one una spiega, per quanto più potremo concisa e limpida, del modo al
quale
ci siamo attenuti, onde render chiara ed utile al
manità ; tutto ciò è opera ardua, lunga, faticosa, per raggiungere la
quale
, abbisogna fermezza di volontà, studio accurato e
tta parte della cittadinanza di una illustre metropoli, quella per la
quale
noi abbiamo intrapreso e compiuto questo lavoro,
avoro intorno a quest’opera. Fu questa e non altra, la ragione per la
quale
noi, dopo aver delucidato in questa Prefazione, a
ente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine col
quale
viene cominciata e condotta a termine ; nell’armo
col quale viene cominciata e condotta a termine ; nell’armonia con la
quale
è tessuta ed esposta ; ordine ed armenia che debb
gni opera dell’ingegnu umano ; e la maniera materiale o fisica con la
quale
essa opera viene eseguita. Infine il concetto, l’
vitale di esso ; e il modo fisico o materiale, o moglio, il mezzo col
quale
detta opera viene sviluppata, rappresenta il corp
esenta il corpo, ossia il subbietto fisico, materiale, sensibile, col
quale
l’idea informatrice deve essere assolutamente in
ida sicura, e per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla
quale
venisse loro additata la vera configurazione del
ggiungere questo scopo ci servimmo della stessa configurazione con la
quale
si stampano le pagine dei dizionarii, cominciando
a e reale l’esposizione di quel singolo avvenimento, nel racconto del
quale
cadeva in acconcio la citazione del passo da noi
agane, e spesso l’esatta riproduzione d’una figura mitologica, o tale
quale
la sognarono i poeti della antichità, ovvero inco
che dare in essa un’idea, diremo, preconcetta del lavoro medesimo, il
quale
viene, in certo modo, compendiato nelle poche par
concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col
quale
noi cercammo di metterla alla portata di tutte le
Ma nessuno ha dato alla luce un Ristretto analitico della Favola, nel
quale
fosse cosi di sovente riportata una classica cita
Essa altro non è che il complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il
quale
, considerato nel suo insieme, costituisce il ling
e quella degli Elleni Elleni. — Gli Elleni abitarono la Grecia, la
quale
fu la regione d’Europa, che prima accoise i germi
chiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito, la
quale
altro non è che un simulacro pagano del dio Marte
cuore di madre. L’antichissimo cataclisma del diluvio universale, del
quale
si legge nella Genesi : VI-17 Ecce ego adducam aq
dini o categorie particolari ; sarà dunque agevol cosa il comprendere
quale
estesa quantità di miti si racchiuda nelle mitolo
mina ed impera costantemente il principio simbolico e configurato, al
quale
si è dato tacitamente, da tutti gli scrittori del
ione tutto si mostra traverso il prisma della simbolica allegoria, la
quale
apparisce più viva in tutto quel lungo elasso di
stra. 3. Venite e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il
quale
mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi acc
rcole, ossia il punto fisicamente marcato, nel mondo antico, oltre il
quale
non era creduto possibile l’andare a qualunque es
in atto di divorare i suoi figli ; allegoria spaventevole, sotto alla
quale
è nascosta l’idea, non meno terribile, del mito c
e profondamente turbata, dimondò in aria scherzosa : Ea voi, profeta,
quale
destino riserbano i cieli ?… L’interrogato piegò
ve, il re dei numi, si deliberava sui divini ed umani destini : e dal
quale
ciascan Dio aveva assegnato il proprio governo, i
viaggio d’un eroe ; l’arco baleno altro non è che il ponte aereo sul
quale
Iride, la divina messaggiera, discende dal cielo
della fascia zodiacale, additano le dodici fatiche del Dio-Atleta, il
quale
, alla sua volta, diventa pei Greci un avventurier
ne, pure esse sono ravvolte tutte in una tinta forte e spiccata, alla
quale
ciascuna generazione, traversando l’umanità, ha l
e passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso, nel
quale
l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo di un m
variabilmente la stessa, e questa Forma è il racconto, i soggetti del
quale
sono gli attori, le figure staccate e visibili, a
ticolare carattere del mito o simbolo mitologico è la Spontaneità, la
quale
similmente non si ritrova nell’allegoria, in cui
o. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel
quale
veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti
e, vestendole di forme poetiche, e fondarono così la mitologia, nella
quale
sono esposte le vicende degli dei, le loro attine
urando le generazioni umane in un uomo solo, e il mondo nave sopra la
quale
egli si fosse imbarcato per arrivare traverso il
anche i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel
quale
egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome pat
icevette da lui, oltre allo spirito di divinazione, una freccia sulla
quale
egli traversava l’aria. Si racconta che avendo fa
a un tempio famoso in Messenia. Essa si ritirò nella città d’Ira alla
quale
dette il suo nome. Questa città fu una delle sett
21. Abracadabra. — Nome superstizioso di una figura triangolare alla
quale
si attribuiva la virtù di prevenire le malattie,
l suo nome alla Misia, città in cui Giove era adorato, ragione per la
quale
questo Dio, fra i tanti suoi nomi, ba avuto quell
Acamao un figlio, che fu allevato, da Ethra ava paterna di Acamao, la
quale
Paride avea condotto con Elena. Allorchè i Greci
fu maestro di Achille) liberò dai mostri questo virtuoso principe il
quale
coi soccorso degli Argonauti, si vendicò della cr
ca Laurentia moglie del pastore Faustolo che allevò Romolo e Remo, al
quale
per questo motivo i Romani decretarono gli onori
della Macedonia, ma più particolarmente provincia del Peloponneso, al
quale
si dà alcuna volta, compreso nella sua totale est
ta anche Callirhoe, figlia di Acheolo. 50. Acheloidi. — Nome sotto il
quale
venivano sovente denominate le sirene, da Acheolo
vulnerabile, ed egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel
quale
la madre sua lo tenne al momento dell’immersione.
ata in Ilione, rispose aver sempre cercato la lira di Achille, con la
quale
quel grand’eroe cantava le lodi e le imprese degl
Achillea. — Isola del Ponte-Eusino così detta dal nome di Achille, al
quale
vi si tributavano onori divini. Era anche Achille
era questo il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla
quale
tutti gli altri numi avevano avuto origine e prin
templi si teneva un recipiente di bronzo pieno d’acqua lustrale nella
quale
si lavavano come per purificarsi tutti coloro che
trare nella casa di duolo, senza essersi aspersi d’acqua lustrale, la
quale
veniva anche adoperata per lavare il cadavere. 82
ratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col
quale
egli veniva principalmente venerato in una città
prodò, trattò cortesemente Danae e fece educare suo figlio Perseo, il
quale
divenuto adulto si mise a correre il mondo a modo
sacrifizio, s’innamorò perdutamente di una giovine a nome Cedippe, la
quale
non volle ascoltare le sue parole : allora avendo
Diana di non esser giammai che d’ Acroncio . Cedippe, ai piedi della
quale
egli aveva lasciato cadere quella pietra nel temp
ale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel
quale
ogni giuramento era sacro, lesse quelle parole se
va anche Acteone. 93. Actor. — Padre di Menozio e Avo di Patroclo, il
quale
per questo veniva anche chiamato Actoride. Vi fu
a loro, si dissero delle ingiurie che terminarono con una lotta nella
quale
Ercole atterrò il suo antagonista. Questa prodezz
amava anche Adorea una festa in onore delle principali divinità nella
quale
si offrivano agli Dei delle focacce dette Ador. 1
are dei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divinità il culto della
quale
era celebre o speciale in tutta l’isola di Sicili
la morte gloriosa, e levò con essi un’armata simile alla prima, alla
quale
fu dato il nome di Armata degli Epigoni, secondo
, Fénélon Télémaque. Vi fu un altro Adrasto figlio del Re Mida, il
quale
per inavvertenza uccise Atiso figlio di Creso, e
me Calciope, che dette in moglie ad uno straniero per nome Frisso, il
quale
dopo qualche anno per avidità di ricchezze, fece
sibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un agguato nel
quale
cadde Agamede, e da cui non valse a tirarsi, per
causa d’una schiava per nome Briseide, figlia del sacerdote Brise, la
quale
Agamennone volle fosse tolta alla parte del botti
opo qualche tempo la ninfa si trovò incinta e partori un fanciullo al
quale
fu imposto il nome di Ati. Giunto all’età virile,
come sopra. 169. Agdo. — Pietra di una grandezza straordinaria dalla
quale
è credenza generale che Deucalione e Pirra prende
i Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta anche Agriope dalla
quale
ebbe Europa, Cadmo, Fenicio e Cilicio. Giove aven
rene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la
quale
attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di u
a della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel
quale
era rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre vergi
o il crudele sacrifizio di offerirle ogni anno una vittima umana alla
quale
si faceva fare per tre volte il giro del tempio,
to nome ; Erectheo re di Atene ebbe una figlia pure così chiamata, la
quale
Mercurio cangiò in roccia. 201. Agraulo. V. Aglau
e anche di un’altra donna a nome Aedone, figlia di Pandareo Efeso, la
quale
fu tolta in moglie da un artigiano della città di
Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta di Troja, alla
quale
si resero in Grecia gli onori divini. 218. Aine o
Aloo. Fu uno dei giganti più ricordati dalle cronache mitologiche, il
quale
sposò una donna per nome Ifimedia. La favola racc
i, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano di Nettuno, Dio al
quale
Ifimedia avea consentito la sua persona. 219. Aix
ra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel
quale
la vergine s’era nascosta, sperando di sottrarsi
oichè il calteo, o budriere che Ajace donò ad Ettore fu lo stesso col
quale
questo eroe venne legato pei piedi al carro di Ac
e formano il principio della parola Ajace, e il suono esclamativo col
quale
si esprime il dolore nel ricevere una ferita. Que
la mano, E poi la lira a sè con ogni forza : E quel petto ferisce, al
quale
in vano Ogni altro tentò pria forar la scorza, La
strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la
quale
gli aveva imposto di andare ad avvertire i magist
onore del Dio Ajo Locutio, nell’istesso luogo della strada nuova, nel
quale
Ceditio diceva avere ascoltato il misterioso cons
dato a Bellona. 227. Alalcomede. — Nome del precettore di Minerva, al
quale
dopo la morte furono in considerazione della Dea
precedente. 229. Alalcomane. — Fu il nome di un celebre scultore, il
quale
dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì
to gli successe nel governo. Vi fu anche un Trojano così chiamato, il
quale
sposò Ippodamia, figlia di Anchise. Egli fu uccis
e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo di Ercole al
quale
per questa ragione si da tanto comunemente il nom
pe essendo pericolosamente infermo, sua moglie consultò l’oracolo, il
quale
rispose che Admeto morrebbe, se altri non si foss
lle Furie. Posto in esecuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il
quale
gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchme
ne andò a praticarne delle altre presso Acheolo padre di Calliroe, la
quale
in seguito egli sposò dimenticando i legami che l
se la mercede dovuta ad una povera operaia ne fu punita da Diana, la
quale
le accese nel core una violenta passione per un u
to quattro dei seguaci di Ercole, e voleva uccidere Ercole stesso, il
quale
parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi d
bbero contro Giove. Minerva lo gettò fuori il globo della luna, nella
quale
egli erasi rifugiato. Alcioneo aveva il potere di
giorni sacri in cui si celebravano le orgie in onore di quel Dio ; il
quale
per punirla la cangiò in pipistrello. 253. Alemen
Minerva da una città d’Arcadia, conosciuta sotto questo nome e nella
quale
la Dea aveva un tempio ed un culto particolare. 2
n altro Alessandro figlio di Eristea. 270. Alete figlio di Egisto, il
quale
avendo usurpato il regno di Micene fu ucciso da O
che fu una delle mogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il
quale
invaghitosi di Aretusa, ninfa del seguito di Dian
a suo padre un capello a cui érano legati i destini della patria, la
quale
cadde per questo coi suoi abitanti in potere di M
lloprophallos. — Vale a dire incostante : soprannome dato a Marte, il
quale
come Dio della guerra veniva egualmente invocato
izione mitologica ci racconta di lui, che per vendicare suo padre, il
quale
in una contesa con Minerva, era stato vinto da qu
oo. — Gigante figlio di Titano e della terra. Egli sposò Ifimedia, la
quale
ingannata da Nettuno, partorì Oto ed Efialto. Alo
cio che libera Marte altro non raffigura che un abile trafficante, il
quale
tratta coi vincitori il riscatto del prigioniero.
— Una delle Arpie. Vi fu anche un’altra Alope figlia di Cercione, la
quale
avendo prestato orecchio alle seduzioni di Nettun
riunirono per isterminare il mostro, e organizzarono una caccia alla
quale
intervenne Atalanta figlia del re d’Arcadia. La p
i Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col
quale
era adorato nel recinto di un bosco sacro detto A
uercia. Le Amadriadi non erano del tutto inseparabili dall’albero col
quale
avevano comune l’alito della vita. Ma potevano ab
d’Ovidio, l’amadriade che abitava il tronco di un’antica quercia, la
quale
innalzava orgogliosa i suoi rami su tutte le altr
i rami su tutte le altre, fu un giorno uccisa dal fiero Eresitone, il
quale
non si lasciò intenerire dal lamento dell’abitatr
issuto. 311. Amaltea. — Fu la capra che nutri del suo latte Giove, il
quale
in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo,
da Ateneo, ne ha fatto la materia di una comparazione per mezzo della
quale
ha voluto dare un’idea della natura e del gusto d
. — Soprannome dato a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la
quale
gli fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola A
ignifica privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere col
quale
gli Ateniesi l’adoravano con particolari cerimoni
zione favolosa dice che egli fu marito d’una donna a nome Chimera, la
quale
aveva due fratelli noti sotto il nome di Leone e
. La principessa fuggendo spaventata, chiamò in suo aiuto Nettuno, il
quale
la liberò dal satiro, ma le fece egli stesso l’in
satiro volea farle. 341. Ammone o Hammon. — È lo stesso che Giove, il
quale
veniva sotto questo nome particolarmente venerato
cino a morire per sete ardentissima, implorò il soccorso di Giove, il
quale
gli apparve sotto la forma di un montone e batten
è Arenario, per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel
quale
Giove era adorato sotto la figura di un montone.
bbriachezza di Noè ? È dunque un fatto indiscutibile, in appoggio del
quale
vengono infiniti esempi, che tutte le religioni h
i culti. Finalmente Ammone era anche il nome di un re della Libia, il
quale
per questa ragione viene spesso erroneamente conf
. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il
quale
ebbe anche uno dei sacerdoti del suo culto conosc
mulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la
quale
fu insieme a sua sorella Melibea, risparmiata da
n satiro che la violò, malgrado che ella avesse implorato Nettuno, il
quale
qualche tempo dopo la cangiò in fontana. Amyone f
e, Tychiso e Heroso. 362. Anaclesa. — Era il nome di una pietra sulla
quale
credevano i Greci, che si fosse riposata Cerere,
donne di Megara avevano una grande venerazione per questa pietra, la
quale
veniva custodita ad Atene, secondo asserisce Paus
ugusto le consacrò sotto questo nome un quadro dipinto da Apelle, nel
quale
la Dea veniva rappresentata al momento della sua
Anamelech. — V. Adramelecco. 368. Anapo o Anapi. — Nome del fiume nel
quale
la ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiunger
esta denominazione. 372. Anauro. — Fiume della Troàde, sulle rive del
quale
Paride custodiva gli armenti di Priamo. 373. Anax
sizione, non essendo nella tradizione favolosa, alcun dato certo, dal
quale
dedurre positivamente tale notizia. 381. Ancarla.
devastava la sua vigna. Anceo allora gittò a terra la sua coppa, alla
quale
non aveva ancora bevuto e corse per combattere il
nea. Avendo osato vantarsi di tanto favore, ne fu punito da Giove, il
quale
lo fulminò senza però ucciderlo. Egli visse lungh
rannome della madre degli Dei. Le veniva dalla città di Andira, nella
quale
essa aveva un tempio. 393. Andrastea. — Vedi Anda
e del bottino di guerra, cadde in sorte a Pirro figlio di Achille, il
quale
la condusse in Epiro e la sposò. Alla morte di Pi
e. 401. Andromeda. — Figlia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la
quale
ebbe la temerità di proclamarsi più bella di Giun
dogli la testa di Medusa, e liberò Andromeda, rendendola al padre, il
quale
in riconoscenza dell’eroico atto, gliela dette in
o di Minos. — Teseo essendo stato un giorno rimproverato da Minos, il
quale
negava a lui d’esser figlio di Nettuno, disse che
dione. — Figlio di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione il
quale
fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribuna
edio di Troia, edificò una città a cui dette il proprio nome, e nella
quale
, dopo la morte, fu onorato come un dio. 412. Anfi
lle nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e padre di Ercole, il
quale
da lui fu detto Anfitrionide. Egli mosse guerra a
ani, e li sconfisse con l’aiuto di Cometo figlio Pterelao loro re, al
quale
la figlia taglio un capello d’oro da cui dipendev
li uccise il satiro Marfiaso e che amò Evadnea, Licoride e Hacinta la
quale
egli poi uccise per inavvertenza giuocando alla p
biacca che ella adoperava dopo il bagno e de fece presente Europa, la
quale
divenne d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. —
si dava il nome di Angeronale. 429. Angeronia o Ageronia. — Dea alla
quale
si ricorreva contro la schinozia o malattia della
sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella di Pigmalione e di Didone, la
quale
ella seguì in Africa. Dopo la morte di Didone, An
ata in ninfa. 441. Anna Perenna. — Dea che presiedeva all’anno e alla
quale
durante il mese di marzo, si facevano in Roma dei
na ; altri asseriscono essere Temi ; altri finalmente la ninfa lo, la
quale
viene anche scambiata di sovente con una delle At
degli anni non diventava mai adulto, ne chiese la ragione a Temi, la
quale
gli rispose che ciò avveniva perchè quegli non av
di Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome di un pozzo, presso il
quale
la favola racconta che Cerere, sotto la figura di
presente a Teseo. Vi fu anche un’altra Anthiope figlia di Nitteo, la
quale
ebbe da Giove due figli : il padre di lei volle f
rno, la perseguito, e la dette in custodia a sua moglie Darcea, dalla
quale
Anthiope ebbe a soffrire ogni peggior trattamento
a tutta la sua ricchezza. Un indovino predisse a Corace, che colui il
quale
avesse sul monte Aventino sagrificata a Diana que
e Axuro, parole che significano senza barba ; qualificazione sotto la
quale
Giove fanciullo veniva adorato nella Campania e s
primere, come vedemmo dalle citazioni dei classici, la maniera con la
quale
gli Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno
ise i Ciclopi che avevano fabqricato i fulmini al padre degli Dei, il
quale
sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Dura
gne. La pelle del mostro servì ad Apollo per ricoprire il tripode sul
quale
la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempi
da una passione d’amore. 501. Aposteosi. — Nome della cerimonia colla
quale
i Romani annoveravano fra gli Dei i loro imperado
rad. di Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore di Arabo, il
quale
, secondo Plutarco, fu un eroe greco che dopo la m
uto adulto fu da alcuni cacciatori presentato a suo avolo Licaone, il
quale
lo ricevette molto benevolmente, ma poi fece ucci
Archigallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote di Cibele il
quale
era scelto fra le più cospicue ed illustri famigl
genio. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archita. — Nome sotto il
quale
gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nom
sotto il quale gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nome col
quale
i poeti denotavano talvolta Apollo. Più comunemen
o si stabili in Italia, vi fu cortesemente ospitato da certo Argo, il
quale
ben presto concepì l’infame disegno di ucciderlo,
onsci dell’iniquo progetto, uccisero Argo all’insaputa di Evandro, il
quale
per rispetto ai sacri doveri dell’ospitalità fece
di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu moglie di Seleno, il
quale
ella amò teneramente, in ricambio dell’affetto co
aveva nella città di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul
quale
Giasone con gli altri principi greci, mosse alla
olare, ma a tutt’i greci in generale il nome di Argivi o Argolici col
quale
Virgilio e molti altri poeti li dinotano sovente.
Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la
quale
dava responsi come un oracolo. Essa era in marmo,
i Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gioventù di Teseo, il
quale
dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberin
into di quella città, che gli dette un gomitolo di filo per mezzo del
quale
l’eroe potè ritrovare l’inestricabile uscita del
pianto amaramente la sua disgrazia, si fece sacerdotessa di Bacco il
quale
, secondo che narrano Properzio ed Ovidio, la tols
l loro dorso lo portarono a terra. Arione fu ospitato da Periandro il
quale
fece poi morire quasi tutt’i persecutori di lui c
o. — Figlio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la
quale
nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lu
9 di ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa militare nella
quale
si offeriva un sacrifizio agli Dei, per la prospe
erra. 583. Arna. — V. Arnea. 584. Arnea o Arna. — Giovane Ateniese la
quale
fu cangiata in civetta per aver voluto tradire la
o ha per l’argento. 585. Arno. — Fu il nome di un celebre indovino il
quale
fu ucciso nella città di Naupata, da un nipote di
oracolo se ne ebbe in risposta esser quella la vendetta di Apollo, il
quale
facea per tal modo espiare la morte del suo indov
fatto. La sua fatale bellezzà ispirò un incestuoso amore al padre, il
quale
ricusò ostinatamente di maritarla, ma finalmente
ce era anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la
quale
secondo Igino fu fin dalla prima infanzia educata
i fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembiante Parea di Sparta, o
quale
in Tracia Arpalice Leggiera e sciolta il dorso af
e a vendicarla facesse trasportare in aria da un toro il re Imolo, il
quale
precipitando da una sterminata altezza su di alcu
di Niocrone re di Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte il
quale
morì di dolore non essendo riuscito a farsi amare
pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola di Tolomeo Lago, la
quale
sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa
he i Gadarii avevano lo stesso culto per le arti e per la povertà, la
quale
veniva del paro deificata da essi riguardandola c
sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulina, dalla
quale
fu ucciso. 601. Aruspici. — Venivano così chiamat
col nome di fratelli Arvali, la cui istituzione si deve a Romolo, il
quale
segnossi tra i primi a farre parte. Plinio li chi
iglia di Asopo, questi volle vendicarsene e muover guerra a Giove, il
quale
lo cangiò in fiume. Era anche così nominato un al
ue di questo fiume cresceva un’erba similmente detta Asterione, della
quale
s’inghirlandavano le statue della Giunone di Argo
che fu ucciso da Neaptolemo. 633. Astianasse. — Ancella di Elena, la
quale
fu non meno della sua padrona famosa per la corru
i furono quasi distrutti. 637. Astimeda. — Seconda moglie di Edipo la
quale
calunniò presso il marito i figli della prima sua
petto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole di Ettore la
quale
non potendo opporre resistenza al dio Marte che n
’armata Greca. Vi fu anche un’altra Astioche figliuola di Filanto, la
quale
essendo caduta in potere di Ercole quando egli es
Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figliuoli di Eolo Dio dei venti, il
quale
dopo del padre regnò nelle isole Lipari, nome che
nava, dimenticarono il luogo dov’erano e il rispetto verso la Dea, la
quale
sdegnata cangiò l’uno in leone e l’altra in leone
lie. sposò in seconde nozze Leucotea detta anche Ino (V. Atamante) la
quale
pei cattivi trattamenti costrinse Prisso ed Elle
662. Atenea. — Cecrope re d’ Atene ebbe una figliuola così nomata, la
quale
essendo profondamenta culta nelle lettere e nel m
alla contesa stabilirono un tribunale composto di dodici mortali, il
quale
decise che la città si sarebbe chiamata secondo i
nerva. 664. Atergate. — Una delle Divinità del popolo Sirio presso il
quale
era tenuta come madre della famosa Semiramide. Al
sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la
quale
per altro egli pose in obblio essendosi perdutame
crittori Ati viene ricordato come un giovane pastore della Frigia del
quale
Cibele sebbene già vecchia fosse pazzamente invag
— Più comunemente Athos : montagna fra la Macedonia e la Tracia sulla
quale
Giove era particolarmente adorato, onde è che gli
e divenuto adulto divenne assai caro a Tetraso, re di Misia presso il
quale
Augea si era del pari ritirata per sotirarsi allo
oro in cui si cangiò Giove suo padre per giungere fino a Danae, della
quale
poi nacque Perseo. 686. Aurora. — Figlia di Titan
ra innamorato della figlia Anticlea. 693. Automatia. — Nome sotto il
quale
veniva adorata la fortuna come dea del caso. 694.
omedonte. Cosi si chiamava il cocchiere di Achille, dopo la morte del
quale
passò ai servigi di Pirro, in qualità di scudiero
706. Axinomanzia, Assinomanzia o Animomanzia. — Specie di magìa nella
quale
si adoperava una pietra chiamata Gagale. 707. Axi
a estrema ricchezza e magnificenza. 716. Baal-Berit. — Dio innanzi al
quale
i Fenici ed i Cartaginesi davano il giuramento de
i dell’antichità, che la famosa Torre di Babelle o di Babilonia ; (la
quale
potevasi in effetti considerare come una intrapre
co. Cambise, altro re dei Persiani, edificò in Egitto una città, alla
quale
dette similmente il nome di Babilonia. 727. Babis
e. — Famiglia Corintia, così detta da Bacchia, figlia di Bacco, dalla
quale
essa pretendeva discendere. Questa famiglia essen
scita fu giunto, Bacco fu segretamente consegnato ad Ino, sua zia, la
quale
ne prese cura in compagnia delle ninfe e delle or
Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e di Ossilo, il
quale
ebbe otto figliuole femmine. 739. Bali. — Cotitto
gli veniva da una città d’ Acaia, nota sotto l’istesso nome, e nella
quale
l’eroe avea un oracolo, celebre per la maniera af
e avea un oracolo, celebre per la maniera affatto particolare, con la
quale
rendeva i responsi. Coloro che venivano a consult
ella preferenza ottenuta da Iperione, uccisero i figli di Basilea, la
quale
impazzì pel dolore e con le chiome disciolte, bal
ra di paragone, la stessa che si adoperava per provare l’oro, e della
quale
si credeva generalmente che fossero fatti i simul
one mitologica ci ricorda come fondatore della città di Cirene, nella
quale
, dopo la morte, fu adorato come un dio. 752. Baub
ll’ Anguillara. 753. Bauci. — Era una povera e vecchissima donna, la
quale
col marito Filemone, vecchio quanto lei, viveva i
vole diluvio, che aveva allagato ogni cosa, meno la piccola panna, la
quale
era divenuta un tempio. Giove promise di conceder
sacro. Racconta Strabone che Amico, loro re, fu ucciso da Polluce, al
quale
in compagnia degli altri Argonanti, esso voleva t
756. Beelfegob. — V. Baal-Fegor. 757. Bel. — Il Giove dei Caldei, il
quale
, secondo la tradizione mitologica di quei popoli,
tro non è che una sfigurate ripetizione della creazione del mondo, la
quale
, presso tutt’i popoli dell’antichità, conserva se
li, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col
quale
essi onoravano Apollo, attribuendogli la guarigio
ra del padre, ando a rifugirsi presso Preto, re d’Argo, la moglie del
quale
, a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece del
asi la sua innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di Lobate, la
quale
questi gli concesse in premio delle sue eroiche a
e chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Moglie di Tolomeo Evergete, la
quale
aveva una magnifica capellatura, che ella recise
’Epidauro, di cui Giunone prese la figura per ingannare Semele, della
quale
Beroe era stata nutrice. …..Qui dunque Egioco in
ae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sulla
quale
mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo
figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mantova, alla
quale
dette questo nome in memoria di quello del padre
dizione favolosa dice esser quella di Astrea, dea della giustizia, la
quale
al cominciare del secolo di ferro abbandonò la te
caccia ne uccise una che apparteneva particolarmente a quella dea, la
quale
per vendicarsi suscitò nel campo di lui una terri
e, per placare la dea non sagrificò la propria figliuola Ifigenia, la
quale
, si dice, Diana salvasse. I Troiani anch’essi ucc
lio di Nettuno. Egli si rese celebre per la estrema franchezza con la
quale
diceva ciò che pensava. 810. Boedromie. — Feste c
il nome da βοῡ, grido, e δρόμω, io corro. 811. Boedromio. — Nome col
quale
in Atene veniva dinotato Apollo. 812. Bolatheno.
onta che appena divenuto adulto rapì Oritia, figlia di Oricteo, dalla
quale
ebbe due figli Calaide e Zeto. Subito scuote l’a
dell’Attica, ove Ifigenia trasportò da Tauride la statua di Diana, la
quale
venne deposta in un tempio fabbricato da Oreste.
ee o Brasidee. 829. Britomarte o Britormati. — Figliuola di Giove, la
quale
, per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, si pre
. — Discorde è l’opinione degli scrittori della Favola sulla Dea alla
quale
si dava codesto soprannome, poichè alcuni pretend
o. — Si dava questo semplice nome al buon Genio, Dio dei bevitori, il
quale
per questa ragione veniva sovente confuso con Bac
nefico e padre degli uomini. 849. Bupale. — Celebre pittore greco, il
quale
ritrasse il poeta Ippanaso sotto una figura estre
i. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al
quale
egli preparava la stessa sorte. È generale creden
d abbandonare gli stati del padre putativo, Amico, re dei Bebrici, il
quale
non volle riconoscerlo. Egli allora con pochi seg
in un pozzo. Altri scrittori dicono che Buteo sposasse una donna, la
quale
, per la sua incomparabile bellezza, fosse soprann
un sacerdote, un argonauta, ed un figlio di Pandione, re d’Atene, al
quale
venivano offerti dei sacrifizii come ad un Dio. 8
dell’Oceano. Avendogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il
quale
aveva rapita sua sorella Melia, nè potendo costri
ergliela, egli appiccò il fuoco ad un bosco consacrato a quel Dio, il
quale
, per punirlo, lo uccise a colpi di frecce. 858. C
l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo di quella, il
quale
svelò a Cerere il ratto di sua figlia Proserpina,
rima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo di Delfo, dal
quale
, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fa
racolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la
quale
lo rese padre di Semele, Ino, Autoneo e Agave. Av
pace portar sempre a quel modo la sua baccchetta, all’estremità della
quale
mise due ali in segno di rapidità. 877. Caducifer
eguente.) 888. Calchiadi a Calciecle. — Feste in onore di Minerva, la
quale
veniva anche detta Calciecia. 889. Calcie. — V. C
ingannarla la figura di Diana, ne ebbe un figlio per nome Arcaso, al
quale
, Calisto dette la luce in un bosco, avendola Dian
dell’Eneide. 907. Callipatira. — Ebbe questo nome una donna greca, la
quale
, ricorrendo il tempo dei giuochi olimpici, a cui
e. 918. Camerina. — V. Camarina. 919. Cameso. — Principe d’Italia, il
quale
divise con Giano l’autorità reale. 920. Camilla.
di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città alla
quale
dette il suo nome. 924. Camos. — Secondo il Vossi
sse tratti a morte violenta. 926. Campea. — Guardiana del Tartaro, la
quale
fu uccisa da Giove, quando questi trasse dalla pr
la in greco significa rumore. 930. Canace. — Fu figliuola di Eolo, la
quale
essendo stata sedotta da un Dio marino, che la Fa
, madre dei famosi Aloidi. 931. Canacea. — Altra figliuola di Eolo la
quale
non bisogna confondere con la Canace, di cui nell
sposò segretamente Macabro, suo fratello, da cui ebbe un bambino, il
quale
coi suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di
dice che i pagani avevano in gran conto la carne dei cani giovani, la
quale
offerivano in sagrifizio agli-Dei. In Egitto i ca
furono messe alle prese insieme. Si accese un gran fuoco, in mezzo al
quale
fu posta la statua di Canope, e con grande sorpre
però andò debitore della sua rinomanza all’astuzia del sacerdote, il
quale
avea forato con una quantità di piccoli buchi le
erli esattamente otturati con della cera, riempì il vaso di acqua, la
quale
uscì con violenza non appena l’azione del fuoco e
l’Egitto, ebbe ben presto il dolore di perdere il suo fido pilota, il
quale
morì per la morsicatura di un serpente. Menelao,
memoria del suo servo fedele, fabbricò in quel luogo una città, alla
quale
, in onore del morto, impose il nome di Canope o,
ia, sussistente abeterno, sotto una forma intralciata e confusa nella
quale
erano mischiati il principio di tutti gli esseri,
to il nome di Capua. …… Ma un altro Trojano, che aveva nome Capi. il
quale
poi fondò la città di Capua….. Frate Guido da Pi
stretto della Sicilia. La Favola racconta essere Cariddi una donna la
quale
, avendo involato dei buoi ad Ercole, fu fulminata
he si celebravano a Cario, città della Laconia, in onore di Diana, la
quale
perciò viene talvolta soprannominata Caria o Cari
e della defunta una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella
quale
la statua di lei, veniva sotterrata all’istesso p
d a presiederne tutte le cerimonie. 966. Cario. — Figlio di Giove, al
quale
veniva attribuita l’invenzione della musica. Era
tici. Ovidio, nei suoi Fasti, dice che veniva dato un gran pranzo, al
quale
non era ammessa alcuna persona straniera. 969. Ca
ti, dopo una lunga discordia, cagionata da una sentenza del Senato la
quale
proibiva alle dame di tener cani presso di loro.
di un morto una moneta : era quella la mercede devoluta a Caronte, il
quale
lasciava errare per cento anni le anime di quei m
, dicendo che Giunone aveva due carri, uno tirato da due cavalli, sul
quale
combatteva. 983. Cartagine. — Figliuola di Ercole
a quelle sventurate, esse erano obbligate a supplire il fanciullo, il
quale
in tal caso veniva risparmiato. 985. Casimillo. —
il sacco di Troja, essa toccò come preda di bottino ad Agamennone, al
quale
predisse che sua moglie Clitennestra lo avrebbe a
; ma il re, come tutti gli altri, non pose mente alla predizione, la
quale
peraltro si avvero, appena egli fece ritorno in p
o ai loro futuri mariti ; e ciò fu cagione della morte di Castore, il
quale
qualche tempo dopo fu ucciso per vendetta d’uno d
inge il cielo d’un colore rossastro ; il secondo accenna al tempo nel
quale
i raggi solari sono più luminosi ; Lampo dinota l
costruirono un enorme cavallo di legno, alto quanto una montagna, il
quale
aveva rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianch
vostre porte si potesse mettere, Troia tornerebbe in quello stato nel
quale
fu sotto la protezione e la defensione del Pallad
da certo Epeo, guerriero greco, per abbattere le mura di Troja, nella
quale
s’introducessero i guerrieri Achei, per mezzo di
ella città. Questa opinione è infatti appoggiata da Plinio stesso, il
quale
fa datare l’uso della macchina detta ariete, dall
tti come figlio di Vulcano. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, il
quale
avendo lasciata la sua patria andò a stabilirsi n
i boschi la sua vergogna, ma fu ben presto raggiunta da suo marito il
quale
non potea vivere lontao da lei. Al suo ritorno ne
dre di Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe di Arcadia, il
quale
fu teneramente amato da Minerva. La Dea in prova
adorata. Vi era anche nell’ Asia una montagna detta Celana, presso la
quale
Apollo punì il satiro Marfio. Finalmente era così
7. Celeno. — Una delle arpie V. Arpie. 1038. Celeo. — Re di Eleusi il
quale
accolse assai benignamente Cerere, che per ricomp
dorasse sotto quel nome la Dea Venere. 1041. Celma. — Dama tessala la
quale
fu cangiata in diamante, per avere sostenuto che
a mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il
quale
aveva voluto sostenere, che quel Dio anch’esso fo
i fu un altro Celmiso fra i Cureti o Coribanti sacerdoti di Giove, il
quale
fu scacciato da’suoi compagni per aver mancato di
salo ricordato dalla tradizione mitologica sotto il nome di Ceneo, il
quale
fu dapprima donna e si chiamò Cena, ed ottenne da
Simonide. 1053. Cepo. — V. Cebo. 1054. Cerambe. — Vecchio tessalo il
quale
essendosi ritirato sopra il monte Parnaso, per sa
infliggeva ai viaggiatori. Cercione ebbe una figlia per nome Alope la
quale
Nettuno rese madre, e il padre di lei fu così irr
romana : fu tiglia di Saturno e di Cibele e Dea dell’agricoltura, la
quale
ella insegnò agli uomini, viaggiando lungamente l
ni, viaggiando lungamente la terra in compagnia di Bacco. Tu sai pur
quale
io son, qual sempre fui E quanto m’affatichi tutt
arico di allevare segretamente il figlio di lui, per nome Deifone, al
quale
ella porse il suo latte per renderlo immortale :
e discese immediatamente all’inferno, ove trovò infatti sua figlia la
quale
, per altro, si ricusò a seguirla sulla terra. Ved
. Vedendo che non poteva persuaderla, Cerere ebbe ricorso a Giove, il
quale
si compromise di fargliela restituire, quante vol
nellini, per il chè essa non potette essere restituita a sua madre la
quale
per vendicarsi contro l’indegno delatore, cangiò
veniva chiamata una cintura che Venere portava abitualmente, e nella
quale
la Favola narra che fossero rinchiuse le grazie,
Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome ad un sacrifizio nel
quale
venivano immolate mille vittime. 1080. Chilone. —
e venivano immolate mille vittime. 1080. Chilone. — Famoso atleta del
quale
i Greci facevano gran conto. 1081. Chimera. — Mos
sommità, secondochè dice Ovidio, v’era un piccolo vulcano intorno al
quale
si aggiravano gran numero di leoni ; sui fianchi
rio. 1085. Chitonea. o Chitonia. — Soprannome di Diana in onore della
quale
si celebravano delle feste dette perciò Chitonie.
1086. Chitonia. — V. Chitonea. 1087. Clane. — Ninfa della Sicilia, la
quale
fu da Plutone cangiata in fontana, perchè volle o
aventati da un simile effetto ottico, avessero mandata una colomba la
quale
giunse felicemente a traversare il terribile stre
Veniva chiamata la madre degli Dei, non altrimenti che Cibelle con la
quale
per altro non bisogna punto confonderla. 1092. Ci
one. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il
quale
fu da suo padre reso invulnerabile fino dall’infa
e egli aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere di Pelopo, il
quale
lo ebbe così caro, che dopo la morte di lui, fond
ate da questi popoli, sorgesse il palazzo del sonno, e l’antro per il
quale
si discendeva all’inferno. 1114. Cimmeride. — V.
iro e di Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Figliuola d’Archisane, la
quale
fu la prima, che ne’giuochi olimpici avesse otten
ofontea : nome che si dava ad una festa celebrata ad Argo, durante la
quale
venivano uccisi tutti i cani che s’incontravano p
lio di Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo al
quale
era estremamente affezionato. Un giorno per inavv
oce, Ed un ampia tessea, lucida, fina, Maravigliosa, immortal tela, e
quale
Della man delle dive useir può solo. Omero — Odi
e all’isola di Corsica. 1142. Cirra. — Città della Focide vicino alla
quale
esisteva una caverna da cui soffiavano dei venti
Cisseo re della Tracia. 1145. Cissone. — Così avea nome un giovane il
quale
morì per una caduta, mentre danzava nei misteri d
lera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchide patria di Medea, la
quale
veniva perciò detta Citae-Virgo, ossia la donna d
n culto particolare e le avevano consacrato un tempio ricchissimo nel
quale
essa veniva adorata sotto il nome di Venere Urani
ente. Da quel tempo il suo nome fu dato alla capitale dei Dolioni, la
quale
fu detta Cizzica o Cisia, e che poi divenne una d
lo precedente. 1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la
quale
accusata di libertinaggio fu salvata dalla dea Ve
a, per mezzo della sua cintura, avesse tirato a terra il vascello sul
quale
la madre degli dei, ritornando dalla Frigia, si e
to che concordemente gli scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il
quale
, in tutte le sue imprese, si servì sempre della c
cronaca mitologica dice che fosse dapprima appartenuta a Mercurio, il
quale
l’avesse poi data ad Ercole, che la depose in un
sone sotto le rovine. Egli si salvò nascondendosi in un sepolcro, nel
quale
poi non fu più ritrovato. L’oracolo consultato su
a di Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Divinazione con la
quale
si pretendeva conoscere la sorte per mezzo dei da
tti. Mentre Agamennone era all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il
quale
, d’accordo con lei, assassinò Agamennone, quando
. Clizia. — Figlia dell’Oceano e di Teti. Essa fu amata da Apollo, il
quale
l’abbandonò per ottenere i favori di Leupotea. Cl
ro, a causa del famoso ratto delle Sabine. 1193. Clodonie. — Nome col
quale
i Macedoni indicavano le Baccanti. 1194. Cloe. —
la seconda. Clori fu anche il nome di una ninfa che sposò Zeffiro, il
quale
le dette per dote l’impero sui fiori, ciò che la
riguardati con orrore, dappoichè era diffusa credenza, che Tifone, il
quale
nella tradizione mitologica egiziana era ritenuto
lla falsa supposizione dell’esistenza di una città detta Colchisa, la
quale
non ha mai esistito. 1216. Collaro d’Erifile. — V
qualche istante una prendesse il volo verso la selva di Dodona, nella
quale
dette ad una quercia il potere di rispondere come
ares, discepolo di Lisippo, fu il costruttore del colosso di Rodi, il
quale
, secondo asserisce Plinio, fu abbattuto cinquanta
ire di Ateneo si celebrava in Grecia una festa ad Apollo Comeo, nella
quale
tutti coloro che vi prendevano parte vestivano un
o Corea. — Soprannome di Proserpina, figlia di Cerere, in onore della
quale
si celebravano pubbliche feste, dette Coree. 1245
lle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso. — Figlio di Cibele, dal
quale
i Coribanti han preso il loro nome. 1256. Coricia
annomi del dio Bacco. 1259. Corinto. — Famosa città della Grecia, la
quale
deve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 126
lei un fanciullo e l’affidò per farlo educare al centauro Chirone, il
quale
lo nomò Esculapio. Apollo si penti ben presto del
cornacchia. Anche fra le baccanti ve ne fu una per nome Coronide, la
quale
fu rapita da Buteo. Finalmente fuvvi un’altra Cor
pelle del serpente Pitone, di cui era ricoperto il tripode sacro sul
quale
la pitonessa o sibilla, rendeva i suoi oracoli. T
argento, così poco concavo, che somigliava ad una piccola tavola, la
quale
veniva posta sul tripode sacro, quando la Pitones
rprenderli, presero le armi e ne segui un accanito combattimento, nel
quale
Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Questo s
ro mancate le frecce e che egli avesse implorato l’ajuto di Giove, il
quale
avesse mandato una pioggia di felci di cui è spar
, re di Corinto : essa sposò Giasone, quando questi ripudiò Medea, la
quale
per vendicarsi mandò in dono a Creusa una piccola
Criaforo. — Figlio di Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla
quale
ebbe Gerione. V. Calliroe. 1297. Criforo o Crisor
sua morte ebbe gli onori divini. 1298. Crinifo. — Principe Trojano il
quale
fu da Nettuno ed Apollo ajutato a riedificare le
endicarsi mandò nelle campagne della Frigia un mostruoso serpente, al
quale
ogni giorno bisognava dare una giovanetta per pas
un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore di pecore. Divinità alla
quale
si dava questo nome pel gran numero di quegli ani
Cilicia, essa come preda’di guerra, spettò in sorte ad Agamennone, il
quale
la condusse seco quando si recò all’assedio di Tr
a di fanciulli alati. 1332. Cura. — Ossia inquietudine. Divinità alla
quale
la favola attribuisce la formazione del corpo uma
afida. — Al dire di Valerio Massimo, così avea nome un dotto uomo, il
quale
volendo burlarsi della Pitia, andò ad interrogari
d interrogaria se egli avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il
quale
per altro egli era ben lungi d’aver perduto. Apol
nosciuta sotto il nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la
quale
nella città di Delfo rendeva gli oracoli in versi
Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la
quale
, al dire di Pausania, fu scelta dalla dea Tello p
illustre famiglia della città, portava in giro un ramo d’alloro, sul
quale
riposava un globo di rame da cui ne pe ndevano so
o contro Acrise. Daulle o Daulisia veniva pure chiamata una ninfa, la
quale
dette il suo nome alla città di Daulia, nella Foc
1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al
quale
impose il suo stesso nome, e che poi sposò Venili
costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel
quale
Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiudere i
cca ». Minosse ritenendo, come forse era, che la vacca di legno nella
quale
si fece rinserrare l’infame Pasifae, fosse opera
, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re di quell’isola, al
quale
Minosse aveva fatto minaccia di dichiarazione di
la campagna ed ai prodotti della terra, ed è questa la ragione per la
quale
, tanto sulle medaglie dell’antichità, quanto sui
considerando le vostre deità, ho trovato eziandio un altare, sopra il
quale
era scritto : All’Iddio sconosciuto. Diodati — F
quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre di Pirro, il
quale
, divenuto adulto, ebbe una figlia a cui impose il
defunto imperatore, era sempre preceduta da un decreto del senato, il
quale
imponeva che dopo la cerimonia gli venissero inna
reparato onde ricevere l’effigie del defunto imperatore. Il letto sul
quale
riposava la statua veniva deposto sotto il padigl
oco ai quattro angoli dell’edifizio, mentre si lanciava un’aquila, la
quale
, volando in mezzo alle flamme ed al fumo s’innalz
da un simile spettacolo, turbò coi suoi gridi i misteri della dea, la
quale
, montata in furore, si dileguò negli spazi dell’a
rcole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla
quale
egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un
1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito di Giunone, la
quale
la promise ad Eolo, a condizione ch’egli avesse d
i cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Ercole, il
quale
, secondo la Favola, per ottenerla combattè contro
avola, ebbe i natali. 1399. Deliade. — Così avea nome il vascello sul
quale
erano imbarcati i Deliasti, quando si recavano al
deputazione si chiamavano Deliasti — V. Deliasti — e il vascello sul
quale
essi erano imbarcati era detto Deliade o Teoro. I
nti Democoonte fu pure il nome di un greco, figliuolo di Megara, il
quale
coi suoi fratelli fu ucciso da Ercole. 1408. Demo
la terra : si dava codesto nome alla divinità o genio della terra, il
quale
, secondo la tradizione favolosa, era un lurido ve
gonia altro non è se non il grossolano e favoloso involucro sotto del
quale
i primi abitatori del mondo antico racchiudevano
19. Derceto. — Detta anche Dirceto e Deraclite. Era una giovanetta la
quale
profonda, damente pentita di essersi data in brac
una bambina, che fu poi la famosa Semiramide, regina di Babilonia, la
quale
annoverò sua madre fra le divinità, e le consacrò
avente sotto i piedi il globo terrestre, e nelle mani un’urna, nella
quale
sono rinchiuse le sorti degli uomini. I decreti d
lere, dai conosciuti sentieri. 1427. Dia o Dea. — Appellazione con la
quale
i greci indicavano particolarmente Cerere. 1428.
oti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel
quale
spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È relig
ll’isola di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Creta, alla
quale
gli antichi attribuivano l’invenzione delle reti
i, le quali disegnarono sul terreno uno spazio abbastanza grande, nel
quale
Didone cominciò ad edificare la citià di Cartagin
l’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il
quale
la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione
ove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione per la
quale
si dà talvolta a questa dea, il soprannome di Dio
itologica ricorda di un altro Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il
quale
si rese celebre per le sue crudeltà, e per la nes
ega violenza. Ciò non ostante gli dei non fulminarono quest’empio, il
quale
, anzi, secondo narra la cronaca, morì placidament
naca, morì placidamente in assai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col
quale
gli antichi indicavano gli strumenti musicali di
abitanti una festa ìn onore di lui che durava dodici giorni, e nella
quale
portavano in processione la statua di Giove in tu
i, la sola dea non invitata il banchetto di nozze fu la Discordia, la
quale
per vendicarsi, gettò sulla mensa un pomo d’oro,
rad. di A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi di Plutone, al
quale
si dava perchè era ritenuto come il dio delle ric
accia. 1482. Dius-Fidio. — Antica divinità dei Sabini, il culto della
quale
passò a Roma poco tempo dopo la pace che seguì il
a pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gli animali, e dalla
quale
si credeva che la dea Angeronia avesse liberato i
i dei Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell’ Epiro, presso la
quale
era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi
di Dolichene. 1492. Dolone. — Trojano, celebre per la rapidità con la
quale
correva. Nella speranza di avere in premio i cava
ribuisce una celerità prodigiosa, forse per alludere all’ansia con la
quale
essa cercò per tutta la terra la figliuola Proser
na il tempo di porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il
quale
, senza di ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella
che racchiudevano i principii fondamentali della loro teologia, della
quale
essi non spiegavano taluni dati articoli, se non
questo numero come di cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al
quale
era anche sacro, per la stessa ragione, il second
Anche all’intera isola si dava talvolta il nome di Ea, ragione per la
quale
si dava anche a Circe la stessa denominazione. La
castore. — Formola di giuramento assai in uso presso i pagani, con la
quale
essi giuravano per Castore nell’istesso senso con
e ebbe dai suoi amori con Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la
quale
fu celebre per la sua grande statura. È detto anc
nome alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore di Ecate, la
quale
era grandemente venerata in quella città. Durante
avano, nelle principali strade della città, un pubblico banchetto, al
quale
si credeva fermamente che Ecate assistesse invisi
reche Εϰατὁν cento, e Βοὑς, buoi si chiamava così quel sacrifizio nel
quale
si svenavano cento buoi. Coll’andare del tempo fu
dimenticarono di chiamare Acheolo ad un sacrifizio di diec i tori, al
quale
avevano invitato tutti gli dei boscherecci ed acq
ui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una grande siccità, per la
quale
morivano gran numero dei suoi sudditi, le due gio
e orientali. Il certo per altro è che qualunque fosse la ragione alla
quale
i pagani attribuivano così fallacemente gli eccli
el figlio suo, e fu condotta presso Polinnestore, re della Tracia, al
quale
il defunto re Priamo aveva affidato suo figlio Po
ncora nella Tracia una sepoltura, detta il sepolcro del cane, e nella
quale
fu rinchiusa la spoglia mortale dell’antica regin
L’oracolo aveva predetto a Lajo che morrebbe ucciso da suo figlio, il
quale
dopo aver consumato il parricidio, diverrebbe inc
mentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il
quale
ne prese cura come di un suo proprio figliuolo, e
struoso, castigarono la città di Tebe con una orribile pestilenza, la
quale
non cessò che quando il pastore che aveva portato
vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e moglie di Zetto, il
quale
fu fratello d’Anfione. Da questa unione non nacqu
ne. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la
quale
sposò un artista di Colofone, per nome Politecno.
Pandareo assenti, e consegnò la giovanetta Chelidonia a Politecno, il
quale
durante il viaggio la condusse in un bosco, e cal
iglio del Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la
quale
per questa ragione vien anche detta Eetia, ed anc
che il nome di questa città derivasse da una donna chiamata Efeso, la
quale
dette origine alle Amazzoni. Ma questa opinione è
o non fosse se non una piccola borgata, vicina al tempio di Diana, la
quale
fin da quel tempo era venerata in quei luoghi ; e
fu distruita in poche ore per mano di un uomo per nome Erostrato, il
quale
, inabile a rendersi celebre per opere valorose, v
to dalle fondamenta in virtù dell’editto di Costantino imperatore, il
quale
, devoto alla religione di Cristo, ordino la demol
o la favola Efeso fu anche il nome di un figlio del fiume Caistro, il
quale
in compagnia di Creso, prese parte alla fabbricaz
iamate le feste che si celebravano in onore dell’indovino Tiresia, il
quale
, passeggiando un giorno sul monte Cilleno, vide d
significa acqua. 1570. Efira. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti, la
quale
dette il suo nome alla città di Corinto, che dal
do, che perciò fu detto Egida. Questo scudo fu dato poi a Minerva, la
quale
ne fece anche un’arma offensiva, inchiodandovi so
isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la
quale
morì annegata appunto nel mare Egeo. 1573. Egemon
ia. 1574. Egenete. — Ossia quotidianamente rinascente. Soprannome col
quale
gli abitanti dell’isola Camarin, adoravano Apollo
eo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso banchetto, nel
quale
Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare nella su
vare nella sua camera la figlia Etra, giovanetta di rara bellezza, la
quale
nell’istessa notte fu anche visitata dal dio Nett
e del più profondo dolore vide partire il figlio suo dilettissimo, al
quale
raccomandò con le più calde preghiere di far cang
tuire alle vele nere le bianche, siccome avevano promesso ad Egeo, il
quale
, dalla riva vedendo il fatale colore, si precipit
e Teti non avesse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il
quale
, memore di questo servigio, gli rese la sua amici
ellezza, amica e consigliera di Numa Pompilio, secondo re di Roma, il
quale
finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affin
na, ed avesse sposato il re, in una selva presso le porte di Roma, la
quale
fu allora nominata Locus Camanarum e ch’è propria
adorarono ancora un’altra Egeria, che presiedeva allo sgravo, ed alla
quale
le donne incinta facevano continui sagrifizii ed
nifica Capra. 1583. Egide. — Mostro spaventevole nato dalla Terra, il
quale
vomitava fuoco e fiamme, e fumo denso e nerissimo
e poi mossero guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella di Faetone, la
quale
a forza di piangere per la sciagura di suo fratel
ndonò la disgraziata donna. 1585. Egina. — Figlia del flume Asopo, la
quale
fu con passione amata da Giove, che sotto la form
Enone o Enopia. Fu in quest’isola che Egina dette alla luce Eaco, il
quale
poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui era n
. Egipio, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la
quale
era tenuta in conto della più bella donna de’suoi
cire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il
quale
per tal modo non sospettando di nulla ebbe commer
averla riconosciuta, nacque da questo involontario incesto Egisto, il
quale
, abbandonato dalla madre in un bosco, fu allattat
gliuolo Egisto la spada del padre, e lo mandò alla Corte di Atreo, il
quale
prese a ben volere il giovanetto, senza saperne l
colo riguardo all’incesto, e cercò di calmare il dolore del figlio il
quale
, indegnato contro Atreo per l’infame incarico che
go tempo schiava nella stessa reggia, Elettra, figlia dell’ucciso, la
quale
però riusci a salvare dalle mani degli sgherri di
ofaro che significa porta capra. 1601 Egollo. — Giovanetto Cretese il
quale
in compagnia di altri suoi campagni entro in una
egli sconsigliati in uccelli notturni. 1602 Egone. — Famoso atleta il
quale
per dutamente innammorato della giovanetta Amaril
à, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta dell’Innocenza, nella
quale
le donne ballavano nude innanzi al simulacro dell
, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio di Priamo, col
quale
alcuni scrittori dicono che fin dal tempo in cui
Ella stessa introdusse Menelao nella camera ove dormiva Deifobo, il
quale
subì prima le sevizie dei soldati greci, e poscia
tà, ed essa prese rifugio presso Polixa regina dell’isola di Rodi, la
quale
però altamente sdegnata contro di lei per averla
altare il coltello, e lo lasciò cadere sulla testa d’una giovenca, la
quale
fu immolata invece della giovanetta Elena. 1620.
siderio del drudo Egisto, l’ avesse faita sposare ad un contadino, il
quale
mosso a compassione della trista sorte di lei, lu
segno, sentì arrestarsi da due solide braccia e riconobbe Oreste, col
quale
ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di un
tra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la
quale
sposò Corito, da cui ebbe un figliuolo per nome I
quantità di elettro, che è una specie di metallo, la quinta parte del
quale
è argento e il rimanente è oro : da ciò il nome d
lo di Anfitrione. Il parere più generalizzato è il primo, seguendo il
quale
Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che
lla parola greca ῖλεω venire si dava cotesto nome alla dea Lucina, la
quale
, presiedendo allo sgravo, veniva in tempo per soc
Cercaso, Triopo, Candale e Tenage, il più famoso fu quest’ultimo, il
quale
fu per gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scoperto
a prima origine della favola del raro uccello Fenice, a proposito del
quale
Metastasio ha scritto : Che vi sia, ciascun lo d
i, che gli consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere
quale
sarebbe stata la sorte delle sue armi. Trajano ch
brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel
quale
però, spinto dalla sua miscredenza, egli non scri
di quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col
quale
gli domandava se dopo la guerra egli sarebbe rito
ta che si celebrava in Grecia in onore di Europa Ellote, e durante la
quale
si portava in giro una enorme corona di mirto, ch
indemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il
quale
in questa sua città, edificò il tempio di Bacco,
al pericolo con la fuga, e si arrampicò su di un albero, ai piedi del
quale
il leone andò a distendersi aprendo continuamente
a. — Nel Peloponneso si celebrava una festa in onore di Pelopo, nella
quale
i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevan
uno dei combattenti gocciolava sul sepolcro. 1659. Ematia. — Nome col
quale
s’indicavano le diverse contrade della Macedonia
tte Ematie. 1661. Emilo. — Detto anche Emilio, figlio di Ascanio, dal
quale
la patrizia famiglia degli Emilii pretendeva di d
suona il vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il
quale
con sua moglie Rodope, volle farsi dai suoi suddi
ei cinquanta figli di Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la
quale
, a somiglianza delle altre sue sorelle, uccise il
store della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote di Giove il
quale
, avendolo sorpreso un giorno fra le braccia di Gi
di trent’anni. In seguito, egli fu passionatamente amato da Diana, la
quale
per visitarlo abbandonava di notte il cielo, ravv
i abitanti della Spagna adoravano, sotto questo nome, una divinità la
quale
, insieme ad Ercole, formava la coppia degli Dei t
a Dardano nella casa paterna, ebbe a maestro il centauro Chirone, il
quale
sviluppò in lui i buoni germi della semi-celestia
esercizii che allora formavano l’educazione di un eroe ; compiuta la
quale
tolse in moglie Creusa, una delle figlie del re P
on Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede, nel
quale
però Enea, ebbe seco stesso a felicitarsi d’esser
liade — Libro V. — Trad. di V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il
quale
era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise d
i trojani, il desiderio di portare il corpo del prode greco in Troja,
quale
trofeo del valore dei suoi soldati. Enea tentò va
occas one Creusa sua moglie disperse le tracce del consorte Enea, il
quale
da quella notte non potette più averne notizia. L
Da ultimo Enea recossi in Cartagine ove regnava la regina Didone, la
quale
secondo la favola dei poeti e segnatamente di Vir
tisi con Mezenzio re dell’Etruria, dichiararono la guerra ad Enea, il
quale
accettò l’intimazione nemica e ben presto sulle s
e Numico nell’Etruria, segui una sanguinosa battaglia, le sorti della
quale
già volgevano contrarie ad Enea, quando egli spar
citudine lavato il suo corpo nelle onde del Numico ; sulle sponde del
quale
, ad eterna memoria del fatto fu innalzato un temp
neva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al
quale
successe nel governo della Calidonia, contrada de
el mondo antico. Leggesi nella Genesi, che fu fabbricata da Caino, il
quale
la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E
one racconta ch’egli fu passionatamente amato dalla ninfa Tiro, della
quale
era nello stesso tempo innamorato Nettuno. Il dio
arcare le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla
quale
era scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. —
90. Enoe. — Antica città dell’Attica posta sulle rive di un fiume del
quale
, secondo la tradizione, gli abitanti arrestarono
ici coloro i quali restarono vittime della crudeltà del vincitore, il
quale
secondo il patto, non essendo stato vinto da essi
ellire in un luogo eminente. È detto ancora che il principe Pelope il
quale
fu il quattordicesimo che accettò la sfida di Eno
elope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia funebre nella
quale
si recava ogni anno ad onorare il sepolcro dei tr
, ne fece la distribuzione, ad Enopione toccò l’isola di Chios, della
quale
fu proclamato re. Tolta in moglie la ninfa Elise,
a di soli tre lustri, fu amata passionatamente dal gigante Orione, il
quale
, non potendola ottenere diversamente, per le ripu
tello. — Celebre atleta ; fu uno dei principali seguaci di Aceste, il
quale
dette il suo nome alla città chiamata Sicheliota
Rodiani le inalzarono un tempio e l’adorarono come una divinità, alla
quale
dettero il nome di Entitride, che significa appun
riflusso della marea, cosicchè spesso prediceva con felice successo,
quale
vento dovesse soffiare per qualche giorno, e dava
enicii era l’Eva della creazione ; ossia la prima donna del mondo, la
quale
consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta.
e senza ascoltar ragione accopparono di bastonate il giovane Eono il
quale
morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una
quale morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una mischia nella
quale
Ercole stesso assai mal concio dovè ritirarsi. Pe
figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo, la
quale
sotto le forme di giovenca, lo dette alla luce su
4. Epi. — Città della Grecia il cui governo era tenuto da Nestore, il
quale
condusse gran numero dei suoi sudditi all’assedio
tornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocabolo col
quale
i greci ed i romani denotavano i soldati di marin
melli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote di Cerere Eleusina, il
quale
assisteva il Gerofante all’altare. 1718. Epicasta
’altare. 1718. Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre di Edipo, la
quale
, al dire di Omero si appiccò per disperazione app
ia in Atene si celebrava una festa annuale in onore di Esculapio alla
quale
si dava il nome di Epidauria, in commemorazione d
a ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il
quale
dette il suo nome a quella contrada dell’Argolide
di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua di quel Dio, la
quale
però lungi dal sommergersi, fu spinta dalle onde
esso i greci lo stesso significato della parola latina Elicius, colla
quale
i romani indicavano Giove stesso. Tanto la parola
tato. 1735. Epimenide o Epimenede. — Celebre indovino dei Cretesi, il
quale
visse ai tempi di Solone. La cronaca mitologica r
i avea lasciato bambino di pochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al
quale
Epimenide raccontò la sua storia. Ben presto la f
figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e fratello di Prometeo, il
quale
avea consigliato Epimeteo a non accettar mai un p
Non bisogna confondere l’Epinicio con l’Epiodia canzone funebre, alla
quale
davasi comunemente il nome di Nenia e che si cant
ò che ha principio. 1747. Epitragie. — Altro soprannome di Venere col
quale
si voleva ricordare un fatto avvenuto a Teseo men
prima di far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una capra, la
quale
istantaneamente congiossi in capro. Gli Elei in m
pizelo. — Era questo il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il
quale
alla battaglia di Maratona fu improvvisamente col
sce esser morto in seguito delle ferite fattegli da Nitteo stesso, il
quale
alla sua volta mori vittima dei colpi ricevuti da
ome di Anfione e Zeto ; e fabbricò inoltre un tempio a Minerva per la
quale
egli ebbe in tutta la sua vita una particolare di
il titolo che si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al
quale
solo era permesso di assistere alle più segrete c
ottenevasi se non dopo un lungo noviziato di cinque anni, durante il
quale
tempo non si poteva entrare nel santuario del tem
lata di porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla Fortuna e col
quale
questa divinità aveva un tempio a lei edificato n
edificato nel nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il
quale
fece voto a quella dea di fabbricarle un tempio s
Menezio. Eraclea era anche il nome di una città della Friotide, nella
quale
la tradizione favolosa narra che Ercole si abbruc
i tre anni essi, interpetrando la primitiva risposta dell’oracolo (il
quale
aveva detto che per occupare il Peloponneso, gli
Nel cammino essi incontrarono un certo Ossilo, nativo dell’Etolia, il
quale
era guercio d’un occhio e faceva la sua strada mo
ica donna, e ϰλιος perfetta. 1761. Erato. — Nome della sesta Musa, la
quale
presiedeva alla poesia lirica ed erotica. I roman
radizioni favolose, relative a questo mito simbolico della forza, tal
quale
si trovano nei due poemi d’Omero, l’Iliade e l’Od
cuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Ercole, col
quale
dovea conquistare tanta gloriosa rinomanza. Da tu
benefico eroe, appartenente al primo periodo della civilizzazione, il
quale
accetta con gioia i più duri lavori, e compie le
esso ordine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la
quale
gli stessi fatti sono esposti nell’Iliade e nell’
ri lettori su di un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del
quale
ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo
esto proposito emerge nitida e sfolgorante l’opinione di Plutarco, il
quale
ricorda che tanto Omero, quando Esiodo, Archilogo
opere di Esiodo si trova qualche traccia delle tradizioni fenicie, la
quale
armonizza in certo modo con l’Ercole greco. Cicer
ta l’Ercole greco come figlio di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la
quale
lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole
Asia minore. Giunone allora pacificata, non si cura più dell’eroe, il
quale
lasciando la sua spoglia mortale, che va ad abita
lle fasce. Pindaro, nelle sue opere, ci mostra l’indovino Tiresia, il
quale
alla vista dei due serpenti strangolati, predice
sse nascosto il fanciullo in un campo, dove fu raccolto da Minerva la
quale
lo rese alla madre. Secondo l’opinione di altri s
ttea. Ercole si ebbe molti maestri, fra cui il primo fu Anfitrione il
quale
, sebbene si accorgesse di non essere suo padre, p
Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il
quale
fatto, richiamato innanzi ai Tribunali, egli si d
ichiamando alla memoria dei giudici una legge di Radamanto stesso, la
quale
mandava assolto chiunque avesse respinto la forza
i antichi poeti greci fanno menzione di questo numero determinato, il
quale
fu, con ogni probabilità, immaginato dagli Alessa
to dell’identificazione dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il
quale
nella sua qualità di Dio-Sole, passa per i dodici
iuta quest’altra gloriosa azione, Ercole fu esiliato dal re Augia, il
quale
ricusò di dargli il premio promesso, e allora fu
quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i colpi di Ercole, il
quale
tolse in moglie la giovane Mnesimachea che più ta
ale, lo mandò nei suoi pascoli, sacrificandone un altro a Nettuno, il
quale
irritato contro Minos, rese feroce quell’animale.
o. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il
quale
dopo di essersene impadronito, fondò la città di
ibia. Fu in questa traversata che egli uccise il famoso ladro Caco il
quale
aveva derubato porzione dei conquistati armenti.
il sole saettava su di lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il
quale
ammirando il suo coraggio, lo presentò di una bar
cchiche. Gli antichi aveano simbolizzato codesta avidità del bere, la
quale
non à nulla di grossolano, quando si rapporta all
no a Tebe, avendo saputo che il re Euriteo aveva levato un bando, col
quale
prometteva la mano di sua figlia Iole, a colui ch
sò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro, la
quale
non si accorda con quanto ne dice Sofocle, second
nghe ricerche, che incontrò finalmente Deifobo, figlio d’Ippolito, il
quale
gli rese un tale servigio. Ciò non impedì per alt
. Dedalo riconoscente perciò gli fece innalzare una statua, contro la
quale
Ercole tirò una pietra credendo, mentre vi passav
esta di Ercole, poichè irritato contro Literso figlio del re Mida, il
quale
massacrava tutti coloro a cui dava l’ospitalità,
e a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Esioda la
quale
dette in moglie a Telamone. Al suo ritorno da que
tà, che Dejanira ebbe a sopportare l’oltraggio del centauro Nesso, il
quale
si vendicò su di Ercole mediante il dono del fata
Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il
quale
seguendo l’opinione di Stesicore, uccideva tutti
ti. Ercole tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il
quale
si era come incollato sulle sue carni, per modo c
vi venisse appiccato il fuoco, obbedendo per tal modo all’oracolo al
quale
egli s’era rivolto nelle sue più crudeli sofferen
la terra per portare qualche refrigerio alle sofferenze dell’eroe, il
quale
ricinto di una nube, su trasportato nel cielo in
i dei, Ercole ricevette l’immortalità e si riconciliò con Giunone, la
quale
lo unì ad Ebe, da cui Ercole ebbe due sigli Alesi
ue sigli Alesiareo e Aniceto. Un’antichissima tradizione, seguendo la
quale
Ercole sottomesso alla legge della mortalità, pri
suetudine derivava incontestabilmente dal culto dell’Ercole Tirio, al
quale
si offeriva una decima. È anche nella sola città
ippo, ai tempi di Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio, nel
quale
il dio veniva adorato sotto la figura di un uomo
ulacri di Ercole, rivela una forza maschia e quasi soprannaturale, la
quale
apparisce egualmente nell’infanzia del figlio d’A
sì si chiamava. 1768.Eretrio. — Uno dei figli del Titano Fetonte il
quale
dette il suo nome ad una città della Beozia detta
Secondo la favola fu figlio della Terra, e fu allevato da Minerva, la
quale
lo educò nel magnifico tempio ch’ella aveva in At
incerta e confutata da molti autori. 1776. Erice. — Re di Sicilia, il
quale
, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui e
nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giovanetta Greca la
quale
amò con passione un cacciatore chiamato Menalca.
ile. — Moglie di Anfiarao e figlia di Taleo. Essa tradì il marito, il
quale
venne a conoscenza della colpa di lei per essersi
Proserpina, rapita da Plutone, essa venisse incontrata da Nettuno, il
quale
invaghitosi della bellezza di lei, la sedusse. Ce
a nascosta, la riconobbe e andò immediatamente ad avvisarne Giove, il
quale
mandò subito a cercarla dalle tre Parche, che a f
a tradizione ripete che da quel momento egli ricuperò la vista, della
quale
godè fino all’ultimo dei suoi giorni. 1791. Eritt
delle strade, un simulacro di Ermete. 1805. Ermia. — Giovane Greco il
quale
si annegò traversando il mare, sul dorso di un de
di lui. 1806. Ermione. — Fu uno dei più antichi re della Germania, il
quale
dopo la morte venne annoverato fra gli dei, in pr
rro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio di Europa, il
quale
dette il suo nome ad una città posta su di un est
cchia tradizione racconta che in questa città eravi una strada per la
quale
si discendeva all’inferno. Le cronache mitologich
Così aveva nome, secondo la tradizione, un abitante di Clazomene, il
quale
fu tenuto in conto di un possente mago. I suoi co
ti gli onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel
quale
era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Er
imperiose ragioni obbligato Leandro a nascondere la sua fiamma, alla
quale
i suoi genitori, per antiche inimicizie, non avre
adavere di lui sulle spiagge di Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la
quale
disperata si precipitò nel mare volendo morire de
i prestava agli eroi consisteva in una specie di pompa funebre, nella
quale
si celebrava la memoria delle loro imprese glorio
e ordinariamente erano circondati da un bosco sacro, sul limitare del
quale
sorgeva un altare, dedicato all’eroe sepolto in q
otostrato. Erostrato era anche il nome di un mercatante Nacraziano il
quale
si rese celebre per avere instituita la corona Na
alla madre degli dei, che essi adoravano in un’isola dello Oceano la
quale
, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen ne
r l’oro vi era una particolare divinità, e questa è la ragione per la
quale
si sono ritrovate non poche medaglie, coniate sot
Esaco tolse in moglie la ninfa Sterope, figlia del fiume Cedrene, la
quale
morì poco dopo le nozze. Egli ne fu talmente addo
de. 1824. Esaforo. — Specie di lettiga portata da sei cavalli e della
quale
usavano i patrizî romani. Si chiamava anche Esafo
o invitate tutte le divinità campestri, ma dimenticarono Acheolo ; il
quale
sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque
anti campagne, corse la voce che un fanciullo miracoloso era nato, il
quale
guariva tutte le malattie e risuscitava i morti.
dizioni della antichità favolosa, non si accordano punto sui modo col
quale
Esculapio avesse acquistato tanto meraviglioso po
onio riporta che Minerva gli avesse dato il sangue della Gorgone, col
quale
egli risuscitava i morti. …… La cui somma virtut
llara. Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa di Glauco, il
quale
era gravemente infermo, vedesse un serpente che e
, secondo Igino, Esculapio imparò a conoscere una certa pianta con la
quale
richiamava in vita i cadaveri. Esculapio ebbe una
lo sdegnato contro i Ciclopi, che avevano fabbricata la folgore colla
quale
fu ucciso suo figlio, li avesse tutti esterminati
e presso tutti gli antichi popoli dell’Oriente si osserva il serpente
quale
attributo delle divinità adorate come dei della m
serpente come emblema di sanità è un resto del feticismo egiziano, il
quale
fu dall’ Oriente trasportato in Epidauro dai merc
rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera di Nettuno, il
quale
non si sarebbe placato se non quando i troiani ch
estraesse il nome di Esione figliuola dilettissima di Laomedonte, la
quale
, ostìa innocente del disumano olocausto, fu incat
Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la
quale
, amata da Giove, lo rese padre di un fanciullo ch
sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele gelosia di Pelia, il
quale
temeva in lui un vendicatore dei dritti paterni.
nnome dato iu generale a tutti gli dei, el in particolare a Giove, il
quale
è ritenuto come Espiatore delle colpedegli uomini
come per esempio, il lavarsi nell’acqua corrente. Così fece Enea, il
quale
non ardì toccare gli dei Penati che volea portar
posito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel
quale
è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Ora
pere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la maniera con la
quale
fu espiato Orazio, per l’uccisione di sua sorella
i. « Dopo che Orazio fu assoluto dal delitto di parricidio, il re il
quale
non credette che in una città in cui professavasi
fà menzione la tradizione favolosa, ricorderemo il fatto di Edipo, il
quale
esiliato della sua patria, drizzò per caso i suoi
viscere, ed inspicere, considerare. 1844. Estipielo. — Istrumento del
quale
si servivano gli Aruspici per estrarre le viscere
aca narra che fu sul monte Eta che Ercole fece in nalzare il rogo sul
quale
abbruciò. Finsero i poeti dell’antichità che il s
cronache, sotto l’età dell’oro, fiorì il regno di Saturno, durante il
quale
regnò sulla terra la giustizia e il pudore. Allor
ile esercito, dando così principio alla memorabile guerra di Tebe, la
quale
ebbe termine col duello dei due fratelli, che res
ne III. Eteocle fu anche il nome di un re Orcomeno, nella Beozia, il
quale
, al dire di Pausania, fu il primo ad innalzare un
l Caos. 1852. Eternità — I Romani ne avevano fatto una divinità, alla
quale
, però, non dedicarono alcun tempio nè altare. Ven
oll’andare del tempo Protesilao fabbricò in quel luogo una città alla
quale
diede il nome di Scio. 1855. Etione. — Detta anch
si ricondussero con se Elena a cui dettero per schiava Etra stessa la
quale
seguitò da quel giorno a rimanere presso la sua p
ricondotta in patria. 1860. Etreo — Uno dei soprannomi di Vulcano col
quale
aveva un tempio a lui consacrato sul monte Etna.
Ciò bon ostante egli attacca valorosamente il terribile nemico, del
quale
, forse, avrebbe trionfato, se Giove e Minerva non
o. Achille si lasciò intenerire dalle preghiere del vecchio padre, il
quale
, traverso le lagrime del suo dolore, conservava l
permise di riportare in Troia il cadavere del valoroso guerriero, il
quale
con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stes
Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio di Demetrio di Maratona, il
quale
fu, per decreto del senato, premiato con la sacra
i presenta sotto questo nome un giovine abitatore della Tessaglia, il
quale
recatosi a Delfo, per consultare la Pitia, s’inna
sconci si fossero ripetuti nell’avvenire, fu fatta una legge, con la
quale
la Pitia del tempio di Delfo, doveva avere cinqua
enderono al re di quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse, il
quale
dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle su
Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei figliuoli di Atreo, il
quale
insieme ai suoi due fratelli Melampo ed Aleone ve
di Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul
quale
era posata una cicala. I Locresi ritenevano per f
nze della città di Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sulla
quale
Venere aveva un tempio sotto l’istesso nome. 1894
— Un’altra delle ninfe Nereidi. 1895. Euriale. — Figlia di Minosse la
quale
sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euria
morte. Similmente Euriale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la
quale
soccorse il re di Colchide, Aete contro Perseo. 1
Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di Ulisse la
quale
fu la prima a riconoscerlo quando egli ritorno un
gran rumor ch’uscia dal lago Averno. Ella, oimè, disse, qual furor, o
quale
Acerba sorte e dispietata, Orfeo. Me misera ad un
tura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel
quale
la sua statua era legata con delle catene d’oro.
on si apriva che una sola volta l’anno e in un giorno determinato nel
quale
si facevano in suo onore pubblici e privati sacri
greci, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella
quale
era rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulca
in caso di bisogno. 1906. Euristemone. — Statua della dea Tellure la
quale
veniva così chiamata perchè le si attribuiva una
caja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel
quale
era adorata sotto questo nome. La sacerdotessa ch
lia di Azio, avesse incontrato fuori le porte della città, un uomo il
quale
spingeva innanzi a sè un asinello, pungendolo con
vestitasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della
quale
era preparato il rogo, e quando le fiamme ardevan
nnome a Bacco. 1922. Evocazione — Cerimonia religiosa per mezzo della
quale
i pagani evocavano gli dei ovvero le anime dei mo
eda ti fo voto e prometto la decima parte. E te, o Giunone regina, la
quale
al presente abiti questa città, prego parimente,
Fari, favellare. I romani davano questo nome al dio della parola, il
quale
presiedeva all’ educazione dei fanciulli. Gli ven
feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo della città di Eleutera, il
quale
secondo riferisce la cronaca mitologica, avendo p
i Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalzato un tempio, nel
quale
la onoravano con un culto regolare. 1938. Fame. —
cadevano in una specie di entusiasmo, e inspirate dalla divinità alla
quale
si erano consacrate, facevano dei gesti pazzi e s
ui che dà la luce. Vi era anche un promontorio nell’isola di Chio, al
quale
si dava lo stesso nome, e di dove narra la tradiz
dette la voce, le armi e la figura di Enea e lo presentò a Turno, il
quale
lo assali immantinenti, ma il falso Enea si dette
vea nome un abitante della città di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il
quale
si rese celebre per la sua straordinaria bellezza
li donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento maraviglioso, del
quale
appena Faone si fu unto il corpo, diventò di una
rata si precipitò nel mare dall’altezza dello scoglio di Leucade, sul
quale
Faone fece inalzare un tempio a Venere, in commem
acro di Mercurio, e mormorare all’orecchio di quello, la dimanda alla
quale
si voleva la risposta dell’oracolo. 1946. Fascino
lo ebbe da una delle ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuolo al
quale
dette il nome di Faside. La cronaca mitologica ra
i di lui lo straziarono in modo che si precipitò nel fiume Arturo, il
quale
da quel giorno cangiò il suo primitivo nome in qu
destino. I pagani accagionavano tutto alla fatalità del destino, alla
quale
gli stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 194
remo della città Priamea. La prima di codeste fatalità, era quella la
quale
imponeva che i greci non si sarebbero mai impossa
bile come tutte le altre, nasceva da una antica tradizione secondo la
quale
era detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbri
, avesse cooperato all’opera dei celesti. Fu questa la ragione per la
quale
i greci adoperarono ogni arte onde Achille nipote
ille nipote e discendente di Eaco, abbandonasse Deidamia, presso alla
quale
, la madre lo aveva nascosto, per trarlo allo asse
rarlo allo assedio di Troja ; e fu similmente questo il motivo per il
quale
morto Achille i greci condussero al famoso assedi
tà che il destino imponeva alla finale caduta della città trojana, la
quale
è stata quella fra tutte le altre del mondo conos
el — Al dire di Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno, Il
quale
più sovente dei suoi compagni, prediceva l’avveni
omane. 1957. Fauna — Si dava questo nome alla moglie del dio Fauno la
quale
, secondo la tradizione, era di una tale scrupolos
na loro nave, passare nell’isola d’Itaca, e narra la tradizione, alla
quale
si rapporta Omero stesso, che Ulisse fosse traspo
ontro i Feacidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al
quale
egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena
liono che Giunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il
quale
essa era onorata con un culto particolare. 1969.
purificazioni ; e Servio pretende che fosse lo stesso che Plutone, al
quale
venivano anche offerti dei sacrifizii Februali. Q
li. Questa ultima opinione è avvalorata dalle cronache di Cedreno, il
quale
ci ripete che la parola Februus, in lingua etrusc
gli scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo re di Roma, il
quale
li costituì al numero di venti, scelti fra le più
labile. Numa fu il primo a costruire un tempio alla fede pubblica, il
quale
sorgeva vicino a quello di Giove. La Fedeltà veni
eo aveva avuto da una prima moglie un figliuolo chiamato Ippolito, il
quale
egli fece allevare nella città di Trezene. Qualch
eo costretto a recarsi in Trezene, condusse seco la novella sposa, la
quale
restò appena ebbe visto Ippolito, ammaliata dalla
care su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel
quale
si recava assai di sovente sotto pretesto di ador
rità perchè così aveva occasione di vedere il giovanetto principe, il
quale
si abbandonava agli esercizii dell’ equitazione e
disperata si appiccasse, dopo aver scritta una lettera a Teseo, nella
quale
gli manifestava che tentata nell’onore dal figlia
. 1978. Felicità. — I greci e i romani ne avevano fatta una dea, alla
quale
essi davano sovente l’appellazione particolare di
i tempi di Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chiamata, la
quale
fu la prima Pitia, o sacerdotessa dell’oracolo di
a verso gli ultimi tempi del regno di Tiberio, imperatore romano, del
quale
, al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presag
i dei pagani, ma per mettere in atto uno dei loro principii ; cosa la
quale
viene altamente in appoggio a quanto noi esponemm
aca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento di sua madre, la
quale
Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una sua
i di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amare da questa, la
quale
abbandonò facilmente il vecchio padre, per darsi
ntariamente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della
quale
era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse co
terna, legò il riconoscente animo di Fenice, all’eroe giovanetto, dal
quale
non seppe più distaccarsi ; Son io divino Achill
sedio di Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire di Omero, il
quale
chiama Fenice l’amico di Giove. Primamente Fenic
e. 1982. Fennide. — Così avea nome una figliuola del re di Caonia, la
quale
visse, secondo le cronache dell’antichità verso i
Ferefatta. — Soprannome primitivo che si dava a Proserpina, sotto il
quale
si celebravano in Sicilia delle feste in suo onor
il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città di Feronia, dalla
quale
prese il suo nome particolare. Credevano i pagani
a fonte sacra, che scorreva presso il tempio di lei. Una cronaca alla
quale
si rapporta Ovidio, narra che avendo una volta il
ire di Esiodo, così ebbe nome un figliuolo di Cefalo e dell’Aurora il
quale
dopo essere stato cangiato in genio, fu da Venere
eniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di volto, della
quale
le cronache mitologiche raccontano un curioso acc
9. Fidio. — Nome particolare che si dava al dio della fedeltà, per il
quale
si prestava il giuramento dicendo : Me Dius Fidiu
on generali divozioni. 2000. Fidolao. — La tradizione mitologica alla
quale
si attiene Pausania stesso dà questo nome ad uno
ania stesso dà questo nome ad uno abitante della città di Corinto, il
quale
nel prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò
rmisero in com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul
quale
egli era scolpito insieme alla sua cavalla. 2001.
tradizione mitologica dice che essi furono allattati da una capra, la
quale
essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una sta
statua nel tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradizione alla
quale
si rapportano le cronache di Pausania, dice che q
di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittadino di Delfo, il
quale
al tempo dell’insurrezione dei Galli sotto Brenno
. Resosi celebre per la sua bellissima voce e per la perfezione colla
quale
suonava la lira, la tradizione mitologica lo fa f
numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio di Augia, re d’Elide, il
quale
fu da Ercole posto sul trono del padre suo, perch
ella Filira. Ciò per altro non bastò a deludere la gelosia di Rea, la
quale
un giorno sorprese i due amanti, per il che Satur
sedio di Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane regina, la
quale
finì per innammorarsi passionatamente di lui. Ben
ta scrisse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella
quale
gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano
ll’ andare degli anni fu nel medesimo luogo edificata una città al la
quale
si dette il nome di Amfipoli, conosciuta comuneme
more. 2013. Fillo. — Alcimedonte ebbe una figliuola così chiamata, la
quale
fu da Ercole resa madre di un bambino. Narra la c
morazione di quel fatto, fu in quel luogo costruita una fontana, alla
quale
fu dato il nome di fontana della gazza. Il fanciu
chiamato Faride. Divenuto adulto fondò nella Messenia una città, alla
quale
dette il nome di Fare. 2015. Filodoce. — Così ave
Consumato l’infame delitto, Tereo fece ritorno presso la moglie, alla
quale
ebbe il coraggio di presentarsi, ed a cui affetta
acerbissimo, essa pensò di onorare la cara anima della defunta, alla
quale
fece innalzare un magnifico monumento. Intanto Fi
si adoperò in modo che quella tela, capitò nelle mani di Progne ; la
quale
conscia per tal modo di quanto era avvenuto, non
a Bacco, che si celebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella
quale
era permesso alle donne di correre sole a travers
sventuratissima Filomena. Posta per tal modo in sicuro la sorella, la
quale
non meno di lei anelava alla vendetta, le due gio
ndo un giorno Diana alla caccia, fosse stata veduta dal dio Marte, il
quale
s’invaghi così violentemente di lei, che sotto le
ttete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il
quale
prima di morire, onde attestargli l’immenso affet
ole, il quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affetto col
quale
lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le s
dattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col
quale
egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano s
o ai greci il luogo ov’erano sepolte, gli fece una mortale ferita, la
quale
ben presto si cangiò in una orribile piaga da cui
dei sdegnati fecero per mezzo d’Aquilone acciecare il crudele re, il
quale
fu sottoposto da Borea suo avo all’istesso crudel
le cronache dell’ antichità aggiunge a questo proposito che Ercole il
quale
, come vedemmo, faceva parte della spedizione degl
tico erano stati personificati e deificati dalla religione pagana, la
quale
come abbiam visto e come seguiteremo a vedere nel
elle nostre asserzioni, la grande e conosciutissima venerazione colla
quale
gl’ Indiani adoravano il Gange ; il Reno veniva r
ngeremo che nelle cronache dell’antichità, ve n’è qualcuna secondo la
quale
parrebbe che i pagani avessero fatta una distinzi
acro, di cui fanno menzione ben pochi cronisti dell’ antichità, e del
quale
è quasi spento e sconosciuto il nome stesso. 2029
dizione, circondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e nel
quale
invece di acque correvano torrenti di flamme. Ved
ola di Almo. Flegia non ebbe che una sola figlia chiamata Coronide la
quale
fu sedotta da Apollo che la rese madre di Esculap
fece nascere sul proposito di questa dea una leggiera confusione, la
quale
emerge unicamente dal fatto che riporteremo qui a
a a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il
quale
per ricompensa la mise fra le sue numerose divini
one che fece confonderla spesso coll’antica dea Flora, in onore della
quale
si celebravano dei giuochi detti dal suo nome Flo
hiale di Erimanto, si fosse riposato nella casa del Centauro Folo, il
quale
lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offr
i altri intimoriti si dettero alla fuga. Folo finita la mischia, alla
quale
egli non aveva presa parte alcuna, si dette a rac
no parte alla festa. 2042. Forbante. — Uomo sanguinario e crudele, il
quale
eletto capo dei popoli Flegiani, postosi alla tes
storica di questa allegoria, è che Forco era un re della Corsica, il
quale
sconfitto in un combattimento navale da Atlante,
mione. — Nella città di Eritrea, visse un pescatore così chiamato, il
quale
per una malattia d’occhi perdette la vista. La tr
elebravano delle feste così chiamate in onore della dea Fornace, alla
quale
si facevano dei sacrifizi d’innanzi ai forni, cuo
ebrava annualmente dodici giorni prima delle calende di Marzo e della
quale
secondo le tradizioni dell’ antichità Numa Pompil
ortuna, fu quello che le venne fabbricato nella città di Preneste, il
quale
aveva più che di tempio, la forma e la configuraz
— I pagani ne avevano fatta un’altra delle loro tante divinità, alla
quale
seguendo la configurazione simbolica dei loro mit
lpi di freccia, altro non deve intendersi se nonchè la pestilenza, la
quale
ordinariamente vien cagionata dall’ eccessivo cal
I trad. di V. Monti. È nota similmente la tradizione mitologica, la
quale
ripete che dalle acque del diluvio di Deucalione
ente ospitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il
quale
gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi a
che non deve confondersi con l’ appellativo di Fulgur soprannome col
quale
i pagani invocavano Giove, come padrone dei fulmi
vere di un uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava seppellirlo tal
quale
esso lo aveva lasciato. Faremo qui notare che que
ra assai in uso una specie di divinazione chiamata Capnomanzia, nella
quale
si osservava attentamente l’ agglomeramento, la d
tutte le divinità del paganesimo, il Fuoco, fu quella il culto della
quale
era esteso a tutti i popoli della terra. Essendo
tà di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel
quale
si conservavano, con grande venerazione, delle pi
ltare delle Furie, che erano pronti a rivelare il vero sul fatto, pel
quale
venivano chiamati in giudizio. Le tradizioni dell
esimo rione di Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina, del
quale
era custode un sacerdote eletto fra i quindici fl
is. Vicino a questo tempio vi era un bosco consacrato alla dea, e nel
quale
, secondo la tradizione storica, fu ucciso Cajo Gr
nchè in quella di Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamata, la
quale
veniva rappresentata sotto la figura di un leone
rni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la
quale
formava la principale offerta nei sacrifizii di q
a amò passionatamente un bellissimo giovane pastore per nome Aci, dal
quale
fu controcambiata con tutta l’ ardenza di una ver
nte di lei. E avvenne un giorno, che assiso su d’ una rupe sotto alla
quale
erano ascosi Aci e Galatea, l’ uno in braccio del
ieco per furore di gelosia, lanciò un enorme masso sul povero Aci, il
quale
morì schiacciato sotto l’immane peso, mentre Gala
erdoti Galli formavano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la
quale
girovagava di contrada in contrada, sonando una s
o essi non potevano entrare in un tempio, durante tutto il giorno nel
quale
si fossero trovati a vedere un corpo morto. I lor
otettrici. Si dava il nome di Gallo al primo sacerdote di Cibele, il
quale
, secondo la tradizione, si fece da se stesso eunu
iamò finalmente Gallo un giovine amico e confidente del Dio Marte, il
quale
lo poneva a guardia della sua tenda, tutte le vol
roja aveva un figlio chiamato Ganimede, o secondo altri, Genimede, al
quale
dette incarico di recarsi in Lidia, onde offrire
uesto fatto dette principio ad una lunga guerra fra i due sovrani, la
quale
ebbe fine quando Troja cadde dopo il famoso assed
o. Ganimede o Genimede era similmente il soprannome della dea Ebe, la
quale
al dire di Pausania, era adorata sotto questa den
ella città Priamea. 2089. Gastromanzia. — Specie di divinazione collà
quale
si pretendeva conoscere l’ avvenire, coll’accende
a grande venerazione che quei popoli tributarono a quest’animale, del
quale
fecero una delle divinità del loro culto, adorand
nore. — Ultimo discendente della illustre prosapia degli Inachidi, il
quale
teneva il governo di Argo, allorquando Danao per
autore antico che parli di questa divinità è il cronista Pausania, il
quale
riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi e
di Crisauro. La cronaca favolosa ne ha fatto un mostruoso gigante, il
quale
custodiva da se stesso le sue numerose mandre, a
o agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa della
quale
quel popolo ancora quasi selvaggio non aveva punt
limento quello, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo col
quale
presso di noi vengono nudriti i majali. 2113. Gia
del giovanetto Giacinto si vedeva una statua di Apollo, innanzi alla
quale
si offerivano i sacrifizi, mentre i giuochi furon
tene, avesse innamorato della sua stupenda bellezza il dio Apollo, il
quale
la sorprese, e ne ebbe un figlio, che fece nudrir
sapevole della tresca della figliuola, la dette in moglie a Xifeo, il
quale
però non potendo, dopo qualche tempo aver prole,
’oracolo rispose, che avrebbe dovuto adottare il primo fanciullo, nel
quale
si fosse imbattuto l’indomani In fatti Xifeo il g
, Palulejo o Palulcioe Clusivio o Clusio. Quindi Giano mi chiamo, il
quale
allora Che col farro al sal misto, e pan melato P
ale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla
quale
si dava da principio la denominazione di Viminale
e di un preteso miracolo operato dal dio Giano. Narra la cronaca alla
quale
si attengono Macrobio ed Ovidio stesso, che allor
oma, avevano già attaccata la porta che è sotto al monte Viminale, la
quale
i romani avevano ben chiusa all’avvicinarsi del n
E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveniva per volontà di Giunone, la
quale
per gelosia contro i romani aveva tolto i ganci e
o. Ancor giovanetto, a somiglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il
quale
gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il su
arla ; ma Didone invaghita di Enea, respinse le offerte di Giarba, il
quale
dichiarò la guerra ai cartaginesi. La morte però
on gran segretezza confidò il piccolo Giasone alla madre Alcimeda, la
quale
lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure d
de, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del
quale
gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era
ciuta nelle cronache, sotto il nome di spedizione degli Argonauti, la
quale
ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapi
Medea, essendosi incontrata con Giasone presso il tempio di Ecate, la
quale
entrambi erano andali ad impiorare, colpita dalla
tori, ma che non valse ad intimorire l’eroico coraggio di Giasone, il
quale
si accostò ad essi, e dopo averli carezzati, li a
la ripudiò per sposare Creusa, figlia di Creonte, re di Corinto, alla
quale
in effetti si unì senza tener conto delle dispera
ia mano, furono le ostie cruenti della terribile vendetta di lei ; la
quale
compiuta appena quell’opera di sangue, montò, sec
, durante il regno di Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al
quale
pose il nome di Gehud, per essere unico. Avendo d
che riferisce il suddetto cronista, significavano un’intera frase la
quale
tradotta nel nostro idioma comprenderebbe in sè l
vidio ed altri ; ripetono che i Giganti fossero figli della Terra, la
quale
per vendicare la morte dei suoi figliuoli Titani,
essi dell’Olimpo ; e la costruzione della famosa torre di Babelle, la
quale
può benissimo essere considerata come l’opera più
resso ad Atene fu rinvenuto un sepolcro, lungo cento cubiti, entro il
quale
era stato deposto il corpo del gigante Macrofirid
nte Erice, in Sicilia, fu rinvenuto il corpo di un gigante seduto, il
quale
si appoggiava ad un bastone che era un albero di
ra anche il nome di un pastore del re di Lidia per nome Candaule, del
quale
la cronaca mitologica narra uno strano avveniment
a, peusò servirsene onde accostarsi sino al letto della regina, colla
quale
concertatosi si liberò poco a poco di tutti color
per una decisione, a quanto avrebbe risposto l’oracolo di Delfo ; il
quale
fu favorevole a Gige, per il che egli restò pacif
o era un modesto pastore, che viveva lavorando il suo campicello, dal
quale
ritraeva tutto quanto abbisognava alla sua famigl
cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la
quale
i danzatori cantavano degl’inni in onore di quel
gani avevano fra le loro divinità, personificata anche la Gioja, alla
quale
davano comunemente il nome di Lætizia ; e la raff
ecclissi. 2161.Giove — Dio supremo della mitologia greca e romana, la
quale
lo riguardava come padrone e signore di tutte le
ell’ antro un assordante rumore, esegueudo così il comando di Rea, la
quale
avea loro imposto di soffocare colle loro grida i
ica aggiunge che egli avesse dato a suo padre Saturno una bevanda, la
quale
ebbe la potenza miracolosa di fargli recere dappr
crificavano a Giove, erano la pecora, la capra ed il toro bianco, del
quale
si doravano le corna prima del sacrificio. Similm
generalmente raffigurato nella suddetta maniera, perchè il trono sul
quale
egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo
lmente, che nell’isola di Creta si vedeva il sepolcro di un Giove, il
quale
aveva avuto per padre Saturno. La tradizione mito
fetti dell’incivilimento onorarono di un culto quasi divino l’uomo al
quale
essi andavano debitore di un tanto bene ; ed allo
talo, rapitore di Ganimede, e finalmente il Giove padre di Ercole, il
quale
, secondo la cronologia mitologica visse circa ott
rra, avessero indefinitivamente esteso i confini del loro impero ; il
quale
non solo abbracciava la Tracia, l’isola di Creta,
uole raffigurare se non l’idea della suprema onnipotenza di Giove, il
quale
imperava sul cielo, sulla terra e sull’inferno. E
Orta. I romani a queste ne aggiungevano una terza detta Giuventa, la
quale
veniva invocata dai giovanetti dopo d’avere indos
veniva invocata dai giovanetti dopo d’avere indossata una veste, alla
quale
si dava il nome di Pretesta. La dea Giuventa veni
er esser figlio di Giove. 2164. Giromanzia — Specie di divinazione la
quale
si eseguiva camminando intorno ad un cerchio su c
greco ύρος che significa rotondo. 2165. Giuba — Re di Mauritania, il
quale
fu dai suoi sudditi venerato come un dio. Al dire
ntichità, fra i quali Platone, che esisteva un’antichissima legge, la
quale
imponeva che le anime dei morti, dovessero essere
poco sopra gli sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo alla
quale
sorgeva un altare consacrato a Giunone Giuga, e c
0. Giugno — Questo mese era presso i pagani consacrato a Mercurio, il
quale
ne era in pari tempo la divinità tutelare. Second
quata. Così, al dire di Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la
quale
si rese celebre per la sua grande virtù, che le v
una fonte chiamata Canatosa, e secondo altri Canata — V. Canatosa, la
quale
era consacrata a Giunone, perchè si riteneva che
ere erano gli uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione per la
quale
si vedono auche oggidi, molte statue di quella de
ali asseriscono che in Roma il senato avesse promulgata una legge, la
quale
ordinava che tutti i pubblici giuochi fossero sol
se non dopo aver offerto dei sacrifizii alla divinità in onore della
quale
veniva celebrata, e svenate le vittime e compiute
perfino con cronologica importanza una data nel corso dell’anno, alla
quale
i romani e sopratutto i greci davano il nome di O
racennati, ma che ciò non pertanto avevano presso gli antichi una tal
quale
importanza. Fra questi bisognerà ricordare i giuo
ersone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, nel
quale
avevano spergiurato. Presso i romani era anche co
stizia figlinola di Giove stava nel cielo sul carro del padre suo, al
quale
dimandava vendetta contro gli uomini, tutte le vo
aderì volentieri volentieri alle voglie del suo amante immortale ; il
quale
in premio dei favori ricevuti da lei, l’innalzò f
che sostenevano l’uno contro l’altro, con un particolare duello, nel
quale
sarebbe caduto vittima il fratello di lei ; ella
to ciò non valse ad impedire il fatale duello, nè a salvare Turno, il
quale
morì per mano di Enea, e allora Giuturna disperat
rvivano particolarmente nei sacrifizi della dea Vesta, ragione per la
quale
si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, co
no nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di brando, al
quale
si dava il nome di gladius donde deriva la parola
ei più importanti. Glauco avea nome uno dei figliuoli d’Ippolito, del
quale
la tradizione racconta, che essendo caduto in una
esta semplice esortazione bastò a rianimare il coraggio di Glauco, il
quale
ebbe il premio della lotta. Con l’andare del temp
I pagani rappresentavano il Tempo con un gran globo nella destra, il
quale
raffigurava l’universo. Sulle antiche medaglie po
ale, dalla tempesta, che segui nella notte di quel giorno, durante la
quale
s’intesero tuoni e saette ; cosicchè Alessandro o
a surte delle gravi dissensioni ; essi fecero ricorso all’oracolo, il
quale
rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro pa
a Giove, fece sospendere nel tempio di questo dio il famoso carro sul
quale
avea fatto il viaggio. 2190. Gorgizione — Uno dei
— Uno dei figliuoli del re Priamo, e della bellissima Castianira, la
quale
, al dire di Omero, rassomigliava per la sua belle
esta opinione di Diodoro è combattuta dal cronista Ateneo, secondo il
quale
le gorgoni non erano altro che dei terribili e mo
ei foltissimi e ruvidi crini. Allora qualunque fosse stato l’uomo sul
quale
s’arrestavano quegli sguardi fatali, immediatamen
anche Amadriade. Fu figliuola di Ossilo, e della ninfa Amadriade, la
quale
ebbe da lui sette altre figliuole, che insieme a
os, una delle Cicladi, avevano similmente un tempio alla custodia del
quale
sopraintendeva un sacardote, la cui durata cra a
fone mitologico dev’essere considerato come un simbolo allegorico, il
quale
, sotto la strana configurazione, racchiude alcune
vea nome un piccolo fiume, che metteva foce nel golfo di Cadice e del
quale
i pagani avevano fatto il loro Lete le cui acque
he della mitologia indiana, danno questo nome ad un dio composto, nel
quale
si riunivano, oltre la propria configurazione, qu
adre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il
quale
nelle credenze religiose di quei popoli, rapprese
va il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la
quale
veniva circondata da altre 360 statue più piccole
atua, i Horaisciti gliene avevano fatta un’altra di oro massiccio, la
quale
stringeva sette frecce dell’istesso metallo, ed a
te velata la fronte. V. Penelope. 2229. Icaro. — Figlio di Dedalo, il
quale
si sottrasse insieme al padre suo, colla fuga dal
oca in cui, secondo la favola, ospitò nella sua casa il dio Bacco, il
quale
in ricompensa gl’insegnò l’arte di coltivare le v
dell’Attica disertò la loro contrada con una terribile pestilenza, la
quale
non ebbe fine se non quando furono morti un dopo
iconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il
quale
ha l’istinto di distruggere i coccodrilli che inf
dere i metalli. Questa tradizione è peraltro oppugnata da Diodoro, il
quale
asserisce nelle sue cronache, che fu la madre deg
ato. Ida era anche un’altra montagna nell’Asia minore, ai piedi della
quale
, secondo la tradizione, sorgeva la famosa città T
io. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la
quale
con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Gio
finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il
quale
per essere della schiatta degli Eolidi, e per con
sso. 2235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la
quale
era consacrata a Venere. La tradizione a cui si a
suoi tempi. 2241. Idmone. — Celebre indovino della città di Argo, il
quale
, secondo la tradizione, avea preveduto che, segue
li si parò innanzi fu il proprio figliuolo, l’unico suo figliuolo, il
quale
avvisato dell’arrivo del re, era corso con traspo
e ripete, che il profugo re avesse fondata la città di Salento, della
quale
si fece sovrano. Dopo la morte di lui, gli abitan
i monumenti. Tale non è per altro l’opinione del cronista Diodoro, il
quale
asserisce nelle sue cronache che Idomeneo, caduta
iga, di cui dette a guidare i destrieri al suo fedele amico Iolao, il
quale
gli servi da cocchiere. La favola aggiunge, che q
nassa finalmente aveva nome una figlia di Proteo, re degli argivi, la
quale
fu tolta in moglie da un medico chiamato Melampo,
disprezzo per la dea, proclamandosi più belle di Giunone stessa ; la
quale
, sdegnata contro le incaute giovanette, turbò lor
cmena. V. Anfitrione, Alecmena, Ercole. La tradizione mitologica alla
quale
si attiene Apollodoro, nelle sue cronache pagane,
fide. — A proposito di questa fanciulla la tradizione mitologica alla
quale
si attiene Ovidio stesso, nelle sue Metamorfosi,
che nella città di Festo viveva un uomo poverissimo per nome Ligdo il
quale
aveva una moglie chiamata Feletusa. Vedendola pro
ontentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la
quale
avesse dovuto recarsi in Tauride, e servire la de
il consenso di Agamennone e si fosse recato presso Clitennestra, alla
quale
consegnò una lettera falsificata in cui era scrit
quella città, accompagnato da Pilade, Oreste fratello d’Ifigenia, il
quale
avea ricevuto comando da Apollo di recarsi in Tau
media aveva avuto da suo marito una figliuola per nome Pancratide, la
quale
stando un giorno con sua madre a celebrare i mist
acrato a Giunone, fu per lunghi anni conservato il disco d’Ifito, sul
quale
si leggevano impresse in grosse lettere le leggi
dre. una sua statua, ricoperta interamente da un velo, e innanzi alla
quale
le donne di Sicione andavano ad offrire le loro c
in varie cronache che il nome di Igiea si dava sovente a Minevra, la
quale
veniva dai greci adorata sotto questa denominazio
li abitanti dell’isola di Cipro davano codesto soprannome a Giove, il
quale
nei loro templi veniva onorato con solenni e magn
tto fra i suoi figliuoli, lo mandò presso il genero Polinnestore ; il
quale
però, secondo ripete la tradizione, lo fece uccid
stigazione del perverso Centauro, scusò la madre presso di Ercole, il
quale
sentendo approssimarsi l’ultima sua ora, ordinò a
Iole. Morto Ercole, Ilio si ritrasse presso Epalio, re dei Dorii, il
quale
essendo stato rimesso nei suoi stati da Ercole, a
a ricevuto dal morto eroe. Ma l’irreconciliabile odio di Euristeo, il
quale
anche dopo la morte di Ercole perseguitò i discen
di soldati e provveduto di quanto era necessario alla spedizione, la
quale
andò coronata di lieto successo, imperocchè dopo
Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il nome di Imetto, sulla
quale
Giove aveva un tempio a lui consacrato, perchè la
ove stesso. 2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col
quale
aveva nel Campidoglio una statua chiamata Jupiter
mici. Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la
quale
gli antichi pronunciavano le imprecazioni, allorq
n altare ed un uccello, propriamente la pernice, che nòn sappiamo per
quale
ragione era ritenuto presso i pagani come un anim
e. Al dire del citato autore, e se condo riferisce la tradizione alla
quale
egli si attiene, fra Nettuno e Giunone surse una
a gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di grande valore, la
quale
un bel giorno fu rubata serza che si potesse scop
arra la cronaca che il poeta Sofocle, ebbe in sogno una visione nella
quale
gli apparve Ercole stesso e gli mostrò la persona
non fu da principio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la
quale
per mezzo di assiduo studio sugli avvenimenti del
rno e presentarsi a Plutone, passi la caverna di Tenaro in fondo alia
quale
ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla ba
e ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla barca di Caronte, la
quale
la lasciò innanzi al trono di Plutone, custodita
Ella fu tolta in moglie, in seconde nozze da Atamante, re di Tebe, il
quale
la rese madre di due figliuoli, Melicerta e Learc
empo, la città di Tebe, fu desolata da una terribile carestia, (della
quale
molti autori ripetono che Ino stessa fosse stata
proprio figliuolo Learco e si dette ad inseguire la madre istessa, la
quale
afferrato il figliuolo Melicerta, si dette con es
orta per certo, se non si fosse trovato a passar per di là Ercole, il
quale
ritornava dalla Spagna. L’eroe sentendo le grida
Ino si portò presso la celebre indovina Carmenta, onde sapere da lei
quale
sarebbe per essere il proprio destino, e quello d
ichità, la risposta che il guerriero Annibale, dette al re Prusia, il
quale
si ricusava a combattere, asserendo che le viscer
iunone vieppiù sdegnata contro di lei, le fece apparire una furia, la
quale
turbandole la mente, e straziandola senza riposo,
otto il nome d’Ifide come una dea. È questa almeno la tradizione alla
quale
si attiene Ovidio, però nella gran maggioranza de
morte del suo fedele Argo, avesse mandato ad Io una grossa mosca, la
quale
pungendola senza posa, la mise in furore, per mod
velazioni, un novello accesso di furore colpisce la sventurata Io, la
quale
lasciando Prometeo sulla sua rupe, riprende la sf
sacerdotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api, il
quale
era soprannominato Giove ; e che ingelosita la re
re Io, affidandola alla custodia di un suo seguace, per nome Argo, il
quale
Api avesse fatto uccidere per riavere la sua aman
i Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide, col
quale
Io fu adorata come una Dea, le venne dato solo pe
, suo padre, portò dall’Egitto in Grecia il cutto della dea Ifide, la
quale
i greci confusero con Io V. Argo. 2293. Ipar. — C
iguardava come atei tutti coloro che la negavano. Cicerone stesso, al
quale
fra tutti gli altri autori dell’ antichità, non s
e abitato dai popoli Iperborei, un’isola grande quanto la Sicilia, la
quale
era comunemente ritenuta come il luogo ove nacque
allegoria della favola, dice che Iperione era un principe Titano, il
quale
erasi dato, con grande amore, allo studio dell’as
el celebre artefice Mirone. 2299. Ipoprofeti. — Nome particolare, col
quale
, venivano indicati certi servienti degl’ indovini
na delle pareti del tempio scaturì una larga vena di acqua marina, la
quale
percosse Epito così violentemente negli occhi, ch
tutta la vita. Ippio era anche il soprannome particolare di Marte, il
quale
con Minerva e Nettuno formavano la triade delle p
tà scaturiva quella fontana. La tradizione storica narra che Cadmo il
quale
introdusse in Grecia le scienze fenicie, fosse st
nome la figliuola di Enomao, re di Pisa, nell’Elide, a proposito del
quale
la tradizione mitologica narra, che giunta la fig
sì sorprendente bellezza, che colpì vivamente l’istesso suo padre, il
quale
non volendo concederla in moglie ad alcuno dei mo
sore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un bando nel
quale
esponeva, che la mano d’Ippodamia sarebbe concedu
chè gli dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contro Pelope, al
quale
concessero, per la disfida, quattro immortali des
le donne ; perlocchè si tirò sopra il terribile sdegno di Venere, la
quale
per vendicarsi ispirò a Fedra, madrigna di lui un
, fece dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel
quale
era pazza di passione. Ippolito però, pieno d’orr
nsò di prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella
quale
gli diceva, che il figliastro avea voluto attenta
se il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal
quale
aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni sua
lli che guadagnarono la mano, e trascinarono il misero giovanetto, il
quale
rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria
ri divini : e Diomede gli fece innalzare un tempio, alla custodia del
quale
, vigilava un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una
empi di Numa Pompilio, comparve in Italia un uomo per nome Virbio, il
quale
abitava nella selva Aricina e si spacciava per Ip
ca con la parola cavallo abbia dato vita alla tradizione favolosa, la
quale
racconta che Ippotoo, fosse, appena nato, esposto
ue cavalle V. Cercione. Ippotoo regnò nella contrada di Eleusi, della
quale
fu assunto al governo dopo che Teseo ebbe ucciso
navigatori, e trattenne per lungo spazio di tempo Giasone stesso, dal
quale
ebbe varii figliuoli, non avendo potuto frenare l
menticò ben presto le lagrime della sventurata sedotta ; l’ amore col
quale
ella lo avea amato ; e per fino i figli di cui lo
ò il destino non cessava di perseguitare la sventurata Ipsipile, alla
quale
un’altra sciagura fece, verso quel torno di tempo
da alcuni corsari e da questi venduta a Licurgo, re di Tessaglia, il
quale
prese a proteggere la sventurata giovanetta e la
Ipsisto. — Al dire del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la
quale
lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di u
Secondo Sanconiatone, così ebbe nome il figlio dei primi giganti, il
quale
abitò in Tiro, e fu il primo a costruire delle ca
io viaggiavano sulla terra, fossero accolti benignamente da Irieo, al
quale
i tre numi promisero di concedere qualunque cosa
che nell’isola d’Itaca viveva alla porta di un palazzo un mendico, il
quale
era reso famoso per la sua fame, che non era mai
o sotto le spoglie di mendico. V. Ulisse. Ulisse accettò la sfida, la
quale
doveva essere combattuta alla presenza di Telemac
i questa maraviglia, il senato romano avesse promulgata una legge, la
quale
esentava i discendenti di esse da qualunque balze
qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nipote di Nettuno, in onore del
quale
si celebravano in Grecia, delle pubbliche feste d
avano i pagani uno dei più considerevoli monumenti dell’antichità, il
quale
conteneva l’immagine d’Iside, gli atti della reli
a quella di Dea Universale, secondo asserisce il cronista Apuleio, il
quale
si appoggia su di un’ antica iscrizione, trovata
ume Ismeno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e di Apollo, il
quale
gli concesse il dono d’indovinare. Ismenio, fu da
si chiamava il piede di Cadmo, a cagione di un’ antica tradizione, la
quale
racconta che avendo Cadmo ucciso a colpi di frecc
ggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il
quale
sepolto in un sonno perpetuo era custodito dal gi
he in questa occasione essi compivano una barbara e truce usanza ; la
quale
consisteva nel tagliare a pezzi la carne del mort
circostanze del monte Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la
quale
lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi avev
sso gli antichi aveva vigore di legge una tradizionale costumanza, la
quale
voleva che allorquando si toglieva in moglie una
a propria dimora da un principe, che aveva il soprannome di Giove, il
quale
meno suscettibile degli altri, accolse alla sua m
tribuì della più nera ingratitudine le larghezze dell’ospite suo, del
quale
sedusse la moglie, intrattenendo per più tempo co
e coi ricchi abiti della principessa, una schiava per nome Nefele, la
quale
entrata di notte nella camera d’ Issione, fu da q
le sembianze della propria moglie e la fece presentare ad Issione, il
quale
disfogò sulla supposta dea l’ardenza della passio
i giuochi istmici fossero istituiti da Teseo, in onore di Nettuno, il
quale
come dio del mare aveva sotto la sua particolare
vi fu anche introdotta la rappresentazione di una gran caccia, per la
quale
i Corinti facevan venire da lontane contrade, i p
riferisce Pausania ; i corinti avevano un’ antica loro tradizione, la
quale
ripeteva che Nettuno ed il Sole avevano avuto fra
olontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome di Giove, col
quale
veniva particolarmente adorato in Messenia, per u
di Messenia si celebrava annualmente una festa chiamata Itomea nella
quale
si compiva una strana cerimonia. Tutti coloro che
Jafet biblico. 2362. Jagni. — Così aveva nome il padre di Marsia, il
quale
viene ricordato nelle cronache dell’antichità, co
ti assalse. Monti La Musogonia — Canto. 2366. Jarba. — Lo stesso al
quale
si dà, da quasi tutti gli scrittori, il nome di G
a unione gli sarebbe tornata funesta, fece sposare Megara a Jolao, il
quale
per la grande affezione che aveva per lo zio, acc
congiunto di Ercole, similmente conosciuto sotto il nome di Jolao, il
quale
, fu da quell’eroe ucciso in un accesso di furore,
eusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di Atene, della
quale
si è servito il famoso poeta Euripide, come sogge
n un viaggio ch’egli fece a Delfo, durante le feste di Bacco, e dalla
quale
avrebbe potuto infatti avere un figliuolo. Non re
o. Spaventati gli astanti, arrestarono immediatamente il coppiere, il
quale
, non esitò a confessare che la regina in persona,
lla mitologia cinese si dà questo nome al dio dei cieli inferiori, il
quale
ha diritto assoluto di vita e di morte su tutta l
al giorno in cui succede il novilunio. Kurù è una delle divinità alla
quale
i Bramani debbono, per legge della loro religione
gni giorno un sacrifizio sul focolare che stà in tutte le case, e sul
quale
si debbono allestire i cibi che essi offrono agli
che di quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi Scandinavi, il
quale
fondò per il primo la classificazione botanica su
ciuto anche sotto il nome di Cheospi, fu quel famoso re d’ Egitto, il
quale
si rese immortale tanto nei fasti religiosi, quan
più piccole laterali siano state costruite da uno dei re Faraoni, il
quale
amantissimo della regina sua moglie, e d’una sua
Visnù, allorquando si considera sotto la sua ottava incarnazione, la
quale
è ritenuta come la più antica, la più bella, la p
più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re di quell’isola, il
quale
vi fece rinchiudere il mostro conosciuto nella fa
o che quella morte fosse avvenuta per vendetta di Giunone Lacinia, la
quale
avesse per tal modo punito il tracotante che si f
olare credenza prese tanto vigore, che il senato emanò un editto, col
quale
comandava che le tegole di marmo fossero rimesse
’ articolo precedente. 2406. Lacio. — Uno degli eroi dell’ Attica, al
quale
, quando morì, fu consacrato, in memoria delle sue
ervì il dio Pane per costruire il suo famoso flauto a sette canne, al
quale
dette il nome di Siringa, in memoria forse della
umi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel
quale
essi gettavano, come omaggio alla divinità, la pi
i d’una montagna, un gran lago consacrato alla luna, sulle sponde del
quale
, ogni anno si radunavano, ad epoca fissa, gli abi
ia. I cronisti dell’antichità non fanno menzione della maniera con la
quale
si risolveva la questione, nel caso non difficile
ungo tempo un sepolcro, ritenuto comunemente per quello di Laide, sul
quale
si vedeva scolpita, come un’allegoria sanguinosa,
Atene, figlia di Cleonora e che si rese celebre per la perizia con la
quale
suonava vari strumenti. Tolomeo primo re d’Egitto
dea, si chiudeva con essa nel sotterraneo una lampada sepolcrale, la
quale
rischiarava la terribile agonia della sventurata.
epolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel 1540, la
quale
, inestinguibile fino a quel tempo, si spense appe
odia delle mandre che possedeva in Sicilia. Narra la tradizione, alla
quale
si attiene il citato poeta, che avendo una tempes
portò querela di ciò al suo immortale genitore, e questi a Giove, il
quale
promise il castigo dei colpevoli. Infatti allorch
ose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la
quale
fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insi
sul trono della Cappadocia l’ultimo figliuolo dell’uccisa regina, il
quale
da alcuni parenti di Ariarate, era stato sottratt
e dell’inumano sacrifizio ; ma nell’istesso tempo emanò un editto col
quale
proclamava, che chiunque avesse combattuto il mos
restò altra prole, che una leggiadra giovanetta per nome Lavinia, la
quale
per la sua bellezza, si vide ben presto scopo ai
emente l’illustre profugo ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il
quale
gli aveva imposto di non maritare la figlia sua,
litani ed i Galli avevano una particolar divozione per questa dea, la
quale
veniva adorata anche sotto il nome di Laona, nell
il citato scrittore, che un greco per nome Parmenisco Netapontino, il
quale
per le sue immense ricchezze godeva del primato s
l’indovini predissero che ella avrebbe uno splendidissimo destino, il
quale
pero sarebbe riuscito funesto al suo popolo, che
dente. 2456. Laurentali. — V. Larentali. 2457. Laurentini. — Nome col
quale
primiti vamente venivano additati alcuni antichi
bitatori del Lazio, sudditi del re Latino. Un’ antica tradizione alla
quale
si attiene Virgilio stesso, ripete che nel palazz
stesso, ripete che nel palazzo del re sorgeva un albero d’ alloro, il
quale
, per essere secolare, era tenuto con certo religi
della stirpe di Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio di Giunone, la
quale
perseguitò tutti i discendenti di Cadmo. Leargo f
gno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi nel seno di Leda, la
quale
dopo nove mesi dette alla luce un uovo, da cui, s
i finalmente vogliono che Nemesi stessa, avesse partorito un uovo, il
quale
trovato e covato da Leda, si fosse poi schiuso ed
osciuta sotto il nome di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la
quale
al tempo che la sua patria gemeva sotto il ferreo
ati i suoi oracoli, mandò nelle campagne di Tebe un’ enorme volpe, la
quale
produsse tante morti, che tutta la nobiltà tebana
oso animale fu slanciato il famoso cane di Cefalo chiamato Lelapo, il
quale
aveva un così rapido corso, che appena fu sguinza
Lelapo era stato formato da Vulcano, che ne fece un dono a Giove, il
quale
al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla
a. Con l’ andare del tempo il re Minosse l’offrì in dono a Procri, il
quale
poi finalmente lo donò a Cefalo, per la famosa ca
mbra di Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ragione per la
quale
molti autori han creduto che la parola Lemuri der
Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col
quale
passato qualche tempo sostenne una triplice sfida
ione della terribile Idra. V. Ercole. Euripide dice, che l’arme della
quale
Ercole si servì per uccidere il mostro era una fa
ra, che la simbolica configurazione d’un sofista nemico di Ercole, il
quale
si scatenò contro l’eroe, e che le sette teste ri
a trasmesse più dettagliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania, il
quale
asserisce che gli argivi pretendevano che fu da q
truosa donna vide i due stranieri, chiamò a sè il marito Antifate, il
quale
non appena li ebbe raggiunti se ne mangiò uno, e
che metteva foce nel Mediterraneo, vicino al capo delle sirti, e del
quale
la tradizione mitologica ripete, che dopo aver co
ita mutazioue in contrario, ovvero per qualche altra cagione : per la
quale
insanabil malattia, posciacchè né cagione, nè fin
de, consistente in un letto di marmo alto un piede e lungo due, e sul
quale
stavano ancora sedute le statue di quelle due div
re di suo padre Anchise. 2485. Leuce. — Isola del Ponto Eusino, della
quale
la tradizione mitologica ripete, che gli antichi
Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua in quell’isola, nella
quale
, secondo il citato scrittore, il primo a penetrar
l’isola di Leuce, i due Aiaci, Achille, Patroclo, ed Elena stessa, la
quale
sposata ad Achille, aveva parlato a Leonimo, dice
ucippo si chiamava similmente un figliuolo di Oenomao, re di Pisa, il
quale
, secondo riferisce Pausania, amò perdutamente la
lassici scrittori dell’antichità, abbiamo riportato l’avvenimento tal
quale
ce lo ripetono le cronache. 2488. Leucofrina. — U
bellissimo corpo della sua amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla
quale
surse come per incanto, quell’ albero che produce
toe. — La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla
quale
gli dei dettero il nome di Leucotoe, quando essa
netta e le promise di liberarla se le avesse giurato amore, cosa alla
quale
essa condiscese, come s’intende ben facilmente. E
donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra una tavoletta sulla
quale
erano segnati molti punti e numeri ; la qual cosa
ocavano con questa appellazione, quando correvano alcun pericolo, dal
quale
credevano di uscir immuni per la protezione di Gi
st’antica città che una volta sorgeva sul monte Olimpo, e vicino alla
quale
stava il sepolcro di Orfeo, la tradizione mitolog
cittadini ad interrogare l’oracolo di Bacco, nella Tracia, per sapere
quale
sarebbe il destino della loro città, la risposta
Elicona. Su quella montagna scaturiva la fonte chiamata Libetride, la
quale
usciva da un sasso che imitava così perfettamente
li in tempo di pubbliche calamità, cercando in quei fogli misteriosi,
quale
fosse l’espiazione ch’essi dovevano praticare, on
ma Plutarco asserisce, che questo soprannome era imposto a Venere, la
quale
era anche la configurazione del principio della v
ma la dea Libitina aveva un tempio, circondato da un bosco sacro, nel
quale
si vendevano tutti gli oggetti necessarii alle po
d egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva nel mare Eubeo, e al
quale
i marinari non osavano accostarsi, credendo, nell
lo raggiunse di nuovo, e fu inesorabile contro il misero Licaone, del
quale
non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise
tologica che Licaone sì rese celebre per la efferata sua barbarie, la
quale
lo spinse a far trucidare tutti gli stranieri che
to in lupo per vendetta di Giove, vi fosse stato un altro Licaone, il
quale
sacrificando a Giove Liceo, fosse similmente cang
adia, e vi fece innalzare anche un tempio in onore di Giove Liceo, al
quale
egli stesso sacrificava umane vittime : da ciò ha
ficava umane vittime : da ciò ha principio la tradizione favolosa, la
quale
ingrandendosi per le crudeltà di cui si rese col
emo, nutriti da una lupa. 2512. Licea. — Montagna dell’Arcadia, dalla
quale
venne a Giove il soprannome di Liceo. V. Liceo. 2
, che sul monte Liceo ci era un altare consacrato a Giove, innanzi al
quale
sorgevano due colonne, su cui erano due aquile do
izi con gran mistero. Liceo era anche un soprannome del dio Pane, col
quale
egli aveva un tempio sul monte Liceo, circondato
acerdote, calmato il primo timore si lasciò guidare dall’ animale, il
quale
lo trascinò nella foresta ove i ladri avean sepol
eroe dall’ alto di una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del
quale
Teti mandò il figliuolo Achille, onde impedire ch
i lo abbandonò per darsi nelle braccia di Marc’ Antonio triumviro, il
quale
alla sua volta la dimenticò del tutto, pazzo com’
similmente il nome del più famoso legislatore della Lacedemonia, del
quale
la cronaca mitologica fa menzione per aver egli r
malinconia. 2526. Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del
quale
la contrada di cui egli era signore, fu detta Lig
oce argentina. 2529. Lilea. — Najade, figliuola del fiume Cefiso, la
quale
, secondo la tradizione, dette il suo nome ad una
zione, si dava questo nome ad un fiume nell’ Arcadia, nelle acque del
quale
, secondo la tradizione mitologica, le ninfe che a
alla custodia delle porte. 2533. Limira. — Fontana nella Licia, alla
quale
, secondo asserisce lo storico Plinio, si dava la
ilmente il nome di quel figliuolo di Egitto, marito d’ Ipernestra, la
quale
, ben diversamente dalle sue quarantanove sorelle,
Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario, con una festa, la
quale
cominciava sempre con un sacrifizio alle muse. Li
che la tradizione ci mostra come maestro di Orfeo e poi di Ercole, al
quale
oltre alle conoscenze scientifiche, egli insegnò
rco dello istrumento, che gli produsse una ferita sulla fronte, della
quale
dopo poco tempo Lino morì. Il cronista Diogene La
vvisare. 2545. Liriade. — Ninfa oceanide, amante del fiume Cefiso, il
quale
, secondo la favola, la rese madre di Narciso. La
allontanasse la peste e le altre epidemie. 2554. Lotide. — Ninfa, la
quale
fu cangiata in quel fiore conosciuto sotto l’appe
rendevano la loro denominazione da un bosco sacro chiamato Lucus, nel
quale
si celebravano le Lucarie, e che stava fra la via
ommemorazione della rotta che le armi romane ebbero dai Galli e nella
quale
i fuggenti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lu
creatore della luce. 2561. Lucifera. — Soprannome di Diana, sotto il
quale
la invocavano i Greci, secondo riferisce Cicerone
ne attaccasse e staccasse i destrieri. 2563. Lucina. — Soprannome col
quale
particolarmente i romani adoravano la dea Giunone
ente alla fine di Luglio si solennizzava un’altra piccola festa nella
quale
s’immolavano alla Canicola un dato numero di cani
me donna. Da ciò il dio Luno altro non era che la Luna medesima, alla
quale
, secondo riferisce il cronista Sparziano, gli abi
vinità. 2569. Lupa. — Secondo la tradizione popolare dei romani, alla
quale
si attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutric
nione del famoso poeta, è combattuta dal cronista Valerio Massimo, il
quale
asserisce che le feste Lupercali furono istituite
no il sangue di cui erano bagnati colla lana delle capre immolate, la
quale
prima ponevano ad ammollire nel latte. Comunement
lire nel latte. Comunemente andavano anche armati di uno staffile col
quale
battevano tutti quelli che incontravano e segnata
ice e sollecito parto. Altri autori asseriscono che la ragione per la
quale
i giovani correvano nudi nelle Lupercali era la s
i. Comunemente le lustrazioni avean termine con un gran banchetto, al
quale
si credeva presiedesse la dea Nondina, protettric
re e nell’ Italia. 3. Elleni. — Gli Elleni abitarono la Grecia, la
quale
fu la regione d’Europa, che prima accoise i germi
ino di Tebe) che vaticinando presagiva il fato del gran fanciullo, il
quale
giaceva nella culla. Era egli figurato pieno dell
stra. 3. Venite e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il
quale
mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi acc
e viene particolarmente dato dai maomettani ai tempio della Mecca, il
quale
, secondo la loro credenza, fu edificato da Abramo
traeva il suo nome da una piccola città del Poitou, poco lungi dalla
quale
, sorgeva il castello di Lusignan. I cronisti attr
8. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire col
quale
é conosciuto in tutta l’ Europa, da una terra che
o. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel
quale
veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti
ini, non son molti anni che diedi alla luce un Corso di Mitologia, il
quale
ha meritato il benigno compatimento del pubblico.
lavoro fu quello di porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la
quale
fosse ricca di erudizione per l’intelligenza degl
cui molti mi han consigliato a pubblicarne un discreto compendio, il
quale
potesse studiarsi da’ fanciulli nelle scuole, e d
ora presento al pubblico fregiato del chiarissimo Nome di V. E. R. la
quale
son certo che l’accoglierà con serena fronte qual
corso ed il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o il Sole, il
quale
col suo corso regolare è il misuratore e quasi l’
e gli presentò una pietra avvolta in fasce, detta Abadir o Betile, la
quale
fu tosto da Satùrno inghiottita. Si avvide Titàno
seminare il grano ed a piantare le viti ; il che simboleggia Noè, il
quale
uscito dell’arca attese all’agricoltura e fu il p
i successe Giano ; a Giano, Pico, ed a Pico, Fauno, suo figliuolo, il
quale
da Marica, ninfa de’ Minturnesi, ebbe il re Latìn
iorno andando Pico a diletto per un bosco, incontrò la maga Circe, la
quale
il toccò colla sua verga d’oro ed il cangiò nell’
glio di Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la
quale
dava gli oracoli alle donne, come il marito agli
tonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato di cera, sopra la
quale
incidevano le lettere con un punteruolo di ferro
rdoti di Cibèle appellavansi Galli dal fiume Gallo, della Frigia, del
quale
bevendo le acque, venivano in gran furore, con co
rovò i modi Frigii, o sia il suono di quella cornamusa (tibia), sulla
quale
i Coribanti cantavano le loro sacre canzoni, e ch
avea Ati (Αττης, Atys, Attis), bellissimo giovinetto della Frigia, il
quale
un giorno preso da stranissimo furore in un bosco
intendevano la Terra, così adoravano il Sole sotto il nome di Ati, il
quale
credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del qual
il nome di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del
quale
era la celebre città di Pessinunte, a’ confini de
eva scendere in una profonda fossa che coprivasi di un graticcio, sul
quale
s’immolava un toro colle corna dorate, di cui il
oco di Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Numa, presso al
quale
era il palagio del suo fondatore. Era di forma ro
ro leoni ; e Virgilio (1) rassomiglia la setticolle Roma a Cibèle, la
quale
, coll’augusto capo coronato di torri ; lieta per
si annoverava piuttosto fra gli Dei infernali che fra i celesti ; la
quale
credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satù
i mercadanti, ed un tribunale che condannava i debitori a pagare ; il
quale
vico chiamavasi Janus, da un tempio di lui quivi
colmò di ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto Giove, il
quale
, ottenuta la signoria del cielo, la sua nutrice t
monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal
quale
ebbero in premio quell’stinto nel fabbricare il m
olo di Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re de’ venti. Il
quale
non contento della maestà reale, volendo imitare
bbricò un altissimo ponte di bronzo, che passava sopra di Elide ; sul
quale
passeggiando con magnifico cocchio, faceva un rum
me Capanèo, che vuolsi essere stato primo inventore della scalata, il
quale
fu da’Tebani con sì gran mole di pietre oppresso,
on tanta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual altro Giove ; il
quale
di ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercess
di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il
quale
di alto ingegno dotato, del fango della terra for
ò a Vulcano che di fango eziandio formasse il corpo della donna, alla
quale
Minèrva donò l’anima o la sapienza ; Venere, la b
padre di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chiusa, nella
quale
era ogni generazione di mali. Epimeteo, dimentico
segni del zodiaco ed è quello della Vergine. Si chiamò pure Temi, la
quale
secondo Omero avea l’affizio di regolare i banche
del Tartaro il mostruoso Tifeo o Tifone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il
quale
avea cento capi di dragone e di ogni maniera di a
i animali. Ma finalmente Giove co’ suoi fulmini inseguì il mostro, il
quale
pel Mediterraneo fuggendo l’ira di lui, fu da que
fu sepolto sotto l’isola ch’egli chiama Inarime, oggidì Ischia, dalla
quale
vogliono che un tempo fu distaccata Procida per f
io fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arcadia. Il
quale
, avendo udito che Giove, mosso dall’empietà degli
bile lupo e fulminò i figliuoli che vollero fare la stessa pruova. La
quale
favola può spiegarsi dicendo che il nome di Licaò
le ed empio, fu trasformato in lupo ; ovvero ebbe la malattia, per la
quale
gli uomini credonsi trasmutati in lupi, e che i M
ere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal
quale
essendo stati que gli audaci precipitati nell’inf
se da quell’uffizio ; e per compenso fu data in moglie ad Ercole, col
quale
avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’Ebe de
e. Presso i Romani l’Ebe de’ Greci era la Dea Gioventù (Iuventas), la
quale
prendeva sotto il suo patrocinio i giovani dopo c
gere, spfendere. Nel bel mezzo di essa era il capo della Gorgone, del
quale
tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli di
mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per volere di Minerva, la
quale
per vendicare l’onor del suo tempio da lei oltrag
dalla moglie Euridice o Aganippe ebbe una fig. chiamata Danae, dalla
quale
Giove procreò il celebre eroe Perseo (Περσευς, Pe
e rinvenuta dal pescatore Ditte, fu da lui recata al re Polidètte, il
quale
la giovane Danae sposò, e Perseo fece educare in
io una donzella di leggiadra e regale sembianza colle mani legate, la
quale
, al dolente aspetto ed alle molte lagrime, pareva
gastigo se non avesse esposto alla balena la figliuola Andromeda ; al
quale
oracolo, per timore de’suoi popoli, fu costretto
di ciò (1), ritornato Perseo a Serifo, vi ritrovò la madre Danae, la
quale
, per fuggire le insidie di Polidette, erasi col f
dusa fu regina di un popolo bellicoso vicino alla palude Tritonia, la
quale
essendo stata morta da Persèo insidiosamente e fr
, Europa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La
quale
nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima
approdò colà una nave, che avea dipìnta l’immagine di un toro ; della
quale
uscendo uomini armati, violentemente rapirono la
uscendo uomini armati, violentemente rapirono la regale donzella, la
quale
fra le disperate lagrime delle compagne, per mare
oro impose che fossero tosto partiti a ritrovar la sorella ; senza la
quale
non avessero osato mai di ritornare alla patria.
rta, andò a Delfo per consultare l’oracolo della futura sua sorte. Il
quale
rispose, che fosse andato nella Focide da Pelagòn
oso dragone, che gl’infelici compagni di Cadmo divorò crudelmente. Il
quale
del loro indugio forte maravigliando, tutto armat
po pericoloso e lungo combattimento l’uccide. Allora udì una voce, la
quale
gli presagiva, ch’egli ancora sarebbe stato un gi
rande del nome di Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, alla
quale
dettò leggi di tanta sapienza, che credevasi aver
ggi di tanta sapienza, che credevasi averle date lo stesso Giove, col
quale
egli spacciava un’intima familiarità, detto perci
moglie Pasifae, fra gli altri figliuoli, avea egli avuto Androgeo, il
quale
andato in Atene per le feste Panatenee, vi riport
cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di Atene, del
quale
si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutt
lava molto a que’ dì per la sua chioma tutta di bellissímo oro, dalla
quale
la conservazione dipendea del suo regno. Avea egl
e dipendea del suo regno. Avea egli una figliuola chiamata Scilla, la
quale
, credendo far cosa grata a Minos e così meritar l
esso ad un promontorio dell’Argolide, che fu detto Scilleo (1). Della
quale
mossi a pietà i Numi, la mutarono nell’uccello, o
uolsi che sia opera di Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris, nel
quale
diffusamente si racconta la favola di Niso e di S
gli Ateniesi furono oppressi da crudele carestia e pestilenza, dalla
quale
disse l’oracolo non potersi liberare, che dopo di
la Perdice avea un nipote chiamato Talo, o Perdice, secondo altri, il
quale
dalla madre fu a lui affidato, affinchè lo ammaes
in pernice. Fu questo delitto la cagione delle sventure di Dedalo, il
quale
citato avanti all’Areopago, dalla patria fuggendo
sò felicemente il mare. Ma non così avventuroso fu quello d’Icaro, il
quale
, com’è costume dell’audace ed indocile gioventù,
tronomo, che nella scienza del cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il
quale
di essa superbo e pieno di giovanile ardore, le f
e poscia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo, nel
quale
gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Andr
a, uno immortale, da cui uscì Polluce ed Elena ; l’altro mortale, dal
quale
nacque Castore e Clitennèstra. Omero dice che Led
Polluce insigne pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della
quale
era egli col fratello Castore la più bella parte.
’ dì regnava Amico (Amyrus), fig. di Nettuno e della ninfa Melìte, al
quale
si dà il vanto di avere il primo ritrovato il giu
del fratello, uccidendo Linceo ; e Giove di un fulmine colpì Ida, il
quale
percosso avea Polluce con un gran sasso sì che n’
rappresentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul
quale
era una stella ; più spesso però nelle statue o v
o, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio, dal
quale
ebbe quella famosa lira che altri vogliono ricevu
osse i sassi ad unirsi da se per fabbricare le mura di Tebe (1), alla
quale
fecero sette porte (Θηβη εν επταπυλω. Hesiod. Asp
llisto), ch’era una giovane ninfa di Arcadia, fig. del re Licaone, la
quale
per insigne bellezza e per perizia nella caccia f
lla musica. Or Callisto, per odio di Giunone, fu cangiata in orsa, la
quale
più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne c
none, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e di loro nutrice, dalla
quale
ottenne che vietato l’avesse di tuffarsi nelle on
eo e Telamone ; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il
quale
, per le sue virtù, dal buon genitore fu più amato
chità è la favola della bellissima donzella Io (Ιω, Io, gen. Ius), la
quale
(1) fu fig. d’Inaco, fiume dell’Argolide, che nasc
aso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno, il
quale
discendeva da Inaco(2). Giove che da Io avea avut
to un figliuolo, la trasformò in vacca, che poscia donò a Giunone, la
quale
, lodandone la bellezza, gliel’avea domandata. La
ro (οιστρον, oestrum), specie di mosca assai molesta agli armenti, la
quale
colle sue punture li mette in grandissimo furore.
urore. E la sua smania fu sì strana che precipitossi in quel mare, il
quale
da lei prese il nome d’Ionio. Passò quindi nella
i Egiziani. Io, nel dialetto degli Argivi, significava la luna, della
quale
era simbolo una donna col capo coronato ; e da ci
i dal nome della moglie, da cui ebbe una figliuola chiamata Libia, la
quale
, essendo stata regina di gran parte dell’Africa,
Oltre a Dardano, Giove ebbe da Elettra Iasio, o Eezione. Dardano, il
quale
si vuole oriundo di Cortona ch’era l’antica Corit
Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre di Priamo, il
quale
morì sepolto fra le ceneri dell’infelice sua patr
dice Strabone, era la sede di Eolo. A queste isole approdò Ulisse, il
quale
da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato
imenti non avrebbe potuto il suo oracolo giungere a tanta gloria ; la
quale
poscia svanì in guisa che divenne deserto del tut
esse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza di un montone, il
quale
col piede fece zampillare una sorgente di fresche
renario. Altri scrivono che un ariete mostrò un bel fonte a Bacco, il
quale
pe’deserti della Libia guidava l’assetato suo ese
edificò un gran tempio, l’unico che gli Dei avessero nella Libia. Il
quale
sorgeva in mezzo alle infocate arene di que’deser
iunse, nou senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al
quale
era quella favolosa fontana, di cui le acque allo
ito di ciò, rispose, non doverne fare le maraviglie, perchè Giove, il
quale
per natura è padre di tutti, ama che gli ottimi s
o dalle arene, cui è frammischiato, o dal tempio di Ammone, presso al
quale
si raccoglieva(1). Dodona fu città dell’Epiro, un
selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la
quale
finzione nacque da che nel linguaggio di quel pae
ochi si vogliono istituiti da Ercole, fig. di Giove, e di Alcmena, il
quale
vi combattè il primo con Acareo al pancrazio ; e
o, l’avrebbe dovuto tutto seco portare. Dimandato l’insigne statuario
quale
innanzi avesse avnto nel fare sì nobile statua, r
er premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la
quale
bastava ad infondere ne’combattenti un nobile amo
nsumato dal fuoco, e più volte rifatto ; e l’ultima, da Domiziano, il
quale
fece venir dalla Grecia quelle colonne di pietra
terribile e sanguigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la
quale
fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro
ro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figliuola di Giove, ìl
quale
adirato per aver dato mano ad un inganno fattogli
no Sparta e Micene ; ed anche Argo era gratissima alla nostra Dea, la
quale
vi avea un gran simulacro ; e niuna cosa era più
a Mercurio precipitò la ninfa insieme colla casa nel fiume, presso al
quale
abitava, e la trasformò in testuggine, animale ch
ll’ira di Giunone l’infelice Oenoe, o Gerane(3), regina de’Pigmei, la
quale
in bellezza vantandosi di vincere le stesse Dee,
di Troia, per la sua bellissima chioma osò agguagliarsi a Giunone, la
quale
trasformò la donzella in cicogna, uccello che col
Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esione, fig. di Laomedonte, la
quale
legata ad uno scoglio aspettava il fatale arrivo
ò la figliuola al padre per andare a compiere una sua impresa ; dalla
quale
ritornato, Laomedonte gli negò la figliuola ed i
mo diede il regno di Troia, e Telamone portò a Salamina Esione, dalla
quale
ebbe un figliuolo detto Teucro(2). Priamo dopo Ar
come loro figliuolo, e gli posero il nome di Paride o Alessandro. Il
quale
cresciuto in età ed essendo naturalmente giustiss
Di che oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro, nel
quale
era scritto : Pulchriori detur : diasi alla più
fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, il
quale
avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e
ie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la
quale
era di straordinaria bellezza. Or Menelao andò pe
ivolge sdegnoso ad Elena che a tutta la Grecia fu sì funesta e per la
quale
si versò tanto sangue, e ne desidera la totale pe
iccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col
quale
non era mai d’accordo, e garriva in modo indecoro
ulcano, volendosi vendicar di Giunone, le regalò un trono di oro, sul
quale
appena assisa, vi restò legata. Bacco tutto si ad
richiama alla memoria i ricevuti torti, ed al paragone di Pallade, la
quale
per più lieve cagione avea fulminato Aiace, si cr
aria agitata è quella che li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il
quale
da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig
delle ricchezze, così sembra a lei potersi congiungere la Fortuna, la
quale
dispensava a’ mortali le ricchezze ed ogni altro
al par di Giuno. Era essa là Dea della buona e della trista sorte, la
quale
presedeva a tutti gli avvenimenti, e distribuiva,
che dà pure a Giunone. Da’ Latini dicevasi Fors, e τυχη da’ Greci, la
quale
voce non trovasi in Omero ed in Esiodo, per cui i
comandanti nel partir per la guerra sacrificavano alla Fortuna, dalla
quale
principalmente credevano dipendere gl’incerti avv
perchè(3) gli antichi per Giunone intendevano la luna, il corso della
quale
regola i mesi. IX. Iconologia di Giunone.
di Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera di Prassitele, il
quale
fu il primo a dare lo sfendone a questa Dea. Era
orona, detto volgarmente diadema, che usavasi dalle donne greche ; il
quale
come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto ne
a. Si vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto di lei, il
quale
era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a
che presiede alle scienze, detta da’ Greci Αθηνα, sulla origine della
quale
voce non convengono gli eruditi. Minerva poi è pa
o, dopo lungo ricusare, s’induce finalmente a dare il gran colpo, pel
quale
dal divin capo uscì una Vergine armata da capo a
ra scritto ne’ libri del Fato, sarebbe rimasta presso quel popolo, il
quale
subito nata le avesse offerto de’ sacrificii. Di
allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avorio, la
quale
fu da Silla recata a Roma. Eusebio vuole che vi e
di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il
quale
de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi
ella nostra Dea. Fra i quali vuolsi ricordare il giovane Telemaco, al
quale
la Dea della sapienza, sotto le sembianze ed il n
come Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il
quale
con venti navi andò cogli altri principi Greci al
una di mare, e le sue navi ruppero presso il promontorio Cafarea, sul
quale
essendosi egli rifuggito, Minerva scagliò il fulm
marii Numi, sulla testimonianza di Cecrope, sentenziò per Minerva, la
quale
chiamò la città Atene (ab Αθηνη, Minerva) dal suo
quittino, gli uomini tennero per Nettuno, e per Minerva, le donne. La
quale
vinse per un suffragio di più ; e però Nettuno ad
n fremente destriero. Plinio dice : In Atene dura ancora un ulivo, il
quale
vuolsi che sia quello che fu fatto nascere da Min
n Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la
quale
tenevasi dagli antichi per la sede delle scienze
a fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmone, di Colofone, il
quale
tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quell
con un laccio. Di ciò ebbe pietà Minerva e trasformolla in ragno. Il
quale
animaletto tesse una tela finissima di sì bello e
ia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto, e della ninfa Caricle. Al
quale
ancor giovinetto, mentre coi veltri andava per qu
Ma mossa a pietà delle lagrime della dolente madre del giovanetto, il
quale
per caso avea commesso quel fallo, per mitigarne
delle arti attribuivasi ancora l’invenzione del flauto (tibia), alla
quale
(3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euri
gote gonfie, appariva deforme a quelle Dee. Ne fu dolente Minerva, la
quale
andata a specchiarsi in una limpida fontana del m
ato(1). Epeo, fig. di Panopeo, fu il fabbro della gran machina, sulla
quale
i Greci scrissero queste parole : A Minerva, prot
e di Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il
quale
in ogni sua azione era dalla Prudenza, cioè da Mi
ta l’epiteto di sterminatore di città. Si osservi che un artefice, il
quale
lavora di legno, da Esiodo si chiama servo di Min
a. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, il
quale
da Minerva chiamavasi minerval, e davasi prima de
indomabile, amante del tumulto, della guerra e de’ combattimenti ; il
quale
carattere non conviene alla Dea delle scienze e d
istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel
quale
gli Dei stessi erano giudicati. Oreste, dicevano
iguardo istituito avrebbe un tribunale per giudicare gli omicidii, il
quale
esser dovea perpetuo. « Voi, Eumenidi, dice la De
. Si vogliono istituite da Teseo, o da Erittonio, fig. di Vulcano, il
quale
per avere i piedi di serpente, era stato da Miner
; ed in un cammeo si vede una Minerva di bel lavoro, sull’elmo della
quale
son quattro simboli della Dea, la civetta, uccell
Montfaucon, di un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanese, la
quale
ha una lunga veste, l’egida, un gallo sul cimiero
’altra, uno scudo risplendente ; e ch’era vestita di una veste, sulla
quale
brillavano i colori dell’iride(1). L’egida(2) all
nerva hanno la chioma di dietro raccolta e legata con una stringa, la
quale
sotto la legatura scende più o meno sopra la schi
’Areopago del suo parricidio, dedicò un altare a Minerva Marziale, il
quale
chiamavasi Αρειας Αθηνας βωμος, l’ara di Minerva
io, che vuol dire vergine. Itonia, Ιτωνια, soprannome di Minerva, la
quale
veneravasi in ispecial modo ad Itonia, antica cit
liono che la Dea invocata nel primo verso dell’Iliade sia Minerva, la
quale
come a tutte le scienze ed arti, così pure alla p
ella di Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone ; dietro al
quale
stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia
’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la
quale
alle sole gambe vada a terminare in un ceppo quad
r Ermatena deesi intendere propriamente una statua di mezzo busto, la
quale
sulla medesima base presenta le due divinità pres
di Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’eloquenza, dalla
quale
se va scompagnata la sapienza cui presiede Minerv
o secondo altri, un piccolo scudo simile agli ancili de’ Romani. Del
quale
raccontano che caduto dal cielo, mentre Ilo fabbr
glie una sacerdotessa di Pallade, con sacrilega mano la rapirono. Del
quale
sacro pegno spogliata fu Troia facile preda del n
talico dice che il vero Palladio fu da Diomede restituito ad Enea, il
quale
cogli altri Dei il portò in Italia, ed allogato a
ra tutt’altro che il Sole ; ma noi per brevità seguiremo Cicerone, il
quale
dice che i Greci credevano, Apollo essere lo stes
vuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig. di Giove e di Latona, il
quale
nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo.
tona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo. Della
quale
raccontano i Poeti che Giove trasformò Asteria, f
tanto, per comando di Giove, fu dal vento borea portata a Nettuno, il
quale
prese a proteggerla ; e non potendo un Nume disfa
’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di Elara, la
quale
avendolo partorito ed allevato in una caverna, il
o chiamato Fetonte, e tre figliuole, Fetusa, Lampesia e Lampetusa. Il
quale
giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali,
voglia. Sopra altissime colonne era edificata la magione del Sole, la
quale
di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risple
un trono d’inestimabile bellezza sedeva Apollo, vestito di luce ; il
quale
al veder Fetonte non si tenne dal fargli molte ca
Cycnus), di lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Liguri, il
quale
pel dolore fu cangiato in cigno, uccello che per
che piume. Alcuni per Fetonte intendono qualche antico Astronomo, il
quale
, dedito ad osservare il corso del Sole, fosse mor
mmaestrato da Chirone in guisa che fu posto nel numero degli Dei. Del
quale
i due fig. Podalirio e Macaone, avendo seguito Ag
ma collera ; ed indottovi eziandio dalle gravi querele di Plutone, il
quale
si doleva per vedersi rapito un abitatore del suo
, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobile fiume di Tessaglia, il
quale
, a piè del monte Pindo scorrendo, innaffia la del
el monte Pindo scorrendo, innaffia la deliziosa valle di Tempe(2). La
quale
avvezza alle arti della caccia ed alla solitudine
alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spartano, amico di Apollo, col
quale
presso l’Eurota trovossi un giorno a giuocare al
e spinse il disco a colpire il capo di quel bellissimo fanciullo, il
quale
, morendo, fra le braccia di Apollo il piegò, come
lezza, consacrato alle Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il
quale
sì per le campagne, e sì per le case andava a dil
più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti, di Ciparisso, il
quale
ora al prato, ora all’acqua chiara di un fiumicel
re del canto, e della musa Calliope fu fig. il gran cantore Orfeo, il
quale
nacque in Pimpla vicino al monte Olimpo. Mirabile
l’impeto de’ venti(1). Ebbe per moglie Euridice, una delle Driadi, la
quale
fuggendo un giorno i villani insulti del giovane
i. Si vuole che nell’inferno celebrò tutt’i numi, salvo che Bacco, il
quale
per ciò spinse contro di lui le Baccanti, le qual
usse ad una vita compagnevole e civile. Finsero perciò un cantore, il
quale
col suono della lira addimesticava le tigri ed i
la morte di Euridice, nacque da Apollo e da Cirene, fig. d’ Ipseo, la
quale
educata presso il monte Pelio, fu poscia da Apoll
mando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le sue api. La
quale
, accoltolo amorevolmente, gli propone di andare d
oltolo amorevolmente, gli propone di andare da Proteo, Dio marino, il
quale
si mutava in molte sembianze e presagiva il futur
ritrovò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il
quale
era superbo della sua maestria nel suonare il fla
endo egli celare, portava una tiara o mitra all’uso de’ Frigii, colla
quale
coprendo il capo e le orecchie, a tutti, fuorehè
a tutti, fuorehè al suo barbiere, tenne occulta quella ignominia. Il
quale
mal potendo tenere un tal segreto, seavato un fos
loro tomba sfogando il disperato suo dolore, fu cangiata in sasso, il
quale
da gagliardo vento trasportato sul monte Sipilo,
Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il
quale
matrimonio fu felice per numerosa e bellissima pr
l Sipilo per vedervi la favolosa Niobe, e che quivi vide una rupe, la
quale
di lontano avea sembianza di una donna mesta e pi
amennone però con villani modi rigetta le preghiere del sacerdote, il
quale
, l’ira di lui temendo, senza la figliuola se ne r
castello della Frigia, fu un sacerdote di Apollo, chiamato Crine, il
quale
, avendo lasciato di fare alcuni sacrificii di que
llontanare tanto male placò con molti sacrificii l’ira di Apollo ; il
quale
, volendo liberare da quella peste il campo del su
; e poscia le Muse sciolsero la lingua ad una dolcissima melodia, la
quale
tanto rallegrò la natura tutta, quanto il canto d
un destriero fornito di ali velocissime, che fu appunto il Pegaso, il
quale
un giorno sull’Elicona col piede percosse una pie
osse una pietra, da cui spicciò un bel fonte di chiarissima acqua, la
quale
bevuta dava virtù di poetare ; e questo fu l’Ippo
l’Ippocrene. A questa favola, dice Solino, diede occasione Cadmo, il
quale
cercando nella Beozia un luogo per edificare una
cise o colla sua spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il
quale
, uscendo di un antro del Parnasso, ove stavasi rì
fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di Tebe, il
quale
, dopo averla da se discacciata, sposò Dirce, fig.
e l’onta della madre legarono Dirce alla coda di un indomito toro. La
quale
così per più tempo miseramente strascinata, fu pe
o in cielo le lodi dei Numi, e principalmente di Giove, lor padre. Il
quale
rimasto vincitore de’ giganti, Apollo e le Muse u
nentium cithara. Genes). Il Pindo è un gran monte della Macedonia, il
quale
da’ monti Acrocerauni si stende sino alle Termopi
ci, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la
quale
aver credeano non so quale virtù d’infondere la f
acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver credeano non so
quale
virtù d’infondere la facoltà di verseggiare. X
erbo greco (κλειω) che significa celebrare, presedeva alla storia, la
quale
celebra le azioni degli uomini grandi. Rappresent
πω, delecto), così chiamata dal diletto che dà la poesia lirica, alla
quale
ella presiede. Se le attribuisce l’invenzione del
a in atto di arringare, uno scettro nella sinistra, ed un rotolo, sul
quale
è scritto : Suadere ; simbolo della rettorica. Er
incipali arti di cui egli era duce e maestro, furono la musica, della
quale
abbiam parlato, la divinazione, la medicina e l’a
moso di Delfo, città della Focide, sulla vetta del monte Parnasso, la
quale
credevasi dagli antichi allogata giusto nel mezzo
va un freddo vento, che alla Pitonessa ispirava un furore divino, pel
quale
dava profetiche risposte dal sacro tripode ch’era
he di là a tre giorni avrebbero veduto l’effetto della preghiera ; il
quale
fu, essersi ritrovati morti nell’ultimo di essi.
ellata delfica, perchè era simile a quella mensa o tripode, sopra del
quale
la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nu
oi oracoli in versi. Si vuole edificato da Manto, fig. di Tiresia, la
quale
, presa Tebe, sua patria, dagli Epigoni, erasi nel
rasi nella città di Claro ritirata. Un altro oracolo era in Cirra, la
quale
città essendo non molto lontana da Delfo, spesso
ino a quella città uscivan venti che ispiravano un furore divino, pel
quale
i sacerdoti davan gli oracoli. Anche a Delo, luog
a del futuro fu consacrato ad Apollo il corvo detto uccello Febeo, il
quale
si annoverava fra gli uccelli maggiori augurali.
erchè stimasi avere quasi un presentimento della vicima sua morte, la
quale
esso annunzia con un canto dolcissimo. Figliuolo
salvo che alla moglie Erifile, fig. di Talao e sorella di Adrasto, il
quale
, per iscoprire il cognato, le diede un bel monile
. Ad Apollo poi, come a Dio della medicina, consacrarono l’alloro, il
quale
, secondo Galeno, ha in se non poche virtù medicin
irtù medicinali. Fu pure Apollo inventore dell’arte sagittaria, nella
quale
era peritissimo ; e si vuole che sia stato detto
lla città, ove a tempo di Pausania mostravasi ancora la pietra, sulla
quale
il celeste muratore avea appoggiata la sua lira,
re ; il secondo, d’Iperione ; il terzo, di Vulcano, fig. del Nilo, al
quale
gli Egiziani avean consacrata la città di Eliopol
eide, una delle Oceanidi, nacque Circe ed Eeta, re della Colchide, il
quale
da Idìa procreò Medea. Circe poi era una maga ass
arsi la metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della
quale
sua deformità forte vergognandosi, gettossi nel m
l’eroe, mentre esso dormiva, vinti dalla fame, ne uccisero alcuni. La
quale
cosa dispiacque tanto al Sole che pregò Giove a p
luce del giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e di Tea, la
quale
era fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperion
ove(6) il dono della immortalità per le preghiere della consorte ; la
quale
non avendo pensato a pregare quel Nume che lo ave
vinizzato, di cui è celebre la statua colossale in Tebe di Egitto, la
quale
(3), quando era illuminata da’primi raggi del sol
ella Casa aurea di Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa, la
quale
è la più sublime fra le opere antiche che sino a
uoni della solfa, e dalle loro vibrazioni risulta un’ armonia, per la
quale
noi mortali siam sordi(1). XVIII. Principali e
, da Cinto, monte nell’isola di Delo, ove nacquero Apollo e Diana, la
quale
per ciò fu pur detta Cinzia. Stefano vuole che tu
Apollo Cirreo, Cirrhaeus, da Cirra, città della Focide, presso alla
quale
era una caverna, da cui sortivan venti che infond
che porta alloro. Dafneforo pure appellavasi un giovane ministro, il
quale
nelle feste Dafneforie portava un ramoscello di a
κειρεκομης. Apollo Iperionide, Υπεριονιδης, cioè fig. d’Iperione, il
quale
, secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, mari
Pitone, ed uscito questo contro di loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il
quale
grido divenne l’intercalare di tutti gl’inni di A
Quindi comunemente si dice che una sola è la figliuola di Latona, la
quale
appellasi Luna nel cielo, Diana sulla terra, ed E
re gli uomini versa su gli occhi loro un fluido detto anche υπνος, il
quale
faceva sì che le palpebre si chiudessero. Quindi
ancora descrive l’isola ove il Sonno avea la sua reggia, intorno alla
quale
verdeggiava una selva di alti papaveri e di mandr
tibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una di corno, dalla
quale
i veraci, l’altra d’avorio, da cui i falsi sogni
ice, fig. di Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di Elide, il
quale
dimandò ed ottenne da Giove l’immortalità, un’ete
crive l’intollerabile loquacità di una donna letterata e saccente, la
quale
, col solo suo perpetuo cinguettare, poteva soccor
he vi sono cinque Liberi ; il primo fig. di Giove e di Proserpina, il
quale
fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello di
ii ; il primo nato di Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il
quale
si dice aver edificato Nisa ; il terzo, da Caprio
ono le feste Sabazie ; il quarto, da Giove e dalla Luna, in onore del
quale
si facevano i sacrificii Orfici ; ed il quinto, d
hi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La
quale
, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incint
a. Bacco fatto adulto scese all’inferno per liberarne la madre, colla
quale
ritornato alla luce del sole, dopo molte e rispet
Oceano e di Teti, e che molto amavano un lor fratello detto Iante, il
quale
ne’suoi anni giovanili essendo inteso alla caccia
eso al culto di Bacco ; ma pur ebbe a temere del furibondo Penteo, il
quale
leo fece imprigionare, e pensava farlo morire. Ba
fato. Bacco era il dio del vino, e perciò descrivesi di un carattere,
quale
al nume dell’ubbriachezza si conveniva. Eran lung
e di altre Baccanti, colle proprie mani fa in pezzi il figliuolo, il
quale
domandava perdono e confessava il suo fallo. Posc
oria di Bacco. È verisimile che Penteo fosse stato un re sapiente, il
quale
volendo mettere un modo a’ gravi disordini ed al
liano dice che le Mineidi erano trè sorelle di saviezza, e di onestà,
quale
a donna ben nata si conviene, le quali, amando la
uola Erigone, che non riportarono gran pro dall’amicizia di Bacco, il
quale
, quando andava per le città mostrando agli uomini
lazione detta Boote, e con lui il cane, che si chiama la canicola, la
quale
, e specialemente la stella Sirio, nel suo nascere
taone e marito di Altea(1), fu lietamente accolto il nostro Bacco, il
quale
, per sì liberale ospitalità, il regalò della vite
pagò mirabilmente. Forse Orfeo portò il culto di lui dall’Egitto ; il
quale
per far onore a Cadmo, adattò ad un Principe dell
degli Egiziani. Tibullo(2) chiaramente confonde Bacco con Osiride, al
quale
attribuisce non solo la piantagione delle viti e
Apollo, e da una turba di uomini velluti che chiamavansi Satiri ; la
quale
spedizione fu un viaggio guerriero fatto per amma
loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compagne di Bacco, il
quale
da Orazio(1) chiamasi signore delle Naiadi ; e Ti
mmagini. Diodoro Sicolo dice che il primo Sileno avea una coda, della
quale
fu fornita tutta la sua posterit Nel Museo Borb.
te di vino per ubbriacare e quindi impadronirsi del buon Sileno ; dal
quale
apprese assai buone cose ; il che finse per conci
acevole ospite con modi molto cortesi. Il restituì poscia a Bacco, il
quale
in premio gli promise accordargli qualunque grazi
nti de’suoi terreni e che accumulò moltissimo oro colla mercatura, la
quale
si può dire che tutto converta in oro. Ritrovò pu
rta del laberinto, mentre l’altro ne avea in mano l’eroe Ateniese, il
quale
, ucciso il mostro, coll’aiuto di quel gomitolo, f
Poscia, temendo l’ira del padre, fuggì di Creta insieme con Teseo, il
quale
, dimentico del beneficio, crudelmente abbandonò l
a dell’ Arcipelago. Quivi approdò poco tempo dopo il nostro Bacco, il
quale
, veduta l’abbandonata giovane che disperatamente
con cui Virgilio(2) rassomiglia l’infelice Didone ad una Baccante, la
quale
è presa da sacro furore, quando alle orgie triete
ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il luogo, nel
quale
le ninfe lo aveano allevato, quegli abitanti, dic
Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote, il
quale
abitava sull’ Ismaro, monte della Tracia fin da’t
i di un moderato bere. In Bacco vediamo espresso il Patriarca Noè, il
quale
, essendo agricoltore, cominciò dopo il diluvio a
Euripide(1) leggiamo che scorreva latte, vino e mele quel paese, pel
quale
egli guidava il suo esercito ; forse alludendo al
la veste detta crocota (ποδηρης), o veste gialla ricamata a fiori, la
quale
scendeva sino a’ teneri piedi(8). I poeti rappres
era e di serpenti. In un antico dipinto Pompeiano vi è un Bacco, « il
quale
florido nella sua conta e bella giovinezza siede
so nella sinistra, la tazza nella destra, ed una pantera a’ piedi, il
quale
animale significa che il vino doma ogni più feroc
della Luce o del Giorno ; l’altra uscita dalla spuna del mare, dalla
quale
e da Mercurio nacque Cupido secondo ; la terza na
condo ; la terza nata da Giove e da Dione, che sposò Vulcano, e dalla
quale
nacque Antero ; e la quarta Siria e nata in Tiro,
ulla riva fu covato da alcune colombe e che da esso nacque Venere, la
quale
fu poscia chiamata Dea Siria. I pesci che portaro
ngiato in cinghiale, avesse ucciso Adone per vendicarsi di Venere, la
quale
avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo,
tus). Altri vogliono che l’anemone nacque dalle lagrime di Venere, la
quale
, entrando nella foresta in traccia del ferito Ado
i nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il
quale
con arte gettò nel meglio della corsa successivam
dovute grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio di Cibele, la
quale
di ciò oltremodo offesa vendicò l’oltraggio, tras
u pictus, a κεντεω, pungo) e da’ Latini cesto (cestus), ornamento nel
quale
erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e che a
posto in cielo il magnanimo Enea ; le rivela la nascita di Romolo, il
quale
fondar dovea la gran città di Marte e dirla Roma
a imperatrice del mondo ; e le predice infine la gloria di Cesare, il
quale
ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig. di E
umi Venere rincorata il di vegnente si fece incontro al figliuolo, il
quale
ignaro de’ luoghi discorreva alla ventura per con
nati fossero o trattenuti, tutti intorno coprilli di folta nebbia, la
quale
allora si disciolse, quando riveduti i compagni,
ogni arte. Allora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col
quale
risanò di repente la piaga, percui Enea, ristorat
(5), intorno alla ridento Ericina svolazzano il Giuoco e Cupido ; il
quale
poeta in altro luogo (1) con pochi versi soavemen
il fiore. Infine da loro solamente poteasi avere quel dono, senza il
quale
ogni altro è inutile, cioè, il dono di piacere. P
ere. A Sparta era una statua colla iscrizione « Venere Giunone » alla
quale
facevano sacrificii le madri delle Spartane donze
nozze, così i Romani chiamavan Talasio o Talasso, giovane romano, il
quale
sposò la più bella Sabina ed ebbe felicissimo mat
nere e colle Grazie s’introduce a danzare anche Armonia o Ermione, la
quale
nacque da Marte e da Venere, forse per dinotare c
di Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collana di oro, per la
quale
Erifile scoprì a Polinice il luogo, ove Anfiarao,
uest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel
quale
, al dir di Virgilio (1), su cento altari bruciava
nio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere, la
quale
portava in mano un pomo in segno della vittoria r
delle onde. Era questa la Venere Anadiomena och’esce del mare, nella
quale
opera, se crediamo a Properzio, fu riposta la pri
nostra Dea con una colomba in mano, e qualche volta con un fiore, il
quale
forse indicava il potere di lei su’giardini, di c
riputavano signora. Omero fa menzione del nitido peplo di Venere, col
quale
ella ricoprì il figliuolo Enea per difenderlo da’
il capolavoro di Prassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed alla
quale
fu debitrice quella città della sua rinomanza e d
no la preferisce a tutte le altre opere di quell’insigne scultore, il
quale
vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di
e il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere di Coo, nella
quale
, dice Properzio (3), di quell’inimitabile pittore
Venere di Coo,Anadiomene, cioè emergente o sorgente dal mare ; della
quale
i poeti dissero sì bei concetti, che in un certo
fatta da Doroteo…. Cominciò un’altra Venere a’ medesimi di Coo, della
quale
fece la testa e la sommità del petto, e non più,
i mancasse in Coo, sua patria, mentre dipingeva la seconda Venere, la
quale
rimase imperfetta ; ma che forse non potea meglio
ose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel tempio di Venere, del
quale
forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3)
volta sembra appoggiata ad un Tritone, tenendo in mano uno scudo, sul
quale
è dipinta una testa. Cavalcando un cavallo marino
ια, Amathusia, così detta daAmatunta, città dell’isola di Cipro, alla
quale
diede il nome Amatusia, madre di Cinira. Anadiom
ycina, dal monte Erice, in Sicilia, non lontano dal capo Lilibeo, sul
quale
fu edificato un memorabile tempio di Venere. Fil
forse in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, il
quale
nel decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il
assai giulivo ed alati, quali appunto son descritti da Filostrato, il
quale
li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed
disordinato di se stesso, che i Greci dissero filauzia (φιλαυτια) il
quale
l’uomo strascina alla rovina. Marte e Bellona
so Mamers degli Osci, tolta la sillaba me, come dice lo Scaligero, il
quale
asserisce che le parole Mamers, Mavors e Mars in
ficano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il
quale
(1) fa derivare la parola Mavors da due voci latin
greco, detto Ares ; ed il quinto finalmente è il Marte de’Romani, il
quale
da Rea Silvia ebbe Romolo e Remo. I popoli della
ede uno de’ Titani o de’ Dattili Idei e che chiama Dio guerriero. Dal
quale
apprese prima la danza e gli altri esercizii ginn
ncatenar Marte e tenerlo in dura prigione per ben tredici mesi, dalla
quale
fu con accorto artifizio liberato da Mercurio. Nè
o Marte avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la
quale
con un macigno colpì nel collo l’impetuoso Iddio,
ue delizie. Monti. Vedesi qui come la divinità, dice Mad. Dacier, la
quale
è tutta dolcezza, tranquillità e pace, odia più d
iso nella pugna un suo figliuolo e di Astioche, chiamato Ascalafo, il
quale
, capitano degli Orcomenii, avea condotto trenta n
gli alipedi destrieri, e lo stesso Marte pernicioso e spogliatore, il
quale
colla spada sguainata in mano, tutto insanguinato
nato esorta i soldati al combattimento e siede sul cocchio, allato al
quale
sta il Terrore e la Paura, che lo Scoliaste di Es
avea di gran terrore e Numa ed il popolo romano. Egeria, ninfa colla
quale
quel religioso monarca avea segrete conferenze su
igliantissimi da un tal Veturio Mamurio, artefice assai ingegnoso, il
quale
dal re altra mercede non volle che quella di porr
alende di Marzo facevano una danza per la città in onore di Marte, la
quale
rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ e
i Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola di Marte fu Alcippe, la
quale
essendo stata oltraggiata da Alirrozio, fig. di N
stinato a sì famoso giudizio, il dichiararono innocente. Il luogo nel
quale
si assembravano que’ gravissimi giudici, fu detto
na in Efeso ; e da lei ebbe Marte una figliuola chiamata Ippolita, la
quale
portava il cingolo o sia la fascia di Marte (balt
Ma Plutarco dice che Ippolita fu schiava e poi moglie di Teseo, dalla
quale
ebbe l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pente
iere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al
quale
avea promesso la metà del regno, vinse Enomao nel
orso per essersi rovesciato il cocchio pel tradimento di Mirtilo ; la
quale
caduta costò a quel principe infelice la vita. Pe
di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con una corazza sulla
quale
erano dipinti più mostri di varie forme ; ed Oraz
. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la
quale
era un grido militare solito a farsi prima del co
est.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte di Roma, nel
quale
si assembrava il Senato per ricevere gli ambascia
di messaggiere de’ numi. Meglio è però attenerci a Diodoro Siculo, il
quale
afferma che il nome greco di Mercurio è parola eg
di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal
quale
fu ucciso Argo. Cicerone(2) ne annovera cinque :
ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e di Maia, dal
quale
e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato dal Ni
di nominare ; il quinto adorato nella città di Feneo, in Arcadia, il
quale
dicesi avere ucciso Argo, e che perciò fuggì in E
mati discepoli degli Egizii, finsero questo lor Mercurio Argicida, il
quale
portò nell’Egitto l’uso delle lettere e de’ numer
ia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la
quale
sul Cilleno, monte dell’Arcadia, gli partorì le P
curio, che diede alla luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del
quale
era la città di Cillene. Fu quindi questo nume as
a poche gocciole di esso a caso cadute ebbe origine la via lattea. La
quale
avventura si racconta pure di Ercole. III. Con
Di fatto presso quel popolo in grandissima riputazione era Ermete, il
quale
fu detto eziandio e Mercurio, e Thoth, e Thoyth e
atto. Appena svegliato, egli prosiegue, debbo presentarmi a Giove, il
quale
mi manda or su, or giù con tante sue ambasciate e
quando ritornava a casa con molto lucro, di ringraziare Mercurio, il
quale
lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresci
solo veduto da un vecchio pastore di que’ dintorni chiamato Batto, al
quale
, affinchè tacesse, donò quel nume una bellissima
chi rubate le avesse. Batto accettò il dono e gli svelò tutto ; della
quale
infedeltà Mercurio oltremodo adirato il trasformò
oltremodo adirato il trasformò nella pietra detta di paragone, della
quale
ci serviamo per saggiare l’oro. Ovidio (3) dice c
saggiare l’oro. Ovidio (3) dice che fu trasformato in duro sasso, il
quale
anche ora si chiama indice (Index, i.e. lapis Lyd
nte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel
quale
gli antichi dicevano ch’era stato tramutato il pa
canzoni. Altri però fanno derivare quella parola dal nostro Batto, il
quale
rispose a Mercurio « sub illis – Montibus, inquit
inquit, erant, et erant sub montibus illis ». Questa risposta (1) la
quale
ripete due volte la stessa cosa, fa credere che O
finalmente parla di un tale Batto, principe della città di Cirene, il
quale
avea una voce esile e balbutiva ; percui battolog
ncontro a Priamo, per guidarlo con sicurezza alla tenda dell’eroe, il
quale
avea pure ordinato alle guardie di aprire le port
forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il
quale
disperando di poter conoscere l’autore del furto,
nte quello strumento musicale da’ Latini detto testudo, tartaruga, al
quale
Orazio (3) dà sette corde, perchè facevasi del gu
i sassi (6). E dicono ch’egli innalzò il primo altare a Mercurio, dal
quale
ebbe in premio la lira, la quale dalla Samotracia
alzò il primo altare a Mercurio, dal quale ebbe in premio la lira, la
quale
dalla Samotracia trasportata a Lirnesso, città de
escrivono Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il
quale
gl’ impone di recarsi a Calipso per indurla a lib
regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verga prodigiosa, colla
quale
quel nume guidava al pascolo gli armenti ; e che
ne, avendo pietà di quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la
quale
« sospesa Sopra il capo le stette, e d’oro un fi
. Macrobio (3) crede che Virgilio abbia ciò ricavato da Euripide, il
quale
nella tragedia l’Alceste introduce l’Orco o Caron
ee l’invenzione della palestra, lodando l’accortezza di quel nume, il
quale
i primi uomini ancora fieri ed incolti ammansò co
rimi inventata l’arte della lotta, Palestra insegnolla a Mercurio, il
quale
in memoria di quella donzella, diede alla nuova a
; ha la clamide, il petaso colle ali, stringe un caduceo, in punta al
quale
è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto d
siodo(2) la prima a nascere dopo il Caos, fu la spaziosa Terra, dalla
quale
nacque il Cielo che dovea tutta circondarla ed es
Secondo Plutarco, La cagione naturale degli oracoli era la Terra, la
quale
ricevendo nel suo seno tutt’i celesti influssi, e
ttoria sopra i Titani ; e di lei figliuolo era il serpente Pitone, il
quale
avea il dono della divinazione e custodiva l’orac
. Tale era la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea moltissimi. La
quale
cosa era certamente molto a proposito per inspira
della caverna un tripode coperto della pelle del serpente Pitone, sul
quale
assisa la Pitonessa, dopo aver bevuto dell’acqua
e bevea, era breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal
quale
si davano gli oracoli dopo aver bevuto molto vino
vi erano dentro, trovavano un’altra caverna piccola, l’ingresso della
quale
era strettissimo. Bisognava distendersi in terra
peso li schiacciava. Ma per sua mala ventura provocò anche Ercole, il
quale
l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra,
ce che ad Egeone arde il petto, perchè provocò i fulmini di Giove, il
quale
confinollo nel tartaro. IV. Continuazione – Su
osternazione che non può vincersi per alcun imperio della ragione, la
quale
volevasi infusa dal dio Pan, com’è lo spavento ma
ne disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il
quale
era diverso dalla sampogna, con cui per altro spe
il terzo in cui le cannuce si uniscono colla cera ; l’invenzione del
quale
da Virgilio e da Ovidio (1) si attribuisce a Pan,
adia, e figliuola del Ladone, bel fiume che si scarica nell’Alfeo. La
quale
fuggendo alla vista del selvaggio Dio Pan, e giun
ia data a’ rusticani uomini l’idea della fistola e della sampogna, la
quale
(6) essendo la più semplice forma di musicale str
di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima casa di Pompei, la
quale
da questo prezioso monumento ha preso il nome di
boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo di Lucrezio (5), il
quale
, parlando dell’eco, così espone le varie favolett
he il simbolo di una naturale attitudine e destrezza di agire, per la
quale
ad alcuno ogni cosa felicemente succede (res bene
n cornucopia. Nel foro romano era una statua di Vertunno, presso alla
quale
stavano molte botteghe di mercatanti e librai(2).
ra in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e di pallio, il
quale
, formando un picciol seno verso il braccio sinist
ella di Saturno e moglie di Sicano, antichissimo re della Sicilia, il
quale
a’ suoi popoli insegnò l’uso del frumento. Vi fu
luoghi della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la
quale
era tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicch
zzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel
quale
era una bella pianura ed acque vive, ed intorno i
na spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpina, fig. di Cerere, la
quale
essendo stata in quel dì dalla ninfa Aretusa ad u
ere, le proferse certa polenta, che la dea trangugiò avidamente ; del
quale
atto rise sì forte un giovinetto che la dea adira
a nostra Cerere, guarda per tutto e pure all’amico fonte di Ciane, la
quale
più lingua non avea da dire alla madre che cosa f
erere fu regina di Sicilia ed insegnò a que’ popoli l’agricoltura, la
quale
essendo madre e conservatrice delle leggi civili,
venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la
quale
M. Catone(1) chiamò la Sicilia dispensa o granaio
ne, dice Tullio(2), rapì Proserpina ch’era la semenza delle biade, la
quale
nascosta sotterra è cercata da Cerere, sua madre.
ole poi che Napoli fu detta Partenope dalla Sirena di questo nome, la
quale
presso quella ridente e deliziosa città ebbe la s
to Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci ; il
quale
tutto da’ fiotti sarebbe coperto, se argini e mol
Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di Delfo, il
quale
, inanimando un tale Archia di Corinto a mandare u
to ad esso. Trittolemo finalmente fu il caro allievo di Cerere(1), la
quale
giunta nell’Attica, dopo lungo cercare, stanca e
cizia, ove allora regnava Linco, uomo astuto e di crudeli costumi. Il
quale
, conosciuto il fine degli aerei viaggi di Trittol
di uomini s’iniziarono a questi misteri, e fra gli altri Cicerone, il
quale
dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte di be
ezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della
quale
era una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi f
reo disegno, ma indarno ; percui gli mandò la Fame, per soddisfar la
quale
consumò tutto il suo avere e vendè una sua figliu
nsumò tutto il suo avere e vendè una sua figliuola Mestra o Metra, la
quale
, ricevuto da Nettuno il privilegio di potere cang
ma, si fece vendere più volte per soddisfare a’ bisogni del padre, il
quale
con tutto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope
doppia fiaccola, e che colla sinistra prende un lembo del manto, nel
quale
Mercurio mette una borsa piena di danaro, per ind
e che Giove per dispetto il precipitò dal cielo con un calcio ; dalla
quale
caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E p
di Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro braccia raccolto. Nella
quale
isola si dice che fosse stato nudrito da Eurinome
a. Ella di fatto si presenta a Vulcano e ne lo prega istantemente. Il
quale
, fatte alla Dea molte liete accoglienze, volenter
irabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sacerdote di Vulcano, al
quale
fu ucciso da quell’eroe il primo de’ due figliuol
i, parte ne avea rincacciato nella città, e parte nello Scamandro, il
quale
, al vedere il suo letto iugombro tutto di cadaver
’ vortici delle sue onde e comincia non mai udita lotta coll’eroe, il
quale
sarebbe restato sopraffatto dal fiume, se Giunone
raffatto dal fiume, se Giunone non avesse chiesto aiuto a Vulcano, il
quale
, all’invito della madre, un vasto foco accende, d
un vasto foco accende, di cui la vampa si rivolge contro il fiume, il
quale
« s’infoca ed in voce dolorosa esclama : Vulcan
so ladrone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il
quale
era gigante che armato di una mazza di ferro, ucc
crato a Vulcano, edificato da Romolo, ch’era fuori della città, e nel
quale
si trattavano gli affari più rilevanti della repu
unta la lettera D per dolcezza di suono, come afferma Macrobio(1), il
quale
riferisce che, secondo il sistema degli antichi F
ssione per la caccia fu fatale a Cencria, fig. della ninfa Pirene, il
quale
fu dalla Dea che cacciava, per imprudenza ucciso,
da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la
quale
di ciò sdegnata la uccise con uno strale. Dedalio
ite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig. di Testio, dalla
quale
ebbe Meleagro, Deianira e Tideo. Di Meleagro racc
ordinaria ferocia, celebrato sotto il nome di cinghiale Caledonio. Il
quale
orribilmente devastando quelle contrade faceva st
sdegnato Meleagro non dubitò di uccidere i fratelli della madre ; la
quale
, udito l’indegno fatto, fluttuante fra l’amore de
lle Parche, consacrando alle Furie la vita dell’infelice Meleagro, il
quale
finì consumandosi a poco a poco, come quel tizzon
ichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il
quale
è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il
onsiglio non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da’Greci ; il
quale
dichiarò che Diana opponevasi al loro tragitto in
iò doveasi placare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il
quale
ricusò di ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse co
mandati alla madre Clitennestra per prendere l’infelice donzella, la
quale
giunta in Aulide fu con gran pompa portata all’al
agl’Iddii vittime umane. Or a que’di nella Tauride regnava Toante, il
quale
destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare di Dia
. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la
quale
coll’aiuto dello scellerato Egisto uccise il prop
o, re della Focide, che avea per moglie una sorella di Agamennone. Il
quale
accolse il giovanetto principe con molta amorevol
dalle Furie, abbandona Argo e va in Delfo a consultare l’oracolo, dal
quale
seppe che per liberarsi da quel tormento, recar s
a ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La
quale
tutto dì era intesa a cacciare, ed abitava in mez
sta Dea dalle donzelle che prendevansi tutte in giro per le mani ; la
quale
credevasi molto cara alla Dea. In Delo ed in altr
la Dea al suo servigio, perchè amava con esso loro danzare ; sotto la
quale
allegoria forse intendevano la comitiva delle ste
’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di Efeso. Il
quale
, vedendo che S. Paolo allontanava il popolo da qu
agnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col
quale
era adorata in Elide e che significa cacciatrice
poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei, colla
quale
la greca poesia ha saputo trarsi sopra l’ammirazi
ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme di S. Agostino, il
quale
sostiene che da Sansone principalmente, per la pr
a prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad Euristeo, fig. di Stenelo, il
quale
, avuta la signoria di Micene, guardava Ercole con
, essere volontà degl’Iddii che servisse Euristeo per dodici anni. Il
quale
gl’impose dodici ardue imprese che diconsi i dodi
in una selva d’Acaia detta Nemea, e che si appella il leone Nemeo. Il
quale
essendo invulnerabile per la sua pelle durissima,
in Lerna, palude dell’Argolide, o dell’Arcadia, secondo Virgilio. La
quale
nudrita nella palude, ne usciva per infestare gli
fiele Ercole intinse le saette che facevano ferite immedicabili, del
quale
morì egli stesso. La terza fatica fu quella di po
i. In quarto luogo portò vivo sulle spalle il cinghiale Erimanzio, il
quale
, dall’Erimanto, monte di Arcadia, sbucando, devas
uella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re di Elide, il
quale
, avendo un bovile ampissimo con tremila buoi che
imo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ; nella
quale
spedizione aiutò Giove ad atterrare i Giganti, e
elissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso di una parte della Tracia, il
quale
le tenea legate con catene di ferro e le alimenta
quella di togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle Amazzoni, il
quale
diceasi la cintura di Marte, di cui ella era figl
eloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. dell’Oceano e di Teti, il
quale
si trasformò prima in serpente, e poscia in toro
fornito di corna. Pausania descrive un monumento ch’era a Megara, il
quale
rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in
sso. Ma l’eroe, da lui insultato, con un dardo il ferì nel petto ; il
quale
, vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia
er Lica, di lui servo, il fatale regalo della camicia di Nesso. Della
quale
vestito, sentendosi tutto bruciare, gittò nel mar
la sua clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig. di Peante, al
quale
donato avea la faretra e le avvelenate saette, se
nsumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del
quale
fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato
o quattro re nell’Argolide. Stendo fu cacciato dal regno da Danao, il
quale
avea cinquanta figliuole ed altrettanti figli mas
ucciso ; percui ricusò di darle in matrimonio a’figli di Egitto ; il
quale
, ciò mal soffrendo, cacciò il fratello dal regno.
a prima notte delle nozze uccisero gli sposi, fuorchè I permestra, la
quale
avendo in orrore tal misfatto, salvò il marito Li
, la quale avendo in orrore tal misfatto, salvò il marito Linceo, col
quale
fuggissene alla città di Lircea. Essa intanto ric
anto successe nel regno a Danao, da lui ucciso ; ed a lui, Abante, il
quale
da Ocalea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’
steo salì su quel trono Atreo, fig, di Pelope e nipote di Tantalo. Il
quale
, per un gravissimo fallo commesso dal fratello Ti
cise i figliuoli e ne apparecchiò le carni in vivanda al padre ; alla
quale
vista fingesi che il sole si volse indietro. È no
. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il
quale
esposto in un bosco e ritrovato da un pastore, fu
con latte di capra e per ciò detto Egisto (ab, αιξ, αιγος, capra). Il
quale
, per instigazione del padre, uccise Atreo, cui su
cesse Pentilo, a lui Adrasto, e poscia il figliuolo Egialeo. Dopo del
quale
salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale,
olo Egialeo. Dopo del quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il
quale
, dopo l’impresa di Tebe, cogli altri Greci andò a
impresa di Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra di Troia, dopo la
quale
tornò in Grecia ; ma disgustato della moglie pass
di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re di Tracia, il
quale
avendo con gravissimo oltraggio tagliata la lingu
til ricamo il suo infortunio e lo mandò segretamente alla sorella, la
quale
vestita da Baccante, nelle feste ; Dionisiache, l
utosi Tereo si diede ad inseguirla insieme colla sorella Filomela, la
quale
, per compassione degl’Iddii, fu cangiata in usign
isposa la figliuola Oritia, detta da Properzio Pandionia dall’avo. La
quale
venendogli negata dal padre, che avea fresco anco
eioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò pure in Atene Egeo, il
quale
non credendo poter durare sul trono orbo com’era
zene da Pitteo, che con fama di gran sapienza reggea quella città. Il
quale
, ricavando profitto dall’oscurità dell’oracolo, p
lpestre luogo, sollevò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella
quale
, riposta la sua spada, sordo a’pianti della scons
i in Atene. E di fatto Etra partorì un figlio che si chiamò Teseo, il
quale
fu riconosciuto dal padre all’eburneo manico dell
nide, non che Scirone, fig. di Eaco, e famoso ladrone dell’Attica, il
quale
precipitava da alte rupi i viandanti. Si segnalò
nventore della lotta. Uccise ancora il famoso masnadiere Procuste, il
quale
costringeva i viandanti a stendersi sopra un lett
e, che Teseo avea sposata, dato avesse a lui un gomitolo di filo, col
quale
potè trovare il modo di sortire dal laberinto. Do
rinse singolare amicizia con Piritoo, fig. d’Issione, nelle nozze det
quale
avendo i Centauri commesso grandi violenze, ne fe
racolo di Giove Trofonio ; la città di Tespia, sul fiume Tespio, alla
quale
faceva ombra a settentrione il monte Elicona, per
Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Giocasta, fig. di Creonte, dalla
quale
ebbe un figlio che fu dal padre consegnato ad un
de da un guardiano di armenti fu condotto a Polibo, re di Corinto, il
quale
, fattigli risanare i piedi, percui era stato dett
a, a due piedi ; e nella vecchiaia, co’due piedi e col bastone. Della
quale
spiegazione ebbe tanto dolore la Sfinge, che da u
cioè un uomo grossolano, non già d’ingegno sottile, com’era Edipo. Il
quale
, per orrore del commesso parricidio, si cavò gli
maggiore mancò all’accordo e non volle cedere il regno a Polinice, il
quale
in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che gli
di riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa spedizione, nella
quale
il celebre indovino Anfiarao prevedendo dover tut
questi principi perirono avanti le mura di Tebe salvo che Adrasto, il
quale
salvossi per la velocità del cavallo Arione detto
elli, convennero di decidere l’affare, venendo a singolar tenzone, la
quale
si eseguì con tanto furore che vi perirono entram
o i Centauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la
quale
era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pel
ò, risoluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo, dal
quale
gli fu risposto che si fosse guardato da colui ch
acendo egli un sacrificio a Nettuno, vi chiamò il ni pote Giasone, il
quale
ritrovandosi dalla parte opposta del fiume Anauro
riete donatole da Mercurio e ch’era insigne pel suo vello d’oro ; sul
quale
montati Frisso ed Elle tentarono di passare il ma
al vello d’oro a Marte o a Mercurio, e l’aurea pelle donò ad Eeta, il
quale
l’appese ad una quercia in un boschetto consacrat
aco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il
quale
Linceo aveva una vista sì acuta che vedea sino ne
l paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di Eneo, il
quale
li accolse con somma umanità ; ma partiti di nott
rie. Virgilio nomina la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il
quale
le chiama fig. di Taumante, fig. del Ponto, e del
asone, fu accolla da lui nella nave insieme col fratello Absirto ; la
quale
tosto coll’invitto drappello prese il viaggio per
o brevemente di Bellerofonte, fig. del mentovato Glauco o Creonte, il
quale
, avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Pre
te, il quale, avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Preto, dal
quale
fu espiato. Ma per le cattive arti di Stenobea, m
assillo, il cavallo fece precipitare l’audace cavaliere al suolo, il
quale
morì di tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si
a all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma
quale
fu mai la fatale cagione che mosse il fiore de’ G
i guerrieri a cingere di sì ostinato assedio quell’infelice città, il
quale
non terminò che colla sua totale distruzione ? Lo
a sua totale distruzione ? Lo sdegno de’ numi, dicono i poeti(3), pel
quale
avvenne il famoso rapimento di Elena. Di sopra(4)
mera finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la
quale
era divisa in molti piccioli principati ; dice ch
rto di Aulide, ove Calcante, celebre indovino, senza il consiglio del
quale
non fu in quella guerra intrapresa cosa alcuna da
rarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio di una vittima, la
quale
fu Ifigenia, come di sopra si è detto. Giunti fin
Stigia, e così egli diventò invulnerabile, salvo che nel calcagno pel
quale
la madre lo avea tenuto. Ella il diede poscia ad
avea tenuto. Ella il diede poscia ad educare al centauro Chirone, il
quale
, oltre tutti gli altri esercizii che convengono a
e vendicò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il
quale
gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo
le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio di Aiace, il
quale
, per tal ragione, si uccise(2). E questo basti di
Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco l’infelice città, la
quale
, se crediamo a Virgilio, in una notte sola fu int
re penetrasse la chiara luce del giorno. E questa sua potenza, per la
quale
chiamavasi scotitor della terra, egli dimostrava
e una tradizione de’ Tessali, i quali affermavano che la valle per la
quale
scorre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia s
ccise, lanciando uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il
quale
, per opera di Galatea, fu cangiato nel fiume oggi
Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal
quale
fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano que
altri, dice Millin, erano considerati come figliuoli di Nettuno ; la
quale
moltitudine di figli deriva a quel nume dall’esse
e da Virgilio chiamasi padre degli Dei, e padre di tutte le cose. La
quale
favola, dice M. Dacier, ha dovuto avere origine d
à. Vi era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di Nereo, il
quale
era quasi duce del coro degli altri marini Iddii
principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al
quale
serviva di trombettiere, detto perciò canoro, pre
one. Nel corteggio del signore del mare si annovera anche Glauco, il
quale
era pescatore. Avendo egli un giorno nella spiagg
o del mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre di Achille, la
quale
con esse compiange l’infelice fato del figliuolo
ane, ora un leone, ora un toro, ora un fiume ora anche una fiamma. La
quale
favola ha dovuto avere origine da’ poeti cosmogon
ia. Or Cariddi era una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, la
quale
, rubato avendo ad Ercole alcuni de’buoi di Gerion
onsiglio, credesi essere lo stesso che Nettuno Equestre, in onore del
quale
Romolo fece celebrare quei solenni giuochi detti
Αιδης, o Αιδωνευς, Aidoneo. Si diceva pure Ταρταρος, il Tartaro, pel
quale
intendevano il luogo più profondo dell’inferno, i
. Averno pure da’ poeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il
quale
, come diremo, era per folte selve tenebroso, ed a
do vide, passa a descrivere la gran città di Plutone o il Tartaro, il
quale
, secondo il poeta, ha in tutto la sembianza di un
gli empii giace da noi discosto in profonda notte avvolto, intorno al
quale
fiumi di nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Ti
vviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’empia prole di Danao, la
quale
per avere offesa Venere, invano il cavo doglio de
un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente placida e serena, il
quale
nasce dalla coscienza di una virtù pura e costant
aro, nel descrivere in tal guisa i Campi Elisii, ha imitato Omero, il
quale
quasi nello stesso modo quel felice soggiorno des
ancora è la descrizione che degli Elisii leggiamo in Tibullo (1), il
quale
, credendosi vicino a morire, con nuova e ridente
e grande olmo erge al cielo le annose braccia ; sotto ogni fronda del
quale
, a guisa di vani fantasmi, si annidano i Sogni. A
o di tempo. Nè quel nocchiero in essa accoglie alcun uomo vivente, il
quale
non avesse mostrato il fatal ramo di oro che dove
quello della nostra Campania, non lungi da Pozzuoli, ne’ dintorni del
quale
essendo naturalmente assai caverne e luoghi sotte
osi (1), finsero i poeti, essere quivi una bocca dell’inferno, per la
quale
entrò il figliuolo di Anchise guidato dalla Sibil
i di profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col
quale
cel dipingono gli storici ed i poeti dell’antichi
una caverna vicina all’Acheronte che comunicava coll’inferno e per la
quale
gli abitanti del paese pretendevano che Ercole av
onte si scarica nel Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il
quale
afferma che nell’Acheronte si getta il Pirifleget
tò l’idea del fiume Lete, allorchè pose nella luna un gran fiume, nel
quale
erano da un vecchio gittati i nomi di tutt’i mort
lude ; e comunemente se gli attribuisce un umore tristo e severo, pel
quale
non avea alcun riguardo nè a dignità, nè a ricche
l’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana, nel
quale
idioma esso significa un nocchiero. I gentili pon
i Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col
quale
egli date avea giustissime leggi a’Cretesi. Radam
datagli da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del
quale
era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso
ve alla sua mensa osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pena della
quale
arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di u
a di serpenti, che gira velocemente senza fermarsi un istante ; sulla
quale
egli legato, dice Pindaro, a’ mortali insegna, do
di un lago di Egitto, presso Menfi, detto Acherusa, nelle sponde del
quale
si facevano le cerimonie de’ funerali dagli Egizi
e chiama Plutone sommo arbitro della notte e signore delle ombre, pel
quale
le Parche si affaticano a filare i loro fatali st
eci era il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro di Sicilia ; il
quale
Serapide era la stessa cosa che Osiride, o il Sol
rra per virtù degl’ influssi solari. Quest’ allegoria di Plutone, pel
quale
intendevasi il sole d’inverno, è molto chiarament
te la folgore a Giove, il tridente a Nettuno ed un elmo a Plutone. Il
quale
, sebbene non sembrasse formidabile a’giganti, nul
o infernale. Questo au tore dimostra ancora che la corona boreale, la
quale
accompagna il Sole, mentre percorre l’emisfero in
, per un osservatore che si ritrovi in Egitto o nella Fenicia ; dalla
quale
cosa presero argomento di fingere che in quell’is
umenti ritrovasi Plutone col capo ornato del fiore detto narcisso, il
quale
si reputava grato a’morti. E però anche le Furie
me dato a Plutone per quell’indole sua crudele ed inesorabile, per la
quale
fu detto da Orazio illacrymabilis e torvo da Giov
terra. Dicevasi pure da’ Latini Hecate, ch’è parola greca, Εϰατη, la
quale
deriva o dal greco εϰας, procul, perchè dimora as
onsentì di rivedere la luce e di presentarsi al sovrano degli Dei, il
quale
giurò di restituirle la figliuola, purchè la stes
il che conviene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il
quale
nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e
erra, come da Ovidio si scorge, allorchè parla del fatale tizzone, al
quale
era attaccata la vita di Meleagro. Esse presiedon
la, che trovasi in molte medaglie, prova ch’essa è una Proserpina, la
quale
, essendo figlia di Cerere, può benissimo essere c
tesforia, da ανθος, fiore, e φερειν, portare ; epiteto della Dea, col
quale
si alludeva a’ fiori ch’ella sceglieva, allorchè
e di Proserpina. Proserpina, dice il Banier, o Giunone Stigia, la
quale
spesso disputa ad Atropo l’uffizio di reci dere i
3 Settembre 1856 Vista la domanda del tipografo Andrea Festa, con la
quale
ha chiesto di porre a stampa l’opera intitolata :
ali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità la
quale
ad altro non serve che a confondere le loro menti
lunga barba, colle ali e con una falce in mano, emblema del tempo, il
quale
passa rapidamente e distrugge ogni cosa. Gli siod
cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di sua madre colla
quale
è soventi confusa. I suoi sacerdoti chiamati Cori
nore. Numa Pompilio, o secondo altri Romolo, le innalzò un altare sul
quale
delle vergini chiamate Vestali conservavano un fu
sopra monti, tentarono l’assedio del cielo per iscacciarne Giove, il
quale
, essendosì già impadronito del fulmine, li folgor
sò che agli amori ed ebbe un infinito numero di concubine. Meti dalla
quale
nacque Pallade o Minerva, Semele madre di Bacco,
asformazioni ; ma che per la pioggia d’oro intender si deve l’oro col
quale
Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la na
custodi di Danae, pel toro la nave che aveva l’insegna del toro colla
quale
rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia d
to tempo ; ed egli per farnela ritornare, fè venire un carro sopra il
quale
stava magnificamente addobbata una statua, facend
simbolo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene, sotto il
quale
era denominata dai Greci. Gli Ateniesi le innalza
l patto che nol palesasse ad alcuno ; le additò poi un fiore sopra il
quale
una donna sedendo concepiva immediatamente ; e di
a presiedere alle battaglie. Marte amò passionatamente Venere, colla
quale
suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di
esti formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella
quale
colse gli amanti e li espose alla vista degli Dei
o vicino, per aver convertito in gallo il suo favorito Alettrione, il
quale
addormentossi facendo la guardia mentre Marte era
uel cinto le grazie, il riso, i vezzi, i piaceri. Paride, innanzi del
quale
levatosi il cinto si mostrò Venere in tutta la su
lei invaghito e non potendo indurla ad amarlo, le mandò un delfino il
quale
fu sì abile nell’eseguire la sua commissione che
icesi che Latona sua madre, perseguitata dall’implacabile Giunone, la
quale
pregò la Terra a negarle ricovero ove poter parto
tone, nato dal limaccio della terra dopo il diluvio di Deucalione, il
quale
devastava la terra e ch’era stato mandato dalla i
. Della pelle di questo animale si servì per ricoprire il tripode sul
quale
sedeva la Pitonessa o sacerdotessa per dar gli or
Dafne e noa potendola raggiugnere, la trasmutò in lauro, co’rami del
quale
si fece una corona. Zefiro giuocando con Giacinto
essaggiero degli Dei e specialmente di Giove suo padre, al levare del
quale
doveva ogni giorno trovarsi per ricevere i suoi c
ignità di questo consiglio, chiese a Giove una gràzia ma senza dirgli
quale
. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed
rivasi mele, vino e latte ; gli si sacrificava il capro, il morso del
quale
si reputa così nocevole alle viti, e la gazza sim
e lavoravano continuamente con lui. I tre principali erano Bronte, il
quale
fabbricava il fulminee, Sterope che lo teneva su
noverati tra gli Dei, e in un tempio di Corinto avevano un altare sul
quale
si offrivan loro sacrifici. I moderni non videro
che Pandora ebbe ordine da Giove di presentarlo a Prometeo contro del
quale
era adirato perchè aveva rapito il fuoco al sole
’inferno. Non valsero le opposizioni di Ciane amica di Proserpina, la
quale
fu cangiata subito in fonte. Lieto Plutone della
aco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, della
quale
fu re. Tutti e tre passarono pei sovrani più giu
a e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla
quale
si penetrava nell’Inferno. Flegetonte o Prifleget
ll’Erebo e della Notte, vecchio, ma di robusta e verde vecchiezza, al
quale
le anime dovevano dare una moneta per essere trag
dei più orribili luoghi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il
quale
non era munito di questo magico ramo. La favola
a di Apollo. Riconoscesi sotto questo nome una benefica deità, per la
quale
Giove aveva più riguardi che per qualunque altra
di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col
quale
è stato alle volte confuso. Si rappresentava ciec
di esse eseguirono il barbaro comando, e non fuvvi che Ipermestra la
quale
salvò il marito Linceo ; furono le altre tutte co
tempo senza trovare asilo. Abbandonato da tutti si rivolse a Giove il
quale
ebbe pietà de’ suoi rimorsi e per consolarlo dell
ure. Ma non potè vincere Siringa figlia di Ladone fiume d’Arcadia, la
quale
da lui fuggendo in riva al fiume paterno, fu cang
n salvo il simulacro di lei, ella fece subito rinverdire il legno del
quale
era composto il simulacro ed il bosco stesso rige
si una delle Ninfe delle Isole Fortunate. Essa fu amata da Zefiro, il
quale
la rapì e la fece sua sposa, conservandole il fio
te principale presso cui innalzavano un altare ed un piecolo rogo, al
quale
uno dei fittaiuoli e dei signori appiccava il fuo
spaventevole tempesta che fece perire tutti i vascelli di Ulisse, il
quale
potè appena salvarsi su di una tavola. Questo pri
che Eolo sia stato un principe dedito allo studio dell’astronomia, il
quale
, coll’ osservazione del flusso e riflusso, predic
esiedere alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il
quale
nel giorno delle sue nozze fu schiacciato nella p
e dovevano celebrare sulla spiaggia del mare la festa di Cerere, alla
quale
doveva intervenire la sua favorita, egli si trave
e un uomo, lo covò sotto le sue nere ali, e ne fece nascere Amore, il
quale
spiegò subito le sue ali dorate, e pigliò il volo
tringe al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la
quale
gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria
i che mandano scintille di fuoco. Cupido fu molto amato da Psiche la
quale
fece trasportare da Zefiro in un luogo delizioso
n fratello. Allora sua madre gli diede per fratello un altro Amore il
quale
fu chiamato Antero. Appena che questo Amore ebbe
dei dardi di piombo, che cagionano una passione di breve durata, alla
quale
succede presto la sazietà, mentrechè il vero Amor
schera da un volto. Altri lo dipingono con un bastone su la punta del
quale
sta una piccola figura, immagine della pazzia, in
one sposò Cefalo, avendolo prima rapito a Procri di lui moglie, colla
quale
lo mise in discordia per farsi amare ; ma non pas
dire il Destino era esso medesimo quella fatale necessità secondo la
quale
ogni cosa avveniva nel mondo. Giove vorrebbe salv
istinguono all’aspetto di una bella donna, con un braccio intorno del
quale
sta avviticchiato un serpente il quale si diseta
na, con un braccio intorno del quale sta avviticchiato un serpente il
quale
si diseta in una tazza che la Dea ha in una mano.
un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla
quale
le donne di quella città dedicavano la loro capig
crudele gigante Perìsete, che divorava gli uomini e sacrificavali, il
quale
fu poi ucciso da Teseo che ne disperse le membra.
ente nell’altra ; e finalmente appoggiato ad una colonna intorno alla
quale
è nella stessa guisa attortigliato un serpente.
n un ramo d’olivo in una mano, e nell’altra una fiaccola accesa colla
quale
incendia un trofeo d’armi. Presso i Greci e più a
i ; e questi sacerdoti erano soggetti all’autorità di un pontefice il
quale
non cedeva la precedenza che al solo re ; egli er
i Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io, il
quale
dicesi fabbricasse Memfi, mentre ancor fanciulli
Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con sua madre Climene, la
quale
il rimandò al Sole per accertarsi della sua nasci
etto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza dire
quale
essa si fosse. Il Sole in contrassegno del patern
fiumi e bruciano le montagne. Spaventata la terra ricorse a Giove il
quale
per prevenire lo sconvolgimento dell’universo rim
rso rimediò a tanto disordine, col fulminare sull’istante Fetonte, il
quale
cadde e si annegò nell’Eridano, fiume oggi denomi
e. Fra le tante adottate avvi quella che Fetonte fosse un principe il
quale
si applicò sommamente all’astronomia e soprattutt
ppresenta senza ali. Ordinariamente è abbigliata di lunga veste sulla
quale
evvi una tunica che le scende sin verso la metà d
l greco nome che significa nutrice, perchè era la Dea dell’umidità la
quale
tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una
edi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Teti gran dea delle acque, colla
quale
fu da quasi tutti i moderni confusa. Si disse la
, acquatiche e terrestri vi intervennero, eccettuata la Discordia, la
quale
per vendicarsi di non essere stata invitata, gitt
i, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la
quale
il rendette padre di un figlio chiamato Licasto,
Minosse II sposò Pasifae figlia del Sole e della ninfa Perseide dalla
quale
ebbe parecchi fanciulli. Si rendette formidabile
mo e mezzo toro, frutto dell’insensato amore della propria moglie, il
quale
distruggeva tutto e si pasceva di carne umana. Vu
di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la
quale
troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui
nel famoso labirinto Asterio che la favola dipinge come un mostro il
quale
si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ri
di Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera di quel Caronte, il
quale
, dopo aver guadagnato immense somme col tributo c
a a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di Icaro, il
quale
era ito troppo in alto, contro le istruzioni del
uelli che cercano l’origine della favola che le vele della nave sulla
quale
egli salì per salvarsi, e delle quali Icaro non s
fosse insensibile al di lei affetto, preferendo la giovine Scilla, la
quale
per vendetta fu cangiata da Circe in mostro marin
luoghi lor sacri. Sono soventi nominate Pieridi, dal monte Pierio sul
quale
credesi essere elleno nate, o da Piero che alcuni
e ne fuggirono. Si ravvisa in Pireneo il nome di qualche principe il
quale
non amando le belle lettere distrusse i luoghi ov
ali piaceri presiedeva. A Citera vedesi un tempio di Venere Urania il
quale
passa per il più antico ed il più celebre di tutt
esservi stato in Africa un animale che i Nomadi chiamano Gorgone, il
quale
è molto somigliante ad una pecora selvatica, ed i
fice che sapesse porlo in uso. Il Pegaso era un animale selvaggio, il
quale
appena uscito dalla nave fuggì e non fu fermato s
essa cadrà sotto i colpi della tua scure : rispetta un’Amadriade alla
quale
tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita
padri ; tu allora benedicesti quest’officiosa quercia, ai rami della
quale
poi sospendesti la culla del pargoletto tuo figli
ebbe terminato questo lavoro gh comparve la Ninfa di quell’albero, la
quale
dissegli che era disposta ad accordargli quanto c
ettuno e tutte le altre marine divinità erano onorate con un culto il
quale
consisteva in preci ed in sacrifici. Questo culto
he la riconobbe sotto questa trasformazione abbandonò la figura della
quale
erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, m
a la casta Diana aprì la terra per dare passaggio a questa fontana la
quale
attraversando i più profondi antri sboccò nell’ i
i un tintore chiamato Idmone, della città di Colofone nella Ionia, la
quale
lavorava così bene in ricamo, che traeva in sua c
iope soggiogata dallo stesso Nume trasformato in Satiro ; Leda, della
quale
egli abusa sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’e
irvi alcun difetto, lacerò con isdegno quella bella tappezzeria nella
quale
erano troppo ben rappresentate le colpe degli Dei
la figura di una donna avente nella mano destra il subbio, intorno al
quale
i tessitori girano la trama della loro stoffa, e
le Esperidi. Quelle Ninfe lo mandarono a Nereo, Nereo a Prometeo, il
quale
gl’in segnò il sito e cosa doveva fare ; Ercole s
cedri. Nel drago non hanno scoperto che l’immagine dell’avarizia, la
quale
si consuma per custodire un oro che le diviene in
firmamento ; i pomi d’oro, sono le stelle ; il drago è lo zodiaco il
quale
taglia l’equatore a angoli obliqui ; Ercole o il
un appoggio in quelli che figurano in Ercole un essere allegorico il
quale
non vuol significare altro che il sole. I giardin
i fu inventata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della
quale
si era invaghito Glauco, dio marino ; ma non aven
to questi farsi amare dalla medesima ricorse a Circe, famosa maga, la
quale
compose un veleno che gettò nella fontana in cui
del Tevere, che Mercurio condusse all’inferno per ordine di Giove il
quale
le aveva prima fatto tagliare la lingua in pena d
ci nell’antichità, che si recarono ad onore di portar un tal nome, il
quale
suolevasi dare anche a tutti i negozianti rinomat
i Giove. La maggior parte dei mitologi raccontano però che Giunone la
quale
da’ primi giorni di Ercole diede strepitose prove
e, ed uccise pur anche il cancro marino, mandatogli da Giunone, e dal
quale
fu punto in un piede. 3.° Pugnò e prese vivo sul
ia, Ercole si presentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il
quale
consisteva nel decimo delle gregge che gli dovea
a e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il
quale
pasceva i suoi cavalli di carne umana facendo lor
cuore a Prometeo legato al monte Caucaso. Uccise un mostro marino al
quale
Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per p
mmirando il suo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, su la
quale
dicesi egli s’imbarcasse. Essendosi Ercole prese
a i Semidei. Insorse nondimeno un sistema, che prevale fors’anche, il
quale
riducendo ad un solo principio tutta la scienza m
ente in esse i due termini naturali del corso di quel grande astro il
quale
ogni giorno trascorre dall’orto all’occaso. Osser
lla Focide, il monte Parnaso, ove andò a fermarsi la piccola barca la
quale
portava Deucalione il più giusto degli uomini, e
he per madre dovevasi intendere la terra, madre comune, le ossa della
quale
erano le pietre. Riunite che n’ebbero buon numero
che regnò nell’Attica. Ebbe inoltre una figlia per nome Protogenea la
quale
fu amata da Giove che la rese madre di Etlio. L’e
delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta da un pescatore nomato Ditti il
quale
condusse la madre ed il figlio a Polidete sovrano
di Tessaglia, come vogliono alcuni, da Etra figlia del re Pitteo, la
quale
fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re di
e ; Teseo troppo credulo abbandonò il figlio al furore di Nettuno, il
quale
fece sortire dal mare un mostro che spaventò i ca
questa Proserpina fosse moglie di Edomo re dell’Epiro, per toglier la
quale
essendo andati Teseo e Piritoo, il secondo fu ucc
prentendono alcuni che Cadmo non abbia fondata che una cittadella, la
quale
pigliò da lui il nome di Cadmea e ch’egli abbia g
imultaneamente la dignità di pontefice e quella di re, dignità per la
quale
ebbe il titolo di ministro e d’interprete dei cie
ano che Mercurio gliene insegnò i principii, e gli donò una lira alla
quale
Anfione aggiunse tre corde. Vien anche asserito c
de. Vien anche asserito che questo musico innalzò il primo altare del
quale
sia stato onorato Mercurio nella Grecia. Altri di
lui. Questo non è lo stesso Lino che insegnò la musica ad Ercole, il
quale
in un trasporto di collera lo uccise con un colpo
enti anni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal
quale
gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei M
; il suo dovere e la gloria lo invitano ; e Pelia giura per Giove dal
quale
hanno tutti e due origine che al suo ritorno gli
mise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa di eroi, la
quale
finito il sacrificio, s’imbarcò. Dopo una lunga e
vissero in quel paese per dieci anni in perfetta unione, frutto della
quale
furono due figliuoli, finchè venne intorbidata da
aghi, andò in Atene ove sposò Egeo padre di Teseo da cui ebbe Medo il
quale
diede il suo nome alla Media. Giasone poscia s’im
aco, dove formò la costellazione del Sagittario. Argonauti. Nome col
quale
si distinguono i principi greci che s’imbarcarono
l vello d’oro. Sono chiamati Argonauti dal nome della nave Argo su la
quale
s’imbarcarono. Se ne annoverano cinquantaquattro,
o, Teseo secondo alcuni, non nominato da altri, ed Ercole in fine, il
quale
perduto Ila, giovinetto di singolare beltà, nella
o balìa, avevano uccisi tutti gli uomini. La regina Issipile però, la
quale
meno inumana delle altre aveva furtivamente salva
aveva avuti. Borea vendicò l’innocenza de’nipoti, accecando Fineo, il
quale
per sua consolazione ottenne di poter saper l’avv
sso ed Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un montone d’oro al
quale
gli Dei avevano comunicato la prerogativa di trav
ro in un campo a Marte consacrato e lo diede in guardia a un drago il
quale
divorava tutti quelli che venivano per togliorlo
Colchide torrenti che volgevano le loro acque sopra una rena d’oro la
quale
veniva raccolta con pelli di montoni ; locchè si
nfondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il
quale
viveva più di un secolo prima. Siccome egli era u
di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla
quale
istruiva il suocero dell’oltraggio che credeva av
alla corona di Licia che aveva creditata dopo la morte di Giobate, il
quale
non aveva lasciato figli maschi. Narrasi da altri
a Giove mandò un assillo che punse il cavallo, e fe’cadere l’eroe, il
quale
si uccise nella caduta. Il cavallo volò in cielo
ppoloco che fu padre di Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della
quale
Giove s’innamorò e la rese madre di Sarpedonte. L
vessero essere senz’armi, e che essa corresse con un giavellotto, col
quale
avrebbe uccisi quelli che non l’avessero vinta. P
la di lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la
quale
gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto
sò la principessa. La rese madre di un figlio chiamato Partenopeo, il
quale
fu uno de’capitani che trovaronsi all’assedio di
le finchè rimaneva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella
quale
soccorse gli Dei contro Giove, egli aveva condott
elle forti dissensioni tra i Frigi, per cui ricorsero all’oracolo, il
quale
disse, che tali divisioni non sarebbero cessate s
che tali divisioni non sarebbero cessate se non per mezzo di un re il
quale
fosse venuto ad essi sopra un carro. Essendo colo
antica tradizione del paese, un oracolo aveva dichiarato che colui il
quale
fosse giunto a scioglierlo, avrebbe ottenuto l’im
. L’oracolo aveva predetto a Laio che sarebbe ucciso da suo figlio il
quale
avrebbe poi sposata la madre, dalla cui unione sa
rba pastore di Polibio re di Corinto e portato alla regina Merope, la
quale
ne prese cura e dalla gonfiezza dei piedi lo chia
o ed i suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oracolo d’Apollo, il
quale
gli predisse ch’egli doveva morire a Colonos e ch
n abito simile a quelli che si davano ai morti, fa chiamare Teseo, al
quale
raccomanda le due figlie, cui ordina di allontana
re di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la volontà dalla
quale
viene costituito il delitto, non abbia avuto part
ullameno nella Grecia di rendere ad essi gli onori eroici. Creonte il
quale
successe alla corona, fece rendere gli onori del
sì la favola della Sfinge. Laio aveva una figlia chiamata Sfinge, la
quale
poco contenta di non aver parte alcuna al governo
tendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel
quale
egli era abilissimo, colla condizione, che se tal
e di Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un fragil asse, il
quale
essendosi spezzato nel corso precipitò Enomao che
oi ucciso da Egisto figlio di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi
quale
fosse la prima dalla quale ebbe Plistene, Agamenn
di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fosse la prima dalla
quale
ebbe Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcu
crizione : Alla più bella. Da principio non vi fu alcuna delle Dee la
quale
non pretendesse d’ottenerlo, in onta delle propri
a lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla
quale
congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fond
onio figlio di Ercino re d’Orcomene n’ebbe un celebre nella Beozia il
quale
rendevasi in una caverna presso Lebadea ; perfino
Demofila o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la
quale
era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quell
billini vale a dire una raccolta di versi attribuiti. alle Sibille la
quale
conteneva i destini di Roma. Narrasi che una donn
ta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa di pietra, la
quale
fu posta sotto una volta del Campidoglio. La cust
sultare questi libri senza una speciale autorizzazione del senato, il
quale
non la concedeva se non quando si doveva intrapre
rondi in aperta campagna, in qualche luogo elevato, era l’altare, sul
quale
agli Dei rappresentati da un sasso informe o da u
ersare del vino, o in mancanza d’easo dell’acqua, in onore del Dio al
quale
sacrificavasi. La patera di cui si è parlato qual
le sole mani in acqua pura. L’acqua lustrale era acqua comune nella
quale
estinguevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco
ricrearsi o per onorare i loro Dei. Non si conosceva giuoco alcuno il
quale
non fosse a qualche Dio in particolare ed anche a
sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilato nel
quale
combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co’ cest
daro, non davasi altro premio, fuorchè una semplice corona d’erba, la
quale
ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei
1). In varie parti dell’Africa coltivasi un albero chiamato mirra dal
quale
cola un succo resinoso e di gratissimo odore. Que
eide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono alcuni, la
quale
arse di colpevole amore pel proprio padre. Preten
ualsivoglia Scienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il
quale
a guisa di luminosa face suole guidare agevolment
la rapidità, con cui trascorre il tempo ; la falce indica il fine, al
quale
ogni cosa si riduce dal medesimo(b). Plutarco vuo
ne così denominata dal monre Cibelo, situato nella Frigia, e sopra il
quale
fu da principio venerata(a). Sotto ii nome di que
gli destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la
quale
fralle giovani di Festo si decantava per la più b
fiume Sagari o Sangaro, e però detta Sagaritide, o Sangaride ; dalla
quale
ebbe Lido, che diede il nome alla Lidia, e Tirren
eci si dicono dattili ; Idei dal monte Ida nella Frigia ; appresso il
quale
soggiornavano ; Cureti dall’ Isola di Creta, ove
ci(d). Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la
quale
era stata la prima Vestale(e). Addette una volta
lei sacrifizj(g). Anche Celeo, re d’ Eleusi, avendo veduto Cerore, la
quale
in aria mesta stava sedendo sopra una pietra, la
fosse caduto in profondo sonno. Non vi riuscì però, poichè Cerere, la
quale
vegliava alla salvezza di Trittolemo, cangiò il p
’ primi abitanti dell’ Attica, lo regalò della pianta, detta fico, la
quale
era stata sino a quel tempo ignota a tutti gli uo
ti, chiamati Fitalidi, presiedessero alle di lei sacre ceremonie : il
quale
onore fu loro confermato da Teseo(a). Cerere pure
a, le eresse un tempio(b). Si abbattè parimenti la Dea in Nettuno, il
quale
, trasformatosi in cavallo, la rendette madre di u
animali. Gli Dei fecero cercare Cerere, e avvertito Giove de Pane, il
quale
aveala trovata nell’ Arcadia, spedì le Parche, ch
ca (d), fu eretto un gran tempio in Ermione, città della Laconia, nel
quale
ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con
i pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la
quale
non deponevano, se non quando era divenuta lacera
predette Feste minori sieno state introdotte in grazia di Ercole, il
quale
per legge non poteva essere ammesso alle maggiori
erra. S’instituirono per comando di un certo vate, chiamato Autia, il
quale
asserì, che quello era il solo mezzo di placare l
he (a), Pausania numera tralle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la
quale
ebbe poi una statua nel tempio di Minerva presso
le Api (f) ; e che Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il
quale
prima era di ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è
juto qualche mortale. Per consiglio di Minerva si cercò di Ercole, il
quale
v’accorse, e fece grande strage de’ Giganti. Ripi
, che fu da Giove renduta madre di Etlio, padre di Endimione (e), del
quale
parleremo. In onore di Giove s’instituirono le Ol
rno ad esso si facevano girare dei buoi, e che il primo di questi, il
quale
toccava quel cibo, veniva sacrificato. Tre soli,
tuì in memoria di Ecale, donna vecchia e povera, ma virtuosissima, la
quale
aveagli promesso di sacrificare ella stessa a Gio
un tempio a Giove ; e allora gli eventi si predissero dal tripode, il
quale
secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune
ono alcuni, che Giove non volendo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il
quale
desiderava di vederlo, nè potendo più resistere a
hè si venerava in un luogo di ciascuna casa, chiuso all’intorno, e il
quale
chiamavasi anche Penetrale (d). Assediando i Gall
omparve a questi in sogno, e loro disse, che di tutto il frumento, il
quale
aveano, formassero dei pani, e li gettassero nel
o avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la
quale
oltre i due soliti occhi ne aveva un terzo nel me
e Ninfe, Itome e Neda, lo avessero nascosto nella fonte Clepsidra, la
quale
trovavasi sopra un monte d’Itome, città della Mes
per le vie di Roma con grande pompa la sacra Pietra, detta Manale, la
quale
trovavasi fuori della Porta Capena presso un temp
denominati Capitolini, e introdusse un Collegio di scelte persone, il
quale
ne regolava tutte le ceremonie (b). A Giove Capit
i Ottimo Massimo (c). Si chiamò Licco dal monte Liceo in Arcadia, sul
quale
si pretendeva ch’egli fosse stato allevato dalle
). Gli derivò il nome di Ceraunio, ossia Fulminatore, dal fulmine, il
quale
veniva scagliato spezialmente da lui (b) (25). Qu
egli avea in Trifilia, piccolo passe d’Elide nel Peloponneso (l), il
quale
secondo Stefano era la stessa Elide. A Giove Ult
que tutte le abitazioni di que’ dintorni, fuorchè la loro capanna, la
quale
erasi anzi cangiata in magnifico tempio. Giove ac
se di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era egli un Nume,
quale
lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì
ne da Mercurio condotta a Prometeo, affinchè gli offrisse un vaso, il
quale
conteneva tutti i mali, che potevano affliggere l
di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò in una pianta, la
quale
suole crescere lungo le rive de’ fiumi, e a cui d
llo porta anche tra’ piedi Ganimede (e), per alludere alla Favola, la
quale
dire, che Giove si trasformò in Aquila per rapire
he il Nibbio, uccello di rapina. La terra avea prodotto un mostro, il
quale
nella parte superiore era toro, e serpente nell’i
ta da triplice muro. Un antico Oracolo avea dichiarato, che colui, il
quale
avesse potuto abbruciarne le interiora di quel mo
cco. Quegli però, di cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al
quale
le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è i
i Romani soleano chiamare Bacco (g). Vennero instituite da Romolo, il
quale
durante le medesime trattava a convito il Senato
si nel giorno undecimo, e ne’ due seguenti del mese Antesterione, dal
quale
furono così chiamate. Ciascuno de’ predetti giorn
an misura di vino, perchè ne’ conviti ciascuno bevea da una tazza, la
quale
serviva per lui solo. Voleasi cou ciò ricordare u
remio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la
quale
talvolta era anche d’oro. Andavasi parimenti in g
suscitò tra que’popoli una malattia somigliante all’ubbriachezza, la
quale
, rendendoli furiosi, li riduceva finalmente a mor
li due figliuole, Penelope ed Erigone, e una cagna, chiamata Mera, la
quale
sempre lo seguiva. Questa abbajando corse appress
figlie di Minia divennero allora sì acciecate, che estrassero a sorte
quale
di esso tre avrebbe dato uno de’proprj figliuoli
Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il
quale
v’avea una fontana, la di cui acqua cangiavasi og
levata in Sinfalo, città d’ Arcadia, da Temeno, figlio di Pelasgo, il
quale
le alzò tre tempj sotto tre nomi differenti : l’u
ò avvenne nell’ Istmo di Corinto sul Tornace, monte della Laconia, il
quale
poi fu detto Coccigio, ossia monte del cuculo (a)
l’ Olimpo, s’ avviò al bosco, e ne sgombrò la caligine. Ma Giove ; il
quale
erasì accorio della di lei vesuta, avea giù cangi
posa in sei trecce con un’ asta immersa nel corpo d’un Gladiatore, la
quale
appellavasi curite o quirite (f). Macrobio vuole
onsiglio datogli, Io cangiò in un monte tra la Beozia e l’ Attica, il
quale
secondo Pausania (c) era sacco a Giove, e secondo
da Lacinio, promontorio d’ Italia, nella Gran Grecia, poco lungi del
quale
la Dea aveva un tempio ricchissimo (b). I Crotoni
contro Pirro e i Tarrentini. Ricorsero supplichevoli a Giunone, colla
quale
rispose loro, che se avessero combattusto con cor
omando delle loro truppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il
quale
, accampatosi alle porte di Roma, ricercò al Senat
orarla sotto il nome di Caprotina, e a lei instituì un sacrifizio, il
quale
sotto una selvatica ficaja ogni anno si rinovella
una mano un pomo granato, e nell’altra uno scettro, sulla sommità del
quale
eravi un Cuculo (a). Le Feste, sacre a questa Dea
di lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20), e da Giove, il
quale
per unirsi a colei erasi convertito in fiamma(a).
mpo Marzio, ov’ eravi il tempio di Plutone, e un’ ara sotterra(f), la
quale
si lasciava vedere solamente all’ occasione di ta
ringe inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la
quale
gli serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chi
quattro Apolli (a). Comunemente però non si riconobbe che quello, il
quale
nacque da Giove e da Latona (b), figlia secondo O
guitata (f). Cotale uccisione avvenne non lungi dal fiume Cefisso, il
quale
scorre alle radici del fiume Parnasso (g). Apollo
avesse voluto incontrare la morte in vece di lui. La sola Alceste, la
quale
Admeto per favore di Apollo avea conseguito in ma
i si vedeva la pietra, su cui il Nume avea deposto la sua cetra, e la
quale
da quel momento rendeva, ogni qual volta veniva t
pochi presi da insolito furore eranvi caduti(a). Il primo pastore, il
quale
videsi trasportato da tal furore profetico, si ch
oscia da’Sacerdoti scendeva sul Tripode, detto anche Cortina(d), e il
quale
era tutto circondato d’alberi. Presa allora da vi
e nell’anzidetto tempio enunciò gli Oracoli di Apollo, fu Femonoe, la
quale
fece parlare il Nume iu verso eroico(a). Molte fu
anni solamente in Azio, egli ne trasferì in Roma la celebrazione, la
quale
si faceva di cinque in cinque anni. Anche Apollo
o la tomba di Giacinto, sopra di cui vedeasi la figura d’Apollo, alla
quale
si offerivano sacrifizj. Il primo e il terzo gior
mpa s’incamminava verso Amicle, guidata da uno col nome di Legato, il
quale
offeriva i voti della nazione nel tempio di Apoll
o(f). Plutarco dice d’aver veduto in Delo un’ara, sacra ad Apollo, la
quale
appellavasi Ceraton, perchè era stata da Apollo f
ltari nelle strade. Alcuni di questi furono sacri anche ad Apollo, il
quale
fu perciò detto Agieo, ossia preside alle strade
modo particolare venerato in Figalia, città d’Arcadia, appresso alla
quale
il famoso. Ittino avea fabbricato ad Apollo un te
tempio. Famosi n’erano i sacerdoti, chiamati Branchidi da Branco, il
quale
fu pure sacerdote d’Apollo, e uno de’di lui figli
e sieno state così denominate dall’ essere stato esaudito Menelao, il
quale
, essendo per portarsi contro Troja, avea fatto vo
oronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di rame, il
quale
rappresentava il Sole. Sotto di quello se ne coll
esso fine incontrarono pure le di lei figliuole, eccettuata Clori, la
quale
fu lasciata in vita(h). V’ è chi dice, che traque
te, figlia di Crotopo. Il Nume per punirli suscitò il mostro Pene, il
quale
strappava dal seno delle madri i loro fanciulli,
e Sinope, e recatosi secolei nel Ponto, la rendette madre di Siro, il
quale
diede poi il suo nome a’Sirj. Dicesi da alcuni, c
ilamone(49), Anfione(50), Arione(51), e Orfeo(52). Sulla montagna, la
quale
chiamavasi Soratte, poco lontana da Roma, v’avea
a, o perchè le si sacrificavano cento vittime nello stesso tempo : il
quale
sacrifizio appellavasi, come abbiamo osservato, E
dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il
quale
la ebbe da Tia, una anch’ella delle Titanidi, per
i chiamava Munichia, dove gli Ateniesi le aveano eretto un tempio, il
quale
serviva anche d’asilo a chi vi si rifugiava. Sott
la memoria della liberazione del predetto Oreste e d’ Ifigenia, della
quale
si parlerà più diffusamente altrove. La ceremonia
e quattro braccia (e). Gli Ateniesi aveanle consecrato una statua, la
quale
denominavanò Epipirgide, da epi, sopra, epirgos,
eva il di lei simulacro (c). Si chiamò Febe da Febo, suo fratello, il
quale
le comunica parte della propria luce, affinchè el
alatino, in cui si accendevano delle torce a un gran vaso a fuoco, il
quale
ardeva tutta la notte (h). Si soprannominò Faesf
’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel
quale
le nutrici al tempo di certe Feste, dette Titenid
e vergini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella
quale
gli Spartani sull’altare della Dea venerata sotto
neva tralle mani la statua della Dea, formata d’un legno leggiero, il
quale
però, se i Ministri della flagellazione non vibra
tte da altrettanti Re (c). Serse, il più fiero nemico de’ Greci, e il
quale
avea incenerito tutti i loro tempj, ebbe rispetto
o pel barbaro costume, introdotto da Toante(16), re di quel paese, il
quale
sacrificava alla Dea i forestieri, che giungevano
b). I Poeti però Greci e Latini non fanno menzione, che di quella, la
quale
sortì dalla schiuma del mare, e fu risguardata co
asti, perchè aveano la fronte cornuta, eressero un altare a Giove, il
quale
soprannominarono Ospitale, essendochè gli sacrifi
il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città di Caria, la
quale
divenne celebre per una maravigliosa statua di ma
lebre per una maravigliosa statua di marmo, formata da Prassitele, la
quale
rappresentava questa Dea(d) ; in Isparta, ove tro
che in esso col progresso del tempo la Dea abbia avuto un Oracolo il
quale
l’Imperatore Tito consultò, quando, si trasferì i
istabilirvi la scienza degli Aruspici. Ivi pure v’avea un altare, il
quale
, com chè si trovasse allo scoperro, pure non veni
ona delle inquietudini, o perchè erale dedicata la fonte Acidalia, la
quale
trovavasi in Orcomeno, città della Boozia, e in c
da certi corsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la
quale
se n’era invaghita, alzò sopra un Promontorio del
sacrifizio, vide un corvo, o uno sparviero, detto in greco colon, il
quale
rapì parte della vittima, e la depose sul predett
nte artefice, di cui parleremo, v’avea riposto una giovenca d’oro, la
quale
perfettamente imitava il naturale, e avea decorat
uogo della Palestina, detto Afaca, tra Biblo ed Eliopoli, appresso il
quale
eravi un Lago. Chi recavasi a consultarlo, gettav
che Agamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte di Arginno, il
quale
era stato da lui teneramente amato, ed erasi fina
darlo alla luce, l’albero s’aprì ; e che ne comparve un fanciullo, il
quale
venne raccolto dalle Najadi, e nominato Adone. Qu
Acaja, contrada del Peloponneso. Questi piacque alla Ninfa Argira, la
quale
ogni giorno recavasi a vederlo. Tanta premura per
volle prenderne vendetta. Frammischiò tra loro la Dea Mefiti (13), la
quale
, com’era proprio di lei, le rese, tutte d’un odor
a del sangue d’Adone, quando si punse con una di quelle spine, per la
quale
puntura la rosa divenne rossa, mentre per lo inna
l’Arcadia, e fece credere a Saturno, che le fosse nato un pulodro, il
quale
da lui venne tosto divorato. Arno fu la nutrice d
ndo come vivere, si unì a lui per ajutare Laomedonte, re di Troja, il
quale
stava fabbricando le mura dì quella città. Egli,
ì perchè il Nume su quell’Istmo avea un magnifico tempio, appresso il
quale
tali Giuochi si celebravano(15). I medesimi erano
ndìo del Campidoglio aveva un tempio, e nel Circo Flaminio un’ara, la
quale
al dire di Tito Livio grondava di sudore. E’pur f
). E’pure circondato dalle Nercidi e da’Tritoni. Lo precede Nerco, il
quale
, suonando una spezie di tromba, formata d’una con
dopo sorpreso da gagliardissimo dolor di capo, ricorse a Vulcano, il
quale
con un colpo d’accetta glielo spaccò ; e che ne u
. Si disse Alea, perchè Aleo, re d’Arcadia, le fabbricò un tempio, il
quale
divenne un asilo pe’ rei, e in cui si conservò po
l’antichità Pagana. Fidia lo adornò d’una statua d’oro e d’avorio, la
quale
era alta trenta nove piedi. Il medesimo tempio ch
ì cospesa, come si trovava ; e in tale stato la convertì in ragno, il
quale
anche oggidì va tessendo una finissima tela per e
ò Tritone ; o perchè ella nacque appresso il fiume di questo nome, il
quale
trovasi nella Beozia(b) ; o finalmente perchè ven
tale questione, stabilirono, che quella delle due anzidette Deità, la
quale
avesse prodotto la cosa più utile alla mentovata
ceva in quello per la città una magnifica cavalcata, alla testa della
quale
si portava a guisa di vessillo il Peplo di Minerv
Era quello una veste bianca, a ricamo, d’oro, senza maniche, sopra la
quale
erano espresse le azioni più memorabili di questa
nel mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gelosia di Erse, la
quale
però ne veniva impedita di vedere Mercurio, da cu
Creta, nell’andarsene a Trezene, vi rimasero lapidate del popolo, il
quale
allora trovavasi in tumulto. Gli abitanti d’Epida
erto il cestello ; e in vece di lei prese ad lamare la Civetta, nella
quale
era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, r
che ne’ campi d’Olena, città dell’ Acaja, eravi un fiore, toccando il
quale
, ella avrebbe tosto ottenuto ciò, che bramava. Gi
u detto Quirite a cagione della lancia, detta da’ Sabini cures, colla
quale
veniva sempre rappresentato(d) (1). Augusto, ave
ancili. In Roma cadde dal Cielo uno scudo di rame. Numa Pompilio, il
quale
allora vi regnava, venne in cognizione, che l’imp
gli anzidetti Sacerdoti sieno stati detti Salj da un certo Salio, il
quale
, venuto dalla Samottacia o da Mantinea in Italia,
Esquilino. La quinta, perchè Marte era figlio della predetta Dea, la
quale
, come abbiamo esposto, presiedeva alle nozze e a’
o di Marte non siasi molto esteso tra’ Greci, perciocchè Pausania, il
quale
fece menzione degli Dei loro, non fa parola di al
Lo stesso Poeta poi in altro luogo soggiunge, che fa Giove quegli, il
quale
lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perc
da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la
quale
egli spedì in Cielo a Giunone per vendicarsi del
Olimpo un magnifico palagio di bronzo, e vi piantò una fucina, nella
quale
vi lavorava solo(I). Vulcano al dire d’ Inacio sp
lo definisce per quel miscuglio rozzo e confuso di tutte le cose, il
quale
servì di prima materia alla produzione del Mondo(
che, mentre regnava Saturno, abbia fiorito, la bella età d’oro, nella
quale
gli uomini viveano nell’ innocenza, la terra dava
2. (8). Il Destino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la
quale
regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, ch
edevasi esservi descritto l’avvenire ; come pensavasi, che l’urna, la
quale
trovasi talvolta tralle di lui mani, racchiudesse
ltimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quello, il
quale
in certa guisa apriva l’anno ; giacchè questo con
i riconoscevano da Festo(d) altre solennità, sacre ad Agonio, Dio, il
quale
presiedeva alle azioni, che si doveano fare. A Gi
nostri sono gente libera, che spontaneamente prestano servigio, e al
quale
possono a loro talento rinunziare ; quelli all’op
iori(e). Non bisogna confondere il simposiarco coll’Architriclino, il
quale
si stabiliva dal padrone di casa, e avea la cura,
o, e in una rozza verga di legno, detta da’ Latini rudis (b), e dalla
quale
al Gladiatore, che la conseguiva, derivava il nom
o era una bilingue e oscura risposta, come credevasi, de’ Numi, colla
quale
eglino indicavano quelle arcane e future cose, la
sime, come ardesse la fiamma, come crepitasse il sangue e il farro, e
quale
fosse l’odore e il fumo degl’incensi(a). Quantunq
Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie di Divinazione, la
quale
si faceva col fuoco, osservaudone il movimento e
(b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua di legno, la
quale
rappresentava la Dea Minerva in atto di tenere ne
Ilo, quarto re di Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il
quale
gli fosse stato di buon augurio per la durata del
talità, e venne cangiata in fontana, che ritenne il di lei nome, e la
quale
dalle donne spezialmente si onorava, perchè spera
a Buona-Dea sul monte Aventino si eresse un tempio da una vergine, la
quale
altri credono essere stata Clausa, ed altri Claud
caligero poi dice, che così in ispeziale modo si onorava la fonte, la
quale
avea un tempio in Roma presso la porta Capena, pe
ica, e l’Egizia(d). Il più comune parere però e quello di Varrone, il
quale
asserisce ch’erano dieci, la Persica, la Libica,
ce Erofile(m). Vuolsi chisia stata la prima delle donne fatidiche, la
quale
in versi esametri predicesse l’avvenire. Celio Ro
alita alla fama di eccellente vaticinatrice in Tivoli, fu ivi adorata
quale
Divinità, ed ebbe tempj, are, e sacrifizj. Presso
le Sibille aveano vaticinato(c). Dicesi che nel favoloso impasto, il
quale
portava il nome di Libri Sibillini, alcuni ve ne
isposo, dichiarò finalmente, che tale le sarebbe divenuto quello, il
quale
avesse potuto vincerla nella corsa, soggiungendo
esta Atalanta coll’altra d’ Arcadia, e figlia di Giasio o Giasone, la
quale
fu presa in moglie da Milanione(b). (f). Falg.
Raros, Principe Ateniese, e da quella tralle figlie di Anfizione, la
quale
ebbe da Nettuno il figlio Cercione, di cui parler
terreno di cento venticinque passi (b), ove si faceva la corsa, e dal
quale
coloro, che vi si esercitavano, si dicevano Stadi
co nastro. Credesi, che questa sia stata la prima sorte di corone, la
quale
siasi usata appresso i Romani (f). Tale sacerdozi
Cinisca, figliuola di Archidamo, re di Sparta, fu la prima donna, la
quale
siasi esercitata ne’Giuochi Olimpici, e v’abbia r
ua patria, entrò in una Secola, e scosse sì fortemente la colonna, la
quale
ne sosteneva il tetto, che questo cadde, e mise a
o stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la
quale
da uno de’ di lui nemici veniva frequentemente in
ci il premio del Pentatlo. Lasciò un figlio dello stesso suo nome, il
quale
pure conseguì più corone a’ medesimi Giuochi. Dem
ol. Graec. l. 2. (14). Le Sorti erano una spezie di Divinazione, la
quale
si eseguiva in due modi : il primo chiamavasi Sti
nnominato Ippio, ossia Equestre, dalla magnifica corsa di cavalli, la
quale
si faceva altempo di tali Giuochi. Oltre siffatta
e. (19). Arnobio dice, che il Giove Conservatore era Esculapio, del
quale
parleremo (h). (e). Cic. pro Rabir. (20). Nel
si fece la dedicazione del medesimo tempio da C. Licinio Lucullo, il
quale
vi celebrò allora anche dei Giuochi, perchè in qu
: o come una spezie di tizzone fiammeggiante in ambe l’estremità, il
quale
talora non mostrava che una sola fiamma ; ovvero
a forma sembra, che abbia voluto darcelo a divedere anche Luciano, il
quale
v’aggiunse essere il fulmine di Giove lungo dieci
ferta in sacrifizio una pecora di due anni, detta bidente, ossia alla
quale
erano nati i superiori e inferiori denti (c). Sot
ntica di tutta la Grecia ; e che v’inalzò un altare a Giove Liceo, al
quale
egli il primo sacrificò delle vittime umane (d).
in libertà (a). Non è da confondere l’anzidetto Acmone con quello, il
quale
dicesi essere stato il primo padre degli Dei (b).
3). La madre d’Arcade fu Callisto, nata da Licaone, re d’Arcadia, del
quale
abbiamo parlato. Colei era esperta nell’uso dell’
Sotto tal nome si riconosceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la
quale
dopo la morte di suo marito era stata da Giunone
à di ciò che si affermava, si faceva nella fontana, detta Acadina, la
quale
trovavasi appresso i due predetti Laghi (c). I Pa
rebia, udì il canto delle Ninfe di quello, e ne apprese la Musica, la
quale
egli poi insegnò a que’della Lidia. Questi popoli
amati Cabiti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel
quale
non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti
, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il
quale
poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio di
ni pretendoro, che sieno state dette Jadi da Jante, loro fratello, il
quale
, essendo stato messo a morte da un serpente o da
questa stagione appariscono(g). Tralle Plejadi Merope è la stella, la
quale
al dire de’Poeti si lascia vedere meno delle altr
a la. Dea de’cardini. Questa da Ovidio(a) viene confusa con Carna, la
quale
presiedeva alle parti nobili del corpo umano. La
lerna no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome di Grane, e la
quale
era molto amata da Giano(b). Giuno Bruto, primo C
). Il Meursio osserva, che tale uccello soleva darsi anche agli Eroi,
quale
da prima erasi considerato Bacco, forse perchè il
ati (a). (4). Argo ebbe in moglie Ismene, figlia del fiume Asopo, la
quale
gli partorì un figlio, detto Jaso (b). (a). Joh
Liberale dice, che tra’ Greci v’avea un’altra tradizione, secondo la
quale
Jerace era. un ricco abitante della Matiandinia,
ricco abitante della Matiandinia, contrada d’Asia, nella Bitinia, il
quale
fu cangiato in isparviero da Nettuno, perchè avea
e sacrifizj (f). Lasciò un figlio di nome Teodamante o Teodamante, il
quale
riuscì vate ed augure rinomatissimo (g). Riguardo
o. Lo ferì nel petto ; nè fu sazia d’un solo colpo anche Filomela, la
quale
dopo d’avergli squarciata la gola, e troncato il
sto Nume però non è da confondersi coll’altro dello stesso nome, e il
quale
proteggeva i gioghi de’ monti (h). Furonvi finalm
pì Siringa la preghiera, che trasformata videsi in canna palustre, la
quale
, agitata poi dal vento, rendeva un certo siollo c
itò dalla sommità di una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il
quale
esce dal Pino, agitato dal vento Borea, altro non
lla casa dello sposo (a). Oltre l’accennato velo avea una cintura, la
quale
veniva poi sciolta dallo sposo. Nella Grecia, e s
ell’uno o dell’altra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la
quale
era ornata di rose, mirti, e allori, l’uno e l’al
lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo la loro nascita, nel
quale
s’imponeva ad essi il nome. A questa Dea si offer
i cui n’era stato l’artefice, non avea aperto un piccolo foto, per il
quale
si avesse potuto scorgere i più segreti pensìcri(
ana la privò di vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna, la
quale
trovavasi nel Territorio d’Argo, eravi un mostro
certe parole senza mai volgersi in dietro. Credevasi, che l’ombra, la
quale
lo seguiva, raccogliesse le fave senza essere ved
se ne chiamavano le anime, onde si recassero a prendervi riposo : la
quale
ceremonia appellavasi Psicacogia(b). Eravi poi Ca
acogia(b). Eravi poi Caronte, figliuolo dell’ Erebo e della Notte, il
quale
sopra una leggierissima barca, formata di scorza
ro Grammatico vuole, che abbia tratto origine da una certa pietta, la
quale
trovavasi nell’ Inferno(e). Il giuramento, che si
desimo, venivano privati del nettare, e spogliati della Divinità, nel
quale
stato dovevano rimanersene per un anno ; altri di
erbo dolore : Fu cangiato in un fiore, che porta il suo nome(b), e il
quale
poscia venne consecrato all’ Eumenidi(c). Plutarc
avoloso sistema di alcuni Filosofi, detto la Metempsicosi, secondo il
quale
credevasi, che le anime, dopo aver dimorato un ce
chiese a Plutone di ritornarsene sulla terra per punire la moglie, la
quale
avea eseguito il comando datole solamente per far
mente agitato dal timore, che precipiti sopra di se un gran sasso, il
quale
sovrasta al suo capo(c). I Mitografi neppure vann
i. Issione prese allora ad amare Giunone. Costei ne avvertì Giove, il
quale
, per accertarsene, formò una nuvola somigliantiss
inò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la
quale
andava sempre girando, nè lasciavagli un momento
resentasi collo scettro in mano, assiso sopra un tribunale, appiè del
quale
concorrono le ombre a rendere conto delle loro az
vide uscire da sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la
quale
a motivo di ciò ebbe poi il nome d’Ercina. Sulle
lla medesima si eresse un tempio, in cui eravi la statua d’Ercina, la
quale
teneva colle mani un’oca (a). Dalla predetta giov
tello, prese a perseguitarle, e strinse d’assedio Admeto, appresso il
quale
si erano ritirate, e lo fece prigioniero. Alceste
fabbricato in Lebadea, città della Beozia, un tempio sotterraneo, il
quale
fu poi detto l’autro di Trofonio. Ivi morì di fam
d’oro. Nacque contesa tra’pescatori e i compratori, per terminare la
quale
si ricorse alla Pitonessa. Questa rispose, che il
lo poi bramava, che Jone fosse creduto figlio di Zuto, re d’Atene, il
quale
erasi unito in matrimonio con Creusa. Colse il Nu
li avrebbe alcun figliuolo. Intese, che sarebbe suo figlio quello, il
quale
egli incontrerebbe, uscendo dal tempio. Zuto v’in
ia, e ch’ella fissò la sua dimora in un’ Isola del mare Siciliano, la
quale
si denominò Circea(e). Circe, trovandosi in Itali
sì orribile disordine, balzò con un fulmine il temerario giovine, il
quale
cadde morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia
imasero cangiate in pioppi, e le loro lagrime in odorosa ambra(a), la
quale
perciò fu soprannominata Faetontide(b). Febo altr
dopo aver partorito Faetonte, sposò Merope, re dell’ Isola di Cos, il
quale
si pretende, che poscia sia stato cangiato in aqu
ad esse. Sul predetto monte trovavasi una fonte del medesimo nome, la
quale
era parimenti sacra alle Muse(g). Queste vennero
narono Libetridi, o perchè era loro consecrata la fontana Libetra, la
quale
trovavasi nella Magnesia, contrada vicina alla Te
b) ; o perchè era loro dedicato Libetro, monte della Tracia, sotto il
quale
eravi un antro, sacro parimenti ad esse(c). Si ch
ticolare onore(e) ; Ilissiadi, o Ilissidi, perchè il fiume Ilisso, il
quale
trovavasi nell’ Attica, era ad esse sacro(f) ; Ar
a Macedonia ; ch’elleno nell’ Academia d’ Atene aveano un altare, sul
quale
pure spésso loro si sacrificava ; che i Tespj ogn
prima chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca di Deucalione, la
quale
era stata ivi trasferita dalle acque del Diluvio(
monte Parnasso v’avea un antro, detto Coricio dalla Ninfa Coricia, la
quale
partorì ad Apollo un figlio, di nome Licoreo(d).
nte della Beozia, vicino al Parnasso. Fu così chiamato da Elicone, il
quale
dicesi essere ivi venuto col fratello Citerone a
oprio nome(g). Comunque sia, certo è, che si verificò la protesta, la
quale
unita al giuramento avea fatto Minerva. Questa De
liuoli, che Giove per pietà la convertì sul monte Sipilo in sasso, il
quale
versava continuo pianto. Narrasi inoltre, che i d
sopra un carro al tempio di Giove. Non molto dopo vi giunse Mida, il
quale
pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi pr
10. (c). Ovid. Metam. l. 6. (d). Paus. l. 7. (48). Quel Lino, il
quale
comunemente dicesi nato da Apollo e da Terpsicore
ti nel suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo, ed Ercole, il
quale
poi, sgridato fortemente da lui, perchè non aveva
’ Achille tra i molti altri ornamenti v’ avea espresso un giovine, il
quale
sulla lira cantava la morte di Lino(e). (49). Fi
tà, uccisero Lico, attaccarono Dirce alla coda d’un toro indomito, il
quale
colla varietà del suo corso la fece morire di mil
lle altre Ninfe, ne divenne amante, e la rendette madre di Eudoro, il
quale
molto si distinse all’assedio di Troja. Polimela
rire al di lei padre varj doni (a). Quì si ricorda pure Polifonte, la
quale
ebbe per padre Ippono, figlio di Triballo ; e per
inalmente lo fa figliuolo della Terra, e marito della Ninfa, Sida, la
quale
, come abbiamo riferito, fu fatta morire da Giunon
ropose la successione al Regno a quello de’tre predetti figliuoli, il
quale
avesse riportato il premio della corsa in Olimpia
lle sponde del fiume Assio, e ne diede il suo nome a quella parte, la
quale
poscia venne chiamata Peonia. Notisi per ultimo,
i non era lontano dal principio degli stessi, poichè questa Deità, la
quale
presiedeva a ciò, che dava la vita, presiedeva po
otte ; ovvero perchè in Dello v’avea una piccola statua della Dea, la
quale
siponeva sulle tombe, quando si volea chiamarne f
ioè di capelli, lacerazione del petto e de’fianchi sino a sangue : il
quale
costume e da Solone fu vietato agli Ateniesi, e d
ivano pure i Sicinnisti, così denominati da un certo antico ballo, il
quale
chiamavasi Sicinnio, e con cui rappresentavano le
. Vestivano alle volte anche il Ricinio, abito corto, mezza parte del
quale
gettavano dietro le loro spalle(g). Se il Defonto
che la Caneforia non era una festa, ma una ceremonia della festa, la
quale
si diceva Protelia, perchè celebravasi dalle verg
man. Lex. Univ. (5). A Venere Murcia si opponeva la Dea Strenua, la
quale
rendeva attivi i pigri (c). A questa davasi anche
7). Priapo nacque bruttissimo per un incantesimo fatto da Giunone, la
quale
oltremodo odiava Venere. Questa, veggendolo sì de
ste, denominate Ornee, in onore di Priapo (c). Notisi per ultimo, che
quale
era Priapo appresso i Greci, sale da’Romani ricon
ch’elleno nacquero da Giove e da Eurinome, figlia dell’Oceano(e), la
quale
ebbe pure in Arcadia presso Figalia un tempio, e
siodo dal Caos(b). Aristofane dice, che la Notte produsse un uovo, il
quale
ella avea concepito dal vento Zefiro, e da cui na
i ubbriacò, e rendette Penia, Dea della pover tà, madre di Cupido, il
quale
poscia fu stabilito al servigio di Venere(e). Que
ta, che le si fosse allontanata dal suo servigio una Sacerdotessa, la
quale
oramai erale divenuta assai cara, fece all’improv
(d). (8). Glauco era un famoso pescarore della città d’Antedone, la
quale
trovavasi nella Beozia. Egli se ne stava lungo te
, li istruì della loro nascita, e della trista sorte di Melanippa, la
quale
dal giorno, in cui eglino nacquero, viveva per co
in Corinto Portuno aveva un altare, e una capella sotterranea, nella
quale
pure gli si sacrificava. Qualunque spergiuro, che
lori, e Flora da’ Latini, che divenne poi la Dea de’fiori(g), e della
quale
abbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una
li ebbe una figlia, di nome Alcione. Costei amò grandemente Ceice, il
quale
regnava nella Ftiotide, ed era divenuto suo marit
onvertita in uccello(c). Eolo ebbe un’altra figlia, detta Tanagre, la
quale
sposò Pemandro, figlio di Cheresilao, e visse sì
da’ Romani tenuta in somma vencrazione. Così fu chiamata da Tazio, il
quale
, volendo impadronirsi del Campidoglio, invocò que
pidoglio, invocò questa Dea, onde gliene aprisse l’adito ; nè sapendo
quale
ne fosse il nome, le impose il predetto dal verbo
u da Diomede fatto trasferite in una città del Territorio d’ Argo, la
quale
portò poscia il nome di Enea (a). (b). Rhod. 14
n si sa, se quel Callicrate, di cui si parlò, fosse quel medesimo, il
quale
fece un carro che si poteva nascondere sotto l’al
ava in onore di Erse la Festa Arreforia, di cui abbiamo parlato, e la
quale
perciò diceasi anche Erseforia d. (d). Athenag.
Sacerdoti si appellavano Comani dalla città del medesimo nome, nella
quale
trovavasi un tempio, eretto a questa Dea (h). Bel
Clepsidra, ossia l’orologio d’acqua, per misurare il tempo, oltre il
quale
non era permesso il perorare. Finchè si leggevano
egli Eroi erano d’ordinario circondate da un sacro bosco, appresso il
quale
trovavasi un altare, su cui i parenti e gli amici
prestavasi agli Eroi, consisteva in una pompa funebre, al tempo della
quale
si celebrava la memoria delle loro imprese(b). Il
e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e di Venere, il
quale
stava ivi appiattato, e li uccise. Sorpreso Cadmo
reggere all’ eccedente dolore(6). Autrice di que’mali fu Giunone, la
quale
non poteva mirare di buon occhio la felicità di C
iare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa, la
quale
, come abbiamo detto, avea la virtù di cangiare in
la rimirava. La vide Atlante, e tosto divenne sterminata montagna, la
quale
servì poi d’appoggio a tutto il Cielo(b). Perseo
gente e gli armenti. Que’ popoli ricorsero supplichevoli a Giove, il
quale
disse loro, che Nettuno si sarebbe placato, qualo
iti, Brotea e Orione, nati da Micala, famosa Maga della Tessaglia, la
quale
co’ suoi incantesimi più volte avea fatto discend
convertì pure in sassi tutti gli abitanti(d), e Poliderte stesso, il
quale
per invidia tentava di nuocere alla di lui glorio
el giuoco del Disco. A’ medesimi giuochi v’assisteva pure Acrisio, il
quale
alla prima notizia dell’arrivo di Perseo nel Pelo
lla bocca e dalle narici(6) Conveniva inoltre uccidere il dragone, il
quale
notte e giorno vegliava alla custodia del Vello d
piegare le vele a’ venti, fece ergere sulle spiaggie un’ara, sopra la
quale
vi sparse fiore di farina, mescolato con olio e m
a di Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figlia di Toante, la
quale
ivi regnava, e la rendette madre di due figliuoli
lino fossero i Pelasgi, di lui nemici, dichiarò loro la guerra, nella
quale
rimase ucciso da Giasone. Questi, appenachè ne ve
ropria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in compagnia di Medea, la
quale
aveva seco portato via una parte de’ paterni teso
(e). Indi fuggì da Corinto (f), e si recò in Tebe appresso Ercole, il
quale
aveva promerso di vendicarla, qualora Giasone le
ue figli, Ercole cioè, ed Ificlo, così Anfitrione, volendo conoscere,
quale
di que’ due fosse stato conceputo per opera di Gi
a fu l’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il
quale
era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo fac
. Lo incalzò quindi in guisa, che lo ridusse entro la sua caverna, la
quale
aveva due aperture. Dopo d’averne chiusa una, v’e
esi, ch’ Ercole siasi formata una veste della pelle di quel leone, la
quale
a guisa di glorioso trionfo portò indosso tutto i
appresso Molorco, vecchio pastore di Cleone, città d’Argolide, dalla
quale
il predetto leone fu da’ Poeti qualche volta dett
sì ad Ercole, che gli recasse il Cinghiale della selva d’Erimanto, il
quale
furiosamente desolava tutti que’ dintorni. L’Eroe
ò appresso il Centauro Folo, figlio di Sileno e della Ninfa Melia, il
quale
gli diede a bere certo vino, che apparteneva a tu
o stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la
quale
egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi co
tato contro Minos, fece sortire dalle acque un altro furioso toro, il
quale
mandava fuoco dalle narici, e desolava i dintorni
ice, che quella Regina fu uccisa da Ercole(e). Augia, re d’ Elide, il
quale
, mentr’era figlio di Forbante(f), fu creduto figl
pur morire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il
quale
era stato costretto a ritirarsi in Dulichio, perc
ette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Cane, di nome Ortro, il
quale
pure avea due teste. Ministro della crudeltà di G
ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio di Teodamante, re di Misia, il
quale
, come abbiamo detto, erasi annegato nel fiume Asc
, il quale, come abbiamo detto, erasi annegato nel fiume Ascanio. Sul
quale
proposito dicesi, che avendo l’ Eroe ricercato qu
cia Tinga, moglie d’ Anteo ; che n’ebbe un figlio, di nome Siface, il
quale
divenne re della Mauritania ; e che fabbricò una
le(e) e Ovidio(f) dicono, che coloro erano governati da una donna, la
quale
, per essersi creduta superinore in bellezza a Giu
hè lo aveano fatto, eddeva loro la testa. Gli fu condotto Dafnide, il
quale
sarebbe pure caduto vittima della di lui crudetà,
, erasi trasferito appresso Desameno, re d’ Olena, città d’ Acaja, il
quale
lo accolse molto amichevolmente, non solo perchè
eva una figlia, detta dagli uni Mnesimaca, e Ippolita dagli altri, la
quale
il Centauro Eurizione voleva sposare per forza. E
ornando sene da Trachina, vinse, ed uccise Cigno, figlio di Marte, il
quale
disputò secolui il premio della Corsa a cavallo.
alò d’una tazza d’oro. Ercole lottò ne’Giuochi Olimpici con Giove, il
quale
cravi comparso sotto la figura d’atleta. La zuffa
lmente ne fece consapevole l’Areopago. Fu subito arrestato il reo, il
quale
, posto alla tortura, restituì il furto. Per tale
onne Tracie l’ingresso del di lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la
quale
col mezzo de’ sogni manifestava i futuri eventi a
azione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio di Nettuno e di Celeno, il
quale
aveva ajutato Ercole a vincere le Amazoni, e aven
a punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberarsi dalla
quale
l’Eroe si portò a consultare l’Oracolo di Delfo.
ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il
quale
, essendo morto senza figli, la lasciò erede della
agari (c). Altri dicono, ch’egli la sposò, e che n’ebbe un figlio, il
quale
da Diodoro Siciliano si appella Lamo o Lamone (d)
sa traeva seco anche la cute. In tale misero stato vide egli Lica, il
quale
pallido e tremante stava nascosto nel cavo d’una
già la disprezzava (b) (31). Dicesi, che la famosa Colomba d’oro, la
quale
conferiva agli alberi la virtù di profetizzare, a
perchè ella celebrava là festa della Dea delle donne, al tempo della
quale
non era lecito agli uomini gustare alcuna cosa. P
i di un certo Crotone, uomo saggio, moderato, e ospitale, appresso il
quale
alloggiò Ercole, quando ritornò dall’ aver tolto
, re di Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuola, Etra, la
quale
gli partorì Teseo. Egeo, dovendo ritornarsene in
elvaggie, perchè temeva d’incontrare lo stesso fine di lui. Teseo, il
quale
già sospettava ch’ella si fosse colà ritirata, la
(c). Assicurò il cammino a Megara, ove trovavasi un certo Scirone, il
quale
obbligava i passeggieri a lavargli i piedi, e poi
inalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia di Ecta, re di Colco, la
quale
, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo
se ne invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il
quale
gli fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè
Nettuno, e diedero il nome di lui a tutto il mare circonvicino(a), il
quale
poi da noi oggidì chiamasi Arcipelago(b) (19). Te
lio, e scagliatala con tutta la forza, squarciò la fronte a colui, il
quale
cadde tutto asperso di sangue, ed esalò lo spirit
mentovata Arianna, stabilirono di procurarsene ciascuno un’ altra, la
quale
fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia di
ità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla
quale
nacque Esaco(c) (2). Lo stesso re poi sposò Ecuba
gli occhi del padre ; e così dicendo, vibrò contro Pirro un dardo, il
quale
però appena giunse a toccare lo scudo di lui. Il
tò il fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò di vita Patroclo, il
quale
gli fàceva resistenza. Il medesimo uccise Meneste
tore sposò Andromaca, figlia d’ Eozione, re di Tebe nella Cilicia, la
quale
era bella, coraggiosa, e molto amante del suo mar
le ceneri, e le rinchiusero bagnate dalle loro lagrime in un’urna, la
quale
poi collocarono in un sepolcro(d). Presso la tomb
ba, rimasta di lui incinta, sognò che aveva partorito una faccola, la
quale
poi arse tutta Troja. Gl’ Indovini, consultati so
a manifestarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il
quale
era scritto : si dia alla più bella . Tutte le D
ridusse tralle sole anzidette tre Divinità. Era difficile il decidere
quale
di loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto
e da Venere e da Anchise(a) (1). Fu allattato da una certa Caieta, la
quale
diede poi il suo nome ad una città, dove fu sepol
ore(g). Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il
quale
era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali
re di quelle genti, e sacerdote d’Apollo. Da questo Nume Enea ricercò
quale
strada dovea intraprendere. Gli fu risposto, che
cato sulle pelli delle sacrificate vittime, udì in sogno una voce, la
quale
lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui
comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel
quale
i Numi gli preparavano un vasto Impero. Il Trojan
il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didone, la
quale
eravi stata portata da una burrasca, mentre fuggi
, e Agamenonne dovette fitirarsi appresso Polifide, re di Sicione, il
quale
per timore di dispiacere a Tieste non volle accog
hiarò, che ciò avveniva, perchè Diana era sdegnata con Agamenonne, il
quale
avea ucciso una cerva, a lei consecrata. Proseguì
li di Atreo. Per accordare poi questa opinione coll’altra, secondo la
quale
si asseriva, ch’eglino erano figliuoli di Plisten
tutto il tempo del suo ministero. Questo durava un anno ; compito il
quale
, l’anzidetto scettro con certe ceremonie si trasf
levato nella Corre di Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il
quale
aveva sposato una sorella di Agamennone, chiamata
te, avvertito di ciò, voleva inseguirli ; ma lo trattenne Minerva, la
quale
gl’indicò essere il tutto avvenuto per volere deg
a quando i Greci deliberarono di muovere guerra a’Trojani, Tetide, la
quale
avea inteso da un Oracolo, che Achille sarebbe pe
tresì un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la
quale
era di valore sì grande, che uguagliava i più cel
mise pure a morte Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il
quale
era passato nel Campo Trojano per vagheggiare la
figlio di Telamone. Dopo tale fatto l’Eroe si lavò in una fontana, la
quale
trovavasi in Mileto, e fu poi chiamata Achillea.(
ra per desistere dall’impresa, quando una giovine di quella città, la
quale
avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle murag
ramai avea perduto la speranza di superarla. La figlia di quel re, la
quale
chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere
o, eretto ad Apollo in Timbra. Non appena v’entrarono, che Paride, il
quale
erasi nascosto dietro la statua del Nume, scoccò
ontro di Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la
quale
non era stata bagnata dallo Stige(a). Ovidio poi
ri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il
quale
pure era stato uno de’di lui più cari compagni(14
Altri dicono, che la conseguì mediante il maneggio di Tindaro(4), il
quale
volle così ricompensare Ulisse d’averlo consiglia
o(b) (6). Pausania dice, che Ulisse e Diomede annegarono Palamede, il
quale
stava pescando lungo le rive del mare(c). Ulisse
cro non poteva cadere. Uccise Democoonte, uno de’figli di Priamo ; il
quale
erasi recato da Abido a difendere Troja(d). Sapev
zione, Polifemo vi ritornò, e ne chiuse l’ingresso con una pietra, la
quale
non si sarebbe potuto smuovere da venti carri, ti
attignere acqua alla fontana d’Artacia. Ella era la figlia del re, il
quale
chiamavasi Antifate. Colei additò loro il reale p
sigliò di discendere nell’Inferno a consultare l’ombra di Tiresia, il
quale
per singolare favore di Proserpina conservava anc
e, a cui il Greco era ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla
quale
l’infelice si sostenne sulle onde. Nuotò egli due
e. Ordinò al suo coppiere, Pontonoo, di mescere olce vino ; bevuto il
quale
, Arete ricercò al Greco ospite chi egli era. Ulis
o, in cui Demodoco tratteneva i convitati colla soavità del canto, il
quale
avea ottenuto in dono dalle Muse in cambio della
iunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il
quale
era ritornato dall’avere peolungo tempo e in mezz
ssero. Anche in quella circostanza Ulisse fu assistito da Minerva, la
quale
gli apparve sotto la figura di Mentore, l’amico f
elli all’assedio di Troja. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il
quale
maneggiasse meglio di lui l’asta(a) ; e con tanta
ro sì alta stima del valore d’ Ajace Oileo, che nel combattimento, il
quale
ebbero dopo la di lui morte contro i Crotoniati,
i Afareo o Afarete, fondatore della città di Arene nella Messenia, la
quale
città egli così denominò da Arene, sua moglie, e
apì Talaira, e l’altro Febe. Da Castore e Talaira nacque Anagonte, il
quale
alcuni chiamano Anasi, ed altri Auloto ; e da Feb
mano Anasi, ed altri Auloto ; e da Febe e Polluce nacque Mnesinoo, il
quale
altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Cor
olluce virimase ucciso ; ma comunemente si riferisce, che Polluce, il
quale
per essere figliuolo di Giove era immortale, chie
izioner, lo precipitò appresso il Promontorio Geresto nel mare(5), il
quale
mare prese pol il nome di Mirtoo(d) (6). Istro la
dimento(f). Pelope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il
quale
era al di là dell’Istmo, e formava una parte cons
igliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la
quale
fu da Omero(a)nominata Epicastà. L’Oracolo d’Apol
rocurava di sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il
quale
dopo la morte di Lajo era salito sul trono di Teb
ricorse al suo genero, Adrasto, figlio di Talaone, e re d’Argo(1), il
quale
, collegato con Tideo(2), Capaneo Capaneo era nob
oi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della
quale
ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei
gnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il
quale
fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’
aldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, regina di Lenno(7), la
quale
stava allattando Ofelte, detto anche Archemoro, n
ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamente sacrificarsi a Marte, il
quale
mostravasi ancora sdegnato contro i Tebani, perch
se nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il
quale
preseriva alla stessa sua vita la salvezza della
al marito gli estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corpo, il
quale
era stato abbandonato ne’ campi, acciocchè diveni
i nella Gallia appresso Clastidio, fece voto d’inalzarne un altro, il
quale
poi dal di lui figliuolo dieci sette anni dopo fu
ortata sopra i Cimbri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il
quale
era sì unito con un altro, fabbricato all’ Onore,
ella, destra. E’pur necessaria al Prudente la sapienza, simbolo della
quale
è la luce. Quindi la Prudenza ha nella sinistra u
à un libro. Sopra di questo sta riposandosi una, Civetta, animale, il
quale
abbiamo detto essere sacro a Minerva, Dea della s
ll’onesto, e del ragionevole. Fortezza. La Fortezza è virtù, la
quale
ci fa incontrare ragionevolmente, e superave con
Merito. Il Merito è il diritto di lode o d’altra ricompresa, il
quale
nasce dall’aver operato qualche virtuosa azione.
lche virtuosa azione. Siede il Merito sopra erto e scosceso luogo, il
quale
esprime la difficoltà, con cui si giunge a merita
a figliuola, vindice acertima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la
quale
altri fanno figlia di Giove e della Necessità, ov
(e). La Giustizia si fa vedere in piedi sopra una pietra quadrata, la
quale
, essendo perfettamente eguale da ogni lato, indic
che non meritasse alcuna taccia l’essersi ella sposata ad un uomo, il
quale
cra stato già due volte Console, e colle sue illu
are la Statua di quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il
quale
riferisce, che gli Antichi risguardavano come don
nisce il beneficato al benefattore. V’è appresso di lei un’aquila, la
quale
, avendo fatto preda d’una Lepre, la tine sotto gl
a. E perchè niente v’è, che più rallegri, quanto la pubblica pace, la
quale
porta seco la maggiore felicità deglì Stati ; per
he voleasi indicare, che la verità è amica della luce chiarissima, la
quale
fa conoscere ciò ch’è, e dilegua le tenebre della
di oui cima v’ è un occhio. Quella e questo avvertono, che quegli, il
quale
riprende, dev’ essere circospetto ne’suoi detti.
. La Fede tiene colla destra una chiave, simbolo della secretezza, la
quale
il più delle volte deesi osservare da questa virt
io ò truce. Nella sinistra ba Egli l’Ippopotamo. Questo è animale, il
quale
, cresciuto nell’ età, uccide il proprio padre. L’
a, e di sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il
quale
di natura sua si compiace di se medesimo, e dispr
altro animale. Questo Vizio ha uno specchio, in cui si contempla : il
quale
atto vuol dire, che il Superbo si rappresenta bel
pensare. Il Lusso soventi volte è il sostegno della gente plebea, la
quale
, invencando nuove mode, dagli amatori di queste n
sorpresa, mentr’ella trattenevasi conun giovine, di nome Pteleone, il
quale
le avea regalata una corona d’oro per ottenerne c
i a se lo chiama, mette in vista la proprietà della Disobbedienza, la
quale
rendesi socda a’ comandi altrui. Arroganza.
fuoco, e ad ammorzare i lumi : lo che si conforma coll’ adulatore, il
quale
o accende negli animi altrui il fuoco delle passi
La faccia bella è indizio dell’apparenza delle parole adulatrici, la
quale
piate ; e la brutta indica i difetti, che dagli A
o anch’esse il continuo ciarlare. In cima del capo ha una Rondine, la
quale
, come la Cicala, sta in atto di cantare. Finalmen
ità nel luogo, ove fu atterrata la casa di Cicerone. Morto Nerone, il
quale
avea tenuto il Popolo Romano in crudele servitù,
presso la Porta Capena un tempio alla Fortuna per onorare Veturia, la
quale
colle sue lagrime fece, che il di lei figlio, Cor
l marito. V’ è però chi sotto questo nome riconosce un’ altra Dea, la
quale
riconciliava gli animi degli sposi, quando erano
liava gli animi degli sposi, quando erano in discordia tra loro, e la
quale
avea un tempio sul monte Palatino (d). In Anzio p
sovrana dispensatrice di tutti i beni. Nella destra ha un timone, il
quale
dimostra, ch’ella regge l’ Universo. Talvolta tie
d’ogni ricchezza. Dubbio. Il Dubbio è ambiguità dell’ animo, la
quale
deriva da opposti ed eguali motivi, riguardo al s
hitrovasi in dubbio. Timore. Il Timore è interna agitazione, la
quale
nasce dalla conosciuta probabilità d’incorrere in
con Cadmo v’andò pure in corosi d’ Europa Taso, figlio di Nettuno, il
quale
poi si fermò a fabbricare una città nell’ Isola,
o, realizzo la stessa immagine, e ne fece ua Astro, chiamato Toro, il
quale
forma uno de’dodici Segni del Zodiaco(b). L’opini
ede in moglie Stenobea, sua figliuola(d), da cui nacque Megapente, il
quale
regnò in Tirinto(e). (3). V’è chi dice, che le o
moglie una figlia di Pelope, detta Lisidice, che partorì Ippotoe, la
quale
rapita da Nettuno, e condotta nelle Isole Eschina
. (11). Alceo fu padre d’ Anfitrione e di Anasso, e avo d’Ercole, il
quale
da lui venne soprannominato Alcide(a). (12). Ele
a Minerva, e nato da Teofane, figlia di Bisalto, per avvicinarsi alla
quale
Nettuno aveala cangiata in pecora, ed egli erasi
tta da Ferecide Evenia(d), da altri Ofiusa, e da altri Iofosse(e), la
quale
partorì quattro figli, Argo, Fronti, Mela, e Citi
avevano indotto ; dìcono essi, le artifiziose petsuasioni d’ Ino, la
quale
studiavasi sempre dì far perire i figliuoli, nati
a’ suoi figliuoli. Ella manifestò il reo disegno alla stessa Ino, la
quale
sotto le sembianze di schia va aveasi conciliata
o bosco di Dodona(c), o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, appresso il
quale
eravi il tempio di Giove Dodoneo(e). La detta pro
(g). Altri soggiungono, che vi sottentrò Anceo, figlio di Nettuno, il
quale
, ritornato da Colco, regnò nella Ionia, dove spos
oltre il variare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la
quale
egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, var
ga ; e a tale opinione può favorire il silenzio di Diodoro Siculo, il
quale
, mentre minutamente riferisce tutte le circostanz
te poi nomina Absirto : silenzio, cui dà forza l’altro di Erodoto, il
quale
, parlando degli ambasciatori, spediti da’ Colchi
Diction. Mythol. (13). Tra’figli di Neleo si nomina Peticlimeno, il
quale
aveva conseguito da Nettuno, suo Avo, il privileg
figlia d’Arcturo, di nome Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il
quale
fu detto il monte di Borea, primachè prendesse il
ima moglie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia di Dardano, la
quale
lo persuase d’arcecare i figli, avuti da Cleopatr
ratsi nel tempio della Misericordia, erecto in Atene, sul modello del
quale
anche i Romani ne inalzarono un altro alla medesi
teo, e di propria mano gli recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la
quale
, dopo di averla insultata, ne strappò anche gli o
cogli altri Eraclidi, ma ne, fu impedito da Echemo, re d’Arcadia, il
quale
alla testa di alquante truppe marciò contro di lu
no de’ maggiori re di quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il
quale
dopo la morte di suo padre salì sul trono, e died
bbia ricevuto quella corona da Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la
quale
mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la qua
quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la
quale
, per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua
nel’ mare, e soggiunse all’ Eroe, che se voleva essere creduto tale,
quale
si asseriva, di nuovo a lui recasse il medesimo a
rdote di Bacco (d). In Nasso si celebrò una Festa, detta Ariannea, la
quale
non inspirava che tristezza e lutto, perchè essa
Labirinto, eseguì l’ Ormo, ossia la danza, inventata da Dedalo, e la
quale
consisteva nel formare un circolo, mescolato d’ u
che quel mare siasi denominato Egeo da Egea, regina delle Amazoni, la
quale
vi naufragò, mentre se ne ritornava in Africa, ca
Eurinomo ; e Licida, finirono di vivere. Era in fuga anche Greneo, il
quale
, voltatosi a guardare chi lo incalzava, rimase gr
1., Tacit. l. 16. (1). Figliuolo di Laomedonte fu pure Antenore, il
quale
, trasferitosi in Italia, fondò la città di Padova
enore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il
quale
era stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo
iro, chiamata poscia Caonia da Caone, fratello dello stesso Eleno, il
quale
, trovandosi secolui alla caccia, senza avvedersen
a avuto da quel re ; e allevando Polidoro, come su proprio figlio, il
quale
già era della stessa età ; fece passare Deifilo p
ggiungono, che Troilo, non avendo voluto corrispondere ad Achille, il
quale
teneramente lo amava, ne fu privato di vita nel t
Creusa si smarrì per istrada, mentre seguiva il suo marito, Enea, il
quale
erasi dato alla fuga. Enea, tostochè se ne accors
averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re di Misia, dal
quale
poi abbandonata, se ne ritornò appresso la sua fa
gj tesori. V’è un’altra Tradizione, riferita dallo stesso Erodoto, la
quale
dice, che Elena, essendosi imbarcata con Paride p
ò sotto i colpi di Menelao. Il di lui cocchiere chiamavasi Midone, il
quale
venne rovesciato e ucciso da Antiloco(d). Pilemen
lo pure fece sapere, che avrebbe perduto la vita quello de’ Greci, il
quale
fosse disceso il primo sulle Trojane rive. Protes
allontanarsi anche da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re di lolco, il
quale
parimenti ne lo purificò. Fu allora, che Astidami
claustre Diction. Mythol. (5). V’è chi dice, che il messaggiero, il
quale
riferì ad Enone, che Paride si faceva portare app
na pelle di cane, ovvero sotto quello di questo stesso animale(a), il
quale
simboleggiava la vigilanza, con cui si supponeva,
avendolo tralle braccia, correvano intorno al focolare della casa, il
quale
risguardavasi come un altare sacro agli Dei Lari.
intomo alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la
quale
nè gli recò alcun danno, nè si potè estinguere co
lla pietosa azione de’due fratelli (b). (7). Lesche, poeta Greco, il
quale
compose una piccola Iliade, dice, che Enea rimase
secrarono un bosco, e gli eressero un cenotafio in un promontorio, il
quale
fu poi detto Prementorio di Palinuro (a). (a).
a sì intrepida azione le acquistò il nome di Elisa parola Fenicia, la
quale
dicono significare donna forte (d) ; e fu in Cart
pi un’infinità di Frigj. Rimase uccisa da Arunte, soldato Trojano, il
quale
approfittò del momento, in cui ella stava per isp
na altro non era che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la
quale
fu nutrice di Giove. Comunque ciò sia, notiamo pe
ripilo, e rendevano grande onore al Nume, rinchiuso nella cassa, e il
quale
essi chiamarono Esimnete. Nove de’principali dell
prerogative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo, la
quale
era stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò
li allora operò, è questa : Achille, per vendicarsi di Agamennone, il
quale
, come piu diffusamente esporremo, aveagli tolto B
iù combattere. Prese Patroclo le di lui armi, eccettuatane l’asta, la
quale
per l’immenso suo peso non si poteva maneggiare c
te frutta avesse una certa ficaja, si trovò che il numero n’era tale,
quale
Mopso avea asserito. Interrogato poscia Calcante
ta che l’Ifigenia, sacrificata in quell’occasione, era una figlia, la
quale
Elena, sorella di Clitennestra, avea avuto da Tes
. Sofocle ci dà a divedere Crisotemide, come una giovine prudente, la
quale
seppe occultare agli occhi di sua madre il dolore
giovine Oreste, facendolo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il
quale
lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’
e in Brauron, Borgo dell’ Attica, eravi un’antica statua di Diana, la
quale
credevasi essere quella, che fu rapita da Oreste.
arne la memoria, fabbricò ivi una città, che denominò Canobo, e nella
quale
al momento della sua partenza vi lasciò tutti gl’
i distinse in valore, quando uccise Euripilo, figlio di Telefo(c), il
quale
erasi portato in soccorso di Priamo, perchè erasi
riamo, perchè erasi invaghito della di lui figliuola, Cassandra, e il
quale
aveva ucciso molti Capitani Greci, e tra gli altr
Neottolemo. Non avendo Ennione prole, divenne gelosa di Andromaca, la
quale
, come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo n
di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re di Misia in Asia, il
quale
la adotto per sua figliuola(d). Pausania dice, ch
to Principe trovavasi allora in guerra con Ida, figlio d’Afareo, e il
quale
voleva detronizzarlo. Teutrante promise la propri
mmortalità a condizione, che avesse avuto cura d’un capello d’oro, il
quale
trovavasi mescolato cogli altri della sua testa,
d’oro, il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa, e al
quale
era annessa la durata della di lui vita. Cometo s
piaga fu un effetto del morso di un serpente, mandato da Giunone, la
quale
, odiando implacabilmente Ercole, voleva punire Fi
che da Circe furono converti in porci, si nomina un certo Grillo, il
quale
volle rimanersene sempre porco(f). Si fa pute men
orco(f). Si fa pute menzione di un altro Greco, chiamato Elpenore, il
quale
riacquistò sì le sembianze d’uomo, ma avendo poi
itarono nel mare, nè più furono udite. Così si verificò l’Oracolo, il
quale
aveva predetto, ch’elleno perirebbono, quando un
a Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la
quale
Diodoro Siciliano chiama Glauce ; ed essendo mort
col. Graec. l. 2. (1). Da Tindaró e da Leda nacque anche Filònoe, la
quale
per favore di Diana divenne immortale, e fu una d
c). Pausania soggiuage, che Sparta eresse alle medesime un tempio, al
quale
erano consecrate certe donzelle, dette anch’esse
detto Mirtoo non da Mirtilo, ma da una giovine, chiamata Mirtone, la
quale
restò in quelle acque sommersa(f). Plinio poi pre
ò in esilio, ed eglino si ritirarono appresso Euristeo, re d’Argo, il
quale
, venuto a morte, lasciò ad Atreo la corona(b). Al
on avessero avuto uno de’ di lui ossi. Ne fu incaricato Filottete, il
quale
lotrovò in Pisa, ove Pelope, era stato sepolto. M
suoi discendenti avessero il privilegio di conservare quell’osso, il
quale
fu poi dedicato a Cerere(a). (b). Id. Ibid. (
suoi figliuoli, anch’ella si trafisse il petto colla spada stessa, la
quale
stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta
oi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della
quale
ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei
gnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il
quale
fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’
rtò pure molti premj l’ Atleta Evanoride d’Elide, nel Peloponneso, il
quale
poi divenne uno de’ Direttori e Giudici ne’ medes
ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamente sacrificarsi a Marte, il
quale
mostravasi ancora sdegnato contro i Tebani, perch
se nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il
quale
preseriva alla stessa sua vita la salvezza della
clia(c). (10). Adrasto implorò il soccorso di Teseo, re d'Atene, il
quale
obbligò i Techani, che permettessero i funerali d
ndata da Creonte(a). Dicesi inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il
quale
aspirava alle nozze di colei, non avendo potuto s
erò i Venti e le Stelle. Ceo con Febe produsse Latona ed Asteria, la
quale
congiunta con Perse fu di madre di Ecate. Giape
rigionò; che questi fu poi liberato, e rimesso nel regno da Giove, il
quale
vinse Titano coi fi gli; che avendo però Saturno
due facce: finalmente che sotto Saturno fiorì l’ età dell’ oro, nella
quale
, favoleggiarono i poeti che la terra tutto produs
egli a sostenere. La prima, secondo Esiodo, fu contro i Titani, nella
quale
ci venne soccorso da Collo, Gige, e Briareo; cui
do inteso da Urano, e da Gea, che nascere da lei doveva un figlio, il
quale
sarebbe stato re degli uomini, e degli Dei, tolse
emole figlia di Cadmo ebbe Bacco; da Alcmena moglie d’ Anfitrione, la
quale
egli ingannò assumendo la sembianza dello stesso
in serpente per Doreida, in aquila per Asteria sorella di Latona, la
quale
però da esso fuggì trasformata in quaglia. Finalm
azioni, ma che realmente per la pioggia d’ oro intendersi deve l’ oro
quale
Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la na
custodi di Danae, pel toro la nave avente l’ insegna del toro, colla
quale
rapì Europa, per l’ aquila un’ egual nave portant
e ec. Rappresentavasi Giove in aspetto maestoso, con folta chioma (la
quale
agitando facea, secondo Omero, tremar l’ Olimpo),
esti formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella
quale
colse i due amanti, e gli espose alla derisione d
nome di Quirino. Figlio di Marte, secondo Esiodo, fu anche Cigno, il
quale
fu poi ucciso da Ercole nella Focide in occasione
Marte già si è detto Ma oltre a questo amò ella Anchise Troiano: del
quale
concepì Enea, e soprattutto amò perdutamente il g
o sposo, punte da invidia le fecer credere eh’ ei fosse un mostro, il
quale
alla fine avrebbela divorata. Psiche per accertar
li destatosi al dolore fuggi sdegnato, seco a volo traendo Psiche, la
quale
presolo per un piede cercava in vano di trattener
endo le sembianze di Eurinome. Clizia scoperse il fatto ad Orcamo, il
quale
fece seppellir viva Leucotoe che poi da Apolline
a pestilenza mandarono in Delfo a consultare l’ oracolo di Apollo, il
quale
rispose, che conveniva condurre Esculapio da Epid
innalzarono templi, in cui rappresentavasi con un bastone in mano, al
quale
era un serpente attorciglialo; e gli s’ istituiro
lenza, e Nettuno coll’ inondazione, e col mandar un mostro marino, al
quale
Laomedonte per ordine dell’ oracolo dovette espor
a tutti palese. Una tenzone di altro genere ebbe Apollo con Forba, il
quale
impossessatosi del cammino di Delfo vietava che a
ci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia di Licaone, la
quale
erasi lasciata sedurre da Giove, che per ingannar
. Ella mandò a disertar le campagne calidonie un terribil cignale, il
quale
ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma
i lui medesimo. Imperocchè nella caccia, che a quello diedesi, e alla
quale
concorsero i principali Eroi della Grecia, essend
erra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e di Maia, dal
quale
e da Penelope alcuni pretesero nato il Dio Pane;
l caduceo; vale a dire una verga attorcigliata da due serpenti, colla
quale
dice Omero, eh egli chiamava il sonno su gli occh
fferivasi mele, vino, e latte, e sacrificavasi il capro, il morso del
quale
cosi nocevole vico riputato alle viti. In Roma le
o Trittolemo con portentosa prestezza, ebbe Celeo curiosità di spiare
quale
magìa usasse Cerere con lui la notte, e veggendol
e, al dir di Ovidio, spedì quindi nel Caucaso a ricercare la Fame, la
quale
assalì Erisittone per modo, e così insaziabile di
faceva ogni anno alle calende di Marzo rinnovando il fuoco sacro, il
quale
nell’ uno e nell’ altro caso portavasi da una Ves
i rese allor quando mirò trafitta da Cibele la ninfa Sangaride, colla
quale
violato egli avea il precetto di castità impostog
re. Ma non potè vincere quella di Siringa figlia del fiume Ladone, la
quale
da lui fuggendo in riva al fiume paterno fa cangi
itto il violare. La sua figura a principio non era che una pietra, da
quale
segnava il confine tra un campo e l’ altro, ma in
vere nell’ atto che la conduceva all’ inferno per ordine di Giove, il
quale
le aveva prima tagliata la lingua in pena di aver
Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmoneo e moglie di Creteo, la
quale
ingannò assumendo la forma del fiume Enipeo, ebbe
no era Proteo figliuolo dell’ Oceano e di Teli figlia della terra, il
quale
da Nettuno avea per ricompensa ottenuto da previs
ro Forco da Cicerone si accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il
quale
, die’ egli, fu re di Corsica e di Sardegna, e vin
mmerso, fu detto poi da’ compagni cangiato in Dio marino.. Glauco, il
quale
alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba,
io di Forco e della ninfa Cratea. Fu amata perdutamente da Glauco, il
quale
ricorse a Circe per ottenere da lei qualche incan
sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare, e dalla
quale
poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato col fu
i credevansi dell’ agricoltura e delle leggi; Iside di lui moglie, la
quale
i Greci pretendeano esser la figlia d’ Iliaco da
Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso, nel
quale
chiudevansi tutti i mali. Accolse Epimeteo lietam
caso, e mandò a rodergli le sempre rinascenti viscere un avoltoio: il
quale
tormento Prometeo soffrir dovette, finchè da Erco
Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il
quale
era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato i
n varie forme avea pure Acheloo figlio dell’ Oceano e della Terra, il
quale
venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia d
liuola di Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina di Litia, la
quale
abusando dell’ impero sovra di lui acquistato, il
in isposa Ebe figlia di Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla
quale
pur conseguì che Gioluo figlia d’ Ificlo e suo co
ella Puglia, ed ivi raccolta da’ pescatori e recata al re Pilunno, il
quale
sposata Danae, da cui ebbe Dauno (che trasferitos
di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al re Polidette, il
quale
, allorchè Perseo fu cresciuto, di lui temendo, co
targli il capo dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il
quale
per la sua altezza si disse poi sostenere il ciel
olo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua figlia dalla
quale
Bellerofonte ebbe Issandro, Ippoloco e Leodamia,
i credersi cangiate in vacche, e ne furono poi guarite da Melampo, il
quale
sposò una di esse, e diede l’ altra a Biante suo
o non l’ avean recinta: e queste furono poi fabbricate da Anfione, il
quale
secondo le favole al suon della lira trasse le pi
one figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il
quale
usurpato avea il trono di Tebe. Questi vedendola
trono di Tebe. Questi vedendola incinta la ripudiò, e prese Dirce, la
quale
temendo che Antiopi tornar potesse in grazia del
pastore di Polibio re di Corinto, e portatolo, alla regina Merope la
quale
ne prese cura, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chi
e. Ma sopravvenne in Tebe alcuni anni dopo un orribile pestilenza, la
quale
, disse l’ oracolo di Delfo su ciò consultato, che
ita si appiccò da se stessa; poi datosi ad un volontario esiglio, nel
quale
la figlia Antigone volle accompagnarlo., andò a m
ella guerra finirono colla; loro morte. Perciocchè avendo Creonte, il
quale
prese il governo di Tebe, vietato che gli Argivi
, animandolo alla grande impresa della conquista del vello d’ oro, il
quale
veniva riputato come sicuro pegno della prosperit
posta riva n’ andò col montone a Coleo; dove sacrificollo a Giove (il
quale
poi lo trasportò in cielo nel segno dell’ ariete)
a e di Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi aggiugne ancora Teseo, del
quale
altri tacciono: e unito crasi ad essi ancor Ercol
or balìa, uccisi avevano tutti gli uomini. La regina Issipile però la
quale
meno inumana delle altre salvata avea furtivament
l vello. Giasone ebbe l’ arte d’ innammorare Medea figlia di Eeta, la
quale
essendo maga gli fornì l’ erbe incantate, onde do
si Giasone del vello d’ oro, se ne parrì coi compagni è con Medea, la
quale
prevedendo che dal padre sarebbe stata inseguita,
Chirone nacque da Fillira figlia dell’ Oceano congiunta a Saturno, il
quale
sorpreso dalla moglie Rea, per occultarsi, cangio
de gli furon dati ad allevare. Fu anche dottissimo in medicina, nella
quale
ammaestrò Esculapio affidatogli da Apollo; e la c
ote del primo ebbe in moglie Pasifae figlia del Sole e di Perseide la
quale
furiosamente innamoratasi di un toro, partorì il
esse innammoratosi recise al padre addormentalo un crine purpureo, al
quale
era annesso il destino di Nisa, per la qual cosa
cui dava nel laberinto fabbricato da Dedalo in pasto al Minotauro, il
quale
fu poi ucciso da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessio
e, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il
quale
mostrava di voler superarlo (perciocchè giunto da
Piritoo. Teseo nacque in Trachine da Etra figlia del re Pitteo, la
quale
congiunta prima a Nettuno si unì poscia ad Egeo,
sura del letto. Vuolsi pure che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il
quale
vietava di seppellire gli Argivi morti in quella
e Amazoni, ebbe da esso Ippolita, o come altri dicono, Antiopa, dalla
quale
nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia
esta Proserpina fosse moglie di Edoneo re dell’ Epiro, per toglier la
quale
essendo andati Teseo e Piritoo, il primo fu uccis
Ippolito le sue vendette. Nettuno spedì perciò un mostro marino, dal
quale
i cavalli che traevano il cocchio d’ Ippolito lun
e nell’ Elide, ove a quel tempo regnava Enomao padre di Ippodamia, la
quale
perchè bellissima, e perchè unica ed erede del re
endenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel
quale
egli era abilissimo, colla condizione, che se tal
rtilo cocchier di Enomao a porre al cocchio di lui un fragil asse, il
quale
essendosi spezzato nel corso precipitò E nomao ch
cangiato in sasso. Era stato predetto dall’ oracolo, che il primo, il
quale
fosse sceso sul lido di Troia, sarebbe perito. Ci
lia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome di Criseide, la
quale
nella divisione della preda fatta da’ Greci nella
a di Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanza di Nettuno al
quale
Achille aveva ucciso il figlio Cigno, atterrandol
di che non sapendo i Greci decidere, chiesero a’ Troiani prigionieri
quale
dei due avesse a Troia fatto più danno, e avendo
sero Deifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride, il
quale
era educato per man di Pirro, a quello era stata
ade, la Dea irritata suscitò contro di esso una fiera burrasca, dalla
quale
ben fu campaio per opera di Nettuno sopra lo scog
ntitolò pur Salamina. Diomede, secondo Omero, in una battaglia, nella
quale
gli Dei medesimi vollero prender parte, ferito av
he delle mandre del Sole; per cui questi irritato ricorse a Giove, il
quale
alla loro partenza fulminando la nave li fè andar
lo, e spedito con ricchi doni sicuro in Itaca sopra una loro nave, la
quale
da Nettuno sdegnato fu poi al ritorno cangiata in
ope per ispirazione di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il
quale
coll’ arco di Ulisse scagliar sapesse uno strale
r velarne l’ altare, vide da essi gocciolar sangue, e udì una voce la
quale
gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio
estore a titolo di consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, del
quale
dissimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui
one vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tirto, il
quale
ucciso aveale il marito, approdata era non molto
ramantide, che era stato prima da lei rifiutato, ricorse al padre, il
quale
spedì Mercurio ad intimare ad Enea di lo sto part
ell’ arpia Celeno. Spedì adunque Oratorio a Latino re di Laurento, il
quale
ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre di dove
e per disturbar queste nozze chiamò dall’ inferno la Furia Aletto, la
quale
accitò prima Amata moglie del re Latino a nascond
cco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al
quale
Lavinia era stata innanzi promessa; e finalmente
soccorso ad Evandro figlio di Mercurio e di Carmenta o Nicostrata, il
quale
, come si è detto, partito di Arcadia per avervi d
toscano Arunte, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa di Diana, alla
quale
Camilla era consagrata, Enea innoltrandosi venne
lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla
quale
congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fond
rono a farsi guerra tra loro. Seguì da ultimo l’ età del ferro, nella
quale
inondarono tutt’ i vizi, Da questi irritato Giove
percuote di nuovo, e ritorna uomo. Nata contesa fra Giove, e Giunone,
quale
de’ due sessi provi piacer maggiore, la decide co
a madre di Meleagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al
quale
la vita di lui era annessa, ed ei muore consunto
re la figlia Esione. Parte I. Capo X. Esione è liberata da Ercole, il
quale
frodato egli pure de’ promessi cavalli, espugna T
solito solleva una zolla pesante, cui vede cangiarsi in fanciullo, al
quale
dà il nome di Trage; e questi, divien poi ivi il
nde in aperta campagna, o in qualche luogo elevato era l’ altare, sul
quale
agir Dei rappresentati da un sasso informe o da’
are del vino (o in mancanza di esso dell’ acqua) in onore del Dio, al
quale
sacrificavasi. Usavasi pure ne’ sacrifìci l’ ince
la vittima; e gli Aruspici si dissero istituiti da Tagete Etrusco, il
quale
si favoleggiò esser nato da una grossa zolla di t
ciò destinati, e disponevansi in versi. 4. L’ oracolo di Trofonio, il
quale
rendevasi in una caverna presso Lebadea città del
arlo dopo varie preparazioni entrar facevasi in questa caverna, dalla
quale
uscendo riferiva quanto vi aveva udito e veduto a
nella Libia. Presso i Romani la più famosa era la Sibilla Cumana, la
quale
si disse che offerse al re Tarquinio superbo una
5. il salto o all’ insù, ovvero orizzontalmente; 6. il pugilato, nel
quale
combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’ cesti
i ad essi allusive, e la descrizione dei loro attributi, del modo col
quale
erano adorati, delle cerimonie sacre, dei templi,
magine commoventissima dell’amor coniugale ; e la favola d’ Orfeo, il
quale
colla soavità del canto mansuefaceva le tigri e s
ani chiamarono Caos quella congerie di cose casuale ed informe, nella
quale
immaginarono confusi tutti gli elementi della nat
rmò il cielo, dimora degl’immortali, il fuoco e l’ aria in mezzo alla
quale
restò sospesa la terra circondata dall’ acqua ; e
te, Ogni soave e delicato frutto Dava il grato terren liberamente ; E
quale
egli venia da lui produtto, Tra sé il godea la fo
6. È rappresentato in sembianze di giovine con una bacchetta in mano,
quale
Dio tutelare delle strade, e con una chiave per a
la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel
quale
era celebrata la sua festa con offerte di datteri
uanto posso, al fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio, nel
quale
Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio. Chè
di Galli in latino, da Gallus, fiume di Frigia, bevendo l’ acqua del
quale
si fingevano furibondi a segno di lacerarsi il co
var la terra e di seminare il grano ; sicchè gli antichi l’ adorarono
quale
Dea dell’ agricoltura, e più specialmente delle m
econdi non denotassero mollezza ; ma sì v’era ammesso il papavero, il
quale
conciliando il sonno a Cerere aveva dato tregua a
ola sembra che i poeti volessero indicare la prepotenza dispotica, la
quale
si studiava di tenere oppressi coloro che, illumi
ra, le regalò un vaso chiuso, con l’ordine di recarlo a Prometeo ; il
quale
, prevedendo qualche inganno, respinse Pandora ed
asmutò in toro per rendere immortale Europa figlia del re Agenore, la
quale
partorì Minosse (228) e Radamanto (230) ; prese l
figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la
quale
fu madre di Castore e Clitennestra (441), di Poll
iove era talvolta rappresentato sotto le forme d’ariete, le corna del
quale
sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più son
a. Comunemente gli immolavano la capra, la pecora e il toro bianco al
quale
crano indorate le corna ; ma spesso si limitavano
, celebre architetto e inventore della nave degli Argonauti (452), il
quale
aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquant
; l’ambiziosa regina degli Dei non volle esser da menò del-marito, il
quale
aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò
ne amò tanto questa sua confidente, saggia e docile giovinetta, dalla
quale
riceveva sempre buone nuove, che per ricompensa l
o uccise ; e la pelle del mostro servì poi a ricoprire il tripode sul
quale
sedeva la Pitia o Pitonessa (122) per dare gli or
oria gli fu amareggiata dalla morte del figliuolo Esculapio (289), il
quale
aveva fatto molti progressi nell’arte della chiru
rata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’era considerato
quale
Dio. Infatti aveva fin reso la vita ad Ippolito (
r cagione dei mostri marini ; ma Giove, reputando questa risurrezione
quale
oltraggio alla divina potenza, e istigato da Plut
to re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e fin d’allora fu onorato
quale
Dio dei pastori. Soggiornando poi in quelle campa
itone nacque Memnone (Memnésthai, rammentarsi, gr.), re d’Etiopia, il
quale
militò con Priamo (587) nella guerra di Troia, e
a un carro tratto dal Pegaseo (124), perch’ella è amica dei poeti. E
quale
, annunziatrice degli albori, L’aura di maggio muo
incendio nel littorale d’Italia, immaginarono una caduta del sole, il
quale
ad essi pareya che tramontasse in Italia posta al
i che Febo n’avesse ceduto il reggimento al suo figliuolo Fetonte, il
quale
per l’imperita età mal resse il commesso freno. »
ti costumi ne fecero un animale caro ai poeti ; e da essi ebbe culto,
quale
uccello sacro ad Apollo, alle Muse ; indi i poeti
li che insegnò a sonare la lira ad Orfeo (469) e ad Ercole (364) ; il
quale
Ercole, se volessimo credere alla favola, offeso
rno a chi dovesse possedere la ricca preda, consultaron l’oracolo, il
quale
ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più s
ù savio di tutta la Grecia. Allora lo recarono al filosofo Talete, il
quale
, oltre al sapere la geometria, la fisica e l’astr
saviezza e per dottrina. Periandro offerse il treppiede a Solone, il
quale
riponeva la vera ricchezza nella virtù, solo teso
ro animo i precetti della morale. Quindi lo adorarono particolarmente
quale
Dio della poesia, della musica e delle belle arti
Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re di Frigia, nel
quale
non si sapeva se fosse maggiore la ricchezza o l’
o, e far libazioni d’olio e di latte, queste in memoria del tempo nel
quale
fece il pastore, quelle perchè l’olivo, fedele al
e notti. Quindi il cigno si riferiva anche alla tenera armonia con la
quale
supponevasi che questo volatile cantasse la vicin
amati figli del Sole, gli aveano consacrato uno smisurato colosso, il
quale
contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era
ato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel
quale
di notte tenevasi accesa la fiamma che serviva di
via loro re ordinò d’atterrare la statua per venderla ad un ebreo, il
quale
ne fece trasportare i pezzi sopra 900 cammelli. U
re Mausolo suo sposo. Questo monumento prese il nome dal principe del
quale
conteneva le ceneri ; e ancora diamo lo stesso no
nitalis od Illitia dal greco, perchè al pari degli Efesj la onorarono
quale
mistica immagine della genitrice Natura. 139. Tut
142. Diana in terra s’era dedicata alla caccia ; e perciò l’adoravano
quale
Dea dei cacciatori ; e andava scorrendo i boschi
destra tenga una face ardente, con la sinistra un arco allentato, il
quale
, secondo Claudiano, è di corno, e secondo Ovidio,
vagheg gia quelle cose vane ; ma Giove si tolse con sè il bambino del
quale
Semele era incinta, e lo custodì fino al momento
in folla e furia i Tebani, e invocando Bacco nei loro bisogni : E
quale
Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè di notte fur
tori d’antiquaria suppongono che Bacco sia la stessa cosa che Noè, il
quale
piantò la vite, e insegnò agli uomini a fare il v
Mercurio, figliuol di Giove e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla
quale
fu consacrato il mese di maggio, nacque in Arcadi
ra le altre, quella della palestra, incominciamento di ginnastica, la
quale
è utilissima a incivilire gli uomini ed a mantene
musica e per la parola, industrioso, commerciante, educatore, segna,
quale
uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale,
ore, segna, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e
quale
Dio era il più affaccendato di tutti, poichè avev
iove (28) ; ma questa è una bizzarra allegoria della prontezza con la
quale
Mercurio seppe anche da giovinetto cattivarsi l’a
. Siechè Mercurio, per calmarne la collera, gli regalò la lira, della
quale
era già reputato inventore. Questa lira fu format
n matrimonio con Penia Dea della povertà, che nello stesso giorno nel
quale
celebravano in cielo la nascita di Venere, era ac
è a povertà ; chè anzi si accompagna principalmente con la carità, la
quale
santifica gli affetti ispirati da lui. Saffo (177
ri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio di Celo e della Terra, il
quale
sposò Teti o Tetide, tenuta parimente qual Dea de
ra un’ urna di dove scaturisce l’acqua che è la sorgente del fiume al
quale
presiedono. 195. Proteo nacque dall’Oceano e da T
ome. 199. Tra gli Dei marini non è da passare sotto silenzio Eolo, il
quale
aveva il potere di sollevar le onde e d’eccitar l
e della ninfa Naiade, fu celebre pescatore d’Antedonte in Beozia ; il
quale
, posati che ebbe un dì alcuni pesci sopra certa e
dere ; sicchè egli andò a lagnarsene con Circe (575), famosa maga, la
quale
avvelenò la fontana dove Scilla solea bagnarsi. A
iglia ebbe da Nettuno il ciclope Polifemo (273) e quella Scilla della
quale
abbiamo già parlato (202). Credono che da Forco f
resso il lago Averno esistesse una via per discendervi, quella per la
quale
Enea fu condotto dalla Sibilla Cumana (665) : Er
ronte. 221. Lo Stige era un « tristo ruscello con acqua buia » dalla
quale
esalavano mortiferi vapori, e che per nove volte
e giustizia che ebbe l’onore di tener nell’Inferno la bilancia con la
quale
eternamente libra il vizio e la virtù. Eaco ebbe
e ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore di quello al
quale
si volevan sottrarre. Infatti presso la città di
erra (25), e secondo altri del Caos (22). Sposò l’Acheronte (218) dal
quale
ebbe le Furie (232) ; da sè sola concepì la Morte
o verso la notte ponendogli dietro fra le gambe una grande stella, la
quale
fosse quella di Venere, per chè Venere e Fosforo,
l’Ariosto nell’Arabia. Dovunque si sia, basta che si finga un monte,
quale
se ne può immaginare uno, dove siano sempre teneb
a fanno un ramo della Letea. Dentro questa concavità sia un letto, il
quale
, fingendosi d’esser d’ebano, sarà di color nero,
re prima i Giganti (65), schiacciati sotto il peso del monte Etna, il
quale
, a motivo dei suo cratere ignivomo era preso per
mpì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio Fu di voler,
quale
il Tonante in cielo, Tonar quaggiuso e folgorare
li neri. Nell’Inferno siede sopra un trono di bronzo, sui gradini del
quale
stanno tutti i flagelli che affliggono l’umanità.
i ne hanno segnalati parecchi ; ma il più celebre è quel de’Greci, al
quale
sono state attribuite le alle gesta e le avventur
la Dea della Sapienza. 263. Se vogliamo considerare Minerva solamente
quale
Dea della guerra, ella prende allora il nome di P
ale Dea della guerra, ella prende allora il nome di Pallade, sotto il
quale
era principalmente adorata nella città di Troia ;
tribuita la scoperta della scrittura, della pittura e del ricamo, nel
quale
riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia di
lla Dea ; essendochè, dicono fosse superata ella stessa da Aracne, la
quale
ne menò troppo vanto ; ed allora Minerva indispet
era una corazza coperta con la pelle di un mostro chiamato Egide, il
quale
vomitava fuoco, e fu da lei ucciso. Su questa div
e onorata ad Atene dove aveva un magnifico tempio, sotto l’altare del
quale
era nutrito un serpente a lei sacro, perchè quest
j, ne mitiga gli affanni, e consiglia un amor puro e casto, senza del
quale
non è vera dolcezza sopra la terra. Ma Polinnia
ali per sottrarsi agli oltraggi di Pireneo re della Focide, presso il
quale
avevano sperato di trovar ricovero da un improvvi
ravano le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla
quale
era stato costruito il suo tempio. Credevasi che
e nipote di Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia di Giano, la
quale
fu cangiata in voce, per esser troppo ciarliera.
un figliuolo chiamato Sterculio stercus, concio, ingrasso, lat.), il
quale
inventò l’arte di concimare la terra. Fauna dopo
questo modello delle vedove, e le alzarono un tempio, i sacerdoti del
quale
distribuivano al popolo erbe o semplici per curar
un ritegno al mal fare. Ma convien che sia molto rozzo quel popolo il
quale
ha bisogno di tanti vigilatori. Siccome la coscie
an chiamati Sileni ; e l’anziano tra di essi è il balio di Bacco, del
quale
abbiamo parlato ragionando di questo Dio (146). N
ria d’una singolare sfida di canto seguita tra lui e un somaro, nella
quale
il quadrupede, indispettito d’esser rimasto perde
mente una capretta o un agnello. La festa finiva con un banchetto nel
quale
il pastore più vecchio faceva una patetica invoca
Creusa (608) e da Julo, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il
quale
sosteneva con le sue mani il sacro incarco de’san
(254), che è cieco, fosse guidato dalla Fortuna egualmente cieca, la
quale
dipende dal cieco Destino (24), se la instabilità
le sue proprie leggi, cedendo alla voce irresistibile dell’amore ; ma
quale
sovrana dei mortali non volle sottoporre il suo c
te alle tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara nel Campidoglio, sulla
quale
deponevano una spada prima di partir per la guerr
aglia, e governava i popoli con tanta saviezza, che fu quindi onorata
quale
Dea della Giustizia. La favola aggiunge che Giove
una mano le bilance, simbolo dell’equità, e nell’altra una spada, non
quale
istrumento di vendetta o di violenza, ma per indi
inni, figlia della Notte, éra una Dea autrice d’immensi guai, ed alla
quale
venivano attribuite le cause di guerra e le irate
e ec. Ella in compagnia di Bellona, si caccia innanzi la Paura per la
quale
i sette Capitani (Eschilo) giurarono a Tebe la ru
iaccola, e con l’altra mano strascinava per la zazzera un giovane, il
quale
, elevando le mani al cielo, chiamava ad alta voce
tti venia il Pentimento colmo di dolore, rinvolto in lacero bruno, il
quale
, addietro volgendosi, scorgea venir da lungi la V
ia di Temi (337) e sorella della Temperanza, senza la compagnia della
quale
non può sussistere. La rappresentavano sotto l’em
levata prima di lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il
quale
dimostri di batter l’ali e di cantare. E tutto qu
cchio in guisa tal lucente, Che l’imagine mostra d’ogni oggetto, Non
quale
ei sembra, ma qual è in effetto. In questo se tal
figura di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo della
quale
era scritto : La morte e la vita. Il primo sentim
tto della ragione, che si matura nel corso della nostra estate, e del
quale
godiamo nel nostro inverno. Felici coloro che lo
I Romani ci hanno lasciato un altro gentile emblema della Fedeltà, il
quale
consiste in due vergini che pigliandosi per la ma
(466) e la Chimera (465). Dal rimanente nacque il cavallo Pegaseo, il
quale
, percuotendo la terra, ne fece scaturire la fonta
si dell’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per rimetterlo sul trono, dal
quale
era stato scacciato da Preto (462) suo fratello ;
I Tebani con armi alla mano erano accorsi in aiuto di Anfitrione, il
quale
al primo romore, col pugnale sguainato s’era quiv
iresia (660), che vaticinando presagiva il fato del grau fanciullo il
quale
giacea nella culla. Era egli figurato pieno di sp
nfidandosi che alla fine vi sarebbe perito. Questo severo comando, al
quale
per voler del Fato Ercole non poteva disobbedire,
are in lui l’età più pericolosa della nostra vita ; quella cioè nella
quale
, essendo liberi di noi ed in tutto il vigore dell
te, Purg. c. IV.) E da ciò ha origine la favola d’Ercole al bivio, il
quale
, sdegnando Venere, e seguitando Minerva, meritò (
iando da sè medesimo alcuni alberi sul monte Eta, s’ alzò un rogo sul
quale
finì la faticosa vita. Ma ingiunse prima a Filott
aggiormente il nome di questo fanciullo. 401. Rappresentano Ercole
quale
uomo forte e robusto, con rilevata muscolatura e
ria origine, andò a rintracciarlo. 405. Ma prima di darsi a conoscere
quale
erede del trono d’ Atene, risolse di mostrarsene
e ossa, facendone un sacrifizio a Giove (63). 411. Anche Procuste, il
quale
commetteva crudeltà orrende nell’ Attica, soggiac
i denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più odioso il nemico al
quale
dovevano pagarlo, se ne saranno lagnati, quasichè
quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo di filo, mercè del
quale
potè ritrovare la via, ed uscire dal Laberinto do
to procacciasse un’ altra moglie al compagno. Elena toccò a Teseo, il
quale
si propose di scendere con Piritoo all’ inferno p
no figli d’ una bellissima donna dell’ Etolia, chiamata Leda (74), la
quale
ebbe due mariti : Giove che fu padre di Polluce e
che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta dal
quale
ebbe Castore e Clitennestra (532). I figliuoli di
a Linceo e Ida. Sostennero contr’ essi un ostinato combattimento, nel
quale
Castore restò ucciso da Linceo che pur cadde sott
ti. 448. Giasone ebbe per padre Esone re d’ lolco in Tessaglia, al
quale
era stato tolto il trono da Pelia fratello ; ma q
possesso del Vello d’ oro. 88 451. Giasone, essendo nell’ età nella
quale
più ferve l’ amor di gloria, colse avidamente l’
. Tutti questi prodi salirono sopra un naviglio a cinquanta remi, del
quale
Minerva stessa aveva dato il disegno. Il legname,
remi, del quale Minerva stessa aveva dato il disegno. Il legname, col
quale
fu costruito, era stato preso sul monte Pelio e n
o di tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), la
quale
per voler di Giunone e di Minerva protettrici del
ver predato il tesoro, Giasone fuggì da Colco insieme con Medea, alla
quale
non rimaneva altro scampo che la fuga per sottrar
ficato. 458. Cotanta infedeltà spinse al furore la malvagia donna, la
quale
, dissimulando lo sdegno, perseguitò la rivale, e
quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe figlia di Cadmo, dalla
quale
ebbe Atteone (138). Dopo la sventurata morte di q
ere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa donna
quale
arte ella debba avere insegnato ai Greci. 490. Si
che la Sfinge fosse una fanciulla presuntuosa, figliuola di Laio, la
quale
sdegnata per non aver parte alcuna negli affari d
e, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia di Tindaro, dalla
quale
ebbe due femmine, Ifigenia ed Elettra, e un figli
approdavano. Allora fu vista una generosissima gara d’amicizia, nella
quale
ambedue i giovani amici volevano dar la vita l’un
e dello Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè nel calcagno pel
quale
lo teneva sospeso. Quindi gli dette per precettor
ospeso. Quindi gli dette per precettore il centauro Chirone (430), il
quale
, al dir della favola, lo alimentò con cervello di
l’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col
quale
aveva additata la tomba d’ Ercole, e vi produsse
trojani ; e finalmente ferir Marte (255), e la stessa Venere (170) la
quale
scendeva in soccorso d’ Enea, e non potè salvarlo
rano Omero e Pindaro del figliuolo di Nestore, chiamato Archiloco, il
quale
sotto le mura di Troja sacrificò la sua per salva
hi.) 566. Dal sangue d’ Ajace spuntò un fiore simile al giacinto, sul
quale
paiono impresse le due prime lettere del suo nome
fo (521), figliuolo d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la
quale
impresa era di difficile riuscita, essendochè a q
rte del corpo, e per consultare il famoso indovino Tiresia (660), dal
quale
, nell’udire le nuove disgrazie che lo minacciavan
vè perire sventuratamente per effetto delle frodi di Ulisse (568), il
quale
, per vendicarsi d’esserne stato tratto all’eserci
chi. Presala seco, la menò alla corte di Polinestore re di Tracia, al
quale
Priamo aveva dato in custodia Polidoro il minor d
a quella d’Ettore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’Achille, il
quale
con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. I
Paride. 597. Paride era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la
quale
essendo incinta di lui sognò d’aver nel seno una
rve in mezzo a una nube, e lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro sul
quale
era scritto, per la più bella. Ecco subito tutto
a fuga piena di rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la
quale
indi gli apparve, e gli disse che Cibele (40) l’a
ferno, e vide nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal
quale
udì i suoi futuri destini e quelli della sua post
mine alle sue peregrinazioni, andò a visitare Latino re del Lazio, il
quale
, avvertitone dall’oracolo, favorevolmente lo acco
ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise, nel
quale
Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro anni di
darono una volta ad alloggio in casa di un contadino della Beozia, il
quale
, benchè povero, gli accolse con amorevole solleci
nza, e tentarono di rapirla per loro ; laonde nacque una zuffa, nella
quale
Meleagro, ferì a morte gli zii. 628. Altea, non d
(250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal
quale
ebbe quattordici figli, sette maschi e sette femm
orella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua sorella, la
quale
non poteva vivere separata da lei. 635. Tereo si
onoscerlo, meno che il suo fratello minore che era già vecchio, ed al
quale
narrò i casi suoi. Divulgatasi la fama di questo
gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzarono un tempio, l’oracolo del
quale
diventò famoso quanto quello di Delfo. Per consul
oveva struggersi a poco a poco, e di lei non restar che la voce, alla
quale
il destino aveva attribuito durata eterna. Quando
a, e facevano di questi giuochi uno spettacolo veramente sublime ; al
quale
s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i peri
ccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante, suo emulo ed amico, il
quale
da fanciullo, dicono, aveva soffocato un leoue mo
lebri, e presero il nome dalla città d’ Olimpia nell’ Elide presso la
quale
si celebravano ; o piuttosto furono così detti, p
ne nel libro VIII, ne attribuiscono l’istituzione ad Ercole (364), il
quale
dopo aver debellato Augia (380) re d’ Elide, usò
ine le Olimpiadi, il più antico e più celebre sistema cronologico del
quale
si sieno valsi i Greci, e che fu adottato da molt
roposta la corsa di mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla
quale
distanza non poteva giungere un dardo, quantunque
si all’improvviso, con mirabile arte stese il piede verso di lui ; il
quale
non potè evitare l’inciampo, e però cadde prostra
a il centro delle rote di quel carro che precede ; il condottiero del
quale
, volgendosi alquanto a tal vista, esorta palpitan
essa, uscì, volgendosi ancora per l’impeto benchè fuori dell’asse. Al
quale
oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno
re, ben presto apparve un atleta cretese, di smisurata grandezza ; il
quale
, a lui presentandosi, gettò con impeto un breve m
cia aperte in atto non che di stringere ma d’ingojare il garzone ; il
quale
, deviando l’incontro, destramente inchinandosi, p
la circonferenza di questa, ne nasce una zona o cintura o fascia, la
quale
fu chiamata zodiaco dalla voce greca zodion che s
e chi finalmente ad un altro popolo asiatico anteriore a questi, del
quale
siasi perduto perfino il nome. Ognuna delle coste
gradi con l’unico oggetto di circoscriver la zona celeste, dentro la
quale
s’aggirano tutti i pianeti. I nomi delle dodici c
nettare a’ Numi. 688. Finalmente dai Pesci sembra indicata la pesca,
quale
occupazione dei popoli agricoli nella stagion fre
a conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma vi fu un tempo nel
quale
la depravazione dei costumi contaminò con vana po
Ercole (364) per generale, e per ministro Argo (89) suo fratello, il
quale
per sapere tutto ciò che accadeva, distribuì nell
La festa d’Iside 143 era celebrata nell’anniversario dell’epoca nella
quale
essa aveva pianto la morte del fratello. Appunto
ogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie di mitra, dalla
quale
spuntano due corna ; nella sinistra un bastone a
ile a tre corde per indicare ch’egli è anche onorato come il sole, al
quale
è attribuito quell’istrumento per isferzare i cav
e veniva da loro adorato sotto il nome di Mitra, e il fuoco sacro del
quale
tenevano religiosa custodia, non erano altro che
re dei Persiani avevano ricavato la dottrina dei due principii con la
quale
spiegavano l’origine del bene e del male. 715. Il
elle acque producesse un uovo d’oro, splendido quanto mille soli, nel
quale
nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718. Ques
redono di più che Visnù debba subire una decima trasformazione, nella
quale
piglierà la forma di un cavallo bianco alato. Que
saliva sull’albero, e segava con una falcetta d’oro quel vischio, il
quale
pel capo d’anno era distribuito al popolo qual co
il quale pel capo d’anno era distribuito al popolo qual cosa santa e
quale
indizio di buon augurio. 736. I Druidi non erano
ve gli uomini da Scioun creati, e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole
quale
rappresentante di Dio, e gli davano per moglie e
do, volle simboleggiare il sistema ammesso da Pittagora, e secondo il
quale
il Sole è centro dell’ universo. 13. A gran vent
arli. Quindi con prestigi e incantesimi aumentarono l’ opioione della
quale
godevano, e furono guida ad Orfeo nei misteri del
9. Coloro cho ammetlono l’esistenza del gran continente atlantico, il
quale
, secondo essi, restò sommerso nelle acque dell’Oc
bra forse una calsstrofo di fuoco particolaro a questo pseso, e nella
quale
l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono d
putati assisterono, sotto il regno di Tarquinio Il, alla fesla con la
quale
fu istituita quest’associazione politica. In prin
tabili paasi di quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovinetti
quale
modello di poetiche descrizioni ; ma è troppo lun
dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me per intima amicizia, e nel
quale
già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvi
sponevate parecchie verità intorno all’ Orientale Letteratura, della
quale
siete maestro, giustamente commendato in Europa.
a graziosa offerta » 1. Ed è pure da riferire la breve lettera, colla
quale
, trenta anni appresso, e’ consentiva la stampa di
e custode del vello di Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della
quale
Euripide finirà di narrarci le sciagure e i delit
ere le idee col mezzo delle immagini, in che consiste l’allegoria, la
quale
vedrete che, per esser vera, dee contenere con ch
a gli usciva un ove da cui si schiudeva un altro iddio detto Phta, il
quale
forse è lo stesso che il Vulcano dei Greci. Il se
o. » Da Orfeo, secondo alcuni, dedusse Esiodo la sua teogonia, della
quale
darò il compendio fatto da Banier, poiché tutto i
bello fra i numi immortali. Il Caos generò l’Èrebo e la Notte, dalla
quale
unione nacque l’Etere e il Giorno. Formò la Terra
essa unione le tre Gorgoni: Steno, Furiale e Medusa, dal sangue della
quale
, allorché Perseo le recise la testa, nacquero il
Perseo le recise la testa, nacquero il cavallo Pegaso e Crisaoro, il
quale
avendo sposata Calliroe figlia dell’Oceano, n’ebb
paura l’arme per cui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col
quale
lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine dal fu
ta era per dare alla luce Minerva. Sapendo il padre che il figlio, il
quale
da lei fosse nato, dominerebbe l’universo, divorò
tò marito di Ebe. La bella Perseide partorì al Sole Circe ed Eete, il
quale
sposando Idia per consiglio divino, n’ebbe in fig
rti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove era la piscina, dalla
quale
i sacerdoti attingevano l’acqua necessaria per le
zio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al
quale
un ariete era prima immolato. Una nera pecora gra
sepolcri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col
quale
gli antichi davano autorità maggiore al giurament
facevansi con un ramo di ulivo, o con istrumento a ciò destinato, del
quale
può vedersi la figura nelle medaglie argentee di
i chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autorità di Erodoto, il
quale
afferma che i popoli della Tauride immolavano ad
mostruosa usanza si mantiene presso loro ancora ai dì nostri? Laonde
quale
reputate voi che esser possa la fede di chi i num
nione seguita da molti famosi lirici, e specialmente da Stesicoro, la
quale
narra che una donzella di questo nome fu in Aulid
sserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora nel segno col
quale
nello Zodiaco sono i Gemini additati. Furono coll
ongitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo era l’emblema col
quale
s’indicava il sesso femminile dagli Egizj. Dedalo
orno. Mosè, prefìggendosi di vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la
quale
li traea il loro genio e delle altre genti l’esem
rudeltà di Saturno. E l’Arcadia è illustre ancora pel fiume Lusio, il
quale
per Cortina scorre, e che, secondo Pausania, serv
Non placarono i henefizj del figliuolo 1’ troce animo di Saturno, il
quale
memore degli oracoli fatali, insidie gli preparav
lva sacra, chiamata bosco di Olimpia. Ivi si vede un’apertura, per la
quale
le acque scolarono dopo il diluvio di Deucalione.
ifico tempio che sorgeva sul monte, cui die nome ancora Tarpea, della
quale
vi narrerà la morte Properzio, ingegno sovrano, c
apra Amaltea. Del titolo di Patroo dato al dio, e della maniera colla
quale
fìguravasi, vi fece in un’altra Lezione saggi Pau
poeti, presagivano il futuro. Un equivoco della lingua fenicia, nella
quale
colomba suona lo stesso che sacerdotessa., ha la
una della dea a quella di Giove rassomiglia. È inutile il ripetervi a
quale
inganno dovesse Giunone il divenir moglie del pro
rone, rammentato da Plinio; e se si fa riflessione alla maniera nella
quale
é trattato il panneggiamento, vedremo nella cadut
iunone lattante. Udirete, ch’egli porta opinione che il fanciullo, il
quale
è nelle braccia della se conda non è Ercole, come
e braccia della se conda non è Ercole, come reputavano, ma Marte t il
quale
come nascesse da Giunone fa Ovidio nei Fasti narr
l velo dì questa dea che Albrico e Fulgenzio, vissuti in un tempo nel
quale
i filosofi pagani si sforzavano di scusare con in
, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa di Giove, col
quale
titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Call
ll’impero romano. Adornava forse in Lorio un sùburbano imperiale, nel
quale
fu educato e morì- Antonino Pio. » Giunone latt
onzo di Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve ne ha, nella
quale
è effigiata Giunone sedente con un fiore nella de
tuno perchè gli antichi non siano discordi sull’educazione di lui; la
quale
, alcuni opponendosi all’accennata opinione, vogli
e di alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie di Nettuno; il
quale
, imitatore di Giove fratello, in fiume, in toro,
esso gii Atlantidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura, nel
quale
il dio col sublime capo toccando il soffitto sede
fuggire alla vista di un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al
quale
raccomandò con tutta energia che tacesse: « Vegg
ssimo di questo dio, a cui si attribuiva il lucro ed il commercio; il
quale
serve per farlo al primo colpo d’occhio conoscere
nde assai distinta questa statua di Mercurio, giacché è la sola nella
quale
siasi conservata questa singolare insegna del mes
aia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il
quale
da Cillene, monte di Arcadia e patria del nume, s
scrizione di Virgilio si giovò GianBologna nel simulacro del nume, al
quale
un vento è sostegno mentre s accinge al volo, per
più probabile, dalla figura della statua di lui Erme nominata, colla
quale
comunemente gli antichi decoravano le loro biblio
re le strade, e verso di esse rivolgevano la testa del nume, sotto la
quale
ogni avvolgimento della via era indicato. Arpedof
Arpedoforo cognominavasi Mercurio dalla falce, o spada falcata, colla
quale
uccise Argo custode d’ Io sventurata. Strofeo lo
Farò a questa succedere una breve Ode di Orazio in lode del nume, la
quale
ho volgarizzata non con fedeltà di traduttore, ma
e dell’ età susseguenti. Non vi è sicuramente opera di scultura nella
quale
sia giunta a tanta perfezione l’espressione della
ale. « Mi resta da osservare che il contorno del basamento antico nel
quale
è incassato il piantato della statua, è tutto seg
da questa statua. La nobiltà delle forme e la bellezza ideale, colla
quale
l’artefice lo ha caratterizzato, ce la fanno cono
na, sebbene conviene particolarmente all’età in cui è figurato, nella
quale
, secondo Giovenale, fanno i capelli fanciulleschi
fatta edificare una camera della stessa materia per la sua figlia, la
quale
si vede ancora a Sparta nel tempio di Minerva Cal
ò che Omero disse sulle Sirene. « Vi è discordia sulla maniera, nella
quale
questo tempio fu distrutto. Alcuni dicono che dal
chi consistevano anticamente in una gara di musica e di poesia, nella
quale
il premio concedevasi a colui, che avesse cantato
seguito Tamiri figlio di Filammone, poiché si vuole che nò Orfeo, il
quale
rispettabile rendeva un’alta saviezza con una per
da la mitologia e l’arte. « Delfo è situato sopra una sommità, dalla
quale
si può discendere per tutte le parti con un facil
Antifane Argivo. « Sul piedistallo del medesimo vi è un’iscrizione la
quale
riferisce che le statue onde è circondato proveng
a la risposta dell’oracolo, per quello che si dice, data ad Omero, la
quale
si legge nella colonna a cui sovrasta la statua d
ta. Le donzelle li tiravano su tutti air intorno del capo, in cima al
quale
annodavangli in guisa che non dovea vedersi il la
una figura muliebre in una delle più belle pitture dell’Ercolano, la
quale
presso ad un autore tragico si posa sopra un gino
onsiderata egualmente come allegorica, facendo allusione al Sole, del
quale
questo dio è l’imagine: ma senza attaccarci quest
se così uno s’inganna nella spiegazione che si dà alla maniera, nella
quale
Anacreonte desiderava che fossero dipinti i cap
ti sopra la sommità del capo, ordinario ornamento alle giovinette, il
quale
annunzia che non erano maritate. Una statua in Ca
indicava il premio che si dava nei primi tempi ai giuochi Pitici, il
quale
consisteva in questo frutto. Apollo traversando l
volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro di lui, il
quale
, dopo che l’isola predetta fu da un Prefetto di M
me colla sorella. Didimeo, perchè credevasi lo stesso che il Sole, il
quale
con doppio lume fa heto l’universo, rallegrando a
u fabbricata, aveva un tempio. Clario da Claro città dell’Asia, nella
quale
ebbe oracoli ed altari fondato da Manto figlia di
il certame chiamato Teoxenia, istituito da Castore e da Polluce, del
quale
era premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo
sorgeva. Apollo Grineo è illustre per Orino città dei Mirine:, nella
quale
il dio aveva oracolo antichissimo, ed are. Virgil
oro fiume chiamato Cencrio situato in Ortigia scorgevasi un ulivo, al
quale
la gravida Latona appoggiata, avea partoriti i du
opinione fu seguita da Eschilo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la
quale
, al dire di Pausania, era lo stesso che l’Iside d
i or detta, e già Meliguni, stavano intorno ad una massa infocata, la
quale
preparavano per un lavoro che dovea servire per N
onata dal signor principe Don Andrea Doria Panfili a Clemente XIV, la
quale
esprime eccellentemente il movimento della dea e
offrono da cacciatrice, eppure la sua attitudine non è il riposo, col
quale
ha creduto il senator Bonarroti di render ragione
stintivo di Leucotea. Il fondamento di ciò è la favola Omerica, nella
quale
si narra che questa diva del mare die il suo cred
tutto ciò che forse questa è la sola figura che non sia bacchica, la
quale
s’incontri con simile abbigliamento, poiché le Mu
guaci. E questo l’ephaptis, che secondo Polluce è un piccol manto col
quale
si coprivan le mani quei che sul teatro rappresen
arà stata questa qualche eccellente opera di rinomati artefici, della
quale
non vi è restata negli scrittori memoria. Ha ques
, egli è quello istesso Ercole vorace, ed ha quel medesimo ventre col
quale
s’in contro in Teodamante che arava, e fé’ suo pa
i Mileto, che fondò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il
quale
dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennon
o venerabile custode dei porti; e niuno ti disprezzi: che ad Eneo, il
quale
ne spregiava gli altari, toccarono in sorte pugne
esteriore circondato da una stretta fascia di color d’oro, sopra alla
quale
sta immediatamente altra fascia più larga di colo
co, gioviale, quasi intento alla caccia, sua piacevole occupazione, e
quale
appunto si conviene ad una dea, che per lo più ra
belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che una corta veste, la
quale
non le oltrepassa il ginocchio; ma talora è pure
n albero che ad essa è vicino. « La sola antica testa di Diana,’sulla
quale
la mezza luna si sia conservata, appartiene alla
ggiungere a questa Lezione la descrizione della morte di Ippolito, la
quale
ho tra ciotta da Racine, che ne accrebbe le belle
del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina nel di lei tempio, del
quale
avevano cognizione; e ciò perchè qualche tempo pr
ve ne ha uno molto più antico fabbricato dalle medesime Amazzoni, il
quale
molto bene dimostrava la semplicità dei primi tem
in un olmo, in cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del
quale
io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che
o riferisce freddamente e con serietà una visione dell’architetto, al
quale
apparve Diana esortandolo a farsi animo: e dice c
o di Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro massiccio, della
quale
Erodoto, che visitato avea questo tempio, non fa
olonne tilte 60 piedi. Era questo tempio un asilo dei più celebri, il
quale
, secondo l’autore da me citato, si estendeva fino
enne. Favellerò dei più famosi, perchè influirono sulla maniera colla
quale
fu presso gli antichi rappresentata. Luna fu dett
egni dell’Ariete, del Toro, de’ Gemini, del Cancro e del Leone, e sul
quale
sembran danzare quattro donne alate con serti e c
inerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulcano e di Erictoneo, il
quale
nacque in modo ch’è bello il tacere, alcuni scrit
daglie ateniesi, significa il sacrificio destinato a questa dea, alla
quale
, secondo Omero, s’immolava una vacca. Nel numero
medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade montata sopra una sfinge, la
quale
ha, come vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli
mata Minerva da Callimaco nella celebre Elegia sui lavacri di lei, la
quale
per vostro vantaggio ho tradotta. Dai Lacedemoni
a peste seguito il delitto; e gli abitanti avvertiti dall’oracolo, al
quale
nelle sciagure erano ricorsi, espiarono l’ombre d
così detta perchè presiedeva all’arte della lana, della gloria della
quale
era gelosa, come lo indica la favola di Aracne mu
so il motivo di questo modo di rappresentarla, narrando che Teuti, il
quale
diede al luogo il suo nome, ferì in sì fatta mani
che risuonavano al sonar di una cetra. Lo scudo finalmente è rotondo,
quale
dagli antichi Latini appellavasi parma, e dai Gre
mmagine ci può meglio rappresentare Minerva che impugna l’asta, colla
quale
rompe l’ intere squadre d’eroi, contro cui, al di
sono descritte dai poeti greci le clamidi virili, regie e militari, e
quale
appunto era quella di cui Minerva medesima volle
per qualche part^ aderente ad una superfìcie aspra sottopostagli, la
quale
aiteri quella caduta del panno, che sarebbe deter
oglia indicarsi l’egida onde il petto della dea si suppone armato, la
quale
coi rilievi dei suoi orli guerniti di serpi sospe
to le piante, E le corse un color come di rosa Mattutina sul volto, o
quale
è il frutto Del melagrano. Il maschio olio soltan
fra gli antichi che nascesse dal sangue della disonesta ferita, colla
quale
Saturno mutilò Celo padre di lui, e dalla spuma d
ive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col
quale
i Greci chiamavano Venere, non altro significa ch
rii di Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della
quale
gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandez
he dito che le manca, non è punto guasta; tal pure è altra statua, la
quale
è copia fatta da Menofanto di una Venere che stav
zo Barberini, ha così cinto il capo di diadema una Venere vestita, la
quale
in compagnia di Pallade, di Diana e di Proserpina
idero le donne svelare la loro nudità per difendersi dall’ impeto col
quale
assalivanle credendoli Messenii perchè erano arma
la diva gli antichi scrittori da Erice monte della Sicilia, sopra il
quale
Enea edificò un tempio alla madre. Cognominata fu
va osservare che le pieghe regolari ed artefatte della sua tunica, la
quale
ne contorna le membra e ne adombra l’ignudo, sono
to. Due osservazioni mi persuadevano a crederla una Venere coll’armi,
quale
ha talvolta nelle medaglie imperiali il titolo di
citrice, che in più monumenti si scorge. Se la favola di Virgilio, il
quale
introduce Venere che reca ad Enea suo figlio l’ar
con un cappello di colore violetto per indicare il fuoco celeste, del
quale
era depositario. Questo cappello è ovale, o quasi
segg. Lezione trentesima. Marte. La maravigliosa maniera nella
quale
nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore ind
ono di dovergli i natali. Favoleggiano che sia tratto in un carro sul
quale
auriga, siede Bellona con sanguinoso flagello. I
iso cagionò al nume tanto dolore che senza temere l’ ira di Giove, il
quale
avea vietato agli Dei il prender parte in favore,
erì il corpo divino. Marte nel ritirarla gettò un grido spaventevole,
quale
è quello di un’intera armata che segue il nemico.
a porta, quasi per allontanare i nemici. Fu detto Enialio da Enio, la
quale
è lo stesso che Bellona, ed è del nume sorella, c
, in Roma, fu dedicato da Augusto dopo la battaglia di Filippi, nella
quale
questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche
sertazione sul Marte Ciprio ha pensato che dalla barba di Adriano, il
quale
nell’immagine del dio della guerra è rappresentat
fìsonomia. Udite da Stazio la descrizione della reggia di Marte, alla
quale
Giove manda Mercurio per movere alla guerra gli a
erra gli abitanti d’Argo nella famosa impresa dei Sette a Tebe, della
quale
favellerò a lungo quando l’ordine delle mie Lezio
isterica mitologia. Io ho tradotto questo episodio della Tebaide, il
quale
è pieno di bellissime immagini, come lo concedono
chi lo possiede, a chi lo cerca. Abitò Cerere in Corcira, o Corfù, la
quale
innanzi che la figlia di Asopo ivi sepolto le das
arte di questi edifìzi fuori delle città, sia perchè la divinità alla
quale
erano sacri presiedeva ai lavori della campagna,
rta sopra molti monumenti. Differiva poco dalla forma del calato, col
quale
si è qualche volta confuso. Il primo rassomigliav
anze di Palestrina; il secondo oflriva la figura di un gran vaso, del
quale
l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle
ragione come il nemico della dea delle biade. Ecco la ragione per la
quale
si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno
va nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla
quale
siede uno di questi animali. Le gru passavano anc
vede, parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della
quale
era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadi
sulla parte posteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal
quale
escono di sopra foglie e spighe. Quella parte di
e) senza dubbio per la natura del corpo umano, e per la maniera nella
quale
è decomposto, piuttosto che distrutto dopo la mor
che distrutto dopo la morte. Ciò può aver dato luogo alla favola, la
quale
suppone che Cerere divori la spalla di Pelope, al
favola, la quale suppone che Cerere divori la spalla di Pelope, alla
quale
ne fu sostituita un’ altra di avorio. Non è diffi
a di avorio. Non è difficile comprendere il senso dell’ allegoria, la
quale
indica la consumazione dalla terra del nostro cor
stesso giudizio sulla rappresentazione dello stesso soggetto sotto il
quale
si vedono i dodici segni dello Zodiaco, lo che si
to: hasta però contentare 1’ occhio egualmente che la riflessione, la
quale
non lascia di distinguervi la scelta e l’ideale.
el popolo signore del mondo, che fissò i limiti dell’umana natura, il
quale
solo nei vizi e non nella grandezza imitar potran
o, Trofonio in Beozia obbligarono gli uomini a queste iniziazioni. Ma
quale
è la cagione di questi misteri? Scorrendo Cerere
ra la Luna. Presedeva poi ai misteri un prefetto col titolo di re, il
quale
comandava che ogni nemico dalle cerimonie si aste
si facevano dei sacrifizii, s’immolava la triglia sacra a Cerere, la
quale
vietavasi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva
one. Nel quarto giorno vi era la processione del calato, canestro, il
quale
si portava in un carro tratto dai bovi. Alludeva
esimasettima. Vesta. Non rimane che Vesta tra gli Dei maggiori, la
quale
debba essere argomento delle nostre ricerche. Int
olamente nel mezzo un altare pei sacrifizii che facevano alla dea, la
quale
presso i Greci ed i Romani non avea anticamente a
della Terra, ma per additare con esso tutto l’universo, nel mezzo del
quale
stava quel fuoco che chiamavano di Vesta. Pure lo
delle altre divinità minori io terrò lo stesso ordine che Esiodo, il
quale
nella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divis
occava la Terra. Sopra una pasta antica è indicata da uno scoglio sul
quale
Temide è assisa per indicare che questa dea era f
r allontanare questa funesta immagine, l’artista adotta quella, colla
quale
Lucano felicita Nerone della sua maestria nel gui
a eccellente a guidare un cocchio di carriera. » Fin qui Addison, del
quale
ho riportato le parole, perchè oltre l’additare c
esso dell’Academia vi era 1’ altare dell’Amore con un’ iscrizione, la
quale
attestava che Carmo fu il primo Ateniese che cons
di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua di Prassitele, la
quale
aveva tanta celerità, che si faceva il viaggio di
r vederla. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella
quale
vi era il premio non solo pei musici, ma ancora p
o convincercene in un basso rilievo incognito del Palazzo Mattei, sul
quale
si veggono dodici piccoli Amori, dei quali il pri
arono i poeti che fosse tratta sopra un cocchio, avanti alle rote del
quale
cominciavano a risplender le stelle. Euripide dis
parla di una consimil figura dipinta in un antico manoscritto, della
quale
il drappo è blu, e che tiene una fiaccola rovesci
quanto la fantasìa, convenìa pur che da loro si onorasse il Sonno, il
quale
, tenendo legati i sensi, lascia libero il nostro
co é figurato il Sonno eterno in una bell’ara del Palazzo Albani, dal
quale
è stata presa l’idea di porgli in mano una face r
vo del Palazzo Mattei, e in una statua del Museo Pio dementino, nella
quale
ha i papaveri nella sinistra. In ambedue questi m
ltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno di questa famiglia, il
quale
si suppone essere stato il Triumviro Monetale, ch
la sua testa non si trova giammai alata; non finalmente Mercurio, il
quale
in qualche rara medaglia antica si osserva barbat
ato con una face rovesciata nella destra e i papaveri nella manca, il
quale
è scolpito nei bassi rilievi rappresentanti la tr
ifone e Megera. Lattanzio lasciò scritto, Celo essere stato un re, il
quale
essendo reputato un dio per quella vile venerazio
ina di profumi che i Latini chiamavano acerra. « Se poi si chiedesse
quale
individualmente si voglia indicare fra le ministr
e due: una però è scritta sotto dell’altra. Quindi è nata esitanza a
quale
delle due figure debba appropriarsi ciascuna iscr
oli che fu considerata sempre dopo come la dea della Giustizia, della
quale
se le fa portare il nome. Attese ancora all’astro
va ancora un altro tempio nella cittadella dì Atene, all’ingresso del
quale
era il sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola
ro, il più grande fra i lirici poeti, i principii della religione; il
quale
avendo veduta con Olimpico, sonatore di flauto, l
il simulacro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il
quale
non era che una pietra grigia informe di mediocre
la è volta alla sinistra verso Ati, di cui narreremo le avventure, il
quale
abbigliato alla Frigia rimane parimenti in piedi
o a destra, uno a sinistra del trono. Altre volte tirano il carro sul
quale
è collocata la dea. Comunemente allora sono due,
ompagno di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuco Ati, il
quale
nel marmo pubblicato da Zoega scorgesi incontro i
adrata, antico monumento, unico della sua specie, si vede Saturno, al
quale
Rea dà una pietra inviluppata in un drappo. Si me
te fa uccidere i Ciclopi da Apollo per aver fabbricato il fulmine col
quale
Giove uccise Esculapio figlio di lui. Questi Cicl
i: lo che eglino facevano probabilmente applicandovi l’argilla, della
quale
le proprietà eran conosciute fin d’ allora, e che
lo rappresentano, ma con uno scettro, che Pindaro chiama verga, colla
quale
questo dio assegna all’ anime il luogo eh’ elleno
apide, o Sarapide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col
quale
amarono di confonderla. Esigeva ciò il genio dei
nostro Plutone accusi l’epoca della decadenza dell’arti, epoca nella
quale
il culto di Serapide riuniva quasi in un solo ogg
pio di Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’altra in Villa Borghese alla
quale
è stata innestata una testa imberbe e non sua fa
stesa verso il Cerbero; la sinistra stringere un’asta, o uno scettro,
quale
suol vedersi in mano di Serapide nei monumenti: s
sospetta che questo autore abbia creduto di vedervi un artifizio, al
quale
Polignoto non avrà nemmeno pensato. Sarebbe infat
d’ Itaca da questo gruppo. L’osservazione che fa sulla schiuma, della
quale
Aiace è coperto, cade nel numero di quei minuti p
on hanno iscrizione in particolare, ma una sola comune ad ambedue, la
quale
nota che queste donne sono fra le non iniziate. P
Riunirò nel presente ragionamento altre notizie sulla maniera nella
quale
il Dio delle Ombre effigiato si vede negli antich
ogni riguardo il carattere di Giove, ma di. Giove truce ed iracondo,
quale
Seneca tragico ce lo accenna. Winkelmann attribui
rdo con gli antichi monumenti, che il vero Plutone rappresentano, del
quale
la chioma ed anche il vestiario si conformano all
di essa tiene nella destra un pugnale, nella sinistra un serpente del
quale
è perduta la testa: un’altra porta una torcia ard
mpio si vede un piccolo terreno coperto di una specie di tomba, sulla
quale
è incisa la figura di un dito. Eglino chiamano qu
era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel
quale
si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi filava
otto la dettatura di Plutone. L’opinione più comune è che il Fato, il
quale
comandava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure di
i era un altare consacrato a Giove conduttore delle Parche, vicino al
quale
ne avevano un altro queste dee. In una statua di
uale ne avevano un altro queste dee. In una statua di Teocosmo, nella
quale
lavorò ancora Fidia, le Parche, insieme coli’ Ore
sopiti. Tutte eseguirono il comando paterno, fuori che Ipermestra, la
quale
salvò Linceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradot
o Quel ferro eh’ io nella tremante destra Teneva ancor, m’addomandavi
quale
Fosse cagion ch’io ti esortassi tanto Alla veloce
mano perita. Il prelodato scrittore pensa che sia Proserpinà senza la
quale
non si vede Plutone in alcun monumento rappresent
na. Caronte fu figliuolo dell’Èrebo e della Notte, secondo Esiodo, il
quale
nella sua Teogonia afferma che da questi due nacq
ause alla sua presenza. Virgilio dice che agita l’urna fatale, nella
quale
stanno chiuse le sorti umane; cita l’Ombre al suo
resentati sulla coppa che teneva nella mano la Nemesi di Fidia, della
quale
Pausania non ha spiegato il significato, si rifer
del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli, col
quale
non solamente la giustezza indicava della restitu
contrano in va rie medaglie; ma la situazione del braccio destro, col
quale
espone appunto la lunghezza del cubito, è il simb
ll’applicare la sua osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la
quale
solleva, è vero, il manto colla sinistra, ma fors
udine caratteristica è quella appunto che nella statua osserviamo, la
quale
combina coir indubitate figure di Nemesi, e fra l
ecessaria mossa del braccio non poteva pensarsi della presente, nella
quale
sembra che la dea si racconci il peplo sul petto.
lacro fu trovato nella Villa Adriana, mancante però di un braccio, il
quale
è stato ristaurato con in mano un ramo di frassin
tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal
quale
esposizione di questo nobilissimo marmo, se non d
a ultrice dei suoi torti, e tale infatti la rese la perfezione, colla
quale
aveva condotto questo inimitabile lavoro. Non fu
l padre, ahi non più padre I alto gridava: Icaro, dove sei; Icaro, in
quale
Terra ti cercherò? — Sempre diceva Icaro, allor c
o maledetta da tutti, sarà l’argomento della presente Lezione, nella
quale
favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio di le
anzi che il suo fato abbia molta relazione a quella necessità, colla
quale
ì filosofi pagani circonscrivevano la possanza de
ravano gli antichi, il cranio dell’uomo, e fino l’orologio solare, il
quale
da una concava superficie di segmento sferico ven
ti non mei contrastano. Intendo per polo una specie di celata, pìleo,
quale
appunto osservo sul capo a molte immagini della F
Gli Egiziani simboleggiavano questa dea nella forma dell’aquila, alla
quale
Giove, al dire di Orazio, diede il dominio sugli
a Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea di quel quadro, col
quale
si rimproverò a Timoteo capitano Ateniese la ciec
unto a segnar il luogo della fuga dei nemici. Forse la vittoria, alla
quale
spettava il nostro monumento, fu riportata per te
fra quanti prima delle nostre statue ci presentassero le Muse, e nel
quale
meglio che in qualunque altro se ne scorgono i di
ttei, Euterpe è nel mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al
quale
la rico noscono lo Spon e gli altri espositori di
E per ciò la divinità ancora della poesia pastorale e georgica, alla
quale
può alludere la sua verga. Siccome però la Commed
cizio, così il suo più distinto attributo è la maschera comica, dalla
quale
si riconosce nel sarcofago Matteiano. Questi stes
ia. E qui si manifesta una bella e gentile invenzione del pittore, il
quale
avendo circondato la tela d’ armati, ne mostra al
iemaggiormente alla musica usata dagli antichi nel teatro tragico, la
quale
, quantunque non ci fosse rammentata dagli scritto
« Queste autorità sono sufficienti a spiegare la nostra statua, nella
quale
si vede Erato similissima a quella della pittura
ato in quella figura l’acconciatura della testa, ch’è la stessa colla
quale
si rappresenta Safi’o nelle monete di Lesbo. Infa
arda la scure che cadrà sopra lei, tutto ciò rappresenta il modo, nel
quale
, ritornando da Troia, fu ricevuto da Clitennestra
so circondando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla
quale
gli alberi più grandi si taglierebbero. Se noi ri
ttitudine che si abbassava sul nappo, quello ha tagliato il pugno coi
quale
solleva la tazza. Chi cadendo dal suo letto trae
ata per la greca iscrizione che ha nella base (grec), Rimembranza, la
quale
statua non esprime in altra guisa la qualità dell
zio. Col dito al labbro l’esprimono le lodate pitture di Ercolano, il
quale
atto resta a maraviglia illustrato da un greco ep
o è una statua, la cui testa è il ritratto di una matrona romana, tal
quale
anch’ essa alla Polinnia, sì nella composizione d
ino ninna più convenientemente potrà dirsi Polinnia che la quinta, la
quale
sta appoggiata col gomito ad una rupe, e così col
ne, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel
quale
tutte le altre Muse sono rappresentate assai dive
endovene, come già notammo, alcuna colla maschera. L’ altra poi dalla
quale
è stata tratta la nostra, quella del Giardino Qui
sa celeste detta Urania, appunto dalla contemplazione del cielo, alla
quale
appartengono 1’ astronomia e r astrologia e tutte
to da un’altra statua antica, precisamente la stessa colla nostra, la
quale
si ammira nel ripiano delle scale del Palazzo de’
entino di poter possedere con tutta sicurezza la statua di Urania, la
quale
nella Collezione Tiburtina avevan l’ingiurie del
, che si vede nel portico del Palazzo Farnese verso strada Giulia, la
quale
o è stata lasciata dagli antiquarii indecisa, o s
vato esser la palla citaredica l’ortostadio, cinto di una gran fascia
quale
appunto veggiamo e nel protagonista tragico della
li accanto ai loro signori, e fango irabevuto di sangue e sudore, del
quale
la crudele Bellona tanto si compiace. Sotto la mu
tatura, ed in ciò a loro eguale. Antigone ne ha inalzato il corpo, il
quale
ella seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteo
hio in terra. Ecco un tronco di melagrano nato nell’istante da se, il
quale
si dice esser stato piantato dalle Furie sul loro
orrerà il sangue. Nè minore. meraviglia desta il fuoco della pira, il
quale
essendo acceso onde rendere le dovute esequie ai
ombattimento é qui terminato, la balena uccisa versa gran sangue, dal
quale
il mare é divenuto rosso. Amore slega Andromeda,
n spavento e terrore. Ella riguarda di un lato dell’occhio Perseo, al
quale
ella invia di già un sorrìso, un’imbasciata. Egli
lacci sopra il nudo piede, che tengon ferma al di sotto la suola, la
quale
é di un’altezza non comune, e pari quasi a quella
’aria attenta e pensierosa che ha saputo dare a questa figura, per la
quale
merita di essere con meraviglia considerata da ch
no ravvisare nel settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero, la
quale
ha lo scettro dietro la testa nell’area del dritt
a un sorriso fellone contro Achille. Contempliamo dunque Antiloco, al
quale
il primo pelo vano della barba comincia a sparger
an facilità nel corso. Il sangue dall’altra parte mostra una vivacità
quale
ha il colore sparso sull’avorio in quella parte o
Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso, nel
quale
il dolore della natura è stato vinto dal piacere
imi vollero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare, nel
quale
era scritto: Consacrato a quella fra le Grazie ch
roia. Certamente colui che si piange è Mennone figlio dell’Aurora, il
quale
essendo arrivato por soccorrere i Troiani fu ucci
ll’amore del nume. Ella nei confini di Epidauro partorì Esculapio, il
quale
fu esposto in un monte, che da questo evento fu c
ne dei Fenicii e dei Greci, Esculapio altro non era che l’aria, dalla
quale
proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo e
; e Aristide dedicò un tripode a Giove Esculapio, a ciascun piede del
quale
vi era un’immagine di questi tre Dei. Telesforo i
interessante. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere
quale
idea gli antichi artefici, guidati sempre dagli s
pa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema di lui, nella
quale
gareggia con Stazio, se non sentite con quanta ra
accati a un carro, in conseguenza di un sogno, che aveva avuto, e del
quale
il poeta racconta i particolari. Vi si distinguev
allevare Bacco, giurò di vendicarsene. Mandò ad Atamante Tisifone, la
quale
turbògli in tal maniera la mente, che prese il pr
fiori lo corna dell’animale. In questa positura sfida la Luna, della
quale
il carro è dai bovi condotto. Que sta dea lo puni
si legge la descrizione del tramontare del sole, e della sera, nella
quale
si distingue la pittura dei quattro cavalli che t
ello ove sono scolpiti i caratteri del Lione che segue la Vergine, la
quale
tiene il frutto dell’Autunno. Finalmente la giovi
la quarta Tavola, che offre l’immagine della coppa di Ganimede dalla
quale
il nettare scorre, e vede che il destino accordav
riosamente contro il palazzo di Cadmo. Giove va a visitare Semole, la
quale
è già spirata, e Bacco nasce in mezzo al fuoco, m
uello dei misteri di Bacco. Vi è pure Aristeo inventore del miele, al
quale
la Cosmogonia dei popoli della Libia affida l’edu
e ninfe Oreadi, le Baccanti fanno parte dell’armata, alla testa della
quale
Bacco si move. Il poeta ne descrive la sua armatu
possono mai saziarsi. Il nume si approfitta della loro ebrezza, della
quale
sono descritti gli eff’etti; ne sorprende gran pa
mezzo alle selve coir aiuto del suo cane fedele donatogli da Pane, al
quale
promette di collocarlo nel cielo accanto a Sirio
continua il suo cammino, e marcia contro Oronte capo degl’Indiani, al
quale
Astraide avea di già partecipata la furberia impi
ve dell’Astaco disfatti. Oronte era genero del bellicoso Deriade, col
quale
Bacco combattere doveva. Qui il poeta ci pone dav
nte, e Oronte dopo essersi trafitto colla sua spada cade nel fiume al
quale
dà il suo nome. Le ninfe piangono questo figlio s
l mostro figlio di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla
quale
Andromeda era esposta. Il figlio di Danae, dic’eg
ti dichiara di esser pronta a sacrificar tutto per unirsi a Bacco, al
quale
ella raccomanda il giovine Botri e Pito. Bacco l’
o per vendicar la sorella mandò un mostro che desolava il paese, e al
quale
, onde por fine al pubblico danno, fa esposta Andr
menti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio, nel
quale
la Discordia, colle sembianze di Cibele, viene a
uesti luoghi regnava Licurgo figliuolo di Marte, principe feroce, del
quale
il poeta fa un ritratto così terribile, come quel
o così terribile, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col
quale
Licurgo era stato allevato. Ornava le porte del s
l Cielo. Nel seguente Canto Giove pone d’accordo l’Oceano e Bacco, al
quale
l’idaspe è costretto di dimandar grazia. Lo dio d
ro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici e per Bacco, nel
quale
il barbaro rammenta molti fatti di Mitologia Grec
este, la loro armatura è descritta del pari che l’armata di Bacco, la
quale
si distribuisce in quattro corpi. Bacco arringa l
no talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col
quale
potrebbe traversare il mare come la terra. Pelope
de i disordini, che l’ubriachezza porterà fra gli Dei, e l’esiglio al
quale
sarà condannata. Datemi, Giunone dice, questo cin
suo amore si accresce per le carezze insidiose della sua sposa, alla
quale
confessa il suo violento afietto per lei. Mentre
na corona di fiori per Venere, e sale al cielo, onde veder la dea, la
quale
accorgendosi del suo dolore ne domanda la cagione
rdi dei mortali, e da ogni insulto la difese. Dallo stesso poeta, del
quale
vi dò l’estratto, ho tradotto in versi la descriz
sentare Bacco, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella
quale
teneva una fiaccola in mano per far lume a Cerere
condo quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il
quale
era lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio,
tesso ferro coperto di ellera, tessuto insieme a scaglie di pesce, la
quale
forse per la similitudine fu chiamata e creduta e
apitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la
quale
, come istrumenti sacri, si sogliono vedere adorna
arsi sovente, vi era la statua che rappresentava la città di Nisa, la
quale
aveva nella sinistra un tirso circondato di mitre
rede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello stesso modo nel
quale
è guardata. Molte cose avrebbero potuto dirsi del
’opera sui vasi antichi dipinti, chiamati volgarmente Etruschi, nella
quale
il Lanzi ha riunite notizie pellegrine. Fuor dei
un bel gruppo da Pausania osservato e descritto. La perfezione colla
quale
il valente artefice ha espresso il suo concetto n
ne osservi la fìsonomia, e se ne vedrà la somiglianza con Socrate; la
quale
, non solo ne’ tempi antichi fu rilevata da Aristo
tichi. Dimandava questi istantemente l’adempimento della promessa, la
quale
lo sleale Issione non volendo mantenere, invitò i
erfido genero, che cader lo fece in una fossa di carboni accesi, alla
quale
avea fragili tavole sopraposte. L’infelice fu ven
che tanto poterono in Issione che furibondo ne divenne, e non sapea a
quale
degli Dei e degli uomini rivolgersi per essere de
. Ma per tornare al nostro proposito principale, il Sarisberiense, il
quale
porta molte cose prese dai libri antichi non anco
ccanti, siccome si vedevano in quello scifo, fattura di Acragante, il
quale
, secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi ne
no ancora coi cembali, che erano fatti come i nostri d’un cerchio, al
quale
era tesa una pelle. Vi attaccavano qualche volta
io gli segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la
quale
insieme con un Faunetto si sforza scotere dal suo
eggiando, e nei tirsi sotto foglie coprendo la punta dell’asta, colla
quale
uccidevano i malcauti, sebbene a queste ancora Pa
verisimile che si riscontrino nei vasi al vestito seminato di stelle,
quale
nella cista Kircheriana lo ha Bacco Nictelio, e i
o, un altro s’inchina a trargli i calzari. Il Bacco indico e barbato,
quale
Diodoro il descrive, è quello cui servono i Fauni
ato i mortali. Due sembrano preparargli un divertimento musicale, col
quale
gli antichi solevano rallegrare le mense, il prim
eri del suo genitore, come per indicare il luogo agreste della scena,
quale
appunto amavasi da quel nume pei suoi diporti non
ricoltura, e vicino a quella un vecchio rustico munge una capra, alla
quale
una giovine pastorella sta vellicando il mento pe
il soggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al
quale
gli abbiamo veduti prestar servigio in più monume
co è posato sul fianco, e resta avvolto affatto nel manto istesso, il
quale
forma sul petto un doppio ravvolgimento, ed ha ne
solea radersi ogni giorno, come solito abbigliarsi donnescamente: la
quale
per altro apparisce nel personaggio rappresentato
rappresentano l’immagine qual era in Anchialo sul suo sepolcro, nella
quale
ben si discerne il mento sbarbato. Nè può abbracc
se questo argomento per soggetto di una poco religiosa pittura, nella
quale
avea rappresentato Giove femminilmente acconciato
a aperta, gesto relativo alla facilità de’ parti, e gesto perciò, dal
quale
veniva caratterizzata la statua di questa dea nel
era: e monumento di questo culto è anche il presente bassorilievo, il
quale
, comecché di stile soltanto accennato e poco fini
oia dei conviti e all’abbellimento dei cenacoli; o sia finalmente ohe
quale
istitutore e corifeo di misteri riputati allor sa
astorale: si rivolge indietro verso una Beccante cinta di nebride, la
quale
sembra invitarlo alla danza: quindi sorgono due a
ca poesia. Un’altra ara coronata ed accesa è presso questa figura, la
quale
è poi seguita da quella di una Menade, o Baccante
nte furiosa, che può sembrare invasa da quella religiosa mania, dalla
quale
credeasi comprendere chi toccava, scuoteva i mist
a della diligenza e della laboriosità che del gusto dell’artefice, il
quale
dee aver tratto questa composizione tanto superio
tuetta di Bacco sostenuta in mano da un Fauno vedovasi coperta, ed al
quale
ha dato Plinio stesso il nome di Palla, nome equi
il partito, onde lo scultore ha condotto il rilievo della figura, la
quale
, come suol vedersi in molte di si fatte immagini
unti riposo e felicità. « La scultura del simulacro quasi intatto, la
quale
non oltrepassa la mediocrità, è ancora una confer
zione per altro delle figure vien dal buono, come la composizione, la
quale
, benché semplicissima, empie il campo con natural
un cratere: le redini del cocchio sono in mano del Genio di Bacco, il
quale
appressandosi colla destra alle labbra la siringa
si cernophoros sostenendo il vaglio mistico nella sinistra, dentro il
quale
apparisce il Fallo velato. « L’ultima fìgura che
questa dottrina allegorica degli Egizj avrà probabilmente Talete, il
quale
viaggiò colà, rilevato quel ch’egli insegnava del
va, davanti ai giudici, di non aver nulla di comune con Anassagora il
quale
aveva ritenuto il sole come una pietra e la luna
giunse nel nostro secolo, quella che chiamasi Mitologia comparata; la
quale
, confrontando i miti dei varii popoli di stirpe a
nche ora come definitiva questa soluzione del problema mitologico; la
quale
, a giudizio loro, dà spiegazione sufficiente anch
la Mitologia greca e la romana. Quel ricco sviluppo di leggende, del
quale
s’ è fatto parola, propriamente era solo de’ Grec
sa. Dal Caos sorse primamente, non si dice come, Gea, la terra, dalla
quale
subito si staccò il Tartaro o Inferno; poi compar
l poeta Claudio Claudiano compose un poemetto sulla Gigantomachia, il
quale
è a dolere non sia giunto intiero a noi. Fra l’ o
o di Zeus; in origine null’ altro che un manto di nembi, scuotendo il
quale
n’ uscivano procelle e tempeste, più tardi credut
, tra molte altre opere d’ arte, era la famosa statua di Fidia, della
quale
parleremo fra poco. 5. Al Zeus greco corrisponde
za. Celebre è anche la statua detta di Verospi nel Museo Vaticano, la
quale
rappresenta Giove seduto col fulmine nella destra
ella luna parziale), e Argo è appunto il cielo stellato attraverso il
quale
essa compie la sua peregrinazione. Anche l’ esser
datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era venerata
quale
dea della maternità. 3. In origine il culto di Er
ne riccamente ornato di bassorilievi per opera del gran Fidia 4, il
quale
pure compose la statua della dea posta in fondo a
i musicali e poetici, aveva luogo allora una solenne processione alla
quale
prendevano parte elette rappresentanze di tutte l
greci nel rappresentare la Dea, ma furono tutti superati da Fidia, il
quale
non solo curo l’ ornamentazione plastica del Part
la sorte cui sembrava condannato il sole nella stagione invernale, la
quale
pareva in certo modo esigliarlo e renderlo schiav
un vapore innebriante, era invasa da una specie di estasi, durante la
quale
, in mezzo a moti convulsivi del corpo, la schiuma
u trovata in principio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il
quale
aggiunse di suo il mozzicone d’ arco nella mano s
lo salverebbe dalla sua ira. Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il
quale
per aver visto Artemide nel bagno fu trasformato
già si disse, è in onor di Apollo e di Diana regina delle sei ve; la
quale
ultima è invocata come Ilizia perchè benedica la
Ares, son le leggende che lo fan padre del brigante Cicno (Kyknos) il
quale
, appostandosi nelle strade pubbliche, tagliava la
hi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel
quale
le trombe ed altri arnesi usati nel culto venivan
a, a cui i poeti posteriori con predilezione si attennero; secondo la
quale
Afrodite sarebbe nata dalla schiuma del mare (la
a dea della bellezza; non è altro che l’ aurora, figlia del cielo, la
quale
sorride dall’ oriente e allieta di sua luce tutta
gliendolo ne confusero l’ immagine con quella della loro Afrodite, la
quale
divenne così la dea della bellezza e dell’ amor s
facendo che la matrigna Fedra innamorasse di lui, e il bel Narciso il
quale
sdegnava l’ amore della ninfa Eco, facendo che si
loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla navigazione), della
quale
i Cnidii andavano così orgogliosi che ne riportar
i poeti chiamato « il Titano ». Ebbe in moglie Perse o Perseis, colla
quale
generò Eeta (Aeetes), quello che è noto nella fav
leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Climene; il
quale
avendo chiesto al padre di guidare una volta il s
indi il luogo suo era presso il tempio di Quirino, sulla facciata del
quale
perciò appunto fu, nel 293 av. C., costrutto il p
eggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel
quale
essa divenne madre dei venti Borea, Zefiro, Euro
ua madre Eos. — Tali le principali leggende relative a questa Dea. La
quale
non ebbe in nessun luogo un culto speciale. 2. Al
erna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo loro re, il
quale
ricevutone l’ ordine da qualche Dio, apriva loro
34, 35, 36). La Polinnia vaticana rappreseuta la Musa del Pantomimo,
quale
fu concepita nell’ età romana. Riproduciamo un’ a
esempio, sebbene molto sciupato, quello che si conserva in Siena, dal
quale
Raffaello trasse l’ ispirazione pel suo celebre q
onzo eretta da Augusto nella Curia Iulia dopo la vittoria d’ Azio; la
quale
statua diventò rappresentante della dea protettri
e ha l’ ali d’ oro, ed è tutta piena di rugiada, tra le goccie della
quale
scherza il sole dipingendola a mille colori. Così
Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima sua forma, secondo la
quale
Ganimede era amato da Giove. Anche questo è il ra
a cui si attiene Ovidio nel decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il
quale
fa che Giove si trasformi in aquila per rapire l’
ruppo in bronzo di Leocare, scultore ateniese del 4º sec. av. C., del
quale
si crede un’ imitazione la statua ora conservata
ava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col
quale
egli soleva lanciar le sue freccie infallibili pr
letteratura, basti ricordare la graziosa allegoria di Amore e Psiche,
quale
si legge nelle Metamorfosi di Apulejo, scrittore
di Amore e Psiche; celebre fra tutte il gruppo che è in Vaticano, il
quale
li rappresenta in atto di abbracciarsi e baciarsi
Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e avorio di Epidauro, della
quale
si ha la riproduzione in monete del tempo; molte
a già Esiodo espone nella Teogonia la leggenda più comune, secondo la
quale
le Moire erano tre, figlie della Notte, e si chia
vevano rapporto colle sorti dell’ umana vita, va ricordata Nemesi, la
quale
rappresentava una santa indignazione per ogni dis
tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio di Giano, in onor del
quale
si celebra va una festa il 13 ottobre, detta Font
turalmente veneratissimo il Tevere, detto Divus o Pater Tiberinus, al
quale
i pontefici e gli auguri rivolgevano annue preghi
preghiere per la salvezza della città. È nota la leggenda secondo la
quale
Rea Silvia, madre di Romolo, getta.ta nel fiume p
i parecchi giganti e mostri, per es., di Polifemo, l’ accecamento del
quale
tirò su Ulisse l’ odio del Dio; così pure era pad
sfogo a questo sdegno, Era inspirò una pazzia furiosa ad Atamante, il
quale
uccise Learco e inseguì Ino che tentava salvare l
la. Anche si favoleggiò d’ una contesa fra le Sirene e le Muse, nella
quale
le prime sarebbero state vinte. Il luogo ove soli
ma in senso più generale rappresentava quell’ energia della natura la
quale
, per effetto del calore e dell’ umido, porta a ma
teo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di Driante (la selva), il
quale
cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Ni
una solenne processione; si teneva un gran banchetto in campagna pel
quale
la città provvedeva la carne; si beveva del mosto
mito di Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito di Penteo; al
quale
pure si riferisce la bellissima tragedia di Eurip
ri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la
quale
invano ora spasimava, lamentando finchè visse, in
’ ella amasse alla follia il bel Narciso, figlio dei fiume Cefiso, il
quale
invece non voleva saperne di lei; ond’ essa, cons
ico che fu denominato « Il dramma dei Satiri » (satyricum drama); nel
quale
sotto la maschera di Satiri venivano messi in par
ndatore mitico del regno della Frigia; era detto figlio di Cibele, la
quale
avevalo immensamente arricchito. Ma avvenne a lui
rsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma poetica da Ovidio, il
quale
discorre del primo nel sesto delle Metamorfosi, d
voro di scultura del 2º secolo av. C.; un torso trovasi a Berlino, il
quale
forse è parte di un gruppo a cui apparteneva anch
ai confini dell’ Argolide e dell’ Arcadia udirono la voce di Pane, la
quale
li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli
n da pastore e la zampogna. b) Silvano. È il Dio italico col
quale
fu identificato il greco Pane, sebbene la corrisp
i pino in testa e un ramo della stessa pianta nella mano sinistra, la
quale
talvolta sostiene anche una pelle ferina piena di
di Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte Albunea, quello al
quale
ricorse Latino al tempo della venuta di Enea in I
vero era destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei giardini era
quale
la descrive vivamente Orazio nell’ 8a satira del
a il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia), nel
quale
gli schiavi godevano piena libertà, si vestivano
giavano e bevevano quanto piaceva loro. Gentile usanza, per via della
quale
almeno un giorno dell’ anno quella tanto maltratt
la statua piena di vita, è la Flora del Museo Nazionale di Napoli, la
quale
proviene dalle terme di Caracalla in Roma (fig. 6
una festa annua, il 23 Febbraio, detta Terminalia, in occasion della
quale
si incoronavano i termini e si offrira al Dio una
l’ essere suo e li esorta a fondare un tempio in Eleusi. Compiuto il
quale
consacrò Celeo e altri tre principi Eleusini, Tri
supremo. Si prometteva agli iniziati la felicità d’ oltretomba, dalla
quale
si dicevano preclusi gli altri mortali. I segreti
o comminate al trasgressore. Questa forma di religione segreta, nella
quale
penetrarono presto gli elementi orfici, trasse a
l Circo. Tali feste erano inaugurate con una solenne processione alla
quale
prendevano parte tutti vestiti di bianco. In Agos
ù comunemente nota. Era uno spazio largo e tenebroso dentro terra, al
quale
si poteva accedere di qua su per molte entrature,
le viscere della terra, ivi si supponeva un accesso all’ inferno. Nel
quale
poi si diceva che scorressero e s’ incrociassero
o sulla terra non trovando pace; ma a Delfo fu protetto da Apollo, il
quale
dopo molti riti di espiazione lo mandò ad Atene p
no è proprio della nuova luna si rispecchia nell’ indole di Ecate; la
quale
venne concepita come la dea delle apparizioni not
ruiva in Antiochia una cripta per il culto sotterraneo di Ecate, alla
quale
cripta scendevasi per nna scala di 365 gradini. 4
assati è prova la festa delle Lemurie, il 9 maggio, in occasion della
quale
il capofamiglia s’ alzava di mezzanotte, e lavate
ia fino al Diluvio. 1. Un popolo così immaginoso come il Greco, il
quale
aveva creato tante leggende intorno alle forze de
rometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di Temi secondo Eschilo), il
quale
avrebbe formato uomini e bestie col limo e coll’
sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la
quale
gli uomini erano inferiori ai precedenti per forz
figura. Più vivace era la leggenda di Prometeo rapitore del fuoco, la
quale
oltre ad aver suggerito bei versi ad Esiodo tanto
quella della lotta tra i Lapiti e i Centauri. Già ne parla Omero, il
quale
fa dire al vecchio Nestore che nella sua prima gi
ini mezzo cavalli, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il
quale
parla solo di uomini pelosi, dalle chiome arruffa
oncepi l’ idea di que’ mostri. La lotta dei Lapiti e dei Centauri, la
quale
divenne simbolo della lotta tra la civiltà greca
Eracle, rinunziò all’ immortalità per favorire Prometeo, in luogo del
quale
accettò di scendere all’ Inferno. 2. Una vivace e
nare quella forma più bella che poi venne universalmente adottata, la
quale
al corpo di un cavallo con tutte quattro le zampe
Bio). Frui di grande prosperità e ricchezza, in grazia di Apollo, il
quale
, allorquando, in punizione d’ aver ucciso co’ suo
Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educazione a Chirone, il
quale
ne aveva fatto un abile cacciatore e guerriero. D
uerra, vinse ed uccise Epopeo e condusse seco prigioniera Antiope. La
quale
per via die’ alla luce, presso Eleutera sul Citer
gnolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il
quale
ei rubò un cane dal tempio di Zeus in Creta e per
che nessuno più moriva, onde dovette ricorrere Ares per liberarla; il
quale
allora a lei consegnò Sisifo. Ma questi riuscì an
d’ inverno. 2. Sisifo die’ argomento a diversi drammi di Eschilo, il
quale
sceneggiò sia il lato serio di questo carattere i
e punito mandando un assilio che morse e fe’ infuriare il cavallo, il
quale
buttò giù il cavaliere e da solo poi si levò al c
Posidone e di Glauco poteva ben essere dai Corinzii detto il Sole, il
quale
ogni giorno sembrava a loro sorgere dalle onde de
non è altro che la luna affidata alla custodia del cielo stellato, la
quale
va peregrinando di terra in terra, quasi inseguit
fondato un tempio ad Atena Lindia. Ad Argo era allora re Gelanore il
quale
, riconosciuto Danao quale discendente di Io, gli
a Lindia. Ad Argo era allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao
quale
discendente di Io, gli cedette il regno. La legge
edette il regno. La leggenda attribuisce molto merito al re Danao, il
quale
avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno
esse il proprio consorte. Così fecero tutte salvo una Ipermnestra, la
quale
salvò il suo sposo Linceo. Si arrabbiò Danao e ca
i. A Linceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte, il
quale
alla sua volta ebbe due gemelli, Acrisio e Preto.
l’ eroe ad Argo. Perseo si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il
quale
per timor di lui era fuggito a Larissa, ma, poich
agione hivernale? Di qui si sprigiona il sole primaverile, Perseo, il
quale
ha a fare colle Graie o colle Gorgoni cioè colle
e amata da Zeus, che le s’ era accostato in forma d’ un cigno. Ma poi
quale
dei figli di Leda avesse origine divina, correvan
di Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo deposto da Leda, dal
quale
poi sarebbero usciti Elena e i due gemelli. — Ven
tino fatto in comune d’ una mandra di giovenchi, per la divisione del
quale
non rimasero d’ accordo. In ogni modo questa lott
che ad Olimpia. Anche Roma eresse nel Foro un tempio ai Dioscuri, del
quale
rimangono in piedi tre splendide colonne. 3. La l
n inno che era molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide di Ceo il
quale
serbava gratitudine ai Dioscuri per essere stato
l’ essere nato dal suolo invece accenna, tra l’ altro, la forma nella
quale
soleva essere rappresentato, umana nella parte su
Erse, Aglauros e Pandrosos, tutti nomi che significano rugiada; alla
quale
nella stagione asciutta molto deve la prosperità
connessa un’ altra leggenda relativa ad Erittonio, quella secondo la
quale
sotto di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eu
lo zio, creduto fin allora senza figli. Sorse un’ acerba lotta, nella
quale
ebbero la peggio i Pallantidi, parte uccisi, part
ria da si doloroso tributo. Gli fu guida ed aiuto la Dea Afrodite. La
quale
inflammo Ariadne, figlia di Minosse, di amorosa p
fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col
quale
egli potè penetrare nel labirinto, uccidere il Mi
ri furono Arianna (Ariadne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col
quale
dicevasi venisse di quando in quando a segreto co
o, o secondo altri da Asclepio; infine l’ ultimo figlio, Androgeo, il
quale
fu ucciso dagli Ateniesi e così die’ occasione al
a gli Dei che sarebbe nato allora allora il più forte dei Persidi, il
quale
sarebbe stato signore e sovrano di tutti i discen
uello della moglie di Stenelo; nacque quindi quel giorno Euristeo, al
quale
sebben vile ed imbelle, dovettero rimaner soggett
e orecchie e li rimando incatenati a Orcomeno. Ne sorse guerra, nella
quale
vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal trib
ra, la metropoli delle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La
quale
sulle prime era disposta a dare il cinto, ma Era
asto alle sue bestie. Poi legò queste e le portò vive ad Euristeo, il
quale
le rimise in libertà. l) I buoi di Gerione. Era q
presa, ricorderemo la lotta col gigante Anteo, figlio della terra, il
quale
era re della Libia e obbligava i passanti a lotta
Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in aiuto di Eracle. Il
quale
avrebbe in tal occasione ferito persino alcune di
e d’ animali che voleva. Non rimase che il figlio minore, Nestore, il
quale
poi fu il continuatore della nobile famiglia. — A
e le dodici fatiche che altro può essere se non una forza benefica la
quale
lotta contro gli ostacoli della natura, a benefiz
a Roma, Ercole aveva trovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal
quale
era stato accolto con segni di amicizia; ma passa
questi bovi allontanati a forza dall’ armento fè avvisato Ercole, il
quale
mosse contro Caco, e impegnata con lui aspra lott
inori, è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il
quale
nel suo celebre poema, intitolato « le gesta di E
mi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, dal
quale
l’ eroe doveva ricavare la pelle onde si vestiva
ma in quattordici libri, collo stesso titolo di quel di Pisandro, col
quale
si può dire i racconti eraclei abbiano preso quel
icordiamo qui la tragedia di Seneca intitolata Hercules Furens, nella
quale
si pone in scena l’ eroe allorquando tornato dall
gli avuti da lei; e l’ altra dello stesso Seneca Hercules Oelaeus, la
quale
, come le Trachinie di Sofocle, rappresenta la dol
di questo genere lo scultore Lisippo, della giovane scuola Argiva, il
quale
si compiaceva di rendere nel bronzo la bellezza c
geva il teatro di Pompeo. È parte di una grande figura sedente, della
quale
rimangono solo il torace e le cosce; ma questa re
lo figliuolo Illo e a lui davanti sta in umile atteggiamento Nesso il
quale
sembra chiedergli facoltà di tragittare Deianira.
Atalanta, le tolsero vilmente il dono che aveva avuto da Meleagro. Il
quale
indignato di questo li uccise. Ne nacque guerra t
moglie celeste per sposare donna terrena, Ino figlia di Cadmo, dalla
quale
ebbe Learco e Melicerte, come già si disse parlan
ono di un ariete dal vello d’ oro datole a questo scopo da Ermes; sul
quale
ariete Frisso ed Elle se ne fuggirono diretti all
, Meleagro, Tideo, Ifito, Teseo, Orfeo, Anfiarao ed Eracle stesso; il
quale
ultimo però, per non assegnargli una parte troppo
Cizico, e qui non riconosciuti dai Dolioni vennero a battaglia, nella
quale
il re Cizico cadde morto; e di dolore s’ uccise a
so il Mar Rosso nel Nilo, ovvero per il deserto libico, attraverso il
quale
la nave Argo sarebbe stata trasportata, nel lago
tteri e di fatti che costituì per tempo come un ciclo di leggende, il
quale
fornì inesauribile materia e argomento ad opere l
abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto, di nome Polibo; il
quale
essendo senza figli adottò il bambino abbandonato
A un certo punto, in un passo angusto, si imbattò appunto in Laio il
quale
in un cocchio recavasi a Delfo per interrogare l’
aio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne nasce una contesa, nella
quale
Edipo uccide Laio e tutti quei del seguito. Così
cchio Polinice) non volle a suo tempo cedere il luogo al fratello; il
quale
allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe di
, questi venne obbligato a prendere parte cogli altri alla guerra. La
quale
come Anfiarao aveva previsto, ebbe esito sfavorev
ra offerta ad Apollo, lu Tebe ebbe il regno Tersandro di Polinice, il
quale
poi prese parte alla guerra di Troia, ma vi perde
intitolata « Alcmeonide ». Fra i poeti lirici si ricorda Stesicoro il
quale
trattò poeticamente la leggenda di Erifile. Ma so
gnoria d’ Argo, abitando Atreo in quel superbo palazzo di Micene, del
quale
ancora oggi si ammirano parecchi avanzi. Ma ben p
di vendicarsi, coll’ aiuto di un unico figlio rimastogli, Egisto, il
quale
uccise Atreo in un momento in cui stava compiendo
ù tardi prese parte alla caccia del cinghiale di Calidone, durante la
quale
ebbe la disgrazia di uccidere involontariamente s
mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla
quale
egli potè respingere trionfalmente gli assalti de
gli diedero in moglie una formosissima Nereide, Tetide (Tetis); nella
quale
occasione si celebrarono nozze splendidissime, a
atale; ed è anch’ essa leggenda posteriore ad Omero quella secondo la
quale
Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo
’ astuzia; primo Nestore. Era l’ ultimo dei dodici figli di Neleo, il
quale
nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello di Pe
rstite di Laomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato Priamo, il
quale
fece di nuovo rifiorire il regno e colla moglie E
. Strada facendo, accadde che Filottete figlio di Peante, tessalo, il
quale
possedeva le freccie e l’ arco di Eracle, durante
Achille; riuscì a trascinare contro sua voglia Filottete a Troia; il
quale
fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con
li ingannò inventando che era sfuggito alla persecuzione di Ulisse il
quale
lo aveva destinato vittima per un sacrifizio d’ e
taneo, e a poco a poco si contrasse tra loro una stretta amicizia, la
quale
si mantenne poi così costante che divenne proverb
otizia ad Ulisse. Questi allora mosse da solo, e, aiutato da Ermes il
quale
diedegli un’ erba che lo proteggeva da ogni magia
di Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la
quale
gli diede avvisi e consigli per il rimanente del
di Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo re dei Feaci; la
quale
lo conduce al palazzo e lo raccomanda al padre. U
no Penelope a finir l’ opera. Ella vinta promise fissar un giorno nel
quale
avrebbe scelto fra i Proci il suo secondo marito.
Feaci nell’ Isola. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la
quale
lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua regg
toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio di Anchise e di Afrodite, il
quale
divenne anche eroe italico. Mentre Troia ardeva a
ui a muover guerra ad Enea. Così scoppiò quella sanguinosa guerra, la
quale
dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo
a quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo di Enea. Il
quale
, poichè anche Latino morì, gli successe nel gover
di sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso morso, contro il
quale
tenta inutile difesa la sinistra mano del fanciul
nceppato, egli mostrasi spaventato non per sè ma per il padre suo, al
quale
si volge con pietà e sgomento. E il padre nel mez
e ed inerti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il
quale
è nel pieno vigore delle sue forze. — Varie scene
lati per la loro antiveggenza e saviezza, ma specialmente Melampo, il
quale
avendo curato una covata di serpenti dopo aver da
olofone. Quivi sposatasi con Rachio di Creta, diè alla luce Mopso, il
quale
divenne il fondatore dell’ oracolo di Mallo in Ci
enne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Baccanti nel
quale
s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di Orfeo.
en posteriore. 4. Fra gli artisti mitici il più celebre è Dedalo, del
quale
abbia in già detto una parola (cfr. pag. 360 e 37
ra delle vostre mani. Ecco preparasi alla gaerra il mio Stilicone, il
quale
secondo il costume mi arricchisce di trofei, e i
e accompagna la Speranza e la rara Fedeltà di bianco panno velata, la
quale
non ti rifiuta la sua compagnia allorchè tu, muta
agine, diciamo solo che potranno tornar utili al leggitore, traendone
quale
sia stato il trasporto e la immaginazione degli a
scogitarne poscia una Teogonia, che commisero alla casta ieratica, la
quale
con le astuzie e con il terrore inspirava il sent
l’uomo passò dalla vera ad uno spettro di religione, la scienza della
quale
fu detta mitografia — se ne cerca la cagione nell
istente — non si aveva che la vera religione primitiva pura e divina,
quale
una candida figlia del cielo discesa in su la ter
strade, che può paragonarsi ad una linea retta luminosa continua, la
quale
rimonta all’origine istessa dell’uomo, consiste n
, voltando, come meglio ci è dato, le sue parole nella nostra lingua,
quale
tra la innumera turba degl’ Iddii credono di aver
tali enigmi colato verità importanti — Questo concetto di Pausania è
quale
lo richiede la esposizione di questo argomento. I
monia e concento di loro(3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il
quale
emulando la scuola di Democrito, voleva tutto and
trodussero nel mondo una divinità corporale, che tutto lo informasse,
quale
anima grande un corpo vastissimo, e dalla maestà
per cedere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono
quale
nel Sole o negli astri, quale ne’ bruti e negli s
olo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o negli astri,
quale
ne’ bruti e negli scarabei, ritrovando in ogni cr
iù bella delle Dee, quando da Giove scelto Paride per giudice, onde a
quale
delle dee si dovesse dare, se a Giunone, a Minerv
ioè lo spirito e la mente degli Dei — con il pomo di oro il mondo, il
quale
come che è un’aggregato di contrarii concorrenti
e qui s’intende l’animo dell’ uomo che vive solo secondo il senso, il
quale
nulla curando le altre cose della terra, crede es
ome Giunone, cioè l’aria, l’etere, le biade ; Diana, la caccia, dalla
quale
gli antichi e soprattutto i selvaggi campavano in
va, e πολυς molto, ossia non molto, unico o quasi di semplice natura,
quale
caratteristica ben si addice al Sole ; se pure no
daremo la interpetrazione come saggiamente fu esposta da Macrobio, la
quale
egli stesso improntava da Antipatro filosofo stoi
il guasto, e contaminando tutte le cose per via di una putredine, la
quale
originata dal calore operante su lo umore mercè d
quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Parnaso, il
quale
è armato di ali, perchè è in ragione de’nobili… F
1), i poeti croici la undecima divinità maggiore, che fu Mercurio, il
quale
porta ai fomoli ammutinati la legge nella verga d
ritornati a disperdersi nello stato exlege ch’è l’Orco dei poeti, il
quale
divorasi il tutto degli uomini… Tale verga ci vie
raria ai famoli degli eroi... Portò l’agraria di Servio Tullio con la
quale
ordinò il censo…. Da Mercurio de’Greci fu ritrova
ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sorella di Giove, il
quale
del pari ha con l’etere molta simiglianza e stret
o di Giove, Giunone seconda divinità delle genti, dette maggiori : la
quale
è di Giove sorella e moglie, perchè i primi matri
Detta anche Lucina, che porta i parti alla luce non già naturale, la
quale
è comune ai parti schiavi, ma civile, onde i nobi
nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la
quale
i romani fino al 309 di Roma tennero i connubii e
nero i connubii esclusi alla plebe. Ma da’ Greci fu detta Ηερα, dalla
quale
debbono essere stati detti essi eroi, perchè nasc
za fatta da’giganti alle prime donne ; con la fune legate le mani, la
quale
poi appo tutte le nazioni s’ingentili con lo anel
la rotondità di tal flore la forma quasi sferica della terra, per la
quale
ella si prendeva. 37. A Cerere si dava per figlia
vasi indicare, ch’è d’uopo mandare il seme alla terra, nell’imo della
quale
credevasi aver regno Plutone, per farlo germoglia
noi qui lo riproduciamo secondo la nostra istessa versione dal greco,
quale
fu prodotto in un’alra nostra opera(2), « A me c
essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col
quale
entrava essa in congiunzione, secondo i diversi s
madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana
quale
madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembian
in forma di un globo, per dimostrare tutto l’universo, nel mezzo del
quale
stava quel fuoco, che dicevano Vesta. Ella, dice
i Giove e di Mnemosine cantavano su l’Olimpo le maraviglie degli Dei,
quale
concetto fu mirabilmente svolto dallo immortale V
mene, Tersicore, Erato, Polinnia, Vramia, Calliope. Noi, senza dire a
quale
delle belle arti ciascuna di esse voleva farsi pr
e restò un giuoco ai greci detto del nodo : ch’è il nodo erculeo, col
quale
Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo quale d
il nodo erculeo, col quale Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo
quale
da’plebei si pagava agli eroi la decima di Ercole
Nè Ercole, diceva Macrobio(2), va estranio dalla potenza del Sole, il
quale
trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge
, ed è indicato dal tramonto del fiume dell’Aquario, la estremità del
quale
scorre nella stazione del Capricorno, e la sorgen
onsacrato da’ Romani, come loro prima divinità tutelare, il eulto del
quale
fu da loro unito a quello del tempo e del Dio-Luc
a, che tu desideri sapere ; e, conoscendo questa, non ignori del pari
quale
sia il mio ufficio. Tutto ciò, che vedi da ogni l
). Flora — Alcuni eredono che sia Acca Larenzia donna di partito, la
quale
avendo mutato colore nel tempio di Apollo e Diana
ma il nome di Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arcadi, la
quale
gravida di Mercurio desse alla luce Evandro, e po
ata rumen, che significa mamma, onde nacque ficus ruminalis, sotto la
quale
pianta fu creduto che una lupa desse le mamme a R
o gli Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo, era Eeta, il
quale
aveva una figlia nubile chiamata Medea ed un picc
formata in quella costellazione che ne porta tuttora il nome, e nella
quale
i moderni astronomi coi loro telescopii hanno con
iporta una scena della tragedia degli Argonauti di Lucio Accio, nella
quale
il poeta finge, che un pastore che non aveva mai
o incerto chi di loro due esistesse prima, comincierò da Anfione, del
quale
è più breve il racconto. Anfione fu creduto figl
triscia biancastra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la
quale
invece di esser prodotta dal latte di Giunone è u
ri che alle altre, perchè trattavasi di liberar l’amico suo Teseo, il
quale
per secondare il suo inseparabile Piritoo si unì
e suppongono che l’Eroe Tebano fosse già adulto a tempo di Perseo, il
quale
per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante ne
uomini ; cavalli dalle estremità dei piedi sino al collo ; invece del
quale
avevano il petto, le braccia e la testa di uomo.
sso qualche sua debolezza che in ultimo fu causa della sua morte ; la
quale
per altro egli incontrò con un eroismo pari a que
e un corno, onor della fronte degli Dei dei fiumi ; per ricuperare il
quale
Acheloo diede in cambio il cornucopia a lui donat
he derivò da un uovo, da quello cioè da cui nacque la bella Elena, la
quale
fu la vera causa di quella guerra, come vedremo97
tellazione : « O glorïose stelle, o lume pregno « Di gran virtù, dal
quale
io riconosco « Tutto, qual che si sia, il mio ing
Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europa, la
quale
fu rapita da Giove stesso trasformato in toro, e
ia. Minosse prese in moglie Pasifae, una delle figlie del Sole, dalla
quale
ebbe un figlio che fu chiamato Androgeo e due fig
molto piaciuto, partorì un mostro che era mezz’uomo e mezzo toro ; il
quale
fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nom
per ordine di Minosse da Dedalo, ingegnoso architetto e meccanico, il
quale
costretto ad esulare da Atene sua patria erasi ri
lo avrebbe riconosciuto per suo. Questo figlio fu chiamato Teseo ; il
quale
nel crescere diede segni manifesti di gran forza
odo alcuno scusare, contro la troppo semplice e pietosa Arianna, alla
quale
pur doveva la sua salvezza ; ed egli invece l’abb
olenza che essi usavano contro degli altri ; onde nel modo stesso col
quale
ingiustamente operavano, fossero giustamente puni
bricò un toro di rame in atto di mugghiare ; nelle interne cavità del
quale
dovevasi chiudere il condannato, e poi accendendo
o per sollevazione e vendetta popolare, come afferma Cicerone109. Il
quale
parla molte volte di questo toro nelle sue opere,
Edipo, che significa piede gonfio, perchè aveva enfiato il piede pel
quale
fu sospeso all’albero. Cresciuto Edipo si accorse
e andò a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il
quale
gli rispose di non cercarne, perchè avrebbe uccis
ercito l’avito regno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del
quale
era molto più urgente e più giusta. Prima per alt
rono gl’invasori Tieste ed Egisto, ricuperando il paterno regno ; del
quale
per patto di famiglia divenne re il solo Agamenno
ormica, diede motivo a inventar questa favola della loro origine ; la
quale
però parve sì bella che tutti i pœti l’accettaron
cipe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina, dalla
quale
doveva nascere un figlio molto più illustre e pot
moderni filologi. Ed ecco prima di tutto la genealogia dei re Troiani
quale
Omero fa dirla da Enea ad Achille : « Ma se più
come vittima espiatoria. Sulla scelta di questa decideva la sorte, la
quale
dopo qualche anno cadde sopra Esìone figlia dello
tichi etimologisti, significa riscattato : è dunque un soprannome col
quale
quest’ultimo ed infelicissimo re Troiano passò al
nissima armatura da guerrieri, fu questa che fece palese Achille ; il
quale
dimenticando il suo travestimento, su di essa fis
rirebbe chi primo scendesse ; e così avvenne infatti a Protesilao, il
quale
, come dice Omero, « Primo ei balzossi dalle navi
È ricordata con somme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima, la
quale
desiderando di veder l’ombra del marito e poi mor
alore a gara con Diomede, la sorte era contraria al loro esercito, il
quale
rimaneva quasi sempre perdente e respinto : ad og
chè quanti « Eran dianzi i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti,
quale
di saetta, « Qual di fendente : di saetta il fort
izione dei funebri onori resi ad Ettore in Troia termina l’Iliade, la
quale
chiudesi con le seguenti semplicissime parole :
ello in un gruppo (esistente tuttora nella galleria del Vaticano) nel
quale
vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto di
ieme navigarono verso la Grecia finchè la tempesta non li divise ; la
quale
piombò loro addosso vicino all’isola di Eubea. Iv
di Nauplio, principalmente perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il
quale
era maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta
nnone ivi presenti, dagli sgherri dell’usurpatore tiranno. Egisto, il
quale
molto prima di Machiavelli sapeva che « è necessa
rimea) furon consegnati a Toante re e sacerdote di quella regione, il
quale
sacrificava all’idolo di Diana vit time umane, sc
venne in Italia e fondò nella Magna Grecia la città di Petilia, alla
quale
credesi corrispondere ora Policastro sul golfo di
nave da lui stesso costruita ebbe a soffrire un’altra tempesta, dalla
quale
con gran fatica e pericolo scampato a nuoto, giun
il modo d’inserire nella Divina Commedia il canto di una Sirena, alla
quale
fa dire, tra le altre cose, ch’ell’era quella ste
idio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno nel Lazio, dal
quale
derivò Roma che fu poi dominatrice del Mondo. Qui
ffese soffrirebbero talmente la fame da divorarsi le stesse mense. La
quale
strana predizione si avverò poi blandamente, perc
d accresce colla loro presenza l’orrore di quella, negli alberi della
quale
« Non frondi verdi, ma di color fosco « Non rami
lle coste dalla tempesta, Enea fu accolto umanamente dalla regina, la
quale
offrì ad esso ed ai Troiani di fare un sol popolo
per ordine di successione sino a Numitore padre di Rea Silvia, dalla
quale
nacquero Romolo e Remo. E sebbene a questo punto
i ; perciò è da vedersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e
quale
estensione di significato le attribuivano i Polit
n insigne architetto che in Lebadia, nella Beozia, scavò un antro nel
quale
si chiuse, e ove rendeva oracoli a chi andasse a
n un luogo chiamato anticamente Marpessio. 9ª LaSibilla Frigia, della
quale
fu detto che vaticinò in Ancira. 10ª La Sibilla T
10ª La Sibilla Tiburtina, ossia di Tivoli, aveva nome Albunea, della
quale
è rammentata la grotta da Orazio in una delle sue
fu detta appunto Tomi, greco vocabolo che significa dissezione (e dal
quale
fu composto pur anco il nome di Anatomia) : « In
tamente la Storia ci fa sapere che questo barbaro metodo curativo (il
quale
, generalmente, scorciava o troncava la vita ai gi
iddam sensuque vacuum se putat cernere, post autem signis certioribus
quale
sit id, de quo dubitaverat, incipit suspicari, si
pico non fa altro che portar l’ esempio del modo tenuto da Omero, del
quale
egli dice tra le altre cose : « Nec reditum Diom
sservato in Monte Cassino ora per la prima volta dal 1828 in poi, nel
quale
anno vi furono messi i parafulmini. Ne ha data un
ta tradotta da lui stesso in latino questa parlata di Socrate ; della
quale
il punto riferibile a Palamede è il seguente : «
le coste dell’Italia meridionale ; ma nessuno ha detto precisamente a
quale
delle esistenti isole corrisponda : perciò taluni
Dantenel Canto xix del Paradiso rammenta Anchise morto in Sicilia, la
quale
, alludendo all’Etna, egli chiama « ………. l’isola
egati. Ecco il sublime tratto di Ovidio tradotto dall’Anguillara, nel
quale
troviamo descritto cotesto scioglimento. Pria ch
e. Si venne pertanto ad un aggiustamento, che gli propose Titano, col
quale
Saturno si obbligava di non allevar figli maschi,
ra a Saturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla
quale
gli fece recere i figli da lui precedentemente di
che fu udita nel suo tempio in occasione di un fiero terremoto, colla
quale
si avvertivano i Romani di sacrificare una troja
i. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re di Babilonia, presso la
quale
egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome sua
un globo, ed altri istromenti matematici, oltre una bacchetta, colla
quale
fa le dimostrazioni delle sue lezioni. Ecco ne’
a da Citera Isola dov’ella regnava. Venere fu maritata a Vulcano, dal
quale
ebbo molti figli ; fra questi i più rinomati sono
llo di porgere il nettare agli Dei. Vero è, che la poca grazia, colla
quale
esercitava le funzioni di coppiere, fu cagione ch
conchiglie, tirato da cavalli marini : tiene in mano il tridente, col
quale
comanda ai flutti di sollevarsi, o di mettersi in
accola accesa in una mano, e nell’altra una sferza di serpenti, colla
quale
ffagellavano le ombre a loro consegnate. Varie er
lla fuga, e si rifugiò in un canneto del fiume Ladonte suo padre, dal
quale
fu cangiata in canna. Pane per consolarsi di tal
o di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, dalla
quale
ebbe Nereo, e Dori che si maritarono insieme. Que
ettentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re di Atene, dalla
quale
ebbe Zeto, e Calai effigiati cogli omeri coverti
dava addosso, o assassinava i passeggleri. Fu ammazzata da Ercole, al
quale
aveva rubato alcuni bovi : indi cangiata in mostr
en espressa con una coppa alla mano, ed accanto un altare, intorno al
quale
un serpente si aggira. Ella è denominata anche Ig
a maniera di ripopolare la terra. A tale oggetto consultaron Temi, la
quale
loro rispose, che avessero scavate le ossa della
vasse. Essendo stata vana ogni ricerca, Cadmo consultò l’oracolo, dal
quale
gli fu risposto che avesse fabbricato una città i
edificare la città capitale, volle offrire de’ sacrifizj agli Dei, a
quale
oggetto avendo spediti alcuni suoi compagni ad at
rgo. Ivi ammazzò Preto che aveva cacciato Acrisio dai suoi stati, col
quale
si riconciliò. Ma fatalmente giuocando al disco,
diò Atene, e non si ritirò fino a che non fu segnato un trattato, col
quale
gli Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente
alo architetto ingegnosissimo, formò un edifizio detto Laberinto, nel
quale
chi entrava non ritrovava mai l’uscita, consisten
ni, donne sommamente guerriere, e sposò la loro regina Antiopa, dalla
quale
nacque Ippolito. Fu Teseo uno degli Argonauti, ch
ndo in lui un raro talento per la musica gli regalò la sua lira, alla
quale
Orfèo aggiunse due altre corde. Allorchè questo f
vendicato, essendo stato consegnato alle Furie l’empio matricida, il
quale
per liberarsene si rifugiò a Psofi in Arcadia, pe
era di portar via una statuetta di Minerva chiamata Palladium, nella
quale
consisteva la salvezza della città. Ulisse, che a
cura di Achille fu d’innalzare un rogo alla riva del mare, sopra del
quale
fece collocare il corpo del suo amico, e vi appic
del fiume Stige per renderlo invulnerabile : il solo tallone, per il
quale
lo teneva, non fu bagnato da quest’acque salutari
tte s’imbarca, dirige la prora verso Pilo per ivi trovar Nestore, dal
quale
non avendo avuto notizie soddisfacenti, si reca a
, ove da un anno era morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del
quale
fece celebrare de’ giuochi dopo avere adempiuto a
dove avrebbe ritrovata una pianta, che aveva un ramicello, senza del
quale
non avrebbe potuto penetrare nell’inferno, per of
soldati. I principi vicini prendono parimente lo armi contro Enea, il
quale
non ha in suo favore, che il solo Evandro, che ab
vendicò il suo ministro con far sorgere una malattia in Calidonia, la
quale
prima alterava la fantasia, indi rendeva furiosi
resso a poco la medesima sorte di Titono. Ella fu amata da Apollo, al
quale
dimandò di poter vivere tanti anni, per quanti gr
i è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, della
quale
così cantò il nostro Stazio nel libro IV. Silv.
issima Greca iscrizione sottoposta ad un eccellente bassorilievo, nel
quale
stavano scolpite diverse sacre immaginette, e fra
lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una tale Fratria, alla
quale
non erano ammessi, se non quelli che conservavano
costume i Napoletani di celebrare una festa in onore di Orione, nella
quale
fralle altre formalità si bruciava una barchetta
rigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal
quale
credono essere stata rapita Elena. 2. Suol dipin
autore dell’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori di Napoli, il
quale
sostiene, che quasi tutta la navigazione di Uliss
, quando un vile ossequio agl’imperatori introdusse l’apoteosi, colla
quale
vennero annoverati tra gli Dei anche i più scelle
sapienti ed i grandi disdegnosamente la confinavano tra la plebe, la
quale
, meno corrotta forse, volea che i vizj, a cui ren
tal merito, come si potrà difendere la giustizia d’un simil odio, la
quale
si dee provare non dall’odiare, ma dal sapere per
te quello che ignorano ; e questo è il testimonio della ignoranza, la
quale
, mentre scusa la poca equità, la condanna. Poichè
versazione, nè penitenza, nè doglianza ? Che sorta di male, dico, del
quale
il reo si allegra, l’accusa del quale si brama, l
? Che sorta di male, dico, del quale il reo si allegra, l’accusa del
quale
si brama, la pena del quale per felicità si consi
del quale il reo si allegra, l’accusa del quale si brama, la pena del
quale
per felicità si considera ? Non puoi dire che sia
umano vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il
quale
fa prova della sua virtù. Che, se noi volessimo f
o perchè siamo fratelli rispetto a’nostri beni e alla nostra roba, la
quale
appresso di voi quasi rompe la fratellanza. Noi p
nimo ancora di santi ricordi. Or questa è l’adunanza de’Cristiani, la
quale
dire si può illecita, se si rassomiglia ai ridott
ano. La filosofia non serviva che a spargere una specie d’empietà, la
quale
, senza condurre alla distruzione degl’idoli, prod
n avrebbero impiegato a rinascere le scienze obliate e perdute ! E in
quale
stato d’infanzia non si troverebbe anche ai dì no
morale. 145. È opinione di molti dotti, che la lingua sanscritta, la
quale
è tuttora la lingua letteraria dell’India, sia ma
novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la
quale
era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli st
congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col
quale
termina l’età eroica e comincia l’epoca storica47
Danae che fu poi madre di Perseo. S’intende facilmente che l’oro col
quale
furon comprate le guardie da un ricco principe ap
ppo padre di Alessandro Magno non esservi fortezza inespugnabile alla
quale
potesse accostarsi un asinello con una soma d’oro
o di un granchio. Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del
quale
è di certo la statua colossale del Grande Oceano,
ssare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il
quale
avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fos
ormò in quel monte della Mauritania che tuttora chiamasi Atlante, del
quale
gli antichi favoleggiavano che sostenesse il Ciel
» 48. Vedasi la bellissima Ode 16ª del lib. iii di Orazio ; della
quale
qui cito soltanto quella parte che si riferisce a
piedi anterïori, il capo e ’l grifo ; « In tutte l’altre membra parea
quale
« Era la madre, e chiamasi Ippogrifo, « Che nei m
se potuto sfuggire il nato infante il furore di Saturno suo padre, il
quale
memore delle promesse fatte al fratello Titano di
uova, e con forza del tutto inudita lo cacciò superbamente dal regno,
quale
co’suoi due fratelli, salvati collo stesso tranel
a lui sortito nella general divisione per sua parte, ed eredità, sul
quale
qual’assoluto padrone esercitar poteva ogni imper
e ebbe però il piacere d’impalmare Venere fra le Dee la più bella, la
quale
per altro niente rapita di suo marito, non senza
ggiante palma sgravossi della doppia sua prole Apollo cioè, e Diana ;
quale
isola poi per favore del nato Nume non più fù err
egli da violento affetto per Dafne famosa figlia del fiume Peneo, la
quale
burlandosi de’suoi amori fin a tal segno lo spreg
to, che solito era portarsi dalle spose nell’andare a prender marito,
quale
credevasi da essa disciolto qual patrocinatrice d
stretta ad impalmar per marito, che il deforme storpiato Vulcano, pel
quale
sebbene di più figli fù madre ; pure perchè mal c
ria, ossia ingannatrice, e qual cosa invero più inganna, che l’amore,
quale
lusingando i sensi nel cuor trasmette i velenosi
esiorum Civitatem cultricem esse magnae Dianae, Iovisque prolis ?(1)
quale
ammirabile tempio poi nel giorno, in cui nacque A
ue porte inalzato a questo Dio da Romolo di comun consenso con Tazio,
quale
per prescritto del successore Numa sempre dovea t
attolo quindi a suo tempo lo diè allo stesso benefattore Mercurio, il
quale
seco recandolo da alcune Ninfe figlie forse di At
el giorno, in cui dalla Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ;
quale
festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Alm
che aspetta, perchè al solo tempo si appartiene scovrir la verità, la
quale
, al par del sole, che può essere intercettato, ma
all’uom quando la trova. Annotazioni. Quella gran dote, per le
quale
sola, al dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mo
Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza di quel Dio, nel
quale
vivimus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam dunqu
e il danno la fecero precedere da un Leone, onde ognuno ravvisasse di
quale
eccesso è capace questa belva quando è stizzita,
per ottenere più facilmente l’intento lo sventurato calunniatore, il
quale
perciò sovente muore nella sua iniquità, giusta q
han ammirato, e ne ammireranno il portento. E chi in vero non ravvisa
quale
abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza di l
il portento. E chi in vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica,
quale
aggiustatezza di logica si racchiude in questi du
ò far gran cosa. Suole avere il suo luogo nel Ditirambo(1) ed in esso
quale
tronco l’accento cade alla seconda sua sillaba, c
rimanendo il primo libero, ed il quarto colla stessa legge spiegata,
quale
per altro non è indispensabile, come chiaro può s
soltanto alla sestina eroica del Casti negli animali parlanti, della
quale
si parlerà a suo luogo. Qui adunque il mio scopo
aspettarlo dalla favolosa Arianna si avrà dall’esempio seguente, nel
quale
per maggior intelligenza di coloro, che vorranno,
ispondere del tutto colle stesse voci adoperate nella proposta. Della
quale
seconda maniera perchè oggi più comunemente prati
era gl’orecchi, e se stesso fece ligare ad un albore della sua nave ;
quale
invenzione poi scorgendo la Sirene mosse dalla im
ide, e pur Celeno, come piace ad altri, metà uomo, e metà Delfino, il
quale
perchè fù il principal Trombetta di Nettuno suo p
in questo tempio dicesi essere stato lo stesso Palladio di Troja, il
quale
sebbene fosse stato rapilo de Greci, ed altronde
ezzo di Diomede di bel nuovo pervennc nelle mani del Trojano Enea, il
quale
seco lo tradusse in Italia, e dopo molte vicende
, che la Verginità sempre porta seco la spada della pudicizia, per la
quale
essa recide le opere della carne, e supera gl’all
che questa celebrata Cibele fù figliuola di un antico Re della Frigia
quale
dotata di gran senno, e prudenza la prima fù ad i
sostanza, come profusamente l’attesta Latt. lib. 1. de fals. Rel. il
quale
nel cap. 15. allegando l’autorità di Cicerone scr
drata, un parallelepipedo rettangolo, come direbbesi in geometria, il
quale
ponevasi per confine del territorio dello Stato e
a in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il
quale
era situato, come affermano gli archeologi, ove o
nella sua elaboratissima Orazione funebre in morte del Buonarroti, la
quale
egli recitò nella Chiesa di S. Lorenzo, così desc
o che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il
quale
nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza
nni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la
quale
egli guata fiso, e disiosamente con occhi languid
elle punte delle dita, regge penzo loni un grappolo d’uva matura ; il
quale
un Satirino d’allegrissima vista, che gli sta dai
rada (detta dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la
quale
resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di
a i figli del Sole vi era una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la
quale
ogni mattina apre le porte dell’oriente, e preced
i Apollo e della Ninfa Climene. Fu egli un giovinetto presuntuoso, il
quale
credeva che gl’illustri natali bastassero a compi
alle loro stalle. Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle rive del
quale
fu pianto e sepolto dalle sorelle dette Eliadi, c
ttribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal
quale
nacque una figlia che fu la Dea della Salute. Nel
spalle il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al
quale
era attortigliato un serpente, simbolo della prud
Apoteosi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la
quale
gli eroi, gl’ imperatori e i poeti eran collocati
li uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal
quale
riceviamo la benefica luce, e che feconda le camp
ni pubbliche e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il
quale
spazio di tempo essendo chiamato lustrum (lustro)
alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel
quale
la vittima veniva interamente consumata dal fuoco
igo, perchè essi arrestavanu e legavanu i rei. 6. Acqua comune nella
quale
era stato spento un tizzone preso di sull’ ara. L
e più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla
quale
esalavano vapori inebrianti da allucinar la vista
caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini cortina, dentro la
quale
si conservavano i denti e le ossa del serpente Pi
Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella
quale
confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo
so i dotti e sapienti. E questo è argomento di più alta indagine, sul
quale
piacemi un poco di trattenermi. Che i più celebri
gli augurii come di cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella
quale
l’indovino Calcante rappresenta una parte importa
sti Dei abitassero negli antri donde usciva la sorgente del fiume, la
quale
chiamavasi poeticamente il capo. Tibullo si marav
te vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella
quale
scorre quel fiume. Modernamente, per indicar megl
ra, uno scudetto coll’arme o stemma di quel popolo pel territorio del
quale
scorrono le sue acque. Tra i Fiumi della Grecia v
hille, che non aveva paura di alcuno, non sarà discaro il sentire con
quale
impetuosa eloquenza il Xanto incoraggiava il frat
altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il
quale
imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni
una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la
quale
dopo aver lungamente errato in balìa delle onde f
lìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Parnaso. — Di
quale
stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pi
forze irresistibili della Natura negli strati sottoposti a quello sul
quale
abitiamo. 86. Anche Dante chiama la terra madr
si vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la
quale
illustre prosapia era detta degli Sparti, che sig
1580 avanti l’èra cristiana. E quanto alla sua sorella Europa, della
quale
dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio
stione si collega l’altra sull’ origine dell’ Alfabeto in Europa, del
quale
si attribuisce a Cadmo che portasse in Grecia le
Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel
quale
l’autore (come è detto anche nella sua prefazione
onore di lui150. Era questo certamente un linguaggio allegorico, col
quale
si voleva significare che Mercurio col suo ingegn
15 di maggio, e Ovidio aggiunge la preghiera che essi recitavano, la
quale
terminava col chiedere a questo Dio guadagni in q
rcurio rubò le vacche ad Apollo, incontrò per via il pastor Batto, al
quale
regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma
(Hor., Od., i, 10.) Si noti quell’epiteto di jocoso dato al furto, il
quale
significa che Mercurio rubava per ischerzo, sotti
a preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la
quale
poi fu cangiata in una costellazione che porta an
che si opponevano al suo culto. Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il
quale
aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti d
ntese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla
quale
allude il Redi nel Bacco in Toscana, parlando del
« Ed ella non ridea : Ma, s’io ridessi, « Mi cominciò, tu ti faresti
quale
« Semele fu, quando di cener fessi. » (Parad., x
un mostro immaginario, come il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della
quale
invenzione, come di quella delle Fate, si abusò,
sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della
quale
invenzione non è facile intendere il significato.
zione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la
quale
resta nell’emisfero boreale, vicina a quella part
esso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico di Tibullo, nel
quale
si attribuisce alle Parche il presagio dei futuri
ltre nell’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè
quale
è di ciascuno il genio e ’l fallo, « Tale è il ca
nquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler,
quale
il Tonante in cielo, « Tonar quaggiuso e folgorar
o grado, e al tempo stesso di tutta evidenza, l’argomentazione con la
quale
dimostra che usura offende la divina bontade ; e
o ix del Codice Giustinianeo vi è il titolo De Sepulchro violato, nel
quale
si rammentano le antiche pene, e se ne aggiungono
una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la
quale
chiamarono Pandora, che in greco significa tutto
o rappresenti l’ingegno umano che inventa le arti utili alla vita (il
quale
ingegno perciò può dirsi poeticamente una scintil
incauto, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la
quale
gli portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali
da Giove100), era appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone. La
quale
impegnò la Dea Tellùre, ossia la Terra, a non dar
i un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il
quale
vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, p
l sud-ovest della Sicilia un’isoletta che fu chiamata Ferdinandea, la
quale
pochi mesi dopo cominciò a riavvallare, e disparv
anno notizia che Ovidio e Lattanzio ; e dicono che era una Naiade, la
quale
fu privata della favella da Giove, perchè parlava
Questa indicazione è conforme alla ortodossia mitologica, secondo la
quale
credevasi che di questi due Dei gemelli Diana fos
più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo
quale
ufficio egli avesse. Marziano Capella, poeta lati
lo dei commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il
quale
nel Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le b
, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il
quale
in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e p
legga la satira di Orazio, che comincia : Jamdudum ausculto, nella
quale
il poeta dice al suo servo : Age, libertate decem
Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del
quale
eran sottoposti tutti gli Dei, attribuivansi al F
Mical, il suonator di flauto di Vaucanson e l’anitra del medesimo, la
quale
nuotava, mangiava e digeriva ; e nel presente sec
buti. Di che era simbolo Vulcano ? Evidentemente del fuoco, senza del
quale
sarebbe impossibile eseguire i lavori di metallur
te a Nettuno fratello di Giove, dopo la guerra contro i Giganti, alla
quale
l’Oceano non prese parte. Il nome di Nettuno, dio
con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col
quale
comanda ai flutti e scuote la Terra cagionando te
ncetti. La favola è questa : Glauco era un pescatore della Beozia, il
quale
un giorno si accorse che i pesci da lui pescati e
ue elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la
quale
non può esistere vera civiltà. Ma quando la roman
ltro legale, che sta ad indicare le persone della stessa famiglia, la
quale
in latino dicevasi più comunemente gens, mentre f
a intanto è notabile la spiritosa invenzione della sposa del Caos, la
quale
ora chiamerebbesi con termine dantesco la Tenebra
one della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il
quale
perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionat
astronomo Tolomeo (vivente nel secondo secolo, dell’êra volgare), il
quale
fantasticò e spacciò per verità scientifica l’esi
an tenute nascoste al volgo, e costituivano la scienza segreta, colla
quale
cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e d
ima che fu consacrata da Numa riformatore di quel sacerdozio, e della
quale
sapevasi il nome di Amata per tradizione. 49. R
lebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella
quale
son puniti i Simoniaci : « Io stava come il frat
tra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in
quale
di esse egli era più giovane, in quale più vecchi
ervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in
quale
più vecchio : dal che deducesi senza tema di erra
Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del
quale
eran figli la maggior parte degli altri Dei. Il
no l’acqua del fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ; nel
quale
stato di concitazione o di orgasmo urlavano, batt
ove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la
quale
rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pit
Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la
quale
il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano
era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la
quale
, oppure essendo recisa o arsa, periva ad un tempo
à ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La
quale
spiegazione dimostra che ad un teologo, e al temp
e a Giove, che per questo caso strano consultò il libro del Fato, nel
quale
trovò il decreto irrevocabile, che se Proserpina
col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la
quale
lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo
chè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la
quale
in quelle pugne in cui prendevano parte anche gli
loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa,
quale
riuscì per loro sino al termine della repubblica
agli la sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la
quale
era stata da Giunone cangiata in voce, in punizio
nico, o diabolico, o altrimenti, cerca di spiegarlo la Mitologia ; la
quale
, dopo avere asserito che il Dio Pane soggiornando
uo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la
quale
, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di
ella, e le mandò a tormentarla un assillo o tafano. Per liberarsi dal
quale
l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi
’esilio non potè eseguire quel poema che aveva ideato. Claudiano, del
quale
esiste un frammento di 127 versi della Gigantomac
a i mineralizzatori di diversi metalli, e segnatamente del ferro, col
quale
combinato forma il solfuro di ferro, comunemente
enofonte, che egli attribuivasi fin dalla prima gioventù un Dèmone il
quale
suggerivagli tutto ciò che doveva fare275). Socra
elo, secondo la greca etimologia, significa messaggiero o nunzio ; la
quale
etimologia ed interpretazione è rammentata e adot
ia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina di aver fatto un sogno, nel
quale
, per quanto parvogli, una donna « Io son, cantav
o di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisca il rampone al
quale
è attaccata la lunga fune che si tiene fissata al
loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la
quale
spero che possa esser utile non solo agli scolari
ri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere
quale
opinione avessero dell’antica sapienza contenuta
gazione dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. Battista Vico, il
quale
nel libro ii dei Principii di Scienza Nuova asser
o di avorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il
quale
era seppellito o arso segretamente. I medici per
mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del
quale
soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre se
ero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della
quale
dissero che ambì il premio della bellezza, e, non
ivina Commedia la trista fine di Meleagro ; ed eccomi ad accennare in
quale
occasione. Dopo aver narrato che i golosi son pun
mentre il Monoteismo è il vero modello della monarchia assoluta ; la
quale
soltanto per analogia o somiglianza di forma, e s
ato di una larga lamina di metallo piegata in figura ellittica, nella
quale
inserivansi diverse bacchette mobili parimente di
talia, promulgato nel 1865, si trova usata la parola naturalità, alla
quale
si aggiunge concessa per legge o per decreto real
con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, ossia Minerva. La
quale
dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cerv
1516. Lelege, egiziano o fenicio, fonda Sparta, fra i primi re della
quale
son ricordati Eurota, Lacedemone, Amicla. 1511
ante, (come dicono in oggi nelle tavole meteorologiche), ossia dentro
quale
degli angoli retti formato dai punti cardinali sp
Una più terribile punizione inflisse Diana al cacciatore Atteone, il
quale
essendo penetrato in un boschetto ov’era una font
avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la
quale
essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non
Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di Ercole, il
quale
avendo mandato il suo valletto Ila a prender dell
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