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1 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
one una spiega, per quanto più potremo concisa e limpida, del modo al quale ci siamo attenuti, onde render chiara ed utile al
manità ; tutto ciò è opera ardua, lunga, faticosa, per raggiungere la quale , abbisogna fermezza di volontà, studio accurato e
tta parte della cittadinanza di una illustre metropoli, quella per la quale noi abbiamo intrapreso e compiuto questo lavoro,
avoro intorno a quest’opera. Fu questa e non altra, la ragione per la quale noi, dopo aver delucidato in questa Prefazione, a
ente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine col quale viene cominciata e condotta a termine ; nell’armo
col quale viene cominciata e condotta a termine ; nell’armonia con la quale è tessuta ed esposta ; ordine ed armenia che debb
gni opera dell’ingegnu umano ; e la maniera materiale o fisica con la quale essa opera viene eseguita. Infine il concetto, l’
vitale di esso ; e il modo fisico o materiale, o moglio, il mezzo col quale detta opera viene sviluppata, rappresenta il corp
esenta il corpo, ossia il subbietto fisico, materiale, sensibile, col quale l’idea informatrice deve essere assolutamente in
ida sicura, e per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla quale venisse loro additata la vera configurazione del
ggiungere questo scopo ci servimmo della stessa configurazione con la quale si stampano le pagine dei dizionarii, cominciando
a e reale l’esposizione di quel singolo avvenimento, nel racconto del quale cadeva in acconcio la citazione del passo da noi
agane, e spesso l’esatta riproduzione d’una figura mitologica, o tale quale la sognarono i poeti della antichità, ovvero inco
che dare in essa un’idea, diremo, preconcetta del lavoro medesimo, il quale viene, in certo modo, compendiato nelle poche par
concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di metterla alla portata di tutte le
Ma nessuno ha dato alla luce un Ristretto analitico della Favola, nel quale fosse cosi di sovente riportata una classica cita
Essa altro non è che il complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il quale , considerato nel suo insieme, costituisce il ling
e quella degli Elleni Elleni. — Gli Elleni abitarono la Grecia, la quale fu la regione d’Europa, che prima accoise i germi
chiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito, la quale altro non è che un simulacro pagano del dio Marte
cuore di madre. L’antichissimo cataclisma del diluvio universale, del quale si legge nella Genesi : VI-17 Ecce ego adducam aq
dini o categorie particolari ; sarà dunque agevol cosa il comprendere quale estesa quantità di miti si racchiuda nelle mitolo
mina ed impera costantemente il principio simbolico e configurato, al quale si è dato tacitamente, da tutti gli scrittori del
ione tutto si mostra traverso il prisma della simbolica allegoria, la quale apparisce più viva in tutto quel lungo elasso di
stra. 3. Venite e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi acc
rcole, ossia il punto fisicamente marcato, nel mondo antico, oltre il quale non era creduto possibile l’andare a qualunque es
in atto di divorare i suoi figli ; allegoria spaventevole, sotto alla quale è nascosta l’idea, non meno terribile, del mito c
e profondamente turbata, dimondò in aria scherzosa : Ea voi, profeta, quale destino riserbano i cieli ?… L’interrogato piegò
ve, il re dei numi, si deliberava sui divini ed umani destini : e dal quale ciascan Dio aveva assegnato il proprio governo, i
viaggio d’un eroe ; l’arco baleno altro non è che il ponte aereo sul quale Iride, la divina messaggiera, discende dal cielo
della fascia zodiacale, additano le dodici fatiche del Dio-Atleta, il quale , alla sua volta, diventa pei Greci un avventurier
ne, pure esse sono ravvolte tutte in una tinta forte e spiccata, alla quale ciascuna generazione, traversando l’umanità, ha l
e passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo di un m
variabilmente la stessa, e questa Forma è il racconto, i soggetti del quale sono gli attori, le figure staccate e visibili, a
ticolare carattere del mito o simbolo mitologico è la Spontaneità, la quale similmente non si ritrova nell’allegoria, in cui
o. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti
e, vestendole di forme poetiche, e fondarono così la mitologia, nella quale sono esposte le vicende degli dei, le loro attine
urando le generazioni umane in un uomo solo, e il mondo nave sopra la quale egli si fosse imbarcato per arrivare traverso il
anche i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel quale egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome pat
icevette da lui, oltre allo spirito di divinazione, una freccia sulla quale egli traversava l’aria. Si racconta che avendo fa
a un tempio famoso in Messenia. Essa si ritirò nella città d’Ira alla quale dette il suo nome. Questa città fu una delle sett
21. Abracadabra. — Nome superstizioso di una figura triangolare alla quale si attribuiva la virtù di prevenire le malattie,
l suo nome alla Misia, città in cui Giove era adorato, ragione per la quale questo Dio, fra i tanti suoi nomi, ba avuto quell
Acamao un figlio, che fu allevato, da Ethra ava paterna di Acamao, la quale Paride avea condotto con Elena. Allorchè i Greci
fu maestro di Achille) liberò dai mostri questo virtuoso principe il quale coi soccorso degli Argonauti, si vendicò della cr
ca Laurentia moglie del pastore Faustolo che allevò Romolo e Remo, al quale per questo motivo i Romani decretarono gli onori
della Macedonia, ma più particolarmente provincia del Peloponneso, al quale si dà alcuna volta, compreso nella sua totale est
ta anche Callirhoe, figlia di Acheolo. 50. Acheloidi. — Nome sotto il quale venivano sovente denominate le sirene, da Acheolo
vulnerabile, ed egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel quale la madre sua lo tenne al momento dell’immersione.
ata in Ilione, rispose aver sempre cercato la lira di Achille, con la quale quel grand’eroe cantava le lodi e le imprese degl
Achillea. — Isola del Ponte-Eusino così detta dal nome di Achille, al quale vi si tributavano onori divini. Era anche Achille
era questo il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla quale tutti gli altri numi avevano avuto origine e prin
templi si teneva un recipiente di bronzo pieno d’acqua lustrale nella quale si lavavano come per purificarsi tutti coloro che
trare nella casa di duolo, senza essersi aspersi d’acqua lustrale, la quale veniva anche adoperata per lavare il cadavere. 82
ratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col quale egli veniva principalmente venerato in una città
prodò, trattò cortesemente Danae e fece educare suo figlio Perseo, il quale divenuto adulto si mise a correre il mondo a modo
sacrifizio, s’innamorò perdutamente di una giovine a nome Cedippe, la quale non volle ascoltare le sue parole : allora avendo
Diana di non esser giammai che d’ Acroncio . Cedippe, ai piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel temp
ale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sacro, lesse quelle parole se
va anche Acteone. 93. Actor. — Padre di Menozio e Avo di Patroclo, il quale per questo veniva anche chiamato Actoride. Vi fu
a loro, si dissero delle ingiurie che terminarono con una lotta nella quale Ercole atterrò il suo antagonista. Questa prodezz
amava anche Adorea una festa in onore delle principali divinità nella quale si offrivano agli Dei delle focacce dette Ador. 1
are dei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divinità il culto della quale era celebre o speciale in tutta l’isola di Sicili
la morte gloriosa, e levò con essi un’armata simile alla prima, alla quale fu dato il nome di Armata degli Epigoni, secondo
, Fénélon Télémaque. Vi fu un altro Adrasto figlio del Re Mida, il quale per inavvertenza uccise Atiso figlio di Creso, e
me Calciope, che dette in moglie ad uno straniero per nome Frisso, il quale dopo qualche anno per avidità di ricchezze, fece
sibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un agguato nel quale cadde Agamede, e da cui non valse a tirarsi, per
causa d’una schiava per nome Briseide, figlia del sacerdote Brise, la quale Agamennone volle fosse tolta alla parte del botti
opo qualche tempo la ninfa si trovò incinta e partori un fanciullo al quale fu imposto il nome di Ati. Giunto all’età virile,
come sopra. 169. Agdo. — Pietra di una grandezza straordinaria dalla quale è credenza generale che Deucalione e Pirra prende
i Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta anche Agriope dalla quale ebbe Europa, Cadmo, Fenicio e Cilicio. Giove aven
rene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di u
a della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre vergi
o il crudele sacrifizio di offerirle ogni anno una vittima umana alla quale si faceva fare per tre volte il giro del tempio,
to nome ; Erectheo re di Atene ebbe una figlia pure così chiamata, la quale Mercurio cangiò in roccia. 201. Agraulo. V. Aglau
e anche di un’altra donna a nome Aedone, figlia di Pandareo Efeso, la quale fu tolta in moglie da un artigiano della città di
Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in Grecia gli onori divini. 218. Aine o
Aloo. Fu uno dei giganti più ricordati dalle cronache mitologiche, il quale sposò una donna per nome Ifimedia. La favola racc
i, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano di Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea consentito la sua persona. 219. Aix
ra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’era nascosta, sperando di sottrarsi
oichè il calteo, o budriere che Ajace donò ad Ettore fu lo stesso col quale questo eroe venne legato pei piedi al carro di Ac
e formano il principio della parola Ajace, e il suono esclamativo col quale si esprime il dolore nel ricevere una ferita. Que
la mano, E poi la lira a sè con ogni forza : E quel petto ferisce, al quale in vano Ogni altro tentò pria forar la scorza, La
strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di andare ad avvertire i magist
onore del Dio Ajo Locutio, nell’istesso luogo della strada nuova, nel quale Ceditio diceva avere ascoltato il misterioso cons
dato a Bellona. 227. Alalcomede. — Nome del precettore di Minerva, al quale dopo la morte furono in considerazione della Dea
precedente. 229. Alalcomane. — Fu il nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì
to gli successe nel governo. Vi fu anche un Trojano così chiamato, il quale sposò Ippodamia, figlia di Anchise. Egli fu uccis
e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo di Ercole al quale per questa ragione si da tanto comunemente il nom
pe essendo pericolosamente infermo, sua moglie consultò l’oracolo, il quale rispose che Admeto morrebbe, se altri non si foss
lle Furie. Posto in esecuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchme
ne andò a praticarne delle altre presso Acheolo padre di Calliroe, la quale in seguito egli sposò dimenticando i legami che l
se la mercede dovuta ad una povera operaia ne fu punita da Diana, la quale le accese nel core una violenta passione per un u
to quattro dei seguaci di Ercole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi d
bbero contro Giove. Minerva lo gettò fuori il globo della luna, nella quale egli erasi rifugiato. Alcioneo aveva il potere di
giorni sacri in cui si celebravano le orgie in onore di quel Dio ; il quale per punirla la cangiò in pipistrello. 253. Alemen
Minerva da una città d’Arcadia, conosciuta sotto questo nome e nella quale la Dea aveva un tempio ed un culto particolare. 2
n altro Alessandro figlio di Eristea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale avendo usurpato il regno di Micene fu ucciso da O
che fu una delle mogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il quale invaghitosi di Aretusa, ninfa del seguito di Dian
a suo padre un capello a cui érano legati i destini della patria, la quale cadde per questo coi suoi abitanti in potere di M
lloprophallos. — Vale a dire incostante : soprannome dato a Marte, il quale come Dio della guerra veniva egualmente invocato
izione mitologica ci racconta di lui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era stato vinto da qu
oo. — Gigante figlio di Titano e della terra. Egli sposò Ifimedia, la quale ingannata da Nettuno, partorì Oto ed Efialto. Alo
cio che libera Marte altro non raffigura che un abile trafficante, il quale tratta coi vincitori il riscatto del prigioniero.
 — Una delle Arpie. Vi fu anche un’altra Alope figlia di Cercione, la quale avendo prestato orecchio alle seduzioni di Nettun
riunirono per isterminare il mostro, e organizzarono una caccia alla quale intervenne Atalanta figlia del re d’Arcadia. La p
i Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bosco sacro detto A
uercia. Le Amadriadi non erano del tutto inseparabili dall’albero col quale avevano comune l’alito della vita. Ma potevano ab
d’Ovidio, l’amadriade che abitava il tronco di un’antica quercia, la quale innalzava orgogliosa i suoi rami su tutte le altr
i rami su tutte le altre, fu un giorno uccisa dal fiero Eresitone, il quale non si lasciò intenerire dal lamento dell’abitatr
issuto. 311. Amaltea. — Fu la capra che nutri del suo latte Giove, il quale in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo,
da Ateneo, ne ha fatto la materia di una comparazione per mezzo della quale ha voluto dare un’idea della natura e del gusto d
. — Soprannome dato a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la quale gli fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola A
ignifica privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere col quale gli Ateniesi l’adoravano con particolari cerimoni
zione favolosa dice che egli fu marito d’una donna a nome Chimera, la quale aveva due fratelli noti sotto il nome di Leone e
. La principessa fuggendo spaventata, chiamò in suo aiuto Nettuno, il quale la liberò dal satiro, ma le fece egli stesso l’in
satiro volea farle. 341. Ammone o Hammon. — È lo stesso che Giove, il quale veniva sotto questo nome particolarmente venerato
cino a morire per sete ardentissima, implorò il soccorso di Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un montone e batten
è Arenario, per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura di un montone.
bbriachezza di Noè ? È dunque un fatto indiscutibile, in appoggio del quale vengono infiniti esempi, che tutte le religioni h
i culti. Finalmente Ammone era anche il nome di un re della Libia, il quale per questa ragione viene spesso erroneamente conf
. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche uno dei sacerdoti del suo culto conosc
mulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la quale fu insieme a sua sorella Melibea, risparmiata da
n satiro che la violò, malgrado che ella avesse implorato Nettuno, il quale qualche tempo dopo la cangiò in fontana. Amyone f
e, Tychiso e Heroso. 362. Anaclesa. — Era il nome di una pietra sulla quale credevano i Greci, che si fosse riposata Cerere,
donne di Megara avevano una grande venerazione per questa pietra, la quale veniva custodita ad Atene, secondo asserisce Paus
ugusto le consacrò sotto questo nome un quadro dipinto da Apelle, nel quale la Dea veniva rappresentata al momento della sua
Anamelech. — V. Adramelecco. 368. Anapo o Anapi. — Nome del fiume nel quale la ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiunger
esta denominazione. 372. Anauro. — Fiume della Troàde, sulle rive del quale Paride custodiva gli armenti di Priamo. 373. Anax
sizione, non essendo nella tradizione favolosa, alcun dato certo, dal quale dedurre positivamente tale notizia. 381. Ancarla.
devastava la sua vigna. Anceo allora gittò a terra la sua coppa, alla quale non aveva ancora bevuto e corse per combattere il
nea. Avendo osato vantarsi di tanto favore, ne fu punito da Giove, il quale lo fulminò senza però ucciderlo. Egli visse lungh
rannome della madre degli Dei. Le veniva dalla città di Andira, nella quale essa aveva un tempio. 393. Andrastea. — Vedi Anda
e del bottino di guerra, cadde in sorte a Pirro figlio di Achille, il quale la condusse in Epiro e la sposò. Alla morte di Pi
e. 401. Andromeda. — Figlia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamarsi più bella di Giun
dogli la testa di Medusa, e liberò Andromeda, rendendola al padre, il quale in riconoscenza dell’eroico atto, gliela dette in
o di Minos. — Teseo essendo stato un giorno rimproverato da Minos, il quale negava a lui d’esser figlio di Nettuno, disse che
dione. — Figlio di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione il quale fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribuna
edio di Troia, edificò una città a cui dette il proprio nome, e nella quale , dopo la morte, fu onorato come un dio. 412. Anfi
lle nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e padre di Ercole, il quale da lui fu detto Anfitrionide. Egli mosse guerra a
ani, e li sconfisse con l’aiuto di Cometo figlio Pterelao loro re, al quale la figlia taglio un capello d’oro da cui dipendev
li uccise il satiro Marfiaso e che amò Evadnea, Licoride e Hacinta la quale egli poi uccise per inavvertenza giuocando alla p
biacca che ella adoperava dopo il bagno e de fece presente Europa, la quale divenne d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. — 
si dava il nome di Angeronale. 429. Angeronia o Ageronia. — Dea alla quale si ricorreva contro la schinozia o malattia della
sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella di Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Africa. Dopo la morte di Didone, An
ata in ninfa. 441. Anna Perenna. — Dea che presiedeva all’anno e alla quale durante il mese di marzo, si facevano in Roma dei
na ; altri asseriscono essere Temi ; altri finalmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata di sovente con una delle At
degli anni non diventava mai adulto, ne chiese la ragione a Temi, la quale gli rispose che ciò avveniva perchè quegli non av
di Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome di un pozzo, presso il quale la favola racconta che Cerere, sotto la figura di
presente a Teseo. Vi fu anche un’altra Anthiope figlia di Nitteo, la quale ebbe da Giove due figli : il padre di lei volle f
rno, la perseguito, e la dette in custodia a sua moglie Darcea, dalla quale Anthiope ebbe a soffrire ogni peggior trattamento
a tutta la sua ricchezza. Un indovino predisse a Corace, che colui il quale avesse sul monte Aventino sagrificata a Diana que
e Axuro, parole che significano senza barba ; qualificazione sotto la quale Giove fanciullo veniva adorato nella Campania e s
primere, come vedemmo dalle citazioni dei classici, la maniera con la quale gli Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno
ise i Ciclopi che avevano fabqricato i fulmini al padre degli Dei, il quale sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Dura
gne. La pelle del mostro servì ad Apollo per ricoprire il tripode sul quale la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempi
da una passione d’amore. 501. Aposteosi. — Nome della cerimonia colla quale i Romani annoveravano fra gli Dei i loro imperado
rad. di Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore di Arabo, il quale , secondo Plutarco, fu un eroe greco che dopo la m
uto adulto fu da alcuni cacciatori presentato a suo avolo Licaone, il quale lo ricevette molto benevolmente, ma poi fece ucci
Archigallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote di Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed illustri famigl
genio. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archita. — Nome sotto il quale gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nom
sotto il quale gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nome col quale i poeti denotavano talvolta Apollo. Più comunemen
o si stabili in Italia, vi fu cortesemente ospitato da certo Argo, il quale ben presto concepì l’infame disegno di ucciderlo,
onsci dell’iniquo progetto, uccisero Argo all’insaputa di Evandro, il quale per rispetto ai sacri doveri dell’ospitalità fece
di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu moglie di Seleno, il quale ella amò teneramente, in ricambio dell’affetto co
aveva nella città di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul quale Giasone con gli altri principi greci, mosse alla
olare, ma a tutt’i greci in generale il nome di Argivi o Argolici col quale Virgilio e molti altri poeti li dinotano sovente.
Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo. Essa era in marmo,
i Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gioventù di Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberin
into di quella città, che gli dette un gomitolo di filo per mezzo del quale l’eroe potè ritrovare l’inestricabile uscita del
pianto amaramente la sua disgrazia, si fece sacerdotessa di Bacco il quale , secondo che narrano Properzio ed Ovidio, la tols
l loro dorso lo portarono a terra. Arione fu ospitato da Periandro il quale fece poi morire quasi tutt’i persecutori di lui c
o. — Figlio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lu
9 di ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa militare nella quale si offeriva un sacrifizio agli Dei, per la prospe
erra. 583. Arna. — V. Arnea. 584. Arnea o Arna. — Giovane Ateniese la quale fu cangiata in civetta per aver voluto tradire la
o ha per l’argento. 585. Arno. — Fu il nome di un celebre indovino il quale fu ucciso nella città di Naupata, da un nipote di
oracolo se ne ebbe in risposta esser quella la vendetta di Apollo, il quale facea per tal modo espiare la morte del suo indov
fatto. La sua fatale bellezzà ispirò un incestuoso amore al padre, il quale ricusò ostinatamente di maritarla, ma finalmente
ce era anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la quale secondo Igino fu fin dalla prima infanzia educata
i fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembiante Parea di Sparta, o quale in Tracia Arpalice Leggiera e sciolta il dorso af
e a vendicarla facesse trasportare in aria da un toro il re Imolo, il quale precipitando da una sterminata altezza su di alcu
di Niocrone re di Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte il quale morì di dolore non essendo riuscito a farsi amare
pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola di Tolomeo Lago, la quale sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa
he i Gadarii avevano lo stesso culto per le arti e per la povertà, la quale veniva del paro deificata da essi riguardandola c
sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulina, dalla quale fu ucciso. 601. Aruspici. — Venivano così chiamat
col nome di fratelli Arvali, la cui istituzione si deve a Romolo, il quale segnossi tra i primi a farre parte. Plinio li chi
iglia di Asopo, questi volle vendicarsene e muover guerra a Giove, il quale lo cangiò in fiume. Era anche così nominato un al
ue di questo fiume cresceva un’erba similmente detta Asterione, della quale s’inghirlandavano le statue della Giunone di Argo
che fu ucciso da Neaptolemo. 633. Astianasse. — Ancella di Elena, la quale fu non meno della sua padrona famosa per la corru
i furono quasi distrutti. 637. Astimeda. — Seconda moglie di Edipo la quale calunniò presso il marito i figli della prima sua
petto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole di Ettore la quale non potendo opporre resistenza al dio Marte che n
’armata Greca. Vi fu anche un’altra Astioche figliuola di Filanto, la quale essendo caduta in potere di Ercole quando egli es
Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figliuoli di Eolo Dio dei venti, il quale dopo del padre regnò nelle isole Lipari, nome che
nava, dimenticarono il luogo dov’erano e il rispetto verso la Dea, la quale sdegnata cangiò l’uno in leone e l’altra in leone
lie. sposò in seconde nozze Leucotea detta anche Ino (V. Atamante) la quale pei cattivi trattamenti costrinse Prisso ed Elle
662. Atenea. — Cecrope re d’ Atene ebbe una figliuola così nomata, la quale essendo profondamenta culta nelle lettere e nel m
alla contesa stabilirono un tribunale composto di dodici mortali, il quale decise che la città si sarebbe chiamata secondo i
nerva. 664. Atergate. — Una delle Divinità del popolo Sirio presso il quale era tenuta come madre della famosa Semiramide. Al
sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per altro egli pose in obblio essendosi perdutame
crittori Ati viene ricordato come un giovane pastore della Frigia del quale Cibele sebbene già vecchia fosse pazzamente invag
— Più comunemente Athos : montagna fra la Macedonia e la Tracia sulla quale Giove era particolarmente adorato, onde è che gli
e divenuto adulto divenne assai caro a Tetraso, re di Misia presso il quale Augea si era del pari ritirata per sotirarsi allo
oro in cui si cangiò Giove suo padre per giungere fino a Danae, della quale poi nacque Perseo. 686. Aurora. — Figlia di Titan
ra innamorato della figlia Anticlea. 693. Automatia. — Nome sotto il quale veniva adorata la fortuna come dea del caso. 694.
omedonte. Cosi si chiamava il cocchiere di Achille, dopo la morte del quale passò ai servigi di Pirro, in qualità di scudiero
706. Axinomanzia, Assinomanzia o Animomanzia. — Specie di magìa nella quale si adoperava una pietra chiamata Gagale. 707. Axi
a estrema ricchezza e magnificenza. 716. Baal-Berit. — Dio innanzi al quale i Fenici ed i Cartaginesi davano il giuramento de
i dell’antichità, che la famosa Torre di Babelle o di Babilonia ; (la quale potevasi in effetti considerare come una intrapre
co. Cambise, altro re dei Persiani, edificò in Egitto una città, alla quale dette similmente il nome di Babilonia. 727. Babis
e. — Famiglia Corintia, così detta da Bacchia, figlia di Bacco, dalla quale essa pretendeva discendere. Questa famiglia essen
scita fu giunto, Bacco fu segretamente consegnato ad Ino, sua zia, la quale ne prese cura in compagnia delle ninfe e delle or
Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e di Ossilo, il quale ebbe otto figliuole femmine. 739. Bali. — Cotitto
gli veniva da una città d’ Acaia, nota sotto l’istesso nome, e nella quale l’eroe avea un oracolo, celebre per la maniera af
e avea un oracolo, celebre per la maniera affatto particolare, con la quale rendeva i responsi. Coloro che venivano a consult
ella preferenza ottenuta da Iperione, uccisero i figli di Basilea, la quale impazzì pel dolore e con le chiome disciolte, bal
ra di paragone, la stessa che si adoperava per provare l’oro, e della quale si credeva generalmente che fossero fatti i simul
one mitologica ci ricorda come fondatore della città di Cirene, nella quale , dopo la morte, fu adorato come un dio. 752. Baub
ll’ Anguillara. 753. Bauci. — Era una povera e vecchissima donna, la quale col marito Filemone, vecchio quanto lei, viveva i
vole diluvio, che aveva allagato ogni cosa, meno la piccola panna, la quale era divenuta un tempio. Giove promise di conceder
sacro. Racconta Strabone che Amico, loro re, fu ucciso da Polluce, al quale in compagnia degli altri Argonanti, esso voleva t
756. Beelfegob. — V. Baal-Fegor. 757. Bel. — Il Giove dei Caldei, il quale , secondo la tradizione mitologica di quei popoli,
tro non è che una sfigurate ripetizione della creazione del mondo, la quale , presso tutt’i popoli dell’antichità, conserva se
li, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col quale essi onoravano Apollo, attribuendogli la guarigio
ra del padre, ando a rifugirsi presso Preto, re d’Argo, la moglie del quale , a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece del
asi la sua innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio delle sue eroiche a
e chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Moglie di Tolomeo Evergete, la quale aveva una magnifica capellatura, che ella recise
’Epidauro, di cui Giunone prese la figura per ingannare Semele, della quale Beroe era stata nutrice. …..Qui dunque Egioco in
ae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sulla quale mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo
figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mantova, alla quale dette questo nome in memoria di quello del padre
dizione favolosa dice esser quella di Astrea, dea della giustizia, la quale al cominciare del secolo di ferro abbandonò la te
caccia ne uccise una che apparteneva particolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo di lui una terri
e, per placare la dea non sagrificò la propria figliuola Ifigenia, la quale , si dice, Diana salvasse. I Troiani anch’essi ucc
lio di Nettuno. Egli si rese celebre per la estrema franchezza con la quale diceva ciò che pensava. 810. Boedromie. — Feste c
il nome da βοῡ, grido, e δρόμω, io corro. 811. Boedromio. — Nome col quale in Atene veniva dinotato Apollo. 812. Bolatheno. 
onta che appena divenuto adulto rapì Oritia, figlia di Oricteo, dalla quale ebbe due figli Calaide e Zeto. Subito scuote l’a
dell’Attica, ove Ifigenia trasportò da Tauride la statua di Diana, la quale venne deposta in un tempio fabbricato da Oreste.
ee o Brasidee. 829. Britomarte o Britormati. — Figliuola di Giove, la quale , per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, si pre
. — Discorde è l’opinione degli scrittori della Favola sulla Dea alla quale si dava codesto soprannome, poichè alcuni pretend
o. — Si dava questo semplice nome al buon Genio, Dio dei bevitori, il quale per questa ragione veniva sovente confuso con Bac
nefico e padre degli uomini. 849. Bupale. — Celebre pittore greco, il quale ritrasse il poeta Ippanaso sotto una figura estre
i. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al quale egli preparava la stessa sorte. È generale creden
d abbandonare gli stati del padre putativo, Amico, re dei Bebrici, il quale non volle riconoscerlo. Egli allora con pochi seg
in un pozzo. Altri scrittori dicono che Buteo sposasse una donna, la quale , per la sua incomparabile bellezza, fosse soprann
un sacerdote, un argonauta, ed un figlio di Pandione, re d’Atene, al quale venivano offerti dei sacrifizii come ad un Dio. 8
dell’Oceano. Avendogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il quale aveva rapita sua sorella Melia, nè potendo costri
ergliela, egli appiccò il fuoco ad un bosco consacrato a quel Dio, il quale , per punirlo, lo uccise a colpi di frecce. 858. C
l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto di sua figlia Proserpina,
rima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo di Delfo, dal quale , invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fa
racolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Semele, Ino, Autoneo e Agave. Av
pace portar sempre a quel modo la sua baccchetta, all’estremità della quale mise due ali in segno di rapidità. 877. Caducifer
eguente.) 888. Calchiadi a Calciecle. — Feste in onore di Minerva, la quale veniva anche detta Calciecia. 889. Calcie. — V. C
ingannarla la figura di Diana, ne ebbe un figlio per nome Arcaso, al quale , Calisto dette la luce in un bosco, avendola Dian
dell’Eneide. 907. Callipatira. — Ebbe questo nome una donna greca, la quale , ricorrendo il tempo dei giuochi olimpici, a cui
e. 918. Camerina. — V. Camarina. 919. Cameso. — Principe d’Italia, il quale divise con Giano l’autorità reale. 920. Camilla. 
di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città alla quale dette il suo nome. 924. Camos. — Secondo il Vossi
sse tratti a morte violenta. 926. Campea. — Guardiana del Tartaro, la quale fu uccisa da Giove, quando questi trasse dalla pr
la in greco significa rumore. 930. Canace. — Fu figliuola di Eolo, la quale essendo stata sedotta da un Dio marino, che la Fa
, madre dei famosi Aloidi. 931. Canacea. — Altra figliuola di Eolo la quale non bisogna confondere con la Canace, di cui nell
sposò segretamente Macabro, suo fratello, da cui ebbe un bambino, il quale coi suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di
dice che i pagani avevano in gran conto la carne dei cani giovani, la quale offerivano in sagrifizio agli-Dei. In Egitto i ca
furono messe alle prese insieme. Si accese un gran fuoco, in mezzo al quale fu posta la statua di Canope, e con grande sorpre
però andò debitore della sua rinomanza all’astuzia del sacerdote, il quale avea forato con una quantità di piccoli buchi le
erli esattamente otturati con della cera, riempì il vaso di acqua, la quale uscì con violenza non appena l’azione del fuoco e
l’Egitto, ebbe ben presto il dolore di perdere il suo fido pilota, il quale morì per la morsicatura di un serpente. Menelao,
memoria del suo servo fedele, fabbricò in quel luogo una città, alla quale , in onore del morto, impose il nome di Canope o,
ia, sussistente abeterno, sotto una forma intralciata e confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti gli esseri,
to il nome di Capua. …… Ma un altro Trojano, che aveva nome Capi. il quale poi fondò la città di Capua….. Frate Guido da Pi
stretto della Sicilia. La Favola racconta essere Cariddi una donna la quale , avendo involato dei buoi ad Ercole, fu fulminata
he si celebravano a Cario, città della Laconia, in onore di Diana, la quale perciò viene talvolta soprannominata Caria o Cari
e della defunta una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella quale la statua di lei, veniva sotterrata all’istesso p
d a presiederne tutte le cerimonie. 966. Cario. — Figlio di Giove, al quale veniva attribuita l’invenzione della musica. Era
tici. Ovidio, nei suoi Fasti, dice che veniva dato un gran pranzo, al quale non era ammessa alcuna persona straniera. 969. Ca
ti, dopo una lunga discordia, cagionata da una sentenza del Senato la quale proibiva alle dame di tener cani presso di loro.
di un morto una moneta : era quella la mercede devoluta a Caronte, il quale lasciava errare per cento anni le anime di quei m
, dicendo che Giunone aveva due carri, uno tirato da due cavalli, sul quale combatteva. 983. Cartagine. — Figliuola di Ercole
a quelle sventurate, esse erano obbligate a supplire il fanciullo, il quale in tal caso veniva risparmiato. 985. Casimillo. —
il sacco di Troja, essa toccò come preda di bottino ad Agamennone, al quale predisse che sua moglie Clitennestra lo avrebbe a
 ; ma il re, come tutti gli altri, non pose mente alla predizione, la quale peraltro si avvero, appena egli fece ritorno in p
o ai loro futuri mariti ; e ciò fu cagione della morte di Castore, il quale qualche tempo dopo fu ucciso per vendetta d’uno d
inge il cielo d’un colore rossastro ; il secondo accenna al tempo nel quale i raggi solari sono più luminosi ; Lampo dinota l
costruirono un enorme cavallo di legno, alto quanto una montagna, il quale aveva rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianch
vostre porte si potesse mettere, Troia tornerebbe in quello stato nel quale fu sotto la protezione e la defensione del Pallad
da certo Epeo, guerriero greco, per abbattere le mura di Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri Achei, per mezzo di
ella città. Questa opinione è infatti appoggiata da Plinio stesso, il quale fa datare l’uso della macchina detta ariete, dall
tti come figlio di Vulcano. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, il quale avendo lasciata la sua patria andò a stabilirsi n
i boschi la sua vergogna, ma fu ben presto raggiunta da suo marito il quale non potea vivere lontao da lei. Al suo ritorno ne
dre di Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe di Arcadia, il quale fu teneramente amato da Minerva. La Dea in prova
adorata. Vi era anche nell’ Asia una montagna detta Celana, presso la quale Apollo punì il satiro Marfio. Finalmente era così
7. Celeno. — Una delle arpie V. Arpie. 1038. Celeo. — Re di Eleusi il quale accolse assai benignamente Cerere, che per ricomp
dorasse sotto quel nome la Dea Venere. 1041. Celma. — Dama tessala la quale fu cangiata in diamante, per avere sostenuto che
a mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il quale aveva voluto sostenere, che quel Dio anch’esso fo
i fu un altro Celmiso fra i Cureti o Coribanti sacerdoti di Giove, il quale fu scacciato da’suoi compagni per aver mancato di
salo ricordato dalla tradizione mitologica sotto il nome di Ceneo, il quale fu dapprima donna e si chiamò Cena, ed ottenne da
Simonide. 1053. Cepo. — V. Cebo. 1054. Cerambe. — Vecchio tessalo il quale essendosi ritirato sopra il monte Parnaso, per sa
infliggeva ai viaggiatori. Cercione ebbe una figlia per nome Alope la quale Nettuno rese madre, e il padre di lei fu così irr
romana : fu tiglia di Saturno e di Cibele e Dea dell’agricoltura, la quale ella insegnò agli uomini, viaggiando lungamente l
ni, viaggiando lungamente la terra in compagnia di Bacco. Tu sai pur quale io son, qual sempre fui E quanto m’affatichi tutt
arico di allevare segretamente il figlio di lui, per nome Deifone, al quale ella porse il suo latte per renderlo immortale :
e discese immediatamente all’inferno, ove trovò infatti sua figlia la quale , per altro, si ricusò a seguirla sulla terra. Ved
. Vedendo che non poteva persuaderla, Cerere ebbe ricorso a Giove, il quale si compromise di fargliela restituire, quante vol
nellini, per il chè essa non potette essere restituita a sua madre la quale per vendicarsi contro l’indegno delatore, cangiò
veniva chiamata una cintura che Venere portava abitualmente, e nella quale la Favola narra che fossero rinchiuse le grazie,
Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome ad un sacrifizio nel quale venivano immolate mille vittime. 1080. Chilone. —
e venivano immolate mille vittime. 1080. Chilone. — Famoso atleta del quale i Greci facevano gran conto. 1081. Chimera. — Mos
sommità, secondochè dice Ovidio, v’era un piccolo vulcano intorno al quale si aggiravano gran numero di leoni ; sui fianchi
rio. 1085. Chitonea. o Chitonia. — Soprannome di Diana in onore della quale si celebravano delle feste dette perciò Chitonie.
1086. Chitonia. — V. Chitonea. 1087. Clane. — Ninfa della Sicilia, la quale fu da Plutone cangiata in fontana, perchè volle o
aventati da un simile effetto ottico, avessero mandata una colomba la quale giunse felicemente a traversare il terribile stre
Veniva chiamata la madre degli Dei, non altrimenti che Cibelle con la quale per altro non bisogna punto confonderla. 1092. Ci
one. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padre reso invulnerabile fino dall’infa
e egli aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere di Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la morte di lui, fond
ate da questi popoli, sorgesse il palazzo del sonno, e l’antro per il quale si discendeva all’inferno. 1114. Cimmeride. — V.
iro e di Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Figliuola d’Archisane, la quale fu la prima, che ne’giuochi olimpici avesse otten
ofontea : nome che si dava ad una festa celebrata ad Argo, durante la quale venivano uccisi tutti i cani che s’incontravano p
lio di Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo al quale era estremamente affezionato. Un giorno per inavv
oce, Ed un ampia tessea, lucida, fina, Maravigliosa, immortal tela, e quale Della man delle dive useir può solo. Omero — Odi
e all’isola di Corsica. 1142. Cirra. — Città della Focide vicino alla quale esisteva una caverna da cui soffiavano dei venti
Cisseo re della Tracia. 1145. Cissone. — Così avea nome un giovane il quale morì per una caduta, mentre danzava nei misteri d
lera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchide patria di Medea, la quale veniva perciò detta Citae-Virgo, ossia la donna d
n culto particolare e le avevano consacrato un tempio ricchissimo nel quale essa veniva adorata sotto il nome di Venere Urani
ente. Da quel tempo il suo nome fu dato alla capitale dei Dolioni, la quale fu detta Cizzica o Cisia, e che poi divenne una d
lo precedente. 1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la quale accusata di libertinaggio fu salvata dalla dea Ve
a, per mezzo della sua cintura, avesse tirato a terra il vascello sul quale la madre degli dei, ritornando dalla Frigia, si e
to che concordemente gli scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il quale , in tutte le sue imprese, si servì sempre della c
cronaca mitologica dice che fosse dapprima appartenuta a Mercurio, il quale l’avesse poi data ad Ercole, che la depose in un
sone sotto le rovine. Egli si salvò nascondendosi in un sepolcro, nel quale poi non fu più ritrovato. L’oracolo consultato su
a di Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Divinazione con la quale si pretendeva conoscere la sorte per mezzo dei da
tti. Mentre Agamennone era all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il quale , d’accordo con lei, assassinò Agamennone, quando
. Clizia. — Figlia dell’Oceano e di Teti. Essa fu amata da Apollo, il quale l’abbandonò per ottenere i favori di Leupotea. Cl
ro, a causa del famoso ratto delle Sabine. 1193. Clodonie. — Nome col quale i Macedoni indicavano le Baccanti. 1194. Cloe. — 
la seconda. Clori fu anche il nome di una ninfa che sposò Zeffiro, il quale le dette per dote l’impero sui fiori, ciò che la
riguardati con orrore, dappoichè era diffusa credenza, che Tifone, il quale nella tradizione mitologica egiziana era ritenuto
lla falsa supposizione dell’esistenza di una città detta Colchisa, la quale non ha mai esistito. 1216. Collaro d’Erifile. — V
qualche istante una prendesse il volo verso la selva di Dodona, nella quale dette ad una quercia il potere di rispondere come
ares, discepolo di Lisippo, fu il costruttore del colosso di Rodi, il quale , secondo asserisce Plinio, fu abbattuto cinquanta
ire di Ateneo si celebrava in Grecia una festa ad Apollo Comeo, nella quale tutti coloro che vi prendevano parte vestivano un
o Corea. — Soprannome di Proserpina, figlia di Cerere, in onore della quale si celebravano pubbliche feste, dette Coree. 1245
lle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso. — Figlio di Cibele, dal quale i Coribanti han preso il loro nome. 1256. Coricia
annomi del dio Bacco. 1259. Corinto. — Famosa città della Grecia, la quale deve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 126
lei un fanciullo e l’affidò per farlo educare al centauro Chirone, il quale lo nomò Esculapio. Apollo si penti ben presto del
cornacchia. Anche fra le baccanti ve ne fu una per nome Coronide, la quale fu rapita da Buteo. Finalmente fuvvi un’altra Cor
pelle del serpente Pitone, di cui era ricoperto il tripode sacro sul quale la pitonessa o sibilla, rendeva i suoi oracoli. T
argento, così poco concavo, che somigliava ad una piccola tavola, la quale veniva posta sul tripode sacro, quando la Pitones
rprenderli, presero le armi e ne segui un accanito combattimento, nel quale Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Questo s
ro mancate le frecce e che egli avesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di felci di cui è spar
, re di Corinto : essa sposò Giasone, quando questi ripudiò Medea, la quale per vendicarsi mandò in dono a Creusa una piccola
Criaforo. — Figlio di Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla quale ebbe Gerione. V. Calliroe. 1297. Criforo o Crisor
sua morte ebbe gli onori divini. 1298. Crinifo. — Principe Trojano il quale fu da Nettuno ed Apollo ajutato a riedificare le
endicarsi mandò nelle campagne della Frigia un mostruoso serpente, al quale ogni giorno bisognava dare una giovanetta per pas
un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore di pecore. Divinità alla quale si dava questo nome pel gran numero di quegli ani
Cilicia, essa come preda’di guerra, spettò in sorte ad Agamennone, il quale la condusse seco quando si recò all’assedio di Tr
a di fanciulli alati. 1332. Cura. — Ossia inquietudine. Divinità alla quale la favola attribuisce la formazione del corpo uma
afida. — Al dire di Valerio Massimo, così avea nome un dotto uomo, il quale volendo burlarsi della Pitia, andò ad interrogari
d interrogaria se egli avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il quale per altro egli era ben lungi d’aver perduto. Apol
nosciuta sotto il nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva gli oracoli in versi
Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale , al dire di Pausania, fu scelta dalla dea Tello p
illustre famiglia della città, portava in giro un ramo d’alloro, sul quale riposava un globo di rame da cui ne pe ndevano so
o contro Acrise. Daulle o Daulisia veniva pure chiamata una ninfa, la quale dette il suo nome alla città di Daulia, nella Foc
1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al quale impose il suo stesso nome, e che poi sposò Venili
costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiudere i
cca ». Minosse ritenendo, come forse era, che la vacca di legno nella quale si fece rinserrare l’infame Pasifae, fosse opera
, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minaccia di dichiarazione di
la campagna ed ai prodotti della terra, ed è questa la ragione per la quale , tanto sulle medaglie dell’antichità, quanto sui
considerando le vostre deità, ho trovato eziandio un altare, sopra il quale era scritto : All’Iddio sconosciuto. Diodati — F
quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre di Pirro, il quale , divenuto adulto, ebbe una figlia a cui impose il
defunto imperatore, era sempre preceduta da un decreto del senato, il quale imponeva che dopo la cerimonia gli venissero inna
reparato onde ricevere l’effigie del defunto imperatore. Il letto sul quale riposava la statua veniva deposto sotto il padigl
oco ai quattro angoli dell’edifizio, mentre si lanciava un’aquila, la quale , volando in mezzo alle flamme ed al fumo s’innalz
da un simile spettacolo, turbò coi suoi gridi i misteri della dea, la quale , montata in furore, si dileguò negli spazi dell’a
rcole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un
1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito di Giunone, la quale la promise ad Eolo, a condizione ch’egli avesse d
i cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Ercole, il quale , secondo la Favola, per ottenerla combattè contro
avola, ebbe i natali. 1399. Deliade. — Così avea nome il vascello sul quale erano imbarcati i Deliasti, quando si recavano al
deputazione si chiamavano Deliasti — V. Deliasti — e il vascello sul quale essi erano imbarcati era detto Deliade o Teoro. I
nti Democoonte fu pure il nome di un greco, figliuolo di Megara, il quale coi suoi fratelli fu ucciso da Ercole. 1408. Demo
la terra : si dava codesto nome alla divinità o genio della terra, il quale , secondo la tradizione favolosa, era un lurido ve
gonia altro non è se non il grossolano e favoloso involucro sotto del quale i primi abitatori del mondo antico racchiudevano
19. Derceto. — Detta anche Dirceto e Deraclite. Era una giovanetta la quale profonda, damente pentita di essersi data in brac
una bambina, che fu poi la famosa Semiramide, regina di Babilonia, la quale annoverò sua madre fra le divinità, e le consacrò
avente sotto i piedi il globo terrestre, e nelle mani un’urna, nella quale sono rinchiuse le sorti degli uomini. I decreti d
lere, dai conosciuti sentieri. 1427. Dia o Dea. — Appellazione con la quale i greci indicavano particolarmente Cerere. 1428.
oti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel quale spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È relig
ll’isola di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Creta, alla quale gli antichi attribuivano l’invenzione delle reti
i, le quali disegnarono sul terreno uno spazio abbastanza grande, nel quale Didone cominciò ad edificare la citià di Cartagin
l’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione
ove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione per la quale si dà talvolta a questa dea, il soprannome di Dio
itologica ricorda di un altro Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il quale si rese celebre per le sue crudeltà, e per la nes
ega violenza. Ciò non ostante gli dei non fulminarono quest’empio, il quale , anzi, secondo narra la cronaca, morì placidament
naca, morì placidamente in assai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di
abitanti una festa ìn onore di lui che durava dodici giorni, e nella quale portavano in processione la statua di Giove in tu
i, la sola dea non invitata il banchetto di nozze fu la Discordia, la quale per vendicarsi, gettò sulla mensa un pomo d’oro,
rad. di A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi di Plutone, al quale si dava perchè era ritenuto come il dio delle ric
accia. 1482. Dius-Fidio. — Antica divinità dei Sabini, il culto della quale passò a Roma poco tempo dopo la pace che seguì il
a pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gli animali, e dalla quale si credeva che la dea Angeronia avesse liberato i
i dei Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell’ Epiro, presso la quale era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi
di Dolichene. 1492. Dolone. — Trojano, celebre per la rapidità con la quale correva. Nella speranza di avere in premio i cava
ribuisce una celerità prodigiosa, forse per alludere all’ansia con la quale essa cercò per tutta la terra la figliuola Proser
na il tempo di porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il quale , senza di ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella
che racchiudevano i principii fondamentali della loro teologia, della quale essi non spiegavano taluni dati articoli, se non
questo numero come di cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al quale era anche sacro, per la stessa ragione, il second
Anche all’intera isola si dava talvolta il nome di Ea, ragione per la quale si dava anche a Circe la stessa denominazione. La
castore. — Formola di giuramento assai in uso presso i pagani, con la quale essi giuravano per Castore nell’istesso senso con
e ebbe dai suoi amori con Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la quale fu celebre per la sua grande statura. È detto anc
nome alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore di Ecate, la quale era grandemente venerata in quella città. Durante
avano, nelle principali strade della città, un pubblico banchetto, al quale si credeva fermamente che Ecate assistesse invisi
reche Εϰατὁν cento, e Βοὑς, buoi si chiamava così quel sacrifizio nel quale si svenavano cento buoi. Coll’andare del tempo fu
dimenticarono di chiamare Acheolo ad un sacrifizio di diec i tori, al quale avevano invitato tutti gli dei boscherecci ed acq
ui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una grande siccità, per la quale morivano gran numero dei suoi sudditi, le due gio
e orientali. Il certo per altro è che qualunque fosse la ragione alla quale i pagani attribuivano così fallacemente gli eccli
el figlio suo, e fu condotta presso Polinnestore, re della Tracia, al quale il defunto re Priamo aveva affidato suo figlio Po
ncora nella Tracia una sepoltura, detta il sepolcro del cane, e nella quale fu rinchiusa la spoglia mortale dell’antica regin
L’oracolo aveva predetto a Lajo che morrebbe ucciso da suo figlio, il quale dopo aver consumato il parricidio, diverrebbe inc
mentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese cura come di un suo proprio figliuolo, e
struoso, castigarono la città di Tebe con una orribile pestilenza, la quale non cessò che quando il pastore che aveva portato
vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e moglie di Zetto, il quale fu fratello d’Anfione. Da questa unione non nacqu
ne. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista di Colofone, per nome Politecno.
Pandareo assenti, e consegnò la giovanetta Chelidonia a Politecno, il quale durante il viaggio la condusse in un bosco, e cal
iglio del Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la quale per questa ragione vien anche detta Eetia, ed anc
che il nome di questa città derivasse da una donna chiamata Efeso, la quale dette origine alle Amazzoni. Ma questa opinione è
o non fosse se non una piccola borgata, vicina al tempio di Diana, la quale fin da quel tempo era venerata in quei luoghi ; e
fu distruita in poche ore per mano di un uomo per nome Erostrato, il quale , inabile a rendersi celebre per opere valorose, v
to dalle fondamenta in virtù dell’editto di Costantino imperatore, il quale , devoto alla religione di Cristo, ordino la demol
o la favola Efeso fu anche il nome di un figlio del fiume Caistro, il quale in compagnia di Creso, prese parte alla fabbricaz
iamate le feste che si celebravano in onore dell’indovino Tiresia, il quale , passeggiando un giorno sul monte Cilleno, vide d
significa acqua. 1570. Efira. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città di Corinto, che dal
do, che perciò fu detto Egida. Questo scudo fu dato poi a Minerva, la quale ne fece anche un’arma offensiva, inchiodandovi so
isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunto nel mare Egeo. 1573. Egemon
ia. 1574. Egenete. — Ossia quotidianamente rinascente. Soprannome col quale gli abitanti dell’isola Camarin, adoravano Apollo
eo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare nella su
vare nella sua camera la figlia Etra, giovanetta di rara bellezza, la quale nell’istessa notte fu anche visitata dal dio Nett
e del più profondo dolore vide partire il figlio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più calde preghiere di far cang
tuire alle vele nere le bianche, siccome avevano promesso ad Egeo, il quale , dalla riva vedendo il fatale colore, si precipit
e Teti non avesse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il quale , memore di questo servigio, gli rese la sua amici
ellezza, amica e consigliera di Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affin
na, ed avesse sposato il re, in una selva presso le porte di Roma, la quale fu allora nominata Locus Camanarum e ch’è propria
adorarono ancora un’altra Egeria, che presiedeva allo sgravo, ed alla quale le donne incinta facevano continui sagrifizii ed
nifica Capra. 1583. Egide. — Mostro spaventevole nato dalla Terra, il quale vomitava fuoco e fiamme, e fumo denso e nerissimo
e poi mossero guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la sciagura di suo fratel
ndonò la disgraziata donna. 1585. Egina. — Figlia del flume Asopo, la quale fu con passione amata da Giove, che sotto la form
Enone o Enopia. Fu in quest’isola che Egina dette alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui era n
. Egipio, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta in conto della più bella donna de’suoi
cire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal modo non sospettando di nulla ebbe commer
averla riconosciuta, nacque da questo involontario incesto Egisto, il quale , abbandonato dalla madre in un bosco, fu allattat
gliuolo Egisto la spada del padre, e lo mandò alla Corte di Atreo, il quale prese a ben volere il giovanetto, senza saperne l
colo riguardo all’incesto, e cercò di calmare il dolore del figlio il quale , indegnato contro Atreo per l’infame incarico che
go tempo schiava nella stessa reggia, Elettra, figlia dell’ucciso, la quale però riusci a salvare dalle mani degli sgherri di
ofaro che significa porta capra. 1601 Egollo. — Giovanetto Cretese il quale in compagnia di altri suoi campagni entro in una
egli sconsigliati in uccelli notturni. 1602 Egone. — Famoso atleta il quale per dutamente innammorato della giovanetta Amaril
à, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta dell’Innocenza, nella quale le donne ballavano nude innanzi al simulacro dell
, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio di Priamo, col quale alcuni scrittori dicono che fin dal tempo in cui
Ella stessa introdusse Menelao nella camera ove dormiva Deifobo, il quale subì prima le sevizie dei soldati greci, e poscia
tà, ed essa prese rifugio presso Polixa regina dell’isola di Rodi, la quale però altamente sdegnata contro di lei per averla
altare il coltello, e lo lasciò cadere sulla testa d’una giovenca, la quale fu immolata invece della giovanetta Elena. 1620.
siderio del drudo Egisto, l’ avesse faita sposare ad un contadino, il quale mosso a compassione della trista sorte di lei, lu
segno, sentì arrestarsi da due solide braccia e riconobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di un
tra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la quale sposò Corito, da cui ebbe un figliuolo per nome I
quantità di elettro, che è una specie di metallo, la quinta parte del quale è argento e il rimanente è oro : da ciò il nome d
lo di Anfitrione. Il parere più generalizzato è il primo, seguendo il quale Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che
lla parola greca ῖλεω venire si dava cotesto nome alla dea Lucina, la quale , presiedendo allo sgravo, veniva in tempo per soc
Cercaso, Triopo, Candale e Tenage, il più famoso fu quest’ultimo, il quale fu per gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scoperto
a prima origine della favola del raro uccello Fenice, a proposito del quale Metastasio ha scritto : Che vi sia, ciascun lo d
i, che gli consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sorte delle sue armi. Trajano ch
brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli non scri
di quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col quale gli domandava se dopo la guerra egli sarebbe rito
ta che si celebrava in Grecia in onore di Europa Ellote, e durante la quale si portava in giro una enorme corona di mirto, ch
indemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il tempio di Bacco,
al pericolo con la fuga, e si arrampicò su di un albero, ai piedi del quale il leone andò a distendersi aprendo continuamente
a. — Nel Peloponneso si celebrava una festa in onore di Pelopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevan
uno dei combattenti gocciolava sul sepolcro. 1659. Ematia. — Nome col quale s’indicavano le diverse contrade della Macedonia
tte Ematie. 1661. Emilo. — Detto anche Emilio, figlio di Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emilii pretendeva di d
suona il vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale con sua moglie Rodope, volle farsi dai suoi suddi
ei cinquanta figli di Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la quale , a somiglianza delle altre sue sorelle, uccise il
store della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote di Giove il quale , avendolo sorpreso un giorno fra le braccia di Gi
di trent’anni. In seguito, egli fu passionatamente amato da Diana, la quale per visitarlo abbandonava di notte il cielo, ravv
i abitanti della Spagna adoravano, sotto questo nome, una divinità la quale , insieme ad Ercole, formava la coppia degli Dei t
a Dardano nella casa paterna, ebbe a maestro il centauro Chirone, il quale sviluppò in lui i buoni germi della semi-celestia
esercizii che allora formavano l’educazione di un eroe ; compiuta la quale tolse in moglie Creusa, una delle figlie del re P
on Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede, nel quale però Enea, ebbe seco stesso a felicitarsi d’esser
liade — Libro V. — Trad. di V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise d
i trojani, il desiderio di portare il corpo del prode greco in Troja, quale trofeo del valore dei suoi soldati. Enea tentò va
occas one Creusa sua moglie disperse le tracce del consorte Enea, il quale da quella notte non potette più averne notizia. L
Da ultimo Enea recossi in Cartagine ove regnava la regina Didone, la quale secondo la favola dei poeti e segnatamente di Vir
tisi con Mezenzio re dell’Etruria, dichiararono la guerra ad Enea, il quale accettò l’intimazione nemica e ben presto sulle s
e Numico nell’Etruria, segui una sanguinosa battaglia, le sorti della quale già volgevano contrarie ad Enea, quando egli spar
citudine lavato il suo corpo nelle onde del Numico ; sulle sponde del quale , ad eterna memoria del fatto fu innalzato un temp
neva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al quale successe nel governo della Calidonia, contrada de
el mondo antico. Leggesi nella Genesi, che fu fabbricata da Caino, il quale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E
one racconta ch’egli fu passionatamente amato dalla ninfa Tiro, della quale era nello stesso tempo innamorato Nettuno. Il dio
arcare le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. —
90. Enoe. — Antica città dell’Attica posta sulle rive di un fiume del quale , secondo la tradizione, gli abitanti arrestarono
ici coloro i quali restarono vittime della crudeltà del vincitore, il quale secondo il patto, non essendo stato vinto da essi
ellire in un luogo eminente. È detto ancora che il principe Pelope il quale fu il quattordicesimo che accettò la sfida di Eno
elope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia funebre nella quale si recava ogni anno ad onorare il sepolcro dei tr
, ne fece la distribuzione, ad Enopione toccò l’isola di Chios, della quale fu proclamato re. Tolta in moglie la ninfa Elise,
a di soli tre lustri, fu amata passionatamente dal gigante Orione, il quale , non potendola ottenere diversamente, per le ripu
tello. — Celebre atleta ; fu uno dei principali seguaci di Aceste, il quale dette il suo nome alla città chiamata Sicheliota
Rodiani le inalzarono un tempio e l’adorarono come una divinità, alla quale dettero il nome di Entitride, che significa appun
riflusso della marea, cosicchè spesso prediceva con felice successo, quale vento dovesse soffiare per qualche giorno, e dava
enicii era l’Eva della creazione ; ossia la prima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta.
e senza ascoltar ragione accopparono di bastonate il giovane Eono il quale morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una
quale morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una mischia nella quale Ercole stesso assai mal concio dovè ritirarsi. Pe
figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme di giovenca, lo dette alla luce su
4. Epi. — Città della Grecia il cui governo era tenuto da Nestore, il quale condusse gran numero dei suoi sudditi all’assedio
tornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocabolo col quale i greci ed i romani denotavano i soldati di marin
melli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote di Cerere Eleusina, il quale assisteva il Gerofante all’altare. 1718. Epicasta
’altare. 1718. Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre di Edipo, la quale , al dire di Omero si appiccò per disperazione app
ia in Atene si celebrava una festa annuale in onore di Esculapio alla quale si dava il nome di Epidauria, in commemorazione d
a ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a quella contrada dell’Argolide
di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua di quel Dio, la quale però lungi dal sommergersi, fu spinta dalle onde
esso i greci lo stesso significato della parola latina Elicius, colla quale i romani indicavano Giove stesso. Tanto la parola
tato. 1735. Epimenide o Epimenede. — Celebre indovino dei Cretesi, il quale visse ai tempi di Solone. La cronaca mitologica r
i avea lasciato bambino di pochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale Epimenide raccontò la sua storia. Ben presto la f
figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e fratello di Prometeo, il quale avea consigliato Epimeteo a non accettar mai un p
Non bisogna confondere l’Epinicio con l’Epiodia canzone funebre, alla quale davasi comunemente il nome di Nenia e che si cant
ò che ha principio. 1747. Epitragie. — Altro soprannome di Venere col quale si voleva ricordare un fatto avvenuto a Teseo men
prima di far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una capra, la quale istantaneamente congiossi in capro. Gli Elei in m
pizelo. — Era questo il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu improvvisamente col
sce esser morto in seguito delle ferite fattegli da Nitteo stesso, il quale alla sua volta mori vittima dei colpi ricevuti da
ome di Anfione e Zeto ; e fabbricò inoltre un tempio a Minerva per la quale egli ebbe in tutta la sua vita una particolare di
il titolo che si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere alle più segrete c
ottenevasi se non dopo un lungo noviziato di cinque anni, durante il quale tempo non si poteva entrare nel santuario del tem
lata di porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla Fortuna e col quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato n
edificato nel nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale fece voto a quella dea di fabbricarle un tempio s
Menezio. Eraclea era anche il nome di una città della Friotide, nella quale la tradizione favolosa narra che Ercole si abbruc
i tre anni essi, interpetrando la primitiva risposta dell’oracolo (il quale aveva detto che per occupare il Peloponneso, gli
Nel cammino essi incontrarono un certo Ossilo, nativo dell’Etolia, il quale era guercio d’un occhio e faceva la sua strada mo
ica donna, e ϰλιος perfetta. 1761. Erato. — Nome della sesta Musa, la quale presiedeva alla poesia lirica ed erotica. I roman
radizioni favolose, relative a questo mito simbolico della forza, tal quale si trovano nei due poemi d’Omero, l’Iliade e l’Od
cuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Ercole, col quale dovea conquistare tanta gloriosa rinomanza. Da tu
benefico eroe, appartenente al primo periodo della civilizzazione, il quale accetta con gioia i più duri lavori, e compie le
esso ordine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la quale gli stessi fatti sono esposti nell’Iliade e nell’
ri lettori su di un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del quale ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo
esto proposito emerge nitida e sfolgorante l’opinione di Plutarco, il quale ricorda che tanto Omero, quando Esiodo, Archilogo
opere di Esiodo si trova qualche traccia delle tradizioni fenicie, la quale armonizza in certo modo con l’Ercole greco. Cicer
ta l’Ercole greco come figlio di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole
Asia minore. Giunone allora pacificata, non si cura più dell’eroe, il quale lasciando la sua spoglia mortale, che va ad abita
lle fasce. Pindaro, nelle sue opere, ci mostra l’indovino Tiresia, il quale alla vista dei due serpenti strangolati, predice
sse nascosto il fanciullo in un campo, dove fu raccolto da Minerva la quale lo rese alla madre. Secondo l’opinione di altri s
ttea. Ercole si ebbe molti maestri, fra cui il primo fu Anfitrione il quale , sebbene si accorgesse di non essere suo padre, p
Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il quale fatto, richiamato innanzi ai Tribunali, egli si d
ichiamando alla memoria dei giudici una legge di Radamanto stesso, la quale mandava assolto chiunque avesse respinto la forza
i antichi poeti greci fanno menzione di questo numero determinato, il quale fu, con ogni probabilità, immaginato dagli Alessa
to dell’identificazione dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella sua qualità di Dio-Sole, passa per i dodici
iuta quest’altra gloriosa azione, Ercole fu esiliato dal re Augia, il quale ricusò di dargli il premio promesso, e allora fu
quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i colpi di Ercole, il quale tolse in moglie la giovane Mnesimachea che più ta
ale, lo mandò nei suoi pascoli, sacrificandone un altro a Nettuno, il quale irritato contro Minos, rese feroce quell’animale.
o. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, fondò la città di
ibia. Fu in questa traversata che egli uccise il famoso ladro Caco il quale aveva derubato porzione dei conquistati armenti.
il sole saettava su di lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una bar
cchiche. Gli antichi aveano simbolizzato codesta avidità del bere, la quale non à nulla di grossolano, quando si rapporta all
no a Tebe, avendo saputo che il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano di sua figlia Iole, a colui ch
sò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro, la quale non si accorda con quanto ne dice Sofocle, second
nghe ricerche, che incontrò finalmente Deifobo, figlio d’Ippolito, il quale gli rese un tale servigio. Ciò non impedì per alt
. Dedalo riconoscente perciò gli fece innalzare una statua, contro la quale Ercole tirò una pietra credendo, mentre vi passav
esta di Ercole, poichè irritato contro Literso figlio del re Mida, il quale massacrava tutti coloro a cui dava l’ospitalità,
e a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Esioda la quale dette in moglie a Telamone. Al suo ritorno da que
tà, che Dejanira ebbe a sopportare l’oltraggio del centauro Nesso, il quale si vendicò su di Ercole mediante il dono del fata
Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale seguendo l’opinione di Stesicore, uccideva tutti
ti. Ercole tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale si era come incollato sulle sue carni, per modo c
vi venisse appiccato il fuoco, obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’era rivolto nelle sue più crudeli sofferen
la terra per portare qualche refrigerio alle sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nube, su trasportato nel cielo in
i dei, Ercole ricevette l’immortalità e si riconciliò con Giunone, la quale lo unì ad Ebe, da cui Ercole ebbe due sigli Alesi
ue sigli Alesiareo e Aniceto. Un’antichissima tradizione, seguendo la quale Ercole sottomesso alla legge della mortalità, pri
suetudine derivava incontestabilmente dal culto dell’Ercole Tirio, al quale si offeriva una decima. È anche nella sola città
ippo, ai tempi di Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio, nel quale il dio veniva adorato sotto la figura di un uomo
ulacri di Ercole, rivela una forza maschia e quasi soprannaturale, la quale apparisce egualmente nell’infanzia del figlio d’A
sì si chiamava. 1768.Eretrio. — Uno dei figli del Titano Fetonte il quale dette il suo nome ad una città della Beozia detta
Secondo la favola fu figlio della Terra, e fu allevato da Minerva, la quale lo educò nel magnifico tempio ch’ella aveva in At
incerta e confutata da molti autori. 1776. Erice. — Re di Sicilia, il quale , dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui e
nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giovanetta Greca la quale amò con passione un cacciatore chiamato Menalca.
ile. — Moglie di Anfiarao e figlia di Taleo. Essa tradì il marito, il quale venne a conoscenza della colpa di lei per essersi
Proserpina, rapita da Plutone, essa venisse incontrata da Nettuno, il quale invaghitosi della bellezza di lei, la sedusse. Ce
a nascosta, la riconobbe e andò immediatamente ad avvisarne Giove, il quale mandò subito a cercarla dalle tre Parche, che a f
a tradizione ripete che da quel momento egli ricuperò la vista, della quale godè fino all’ultimo dei suoi giorni. 1791. Eritt
delle strade, un simulacro di Ermete. 1805. Ermia. — Giovane Greco il quale si annegò traversando il mare, sul dorso di un de
di lui. 1806. Ermione. — Fu uno dei più antichi re della Germania, il quale dopo la morte venne annoverato fra gli dei, in pr
rro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città posta su di un est
cchia tradizione racconta che in questa città eravi una strada per la quale si discendeva all’inferno. Le cronache mitologich
 Così aveva nome, secondo la tradizione, un abitante di Clazomene, il quale fu tenuto in conto di un possente mago. I suoi co
ti gli onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Er
imperiose ragioni obbligato Leandro a nascondere la sua fiamma, alla quale i suoi genitori, per antiche inimicizie, non avre
adavere di lui sulle spiagge di Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la quale disperata si precipitò nel mare volendo morire de
i prestava agli eroi consisteva in una specie di pompa funebre, nella quale si celebrava la memoria delle loro imprese glorio
e ordinariamente erano circondati da un bosco sacro, sul limitare del quale sorgeva un altare, dedicato all’eroe sepolto in q
otostrato. Erostrato era anche il nome di un mercatante Nacraziano il quale si rese celebre per avere instituita la corona Na
alla madre degli dei, che essi adoravano in un’isola dello Oceano la quale , secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen ne
r l’oro vi era una particolare divinità, e questa è la ragione per la quale si sono ritrovate non poche medaglie, coniate sot
Esaco tolse in moglie la ninfa Sterope, figlia del fiume Cedrene, la quale morì poco dopo le nozze. Egli ne fu talmente addo
de. 1824. Esaforo. — Specie di lettiga portata da sei cavalli e della quale usavano i patrizî romani. Si chiamava anche Esafo
o invitate tutte le divinità campestri, ma dimenticarono Acheolo ; il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque
anti campagne, corse la voce che un fanciullo miracoloso era nato, il quale guariva tutte le malattie e risuscitava i morti.
dizioni della antichità favolosa, non si accordano punto sui modo col quale Esculapio avesse acquistato tanto meraviglioso po
onio riporta che Minerva gli avesse dato il sangue della Gorgone, col quale egli risuscitava i morti. …… La cui somma virtut
llara. Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa di Glauco, il quale era gravemente infermo, vedesse un serpente che e
, secondo Igino, Esculapio imparò a conoscere una certa pianta con la quale richiamava in vita i cadaveri. Esculapio ebbe una
lo sdegnato contro i Ciclopi, che avevano fabbricata la folgore colla quale fu ucciso suo figlio, li avesse tutti esterminati
e presso tutti gli antichi popoli dell’Oriente si osserva il serpente quale attributo delle divinità adorate come dei della m
serpente come emblema di sanità è un resto del feticismo egiziano, il quale fu dall’ Oriente trasportato in Epidauro dai merc
rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera di Nettuno, il quale non si sarebbe placato se non quando i troiani ch
estraesse il nome di Esione figliuola dilettissima di Laomedonte, la quale , ostìa innocente del disumano olocausto, fu incat
Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la quale , amata da Giove, lo rese padre di un fanciullo ch
sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele gelosia di Pelia, il quale temeva in lui un vendicatore dei dritti paterni.
nnome dato iu generale a tutti gli dei, el in particolare a Giove, il quale è ritenuto come Espiatore delle colpedegli uomini
come per esempio, il lavarsi nell’acqua corrente. Così fece Enea, il quale non ardì toccare gli dei Penati che volea portar
posito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Ora
pere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione di sua sorella
i. « Dopo che Orazio fu assoluto dal delitto di parricidio, il re il quale non credette che in una città in cui professavasi
fà menzione la tradizione favolosa, ricorderemo il fatto di Edipo, il quale esiliato della sua patria, drizzò per caso i suoi
viscere, ed inspicere, considerare. 1844. Estipielo. — Istrumento del quale si servivano gli Aruspici per estrarre le viscere
aca narra che fu sul monte Eta che Ercole fece in nalzare il rogo sul quale abbruciò. Finsero i poeti dell’antichità che il s
cronache, sotto l’età dell’oro, fiorì il regno di Saturno, durante il quale regnò sulla terra la giustizia e il pudore. Allor
ile esercito, dando così principio alla memorabile guerra di Tebe, la quale ebbe termine col duello dei due fratelli, che res
ne III. Eteocle fu anche il nome di un re Orcomeno, nella Beozia, il quale , al dire di Pausania, fu il primo ad innalzare un
l Caos. 1852. Eternità — I Romani ne avevano fatto una divinità, alla quale , però, non dedicarono alcun tempio nè altare. Ven
oll’andare del tempo Protesilao fabbricò in quel luogo una città alla quale diede il nome di Scio. 1855. Etione. — Detta anch
si ricondussero con se Elena a cui dettero per schiava Etra stessa la quale seguitò da quel giorno a rimanere presso la sua p
ricondotta in patria. 1860. Etreo — Uno dei soprannomi di Vulcano col quale aveva un tempio a lui consacrato sul monte Etna.
Ciò bon ostante egli attacca valorosamente il terribile nemico, del quale , forse, avrebbe trionfato, se Giove e Minerva non
o. Achille si lasciò intenerire dalle preghiere del vecchio padre, il quale , traverso le lagrime del suo dolore, conservava l
permise di riportare in Troia il cadavere del valoroso guerriero, il quale con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stes
Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio di Demetrio di Maratona, il quale fu, per decreto del senato, premiato con la sacra
i presenta sotto questo nome un giovine abitatore della Tessaglia, il quale recatosi a Delfo, per consultare la Pitia, s’inna
sconci si fossero ripetuti nell’avvenire, fu fatta una legge, con la quale la Pitia del tempio di Delfo, doveva avere cinqua
enderono al re di quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle su
Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei figliuoli di Atreo, il quale insieme ai suoi due fratelli Melampo ed Aleone ve
di Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale era posata una cicala. I Locresi ritenevano per f
nze della città di Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sulla quale Venere aveva un tempio sotto l’istesso nome. 1894
— Un’altra delle ninfe Nereidi. 1895. Euriale. — Figlia di Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euria
morte. Similmente Euriale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la quale soccorse il re di Colchide, Aete contro Perseo. 1
Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di Ulisse la quale fu la prima a riconoscerlo quando egli ritorno un
gran rumor ch’uscia dal lago Averno. Ella, oimè, disse, qual furor, o quale Acerba sorte e dispietata, Orfeo. Me misera ad un
tura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro.
on si apriva che una sola volta l’anno e in un giorno determinato nel quale si facevano in suo onore pubblici e privati sacri
greci, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulca
in caso di bisogno. 1906. Euristemone. — Statua della dea Tellure la quale veniva così chiamata perchè le si attribuiva una
caja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale era adorata sotto questo nome. La sacerdotessa ch
lia di Azio, avesse incontrato fuori le porte della città, un uomo il quale spingeva innanzi a sè un asinello, pungendolo con
vestitasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale era preparato il rogo, e quando le fiamme ardevan
nnome a Bacco. 1922. Evocazione — Cerimonia religiosa per mezzo della quale i pagani evocavano gli dei ovvero le anime dei mo
eda ti fo voto e prometto la decima parte. E te, o Giunone regina, la quale al presente abiti questa città, prego parimente,
Fari, favellare. I romani davano questo nome al dio della parola, il quale presiedeva all’ educazione dei fanciulli. Gli ven
feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo della città di Eleutera, il quale secondo riferisce la cronaca mitologica, avendo p
i Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalzato un tempio, nel quale la onoravano con un culto regolare. 1938. Fame. —
cadevano in una specie di entusiasmo, e inspirate dalla divinità alla quale si erano consacrate, facevano dei gesti pazzi e s
ui che dà la luce. Vi era anche un promontorio nell’isola di Chio, al quale si dava lo stesso nome, e di dove narra la tradiz
dette la voce, le armi e la figura di Enea e lo presentò a Turno, il quale lo assali immantinenti, ma il falso Enea si dette
vea nome un abitante della città di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese celebre per la sua straordinaria bellezza
li donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento maraviglioso, del quale appena Faone si fu unto il corpo, diventò di una
rata si precipitò nel mare dall’altezza dello scoglio di Leucade, sul quale Faone fece inalzare un tempio a Venere, in commem
acro di Mercurio, e mormorare all’orecchio di quello, la dimanda alla quale si voleva la risposta dell’oracolo. 1946. Fascino
lo ebbe da una delle ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuolo al quale dette il nome di Faside. La cronaca mitologica ra
i di lui lo straziarono in modo che si precipitò nel fiume Arturo, il quale da quel giorno cangiò il suo primitivo nome in qu
destino. I pagani accagionavano tutto alla fatalità del destino, alla quale gli stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 194
remo della città Priamea. La prima di codeste fatalità, era quella la quale imponeva che i greci non si sarebbero mai impossa
bile come tutte le altre, nasceva da una antica tradizione secondo la quale era detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbri
, avesse cooperato all’opera dei celesti. Fu questa la ragione per la quale i greci adoperarono ogni arte onde Achille nipote
ille nipote e discendente di Eaco, abbandonasse Deidamia, presso alla quale , la madre lo aveva nascosto, per trarlo allo asse
rarlo allo assedio di Troja ; e fu similmente questo il motivo per il quale morto Achille i greci condussero al famoso assedi
tà che il destino imponeva alla finale caduta della città trojana, la quale è stata quella fra tutte le altre del mondo conos
el — Al dire di Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno, Il quale più sovente dei suoi compagni, prediceva l’avveni
omane. 1957. Fauna — Si dava questo nome alla moglie del dio Fauno la quale , secondo la tradizione, era di una tale scrupolos
na loro nave, passare nell’isola d’Itaca, e narra la tradizione, alla quale si rapporta Omero stesso, che Ulisse fosse traspo
ontro i Feacidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena
liono che Giunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa era onorata con un culto particolare. 1969.
purificazioni ; e Servio pretende che fosse lo stesso che Plutone, al quale venivano anche offerti dei sacrifizii Februali. Q
li. Questa ultima opinione è avvalorata dalle cronache di Cedreno, il quale ci ripete che la parola Februus, in lingua etrusc
gli scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale li costituì al numero di venti, scelti fra le più
labile. Numa fu il primo a costruire un tempio alla fede pubblica, il quale sorgeva vicino a quello di Giove. La Fedeltà veni
eo aveva avuto da una prima moglie un figliuolo chiamato Ippolito, il quale egli fece allevare nella città di Trezene. Qualch
eo costretto a recarsi in Trezene, condusse seco la novella sposa, la quale restò appena ebbe visto Ippolito, ammaliata dalla
care su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale si recava assai di sovente sotto pretesto di ador
rità perchè così aveva occasione di vedere il giovanetto principe, il quale si abbandonava agli esercizii dell’ equitazione e
disperata si appiccasse, dopo aver scritta una lettera a Teseo, nella quale gli manifestava che tentata nell’onore dal figlia
. 1978. Felicità. — I greci e i romani ne avevano fatta una dea, alla quale essi davano sovente l’appellazione particolare di
i tempi di Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chiamata, la quale fu la prima Pitia, o sacerdotessa dell’oracolo di
a verso gli ultimi tempi del regno di Tiberio, imperatore romano, del quale , al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presag
i dei pagani, ma per mettere in atto uno dei loro principii ; cosa la quale viene altamente in appoggio a quanto noi esponemm
aca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una sua
i di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amare da questa, la quale abbandonò facilmente il vecchio padre, per darsi
ntariamente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse co
terna, legò il riconoscente animo di Fenice, all’eroe giovanetto, dal quale non seppe più distaccarsi ; Son io divino Achill
sedio di Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire di Omero, il quale chiama Fenice l’amico di Giove. Primamente Fenic
e. 1982. Fennide. — Così avea nome una figliuola del re di Caonia, la quale visse, secondo le cronache dell’antichità verso i
Ferefatta. — Soprannome primitivo che si dava a Proserpina, sotto il quale si celebravano in Sicilia delle feste in suo onor
il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città di Feronia, dalla quale prese il suo nome particolare. Credevano i pagani
a fonte sacra, che scorreva presso il tempio di lei. Una cronaca alla quale si rapporta Ovidio, narra che avendo una volta il
ire di Esiodo, così ebbe nome un figliuolo di Cefalo e dell’Aurora il quale dopo essere stato cangiato in genio, fu da Venere
eniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di volto, della quale le cronache mitologiche raccontano un curioso acc
9. Fidio. — Nome particolare che si dava al dio della fedeltà, per il quale si prestava il giuramento dicendo : Me Dius Fidiu
on generali divozioni. 2000. Fidolao. — La tradizione mitologica alla quale si attiene Pausania stesso dà questo nome ad uno
ania stesso dà questo nome ad uno abitante della città di Corinto, il quale nel prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò
rmisero in com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egli era scolpito insieme alla sua cavalla. 2001.
tradizione mitologica dice che essi furono allattati da una capra, la quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una sta
statua nel tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradizione alla quale si rapportano le cronache di Pausania, dice che q
di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittadino di Delfo, il quale al tempo dell’insurrezione dei Galli sotto Brenno
. Resosi celebre per la sua bellissima voce e per la perfezione colla quale suonava la lira, la tradizione mitologica lo fa f
numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio di Augia, re d’Elide, il quale fu da Ercole posto sul trono del padre suo, perch
ella Filira. Ciò per altro non bastò a deludere la gelosia di Rea, la quale un giorno sorprese i due amanti, per il che Satur
sedio di Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane regina, la quale finì per innammorarsi passionatamente di lui. Ben
ta scrisse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano
ll’ andare degli anni fu nel medesimo luogo edificata una città al la quale si dette il nome di Amfipoli, conosciuta comuneme
more. 2013. Fillo. — Alcimedonte ebbe una figliuola così chiamata, la quale fu da Ercole resa madre di un bambino. Narra la c
morazione di quel fatto, fu in quel luogo costruita una fontana, alla quale fu dato il nome di fontana della gazza. Il fanciu
chiamato Faride. Divenuto adulto fondò nella Messenia una città, alla quale dette il nome di Fare. 2015. Filodoce. — Così ave
Consumato l’infame delitto, Tereo fece ritorno presso la moglie, alla quale ebbe il coraggio di presentarsi, ed a cui affetta
acerbissimo, essa pensò di onorare la cara anima della defunta, alla quale fece innalzare un magnifico monumento. Intanto Fi
si adoperò in modo che quella tela, capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto era avvenuto, non
a Bacco, che si celebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso alle donne di correre sole a travers
sventuratissima Filomena. Posta per tal modo in sicuro la sorella, la quale non meno di lei anelava alla vendetta, le due gio
ndo un giorno Diana alla caccia, fosse stata veduta dal dio Marte, il quale s’invaghi così violentemente di lei, che sotto le
ttete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affet
ole, il quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le s
dattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col quale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano s
o ai greci il luogo ov’erano sepolte, gli fece una mortale ferita, la quale ben presto si cangiò in una orribile piaga da cui
dei sdegnati fecero per mezzo d’Aquilone acciecare il crudele re, il quale fu sottoposto da Borea suo avo all’istesso crudel
le cronache dell’ antichità aggiunge a questo proposito che Ercole il quale , come vedemmo, faceva parte della spedizione degl
tico erano stati personificati e deificati dalla religione pagana, la quale come abbiam visto e come seguiteremo a vedere nel
elle nostre asserzioni, la grande e conosciutissima venerazione colla quale gl’ Indiani adoravano il Gange ; il Reno veniva r
ngeremo che nelle cronache dell’antichità, ve n’è qualcuna secondo la quale parrebbe che i pagani avessero fatta una distinzi
acro, di cui fanno menzione ben pochi cronisti dell’ antichità, e del quale è quasi spento e sconosciuto il nome stesso. 2029
dizione, circondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e nel quale invece di acque correvano torrenti di flamme. Ved
ola di Almo. Flegia non ebbe che una sola figlia chiamata Coronide la quale fu sedotta da Apollo che la rese madre di Esculap
fece nascere sul proposito di questa dea una leggiera confusione, la quale emerge unicamente dal fatto che riporteremo qui a
a a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompensa la mise fra le sue numerose divini
one che fece confonderla spesso coll’antica dea Flora, in onore della quale si celebravano dei giuochi detti dal suo nome Flo
hiale di Erimanto, si fosse riposato nella casa del Centauro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offr
i altri intimoriti si dettero alla fuga. Folo finita la mischia, alla quale egli non aveva presa parte alcuna, si dette a rac
no parte alla festa. 2042. Forbante. — Uomo sanguinario e crudele, il quale eletto capo dei popoli Flegiani, postosi alla tes
storica di questa allegoria, è che Forco era un re della Corsica, il quale sconfitto in un combattimento navale da Atlante,
mione. — Nella città di Eritrea, visse un pescatore così chiamato, il quale per una malattia d’occhi perdette la vista. La tr
elebravano delle feste così chiamate in onore della dea Fornace, alla quale si facevano dei sacrifizi d’innanzi ai forni, cuo
ebrava annualmente dodici giorni prima delle calende di Marzo e della quale secondo le tradizioni dell’ antichità Numa Pompil
ortuna, fu quello che le venne fabbricato nella città di Preneste, il quale aveva più che di tempio, la forma e la configuraz
 — I pagani ne avevano fatta un’altra delle loro tante divinità, alla quale seguendo la configurazione simbolica dei loro mit
lpi di freccia, altro non deve intendersi se nonchè la pestilenza, la quale ordinariamente vien cagionata dall’ eccessivo cal
I trad. di V. Monti. È nota similmente la tradizione mitologica, la quale ripete che dalle acque del diluvio di Deucalione
ente ospitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il quale gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi a
che non deve confondersi con l’ appellativo di Fulgur soprannome col quale i pagani invocavano Giove, come padrone dei fulmi
vere di un uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava seppellirlo tal quale esso lo aveva lasciato. Faremo qui notare che que
ra assai in uso una specie di divinazione chiamata Capnomanzia, nella quale si osservava attentamente l’ agglomeramento, la d
tutte le divinità del paganesimo, il Fuoco, fu quella il culto della quale era esteso a tutti i popoli della terra. Essendo
tà di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel quale si conservavano, con grande venerazione, delle pi
ltare delle Furie, che erano pronti a rivelare il vero sul fatto, pel quale venivano chiamati in giudizio. Le tradizioni dell
esimo rione di Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina, del quale era custode un sacerdote eletto fra i quindici fl
is. Vicino a questo tempio vi era un bosco consacrato alla dea, e nel quale , secondo la tradizione storica, fu ucciso Cajo Gr
nchè in quella di Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamata, la quale veniva rappresentata sotto la figura di un leone
rni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la quale formava la principale offerta nei sacrifizii di q
a amò passionatamente un bellissimo giovane pastore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza di una ver
nte di lei. E avvenne un giorno, che assiso su d’ una rupe sotto alla quale erano ascosi Aci e Galatea, l’ uno in braccio del
ieco per furore di gelosia, lanciò un enorme masso sul povero Aci, il quale morì schiacciato sotto l’immane peso, mentre Gala
erdoti Galli formavano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la quale girovagava di contrada in contrada, sonando una s
o essi non potevano entrare in un tempio, durante tutto il giorno nel quale si fossero trovati a vedere un corpo morto. I lor
otettrici. Si dava il nome di Gallo al primo sacerdote di Cibele, il quale , secondo la tradizione, si fece da se stesso eunu
iamò finalmente Gallo un giovine amico e confidente del Dio Marte, il quale lo poneva a guardia della sua tenda, tutte le vol
roja aveva un figlio chiamato Ganimede, o secondo altri, Genimede, al quale dette incarico di recarsi in Lidia, onde offrire
uesto fatto dette principio ad una lunga guerra fra i due sovrani, la quale ebbe fine quando Troja cadde dopo il famoso assed
o. Ganimede o Genimede era similmente il soprannome della dea Ebe, la quale al dire di Pausania, era adorata sotto questa den
ella città Priamea. 2089. Gastromanzia. — Specie di divinazione collà quale si pretendeva conoscere l’ avvenire, coll’accende
a grande venerazione che quei popoli tributarono a quest’animale, del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorand
nore. — Ultimo discendente della illustre prosapia degli Inachidi, il quale teneva il governo di Argo, allorquando Danao per
autore antico che parli di questa divinità è il cronista Pausania, il quale riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi e
di Crisauro. La cronaca favolosa ne ha fatto un mostruoso gigante, il quale custodiva da se stesso le sue numerose mandre, a
o agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa della quale quel popolo ancora quasi selvaggio non aveva punt
limento quello, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo col quale presso di noi vengono nudriti i majali. 2113. Gia
del giovanetto Giacinto si vedeva una statua di Apollo, innanzi alla quale si offerivano i sacrifizi, mentre i giuochi furon
tene, avesse innamorato della sua stupenda bellezza il dio Apollo, il quale la sorprese, e ne ebbe un figlio, che fece nudrir
sapevole della tresca della figliuola, la dette in moglie a Xifeo, il quale però non potendo, dopo qualche tempo aver prole,
’oracolo rispose, che avrebbe dovuto adottare il primo fanciullo, nel quale si fosse imbattuto l’indomani In fatti Xifeo il g
, Palulejo o Palulcioe Clusivio o Clusio. Quindi Giano mi chiamo, il quale allora Che col farro al sal misto, e pan melato P
ale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla quale si dava da principio la denominazione di Viminale
e di un preteso miracolo operato dal dio Giano. Narra la cronaca alla quale si attengono Macrobio ed Ovidio stesso, che allor
oma, avevano già attaccata la porta che è sotto al monte Viminale, la quale i romani avevano ben chiusa all’avvicinarsi del n
E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveniva per volontà di Giunone, la quale per gelosia contro i romani aveva tolto i ganci e
o. Ancor giovanetto, a somiglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il su
arla ; ma Didone invaghita di Enea, respinse le offerte di Giarba, il quale dichiarò la guerra ai cartaginesi. La morte però
on gran segretezza confidò il piccolo Giasone alla madre Alcimeda, la quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure d
de, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era
ciuta nelle cronache, sotto il nome di spedizione degli Argonauti, la quale ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapi
Medea, essendosi incontrata con Giasone presso il tempio di Ecate, la quale entrambi erano andali ad impiorare, colpita dalla
tori, ma che non valse ad intimorire l’eroico coraggio di Giasone, il quale si accostò ad essi, e dopo averli carezzati, li a
la ripudiò per sposare Creusa, figlia di Creonte, re di Corinto, alla quale in effetti si unì senza tener conto delle dispera
ia mano, furono le ostie cruenti della terribile vendetta di lei ; la quale compiuta appena quell’opera di sangue, montò, sec
, durante il regno di Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al quale pose il nome di Gehud, per essere unico. Avendo d
che riferisce il suddetto cronista, significavano un’intera frase la quale tradotta nel nostro idioma comprenderebbe in sè l
vidio ed altri ; ripetono che i Giganti fossero figli della Terra, la quale per vendicare la morte dei suoi figliuoli Titani,
essi dell’Olimpo ; e la costruzione della famosa torre di Babelle, la quale può benissimo essere considerata come l’opera più
resso ad Atene fu rinvenuto un sepolcro, lungo cento cubiti, entro il quale era stato deposto il corpo del gigante Macrofirid
nte Erice, in Sicilia, fu rinvenuto il corpo di un gigante seduto, il quale si appoggiava ad un bastone che era un albero di
ra anche il nome di un pastore del re di Lidia per nome Candaule, del quale la cronaca mitologica narra uno strano avveniment
a, peusò servirsene onde accostarsi sino al letto della regina, colla quale concertatosi si liberò poco a poco di tutti color
per una decisione, a quanto avrebbe risposto l’oracolo di Delfo ; il quale fu favorevole a Gige, per il che egli restò pacif
o era un modesto pastore, che viveva lavorando il suo campicello, dal quale ritraeva tutto quanto abbisognava alla sua famigl
cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la quale i danzatori cantavano degl’inni in onore di quel
gani avevano fra le loro divinità, personificata anche la Gioja, alla quale davano comunemente il nome di Lætizia ; e la raff
ecclissi. 2161.Giove — Dio supremo della mitologia greca e romana, la quale lo riguardava come padrone e signore di tutte le
ell’ antro un assordante rumore, esegueudo così il comando di Rea, la quale avea loro imposto di soffocare colle loro grida i
ica aggiunge che egli avesse dato a suo padre Saturno una bevanda, la quale ebbe la potenza miracolosa di fargli recere dappr
crificavano a Giove, erano la pecora, la capra ed il toro bianco, del quale si doravano le corna prima del sacrificio. Similm
generalmente raffigurato nella suddetta maniera, perchè il trono sul quale egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo
lmente, che nell’isola di Creta si vedeva il sepolcro di un Giove, il quale aveva avuto per padre Saturno. La tradizione mito
fetti dell’incivilimento onorarono di un culto quasi divino l’uomo al quale essi andavano debitore di un tanto bene ; ed allo
talo, rapitore di Ganimede, e finalmente il Giove padre di Ercole, il quale , secondo la cronologia mitologica visse circa ott
rra, avessero indefinitivamente esteso i confini del loro impero ; il quale non solo abbracciava la Tracia, l’isola di Creta,
uole raffigurare se non l’idea della suprema onnipotenza di Giove, il quale imperava sul cielo, sulla terra e sull’inferno. E
Orta. I romani a queste ne aggiungevano una terza detta Giuventa, la quale veniva invocata dai giovanetti dopo d’avere indos
veniva invocata dai giovanetti dopo d’avere indossata una veste, alla quale si dava il nome di Pretesta. La dea Giuventa veni
er esser figlio di Giove. 2164. Giromanzia — Specie di divinazione la quale si eseguiva camminando intorno ad un cerchio su c
greco ύρος che significa rotondo. 2165. Giuba — Re di Mauritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato come un dio. Al dire
ntichità, fra i quali Platone, che esisteva un’antichissima legge, la quale imponeva che le anime dei morti, dovessero essere
poco sopra gli sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo alla quale sorgeva un altare consacrato a Giunone Giuga, e c
0. Giugno — Questo mese era presso i pagani consacrato a Mercurio, il quale ne era in pari tempo la divinità tutelare. Second
quata. Così, al dire di Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la quale si rese celebre per la sua grande virtù, che le v
una fonte chiamata Canatosa, e secondo altri Canata — V. Canatosa, la quale era consacrata a Giunone, perchè si riteneva che
ere erano gli uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione per la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella de
ali asseriscono che in Roma il senato avesse promulgata una legge, la quale ordinava che tutti i pubblici giuochi fossero sol
se non dopo aver offerto dei sacrifizii alla divinità in onore della quale veniva celebrata, e svenate le vittime e compiute
perfino con cronologica importanza una data nel corso dell’anno, alla quale i romani e sopratutto i greci davano il nome di O
racennati, ma che ciò non pertanto avevano presso gli antichi una tal quale importanza. Fra questi bisognerà ricordare i giuo
ersone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato. Presso i romani era anche co
stizia figlinola di Giove stava nel cielo sul carro del padre suo, al quale dimandava vendetta contro gli uomini, tutte le vo
aderì volentieri volentieri alle voglie del suo amante immortale ; il quale in premio dei favori ricevuti da lei, l’innalzò f
che sostenevano l’uno contro l’altro, con un particolare duello, nel quale sarebbe caduto vittima il fratello di lei ; ella
to ciò non valse ad impedire il fatale duello, nè a salvare Turno, il quale morì per mano di Enea, e allora Giuturna disperat
rvivano particolarmente nei sacrifizi della dea Vesta, ragione per la quale si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, co
no nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di brando, al quale si dava il nome di gladius donde deriva la parola
ei più importanti. Glauco avea nome uno dei figliuoli d’Ippolito, del quale la tradizione racconta, che essendo caduto in una
esta semplice esortazione bastò a rianimare il coraggio di Glauco, il quale ebbe il premio della lotta. Con l’andare del temp
 I pagani rappresentavano il Tempo con un gran globo nella destra, il quale raffigurava l’universo. Sulle antiche medaglie po
ale, dalla tempesta, che segui nella notte di quel giorno, durante la quale s’intesero tuoni e saette ; cosicchè Alessandro o
a surte delle gravi dissensioni ; essi fecero ricorso all’oracolo, il quale rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro pa
a Giove, fece sospendere nel tempio di questo dio il famoso carro sul quale avea fatto il viaggio. 2190. Gorgizione — Uno dei
 — Uno dei figliuoli del re Priamo, e della bellissima Castianira, la quale , al dire di Omero, rassomigliava per la sua belle
esta opinione di Diodoro è combattuta dal cronista Ateneo, secondo il quale le gorgoni non erano altro che dei terribili e mo
ei foltissimi e ruvidi crini. Allora qualunque fosse stato l’uomo sul quale s’arrestavano quegli sguardi fatali, immediatamen
anche Amadriade. Fu figliuola di Ossilo, e della ninfa Amadriade, la quale ebbe da lui sette altre figliuole, che insieme a
os, una delle Cicladi, avevano similmente un tempio alla custodia del quale sopraintendeva un sacardote, la cui durata cra a
fone mitologico dev’essere considerato come un simbolo allegorico, il quale , sotto la strana configurazione, racchiude alcune
vea nome un piccolo fiume, che metteva foce nel golfo di Cadice e del quale i pagani avevano fatto il loro Lete le cui acque
he della mitologia indiana, danno questo nome ad un dio composto, nel quale si riunivano, oltre la propria configurazione, qu
adre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle credenze religiose di quei popoli, rapprese
va il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la quale veniva circondata da altre 360 statue più piccole
atua, i Horaisciti gliene avevano fatta un’altra di oro massiccio, la quale stringeva sette frecce dell’istesso metallo, ed a
te velata la fronte. V. Penelope. 2229. Icaro. — Figlio di Dedalo, il quale si sottrasse insieme al padre suo, colla fuga dal
oca in cui, secondo la favola, ospitò nella sua casa il dio Bacco, il quale in ricompensa gl’insegnò l’arte di coltivare le v
dell’Attica disertò la loro contrada con una terribile pestilenza, la quale non ebbe fine se non quando furono morti un dopo
iconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il quale ha l’istinto di distruggere i coccodrilli che inf
dere i metalli. Questa tradizione è peraltro oppugnata da Diodoro, il quale asserisce nelle sue cronache, che fu la madre deg
ato. Ida era anche un’altra montagna nell’Asia minore, ai piedi della quale , secondo la tradizione, sorgeva la famosa città T
io. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Gio
finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il quale per essere della schiatta degli Eolidi, e per con
sso. 2235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la quale era consacrata a Venere. La tradizione a cui si a
suoi tempi. 2241. Idmone. — Celebre indovino della città di Argo, il quale , secondo la tradizione, avea preveduto che, segue
li si parò innanzi fu il proprio figliuolo, l’unico suo figliuolo, il quale avvisato dell’arrivo del re, era corso con traspo
e ripete, che il profugo re avesse fondata la città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la morte di lui, gli abitan
i monumenti. Tale non è per altro l’opinione del cronista Diodoro, il quale asserisce nelle sue cronache che Idomeneo, caduta
iga, di cui dette a guidare i destrieri al suo fedele amico Iolao, il quale gli servi da cocchiere. La favola aggiunge, che q
nassa finalmente aveva nome una figlia di Proteo, re degli argivi, la quale fu tolta in moglie da un medico chiamato Melampo,
disprezzo per la dea, proclamandosi più belle di Giunone stessa ; la quale , sdegnata contro le incaute giovanette, turbò lor
cmena. V. Anfitrione, Alecmena, Ercole. La tradizione mitologica alla quale si attiene Apollodoro, nelle sue cronache pagane,
fide. — A proposito di questa fanciulla la tradizione mitologica alla quale si attiene Ovidio stesso, nelle sue Metamorfosi,
che nella città di Festo viveva un uomo poverissimo per nome Ligdo il quale aveva una moglie chiamata Feletusa. Vedendola pro
ontentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la quale avesse dovuto recarsi in Tauride, e servire la de
il consenso di Agamennone e si fosse recato presso Clitennestra, alla quale consegnò una lettera falsificata in cui era scrit
quella città, accompagnato da Pilade, Oreste fratello d’Ifigenia, il quale avea ricevuto comando da Apollo di recarsi in Tau
media aveva avuto da suo marito una figliuola per nome Pancratide, la quale stando un giorno con sua madre a celebrare i mist
acrato a Giunone, fu per lunghi anni conservato il disco d’Ifito, sul quale si leggevano impresse in grosse lettere le leggi
dre. una sua statua, ricoperta interamente da un velo, e innanzi alla quale le donne di Sicione andavano ad offrire le loro c
in varie cronache che il nome di Igiea si dava sovente a Minevra, la quale veniva dai greci adorata sotto questa denominazio
li abitanti dell’isola di Cipro davano codesto soprannome a Giove, il quale nei loro templi veniva onorato con solenni e magn
tto fra i suoi figliuoli, lo mandò presso il genero Polinnestore ; il quale però, secondo ripete la tradizione, lo fece uccid
stigazione del perverso Centauro, scusò la madre presso di Ercole, il quale sentendo approssimarsi l’ultima sua ora, ordinò a
Iole. Morto Ercole, Ilio si ritrasse presso Epalio, re dei Dorii, il quale essendo stato rimesso nei suoi stati da Ercole, a
a ricevuto dal morto eroe. Ma l’irreconciliabile odio di Euristeo, il quale anche dopo la morte di Ercole perseguitò i discen
di soldati e provveduto di quanto era necessario alla spedizione, la quale andò coronata di lieto successo, imperocchè dopo
Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il nome di Imetto, sulla quale Giove aveva un tempio a lui consacrato, perchè la
ove stesso. 2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua chiamata Jupiter
mici. Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la quale gli antichi pronunciavano le imprecazioni, allorq
n altare ed un uccello, propriamente la pernice, che nòn sappiamo per quale ragione era ritenuto presso i pagani come un anim
e. Al dire del citato autore, e se condo riferisce la tradizione alla quale egli si attiene, fra Nettuno e Giunone surse una
a gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di grande valore, la quale un bel giorno fu rubata serza che si potesse scop
arra la cronaca che il poeta Sofocle, ebbe in sogno una visione nella quale gli apparve Ercole stesso e gli mostrò la persona
non fu da principio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la quale per mezzo di assiduo studio sugli avvenimenti del
rno e presentarsi a Plutone, passi la caverna di Tenaro in fondo alia quale ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla ba
e ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla barca di Caronte, la quale la lasciò innanzi al trono di Plutone, custodita
Ella fu tolta in moglie, in seconde nozze da Atamante, re di Tebe, il quale la rese madre di due figliuoli, Melicerta e Learc
empo, la città di Tebe, fu desolata da una terribile carestia, (della quale molti autori ripetono che Ino stessa fosse stata
proprio figliuolo Learco e si dette ad inseguire la madre istessa, la quale afferrato il figliuolo Melicerta, si dette con es
orta per certo, se non si fosse trovato a passar per di là Ercole, il quale ritornava dalla Spagna. L’eroe sentendo le grida
Ino si portò presso la celebre indovina Carmenta, onde sapere da lei quale sarebbe per essere il proprio destino, e quello d
ichità, la risposta che il guerriero Annibale, dette al re Prusia, il quale si ricusava a combattere, asserendo che le viscer
iunone vieppiù sdegnata contro di lei, le fece apparire una furia, la quale turbandole la mente, e straziandola senza riposo,
otto il nome d’Ifide come una dea. È questa almeno la tradizione alla quale si attiene Ovidio, però nella gran maggioranza de
morte del suo fedele Argo, avesse mandato ad Io una grossa mosca, la quale pungendola senza posa, la mise in furore, per mod
velazioni, un novello accesso di furore colpisce la sventurata Io, la quale lasciando Prometeo sulla sua rupe, riprende la sf
sacerdotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api, il quale era soprannominato Giove ; e che ingelosita la re
re Io, affidandola alla custodia di un suo seguace, per nome Argo, il quale Api avesse fatto uccidere per riavere la sua aman
i Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide, col quale Io fu adorata come una Dea, le venne dato solo pe
, suo padre, portò dall’Egitto in Grecia il cutto della dea Ifide, la quale i greci confusero con Io V. Argo. 2293. Ipar. — C
iguardava come atei tutti coloro che la negavano. Cicerone stesso, al quale fra tutti gli altri autori dell’ antichità, non s
e abitato dai popoli Iperborei, un’isola grande quanto la Sicilia, la quale era comunemente ritenuta come il luogo ove nacque
allegoria della favola, dice che Iperione era un principe Titano, il quale erasi dato, con grande amore, allo studio dell’as
el celebre artefice Mirone. 2299. Ipoprofeti. — Nome particolare, col quale , venivano indicati certi servienti degl’ indovini
na delle pareti del tempio scaturì una larga vena di acqua marina, la quale percosse Epito così violentemente negli occhi, ch
tutta la vita. Ippio era anche il soprannome particolare di Marte, il quale con Minerva e Nettuno formavano la triade delle p
tà scaturiva quella fontana. La tradizione storica narra che Cadmo il quale introdusse in Grecia le scienze fenicie, fosse st
nome la figliuola di Enomao, re di Pisa, nell’Elide, a proposito del quale la tradizione mitologica narra, che giunta la fig
sì sorprendente bellezza, che colpì vivamente l’istesso suo padre, il quale non volendo concederla in moglie ad alcuno dei mo
sore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un bando nel quale esponeva, che la mano d’Ippodamia sarebbe concedu
chè gli dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contro Pelope, al quale concessero, per la disfida, quattro immortali des
le donne ; perlocchè si tirò sopra il terribile sdegno di Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, madrigna di lui un
, fece dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel quale era pazza di passione. Ippolito però, pieno d’orr
nsò di prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella quale gli diceva, che il figliastro avea voluto attenta
se il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni sua
lli che guadagnarono la mano, e trascinarono il misero giovanetto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria
ri divini : e Diomede gli fece innalzare un tempio, alla custodia del quale , vigilava un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una
empi di Numa Pompilio, comparve in Italia un uomo per nome Virbio, il quale abitava nella selva Aricina e si spacciava per Ip
ca con la parola cavallo abbia dato vita alla tradizione favolosa, la quale racconta che Ippotoo, fosse, appena nato, esposto
ue cavalle V. Cercione. Ippotoo regnò nella contrada di Eleusi, della quale fu assunto al governo dopo che Teseo ebbe ucciso
navigatori, e trattenne per lungo spazio di tempo Giasone stesso, dal quale ebbe varii figliuoli, non avendo potuto frenare l
menticò ben presto le lagrime della sventurata sedotta ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli di cui lo
ò il destino non cessava di perseguitare la sventurata Ipsipile, alla quale un’altra sciagura fece, verso quel torno di tempo
da alcuni corsari e da questi venduta a Licurgo, re di Tessaglia, il quale prese a proteggere la sventurata giovanetta e la
Ipsisto. — Al dire del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di u
 Secondo Sanconiatone, così ebbe nome il figlio dei primi giganti, il quale abitò in Tiro, e fu il primo a costruire delle ca
io viaggiavano sulla terra, fossero accolti benignamente da Irieo, al quale i tre numi promisero di concedere qualunque cosa
che nell’isola d’Itaca viveva alla porta di un palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai
o sotto le spoglie di mendico. V. Ulisse. Ulisse accettò la sfida, la quale doveva essere combattuta alla presenza di Telemac
i questa maraviglia, il senato romano avesse promulgata una legge, la quale esentava i discendenti di esse da qualunque balze
qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nipote di Nettuno, in onore del quale si celebravano in Grecia, delle pubbliche feste d
avano i pagani uno dei più considerevoli monumenti dell’antichità, il quale conteneva l’immagine d’Iside, gli atti della reli
a quella di Dea Universale, secondo asserisce il cronista Apuleio, il quale si appoggia su di un’ antica iscrizione, trovata
ume Ismeno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e di Apollo, il quale gli concesse il dono d’indovinare. Ismenio, fu da
si chiamava il piede di Cadmo, a cagione di un’ antica tradizione, la quale racconta che avendo Cadmo ucciso a colpi di frecc
ggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo era custodito dal gi
he in questa occasione essi compivano una barbara e truce usanza ; la quale consisteva nel tagliare a pezzi la carne del mort
circostanze del monte Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi avev
sso gli antichi aveva vigore di legge una tradizionale costumanza, la quale voleva che allorquando si toglieva in moglie una
a propria dimora da un principe, che aveva il soprannome di Giove, il quale meno suscettibile degli altri, accolse alla sua m
tribuì della più nera ingratitudine le larghezze dell’ospite suo, del quale sedusse la moglie, intrattenendo per più tempo co
e coi ricchi abiti della principessa, una schiava per nome Nefele, la quale entrata di notte nella camera d’ Issione, fu da q
le sembianze della propria moglie e la fece presentare ad Issione, il quale disfogò sulla supposta dea l’ardenza della passio
i giuochi istmici fossero istituiti da Teseo, in onore di Nettuno, il quale come dio del mare aveva sotto la sua particolare
vi fu anche introdotta la rappresentazione di una gran caccia, per la quale i Corinti facevan venire da lontane contrade, i p
riferisce Pausania ; i corinti avevano un’ antica loro tradizione, la quale ripeteva che Nettuno ed il Sole avevano avuto fra
olontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome di Giove, col quale veniva particolarmente adorato in Messenia, per u
di Messenia si celebrava annualmente una festa chiamata Itomea nella quale si compiva una strana cerimonia. Tutti coloro che
Jafet biblico. 2362. Jagni. — Così aveva nome il padre di Marsia, il quale viene ricordato nelle cronache dell’antichità, co
ti assalse. Monti La Musogonia — Canto. 2366. Jarba. — Lo stesso al quale si dà, da quasi tutti gli scrittori, il nome di G
a unione gli sarebbe tornata funesta, fece sposare Megara a Jolao, il quale per la grande affezione che aveva per lo zio, acc
congiunto di Ercole, similmente conosciuto sotto il nome di Jolao, il quale , fu da quell’eroe ucciso in un accesso di furore,
eusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di Atene, della quale si è servito il famoso poeta Euripide, come sogge
n un viaggio ch’egli fece a Delfo, durante le feste di Bacco, e dalla quale avrebbe potuto infatti avere un figliuolo. Non re
o. Spaventati gli astanti, arrestarono immediatamente il coppiere, il quale , non esitò a confessare che la regina in persona,
lla mitologia cinese si dà questo nome al dio dei cieli inferiori, il quale ha diritto assoluto di vita e di morte su tutta l
al giorno in cui succede il novilunio. Kurù è una delle divinità alla quale i Bramani debbono, per legge della loro religione
gni giorno un sacrifizio sul focolare che stà in tutte le case, e sul quale si debbono allestire i cibi che essi offrono agli
che di quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi Scandinavi, il quale fondò per il primo la classificazione botanica su
ciuto anche sotto il nome di Cheospi, fu quel famoso re d’ Egitto, il quale si rese immortale tanto nei fasti religiosi, quan
più piccole laterali siano state costruite da uno dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina sua moglie, e d’una sua
Visnù, allorquando si considera sotto la sua ottava incarnazione, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la p
più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re di quell’isola, il quale vi fece rinchiudere il mostro conosciuto nella fa
o che quella morte fosse avvenuta per vendetta di Giunone Lacinia, la quale avesse per tal modo punito il tracotante che si f
olare credenza prese tanto vigore, che il senato emanò un editto, col quale comandava che le tegole di marmo fossero rimesse
’ articolo precedente. 2406. Lacio. — Uno degli eroi dell’ Attica, al quale , quando morì, fu consacrato, in memoria delle sue
ervì il dio Pane per costruire il suo famoso flauto a sette canne, al quale dette il nome di Siringa, in memoria forse della
umi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel quale essi gettavano, come omaggio alla divinità, la pi
i d’una montagna, un gran lago consacrato alla luna, sulle sponde del quale , ogni anno si radunavano, ad epoca fissa, gli abi
ia. I cronisti dell’antichità non fanno menzione della maniera con la quale si risolveva la questione, nel caso non difficile
ungo tempo un sepolcro, ritenuto comunemente per quello di Laide, sul quale si vedeva scolpita, come un’allegoria sanguinosa,
Atene, figlia di Cleonora e che si rese celebre per la perizia con la quale suonava vari strumenti. Tolomeo primo re d’Egitto
dea, si chiudeva con essa nel sotterraneo una lampada sepolcrale, la quale rischiarava la terribile agonia della sventurata.
epolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel 1540, la quale , inestinguibile fino a quel tempo, si spense appe
odia delle mandre che possedeva in Sicilia. Narra la tradizione, alla quale si attiene il citato poeta, che avendo una tempes
portò querela di ciò al suo immortale genitore, e questi a Giove, il quale promise il castigo dei colpevoli. Infatti allorch
ose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la quale fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insi
sul trono della Cappadocia l’ultimo figliuolo dell’uccisa regina, il quale da alcuni parenti di Ariarate, era stato sottratt
e dell’inumano sacrifizio ; ma nell’istesso tempo emanò un editto col quale proclamava, che chiunque avesse combattuto il mos
restò altra prole, che una leggiadra giovanetta per nome Lavinia, la quale per la sua bellezza, si vide ben presto scopo ai
emente l’illustre profugo ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia sua,
litani ed i Galli avevano una particolar divozione per questa dea, la quale veniva adorata anche sotto il nome di Laona, nell
il citato scrittore, che un greco per nome Parmenisco Netapontino, il quale per le sue immense ricchezze godeva del primato s
l’indovini predissero che ella avrebbe uno splendidissimo destino, il quale pero sarebbe riuscito funesto al suo popolo, che
dente. 2456. Laurentali. — V. Larentali. 2457. Laurentini. — Nome col quale primiti vamente venivano additati alcuni antichi
bitatori del Lazio, sudditi del re Latino. Un’ antica tradizione alla quale si attiene Virgilio stesso, ripete che nel palazz
stesso, ripete che nel palazzo del re sorgeva un albero d’ alloro, il quale , per essere secolare, era tenuto con certo religi
della stirpe di Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio di Giunone, la quale perseguitò tutti i discendenti di Cadmo. Leargo f
gno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi nel seno di Leda, la quale dopo nove mesi dette alla luce un uovo, da cui, s
i finalmente vogliono che Nemesi stessa, avesse partorito un uovo, il quale trovato e covato da Leda, si fosse poi schiuso ed
osciuta sotto il nome di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la quale al tempo che la sua patria gemeva sotto il ferreo
ati i suoi oracoli, mandò nelle campagne di Tebe un’ enorme volpe, la quale produsse tante morti, che tutta la nobiltà tebana
oso animale fu slanciato il famoso cane di Cefalo chiamato Lelapo, il quale aveva un così rapido corso, che appena fu sguinza
Lelapo era stato formato da Vulcano, che ne fece un dono a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla
a. Con l’ andare del tempo il re Minosse l’offrì in dono a Procri, il quale poi finalmente lo donò a Cefalo, per la famosa ca
mbra di Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ragione per la quale molti autori han creduto che la parola Lemuri der
Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale passato qualche tempo sostenne una triplice sfida
ione della terribile Idra. V. Ercole. Euripide dice, che l’arme della quale Ercole si servì per uccidere il mostro era una fa
ra, che la simbolica configurazione d’un sofista nemico di Ercole, il quale si scatenò contro l’eroe, e che le sette teste ri
a trasmesse più dettagliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania, il quale asserisce che gli argivi pretendevano che fu da q
truosa donna vide i due stranieri, chiamò a sè il marito Antifate, il quale non appena li ebbe raggiunti se ne mangiò uno, e
che metteva foce nel Mediterraneo, vicino al capo delle sirti, e del quale la tradizione mitologica ripete, che dopo aver co
ita mutazioue in contrario, ovvero per qualche altra cagione : per la quale insanabil malattia, posciacchè né cagione, nè fin
de, consistente in un letto di marmo alto un piede e lungo due, e sul quale stavano ancora sedute le statue di quelle due div
re di suo padre Anchise. 2485. Leuce. — Isola del Ponto Eusino, della quale la tradizione mitologica ripete, che gli antichi
Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua in quell’isola, nella quale , secondo il citato scrittore, il primo a penetrar
l’isola di Leuce, i due Aiaci, Achille, Patroclo, ed Elena stessa, la quale sposata ad Achille, aveva parlato a Leonimo, dice
ucippo si chiamava similmente un figliuolo di Oenomao, re di Pisa, il quale , secondo riferisce Pausania, amò perdutamente la
lassici scrittori dell’antichità, abbiamo riportato l’avvenimento tal quale ce lo ripetono le cronache. 2488. Leucofrina. — U
bellissimo corpo della sua amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla quale surse come per incanto, quell’ albero che produce
toe. — La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale gli dei dettero il nome di Leucotoe, quando essa
netta e le promise di liberarla se le avesse giurato amore, cosa alla quale essa condiscese, come s’intende ben facilmente. E
donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra una tavoletta sulla quale erano segnati molti punti e numeri ; la qual cosa
ocavano con questa appellazione, quando correvano alcun pericolo, dal quale credevano di uscir immuni per la protezione di Gi
st’antica città che una volta sorgeva sul monte Olimpo, e vicino alla quale stava il sepolcro di Orfeo, la tradizione mitolog
cittadini ad interrogare l’oracolo di Bacco, nella Tracia, per sapere quale sarebbe il destino della loro città, la risposta
Elicona. Su quella montagna scaturiva la fonte chiamata Libetride, la quale usciva da un sasso che imitava così perfettamente
li in tempo di pubbliche calamità, cercando in quei fogli misteriosi, quale fosse l’espiazione ch’essi dovevano praticare, on
ma Plutarco asserisce, che questo soprannome era imposto a Venere, la quale era anche la configurazione del principio della v
ma la dea Libitina aveva un tempio, circondato da un bosco sacro, nel quale si vendevano tutti gli oggetti necessarii alle po
d egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva nel mare Eubeo, e al quale i marinari non osavano accostarsi, credendo, nell
lo raggiunse di nuovo, e fu inesorabile contro il misero Licaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise
tologica che Licaone sì rese celebre per la efferata sua barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutti gli stranieri che
to in lupo per vendetta di Giove, vi fosse stato un altro Licaone, il quale sacrificando a Giove Liceo, fosse similmente cang
adia, e vi fece innalzare anche un tempio in onore di Giove Liceo, al quale egli stesso sacrificava umane vittime : da ciò ha
ficava umane vittime : da ciò ha principio la tradizione favolosa, la quale ingrandendosi per le crudeltà di cui si rese col
emo, nutriti da una lupa. 2512. Licea. — Montagna dell’Arcadia, dalla quale venne a Giove il soprannome di Liceo. V. Liceo. 2
, che sul monte Liceo ci era un altare consacrato a Giove, innanzi al quale sorgevano due colonne, su cui erano due aquile do
izi con gran mistero. Liceo era anche un soprannome del dio Pane, col quale egli aveva un tempio sul monte Liceo, circondato
acerdote, calmato il primo timore si lasciò guidare dall’ animale, il quale lo trascinò nella foresta ove i ladri avean sepol
eroe dall’ alto di una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del quale Teti mandò il figliuolo Achille, onde impedire ch
i lo abbandonò per darsi nelle braccia di Marc’ Antonio triumviro, il quale alla sua volta la dimenticò del tutto, pazzo com’
similmente il nome del più famoso legislatore della Lacedemonia, del quale la cronaca mitologica fa menzione per aver egli r
malinconia. 2526. Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Lig
oce argentina. 2529. Lilea. — Najade, figliuola del fiume Cefiso, la quale , secondo la tradizione, dette il suo nome ad una
zione, si dava questo nome ad un fiume nell’ Arcadia, nelle acque del quale , secondo la tradizione mitologica, le ninfe che a
alla custodia delle porte. 2533. Limira. — Fontana nella Licia, alla quale , secondo asserisce lo storico Plinio, si dava la
ilmente il nome di quel figliuolo di Egitto, marito d’ Ipernestra, la quale , ben diversamente dalle sue quarantanove sorelle,
Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario, con una festa, la quale cominciava sempre con un sacrifizio alle muse. Li
che la tradizione ci mostra come maestro di Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre alle conoscenze scientifiche, egli insegnò
rco dello istrumento, che gli produsse una ferita sulla fronte, della quale dopo poco tempo Lino morì. Il cronista Diogene La
vvisare. 2545. Liriade. — Ninfa oceanide, amante del fiume Cefiso, il quale , secondo la favola, la rese madre di Narciso. La
allontanasse la peste e le altre epidemie. 2554. Lotide. — Ninfa, la quale fu cangiata in quel fiore conosciuto sotto l’appe
rendevano la loro denominazione da un bosco sacro chiamato Lucus, nel quale si celebravano le Lucarie, e che stava fra la via
ommemorazione della rotta che le armi romane ebbero dai Galli e nella quale i fuggenti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lu
creatore della luce. 2561. Lucifera. — Soprannome di Diana, sotto il quale la invocavano i Greci, secondo riferisce Cicerone
ne attaccasse e staccasse i destrieri. 2563. Lucina. — Soprannome col quale particolarmente i romani adoravano la dea Giunone
ente alla fine di Luglio si solennizzava un’altra piccola festa nella quale s’immolavano alla Canicola un dato numero di cani
me donna. Da ciò il dio Luno altro non era che la Luna medesima, alla quale , secondo riferisce il cronista Sparziano, gli abi
vinità. 2569. Lupa. — Secondo la tradizione popolare dei romani, alla quale si attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutric
nione del famoso poeta, è combattuta dal cronista Valerio Massimo, il quale asserisce che le feste Lupercali furono istituite
no il sangue di cui erano bagnati colla lana delle capre immolate, la quale prima ponevano ad ammollire nel latte. Comunement
lire nel latte. Comunemente andavano anche armati di uno staffile col quale battevano tutti quelli che incontravano e segnata
ice e sollecito parto. Altri autori asseriscono che la ragione per la quale i giovani correvano nudi nelle Lupercali era la s
i. Comunemente le lustrazioni avean termine con un gran banchetto, al quale si credeva presiedesse la dea Nondina, protettric
re e nell’ Italia. 3. Elleni. — Gli Elleni abitarono la Grecia, la quale fu la regione d’Europa, che prima accoise i germi
ino di Tebe) che vaticinando presagiva il fato del gran fanciullo, il quale giaceva nella culla. Era egli figurato pieno dell
stra. 3. Venite e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi acc
e viene particolarmente dato dai maomettani ai tempio della Mecca, il quale , secondo la loro credenza, fu edificato da Abramo
traeva il suo nome da una piccola città del Poitou, poco lungi dalla quale , sorgeva il castello di Lusignan. I cronisti attr
8. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire col quale é conosciuto in tutta l’ Europa, da una terra che
o. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti
2 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ini, non son molti anni che diedi alla luce un Corso di Mitologia, il quale ha meritato il benigno compatimento del pubblico.
lavoro fu quello di porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la quale fosse ricca di erudizione per l’intelligenza degl
cui molti mi han consigliato a pubblicarne un discreto compendio, il quale potesse studiarsi da’ fanciulli nelle scuole, e d
ora presento al pubblico fregiato del chiarissimo Nome di V. E. R. la quale son certo che l’accoglierà con serena fronte qual
corso ed il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o il Sole, il quale col suo corso regolare è il misuratore e quasi l’
e gli presentò una pietra avvolta in fasce, detta Abadir o Betile, la quale fu tosto da Satùrno inghiottita. Si avvide Titàno
seminare il grano ed a piantare le viti ; il che simboleggia Noè, il quale uscito dell’arca attese all’agricoltura e fu il p
i successe Giano ; a Giano, Pico, ed a Pico, Fauno, suo figliuolo, il quale da Marica, ninfa de’ Minturnesi, ebbe il re Latìn
iorno andando Pico a diletto per un bosco, incontrò la maga Circe, la quale il toccò colla sua verga d’oro ed il cangiò nell’
glio di Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava gli oracoli alle donne, come il marito agli
tonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato di cera, sopra la quale incidevano le lettere con un punteruolo di ferro
rdoti di Cibèle appellavansi Galli dal fiume Gallo, della Frigia, del quale bevendo le acque, venivano in gran furore, con co
rovò i modi Frigii, o sia il suono di quella cornamusa (tibia), sulla quale i Coribanti cantavano le loro sacre canzoni, e ch
avea Ati (Αττης, Atys, Attis), bellissimo giovinetto della Frigia, il quale un giorno preso da stranissimo furore in un bosco
intendevano la Terra, così adoravano il Sole sotto il nome di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del qual
il nome di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del quale era la celebre città di Pessinunte, a’ confini de
eva scendere in una profonda fossa che coprivasi di un graticcio, sul quale s’immolava un toro colle corna dorate, di cui il
oco di Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Numa, presso al quale era il palagio del suo fondatore. Era di forma ro
ro leoni ; e Virgilio (1) rassomiglia la setticolle Roma a Cibèle, la quale , coll’augusto capo coronato di torri ; lieta per
si annoverava piuttosto fra gli Dei infernali che fra i celesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satù
i mercadanti, ed un tribunale che condannava i debitori a pagare ; il quale vico chiamavasi Janus, da un tempio di lui quivi
colmò di ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto Giove, il quale , ottenuta la signoria del cielo, la sua nutrice t
monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto nel fabbricare il m
olo di Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re de’ venti. Il quale non contento della maestà reale, volendo imitare
bbricò un altissimo ponte di bronzo, che passava sopra di Elide ; sul quale passeggiando con magnifico cocchio, faceva un rum
me Capanèo, che vuolsi essere stato primo inventore della scalata, il quale fu da’Tebani con sì gran mole di pietre oppresso,
on tanta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual altro Giove ; il quale di ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercess
di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il quale di alto ingegno dotato, del fango della terra for
ò a Vulcano che di fango eziandio formasse il corpo della donna, alla quale Minèrva donò l’anima o la sapienza ; Venere, la b
padre di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chiusa, nella quale era ogni generazione di mali. Epimeteo, dimentico
segni del zodiaco ed è quello della Vergine. Si chiamò pure Temi, la quale secondo Omero avea l’affizio di regolare i banche
del Tartaro il mostruoso Tifeo o Tifone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e di ogni maniera di a
i animali. Ma finalmente Giove co’ suoi fulmini inseguì il mostro, il quale pel Mediterraneo fuggendo l’ira di lui, fu da que
fu sepolto sotto l’isola ch’egli chiama Inarime, oggidì Ischia, dalla quale vogliono che un tempo fu distaccata Procida per f
io fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arcadia. Il quale , avendo udito che Giove, mosso dall’empietà degli
bile lupo e fulminò i figliuoli che vollero fare la stessa pruova. La quale favola può spiegarsi dicendo che il nome di Licaò
le ed empio, fu trasformato in lupo ; ovvero ebbe la malattia, per la quale gli uomini credonsi trasmutati in lupi, e che i M
ere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo stati que gli audaci precipitati nell’inf
se da quell’uffizio ; e per compenso fu data in moglie ad Ercole, col quale avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’Ebe de
e. Presso i Romani l’Ebe de’ Greci era la Dea Gioventù (Iuventas), la quale prendeva sotto il suo patrocinio i giovani dopo c
gere, spfendere. Nel bel mezzo di essa era il capo della Gorgone, del quale tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli di
mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per volere di Minerva, la quale per vendicare l’onor del suo tempio da lei oltrag
dalla moglie Euridice o Aganippe ebbe una fig. chiamata Danae, dalla quale Giove procreò il celebre eroe Perseo (Περσευς, Pe
e rinvenuta dal pescatore Ditte, fu da lui recata al re Polidètte, il quale la giovane Danae sposò, e Perseo fece educare in
io una donzella di leggiadra e regale sembianza colle mani legate, la quale , al dolente aspetto ed alle molte lagrime, pareva
gastigo se non avesse esposto alla balena la figliuola Andromeda ; al quale oracolo, per timore de’suoi popoli, fu costretto
di ciò (1), ritornato Perseo a Serifo, vi ritrovò la madre Danae, la quale , per fuggire le insidie di Polidette, erasi col f
dusa fu regina di un popolo bellicoso vicino alla palude Tritonia, la quale essendo stata morta da Persèo insidiosamente e fr
, Europa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima
approdò colà una nave, che avea dipìnta l’immagine di un toro ; della quale uscendo uomini armati, violentemente rapirono la
uscendo uomini armati, violentemente rapirono la regale donzella, la quale fra le disperate lagrime delle compagne, per mare
oro impose che fossero tosto partiti a ritrovar la sorella ; senza la quale non avessero osato mai di ritornare alla patria.
rta, andò a Delfo per consultare l’oracolo della futura sua sorte. Il quale rispose, che fosse andato nella Focide da Pelagòn
oso dragone, che gl’infelici compagni di Cadmo divorò crudelmente. Il quale del loro indugio forte maravigliando, tutto armat
po pericoloso e lungo combattimento l’uccide. Allora udì una voce, la quale gli presagiva, ch’egli ancora sarebbe stato un gi
rande del nome di Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, alla quale dettò leggi di tanta sapienza, che credevasi aver
ggi di tanta sapienza, che credevasi averle date lo stesso Giove, col quale egli spacciava un’intima familiarità, detto perci
moglie Pasifae, fra gli altri figliuoli, avea egli avuto Androgeo, il quale andato in Atene per le feste Panatenee, vi riport
cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutt
lava molto a que’ dì per la sua chioma tutta di bellissímo oro, dalla quale la conservazione dipendea del suo regno. Avea egl
e dipendea del suo regno. Avea egli una figliuola chiamata Scilla, la quale , credendo far cosa grata a Minos e così meritar l
esso ad un promontorio dell’Argolide, che fu detto Scilleo (1). Della quale mossi a pietà i Numi, la mutarono nell’uccello, o
uolsi che sia opera di Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola di Niso e di S
gli Ateniesi furono oppressi da crudele carestia e pestilenza, dalla quale disse l’oracolo non potersi liberare, che dopo di
la Perdice avea un nipote chiamato Talo, o Perdice, secondo altri, il quale dalla madre fu a lui affidato, affinchè lo ammaes
in pernice. Fu questo delitto la cagione delle sventure di Dedalo, il quale citato avanti all’Areopago, dalla patria fuggendo
sò felicemente il mare. Ma non così avventuroso fu quello d’Icaro, il quale , com’è costume dell’audace ed indocile gioventù,
tronomo, che nella scienza del cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il quale di essa superbo e pieno di giovanile ardore, le f
e poscia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Andr
a, uno immortale, da cui uscì Polluce ed Elena ; l’altro mortale, dal quale nacque Castore e Clitennèstra. Omero dice che Led
Polluce insigne pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della quale era egli col fratello Castore la più bella parte.
’ dì regnava Amico (Amyrus), fig. di Nettuno e della ninfa Melìte, al quale si dà il vanto di avere il primo ritrovato il giu
del fratello, uccidendo Linceo ; e Giove di un fulmine colpì Ida, il quale percosso avea Polluce con un gran sasso sì che n’
rappresentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale era una stella ; più spesso però nelle statue o v
o, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio, dal quale ebbe quella famosa lira che altri vogliono ricevu
osse i sassi ad unirsi da se per fabbricare le mura di Tebe (1), alla quale fecero sette porte (Θηβη εν επταπυλω. Hesiod. Asp
llisto), ch’era una giovane ninfa di Arcadia, fig. del re Licaone, la quale per insigne bellezza e per perizia nella caccia f
lla musica. Or Callisto, per odio di Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne c
none, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’avesse di tuffarsi nelle on
eo e Telamone ; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale , per le sue virtù, dal buon genitore fu più amato
chità è la favola della bellissima donzella Io (Ιω, Io, gen. Ius), la quale (1) fu fig. d’Inaco, fiume dell’Argolide, che nasc
aso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno, il quale discendeva da Inaco(2). Giove che da Io avea avut
to un figliuolo, la trasformò in vacca, che poscia donò a Giunone, la quale , lodandone la bellezza, gliel’avea domandata. La
ro (οιστρον, oestrum), specie di mosca assai molesta agli armenti, la quale colle sue punture li mette in grandissimo furore.
urore. E la sua smania fu sì strana che precipitossi in quel mare, il quale da lei prese il nome d’Ionio. Passò quindi nella
i Egiziani. Io, nel dialetto degli Argivi, significava la luna, della quale era simbolo una donna col capo coronato ; e da ci
i dal nome della moglie, da cui ebbe una figliuola chiamata Libia, la quale , essendo stata regina di gran parte dell’Africa,
Oltre a Dardano, Giove ebbe da Elettra Iasio, o Eezione. Dardano, il quale si vuole oriundo di Cortona ch’era l’antica Corit
Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre di Priamo, il quale morì sepolto fra le ceneri dell’infelice sua patr
dice Strabone, era la sede di Eolo. A queste isole approdò Ulisse, il quale da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato
imenti non avrebbe potuto il suo oracolo giungere a tanta gloria ; la quale poscia svanì in guisa che divenne deserto del tut
esse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza di un montone, il quale col piede fece zampillare una sorgente di fresche
renario. Altri scrivono che un ariete mostrò un bel fonte a Bacco, il quale pe’deserti della Libia guidava l’assetato suo ese
edificò un gran tempio, l’unico che gli Dei avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mezzo alle infocate arene di que’deser
iunse, nou senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al quale era quella favolosa fontana, di cui le acque allo
ito di ciò, rispose, non doverne fare le maraviglie, perchè Giove, il quale per natura è padre di tutti, ama che gli ottimi s
o dalle arene, cui è frammischiato, o dal tempio di Ammone, presso al quale si raccoglieva(1). Dodona fu città dell’Epiro, un
selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che nel linguaggio di quel pae
ochi si vogliono istituiti da Ercole, fig. di Giove, e di Alcmena, il quale vi combattè il primo con Acareo al pancrazio ; e
o, l’avrebbe dovuto tutto seco portare. Dimandato l’insigne statuario quale innanzi avesse avnto nel fare sì nobile statua, r
er premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la quale bastava ad infondere ne’combattenti un nobile amo
nsumato dal fuoco, e più volte rifatto ; e l’ultima, da Domiziano, il quale fece venir dalla Grecia quelle colonne di pietra
terribile e sanguigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro
ro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figliuola di Giove, ìl quale adirato per aver dato mano ad un inganno fattogli
no Sparta e Micene ; ed anche Argo era gratissima alla nostra Dea, la quale vi avea un gran simulacro ; e niuna cosa era più
a Mercurio precipitò la ninfa insieme colla casa nel fiume, presso al quale abitava, e la trasformò in testuggine, animale ch
ll’ira di Giunone l’infelice Oenoe, o Gerane(3), regina de’Pigmei, la quale in bellezza vantandosi di vincere le stesse Dee,
di Troia, per la sua bellissima chioma osò agguagliarsi a Giunone, la quale trasformò la donzella in cicogna, uccello che col
Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esione, fig. di Laomedonte, la quale legata ad uno scoglio aspettava il fatale arrivo
ò la figliuola al padre per andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli negò la figliuola ed i
mo diede il regno di Troia, e Telamone portò a Salamina Esione, dalla quale ebbe un figliuolo detto Teucro(2). Priamo dopo Ar
come loro figliuolo, e gli posero il nome di Paride o Alessandro. Il quale cresciuto in età ed essendo naturalmente giustiss
Di che oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro, nel quale era scritto : Pulchriori detur  : diasi alla più
fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e
ie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale era di straordinaria bellezza. Or Menelao andò pe
ivolge sdegnoso ad Elena che a tutta la Grecia fu sì funesta e per la quale si versò tanto sangue, e ne desidera la totale pe
iccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col quale non era mai d’accordo, e garriva in modo indecoro
ulcano, volendosi vendicar di Giunone, le regalò un trono di oro, sul quale appena assisa, vi restò legata. Bacco tutto si ad
richiama alla memoria i ricevuti torti, ed al paragone di Pallade, la quale per più lieve cagione avea fulminato Aiace, si cr
aria agitata è quella che li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig
delle ricchezze, così sembra a lei potersi congiungere la Fortuna, la quale dispensava a’ mortali le ricchezze ed ogni altro
al par di Giuno. Era essa là Dea della buona e della trista sorte, la quale presedeva a tutti gli avvenimenti, e distribuiva,
che dà pure a Giunone. Da’ Latini dicevasi Fors, e τυχη da’ Greci, la quale voce non trovasi in Omero ed in Esiodo, per cui i
comandanti nel partir per la guerra sacrificavano alla Fortuna, dalla quale principalmente credevano dipendere gl’incerti avv
perchè(3) gli antichi per Giunone intendevano la luna, il corso della quale regola i mesi. IX. Iconologia di Giunone.
di Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera di Prassitele, il quale fu il primo a dare lo sfendone a questa Dea. Era
orona, detto volgarmente diadema, che usavasi dalle donne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto ne
a. Si vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto di lei, il quale era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a
che presiede alle scienze, detta da’ Greci Αθηνα, sulla origine della quale voce non convengono gli eruditi. Minerva poi è pa
o, dopo lungo ricusare, s’induce finalmente a dare il gran colpo, pel quale dal divin capo uscì una Vergine armata da capo a
ra scritto ne’ libri del Fato, sarebbe rimasta presso quel popolo, il quale subito nata le avesse offerto de’ sacrificii. Di
allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Eusebio vuole che vi e
di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi
ella nostra Dea. Fra i quali vuolsi ricordare il giovane Telemaco, al quale la Dea della sapienza, sotto le sembianze ed il n
come Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale con venti navi andò cogli altri principi Greci al
una di mare, e le sue navi ruppero presso il promontorio Cafarea, sul quale essendosi egli rifuggito, Minerva scagliò il fulm
marii Numi, sulla testimonianza di Cecrope, sentenziò per Minerva, la quale chiamò la città Atene (ab Αθηνη, Minerva) dal suo
quittino, gli uomini tennero per Nettuno, e per Minerva, le donne. La quale vinse per un suffragio di più ; e però Nettuno ad
n fremente destriero. Plinio dice : In Atene dura ancora un ulivo, il quale vuolsi che sia quello che fu fatto nascere da Min
n Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la quale tenevasi dagli antichi per la sede delle scienze
a fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmone, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quell
con un laccio. Di ciò ebbe pietà Minerva e trasformolla in ragno. Il quale animaletto tesse una tela finissima di sì bello e
ia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto, e della ninfa Caricle. Al quale ancor giovinetto, mentre coi veltri andava per qu
Ma mossa a pietà delle lagrime della dolente madre del giovanetto, il quale per caso avea commesso quel fallo, per mitigarne
delle arti attribuivasi ancora l’invenzione del flauto (tibia), alla quale (3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euri
gote gonfie, appariva deforme a quelle Dee. Ne fu dolente Minerva, la quale andata a specchiarsi in una limpida fontana del m
ato(1). Epeo, fig. di Panopeo, fu il fabbro della gran machina, sulla quale i Greci scrissero queste parole : A Minerva, prot
e di Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Prudenza, cioè da Mi
ta l’epiteto di sterminatore di città. Si osservi che un artefice, il quale lavora di legno, da Esiodo si chiama servo di Min
a. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, il quale da Minerva chiamavasi minerval, e davasi prima de
indomabile, amante del tumulto, della guerra e de’ combattimenti ; il quale carattere non conviene alla Dea delle scienze e d
istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel quale gli Dei stessi erano giudicati. Oreste, dicevano
iguardo istituito avrebbe un tribunale per giudicare gli omicidii, il quale esser dovea perpetuo. « Voi, Eumenidi, dice la De
. Si vogliono istituite da Teseo, o da Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente, era stato da Miner
 ; ed in un cammeo si vede una Minerva di bel lavoro, sull’elmo della quale son quattro simboli della Dea, la civetta, uccell
Montfaucon, di un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanese, la quale ha una lunga veste, l’egida, un gallo sul cimiero
’altra, uno scudo risplendente ; e ch’era vestita di una veste, sulla quale brillavano i colori dell’iride(1). L’egida(2) all
nerva hanno la chioma di dietro raccolta e legata con una stringa, la quale sotto la legatura scende più o meno sopra la schi
’Areopago del suo parricidio, dedicò un altare a Minerva Marziale, il quale chiamavasi Αρειας Αθηνας βωμος, l’ara di Minerva
io, che vuol dire vergine. Itonia, Ιτωνια, soprannome di Minerva, la quale veneravasi in ispecial modo ad Itonia, antica cit
liono che la Dea invocata nel primo verso dell’Iliade sia Minerva, la quale come a tutte le scienze ed arti, così pure alla p
ella di Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone ; dietro al quale stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia
’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la quale alle sole gambe vada a terminare in un ceppo quad
r Ermatena deesi intendere propriamente una statua di mezzo busto, la quale sulla medesima base presenta le due divinità pres
di Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’eloquenza, dalla quale se va scompagnata la sapienza cui presiede Minerv
o secondo altri, un piccolo scudo simile agli ancili de’ Romani. Del quale raccontano che caduto dal cielo, mentre Ilo fabbr
glie una sacerdotessa di Pallade, con sacrilega mano la rapirono. Del quale sacro pegno spogliata fu Troia facile preda del n
talico dice che il vero Palladio fu da Diomede restituito ad Enea, il quale cogli altri Dei il portò in Italia, ed allogato a
ra tutt’altro che il Sole ; ma noi per brevità seguiremo Cicerone, il quale dice che i Greci credevano, Apollo essere lo stes
vuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig. di Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo.
tona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo. Della quale raccontano i Poeti che Giove trasformò Asteria, f
tanto, per comando di Giove, fu dal vento borea portata a Nettuno, il quale prese a proteggerla ; e non potendo un Nume disfa
’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed allevato in una caverna, il
o chiamato Fetonte, e tre figliuole, Fetusa, Lampesia e Lampetusa. Il quale giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali,
voglia. Sopra altissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risple
un trono d’inestimabile bellezza sedeva Apollo, vestito di luce ; il quale al veder Fetonte non si tenne dal fargli molte ca
Cycnus), di lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Liguri, il quale pel dolore fu cangiato in cigno, uccello che per
che piume. Alcuni per Fetonte intendono qualche antico Astronomo, il quale , dedito ad osservare il corso del Sole, fosse mor
mmaestrato da Chirone in guisa che fu posto nel numero degli Dei. Del quale i due fig. Podalirio e Macaone, avendo seguito Ag
ma collera ; ed indottovi eziandio dalle gravi querele di Plutone, il quale si doleva per vedersi rapito un abitatore del suo
, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobile fiume di Tessaglia, il quale , a piè del monte Pindo scorrendo, innaffia la del
el monte Pindo scorrendo, innaffia la deliziosa valle di Tempe(2). La quale avvezza alle arti della caccia ed alla solitudine
alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spartano, amico di Apollo, col quale presso l’Eurota trovossi un giorno a giuocare al
e spinse il disco a colpire il capo di quel bellissimo fanciullo, il quale , morendo, fra le braccia di Apollo il piegò, come
lezza, consacrato alle Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il quale sì per le campagne, e sì per le case andava a dil
più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti, di Ciparisso, il quale ora al prato, ora all’acqua chiara di un fiumicel
re del canto, e della musa Calliope fu fig. il gran cantore Orfeo, il quale nacque in Pimpla vicino al monte Olimpo. Mirabile
l’impeto de’ venti(1). Ebbe per moglie Euridice, una delle Driadi, la quale fuggendo un giorno i villani insulti del giovane
i. Si vuole che nell’inferno celebrò tutt’i numi, salvo che Bacco, il quale per ciò spinse contro di lui le Baccanti, le qual
usse ad una vita compagnevole e civile. Finsero perciò un cantore, il quale col suono della lira addimesticava le tigri ed i
la morte di Euridice, nacque da Apollo e da Cirene, fig. d’ Ipseo, la quale educata presso il monte Pelio, fu poscia da Apoll
mando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le sue api. La quale , accoltolo amorevolmente, gli propone di andare d
oltolo amorevolmente, gli propone di andare da Proteo, Dio marino, il quale si mutava in molte sembianze e presagiva il futur
ritrovò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della sua maestria nel suonare il fla
endo egli celare, portava una tiara o mitra all’uso de’ Frigii, colla quale coprendo il capo e le orecchie, a tutti, fuorehè
a tutti, fuorehè al suo barbiere, tenne occulta quella ignominia. Il quale mal potendo tenere un tal segreto, seavato un fos
loro tomba sfogando il disperato suo dolore, fu cangiata in sasso, il quale da gagliardo vento trasportato sul monte Sipilo,
Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale matrimonio fu felice per numerosa e bellissima pr
l Sipilo per vedervi la favolosa Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza di una donna mesta e pi
amennone però con villani modi rigetta le preghiere del sacerdote, il quale , l’ira di lui temendo, senza la figliuola se ne r
castello della Frigia, fu un sacerdote di Apollo, chiamato Crine, il quale , avendo lasciato di fare alcuni sacrificii di que
llontanare tanto male placò con molti sacrificii l’ira di Apollo ; il quale , volendo liberare da quella peste il campo del su
 ; e poscia le Muse sciolsero la lingua ad una dolcissima melodia, la quale tanto rallegrò la natura tutta, quanto il canto d
un destriero fornito di ali velocissime, che fu appunto il Pegaso, il quale un giorno sull’Elicona col piede percosse una pie
osse una pietra, da cui spicciò un bel fonte di chiarissima acqua, la quale bevuta dava virtù di poetare ; e questo fu l’Ippo
l’Ippocrene. A questa favola, dice Solino, diede occasione Cadmo, il quale cercando nella Beozia un luogo per edificare una
cise o colla sua spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il quale , uscendo di un antro del Parnasso, ove stavasi rì
fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di Tebe, il quale , dopo averla da se discacciata, sposò Dirce, fig.
e l’onta della madre legarono Dirce alla coda di un indomito toro. La quale così per più tempo miseramente strascinata, fu pe
o in cielo le lodi dei Numi, e principalmente di Giove, lor padre. Il quale rimasto vincitore de’ giganti, Apollo e le Muse u
nentium cithara. Genes). Il Pindo è un gran monte della Macedonia, il quale da’ monti Acrocerauni si stende sino alle Termopi
ci, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver credeano non so quale virtù d’infondere la f
acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver credeano non so quale virtù d’infondere la facoltà di verseggiare. X
erbo greco (κλειω) che significa celebrare, presedeva alla storia, la quale celebra le azioni degli uomini grandi. Rappresent
πω, delecto), così chiamata dal diletto che dà la poesia lirica, alla quale ella presiede. Se le attribuisce l’invenzione del
a in atto di arringare, uno scettro nella sinistra, ed un rotolo, sul quale è scritto : Suadere ; simbolo della rettorica. Er
incipali arti di cui egli era duce e maestro, furono la musica, della quale abbiam parlato, la divinazione, la medicina e l’a
moso di Delfo, città della Focide, sulla vetta del monte Parnasso, la quale credevasi dagli antichi allogata giusto nel mezzo
va un freddo vento, che alla Pitonessa ispirava un furore divino, pel quale dava profetiche risposte dal sacro tripode ch’era
he di là a tre giorni avrebbero veduto l’effetto della preghiera ; il quale fu, essersi ritrovati morti nell’ultimo di essi.
ellata delfica, perchè era simile a quella mensa o tripode, sopra del quale la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nu
oi oracoli in versi. Si vuole edificato da Manto, fig. di Tiresia, la quale , presa Tebe, sua patria, dagli Epigoni, erasi nel
rasi nella città di Claro ritirata. Un altro oracolo era in Cirra, la quale città essendo non molto lontana da Delfo, spesso
ino a quella città uscivan venti che ispiravano un furore divino, pel quale i sacerdoti davan gli oracoli. Anche a Delo, luog
a del futuro fu consacrato ad Apollo il corvo detto uccello Febeo, il quale si annoverava fra gli uccelli maggiori augurali.
erchè stimasi avere quasi un presentimento della vicima sua morte, la quale esso annunzia con un canto dolcissimo. Figliuolo
salvo che alla moglie Erifile, fig. di Talao e sorella di Adrasto, il quale , per iscoprire il cognato, le diede un bel monile
. Ad Apollo poi, come a Dio della medicina, consacrarono l’alloro, il quale , secondo Galeno, ha in se non poche virtù medicin
irtù medicinali. Fu pure Apollo inventore dell’arte sagittaria, nella quale era peritissimo ; e si vuole che sia stato detto
lla città, ove a tempo di Pausania mostravasi ancora la pietra, sulla quale il celeste muratore avea appoggiata la sua lira,
re ; il secondo, d’Iperione ; il terzo, di Vulcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani avean consacrata la città di Eliopol
eide, una delle Oceanidi, nacque Circe ed Eeta, re della Colchide, il quale da Idìa procreò Medea. Circe poi era una maga ass
arsi la metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della quale sua deformità forte vergognandosi, gettossi nel m
l’eroe, mentre esso dormiva, vinti dalla fame, ne uccisero alcuni. La quale cosa dispiacque tanto al Sole che pregò Giove a p
luce del giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e di Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperion
ove(6) il dono della immortalità per le preghiere della consorte ; la quale non avendo pensato a pregare quel Nume che lo ave
vinizzato, di cui è celebre la statua colossale in Tebe di Egitto, la quale (3), quando era illuminata da’primi raggi del sol
ella Casa aurea di Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa, la quale è la più sublime fra le opere antiche che sino a
uoni della solfa, e dalle loro vibrazioni risulta un’ armonia, per la quale noi mortali siam sordi(1). XVIII. Principali e
, da Cinto, monte nell’isola di Delo, ove nacquero Apollo e Diana, la quale per ciò fu pur detta Cinzia. Stefano vuole che tu
Apollo Cirreo, Cirrhaeus, da Cirra, città della Focide, presso alla quale era una caverna, da cui sortivan venti che infond
che porta alloro. Dafneforo pure appellavasi un giovane ministro, il quale nelle feste Dafneforie portava un ramoscello di a
κειρεκομης. Apollo Iperionide, Υπεριονιδης, cioè fig. d’Iperione, il quale , secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, mari
Pitone, ed uscito questo contro di loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido divenne l’intercalare di tutti gl’inni di A
Quindi comunemente si dice che una sola è la figliuola di Latona, la quale appellasi Luna nel cielo, Diana sulla terra, ed E
re gli uomini versa su gli occhi loro un fluido detto anche υπνος, il quale faceva sì che le palpebre si chiudessero. Quindi
ancora descrive l’isola ove il Sonno avea la sua reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva di alti papaveri e di mandr
tibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una di corno, dalla quale i veraci, l’altra d’avorio, da cui i falsi sogni
ice, fig. di Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di Elide, il quale dimandò ed ottenne da Giove l’immortalità, un’ete
crive l’intollerabile loquacità di una donna letterata e saccente, la quale , col solo suo perpetuo cinguettare, poteva soccor
he vi sono cinque Liberi ; il primo fig. di Giove e di Proserpina, il quale fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello di
ii ; il primo nato di Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il quale si dice aver edificato Nisa ; il terzo, da Caprio
ono le feste Sabazie ; il quarto, da Giove e dalla Luna, in onore del quale si facevano i sacrificii Orfici ; ed il quinto, d
hi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale , fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incint
a. Bacco fatto adulto scese all’inferno per liberarne la madre, colla quale ritornato alla luce del sole, dopo molte e rispet
Oceano e di Teti, e che molto amavano un lor fratello detto Iante, il quale ne’suoi anni giovanili essendo inteso alla caccia
eso al culto di Bacco ; ma pur ebbe a temere del furibondo Penteo, il quale leo fece imprigionare, e pensava farlo morire. Ba
fato. Bacco era il dio del vino, e perciò descrivesi di un carattere, quale al nume dell’ubbriachezza si conveniva. Eran lung
e di altre Baccanti, colle proprie mani fa in pezzi il figliuolo, il quale domandava perdono e confessava il suo fallo. Posc
oria di Bacco. È verisimile che Penteo fosse stato un re sapiente, il quale volendo mettere un modo a’ gravi disordini ed al
liano dice che le Mineidi erano trè sorelle di saviezza, e di onestà, quale a donna ben nata si conviene, le quali, amando la
uola Erigone, che non riportarono gran pro dall’amicizia di Bacco, il quale , quando andava per le città mostrando agli uomini
lazione detta Boote, e con lui il cane, che si chiama la canicola, la quale , e specialemente la stella Sirio, nel suo nascere
taone e marito di Altea(1), fu lietamente accolto il nostro Bacco, il quale , per sì liberale ospitalità, il regalò della vite
pagò mirabilmente. Forse Orfeo portò il culto di lui dall’Egitto ; il quale per far onore a Cadmo, adattò ad un Principe dell
degli Egiziani. Tibullo(2) chiaramente confonde Bacco con Osiride, al quale attribuisce non solo la piantagione delle viti e
Apollo, e da una turba di uomini velluti che chiamavansi Satiri ; la quale spedizione fu un viaggio guerriero fatto per amma
loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compagne di Bacco, il quale da Orazio(1) chiamasi signore delle Naiadi ; e Ti
mmagini. Diodoro Sicolo dice che il primo Sileno avea una coda, della quale fu fornita tutta la sua posterit Nel Museo Borb.
te di vino per ubbriacare e quindi impadronirsi del buon Sileno ; dal quale apprese assai buone cose ; il che finse per conci
acevole ospite con modi molto cortesi. Il restituì poscia a Bacco, il quale in premio gli promise accordargli qualunque grazi
nti de’suoi terreni e che accumulò moltissimo oro colla mercatura, la quale si può dire che tutto converta in oro. Ritrovò pu
rta del laberinto, mentre l’altro ne avea in mano l’eroe Ateniese, il quale , ucciso il mostro, coll’aiuto di quel gomitolo, f
Poscia, temendo l’ira del padre, fuggì di Creta insieme con Teseo, il quale , dimentico del beneficio, crudelmente abbandonò l
a dell’ Arcipelago. Quivi approdò poco tempo dopo il nostro Bacco, il quale , veduta l’abbandonata giovane che disperatamente
con cui Virgilio(2) rassomiglia l’infelice Didone ad una Baccante, la quale è presa da sacro furore, quando alle orgie triete
ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il luogo, nel quale le ninfe lo aveano allevato, quegli abitanti, dic
Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote, il quale abitava sull’ Ismaro, monte della Tracia fin da’t
i di un moderato bere. In Bacco vediamo espresso il Patriarca Noè, il quale , essendo agricoltore, cominciò dopo il diluvio a
Euripide(1) leggiamo che scorreva latte, vino e mele quel paese, pel quale egli guidava il suo esercito ; forse alludendo al
la veste detta crocota (ποδηρης), o veste gialla ricamata a fiori, la quale scendeva sino a’ teneri piedi(8). I poeti rappres
era e di serpenti. In un antico dipinto Pompeiano vi è un Bacco, « il quale florido nella sua conta e bella giovinezza siede
so nella sinistra, la tazza nella destra, ed una pantera a’ piedi, il quale animale significa che il vino doma ogni più feroc
della Luce o del Giorno ; l’altra uscita dalla spuna del mare, dalla quale e da Mercurio nacque Cupido secondo ; la terza na
condo ; la terza nata da Giove e da Dione, che sposò Vulcano, e dalla quale nacque Antero ; e la quarta Siria e nata in Tiro,
ulla riva fu covato da alcune colombe e che da esso nacque Venere, la quale fu poscia chiamata Dea Siria. I pesci che portaro
ngiato in cinghiale, avesse ucciso Adone per vendicarsi di Venere, la quale avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo,
tus). Altri vogliono che l’anemone nacque dalle lagrime di Venere, la quale , entrando nella foresta in traccia del ferito Ado
i nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il quale con arte gettò nel meglio della corsa successivam
dovute grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio di Cibele, la quale di ciò oltremodo offesa vendicò l’oltraggio, tras
u pictus, a κεντεω, pungo) e da’ Latini cesto (cestus), ornamento nel quale erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e che a
posto in cielo il magnanimo Enea ; le rivela la nascita di Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Marte e dirla Roma
a imperatrice del mondo ; e le predice infine la gloria di Cesare, il quale ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig. di E
umi Venere rincorata il di vegnente si fece incontro al figliuolo, il quale ignaro de’ luoghi discorreva alla ventura per con
nati fossero o trattenuti, tutti intorno coprilli di folta nebbia, la quale allora si disciolse, quando riveduti i compagni,
ogni arte. Allora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col quale risanò di repente la piaga, percui Enea, ristorat
(5), intorno alla ridento Ericina svolazzano il Giuoco e Cupido ; il quale poeta in altro luogo (1) con pochi versi soavemen
il fiore. Infine da loro solamente poteasi avere quel dono, senza il quale ogni altro è inutile, cioè, il dono di piacere. P
ere. A Sparta era una statua colla iscrizione « Venere Giunone » alla quale facevano sacrificii le madri delle Spartane donze
nozze, così i Romani chiamavan Talasio o Talasso, giovane romano, il quale sposò la più bella Sabina ed ebbe felicissimo mat
nere e colle Grazie s’introduce a danzare anche Armonia o Ermione, la quale nacque da Marte e da Venere, forse per dinotare c
di Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collana di oro, per la quale Erifile scoprì a Polinice il luogo, ove Anfiarao,
uest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel quale , al dir di Virgilio (1), su cento altari bruciava
nio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere, la quale portava in mano un pomo in segno della vittoria r
delle onde. Era questa la Venere Anadiomena och’esce del mare, nella quale opera, se crediamo a Properzio, fu riposta la pri
nostra Dea con una colomba in mano, e qualche volta con un fiore, il quale forse indicava il potere di lei su’giardini, di c
riputavano signora. Omero fa menzione del nitido peplo di Venere, col quale ella ricoprì il figliuolo Enea per difenderlo da’
il capolavoro di Prassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed alla quale fu debitrice quella città della sua rinomanza e d
no la preferisce a tutte le altre opere di quell’insigne scultore, il quale vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di
e il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere di Coo, nella quale , dice Properzio (3), di quell’inimitabile pittore
Venere di Coo,Anadiomene, cioè emergente o sorgente dal mare ; della quale i poeti dissero sì bei concetti, che in un certo
fatta da Doroteo…. Cominciò un’altra Venere a’ medesimi di Coo, della quale fece la testa e la sommità del petto, e non più,
i mancasse in Coo, sua patria, mentre dipingeva la seconda Venere, la quale rimase imperfetta ; ma che forse non potea meglio
ose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel tempio di Venere, del quale forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3)
volta sembra appoggiata ad un Tritone, tenendo in mano uno scudo, sul quale è dipinta una testa. Cavalcando un cavallo marino
ια, Amathusia, così detta daAmatunta, città dell’isola di Cipro, alla quale diede il nome Amatusia, madre di Cinira. Anadiom
ycina, dal monte Erice, in Sicilia, non lontano dal capo Lilibeo, sul quale fu edificato un memorabile tempio di Venere. Fil
forse in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, il quale nel decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il
assai giulivo ed alati, quali appunto son descritti da Filostrato, il quale li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed
disordinato di se stesso, che i Greci dissero filauzia (φιλαυτια) il quale l’uomo strascina alla rovina. Marte e Bellona
so Mamers degli Osci, tolta la sillaba me, come dice lo Scaligero, il quale asserisce che le parole Mamers, Mavors e Mars in
ficano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il quale (1) fa derivare la parola Mavors da due voci latin
greco, detto Ares ; ed il quinto finalmente è il Marte de’Romani, il quale da Rea Silvia ebbe Romolo e Remo. I popoli della
ede uno de’ Titani o de’ Dattili Idei e che chiama Dio guerriero. Dal quale apprese prima la danza e gli altri esercizii ginn
ncatenar Marte e tenerlo in dura prigione per ben tredici mesi, dalla quale fu con accorto artifizio liberato da Mercurio. Nè
o Marte avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì nel collo l’impetuoso Iddio,
ue delizie. Monti. Vedesi qui come la divinità, dice Mad. Dacier, la quale è tutta dolcezza, tranquillità e pace, odia più d
iso nella pugna un suo figliuolo e di Astioche, chiamato Ascalafo, il quale , capitano degli Orcomenii, avea condotto trenta n
gli alipedi destrieri, e lo stesso Marte pernicioso e spogliatore, il quale colla spada sguainata in mano, tutto insanguinato
nato esorta i soldati al combattimento e siede sul cocchio, allato al quale sta il Terrore e la Paura, che lo Scoliaste di Es
avea di gran terrore e Numa ed il popolo romano. Egeria, ninfa colla quale quel religioso monarca avea segrete conferenze su
igliantissimi da un tal Veturio Mamurio, artefice assai ingegnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella di porr
alende di Marzo facevano una danza per la città in onore di Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ e
i Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola di Marte fu Alcippe, la quale essendo stata oltraggiata da Alirrozio, fig. di N
stinato a sì famoso giudizio, il dichiararono innocente. Il luogo nel quale si assembravano que’ gravissimi giudici, fu detto
na in Efeso ; e da lei ebbe Marte una figliuola chiamata Ippolita, la quale portava il cingolo o sia la fascia di Marte (balt
Ma Plutarco dice che Ippolita fu schiava e poi moglie di Teseo, dalla quale ebbe l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pente
iere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale avea promesso la metà del regno, vinse Enomao nel
orso per essersi rovesciato il cocchio pel tradimento di Mirtilo ; la quale caduta costò a quel principe infelice la vita. Pe
di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri di varie forme ; ed Oraz
. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale era un grido militare solito a farsi prima del co
est.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte di Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricevere gli ambascia
di messaggiere de’ numi. Meglio è però attenerci a Diodoro Siculo, il quale afferma che il nome greco di Mercurio è parola eg
di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cicerone(2) ne annovera cinque :
ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e di Maia, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato dal Ni
di nominare ; il quinto adorato nella città di Feneo, in Arcadia, il quale dicesi avere ucciso Argo, e che perciò fuggì in E
mati discepoli degli Egizii, finsero questo lor Mercurio Argicida, il quale portò nell’Egitto l’uso delle lettere e de’ numer
ia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la quale sul Cilleno, monte dell’Arcadia, gli partorì le P
curio, che diede alla luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del quale era la città di Cillene. Fu quindi questo nume as
a poche gocciole di esso a caso cadute ebbe origine la via lattea. La quale avventura si racconta pure di Ercole. III. Con
Di fatto presso quel popolo in grandissima riputazione era Ermete, il quale fu detto eziandio e Mercurio, e Thoth, e Thoyth e
atto. Appena svegliato, egli prosiegue, debbo presentarmi a Giove, il quale mi manda or su, or giù con tante sue ambasciate e
quando ritornava a casa con molto lucro, di ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresci
solo veduto da un vecchio pastore di que’ dintorni chiamato Batto, al quale , affinchè tacesse, donò quel nume una bellissima
chi rubate le avesse. Batto accettò il dono e gli svelò tutto ; della quale infedeltà Mercurio oltremodo adirato il trasformò
oltremodo adirato il trasformò nella pietra detta di paragone, della quale ci serviamo per saggiare l’oro. Ovidio (3) dice c
saggiare l’oro. Ovidio (3) dice che fu trasformato in duro sasso, il quale anche ora si chiama indice (Index, i.e. lapis Lyd
nte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel quale gli antichi dicevano ch’era stato tramutato il pa
canzoni. Altri però fanno derivare quella parola dal nostro Batto, il quale rispose a Mercurio « sub illis – Montibus, inquit
inquit, erant, et erant sub montibus illis ». Questa risposta (1) la quale ripete due volte la stessa cosa, fa credere che O
finalmente parla di un tale Batto, principe della città di Cirene, il quale avea una voce esile e balbutiva ; percui battolog
ncontro a Priamo, per guidarlo con sicurezza alla tenda dell’eroe, il quale avea pure ordinato alle guardie di aprire le port
forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando di poter conoscere l’autore del furto,
nte quello strumento musicale da’ Latini detto testudo, tartaruga, al quale Orazio (3) dà sette corde, perchè facevasi del gu
i sassi (6). E dicono ch’egli innalzò il primo altare a Mercurio, dal quale ebbe in premio la lira, la quale dalla Samotracia
alzò il primo altare a Mercurio, dal quale ebbe in premio la lira, la quale dalla Samotracia trasportata a Lirnesso, città de
escrivono Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a Calipso per indurla a lib
regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verga prodigiosa, colla quale quel nume guidava al pascolo gli armenti ; e che
ne, avendo pietà di quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la quale « sospesa Sopra il capo le stette, e d’oro un fi
. Macrobio (3) crede che Virgilio abbia ciò ricavato da Euripide, il quale nella tragedia l’Alceste introduce l’Orco o Caron
ee l’invenzione della palestra, lodando l’accortezza di quel nume, il quale i primi uomini ancora fieri ed incolti ammansò co
rimi inventata l’arte della lotta, Palestra insegnolla a Mercurio, il quale in memoria di quella donzella, diede alla nuova a
; ha la clamide, il petaso colle ali, stringe un caduceo, in punta al quale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto d
siodo(2) la prima a nascere dopo il Caos, fu la spaziosa Terra, dalla quale nacque il Cielo che dovea tutta circondarla ed es
Secondo Plutarco, La cagione naturale degli oracoli era la Terra, la quale ricevendo nel suo seno tutt’i celesti influssi, e
ttoria sopra i Titani ; e di lei figliuolo era il serpente Pitone, il quale avea il dono della divinazione e custodiva l’orac
. Tale era la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea moltissimi. La quale cosa era certamente molto a proposito per inspira
della caverna un tripode coperto della pelle del serpente Pitone, sul quale assisa la Pitonessa, dopo aver bevuto dell’acqua
e bevea, era breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano gli oracoli dopo aver bevuto molto vino
vi erano dentro, trovavano un’altra caverna piccola, l’ingresso della quale era strettissimo. Bisognava distendersi in terra
peso li schiacciava. Ma per sua mala ventura provocò anche Ercole, il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra,
ce che ad Egeone arde il petto, perchè provocò i fulmini di Giove, il quale confinollo nel tartaro. IV. Continuazione – Su
osternazione che non può vincersi per alcun imperio della ragione, la quale volevasi infusa dal dio Pan, com’è lo spavento ma
ne disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso dalla sampogna, con cui per altro spe
il terzo in cui le cannuce si uniscono colla cera ; l’invenzione del quale da Virgilio e da Ovidio (1) si attribuisce a Pan,
adia, e figliuola del Ladone, bel fiume che si scarica nell’Alfeo. La quale fuggendo alla vista del selvaggio Dio Pan, e giun
ia data a’ rusticani uomini l’idea della fistola e della sampogna, la quale (6) essendo la più semplice forma di musicale str
di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima casa di Pompei, la quale da questo prezioso monumento ha preso il nome di
boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo di Lucrezio (5), il quale , parlando dell’eco, così espone le varie favolett
he il simbolo di una naturale attitudine e destrezza di agire, per la quale ad alcuno ogni cosa felicemente succede (res bene
n cornucopia. Nel foro romano era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano molte botteghe di mercatanti e librai(2).
ra in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e di pallio, il quale , formando un picciol seno verso il braccio sinist
ella di Saturno e moglie di Sicano, antichissimo re della Sicilia, il quale a’ suoi popoli insegnò l’uso del frumento. Vi fu
luoghi della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale era tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicch
zzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed intorno i
na spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpina, fig. di Cerere, la quale essendo stata in quel dì dalla ninfa Aretusa ad u
ere, le proferse certa polenta, che la dea trangugiò avidamente ; del quale atto rise sì forte un giovinetto che la dea adira
a nostra Cerere, guarda per tutto e pure all’amico fonte di Ciane, la quale più lingua non avea da dire alla madre che cosa f
erere fu regina di Sicilia ed insegnò a que’ popoli l’agricoltura, la quale essendo madre e conservatrice delle leggi civili,
venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la quale M. Catone(1) chiamò la Sicilia dispensa o granaio
ne, dice Tullio(2), rapì Proserpina ch’era la semenza delle biade, la quale nascosta sotterra è cercata da Cerere, sua madre.
ole poi che Napoli fu detta Partenope dalla Sirena di questo nome, la quale presso quella ridente e deliziosa città ebbe la s
to Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci ; il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto, se argini e mol
Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di Delfo, il quale , inanimando un tale Archia di Corinto a mandare u
to ad esso. Trittolemo finalmente fu il caro allievo di Cerere(1), la quale giunta nell’Attica, dopo lungo cercare, stanca e
cizia, ove allora regnava Linco, uomo astuto e di crudeli costumi. Il quale , conosciuto il fine degli aerei viaggi di Trittol
di uomini s’iniziarono a questi misteri, e fra gli altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte di be
ezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale era una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi f
reo disegno, ma indarno ; percui gli mandò la Fame, per soddisfar la quale consumò tutto il suo avere e vendè una sua figliu
nsumò tutto il suo avere e vendè una sua figliuola Mestra o Metra, la quale , ricevuto da Nettuno il privilegio di potere cang
ma, si fece vendere più volte per soddisfare a’ bisogni del padre, il quale con tutto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope
doppia fiaccola, e che colla sinistra prende un lembo del manto, nel quale Mercurio mette una borsa piena di danaro, per ind
e che Giove per dispetto il precipitò dal cielo con un calcio ; dalla quale caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E p
di Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro braccia raccolto. Nella quale isola si dice che fosse stato nudrito da Eurinome
a. Ella di fatto si presenta a Vulcano e ne lo prega istantemente. Il quale , fatte alla Dea molte liete accoglienze, volenter
irabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sacerdote di Vulcano, al quale fu ucciso da quell’eroe il primo de’ due figliuol
i, parte ne avea rincacciato nella città, e parte nello Scamandro, il quale , al vedere il suo letto iugombro tutto di cadaver
’ vortici delle sue onde e comincia non mai udita lotta coll’eroe, il quale sarebbe restato sopraffatto dal fiume, se Giunone
raffatto dal fiume, se Giunone non avesse chiesto aiuto a Vulcano, il quale , all’invito della madre, un vasto foco accende, d
un vasto foco accende, di cui la vampa si rivolge contro il fiume, il quale « s’infoca ed in voce dolorosa esclama : Vulcan
so ladrone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza di ferro, ucc
crato a Vulcano, edificato da Romolo, ch’era fuori della città, e nel quale si trattavano gli affari più rilevanti della repu
unta la lettera D per dolcezza di suono, come afferma Macrobio(1), il quale riferisce che, secondo il sistema degli antichi F
ssione per la caccia fu fatale a Cencria, fig. della ninfa Pirene, il quale fu dalla Dea che cacciava, per imprudenza ucciso,
da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sdegnata la uccise con uno strale. Dedalio
ite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig. di Testio, dalla quale ebbe Meleagro, Deianira e Tideo. Di Meleagro racc
ordinaria ferocia, celebrato sotto il nome di cinghiale Caledonio. Il quale orribilmente devastando quelle contrade faceva st
sdegnato Meleagro non dubitò di uccidere i fratelli della madre ; la quale , udito l’indegno fatto, fluttuante fra l’amore de
lle Parche, consacrando alle Furie la vita dell’infelice Meleagro, il quale finì consumandosi a poco a poco, come quel tizzon
ichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il
onsiglio non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da’Greci ; il quale dichiarò che Diana opponevasi al loro tragitto in
iò doveasi placare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse co
mandati alla madre Clitennestra per prendere l’infelice donzella, la quale giunta in Aulide fu con gran pompa portata all’al
agl’Iddii vittime umane. Or a que’di nella Tauride regnava Toante, il quale destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare di Dia
. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la quale coll’aiuto dello scellerato Egisto uccise il prop
o, re della Focide, che avea per moglie una sorella di Agamennone. Il quale accolse il giovanetto principe con molta amorevol
dalle Furie, abbandona Argo e va in Delfo a consultare l’oracolo, dal quale seppe che per liberarsi da quel tormento, recar s
a ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a cacciare, ed abitava in mez
sta Dea dalle donzelle che prendevansi tutte in giro per le mani ; la quale credevasi molto cara alla Dea. In Delo ed in altr
la Dea al suo servigio, perchè amava con esso loro danzare ; sotto la quale allegoria forse intendevano la comitiva delle ste
’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di Efeso. Il quale , vedendo che S. Paolo allontanava il popolo da qu
agnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col quale era adorata in Elide e che significa cacciatrice
poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei, colla quale la greca poesia ha saputo trarsi sopra l’ammirazi
ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme di S. Agostino, il quale sostiene che da Sansone principalmente, per la pr
a prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad Euristeo, fig. di Stenelo, il quale , avuta la signoria di Micene, guardava Ercole con
, essere volontà degl’Iddii che servisse Euristeo per dodici anni. Il quale gl’impose dodici ardue imprese che diconsi i dodi
in una selva d’Acaia detta Nemea, e che si appella il leone Nemeo. Il quale essendo invulnerabile per la sua pelle durissima,
in Lerna, palude dell’Argolide, o dell’Arcadia, secondo Virgilio. La quale nudrita nella palude, ne usciva per infestare gli
fiele Ercole intinse le saette che facevano ferite immedicabili, del quale morì egli stesso. La terza fatica fu quella di po
i. In quarto luogo portò vivo sulle spalle il cinghiale Erimanzio, il quale , dall’Erimanto, monte di Arcadia, sbucando, devas
uella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re di Elide, il quale , avendo un bovile ampissimo con tremila buoi che
imo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ; nella quale spedizione aiutò Giove ad atterrare i Giganti, e
elissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate con catene di ferro e le alimenta
quella di togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, di cui ella era figl
eloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. dell’Oceano e di Teti, il quale si trasformò prima in serpente, e poscia in toro 
fornito di corna. Pausania descrive un monumento ch’era a Megara, il quale rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in
sso. Ma l’eroe, da lui insultato, con un dardo il ferì nel petto ; il quale , vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia
er Lica, di lui servo, il fatale regalo della camicia di Nesso. Della quale vestito, sentendosi tutto bruciare, gittò nel mar
la sua clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig. di Peante, al quale donato avea la faretra e le avvelenate saette, se
nsumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato
o quattro re nell’Argolide. Stendo fu cacciato dal regno da Danao, il quale avea cinquanta figliuole ed altrettanti figli mas
ucciso ; percui ricusò di darle in matrimonio a’figli di Egitto ; il quale , ciò mal soffrendo, cacciò il fratello dal regno.
a prima notte delle nozze uccisero gli sposi, fuorchè I permestra, la quale avendo in orrore tal misfatto, salvò il marito Li
, la quale avendo in orrore tal misfatto, salvò il marito Linceo, col quale fuggissene alla città di Lircea. Essa intanto ric
anto successe nel regno a Danao, da lui ucciso ; ed a lui, Abante, il quale da Ocalea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’
steo salì su quel trono Atreo, fig, di Pelope e nipote di Tantalo. Il quale , per un gravissimo fallo commesso dal fratello Ti
cise i figliuoli e ne apparecchiò le carni in vivanda al padre ; alla quale vista fingesi che il sole si volse indietro. È no
. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il quale esposto in un bosco e ritrovato da un pastore, fu
con latte di capra e per ciò detto Egisto (ab, αιξ, αιγος, capra). Il quale , per instigazione del padre, uccise Atreo, cui su
cesse Pentilo, a lui Adrasto, e poscia il figliuolo Egialeo. Dopo del quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale,
olo Egialeo. Dopo del quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale , dopo l’impresa di Tebe, cogli altri Greci andò a
impresa di Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra di Troia, dopo la quale tornò in Grecia ; ma disgustato della moglie pass
di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re di Tracia, il quale avendo con gravissimo oltraggio tagliata la lingu
til ricamo il suo infortunio e lo mandò segretamente alla sorella, la quale vestita da Baccante, nelle feste ; Dionisiache, l
utosi Tereo si diede ad inseguirla insieme colla sorella Filomela, la quale , per compassione degl’Iddii, fu cangiata in usign
isposa la figliuola Oritia, detta da Properzio Pandionia dall’avo. La quale venendogli negata dal padre, che avea fresco anco
eioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò pure in Atene Egeo, il quale non credendo poter durare sul trono orbo com’era
zene da Pitteo, che con fama di gran sapienza reggea quella città. Il quale , ricavando profitto dall’oscurità dell’oracolo, p
lpestre luogo, sollevò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella quale , riposta la sua spada, sordo a’pianti della scons
i in Atene. E di fatto Etra partorì un figlio che si chiamò Teseo, il quale fu riconosciuto dal padre all’eburneo manico dell
nide, non che Scirone, fig. di Eaco, e famoso ladrone dell’Attica, il quale precipitava da alte rupi i viandanti. Si segnalò
nventore della lotta. Uccise ancora il famoso masnadiere Procuste, il quale costringeva i viandanti a stendersi sopra un lett
e, che Teseo avea sposata, dato avesse a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo di sortire dal laberinto. Do
rinse singolare amicizia con Piritoo, fig. d’Issione, nelle nozze det quale avendo i Centauri commesso grandi violenze, ne fe
racolo di Giove Trofonio ; la città di Tespia, sul fiume Tespio, alla quale faceva ombra a settentrione il monte Elicona, per
Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Giocasta, fig. di Creonte, dalla quale ebbe un figlio che fu dal padre consegnato ad un
de da un guardiano di armenti fu condotto a Polibo, re di Corinto, il quale , fattigli risanare i piedi, percui era stato dett
a, a due piedi ; e nella vecchiaia, co’due piedi e col bastone. Della quale spiegazione ebbe tanto dolore la Sfinge, che da u
cioè un uomo grossolano, non già d’ingegno sottile, com’era Edipo. Il quale , per orrore del commesso parricidio, si cavò gli
maggiore mancò all’accordo e non volle cedere il regno a Polinice, il quale in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che gli
di riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa spedizione, nella quale il celebre indovino Anfiarao prevedendo dover tut
questi principi perirono avanti le mura di Tebe salvo che Adrasto, il quale salvossi per la velocità del cavallo Arione detto
elli, convennero di decidere l’affare, venendo a singolar tenzone, la quale si eseguì con tanto furore che vi perirono entram
o i Centauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la quale era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pel
ò, risoluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che si fosse guardato da colui ch
acendo egli un sacrificio a Nettuno, vi chiamò il ni pote Giasone, il quale ritrovandosi dalla parte opposta del fiume Anauro
riete donatole da Mercurio e ch’era insigne pel suo vello d’oro ; sul quale montati Frisso ed Elle tentarono di passare il ma
al vello d’oro a Marte o a Mercurio, e l’aurea pelle donò ad Eeta, il quale l’appese ad una quercia in un boschetto consacrat
aco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il quale Linceo aveva una vista sì acuta che vedea sino ne
l paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma partiti di nott
rie. Virgilio nomina la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il quale le chiama fig. di Taumante, fig. del Ponto, e del
asone, fu accolla da lui nella nave insieme col fratello Absirto ; la quale tosto coll’invitto drappello prese il viaggio per
o brevemente di Bellerofonte, fig. del mentovato Glauco o Creonte, il quale , avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Pre
te, il quale, avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Preto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti di Stenobea, m
assillo, il cavallo fece precipitare l’audace cavaliere al suolo, il quale morì di tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si
a all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma quale fu mai la fatale cagione che mosse il fiore de’ G
i guerrieri a cingere di sì ostinato assedio quell’infelice città, il quale non terminò che colla sua totale distruzione ? Lo
a sua totale distruzione ? Lo sdegno de’ numi, dicono i poeti(3), pel quale avvenne il famoso rapimento di Elena. Di sopra(4)
mera finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la quale era divisa in molti piccioli principati ; dice ch
rto di Aulide, ove Calcante, celebre indovino, senza il consiglio del quale non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da
rarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia, come di sopra si è detto. Giunti fin
Stigia, e così egli diventò invulnerabile, salvo che nel calcagno pel quale la madre lo avea tenuto. Ella il diede poscia ad
avea tenuto. Ella il diede poscia ad educare al centauro Chirone, il quale , oltre tutti gli altri esercizii che convengono a
e vendicò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo
le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio di Aiace, il quale , per tal ragione, si uccise(2). E questo basti di
Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco l’infelice città, la quale , se crediamo a Virgilio, in una notte sola fu int
re penetrasse la chiara luce del giorno. E questa sua potenza, per la quale chiamavasi scotitor della terra, egli dimostrava
e una tradizione de’ Tessali, i quali affermavano che la valle per la quale scorre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia s
ccise, lanciando uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale , per opera di Galatea, fu cangiato nel fiume oggi
Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano que
altri, dice Millin, erano considerati come figliuoli di Nettuno ; la quale moltitudine di figli deriva a quel nume dall’esse
e da Virgilio chiamasi padre degli Dei, e padre di tutte le cose. La quale favola, dice M. Dacier, ha dovuto avere origine d
à. Vi era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di Nereo, il quale era quasi duce del coro degli altri marini Iddii
principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva di trombettiere, detto perciò canoro, pre
one. Nel corteggio del signore del mare si annovera anche Glauco, il quale era pescatore. Avendo egli un giorno nella spiagg
o del mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre di Achille, la quale con esse compiange l’infelice fato del figliuolo
ane, ora un leone, ora un toro, ora un fiume ora anche una fiamma. La quale favola ha dovuto avere origine da’ poeti cosmogon
ia. Or Cariddi era una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, la quale , rubato avendo ad Ercole alcuni de’buoi di Gerion
onsiglio, credesi essere lo stesso che Nettuno Equestre, in onore del quale Romolo fece celebrare quei solenni giuochi detti
Αιδης, o Αιδωνευς, Aidoneo. Si diceva pure Ταρταρος, il Tartaro, pel quale intendevano il luogo più profondo dell’inferno, i
. Averno pure da’ poeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il quale , come diremo, era per folte selve tenebroso, ed a
do vide, passa a descrivere la gran città di Plutone o il Tartaro, il quale , secondo il poeta, ha in tutto la sembianza di un
gli empii giace da noi discosto in profonda notte avvolto, intorno al quale fiumi di nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Ti
vviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’empia prole di Danao, la quale per avere offesa Venere, invano il cavo doglio de
un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla coscienza di una virtù pura e costant
aro, nel descrivere in tal guisa i Campi Elisii, ha imitato Omero, il quale quasi nello stesso modo quel felice soggiorno des
ancora è la descrizione che degli Elisii leggiamo in Tibullo (1), il quale , credendosi vicino a morire, con nuova e ridente
e grande olmo erge al cielo le annose braccia ; sotto ogni fronda del quale , a guisa di vani fantasmi, si annidano i Sogni. A
o di tempo. Nè quel nocchiero in essa accoglie alcun uomo vivente, il quale non avesse mostrato il fatal ramo di oro che dove
quello della nostra Campania, non lungi da Pozzuoli, ne’ dintorni del quale essendo naturalmente assai caverne e luoghi sotte
osi (1), finsero i poeti, essere quivi una bocca dell’inferno, per la quale entrò il figliuolo di Anchise guidato dalla Sibil
i di profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel dipingono gli storici ed i poeti dell’antichi
una caverna vicina all’Acheronte che comunicava coll’inferno e per la quale gli abitanti del paese pretendevano che Ercole av
onte si scarica nel Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il quale afferma che nell’Acheronte si getta il Pirifleget
tò l’idea del fiume Lete, allorchè pose nella luna un gran fiume, nel quale erano da un vecchio gittati i nomi di tutt’i mort
lude ; e comunemente se gli attribuisce un umore tristo e severo, pel quale non avea alcun riguardo nè a dignità, nè a ricche
l’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana, nel quale idioma esso significa un nocchiero. I gentili pon
i Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col quale egli date avea giustissime leggi a’Cretesi. Radam
datagli da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso
ve alla sua mensa osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pena della quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di u
a di serpenti, che gira velocemente senza fermarsi un istante ; sulla quale egli legato, dice Pindaro, a’ mortali insegna, do
di un lago di Egitto, presso Menfi, detto Acherusa, nelle sponde del quale si facevano le cerimonie de’ funerali dagli Egizi
e chiama Plutone sommo arbitro della notte e signore delle ombre, pel quale le Parche si affaticano a filare i loro fatali st
eci era il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro di Sicilia ; il quale Serapide era la stessa cosa che Osiride, o il Sol
rra per virtù degl’ influssi solari. Quest’ allegoria di Plutone, pel quale intendevasi il sole d’inverno, è molto chiarament
te la folgore a Giove, il tridente a Nettuno ed un elmo a Plutone. Il quale , sebbene non sembrasse formidabile a’giganti, nul
o infernale. Questo au tore dimostra ancora che la corona boreale, la quale accompagna il Sole, mentre percorre l’emisfero in
, per un osservatore che si ritrovi in Egitto o nella Fenicia ; dalla quale cosa presero argomento di fingere che in quell’is
umenti ritrovasi Plutone col capo ornato del fiore detto narcisso, il quale si reputava grato a’morti. E però anche le Furie
me dato a Plutone per quell’indole sua crudele ed inesorabile, per la quale fu detto da Orazio illacrymabilis e torvo da Giov
terra. Dicevasi pure da’ Latini Hecate, ch’è parola greca, Εϰατη, la quale deriva o dal greco εϰας, procul, perchè dimora as
onsentì di rivedere la luce e di presentarsi al sovrano degli Dei, il quale giurò di restituirle la figliuola, purchè la stes
il che conviene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e
erra, come da Ovidio si scorge, allorchè parla del fatale tizzone, al quale era attaccata la vita di Meleagro. Esse presiedon
la, che trovasi in molte medaglie, prova ch’essa è una Proserpina, la quale , essendo figlia di Cerere, può benissimo essere c
tesforia, da ανθος, fiore, e φερειν, portare ; epiteto della Dea, col quale si alludeva a’ fiori ch’ella sceglieva, allorchè
e di Proserpina. Proserpina, dice il Banier, o Giunone Stigia, la quale spesso disputa ad Atropo l’uffizio di reci dere i
3 Settembre 1856 Vista la domanda del tipografo Andrea Festa, con la quale ha chiesto di porre a stampa l’opera intitolata :
3 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
ali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità la quale ad altro non serve che a confondere le loro menti
lunga barba, colle ali e con una falce in mano, emblema del tempo, il quale passa rapidamente e distrugge ogni cosa. Gli siod
cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di sua madre colla quale è soventi confusa. I suoi sacerdoti chiamati Cori
nore. Numa Pompilio, o secondo altri Romolo, le innalzò un altare sul quale delle vergini chiamate Vestali conservavano un fu
sopra monti, tentarono l’assedio del cielo per iscacciarne Giove, il quale , essendosì già impadronito del fulmine, li folgor
sò che agli amori ed ebbe un infinito numero di concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre di Bacco,
asformazioni ; ma che per la pioggia d’oro intender si deve l’oro col quale Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la na
custodi di Danae, pel toro la nave che aveva l’insegna del toro colla quale rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia d
to tempo ; ed egli per farnela ritornare, fè venire un carro sopra il quale stava magnificamente addobbata una statua, facend
simbolo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene, sotto il quale era denominata dai Greci. Gli Ateniesi le innalza
l patto che nol palesasse ad alcuno ; le additò poi un fiore sopra il quale una donna sedendo concepiva immediatamente ; e di
a presiedere alle battaglie. Marte amò passionatamente Venere, colla quale suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di
esti formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse gli amanti e li espose alla vista degli Dei
o vicino, per aver convertito in gallo il suo favorito Alettrione, il quale addormentossi facendo la guardia mentre Marte era
uel cinto le grazie, il riso, i vezzi, i piaceri. Paride, innanzi del quale levatosi il cinto si mostrò Venere in tutta la su
lei invaghito e non potendo indurla ad amarlo, le mandò un delfino il quale fu sì abile nell’eseguire la sua commissione che
icesi che Latona sua madre, perseguitata dall’implacabile Giunone, la quale pregò la Terra a negarle ricovero ove poter parto
tone, nato dal limaccio della terra dopo il diluvio di Deucalione, il quale devastava la terra e ch’era stato mandato dalla i
. Della pelle di questo animale si servì per ricoprire il tripode sul quale sedeva la Pitonessa o sacerdotessa per dar gli or
Dafne e noa potendola raggiugnere, la trasmutò in lauro, co’rami del quale si fece una corona. Zefiro giuocando con Giacinto
essaggiero degli Dei e specialmente di Giove suo padre, al levare del quale doveva ogni giorno trovarsi per ricevere i suoi c
ignità di questo consiglio, chiese a Giove una gràzia ma senza dirgli quale . Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed
rivasi mele, vino e latte ; gli si sacrificava il capro, il morso del quale si reputa così nocevole alle viti, e la gazza sim
e lavoravano continuamente con lui. I tre principali erano Bronte, il quale fabbricava il fulminee, Sterope che lo teneva su
noverati tra gli Dei, e in un tempio di Corinto avevano un altare sul quale si offrivan loro sacrifici. I moderni non videro
che Pandora ebbe ordine da Giove di presentarlo a Prometeo contro del quale era adirato perchè aveva rapito il fuoco al sole
’inferno. Non valsero le opposizioni di Ciane amica di Proserpina, la quale fu cangiata subito in fonte. Lieto Plutone della
aco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, della quale fu re. Tutti e tre passarono pei sovrani più giu
a e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla quale si penetrava nell’Inferno. Flegetonte o Prifleget
ll’Erebo e della Notte, vecchio, ma di robusta e verde vecchiezza, al quale le anime dovevano dare una moneta per essere trag
dei più orribili luoghi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il quale non era munito di questo magico ramo. La favola
a di Apollo. Riconoscesi sotto questo nome una benefica deità, per la quale Giove aveva più riguardi che per qualunque altra
di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col quale è stato alle volte confuso. Si rappresentava ciec
di esse eseguirono il barbaro comando, e non fuvvi che Ipermestra la quale salvò il marito Linceo ; furono le altre tutte co
tempo senza trovare asilo. Abbandonato da tutti si rivolse a Giove il quale ebbe pietà de’ suoi rimorsi e per consolarlo dell
ure. Ma non potè vincere Siringa figlia di Ladone fiume d’Arcadia, la quale da lui fuggendo in riva al fiume paterno, fu cang
n salvo il simulacro di lei, ella fece subito rinverdire il legno del quale era composto il simulacro ed il bosco stesso rige
si una delle Ninfe delle Isole Fortunate. Essa fu amata da Zefiro, il quale la rapì e la fece sua sposa, conservandole il fio
te principale presso cui innalzavano un altare ed un piecolo rogo, al quale uno dei fittaiuoli e dei signori appiccava il fuo
spaventevole tempesta che fece perire tutti i vascelli di Ulisse, il quale potè appena salvarsi su di una tavola. Questo pri
che Eolo sia stato un principe dedito allo studio dell’astronomia, il quale , coll’ osservazione del flusso e riflusso, predic
esiedere alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu schiacciato nella p
e dovevano celebrare sulla spiaggia del mare la festa di Cerere, alla quale doveva intervenire la sua favorita, egli si trave
e un uomo, lo covò sotto le sue nere ali, e ne fece nascere Amore, il quale spiegò subito le sue ali dorate, e pigliò il volo
tringe al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria
i che mandano scintille di fuoco. Cupido fu molto amato da Psiche la quale fece trasportare da Zefiro in un luogo delizioso
n fratello. Allora sua madre gli diede per fratello un altro Amore il quale fu chiamato Antero. Appena che questo Amore ebbe
dei dardi di piombo, che cagionano una passione di breve durata, alla quale succede presto la sazietà, mentrechè il vero Amor
schera da un volto. Altri lo dipingono con un bastone su la punta del quale sta una piccola figura, immagine della pazzia, in
one sposò Cefalo, avendolo prima rapito a Procri di lui moglie, colla quale lo mise in discordia per farsi amare ; ma non pas
dire il Destino era esso medesimo quella fatale necessità secondo la quale ogni cosa avveniva nel mondo. Giove vorrebbe salv
istinguono all’aspetto di una bella donna, con un braccio intorno del quale sta avviticchiato un serpente il quale si diseta
na, con un braccio intorno del quale sta avviticchiato un serpente il quale si diseta in una tazza che la Dea ha in una mano.
un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne di quella città dedicavano la loro capig
crudele gigante Perìsete, che divorava gli uomini e sacrificavali, il quale fu poi ucciso da Teseo che ne disperse le membra.
ente nell’altra ; e finalmente appoggiato ad una colonna intorno alla quale è nella stessa guisa attortigliato un serpente.
n un ramo d’olivo in una mano, e nell’altra una fiaccola accesa colla quale incendia un trofeo d’armi. Presso i Greci e più a
i ; e questi sacerdoti erano soggetti all’autorità di un pontefice il quale non cedeva la precedenza che al solo re ; egli er
i Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io, il quale dicesi fabbricasse Memfi, mentre ancor fanciulli
Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con sua madre Climene, la quale il rimandò al Sole per accertarsi della sua nasci
etto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza dire quale essa si fosse. Il Sole in contrassegno del patern
fiumi e bruciano le montagne. Spaventata la terra ricorse a Giove il quale per prevenire lo sconvolgimento dell’universo rim
rso rimediò a tanto disordine, col fulminare sull’istante Fetonte, il quale cadde e si annegò nell’Eridano, fiume oggi denomi
e. Fra le tante adottate avvi quella che Fetonte fosse un principe il quale si applicò sommamente all’astronomia e soprattutt
ppresenta senza ali. Ordinariamente è abbigliata di lunga veste sulla quale evvi una tunica che le scende sin verso la metà d
l greco nome che significa nutrice, perchè era la Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una
edi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Teti gran dea delle acque, colla quale fu da quasi tutti i moderni confusa. Si disse la
, acquatiche e terrestri vi intervennero, eccettuata la Discordia, la quale per vendicarsi di non essere stata invitata, gitt
i, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il rendette padre di un figlio chiamato Licasto,
Minosse II sposò Pasifae figlia del Sole e della ninfa Perseide dalla quale ebbe parecchi fanciulli. Si rendette formidabile
mo e mezzo toro, frutto dell’insensato amore della propria moglie, il quale distruggeva tutto e si pasceva di carne umana. Vu
di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui
nel famoso labirinto Asterio che la favola dipinge come un mostro il quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ri
di Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera di quel Caronte, il quale , dopo aver guadagnato immense somme col tributo c
a a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di Icaro, il quale era ito troppo in alto, contro le istruzioni del
uelli che cercano l’origine della favola che le vele della nave sulla quale egli salì per salvarsi, e delle quali Icaro non s
fosse insensibile al di lei affetto, preferendo la giovine Scilla, la quale per vendetta fu cangiata da Circe in mostro marin
luoghi lor sacri. Sono soventi nominate Pieridi, dal monte Pierio sul quale credesi essere elleno nate, o da Piero che alcuni
e ne fuggirono. Si ravvisa in Pireneo il nome di qualche principe il quale non amando le belle lettere distrusse i luoghi ov
ali piaceri presiedeva. A Citera vedesi un tempio di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre di tutt
esservi stato in Africa un animale che i Nomadi chiamano Gorgone, il quale è molto somigliante ad una pecora selvatica, ed i
fice che sapesse porlo in uso. Il Pegaso era un animale selvaggio, il quale appena uscito dalla nave fuggì e non fu fermato s
essa cadrà sotto i colpi della tua scure : rispetta un’Amadriade alla quale tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita
padri ; tu allora benedicesti quest’officiosa quercia, ai rami della quale poi sospendesti la culla del pargoletto tuo figli
ebbe terminato questo lavoro gh comparve la Ninfa di quell’albero, la quale dissegli che era disposta ad accordargli quanto c
ettuno e tutte le altre marine divinità erano onorate con un culto il quale consisteva in preci ed in sacrifici. Questo culto
he la riconobbe sotto questa trasformazione abbandonò la figura della quale erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, m
a la casta Diana aprì la terra per dare passaggio a questa fontana la quale attraversando i più profondi antri sboccò nell’ i
i un tintore chiamato Idmone, della città di Colofone nella Ionia, la quale lavorava così bene in ricamo, che traeva in sua c
iope soggiogata dallo stesso Nume trasformato in Satiro ; Leda, della quale egli abusa sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’e
irvi alcun difetto, lacerò con isdegno quella bella tappezzeria nella quale erano troppo ben rappresentate le colpe degli Dei
la figura di una donna avente nella mano destra il subbio, intorno al quale i tessitori girano la trama della loro stoffa, e
le Esperidi. Quelle Ninfe lo mandarono a Nereo, Nereo a Prometeo, il quale gl’in segnò il sito e cosa doveva fare ; Ercole s
cedri. Nel drago non hanno scoperto che l’immagine dell’avarizia, la quale si consuma per custodire un oro che le diviene in
firmamento ; i pomi d’oro, sono le stelle ; il drago è lo zodiaco il quale taglia l’equatore a angoli obliqui ; Ercole o il
un appoggio in quelli che figurano in Ercole un essere allegorico il quale non vuol significare altro che il sole. I giardin
i fu inventata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della quale si era invaghito Glauco, dio marino ; ma non aven
to questi farsi amare dalla medesima ricorse a Circe, famosa maga, la quale compose un veleno che gettò nella fontana in cui
del Tevere, che Mercurio condusse all’inferno per ordine di Giove il quale le aveva prima fatto tagliare la lingua in pena d
ci nell’antichità, che si recarono ad onore di portar un tal nome, il quale suolevasi dare anche a tutti i negozianti rinomat
i Giove. La maggior parte dei mitologi raccontano però che Giunone la quale da’ primi giorni di Ercole diede strepitose prove
e, ed uccise pur anche il cancro marino, mandatogli da Giunone, e dal quale fu punto in un piede. 3.° Pugnò e prese vivo sul
ia, Ercole si presentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gregge che gli dovea
a e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne umana facendo lor
cuore a Prometeo legato al monte Caucaso. Uccise un mostro marino al quale Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per p
mmirando il suo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, su la quale dicesi egli s’imbarcasse. Essendosi Ercole prese
a i Semidei. Insorse nondimeno un sistema, che prevale fors’anche, il quale riducendo ad un solo principio tutta la scienza m
ente in esse i due termini naturali del corso di quel grande astro il quale ogni giorno trascorre dall’orto all’occaso. Osser
lla Focide, il monte Parnaso, ove andò a fermarsi la piccola barca la quale portava Deucalione il più giusto degli uomini, e
he per madre dovevasi intendere la terra, madre comune, le ossa della quale erano le pietre. Riunite che n’ebbero buon numero
che regnò nell’Attica. Ebbe inoltre una figlia per nome Protogenea la quale fu amata da Giove che la rese madre di Etlio. L’e
delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta da un pescatore nomato Ditti il quale condusse la madre ed il figlio a Polidete sovrano
di Tessaglia, come vogliono alcuni, da Etra figlia del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re di
e ; Teseo troppo credulo abbandonò il figlio al furore di Nettuno, il quale fece sortire dal mare un mostro che spaventò i ca
questa Proserpina fosse moglie di Edomo re dell’Epiro, per toglier la quale essendo andati Teseo e Piritoo, il secondo fu ucc
prentendono alcuni che Cadmo non abbia fondata che una cittadella, la quale pigliò da lui il nome di Cadmea e ch’egli abbia g
imultaneamente la dignità di pontefice e quella di re, dignità per la quale ebbe il titolo di ministro e d’interprete dei cie
ano che Mercurio gliene insegnò i principii, e gli donò una lira alla quale Anfione aggiunse tre corde. Vien anche asserito c
de. Vien anche asserito che questo musico innalzò il primo altare del quale sia stato onorato Mercurio nella Grecia. Altri di
lui. Questo non è lo stesso Lino che insegnò la musica ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo
enti anni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei M
; il suo dovere e la gloria lo invitano ; e Pelia giura per Giove dal quale hanno tutti e due origine che al suo ritorno gli
mise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa di eroi, la quale finito il sacrificio, s’imbarcò. Dopo una lunga e
vissero in quel paese per dieci anni in perfetta unione, frutto della quale furono due figliuoli, finchè venne intorbidata da
aghi, andò in Atene ove sposò Egeo padre di Teseo da cui ebbe Medo il quale diede il suo nome alla Media. Giasone poscia s’im
aco, dove formò la costellazione del Sagittario. Argonauti. Nome col quale si distinguono i principi greci che s’imbarcarono
l vello d’oro. Sono chiamati Argonauti dal nome della nave Argo su la quale s’imbarcarono. Se ne annoverano cinquantaquattro,
o, Teseo secondo alcuni, non nominato da altri, ed Ercole in fine, il quale perduto Ila, giovinetto di singolare beltà, nella
o balìa, avevano uccisi tutti gli uomini. La regina Issipile però, la quale meno inumana delle altre aveva furtivamente salva
aveva avuti. Borea vendicò l’innocenza de’nipoti, accecando Fineo, il quale per sua consolazione ottenne di poter saper l’avv
sso ed Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un montone d’oro al quale gli Dei avevano comunicato la prerogativa di trav
ro in un campo a Marte consacrato e lo diede in guardia a un drago il quale divorava tutti quelli che venivano per togliorlo
Colchide torrenti che volgevano le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccolta con pelli di montoni ; locchè si
nfondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli era u
di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla quale istruiva il suocero dell’oltraggio che credeva av
alla corona di Licia che aveva creditata dopo la morte di Giobate, il quale non aveva lasciato figli maschi. Narrasi da altri
a Giove mandò un assillo che punse il cavallo, e fe’cadere l’eroe, il quale si uccise nella caduta. Il cavallo volò in cielo
ppoloco che fu padre di Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della quale Giove s’innamorò e la rese madre di Sarpedonte. L
vessero essere senz’armi, e che essa corresse con un giavellotto, col quale avrebbe uccisi quelli che non l’avessero vinta. P
la di lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto
sò la principessa. La rese madre di un figlio chiamato Partenopeo, il quale fu uno de’capitani che trovaronsi all’assedio di
le finchè rimaneva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella quale soccorse gli Dei contro Giove, egli aveva condott
elle forti dissensioni tra i Frigi, per cui ricorsero all’oracolo, il quale disse, che tali divisioni non sarebbero cessate s
che tali divisioni non sarebbero cessate se non per mezzo di un re il quale fosse venuto ad essi sopra un carro. Essendo colo
antica tradizione del paese, un oracolo aveva dichiarato che colui il quale fosse giunto a scioglierlo, avrebbe ottenuto l’im
. L’oracolo aveva predetto a Laio che sarebbe ucciso da suo figlio il quale avrebbe poi sposata la madre, dalla cui unione sa
rba pastore di Polibio re di Corinto e portato alla regina Merope, la quale ne prese cura e dalla gonfiezza dei piedi lo chia
o ed i suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oracolo d’Apollo, il quale gli predisse ch’egli doveva morire a Colonos e ch
n abito simile a quelli che si davano ai morti, fa chiamare Teseo, al quale raccomanda le due figlie, cui ordina di allontana
re di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la volontà dalla quale viene costituito il delitto, non abbia avuto part
ullameno nella Grecia di rendere ad essi gli onori eroici. Creonte il quale successe alla corona, fece rendere gli onori del
sì la favola della Sfinge. Laio aveva una figlia chiamata Sfinge, la quale poco contenta di non aver parte alcuna al governo
tendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se tal
e di Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato nel corso precipitò Enomao che
oi ucciso da Egisto figlio di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fosse la prima dalla quale ebbe Plistene, Agamenn
di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fosse la prima dalla quale ebbe Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcu
crizione : Alla più bella. Da principio non vi fu alcuna delle Dee la quale non pretendesse d’ottenerlo, in onta delle propri
a lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fond
onio figlio di Ercino re d’Orcomene n’ebbe un celebre nella Beozia il quale rendevasi in una caverna presso Lebadea ; perfino
Demofila o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quell
billini vale a dire una raccolta di versi attribuiti. alle Sibille la quale conteneva i destini di Roma. Narrasi che una donn
ta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa di pietra, la quale fu posta sotto una volta del Campidoglio. La cust
sultare questi libri senza una speciale autorizzazione del senato, il quale non la concedeva se non quando si doveva intrapre
rondi in aperta campagna, in qualche luogo elevato, era l’altare, sul quale agli Dei rappresentati da un sasso informe o da u
ersare del vino, o in mancanza d’easo dell’acqua, in onore del Dio al quale sacrificavasi. La patera di cui si è parlato qual
le sole mani in acqua pura. L’acqua lustrale era acqua comune nella quale estinguevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco
ricrearsi o per onorare i loro Dei. Non si conosceva giuoco alcuno il quale non fosse a qualche Dio in particolare ed anche a
sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilato nel quale combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co’ cest
daro, non davasi altro premio, fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei
1). In varie parti dell’Africa coltivasi un albero chiamato mirra dal quale cola un succo resinoso e di gratissimo odore. Que
eide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono alcuni, la quale arse di colpevole amore pel proprio padre. Preten
4 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
ualsivoglia Scienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il quale a guisa di luminosa face suole guidare agevolment
la rapidità, con cui trascorre il tempo ; la falce indica il fine, al quale ogni cosa si riduce dal medesimo(b). Plutarco vuo
ne così denominata dal monre Cibelo, situato nella Frigia, e sopra il quale fu da principio venerata(a). Sotto ii nome di que
gli destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovani di Festo si decantava per la più b
fiume Sagari o Sangaro, e però detta Sagaritide, o Sangaride ; dalla quale ebbe Lido, che diede il nome alla Lidia, e Tirren
eci si dicono dattili ; Idei dal monte Ida nella Frigia ; appresso il quale soggiornavano ; Cureti dall’ Isola di Creta, ove
ci(d). Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la quale era stata la prima Vestale(e). Addette una volta
lei sacrifizj(g). Anche Celeo, re d’ Eleusi, avendo veduto Cerore, la quale in aria mesta stava sedendo sopra una pietra, la
fosse caduto in profondo sonno. Non vi riuscì però, poichè Cerere, la quale vegliava alla salvezza di Trittolemo, cangiò il p
’ primi abitanti dell’ Attica, lo regalò della pianta, detta fico, la quale era stata sino a quel tempo ignota a tutti gli uo
ti, chiamati Fitalidi, presiedessero alle di lei sacre ceremonie : il quale onore fu loro confermato da Teseo(a). Cerere pure
a, le eresse un tempio(b). Si abbattè parimenti la Dea in Nettuno, il quale , trasformatosi in cavallo, la rendette madre di u
animali. Gli Dei fecero cercare Cerere, e avvertito Giove de Pane, il quale aveala trovata nell’ Arcadia, spedì le Parche, ch
ca (d), fu eretto un gran tempio in Ermione, città della Laconia, nel quale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con
i pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la quale non deponevano, se non quando era divenuta lacera
predette Feste minori sieno state introdotte in grazia di Ercole, il quale per legge non poteva essere ammesso alle maggiori
erra. S’instituirono per comando di un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello era il solo mezzo di placare l
he (a), Pausania numera tralle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel tempio di Minerva presso
le Api (f) ; e che Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima era di ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è
juto qualche mortale. Per consiglio di Minerva si cercò di Ercole, il quale v’accorse, e fece grande strage de’ Giganti. Ripi
, che fu da Giove renduta madre di Etlio, padre di Endimione (e), del quale parleremo. In onore di Giove s’instituirono le Ol
rno ad esso si facevano girare dei buoi, e che il primo di questi, il quale toccava quel cibo, veniva sacrificato. Tre soli,
tuì in memoria di Ecale, donna vecchia e povera, ma virtuosissima, la quale aveagli promesso di sacrificare ella stessa a Gio
un tempio a Giove ; e allora gli eventi si predissero dal tripode, il quale secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune
ono alcuni, che Giove non volendo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere a
hè si venerava in un luogo di ciascuna casa, chiuso all’intorno, e il quale chiamavasi anche Penetrale (d). Assediando i Gall
omparve a questi in sogno, e loro disse, che di tutto il frumento, il quale aveano, formassero dei pani, e li gettassero nel
o avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la quale oltre i due soliti occhi ne aveva un terzo nel me
e Ninfe, Itome e Neda, lo avessero nascosto nella fonte Clepsidra, la quale trovavasi sopra un monte d’Itome, città della Mes
per le vie di Roma con grande pompa la sacra Pietra, detta Manale, la quale trovavasi fuori della Porta Capena presso un temp
denominati Capitolini, e introdusse un Collegio di scelte persone, il quale ne regolava tutte le ceremonie (b). A Giove Capit
i Ottimo Massimo (c). Si chiamò Licco dal monte Liceo in Arcadia, sul quale si pretendeva ch’egli fosse stato allevato dalle
). Gli derivò il nome di Ceraunio, ossia Fulminatore, dal fulmine, il quale veniva scagliato spezialmente da lui (b) (25). Qu
egli avea in Trifilia, piccolo passe d’Elide nel Peloponneso (l), il quale secondo Stefano era la stessa Elide. A Giove Ult
que tutte le abitazioni di que’ dintorni, fuorchè la loro capanna, la quale erasi anzi cangiata in magnifico tempio. Giove ac
se di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì
ne da Mercurio condotta a Prometeo, affinchè gli offrisse un vaso, il quale conteneva tutti i mali, che potevano affliggere l
di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò in una pianta, la quale suole crescere lungo le rive de’ fiumi, e a cui d
llo porta anche tra’ piedi Ganimede (e), per alludere alla Favola, la quale dire, che Giove si trasformò in Aquila per rapire
he il Nibbio, uccello di rapina. La terra avea prodotto un mostro, il quale nella parte superiore era toro, e serpente nell’i
ta da triplice muro. Un antico Oracolo avea dichiarato, che colui, il quale avesse potuto abbruciarne le interiora di quel mo
cco. Quegli però, di cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al quale le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è i
i Romani soleano chiamare Bacco (g). Vennero instituite da Romolo, il quale durante le medesime trattava a convito il Senato
si nel giorno undecimo, e ne’ due seguenti del mese Antesterione, dal quale furono così chiamate. Ciascuno de’ predetti giorn
an misura di vino, perchè ne’ conviti ciascuno bevea da una tazza, la quale serviva per lui solo. Voleasi cou ciò ricordare u
remio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la quale talvolta era anche d’oro. Andavasi parimenti in g
suscitò tra que’popoli una malattia somigliante all’ubbriachezza, la quale , rendendoli furiosi, li riduceva finalmente a mor
li due figliuole, Penelope ed Erigone, e una cagna, chiamata Mera, la quale sempre lo seguiva. Questa abbajando corse appress
figlie di Minia divennero allora sì acciecate, che estrassero a sorte quale di esso tre avrebbe dato uno de’proprj figliuoli
Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la di cui acqua cangiavasi og
levata in Sinfalo, città d’ Arcadia, da Temeno, figlio di Pelasgo, il quale le alzò tre tempj sotto tre nomi differenti : l’u
ò avvenne nell’ Istmo di Corinto sul Tornace, monte della Laconia, il quale poi fu detto Coccigio, ossia monte del cuculo (a)
l’ Olimpo, s’ avviò al bosco, e ne sgombrò la caligine. Ma Giove ; il quale erasì accorio della di lei vesuta, avea giù cangi
posa in sei trecce con un’ asta immersa nel corpo d’un Gladiatore, la quale appellavasi curite o quirite (f). Macrobio vuole
onsiglio datogli, Io cangiò in un monte tra la Beozia e l’ Attica, il quale secondo Pausania (c) era sacco a Giove, e secondo
da Lacinio, promontorio d’ Italia, nella Gran Grecia, poco lungi del quale la Dea aveva un tempio ricchissimo (b). I Crotoni
contro Pirro e i Tarrentini. Ricorsero supplichevoli a Giunone, colla quale rispose loro, che se avessero combattusto con cor
omando delle loro truppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il quale , accampatosi alle porte di Roma, ricercò al Senat
orarla sotto il nome di Caprotina, e a lei instituì un sacrifizio, il quale sotto una selvatica ficaja ogni anno si rinovella
una mano un pomo granato, e nell’altra uno scettro, sulla sommità del quale eravi un Cuculo (a). Le Feste, sacre a questa Dea
di lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20), e da Giove, il quale per unirsi a colei erasi convertito in fiamma(a).
mpo Marzio, ov’ eravi il tempio di Plutone, e un’ ara sotterra(f), la quale si lasciava vedere solamente all’ occasione di ta
ringe inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chi
quattro Apolli (a). Comunemente però non si riconobbe che quello, il quale nacque da Giove e da Latona (b), figlia secondo O
guitata (f). Cotale uccisione avvenne non lungi dal fiume Cefisso, il quale scorre alle radici del fiume Parnasso (g). Apollo
avesse voluto incontrare la morte in vece di lui. La sola Alceste, la quale Admeto per favore di Apollo avea conseguito in ma
i si vedeva la pietra, su cui il Nume avea deposto la sua cetra, e la quale da quel momento rendeva, ogni qual volta veniva t
pochi presi da insolito furore eranvi caduti(a). Il primo pastore, il quale videsi trasportato da tal furore profetico, si ch
oscia da’Sacerdoti scendeva sul Tripode, detto anche Cortina(d), e il quale era tutto circondato d’alberi. Presa allora da vi
e nell’anzidetto tempio enunciò gli Oracoli di Apollo, fu Femonoe, la quale fece parlare il Nume iu verso eroico(a). Molte fu
anni solamente in Azio, egli ne trasferì in Roma la celebrazione, la quale si faceva di cinque in cinque anni. Anche Apollo
o la tomba di Giacinto, sopra di cui vedeasi la figura d’Apollo, alla quale si offerivano sacrifizj. Il primo e il terzo gior
mpa s’incamminava verso Amicle, guidata da uno col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione nel tempio di Apoll
o(f). Plutarco dice d’aver veduto in Delo un’ara, sacra ad Apollo, la quale appellavasi Ceraton, perchè era stata da Apollo f
ltari nelle strade. Alcuni di questi furono sacri anche ad Apollo, il quale fu perciò detto Agieo, ossia preside alle strade
modo particolare venerato in Figalia, città d’Arcadia, appresso alla quale il famoso. Ittino avea fabbricato ad Apollo un te
tempio. Famosi n’erano i sacerdoti, chiamati Branchidi da Branco, il quale fu pure sacerdote d’Apollo, e uno de’di lui figli
e sieno state così denominate dall’ essere stato esaudito Menelao, il quale , essendo per portarsi contro Troja, avea fatto vo
oronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di rame, il quale rappresentava il Sole. Sotto di quello se ne coll
esso fine incontrarono pure le di lei figliuole, eccettuata Clori, la quale fu lasciata in vita(h). V’ è chi dice, che traque
te, figlia di Crotopo. Il Nume per punirli suscitò il mostro Pene, il quale strappava dal seno delle madri i loro fanciulli,
e Sinope, e recatosi secolei nel Ponto, la rendette madre di Siro, il quale diede poi il suo nome a’Sirj. Dicesi da alcuni, c
ilamone(49), Anfione(50), Arione(51), e Orfeo(52). Sulla montagna, la quale chiamavasi Soratte, poco lontana da Roma, v’avea
a, o perchè le si sacrificavano cento vittime nello stesso tempo : il quale sacrifizio appellavasi, come abbiamo osservato, E
dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebbe da Tia, una anch’ella delle Titanidi, per
i chiamava Munichia, dove gli Ateniesi le aveano eretto un tempio, il quale serviva anche d’asilo a chi vi si rifugiava. Sott
la memoria della liberazione del predetto Oreste e d’ Ifigenia, della quale si parlerà più diffusamente altrove. La ceremonia
e quattro braccia (e). Gli Ateniesi aveanle consecrato una statua, la quale denominavanò Epipirgide, da epi, sopra, epirgos,
eva il di lei simulacro (c). Si chiamò Febe da Febo, suo fratello, il quale le comunica parte della propria luce, affinchè el
alatino, in cui si accendevano delle torce a un gran vaso a fuoco, il quale ardeva tutta la notte (h). Si soprannominò Faesf
’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel quale le nutrici al tempo di certe Feste, dette Titenid
e vergini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella quale gli Spartani sull’altare della Dea venerata sotto
neva tralle mani la statua della Dea, formata d’un legno leggiero, il quale però, se i Ministri della flagellazione non vibra
tte da altrettanti Re (c). Serse, il più fiero nemico de’ Greci, e il quale avea incenerito tutti i loro tempj, ebbe rispetto
o pel barbaro costume, introdotto da Toante(16), re di quel paese, il quale sacrificava alla Dea i forestieri, che giungevano
b). I Poeti però Greci e Latini non fanno menzione, che di quella, la quale sortì dalla schiuma del mare, e fu risguardata co
asti, perchè aveano la fronte cornuta, eressero un altare a Giove, il quale soprannominarono Ospitale, essendochè gli sacrifi
il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città di Caria, la quale divenne celebre per una maravigliosa statua di ma
lebre per una maravigliosa statua di marmo, formata da Prassitele, la quale rappresentava questa Dea(d) ; in Isparta, ove tro
che in esso col progresso del tempo la Dea abbia avuto un Oracolo il quale l’Imperatore Tito consultò, quando, si trasferì i
istabilirvi la scienza degli Aruspici. Ivi pure v’avea un altare, il quale , com chè si trovasse allo scoperro, pure non veni
ona delle inquietudini, o perchè erale dedicata la fonte Acidalia, la quale trovavasi in Orcomeno, città della Boozia, e in c
da certi corsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la quale se n’era invaghita, alzò sopra un Promontorio del
sacrifizio, vide un corvo, o uno sparviero, detto in greco colon, il quale rapì parte della vittima, e la depose sul predett
nte artefice, di cui parleremo, v’avea riposto una giovenca d’oro, la quale perfettamente imitava il naturale, e avea decorat
uogo della Palestina, detto Afaca, tra Biblo ed Eliopoli, appresso il quale eravi un Lago. Chi recavasi a consultarlo, gettav
che Agamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte di Arginno, il quale era stato da lui teneramente amato, ed erasi fina
darlo alla luce, l’albero s’aprì ; e che ne comparve un fanciullo, il quale venne raccolto dalle Najadi, e nominato Adone. Qu
Acaja, contrada del Peloponneso. Questi piacque alla Ninfa Argira, la quale ogni giorno recavasi a vederlo. Tanta premura per
volle prenderne vendetta. Frammischiò tra loro la Dea Mefiti (13), la quale , com’era proprio di lei, le rese, tutte d’un odor
a del sangue d’Adone, quando si punse con una di quelle spine, per la quale puntura la rosa divenne rossa, mentre per lo inna
l’Arcadia, e fece credere a Saturno, che le fosse nato un pulodro, il quale da lui venne tosto divorato. Arno fu la nutrice d
ndo come vivere, si unì a lui per ajutare Laomedonte, re di Troja, il quale stava fabbricando le mura dì quella città. Egli,
ì perchè il Nume su quell’Istmo avea un magnifico tempio, appresso il quale tali Giuochi si celebravano(15). I medesimi erano
ndìo del Campidoglio aveva un tempio, e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito Livio grondava di sudore. E’pur f
). E’pure circondato dalle Nercidi e da’Tritoni. Lo precede Nerco, il quale , suonando una spezie di tromba, formata d’una con
dopo sorpreso da gagliardissimo dolor di capo, ricorse a Vulcano, il quale con un colpo d’accetta glielo spaccò ; e che ne u
. Si disse Alea, perchè Aleo, re d’Arcadia, le fabbricò un tempio, il quale divenne un asilo pe’ rei, e in cui si conservò po
l’antichità Pagana. Fidia lo adornò d’una statua d’oro e d’avorio, la quale era alta trenta nove piedi. Il medesimo tempio ch
ì cospesa, come si trovava ; e in tale stato la convertì in ragno, il quale anche oggidì va tessendo una finissima tela per e
ò Tritone ; o perchè ella nacque appresso il fiume di questo nome, il quale trovasi nella Beozia(b) ; o finalmente perchè ven
tale questione, stabilirono, che quella delle due anzidette Deità, la quale avesse prodotto la cosa più utile alla mentovata
ceva in quello per la città una magnifica cavalcata, alla testa della quale si portava a guisa di vessillo il Peplo di Minerv
Era quello una veste bianca, a ricamo, d’oro, senza maniche, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili di questa
nel mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gelosia di Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere Mercurio, da cu
Creta, nell’andarsene a Trezene, vi rimasero lapidate del popolo, il quale allora trovavasi in tumulto. Gli abitanti d’Epida
erto il cestello ; e in vece di lei prese ad lamare la Civetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, r
che ne’ campi d’Olena, città dell’ Acaja, eravi un fiore, toccando il quale , ella avrebbe tosto ottenuto ciò, che bramava. Gi
u detto Quirite a cagione della lancia, detta da’ Sabini cures, colla quale veniva sempre rappresentato(d) (1). Augusto, ave
ancili. In Roma cadde dal Cielo uno scudo di rame. Numa Pompilio, il quale allora vi regnava, venne in cognizione, che l’imp
gli anzidetti Sacerdoti sieno stati detti Salj da un certo Salio, il quale , venuto dalla Samottacia o da Mantinea in Italia,
Esquilino. La quinta, perchè Marte era figlio della predetta Dea, la quale , come abbiamo esposto, presiedeva alle nozze e a’
o di Marte non siasi molto esteso tra’ Greci, perciocchè Pausania, il quale fece menzione degli Dei loro, non fa parola di al
Lo stesso Poeta poi in altro luogo soggiunge, che fa Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perc
da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la quale egli spedì in Cielo a Giunone per vendicarsi del
Olimpo un magnifico palagio di bronzo, e vi piantò una fucina, nella quale vi lavorava solo(I). Vulcano al dire d’ Inacio sp
lo definisce per quel miscuglio rozzo e confuso di tutte le cose, il quale servì di prima materia alla produzione del Mondo(
che, mentre regnava Saturno, abbia fiorito, la bella età d’oro, nella quale gli uomini viveano nell’ innocenza, la terra dava
2. (8). Il Destino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la quale regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, ch
edevasi esservi descritto l’avvenire ; come pensavasi, che l’urna, la quale trovasi talvolta tralle di lui mani, racchiudesse
ltimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quello, il quale in certa guisa apriva l’anno ; giacchè questo con
i riconoscevano da Festo(d) altre solennità, sacre ad Agonio, Dio, il quale presiedeva alle azioni, che si doveano fare. A Gi
nostri sono gente libera, che spontaneamente prestano servigio, e al quale possono a loro talento rinunziare ; quelli all’op
iori(e). Non bisogna confondere il simposiarco coll’Architriclino, il quale si stabiliva dal padrone di casa, e avea la cura,
o, e in una rozza verga di legno, detta da’ Latini rudis (b), e dalla quale al Gladiatore, che la conseguiva, derivava il nom
o era una bilingue e oscura risposta, come credevasi, de’ Numi, colla quale eglino indicavano quelle arcane e future cose, la
sime, come ardesse la fiamma, come crepitasse il sangue e il farro, e quale fosse l’odore e il fumo degl’incensi(a). Quantunq
Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie di Divinazione, la quale si faceva col fuoco, osservaudone il movimento e
(b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua di legno, la quale rappresentava la Dea Minerva in atto di tenere ne
Ilo, quarto re di Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il quale gli fosse stato di buon augurio per la durata del
talità, e venne cangiata in fontana, che ritenne il di lei nome, e la quale dalle donne spezialmente si onorava, perchè spera
a Buona-Dea sul monte Aventino si eresse un tempio da una vergine, la quale altri credono essere stata Clausa, ed altri Claud
caligero poi dice, che così in ispeziale modo si onorava la fonte, la quale avea un tempio in Roma presso la porta Capena, pe
ica, e l’Egizia(d). Il più comune parere però e quello di Varrone, il quale asserisce ch’erano dieci, la Persica, la Libica,
ce Erofile(m). Vuolsi chisia stata la prima delle donne fatidiche, la quale in versi esametri predicesse l’avvenire. Celio Ro
alita alla fama di eccellente vaticinatrice in Tivoli, fu ivi adorata quale Divinità, ed ebbe tempj, are, e sacrifizj. Presso
le Sibille aveano vaticinato(c). Dicesi che nel favoloso impasto, il quale portava il nome di Libri Sibillini, alcuni ve ne
isposo, dichiarò finalmente, che tale le sarebbe divenuto quello, il quale avesse potuto vincerla nella corsa, soggiungendo
esta Atalanta coll’altra d’ Arcadia, e figlia di Giasio o Giasone, la quale fu presa in moglie da Milanione(b). (f). Falg.
Raros, Principe Ateniese, e da quella tralle figlie di Anfizione, la quale ebbe da Nettuno il figlio Cercione, di cui parler
terreno di cento venticinque passi (b), ove si faceva la corsa, e dal quale coloro, che vi si esercitavano, si dicevano Stadi
co nastro. Credesi, che questa sia stata la prima sorte di corone, la quale siasi usata appresso i Romani (f). Tale sacerdozi
Cinisca, figliuola di Archidamo, re di Sparta, fu la prima donna, la quale siasi esercitata ne’Giuochi Olimpici, e v’abbia r
ua patria, entrò in una Secola, e scosse sì fortemente la colonna, la quale ne sosteneva il tetto, che questo cadde, e mise a
o stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui nemici veniva frequentemente in
ci il premio del Pentatlo. Lasciò un figlio dello stesso suo nome, il quale pure conseguì più corone a’ medesimi Giuochi. Dem
ol. Graec. l. 2. (14). Le Sorti erano una spezie di Divinazione, la quale si eseguiva in due modi : il primo chiamavasi Sti
nnominato Ippio, ossia Equestre, dalla magnifica corsa di cavalli, la quale si faceva altempo di tali Giuochi. Oltre siffatta
e. (19). Arnobio dice, che il Giove Conservatore era Esculapio, del quale parleremo (h). (e). Cic. pro Rabir. (20). Nel
si fece la dedicazione del medesimo tempio da C. Licinio Lucullo, il quale vi celebrò allora anche dei Giuochi, perchè in qu
 : o come una spezie di tizzone fiammeggiante in ambe l’estremità, il quale talora non mostrava che una sola fiamma ; ovvero
a forma sembra, che abbia voluto darcelo a divedere anche Luciano, il quale v’aggiunse essere il fulmine di Giove lungo dieci
ferta in sacrifizio una pecora di due anni, detta bidente, ossia alla quale erano nati i superiori e inferiori denti (c). Sot
ntica di tutta la Grecia ; e che v’inalzò un altare a Giove Liceo, al quale egli il primo sacrificò delle vittime umane (d).
in libertà (a). Non è da confondere l’anzidetto Acmone con quello, il quale dicesi essere stato il primo padre degli Dei (b).
3). La madre d’Arcade fu Callisto, nata da Licaone, re d’Arcadia, del quale abbiamo parlato. Colei era esperta nell’uso dell’
Sotto tal nome si riconosceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era stata da Giunone
à di ciò che si affermava, si faceva nella fontana, detta Acadina, la quale trovavasi appresso i due predetti Laghi (c). I Pa
rebia, udì il canto delle Ninfe di quello, e ne apprese la Musica, la quale egli poi insegnò a que’della Lidia. Questi popoli
amati Cabiti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti
, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio di
ni pretendoro, che sieno state dette Jadi da Jante, loro fratello, il quale , essendo stato messo a morte da un serpente o da
questa stagione appariscono(g). Tralle Plejadi Merope è la stella, la quale al dire de’Poeti si lascia vedere meno delle altr
a la. Dea de’cardini. Questa da Ovidio(a) viene confusa con Carna, la quale presiedeva alle parti nobili del corpo umano. La
lerna no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome di Grane, e la quale era molto amata da Giano(b). Giuno Bruto, primo C
). Il Meursio osserva, che tale uccello soleva darsi anche agli Eroi, quale da prima erasi considerato Bacco, forse perchè il
ati (a). (4). Argo ebbe in moglie Ismene, figlia del fiume Asopo, la quale gli partorì un figlio, detto Jaso (b). (a). Joh
Liberale dice, che tra’ Greci v’avea un’altra tradizione, secondo la quale Jerace era. un ricco abitante della Matiandinia,
ricco abitante della Matiandinia, contrada d’Asia, nella Bitinia, il quale fu cangiato in isparviero da Nettuno, perchè avea
e sacrifizj (f). Lasciò un figlio di nome Teodamante o Teodamante, il quale riuscì vate ed augure rinomatissimo (g). Riguardo
o. Lo ferì nel petto ; nè fu sazia d’un solo colpo anche Filomela, la quale dopo d’avergli squarciata la gola, e troncato il
sto Nume però non è da confondersi coll’altro dello stesso nome, e il quale proteggeva i gioghi de’ monti (h). Furonvi finalm
pì Siringa la preghiera, che trasformata videsi in canna palustre, la quale , agitata poi dal vento, rendeva un certo siollo c
itò dalla sommità di una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il quale esce dal Pino, agitato dal vento Borea, altro non
lla casa dello sposo (a). Oltre l’accennato velo avea una cintura, la quale veniva poi sciolta dallo sposo. Nella Grecia, e s
ell’uno o dell’altra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la quale era ornata di rose, mirti, e allori, l’uno e l’al
lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo la loro nascita, nel quale s’imponeva ad essi il nome. A questa Dea si offer
i cui n’era stato l’artefice, non avea aperto un piccolo foto, per il quale si avesse potuto scorgere i più segreti pensìcri(
ana la privò di vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna, la quale trovavasi nel Territorio d’Argo, eravi un mostro
certe parole senza mai volgersi in dietro. Credevasi, che l’ombra, la quale lo seguiva, raccogliesse le fave senza essere ved
se ne chiamavano le anime, onde si recassero a prendervi riposo : la quale ceremonia appellavasi Psicacogia(b). Eravi poi Ca
acogia(b). Eravi poi Caronte, figliuolo dell’ Erebo e della Notte, il quale sopra una leggierissima barca, formata di scorza
ro Grammatico vuole, che abbia tratto origine da una certa pietta, la quale trovavasi nell’ Inferno(e). Il giuramento, che si
desimo, venivano privati del nettare, e spogliati della Divinità, nel quale stato dovevano rimanersene per un anno ; altri di
erbo dolore : Fu cangiato in un fiore, che porta il suo nome(b), e il quale poscia venne consecrato all’ Eumenidi(c). Plutarc
avoloso sistema di alcuni Filosofi, detto la Metempsicosi, secondo il quale credevasi, che le anime, dopo aver dimorato un ce
chiese a Plutone di ritornarsene sulla terra per punire la moglie, la quale avea eseguito il comando datole solamente per far
mente agitato dal timore, che precipiti sopra di se un gran sasso, il quale sovrasta al suo capo(c). I Mitografi neppure vann
i. Issione prese allora ad amare Giunone. Costei ne avvertì Giove, il quale , per accertarsene, formò una nuvola somigliantiss
inò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava sempre girando, nè lasciavagli un momento
resentasi collo scettro in mano, assiso sopra un tribunale, appiè del quale concorrono le ombre a rendere conto delle loro az
vide uscire da sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la quale a motivo di ciò ebbe poi il nome d’Ercina. Sulle
lla medesima si eresse un tempio, in cui eravi la statua d’Ercina, la quale teneva colle mani un’oca (a). Dalla predetta giov
tello, prese a perseguitarle, e strinse d’assedio Admeto, appresso il quale si erano ritirate, e lo fece prigioniero. Alceste
fabbricato in Lebadea, città della Beozia, un tempio sotterraneo, il quale fu poi detto l’autro di Trofonio. Ivi morì di fam
d’oro. Nacque contesa tra’pescatori e i compratori, per terminare la quale si ricorse alla Pitonessa. Questa rispose, che il
lo poi bramava, che Jone fosse creduto figlio di Zuto, re d’Atene, il quale erasi unito in matrimonio con Creusa. Colse il Nu
li avrebbe alcun figliuolo. Intese, che sarebbe suo figlio quello, il quale egli incontrerebbe, uscendo dal tempio. Zuto v’in
ia, e ch’ella fissò la sua dimora in un’ Isola del mare Siciliano, la quale si denominò Circea(e). Circe, trovandosi in Itali
sì orribile disordine, balzò con un fulmine il temerario giovine, il quale cadde morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia
imasero cangiate in pioppi, e le loro lagrime in odorosa ambra(a), la quale perciò fu soprannominata Faetontide(b). Febo altr
dopo aver partorito Faetonte, sposò Merope, re dell’ Isola di Cos, il quale si pretende, che poscia sia stato cangiato in aqu
ad esse. Sul predetto monte trovavasi una fonte del medesimo nome, la quale era parimenti sacra alle Muse(g). Queste vennero
narono Libetridi, o perchè era loro consecrata la fontana Libetra, la quale trovavasi nella Magnesia, contrada vicina alla Te
b) ; o perchè era loro dedicato Libetro, monte della Tracia, sotto il quale eravi un antro, sacro parimenti ad esse(c). Si ch
ticolare onore(e) ; Ilissiadi, o Ilissidi, perchè il fiume Ilisso, il quale trovavasi nell’ Attica, era ad esse sacro(f) ; Ar
a Macedonia ; ch’elleno nell’ Academia d’ Atene aveano un altare, sul quale pure spésso loro si sacrificava ; che i Tespj ogn
prima chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca di Deucalione, la quale era stata ivi trasferita dalle acque del Diluvio(
monte Parnasso v’avea un antro, detto Coricio dalla Ninfa Coricia, la quale partorì ad Apollo un figlio, di nome Licoreo(d).
nte della Beozia, vicino al Parnasso. Fu così chiamato da Elicone, il quale dicesi essere ivi venuto col fratello Citerone a
oprio nome(g). Comunque sia, certo è, che si verificò la protesta, la quale unita al giuramento avea fatto Minerva. Questa De
liuoli, che Giove per pietà la convertì sul monte Sipilo in sasso, il quale versava continuo pianto. Narrasi inoltre, che i d
sopra un carro al tempio di Giove. Non molto dopo vi giunse Mida, il quale pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi pr
10. (c). Ovid. Metam. l. 6. (d). Paus. l. 7. (48). Quel Lino, il quale comunemente dicesi nato da Apollo e da Terpsicore
ti nel suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo, ed Ercole, il quale poi, sgridato fortemente da lui, perchè non aveva
’ Achille tra i molti altri ornamenti v’ avea espresso un giovine, il quale sulla lira cantava la morte di Lino(e). (49). Fi
tà, uccisero Lico, attaccarono Dirce alla coda d’un toro indomito, il quale colla varietà del suo corso la fece morire di mil
lle altre Ninfe, ne divenne amante, e la rendette madre di Eudoro, il quale molto si distinse all’assedio di Troja. Polimela
rire al di lei padre varj doni (a). Quì si ricorda pure Polifonte, la quale ebbe per padre Ippono, figlio di Triballo ; e per
inalmente lo fa figliuolo della Terra, e marito della Ninfa, Sida, la quale , come abbiamo riferito, fu fatta morire da Giunon
ropose la successione al Regno a quello de’tre predetti figliuoli, il quale avesse riportato il premio della corsa in Olimpia
lle sponde del fiume Assio, e ne diede il suo nome a quella parte, la quale poscia venne chiamata Peonia. Notisi per ultimo,
i non era lontano dal principio degli stessi, poichè questa Deità, la quale presiedeva a ciò, che dava la vita, presiedeva po
otte ; ovvero perchè in Dello v’avea una piccola statua della Dea, la quale siponeva sulle tombe, quando si volea chiamarne f
ioè di capelli, lacerazione del petto e de’fianchi sino a sangue : il quale costume e da Solone fu vietato agli Ateniesi, e d
ivano pure i Sicinnisti, così denominati da un certo antico ballo, il quale chiamavasi Sicinnio, e con cui rappresentavano le
. Vestivano alle volte anche il Ricinio, abito corto, mezza parte del quale gettavano dietro le loro spalle(g). Se il Defonto
che la Caneforia non era una festa, ma una ceremonia della festa, la quale si diceva Protelia, perchè celebravasi dalle verg
man. Lex. Univ. (5). A Venere Murcia si opponeva la Dea Strenua, la quale rendeva attivi i pigri (c). A questa davasi anche
7). Priapo nacque bruttissimo per un incantesimo fatto da Giunone, la quale oltremodo odiava Venere. Questa, veggendolo sì de
ste, denominate Ornee, in onore di Priapo (c). Notisi per ultimo, che quale era Priapo appresso i Greci, sale da’Romani ricon
ch’elleno nacquero da Giove e da Eurinome, figlia dell’Oceano(e), la quale ebbe pure in Arcadia presso Figalia un tempio, e
siodo dal Caos(b). Aristofane dice, che la Notte produsse un uovo, il quale ella avea concepito dal vento Zefiro, e da cui na
i ubbriacò, e rendette Penia, Dea della pover tà, madre di Cupido, il quale poscia fu stabilito al servigio di Venere(e). Que
ta, che le si fosse allontanata dal suo servigio una Sacerdotessa, la quale oramai erale divenuta assai cara, fece all’improv
(d). (8). Glauco era un famoso pescarore della città d’Antedone, la quale trovavasi nella Beozia. Egli se ne stava lungo te
, li istruì della loro nascita, e della trista sorte di Melanippa, la quale dal giorno, in cui eglino nacquero, viveva per co
in Corinto Portuno aveva un altare, e una capella sotterranea, nella quale pure gli si sacrificava. Qualunque spergiuro, che
lori, e Flora da’ Latini, che divenne poi la Dea de’fiori(g), e della quale abbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una
li ebbe una figlia, di nome Alcione. Costei amò grandemente Ceice, il quale regnava nella Ftiotide, ed era divenuto suo marit
onvertita in uccello(c). Eolo ebbe un’altra figlia, detta Tanagre, la quale sposò Pemandro, figlio di Cheresilao, e visse sì
da’ Romani tenuta in somma vencrazione. Così fu chiamata da Tazio, il quale , volendo impadronirsi del Campidoglio, invocò que
pidoglio, invocò questa Dea, onde gliene aprisse l’adito ; nè sapendo quale ne fosse il nome, le impose il predetto dal verbo
u da Diomede fatto trasferite in una città del Territorio d’ Argo, la quale portò poscia il nome di Enea (a). (b). Rhod. 14
n si sa, se quel Callicrate, di cui si parlò, fosse quel medesimo, il quale fece un carro che si poteva nascondere sotto l’al
ava in onore di Erse la Festa Arreforia, di cui abbiamo parlato, e la quale perciò diceasi anche Erseforia d. (d). Athenag.
Sacerdoti si appellavano Comani dalla città del medesimo nome, nella quale trovavasi un tempio, eretto a questa Dea (h). Bel
Clepsidra, ossia l’orologio d’acqua, per misurare il tempo, oltre il quale non era permesso il perorare. Finchè si leggevano
5 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
egli Eroi erano d’ordinario circondate da un sacro bosco, appresso il quale trovavasi un altare, su cui i parenti e gli amici
prestavasi agli Eroi, consisteva in una pompa funebre, al tempo della quale si celebrava la memoria delle loro imprese(b). Il
e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e di Venere, il quale stava ivi appiattato, e li uccise. Sorpreso Cadmo
reggere all’ eccedente dolore(6). Autrice di que’mali fu Giunone, la quale non poteva mirare di buon occhio la felicità di C
iare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa, la quale , come abbiamo detto, avea la virtù di cangiare in
la rimirava. La vide Atlante, e tosto divenne sterminata montagna, la quale servì poi d’appoggio a tutto il Cielo(b). Perseo
gente e gli armenti. Que’ popoli ricorsero supplichevoli a Giove, il quale disse loro, che Nettuno si sarebbe placato, qualo
iti, Brotea e Orione, nati da Micala, famosa Maga della Tessaglia, la quale co’ suoi incantesimi più volte avea fatto discend
convertì pure in sassi tutti gli abitanti(d), e Poliderte stesso, il quale per invidia tentava di nuocere alla di lui glorio
el giuoco del Disco. A’ medesimi giuochi v’assisteva pure Acrisio, il quale alla prima notizia dell’arrivo di Perseo nel Pelo
lla bocca e dalle narici(6) Conveniva inoltre uccidere il dragone, il quale notte e giorno vegliava alla custodia del Vello d
piegare le vele a’ venti, fece ergere sulle spiaggie un’ara, sopra la quale vi sparse fiore di farina, mescolato con olio e m
a di Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figlia di Toante, la quale ivi regnava, e la rendette madre di due figliuoli
lino fossero i Pelasgi, di lui nemici, dichiarò loro la guerra, nella quale rimase ucciso da Giasone. Questi, appenachè ne ve
ropria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in compagnia di Medea, la quale aveva seco portato via una parte de’ paterni teso
(e). Indi fuggì da Corinto (f), e si recò in Tebe appresso Ercole, il quale aveva promerso di vendicarla, qualora Giasone le
ue figli, Ercole cioè, ed Ificlo, così Anfitrione, volendo conoscere, quale di que’ due fosse stato conceputo per opera di Gi
a fu l’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo fac
. Lo incalzò quindi in guisa, che lo ridusse entro la sua caverna, la quale aveva due aperture. Dopo d’averne chiusa una, v’e
esi, ch’ Ercole siasi formata una veste della pelle di quel leone, la quale a guisa di glorioso trionfo portò indosso tutto i
appresso Molorco, vecchio pastore di Cleone, città d’Argolide, dalla quale il predetto leone fu da’ Poeti qualche volta dett
sì ad Ercole, che gli recasse il Cinghiale della selva d’Erimanto, il quale furiosamente desolava tutti que’ dintorni. L’Eroe
ò appresso il Centauro Folo, figlio di Sileno e della Ninfa Melia, il quale gli diede a bere certo vino, che apparteneva a tu
o stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi co
tato contro Minos, fece sortire dalle acque un altro furioso toro, il quale mandava fuoco dalle narici, e desolava i dintorni
ice, che quella Regina fu uccisa da Ercole(e). Augia, re d’ Elide, il quale , mentr’era figlio di Forbante(f), fu creduto figl
pur morire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il quale era stato costretto a ritirarsi in Dulichio, perc
ette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Cane, di nome Ortro, il quale pure avea due teste. Ministro della crudeltà di G
ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio di Teodamante, re di Misia, il quale , come abbiamo detto, erasi annegato nel fiume Asc
, il quale, come abbiamo detto, erasi annegato nel fiume Ascanio. Sul quale proposito dicesi, che avendo l’ Eroe ricercato qu
cia Tinga, moglie d’ Anteo ; che n’ebbe un figlio, di nome Siface, il quale divenne re della Mauritania ; e che fabbricò una
le(e) e Ovidio(f) dicono, che coloro erano governati da una donna, la quale , per essersi creduta superinore in bellezza a Giu
hè lo aveano fatto, eddeva loro la testa. Gli fu condotto Dafnide, il quale sarebbe pure caduto vittima della di lui crudetà,
, erasi trasferito appresso Desameno, re d’ Olena, città d’ Acaja, il quale lo accolse molto amichevolmente, non solo perchè
eva una figlia, detta dagli uni Mnesimaca, e Ippolita dagli altri, la quale il Centauro Eurizione voleva sposare per forza. E
ornando sene da Trachina, vinse, ed uccise Cigno, figlio di Marte, il quale disputò secolui il premio della Corsa a cavallo.
alò d’una tazza d’oro. Ercole lottò ne’Giuochi Olimpici con Giove, il quale cravi comparso sotto la figura d’atleta. La zuffa
lmente ne fece consapevole l’Areopago. Fu subito arrestato il reo, il quale , posto alla tortura, restituì il furto. Per tale
onne Tracie l’ingresso del di lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la quale col mezzo de’ sogni manifestava i futuri eventi a
azione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio di Nettuno e di Celeno, il quale aveva ajutato Ercole a vincere le Amazoni, e aven
a punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si portò a consultare l’Oracolo di Delfo.
ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il quale , essendo morto senza figli, la lasciò erede della
agari (c). Altri dicono, ch’egli la sposò, e che n’ebbe un figlio, il quale da Diodoro Siciliano si appella Lamo o Lamone (d)
sa traeva seco anche la cute. In tale misero stato vide egli Lica, il quale pallido e tremante stava nascosto nel cavo d’una
già la disprezzava (b) (31). Dicesi, che la famosa Colomba d’oro, la quale conferiva agli alberi la virtù di profetizzare, a
perchè ella celebrava là festa della Dea delle donne, al tempo della quale non era lecito agli uomini gustare alcuna cosa. P
i di un certo Crotone, uomo saggio, moderato, e ospitale, appresso il quale alloggiò Ercole, quando ritornò dall’ aver tolto
, re di Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuola, Etra, la quale gli partorì Teseo. Egeo, dovendo ritornarsene in
elvaggie, perchè temeva d’incontrare lo stesso fine di lui. Teseo, il quale già sospettava ch’ella si fosse colà ritirata, la
(c). Assicurò il cammino a Megara, ove trovavasi un certo Scirone, il quale obbligava i passeggieri a lavargli i piedi, e poi
inalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia di Ecta, re di Colco, la quale , fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo
se ne invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè
Nettuno, e diedero il nome di lui a tutto il mare circonvicino(a), il quale poi da noi oggidì chiamasi Arcipelago(b) (19). Te
lio, e scagliatala con tutta la forza, squarciò la fronte a colui, il quale cadde tutto asperso di sangue, ed esalò lo spirit
mentovata Arianna, stabilirono di procurarsene ciascuno un’ altra, la quale fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia di
ità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stesso re poi sposò Ecuba
gli occhi del padre ; e così dicendo, vibrò contro Pirro un dardo, il quale però appena giunse a toccare lo scudo di lui. Il
tò il fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò di vita Patroclo, il quale gli fàceva resistenza. Il medesimo uccise Meneste
tore sposò Andromaca, figlia d’ Eozione, re di Tebe nella Cilicia, la quale era bella, coraggiosa, e molto amante del suo mar
le ceneri, e le rinchiusero bagnate dalle loro lagrime in un’urna, la quale poi collocarono in un sepolcro(d). Presso la tomb
ba, rimasta di lui incinta, sognò che aveva partorito una faccola, la quale poi arse tutta Troja. Gl’ Indovini, consultati so
a manifestarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale era scritto : si dia alla più bella . Tutte le D
ridusse tralle sole anzidette tre Divinità. Era difficile il decidere quale di loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto
e da Venere e da Anchise(a) (1). Fu allattato da una certa Caieta, la quale diede poi il suo nome ad una città, dove fu sepol
ore(g). Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali
re di quelle genti, e sacerdote d’Apollo. Da questo Nume Enea ricercò quale strada dovea intraprendere. Gli fu risposto, che
cato sulle pelli delle sacrificate vittime, udì in sogno una voce, la quale lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui
comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi gli preparavano un vasto Impero. Il Trojan
il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didone, la quale eravi stata portata da una burrasca, mentre fuggi
, e Agamenonne dovette fitirarsi appresso Polifide, re di Sicione, il quale per timore di dispiacere a Tieste non volle accog
hiarò, che ciò avveniva, perchè Diana era sdegnata con Agamenonne, il quale avea ucciso una cerva, a lei consecrata. Proseguì
li di Atreo. Per accordare poi questa opinione coll’altra, secondo la quale si asseriva, ch’eglino erano figliuoli di Plisten
tutto il tempo del suo ministero. Questo durava un anno ; compito il quale , l’anzidetto scettro con certe ceremonie si trasf
levato nella Corre di Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato una sorella di Agamennone, chiamata
te, avvertito di ciò, voleva inseguirli ; ma lo trattenne Minerva, la quale gl’indicò essere il tutto avvenuto per volere deg
a quando i Greci deliberarono di muovere guerra a’Trojani, Tetide, la quale avea inteso da un Oracolo, che Achille sarebbe pe
tresì un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era di valore sì grande, che uguagliava i più cel
mise pure a morte Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il quale era passato nel Campo Trojano per vagheggiare la
figlio di Telamone. Dopo tale fatto l’Eroe si lavò in una fontana, la quale trovavasi in Mileto, e fu poi chiamata Achillea.(
ra per desistere dall’impresa, quando una giovine di quella città, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle murag
ramai avea perduto la speranza di superarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere
o, eretto ad Apollo in Timbra. Non appena v’entrarono, che Paride, il quale erasi nascosto dietro la statua del Nume, scoccò
ontro di Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la quale non era stata bagnata dallo Stige(a). Ovidio poi
ri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato uno de’di lui più cari compagni(14
Altri dicono, che la conseguì mediante il maneggio di Tindaro(4), il quale volle così ricompensare Ulisse d’averlo consiglia
o(b) (6). Pausania dice, che Ulisse e Diomede annegarono Palamede, il quale stava pescando lungo le rive del mare(c). Ulisse
cro non poteva cadere. Uccise Democoonte, uno de’figli di Priamo ; il quale erasi recato da Abido a difendere Troja(d). Sapev
zione, Polifemo vi ritornò, e ne chiuse l’ingresso con una pietra, la quale non si sarebbe potuto smuovere da venti carri, ti
attignere acqua alla fontana d’Artacia. Ella era la figlia del re, il quale chiamavasi Antifate. Colei additò loro il reale p
sigliò di discendere nell’Inferno a consultare l’ombra di Tiresia, il quale per singolare favore di Proserpina conservava anc
e, a cui il Greco era ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla quale l’infelice si sostenne sulle onde. Nuotò egli due
e. Ordinò al suo coppiere, Pontonoo, di mescere olce vino ; bevuto il quale , Arete ricercò al Greco ospite chi egli era. Ulis
o, in cui Demodoco tratteneva i convitati colla soavità del canto, il quale avea ottenuto in dono dalle Muse in cambio della
iunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale era ritornato dall’avere peolungo tempo e in mezz
ssero. Anche in quella circostanza Ulisse fu assistito da Minerva, la quale gli apparve sotto la figura di Mentore, l’amico f
elli all’assedio di Troja. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il quale maneggiasse meglio di lui l’asta(a) ; e con tanta
ro sì alta stima del valore d’ Ajace Oileo, che nel combattimento, il quale ebbero dopo la di lui morte contro i Crotoniati,
i Afareo o Afarete, fondatore della città di Arene nella Messenia, la quale città egli così denominò da Arene, sua moglie, e
apì Talaira, e l’altro Febe. Da Castore e Talaira nacque Anagonte, il quale alcuni chiamano Anasi, ed altri Auloto ; e da Feb
mano Anasi, ed altri Auloto ; e da Febe e Polluce nacque Mnesinoo, il quale altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Cor
olluce virimase ucciso ; ma comunemente si riferisce, che Polluce, il quale per essere figliuolo di Giove era immortale, chie
izioner, lo precipitò appresso il Promontorio Geresto nel mare(5), il quale mare prese pol il nome di Mirtoo(d) (6). Istro la
dimento(f). Pelope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale era al di là dell’Istmo, e formava una parte cons
igliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la quale fu da Omero(a)nominata Epicastà. L’Oracolo d’Apol
rocurava di sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era salito sul trono di Teb
ricorse al suo genero, Adrasto, figlio di Talaone, e re d’Argo(1), il quale , collegato con Tideo(2), Capaneo Capaneo era nob
oi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei
gnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’
aldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, regina di Lenno(7), la quale stava allattando Ofelte, detto anche Archemoro, n
ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamente sacrificarsi a Marte, il quale mostravasi ancora sdegnato contro i Tebani, perch
se nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la salvezza della
al marito gli estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corpo, il quale era stato abbandonato ne’ campi, acciocchè diveni
i nella Gallia appresso Clastidio, fece voto d’inalzarne un altro, il quale poi dal di lui figliuolo dieci sette anni dopo fu
ortata sopra i Cimbri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il quale era sì unito con un altro, fabbricato all’ Onore,
ella, destra. E’pur necessaria al Prudente la sapienza, simbolo della quale è la luce. Quindi la Prudenza ha nella sinistra u
à un libro. Sopra di questo sta riposandosi una, Civetta, animale, il quale abbiamo detto essere sacro a Minerva, Dea della s
ll’onesto, e del ragionevole. Fortezza. La Fortezza è virtù, la quale ci fa incontrare ragionevolmente, e superave con
Merito. Il Merito è il diritto di lode o d’altra ricompresa, il quale nasce dall’aver operato qualche virtuosa azione.
lche virtuosa azione. Siede il Merito sopra erto e scosceso luogo, il quale esprime la difficoltà, con cui si giunge a merita
a figliuola, vindice acertima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la quale altri fanno figlia di Giove e della Necessità, ov
(e). La Giustizia si fa vedere in piedi sopra una pietra quadrata, la quale , essendo perfettamente eguale da ogni lato, indic
che non meritasse alcuna taccia l’essersi ella sposata ad un uomo, il quale cra stato già due volte Console, e colle sue illu
are la Statua di quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il quale riferisce, che gli Antichi risguardavano come don
nisce il beneficato al benefattore. V’è appresso di lei un’aquila, la quale , avendo fatto preda d’una Lepre, la tine sotto gl
a. E perchè niente v’è, che più rallegri, quanto la pubblica pace, la quale porta seco la maggiore felicità deglì Stati ; per
he voleasi indicare, che la verità è amica della luce chiarissima, la quale fa conoscere ciò ch’è, e dilegua le tenebre della
di oui cima v’ è un occhio. Quella e questo avvertono, che quegli, il quale riprende, dev’ essere circospetto ne’suoi detti.
. La Fede tiene colla destra una chiave, simbolo della secretezza, la quale il più delle volte deesi osservare da questa virt
io ò truce. Nella sinistra ba Egli l’Ippopotamo. Questo è animale, il quale , cresciuto nell’ età, uccide il proprio padre. L’
a, e di sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il quale di natura sua si compiace di se medesimo, e dispr
altro animale. Questo Vizio ha uno specchio, in cui si contempla : il quale atto vuol dire, che il Superbo si rappresenta bel
pensare. Il Lusso soventi volte è il sostegno della gente plebea, la quale , invencando nuove mode, dagli amatori di queste n
sorpresa, mentr’ella trattenevasi conun giovine, di nome Pteleone, il quale le avea regalata una corona d’oro per ottenerne c
i a se lo chiama, mette in vista la proprietà della Disobbedienza, la quale rendesi socda a’ comandi altrui. Arroganza.
fuoco, e ad ammorzare i lumi : lo che si conforma coll’ adulatore, il quale o accende negli animi altrui il fuoco delle passi
La faccia bella è indizio dell’apparenza delle parole adulatrici, la quale piate ; e la brutta indica i difetti, che dagli A
o anch’esse il continuo ciarlare. In cima del capo ha una Rondine, la quale , come la Cicala, sta in atto di cantare. Finalmen
ità nel luogo, ove fu atterrata la casa di Cicerone. Morto Nerone, il quale avea tenuto il Popolo Romano in crudele servitù,
presso la Porta Capena un tempio alla Fortuna per onorare Veturia, la quale colle sue lagrime fece, che il di lei figlio, Cor
l marito. V’ è però chi sotto questo nome riconosce un’ altra Dea, la quale riconciliava gli animi degli sposi, quando erano
liava gli animi degli sposi, quando erano in discordia tra loro, e la quale avea un tempio sul monte Palatino (d). In Anzio p
sovrana dispensatrice di tutti i beni. Nella destra ha un timone, il quale dimostra, ch’ella regge l’ Universo. Talvolta tie
d’ogni ricchezza. Dubbio. Il Dubbio è ambiguità dell’ animo, la quale deriva da opposti ed eguali motivi, riguardo al s
hitrovasi in dubbio. Timore. Il Timore è interna agitazione, la quale nasce dalla conosciuta probabilità d’incorrere in
con Cadmo v’andò pure in corosi d’ Europa Taso, figlio di Nettuno, il quale poi si fermò a fabbricare una città nell’ Isola,
o, realizzo la stessa immagine, e ne fece ua Astro, chiamato Toro, il quale forma uno de’dodici Segni del Zodiaco(b). L’opini
ede in moglie Stenobea, sua figliuola(d), da cui nacque Megapente, il quale regnò in Tirinto(e). (3). V’è chi dice, che le o
moglie una figlia di Pelope, detta Lisidice, che partorì Ippotoe, la quale rapita da Nettuno, e condotta nelle Isole Eschina
. (11). Alceo fu padre d’ Anfitrione e di Anasso, e avo d’Ercole, il quale da lui venne soprannominato Alcide(a). (12). Ele
a Minerva, e nato da Teofane, figlia di Bisalto, per avvicinarsi alla quale Nettuno aveala cangiata in pecora, ed egli erasi
tta da Ferecide Evenia(d), da altri Ofiusa, e da altri Iofosse(e), la quale partorì quattro figli, Argo, Fronti, Mela, e Citi
avevano indotto ; dìcono essi, le artifiziose petsuasioni d’ Ino, la quale studiavasi sempre dì far perire i figliuoli, nati
a’ suoi figliuoli. Ella manifestò il reo disegno alla stessa Ino, la quale sotto le sembianze di schia va aveasi conciliata
o bosco di Dodona(c), o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, appresso il quale eravi il tempio di Giove Dodoneo(e). La detta pro
(g). Altri soggiungono, che vi sottentrò Anceo, figlio di Nettuno, il quale , ritornato da Colco, regnò nella Ionia, dove spos
oltre il variare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, var
ga ; e a tale opinione può favorire il silenzio di Diodoro Siculo, il quale , mentre minutamente riferisce tutte le circostanz
te poi nomina Absirto : silenzio, cui dà forza l’altro di Erodoto, il quale , parlando degli ambasciatori, spediti da’ Colchi
Diction. Mythol. (13). Tra’figli di Neleo si nomina Peticlimeno, il quale aveva conseguito da Nettuno, suo Avo, il privileg
figlia d’Arcturo, di nome Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il quale fu detto il monte di Borea, primachè prendesse il
ima moglie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia di Dardano, la quale lo persuase d’arcecare i figli, avuti da Cleopatr
ratsi nel tempio della Misericordia, erecto in Atene, sul modello del quale anche i Romani ne inalzarono un altro alla medesi
teo, e di propria mano gli recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la quale , dopo di averla insultata, ne strappò anche gli o
cogli altri Eraclidi, ma ne, fu impedito da Echemo, re d’Arcadia, il quale alla testa di alquante truppe marciò contro di lu
no de’ maggiori re di quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il quale dopo la morte di suo padre salì sul trono, e died
bbia ricevuto quella corona da Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la qua
quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la quale , per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua
nel’ mare, e soggiunse all’ Eroe, che se voleva essere creduto tale, quale si asseriva, di nuovo a lui recasse il medesimo a
rdote di Bacco (d). In Nasso si celebrò una Festa, detta Ariannea, la quale non inspirava che tristezza e lutto, perchè essa
Labirinto, eseguì l’ Ormo, ossia la danza, inventata da Dedalo, e la quale consisteva nel formare un circolo, mescolato d’ u
che quel mare siasi denominato Egeo da Egea, regina delle Amazoni, la quale vi naufragò, mentre se ne ritornava in Africa, ca
Eurinomo ; e Licida, finirono di vivere. Era in fuga anche Greneo, il quale , voltatosi a guardare chi lo incalzava, rimase gr
 1., Tacit. l. 16. (1). Figliuolo di Laomedonte fu pure Antenore, il quale , trasferitosi in Italia, fondò la città di Padova
enore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo
iro, chiamata poscia Caonia da Caone, fratello dello stesso Eleno, il quale , trovandosi secolui alla caccia, senza avvedersen
a avuto da quel re ; e allevando Polidoro, come su proprio figlio, il quale già era della stessa età ; fece passare Deifilo p
ggiungono, che Troilo, non avendo voluto corrispondere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato di vita nel t
Creusa si smarrì per istrada, mentre seguiva il suo marito, Enea, il quale erasi dato alla fuga. Enea, tostochè se ne accors
averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò appresso la sua fa
gj tesori. V’è un’altra Tradizione, riferita dallo stesso Erodoto, la quale dice, che Elena, essendosi imbarcata con Paride p
ò sotto i colpi di Menelao. Il di lui cocchiere chiamavasi Midone, il quale venne rovesciato e ucciso da Antiloco(d). Pilemen
lo pure fece sapere, che avrebbe perduto la vita quello de’ Greci, il quale fosse disceso il primo sulle Trojane rive. Protes
allontanarsi anche da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re di lolco, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allora, che Astidami
claustre Diction. Mythol. (5). V’è chi dice, che il messaggiero, il quale riferì ad Enone, che Paride si faceva portare app
na pelle di cane, ovvero sotto quello di questo stesso animale(a), il quale simboleggiava la vigilanza, con cui si supponeva,
avendolo tralle braccia, correvano intorno al focolare della casa, il quale risguardavasi come un altare sacro agli Dei Lari.
intomo alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò alcun danno, nè si potè estinguere co
lla pietosa azione de’due fratelli (b). (7). Lesche, poeta Greco, il quale compose una piccola Iliade, dice, che Enea rimase
secrarono un bosco, e gli eressero un cenotafio in un promontorio, il quale fu poi detto Prementorio di Palinuro (a). (a).
a sì intrepida azione le acquistò il nome di Elisa parola Fenicia, la quale dicono significare donna forte (d) ; e fu in Cart
pi un’infinità di Frigj. Rimase uccisa da Arunte, soldato Trojano, il quale approfittò del momento, in cui ella stava per isp
na altro non era che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la quale fu nutrice di Giove. Comunque ciò sia, notiamo pe
ripilo, e rendevano grande onore al Nume, rinchiuso nella cassa, e il quale essi chiamarono Esimnete. Nove de’principali dell
prerogative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo, la quale era stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò
li allora operò, è questa : Achille, per vendicarsi di Agamennone, il quale , come piu diffusamente esporremo, aveagli tolto B
iù combattere. Prese Patroclo le di lui armi, eccettuatane l’asta, la quale per l’immenso suo peso non si poteva maneggiare c
te frutta avesse una certa ficaja, si trovò che il numero n’era tale, quale Mopso avea asserito. Interrogato poscia Calcante
ta che l’Ifigenia, sacrificata in quell’occasione, era una figlia, la quale Elena, sorella di Clitennestra, avea avuto da Tes
. Sofocle ci dà a divedere Crisotemide, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli occhi di sua madre il dolore
giovine Oreste, facendolo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il quale lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’
e in Brauron, Borgo dell’ Attica, eravi un’antica statua di Diana, la quale credevasi essere quella, che fu rapita da Oreste.
arne la memoria, fabbricò ivi una città, che denominò Canobo, e nella quale al momento della sua partenza vi lasciò tutti gl’
i distinse in valore, quando uccise Euripilo, figlio di Telefo(c), il quale erasi portato in soccorso di Priamo, perchè erasi
riamo, perchè erasi invaghito della di lui figliuola, Cassandra, e il quale aveva ucciso molti Capitani Greci, e tra gli altr
Neottolemo. Non avendo Ennione prole, divenne gelosa di Andromaca, la quale , come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo n
di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re di Misia in Asia, il quale la adotto per sua figliuola(d). Pausania dice, ch
to Principe trovavasi allora in guerra con Ida, figlio d’Afareo, e il quale voleva detronizzarlo. Teutrante promise la propri
mmortalità a condizione, che avesse avuto cura d’un capello d’oro, il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa,
d’oro, il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa, e al quale era annessa la durata della di lui vita. Cometo s
piaga fu un effetto del morso di un serpente, mandato da Giunone, la quale , odiando implacabilmente Ercole, voleva punire Fi
che da Circe furono converti in porci, si nomina un certo Grillo, il quale volle rimanersene sempre porco(f). Si fa pute men
orco(f). Si fa pute menzione di un altro Greco, chiamato Elpenore, il quale riacquistò sì le sembianze d’uomo, ma avendo poi
itarono nel mare, nè più furono udite. Così si verificò l’Oracolo, il quale aveva predetto, ch’elleno perirebbono, quando un
a Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la quale Diodoro Siciliano chiama Glauce ; ed essendo mort
col. Graec. l. 2. (1). Da Tindaró e da Leda nacque anche Filònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una d
c). Pausania soggiuage, che Sparta eresse alle medesime un tempio, al quale erano consecrate certe donzelle, dette anch’esse
detto Mirtoo non da Mirtilo, ma da una giovine, chiamata Mirtone, la quale restò in quelle acque sommersa(f). Plinio poi pre
ò in esilio, ed eglino si ritirarono appresso Euristeo, re d’Argo, il quale , venuto a morte, lasciò ad Atreo la corona(b). Al
on avessero avuto uno de’ di lui ossi. Ne fu incaricato Filottete, il quale lotrovò in Pisa, ove Pelope, era stato sepolto. M
suoi discendenti avessero il privilegio di conservare quell’osso, il quale fu poi dedicato a Cerere(a). (b). Id. Ibid. (
suoi figliuoli, anch’ella si trafisse il petto colla spada stessa, la quale stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta
oi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei
gnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’
rtò pure molti premj l’ Atleta Evanoride d’Elide, nel Peloponneso, il quale poi divenne uno de’ Direttori e Giudici ne’ medes
ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamente sacrificarsi a Marte, il quale mostravasi ancora sdegnato contro i Tebani, perch
se nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la salvezza della
clia(c). (10). Adrasto implorò il soccorso di Teseo, re d'Atene, il quale obbligò i Techani, che permettessero i funerali d
ndata da Creonte(a). Dicesi inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il quale aspirava alle nozze di colei, non avendo potuto s
6 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
erò i Venti e le Stelle. Ceo con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre di Ecate. Giape
rigionò; che questi fu poi liberato, e rimesso nel regno da Giove, il quale vinse Titano coi fi gli; che avendo però Saturno
due facce: finalmente che sotto Saturno fiorì l’ età dell’ oro, nella quale , favoleggiarono i poeti che la terra tutto produs
egli a sostenere. La prima, secondo Esiodo, fu contro i Titani, nella quale ci venne soccorso da Collo, Gige, e Briareo; cui
do inteso da Urano, e da Gea, che nascere da lei doveva un figlio, il quale sarebbe stato re degli uomini, e degli Dei, tolse
emole figlia di Cadmo ebbe Bacco; da Alcmena moglie d’ Anfitrione, la quale egli ingannò assumendo la sembianza dello stesso
in serpente per Doreida, in aquila per Asteria sorella di Latona, la quale però da esso fuggì trasformata in quaglia. Finalm
azioni, ma che realmente per la pioggia d’ oro intendersi deve l’ oro quale Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la na
custodi di Danae, pel toro la nave avente l’ insegna del toro, colla quale rapì Europa, per l’ aquila un’ egual nave portant
e ec. Rappresentavasi Giove in aspetto maestoso, con folta chioma (la quale agitando facea, secondo Omero, tremar l’ Olimpo),
esti formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione d
nome di Quirino. Figlio di Marte, secondo Esiodo, fu anche Cigno, il quale fu poi ucciso da Ercole nella Focide in occasione
Marte già si è detto Ma oltre a questo amò ella Anchise Troiano: del quale concepì Enea, e soprattutto amò perdutamente il g
o sposo, punte da invidia le fecer credere eh’ ei fosse un mostro, il quale alla fine avrebbela divorata. Psiche per accertar
li destatosi al dolore fuggi sdegnato, seco a volo traendo Psiche, la quale presolo per un piede cercava in vano di trattener
endo le sembianze di Eurinome. Clizia scoperse il fatto ad Orcamo, il quale fece seppellir viva Leucotoe che poi da Apolline
a pestilenza mandarono in Delfo a consultare l’ oracolo di Apollo, il quale rispose, che conveniva condurre Esculapio da Epid
innalzarono templi, in cui rappresentavasi con un bastone in mano, al quale era un serpente attorciglialo; e gli s’ istituiro
lenza, e Nettuno coll’ inondazione, e col mandar un mostro marino, al quale Laomedonte per ordine dell’ oracolo dovette espor
a tutti palese. Una tenzone di altro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impossessatosi del cammino di Delfo vietava che a
ci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia di Licaone, la quale erasi lasciata sedurre da Giove, che per ingannar
. Ella mandò a disertar le campagne calidonie un terribil cignale, il quale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma
i lui medesimo. Imperocchè nella caccia, che a quello diedesi, e alla quale concorsero i principali Eroi della Grecia, essend
erra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e di Maia, dal quale e da Penelope alcuni pretesero nato il Dio Pane;
l caduceo; vale a dire una verga attorcigliata da due serpenti, colla quale dice Omero, eh egli chiamava il sonno su gli occh
fferivasi mele, vino, e latte, e sacrificavasi il capro, il morso del quale cosi nocevole vico riputato alle viti. In Roma le
o Trittolemo con portentosa prestezza, ebbe Celeo curiosità di spiare quale magìa usasse Cerere con lui la notte, e veggendol
e, al dir di Ovidio, spedì quindi nel Caucaso a ricercare la Fame, la quale assalì Erisittone per modo, e così insaziabile di
faceva ogni anno alle calende di Marzo rinnovando il fuoco sacro, il quale nell’ uno e nell’ altro caso portavasi da una Ves
i rese allor quando mirò trafitta da Cibele la ninfa Sangaride, colla quale violato egli avea il precetto di castità impostog
re. Ma non potè vincere quella di Siringa figlia del fiume Ladone, la quale da lui fuggendo in riva al fiume paterno fa cangi
itto il violare. La sua figura a principio non era che una pietra, da quale segnava il confine tra un campo e l’ altro, ma in
vere nell’ atto che la conduceva all’ inferno per ordine di Giove, il quale le aveva prima tagliata la lingua in pena di aver
Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmoneo e moglie di Creteo, la quale ingannò assumendo la forma del fiume Enipeo, ebbe
no era Proteo figliuolo dell’ Oceano e di Teli figlia della terra, il quale da Nettuno avea per ricompensa ottenuto da previs
ro Forco da Cicerone si accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il quale , die’ egli, fu re di Corsica e di Sardegna, e vin
mmerso, fu detto poi da’ compagni cangiato in Dio marino.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba,
io di Forco e della ninfa Cratea. Fu amata perdutamente da Glauco, il quale ricorse a Circe per ottenere da lei qualche incan
sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare, e dalla quale poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato col fu
i credevansi dell’ agricoltura e delle leggi; Iside di lui moglie, la quale i Greci pretendeano esser la figlia d’ Iliaco da
Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso, nel quale chiudevansi tutti i mali. Accolse Epimeteo lietam
caso, e mandò a rodergli le sempre rinascenti viscere un avoltoio: il quale tormento Prometeo soffrir dovette, finchè da Erco
Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato i
n varie forme avea pure Acheloo figlio dell’ Oceano e della Terra, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia d
liuola di Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina di Litia, la quale abusando dell’ impero sovra di lui acquistato, il
in isposa Ebe figlia di Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla quale pur conseguì che Gioluo figlia d’ Ificlo e suo co
ella Puglia, ed ivi raccolta da’ pescatori e recata al re Pilunno, il quale sposata Danae, da cui ebbe Dauno (che trasferitos
di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al re Polidette, il quale , allorchè Perseo fu cresciuto, di lui temendo, co
targli il capo dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il quale per la sua altezza si disse poi sostenere il ciel
olo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua figlia dalla quale Bellerofonte ebbe Issandro, Ippoloco e Leodamia,
i credersi cangiate in vacche, e ne furono poi guarite da Melampo, il quale sposò una di esse, e diede l’ altra a Biante suo
o non l’ avean recinta: e queste furono poi fabbricate da Anfione, il quale secondo le favole al suon della lira trasse le pi
one figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il trono di Tebe. Questi vedendola
trono di Tebe. Questi vedendola incinta la ripudiò, e prese Dirce, la quale temendo che Antiopi tornar potesse in grazia del
pastore di Polibio re di Corinto, e portatolo, alla regina Merope la quale ne prese cura, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chi
e. Ma sopravvenne in Tebe alcuni anni dopo un orribile pestilenza, la quale , disse l’ oracolo di Delfo su ciò consultato, che
ita si appiccò da se stessa; poi datosi ad un volontario esiglio, nel quale la figlia Antigone volle accompagnarlo., andò a m
ella guerra finirono colla; loro morte. Perciocchè avendo Creonte, il quale prese il governo di Tebe, vietato che gli Argivi
, animandolo alla grande impresa della conquista del vello d’ oro, il quale veniva riputato come sicuro pegno della prosperit
posta riva n’ andò col montone a Coleo; dove sacrificollo a Giove (il quale poi lo trasportò in cielo nel segno dell’ ariete)
a e di Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi aggiugne ancora Teseo, del quale altri tacciono: e unito crasi ad essi ancor Ercol
or balìa, uccisi avevano tutti gli uomini. La regina Issipile però la quale meno inumana delle altre salvata avea furtivament
l vello. Giasone ebbe l’ arte d’ innammorare Medea figlia di Eeta, la quale essendo maga gli fornì l’ erbe incantate, onde do
si Giasone del vello d’ oro, se ne parrì coi compagni è con Medea, la quale prevedendo che dal padre sarebbe stata inseguita,
Chirone nacque da Fillira figlia dell’ Oceano congiunta a Saturno, il quale sorpreso dalla moglie Rea, per occultarsi, cangio
de gli furon dati ad allevare. Fu anche dottissimo in medicina, nella quale ammaestrò Esculapio affidatogli da Apollo; e la c
ote del primo ebbe in moglie Pasifae figlia del Sole e di Perseide la quale furiosamente innamoratasi di un toro, partorì il
esse innammoratosi recise al padre addormentalo un crine purpureo, al quale era annesso il destino di Nisa, per la qual cosa
cui dava nel laberinto fabbricato da Dedalo in pasto al Minotauro, il quale fu poi ucciso da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessio
e, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il quale mostrava di voler superarlo (perciocchè giunto da
Piritoo. Teseo nacque in Trachine da Etra figlia del re Pitteo, la quale congiunta prima a Nettuno si unì poscia ad Egeo,
sura del letto. Vuolsi pure che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava di seppellire gli Argivi morti in quella
e Amazoni, ebbe da esso Ippolita, o come altri dicono, Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia
esta Proserpina fosse moglie di Edoneo re dell’ Epiro, per toglier la quale essendo andati Teseo e Piritoo, il primo fu uccis
Ippolito le sue vendette. Nettuno spedì perciò un mostro marino, dal quale i cavalli che traevano il cocchio d’ Ippolito lun
e nell’ Elide, ove a quel tempo regnava Enomao padre di Ippodamia, la quale perchè bellissima, e perchè unica ed erede del re
endenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se tal
rtilo cocchier di Enomao a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato nel corso precipitò E nomao ch
cangiato in sasso. Era stato predetto dall’ oracolo, che il primo, il quale fosse sceso sul lido di Troia, sarebbe perito. Ci
lia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome di Criseide, la quale nella divisione della preda fatta da’ Greci nella
a di Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanza di Nettuno al quale Achille aveva ucciso il figlio Cigno, atterrandol
di che non sapendo i Greci decidere, chiesero a’ Troiani prigionieri quale dei due avesse a Troia fatto più danno, e avendo
sero Deifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a quello era stata
ade, la Dea irritata suscitò contro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per opera di Nettuno sopra lo scog
ntitolò pur Salamina. Diomede, secondo Omero, in una battaglia, nella quale gli Dei medesimi vollero prender parte, ferito av
he delle mandre del Sole; per cui questi irritato ricorse a Giove, il quale alla loro partenza fulminando la nave li fè andar
lo, e spedito con ricchi doni sicuro in Itaca sopra una loro nave, la quale da Nettuno sdegnato fu poi al ritorno cangiata in
ope per ispirazione di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il quale coll’ arco di Ulisse scagliar sapesse uno strale
r velarne l’ altare, vide da essi gocciolar sangue, e udì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio
estore a titolo di consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, del quale dissimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui
one vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdata era non molto
ramantide, che era stato prima da lei rifiutato, ricorse al padre, il quale spedì Mercurio ad intimare ad Enea di lo sto part
ell’ arpia Celeno. Spedì adunque Oratorio a Latino re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre di dove
e per disturbar queste nozze chiamò dall’ inferno la Furia Aletto, la quale accitò prima Amata moglie del re Latino a nascond
cco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia era stata innanzi promessa; e finalmente
soccorso ad Evandro figlio di Mercurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale , come si è detto, partito di Arcadia per avervi d
toscano Arunte, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa di Diana, alla quale Camilla era consagrata, Enea innoltrandosi venne
lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fond
rono a farsi guerra tra loro. Seguì da ultimo l’ età del ferro, nella quale inondarono tutt’ i vizi, Da questi irritato Giove
percuote di nuovo, e ritorna uomo. Nata contesa fra Giove, e Giunone, quale de’ due sessi provi piacer maggiore, la decide co
a madre di Meleagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita di lui era annessa, ed ei muore consunto
re la figlia Esione. Parte I. Capo X. Esione è liberata da Ercole, il quale frodato egli pure de’ promessi cavalli, espugna T
solito solleva una zolla pesante, cui vede cangiarsi in fanciullo, al quale dà il nome di Trage; e questi, divien poi ivi il
nde in aperta campagna, o in qualche luogo elevato era l’ altare, sul quale agir Dei rappresentati da un sasso informe o da’
are del vino (o in mancanza di esso dell’ acqua) in onore del Dio, al quale sacrificavasi. Usavasi pure ne’ sacrifìci l’ ince
la vittima; e gli Aruspici si dissero istituiti da Tagete Etrusco, il quale si favoleggiò esser nato da una grossa zolla di t
ciò destinati, e disponevansi in versi. 4. L’ oracolo di Trofonio, il quale rendevasi in una caverna presso Lebadea città del
arlo dopo varie preparazioni entrar facevasi in questa caverna, dalla quale uscendo riferiva quanto vi aveva udito e veduto a
nella Libia. Presso i Romani la più famosa era la Sibilla Cumana, la quale si disse che offerse al re Tarquinio superbo una
5. il salto o all’ insù, ovvero orizzontalmente; 6. il pugilato, nel quale combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’ cesti
7 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
i ad essi allusive, e la descrizione dei loro attributi, del modo col quale erano adorati, delle cerimonie sacre, dei templi,
magine commoventissima dell’amor coniugale ; e la favola d’ Orfeo, il quale colla soavità del canto mansuefaceva le tigri e s
ani chiamarono Caos quella congerie di cose casuale ed informe, nella quale immaginarono confusi tutti gli elementi della nat
rmò il cielo, dimora degl’immortali, il fuoco e l’ aria in mezzo alla quale restò sospesa la terra circondata dall’ acqua ; e
te, Ogni soave e delicato frutto Dava il grato terren liberamente ; E quale egli venia da lui produtto, Tra sé il godea la fo
6. È rappresentato in sembianze di giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle strade, e con una chiave per a
la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri
uanto posso, al fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio, nel quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio. Chè
di Galli in latino, da Gallus, fiume di Frigia, bevendo l’ acqua del quale si fingevano furibondi a segno di lacerarsi il co
var la terra e di seminare il grano ; sicchè gli antichi l’ adorarono quale Dea dell’ agricoltura, e più specialmente delle m
econdi non denotassero mollezza ; ma sì v’era ammesso il papavero, il quale conciliando il sonno a Cerere aveva dato tregua a
ola sembra che i poeti volessero indicare la prepotenza dispotica, la quale si studiava di tenere oppressi coloro che, illumi
ra, le regalò un vaso chiuso, con l’ordine di recarlo a Prometeo ; il quale , prevedendo qualche inganno, respinse Pandora ed
asmutò in toro per rendere immortale Europa figlia del re Agenore, la quale partorì Minosse (228) e Radamanto (230) ; prese l
figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennestra (441), di Poll
iove era talvolta rappresentato sotto le forme d’ariete, le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più son
a. Comunemente gli immolavano la capra, la pecora e il toro bianco al quale crano indorate le corna ; ma spesso si limitavano
, celebre architetto e inventore della nave degli Argonauti (452), il quale aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquant
; l’ambiziosa regina degli Dei non volle esser da menò del-marito, il quale aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò
ne amò tanto questa sua confidente, saggia e docile giovinetta, dalla quale riceveva sempre buone nuove, che per ricompensa l
o uccise ; e la pelle del mostro servì poi a ricoprire il tripode sul quale sedeva la Pitia o Pitonessa (122) per dare gli or
oria gli fu amareggiata dalla morte del figliuolo Esculapio (289), il quale aveva fatto molti progressi nell’arte della chiru
rata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’era considerato quale Dio. Infatti aveva fin reso la vita ad Ippolito (
r cagione dei mostri marini ; ma Giove, reputando questa risurrezione quale oltraggio alla divina potenza, e istigato da Plut
to re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e fin d’allora fu onorato quale Dio dei pastori. Soggiornando poi in quelle campa
itone nacque Memnone (Memnésthai, rammentarsi, gr.), re d’Etiopia, il quale militò con Priamo (587) nella guerra di Troia, e
a un carro tratto dal Pegaseo (124), perch’ella è amica dei poeti. E quale , annunziatrice degli albori, L’aura di maggio muo
incendio nel littorale d’Italia, immaginarono una caduta del sole, il quale ad essi pareya che tramontasse in Italia posta al
i che Febo n’avesse ceduto il reggimento al suo figliuolo Fetonte, il quale per l’imperita età mal resse il commesso freno. »
ti costumi ne fecero un animale caro ai poeti ; e da essi ebbe culto, quale uccello sacro ad Apollo, alle Muse ; indi i poeti
li che insegnò a sonare la lira ad Orfeo (469) e ad Ercole (364) ; il quale Ercole, se volessimo credere alla favola, offeso
rno a chi dovesse possedere la ricca preda, consultaron l’oracolo, il quale ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più s
ù savio di tutta la Grecia. Allora lo recarono al filosofo Talete, il quale , oltre al sapere la geometria, la fisica e l’astr
saviezza e per dottrina. Periandro offerse il treppiede a Solone, il quale riponeva la vera ricchezza nella virtù, solo teso
ro animo i precetti della morale. Quindi lo adorarono particolarmente quale Dio della poesia, della musica e delle belle arti
Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re di Frigia, nel quale non si sapeva se fosse maggiore la ricchezza o l’
o, e far libazioni d’olio e di latte, queste in memoria del tempo nel quale fece il pastore, quelle perchè l’olivo, fedele al
e notti. Quindi il cigno si riferiva anche alla tenera armonia con la quale supponevasi che questo volatile cantasse la vicin
amati figli del Sole, gli aveano consacrato uno smisurato colosso, il quale contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era
ato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serviva di
via loro re ordinò d’atterrare la statua per venderla ad un ebreo, il quale ne fece trasportare i pezzi sopra 900 cammelli. U
re Mausolo suo sposo. Questo monumento prese il nome dal principe del quale conteneva le ceneri ; e ancora diamo lo stesso no
nitalis od Illitia dal greco, perchè al pari degli Efesj la onorarono quale mistica immagine della genitrice Natura. 139. Tut
142. Diana in terra s’era dedicata alla caccia ; e perciò l’adoravano quale Dea dei cacciatori ; e andava scorrendo i boschi
destra tenga una face ardente, con la sinistra un arco allentato, il quale , secondo Claudiano, è di corno, e secondo Ovidio,
vagheg gia quelle cose vane ; ma Giove si tolse con sè il bambino del quale Semele era incinta, e lo custodì fino al momento
in folla e furia i Tebani, e invocando Bacco nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè di notte fur
tori d’antiquaria suppongono che Bacco sia la stessa cosa che Noè, il quale piantò la vite, e insegnò agli uomini a fare il v
Mercurio, figliuol di Giove e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla quale fu consacrato il mese di maggio, nacque in Arcadi
ra le altre, quella della palestra, incominciamento di ginnastica, la quale è utilissima a incivilire gli uomini ed a mantene
musica e per la parola, industrioso, commerciante, educatore, segna, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale,
ore, segna, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più affaccendato di tutti, poichè avev
iove (28) ; ma questa è una bizzarra allegoria della prontezza con la quale Mercurio seppe anche da giovinetto cattivarsi l’a
. Siechè Mercurio, per calmarne la collera, gli regalò la lira, della quale era già reputato inventore. Questa lira fu format
n matrimonio con Penia Dea della povertà, che nello stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita di Venere, era ac
è a povertà ; chè anzi si accompagna principalmente con la carità, la quale santifica gli affetti ispirati da lui. Saffo (177
ri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio di Celo e della Terra, il quale sposò Teti o Tetide, tenuta parimente qual Dea de
ra un’ urna di dove scaturisce l’acqua che è la sorgente del fiume al quale presiedono. 195. Proteo nacque dall’Oceano e da T
ome. 199. Tra gli Dei marini non è da passare sotto silenzio Eolo, il quale aveva il potere di sollevar le onde e d’eccitar l
e della ninfa Naiade, fu celebre pescatore d’Antedonte in Beozia ; il quale , posati che ebbe un dì alcuni pesci sopra certa e
dere ; sicchè egli andò a lagnarsene con Circe (575), famosa maga, la quale avvelenò la fontana dove Scilla solea bagnarsi. A
iglia ebbe da Nettuno il ciclope Polifemo (273) e quella Scilla della quale abbiamo già parlato (202). Credono che da Forco f
resso il lago Averno esistesse una via per discendervi, quella per la quale Enea fu condotto dalla Sibilla Cumana (665) : Er
ronte. 221. Lo Stige era un « tristo ruscello con acqua buia » dalla quale esalavano mortiferi vapori, e che per nove volte
e giustizia che ebbe l’onore di tener nell’Inferno la bilancia con la quale eternamente libra il vizio e la virtù. Eaco ebbe
e ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore di quello al quale si volevan sottrarre. Infatti presso la città di
erra (25), e secondo altri del Caos (22). Sposò l’Acheronte (218) dal quale ebbe le Furie (232) ; da sè sola concepì la Morte
o verso la notte ponendogli dietro fra le gambe una grande stella, la quale fosse quella di Venere, per chè Venere e Fosforo,
l’Ariosto nell’Arabia. Dovunque si sia, basta che si finga un monte, quale se ne può immaginare uno, dove siano sempre teneb
a fanno un ramo della Letea. Dentro questa concavità sia un letto, il quale , fingendosi d’esser d’ebano, sarà di color nero,
re prima i Giganti (65), schiacciati sotto il peso del monte Etna, il quale , a motivo dei suo cratere ignivomo era preso per
mpì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio Fu di voler, quale il Tonante in cielo, Tonar quaggiuso e folgorare
li neri. Nell’Inferno siede sopra un trono di bronzo, sui gradini del quale stanno tutti i flagelli che affliggono l’umanità.
i ne hanno segnalati parecchi ; ma il più celebre è quel de’Greci, al quale sono state attribuite le alle gesta e le avventur
la Dea della Sapienza. 263. Se vogliamo considerare Minerva solamente quale Dea della guerra, ella prende allora il nome di P
ale Dea della guerra, ella prende allora il nome di Pallade, sotto il quale era principalmente adorata nella città di Troia ;
tribuita la scoperta della scrittura, della pittura e del ricamo, nel quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia di
lla Dea ; essendochè, dicono fosse superata ella stessa da Aracne, la quale ne menò troppo vanto ; ed allora Minerva indispet
era una corazza coperta con la pelle di un mostro chiamato Egide, il quale vomitava fuoco, e fu da lei ucciso. Su questa div
e onorata ad Atene dove aveva un magnifico tempio, sotto l’altare del quale era nutrito un serpente a lei sacro, perchè quest
j, ne mitiga gli affanni, e consiglia un amor puro e casto, senza del quale non è vera dolcezza sopra la terra. Ma Polinnia
ali per sottrarsi agli oltraggi di Pireneo re della Focide, presso il quale avevano sperato di trovar ricovero da un improvvi
ravano le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale era stato costruito il suo tempio. Credevasi che
e nipote di Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia di Giano, la quale fu cangiata in voce, per esser troppo ciarliera.
un figliuolo chiamato Sterculio stercus, concio, ingrasso, lat.), il quale inventò l’arte di concimare la terra. Fauna dopo
questo modello delle vedove, e le alzarono un tempio, i sacerdoti del quale distribuivano al popolo erbe o semplici per curar
un ritegno al mal fare. Ma convien che sia molto rozzo quel popolo il quale ha bisogno di tanti vigilatori. Siccome la coscie
an chiamati Sileni ; e l’anziano tra di essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parlato ragionando di questo Dio (146). N
ria d’una singolare sfida di canto seguita tra lui e un somaro, nella quale il quadrupede, indispettito d’esser rimasto perde
mente una capretta o un agnello. La festa finiva con un banchetto nel quale il pastore più vecchio faceva una patetica invoca
Creusa (608) e da Julo, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il quale sosteneva con le sue mani il sacro incarco de’san
(254), che è cieco, fosse guidato dalla Fortuna egualmente cieca, la quale dipende dal cieco Destino (24), se la instabilità
le sue proprie leggi, cedendo alla voce irresistibile dell’amore ; ma quale sovrana dei mortali non volle sottoporre il suo c
te alle tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara nel Campidoglio, sulla quale deponevano una spada prima di partir per la guerr
aglia, e governava i popoli con tanta saviezza, che fu quindi onorata quale Dea della Giustizia. La favola aggiunge che Giove
una mano le bilance, simbolo dell’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento di vendetta o di violenza, ma per indi
inni, figlia della Notte, éra una Dea autrice d’immensi guai, ed alla quale venivano attribuite le cause di guerra e le irate
e ec. Ella in compagnia di Bellona, si caccia innanzi la Paura per la quale i sette Capitani (Eschilo) giurarono a Tebe la ru
iaccola, e con l’altra mano strascinava per la zazzera un giovane, il quale , elevando le mani al cielo, chiamava ad alta voce
tti venia il Pentimento colmo di dolore, rinvolto in lacero bruno, il quale , addietro volgendosi, scorgea venir da lungi la V
ia di Temi (337) e sorella della Temperanza, senza la compagnia della quale non può sussistere. La rappresentavano sotto l’em
levata prima di lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di batter l’ali e di cantare. E tutto qu
cchio in guisa tal lucente, Che l’imagine mostra d’ogni oggetto, Non quale ei sembra, ma qual è in effetto. In questo se tal
figura di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo della quale era scritto : La morte e la vita. Il primo sentim
tto della ragione, che si matura nel corso della nostra estate, e del quale godiamo nel nostro inverno. Felici coloro che lo
I Romani ci hanno lasciato un altro gentile emblema della Fedeltà, il quale consiste in due vergini che pigliandosi per la ma
(466) e la Chimera (465). Dal rimanente nacque il cavallo Pegaseo, il quale , percuotendo la terra, ne fece scaturire la fonta
si dell’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per rimetterlo sul trono, dal quale era stato scacciato da Preto (462) suo fratello ;
I Tebani con armi alla mano erano accorsi in aiuto di Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale sguainato s’era quiv
iresia (660), che vaticinando presagiva il fato del grau fanciullo il quale giacea nella culla. Era egli figurato pieno di sp
nfidandosi che alla fine vi sarebbe perito. Questo severo comando, al quale per voler del Fato Ercole non poteva disobbedire,
are in lui l’età più pericolosa della nostra vita ; quella cioè nella quale , essendo liberi di noi ed in tutto il vigore dell
te, Purg. c. IV.) E da ciò ha origine la favola d’Ercole al bivio, il quale , sdegnando Venere, e seguitando Minerva, meritò (
iando da sè medesimo alcuni alberi sul monte Eta, s’ alzò un rogo sul quale finì la faticosa vita. Ma ingiunse prima a Filott
aggiormente il nome di questo fanciullo. 401. Rappresentano Ercole quale uomo forte e robusto, con rilevata muscolatura e
ria origine, andò a rintracciarlo. 405. Ma prima di darsi a conoscere quale erede del trono d’ Atene, risolse di mostrarsene
e ossa, facendone un sacrifizio a Giove (63). 411. Anche Procuste, il quale commetteva crudeltà orrende nell’ Attica, soggiac
i denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più odioso il nemico al quale dovevano pagarlo, se ne saranno lagnati, quasichè
quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo di filo, mercè del quale potè ritrovare la via, ed uscire dal Laberinto do
to procacciasse un’ altra moglie al compagno. Elena toccò a Teseo, il quale si propose di scendere con Piritoo all’ inferno p
no figli d’ una bellissima donna dell’ Etolia, chiamata Leda (74), la quale ebbe due mariti : Giove che fu padre di Polluce e
che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532). I figliuoli di
a Linceo e Ida. Sostennero contr’ essi un ostinato combattimento, nel quale Castore restò ucciso da Linceo che pur cadde sott
ti. 448. Giasone ebbe per padre Esone re d’ lolco in Tessaglia, al quale era stato tolto il trono da Pelia fratello ; ma q
possesso del Vello d’ oro. 88 451. Giasone, essendo nell’ età nella quale più ferve l’ amor di gloria, colse avidamente l’
. Tutti questi prodi salirono sopra un naviglio a cinquanta remi, del quale Minerva stessa aveva dato il disegno. Il legname,
remi, del quale Minerva stessa aveva dato il disegno. Il legname, col quale fu costruito, era stato preso sul monte Pelio e n
o di tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per voler di Giunone e di Minerva protettrici del
ver predato il tesoro, Giasone fuggì da Colco insieme con Medea, alla quale non rimaneva altro scampo che la fuga per sottrar
ficato. 458. Cotanta infedeltà spinse al furore la malvagia donna, la quale , dissimulando lo sdegno, perseguitò la rivale, e
quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sventurata morte di q
ere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa donna quale arte ella debba avere insegnato ai Greci. 490. Si
che la Sfinge fosse una fanciulla presuntuosa, figliuola di Laio, la quale sdegnata per non aver parte alcuna negli affari d
e, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due femmine, Ifigenia ed Elettra, e un figli
approdavano. Allora fu vista una generosissima gara d’amicizia, nella quale ambedue i giovani amici volevano dar la vita l’un
e dello Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi gli dette per precettor
ospeso. Quindi gli dette per precettore il centauro Chirone (430), il quale , al dir della favola, lo alimentò con cervello di
l’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col quale aveva additata la tomba d’ Ercole, e vi produsse
trojani ; e finalmente ferir Marte (255), e la stessa Venere (170) la quale scendeva in soccorso d’ Enea, e non potè salvarlo
rano Omero e Pindaro del figliuolo di Nestore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mura di Troja sacrificò la sua per salva
hi.) 566. Dal sangue d’ Ajace spuntò un fiore simile al giacinto, sul quale paiono impresse le due prime lettere del suo nome
fo (521), figliuolo d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa era di difficile riuscita, essendochè a q
rte del corpo, e per consultare il famoso indovino Tiresia (660), dal quale , nell’udire le nuove disgrazie che lo minacciavan
vè perire sventuratamente per effetto delle frodi di Ulisse (568), il quale , per vendicarsi d’esserne stato tratto all’eserci
chi. Presala seco, la menò alla corte di Polinestore re di Tracia, al quale Priamo aveva dato in custodia Polidoro il minor d
a quella d’Ettore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’Achille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. I
Paride. 597. Paride era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta di lui sognò d’aver nel seno una
rve in mezzo a una nube, e lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro sul quale era scritto, per la più bella. Ecco subito tutto
a fuga piena di rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la quale indi gli apparve, e gli disse che Cibele (40) l’a
ferno, e vide nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quelli della sua post
mine alle sue peregrinazioni, andò a visitare Latino re del Lazio, il quale , avvertitone dall’oracolo, favorevolmente lo acco
ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise, nel quale Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro anni di
darono una volta ad alloggio in casa di un contadino della Beozia, il quale , benchè povero, gli accolse con amorevole solleci
nza, e tentarono di rapirla per loro ; laonde nacque una zuffa, nella quale Meleagro, ferì a morte gli zii. 628. Altea, non d
(250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal quale ebbe quattordici figli, sette maschi e sette femm
orella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua sorella, la quale non poteva vivere separata da lei. 635. Tereo si
onoscerlo, meno che il suo fratello minore che era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divulgatasi la fama di questo
gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzarono un tempio, l’oracolo del quale diventò famoso quanto quello di Delfo. Per consul
oveva struggersi a poco a poco, e di lei non restar che la voce, alla quale il destino aveva attribuito durata eterna. Quando
a, e facevano di questi giuochi uno spettacolo veramente sublime ; al quale s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i peri
ccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante, suo emulo ed amico, il quale da fanciullo, dicono, aveva soffocato un leoue mo
lebri, e presero il nome dalla città d’ Olimpia nell’ Elide presso la quale si celebravano ; o piuttosto furono così detti, p
ne nel libro VIII, ne attribuiscono l’istituzione ad Ercole (364), il quale dopo aver debellato Augia (380) re d’ Elide, usò
ine le Olimpiadi, il più antico e più celebre sistema cronologico del quale si sieno valsi i Greci, e che fu adottato da molt
roposta la corsa di mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla quale distanza non poteva giungere un dardo, quantunque
si all’improvviso, con mirabile arte stese il piede verso di lui ; il quale non potè evitare l’inciampo, e però cadde prostra
a il centro delle rote di quel carro che precede ; il condottiero del quale , volgendosi alquanto a tal vista, esorta palpitan
essa, uscì, volgendosi ancora per l’impeto benchè fuori dell’asse. Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno
re, ben presto apparve un atleta cretese, di smisurata grandezza ; il quale , a lui presentandosi, gettò con impeto un breve m
cia aperte in atto non che di stringere ma d’ingojare il garzone ; il quale , deviando l’incontro, destramente inchinandosi, p
la circonferenza di questa, ne nasce una zona o cintura o fascia, la quale fu chiamata zodiaco dalla voce greca zodion che s
e chi finalmente ad un altro popolo asiatico anteriore a questi, del quale siasi perduto perfino il nome. Ognuna delle coste
gradi con l’unico oggetto di circoscriver la zona celeste, dentro la quale s’aggirano tutti i pianeti. I nomi delle dodici c
nettare a’ Numi. 688. Finalmente dai Pesci sembra indicata la pesca, quale occupazione dei popoli agricoli nella stagion fre
a conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma vi fu un tempo nel quale la depravazione dei costumi contaminò con vana po
Ercole (364) per generale, e per ministro Argo (89) suo fratello, il quale per sapere tutto ciò che accadeva, distribuì nell
La festa d’Iside 143 era celebrata nell’anniversario dell’epoca nella quale essa aveva pianto la morte del fratello. Appunto
ogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie di mitra, dalla quale spuntano due corna ; nella sinistra un bastone a
ile a tre corde per indicare ch’egli è anche onorato come il sole, al quale è attribuito quell’istrumento per isferzare i cav
e veniva da loro adorato sotto il nome di Mitra, e il fuoco sacro del quale tenevano religiosa custodia, non erano altro che
re dei Persiani avevano ricavato la dottrina dei due principii con la quale spiegavano l’origine del bene e del male. 715. Il
elle acque producesse un uovo d’oro, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718. Ques
redono di più che Visnù debba subire una decima trasformazione, nella quale piglierà la forma di un cavallo bianco alato. Que
saliva sull’albero, e segava con una falcetta d’oro quel vischio, il quale pel capo d’anno era distribuito al popolo qual co
il quale pel capo d’anno era distribuito al popolo qual cosa santa e quale indizio di buon augurio. 736. I Druidi non erano
ve gli uomini da Scioun creati, e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di Dio, e gli davano per moglie e
do, volle simboleggiare il sistema ammesso da Pittagora, e secondo il quale il Sole è centro dell’ universo. 13. A gran vent
arli. Quindi con prestigi e incantesimi aumentarono l’ opioione della quale godevano, e furono guida ad Orfeo nei misteri del
9. Coloro cho ammetlono l’esistenza del gran continente atlantico, il quale , secondo essi, restò sommerso nelle acque dell’Oc
bra forse una calsstrofo di fuoco particolaro a questo pseso, e nella quale l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono d
putati assisterono, sotto il regno di Tarquinio Il, alla fesla con la quale fu istituita quest’associazione politica. In prin
tabili paasi di quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovinetti quale modello di poetiche descrizioni ; ma è troppo lun
8 (1880) Lezioni di mitologia
dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me per intima amicizia, e nel quale già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvi
sponevate parecchie verità intorno all’ Orientale Letteratura, della quale siete maestro, giustamente commendato in Europa.
a graziosa offerta » 1. Ed è pure da riferire la breve lettera, colla quale , trenta anni appresso, e’ consentiva la stampa di
e custode del vello di Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della quale Euripide finirà di narrarci le sciagure e i delit
ere le idee col mezzo delle immagini, in che consiste l’allegoria, la quale vedrete che, per esser vera, dee contenere con ch
a gli usciva un ove da cui si schiudeva un altro iddio detto Phta, il quale forse è lo stesso che il Vulcano dei Greci. Il se
o. » Da Orfeo, secondo alcuni, dedusse Esiodo la sua teogonia, della quale darò il compendio fatto da Banier, poiché tutto i
bello fra i numi immortali. Il Caos generò l’Èrebo e la Notte, dalla quale unione nacque l’Etere e il Giorno. Formò la Terra
essa unione le tre Gorgoni: Steno, Furiale e Medusa, dal sangue della quale , allorché Perseo le recise la testa, nacquero il
Perseo le recise la testa, nacquero il cavallo Pegaso e Crisaoro, il quale avendo sposata Calliroe figlia dell’Oceano, n’ebb
paura l’arme per cui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine dal fu
ta era per dare alla luce Minerva. Sapendo il padre che il figlio, il quale da lei fosse nato, dominerebbe l’universo, divorò
tò marito di Ebe. La bella Perseide partorì al Sole Circe ed Eete, il quale sposando Idia per consiglio divino, n’ebbe in fig
rti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove era la piscina, dalla quale i sacerdoti attingevano l’acqua necessaria per le
zio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al quale un ariete era prima immolato. Una nera pecora gra
sepolcri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col quale gli antichi davano autorità maggiore al giurament
facevansi con un ramo di ulivo, o con istrumento a ciò destinato, del quale può vedersi la figura nelle medaglie argentee di
i chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autorità di Erodoto, il quale afferma che i popoli della Tauride immolavano ad
mostruosa usanza si mantiene presso loro ancora ai dì nostri? Laonde quale reputate voi che esser possa la fede di chi i num
nione seguita da molti famosi lirici, e specialmente da Stesicoro, la quale narra che una donzella di questo nome fu in Aulid
sserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora nel segno col quale nello Zodiaco sono i Gemini additati. Furono coll
ongitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo era l’emblema col quale s’indicava il sesso femminile dagli Egizj. Dedalo
orno. Mosè, prefìggendosi di vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li traea il loro genio e delle altre genti l’esem
rudeltà di Saturno. E l’Arcadia è illustre ancora pel fiume Lusio, il quale per Cortina scorre, e che, secondo Pausania, serv
Non placarono i henefizj del figliuolo 1’ troce animo di Saturno, il quale memore degli oracoli fatali, insidie gli preparav
lva sacra, chiamata bosco di Olimpia. Ivi si vede un’apertura, per la quale le acque scolarono dopo il diluvio di Deucalione.
ifico tempio che sorgeva sul monte, cui die nome ancora Tarpea, della quale vi narrerà la morte Properzio, ingegno sovrano, c
apra Amaltea. Del titolo di Patroo dato al dio, e della maniera colla quale fìguravasi, vi fece in un’altra Lezione saggi Pau
poeti, presagivano il futuro. Un equivoco della lingua fenicia, nella quale colomba suona lo stesso che sacerdotessa., ha la
una della dea a quella di Giove rassomiglia. È inutile il ripetervi a quale inganno dovesse Giunone il divenir moglie del pro
rone, rammentato da Plinio; e se si fa riflessione alla maniera nella quale é trattato il panneggiamento, vedremo nella cadut
iunone lattante. Udirete, ch’egli porta opinione che il fanciullo, il quale è nelle braccia della se conda non è Ercole, come
e braccia della se conda non è Ercole, come reputavano, ma Marte t il quale come nascesse da Giunone fa Ovidio nei Fasti narr
l velo dì questa dea che Albrico e Fulgenzio, vissuti in un tempo nel quale i filosofi pagani si sforzavano di scusare con in
, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Call
ll’impero romano. Adornava forse in Lorio un sùburbano imperiale, nel quale fu educato e morì- Antonino Pio. » Giunone latt
onzo di Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve ne ha, nella quale è effigiata Giunone sedente con un fiore nella de
tuno perchè gli antichi non siano discordi sull’educazione di lui; la quale , alcuni opponendosi all’accennata opinione, vogli
e di alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie di Nettuno; il quale , imitatore di Giove fratello, in fiume, in toro,
esso gii Atlantidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura, nel quale il dio col sublime capo toccando il soffitto sede
fuggire alla vista di un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al quale raccomandò con tutta energia che tacesse: « Vegg
ssimo di questo dio, a cui si attribuiva il lucro ed il commercio; il quale serve per farlo al primo colpo d’occhio conoscere
nde assai distinta questa statua di Mercurio, giacché è la sola nella quale siasi conservata questa singolare insegna del mes
aia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il quale da Cillene, monte di Arcadia e patria del nume, s
scrizione di Virgilio si giovò GianBologna nel simulacro del nume, al quale un vento è sostegno mentre s accinge al volo, per
più probabile, dalla figura della statua di lui Erme nominata, colla quale comunemente gli antichi decoravano le loro biblio
re le strade, e verso di esse rivolgevano la testa del nume, sotto la quale ogni avvolgimento della via era indicato. Arpedof
Arpedoforo cognominavasi Mercurio dalla falce, o spada falcata, colla quale uccise Argo custode d’ Io sventurata. Strofeo lo
Farò a questa succedere una breve Ode di Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata non con fedeltà di traduttore, ma
e dell’ età susseguenti. Non vi è sicuramente opera di scultura nella quale sia giunta a tanta perfezione l’espressione della
ale. « Mi resta da osservare che il contorno del basamento antico nel quale è incassato il piantato della statua, è tutto seg
da questa statua. La nobiltà delle forme e la bellezza ideale, colla quale l’artefice lo ha caratterizzato, ce la fanno cono
na, sebbene conviene particolarmente all’età in cui è figurato, nella quale , secondo Giovenale, fanno i capelli fanciulleschi
fatta edificare una camera della stessa materia per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel tempio di Minerva Cal
ò che Omero disse sulle Sirene. « Vi è discordia sulla maniera, nella quale questo tempio fu distrutto. Alcuni dicono che dal
chi consistevano anticamente in una gara di musica e di poesia, nella quale il premio concedevasi a colui, che avesse cantato
seguito Tamiri figlio di Filammone, poiché si vuole che nò Orfeo, il quale rispettabile rendeva un’alta saviezza con una per
da la mitologia e l’arte. « Delfo è situato sopra una sommità, dalla quale si può discendere per tutte le parti con un facil
Antifane Argivo. « Sul piedistallo del medesimo vi è un’iscrizione la quale riferisce che le statue onde è circondato proveng
a la risposta dell’oracolo, per quello che si dice, data ad Omero, la quale si legge nella colonna a cui sovrasta la statua d
ta. Le donzelle li tiravano su tutti air intorno del capo, in cima al quale annodavangli in guisa che non dovea vedersi il la
una figura muliebre in una delle più belle pitture dell’Ercolano, la quale presso ad un autore tragico si posa sopra un gino
onsiderata egualmente come allegorica, facendo allusione al Sole, del quale questo dio è l’imagine: ma senza attaccarci quest
se così uno s’inganna nella spiegazione che si dà alla maniera, nella quale Anacreonte desiderava che fossero dipinti i cap
ti sopra la sommità del capo, ordinario ornamento alle giovinette, il quale annunzia che non erano maritate. Una statua in Ca
indicava il premio che si dava nei primi tempi ai giuochi Pitici, il quale consisteva in questo frutto. Apollo traversando l
volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro di lui, il quale , dopo che l’isola predetta fu da un Prefetto di M
me colla sorella. Didimeo, perchè credevasi lo stesso che il Sole, il quale con doppio lume fa heto l’universo, rallegrando a
u fabbricata, aveva un tempio. Clario da Claro città dell’Asia, nella quale ebbe oracoli ed altari fondato da Manto figlia di
il certame chiamato Teoxenia, istituito da Castore e da Polluce, del quale era premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo
sorgeva. Apollo Grineo è illustre per Orino città dei Mirine:, nella quale il dio aveva oracolo antichissimo, ed are. Virgil
oro fiume chiamato Cencrio situato in Ortigia scorgevasi un ulivo, al quale la gravida Latona appoggiata, avea partoriti i du
opinione fu seguita da Eschilo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale , al dire di Pausania, era lo stesso che l’Iside d
i or detta, e già Meliguni, stavano intorno ad una massa infocata, la quale preparavano per un lavoro che dovea servire per N
onata dal signor principe Don Andrea Doria Panfili a Clemente XIV, la quale esprime eccellentemente il movimento della dea e
offrono da cacciatrice, eppure la sua attitudine non è il riposo, col quale ha creduto il senator Bonarroti di render ragione
stintivo di Leucotea. Il fondamento di ciò è la favola Omerica, nella quale si narra che questa diva del mare die il suo cred
tutto ciò che forse questa è la sola figura che non sia bacchica, la quale s’incontri con simile abbigliamento, poiché le Mu
guaci. E questo l’ephaptis, che secondo Polluce è un piccol manto col quale si coprivan le mani quei che sul teatro rappresen
arà stata questa qualche eccellente opera di rinomati artefici, della quale non vi è restata negli scrittori memoria. Ha ques
, egli è quello istesso Ercole vorace, ed ha quel medesimo ventre col quale s’in contro in Teodamante che arava, e fé’ suo pa
i Mileto, che fondò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennon
o venerabile custode dei porti; e niuno ti disprezzi: che ad Eneo, il quale ne spregiava gli altari, toccarono in sorte pugne
esteriore circondato da una stretta fascia di color d’oro, sopra alla quale sta immediatamente altra fascia più larga di colo
co, gioviale, quasi intento alla caccia, sua piacevole occupazione, e quale appunto si conviene ad una dea, che per lo più ra
belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che una corta veste, la quale non le oltrepassa il ginocchio; ma talora è pure
n albero che ad essa è vicino. « La sola antica testa di Diana,’sulla quale la mezza luna si sia conservata, appartiene alla
ggiungere a questa Lezione la descrizione della morte di Ippolito, la quale ho tra ciotta da Racine, che ne accrebbe le belle
del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina nel di lei tempio, del quale avevano cognizione; e ciò perchè qualche tempo pr
ve ne ha uno molto più antico fabbricato dalle medesime Amazzoni, il quale molto bene dimostrava la semplicità dei primi tem
in un olmo, in cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che
o riferisce freddamente e con serietà una visione dell’architetto, al quale apparve Diana esortandolo a farsi animo: e dice c
o di Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro massiccio, della quale Erodoto, che visitato avea questo tempio, non fa
olonne tilte 60 piedi. Era questo tempio un asilo dei più celebri, il quale , secondo l’autore da me citato, si estendeva fino
enne. Favellerò dei più famosi, perchè influirono sulla maniera colla quale fu presso gli antichi rappresentata. Luna fu dett
egni dell’Ariete, del Toro, de’ Gemini, del Cancro e del Leone, e sul quale sembran danzare quattro donne alate con serti e c
inerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulcano e di Erictoneo, il quale nacque in modo ch’è bello il tacere, alcuni scrit
daglie ateniesi, significa il sacrificio destinato a questa dea, alla quale , secondo Omero, s’immolava una vacca. Nel numero
medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade montata sopra una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli
mata Minerva da Callimaco nella celebre Elegia sui lavacri di lei, la quale per vostro vantaggio ho tradotta. Dai Lacedemoni
a peste seguito il delitto; e gli abitanti avvertiti dall’oracolo, al quale nelle sciagure erano ricorsi, espiarono l’ombre d
così detta perchè presiedeva all’arte della lana, della gloria della quale era gelosa, come lo indica la favola di Aracne mu
so il motivo di questo modo di rappresentarla, narrando che Teuti, il quale diede al luogo il suo nome, ferì in sì fatta mani
che risuonavano al sonar di una cetra. Lo scudo finalmente è rotondo, quale dagli antichi Latini appellavasi parma, e dai Gre
mmagine ci può meglio rappresentare Minerva che impugna l’asta, colla quale rompe l’ intere squadre d’eroi, contro cui, al di
sono descritte dai poeti greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto era quella di cui Minerva medesima volle
per qualche part^ aderente ad una superfìcie aspra sottopostagli, la quale aiteri quella caduta del panno, che sarebbe deter
oglia indicarsi l’egida onde il petto della dea si suppone armato, la quale coi rilievi dei suoi orli guerniti di serpi sospe
to le piante, E le corse un color come di rosa Mattutina sul volto, o quale è il frutto Del melagrano. Il maschio olio soltan
fra gli antichi che nascesse dal sangue della disonesta ferita, colla quale Saturno mutilò Celo padre di lui, e dalla spuma d
ive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col quale i Greci chiamavano Venere, non altro significa ch
rii di Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandez
he dito che le manca, non è punto guasta; tal pure è altra statua, la quale è copia fatta da Menofanto di una Venere che stav
zo Barberini, ha così cinto il capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade, di Diana e di Proserpina
idero le donne svelare la loro nudità per difendersi dall’ impeto col quale assalivanle credendoli Messenii perchè erano arma
la diva gli antichi scrittori da Erice monte della Sicilia, sopra il quale Enea edificò un tempio alla madre. Cognominata fu
va osservare che le pieghe regolari ed artefatte della sua tunica, la quale ne contorna le membra e ne adombra l’ignudo, sono
to. Due osservazioni mi persuadevano a crederla una Venere coll’armi, quale ha talvolta nelle medaglie imperiali il titolo di
citrice, che in più monumenti si scorge. Se la favola di Virgilio, il quale introduce Venere che reca ad Enea suo figlio l’ar
con un cappello di colore violetto per indicare il fuoco celeste, del quale era depositario. Questo cappello è ovale, o quasi
segg. Lezione trentesima. Marte. La maravigliosa maniera nella quale nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore ind
ono di dovergli i natali. Favoleggiano che sia tratto in un carro sul quale auriga, siede Bellona con sanguinoso flagello. I
iso cagionò al nume tanto dolore che senza temere l’ ira di Giove, il quale avea vietato agli Dei il prender parte in favore,
erì il corpo divino. Marte nel ritirarla gettò un grido spaventevole, quale è quello di un’intera armata che segue il nemico.
a porta, quasi per allontanare i nemici. Fu detto Enialio da Enio, la quale è lo stesso che Bellona, ed è del nume sorella, c
, in Roma, fu dedicato da Augusto dopo la battaglia di Filippi, nella quale questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche
sertazione sul Marte Ciprio ha pensato che dalla barba di Adriano, il quale nell’immagine del dio della guerra è rappresentat
fìsonomia. Udite da Stazio la descrizione della reggia di Marte, alla quale Giove manda Mercurio per movere alla guerra gli a
erra gli abitanti d’Argo nella famosa impresa dei Sette a Tebe, della quale favellerò a lungo quando l’ordine delle mie Lezio
isterica mitologia. Io ho tradotto questo episodio della Tebaide, il quale è pieno di bellissime immagini, come lo concedono
chi lo possiede, a chi lo cerca. Abitò Cerere in Corcira, o Corfù, la quale innanzi che la figlia di Asopo ivi sepolto le das
arte di questi edifìzi fuori delle città, sia perchè la divinità alla quale erano sacri presiedeva ai lavori della campagna,
rta sopra molti monumenti. Differiva poco dalla forma del calato, col quale si è qualche volta confuso. Il primo rassomigliav
anze di Palestrina; il secondo oflriva la figura di un gran vaso, del quale l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle
ragione come il nemico della dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno
va nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla quale siede uno di questi animali. Le gru passavano anc
vede, parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della quale era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadi
sulla parte posteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal quale escono di sopra foglie e spighe. Quella parte di
e) senza dubbio per la natura del corpo umano, e per la maniera nella quale è decomposto, piuttosto che distrutto dopo la mor
che distrutto dopo la morte. Ciò può aver dato luogo alla favola, la quale suppone che Cerere divori la spalla di Pelope, al
favola, la quale suppone che Cerere divori la spalla di Pelope, alla quale ne fu sostituita un’ altra di avorio. Non è diffi
a di avorio. Non è difficile comprendere il senso dell’ allegoria, la quale indica la consumazione dalla terra del nostro cor
stesso giudizio sulla rappresentazione dello stesso soggetto sotto il quale si vedono i dodici segni dello Zodiaco, lo che si
to: hasta però contentare 1’ occhio egualmente che la riflessione, la quale non lascia di distinguervi la scelta e l’ideale.
el popolo signore del mondo, che fissò i limiti dell’umana natura, il quale solo nei vizi e non nella grandezza imitar potran
o, Trofonio in Beozia obbligarono gli uomini a queste iniziazioni. Ma quale è la cagione di questi misteri? Scorrendo Cerere
ra la Luna. Presedeva poi ai misteri un prefetto col titolo di re, il quale comandava che ogni nemico dalle cerimonie si aste
si facevano dei sacrifizii, s’immolava la triglia sacra a Cerere, la quale vietavasi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva
one. Nel quarto giorno vi era la processione del calato, canestro, il quale si portava in un carro tratto dai bovi. Alludeva
esimasettima. Vesta. Non rimane che Vesta tra gli Dei maggiori, la quale debba essere argomento delle nostre ricerche. Int
olamente nel mezzo un altare pei sacrifizii che facevano alla dea, la quale presso i Greci ed i Romani non avea anticamente a
della Terra, ma per additare con esso tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano di Vesta. Pure lo
delle altre divinità minori io terrò lo stesso ordine che Esiodo, il quale nella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divis
occava la Terra. Sopra una pasta antica è indicata da uno scoglio sul quale Temide è assisa per indicare che questa dea era f
r allontanare questa funesta immagine, l’artista adotta quella, colla quale Lucano felicita Nerone della sua maestria nel gui
a eccellente a guidare un cocchio di carriera. » Fin qui Addison, del quale ho riportato le parole, perchè oltre l’additare c
esso dell’Academia vi era 1’ altare dell’Amore con un’ iscrizione, la quale attestava che Carmo fu il primo Ateniese che cons
di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua di Prassitele, la quale aveva tanta celerità, che si faceva il viaggio di
r vederla. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella quale vi era il premio non solo pei musici, ma ancora p
o convincercene in un basso rilievo incognito del Palazzo Mattei, sul quale si veggono dodici piccoli Amori, dei quali il pri
arono i poeti che fosse tratta sopra un cocchio, avanti alle rote del quale cominciavano a risplender le stelle. Euripide dis
parla di una consimil figura dipinta in un antico manoscritto, della quale il drappo è blu, e che tiene una fiaccola rovesci
quanto la fantasìa, convenìa pur che da loro si onorasse il Sonno, il quale , tenendo legati i sensi, lascia libero il nostro
co é figurato il Sonno eterno in una bell’ara del Palazzo Albani, dal quale è stata presa l’idea di porgli in mano una face r
vo del Palazzo Mattei, e in una statua del Museo Pio dementino, nella quale ha i papaveri nella sinistra. In ambedue questi m
ltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno di questa famiglia, il quale si suppone essere stato il Triumviro Monetale, ch
la sua testa non si trova giammai alata; non finalmente Mercurio, il quale in qualche rara medaglia antica si osserva barbat
ato con una face rovesciata nella destra e i papaveri nella manca, il quale è scolpito nei bassi rilievi rappresentanti la tr
ifone e Megera. Lattanzio lasciò scritto, Celo essere stato un re, il quale essendo reputato un dio per quella vile venerazio
ina di profumi che i Latini chiamavano acerra. « Se poi si chiedesse quale individualmente si voglia indicare fra le ministr
e due: una però è scritta sotto dell’altra. Quindi è nata esitanza a quale delle due figure debba appropriarsi ciascuna iscr
oli che fu considerata sempre dopo come la dea della Giustizia, della quale se le fa portare il nome. Attese ancora all’astro
va ancora un altro tempio nella cittadella dì Atene, all’ingresso del quale era il sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola
ro, il più grande fra i lirici poeti, i principii della religione; il quale avendo veduta con Olimpico, sonatore di flauto, l
il simulacro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il quale non era che una pietra grigia informe di mediocre
la è volta alla sinistra verso Ati, di cui narreremo le avventure, il quale abbigliato alla Frigia rimane parimenti in piedi
o a destra, uno a sinistra del trono. Altre volte tirano il carro sul quale è collocata la dea. Comunemente allora sono due,
ompagno di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuco Ati, il quale nel marmo pubblicato da Zoega scorgesi incontro i
adrata, antico monumento, unico della sua specie, si vede Saturno, al quale Rea dà una pietra inviluppata in un drappo. Si me
te fa uccidere i Ciclopi da Apollo per aver fabbricato il fulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio di lui. Questi Cicl
i: lo che eglino facevano probabilmente applicandovi l’argilla, della quale le proprietà eran conosciute fin d’ allora, e che
lo rappresentano, ma con uno scettro, che Pindaro chiama verga, colla quale questo dio assegna all’ anime il luogo eh’ elleno
apide, o Sarapide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col quale amarono di confonderla. Esigeva ciò il genio dei
nostro Plutone accusi l’epoca della decadenza dell’arti, epoca nella quale il culto di Serapide riuniva quasi in un solo ogg
pio di Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’altra in Villa Borghese alla quale è stata innestata una testa imberbe e non sua fa
stesa verso il Cerbero; la sinistra stringere un’asta, o uno scettro, quale suol vedersi in mano di Serapide nei monumenti: s
sospetta che questo autore abbia creduto di vedervi un artifizio, al quale Polignoto non avrà nemmeno pensato. Sarebbe infat
d’ Itaca da questo gruppo. L’osservazione che fa sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade nel numero di quei minuti p
on hanno iscrizione in particolare, ma una sola comune ad ambedue, la quale nota che queste donne sono fra le non iniziate. P
Riunirò nel presente ragionamento altre notizie sulla maniera nella quale il Dio delle Ombre effigiato si vede negli antich
ogni riguardo il carattere di Giove, ma di. Giove truce ed iracondo, quale Seneca tragico ce lo accenna. Winkelmann attribui
rdo con gli antichi monumenti, che il vero Plutone rappresentano, del quale la chioma ed anche il vestiario si conformano all
di essa tiene nella destra un pugnale, nella sinistra un serpente del quale è perduta la testa: un’altra porta una torcia ard
mpio si vede un piccolo terreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figura di un dito. Eglino chiamano qu
era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi filava
otto la dettatura di Plutone. L’opinione più comune è che il Fato, il quale comandava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure di
i era un altare consacrato a Giove conduttore delle Parche, vicino al quale ne avevano un altro queste dee. In una statua di
uale ne avevano un altro queste dee. In una statua di Teocosmo, nella quale lavorò ancora Fidia, le Parche, insieme coli’ Ore
sopiti. Tutte eseguirono il comando paterno, fuori che Ipermestra, la quale salvò Linceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradot
o Quel ferro eh’ io nella tremante destra Teneva ancor, m’addomandavi quale Fosse cagion ch’io ti esortassi tanto Alla veloce
mano perita. Il prelodato scrittore pensa che sia Proserpinà senza la quale non si vede Plutone in alcun monumento rappresent
na. Caronte fu figliuolo dell’Èrebo e della Notte, secondo Esiodo, il quale nella sua Teogonia afferma che da questi due nacq
ause alla sua presenza. Virgilio dice che agita l’urna fatale, nella quale stanno chiuse le sorti umane; cita l’Ombre al suo
resentati sulla coppa che teneva nella mano la Nemesi di Fidia, della quale Pausania non ha spiegato il significato, si rifer
del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli, col quale non solamente la giustezza indicava della restitu
contrano in va rie medaglie; ma la situazione del braccio destro, col quale espone appunto la lunghezza del cubito, è il simb
ll’applicare la sua osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la quale solleva, è vero, il manto colla sinistra, ma fors
udine caratteristica è quella appunto che nella statua osserviamo, la quale combina coir indubitate figure di Nemesi, e fra l
ecessaria mossa del braccio non poteva pensarsi della presente, nella quale sembra che la dea si racconci il peplo sul petto.
lacro fu trovato nella Villa Adriana, mancante però di un braccio, il quale è stato ristaurato con in mano un ramo di frassin
tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal quale esposizione di questo nobilissimo marmo, se non d
a ultrice dei suoi torti, e tale infatti la rese la perfezione, colla quale aveva condotto questo inimitabile lavoro. Non fu
l padre, ahi non più padre I alto gridava: Icaro, dove sei; Icaro, in quale Terra ti cercherò? — Sempre diceva Icaro, allor c
o maledetta da tutti, sarà l’argomento della presente Lezione, nella quale favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio di le
anzi che il suo fato abbia molta relazione a quella necessità, colla quale ì filosofi pagani circonscrivevano la possanza de
ravano gli antichi, il cranio dell’uomo, e fino l’orologio solare, il quale da una concava superficie di segmento sferico ven
ti non mei contrastano. Intendo per polo una specie di celata, pìleo, quale appunto osservo sul capo a molte immagini della F
Gli Egiziani simboleggiavano questa dea nella forma dell’aquila, alla quale Giove, al dire di Orazio, diede il dominio sugli
a Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea di quel quadro, col quale si rimproverò a Timoteo capitano Ateniese la ciec
unto a segnar il luogo della fuga dei nemici. Forse la vittoria, alla quale spettava il nostro monumento, fu riportata per te
fra quanti prima delle nostre statue ci presentassero le Muse, e nel quale meglio che in qualunque altro se ne scorgono i di
ttei, Euterpe è nel mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli altri espositori di
E per ciò la divinità ancora della poesia pastorale e georgica, alla quale può alludere la sua verga. Siccome però la Commed
cizio, così il suo più distinto attributo è la maschera comica, dalla quale si riconosce nel sarcofago Matteiano. Questi stes
ia. E qui si manifesta una bella e gentile invenzione del pittore, il quale avendo circondato la tela d’ armati, ne mostra al
iemaggiormente alla musica usata dagli antichi nel teatro tragico, la quale , quantunque non ci fosse rammentata dagli scritto
« Queste autorità sono sufficienti a spiegare la nostra statua, nella quale si vede Erato similissima a quella della pittura
ato in quella figura l’acconciatura della testa, ch’è la stessa colla quale si rappresenta Safi’o nelle monete di Lesbo. Infa
arda la scure che cadrà sopra lei, tutto ciò rappresenta il modo, nel quale , ritornando da Troia, fu ricevuto da Clitennestra
so circondando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli alberi più grandi si taglierebbero. Se noi ri
ttitudine che si abbassava sul nappo, quello ha tagliato il pugno coi quale solleva la tazza. Chi cadendo dal suo letto trae
ata per la greca iscrizione che ha nella base (grec), Rimembranza, la quale statua non esprime in altra guisa la qualità dell
zio. Col dito al labbro l’esprimono le lodate pitture di Ercolano, il quale atto resta a maraviglia illustrato da un greco ep
o è una statua, la cui testa è il ritratto di una matrona romana, tal quale anch’ essa alla Polinnia, sì nella composizione d
ino ninna più convenientemente potrà dirsi Polinnia che la quinta, la quale sta appoggiata col gomito ad una rupe, e così col
ne, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel quale tutte le altre Muse sono rappresentate assai dive
endovene, come già notammo, alcuna colla maschera. L’ altra poi dalla quale è stata tratta la nostra, quella del Giardino Qui
sa celeste detta Urania, appunto dalla contemplazione del cielo, alla quale appartengono 1’ astronomia e r astrologia e tutte
to da un’altra statua antica, precisamente la stessa colla nostra, la quale si ammira nel ripiano delle scale del Palazzo de’
entino di poter possedere con tutta sicurezza la statua di Urania, la quale nella Collezione Tiburtina avevan l’ingiurie del
, che si vede nel portico del Palazzo Farnese verso strada Giulia, la quale o è stata lasciata dagli antiquarii indecisa, o s
vato esser la palla citaredica l’ortostadio, cinto di una gran fascia quale appunto veggiamo e nel protagonista tragico della
li accanto ai loro signori, e fango irabevuto di sangue e sudore, del quale la crudele Bellona tanto si compiace. Sotto la mu
tatura, ed in ciò a loro eguale. Antigone ne ha inalzato il corpo, il quale ella seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteo
hio in terra. Ecco un tronco di melagrano nato nell’istante da se, il quale si dice esser stato piantato dalle Furie sul loro
orrerà il sangue. Nè minore. meraviglia desta il fuoco della pira, il quale essendo acceso onde rendere le dovute esequie ai
ombattimento é qui terminato, la balena uccisa versa gran sangue, dal quale il mare é divenuto rosso. Amore slega Andromeda,
n spavento e terrore. Ella riguarda di un lato dell’occhio Perseo, al quale ella invia di già un sorrìso, un’imbasciata. Egli
lacci sopra il nudo piede, che tengon ferma al di sotto la suola, la quale é di un’altezza non comune, e pari quasi a quella
’aria attenta e pensierosa che ha saputo dare a questa figura, per la quale merita di essere con meraviglia considerata da ch
no ravvisare nel settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero, la quale ha lo scettro dietro la testa nell’area del dritt
a un sorriso fellone contro Achille. Contempliamo dunque Antiloco, al quale il primo pelo vano della barba comincia a sparger
an facilità nel corso. Il sangue dall’altra parte mostra una vivacità quale ha il colore sparso sull’avorio in quella parte o
Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso, nel quale il dolore della natura è stato vinto dal piacere
imi vollero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare, nel quale era scritto: Consacrato a quella fra le Grazie ch
roia. Certamente colui che si piange è Mennone figlio dell’Aurora, il quale essendo arrivato por soccorrere i Troiani fu ucci
ll’amore del nume. Ella nei confini di Epidauro partorì Esculapio, il quale fu esposto in un monte, che da questo evento fu c
ne dei Fenicii e dei Greci, Esculapio altro non era che l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo e
; e Aristide dedicò un tripode a Giove Esculapio, a ciascun piede del quale vi era un’immagine di questi tre Dei. Telesforo i
interessante. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere quale idea gli antichi artefici, guidati sempre dagli s
pa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema di lui, nella quale gareggia con Stazio, se non sentite con quanta ra
accati a un carro, in conseguenza di un sogno, che aveva avuto, e del quale il poeta racconta i particolari. Vi si distinguev
allevare Bacco, giurò di vendicarsene. Mandò ad Atamante Tisifone, la quale turbògli in tal maniera la mente, che prese il pr
fiori lo corna dell’animale. In questa positura sfida la Luna, della quale il carro è dai bovi condotto. Que sta dea lo puni
si legge la descrizione del tramontare del sole, e della sera, nella quale si distingue la pittura dei quattro cavalli che t
ello ove sono scolpiti i caratteri del Lione che segue la Vergine, la quale tiene il frutto dell’Autunno. Finalmente la giovi
la quarta Tavola, che offre l’immagine della coppa di Ganimede dalla quale il nettare scorre, e vede che il destino accordav
riosamente contro il palazzo di Cadmo. Giove va a visitare Semole, la quale è già spirata, e Bacco nasce in mezzo al fuoco, m
uello dei misteri di Bacco. Vi è pure Aristeo inventore del miele, al quale la Cosmogonia dei popoli della Libia affida l’edu
e ninfe Oreadi, le Baccanti fanno parte dell’armata, alla testa della quale Bacco si move. Il poeta ne descrive la sua armatu
possono mai saziarsi. Il nume si approfitta della loro ebrezza, della quale sono descritti gli eff’etti; ne sorprende gran pa
mezzo alle selve coir aiuto del suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette di collocarlo nel cielo accanto a Sirio
continua il suo cammino, e marcia contro Oronte capo degl’Indiani, al quale Astraide avea di già partecipata la furberia impi
ve dell’Astaco disfatti. Oronte era genero del bellicoso Deriade, col quale Bacco combattere doveva. Qui il poeta ci pone dav
nte, e Oronte dopo essersi trafitto colla sua spada cade nel fiume al quale dà il suo nome. Le ninfe piangono questo figlio s
l mostro figlio di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla quale Andromeda era esposta. Il figlio di Danae, dic’eg
ti dichiara di esser pronta a sacrificar tutto per unirsi a Bacco, al quale ella raccomanda il giovine Botri e Pito. Bacco l’
o per vendicar la sorella mandò un mostro che desolava il paese, e al quale , onde por fine al pubblico danno, fa esposta Andr
menti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, colle sembianze di Cibele, viene a
uesti luoghi regnava Licurgo figliuolo di Marte, principe feroce, del quale il poeta fa un ritratto così terribile, come quel
o così terribile, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Ornava le porte del s
l Cielo. Nel seguente Canto Giove pone d’accordo l’Oceano e Bacco, al quale l’idaspe è costretto di dimandar grazia. Lo dio d
ro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici e per Bacco, nel quale il barbaro rammenta molti fatti di Mitologia Grec
este, la loro armatura è descritta del pari che l’armata di Bacco, la quale si distribuisce in quattro corpi. Bacco arringa l
no talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale potrebbe traversare il mare come la terra. Pelope
de i disordini, che l’ubriachezza porterà fra gli Dei, e l’esiglio al quale sarà condannata. Datemi, Giunone dice, questo cin
suo amore si accresce per le carezze insidiose della sua sposa, alla quale confessa il suo violento afietto per lei. Mentre
na corona di fiori per Venere, e sale al cielo, onde veder la dea, la quale accorgendosi del suo dolore ne domanda la cagione
rdi dei mortali, e da ogni insulto la difese. Dallo stesso poeta, del quale vi dò l’estratto, ho tradotto in versi la descriz
sentare Bacco, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella quale teneva una fiaccola in mano per far lume a Cerere
condo quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio,
tesso ferro coperto di ellera, tessuto insieme a scaglie di pesce, la quale forse per la similitudine fu chiamata e creduta e
apitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la quale , come istrumenti sacri, si sogliono vedere adorna
arsi sovente, vi era la statua che rappresentava la città di Nisa, la quale aveva nella sinistra un tirso circondato di mitre
rede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello stesso modo nel quale è guardata. Molte cose avrebbero potuto dirsi del
’opera sui vasi antichi dipinti, chiamati volgarmente Etruschi, nella quale il Lanzi ha riunite notizie pellegrine. Fuor dei
un bel gruppo da Pausania osservato e descritto. La perfezione colla quale il valente artefice ha espresso il suo concetto n
ne osservi la fìsonomia, e se ne vedrà la somiglianza con Socrate; la quale , non solo ne’ tempi antichi fu rilevata da Aristo
tichi. Dimandava questi istantemente l’adempimento della promessa, la quale lo sleale Issione non volendo mantenere, invitò i
erfido genero, che cader lo fece in una fossa di carboni accesi, alla quale avea fragili tavole sopraposte. L’infelice fu ven
che tanto poterono in Issione che furibondo ne divenne, e non sapea a quale degli Dei e degli uomini rivolgersi per essere de
. Ma per tornare al nostro proposito principale, il Sarisberiense, il quale porta molte cose prese dai libri antichi non anco
ccanti, siccome si vedevano in quello scifo, fattura di Acragante, il quale , secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi ne
no ancora coi cembali, che erano fatti come i nostri d’un cerchio, al quale era tesa una pelle. Vi attaccavano qualche volta
io gli segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la quale insieme con un Faunetto si sforza scotere dal suo
eggiando, e nei tirsi sotto foglie coprendo la punta dell’asta, colla quale uccidevano i malcauti, sebbene a queste ancora Pa
verisimile che si riscontrino nei vasi al vestito seminato di stelle, quale nella cista Kircheriana lo ha Bacco Nictelio, e i
o, un altro s’inchina a trargli i calzari. Il Bacco indico e barbato, quale Diodoro il descrive, è quello cui servono i Fauni
ato i mortali. Due sembrano preparargli un divertimento musicale, col quale gli antichi solevano rallegrare le mense, il prim
eri del suo genitore, come per indicare il luogo agreste della scena, quale appunto amavasi da quel nume pei suoi diporti non
ricoltura, e vicino a quella un vecchio rustico munge una capra, alla quale una giovine pastorella sta vellicando il mento pe
il soggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar servigio in più monume
co è posato sul fianco, e resta avvolto affatto nel manto istesso, il quale forma sul petto un doppio ravvolgimento, ed ha ne
solea radersi ogni giorno, come solito abbigliarsi donnescamente: la quale per altro apparisce nel personaggio rappresentato
rappresentano l’immagine qual era in Anchialo sul suo sepolcro, nella quale ben si discerne il mento sbarbato. Nè può abbracc
se questo argomento per soggetto di una poco religiosa pittura, nella quale avea rappresentato Giove femminilmente acconciato
a aperta, gesto relativo alla facilità de’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea nel
era: e monumento di questo culto è anche il presente bassorilievo, il quale , comecché di stile soltanto accennato e poco fini
oia dei conviti e all’abbellimento dei cenacoli; o sia finalmente ohe quale istitutore e corifeo di misteri riputati allor sa
astorale: si rivolge indietro verso una Beccante cinta di nebride, la quale sembra invitarlo alla danza: quindi sorgono due a
ca poesia. Un’altra ara coronata ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella di una Menade, o Baccante
nte furiosa, che può sembrare invasa da quella religiosa mania, dalla quale credeasi comprendere chi toccava, scuoteva i mist
a della diligenza e della laboriosità che del gusto dell’artefice, il quale dee aver tratto questa composizione tanto superio
tuetta di Bacco sostenuta in mano da un Fauno vedovasi coperta, ed al quale ha dato Plinio stesso il nome di Palla, nome equi
il partito, onde lo scultore ha condotto il rilievo della figura, la quale , come suol vedersi in molte di si fatte immagini
unti riposo e felicità. « La scultura del simulacro quasi intatto, la quale non oltrepassa la mediocrità, è ancora una confer
zione per altro delle figure vien dal buono, come la composizione, la quale , benché semplicissima, empie il campo con natural
un cratere: le redini del cocchio sono in mano del Genio di Bacco, il quale appressandosi colla destra alle labbra la siringa
si cernophoros sostenendo il vaglio mistico nella sinistra, dentro il quale apparisce il Fallo velato. « L’ultima fìgura che
questa dottrina allegorica degli Egizj avrà probabilmente Talete, il quale viaggiò colà, rilevato quel ch’egli insegnava del
9 (1897) Mitologia classica illustrata
va, davanti ai giudici, di non aver nulla di comune con Anassagora il quale aveva ritenuto il sole come una pietra e la luna
giunse nel nostro secolo, quella che chiamasi Mitologia comparata; la quale , confrontando i miti dei varii popoli di stirpe a
nche ora come definitiva questa soluzione del problema mitologico; la quale , a giudizio loro, dà spiegazione sufficiente anch
la Mitologia greca e la romana. Quel ricco sviluppo di leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamente era solo de’ Grec
sa. Dal Caos sorse primamente, non si dice come, Gea, la terra, dalla quale subito si staccò il Tartaro o Inferno; poi compar
l poeta Claudio Claudiano compose un poemetto sulla Gigantomachia, il quale è a dolere non sia giunto intiero a noi. Fra l’ o
o di Zeus; in origine null’ altro che un manto di nembi, scuotendo il quale n’ uscivano procelle e tempeste, più tardi credut
, tra molte altre opere d’ arte, era la famosa statua di Fidia, della quale parleremo fra poco. 5. Al Zeus greco corrisponde
za. Celebre è anche la statua detta di Verospi nel Museo Vaticano, la quale rappresenta Giove seduto col fulmine nella destra
ella luna parziale), e Argo è appunto il cielo stellato attraverso il quale essa compie la sua peregrinazione. Anche l’ esser
datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era venerata quale dea della maternità. 3. In origine il culto di Er
ne riccamente ornato di bassorilievi per opera del gran Fidia 4, il quale pure compose la statua della dea posta in fondo a
i musicali e poetici, aveva luogo allora una solenne processione alla quale prendevano parte elette rappresentanze di tutte l
greci nel rappresentare la Dea, ma furono tutti superati da Fidia, il quale non solo curo l’ ornamentazione plastica del Part
la sorte cui sembrava condannato il sole nella stagione invernale, la quale pareva in certo modo esigliarlo e renderlo schiav
un vapore innebriante, era invasa da una specie di estasi, durante la quale , in mezzo a moti convulsivi del corpo, la schiuma
u trovata in principio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il quale aggiunse di suo il mozzicone d’ arco nella mano s
lo salverebbe dalla sua ira. Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il quale per aver visto Artemide nel bagno fu trasformato
già si disse, è in onor di Apollo e di Diana regina delle sei ve; la quale ultima è invocata come Ilizia perchè benedica la
Ares, son le leggende che lo fan padre del brigante Cicno (Kyknos) il quale , appostandosi nelle strade pubbliche, tagliava la
hi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto venivan
a, a cui i poeti posteriori con predilezione si attennero; secondo la quale Afrodite sarebbe nata dalla schiuma del mare (la
a dea della bellezza; non è altro che l’ aurora, figlia del cielo, la quale sorride dall’ oriente e allieta di sua luce tutta
gliendolo ne confusero l’ immagine con quella della loro Afrodite, la quale divenne così la dea della bellezza e dell’ amor s
facendo che la matrigna Fedra innamorasse di lui, e il bel Narciso il quale sdegnava l’ amore della ninfa Eco, facendo che si
loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla navigazione), della quale i Cnidii andavano così orgogliosi che ne riportar
i poeti chiamato « il Titano ». Ebbe in moglie Perse o Perseis, colla quale generò Eeta (Aeetes), quello che è noto nella fav
leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al padre di guidare una volta il s
indi il luogo suo era presso il tempio di Quirino, sulla facciata del quale perciò appunto fu, nel 293 av. C., costrutto il p
eggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel quale essa divenne madre dei venti Borea, Zefiro, Euro
ua madre Eos. — Tali le principali leggende relative a questa Dea. La quale non ebbe in nessun luogo un culto speciale. 2. Al
erna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo loro re, il quale ricevutone l’ ordine da qualche Dio, apriva loro
34, 35, 36). La Polinnia vaticana rappreseuta la Musa del Pantomimo, quale fu concepita nell’ età romana. Riproduciamo un’ a
esempio, sebbene molto sciupato, quello che si conserva in Siena, dal quale Raffaello trasse l’ ispirazione pel suo celebre q
onzo eretta da Augusto nella Curia Iulia dopo la vittoria d’ Azio; la quale statua diventò rappresentante della dea protettri
e ha l’ ali d’ oro, ed è tutta piena di rugiada, tra le goccie della quale scherza il sole dipingendola a mille colori. Così
Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima sua forma, secondo la quale Ganimede era amato da Giove. Anche questo è il ra
a cui si attiene Ovidio nel decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il quale fa che Giove si trasformi in aquila per rapire l’
ruppo in bronzo di Leocare, scultore ateniese del 4º sec. av. C., del quale si crede un’ imitazione la statua ora conservata
ava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue freccie infallibili pr
letteratura, basti ricordare la graziosa allegoria di Amore e Psiche, quale si legge nelle Metamorfosi di Apulejo, scrittore
di Amore e Psiche; celebre fra tutte il gruppo che è in Vaticano, il quale li rappresenta in atto di abbracciarsi e baciarsi
Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e avorio di Epidauro, della quale si ha la riproduzione in monete del tempo; molte
a già Esiodo espone nella Teogonia la leggenda più comune, secondo la quale le Moire erano tre, figlie della Notte, e si chia
vevano rapporto colle sorti dell’ umana vita, va ricordata Nemesi, la quale rappresentava una santa indignazione per ogni dis
tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio di Giano, in onor del quale si celebra va una festa il 13 ottobre, detta Font
turalmente veneratissimo il Tevere, detto Divus o Pater Tiberinus, al quale i pontefici e gli auguri rivolgevano annue preghi
preghiere per la salvezza della città. È nota la leggenda secondo la quale Rea Silvia, madre di Romolo, getta.ta nel fiume p
i parecchi giganti e mostri, per es., di Polifemo, l’ accecamento del quale tirò su Ulisse l’ odio del Dio; così pure era pad
sfogo a questo sdegno, Era inspirò una pazzia furiosa ad Atamante, il quale uccise Learco e inseguì Ino che tentava salvare l
la. Anche si favoleggiò d’ una contesa fra le Sirene e le Muse, nella quale le prime sarebbero state vinte. Il luogo ove soli
ma in senso più generale rappresentava quell’ energia della natura la quale , per effetto del calore e dell’ umido, porta a ma
teo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Ni
una solenne processione; si teneva un gran banchetto in campagna pel quale la città provvedeva la carne; si beveva del mosto
mito di Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito di Penteo; al quale pure si riferisce la bellissima tragedia di Eurip
ri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la quale invano ora spasimava, lamentando finchè visse, in
’ ella amasse alla follia il bel Narciso, figlio dei fiume Cefiso, il quale invece non voleva saperne di lei; ond’ essa, cons
ico che fu denominato « Il dramma dei Satiri » (satyricum drama); nel quale sotto la maschera di Satiri venivano messi in par
ndatore mitico del regno della Frigia; era detto figlio di Cibele, la quale avevalo immensamente arricchito. Ma avvenne a lui
rsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma poetica da Ovidio, il quale discorre del primo nel sesto delle Metamorfosi, d
voro di scultura del 2º secolo av. C.; un torso trovasi a Berlino, il quale forse è parte di un gruppo a cui apparteneva anch
ai confini dell’ Argolide e dell’ Arcadia udirono la voce di Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli
n da pastore e la zampogna. b) Silvano. È il Dio italico col quale fu identificato il greco Pane, sebbene la corrisp
i pino in testa e un ramo della stessa pianta nella mano sinistra, la quale talvolta sostiene anche una pelle ferina piena di
di Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte Albunea, quello al quale ricorse Latino al tempo della venuta di Enea in I
vero era destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei giardini era quale la descrive vivamente Orazio nell’ 8a satira del
a il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia), nel quale gli schiavi godevano piena libertà, si vestivano
giavano e bevevano quanto piaceva loro. Gentile usanza, per via della quale almeno un giorno dell’ anno quella tanto maltratt
la statua piena di vita, è la Flora del Museo Nazionale di Napoli, la quale proviene dalle terme di Caracalla in Roma (fig. 6
una festa annua, il 23 Febbraio, detta Terminalia, in occasion della quale si incoronavano i termini e si offrira al Dio una
l’ essere suo e li esorta a fondare un tempio in Eleusi. Compiuto il quale consacrò Celeo e altri tre principi Eleusini, Tri
supremo. Si prometteva agli iniziati la felicità d’ oltretomba, dalla quale si dicevano preclusi gli altri mortali. I segreti
o comminate al trasgressore. Questa forma di religione segreta, nella quale penetrarono presto gli elementi orfici, trasse a
l Circo. Tali feste erano inaugurate con una solenne processione alla quale prendevano parte tutti vestiti di bianco. In Agos
ù comunemente nota. Era uno spazio largo e tenebroso dentro terra, al quale si poteva accedere di qua su per molte entrature,
le viscere della terra, ivi si supponeva un accesso all’ inferno. Nel quale poi si diceva che scorressero e s’ incrociassero
o sulla terra non trovando pace; ma a Delfo fu protetto da Apollo, il quale dopo molti riti di espiazione lo mandò ad Atene p
no è proprio della nuova luna si rispecchia nell’ indole di Ecate; la quale venne concepita come la dea delle apparizioni not
ruiva in Antiochia una cripta per il culto sotterraneo di Ecate, alla quale cripta scendevasi per nna scala di 365 gradini. 4
assati è prova la festa delle Lemurie, il 9 maggio, in occasion della quale il capofamiglia s’ alzava di mezzanotte, e lavate
ia fino al Diluvio. 1. Un popolo così immaginoso come il Greco, il quale aveva creato tante leggende intorno alle forze de
rometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di Temi secondo Eschilo), il quale avrebbe formato uomini e bestie col limo e coll’
sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la quale gli uomini erano inferiori ai precedenti per forz
figura. Più vivace era la leggenda di Prometeo rapitore del fuoco, la quale oltre ad aver suggerito bei versi ad Esiodo tanto
quella della lotta tra i Lapiti e i Centauri. Già ne parla Omero, il quale fa dire al vecchio Nestore che nella sua prima gi
ini mezzo cavalli, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale parla solo di uomini pelosi, dalle chiome arruffa
oncepi l’ idea di que’ mostri. La lotta dei Lapiti e dei Centauri, la quale divenne simbolo della lotta tra la civiltà greca
Eracle, rinunziò all’ immortalità per favorire Prometeo, in luogo del quale accettò di scendere all’ Inferno. 2. Una vivace e
nare quella forma più bella che poi venne universalmente adottata, la quale al corpo di un cavallo con tutte quattro le zampe
Bio). Frui di grande prosperità e ricchezza, in grazia di Apollo, il quale , allorquando, in punizione d’ aver ucciso co’ suo
Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educazione a Chirone, il quale ne aveva fatto un abile cacciatore e guerriero. D
uerra, vinse ed uccise Epopeo e condusse seco prigioniera Antiope. La quale per via die’ alla luce, presso Eleutera sul Citer
gnolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio di Zeus in Creta e per
che nessuno più moriva, onde dovette ricorrere Ares per liberarla; il quale allora a lei consegnò Sisifo. Ma questi riuscì an
d’ inverno. 2. Sisifo die’ argomento a diversi drammi di Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio di questo carattere i
e punito mandando un assilio che morse e fe’ infuriare il cavallo, il quale buttò giù il cavaliere e da solo poi si levò al c
Posidone e di Glauco poteva ben essere dai Corinzii detto il Sole, il quale ogni giorno sembrava a loro sorgere dalle onde de
non è altro che la luna affidata alla custodia del cielo stellato, la quale va peregrinando di terra in terra, quasi inseguit
fondato un tempio ad Atena Lindia. Ad Argo era allora re Gelanore il quale , riconosciuto Danao quale discendente di Io, gli
a Lindia. Ad Argo era allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao quale discendente di Io, gli cedette il regno. La legge
edette il regno. La leggenda attribuisce molto merito al re Danao, il quale avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno
esse il proprio consorte. Così fecero tutte salvo una Ipermnestra, la quale salvò il suo sposo Linceo. Si arrabbiò Danao e ca
i. A Linceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte, il quale alla sua volta ebbe due gemelli, Acrisio e Preto.
l’ eroe ad Argo. Perseo si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor di lui era fuggito a Larissa, ma, poich
agione hivernale? Di qui si sprigiona il sole primaverile, Perseo, il quale ha a fare colle Graie o colle Gorgoni cioè colle
e amata da Zeus, che le s’ era accostato in forma d’ un cigno. Ma poi quale dei figli di Leda avesse origine divina, correvan
di Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo deposto da Leda, dal quale poi sarebbero usciti Elena e i due gemelli. — Ven
tino fatto in comune d’ una mandra di giovenchi, per la divisione del quale non rimasero d’ accordo. In ogni modo questa lott
che ad Olimpia. Anche Roma eresse nel Foro un tempio ai Dioscuri, del quale rimangono in piedi tre splendide colonne. 3. La l
n inno che era molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide di Ceo il quale serbava gratitudine ai Dioscuri per essere stato
l’ essere nato dal suolo invece accenna, tra l’ altro, la forma nella quale soleva essere rappresentato, umana nella parte su
Erse, Aglauros e Pandrosos, tutti nomi che significano rugiada; alla quale nella stagione asciutta molto deve la prosperità
connessa un’ altra leggenda relativa ad Erittonio, quella secondo la quale sotto di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eu
lo zio, creduto fin allora senza figli. Sorse un’ acerba lotta, nella quale ebbero la peggio i Pallantidi, parte uccisi, part
ria da si doloroso tributo. Gli fu guida ed aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne, figlia di Minosse, di amorosa p
fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare nel labirinto, uccidere il Mi
ri furono Arianna (Ariadne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col quale dicevasi venisse di quando in quando a segreto co
o, o secondo altri da Asclepio; infine l’ ultimo figlio, Androgeo, il quale fu ucciso dagli Ateniesi e così die’ occasione al
a gli Dei che sarebbe nato allora allora il più forte dei Persidi, il quale sarebbe stato signore e sovrano di tutti i discen
uello della moglie di Stenelo; nacque quindi quel giorno Euristeo, al quale sebben vile ed imbelle, dovettero rimaner soggett
e orecchie e li rimando incatenati a Orcomeno. Ne sorse guerra, nella quale vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal trib
ra, la metropoli delle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La quale sulle prime era disposta a dare il cinto, ma Era
asto alle sue bestie. Poi legò queste e le portò vive ad Euristeo, il quale le rimise in libertà. l) I buoi di Gerione. Era q
presa, ricorderemo la lotta col gigante Anteo, figlio della terra, il quale era re della Libia e obbligava i passanti a lotta
Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in aiuto di Eracle. Il quale avrebbe in tal occasione ferito persino alcune di
e d’ animali che voleva. Non rimase che il figlio minore, Nestore, il quale poi fu il continuatore della nobile famiglia. — A
e le dodici fatiche che altro può essere se non una forza benefica la quale lotta contro gli ostacoli della natura, a benefiz
a Roma, Ercole aveva trovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passa
questi bovi allontanati a forza dall’ armento fè avvisato Ercole, il quale mosse contro Caco, e impegnata con lui aspra lott
inori, è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, intitolato « le gesta di E
mi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, dal quale l’ eroe doveva ricavare la pelle onde si vestiva
ma in quattordici libri, collo stesso titolo di quel di Pisandro, col quale si può dire i racconti eraclei abbiano preso quel
icordiamo qui la tragedia di Seneca intitolata Hercules Furens, nella quale si pone in scena l’ eroe allorquando tornato dall
gli avuti da lei; e l’ altra dello stesso Seneca Hercules Oelaeus, la quale , come le Trachinie di Sofocle, rappresenta la dol
di questo genere lo scultore Lisippo, della giovane scuola Argiva, il quale si compiaceva di rendere nel bronzo la bellezza c
geva il teatro di Pompeo. È parte di una grande figura sedente, della quale rimangono solo il torace e le cosce; ma questa re
lo figliuolo Illo e a lui davanti sta in umile atteggiamento Nesso il quale sembra chiedergli facoltà di tragittare Deianira.
Atalanta, le tolsero vilmente il dono che aveva avuto da Meleagro. Il quale indignato di questo li uccise. Ne nacque guerra t
moglie celeste per sposare donna terrena, Ino figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come già si disse parlan
ono di un ariete dal vello d’ oro datole a questo scopo da Ermes; sul quale ariete Frisso ed Elle se ne fuggirono diretti all
, Meleagro, Tideo, Ifito, Teseo, Orfeo, Anfiarao ed Eracle stesso; il quale ultimo però, per non assegnargli una parte troppo
Cizico, e qui non riconosciuti dai Dolioni vennero a battaglia, nella quale il re Cizico cadde morto; e di dolore s’ uccise a
so il Mar Rosso nel Nilo, ovvero per il deserto libico, attraverso il quale la nave Argo sarebbe stata trasportata, nel lago
tteri e di fatti che costituì per tempo come un ciclo di leggende, il quale fornì inesauribile materia e argomento ad opere l
abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto, di nome Polibo; il quale essendo senza figli adottò il bambino abbandonato
A un certo punto, in un passo angusto, si imbattò appunto in Laio il quale in un cocchio recavasi a Delfo per interrogare l’
aio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne nasce una contesa, nella quale Edipo uccide Laio e tutti quei del seguito. Così
cchio Polinice) non volle a suo tempo cedere il luogo al fratello; il quale allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe di
, questi venne obbligato a prendere parte cogli altri alla guerra. La quale come Anfiarao aveva previsto, ebbe esito sfavorev
ra offerta ad Apollo, lu Tebe ebbe il regno Tersandro di Polinice, il quale poi prese parte alla guerra di Troia, ma vi perde
intitolata « Alcmeonide ». Fra i poeti lirici si ricorda Stesicoro il quale trattò poeticamente la leggenda di Erifile. Ma so
gnoria d’ Argo, abitando Atreo in quel superbo palazzo di Micene, del quale ancora oggi si ammirano parecchi avanzi. Ma ben p
di vendicarsi, coll’ aiuto di un unico figlio rimastogli, Egisto, il quale uccise Atreo in un momento in cui stava compiendo
ù tardi prese parte alla caccia del cinghiale di Calidone, durante la quale ebbe la disgrazia di uccidere involontariamente s
mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla quale egli potè respingere trionfalmente gli assalti de
gli diedero in moglie una formosissima Nereide, Tetide (Tetis); nella quale occasione si celebrarono nozze splendidissime, a
atale; ed è anch’ essa leggenda posteriore ad Omero quella secondo la quale Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo
’ astuzia; primo Nestore. Era l’ ultimo dei dodici figli di Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello di Pe
rstite di Laomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato Priamo, il quale fece di nuovo rifiorire il regno e colla moglie E
. Strada facendo, accadde che Filottete figlio di Peante, tessalo, il quale possedeva le freccie e l’ arco di Eracle, durante
Achille; riuscì a trascinare contro sua voglia Filottete a Troia; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con
li ingannò inventando che era sfuggito alla persecuzione di Ulisse il quale lo aveva destinato vittima per un sacrifizio d’ e
taneo, e a poco a poco si contrasse tra loro una stretta amicizia, la quale si mantenne poi così costante che divenne proverb
otizia ad Ulisse. Questi allora mosse da solo, e, aiutato da Ermes il quale diedegli un’ erba che lo proteggeva da ogni magia
di Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la quale gli diede avvisi e consigli per il rimanente del
di Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo re dei Feaci; la quale lo conduce al palazzo e lo raccomanda al padre. U
no Penelope a finir l’ opera. Ella vinta promise fissar un giorno nel quale avrebbe scelto fra i Proci il suo secondo marito.
Feaci nell’ Isola. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua regg
toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio di Anchise e di Afrodite, il quale divenne anche eroe italico. Mentre Troia ardeva a
ui a muover guerra ad Enea. Così scoppiò quella sanguinosa guerra, la quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo
a quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo di Enea. Il quale , poichè anche Latino morì, gli successe nel gover
di sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso morso, contro il quale tenta inutile difesa la sinistra mano del fanciul
nceppato, egli mostrasi spaventato non per sè ma per il padre suo, al quale si volge con pietà e sgomento. E il padre nel mez
e ed inerti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle sue forze. — Varie scene
lati per la loro antiveggenza e saviezza, ma specialmente Melampo, il quale avendo curato una covata di serpenti dopo aver da
olofone. Quivi sposatasi con Rachio di Creta, diè alla luce Mopso, il quale divenne il fondatore dell’ oracolo di Mallo in Ci
enne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di Orfeo.
en posteriore. 4. Fra gli artisti mitici il più celebre è Dedalo, del quale abbia in già detto una parola (cfr. pag. 360 e 37
ra delle vostre mani. Ecco preparasi alla gaerra il mio Stilicone, il quale secondo il costume mi arricchisce di trofei, e i
e accompagna la Speranza e la rara Fedeltà di bianco panno velata, la quale non ti rifiuta la sua compagnia allorchè tu, muta
10 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
agine, diciamo solo che potranno tornar utili al leggitore, traendone quale sia stato il trasporto e la immaginazione degli a
scogitarne poscia una Teogonia, che commisero alla casta ieratica, la quale con le astuzie e con il terrore inspirava il sent
l’uomo passò dalla vera ad uno spettro di religione, la scienza della quale fu detta mitografia — se ne cerca la cagione nell
istente — non si aveva che la vera religione primitiva pura e divina, quale una candida figlia del cielo discesa in su la ter
strade, che può paragonarsi ad una linea retta luminosa continua, la quale rimonta all’origine istessa dell’uomo, consiste n
, voltando, come meglio ci è dato, le sue parole nella nostra lingua, quale tra la innumera turba degl’ Iddii credono di aver
tali enigmi colato verità importanti — Questo concetto di Pausania è quale lo richiede la esposizione di questo argomento. I
monia e concento di loro(3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il quale emulando la scuola di Democrito, voleva tutto and
trodussero nel mondo una divinità corporale, che tutto lo informasse, quale anima grande un corpo vastissimo, e dalla maestà
per cedere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o negli astri, quale ne’ bruti e negli s
olo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o negli astri, quale ne’ bruti e negli scarabei, ritrovando in ogni cr
iù bella delle Dee, quando da Giove scelto Paride per giudice, onde a quale delle dee si dovesse dare, se a Giunone, a Minerv
ioè lo spirito e la mente degli Dei — con il pomo di oro il mondo, il quale come che è un’aggregato di contrarii concorrenti
e qui s’intende l’animo dell’ uomo che vive solo secondo il senso, il quale nulla curando le altre cose della terra, crede es
ome Giunone, cioè l’aria, l’etere, le biade ; Diana, la caccia, dalla quale gli antichi e soprattutto i selvaggi campavano in
va, e πολυς molto, ossia non molto, unico o quasi di semplice natura, quale caratteristica ben si addice al Sole ; se pure no
daremo la interpetrazione come saggiamente fu esposta da Macrobio, la quale egli stesso improntava da Antipatro filosofo stoi
il guasto, e contaminando tutte le cose per via di una putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè d
quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Parnaso, il quale è armato di ali, perchè è in ragione de’nobili… F
1), i poeti croici la undecima divinità maggiore, che fu Mercurio, il quale porta ai fomoli ammutinati la legge nella verga d
ritornati a disperdersi nello stato exlege ch’è l’Orco dei poeti, il quale divorasi il tutto degli uomini… Tale verga ci vie
raria ai famoli degli eroi... Portò l’agraria di Servio Tullio con la quale ordinò il censo…. Da Mercurio de’Greci fu ritrova
ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sorella di Giove, il quale del pari ha con l’etere molta simiglianza e stret
o di Giove, Giunone seconda divinità delle genti, dette maggiori : la quale è di Giove sorella e moglie, perchè i primi matri
Detta anche Lucina, che porta i parti alla luce non già naturale, la quale è comune ai parti schiavi, ma civile, onde i nobi
nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 309 di Roma tennero i connubii e
nero i connubii esclusi alla plebe. Ma da’ Greci fu detta Ηερα, dalla quale debbono essere stati detti essi eroi, perchè nasc
za fatta da’giganti alle prime donne ; con la fune legate le mani, la quale poi appo tutte le nazioni s’ingentili con lo anel
la rotondità di tal flore la forma quasi sferica della terra, per la quale ella si prendeva. 37. A Cerere si dava per figlia
vasi indicare, ch’è d’uopo mandare il seme alla terra, nell’imo della quale credevasi aver regno Plutone, per farlo germoglia
noi qui lo riproduciamo secondo la nostra istessa versione dal greco, quale fu prodotto in un’alra nostra opera(2), « A me c
essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entrava essa in congiunzione, secondo i diversi s
madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembian
in forma di un globo, per dimostrare tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco, che dicevano Vesta. Ella, dice
i Giove e di Mnemosine cantavano su l’Olimpo le maraviglie degli Dei, quale concetto fu mirabilmente svolto dallo immortale V
mene, Tersicore, Erato, Polinnia, Vramia, Calliope. Noi, senza dire a quale delle belle arti ciascuna di esse voleva farsi pr
e restò un giuoco ai greci detto del nodo : ch’è il nodo erculeo, col quale Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo quale d
il nodo erculeo, col quale Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo quale da’plebei si pagava agli eroi la decima di Ercole
Nè Ercole, diceva Macrobio(2), va estranio dalla potenza del Sole, il quale trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge
, ed è indicato dal tramonto del fiume dell’Aquario, la estremità del quale scorre nella stazione del Capricorno, e la sorgen
onsacrato da’ Romani, come loro prima divinità tutelare, il eulto del quale fu da loro unito a quello del tempo e del Dio-Luc
a, che tu desideri sapere ; e, conoscendo questa, non ignori del pari quale sia il mio ufficio. Tutto ciò, che vedi da ogni l
). Flora — Alcuni eredono che sia Acca Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore nel tempio di Apollo e Diana
ma il nome di Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arcadi, la quale gravida di Mercurio desse alla luce Evandro, e po
ata rumen, che significa mamma, onde nacque ficus ruminalis, sotto la quale pianta fu creduto che una lupa desse le mamme a R
11 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
o gli Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo, era Eeta, il quale aveva una figlia nubile chiamata Medea ed un picc
formata in quella costellazione che ne porta tuttora il nome, e nella quale i moderni astronomi coi loro telescopii hanno con
iporta una scena della tragedia degli Argonauti di Lucio Accio, nella quale il poeta finge, che un pastore che non aveva mai
o incerto chi di loro due esistesse prima, comincierò da Anfione, del quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figl
triscia biancastra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte di Giunone è u
ri che alle altre, perchè trattavasi di liberar l’amico suo Teseo, il quale per secondare il suo inseparabile Piritoo si unì
e suppongono che l’Eroe Tebano fosse già adulto a tempo di Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante ne
uomini ; cavalli dalle estremità dei piedi sino al collo ; invece del quale avevano il petto, le braccia e la testa di uomo.
sso qualche sua debolezza che in ultimo fu causa della sua morte ; la quale per altro egli incontrò con un eroismo pari a que
e un corno, onor della fronte degli Dei dei fiumi ; per ricuperare il quale Acheloo diede in cambio il cornucopia a lui donat
he derivò da un uovo, da quello cioè da cui nacque la bella Elena, la quale fu la vera causa di quella guerra, come vedremo97
tellazione : « O glorïose stelle, o lume pregno « Di gran virtù, dal quale io riconosco « Tutto, qual che si sia, il mio ing
Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europa, la quale fu rapita da Giove stesso trasformato in toro, e
ia. Minosse prese in moglie Pasifae, una delle figlie del Sole, dalla quale ebbe un figlio che fu chiamato Androgeo e due fig
molto piaciuto, partorì un mostro che era mezz’uomo e mezzo toro ; il quale fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nom
per ordine di Minosse da Dedalo, ingegnoso architetto e meccanico, il quale costretto ad esulare da Atene sua patria erasi ri
lo avrebbe riconosciuto per suo. Questo figlio fu chiamato Teseo ; il quale nel crescere diede segni manifesti di gran forza
odo alcuno scusare, contro la troppo semplice e pietosa Arianna, alla quale pur doveva la sua salvezza ; ed egli invece l’abb
olenza che essi usavano contro degli altri ; onde nel modo stesso col quale ingiustamente operavano, fossero giustamente puni
bricò un toro di rame in atto di mugghiare ; nelle interne cavità del quale dovevasi chiudere il condannato, e poi accendendo
o per sollevazione e vendetta popolare, come afferma Cicerone109. Il quale parla molte volte di questo toro nelle sue opere,
Edipo, che significa piede gonfio, perchè aveva enfiato il piede pel quale fu sospeso all’albero. Cresciuto Edipo si accorse
e andò a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispose di non cercarne, perchè avrebbe uccis
ercito l’avito regno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per alt
rono gl’invasori Tieste ed Egisto, ricuperando il paterno regno ; del quale per patto di famiglia divenne re il solo Agamenno
ormica, diede motivo a inventar questa favola della loro origine ; la quale però parve sì bella che tutti i pœti l’accettaron
cipe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina, dalla quale doveva nascere un figlio molto più illustre e pot
moderni filologi. Ed ecco prima di tutto la genealogia dei re Troiani quale Omero fa dirla da Enea ad Achille : « Ma se più
come vittima espiatoria. Sulla scelta di questa decideva la sorte, la quale dopo qualche anno cadde sopra Esìone figlia dello
tichi etimologisti, significa riscattato : è dunque un soprannome col quale quest’ultimo ed infelicissimo re Troiano passò al
nissima armatura da guerrieri, fu questa che fece palese Achille ; il quale dimenticando il suo travestimento, su di essa fis
rirebbe chi primo scendesse ; e così avvenne infatti a Protesilao, il quale , come dice Omero, « Primo ei balzossi dalle navi
È ricordata con somme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima, la quale desiderando di veder l’ombra del marito e poi mor
alore a gara con Diomede, la sorte era contraria al loro esercito, il quale rimaneva quasi sempre perdente e respinto : ad og
chè quanti « Eran dianzi i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente : di saetta il fort
izione dei funebri onori resi ad Ettore in Troia termina l’Iliade, la quale chiudesi con le seguenti semplicissime parole :
ello in un gruppo (esistente tuttora nella galleria del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto di
ieme navigarono verso la Grecia finchè la tempesta non li divise ; la quale piombò loro addosso vicino all’isola di Eubea. Iv
di Nauplio, principalmente perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta
nnone ivi presenti, dagli sgherri dell’usurpatore tiranno. Egisto, il quale molto prima di Machiavelli sapeva che « è necessa
rimea) furon consegnati a Toante re e sacerdote di quella regione, il quale sacrificava all’idolo di Diana vit time umane, sc
venne in Italia e fondò nella Magna Grecia la città di Petilia, alla quale credesi corrispondere ora Policastro sul golfo di
nave da lui stesso costruita ebbe a soffrire un’altra tempesta, dalla quale con gran fatica e pericolo scampato a nuoto, giun
il modo d’inserire nella Divina Commedia il canto di una Sirena, alla quale fa dire, tra le altre cose, ch’ell’era quella ste
idio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno nel Lazio, dal quale derivò Roma che fu poi dominatrice del Mondo. Qui
ffese soffrirebbero talmente la fame da divorarsi le stesse mense. La quale strana predizione si avverò poi blandamente, perc
d accresce colla loro presenza l’orrore di quella, negli alberi della quale « Non frondi verdi, ma di color fosco « Non rami
lle coste dalla tempesta, Enea fu accolto umanamente dalla regina, la quale offrì ad esso ed ai Troiani di fare un sol popolo
per ordine di successione sino a Numitore padre di Rea Silvia, dalla quale nacquero Romolo e Remo. E sebbene a questo punto
i ; perciò è da vedersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e quale estensione di significato le attribuivano i Polit
n insigne architetto che in Lebadia, nella Beozia, scavò un antro nel quale si chiuse, e ove rendeva oracoli a chi andasse a
n un luogo chiamato anticamente Marpessio. 9ª LaSibilla Frigia, della quale fu detto che vaticinò in Ancira. 10ª La Sibilla T
10ª La Sibilla Tiburtina, ossia di Tivoli, aveva nome Albunea, della quale è rammentata la grotta da Orazio in una delle sue
fu detta appunto Tomi, greco vocabolo che significa dissezione (e dal quale fu composto pur anco il nome di Anatomia) : « In
tamente la Storia ci fa sapere che questo barbaro metodo curativo (il quale , generalmente, scorciava o troncava la vita ai gi
iddam sensuque vacuum se putat cernere, post autem signis certioribus quale sit id, de quo dubitaverat, incipit suspicari, si
pico non fa altro che portar l’ esempio del modo tenuto da Omero, del quale egli dice tra le altre cose : « Nec reditum Diom
sservato in Monte Cassino ora per la prima volta dal 1828 in poi, nel quale anno vi furono messi i parafulmini. Ne ha data un
ta tradotta da lui stesso in latino questa parlata di Socrate ; della quale il punto riferibile a Palamede è il seguente : « 
le coste dell’Italia meridionale ; ma nessuno ha detto precisamente a quale delle esistenti isole corrisponda : perciò taluni
Dantenel Canto xix del Paradiso rammenta Anchise morto in Sicilia, la quale , alludendo all’Etna, egli chiama « ………. l’isola
12 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
egati. Ecco il sublime tratto di Ovidio tradotto dall’Anguillara, nel quale troviamo descritto cotesto scioglimento. Pria ch
e. Si venne pertanto ad un aggiustamento, che gli propose Titano, col quale Saturno si obbligava di non allevar figli maschi,
ra a Saturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla quale gli fece recere i figli da lui precedentemente di
che fu udita nel suo tempio in occasione di un fiero terremoto, colla quale si avvertivano i Romani di sacrificare una troja
i. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re di Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome sua
un globo, ed altri istromenti matematici, oltre una bacchetta, colla quale fa le dimostrazioni delle sue lezioni. Ecco ne’
a da Citera Isola dov’ella regnava. Venere fu maritata a Vulcano, dal quale ebbo molti figli ; fra questi i più rinomati sono
llo di porgere il nettare agli Dei. Vero è, che la poca grazia, colla quale esercitava le funzioni di coppiere, fu cagione ch
conchiglie, tirato da cavalli marini : tiene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti di sollevarsi, o di mettersi in
accola accesa in una mano, e nell’altra una sferza di serpenti, colla quale ffagellavano le ombre a loro consegnate. Varie er
lla fuga, e si rifugiò in un canneto del fiume Ladonte suo padre, dal quale fu cangiata in canna. Pane per consolarsi di tal
o di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, dalla quale ebbe Nereo, e Dori che si maritarono insieme. Que
ettentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re di Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Calai effigiati cogli omeri coverti
dava addosso, o assassinava i passeggleri. Fu ammazzata da Ercole, al quale aveva rubato alcuni bovi : indi cangiata in mostr
en espressa con una coppa alla mano, ed accanto un altare, intorno al quale un serpente si aggira. Ella è denominata anche Ig
a maniera di ripopolare la terra. A tale oggetto consultaron Temi, la quale loro rispose, che avessero scavate le ossa della
vasse. Essendo stata vana ogni ricerca, Cadmo consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che avesse fabbricato una città i
edificare la città capitale, volle offrire de’ sacrifizj agli Dei, a quale oggetto avendo spediti alcuni suoi compagni ad at
rgo. Ivi ammazzò Preto che aveva cacciato Acrisio dai suoi stati, col quale si riconciliò. Ma fatalmente giuocando al disco,
diò Atene, e non si ritirò fino a che non fu segnato un trattato, col quale gli Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente
alo architetto ingegnosissimo, formò un edifizio detto Laberinto, nel quale chi entrava non ritrovava mai l’uscita, consisten
ni, donne sommamente guerriere, e sposò la loro regina Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Fu Teseo uno degli Argonauti, ch
ndo in lui un raro talento per la musica gli regalò la sua lira, alla quale Orfèo aggiunse due altre corde. Allorchè questo f
vendicato, essendo stato consegnato alle Furie l’empio matricida, il quale per liberarsene si rifugiò a Psofi in Arcadia, pe
era di portar via una statuetta di Minerva chiamata Palladium, nella quale consisteva la salvezza della città. Ulisse, che a
cura di Achille fu d’innalzare un rogo alla riva del mare, sopra del quale fece collocare il corpo del suo amico, e vi appic
del fiume Stige per renderlo invulnerabile : il solo tallone, per il quale lo teneva, non fu bagnato da quest’acque salutari
tte s’imbarca, dirige la prora verso Pilo per ivi trovar Nestore, dal quale non avendo avuto notizie soddisfacenti, si reca a
, ove da un anno era morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del quale fece celebrare de’ giuochi dopo avere adempiuto a
dove avrebbe ritrovata una pianta, che aveva un ramicello, senza del quale non avrebbe potuto penetrare nell’inferno, per of
soldati. I principi vicini prendono parimente lo armi contro Enea, il quale non ha in suo favore, che il solo Evandro, che ab
vendicò il suo ministro con far sorgere una malattia in Calidonia, la quale prima alterava la fantasia, indi rendeva furiosi
resso a poco la medesima sorte di Titono. Ella fu amata da Apollo, al quale dimandò di poter vivere tanti anni, per quanti gr
i è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, della quale così cantò il nostro Stazio nel libro IV. Silv.  
issima Greca iscrizione sottoposta ad un eccellente bassorilievo, nel quale stavano scolpite diverse sacre immaginette, e fra
lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una tale Fratria, alla quale non erano ammessi, se non quelli che conservavano
costume i Napoletani di celebrare una festa in onore di Orione, nella quale fralle altre formalità si bruciava una barchetta
rigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal quale credono essere stata rapita Elena. 2. Suol dipin
autore dell’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori di Napoli, il quale sostiene, che quasi tutta la navigazione di Uliss
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
, quando un vile ossequio agl’imperatori introdusse l’apoteosi, colla quale vennero annoverati tra gli Dei anche i più scelle
sapienti ed i grandi disdegnosamente la confinavano tra la plebe, la quale , meno corrotta forse, volea che i vizj, a cui ren
tal merito, come si potrà difendere la giustizia d’un simil odio, la quale si dee provare non dall’odiare, ma dal sapere per
te quello che ignorano ; e questo è il testimonio della ignoranza, la quale , mentre scusa la poca equità, la condanna. Poichè
versazione, nè penitenza, nè doglianza ? Che sorta di male, dico, del quale il reo si allegra, l’accusa del quale si brama, l
 ? Che sorta di male, dico, del quale il reo si allegra, l’accusa del quale si brama, la pena del quale per felicità si consi
del quale il reo si allegra, l’accusa del quale si brama, la pena del quale per felicità si considera ? Non puoi dire che sia
umano vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale fa prova della sua virtù. Che, se noi volessimo f
o perchè siamo fratelli rispetto a’nostri beni e alla nostra roba, la quale appresso di voi quasi rompe la fratellanza. Noi p
nimo ancora di santi ricordi. Or questa è l’adunanza de’Cristiani, la quale dire si può illecita, se si rassomiglia ai ridott
ano. La filosofia non serviva che a spargere una specie d’empietà, la quale , senza condurre alla distruzione degl’idoli, prod
n avrebbero impiegato a rinascere le scienze obliate e perdute ! E in quale stato d’infanzia non si troverebbe anche ai dì no
morale. 145. È opinione di molti dotti, che la lingua sanscritta, la quale è tuttora la lingua letteraria dell’India, sia ma
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli st
congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col quale termina l’età eroica e comincia l’epoca storica47
Danae che fu poi madre di Perseo. S’intende facilmente che l’oro col quale furon comprate le guardie da un ricco principe ap
ppo padre di Alessandro Magno non esservi fortezza inespugnabile alla quale potesse accostarsi un asinello con una soma d’oro
o di un granchio. Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del quale è di certo la statua colossale del Grande Oceano,
ssare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fos
ormò in quel monte della Mauritania che tuttora chiamasi Atlante, del quale gli antichi favoleggiavano che sostenesse il Ciel
» 48. Vedasi la bellissima Ode 16ª del lib. iii di Orazio ; della quale qui cito soltanto quella parte che si riferisce a
piedi anterïori, il capo e ’l grifo ; « In tutte l’altre membra parea quale « Era la madre, e chiamasi Ippogrifo, « Che nei m
15 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
se potuto sfuggire il nato infante il furore di Saturno suo padre, il quale memore delle promesse fatte al fratello Titano di
uova, e con forza del tutto inudita lo cacciò superbamente dal regno, quale co’suoi due fratelli, salvati collo stesso tranel
a lui sortito nella general divisione per sua parte, ed eredità, sul quale qual’assoluto padrone esercitar poteva ogni imper
e ebbe però il piacere d’impalmare Venere fra le Dee la più bella, la quale per altro niente rapita di suo marito, non senza
ggiante palma sgravossi della doppia sua prole Apollo cioè, e Diana ; quale isola poi per favore del nato Nume non più fù err
egli da violento affetto per Dafne famosa figlia del fiume Peneo, la quale burlandosi de’suoi amori fin a tal segno lo spreg
to, che solito era portarsi dalle spose nell’andare a prender marito, quale credevasi da essa disciolto qual patrocinatrice d
stretta ad impalmar per marito, che il deforme storpiato Vulcano, pel quale sebbene di più figli fù madre ; pure perchè mal c
ria, ossia ingannatrice, e qual cosa invero più inganna, che l’amore, quale lusingando i sensi nel cuor trasmette i velenosi
esiorum Civitatem cultricem esse magnae Dianae, Iovisque prolis  ?(1) quale ammirabile tempio poi nel giorno, in cui nacque A
ue porte inalzato a questo Dio da Romolo di comun consenso con Tazio, quale per prescritto del successore Numa sempre dovea t
attolo quindi a suo tempo lo diè allo stesso benefattore Mercurio, il quale seco recandolo da alcune Ninfe figlie forse di At
el giorno, in cui dalla Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Alm
che aspetta, perchè al solo tempo si appartiene scovrir la verità, la quale , al par del sole, che può essere intercettato, ma
all’uom quando la trova. Annotazioni. Quella gran dote, per le quale sola, al dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mo
Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza di quel Dio, nel quale vivimus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam dunqu
e il danno la fecero precedere da un Leone, onde ognuno ravvisasse di quale eccesso è capace questa belva quando è stizzita,
per ottenere più facilmente l’intento lo sventurato calunniatore, il quale perciò sovente muore nella sua iniquità, giusta q
han ammirato, e ne ammireranno il portento. E chi in vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza di l
il portento. E chi in vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza di logica si racchiude in questi du
ò far gran cosa. Suole avere il suo luogo nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento cade alla seconda sua sillaba, c
rimanendo il primo libero, ed il quarto colla stessa legge spiegata, quale per altro non è indispensabile, come chiaro può s
soltanto alla sestina eroica del Casti negli animali parlanti, della quale si parlerà a suo luogo. Qui adunque il mio scopo
aspettarlo dalla favolosa Arianna si avrà dall’esempio seguente, nel quale per maggior intelligenza di coloro, che vorranno,
ispondere del tutto colle stesse voci adoperate nella proposta. Della quale seconda maniera perchè oggi più comunemente prati
era gl’orecchi, e se stesso fece ligare ad un albore della sua nave ; quale invenzione poi scorgendo la Sirene mosse dalla im
ide, e pur Celeno, come piace ad altri, metà uomo, e metà Delfino, il quale perchè fù il principal Trombetta di Nettuno suo p
in questo tempio dicesi essere stato lo stesso Palladio di Troja, il quale sebbene fosse stato rapilo de Greci, ed altronde
ezzo di Diomede di bel nuovo pervennc nelle mani del Trojano Enea, il quale seco lo tradusse in Italia, e dopo molte vicende
, che la Verginità sempre porta seco la spada della pudicizia, per la quale essa recide le opere della carne, e supera gl’all
che questa celebrata Cibele fù figliuola di un antico Re della Frigia quale dotata di gran senno, e prudenza la prima fù ad i
sostanza, come profusamente l’attesta Latt. lib. 1. de fals. Rel. il quale nel cap. 15. allegando l’autorità di Cicerone scr
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
drata, un parallelepipedo rettangolo, come direbbesi in geometria, il quale ponevasi per confine del territorio dello Stato e
a in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affermano gli archeologi, ove o
nella sua elaboratissima Orazione funebre in morte del Buonarroti, la quale egli recitò nella Chiesa di S. Lorenzo, così desc
o che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza
nni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languid
elle punte delle dita, regge penzo loni un grappolo d’uva matura ; il quale un Satirino d’allegrissima vista, che gli sta dai
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
rada (detta dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di
a i figli del Sole vi era una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la quale ogni mattina apre le porte dell’oriente, e preced
i Apollo e della Ninfa Climene. Fu egli un giovinetto presuntuoso, il quale credeva che gl’illustri natali bastassero a compi
alle loro stalle. Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle rive del quale fu pianto e sepolto dalle sorelle dette Eliadi, c
ttribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salute. Nel
spalle il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al quale era attortigliato un serpente, simbolo della prud
18 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
Apoteosi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la quale gli eroi, gl’ imperatori e i poeti eran collocati
li uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal quale riceviamo la benefica luce, e che feconda le camp
ni pubbliche e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il quale spazio di tempo essendo chiamato lustrum (lustro)
alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco
igo, perchè essi arrestavanu e legavanu i rei. 6. Acqua comune nella quale era stato spento un tizzone preso di sull’ ara. L
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
e più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti da allucinar la vista
caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini cortina, dentro la quale si conservavano i denti e le ossa del serpente Pi
Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo
so i dotti e sapienti. E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di trattenermi. Che i più celebri
gli augurii come di cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella quale l’indovino Calcante rappresenta una parte importa
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
sti Dei abitassero negli antri donde usciva la sorgente del fiume, la quale chiamavasi poeticamente il capo. Tibullo si marav
te vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella quale scorre quel fiume. Modernamente, per indicar megl
ra, uno scudetto coll’arme o stemma di quel popolo pel territorio del quale scorrono le sue acque. Tra i Fiumi della Grecia v
hille, che non aveva paura di alcuno, non sarà discaro il sentire con quale impetuosa eloquenza il Xanto incoraggiava il frat
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni
una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in balìa delle onde f
lìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Parnaso. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pi
forze irresistibili della Natura negli strati sottoposti a quello sul quale abitiamo. 86. Anche Dante chiama la terra madr
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
si vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che sig
1580 avanti l’èra cristiana. E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio
stione si collega l’altra sull’ origine dell’ Alfabeto in Europa, del quale si attribuisce a Cadmo che portasse in Grecia le
Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua prefazione
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
onore di lui150. Era questo certamente un linguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegn
15 di maggio, e Ovidio aggiunge la preghiera che essi recitavano, la quale terminava col chiedere a questo Dio guadagni in q
rcurio rubò le vacche ad Apollo, incontrò per via il pastor Batto, al quale regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma
(Hor., Od., i, 10.) Si noti quell’epiteto di jocoso dato al furto, il quale significa che Mercurio rubava per ischerzo, sotti
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
a preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu cangiata in una costellazione che porta an
che si opponevano al suo culto. Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti d
ntese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi nel Bacco in Toscana, parlando del
« Ed ella non ridea : Ma, s’io ridessi, « Mi cominciò, tu ti faresti quale « Semele fu, quando di cener fessi. » (Parad., x
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
un mostro immaginario, come il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come di quella delle Fate, si abusò,
sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale invenzione non è facile intendere il significato.
zione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero boreale, vicina a quella part
esso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico di Tibullo, nel quale si attribuisce alle Parche il presagio dei futuri
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
ltre nell’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè quale è di ciascuno il genio e ’l fallo, « Tale è il ca
nquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler, quale il Tonante in cielo, « Tonar quaggiuso e folgorar
o grado, e al tempo stesso di tutta evidenza, l’argomentazione con la quale dimostra che usura offende la divina bontade ; e
o ix del Codice Giustinianeo vi è il titolo De Sepulchro violato, nel quale si rammentano le antiche pene, e se ne aggiungono
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora, che in greco significa tutto
o rappresenti l’ingegno umano che inventa le arti utili alla vita (il quale ingegno perciò può dirsi poeticamente una scintil
incauto, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
da Giove100), era appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone. La quale impegnò la Dea Tellùre, ossia la Terra, a non dar
i un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, p
l sud-ovest della Sicilia un’isoletta che fu chiamata Ferdinandea, la quale pochi mesi dopo cominciò a riavvallare, e disparv
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
anno notizia che Ovidio e Lattanzio ; e dicono che era una Naiade, la quale fu privata della favella da Giove, perchè parlava
Questa indicazione è conforme alla ortodossia mitologica, secondo la quale credevasi che di questi due Dei gemelli Diana fos
più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse. Marziano Capella, poeta lati
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
lo dei commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il quale nel Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le b
, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e p
legga la satira di Orazio, che comincia : Jamdudum ausculto, nella quale il poeta dice al suo servo : Age, libertate decem
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del quale eran sottoposti tutti gli Dei, attribuivansi al F
Mical, il suonator di flauto di Vaucanson e l’anitra del medesimo, la quale nuotava, mangiava e digeriva ; e nel presente sec
buti. Di che era simbolo Vulcano ? Evidentemente del fuoco, senza del quale sarebbe impossibile eseguire i lavori di metallur
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
te a Nettuno fratello di Giove, dopo la guerra contro i Giganti, alla quale l’Oceano non prese parte. Il nome di Nettuno, dio
con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col quale comanda ai flutti e scuote la Terra cagionando te
ncetti. La favola è questa : Glauco era un pescatore della Beozia, il quale un giorno si accorse che i pesci da lui pescati e
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
ue elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civiltà. Ma quando la roman
ltro legale, che sta ad indicare le persone della stessa famiglia, la quale in latino dicevasi più comunemente gens, mentre f
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
a intanto è notabile la spiritosa invenzione della sposa del Caos, la quale ora chiamerebbesi con termine dantesco la Tenebra
one della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionat
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
astronomo Tolomeo (vivente nel secondo secolo, dell’êra volgare), il quale fantasticò e spacciò per verità scientifica l’esi
an tenute nascoste al volgo, e costituivano la scienza segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e d
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
ima che fu consacrata da Numa riformatore di quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome di Amata per tradizione. 49. R
lebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella quale son puniti i Simoniaci : « Io stava come il frat
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
tra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchi
ervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di erra
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei. Il
no l’acqua del fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano, batt
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
ove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pit
Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale , oppure essendo recisa o arsa, periva ad un tempo
à ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La quale spiegazione dimostra che ad un teologo, e al temp
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
e a Giove, che per questo caso strano consultò il libro del Fato, nel quale trovò il decreto irrevocabile, che se Proserpina
col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
chè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la quale in quelle pugne in cui prendevano parte anche gli
loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine della repubblica
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
agli la sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizio
nico, o diabolico, o altrimenti, cerca di spiegarlo la Mitologia ; la quale , dopo avere asserito che il Dio Pane soggiornando
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
uo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale , superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di
ella, e le mandò a tormentarla un assillo o tafano. Per liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
’esilio non potè eseguire quel poema che aveva ideato. Claudiano, del quale esiste un frammento di 127 versi della Gigantomac
a i mineralizzatori di diversi metalli, e segnatamente del ferro, col quale combinato forma il solfuro di ferro, comunemente
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
enofonte, che egli attribuivasi fin dalla prima gioventù un Dèmone il quale suggerivagli tutto ciò che doveva fare275). Socra
elo, secondo la greca etimologia, significa messaggiero o nunzio ; la quale etimologia ed interpretazione è rammentata e adot
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina di aver fatto un sogno, nel quale , per quanto parvogli, una donna « Io son, cantav
o di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisca il rampone al quale è attaccata la lunga fune che si tiene fissata al
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile non solo agli scolari
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
ri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
gazione dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Principii di Scienza Nuova asser
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
o di avorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il quale era seppellito o arso segretamente. I medici per
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del quale soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre se
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
ero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ivina Commedia la trista fine di Meleagro ; ed eccomi ad accennare in quale occasione. Dopo aver narrato che i golosi son pun
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
mentre il Monoteismo è il vero modello della monarchia assoluta ; la quale soltanto per analogia o somiglianza di forma, e s
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
ato di una larga lamina di metallo piegata in figura ellittica, nella quale inserivansi diverse bacchette mobili parimente di
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
talia, promulgato nel 1865, si trova usata la parola naturalità, alla quale si aggiunge concessa per legge o per decreto real
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cerv
59 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
1516. Lelege, egiziano o fenicio, fonda Sparta, fra i primi re della quale son ricordati Eurota, Lacedemone, Amicla. 1511
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ante, (come dicono in oggi nelle tavole meteorologiche), ossia dentro quale degli angoli retti formato dai punti cardinali sp
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
Una più terribile punizione inflisse Diana al cacciatore Atteone, il quale essendo penetrato in un boschetto ov’era una font
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di Ercole, il quale avendo mandato il suo valletto Ila a prender dell
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