue
amanti, assunte le forme e la figura di Beroe vec
o amante le mise in animo un’ardente brama di veder Giove in tutta la
sua
maestà. Semele che non si avvedeva della malignit
abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle
sue
coscie, ove lo tenne il resto dei nove mesi ; ven
a Dea non odiava soltanto le amanti di Giove, ma estendeva puranco la
sua
vendetta contro i figli che di esse nascevano. Li
e di esse nascevano. Licurgo re di Tracia avendo inseguito Bacco e le
sue
sacerdotesse, che celebravano le orgie sul monte
o quello che da lui fosse toccato. Ma ebbe ben tosto a pentirsi della
sua
dimanda, e mutandosegli in oro anche il pane ed i
lavoro egregio di Vulcano, che pose tra gli astri dopo la morte della
sua
sposa. Arianna partecipò nell’Olimpo all’immortal
ricomparve nell’Olimpo, e sposò Venere per ordine di Giove. Aveva le
sue
fucine nelle isole di Lipari e di Lenno e sul mon
ono dal corpo. Lo ritengono altri come l’emblema del sole, che, nella
sua
assenza durante l’inverno, piomba la natura nel l
oeti e de’rinomati cantori con dolce mormorio. Lete vi scorreva, e le
sue
onde spargevano d’oblio i mali della vita. Una te
della vita. Una terra sempre ridente rinnovava tre volte ogni anno le
sue
produzioni, e con bella vicenda presentava o fior
r aver fornito l’acqua ai Titani nella lor guerra contro di Giove. Le
sue
acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passav
perfetto, sfuggono e vanno a riuniral a quelle dell’Acheronte. Sulle
sue
sponde si vedevano dei tassi che porgevano un’omb
l’acqua di questo fiume Cerere trasformò l’indiscreto Ascalafo. Su le
sue
sponde non vedevasi giammaï crescere albero o pia
si anche il fiume dell’Oblio. Le ombre erano obbligate a bevere delle
sue
acque, la proprietà delle quali consisteva nel fa
oprannominato il fiume d’olio perchè il suo corso era placido ; sulle
sue
sponde si vedeva una porta che comunicava col Tar
llocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era difficile e le
sue
acque con sordo strepito mormorando, ispiravano u
ò di beneficenze e stabili che quando gli Dei avessero giurato per le
sue
acque, il loro giuramento fosse inviolabile, e se
un oscuro vestimento indosso, lordo del fango del fiume infernale. La
sua
barca ha vele color di ferro, ed egli tiene un pa
he con esso si denotasse colui che per ordine del re tragittava nella
sua
barca quelli che avevano pagato il diritto della
ne ove si era rifuggito. Orfeo addormentò questo cane col suono della
sua
lira, allorchè andò a cercare Euridice. La Sibil
Apollo. Si danno molti caratteri a questa Dea e varia all’infinito la
sua
genealogia ; pare che ogni paese avesse la sua Ec
varia all’infinito la sua genealogia ; pare che ogni paese avesse la
sua
Ecate di cui i mitologi hanno complicato le quali
vida degli altri o distratta dall’affano che le cagionava il ratto di
sua
figlia senza avverdersene ne mangiasse una spalla
re de’ Lapiti volendosi vendicare di Apollo che aveva sedotta l’unica
sua
figlia Coronide incendiò il tempio che quel Dio a
Egli fu il primo che si fece reo dell’uccisione di una persona della
sua
famiglia. Questo delitto destò orrore ; e siccome
stro accidente l’aveva immerso lo ricevette in cielo e lo ammise alla
sua
tavola ; e questo ingrato principe abbagliato dal
a figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra, perchè
sua
madre lo partorì sotto terra o in una caverna ove
le tra gli Dei Inferiori. Gli autori antichi non sono d’accordo sulla
sua
origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Merc
nventore. Accompagnò Bacco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La
sua
principal cura era di stare giorno e notte nelle
e di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio all’anno ed alle
sue
variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figur
hitosi di Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto distinta per la
sua
bellezza e che avea rifiutato la mano di vari Dei
’abbondanza tra le mani ovvero un cesto di fiori. Giunto Vertunno con
sua
moglie in età avanzata, ringiovanissi insieme con
ttevano. Aristeo figlio di Apollo e di Cirene avendo perdute tutte le
sue
api, andò per consiglio della madre Cirene a cons
madre Cirene a consultare Proteo per sapere il mezzo di rìsuperare le
sue
api, e dovette sorprenderlo mentre dormiva e con
gliono alcuni che Proteo sia stato re d’Egitto saggio ed avveduto. La
sua
prudenza gli faceva prevedere tutti i pericoli, e
a altri fu detto che Proteo era un oratore che colle attrattive della
sua
eloquenza conduceva a suo talento lo spirito di c
Isole Fortunate. Essa fu amata da Zefiro, il quale la rapì e la fece
sua
sposa, conservandole il fiore della sua prima gio
o, il quale la rapì e la fece sua sposa, conservandole il fiore della
sua
prima giovinezza e dandole in dote l’impero de’ f
Giunone, che dopo il giudizio di Paride la odiava tanto, le offrì la
sua
assistenza nel parto, e ricevette il fanciullo sì
in mano per allontanare i ladri e gli uccelli. I Romani mettevano la
sua
statua negli orti, nella persuasione ch’egli ne f
a ov’egli risiedeva. Era tale il potere di Eolo sui venti che la sola
sua
volontà li riteneva. Quando i venti gettarono Uli
ce dono di alcuni otri in cui stavano rinchiusi i venti contrari alla
sua
navigazione. I compagni di Ulisse, vinti dalla cu
retteo sesto re di Atene, e non avendo potuto renderla sensibile alla
sua
passione, la rapì dalle sponde del fiume Ilisso d
sponde del fiume Ilisso dove si trastullava con altre fanciulle della
sua
età, e la trasportò nella Ciconia, regione di Tra
Si dipinge coi coturni ai piedi e le ali alle spalle per indicare la
sua
leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantel
nudo. Cammina sopra nuvole, soffia con gote enfiate, per dinotare la
sua
violenza, e tiene in mano un innaffiatoio, per in
cono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle
sue
nozze fu schiacciato nella propria casa, e che i
zella ateniese ; ma siocome dessa era di nascita molto superiore alla
sua
, così non osava egli dichiarare la sua passione,
i nascita molto superiore alla sua, così non osava egli dichiarare la
sua
passione, quindi si contentò di seguirla ovunque
piaggia del mare la festa di Cerere, alla quale doveva intervenire la
sua
favorita, egli si travestì, e quantunque sconosci
sua favorita, egli si travestì, e quantunque sconosciuto, pure l’aria
sua
amabile lo fece ricevere in quella devota compagn
fosse stata accordata la mano di quella ch’egli teneramente amava. La
sua
proposta venne accettata, sposò egli la sua innam
gli teneramente amava. La sua proposta venne accettata, sposò egli la
sua
innamorata, e in memoria di un sì fortunato marit
ere e Celo. Dicono alcuni che la Notte fece un uomo, lo covò sotto le
sue
nere ali, e ne fece nascere Amore, il quale spieg
o le sue nere ali, e ne fece nascere Amore, il quale spiegò subito le
sue
ali dorate, e pigliò il volo a traverso il nascen
e ; esso presiedeva alla voluttà. Appena nato, Giove prevedendo dalla
sua
fisonomia i disordini di cui sarebbe stato origin
re si estende fino sui mari. Non è cosa rara di vederlo scherzare con
sua
madre ; qualche volta Venere tiene il suo turcass
olte essa lo stringe al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi
sua
madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con
he il solo mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora
sua
madre gli diede per fratello un altro Amore il qu
che questo Amore ebbe veduta la luce, suo fratello sentì aumentar le
sue
forze e dilatarsi le ali che ripigliavano il loro
lio di Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Vogliono i poeti che
sua
madre, avendolo perduto mentre era fanciullo, and
si deve custodire il secreto delle lettere. Si pretende da alcuni che
sua
madre lo desse alla luce prima del termine e che
a e la confinò nell’inferno perchè aveva scoperto a Giunone una delle
sue
relazioni amorose. Mercurio invaghito della sua g
o a Giunone una delle sue relazioni amorose. Mercurio invaghito della
sua
grande bellezza la sposò e n’ebbe due figli chiam
e del giorno. Amò teneramente Titone, giovinetto molto celebre per la
sua
bellezza, figlio di Laomedonte ; essa lo rapì, lo
one. Fu tanto il dolore ch’essa provò per la morte di essi per cui le
sue
abbondanti lagrime produssero la rugiada della ma
produssero la rugiada della mattina. L’Aurora per dar un segno della
sua
tenerezza a Titone, gli accordò di poter vivere l
i ed alle Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui si celebrava la
sua
festa era permesso agli uomini di vestire da donn
tti. Questo Nume era uno de’compagni di Dioniso o Bacco. Si poneva la
sua
statua sul limitare dell’appartamento de’nuovi sp
ea o Igia Igiea secondo alcuni moglie di Esculapio, secondo altri
sua
figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo
di Epidauro ; fu nutrito da una donna chiamata Trigone, e passando la
sua
vita ne’giardini acquistò una perfetta cognizione
e divenne eccellente nel predire il futuro. Temi voleva conservare la
sua
verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo e la
i rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi. La
sua
bilancia fu da Giove posta tra i segni dello zodi
discussioni bandita ; ingegnosa idea che dovrebbe dovunque trovare la
sua
applicazione. Gl’infermi, per quanto si riferisce
to rincontrano sul loro cammino. Le sta vicina la Discordia che colle
sue
faci mette fuoco ai tempii ed ai palazzi ; ed in
fugge con un fanciullo nelle braccia. I suoi sacerdoti celebravano la
sua
festa correndo gli uni contro gli altri armati di
precedenza che al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la
sua
dignità era a vita. Fetonte Fetonte era fi
Sole come si credeva. Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con
sua
madre Climene, la quale il rimandò al Sole per ac
n sua madre Climene, la quale il rimandò al Sole per accertarsi della
sua
nascita. Fetonte entrò nel palazzo del Sole e lo
rovò seduto sul suo rilucente trono ed informatolo dell’oggetto della
sua
venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza
Po. Fu tanto il piangere che fecero per la morte di Fetonte le Eliadi
sue
sorelle e l’amico Cicno o Cigno, che furono esse
noscere il corso del sole ; che morì in freschissima età, e lasciò le
sue
osservazioni ancora imperfette ; e da ciò i poeti
non aver egli potuto condurre il carro del Sole sino al termine della
sua
carriera. Aggiungono alcuni che questo principe f
o agli ordini delle persone che avevano diritto d’imporli. Volgeva la
sua
attenzione particolarmente alle offese fatte dai
Titea o la Terra. La maggior parte de’poeti l’hanno confusa con Teti
sua
nipote, moglie di Pelco e madre di Achille. Da Te
olare Achille, e vedendo che insieme all’ amico aveva egli perdute le
sue
armi, si portò in cielo a pregar Vulcano di darle
Vulcano di darle pel proprio figlio delle armi divine e dalle proprie
sue
mani lavorate. Ottenute che le ebbe le portò tost
so l’ anno 1430 prima della nostr’era. Fece edificare molte città. La
sua
giustizia e l’ amore pe’ suoi sudditi, che lo ris
Gran Legislatore e fu detto il Giusto per cocellenza. Per dare alle
sue
leggi maggiore autorità, ogni nove anni, ritirava
portare qualche nuova legge. Avvi chi asserisce che Minosse ricevè le
sue
leggi da Apollo e che viaggiò a Delfo per apprend
teva esser tradito che dalla propria figlia, in cui riponeva tutta la
sua
confidenza. Essendosi essa innamorata di Minosse
nnati ad essere preda del mostro, lo uccise, liberando così la patria
sua
da questo crudele castigo e sortì felicemente dal
i Minosse gli aveva dato. Nel partire da Creta Teseo condusse seco la
sua
liberatrice, che abbandonò poi nell’isola di Nass
architettura, Benchè uscito di sangue reale, egli coltivò in tutta la
sua
vita le arti e le condusse a perfezione. Gli anti
colla di pesce e del livello. Egli si rese specialmente famoso per la
sua
abilità nel fare certe statue che uscendo dalla s
nte famoso per la sua abilità nel fare certe statue che uscendo dalla
sua
mano croatrice, erano come automati che si credev
per nome Ascalo, noto anche sotto il nome di Talao, figlio di Perdice
sua
sorella. Questo giovine prometteva maggiori talen
re a terminar la loro vita coll’ultimo supplizio. Dedalo usando della
sua
industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di
reopago era in fatti situato in cima alla collina ove Marte difese la
sua
causa allorchè fu obbligato di giustificarsi dell
sse delle conversazioni colle marine Deità. Malgrado però di tutta la
sua
abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto c
sa e rallegrante, presiede al flauto ed agli istromenti da fiato e la
sua
giurisdizione estendesi su la musica istrumentale
o venne ad esse aggiunto l’autunno ed il solstizio d’inverno ossia la
sua
più fredda parte, si crearono due nuove Ore, cui
ti. Perseo le vinse e tagliò la testa a Medusa, la più eelebre per le
sue
disavventure, ma la sola che fosse mortale, mentr
ebre per le sue disavventure, ma la sola che fosse mortale, mentre le
sue
sorelle non erano soggette nè alla vecchiaia nè a
ngue orientali, le navi di un principe, per quanto si dice, chiamansi
sue
figlie. Allorchè Perseo troncò il capo di Medusa,
Pierio e Permesso. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le
sue
ali i poeti di primo ordine. Avvi chi confonde co
iviere. Ogni Divinità superiore dell’uno e dell’altro sesso aveva le
sue
Ninfe, nel cuirango convien mettere eziandio le M
re, per ricompensarlo del servigio che avevale reso con prolungare la
sua
esistenza, che da quella quercia dipendeva ; e la
mare. Una delle più distinte tra le figlie di Nereo fu Galatea per la
sua
ammirabil bianchezza, per la divina bellezza dell
ra Aci e lo schiacciò. Galatea gittossi in mare e si unì alle Nereidi
sue
sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Are
ella quale erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le
sue
acque con quelle di Aretusa. Allora la casta Dian
one nella Ionia, la quale lavorava così bene in ricamo, che traeva in
sua
casa un’infinità di stranieri per ammirare la bel
a in sua casa un’infinità di stranieri per ammirare la bellezza delle
sue
opere. Gli elogi che le si tributarono, le inspir
e gli Egizi per rammentare continuamente al popolo l’importanza delle
sue
manifatture di tela, esponevano nelle loro feste
go, portò i pomi d’oro a Euristeo, e in questa guisa compì l’undecima
sua
fatica. Vogliono alcuni ch’egli pregasse soltanto
se soltanto Atlante a procurargli que’ pomi offrendosi a sostenere in
sua
vece il cielo, intanto che Atlante si recasse all
ma furono sorpresi da Ercole che li ucelse, e Atlante in prova della
sua
riconoscenza diede all’eroe i pomi ch’egli era ve
a ; si sostiene da altri che Cerere in punizione di non aver soccorso
sua
figlia rapita da Plutone le cambiò in uccelli. Pa
di coloro che erano in tal guisa periti. Ulisse dovendo passare colla
sua
nave dinanzi alle Sirene, e avvertito da Circe, t
n mare approdò in Italia e fu sepolta a Dicearchia oggi Pozzuolo ; la
sua
tomba fu trovata nell’edificare una città che dal
e e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la
sua
cintura, e coi continui loro urli, spaventavano t
spaventavano tutti i passaggeri. Scilla spaventata ella stessa della
sua
figura gittossi in mare, vicino al luogo ove è il
suo amante. Si dice che Seilla ha una voce terribile e che le orrende
sue
grida rassembrano al muggito del lione ; che è un
sere anche gran bevitore, se si deve giudicarlo dalla grandezza della
sua
tazza, che dicesi fossero necessari due uomini pe
risteo, sotto i cui ordini dovea imprendere i suoi combattimenti e le
sue
fatiche per la sorte della sua nascita. Alcuni pr
a imprendere i suoi combattimenti e le sue fatiche per la sorte della
sua
nascita. Alcuni pretendono che questo suo procede
e di sottomettersi agli ordini di Euristeo. Giunoue per punirlo della
sua
disubbedienza lo colpì con tale delirio che uccis
lo colpì con tale delirio che uccise i propri figli natigli da Megara
sua
prima moglie credendo di togliere di vita quelli
purificata l’aria, Ercole si presentò per ricevere il compenso delle
sue
fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gre
rincipalmente gli stranieri che avevano la mala sorte di cadere nelle
sue
mani. Ercole preso che ebbe Diomede lo fece divor
rpi che faceva pascere i suoi buoi con carne umana. Per custode delle
sue
mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto
fe’ cogliere da Atlante ed ei frattanto sostenne invece di lui sulle
sue
spalle il cielo. 12.° Discese all’inferno, incate
parti, il Dio si diede a conoscere e si congratulò col figlio per la
sua
forza e valore. Ercole ebbe molte mogli e gran nu
fermarsi. Sentendosi il Centauro vicino a morire, diede a Deianira la
sua
camicia intrisa nel proprio sangue, a ssicurandol
e si avvicinava il suo fine, alzò un rogo sul monte Oeta, vi stese la
sua
pelle di leone, vi si coricò sopra, si pose la ma
capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle
sue
ceneri. Appena fu acceso il rogo, dicesi che cade
sso ; ora barbuto e molte volte senza barba. La più bella di tutte le
sue
statue l’Ercole farnese ora in Napoli lo rapprese
suo bianco colore, mentre la parte esterna fu fatta nera dal fumo. La
sua
clava era d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la s
nera dal fumo. La sua clava era d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la
sua
morte, piantata nella terra aveva preso radice, e
uoco, vi accese una fiaccola e portatala in terra diede con essa alla
sua
statua anima e vita. Adirato Giove per questo att
barca la quale portava Deucalione il più giusto degli uomini, e Pirra
sua
sposa la più virtuosa tra le donne, i soli che pe
rando che i flutti non tardassero ad inghiottirli, ma fu deluso nella
sua
speranza perchè il naviglio fu trasportato sulle
i di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla
sua
corte. Finse Polidete di voler dare un pranzo ai
ostengono altri che Perseo trovandosi a Larissa volle far prova della
sua
destrezza nel lanciare il disco da lui inventato
ia era re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne celebre per le
sue
cognizioni astronomiche ; fu il primo per quanto
. Si narra da altri che Giove lo condannò veramente a sostenere colle
sue
spalle il cielo per aver prestato dei soccorsi ai
si da un figlio di Giove, si decise a non ricevere più alcuno in casa
sua
. Perseo vi andò, come abbiam già visto, ed essend
ri di Egeo. Teseo vantavasi di nascere da Nettuno. Qualunque siasi la
sua
origine diede egli segni di straordinario valore
nte i suoi giorni in una vita privata, ma il re Licomede geloso della
sua
fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe o
pararono la loro ingratitudine verso Teseo rendendo onori divini alle
sue
ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in mezzo
Melata moglie di Issione, invidioso della gloria di lui, venne colle
sue
genti nell’Attica per provarsi con esso : ma appe
la pugna che egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle
sue
nozze con Ippodamia figlia di Enomao invitato i C
, pace che non durò lunga pezza ; imperciocchè avendoli invitati alle
sue
nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia sposa
iope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa
sua
sorella essendo stata rapita da Giove, Agenore ch
volle, avanti gettare le fondamenta della nuova città, dimostrare la
sua
riconoscenza agli Dei con un sacrificio. A tal fi
cità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo era fratello di Europa,
sua
rivale. La prima sciagura ch’ella gli cagionò, si
o al fine al dolore che gli cagionavano tante sciagure avvenute nella
sua
famiglia, abbandonò il soggiorno di Tebe e dopo a
ver lungamente errato in diversi paesi, giunse in Illiria con Ermione
sua
sposa, che avevalo sempre accompagnato. Oppressi
egò Giove che rendesse questi alla vita e togliesse a lui medesimo la
sua
immortalità. Tutto ciò ch’egli potè ottenere si f
o re di Tracia e della musa Calliope. Per dare maggior splendore alla
sua
nascita e ai talenti di lui venne in seguito pubb
lodia e vi erano per anco attratti gli augelli ; al dolce suono della
sua
lira tacevano i venti, il lor corso fermavano i f
ome il padre della pagana teologia. Incantate dai soavi accordi della
sua
cetra le Ninfe delle acque e delle foreste, dovun
in dovere di rintracciarla sin nci regni della morte ; prese egli la
sua
lira, discese pel Tenaro sulla riva di Stige e a
iva di Stige e a quella accoppiando il doloe e commovente suono della
sua
voce, dilettò le infernali divinità, e sospese i
tà, e sospese i tormenti delle colpevoli ombre. Tantalo dimenticò la
sua
sete, la ruota d’Issione si arrestò, gli avoltoi
al riempir d’acqua il loro vaglio ; Sisifo si assise tranquillo su la
sua
rupe ; le Furie stesse ne furono commosse, e vers
Non gli restava a fare che un passo ed avrebbe riveduta la luce colla
sua
amata Euridice ; l’impazienza lo tradisce, egli s
Acheronte senza prender alcun cibo, pascendosi del suo dolore e delle
sue
lagrime. Si ritirò poscia sul monte Rodopo nella
, cercando di vivere solitario nei boschi, piangendo continuamente la
sua
perdita e divenuto insensibile all’amore ricusò c
lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le
sue
foci. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfe
tata dai flutti, si fermò presso l’isola di Lesbo, e dicesi che dalla
sua
bocca udivansi uscire tristi e lugubri suoni che
mito. Alcun tempo dopo Anfione costruì le mura di Tebe al suono della
sua
lira : le pietre sensibili alla soavità de’suoi c
essere un avanzo di quelle ch’egli aveva fatte venire al suono della
sua
lira. Non è difficile l’intendere che i poeti nel
nel dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe col suono della
sua
lira, che indipendentemente del suo talento nel m
lo aveva aspramente rampognato, ed anche contraffatto per la cattiva
sua
maniera di maneggiare quell’istromento. A questo
o Chirone, il più saggio degli uomini del suo tempo, prese cura della
sua
educazione e gl’insegnò le scienze delle quali eg
sone in lolco trasse a sè gli sguardi di tutto il popolo per la bella
sua
presenza e pel suo abito straordinario : si fece
quelle divinità della cui assistenza credeva poter abbisognare nella
sua
intrapresa. Giove promise colla voce del tuono il
lla Colchide, famosa maga, divenisse amante di Giasone affinchè colla
sua
arte lo assistesse a superare tutti i pericoli cu
ssarsi affettuosamente per Giasone, gli promise il soccorso dell’arte
sua
, purchè egli volesse darle la sua fede. Dopo reci
, gli promise il soccorso dell’arte sua, purchè egli volesse darle la
sua
fede. Dopo reciprochi giuramenti si separarono, e
lo rinascere ringiovanito. Questo delitto non rendè però a Giasone la
sua
corona, perchè Acasto, figlio di Pelia, se ne imp
re marito che dopo aver vissuto molto tempo tormentato dal peso delle
sue
sventure, egli perirebbe colpito dagli avanzi del
poscia s’impadronì di Iolco, ove passò tranquillamente il resto della
sua
vita. Chirone nacque dagli amori di Filira figli
no con Saturno che si era trasformato in cavallo per occultarsi a Rea
sua
sposa. Divenuto grande si ritirò su le montagne e
e delle stelle. Questo Centauro viveva avanti l’acquisto di Troia. La
sua
grotta, situata appiè del monte Pelio in Tessagli
r la musica, che giunse a guarire le malattie coi soli concenti della
sua
lira ed era tanto valente nella cognizione de’cor
rato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle
sue
frecce, tinta nel sangue dell’Idra di Lerna, manc
ò Giove di porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, tocoo dalla
sua
sciagura, trasferì a Prometeo l’immortalità ch’er
i. Borea vendicò l’innocenza de’nipoti, accecando Fineo, il quale per
sua
consolazione ottenne di poter saper l’avvenire. R
ra di Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a sei leghe dalla
sua
imboccatura, capitale della Colchide ove regnava
ero nel mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e che Teti e le
sue
Ninfe dirigessero la nave degli Argonauti a trave
frequenti eccessi di pazzia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino
sua
prima moglie. I figli di Nefele ebbero parte alla
i disegni della matrigna discoperse ; il consigliò a fuggire con Elle
sua
sorella e si offrì per servir loro di vettura. L’
ria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di
sua
moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla qu
Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, la
sua
gola spalancata vomitava turbini di fuoco e di fi
tti. Allora Giobate ammirando il valore di lui, e riconoscendo dalle
sue
imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne
partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e gli diede in isposa
sua
figlia e con essa metà del suo regno. I popoli me
are la Chimera ; ch’egli su questo destriero, e gonfio il cuore delle
sue
vittorie, tentò di salire in cielo : allora Giove
ro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia, rapita dalla
sua
patria e trasportata in Grecia. Nelle medaglie an
i Pleurone tutte e due città della Grecia nell’Etolia. Al suo nascere
sua
madre s’avvide che le Parche misero un tizzone su
ssippo, egli adirato gli uccise. Ma questa uccisione fu cagione della
sua
morte ; perocchè Altea di ciò irritata rimisi il
Atalanta che sospettava la loro intenzione, vedendoli avvicinare alla
sua
grotta, non ne fu commossa ; ma stende l’arco e f
e asserirono alcuni, ella d’accordo col padre suo, mise il dono della
sua
mano ad una condizione capace di allontanare i pi
ile amicizia tra i coniugati ; questo uccello non si separa mai dalla
sua
compagna quando l’ha scelta. È celebre nella mito
Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva nel luogo di
sua
nascita. Prima della guerra nella quale soccorse
terrò più volte il suo nemico ; ma tosto che Alcione toccava la terra
sua
madre, prendeva nuove forze e si rialzava più for
di Apollo. Giano fu allevato in Delfo, ed Eretteo ignorò sempre e la
sua
nascita e la sua educazione. Avendo maritata la f
fu allevato in Delfo, ed Eretteo ignorò sempre e la sua nascita e la
sua
educazione. Avendo maritata la figlia a Xifeo e n
io per impedire tale enormità consegnò Edipo subito nato ad uno della
sua
corte acciò lo facesse perire, ma questi, fatto p
ie che a Laio erano state predette e lo avvisò di non ritornare nella
sua
patria per evitarle. Credendo Edipo che l’oracolo
in questo animale si figurava l’uomo, perchè l’uomo sul mattino della
sua
vita, cioè quando è bambino, se ne va carponi, on
con quattro gambe ; sul mezzogiorno, cioè mentre dura il fiore della
sua
vita, cammina su due piedi, e venuta finalmente l
lla sua vita, cammina su due piedi, e venuta finalmente la sera della
sua
vecchiezza, è costretto ad aiutarsi col bastone,
era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta
sua
madre. Preso da orrore nel vedersi tutt’ad un tem
io esilio o come altri scacciato dai propri figli si fece condurre da
sua
figlia Antigone in poca distanza di un borgo dell
pollo, il quale gli predisse ch’egli doveva morire a Colonos e che la
sua
tomba sarebbe il segnale della vittoria degli Ate
te egli un colpo di tuono, lo risguarda come un presagio della vicina
sua
morte e senza guida alcuna s’incammina al luogo d
presenza di Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al genere di
sua
morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la vol
o è palese il secreto intorno al genere di sua morte e il luogo della
sua
tomba. Abbenchè la volontà dalla quale viene cost
quale viene costituito il delitto, non abbia avuto parte alcuna nella
sua
vita, pure i poeti non tralasciano di situarlo ne
on solo diede un superbo rifiuto, ma fe’pure tendere un agguato dalle
sue
genti comandate da Licofonte e Meone a Tideo per
h’essi estinti ; e Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle
sue
genti dovè tornarsene scornato in Argo. Più che a
ome un mostro da tutti riguardare. Gli artigli di lione indicavano la
sua
crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini d
avvenimenti, è conosciuta ora sotto il nome di Morea. Pelope dopo la
sua
morte ottenne gli onori divini, ed i Greci lo pon
per nome Astioche, non volle mai più permettere che comparissero alla
sua
presenza, dimodochè essi spatriarono entrambi. At
a seguito suo fratello Atreo nell’Argolide, si fe’ amare dalla regina
sua
cognata, e la rese madre di due figli. Atreo aven
idi. Dopo la morte di Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu
sua
prima cura di allontanare i suoi pronipoti Agamen
n tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle
sue
figlie in matrimonio : Elena a Menelao e Clitenne
andosi di esiliarlo nell’isola di Creta. Divenuto Agamennone e per le
sue
conquiste e per la morte di Tieste, che gli aveva
la regina, gli riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla
sua
condotta, di concerto con essa, allorchè Agamenno
ui era incinta, sarebbe stato un giorno cagione dello sterminio della
sua
famiglia e della sua patria. Priamo a fin di prev
be stato un giorno cagione dello sterminio della sua famiglia e della
sua
patria. Priamo a fin di prevenire una tale disavv
Paride vivesse tra pastori, pure l’interessante suo aspetto, le rare
sue
qualità e certi tratti di spirito e di magnanimit
mo per andare in qualità d’ambasciadore a Sparta a ridomandare Esione
sua
avola, condotta via da Telamone fin dal tempo che
a partire per Creta, e abusando dell’ospitalità, si tolse Elena su le
sue
navi e condussela a Troia. Per vendicare quest’in
ride fu ucciso da Pirro e vide prima di morire interamente ruinata la
sua
patria per propria cagione. Subito ch’ei fu ferit
nse che Troia sarebbe stata eternamente sicura, se quel cavallo nelle
sue
mura si conducesse. Fu esso adunque, squarciate l
ccessore il figlio Giulio Ascanio, che edificò Alba e vi trasportò la
sua
sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Num
ro da Omero descritte nell’Odissea. Le vicende sofferte da Enea dalla
sua
partenza dall’Asia fino al suo stabilimento in It
giani e financo il suo caro Effestione. Vespasiano fa allontanare la
sua
scorta nel presentarsi che fa al tempio di Serapi
lte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della
sua
qualità di sovrano degli Dei, era riguardato come
però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto per la
sua
anzianità, quanto per la precisione e la chiarezz
o per la sua anzianità, quanto per la precisione e la chiarezza delle
sue
risposte, in confronto degli altri ; di modo che
vivere tanti anni, quanti erano i grani di sabbia che essa teneva in
sua
mano, poc’anzi raccolti ; locchè fu a lei concess
o dei grani di sabbia che dovevano por fine alla misura degli anni di
sua
vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presente l
la scacciò con disprezzo ; per il che essa ne gettò tre nel fuoco in
sua
presenza e chiese lo stesso prezzo per quelli che
o Pallatino, poichè Giuliano li fece consultare in quell’ epoca sulla
sua
spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo
che i luoghi profanati. Ve n’erano di più specie, e ciascuna aveva le
sue
particolari cerimonie. Le principali erano quelle
o perchè Mirra stessa acconciandosi i capelli, aveva detto essere la
sua
capellatura più bella assai di quella di Venere.
se nell’ Inferno come ingannatore di femmine, non tace però di alcune
sue
egregie doti, facendo dire a Virgilio : « ….. Gu
di condurla seco ad esser regina in Grecia, se lo aiutava colle arti
sue
ad impadronirsi del vello d’oro. Le difficoltà er
ronitosi dell’ambito tesoro, partì subito cogli eroi compagni e colla
sua
fidanzata per imbarcarsi nuovamente sulla nave Ar
colare della vita di questo Eroe. Giasone colpito cru- delmente nelle
sue
più care affezioni tornò affranto dal dolore nel
rticolari incidenti per renderlo verosimile. Lo stesso Cicerone nelle
sue
opere filosofiche riporta una scena della tragedi
sto fine e con questo stesso intento invoca Dante le Muse a dare alla
sua
poesia una efficacia pari a quella di Anfione :
oè di perder tutti i figli per colpa e in punizione della superbia di
sua
moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figlio di
damente di tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso destinato alle
sue
nozze colla Ninfa Euridice, perdè la sua sposa ch
giorno stesso destinato alle sue nozze colla Ninfa Euridice, perdè la
sua
sposa che morì per essere stata morsa in un piede
per pregar Plutone e Proserpina, creduti inesorabili, a rendergli la
sua
sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagna
a sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagnato dal suono della
sua
cetra, che lo stesso Can Cerbero ne rimase ammali
erpina inteneriti gli accordarono la grazia implorata di riprender la
sua
diletta Euridice. Vi aggiunsero per altro una con
qualunque nuovo connubio che gli fosse offerto. Il che fu causa della
sua
fine funesta, perchè le Tracie femmine indispetti
dice. Fu poi raccolto dai Lesbii e datogli onorevole sepoltura ; e la
sua
lira fu presa dalle Muse e cangiata in quella cos
compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così lo privarono delle
sue
rendite. Nè allora esistevano altre api nel mondo
almente gli disse di sacrificar quattro giovenche in espiazione della
sua
colpa, e che lasciandone putrefare le carni, ne s
utti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena
sua
moglie ; ma fu detto che era figlio di Giove, per
di Giove, per render più credibili, secondo le idee di quei tempi, le
sue
straordinarie e prodigiose gesta. Le quali genera
ma pur anco nelle scienze, nella poesia e nella musica. E dell’indole
sua
impetuosa ci tramandarono un tristo esempio gli A
l voler del Fato di star sottoposto ad Euristeo. A questo tempo della
sua
vita si riferisce il moralissimo racconto di Erco
Nemeo Colla clava, e secondo alcuni Mitologi, soffocandolo tra le
sue
braccia, uccise Ercole il Leone della selva Nemea
poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa tinse le
sue
freccie che divennero in appresso tanto famose an
straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni umane in cibo alle
sue
giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di tutt
ra dicesi di Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il corso delle
sue
spedizioni dalla parte di ponente, e, secondo i M
ono che il can Cerbero arrivato all’aria aperta sparse sul terreno la
sua
bava, e da quella ivi nacque la pianta erbacea ch
rze. Di che accortosi Ercole, lo sollevò per aria e lo soffocò tra le
sue
braccia. Di questa favola dà la seguente spiegazi
ll’Inferno, anzi fu quello stesso che pregato da Virgilio prese colle
sue
mani i due poeti in un fascio 90, e li calò lieve
ccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiava di ossa umane delle
sue
vittime. Giunse Ercole nel piano fra quel monte e
si) quattro giovenche ; e le tirò a ritroso, ossia per la coda, nella
sua
caverna, perchè non si avesse indizio dalle orme
i fece « Del grande armento, ch’egli ebbe a vicino : « Onde cessâr le
sue
opere biece « Sotto la mazza d’Ercole, che forse
o più a lungo. È tempo ormai che Ercole abbia un poco di riposo dalle
sue
molteplici e sovrumane fatiche, e che noi assisti
alle nozze di lui, senza trascurar però di notare in appresso qualche
sua
debolezza che in ultimo fu causa della sua morte
notare in appresso qualche sua debolezza che in ultimo fu causa della
sua
morte ; la quale per altro egli incontrò con un e
ncontrò con un eroismo pari a quello mostrato in tutto il corso della
sua
vita. Sposò da prima Mègara figlia del re Creonte
apirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle
sue
freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna ; e N
ndosi mortalmente ferito si vendicò col persuader Deianira che quella
sua
veste insanguinata sarebbe un talismano per conse
è la vendetta egli stesso. » Ercole dopo qualche tempo ricominciò la
sua
vita randagia e di avventure, e la Fama divulgò c
dagia e di avventure, e la Fama divulgò che a menomar la gloria delle
sue
imprese eroiche, avesse avuto la debolezza di fil
vittima egli stesso, e insieme vi stese il vello del Leon Nemeo e la
sua
clava. Lasciò soltanto le freccie tinte nel sangu
camente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e di Leda
sua
moglie ; mitologicamente son figli di Giove, di c
il segno che segue il Tauro, quando racconta che questa fu una delle
sue
stazioni nell’ascendere al Paradiso : « ……………io
osse e divenne ottimo re e sapiente legislatore di quel popolo. Nella
sua
vita pubblica appartiene più alla Storia che alla
la Mitologia che alla Storia. La Cronologia greca fissa l’epoca della
sua
esistenza nei secoli xiv e xiii, avanti l’era vol
o la morte divenisse il primo dei tre giudici dell’Inferno pagano. Le
sue
leggi sono encomiate, non solo perchè regolavano
vita privata o di famiglia, per altro, egli fu poco fortunato ; ma le
sue
sventure domestiche furon di certo magnificate e
egnoso architetto e meccanico, il quale costretto ad esulare da Atene
sua
patria erasi rifugiato nella suddetta isola, ov’e
boria fanciullesca essendosi troppo avvicinato al sole, la cera delle
sue
ali si squagliò, e, cadute le penne, cadde anch’e
iuolo. » Dante rammenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la
sua
paura a quella di questo giovanetto, « …..quando
ili della vita particolare di Minosse, e tutte le altre vicende della
sua
famiglia dipendono dalle gesta di Teseo ; perciò
. Lo stesso Plutarco che è sì credulo e miracolaio ed inserisce nelle
sue
celebri Vite degli Uomini illustri tanti insulsi
molto impacciato a sceverarne il vero dal falso o mitologico. Ecco la
sua
dichiarazione colle sue stesse frasi tradotte dal
rarne il vero dal falso o mitologico. Ecco la sua dichiarazione colle
sue
stesse frasi tradotte dal Pompei : « Ora mi fosse
fosse di origine divina, non vollero per altro minorare la fama delle
sue
imprese coll’attribuirne il merito ad una special
ebbe invidia, e agognava di poterlo imitare. Quando poi egli seppe la
sua
vera origine ed ebbe la spada lasciata dal padre,
e Procuste, che costringendo i passeggieri a prendere ospizio in casa
sua
, li legava in un letto, e poi se eran più lunghi
e, come dicemmo ; ed avendo acquistato molta autorità per mezzo delle
sue
malìe (o vogliam dire raggiri) sull’animo del vec
erire. Arianna pensò di salvarlo, sperandone in premio di esser fatta
sua
sposa e quindi regina di Atene. Due erano i peric
difendersi ; provvide dunque al secondo con un mezzo semplicissimo a
sua
disposizione. Diede a Teseo un gomitolo di filo,
contro la troppo semplice e pietosa Arianna, alla quale pur doveva la
sua
salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella
te per essa giunse il giorno stesso in quell’isola Bacco, che la fece
sua
sposa, come dicemmo parlando di questo Dio. Intan
a sopra una altura sporgente in mare per osservar se comparivano alla
sua
vista le desiate vele purpuree, segno convenuto a
a « Col pianto di colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato con
sua
lima, « Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì
afferma Cicerone109. Il quale parla molte volte di questo toro nelle
sue
opere, e dice fra le altre cose, che essendo cons
il primo ad essere invitato alla festa nuziale ; e fu utile assai la
sua
presenza e l’opera del suo forte braccio per impe
a mille a mille « Saettando qual’anima si svelle « Del sangue più che
sua
colpa sortille. » Anche nelle Belle Arti furono
ritoo fu lacerato dal Can Cerbero, e Teseo dovè soltanto ad Ercole la
sua
liberazione dall’Inferno114. Restano ora da racco
stano ora da raccontarsi soltanto le vicende domestiche di Teseo e la
sua
morte. Da prima aveva sposato Ippolita regina del
o col ferro, o coll’esser precipitato da un’altura in un baratro. La
sua
morte rimase per lungo tempo ignota, o fu udita c
Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta Giocasta
sua
moglie, diede ordine di farlo perire appena nato
le passò prima di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò alla
sua
capanna e lo tenne come suo figlio, chiamandolo E
a stato egli stesso l’uccisore ; e inoltre riandando le memorie della
sua
infanzia e confrontando le relazioni del pastor F
comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era
sua
madre. Allora inorridito di questo suo perverso d
andò ramingando per la Grecia, accompagnato e condotto dalla pietosa
sua
figlia Antigone ; e Giocasta si diede la morte. I
di molte tragedie ; ed ogni scrittore li modificò o alterò secondo la
sua
fantasia e lo scenico effetto che ne sperava : tu
re, chiese di abbracciarlo per l’ultima volta ; e, raccolte tutte le
sue
forze, con un pugnale, che portava sempre nascost
orte, stimando così di render più sicuro il possesso del trono per la
sua
dinastia. Ma non potè co’suoi delitti esser felic
gno che fosse), che tanto lo aveva tenuto in sospetto e timore per le
sue
figlie. E la spiegazione era questa : Poichè Poli
edente numero, e Tideo per avere ucciso un illustre personaggio della
sua
patria, e secondo alcuni, il proprio fratello. Ma
ominciate le regolari battaglie, fece prodigii di valore, e la destra
sua
valeva per cento mani ; ma finalmente colpito da
l supremo dei Numi, dicendo che quantunque Giove lo sættasse di tutta
sua
forza, « Non ne potrebbe aver vendetta allegra.
. » A questo punto Dante fa che Virgilio gli rintuzzi severamente la
sua
impotente stizza con queste parole : « O Capaneo
rì nella guerra di Tebe. Molto invece fu narrato di Anfiarao e della
sua
famiglia. Essendo egli indovino, previde che sare
dovervi perire, lasciò detto al figlio Alcmeone, che appena udita la
sua
morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura
ietato. » E nel Canto xii del Purgatorio rammentò « Come Alcmeone a
sua
madre fe’caro « Parer lo sventurato adornamento.
anche al figlio Alcmeone che ne fu l’erede. Ne fece egli un dono alla
sua
prima sposa Alfesibea ; ma poi ripudiatala per is
sa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle
sue
due figlie, non che il fratello e la sorella, il
a dei Numi da lui convitati ; e inoltre che Pelope fu restituito alla
sua
pristina forma corporea e risuscitato da Giove. O
senza delitto. Si racconta che Enomao era riluttante dal maritare la
sua
unica figlia Ippodamia, perchè aveva saputo dall’
E già più d’uno aveva inesorabilmente pagato colla vita il fio della
sua
folle speranza. Pelope senza essere scoraggiato d
elope senza essere scoraggiato da sì funesti esempi, lasciò la Frigia
sua
patria, e volle tentare anch’egli il periglioso a
azioni degli antichi pœti. Basti il dire che Atreo sospettando che la
sua
propria moglie fosse segretamente d’accordo con T
che fu invidiato da Alessandro Magno, perchè ebbe per banditore delle
sue
lodi Omero. La prosapia di Achille deriva da Gio
acque in quell’isola dell’Arcipelago che portò anticamente il nome di
sua
madre, e che ora con poca differenza di suono chi
hiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu donata da Asopo re di Beozia a
sua
figlia Egina, e perciò divenne il regno di Eaco.
oscura valle « Languir gli spirti per diverse biche. » Eaco per la
sua
bontà e giustizia fu posto dopo la morte fra i gi
Di Telamone abbiamo già detto che fu uno degli Argonauti ; e di altre
sue
imprese e vicende, come pure de’ suoi due celebri
ella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città di Ftia
sua
capitale. Quantunque piccolo principe meritò di s
, « Quando la madre da Chirone a Schiro « Trafugò lui dormendo in le
sue
braccia, « Là onde poi gli Greci il dipartiro. »
Troia fosse mai esistita. Lo stesso Cantù nelle prime edizioni della
sua
Storia Universale accennava questo dubbio senza r
nsione della città in quelle diverse epoche. Ma lo stesso Cantù nella
sua
Storia Universale non ha potuto dare un giudizio
i Dei « Rapito in cielo, perchè fosse a Giove « Di coppa mescitor per
sua
beltade, « Ed abitasse cogli Eterni. Ad Ilo « Nac
25. Nella Cronologia Greca, riportata dal Cantù tra i Documenti della
sua
Storia Universale, è posto il regno di Dardano da
figlia dello stesso Laomedonte. Allora soltanto il re si scosse dalla
sua
noncuranza, e per salvar la propria figlia promis
poeti per significare quanto egli fosse divenuto querulo nell’estrema
sua
vecchiezza. Riscattato che fu Priamo e proclamato
llevato come suo figlio sul monte Ida. Quivi egli crebbe ignaro della
sua
origine, e fu tra i pastori chiamato Alessandro ;
era tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, ricorse alle arti
sue
, ed ispirò ad Elena un fatale aborrimento pel mar
fingesse di esser pazzo per non andare alla guerra e non lasciare la
sua
Penelope e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca
se avesse ciò fatto per vendicarsi di Palamede, che aveva scoperto la
sua
simulazione d’insania e costrettolo a partir per
ma giurò per altro di non più combatter per esso. E ritiratosi nelle
sue
navi con Patroclo suo inseparabile amico e coi su
fremesse, a lasciar condur via dagli araldi mandati da Agamennone, la
sua
schiava Briseide, rispettando in essi il diritto
pettando in essi il diritto delle genti, e confidando che farebber le
sue
vendette i nemici. Infatti i Troiani, conosciuta
esso Agamennone si pentì di averlo insultato. E Achille intanto nelle
sue
sicure tende godeva delle sconfitte dei Greci ; e
o Agamennone gli offrisse per mezzo dei più illustri personaggi della
sua
armata, oltre la restituzione di Briseide, i più
ani che stavano per irrompere nelle greche trincee. L’ottenne ; ma la
sua
pietà gli costò cara, perchè dopo aver dato prove
e volte nella polvere intorno alle mura di Troia ; e poi tornato alle
sue
tende lo trascinò altre volte intorno al cadavere
e le ceneri del fido amico nell’urna stessa destinata ad accoglier le
sue
, aveva risoluto di lasciar pasto alle fiere dell’
della terra il corpo di Ettore ; quando la sera vede comparire nella
sua
tenda il vecchio re Priamo, che inginocchiatosi d
i quel deformato cadavere, obbliga Priamo a dormir quella notte nella
sua
tenda, e la mattina gli fa trovare imbalsamata la
ivini, gli eressero un monumento sul promontorio Sigèo, e chiusero le
sue
ceneri nella stessa urna ov’eran quelle di Patroc
loro titoli ad avere la preferenza, ma vinse Ulisse col fascino della
sua
facondia ; e Aiace ne rimase così indignato che p
tti : quindi in un lucido intervallo accortosi del suo errore e della
sua
sventura intellettuale si tolse da sè stesso la v
ttete, abbandonato, come dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della
sua
ferita, di cui non era ancora guarito, condusse u
asseriscono essere accorsa in aiuto dei Troiani con una schiera delle
sue
compagne e che fu uccisa da Achille. Virgilio cos
di lunati scudi « Guidar Pentesilèa l’armate schiere « Dell’Amazzoni
sue
: guerriera ardita « Che succinta, e ristretta in
enti, e fa che un altro dannato altercando con esso gli rimproveri le
sue
frodi, dicendogli : « Ma tu non fosti sì ver tes
re una gran parte dei suoi sudditi, e presa e incendiata dai Greci la
sua
città, fu ucciso per mano di Pirro. Nè qui si arr
e perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira
sua
e il desiderio di vendetta. Aiace stesso Oilèo (d
i più funesto che agli altri fu il ritorno in patria. Nel tempo della
sua
più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figl
resa e distrutta Troia, si disponeva a ritornar nel suo regno. Tra le
sue
schiave eravi Cassandra figlia di Priamo, profete
ave eravi Cassandra figlia di Priamo, profetessa veridica in tutte le
sue
predizioni, ma per volere di Apollo con essa adir
de ; e quindi non potè schivare la trista fine che lo attendeva nella
sua
propria reggia. L’iniquo Egisto sentendo imminent
da mille pericoli, il giorno stesso che giunse nel suo regno e nella
sua
reggia, in mezzo alle finte accoglienze, quand’er
bile amico suo Pilade, figlio di Strofio, ritornò nascostamente nella
sua
reggia, e non senza incontrar gravi pericoli, da
Sparta che era il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una
sua
parente a cui era morto il marito in quella guerr
n quella guerra, fu, per ordine di essa, soffocata in un bagno da tre
sue
ancelle travestite da Furie. Neottolemo, ossia P
o di Priamo e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava la fece divenire
sua
moglie, ed ebbe da essa un figlio a cui alcuni Mi
erò di quest’eroe fu poco gloriosa, e non per disgrazia, ma per colpa
sua
. Volle rapire Ermione promessa sposa di Oreste, e
Romani in difesa dei Tarentini. Il vecchio Nestore ritornato in Pilo
sua
patria e suo regno (sulle coste della Messenia ne
della Messenia nel Peloponneso) visse ancora alcuni anni in seno alla
sua
famiglia, in cui però mancava il figlio Antìloco,
nare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di
sua
moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fin
annosa agli stessi vincitori. Anche Filottete invece di tornare nella
sua
patria venne in Italia e fondò nella Magna Grecia
ase dieci anni dopo la presa di Troia senza che di lui giungesse alla
sua
famiglia novella alcuna. E sì che vi sarebbe stat
novella alcuna. E sì che vi sarebbe stato bisogno quanto prima della
sua
presenza e del suo forte braccio per discacciar d
prima della sua presenza e del suo forte braccio per discacciar dalla
sua
reggia una turba di principi greci delle Isole Io
i delle Isole Ionie, che credendolo estinto pretendevano che Penelope
sua
moglie si risolvesse a sposare uno di loro. Erano
amente dall’isola dei Feaci (ora di Corfù) andò direttamente ad Itaca
sua
patria, com’ egli volle e desiderò da lunghi anni
o di citarne alcuni dei più straordinarii e mirabili a conferma della
sua
tesi : « Non fumum ex fulgore, sed ex fumo dare
isse dicendo che, secondo Omero, Ulisse fu ricondotto dai Feaci nella
sua
isola nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi
la nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi poste in opera tutte le
sue
più mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto
a lungo nel Canto xxvi dell’Inferno, e fa raccontare a lui stesso la
sua
fine (molto diversa da quella che narra Omero), a
ella nuova terra nacque un tal turbine, che fece affondar nel mare la
sua
nave con esso lui e tutti i suoi compagni. Queste
il mondo senza gente. Tutto il suddetto Canto xxvi è mirabile in ogni
sua
parte, e non merita meno di quelli della Francesc
er costruir le navi e per raccoglier compagni che lo seguissero nella
sua
emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipo
ne in Tracia è il primo non solo cronologicamente, ma pur anco per la
sua
importanza, poichè fu creduto degno di essere imi
beri l’anima di Pier delle Vigne, è pregio dell’opera riferirlo colle
sue
stesse parole per farne il confronto colla virgil
rge in vermena ed in pianta silvestra ; « Le Arpie pascendo poi delle
sue
foglie « Fanno dolore ed al dolor finestra 146.
di fare un sol popolo coi Tirii, e credendo accettata stabilmente la
sua
offerta, stimò rafforzato il suo nuovo regno, e l
future cose. » La Sibilla Cumana, che era solita dare agli altri le
sue
risposte per mezzo di foglie sparse qua e là gero
e risposte per mezzo di foglie sparse qua e là geroglificamente nella
sua
caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si
sso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di
sua
moglie la città di Lavinio, e che in appresso Asc
aver egli dichiarata vana e insussistente la Divinazione in tutte le
sue
parti, specie e distinzioni, come indicammo di so
ntare che fu detto e creduto che egli avendo un giorno percosso colla
sua
verga due serpenti che si battevano, fu cangiato
consultare l’indovino Tiresia, e da lui ottenne notizie sicure della
sua
famiglia, del suo regno e dei suoi futuri destini
« Lì per fuggire ogni consorzio umano « Ristette co’suoi servi a far
sue
arti, « E visse, e vi lasciò suo corpo vano. « G
tudine la Sibilla Cumana, che dava i suoi responsi colle foglie nella
sua
caverna, come abbiamo detto parlando di Enea : «
a, che nacque in Babilonia come afferma Apollodoro, asserendo che era
sua
concittadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Eratòs
me Albunea, della quale è rammentata la grotta da Orazio in una delle
sue
Odi165. 71. Dicono gli scrittori antichi che
» (De Arte poet., v. 185.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle
sue
Istituzioni Oratorie, nel lodare questa tragedia
sset. » — E Ovidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre
sue
Opere, e di talune confessa ancora i difetti, par
poet., v. 394.) « Saxa Cithœronis, Thebas agitata per artem « Sponte
sua
in muri membra coisse ferunt. » (Propert., iii,
tate col canto e col suono, i marinari che lo riconducevano a Metimna
sua
patria nell’isola di Lesbo, congiurarono di uccid
i quali Ovidio lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti, e chiude la
sua
narrazione con le lodi del delfino e col premio c
alla stessa sorgente. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla
sua
solita facilità di verso e di locuzione, accenna,
imis celebrantur. » — (Catilin. vii.) 107. Benedetto Menzini nella
sua
Poetica assomiglia al letto di Procuste il Sonett
deli, ed a ciò far non bieci (non inconsiderati) « Come fu Jefte alla
sua
prima mancia ; « Cui più si convenia dicer : Mal
e che Ippolito fosse costretto a partir d’Atene per le calunnie della
sua
matrigna Fedra ; ed egli facendosi predire il suo
e Off. i, 28.) 122. Il Machiavelli non ha creduto indegno dell’alta
sua
mente il trarre precetti di politica dai miti del
incipi antichi furono dati a nutrire a Chirone Centauro, che sotto la
sua
disciplina li custodisse : il che non vuol dire a
perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa era figlia e la
sua
malaugurata predilezione per Enea : « Che più no
malïone allotta, « Cui traditore e ladro e patricida « Fece la voglia
sua
dell’oro ghiotta. » (Purgat. xx, 103.) 148. Pe
cora di aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Che con Lavina
sua
figlia sedea. » 153. « Novam ipse aliam (urbem
tudj più cari me lo vietano ora; nondimeno gli son riconoscente della
sua
graziosa offerta » 1. Ed è pure da riferire la br
i ed efficaci opere, onde l’Italia non fallisca oggimai alla gloriosa
sua
meta. Ottobre 1871. Corrado Gargiolli . Lezi
eccoci giunti a quell’epoca in cui la Grecia potente spiegò tutte le
sue
forzo por vendicare l’ingiuria del violato ospizi
Che sovra gli altri com’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgorà la
sua
attenzione ai versi di tanto poeta, del « Primo
ca ad lettore, che rimprovera a Paride lo sciagiure della patria e la
sua
viltà, e fìnalmente Priamo che bacia le mani lord
l’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riempie di
sua
luce l’universo, nell’Odissea ancora imita l’astr
ciò l’universo: ma lo spirito mentovato non conobbe da verun altro la
sua
produzione. Si unì finalmente col mot, o mud che
ia cominciò a moversi costantemente; il foco, alzandosi al cielo, per
sua
natura produsse il rapido circolare moto del sole
cominciò a fermentare. Essendo giunta la fermentazione alla perfetta
sua
maturità, ed essendosi le membrane onde era invol
ssi simboli così dichiaravasi. Le piume onde va coperta additavano la
sua
invisibil natura, il supremo dominio delle cose,
e ed all’uomo istesso. » Da Orfeo, secondo alcuni, dedusse Esiodo la
sua
teogonia, della quale darò il compendio fatto da
i un moderno poeta paragona con tanta eleganza, imitando Virgilio, la
sua
amica. Giova ridirne i versi: « Qual dagli antri
a, la Forza, la Violenza, eterne compagne di Giove, ch’egli chiamò in
sua
difesa quando far volle sui Titani la memorabil v
ellato arriva E della zuffa l’ululato; e Giove Non più contiene l’ira
sua
. D’eterno Vigor ridonda l’animoso petto, E tutta
col sangue d’Ifigenia, e un padre immolava all’ambizione del regno la
sua
primogenita figlia. Euripide, Seneca ci narreran
nell’Odissea nerissimo toro svenato all’adirato Nettuno, a cui, se le
sue
onde spianava, offrivano ancora il cinghiale e l’
onno Trova di estinti figli afflitta madre, » passeggia chiusa nella
sua
nera veste dentro i sepolcri, e fa risuonare le a
iorno Dispersa avria sull’onde tue, se salvo E vincitor di Troia alle
sue
braccia Ritornato m’avessi. Invan, che a tanto No
ie Pelide allora, e di riposo e cibo. Disse, ha d’uopo la turba; alle
sue
navi Tu la rinvia; quei che del rogo han cura Res
so di monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco. Onde cessar le
sue
opere bieco Sotto la mazza di Ercole, che forse G
erano abbracciate dai colpevoli e dagl’ infelici; onde unica ara alle
sue
fortune chiamò Ovidio quel raro e memore amico, a
di più? Udite come Cicerone rimprovera ai Galli questo costume nella
sua
Orazione in difesa di Fonteio. Egli dice, volendo
ama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope
sua
moglie e figliuola di Marte, che Adrasto ed Ippon
ono gettandosi nel fuoco8; vittima volontaria per la salvezza di Tebe
sua
patria si offerse Meneceo, e di questi furori e d
e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero delle
sue
Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu can
nia rimira Tener le schiere un lato, e l’altro Achille, Che solo è in
sua
difesa, e solo i Greci Spaventa, e i numi fa disc
Achille: Adesso un Dio per me vi parla, e spiega I suoi decreti e la
sua
scelta. Un’altra Ifigenia macchiar deve la riva.
al coltello Le dimore accusava, e il volsjo ammira I suoi natali e la
sua
sorte: il core Pietà furtiva percotea. Ma Troia G
il volto di Alcibiade; al che allude l’eleofante Ariste lieto in una
sua
lettera, dove una donna di sue bellezze gloriosa
allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di
sue
bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante d
l’inclinazione prevalse, che Gerusalemme stessa vide un bosco fra le
sue
mura. Nelle selve sacre si univano gli antichi ne
Seneca, Tieste. Atto IV. Lezione settima. Giove: suo nascimento,
sua
educazione e sue prime imprese. Nelle passate
Atto IV. Lezione settima. Giove: suo nascimento, sua educazione e
sue
prime imprese. Nelle passate Lezioni ho cercat
imo trovo, che il destro piede fa posar sull’aquila, quasi base delle
sue
alte venture. Non placarono i henefizj del figliu
di porpora cantasse dopo la pugna famosa, e coll’eterna armonia della
sua
cetra e dei suoi versi di incognita e maraviglios
minaccia, quando l’immenso fianco mutando avventa contro il cielo le
sue
fiam me, fa crollar le caverne di Vulcano e cader
lli secondo lui a non invidiargli di possedere il cielo quasi propria
sua
casa. Lattanzio spiega questa favola istoricament
liberi crini L’error felice accresce. Allor che lunge Dalla terra già
sua
non vide Europa Più lido e monti, ma di sopra il
ve. A diverse sembianze favoleggiarono i poeti che sottoponesse la
sua
divinità il padre degli uomini e degli Dei, onde
cabolo, fu per tal motivo chiamato. Tempesta, comandata dal dio che a
sua
voglia il cielo oscura e rasserena, coperse la te
anti si pose sulle ginocchia della dea, che impietosita lo celò nella
sua
veste. Depose allora il mentito aspetto`. ed a un
el talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione condannò la rivale.
Sua
propizia fortuna, o di Giove il volere, fé’ che v
quel famoso che liberò Andromeda bella, benché bruna pel colore della
sua
patria. Argo e Sarpedone (che tanta lode ottenne
lebre al pari d’Ercole è Bacco, che empì l’ Oriente e 1’ Occidente di
sua
fama, e fu causa d’invidia e di conquiste ad Ales
o, e Bardano da Elettra, e i fratelli Palici da Talia. Nè Giove nelle
sue
galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’
lla bella statua che converte gli occhi di tutto il mondo, non per la
sua
grandezza, perchè in Rodi ed in Roma si veggono s
zza, perchè in Rodi ed in Roma si veggono statue colossali, ma per la
sua
ricchezza perchè è d’avorio e d’oro, e per la pro
o, Ch’ha lo scettro del ciel, mai gliel consenta Quel dio, che con la
sua
sicura mano Il tremendo dal ciel folgore avventa.
el marito ha timor, che in ciel non vede, E conosce i suoi furti e la
sua
fede. Noi ritrovando in cielo, è più che certa,
ch’egli si spoglie D’una vita si dolce e sì gioiosa. Ma se nega alla
sua
sorella e moglie, Che sospetto darà sì lieve cosa
lie, Che sospetto darà sì lieve cosa? Amor vuol ch’ei compiaccia alle
sue
voglie. Ma non vuol già la sua moglie ritrosa. Al
cosa? Amor vuol ch’ei compiaccia alle sue voglie. Ma non vuol già la
sua
moglie ritrosa. Alfin per torlo allor quel gran s
a faccia gira. Ch’ha di si ricche gemme il capo adorno, Alla giovenca
sua
per forza mira, Perch’egli scuopre ancor di dietr
on nel suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amare e fronde Le
sue
vivande sono e’l suo sostegno. Ma come il Sol nel
nell’Ocean si asconde, Argo li gitta al collo il laccio indegno. E le
sue
piume son dove la serra a non ben sempre stramegg
terne rive un dì ritorna Dove giocar solea con le sorelle; Ma come le
sue
nuove altere corna Mira nell’acque cristalline e
Dentro a sé piange, e direbbe anche forte, Se potesse parlar, l’empia
sua
sorte. Pur fa che il padre (tanto e tanto accenn
nto e tanto accenna) Seguendo lei nel nudo lito scende, Dove l’unghia
sua
fessa usa per penna Per far noto quel mal, che sì
Raddoppia il duol, la pena, il grido e il pianto; Le nuove corna alla
sua
figlia abbraccia, Baciando spesso la cangiata fac
nger mai sempre? Mentre il misero vecchio ancor si duole, E tutte le
sue
pene in un raccoglie. Lo stellato pastor, che la
no. Giove non vuol, come ben grato amante, Ch’in sì gran mal l’amata
sua
s’invecchi; Onde al suo figlio e nipote d’Atlante
l, lasciò le penne: Per far dormir le tante luci deste Sol la potente
sua
verga ritenne: E dove è quel pastor il cammin pre
da canto, Che alle fresche erbe il suo gregge ristora: E con le canne
sue
sì dolce canto Rende, che n’addolcisce il cielo e
…… …………………………………………………… Dalla sampogna il suono, e la favella Dalla
sua
lingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi gl
disgiugne; Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la verga
sua
toccando aggiugne; Sfodra la spada sua lucida e b
chi suggella, Che con la verga sua toccando aggiugne; Sfodra la spada
sua
lucida e bella, E dove il capo al collo si congiu
n voltar la schiena: Tu solo, altero Nil, restavi in terra A veder la
sua
rabhia e la sua guerra. Laddove giunta, prostrat
ena: Tu solo, altero Nil, restavi in terra A veder la sua rabhia e la
sua
guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol
e fu l’umana faccia, I pie dinanzi suoi si fer due braccia. L’unghia
sua
fessa di nuovo si fende D’altri tre fessi, che fa
rrando un agnello, nella destra una pietra, chiama in testimonj delle
sue
promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giove Pi
hè il nome di lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco della
sua
altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal mon
scettro, sostiene ora colla destra posata alle ginocchia il fulmine,
sua
arme. Ma il placido e sereno contegno del volto e
anta è l’offesa degli irsuti pruni) Tinte le bianche braccio, e dalla
sua
Rocca piangendo, gli infelici amori, Onta e furor
chi dell’acceso fieno Volar gli immondi cibi. Ozi decreta Romolo alle
sue
schiere: è muto il campo. Coglie il tempo Tarpea:
el Tonante. La prima città colla testimonianza di Omero dà forza alle
sue
ragioni; la seconda op pone il grido volgare, gli
ie collocarlo sopra un carro, spargendo al tempo stesso la fama delle
sue
nozze con Platea figlia di Asopo. Prestò lede Giu
accostò al petto Alcide bambino, che succhiò il primo alimento dalla
sua
nemica, che svegliata scosse l’odiato fanciullo;
ei a fuggire nell’Egitto, prescelse la dea questa forma per celare le
sue
sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziava
dell’Olimpo, e dopo aver percorso vasto spazio, Lenno pose fine alla
sua
caduta, e i pietosi cittadini aiutarono il dio, c
bre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cinto di Venere accresce la
sua
eterna bellezza per distogliere col piacere Giove
imo un cinto. Cinto d’inenarrabile testura. Di portenti fecondo: alle
sue
fila Invisibili al guardo errano intorno Quai sus
on arsi Di tale ardor; vieni al mio sen. — Tacendo Cade la dea fra le
sue
braccia: intorno Poi gira il guardo timidetta, e
Aventino. Altro pure ne sorgeva sul Campidoglio che C. Flaminio nella
sua
guerra contro i Liguri avea promesso di edificare
mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una
sua
nutrice. Giunone Citeronia commemora Plutarco nel
i Guido, sito corrispondente all’antica Lorio, è considerabile per la
sua
integrità, essendosi conservata la destra che sos
e medaglie, che portano l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la
sua
statua che sul Campidoglio si venerava, come dai
titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco. Velata era la
sua
statua antichissima di legno in Samo, lavoro di S
amo, lavoro di Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce dalle
sue
medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo
, e per l’ornamento del capo, e per una certa nobile fiso nomia che è
sua
propria, altrettanto siamo dubbii sai bambino che
osti a credere in braccio della gelosa moglie di Giove un parto delle
sue
rivali, quando era ella stessa lieta di triplice
che, secondo la Mitologia meno antica, riconosceva la vita dalla sola
sua
madre, ma perchè alcune medaglie imperiali vengon
rte nel natale di Pallade, voleva anch’essa avere una prole che fosse
sua
unicamente, doride o Flora fu quella che trovò il
ra la terra. Prima dal Terapneo sangue formai Un fiore, e ancor nella
sue
foglie scritta Sta la querela: del giardin felice
fitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impegno di conciliarla alle
sue
voglie commise al delfino, che fortunato nell’imp
uale, imitatore di Giove fratello, in fiume, in toro, in delfino mutò
sua
sembianza; Cerere deluse trasformato in cavallo;
’incedente Irato Enosigéo. Tre passi ei fece; E al quarto giunse alla
sua
meta in Ega, Ove d’auro coruschi in fondo al mare
va l’armento degl’immortali. Separò da questo cinquanta bovi, e delle
sue
arti non dimentico, egli con la preda camminava a
rtali; quindi affrettandosi verso il proprio tetto, non riscontrò per
sua
gran ventura ninno degli uomini e degli Dei: dei
ime Mercurio. Omero, altri che sia l’autore dell’antichissimo inno in
sua
lode, narra che avendo egli involato lo stesso gi
lato lo stesso giorno che nacque i buoi di Apolline, per quanto colla
sua
avvedutezza si avvisasse di celare ogni indizio d
vveduto bambino dissimulare con un riso artificioso l’imbarazzo della
sua
sorpresa, e far cenno col dito per inculcare il s
l’avea osservato. Questo riso appunto che brilla insidiosamente sulle
sue
labbra, e l’aria vezzosa del volto, son rammentat
tiene la clamide ravvolta al braccio sinistro, emblema consueto della
sua
speditezza, per cui gli furono anche attribuite l
er curio Agoreo, o Forense, come era chiamato dagli antichi quando le
sue
statue erano situate nei Fori, ai quali presiedev
appunto che si godeva dal Foro Romano l’ imminente Campidoglio colle
sue
fabbriche e coi suoi templi. In questo piano adun
e palesa l’inventore o il padre della palestra, al dir di Filostrato.
sua
figlia; a lui finalmente è tutto proprio, secondo
egli antiquarii, il manto ravvolto al braccio sinistro, simbolo della
sua
speditezza nelle tante incombenze delle sue molti
o sinistro, simbolo della sua speditezza nelle tante incombenze delle
sue
moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i segni
n ogni colpa trascorsa, uccise questo raro medico, cui non valsero le
sue
arti. Apollo percosso dalla pietà dell’estinto fi
percosso dalla pietà dell’estinto figliuolo, non potendo rivolgere la
sua
vendetta contro il Tonante, diresse infallibili s
o di richiamare il calore nelle gelide membra. Si oppose il Fato alle
sue
cure; onde cercando compensi al suo dolore, conve
? Nè un giorno solo regnerà nel canto Febo che d’inni è colmo: il dir
sue
lodi E lieve. Apollo aurea ha la veste, e d’oro T
l nume con irato piede E grida: Larga dell’assirio fiume E l’onda, ma
sua
preda è solo il fango, E va superba di sozzura. A
ania, tesoro di pellegrine cognizioni per l’artista, c’istruirà colle
sue
stesse parole. «Vi sono molte tradizioni, e tutte
chè dicesi che anticamente Delfo era il luogo ove la Terra rendeva le
sue
risposte, e che Dafne, una delle ninfe della mont
ministero di Pircone. Si pretende che snccessivamente la dea dasse la
sua
porzione a Temi, e che Temi ne facesse dono ad Ap
guitata è che Apollo ha sempre avuto delle donne per interpreti delle
sue
risposte. « Si pretende che la prima cappella de
é Acrisie avea fatta edificare una camera della stessa materia per la
sua
figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel temp
e. In Roma, il luogo ove si amministra la giustizia, sorprende per la
sua
gran dezza: ma ciò che più vi si ammira è un pavi
nfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al detto luogo, e quello di
sua
madre ad un altro, che Coricio ai tempi nostri an
rtorì ad Apollo un figlio chiamato Delfo, da cui la città ha tolto la
sua
denominazione. Altri dicono che Castalio, figlio
uochi Pitici. Si racconta che Eleutero fu dichiarato vincitore per la
sua
bella e sonora voce, quantunque cantasse un inno
augaso, che s’innamorò di Tene figliastro. Non essendo riescita nella
sua
passione, l’accusò al marito di averla volata vio
moglie. S’imbarca e va in traccia dei figliuoli per confessar loro la
sua
imprudenza, e dimandarne perdono. Ma nel momento
. Elena ha due donne seco, Pantali ed Elettra. La prima è vicina alla
sua
padrona; la seconda le attacca la sua calzatura.
Elettra. La prima è vicina alla sua padrona; la seconda le attacca la
sua
calzatura. Omero si serve di altri nomi nell’Ilia
e di altri nomi nell’Iliade, quando ci sappresenta Elena che va colle
sue
donne verso le mura della città. Sopra Elena vi è
llara. Ma questo insigne traduttore, dividendo cogli artisti dell’età
sua
il difetto di dare moderni costumi agli antichi,
eterno oppresse. Alla terza il fuggir dubbio si toglie, E la sorella
sua
preme. Vedresti Celarsi l’une, tremar l’altre, se
olore: i lumi stessi Immoti stanno nelle guance meste, E nell’immagin
sua
nulla è di vivo. Fredda è la lingua: più non scor
espressa con tanta fé licita nel marmo, che sembra aver realizzato la
sua
idea con un semplice atto di volontà. Ha rap pres
onato la cocca; il moto dell’azione non è per anco sedato nelle agili
sue
membra, che ne conservano ancora un certo ondeggi
te con una certa compiacenza che mostra la soddisfazione delle divine
sue
ire; ma contro chi ha vibrato gli strali? non dub
mostro che strisci sul suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle
sue
freccie, l’ azione di aver saettato è tanto evide
tto insieme, cresce poi il piacere a considerare le perfezioni d’ogni
sua
parte. I suoi capelli raccolti in un nodo sopra l
dio del giorno. Il lungi-saettante si ravvisa nei suoi sguardi, e la
sua
faretra appena agli omeri sembra che, secondo la
enza le affaticate muscolature di Ercole, ancorché deificato. L’aurea
sua
clamide s’allaccia gentilmente sull’omero destro,
el Gladiatore Borghese. Giulio II aveva acquistata la prima avanti la
sua
assunzione al Pontificato, e la teneva a’SS. Apos
Mengs) che non contento di aver rapita la meraviglia del secolo colle
sue
sorprendenti pitture, ha meritato ancora la fama
issata in mente, e che era l’archetipo che si sforzava ritrarre nelle
sue
pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi h
r mostrare che il morbo eccitato dall’ira del nume cessava poi per la
sua
clemenza col mezzo dell’arti agli uomini da lui i
prendendo dalla materia quel solo che era necessario per esprimere la
sua
idea e renderla visibile. Questa mirabile statua
di Omero è più grande degli altri descritti dai susseguenti poeti. Le
sue
forme sollevansi sopra l’umana natura, e il suo a
embra che una tenera morbidezza scherzi sulla robusta struttura delle
sue
membra. — Vola, o tu che ami i monumenti dell’art
una piena compiacenza, portasi quasi all’infinito bene al di là della
sua
vittoria. Siede nelle sue labbra il disprezzo, e
tasi quasi all’infinito bene al di là della sua vittoria. Siede nelle
sue
labbra il disprezzo, e lo sdegno che in sé racchi
e in sé racchiude gli dilata alquanto le nari, e fino sull’orgogliosa
sua
fronte s’inalza: ma la pace, la tranquillità dell
gli occhi della regina degli Dei in maniera dignitosa inarcati; é la
sua
bocca un’immagine di quella dell’amato Branco, in
immagine di quella dell’amato Branco, in cui respirava la voluttà: la
sua
morbida chioma simile a teneri pampini scherza qu
i sento trasportato in Delo, e nelle Licie selve, che Apollo onorò di
sua
presenza. Farmi già che l’immagine, che io men fo
capo. » Debbo farvi avvertire che il celebre Visconti, poiché fermò
sua
dimora in Parigi, mutò d’opinione riguardo all’au
o Contrario; il primo all’odio, ed all’amore Desta il secondo: per la
sua
vendetta Ambo gli sceglie, e col primiero Apollo
ggia; un’aura lieve Dolcemente solleva il crin, che torna Indietro, e
sua
beltà la fuga accresce. Nè più il giovine iddio p
incipalmente in Apollo, che riputavasi il più bello fra i numi. Nelle
sue
figure si ravvisano in bella armonia combinate la
on degne di un garzone nobile, e nato a grandi imprese. Si vede nella
sua
figura una sanità vivace che annunzia la forza, s
nto le mentovate teste erano loro ignote. » Fin qui Winkelmann nella
sua
insigne istoria dell’arti del disegno. In un’altr
o, e tiene al tempo stesso un ramo di mirto, attributo ordinario alle
sue
figure nell’isola di Lesbo, perchè, secondo l’opi
esposte queste statue alla luce dell’universo, che si affollava nella
sua
metropoli, può essere stato il motivo che indusse
levano le fortunate contrade alle quali la mal cauta Cerere affidò la
sua
figlia. Delo cuna del dio, e sola fra tutte le te
acio che diede a Branco fanciullo caro al nume, o perchè amabile è la
sua
luce quando appare sull’orizzonte. Ecaergo, o Lun
» L’arco di argento gii diede l’epiteto di Argirotosso, e per l’arco
sua
arma fu chiamato Arcitenente ancora dai Latini. M
he suona la ritorta conca, E Proteo dubbio, ed Egeon che preme Con le
sue
braccia alle balene il tergo: Dori e le figlie al
a d’amore. Notabile è nella no stra statua che non è succinta come le
sue
immagiai ce l’offrono da cacciatrice, eppure la s
succinta come le sue immagiai ce l’offrono da cacciatrice, eppure la
sua
attitudine non è il riposo, col quale ha creduto
onarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una
sua
Diana. La sua azione è quella di saettare, nè dee
nder ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La
sua
azione è quella di saettare, nè dee farci maravig
lare con un cervo che ha raggiunto, stretto da lei per le corna colla
sua
destra, e con una lancia da cacciatrice nella sin
o contro i figli di Niobe per vendicare la madre. Omero stesso nella
sua
Necromanzia fa menzione di qualche eroina estinta
sso nella sua Necromanzia fa menzione di qualche eroina estinta dalle
sue
freccio, e la presente scultura poteva anticament
mi avere il Winkelmann dimostrato, e che io credo insussistente, è la
sua
massima che qualunque statua con tal benda si oss
ia nel recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea L’imitatrice
sua
col proprio ingegno, E con pomice vivo e lievi tu
, e invan la chiama Il suo Titon con desiose braccia. Pur dalie ninfe
sue
celata e stretta Rivolge indietro il volto, e le
lse le navi. Agamennone pose nel tuo tempio in Aulide il timone della
sua
nave, quando i venti imprigionati differirono la
come Pallade, ma libero, franco, gioviale, quasi intento alla caccia,
sua
piacevole occupazione, e quale appunto si convien
altri attributi, o fregia che le furono dati nei tempi posteriori. La
sua
figura è più svelta, ed ha membra più pieghevoli
fra tutte le altre dee. Come Diana stessa, presso Omero, fra tutte le
sue
belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che
alora è pure effigiata in veste lunga, ed è la sola d^a che in alcune
sue
figure porti scoperta la destra mammella. « Sopra
iene alla figura di questa dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le
sue
Oreadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta,
ui la parte inferiore è formata di foglie, e che tiene un’ asce nelle
sue
mani: la più cognita fra queste si chiamava Figal
o pianto Questa immagin crudele. Io vidi, io vidi Dai destrier che la
sua
mano nutria Strascinato quel tuo misero figlio. R
iamarli volea: terror la voce Accresce a loro: una ferita sola Son le
sue
membra: di querele e gridi Risuona il piano. Si r
suoi l’ossa nasconde. Sospirando vi corro, e m’ accompagna La guardia
sua
: del generoso sangue L’orma ci guida. Son tinte l
ttrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asserisce Pindaro in una delle
sue
Odi ch’egli fosse edificato dalle Amazzoni allorq
trai volante. Cresce la rabbia della belva. È lieve Sembianza all’ira
sua
folgor che abbatte Ed arde i templi del suo Giove
avventa, e sbrana L’inerme ventre. Cade Anceo; la terra Colle fumanti
sue
viscere bagna. Verso la belva d’Ission la prole I
e nude ombre sarete: Io lo vedrò? pera, l’iniquo pera, E tragga nella
sua
ruina il padre, La patria, il regno: ed io son ma
arro della diva. Ippolito Pindemonte dice con molta leggiadria in una
sua
Canzone alla Luna: « L’Ore in oscuro ammanto E c
he ci offre di misterioso questa bizzarra figura. Incominciando dalla
sua
forma, altro questa non c’indica senonchè l’antic
o di Minucio Felice l’attesta, che, guasto da’ critici, è stato colla
sua
vera lezione esposto e sostenuto da Luca Olstenio
a della dea: ma quello che v’è di più osservabile è il suo petto e la
sua
collana. Pendono dal primo sedici poppe simboli d
te da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio di queste
sue
opere. Una somiglianza di quel gran tempio, o piu
uasi oblia Toglier l’arco sospeso e i certi strali. Quando Diana alle
sue
ninfe in mezzo Lieta pel sangue delle vinte fiere
non v’è; fanciullo Arcade è già (dolor di Giuno): è nato Dalla rivale
sua
: biechi rivolse Gli occhi, gridando: Al tuo falli
vertì, nei dialoghi degli Dei introduce, con quella grazia ch’è tutta
sua
, Giove afflitto dai dolori del parto, che non il
sa intorno Al fiero teschio, che così com’era Disanimato e tronco, le
sue
luci Volsrea d’intorno minacciosa e torva. » Una
ta rappresentata con Giunone, allato del trono di Giove, in piedi. La
sua
figura, vale a dire il Palladio dei Troiani, tene
turale lavorata nel più antico stile greco rappresenta Pallade con la
sua
egida attaccata al collo con delle strisele di pe
lio. Quando Pallade tiene un ramo d’olivo, e questo simbolo indica la
sua
vittoria sopra Nettuno cagionata dal nome che si
chiamava Pallade Musicale, perchè si pretendeva che i serpenti della
sua
egida si movesseso quando si suonava il flauto in
i capelli più lunghi dell’altre sia il solo fondamento, per cui sulla
sua
chioma biònda giurar si solea. Si trova, sebben d
guardo la dea della Guerra. Ha Telmo in capo, suo ornamento insieme e
sua
difesa, onde trasse i titoli di (grec), e (grec),
due civette, uccello a lei sacro per la somiglianza del colore delle
sue
pupille con quelle della dea. Gli antichi, accura
per altro supponessero la spoglia istessa del mostro piuttosto che la
sua
immagine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò
ausania, che nel tempio di Minerva Itonia essendo apparsa la dea alla
sua
sacerdotessa lodamia, questa all’aspetto della Go
cercava distorlo da lanciare un dardo contro Agamennone. Ritornato in
sua
casa l’eroe ebbe una visione, in cui Pallade gli
ffre le armi di Pallade in una maniera assai distinta. Chi osserva la
sua
celata vede in un colpo d’occhio la ragione perch
a questa dea. Così parla di questo Polibio: — La parma è forte per la
sua
struttura, e di sufficiente grandezza per la dife
rappresentata ancora nelle greche monete dei Mamertini. La dea ha le
sue
solite insegne, l’elmo, lo scudo argolieo, che a
i quella caduta del panno, che sarebbe determinata naturalmente dalla
sua
gravità. Sembra che da tal circostanza, certament
ali dà principio esaltando la cura e l’amore che porta ai cavalli, la
sua
natia beltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca
ia molto si diffonde. Poi, ritornando a Minerva, molto la loda per la
sua
nascita prodigiosa, e per la sua divina bellezza,
ando a Minerva, molto la loda per la sua nascita prodigiosa, e per la
sua
divina bellezza, e termina col solito saluto e ri
e, a Danao prole, O a Fisadea, che, sparse d’oro e fiori Inaco l’onde
sue
, verrà dai colli Lieti per erba, e fia che rechi
ice vita, florida prole, ed invidiata vecchiezza. Dissimulò Venere la
sua
divinità dicendo di esser figlia di Otreo, che al
d’ imputarlo alla ninfa Calciopida; che se egli avesse manifestata la
sua
fortuna provato avrebbe il fulmine di Giove e l’i
in tutto quel maggior risalto che acquistano nelr uscir dal bagno le
sue
membra divine, non è restato inferiore nell’esecu
, non è restato inferiore nell’esecuzione alla bellezza sublime della
sua
idea, tanto è regolare nei lineamenti, vezzosa ne
uo aspetto; avea Criprigna Bello l’aspetto allor che Adon vivea. Morì
sua
forma con Adone, ahi ahi! Dicon le querce, e i mo
Tamor mio Da me sparì qual sogno, e volò via. Vedova è Citerea, e in
sua
magione Stannosi indarno i pargoletti Amori. Teco
i. Gridando Citerea piangon gli Amori. Spense Imeneo alle soglie ogni
sua
face; La nuzial ghirlanda a terra sparse. Non Ime
to. Inoltre giova osservare che le pieghe regolari ed artefatte della
sua
tunica, la quale ne contorna le membra e ne adomb
re che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse di
sua
invenzione, ma come parecchie altre del suo poema
la Sicilia vicine. Vogliono che fosse educato dalle scimmie, e per la
sua
deformità tanto al padre dispiacesse da essere in
Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle
sue
fiamme E de le sue fornaci, d’Etna in guisa Inton
lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle sue fiamme E de le
sue
fornaci, d’Etna in guisa Intonar s’ode, ed anelar
duzione dell’ Abate Cesarotti: « Lascia la diva, e torna Alla fucina
sua
: dall’arca schiude I mantici riposti, e già da ve
ena; ei giura Che assalito ferì: ciascuno ha seco Chi ‘1 ravvalora, e
sua
ragion difende Con dubbiosa tenzon; parteggia e g
in greco significa lo stesso che gallo, e porta ancora la pena della
sua
negligenza e del rossore di Marte, annunciando ai
vere ucciso Alirrozio figlio di Nettuno, perchè violar voleva Alcippe
sua
figlia, difese con successo la causa della sua vi
violar voleva Alcippe sua figlia, difese con successo la causa della
sua
vita alla presenza di dodici Dei, e ne fu per com
ordinò al Furore e alla Fuga di apprestare il suo carro e prendere le
sue
armi rilucenti. Era egli per accendere nell’animo
o figlio, ordinò al medico degli Dei che lo sanasse. Peone pose sulla
sua
ferita un balsamo eccellente che lo risanò senza,
re contro gli adulteri, ed essendo stato informato che una dama della
sua
corte avea commercio impudico con un cortigiano,
corte avea commercio impudico con un cortigiano, entrò di notte nella
sua
casa, ed avendola sorpresa coll’amante castigolla
ome osserva il senator Buonarroti, di adulare questo imperatore nelle
sue
maggiori crudeltà, e in quella sua massima tirann
di adulare questo imperatore nelle sue maggiori crudeltà, e in quella
sua
massima tirannica accennata da Capitolino, che se
egno, lo indicò a Giove che mandò le Parche a Cerere perchè la giusta
sua
collera deponesse. Alcuni attribuiscono questo ev
e dei piatti di frutti. Giove avendo promesso a Cerere che Proserpina
sua
figlia starebbe seco sei mesi, ricomparve la tran
tengono il corno dell’abbondanza, e ciascuno è posto presso una delle
sue
mammelle. Questa attitudine le conveniva, suppone
cime, E annunzia il dio; freme la terra, e l’antro Cecropio mugge: le
sue
faci inalza Eleusi: già dall’ incurvato giogo Di
il leone, che sulle ginocchia della dea si vede, parmi alludere alla
sua
identità con Cibele, o la terra, della quale era
Iside differisce, o sia per accennare che deve lo stabilimento della
sua
religione alle colonie egiziane. I progressi dei
te le ricchezze sono figlie della terra. Eschilo ];el principio della
sua
tragedia delle Eiimenidi fa comparire la Pitia ch
la prima fra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi che a
sua
madre nel santuario profetico successe. Per la ce
profetico successe. Per la cessione libera e volontaria di lei, Febe
sua
sorella ne divenne la terza sovrana, ed ella alla
re Nutrice; ma vi ha chi pretende che ciò che tiene inviluppato nelle
sue
vesti sia un piccolo leone. Alcuni hanno creduto
lie di Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da una parte della
sua
veste. Osserva Winkelmann che non si vede mai con
Callimaco è dipinta. Ma è difficile, come Lessing ha riflettuto nella
sua
famosa opera sul Laocoonte, di trovare nei monume
sciolti sulla fronte, il che forse n’ esprime il dolore per la rapita
sua
figlia Proserpina. Le città della Ma^na Grecia e
egge avea Vinta natura la discordia antica. Il fuoco al ciel salì per
sua
natura, E la terra piombò nel mezzo, il mare Scor
e comandava agli Eleusini, rinacque dopo tanto tempo il riso sopra le
sue
labbra, mercè una vecchia detta Jambe. Quindi è c
alcuno, e seco Volgon il piò le dee sorelle: è prima Venere lieta di
sua
frode: in core, Conscia di tanto furto, essa misu
suo recinto maggior numero di persone che ogni città di Grecia nelle
sue
feste. Il sacrario, secondo Strabene e Vitruvio,
adre della Tragedia, corse pericolo della vita perchè parve in alcune
sue
opere avere toccato con profana curiosità i miste
steri di Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti, dice in una
sua
Ode: Io vieterò che chi ha divulgato gli arcani E
ia: lieto nell’antro Già l’urna liberal dechina il fiume. Dall’erbosa
sua
cima il sacro volgo Etna mirò madre dei fiori, e
i Cretesi. Claudio Cesare tentò di trasportarli presso i Romani, e la
sua
intenzione fu posta col tempo in effetto da Adria
l volante carro Proserpina è rapita, e grida: O dee, Aita; — e già la
sua
Gorgone svela Pallade, e con il teso arco s’affre
divinità minori io terrò lo stesso ordine che Esiodo, il quale nella
sua
Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divise con Omer
composizione di questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava le
sue
forze ogni volta che toccava la Terra. Sopra una
spaventata dall’incendio. Consumata dall’ardore, egli dice, inalza la
sua
testa carica d’ innumerabili frutti. Oppone la ma
ne, l’artista adotta quella, colla quale Lucano felicita Nerone della
sua
maestria nel guidare il carro, dicendogli che s’e
adre. Stassi adagiatamente sotto l’ombra di una palma per dinotare la
sua
continua fecondità, essendo questo albero simbolo
ragin dell’ ingordo ventre Tutto alfine discende il censo avito, E le
sue
membra a lacerar col morso Necessità lo strinse,
hé da noi senza paura si mira un tanto nemico e niuno va esente dalle
sue
ferite. « In me rimangono i dardi, e l’immagine f
i dardi, e l’immagine fanciullesca: ma certamente egli ha perduto le
sue
penne, poiché dal mio cuore non è volato più mai.
i Tespiesi popoli della Beozia era l’Amore singolarmente venerato. La
sua
statua, come nei tempi più antichi, era una pietr
Amore è stato rappresentato sotto forme varie all’infinito. Una delle
sue
immagini più dotte è quella del Gabinetto di Stos
i che il fatto sia, sa la novella. » Questo dio mi rammenta la Notte
sua
madre, che nacque dal Caos, e che Esiodo annovera
ra, la Fatica, l’Invidia, la Vecchiezza, le Tenebre, la Miseria, sono
sua
prole, per tacere di molti altri. Vogliono alcuni
e, ed altri, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al di sopra della
sua
testa una vesr,e volante seminata di stelle si sc
Venere altera Non calmò l’ire gravi, e su l’afflitta Compier giurò la
sua
vendetta intera; Chi dir potria l’oscura Carcere,
ai, Come furono ignoti Della tua Psiche i guai! Ella, come imponea la
sua
tiranna, Osò d’entrar per la Tenaria porta, E por
aganesimo, la vostra attenzione e le mie ricerche. Non è disputata la
sua
origine, ma alcuni fra gli antichi estendono la s
on è disputata la sua origine, ma alcuni fra gli antichi estendono la
sua
parentela, dandogli per sorelle ancora le Speranz
re serpeggia fra le lacrime dell’infelice. Ma s’egli lo ricopre colle
sue
penne può disprezzare la servitù, il dolore, la m
endo in piuma In fama non si vien, nè sotto coltre: Sanza la qual chi
sua
vita consuma, Cotal vestigio in terra di sé lasci
zo alla città il fiume della dimenticanza: il suo corso è cheto, e le
sue
acque sono simili all’odio. Nasce da due fonti, c
colla parola Sonno sopra una pietra sepolcrale nella Villa Albani con
sua
sorella la Morte. Si vedon questi due genii nella
io, giacché l’espressiva attitudine del dormire è segnata in tutte le
sue
membra, e particolarmente nelle palpebre mollemen
non Bellerofonte, che avrebbe qualche rapporto col Pegeso, perchè la
sua
testa non si trova giammai alata; non finalmente
di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate
sue
ali par che gli serva di morbido letto. « I letei
e ancora fiorenti, parte già formati in guscio di semi, pendono dalla
sua
lenta sinistra, e tre piccoli animali scherzangli
cherzangli intorno, postivi quasi altrettanti emblemi ad esprimere la
sua
possanza e i suoi pregi. « Il primo, e il più rar
’ piedi del putto? Forse lo stesso che quel del ghiro per l’apparente
sua
sonnolenza durante la fredda stagione. « Tal repl
la statua dell’ indovino Trasibulo non avea altro simbolo della sacra
sua
professione che l’immagine di un ramarro, che par
Sterope, Arge, Cotto, Briareo e Già, che tutti Esiodo commemora nella
sua
opera sugli Dei, come Apollodoro nella Biblioteca
Muse. Il nome greco (grec) che sta scritto in vetusti caratteri sulla
sua
base, non solo ci dà il significato di questo sim
con maggior chiarezza di quella che potevamo sperare l’immagine della
sua
figlia Polinnia. Il raccoglimento cotanto utile p
esametri. Il tripode indica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la
sua
testa non è ornata di corona, o di benda, come a
ofessa. « Mi resta finalmente ad osservare che in una maniera, per la
sua
semplicità e nobiltà degna degli artefici antichi
ra sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla
sua
prudenza ed amore per la giustizia; ed è quella,
logia e divenne peritissima nell’arte di predir l’avvenire, e dopo la
sua
morte ebbe dei templi dove si aveano degli oracol
sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola che Temi volea custodire la
sua
verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo, e gl
i scendeva dal cielo, eresse un santuario a lei e a Pane accanto alla
sua
casa. Nè in altro luogo la onorarono i Tebani, do
di Tolo, o cupoletta, e la pietra di Pessinunte che somigliava per la
sua
scabrosità una testa umana, videsi sopraposta a g
dall’occipite cadente sulle spalle e sulla schiena, copra parte della
sua
corona murale. Nei monumenti figurati la dea ora
, il dottissimo abate Lanzi, tanto benemerito delle Belle Arti per la
sua
Storia Pittorica, quanto lo è dell’ Antiquaria pe
nte intorno cinto, U’ da rabbioso alto furor sospinto, Tratto fuor di
sua
mente. Con selce si sanò dura e tagliente. Dunque
dura e tagliente. Dunque come piuttosto ella s’accorse Della cangiata
sua
forma nativa (E già di fresco sangue, ovunque cor
dunque colà Fra’ tripudi e carole Si vada, anzi si vole. Poiché alle
sue
compagne in questi termini Ati parlò, la traligna
en va. La diva moglie Pasitea frettoloso in sen l’accoglie. Tal senza
sua
rabbia Rabbiosissima Dal placido riposo Ati risco
assa in atto terribile e fero. Così torva parlò Cibele, e il giogo di
sua
man lento. Va la belva orribile ed aspera. S’avva
cuni che sì mostruosa colpa patteggiasse Saturno coi Titani, e che la
sua
pietà facendolo spergiuro, fosse colla moglie da
eteo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore. Saturno fuggitosi dalla
sua
carcere giunse con una flotta da Giano in Italia,
nti, insieme accolse E die lor leggi; onde il paese poi Dalle latebre
sue
Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido imp
udeltà ch’esercitò contro i suoi figliuoli. Forse ancora l’idea della
sua
atroce natura indusse molti popoli a prestare a q
l’agricoltura. Sopra una base quadrata, antico monumento, unico della
sua
specie, si vede Saturno, al quale Rea dà una piet
sti consistevano in fascie di lana, che si toglievano il giorno della
sua
festa. Una statua di Saturno, riportato da Montfa
vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio manoscritto: la
sua
testimonianza è confermata dai particolari sommin
li fanno dei fabbri che lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella
sua
tragedia di Alceste fa uccidere i Ciclopi da Apol
na finzione nuova immaginata dopo Omero. Il Vulcano dell’Iliade ha la
sua
fucina in cielo: vi lavora solo, servito da statu
vi lavora solo, servito da statue d’oro, che sono il capolavoro della
sua
arte. I Ciclopi di Callimaco sono probabilmente q
oprietà eran conosciute fin d’ allora, e che pure ‘adesso conserva la
sua
celebrità nel Levante. Fin qui il signor Fréret,
Abbastanza dei Dattili. Seguitiamo adesso il signor Fréret nell’altre
sue
ricerche sui Telchini. Noi dobbiamo, egli dice, r
Probabilmente eglino impararono nell’isola di Cipro celebrata per le
sue
miniere, l’arte di lavorare il ferro e il rame da
te che non dovevano far dubitare i moderni dell’origine pontica delle
sue
immagini. Difatti Dionisio il geografo, ch’era Al
getto la moltiplico religione del Politeismo, pure è stimabile per la
sua
integrità e per rappresentarci forse l’immagine s
n Villa Borghese alla quale è stata innestata una testa imberbe e non
sua
fa congetturare che celebre per la devozione dei
orti, e come a deità nocente e funesta. Non tanto il color nero delle
sue
foglie, quanto il non rallegrarsi con nessun fior
icemente ne’ suoi stati. Si vede subito un fiume ch’è l’Acheronte: le
sue
rive sono ripiene di giunchi. Vi si distinguono d
iulla. Telli fu il bisavolo del poeta Archilo co. Cleobea tiene sulle
sue
ginocchia una cista, eguale a quelle che sono in
che qui son descritti, è poco distinto dalla forma, dal colore, e la
sua
realità confina coll’ombra in piena aria prodotta
sso è un’asina che mangia la corda. Ocno era un uomo faticante. ma la
sua
moglie dissipava i frutti delle fatiche del marit
e ragione di questa attitudine. L’avventura di Procri è nota. Dopo la
sua
morte Gefalo sposò Glimene figlia di Minia e n’eb
sopra una pietra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa passar la
sua
mano al di sotto della sua tunica, come per nasco
o a lei Erifìle in piedi, che fa passar la sua mano al di sotto della
sua
tunica, come per nascondere il monile così famoso
to Elpenore, ed Ulisse inginocchiato. Egli pende in avanti e tiene la
sua
spada stesa sopra la fossa. L’indovino Tiresia ar
su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la
sua
: Piritoo fìssa gli occhi su queste due spade, e s
ilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo viso e la
sua
testa sopra ambe le mani. Agamennone è accanto, l
tti senza barba, Agamennone eccettuato. Più alto è il giovin Foco: le
sue
forme hanno un’aria di nobiltà, egli ha un anello
no dei diti della mano sinistra. lasco che gli è accanto, e che dalla
sua
barba sembra più avanzato, tira questo anello dal
o: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio di Arìsteo. La
sua
madre gli accanto; eglino tengono un cerbiatto, e
feo seduto sopra un’eminenza e appoggiato ad un albero; egli tiene la
sua
lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei ram
eo. Tamiri è seduto accanto a Pelia: si vede che è divenuto cieco: la
sua
aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed
vede che è divenuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la
sua
barba ed i suoi capelli sono incanutiti per la ve
capelli sono incanutiti per la vecchiaia: egli ha gettata ai piedi la
sua
lira, eh’ è fracassata, e ne sono rotto le corde.
Sarpedone, che appoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle
sue
sulle spalle di Sarpedone. Il pittore ha rapprese
resso alla luce, Immemore, ed, aimè: nel cor già vinto. Mirò Euridice
sua
. Qui, sparsa al vento Ogni fatica, del crudel tir
one d’ intorno ne porta il nome. Qui dicono che Oreste, avendo ucciso
sua
madre, divenne furioso. Molto d’appresso al tempi
che Oreste, divenuto furioso, ivi tadìò coi denti uno dei diti della
sua
mano. In vicinanza vi è un luogo chiamato Acè, ci
legro, Per man ne prese, e ne baciò le guance, Non sapend’ ei che noi
sue
nuore acerbe Avessi m sotto a nostre gonne ascoso
za, e la consorte stessa Del Tonator del Ciel lasciò quel giorno Argo
sua
bella, e se n’andò da lunge Per non veder le scel
ià dal sonno E dal cibo e dal vin ciascun oppresso Sicur giaceva alla
sua
donna in braccio; E profonda quiete intorno aveva
non si vede Plutone in alcun monumento rappresentato, e dà peso alla
sua
congettura un certo che di mesto e di riserbato c
fu figliuolo dell’Èrebo e della Notte, secondo Esiodo, il quale nella
sua
Teogonia afferma che da questi due nacquero la ma
sepolcro. Plutone per sollevare il dolore di Proserpina l’idea della
sua
nuova grandezza, così le dice in Claudiano, il dì
no ch’egli salisse sul trono paterno. Egli volendo loro persuadere la
sua
origine divina, disse che avrebbe a Nettuno sacri
etesi maravigliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla
sua
patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi
nel bagno. Ma quello che è fuori di dubbio si è che per la fama della
sua
giustizia meritò di esser creduto figliuolo di Gi
no, sedente in mezzo all’ ombre, dalle quali si trattan le cause alla
sua
presenza. Virgilio dice che agita l’urna fatale,
to, cui la Mitologia assegna gli stessi genitori, fu anch’esso per la
sua
prudenza ed amore del giusto stimato degno di tan
ell’altra ha i serpi, ed ambe intorno arrosta E grida e fere, e de le
sue
sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al mi
anti. Eaco solo avanzò a tanta strage, ed odiando la solitudine della
sua
patria fé prego agli Dei perchè riparassero quest
avoleggiano altri che fu da Giove precipitato nell’Inferno, perchè le
sue
acque servirono ad estinguere la sete dei Titani.
ume ne divenne. L’Acheronte era un fiume della Tesprozia, che avea le
sue
sorgenti dalle paludi di Acherusa, e scaricavasi
i di Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia nel golfo Adriatico: le
sue
acque erano amare e nocevoli: ciò unito alla sua
golfo Adriatico: le sue acque erano amare e nocevoli: ciò unito alla
sua
lunga dimora sotto la terra servì per far credere
ra e di qualunque metallo. L’unghie sole del cavallo resistevano alla
sua
forza. Credono che Alessandro fosse con quest’acq
latone, Flegetonte nella palude Acherusia, ma non mescola con esso le
sue
onde. Favoleggiarono che Plutone ruppe la fedeltà
. Il nome di esso deriva dalle querele e dai pianti onde riempiono le
sue
rive 1’ ombre dei malvagi. Di Flegetonte sappiamo
erace, e la Giustizia che presso le siede, la Giustizia che stende le
sue
ali immense, che la superbia dei mortali toglie d
avanti, ed un ramo nella mano dritta: colla sinistra ella solleva la
sua
veste, che ella tiene un poco allontanata dal suo
ressante e sicuro, acquista egli allora una più viva confidenza nella
sua
facoltà, e si dimentica delle taccie di frivolo,
sò e scrisse: lodevole in questo, ma non egualmente nell’applicare la
sua
osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la
ea riposo: apparizione, a meglio dire, sogno, a cui dovette Smirne la
sua
nuova edificazione e la sua grandezza. Lo scultor
glio dire, sogno, a cui dovette Smirne la sua nuova edificazione e la
sua
grandezza. Lo scultore, qualunque fosse, di quei
vide Stupido il pescator ch’insidia l’onde; Con la tremula canna alla
sua
stiva 11 bifolco s’appoggia; ambe le mani Pone al
Icaro, allor che rimirò nell’onde Le penne, e maledì l’arti novelle E
sue
: die tomba al corpo, e il nome ancora La fida ter
ovvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le
sue
permutazion non hanno triegue: Necessità la fa es
ella s’è beata, e ciò non ode: Con l’altre prime creature lieta Volve
sua
spera, e beata si gode.» Inferno, Canto VII, v.
a. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, compose di molti simboli la
sua
statua della Fortuna, ch’eresse della sua nuova c
compose di molti simboli la sua statua della Fortuna, ch’eresse della
sua
nuova città nella fondazione: le diede la corona
o di gentilesimo le pose col tempo in testa una croce per mostrare la
sua
dipendenza da Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Ap
altro suo distintivo, conosciuto come i precedenti, ci ricorda che Le
sue
permutazion non hanno tregue. « Il cornucopio che
forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni di lei, quella della
sua
origine, per imitazione dei vetusti simulacri ado
bani, e Winkelmann ha data la stampa di uno di questi monumenti nella
sua
Storia dell’Arte. Nel Museo Clementine vi ha pure
osteriormente e in questa parte più intera, non ci apprendesse che la
sua
vera attitudine era di coprirsi il capo, quasi pe
bia ombra sdegnata. Sinché per me poi vide Trasformata l’immago De la
sua
gran nemica: E allor placò i desiri De la feroce
a l’immago De la sua gran nemica: E allor placò i desiri De la feroce
sua
vendetta antica: E trasse anco i sospiri Sovra l’
ri di rappresentarle distintamente. Io non posso prevalermi che delle
sue
stesse parole, e seguire l’ordine ch’egli si è pr
così la sinistra, che per altro non poteva altra cosa reggere per la
sua
disposizione che una bacchetta o una tibia. La pr
ancora della poesia pastorale e georgica, alla quale può alludere la
sua
verga. Siccome però la Commedia è il suo più rino
puta di suo padre: degno certamente di grandissima compassione per la
sua
tenera giovinezza, ma felice dall’altra parte pel
senza lunaa chioma e senza apparenza ch’egli la nutrisca. Tenendo la
sua
spada in pugno si pianta all’entrata della cavern
sse il suo più opportuno argomento. Le chiome sparse rappresentano la
sua
tristezza, affetto seguace della compassione e de
le viti. Perciò la scena fu attribuita a Bacco, ed egli stesso per la
sua
sovrintendenza alla Tragedia fu venerato in Atene
ol plettro che ha nella destra, va destando i concenti dell’armoniosa
sua
lira? La credo Tersicore per la somiglianza appun
o ch’è nell’area del dritto, come dalla cetra ch’è nel rovescio della
sua
figura. Erato. Le poesie amorose, la danza
erivarono l’amabile denominazione. Ovidio non invoca altra Musa nella
sua
Arte, assegnandone la ragione appunto dal nome. A
mi narra Donde e in qual guisa il desiato vello Giason condusse alla
sua
lolco. Amore Tanto in Medea potè. Vezzosa Musa, T
ivina, si sforza di andare a cadere sopra Agamennone, strappandosi le
sue
ghirlande dalla chioma per porle sulla testa di l
do veniamo in un’esatta cognizione de’ suoi studii prediletti e delle
sue
varie incombenze. In primo luogo, quantunque il s
igrafe della Polinnia Ercolanense, che ha Polinnia le favole, così la
sua
taciturnità e la cognizione della favola fecero p
e attribuiscono alle Muse i greci poeti, e fra gli altri Teocrito. La
sua
testa, e pei lineamenti e pel serto, è del tutto
vede Pito, ovvero la Dea della persuasione: le altre due indicano la
sua
perizia nella musica e nel suono di varii istrume
mpre per Polinnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia
sua
immagine nel bassorilievo della Villa Mattei, dov
na doppia sua immagine nel bassorilievo della Villa Mattei, dove alla
sua
figura, simile alla sovra descritta, si aggiunge
o VI. Abbattuto perciò quanto vi era di modernosi rese alla statua la
sua
vera espressione, aggiungendovi un’ elegantissima
rima in una fiancata, 1’ ottava in quello del Campidoglio. Se però la
sua
immagine non è stata in simili monumenti equivoca
non è stata in simili monumenti equivocata, non così è accaduto della
sua
statua colossale, che si vede nel portico del Pal
rrebbe lamentarsi s’ella ardisse, abbracciando il caro fratello colle
sue
forti e robuste braccia. Ella rattiene non ostant
tello colle sue forti e robuste braccia. Ella rattiene non ostante le
sue
lacrime avendo paura di quelli che sono in sentin
ute esequie ai due corpi, non vuole essere di accordo nè mescolare le
sue
fiamme, ma le allontana l’una dall’altra, attesta
rché Perseo innanzi d’ intraprendere la pugna gli avea indirizzate le
sue
preghiere perchè egli volasse a combattere seco l
tile per esser di una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la
sua
beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una
tenera erba spargendo gran stille di sudore, ed ha messo da parte la
sua
spaventevole Gorgone onde non converta in pietre
arda nel tempo stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare al vento la
sua
clamide di porpora tutta sparsa di stille di sang
le nel paneggiamento, perfetta in ogni più piccola e men significante
sua
parte, che non possiamo far a meno di crederla un
Clio, a Calliope le tavolette incerate. Così oltre il determinare le
sue
figure senza iscrizione, ufficio proprio delle ar
esporre che ciò che in prosa. « Nè solo ha espresso ciò nel dare alla
sua
Calliope i pugillari e lo stilo, ma l’ ha indicat
tante erudite reliquie dell’antica Ercolano, che il Vesuvio sotto le
sue
eruzioni ha conservate per tanti secoli, per farn
ti gli altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a conoscersi dalla
sua
fìsonomia severa e sveglia; Menelao dalla dolcezz
vera e sveglia; Menelao dalla dolcezza del suo viso; Agamennone dalla
sua
divina presenza: quanto al figlio di Tideo una li
nerosa lo esprime. Voi ben discernerete ancora Aiace di Telamone alla
sua
terribil fierezza, e quello di Locri alla sua agi
Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di Locri alla
sua
agile velocità. I soldati poi che gli sono tutti
l’aste fissate in terra. Ma non crediate di distinguere Achille dalla
sua
lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo la mo
a perchè egli se l’è recisa dopo la morte di Patroclo; non ostante la
sua
bellezza ve lo mostrerà, la sua grande ‘ statura
la morte di Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostrerà, la
sua
grande ‘ statura e i suoi rasi capelli. Presentem
e somigliante a un morto: al contrario par che sorrida e porta nella
sua
faccia impresso il contento di aver salvata la vi
? Disputata è pure l’origine di queste amabili divinità. Esiodo nella
sua
Teogonia le vuol nate da Eurinome figlia dell’Oce
voti, contenevano queste divinità senza le quali la bellezza perde le
sue
attrattive, la saviezza il mezzo di giovare, e la
ssando per diverse mani ritorna sempre a chi lo dà, e perchè tutta la
sua
bontà se ne perde se è interrotto. Sono ridenti i
re nelle ardimentose minacele. Il vigore non ha ancora abbandonate le
sue
forti braccia: alza la testa come soleva contro E
ano i suoi occhi benché spenti dalla morte I Mirate la lanugine della
sua
barba che appena gli fa ombra al volto; ben ciò c
celebrato divenne. Credesi che il primo a risentire gli effetti della
sua
scienza salutare fosse un certo Asole di Epidauro
stra il celebre Visconti: « D’Esculapio dio della Medicina e d’ Igia
sua
figlia dea della Salute parlano tanto i mitologi
gguato, l’altro di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso alle
sue
mani, chi gli prende le gambe, chi gli salta al c
ari di Ercole per le conquiste: l’Oriente e l’Occidente è pieno della
sua
fama: nè poca gloria è per lui di essere stato ca
torico, profittando della simiglianza che un fanciullo nato da Semele
sua
figlia non unita in matrimonio, aveva con Osiride
del dio, e passava almeno per essere il luogo ove fu deposto dopo la
sua
nascita: ciò viene attestato ancora dal nome di D
altri formò la delizia del cavalier Mengs negli ultimi periodi della
sua
vita. « Quantunque l’essere stato risarcito per B
ine. » Quindi Momo, presso Luciano, rileva tra i difetti di Bacco la
sua
complessione feminile e donnesca; quindi finalmen
rde l’indegno Dell’amor di una schiava: arde, e ritorna Coll’adultera
sua
, che al casto letto Già s’avvicina: Non per fama
ntagna infame Del Citerone, tu togliesti a Cadmo I due conforti della
sua
vecchiezza: Hai Penteo morto, ed Atteon nascondi.
il capo Di Penteo ucciso. Sull’arena alfine Disperata si getta, e le
sue
chiome Rotolando deturpa. A) seno toglie L’irsute
vino che spremerà dai frutti dell’autunno. Tutta la terra canterà la
sua
presenza. Vincitore dei Giganti e degi’ Indiani,
gioventù, e una mitra in forma di serpenti attortigliati coronerà la
sua
testa. Egli dividerà gli onori degl’immortali. Co
i dodici dardi di fuoco destinati a trapassare il core di Giove nelle
sue
metamorfosi diverse. Ogni dardo aveva la sua iscr
e il core di Giove nelle sue metamorfosi diverse. Ogni dardo aveva la
sua
iscrizione. Egli scelse il quinto, che renderlo d
colpita, e la cura che prese Giove del suo figlio, che nascose nella
sua
coscia, finché avesse condotto al termine un fanc
natura di questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa
sua
figlia nel tempio di Minerva per sacrificare a Gi
le passò sulle rive dell’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la
sua
freccia nel cuore di Giove, che per meglio osserv
vibrò la sua freccia nel cuore di Giove, che per meglio osservare la
sua
amante si cangiò in aquila volteggiando sul fiume
che r antichità attribuisce a Bacco. Finalmente si fa conoscere dalla
sua
amante. che divien madre in mezzo ai fiori, e tra
e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le
sue
forme, che diventano rotondeggianti, accusano la
uo padre. Già le sue forme, che diventano rotondeggianti, accusano la
sua
colpa. Ella già prende gusto per 1’ edera, di cui
e gusto per 1’ edera, di cui ella intralcia la corona ornamento della
sua
testa. Se ascolta il suono di qualche strumento g
nserva ancora tutta l’istoria, da che egli vi ha trasportate tutte le
sue
amanti, e i figli che ha avuti da donne mortali.
si vedrà giungere un giorno Semele e Bacco, e brillare Arianna colla
sua
corona? No, dice Marte, o piuttosto l’Invidia sot
anna colla sua corona? No, dice Marte, o piuttosto l’Invidia sotto la
sua
forma, io non posso restar più in cielo per veder
sta profanazione del tempio degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la
sua
testa di Medusa e la sua scimitarra, e le forme o
io degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la sua testa di Medusa e la
sua
scimitarra, e le forme orribili della balena. — C
indirizza alla dea della Furberia, che errava sulle montagne di Creta
sua
casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timo
lo crede Giove, lo inviti a venire da lei in tutto lo splendore della
sua
gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il so
l’ambizione, dimanda al suo amante questo contrassegno distinto della
sua
tenerezza. Ella vuole che si mostri a lei come a
igge di questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche nemiche della
sua
amante. Siccome prevede le conseguenze, e vuol sa
i questo favor singolare, che la pone infinitamente al di sopra delle
sue
sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e di gio
iglio per mezzo delle cure di Mercurio fugge all’incendio che consuma
sua
madre. Giove sensibile all’infelicità della sua a
’incendio che consuma sua madre. Giove sensibile all’infelicità della
sua
amante la trasporta in cielo, ove ha per compagni
favola brevemente. Irritata Giunone, che dopo la morte di Semele Ino
sua
sorella si fosse adossata la cura di allevare Bac
lo, e andò con esso a precipitarsi nel mare. Venere impietosita della
sua
nipote pregò Nettuno ad averne compassione; e que
i doni il tuo beato alunno. — Una rupe sovrasta al mare, incava L’ime
sue
parti lo spumante flutto: Nell’aperto Ocean sorge
della vite. Dopo la morte di Semele, il re degli Dei depose nella
sua
coscia il giovine Bacco, finché il parto arrivass
scita di Bacco l’Ore si trovano pronte per riceverlo, e pongono sulla
sua
testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi cape
le, dea marina, madre di Palemone. Ma Giunone avendo minacciata della
sua
collera questa nuova nutrice, Mercurio ritira il
’Ino per darlo in deposito a Rea, a Cibele, che ne prende cura. Dalla
sua
più tenera giovinezza la dea gì’ insegna a montar
e aveva osato di nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie la
sua
casa di quelle infelicità, che Ovidio vi descriss
to Ampelo, o la Vigna. Il poeta ci dipinge questo bel fanciullo, e le
sue
grazie nascenti, che a Bacco inspirano affetto. I
lge verso lui, e gli dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla
sua
nascita, e finisce per dire, che lo conosce e sa
Bacco se ne innamora: non è contento che con lui, e si affligge della
sua
assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo di tutt
ella quale il carro è dai bovi condotto. Que sta dea lo punisce della
sua
insolenza, mandando un assillo che punge il toro.
viveva. Bacco lo contempla, ed esprime il suo dolore: minaccia della
sua
vendetta il toro crudele nello stesso tempo che p
uo misero amante. Egli accusa l’ Inferno inesorabile che non rende le
sue
prede. Scongiura Giove di voler rendere la vita a
ioso che si spreme dalla vite, e la figura di Ganimede cht; inalza la
sua
coppa. Uditi questi detti, la giovine ninfa volge
rere le spighe. È rapita di gioia a questa vista, va a raggiungere le
sue
sorelle, e ritorna verso il mare d’oriente, da cu
ortuosamente intorno alla vite, ed agli alberi i quali protegge colla
sua
ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fr
tegge colla sua ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fra le
sue
dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bov
corno di bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della
sua
scoperta. Apostrofa l’ombra del suo amico, la di
pente volle mangiare del frutto di lei, e raccoglierne il liquore. La
sua
bocca divenne rossa per questo umore, e Bacco •ch
sfigurata che Bacco stesso n’ha compassione: è nel primo fiore della
sua
età, ha la faccia tenera, delicata; i capelli bio
o, rammentando il loro delitto. Sono sedute in terra: una appoggia la
sua
testa su le ginocchia; 1’ altra la piega sulle sp
ma di Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si era reso terribile per le
sue
navi, e comunichi quindi a questi popoli le sue o
reso terribile per le sue navi, e comunichi quindi a questi popoli le
sue
orgie e i doni della vite. E noto che i misteri d
sale al cielo. Nelristante Cibele invia il capo dei suoi cori e delle
sue
danze per riunire un’armata, che deve esser coman
llando nel cielo e formando la settima stella delle Pleiadi, dà colla
sua
apparizione a Bacco il segnale felice del combatt
armata, alla testa della quale Bacco si move. Il poeta ne descrive la
sua
armatura, i suoi vestiti, che rappresentavano il
ntrare in azione: il fulmine fa rimbombare le montagne, e annunzia la
sua
vittoria a Bacco. Dipinge quindi il poeta l’insol
endo ai suoi piedi un leone terribile, che abbassava davanti a lei la
sua
terribile criniera. In vicinanza abitava un bifol
lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le
sue
preghiere, e scocca una freccia sul misero amante
udele nega soddisfare i suoi desiderii, lo minaccia, e s’ invola alla
sua
persecuzione. Bacco ne sesrue l’orme, e la cerca
e in rimproveri contro Venere e Bacco. Si lamenta della perdita della
sua
verginità, vuole uccidersi e cerca il rapitore pe
rappresenta Bacco, che di nuovo marcia contro gl’Indiani, prosegue le
sue
conquiste in Oriente coli’ apparecchio meno di un
riva sulla terra fertile di Alibe, che il tranquillo Eudi bagna colle
sue
acque. Quivi un pastore nominato Brongo riceve Ba
nume lo respinge vigorosamente, e Oronte dopo essersi trafitto colla
sua
spada cade nel fiume al quale dà il suo nome. Le
Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti
sua
moglie, ed aveva Pito per capitano. Questi eroi n
afilo accompagna Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le
sue
vittorie, e gli rammenta quella di Giove sul serp
Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move il dolore di tutta la
sua
famiglia e della sua casa. Il Canto diciannovesim
lo, e la morte di lui move il dolore di tutta la sua famiglia e della
sua
casa. Il Canto diciannovesimo comincia dallo spet
l giovine Botri e Pito. Bacco l’assicura e promette di associare alle
sue
feste Meti, Stafilo e Botri. Converte questi ulti
di Giove Ammone. Soffria la pena dell’error materno Andromeda, e le
sue
tenere membra, Eran mercede al mare e preda al mo
o, e mollemente China si sta sulla cervice bianca. Sola custode della
sua
figura Scorre la veste dalle spalle, e fugge Le b
i e alle Baccanti, che compongono l’armata di Bacco. Lo dio dirige le
sue
schiere per Tiro e per Biblo sulle rive del fiume
Baccanti. Proteo gli aveva già manifestato ciò ch’era successo nella
sua
assenza: l’ accecamento di Licurgo e la metamorfo
iade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l’Oriente. Deriade dalla
sua
parte arma gl’Indiani, e si accampa vicino ad una
e la presenza di questo dio sparge il coraggio e la gioia in tutte le
sue
schiere. Tutta la natura si rallegra. Mentre i so
e Bacco non risparmia che il solo Turco, perchè sia testimonio della
sua
vittoria. Giunone sempre nemica dello dio invita
pena si è inoltrato nel fiume che l’Idaspe impegna Eolo a sollevar le
sue
onde sprigionando i venti. È descritta la confusi
no si placa, e nelr istante il vento settentrionale rende al fiume le
sue
acque. Deriade arma gl’Indiani contro Bacco, e co
Penelope, e Vulcano dei suoi Cabiri. Bacco s’inoltra alla testa della
sua
armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli ser
te le schiere. Giunge la notte, e stendendo sulla terra il velo delle
sue
tenebre richiama al sonno i mortali. Nel Canto se
ti dell’Oriente. Agreo e Flogio si presentano i primi per comandar le
sue
squadre. Entrano nella lega tutti gli abitanti de
di Bacco, la quale si distribuisce in quattro corpi. Bacco arringa le
sue
schiere: Giove raduna gì’ immortali, e invita mol
nulla le contrasti la vista del marito. Il fiume Alfeo si alza dalle
sue
acque profonde onde presentare una corona di uliv
sentare una corona di ulivo selvaggio al vincitore che passa lungo le
sue
rive. Quelli che cercavano le nozze d’Ippodamia s
stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la
sua
moglie Evadne deliberò di morire sopra il suo rog
rianimare il coraggio e il furore di Deriade loro capo, che unisce le
sue
truppe, e con nuovo impeto rinnova la battaglia.
iade; la notte sopravveniente separa i combattenti. Marte dorme, e la
sua
quiete è da un sogno agitata. Si alza quando 1’ a
l popolo nero. Aristeo combatte all’ala sinistra. Morreo manifesta la
sua
meraviglia perchè i soldati di Bacco armati del s
atello. Eurimedonte invoca Vulcano loro padre, che copre Morreo colle
sue
fiamme. Ma l’I daspe padre di Deriade l’ estingue
’I daspe padre di Deriade l’ estingue: uccide Flogio, ed insulta alla
sua
disfatta. Il famoso Tettafo che la sua figlia ave
uccide Flogio, ed insulta alla sua disfatta. Il famoso Tettafo che la
sua
figlia avea nutrito col proprio latte nella prigi
ua figlia avea nutrito col proprio latte nella prigione, armato della
sua
terribile spada sconvolge l’armata dei Satiri, e
otto i colpi di Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore di Meroe
sua
figlia, numera le altre vittime di Morreo, Alcima
de la fuga: Minerva lo richiama al combattimento, e gii rimprovera la
sue
codardia. Lo dio riprende coraggio, ritorna all’a
Discende all’ Inferno per trovarvi Proserpina, onde prenda parte alla
sua
vendetta, e sollevi le furie contro Bacco. Proser
e sollevi le furie contro Bacco. Proserpina persuasa acconsente alla
sua
domanda, e le concede Megera. Giunone parte con l
var Morfeo, e nelle sembianze della Notte lo persuade a vincere colla
sua
quiete gli occhi del re degli Dei, onde servire a
dio del Sonno obbedisce, ed Iride va nell’Olimpo a render conto della
sua
imbasciata a Giunone, che prepara altri artifizi
ge il suo volo verso l’Olimpo, ove ella nuovi ornamenti aggiunge alla
sua
bellezza. Quindi s’avvicina a Giove, che dell’ant
egni risente. Il suo amore si accresce per le carezze insidiose della
sua
sposa, alla quale confessa il suo violento afiett
come un toro ferito dall’ assillo si precipitava negli accessi della
sua
rabbia, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Vene
ol pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia di
sua
madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espone i
motivo dei suoi timori per Bacco, e lo persuade a prender parte nella
sua
causa dello dio. Gli parla della leggiadra Calcom
Antiope, onde goder potesse, nella forma di Satiro, dei favori della
sua
amante. La ninfa terribile lo fugge, e vuole prec
questa disperata risolu zione: le dice eh’ ella pure ha custodita la
sua
verginità contro gli assalti di Giove che l’ha pe
Baccanti. Aggiunge che se l’Indiano volesse costringerla, ella ha in
sua
difesa il serpente che orna l’acconciatura della
erla, ella ha in sua difesa il serpente che orna l’acconciatura della
sua
testa. Bacco la porrà in cielo come un testimonio
sua testa. Bacco la porrà in cielo come un testimonio perpetuo della
sua
virtù accanto alla corona d’Arianna, e splenderà
Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli era nella
sua
spedizione contro gl’Indiani, e porta ancora una
rnata del lungo collo di un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le
sue
spalle, gli versa da un vaso il liquore nella boc
ttura da un Inno degli abitanti di Elide, commemorato da Plutarco, le
sue
statue pure devono avere avuti i piedi di questo
accennai nel principio delle mie Lezioni sullo dio, quanto perchè le
sue
feste si celebravano la notte, come si vede in Pa
male: siccome scrive Diodoro che per il medesimo fine Bacco levò alla
sua
gente l’asta, dando loro in quella vece la ferula
lo si avvicina all’onde, ed esse sono ferme ed innamorate quasi della
sua
bellezza. — Giacinto. — Leggete in questo fiore
o. L’infelice giovine spartano giace là rovesciato sopra la terra: le
sue
forme sono belle, ed esercitate alla corsa. Apoll
. L’ornamento più frequente di lui e di tutto il coro ò l’ellera e le
sue
coccole, perchè fra quelle foglie l’occultarono l
a da un antichissimo Sileno, che avendo avuto coda a’ lombi, tutta la
sua
posterità ebbe lo stesso segno. Col tempo si diss
re ciò che gli antichi aveano creduto e detto. L’ Italia manteneva le
sue
rozze tradizioni, come specialmente si vede in Ov
un riso innocente, qual piacque più volte a Correggio d’imitare nelle
sue
pitture: due tubercoli talvolta sotto il mento, q
rceli rico noscere nei monumenti: ma riguardo a Sileno troviamo nelle
sue
immagini scolpita quella varietà medesima, che sc
na nuvola le sembianze di Giunone. Strinse il credulo adultero fra le
sue
braccia l’ ingannevole simulacro, e del suo vano
fra gli altri animali favolosi, grifi e sfingi, in segno forse delle
sue
conquiste fatte ne’ paesi orientali, dove credeva
zzo perfetto, l’uomo misto di cavallo nitriva, bramando alzare con le
sue
spalle Bacco: — quindi è che spesso negli antichi
fono in co altro cammeo d’agata sardonica inserito dallo stesso nella
sua
opera sui medaglioni antichi. In questo si rappre
onarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle
sue
nutrici con una tigre consacrata accanto e fra du
dalla petulanza di un giovin Baccante, che salito in ginocchio sulla
sua
groppa si adopera con ambe le mani per torli ad e
coturnato e cinto intorno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla
sua
face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la qu
lla Borghese, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella
sua
caccia, di cui dimostra la gioia negli occhi e ne
un giovine cacciatore, che vedendo Cupido per la foresta volea farne
sua
preda; ma fu avvertito da un vecchio che lasciass
(grec), che significa ululare smodatamente, come quello di Menadi ha
sua
origine da (grec) che equivale ad infuriare. Ma i
Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegna di chi presiede alle
sue
orgie, e qualche particolar distinzione, giacché
rvazione ugualmente stimabile ed interessante, quando si consideri la
sua
forma non lascia dubbio alcuno di aver servito pe
lascia dubbio alcuno di aver servito per ara sepolcrale, comecché la
sua
figura e le sue proporzioni siano fra l’are antic
lcuno di aver servito per ara sepolcrale, comecché la sua figura e le
sue
proporzioni siano fra l’are antiche assai rare. «
are. « Il masso è quasi un parallelepipedo lungo una volta e mezzo la
sua
larghezza e circa due l’altezza; rastremato alcun
cavati dal pezzo medesimo, che han forma di quattro alate chimere. La
sua
superfìcie superiore è affatto piana. « Dell’are
rappresenta alcuna delle più ammirate ne’ secoli dell’arte greca. La
sua
bellezza n’è una prova ulteriore. Un uomo corpule
dei leggitori, dopo aver fatto considerar loro la statua con tutte le
sue
circostanze. È effigiato nel marmo un uomo, il di
ade sul petto, artificiosamente sparsa e disposta. I lineamenti della
sua
fìsonomia sono puramente ideali: naso greco e qua
ta. La molezza e la grandiosità dell’abito corrisponde al lusso della
sua
capigliera. È vestito di una larga tunica sovrabb
stesso, il quale forma sul petto un doppio ravvolgimento, ed ha nelle
sue
falde segnato in greche lettere Sardanapalo. Tant
re Sardanapalo non può esservi scolpito, e perchè la lunga barba alla
sua
storia non corrisponde, e perchè di fatti le grec
elle circostanze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La
sua
nicchia era sostenuta da quattro statue muliebri,
ascente. « Il soggetto singolare di questo grandioso bassorilievo, la
sua
conservazione, il suo stile possono farlo conside
amente in attitudine di un qualche sforzo, ma senza pregiudicare alla
sua
tranquillità. Dinanzi a lui s’ inchina alcun poco
riolo detta nebride e sacra alla nascente deità, per riceverlo fra le
sue
braccia, e condurlo alle Ninfe che l’educheranno.
come a istitutore di religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la
sua
clamide, i suoi calzari somigliano estremamente a
deità, pur non dubito denominar Proserpina o Libera, e ciò sì per le
sue
relazioni col nume che nasce, sì per l’altre più
ttura. « L’ultima è la dea Cerere gentilmente anch’essa avvolta nella
sua
palla, o peplo, colle spighe, dono da lei fatto a
i; o sia che preside delle vendemmie ed inventore del vino, fosser le
sue
immagini egualmente opportune alle religioni agre
ore e corifeo di misteri riputati allor sacrosanti, le allusioni alle
sue
cerimonie si riguardassero come la più convenient
al gruppo ch’è nel mezzo del bassorilievo ci mostra Bacco vinto dalla
sua
bevanda, e vacillante qual Momo il dipinge, retto
giamento della mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la
sua
fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di
una delle Baccanti: i serpenti Bacchici sono stretti nella destra, la
sua
tunica è cinta di campanelli adoperati forse nei
onneschi. « La testa del simulacro di nobile e serena fìsonomia ha la
sua
lunga e ben acconcia chioma avvinta dal diadema,
delle frutta, primizie dei campi e oblazione propria di Bacco, nella
sua
nebride, che pendente dall’omero e raccolta colla
iete e ridenti, dierono principio all’arte del ballo. « Coronata è la
sua
testa come proprio è dei sacrificanti, e la coron
o (grec) e frontem comatos. « La nostra statua è commendabile per la
sua
integrità, non avendo restauro che nelle braccia,
o, è, come io penso, rappresentato in questo fanciullo, e sì le altre
sue
immagini, sì lo stato di ubbriachezza in cui Bacc
he presso al cocchio par che lo guardi con af fetto, è forse Nisa, la
sua
nutrice: la turba degli altri Baccanti il precede
gnote, ed introdusse tra loro sì nuovi costumi, i Greci dipingonci la
sua
venuta da quelle contrade come il ritorno trionfa
no trionfale di un capitano sì prode, che non trovò altri emuli delle
sue
gesta, se non che, molti secoli dopo, Alessandro
orilievo è relativo appunto alle vittorie del nume di Nisa. Vedesi la
sua
comitiva uscir lieta e carica di prede dalle port
della vinta belva. L’ elefante non è rappresentato si grande come la
sua
naturai proporzione il richiederebbe: ma simili i
ertame gliela togliesse, tutti consentono Dell’attribuire a Bacco per
sua
sposa la figlia di Minosse e di Pasifae. Parecchi
con Bacco non sono ignoti, e dai quali nacque Priapo, se alcuna delle
sue
nutrici, o Nisa Leucotea, alla prima delle quali
dei panneggiamenti, sì per la grazia delle situazioni. Merita per la
sua
semplicità di essere ancora osservata la figura d
uando Settimio Severo li fé’ riconoscere come divinità tutelari della
sua
persona e della sua famiglia, e li fé’ congiunger
o li fé’ riconoscere come divinità tutelari della sua persona e della
sua
famiglia, e li fé’ congiungere nei conii delle mo
vetusti riti nuziali, Ebe la dea della giovinezza destinata in cielo
sua
sposa. « La bibacità d’Ercole celebrata dai poeti
sse, non ordinaria venerazione. Quindi è che si adornin sovente della
sua
effige le pompe dei Baccanali. Sileno ubriaco s
forse nulla di superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla
sua
fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudine de
ore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla sua fìsonomia, dalla
sua
calvizie, dall’attitudine del suo corpo, dall’abb
n suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accresce l’imbarazzo della
sua
situazione: mentre un altro Faunetto che il segue
un palliolo che tien ravvolto al sinistro. « Il tirso, sfuggito dalla
sua
destra scorre nei seni della tunica, e la solleva
zioni. Son tutti e cinque coronati la testa di pino, egualmente dalle
sue
capillate frondi che dalle piccole pine o coni co
nie di Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell’edera per le
sue
corone. Cinquecento fanciulle comparvero nella po
iamo, e si rizzava in piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella
sua
destra e tornava di tempo in tempo a sedersi. Se
esta di uccisi leoni. Le Baccanti. « Quantunque Euripide noti nella
sua
tragedia intitolata Le Baccanti la modestia e la
ontagne, dato a Bacco dai Poeti per dimostrare che le solennità delle
sue
rumorose orgie sui monti per sacro costume si cel
orilievo nel Palazzo Giustiniani: eppure non solo il dimostra tale la
sua
perfetta simiglianza col nostro putto, ma ne togl
di Mitologia farebbe tesoro il Niccolini, se vivendo ricomponesse le
sue
Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancher
ori. 4. Daremo intorno al metodo ch’erasi prefisso il Niccolini, una
sua
lettera bellissima e inedita. 5. Porfirio, addu
a d’ altri popoli. 2. La Mitologia di un popolo, non va confusa colla
sua
Religione; ha però con essa intimi rapporti; giac
cui non potrà più rivedere se non quando sarà giunto al termine della
sua
faticosa giornata. Un piccolo strumento composto
i serpenti delle tenebre, ora di un altro gigante che intraprende la
sua
corsa faticosa, ora di un guerriero che si appres
rende la sua corsa faticosa, ora di un guerriero che si appresta alla
sua
lotta colle nuvole e colla tempesta ecc. ecc. Cos
ndare a rapire le giovenche di Apollo, e dopo nascostele, torna nella
sua
culla. La principal prerogativa è poi questa, che
tenza; Zeus stesso era in qualche modo limitato nell’ esercizio della
sua
forza, ad es. era egli stesso soggetto al fato in
mento della sconfitta gli aveva predetto che avrebbe subito la stessa
sua
sorte; e così avvenne. Crono temendo di essere de
, incominciò contro di lui la tremenda lotta che doveva por fine alla
sua
signoria. 4. Questa lotta fu detta Titanomachia,
so nelle viscere dell’ Etna in Sicilia, donde ancora manifesta l’ ira
sua
vomitando fuoco e fiamme. Alcuni poeti parlano an
è seguita da quella savia riflessione: Vis consili expers mole ruit
sua
: Vim temperatam Di quoque provehunt, In maius; id
ronidi avevano sostenuto la lotta contro i Titani; e l’ Olimpo con le
sue
alte vette si pensava toccasse il cielo e ivi sor
gli vien detto « padre degli Dei », perchè, sebbene ultimo nato nella
sua
divina famiglia, ha però l’ autorità suprema su t
a gli Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limite alla volontà
sua
che il potere inesorabil del fato (la Moira). Ha
ordine, egli delega al re per qualche tempo una parte dell’ autorità
sua
sugli uomini, e li punisce se sgovernano; sorvegl
ù alta di divine rivelazioni. In vario modo credevasi manifestasse la
sua
volontà, per via del tuono e del lampo, per mezzo
di molte donne e immortali e mortali, destando così la gelosia di Era
sua
legittima moglie. Prima egli ha rapporti con l’ O
econdo luogo ciascuna località ove Zeus era oggetto di culto aveva le
sue
proprie leggende, identiche nella sostanza ma var
e. Cenni del Dio supremo e rappresentazioni più o meno compiute della
sua
figura è naturale che ricorrano assai di frequent
e collocata nel tempio di Olimpia. Così la descrive il Gentile nella
sua
Storia dell’ arte greca (p. 108): « Il Dio, di fo
rso da lui governato, infine la Niche o Dea della vittoria. Spesso la
sua
chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perch
e Argo è appunto il cielo stellato attraverso il quale essa compie la
sua
peregrinazione. Anche l’ essere Era una deità del
biltà della donna che serba costante fede al marito trovava in lei la
sua
più alta espressione. Quindi essa era considerata
ente chiamata l’ Argiva. Argo, Micene e Sparta, seconde Omero eran le
sue
città predilette. Diffusosi il concetto di dea pr
ti gli atti della vita. Anzi ciascuna donna di Roma si diceva aver la
sua
Giunone, come ogni uomo aveva il suo Genio. Varii
li epiteti dati a Giunone secondo il momento della vita affidato alla
sua
tutela; Iuno Lucina presiedeva all’ atto del nasc
che protettrice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la
sua
cella nel tempio Capitolino, accanto a quella di
me già si disse, dal cervello ili lui, dopochè egli aveva ingoiato la
sua
prima sposa Metis. Gli è il cielo temporalesco, g
avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla nel centro della
sua
egida, a terrore de’ nemici suoi. In fondo tutto
de fra gli edifizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche ora nelle
sue
rovine, era dedicato ad Atena Parteno (Parthenos
a pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la
sua
cella nel gran tempio di Giove Capitolino. Altri
ello della imperscrutabile sapienza della dea, questi della vigilante
sua
custodia, come guardiana del pubblico tesoro depo
l trionfo del giorno sulle potenze delle tenebre. Apollo avendo colle
sue
freccie ucciso Pitone, n’ ebbe il soprannome di P
iacinto (Hyacinthus), il bel giovane Spartano, amato da Apollo per la
sua
straordinaria bellezza, e da lui ucciso con un in
, Apollo si appostò lontano dalle navi, e per nove giorni volarono le
sue
pestifere saette nel campo greco seminando la mor
i Alessandro Magno. Scopa compose un Apollo Citaredo, ammirato per la
sua
bellezza nei secoli seguenti e da Augusto traspor
stro. Armata di areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’ armi
sue
contro gli esseri catti vi o mostruosi ch’ essa o
li ardenti cani, essa insegue le fiere selvaggie, e le colpisce colle
sue
freccie infallibili. Si vendica anche fieramente
eggiare; e ne provo, fra gli altri, lo sdegno Orione che ucciso dalle
sue
freccie fu trasformato nella costellazione del su
suo nome. Quando poi è finita la caccia, la Dea si compiace tuffar le
sue
belle membra dentro qualche fresco corso d’ acqua
e belle membra dentro qualche fresco corso d’ acqua, circondata dalle
sue
ninfe, tra le quali primeggia per l’ alta statura
i contemplare le nude forme della bagnante; niuno lo salverebbe dalla
sua
ira. Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il qual
yia). La bella leggenda del giovane Ippolito, caro ad Artemide per la
sua
castità, dà una chiara idea del concetto che di q
rva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Tauride per farne là una
sua
sacerdotessa. In seguito Ifigenia aiutata dal suo
ricchezza degli agricoltori; le si rivolge preghiera che conservi la
sua
tutela alla stirpe di Romolo. Anche Orazio ha tra
conservi la sua tutela alla stirpe di Romolo. Anche Orazio ha tra le
sue
odi degl’ inni a Diana; dove però essa è per lo p
catena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto di lui che
sua
patria e suo soggiorno prediletto fosse la Tracia
testa ai piedi, coll’ elmo dal cimiero ondeggiante, alto vibrando la
sua
lancia, colla sinistra imbracciando lo scudo, sco
Atena, ricoperse del suo corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la
sua
capigliatura si lordò di polvere. Altra volta, pr
re Numa pregava per la salvezza dello stato, Giove, a dar segno della
sua
grazia, avesse lasciato cadere giù dal cielo uno
i facevan compagne di Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona,
sua
sorella, dea di guerra, corrispondente alla greca
on Efesto; là, nell’ interno dei vulcani si diceva che egli avesse le
sue
grandi officine per lavorare i metalli. Così il m
mortali abitazioni per gli altri Dei; poi si consideravano come opere
sue
l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente d
uttrice di esso, sia lo spegnimento. Onde si ponevan le case sotto la
sua
protezione, e insieme sotto la protezione della S
empre rappresentato come un uomo in età matura e nella pienezza delle
sue
forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien con
nica che lasciava nuda la spalla destra), e con gli arnesi dell’ arte
sua
. Si hanno ben pochi monumenti antichi di Efesto.
manifeste della destrezza ed abilità che costituivano il fondo della
sua
indole. Giacchè, nato al mattino, verso il mezzog
coprir traccia; poi torna zitto zitto a Cillene e si riacconcia nelle
sue
fasce. Ma Apollo non poteva ignorare la cosa, ed
aestro di scaltrezza, era l’ aiuto del commercio e dei traffici. Alia
sua
protezione si attribuiva ogni guadagno, anche nel
datore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi di imagini
sue
. Infine, come facondo oratore, era il dio che dav
aduceo. In origine lo si figurava come un uomo nel pieno vigore delle
sue
forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di fi
e, tutta riso il sembiante, tutta oro l’ abbigliamento; spirava dalla
sua
persona soave odore d’ ambrosia, e allorchè ella
d’ ambrosia, e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della
sua
bellezza, ogni cosa piegavasi all’ incanto che em
aurora, figlia del cielo, la quale sorride dall’ oriente e allieta di
sua
luce tutta la natura. Ma a questo concetto primit
o con Dioniso e con Ermes. Spesso poi di essa si dice che esercito la
sua
forza sul mortali. Aiutò Paride a rapir Elena e c
utto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via di Enea la
sua
famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vitt
a tutto ciò, era quindi la divinità principale della famiglia; era la
sua
protettrice, ed aveva parte importantissima in tu
ominciasse e finisse con una libazione ad Estia; sicchè essa aveva la
sua
parte in tutti i banchetti festivi e in tutte le
i sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era
sua
, ond’ egli era invocato come padre matutino (cfr.
indicare che il Dio era uscito coll’ esercito e lo accompagnava colla
sua
protezione. Analogamente ogni magistrato, entrand
devolo trovavasi sul Gianicolo, dove si diceva che Giano avesse avuto
sua
sede prima che fosse Roma. 3. Chi voglia leggere
condo altri, di Eurifaessa (Euryphaëssa, la largisplendente), come le
sue
due sorelle Selene ed Eos (la luna e l’ aurora).
i Etiopi diventarono troppo mori, il Nilo nascose d’ allora in poi le
sue
sorgenti; finalmente Giove fulminò il malcapitato
nche il suo lato morale; egli è colui che tutto vede e ascolta; colla
sua
luce penetra nei più segreti luoghi, discopre que
ato come dio potente in molti luoghi, segnatamente in Corinto e nelle
sue
colonie, in Sicione, in Argo, in Arcadia, sul mon
e al voltarsi del cielo precipita la notte dall’ oceano involgendo di
sua
grand’ ombra la terra (es. Virg. Eneide, 2,250),
riproduce un rilievo trovato a Troia dallo Schliemann; il Dio è sulla
sua
quadriga col lungo abito proprio del cocchiere, e
specialmente di sarcofagi. b) Selene-Luna. 1. La luna colla
sua
notturna peregrinazione pel cielo, colle sue dive
una. 1. La luna colla sua notturna peregrinazione pel cielo, colle
sue
diverse fasi, colla pallida luce che dà un aspett
nte Latmos, e ogni notte veniva Selene a visitarlo e a pascersi della
sua
bellezza e a baciarlo dormente. — In tempi poster
ci parla degli astri che intorno alla bella Selene, quando ella nella
sua
pienezza splende argentea, nascondono la loro viv
. D’ allora in poi piange Eos incessantemente il perduto figlio, e le
sue
lagrime cadono sulla terra in forma di rugiada. I
ne, vecchio tutto rughe, non più capace d’ altro che di far sentir la
sua
voce, come una cicala, era un’ allegoria del gior
ra forse l’ immagine del giorno nuovo, ringiovanito, somigliante alla
sua
madre Eos. — Tali le principali leggende relative
inus. Era una dea della prima luce, quindi anche del nascimento, e la
sua
festa chiamavasi Matralia, ed aveva luogo in Roma
olo dei rapporti fra cielo e terra; quiudi era naturale che Iride, la
sua
mistica rappresentante, fosse concepita come una
lla ode 30a del libro I progando Venere affinchè venisse, lasciata la
sua
diletta Cipro, a visitar la casa della sua amata
inchè venisse, lasciata la sua diletta Cipro, a visitar la casa della
sua
amata Glicera, enumera tra i seguaci di lei non s
o compì uno de’ suoi capolavori, e questi è il Canova (1757-1822). La
sua
Ebe è una bella fanciulla in atto di versare il n
agli Dei. Omero dice che era figlio del re Troiano Tros, e che per la
sua
grande bellezza fu da Giove assunto in cielo, res
’ è detto. Più tardi si favoleggiò che Giove avesse mandato l’ aquila
sua
perrapire il formoso giovanetto. Altri fecero anc
di Reggio, Fanocle di Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima
sua
forma, secondo la quale Ganimede era amato da Gio
agliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le
sue
freccie infallibili producendo in chi voleva, o D
e Eros. Raccontavano che il piccolo Eros non volendo crescer su bene,
sua
madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura)
el 2º sec. dell’ e.v. Psiche era una bellissima fanciulla, che per la
sua
bellezza destò la gelosia di Venere; questa allor
sere divino che ogni notte viene a visitarla. Senonchè, aizzata dalle
sue
sorelle che le insinuano nell’ animo il veleno de
il divieto, ed ecco d’ un tratto sparisce Amore ed ella rimane colla
sua
desolazione. Allora cominciano per lei le più cru
per farsi dare da Persefone certa scatola voluta da colei che era la
sua
signora, e avendola per curiosità aperta, stava p
e Stigio che ne emanava, quando accorse Amore in suo aiuto; allora le
sue
sofferenze furon finite, perchè Amore ottenne da
acque correnti. Narravasi poi, che essendo stata Coronide, per colpe
sue
, condannata a morire sotto gli strali di Artemide
questo sconvolgimento dell’ ordine naturale lo fulminò; e Apollo alla
sua
volta, per vendicare il figliuolo, uccise i Ciclo
salito sulla nave che doveva portario a Roma. Ivi poi sbarcato scelse
sua
sede nell’ isola Tiberina in mezzo al Tevere, e s
degli uomini, e adducendo le guarigioni miracolose da lui operate, le
sue
epifanie, i suoi oracoli. 4. Tra le opere lettera
omento della nascita di ognuno già fossero decretate le vicende della
sua
vita fi no al momento del morire. E questo diceva
ue correnti e da tutte parti a contatto col mare. I. L’ Oceano e la
sua
stirpe. 1. Nella teogonia greca, il più antico
re in pace e in piena indipendenza al governo del suo umido regno. La
sua
abitazione collocavasi all’ estremo Occidente, là
er ordine dello zio Numitore, fu dal Dio accolta benignamente e fatta
sua
sposa. Nè solo i fiumi, ma anche l’ acque corrent
gri, la cui testa fu ristaurata da Michelangelo. II. Ponto e la
sua
stirpe. Vedemmo nella Teogonia che il Ponto, o
avano come un buon vecchio, pieno di senno e di esperienza, che colle
sue
figliuole abitava nel fondo del mare in una scint
dire l’ avvenire. Non sempre, a dir vero, offriva volontieri l’ opera
sua
a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo via
tre leggende appariscono come genii della rapida morte che afferra la
sua
preda coll’ impeto della tempesta. In Esiodo se n
e capo di tutti i mostri marini, che eran detti il suo esercito, e la
sua
sposa Cheto (Ketos) rappresentava il mare come pa
ricordare pel culto di Posidone la Tessaglia, che a lui attribuiva la
sua
liberazione dalle inondazioni del Peneo, in quant
i diceva che Posidone avesse creato lui il cavallo in occasione della
sua
contesa con Atena per il possesso dell’ Attica (c
upo somigliante al color del mare, o più probabilmente per l’ utilità
sua
nella fabbricazione delle navi. 3. Nettuno (Neptu
, accortosi di quello scompiglio del suo regno, sollevò sull’ onde la
sua
placida testa, e veduto di che si trattava, chiam
ardi venne messa in costante rapporto con Posidone e venerata come la
sua
sposa. Ai Romani, il culto di Anfitrite rimase co
io di Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine di soffiar nella
sua
tromba per ritirar l’ acque ai loro luoghi,
enda che egli fosse da principio pescatore; e che un giorno, fatta la
sua
pesca, avendo posto giù i pesci semivivi sull’ er
sua pesca, avendo posto giù i pesci semivivi sull’ erba, vedesse con
sua
meraviglia che al contatto di un certa erba ripig
, verso la fine, fa raccontare a Glauco stesso in bellissimi versi la
sua
storia. Glauco die’ anche argomento a componiment
i esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri, come nutrice delle
sue
creature, tutta intesa a farle crescere vigorose,
ura, dell’ ordine morale e civile. — Ma poichè la detta energia ha la
sua
sosta e quasi una temporanea cessazione nell’ in
o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e
sua
madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amat
gelosa Era a chiedere la grazia di poter vedere l’ amante in tutta la
sua
maestà fra tuoni e lampi, fu involta dalle flamme
e di Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; secondo altra leggenda la
sua
prima nutrice fu Ino, la sorella di Semele; in og
terra che vien bruciata dai raggi estivi del sole, ma il frutto delle
sue
viscere, il calore vivificante e maturante, è sal
sì anche in altri casi Dioniso diè a vedere quanto fosse terribile la
sua
vendetta contro quelli che non lo riconoscevano e
ndetta contro quelli che non lo riconoscevano e tentavano impedire le
sue
feste orgiastiche. Sono celebri le leggende di Li
e, che il coro delle Baccanti stava celebrando sul monte Citerone. Ma
sua
madre che trovavasi tra le Baccanti, invasata da
costarsi il corteo di Dioniso. Questi vedutala se n’ innamora e la fa
sua
sposa, ottenendole da Zeus l’ immortalità. Ella g
us l’ immortalità. Ella gli fu d’ allora in poi compagna fedele nelle
sue
peregrinazioni, e insieme venivano venerati nelle
lle biade; veniva detto talvolta l’ umido, come si sopranomava Semele
sua
madre l’ umida, alludendosi all’ umor terrestre c
nade o Baccante. Scopa n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la
sua
figura era in atto di ebbra agitazione, il capo a
fedeltà; onde ad es. Dafni, il bel pastore siciliano, orgoglio della
sua
isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice di
un re, perde la luce degli occhi o secondo altri, perde la luce della
sua
vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la quale i
uale invano ora spasimava, lamentando finchè visse, in dolci canti la
sua
sorte infelice. A volte si attribuiva a opera del
etarsi a una chiara fontana sull’ Elicone, s’ innamorò dell’ immagine
sua
riflessa nello specchio dell’ acqua, e poichè l’
iceva che col morir d’ ogni pianta avesse termine anche la vita della
sua
ninfa. 2. Le Ninfe erano oggetto di culto in molt
ito della natura sembrava manifestarsi nelle forme più mirabili della
sua
attività. In certi punti si eressero Ninfei, o te
ome le Ninfe rappresentavano femminilmente la vita della natara nelle
sue
varie forme, così i Satiri erano i rappresentanti
fare qualunque desiderio egli fosse per esprimere. Mida, spinto dalla
sua
avarizia, chiese si convertisse in oro ciò che eg
espugli, tra quelle verdi praterie, là Pane compiacevasi di passar la
sua
vita. Di giorno aggiravasi colle ninfe, cacciando
or lungo i borri, or sulle cime de’ monti; alla sera ritiravasi nelle
sue
caverne e si poneva a sonar la zampogna, e le Ore
n oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era detta la
sua
profetessa. Secondo alcuni, Apollo stesso avrebbe
i rappresentava con uno scettro nella mano sinistra, a significare la
sua
regal signoria sulla terra e sugli esseri che vi
ndo). Si aggiungeva, che accolto benignamente da Giano, avrebbe posto
sua
sede ai piedi del Colle Capitolino. A lui s’ attr
dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno era Ops ed Opis,
sua
moglie, Dea dell’ abbondanza, identificata colla
rutto, era la dea dei giardini e degli alberi da frutta. Armata della
sua
piccola falce, essa si compiace di vagar per la c
i maturi curati da lei, con dolci parole rimproverolla della fierezza
sua
, e a un tratto prendendo figura d’ un bel giovane
zza sua, e a un tratto prendendo figura d’ un bel giovane seppe farla
sua
. Così Pomona dicevasi fatta sposa a Vertunno. 2.
Termine non aveva solo giurisdizione in cose private; erano sotto la
sua
protezione anche i confini dello Stato; come tale
capire il culto di lei, che il ratto di Persefone (Proserpina) o Cora
sua
figlia. Un giorno Persefone, in compagnia delle O
iso aprirsi davanti a lei la terra e sbucarne fuori Ade o Pluto sulla
sua
carrozza tirata da cavalli immortali; costui affe
mortali; costui afferra non visto la giovinetta, e non distolto dalle
sue
pietose grida, la pone in carrozza e via sprofond
dasi nelle viscere della terra e la trasporta in Inferno per farne la
sua
sposa. Tutto ciò avveniva non senza il consenso d
che cosa fosse accaduto. Poichè vide ch’ ella non rispondeva più alla
sua
chiamata, e nessuno sapeva darle notizie, cominci
terzi dell’ anno Persefone tornasse sopra la terra ad allietare della
sua
presenza la madre, e il resto dell’ anno vivesse
eguente. Allorquando Demetra errava corrucciata pel mondo in cerca di
sua
figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma di povera
ustare latte nè pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tra le
sue
braccia gli soffiava sopra, e nottetempo, celando
’ è opposta, non avrà l’ immortalità; pur tuttavia imperitura sarà la
sua
gloria perchè ha riposato sulle ginocchia d’ una
re leggende, era Trittolemo il figlio di Celeo a cui la Dea prestò le
sue
cure. D’ allora in poi Trittolemo, ammaestrato da
vili ordinamenti. Non però da tutti tu accolto benignamente; trovò le
sue
opposizioni e i suoi nemici; onde la Dea dovè int
lo rende invisibile (donde il suo nome); ma tanto più è terribile la
sua
potenza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni s
droniva dell’ anima di ogni mortale, non appena fosse scoccata l’ ora
sua
, per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi
a egli stende le mani per coglierli. Sisifo, re di Corinto, che colla
sua
astuta malvagità più volte ha destato l’ ira degl
arne la furia Tisifone e ottener per mezzo di lei vendetta contro Ino
sua
rivale (v. 432 e sgg.). Fra le rappresentazioni f
mito di Ercole che rapisce Cerbero o di Orfeo che va a riprendere la
sua
Euridice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inf
dove venne a cercar pace l’ infelice Edipo dopo esser stato tutta la
sua
vita perseguitato dalle Erinni per delitti involo
ro lui, l’ avrebbe precipitato in mare se non fosse stato soccorso da
sua
madre, la notte. — Ma la più bella descrizione de
sua madre, la notte. — Ma la più bella descrizione del Sonno e della
sua
casa leggesi nel decimoprimo delle Metamorfosi d
ma l’ ha fatto ritrovare ad Euclione stesso, perchè potesse dotare la
sua
figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare, di q
inizzate, era naturale che raccontasse anche in maniera fantasiosa la
sua
prima storia e magnificasse i progenitori della s
era fantasiosa la sua prima storia e magnificasse i progenitori della
sua
stirpe considerandoli come più che uomini. Se si
e a loro spetterebbe, pur beneficando con ciò la società umana; della
sua
audacia deve pagare il fio, soffrendo inenarrabil
non seppe resistere alle attrattive della donna e l’ accolse e la fè
sua
sposa. Da quel momento tutti i mali piombarono su
ipopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo;
sua
moglie era Pirra, nata da Epimeteo e Pandora. Avv
enti del mito, il rapimento del fuoco, la punizione di Prometeo, e la
sua
liberazione. Sebbene noi più non abbiamo che la s
ri. Già ne parla Omero, il quale fa dire al vecchio Nestore che nella
sua
prima giovinezza aveva preso parte alla tremenda
momento a casa di Admeto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte la
sua
preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di
vi dopo un fiero dibattito tra Febo e la Morte che è venuta per rapir
sua
preda, si assiste agli ultimi momenti dell’ eroic
one, il quale ne aveva fatto un abile cacciatore e guerriero. Dopo la
sua
morte, Atteone fu venerato in Beozia e lo si invo
sdegno paterno, recossi a Sicione, dove il re Epopeo l’ accolse e fe’
sua
sposa. Nitteo allora mosse guerra ad Epopeo per o
rendo lasciò al fratello Lico, erede del trono, l’ incarico di far le
sue
vendette. Lico riprese la guerra, vinse ed uccise
oi due figli omai cresciuti, ai quali, dopo riconosciuta, raccontò le
sue
sciagure e li indusse a tremenda vendetta. Essi d
piombare nella più crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della
sua
fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo pa
crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della sua fortuna e della
sua
stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Ze
ma in iscambio uccise il proprio. Di che rimase afflitta tanto che la
sua
vita seguente fu tutta un piangere e lamentarsi.
da Zeus in usignolo, continua co’ suoi queruli trilli a rammentar la
sua
disgrazia. Della morte di Zeto nulla lasciò detto
la madre, narra Ovidio, ricoprendola con tutto il suo corpo e con le
sue
vesti, gridava rivolta a Latona: « lasciatni alme
e affranta dal dolore impietrò. Ora Niobe appunto che sta coprendo la
sua
figlia e supplicando per lei, eccola (fig. 78) in
do Zeus, per questo tradimento, mandato a Sisifo la morte, egli colla
sua
malizia riuscì a legare la morte stessa con si st
che questa volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo ordinato a
sua
moglie di non celebrare funerali per lui, andato
o che esso può toccare del cielo, si volge e riprende a discendere la
sua
china per ricorninciare il gioco dopo il solstizi
la etimologia supposta del nome), Bellerofonte dovette abbandonare la
sua
patria e rifugiarsi in Tirinto, ove ebbe benigna
mente protetto dagli Dei, si riconciliò con lui, gli diè in moglie la
sua
figliuola e lo le’ sovrano di una parte della Lic
Allora egli la prese con sè sul cavallo alato come per condurla nella
sua
nuova sede; ma per via la balzò giù in mare. Alcu
il sole e i mostri delle tenebre. 2. La favola di Bellerofonte ha la
sua
parte nelle opere letterarie ed artistiche dell’
a Jobate, ed Euripide una su Stenebea. Allusioni a questo eroe e alle
sue
vicende si incontrano assai spesso, ricordandosi
re come vigorose e florenti fanciulle, somiglianti ad Artemide o alle
sue
ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi s
rafi. Eccola in breve. Io, sacerdotessa di Era, attrasse a sè, per la
sua
singolare bellezza, gli sguardi di Zeus che se ne
i di Zeus che se ne innamorò. Di che accortasi la gelosa Era, mutò la
sua
sacerdotessa in una bianca vacca e l’ affidò alla
Europa e d’ Asia, finchè si posò in Egitto. Ivi Zeus la ritornò alla
sua
prisca forma, ed ella die’ poi alla luce un figli
lo. Quegli regnò sul Fenicii, questi sull’ Egitto. Ora Belo ebbe alla
sua
volta da Anchirroe (la lonte scorrente), una figl
mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di
sua
stirpe, Io. Vi giunse toccando Rodi, ove, a Lindo
ennero anch’ essi ad Argo e obbligarono lo zio a dar loro in mogli le
sue
cinquanta figliuole. Egli consentì, ma diè ad ogn
ceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte, il quale alla
sua
volta ebbe due gemelli, Acrisio e Preto. Questi e
suo fratello e se ne fuggi in Licia presso Jobate. Questo diedegli la
sua
figliuola, Antea o Stenebea, in moglie, e lo rima
volendo ivi penetrare Zeus, si trasformò in pioggia d’ oro, e così fè
sua
Danae e con lei genero Perseo, che Omero dice il
utti gli uomini. Quando Acrisio venne a saper questo, tutto ira, pose
sua
figlia e il bambino in una cassetta e questa fè g
a suo fradello Polidette ch’ era re dell’ isola. Polidette voleva far
sua
moglie Danae, ma poich’ ella rifiutavasi, la fè s
idette voleva far sua moglie Danae, ma poich’ ella rifiutavasi, la fè
sua
schiava. Temendo poi la vendetta di Perseo, fatto
d Argo, consegnato il capo di Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida
sua
per servirsene a terrore de’ nemici (cfr. pag. 34
Andromeda. Era allora re d’ Etiopia un tal Cefeo, e Cassiepea era la
sua
moglie; avevano una figliuola assai bella, di nom
la assai bella, di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di
sua
bellezza e di quella della sua figliuola, e avend
da. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della
sua
figliuola, e avendo osato venire in questo al par
l’ antica città di Pleurone in Etolia. Costui diede loro in moglie le
sue
figliuole, a Icario Policaste che ebbe per figlia
a ed Elena. Più tardi Tindareo fu restituito per opera d’ Ercole alla
sua
signoria di Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise I
prosperità della terra. In letteratura e in arte Cecrope mantiene la
sua
doppia figura, ond’ è detto dimorfo dagli scritto
re al diluvio. Una leggenda a lui particolare era questa, che dopo la
sua
nascita Gea l’ affidò alla dea Pallade, e questa
ffidò alla dea Pallade, e questa consegnollo in una cassa chiusa alle
sue
sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo di a
t’ invasione se non sacrificando, per ordine dell’ oracolo, una delle
sue
figliuole agli Dei infernali; solo dopo cio moven
ondurla dalla sorella, la portò in luogo remoto del suo regno e la fè
sua
, poi perchè ella non potesse parlare le tagliò cr
rella un suo ricamo in cui per segni le faceva conoscere la disgrazia
sua
. Progne tutta voltasi a pensieri di vendetta, pro
colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle
sue
Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli d
chè Lico fu cacciato da Egeo e si riparò in Asia Minore, Niso vide la
sua
città assediata da Minosse cretese ed è allora ch
re, strappò di testa al padre quel capello d’ oro da cui dipendeva la
sua
vita, onde Niso morì e fu poi mutato in aquila ma
roe dell’ età mitica. Allorquando Egeo prese congedo da Etra, pose la
sua
spada e i suoi sandali sotto un masso sul monti t
anti a quel masso, lo sollevò facilmente, e da quel momento iniziò la
sua
vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una seri
esser del numero, deciso a lottare contro il Minotauro ed esporre la
sua
vita per liberare la patria da si doloroso tribut
Atene, attese a riforme religiose e politiche; in ringraziamento alla
sua
divina protettrice istituì il culto di Afrodite P
o fu più tardi liberato per opera di Eracle come si vedrà. Durante la
sua
assenza, i Dioscuri ripresero la loro sorella dop
secondo altri, costei seguì volontariamente Teseo ad Atene e divenne
sua
moglie e madre di quell’ ippolito (Hippolytos) ch
icamente, perchè accusato al padre di aver insidiato alla virtù delle
sua
matrigna Fedra (sorella di Ariadne, sposata da Te
loro regina Antiopa; nella qual occasione costei anzichè unirsi alle
sue
conuazionali, combattè contro di loro a fianco de
alza tosto, accostasi al lido, tuffasi nell’ acqua e via sen va colla
sua
preda. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa d
re un toro che egli avrebbe poi a lui sacrificato. Posidone esaudì la
sua
preghiera, e comparì fra le spume marine un magni
Idomeneo uno degli eroi Greci a Troia; Glauco che trovò fanciullo la
sua
morte in un vaso di miele dove cadde, ma fu richi
li Argonauti reduci dalla Colchide lo sbarco nell’ isola; Medea colla
sua
astuzia riuscì a strappargli il tappo fatale e co
riuscì a strappargli il tappo fatale e così egli morì. 2. Talo ha la
sua
piccola parte nella letteratura e nell’ arte. Lo
o discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe.
Sua
madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote
a vendetta di Stenelo fratello dell’ ucciso, fuggire da Tirinto colla
sua
sposa e cercar rifugio in Tebe ove il re Creonte
così le prime avversità crebbe in Tebe il forte Eracle. Attesero alla
sua
educazione ottimi maestri; ma mentre egli faceva
itrione. Creonte grato ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa
sua
figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono di splen
ue figli di Iflcle. Tornato in sè, si recò a Tirinto per compiervi la
sua
missione. B) Eracle al servizio di Euristeo, o t
n potendo ferirlo nè colle freccie nè colla clava, lo cacciò entro la
sua
tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli to
istoni in Tracia, gettava in pasto gli stranieri che capitavano nelle
sue
rive. Eracle vinse Diomede e diè lui in pasto all
pitavano nelle sue rive. Eracle vinse Diomede e diè lui in pasto alle
sue
bestie. Poi legò queste e le portò vive ad Eurist
ava i passanti a lottare con lui; egli semprechè toccava col piedi la
sua
madre terra, ripigliava forza, ond’ era invincibi
lo tenerlo sollevato da terra e soffocarlo così con una stretta delle
sue
braccia poderose. Altri nemici vinti allora da Er
mente per la Scizia al paese degli Iperborei dove Atlante regge sulle
sue
spalle il mondo. Qui riusciva al termine della sp
Eracle dopo le dodici fatiche. Tornato a Tebe, Eracle cedè a Iolao la
sua
prima moglie Megara, ed egli s’ avviò ad Ecalia (
a, ed anche in Eubea presso Eretria), dove il re Eurito prometteva la
sua
bionda e bella figliuola Iole in isposa a chi sap
vestito da donna anch’ egli, avendo lasciato che Onfale indossasse la
sua
pelle leonina e portasse la clava a dileggio. Pur
i uccise il malvagio Sillo che obbligava i viandanti a lavorare nella
sua
vigna. — Tornato in libertà dalla servitù di Onfa
in unione con altri eroi Greci, come Peleo, Telamone, Oicle, fece la
sua
spedizione contro Troia per trar vendetta di Laom
lotta tra i due; Acheloo ricorse alle varie forme ond’ era capace la
sua
natura, ma in nessuna guisa potè sottrarsi alle s
che era accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende di Eracle e
sua
apoteosi. L’ ultima impresa di Eracle fu la spedi
questo servizio, in compenso di che egli a lui donò il suo areo e le
sue
freccie. Mentre il rogo ardeva, ecco fra lo scros
me non tradissero il luogo ove erano stati condotti, li trascinò alla
sua
grotta. Ma il muggito di questi bovi allontanati
arti figurative e specialmente alla statuaria il tipo di Ercole e le
sue
gesta offrivano inesauribile fonte di argomenti.
me nell’ agitazione di commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la
sua
statua colossale di Ercole in bronzo ch’ era in T
ma invano; lo prega pure il suo vecchio padre, invano; lo pregano le
sue
sorelle e la madre istessa, ma Meleagro rimane ir
la crudele erinni, che aveva udito la maledizione della madre, ne fe’
sua
preda e lo fe’ morire. Tale è la leggenda come si
storiella per spiegare la fine dell’ eroe. Si diceva che poco dopo la
sua
nascita, le Moire erano apparse alla madre Altea
a. 2. Dopochè Omero aveva reso popolare il racconto di Meleagro nella
sua
prima forma, presto altri generi letterari si imp
copiosi materiali alla letteratura e all’ arte. Conosciuta già nelle
sue
linee principali da Omero e da Esiodo, ispira poi
figlio suo avrebbe ucciso lui e sposata la madre. Perciò allorquando
sua
moglie Giocasta (in Omero è chiamata Epicasta) di
irizzo da un giovane corinzio gli gettò nell’ anima il sospetto sulla
sua
origine. Allora egli partì da Corinto per recarsi
dasse dal tornare in patria perchè avrebbe ucciso suo padre e sposato
sua
madre. Egli allora pensò di evitar Corinto, dove
il trono e la mano di Giocasta; divenne così inconsciamente sposo di
sua
madre avverando il terribile oracolo che pesava s
nti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio di Edipo con
sua
madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di
sore di Laio. Edipo s’ affanna a ricercare il colpevole; ma qual è la
sua
sorpresa quando, specialmente per mezzo del servo
egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di
sua
madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si appi
Tebe e la Beozia; e così il povero vecchio cieco, accompagnato dalla
sua
amorosa figliuola Antigone, andò errando di luogo
ell’ Attica, ebbe rifugio nel bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la
sua
tomba divenne, in forza d’ un oracolo, un luogo d
ggiaschi promettendo di rimetterli in trono, e die’ loro in ispose le
sue
due figliuole Argia e Deipile. E subito intrapres
e di Melampo cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la
sua
virtù di antivedere le cose sapeva che la spedizi
damante, figlio di Eteocle, che ora governava in Tebe spiegò tutta la
sua
energia, e uccise in battaglia Egialeo, ma fu mor
noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, uccisore di
sua
madre Erifile, e perciò perseguitato dalle Erinni
fi per opera di Fegeo, alla cui figlia Alfesibea (o Arsinoe) divenuta
sua
moglie donò il peplo e il collare di Armonia tolt
raevano la origine loro dal re frigio Tantalo, quel re celebre per la
sua
straordinaria felicità e ricchezza, precipitato p
peregrino pel mondo e capitò in Elide, ove il re Enomao prometteva la
sua
bella figlia Ippodamia in isposa a colui che sape
con questo però che chi si lasciava vincere doveva pagar il fio della
sua
audacia colla morte, perchè egli raggiungendolo a
è egli raggiungendolo alla corsa l’ avrebbe trapassato da tergo colla
sua
lancia. Pelope si decise a tentar la prova, ma av
a lancia. Pelope si decise a tentar la prova, ma aveva a disposizione
sua
dei cavalli alati donatigli da Posidone, poi guad
oriente. Tieste imprecando ogni maledizione sul capo di Atreo e della
sua
stirpe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto r
la di Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro Chirone. Per la
sua
pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una
Per la sua pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una peste la
sua
isola e spoglia d’ abitanti, ottenne da Zeus che
i (myrmex voce greca, che val formica). Dopo morte, Eaco venne per la
sua
giustizia ascritto con Minosse e Radamanto fra i
in Tessaglia, dove lo accolse il re Euritio che gli diè in moglie la
sua
figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte
i Centauri avrebbero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla
sua
salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una
iuto dei Dioscuri, uccise Acasto e Astidamia. In ricompensa poi della
sua
castità gli diedero in moglie una formosissima Ne
Anche il fratellastro Teucro ebbe un bel posto tra i guerrieri per la
sua
abilità nel trar d’ arco. Di molto inferiore ad A
oiana avendo visto tre generazioni; pure vi prese parte e giovò colla
sua
saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d
di affinità cogli Atridi. Alla guerra di Troia si rese famoso per la
sua
scaltrezza, per l’ eloquenza, ed anche per la sua
rese famoso per la sua scaltrezza, per l’ eloquenza, ed anche per la
sua
abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era p
principali guerrieri Troiani. La famiglia regnante in Troia traeva la
sua
origine da Dardano, figlio di Zeus, emigrato dall
o, Assaraco e Ganimede. Di quest’ ultimo, fatto rapir da Zeus, per la
sua
straordinaria bellezza e divenuto coppiere degli
ia. Fondata la città, pregò Zeus gli mandasse un segno visibile della
sua
grazia; il dimane trovò davanti la sua tenda il c
ndasse un segno visibile della sua grazia; il dimane trovò davanti la
sua
tenda il celebre Palladion, una statua in legno d
, e infine anche una grossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la
sua
famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende di
ato rispose che ad ammansire la dea dovesse Agamennone sacrificare la
sua
figlia Ifigenia. Già la innocente fanciulla stava
al padre mando i suoi messi a prendere Briseide e la fè condurre alla
sua
tenda. Achille sdegnato di questo procedere si ap
lle preghiere del suo amico Patroclo a permettergli che indossasse le
sue
armi e alla testa dei Mirmidoni corresse in aiuto
di Achille al pensiero di vendicare il morto amico, e per mezzo della
sua
divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nu
alla fine anche egli fu ucciso dal forte Pelide, e disperse furono le
sue
genti. Pianse Eos la morte di suo figlio, e conti
do altri con Neottolemo figlio d’ Achille; riuscì a trascinare contro
sua
voglia Filottete a Troia; il quale fu poi guarito
re contro sua voglia Filottete a Troia; il quale fu poi guarito della
sua
piaga da Macaone, e con una delle sue freccie ucc
; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle
sue
freccie uccise Paride, la cagion prima della guer
sdegno contro la infedele donna avrebbela uccisa, se l’ incanto della
sua
bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatt
lice Polissena, altra figlia di Priamo. Mentre Agamennone ancorata la
sua
flotta sul lido di Tracia aspettava un vento favo
zi a una furiosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ Eubea, nella
sua
reggia di Micene trovò la morte a tradimento per
sette anni dopo che n’ era uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche
sua
madre. Questo gli tirò addosso la persecuzione de
invero lo colse presso il promontorio Malea e questa lo sbalzò colle
sue
navi in Creta e in Egitto, e dove poi ancora gira
nto egli potè salvare la vita su un nudo scoglio. Di che lieto, nella
sua
temeraria presunzione, non dubitò dire che si sar
erica. Enumerate brevemente riduconsi alle seguenti: a) Partito colle
sue
dodici navi dal lido di Troia, Ulisse veniva anzi
lenti; custodendo quest’ otre egli sarebbe pervenuto felicemente alla
sua
patria. E difatti già erano le navi di Ulisse vic
restieri che capitavano nell’ isola. Ulisse avendo mandato metà della
sua
gente con Euriloco al palazzo della maga, non li
l’ ombra di Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche
sua
madre Anticlea che gli dà desiderate notizie del
ppo all’ altro mostro che con sei lunghi colli e bocche abitava nella
sua
tenebrosa inaccessibile caverna, sei fra i remato
erra. Ma troppo poteva in Ulisse l’ amor della diletta patria e della
sua
Penelope perchè cedesse a queste lusinghe. Neanch
ccoglienza; si istituirono giochi in segno di festa; egli racconto le
sue
avventure; infine una nave dei Feaci ricondusse l
lla tristezza; Penelope era perseguitata da molti che aspiravano alla
sua
mano, i quali intanto venivano nella reggia d’ It
arve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella
sua
reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastor
a festa d’ Apollo; Penelope annunziò che quel giorno avrebbe fatto la
sua
scelta; sarebbe stato preferito chi fosse in grad
n lei e col vecchio Laerte visse i suoi ultimi anni felicemente nella
sua
patria. La tradizione posteriore ad Omero lo face
o d’ Apollo. Ammonito di andar in cerca della patria originaria della
sua
famiglia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era
e dei trapassati e saper da loro notizie del proprio avvenire e della
sua
discendenza. Ciò fatto, riprese il viaggio e vele
o all’ eroe. Amata, la moglie di Latino, avrebbe preferito sposare la
sua
figliuola al potente Turno re dei Rutuli, e indus
no morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome di
sua
moglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì e a
rasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle
sue
forze. — Varie scene della guerra troiana riscont
uell’ Amitaone, che venuto dalla Tessaglia in Messenia ivi propago la
sua
stirpe; Melampo e Biante suoi figli vissero e fio
ò la morte nella fuga; ancora nel secondo sec. dopo C. si indicava la
sua
tomba nelle vicinanze di Aliarto. Tiresia ebbe un
fra i Traci così famosi per la musica e Tarte del canto poetico, pose
sua
residenza nelle regioni dell’ Olimpo. Cantava cos
re selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice,
sua
sposa. Morta questa di acerba morte per essere st
i (Thamyris) fu il primo dei cantori antichi che allietava dell’ arte
sua
le corti de’ principi e dei nobili e la folia rac
e illustre pel trionfo sui Giganti, quel Giove che con un cenno delle
sue
ciglia fa muover tutto l’ universo. » 3. « Giove
16. En. 7, 26: « dall’ alto cielo rifulgeva la bionda Aurora sulla
sua
rosea biga ». 17. Metam. 2, 112: « ecco dal ro
ia che voglia rabbonacciarle ». 21. Cfr. pag. 90. 22. « Iride colle
sue
penne variopinte, stillante rugiada pel cielo e t
V. 17 e segg.: « Te sempre precede la cruda Nécessità portando nella
sua
mano di bronzo chiodi da travi e cunei, nè le man
e la rara Fedeltà di bianco panno velata, la quale non ti rifiuta la
sua
compagnia allorchè tu, mutata veste e fatta nemic
ido corso dei fiumi e i celeri venti, carezzevole così col suon della
sua
cetra da trascinare a sè come fossero manite d’ o
utato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra,
sua
moglie. De’quali Titàno (Τιταν Titan), benchè a l
si, ebbe il re Latìno, padre di Lavinia. E però il popolo Latino ebbe
sua
origine da Satùrno, di cui figliuolo era Pico, pe
diletto per un bosco, incontrò la maga Circe, la quale il toccò colla
sua
verga d’oro ed il cangiò nell’uccello detto pico
e la Guerra e Marte, e che Giano siede sempre alla custodia delle due
sue
porte di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta
ncellare ciò che si era scritto. Chiròne da’poeti fu celebrato per la
sua
giustizia e pietà : ritrovò non solo la chirurgia
l giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne era di natura
sua
immortale, perchè figliuolo di Satùrno ; ma mentr
Lerna, impaziente del dolore, e vano riuscendo ogni rimedio, cedè la
sua
immortalità a Prometeo, cui Giove donata l’avea a
nificare l’universo ch’è rotondo, e nel cui bel mezzo stassi, come in
sua
sede, il fuoco, secondo i Pittagorici. Altri vogl
llo al pargoletto Giove, il quale, ottenuta la signoria del cielo, la
sua
nutrice trasformò in costellazione, ed al corno d
ammirabili. Così allevato crebbe Giove in bellissima adolescenza ; la
sua
fanciullezza fu in grande onore presso gli antich
che ebbe Giove co’ fulmini represso l’empio orgoglio de’ Giganti, la
sua
potenza si stabilì maggiormente, ed a fianco a lu
ne chiome, tremava tutto quanto l’Olimpo. Ma nulla meglio mostrava la
sua
potenza che il tuono e la folgore, ond’era sempre
a flaccola al fuoco del sole, e con questo fuoco celeste animò quella
sua
mirabile statua. Oltre a ciò agli uomini donò un
vvoltoio gli divorasse il cuore che sempre rinasceva. Ma Ercole colle
sue
saette uccise l’uccello e liberò Prometeo da quel
tutta divina ; e l’anima, un fuoco tratto dal cielo, per indicare la
sua
origine da Dio. Potrebbe pur dirsi che Prometeo,
la sua origine da Dio. Potrebbe pur dirsi che Prometeo, avendo colla
sua
sapienza ridotto gli uomini salvatici e rozzi all
tani ed i Giganti, vieppiù inacerbita, volle fare l’estrema pruova di
sua
possanza, producendo dal seno del Tartaro il most
amme, e scuotendo il suolo della Trinacria ; ma indarno, chè sopra la
sua
destra sta il capo Peloro ; sopra la sinistra, il
a guardarsi da un figliuolo di Giove, non volea che abitasse in casa
sua
uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo,
nta che Venere si manifestò ad Enèa dal divino odore che spiravano le
sue
chiome tutte sparse di ambrosia. Questo cibo deli
egli Dei, Rapito in cielo, perchè fosse a Giove Di coppa mescitor per
sua
beltade, Ed abitasse cogli Eterni. Monti. Strabo
degno di Giove i poeti dicono ch’esso orribilmente scuote la tremenda
sua
egida (την αιγιδα ειπισειειν). Allorchè i Greci s
burroni. Di queste la più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la
sua
maggior bellezza era nella chioma, somigliante a
lo, portando in mano quel teschio che grondava sangue, qual trofeo di
sua
vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il cap
fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di
sua
bellezza, avea detto di superar le Nereidi in leg
le andava un giorno a diletto lungo la riva del mare. E come volle la
sua
ventura, approdò colà una nave, che avea dipìnta
. Palefato dice che un Signore di Creta, chiamato Tauro, invase colle
sue
armi la Fenicia, e fra le altre nobili donzelle p
pellegrinare, avendo dimorato alcun tempo nella Tracia con Telafassa,
sua
madre, questa morta, andò a Delfo per consultare
dre, questa morta, andò a Delfo per consultare l’oracolo della futura
sua
sorte. Il quale rispose, che fosse andato nella F
te guardava. Cadmo uccise quel mostro con un colpo di pietra, o colla
sua
spada ; e per consiglio di Minerva ne seminò i de
re l’oracolo di Apòllo sul luogo, ove avesse a stabilir finalmente la
sua
dimora. Indomita giovenca, rispose Febo, tu ritro
unirono a Cadmo. Fiorente e lungo fu il regno di Cadmo in Tebe, ma la
sua
felicità pur ebbe un termine. Avea sposata Armonì
. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle
sue
nozze intervennero tutti gli Dei e vi cantarono l
etesi adorarono col nome di Giove, e che in quell’isola avea anche la
sua
tomba. Celebre nelle favole è la guerra che Minos
di Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per la
sua
chioma tutta di bellissímo oro, dalla quale la co
a Scilla, la quale, credendo far cosa grata a Minos e così meritar la
sua
mano, perfidamente recise l’aureo crine del genit
spelonca con moltissimi ravvolgimenti, ne’ quali l’arte ebbe pure la
sua
parte. XV. Continuazione-Dedalo ed Icaro-Perdi
ello ; e fu il primo che fornì le navi di antenne e di vele. Ma tanta
sua
lode d’ingegno fu annebbiata da un vil tratto di
Minèrva n’ebbe pietà e cangiollo in pernice, uccello che memore della
sua
caduta pone il nido nelle siepi e vola poco alto
ale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo e più altre
sue
famose avventure, come sa chiunque ha letto l’amm
primo figliuolo di Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta,
sua
patria, si ritirò nella Cilicia, e s’impadronì de
ni. Per somigliante cagione il fratello Radamanto lasciò Creta e pose
sua
sede nelle isole del Mediterraneo, le quali volen
lluce ; ed Elena li chiama suoi germani fratelli, e nati dalla stessa
sua
madre (1). nulladimeno essi son chiamati per lo p
stori, dicendosi i giuochi, il tempio, la stella de’ Castori. E della
sua
gagliardia nel giuoco del cesto diede Polluce ins
ipe de’ tempi suoi, e perciò si annoverava fra’ giudici dell’inferno.
Sua
madre fu Europa, o Egina, fig. del fiume Asopo, d
desse un popolo nel numero uguale a quegli animaletti. Fu esaudita la
sua
preghiera, e quelle formiche furon cangiate in uo
; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le
sue
virtù, dal buon genitore fu più amato degli altri
oestrum), specie di mosca assai molesta agli armenti, la quale colle
sue
punture li mette in grandissimo furore. E la sua
enti, la quale colle sue punture li mette in grandissimo furore. E la
sua
smania fu sì strana che precipitossi in quel mare
curio, e quivi partorì Epafo. Allora Giove restituì ad Io la primiera
sua
forma, e volle che fosse da que’ popoli adorata q
ell’oracolo, andò nella Teucride, ove accolto dal re Teucro sposò una
sua
figliuola, da cui ebbe Erittonio. Quivi edificò u
e, padre di Priamo, il quale morì sepolto fra le ceneri dell’infelice
sua
patria. Dardano ebbe gli onori onori divini, e fu
e Strongoli (στρογγυλος, rotundus), così detta dalla rotondità della
sua
forma, e che getta fuoco con grande splendore ; e
sse, il quale da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella
sua
nave ad una catena di argento, salvo Zeffiro che
catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prospero fine di
sua
navigazione. Ma i compagni, per sospetto che nell
dò a Dodona per conoscere la volontà di Giove, che dava oracoli dalla
sua
altissima quercia ; ed Enea(1), lasciata la flott
iti a’suoi. Si sa che Tucidide, fanciullo, vi udì Erodoto recitare la
sua
storia. Il vincitore dei giuochi olimpici avea pe
tale, vicino al fiume Imbraso e sotto una pianta di vetrice(1). Nella
sua
fanciullezza fu educata da Eubea, Prosinna ed Asc
) Giunone alla stessa Samo antepose la superba Cartagine, ov’erano le
sue
armi ed il cocchio, tanto che meditava farla donn
lle grù. Finalmente Antigone, fig. di Laomedonte, re di Troia, per la
sua
bellissima chioma osò agguagliarsi a Giunone, la
ccello che col suo canto pare che applaudisca a se stessa e mostri la
sua
favolosa origine. Altri dicono che Giunone le can
uale legata ad uno scoglio aspettava il fatale arrivo del mostro. Per
sua
buona ventura la regale donzella fu liberata da E
e(3). Ercole consegnò la figliuola al padre per andare a compiere una
sua
impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli n
e, dalla quale ebbe un figliuolo detto Teucro(2). Priamo dopo Arisba,
sua
prima moglie, sposò Ecuba, fig. di Dimante, re di
tutta quanta incendiava Troia. Siffatto sogno gettò Priamo e tutta la
sua
Corte nella più grande costernazione ; si corre a
inerva e più la nostra Giunone giurarono odio eterno a Priamo ed alla
sua
stirpe. Nell’Antologia, Venere schernendo Minerva
e città, visitò Sparta, ove con grandissima cortesia fu accolto nella
sua
reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fra
spesso le conveniva giungere ad atti di sommissione poco degni della
sua
grandezza, di modo che il titolo di regina del ci
cagione avea fulminato Aiace, si crede vilipesa. Quindi obbliando la
sua
dignità e solo aspirando al piacere della vendett
ingercela come l’essere più infelice dell’universo. Nulladimeno della
sua
grandezza e potenza vi è assai a dire, ed i poeti
oi natali ; e ben conveniva che Giove avesse una consorte degna della
sua
grandezza ; e s’egli era il sovrano degli uomini
mini e degli Dei, Giunone esser dovea la lor regina. Quindi era tutta
sua
propria un’aria di maestà nel portamento, di cui
ina de’ cieli colla sommessione di un suddito rispettoso innanzi alla
sua
sovrana ; e le dice ch’è tutta sua mercè se gode
un suddito rispettoso innanzi alla sua sovrana ; e le dice ch’è tutta
sua
mercè se gode del favore di Giove, se ha l’impero
e pettiere ; ma propriamente Iride era l’intima di lei cameriera e la
sua
messaggiera fedele(5). Giunone la pose in cielo i
a ; e quando ritornava dall’inferno in cielo, con profumi e con certe
sue
acque la purificava(2). Nell’Eneide(3) Giove sped
va(2). Nell’Eneide(3) Giove spedisce Iride per significare a Turno la
sua
volontà ; e Giunone la manda all’infelice Didone
osse fig. del Ponto e della Terra, perchè l’Iride o arco baleno colle
sue
estremità o corna attigne le acque dal mare. Esio
ortuna ; ed i Romani dicevano che la Fortuna avea stabilita l’eterna
sua
dimora in Roma, ove sul Palatino, deposte le ali,
oni furon detti i Genii delle donne ; percui una donna giurava per la
sua
Giunone, come un uomo, pel suo Genio(2). Ella sop
edesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la
sua
statua che nel Campidoglio si venerava, come da’
nfe(1) ; ma più che di ogni altra, ella servivasi dell’opera d’Iride,
sua
fedele messaggiera, come abbiam detto. Il suo coc
il passere l’erano pur consacrati, e qualche volta veggonsi presso le
sue
statue. I Greci le offerivano il dittamo ed il pa
none Lucina, ed anche la melagrana, e con siffatte piante ornavano le
sue
immagini. La vittima a lei più spesso sacrificata
a della guerra, diminuisce il numero degli uomini(2) ; o perchè colle
sue
armi inspira timore e sembra di minacciare (quia
o pure afferma che dicesi Minerva, perchè dipingesi minaccevole nelle
sue
armi (minitans armis). Altri finalmente dalla mem
uoco, e però furono dagli Ateniesi prevenuti ; percui Minerva pose la
sua
sede in Atene. Ma Giove conoscendo la buona dispo
a assai nelle lettere e nelle arti, e forse ancor nelle armi, dopo la
sua
morte fu tenuta come una Divinità che alle belle
inerva, come in Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La
sua
chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III
oma nel tempio Capitolino alla destra di Giove, che avea Giunone alla
sua
sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra gl
ienza, sotto le sembianze ed il nome di Mentore, si fece, nella varia
sua
fortuna, fedelissima scorta. E con ciò i poeti vo
mini, ne’ fortunosi accidenti scorge a gloriosa meta. In segno della
sua
potenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma di
a città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran fortuna di mare, e le
sue
navi ruppero presso il promontorio Cafarea, sul q
η, Minerva) dal suo nome, e se l’ebbe cara, e le piacque averla nella
sua
special tutela. Varrone(1) però racconta che, reg
uel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acchetare col trarre dalla
sua
parte principalmente le donne. E ciò vuol dire la
uella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma la fama delle
sue
opere maravigliose andava sì grande per quelle co
ii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta si studiò di vincere la
sua
divina rivale, e fece un broccato da reggere al p
rva fu trasformata in ragno e che pur non lascia di esercitare l’arte
sua
prediletta, tessendo tuttavia quella tela di sì m
tela di sì mirabil lavoro. Ed in greco aracne vuol dire il ragno e la
sua
tela. (Suida). E incerto a qual Nume debba attrib
Argo, chiamata da Fedro opera Palladia (2). Giasone, al ritorno della
sua
spedizione, consacrò questa nave a Minerva, che l
erma che il cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni
sua
azione era dalla Prudenza, cioè da Minerva, diret
custode delle città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera delle
sue
mani ; ed in Eretria era un tempio consacrato a M
ntichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si sa che il sistro era
sua
invenzione. Così Minerva inventò il flauto ; e Pi
ella lira e della cetra. L’arte nautica dovea molto ad Iside, e nelle
sue
feste si portava una nave ; ed i Greci dissero ch
i erano giudicati. Oreste, dicevano essi, avendo uccisa Clitennestra,
sua
madre, fu dalle infernali furie assalito. Per lib
eva poterle dare che un bel peplo. Callimaco(2) descrive Pallade e la
sua
ninfa vestite di peplo ; e Teocrito loda Cerere d
eo vedesi la Dea vincitrice di un gigante, che ha steso a terra colla
sua
asta ; per cui cantò Dante : ……. vedea Pallade e
me mai, essendo il gallo simbolo della vigilanza ; o perchè esso è di
sua
natura pugnacissimo ; percui conveniva alla Dea d
) domandò all’amico Attico un’Ermatena, da servire per ornamento alla
sua
accademia. Vi è chi crede ch’essa sia la stessa c
ea oltraggiato Crise, suo sacerdote, col tirare sul Greco esercito le
sue
micidiali saette, vi suscita grave pestilenza. Il
e talora il Sole chiamasi Iperione, quasi supergradiens, perchè fa le
sue
passeggiate per le soprane regioni del cielo, Por
ungo errare, giunse ad un bel lago della Licia, ove volle spegnere la
sua
gran sete. Ma molti contadini intesi a raccoglier
gare il suo mal talento contro Latona, comandò a Tizio che facesse le
sue
vendette. Era questi un enorme gigante, creduto f
madre Latona da ogni oltraggio del gigante difese, uccidendolo colle
sue
saette, e confinandolo all’inferno, ove disteso o
il corso del Sole, fosse morto prima di compiere l’audace opera delle
sue
astronomiche contemplazioni. Un Fetonte, re de’Mo
di Fetonte che volea lasciar la cura del suo cocchio. Ma le maggiori
sue
sventure ebbero quest’altra cagione. Figliuolo di
morte di Esculapio adirato, volle farne vendetta, e non potendo l’ira
sua
sfogare con Giove, uccise di saetta i Ciclopi, fa
il tripode, i tempii, i poeti, i vincitori ne’ giuochi Pizii ec. e le
sue
statue ne’ monumenti veggonsi o coronate di allor
alto e con mirabil destrezza ; ma il vento Zeffiro, per fare qualche
sua
vendetta, spirò più gagliardo e spinse il disco a
acque in Pimpla vicino al monte Olimpo. Mirabile e quasi divina fu la
sua
perizia nel suonar la lira donatagli da Mercurio
co al suo pianto le rupi del monte Rodope. E tanta fidanza ebbe nella
sua
lira, che discese all’inferno per la profonda cav
dolore. Orfeo insegnò pure l’astronomia a’ Greci ; ed il suono della
sua
lira composta di sette corde rappresentava l’armo
Quivi lagrimando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le
sue
api. La quale, accoltolo amorevolmente, gli propo
resente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della
sua
maestria nel suonare il flauto, veniva al paragon
l satiro non potè colla piva seguirlo. E però vinto pagò il fio della
sua
temerità, perchè Apollo, geloso di sua gloria, le
E però vinto pagò il fio della sua temerità, perchè Apollo, geloso di
sua
gloria, legatolo ad un albero, il fece vivo vivo
liardo vento trasportato sul monte Sipilo, è tuttavia monumento della
sua
empietà verso i Numi e dell’ acerbità del suo dol
e bellissima prole. Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di
sua
felicità a segno di sconfortare i Tebani dal cult
nzio. Palefato vuole che sia nata la favola dall’aver Niobe posta una
sua
statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli.
Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa
sua
sacerdotessa donata la virtù di presagire il futu
; e fingendo amorevolezza, pregolle a volersi ricoverare per poco in
sua
casa. Vi andarono esse, ma come furono entrate, c
llemente seguirle, precipitò da quell’altezza e riportò la pena della
sua
insolenza. I Traci eran gente barbara ; e Pireneo
però chiamasi spesso bivertice (δικορυμβος. Lucian.) da’ poeti. Alle
sue
falde era il fonte Castalio, le cui acque a bere
anzi a rappresentare il Genio di qualche luogo. Cadmo uccise o colla
sua
spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro,
emia di musica da Giove stabilita in Creta, in cui primeggiavano nove
sue
figliuole, e queste furon poscia le Muse, ed egli
, e dal suo bel mezzo si spicca un ramo che forma il Parnaso, e colla
sua
estremità l’Elicona ; e però spesso da’ Poeti il
il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua di Apollo, e le
sue
acque davano pure la virtù di poetare. Notisi inf
ioni astronomiche. Sulle medaglie della famiglia Pomponia tocca colla
sua
bacchetta un globo che poggia su tre piedi, ed ha
. Si vuole edificato da Manto, fig. di Tiresia, la quale, presa Tebe,
sua
patria, dagli Epigoni, erasi nella città di Claro
do non molto lontana da Delfo, spesso si prende l’uno per l’altro. Le
sue
risposte non eran che liete ; e s’eran triste, es
candidissime, e che Apollo gliele trasformò in nere per punirlo della
sua
loquacità. Un giorno(2) avendolo mandato quel Num
he il cigno, perchè stimasi avere quasi un presentimento della vicima
sua
morte, la quale esso annunzia con un canto dolcis
l consorte. Anfiarao impose al figliuolo Alcmeone di vendicar dopo la
sua
morte il tradimento della madre ; ed andato a Teb
Apollo sulla perizia nel maneggiar l’arco, questo Nume sdegnato colle
sue
frecce l’uccise. Le quali cose dissero i poeti, p
o’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano fa sentire la
sua
influenza. Si vuole che avesse ricevuto da Vulcan
sua influenza. Si vuole che avesse ricevuto da Vulcano e l’arco e le
sue
frecce inevitabili. Sotto la protezione di Apollo
ancora la pietra, sulla quale il celeste muratore avea appoggiata la
sua
lira, e che da quell’istante rendeva toccata un s
ormati in porci per virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della
sua
magica verga. E lo stesso sarebbe accaduto ad Uli
ve Scilla era solita bagnarsi ; percui, entrandovi questa, secondo la
sua
usanza, subito sentì cangiarsi la metà inferiore
a metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della quale
sua
deformità forte vergognandosi, gettossi nel mare
tacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che colora delle
sue
vampe. I Greci asserivano di sentire un certo rum
so occidente, allorchè il Sole si tuffava nel mare e si estingueva la
sua
luce nelle onde, come se il mare stridesse nel di
nge con un gran velo sulla testa rivoltato indietro, e dice che colle
sue
dita di rose apre le porte dell’oriente ; e ch’ e
detta da Winckelmann la più bella fra le statue di questo nume ; e la
sua
testa, il colmo dell’umana bellezza. Esso in pied
gambe incrocicchiate è in atto di unire il canto al dolce suono della
sua
lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti di
più grande di quelli descritti dagli altri poeti. Il complesso delle
sue
forme sollevasi sopra l’umana natura, ed il suo a
sembra che una tenera morbidezza scherzi sull’altera struttura delle
sue
membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella dolce
quella dolcezza che mostrar suole allorchè le circondano le Muse. La
sua
morbida chioma pare unta coll’olio degli Dei ; e
alle Grazie annodata ». Queste e più altre parole ; nell’estasi della
sua
ammirazione per l’Apollo di Belvedere, diceva il
enza le affaticate musculature di Ercole, ancorchè deificato. L’aurea
sua
clamide si allaccia gentilmente sull’omero destro
porto di Rodi ; e le navi a vele gonfie passavano liberamente fra le
sue
gambe. Un forte tremuoto il ridusse in pezzi, ed
ittori adoperano ogni fiore di bellezza. Egli va superbo per la bella
sua
chioma lunghissima(2), che portava tutta profumat
la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La
sua
eterna gioventù era più cara per cagione di una f
più cara per cagione di una fiorente avvenenza che ornava le fresche
sue
guance, sulle quali non mai spuntò anche picciola
iovinezza, perchè il sole sorge sempre mai collo stesso splendore. La
sua
lira infine che avea sette corde, significava i s
la dell’ Egeo, ove Apollo era nato. Apollo intonso, intonsus, per la
sua
lunga chioma ; da’ Greci, ακειρεκομης. Apollo Ip
o, come la chiama Orazio, o secondo Eschilo, l’occhio della notte. Le
sue
influenze si temeano assai dagli antichi, come qu
gilio(4) ci rappresenta la Notte che precipita dal cielo e colle nere
sue
ali abbraccia la terra. Le si sacrificava un gall
cenna con mano. Luciano ancora descrive l’isola ove il Sonno avea la
sua
reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva
col papavero ed una lucerna rappresenta il Sonno. Credevasi che colle
sue
ali ricoprisse quelli che voleva addormentare. Il
a giovinezza ed un perpetuo sonno. Altri raccontano che Giove, per la
sua
giustizia e probità, accolto lo avesse in cielo ;
un bassorilievo(1) si vede la Luna preceduta da Espero che spegne la
sua
face nelle onde, e seguita da uno de’ Dioscuri, m
e la sua face nelle onde, e seguita da uno de’ Dioscuri, mentre colla
sua
nera biga precipita nell’oceano. Gli antichi attr
chiamava Diana ; epiteti convenienti a Diana Luna che illumina colla
sua
luce la notte. E credo che si chiamò Fascelis non
e che Giove le si mostrasse armato di fulmini e nello splendore della
sua
maestà. Diviene vaga oltremodo l’incauta giovane
presente convertiti in delfini ; ed Acete, ricevendo il premio della
sua
pietà, su quella nave portò a Nasso il nume, suo
eva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu
sua
delizia il canto a suon del flauto, per cui era f
rgie mossero Penteo a tal dispregio di Bacco ed a tanto sdegno per le
sue
feste, che a tutto potere cercò distoglierne i su
pinge più stranamente furioso, anzi feroce, che non fa Euripide nelle
sue
Baccanti. Il cieco vate Tiresia, di cui Penteo de
prima di ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ clamori delle
sue
feste, obbligando le donne Tebane a far pazze all
armata mano, gl’impedì ch’entrasse in Argo ; nè mai permise che nella
sua
città prendessero piede le orgie di quel nume. Pa
uomini il prezioso frutto della vite, fu molto amichevolmente in casa
sua
accolto da Icaro e dalla figliuola Erigone. Era q
ro fatto per ammaestrare que’ popoli. Imperocchè, volendo egli che la
sua
beneficenza non si restringesse nel solo suo regn
tali e feroci. Quanto poi al tirso, leggiamo in Esichio ch’esso nella
sua
greca origine significa qualunque cosa di figura
one attorcigliato di pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle
sue
guerre dell’ India, e che i suoi seguaci portavan
guisa fin nelle Indie, dove combattè con prospero evento ed impose la
sua
legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ qua
ce che il primo Sileno avea una coda, della quale fu fornita tutta la
sua
posterit Nel Museo Borb. Vi è un Sileno vecchio,
apprese assai buone cose ; il che finse per conciliare autorità alle
sue
leggi ; e trattò quel piacevole ospite con modi m
o, racconta all’amico Anchise la trasformazione in colombe di quattro
sue
figlie, alle quali avea Bacco data la virtù di ca
bravano ; Edonidi, dal monte Edone, nella Tracia, ove celebravansi le
sue
feste ; Evias, o Evia da Orazio(1) chiamasi una B
inosa pugna del mondo, che Ovidio(5) descrive con tutt’i colori della
sua
vivace fantasia. Orazio coll’esempio della feral
). Tibullo rappresenta Bacco con dolci grappoli di uva pendenti dalle
sue
corna. Nella così detta casa del Questore a Pompe
accanti. In una statua del Museo Borbon. vedesi Bacco nel fiore della
sua
immutabile giovinezza, e col braccio sinistro app
sici che assistono alla festa. Ercole comparisce in tale stato che la
sua
forza vinta si vede dalla ubbriachezza, poichè no
bbandonare a’ Fauni che gli sono accanto, la cura di portare l’enorme
sua
clava, ma non potrebbe reggersi in piedi, se non
n un antico dipinto Pompeiano vi è un Bacco, « il quale florido nella
sua
conta e bella giovinezza siede maestosamente sopr
co il primo insegnò a cavare il sugo dell’uva ; o da Brisa, una delle
sue
nutrici. Persio chiama Briseo il poeta Accio a ca
ma delicata ; κρυσοκομης, dall’aurea chioma ; epiteti di Bacco per la
sua
bella e delicata capellatura. Κρισσοκομης, e κισσ
o, Θυωνευς, Thyoneus, fu detto Bacco o da θυειν, furere ; o da Tione,
sua
madre, perchè egli scese all’inferno per trarne l
una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che Bacco, in segno della
sua
perpetua gioventù, avea la mitra serpentina, perc
alla foggia delle immortali, e così la condussero all’Olimpo, ove la
sua
bellezza destò la maraviglia di tutt’i numi. Giov
iano i Mitologi. IV. Vittoria di Venere sopra Giunone e Minerva, e
sue
conseguenze nella condotta dell’Iliade e dell’ En
none, pel pomo della Discordia, concepì un odio implacabile contro la
sua
rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sd
quella città sventurata ; mentre Venere pone in opera tutte le forze
sue
per salvare e l’una e l’altro, se stato fosse pos
olpì Enea nel ginocchio, e già questi era presso a morire, se Venere,
sua
madre, oprendolo del suo peplo, non avesse impedi
iosa alla divinità, che per questa ragione Platone cacciò Omero dalla
sua
repubblica ; e Pittagora disse ch’egli era crudel
hi lo portava, tanto che Luciano dice che Mercurio involò a Venere la
sua
cintura per significare che questo nume possedeva
Continuazione. Ma i fati traevano Troia a dover sostenere l’ultima
sua
rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte d
oncordia e non più brigarsi de’ fatti degli uomini, Venere rinnova le
sue
lagnanze pel pernicioso odio di Giunone contro i
finalmente, dopo varii casi e molti acerbi e duri perigli, Fondò la
sua
cittade, e gli suoi Dei Ripose in Lazio : onde co
Apuleio poi afferma (4) che Mercurio sempremai assisteva Venere colla
sua
eloquenza. Esiodo rappresenta questa Dea accompag
igliuoli il principale era Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama
sua
forza e sua maggior potenza, come i figli soglion
principale era Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama sua forza e
sua
maggior potenza, come i figli soglionsi chiamare
ebbe felicissimo matrimonio. Quindi agli sposi novelli si augurava la
sua
felicità ; e di lui si fece un nume dell’innocenz
e, principii delle cose, secondo Empedocle. Essa sposò Cadmo, e nelle
sue
nozze intervennero tutti gli Dei e le fecero de’
numero delle città, in cui un nume era venerato, e che avea sotto la
sua
tutela, era per esso argomento di maggior dignità
o di regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandonare per poco la
sua
diletta Cipro. Vediamo brevemente de’ principali.
che fu portata a Gnido ed alla quale fu debitrice quella città della
sua
rinomanza e del concorso de’ forestieri. Questa s
è quando morisse : ma pare assai verisimile, ch’egli mancasse in Coo,
sua
patria, mentre dipingeva la seconda Venere, la qu
o(3) anche il cocchio trionfale di Cupido fa tirare dalle colombe. Le
sue
chiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai
In esso inchinatosi per bere e veggendo nello specchio delle acque la
sua
immagine, fu attonito di quella singolare e fresc
opolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla
sua
origine assai celebre. Ed in vero un popolo di na
a fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo di natura
sua
bellicoso e che al valore guerriero doveva la sua
un popolo di natura sua bellicoso e che al valore guerriero doveva la
sua
origine e la sua grandezza, stava assai bene sott
ra sua bellicoso e che al valore guerriero doveva la sua origine e la
sua
grandezza, stava assai bene sotto la protezione d
(2), rivolto a Romolo, gli dice che avea col latte succhiato l’indole
sua
feroce. Or si finse Romolo nato da Marte anche pe
subsuli, voce forse foggiata dal poeta per esprimere più vivamente la
sua
idea. Livio(4) dice che Numa statuì dodici sacerd
il cingolo o sia la fascia di Marte (balteus Martis) per segno della
sua
diguità di regina delle Amazzoni. Ercole, per com
e di lunati scudi Guidar Pentesilea le armate schiere De le Amazzoni
sue
, guerriera ardita Che succinta, e ristretta in fr
o : « In tal sembianza Termodoonte il bellicoso stuolo De l’Amazzoni
sue
vide in battaglia Attorneggiar Ippolita, e col ca
ollocato fra gli astri, e chiamasi Enioco o il cocchiere. Pelope e la
sua
famiglia per questo fatto di Mirtilo, furon costa
dipingeva un lupo che portava seco una pecora, perchè il lupo per la
sua
rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. E
atue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era sacro per la
sua
indole guerresca, e come simbolo della vigilanza.
volte grandissimo (a τρεις, tres, e μεγιστος, maximus), forse per le
sue
tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di somm
debbo presentarmi a Giove, il quale mi manda or su, or giù con tante
sue
ambasciate e mi abbliga a ben lunghi viaggi. Da’
ma indice (Index, i.e. lapis Lydius) e porta nel nome l’infamia della
sua
origine. In un monte della Messenia vedevasi un s
disperando di poter conoscere l’autore del furto, pensò di marcare le
sue
pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli ar
i di Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il rubatore delle
sue
pecore. Piacque tanto ad Autolico l’astuzia di Si
econdo, Mercurio, appunto perchè destava la maraviglia di tutti colla
sua
sovrumana eloquenza (quoniam ipse erat dux verbi)
ava al pascolo gli armenti ; e che Mercurio, volendo far pruova della
sua
virtù, ed imbattutosi a caso, sul monte Citerone,
a divelto anco il fatale Suo dorato capello ; nè dannata Era ancor la
sua
testa all’Orco inferno. Caro. Allora Giunone, av
ncarico ; ma la verga di Mercurio, dice Virgilio (4), e quella che ha
sua
possanza fin nell’inferno, e con essa egli richia
le anime de’ giusti al lieto soggiorno degli Elisi, e che coll’aurea
sua
verga, a guisa di pastore, si mena innanzi le omb
eduto avea un artete a lato(2), forse perchè quel nume tenea sotto la
sua
protezione gli armenti e li faceva crescere(3) An
o, Viale (ab εν, in, et οδος, via), quasi preside delle strade ; e la
sua
statua si poneva ne’ trivii per indicare la via.
e, dalle quali cento voci uscivano insieme, quando la Sibilla dava le
sue
risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re
apitavano nel suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava. Ma per
sua
mala ventura provocò anche Ercole, il quale l’att
che Ercole, il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra,
sua
madre, gli dava nuova forza ogni volta che, caden
i figliuoli ; ma può anche dirsi a ragione ch’essa in tutta quanta la
sua
superficie fosse stata da’ gentili popolata di va
dunco in varie guise Anima la siringa, e fa che dolce Versin le canne
sue
musa silvestre. Marchetti. VI. Continuazione.
vivanda formata di varie specie di cibi. E Pescennio Festo scrisse le
sue
storie per saturam, che eran le varie istorie (πο
ui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la
sua
destrezza nel coltivare i giardini, meritò la man
suoi vanni. Ad ogni passo di lei spunta dal suolo un nuovo fiore ; la
sua
fronte ba il candore del giglio ; le guance sono
chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e nel collo un monile : la
sua
rossa tunica è affibbiata sulla sinistra spalla,
della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la
sua
modestia meritò gli onori divini. I suoi misterio
ευρυστερνος, per ragione dell’ampiezza del suo seno, cioè delle vaste
sue
pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudrice di giova
vicino a tramontare la videro infatigabilmente intesa a cercar della
sua
Proserpina(2). Nelle mani avea due gran faci acce
tutto quel tempo, non gustò cibo, se non che il papavero, che per la
sua
virtù sonnifera, valse ad ammorzar qualche fiata
da dire alla madre che cosa fosse della figliuola. Ma pur vide su le
sue
acque galleggiare la cintura di Proserpina ; il c
uoi doni. Allora, per pietà di sì gravi mali, la ninfa Aretusa, dalle
sue
chiare acque levando il capo, alla dea disse che
sopra il suo cocchio, e piangendo dice a Giove che Proserpina era pur
sua
figliuola, e non convenire che se l’abbia in mogl
Giove la racconsola, mostrando che non tornavan certo quelle nozze a
sua
vergogna ; che Plutone era suo germano e che Pros
cilia particolarmente venerata, per ragione di quella fertilità delle
sue
campagne, per la quale M. Catone(1) chiamò la Sic
semenza delle biade, la quale nascosta sotterra è cercata da Cerere,
sua
madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Pluto
Ligea ; ed eran figliuole dell’Acheloo, fiume della Grecia che ha la
sua
origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali,
questo nome, la quale presso quella ridente e deliziosa città ebbe la
sua
tomba. Secondo Servio, vi eran negli antichi temp
e volea ad ogni modo trovar la figliuola, aprì a quella Dea che nella
sua
isola prediletta non già, ma bensì nel regno infe
regina, quando per occulte vie gettavasi sotterra per congiungere le
sue
acque con quelle dell’Alfeo. Or lieta la dea a ta
Alfeo, mutato in un fiume non mi seguisse, alle mie unendo le chiare
sue
onde.» Così la ninfa Aretusa narrò a Cerere la su
e unendo le chiare sue onde.» Così la ninfa Aretusa narrò a Cerere la
sua
mirabile trasformazione. Cicerone(1) così descriv
a Trinacria giace l’isola Ortigia, ove sgorga l’Alfeo che confonde le
sue
acque colla fontana Aretusa . Si racconta che una
giorni si trattenne a cielo scoperto ; ma ritrovata da Celeo e da una
sua
figliuola, fu amorevolmente invitata a casa loro,
i Linco, cangiandolo in lince, fiera di vario colore che significa la
sua
indole astuta ; e volle che Trittolemo continuass
che in essi s’insegnavano i principali dommi dell’unità di Dio, della
sua
provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’
a Fame, per soddisfar la quale consumò tutto il suo avere e vendè una
sua
figliuola Mestra o Metra, la quale, ricevuto da N
perimentare la divinità degli Dei che nel loro pellegrinaggio avea in
sua
casa ricevuti, fece cuocere il figliuolo Pelope e
la destra, e sostenendo colla sinistra un cesto ricolmo di spighe. La
sua
bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda di s
con fiaccole in mano, in memoria di Cerere che andava in cerca della
sua
Proserpina ; e si facevano per otto giorni nel Ci
li Egiziani ; il terzo, fig. di Giove terzo e di Giunone, che avea la
sua
fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, si
tettore di quelli che lavorano il ferro. Ed era sì perfetto nell’arte
sua
che tutte le armi degli Dei, ed anche i fulmini d
anelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo nel dì delle
sue
nozze donò alla sposa Armonia un peplo ed una col
dio l’ufficio di coppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come la
sua
deformità non era conveniente ad inspirare la gio
giganti il nostro inclito zoppo Vulcano, malgrado la debolezza delle
sue
gambe, non mancò di adoperarsi per la salvezza de
i, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo ravvolge ne’ vortici delle
sue
onde e comincia non mai udita lotta coll’eroe, il
ssero stati guidati, per la coda indietro tirandoli, li condusse alla
sua
spelonca. Ma dal mugghiare delle bestie accortosi
hiare delle bestie accortosi Ercole del furto, percuotendo Caco colla
sua
clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig. di V
υτος, αγακλυτος e περικλυτος, celeberrimo, in Omero ed Esiodo, per la
sua
perizia maravigliosa nelle arli. Etneo, Aetnaeus
nelle arli. Etneo, Aetnaeus, dal monte Etna, in Sicilia, ove avea la
sua
fucina. Κυλλοποδιων, zoppo, da κυλλος, claudus, e
rivendo il modo di vivere del suo zio, racconta ch’egli cominciava le
sue
letterarie vigilie net di delle feste Volcanali,
elo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che Giove amò assai questa
sua
figliuola specialmente per la sua verginità ; e c
ana dice che Giove amò assai questa sua figliuola specialmente per la
sua
verginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli
schi ed i monti e feriva i cervi al corso. In breve, la caccia era la
sua
passione, ed ella era la Dea de’cacciatori, e del
Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della
sua
bellezza, non che della sua virtù, e degli omaggi
attere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non che della
sua
virtù, e degli omaggi degli uomini, vendicativa,
ggia uccise a colpi di freccia per averla dispregiata a cagione della
sua
veste corta a foggia di uomo. Di Orione ancora ra
o, Deianira e Tideo. Di Meleagro raccontasi che, sette giorni dopo la
sua
nascita, apparvero ad Altea le tre Parche, le qua
iammati stillavano sangue ; e notte e giorno l’inseguono, mentre alle
sue
orecchie risuonano di continuo le grida della mad
ropose che uno di loro fosse immolato e rimandato l’altro libero alla
sua
patria ; il che diede occasione alla gara de’ due
ana su’monti di Delo o sulle sponde dell’ Eurota in mezzo alle ninfe,
sue
seguaci ». Diana oltre a ciò presedeva a’parti, d
a nostra Dea ; ma pare che il culto di lei avesse avuto la principale
sua
sede in Efeso, famosa città della Gionia, ove in
econdo il Millin, Diana, in una bella pittura, è seguita dalle Ninfe,
sue
compagne, dalle quali si distingue per la mezza l
ta o sul monte Cinto, da cento e cento Oreadi accompagnata, esegue le
sue
danze, colla faretra su gli omeri, tutte le altre
e, colla faretra su gli omeri, tutte le altre seguaci superando colla
sua
nobile statura. Sulla maggior parte delle medagli
Lucina dicevasi Diana come Dea de’ parti, perchè il parto per opera
sua
veniva alla luce. Diana saeva dicesi da Ovidio(1
a Grecia. L’antica Grecia avea ben molte ragioni per abbellire la
sua
origine col maraviglioso delle favole. Furono qui
o, il quale sostiene che da Sansone principalmente, per la prodigiosa
sua
forza, i poeti hanno foggiato il loro Ercole, pri
randissima. Or quest’eroe fin dall’infanzia mostrò la grandezza della
sua
forza. Giunone mandò per divorarlo due orribili s
che si appella il leone Nemeo. Il quale essendo invulnerabile per la
sua
pelle durissima, Ercole con inudito valore, preso
le con inudito valore, presolo pel collo, lo strozzò e vestissi della
sua
pelle. Furono per ciò istituiti celebri giuochi d
stifero che il solo alito uccideva i viandanti. Ercole l’assalì colla
sua
clava, ma indarno, perchè mentre abbatteva un cap
quell’eroe, erano venuti ad un serio combattimento co’ Lapiti. Delle
sue
spedizioni stabilì pure un termine nelle così det
do il ferì nel petto ; il quale, vicino a morire, diede a Deianira la
sua
camicia tinta del proprio sangue, facendole crede
i dolori, fatto un rogo e postavi sopra la pelle del leone Nemeo e la
sua
clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig.
uoi cavalli. Con Argo confinava Micene, da Orazio(1) celebrata per le
sue
dovizie. Da Argo sino a Stenelo regnarono quattro
tro di lui poderoso esercito e l’ obbligò a dar loro in matrimonio le
sue
figliuole, le quali per consiglio del padre nella
. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica era sterile di
sua
natura, ma per l’industria degli abitanti reudeas
dall’oscurità dell’oracolo, persuase-il novello ospite d’impalmare la
sua
figliuola Etra. Egeo intanto, temendo di condurre
levò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella quale, riposta la
sua
spada, sordo a’pianti della sconsolata, si accomm
per orrore del commesso parricidio, si cavò gli occhi e maledisse la
sua
infelice discendenza. Intanto i due suoi figliuol
egi di natura, talchè fu riputata il dolce soggiorno delle Muse, e le
sue
delizie andarono in proverbio. Si vuole poi che n
n altro, Ila, fig. di Tiodamante e molto caro a quell’eroe, fu per la
sua
bellezza dalle Ninfe rapito nell’atto che bevea a
ostinato assedio quell’infelice città, il quale non terminò che colla
sua
totale distruzione ? Lo sdegno de’ numi, dicono i
bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella
sua
Iliade, poema inimitabile, che non debbe essere g
hille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanzava(1), e la
sua
velocità oltremodo celebrarono i poeti, percui sì
emo duce Agamennone, diciamo che avendo questi restituita al padre la
sua
schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo,
di Peleo, sdegnato oltre misura, si ritira sopra le navi con tutta la
sua
gente e ricusa di più combattere pe’ Greci. Noi d
o ed il più ingegnoso de’poemi conosciuti. Achille si rinchiuse nella
sua
tenda, ove procurava di consolarsi di quell’ingiu
il dice morto in un combattimento presso le mura di Troia(1). Dopo la
sua
morte nacque una famosa gara fra’Greci per ottene
che la venuta di Enea in Italia sia una mera favola. Per dire poi le
sue
avventure bisognerebbe ripetere quanto di lui can
che voglion dire scuotere il suolo, perchè il mare coll’impeto delle
sue
onde scuote la terra. II. Storia favolosa di N
lorchè descrive il modo come egli sdegnato con Eolo, che senza saputa
sua
suscitato avea, ad istanza di Giunone, fiera temp
i altri greci capitani. Presso Ovidio(4) Venere dice a Nettuno che la
sua
potenza è prossima a quella di Giove. Egli dallo
chiamasi l’assoluto signore de’fiumi, i quali pronti ubbidiscono alla
sua
voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sg
, dicono i poeti, tremò non solo la terra, ma lo stesso Plutone nella
sua
reggia, temendo che a quella scossa non si apriss
isto regno delle ombre penetrasse la chiara luce del giorno. E questa
sua
potenza, per la quale chiamavasi scotitor della t
il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa
sua
potenza sul mare ci dà Virgilio(3), quando dice c
etto freddo, perchè nascendo dall’ Etna, porta al mare gelidissime le
sue
acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi nel m
Per tale fatto quella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi,
sue
sorelle. Dopo di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Le
strigoni fu Lamo, di eui fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per
sua
mala ventura, alla loro spiaggia approdò Ulisse,
igli ebbe Nettuno ; Ergino, che fu uno d’egli Argonauti, e che per le
sue
molte conoscenze nautiche ed astronomiche, succes
e pugne, e per la loro abilità nelta nautica. Sesto Pompeo, gonfio di
sue
vittorie in mare e della gloria acquistata, volle
redenza degli antichi che quel trombettiere col suono fragoroso della
sua
conca quasi sgridava le onde commosse, e che ques
che si trasforma in varii corpi. Ora per ottenere che Proteo desse le
sue
fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo nel
na considerevole differenza nel getto de’capelli che al disopra della
sua
fronte s’innalzano. Alle volte si rappresenta co
ger, et Tridentifer, Tridentiere, dicesi Nettuno(4), perchè l’insegna
sua
principale era il tridente. VII. Alcune altre
sapendosi che a quel nume si sacrificavano tori di color nero(6). Le
sue
feste chiamavansi Neptunalia, e si celebravano so
, la moglie Anfitrite avesse indotto Circe a trasformare Scilla colle
sue
magiche arti in mostro marino. Pare che Virgilio
hè si conoscesse appieno questa materia. Ovidio(2) ci ha dato pure la
sua
descrizione dell’Inferno ; ma è stato poco accura
o su rapida ruota, e ad insaziabili avvoltoi Tizio fa pasto dell’atre
sue
viscere, mentre per nove ingeri è prosteso al suo
che fugge e che quando è già presso al labbro, più avviva la rabbiosa
sua
sete. Quivi infine è l’empia prole di Danao, la q
le rive della Stigia palude, nè da Caronte sono ammesse nella vecchia
sua
barca che dopo sì lungo spazio di tempo. Nè quel
ifesa da un lago di nere acque e cinta da annose e folte selve. Della
sua
bocca usciva un alito, anzi una peste, percui gli
rcondano, sono stati cangiati in vigneti. Si osservano tuttavia sulle
sue
sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di A
a da Livio (1), si scorge che vi erano due Acheronti, uno che avea la
sua
sorgente nella Molossia, parte dell’antico Epiro,
vi straripa furibondo e fa tutto rimbombare co’ rapidi vortici delle
sue
fiamme, lanciando infuocati macigni. Anche il Coc
ce Virgilio (1), fiume limaccioso e che abbonda di canne, colla tarda
sua
onda, e lo Stige che con nove giri l’Erebo circon
bili, è una palude di orrida pece e di solfo limaccioso e fumante. Le
sue
acque mandavano fuori una nebbia foltissima, perc
ove si dice che ciascuno soffre i suoi Mani(5), cioè i suoi mali, le
sue
pene. Ovidio e Tibullo (1) allogano il Cerbero a
iale suo capo ; e pestifero fiato e tetro veleno esca della trilingue
sua
bocca ; ma questo poeta che qui dà al Cerbero tre
eno dalle ardenti faci delle Furie agitati e scossi. Ciascuno è dalle
sue
magagne e da’ suoi errori in istrana guisa agitat
magagne e da’ suoi errori in istrana guisa agitato ; ciascuno è dalle
sue
scelleratezze ridotto all’insania, i ferali pensi
n riguardo nè a dignità, nè a ricchezze. Egli dovea trasportare sulla
sua
barca le anime de’ morti, non già i corpi de’vivi
corpi de’vivi ; percui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella
sua
nave e portarlo di là della stigia palude (1). E
fatto ricordavasi Caronte che avendo per timore accolto Ercole nella
sua
barca, quando questo figliuolo di Giove volle and
) era solito confidargli ogni suo segreto, avendolo pure ammesso alla
sua
mensa ; ma Tantalo ebbe l’imprudenza di svelare a
ivelato agli uomini i segreti de’numi. Altri lo dicono insigne per la
sua
astuzia e pe’suoi ladronecci, poichè, dopo avere
onecci, poichè, dopo avere spogliato gli stranieri che cadevano nelle
sue
mani, li faceva morire con un gran sasso. A Sisif
di Flegias, chiamato perfido da Orazio, perchè ammesso da Giove alla
sua
mensa osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pe
i un obolo pel trasporto ; da che è nata la favola di Caronte e della
sua
barca. Le varie dimore, dice il Banier, che Virgi
ndevasi, e ciascuno mosso dall’altrui esempio temeva di disonorare la
sua
memoria e la sua famiglia. Quando il morto non er
no mosso dall’altrui esempio temeva di disonorare la sua memoria e la
sua
famiglia. Quando il morto non era convinto di alc
hè regnava in luoghi assai bassi riguardo alla Grecia, ove Giove avea
sua
signoria. Il suo dominio stendevasi sopra gl’infe
verna l’universo. Abbiam detto che Plutone avea il suo soggiorno e la
sua
signoria nelle miniere, e che per ciò era tenuto
Giove terrestre. Ferale, soprannome dato a Plutone per quell’indole
sua
crudele ed inesorabile, per la quale fu detto da
asi qual segno funebre avanti la porta de’ defonti (6), e ciò per una
sua
proprietà, che una volta reciso, non rinasce mai
i scuotere l’universo fin dalle fondamenta. Ma le Parche arrestano le
sue
minacce e con quelle mani, con cui regolano la se
llo(2), le Parche predicevano sul nascere di ciascuno il tenore della
sua
vita, filando quello stame fatale che a nessuno d
dividere, perchè le Parche distribuiscono ed assegnano a ciascuno la
sua
sorte ; o da μοιρα, fato, perchè le Parche spesso
Plutone. Il rapimento di questa Dea è quasi il solo avvenimento della
sua
vita che i pittori e gli scultori abbiano rappres
icava una troia, ed anche una vacca nera e sterile(1), in segno della
sua
sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa
II, 52. Strab. VII, p. 231. (3). Ovid. Met. XIII, v. 716. Vocalemque
sua
terran Dodonida quercu. (4). Dionys. Hal. I, 51
54. (3). Virg. Aen. VI. v. 325, sqq. (4). Plorantemque animam supra
sua
funera vidi. Stat. Silv. I. 22. (1). Virg. Aen.
on Cilice e Fenice, suoi fratelli (2), dovette andar cercando Europa,
sua
sorella(3). Egli avea fatto tutte le possibili pe
di Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però attribuì tutte le
sue
seiagure al destino del luogo, ove soggiornava ;
impedire la veriocazione del funesto vaticinio. Acrisio rinchiuse la
sua
figliuola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giov
loro, che Nettuno si sarebbe placato, qualora Cefeo avesse esposto la
sua
figliuola, Andromeda, a divenire cibo del vorace
ore di Polidette, anch’ egli vi concorse, e molto vi si segnalò colla
sua
destrezza nel giuoco del Disco. A’ medesimi giuoc
Creteo, del regno di Iolco, che apparteneva ad Esone. Temendo, che la
sua
usurpazione fosse per produrgli tristi conseguenz
va preso le sembianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle
sue
spalle al di là di quelle acque ; e allora vi per
adre di Giasone, non potè gustare la gioja di quelle feste, attesa la
sua
decrepita età. Il pietoso figlio, osservando il g
’impresa propostagli, ciò nulla ostante non curavasi d’adempiere alla
sua
promessa, e continuava a ritenersi l’usurpata cor
ve, essendosi riconciliato con Medea, e avendo dato varie prove della
sua
prudenza e del suo invitto valore, meritò dopo mo
ero, i quali presagirono la gloria, ch’egli era per acquistarsi colle
sue
esimie azioni (c). Giunone poi insistette nell’ i
dono ; che Giunone ad istanza di Minerva abbia alquanto cessato dalle
sue
persecuzioni, ed abbia ella stessa somministrato
Eurito (b) a tirare d’arco, in età d’anni dieci otto scaricò tutte le
sue
frecce contro quell’animale, e sopra il medesimo
ue frecce contro quell’animale, e sopra il medesimo perfino spezzò la
sua
clava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’uccider
ra impenetrabile. Lo incalzò quindi in guisa, che lo ridusse entro la
sua
caverna, la quale aveva due aperture. Dopo d’aver
quale a guisa di glorioso trionfo portò indosso tutto il tempo della
sua
vita(c) (5). Mentre Ercole si avviava a combatter
iacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le
sue
frecce : dal che ne avveniva, che le ferite, reca
avano incurabili. Euristeo però, come seppe, che Ercole avea avuto in
sua
compagnia Jolao, non volle annoverare questo trav
un anno nell’inseguirla con tale costanza, che la stancò, se la fece
sua
, e la portò sulle spalle a Micene(d). Euristeo i
uanto gli si era prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adempiere alla
sua
promessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Lepre
seppe, che l’ Eroe accingavasi ad attaccarlo, affidò il comando delle
sue
truppe a’due fratelli, Eurito e Cteato, detti Mol
rimase ucciso nel combattimento(a). L’ Eroe poi saccheggiò a Neleo la
sua
città, e mise a morte lui, e tutti i figli(13), c
lotta, e più volte ne rimase atterrato ; ma qualora toccava la terra,
sua
madre, questa sempre gli somministrava forze magg
a Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome di
sua
moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi travagli si
onneso, faceva morire i passeggieri, schiacciando la loro testa colla
sua
. Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). E
lio di Licinnio, fratello d’ Alcmena, erasi rècato nella Spagna’nella
sua
prima gioventù. Mentre egli passava dinanzi alla
Atlantici. L’ Eroe avea inutilmente scaricato contro di essi tutte le
sue
saette, e già trovavasi in grande pericolo, quand
o di notte gliene rubò quattro paja, e per la coda le strascinò nella
sua
abitazione, affinchè Ercole dalle pedate non iscu
scuoprisse ove quelle si trovavano. L’ Eroe passò col rimanente della
sua
mandra vicino alla caverna, e dal muggito d’uno d
il furto. Per tale fatto Ercole fu detto Indicante (a). Ercole per la
sua
eccessiva voracità si appellò Polifago, e Adefago
, ne di Calidone, nell’ Etolia. Tespio fece sposare tutte le predette
sue
figlie ad Ercole, dopo d’averlo ubbriacato in un
e in ricompensa di sì segnalato servigio diede in moglio all’ Eroe la
sua
figliuola, Megara, da cui nacquero Lamio, Creonzi
egato, ad una colonna. Dopo alquanto di tempo si destò, guarito della
sua
frenesia. Conobbe allora la strage, che avea fatt
l premio del vincitore, e questi seco lei s’avviò alla volta di Tebe,
sua
patria. Giunto alle rive dell’ Eveno, fiume dell’
gli promise d’assicurarne anche alla di lui sposa il passaggio sulle
sue
spalle. Ercole affidò Dejanira al Centauro, indi
a tutti nel tirare d’arco, e prometteva di dare in moglie la predetta
sua
figlia chi lo avesse superato. Ercole vi riuscì,
allegando per pretesto, chegli aveva ucciso i figli, avuti da Megara,
sua
prima moglie, e che temeva che fosse per trattare
e figliodi Peane, gl’impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le
sue
frecce, le quali dal Fato si riserbavano all’este
Giove accolse Ercole in Cielo, e Giunone gli diede lassù in moglie la
sua
figliuola, Ebe (b) (36). Da tale mattimonio nacqu
auna vi piantò una colonna, per ricordare a’ posteri il termine delle
sue
conquiste (b). Queste stesse Colonne si chiamavan
ttadino d’Ar go ; e in tuono minaccevole gli comandò d’abbandonare la
sua
patria, e di trasferirsi sulle rive dell’ Esaro,
Evandro, re del Lazio. Allorchè questo Principe ricevette Ercole alla
sua
corte, l’Eroe indico a’ due predetti vecchi il mo
isprezzo, che aveasi fatto de’ suoi sacrifizj (a). Ercole esorcitò la
sua
protezione spezialmente verso Fillio, giovine del
iglio appresso Pitteo. Nello stesso tempo nascose i suoi calzari e la
sua
spada sotto un grosso sasso, e commise ad Etra di
e d’invitta fortezza. Ercole, trasferitosi appresso Pitteo, depose la
sua
pelle di leone per assidersi a mensa. Molti fanci
cise, e portò sempre con se quella clava, come il primo trionfo della
sua
virtù(c)Incontrò poscia nell’ Istmo di Corinto un
ione di costoro obbligò questo Eroe ad allontanarsi per un anno dalla
sua
città, e dopo questo tempo egli venne assolto da’
gne di Cuma. Là v’ eresse un tempio ad Apollo in riagraziamento della
sua
felice fuga, consecrò a quel Nume le sue ali, e s
ollo in riagraziamento della sua felice fuga, consecrò a quel Nume le
sue
ali, e sulla porta del di lui tempio vi scolpì la
siteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in qualità di piloti nella
sua
famosa spedizione in Creta (d). Le Oscoforie venn
e l’ Attica à Repubblica, creò un Consiglio, in cui trasmise tutta la
sua
autorità, nè si riserbò che il comando delle armi
a) (24). Morta Ippodamia, Piritoo e Teseo, a cui era pur morta Fedra,
sua
moglie, e sorella della mentovata Arianna, stabil
dosi calunniato appresso i suoi da un certo Lico (h), fece passare la
sua
famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Iso
zione(28) ; Astipilo(29) ; Adrasto ed Anfio(30). Priamo, come vide la
sua
città in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, m
di rititarsi piuttosto all’altare di Giove Erceo, ove anch’ella colle
sue
figliuole era ricorsa per sottrarsi al furore nem
contro di Ettore la picca, e lo stese a terra morto. Disonorò poi la
sua
vittoria con un tratto di turpe crudeltà. Non con
nascere fu conosciuto come quello, che doveva essere la rovina della
sua
pattia. Ecuba, rimasta di lui incinta, sognò che
are Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle
sue
nozze, le quali si celebrarono sul monte Pelio. L
i di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molto bene la parte
sua
senza manifestarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza
cangiò la gelosia in tenerezza, e fu da Priamo di nuovo accolto nella
sua
Reggia(a). Paride, mentre soggiornava sul monte I
unse la peste, e gli Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della
sua
antica origine era l’Italia. Anchise si rammentò,
i quella città(11) si desse la morte. Colei, all’udirlo raccontare le
sue
disavventure, si senti ardere d’amore per lui(12)
o recarsi, ove desiava. Così avvenne ; e l’Eroe tragli Antenati della
sua
famiglia s’abbattè nell’ombra d’Anchise da cui ap
a, regina de’ Volsci(b) (23). Finalmente vi rimase ferito ; e la Dea,
sua
madre, con certa erba quasi in un istante lo risa
o salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome di
sua
moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didon
rò di lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re di Sparta, diede la
sua
figliuola, Cliteanestra, in matrimonio ad Agameno
llo stesso Agamenonne. Quessa era rimasta in Micene con Clitennestra,
sua
madre. Il pubblico bene fece tacere nel cuore di
figlio di Tieste, cui Agamenonne avea affidaso durante il tempo delle
sua
assenza la cura della sua famiglia e del suo Regn
enonne avea affidaso durante il tempo delle sua assenza la cura della
sua
famiglia e del suo Regno(23). Colei, mal comporta
e alleato de’Trojani. Questi addolorato, perchè Agamenonne avea fatta
sua
schiava la di lui figliuola, erasi recato al camp
al rifiuto v’aggiunse anche le ingiurie, e lo fece allontanare dalla
sua
presenza. Crise chiese ad Apollo vendetta di un a
lla di Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso di quello Elettra,
sua
sorella, lo fece secretamente trasferire per sott
a sorella, lo fece secretamente trasferire per sottratlo al furore di
sua
madre, che altrimenti lo avrebbe ucciso, come ne
le venne in pensiero di far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la
sua
situazione. Propose quindi di salvare uno di loro
a di quella guerra erano periti ; ma colei seppe così bene perorare a
sua
difesa, che placò il marito, e ne fu rìcondotta a
regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla
sua
patria. Ella lo avvertì, che per farlo parlare, c
cora, quando cangiava di figura ; cossicchè colui, veggendo vana ogni
sua
arte ; ripigliò le primiere sembianze, e diede a
l’osservazione delle loro interiora la volontà degli Dei intorno alla
sua
partenza. Sì orrida barbarie talmente lo rendetre
ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani di
sua
moglie, quando colei stava per porlo sulle fiamme
se lo stesso dopo quella guerra si fosse felicemente restituito alla
sua
patria(c) (3). L’Eroe, di cui parliamo, marciò co
e’Misj ; perchè egli tentava d’impedire che i Greci passassero per le
sue
terre(6). Non trovavasi rimedio che guarisse quel
orso di Troja(7). Alfine la mise a morte(8), e nello spogliarla della
sua
armatura la osservò talmente bella, che ebbe disp
abile nella determinazione di non più trattare le armi a favore della
sua
nazione(b). Il Trojano esercito intanto continuav
Achille, invaghitosi della di lei bellezza, voleva per forza farsela
sua
. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. In
la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere di lui la
sua
città, se prometteva di sposarla. Achille ne fece
tore, oltre varj generosi doni condusse seco a supplicarnelo anche la
sua
figliuola, Polissena. Il Greco, al vederla, tosto
ò un magnifico Mausoleo e tempio sul Promontorio Sigeo, ove la Ninfa,
sua
madre, fece celebrare dei Giuochi funebri da’più
più perseguitato dall’avverso Destino, allorchè volle rimettersi alla
sua
patria. Ei corse molti rischi, ne’ quali diede se
arsene il Ciclope Polifemo. Costui n’era allora uscito per pascere la
sua
greggia ne’ vicini campi. Mentre l’Eroe trattenev
o, i venti Boreali, acciocchè essi non gl’impedissero il ritorno alla
sua
patria(11). Per nove giorni la nave avea tenuto i
e Circe aveagli tosto offerto. Colei altresì stava per toccarlo colla
sua
verga ; ma egli, imbrandita la spada, la riempì d
mpunito l’insulto, sofferto da coloro. Giove non tardò a dar segni di
sua
collera : le pelli di quegli animali si misero a
uel tempo andò persuadendolo, onde volesse fissare appresso di lei la
sua
dimora, ma egli non mai v’acconsentì. Minerva fin
portò ivi a lavare alcuni panni. Il Greco al rumore, che colei colle
sue
serve faceva, si destò, e presentatosi alla medes
e faceva, si destò, e presentatosi alla medesima, le espose la trista
sua
sventura. Ella lo consolò, e assicurollo, che nie
enore, e moglie dello stesso re, chiedendole d’essere ricondotto alla
sua
patria. Alcinoo, prendendo Ulisse per mano, lo fe
nobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro Ulisse, e gli restituì la
sua
primiera figura. Il figlio, sorpreso dall’improvv
dre lo stato deplorobile, in cui i Nobili del paese aveano ridotto la
sua
casa. Ulisse commise al figlio, che solo ritornas
di Antimoo(b). Frattanto sopraggiunse un altro mendico, famoso per la
sua
ghiottoneria, perchè sempre mangiava, e non ostan
uoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti di
sua
moglie tali scoccò e tante frecce, che li fece tu
ico fedele, a cui l’Eroe prima di partire, per Troja avea affidata la
sua
famiglia(b). Secondo Sofocle(c) Ulisse visse quin
dere vittima delle proprie mani. Egli, morto Achille, pretendeva, che
sue
fossero le armi di lui. Ulisse gliele contrastò i
in vece dato ad Ulisse ; ma Ajace il dì seguente si trovò morto nella
sua
tenda(b) (4). Altri dicono, che Ajace, combattend
di Arene nella Messenia, la quale città egli così denominò da Arene,
sua
moglie, e madre dei predetti Linceo ed Ida(f). In
loro, e in pena di tale delitto rimase sepolto sotte le rovine della
sua
stanza. All’ opposto un certo Simonide, che aveva
me Giocasta(3). Edipo non godatte sempre felicemente il suo regno. La
sua
maggior prosperità si cambiò alfine in un’estrema
ì, il re a tale racconto, e molto più quando intese, che Giocasta era
sua
madre(c). E perchè costei pel dolore erasi appicc
desimo, si trasse gli occhi per disperazione ; e guidato da Antigona,
sua
figliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri
accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di pietra, si spogliò delle
sue
vesti, si purificò, e si cuoprì con abito simile
velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La
sua
scienza gli fece prevedere che sarebbe operito ne
, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa
sua
vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
, e condannò. Antigona ad essere sepolta viva. Fu allora, che Ismene,
sua
sorella, corse ad incontrare lo stesso supplizio,
n soggiacque alla bramata pena, perchè Antigona accertò il re, che la
sua
sorella non avea avuto secolei parte alcuna. La s
o comando ; e strangolandosi colle proprie mani, finì di vivere nella
sua
più brillante gioventù(c) (11). Istoria mitol
nni dopo fu dedicato appresso la Porta Capena. Anche C. Mario dopo la
sua
vittoria, riportata sopra i Cimbri, consecrò a qu
zza si sottrae ad ogni pericolo. Le giace a’piedi un leone. Questo di
sua
natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente ing
ea, stette sulla terra, finchè durò l’Età d’oro, e insegnò a tutti le
sue
leggi. Venuta poi l’Età di ferro, in cui crebbero
udici. Dicevasi, ch’era vergineper alludere all’integrità di tutte le
sue
operazioni(a). La Giustizia secondo Igino ebbe un
vola si ricordava la bella azione di pietà che operò una figlia verso
sua
madre. Valerio Massimo(a) la racconta così : una
na mano sul proprio cuore, perchè ella si fa conoscere soltanto dalle
sue
esimie azioni, nè coltiva ostentazione, o desider
sposata ad un uomo, il quale cra stato già due volte Console, e colle
sue
illustri azioni aveasi acquistata tanta gloria, q
zioni aveasi acquistata tanta gloria, quanta qualsivoglia donna della
sua
città potea vantarne in forza de’ suoi natali. El
uesta Virtù dipingesi scalza, e in abito succinto, per qualificare la
sua
prontezza nell’eseguire i voleri degli altri. Ha
re agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il quale di natura
sua
si compiace di se medesimo, e disprezza ogni altr
quel bene, che crede esservi in se stesso, non riflette poi mai alle
sue
imperfezioni. Esso finalmente sta appresso una fo
colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira, lo rimproverò bruscamente della
sua
ingratitudine, e lo rimandò alla sua sposa col pr
lo rimproverò bruscamente della sua ingratitudine, e lo rimandò alla
sua
sposa col presagirgli un tardo e inutile pentimen
entarne la fedeltà. Entrato, senza essero conosciuto da alcuno, nella
sua
casa, trovò la consorte, che piangeva, e doleasi
ossore, fuggì ne’ boschi, e si propose la caccia per unico oggetto di
sue
delizie. La privazione di sì amabile compagnia de
addoleisse il rincreseimento, che le cagiona, va la rimembranza della
sua
, lo strinse al seno, e ritornò a vivere seco lui
evole gemito gli fece intendere, che bersaglio del colpo era stata la
sua
Procride Precipitoso, e fuor di se medesimo colà
rente, della persona, cui egli ama. V’ è il Gallo, perchè questo è di
sua
natura gelosissimo. Le spine finalmente manifesta
arsi gli utili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso, che colle
sue
parole di vanto fa molto strepito, ma del resto è
e alludono alla superbia, da cui la Disobbedienza trae d’ordinario la
sua
origine. V'è in terra un Aspide, che con un orecc
indice : lo che dichiara la tenacità, con cui l’Arrogante coltiva le
sue
opinioni, beachè sieno false, e da tutti disappao
ri è facile ad appropriarsi le cose altrui, senzachè sazii giammai la
sua
ingorda passione. Furto. Il Furto è l’appro
è il ladro odia la luce, ed ama le tenebre, le quali favoriscono alle
sue
disonorate azioni. Stringe l’arma, perchè i ladri
lia accèsa. L’essere artifiziosamente vestita dimostra, ch’Ella colla
sua
arte s’industria di persuadere ciò, che non è, o
ita, perchè nel Vile non risvegliasi mai il pensiero di migliorare la
sua
condizione. Giace in luogo sozzo, perchè chi è pr
nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure di
sua
natura vilissimo. Adulazione. L’Adulazione
, perchè è proprio della Detrazione l’offuscare le onorate azioni. La
sua
veste è logora, tinta del colore della ruggine, e
ossia Dea della sorte, perchè credette di dover a lei granpartè della
sua
gloria(a). Servio Tullio le fabbricò in Roma il p
rta Capena un tempio alla Fortuna per onorare Veturia, la quale colle
sue
lagrime fece, che il di lei figlio, Coriolano, de
fece, che il di lei figlio, Coriolano, desistesse dall’assedio della
sua
città. Era questo il tempio, in cui tutti gli ann
lo ne prese le sembianze, quando Giove volle celasla alla gelosia di
sua
moglie, Giunone(c). Si credette, che Europa fosse
tato. Sappiarro, che Semele, per aver voluto vedere Giove in tutta la
sua
maestà, ne rimase in quello stesso istante incene
nella Licia appresso il re Giobate, che gli diede in moglie Stenobea,
sua
figliuola(d), da cui nacque Megapente, il quale r
nnominato Alcide(a). (12). Elettrione regnò in Micene, sposò Anasso,
sua
nipote, e n’ebbe una figlia, di nome Alcmena. Cos
otonde le tro navi(b). Essa fu considerata sacra e fatidica perchè la
sua
prora era stata formata di una quercia presa dal
tato il primo, che solcasse il mare. Questo però resta smentito nella
sua
generalità da Apollonio(l), e da altre ben fondat
o città, e l’onorarono sotto il nome di Agamestore, per alludere alla
sua
arte di vaticinare, e alla sua provenienza da Apo
nome di Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticinare, e alla
sua
provenienza da Apollo(b). (15). Ercole, deposto
i strappò dalle mani il ferale stromento, e gli manifestò ch’ella era
sua
figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risolu
l loro paese (a). (18). Ificlo si trovò tra gli Argonauti, attesa la
sua
parentela con Giasone. Tale parentela venne dall’
a Medea nella persona di Esone, chese a quella Maga il soccorso della
sua
arte per ringiovinire le sue Baccanti, e ne rimas
e, chese a quella Maga il soccorso della sua arte per ringiovinire le
sue
Baccanti, e ne rimase compiaciuto(g). Valerio Fla
re la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più forti della
sua
Guardia, e Polidamante li uccise tutti con un sol
mosca(a). (b). Catep. Sept. Ling. (14). Nestore, rimasto solo di
sua
famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’
ppea, e marito di Laonome, sorella uterina d’Ercole, e celebre per la
sua
celerità de’ piedi(f). Il medesimo rimase ucciso
Lex. Univ. (d). l. 4. (28). Lamo o Lamone succedette al trono di
sua
madre, ma poco dopo ne fu scacciato, e si ritirò
l corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arco e delle
sue
frecce(d) (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (31).
emico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rientrare nel Feloponneso,
sua
patria, cogli altri Eraclidi, ma ne, fu impedito
icidio, benchè involontario, Tlepolemo fu costretto di abbandonare la
sua
patria, e ritirarsi nell’Isola di Rodi. Quì a di
è lo partorì, in una foresta, dopo d’averlo coperto d’una parte della
sua
veste. Là il bambino venne allattato da un giumen
corrisposta, e la quale, per aver tentato di vendicarsi con Arianna,
sua
rivale, fu dal predetto Nume cangiata in pianta,
lebre e singolare in bellezza, che invogliò parecchi personaggi delle
sue
nozze. Cenide però ritirossi ne’ più remoti lidi
idio fa, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimprovera della
sua
indifferenza, e procura di riaccenderne l’affettó
. (3). Deifobo tralle altre illustri imprese, operate a difesa della
sua
città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalaf
fu il solo de’figliuoli di Priamo, che sopravvisse alla, rovina della
sua
patria. Professava l’arte d’indovinare in molte m
o Polinnestore, re della Tracia, a cui avea sposato la maggiore della
sue
figliuòle, chiamata Ilione. Polinnestore, come ud
iglio di Priamo. Spedito Polidoro, dic’egli, dal padre nella Tracia a
sua
sorella, Ilione, costei, che temeva della crudelt
ntese dall’Oracolo d’Apollo, che il padre suo era morto, che la madre
sua
viveva in ischiavitù, e ch’era stata incendiata l
, che la madre sua viveva in ischiavitù, e ch’era stata incendiata la
sua
città. Ritornato nella Tracia, e sorpreso di aver
more(c). (8). Polite, com’era agilissimo di piedi, stava fuori della
sua
città per ispiare, quando i Greci si avanzavano v
ustodia d’uno de’suoi temoj(a). Altri poi soggiungono, che Enea colle
sue
mani la uccise, avendo così patteggiato co’Greci,
fo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò appresso la
sua
famiglia(c). Alcuni pretendono, ch’ella al tempo
u altora derisa da prima, e poi chiusa in una torre. Qui raddoppie le
sue
declamazioni sulla cecità de’Trojani, ma questi n
cellente Artista, decantato da Omero. Fereclo poi, combattendo per la
sua
patria, rimase ferito da Merione, I figlio di Mol
erfidia, dimostrata nel rapire la moglie di chi lo avea enorato della
sua
ospitalità. Soggiumse, che nol faceva morire, com
Paride in Troja, che pur v’arrivò la Greca armata per ridomandare la
sua
concittadina. I Trojani esposero ciò, ch’era avve
4., Dares Phryg. c. 24. & 25. (15). Elena, resasi famosa per la
sua
bellezza, avea destato in molcissimi Principi del
suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti gli amanti di
sua
figlia giurassero d’approvare e proteggere la di
a di lui madre presse a piangere il perduto figluiolo, formando colle
sue
lagrime quella rugiada, che sul crepuscolo mattut
a ne rendeva un altro lugubre, quasi rattristandosi della partenza di
sua
madre, e rallegrandosi del suo ritorno(a). Cambis
voluto Ecuba, perchè era vecchia. Ulisse alla fine la confuse tralle
sue
schiave, e la condusse nella Tracia. Una delle di
hinò ben tosto la vendetta. Il suo coraggio agginase nuove forze alla
sua
vecchiezza. Si recò alla Reggia di Polinnestore,
straordinario. Il di lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche,
sua
moglie, senza averne avuto mai prole. Egli consul
’Indovino Melampo del mezzo, con cui avrebbe potuto rendere la moglie
sua
feconda. Quegli lo consigliò d’introdurre un colt
oh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Miseno dopo la distruzione della
sua
città venne con Enea in Italia. Dicesi, ch’egli,
sse a vendicare la morte di suo padre, e a rifabbricare le mura della
sua
città. Andromaca lo nascose nel sepolcro di Ettor
o spedito una spada, lavorata da Vulcano, con cui potè provedere alla
sua
salvezza. Assistito poscia da Giasone e da altri
spedì il suo figliuolo, Corito, a Troja per ispiare la condotta della
sua
rivale. Ma il giovine fu preso in sospetto da Par
u da lei rimandato indietro col commettergli, che suggerisse da parte
sua
a Paride di farsi piuttosto risanare da Elena. Un
so a’ di lei piedi, e già vicino a spirare, le chiedeva perdono della
sua
infedeltà, e implorava la di lei assistenza. Aggi
uti insieme con Ulisse. Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le
sue
avventure, e quelle di Ulisse(b). (c). Hom. Ili
che, per l’età divenuto impotente a prendere le armi in difesa della
sua
città, molto però le giovò colla saggiezza de’suo
o, l’espose il barbaro misfatto, e la consigliò ad allontanarsi dalla
sua
patria, e a trasportare seco i tesori, i quali er
(e). (14). Giunone offerì in matrimonio ad Eolo la più bella tralle
sue
quattordici Ninfe, di nome Dejopeia, per eccitarl
li insegnò agli Albani, e questi a’Romani. Silla li celebrò durame la
sua
Dittatura. Le guerre civili li interruppero. Giul
ucciso accidemalmente il padre, lasciò l’Artadia, e per consiglio di
sua
madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati gli
uolo di Giove, e che le di lui grandi azioni corrispondevano all’alto
sua
nascita, volle essere il primo ad onorarlo ancor
dovette dargli la morte, attesochè colui avea conseguito da Feronia,
sua
madre, tre anime, e tre armature (a) Evandro dopo
, e che portava scoloita sullo scudo l’Idra di Lerna, per indicare la
sua
illustre origine (h). (c). Id. Aeneid. l. 9. (
to i suoi piedi, o sopra le onde del mare, senza restarne bagnata. La
sua
veste era una pelle di tigre. Quando marciò contr
dizione, riferita da Pausania (b), soggiunge, che Teucro ritornò alla
sua
nuova Salamina. Allora fu, che vi eresse al dire
Dardano. Euripilo aprì quella cassa imitò la statua, e in pena della
sua
curiosità divenne tosto furibondo. Questa malatti
fanciulla a Diana Triclaria. Quivi si fermò, e trovossi libero dalla
sua
follia. In memoria di tale avvenimento que’di Pat
ugnato Troja, se avesse avuto seco dieci Nestori (c). In premio delle
sue
singolari prerogative gli si diede Ecamede, figli
e era stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò al servigio della
sua
mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo di Deucali
ioneo, originario della Tracia, cui Priamo avea promesso in moglie la
sua
figliuola, Cassandra(b). Privò di vita Festo, fig
ne fosse caduto in suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di
sua
mano sul rogo di Patroclo dodici de’più illustri
a la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla
sua
risoluzione. Questi, trasportato dalla collera, f
to. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la
sua
ferita. Dopo questa visione cadde ammalato, e mor
). Tersite era un miserabile buffone. Fu da Agamennone ammesso tralla
sua
armata, affinchè facesse ridere, e servisse di di
, avea avuto da Tesseo, e che da lei non era stata mai dichiarata per
sua
figliuola, attesochè ella non osava di manifestar
enza, e rimase ucciso da Peneleo (a). (23). Tieste rendette Pelopea,
sua
figlia, madre d’un bambino. Per celare poi l’obbr
de, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli occhi di
sua
madre il dolore, che sentiva per la morte di suo
. 1. (1). Altri dicono, che Oreste fu spedito appresso Strofio dalla
sua
nutrice, detta Atsinoe da Pindaro (a), Laodamia d
lo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il quale lo prese sotto la
sua
protezione (d). (2). Nell’ Elettra di Sofocle Or
o Oreste ucciderla, Diana la sottrasse al di lui furore, e la stabilì
sua
sacerdotessa nell’ Attica (g). (b). Id. Ibid.
cò ivi una città, che denominò Canobo, e nella quale al momento della
sua
partenza vi lasciò tutti gl’inutili alla navigazi
Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (2). Neottolemo fece perire sotto la
sua
mano un gran numero di prodi Trojani. Spezialment
itornando a Neottolemo, dicesi, che Menelao avesse, promesso Ermione,
sua
figlia, ad Oreste, e che poi la abbia data in mog
a testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di consecrare la
sua
bella chioma a Venere, se egli fosse ritornato a
ece la spedì a Teutrante, re di Misia in Asia, il quale la adotto per
sua
figliuola(d). Pausania dice, che Auge, rinchiusa
da Teutrante(e). Anche Igino riferisce ; che Teutrante la adottò per
sua
figliuola ; ma soggiunge, ch’ella da se medesima
di lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a ritirarsi colle
sue
truppe(b). (f). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ.
se ed uccise Achille ; ma che questo Eroe per le preghiere di Tetide,
sua
madre, cisuscitò un momento per troncare la vita
uscitò un momento per troncare la vita a colei, che gli avea tolto la
sua
. (e). Quint. Calab. l. 1. (f). In Virg. Aenei
ra d’un capello d’oro, il quale trovavasi mescolato cogli altri della
sua
testa, e al quale era annessa la durata della di
el suo parricidio dallo stesso Anfitrione, poichè questi, com’ebbe in
sua
mano la di lei città, ordinò che colei fosse fatt
zione, riferita da Pausania(c), Icario, volendo maritare la mentovata
sua
figlia, la propose, come premio a colui, che aves
Ciclopi. Colui dovette rimanersene colà, finchè Enea, passando colla
sua
flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo navi
Isola Siria, chiamato Cresio Ormenide ; ma preso poi nel fiore della
sua
gioventù da certi corsari Fenici, era stato vendu
ci, era stato venduto a Laerte, e da questo stabilito guardiano delle
sue
greggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, altro
se ella a tessere una tela, e promise a’suoi amanti di manifestare la
sua
risoluzione, quando avesse compito quel lavoro, c
, in cui Telemaco stava per partire da di là, e per ritornarsene alla
sua
patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo navigl
mondo anche Ettore, e fu dopo di lui il più valoroso difensore della
sua
patria(a). Omero lo dipinge come il più saggio ed
fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla
sua
isola, e lo condannò ad un perpetuo esilio. Il gi
non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, che se voleva fare le
sue
difese, le esponesse, stando nel naviglio, ove si
te seguente nel porto, e là, alzato un monticello di terra, trattò la
sua
causa. La perdette, e quindi fece vela verso l’is
di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle
sue
figliuole, la quale Diodoro Siciliano chiama Glau
(4). Quelli, i quali dicono, che Ajace sia stato trovato morto nella
sua
tenda, soggiungono, che Ulisse, essendo stato pre
empio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze di
sua
figlia, aveano per mano di lui perduto la vita(a)
he ucciso il di lui figliuolo, Eurippo. Megareo promise il regno e la
sua
figliuola a chiunque lo avesse liberato da quell’
. Univ. (b). In Phoeniss. (3). Pausania accorda, che Edipo sposò
sua
madre, ma nega, che quegli ne abbia avuto alcun f
). Adrasto si portò a consultare l’Oracolo sopra il destino delle due
sue
figliuole, le quali si chiamavano Argia e Deifile
perire moltissimi altri Greci(b). Egli poi, anzichè restituirsi alla
sua
patria, passò in Italia, e vi fon ò Siponto, o Si
, città marittima, appiè delemonte Gargano, per non unirsi di nuovo a
sua
moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re d’Argo, o d
velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La
sua
scienza gli fece prevedere che sarebbe operito ne
(b), o da Nisimaco e Nasica, come vuole Lattanzio(c). Egli fino dalla
sua
prima gioventù erasi applicato a’ Iavori campestr
padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era di bell’aspetto, nè tanto colle
sue
grazione maniere, quanto colla sua saggia condott
ra di bell’aspetto, nè tanto colle sue grazione maniere, quanto colla
sua
saggia condotta sapeva cattivarsi l’animo di tutt
, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa
sua
vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
a, che ci ha porto la interpetrazione di un mito, abbiamo aggiunto la
sua
etimologia, e per toglierne tante volte la interp
favola — divisione della favola secondo il diverso obbietto cui ha le
sue
mire. Tempo già fu, che dilettando i prischi Del
ssioma rivelato e razionale della creazione e lo conserva in tutta la
sua
purezza. La seconda, che può rappresentarsi come
secondo la natura dell’errore, abbraccia il paganesimo sotto tutte le
sue
forme e con tutte le sue filosofie, l’eresie cris
rore, abbraccia il paganesimo sotto tutte le sue forme e con tutte le
sue
filosofie, l’eresie cristiane, il nominalismo del
o vi sarebbe peruto nell’abbandono di sè stesso e nella debolezza di
sua
vita. L’uomo nato adulto e manodotto da Dio, la I
la Idea presentoglisi spontaneamente allo intuito, la riconoscenza di
sua
creazione, il cum ulo interminato delle doti del
cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primitiva di
sua
mente, non manteune il culto civile, cui chiamoll
d irsuto come belva tra le boscaglie, e molte cagioni concorsero alla
sua
dispersione. Il dipartirsi per diverse regioni de
ui la natura ha tolto addivenire un’uomo ; ora un padre colpito nella
sua
tenera posterità invoca in essa gli Dei del suo d
’Iddii. — Dimandiamo, ei dicc(1), voltando, come meglio ci è dato, le
sue
parole nella nostra lingua, quale tra la innumera
cora da Platone, sebbene viveva in una età assai posteriore. Ei nella
sua
Repubblica (5) per dare un’immagine del mondo, de
può mettersi impunemente la falce, e scoprirvi ciò che meglio torna a
sue
propensioni, o va a seconda de’suoi studii. Lo is
llegorizzati e abbelliti dalle grazie della poesia. « Ed Esiodo nella
sua
Teogonia parla degli Iddii come figli del cielo e
e figli del cielo e della terra » Cantate, così volto in italiano le
sue
parole(2), o Muse, gli Dei immortali, figli della
o impero di Dio sul triplice regno della creazione, l’aere mobile per
sua
natura si eleva in alto cielo, si diffonde su la
ta di quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a
sua
sorella Giunone, ed a’suoi fratelli ; or si vuole
e il cielo, che con le feconde piogge e co’semi feconda la terra come
sua
consorte. Egli stesso nell’etere è Giove, nell’ae
corso apparente per le vie del cielo compie l’anno, e la Luna con le
sue
rivoluzioni i mesi. Nè, soggiunge, creder si deve
gine di Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stesso Sole nella
sua
materia essere Giove, e la stessa Luna nella sua
lo stesso Sole nella sua materia essere Giove, e la stessa Luna nella
sua
materia Giunone, onde ella porta questo nome a iu
iglio il dio Bacco. Fu creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle
sue
cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele, ch
e Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di
sua
madre Semele, che restò morta in veder Giove in t
madre Semele, che restò morta in veder Giove in tutto lo splendore di
sua
grandezza, quando non ancora era compiuto il temp
a rappresentar le cose sotto traslati allegorici. Altri riponendo la
sua
sede nel fondo delle miniere, e nel seno della te
apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di
sua
dimostrazione. Perciò da’ Greci fu detto Ecateo,
perchè il sole va di stagione in stagione variamente declinando nella
sua
comparsa su lo emisfero ; o come teneva in mente
indicare i raggi del Sole ; e soprattutto la lira, chè il Sole con la
sua
forza centripeta, senza distruggere la centrifuga
come Dio della salute pubblica ; perciocchè il Sole la produce con la
sua
temperie. Perciò la parola Apollo può derivarsi d
Antipatro filosofo stoico — Dalla terra, così voltiamo in italiano le
sue
parole(1), ancor umida, elevandosi su nelle regio
ticolo, noi qui sceglieremo alcune poche parole onde far conoscere le
sue
nozioni intorno a questo nume. « Si fantasticò, e
, ne avesse tolto di mezzo la rissa, rappacificandoli col tocco della
sua
verga. Questo mito non era che un’allegoria, cui
sse, bastandogli solo la parola — di forma quadrata onde esprimere la
sua
stabilità e fermezza. Intorno alle statue di lui
remo i suoi concetti, scegliendone solo poche parole tra la doviziosa
sua
erudizione. « Fantasticarono, ei dice(1), i poeti
itato dal cielo, e caduto su la terra andasse zoppicante per tutta la
sua
vita, non è altro che una personificazione del fu
Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di
sua
simbolica — Vn’altra interpetrazione dello scritt
consorte nello imo della terra, ove distendeva il suo impero. Cerere
sua
madre dolente della perdita della rapita figlia,
do il fuoco in Plutone, ed il frumento in Proserpina. Cerere cerca la
sua
Proserpina per tutta la terra — con questo esprim
omini considerata come guerriera, vel quod minaretur, o perchè con la
sua
armatura guerriera caccia il terrore nel euore de
Ma di questa Diva non poche altre cose, poichè ne’suoi nomi, e nelle
sue
attribuzioni, da noi spigolati con lungo studio n
i lessiografi greci, può interpetrarsi giovanetta, e ciò a cagione di
sua
fresca giovanezza, effetto di sua verginità sempr
arsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto di
sua
verginità sempre incontaminata, sempre pura. Fu c
entrice dell’ulivo e dell’olio ; posciachè non perdendo mai quello la
sua
verdezza, e questo non potendosi mai contraffare
n potendosi mai contraffare con altro liquore, rimanendo sempre nella
sua
purezza, vera simbolica della verginità di questa
che dopo morte andavano insepolti. Era detta Trivia o dalla triplice
sua
apparenza, o che presedeva come Giove e Febo, com
veduta nuda da Atteone celebre cacciatore, mentre si bagnava una alle
sue
ninfe, l’abbia cambiato in cervo, lasciandolo sbr
e un simbolo delle apparizioni della Luna istessa, che presenta nelle
sue
fasi nell’alto de’cieli, prima di mezza Luna, pos
i altri che con assidua meditazione e diligente memoria. Esiodo nella
sua
Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, nè
umero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose donzelle
sue
figlie — Varrone ne fragge la loro origine da div
la opinione di Diodoro Sicolo — Osiride, così voltiamo in italiano le
sue
parole, teneva a suo diletto il canto e le ridde,
esto nome volevasi esprimere, che l’uomo deve con piacere mostrare la
sua
riconoscenza e prestare buoni ufficii a coloro, d
orie. 58. Ercole uccide Anteo figlio della terra, strozzandolo tra le
sue
braccia, interpetrazione di questo mito dallo scr
lzati a Giano. 70. Pane, simbolica di questa divinità boschereccia, e
sua
interpetrazione. 71. Conchiusione. ercole, cadmo
so col ferro e col fuoco un’idra, che sempre ripullulando nelle molte
sue
teste, quando altri le troncasse, non vi era chi
vuole figlio della terra, con sollevarlo in atto strozzandolo fra le
sue
braccia, scorgendo di non poterlo uccidere altrim
un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania con le
sue
frequenti inondazioni portava il guasto alle camp
voleva intendersi il corso tortuoso del fiume — con quella di toro le
sue
inondazioni ne’campi — con venirgli strappato da
o il grande quando rivide il suo Nearco, che credeva estinto una alla
sua
flotta, volle render grazia con un sacrificio e a
spone nei suoi Fastì (1) che i romani in ciascuno anno celebravano le
sue
feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiu
icato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla
sua
cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e
e, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso di
sua
vita — risponde al passar del sole nella costella
intauro, che sacrifica su di un’altare al levarsi del Pastore e della
sua
gregge, e quando Ercole declina verso le regioni
adiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la
sua
istoria — Giù, Vate operoso, il timore ; odi le m
esso a quel Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le
sue
porte a gli Dei le preci dei supplicanti. Perciò
sotto le fattezze di un dragone, che spiegandosi in cerchio morde la
sua
istessa coda, onde far comprendere, che il mondo
inquam, hostire contra ut merueris, cioè eguagliare ; e questa altra
sua
frase — Par pari hostimensum datum est opera pro
on altro nome Fauna, e la vogliono così detta a fando, chè credevasi,
sua
mercè, che parlassero i fanciulli, se pur non fu
ignis utrique Significat sedem terra focusque suum Stat vi terra
sua
, vi stando Vesta vecatur (1). Dante, Paradiso
a gioventù, gli elementi delle scienze, e dell’ amena letteratura. La
sua
opera rimasta inedita fu dopo la sua morte pubbli
e, e dell’ amena letteratura. La sua opera rimasta inedita fu dopo la
sua
morte pubblicata a Vigevano nell’ anno 1810. Noi
I. Della Genealogia degli Dei fino a Saturno. Secondo Esiodo nella
sua
Teogonia o Generazione degli Dei, i primi fra tut
gelosissima fu ella poscia di lui, ne certamente senza ragione; e la
sua
gelosia principalmente esercitò contro di Io figl
bbene alcuni per essa intendan Diana, altri Ilitia figlia di Giunone.
Sua
messaggiera e ministra era Iride figlia di Tauman
inerva nell’ arte del tessere. Minerva, secondo Ovidio, in mezzo alla
sua
tela rappresentò l’ anzidetta gara avuta da lei c
n Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re di Tracia e Rodope
sua
moglie cangiati in monti, perchè scambievolmente
nel Capo XII. parlando di Mercurici. Erittonio frattanto malgrado la
sua
deformità crebbe a segno, che diventò Re di Atene
osì dette, perchè duravano cinque giorni cominciando dai 19 di Marzo.
Sua
vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI.
figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa di rivedere Filomela
sua
sorella, Tereo s’ incaricò di condorgliela, ma pe
a per via. Filomela in un candido velo con fili purpurei descrisse la
sua
sciagura, e spedì il velo a Progne per uno de’ cu
avasi Mamurio, com’ egli a Numa aveva chiesto in compenso dell’ opera
sua
) e con salti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu da
alazzo del Sole, la corona di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma
sua
primaria occupazione era quello di fabbricare i f
occhi bendali, e coll’ arco e la faretra; e grandissima si suppone la
sua
possanza su gl’ immortali egualmente che sopra i
che a tal fine intraprese, avvenutasi nelle sorelle raccontò loro la
sua
sciagura, ed aggiunse che per maggiore vendetta A
olta in aura; finalmente con una bevanda incantata, e col tocco della
Sua
verga mutò ella in porci i compagni di Ulisse, ch
ual cresciuto, e fatto espertissimo arciero, il serpente Pitone colle
sue
frecce poi mise a morte. Superbo di questa uccisi
uirla, e già slava per raggiugnerla, quando frodate vide del tutto le
sue
speranze; perciocchè ella al padre raccomandandos
saglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo propose alla guardia delle
sue
greggi’ lungo il fiume Anfriso. Grado fu Apollo a
Pireneo invitato le Muse sopraggiunte dalla pioggia a ricoverarsi in
sua
casa, e quindi tentato di far loro violenza, esse
nta. Era Diana tenuta per Dea della caccia, perchè di essa formava la
sua
occupazione e il suo diletto. Costringeva a perpe
upazione e il suo diletto. Costringeva a perpetua verginità le Ninfe,
sue
seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Cali
ei. Perciò dipingevasi colle ali a piedi ed al capo; onde esprimer la
sua
velocità. Davaglisi pure in mano il caduceo; vale
mani. Dio dell’ eloquenza fu egli pur nominato, e si finse che dalla
sua
bocca uscissero catene d’ oro, che dolcemente leg
nutrice le mise in animo un’ ardente brama di veder Giove in tutta la
sua
maestà. Consentì Giove a tale richiesta, sebbene
incendiò. Allora Giove le estrasse il figlio vivo, e l’ ascose nella
sua
coscia, poi datolo alla luce lo fece allevare da
do trovò nell’ Isola di Nasso Arianna abbandonata da Teseo, e fattala
sua
sposa trasportò iu cielo la corona di lei nella c
ono cangiate in nottole. Era egli tenuto per inventore del vino, e le
sue
feste celebravansi dalle Baccanti in una specie d
colto una melagrana e mangiatine sette grani, Cerere frodale vide le
sue
speranze, e in vendetta cangiò Ascalafo in barbag
o con lei si stesse, e per altri sei con Plutone. Mentre Cerere nelle
sue
scorrerìe arsa di sete e sudata e affannata chied
er modo, e così insaziabile divoratore lo rese, che consunte tutte le
sue
sostanze, vendette schiava perfino la figlia Metr
ra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle
sue
produzioni; sopra di un cocchio a quattro ruote t
la meretrice Acca Tarunzia o Tarruzia che a quest’ effetto avea delle
sue
ricche sostanze lasciato erede il popolo romano.
presedeva ai confini dei campi, cui era grave delitto il violare. La
sua
figura a principio non era che una pietra, da qua
tino, si volle da esso per gratitudine onorata di perenne culto, e la
sua
festa con solennità celebrata ai 15 di Marzo.
otto il peso delle piante su lui ammassate. Già si è detto come nella
sua
contesa con Pallade per dar il nome ad Atene, fec
o a schiacciarlo. Issione figliuolo di Flegia ammesso da i Giove alla
sua
mensa osò aspirare a Giunone. Giove da essa avver
Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola, con essa diede alla
sua
statua anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucali
condo i Mitologi, avvenne l’ universale diluvio. Deucalione con Pirra
sua
moglie figliuola di Epimeteo, postosi in una nave
gli trasse la pelle, e n’ andò poi sempre coperto per monumento della
sua
vittoria. 2. Pugnò nel paese di Argo coll’ Idra L
ne veniva recisa, immantinente rinasceva. Egli secondo alcuni, colla
sua
clava, le troncò tutte di un colpo, secondo altri
fè cogliere da Atlante, ed ei frattanto in vece di lui sostenne sulle
sue
spalle il cielo. 12. Per ordine di Euristeo scese
va sempre più vigoroso, levollo in aria, e il petto gli strinse colle
sue
braccia sì fattamente, che il soffocò. Mentre and
ella Gallia Narbonese; ei dopo aver consumalo contro di loro tutte le
sue
saette, ottenne da Giove una pioggia di sassi, co
il fumo e le fiamme, che vomitava Caco dalla bocca, io soffocò, e le
sue
vacche ritolse. Evandro, che allor regnava sul Pa
o e l’ uccidesse. Altri voglion però che sia stato Periclimeno per la
sua
insolenza ucciso dallo stesso Nettuno. Il poter d
ella prima parte. Ma fu Ercole in procinto di perdere il fruito della
sua
vittoria; perciocchè giunto con Deianira al fiume
oglio; indi costrutta una pira, su quella si abbracciò, date prima le
sue
saette a Filottete figlio di Paente, con ordine d
o dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il quale per la
sua
altezza si disse poi sostenere il cielo: sebbene
. Perseo, ottenuta promessa da’ Genitori, che Andromeda sarebbe stata
sua
sposa, uccise il mostro, e posato il teschio di M
ore di lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene
sua
figlia dalla quale Bellerofonte ebbe Issandro, Ip
ssippo, egli adirato gli uccise. Ma fu questa uccisione cagione della
sua
morte; perocchè Altea di ciò irritata, rimise il
uccise in compagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure di
sua
famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insieme c
o agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il principio di
sue
avventure, fu insieme con Ermione tramutato in se
contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornare nella
sua
patria, perchè vi avrebbe ucciso il padre, e spos
era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta
sua
madre. Preso da orrore al vedersi tutto ad un tem
ato da questo sogno cercando andavane il significalo, comparvero alla
sua
corte da un canto Polinice coperto di una pelle d
secondo il patto; ma Eteocle dopo un superbo rifiuto fece pure dalle
sue
genti comandate da Licofonte e Meone tendere a Ti
essi estinti; ed. Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle
sue
genti dovette tornarse scornato in Argo. Più che
ste di ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promettendo che con
sue
erbe l’ avrebbe fatto rinascere giovane; ma invec
trarli al vivere socievole, fu detto dalle favole, che al suono della
sua
lira traeva le piante e le fiere, ed arrestava il
n volgersi a guardarla, finchè dall’ Inferno non fosse uscito, mai la
sua
impazienza il tradì, ed Euridice gli fu ritolta.
a. Allora andò egli solitario i pe’ boschi piangendo continuamente la
sua
perdita, nè amore, di donna più il potè muovere;
o di Radamanto, fu legislalor de’ Cretesi, e per meglio accreditar le
sue
leggi dicea di averle ricevute da Giove stesso. D
editar le sue leggi dicea di averle ricevute da Giove stesso. Dopo la
sua
morte ei fu in compagnia di Radamanto e di Eaco f
sissimo artefice, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio, di Perdice
sua
sorella il quale mostrava di voler superarlo (per
sposata da Bacco e tornossene in Atene, con Fedra soltanto, cui fece
sua
moglie, e che fu poi ad esso cagione di estremo d
i Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria di lui venne colle
sue
genti nell’ Attica per provarsi con esso; ma appe
la pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle
sue
nozze con Ippodamia figlia di Atracio invitato i
Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della
sua
vita. Erasi questa d’ incestuoso amore accesa per
chiesto, il pregò a volere in quella occasione far contro Ippolito le
sue
vendette. Nettuno spedì perciò un mostro marino,
erto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, invitandolo in casa
sua
ad un solenne convito, a tradimento l’ uccise, e
a partire per Creta, abusando dell’ ospitalità, si tolse Elena sulle
sue
navi, e condussela a Troia. Per vendicar quest’ i
pagno di Ercole, e testimonio della morte di lui. Ercole volle che le
sue
frecce tinte del sangue dell’ Idra fossero seppel
be perito. Ciò gli altri ricusando, Protesilao balzò coraggioso dalla
sua
nave, e fu ucciso da Ettore. Ne’ primi anni si oc
che essendo Venuto Crise sacerdote di Apollo per riscattare la figlia
sua
Astionome, nota più comunemente sotto al nome di
lla spada, ma fu da Pallade trattenuto. Si chiuse egli pertanto nella
sua
tenda covando il suo sdegno, e protestando di non
, e che Troia sarebbe stata eternamente sicura, se quel cavallo nelle
sue
mura si conducesse. Fu esso adunque, squarciate l
Ciclopi in Sicilia, dove andato con dodici compagni a visitare nella
sua
grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene
fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli colla
sua
e coi compagni che in essa erano potè camparne. C
ello nipote di Augusto. Uscito dall’ inferno, e rimbarcatosi perde la
sua
nutrice Caieta presso il luogo che poi da essa n’
anti potè de’ principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che per le
sue
crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria;
assenza di Enea, assalì la piccola città, dove Enea aveva lasciato le
sue
genti, incendiò le navi, che per esser costruite
cessore il figlio Giulio Ascanio, che edificò Alba, e vi trasportò la
sua
sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Num
per avere con lunghi discorsi intertenuto dal sorprender Giove nelle
sue
tresche amorose ne aveva avuto per pena di non po
VII. Bacco da esso ottiene dì rendere la gioventù anche alle vecchie
sue
nutrici. Per uccider Pelia Medea finge odio con G
e per aver tagliato il bosco di Cerere è tormentato dalla fame. Metra
sua
figlia, col lasciarsi vendere schiava, per alcun
cangiata in fonte. Litto in Festo di Creta esige promessa da Teletusa
sua
moglie, che se partorisce una figlia, l’ uccida.
i in tori. Parte I. Capo VIII. Pigmalione scultore s’ innamora di una
sua
statua, chiede a Venere che sia animata, e l’ ott
di supplirvi io : non che abbracciando siffatto argomento in tutta la
sua
estensione, v’abbia introdotta una connessione di
l dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella
sua
Teogonia, ossia Canto intorno alla generazione de
, e Cerere. Non altrimenti era per accadere anche a Giove, se Cibele,
sua
madre, artifiziosamente nol avesse serbato in vit
in cognizione, e unitosi quindi a’ suoi figliuoli, caricò Saturno, e
sua
moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta un
r indicare ciò, volle che in una parte delle monete fosse impressa la
sua
immagine a due faccie(13), e nell’ altra una nave
izione, ma di costumi irreprensibile. Egli, vedendo gravida Taletusa,
sua
moglie, le ordinò, che se partoriva una femmina,
re. Finalmente Claudia, una delle Vestali, vi riuscì : ella atuccò la
sua
cintura al vascello, e questo senza reistenza rip
cibati gli uomini(b) (2). Questa Dea per molto tempo andò cercando la
sua
figliuola, Proserpina, chiamata anche Ferefatta(3
lucertola(f). Altri dicono, che Metanira abbia accolto Cerere in casa
sua
, e che la Dea abbia nell’indicato modo castigato
quale in aria mesta stava sedendo sopra una pietra, la accolse nella
sua
Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di
in quelle acque. La riconobbe la Dea, nè pose in dubbio che la figlia
sua
fosse stara rapita. Alzò frattanto la fronte dal
per ricordare la tristezza, a cui Cerere soggiacque dopo il ratto di
sua
figlia. Queste Feste ebbero principio nell’ Attic
i in memoria del dolore, che Cerere ebbe a soffrire per la perdita di
sua
figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cerere,
ovarsi digiuno, e altri continuamente ne cercava. Per soddisfare alle
sue
voglie avea già consumato tutte le sue sostanze,
e cercava. Per soddisfare alle sue voglie avea già consumato tutte le
sue
sostanze, senza però aver diminuito in modo alcun
arsene (a). Fu soprannominato Etone, ossia ardente, dall’ardore della
sua
fame (b). Cerere rappresentasi coronata di spighe
tate le cose più preziose del paese, v’ avea gettato gran parte delle
sue
ricchezze, ma inutilmente. Ancuro allora, avvisan
ù preziosa della vita dell’ uomo, diede un addio al padre, a Timotea,
sua
moglie, e si precipitò a cavallo nella voragine.
. La stessa innoltre cra tale, che all’accostarsi delle fiaccole alle
sue
acque, le estingueva, e le riaccendeva estinte (d
e). Ella scelse la cupa ombra d’una venerabile quercia, donde dava le
sue
misteriose risposte(13). La di lei riputazione s’
gl’innalò un piccolo tempio o un altare, su cui scolpì i motivi della
sua
riconoscenza (d) (19). Giove dall’essere magnific
ittà d’Arisba, perchè egli, abitando sulla strada, impiegava tutte le
sue
facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritt
Echidna, ogni dì gli diverava le viscere : e affinchè fosse eterna la
sua
pena, Giove volle altresì, che quelle si riproduc
resso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in qualità di
sua
ambasciatrice, colle ale sparse d’occhi, e colla
che Perifa, uno de’ primi re dell’ Attica, divenuto tale per l’esimia
sua
equità, non fece uso del suo potere, che per rend
inserì tosto il non ancor maturo infante a perfezionarsi in una delle
sue
oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che Bacco acqui
di questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno per trarne fuori
sua
madre. Nel tempio di Diana, eretto in Trezene, v’
ele sulla terra(b). Tralle altre gesta poi di lui la più celebre è la
sua
conquista dell’ Arcadia e della Siria, dette le I
ichi, e il sacrifizio di un Irco, animale odioso al Nume, perchè esso
sue
le devastare le vigne (b). Queste Feste si distin
ome altri yogliono, di Demofconte, re d’ Atene. Oreste, avendo ucciso
sua
madre, come più diffusamente vedremo, per purgars
del Pelopouneso, durante le quali credevasi, che Bacco onorasse della
sua
presenza il luogo, ove quelle si celebravano. Tre
Icaro(c), figlio di Ebalo, re degli Spartani. Questi lo accolse nella
sua
casa, e il Nume gl’insegnò l’arte di fare il vino
condo e allegro ; bionda la chioma, e ondeggiante sulle spalle(e). La
sua
veste è una pelle di pantera. Tiene in mano un ti
ò appresso Ia Dea. Questa, veggendolo tutto tremante, lo cuoprì colla
sua
veste. Il Nume riprese allora le sue premiere sem
tutto tremante, lo cuoprì colla sua veste. Il Nume riprese allora le
sue
premiere sembianze, e la sposò. Ciò avvenne nell’
re portare sopra di se la propria casa, e fu condannata in pena delle
sue
derisioni ad un perpetuo silenzio (c). Dicesi, ch
naco e da Ismene, e sacerdotessa di questa Divinità (g). Lamia per la
sua
sorprendente bellezza era amata da Giove, che la
non bambini morti. Lamia così se ne afflisse che perdette al fine la
sua
primiera avvenenza, e tanto divenne furiosa, che
rirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse
sue
figliuole in matrimonio a chi le avesse ritornate
fece sì, che Preto cedesse un’altra partè del suo Regno, e Lisippe a
sue
fratello, Biante (b) (11). Giunone cangiò Antigon
ggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse per compire più presto la
sua
opera, avesse a ricevere dall’ altro una serva. V
ivo, e porzione di un bue sacrificato, e potea consecrare alla Dea la
sua
immagine. Altra Festa dello stesso nome si solenn
tale solennità, portava anch’ egli delle vittime a proporzione delle
sue
facoltà. Finalmente si appiccava fuoco al Rogo, e
Una schiava, di nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le altre
sue
compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di
tto una selvatica ficaja ogni anno si rinovellava. Filotide poi, e le
sue
compagne conseguirono la libertà, furono marine a
(d). L’Eresidi poi servivano la Dea, quando ella, per riacquistare la
sua
verginità, si recava a bagnarsi nella fontana Can
lei erasi convertito in fiamma(a). I Giganti, che Giove aveva dopo la
sua
vittoria seppellito sotto il monte Etna, facevano
e mettesse in iscompiglio le ombre colà confinate. Uscì quindi dalla
sua
Reggia per visitare le viscere più profonde della
, che per prolungare al marito la vita, sacrificasse genetosamente la
sua
(g) : lo che le meritò da Omero il soprannome di
. Il Nume insieme con Nettuno, ramingo del pari sulla terra, esibì la
sua
assistenza a quel re per una somma di danaro. Com
dell’Artica. Ivi si vedeva la pietra, su cui il Nume avea deposto la
sua
cetra, e la quale da quel momento rendeva, ogni q
. Il Nume dopo aver ucciso il serpente Pitone, si trasferì con Diana,
sua
sorella, in Egialea ; ed essendone stato scacciat
le lagrime, che sparse la predetta Manto, quando ebbe ad osservare la
sua
rovina, e quella della sua patria(b). Strabone ag
redetta Manto, quando ebbe ad osservare la sua rovina, e quella della
sua
patria(b). Strabone aggrunge, che chi bevea di qu
quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare in traccia di
sua
sorella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo, e
per cadergli di mano, ergesse un tempio ad Apollo, ed ivi fissasse la
sua
dimora. Giunto Corebo al monte Geranieno nella Me
to uno strale, mortalmente lo ferì. Nel vederlo ridotto al fine della
sua
vita ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli De
sponde’ del fiume, suo padre, quando la giovine chiamò il genitore in
sua
difesa, e ne implorò altresì l’assistenza de’Numi
Numi. Quel, ch’ella bramava, era, che o la terra la nascondesse nelle
sue
viscere, ovvero ch’ella cambiasse di forma. Nè in
e d’acqua, in cui Diana era venuta a ricrearsi insieme colle vergini,
sue
seguaci. Si avvicinò in quel momento alla stessa
Aretusa, figlia di Nereo e di Coride, nata in Elide. Endimione per la
sua
giustizia ottenne da Giove il privilegio di sempr
, inflessibile, a cagione della severità, con cui puniva quelle delle
sue
Ninfe, le quali non custodivano la verginità (c).
veva famigliarmente con quegli abitanti. Un’incauta fanciulla divenne
sua
preda. I fratelli di lei uccisero quell’animale.
istere alle Brauronie (c). Venne appellata Triforme, o a motivo della
sua
triplice potestà, in cielo, in terra, e nell’infe
iamata da’ Calidonj Lafria, da che credettero che si fosse calmata la
sua
collera contro Eneo, di cui parleremo. Que’ popol
avesse sacrificata a Diana sul monte Aventino, avrebbe procurato alla
sua
città l’imperio del mondo. V’ andò egli. Il re Se
la pregò, che gli concedesse una moglie, che fosse somiglievole alla
sua
statua. Sperando, che la Dea volesse consolarlo,
ze, fu poi veduto a sposare pieno di contentezza l’opera stessa delle
sue
mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo, di cui
i finge, ch’egli perciò abbia dovuto vedere a perire di pestilenza la
sua
armata, e ch’egli stesso sia stato poi ucciso da’
Istmo di Corinto, e la di lei statua era colà molto pregiabile per la
sua
grandezza e bellezza. Ivi le giovani avanti le lo
l gìudizio degli Ateniesi riuscì la migliore. Agoracriro, affinchè la
sua
non avesse a restare in Atone, la vendette a cert
di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono delle lagrime, che
sua
madre andava spargendo. Il bambino crebbe sì bell
inio e favore agli amici, talora per lettera sfogava colla giovine le
sue
tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla por
te, figlio di Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina,
sua
moglie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe
iglio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori di
sua
madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; ma eg
chè la Dea avea cangiata in mirto Mirena, giovine Greca, ed una delle
sue
sacerdotesse(16). Le perle altresì erano particol
a Dea due grosse pietre, le quali erano state donate all’Imperatrice,
sua
moglie. Venere rappresentasi in un cocchio, tirat
n potendo indurre Anfitrite, figlia di Nereo e di Dori(3), a divenire
sua
moglie, spedì un Delfino, affinchè ne la persuade
avia, bagnandosi ogni anno nella fonte Castalia, avea riacquistata la
sua
natìa verginità. Dal predetto nome il tempio, dis
ella ch’era. Aracne con tutto ciò stette baldanzosa e intrepida nella
sua
opinione Postesi portanto a gareggiare tra loro,
eppe trovare eccezione sul merito del lavoro e dell’arte, usata dalla
sua
competitrice : bensì la disgustarono i simboli, e
ll’animale a questa Divinità, perchè è simbolo di sapienza, attesa la
sua
perspicacia e accortezza. E’stata chiamata Triton
ea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra di Ellotide e di
sua
sorella. Così si eseguì coll’innalsare un nuovo t
di loro(d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili, porta, perchè la
sua
statua si poneva alle porte de’tempj e delle citt
. Ciò accese talmente Minerva di sdegno, che per punire Aglauro della
sua
disobbedienza, la rendette sì furibonda, ch’ella
presso la porta della Dea Flora, e a questa manifestò il motivo della
sua
discesa sulla terra. Flora le indicò, che ne’ cam
animali, soliti a sacrificarsi a Marte, erano il lupo a cagione della
sua
ferocia ; il cavallo, come il più bellicoso tra t
adia. Ella coltivava assaissimo la caccia, e passava gran parte della
sua
vita nelle foreste. Marte prese la figura di past
), e la quale regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, che alle
sue
disposizioni non solo gli uomini, ma tutti gli al
re da quel luogo(h). Luciano poi pretende, che Saturno a motivo della
sua
impotente età abbia spontaneamente rinunziato a G
o l’uccello, detto Fenice. Fingesi che questo animale sia unico della
sua
spezie, che dopo essere vissuto cinquecento anni,
che sopra di queste da se si abbruci, e che rinasca poi dalle stesse
sue
ceneri(c). (21). I sacrifizj da principio consis
i ne presentavano le fumanti viscere all’Aruspice, onde vi facesse le
sue
osservazioni. Colla più accurata attenzione si es
niadi(c) ; Nereidi si chiamavano quelle del mare, nate da Nereo, e da
sua
sorella, Doride. Queste secondo Esiodo erano cinq
tà campereccie, tranne il fiume Acheloo. Questo per isdegno gonfiò le
sue
acque, e trasporto nel mare le Ninfe e il luogo d
parimenti una certa Emilia, accusata del medesimo delitto, invocò la
sua
Dea, e gettato il proprio velo sulla fredda cener
avvertì di ricercarne al tempo stesso permanente la freschezza della
sua
gioventù. Quindi tutti sopra di lei si accumularo
gio all’ Inferno, di cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le
sue
risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un ant
ide Ancira, città della Frigia, da dove questa fatidica donna dava le
sue
risposte. La Tiburtina venne così detta, perchè s
omene riguadagnò allora il vantaggio perduto ; e rinovate a Venere le
sue
preghiere, gettò l’ultimo pomo quasi sull’orlo de
h’eglino sieno stati quelli ; i quali avvertirono Cerere del ratto di
sua
figlia, e che la Dea per gratitudine abbia loro i
conseguito tale dignità, dovea vivere celibe tutto il rimanente della
sua
vita (d). (a). Potter. Arebacol. Grats. l. 2.
dalle campagne. Uno di que’ figliuoli morì, e Romolo, per onorare la
sua
nutrice, volle sostituirsi nel di lui luogo (h).
ti altresì, che la stessa instituì il Popolo Romano erede delle molte
sue
ricchezze, e che pefò ne fu annoverata tra le Div
ei, come l’ambrosia n’è il cibo. Credevasi, che questa, come suona la
sua
crimologia, rendesse immortale chiunque se ne pas
ortò il premio negli anzidetti Giuochi. La forza di lui eguagliava la
sua
voracità. Invitato a pranzo da Ariobarzane, re di
ne concepì tale dispiacere, che divenne pazzo. Ritornando quindi alla
sua
patria, entrò in una Secola, e scosse sì fortemen
rvato in una pubblica strada una statua di bronzo, la portò sino alla
sua
casa ; indi la rimise nel luogo stesso, donde l’a
tivo di Cleone, avea lasciata la professione d’Atleta a cagione della
sua
avanzata età ; ma per conservarsi robusto, soleva
ata sempre sterile, divenne gravida, e partorì Ebe (e). Costel per la
sua
singolare bellezza fu da Giove trasferita in Ciel
mme, di varj fragranti liquori. Il Rogo era formato a guisa d’ara. La
sua
maggiore o minore altezza era relativa alla condi
ittà d’Arisba, perchè egli, abitando sulla strada, impiegava tutte le
sue
facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritt
icaone, dic’egli, volendo ridurre i suoi Sudditi all’osservanza delle
sue
leggi, pubblicò, che Giove si recava spesso a vis
quello stesse momento destato, li prese pe’piedi, e attaccatili alla
sua
massa, dietro alle spalle li portò per la strada
tta Dea la rendette madre d’Arcade, Diana non volle più averla tralle
sue
Ninfe, e Giunone la trasformò in orsa. Il di lei
onio con un mortale, che fu Sisifo, re de’Corintj(h), mentre le altre
sue
sorelle ebbero per isposi dei Numi. (l). Nat.
questa contrada della Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore di
sua
madre un Coro di Musici, che fu per lungo tempo d
e, e si ritirò appresso il re Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia,
sua
figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4)
sò Menfi, figlia del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome di
sua
moglie. Ebbe una figlia, detta Libia, che Nettuno
ella Tracia, pregò il marito di lasciarla andare a rivedere Filomela,
sua
cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo p
ei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo di
sua
venuta. Il re non v’aderì che con somma ripugnanz
come se avesse presagita la trista sventura, ch’era per accadere alla
sua
figliuola. Nè s’ingannò : il perfido Tereo, che d
el tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè seppe di mangiare le
sue
carni in quelle del figlio. Non avea per anco fin
quel varco trovandosi la giovine, chiese questa soccorso alle Ninfe,
sue
sorelle, e a Ladone, suo padre. Non compì Siringa
almente nel terzo giorno conduceva la sposa dalla casa del padre alla
sua
. La sposa allora vestivasi di lunga e nuova tonac
sacrificavano. Altri vollero, che il nome di Ecatombe abbia tratta la
sua
origine dal numero sì delle vittime, che di quell
sacerdotessa di Giunone, per negligenza lasciò ardere il tempio della
sua
Dea (g). La stessa poscia si rifugiò in Tegea, ci
cuore il sentimento della propria immortalità, e fu persuaso ; che la
sua
anima neppure allora cessa di esistere ; quando s
mpre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il di lui valore, gli diede la
sua
figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, in matrimonio,
vato in quelle acque, ritornava in dietro, gettando al di sopra della
sua
testa delle fave nere, delle quali ne teneva anch
tteva un vaso di bronzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire dalla
sua
casa. Il suono de’ predetti vasi si risguardava c
ce, che se ne ponevano due(e). Caronte neppure poteva ammettere nella
sua
barca alcuno de’ viventi, che non gli avesse most
ella guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso di questi le
sue
figliuole, Vittoria, Fortezza, e Valore(g). Apoll
za quella di Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trattava colla
sua
immagine nello specchio, come se si fosse trovata
rno. Pausania dice, che Sisifo indicò ad Asopo il rapimento d’ Egina,
sua
figlia, fattosi da Giove, trasformato in fiamma d
uoco(h). Altri riferiscono, che Sisifo, essendo per motire, comandò a
sua
moglie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’eg
e oggetto formò un ponte di bronzo, che attraversava gran parte della
sua
città ; vi feco correre sullo stesso un carro, ch
di lui figliuola, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle
sue
frecce, e lo condanno nel Tartaro ad essere conti
ta(g). La maggior parte poi dice, che Tantalo, avendo accolte in casa
sua
alcuni Dei, e volendo accertarsi, se erano tali,
di lui, e dopo averlo purificato, e ricevuto in Cielo, lo ammise alla
sua
mensa cogli altri Dei. Issione prese allora ad am
no de’suoi generi gli avrebbe tolto e trono e vita, foce giurare alle
sue
figliuole, che la prima notte ognuna di esse avre
me maggior autorità, ritiravasi di quando in quando in un antro della
sua
Isola, e fingeva che Giove vi discendesse a detta
imonio, avea giurato di darla a colui, che avesse condotto in giro la
sua
figliuola sopra un carro, tirato da un leone e da
noltre, che, fatto Pelia morire, come più diffusamente vedremo, dalle
sue
figlie, Acasto, loro fratello, prese a perseguita
llod. l. 3. (h). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (7). Admeto colle
sue
lagrime, versate dal grande amore per Alceste, ta
ni qual volta che volevano. Il Principe finalmente osservando, che le
sue
ricchezze di giorno in giorno grandemente si scem
n Colofone, città consecrata a quel Nume, ne riportò tanta fama colle
sue
predizioni, che non solo l’Asia, ma tutta la Grec
trasferì in Delfo alla porta del di lui tempio. Il Nume inspirò alla
sua
sacerdotessa tanta pietà verso il fanciullo, ch’e
ccupato a sacrificare, e ad apparecchiare un convito per celebrare la
sua
nascita. In vece d’assaggiare la tazza, ch’eragli
nstituì(b). Strabone però volle, che tale Deputazione abbia tratto la
sua
origine dal re Acrisio(c). Ogni anno in Autunno e
are, che in que’giorni Romolo aveva gettato le prime fondamenta della
sua
città(b). E quì di passaggio notiamo, che siccome
dre di Branco, vicina a partorirlo, sognò, che il Sole entrava per la
sua
bocca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini
torirlo, sognò, che il Sole entrava per la sua bocca, e usciva per le
sue
viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò era di
esti fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome di
sua
madre(a). (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
osforo, ossia Lucifero, che parimenti annunzia alla terra l’arrivo di
sua
madre. A Titono poi l’ Aurora ottenne dalle Parch
u dal Sole trasferita nel suo carro nell’ Esperia, e ch’ella fissò la
sua
dimora in un’ Isola del mare Siciliano, la quale
spose al di lei affetto, ma volle serbarsi fedele alla Ninfa Canente,
sua
moglie, fu dall’anzidetta Maga convertito nell’uc
e afflisse, che anch’ella morì di dolore(a). Circe poi non ostante la
sua
malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di
osì denominavasi Venero(d). (29). Faetonte millantavasi sempre della
sua
nasoita, originata da un Nunre. Epafo, figliuolo
ui fosse figliuolo del Sole. Faetonte se ne querelò appresso Climene,
sua
madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui pa
istezza per la perdita del figlio, privò per un’intera giornata della
sua
luce tutto il Mondo. Ad avvenimenti sì strani era
e dell’ Eridano, ora le tre novelle piante. Poco però potè sfogare la
sua
doglia, poichè venne convertito in Cigno(c). Noti
i difetti dell’oggetto amato. Le ali, di cui è fornito, dimostrano la
sua
leggierezza e incostanza. Finalmente stringe anch
saglia(b). (38). Il Permesso era un fiume della Beozia, che aveva la
sua
sorgente nel monte Elicona, e si scaricava nel la
arsene si recò ad una fonte del monte Ida, e non appena v’ osservò la
sua
deformità, che, gettato via il flauto, giurò, che
imo, che Anfione, addolorato per aver perduto sì miseramente tutta la
sua
famiglia, anch’egli si privò di vita(c). (c). O
era figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. Egli rendette la
sua
sorella, Canace, madre d’un figlio. Voleva la gio
ani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinchè di
sua
mano si uccidesse. Macareo, informato dello sdegn
i trasferì in Italia e nella Sicilia ; ed avendoviraccolto coll’ arte
sua
gran quantità di ricchezze, volle ritornarsene do
morite almano gli fosse permesso di toccare ancora una sola volta la
sua
cetra, e ciò gli fu accordato. Lusingavasi egli d
ò, ch’ era figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta dolcezza la
sua
voce al suono della lira, che sospendeva il corso
’ Euridice. Non bastò ad Orfeo disfogare notte e giorno col pianto la
sua
doglia ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia,
Promontorio di Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco delle
sue
corde il cane Cerbero, e vi fece risuonare sì fle
odi di tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Nume destò nelle
sue
Baccanti tale furore, ch’ elleno appresso l’Ebro
e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle
sue
compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apol
re ne boschi, ove fu accolta da Diana, che la ammis’ nel numero delle
sue
compagne. Venere, offesa dee disprezzo, che Polif
. Chione in età di quindici anni fu incontrata nella Bassa Tessaglia,
sua
patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali
n mura. Vi si discendeva per alquanti gradini, e ogni celetta avea la
sua
porta. Furonvi anche aggiunte colonne e statue, c
no. Sopra la tomba si versavano soavi odori(a). Ogni sepolero avea la
sua
iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l
er toglierla da ogni inquietudine ; e che la giovine gli significò la
sua
impaziente brama di rivederlo (a). (b). Catull.
, ma povero, e di abbietti natali. Egli s’invaghì d’una giovine della
sua
città, ma non oszva di manifestarle il suo amore,
ono, che finalmente caddero in profondo sonno. Imene, assistito dalle
sue
concittadine, li mise tutti a morte, ritornò ad A
ro, e da cui nacque poi Cupido(c). Offeo soggiunge, che Cupido trasse
sua
origine da Saturno ; e Saffo pretende dal Cielo e
tta Arno, perchè avendole Saturno ricercato Nettuno, negò d’averlo in
sua
cura(a). (c). Apolled. l. 1. (d). Joh. Jacoh.
momento il nome di Priamo, che conservò poi per tutto il tempo della
sua
vita(b). Nè è fuor di proposito il riferire altre
to d’Egesta. Ippote, nobile Trojano, temendo che la predetta giovine,
sua
figliuola, venisse esposta all’anzidetto mostro m
gli annunziò a Paride tutto quel, che di tristo era per accadere alla
sua
patria a motivo del ratto di Elena, di cui parler
lio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, circondato dalle
sue
figlie, chiamate Nereidi, le quali lo divertivano
di Forco ; e vedendosene disprezzato, ricorse a Circe, ond’ella colla
sua
incantatrice arte gliene ottenesse pari corrispon
ina a quella d’Egina. Cencreo ne divenne il re, e le diede il nome di
sua
madre (a). (11). Tafio ebbe per madre Ippotoe, n
feroci. Metaponte, figlio di Sisifo, era allora per ripudiare Teano,
sua
moglie, perchè non potea averne alcun figliuolo.
osse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè gli aveva rapito questa
sua
seconda figliuola. Il combattimento riuscì sangui
atello, e a lui lisciò il regno, pregandolo, che volesse vendicare la
sua
morte col combattere più fortemente contro Epopeo
bandonò, come abbiamo altrove raccontato, a’ maltrattamenti di Dirce,
sua
moglie(e). (14). La madre di Tritone secondo Esi
do, stromento, usato da’ cacciatori di fiere. Ei chiamò a parte della
sua
gloria Atalanta, e seco lei ne divise le spoglie.
uciarlo. Lontano si trovava allora il figlio, e niente consapevole di
sua
sciagura, quando all’improvviso si sentì ardere l
re vissuto sino a quel giorno. Altea, dall’orrore e dal rimorso della
sua
colpa trafittasi il petto, mancò pure di vita. Fu
onio, avendo osservato ch’egli aveva i piedi di dragone, percelare la
sua
deformità, inventò, l’uso della quadriga(a). (b)
avrebbe trionfato, qualora avesse sacrificato a Proserpina una delle
sue
figlie. Queste erano quattro, Ottonea, Creusa, Or
aggiunse, che lo stesso Romolo gli predisse la futura grandezza della
sua
città, e promise d’ esserne il protettore ; conch
opra una collina, sacra a Marte (f), da che questo Nume ivi trattò la
sua
causa, quando fu accusato d’aver dato la morte al
i Roma un tempio per voto, fatto da T. Ostilio, quando osservò che le
sue
truppe prendevano la fuga in un combattimento(d).
quelle fiamme, ch’essere continuamente deriso per la deformità della
sua
bocca(e). (4). Ceculo fu creduto figlio di Vulca
ano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò nel seno di
sua
madre, mentre questa stava appresso il fuoco. Alt
ù ingegnoso commentario del paganesimo ed il segnale più chiaro della
sua
decadenza. Il solo Livio rimpiangeva la pietà dei
’antica religione e l’antica filosofia. L’Asia minore offriva in ogni
sua
parte la mescolanza degli Dei eleganti della Grec
fuse come gli strati del fango che il Nilo straripato ammucchia sulle
sue
sponde. Nel riposo della conquista romana gl’inte
ta da tutti i navigatori d’Europa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la
sua
vasta biblioteca, con le sue scuole, parea l’Aten
ropa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la sua vasta biblioteca, con le
sue
scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, pi
el santuario e il libro della legge ; la nazione giudaica sparì, e le
sue
ceneri furono, per così dire, gettate come polver
va dalla Giudea ; anzi ella vide in questo esterminio una prova della
sua
verità ; e Roma, dopo aver distrutto una nazione
nzi agli sguardi ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. Le
sue
feste erano lo spettacolo della folla ; esso fram
nuto una specie d’ipocrisia pubblica professata dallo Stato ; e nella
sua
decadenza, sorretto dal potere, dall’interesse, d
credenza rafforzato, e conservavasi per consuetudine a cagione delle
sue
pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi l
to, e conservavasi per consuetudine a cagione delle sue pompe e delle
sue
feste. e soprattutto de’ suoi legami colle istitu
micizia che avete con questa setta, è stato precluso il sentiero alla
sua
difesa ; sia lecito almeno alla verità per la tac
delle lettere di pervenire alle vostre orecchie. Questa invero per la
sua
causa non vi prega, perchè nemmeno della sua sort
ie. Questa invero per la sua causa non vi prega, perchè nemmeno della
sua
sorte si maraviglia, mentre, sapendo d’esser pere
trova fra gli estranei facilmente i nemici ; ma essendole noto che la
sua
stirpe, la fede, la speranza, la grazia e la dign
stro danno è proibito. Imperciocchè Plinio Secondo, mentre reggeva la
sua
provincia, condannati alcuni Cristiani, alcuni da
arte per obbedire alle leggi ! Quante volte, senza riguardo a voi, di
sua
autorità l’inimico volgo ci assale colle pietre e
torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale fa prova della
sua
virtù. Che, se noi volessimo farla da nemici scop
Dio, al Signore e Creatore nostro. Non rigettiamo alcun frutto delle
sue
opere. Bene è vero che siamo temperanti, per non
iviltà e delle arti, così avrebbe salvato anche il mondo romano dalla
sua
propria corruzione, se non fosse soggiaciuto alla
armi straniere : sola una religione può rinnovellare un popolo nelle
sue
sorgenti. E già quella di Gesù Cristo ristabiliva
mento in cui s’avverò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la
sua
morale non era di assoluta necessità, perchè i po
vano d’inverno ; perciò chi ai lavava innanzi di metteva a rischio la
sua
salute, e intirizziva pel freddo e impallidiva co
era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la
sua
morte ; e parlando con Ulisse che era andato a vi
della terrena vesta, « Non del tutto si spoglian le meschine « Delle
sue
macchie ; chè ’l corporeo lezzo « Sì l’ha per lun
lo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’suoi ladroneggi e colle
sue
crudeltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tart
un monte un gran masso, che tosto ricadendo a valle rendeva eterna la
sua
pena. Omero la descrive così : « Sisifo altrove
el chino « Sino alla valle la pesante massa. « Ei nuovamente di tutta
sua
forza « Su la cacciava ; dalle membra a gronde «
ddosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la
sua
pena durerà eternamente. Orazio assomigliava a Ta
per tentar di assicurarsi la vita macchinò un misfatto, che 49 delle
sue
figlie eseguirono, qual fu quello di uccidere i l
morali verso Dio, verso sè stesso, e verso il prossimo. Son queste le
sue
parole : « D’ogni malizia ch’odio in cielo acqui
parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da
sua
arte : « E se tu ben la tua Fisica note, « Tu tro
se tu ti rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender
sua
vita ed avanzar la gente. « E perchè l’usuriere a
ente. « E perchè l’usuriere altra via tiene, « Per sè natura e per la
sua
seguace. « Dispregia, poichè in altro pon la spem
stringe ancora ad ammirare che di tanta sapienza, arte e giustizia la
sua
mente sia un così splendido riflesso e la sua par
za, arte e giustizia la sua mente sia un così splendido riflesso e la
sua
parola il più eloquente interprete. Non tutti i d
nuovo elemento o corpo che partecipa della natura dei metalli per le
sue
proprietà fisiche, ma se ne scosta per varii cara
, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le
sue
asserzioni erano stimate verità indubitabili. Ess
morì ; e dopo la morte fu più ancora ammirato che in vita, poichè la
sua
casa fu cangiata in un tempio, ed egli adorato qu
ii, volgarmente detti pizzicagnoli. Sapevalo bene il Giusti che nella
sua
satira sui Brindisi, inveisce contro un vil paras
troviamo che andasse mai a visitare i Campi Elisii, o invitasse alla
sua
reggia alcuno dei più illustri eroi che vi soggio
il tricipite Can Cerbero. Tal volta gli si poneva a lato Proserpina,
sua
moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vi
er forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di Cerere
sua
madre. Allora non compariva più come l’avvenente
o la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle
sue
Vite. Vediamo ora quali di queste Divinità mitolo
e intorno agli occhi avea di fiamme ruote. » Egli invita coll’antica
sua
buona grazia le anime ad entrar nella barca, « G
ncontra poi « Cerbero fiera crudele e diversa, » che conservando la
sua
forma tricipite, « Con tre gole caninamente latr
; ma nell’Inferno dei Cristiani questo giudice ha perduto molto della
sua
dignità. Infatti « Stavvi Minos orribilmente e r
trata, « Giudica e manda secondo che avvinghia, cioè per mezzo della
sua
coda, come spiega Dante stesso ; diversamente nes
rateque commiserint, agitari et perterreri Furiarum tædis ardentibus.
Sua
quemque fraus et suus terror maxime vexat : suum
e i diavoli, maligno nè bugiardo, ma giudica secondo giustizia ; e la
sua
lunghissima coda non gli offusca l’intelletto, nè
altre terre, « Come suol esser tolto un uom solingo « Per conservar
sua
pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito d
tenza del Genio di rendere accette e gradite a tutta la poster ita le
sue
più strane fantasie. 251. Talvolta nelle poesi
ll’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere
sua
figlia nata nel mare, e comparsa per la prima vol
zii, a Venere più che mai. Cominciarono a dire che questa Dea, per la
sua
singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in
più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’esercizio della
sua
professione di fabbro. Giove così volle premiar V
o Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che nelle
sue
poesie per Madonna Laura aveva sempre adoperato u
ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sempre a saettar colle
sue
freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar m
o, nascondendo l’esser suo, sottopose la curiosità e la fiducia della
sua
eletta, sposò finalmente e rese felice col più in
e Cupido si rendeva invisibile a Psiche facendole soltanto sentire la
sua
voce, esprime filosoficamente, che questa e tutte
che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa
sua
prediletta chiamata Peristeria, per un infantile
significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle
sue
facoltà. 188. Epitalamio è parola di greca orig
ore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della
sua
fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e
sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della
sua
sapienza morale e politica. Il conoscer dunque le
e il Lete. Lo Stige era considerato come un Dio fluviatile, e per le
sue
acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento era
era inviolabile : onorificenza che fu accordata allo Stige perchè la
sua
figlia Vittoria nella guerra dei Giganti si dichi
il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli Elisii, e le
sue
acque piacevoli a beversi producevano l’oblio del
terra « Che d’un lume di porpora è vestita, « Ed ha ’l suo sole e le
sue
stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza
modo sì mirabile da superare l’abilità di qualsivoglia architetto. La
sua
poetica descrizione è tanto chiara ed evidente ch
. Largior hic campos æther et lumine vestit Purpureo ; solemque suum,
sua
sidera norunt. (Æneid., vi, 637.) 237. Per da
rterò soltanto quella di Malebolge, che è veramente ammirabile per la
sua
evidenza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge
vesse bisogno di rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare la
sua
scaltrezza si divertiva a far delle burle agli De
co, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la
sua
accortezza si era saputo cattivare l’affetto di t
i, contribuiva a corrompere e disfare la società pagana. Ridotto alla
sua
vera significazione questo attributo di Mercurio,
avendo egli trovato due serpenti che si battevano, li percosse colla
sua
verga per separarli e dividerli ; ed essi attorti
e regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la
sua
fede prese la forma di un altro che cercasse il l
i tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, lo rimproverò della
sua
perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietr
il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argenteo e della
sua
mobilità ; per cui serve ottimamente nei tubi dei
rubai. » A proposito di questi tali riporta Cicerone nella 2ª delle
sue
Filippiche un bellissimo ed elegantissimo proverb
disse ; e Gabriel s’accinse « Veloce ad eseguir le imposte cose. « La
sua
forma invisibil d’aria cinse, « Ed al senso morta
ente, come « …. Semiramis, di cui si legge « Che libito fe’licito in
sua
legge. » I Naturalisti danno il nome di Satiri a
a corte celeste come buffone degli Dei, ma poi ne fu scacciato per la
sua
soverchia insolenza. Poco o nulla hanno scritto d
, che davasi al Dio delle stagioni e della maturità dei frutti, colla
sua
latina etimologia a vertendo, (cioè dai cangiamen
ti della terra) dimostra l’origine italica e romana di questo Dio. Le
sue
feste si celebravano nell’ottobre quasi in ringra
itti del cittadino, la proprietà e la libertà. 13. Il Varchi nella
sua
elaboratissima Orazione funebre in morte del Buon
rso. 14. Orazio satiro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le
sue
Satire, nel parlar di giudizii diversi che ne dav
ea Pale. 3ª Romae Natalis, cioè giorno natalizio di Roma, ossia della
sua
fondazione. Anche Cicerone rammenta questo giorno
fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine
sua
e le sconce prodezze con cui spaventò le streghe
a mentre facevano un incantesimo negli Orti esquilini, posti sotto la
sua
guardia e custodia. La famosa satira comincia cos
l tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla
sua
quanto mirabile altrettanto fantastica invenzione
tantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale alla
sua
nascita è affidato ad un dèmone particolare che l
idato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della
sua
vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anc
ù. Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella
sua
segreta intenzione, una divinità mitologica, ma p
l Manzoni, nel suo mirabile Cantico il Cinque Maggio, chiama Genio la
sua
facoltà poetica : « Lui sfolgorante in soglio «
dua « Cadde, risorse, e giacque, « Di mille voci al sonito « Mista la
sua
non ha : » Il Giusti nelle sue impareggiabili po
« Di mille voci al sonito « Mista la sua non ha : » Il Giusti nelle
sue
impareggiabili poesie usa molte volte il termine
la parola Genio in questi termini : « Di una persona eccellente nella
sua
arte o in più discipline si ode dire spessissimo
i lo stesso Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi, e son queste le
sue
parole : « Il genio genera : chi confronta, racco
Eroe e per l’epoca in cui visse e per quanto oprò. Il racconto della
sua
vita è un misto di favole e di fatti storici. Per
sola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece
sua
sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. I
e se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla
sua
domanda, e invece gli disse di fabbricare una cit
minarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con
sua
gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di u
e trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra
sua
, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed ass
Cronologia Greca verso il 1580 avanti l’èra cristiana. E quanto alla
sua
sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che
ei Romani è notizia storica confermata anche da Cornelio Nipote nelle
sue
Vite degli eccellenti capitani greci. Quanto poi
, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella
sua
prefazione) considera quest’ Eroe Fenicio non sol
due lunghissime corna gli torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre
sue
membra son di forma umana, ma coperte di pelo cap
o, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizione della
sua
loquacità, e condannata a tacere se nessun le par
coli e mezzo prima della fondazione di Roma. Evandro aveva fissata la
sua
residenza su quel monte che egli chiamò Palatino
ta l’eterna città. Anche a tempo di Cicerone, com’egli racconta nelle
sue
epistole familiari, esisteva sotto quel colle un
sare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più volte nelle
sue
opere, e specialmente nelle filippiche contro lo
tudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da quelle colla
sua
terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali p
ella verità dei fatti. Anche Tito Livio racconta molti miracoli nella
sua
Storia Romana, ma non li garantisce, e aggiunge q
he si aveva per una ubbìa e non per un miracolo. Anche Cicerone nelle
sue
Opere usa almeno due volte, per quanto mi ricordi
r ambizione di regno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la
sua
in una torre di bronzo per impedire che prendesse
se detronizzarlo : quindi per dargli occupazione e allontanarlo dalla
sua
reggia lo eccitò, coll’allettamento della gloria
; e fu esposta ad esser divorata da un mostro marino, perchè o essa o
sua
madre erasi vantata di esser più bella delle Nere
ebbe la stessa sorte. Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder
sua
madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli
di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove. Ma la
sua
stessa precauzione fu causa del suo male, poichè
aso, nel fare esercizi guerreschi uccidesse l’avo. Compiute Perseo le
sue
imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva.
elo, poichè asserirono trasformati in costellazioni, oltre Perseo, la
sua
moglie Andromeda, i suoi suoceri Cefeo e Cassiope
seguita, ed anche adottata dallo stesso Cantù (Ved. i Documenti alla
sua
Storia Universale), pone Inaco per primo re d’Arg
piccolo Bacco cresceva vivace ed allegro ; ed ebbe per custode della
sua
giovinezza (o come ora diremmo per aio o educator
, i pampini e l’uva non hanno bisogno di spiegazione ; l’ellera colla
sua
freschezza era stimata dagli Antichi un. sedativo
Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la
sua
salvezza dal labirinto e dal Minotauro. Quel Nume
l Nume gioviale e nemico della malinconia la consolò subito facendola
sua
sposa e conducendola sempre seco in continua fest
n puniti gli avari : « E la miseria dell’avaro Mida « Che seguì alla
sua
dimanda ingorda « Per la qual sempre convien che
i, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una delle
sue
lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), i
stessa forma metrica irregolare. Perciò il Giusti chiamo Ditirambo la
sua
celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a c
parla in questi termini : « Chi la squallida cervogia « Alle labbra
sue
congiunge « Presto muore, o rado giunge « All’età
; ma poichè la Divinità è onnipotente, perciò immensa e infinita è la
sua
beneficenza. Da queste idee filosofiche derivò il
lo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la
sua
potenza » 59. Era detto ancora Ospitale, perchè g
il coglie. » Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la
sua
reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e
eva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la
sua
Corte. Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra,
ito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la
sua
celebratissima statua di Giove Olimpico 63, consi
opulus Romanus Optimum, propter vim Maximum nominavit. (Cic. pro Domo
sua
.) Perciò questo duplice titolo di Ottimo Massimo
fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la
sua
eleganza filosofica di proprietà di umana natura,
X Cerere dea delle biade e Proserpina
sua
figlia Dopochè gli antichi politeisti ebbero pe
Tempo e della Terra), era considerata come la Dea delle biade che in
sua
stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla ter
he rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di
sua
madre. Raccontano i mitologi che Proserpina come
ordine stava sulla terra e precisamente in Sicilia con diverse ninfe
sue
compagne od ancelle ; che mentre essa coglieva fi
falde del monte Etna fu rapita da Plutone Dio dell’inferno, per farla
sua
sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo
ìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la
sua
via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Pro
uella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della
sua
calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne va
XV Giunone regina degli Dei e Iride
sua
messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa eti
to rango fra le Dee, essendo essa sorella e moglie di Giove92). Nella
sua
pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e bene
mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla
sua
aquila e rendendolo immortale. Il nome di Ebe fu
la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche Dea
sua
nemica li proteggesse, o fossero parenti od anche
re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni di
sua
moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone non ve
altra particolarità che si riferisce alla dea Giunone è il mito della
sua
ancella e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa
urato di rendere onore alla regina degli Dei anche prima che ad Iride
sua
ancella, e furon solleciti di dare il nome di Giu
ne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle
sue
immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sor
fini della Tessaglia. Egli dice che « ……………… quando « Il Tempo colle
sue
fredde ali vi spazza « Fra le rovine (dei sepolcr
Gerusalemme liberata. « Sai che là corre il mondo ove più versi « Di
sue
dolcezze il lusinghier Parnaso. » Odesi spesso c
ira tue, « Sì come quando Marsia traesti « Dalla vagina delle membra
sue
. » (Parad., i, 19.) Apollo però non fu sempre fe
voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole. Il Poliziano nelle
sue
celebri ottave, conosciute sotto il nome di Stanz
torelli amici o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della
sua
condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzat
olpo dopo brevi istanti morì. Apollo dolentissimo, per sollievo della
sua
afflizione lo cangiò nel fiore che porta lo stess
empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge : « Ancor non era
sua
bocca richiusa, « Quando una donna apparve santa
un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la Balena con tutta la
sua
gigantesca statura, che quando alza l’enorme sua
Balena con tutta la sua gigantesca statura, che quando alza l’enorme
sua
testa perpendicolarmente fuori dell’acqua, l’illu
o la crede uno scoglio ; e per quanto sia straordinaria e tremenda la
sua
forza, che quando flagella furiosamente le onde c
la sua forza, che quando flagella furiosamente le onde colla potente
sua
pinna produce una piccola tempesta e ne rimbomba
ieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle
sue
viscere terreni arborati e seminativi, un ampio l
è stesso : Epicuri de grege porcum. Ecco i due celebri esametri della
sua
sincera ed aperta dichiarazione : « Me pinguem e
siodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. La
sua
moglie che l’arricchì di sì numerosa prole era Te
gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella
sua
Storia, trascrivendo o componendo di suo le solen
Perciò Nettuno si risolse ben presto a prender moglie ; e scelse per
sua
sposa la dea Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori
endere qualunque forma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una
sua
stranezza, che egli cioè non volesse presagire il
zzarrisse a trasformarsi, se finalmente voleva riprender la primitiva
sua
forma e figura di Nume, trovavasi come prima lega
Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a riprender la
sua
prima figura, così conviene che gli studiosi non
Teti nel cui palazzo andava tutte le sere il Sole a riposarsi dopo la
sua
corsa diurna, come accennammo nel Cap. xvii, parl
emità dei due moli del porto, e le navi passavano a piena vela fra le
sue
gambe. Era questa una delle 7 maraviglie del mond
er un giorno il carro della luce. E coll’approvazione dell’ ambiziosa
sua
madre Climene andò nella sublime reggia di Apollo
olte nella Divina Commedia. Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la
sua
paura, nello scender su di un alato mostro in un
he chiamarono il Peana 118. Un’altra solenne prova diede Apollo della
sua
infallibile valentia nel tirar d’ arco, quando do
morti. Ma Plutone re delle regioni infernali che vedeva togliersi le
sue
prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudd
e l’arte medica può ottenere quest’utile effetto che è lo scopo delle
sue
cure, fu aggiunto che Esculapio, a richiesta di P
moderata, diæta. » E il celebre igienista Michel Lévy dichiara nella
sua
grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri as
ncora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle
sue
rive, o che sono particolari alla regione nella q
oll’arme o stemma di quel popolo pel territorio del quale scorrono le
sue
acque. Tra i Fiumi della Grecia ve n’erano alcuni
sto il suo sepolcro, onde non v’abbia « Mestier di fossa nell’esequie
sue
. « Disse, ed alto insorgendo, e d’atre spume « Ri
verne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa
sua
unica paura, che trova qui posto più opportuno, p
tegebat arundo. » (Æneid., viii, v. 32 …) 29. Virgilio che nelle
sue
Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice eg
e sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri di corso dalla
sua
origine sparisce in un canneto presso Tomelioso,
— Argo, pronipote d’Inaco, dà a Foronea il proprio nome. — Efira,
sua
sorella, fonda Corinto. — Fegeo, suo figlio,
fatti sacrifizj, i poeti narrano che fu trasformato in lupo. — Io,
sua
figlia, rapita da mercanti Fenicj, e condotta in
sua figlia, rapita da mercanti Fenicj, e condotta in Egitto, e per la
sua
bontà stimata degna d’Osiride, soprannominato Gio
i Prometeo, re di Tessaglia. Una terribili inondazione che devastò le
sue
terre fu l’origine di questo diluvio. Deucalione
sue terre fu l’origine di questo diluvio. Deucalione si rifugia colla
sua
moglie Pirra sul monte Parnaso, e poi ripopola la
uista del Vello d’oro, ec. (Vedi la favola.) — Ercole o Alcide. Le
sue
dodici fatiche, ec. Credesi che la vita di Sanson
imi tempi della scoperta del nuovo Mondo credettero che Colombo colle
sue
preghiere potesse far sì che si oscurasse e rasse
, ed anche gl’italiani, rammentano il vago della Luna, Endimione e la
sua
Diva, il dormitore di Latmo. E tra i filosofi Pla
che incontrata nei boschi quest’orrida fiera e non sapendo che fosse
sua
madre, stava per trafiggerla con un dardo. E ques
nel C. II del Paradiso ; ma ivi parlò con figura poetica, e prese per
sue
stelle polari le Muse : « E nove Muse mi dimostr
etrato in un boschetto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle
sue
Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e
autorizzato da questo racconto mitologico a darci ad intendere, nella
sua
4ª Canzone, che per opera di Madonna Laura avveni
sposò in seconde nozze Ino divenuta poi la Dea Leucotoe, aveva della
sua
prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nom
; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle
sue
crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filia
lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la
sua
pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciaron
mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle
sue
crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiunta
una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di
sua
invenzione. Da Fineo ebbero gli Argonauti notizie
a nave è chiamata Pagasœa puppis, e Medea Pagasœa conjux. 66. Nella
sua
schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo fi
dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che di
sua
forza sta, alludendosi in ambedue le lingue all’a
in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta
sua
nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in
trada al trono o per sè o per i propri figli Titani, quando Saturno a
sua
volta fosse stanco di regnare. Questo patto di fa
rtenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. La
sua
occupazione prediletta era quella di far girare i
latices epulasque deorum. » (Ovid., Epist.) 18. « Stat vi terra
sua
, vi stando Vesta vocatur. » (Ovid., Fast. vi.)
ologi dicono che anche la Ninfa Amaltea fosse cangiata insieme con la
sua
capra in quella costellazione25. Della Ninfa Meli
accese amor tra l’uomo e ‘l fonte ; » cioè tra Narciso e l’immagine
sua
reflessa dall’acqua. Anche la Ninfa Galatea è mo
« Pria che Beatrice discendesse al mondo. « Fummo ordinate a lei per
sue
ancelle. » E nel rammentar questo passo il can.
to un corno, Giove ne fece un regalo alle Ninfe che ebbero cura della
sua
infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prod
infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla
sua
cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona
nche Ovidio così erudito negli antichi miti, come dimostrano tutte le
sue
poesie e principalmente i Fasti e le Metamorfosi
oi Ciclopi si affaticava a fabbricargli in gran copia i fulmini nelle
sue
sotterranee fucine, e l’aquila glieli portava. A
ide fiamme, « Che van lambendo a scolorar le stelle ; « E talvolta le
sue
viscere stesse « Da sè divelte, immani sassi e sc
pure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi, con tutta la
sua
nuova teoria dei vulcani. I chimici poi che ricon
sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle
sue
molteplici combinazioni, soggiungerebbe : La spie
ia, situata fra il monte Cirfide e il monte Parnaso, conteneva fra le
sue
mura il tempio e il famosissimo oracolo di Apollo
i ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle
sue
celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popol
ll’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle
sue
opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del
o per sapere chi dovesse regnare in Roma. Tito Livio nel lib. I della
sua
Storia Romana, la riporta tradotta in questi term
ura l’artifizio di Numa nel dare ad intendere al popolo romano che le
sue
prescrizioni religiose e civili gli erano suggeri
nza disturbo alcuno, se non erano le astuzie e le pietose frodi della
sua
moglie Cibele. Convien sapere prima di tutto che
Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da
sua
moglie Cibele, lo divorò. Il qual fatto, inteso l
ura, ed esiliò Saturno dal Cielo ; ma non estese la condanna a Cibele
sua
madre, perchè questa, dopo la perdita del trono e
edia di questo nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crudele. « Tra le
sue
mire di grandezza e lui « Metti il capo del padre
he vi sarebbe perito, se egli era reo, oppure darebbe una prova della
sua
innocenza se riuscisse vittorioso54. La più celeb
il sospetto in ammirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra
sua
figlia, che era sorella di Stenobea. Questa, quan
rlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per punirlo della
sua
folle superbia, mandò un tafano a molestare il ca
perbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla
sua
groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sull
che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella
sua
prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille
ella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea
sua
madre, e la sua fidanzata Atalanta valentissima c
era, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la
sua
fidanzata Atalanta valentissima cacciatrice. Infa
a fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla
sua
morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » D
ltati dallo stesso Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la
sua
potenza o il suo arbitrio. Da queste idee pagane
bero volere in questi splendidi versi : « Lo maggior don che Dio per
sua
larghezza « Fesse creando, e alla sua bontate « P
: « Lo maggior don che Dio per sua larghezza « Fesse creando, e alla
sua
bontate « Più conformato, e quel ch’ei più apprez
o con un sol piede sopra una ruota o un globo, per indicare la facile
sua
mutabilità. Le si dava inoltre il cornucopia da c
i animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, sin dalla
sua
fondazione, il Politeismo Troiano e Greco. Raccon
: tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle
sue
lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro cons
vidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio nel lib. i e ix della
sua
Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fann
ote principalmente le donne ; tra le quali è rammentata da Tibullo la
sua
Delia, che passò ancora qualche notte avanti le p
, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa
sua
folle empietà fu terribilmente punita nella causa
ta sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa stessa della
sua
ambizione o vanità, poichè Apollo e Diana invisib
renze le statue attribuite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la
sua
famiglia colpita dalla celeste vendetta104). Acce
ome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per significare la
sua
rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo,
Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la
sua
dimora su quel monte che poi fu detto il Palatino
per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra
sua
che di esser rammentato nell’inno saliare. Vèiov
senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la
sua
nutrice nell’isola di Creta. Aveva un tempio fra
ma non ne spiegano gli attributi : Plinio nel libro ii, cap. 52 della
sua
Storia Naturale, dice soltanto che a questo Dio s
po : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della
sua
forma corporea, che certamente debbono apparire s
ci dice che Vulcano nacque zoppo e deforme, che dalla stessa Giunone
sua
madre fu gettato giù dall’Olimpo nel mare, e piet
ere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le
sue
fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcani
ns cœlo descendit ab alto. (Æneid., viii.) 194. Hutton pubblicò la
sua
Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde e
ivati cittadini. Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le
sue
proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto
detta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della
sua
forza e della sua intensità nei secoli così detti
e e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della
sua
intensità nei secoli così detti civili, neppure d
e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle
sue
frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora in a
per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle
sue
rime. Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse
a qualunque italiano desideri accostarsi « ……….. ove più versi « Di
sue
dolcezze il lusinghier Parnaso. » Quanto poi all
al carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le
sue
statue, e le fece divenire uomini viventi e parla
sta favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle
sue
considerazioni. Tutti però, generalmente, conveng
dre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giunone
sua
moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fe
apo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della
sua
città e del suo regno, questo fatto non toglie ag
isognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla
sua
parola che l’etimologia di quel termine fosse lat
ta « Cangiò ’l primo padrone ; ond’ ei per questo « Sempre coll’arte
sua
la farà trista. » (Inf., xiii, 143….) 37. Ecc
atino Ops, Opis, che significa aiuto, soccorso, perchè la Terra colle
sue
produzioni soccorre ai bisogni dei mortali. Qualc
evano moglie, somigliavano in questo i monaci o frati. Cicerone nelle
sue
opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rass
di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle
sue
parole, disapprovandolo45. Il nome di Coribanti d
due della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la
sua
moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora
Omberto Aldobrandeschi dei conti di Santa Fiora, che fu ucciso per la
sua
superbia arrogante : « L’antico sangue e l’opere
re sotterraneo, in quanto che Vulcano era il Dio del fuoco e aveva le
sue
fucine sotto i monti ignivomi, come l’Etna, lo St
nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gibetto a sè delle
sue
case : « Io fui della città che nel Batista « Ca
tista « Cangiò il primo padrone, ond’ei per questo « Sempre coll’arte
sua
la farà trista. » E-aggiunge che vi rimaneva anc
più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura
sua
è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egl
ammessi in Roma, come avverte T. Livio nel lib. iv e nel xxxix della
sua
storia ; anzi non si adottarono neppure i più str
eglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la
sua
dignità, e non servì più allo scopo altamente soc
che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la
sua
moglie era la Notte. Dei figli parleremo in appre
o che visse « A tempo degli Dei falsi e bugiardi, » e la prediletta
sua
Beatrice, divinizzata come la Teologia, a dargli
a, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla
sua
Beatrice rappresentante la cristiana Teologia. E
ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la
sua
festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli s
te vittime gli animali destinati ai saerifizj. Ogni divinità aveva le
sue
vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle
ttro, e più ; Silla no creò fin quindici, per accrescere appoggi alla
sua
tiranuide. Le persone colto fomentavano, pei loro
o scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una
sua
lettera, che egli, abbondando meco di cortesia, m
hominis demortui in Deos. » — (In Apoll., cap. 34.) Il Giust i nelle
sue
poesie estende la parola apoteosi a significare i
le espressioni : è naturale ; naturalmente ; per natura, o di natura
sua
e simili. Di più nella lingua italiana, oltre il
he Eolo « …. de’venti dispensier supremo « Fu da Giove nomato ; ed a
sua
voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno
aturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo o delle
sue
emanazioni : la luce pallida o plumbea del pianet
an elephant, addressing the sorceress in human language, thus: — “I
sue
not for my happy crown again; I sue not for my ph
ss in human language, thus: — “I sue not for my happy crown again; I
sue
not for my phalanx on the plain; I sue not for my
ot for my happy crown again; I sue not for my phalanx on the plain; I
sue
not for my lone, my widowed wife; I sue not for m
or my phalanx on the plain; I sue not for my lone, my widowed wife; I
sue
not for my ruddy drops of life, My children fair,
ke their baleful streams, Abhorrèd Styx, the flood of deadly hate.”
Sua
′da [Suada], the goddess of Persuasion. See Pitho.
io sicura S’alzar volando alle celesti spere Come va foco al ciel per
sua
natura45. La Gerusalemme Liberata. La Fra
had loved her deeply at first sight. He had asked Pelias if he might
sue
for Alcestis’ hand; and had been told that he mig
pénètre enfin le cavalier ; Sous son balandias fait qu’il
sue
, Le contraint de s’en dépouiller ; Enc
Minerva’s power, Favoured of heaven, thy mercy I implore, For life I
sue
, the rest to thee I yield: In pity from my sight
sent la Nature en révérant les Dieux. Là, du sang des humains on voit
suer
les marbres, On voit fumer la terre, on voit roug
ned others in urging his wife’s brother Gunnar, a doughty warrior, to
sue
for the hand of Brynhild herself. But Brynhild wo
Progress of Error; O. W. Holmes, Metrical Essay; Keats, Endymion, “I
sue
not for my happy crown again,” etc. On Sirens and
sent la Nature en révérant les Dieux. Là, du sang des humains on voit
suer
les marbres, On voit fumer la terre, on voit roug
se whom guiltless he could ne’er behold, Or those to whom he now must
sue
for aid.” Sophocles ( Francklin’s tr.). Pennile
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