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1 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
nte che i nostri lettori, e soprattutto la gioventù studiosa e culta, quella che forma la più eletta parte della cittadinanza
rma la più eletta parte della cittadinanza di una illustre metropoli, quella per la quale noi abbiamo intrapreso e compiuto qu
hieri, imperocchè la Divina Commedia abbraccia tutte le cognizioni, e quella della Mitologia non vi si trova, per certo meno s
e d’ Omero ; dell’ Eneide di Virgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, d
oni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella , finalmente, che riporti frammenti della Divina C
tri concittadini accettino di buon animo la nostra intenzione, che fu quella di esser loro utili con l’eterno insegnamento del
. In origine la parola latina Fabula, ebbe un amplo significato, come quella che dinotava la enunciazione del pensiero col mez
ntimento della cosa. Più tardi essi congiunsero la nozione del Mito a quella più generale di simbolo o altegoria, e ne fecero
à greca fu il prodotto della fusione di due elementi o di due razze ; quella dei Pelasgi 2 e quella degli Elleni Elleni. — 
della fusione di due elementi o di due razze ; quella dei Pelasgi 2 e quella degli Elleni Elleni. — Gli Elleni abitarono la
, sempre si scorge visibile e luminosa la verità di quanto asseriamo, quella cioè, che una religione qualunque ha sempre i suo
ione di Maraviglioso. Codesto vocabolo si addice propriamente a tutta quella sfera di personaggi e di fatti ideali e storici,
, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che furono tanto quella che questo favorevoli allo strenuo sviluppo dell’
ghi : la corte celeste dei Persiani ordinata in modo atfatto simile a quella del re Ciro, il famoso monarca46. L’olimpo stesso
sufficienti onde si riconosca quanto difficile ed ardua impresa, sia quella di dettare una storia analitica della Mitologia.
a formola del giuramento su di una tavoletta, quindi la si gettava in quella fontana : se il pezzo di legno non ritornava a ga
one con l’inferno, e gli abitanti delle vicinanze, sostenevano che da quella caverna fosse stato tirato il cane Cerbero, di cu
in Egitto. Era questo il luogo destinato alla sepoltura dei morti di quella città, per modo che bisognava traversare la palud
ovino Calcante, che Achille perirebbe sotto Troja, e che senza di lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo inviò alla co
hmon. V. Achemone 67. Acidaila. — Soprannome dato a Venere per esser quella Dea che cagionava dell’ansie e delle inquietudini
’ Acroncio . Cedippe, ai piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuram
cirono vani, dappoichè il vascello non potè far cammino. Persuasi che quella fosse una punizione del cielo, discesero nuovamen
mò passionatamente e preferi, al dire d’Ovidio, la conquista di lui a quella degli Dei stessi. Abbandonò per lui il soggiorno
aversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di andare a
ra, dove uccise un leone che aveva divorato Eurippo, figlio del re di quella contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del re e al
niera ove si contavano le più luride canzoni, di cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla presenza di Ulisse, sull’ad
re suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti gli alberi di ulivo ch
che sul monte Licone sagrificarono alle nove muse e consacrarono loro quella montagna. 299. Aloo. V. Aloeo. 300. Alopo o Alepp
eri che approdavano sulle loro sponde, percui canta l’Ariosto : …Che quella riva Tutta letteau le femmine omieide. Di cui l’a
a metempsicosi come un fatto positivo ed indiscutibile, credevano che quella voragine a cui davano il nome di Amente, accoglie
gna. Anceo derise la predizione e per provare col fatto la falsità di quella , ordinò che gli fosse incontanente portata una co
to a raggiungere, un’aquila si posò sulla lancia, e poscia avendo con quella ripreso il volo, la lascio cadere in un luogo app
Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura di quella città. — La favola racconta che le pietre, sensib
quipede. — Mostro la cui tortuosa maniera di strisciare, somigliava a quella dei serpenti. Ovidio dà questo nome ai giganti ch
ace, che colui il quale avesse sul monte Aventino sagrificata a Diana quella vacca, procurerebbe alla sua città natale l’ impe
Dalla Beozia in cui stavano queste montagne, fu poi detta Aonia tutta quella contrada. 486. Aonidi. — Soprannome dato alle mus
riconosce un nume, ed io da tergo Lui conobbi all’incesso appunto in quella Che si partiva, e me l’avvisa il core Che di batt
tto la figura di un bue, credendosi generalmente ch’egli avesse preso quella forma allorchè tutti gli Dei furono vinti da Giov
è generalmente si credeva che egli non abbandonasse mai il recinto di quella città. Arcade essendo divenuto adulto fu da alcun
ntre essa si recò a mostrare una fontana ai principi che traversavano quella città, per recarsi all’assedio di Tebe. Il piccol
e ad un eroe. 532. Areso. — Nome che i Greci davano a Marte perchè in quella lingua significa ferita. 533. Arestoridi. — Argo
gni anno negli idi di maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure di uomin
eseo, il quale dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette un gomitolo di filo per mezz
al bel crin tolse ; Ed a farla immortal rivoltò il zelo : Al ciel ver quella parte il braccio sciolse Onde settentrion n’appor
mpo degli Eraclidi. Consultato l’oracolo se ne ebbe in risposta esser quella la vendetta di Apollo, il quale facea per tal mod
che le foglie del persico hanno la figura d’una lingua, ed il frutto quella di un cuore, volendo con ciò dimostrare l’allegor
si dà di sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè nativo di quella città. La favola racconta che il poeta fosse stat
to a ritornare alla sua luminosa dimora, ed ella andò a collocarsi in quella parte dello Zodiaco che si chiama la costellazion
n tal modo denotata perchè moglie di Atamaso. Ovidio dà questo nome a quella parte del mare Ionio in cui la stessa Ino o Leuco
i. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per altro egli pose in obblio essen
i discendenti di Atreo. 675. Atropo. — Una delle Parche. Propriamente quella che tagliava il filo della vita umana. 676. Attea
e fosse divorato dai cani di Diana per essersi vantato più esperto di quella Dea nell’arte della caccia. Diodoro asserisce che
l segno di mangiare della carne che era preparata per un sacrifizio a quella Dea. Dopo la morte Atteone fu riconosciuta dagli
va da una parola Greca che significa flauto attribuendosi da taluno a quella Dea la invenzione di questo istrumento. 684. Aulo
uccelli che passavano a volo sulla voragine, cadevano all’istante in quella , morti d’asfissia. 702. Averunei, Avverunei o Ave
e di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome di Bacchi
lo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici di questo lavoro ; quella cioè, della esistenza non solo dei miti allegoric
adorato come un dio. 752. Baubo. — Detta anche Becubo. Così avea nome quella donna che ospitò Cerere, quando essa cercava la f
ivo genio ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con quella di dio nero. 760. Beleno. — Gli abitanti della ci
o Eroe. — Veniva così denotato Mida, re della Frigia, forse perchè in quella contrada vi era un monte chiamato Berecinto. 781.
Al volto antico quell’arca e quell’ombra. Quel velo al capo, al dosso quella veste Dà, ch’una vecchia balia oggi usa ed ave, C
nicia, ove Venere aveva un tempio : da ciò il soprannome di Biblosa a quella dea, e più comunemente quello di Biblia. 791. Bib
to il nome di Autim. È generale credenza che un tal nome fosse dato a quella città, per essersi ritrovato nel suo ricinto una
contrassegnato da una bilancia, che la tradizione favolosa dice esser quella di Astrea, dea della giustizia, la quale al comin
ne stando alla caccia ne uccise una che apparteneva particolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo di
5 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti gli astanti felicitarono quella madre per aver dei figliuoli così affettuosi, ed
mente commossa, supplicò la Dea a voler concedere ai suoi figli tutta quella maggiore felicità che un uomo possa conseguire su
e a causa dei suoi grandi occhi. 816. Boote. — Costellazione vicina a quella dell’orsa maggiore presso il polo artico. Si cred
rascinò legato al suo carro per tre volte intorno alle mura di Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo. — Soprannome di Bacc
e dal marito fatta morire a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di ebbrezza di furore, Fauno piangesse ama
iedi del monte Elicona. Era consacrata alle muse ed era la stessa che quella d’Ippocrene, perchè la parola Caballina si può an
iamava così l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo di quella , il quale svelò a Cerere il ratto di sua figlia P
la sua verga per separarli. Le due serpi si attorcigliarono intorno a quella in modo che la parte superiore del loro corpo ven
o : aveva un tempio ed un altare sulle rive del fiume Caistro, presso quella città. 881. Cajbia V. Caietta. 882. Calabro. — V.
l più saggio, a cui le cose Eran conte che fur, sono e saranno, E per quella che dono era d’Apollo, Profetica virtù, de’Greci
erere stessa. 906. Calliope. — Una delle nove muse e particolaremente quella della eloquenza e della poesia eroica. I poeti la
costume delle più illustri dame greche di andare in pellegrinaggio a quella fontana, onde bagnarvisi. 934. Canero. — Animale
a Deità, era un gran vaso sormontato da una testa umana e talvolta da quella di uno sparviero, e coperta di geroglifici. I Cal
e, e con grande sorpresa dei Caldei, essi videro ben presto uscire da quella una grande quantità di acqua, che spense interame
, dopo aver scacciato Tarquinio il Superbo, offerisse un sacrificio a quella Dea. 957. Cardea o Cardinea. — Dea dei ganci dell
spaventose grida. Come fa l’onda là sovra Cariddi, Che si frange con quella in cui s’intoppa, Cosi convien che qui la gente r
on di folgore lontano, Mugge, rigurgitando, il gran torrente, E bolle quella rabbia. E cigola, e gorgoglia e stride e fuma, Qu
nata Caria o Cariatide. V. Cariatide. 965. Carille. — Così aveva nome quella giovanetta che si appiccò, non potendo sopravvive
greco Κάρνα, Unione, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa era di ristabilire l’unione e la pace fra l
che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta : era quella la mercede devoluta a Caronte, il quale lasciava
ta allegoria favolosa deriva forse della parola araba Castala, che in quella lingua significa susurro dell’acqua. La pitonessa
lo d’oro, e si distinsero fra i più valorosi Argonauti. Al ritorno di quella spedizione, essi inseguirono i Corsari, che recav
a che passa tra la pagana credenza dei fuochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi di S. Elmo e di S. Nicola, a
la costellazione dei gemelli, imperocchè delle due stelle che formano quella costellazione, unasi cela sotto l’orizzonte quand
imile offerta a Minerva e riporre il Palladium di Troja nelle mura di quella città, da cui essi stessi l’avevano rapito. …. P
uerrieri Achei, per mezzo di una larga breccia, prodotta dall’urto di quella macchina nelle mura della città. Questa opinione
e delle acque del diluvio di Deucalione, fu dalle ninfe abitatrici di quella montagna, cangiato in uccello. Altri scrittori vo
, cangiato in uccello. Altri scrittori vogliono che fosse cangiato in quella specie di scarafaggio che ha le corna. Questa cre
xo. — Fu uno dei sacerdoti di Cerere che sovraintendeva ai misteri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di Eolo e b
ttrattive. Giunone per piacere a Giove, pregò Venere che le prestasse quella cintura. A proposito del famoso giudizio di Parid
di. 1106. Cilixo. — Uno dei figli di Fenicio che andò a stabilirsi in quella parte dell’ Asia minore, che poi dal suo nome fu
avendole un giovane greco per nome Glauco, che essa amava, preferita quella ninfa. Circe accolse Ulisse nella sua isola, e pe
nascesse dalla spuma del mare gli abitanti di quest’isola avevano per quella Dea un culto particolare e le avevano consacrato
meneo. V. Arpalice. 1185. Clio. — Una delle nove muse, e propriamente quella che presiedeva alla storia. I poeti la rappresent
coccodrillo, perchè il numero dei denti di questo animale è eguale a quella dei giorni dell’anno. Gli Egizii, adoratori de’co
ano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrita quella di che si serviva la dea Iside ne’suoi viaggi. 12
all’estremità della terra, separò le due montagne di Calpe ed Abila, quella ai confini dell’Africa e questa in Europa, allo s
e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatura del porto di quella città, e posava i piedi su due basi quad rate di
cevano alla dea Bellona, nella città di Comana, in Cappadocia, in cui quella dea aveva un tempio famoso. 1225.Comeo. — Dalla p
dal sangue che grondò dalla testa di Medusa, allorchè Perseo nascose quella testa tutta insanguinata sotto alcune piante di c
oricle. 1257. Corifea. — Secondo il parere di Eschilo, così avea nome quella furia che da parte delle sue compagne espose l’ac
to per indicare il tripode stesso. L’opinione più fondata però sembra quella che attribuisce il nome di Cortina ad una specie
lo. Egli sbarcò all’isola di Rodi, ove stava Altmeno. Gli abitanti di quella , credendo che Crateo fosse un nemico che venisse
approdò felicemente a una delle isole Cicladi, dove Politetto, re di quella , la sposò allevando con affetto paterno Perseo, d
codeste dolorose cerimonie passano nei costumi dell’intera tribù, cui quella famiglia apparteneva, poscia nella intera città,
— Vale a dire figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Erc
te, donò la sua camicia intrisa di sangue a Dejanira, dicendole esser quella un possente talismano per richiamare a sè il mari
ella favola per il famoso oracolo di Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, era ritenuto, presso gli antichi, come il
ressi. Delfo era anche il nome di uno dei figli di Apollo che edificò quella città. 1398. Delia. — Soprannome di Diana, che le
ulle coste della Tracia, ove fu accolto benignamente dà Licurgo, redi quella contrada, che gli fece sposare sua figlia Fillide
e egli si fosse innalzato nell’aria su di una palla, e che facendo su quella il giro della terra avesse creato il cielo. In se
parte terrena Cangiossi in carne, in sangue, in barbe e ’n chiome : E quella , che ne’ sassi è detta vena. Tenne in quest’altra
verra. — Dalla parola latina deverrere, scopare, veniva così chiamata quella divinità, che presso il culto pagano dei romani,
erissero gli dei, e che questi dovesseso fuggire ora in questa ora in quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi,
etto Dioneo. 1460. Dionea. — La dea Venere che fu moglie di Vulcano è quella a cui si da propriamente questo soprannome. Essa
a Amattea. Secondo la tradizione della favola, Giove aveva scritto su quella il destino degli uomini. 1468. Diradiato. — Sopra
so dal fonte nella Beozia, conosciuto sotto il nome di fontana Dircea quella stessa in che Bacce transformerà Dirce. V. Dirce.
ementi. Quella in cui si adoperava l’acqua, veniva detta Idromanzia ; quella in cui si adoperava il fuoco si chiamava Piromanz
manzia ; quella in cui si adoperava il fuoco si chiamava Piromanzia ; quella che si faceva con la terra chiamavasi Geromanzia 
omanzia ; quella che si faceva con la terra chiamavasi Geromanzia ; e quella che si faceva per mezzo dell’aria, Aeromanzia. Ol
di edera da una pianta vicina, per divertire l’infante. Bacco, a cui quella pianta era consacrata, irritato contro Driope, la
o e il secondo giorno del mese. 1517. Durichia. — Isola dipendente da quella di Itaca. Ulisse, nativo di quest’ultima, viene t
Galli. E 1519. Ea. — Nome della capitale della Colchide e di quella dell’isola di Circe. Anche all’intera isola si da
avo in Atene, in onore di Ecate, la quale era grandemente venerata in quella città. Durante il periodo di queste feste, che si
tini chiamavano Incubi ; nome che poi è rimasto anche presso di noi a quella specie di dolorosa impressione che talvolta si ri
dell’ Epiro. Anche nel golfo dell’ Argolide vi fu un’isola, vicina a quella di Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che
a una spada, ingiungendole di conservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal re di Atene. In prosieguo E
ra. La favola gli attribuisce cento braccia e cinquanta teste. …. In quella guisa Che si dice Egeon con cento braccia E cento
fu re, e che da lui fu detta Egialea. Questa contrada è propriamente quella che i moderni geografi chiamano Morea. 1581. Egib
na caverna consacrata a Giove, (che secondo la tradizione era nato in quella ) onde derubare il mele che una immensa quantità d
io. — Eneide — Libro III trad. di A. Caro. Eleno regnò molti anni su quella contrada, e al momento della sua morte istituì er
di Giove, questi la trasportò fra le costellazioni, ed è propriamente quella conosciuta sotto il nome di Orsa maggiore, e che,
ersi della sua morte, giacchè egli era stato trasportato in cielo ove quella flamma conosciuta col nome di fuoco sacro si sare
nel centro della terra. Quest’ultima opinione è la più accreditata, e quella seguita dai più rinomati cronisti della favola. P
i degne della loro grandezza. L’ombra di Achille, combatte le belve : quella di Ettore Troiano, addestra i cavalli ; ed altre
gedia. trad. di F. Bellotti. 1665. Empanda. — Si dava cotesto nome a quella divinità sotto la cui protezione si credeva che s
e Creusa sua moglie disperse le tracce del consorte Enea, il quale da quella notte non potette più averne notizia. Le cronache
to vincitore essendo Enomao nella corsa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed istitu
minentemente vulcanica, è ritenuta dai cronisti della mitologia, come quella in cui Vulcano, dio del fuoco, avesse posto la su
colo precedente. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta
empo dopo fermatosi sulle sponde del flume Assio, dette il suo nome a quella contrada conosciuta con la denominazione di Peoni
auro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a quella contrada dell’Argolide detta perciò Epidauro. 172
ione di Epidelio quasi a dinotare vemito da Delo, come suona in greco quella parola. 1726. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e
1731. Epigone. — Presso i pagani si chiamava la guerra degli Epigoni quella che fecero i discendenti di coloro che erano mort
culto di Cerere, i quali, durante le funzioni sacre e le cerimonie di quella dea, erano addetti particolarmente alla persona d
le si voleva ricordare un fatto avvenuto a Teseo mentre sacrificava a quella dea. L’eroe prima di far vela per l’isola di Cret
vano alla divinità protettrice degli asini, siccome chiamarono Ippona quella dei cavalli. In quasi tutte le scuderie di Roma s
rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale fece voto a quella dea di fabbricarle un tempio se avesse avuto la v
ssero dovuto attendere il terzo frutto), essi ritornarono ad invadere quella contrada, ma ne furono novellamente scacciati da
to la tradizione del leone del monte Citerone, non è che una copia di quella del leone Nemeo, la cui pelle riveste l’Ercole gr
i araldi che Ergino inviava a Tebe onde ricevere il tributo imposto a quella città. Egli dopo averli battuti con la sua clava,
risteo. La più generale e la più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che egli eseguisse le sue celebri dodici fatiche,
di Ercole, à secondo alcuni la durata di dodici anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo corag
o una colonna innalzata in onore di Mercurio, nella città di Trezene, quella avesse preso radici, e avesse poi fatto l’albero
entauro Euritione che voleva a viva forza sposare la figlia del re di quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i colpi d
si sbandò, errando per le campagne di Reggio, ed uccise Ericio re di quella contrada. Avendo in seguito ritrovato il perduto
e fece sposare Megara a Iolase, ritenendo la sua primitiva unione con quella come disapprovata dagli dei. Seguendo la opinione
ta a sdeguo Mosse il padre e signor dell’universo. L’Olimpio Giove, e quella fraude in lui Col servaggio puni. Chè se vendetta
ole errò più tempo vagando in traccia di avesse voluto purificarlo da quella uccisione, e non fu che dopo lunghe ricerche, che
lorchè sarebbe venduto come uno scbiavo, ed avrebbe dato il prezzo di quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo della perdi
o d’oro. Secondo questo scrittore, Ercole costrui la nave che servi a quella spedizione, dandole il nome di Argo in onore di u
Egli si vendicò impadronendosi dell’isola, e uccidendo Euripilo re di quella , della cui figlia ebbe Tessalo. Nel combattimento
ione di Stesicore, uccideva tutti i viaggiatori, che transitavano per quella città, onde innalzare coi loro cranî un tempio al
pale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella
a nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno di giu
sviluppatasi dall’infanzia nella pubertà, non è in minor relazione di quella che già sorprende ed atterrisce quasi nel simboli
, rappresenta anche un Ercole in riposo, ma qui le forme non rivelano quella prostrazione che segue dal compimento di penosi e
va dato lo stesso nome alle sacerdotesse che presiedevano al culto di quella dea. Esse godevano di tanta pubblica venerazione
el magnifico tempio ch’ella aveva in Atene. Divenuto adulto, fu re di quella città, e narrano le cronache, che essendo in guer
roverava a Menalca la sua indifferenza crudele. Coll’andar del tempo, quella canzone fu ripetuta in tutta la Grecia, e sul rit
tempo, quella canzone fu ripetuta in tutta la Grecia, e sul ritmo di quella melodia, furono rappresentate le avventure di Eri
re rompendo a colpi di bastone alcune piante in un bosco consacrato a quella dea. Le Driadi che secondo la favola, abitavano q
ea sua madre accorgendosi che Erittonio aveva la parte inferiore come quella di un serpe, lo chiuse appena nato in un canestro
o simili O tu che passi Buon peregrin su la deserta spiaggia, Vedi tu quella torre ? ivi una lampa Guida al fervido amante Ero
ino alle stelle, e con ciò diventavano degne degli onori divini, e di quella adorazione che il culto superstizioso del pagane
ì l’infame e pazzo pensiero d’incendiare il tempio che Diana aveva in quella città, e che era una delle sette meraviglie del m
di pietra di colore nerastro, forse per indicare che la bianchezza di quella era stata oscurata dal veleno dell’invidia e dell
vano in un’isola dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che
trale. Non si deve però confondere questa lustrazione espiatoria, con quella che facevasi ogni cinque anni dal popolo, dopo il
oviamo ripetuta in tutti i cronisti della favola, era presso i romani quella che veniva solennizzata alla visibile manifestazi
cente dalle sue ceneri) era il simbolo dell’immortalità : l’elefante, quella della lunga vita ; e finalmente aveva il globo ne
 La tradizione della favola racconta che la fucina del dio Vulcano, e quella dei ciclopi che fabbricavano i fulmini a Giove, s
o di Achille, sentì, per un istante, vacillare il proprio coraggio, e quella intrepida energia che non lo aveva mai abbandonat
iero, il quale con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stesse di quella città, che egli aveva difesa a costo della sua vi
o, come la madre dei consigli. 1877. Eufrosina. — Nome particolare di quella fra le tre grazie che presiedeva all’allegria. 18
ia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono al re di quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse, il qual
i Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditaria di sommo sacerdo
getta nè alla vecchiezza nè alla morte. Similmente Euriale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la quale soccorse il re di
orsicata da una serpe, sulle sponde di un fiume, e morì in seguito di quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quella sua d
ume, e morì in seguito di quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quella sua dilettissima, si ritrasse in luogo deserto, e
fatta, ma non potendo più a lungo sopportare l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò nel tetro regno di Plutone ; at
re di Esimnete. Euripile fu anche un re della Libia e propriamente di quella contrada detta Cirenaica. Le cronache delle antic
ipessa, perchè significa bianchezza, e che da ciò si chiamasse Europa quella parte del globo, i cui abitatori sono bianchi. Eu
ebbene impresse tutte dello stesso carattere. La prima Evocazione era quella che si praticava per chiamare gli dei, quando si
adizione, incenerito egli stesso. La seconda specie di Evocazione era quella che i pagani praticavano per evocare gli dei tute
mana — Lib. V. trad. di F. Nardi. Finalmente la terza Evocazione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed
one, il disprezzo è la derisione degli Ateniesi. Poco dopo scoppiò in quella città una terribile epidemia, onde si andò a cons
indicato il mezzo onde far cessare il flagello. L’oracolo rispose che quella era conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato c
Bellona, forse perchè essi dimoravano da principio nel tempio sacro a quella dea. I fanatici s’incidevano le braccia in tutta
Fasi. 1948. Fatalità. — Questo nome particolare davano gli antichi a quella necessità di un avvenimento che nulla poteva impe
l fato estremo della città Priamea. La prima di codeste fatalità, era quella la quale imponeva che i greci non si sarebbero ma
frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte era quella che voleva si togliesse ai Trojani il Palladio, c
ino imponeva alla finale caduta della città trojana, la quale è stata quella fra tutte le altre del mondo conosciuto dagli ant
, si dava questo nome particolare ad una indovina chiamata Fauna come quella che annunziava i decreti del destino, e prediceva
di morale, atti a regolare i costumi. Favole allegoriche si chiamava quella specie di parabole che nascondeva sotto ad un pre
fisica ed alla morale. 1955. Favore — Dalla voce latina Favor che in quella lingua è di genere mascolino, come nella italiana
volava sempre presso una data caverna, mosso da curiosità penetrò in quella , e vide due bambini allattati da una lupa. Sorpre
ini allattati da una lupa. Sorpreso da tale fatto, e convinto che era quella una rivelazione divina, portò con se i due neonat
ar : ma in sua Propria causa assai danni si procaccia, Poi mi proposi quella rea demenza Vincer con forte castità. Ma quando N
bella Fia degli stessi abiti che aveva Minerva nel maggior tempio di quella città ; e che facendola salire su di un carro, ri
ignifica mandorlo ; e che Demofoonte approdando qualche tempo dopo su quella spiaggia, vide improvvisamente florire l’albero,
a spiaggia, vide improvvisamente florire l’albero, che cresceva sulla quella riva fatale ; quasi che la povera Fillide fosse a
eva al seguito di Cirene, madre di Aristea. Al suon delle querele in quella stanza. Che all’imo soggiacea dell’alto fonte Cir
entato di Tereo, e la triste sua situazione, e si adoperò in modo che quella tela, capitò nelle mani di Progne ; la quale cons
ngo per te dalla celeste sede, Di Giove il senno ad annunziarti, e in quella Via. cui t’appresti, a rattener tuoi passi. Dunqu
ssali, che lo avevano seguito da Troja, e aiutato da questi, fondò in quella contrada la città di Petilia. Fu in Calabria che
uto adulto e assai popolare in Elide, egli fu il primo a stabilire in quella città dei solenni sacrifizi a Bacco suo padre, ne
omini questa pianta, il cui prezioso frutto non era servito, prima di quella epoca che al banchetto degl’immortali. 2024. Flum
Itrad. di A. Caro. 2031. Flegia. — Re della Beozia e propriamente di quella contrada che dal suo nome fu detta Flegiade. La t
so. Come io vidi una nave piccioletta Venir per l’acqua verso noi in quella , Sotto il governo d’un sol galeoto, Che gridava :
eva riuniti da tutte le parti della Grecia e condotti seco ad abitare quella parte della Beozia, che dal nome di lui fu detta
ogliere ùna freccia da uno dei cadaveri e dopo qualche giorno mori di quella ferita. Ercole riconoscente alla ricevuta buona a
tutti. 2051. Fortuna. — Tra le divinità del paganesimo, la Fortuna fu quella che si ebbe il culto più esteso e generalizzato,
ore dei raggi del sole, fu la cagione della morte di tutti i figli di quella sventuratissima madre. V. Niobe. Allorquando la p
lle dure squame, Onde il mostro crudel tutto era armato : E cosi Febo quella ingorda fame Spense, che il mondo avria tutto ing
ia. 2061. Fuoco. — Fra tutte le divinità del paganesimo, il Fuoco, fu quella il culto della quale era esteso a tutti i popoli
ttiva tanto le Furie, quanto le Arpie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome proprio di Celeno, con l’ appe
della Notte. G 2068. Gabalo. — Nella città di Emesa, nonchè in quella di Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamat
molti scrittori dell’antichità, che questa divinità sia la stessa che quella conosciuta sotto la denominazione di Elagabalo. 2
chia donna immobile in un atteggiamento assai strano. Sospettando che quella vecchia fosse la stessa Giunone, che per gelosia
nfe Oceanidi. 2073. Galassia. — Nome particolare che i greci davano a quella lunga zona, bianchiccia e luminosa che i moderni
nobiltà del ciel vi si riduce, La plebe alberga in questa parte e in quella Questa è la via, la qual dritto conduce Alla cort
con tanta forza il seno che gli veniva offerto, che il latte cadde da quella in gran copia, macchiando di numerosi punti bianc
l cielo. Una tradizione popolare, confondendo il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di strada
nde offrire dei sacrifizi a Giove in un tempio, che quel dio aveva in quella contrada. Ganimede obbediente ai voleri paterni,
o per sottrarsi alle persecuzioni del fratello Egitto, si ricoverò in quella città. Gelanore accolse generosamente l’ospite fu
uropea, e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome prese quella di Gelone, popoli che si resero celebri per la lo
ella dea Cerere. Però di tutte queste differenti e discorde opinioni, quella più generalmente seguita da tutti i poeti dell’an
consolatori. Altri poi, si credeva, andassero errando in questa o in quella parte come condannati all’esilio. Questi Geni era
enita Mana. — Secondo asseriscono Plinio e Plutarco, si chiamava così quella dea, che presiedeva al parto. Era una specie di c
si dava da principio la denominazione di Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale, in occazione di un preteso miracolo
nci e abbattuti i chiavistelli, e infrante le toppe, che assicuravano quella poria. Colpiti i sabini da siffatto prodigio si p
ndola, con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta di Latona e de’suoi figli Ric
e della Lidia. È ricordato nella tradizione mitologica, come padre di quella giovanetta Jole, che fu così appassionatamente am
nza, e del quale gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era in quella età in cui si cerca avidamente la gloria ; in cui
le ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapire ad Aete, re di quella contrada, il montone dal Vello d’oro, che Frisso
le — Medea — tragedia Atto I Scena III. Giunti a Corinto, vissero in quella città per lo spazio di dieci anni, secondo le cro
imperocchè riposando un giorno sulla spiaggia del mare, all’ombra di quella nave già tirata a secco, una grossa trave cadde d
rtati nella città di Erice, per ordinamento dei magistrati ; e che in quella porzione di cranio si contenevano varie staja di
ta, il salto ed il pugillato. Fra tutti questi esercizii la corsa era quella ritenuta in più considerazione ; sopratutto se fa
vagiti del neonato, affinchè Saturno non avesse avuto mai sospetto di quella pietosa astuzia materna. Rea la scelse già per c
di Tebe Beltà famose Sémele ed Alcmena, D’Ercole questa genitrice, e quella Di Bacco de’mortali allegratore ; ………………………… OMER
ori. Infatti molti fra questi pretendono che una tal divisione, fosse quella che stabilirono fra di loro i figliuoli di Noè. A
dasse a bagnarvisi una volta l’anno. Si credeva anche che le acque di quella fonte avessero la strana prerogativa, di ritoruar
uesta la ragione per la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella dea, con uno di questi volatili a fianco. I greci
o moltiplici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella di giurare per Giove Pietra — Deum Lapidem — Gli
li De’magnanimi Teucri, e sulla pira Scagliandoli, destò del fuoco in quella L’invitto spirto struggitor, che il tutto Divoras
ta che andava ad attinger acqua ad una prossima fonte ; e attratto da quella confidenza che ispira sempre un volto sereno e gi
lto sereno e giovanile, Gordio le palesò il motivo del suo viaggio, e quella fanciulla, che era della schiatta degli indovini,
tà molto avanzata, pensò che era meglio sacrificare la propria vita a quella della moglie, ancor giovane e fiorente ; e lasciò
gentiliscono lo spirito. A cui d’arcanto la magion d’Amore Sorge con quella delle Grazie amiche Dive senza il cui nume opra e
are la memoria di questo fatto, innalzarono un altare consacrandolo a quella fra le tre Grazie, che presiedeva alla riconoscen
io composto, nel quale si riunivano, oltre la propria configurazione, quella di altre due divinità o genii, chiamati Siva e Vi
che arabe ripetono che essendosi una volta infranta la mano destra di quella statua, i Horaisciti gliene avevano fatta un’altr
 — Metamorf : Libro VIII, trad. di dell’Anguillara Da questo fatto, quella parte del mare Egeo fu detto mare Icario. La trad
lo, poco tempo dopo il diluvio di Deucalione, i Dattili, abitatori di quella montagna, osservarono che il ferro essendosi fuso
ro, il quale asserisce nelle sue cronache, che fu la madre degli dei, quella che insegnò agli uomini un così utile ritrovato.
d un cinghiale, Idmone ricevè una ferita, e morì poco dopo a causa di quella . Gli Argonanti lo onorarono di magnifici funerali
o battesse, oscillando, nelle pareti della conca. La prima maniera fu quella , secondo la tradizione, che adopero sempre Numa P
o figliuole di Agamennone ; e Omero ripete che Ifianassa, avesse nome quella principessa, che Agamennone mandò ad offerire in
vesse lasciato irruginire, e che dopo qualche tempo avesse stemperato quella ruggine in una coppa di vino, e ne avesse bevuto
fide camminava più spedito ; che il colorito del suo volto, lasciando quella tinta rosea propria della donna, acquistava un to
ama Erifile, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamennone e di Clitennestra. Ifigenia in Auli
l’inesorabile indovino, i greci si sarebbero un giorno impadroniti di quella città, che già tanto sangue costava alla Grecia.
ano ostacoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile era quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vigilanza
non è che la continuazione ed il compimento dell’idea informatrice di quella intitolata Ifigenia in Aulide. Tolta la principes
catore dell’indovino Calcante. Ma un giorno improvvisamente giunse in quella città, accompagnato da Pilade, Oreste fratello d’
tempio a lui consacrato, perchè la tradizione asseriva che le api di quella montagna avevan cibato Giove bambino del loro mie
vano la costumanza adottata da tutti gli altri abitanti della Grecia, quella cioè, di mettere nelle labbra dei loro morti, una
me ai misteri di Cerere, perchè bisognava essere iniziato al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di Cadmo
non ancora placata dalla morte di Semele, perseguitò Ino, sorella di quella , per aver preso cura del piccolo Bacco, figlio di
ingendo di ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove di chi fosse quella giovenca e a qual mandra appartenesse ; e avendol
ste che l’avea prodotta la terra, Giunone chiese al marito di donarle quella giovenca. Giove suo malgrado condiscese alla inch
è fiduciava in Giove, e nel pensiero Fitto le stava un furto : si che quella Commise in guardia all’Aristorid’Argo. Ovidio — 
Ipernestra. — Una delle cinquanta figliuole di Danao, e propriamente quella che si ricusò di uccidere il suo sposo nella prim
arola greca ιππος che significa cavallo, si dava codesto soprannome a quella Minerva ritenuta comunemente come figliuola di Ne
gl’Ippocentauri, che avevano nel tempo stesso della natura umana e di quella del cavallo. È a notare per altro che non sono po
reni, perchè abitatrici del monte Elicona sulla cui sommità scaturiva quella fontana. La tradizione storica narra che Cadmo il
rodusse in Grecia le scienze fenicie, fosse stato il primo a scoprire quella fontana, che fu per questa ragione chiamata fonte
fosse stato ammesso in cielo fra le castellazioni, e propriamente in quella conosciuta sotto il nome di Boote, ossia condulto
in memoria dell’ amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene.
crittore avevano, nome Ocipeta ed Ello. Iride era similmente chiamata quella divinità dei pagani, che essi ritenevano come la
dei pagani attribuiva ad Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella di abbigliarla e di purificarla coi profumi tutte
greca questa parola vuol dire tempesta ; ed infatti l’apparizione di quella meteora non si rende visibile alla terra, se non
i larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco di quella città avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte copiat
e indicata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale era quella di Dea Universale, secondo asserisce il cronista
ipete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante la celebrazione dei suoi misteri, fu
nta che avendo Cadmo ucciso a colpi di freccia, il dragone custode di quella fonte, e sospettando che quelle acque fossero avv
consisteva nel tagliare a pezzi la carne del morte e frammischiarla a quella degli animali portati in dono, ed egualmente tagl
eno è questa la opinione più generalizzata ; sebbene è assai discorde quella degli autori antichi sulla paternità d’ Issione.
legna e di carboni accesi, sul luogo del passaggio, Deioneo cadde in quella e vi perdè miseramente la vita. Immenso fu l’orro
re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe nel governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste in onore di Venere 
fra tutti i greci quelli che si astenevano dal recarsi in Corinto, in quella occasione ritenendo per fermo quanto un’ antica t
enia, per un magnifico tempio che egli aveva sul monte Itome vicino a quella città. Un’antica tradizione non molto generalizza
ro a Giove Itomato, vittime umane ; e che certo Aristomene, nativo di quella città avesse fatto una volta svenare in un sacrif
nò, secondo era suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe che quella unione gli sarebbe tornata funesta, fece sposare
lidi e mosse con essi alla volta di Atene, onde fare che Teseo, re di quella contrada, avesse preso i discendenti del morto er
ro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di Atene, della qual
di tener nascosta la colpa d’amore, abbandonò il proprio figliuolo in quella stessa grotta, ove lo aveva partorito ; ma per qu
izzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece di bere il vino di quella coppa, ne fece offerta agli dei, spargendo il liq
esso, in cui l’avea riposto la madre al momento d’abbandonare Jone. A quella vista, Creusa levò un altissimo grido e slanciand
. — Divinità indigena del Giappone, e propriamente di alcune città di quella contrada. I giapponesi, individualmente parlando,
landesi, le quali parlano tutte di tre donne che prendono possesso di quella contrada, dànno il loro nome a varii luoghi di es
e che sopraintende alle nozze dei fiori. Nelle tradizioni storiche di quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi Scandina
enti, la mammella che si offre alle sue labbra e fa che il veleno che quella rinchiude filtri nelle vene della gigantessa che
suprema autorità in Corinto ; e sarebbe stato riconosciuto come re di quella contrada. Infatti, poco tempo dopo, Labda si mari
i dodici re, che secondo la tradizione storica, regnarono insieme su quella contrada. Sorgeva questo famoso monumento vicino
li abitualmente veniva raffigurato il padre degli dei, si venerava in quella città la statua di lui con una scure nella mano.
tarono invece di scettro, fino al tempo in cui Candaule, ultimo re di quella contrada non cadde in potere dei Carii, i quali i
ittà di Sparta. 2403. Lachesi. — Una delle tre Parche, e propriamente quella che torceva il filo della vita. V. Parche. 2404.
improvvisamente il censore Flacco, i suoi contemporanei ritennero che quella morte fosse avvenuta per vendetta di Giunone Laci
to saccheggiò la città di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quella , agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e segnatamen
per le due parti, gettava ai corvi una focaccia, egualmente simile a quella gettata dal rappresentante del partito avverso. I
scordie di partiti, abbandonarono la loro isola nativa per recarsi in quella città di cui esse ignoravano l’interna agitazione
a da Callimaco, innanzi ad una statua di Diana in Atene, e ripete che quella lampada veniva riempiuta d’olio una sola volta l’
itanti di accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla statua di quella dea, ritenendola come inventrice delle arti. Anch
mandra affidata dal Sole alla custodia di Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa portò querela di ciò al suo immor
loro predestinata città, Laocoonte, colpito dalla enorme grandezza di quella macchina e paventando un’insidia, cercò di persua
degli dei si scatenarono sull’Epiro con tale rapidità che ben presto quella grande contrada fu quasi deserta. E quell’istesso
Ninfa Giuturna il tuo marito amante. Giove ne freme : ed a lei toglie quella Lingua, cui così male essa governa ; A Mercurio d
roposto di vedere la magnifica statua che Prassitele avea scolpito di quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava di vedere
alla parola latina latere, nascondersi, essendosi Saturno nascosto in quella parte d’Italia, dove regnava Giano, allorquando G
sone rilievo d’una statua di Nemesi, Leda in atto di condurre Elena a quella dea. Pausania pretese che Leda altro non fosse se
anni Han volto il giro, alfin son qui chiamate Di Lete al fiume, o’ n quella riva fanno Qual tu vedi colà, turba e concorso. D
. I più illustri cittadini ritenevano come un onore essere invitati a quella cerimonia, e in tale occasione lasciavano la port
otea si rese famosa per la sua stupenda bellezza, che vinceva d’assai quella della madre di lei, ritenuta anch’essa come una d
tà consacravano i giuochi della infanzia. Plauto chiama dea Lubentina quella divinità che permetteva di fare tutto ciò che pia
quale sarebbe il destino della loro città, la risposta del dio fu che quella sarebbe stata distrutta non appena il Sole avesse
Linfe abitatrici del monte Libetrio, nelle circostanze di Elicona. Su quella montagna scaturiva la fonte chiamata Libetride, l
che moriva. I ministri del tempio, che erano incaricati a riscuotere quella specie di tributo, segnavano su di un apposito re
agliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerriera lancerebbe un sass
i egizii, che erano un popolo eminentemente superstizioso, avevano in quella città tanta venerazione per quegli animali, che n
vio di Deucalione, i pochi uomini scampati alla morte si riunirono su quella montagna, e forse spinti dal bisogno di farsi un
he se queste venissero trasportate nella Lacedemonia, gli abitanti di quella contrada, e sopratutto gli spartani, avessero pot
ersi sciolti dal sacro giuramento, e avessero ricusata nell’ avvenire quella docile obbedienza che fino a quel giorno, avean t
contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di quella Liguri. 2527. Ligodesma. — Dalle due parole grech
e a Diana Ortia, perchè un’antica tradizione ripetea che la statua di quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, avvinta
o Rea, moglie di Saturno, quand’ ella partorì Giove, avessero fatto a quella dea le abluzioni. 2531. Limenetide. — Soprannome
latino limen, si dava la denominazione anche femminile di Limentina a quella divinità che presiedeva alla custodia delle porte
orghi. Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse di gran lunga quella di Pindaro, Linceo vedeva fin nelle viscere della
madre di Narciso. La tradizione dice che Liriade dette il suo nome a quella fonte, ove il bellissimo suo figlio morì annegato
dire di Euripide, così avea nome una delle tre Furie, e propriamente quella che ispirava il furore. Fu a questa Furia che Giu
a onorato quel dio sul lido del mare. 2551. Lituo. — Così si chiamava quella specie di bastone augurale, ricurvo ad una delle
mente in Roma sotto il nome di Ajo Locutio. Aveva un tempio famoso in quella città, e propriamente nella via Nuova. V. Ajo Loc
e anche in Egitto ; e forse la grande somiglianza che il nocciuolo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le sue
di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le sue foglie con quella della lingua, è la sorgente di tutta l’arcana con
do. Quai mortali il paese alberghi e nutra. Partiro, e s’affrontaro a quella gente, Che, lunge dal voler la vita loro. Il dolc
Idi di Luglio, ricadeva la festa annuale di Castore e Polluce ; ai 23 quella della dea Lucina Olimpica — vedi Lucina — ai 25 s
ne, l’appellativo di dio Luno deriva dal vocabolo greco σεληνη che in quella lingua rinchiude in sè stesso il significato tant
tributato al dio Luno dai pagani, una strana e ridicola congiuntura ; quella cioè, durante i sacrifizi che si facevano al dio
e per mostrare la promiscuità dei due sessi, attribuiti in generale a quella divinità. 2569. Lupa. — Secondo la tradizione pop
Lo storico Servio dice, che il nome di Lupercale le veniva per essere quella grotta scavata nel monte Palatino e consacrata a
dal pastore Faustolo. a principio del regno di Romolo. In memoria di quella festa e dopo il convito che si dava in tale occas
derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittarono di quella congiuntura per fare il colpo. Però i due fratell
niti. — Eretici che professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella di Caino, e di tutte le persone descritte nei lib
ella loro setta. 25. La processione dell’ Assunzione, e propriamente quella che si esegue nella città di Messina, ha luogo il
, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che furono tanto quella che questo favorevoli allo strenuo sviluppo dell’
ti scrittori sacri, onde riportare citazioni dirette, tratte tanto da quella . che da questi ; ma non consentendoci lo spazio u
2 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
ndo ai dì che furono, quando egli duce dei più degni Eroi, varcava su quella incogniti mari. Ma un giorno, come volle il suo f
stessa nave, che i poeti asserirono assunta in cielo e trasformata in quella costellazione che ne porta tuttora il nome, e nel
state altre anche avanti. Si può bene ammettere che fosse la prima di quella particolare ed egregia costruzione, ma non già ch
amo dalla Storia della scoperta dell’America, che anche i selvaggi di quella parte del mondo adopravano piccole barche formate
il suon della cetra e i nautici canti, comincia a sospettare che sia quella una nuova invenzione maravigliosa dell’umano inge
nto della spedizione degli Argonauti, nessuna divenne più popolare di quella del fiero carattere di Medea. I Drammatici Greci
ento invoca Dante le Muse a dare alla sua poesia una efficacia pari a quella di Anfione : « Ma quelle donne aiutino il mio ve
dice Ovidio81, egli ebbe a provar la più crudele sventura domestica, quella cioè di perder tutti i figli per colpa e in puniz
onorevole sepoltura ; e la sua lira fu presa dalle Muse e cangiata in quella costellazione boreale che ne porta tuttora il nom
eggio tra gli Dei nel Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles, che in quella lingua significa reso illustre da Era, ossia da G
e, ma che induceva all’oblio dei proprii doveri e della fama, preferì quella ardua e malagevole della Virtù che guida al bene
d Ulisse : « Io e’compagni eravam vecchi e tardi, « Quando venimmo a quella foce stretta, « Ov ’Ercole segnò li suoi riguardi
Cerbero arrivato all’aria aperta sparse sul terreno la sua bava, e da quella ivi nacque la pianta erbacea chiamata Acònito, da
serpente. Infatti combattè anche sotto queste due forme, oltre che in quella di Nume fluviatile ; ma Ercole avvezzo a strangol
o sentendosi mortalmente ferito si vendicò col persuader Deianira che quella sua veste insanguinata sarebbe un talismano per c
rebbe un talismano per conservarle l’affetto di suo marito. E infatti quella veste o camicia di Nesso fu in ultimo la causa de
cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quella tunica, ma era sì aderente alla pelle che ne veni
n tutto il cortèo dei pianeti è attratto da forza preponderante verso quella costellazione. Le Belle Arti non si sono mai stan
uello cioè da cui nacque la bella Elena, la quale fu la vera causa di quella guerra, come vedremo97. Castore e Polluce dieder
i tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque nel mese di maggio sotto quella costellazione : « O glorïose stelle, o lume preg
ante rammenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la sua paura a quella di questo giovanetto, « …..quando Icaro misero l
e’suoi primordii, avesse un’aureola di poetica gloria non inferiore a quella di Ercole ; e perciò a forza d’invenzioni favolos
sulsi prodigii, scrivendo la vita di Teseo per farne il parallelo con quella di Romolo, si trova molto impacciato a sceverarne
ifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quella clava la portò sempre come il suo primo trofeo, a
orte ; così pur Teseo andò gastigando i ribaldi usando contro di loro quella violenza che essi usavano contro degli altri ; on
se in idea di tentare. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proser
regina delle Amazzoni a lui concessa da Ercole per averlo aiutato in quella guerra. Da Ippolita (secondo alcuni chiamata Anti
ricuopre nell’Inferno le anime di Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma « ……. par surger dalla pira « Ove Eteòcle
ione, si nascose. Ma Polinice a cui stava a cuore che non mancasse in quella impresa un così saggio e provvido capitano, regal
sto, il solo dei Sette Prodi rimasto in vita, quantunque per causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed un
fortunato e divenne tanto potente che estese il suo dominio su tutta quella penisola della Grecia che ora chiamasi Morea, e c
o per fermo, « Si ristorâr di seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella oscura valle « Languir gli spirti per diverse bic
nde (variamente narrate dai tragici) potè formare un piccolo regno in quella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dall
parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera causa di quella guerra. LVI La città di Troia e i suoi re
Troia e i suoi re Dalla Grecia convien passare all’Asia Minore, in quella parte che chiamavasi Frigia, presso le coste dell
ito grecista tedesco, il Dott. Schliemann avendo fatte escavazioni in quella regione perfino alla profondità di 14 metri, è gi
di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte delle rovine di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente per le
costellazione o segno del Zodiaco in cui fu cangiato Ganimede : « In quella parte del giovinett’anno « Che ‘lSole i crin sott
ato gli Argonauti sulle coste della Misia, come dicemmo, e percorreva quella regione limitrofa alla Troade. Avuta notizia dell
uello. Così Paride divenne principe reale, e perciò di nascita pari a quella di Elena ; e come fanno tutti i giovani principi
menticando il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e a quella diè di piglio, quando appositamente Ulisse fingen
o, cioè questo culto o sacrifizio, e trasportò altrove Ifigenia, e in quella vece sostituì per vittima una cerva. Finalmente d
dunque cantò nell’Iliade l’ira di Achille e le funeste conseguenze di quella . Il poema comincia dal narrare la causa che produ
volere un’altra schiava in compenso, diversamente toglierebbe a forza quella che più gli piacesse a qualunque degli altri capi
chio re Priamo, che inginocchiatosi davanti a lui gli bacia piangendo quella mano che gli uccise il figlio, e lo prega singhio
e sparger di balsami quel deformato cadavere, obbliga Priamo a dormir quella notte nella sua tenda, e la mattina gli fa trovar
a mise in opera subito una di quelle freccie saettando Paride, che di quella ferita morì. La qual morte del rapitore di Elena
sacerdoti facevan credere al volgo che lo spirito di Mènnone animando quella statua tramandasse quei suoni per salutare il Sol
lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il nome di Antenòra a quella divisione dell’Inferno in cui son puniti i tradit
dava segretamente a portar cibo al piccolo Astianatte rimasto solo in quella tomba, e si tratteneva con lui più che poteva per
dissimo Pilade, che più e più volte espose la propria vita per salvar quella dell’amico. Spinti dalla tempesta nella Taurica C
a Chersoneto (ora Crimea) furon consegnati a Toante re e sacerdote di quella regione, il quale sacrificava all’idolo di Diana
i, e ricoveratasi presso una sua parente a cui era morto il marito in quella guerra, fu, per ordine di essa, soffocata in un b
uggere quest’ultimo avanzo di Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella nazione era stata dannosa agli stessi vincitori.
ol rimanente della flotta greca capitanata da Agamennone, e diviso da quella per violenza di una tempesta, Ulisse fu spinto ad
anto di una Sirena, alla quale fa dire, tra le altre cose, ch’ell’era quella stessa che attirò Ulisse a passarle vicino per ud
insieme co’ suoi compagni in una tempesta. E quest’ultima opinione è quella che segue Dante nella Divina Commedia. Anzi è qui
l’Inferno, e fa raccontare a lui stesso la sua fine (molto diversa da quella che narra Omero), affinchè sembri più vera ; ed è
anza una montagna bruna più alta di quante mai ne avesse vedute, e da quella nuova terra nacque un tal turbine, che fece affon
un’intera selva infernale, immaginando cioè che in ciascun albero di quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo l’anima
to si uccise per disdegno144. Ma in qual modo si accorgesse Dante che quella selva era animata, e venisse poi a scuoprire in u
capi che dall’altro geme, « E cigola per vento che va via ; « Così di quella scheggia usciva insieme « Parole e sangue : ond’i
selva incantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima di quella di Dante, affinchè non perdano nulla del loro pre
delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenza l’orrore di quella , negli alberi della quale « Non frondi verdi, ma
nella foce del Tevere, allora chiamato il fiume Àlbula, si avanzò in quella regione che doveva divenir sì celebre nella stori
e. Si aggiunse dipoi che un Genio andò ad abitare e a dar responsi in quella caverna che si continuò a chiamare l’antro di Tro
 iii, 9ª), che Medea uccise e fece a pezzi il suo fratello Absirto in quella regione, e che la città ivi dipoi fabbricata dai
oncava la vita ai giovani a cui toglievasi il sangue senza prolungare quella dei vecchi a cui s’infondeva) fu posto in pratica
to stesso argomento (poichè si tratterebbe di un’epoca meno remota di quella eroica), parlerò qui brevemente della principal m
rive del fiume delle Amazzoni. In Mineralogia fu chiamata Amazzonìte quella specie di pietra preziosa (feldspato) ordinariame
a quel gran fiume. 88. I Mitologi dissero che Espero fu cangiato in quella stella omonima che prima comparisce la sera dalla
ii De Finibus, narra quanto fosse ammirata ed applaudita dal pubblico quella scena della tragedia di Pacuvio, in cui Oreste e
Pacuvio, in cui Oreste e Pilade gareggiano a dar la vita per salvare quella dell’amico, quando Egisto voleva sapere chi di lo
incere posse, » Pirro è chiamato Eacide, alludendosi allo stipite di quella dinastia, che fu Eaco, avo di Achille. 139. La
. Perciò usa il pronome di genere femminile. 161. Alcuni credono che quella celebre statua detta comunemente il Gladiator mor
le parole Dies iræ, è rammentata l’autorità della Sibilla insieme con quella di David : Teste David cum Sybilla. 164. Tra le
ybilla. 164. Tra le più celebri pitture delle Sibille basterà citare quella di Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta di Font
a di Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta di Fonte Giusta in Siena, quella del Guercino nella Tribuna della Galleria degli U
del Guercino nella Tribuna della Galleria degli Uffiizi in Firenze e quella del Razzi nel palazzo della Farnesina in Roma. 1
3 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ch’essa è, essendo io pur certo che il portarlo in fronte aggiungerà quella vaghezza ed eccellenza che manca all’umile mio de
dell’oro. Satùrno adunque, discacciato dal regno, si ricoverò in quella parte d’Italia, ove fu poscia edificata Roma, e c
e le future cose non meno che le passate conosceva. Satùrno ammaestrò quella rozza gente a coltivar la terra, a seminare il gr
la pace e la guerra, e che a suo talento or questa ne fa uscire ed or quella . Virgilio (2) al contrario finge nobilmente, nel
la madre che da Giove fu cangiata in tiglio ; percui filira si chiama quella pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno
il culto di Cibèle fu portato da Creta nella Troade. I sacrificii di quella Dea si celebravano con tumultuose grida ed ululat
le mani. Mida, re di Frigia, ritrovò i modi Frigii, o sia il suono di quella cornamusa (tibia), sulla quale i Coribanti cantav
come in sua sede, il fuoco, secondo i Pittagorici. Altri vogliono che quella figura rappresentava la terra che credevan gli an
ν) che significa cadere, perchè quivi cadde dal cielo un simulacro di quella Dea ; Dea turrita et turrigera, perchè la prima d
satirici, o perchè ritrovati in Italia che dicevasi Saturnia ; o per quella specie di malignità che si attribuiva a Satùrno.
n costellazione, ed al corno donò virtù di provvedere abbondevolmente quella ninfa di ogni cosa, che a lei fosse piaciuta. E q
cese una flaccola al fuoco del sole, e con questo fuoco celeste animò quella sua mirabile statua. Oltre a ciò agli uomini donò
onte Ossa, ed all’Ossa, il Pelio. Allora Giove con un fulmine abbattè quella superba congerie di monti, che ben tre volte avea
ona l’immortalità, e credevasi di una dolcezza nove volte maggiore di quella del mele. Il Nettare poi (da νη priv. e κτεινω, o
erva ; e questa fu la pelle della capra Amaltea che allattò Giove ; o quella del mostro Egis, ucciso da Minerva. Anche gli alt
ome in uno specchio ; e l’eroe guardandola e prendendo colla sinistra quella chioma serpentina, le recise il capo, e fuggi a v
, pareva aspettarsi grave sventura. Fermò Persèo il suo volo vicino a quella vergine infelice, ch’era Andromeda, fig. di Cefèo
le il capo, portollo in Grecia qual trofeo da servire di spettacolo a quella gente. Si dice che in Africa vi sia un animale, f
e disse l’oracolo non potersi liberare, che dopo di aver dato a Minos quella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un
ostrando che a’ mortali niente è disdetto, trovò il modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1), di ce
di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio, dal quale ebbe quella famosa lira che altri vogliono ricevuta da Apollo
nda, e diede il nome all’Arcadia stessa, detta prima Pelasgia, ch’era quella parte del Peloponneso da’ poeti tanto decantata p
dormire si chiudevano, mentre gli altri erano aperti alla custodia di quella stranissima vacca. Da Euripide però si chiama Pan
icò una città detta Dardania, che fu pure il nome da lui dato a tutta quella regione. Dopo Dardano regnò Erittonio, che Omero
he presso al tempio si divideva in mille rigagnoli, era la cagione di quella verdura, cui Properzio aggiunge un freschissimo a
senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al quale era quella favolosa fontana, di cui le acque allo spuntar de
i i Sacerdoti di quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or in quella città era una selva tutta di querce consacrate a
ievano e comunicavano alla credula gente(3). Alcuni(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di un
iezza della fronte rilevata e quasi gonfia ; ed alla chioma che, come quella del leone, gli scende giù dal capo. Il Winckelman
Ultore non potea sempre figurarsi con quel sembiante tranquillo e con quella fronte serena che addita la serenità del cielo. S
e col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come quella che versava il nettare agli Dei ; e pasceva di am
o peso ; e che per ciò quel Nume mandò prima la guerra di Tebe, e poi quella di Troia. Percui le guerre più che i fulmini e le
furon due monti della Tessaglia, de’ quali si favoleggia ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella di tal nome, i
li fatto avea a Saturno. Fece adunque che Peleo, suo nipote, sposasse quella Dea ; alle quali nozze furon invitati gli Dei e l
i Ulisse, desidera che dalle insane onde del mare fosse stata coperta quella nave che portò a Sparta il fatale figliuolo di Pr
, cioè dell’aria, Eolo signoreggiava i venti, perchè l’aria agitata è quella che li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il q
seo Strozzi, pe’ tratti della bocca giudicar si può sicuramente esser quella una Giunone. » Massimo Tirio(1) dice che Policle
ελεια, Iuno praeses nuptiarum (a τελος, matrimonium) ; Domiduca, come quella che accompagnava la novella sposa alla casa del m
allocco, a Giunone. Questo difatti è l’aquila della notte, e il re di quella tribù di uccelli che temono la luce del giorno e
sa che gli antichi aveano Minerva per la memoria, o per figliuola di quella . Questa Dea poi chiamavasi Pallade (Pallas), da u
e ben affilata sta innanzi a Giove e da lui riceve il comando che con quella gli aprisse il capo ; e che Vulcano, dopo lungo r
el mondo e più vicina al cielo, come argomentavano dal gran calore di quella regione ; e quivi nelle acque della palude Triton
iò, e paga di se volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicinanze di quella palude, nel giorno natale della Dea, molte vergin
i Beozia, nacque Minerva ; e che un Beozio chiamato Alalcomeno allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avor
l’intelletto stesso e la provvidenza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a q
siodo dice che quella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a quella del Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Min
roia. Per aver egli profanato il tempio di Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran for
avigazione ed al corseggiare, si studiò a suo potere d’introdurre fra quella gente il culto di Minerva, o sia l’amore delle ar
ne, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma
Aracne, e dispettosamente colla spola le percosse la fronte ; percui quella , non sofferendo sì villano oltraggio, volle finir
pur non lascia di esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttavia quella tela di sì mirabil lavoro. Ed in greco aracne vuo
o la direzione della Dea della sapienza ; perchè la divina sapienza è quella che le umane menti dirige nelle memorande ed util
a che le umane menti dirige nelle memorande ed utili scoperte, qual’è quella delle navi. Prima della spedizione degli Argonaut
delle Muse, e Platone dice che i più antichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si sa che il sistro era sua invenzione. C
e nella scrittura geroglifica significa un soldato, era il simbolo di quella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da Iside ;
nto ad età adulta e fattosi padrone di Atene, fabbricò sulla rocca di quella città un tempio a Minerva ed istituì le feste Pan
dell’Attica in una città ; e perciò vi erano ammessi tutt’i popoli di quella regione. I Romani in onore di Minerva celebravano
simo Tirio(3) dice che Fidia rappresentò Minerva in nulla inferiore a quella di Omero, cioè in sembianza di una vergine avvene
rte, e dall’altra, la pugna degli Dei e de’ Giganti ; e su le scarpe, quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita
cava la fortezza d’Ilio, l’oracolo comandò di costruirsi un tempio su quella rocca per custodirvi gelosamente quella prodigios
dò di costruirsi un tempio su quella rocca per custodirvi gelosamente quella prodigiosa statua, perchè la città sarebbe stata
posta parte del tempio di Pallade ch’era nella cittadella, allogarono quella statua ch’esser dovea la fatale custodia della ci
tempo dell’assedio di Troia, sapendo i Greci che il Palladio rendeva quella città inespugnabile, Ulisse, e Diomede per le clo
lmente, e non le lasciava luogo a partorire. Callimaco(2) afferma che quella bestia con nove giri circondava il Parnaso ; e St
ggetto questo Nume per la catastrofe di Fetonte, o secondo altri, per quella di Esculapio. Da Climene, fig. dell’Oceano e di T
l capo e le orecchie, a tutti, fuorehè al suo barbiere, tenne occulta quella ignominia. Il quale mal potendo tenere un tal seg
piangente. In Firenze vi è un’antichissima Niobe co’ figliuoli, forse quella trasportata dalla villa Medicea di Roma, opera d’
con molti sacrificii l’ira di Apollo ; il quale, volendo liberare da quella peste il campo del suo sacerdote, in sembianza di
e l’audacia di tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali, simile a quella delle piche, è il vero tormento delle dotte orecc
ebo dice : E volendone a pien dicer gli onori Bisogna non la mia, ma quella cetra Cou che tu dopo i gigantei furori Rendesti
li studii campestri. Nel bassorilievo dell’apoteosi di Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in atteggiamento di recita
l sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le quali se facevano un certo strepito,
a profetiche risposte dal sacro tripode ch’era posto sull’apertura di quella grotta. In questo tempio scrissero gli antichi a
grand’opera, dimandarono al Nume un guiderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che gli fosse sembrata di loro maggior vanta
a fatta per tenervi bicchieri, appellata delfica, perchè era simile a quella mensa o tripode, sopra del quale la Pitonessa dav
ran che liete ; e s’eran triste, esso taceva. Da una caverna vicino a quella città uscivan venti che ispiravano un furore divi
ure insigne, ed uno de’sette a Tebe. Prevedendo che se andato fosse a quella guerra, vi sarebbe morto, si tenne celato a tutti
mura di Troia, con gran voce diceva ch’egli solo bastava ad espugnare quella città infelice. Sdegnato di ciò Apollo prende la
ig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo di Pausania mostravasi ancora
uello di questo strumento. Il dice Ovidio(3). Quando fè fare Alcatoo quella torre, Chiamò fra gli altri Apollo a dargli aiuto
non fu muto ; Ma da marmo o d’acciar percosso alquanto Puro rendea di quella cetra il canto. Anguillara. Era pure Dio tutelar
m. Colla virtù di quest’erba sciolse Ulisse l’incanto, ed ottenne da quella ninfa che i compagni ritornassero alla primiera f
alla Sicilia, avea divorato alcuni compagni di Ulisse ; e da ciò pure quella rabbia Scillea di Virgilio(1). Circe ancora(2) av
ortava le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica s
sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole allorchè le circondano
rni della Campania presso Baia e Pozzuoli, che abitava negli antri di quella contrada. In un antro dei Cimmerii Ovidio alloga
i, della Luna con Endimione, voleva significare in linguaggio poetico quella specie di commercio che la Divinità tiene cogli u
a promettere con irrevocabile giuramento ; ma non sostenne l’infelice quella grandezza e morì o pel timore di una folgore che
grande ; e fra’monti, il Mero consacrato a Giove ; e ch’era fama, in quella esser nato Bacco, ed in un antro di detto monte e
suoi incantesimi restituito avea Esone alla primiera gioventù, pregò quella famosa maga a far lo stesso colle ninfe che nudri
covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto a morte crudele da quella fiera. Del grandissimo pianto de’ genitori e dell
ertiti in delfini ; ed Acete, ricevendo il premio della sua pietà, su quella nave portò a Nasso il nume, suo benefattore. Luci
nti. A terrore delle altre si finse che Bacco le punì severamente con quella trasformazione. Conviene dire che i sapienti regg
are per varie nazioni e dirozzarle non colla forza delle armi, ma con quella dolce e potente dell’eloquenza e della musica(2).
ombattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ quali fu accolto come una divinità
tor glorioso. Molti monumenti rappresentano il trionfo di Bacco, dopo quella famosa spedizione, di cui han cantato tanti poeti
di Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Creta per pugnare col Minotauro, quella giovane principessa gl’insegnò la maniera di vinc
onduce a stento. In memoria de’tre anni che il nostro nume impiegò in quella spedizione, istituì le feste trieteriche, che si
gli altri commensali, commise a zioni molto indegne, specialmente di quella lieta circostanza, per cui fu maltrattato in modo
me un coro di Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, forse di quella specie, che anche mordendo, non nuoce. Altri dico
ole del mediterraneo e nella Grecia, vi recarono eziandio il culto di quella dea. Essi dovettero in prima fermarsi a Cipro ch’
nascere un fiore che Bione crede essere la rosa, per ciò consacrata a quella Dea ; ma che Ovidio dice essere l’anemone, fiore
i Atalanta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfosi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re di Arg
ries. Que’ pomi d’oro che Venere donò ad Ippomene, erano consacrati a quella Dea e si custodivano negli ameni orti delle Esper
la finale distruzione di Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla di quella città sventurata ; mentre Venere pone in opera tu
in Italia ; l’ira di Giunone a tutto potere volea tenerlo lontano da quella regione ; e Venere dovè proteggerlo dall’odio ost
avea questa Dea nella Grecia ; il che dimostra che il culto di lei da quella città dovè passare nella Grecia stessa. Era ivi a
e, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in cui ved
bellezza, descritta elegantemente da Luciano. Plinio (4) afferma che quella statua non solo di tutte le altre opere di quell’
rassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed alla quale fu debitrice quella città della sua rinomanza e del concorso de’ fore
e le mani candidissime il prezioso tesoro di bionda chioma ; e mentre quella spremeano, parea che da nugola d’oro diluviasse p
se così bella cosa alla terra ; e Nerone nel suo principato invece di quella ve ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò un’alt
fig. di Diane ; percui G. Cesare fu detto Dioneo, come discendente da quella Dea. Ericina, Erycina, dal monte Erice, in Sicil
ed il mirto erano consacrati a Venere ; ed anticamente i simulacri di quella dea si coronavano di rose(3). Ovidio(4) afferma c
e veggendo nello specchio delle acque la sua immagine, fu attonito di quella singolare e freschissima bellezza che non indegna
dole feroce e bellicosa, accortamente i poeti fecero nascere Marte in quella regione. Ma il culto di questo nume derivò dall’E
fecegli attribuire la virtù di diseccare, e quindi nella zona torrida quella eziandio di far morire. Da ciò venne che al dio M
l’ insanguinato Marte avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì nel collo l’im
preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed
artefice assai ingegnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella di porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ car
ebbe dirsi che questa superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassom
ssomigliavano que’ di Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima di predire il
eco, che ripeteva sempre le stesse canzoni. Altri però fanno derivare quella parola dal nostro Batto, il quale rispose a Mercu
d’ingegno, e perciò riputavasi maestro di ogni dolo e frode, cioè di quella scaltra accortezza che impone agli altri ed illud
arci che, giusta le parole di Cicerone (1), niun’altra forza salvochè quella dell’eloquenza potea o rassembrare in un sol luog
le mani di Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli Dei, e specialment
e. Il quale gl’ impone di recarsi a Calipso per indurla a liberare da quella specie di prigionia il divino Ulisse ; ed allora
ali dolcemente assonna, Quanti gli piace, e li dissonna ancora, E con quella tra man l’aure fendea. Pindem. Ad imitazione di
ro di pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e discordie. Con quella verga adunque egli divideva le contese ed accheta
la sua testa all’Orco inferno. Caro. Allora Giunone, avendo pietà di quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la quale
sca siffatto incarico ; ma la verga di Mercurio, dice Virgilio (4), e quella che ha sua possanza fin nell’inferno, e con essa
e della lotta, Palestra insegnolla a Mercurio, il quale in memoria di quella donzella, diede alla nuova arte della lotta il no
con un mantello alle spalle. Una delle più belle statue di Mercurio è quella del Museo Pio-Clementino, creduta un Antinoo, e d
to ciò che si vuole ; era la Natura o la madre universale delle cose, quella che produce tutti gli esseri. E però spesso chiam
avvenuta, perchè, a cagione del lungo volgere degli anni, mancata era quella virtù divina che quivi aveano le esalazioni della
tita dava gli oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più divina di quella esalazioni, le quali la mente muovono, e la rendo
ssero Satiri, o Pani, o Egipani. E si noti che timor panico appellasi quella subita costernazione che non può vincersi per alc
ngiata in palustre canna, di cui Pan formò la fistola che dal nome di quella ninfa fu detta siringa. Lucrezio (5) vuole che il
. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno di
o di canne, e col cipresso in mano. Orazio (4) lo chiama orrido, per quella incolta e selvatica sembianza propria degli Dei c
sso la città di Apollonia, fu preso un Satiro che dormiva a terra, di quella sembianza appunto, in cui viene dai pittori rappr
smofora. Si finse in Sicilia particolarmente venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la quale M. Cat
apoli fu detta Partenope dalla Sirena di questo nome, la quale presso quella ridente e deliziosa città ebbe la sua tomba. Seco
ce delle Sirene in linguaggio poetico ; i quali fra tanti sollazzi di quella corte perdevan la virtù e l’avere ; erano, cioè,
er l’ira di Cerere che volea ad ogni modo trovar la figliuola, aprì a quella Dea che nella sua isola prediletta non già, ma be
la dea, donò al fanciullo il vigor della vita ; di che fu lietissima quella famigliuola. E poscia l’amò tanto che volle con l
gricoltura ; e ciò fu prima in Atene, a tempo di Eretteo, sesto re di quella città. Poscia trascorse i paesi dell’Europa e del
ni anno nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più celebre era quella de’ misteri Eleusini, appellati i Misteri per ecc
i antichi ponevano una corona di spighe avanti la porta del tempio di quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un
scrizione dello scudo di Enea fatta da Virgilio sia mollo inferiore a quella del poeta greco. Anche lo scudo di Ercole descrit
ero parte alla prima, non mancarono di cercare argomento di gloria in quella caccia, giacchè ne’ tempi eroici la forza ed il c
di sì acerbo fato due sorelle di Meleagro furono da Diana cangiate in quella specie di galline che noi chiamiamo di Faraone e
ago o Greco, che fosse in quelle inospitali contrade capitato ; e che quella vergine credeva essere Ifigenia, di cui e di Ores
ora si consultò. Calcante, indovino, senza il cui consiglio non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da’Greci ; il quale
està di esso venerata dall’Asia tutta, anzi da tutto il mondo (2). In quella città adunque era il tempio di Diana Efesina, il
udine a deliberare se fosse stato meglio seguire la via della virtù o quella del vizio, mentre incerto e pensieroso medita sul
o per ciò istituiti celebri giuochi detti Nemei che si celebravano in quella selva. La seconda fu l’uccisione dell’Idra (lat.
o ferite immedicabili, del quale morì egli stesso. La terza fatica fu quella di portar viva a Micene la cerva Cerinitide che a
della Psofide. Alcuni dicono che l’avesse ucciso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e r
e eseguito, facendo passare il fiume Alfeo, o il Peneo, a traverso di quella grande stalla. Ma Augia, non volendo stare a’ pat
Augia (3), che vuol dire, fare un’opera d’immensa fatica. La sesta fu quella di purgare il lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli
i quali furon [dal nostro eroe colle saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono di campanelli di bronzo fatti da
le condusse ad Euristeo che le consacrò a Giunone. La nona fatica fu quella di togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle
meta, fig. di Euristeo, ch’era tanto vaga di possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisa
a i bellissimi armenti per offrirli ad Euristeo. L’undecima fatica fu quella di cogliere i pomi d’oro del giardino delle Esper
e coll’Acheloo, in cui Marte era dalla parte del fiume, e Minerva, da quella di Ercole. Uccise Eurizione, Centauro, fig. d’Iss
detto Tirinzio(1). Or viaggiando colla moglie Deianira per recarsi a quella città, e giunti al fiume Eveno che allora per mol
la, si recò a Trezene da Pitteo, che con fama di gran sapienza reggea quella città. Il quale, ricavando profitto dall’oscurità
ove per avere spiegato l’enigma della sfinge, ottenne la signoria di quella città. La Sfinge era un mostro che infestava tutt
veano nella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’idea de’ Centauri
ali nomineremo i principali ; Tifi, a cui Giasone affidò il timone di quella nave e che morì nel viaggio presso i Mariandinii,
ittà di Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade, poema inimitabile, che
ve Calcante, celebre indovino, senza il consiglio del quale non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da’ Greci, predisse
o stati ben dieci anni all’assedio di Troia, e dichiarò che Diana era quella che opponevasi al tragitto dell’armata nell’Asia
resso Ovidio(4) Venere dice a Nettuno che la sua potenza è prossima a quella di Giove. Egli dallo stesso poeta(5) chiamasi l’a
n solo la terra, ma lo stesso Plutone nella sua reggia, temendo che a quella scossa non si aprisse la terra e nel tristo regno
aperture fatte in essa sieno opera di lui, o sia del mare, al vedere quella famosa valle ognuno è indotto a pensare ch’essa s
do dall’ Etna, porta al mare gelidissime le sue acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi, su
diede un ferofante agli Eleusini fino a che fu fra loro il tempio di quella Dea. Molti altri figli ebbe Nettuno ; Ergino, che
tarono di nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto accorto di quella occulta virtù, per essa gettossi nel mare e fu co
no, ch’era composto di foche, animali anfibii che hanno voce simile a quella di un fanciullo, e di altri mostri marini : pereu
nckelmann dice che la configurazione di Nettuno è alquanto diversa da quella di Giove, avendo la barba più increspata, ed esse
ridente in mano. Una delle più belle statue di questo nume in piedi è quella del Museo Pio-Clementino. Sulle medaglie della ci
ce, ingelosita di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, ove quella vergine era solita stare al rezzo in sul meriggio
do giuravasi per la palude Stigia, o per l’Orco, fiume che nasceva da quella palude. Or questi nomi di Aide, Tartaro, Erebo ed
ltri recarono nella Grecia la dottrina dell’immortalità dell’anima, e quella della metempsicosi, e quindi l’idea di due luoghi
dere dal cielo non giungerebbe sulla terra che il decimo giorno, come quella che dalla superficie della terra si facesse cader
ll’infernale magione, ove folta nebbia esala dalla Stigia palude. Per quella via scendono le ombre di fresco uscite de’corpi c
me avvenir suole in tanti altri luoghi simili detti Plutonii ; che in quella contrada erano i Cimmerii e le lor grotte ; e più
oi, per ordine dell’imperatore Augusto, avendo Agrippa fatto tagliare quella selva e costruire intorno al lago degli edificii,
(4). Finsero inoltre i poeti che le ombre scendevano all’inferno con quella forma che aveano nel tempo della lor morte. Così
di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama di giustizia regnò in quella contrada che dicevasi Enopia o Enone e che Eaco s
ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egiziani erano soliti per quella palude traghettare i cadaveri de’ morti, che sepe
ore, dice il Banier, che Virgilio pone nell’inferno e particolarmente quella del Tartaro, prigione tenebrosa collocata nel cen
ita e della morte ; per cui non solo si chiamava Giunone Lucina, come quella che presiedeva alla nascita degli uomini, ma anco
l’autorità della regina dell’inferno, pure vuolsi credere soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti gli altri celes
sebbene la fatal sorte de’monarchi vi era scritta sul diamante, come quella di Cesare, in quella guisa che presso Claudiano A
te de’monarchi vi era scritta sul diamante, come quella di Cesare, in quella guisa che presso Claudiano A tropo sul diamante s
di Siracusa vedesi la testa di Proserpina che fu presa da alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie
4 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
er sapere come avrebbe potuto trovarla, ovvero per conoscere a che in quella sì ardua difficoltà dovea appigliarsi. La rispost
a giovenca, che avrebbe incontrato, ed ivi fabbricasse una città, ove quella si sarebbe fermata. Cadmo non molto dopo si abbat
la seguì sino nella Focide, ov’essa si fermò. La prima cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli Dei patrj di
cide, ov’essa si fermò. La prima cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli Dei patrj di quel luogo. Commise pe
olto lungi eravi un’antica boscaglia. In un antro, posto nel mezzo di quella , v’avea purè una fontana. Là si avviarono i Fenic
. Scorse a volo molte terre, finchè giunto alle spiaggie della Libia, quella deforme testa versò delle gocce di sangue su quel
ello di Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella giovine, di cui egli ne ambiva il possesso, assis
di coloro ne uccise, parte ne cangiò in sassi(a). Ovidio dice, che in quella zuffa si trovarono anche i due celebri Lapiti, Br
Uno pure gli venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, vicino a quella di Tebe(b), Dicesi per ultimo, che Perseo, Androm
tanto pericolosissima, promettendogli, che qualora fosse ritornato da quella , lo avrebbe collocato sul trono, che gli appatten
a tutto l’avvenente aspetto del Tessalo Eroe destarono nell’ animo di quella giovine ardente fiamma d’amore. Ella promise di a
stessa, con cui avea fatto il famoso viaggio, spirò sotto il peso di quella , che avea precipitato sopra di lui, come / Medea
sto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le sue frecce : dal che ne avveniva, che le ferit
igioniera, e la diede in moglie a Teseo, che lo aveva accompagnato in quella spedizione(d) (9). Plutarco dice, che quella Regi
lo aveva accompagnato in quella spedizione(d) (9). Plutarco dice, che quella Regina fu uccisa da Ercole(e). Augia, re d’ Elide
olione e da Attore(a) (10). Una ferita, ch’ Ercole aveva ricevuto, in quella circostanza gli si aprì, e lo ammalò. Volea egli
i padre nel non mantenere la parola data ad Ercole(d). Dicesi, che in quella guerra sia anche morto un certo Calcodone, ch’era
tore, perchè questi, essendo ancor fanciullo, non avea avuto parte in quella guerra(b) (14). Gerione, nato da Crisaore e dalla
figlio di Ebalo e della Najade Batea, avvenne che un cane, custode di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò contro
(b). Altri pretendono, che sia stata Caca, sorella del medesimo Caco, quella che scoperse ad Ercole il furto, fattogli da suo
o, perchè spesso dimorava in Tirinta, città del Peloponneso, vicina a quella d’Argo (c). Cicerone gli dà il nome di Prodicio,
tua era posta sopra una zattera, perchè gli Eritrei pretendevano, che quella fosse così arrivata da Tiro appresso di loro. Dic
oprio anche d’Ercole, perchè i di lui Oracoli alle volte si davano in quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a
, intrisa del proprio sangue, ne fece dono a Dejanira, dicendole, che quella avea la virtù di ravvivare le fiamme d’amor conju
iò Ercole, quando ritornò dall’ aver tolto i buoi a Gerione. Vicino a quella tomba Miscelo alzò, come l’Eroe avea vaticinato,
ubblicò, che il padre di Teseo era Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quella Reggia sotto l’educazione di un certo Connida(1),
di vedere Ercole, erano accorsi al palagio reale ; ma tutti al vedere quella pelle si spaventarono, eccettuato Teseo, che stra
eva arrestare anche Teseo, ma questi lo uccise, e portò sempre con se quella clava, come il primo trionfo della sua virtù(c)In
ire, onde assicurare il trono al figliuolo, ch’ella avea partorito in quella Reggia. Persuase quindi ad Egeo, che Teseo era un
onauti(b). Apollonio però soggiunge, che l’Eroe non poteva trovarsi a quella spedizione, perchè allora era ritenuto nell’Infer
, in cui Menelao ebbe a trasferirsi in Creta, e tanto seppe piacere a quella Regina, che la medesima, abbandonato il marito su
da terra ; ed egli solo con tutta facilità lo fece, e la gettò contro quella porta, che ne rimase fracassata(c). Filostrato di
te vecchio, ed eccitàto da’ di lui generosi doni, v’acconsentì(c). In quella circostanza Achille accordò pure a Priamo una tre
ero spinte verso Cartagine, dov’egli fu motivo, che Didone, regina di quella città(11) si desse la morte. Colei, all’udirlo ra
era partito. Stupì Enea, e venne in dubbio, ch’esso fosse il Genio di quella situazione(16). Egli si propose poscia di dissend
cortile della Reggia di Latino, diede occasione di presagire, che in quella Reggià era per giungervi moltitudine di forestier
rò, che somma gloria, accompagnata però da guerre, era per derivare a quella giovine. Latino allora volle consultare l’Oracolo
molarla al suo risentimento, e alle ombre di coloro, che per causa di quella guerra erano periti ; ma colei seppe così bene pe
iaste dello stesso Apollonio furono Cariclo e Filira, madre questa, e quella moglie di Chirone. Cresciuto il giovane nell’età,
eso da un Oracolo, che Achille sarebbe perito, se fosse intervenuto a quella spedizione, secretamente lo fece passare in abito
Fatalità di Troja, ossia tralle cose che doveano succedere, primachè quella città potesse essere presa dalle armi nemiche, er
oro prima capigliatura a qualche fiume. Peleo fece voto di consecrare quella di Achille allo Sperchio, fiume della Tessaglia,
la di Achille allo Sperchio, fiume della Tessaglia, se lo stesso dopo quella guerra si fosse felicemente restituito alla sua p
ci passassero per le sue terre(6). Non trovavasi rimedio che guarisse quella ferita, quando Telefo venne finalmente instruito
i Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille, quando egli prese quella città, e ne uccise il predetto Monarca(a). Il non
ene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi di quella giovine ; ma gli Dei fecero, che la terra si apri
enderla ; e già era per desistere dall’impresa, quando una giovine di quella città, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’
pari gli avvenne, mentre assediava Metimne nell’Isola di Lesbo. Anche quella città gli fece sì forte resistenza, ch’egli orama
l Nume, scoccò uno strale contro di Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la quale non era stata bagnata d
l tenero figlio, Telemaco, si finse insensato, onde non intervenire a quella guerra. Tralle varie stravaganze, le quali fece a
o ne’ prati di Troja, e avessero bevuto fiume Santo. Verso il fine di quella guerra le truppe di quel re etano per entrare di
o tempo dopo sofferì una nuova burrasca, per cui videsi trasportato a quella parte della costa d’Africa, che abitavano i Lotof
da lui nel paese de’ Ciconi. Il Ciclope non ristette dal trangugiare quella bevanda, finchè ne rimase ubbriaco. Avea trovato
regnava Circe. Alquanti de’di lui compagni si recarono al palagio di quella Maga, e nell’ingresso della Reggia vennero accolt
o Moli, ed eglino solo potevano facilmente raccorla. Entrò Ulisse con quella , e senza timore bevette alla tazza avvelenata, ch
ccorsero tutte le ombre per bere il sangue delle vittime, raccolto in quella fossa. Ulisse le allontanò, finchè giunse l’ombra
elle armi agli amanti di Penelope, affinchè si difendessero. Anche in quella circostanza Ulisse fu assistito da Minerva, la qu
voleva, che fosse lapi dato ; e Ajace avrebbe per certo soggiaciuto a quella pena, se non avesse promesso con giuramento di pu
e venuti in cognizione, che colei trovavasi in Afidna(2), assaltarono quella città, riacquistarono la sorella, e condussero vi
ci, conservatori, perchè quando presero Afidna, non vollero però, che quella città avesse a sofferire alcun danno dalle numero
rmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta di quella (c) (7). Panormo e Gonippo, giovani d’ Andania, ci
ina Dione, figlia di Atlante(c). L’impresa più gloriosa per Pelope fu quella d’aversi guadagnato in isposa Ippodamia, nata da
piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti, che rim
mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli di quegli Eroi, che in quella erano periti, presero nuovamente Ie armi per vend
sotto pena di morte, che fossero sepolti gli Argivi, rimasti morti in quella guerra, e perfino lo stesso Polinice, come quello
orità, ch’ella esercita sopra il vizio, giachè questo viene sempre da quella combattuto. La Virtù parimenti stringe una corona
e varie circostanze, in cui si trova. Consiglio. Il Consiglio è quella matura ragione ; per cui nelle difficili emergenz
e ; per cui nelle difficili emergenze si prende piuttosto questa, che quella deliberazione. L’aspetto del Consiglio è senile,
dipingesi in atto di calcare col destro piede la testa di un Orso, e quella d’un Delfino. L’Orso è iracondo, e il Delfino rie
mo sia erba bruschissima, e molto arida, tuttavia le Api pucchiano da quella il mele. Tale mostrasi anche il Diligente, mentre
ecrabili scelleratezze, ella fece ritorno al Cielo, e fu collocata in quella parte del Zodiaco, che si chiama la Vergine(a). A
l Triumviro che doveva eseguirne la sentenza, preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di lei san
donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il toccare la Statua di quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il qua
in atto grazioso un cuore. La candidezza del predetto augello indica quella di tale virtù, e il porgere graziosamente un cuor
eavasi al fresco dell’ aura, che usciva dalle gelide valli. Se talora quella non si faceva sentire, ei la chiamava con espress
a ha le gambe corte : vale a dire che in breve viene riconosciuta per quella ch’è. Il fascetto di paglia accesa significa, che
, che il Giuoco è per lo più fondato sulla sorte. Viene finalmente da quella agirato sopra una ruota, sotto di cui v’è un prec
ao ; ma soggiunge lo stesso Scrittore, che ambedue moritono, primachè quella fosse terminata. Giulio Cesare, dopochè s’impadro
rto Nerone, il quale avea tenuto il Popolo Romano in crudele servitù, quella Nazione rappresentò in monete e con statue la Lib
ti degli Antichi ciascuno faceva girare intorno alla mensa un ramo di quella pianta, e così invitava il suo vicino a cantare.
oma il primo tempio. La Fortuna poi col decorso degli anni divenne in quella città la Dea la più onorata, giacchè essa sola eb
fu soprannominata Prenestina (c). La forma del medesimo era simile a quella d’un teatro. Il Senato pure fabbricò presso la Po
salì sopra d’esso ; e il toro corse tosto al mare(e), la trasportò in quella porte del mondo, che dal nome di loi fu chiamata
esagire il futuro, e gli concesse una vita sette volte più lunga, che quella degli altri uomini. Altri dicono, che Tiresia rim
ittà di Orcomena, e vi fu tenuto come un Nume. La peste desolò alfine quella città, e l’Oracolo tosto ammutolì(d). Finalmente
ca, ch’erasi allontanata dalle altre, testè mentovate, gittò dietro a quella un grosso legno, che percosse in vece Elettrione,
ontò Giasone, lu detta Argo, perchè coloro, che secolui si unirono in quella spedizione, erano Argivi(e). V’ è pur chi pretend
ce, che Pelia avea ordinato ad Argo di adoperare nella costruzione di quella chiodi deboli, affinchè si perdessero tutti insie
banchi di sabbia, o gli scogli, i quali si trovavano sott’ acqua. Irs quella spedizione lo seguì pure il di lui fratello, Ida(
servato il prodigio, operato da Medea nella persona di Esone, chese a quella Maga il soccorso della sua arte per ringiovinire
pollod. l. I. (24). Le figlie di Pelia, come si viddero ingannate da quella Maga ; tale vergogna concepirono e orrore del lor
sempre fermo con sorprendente robustezza, finchè la bestia gli lasciò quella porzione di piede, per cui lo aveva afferrato. Di
per salvarsi dalla tempesta, ardì di sostenerla a forza di braccia da quella parte, ov’ essa precipitava, e vi rimase sepolto
ia. I Siciliani le eressero un tempio, e ne posero la statua appresso quella di Cerere(c). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Uni
onsisteva nel prendere vivo uno de’mostruosi avoltoi, che devastavano quella contrada, e aveano messo a morte parecchi uomini.
dì, che precedeva la Festa di Teseo. Quel giorno riputavasi sacro, e quella ceremonia si diceva Connidia(a). (b). Apollod.
a vita, e che il di lei figlio fosse di nuovo esposto. Nettuno cangiò quella misera madre in fontana, e mandò un altro giument
locata in cielo(d). Altri poisono di parere, che Bacco abbia ricevuto quella corona da Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la
a). Igino poi (b) e Pausania (c) pretendono, che Teseo abbia ricevato quella corona da Anfitrite, ed ecco come : tralle sette
dovino, che inutilmente aveva esortato i compagni a non intraprendere quella spezie di combattimento. Colpiti però costoro all
re presse a piangere il perduto figluiolo, formando colle sue lagrime quella rugiada, che sul crepuscolo mattutino per ogni do
torno(a). Cambise, sospettando che fosse opera di magia, fece rompere quella Statua dalla testa sino alla metà del corpo. Il r
saone era alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si segnalò in quella guerra, e finalmente restò ucciso da Licomede, un
nella Troade. Il loro padre tentò di dissuaderli che si portassero a quella guerra ; ma eglino nol ascoltarono, e vi perirono
ltello in una certa quercia, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella ruggine col vino, e di berne per dieci giorni. Se
perche dal di lei padre avea udito, che Protesilao sarebbe perito in quella guerra. Un altro Oracolo pure fece sapere, che av
faceva se non pastere la di loi affizione. Laodamia, amaroggiata per quella nuova perdita, chiese agli Dei, cae le fosse perm
dopo l’eccidio di Troja, e molto si addolorò, allorchè intese, che in quella guerra era perito Pirro, nato dal di lui figliuol
amante, figlio dello stesso Antenore, avea consegnata nelle loro mani quella città (d). Tra coloro, che in quella circostanza
avea consegnata nelle loro mani quella città (d). Tra coloro, che in quella circostanza tradirono la patria, Darete di Frigia
fflissero con fiera pestilenza. I Velini, avvertiti dall’Oracolo, che quella non sarebbe cossata, se non avessero placato i Ma
nne : quindi, tagliata la pelle in istrettissime striscie, occupò con quella tanta terra, che fu bastevole a fabbricarvi una b
vio (b), dice, che non Didone, ma la di lei sorella, Anna, concepì in quella circostanza amore per Enea. (a). Id. Acneid. l.
le sue quattordici Ninfe, di nome Dejopeia, per eccitarlo a suscitare quella nuova procella contro i Trojani (a). (15). Appre
opra i morti, e adattando la bocca e ogni altra peste degli uni sopra quella degli altri, faceva morire così di orribile infez
eamente diodesi in loro potere, ed offerì la propria vita per salvare quella dell’amico (a). (a). Virg. Aneid. l. 10. (22).
formata da Vulcano, e poi regalata da Giove a Dardano. Euripilo aprì quella cassa imitò la statua, e in pena della sua curios
timore d’ingannarsi non proferi parola ; laddove Mopso soggiunse, che quella era gravida di sei figli, tra’quali ve ne sarebbe
ccava ad essa l’iniziare i forestieri, i quali soleansi sacrificare a quella Dea(e). Sonovi degli antichi Scrittori, i quali a
l’ Attica, eravi un’antica statua di Diana, la quale credevasi essere quella , che fu rapita da Oreste. In quel tempio si celeb
ada sulla testa d’una vittima umana, e alcune gocce di sangue, che da quella si facevano uscire, erano in luogo di sacrifizio.
serpente, mentre Menelao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella puntura. Il re di Sparta, per onorarne la memoria
etto in Arsinoe, città del suo regno. Il di seguente non si trovò più quella chioma. Conone, celebre Astronomo di Samo, fece c
la di lui deserta città con una copia di abitatori, cotrispondente a quella delle predette formiche. Il re finalmente fu esan
in mare. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo morte
no di Laomedonte. Egli allora ebbe la gloria di penetrare il primo in quella città. Ercole, non potendo sofferire, che un altr
’ella era figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re di Megara. E’ questa quella , che diede alla luce il predetto Ajace(h). (a).
sa, che, superati da Enomao, ne rimasero anche uccisi. Cadde morto in quella circostanza anche un certo Cranone, a di cui onor
, uno degli Argonauti, cui ella grandemente amava, morì di dolore. In quella circostanza s’instituirono dei Giuochi, ne’quali
vanette centavano una canzone, detta Arpalice, allusiva alla morte di quella giovine(a). (8). Alcatoo fu preso in sospetto, c
alle armi per impedirgli che entrasse nelle loro terre. V’accorse tra quella moltitudine anche Altemene, e vibrò un dardo, con
ui si preparava al colpo, vide la Volpe e Lelapo convertiti in marmo, quella in atteggiamento di fuggire, e questo d’inseguirl
a pelle di leone, perchè gloriavasi d’aver indosso una veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle di
nol cuopriva d’una nube, sarebbe stato simile a quello di Pandaro. In quella circostanza Diomede ferì la Dea in una mano(c). D
piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti, che rim
mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli di quegli Eroi, che in quella erano periti, presero nuovamente Ie armi per vend
5 (1880) Lezioni di mitologia
zioni, di guisa che non possiam ricercarvi quel più peregrino sapere, quella più squisita dottrina, che in tali studj addimand
zioni per essi ordinate. Quindi è che l’istoria di tutte le genti (se quella dei Giudei se ne eccettua, che Iddio scelse pel s
gni sovrani, nuova vita imprimendo nelle tele e nei marmi, accrescerà quella nobile e antica gara che regna fra la Pittura e l
onia, abbandonando il mare Eritreo. La testa di uomo sovrastava sopra quella di pesce, e piedi umani pure stavano uniti alla c
questa cosmogonia a tanto sospetto soggiacque, perchè fu derivata da quella di Thoth, che fu pure agli Egiziani comune, dei q
va. Percorsa la teogonia e dei Fenicj e degli Egizj, ragion vuole che quella dei Greci si discorra, che da ambedue queste nazi
rseo e Fallante. Perseo, unito all’Aurora, generò i Venti e Lucifero, quella bellissima fra le stelle, cara a Venere, a cui un
lto, Principio al comun pianto. Ogni Troiano Dicea sommessamente: Abi quella face Splenda alle nozze di tua figlia, o vile Spa
i figli di Tieste, e maggiore compassione desterà nei vostri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio di Astianatte
’Ifigenia. Ambedue queste descrizioni sono meno adorne d’immagini che quella di Seneca: ma pure di molta compassione percotono
avea le forme, e tutta avea Sparso del sangue suo Tara del nume. Con quella gioia che pensar ti puoi Allor Calcante esclama:
altri, dei quali la descrizione presso gli antichi si legge. Famosa è quella che Lucano ne ha data del bosco di Marsiglia, che
o dalla maestà del loco, ma pesata, come egli dice, l’ira di Cesare e quella degli Dei. Tradurrei per vostro vantaggio i versi
endesse inutile e presuntuosa questa impresa. Quindi ho voi garizzato quella parte del Tieste di Seneca, ove si descrive il bo
cesserebbero quando l’ossa di Ettore fossero da Obrino trasportate in quella città che non avesse militato all’eccidio di Troi
o di Minerva in Corinto. Era fama presso quei cittadini che davanti a quella statua Priamo, nell’eccidio di Troia, tentasse fu
letto La sicura quiete? e chi dei numi La vision m’offerse, e chi fu quella Straniera? oh come amor di lei mi prese ! Quanto
nozze di Meti figlia dell’Oceano, che a mostruoso fato soggiacque, e quella pure di Temi, amore lo prese della sorella; nè la
ne dirvi che Adriano imperatore dei Romani l’ha consacrato, ponendovi quella bella statua che converte gli occhi di tutto il m
e certa, Che sian contro di sé fraudi ed offese: Discende in terra, e quella nube aperta, Non se le fé’ quel che credea palese
il mìsero padre in terra legge Che la fìo’lia da lui cercata tanto E quella , che credeva esser nel gregge Nascosta sotto a qu
rza d’un brutto animale: Laddove giunta, il corpo e l’alma infetta Di quella afflitta, e giugne male a male; E tal furor a lei
uramento Stigio in pegno: E prega che placar ornai si voglia, E torle quella rabbia e quella spoglia. Udito il giuramento, a
in pegno: E prega che placar ornai si voglia, E torle quella rabbia e quella spoglia. Udito il giuramento, allegra torna Giu
e; E quanto più le par, men ella crede. Volea parlar per veder s’era quella Che esser solca, ma temea non muggire: Apre la bo
Metamorfosi alle figlie dell’Oceano; e questa opinione si avvicina a quella di Omero, ove Giunone andando a visitare Teti, l’
a. In questa diversità di nutrici e di patria, la fortuna della dea a quella di Giove rassomiglia. È inutile il ripetervi a qu
o troppi dati per ve rificarne l’identità, si potrebbe dire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava nel tempio
anch’essa avere una prole che fosse sua unicamente, doride o Flora fu quella che trovò il mezzo di appagarla presentandole un
licità mitologica, finsero che Nettuno, come padre di Teseo, mandasse quella foca, o mostro marino, onde il misero Ippolito fu
tò sopra l’onde, e lungi al lito Di Libia se n’andò l’aure secando In quella guisa che marino augello D’un’ altra ripa, a nuov
abitudine delle membra molto più robusta e per così dire atletica, di quella che si osserva nei Meleagri; disconviene la grazi
. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisburgo, quantunque nella Storia
ginale. Quella della Villa Al bani è in bronzo, ma non posso crederla quella stessa che ha- fuso Prassitele, anzi una copia al
e altre in marmo sono più grandi, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Villa Borghese, di più elegante lavoro. »
itone. Offrirono pure ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui
i primi per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di quella di Leuttra. Gli Ateniesi hanno ancora edificato u
Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re di quella contrada. Davanti alla nominata testa sta un simu
i abitanti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero nella loro isola, e quella di Olimene in un luogo separato. « Presso la font
lo sovrumano; potrai formartene allora una giusta immagine, poiché in quella figura nulla vi è di mortale, nessuno indizio si
l’animo rimaner sembrano inalterabili, e gli occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mostrar suole allorché lo circondan
tici simulacri del padre degli Dei, nessuno ve n’ha che si avvicini a quella sublimità in cui egli manifestossi alla mente di
egli Dei in maniera dignitosa inarcati; é la sua bocca un’immagine di quella dell’amato Branco, in cui respirava la voluttà: l
abbandonate di Carrara si trovan vene di marmo perfettamente simili a quella dell’Apollo, e vide in Parigi un marmo di Carrara
or felice Legge l’arte donasse? — I lumi ammira Emuli delle stelle, e quella bocca. Che non basta il veder: loda le mani E le
iù bella testa del nume, dopo la celebre di Belvedere, è senza dubbio quella d’una poco osservata statua sedente del medesimo,
giore del naturale, nella Villa Ludovisi. È questa intatta al pari di quella , e anco meglio esprime un Apollo benigno e tranqu
ssaglia. Vi hanno quattro teste di Apollo perfettamente simili: una è quella statua di Belvedere, l’altra unita al busto, e af
on sufficiente precisione descritta. Questa voce significa nei maschi quella maniera di acconciarsi che nelle fanciulle chiama
l’avrebbe raggiunto ancora che la velocità di lui fosse rapida quanto quella del Sole. «  Plutarco fa menzione di un Apollo te
i esse teneva istrumento musicale: una il flauto, l’altra la siringa, quella del mezzo la lira: si pretendeva che questa statu
come può ancora congetturarsi dalle immagini della Musa tragica, e di quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi di sim
per le quali Febo si nomina: l’opinione che più al vero si avvicina è quella che derivar fa questo nome dalla luce, prima qual
dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, nè dee farci maraviglia che tuttavia
tra. E poi si può dare che l’espressione del nostro simulacro non sia quella della caccia, ma che lanci i suoi dardi o contro
nte il credemnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa di quella voce lo insegna. Credemnum non è altro, anche sec
n tante greche medaglie particolarmente di Mitilene, e tanto simile è quella figura alla presente statua in ogni più minuta pa
i da un pino tagliasti la fiaccola che accendesti sul Miso Olimpo con quella luce inestinguibile, che dai fulmini del tuo padr
tuette di Diana in argento, può ben provare la celebrità del culto di quella dea. Sembra peraltro che la descrizione fattane d
agli Efesini: — Diana con molte mammelle adoravano quei d’Efeso, non quella cacciatrice, che tiene l’arco ed è succinta, ma q
i d’Efeso, non quella cacciatrice, che tiene l’arco ed è succinta, ma quella multimammia che i Greci chiamano (grec) affinchè
cinta, ma quella multimammia che i Greci chiamano (grec) affinchè con quella effìgie ancora mentissero esser lei la nutrice di
La testa della nostra Diana coronata di torri si assomiglia in ciò a quella della Cibele dell’orbis terrarum, o dell’universo
la difendeva. Si vedono in questo lavoro come tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa l
vanità delle nazioni, alla mala fede degli scrittori, e più ancora a quella mistura di diverse opinioni or popolari or filoso
rlando or insegnò, or pervertì, nei dialoghi degli Dei introduce, con quella grazia ch’è tutta sua, Giove afflitto dai dolori
Omero, s’immolava una vacca. Nel numero delle rappresentazioni rare è quella d’una pasta antica del Gabinetto Stosciano, che o
fatti la dea del sapere non poteva stare in compagnia più propria che quella delle Belle Arti, e il parto del cervello di Giov
rpenti che la guerniscono, cbe ci dà qualche idea come dovesse essere quella famosa di Desilao, ammirata in Atene col nome di
lcuna volta vestiario ancor femminile e costumato dalle fanciulle: ma quella onde é coperta la nostra figura. oltre il vedersi
poeti greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto era quella di cui Minerva medesima volle adorno Giasone, poi
part^ aderente ad una superfìcie aspra sottopostagli, la quale aiteri quella caduta del panno, che sarebbe determinata natural
a no: e il principe degli antichi pittori, Apelle, così l’espresse in quella tela divina, maraviglia e delizia dell’universo.
i Saturno ed Evenirne Venere fosse figlia. L’opinione più comune si è quella che alla spuma del mare fecondata dal sangue di C
forma, e comincia il seno a sollevarsi. Io mi figuro di vedere in lei quella Laide che Apelle iniziava ai misteri di amore, e
rappresentata in quell’età in cui sposò Peleo. « Venere Celeste, cioè quella che di Giove e d’Armonia è figlia, distinguesi pe
ma ai tempi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fato di quella di marmo non ci è noto. Chi sa che la testa che è
hi di esprimere con questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica
del Circeo da una iscrizione vetustissima scolpita sul vivo sasso, da quella parte appunto ov’è stata scoperta una cava di nob
ichi bene spesso nelle figure di Venere vestita, e particolarmente in quella di Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio dell
con molta trascuratezza. La novità dell’ invenzione e del soggetto è quella che le dà qualche pregio, e non la fa disconvenir
antichi avea probabilmente questa forma. Una medaglia curiosissima è quella dell’iraperator Claudio il Gotico. Vulcano vi è r
i grida il campo in fretta I nemici abbandonano, e di botto Corrono a quella volta: aspra battaglia Qui sorge e dubbia: alle d
rroti, di adulare questo imperatore nelle sue maggiori crudeltà, e in quella sua massima tirannica accennata da Capitolino, ch
a era l’opinione del Venuti che la credeva una Giulia Pia: men strana quella di Paolo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla
minano la fisonomia, poca varietà è nei partiti del panneggiamento, e quella sola che vi regna nasce dalla diversità dei conto
generale di questa scultura destinata, come suppongo, per effigie di quella dea che fu propriamente cognominata Alma, e ricon
a Pantagia che rota i sassi, e a Gela Che dà suo nome alla cìttade, e quella Che la marina irresoluta nutre Nello stagno palus
intenzione fu posta col tempo in effetto da Adriano. Eccovi date, con quella brevità che si poteva, le notizie più importanti
ol Cielo. — Per allontanare questa funesta immagine, l’artista adotta quella , colla quale Lucano felicita Nerone della sua mae
to sotto forme varie all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto di Stosch, che l’offre tenente un g
he illustra due altri simulacri dello stesso Nume, che erano parte di quella preziosa raccolta delle più belle statue del mond
nel Museo Tiburtino di Cassio fosse stata unita la statua del Sonno a quella delle nove Dee a chiunque conosca l’opinione degl
utimenti che per lui si estinguono. L’ara che è ai suoi piedi é forse quella di Trezene, ch’ebbe comune colle Muse, e la piant
rmendo: al che può anche alludere avere unito la statua del Sonno con quella delle dee del Parnaso. Così appunto si vede in un
immagini dell’Erebo e della Notte. « Un’ altra effìgie del Sonno sarà quella che in varie gemme s’incontra, similissima a quel
ie del Sonno sarà quella che in varie gemme s’incontra, similissima a quella delle citate medaglie, eccetto nell’ali delle tem
e. Nè semplicemente del Sonno è simbolo, ma ancora della salubrità di quella ristorante interruzione dei sensi, poiché presso
critto, Celo essere stato un re, il quale essendo reputato un dio per quella vile venerazione che gli uomini ebbero sempre pel
oscurissimo, ma ci è servito per riconoscere con maggior chiarezza di quella che potevamo sperare l’immagine della sua figlia
eduto il Cupero di vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero in quella figura istessa che abbiamo riconosciuto per Calli
ciascuna iscrizione. Il Cupero e lo Scott credono la figura inferiore quella della Memoria, quantunque l’epigrafe (grec) sia n
evidente nelle restanti immagini, potrebbe dirsi che la Ricordanza è quella che, alzando la mano, sta come descrivendo e ramm
sta eccellente pittura, osservo con piacere che le Muse si veggono in quella distinte a seconda dei diversi attributi che siam
. Ella si distinse colla sua prudenza ed amore per la giustizia; ed è quella , dice Diodoro, che istituì la divinazione, i sacr
costituisce Temi madre dell’Ore e delle Parche. Temi, dice Feste, era quella che comandava agli uomini di chiedere agli Dei ci
ve le mistiche Lor cerimonie Con urli e stridule Voci celebrano, Dove quella Della Diva Vaga turba snella snella Or qua scorre
ere ad antri gelidi Sempre accanto vivrò: Ed ora in questa, ed ora in quella Loro tana, ohimè, farnetica A entrar m’ abbatterò
rra, ora di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella di Esiodo che ne attribuisce l’origine a Celo ed
e costumanze romane, ne parlerò più a lungo nell’esporvi l’istoria di quella nazione. A Saturno si sacrificava colla testa sco
orre di Giacinto i fiori Sul mio monte venisti, e scorta io t’era Per quella via. Gran tempo è ch’io ti vidi, Ma t’amo ancora,
zione di Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci, quanto lo è quella di Michelangiolo fra noi. Nella seguente Lezione
cielo, del mare e della terra riportate nel primo volume, aggiungiamo quella dell’Inferno, cioè il Giove Stigio, il Giove Sott
iglianza che ha con le immagini di Serapide. Sì osservi, fra 1’ altre quella riportata dal Fabbretti, e poi dal Cupero, che in
rla replicata non solo in bassi rilievi, ma ancora in statue, come in quella del tempio di Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’a
feste di Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La composizione c
il re Teutra, e fra tutte le donne ch’ebbero commercio con Ercole fu quella che partorì un figlio il più somigliante al padre
. Accanto a lui si vede uno schiavo etiope per indicare che era re di quella nazione. Sopra Sarpedone e Memnone si vede Paride
isce a Plutone la chioma calante giù sopra la fronte, al contrario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accord
armate. Le teste conservate sono tutte nude; d’ una manca la testa, e quella della prossima è moderna. Nel basso rilievo le Fu
nceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradotto da Remigio, la pittura di quella orribile notte, narrata al fuggito sposo dalla st
Atene, allorché Minosse pertossi a devastare l’Attica, e ad assediare quella città. Scilla figliuola del re vedendo Minosse da
che si allontana, e che non è stata determinata nella spiegazione di quella pittura, è Nemesi probabilmente, ed hanno creduto
e, dalle gemme e dai bassi rilievi. Quest’attitudine caratteristica è quella appunto che nella statua osserviamo, la quale com
lo facesse apparir verisimile. Più naturale azione e più adattata per quella necessaria mossa del braccio non poteva pensarsi
no, per un male inteso patriottismo, non ne avesse preposto l’opera a quella del forestiero. Sdegnato l’artefice Parlo dell’in
, v. 183. Lezione cinquantesima. Fortuna, Vittoria. La Fortuna, quella dominatrice del genere umano così spesso invocata
proposito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che nè quella di Raamunte, nè altra, che antica fosse, ne aveva
l simulacro inciso nella tavola che osserviamo ottiene dall’integrità quella considerazione che non può meritare per l’arte. C
vuole ascrivere. Sembra anzi che il suo fato abbia molta relazione a quella necessità, colla quale ì filosofi pagani circonsc
in altre immagini somiglia quasi ad un berretto frigio. Ecco adunque quella specie di callotta che copriva la testa della For
tuua Smirnea, forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni di lei, quella della sua origine, per imitazione dei vetusti sim
rica propagatrice e tutelare per undici secoli dell’Impero romano, fu quella altresì che riscosse più lungo culto fra le deità
avale coll’appoggiare il piede su di un rostro di nave, ad esempio di quella che si vede nelle medaglie. Non perciò è priva de
buti, dà il volume a una sola Musa, che perciò deve interpretarsi per quella dell’Istoria, rappresentando la musa dell’Epopea
imilmente Clio la musa col volume scolpita in una delle fiancate, che quella della cetra che è la prima sulla facciata. Stimo
a soggiungere che nel basso rilievo dell’Apoteosi d’ Omero, Euterpe è quella Musa che regge colla destra due flauti, presi dal
la bella statua Capitolina, che non dovrebbe perciò riguardarsi come quella di un semplice Pancraziaste. « Che Melpomene sia
istintivo delle quali suole essere assai attamente la cetra: una cioè quella della lirica sacra ed eroica, l’altra quella dell
mente la cetra: una cioè quella della lirica sacra ed eroica, l’altra quella della lirica molle e amorosa. « Quale dunque dell
a spiegare la nostra statua, nella quale si vede Erato similissima a quella della pittura di Ercolano nella situazione, nel m
ione della verità. Oltre questa dottrina mi giova a ravvisar Erato in quella figura l’acconciatura della testa, ch’è la stessa
na colla maschera. L’ altra poi dalla quale è stata tratta la nostra, quella del Giardino Quirinale, quella del Palazzo Lancel
dalla quale è stata tratta la nostra, quella del Giardino Quirinale, quella del Palazzo Lancellotti, e una figura di Matrona
lezione. « Nel sarcofago della Villa Mattei Polinnia è ancor simile a quella del Campidoglio, benché nell’esposizione venga de
ova mirabilmente la nostra opinione d’interpetrar sempre per Polinnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia sua
o forse l’antico teatro di Pompeo, nelle cui ruine si suppone trovata quella della Cancelleria, e dove facilmente si rinvenne
a dal mezzo in giù di più grosso drappo non per altra ragione che per quella della decenza, osservata sempre dagli antichi nel
i sotto la suola, la quale é di un’altezza non comune, e pari quasi a quella dei coturni tragici dei più lodati monumenti. Ben
più comune nei monumenti, per non confondere colla musa della Storia quella dell’epica poesia, ha dato il volume a Clio, a Ca
vate per tanti secoli, per farne poi all’ età nostra ed al sovrano di quella bella parte d’ Italia un dono splendido e inaspet
ra parte mostra una vivacità quale ha il colore sparso sull’avorio in quella parte ove il ferro si è immerso nel petto. Ecco g
del benefizio erigendo un altare, nel quale era scritto: Consacrato a quella fra le Grazie che presiede alla riconoscenza. E c
ie, una rivolta di schiena, e l’altre due di fronte, e tutte nude, in quella guisa appunto che tante statue, bassirilievi, gem
ben cinta di mura, io non so perchè non sarebbero questi gli Etiopi e quella Troia. Certamente colui che si piange è Mennone f
Alessandrino, espresso dagli Egizi col ieroglifico della serpe. Ma in quella maniera che veniva attribuita la Salute per figli
monaci adottato. In molte statue vedesi esser chiuso da per tutto; in quella di Telesforo è fatto in forma di un piccolo pivia
e nella bella statua degli Orti Farnesiani, che si crede la stessa di quella dell’Isola Tiberina, e si osserva ancora indicata
trarre la grazia dei contorni generali, non giungerà mai ad esprimere quella morbidezza e quella carnosità a cui è ridotta la
contorni generali, non giungerà mai ad esprimere quella morbidezza e quella carnosità a cui è ridotta la pietra, nè quella de
re quella morbidezza e quella carnosità a cui è ridotta la pietra, nè quella delicatezza di lineamenti, che serpeggiando quasi
: una testa, fra le altre, merita esser particolarmente rammentata: è quella che si ammira nella Galleria di Firenze sul corpo
e proporzioni, e quasi le commissure, che pare indubitato esser stata quella , o simile, la testa antica della nostra statua. O
esser stata quella, o simile, la testa antica della nostra statua. Or quella testa è certamente di Bacco, come la corona di pa
ngue la pittura dei quattro cavalli che traggono il carro del Sole, e quella delle dodici Ore che gii danzano intorno formando
rcolare. Qui è la preghiera che indirizza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dimanda di non restar sola
, e il diluvio che gli compisce. Nella terza l’avventura dTo, d’Argo, quella di Filomela, e molte altre. La ninfa delle Stagio
ortali. Dà gli elogi più pomposi all’eccellenza del nuovo arbusto e a quella del suo frutto, sopra tutte le produzioni della t
ona una tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e gli rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: qu
e gli rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di
ampe e sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla quale Andromed
ritira in un antro, ove si spoglia della figura di serpente, e prende quella di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il son
iuta sotto il nome di Grande. Una singolar foggia di rappresentarlo è quella che si scorge in un piccolo Bacco di bronzo con u
are di rappresentare Bacco, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella quale teneva una fiaccola in mano per far l
perte le punte: — i quali luoghi fanno al Buonarroti congetturare che quella pannocchia che si suol vedere in cima all’aste di
ti a dire che la portassero sui tirsi: quando per altro le scaglie di quella pannocchia nei marmi sono basse assai senza risal
e sovente con figura lo chiamavano ellera: se noi vogliamo che la sia quella in cima, di rado e forse non mai potremo ritrovar
per il medesimo fine Bacco levò alla sua gente l’asta, dando loro in quella vece la ferula assai leggiera e debole: su queste
o ai tirsi molte erbe, che chiamano capitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la quale, come istrume
ssimo sei riguardato nell’alto cielo. — « Lo scultore non gli ha dato quella feminile e molle corporatura, che ha ritratta l’a
ttuoso e guerriero era di mezzo alla pace e alla guerra. Vi ammiriamo quella beltà che incantò i Tirreni non disgiunta dalla r
primavera. Ma non vi arrestate a questo prato ove la pianta è nata in quella guisa che il suolo l’ha prodotta. Infatti questa
ello che ha provato Heine. La Mitologia dei Latini è diversa molto da quella dei Greci: questa spira soavità ed eleganza: in t
i di simil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e di Sileno. Il primo in sembianze semica
nformi ne’ due accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla testa
monumenti: ma riguardo a Sileno troviamo nelle sue immagini scolpita quella varietà medesima, che scorgiamo negli autori che
gilio: Enfiato le vene come sempre dal vino di ieri — e finalmente da quella curiosissima del Palazzo Gentili, ove Sileno vede
he ha nella sinistra 1’ altro Centauro fu costumato dagli antichi, in quella loro semplicità di vivere, per bicchiere, come a
di metalli anche preziosi, ne fu sovente in molti bicchieri ritenuta quella figura, come si può vedere dal medesimo Ateneo, d
he fosse simile a quei due cornucopi che si veggono nelle medaglie di quella regina. Le Centauresse si trovano ancora coi cemb
aglione di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofago ch’è nel Palazzo Farnese, dove il C
tiri, e per conseguenza di Bacco, annovera ancora le pelli di capra e quella della pantera, imitata per lo più però e tessuta,
allo e del cinghiale, ci fa conoscere che l’occasione della caccia fu quella che introdusse la prima 1’ uso di sedere sul dors
papaveri, il sale, le melagrane, e se vi è altra cosa che spettasse a quella superstizione. Le Tiadi ritiratesi fra loro, giac
norò molto. Tale è la donna che dà a bere a Bacco presso Tischbein: e quella , che assisa in un toro, che vuol credersi Bacco c
bislunghe, ma non è unico: poiché tale appunto sappiamo essere stata quella delle Parche nell’Alti d’Olimpia. « I bassiriliev
ar durare nell’uomo le anticipate fatiche deiragricoltura, e vicino a quella un vecchio rustico munge una capra, alla quale un
cose alcune incongruenze della comune opinione, e tra le altre rilevò quella della barba che il decantato Sardanapalo solea ra
i ci sien pervenuti di un principe, la cui storia rimaneva isolata da quella dei Greci e dei Romani, e le cui memorie quasi ig
o è delicatamente pasciuto, vestito e colto, ma l’anima stessa mostra quella stupida contentezza di una persona abbandonata a’
ntico ed è ben diversa dalle consuete: non saprei assomigliarla che a quella di un Bacco barbato, o di un sacerdote sotto le s
accia medesime. La scultura di Bacco è però di gran lunga superiore a quella delle figure accessorie. Bacco nascente. « Il s
seguenti, che abbastanza vien contrassegnata per Cerere. Aggiungo che quella specie di rete che le raccoglie le chiome è la so
hanno, è vero, il minor pregio nell’esecuzione, che non manca però di quella forza e sicurezza di stile necessaria a >far d
li per allontanare i profani col suono, e i male augurati oggetti con quella forza, che dava allo strepito dei bronzi l’antica
coronata ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella di una Menade, o Baccante furiosa, che può sembra
quella di una Menade, o Baccante furiosa, che può sembrare invasa da quella religiosa mania, dalla quale credeasi comprendere
ti. Ma l’espressione al loro vivace e lascivo carattere conveniente è quella senza dubbio delle rozze e concitate danze, onde
tauro a destra, e tiene nelle mani un vessillo simile ai romani, e di quella figura ch’ebbe poi il labaro degl’imperatori cris
stessa, che fa intervenir Ciprigna a queste nozze, e donò alla sposa quella corona che fu poi riposta fra le stelle. Un Fauno
oggetto e la caricatura di alcune l’orme sono combinate così bene con quella nobiltà d’idee, eh’ è pur l’anima delle antiche a
ppresentano cinque Fauni con cinque Baccanti, che intrecciano insieme quella danza ebra e scomposta propria dei Satiri e dei S
a idea quasi del tutto ignuda nel rimanente; la quarta sembra eseguir quella danza, che diceasi cernophoros sostenendo il vagl
6 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
, confusa, pesante, e nojosa a chiunque imprenda a coltivarla secondo quella relazione, che gli stessi Fatti hanno tra loro ?
oddisfare anche a quelli, che bramosi di leggere o questa solamente o quella , niente delle altre si curano. In tre Parti perci
gliore spiegazione (soggiunge Heyne) che far si possa delle Favole, è quella di presentarle quali furono, seguendone la tracci
giò appresso Giano(c) (11), re degli Aborigini(12), i quali abitavano quella parte d’ Italià, che poi si denominò Lazio dal ve
sua immagine a due faccie(13), e nell’ altra una nave, che ricordasse quella , su cui Saturno avea approdato alle di lui sponde
, perchè credeva che dalla perpetuità del medesimo avesse a dipendere quella del Romano Impero(h) (2). Se si smorzava, se ne t
anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ci
di quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie di Divinazione, chiamata Piromanzia.(4). N
pio non pote ano entrare gli uomini di notte, nè penetrare giammai in quella parte del medesimo, ove si custodiva il Palladio(
dre di una figlia, che fu nominata Era(c). Altri dicono che Cerere in quella circostanza abbia partorito un cavallo, di cui po
sposa di Plutone (a). Pausania soggiunge, che fu la Ninfa Crisantide quella che indicò il ratto di Proserpina a Cerere, quand
di vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Oriente, e l’altro da quella d’ Occidente (c) ; finalmente si andava con gran
detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e la terza di ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella
terza di ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella di rame o di bronzo fu produttrice di genj bellic
lla di rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro divenne sorgente fonesta di tutte le sce
Colei non potè farlo, perchè morì, primachè (g). Teseo ritornasse da quella spedizione. Prese il nome di Mecaneo dal verbo gr
a voragine. Mida, che allora ivi regnava, avvertito dall’oracolo, che quella si sarebbe chiusa, qualora vi si fossero gettate
e intendere, che Giove era per istabilire ivi un Oracolo (c) (12). In quella foresta scorreva una fontana, parimenti sacra a G
cità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da di là
e melo. Volevano anche uccidere un’Oca per offrirla loro in cibò ; ma quella corse appresso i piedi delle sresse Divinità, le
ll’altro, e presentò amendue le pelli al Nume, affinchè si scegliesse quella , che più gli piaceva. Scelse Giove la pelle piena
dice, ch’ egli fu prima allevato da Ino, sorella di Semele, e che da quella venne poi affidato alle Ninse di Nisa, dette Nise
re del mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni di questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno per trarne fuori sua m
ento, che da’ Giganti si faceva all’ Olimpo(b). Narrasi, che Bacco in quella circostanza siasi trasformato in leone, e abbia s
terra. Finse, la Dea di crederlo, e pregò il marito che a lei donasse quella giovenca sì bella. A siffatta inchiesta il Nume s
ze de Itempio di Giunone, overo, come vuole Igino, la loro bellezza a quella ella stessa Dea. Giunone talmente agitò il loro p
la facesse condurre sopra un carro per la città, spargendo voce, che quella era Platea, figlia del re Asopo, cui Giove voleva
tracciare le vesti della supposta novella sposa. S’avvide allora, che quella era una statua, e riconomendo l’azione, come un t
promisero ad alcuni Tirreni gran sonina di danaro, se avessero rubato quella statua, sperando poi di far postare ad Adniete la
connimato dalle fiamme(25). Era pur celebre la festa di questa Dea in quella città Essa consisteva in una solenne processione.
i, abitati dagli Eroi. Quì la strada apresi in due : alla destra v’ è quella , che conduce alla Reggia di Plutone, e a’ Campi E
iacere, e riserbati alle sole anime virtuose(18) ; alla sinistra avvi quella , che mette all’ orrida carcere, detta il Tartaro(
ad amare perdutaniente Leuce, la più bella delle Oceanidi. Rapì anche quella , e la condusse nell’ Inferno. Dopochè ella ivi se
memoria, fece germogliare negli Elisj un pioppo, cui diede il nome di quella Ninfa(b). Quindi Omero dà al pioppo il soprannome
he conservò il di lei nome(d). Ovidio vuole, che sia stata Proserpina quella , che per gelosia trasformò Menta nella predetta e
izioni. Conchiude col riferire, che, essendo pericolosa l’apertura di quella fossa, vi si soprappose un trepiede, perchè non p
cerre feste, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fan
celebravano in Tebe ad, onore d’Apollo Polio, ossia canuto, perchè in quella città veniva rappresentato co’capelli bianchi. In
nato Marzio, turte le circostanze della sventura accaduta a’Romani in quella giornata. Da quel momento si prese a considerare
portata la vittoria, Danao fece riflettere agli Argivi, che Apollo in quella guisa avea voluto dichiarare, che uno straniero s
, e grande Indovina, come lo era il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte siasi formata delle lagrime, che sparse la
e sparse la predetta Manto, quando ebbe ad osservare la sua rovina, e quella della sua patria(b). Strabone aggrunge, che chi b
Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome di Tirseo era onor
ne. Ne ammirò il Nume l’invitto coraggio, la rapì, se la trasportò in quella parte dell’ Africa, che poscia fu detta Cirenaica
nenza, erasi recato al tempio di Diana in Delo per vedere le Feste di quella Dea. Quivi osservò la bella Cidippe, nata in quel
rovina. Si rifugiarono sopra una noce, e restarono sospese a’ rami di quella (b). Elleno perciò ogni anno al tempo della racco
onie (c). Fu detta Munichia dal re Munico, figlio di Pentacleo ; o da quella parte del Pireo, che si chiamava Munichia, dove g
quale denominavanò Epipirgide, da epi, sopra, epirgos, torre, perchè quella avea tre corpi d’un’altezza straordinaria, simile
monici, ossia vittoriosi all’altare. Le madri loro stavano presenti a quella barbara carnificina, e con grida li animavano all
di Dejonea(b). I Poeti però Greci e Latini non fanno menzione, che di quella , la quale sortì dalla schiuma del mare, e fu risg
sima secondo Esiodo passò nell’isola di Citera(d), e secondo Omero in quella di Cipro(e). Ella vi fu portata da Zefiro. Le Ore
a in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che gli abitanti di quella città, chiamati Cerasti, perchè aveano la fronte
(d). Cadmo la chiamò in vece Apostrofia(e). L’onore poi di consecrare quella statua fu concesso a Sulpicia, figlia di Patercol
esso a Sulpicia, figlia di Patercolo, e moglie di Fulvio Flacco, come quella , ch’era la donna la più pudica di Roma(f). Venere
dalla macchia uno smisurato cinghiale. Egli avventò uno strale contro quella fiera, ma essa strappandosi col dente dalla pelle
uava a destare compassione, gli fece obbliare del tutto la memoria di quella Ninfa. Per questo si credette, che le acque del p
epoltura ; ma Venere la cangiò in sasso (a). Questa Favola è simile a quella , che racconta l’Ab. Rubbi, e che dice non esservi
sse(16). Le perle altresì erano particolare ornamento di Venere, come quella , che si voleva nata nel mare in una conchiglia pi
nio (e), e Macrobio (a) ci narrano, che la bellissima perla, simile a quella , che avea disfatto Cleopatra nell’aceto, fu divis
jutare Laomedonte, re di Troja, il quale stava fabbricando le mura dì quella città. Egli, attesa la promessa, che gli fece que
si sacrificava, ciò si aveva per buon augurio, perchè credevasi, che quella voce piacesse al Nume, soprannominato Eliconio da
l fiele degli animali, perchè l’amarezza di quello avea relazione con quella del mare(f). Non s’intraprendeva alcun viaggio ma
e mai per mutarsi di parere. Minerva allora si, diede a conoscere per quella ch’era. Aracne con tutto ciò stette baldanzosa e
ecia. Gli Dei, scelti per giudici di tale questione, stabilirono, che quella delle due anzidette Deità, la quale avesse prodot
(f). Venne appellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne di quella città gli offerirono un sacrifizio, cui non volle
regnava, venne in cognizione, che l’impero del mondo era destinato a quella città, in cui si sarebbe conservato quello scudo.
ebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato di quella di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reggia, eb
menti di grazie, quando aveano conseguito qualche eredità. Il nome di quella era composto dalle due voci eredità e Marte (c).
iunone, mentr’ ella trovavasi sospesa alla volta dell’ Olimpo(f). Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo :
se Venere e Marte in libertà. Questi si recò tosto verso la Tracia, e quella verso Pafo(b). Vulcano ebbe due figli, Broteo(3),
dodici porte, le quali in tempo di guerra stavano aperte ; e cessata quella , tosto si chiudevano(f). Quando il tempio era chi
ana, senza macchia, e scelta tralle migliori. Osservava parimenti, se quella lasciavasi placidamente sacrificare (lo che conos
’umana vita. Alle tre accennate classi di Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi, ossia di quelli, che vicini a mort
mp; c. Finalmente riguardo all’antica Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie di Divinazione, la quale si faceva col
Ilo, che stava formando ; e che ad assicurarnalo sia caduta dal Cielo quella statua(a). La medesima, come vedremo anche nella
cioè pubblico : e Damia parimenti fu detta sì la sacrificatrice, che quella , a cui si sacrificava. Nè solamente nel luogo, ov
, e la facevano figlia di Beroso. Ella, continua lo stesso Storico, e quella stessa, che da alcuni si appella la Sibilla di Ba
prese cura di allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dintorni di quella città sul colle Ficeo. Esso avea la voce d’uomo,
Cherilo, Poeta Greco, lo fa nascere da Raros, Principe Ateniese, e da quella tralle figlie di Anfizione, la quale ebbe da Nett
etanira (g). (b). Nat. Com. Mythol. l. 5. (6). Non operò Cerere in quella guisa anche con Deifonte, figlio d’Ipotoonte, seb
ssi, i quali non meno ambivano la gloria di riportarvi il premio, che quella di trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consis
ola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui una parte di quella stessa Isola, chene cuoprì il corpo, e formò l’al
) Plutarco soggiunge, che gli Egiziani solevano dire, che i vapori di quella palude erano effetto del respirare, che vi faceva
o Eucleo, vi conseguì pure una corona : Allora ella si manifestò per quella ch’era ; e tuttavia non fu secondo la legge punit
la mano sì chiuso un Melogranato, che niuno glielo poteva estrarre da quella . Saltava altresì co’piedi uniti sopra un disco, a
a uno de’ di lui nemici veniva frequentemente insultata. Avvenne, che quella cadde finalmente sopra colui, e lo schiacciò. I T
chiacciò. I Tasj per eccitamento de’di lui figliuoli decretarono, che quella fosse gettata in mare. Dovettero però raccogliern
Geogr. l. 7. (c). Herodot. Histor. l. 2. (12). Servio vuole, che quella colomba avesse le penne di colore d’oro. (d). P
utridi d’ Apollo. A questa spezie di Divinazione si può ridurre anche quella eseguita colle verghe, e detta Rabdomanzia. Certe
e o si estraevano a sorte dalla faretra, o si gettavano in aria, e da quella parte, ove cadevano, si dirigeva il viaggio(a).
tesse cangiare situazione (f). Lattanzio dice, che il Dio Termine era quella stessa pietra, che Saturno avea divorato in luogo
(3). Euripide dice, che fu Dirce, una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella , che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine d
o la figura di uomini colle corna di capra in cesta, e nell’inferiore quella dello stesso animale : per cui furono soprannomin
Lotide, fuggendo da Priapo, che la inseguiva, si trovò trasformata in quella pianta, che dal nome di lei si disse Loto (d). Na
a Luna vide usciro dalla foresta una leonessa, lorda di sangue, che a quella volta s’avviava o per lavarsi, o per bere alla fo
malattia tutte le donne d’Argo, le quali erano divenute per causa di quella sì furibonde, che non potendo starsene nelle loro
nelle loro case, correvano quà e là per le campagne. Anasagora, re di quella città, per ricompensare Melampode di sì rilevante
tosto che alla vendetta. Correvano i giorni, ne’ quali le Matrone di quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscita allor
luso, ruppe con dispetto la canna, e legate insieme varie porzioni di quella , ineguali fra di esse, ne formò l’anzidetto strom
conoscono Diana (b). I Greci poi chiamavano Eleutò (c), ovvero Ilitia quella , che presiedeva a’ parti, ed a cui le donne vicin
aterna ; ivi nel dì seguente pernottava, ma in una stanza separata da quella della sposa ; finalmente nel terzo giorno conduce
no dalla mentovata porta dell’ Inferno, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli uni, che gli altri, soggiunge
I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito il notar
a Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella città offerivano a questa Deità delle piccole bar
con poco presidio, sperando che facilmente sarebbe rimasto ucciso da quella ferocissima gente. Bellerofonte in questo e in va
he avea la figura del corpo umano. Quest’ ultima parte dell’ uomo era quella , che chiamavasi ombra. Le ombre si distinguevano
entrano nella palude Acherusia(d). Altri sono d’opinione ch’escano da quella (e). Dicesi, che sia questo il primo fiume, a cui
consecrato all’ Eumenidi(c). Plutarco dice, che un’avventura simile a quella di Narcisso accadde anche ad un certo Eutelida. Q
lore(d). Finalmente colle due anzidette Favole ha qualche somiglianza quella di Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trat
ofonio, si lasciò scappare un’oca, cara assaissimo a Proserpina. Andò quella a nascondersi sotto una pietra. Proserpina le cor
Proserpina le corse dietro, e nel riptenderla vide uscire da sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la quale a m
to tempo (d). In que’giorni eravi il costume di portarne al tempio di quella Dea (e). (a). Claud. l. 2. de Rapt. Proserp.
le acque. Latona chiese agli Dei, che coloro non uscissero mai più da quella palude. Non andò a vuoto l’imprecazione, talchè d
nel bosco d’Aricia. Dopo la di lui morte i Romani andarono a cercare quella Ninfa nel predetto luogo, nè vi trovarono che una
ivinità, così credevasi, che Bubona avesse la cura de’ buoi(c), Epona quella de’cavalli(d), e Mellona o Mellonia quella delle
la cura de’ buoi(c), Epona quella de’cavalli(d), e Mellona o Mellonia quella delle Api(e). (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Uni
e per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quella rupe nel mare. (g). Nat. Com. Mythol. l. 4. (a
otti nell’ arte d’ indovinare, quando si abbattè in una giovinetta di quella stirpe, a cui manifestò la causa dell’ intrapreso
di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessarono di quella città, uccisero Lico, attaccarono Dirce alla coda
po, figlio d’Enomao, re di Pisa. Questi, conoscendo l’avversione, che quella Ninfa aveva al matrimonio, se le avvicinò in abit
di sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma di corvo, e Agrio quella d’avoltojo, uccelli parimenti di cattivo augurio
ne si trasferì sulle sponde del fiume Assio, e ne diede il suo nome a quella parte, la quale poscia venne chiamata Peonia. Not
ia del morto per tre giorni si Ourificava dall’infezione contratta in quella circostanza. I giorni di tale ceremonia si diceva
o, che se alcuno moriva lontano, se ne faceva l’immagine in cera, e a quella erano dirette l’esequie(b). (a). Declaustre Dic
durvi tutte le rapite donne, qualora gli si fosse accordata in isposa quella , cui amava. Così si fece ; e tale matrimonio rius
e riguardo di ricorrere per fino a Venere, benchè sapesse, quanto era quella irritata contro di lei. La Dea la diede in balia
i lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si studiò di persuadere quella Dea ad unirsi con Vertunno in matrimonio. Neppure
la predizione, si appressò alle libbra una tazza di vino, raccolto da quella vigna. Nel momento stesso accorse un certo a rife
no, avendola rapita, la trasportò in un’isola del mare Egeo, vicina a quella d’Egina. Cencreo ne divenne il re, e le diede il
oro colpi andarono falliti, ed essi in vece perirono. Nettuno, che in quella circostanza avea soccorso i suoi figliuoli, li is
iction. Mythol. (16). Nè solamente a Nettuno, ma a’ Venti ancora in quella circostanza si sacrificava(c). I Venti secondo Es
vano Marte sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribu
i leggevano le leggi, citate dagli Oratori, si sospendeva il corso di quella (b). A lato del medesimo Tribunale v’ erano due c
oto di Minerva, così denominato, perchè secondo un’ antica tradizione quella Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere
consistero nel recidere tutti gli ulivi, giacchè questi erano sacri a quella Dea. Ma la scure cadde di mano ad Allirrozio, e s
7 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
i Numi (Dii majores), ed erano in numero di venti. 18. La seconda era quella degli Dei subalterni o inferiori (Dii minimi), i
aos e dalla Notte (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella congerie di cose casuale ed informe, nella quale
ò dal Cielo. 32. Saturno, perduto il cielo e l’ impero, si rifugiò in quella parte d’ Italia ove poi fu eretta Roma, e che ebb
he frigio) ; e la Dea per punirlo della sua ingratitudine fece ferire quella ninfa, e abbandonò lui in preda a tanta disperazi
va presagito che alfine la forza della giustizia avrebbe trionfato di quella della tirannide ; e infatti Ercole, (364) figlio
 ; e quindi eragli specialmente sacra la quercia. Anche le colombe di quella foresta pronunziavano oracoli, e in essa fu tagli
osì con molta leggiadria l’Aurora. « Facciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegnano di esprimer con
del sole un sì gran fallo ; un Dio non erra. S’avvisarono adunque con quella rozza acutezza che è propria dei barbari e dei fa
n per rammentare la sua vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di quella tremenda lotta gli gridavano continuamente Io Pae
tte pianeti allor noti e dei quali esso regolava la celeste armonia ; quella stessa lira onde traeva i dotti concenti che face
catura. Fece poi varie invenzioni utili alla società, e tra le altre, quella della palestra, incominciamento di ginnastica, la
un fanciullo. Lo dipingono ancora con un dito alla bocca ; indizio di quella discretezza che è tanto necessaria per ben govern
lio conoscere le immagini della Mitologia, e vederle sempre adorne di quella stessa immortale bellezza che spira dalle opere d
a non potè vincere la sua curiosità ; e volle vedere come fosse fatta quella bellezza che si spediva a scatole. Apre, e ne sca
del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta nè più felice unione di quella . Facile è discoprire gl’insegnamenti morali che i
enere sotto questi attributi presiedeva a quell’amore casto e puro, a quella fiamma celeste che dà vita all’universo, e che so
a Scilla (202) : Come fa l’onda là sopra Cariddi, Che si frange con quella in cui s’intoppa…. (Dante, Inf. c. VII.) Omero s
. Toossa altra sua figlia ebbe da Nettuno il ciclope Polifemo (273) e quella Scilla della quale abbiamo già parlato (202). Cre
lla Campania presso il lago Averno esistesse una via per discendervi, quella per la quale Enea fu condotto dalla Sibilla Cuman
erro e di bronzo, « vermiglie come se di fuoco uscite » s’alzavano su quella terra sconsolata, fra ardenti fornaci, popolate d
omposta da capo a piedi di varie materie gradatamente inferiori, come quella che nelle Scritture Sacre dicesi veduta da Nabucc
oro, è rotta D’una fessura che lagrime goccia, Le quali accolte foran quella grotta. Lor corso in questa valle si diroccia.50
i Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima breccia nelle mura di quella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in premio de
tramonti ; com’ ella ne mostra la fronte, questa ne volga le spalle ; quella esca di un mar tranquillo e nitido, questa s’imme
itido, questa s’immerga in uno che sia nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ; di questa mostrino le
e groppe. E così la persona istessa della Notte sia varia del tutto a quella dell’Aurora. Abbia la carnagione nera, nero il ma
nza, con due facelle accese, l’una delle quali faremo che s’accenda a quella dell’Aurora ; e l’altra che si stenda verso la No
otte ponendogli dietro fra le gambe una grande stella, la quale fosse quella di Venere, per chè Venere e Fosforo, ed Espero e
orrore ; ed Issione fu assalito da così cocenti rimorsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo gli era to
ggersi d’affanno per entro le più riposte parti dei boschi. Così di «  quella vaga, Che amor consunse, come sol vapore » (Dante
agli uomini con esatta misura le pene e le ricompense, e per serbare quella giusta eguaglianza per cui sia protetto l’innocen
anno la forma della lingua che deve tacere i segreti, ed il frutto ha quella del cuore che li tiene celati ; ed è parimente in
dove regnano eterne le leggi dell’ eguaglianza. Quivi fu collocata in quella parte dello Zodiaco detta la Vergine (682). L
per la quale i sette Capitani (Eschilo) giurarono a Tebe la ruina di quella città sventurata ; quella stessa Paura a cui i Ro
tani (Eschilo) giurarono a Tebe la ruina di quella città sventurata ; quella stessa Paura a cui i Romani messi in fuga alzaron
ma non trovo già come fosse figurata, se già la sua figura non fosse quella della Securità. Il che non credo, perchè la Secur
stri. Regge con la sinistra un libro aperto e una palma, che spesso è quella del martirio ; ed ha nella destra un lucido specc
, e sfugga il pericolo d’illanguidirsi. Infatti, mentre Perseo recava quella testa a Polidetto, tutte le gocce del sangue che
questa non fu la medesima tavola, simigliantissima era ella almeno a quella che ci descrive il giovane Filostrato nelle Immag
e ; e che allora Ercole, versandone alcune gocce, originasse in cielo quella zona bianchiccia detta la Via lattea. Così nascon
etto di simboleggiare in lui l’età più pericolosa della nostra vita ; quella cioè nella quale, essendo liberi di noi ed in tut
l vigore della gioventù, dobbiamo scegliere la via da percorrere : se quella dei piaceri e delle mollezze, piana e fiorita e s
a e fiorita e seducente per lusinghiere delizie, ma inetta e vile ; o quella ripida ed aspra che par faticosa a salire, ma ehe
lle che venisse a proda,76 Vicino al fin de’passeggiati marmi :77 E quella sozza immagine di froda Sen venne, ed arrivò la t
osse morto in sua vece Alceste allora non esitò a dar la sua vita per quella del marito, e compiè generosamente il sacrificio 
se non quando fosse tanto robusto da sollevare la pietra, e prendere quella spada che doveva servire a farlo riconoscere. App
 ; ed a lui stesso furono attribuite molte invenzioni, e specialmente quella delle vele. Credesi anzi che le sue ali sieno un’
soleva condurre le sette vittime chieste in espiazione da Minosse ; e quella nave era armata di nere vele ad esprimere il lutt
l’ un che avea nome Learco ; E rotollo, e percosselo ad un sasso ; E quella s’ annegò con l’ altro incarco. 450. Frisso arri
sul monte Pelio e nella foresta di Dodona (82), e perciò fu detto che quella nave dava i responsi dell’ oracolo ; ed ebbe il n
ebbero alcun effetto. E in sostanza nè gli artifizj nè l’ audacia di quella colpevole avventuriera bastarono per rivendicare
nfatti mentre egli passeggiava un giorno sulla sponda del mare dietro quella nave tirata a secco, gli rovinò addosso una trave
tere alla brama di rivedere la diletta Euridice ; si volse un poco, e quella tenera sposa gli fu ritolta per sempre. 471. Allo
ssime stelle somministrate dalle nove Muse (285) : Conversa in astro quella cetra elice Si dolci suoni ancor, che la dannata
sa fu collocato da Giove fra gli astri, in una costellazione vicina a quella del Capricorno (676). È già comune opinione che i
senza conoscerlo. 496. Entrò in Tebe, e trovò che la Sfinge desolava quella città, e seppe come fosse stato promesso un gran
ieste, nomi che rammentano atroci fatti, e discendenza che al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridire dell
ssero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata nel tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Reso (570)
agna, e pieno i fianchi di risoluti guerrieri. Indi spacciarono esser quella un’offerta consacrata a Minerva (262) ; e, fingen
i leone e di tigre, dal che provennero in lui quell’ardito coraggio e quella prodigiosa forza che mostrò nelle pugne. 537. L’o
’Achille una freccia avvelenata, e l’uccise. Passò per tradizione che quella freccia fosse stata diretta dallo stesso Apollo.
concedesse all’ amico un figliuolo con la pelle impenetrabile quanto quella del leone di Nemea (374) ch’ ei soleva portare pe
meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone di quella pugna bestiale, non resse alla vergogna, e si fer
emente da Achille. Ulisse, che seppe dall’oracolo non potersi guarire quella ferita se non dal ferro che l’aveva fatta, prese
ivorati.101 575. Ulisse ebbe a veder perire undici delle sue navi in quella tempesta, ed appena potè egli stesso approdare al
gli solo trovò salvezza nell’ isola d’Ogigia (secondo alcuni vicina a quella di Malta) soggetta all’ impero della Ninfa Caliss
del valore : Ma misimi per l’alto mare aperto Sol con un legno, e con quella compagna105 Picciola, dalla qual non fui deserto
ntorno bagna. lo e i compagni eravam vecchi e tardi, Quando venimmo a quella foce stretta Ov’Ercole segnò li suoi riguardi,106
enzione della parola di ricognizione per le sentinelle ; non meno che quella di varj giuochi, come i dadi e gli scacchi, per d
orte del suo uccisore. Gli eroi si scagliano contro le loro aste ; ma quella d’Ettore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’
estra omicida Che di tanti suoi figli orbo lo fece… Achille stupì a quella vista, e Il supplice cosi sciolse la voce : Divi
o. Ma la tenerezza materna, che le facea volger sempre gli sguardi su quella tomba, tradì l’infelice donna ; perchè Ulisse sco
rchè non potè mai consolarsi della perdita del suo caro Ettore, nè di quella dell’innocente Astianatte. Paride. 597.
lido a guisa di voto offerto a Minerva (522). Laocoonte asseriva che quella macchina era un artifizio del nemico per entrare
a, e tenuta qual raro monumento dell’eccellenza delle arti antiche in quella Roma che ne meritò il retaggio. Questo capo lavor
Una volta ch’egli attraversava così l’Arcipelago, Diana (137) vedendo quella testa senza saperne altro, ebbe voglia di far con
uce (441) e il fiore della gioventù greca s’unirono a dar la caccia a quella belva tremenda. Meleagro, duce di tutti, ebbe la
re la testa a lei stessa. Ma i due fratelli d’Altea s’ingelosirono di quella preferenza, e tentarono di rapirla per loro ; lao
ondo abisso. Pochi giorni dopo le onde trassero il suo cadavere sotto quella medesima torre di dove Ero, già turbata da tristo
oli incolti, la vita laboriosa che doveron condurre per sussistere, e quella età di ferro tanto diversa dalla vantata beatitud
a ; onde a guardar le stelle E il mar non gli era la veduta tronca. E quella che ricopre le mammelle,126 Che tu non vedi, con
al tempo della guerra di Tebe. Sapendo per sua propria scienza che in quella guerra avrebbe dovuto perire, si nascose per non
annovera tre, chi quattro, chi dieci Sibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia, di Sardi, di Delfo, figliuo
o Tiresia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città di q
piaggia Sarai di Cuma, il sacro Averno lago Visita, e quelle selve, e quella rupe, Ove la vecchia vergine Sibilla Profetizza ’
e ; al quale s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i pericoli di quella col celete o cavallo da sella e coi carri, il sal
ri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana di quella che vien dai natali, aveva monumenti ed immagini 
gloria e vite ed onore collocavano interamente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni di quella ; e gli atleti, fi
vano interamente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni di quella  ; e gli atleti, fintantochè l’esercizio ginnastic
vincitore olimpico a dichiararsi cittadino di Siracusa, perchè anche quella città partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio
stolto è ben colui, Che ignora il calle, e vuol mostrarlo altrui. Sol quella lode che spontanea muove Quando l’avel ne prema,
trui. Sol quella lode che spontanea muove Quando l’avel ne prema, Sol quella mostra chi quassu fu degno Di storia o di poema.
menti di raggiungerlo, per modo che formossi la loro schiera simile a quella delle grui, che volano altissime ne’ tempi invern
per ignoto istinto, in ordine angolato. Rimasero per breve spazio in quella disposizione, quando colui che correva al destro
, rimanendo indecisa la vittoria. Ma la fortuna decise spiacevolmente quella nobile contesa, invece del valore. Posciachè, ave
’avversario chino e violento, quasi ad urtargli il petto, appoggiò su quella ambe le mani, ed allargando le gambe spiccò un sa
za dei parenti. Allora la spoglia dei poveri fu gettata sotterra come quella dei bruti, e il compianto dei ricchi estinti fu m
i Di nove che del sir nudria la mensa. ………………… ……. Destò del fuoco in quella L’invitto spirto struggitor, che il tutto Divoras
Anubi, il Mercurio degli Egiziani ; ma la sua origine è incerta come quella degli altri Dei principali di quel popolo. Questo
il globo della terra sotto i piedi, e la testa coronata di torri come quella di Cibele. In alcuni monumenti la si vede ancora
vano a comunicare la sua sapienza alle assemblee del popolo ; e sotto quella di un giavellotto se imploravano le vittorie. 729
l Nord, fu il primo ed il più antico Nume della Scandinavia, ossia di quella porzione d’Europa che comprende la Danimarca, la
’Egillo in Grecia fn principalmente celebrato nell’isola di Lenno, in quella di Samolracia, nella Frigia e nella Macedonia. 1
ti cho possono aver dato origine non solo a questa favola, ma anche a quella della caduta di Vulcano supra la terra (270) e de
onfuao insieme, o la stessa cronologia separa la gnerra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene gli uni e gli
contrario o il tempo è burrascoso. Ora il vortice di Cariddi posto in quella medesima foce, dalla parte di Sicilia in faccia a
orno del riposo e della gioia. Così è spiegata la favola del Tartaro, quella dei giudici infernoli, di Caronte e della sua bar
r la caccia ai pesci, stando con la coda nell’acqua e adescandoli con quella . 84. Bieche, inique. 85. Forse questa favola po
etamorfosi d’Acheloo in serpente indica le sinuosità del suo corso, e quella in toro i danni cagionati dai suoi straripamenti.
86. Storico greco vissuto 484 anni av. G. C. 87. Questa favola, come quella di Fetonte, rimane a lezion di coloro che spregia
ano custodite da grossi cani. Chiamavansi Esperidi perchè posti verso quella parte dove credevano che il sole si coricasse al
8 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
a vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava il petto D’una saltante Driade ;
a. Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti, Quella canna che fischia, e quella scorza Che ne’ boschi Sabei lagrime suda ; Nella
padre lo scacciò anche dal cielo. Saturno si ricovrò in Italia ed ìn quella parte ove fu pei fal bricata Roma, e fuvvi cortes
rese la figura di Diana per ingannare Calisto da cui nacque Arcade, e quella di Aquila per rapire Ganimede figlio di Troe, e p
le stava magnificamente addobbata una statua, facendo pubblicare, che quella era Platesa figlia di Asopo ch’ ei voleva sposare
ia del Gran Duca di Toscana a Firenze. Fra le statue antiche questa è quella che ha meno sofferto dal furore de’ barbari e dal
riso. Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì di quella di Apollo per addormentare Argo che custodiva Io
ri da’ Romani, ed Ermeti dai Greci, che tale è il nome di Mercurio in quella lingua. Mercurio ha dato ìl suo nome ad un piane
cole, allorchè gli Dei combatterono per la sorte di Troia. Plutone in quella giornata provò la stessa fatalità di Giunone e fu
rso tutti gl’immortali, lo Stige fu il primo che vi accorse con tutta quella formidable famiglia. Il supremo tra gli Dei oltre
el golfo Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa che terminava in quella di Acherusa. Di là dell’Acheronte errava il Can
ortunato Pelope. Cloto gli dà una spalla d’avorio, onde sostituirla a quella stata distrutta dall’avidità di una Dea. Si vedon
ta, lo stomaco coperto di peli, la parte inferiore del corpo simile a quella di un capro. Gli si sacrificava una capra. Molti
tà marine aveva sulla riva una grotta in cui andava a riposarsi, e in quella recavansi i mortali per consultarlo. Bisognava so
dinario intervenivano i villici di quei contorni. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi di fregare col sang
ano i villici di quei contorni. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi di fregare col sangue della vittima i
e i Greci per ispiare tale sventura, avevano stabilito d’invocarlo in quella sorta di cerimonia, come i Romani invocavano Tala
e quantunque sconosciuto, pure l’aria sua amabile lo fece ricevere in quella devota compagnia. Alcuni corsari intanto scesi im
Atene tutte quelle donne, purchè gli fosse stata accordata la mano di quella ch’egli teneramente amava. La sua proposta venne
chè le foglie di pesco hanno la figura di una lingua, e il suo frutto quella del cuore : emblema della perfetta unione che dee
iò che aveva risolutò, o per meglio dire il Destino era esso medesimo quella fatale necessità secondo la quale ogni cosa avven
adre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne di quella città dedicavano la loro capigliatura. Esculap
cominciò e Vespasiano terminò in Roma, era il più magnifico tempio di quella grande città. Tutti coloro che le belle arti prof
Sole non riconoscendo più la mano del loro signore, non obbedirono a quella del nuovo condottiero e traviarono dal solito lor
te interpretazioni alla favola di Fetonte. Fra le tante adottate avvi quella che Fetonte fosse un principe il quale si applicò
calore del sole, e questo giovane non essendo più sostenuto cadde in quella parte del mar Egeo o Arcipelago che portò poi il
quali Icaro non seppe far uso. Dedalo andò a ricovrarsi in Sicilia in quella parte ove regnava Cocalo. Questo principe lo acco
quelli che la interrogherebbero per avere imprudentemente parlato di quella Dea e tenutala a bada con lunghi discorsi intanto
enza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai beneficii ed alla riconoscenza.
I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria di Firenze dei principi di quella famiglia ove fu traslocata dopo e dove trovasi tu
to de’ Greci, e da Ecate, si dicevano anche le Ninfe di Diana, perchè quella Dea amava d’andare alla caccia pei monti, e per d
del servigio che avevale reso con prolungare la sua esistenza, che da quella quercia dipendeva ; e la Ninfa non mancò alla pro
azione abbandonò la figura della quale erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aret
e, che la Dea non potendo scoprirvi alcun difetto, lacerò con isdegno quella bella tappezzeria nella quale erano troppo ben ra
o lingua indicava mestiere di tessitore. Vicino a questa figura eravi quella di un ragno, da essi chiamato Aracne, parola che
ciarono di arrestare colla loro armonia tutti coloro che giungevano a quella volta, e che erano tanto imprudenti per fermarsi
o o Vaticano era quel che presiedeva ai vagiti dei fanciulli ; Levana quella che sollevava i bambini. La dea Rumia, Rumilia, R
nua dicevasi la dea che rende gli uomini valorosi, Agenoria o Stimula quella che gli spingeva ad agire. Gli Agonii erano Dei c
ortale. Una goccia di questo latte che Ercole lasciò cadere, produsse quella striscia bianca in cielo che ora chiamasi Via Lat
eianira la sua camicia intrisa nel proprio sangue, a ssicurandola che quella vesta aveva tal virtù, che suo marito indossandol
Ercole asseriscono che non solo all’estremità del Mediterraneo, ma a quella ancora del ponte Eusino scorgevansi due colonne d
arsi al diluvio di Deucalione e fu cangiato in uccello dalle Ninfe di quella montagna, o secondo altri, trasformato in quella
cello dalle Ninfe di quella montagna, o secondo altri, trasformato in quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola di
per riposarvisi fino al ritorno dell’Aurora. Chiese l’ospitalità per quella notte soltanto al re Atlante facendosi conoscere
fin le cose insensibili allettava ; le più feroci belve accorrevano a quella soave melodia e vi erano per anco attratti gli au
’egli ben tosto a possedere simultaneamente la dignità di pontefice e quella di re, dignità per la quale ebbe il titolo di min
l’avvenenza, gli parve degna dell’amor suo ; la sposò quindi, e fu da quella teneramente amato ; ma poco tempo dopo l’imeneo,
 ; prese egli la sua lira, discese pel Tenaro sulla riva di Stige e a quella accoppiando il doloe e commovente suono della sua
o su la sua rupe ; le Furie stesse ne furono commosse, e versarono in quella circostanza per la prima volta delle lagrime. Plu
i e di aggiungere a tale abbigliamento una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone, di munirsi di due lance e por
rno gli darà il possesso del trono che gli appartiene. Giasone era in quella età in cui si va in traccia della gloria, perciò
ui per prossimità di parentela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro quella spedizione. Prima di sciogliere le vele, Giasone
sua intrapresa. Giove promise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa di eroi, la quale finito il sacrificio, s’
io di Ecate, ove amendue recati si erano per implorare il soccorso di quella Diva. Medea che già incominciava ad interessarsi
n quanto che i più illustri principi della Grecia, che intervennero a quella caccia, l’avevano ambita. Essendo Atalanta bellis
o divinità e da essi risuscitato ebbe una spalla d’avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quella spal
lla d’avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quella spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di
egina delle Amazzoni, ecc. Non tutti i principi greci si prestarono a quella lega con eguale prontezza. Ulisse cercò di sottr
gli fece poco buona accoglienza e non volle guarrirlo : onde morì di quella ferita. Ne’ primi anni si occuparono i Greci a sa
ondo voleva togliere, Achille s’astenne dal voler più prender parte a quella guerra, malgrado i consigli di Nestore e le pregh
per le case e per le vie, uccidendo, predando, incendiando, ridussero quella città già sì florida e sì possente ad un mucchio
e di cenere. Dei capi troiani e loro alleati i soli che avanzarono da quella guerra e che dopo la presa e l’incendio della cit
o tutti concordi riguardo al loro numero. Avvi chi ne conta una sola, quella di Eritrea nella Ionia ; chi tre, l’Eritrea, la S
ontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella di Cuma città d’Italia, chiamata dagli uni Dafne,
atamente dimenticò di chiedere nel tempo stesso il dono di conservare quella freschezza che tanto rendeala interessante. Apoll
doveva sostenere. Alcuni dicono che fosse la Sibilla Cumana italiana quella che offerse al re Tarquinio i Libri Sibillini. Vo
nate da Varrone, la quale era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’Italia per l’uniformità del nome del luogo ov’e
trattati, la pace, la guerra e le tregue. La loro principale cura era quella d’impedire che s’intraprendessero delle guerre in
i perchè Cencreide aveva preferito la bellezza della propria figlia a quella della Dea, o perchè Mirra stessa acconciandosi i
i i capelli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordine alfab
9 (1897) Mitologia classica illustrata
e dei Romani suol esser detta Mitologia classica, per distinguerla da quella d’ altri popoli. 2. La Mitologia di un popolo, no
oeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità fornì di quella un’ immagine si viva che divenne tradizionale e c
e nella ben congegnata fabbrica dei miti greci. — Un’altra dottrina è quella degli allegoristi o dei simbolisti, i quali si so
i nobili studi e i notevoli risultati a cui giunse nel nostro secolo, quella che chiamasi Mitologia comparata; la quale, confr
, più tardi interpretati come il tempo (Kronos confuso con Chronos) e quella che scorre, personificazione del movimento degli
di vita. Fra le descrizioni poetiche di queste lotte chi non ricorda quella che si legge nella Teogonia di Esiodo, (v. 629 e
ro terzo d’ Orazio, ove il racconto della lotta titanica è seguita da quella savia riflessione: Vis consili expers mole ruit
ri e rilievi marmorei che ancora conservansi e rappresentano questa o quella scena della Gigantomachia. Si noti che mentre nei
e di Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capitolino, accanto a quella di Giove. La festa principale della Dea era quell
itolino, accanto a quella di Giove. La festa principale della Dea era quella detta Matronalia, che si celebrava il primo di Ma
terrotto il suo corso. In conseguenza Atena era deità bellicosa, come quella ch’ era nata in mezzo alle lotte celesti e coll’
tono; ma dell’ Atena Parteno abbiamo delle sicure imitazioni, ad es., quella riprodotta nella fig. 10, che è una statuetta alt
è nel Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un p
dal grembo della notte (Latona, la nascosta), e Delo, che vuol dire «  quella che mostra » è il luogo adatto per questa epifani
ops cavalletta) perchè difesa contro le cavallette. Nota leggenda era quella che faceva Apollo servo pastore di Admeto re dell
o all’ idea generale del lavoro. Mirabile la bellezza della figura in quella disdegnosa coscienza di sè che mostra avere il Di
di Artemide Taurica. Affatto diversa poi dall’ Artemide Ellenica era quella venerata ad Efeso nell’ Asia Minore. Era consider
re che arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua nel foro vicino a quella di Vulcano; e molte altre con tempietti trovavans
entile, op. cit. p. 132). Un’ altra splendida statua di Ermes è quella in bronzo, trovata in Ercolano, che ora trovasi n
Afrodite-Venere. 1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata come la sposa di Zeus.
mmercio fenicio, e i Greci accogliendolo ne confusero l’ immagine con quella della loro Afrodite, la quale divenne così la dea
primavera che non contenga le lodi di Venere; ricordiamone una sola, quella d’ Orazio (Carm. 1, 4, 5), dove tra le particolar
loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capolavoro
a figura di Vesta nell’ arte statuaria. La causa dev’ essere in parte quella espressa da Ovidio nel sesto dei Fasti, dove parl
Dio. Tra essi il più antico e il più importante era quelle situato su quella frequentatissima strada che dal vecchio foro cond
il dio Romulus Quirinus, considerato come eroe della stirpe comune a quella guisa che la formola Populus Romanus Quirites o Q
lla Colchide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio era quella di portar la luce del giorno agli Dei e agli uomi
traversar la volta celeste e rituffarsi la sera nell’ oceano, presso quella regione dove si diceva ch’ egli avesse uno splend
; tale ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro di quella di Elios, sul frontone orientale del Partenone. A
sto, si diceva fosse stato trasformato nella costellazione di Orione, quella che appare sul nostro orizzonte dal solstizio d’
eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia, quella che a Zeus diede un figlio in Erme. Dai Latini er
Romani; si può però ricordare che in luogo di Irene, essi veneravano quella che chiamavano Pace (Pax). Augusto le dedicò un a
Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella della moglie di Zeus; ora è congiunta con Eracle
della famiglia di Asclepio. Si diceva avesse in moglie Epione, ossia quella che lenisce, che mitiga, che risana; e tra i suoi
sori della morente religione contrapponevano la figura di Esculapio a quella del Cristo, chiamandolo re, salvatore, amicissimo
o d’ erbe o un pinolo, talvolta anche un cane, alla cui lingua come a quella del serpente gli antichi attribui vano virtù di g
olte statue esistevano in antico di questo Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e avorio di Epidauro, della quale si ha la
loro tanti racconti meravigliosi. 3. Bellissima pittura delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio di Peleo e Tetide d
one le popolava di graziose ninfe; celebre fra tutte la ninfa Egeria, quella che è ricordata nella tradizione come amante segr
A differerenza degli altri figli di Nereo, questa coppia rappresenta quella segreta terribile forza, per cui il mare si popol
ettuno con Posidone, la qualità che più venne a essere rilevata si fu quella di Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ un
Ai tempi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, eresse, in memoria di que
La statuaria soleva rappresentar Posidone, in figura somigliante a quella del fratello Zeus, barbato il viso, la chioma ric
altro mostro marino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che era nel frontone occidentale del Partenone, d
un che avea nome Learco,    E rotollo, e percosselo ad un sasso;    E quella s’ annegò con l’ altro carco. (Inf. XXX, princ.)
do qualcosa di segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi Greci quella forma di culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui er
e di primavera al germogliar delle biade. Altra festa importantissima quella detta Paganalia in Gennaio, celebrata in ogni pag
tis 42 . Le rappresentazioni figurate sono rare; tra le più. note è quella che si riferisce all’ introduzione del culto in R
li antichi all’ uso del vino, e quanta fosse la potenza di Dioniso, è quella dei pirati Tirreni. In occasione d’ un viaggio da
ei pirati Tirreni. In occasione d’ un viaggio dall’ isola di Icaria a quella di Nasso, Dioniso che aveva assunto la forma d’ u
i occhi o secondo altri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la quale invano ora spasimava, lamenta
a in poi divennero aurifere. — Un’ altra leggenda relativa a Mida era quella che lo faceva arbitro in una contesa musicale tra
otendo tenerla nascosta, scavo in terra una fossa e mormorò dentro di quella quali orecchie avesse visto al suo padrone; poi r
aunus Lupercus era in una grotta del Palatino detta appunto Lupercal, quella stessa che l’ arcade Evandro venuto nel Lazio e b
on temono l’ avvicinarsi de’ lupi, i contadini premono in liete danze quella terra che gli altri giorni scavano con tanta fati
lungo peregrinare fosse venuto in Italia ed ivi si fosse nascosto in quella terra che da questo fatto avrebbe avuto il nome d
or adesso otto colonne. Antica e celebre festa in onor di Saturno era quella dei Saturnali. Aveva luogo dal 17 al 19 Dicembre.
loro. Gentile usanza, per via della quale almeno un giorno dell’ anno quella tanto maltrattata classe d’ uomini aveva modo di
tta cista mistica. La più antica statua che ancor oggi si possiede, è quella che trovavasi sul frontone orientale del Partenon
ato di Persefone come la bella figlia di Demetra, personificazione di quella forza indefettibile della natura, per cui ogni an
e ne aveva anche un altro mite e benefico. Non era il Dio di sotterra quella forza misteriosa per cui si nutrono e crescon le
titani, immaginati sotto il disco terrestre a tanta distanza quanta è quella del cielo al di sopra; e si diceva che un’ incudi
ani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave e una fune o rappresenta
marito Admeto. L’ arte dapprima rappresentava la Morte e il Sonno con quella differenza d’ aspetto ch’ è accennata in Omero ed
te osservate tutte le prescrizioni di rito, credevasi che l’ ombra di quella persona vagasse intorno al cadavere o alla tomba
ipite della stirpe eolia. Qui spesso s’ intrecciava questa teoria con quella dell’ autoctonia, in quanto si faceva un Dio spos
orfosi Ovidiane. Anche del diluvio di Deucalione la miglior pittura è quella di Ovidio nello stesso libro (vv. 260-415). Ca
ù antiche e a cui più spesso s’ ispirarono gli artisti, va annoverata quella della lotta tra i Lapiti e i Centauri. Già ne par
mbe posteriori di cavallo, si cominciò ai tempi di Fidia a immaginare quella forma più bella che poi venne universalmente adot
esentano questa figura. Una antichissima e celebre Centauromachia era quella del frontone ovest del tempio di Zeus in Olimpia,
oppa sopra i cadaveri dei nemici uccisi; ora son scene di lotta, come quella che è rappresentata nella fig. 72. Nel loro compl
b) Admeto e Alcestide. 1. Una bella leggenda di origine tessala è quella che riguarda Admeto e Alcestide. Admeto era figli
zia e Tebe. a) Cadmo. 1. Tra le leggende tebane la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio di
tica ne trasse argomento per alcune tragedie celebri; basti ricordare quella d’ Euripide, imitata poi in latino da Pacuvio. Tr
quest’ unica ed ultima figlia ti chieggo! ». Ma dovette vedere anche quella per cui pregava cader trafitta; onde affranta dal
la scena è piena di spavento e di compassione per la sorte toccata a quella gioventù bella e infelice. Varii sono gli atteggi
la Chimera o le Amazoni o la trista fine di lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come fa ad es. Orazio nell’ 11a ode d
azoni. Se ne possono distinguere tre tipi: 1º la Amazone ferita, come quella celebre che è nella raccolta Capitolina (fig. 79)
aticana, portatavi dalla Villa Mattei ove prima trovavas; un’ altra è quella riprodotta alla fig. 80, che è del Museo Capitoli
aiuto di Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di sua st
nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della sua figliuola, e avendo osato venire in que
lotta del sole colle potenze delle tenebre o colle nuvole tempestose, quella lotta che presso le genti ariane ha dato luogo a
o concetto è forse connessa un’ altra leggenda relativa ad Erittonio, quella secondo la quale sotto di lui l’ Attica sarebbe s
nto di tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggenda di Procri e quella di Progne, imitato poi nell’ ultima dai latini Li
i è da collocare la spedizione più pericolosa e più importante, che è quella contro il Minotauro a Creta. Il re cretese Minoss
Tebe dal tributo ma obbligo quei di Orcomeno a un tributo doppio. In quella guerra morì Anfitrione. Creonte grato ad Eracle d
me. Con questi affrontò l’ idra e bruciò mano mano tutte le teste; su quella che era immortale gittò un masso enorme. Nella bi
re della nobile famiglia. — Alla spedizione contro i Pilii connettesi quella contro il re dei Lacedemonii. Era questi Ippocoon
Citerone, incerto qual via della vita deva scegliere e percorrere, se quella del piacere che da una donna apparsagli, tutta ve
utta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena di gioie e di riso, o quella della virtù che da altra donna, più severa nell’
une si conservano nel Museo del Louvre a Parigi; notevole sopra tutte quella ov’ è rappresentata la lotta col toro cretese. Fr
a la lotta col toro cretese. Fra le imprese accessorie dette Parerga, quella che s’ incontra più di frequente è la lotta col c
drago, sempre vigilante. Sposò anche ivi Calchiope, figlia del re di quella terra Eeta (Aietes). In conseguenza di tutto ciò,
Pelia. Si ricordino specialmente le varie tragedie intitolate Medea, quella d’ Euripide rappresentante le scene di Corinto, i
Medea exul, l’ altra di Ennio stesso riferentesi alla Medea in Atene, quella di Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e l
be stata per lui fatale; ed è anch’ essa leggenda posteriore ad Omero quella secondo la quale Tetide per sottrarre suo figlio
. I Troiani, lieti della partenza dei Greci, guardavano con curiosità quella meraviglia del cavallo di legno, non sapendo che
e durante l’ assenza di lui aveva goduti i favori di Clitennestra. In quella congiuntura perdette la vita anche la profetessa
se ne invaghì; voleva farlo suo sposo e indurlo a non abbandonar più quella terra. Ma troppo poteva in Ulisse l’ amor della d
di Scheria; ma mentre pieno di speranza s’ affaticava per giungere a quella volta, ecco passa Posidone di ritorno dall’ Etiop
re dei Rutuli, e indusse costui a muover guerra ad Enea. Così scoppiò quella sanguinosa guerra, la quale dovea chiudersi colla
i compiace la Dea guerriera. » 6. « Pegno della salvezza nostra e di quella dello stato. » 7. I, 515 e segg.  : « … impero h
10 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
olte fonti pubbliche e private ; e la più celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più g
arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piazza della Signor
ioni di carte nautiche ; la qual denominazione mitologica è analoga a quella che fece chiamare Atlanti le collezioni delle car
dai fianchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione era quella di tenere allegre le Divinità del mare (come i Sa
o nella maggior parte dei mari. Convien qui rammentare principalmente quella conchiglia che i naturalisti dicono Tritone smalt
sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Semele madr
l’un ch’avea nome Learco, « E rotollo e percosselo ad un sasso ; « E quella s’annegò con l’altro incarco »221. E l’altro inc
e i pesci da lui pescati e deposti in terra sopra l’erba, gustando di quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuova vita
irono una prerogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter
successivamente tutte le più strane forme, ma finalmente ritornava in quella primitiva, e allora rendeva all’interpellante la
sti così scriveva, cominciando a contare da Cosimo I. 213. Questa è quella Teti nel cui palazzo andava tutte le sere il Sole
negati ; e Dante stesso lo ha detto parlando d’Ino e Melicerta : « E quella s’annegò coll’altro incarco. » In quel Canto non
11 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
battaglie La prima dunque di queste battaglie fù al riferir di Esiodo quella , che ei sostenne contro i Titani, i quali in fort
ata Anfitride, e per ottenerla non lasciò mezzo alcuno intentato ; ma quella per custodir illibato il suo vergineo candore con
lusivo. Gli Dei chiamati a dirimere tal controversia decretarono, che quella parte, che per propria virtù prodotto avesse la c
tadini la pace, l’altro fuori, acciò disdegnato non avesse d’esser di quella Città il difensore contro gl’insulti d’ogni ester
questò Nume, non altra vittima svenar si dovea in suo onore, che sol quella , di cui prendevasi piacere ; quindi il toro, il v
rezza, qual Marte appunto si era, potendosi applicare a tal proposito quella ragione, che porta Ovidio nell’ enarrar la causa,
nti del re Admeto da lui teneramente amato, questo Dio di soppiatto a quella greggia appressandosi seco si trasse alcuni bovi,
Roma non v’era, che privatamente ancor non l’onorasse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo alle porte di loro c
l’ Esculapio, che istruito nell’ arte medica da Chirone sì valente in quella addivenne, che valse a richiamar alla vita Ippoli
a fronte, con occhio ebbro di dolcezza, con eterna primavera simile a quella degli elisii campi sul volto, colla lira in una m
se veloce i suoi passi a trovarla. Raggirossi affannosa per questa, e quella parte della terra, sichè di essa a ragione scriss
i anche più barbari fù sempre tenuta in gran conto la verginità, come quella , che oltremodo nobilita la condizione dell’ umana
ta riputazione poi convien credere, che tenuta fosse la Dea stessa di quella  ? Descrivasene perciò con tutto piacere la vita.
acque, venne con un pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno di sua natura cangiato in cervo, e qui
te dette per questo Ianua dal proprio suo nome, se pur non dinoti con quella esser egli la porta, per cui sol le umane preci p
lla morte in scgno, che nessun del suo regno disserrar mai più poteva quella porta, per cui ebbe una volta in quel luogo l’ing
igarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella , e nel petto la voglia le destò di vedere Giove i
gi de’planetarii corpi, come non pingere assisa su ben ordinato carro quella Dea, che per la terra istessa comunemente fù pres
trovar che temere nel dì de’suoi conti. Prenda dunque in buona parte quella massima dello Ecc. 18. Ante iudicium para iustiti
timon colla sua destra mano, L’altra sparge oro in questa parte, e in quella , E nulla cura il vil piacer mondano. Tien la cico
o toglie a morte con sì nobil zelo, Mortal la mira, e dì a ciascuno è quella La carità, che sol si trova in Cielo. Annotaz
l più espressivo, e sublime tipo di sua beneficenza, e liberalità ? E quella verga, con cui segna il globo non mostra evidente
unica allegrezza, che possa assaggiare un cuore non è, nè può essere quella , che risulta dal possesso de’ beni mondani, come
nè può essere quella, che risulta dal possesso de’ beni mondani, come quella , che sempre è mista col dispiacere, giacchè sta s
ov. 14 Risus dolore miscebitur, et extrema gaudii luctus occupat ; ma quella sibbene, che viene da Dio, onde Isaia al 6. dicev
e’suoi colori bisogno non ha di spiegazione. Sol dunque aggiungo, che quella succinta, e lacera veste, di cui ella si ammanta
Ma se mai verità la pugna, e grama Fugge atterrita, e allor non è più quella . Annotazioni. Molto espressive sonò le car
Edem : è mascherata, perchè nascosta sotto le divise della verità : e quella benda, con cui covre gli occhi de’creduli è il pr
Deus, sed pacis spingiam sempre lungi dal cuore tal mostro, memori di quella triste conseguenza descritta dal mentovato Aposto
rdaci affetti, E impallidir d’ogni superbo il viso. Santa religion tu quella sei Che fai tremar chi sol negarti ardisce, E men
iconosce, quindi come questa assoggetta al suo impero ogni cosa, così quella sopra di tutto estende ampiamente i suoi vanni. E
a non è, come si lusingano alcuni, di poca, e di facil riuscita, come quella , che altro scopo non conosce, che restringere in
anime Alfin ritrova, e lagrima Piangendo il passo tremolo Presso di quella assidesi, Fra stipe secche, ed aride, E con lam
ser mia intenzione di richiamar dalle sue ceneri l’antica sestina. Di quella sestina cioè, in cui sei strofe pender dovevano d
ia donzella Da qui alcuno non speri partir ; Ma caduta che appena fia quella Tanti affanni potranno finir. Ma non basta ; l’is
più generale campeggia nella poesia si è appunto la terza rima, come quella , che indistintamente si mostra adattabile al sagr
volte lasciava la terza rima sdrucciola, e prendeva la piana, perchè quella si rendeva intrattabile. Tale esempio scosse l’ot
o dopo il secondo piede, o dopo il primo, ed il terzo in mancanza di quella . Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole d
i il mese di Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a q
consagrato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a q
one, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a qu
ttuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quella di Mercurio, Luglio a
nerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quella di Mercurio, Luglio a Giove, Agosto a Cerere, Set
za, e destrezza nel loro impiego abbia somministrata al Poeta istesso quella brillante descrizione dei ferrai accinti al lavor
ato da Giunone rapiti oltremodo gl’antichi follemente credettero, che quella striscia nel cielo, che via lattea da noi s’appel
le pitture, che rappresentano Plutone la più luminosa a mio credere è quella , che colla divina sua penna delineò nella sua Ger
sa ; ma come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi di quella lo lascio ad essi a soggiungerlo. Leggasi sù tal
12 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
vinto fu discacciato dai cielo; che allora ei venne a nascondersi in quella parte d’ Italia, che era abitata dagli Aborigeni,
e tanto, dic’ egli, s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra di quella s’ innalza il cielo. La seconda, giusta il medesi
urii dai Romani, ed Ermi dai Greci, che tale è il nome di Mercurio in quella lingua. Capo XIII. Di Bacco. Cinque pure, s
la ritrosìa di Driope trasformandosi in pastore. Ma non potè vincere quella di Siringa figlia del fiume Ladone, la quale da l
Divinità; e Ippona essi dicean la Dea che possiede a’ cavalli; Bubona quella , che a’ buoi; Seia o Segezia la Dea delle sementi
bona quella, che a’ buoi; Seia o Segezia la Dea delle sementi; Matura quella della maturità; Lactura o Lactucina la Dea del la
quella della maturità; Lactura o Lactucina la Dea del latte; Mellona quella del mele; Sterculio o Stercuzio il Dio dei concim
nascere; Vagitauo o Vaticano quel che apre la bocca a’ vagiti, Levana quella che solleva da terra i bambini, Cunina quella che
bocca a’ vagiti, Levana quella che solleva da terra i bambini, Cunina quella che presiede alle cune. La Dea Rumina istruiva i
al mangiare. La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici di cui i maschi al nono giorno
nse e Cinzia per cui il cinto verginale a lei scioglievasi; Viriplaca quella che i mariti placava nelle contese e negli sdegni
enua dicessi la Dea che rende gli nomini valorosi; Agenoria e Stimula quella che gli spinge ad agire; Agonio quel che presiede
a che gli spinge ad agire; Agonio quel che presiede alle azioni; Orla quella che esortagli ad opere virtuose; Volunno e Volunn
e lor danno il buon volere; Cazio quello che cauti li rende; Angerona quella che libera dalle angosci e, e fa che tacciano i l
el silenzio, e dipingevasi colla bocca fasciata e sigillata; Fellonia quella che Scaccia i nemici; Fessonia quella che alleggi
fasciata e sigillata; Fellonia quella che Scaccia i nemici; Fessonia quella che alleggia gli stanchi; Vigilia quella che acco
e Scaccia i nemici; Fessonia quella che alleggia gli stanchi; Vigilia quella che accompagna i viaggiatori perchè non errino; A
la nascita di Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ritardò quella di Ercole fino al decimo mese. Anzi, secondo Ovid
te ad un solo attribuite. Una delle più celebri tra queste imprese fu quella di unire l’ Oceano al Mediterraneo, separando i d
isa del suo sangue e del veleno dell’ Idra, dandole a credere che con quella avrebbe richiamato Ercole all’ amor suo qualor le
boiche, ove fu convertito in uno scoglio; indi costrutta una pira, su quella si abbracciò, date prima le sue saette a Filottet
enne sopr’ essi volando col capo di Medusa, nacquero i serpenti, onde quella fu poi sì feconda. Giunto in Mauritania, essendog
ette tornarse scornato in Argo. Più che a tutt’ altri però fattale fu quella guerra a’ due nemici fratelli. Fino avanti al lor
lli, che in vita stati erano così divisi. Nè le triste conseguenze di quella guerra finirono colla; loro morte. Perciocchè ave
ia di Fegeo, e poi Calliroe figlia di Acheloo, andando per togliere a quella il fatai monile, che areale recato per presente d
to sopra uno scoglio gettava in mare i viandanti che si avvenivano su quella strada; presso ad Ermonia il gigante Damaste dett
ia ucciso Creonte, il quale vietava di seppellire gli Argivi morti in quella guerra; e avendo accompagnato Ercole nella spediz
appagarlo in qualunque cosa gli avesse chiesto, il pregò a volere in quella occasione far contro Ippolito le sue vendette. Ne
divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla di avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Cresciuto in età, abba
regina delle Amazoni. Non tutti però i principi Greci si prestarono a quella lega con egual prontezza. Ulisse cercò di sottrar
, per cui questi lungo tempo si astenne dal voler più prender parte a quella guerra. Cagion della lite si fu, che essendo Venu
e Troia fosse invincibile, se i cavalli di Reso venuto in soccorso di quella gustasser l’ erba de’ prati troiani, e bevessero
per le case e per le vie, uccidendo, predando, incendiando ridussero quella città già sì florida e sì possente a un mucchio d
lia. Dei capi de’ Troiani e loro alleati i soli, che avanzarono da quella guerra, e che dopo la presa e l’ incendio della c
fonio fu inghiottito vivo dalla terra apertasi sotto di lui, e che in quella stessa caverna il suo oracolo fu indi stabilito.
13 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
o fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re di quella regione : e volendo mostrarsi grato agli Dei dell
nave fu chiamata Argo, e quindi Argonauti gli Eroi che navigarono in quella . Se le fosse dato questo nome da quello dell’arch
l regno al suo ritorno, ma sperando in cuor suo che sarebbe perito in quella impresa. Fu costruita la nave per questa spedizio
apevano soltanto che quel paese era fra settentrione ed oriente, e in quella direzione volsero la prora. Il capitan della nave
de salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’i
e marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episo
Senàpo imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella di Fineo, ha riunito in poche ottave tutte le cla
esser si dice « Di chi all’inferno vuol scender talotta. « Quivi s’è quella turba predatrice « Come in sicuro albergo ricondo
giovinetto Ila ; il che in prosa significherebbe che era annegato in quella fonte ov’egli andò ad attingere l’acqua. Gli Argo
sipile, o Issifile, dicendo nel Canto xxii del Purgatorio : « Vedesi quella che mostrò Langia, » cioè la fontana detta Langi
14 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
Urano, che si sparse sulla terra nacquero i Giganti, e le tre Furie : quella parte, che si mischiò colla schiuma del mare prod
fessione dove poteva far mostra de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di
to quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Lenno, in quella di Lipari, e secondo alcuni poeti, sotto l’Etna2.
indusse a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza di Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco,
le immense sotterranee voragini, ove risplendeva una luce diversa da quella , che sfavilla sotto le volte de’ Cieli. L’Averno
ll’età avanzata, riacquistarono la loro giovinezza, e non ismentirono quella fedeltà, che a vicenda avevano giurato di mantene
iove la guardava di buon occhio : ma avendo saputo dal Destino che da quella nascerebbe un bambino, che avrebbe un giorno supe
lo, e della Terra era Temi Dea della Giustizia. Fu creduta da Eusebio quella tale Carmenta donna savissima di Arcadia, che pre
r dritto all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianca, e se
i estendeva sulle famiglie, e sulla Città. La sua figura era simile a quella della Pace. I Greci la chiamarono Ὀμονοια, ed ave
nata da un miscuglio di fatti veri, e di favole. Storia eroica diremo quella che narra i fatti, e le azioni degli uomini, e de
ta offerta che promise immense ricchezze a chi avrebbe il possesso di quella lana, e ne propose a tutti gli Eroi la conquista.
antichità ha onorato la memoria non solo degl’illustri guerrieri, ma quella ancora degl’iusigni poeti. Orfèo fu celebre antic
tempi eroici. Ella è stata il soggetto del canto di molti poeti, come quella di Troja, che diede occasione al poema di Omero.
i era uccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creon
in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tieste riconobbe il suo figlio Egisto ; Pel
d istruita del fallo involontariamente commesso si diede la morte con quella spada medesima. Avendola Egisto portata tutta ins
la collera della Dea, che placatasi dell’offerta sostituì in luogo di quella una cerva, e trasportò Ifigenia in Tauride, desti
nemico de’ Greci. Come questi non poteva guarire, se non per mezzo di quella lancia medesima, il saggio re d’Itaca glie ne por
ungere nuovi vezzi, e maggior pregio alla bellezza, e rendeva amabile quella Dea che la portava. Giove non potè resistere a ta
uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buon re lo accoglie con quella bontà che forma il carattere di quei temdi remoti
ata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca di quella terra che il Destino gli prometteva. Fa costruire
agli Dei dell’inferno, innalza un rogo : lo ascende, e si ammazza con quella spada medesima che aveva donata ad Enea, e che co
o : io giuro per Diana di essere la sposa di Aconzio . Cidippe prese quella palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa gio
di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte una corda, e con quella per disperazione si strangolò. Il dimani niente c
a gente tranquilla 1. Fin dall’epoca della sua fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe potuto dirsi di lei : Quam tu U
nde testa presso la Chiesa di S. Eligio, che credevano essere appunto quella che apparteneva alla statua colossale di Partenop
quale stavano scolpite diverse sacre immaginette, e fra queste vi era quella del Sebeto. Il suo nome però e la sua gloria mal
1 che in Napoli esistevano ad imitazione di Atene, trovasi annoverata quella degli Eumelidi, così detta dal patrio nume Eumelo
ra, e diverse virtù che lo adornavano, e fra queste in grado eminente quella della castità. Di costui innamorossi una ragazza
e la mentovata testè iscrizione ci manifesti un’epoca recente, qual’è quella di Tiberio, il culto non pertanto assegnato dai N
a un culto particolare. Ciascuna città aveva la propria Fortuna, come quella de’ Napoletani, de’ Romani presso Plutarco detta
bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico, e più espressiva di quella che si ammira nelle ville Negroni, e Ludovici in
a dato il nome alla nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella di Roma, e di tutte le grandi Città. Credono i po
inferno entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella di corno come trasparente entravano i sogni veri 
io. Per quella di corno come trasparente entravano i sogni veri : per quella di avorio, come materia meno diafana passavano i
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
a santa era la Virtù, che stracciando le pompose vesti che cuoprivano quella immagine del vizio, ne mostrò a Dante la turpitud
cui indossava la ruvida veste dello stoico e del moralista, lasciando quella effeminata, e per lui più abituale, dell’epicureo
e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, mentre po
ua del mare : « Come fa l’onda là sovra Cariddi, « Che si frange con quella in cui s’intoppa, « Così convien che qui la gente
. Tali ci furon descritte le più terribili Orche dagli antichi poeti, quella cioè che devastò la Troade ai tempi dello spergiu
ra fitta, e in mano prende « La fune che dall’àncora depende. « E con quella ne vien notando in fretta « Verso lo scoglio, ove
il brutto mostro fiede. « L’Orca a seguire il canapo è costretta « Da quella forza che ogni forza eccede, « Da quella forza ch
e il canapo è costretta « Da quella forza che ogni forza eccede, « Da quella forza che più in una scossa « Tira, ch’in dieci u
on dire fanciulle marine e uomini marini. 228. Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un
16 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
o nelle lettere o nelle magistrature, non aveano più fede nessuna in quella moltitudine d’Iddii a cui il popolo bruciava anco
zione dei pretendenti all’imperio, e certa qual frenesia scusabile in quella nazione che avea tutto conquistato, che a tutto e
losa, più feconda di vane dispute che non la vera Atene ; ma priva di quella saggezza d’immaginazione e di quel gusto squisito
ani vennero a cinger d’assedio Gerusalemme, queste sètte si fusero in quella degli Zelanti, cioè di coloro che voleano scaccia
i Romani o perire sotto le ruine del tempio. Di qui l’accanimento di quella guerra spaventevole che fece terrore ai Romani me
essendo che gli uomini odiano senza che ad essi noto sia che cosa sia quella che hanno in odio, non può egli essere che essi m
scordare di dovere nella notte levarsi ad adorare Dio. Discorrono in quella guisa che discorre chi sa che il suo Signore l’as
ia ai ridotti illeciti, ed è con giustizia condannabile, se alcuno di quella si duole per la ragione stessa onde della fazioni
larsi quanti secoli sarebbero bisognati al genere umano per uscire da quella ignoranza e da quella corrotta barbarie, nelle qu
rebbero bisognati al genere umano per uscire da quella ignoranza e da quella corrotta barbarie, nelle quali si sarebbe trovato
la una religione può rinnovellare un popolo nelle sue sorgenti. E già quella di Gesù Cristo ristabiliva tutte le basi morali.
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
anetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. Aggiungono alcuni mitologi, c
iglia di Inaco, sospettò di qualche frode, e chiese in dono al marito quella giovenca, che Giove non potè negarle per non scuo
discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata nel cielo dall
baleno, allorchè nel Purgatorio (C. xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della t
ardanti appaga. » (Gerus. lib., xv, 5.) Iride si chiama in Anatomia quella membrana circolare che è situata sopra l’umor cri
occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi colori, ed è quella che determina il colore particolare degli occhi d
rivativo Iritide chiamasi in Patologia qualunque affezione morbosa di quella membrana dell’occhio, e più specialmente l’infiam
18 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
ta larva di religione, onde non cadere essi medesimi con il crollo di quella , ancora tai filosofi si tacquero, ribadendo i bei
dditar le cagioni, cui dalla religione primitiva dell’ Vno si venne a quella del moltiplice, interpetrare la parola Mito nel v
tologismo perfetto, che mena alla primitiva nozione dell’Ente, ancora quella va sventuratamente disviandosi nell’uomo, e per u
non poca parte dell’umana famiglia dalla vera religione dell’ Ente in quella degli esistenti, della pluralità degli Iddii. L’u
a vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava il petto D’ una saltante Driade…
 ; Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti ; Quella canna che fischia e quella scorza, Che ne’boschi Sabei lagrime suda, Nella s
si in sicuro la dea Tutilina(4). E non sembrando loro essere bastante quella Segezia per conservare le biade dal pullulare in
la di Leucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori lo incenso ; o quella di Clizia mutata in elitropio. Mista del pari è l
na nelle selve ; Minerva negl’ingegni ; egli stesso del pari in tutta quella innumera turba degli Iddii plebei. Egli con il no
ano avvenuto a tempi di Saturno, onde pe’latini questa età risponde a quella dell’oro de’greci ; e portò tal nome, chè le spig
ponevano tre figure muliebri circondate da un serpente, tra le quali quella , che sorgeva in mezzo, era un simbolo della terra
lo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte
che trovasi appieno nelle onde del mare. Ella fu detta Αφροδιτη, ed è quella potenza, cui son prodotti il maschio e la femmina
laudi della poesia. Per Euterpe ευτερπη dilettazione, rappresentavasi quella soave, quell’arcana voluttà che sentesi in cuore
eficio non deve farsi aspettare, onde era ai Greci — non esser grazia quella che viene lentamente, e deve tosto obbligare chi
Acheloo in serpe voleva intendersi il corso tortuoso del fiume — con quella di toro le sue inondazioni ne’campi — con venirgl
ora per me risuona il nome di Petulcio, ora di Clusio(1). Vale a dire quella rude antichità volle con alterno nome significare
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
sentimento dell’anima : ecco in due parole la spiegazione del mito. E quella graziosissima particolarità del mitologico raccon
Dante afferrò subito questa idea, e la espresse maravigliosamente in quella sublime terzina, che tutti sanno, o saper dovrebb
Lia (che nello stile biblico e religioso significa la vita attiva) a quella di Citerèa, cioè di Venere, considerata come il p
cabolarii italiani fra le accezioni del verbo avvenirsi pongono anche quella che significa « venir bene adatto per convenienza
Psiche (anima) è composto il termine psicologia, che perciò significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e del
elle sue facoltà. 188. Epitalamio è parola di greca origine, che in quella lingua significa sul talamo, ossia letto nuziale 
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
che anche la Ninfa Amaltea fosse cangiata insieme con la sua capra in quella costellazione25. Della Ninfa Melissa poi racconta
Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A guisa del parlar di quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse come Sol
a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degli Uffizi in Firenze
itologiche non eran perfette divinità, ma in una condizione media fra quella degli uomini e quella degli Dei supremi. Stabilit
rfette divinità, ma in una condizione media fra quella degli uomini e quella degli Dei supremi. Stabilita la base, e lieti del
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
« Han volto il giro, alfin son qui chiamate « Di Lete al fiume, e ’n quella riva fanno, « Qual tu vedi colà turba e concorso.
ro l’immaginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato div
a breve rassegna. La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati nelle f
Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina, non si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spalla di
pretazione dei moderni grecisti, sembra asserire che Tantalo soffriva quella pena non già nell’Inferno ma nel Cielo, perchè av
Fisica note, « Tu troverai non dopo molte carte, « Che l’arte vostra quella , quanto puote, « Segue, come il maestro fa ’l dis
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
Minerva dunque che in greco chiamasi Atena diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti
a Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella . Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni h
ani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire ne
on ambisce un maggior titolo d’onore che di esser chiamata l’Atene di quella nazione a cui appartenga. Così fu lieta Firenze d
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
e : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e ch
« Nettare è questo di che ciascun dice ! » All’età dell’oro successe quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di man
, e con quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva i
i anche certe fabbriche di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella celebratissima di Or San Michele in Firenze, che
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
te le guerre contro Giove, secondo gli antichi mitologi, furono due : quella dei Titani figli e discendenti di Titano, e quell
logi, furono due : quella dei Titani figli e discendenti di Titano, e quella dei Giganti, cioè dei figli della Terra, come sig
i poichè la seconda fu più terribile e più decisiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove,
i preferibilmente alla Titanomachia, perchè parve agli Antichi che in quella il miglior diritto fosse degli Dei che rimasero v
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato
olla sua verga per separarli e dividerli ; ed essi attortigliandosi a quella rimasero in atto di lambirsi in segno di pace154.
riscono alla vita privata di questo Dio. Son due trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e di Aglau
noscere, lo rimproverò della sua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietra nera che dicesi di paragone, perchè serve
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ello scender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale, a quella di Fetonte trasportato in balìa dei cavalli del S
n Epidauro ; e sappiamo dallo stesso Livio, non che da Ovidio, che da quella città fu trasportata solennemente la statua del N
Dicendo Dante che il cielo si cosse, come apparisce ancora, allude a quella estesissima macchia biancastra che di notte si sc
ssia. Con tali parole accenna Dante l’opinione di alcuni mitologi che quella macchia (che veramente è uno strato di milioni e
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
e il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come di quella delle Fate, si abusò, e forse ancora, specialment
ciavano a filare quando nasceva una persona, e che recidevano, quando quella persona doveva morire. Ecco l’origine mitologica
nza estendersi in descrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. Ma di Caron
o, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione di Ercole che si chiama
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
acro, era battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità era seppell
rinununziato. Il che non conferiva di certo alla loro felicità, nè a quella del marito e dei parenti. Il culto di Vesta, fu a
ta davasi, nella loro consacrazione, a tutte le Vestali in memoria di quella prima che fu consacrata da Numa riformatore di qu
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
ia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella . D’allora in poi lettere di Bellerofonte furono d
scisse vittorioso54. La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone,
o. Quest’ uso barbaro ed empio si estese anche ad altre prove, come a quella del fuoco, la cui sola proposta fanaticamente fat
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
timologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomi
romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollecitarono
zione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prima di po
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
nda classe comprendeva gli Dei inferiori o terrestri 6 ; la terza era quella degli Eroi o Semidei ; e la quarta delle Virtù e
), è necessaria a conoscersi nella Mitologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effet
imico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità. Il Dio Urano è lo stipite delle di
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
della Terra, vi rimase la razza dei discendenti dei migliori Titani, quella degli uomini plasmati di creta e animati da Prome
formò in lupo. Questa trasformazione è fondata sopra due somiglianze, quella cioè del nome di Licaone che deriva dal greco lic
ibili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che umana. Mise in discussione
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
uesto adoravansi i prodotti stessi naturali come se fossero Dei, e in quella gli esseri soprannaturali a cui se ne attribuiva
olesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profet
is fructibus, perchè i Latini nella loro pronunzia, e specialmente in quella dei nomi proprii, usavano spesso il G invece del
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
on altre inferiori divinità di forme presso a poco così graziose come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di
me Dafne in lauro. E il Dio Pane gareggiando con Apollo ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò di sette canne
Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dal
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
a era una Dea adorata soltanto dai Romani, perchè credevano che fosse quella stessa Anna sorella di Didone, rammentata da Virg
si chiuse nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo che quella di suo marito. Perciò le matrone romane le presta
emporali notturni come a Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato di sopra.
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi pregi nella Metallurgia. A Vul
e un bellissimo androide che apriva la porta di casa a chi battesse a quella , e quando le persone entravano le salutava. Nei s
rporatura e di forze corrispondenti alla medesima. La loro stirpe era quella stessa dei Titani, poichè credevasi che fossero f
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
note o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondazione di
e perfino le porte delle case. L’immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una
tto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Galleria degli Uff
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
uzione, poichè Giove stesso trasformatosi in pioggia d’oro discese in quella torre e sposò Danae che fu poi madre di Perseo. S
e della testa anguicrinita di Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo di essa. E Pindar
issima Ode 16ª del lib. iii di Orazio ; della quale qui cito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto di sopra
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
no, che propostagli la elezione delle due qualità d’uomini, non laudi quella che è da laudare e biasimi quella che è da biasim
lle due qualità d’uomini, non laudi quella che è da laudare e biasimi quella che è da biasimare. » (Discorsi, lib. I, cap. 10.
o riportate alcune anche nei libri di rettorica e belle lettere, come quella che si suppone data a Pirro re dell’Epiro prima d
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
otti della natura (feti) 24), quei mitologi i quali ci raccontano che quella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben dige
ondere l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdo
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
Egeria, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenn
a ancora da Dione Cassio senatore, che assistè per dovere d’ufficio a quella dell’Imperator Pertinace l’anno 193 dell’E. V. Tr
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
con essa fosse plasmato il mondo ; e in questo significato si adopra quella parola anche dai nostri poeti. Dante stesso fa di
e, come abbiamo veduto di sopra ; e il volgo stesso toscano pronunzia quella parola come la pronunziava Dante e come è scritta
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
llo, questo Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome
i, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella di far girare intorno alla Terra il firmamento, o
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
utte le antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; qu
tutte le religioni pagane, è per altro più specialmente applicabile a quella dei Greci e dei Romani, le cui classiche lingue e
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
apersi. I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fr
tori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
ortuna nel Canto vii dell’ Inferno da Virgilio poeta pagano, e perciò quella dipintura ha tinte più proprie del paganesimo che
etta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
rra divenuta fertile e abitabile ; la corona di torri significava che quella Dea avesse insegnato agli uomini a fortificar le
ativo del nome latino tellus, telluris, che significa la Terra ; e da quella voce latina son derivate in chimica più e diverse
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
etta dell’immoto Olimpo « Annoderò la gran catena, ed alto « Tutte da quella penderan le cose. « Cotanto il mio poter vince de
limpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio di Giove Ammone era quella che ora si chiama Dakhel, che resta all’ovest del
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi.
i di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia
50 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
guerra degli Dei contro Tifeo (nella Campania e ad Inarìme o Ischia), quella dei Giganti contro Giove, indicanti i grandi scon
Creonte, appo cui rifugiaronsi Giasone e Medea. Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, f
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
si conserva pure oggidì ; e le sette stelle principali che vedonsi in quella ad occhio nudo eran dette i sette trioni, ond’è v
culto di Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli orefici di quella città, che guadagnavano molto vendendo tempietti
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
notte. » (Trad. di Pindemonte). La più bella fabbrica dell’Inferno è quella che Dante ha delineato in modo sì mirabile da sup
rizione dell’immensa fabbrica da lui architettata, riporterò soltanto quella di Malebolge, che è veramente ammirabile per la s
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
gire pregando gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta di cui portava il nome, cioè in alloro, po
emo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città. 122. « O Muse, o alto Ingegno,
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
sommi. La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come a
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
a religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzio
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
o 3 milioni di Dei, adorati dai Simoniaci. E non bastavano per saziar quella Lupa, « Che mai non empie la bramosa voglia, « E
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
co Giove non fa più la figura del Dio che giova, del Dio benefico, ma quella d’invidioso, maligno e malefico. Questo è l’ordit
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
omani adoravano Iside sotto la forma di donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, perchè credevano che questa Dea insieme
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
si trovano d’accordo nel riconoscere e determinare i celebri fiumi di quella classica terra. Nè ciò deve recar maraviglia. I f
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in quella stessa isola. Che Delo fosse stata nei tempi prei
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
ione a quei tempi che Attila fosse stato il distruttore di Firenze, a quella , come tant’altre volte, s’attiene il Poeta. » (Da
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
l’impeti lor mitiga e molce.41 » Questa regione dell’Eolia non è già quella dell’Asia Minore situata fra la Troade e l’Ionia,
63 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
scelta, e nel bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizio. Per quella di un esercito, alcuni soldati cinti d’alloro con
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
otalo, « Cinte di nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi « Di quella porpora, ecc. » I poeti pensarono ancora a dar m
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