olla sua fidanzata per imbarcarsi nuovamente sulla nave Argo ancorata
nel
fiume Fasi 71. Non vi fu bisogno che alcuno degli
a Cadmo, e ne nacquero uomini. Dante allude a questo fatto mitologico
nel
Canto ii del Paradiso, dicendo : « Quei glorïosi
de che il padre stesso li inseguiva con un esercito, invece di fidare
nel
valore degli Argonauti, ove mai s’impegnasse la m
del vecchio Egeo padre di Teseo. Quel che ivi macchinasse sarà detto
nel
racconto particolare della vita di questo Eroe. G
cru- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore
nel
suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più
Ma un giorno, come volle il suo fato funesto, dalla nave sconquassata
nel
lungo viaggio e corrosa dalle intemperie, cadde u
te tragediabile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche
nel
secolo di Augusto sembra che si recitassero frequ
vi è altro mezzo per poter vivere in pace e progredire senza ostacoli
nel
perfezionamento economico, morale e politico77
Civiltà e civile derivano da città e cittadino, e stanno ad indicare
nel
primitivo loro significato il modo di vivere dell
ittà o dello stesso Stato ; le quali guerre son tutt’altro che civili
nel
senso morale, essendo invece le più incivili e im
nto e non d’altri è propria la gloria di avere operato prodigii anche
nel
regno delle Ombre, ove discese essendo egli in pr
i poeti, e tra questi più splendidamente di tutti Virgilio, che Orfeo
nel
giorno stesso destinato alle sue nozze colla Ninf
unsero per altro una condizione (sic erat in fatis), che precedendola
nel
suo ritorno non si voltasse mai a guardarla, finc
Fu inutile correre per raggiungerla, o tentar nuovamente di penetrare
nel
regno delle Ombre : il Destino vi si opponeva per
, perchè le Tracie femmine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo
nel
giorno delle feste di Bacco quelle regioni, trova
a brani. Il capo di lui ruotolando giù per le balze del Rodope cadde
nel
sottoposto fiume Ebro ; ed anche così com’era spi
e così lo privarono delle sue rendite. Nè allora esistevano altre api
nel
mondo ; ed Aristeo non sapendo come riparare a ta
sta Dea cominciò a perseguitarlo prima che egli nascesse. Era scritto
nel
libro del Fato che regnerebbe in Tebe quello dei
ano i Greci in lor linguaggio, che significa lo stesso che Via lattea
nel
nostro ; e col greco nome la rammentò Dante descr
premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra gli Dei
nel
Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles, che in q
schiacciò prima il Cancro, e poi finì di tagliar le teste all’Idra, e
nel
sangue di essa tinse le sue freccie che divennero
uesto maligno e sciagurato servigio prestato a Giunone fu trasformato
nel
segno del Zodiaco di tal nome e fregiato di 85 st
iaco di tal nome e fregiato di 85 stelle. Anche l’Idra fu trasportata
nel
firmamento, e dagli Astronomi antichi chiamata l’
ti mostri furono descritti da noi colle parole di Virgilio e di Dante
nel
parlare della spedizione degli Argonauti, quando
rchè si prestò fede al racconto di Orellana compagno di Pizzarro, che
nel
1540, quand’egli primo vi penetrò, avesse trovato
spontanea volontà anche altre imprese non meno importanti e celebri,
nel
percorrere le diverse regioni dell’antico contine
e braccia. Di questa favola dà la seguente spiegazione il Machiavelli
nel
cap. 12 del lib. ii dei suoi celebri Discorsi sul
due poeti in un fascio 90, e li calò lievemente da una grande altezza
nel
profondo dell’Inferno : « Ma lievemente al fondo
intorno biancheggiava di ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole
nel
piano fra quel monte e il Tevere, con le mandre t
po di Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante
nel
monte di tal nome, come dicemmo. Non apparisce pe
a quel re spergiuro osservati i patti, sarà più a proposito ragionare
nel
racconto dei re di Troia. Basti qui l’avere accen
solo che osò cimentarsi con lui in singolar tenzone, fidandosi forse
nel
privilegio che avea di trasformarsi in toro e in
altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte
nel
sangue dell’Idra di Lerna ; e Nesso sentendosi mo
r un piede e roteandolo come una fionda lo scagliò tre miglia lontano
nel
mare, ove fu cangiato in uno scoglio che si chiam
vello del Leon Nemeo e la sua clava. Lasciò soltanto le freccie tinte
nel
sangue dell’Idra di Lerna all’amico Filottete che
e Ercole tenendo sospeso Lica per un piede, sta in atto di scagliarlo
nel
mare, e l’Ercole appoggiato alla clava, inciso da
l mare, e l’Ercole appoggiato alla clava, inciso da Benvenuto Cellini
nel
sigillo di Cosimo I granduca di Toscana. I poeti
demente inni a quest’Eroe94, e dissero che era stato posto in cielo e
nel
numero degli Dei « Non già perchè figliuol fosse
re. Divennero eccellenti ambedue negli esercizii ginnastici : Polluce
nel
pugilato, e Castore nel domare i cavalli ; perciò
ambedue negli esercizii ginnastici : Polluce nel pugilato, e Castore
nel
domare i cavalli ; perciò eran considerati protet
esercizii, ma non si narrano molti fatti particolari della loro vita
nel
mondo. Oltre la spedizione degli Argonauti a cui
tinto fratello, e ottenne dagli Dei di star per lui la metà dell’anno
nel
regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse pe
’anno nel regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse per sei mesi
nel
Cielo. Gli Astronomi antichi aggiunsero che quest
odiaco in cui, secondo l’antico linguaggio astronomico, entra il sole
nel
mese di maggio. In questa costellazione si vedono
gli alberi dei bastimenti dopo la tempesta. Le rammenta anche il Redi
nel
suo Ditirambo Bacco in Toscana : « Allegrezza, a
a costellazione dei Gemelli nella Divina Commedia, perchè egli nacque
nel
mese di maggio, e perciò, secondo il linguaggio a
uaggio astrologico di quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque
nel
mese di maggio sotto quella costellazione : « O
irtù che lo sguardo m’indulse, « Del bel nido di Leda mi divelse, « E
nel
ciel velocissimo m’impulse. » L Minosse re
m’impulse. » L Minosse re e legislatore dei Cretesi Dicemmo
nel
N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europ
umana. Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere
nel
labirinto, ove gli erano dati a divorare i condan
avaganze della regina Pasifae, fu chiuso insieme col suo figlio Icaro
nel
labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirn
hi costruì il gran palazzo di gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò
nel
mondo della Luna. Dante nel Canto xxix dell’Infer
i gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò nel mondo della Luna. Dante
nel
Canto xxix dell’Inferno usò il nome di Dedalo per
e il racconto esser considerato come perfettamente storico ; ma entra
nel
dominio della Mitologia, quando si aggiunge che M
dipendono dalle gesta di Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso
nel
parlare di quest’Eroe. LI Teseo Gli Ateni
nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene
nel
tempo che era ospite in casa di lui ; ma dovendo
ebbe riconosciuto per suo. Questo figlio fu chiamato Teseo ; il quale
nel
crescere diede segni manifesti di gran forza e co
nte di vita avvelenandolo in un pranzo. Teseo fu invitato a corte ; e
nel
porsi a mensa avvenne che Egeo vide la spada del
orire. Volle esser messo anch’egli (per quanto Egeo vi si opponesse),
nel
numero dei giovani destinati per cibo al Minotaur
o figlio Androgeo ; compiuti i quali, chiudevansi le Ateniesi vittime
nel
labirinto. Teseo chiese ed ottenne di prender par
regina di Atene. Due erano i pericoli di morte per chi fosse entrato
nel
labirinto : quello d’incontrare il Minotauro ed e
: « ……………….. Forse « Tu credi che qui sia ‘l Duca d’Atene, « Che su
nel
mondo la morte ti porse ? « Partiti, bestia, chè
o Mare Egeo quello che ora chiamasi l’Arcipelago. La letizia di Teseo
nel
giunger salvo ad Atene si cangiò subito in lutto
il perchè Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo
nel
capo di coloro co’quali s’incontrava, mandavali a
ro di loro quella violenza che essi usavano contro degli altri ; onde
nel
modo stesso col quale ingiustamente operavano, fo
o tiranno. Ecco come Dante riferisce questo fatto in una similitudine
nel
Canto xxvii dell’Inferno : « Come ‘l bue Cicilia
la riporta nella Divina Commedia, e trova il modo di farla rammentare
nel
Purgatorio in questi versi : « Sì tra le frasche
posto nell’Inferno « ….. i Centauri armati di saette « Come solean
nel
mondo andare a caccia, » a saettar colaggiù i vi
appagar Teseo si fu di far comparire all’improvviso un mostro marino
nel
tempo che Ippolito in cocchio passava lungo la sp
che ritornasse. » Ogni anno poi facevangli un grandissimo sacrificio
nel
giorno stesso in cui egli era ritornato da Creta
do le relazioni del pastor Forba e quelle del servo che aveva esposto
nel
bosco il regio infante, comprese che egli era fig
antasia e lo scenico effetto che ne sperava : tutti però si accordano
nel
dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e di
’esempio riportato di sopra, l’Alighieri immaginò di avere incontrato
nel
Purgatorio il poeta Stazio autore della Tebaide,
le e Polinice la doppia tristizia di Giocasta, e narrare che trovansi
nel
Limbo « Antigone, Deifile ed Argia « Ed Ismene
i che aiutarono Polinice nella guerra di Tebe parleremo separatamente
nel
prossimo numero, perchè le loro vicende, e domest
e loro vicende, e domestiche e guerresche, non furono d’alcun momento
nel
determinar le catastrofi della real famiglia Teba
due privi del regno e della patria ; Polinice, per le cause già dette
nel
precedente numero, e Tideo per avere ucciso un il
issima chiamata Evadne che non volle sopravvivere ad esso, e si gettò
nel
rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori.
i si aperse sotto i piedi la terra che lo inghiottì, e vivo precipitò
nel
regno delle Ombre117. Gli antichi dissero che non
la propria madre spense, « Per non perder pietà si fe’ spietato. » E
nel
Canto xii del Purgatorio rammentò « Come Alcmeon
irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni di lui, lo fece gittar
nel
mare. Per altro nell’ amministrazione del regno f
ttante spettacolo fosse dato più volte sui teatri romani ; e Cicerone
nel
De Officiis riferisce che in una tragedia latina
i gli Atridi. Degli Atridi si dovrà d’ora in poi parlar molto a lungo
nel
rimanente della Mitologia, e spesso troveremo imp
Antenati di Achille Dopo esserci contristati gli occhi e ’l petto
nel
leggere e nell’intendere gli orrori degli Antenat
tenati di Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza di confortarci
nel
riandar la vita e le gesta degli Antenati di Achi
ccettarono, e Dante stesso se ne vale per una bellissima similitudine
nel
Canto xxix dell’ Inferno : « Non credo che a ved
i, Telamone e Peleo. Telamone fu esiliato dal padre per avere ucciso,
nel
far gli esercizi ginnastici, un piccolo fratello
e. In qual modo poi Venere mantenesse a Paride la promessa sarà detto
nel
parlar dell’origine della guerra di Troia. Ora è
erlo invulnerabile tuffandolo nelle acque del fiume Stige ; ma poichè
nel
tuffarlo lo teneva sospeso per un piede, rimase v
i non lo scuoprirono. Dante rammenta questo fatto in una similitudine
nel
Canto ix del Purgatorio : « Non altrimenti Achil
ine di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente per le stampe
nel
suo libro intitolato Antichità Troiane di essere
Troia ed Ilio, o Ilion, secondo la terminazione greca e latina ; come
nel
Canto i dell’Inferno, facendo dire a Virgilio :
e il preciso concetto espresso da Dante : il che noi faremo ben tosto
nel
dar la spiegazione degli altri nomi della stessa
nto « Pose qui poscia alle Dardanie mura. « Perocchè non ancora allor
nel
piano « Sorgean le sacre iliache torri, e il molt
e rammenta Dardano come autore della regia stirpe troiana124. E Dante
nel
narrare quali degli spiriti magni egli vide nel L
e troiana124. E Dante nel narrare quali degli spiriti magni egli vide
nel
Limbo, comincia dalla troiana prosapia dicendo :
aci, ossia discendenti di Assaraco. Quanto poi a Ganimede dicemmo già
nel
N° XV che fu rapito dall’aquila di Giove e traspo
ne ricorda il ratto : « In sogno mi parea veder sospesa « Un’aquila
nel
ciel con penne d’oro, « Con l’ale aperte ed a cal
i suoi da Ganimede « Quando fu ratto al sommo concistoro. » Inoltre
nel
Canto xxiv dell’Inferno nomina la costellazione o
cia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno dei quali dovrà parlarsi
nel
raccontare le estreme sventure della loro patria
In qual modo poi egli desse causa alla guerra di Troia si dirà subito
nel
prossimo capitolo. LVII Origine della guerra
Venere ebbe riportato pel giudizio di Paride il più splendido trionfo
nel
vanto della bellezza sopra tutte le Dee, convenne
secondo che scrivono i più, e tra questi anche Dante, che rammentando
nel
Canto v del Paradiso questo barbaro sacrifizio, s
iderando di veder l’ombra del marito e poi morire, fu trovata estinta
nel
suo letto e fu detto che era morta dopo averlo ve
heggiavano le altre città e ne menavano schiavi gli abitanti ; e solo
nel
decimo anno tutti i loro sforzi si diressero cont
tradimento ; e questo giudizio fu dichiarato iniquo da Platone stesso
nel
discorso che ei riferisce come fatto da Socrate a
nemico, sotterrati a bella posta nella tenda di esso. Anche Virgilio
nel
libro ii dell’Eneide parla di Palamede, e ne fa d
congiunto, « Il pover padre mio ne’miei prim’anni « Pria per valletto
nel
mestier dell’armi, « Poi per compagno a questa gu
iamato dai poeti il Pelìde e l’Eàcide. 2ª Fatalità. — Dovevano aversi
nel
campo greco le freccie d’Ercole, che quest’Eroe m
in Aulide ; ma in pena di aver mancato alla promessa fatta ad Ercole,
nel
maneggiar quelle freccie che erano tinte nel sang
romessa fatta ad Ercole, nel maneggiar quelle freccie che erano tinte
nel
sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in u
que condizione. Guarito colla limatura del ferro di quell’asta rimase
nel
campo greco in adempimento dei patti, e divenne a
ui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che era
nel
tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia. Uli
vvista i custodi della fortezza e rapirono il Palladio e lo portarono
nel
campo greco. Questo fatto straordinario è ramment
nario è rammentato da Virgilio ne lib. ii dell’Eneide 131, e da Dante
nel
C. xxvi dell’Inferno. Dante pose nel Limbo « ……
. ii dell’Eneide 131, e da Dante nel C. xxvi dell’Inferno. Dante pose
nel
Limbo « ………. il grande Achille « Che con amore
he vi si contengono, per l’obbligo che mi corre di non lasciar lacune
nel
mio umile racconto. La causa che inimicò Achille
esso con modi aspri e minacciosi. Poco dopo infierendo una pestilenza
nel
campo greco, fu creduta una vendetta di Apollo pe
poichè aderì alla proposta fattagli di sposarla, e per trattarne andò
nel
tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì
trattarne andò nel tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì
nel
calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli er
la vita colla propria spada. Per la morte di Achille veniva a mancare
nel
campo greco la presenza di un Eacide, e perciò la
la disgrazia di Filottete, ma calcolo di politica per aver nuovamente
nel
campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di
inetto Pirro che tanto somigliava il leale e generoso Achille. Giunto
nel
campo greco fu guarito da Macaone e Podalirio fig
fu trasportato invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove)
nel
suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rende
le sue compagne e che fu uccisa da Achille. Virgilio così la descrive
nel
lib. i dell’Eneide : « Scorge d’altronde di luna
ntoppo. » (Traduzione del Caro). E Dante asserisce di averla veduta
nel
Limbo colle Eroine : « Vidi Camilla e la Pentesi
no per prender la città di Troia è non solo di nuovo genere, ma unica
nel
suo genere. Omero dice che fu uno stratagemma, Vi
chi legge sia noto o no quel che essi dicono, o sono per dire. Omero
nel
libro viii dell’Odissea, parlando del cavallo di
er cui Troia andò in faville. » (Traduz. di Pindemonte.) E Virgilio
nel
libro ii dell’ Eneide facendo narrare da Enea la
Troiani chi proponesse d’incendiar quel cavallo di legno, o gettarlo
nel
mare, o farlo a pezzi, sospettandovi dentro un in
tro da Tenedo i soldati della greca flotta, invadono la città sepolta
nel
sonno e nel vino, come dice Virgilio134, la incen
o i soldati della greca flotta, invadono la città sepolta nel sonno e
nel
vino, come dice Virgilio134, la incendiano e dist
cavallo di legno, e inoltre gli scagliò un dardo che rimase confitto
nel
fianco e fece risuonare le interne cavità. Poco d
calpello in un gruppo (esistente tuttora nella galleria del Vaticano)
nel
quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in at
tutto il mondo sallo. » Quanto ai principali guerrieri che entrarono
nel
cavallo sarà bene di conoscerne i nomi riferiti d
a alcuna in Omero, egli è poi sì altamente encomiato come il pio Enea
nel
poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha d
. La madre al primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere
nel
sepolcro di Ettore fuori della città ; e poi dive
di Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che
nel
tempio di lei avesse egli insultato la profetessa
cia. E qui finisce il racconto delle vicende che provò l’armata greca
nel
suo ritorno ; e resta solo a sapersi se questi re
a sapersi se questi reduci divenuti così famosi furon pur anco felici
nel
rimanente dei loro giorni. Alla narrazione storic
vivo, ma poco dopo, presa e distrutta Troia, si disponeva a ritornar
nel
suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra fig
il re dei re scampato da mille pericoli, il giorno stesso che giunse
nel
suo regno e nella sua reggia, in mezzo alle finte
ttrarlo l’affetto della sorella e dell’amico, potè uccidere Egisto, e
nel
furore della vendetta, incontrata la madre che ve
o di Diana vit time umane, scelte tra i forestieri che vi approdavano
nel
suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invec
lo uccise. I suoi figli e discendenti si mantennero per molti secoli
nel
regno di Epiro, e formarono la dinastia detta dei
ritornato in Pilo sua patria e suo regno (sulle coste della Messenia
nel
Peloponneso) visse ancora alcuni anni in seno all
guerriero dopo Achille, arrivò salvo in Argo, ma non volle ritornare
nel
suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui
i, in canti e in balli nella reggia di lui. Penelope, sperando sempre
nel
ritorno del marito, differiva di giorno in giorno
ome speciale che prende dallo stretto di Gibilterra alle foci del Don
nel
Mar d’ Azof. Ma non è da farne le maraviglie, qua
a terra dei Lotòfagi sulla costa settentrionale dell’Affrica ; quindi
nel
paese dei Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ; di
, ossia in una delle isole Eolie fra la Sicilia e l’Italia, e inoltre
nel
territorio dei Lestrìgoni, che non si trova ben d
cyllamque et cum Cyclope Charybdim, » cioè quel che avvenne ad Ulisse
nel
paese dei Lestrìgoni di cui era re Antifate, poi
a fulminar si diero, « Che d’uomini spiranti e infranti legni « Sorse
nel
porto un suon tetro e confuso. « Ed alcuni infilz
uainato il brando, « E la fune recisa, a’miei compagni « Dar di forza
nel
mar co’remi ingiunsi, « Se il fuggir morte premea
diss., x. Trad. di Pindemonte.) Di Scilla e di Cariddi ho già parlato
nel
Cap. XXVIII, trattando dei Mostri marini mitologi
iungo soltanto l’omerica narrazione dei pericoli nei quali incorsero,
nel
passarvi framezzo, e Ulisse e i suoi compagni :
è passare fra Scilla e Cariddi con la perdita soltanto di 6 compagni,
nel
ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla t
ompagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla tempesta
nel
vortice di Cariddi. In qual modo strano e mirabil
tra favola che Cariddi fosse un mostro marino, come abbiamo accennato
nel
Cap. XXVIII, o che egli non l’adottò, e preferì s
sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con gli occhi miei,
nel
suo speco, rovescio « Stender le branche, e due p
ndo io riferirne qualcuno, ho preferito quelli citati da Orazio. Anzi
nel
parlar dei Mostri marini (V. il N° XXIII) ho dett
edeli, vendicarsi dei Proci uccidendoli tutti, e poi viver tranquillo
nel
suo regno con la fida Penelope, il saggio figlio
mente una pena molto diversa, secondo le diverse colpe : pone Achille
nel
cerchio della bufera con Francesca da Rimini, e U
le « Che con amore alfine combatteo. » Ma di Ulisse ragiona a lungo
nel
Canto xxvi dell’Inferno, e fa raccontare a lui st
ute, e da quella nuova terra nacque un tal turbine, che fece affondar
nel
mare la sua nave con esso lui e tutti i suoi comp
e conferma di quanto ho accennato di sopra : « E volta nostra poppa
nel
mattino, « De’remi facemmo ala al folle volo 142
istò dopo l’eccidio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno
nel
Lazio, dal quale derivò Roma che fu poi dominatri
poi dominatrice del Mondo. Quindi Virgilio lo scelse per protagonista
nel
suo poema epico intitolato perciò appunto l’Eneid
iaggie della Troade in cerca di nuove terre per fondarvi un regno ; e
nel
suo corso marittimo toccò, per quanto affermano i
ccidio di Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e di là
nel
territorio di Laurento. Tutto ciò che di maravigl
Virgilio stesso, o almeno dal suo classico traduttore : « ………….. Era
nel
lito « Un picciol monticello, a cui sorgea « Di m
velsi ; « Ed altro sangue usciane : onde confuso « Vie più rimasi ; e
nel
mio cor diversi « Pensier volgendo, or dell’agre
aginando cioè che in ciascun albero di quella selva fosse chiusa come
nel
proprio corpo l’anima di un dannato suicida. Ques
ltura che ivi diede Enea alla salma di suo padre ; e così la rammenta
nel
descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo p
commise « Il pietoso figliuol l’ossa d’Anchise 150. Prima di andar
nel
Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in alto sorge
ua caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si offrì di guidarlo
nel
regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima
urgatorio e il Paradiso. Prima di narrare come finalmente Enea giunse
nel
Lazio ed in quel territorio ove dopo tre in quatt
te ripete che alla città di Gaeta fu dato questo nome da Enea, poichè
nel
Canto xxvi dell’Inferno, facendo dire ad Ulisse :
ilio, ad asserire che Enea strinse alleanza con Latino re di Laurento
nel
paese dei Latini, e ne sposò la figlia Lavinia ;
gico ; e lo stesso Tito Livio (come abbiamo osservato anche altrove),
nel
narrare certi fatti poco o nulla credibili, non l
acoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Oracoli ragionammo a lungo
nel
Cap. XXXII come complemento alla spiegazione dell
doli, ritornò maschio. Questa favola fu riferita anche dall’Alighieri
nel
Canto xx dell’Inferno, ove Virgilio così gli dice
uno osava dubitare della veracità dei suoi presagi. Avendo egli detto
nel
tempo della guerra dei Sette Prodi che Tebe non s
vesse conservato lo spirito profetico ; e Ulissè, secondo Omero, andò
nel
regno delle Ombre, come dicemmo parlando di quest
ra un insigne architetto che in Lebadia, nella Beozia, scavò un antro
nel
quale si chiuse, e ove rendeva oracoli a chi anda
le immagini delle Sibille si trovano anche nelle Chiese, come per es.
nel
Duomo di Siena si vedono sul pavimento in niello
rdar loro virtù profetica. Non si deve dunque cercarne la spiegazione
nel
soprannaturale, che può essere oggetto di fede ne
esta di Alessandro Magno. 2ª La Sibilla Libica rammentata da Euripide
nel
prologo della Lamia. 3ª La Sibilla Dèlfica, di cu
e. 8ª La Sibilla Ellespontìaca, detta ancora Marpessia, perchè nacque
nel
territorio della Troade vicino all’Ellesponto ed
perciò fosse chiamata Ovidiopol (città d’Ovidio) 73. Quindi derivò
nel
Medio Evo la prima idea della trasfusione del san
in pratica più volte per alcuni principi e potenti della Terra. Anche
nel
1600 fu tentata dai medici francesi la trasfusion
rla per l’incertezza dell’effetto e la responsabilità dei mezzi. Anzi
nel
1668 fu proibita e condannata anche per legge. No
proibita ; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu eseguita
nel
mese di novembre 1872 con prospero successo l’ope
Tema per l’anno 1875 : La trasfusione del sangue nell’uomo, studiata
nel
concetto di innesto ematico ; e promise un premio
vazione del romano oratore e filosofo, di cui ho fatto cenno di sopra
nel
testo : « Ergo ut hic (pastor) primo aspectu inan
sic, incredulus odi. » (De Arte poet., v. 185.) 76. Quintiliano,
nel
lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lod
.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie,
nel
lodare questa tragedia ne riporta un sol verso, c
cientifico dimostrata dal celebre nostro marchigiano Alberigo Gentile
nel
suo trattato De Jure Belli e nell’altro De Legati
in muri membra coisse ferunt. » (Propert., iii, 2ª.) 81. Ovidio
nel
lib. vi delle Metamorfosi fa dire a Niobe, tra le
e Cicerone, non che i poeti : tra i quali Ovidio lo racconta a lungo
nel
lib. ii dei Fasti, e chiude la sua narrazione con
so figlio, « Quand’ ei levossi alla tremenda guerra ; « E fatal prova
nel
primiér periglio « Dando l’immenso ardire, « Con
I poeti li considerano entrambi, e maestro e discepolo, valentissimi
nel
suono e nel canto ; ma di Lino non hanno saputo i
considerano entrambi, e maestro e discepolo, valentissimi nel suono e
nel
canto ; ma di Lino non hanno saputo inventare ane
altro che il pianeta di Venere. Infatti, troviamo che anche Cicerone
nel
lib. ii De Nat. Deor. lasciò scritto : « Infima e
osi di Ovidio,lib. ix, dal principio. 94. Vedasi l’inno che Virgilio
nel
lib. viii dell’Eneide afferma cantato nelle feste
to osservato in Monte Cassino ora per la prima volta dal 1828 in poi,
nel
quale anno vi furono messi i parafulmini. Ne ha d
o intorno ad essa credendola viva. E Dante allude a questa invenzione
nel
Canto xxvi del Purgatorio, ove dice : « …..Nella
iù oltre aggiunge : « Che s’imbestiò nelle imbestiate schegge ; » e
nel
Canto xii dell’ Inferno parla del Minotauro, « C
tresì il nome francese Perdrix deriva dalla stessa sorgente. — Ovidio
nel
lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita fac
. « …………. al petto « Ove le due nature son consorti. » dice Dante
nel
Canto xii dell’Inferno, parlando della figura dei
Debellata. » 113. Ovidio ha descritto molto a lungo questa pugna
nel
lib. xii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al
o presente e vi avea preso parte. 114. Virgilio peraltro asserisce
nel
lib. vi dell’Eneide che Teseo non fu liberato, e
tessa distinzione anche ai voti imprudenti, e fa così dire a Beatrice
nel
Canto v del Paradiso : « Non prendano i mortali
seo. La predizione è posta sulle labbra del suo trisavolo Cacciaguida
nel
Canto xvii del Paradiso : « Qual si partì Ippoli
ttà di Pisa in Toscana credesi fondata (per quanto asserisce Strabone
nel
lib. ii) da quei guerrieri della greca città di P
sce Strabone nel lib. ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa
nel
Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di
ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che
nel
loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti
: « Quidquid delirant reges, plectuntur Achivi. » 129. Cicerone,
nel
libro i delle Tusculane, riporta tradotta da lui
ai « Infondi nella creta « La vita che non hai ? » 137. Cicerone
nel
De Amicitia e nel libro ii De Finibus, narra quan
creta « La vita che non hai ? » 137. Cicerone nel De Amicitia e
nel
libro ii De Finibus, narra quanto fosse ammirata
use a questo fatto, concissimamente com’è solito, facendo pronunziare
nel
Canto xiii del Purgatorio queste parole : Io sono
ni. 140. Quest’isola di Ogige dicevasi e credevasi che fosse situata
nel
mar Tirreno presso le coste dell’Italia meridiona
Indigete Dio, e perciò non gli furono resi onori divini. 142. Anche
nel
Canto xxvii del Paradiso conferma l’opinione che
ilio proferì « Crucciato quasi all’umana natura ; » come dice Dante
nel
Canto xxii del Purgatorio, ove ne dà la seguente
evole ad Enea si uccise per disperazione. Dante rammenta questo fatto
nel
Canto xvii del Purgatorio colle seguenti parole :
ua pria ch’all’altrui ruina. » Dante asserisce ancora di aver veduto
nel
Limbo « ………….il re Latino « Che con Lavina sua
la Tribuna della Galleria degli Uffiizi in Firenze e quella del Razzi
nel
palazzo della Farnesina in Roma. 165. « Me ne
uel dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me per intima amicizia, e
nel
quale già parvemi riabbracciare le sante anime di
di stampare le Lezioni da me recitate nell’Accademia di Belle Arti
nel
primo anno del mio Corso. Li prego nulladimeno di
vi il prospetto delle Lezioni che formeranno il Corso della Mitologia
nel
presente anno. La strada che dobbiamo percorrere
e avventure dell’accorto figlio di Laerte narrate ci saranno da Omero
nel
suo poema. Egli è grande ancora in questo, poiché
gno paragone si espresse) se nell’Iliade egli è simile al sole quando
nel
mezzo del giorno riempie di sua luce l’universo,
tù, la Costanza, la Ragione, e mille altre divinità della Morale, che
nel
segreto del loro cuore più che i falsi numi adora
noi le nominavano, ma più n’erano fedeli ai venerati precetti. Vorrei
nel
prospetto di queste Lezioni aver potuto imitare l
hiusi uomini ed animali mostruosi, simili a quelli che erano ritratti
nel
tempio di Belo da Erodoto descritto. Omorca, che
uno che fosse formata la macchina del mondo. Questa era simboleggiata
nel
sembiante di un uomo di color celeste, che avea n
dovi la descri zione della battaglia dei Giganti contro gli Dei che è
nel
poema del mentovato scrittore. Ho cer cato, tradu
ritia. Da Nereo e da Dori, figliuola dell’Oceano, nacquero le Nereidi
nel
numero di cinquanta. Taumante sposò Elettra figli
ed onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di lei, e volle che
nel
di lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Feb
e colpe, die la cura ad Atlante di sostenere coi forti omeri il Cielo
nel
paese dell’Esperidi, e sul Caucaso incatenò Prome
ui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò
nel
Tartaro profondo. Origine dal fulminato gigante e
Temi, che generò le Stagioni, Eunomia, Dice, Irene; e le tre Parche,
nel
che sembra Esiodo contradirsi, poiché innanzi le
Lezione terza. Dei Templi e dei sacrifizj. In mezzo ai campi,
nel
maestoso silenzio delle selve gli antichi sentiva
rcoscrivere Iddio. Banier reputa che il tabernacolo di Mosè costruito
nel
deserto fosse il primo: ma questa opinione dà tro
ingevano l’acqua necessaria per le lustrazioni di coloro ch’entravano
nel
tempio. Succedeva a questo la navata, quindi il p
i rileva. È da notarsi, specialmente per gli artisti, che gli antichi
nel
genere ancora degli edifìzj significavano la natu
llo e Diana; il corintio per Vesta: e qualche volta gli univano, come
nel
tempio di Minerva presso i Tegeati, dove queste d
o causa i moltiplici attributi del nume, o la pluralità degli Dei che
nel
tempio erano adorati. E con ogni altra iorma dell
ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la loro sede
nel
più elevato sito, sembravano signoreggiarle. In m
della mola, coi peli strappati alla fronte dell’ animale consacrato,
nel
foco che sopra l’ara splendeva, il che diceasi pr
tenea l’altare colla destra, e finalmente la vittima percossa cadeva
nel
proprio sangue, il di cui spruzzo sovente sulla b
viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei e gli eventi occultati
nel
futuro, l’ incenso accresceva la fiamma dell’alta
nere vittime non percoteva la scure, ma scannava il coltello. Omero,
nel
lido del mare risonante, mostra nell’Odissea neri
l’agnello; l’unito sangue solevano in queste propiziazioni scagliare
nel
mare, e gli animali promessi sempre fra l’onde im
a nera pecora gravida sgozzavano a Brimo, dea severa e terribile, che
nel
più profondo della notte, quando « Del sonno il
de al desio, E delle porte il vigile custode; E tregua al duolo ancor
nel
mesto sonno Trova di estinti figli afflitta madre
dizione, se ne tagliava la testa, e carica d’ imprecazioni si gettava
nel
Nilo. Ma dalla tenda imperiai già pronti Escono
el cignal trapassò: l’araldo il teschio Spiccò, roteilo, e lo scagliò
nel
mare Carco di tutti sopra sé raccolti I tristi au
le ossa cercate fra le faville; il che appare chiaramente in Virgilio
nel
funerale di Miseno, quantunque Teofrasto ne dica
uomini la semplicità dei loro costumi, che più ancora si manifestava
nel
modo d’o norare gl’immortali: quindi è che nel pr
ancora si manifestava nel modo d’o norare gl’immortali: quindi è che
nel
principio gli altari non furono che ammassi di er
le, di cenere e pietre composte. Altari di consimil materia sorgevano
nel
tempio stesso d’Olimpia a Giunone e alla Terra. M
a erano gli altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si praticassero
nel
culto di divinità, di ufficj e di parentela congi
ndo l’ultima viltà e la tremante adulazione pose gl’imperatori romani
nel
numero degli Dei, ebbero ancor essi altari, e più
opera di quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa, era in Roma
nel
Foro Boario presso la porta Carmentale. Solenne
vano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio
nel
gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel feb
i Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali
nel
febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’ap
el gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva
nel
marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggi
nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo
nel
maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel lugl
a nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio
nel
giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agost
e nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove
nel
luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano nel set
io nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano
nel
settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel no
ell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana
nel
novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio nei Fasti
nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre, di Vesta
nel
dicembre. Ovidio nei Fasti alla curiosità desider
igli Dava ai Troi, stringendo al sen canuto Il tenero nipote, e a lui
nel
volto Dolce memoria dell’età primiera Rivedea lag
ferir lento, appena Sentì la voce del furor paterno Nascose il brando
nel
virgineo petto, E vasta fuga aperse all’alma. Il
V. Lezione quinta. Dei sacrifizj umani. I mortali non contenti
nel
princìpio di offrire alla divinità, erbe ed incen
uola di Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguirono gettandosi
nel
fuoco8; vittima volontaria per la salvezza di Teb
Diana, e lo mostreremo quando della di lei statua in Tauride si avrà
nel
corso della presente Lezione opportunità di parla
e tu vuoi ferisci. — Ei dubitando, con mano tremante Vibrava il ferro
nel
sicuro collo. Già sulla veste le rosseggia il san
ura che lo rappresentava avendo tutte le immagini di mestizia esauste
nel
volto dei circostanti, le sembianze del misero pa
, compassionando la giovine principessa, l’avea portata nella Tauride
nel
momento dell’ espiazione, e mise in luogo di essa
ell’ espiazione, e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta
nel
numero delle sue Metamorfosi. Antonino Liberale r
ai fati, Io vi ubbidisco; il mio morir vi renda Vincitori e sicuri, e
nel
ritorno Per me baciate la felice terra Ch’ io più
cinge. Ma la vergine esclama: arresta, il sangue Di quel possente che
nel
sen mi scorre. Verserò senza della man profana Il
e dei riti ad essi risguardanti. Le umane invenzioni rozze furono
nel
loro principio, e non giunsero a quell’alto grado
iva, come si osserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora
nel
segno col quale nello Zodiaco sono i Gemini addit
romano fu il primo ad indorare la prima statua in Italia, eh’ eresse
nel
tempio della Pietà al padre di lui Glabrione. Nè
to da Alessandro, retto quindi dai Tolomei, imitarono i greci costumi
nel
rappresentare la divinità; il che fu loro di dopp
di questo ingegno sovrano, se il Tasso avendone derivate le bellezze
nel
suo poema, non rendesse inutile e presuntuosa que
non placa il timore. Ha propria notte La selva, e quando il sole alto
nel
cielo Regna, vi sta buio d’ inferno. Han certa Pu
me. Non preci, nè pianti Perde il giovin sicuj’o: ampia ferita Gli fa
nel
petto Atreo: si cela il ferro Tutto nel seno, che
sicuj’o: ampia ferita Gli fa nel petto Atreo: si cela il ferro Tutto
nel
seno, che alla man si giunge. Lo tragge, e sopra
eno fu nutrita. Una medaglia battuta in onore di Antonino Pio esprime
nel
rovescio Giove b'ambino portato da questo animale
ori; raccolse gran schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e
nel
primo impeto di battaglia debellò i Titani, e rip
mpero. Perciò nei monumenti è sempre posta al destro lato di Giove, e
nel
Museo Guarnacci si vede un simulacro, ove Giove s
trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece
nel
Tartaro, dove gli die per custodi Cotto e Briareo
fronte del nume. Così effisriato era Giove Patroo veduto da Pausania
nel
tempio di Minerva in Corinto. Era fama presso que
me quelle di crescente luna, Venne sul prato, nè terror la vista Pose
nel
core alle donzelle. Ognuna D’appressarsi s’invogl
dall’ampie treccie Europa disse: Qua, care compagne, Qual sia piacere
nel
seder su questo Toro: noi tutte accoglier puote i
se Giunone delusa. Il pudore vietavagli di manifestare i voti nascosi
nel
cuore, onde si cangiò in cuculo, e volò nei campi
’essere un dio autore della colpa, repudiò la consorte, e le successe
nel
talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione co
ia fortuna, o di Giove il volere, fé’ che vicina a partorire fuggisse
nel
Citerone, ove diede alla luce Anfione e Zeto, che
e vicende d’Io, che Ovidio, volgarizzato dall’ Anguillara, vi narrerà
nel
fine della presente Lezione, Giova intanto compir
ta incertezza regni nella Mitologia, Tre (al dir di Cotta in Cicerone
nel
suo libro Della Natura degli Dei) erano i Giovi,
a sinistra uno scettro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e
nel
manto di Giove era compreso ogni genere di animal
a testa del simulacro, vi erano le Grazie e le Ore, le une e le altre
nel
numero di tre. Nella base di questa macchina Fidi
nerva, Apollo e Diana,, che con Anfitrite e Nettuno era scolpita pure
nel
l’estremità, e parea sopra un cavallo correre vel
o dalla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che dagli antichi,
nel
loro entusiasmo, questo edifizio fu chiamato Ciel
i con caldo affetto: O ben degna di me, chi fìa, che teco Vorrai bear
nel
tuo felice letto? Deh: vieni, o ninfa, fra quest’
ta a lui. Per troncar Giove ogni sospetto e guerra, Che la gelosa già
nel
suo cor sente. Perchè non ne cerchi altro, che la
o travagliata l’ave: Nè però tolto quel timor le viene, Che l’imprime
nel
cor cura si grave; Anzi tal gelosia nel cor ritie
timor le viene, Che l’imprime nel cor cura si grave; Anzi tal gelosia
nel
cor ritiene. Che nuovi inganni e nuovi furti pavé
mpre la vede. Lascia che pasca il dì l’erbose sponde, Che sparte son
nel
suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amar
sua sorte. Pur fa che il padre (tanto e tanto accenna) Seguendo lei
nel
nudo lito scende, Dove l’unghia sua fessa usa per
legge Che la fìo’lia da lui cercata tanto E quella, che credeva esser
nel
gregge Nascosta sotto a quel hovino manto, Appena
e di Corifeo? E noto che non solo il tetto, ma le pareti erano dorate
nel
magnifico tempio che sorgeva sul monte, cui die n
uguri; ed Augusto, dopo la guerra Cantabrica, gii eresse un simulacro
nel
Campidoglio, di cui Plinio forse favella, commend
aglie, specialmente in quelle di Antonino Pio e di Gordiano, scorgesi
nel
rovescio un’immagine nuda in piedi, appoggiata co
ne nella sinistra, e vi si legge inscritto: A Giove Statore. Vitruvio
nel
terzo libro, degli edifizi peritteri ragionando,
gionando, ne avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore
nel
portico di Metello. Onorato era presso i Romani G
i Romani Giove Lapideo. Così chiamavasi per la pietra che adoperavano
nel
giuramento, di cui ci ha conservato memoria Polib
e sue promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giove Pistore fu l’ara
nel
Campidoglio, perche ai Romani assediati dai Galli
e si esprime Visconti, lasciata l’arte e la religion degli antichi, è
nel
Museo Pio dementino, dove questa divinità è siffa
erriera tromba Crollava i sassi del tuo Giove, e quando L’aste sabine
nel
Romano foro, Ove or dai leggi al trionfato mondo.
rge Volontaria la bocca al fren beato: Del signor vostro all’amor mio
nel
campo Darà fìae e riposo. Adesso io scuso Scilla
go occupa il tergo Rugiadoso: è la via lubrica, infida, E tacit’acque
nel
confìn fallace Nasconde. Aiuto di potenti carmi I
a i danni con ingiuria alterna, E me rapisci: alle cognate squadre Io
nel
mezzo starò con questo petto; Partirò le ire, ed
l’armi: ma la quarta volta Odo lo squillo del vicino giorno Nunzio, e
nel
mare cadono gli stanchi Astri: provar ti voglio,
Prosimna ed Acrea, figliuole del fiume Asterione, come lasciò scritto
nel
suo Viaggio corintiaco Pausania, che nell arcadic
lore. Ercole adulto ferì lo stesso seno da cui fu nutrito, come Omero
nel
quinto libro dell’Iliade lasciò scritto. Venerata
, nei quali le donne si disputavano la palma per la celerità maggiore
nel
corso. Le più provette fra queste potevano ancora
potrebbe dire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava
nel
tempio di Platea in piedi appunto, e molto maggio
provenienza della statua da tempi remoti. Ci é soltanto noto, che fu
nel
passato secolo, cioè nel 600, disotterrata sotto
da tempi remoti. Ci é soltanto noto, che fu nel passato secolo, cioè
nel
600, disotterrata sotto il Monastero di San Loren
er la similitudine colla fionda da lanciare, perchè anch’esso è largo
nel
mezzo, o nella parte che resta sopra la fronte, p
al guardo S’appresenta di Giove. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e
nel
suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltad
geva in Ardea, perchè accenna l’epoca in cui la pittura fu conosciuta
nel
Lazio mercè di Marco Ludio oriundo d’ Etolia. Di
cettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era
nel
tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una
ltri sarebbe inutile e noioso. Aggiungerò la descrizione che Visconti
nel
Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone
io il velo dì questa dea che Albrico e Fulgenzio, vissuti in un tempo
nel
quale i filosofi pagani si sforzavano di scusare
a sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, perchè
nel
nostro simulacro esisteva anticamente questo attr
i dell’impero romano. Adornava forse in Lorio un sùburbano imperiale,
nel
quale fu educato e morì- Antonino Pio. » Giunon
e la morse, onde essendosi sparso il latte, se ne formò la via lattea
nel
cielo. « Quantunque però si faccia negli antichi
re Marte tra i figli di Giunone per supporlo il bambino rappresentato
nel
nostro marmo; non solo perchè dovea esserle il pi
prova. Sappiamo da Ovidio che offesa Giunone per non aver avuta parte
nel
natale di Pallade, voleva anch’essa avere una pro
rte bambino, ò questo un indizio per riconoscere lo stesso sosfo-etto
nel
nostro marmo: la tenerezza e la compiacenza carat
e grave. Ma il fallo emenda, e a me di sposa il nome Concesse, e mai
nel
fortunato letto Non sta querela. Primavera eterna
ori. Ornamento alle Furie. — Io dir pensava: Già la voce correva: era
nel
volto Scolpito il dubbio. Lo mirò la diva, E diss
lsi Lo stabil fiore con la lieta destra: A se Giuno l’appressa, e già
nel
seno A lei palpita il dio re della guerra. Ovid
’impresa n’ ebbe in premio (come lasciò scritto Igino) di risplendere
nel
cielo non lungi dal Capricorno. E opinione di alc
ra l’altre figlie Aetasa, Aioche e Medicasta. Da Ercole, come udirete
nel
viaggio degli Argonauti, ebbe la vergine salute,
ad Atene, e al dono dell’oliva oppose il destriero, ch’egli il primo
nel
luogo, ove fu poi eretta l’Academia, domò, come S
tribuiti gli furono dagli antichi. Luciano nei Sacrifizii, e Cicerone
nel
suo libro Intorno alla natura degli Dei, avverton
, presso gii Atlantidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura,
nel
quale il dio col sublime capo toccando il soffitt
un tempio. Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e
nel
tempio di lui, narra Tucidide, dai barbari Sparta
nte denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea gli era costruita
nel
circo massimo, e si onorava col corso dei cavalli
esso è tutto vestito. Era stato preso per Giove, e per tale ristorato
nel
palazzo Verospi: errore derivato da una certa sim
no scritto che nacque in Cillene monte dell’Arcadia; Pausania afferma
nel
suo Viaggio in Beozia che non lungi da Tanagro, i
Coricio, vide la luce: quindi descrivendo l’Arcadia, indica tre fonti
nel
campo Feneotico, dove le ninfe del divino fanciul
appresentato, e la descrizione di due statue di lui data dal Visconti
nel
Museo Pio Clementino. Da Omero è narrata la pieto
taponto si vedono legate al capo con un semplice nastro, come appunto
nel
bel marmo che ora spieghiamo. La fìsonomia fina e
he volta nei putti antichi. Fu dissot terrato questo gentil monumento
nel
territorio di Tivoli; nel predio dei Sabi a Quint
. Fu dissot terrato questo gentil monumento nel territorio di Tivoli;
nel
predio dei Sabi a Quintiliato, contrada cosi dett
iva le falde fino ad una certa altezza, e di maniera che se ne godeva
nel
Foro il maestoso prospetto, compartito con simmet
v. 237 e segg. Di questa descrizione di Virgilio si giovò GianBologna
nel
simulacro del nume, al quale un vento è sostegno
collo, nè la proporzione della testa nè finalmente la fisonomia, ch’è
nel
nostro marmo assai più divina. L’opinione che lo
noo. Credettero ancora di avere un altro fondamento per tale opinione
nel
nome di Adrianello che davasi, ai tempi del Nardi
ad altri che al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare
nel
giardino di Belvedere presso al Laocoonte e all’A
d è stata pubblicata dal conte di Caylus. Non si dee per altro porre,
nel
numero delle copie di questa statua quella di bro
ben vero che si dice rappresentare r immagine di Antinoo come si vede
nel
marmo Vaticano, e l’asserzione di questa pretesa
iginale. « Mi resta da osservare che il contorno del basamento antico
nel
quale è incassato il piantato della statua, è tut
al vincitor tremendo Sparse di sangue, ed ammutir le squadre Achille
nel
senil volto piangendo Rivide il padre. Nell’Elis
dell’esilio pria saetta. » Sull’Amfriso pasceva le cavalle del re, e
nel
pingue lago Bebeide lavava le chiome, già gloria
rrore del laberinto. Tale grido correva fra i Megaresi, come Pausania
nel
suo Viaggio nell’Attica fa testimonianza. Nel suo
olte cose intorno a questa divinità insegnate vi saranno da Callimaco
nel
suo Inno, che in parte ho tradotto. Apollo detto
ato in questa azione, nè l’artefice di sì bell’opera, sono menzionati
nel
distico. La descrizione che ce ne dà Plinio è più
poeta i certi dardi E il divin plettro del Licoreo nume. Nè più Teti
nel
mare ulula Achille, Quando, Io Pean, Io Pean rimb
erne, E crebbe invidia ai gigantei trionfi? Nè un giorno solo regnerà
nel
canto Febo che d’inni è colmo: il dir sue lodi E
oppor dimora. E pastor lo dirò, che il vide assiso Pascer cavalli, e
nel
temuto incontro Arrossì la sorella; in lui cotant
la stessa materia per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta
nel
tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè
volo degli uccelli, e che la città di cui è fondatore fosse sommersa
nel
diluvio di Deucalione. « I pochi uomini che avanz
imata gioia, Che avria, tremendo apertamente ai vinti, I figli ascosi
nel
materno seno Con le fiamme rapite al frigio rogo
tua, padre del canto. Eterna gloria della lira argiva. Febo che lavi
nel
tuo Xanto i crini, L’onor difendi della Daunia mu
vittoria che riportarono sopra gli Ateniesi. j) Dietro queste statue,
nel
secondo posto, si scorgono quelle di quegli animo
tura, fece chiudere il fratello e la sorella in una cassa, e li gettò
nel
mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leuc
liuoli per confessar loro la sua imprudenza, e dimandarne perdono. Ma
nel
momento che tocca la riva, e che attacca il canap
ha fondato un proverbio che si applica a quelli che sono inflessibili
nel
loro sdegno. « I Greci inviarono pure a Delfo un
te col braccio fasciato nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge
nel
suo poema sul sacco di Troia, poiché dice che il
cco di Troia, poiché dice che il medesimo fu ferito da Admeto argivo,
nel
combattimento che i Troiani sostennero nella nott
la città loro fu presa. Dopo lui é Licomede figlio di Creonte, ferito
nel
pugno, come il mentovato poeta narra ch’egli fu d
rappresenta lo stesso Licomede ferito in due altre parti alla testa e
nel
tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due f
sta e nel tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una
nel
capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono
Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altra
nel
pugno. Tutte queste figure sono al di sopra di El
corridor prescrive Col freno, e spuma la ribelle bocca. Oimè, grida,
nel
petto il fìsso dardo Brandisce, e manca nella des
a Apollo Pietà; ma liberato era dall’arco L’irrevocabil strale: entrò
nel
core Poco, e causa di morte è breve piaga. La fam
ezza che con venisse ad un dio, l’ha poi espressa con tanta fé licita
nel
marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con
Ha rap presentato il figlio di Latona quando è sdegnato e ha ritratto
nel
suo volto lo sdegno; ma in quel modo che non ne a
o. Se questa sola basta ad incantare chi osserva questo bel simulacro
nel
tutto insieme, cresce poi il piacere a considerar
sdegno che appena s’affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e
nel
labbro di sotto alquanto esposto in fuori, non gi
a avanti la sua assunzione al Pontificato, e la teneva a’SS. Apostoli
nel
suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme
li nel suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme col Laocoonte
nel
suo giardino Vaticano colla direzione, come si cr
marmo di Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’era ignoto
nel
secolo dei grandi artefici. La non originalità de
rigido vero per servire alla destinazione del simulacro, che, veduto
nel
sito dove dovea collocarsi, avrebbe non solamente
ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno
nel
suo tempio, l’altro per ornamento, e questo aggiu
esentanza di Apollo in atto appunto di saettare infermità e morte, ma
nel
tempo stesso col serpe ai piedi, simbolo dei rime
30 stro compatimento, ho tradotto, quanto il più bello dei numi fosse
nel
suo primo amore sventurato. Dafne. Fu Dafne a Fe
ipote, o figlia. — Aborro Come delitto d’Imeneo la face: E dolcemente
nel
paterno collo Trattien le braccia, di rossore one
l lieve paglia Arde, e splende per largo incendio il campo, Tal regna
nel
Febeo petto la fiamma, E di sterile amor nutre la
intera, sta nella camera dei Conservatori del Campidoglio; la terza è
nel
Museo Capitolino, e la quarta nella Farnesina. Da
ro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo
nel
Museo di Ercolano che ha i capelli voltati all’in
, per quel ch’io sappia, ancora nella nostra lingua, e che vi esporrò
nel
fine del mio Corso mitologico, così favella il so
e le divinità giovanili, neppur Zeffiro eccettuato. Sembra dunque che
nel
passo di Ateneo , che ho citato, bisogni porre u
ica offrono Apollo che si corona da sé stesso di lauro come vincitore
nel
suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra in
le medaglie di Tenedo indica il soprannome Smìnteo di questo dio, che
nel
dialetto cretese significa Topo, perchè Apollo de
lo copre sino a’ piedi, nella cetra che tien sospesa dal lato manco,
nel
moto delle braccia al suono, apparisce un dio che
aredo è tanto simile a questa statua di Apollo, che ne sembra copiata
nel
modo e nell’attitudine e sin nel lauro che gli co
tua di Apollo, che ne sembra copiata nel modo e nell’attitudine e sin
nel
lauro che gli corona le chiome. È credibile che l
incitori e dei poeti. Era simil corona tanto propria dei citaredi che
nel
certame delfico dei sonatori di cetra comparivano
del nostro Apolline può riferirsi a simil costume: questa gemma unica
nel
centro della corona, che corrisponde alla fronte,
i sassi invan minaccia: Dipinta è la paura, e vano il lagno. La causa
nel
guerrier combatte, e dona Viltade o forza: se da
nato scorse Giugurta. Avresti, o Febo, onor di tempio, Che dieci navi
nel
Leucadio flutto Uno strale domò dell’arco eterno.
è la ragione per cui Licio fu detto; e Pausania si contradice, perchè
nel
Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di
rchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di Pandione, e
nel
Viaggio a Corinto, dal lupo che sacro era al nume
erso, rallegrando ancora le tenebre della notte colla luce che sparge
nel
volto della Luna. Filesio chiamarono Apollo dal b
he dalle nari E dalla bocca spiran fiamma? Appena Tolleran me, quando
nel
corso avvampo La ribelle cervice, e l’auree brigl
l mio timor fa prova Ch’io ti son padre: deh: guardami in volto: Così
nel
cuore il tuo guardo potesse. Figlio, sorprender l
on il ciel divida Egual calore, il sommo evita e l’imo: Sicuro andrai
nel
mezzo: il resto, o figlio. Alla fortuna raccomand
ommesse briglie, E non potria sapendo. Allora è fama Ch’osar bagnarsi
nel
vietato flutto I gelidi Trioni: ire novelle Prese
a il freno, Nè lo ritiene. Non conosce il nome Dei destrieri del Sol;
nel
vano cielo Gli sparsi mostri minacciar rimira: Ma
, e larga fiamma Gli depreda le chiome: un lungo tratto Segnò di luce
nel
turbato cielo: Così membra cader stella che fende
morf., lib. II. Lezione vigesimaprima. Diana. Secondo Cicerone,
nel
libro che intorno alla natura degli Dei ha scritt
appoggiata, avea partoriti i due numi, ai quali poscia fu consacrata
nel
sito stesso una selva, ove Apollo dopo l’uccision
e mi destinarono a questo ufficio perchè mia madre, quando mi portava
nel
suo seno, e quando ancora mi partorì, alcun dolor
dono di Venere; lo dà a Penelope, come abbian sopra notato, e Coluto
nel
principio del suo poema ne adorna le ninfe dello
sto bronzo mi serve di lume per riconoscere Ercole in abito femminile
nel
superbo simu lacro della Villa Panfili, spiegato
, coperto di veste muliebre e con una mano nella stessa guisa avvolta
nel
manto. Non mi sembra d’errare quando lo credo Alc
rse nella licenza de’ baccanali, da quest’ultima circostanza indicati
nel
marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli
da quest’ultima circostanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e
nel
bronzo di Napoli dalla corona di pampani. « Final
cacciatrici si vedono figurate in tal guisa, e segnatamente Atalanta
nel
bel bassorilievo Borghesiano della morte di Melea
orrore accresce, Cara alla dea succinta. Antro selvoso Cupo vaneggia
nel
recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea
e, ch’avriano con le mani sopraposte agli occhi desiderato di celarsi
nel
grembo alle loro genitrici, cosi disse ai Ciclopi
ono feconde le spighe, i quadrupedi, e cresce l’avere, e non scendono
nel
sepolcro se non portando lungo spazio d’anni: non
ndo vai verso la sede di Giove. Qui gl’immortali incontro ti si fanno
nel
vestibolo, e il buon Mercurio riceve le tue armi.
a caccia. Ma non ha più questo premio da che il fiero Alcide è venuto
nel
cielo. Egli ostinatamente sta alla porta aspettan
vendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta di una montagna
nel
mare, e quivi balzata nelle reti ai pescatori fu
dro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennone pose
nel
tuo tempio in Aulide il timone della sua nave, qu
fizio di Oreste e di Pilade, si vede Diana Taurica che tiene un ferro
nel
fodero per indicare i sacrifizi umani; e il sopra
ome le aveva la dea nella famosa arca di Cipselo. Sopra un’urna eh’ è
nel
Campidoglio, e sopra un bassorilievo della Villa
ll’onda che il portò sul lido Verso il mare dà volta impaurita. Fugge
nel
tempio ognun. Prole d’eroe Vera, Ippolito sol fre
frena i cavalli: Afferra i dardi, incontra il mostro, e larga Piasra
nel
fianco con la man sicura Gli apre. Per rabbia e p
li tenta, E per, sanguigna spuma è rosso il morso. Fama è che un nume
nel
tumulto orrendo Pungea di sproni il polveroso fia
a fra le sette meraviglie del mondo. Era antichissimo, ma non fu però
nel
suo principio così magnifico come divenne in appr
oni vennero dalle rive del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina
nel
di lei tempio, del quale avevano cognizione; e ci
è qualche tempo prima disfatte da Ercole, e precedentemente da Bacco,
nel
di lei tempio si erano rifugiate. Ci vien riferit
mattino vi-, desi la pietra discendere da per se stessa, e adattarsi
nel
luogo in cui si dovea collocare. Si potrà ben cre
ata dagli orefici di questa città, che tiravano il loro sostentamento
nel
formar piccole statuette di Diana in argento, può
icura Strabene che gli Efesii aveano ancora collocata per gratitudine
nel
medesimo luogo una statua d’oro in onore d’Artemi
lebre edifizio che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione
nel
viaggio di Spencer. Le medaglie ci rappresentano
pesso questo questo tempio colla figura di Diana: ma il frontespizio,
nel
breve spazio che ha tal sorta di monumenti, non è
la plebe, E par nelle città sicura appena, Finché desio d’onore arse
nel
petto A Meleagro, e di compagni illustri A schier
e insigne Adrasto, Ida veloce, Telamon, d’Achille II padre, ed Echion
nel
corso invitto; Nestore ancor nei primi anni, ed E
leagro ebbe diverso Fato: in terra la prima asta configge, La seconda
nel
tergo. E mentre volge La belva inferocita il corp
di fato eguale Stava il fratello: i suoi dubbi interrompe Meleagro, e
nel
sen ribagna il ferro Ancor fumante del fraterno s
onsperse. Nel recesso stava, O eroe, dei tuoi felici anni custode: Ma
nel
trasse la madre, e tede e frondi Prepara, e la fa
i pietosi antichi voti: Cara memoria del dolor materno, Ove se gita?
nel
primiero foco Meglio perivi: io noi soffersi: il
guirò. — Disse; e col volto Rivolto indietro, con mano tremante Getta
nel
foco il ramo: acuto grido Diede, e l’ardeva invol
sirene. La lor figura intera sembra indicata in alcuni rami che sono
nel
Tesoro Gronoviano uniti alla dissertazione di Men
ea, esiste in piccolo, lavorata in oro dagli antichi, e sta rinchiusa
nel
castone di un anello, la cui gemma trasparente, e
salto che il rimanente del lavoro, perchè la gemma è alquanto scavata
nel
sito che gli corrispondeva. Nelle porte laterali
stringeva Fra pietre attrite: il chiuso loco osserva La diva, o tìnge
nel
lodato rio I piedi estremi, a alle seguaci grida:
nde sonora nell’armi balzò dal capo divino la dea del sapere. Omero,
nel
quarto libro dell’ Iliade, non dalla palude Trito
one, che riporta che Rodi ancora si arrogava questo vanto. Apollodoro
nel
secondo libro della Biblioteca dà per genitori a
dal Nilo, e dagli Egizii in Salde adorata; la terza generata da Giove
nel
modo sopra espresso: la quarta nata dallo stesso
la Terra. Nei petti più sicuri poneva terrore lo scudo della dea, che
nel
fine della presente Lezione vi sarà descritto per
agli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrerà un simulacro di lei
nel
Museo Capitolino. Pallade è stata rappresentata c
era la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza naturale lavorata
nel
più antico stile greco rappresenta Pallade con la
capra Amaltea, ove è il terrore, la tenzone e la fuga, simboleggiata
nel
capo della Gorgone, che vi trionfa nel mezzo. Ecc
nzone e la fuga, simboleggiata nel capo della Gorgone, che vi trionfa
nel
mezzo. Ecco come ce la descrive Omero: « E la tun
i suoi biondi capelli, per tal presunzione cangiati in serpi: sebbene
nel
nostro marmo, come in altri monumenti antichi, i
bbra; e così esistono in Roma varie teste di Medusa, e si trova anche
nel
basso rilievo nell’urna sincrolarissima di porfid
agine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che
nel
tempio di Minerva Itonia essendo apparsa la dea a
lle figlie di lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste divinità
nel
tempio di Minerva Alea in Tegea, e molti antichi
o presa dai Doriesi, due sorelle, Euritio ed Ellolide, si rifugiarono
nel
tempio della diva, e qui perirono nella comune ru
nimamente lasciò l’oltraggio impunito, e si fé’ coi benefìzi un amico
nel
reo. I Telchini, per origine Cretesi, ma abitanti
sieme, e una buona disposizione di panneggiamento sì nella tonaca che
nel
manto, ed in oltre ci offre le armi di Pallade in
hio la ragione perchè Omero tanto spesso la chiami (grec) Tryphaliam,
nel
triplicato cimiero, (grec), che ne adorna la somm
a di cui Minerva medesima volle adorno Giasone, poiché Tebbe compagno
nel
lavoro della nave d’Argo. Osservando attentamente
a nostra è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei
nel
vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio
lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio di Oreste, e
nel
bassorilievo simile del Palazzo Giustiniani, dopo
cimiero, che invece le si è fatto reggere colla destra, come lo regge
nel
bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed in una mez
l simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bagnarlo
nel
fiume Inaco. Prende dalla solenne bas’natura occa
nel fiume Inaco. Prende dalla solenne bas’natura occasione Callimaco
nel
sesruente Inno, in cui si propone di cantare le l
son composti unguenti; e non portate Lo specchio, che alla dea regna
nel
volto Decoro eterno. E allor che in Ida venne All
conio tergean le membra ignude: Cheta tranquillità teneva il monte, E
nel
mezzo del cielo il sol regnava. Nel sacro loco er
to Atteon giovinetto, il caro figlio: Ah che a lui non varranno esser
nel
corso A Diana compagno, e dei volanti Dardi l’art
Giove per vendicarsi la fé’ soggiacere all’ istessa legge destandole
nel
seno amore per gli uomini fra i quali il primo (s
mini fra i quali il primo (secondo l’Inno Omerico) fu Anchise. Simile
nel
volto agli eterni custodiva nei gioghi d’Ida l’ar
o dal coro di Diana come destinata in sposa d’Anchise. Crebbe l’amore
nel
petto del Troiano non contenuto dalla riverenza c
Adone aveva fama maggiore ed annual tributo di lacrime, come udirete
nel
fine della presente Lezione da Mosco in un bellis
rice, di cui una statua che posa un piede su un elmo fu dissotterrata
nel
teatro dell’antica città di Capua, e sta ora in C
Proserpina, e singolarmente nella più bella delle due urne esistenti
nel
Palazzo Barberini, ha così cinto il capo di diade
a Coo, vestita è una bella statua di questa dea, che dianzi vedevasi
nel
Palazzo Spada in Roma, e fu poscia trasportata in
glio il soggetto del simulacro, perchè non converrebbe a Diana veduta
nel
bagno da Atteone, che in qualche antico marmo vie
qualche debole congettura, potremmo supporla una replica della Venere
nel
bagno di Policarmo ammirata in Roma e rammentata
n sa chi sia che morto il bacia. Io piango Adone, ecc. Crudel, crudel
nel
fianco ha piaga Adone, Ma maggior Vener porta al
schi errando vanne, Trista, discinta, scalza: i forti pruni Sfioranle
nel
passare il sacro sangue. Mettendo acute strida, e
tu, fino a che il bacio vive. Finché dall’alma tua nella mia bocca E
nel
mio seno scorrerà il tuo spirto E ch’io un dolce
gli scrittori, le quali la brevità prefissami mi vietò di comprendere
nel
passato ragionamento. Il nome di Venere, come oss
sso i Latini. Vuol Cicerone che l’ etimologia rintracciar se ne debba
nel
provenire da lei tutte le cose. Lascerò ai gramma
li Spartani ad orazione in memoria dell’ amore improvviso, che nacque
nel
loro core, quando videro le donne svelare la loro
Arginnide da Arginno fanciullo amato dal re Agamennone, che nuotando
nel
fiume Cefiso vi perì; onde dal re, in memoria del
i. Egli, nella descrizione delle figure travagliate da Minerva stessa
nel
paludamento di Giasone, non omette l’ immagine di
attuti in Guido, di Caracalla e Plautilla, uno dei quali è in Francia
nel
Real Gabinetto, e l’altro presso di me, rappresen
in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso di me, rappresentano
nel
rovescio la famosa Venere di Prassitele. Nessuno
ense d’oro non voller cedere a Nicomede re di Bitinia, che ecclissava
nel
suo tempio i capi d’opera di Scopa e di Briasside
ollocata probabilmente da Giulio II insieme col Laocoonte e l’Apollo,
nel
cortile detto perciò delle statue, allora giardin
della pace celeste. Ed altrove asserisce che dalla madre fu lanciato
nel
mare, ove l’educò Teti, antichissima fra le dee.
giuria dalla madre sofferta fu creduta dagli antichi, giacché Platone
nel
secondo libro della Republica e Pausania nelle At
, ove s’alterca Ai ministri di Temide dinanzi Per impensata uccision:
nel
mezzo Giace l’estinto; a lui daccanto stride L’af
aspetto L’altra cittade. Ella d’assedio è cinta Da squadra ostil, che
nel
suo cor già certa È di pronta conquista, e sol co
colti Se credi al ofuardo: le voraci fere Già la preda si sbranano, e
nel
sangue Lordano il grifo; alle lor fauci indarno T
e spartesi Con giri alterni, e braccia a braccia intrecciansi: Ma due
nel
mezzo saltatori agevoli Or col capo, or col pie l
enetrò ben avanti al di sotto le coste, e ferì il corpo divino. Marte
nel
ritirarla gettò un grido spaventevole, quale è qu
vio che ordinariamente i templi di Marte erano fuori delle mura, onde
nel
popolo dissensione non nascesse, è smentita dall’
e su una delle basi dei due bei candelabri di marmo, che erano dianzi
nel
Palazzo Barberini: ambedue sono in età giovanile,
ntrade, e se deposta Ha Marte l’asta, o se le trombe e l’armi Move, e
nel
sangue della cara gente S’inebria, annunzia a lui
a vibra; Per minaccio infinite urla ia reggia. Mestissima Virtù siede
nel
mezzo; Lieto è il Furor; con sanguinosa faccia Si
erenne adamante. Ecco ritorna, ^E le belle ire del valor guerriero Ha
nel
volto; di sangue Ircano è lordo II manto, ed il c
che i Greci stimavano sacrilegio il nominare. Pausania lasciò scritto
nel
Viaggio in Arcadia che Here chiamavansi essa e la
mortali amò Jasione figlio di Elettra e di Giove, come attesta Omero
nel
quinto libro dell’ Odissea 17. Terra che tre volt
’aratro fu letto agli amanti: ma il padre degli uomini, non soffrendo
nel
suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo S
ancie, al petto, ai crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E
nel
foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere
ll’immenso Averno, Pei quai si dona alle ricchezze avare Ciò che pere
nel
mondo, e che circonda Livida Stige, sacramento ai
. Tre volte, e scorre coi suonanti flutti Flegetonte, e anelar sembra
nel
corso, I penetrali delle sacre cose Apritemi, e d
ede Gli altri sosro’etti, che d’Imene ancora Mi vieti i dritti? E pur
nel
glauco seno Anfìtrite Nettuno accoglie, e posi Tu
cevano a Cerere, ed uno si mira sul modio, o moggio di lei, stringere
nel
becco un topo, considerato con ragione come il ne
l nemico della dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova
nel
rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di
te. L’immaginazione degli artisti, poco contenta dei simboli adottati
nel
principio dal popolo, ne ha creati grandissimo nu
amenti sforzati che caratterizzano l’antico stile egiziano. Cercarono
nel
principio d’imitare con fedeltà maggiore la natur
za migliore. Ammirando Cerere il ritrovato di lui, lo rapì, e lo pose
nel
cielo fra le costellazioni sotto il nome di Bifol
ra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi che a sua madre
nel
santuario profetico successe. Per la cessione lib
r le native Nuvole innalza; in improvisa notte Splendon le fiamme che
nel
cielo avventa, E con i danni suoi l’incendio nutr
anno creduto riconoscere Trittolemo sulla bella coppa di Farnese, già
nel
Gabinetto del re di Napoli: quello che è tenuto d
on tutti gli attributi che loro danno i poeti; e d’altronde Callimaco
nel
luogo citato non dà la chiave a Cerere se non per
neta d’argento della città di Metaponto nella Magna Grecia, esistente
nel
Museo del Duca Caraffa Noya a Napoli. Nel rovesci
belle di alcune siracusane rappresentanti una testa di Proserpina, e
nel
rovescio un Vincitore con una quadriga. Queste mo
fettata ricercatezza di partiti, rendono questa scultura un esemplare
nel
suo genere quasi inimitabile, e a cui non si sono
eva una Giulia Pia: men strana quella di Paolo Alessandro Maffeì, che
nel
pub])licarla fra le più insigni statue di Roma, l
uò essere stata espressa dallo scultore nell’effigiarla cosi ravvolta
nel
manto, come appunto la musa Tacita che abbiamo es
a. Gli antichi monetarii han forse voluto alludere alle medesime idee
nel
figurarla velata. « Di altezza colossale e di nob
e che siegue tutto l’andamento della veste soprapostavi; priva ancora
nel
capo di ogni ornamento straordinario che simbolic
essero simulacri colossali, e che forse uno di questi fosse collocato
nel
teatro di Pompeo, essendo le rappresentazioni tea
ordia antica. Il fuoco al ciel salì per sua natura, E la terra piombò
nel
mezzo, il mare Scorse. Nè un sol colore hanno le
o rappresentate in molti bassi rilievi antichi. Yoi potrete scorgerle
nel
celebre vaso etrusco della Galleria, qualora l’op
re le opinioni diverse che regnano in questo particolare. Tertulliano
nel
suo Apologetico divide la gloria di questa impres
acri a Cerere, i minori a Proserpina fìgha di lei. Differivano ancora
nel
luogo e nel tempo, giacché i primi si celebravano
e, i minori a Proserpina fìgha di lei. Differivano ancora nel luogo e
nel
tempo, giacché i primi si celebravano in Eleusi,
o in Eleusi, i secondi in Agrea nell’Attica. I maggiori avevano luogo
nel
mese di (grec)Agosto; i minori nel Gennaio (grec)
l’Attica. I maggiori avevano luogo nel mese di (grec)Agosto; i minori
nel
Gennaio (grec). Nei misteri maggiori solevano ini
ti erano Epopte, cioè Vescovi. Il luogo dei contemplati, o Misti, era
nel
vestibolo, quello degli Epopte, o Vescovi, nell’a
empio. Dei veli pendenti assicuravano il segreto di ciò che si faceva
nel
sacrario. Che più? vi erano arcani, che dai Sacer
ionie rocche; Una ministra della guerra, e l’altra Terror di belve: è
nel
cimiero aurato Tifon scolpito, che nell’ima parte
il crin fìschiante. Dolce è r aspetto di Diana, e molto Fratello era
nel
viso, e vedi i lumi E le guance di Febo: il sesso
rtinia veste, Che scende sino alle ginocchia, ed erra L’instabil Delo
nel
commosso stame. Lezione trentesimaquinta. Ini
tà de’ suoi prestigi. Secondo Aristide, il tempio Eleusino accoglieva
nel
suo recinto maggior numero di persone che ogni ci
erò, secondo Plutarco, fu cominciata da Corebo; Fidia pose le colonne
nel
pavimento e le congiunse cogli epistilii; altri a
vano di mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avanti di entrar
nel
tempio, che senza un sacrifizio non s’apriva Mani
i, che Cerere per le persuasioni di una donna chiamata Baubone, bevve
nel
suo dolore per la figlia rapita. Soggiungevano: L
a rapita. Soggiungevano: Lo tolsi dalla cesta mistica, e lo trasferii
nel
calato, o paniere. Quindi lo bevvi in un piccolo
ai misteri. GÌ’ iniziati non deponevano la veste, onde erano coperti
nel
tempo della cerimonia, se non lacera per lungo us
superbia. Due giovani di Acarnia ignari di queste cerimonie entrarono
nel
tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dima
ri delle nevi eterne: tal tripudio le Meonie ninfe, Che l’Ermo nutre,
nel
solenne rito Fanno di Bacco, e le paterne ripe Sc
asi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva alle libazioni l’orzo nato
nel
campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente
avventure. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Ogni altra ninfa
nel
desio dei fiori Di Cerere vincea l’unica speme: I
priva in Cielo, Appar subita tema, e mutan gli astri L’antica strada:
nel
vietato flutto L’Orsa si tinge, e la paura il car
spuma di sangue Il freno, e tinge le fumanti arene. Fuggon le ninfe,
nel
volante carro Proserpina è rapita, e grida: O dee
fferra Decoro dell’armento, e con gli artigli Sbrana il petto, poiché
nel
tergo immenso Il furor consumò, scote di sangue I
or d’un padre? Qual delitto in me tanta ira commove? Non io di Flegra
nel
fatai tumulto Portai l’insegne contro il Ciel, nè
ce il suolo, Abbraccia il mare, e traggon seco i fiumi Scenderà tutto
nel
temuto regno. La porpora deposta, ai piedi tuoi F
di che simbolo è Vesta, perpetuo degli antichi, onde da Orazio etenra
nel
terzo libro delle Odi vien chiamata. Quindi l’aut
di l’autor dei frammenti attribuiti ad Orfeo disse che la dea abitava
nel
mezzo dell’eterea regione del fuoco. E questa opi
era un tempio di Vesta senza alcuna statua, e vi si vedeva solamente
nel
mezzo un altare pei sacrifizii che facevano alla
osse il globo della Terra, ma per additare con esso tutto l’universo,
nel
mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano d
tarco, farne di nuovo, esponendo qualche materia atta a prender fuoco
nel
centro di un vaso concavo presentato al Sole. Ciò
egamento di un legno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano ogni anno
nel
primo giorno di Marzo ancora che non si estingues
a vestibolo è derivata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti
nel
giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo star
i nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e
nel
giorno stesso gli uomini non potevano entrare nel
uoco eterno. Sopra un monumento di forma circolare eh’ è, ovvero era,
nel
Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti di Wink
prii danni era la figlia, Immagin prima del sopor materno: Di carcere
nel
mesto orror vederla Pareale, e da crudel catena a
ò, fida nutrice, Figlia dell’Oceano: a Cerer pari Nell’affetto, solea
nel
sen gradito Portar la pargoletta al sommo Giove,
a ancora l’Amore bellissimo fra gli Dei, che scioglie le cure, e doma
nel
cuore degl’immortali e degli uomini la mente e il
i terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi come lo stesso scrittore
nel
Prometeo attesta. Pausania narra che diede la pr
al terzo libro dell’ Iliade di Omero. Orazio le assegna altra vittima
nel
porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirl
adotta quella, colla quale Lucano felicita Nerone della sua maestria
nel
guidare il carro, dicendogli che s’egli fosse sal
i al di sopra del suddetto globo sorger le quattro stagioni dell’anno
nel
giro delle quali conduce la Terra a maturità ogni
punto sono rappresentati questi pargoletti, che figurano le stagioni,
nel
Museo Passeri al tomo I, ed ha pur ivi l’Inverno,
rchè questi, come fu credenza degli antichi, esercitavano ciascheduno
nel
proprio giorno la loro efficacia e virtù sopra la
ce il freddo inerte, E col Tremore la digiuna Fame. A lei comanda che
nel
sen si celi Di quel profano, nè alla copia ceda,
o Lo trova immerso; e con le fredde bracia Cingendolo s’inspira a lui
nel
volto; Nelle fauci, nel sen gli soffia, e versa I
n le fredde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci,
nel
sen gli soffia, e versa I suoi digiuni nelle vuot
artisti, poiché gran parte delle più celebri statue dell’antichità è
nel
viaggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ing
hé gran parte delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è
nel
Yiaggio di lui rammentata. Neir ingresso dell’Aca
pitture di Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano
nel
tempio di Esculapio in Epidauro, distinguevasi un
o il martello di Vulcano, L’Amore sotto la figura di Giove è in piedi
nel
mezzo, appoggiato sopra un cippo, o colonnetta qu
icendo: Precipita la Notte, e con le nere ali abbraccia la Terra, — E
nel
libro secondo la fa sorgere dall’Oceano al cader
se: un’altra fu dissotterrata nell’Orto Muti alle falde del Viminale,
nel
sito ove gli espositori della topografia marmorea
e quell’altra in età più fanciullesca, che si ammira in Campidoglio,
nel
Palazzo Laute e altrove, potrebbe essere imitato
ato, Che spoglie anguine ed omicida artiglio, Fin che il terror poteo
nel
cor turbato Strano eccitar d’atrocità consiglio.
go il dolore, Poscia il furor non tacque, E invocò morte, e si lanciò
nel
fiume: Cara un tempo ad Amore La rispettaron l’ac
ntato Giove, perchè, avendolo una volta ardito, fu da lui precipitato
nel
mare, dove sarebbe perito, se la Notte domatrice
empre i grandi dalle umane debolezze. Luciano descrive elegantemente
nel
secondo libro Vere istorie la favolosa città del
e. Se qualche uomo entra in questa città, tutti gli si fanno incontro
nel
loro vario aspetto: gli annunziano beni, mali, e
e si offrivan dei sacrifizi al Sonno, come l’amico delle Muse. Quindi
nel
Museo Clementine una statua di lui è posta dopo l
lio, le illustrazioni di tanto antiquario. « Non farà maraviglia che
nel
Museo Tiburtino di Cassio fosse stata unita la st
che ancora non si erano scoperti gli altri due, di cui parla Visconti
nel
terzo tomo. « Ha già avvertito Winkelmann che que
hé pubblicato per antico da Montfaucon. Con questo Nume sia effigiato
nel
bel monumento che ora esponiamo, non accade porlo
le sue membra, e particolarmente nelle palpebre mollemente chiuse, e
nel
capo, che pieno di grave sonnolenza pende sull’om
mboleggiare i voti cbe fa dormendo l’immaginazione degli uomini: anzi
nel
monumento Matteiano non è figurato giovinetto, ma
e, ha più agli omeri due altre ali di farfalla che lo adornano ancora
nel
Museo Matteiano. « Queste minute osservazioni fat
ato della famiglia Tizia, e per la chioma femminilmente raccolta come
nel
Sonno del sarcofago del nostro Museo, e nella nos
adornano gli omeri di quel Nume in vari bassirilievi, e segnatamente
nel
sar cofago Capitolino. L’ingegnosa allegoria nell
cedente è l’immagine del Sonno incisa in questo rame, come quello che
nel
capo reclinato e cascante, nelle gambe incrocicch
dolore ti fugge, e tu lusinghi Le membra in duri ministeri stanche, E
nel
travaglio le ripari: i sogni Che gareggian col ve
, Celo fu generato dalla Terra, come r Etere e il Giorno. Ma Cicerone
nel
libro terzo dà per genitori allo dio quelli che i
urla si trasformò in Pastore. L’unico simulacro di lei che ne resti è
nel
Museo Clementine, e così viene illustrato da Visc
iamarsi al pensiero le impressioni degli oggetti provati altre volte,
nel
che consiste questa facoltà dell’umano intelletto
siste questa facoltà dell’umano intelletto, si è voluto simboleggiare
nel
panneggiamento della nostra Mnemosine, che tutta
do, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla
nel
bassorilievo dell’Apoteosi di Omero in quella fig
però non di (grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E questa
nel
piano inferiore del bassorilievo dove i personagg
ità. Il velo sul capo che vedremo dato all’ immagine di Aspasia unica
nel
nostro Museo col suo nome greco, non rende improb
omministrata al pittore filosofo questa bella idea; l’ha egli appresa
nel
commercio degli eruditi, e ne ha avuto un esempio
udine, che invano si affaticava, e trasse con picciolo sforzo la nave
nel
porto. L’idolo al suono di voci e strumenti fu la
voci e strumenti fu lavato da sacerdoti Frigii dove l’Aimone si perde
nel
Tevere: collocato dopo la lustrazione sopra un ca
enso scelse Scipione Nasica ancor giovinetto, ed egli la fece deporre
nel
tempio Palatino della Vittoria. Quattordici anni
a guisa di volto nella statua che ivi le fu eretta. Altro simulacro,
nel
modo che l’avea dipinta Nicomaco, seduta sopra un
ella gran madre. Quando la Repubblica stava, verun romano prese parte
nel
culto di Cibele figlio della frigia mollezza. Col
Vi è ancora ove la dea rimane assisa sulla schiena di un leone, come
nel
quadro da Plinio celebrato Nicomaco la dipinse. T
o di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuco Ati, il quale
nel
marmo pubblicato da Zoega scorgesi incontro il co
r lo languore Onde vacilla il pie Pigro sopore Ad esse i rai premè, E
nel
placido riposo Si dilegua e fugge via La rabbiosa
n segreti riti lavato in un vicino ruscello a Pessinunte senza dubbio
nel
Gallo, a Roma nell’Aimone, ed indi con licenziosa
al tempio. Il significato di questa favola fu indagato da quelli che
nel
decadimento del Paganesimo si armarono di platoni
ne, scherzo della madre Idea. I cembali hanno ciò di particolare, che
nel
centro della concavità apparisce un quasi campane
iunto questo dio all’adolescenza udì dalla madre che il genitore avea
nel
Tartaro precipitati i Ciclopi, e ciò non sopporta
ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da loro di succeder
nel
regno del padre. Oltre i Ciclopi, per fratelli eg
iapeto. È fama che questi due ultimi dividessero Y impero con Saturno
nel
priijcipio, e che quindi, essendo ogni re intolle
insidie al proprio figlio, che accortosene, col soccorso di Prometeo
nel
Tartaro incatenò l’ingrato genitore. Saturno fugg
e eterna lo tenesse con Oiapeto fratello di lui, come piace ad Omero,
nel
l’Èrebo incatenato. Ma Luciano lasciò scritto che
macchia perchè venissero consumate dal fuoco sacro. Ma per conservare
nel
tempo stesso la religione dei popoli, acciò non s
sostituire, invece degli uomini, che, legati piedi e mani, gettavano
nel
Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con c
oggetto di queste feste era di conservare la memoria del secol d’oro,
nel
quali tutti gli uomini erano eguali; perciò i pad
tentativi dell’architettura nascente. Il signor Desmaiseaux gli vide
nel
1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio mano
ente. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne fa la descrizione
nel
suo viaggio manoscritto: la sua testimonianza è c
onosciute fin d’ allora, e che pure ‘adesso conserva la sua celebrità
nel
Levante. Fin qui il signor Fréret, le si cui dott
onio, dal nominato dio del mare e da Europa di Tizio figliuola. Omero
nel
primo libro dell’Odissea gli da per madre Toosa.
el primo libro dell’Odissea gli da per madre Toosa. Lo stesso autore,
nel
nono libro, cosi descrive la felicità e le costum
o che ofjTiurj di voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta è
nel
suo genere maraviglioso. Mi prevarrò intanto dell
ta rupe e alla crudel cantava: O Galatea, perchè chi ti ama aborri? O
nel
sembiante più bianca del latte, Più morbida di ag
Qualche straniero in questo lido, allora Saprò qual sia piacer starsi
nel
mare: Vieni fuor, Galatea, tornar ti scorda A cas
Etoli situati all’ oriente del fiume Acheloo. La parola Cureti presa
nel
più semplice significato suona uomini nel fiore d
loo. La parola Cureti presa nel più semplice significato suona uomini
nel
fiore degli anni. In terzo luogo si dissero Curet
il terzo regno, cioè l’ Inferno: lasciò scritto il mentovato Pausania
nel
suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli
erra, e per così dire, fin nell’inferno, fu detto che Plutone abitava
nel
centro della terra. La corta vita di coloro che s
uale questo dio assegna all’ anime il luogo eh’ elleno devono abitare
nel
suo impero. Conferma 1’ opinione del principe deg
ino Visconti. «Alle deità del cielo, del mare e della terra riportate
nel
primo volume, aggiungiamo quella dell’Inferno, ci
o Dio Ricco, nome che al latino dite si riferisce. L’ orrenda maestà
nel
fiero aspetto lo manifesta pel re dell’ombre, e p
nelle più eleganti descrizioni che a noi sono pervenute. « Quello che
nel
nostro simulacro interessa più di ogni altra cosa
veniva alle circostanze degli Egiziani. Godevano i primi di ritrovare
nel
culto delle nazioni la lor teologia; desideravano
Nilometro, o la Misura dell’ escrescenze del Nilo, solita depositarsi
nel
tempio del dio Serapide. Rimangono ad osservarsi
antichi per arbore tristo e lugubre. Il raro basso rilievo che adorna
nel
rame il piedistallo del nostro Plutone, si conser
e adorna nel rame il piedistallo del nostro Plutone, si conserva pure
nel
Museo, e fu dissotterrato ad Ostia, dove " Winkel
.» Lezione quarantesimasesta. L’Inferno di Polignoto. Pausania
nel
suo Viaggio nella Grecia parla incessantemente de
composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebri
nel
l’istoria e nella religione, avevano nell’antichi
’osservazione che fa sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade
nel
numero di quei minuti particolari, dai quali il g
’altre portano l’acqua: la vecchia tiene un’idria fracassata, e versa
nel
doglio il poco d’acqua che può contenere. Io cong
all’infelice amore Sopra la cava cetra Orfeo; cantava Te dolce sposa
nel
solingo lido. Te quando nasce e quando muore il g
l’Ombre! Il piò ritenne, e già presso alla luce, Immemore, ed, aimè:
nel
cor già vinto. Mirò Euridice sua. Qui, sparsa al
ione quarantesimasettima. Plutone, Furie, Parche, Danaidi. Riunirò
nel
presente ragionamento altre notizie sulla maniera
Esiodo nella Teogonia le vuol nate dal sangue di Saturno, quantunque
nel
suo libro intitolato L’opera ed i Giorni dia loro
a ed i Giorni dia loro per madre la Rissa. Abitano, secondo Virgilio,
nel
vestibolo dell’Inferno con altra compagnia di lor
volto intriso.» Così tradusse il Caro (libro 6 verso 402 e segg.); E
nel
duodecimo libro le fa assistere al soglio di Giov
mo libro le fa assistere al soglio di Giove. Siccome il rimorso segue
nel
momento la colpa i poeti le figuravano alate, e q
ano il mio fratello. — Edipo, fuggito da Tebe nell’Attica, si rifugiò
nel
loro bosco, e solenne meraviglia prese quei popol
terrore. Ed era fama che se alcuno macchiato di delitto fosse entrato
nel
tempio, che Oreste loro avea consacrato in Corina
molavan loro una agnella gravida e nera. Questi sacrifizi si facevano
nel
maggior silenzio, e in tempo di notte, ed era vie
l sinistro canto: Quella, che piange dal destro, è Aletto: Tesifone è
nel
mezzo: e tacque a tanto. Coir unghie si fendea ci
itore il mare. I nomi delle Parche furono varii, come scrìve Pausania
nel
suo Viaggio nell’Attica. Venere Celeste, secondo
ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto
nel
quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi
i Dei, sia pure di esse il padrone. Platone fa vedere queste tre dee
nel
mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coper
gonci descritte quali vecchie e schifose, con membra tremanti, grinze
nel
volto e truci nello sguardo, sono tutto all’oppos
ormentata nell’Inferno sono le Danaidi, che con eterna fatica versano
nel
Tartaro l’acqua in un’urna forata. Eccovene breve
o, e nostro padre iniquo. Ove il socero nostro, e nostro zio, Non men
nel
cor che nella fronte allegro, Per man ne prese, e
n’andò da lunge Per non veder le scelerate nozze. Quand’ ecco entrar
nel
doloroso albergo I mal felici e mal graditi sposi
ed amor, tra dubbio e speme D’indi partisti, ed io rimasi sola Mesta
nel
mesto e doloroso albergo. Già fuor dell’ Oceàn le
belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa di Proserpina, e
nel
rovescio un vincitore su di una quadriga. Queste
are la figlia. Questa composizione allegorica, che potrete riscontrar
nel
primo tomo dell’Antichità spiegata di Montfaucon,
dizio sulla rappresentazione dello stesso soggetto, che si trova pure
nel
primo tomo dell’opera mentovata di Montfaucon, ov
per certo in mente questi versi di Dante, che così introduce Caronte
nel
suo Inferno: « Ed ecco verso noi venir per nave
ea d’eguaglianza diedero gli antichi, perchè tutti noi nudi scendiamo
nel
sepolcro. Plutone per sollevare il dolore di Pros
gannate da Dedalo, lo uccisero gettando all’improvviso acqua bollente
nel
bagno. Ma quello che è fuori di dubbio si è che p
ame principessa, e lasciò Nisa. Scilla volendolo pur seguire si gettò
nel
mare, e fu cangiata dagli Dei in allodola, e suo
arla. Coloro che vogliono spiegar coli’ istoria la favola, dicono che
nel
purpureo capello di Niso sono significate le chia
sue sorgenti dalle paludi di Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia
nel
golfo Adriatico: le sue acque erano amare e nocev
be stato formidabile e tremendo agli stessi numi. Quelli che fra loro
nel
di lei nome spergiuravano erano per del tempo all
ubbio dove fosse il fiume divenuto favoloso. Opinano alcuni che fosse
nel
seno di Baia vicino al lago Averno, e che i Sacer
cadendo da una rupe altissima dopo poco cammino fra i macigni, cadeva
nel
fiume Crati. L’acqua ne era mortale, secondo Paus
iti inchini la cervice. Sotto il cubito misuri sempre la vita, dirigi
nel
seno sempre agi’ iniqui il ciglio con nn giogo ne
ibuzione giusta ed equa di tutte le azioni. Lo sguardo che ella volge
nel
suo seno per la parte del suo vestiario, ch’ella
le solleva, è vero, il manto colla sinistra, ma forse per accogliervi
nel
grembo alcuna cosa, ma non già per presentare la
ccio stesso un’ azione che lo fissasse nella positura caratteristica,
nel
tempo stesso che lo facesse apparir verisimile. P
arii generi di lavoro, ed in varii tempi. Così è rappresentata Nemesi
nel
bel vaso del Palazzo Chigi, così in un raro cippo
discepolo di Fidia n’era stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea
nel
lavoro, che spesso gli scrittori l’anno attribuit
u posta all’opra, Sulle ali doppie il facitor librava II suo corpo, e
nel
mosso aer sospeso Anche il figlio ammaestra. Ed i
il padre di Bupalo aggiunse il primo le ali a Cupido e alla Vittoria:
nel
che fu seguito dal figliuolo, che facendo la stat
questa statua, e di nasconderla sotto terra. Il simulacro però posto
nel
senato fu occasione di scandalo, posciachè lo ste
a dalla Vittoria, che i Gentili in Roma e con tanta cura conservavano
nel
Senato, avendola, dopo la morte di Costanzo, che
i due bambini, il re e la regina degli Dei. Questo dominio è indicato
nel
timone, simbolo di governo, e nel globo. La ruota
egli Dei. Questo dominio è indicato nel timone, simbolo di governo, e
nel
globo. La ruota, altro suo distintivo, conosciuto
razio, diede il dominio sugli erranti uccelli, poiché fedele la provò
nel
rapire il biondo Ganimede. Sulle medaglie della c
hé la rinomata Collezione delle Muse fatta dalla regina Cristina perì
nel
mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichi
ello fra quanti prima delle nostre statue ci presentassero le Muse, e
nel
quale meglio che in qualunque altro se ne scorgon
nere lor prediletto. « Mi resta finalmente a notare che la Musa Clio,
nel
celebre monumento dell’Apoteosi di Omero è a mio
re monumento dell’Apoteosi di Omero è a mio credere la seconda figura
nel
piano superiore del basso rilievo, distinta dal v
e che si vede in piedi presso Calliope che ha i pugillari. La Storia
nel
piano più basso in atto di sacrificare ha un simi
ott, che dà questo nome alla Musa colla lira del piano di mezzo. Così
nel
sarcofago del Campidoglio sarà Clio la prima Musa
entate colle tibie destre e sinistre, pari o impari. — « Quindi è che
nel
sarcofago Capitolino Euterpe coi flauti è rappres
ossero anticamente tutta una collezione. « Mi resta a soggiungere che
nel
basso rilievo dell’Apoteosi d’ Omero, Euterpe è q
e regge colla destra due flauti, presi dal Kirkero per fiaccole, ed è
nel
piano superiore. Il Cupero e lo Schott la ravvisa
rittori che ci rimangono. Nel sarcofago della Villa Mattei, Euterpe è
nel
mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al
più distinto attributo è la maschera comica, dalla quale si riconosce
nel
sarcofago Matteiano. Questi stessi attributi la c
i attributi la caratterizzano nelle pitture di Erodano ugualmente che
nel
lodato bassorilievo Capitolino, dove anzi è abbig
in pugno si pianta all’entrata della caverna; egli già si è trafìtto
nel
petto: riceviamo nel nostro vaso il sangue che es
ll’entrata della caverna; egli già si è trafìtto nel petto: riceviamo
nel
nostro vaso il sangue che esce dalla piaga, poich
’odi, qnando conviene viemaggiormente alla musica usata dagli antichi
nel
teatro tragico, la quale, quantunque non ci fosse
ede un’orma in una simile statua frammentata già in Villa Madama, ora
nel
Palazzo Farnese alla Lungara, la qual replica ser
a contrassegna il coturno altissimo che porta al piede, come ò chiaro
nel
marmo, e il velo che le copre la testa come nella
opre la testa come nella stessa scultura: è rappresentata la Tragedia
nel
piano più basso della composizione dove è 1’ epig
a, il Cupero Calliope o Mnemosine madre delle Muse. Il non esprimersi
nel
rame il coturno non avea data occasione a questi
alla maniera di girare da destra a sinistria e da sinistra a destra,
nel
condurre la danza intorno all’altare. Sì stretta
gevolissima da osservarsi, ed avvene un’altra copia antica in piccolo
nel
Museo del cardinal Pallotta; e simile alla nostra
ed abbastanza conveniente al soggetto. « La Lira distingue Tersicore
nel
singolare bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed
pe. È da notarsi quanto questo epigramma abbia confuso gli antiquarii
nel
riconoscere nelle figure di Tersicore piuttosto l
a di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « Così
nel
sarcofago Matteiano, Tersicore che è la prima del
sta Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto, come dalla cetra ch’è
nel
rovescio della sua figura. Erato. Le poesi
a nella sua Arte, assegnandone la ragione appunto dal nome. Apollonio
nel
terzo libro dove incomincia la narrazione degli a
rato similissima a quella della pittura di Ercolano nella situazione,
nel
movimento, nell’abito, che sta suonando la cetra
to Ercolanense e dalla nostra, non bastano però a farcela distinguere
nel
mi sarcofago Capitolino, dove una sola ha la cetr
esso le ragioni che abbiamo per credere quest’ultima la Musa ravvolta
nel
manto e appoggiata al sasso, onde Erato non potrà
ttore audacissimo fra loro) trasportano Anfìarao che ritorna da Tebe,
nel
qual tempo si dice che la terra per lui sprofonda
riguarda la scure che cadrà sopra lei, tutto ciò rappresenta il modo,
nel
quale, ritornando da Troia, fu ricevuto da Cliten
lle rive dello Scamandro, ma tra fanciulli e donnicciole come un bove
nel
presepio. Ecco ciò che gli è accaduto dopo tanta
esepio. Ecco ciò che gli è accaduto dopo tanta gloria e tante fatiche
nel
mezzo dell’infausta cena! Ma pietà maggiore ancor
l raccoglimento, l’hanno però scolpita i Greci maestri tutta ravvolta
nel
proprio manto, e quasi cogitahonda. Nè si creda c
ltra guisa la qualità della dea, che rappresentandocela tutta involta
nel
manto, e persino le mani, come il simulacro che s
tichi, basta riflettere che una similissima, ma senza capo, è in Roma
nel
Palazzo Lancellotti, che un’altra è nel giardino
ima, ma senza capo, è in Roma nel Palazzo Lancellotti, che un’altra è
nel
giardino Quirinale, e che nel nostro Museo è una
nel Palazzo Lancellotti, che un’altra è nel giardino Quirinale, e che
nel
nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritr
uale anch’ essa alla Polinnia, sì nella composizione della figura che
nel
panneggiamento. Questo panneggiamento appunto è n
stanti monumenti più accreditati che ci offrono queste Dee dell’Arti;
nel
sarcofago Capitolino ninna più convenientemente p
notarsi che la stessa Musa, nella situazione medesima, ‘ s’ incontra
nel
bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la terz
lla mano in quello del Campidoglio. La particolarità di esser involta
nel
manto è ancor più chiaramente indicata nel bassor
icolarità di esser involta nel manto è ancor più chiaramente indicata
nel
bassorilievo Colonna. « Che più? in simile attitu
simile attitudine esistono ancora due statue, una minore del naturale
nel
palazzo Lancellotti a Velletri, mancante però del
quali è precisamente la stessa figura da noi determinata per Polinnia
nel
sarcofago Capitolino. Le altre due, una delle qua
ella persuasione: le altre due indicano la sua perizia nella musica e
nel
suono di varii istrumenti, che possedeva egli in
Vener, non la chioma e il bello aspetto. Quando con lui tu scenderai
nel
campo. « E Nereo così minaccia Paride presso Oraz
replicata, la stimo di molto antica invenzione, appunto per trovarsi
nel
bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel quale tu
nzione, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero,
nel
quale tutte le altre Muse sono rappresentate assa
nnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia sua immagine
nel
bassorilievo della Villa Mattei, dove alla sua fi
tatua antica, precisamente la stessa colla nostra, la quale si ammira
nel
ripiano delle scale del Palazzo de’ Conservatori
eparata dalle compagne: conservavasi questo pregevol marmo a Velletri
nel
Palazzo Ginnetti dove, trasformato in quello dell
ontrassegnano dappertutto: è perciò nell’Apoteosi di Omero la seconda
nel
secondo piano; nel sarcofago della Villa Mattei l
rtutto: è perciò nell’Apoteosi di Omero la seconda nel secondo piano;
nel
sarcofago della Villa Mattei la prima in una fian
uivocata, non così è accaduto della sua statua colossale, che si vede
nel
portico del Palazzo Farnese verso strada Giulia,
edica l’ortostadio, cinto di una gran fascia quale appunto veggiamo e
nel
protagonista tragico della Villa Panfili, e nella
pitolino, e quel che è più decisivo, nella Musa colossale eh’ era già
nel
cortile della Cancelleria da me creduta parimente
rlo nella terra che egli avea tentato di render serva. Ecco ciò eh’ è
nel
piano. Morti sopra morti, cavalli accanto ai loro
ndersi a suo bell’agio e risposare il suo petto anelante. Egli guarda
nel
tempo stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare
ua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la bestia
nel
combattimento ha spruzzato contro lui. Vadano a n
tutte in finitezza di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata
nel
fondo Cassiano di Tivoli dove le altre, e quantun
elegante e gentile, come apparisce dalle tre che si sono conservate:
nel
resto l’artifizio, quantunque maestrevole, non è
ol rimanente, e tanto delicata nell’esecuzione, capricciosa e gentile
nel
paneggiamento, perfetta in ogni più piccola e men
a dai Greci come abbiamo altrove notato: ma ciò eh’ è veramente unico
nel
nostro marmo si è che circa la metà della vita va
ersi si vuole esporre che ciò che in prosa. « Nè solo ha espresso ciò
nel
dare alla sua Calliope i pugillari e lo stilo, ma
ione, tratta da vetuste lapidi, gli ha recentemente illustrati: li ha
nel
superbo bassorilievo Capitolino la settima Musa,
rmi meglio comprendere, seguito lo stesso ordine in cui sono disposte
nel
rame del Tesoro Brandeburgico. La prima moneta of
è la Musa Urania: ha un astro presso il capo nell’area del dritto, e
nel
rovescio accenna col radio i circoli segnati su d
moneta rappresenta una Musa senza verun simbolo, colla destra involta
nel
manto, e dalla parte del dritto è una corona d’al
ica che ella sostiene. La clava e la maschera tragica fanno ravvisare
nel
settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero,
con due tibie decussate nell’area del dritto, e con una sola in mano
nel
tipo del rovescio. « Le ragioni di queste denomin
te e leggiere, e tutto il corpo ben proporzionato a una gran facilità
nel
corso. Il sangue dall’altra parte mostra una viva
l colore sparso sull’avorio in quella parte ove il ferro si è immerso
nel
petto. Ecco giace qui il misero giovinetto niente
dre. Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso,
nel
quale il dolore della natura è stato vinto dal pi
one più comune le vuol nate da Venere e da Bacco. Discordia vi è pure
nel
numero: la maggior parte dei poeti le ha fissate
sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi
nel
numero e non nel nome, poiché le chiamavano Auxo
Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel numero e non
nel
nome, poiché le chiamavano Auxo ed Egemona, Pito,
di tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tutti gli scrittori
nel
farle compagne indivisibili di Venere. Secondo Pa
ultimi vollero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare,
nel
quale era scritto: Consacrato a quella fra le Gra
trice che dà la sanità è più pronta dell’altra. Crisippo così ragiona
nel
libro di Seneca sui benefìzii; «Ora dirò perchè l
conti che fosse in una gemma pubblicata dall’Agostini, ed osserva che
nel
caso che fosse un elmo, come appare dal disegno,
re l’esequie del più grande fra loro, che ha ricevuto un colpo d’asta
nel
petto. Vedendo qui questo largo e spazioso piano
ibuiti. Lasciò scritto Pausania che Flegia padre della Ninfa, andando
nel
Peloponneso, seco la conducesse, non consapevole
ani, i piedi) che pare però differente dal solito pallio, che si vede
nel
rovescio del medaglione di Vero pubblicato dal Bu
pente, e vien così descritto da Apuleio: — Diresti che del dio medico
nel
bastone, che porta nodoso per rami mezzo potati,
ia, in Egio, in Megalopoli, come si può vedere da Pausania, e in Roma
nel
tempio della Concordia, come viene da Plinio rife
cause della medicina, così tutto il parentado e discendenti por tano
nel
nome la stessa allegoria: onde gli diedero per nu
desi con la penula cuculiata, suo abito particolare, e così si scorge
nel
medeglione pubblicato dal Buonarroti. Pare che gl
nifica condurre a fine i mali. E perchè in questa si ringiovanisce, e
nel
tempo stesso siamo più deboli, gli antichi hanno
una sola mano della Salute. In quello ambedue le figure erano stanti:
nel
nostro la figlia è in piedi, il padre siede: ques
lla composizione tanto superiore alla mediocre esecuzione del gruppo,
nel
tempo stesso che lo dimostra una copia, ne persua
enuto alcuno i moderni. È degno di memoria quello ultimamente trovato
nel
giardino delle Monache Barberine sul Quirinale ma
giardino delle Monache Barberine sul Quirinale maggior del naturale,
nel
cui viso imberbe sospetto il ritratto di qualche
ure. È da notarsi che la cortina dell’Esculapio Farnesiano è chiamata
nel
primo volume delle Gemme del signor Bracci Cista,
toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato, l’altro di prenderlo
nel
corpo: chi grida, chi è sospeso alle sue mani, ch
o gli si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, il furore regna
nel
suo volto. Voi avete sovente udito dire nelle tra
re attrita il casto letto Conserva, e sempre il suo marito attende, E
nel
lido stancò le ancelle: ognora Contano il tempo d
vista. Alfine Lascian le case, e i talami infelici Non riveggono più:
nel
cielo aperto Stanno ammassate, e di dolore han ga
Agave. Intorno Turba d’atroci donne ondeggia, ed alza Ver lui le mani
nel
furor concordi; Ed una i piedi a lui, che nella p
esimottava. Generazione di Bacco. Le avventure di Bacco cominciano
nel
settimo Canto del poema di Nonno; onde da questo
he renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse
nel
nettare, afiinchè Bacco facesse salire l’umore ch
re che ci dona l’autunno. Qui il poeta ci dipinge Semele giovine, che
nel
mattino, vigilante al par dell’Aurora, sferzava i
questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia
nel
tempio di Minerva per sacrificare a Giove dio del
le rive dell’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la sua freccia
nel
cuore di Giove, che per meglio osservare la sua a
ella si bagnava. Qui il poeta descrive la maraviglia del re degli Dei
nel
mirare le grazie della bella Semele, che a Venere
re amanti, Giove risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta
nel
palazzo di suo padre. Già le sue forme, che diven
danzare, e a imitare i cori delle Baccanti, e il figlio che s’ agita
nel
suo seno sembra accompagnare la madre. Ben presto
endo nelle braccia, l’altro figliuolo, e andò con esso a precipitarsi
nel
mare. Venere impietosita della sua nipote pregò N
singa: Dio dell’onde, Dell’universo imperator secondo, Vicino a Giove
nel
poter, ti chieggo Alte cose: pietà dei miei, che
che Sembianze ancor perdono il nome. Adora Leucotoe in Ino, e Palemon
nel
figlio Travagliato nocchier che il lido afferra.
e degli esercizi differenti dei due amici. Ampelo è vincitore ancora
nel
nuoto; ma ha l’imprudenza di voler scherzare con
ua vendetta il toro crudele nello stesso tempo che pasce i suoi occhi
nel
veder le grazie del suo misero amante. Egli accus
ci rappresenta le Stagioni stesse che arrivano sulle rive dell’Oceano
nel
pa lazzo del Sole loro padre, ove riscontrano Esp
mezzo al fuoco, mentre che la madre nelle sembianze di un’ ombra sale
nel
cielo, dove le Muse la celebreranno. Ma Bacco esc
quello che dopo vedete, è Tebe, la reggia di Cadmo, e un gran pianto
nel
Fòro. I parenti, gli amici, che riuniscono il cor
a di Penteo è talmente sfigurata che Bacco stesso n’ha compassione: è
nel
primo fiore della sua età, ha la faccia tenera, d
accade alle donne è degno di gran compassione: quel che non conobbero
nel
Citerone, qui è loro tutto manifesto. Non solamen
unite sotto il vessillo di Bacco, quando la Pleiade Elettra brillando
nel
cielo e formando la settima stella delle Pleiadi,
el suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette di collocarlo
nel
cielo accanto a Sirio ed a Procione, onde, unendo
ge vigorosamente, e Oronte dopo essersi trafitto colla sua spada cade
nel
fiume al quale dà il suo nome. Le ninfe piangono
Stafilo e Botri. Converte questi ultimi, il primo nei grani dell’uva,
nel
grappolo il secondo. Il resto di questo Canto con
virgineo volto Pure in mirarlo impallidisce: il sangue Perseo tergeva
nel
vicino fonte. Indi volò maggiore all’ alto scogli
Lezione sessantesimaprima. Continuano le avventure di Bacco. Bacco
nel
ventesimo Canto è occupato a consolar Mete e tutt
artamenti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio,
nel
quale la Discordia, colle sembianze di Cibele, vi
nti. Il nume stesso intimorito è obbligato a fuggire e a precipitarsi
nel
mare, ove è ricevuto da Teti, e da Nereo consolat
rra al vincitore, che si prepara a traversarlo. Appena si è inoltrato
nel
fiume che l’Idaspe impegna Eolo a sollevar le sue
ani sulle rive dell’Idaspe. È descritto il dolore che sparse la nuova
nel
campo di Deriade, e la gioia che regnava in quell
e gli dà un’ armatura fabbricata da Vulcano. Lo scudo vien descritto:
nel
mezzo vi erano rappresentati la terra, il mare: i
e loro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici e per Bacco,
nel
quale il barbaro rammenta molti fatti di Mitologi
no le nozze d’Ippodamia sono sepolti nei monumenti che vedete, e sono
nel
numero di tredici: la terra ha prodotti dei fiori
, più grande dell’ordinario, questa donna che si getta disperatamente
nel
fuoco, tutto ciò è stato dipinto con questo ogget
Aristeo ed Eaco più di tutti s’inoltrano contro gl’Indiani. Il poeta
nel
Canto xviii ne descrive l’ordinanza dell’esercito
nascoso sopra un albero avea molti uccisi. Ma Giunone sempre costante
nel
suo odio contro Bacco cerca nuovi mezzi di nuocer
i della sua amante. La ninfa terribile lo fugge, e vuole precipitarsi
nel
mare piuttosto che sposarlo. Ma Teti, sotto l’asp
polcro della padrona. Giove impietosito pose Icaro, Erigone e il cane
nel
cielo. Morte di Erigone. D’Icaro l’alma le sembi
le tremanti palme Tendendo, disse: Non ravvisi il padre? Anelar mira
nel
canuto petto Queste ferite. — Mise acuto grido Er
caro grida: Infelice, ti sveglia, e cerca il padre, Il padre tuo, che
nel
furor di Bacco I barbari villani han colle scuri
all’alto Giove eh’ è padre le sublimi prove Della pietà mortale, onde
nel
cielo Pose l’Icario vecchio, e a lui compagna La
a rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdegno di Licurgo, si nascose
nel
mare presso Teti, come avete udito nel darvi l’es
sdegno di Licurgo, si nascose nel mare presso Teti, come avete udito
nel
darvi l’estratto del poema di Nonno sopra lo dio.
perchè lo credessero una medesima cosa che il sole, come vi accennai
nel
principio delle mie Lezioni sullo dio, quanto per
he sieno le cortecce di fuori di quel frutto, come si potrà osservare
nel
bel cammeo riportato dal mentovato Buonarroti. Ta
quali assomigliano ai tirsi molte erbe, che chiamano capitate, fatte
nel
loro fusto in quella maniera, e dalla benda con l
o alle statue del nume, e quali vi furono esposti dal medesimo autore
nel
primo ragionamento che vi tenni su questa divinit
un’eguale bellezza si ammira in questa mezza statua di Bacco, trovata
nel
cavamente degli Orti Carpensi presso il Tempio. P
e sono obliqui i raggi dell’ombra pei diti rovesciati. L’anelito ch’è
nel
petto non so se sia di cacciatore, o di amante: g
li crede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello stesso modo
nel
quale è guardata. Molte cose avrebbero potuto dir
e la mitra che vela tutto. Luciano lo deride, quasi la cuffia fosse
nel
guerreggiare il suo elmo; ma la Grecia credette c
uesti numi uniti al coro di Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari
nel
Fauno e nel Satiro, per distinguere quelli lavora
niti al coro di Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari nel Fauno e
nel
Satiro, per distinguere quelli lavorati ai tempi
o: Nel Fauno l’artista diretto dal poeta dovea mettere più del capro,
nel
Satiro più del cavallo, e la coda cavallina è più
a coda cavallina è più piena molto e sfilata della caprigna. Il volto
nel
Satiro è d’incerta e varia iisonomia. Quello del
lle sue pitture: due tubercoli talvolta sotto il mento, quali nascono
nel
genere caprigno, e spesso simboli adattati alla p
prima del Museo Clementino, onde io credo farvi cosa grata inserendo
nel
mio discorso la descrizione, che di un Fauno del
ono per un savio così lontano dall’impostura che si lascia confondere
nel
volgo dei voluttuosi, ma che conosce le cagioni e
lla comica descrizione che ne fa Luciano, eccettuate le orecchie, che
nel
simulacro non sono caprine; e quantunque sia mode
mani, pure non è dubbia l’azione di aver premuto il grappolo dell’uva
nel
nappo; in quel nappo istesso che gli si vedeva pr
ome dalla famosa Borghesiana, che vedesi ripetuta due volte in antico
nel
Palazzo Ruspoli, dall’altra giacente nella Villa
piato. Giove mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente
nel
cielo, lo mise a parte dei suoi segreti. Issione
, a cui pare che Zeffìro, portandosi placidamente per aria, gli versi
nel
cornucopie la buccina che si suol dare ai venti,
di Acragante, il quale, secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi
nel
tempio di Bacco. In molti monumenti antichi, part
Rodi nel tempio di Bacco. In molti monumenti antichi, particolarmente
nel
medaglione di Giulia Augusta di Nicea stampato da
di Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e una Centauressa:
nel
primo dei citati cammei sono quattro, due maschi
come più deboli, secondo la regola dei Circensi avrebbono dovuto star
nel
mezzo: ma in un trionfo non sarà stata necessaria
me si usa ancor oggi, d’una tigre; talora, come si fa altresì adesso,
nel
cerchio, in certi buchi o tagli Vi mettevano alcu
furono prese da’ Misteri della madre degli Dei. Ancora la Centauressa
nel
medaglione di Giulia di Nicea riferito di sopra,
di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella
nel
sarcofago ch’è nel Palazzo Farnese, dove il Centa
riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofago ch’è
nel
Palazzo Farnese, dove il Centauro suona la lira.
oro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di se mostra, come
nel
nostro marmo, in compagnia di Bacco e dei suoi se
li avanzi della Villa Adriana: la copia simile dell’ altro barbato fu
nel
passato secolo disotterrata nella Villa Fonseca c
e danno, per così dire, tutta l’anima alle presenti sculture. Si vede
nel
Borghesiano un Centauro adulto di robusta corpora
stro mancava il destro braccio come nell’originale, e poiché rimaneva
nel
torso un attacco, che additava aver sostenuto qua
da riportata nella sua caccia, di cui dimostra la gioia negli occhi e
nel
volto: ma intanto l’amore che ha fatto la preda d
critta. Ma ciò basti per dar ragione del ristauro del braccio destro:
nel
sinistro si è copiato il pedo, che si osserva ant
ccio destro: nel sinistro si è copiato il pedo, che si osserva antico
nel
Capitolino, a norma di cui si è supplita ogni alt
uanto può immaginarsi, uniforme. Si è situata questa rarissima statua
nel
seguito di Bacco, essendo noto il trasporto di ta
. Le Tie sono introdotte furibonde a par delle Menadi presso Virgilio
nel
iv dell’Eneide, e Stazio nel iv della Tebaide: ma
bonde a par delle Menadi presso Virgilio nel iv dell’Eneide, e Stazio
nel
iv della Tebaide: ma le Baccanti non credo che tu
non credo che tutte fossero egualmente Tie, tenute solo, se non erro,
nel
grado di sacerdotesse. Catullo par distinguere i
pelli, del tirso, dei capelli sparsi, come par si raccolga in Tacito
nel
libro XI degli Annali. Egli descrive Agrippina me
nei quali vedeasi la principessa col suo coro scorrere per la reggia
nel
modo che Euripide descrive Agave nel Citerone. No
suo coro scorrere per la reggia nel modo che Euripide descrive Agave
nel
Citerone. Non è dunque da dubitarsi che quelle ne
no, ove lui saluta come condottiero di Naiadi e di Baccanti. E Ovidio
nel
fine del iv libro De Ponto, nomina una poesia, ov
a piuttosto che vestita di nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma
nel
mezzo un focolare di assai vaga forma, ove sono a
o considerar loro la statua con tutte le sue circostanze. È effigiato
nel
marmo un uomo, il di cui volto maestoso e sereno
levato in alto. Il manco è posato sul fianco, e resta avvolto affatto
nel
manto istesso, il quale forma sul petto un doppio
lettere Sardanapalo. Tanto è bastato perchè da alcuni si riconoscesse
nel
simulacro il lussurioso re di Nini ve: e ben semb
randioso vestiario e la coltura della chioma quasi donnesca. Cresceva
nel
volgo l’evidenza dell’opinione, perchè la statua
, come solito abbigliarsi donnescamente: la quale per altro apparisce
nel
personaggio rappresentato nutrita con gran cura e
possano determinarla ad un argomento incompatibile coli’ iscrizione,
nel
qual caso dovremo aver quel nome Sardanapalo o pe
cco. La stessa coi simboli dionisiaci del nappo e del tirso ammiriamo
nel
superbo intaglio in topazio del Vaticano; la stes
ma per tale confermanla quelle circostanze che più debbono rilevarsi
nel
simulacro proposto. La sua nicchia era sostenuta
le immagini simili con iscrizioni contradditorie? La stessa testa che
nel
Campidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Muse
rie? La stessa testa che nel Campidoglio ha il nome greco di Pindaro,
nel
Museo Clementine ha quello di Sofocle. Il bassori
ano estremamente a quelli coi quali è stato rappresentato da Salpione
nel
bel vaso di Gaeta, il cui soggetto è quasi la sec
gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea
nel
suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra mano lo
solita acconciatura di Proserpina nelle medaglie di Sicilia, e serve
nel
bassorilievo ad accrescer segnali per ravvisarla,
ini si dissero Libero e Libera, ebbero una stretta ed evidente unione
nel
culto del paganesimo. L’ amistà di Cerere con Bac
ndi Cerere si unisce con Bacco non solo da Euripide e da Virgilio, ma
nel
gran cammeo già del Museo Carpegna, ora del Vatic
lievo staccato da un sarcofago la cui fronte adornava, ci offre Bacco
nel
mezzo dei suoi seguaci. Le nove figure che io com
no tutte le parti essenziali di un lavoro. « Il principal gruppo ch’è
nel
mezzo del bassorilievo ci mostra Bacco vinto dall
E notabile in molti lavori antichi la maggior modestia che si è usata
nel
vestiario delle figure, quando sotto le spoglie d
e sono quasi isolate, il resto del corpo è più basso che non sarebbe
nel
vero, e trattato quasi di mezzo rilievo. Una tal
lavansi. « Segue una coppia d’altri prigionieri: una donna acconciata
nel
capo come l’Indiano sull’elefante, ed un giovine
ie sono le antiche sculture che ci presentano il domatore delle Indie
nel
sorprendere la tradita Cretense, poche però, o ne
ebro Sileno, i cui cembali caduti al suolo sono il primo oggetto, che
nel
marmo ci si presenti. Un altro Fauno segue saltan
razione indivisa ad Ercole e Bacco perseverò nell’impero romano anche
nel
regno di Caracalla. « Mi sembra assai verisimile
degna la destra, o perchè Alcide è qui l’ospite cui Bacco ha ricevuto
nel
suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guern
l suo corpo, dall’abbigliamento rusticano e disordinato, è quello che
nel
bassorilievo sembra muovere scompostamente, bench
andosi in un lato, la lascia con bizzarra idea quasi del tutto ignuda
nel
rimanente; la quarta sembra eseguir quella danza,
feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei capri scolpiti
nel
terrazzo alludono ai sacrifizi costumati nelle ve
modestia e la decenza che queste seguaci di Bacco sapevano conservare
nel
furore stesso dell’ orgie e nel disordine dell’eb
seguaci di Bacco sapevano conservare nel furore stesso dell’ orgie e
nel
disordine dell’ebrietà, le antiche arti ci ritrag
ssere ancora un Fauno il famoso Giove bambino scolpito a bassorilievo
nel
Palazzo Giustiniani: eppure non solo il dimostra
e pubblicate finora. Darò fine all’istoria, ai monumenti di Bacco, e
nel
tempo stesso alla Mitologia Teologica con queste
con le man tumide A’ crin s’appiglia; e mentre sì l’attizzano. Casca
nel
collo, e i Satiri lo rizzano. 1. Lettera al
generale alle Opere edite e inedite, Vol. 1.º, pag. XXVI, e del pari
nel
Vol. 3.º la Prefazione, pag. XI e XII, e nel Vol.
º, pag. XXVI, e del pari nel Vol. 3.º la Prefazione, pag. XI e XII, e
nel
Vol. 7.º il Proemio, pag. XII, ecc. ecc. 2. Lez
. Dalle saette formate in guisa d’amo riconobbi per antico un Amorino
nel
cortile del palazzo del cavalier Alessandri, che
che i miti relativi agli Dei altro non erano che storia umana avvolta
nel
meraviglioso, ossia che gli Dei tradizionali eran
o son da ricordare i nobili studi e i notevoli risultati a cui giunse
nel
nostro secolo, quella che chiamasi Mitologia comp
terare le leggende mitiche. La grande migrazione delle stirpi doriche
nel
Peloponneso, l’ urto di popoli e gli spostamenti
mondo, secondo Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non
nel
senso di una rudis indigestaque moles, cioè una c
è una confusa miscela di tutte cose, che è un concetto posteriore, ma
nel
senso etimologico d’ uno spazio vuoto, quasi vora
r opera dei suoi minori figli, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, li relego
nel
profondo del Tartaro (i lampi, i tuoni e le tempe
gno di Crono; ma neanche questo doveva esser lungo e felice. Il padre
nel
momento della sconfitta gli aveva predetto che av
ni geologiche. Alfine i Titani vennero sconfitti, e gittati in catene
nel
profondo del Tartaro, lasciati loro a guardia gli
fulmini incessanti di Zeus domarono alfine il mostro, che fu gettato
nel
Tartaro anch’ esso; o, come posteriormente narrav
, si favoleggiò che questi, detronizzato da Giove, si fosse rifugiato
nel
Lazio, ed ivi nascostosi; donde il nome stesso di
iccola falce in mano. Un busto ben conservato è quello che conservasi
nel
Museo Vaticano di Roma qui riprodotto (fig. 1). N
la rappresentazione che si scorge in un bassorilievo di un sarcofago
nel
Museo Vaticano, dove si vedono i Giganti volgersi
pi ricavati da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora
nel
Museo di Berlino. In uno si vede Giove coll’ aqui
n lui risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra gli Dei, libero
nel
suo agire, non avendo altro limite alla volontà s
ria, dall’ aspetto fiero e armato alla romana, protettore dei soldati
nel
basso Impero. 6. La figura di Zeus-Iupiter nella
il tragico Eschilo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca
nel
suo momento più alto e più bello. Anche la filoso
ne era la statua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.) e collocata
nel
tempio di Olimpia. Così la descrive il Gentile ne
nnano a una dolce mitezza. Celebre è anche la statua detta di Verospi
nel
Museo Vaticano, la quale rappresenta Giove seduto
trice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la sua cella
nel
tempio Capitolino, accanto a quella di Giove. La
isce la dea del cielo luminoso, dell’ etra raggiante che si manifesta
nel
bagliore improvviso del lampo. Difatti si favoleg
uccise, Atena n’ avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla
nel
centro della sua egida, a terrore de’ nemici suoi
na aveva una splendida manifestazione nelle feste Panatenee celebrate
nel
terzo anno di ogni Olimpiade. Oltre a spettacoli
nsata che tardi, per analogia d’ Atena; ad essa ad es. Pompeo edificò
nel
693/61 un tempio nel campo Marzio quando tornò vi
analogia d’ Atena; ad essa ad es. Pompeo edificò nel 693/61 un tempio
nel
campo Marzio quando tornò vittorioso dall’ orient
nerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella
nel
gran tempio di Giove Capitolino. Altri templi a l
oli). Le attribuzioni e le benemerenze di Minerva ben discorse Ovidio
nel
terzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatr
erzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatrus; e lo stesso poeta
nel
sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e f
to loro con uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conservavano anche
nel
tempio di Vesta i Romani, credendolo appunto il P
6. — Nell’ età classica dell’ arte, gareggiarono gli artisti greci
nel
rappresentare la Dea, ma furono tutti superati da
a ai piedi; nuda le braccia e il collo; il petto coperto dell’ egida,
nel
cui mezzo effigiato il capo anguicrinito della Me
la vigilante sua custodia, come guardiana del pubblico tesoro deposto
nel
tempio. La mano sinistra posava leggermente sull’
riprodotta nella fig. 10, che è una statuetta alta un metro, trovata
nel
1880 ad Atene. Altre risentono più o meno dell’ i
nza dell’ opera fidiana, ad es. la così detta Minerve au colier che è
nel
Museo del Louvre. Noi riproduciamo nella fig. 11
nel Museo del Louvre. Noi riproduciamo nella fig. 11 una statua che è
nel
Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elm
tisti meno antichi; l’ atteggiamento vivace ricorda la statua ch’ era
nel
frontone orientale del Partenone, rappresentante
ta dove ora è la chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma e conservata
nel
Museo Vaticano. In tutti questi monumenti la figu
ontano dalle navi, e per nove giorni volarono le sue pestifere saette
nel
campo greco seminando la morte e la desolazione.
a deità italica, ma è lo stesso Apollo greco, molto per tempo accolto
nel
Panteon di Roma. Le colonie greche dell’ Italia m
Dei sentono molcersi il cuore. Dei poeti latini ricordisi Orazio, che
nel
Carme Secolare inneggia appunto a Febo e alla sor
e a tutta Roma eterna pace e grandezza e gloria. Ricordisi Ovidio che
nel
primo delle Metamorfosi, racconta con soavi versi
da Augusto trasportato a Roma dopo la vittoria di Azio per collocarlo
nel
nuovo tempio sul Palatino, onde ebbe anche il nom
Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il quale per aver visto Artemide
nel
bagno fu trasformato in cervo e fatto sbranare dà
ne nacque la leggenda che la Dea avesse ella stessa salvato Ifigenia
nel
momento che doveva essere sacrificata, sostituend
roduciamo nella fig. 18, una statua trovata a Pompei e conservata ora
nel
Museo Nazionale di Napoli, rivestita d’ una ricca
’ avvedutezza nei rapporti guerreschi, Ares compiacevasi della guerra
nel
suo lato più brutale, come strage e spargimento d
rsone appartenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno
nel
mese di Marzo, sacro al dio Marte, i Salii percor
special menzione il tempio di Marte Ultore che Augusto fece edificare
nel
suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli
on si tratta che di rapidi cenni. Lo mette in scena Claudio Claudiano
nel
carme contro Rufino, dove dice che, invocato da S
t, iun ctoque sequor tentoria curru 10 . Detto questo, Marte scende
nel
campo con Stilicone e comincia a far strage dei c
ppresentarlo in figura di un giovane gagliardo, bello di forme, fiero
nel
portamento, con elmo, lancia e scudo. Nella fig.
ta importanza ha nella natura questo elemento, che non solo apparisce
nel
cielo come raggiante e riscaldante, ma anche esce
vergognandosi della bruttezza di lui, lo aveva gettato dal cielo giù
nel
mare; ma che le Oceanidi Eurinome (Eurynome) e Te
’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli abitasse
nel
monte Mosiclo ed avesse a compagni di lavoro i Ca
le accese, riportando il premio quegli la cui fiaccola era ancor viva
nel
giungere alla meta; gioco che doveva ricordare la
e si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio di Vulcano era
nel
campo Marzio, probabilmente nelle vicinanze del C
giochi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio,
nel
quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto v
i Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi usati
nel
culto venivano lucidati ed offerti a Vulcano (ciò
tata Mater, la madre che arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua
nel
foro vicino a quella di Vulcano; e molte altre co
(lib. 18o), Virgilio nell’ Eneide (8,416 e segg.), Claudio Claudiano
nel
poemetto sul terzo consolato di Onorio (v. 191),
to Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vulcano con Marte, narrato
nel
famoso passo dell’ Odissea (lib. 8o) ispirò pure
le. Pero zoppa era la statua fatta da Alcamene, di cui parla Cicerone
nel
primo libro De Natura Deorum, § 83: in quo stant
sia conduttore delle anime, in quanto guidava le anime dei trapassati
nel
regno delle ombre, e in certe occasioni anche, pe
dei traffici. Alia sua protezione si attribuiva ogni guadagno, anche
nel
gioco; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e
do oratore, era il dio che dava facilita d’ eloquio a chi l’ invocava
nel
momento del bisogno, e in genere proteggeva tutte
l petaso e in mano il caduceo. In origine lo si figurava come un uomo
nel
pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi
re delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di figurarlo
nel
fiore della gioventù e senza barba. A quest’ ulti
uest’ ultimo tipo appartiene la celebre statua di Prassitele scoperta
nel
1877 ad Olimpia. Disgraziatamente alla statua tro
fattezze del volto, e hanno una cotal finezza d’ espressione come se
nel
marmo fosse infusa una piacente commozione dell’
tua di Ermes è quella in bronzo, trovata in Ercolano, che ora trovasi
nel
Museo Nazionale di Napoli, e rappresenta (fig. 26
e. Alfine Zeus sentenziò che per una parte dell’ anno rimanesse Adone
nel
regno delle ombre, e nel resto dell’ anno tornass
che per una parte dell’ anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e
nel
resto dell’ anno tornasse tra i vivi. Evidentemen
Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era dea dei morti;
nel
suo tempio (n’ è ignoto il luogo) conservavansi g
arsalo; questo tempio fu costruito con grande splendidezza e dedicato
nel
settembre del 708 di R. (46 av. C.). Il culto si
; nè meno degno d’ ammirazione l’ elogio che di Venere scrisse Ovidio
nel
quarto dei Fasti (v. 90 e sgg.), imitando in part
ra l’ altre la Venere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta
nel
loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla
l’ autore della statua che è detta Venere di Milo, perchè fu trovata
nel
1820 nell’ isola di Milo, e che trovasi ora nella
rassitele sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro di Capua, ora
nel
Museo di Napoli, e la celebre Venere del Medici d
i segnalò per la pittura della Venere Anadiomene che prima si trovava
nel
tempio di Esculapio a Coo, ma per opera di August
di Esculapio a Coo, ma per opera di Augusto tu portata a Roma e posta
nel
tempio di Giulio Cesare, il discendente di Venere
3. La dea dei Romani corrispondente ad Estia era Vesta, affine anche
nel
nome. Vesta pure era la dea del focolare domestic
ma in genere rimanevano tutta la vita al servizio di Vesta. Abitavano
nel
così detto Atrium Vestae, di cui non molti anni f
te statuaria. La causa dev’ essere in parte quella espressa da Ovidio
nel
sesto dei Fasti, dove parlando del tempio tondo d
de a ogni entrare e a ogni uscire. Tutto quello che esiste, in cielo,
nel
mare, sulla terra, tutto si diceva chiuso e riape
l Quirinale col Latini del Palatino, fece che si adottasse questo Dio
nel
culto comune insieme con Iupiter e Mars, formando
empio in onor di lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifatto
nel
411 di R. (293 av. C.) da L. Papirio Cursore e or
sso il tempio di Quirino, sulla facciata del quale perciò appunto fu,
nel
293 av. C., costrutto il primo orologio a sole. S
se descrizioni del levare e del tramontare del sole. Euripide ad es.,
nel
Ione dipinse mirabilmente il sorgente astro di El
e montagne, mentre le stelle rapidamente se ne fuggono per rifugiarsi
nel
grembo della sacra notte; immagine che si trova a
, in Ovidio, in Manilio, in Claudiano. Il racconto ovidiano contenuto
nel
primo e nel secondo delle Metamorfosi, va certame
in Manilio, in Claudiano. Il racconto ovidiano contenuto nel primo e
nel
secondo delle Metamorfosi, va certamente segnalat
ole e del suo carro, specialmente come motivo di decorazione; ad es.,
nel
frontone orientale del Partenone, ad una estremit
no i cavalli di Selene che all’ apparire del raggio diurno si tuffano
nel
mare. La fig. 32 riproduce un rilievo trovato a T
Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eretta
nel
291 av. C., ammirata per la intelligente proporzi
titano Astreo avendo combattuto contro Giove, fu relegato cogli altri
nel
Tartaro, dicevasi che Eos avesse scelto a sposo i
nell’ Umbria (od. Marche). Servio Tullio ne eresse anche uno in Roma
nel
Foro Boario, tempio che Camillo ricostrui dopo la
la rugiada. Nel grande rilievo dell’ altare di Giove in Pergamo, ora
nel
Museo di Berlino, rappresentante la Gigantomachia
stellazione; così l’ apparire di Orione nell’ estate al primo mattino
nel
ciel d’ oriente e il subito suo impallidire al so
Artemide. Lo si figurava come un enorme gigante, che a volte cammina
nel
mezzo del mare, e pur leva la testa fino alle ste
zione delle Pleiadi, fu oggetto dei mitologici racconti. Essa si leva
nel
bello del maggio, annunciando la prossima raccolt
ollere seu ponere vult freta 20, e la viva pittura che ne fe’ Ovidio
nel
primo delle Metamorfosi (v. 264 e segg.). — Invec
i frutti, in genere regolano tutti gli esseri portandoli a compimento
nel
tempo adatto. Nel mondo morale son esse come Temi
eravano quella che chiamavano Pace (Pax). Augusto le dedicò un altare
nel
Campo Marzio e ivi venivasi a offrir sacrifizio t
la mano con atto di amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza). V’ è
nel
gruppo, insieme con certa nobile grandezza, un’ a
iquia di scalpello antico è una statua trovata negli scavi d’ Olimpia
nel
1875. È essa una Niche alata, che i Messenii e qu
ella quale scherza il sole dipingendola a mille colori. Così Virgilio
nel
quarto dell’ Eneide (v. 700): Iris croc
ueva. Tra i monumenti superstiti ricorderemo la figura di Iride che è
nel
fregio orientale del Partenone dov’ essa è vicino
vicino ad Era; un’ altra Iride, ma di men sicura identificazione, era
nel
frontone orientale dello stesso tempio dov’ è rap
ccosto a quella della moglie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come
nel
Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove insegnò Antiste
ezza dello Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella
nel
tempio di Giove Capitolino. Era poi anche natural
o luogo in principio d’ anno. Un tempio particolare a lei fu dedicato
nel
193 av. C. presso il Circo Massimo, e un altro ne
ra amato da Giove. Anche questo è il racconto a cui si attiene Ovidio
nel
decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il quale f
c. av. C., del quale si crede un’ imitazione la statua ora conservata
nel
Museo Vaticano, che noi riproduciamo alla fig. 43
tele; del primo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto
nel
tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo
o (fig. 45); bellissimo anche l’ Eros in atto di tender l’ arco che è
nel
Museo Capitolino (fig. 46). Vi sono anche parecch
bilmente d’ un altro rilievo che, secondo Pausania attesta, trovavasi
nel
Ginnasio di Elide. III. Divinità della nas
al parto; prima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate
nel
nono o nel decimo mese di gestazione e nel moment
rima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate nel nono o
nel
decimo mese di gestazione e nel momento del parto
artula come deità invocate nel nono o nel decimo mese di gestazione e
nel
momento del parto; poi una Candelifera, riterente
o; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso di accendere una candela
nel
momento della nascita; e le già nominate Carmente
di formole magiche e col metodo dell’ incubazione. Consistera questo
nel
portare il malato nel tempio, ed ivi dopo preghie
col metodo dell’ incubazione. Consistera questo nel portare il malato
nel
tempio, ed ivi dopo preghiere e sacrifizi farlo a
uree sentenze al racconto. Narrazione vivace di colorito leggesi pure
nel
15o delle Metamorfosi Ovidiane, ove si racconta l
o felici e per ciò presuntuose; ad es. Erodoto, Pindaro, ecc.; ancora
nel
2º sec. dopo C. un poeta cretese, Mesomede, compo
cchezza, in braccio. La fig. 49 riproduce una statua bellissima che è
nel
Braccio nuovo del Vaticano. La fig. 50 è pure ric
o prosperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano,
nel
di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, c
nuale, detto Agatodemone, in latino bonus eventus, onorato sopratutto
nel
tempo della svinatura, ma invocato anche in altre
ta la leggenda secondo la quale Rea Silvia, madre di Romolo, getta.ta
nel
fiume per ordine dello zio Numitore, fu dal Dio a
a tante antiche statue a noi giunte, citiamo il bellissimo Nilo che è
nel
Braccio Nuovo del Vaticano (fig. 51). Folleggiano
chio, pieno di senno e di esperienza, che colle sue figliuole abitava
nel
fondo del mare in una scintillante spelonca. Come
offriva volontieri l’ opera sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle
nel
suo viaggio ai giardini delle Esperidi andò a vis
frequenti le rappresentazioni delle Nereidi, e come le dipinge Ovidio
nel
secondo delle Metamorfosi:
seri mostruosi. Una rappresentazione monumentale delle Arpie si trova
nel
Museo Britannico, tolta da un sepolcro trovato a
olifemo. III. Posidone-Nettuno. 1. La personalità più spiccata
nel
regno delle acque, il vero Dio e re del mare, era
divisero la signoria dell’ universo, toccò a lui il regno del mare. E
nel
profondo del mare si pensava che abitasse in uno
Roma era eretto a Nettuno, trovavasi presso il Circo Flaminio; mentre
nel
Circo Massimo veneravasi l’ antico Dio latino Con
, eresse, in memoria di queste vittorie, un altro santuario a Nettuno
nel
Campo Marzio. I Romani davan per moglie a Nettuno
. La più bella rappresentazione poetica del potere di Nettuno leggesi
nel
primo dell’ Eneide, dove, descritta la tempesta s
arino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che era
nel
frontone occidentale del Partenone, dov’ era rapp
aziatamente in frantumi. Nella fig. 52 si riproduce il Posidone che è
nel
Museo Laterano di Roma; corrisponde al tipo che p
ià fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque
nel
regno dell’ acque quello che Era nel regno dei ci
i, sposa di Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello che Era
nel
regno dei cieli. Narrava la leggenda, che Posidon
’ unico robusto figliuolo di Posidone e Anfitrite, che con loro abita
nel
palazzo d’ oro in fondo al mare. L’ immaginazione
i venne diffondendo la credenza in un coro di Tritoni, rappresentanti
nel
regno marino quel che i Satiri o i Centauri nel r
itoni, rappresentanti nel regno marino quel che i Satiri o i Centauri
nel
regno terrestre; classe di esseri che vive sulle
a conchiglia che rabbonisce le onde agitate è ben descritto da Ovidio
nel
primo delle Metamorfosi, dove si racconta il dilu
ati, ecc. Un gruppo degno d’ essere ricordato è quello che conservasi
nel
Museo Vaticano, rappresentante un ittiocentauro i
lontà divina. Questo è narrato e descritto con vivaci colori da Omero
nel
quarto dell’ Odissea, dove Menelao parla del prop
oprio viaggio in Egitto; e il passo fu abilmente imitato da Virgilio,
nel
quarto delle Georgiche, ove narrasi la favola del
viglia che al contatto di un certa erba ripigliavan vita e risaltavan
nel
mare; allora mangiò egli stesso di quest’ erba e
a; fra i Romani, Cicerone giovane scrisse su ciò un poemetto e Ovidio
nel
13o delle Metamorfosi, verso la fine, fa racconta
licerte col nome di Palemone, o protettore dei porti, fosse associato
nel
culto a Posidone. Così spiegavasi la venerazione
tragici latini Livio, Ennio, Accio; Ovidio ne tessè un vivo racconto
nel
quarto della Metamorfosi (v. 481 e sgg.) attenend
alla tradizione ellenica, mentre la espose modificata in senso romano
nel
6o dei Fasti all’ 11 Giugno, giorno della festa d
d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna di gioco
nel
momento che il re dell’ Inferno stava per rapirla
mente la leggenda, come fecero Omero nell’ Odissea, Apollonio di Rodi
nel
Poema degli Argonauti, ma si fè servire il mito a
erano immaginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio
nel
quinto delle Metamorfosi (v. 552 e sgg.) spiega l
arte tomba aperta ad ogni essere di cui cessa la vita? E dove, se non
nel
seno ascoso di lei, si ripongono quelle energie c
le cose, che ogni essere vivo inesorabilmente rievoca a sè e accoglie
nel
suo segreto grembo, quindi divinità ctonica, ossi
figura di donna che sorge dal suolo; tale si vede in un rilievo che è
nel
Museo Chiaramonti in Vaticano raffigurante Gea in
na bellissima statua sedente, colla scritta Tellus, fu trovata a Roma
nel
1872. II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Re
i Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata
nel
tempio di Pessinunte. Fu portata a Roma ove giuns
o d’ arrivo della Dea; le fu subito votato un tempio, che fu dedicato
nel
563/191 poco lungi da quello di Apollo Palatino,
. 3. Poetica descrizione della Dea Cibele e del suo corteggio leggesi
nel
secondo libro del poema di Lucrezio Sulla natura
teggio leggesi nel secondo libro del poema di Lucrezio Sulla natura e
nel
quarto dei Fasti di Ovidio. L’ uno e l’ altro acc
n trasformati in delfini, salvo uno che, indovinando un essere divino
nel
fanciullo, s’ era opposto al mal governo che di l
ntificato con Demetra legislatrice; certo a lei molte volte congiunto
nel
culto. Anche con Apollo aveva stretti rapporti, p
za sugli otri. 2º Le Lenee, o festa del torchio; aveva luogo in Atene
nel
Gennaio. Presso il Leneo, uno dei due templi di D
lestivano rappresentazioni teatrali. 3º Le Antesterie; si celebravano
nel
mese Antesterione (Febbraio-Marzo) e duravano tre
bravano nel mese Antesterione (Febbraio-Marzo) e duravano tre giorni;
nel
primo festeggiavasi la svinatura o lo spillare il
ra o lo spillare il nuovo vino che allora aveva finito di fermentare;
nel
secondo giorno, la festa del boccale, si faceva u
que horribili stridebat tibia cantu. 43 Infine ricordisi Ovidio che
nel
terzo delle Metamorfosi e in principio del quarto
ssitele in poi. A questo appartiene il celebre Dioniso che conservasi
nel
Museo del Louvre a Parigi; e anche il bellissimo
ategoria. La fig. 57 riproduce la testa di un Dioniso giovanile che è
nel
Museo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e
di Narciso trovò un narratore pieno di grazia in Ovidio che l’ espose
nel
terzo delle Metamorfosi. La statuaria antica spes
mmatico che fu denominato « Il dramma dei Satiri » (satyricum drama);
nel
quale sotto la maschera di Satiri venivano messi
ritogliesse il triste dono, e Dioniso consentì invitandolo a bagnarsi
nel
fiume Pattolo, le cui sabbie d’ allora in poi div
ella quali orecchie avesse visto al suo padrone; poi rigetto la terra
nel
fosso. Sorto da quel punto un boschetto di tremul
ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta fa di lui ebbro e immerso
nel
sonno, è vivissima; poi lo descrive mentre canta,
a loro più bella forma poetica da Ovidio, il quale discorre del primo
nel
sesto delle Metamorfosi, descrivendone il suppliz
A tacere d’ Ovidio che la bella leggenda della ninfa Siringa racconta
nel
primo delle Metamorfosi, e ricorda la gara musica
roposito del re Mida, e anche altrove menziona il culto di Pane, come
nel
secondo dei Fasti (vv. 271 e sgg.), nessuno può d
suno può dimenticare la vivissima pittura di Pane sonante che leggesi
nel
quarto libro del poema di Lucrezio, ov’ è detto c
Fistula silvest rem ne cesset fundere musam. 44 Anche Silio Italico
nel
13o delle Puniche ha una rappresentazione veramen
tempo della venuta di Enea in Italia, secondo il racconto di Virgilio
nel
settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo d
no detta appunto Lupercal, quella stessa che l’ arcade Evandro venuto
nel
Lazio e benignamente accolto dal re degli Aborige
i abbondante il fumo del sacrifizio e in larga copia si versa il vino
nel
cratere, scherzano i greggi sul campo erboso, tut
n bel Fauno in marmo rosso, dell’ età imperiale, s’ ammira anch’ oggi
nel
Museo Capitolino. La Dea Bona poi si rappresentav
a era il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia),
nel
quale gli schiavi godevano piena libertà, si vest
catore, sempre senza frutto; infine prese forma d’ una vecchia, entrò
nel
suo orto, lodo frutti maturi curati da lei, con d
asi fatta sposa a Vertunno. 2. Una statua sacra a Vertunno era a Roma
nel
vicus Tuscus, via molto frequentata tra il Foro,
dell’ amore di Vertunno e Pomona forma argomento di un bell’ episodio
nel
decimoquarto delle Metamorfosi (623 e sgg.). In a
no corone in testa, e tra i copiosi flori i devoti della Dea raccolti
nel
tempio di lei presso il Circo abbandonavansi a gi
e in suo onore. In arte soleva costei rappresentarsi come una giovane
nel
fiore dell’ età, con corone di flori in testa e m
eneranda, canuta, longeva » ecc. ma chi ne parla più a lungo è Ovidio
nel
quarto dei Fasti ove spiega e descrive le teste d
protezione anche i confini dello Stato; come tale aveva una cappella
nel
tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel t
le aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche
nel
tempio di Giove era una statua di Termine; giacch
ere acclusa nell’ area del nuovo edificio. 2. Di Termine parla Ovidio
nel
secondo dei Fasti, e spiegando le feste in di lui
appartossi dall’ Olimpo, e prese a vivere in luoghi solitari immersa
nel
suo dolore, mentre intanto cessava la fertilità d
sopra, e nottetempo, celandosi allo sguardo dei genitori, lo mette va
nel
fuoco per purificarlo. Una volta Metanira insospe
ita stette in agguato e colse la nutrice in atto di gettar suo figlio
nel
fuoco. Die’ in acuto grido temendo per Demofoonte
la collina sulle sponde dell’ Ilisso ove si celebravano, avevan luogo
nel
mese Antesterione (Febbraio) e alludevano al rito
glio primaverile della vegetazione. Le grandi Eleusinie, celebravansi
nel
mese Boedromione (seconda metà di Settembre) e al
iscesa di Persefone agli Inferi, ossia al rientrare della vegetazione
nel
letargo hivernale. Queste duravano ben nove giorn
far della sera, portavau fiaccole in mano, e così entravano in Eleusi
nel
silenzio della notte e tra lo splendore di miglia
rova cenno di questi miti; ricordiamo solo la vivace narrazione che è
nel
quarto dei Fasti Ovidiani (v. 417-618) ove il rat
l Partenone, opera di Fidia. Quasi contemporaneo è il rilievo trovato
nel
1859 ad Eleusi, rappresentante Trittolemo tra le
ig. 67). Nè è men bella la Cerere della pittura pompeiana, conservata
nel
Museo di Napoli, dov’ essa figura sedente in tron
one ricomparisce a’ nostri occlii, per avvizzire di nuovo e ritornare
nel
nulla al tardo autunno. Gli Attici chiamavano que
ina come moglie di Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto che
nel
culto di Cerere con lei si identificò la dea Libe
, perchè ancora è sconosciuta ad Omero. Come re delle ombre Ade aveva
nel
concetto degli antichi qualcosa di sinistro e di
suo nome); ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra
nel
regno di lui ogni speranza lasci; le porte di ess
Plutone diedero compagna Proserpina, e questa le venne associata come
nel
regno così nel culto. Anche Plutone e Cerere si t
compagna Proserpina, e questa le venne associata come nel regno così
nel
culto. Anche Plutone e Cerere si trovano menziona
a. Un tempietto a Dite sorgeva presso l’ altare del tempio di Saturno
nel
Foro. Un altro altare sacro agli Dei infernali tr
Saturno nel Foro. Un altro altare sacro agli Dei infernali trovavasi
nel
campo Marzio, costruito sotterra; ivi si sacrific
ando scoppio aspra contesa tra gli Dei presso Troia, come si descrive
nel
20º canto, avendo Posidone dato col tridente una
do chi tentasse riuscire a riveder le stelle. Appena entrate le anime
nel
regno di Ade, erano sottoposte a giudizio davanti
erano inviati ai Campi Elisi ove erano eternamente felici, i reprobi
nel
Tartaro, ove dalle Erinni e da altri infernali mo
i che erano giudicati nè buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere
nel
prato di Asfodillo, dove, ombre senza sostanza, c
tutti l’ 11o libro dell’ Odissea dove si descrive l’ andata di Ulisse
nel
paese dei Cimmerii e l’ evocazione dell’ ombre e
ndo i minori, noi ricorderemo solo la bella pittura che fece Virgilio
nel
sesto dell’ Eneide narrando la discesa di Enea al
esa di Enea all’ Averno, e la non meno vivace descrizione che leggesi
nel
quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito d
so colpevole di qualsiasi violazione dell’ ordine morale specialmente
nel
cerchio dei rapporti di famiglia. Secondo Esiodo
, o Potnie (venerande) o Ablabie (innocenti). Loro attributo costante
nel
culto era il serpente, simbolo in genere delle di
ratonicea godevano molta ripntazione; ma in genere essa era associata
nel
culto con altre divinità, come Apollo, Artemide,
Ecate da collocarsi all’ ingresso dell’ Acropoli d’ Atene. Così pure
nel
rilievo del grande altare di Zeus a Pergamo Ecate
. Però è da notare che ab antico avevano essi il loro Dio della morte
nel
così detto Orcus, l’ accoglitore (cfr. arca, arca
ove riponeva le ombre come il mietitore raccoglie il frumento mietuto
nel
granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armat
tte. — Ma la più bella descrizione del Sonno e della sua casa leggesi
nel
decimoprimo delle Metamorfosi d’ Ovidio (v. 592
pio di Vesta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’ oggiunga che
nel
punto più riposto del tempio si conservavano le i
i uomini, come ad es. quando un cadavere rimaneva insepolto, o quando
nel
seppellirlo non erano state osservate tutte le pr
trova nell’ Aulularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare
nel
prologo, e gli fa raccontare la storia d’ un cert
tettori contro i nemici, dei Lari permarini a cui fu eretto un tempio
nel
campo Marzio in seguito a una vittoria navale (a.
fosse vecchiezza; dopo lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti
nel
sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’
la gran madre. Il figlio di Prometeo acutamente interpreto l’ oracolo
nel
senso che le ossa della terra fossero le pietre;
mpiuta enumerazione; qui ricordiamo soltanto il lungo passo di Esiodo
nel
poema delle Opere e dei Giorni (v. 109 e seg.), e
e e dei Giorni (v. 109 e seg.), e la bella notissima narrazione che è
nel
primo delle Metamorfosi Ovidiane. Anche del diluv
e colorita descrizione della lotta fra i Lapiti e i Centauri leggesi
nel
12o delle Metamorfosi Ovidiane. Il racconto è mes
obabilità l’ ordine delle figure. Un’ altra Centauromachia ammiravasi
nel
fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rapp
Partenone. Di quest’ ultime un buon numero esiste ancora, conservate
nel
Museo Britannico di Londra; sono varie scene, ora
loro complesso volevan significare la lotta degli uomini inciviliti (
nel
nostro caso gli Ateniesi condotti da Teseo) contr
aciute le non meno belle rappresentazioni di Centauromachia che erano
nel
fregio del tempio di Apollo Epicurio a Basse pres
struito nei migliori tempi dell’ arte greca. Detto fregio fu scoperto
nel
1812 e se ne conservano importanti frammenti nel
o fregio fu scoperto nel 1812 e se ne conservano importanti frammenti
nel
Museo Britannico. Anche statue di Centauri iso
o, oltrechè nelle Fenicie di Euripide, trovasi magistralmente esposto
nel
terzo delle Metamorfosi di Ovidio. Poche le rappr
la. 2. Al vivo e commovente racconto che di questo episodio fa Ovidio
nel
terzo della Metamorfosi fanno riscontro le molte
Riproduciamo nella fig. 75 un piccolo gruppo in marmo che conservasi
nel
Museo Britannico. Ivi Atteone non ancora trasform
detta di Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entrasse presto
nel
dominio della letteratura e dell’ arte. La letter
simo di menzione il celebre grandioso gruppo in marmo che si conserva
nel
Museo Nazionale di Napoli, detto il Toro Farnese,
e Taurisco di Tralle in Caria, appartenenti alla scuola rodia fiorita
nel
3º sec. av. C. Il monumento eretto originariament
sto venne in possesso di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato
nel
1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima n
ò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima
nel
palazzo Farnese, nel 1786 passò a Napoli con l’ e
1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima nel palazzo Farnese,
nel
1786 passò a Napoli con l’ eredità Farnese. La sc
obe. Chi non ricorda le superbe parole messe a lei in bocca da Ovidio
nel
sesto delle Metamorfosi, poi la descrizione viva
i Scopa. Il gruppo fiorentino fu trovato nelle vicinanze del Laterano
nel
1583; appartenne al Cardinal Medici e nel 1775 fu
elle vicinanze del Laterano nel 1583; appartenne al Cardinal Medici e
nel
1775 fu portato a Firenze. Le singole statue sono
. Se la grandiosa composizione dei Niobidi fosse in origine collocata
nel
frontone di un tempio o se le statue fossero ordi
genda, solevano recidersi la mammella destra per non aver impedimenti
nel
maneggio dell’ arco; il loro regno si diceva esse
padocia presso il fiume Termodonte con Temiscira per capitale, oppure
nel
paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide
istiche dell’ antica Grecia e di Roma. Un lungo racconto si legge già
nel
sesto dell’ Iliade (v. 150-211). Poi si sa che So
re la Chimera di Arezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conservasi
nel
Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni
Policleto con una statua di bronzo che fu conservata parecchio tempo
nel
tempio di Artemide in Efeso. Anche ora molte stat
crede risalga al tipo di Policleto; bellissimo esemplare se ne trova
nel
Braccio nuovo del Vaticano e altri altrove.
e pel cielo spinta dal vento tempestoso. 2. La favola, appena entrata
nel
dominio delle lettere, ha subito molte alterazion
era entrata in rapporti colla regione del Nilo. In ogni modo il mito
nel
suo insieme già leggesi in Esiodo; poi ne fè cenn
mondo, di attingere continuamente acqua in un vaso senza fondo. Anche
nel
mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gl
n le cose d’ Egitto. Il significato naturale del mito deve ricercarsi
nel
fatto dell’ esservi nel territorio Argivo molte s
significato naturale del mito deve ricercarsi nel fatto dell’ esservi
nel
territorio Argivo molte sorgenti ma facilmente di
a favola, così nemici fra loro che già litigavano quando erano ancora
nel
seno materno. Preto, cui nella divisione della pa
lestiti dai Larissei in onor di lui, egli uccise Acrisio per isbaglio
nel
lanciare il disco. Di poi, vergognandosi di entra
a di Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egiziana; infine anche
nel
Lazio si favoleggiava che la cassetta contenente
Per tempo le avventure straordinarie e commoventi di Perseo entrarono
nel
dominio della letteratura e dell’ arte. Già Esiod
ide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricordato il racconto di Ovidio,
nel
quarto e quinto delle Metamorfosi, dove specialme
n rilievo marmoreo proveniente dalla villa Panfili, e che ora trovasi
nel
Museo Capitolino. Rappresenta la liberazione di A
in parecchie pitture pompeiane, e in un altro rilievo marmoreo che è
nel
Museo di Napoli. Solitamente Perseo vien raffi
non separata dal fratello a condizione che un giorno fossero entrambi
nel
mondo dei morti, un altro giorno godessero entram
ezione e immagini loro trovavansi anche ad Olimpia. Anche Roma eresse
nel
Foro un tempio ai Dioscuri, del quale rimangono i
e la facesse dare dai tanto lodati Dei. Orbene celebrandosi poco dopo
nel
palazzo di Scopa un solenne banchetto a cui era s
Gli abitanti dell’ Attica, come gli altri Greci, si ritenevano nati
nel
suolo o autoctoni. Il mitico personaggio a cui es
o, si favoleggiò che fosse venuto dall’ Egitto e precisamente da Sais
nel
basso Egitto. All’ essere nato dal suolo invece a
rittonio, e la discendenza del re d’ Attica. 1. A Cecrope successe
nel
regno dell’ Attica Cranao, da alcuni detto suo fi
venuto il diluvio Deucalioneo. Cacciato Cranao, si dice sia succeduto
nel
governo di Atene un Amfizione, figlio di Deucalio
zione colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa Dea
nel
suo santuario dell’ Acropoli, e fatto poi re di A
l’ antica, conosceva anche un secondo Eretteo, fissando la genealogia
nel
seguente modo. Il primo Eretteo o Erittonio sareb
o Eretteo o Erittonio sarebbe stato padre di Pandione succeduto a lui
nel
regno; Pandione avrebbe avuto dalla ninfa Zeusipp
tò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio
nel
sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che so
sata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e
nel
settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli e
nione di Pasifae con un toro mandato da Posidone, nascosto da Minosse
nel
labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo di una
he Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare
nel
labirinto, uccidere il Minotauro, e appresso ritr
appresso ritrovar la via d’ uscire. Come poi Ariadne accompagnò Teseo
nel
suo ritorno, come a Nasso fu da lui abbandonata,
fu da lui abbandonata, e divenne moglie di Dioniso, già s’ è narrato
nel
capitolo relativo a questo Dio. Nel ritorno ad At
a i pubblici monumenti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così
nel
tempio detto di Teseo le metope portavano in rili
cidentale a figurare la lotta degli Ateniesi contro le Amazoni. Anche
nel
campo dello scudo di Atena Parteno era raffigurat
icorderemo un bel rilievo della villa Albani in Roma, figurante Teseo
nel
momento che trae fuori ili sotto il masso la spad
sonificazione della luna); da cui gli nacquero Catreo, suo successore
nel
governo, Deucalione, Glauco e Androgeo e alcune f
anco in Attica, dove egli prese Megara cagionando la morte al re Niso
nel
modo sopra narrato, e ridusse alle strette il re
o toro, bello e forte e bianco come la neve. Minosse n’ ebbe conferma
nel
diritto al trono, ma la bellezza del toro gli sug
i corpo umano con collo e testa di toro, che Minosse fece rinchiudere
nel
labirinto costruttogli da Dedalo. Questo celebre
erati venendo a Creta e coll’ aiuto di Arianna e di Dedalo penetrando
nel
labirinto e uccidendo il Minotauro, s’ è narrato
edalo penetrando nel labirinto e uccidendo il Minotauro, s’ è narrato
nel
precedente capitolo. Qui s’ aggiunga che Dedalo,
o, per punizione d’ aver aiutato Teseo, fu rinchiuso col figlio Icaro
nel
labirinto. Ma egli non sgomentatosi pensò sfuggir
erno. Dei figli di Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedette
nel
trono. Ebbe egli tre figliuole di cui una, Erope,
a leggenda del rapimento d’ Europa fu trattata poeticamente da Ovidio
nel
secondo delle Metamorfosi (844-855); e dal medesi
giorno l’ isola, e se qualche straniero tentava avvicinarsi, saltava
nel
fuoco fino a diventar rovente, poi abbracciava i
Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi
nel
quarto delle Argonautiche racconta poeticamente (
e Argonautiche racconta poeticamente (v. 1638 e seg.) la morte di lui
nel
modo sopra riferito. Questo stesso tema si vede t
quest’ ostilità fin dal primo di lui nascimento. Perchè, avendo Zeus,
nel
giorno in cui Alcmena doveva dare alla luce i due
a rapidi progressi nelle cose di guerra, essendo da Eurito esercitato
nel
trar d’ areo, da Autolico nella lotta, da Castore
rito esercitato nel trar d’ areo, da Autolico nella lotta, da Castore
nel
maneggio dell’ armi, da Anfitrione stesso nel gui
nella lotta, da Castore nel maneggio dell’ armi, da Anfitrione stesso
nel
guidare i cavalli, rimaneva addietro nell’ arti m
li fu suggerito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorprese
nel
sonno e lo tenue stretto fintantochè n’ ebbe la n
s’ incaricava di andar lui a prendere i tre pomi d’ oro purchè Eracle
nel
frattempo sostenesse egli la volta del cielo. E q
alia (luogo incerto, dagli uni viene collocata in Tessaglia, da altri
nel
Peloponneso sul confini dell’ Arcadia e della Mes
lla figliuola Iole in isposa a chi sapesse vincere lui e i suoi figli
nel
trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano di Iole;
oracolo di Delfo, n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far violenza
nel
tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo s
o col figliuoli, e la bella Iole cadde in mano del vincitore. Ma ecco
nel
ritorno a Trachine, Deianira, saputo di Iole, cre
afferrò il messo Lico che gli aveva portata la veste e lo scaraventò
nel
mare, dove divenne uno scoglio. Egli s’ avviò a T
a natura, a benefizio degli uomini? Dopo l’ apoteosi, in tempo in cui
nel
concetto del divino si rinchiudeva un profondo co
tudine a suo padre Giove che gli aveva fatto scoprir il furto, eresse
nel
luogo della zuffa un altare in di lui onore e gli
cole nella religione romana. Gli fu dedicata la così detta Ara Maxima
nel
Foro Boario, tra l’ Aventino e il Palatino, e a p
cendo di altri epici minori, è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto
nel
7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, in
è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale
nel
suo celebre poema, intitolato « le gesta di Eracl
così poetiche leggende come quelle d’ Ercole; quindi troviamo narrata
nel
nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel pos
a Deianira allo sposo e la dolorosa morte dell’ eroe sul rogo. Ancora
nel
duodecimo libro è menzionata la lotta di Ercole c
sippo, della giovane scuola Argiva, il quale si compiaceva di rendere
nel
bronzo la bellezza corporea, considerata così nel
tantino la portò a Costantinopoli; ivi al tempo della crociata latina
nel
1204 venne fusa. Rappresentava Ercole seduto coll
« Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Terme di Caracalla, ora
nel
Museo Nazionale di Napoli (v. la fig. 85). L’ ero
e e quelle del tempio di Zeus in Olimpia, di cui alcune si conservano
nel
Museo del Louvre a Parigi; notevole sopra tutte q
a più di frequente è la lotta col centauri; ve ne son gruppi statuari
nel
Museo di Firenze e pitture vascolari in vasi di V
ncontro col centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeiana che è
nel
Museo di Napoli; l’ eroe porta in collo il piccol
entazione in un sarcofago proveniente dalla Panfilia e ora conservato
nel
museo Capitolino. — A ricordare l’ incontro di Er
llora Altea soffocando in sè il sentimento materno, ripose il tizzone
nel
fuoco, e così il nobile e coraggioso eroe, nel fl
rno, ripose il tizzone nel fuoco, e così il nobile e coraggioso eroe,
nel
flore della gioventù, come divorato da un fuoco i
lo, non differisce dalle altre leggende regionali di cui s’ è parlato
nel
capitolo precedente, e in fondo si tratta di un m
a figura 87 riproduce appunto una statua di questo genere, conservata
nel
Museo Vaticano. Si avverta quel non so che di mal
a nel Museo Vaticano. Si avverta quel non so che di malinconico che è
nel
viso di questo bel giovane. II. La spedizio
co l’ ariete a Zeus protettore de’ fuggenti, e appese il vello d’ oro
nel
bosco di Ares facendovelo custodire da un terribi
cui il maggiore chiamavasi Esone (Aeson). Questi succedette al padre
nel
regno, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pe
o d’ oro. Di qui la spedizione degli Argonauti. Giasone fe’ costruire
nel
portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal
all’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che
nel
ritorno dalla Colchide avevano naufragato a quell
ino che aveva portato con sè, Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno
nel
mare; sicchè quei di Eeta si trattenevano a racco
sone lo combattè ed uccise. Rispetto alla via seguita dagli Argonauti
nel
ritorno, vi sono dati molto diversi. Secondo gli
ebbero giunti nell’ Oceano Orientale, e di là attraverso il Mar Rosso
nel
Nilo, ovvero per il deserto libico, attraverso il
o libico, attraverso il quale la nave Argo sarebbe stata trasportata,
nel
lago Tritonide e nel mare Mediterraneo; secondo a
il quale la nave Argo sarebbe stata trasportata, nel lago Tritonide e
nel
mare Mediterraneo; secondo altri ancora, gli Argo
ano Occidentale, e di là per le colonne d’ Ercole sarebbero rientrati
nel
Mediterraneo. — Alla fine tornò Giasone felicemen
monumenti d’ arte concernenti questa leggenda. Un bel bassorilievo è
nel
Museo Lateranense, e rappresenta Medea in atto di
i, per far ringiovanire Pelia. Anche la così detta Cesta del Ficoroni
nel
Collegio Romano ha una notevole rappresentazione
go in cerca di pace, finchè a Colono, demo dell’ Attica, ebbe rifugio
nel
bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la sua tomba
Ares; allora tutto a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava
nel
suo orgoglio di resistere anche al fuoco di Zeus,
elebre per la sua straordinaria felicità e ricchezza, precipitato poi
nel
fondo d’ ogni male, e punito in inferno in quel m
alla luce Achille, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò
nel
momento che nel fuoco voleva rendere immortale il
e, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò nel momento che
nel
fuoco voleva rendere immortale il figlio, così co
tellastro Teucro ebbe un bel posto tra i guerrieri per la sua abilità
nel
trar d’ arco. Di molto inferiore ad Aiace Telamon
ll’ altro detto « il grande », era segnalato specialmente per abilità
nel
lanciar dardi e per velocità, nella qual virtù so
e di questo fu figlio Anchise padre di Enea. Ilo andò a porre stanza
nel
piano dello Scamandro, e ivi fondò la città di Il
ossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, narrammo
nel
capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio s
o, ma a motivo di un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecuba
nel
dar alla luce questo figliuolo, fu esposto appena
da lei prescelto, quando questi fosse assalito. In breve si raccolse
nel
portò beotico di Aulide una ragguardevole flotta
to la caduta di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero
nel
ventre di quell’ immenso cavallo, gli altri bruci
iglio di Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposata. Menelao
nel
suo sdegno contro la infedele donna avrebbela ucc
nna avrebbela uccisa, se l’ incanto della sua bellezza non gli avesse
nel
momento decisivo fatto cader l’ arme di mano. Le
che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò
nel
ratto della statua e tutti insieme fuggirono scam
di nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato
nel
tempio di Atena e di qui avendo strappato per for
ebbero pure due altri guerrieri greci, Filottete e Idomeneo, giacchè
nel
ritornare ciascuno alla propria patria, l’ uno in
sta furono trasportate di nuovo in occidente. e) Allora Ulisse capitò
nel
paese dei Lestrigoni, giganti e antropofagi. Cost
cidente, di là dall’ Oceano, per potere presso i boschi di Persefone,
nel
vestibolo dell’ inferno, interrogare l’ anima di
garono Penelope a finir l’ opera. Ella vinta promise fissar un giorno
nel
quale avrebbe scelto fra i Proci il suo secondo m
in mare diretto in occidente. Una terribile tempesta avendolo spinto
nel
mar Ionio, capitò anzitutto nelle isole Strofadi
atto, riprese il viaggio e veleggiò sino alle foci dei Tevere e scese
nel
territorio di Laurento, il cui re Latino l’ accol
il trionfo di Enea. Il quale, poichè anche Latino morì, gli successe
nel
governo e fondò nuova città che dal nome di sua m
i alle leggende degli Eacidi. Specialmente la tragedia s’ aggirò come
nel
suo proprio elemento fra argomenti del ciclo troi
secondo luogo va ricordato il celebre gruppo di Laocoonte. Fu trovato
nel
1506 in una vigna presso le terme di Tito a Roma,
per il padre suo, al quale si volge con pietà e sgomento. E il padre
nel
mezzo, preso fra le spire dove sono più vigorose
rti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è
nel
pieno vigore delle sue forze. — Varie scene della
i di un bassorilievo marmoreo del tempio di Pallade in Egina scoperti
nel
1811 e conservati ora nella gliptoteca di Monaco.
anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste
nel
momento che si rivedono nella casa paterna contam
opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasitele fiorito
nel
1º secolo av. C. Capitolo quarto. Vati, po
aturale venisse ricordata e celebrata dai cantori popolari e entrasse
nel
dominio della leggenda. Or la virtù dell’ ingegno
la virtù dell’ ingegno s’ esplicava nell’ età eroica in tre modi, a)
nel
vaticinar l’ avvenire, b) nel poetare e cantare c
licava nell’ età eroica in tre modi, a) nel vaticinar l’ avvenire, b)
nel
poetare e cantare con accompagnamento della cetra
vvenire, b) nel poetare e cantare con accompagnamento della cetra, c)
nel
fare opere d’ arte; quindi le tre categorie dei v
perso la vista, secondo alcuni per opera d’ Atena che era stata vista
nel
bagno da lui, secondo altri per aver egli rivelat
o i Tebani. Dopo la caduta di Tebe, trovò la morte nella fuga; ancora
nel
secondo sec. dopo C. si indicava la sua tomba nel
commosse. Gli fu concesso che Euridice seguisse un’ altra volta Orfeo
nel
regno della vita, a questa condizione che durante
avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Baccanti
nel
quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di
iscesa all’ inferno di Orfeo trova un interprete eloquente in Ovidio,
nel
decimo delle Metamorfosi. L’ efficacia del canto
disposa la poesia al suon della lira… La medicina è un mio trovato, e
nel
mondo son detto il soccorritore, e soggetta a noi
mi e si vedono uscir fuori le colline; ecco il mare rià i suoi lidi e
nel
loro alveo contengonsi i pieni fiumi; scopresi la
mia che non ha pare. Zeus Padre, e tu deh muta il tuo talento! Che se
nel
voto temeraria io sono, Pel figlio mio concedimi
lib. 3. de off. A nibili giovanetti studenti delle belle lettere
nel
seminario di cava L’autore F in da quel
no di menar a fine quel compendio di Mitologia iconologica, che un dì
nel
vostro seno da antecessore sedendo a vostre premu
ve occupazioni l’affetto fin a guadagnarsi un dominio quasi esclusivo
nel
cuore, cambiando in meglio i consigli fermo risol
il fresco impronto mostrando della testè conseguita pubblica ragione
nel
vostro gentil seno, quasi a prefisso suo centro,
suo centro, lasciasi affettuosamente cadere. Io mi avventuro, che voi
nel
distender graziosi la mano ad accoglierlo, e nel
i avventuro, che voi nel distender graziosi la mano ad accoglierlo, e
nel
piegar curiosi lo sguardo a percorrerlo possiate
fet nell’Occidente. Toccata la Grecia anch’essa dallo stesso contagio
nel
suo seno introdotto da Fenicii, nelle stesse mise
to tramandò a’Romani, i quali quantunque eran non solo nelle armi, ma
nel
giudizio ancora, come pur si pretende, superiori
foggie nuove, Mostrò nell’ Etra alma possente, e lieta, Tien l’impero
nel
Ciel, tutto decreta, E solo il Fato al suo piacer
Ciclopi. Non godè egli però dopo tal divisione una lunga tranquillità
nel
suo Regno, perche più guerre a lui mosse lo tenne
potere, e col favor di altri Dei combattendo li vinse, li conquise, e
nel
Tartaro in pena dell or superbo attentato li conf
o Giove però coraggioso per la prima vittoria contro i Titani, severo
nel
ciglio, intrepido nel cuore, forte nel braccio im
o per la prima vittoria contro i Titani, severo nel ciglio, intrepido
nel
cuore, forte nel braccio impugnando i vulcanei su
ttoria contro i Titani, severo nel ciglio, intrepido nel cuore, forte
nel
braccio impugnando i vulcanei suoi fulmini gravem
es, solomque redueit (1). Sue nozze Un tal Nume impertanto sentendo
nel
seno la forza delle suscitate passioni, nè valend
re de’ navilii, cui solo perciò ricorrere dovea ogni pilota semprechè
nel
funesto pericolo scorgevasi di divenire degli inc
i le feste sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri
nel
mese di Agosto, come si pretende, ed altre quelle
facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti
nel
mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor di
alor venghi distrutto. È questi quell Vulcan Nume abborrito, Che ebbe
nel
cor troppo impudenti voglie, E ad onta di ciascun
Lenno l’infausto fato, cui cadendo andava egli soggetto, richiamando
nel
lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spoglia
ostrato si era con lui ; laonde benchè distratto da mille occupazioni
nel
favorire e Dei, ed uomini di buon genio ; pronto
ola, dritto più non avea alla corsa, e colui, che ceduto aveva altrui
nel
corso, in segno della perdita fatta ceder dovea a
ozze, e perciò nessun’altra si elesse per sposa, fuorchè Nerione, che
nel
Sabino linguaggio significa forza, benchè per alt
ficenza d’imprese, quod magna vertat. Dicevasi Gradivus dalla vigorìa
nel
brander la sua asta : Ab hastae vibratione. Nomi
rie da celebrarsi pria delle calende di Marzo colla corsa de’ cavalli
nel
Campo Marzio, e quelle fissate da Numa(1) chiamat
doti Salii, e quelle finalmente chiamate Marziali solite a celebrarsi
nel
Circo in Maggio, ed Agosto. Sue vittime Ogni qua
man, col piè veloce, Che vola allor che passa, e resta muto Qualunque
nel
parlar abbia pìù voce. Egli porta i precetti a Gi
però la fortuna di sottrarsi del tutto all’ altrui vigilanza, mentre
nel
meglio del suo nero attentato fù veduto dal vigil
di paragone) acciò cosi egli restasse al coverto del furto, e quegli
nel
tempo stesso il fio pagasse di sua infedeltà, ram
strinsero, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo
nel
cuor de’ mortali gl’ abbandonati sensi di fratern
di oro per significarci la sua aurea eloquenza, e l’ammirabil energia
nel
commuovere gli ascoltatori, ed attirare a se i lo
lla, e la terra dippiù obbligò con solenne giuramento a negarle asilo
nel
vasto suo seno. Nè contenta di questo da sozzo fa
enti suoi amori. Le stesse disavventure ebbe egli parimenti a provare
nel
corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò pi
corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò più tosto abbandonarsi
nel
seno del mare, che nelle braccia lasciarsi dell a
. Riacquistata finalmente la grazia dí Giove, e chiamato novellamente
nel
cielo chi mai creduto non avrebbe esser per lui t
del Serpente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi
nel
mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuoch
a donne infide il telo. Europa, Danae, ed Alcmene un giorno Destaron
nel
suo sen la voglia rea Di punir l’opre di fatal ri
oiche il destino decretato aveva poter Proserpina uscir da quel luogo
nel
solo caso, in cui gustato non avesse alcun frutto
ngiato perciò in civetta, non poteva da quel luogo mai più partire, e
nel
seno ritornare dalla afflitta sua madre. E cosi i
dalle funzioni doveansi tenere, finchè scorsi cinque anni passassero
nel
grado di Efori, cioè contemplatori ; soggetti per
oluto profittarne, così diffuse le scintille dell’innocente suo fuoco
nel
petto de’ mortali, che sentendone questi le dolci
, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa
nel
cuore tai sensi di amore, di venerazione, e di cu
sibbene le loro rispettive case, e famiglie. Il pietoso Enea infatti
nel
fuggir dalle consumatrici fiamme della cara sua T
ne rifulse la gloria, qualora gran fiamma d’amore per essa si accese
nel
petto del religioso Nume II. Re de’ Romani. Ordin
sì insieme con la madre distruggere quanto di prodigioso portava ella
nel
seno. Deluso però restò ne’ suoi sciocchi consigl
un di vantossi di esser simile a questa Dea, e forse suporiore ancora
nel
lavoro de’ suoi gentili ricami, avvegnachè nella
a ? E che altro fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto
nel
più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiac
esta verginella, e profetessa figlia di Priamo Cassandra rifuggiatasi
nel
suo tempio per soccorso, e salute ? Illustri esem
a, e tutta piena di gravità, e contegno, di fisonomia molto bella, ma
nel
tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adorn
della bellezza. Dichirazione, e sviluppo Non fia maraviglia se
nel
parlar di questa Dea regina delle grazie, e madre
la loro stessa condizione, io non posso, ne debbo svelare quello, che
nel
seno dell’obblio merita essere ragionevolmente se
come della sfrontatezza di essa nell’agire, cosi di mia riserbatezza
nel
favellarne. Chi fù Venere. Nacque Venere dalla s
enere dalla spuma formatasi intorno alle recile parti di Urano cadute
nel
mare ; non altrimenti che dal sangue dello stesso
e qual cosa invero più inganna, che l’amore, quale lusingando i sensi
nel
cuor trasmette i velenosi suoi strali ? fù detta
chirazione, e sviluppo Chi fù Diana. Germoglio quanto travagliato
nel
seno della terra, altrettanto ridente spuntato su
ltrettanto ridente spuntato sul piano la presente Dea rassembra. Essa
nel
seno della perseguitata Latona sua madre rinchius
erbar perpetua la sua Verginità. Laonde grandetta già divenuta, acciò
nel
suo seno non si accendesse la molle fiamma temuta
; quali tutte affinchè ne’discorsi, e ne’tratti non le avesser recato
nel
tempo almeno di ristoro qualche occasione, o peri
quelle occasioni ancora, che in qualunque maniera potevano svegliarle
nel
seno l’abborrito piacere del senso. Sue vendette.
uoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di già compendiati
nel
suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effig
uchi umane vittime, almeno secondo Erodoto in Melp. i miseri annegati
nel
mare ; dippiù scelti bovi, e secondo Euripide, le
esse magnae Dianae, Iovisque prolis ?(1) quale ammirabile tempio poi
nel
giorno, in cui nacque Alessandro fù incendiato da
ndi è, che domandato un dì Talete qual cosa fosse la più insuperabile
nel
mondo, tosto rispose, come abbiamo da Laerzio : I
d istituire sacrificii, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma
nel
seno della stessa sua necessità mal grado il suo
he altro vollero essi intendere col pingerlo tutto truce, e furibondo
nel
viso, se non perchè non era mai da piegarsi a qua
ro pretesero col pingerlo bendato, se non che la sola nccessità aveva
nel
suo governo per guida ? E che altro dargli nelle
dì troppo severa Par che a figli togliesse ogni speranza, Ebbe primo
nel
ciel divina stanza Quando formò de’ Dei la vasta
per mantenere inviolata al suo fratello la fede, come per perpetuarsi
nel
suo regno la sede, gli furono di alcun giovamento
mento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure
nel
suo regno gli permise non solo il soggiorno, ma c
in guisa la terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e
nel
seno di questa ogni frutto bramato senza stento b
barba, e con calva testa, mostrando nella fronte due occhi lipposi, e
nel
volto palesando il travaglio della sostenuta ined
o sempre uniforme, e costante. Singolari furono si nelle offerte, che
nel
modo di ofrire i sacrificii istituiti in onor di
o secondo Tito Livio da’ Consoli Sempronio, e Minucio. Queste sebbene
nel
principio di loro istituzione occupavano un giorn
enenti maniere, con cui accolse l’esule Dio Saturno, il liberal genio
nel
volerlo seco nei consigli, l’ardente deslo in ist
volerlo seco nei consigli, l’ardente deslo in istabilirlo seco stesso
nel
trono renderonsi tributaria la benevolenza di que
a di quel Nume a tal segno, che in grazia di costui non sol vide egli
nel
suo regno civilizzato ogni animo, appaciato ogni
n tal seducente Nume a fargli mietere quelle pene, che seminato aveva
nel
Cielo, non avrebbero al certo mai più acquistata
ae, quem non Steneleus hostis Non potuit Juno vincere, vincit amor E
nel
secondo de Art : volendo annoverare le triste mac
bastante. Si cruccia, si addolora, e avvien che morda I labbri spesso
nel
dolor caduto, E co’ mugiti il cielo e il mondo as
ciel, eccovi Pluto. Dichirazione, e sviluppo Mio pensier non è
nel
favellar di questo infernale Nume con profusa pen
e ? Orrore formavano i tre giudici Minosse, Eaco, e Radamante, che là
nel
campo della verità fra il tartaro, e gl’Elisii al
che aggirandosi intorno al trono del lor Sovrano scarme, ma foribonde
nel
viso, con impazienza attendevano il cenno, onde s
a lunghe corna spuntale dalla abbronzita sua fronte, fuliginoso tutto
nel
viso, con folta, e nera barba fino al suo petto,
moglie in segno di onore sacrificavansi nere vacche, sempre però pari
nel
numero, a distinzione delle celesti Divinità, all
la sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella, e
nel
petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta
ere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da tal pensiere presa la Dea
nel
venir ad esso Giove sotto foggie mortali in grazi
troppo chiari segni di sua arditezza si in cielo, che in terra ; ivi
nel
combattere coraggioso contro i Giganti a favor de
e coraggioso contro i Giganti a favor del sno buon padre Giove, e qui
nel
rendersi padrone dell’ Arcadia, e della Siria con
infuriata miseramente trafitto ; e le Meneidi, che per aver lavorato
nel
giorno delle sue feste, ebbero a perdere l’antica
i matura uva additando nell’altra. Da ciò ne avvenne, che le Baccanti
nel
sollennizzar le sue feste al par del lor Dio si a
le Sonetto C olle torri sul crin superba, e forte Si mostra
nel
poter la Dea Tellura, Che tutti unisce i pregi di
eterle l’atteggiamento di augusta matrona ? Se la terra è equilibrata
nel
suo peso, giusta le leggi de’planetarii corpi, co
le chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra
nel
suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizi
a Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra
nel
pigro inverno le sue dovizie, i suoi tesori, e co
fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotonda si divisa
nel
suo globo la terra, come non collocar al fianco d
venne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare
nel
fiume Almone la sua statua detta venne Lavazione.
l Dea, come ragiona Agost. lib. 2. de civ. Dei meritano esser sepolti
nel
seno dell’oblio per comun bene, e vantaggio.
aggio. Cap. XX. Proserpina Sonetto T ruce in volto, e
nel
tratto aspra Regina, Che la sua possa dispietata
Nata essa da Giove, e da Cerere altro affetto parve, che non nutrisse
nel
seno, che il solo deliziarsi di fiori, e perciò b
vesciò sul carro la preda bramata, e con rapida velocità seco la menò
nel
tartareo suo regno per farla seco sedere in quali
e l’incoraggia, e guida ? Chi è mai costei che ogni periglio sfida, E
nel
sembiante agli Angioli somiglia ? Chi è mai coste
d operi sempre a tenore de’suoi dettati se non vuol trovar che temere
nel
dì de’suoi conti. Prenda dunque in buona parte qu
altra sono i simboli di quei veraci, e permanenti beni, che la stessa
nel
mondo sa mirabilmente produrre. Da tal riflesso a
i si sublima chi la pruova. Scorgesi reggere un timone, perchè essa è
nel
mar della vita un’ abil nocchiere. La cicogna poi
oi piedi manifesta ben chiaro le pruove del naturale gentil suo genio
nel
carattere appunto di questo uccello, che sempre p
egno di somma lode, e compenso al cospetto di Dio, e degli uomini chi
nel
petto gelosamente la nudre ? Scolpisca ognun dunq
core, e in quel favella Nella semplicità par cosi bella, Che ti versa
nel
sen di gioia un rivo. D’essa l’imperio passa oltr
gnun dona la spinta, Tien l’altra un vaso d’ogni umore asciutto, Tien
nel
volto la gioia appien dipinta ; Ma dà sol fiori,
la ragione, per cui nella morale del sonetto si è conchiuso, che essa
nel
cielo soltanto riconosce il soggiorno. Quanto per
cardine, ove poggia tutto lo spirituale edificio. Nudra dunque ognun
nel
cuore si necessaria virtù, ricordandosi sempre di
l ruscello, Che in ogni dì disseta e questo e quello, E l’onda sempre
nel
suo corso avvanza. Segna con verga il globo, e la
e i Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza di quel Dio,
nel
quale vivimus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam
mano ha un cor piagato, E un papiro le pende al manco lato Esprimendo
nel
volto alto decoro. Essa vince ne’pregi ogni tesor
Nè in alcun tempo alle preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa, e
nel
tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda, Miser
al cor dolci catene. Spirano i gesti suoi ogni dolcezza, La sua voce
nel
cor piacer rinnova, Tal che in lei stà riunita og
a essa del nostro ben fatto dia fiato alla tromba onoratrice, e renda
nel
mondo glorioso, ed immortale il nostro nome, memo
i sfugge Non più ritorna, e l’uomo invan si strugge Nel pentimento, e
nel
rimorso atroce. Porta un rasoio nella destra mano
, e nel rimorso atroce. Porta un rasoio nella destra mano, Che tronca
nel
fuggir qual sia baldanza, Tien l’altra un velo, e
a donna di colore ardente, Con sguardo acceso, e suffocata voce Cinta
nel
seno da letal serpente. Il crin si strappa, e muo
la vibra non indica forse ben chiaro le mortali ferite, che apre essa
nel
cuore ? Se dunque tanti danni cagiona impari ognu
e s’affretta Di sangue intrisa, e di veleno aspersa Miser colui, che
nel
suo sen ricetta Questa ad opre di sdegno ognor co
ruota, che le guida i passi simboleggia la prestezza del vindicativo
nel
compire suoi rei disegni, ed il timone dimostra,
che per dar la vinta alle sue passioni dietro si butta il comando là
nel
Levitico al 19 registrato : Non quaeras ultionem
da essa non sol lontaui, ma fuggivano ancora chiunque le dava ricetto
nel
cuore. cum penes illam, cosi Val. max. lib. 9. si
nersi lontano da eccesso si grave, memore di quel precetto registrato
nel
Levitico al 19. 11. Non mentiemini, nec decipiet
il vil profano canto, Per cui la gloria sua ne resta offesa Essa, che
nel
mortal sempre favella, Che gli solleva, anzi inco
riconobbero, onde svegliare sempre più sensi di tenerezza, ed affetto
nel
cuore del gran Dio d’Israello se non diversi cant
er essa nella republica letteraria han vita tanti Eroi un dì nascosti
nel
tenebroso seno del obblio. Per essa vivono alla i
istatori, lo splendor dell’ età. E tolgasi pure, o almeno si ecclissi
nel
cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, d
ersuadasi perciò chiunque s’inizia nelle scienze, ed ardisce penetrar
nel
santuario della dottrina, che senza la scorta di
e senza la scorta di arte si nobile, che per lui è il filo di Arianna
nel
laberinto dì Creta, egli non vi si inoltrerà giam
vocarsi da poeti qualche Nume in soccorso ad esempio di Virgilio, che
nel
1 delle Georg. Si rivolse ad alcune Deità dicendo
rivolse ad alcune Deità dicendo : Vos o clarissima mundi lumina , e
nel
1. dell’ Eneide invocò la Musa : Musa mihi causa
ad imitar di leggieri il degnissimo per altro Iacopo Sannazzaro, che
nel
poema de partu Virginis, con poca avvedutezza, si
n modi troppo lussureggianti, nè con relazioni poco coerenti comparir
nel
corpo della narrativa, mentre la parsimonia, e l’
della persuasiva, il primo, anzi l’unico suo impegno deve raggirarsi
nel
saper restringere in poche parole più sensi con c
esprime fà dolce violenza allo spirito, e risveglia forti impressioni
nel
cuore atte ad attirarlo dove voglia chi parla. Ed
alle musicali note(1) non che alle regole istesse del ballo. Leggansi
nel
Inglese romanziere Walder-Scot le immense ballate
volume quanto il celebre figlio del Tebro ha conciso in pochi versi o
nel
delineare nella clemenza di Tito At. 1. Sc. 2. La
passi Tanto i confinï suoi, Che debbano arrossirne e Tito, e Voi. O
nel
descrivere un’anima virtuosa, che odia la vanità,
ordar d’ esser mortale O finalmente nell’ epilogar la vita dell’uomo
nel
Demofoonte. Att. 3. Sc. 2. con quel passo che inc
Superbi, formidabili, e feroci Gli ultimi moti fur, l’ultime voci E
nel
canto 2 potevasi forse meglio, ed in sì poco desc
potrebbero efformarsi a capriccio da non poter perciò esser comprese
nel
presente trattato, che facoltà giammai non può av
icasse un ingegno mai non può far gran cosa. Suole avere il suo luogo
nel
Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento ca
la inflessione della voce cade sulla seconda sua sillaba. Esso anche
nel
solo ditirambo suole aver luogo, mentre la sua ri
quarto di cinque perchè tronco da rimare nella stessa guisa divisata
nel
capitolo precedente, mentre basta averlo detto un
ccia sei versi, cinque di sei sillabe d’accentarsi sulla quinta, come
nel
senario semplice, ed un quinario. In esso soglion
n cielo, Ed il peso suo più grave Che speranza può recar. Traboccar
nel
mar dovrà. Fischia il vento, il mar s’innalza E
. Un tal verso entra in tutte le composizioni liriche, e specialmente
nel
ditirambo, in cui fa maggior pompa, sempre per al
ersi, non soggetti però sempre a tal numero, costituiscono una strofa
nel
lor metro, di cui eccone l’esempio. Sileno alla
iono, Fatto a me stesso in odio Non han più ombra gli albori Gemo
nel
duol terribile. Perche son senza Uranio. L’ana
no dai sei versi della prima, chiamata perciò il perno, non solamente
nel
rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più fo
e sue individuali parole. D’un tal componimento abbiam noi un’esempio
nel
Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stent
e. D’un tal componimento abbiam noi un’esempio nel Petrarca, un altro
nel
Sannazzaro, ed uno a stento nel Frugoni ; ma che
noi un’esempio nel Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stento
nel
Frugoni ; ma che ! Dopo il lungo incredibile trav
mio scopo sol è di parlare della sestina lirica fioreggiante tutt’ora
nel
poetico amenissimo campo adattabile sibbene ad og
nte divenne la delizia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come
nel
natio suo suolo era apparso. Dappoichè non essend
enza aspettarlo dalla favolosa Arianna si avrà dall’esempio seguente,
nel
quale per maggior intelligenza di coloro, che vor
nzella pel crine afferrò, E fremendo qual’uom disperato L’empio ferro
nel
sen le vibrò. Cap. XV. Della terza rima.
e nacque regge Tardi condanna il troppo suo rigore, E il duol del cor
nel
volto suo si legge ; Ma pensando al dover del reg
fortuna di giungere a comporre un ode saffica senza difetti. Se essi
nel
maneggiar questo metro avranno l’accuratezza di d
Se essi nel maneggiar questo metro avranno l’accuratezza di disporre
nel
secondo verso la sentenza del quarto, conseguiran
te. Ardire, e amore. Come la rosa, che il fier turbo schianta E perde
nel
cader beltà, colore, Così colei, che di pallor s’
ella divina arte poetica ad esercitarsi in queslo metro, specialmente
nel
comporre elogii a grandi Eroi prima di provarsi a
r Ricci a non servirsi della terzina sdrucciola, ma bensì dell’ottava
nel
comporre quel bellissimo lavoro degno di tutti gl
roce. Esesndo dunque si difficile un tal metro, sebbene come si disse
nel
Cap. I. il verso deve servire al pensiero, e non
al pensiero, e non questo a quello ; pur tutta volta in questo, come
nel
citato luogo si avertì, è necessario, che il pens
tò i piaceri della vita campestre, ed i vantaggi della vita pastorale
nel
metro suddetto con sommo piacere degli spettatori
ina, Grato è il bosco, la collina, E in tanti oggetti Sente il mortal
nel
sen nuovi diletti. Cap. XXI. Della canzona.
di Dio, E come rammentare ogni suo pregio. Egli, che travagliò tanto
nel
mondo Perchè la navicella Non travïasse il diritt
v’è il nocchiero Che con tanto sudore, e tanta cura L’umil nave guidò
nel
salso impero ? Oh ! di quanti tormenti, e quante
siem più difficoltosa dell’arte poetica, tradotta da Provenzali un di
nel
culto seno della bella Italia, del Sonetto io dis
esti, come in tanti esemplari specchiar si deve chiunque ama comparir
nel
Sonetto. Inoltre tre specie di Sonetti la poetica
za riferire. Può rimare il Sonetto per rapporto ai due quadernarii, o
nel
primo, e terzo, secondo, e quarto verso, o nel pr
ai due quadernarii, o nel primo, e terzo, secondo, e quarto verso, o
nel
primo, e quarto, secondo, e terzo : per rapporto
porto poi alle terzine, sogliono esse rimare come la terza rima, cioè
nel
primo, e nel terzo, mentre il secondo verso porge
e terzine, sogliono esse rimare come la terza rima, cioè nel primo, e
nel
terzo, mentre il secondo verso porge la rima all’
Vieni, che il fido amice non t’inganna Cacio, pomi, castagne hò ancor
nel
tetto. Colà la tua zampogna suonerai, Al di cui s
unendo il canto mio Godrò dolce piacere, e tu ’l godrai. Desta ormai
nel
tuo cor si bel desio, Non tardare, t’affretta, e
anna ; Che lo stravizzo non mi vince, o inganna, E mi piace posar sol
nel
mio tetto. Se tu la piva dolce suonerai Mentre ch
lla fine de’rispettivi Quartetti, e Ter zine si ripete il verso usato
nel
principio di quelli, e di queste ; sichè in vece
come avendo io di essa, e d’ogni sua parte sufficientemente ragionato
nel
precedente trattato della poesia toscana, nella c
enio dell’autore, e secondo che la natura della materia richiede ; ma
nel
quinto pretende onninamente il Dattilo, come nel
ateria richiede ; ma nel quinto pretende onninamente il Dattilo, come
nel
sesto piede lo Spondeo, nè l’esempio di qualche S
ominato secondo per altro poco usato è uguale all’ Asclepiadeo almeno
nel
valor della quantità, e perciò abbraccia uno Spon
quattro piedi Anapesti, dei quali era composto improntò il suo nome,
nel
decadimento del rigore colla sostituzione de’ dat
nelle mani quel libro, che con iterate istanze da voi si pretese. Se
nel
percorrerlo alcun difetto il vostro ingegno semin
ti orientali Scrittori, i quali pretendono, che la idolatria sia nata
nel
seno degli stessi Antidiluviani, perchè degli uom
lla sacra Scrittura, e così fin dalla tenera età dolcemente istillare
nel
lor cuore un bel genio a studio così interessante
certo si è esser essa si nota, che quell’ Amazone de’ Giudei Giuditta
nel
dare a Dio l’ Eucaristico Canto per l’ ottenuta v
Giganti, ma per la mano della sua debelezza : Nec filii Titan , così
nel
cap. 16 Jud. percusserunt eum, nec excelsi Gigant
luce del Vangelo, con molta prudenza, e cautela però si condottareno
nel
descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio, d
lle onde, e morti finalmente divorarli. Quale cosa ben sapendo Ulisse
nel
passar per quel luogo con tutti i suoi, a questi
sse dalla impazienza del dolore, ululando, e gemendo si precipitarono
nel
mare. Omero intanto a tal proposito le fa in tal
a Pyracmom e par, che la viva immàgine della lore forza, e destrezza
nel
loro impiego abbia somministrata al Poeta istesso
apiti oltremodo gl’antichi follemente credettero, che quella striscia
nel
cielo, che via lattea da noi s’appella, fosse cau
um vero Mercurium. Imperocchè se parlasi della profondità, e facondia
nel
dire chi fra tutti i banditori del vangelo fù di
lime per la cognizione delle cose celesti ? Chi di esso più eloquente
nel
perorare ? L’attesta la stessa controversia agita
che erigevano i Gentili in onor de’ loro Dei, sebbene semplici furono
nel
nascere della Idolatria, pur coll’ avanzarsi di e
rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili,
nel
seno de’ quali per moltissimi lustri vivevano nel
uoi altari di lavorate pietre : Quod si altare lapideum feceris, così
nel
Esod. al 20 non aedificabis illud sectis lapidibu
me sacrificano i sacerdoti, imparino essi la lor fermezza, e costanza
nel
servizio Divino ad onta di qualunque avversità, e
ne, siccome molte statue non sò in che modo dal ciel percosse caddero
nel
Campidoglio, e si disfecero, come riferisce Dione
e. Suc azioni (1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che
nel
i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose v
itratto. Suoi nomi. Suoi sacrificii. (1). Molti scrittori servendosi
nel
senso largo di questa parola chiamano sacrificii
icende cadde in potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse
nel
gran tempio di Numa con tanta gelosia, che solame
itolo di dote gran denaro, che quivi trovavasi raccolte : Etenim così
nel
sacro testo II Machab. cap. I cum ea habitaturus
la sacrilega iniziazione, e nelle turpissime offerte : Non erit, così
nel
Deut. Cap. XXIII, meretrix de filiabus Israel, no
vero imperatore l’infamia, e perciò con note leggi proibi rinserrarsi
nel
suo erario i tributi pagati con tal sozzo danaro.
ondamento. Mossi da queste, e da altre ragioni, che legger si possono
nel
citato autore, molti recenti Mitologi si sottoscr
o la tradizione degl’ Ebrei pascevasi di si barbare offerte ; per cui
nel
Levitico al 18 si legge : De semine tuo non dabi
lo scettro, la fronte, le corna così quindi soggiunse. Orrida maestà
nel
fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il r
nza, come profusamente l’attesta Latt. lib. 1. de fals. Rel. il quale
nel
cap. 15. allegando l’autorità di Cicerone scrisse
romana in questo squarcio abbia succhia to il dolce de’ fiori sparsi
nel
sonetto del cav. Marino sullo stesso argomento di
nuno distingua bene in questi miei componimenti le tre parti divisate
nel
Cap. I. di questa parte. Egli se bene riflette sc
esta parte. Egli se bene riflette scorgerà nei primi versi l’esordio,
nel
mezzo la narrativa, e nell’ultimo la conclusione
ola, pro purpureo narcisso. Virg. Ec. 38. Dattilico poi è quello, che
nel
sesto piede mostra un Dattilo in apparenza, perch
ome gerghi misteriosi da non doversene punto dubitare, e non vedevano
nel
tutto, che il sistema di religione dagl’Iddj ad e
a Mitologia se più non ha rapporti colla Religione, ha però un tempio
nel
Regno delle belle arti : le sue antiche bizzarrìe
una meraviglia, un accidente casuale bastava a far ottenere un posto
nel
cielo ad un novello Dio1. Ma fa d’uopo osservare,
a fa d’uopo osservare, che la maggior parte di questi Dei sconosciuti
nel
sistema mitologico, o molto poco vi sono nominati
entes. Venti se ne contano : fra’ quali dodici soltanto erano ammessi
nel
consiglio celeste, cioè Giove, Giunone, Nettuno,
, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi
nel
principio di un’idea sublime, e consolante, che l
e la Divinità regnasse sovranamente da pertutto, assegnarono un posto
nel
Cielo alle Virtù, alle Passioni, ed alle Miserie
dobbiamoper questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e
nel
dritto di riscuotere gli omaggi de’ mortali : che
segregati. Ecco il sublime tratto di Ovidio tradotto dall’Anguillara,
nel
quale troviamo descritto cotesto scioglimento. P
, e Cielo, e terra, e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare era
nel
Cielo, Nel mar, nel foco, e nella terra il Cielo.
e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare era nel Cielo, Nel mar,
nel
foco, e nella terra il Cielo. ……………………………… Non v’
go dispose, Secondo il proprio lor primo desio. D’intorno il Cielo, e
nel
suo centro pose La terra, indi dal mar la dispart
r la dispartìo ; E il passo aperto, onde esalasse il foco, Se ne volò
nel
più sublime loco. ……………………………… Abbiamo quì rappo
sse posta in moto per formarne l’universo. Il dippiù si potrà leggere
nel
testo di Ovidio, e presso il suo anzidetto tradut
limpo da Giove suo figlio. Ritirossi perciò in Italia, e propriamente
nel
Lazio, detto così dal Latino latere, perchè ivi s
a di Giove. Fu accolto da Giano, principe Tessalo, che regnava allora
nel
Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio
fu altresì detta Moneta dal Latino monere per una voce, che fu udita
nel
suo tempio in occasione di un fiero terremoto, co
nto ; e malgrado che non fosse corrisposto, la rapì, e la fece sedere
nel
suo carro tirato da cavalli di color nero a dispe
itrovò ella il velo, che a Proserpina era caduto sul lago di Siracusa
nel
volersi difendere dalla violenza di Plutone : e d
Destino, che Proserpina non sarebbe giammai useita dall’Inferno, che
nel
solo caso ch’ella non avesse gustato alcun nutrim
sta divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sorella
nel
più forte delle boscaglie sotto la forma di un gi
verun luogo, obbligò la Terra a giurare di non darle un asilo neppure
nel
suo seno. Di più fece nascere dal limo lasciato d
avesse fatta sorgere dal fondo del mare l’isola di Delo, non inclusa
nel
giuramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Lat
Apollo per gratitudine fissò quest’isola fralle Cicladi pria errante
nel
mare : e tosto che fu adulto, ed istruito nell’ar
iove, che con un fulmine troncò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi
nel
Cielo sotto l’aspetto di una costellazione detta
cui risposta fu che Laomedonte poteva disarmare la collera degli Dei
nel
solo caso ch’esponesse al mostro la sua figliuola
lto. Rimesso finalmente Apollo in grazia di Giove, comparì nuovamente
nel
Cielo rivestito della sua gloria. Ma siccome Escu
in tre diversi aspetti, che le davano una triplice situazione ; cioè
nel
Cielo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sot
portò degli ajuti a Latona, e tocca dai dolori, che provava sua madre
nel
partorire, giurò di serbare in perpetuo la sua ve
e arrivò a punire severamente Attèone, ch’ebbe la sventura di vederla
nel
bagno. Questi era un insigne cacciatore, figliuol
n parricidio con aver sottratto la madre al figlio, che amendue situò
nel
cielo tra ’l numero delle costellazioni. Callisto
la Regina degli amori, nacque, come si è detto, dal sangue, che versò
nel
mare Urano, allorchè fu ferito da Saturno suo fig
enza dubbio morto, se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto
nel
cadere fralle di loro braccia. Egli si ruppe ciò
nta del suo rozzo impiego sulla terra, ne aveva non pertanto un altro
nel
Cielo molto più decente, qual’era quello di porge
ll’istante. Avendo questi avuta la temerità di guardarla mentre stava
nel
bagno, fu privato della vista. Questa Dea si cont
era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era bella, ma fiera
nel
tempo istesso. Portava in testa un caschetto con
altrettanto, creando un Dio, senza che Giove ci avesse parte1. Forte
nel
suo proposito si consigliò con Flora, che le indi
a, del commercio, e dei ladri, come si è detto. Vedevasi da per tutto
nel
cielo, nella terra, e nell’Inferno, e per potere
ebbe appena il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora
nel
seno di sua madre. Ma siccome non era giunto il t
scere, Giove aprì una sua coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando
nel
trasse, il diede a Mercurio, che lo consegnò a Ni
una mano, e nell’altra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava
nel
suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbe
inosse, Eaco, e Radamanto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo
nel
di loro tribunale con una bacchetta alla mano in
no le ombre a loro consegnate. Varie erano le pene, che si soffrivano
nel
Tartaro1. Sisifo, che durante la sua vita aveva c
oni, atteso il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero
nel
fondo di una grotta, ove egli erasi addormentato
ande, e gli tinsero il volto di mora spina : sorrise Sileno svegliato
nel
vedersi fralle loro mani : dimandò loro di esser
poter morire : il suo voto fu esaudito, e dopo morte ottenne un luogo
nel
Zodiaco sotto il nome di Sagittario. Ociroe sua f
rovò il mezzo per rendere mostruoso il bambino che questa Dea portava
nel
seno : fu inoltre così proclive al vizio, che se
va forma, e figura. Virgilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio
nel
quarto libro delle sue Georgiche. Il pastore Aris
igliuolo Melicerta. Ella non potè salvarsi, se non che precipitandosi
nel
mare col figlio, dove furono ammessi fra i Dei ma
rabbia di essere stata elusa la loro arte, le Sirene si precipitarono
nel
mare, ove furono cangiate in pesci dalla sola cin
arche. Tre erano le Parche nate dall’Erebo, e dalla Notte. Abitavano
nel
Tartaro per dinotare l’oscurità che vela l’avveni
noscere la natura, e gli effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo
nel
paese de Cimmerj1 ove raggio di luce non penetra,
molto, e parlar poco. I Latini avevano ascritto anch’essi il silenzio
nel
numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma di u
no, involossi dalla terra, e volle ritornare al Cielo, ove fu situata
nel
Zodiaco : oggi detta la Vergine. Como. Dio de
una il suo tempio in Roma, ma fatto in modo che non si poteva entrare
nel
tempio dell’onore senza passare per quello della
to in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo. Questa Dea si ricovera
nel
Cielo, allorchè la guerra la discaccia dalla terr
etta. La Fedeltà. La fedeltà, o la buona Fede aveva il suo culto
nel
Lazio prima di Romolo. Ella presedeva ai trattati
innalzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica,
nel
di cui lembo si leggeva questo motto : la morte,
unta, pallida, con ciglio torvo, e viso malinconico. Il veleno che ha
nel
cuore sbocca dalle labbra. Ella non ride mai, se
ue risse fra gl’Iddii. Gli antichi, come si è detto, avevano ascritto
nel
numero degli Dei tutt’i mali, che circondano l’um
ngua nostra, detto crepitus ventris 1 La serie di tante stravaganze,
nel
momento che prova la debolezza dello spirito uman
on fuori tutt’i mali che inondarono la terra. La sola speranza. restò
nel
fondo del vaso1. Licaone. Moltiplicatisi gli
alla vendetta, ed all’istante diventò un lupo, che cerca immacchiarsi
nel
fondo delle foreste. Inesorabile allora Giove giu
Cecrope dall’Egitto venne a stabilirsi nella Grecia, e propriamente
nel
luogo, dove Atene fu fabbricata. Sposò la figliuo
asione per ostentare il suo fasto voleva quanto di più raro esistesse
nel
mondo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo p
poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane
nel
tempio di Minerva. Poichè Perseo fu allontanato d
Dedalo architetto ingegnosissimo, formò un edifizio detto Laberinto,
nel
quale chi entrava non ritrovava mai l’uscita, con
o, che staccatesi le penne per l’ardore del Sole, cadde infelicemente
nel
mare, cui diede per tale occasione il suo nome. I
upe l’infame Scirrone che spogliava i viandanti, e li faceva rotolare
nel
mare. In Eleusi vinse alla lotta Cercione, ed arr
ore dall’Indie ; questo Dio asciugò le sue lagrime, e la sposò. Teseo
nel
partire, aveva promesso ad Egèo, che se ritornava
o segnale, che indicava la morte dell’Eroe, per disperazione gittossi
nel
mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo mo
Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo ballare con molta grazia
nel
tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa d
e lo strangolò. Teseo fu preso vivo, e condannato a restar per sempre
nel
Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di po
osi in cigno perseguitato da un’aquila. Questa principessa lo accolse
nel
seno, e ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sg
tti e quattro Tindaridi. Divenuti adulti i due germani, si distinsero
nel
valore, Polluce riuscì il più bravo fra gli Atlet
ndo ucciso il terribile Amico al giuoco del cesto. Castore si segnalò
nel
corso, e nell’arte di domare i cavalli. Entrambi
ssò tosto quel fiero temporale. Le fiamme di tal sorta che apparivano
nel
sorgere, o nel mezzo di qualche tempesta si crede
fiero temporale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o
nel
mezzo di qualche tempesta si credevano segni feli
i, chiamati i fuochi di Castore, e di Polluce. Amarono i due fratelli
nel
tempo istesso le figliuole di Leucippe, Febe, e T
ll’inferno, ed altrettanti sulla terra. Finalmente furono trasportati
nel
cielo, e diedero il nome a due segni del Zodiaco
so deposito. Il più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi
nel
breve corso di un giorno. L’impresa avrebbe sgome
o del suo sposo Anfitrione figliuolo di Alcèo. Come Giove aveva detto
nel
concilio degli Dei, che il bambino, che doveva na
rle appena ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce
nel
sangue di quest’Idra, che conteneva un veleno pot
tro sotto le falde dell’Aventino1. Questo insigne, ma accorto ladrone
nel
rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza di
ladrone. Stupenda è la descrizione, che fa Virgilio di questa grotta
nel
lib. 8. Dell’Eneide. Stava nelle arene della Libi
esso centauro a trasportarla di là del fiume Eveno. Nesso gli avrebbe
nel
passaggio del fiume involato la sposa, se Ercole
ima di morire alla credula Dejanira di conservare una camicia intrisa
nel
suo sangue perchè la dasse allo sposo, allorchè a
tale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu dal medesimo trasportato
nel
Cielo. Filottete. Filottete figliuolo di Pean
Filottete figliuolo di Peano mercè l’amicizia di Ercole fu collocato
nel
numero degli Eroi. Dicemmo già ch’egli aveva assi
dal tradimento ricevuto, non volle vederli : ma Ulisse ch’era destro
nel
tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, cal
ipatriò, ed ebbe per sua sposa la bella Euridice. Ma disgraziatamente
nel
giorno stesso delle nozze, cogliendo Euridice de’
ccolsero, e seppellirono in un luogo decente : la sua lira fu situata
nel
Cielo1. Non possiamo dispensarci qui dal rapporta
i per terra ; nello stato della sua robustezza camina a due piedi ; e
nel
declinare dell’età si poggia ad un bastone. Appen
co loro ispirava, che dopo aversi dato de’ colpi terribili, restarono
nel
tempo istesso morti sul campo. La loro rabbia si
ve però lo compensò di tanta perdita conpermettergli di poter leggere
nel
libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinqu
zo della corsa, e Pelope s’impossessò de’ suoi stati, facendo gittare
nel
mare Mirtilo sotto il pretesto di vendicare la mo
ndò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero
nel
tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tiest
di Atrèo, e perseguitarono Tieste, che per altro non uccisero. Allora
nel
tempo stesso Agamennone ascese sul trono d’Argo c
’oltre la di lui scandalosa condotta, che fece assassinare Agamennone
nel
proprio palazzo in una festa, nel giorno medesimo
ta, che fece assassinare Agamennone nel proprio palazzo in una festa,
nel
giorno medesimo che ritornò dalla guerra. Ores
sotto la tirannia di Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e
nel
punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo
. Questa bella armata radunatasi in Aulide incontrò il primo ostacolo
nel
mare, dove regnando una calma perfetta, non potè
e anni varia fu la fortuna delle armi. La presa di Troja, che accadde
nel
decimo anno della guerra, non dipendeva soltanto
ede. Impedì parimente che i cavalli di Reso re della Tracia bevessero
nel
fiume Xanto. Trovò anche la maniera di far venire
di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordine di ritirarsi, e
nel
tempo stesso comanda ad Apollo di recarsi al padi
battaglia con Patroclo, dopo un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo
nel
cadere gli predisse la sua morte per mano di Achi
he quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gittati
nel
fuoco, chiudendo la cerimonia con immolare dodici
no raccolte le ceneri, e rinchiuse entro di un’ urna d’oro, e portate
nel
padiglione di Achille. Per celebrare ancora con m
armi a difesa degli stati di questo re. Priamo accettò l’offerta ; ma
nel
punto che tali nozze si celebravano, da Paride fu
r passare i leggitori da un luogo all’altro, espone quel che accadeva
nel
Cielo. Conoscendo Giove, che si accostava il gior
à un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine di gittarlo
nel
mare allorchè avrà afferrato il lido. Ulisse ubbi
a d’oro piena di odori per potersi profumare. L’eroe essendosi lavato
nel
fiume, e vestito degli abiti che aveva ricevuto,
ccessero alla mensa : Ulisse dà pruova non dubbie della sua destrezza
nel
maneggiare il disco, e ne riporta la vittoria. Il
uolo di Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un occhio solo
nel
mezzo della fronte. Questo mostro che riconduceva
dalla maga seppe evitare evitare gl’inganni delle Sirene, ed i rischi
nel
passaggio fra Scilla, e Cariddi. Circe lo aveva a
stati, vi stabilì la pace, e fece fiorire le arti, e la tranquillità
nel
suo regno. Analisi dell’Eneide. Virgilio ad i
eguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno
nel
cuore discese nell’Eolia, e scongiurò il re de’ v
sicuramente perita, se Nettuno sorpreso da tanto tumulto che regnava
nel
suo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggi
ruirono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero
nel
di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi f
uri corrono a vedere questo smisurato cavallo, che i Greci lasciarono
nel
sito dove stavano accampati. Varj sono i sentimen
imenti sopra questa macchina immensa : alcuni pretendono che si butti
nel
mare : altri che ci si attacchi il fuoco : taluni
e si abbatta questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo
nel
fianco di quello. Arrestano intanto i Trojani un
dosi serviti delle armi stesse tolte ai nemici nella mischia, restano
nel
tempo istesso inviluppati fra i Greci, e fra i co
li riconoscono. Corre pertanto Enea in soccorso di Priamo, assediato
nel
suo palazzo da Pirro, che ivi l’uccide con quanti
vera, e si duole di sì barbaro tradimento. Cerca Enea di scusarsi, ma
nel
tempo stesso dispone il tutto per la partenza, e
sero un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti
nel
di vegnente per punire gli abitanti del paese, e
rono di fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lontano. Fermi
nel
loro proposito si diedero un appuntamento in un s
va perduta l’antica bellezza, e figura : il suo nome era Loto. Driope
nel
vedere stillare il sangue si arrestò, e sentì ger
o, vinta dal dolore non gli volle sopravvivere, gittandosi ancor essa
nel
mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una del
e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide
nel
tempio di Diana, e la chiedette per isposa ai suo
ose Cidippe a queste nozze. Aconzio ricorse ad uno stratagemma. Gittò
nel
tempio una palla, dove era scritto : io giuro pe
rire, onde Calliroe fu condotta all’ara. Coreso generoso all’eccesso,
nel
punto di sagrificarla, rivolse contro se stesso i
madre, che si recava al tempio. Gli Dei per compensarli, ed esaudire
nel
tempo istesso la madre, che li supplicava a rende
nome di Alcioni. Dicono i poeti che questi uccelli fanno il loro nido
nel
mare, che sta in calma, durante il tempo che lo f
aver amato Titono figliuolo di Laomedonte, volle altresì trasportarlo
nel
cielo, con dirgli che avesse dimandato quanto sap
clinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò
nel
suo carro mentre era alla caccia, facendo di tutt
al dolore, si trafisse con quel medesimo giavellotto. Giove trasportò
nel
cielo questi sposi, che cangiò in due stelle.
icò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la sua sposa, ma
nel
condurla, per istrada concepì una violenta passio
per maggiormente avvilirlo gitta innanzi a suoi piedi il capo intriso
nel
sangue dell’infelice figliuolo. Avvampando d’ira
di Corinto. Un giorno mentre navigava, i marinari lo volevano buttare
nel
mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingan
ro fece severamente punire i marinari, e gli Dei assegnarono un posto
nel
cielo al Delfino, che aveva salvato un musico tan
na cosa l’aver piena contezza del Greco, e Latino idioma, ed ignorare
nel
tempo istesso la lingua che parliamo ; così stran
Grecia, e del Lazio, senza conoscere quelli che riscuotevano un culto
nel
suolo ove siamo nati. Gareggia la nostra Patria c
secoli, l’edace tempo ha rispettato. Non vi ha angolo nella città, e
nel
Regno, in cui non ritrovansi preziosi monumenti,
mercè il lume del Vangelo, e della santa nostra Religione Cattolica,
nel
cui seno abbiamo avuto la fortuna di nascere.
data dal volo di una colomba, della quale così cantò il nostro Stazio
nel
libro IV. Silv. Dii patrii, quorum auguriis su
nope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro di lei, da molti situato
nel
monticello, dove oggi è la Chiesa di S. Giovanni
tà. Probabilmente ciò dinota il celebre motto Nama 1 Sebesio scolpito
nel
collo del toro ne’ sacrifizj a Mitra, cioè, al So
gantissima Greca iscrizione sottoposta ad un eccellente bassorilievo,
nel
quale stavano scolpite diverse sacre immaginette,
i Eumelidi, così detta dal patrio nume Eumelo, situata verisimilmente
nel
circuito del quartiere, o sia regione Capuana. Ci
onde Stazio : Tu ductor populi longe emigrantis Apollo. E virgilio
nel
6 dell’Eneide parlando del famoso di lui tempio :
o, di un giovanetto, di un uomo : alludendo alle quattro età del Sole
nel
tempo degli equinozj, e de’ solstizj. Trasportati
di Greco lavoro, antico stemma della Città, la cui testa vedesi oggi
nel
Regale Museo de’ Regj Studj, ed il resto del corp
: onde sfidatala un giorno a tirare una freccia ad un punto nero che
nel
mare si vedeva (ch’era la testa di Orione), fu pr
vedeva (ch’era la testa di Orione), fu pronta costei, come abilissima
nel
trattar l’arco, a vibrare a quel segno un dardo,
che amaramente piangendo non potè far altro per lui che trasportarlo
nel
Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone un
on potè far altro per lui che trasportarlo nel Cielo, ed ivi situarlo
nel
Zodiaco, formandone una costellazione col nome di
stellazione col nome di Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno
nel
luogo detto Seggio di Porto, portando in mano un
gia. Era questo Dio tutelare adorato in Napoli dalla gente di mare, e
nel
sito da noi enunciato è probabile che stesse il t
store, e Polluce. Una insigne iscrizione scritta a caratteri cubitali
nel
frontespizio chiaramente ce lo addita : eccola qu
li. Questo gran tempio scosso da un fiero terremoto, come si è detto,
nel
1688 quasi interamente ruinò, e per conservarne a
re. I busti, e gli altri emblemi di Castore, e Polluce erano scolpiti
nel
teatro, e specialmente nel circo : ed avendo i Na
blemi di Castore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e specialmente
nel
circo : ed avendo i Napoletani sì l’uno che l’alt
re a ciò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come
nel
di loro articolo abbiamo dimostrato, sembra natur
nato Ercole vittorioso dalla Spagna, ed ucciso il famoso ladrone Caco
nel
Lazio, visitò varie contrade del nostro regno, a
r indicare la rotondità della terra, o per meglio dire dell’Universo,
nel
cui centro collocavano il fuoco i Pittagorici, ch
se il nostro Martorelli nell’aureo trattato de Fratriis Neapolitanis,
nel
secondo tomo della Theca Calamaria. Ed eccoci all
foggiati dagli antichi. 2. L’immaginazione de’ poeti faceva nascere
nel
mondo allora bambino i Dei all’occasione di qualc
nimali crano al servizio di questa Dea, a lungo descritti da Lucrezio
nel
libro secondo de rerum nat. (2). Megalesie furo
um da caput, cioè da una testa di un uomo chiamato Tolo, che si trovò
nel
cavare le fondamenta. Gli avanzi di questo tempio
agli Efesj di non doversi giammai pronunziare il suo nome. 1. Tullio
nel
terzo della natura degli Dei ammette più Veneri ;
re per darci un’ idea della sua istabilità e leggerezza. 1. Cicerone
nel
libro terzo della Natura degli Dei, riconosce tre
e Vulcano favoloso sia una copia del famoso Tubalcain, di cui parlasi
nel
libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed es
rlasi nel libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo
nel
lavorare ogni sorta di metalli. 1. Era Vulcano p
ja, e trasportata da Enea in Italia, fu gelosamente custodita in Roma
nel
tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente e
no il loro esempio. Bellissima è la statua di bronzo, che si conserva
nel
Real Museo Borbonico, e più espressiva di quella
lla che si ammira nelle ville Negroni, e Ludovici in Roma. 2. Tullio
nel
libro III. della Natura degli Dei c. 25. parla di
rus aureo cornu decorum . 1. Gli antichi erano sommamente scrupolosi
nel
seppellire gli estinti. Enea prima di scendere al
to, e visse prima di Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte
nel
promontorio di Tenaro, al presente Capo Maina, ch
lla Genesi, ove si parla della disubbidienza del primo uomo. Cicerone
nel
libro quinto delle Tusculane scrive, che Prometeo
ra un grande Astronomo ; e per fare le sue osservazioni, stava sempre
nel
monte Caucaso. Egli fu l’inventore del fuoco, o p
ò avvenuto trecento anni prima della guerra di Troja : in conseguenza
nel
2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1.
i imitarono anche la somiglianza ne’ nomi, poichè la voce Orsèo suona
nel
Greco nero, oscuro, come Loth nell’Ebreo idioma o
il quale sostiene, che quasi tutta la navigazione di Ulisse si aggirò
nel
seno di Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non si
seno di Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non sia stato riconosciuto
nel
proprio paese, mentre Omero ci assicura che un su
o di questo anacronismo, volle servirsi di questo bellissimo episodio
nel
suo poema. L’Abate Metastasio in uno de’ suoi mer
casione ai poeti d’inventar questa favola. Leggasi Ovidio, e Virgilio
nel
7. Dell’Eneide. 1. Fra tanti rispettabili person
ina ; l’insieme perfetto, armonioso, completo, che la natura ha posto
nel
compimento di tutte le sue opere, dalla vita fisi
uta ed esposta ; ordine ed armenia che debbono essenzialmente regnare
nel
modo più completo, fra l’idea, che è l’anima, l’e
quanto fosse vera e reale l’esposizione di quel singolo avvenimento,
nel
racconto del quale cadeva in acconcio la citazion
le nefande immagini che lo studio della Mitologia ci rivela innestate
nel
culto del paganesimo, si trovano tutte nell’ Infe
lge dantesche, coprendo della loro maschera oscena i demonii relegati
nel
baratro, a punire, con un’eterna espiazione, le a
ticolar nome, o di cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerato
nel
suo insieme totale. E per maggior mente far compr
to brevemente faremo. Oggi non è certamente assoluta penuria di opere
nel
genere della nostra, chè anzi varie sono belle ch
lettori si porti a considerare, con riposata attenzione quest’opera,
nel
suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel mo
ttenzione quest’opera, nel suo concetto, nella sua forma d’assieme, e
nel
modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di m
ra. Ma nessuno ha dato alla luce un Ristretto analitico della Favola,
nel
quale fosse cosi di sovente riportata una classic
iamo la convinzione di aver agito con sano discernimento ; imperocchè
nel
nostro lavoro, la storia della Mitologia viene in
a, allegoria, simbolo, emblema ; e Loghos : ragionamento. Mitologia,
nel
senso primitivo, vale discorso o ragionamento mit
e il complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il quale, considerato
nel
suo insieme, costituisce il linguaggio della cred
immaginario. I Greci, creatori della parola Mitologia, cominciarono,
nel
tempo corso tra Pindaro e Platone, Pindaro. — I
acque nella Beozia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse
nel
territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente
nel
villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione
ell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato
nel
522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
nel
442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una
cria in cerca di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Madonna
nel
giorno dell’ Assunzione25 tratta in processione,
e piede, la testa del serpe insidiatore, e lo costringe a precipitare
nel
baratro. Nello studio della Mitologia non bisogna
e e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi
nel
giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mi
io, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò
nel
mio viaggio. 3. Surgite, et ascendamus in Bethel,
i in Omero31 vediamo Venere ferita da Diomede, pianger disperatamente
nel
veder scorrere il proprio sangue ; e Marte stesso
empio palpabile di quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatamente
nel
canto XXII della Iliade, allorchè narra l’agguato
ta dei mortali, ebbero passioni, affetti e sentimenti, affatto simili
nel
principio e nella forma, a quelli che agitano, qu
nnero dette le colonne di Ercole, ossia il punto fisicamente marcato,
nel
mondo antico, oltre il quale non era creduto poss
eroi. Socrate, il sapientissimo filosofo, credeva sentirsi un demone
nel
seno. Nella Bibblia, e nelle opere sacre dei più
parola. In un giornale dei Dibattimenti, che vedeva la luce a Berlino
nel
1850, dopo aver narrato che una larva bianca comp
ntichi, i quali non giungevano a spiegarsi taluni fatti. Per esempio,
nel
culto religioso del Dio Api,42 venivano rinchiuse
e che passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso,
nel
quale l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo d
, le realtà positive e corporee. È dunque irrecusabilmente chiaro che
nel
mito il Fondo s’incorpora nella Forma, come la va
dell’essere proprio, suppone una più matura riflessione. L’allegoria
nel
fatto esprime una cosa, mentre nell’idea che l’in
Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto
nel
quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avveni
magica ; il mondo è la parete dove si riflettono le immagini loro, e
nel
continuo passaggio le cose più strane si succedon
tto, anche i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio
nel
quale egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — No
digiosa di rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spaventevole
nel
loro paese, e si ritirarono nella Mandonia. 13. A
ama Athamas o Athamao) fu uno di quei guerrieri che vennero rinchiusi
nel
famoso Cavallo di legno. Al momento che ardea più
dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e
nel
più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri,
— Sorella e compagna di Camilla, regina dei Volsci. Di questa, Dante
nel
suo Inferno Canto primo, dice : Di quell’untile
e afferratolo per le corna gliene strappò una, lo atterrò, e lo getto
nel
fiume Toa, detto da quel tempo Acheolo. Il vinto
oielli, e delle armi bellissime : l’astuto greco riuscì completamente
nel
suo disegno, poichè Achille, quantunque vestito d
uon vecchio, il tuo figliuol, siecome hai chiesto, È in tuo potere, e
nel
ferétro ei giace : Potrai dell’alba all’apparir v
pento un tizzone ardente tratto dall’ara dei sacrifizii. Alla porta o
nel
vestibolo dei templi si teneva un recipiente di b
uando in una partita di piacero volendo far prova della sua destrezza
nel
lanciare il disco, che egli aveva inventato, il d
edippe, ai piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra
nel
tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sa
a quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana,
nel
quale ogni giuramento era sacro, lesse quelle par
crifizio il supposto delitto dei Samii, e slegata la statua la rimise
nel
santuario. Da quel tempo a commemorazione di tale
io augurio la partenza della flotta Ateniese per la Sicilia, avvenuta
nel
periodo di queste lugubri cerimonie, come l’entra
in onore d’Adone. I giorni che duravano queste cerimonie si passavano
nel
lutto e nella tristezza. Le donne vestite a bruno
ως nero mentre codesto nome significa l’ardente per esprimere il sole
nel
suo meriggio, essendo stata appunto l’ardente luc
venivano così detti perchè avevano un tempio consagrato al loro culto
nel
recinto da cui partivano coloro che si disputavan
mpossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un agguato
nel
quale cadde Agamede, e da cui non valse a tirarsi
favola racconta che una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto
nel
suo seno alcune di quelle mandorle, queste scompa
opria della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro
nel
quale era rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre
iro del tempio, e poi il Flamine sacrificatore immergevale una lancia
nel
petto, e quindi la vittima era posta sul rogo. Ai
di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotessa di Pallade,
nel
tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la ver
sandra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea,
nel
quale la vergine s’era nascosta, sperando di sott
alla mano in mezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo
nel
suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede
da che gli avea donata Ettore, e si uccise. Il suo sangue fu cangiato
nel
flore conosciuto sotto il nome di giacinto. È cre
a parola Ajace, e il suono esclamativo col quale si esprime il dolore
nel
ricevere una ferita. Questa osservazione che potr
simile al giglio, Le vaghe foglie in un momento aprio. Formarsi ancor
nel
bel vermiglio Le note che v’impresse il biondo Di
4, un uomo del popolo a nome Ceditio, andò a rivelare ai Tribuai che,
nel
traversare di notte la strada nuova, aveva inteso
la città, ed allora Camillo, per espiare la negligenza dei magistrati
nel
non aver voluto prestar fede alla voce notturna,
in onore del Dio Ajo Locutio, nell’istesso luogo della strada nuova,
nel
quale Ceditio diceva avere ascoltato il misterios
lcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte di questo gli successe
nel
governo. Vi fu anche un Trojano così chiamato, il
con un torto La madre, e sarà in un pieloso e rio Nella madre crudel,
nel
padre pio Ovidio — Metamorfosi. Libro IX traduzi
ovuta ad una povera operaia ne fu punita da Diana, la quale le accese
nel
core una violenta passione per un uomo chiamato H
ne così furiosamente gelosa del suo amante che disperata si precipitò
nel
mare. 246. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo
l tempo, poichè arricchitisi col commercio vivevano nell’abbondanza e
nel
lusso. Nella loro città era un continuo alternars
ellezza furono così dolenti per la morte del padre che si precipitano
nel
mare, dove vennero cangiate nell’uccello conosciu
naufragò. È generale opinione fra i Mitologi che ella si precipitasse
nel
mare disperata della morte di suo marito, e che g
po la morte di suo marito Anfitrione sposò Radamento. Ed io che avea
nel
sen si raro pegno. Con immenso dolor premea le pi
o e ripieno Che Giove era l’autor di tanto seno ……………. Quel che verrà
nel
tal tempo alla luce Sarà dell’alma Grecia il magg
n modo diverso. 294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome
nel
territorio di Roma. Fu padre della ninfa Lara. 29
ro frecce e morirono entrambi : dopo poco furono da Giove precipitati
nel
fondo del Tartaro. Sotto codesta allegoria della
oi zii. Allora, Altea per vendicare la morte dei suoi fratelli, gettò
nel
fuoco il fatale tizzone a cui le Parche avevano l
io. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato
nel
recinto di un bosco sacro detto Altio, vicino all
ella vita. Ma potevano abbandonario per un dato tempo per far ritorno
nel
tronco di quello. Così Omero nel suo inno a Vener
io per un dato tempo per far ritorno nel tronco di quello. Così Omero
nel
suo inno a Venere. Non mortal non divina è la lo
i del suo latte Giove, il quale in segno di riconoscenza la trasportò
nel
cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che
no alle bambine, appena nate, la mammella sinistra, onde non avessero
nel
trar d’arco alcun fisico impedimento. Esse non ri
cioè Arenario, per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e
nel
quale Giove era adorato sotto la figura di un mon
re Augusto le consacrò sotto questo nome un quadro dipinto da Apelle,
nel
quale la Dea veniva rappresentata al momento dell
67. Anamelech. — V. Adramelecco. 368. Anapo o Anapi. — Nome del fiume
nel
quale la ninfa Ciane cangiata in lago andò a cong
ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiungere le sue acque. Sbocca
nel
porto di Siracusa. 369. Anassagora. — Filosofo de
ai re in atto di grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé
nel
tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrar
iuta a Minos d’imporgli, onde provargli la verità. Allora Minos gettò
nel
mare un anello, dicendo a Teseo che se era verame
di gettarsi nell’acqua e riportargli l’anello. Infatti Teseo si gettò
nel
mare, ove alcuni delfini, mandati da Nettuno, lo
naitide. 405. Anfanto. — Detto dagii antichi Anfanctus, lago profondo
nel
territorio Irpino in Italia, circondato di precip
la sua vita. Anna, durante la notte, prese la fuga e andò a gittarsi
nel
fiume Numicio ove fu cangiata in ninfa. 441. Anna
re. 463. Anthia. — Soprannome dato alla fortuna dalla città di Antrim
nel
Lazio, in cui ella aveva un tempio assai celebre.
li e non Laerte fosse il vero padre di Ulisse. 470. Anticyra. — Isola
nel
golfo di Corinto celebrata dai poeti per l’abbond
afflitta madre. Altro conforto al suo dolore Immenso ? Qual compagna
nel
piangere ? qual figlia Altra, che Antigon’ebbe ?
agli uomini il loro volto, ma si facessero conoscer solo alle spalle
nel
momento di partire. Così in Virgilio allorchè Ven
in sembianza di cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando essa
nel
partire gli volge le spalle. …… nel partir la ne
non la riconosce che quando essa nel partire gli volge le spalle. ……
nel
partir la neve e l’oro, E le rose del collo e de
re dei Beozii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè
nel
momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accom
gnifica inganno. Il periodo delle feste Apatuarie durava tre giorni ;
nel
primo di essi si celebrava il festino ; nel secon
uarie durava tre giorni ; nel primo di essi si celebrava il festino ;
nel
secondo si offeriva il sacrifizio agli Dei ; nel
lebrava il festino ; nel secondo si offeriva il sacrifizio agli Dei ;
nel
terzo si classificavano tutte le giovani persone
ndotto traversando il Nilo nella città di Memfi. Quiva veniva guidato
nel
tempio d’ Osiride ove erano fabbricate due ricchi
lle feste e solennità proprie degli Egiziani, il sacro animale veniva
nel
suo giro per la città scortato da tutti gli uffic
arole latine arx e arca, i Romani davano questo nome al dio destinato
nel
loro culto a presiedere alle piccole città ed agl
eneralizzata fra gli scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse
nel
posto ove era il campo delle Amazzoni quando esse
ldo Dio ; E la forma che avea quando m’apparse Dell’uom pensa cangiar
nel
proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse,
proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse, E mescer l’acque sue
nel
fonte mio : E secondo il pensier si cangia e fond
inio racconta che le acque dell’ Aretusa esalavano un odore di letame
nel
tempo in cui in Grecia si celebravano i giuochi o
impici, e che ciò avveniva appunto perchè il fiume Alfeo, traversando
nel
suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque,
na. — Moglie di un guerriero che fu ucciso all’assedio di Troia. Essa
nel
ricevere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Ar
ggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di quella festa, gittavano
nel
Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi.
uando venne a stabilirsi in Italia, ordinò ai suoi seguaci di gittare
nel
Tebro dei fantocci fatti di giunco e abbigliati a
dette alcune figure di uomo fatte di giunchi che le Vestali gettavano
nel
Tevere alla celebrazione di alcune sacre cerimoni
bellezza e gioventù di Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro,
nel
famoso laberinto di quella città, che gli dette u
. Per contentarla più Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender
nel
cielo, E l’aurea sua corona al bel crin tolse ; E
iglio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale
nel
sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lui, f
ntità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la sua morte fu messo
nel
numero degli Dei e particolarmente venerato dai p
rad. A.. Caro. Finalmente vi fu un’altra Arpalice che mori di dolore
nel
vedersi disprezzata da Ifielo, che fu uno degli a
bellezza di lei che la inseguì per lungo tempo e non la raggiunse che
nel
tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì speran
Lago, la quale sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa mori
nel
fiore della sua giovanezza, e il marito per etern
a i primi a farre parte. Plinio li chiama arvirum sacerdotes, e narra
nel
modo seguente l’origine di questa istituzione. La
di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè
nel
Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, secondo Vi
di un Greco assai versato in medicina. Secondo che riferisce Apuleio
nel
IV libro dei suoi Fiori, e Plinio nelle sue stori
e questo ristretto. 651. Astrabaco. — Eroe Greco, che si rese celebre
nel
Peloponneso. Dopo la sua morte gli vennero innalz
ola così nomata, la quale essendo profondamenta culta nelle lettere e
nel
mestiere delle armi fu riguardata come la Divinit
e braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricevuto
nel
numero dei suoi sacerdoti. Tutto ciò che evvi di
pra la cervice Di cervo a poco a poco un par di corna ; Il naso entra
nel
viso, e la narice Resta aperta più sotto, e ’l me
ture le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettava l’aria
nel
suo regno. Ercole per riuscire nello scopo prefis
iati. Combattendo un giorno contro i Locri, i quali lasciavano sempre
nel
mezzo della loro armata un posto d’onore per Aiac
adorno, e co’ vittorïosi Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea
nel
suo cimiero e nel suo scudo In memoria del padre,
orïosi Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea nel suo cimiero e
nel
suo scudo In memoria del padre, un’idra, cinta Da
ei Sidonii. Per breve tempo venne anche adorata dal popolo d’ Israele
nel
tempio di Samaria. Baal in lingua ebraica vuol di
2. Baal-Tsefon. — Dio sentinella. I magi di Egitto posero quest’idolo
nel
deserto, per impedire la fuga agli Ebrei. Da ciò
n seguito poi vi furono ammessi gli uomini, e le adunanze si tenevano
nel
bosco sacro alla dea Simula o Stimula : però la u
a diritta, ove lo tenne fino al termine dei nove mesi. L’infante che
nel
corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’ac
sponsi. Coloro che venivano a consultare l’oracolo, dopo aver pregato
nel
tempio, gittavano la sorte con quattro dadi, sopr
dal santo aspetto. Cercò farla restar di sè contenta : E del vin, che
nel
suo povero tetto Teneva, e d’una rustica polenta,
voti furono esauditi. Pervenuti ad un’estrema vecchiezza, essi furono
nel
medesimo istante cangiati in alberi ; Filemone in
potuto servire al disegno di coloro che l’intrapresero, fu convertita
nel
tempio di Belo. I re di Babilonia tutti l’abbelli
a di Grecia, lo demoli interamente senza rimanerne vestigie. Erodoto,
nel
primo libro delle sue opere, ne fa una bellissima
prova di attaccamento, per modo che, qualche giorno dopo, non vedendo
nel
tempio al posto usuale, le recise chiome della co
spediti all’imperatore Costanzo, alcuni di questi biglietti, trovati
nel
tempio del dio Beza, e che l’imperatore, dopo ave
enza che un tal nome fosse dato a quella città, per essersi ritrovato
nel
suo ricinto una iscrizione che diceva, Deœ Bibrac
rteneva particolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò
nel
campo di lui una terribile pestilenza e ottenne d
i si addormentarono e non si svegliarono più, poichè la Dea avea loro
nel
sonno mandata la morte come il sommo dei beni a c
e accadde l’evento eressero a Bittone e Cleobe due statue, che posero
nel
tempio di Delfo. 809. Bizeno. — Figlio di Nettuno
Feste che gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vittoria,
nel
mese di agosto, a cui nella lingua d’Atene si dav
Eliano racconta che il dio Esculapio avesse severamente proibito che
nel
bosco sacro, a lui consacrato presso Epidauro, fo
guistavano, poichè lo stesso Apollo, non appena i cervi erano enirati
nel
recinto del bosco consacrato respingeva gli assal
oni di Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera di Diana messa
nel
numero delle immortali. 830. Britormati. — V. Bri
tto continuo bersaglio, a causa della sua estrema bruttezza, si gettò
nel
monte Etna. 837. Brumali. — Feste in onore di Bac
nesse fra le Dee. La festa della Buona-Dea veniva celebrata ogni anno
nel
primo di Maggio ; la cerimonia veniva fatta duran
e, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fabbricare una città
nel
luogo ove un bue l’avesse condotto. Allora prese
rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutarono ad edificare la città di Tebe,
nel
posto dove un bue, ch’egli conduceva con sè si er
r. — Lib. II trad. di Dell’Anguillara e Giove allora li trasportò
nel
cielo, fra le costellazioni, ove Calisto fu la gr
i suo figlio. Ma, non potendo frenare i trasporti della gioia materna
nel
vederio fra il numero dei vincitori, essa fu rico
. Fu celebre cacciatrice, e nessuno fu più destro di lei nella corsa,
nel
maneggio delle armi e in tutti gli esercizii del
ll’ucciso animale. Taluno, tra gli scrittori della Favola, ripete che
nel
tempio di Esculapio, in Roma, si conservava il si
noo e di Astinome. Fu uno di coloro che portarono soccorso a Polinice
nel
famoso assedio di Tebe, ove egli comandava gli Ar
dei più conosciuti soprannomi di Giove, a cagione del celebre tempio
nel
Campidoglio a Roma. In questo tempio si prestava
tributato gli onori del trionfo, salivano con gran pompa e solennità
nel
carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così det
detta Caria, che le donne della Laconia celebravano in onore di lei,
nel
tempo della raccolta delle noci. In greco la paro
o così vicini l’uno a l’altro, che le navi devono vogare direttamente
nel
mezzo, altrimenti correrebbero il rischio, evitan
uali fu dato il nome di Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani,
nel
mese di febbraio, celebravano una festa così chia
io, che a lui veniva da un tempio che aveva in Beozia, e propriamente
nel
luogo ove si credeva fosse egli passato allorchè
su due montagne di questo nome, una vicina al fiume Eufrate, l’altra
nel
basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia di Priamo
tria (vedi Clitennestra). Finalmente Cassandra morì uccisa da Egisto,
nel
giungere nella Lacedemonia. Ivi Cassandra, allor
; volendo con ciò spiegare che dei due fratelli uno solo poteva stare
nel
mondo, quando l’altro, a causa della divisa immor
, quando l’altro, a causa della divisa immortalità, dovea soggiornare
nel
regno delle ombre. Questa allegoria della Favola
veniva soprannominato il domatore dei cavalli, perchè era abilissimo
nel
maneggio di quelli e nella corsa ; e Polluce veni
ra tinge il cielo d’un colore rossastro ; il secondo accenna al tempo
nel
quale i raggi solari sono più luminosi ; Lampo di
le vostre porte si potesse mettere, Troia tornerebbe in quello stato
nel
quale fu sotto la protezione e la defensione del
za non consentiva entrare dalle porte, e collocarono con le loro mani
nel
mezzo della città il fatale simulacro. Sopraggiun
osti nei fianchi del cavallo uscirono quando l’armata Trojana giaceva
nel
sonno, e introdussero in Troja tutta l’armata Gre
sò Aglaura, figlia di Acteo, re degli Ateniesi, a cui egli succedette
nel
governo. Cecopro fu soprannominato biforme, e l’o
pa ed essa, in traccia Correan Centauri armati di saette, Come solean
nel
mondo andare a caccia. Dante. — Inf. Cant. XII.
la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi
nel
mar Egeo, famosa per aver dato i natali a Simonid
ll’ inferno. Quando Orfeo discese nei regni della morte perricondurre
nel
mondo la diletta Euridice, addormentò Cerbero al
dopo la morte, e onorato come tale essendosi detto che Venere apparve
nel
Senato, quando i congiurati pugnalirono Giulio Ce
di Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome ad un sacrifizio
nel
quale venivano immolate mille vittime. 1080. Chil
piede cagionatagli da una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate
nel
sangue dell’idra di Lerna (V. Ercole), lo fece co
te gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono
nel
cielo, ove egli è raffigurato, anche oggidì, tra
ta, perchè essa al dire dei naturalisti, nudrisce il padre e la madre
nel
tempo della loro vecchiezza ; ed ama svisceratame
ano a piangere sulla tomba dell’amico suo. Egli cantò così soavemente
nel
suo dolore, che divenuto vecchio, gli Dei mossi a
bile fino dall’infanzia, e tanto che essendosi confederato ai trojani
nel
famoso assedio della loro città, egli combattè co
mico, gli si spinse addosso e afferratolo alla gola lo strangolò : ma
nel
medesimo tempo che l’eroe vincitore si accingeva
lesso, allorchè intese una voce che gl’imponeva d’innalzare un altare
nel
luogo ove il cane erasi arrestato. Didimo esegui
ea un culto particolare e le avevano consacrato un tempio ricchissimo
nel
quale essa veniva adorata sotto il nome di Venere
persone sotto le rovine. Egli si salvò nascondendosi in un sepolcro,
nel
quale poi non fu più ritrovato. L’oracolo consult
ti dell’antichità, fanno menzione di ben sette altri colossi, trovati
nel
perimetro della suddetta città d’Apollonia, dei q
e ad Ope, divinità tutelare delle campagne, la cui festa si celebrava
nel
mese di agosto, sotto la stessa denominazione. 12
a sorprenderli, presero le armi e ne segui un accanito combattimento,
nel
quale Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Qu
roja. Crise, padre di lei, rivestito degli abiti sacerdotali, si recò
nel
campo dei Greci per ridimandare la figlia. Degli
brando di Pelopo, lo trafisse lasciandogli l’arma omicida conficcata
nel
petto. Crisippo, mortalmente ferito visse ancora
la favola racconta che la metamorfosi di quel dio in cuculo avvenisse
nel
Pelopenneso sul monte Torace, chiamato da allora
cola dimensione. Nel primo veniva raffigurato il sole, ossia Apollo ;
nel
secondo la luna ; e negli altri le stelle ; mentr
uglio. 1352. Damia. — Da un sacrifizio che il popolo faceva a Cibele,
nel
giorno detto damion, primo di maggio, fu dato il
denotavano i Trojani. 1361. Dardania. — Nome primitivo della contrada
nel
cui perimetro era compresa la città di Troja V. D
ove costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e
nel
quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiu
troppo basso, nè troppo alto, temendo, con giusto discernimento, che
nel
primo caso i miasmi della terra, e nel secondo i
con giusto discernimento, che nel primo caso i miasmi della terra, e
nel
secondo i raggi del sole, non avessero liquefatta
he i raggi liquefecero la cera e lcaro precipitò da un’enorme altezza
nel
mare. Dedalo, più accorto dell’incauto figliuolo,
a divinità è così naturale agli uomini, è così profondamente impressa
nel
loro cuore, che se pure disconoscenti del vero Di
ole dii e divi, per indicare gli dei in generale, pure la parola dii,
nel
suo senso proprio, non conviene che agli dei di p
numerose denominazioni, particolarità ed attributi, che essi avevano
nel
culto degli idolatri. Dei naturali. Sotto qu
olato genitore fa ritrarre la figura del morto figliuolo, e gli rende
nel
silenzio delle domestiche pareti gli onori e la v
na figura di cera che ne somigliasse il volto su di un letto d’avorio
nel
vestibolo del palagio dei Cesari, ed il senato, i
ocrazia romana portavano sulle loro spalle quel letto e lo deponevano
nel
centro dell’antica piazza del mercato, ove il nov
ed al fumo s’innalzava nell’aria, quasi che l’anima del morto volasse
nel
cielo fra gl’immortali suoi pari a ricevere il cu
del fatale tessuto, si sentì come bruciare da un fuoco divoratore, e
nel
suo delirio, si gettò sui carboni accesi d’un sac
er disperazione. 1392. Delfa. — Detta anche Delfisa : sibilla che era
nel
tempo stesso sacerdotessa del tempio di Delfo. 13
opo aver percorso un immenso spazio, si posarono nell’istesso istante
nel
luogo ove sorgeva la città di Delfo. La tradizion
serisce che i demonii prendevano amicizia cogli uomini ; li guidavano
nel
cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicure
nia che si eseguiva nelle feste di Cibele e di Bacco e che consisteva
nel
portare in giro per la città un grosso albero, ch
lla generale distruzione. Prosciugatesi le acque e ritornata la terra
nel
suo stato primitivo, i superstiti consultarono l’
eva prestar mai giuramanto. Non poteva mai montare a cavallo, e tutto
nel
suo modo di vivere dovea risentire dell’austera s
libri, che sono stati composti pei pubblici sacerdoti. Leggiamo pure,
nel
primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel qua
cerdoti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore,
nel
quale spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È
dai legami io schiavo, ed introdotto nella casa loro per nasconderlo
nel
cortile, senza tetti, e poi mandarto fuori, nella
in onore di Diana. La principal cerimonia di questa festa consisteva
nel
condurre dei fanciulli innanzi all’altare della d
do il luogo in cui dimorava. Si chiamava Ecate nell’inferno ; la Luna
nel
cielo ; Diana sopra la terra. Veniva comunemente
enace che cangiò Atteone in cervo per averla sorpresa colle sue ninfe
nel
bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana si compone
re la sirocchia e’l cognato, come ladro e traditore e parricida entrò
nel
regno dì Tiro… . » G. da Pisa — I fatti d’Eneo.
arativi della fuga, ed un giorno impadronitasi delle navi che stavano
nel
porto, e accompagnata da gran numero di seguaci,
pelli, le quali disegnarono sul terreno uno spazio abbastanza grande,
nel
quale Didone cominciò ad edificare la citià di Ca
’ essa amava perdutamente. No, no, si mora ; e l’infedete Enea Abbia
nel
mio destino Un augurio funesto al suo cammino. Pr
l flamma, a tremolio Simigliante del vivo astro d’autunno, Che lavato
nel
mar splende più bello, Tal mandava dal capo e dal
be verso gli dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri ; tolse
nel
tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che co
ve Olimpio un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e
nel
tempi di Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simu
minazioni. Si chiamavano Furie, Eumenidi o Erinni sulla terra ; Diree
nel
cielo, e Cagne della Stige, nell’inferno. De le
fa, volle farle violenza, ma essa, dall’alto di una rupe si precipito
nel
mare, ove cadde in una rete. La parola Dittina vi
e in premio i cavalli di Achille, egli accettò di essere spia trojana
nel
campo dei Greci ; ma sorpreso da Diomede e da Uli
assaggiò di tutte le vivande preparate pel sacrifizio, e poi rientrò
nel
fondo del sepolcro senza far male ad alcuno. Virg
Drago d’Aulide. Un giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata
nel
porto di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacr
e i greci avrebbero impiegato per abbattere la potenza troiana, e che
nel
decimo anno le armi greche avrebbero avuto il cor
sse, la religione Celtica aveva delle altre sacerdotesse che vivevano
nel
celibato, ed erano le Vestali del culto. E v’eran
v’erano finalmente altre sacerdotesse, che se pure maritate, vivevano
nel
tempio a cui erano addette, senza che fosse loro
si estremamente rari. Tenevano le loro scuole negli antri dei boschì,
nel
mistero delle più cupe foreste, all’ombra di quer
altro modo. È detto che avendo Apollo invitato Giunone ad un festino,
nel
palagio di Giove, essa, che fino a quel tempo era
vinta Mostrò le sue vergogne a tutto il cielo ; E dell’alme che stan
nel
santo regno, Mosse i giovani a riso, i vecchi a s
sse uno dei soprannome di Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale,
nel
borgo dell’ Attica, era un tempio dedicato a Giov
sa : e che questa venisse detta la triplice Ecate e che fosse la Luna
nel
cielo, Diana quando abitava la terra, e Proserpin
le greche Εϰατὁν cento, e Βοὑς, buoi si chiamava così quel sacrifizio
nel
quale si svenavano cento buoi. Coll’andare del te
me erano abitualmente o cento leoni o cento aquile. L’Ecatombe veniva
nel
medesimo tempo consumata sopra cento altari di ce
rida richiamatrici delle streghe. Anche oggi abbiamo dei luoghi, come
nel
regno di Tunchino e nella Persia, secondo che rif
ere salvato dai guerrieri Trojani, che lo avevano sorpreso travestito
nel
loro campo, onde spiarne le mosse. Egli pregò cal
idarono. Le cronache dell’antichità concordano nella gran maggioranza
nel
ripetere che, ai tempi di Strabone, si vedeva anc
te di Ecuba, perchè ritornato nella Sicilia, fece innalzare un altare
nel
tempio di Ecate e lo dedicò ad Ecuba ; credendo c
, risolvette di uccidere il primo genito dei suoi nipoti, che dormiva
nel
medesimo tetto di Itilo. Onde mandare ad esecuzio
avvisò il figliuolo di cangiare di posto la notte seguente e mettersi
nel
luogo che occupava in letto il figliuolo di Niobe
i noi a quella specie di dolorosa impressione che talvolta si risente
nel
sonno, accompagnato da spaventose visioni. 1569.
il nome di Efira ; una nella contrada della Tessaglia, e propriamente
nel
luogo conosciuto sotto il nome di Tembe, e l’altr
ome di Tembe, e l’altra nella Tesprasia, provincia dell’ Epiro. Anche
nel
golfo dell’ Argolide vi fu un’isola, vicina a que
Sisifo. Efira, una città, natia contrada Di Sisifo, che ognun vincea
nel
senno. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Mon
a anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunto
nel
mare Egeo. 1573. Egemone. — Che significa condutt
Pitteo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso banchetto,
nel
quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare ne
ad Egeo, il quale, dalla riva vedendo il fatale colore, si precipitò
nel
mare, che da quel tempo prese il nome di Egeo. Gl
ella guerra degli dei, incatenar Giove e che sarebbero forse riuscili
nel
loro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone
non soddisfaceva alla insaziabile voluttà di lei. Diomede si ricoverò
nel
tempio di Apollo e poi abbandonò la disgraziata d
Così venivano col nome collettivo denotate tutte quelle divinità che
nel
culto religioso dei pagani si credeva abitassero
sso, l’ardente desiderio che questa donna bellissima gli aveva acceso
nel
sangue. Neofronte intanto, per vendicare l’offesa
n notturno convenio d’amore, fece destramente uscire Timandra, e pose
nel
letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale
. Noi sotto Troja travagliando in armi, Passavam le giornate ; ed ei
nel
fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con
li essendo stato posto dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso
nel
cielo la figura di un Capro. 1599. Egofaga. — Det
me di Elafebolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste si celebravano
nel
mese di febbraio, cosi questo fu chiamato Elafeba
gio che quel Dio faceva nell’Indie. Presso gl’Indiani, e segnatamente
nel
regno di Bengala venivano tributati gli onori div
n giorno che essa insieme, ad altre fanciulle della sua età, eseguiva
nel
tempio di Diana, la danza detta dell’Innocenza, n
eco, che a quel convenuto segnale avrebbero trovati i Troiani immersi
nel
sonno. …… Una gran face in mano Riprese, e diè c
l quale subì prima le sevizie dei soldati greci, e poscia fu scannato
nel
proprio letto. L’animo abbietto di Menelao si ten
er nome Cassandra e la favola racconta che dormendo un giorno con lei
nel
vestibolo interno di un tempio, due draghi s’insi
o si recò presso Crise, e poi dimorò sul monte Ida ; ma siccome stava
nel
fato di Troja, che la città non poteva esser pres
ssero prima indotto Filottete ad abbandonare la sua isola, e portarsi
nel
campo Greco, con le frecce di Ercole. In seguito
cato. Tutti coloro che, o per sventure, o per delitti, si rifugiavano
nel
sacro recinto di quel tempio, trovavano, presso i
zio, quasi fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi
nel
tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al mom
di vacche, tolte al nemico. Essendo Anfitrione andato ad inconirarlo,
nel
volere arrestare una di quelle giovenche ch’ eras
e venivano anche dette misteri per eccellenza e duravano nove giorni,
nel
qual tempo tutt’i pubblici affari erano sospesi ;
dei pioppi trasuda continuamente, altro non sono che le lagrime che,
nel
loro dolore, versano ancora quelle affettuose sor
a, tu, che di caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona, Ma su
nel
cielo infra i beati cori Hai di stelle immortali
alle brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato,
nel
quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli no
rità delle opinioni tanto degli antichi, quanto dei moderni filologi,
nel
definire la posizione topografica dei campi Elisi
poco lungi da Lesbo, chi in Italia ; chi nelle isole Fortunate ; chi
nel
paese della Betica, oggi Andalusia in Ispagna ; e
l paese della Betica, oggi Andalusia in Ispagna ; ed altri finalmente
nel
centro della terra. Quest’ultima opinione è la pi
o fatto, ed in rendimento di grazie al nume che Elpide aveva invocato
nel
suo pericolo, egli, ritornato in Samo, innalzò a
e si credeva generalmente che tutt’i malati che dormissero una notte
nel
recinto del tempio a lei dedicato, si trovavano l
gone, esalò l’estremo sospiro sul seno dell’amata fanciulla. …. e là
nel
fondo dello speco Lei veggiam d’un capestro al co
r contro sè stesso irato Sovra l’acciar slanciandosi, sel figge Mezzo
nel
fianco, e con tremole braccia Stringe al petto la
altamente pregiata. Egli aveva pel suo maestro una grande amicizia, e
nel
tempo della disgrazia di lui, lo accompagnò sempr
invero egli combattè eroicamente in tutti gli scontri ch’ebbero luogo
nel
decenne assedio della Trojana città. Enea sostenn
o, con Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede,
nel
quale però Enea, ebbe seco stesso a felicitarsi d
te d’impadronirsi dei superbi destrieri di Achille, ma non riuscì mai
nel
suo intento. La protezione che Nettuno aveva acco
i faretra armato, Tal fra la gente si mostrava. e tale Era ne’gesti e
nel
sembiante Enea. Sovra d’ogni altro valoroso e vag
denominazione di Capo Miseno. Dimorando nella Campania si recò a Cuma
nel
tempio dedicato ad Apollo, ove dalla bocca della
e Anchise, morto a Drepano. Ritornato dalla regione delle ombre, andò
nel
Lazio, ove Latino, re dei Latini, istruito dall’o
rò dice che Venere, vedendolo coperto di ferite lo avesse trasportato
nel
cielo, dopo avere con materna sollecitudine lavat
ologica ricorda di un’altro Enea, figliuolo di Cefalo, che succedette
nel
governo della Focide a Dejoneo, suo avo. 1677. En
lia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al quale successe
nel
governo della Calidonia, contrada dell’Etolia, da
barba. Nella celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano
nel
tempio di Ercole una data misura di vino e faceva
tradizione ripete che egli comandasse i Miseni ausiliarii dei Trojani
nel
decenne assedio della loro città. Achille lo ucci
sa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette
nel
regno ed istitui una cerimonia funebre nella qual
la quale si recava ogni anno ad onorare il sepolcro dei tredici morti
nel
singolare duello. 1692. Enone. — Figlia del fiume
salvato dal naufragio, che fece perire gran numero dei suoi compagni
nel
ritornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era
e per la stessa ragione, aveva Apollo un tempio dedicato al suo culto
nel
borgo di Bassa, ove veniva adorato con la stessa
e, essendosi impadronito dell’isola di Delo, la pose a sacco, e gettò
nel
mare la statua di quel Dio, la quale però lungi d
cettando solo un ramoscello di alloro. 1736. Epimeteo. — Vocabolo che
nel
linguaggio antico significa che non riflette se n
ere sull’iscrizione del piedestallo della statua che questa dea aveva
nel
tempio di Delfo, per indicare che essa che come d
oviziato di cinque anni, durante il quale tempo non si poteva entrare
nel
santuario del tempio, ma bisognava rimanere nel v
non si poteva entrare nel santuario del tempio, ma bisognava rimanere
nel
vestibolo di esso. Nei misteri del culto Eleusino
a Fortuna e col quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato
nel
nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flac
e, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva
nel
periodo di questa solennità, si facevano le corse
eva nel periodo di questa solennità, si facevano le corse dei cavalli
nel
campo Marzio. 1755. Equità. — Veniva questa divin
l’eroe, di terra in terra, di provincia in provincia e fino in Atene,
nel
centro della Grecia, ov’essi si erano ricoverati,
alla poesia lirica ed erotica. I romani l’invocavano particolarmente
nel
mese di aprile, consacrato all’amore. Erato, che
te viene identificata con l’eroe greco, la si può relegare, come Som,
nel
numero di quelle locali e particolari divinità, c
che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa costantemente,
nel
mito Omerico, come essenzialmente pedestre. Lunge
o avere altro intendimento, quando noi vediamo che tutti si accordano
nel
ripetere che originariamente Ercole si chiamava A
’ecceiso figlio, Quand’ei levossi alla tremenda guerra. E fatal prova
nel
primier periglio Dando d’immenso ardire. Con mano
o — idillio XXIV trad. G. M. Pagnini. Lo Scita Eurito fu suo maestro
nel
tirar d’arco ; Eurito, che da i padri ampie camp
per opera di lei colpito di furore, e in un accesso di delirio gettò
nel
fuoco i figli che aveva avuto da Megara e due bam
dici anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando
nel
suo coraggio e nella sua forza soprannaturale, Er
, pretendono, per contrario, avere Ercole preso una parte attivissima
nel
memorabile fatto della conquista del Vello d’oro.
il veleno dell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore
nel
sangue di lui, rendendolo quasi demente. In ecces
ferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto di una roccia
nel
mare. …… poscia che il tosco Senti della fatal v
are. …… poscia che il tosco Senti della fatal veste di Nesso, Svelse
nel
suo furor dalla radice I tessalici abeti, e nell’
le sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nube, su trasportato
nel
cielo in mezzo a replicati scrosci di fulmine, pe
Ovidio — Metamorfosi — Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. Assunto
nel
numero degli dei, Ercole ricevette l’immortalità
Filippo, ai tempi di Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio,
nel
quale il dio veniva adorato sotto la figura di un
due templi particolari, uno posto presso la porta Trigemina e l’altro
nel
Foro Boario. Il suo famoso altare detto Ara Maxim
i. La festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma
nel
di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 2
on gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere,
nel
21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, ne
tte queste solenni ricorrenze era espressamente proibito d’introdurre
nel
sacro corteggio nè donne, nè schiavi nè cani. Il
aschile maturità. Le statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze,
nel
Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano ap
è in minor relazione di quella che già sorprende ed atterrisce quasi
nel
simbolico neonato, strangolatore di due serpenti.
serpenti. Ma il più gran numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole
nel
pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella sua
re dei figli di Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sepolti
nel
tempio di Giunone. 1770Eretteo. — Secondo la favo
la fu figlio della Terra, e fu allevato da Minerva, la quale lo educò
nel
magnifico tempio ch’ella aveva in Atene. Divenuto
lo annoverarono fra gli dei. Secondo Euripide, Eretteo fu precipitato
nel
seno della terra con un colpo di tridente da Nett
no. — Fu uno dei marinai, che in qualità di pilota, succedette a Tifi
nel
governo della nave degli Argonauti, secondo la cr
avola ce lo presenta come figlio di Buta e di Venere, e atleta famoso
nel
combattimento del cesto. Avendo un giorno sfidato
Gerione. Nel combattimento Erice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto
nel
tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani c
una tale denominazione. Eliano ricorda di numerosi miracoli avvenuti
nel
tempio maggiore di Ericina. Egli narra che le vit
eva che fosse giunta nella loro città da Tiro per mare, e che entrata
nel
mare Jonio, si fosse fermata nelle vicinanze del
ei per ricompensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire
nel
tempio di Ercole, avessero accesso solamente le d
oi giorni. 1791. Eritto. — Sul monte Emo in Farsaglia, e propriamente
nel
luogo ove fu combattuto la famosa battaglia fra C
sto il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta
nel
Delta, la seconda conosciuta sotto il nome di Her
butati gli onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene
nel
quale era inibito alle donne di entrare. 1810. Er
di Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la quale disperata si precipitò
nel
mare volendo morire della morte istessa, che per
rebbe stato cagione alla propria patria, il figliuolo ch’ella portava
nel
seno quando andò ad interrogarla. Erofila passò u
e mori. Ai tempi di Pausania si vedeva ancora il sepolero di Erofila,
nel
bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nom
o dette Erseforie, le feste che in suo onore si celebravano dai Greci
nel
mese di scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Sopr
inale, ove Romolo le apparve circondato di luce e la trasportò con sè
nel
cielo. Dopo questo fatto i Romani resero ad Ersil
dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen
nel
mar Baltico. Narrano le cronache che in quell’iso
in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e
nel
mezzo di essa si teneva un carro coperto a cui ne
so. Ciò finchè il sacerdote non guidava novellamente il carro coperto
nel
tempio, quasi ad indicare che la dea fosse stanca
; e gli schiavi addetti al servizio della cerimonia, venivano gettati
nel
prossimo lago. 1822. Es, Esculano o Ere. — Erano
Egli ne fu talmente addolorato che si gettò dall’allo di uno scoglio
nel
mare, ma Teti lo cangiò in uccello prima che foss
il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque e trascinò
nel
mare le incaute ninfe. Nettuno, mosso a compassio
uillara. Altri racconta che Coronide, accompagnando suo padre Flegia
nel
Peloponneso, avesse partorito Esculapio, e l’aves
one, sia per accondiscendere alle preghiere di Apollo, mise Esculapio
nel
numero degli astri. Un’altra tradizione racconta
esterminati. Giove irritato perciò contro di Apollo voleva lanciarlo
nel
Tartaro, ma poi cedendo alle preghiere di Latona,
S. Giovanni come simbolo dell’igiene. Esculapio veniva rappresentato
nel
tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una
culapio fa anche parola la cronaca favolosa, e che, secondo Cicerone,
nel
suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alci
Pallade Minerva, forse perchè esse compievano i riti del loro culto,
nel
più profondo silenzio. 1830. Esimnete. — Da una s
che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito
nel
suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non
comandare ad alcuni corsari di rapirle. I corsari infatti penetrarono
nel
giardiuo dell’Esperidi, e le trafugarono sui loro
colui che poteva espiarlo doveva, senza profferir parola, conficcare
nel
terreno l’arme che era stata strumento del suo de
proposito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso,
nel
quale è ripetuta la maniera con la quale fu espia
ne della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbraio,
nel
qual giorno venivano immolate le vittime dette am
va celebrata ogni cinque anni, e da questa derivò la parola lustrare,
nel
significato di espiare, avuto riguardo al periodo
della sua patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene, si fermò
nel
tempio delle Eumenidi, in un bosco sacro presso l
quali consistevano nella libazione dell’acqua di tre diverse fonti ;
nel
coronare le tazze della lana di fresco tosata di
prima di essere a conoscenza anche dopo la morte, di quanto avveniva
nel
mondo ; e l’altra che egli passerebbe metà dell’a
il fuoco alle navi greche, onde Protesilao fu obbligato a stabilirsi
nel
paese ove avea preso terra colle sue prigioniere.
tuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di Elena ancor giovanetta, la rapì,
nel
partire da Afidne la lasciò in custodia ad Etra.
ica allegro. 1875. Eufrobio. — Fu uno dei principali capi dei Trojani
nel
memorabile assedio della loro città. Era figlio d
so a dritto filo. Il vibrator del curvo arco d’argento, Febo educolle
nel
pïerii prati. E portavan di Marte la paura Nelle
Persuasion, che il labbro Inspirommi e la lingua a piegar queste Già
nel
niegar si pertinaci. Altine Vinse Giove Orator :
trada facendo che una corda del liuto di Eunomo si fosse spezzata ; e
nel
tempo istesso essendosi una cicala posata sull’is
e più severe ricerche, per conoscere se qualche donna fosse penetrata
nel
tempio anche per combinazione, e appena si scopri
a seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l più leggiadro Che
nel
campo troiano arme vestisse : Ch’a pena avea la r
per l’arte che aveva di risanare le ferite. Oileo gravemente piagato
nel
dare insieme ad Ercole la caccia agli uccelli del
a lungo sopportare l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò
nel
tetro regno di Plutone ; attraversò le selve tene
veramente degno Di perdono e pietà : se quello o questa Si ritrovasse
nel
Tartareo chiostro, Ritenne ’l piede, e già sott’e
cintura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio
nel
quale la sua statua era legata con delle catene d
io non si apriva che una sola volta l’anno e in un giorno determinato
nel
quale si facevano in suo onore pubblici e privati
venti, ma finalmente fu spinto sulle rive della città di Patrasso ; e
nel
mettere piede a terra, scorse un drappello di uom
in Acaja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e
nel
quale era adorata sotto questo nome. La sacerdote
uello Scita, re di Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro di Ercole
nel
tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva una figlia pe
el, cui spento Dell’intelletto il lume avean le tazze. Sen gia manco
nel
corpo e nella mente. Quindi s’accese una cruenta
un fiume della Tessaglia. Al dire di Omero, le acque di questo fiume
nel
gettarsi in quelle dell’ altro detto Peneo rimane
rcito dei Lacedemoni, il cui comandante si precipitò per disperazione
nel
fiume Imero, che da quel tempo fu, per questa rag
r la vittoria, ed è scritto che riportata che l’ebbe, fece fabbricare
nel
luogo stesso ove accampò il suo esercito, un temp
e fabbricare nel luogo stesso ove accampò il suo esercito, un tempio,
nel
cui atrio fece mettere le due figure di Eutico e
combattè nella guerra dei giganti a fianco di suo padre Giove, questi
nel
vedere che il figliuolo aveva ucciso un gigante,
a una specie di preghiera, che avea potere di far discendere gli dei,
nel
luogo ove si credeva utile la loro presenza : e q
anch’egli di sovente il fulmine e Tullo Ostilio che succedette a Numa
nel
governo, volle fare anche egli la medesima evocaz
rfeo ad evocare l’anima della sua diletta Euridice. Ulisse, recandosi
nel
paese dei Cimmerj, per consultare l’ombra dell’in
cazione ; Poi degli estinti le debili teste Pregai, promisi lor, che
nel
mio tetto, Entrato con la nave in porto appena, V
Lib. XI. trad. di I. Pindemonte. e così tutti i pretesi viaggi fatti
nel
regno delle ombre dagli eroi e dagli dei stessi d
dicevano propriamente Ecohe Baeche. F 1924. Fabaria. — In Roma
nel
primo giorno del mese di giugno si celebravano su
gli orsi vivi nei fossi. Tutti i cronisti dell’antichità, concordano
nel
considerare questo Fovio o Fabio come lo stipite
e di Giove Dodoneo dalla parola fagus, che significa, colui che abita
nel
faggio. I responsi dell’oracolo che Giove aveva i
ronache dell’antichità si trova sovente personificata la Fama e posta
nel
numero delle multiplici deità del paganesimo. La
d. di Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalzato un tempio,
nel
quale la onoravano con un culto regolare. 1938. F
nvasi dal fuoco di Bellona, forse perchè essi dimoravano da principio
nel
tempio sacro a quella dea. I fanatici s’incidevan
particolarmente Bellonarii, ma oltre a questi ve ne erano degli altri
nel
tempio del dio Silvano, in quello di Serapide, d’
greca φανειν che significa illuminare, si dava questo nome ad Apollo
nel
significato di colui che dà la luce. Vi era anche
pitosa fuga, e Turno lo inseguì fino su di un vascello che si trovava
nel
porto. Allora per volere della dea il fantasma di
emente belio, per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso
nel
tempo che era padrone di una nave. Narra la tradi
on potè piegarlo alle sue voglie, permodo che, disperata si precipitò
nel
mare dall’altezza dello scoglio di Leucade, sul q
e Furie impossessatesi di lui lo straziarono in modo che si precipitò
nel
fiume Arturo, il quale da quel giorno cangiò il s
togliesse ai Trojani il Palladio, che essi custodivano accuratamente
nel
tempio di Pallade Minerva. Narra la cronaca che U
te venivano solennizzate nella campagna, e propriamente nei prati ; e
nel
mese di decembre si sacrificava un capriuolo, men
ei prati ; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, mentre
nel
mese di febbraio si svenava una pecora. 1959. Fau
o le cronache, che avendo un giorno osservato un uccello che col cibo
nel
becco volava sempre presso una data caverna, moss
fondatori di Roma, ond’è che Faustolo, ebbe dopo la morte, una statua
nel
tempio stesso in cui si veneravano Romolo e Remo
isola di Corcira, ora Corfù. Secondo il citato scrittore, esso viveva
nel
lusso e nella mollezza, non di altro occupato che
dò mezza : di si forti Remigatori la spingean le braccia ! Si gittaro
nel
lido ; e Ulisse in prima Co’ bianchi lini e con l
solvè di vendicarsi, e appena il vascello fu di ritorno, nell’entrare
nel
porto, fu cangiato in uno scoglio. Allora ad un c
li avrebbe fatto perire fra le acque, uno dei loro migliori vascelli,
nel
giorno che avrebbe fatto ritorno nel porto, dopo
uno dei loro migliori vascelli, nel giorno che avrebbe fatto ritorno
nel
porto, dopo aver lasciato un mortale nella sua pa
l’acque ogni mortale. Dicea che insigne de’ Feaci nave, Dagli altrui
nel
redire ai porti suoi, Distruggeria nell’oscure on
ll’offesa in modo soddisfacente, allora il sacerdote Feciale lanciava
nel
territorio nemico un’asta, e invocando gli dei ce
. Narrano le cronache dell’antichità, che quando le donne si recavano
nel
tempio della dea, per invocare la grazia di esser
del giovane. A poco a poco crebbe così fattamente la fiamma colpevole
nel
seno della disgraziata donna, che temendo di dove
dificare su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere,
nel
quale si recava assai di sovente sotto pretesto d
rzo per vincere da principio la funesta passione che le si era accesa
nel
sangue, ma non riuscì che a renderla vieppiù arde
cate ; ma che quell’ albero non fosse così di sua natura, e che Fedra
nel
tempo in cui la sua funesta passione la distrugge
he a lui veniva dalla credenza che avevano i pagani che egli abitasse
nel
tronco del faggio che rendeva gli oracoli di Dodo
superbo Ilion fu combusto, Fenice fece ritorno in patria, ma sorpreso
nel
traversare la Tracia, dalla morte, fu sepolto nel
feste funebri, che essi celebravano una volta l’anno, e propriamente
nel
giorno ventuno di febbraio in onore dei morti. Al
egli dei, perchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere
nel
tempio di quel dio, le spoglie tolte ai vinti. 19
di petti dei mortali, E le pure virtù candide e belle Giro a splender
nel
ciel fra l’altre stelle Ovidio — Metamorfosi — L
lo nascose in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco
nel
gambo di questa pianta, che per naturale conforma
ar che’l fuoco empio non entre Dove son seco ritirati a stare I fonti
nel
materno ombroso ventre : Alza il fruttifer volto
avessero rivestito la bella Fia degli stessi abiti che aveva Minerva
nel
maggior tempio di quella città ; e che facendola
tesso dà questo nome ad uno abitante della città di Corinto, il quale
nel
prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò cad
capra, la quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una statua
nel
tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradiz
esto fatto, Filaco fu dichiarato eroe e gli fu innalzato un monumento
nel
tempio stesso di Delfo. 2007. Filammone. — Figlio
ologica lo fa figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri lo pongono
nel
numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio di A
, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano uccisa
nel
modo più crudele, se egli avesse ancora tardato a
era Fillide aveva fatto per nove volte ; e coll’ andare degli anni fu
nel
medesimo luogo edificata una città al la quale si
fetto, E fu d’ogni altro error monda e innocente. Il nido tornò a far
nel
regio tetto E non ebbe vergogna della gente : Nel
iungendo che ella fosse stata colpita dalla stessa sventura che colpì
nel
fiore degli anni la disgraziata Fedra. V. Fedra ;
toriti, temendo lo sdegno del padre suo, ebbe il coraggio di gettarli
nel
fiume Erimanto, pensando così di nascondere una c
dalla morte di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che
nel
destino di Troja era scritto, che essi non si sar
le ceneri dell’ eroe, erano sepolte le frecce di lui. Filottete posto
nel
crudel bivio di essere spergiuro, o di cagionare
e istesse armi ch’erano state cagione del suo tradimento ; imperocchè
nel
passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere
e egli combattè il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon
nel
suo libro delle Aventures de Télémaque. Cependan
anchetto degl’immortali. 2024. Flumi — Quasi tutti i fiumi conosciuti
nel
mondo antico erano stati personificati e deificat
igione pagana, la quale come abbiam visto e come seguiteremo a vedere
nel
corso della nostra opera, personificava ed adorav
fiumi ; e avessero rappresentato i fiumi che sboccano immediatamente
nel
mare, sotto la figura di altrettanti vecchi ; e q
tradizione, circondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e
nel
quale invece di acque correvano torrenti di flamm
fuoco al tempio di Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono
nel
Tartaro, dove Flegia è condannato a rimanere eter
acrileghi che le cronache dell’ antichità, ci presentano come dannati
nel
Tartaro, siano rivolte le famose parole che Flegi
delle feste Florali i danari delle pene e delle confiscazioni pagate
nel
corso dell’anno. Il tempio dell’ antica Flora sor
o giuocando con Telamone e Peleo al giuoco della piastrella, Telamone
nel
lanciare la sua, ferì così gravemente al capo il
dette a raccogliere i morti, ma sventuratamente si ferì in una mano,
nel
togliere ùna freccia da uno dei cadaveri e dopo q
e il nome di Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si celebravano
nel
mese di ottobre alcune feste così chiamate, dall’
uesta dea, fu Servio Tullio, che le fece inalzare un magnifico tempio
nel
mercato di Roma ; e la tradizione aggiunge a ques
che la colossale statua in legno che Servio Tullio aveva fatto porre
nel
tempio, fosse rimasta intatta da un incendio, che
questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache della favola, la mette
nel
numero dei figliuoli della Notte. Il Boccaccio, n
i della Notte. Il Boccaccio, nella sua Genealogia degli dei, la mette
nel
numero delle deità romane. 2054. Freccie di Apoll
gica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra di Lerna, bagnò le sue freccie
nel
sangue avvelenato del mostro, per modo che le fer
i rivelava la collera di Giove e che produceva un invincibile terrore
nel
petto dei mortali. Stavan ne l’ antro allora Ste
e, era il contrassegno della suprema autorità ed è appunto perciò che
nel
tempio di Diana in Efeso, Alessandro, il conquist
l’ immagine più fedele del Sole, così tutte le nazioni si accordarono
nel
venerarlo. I Caldei che sono i più antichi fra i
siani, che il fuoco fosse stato portato dal cielo e posto suil’altare
nel
primo tempio che Zoroastro innalzò nella città di
ostura dei loro sacerdoti, era comune alla Grecia, ove si credeva che
nel
tempio, che Minerva aveva nella città di Atene, a
hè pel famoso tempio di Vesta in Roma. Non è quindi a maravigliare se
nel
culto del paganesimo non si vedesse alcun sacrifi
sinistro canto : Quella, che piange dal destro, è Aletto : Tesifone è
nel
mezzo : Dante — Inferno — Canto IX. Appellazion
el mezzo : Dante — Inferno — Canto IX. Appellazioni che rispon lono
nel
nostro idioma alle parole Rabbia, Strage ed Invid
ittore egli asserisca che esse erano figliuo’e della Discordia e nate
nel
quinto della Luna. Eschilo le fa figliuole del fl
gedia trad. di F. Bellotti. Apollodoro asserisce esser nate le furie
nel
mare, dal sangue che grondò dalla ferita che Satu
ee ec. ec. In quanto alle loro attribuzioni, tanto sulla terra quanto
nel
regno della morte, le Furie venivano sempre consi
città di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato alle Furie,
nel
quale si conservavano, con grande venerazione, de
velano ancora che Oreste, avesse innalzato alle Furie altri due tempi
nel
Peloponneso ; il primo nel luogo stesso ove esse
vesse innalzato alle Furie altri due tempi nel Peloponneso ; il primo
nel
luogo stesso ove esse cominciarono la loro tremen
inalis. Vicino a questo tempio vi era un bosco consacrato alla dea, e
nel
quale, secondo la tradizione storica, fu ucciso C
tide fosse uscita per breve tempo dal palazzo della sua signora e che
nel
rientrare premurosamente in quello, avesse osserv
fiancheggiata dalle dimore degli dei più potenti. Una splendida via
nel
ciel riluce : Candida si, che del latte s’ appell
ù della luce bionda. Del Zeffiro più snella, L’insigne nome avea Onde
nel
mito ellenico Eterna è Galatea. Prati — Nuove po
empio essi non potevano entrare in un tempio, durante tutto il giorno
nel
quale si fossero trovati a vedere un corpo morto.
rli di questa divinità è il cronista Pausania, il quale riferisce che
nel
tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero
è discorde il parere degli scrittori, i quali però tutti si accordano
nel
convenire che geniali era il nome collettivo degl
piacque !) Che nelle foglie i suoi lamenti imprime : E doppio. ua Ai
nel
fior trovassi scritto, E fur di lutto quelle note
e. L’oracolo rispose, che avrebbe dovuto adottare il primo fanciullo,
nel
quale si fosse imbattuto l’indomani In fatti Xife
he egli fosse divenuto amante di Cerere e che avendola voluta tentare
nel
pudore fosse stato colpito da un fulmine. Il cron
za per quelli che lavorano la terra. Dopo la morte, Giasione fu posto
nel
numero degli dei non solo come figlio di Giove, m
ed ardita, e mal sofferendo di rimanere ancora nascosto nell’ombra e
nel
silenzio del suo ignorato ritiro ; mosse a consul
amentare altro accidente, se non che la perdita di una scarpa, caduta
nel
fiume mentr’egli lo traghettava sulle spalle dell
arte, e il re con gran seguito di cortigiani e di sudditi dall’altra,
nel
campo consacrato a Marte, fuori le porte di Colco
l terreno, seminò in quei solchi i denti di un drago, e poscia lanciò
nel
mezzo di un numeroso stuolo di guerrieri, che com
il suddetto cronista, significavano un’intera frase la quale tradotta
nel
nostro idioma comprenderebbe in sè la seguente id
ichità, che i Gierofanti avevano fra i loro obblighi quello di vivere
nel
celibato. Altri scrittori pretendono similmente c
e, dei quali, secondo la tradizione mitologica, quelli che ricadevano
nel
mare diventavano isole ; e quelli che piombavano
cole, sconfisse i Giganti a colpi di fulmini, precipitandone porzione
nel
fondo del Tarlaro e seppellendone altri sotto il
là è molto. Ed è legato e fatto come questo, Salvo che più feroce par
nel
volto. Dante — Inferno — Canto XXXI. Cotto — V.
ti, essi al dire di vari scrittori e poeti rotolarono per nove giorni
nel
vuoto e finalmente nel decimo furono sprofondati
i scrittori e poeti rotolarono per nove giorni nel vuoto e finalmente
nel
decimo furono sprofondati nel Tartaro. E tre voi
per nove giorni nel vuoto e finalmente nel decimo furono sprofondati
nel
Tartaro. E tre voile il gran padre fulminando Sp
aro carciò le squadre avverse : Nove giorni le venne in giù rotando E
nel
decimo al fondo le sommerse : Orribil fondo d’ogn
erture a guisa di porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiuso
nel
corpo del cavallo lo smisurato cadavere di un uom
ichità aggiungono che l’uccisione di Candaule fu causa d’una sommossa
nel
popolo, già diviso in due partiti, uno a favore,
tevano la metempsicosi, e facevano consistere tutta l’umana felicità,
nel
disprezzo dei beni della fortuna ; e nell’abborri
ica pompa, fatta in Grecia ad Antioco Epifane, ripete che si vedevano
nel
corteo un gran numero di statue, e fra queste una
le orme di quelli, attenendosi ad una consimile distinzione. Esiodo,
nel
suo trattato intitolato Le opere ed i giorni, ci
nfelici giorni, il quinto di ogni mese. Al dire del citato scrittore,
nel
5.° giorno di ogni mese le Furie lasciavano l’inf
rgilio nelle sue Georgiche, si attiene alle istesse idee, dicendo che
nel
quinto giorno del mese erano nate le Furie e l’Or
rono contro i Galli sulle sponde del fiume Allia, fatto un sacrifizio
nel
giorno dopo gl’Idi di luglio ; e che per la stess
e non si fosse nè intrapresa cosa alcuna, nè combattuta una battaglia
nel
giorno dopo gl’Idi, le None, e le Calende di cias
amiglia o ad un individno. Così Augusto non intraprendeva cosa alcuna
nel
giorno delle None ; altri classici personaggi del
sto, a motivo della famosa rotta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria
nel
mese di maggio ; gl’Idi di marzo, per essere stat
i ucciso Giulio Cesare ; e molti altri giorni designati come infausti
nel
calendario romano. Sebbene la superstizione fosse
, se non quando avesse potuto avere l’ appoggio dei Titani rinserrati
nel
Tartaro ; egli tentò l’ impresa, e avendo ordinat
— Libro XIV. trad. di V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti
nel
numero delle divinità pagane. Europa lo rese padr
di Pretesta. La dea Giuventa veniva onorata in un tempio che sorgeva
nel
Campidoglio. Al dire di Tacito, l’altare della Gi
ta la pompa, venendo le nozze celebrate — secondo asserisce Diodoro —
nel
territorio dei Gnassi, sulle sponde del fiume Ter
e, facendo uscire dalla terra una specie di miasmo che ella ricevette
nel
seno ; che dette la luce a Marte, ponendosi in gr
si in grembo un fiore ; ad Ebe, mangiando delle lattughe ecc. Siccome
nel
culto dei pagani, essi attribuivano a tutte le lo
iò solo si limitavano i poteri e le attribuzioni di Giunone ; ma essa
nel
culto pagano era ritenuta ancora come la dea che
equestri o curuli, consistevano in alcuni esertcizì che si eseguivano
nel
circo dedicato a Nettuno, e secondo altre opinion
combattimenti detti anche giuochi agonali, consistevano nella lotta,
nel
pugillato e in altri combattimenti eseguiti tanto
esentazione di alcune satire, commedie e tragedie, che si ese guivano
nel
teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e d
cui celebrazione marcava perfino con cronologica importanza una data
nel
corso dell’anno, alla quale i romani e sopratutto
le persone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio,
nel
quale avevano spergiurato. Presso i romani era an
degli uomini. Esiodo ripete che la giustizia figlinola di Giove stava
nel
cielo sul carro del padre suo, al quale dimandava
la età di ferro, ella inorridita alle colpe degli uomini, si ritrasse
nel
ciclo nè fece più ritorno sopra la terra. 2179. G
erra che sostenevano l’uno contro l’altro, con un particolare duello,
nel
quale sarebbe caduto vittima il fratello di lei ;
n modo che questi avessero rotto il trattato. Ma non essendo riuscita
nel
suo intento, e vedendo che Enea incalzava da vici
il quale morì per mano di Enea, e allora Giuturna disperata si gettò
nel
fiume Numico, e Giove la cangiò in una fonte, con
rad. di A. Caro. Infatti le cronache dell’antichità, ci rivelano che
nel
Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che
che nel Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce
nel
fiume Numico, alle cui acque i pagani attribuivan
istero al combattimento dei gladiatori, e prendeva un crudele diletto
nel
vederli morire coperti di sangue. Al dire di Cice
l’erba della spiaggia, vide saltare quei pesci come se fossero ancora
nel
loro naturale elemento. Colpito da quel fatto per
ppena ebbe ciò fatto intese uno strano commovimento nelle vi. scere e
nel
cuore ; e fu immantinenti colpito da un ardente e
ò in mare ; ove al della tradizione, la dea Teti e l’Oceano lo misero
nel
numero delle divinità marine. In ordine distendo
a voltarsi in sul fianco, e in sulla terra Guizzar così come già fean
nel
mare. E mentre io bado, e maraviglio a un tempo,
, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che sorgeva
nel
luogo ove egli si precipitò in mare, e dove a poc
on gemiti e lamenti. 2188. Gordiano — La tradizione mitologica spiega
nel
seguente modo il fatto che si rapporta a questo n
o ricorso all’oracolo, il quale rispose che la pace sarebbe ritornata
nel
loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto a
Mida in riconoscenza della grazia ottenuta da Giove, fece sospendere
nel
tempio di questo dio il famoso carro sul quale av
o stesso Ateneo, asserisce che alcuni soldati dell’esercito di Mario,
nel
tempo che le legioni romane combattevano nella gu
a dello strano avvenimento, facesse appendere la pelle delle gorgoni,
nel
tempio sacro a Giunone, ove restò fino alla distr
, di oro massiccio, alta quattro cubiti, e che le Gorgoni custodivano
nel
loro tesoro. La cronaca mitologica aggiunge che,
goni. Infatti il Fourmont, facendo capo alle lingue orientali, scopre
nel
nome delle tre Gorgoni, quello di altrettante nav
i si attiene Esiodo, riferisce che i capelli della Graje incanutirono
nel
punto stesso in cui esse nacquero. Il citato scri
alvolta esse venivano confuse con le quattro stagioni. Pausania mette
nel
numero delle Grazie, la dea della Persuasione, vo
to presso gli antichi, riguardo alle tre Grazie ; e questo consisteva
nel
raffigurarle sempre circondate dei più brutti e l
recato Minosse, re di Creta, per offerire un sacrifizio alle Grazie,
nel
momento che s’accingeva a dar principio alla sacr
ogia fa del continuo menzione. Secondo la cronaca, questo animale era
nel
fisico un misto del leone e dell’aquila ; aveva u
Solino ed Erodoto, han creduto che simili mostri esistessero davvero
nel
regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi e
creduto che simili mostri esistessero davvero nel regno animale e che
nel
paese degli Arimaspi vi era una miniera di oro, c
ni, le due configurazioni fisiche di leone e di aquila, unite insieme
nel
corpo del Grifone, esprimevano il concetto più al
vanette Ateniesi, le quali la danzavano intorno all’altare di Apollo,
nel
giorno delle Delie. Si vuole che gl’intricati gir
2207. Guadaletta. — Così avea nome un piccolo fiume, che metteva foce
nel
golfo di Cadice e del quale i pagani avevano fatt
i, e che, come simbolo della vigilanza, era consacrato a Minerva. Fè
nel
suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugub
V trad. di A. Caro. 2209. Grundili. — Divinità che i romani ponevano
nel
numero dei loro Penati. Si vuole che Romolo li av
i, il culto di questo dio dagli stessi popoli che l’avevano collocato
nel
numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nom
onache della mitologia indiana, danno questo nome ad un dio composto,
nel
quale si riunivano, oltre la propria configurazio
ità Polinesia, la cui statua, tagliata grossolanamente nella pietra o
nel
legno, non conserva però nulla di mostruoso, come
i servivano dopo la morte gli uomini virtuosi, che Higolajo ammetteva
nel
soggiorno dei beati. 2221. Hnossa o Hnòss. — Nell
graziamento dei molti vantaggi che quest’animale recava loro. Infatti
nel
tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nu
ttà di Argo. 2227. Icadi. — In onore di Epicuro, i pagani celebravano
nel
nono giorno della luna, alcune feste così chiamat
onde non separarsi dalla figlia carissima ; ma Ulisse fu irremovibile
nel
suo volere, e forte dei suoi diritti, condusse se
seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta
nel
crudele bivio di sacrificare uno dei due soli ess
o, che mancato ad un tratto l’appoggio che lo manteneva in equilibrio
nel
vuoto, egli precipitò da un’altezza smisurata nel
eneva in equilibrio nel vuoto, egli precipitò da un’altezza smisurata
nel
mare, e vi restò miseramente annegato. Il sole i
i. Scrive il citato autore, che l’Icneumone, dopo essersi avvoltolato
nel
fango profittando del momento in cui il coccodril
mo nei loro indovinamenti. 2234. Ida. — Celebre montagna che sorgeva
nel
mezzo dell’isola di Creta, e che veniva chiamata
iù alte montagne dell’Ellesponto. Secondo le cronache dell’antichità,
nel
mezzo di questa montagna era scavato un antro ove
roe avventuriero. Però l’infausto vaticinio ch’egli stesso avea letto
nel
roprio destino, si compì in tutta la sua terribil
sacrificargli la prima persona che gli si presenterebbe allo sguardo,
nel
metter piede nell isola nativa. Nettuno, pago del
calmare la tempesta, e la nave d’Idomeneo potè felicemente approdare
nel
porto. Ma ben presto l’incauto guerriero ebbe a p
ralità degli autori ripete, che Ercole bagnasse le sue famose frecce,
nel
sangue della Idra, col fine di rendere inguaribil
dagli egineti e dagli ateniesi, in memoria di quelli che erano morti
nel
diluvio di Deucalione. 2247. Idromanzia. — Dalle
preparata ; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere
nel
mezzo di essa un filo, a cui era attaccato un ane
rere l’ajuto del cielo. Infatti dopo avere per qualche tempo pregato,
nel
far ritorno presso il marito, la buona madre si a
Ifide stessa altamente compiaciuta dell’inatteso cangiamento, ritornò
nel
tempio a ringraziare gli dei ed in memoria di que
lendoci di essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’armata greca
nel
porto di Aulide da una interminabile bonaccia, i
Questi brandisce il ferro e dono avere invocato gli dei, lo configge
nel
seno verginale della vittima e tutti gli astanti
estimoni del fatto maraviglioso, che Ifigenia fosse stata trasportata
nel
cielo, e posta nel numero delle divinità. …. Ed
maraviglioso, che Ifigenia fosse stata trasportata nel cielo, e posta
nel
numero delle divinità. …. Ed ecco all’improvviso
no disegno, e che allora l’indovino Calcante temendo una sollevazione
nel
campo greco, avesse fatto credere che Diana, plac
ide ; per modo che Oreste e Pilade furono entrambi presi e trascinati
nel
tempio, per esservi sacrificati ; allorchè Ifigen
suoi popoli credevano loro nemico, e appena tornato in patria ritornò
nel
loro primitivo vigore la celebrazione dei giuochi
ta già da lunghi anni. In Grecia e propriamente nella città di Elide,
nel
tempio consacrato a Giunone, fu per lunghi anni c
sti del paganesimo per il ratto che Castore e Polluce fecero di esse,
nel
momento istesso che stavano per dare la loro fede
Linceo ed Ida ricorsero alle armi, per vendicare l’offesa mortale, ma
nel
conflitto Castore privò di vita Linceo, mentre Id
il re Servio Tullio, avesse stabilito in Roma che si dovesse portare
nel
tempio consacrato alla dea Ilizia, una moneta, al
azione di un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse presso di lui
nel
momento in che il fatale dono della camicia di Ne
i discendenti di lui, temendo in Illo un vendicatore andò a turbarlo
nel
suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro pr
tati ; mentre se era vinto, gli Eraclidi non avrebbero potuto entrare
nel
Peloponneso che dopo un periodo di cento anni. Ne
mbattimento Illo fu ucciso e gli Eraclidi perciò non poterono entrare
nel
Peloponneso che dopo il tempo stabilito. 2269. Im
enza dell’incesto commesso n’ebbe tanto dolore che disperato si gittò
nel
fiume Maratona ove si annegò ; e da quel giorno i
2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva
nel
Campidoglio una statua chiamata Jupiter-imperator
avano più particolarmente, come asserisce Servio, Lirœ o Imprecazioni
nel
cielo ; Furie sulla terra, ed Eumenidi nell’infer
sti popoli le invocavano per la distruzione dei nemici. Così Sofocle,
nel
suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la qua
d’Indigete e allora questa parola deriva da inde genitus, cioè : nato
nel
paese. 2281. Indovinazione. — Detta anche divinaz
mo noi già menzionati, secondo che l’ordine alfabetico da noi seguito
nel
corso di questa nostra opera, ce ne ha porto l’oc
a precipitosa fuga, al destino che era loro riserbato ; ma, Elle morì
nel
traversare il mare. V. Elle e Frisso. Atamante, v
o fra le braccia l’altro figliuolo Melicerta, e si precipitò con esso
nel
mare. Ma la ninfa Panopea, seguita da altre cento
redevano fermamente che gli dei cangiassero le viscere delle vittime,
nel
momento stesso che esse venivano esaminate, onde
ricusava a combattere, asserendo che le visceri degli animali svenati
nel
sagrificio da lui offerto agli dei, non gli aveva
bina. La dea non tosto, pose ogni sospetto : Nè fiduciava in Giove, e
nel
pensiero Fitto le stava un furto : si che quella
urio ad uccidere Argo : ed infatti avendo un giorno Mercurio sorpreso
nel
sonno l’incorruttibile custode, lo uccise. Però a
e, per modo che agitata in strana guisa, e quasi demente si precipitò
nel
mare, che dal suo nome fu detto mare Ionio, ……..
ai pagani ad Apollo. Secondo l’opinione del cennato scrittore, eravi
nel
paese abitato dai popoli Iperborei, un’isola gran
zione fino a mandare ogn’ anno, le primizie della terra, come offerta
nel
tempio di Delo. Da principio anzi queste offerte
ngiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annegare
nel
fiume Eridano il figliuolo Elio, ancora bambino.
ni di colonne, ed altrettanti nella parte interna, rimanendo scoperti
nel
mezzo. Pausania e Vitruvio fanno menzione, il pri
solo Epito, figliuolo d’Ipoteo, spezzò la fascia ed entrò arditamente
nel
sacro recinto, quasi disfidando con proterva auda
e, nacquero da questo mostruoso connubio gl’Ippocentauri, che avevano
nel
tempo stesso della natura umana e di quella del c
. Girolamo, dottore di santa chiesa, ripete che portandosi S. Antonio
nel
deserto della Tebaide a visitare S. Paolo eremita
ti principi, che gliene avevano fatto formale richiesta, e carezzando
nel
pensiero l’infame disegno di possederla solo, ric
ssessore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un bando
nel
quale esponeva, che la mano d’Ippodamia sarebbe c
care la morte di uno dei suoi sacerdoti, avesse mandata la pestilenza
nel
campo degli Eraclidi ; i quali interrogarono l’or
ingiusto procedimento, le donne di Lenno si unirono tutte, e concordi
nel
desiderio della vendetta, congiurarono contro gli
e l’impetuosa passione d’amore che il bellissimo eroe le aveva acceso
nel
core. Così trascorsero due anni interi, allorchè
di d’altezza e tre di larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma,
nel
famoso sacco di quella città avvenuto nel 1525 ;
ma volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco di quella città avvenuto
nel
1525 ; e fu varie volte copiato all’ incisione ne
crittori, che il monumento originale fosse andato nuovemente smarrito
nel
1730 ; cosicchè della famosa favola Isiaca, non r
filtri, di cui si servivano nelle loro cerimonie ; e non rientravano
nel
tempio che la sera, ove restavano qualche tempo i
Iside ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivendo fra loro
nel
più perfetto accordo fraterno, e dedicandosi a ci
ri. In seguito si disse che Osiride, ed Iside erano andati a dimorare
nel
sole e nella luna, cosichè spesso il loro culto a
la morte ; e ripete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato
nel
tempio di quella dea, durante la celebrazione dei
usuale che veniva assegnato ad Iside, era il sistro, strumento vuoto
nel
mezzo con un lungo manico, che ha la parte superi
iunto ad un luogo ove vi era un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò
nel
fango il suo piede destro, e vide scaturire una s
cere quelle isole, egli fosse approdato alla prima isola che incontrò
nel
suo cammino, ove poco dopo si scatenò un furioso
sione essi compivano una barbara e truce usanza ; la quale consisteva
nel
tagliare a pezzi la carne del morte e frammischia
e Anzione. Checchè ne sia, le cronache dell’ antichità ripetono tutte
nel
seguente modo la storia d’ Issione. Egli avea pre
quel tempo. Colà giunto vi fu ricevuto con splendida magnificenza, ma
nel
recarsi al luogo ov’ era imbandita la mensa, aven
perfidia, palesò il vero e con un colpo di fulmine, precipitò Issione
nel
fondo del Tartaro, dove Mercurio per suo ordine,
iuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe
nel
governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste i
arle all’odio persecutore della gelosa Giunone, le avesse trasportate
nel
cielo e poste fra le costellazioni. 2361. Jafet.
che si trovava in compagnia della dea allorquando Atteone la sorprese
nel
bagno. 2364. Jante. — Detta anche Giante, fu spos
tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la sua grande perizia
nel
condurre il carro a quattro cavalli. O Jolao mae
ccasion pur vale D’ ogni opra il sommo, e Jolao la tenne Già redivivo
nel
mio suol natale, Quando Euristeo superbo Giunse d
, recatosi alla grotta ove Creusa aveva lasciato il bambino, lo portò
nel
tempio di Diana. Quivi la sacerdotessa custoditri
al tempio, e non appena fatti pochi passi oltre la soglia, s’incontrò
nel
giovanetto depositario dei tesori di quello, e lo
e, di uccidere Jone col veleno. Quando fu portata la tazza avvelenata
nel
convito che Jone avea fatto imbandire, per sollen
ra entrato nella tenda, ove Jone banchettava, avendo bagnato il becco
nel
vino sparso dalla coppa, cadde come fulminato al
All’ inattesa rivelazione, Jone, seguito da tutti i convitati, corse
nel
tempio, e dimandò ad alta voce giustizia. I sacer
arla al supplizio, quando la sacerdotessa mandata da Apollo, comparve
nel
tempio, con un piccolo paniere nelle mani, che er
to dai pagani greci e romani. Nel solstizio invernale, e propriamente
nel
giorno ventiquatto dicembre, i popoli slavi celeb
i fenomeni metereologici. 2384. Kano o Kanon. — È questo il nome che
nel
culto mitologico del Giappone, detto con vocabolo
vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una più grande
nel
mezzo, e due meno elevate a destra e a sinistra.
on avessero oltrepassato l’età di un anno, sperando così di avvolgere
nel
la generale catastrofe il piccolo Krisna. Ma ques
zati di passare e ripassare, girando e rigirando, e trovandosi sempre
nel
medesimo punto donde si era partiti, senza che si
a fede al sogno, ordinò che dell’ oro che si era cavato dalla colonna
nel
puntarla, venisse fusa una piccola giovenca, che
i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa,
nel
quale essi gettavano, come omaggio alla divinità,
ici, in monete, in verghe d’oro e d’argento ecc. Oltre a questo eravi
nel
Gevodan, ai piedi d’una montagna, un gran lago co
fanno menzione della maniera con la quale si risolveva la questione,
nel
caso non difficile, che i corvi avessero mangiate
cortigiana greca che molti scrittori chiamano Taide, e l’ Alighieri,
nel
18° Canto del suo Inferno, denomina Taida. Ella r
so, dice che Lamia ed Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali
nel
tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii pol
aver lasciato spegnere il fuoco sacro della dea, si chiudeva con essa
nel
sotterraneo una lampada sepolcrale, la quale risc
comprovare cosìfatta credenza, è quello della lampada trovata accesa
nel
sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto
accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma
nel
1540, la quale, inestinguibile fino a quel tempo,
le, inestinguibile fino a quel tempo, si spense appena l’aria penetrò
nel
sotterraneo. Pausania racconta, d’una lampada d’o
quelle di Prometeo che, secondo la favola avea rapito il fuoco sacro
nel
cielo, veniva praticata la stessa usanza. Le Lamp
e colpito dalla vendetta dei numi. Mentre egli offeriva un sacrifizio
nel
tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi
entaro, e stretto L’avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire
nel
petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato,
L’avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due
nel
collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte
a dolce illusione, sempre soave al suo cuore innamorato, fece mettere
nel
proprio letto la statua del marito. Qualche tempo
e di poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse tanto amaramente
nel
chiadere al cielo codesta grazia, che gli dei imp
epararsi dallo sposo adorato e si contentò piuttosto di andar con lui
nel
regno dei morti, di quello che rimanere sulla ter
, si lacerò da sè stesso le visceri, e morì fra i più atroci tormenti
nel
dodicesimo giorno dalla morte di Laodamia. 2430.
sse servito dei tesori consacrati ad Apollo ed a Nettuno e depositati
nel
loro tempio, promettendo di restituirli dopo la c
te Acca Laurenzia. V. queste voci. 2441. Lari. — Altamente seria era,
nel
culto religioso dei pagani, la importanza che ess
evano onestamente vissuto e che perciò dimoravano anche dopo la morte
nel
seno della propria famiglia, proteggendola del lo
ci sia d’una città, sia d’un luogo particolare, venivano classificate
nel
numero dei Lari. Fuori le porte di Roma, e propri
o. Enea approdò sulle spiagge della penisola italiana, e propriamente
nel
Lazio, e chiese a Latino un piccolo angolo di ter
poli, Apollo, ossia il sole ha per madre Latona (parola che significa
nel
linguaggio egiziano, nascosto), volendo significa
li Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni feste che celebravano
nel
corso dell’anno, avevano istituita la quinta in o
eriore. Però dopo qualche tempo avendo fatto un viaggio a Delo, entrò
nel
tempio di Latona col proposto di vedere la magnif
i onori divini, e fu loro eretto un altare nella città di Lacedemone,
nel
tempio istesso di Licurgo. 2452. Lavazione. — Era
, e poi andarsi a lavare nelle acque del fiume Almone, e propriamente
nel
sito ove questo metteva foce nel Tevere. Un’antic
que del fiume Almone, e propriamente nel sito ove questo metteva foce
nel
Tevere. Un’antica tradizione, avvalorata dalla te
erte, la statua di lei. Queste diverse cerimonie, si compivano sempre
nel
più alto silenzio. Una della porte di Roma veniva
esto doloroso pensiere, ella si ritrasse a vivere solitaria e raminga
nel
fondo di un bosco, ove al dire delle cronache, el
’ antica tradizione alla quale si attiene Virgilio stesso, ripete che
nel
palazzo del re sorgeva un albero d’ alloro, il qu
iorni alla celebrazione di essa, in memoria della sedizione calmatasi
nel
popolo, quando la plebe pretese d’ aver parte nel
fu compiuta, e il cigno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi
nel
seno di Leda, la quale dopo nove mesi dette alla
(se del fatto Qualche nume ebbe cura) che le belve Restassero ambedue
nel
corso invitte. Ovidio — Metamorf. — Libro VII Fa
nsopportabile. Durante il periodo delle feste Lemurie, che ricadevano
nel
mese di maggio, e si celebravano di notte, non er
rante le feste di Bacco Leneo i poeti dell’antichità, facevano a gara
nel
comporre versi e commedie. 2471. Leonidee. — Ad e
nto, e rimase ucciso da quell’ eroe. 2475. Lerna. — Antichissimo lago
nel
territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pa
’ eroe, sebbene la cronaca dice, che avendo Iolao accompagnato Ercole
nel
combattimento con l’Idra dalle sette teste, non v
battimento con l’Idra dalle sette teste, non volle Euristeo ammettere
nel
numero delle dodici fatiche, alle quali il destin
anere immancabilmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città di Lerna,
nel
territorio di Argo, si celebravano in onore di Ba
nti a fulminar si diero, Che d’uomini spiranti e infranti legni Sorse
nel
porto un suon tetro e confuso, Ed alcuai infilzat
re altri corpi ; ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni
nel
vuoto prima di esser ohiamate a bere l’oblio nell
ra un fiume conosciuto sotto l’appellazione di Lete, che metteva foce
nel
Mediterraneo, vicino al capo delle sirti, e del q
i conviti eran posti sotto le statue degli dei e degli eroi. Lo Spon,
nel
suo viaggio della Grecia, scrive che nella città
, ch’ egli supponeva comandati da Aiace stesso, ma ferito mortalmente
nel
petto, dovè ritrarsi dalla batglia ; e siccome qu
giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere
nel
fiume ; ma appalesatosi il mistero che egli ascon
sta giovanetta, fu il primo che fece piantare alcuni alberi d’incenso
nel
suo regno. Apollo, ossia il Sole, ama ardentement
assalito da una violenta tempesta e gettato sulla spiaggia italiana,
nel
paese dei Bruzî, ove dopo molti pericoli, giunse
uno splendido banchetto, ove Liba si inebbriò per siffatto modo, che
nel
tripudio osò violentare una giovanetta nativa di
ge la tradizione che trovandosi in Temessa un atleta per nome Eutimo,
nel
tempo stesso in cui dovea compiersi l’annuale sac
in cui dovea compiersi l’annuale sacrifizio della vergine, egli entrò
nel
tempio e vide una bellissima giovanetta che ingin
persecuzioni di lui, che disperato d’esser stato vinto, si precipitò
nel
mare ed Eutimo sposò la giovanetta che avea così
iovan Battista Blanchi 2498. Liberali. — Feste celebrate dai romani
nel
giorno 17 marzo in onore del dio Bacco. Sebbene c
n Roma la dea Libitina aveva un tempio, circondato da un bosco sacro,
nel
quale si vendevano tutti gli oggetti necessarii a
funerali. Servio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare
nel
tempio di Libitina una data somma di danaro per o
furibondo. Ovidio, dice che Ercole dopo averlo raggirato varie volte
nel
vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanet
o varie volte nel vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanetto
nel
mare, con più forza di quella con cui una macchin
’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva
nel
mare Eubeo, e al quale i marinari non osavano acc
la giuntura del collo ; e poi trascinandolo per un piede, lo scagliò
nel
mare. Strinse Achille la spada, e alla giuntura
el gittaro i tirsi Tutte insieme, e fuggir : fuggì lo stesso Bacco, e
nel
mar s’ ascose, ove del fero Minacciar di Licurgo
lio sopra alcuni immegliamenti ch’ ei credeva necessario di apportare
nel
suo codice. Prima però di partire, fece giurare d
una vista così acuta, che ad una grandissima distanza, scoprì Castore
nel
tronco di un albero. E lui coll’ occhio vigile,
o di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta
nel
tempio di Delfo, in mezzo a quelle degli altri er
fagi. — Antichi popoli dell’Africa abitatori della costa di Barbaria,
nel
gran golfo di Sirte. Narra Omero, che Ulisse gett
he prendevano la loro denominazione da un bosco sacro chiamato Lucus,
nel
quale si celebravano le Lucarie, e che stava fra
e ebbero dai Galli e nella quale i fuggenti trovarono un sicuro asilo
nel
bosco Lucus. Al dire di Plutarco, nel giorno in c
genti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lucus. Al dire di Plutarco,
nel
giorno in cui si celebravano le Lucarie, i commed
boschi sacri, e che si chiamavano Luci. Le Lucarie venivano celebrate
nel
mese di luglio. 2560. Lucerio. — Soprannome dato
iamata Poplifugia ; nelle none si solennizzavano le feste Caprotine ;
nel
giorno seguente a queste, si compiva l’altra sole
tà degli antichi venissero in certo modo compendiate e quasi raccolte
nel
culto che i primitivi popoli della terra, tributa
, che il nome di Lupercale le veniva per essere quella grotta scavata
nel
monte Palatino e consacrata a Pane, antichissimo
in onore del dio Pane, e che, secondo asserisce Ovidio, cominciavano
nel
terzo giorno dopo gli Idi di febbraio. Per altro
colla lana delle capre immolate, la quale prima ponevano ad ammollire
nel
latte. Comunemente andavano anche armati di uno s
d’imporre il nome ad un fanciullo neonato, si facevano le lustrazioni
nel
nono giorno dopo la nascita di un maschio, e nell
acque nella Beozia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse
nel
territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente
nel
villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione
ell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato
nel
522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
nel
442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una
e e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi
nel
giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mi
io, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò
nel
mio viaggio. 3. Surgite, et ascendamus in Bethel,
i nell’ Università di Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori
nel
1256. Le sue cognizioni matematiche, affatto stra
Inghilterra, l’immortale autore del Paradiso perduto, nacque a Londra
nel
1608. Discendeva dai signori di Milton vieino Tha
n vieino Thame nella provincia d’ Oxford. Mori l’ 8 novembre del 1674
nel
66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a
674 nel 66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate
nel
cimitero di San Giles. 37. Lusignano. — Famigli
l 23 maggio 1734 a Itzmang nell’alta Svevia. Studiò medicina a Vienna
nel
1766 e vi ottenne la laura Dottorale. A lui si at
parte della fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania
nel
regno di Prussia, capoluogo della provincia di Br
chiato di bianco. Ritrovato dai sacerdoti, era guidato coa gran pompa
nel
tempio. Doveva vivere un certo dato numero di ann
empo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente
nel
tempio di Serapide. Villerosa. — Dizionario mito
iritto considerato il vero padre della filosofia della storia, nacque
nel
1668 in Napoli da onesti ma poveri genitori, esse
— Mori il 21 gennaio 1744. 48. Sabeismo. — Idolatria che consisteva
nel
culto degli astri. e fu una delle prime ad essere
Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto
nel
quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avveni
azione e della separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era
nel
cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il cielo.
la separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ;
nel
mar, nel foco e nella terra il cielo. (Anguillara
zione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ; nel mar,
nel
foco e nella terra il cielo. (Anguillara, Metamor
tro non era che un’ immagine della fatale necessità che tutto governa
nel
mondo ; e gli altri Dei, come anche lo stesso Gio
ell’ Jafet che la Genesi racconta essere andato a popolare l’ Europa,
nel
tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ ist
del Lazio, accolse amorevolmente l’ esule Nume, e se lo fece compagno
nel
supremo potere. 33. Saturno, per gratitudine dell
e fredda neve. S’ebber gli uomini allor qualche governo Nel mangiar,
nel
vestir, or grave, or leve, S’ accomodaro al varia
petti de’ mortali ; E le pure virtù, candide e belle, Gîro a splender
nel
ciel fra l’ altre stelle. Un cieco e vano amor d’
saggio Alberga con amor persone infide, Che scannan poi, per rubarlo
nel
letto, Lui che con tanto amor diè lor ricetto. S’
are la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio,
nel
quale era celebrata la sua festa con offerte di d
cessore ai supplichevoli mortali appo gli Dei. 38. Le feste istituite
nel
Lazio in onor di Saturno e in memoria della dimor
uravano tre giorni, e tutto allora spirava gioia e piacere. Il Senato
nel
tempo dei Saturnali sospendeva le adunanze ; eran
li. È questo il luogo da ricordare i bellissimi concetti del Petrarca
nel
Trionfo del Tempo : Seguii già le speranze, e’ l
E quanto posso, al fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio,
nel
quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio
viva o moja. Veggio la fuga del mio viver presta ; Anzi di tutti ; e
nel
fuggir del sole, La ruina del mondo manifesta. Or
perire. La mente umana tende a più alto fine ; laonde lo stesso poeta
nel
Trionfo della Divinità : Da poi che sotto ’l cie
stupendi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro di Vesta
nel
suo carme le Grazie :13 Solinga nell’ altissimo
ccendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere
nel
tempio ed esser guida ed esemplare alle novizie.
dai Frigii in onore della grande Dea. In Roma, dove furono introdotte
nel
tempo della seconda guerra punica, erano celebrat
mavano i flauti sacerdotali dei Coribanti, e la Dea avèva trasformato
nel
secondo il giovine Ati. 50. Cibele prese a prote
fu subito trasformato in sozzo gufo notturno. Infatti Non è chi sia
nel
mondo peggio visto D’un che rapporta ciò che sent
a o per altre necessità travagliati dalla fame possono parere ingordi
nel
satollarsi. 58. Alfine, dopo aver girato il mondo
rpente d’oro, un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia,
nel
tempo di questa processione, le donne correvano q
di Celo (25) per vendicare i Titani suoi nipoti precipitati da Giove
nel
Tartaro, gli fece ribellare i Giganti (69) figliu
, Chi monte impose a monte ? Parini. Alcuni di quei monti ricadendo
nel
mare diventarono isole, altri tornando a precipit
che a’generosi insulta ; Ma il profetato Alcide in cor gli freme, E
nel
futuro esulta. Silvestro Centofanti. 72. Addolo
. 72. Addolorati gli altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi
nel
vedere che egli solo si arrogava il diritto di cr
terra ; e la sola Speranza, vero dono celeste e ultimo scampo, restò
nel
fondo del vaso.21 74. Giove protesse con parzia
iter, ossia diei pater, padre del giorno : Feretrio, da ferre, perchè
nel
suo tempio erano recate le spoglie opime, cioè le
re il néttare agli Dei ; ma poichè un giorno le intravvenne di cadere
nel
bel mezzo della celeste assemblea, ella n’ebbe ta
io, gr.) figliuolo di Tros re di Troja, facendolo rapire da un’aquila
nel
tempo che il giovinetto era a caccia sul monte Id
ti (452), il quale aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquanta
nel
tempo che gli altri eran chiusi dal sonno. Ma la
ara la preferenza che il pastore Paride (597) concesse a Venere (170)
nel
giudizio della bellezza. Si vendicò d’Europa (74,
ide figlia di Taumante, che di là cangia sovente contrade, dice Dante
nel
Purg. c. xxi, perchè l’arcobaleno si mostra ora i
o, allorchè Nettuno, (185) impietosito dal tristo caso, fece apparire
nel
mare Egeo l’isola di Delo,27 e Latona trasformata
torir li due occhi del cielo. Dante, Purg., c. XX. 98. Un dì Latona
nel
fuggire la persecuzione di Giunone attraversava l
a e figliuola del fiume Peneo, fu incontrata all’improvviso da Apollo
nel
tempo del suo esilio sopra la terra, e svegliò in
regnata dall’erba e da’fiori…. Dante, Purg., c. XXIV. Annibal Caro,
nel
suggerire al pittore Taddeo Zuccheri le invenzion
ire al pittore Taddeo Zuccheri le invenzioni per dipingere una camera
nel
celebre palazzo di Caprarola appartenente alla fa
della catastrofe atlantica (69), avuta notizia di consimile incendio
nel
littorale d’Italia, immaginarono una caduta del s
di i poeti stessi erano trasformati ed onorati nei cigni. Ugo Foscolo
nel
carme le Grazie dedica a questo simbolo della bel
— Il tripode della Sibilla, tutto d’oro massiccio, era stato trovato
nel
mare da alcuni pescatori. Costoro, dopo molte con
o dono, inviandolo a Chilone che faceva consistere tutta la filosofia
nel
contentarsi del necessario, dicendo : bando al su
ssato così dalle mani dei sette savi, tornò a Talete, che lo depositò
nel
tempio d’Apollo consacrandolo al servigio della S
; e l’eloquenza e la musica da lui professate o inventate impressero
nel
loro animo i precetti della morale. Quindi lo ado
ia. Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re di Frigia,
nel
quale non si sapeva se fosse maggiore la ricchezz
e convien che si rida, Dante, Purg., c. XX. lo consigliò a tuffarsi
nel
fiume Pattolo che irriga la Lidia. Mida obbedì, e
re su tal proposito che le ricchezze adoperate in utili imprese, come
nel
regolare il corso delle acque, nell’irrigare i ca
prese, come nel regolare il corso delle acque, nell’irrigare i campi,
nel
muovere macchine, sono sorgente di prosperità ver
e al disco solare, o più veramente fiorisce d’estate quando il sole è
nel
Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di O
nello, e far libazioni d’olio e di latte, queste in memoria del tempo
nel
quale fece il pastore, quelle perchè l’olivo, fed
ed il suo crocidare serviva spesso di prognostico. L’aquila che fissa
nel
sole l’audace suo sguardo, il gallo che ne celebr
armato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino,
nel
quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serv
nchè l’imperator Vespasiano lo fece rimetter su 69 anni dopo G. C. Ma
nel
667 Rodi era caduta in mano dei Saraceni, e Moavi
tua di Diana fu gettata in oro. Erostrato diede fuoco a questo tempio
nel
dì che nacque Alessandro il grande, e mentre Dian
correndo e urlando scarmigliate sulle colline con faci o tirsi (150)
nel
pugno, dietro alla statua di Bacco recata dai sac
tale esempio ; chè anzi ricusarono d’assistere alle feste di Bacco, e
nel
tempo che erano celebrate vollero per disprezzo c
ste di Bacco furono anzi tratto celebrate tre volte l’anno : la prima
nel
mese d’agosto, ed appendevano allora sugli alberi
i alle viti tante figurine di Bacco per custodire le uve ; la seconda
nel
mese di gennaio, quando erano recati a Roma i vin
ni più squisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la più solenne,
nel
mese di febbraio ; dei quali Baccanali conserviam
interprete di Giove e degli altri Dei tanto in cielo che in terra, sì
nel
mare che nell’inferno ; dirigeva egli stesso le l
le nostre anime, dopo aver lasciata la morta spoglia, trasmigrassero
nel
corpo di quegli esseri, che per le loro inclinazi
a ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio di Troja
nel
corpo del guerriero Euforbo. In alcuni popoli del
ade pubbliche. Fatto sta che a lui stesso attribuiscono molta abilità
nel
furto, poichè essendo ancora fanciullo rubò la fa
Mercurio, ma non più in occasione di furti, vien rammentata da Dante
nel
c. XIV del Purg. a proposito dell’invidia : Io so
e lo dissero Triceps (triplice o trino) per gli uffiej che esercitava
nel
cielo, sulla terra e nell’ inferno. 169. Secondo
più le giova L’inno che bella Citerea la invoca. Tito Lucrezio Caro
nel
suo poema della Natura delle cose a lei chiede la
or, come si legge in prosa e ’n versi. Petrarca. Lo stesso Petrarca
nel
Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e
si in matrimonio con Penia Dea della povertà, che nello stesso giorno
nel
quale celebravano in cielo la nascita di Venere,
i, non contento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose
nel
cielo, ed inspirato da esso a quel canto che dove
tela son le Grazie al core — Delle ingenue fanciulle, dice il Foscolo
nel
più volte ricordato suo carme alle Grazie. Chi vu
iù dominante di Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravvolse
nel
mistero le sue intenzioni. Fece costruire un bell
o. Sceglie una bella notte d’estate ; piglia le ali e le freccie ; va
nel
più bel punto di quell’ amena dimora, si stende s
o temuto da me e dalle mie sorelle ? Ah ! è il dio Amore, egli stesso
nel
più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Am
l’anima. Il Foscolo così ricorda questa favola ch’ ei finge istoriata
nel
velo delle Grazie : Scegli, o madre de’ fior, te
unta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isoletta di Citera
nel
Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso, ov’era il
ondo poi la natura del suo culto aveva altri soprannomi, come vedremo
nel
§ seguente. 181. Gli antichi hanno rappresentato
il portamento, serena la fronte, elevata la testa, e gli occhi fissi
nel
cielo. Amore stavale a’ piedi, con gli occhi bend
o incoronate di rose, l’incarnato e il candore delle quali indicavano
nel
tempo stesso l’ardore e la purezza dei loro voti.
nasse incolume e vincitore dall’Asia. Infatti la sua chioma fu appesa
nel
tempio della Dea ; ma la notte seguente scomparve
scomparve ; e un astronomo, Conone, annunziò che Venere l’aveva posta
nel
cielo e cangiata in stella ; quindi la costellazi
90. I Tritoni nella parte superiore del corpo somigliavano l’uomo ; e
nel
resto il pesce. Precedevano il Nume o Anfitrite,
este Sirene avevano la testa e il corpo di donna fino alla cintura, e
nel
rimanente erano uccelli. Andavano adescando e tra
rla in pena della sua insaziabile voracità. Allora la colpevole cadde
nel
Mediterraneo, e diventò pericolosa voragine appun
d’ambedue questi nemici dei naviganti : Nel destro lato é Scilla, e
nel
sinistro É l’ingorda Cariddi : una vorago D’un gr
o dalla Sibilla Cumana (665) : Era un’atra spelonca la cui bocca Fin
nel
baratro aperta, ampia vorago Facea di rozza e di
ia senza tempo tinta, Come la rena quando il turbo spira. Così Dante
nel
Canto III dell’Inferno ; e con non meno terribile
Dante nel Canto III dell’Inferno ; e con non meno terribile dipintura
nel
V, ove dice : Ora incomincian le dolenti note A
gravissime pene contro coloro che avessero violato i giuramenti fatti
nel
suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dove
iato dal padre per aver ucciso per disgrazia Foco suo fratello minore
nel
fare il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cenc
l sinistro canto : Quella che piange dal destro è Aletto : Tesifone è
nel
mezzo : e tacque a tanto. Coll’unghie si fendea c
e. Questa triplice divinità esercita con tre nomi tre diversi poteri,
nel
Tartaro, nel cielo e sulla terra : Ecate con le c
plice divinità esercita con tre nomi tre diversi poteri, nel Tartaro,
nel
cielo e sulla terra : Ecate con le chiavi dell’ a
na vita corta e sventurata, il bianco un’esistenza più lunga. Di rado
nel
pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche fi
« Ovidio la pone (la casa del sonno) in Lenno e ne’ Cimmerii, Omero
nel
mare Egeo, Stazio presso agli Etiopi, l’Ariosto n
infermo, col capo e con tutte le membra languide, e come abbandonato
nel
dormire. Dintorno al suo letto si vegga Morfeo, I
trasforma esso stesso in più forme ; e questo figurerei per modo, che
nel
tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di
à si mostrava sorda ai loro voti. Morfeo, capo degli altri sogni, era
nel
tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e talo
rigione oscura Agli animi gentili : agli altri è noia, C’ hanno posto
nel
fango ogni lor cura. Quindi i buoni non debbon t
e, vino e profumi. 244. Fra i grandi colpevoli che furono precipitati
nel
Tartaro (216) convien citare prima i Giganti (65)
e il colpo e d’altro vampo Che di tede e di fumo ; e degno ancora Che
nel
baratro andasse. (Virgilio, Eneide, traduzione d
uoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono
nel
Tartaro a vivere nel perpetuo timore di restare s
fo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere
nel
perpetuo timore di restare schiacciato sotto uno
con questo strazio, Giove (63), credendolo pentito, gli aprì un asilo
nel
cielo, e lo fe’ sedere alla mensa degli Dei. Spes
tò tanto male da cortigiano col padre dei Numi, che questi lo fulminò
nel
Tartaro (216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di
(96) e Diana (137) lo uccisero con le frecce, e lo mandarono a patire
nel
Tartaro (215), dove … ha sopra un famelico avvol
fuor di sè pel dolore della rapita figliuola. Giove poi volle punire
nel
Tartaro (216) l’avarizia di Tantalo ; e Nettuno,
o sposo Linceo. Giove (63) punì le scellerate fanciulle condannandole
nel
Tartaro a travagliarsi eternamente invano per emp
esso è dipinto nell’atto di rapire Proserpina (53), recandola svenuta
nel
suo carro tirato da cavalli neri. Nell’Inferno si
ruare, far libazioni sulle tombe ; le quali cerimonie erano celebrate
nel
secondo mese dell’anno, che serba sempre il nome
nale ricordiamo anche la bellissima ottava del Tasso : Orrida maestà
nel
fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il r
io con una borsa in mano ; e zoppicando va innanzi a passi lenti ; ma
nel
tornare indietro si serve delle ali e corre veloc
uttano il bene. Ma non si creda che le ricchezze consistano solamente
nel
denaro simboleggiato dalla borsa di Pluto : chè a
boleggiato dalla borsa di Pluto : chè anzi hanno esse la minima parte
nel
conseguimento dei veri beni ; e la ricchezza vera
ezza veramente pregevole consiste nella buona riputazione d’onestà, e
nel
sapere. Quanti ricchi non vediamo sguazzare nell’
ncia di Diomede (377) invisibilmente guidata da Minerva (262) ; e che
nel
ritrarsela dalla piaga …… mugolò il ferito Nume,
Gli mettono accanto un gallo per indicare quanto importi la vigilanza
nel
mestier delle armi. 259. Debole fu il culto dei G
u attribuita la scoperta della scrittura, della pittura e del ricamo,
nel
quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella stor
vano in guerra, per difesa del volto, di un piccolo scudo con un buco
nel
mezzo, la favola attribuì loro un solo occhio.
donia ed a Roma ; ed erano sempre onorate insieme con le Grazie (175)
nel
medesimo tempio ; nè celebravasi onesto e gradevo
mmare l’ingegno : « O muse, o alto ingegno, or m’aiutate » dice Dante
nel
II° dell’Inferno ; e nel principio del Purgatorio
e, o alto ingegno, or m’aiutate » dice Dante nel II° dell’Inferno ; e
nel
principio del Purgatorio : Ma qui la morta poesi
sperâr perdono. Bellissima poi è l’invocazione che egli fa ad Apollo
nel
del Paradiso, dove comincia : O buono Apollo, al
vino, la rilassatezza delle membra, la sazietà, la noia sono espresse
nel
suo contegno ; e dà bene a conoscere quanto sia m
oltremodo, e implorò dal padre degli Dei che Esculapio fosse accolto
nel
cielo, dove egli lo trasformò in un astro chiamat
na grossa biscia. È noto che il serpente fu adorato anche dagli Ebrei
nel
deserto, e che è uno dei simboli dell’immortalità
na corona di pampani o d’alloro : e talvolta la sua statua comparisce
nel
mezzo agl’istrumenti di giardinaggio e d’orticolt
a ciò che dovessero farne, ordinarono che fosse lasciata al suo posto
nel
Campidoglio. Ed i Romani pigliando quest’avventur
est’avventura per buono augurio, dissero che il dio Termine collocato
nel
Campidoglio doveva essere la principal difesa del
erano celebrate l’ultimo giorno dell’anno. Lo incoronavano di spighe
nel
tempo della mèsse, e di fiori all’arrivo della pr
ogie ne fanno derivare il nome dal vocabolo palea, paglia. Vero è che
nel
mese di maggio, o, secondo altri, d’aprile celebr
tte Palilie. La cerimonia consisteva nell’offrir latte e miele, e poi
nel
dar fuoco a tre grandi barche di paglia ; ed i pa
munemente una capretta o un agnello. La festa finiva con un banchetto
nel
quale il pastore più vecchio faceva una patetica
fine le apparve sotto le sembianze di vecchia ; e tanta eloquenza usò
nel
colloquio, che datosele poi a conoscere, Pomona a
rno dei frutti nascenti, finchè Pomona (311) non vien da sè a regnare
nel
suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piant
di una danza. Il giro dentro della grotta veniva appunto a rispondere
nel
mezzo del masso. Usciva dall’un canto del sasso m
ustode, e Toe vermiglia Di zoofiti amante e di coralli ; Galatea che
nel
sen della conchiglia La prima perla invenne, e Do
asa, voi questo nipote65 Mi conservate : questo augurio è vostro ; E
nel
poter di voi Troja rimansi. (Eneide, lib. II. Tr
uno genio cattivo che li tentava a commettere il male. Quindi ognuno
nel
suo giorno natalizio sacrificava al proprio Genio
avano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro era collocata
nel
quartiere accanto al letto dell’ Imperatore regna
ea. Ma più nobilmente e con sapienza e versi sublimi ne ragiona Dante
nel
VII dell’ Inferno : Colui, lo cui saper tutto tr
o severo e il contegno franco ; ma facilmente le si scorgono scolpiti
nel
volto anche i terrori della minaccia inesorabile.
dicasse le ingiurie fatte alle tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara
nel
Campidoglio, sulla quale deponevano una spada pri
precipitare sopra la terra, giurando che non sarebbe mai più tornata
nel
cielo. Fin da quell’ epoca ella va percorrendo og
endo ogni dove la terra con incredibile celerità, e gode a ritrovarsi
nel
mezzo alle sventure ed in compagnia dei malvagi,
e facendola messaggéra di Giove (63). Degnamente celebra il Petrarca
nel
suo Trionfo la buona Fama : Quale in sul giorno
? Era dintorno il ciel tanto sereno, Che per tutto ’l desio ch’ardea
nel
core L’occhio mio non potea non venir meno. Scolp
l Monti nella Mascheroniana, coi quali allude alle vicende di Francia
nel
cadere del secolo passato. Son parole della Giust
tremò ; parve del mondo Allor l’antica servitù finita. Ma il Foscolo
nel
ricordato inno : E quando sparve la celeste fiamm
irate fazioni che dividono le famiglie ed i cittadini. Abitò un tempo
nel
cielo, ma Giove ne la bandì, perchè metteva sempr
a per non essere stata convitata alle nozze di Teti e di Peleo, gettò
nel
mezzo alle Dee un pomo fatale, per cui nacque la
zione. Dall’ altra parte venia la Calunnia tutta adorna e liscia, che
nel
fiero aspetto e nel portamento della persona, ben
arte venia la Calunnia tutta adorna e liscia, che nel fiero aspetto e
nel
portamento della persona, ben palesava lo sdegno
o della persona, ben palesava lo sdegno e la rabbia ch’ ella chiudeva
nel
cuore. Portava nella sinistra una fiaccola, e con
ocenza. Facevale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta
nel
guardo, nel resto simigliantissima ad un tisico m
vale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta nel guardo,
nel
resto simigliantissima ad un tisico marcio ; e fa
pensierosa, e non guarda nè la terra nè il cielo ; e par che ricerchi
nel
proprio cuore soltanto le sue consolazioni, e che
lia ben inarcate, vestita di velo trasparente fino ai piedi, succinta
nel
mezzo della persona ; con una mano si appoggi ad
l’ali e di cantare. E tutto questo dietro l’Aurora. Ma davanti a lei
nel
cielo dello sfondato farei alcune figurette di fa
appare nuda o coperta di semplici vesti, ma dignitosa nell’aspetto e
nel
contegno, e con occhi sfavillanti al par degli as
cima per soffiar de’venti. E così tutti le avessero sempre scolpite
nel
cuore ! L’amicizia. 351, 2°. I Greci onor
on appartiene alla gioventù, ma è frutto della ragione, che si matura
nel
corso della nostra estate, e del quale godiamo ne
one, che si matura nel corso della nostra estate, e del quale godiamo
nel
nostro inverno. Felici coloro che lo posseggono a
o sinistro aperto, e con l’indice della destra scopriva il suo cuore,
nel
cui mezzo erano scritte queste parole : Da vicino
, e dettelo a educare ai sacerdoti del tempio di Minerva. 355. Perseo
nel
crescere dell’età mostrò tanto valore che il popo
ni. « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso » dice Virgilio a Dante
nel
IX dell’Inferno « Che se ’l Gorgon si mostra, e t
sarebbe del tornar mai suso » ossia, non si parlerebbe più di tornare
nel
mondo. E il Petrarca dice : « il volto di Medusa,
rpatore. Ma poco dopo gli accadde che volendo far mostra di destrezza
nel
giuoco del disco, colpì Acrisio, e lo stese morto
ccelso figlio, Quand’ei levossi alla tremenda guerra ; E fatal prova
nel
primier periglio Dando d’immenso ardire, Con mano
, le squame non più vivaci per la porpora e per l’oro, nè più lucenti
nel
moto, ma scolorite e livide. Sembrava che Alcmena
olpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle sue frecce
nel
sangue dell’Idra perchè mortali ne fossero le fer
ellito dalle sue finzioni. 372. Uno spietato cinghiale che s’intanava
nel
monte Erimanto, devastava tutta la campagna circo
li la cintura d’Ippolita (432), regina delle Amazzoni. L’eroe penetrò
nel
paese di quelle intrepide guerriere, le combattè,
o denotare la tirannide sostenuta dall’ipocrisia e dalla frode. Dante
nel
XVII dell’Inferno ne fa una maravigliosa pittura
tti erano dati in custodia a un orribile drago con cento teste, e che
nel
tempo stesso mandava cento diversi sibili. Ercole
tò di nascondere le tracce del furto facendoli camminare all’indietro
nel
tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’au
e sue braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’inferno tra’Centauri
nel
cerchio dei violenti, narra in altro modo il suo
di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte
nel
sangue dell’ Idra di Lerna (371). 395. Nesso, pri
ì acerbi dolori, che divenutone furioso, afferrò Lica e lo scaraventò
nel
mare, dove fu cangiato in iscoglio. 398. Sentita
già vicina l’ ultim’ ora, donò a Filottete (546) le sue frecce tinte
nel
sangue dell’ Idra di Lerna (372), senza le quali,
, e per madre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò
nel
borgo di Trezene nell’ Argolide. Fu parente e con
abitava nei contorni d’ Epidauro, dove assaliva i viaggiatori. Teseo,
nel
recarsi da Trezene a Corinto, lo uccise, e ne pre
di Creta aveva messo al mondo questo mostro, e il re lo teneva chiuso
nel
laberinto dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva
no di Chirone è la mano per eccellenza. La destrezza nella chirurgia,
nel
suono, nella ginnastica, nella guerra erano infat
aglia di Maratona. Allora ne cercarono con gran premura le spoglie, e
nel
luogo dove la tradizione indicava che fossero sta
ate a Linceo e Ida. Sostennero contr’ essi un ostinato combattimento,
nel
quale Castore restò ucciso da Linceo che pur cadd
astore restò ucciso da Linceo che pur cadde sotto i colpi di Polluce,
nel
tempo che Ida restò fulminato da Giove (63). 4
r nome Melicerta. Maestrevolmente dipinge Dante quest’ orribile caso,
nel
XXX dell’ Inferno : Nel tempo che Giunone era cr
onde. Giasone, dopo l’ impresa della Colchide, lo consacrò a Nettuno
nel
golfo di Corinto. Tutti questi avventurieri s’ im
venturieri s’ imbarcarono al capo di Magnesia in Macedonia, entrarono
nel
Ponto Eussino, pervennero ad Ea capitale della Co
suo orgoglio. Tuttavia, secondo alcuni, risplende col poetico Pegaseo
nel
numero degli astri. 468. Quest’ avventura ha fatt
rispondea. (Monti, Mascheroniana.) 472. Fu eretto un tempio ad Orfeo
nel
luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne era
rione. 478. Arione, poeta e cantore, nacque nell’isola di Lesbo91
nel
mare Egeo al sud della Troade. Fu emulo d’Orfeo (
i fa tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che era già nascosto
nel
suo palazzo. Essi sfrontatamente risposero ch’egl
ati confessano il loro delitto, e sono condannati a ignominiosa morte
nel
luogo stesso ove il delfino aveva recato in salvo
i narra infatti che recarono sulla spiaggia il corpo d’ Esiodo ucciso
nel
tempio di Nettuno, e gettato in mare ; salvarono
dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora di fondare una città
nel
punto dove sarebbe stato condotto da un bove. Cad
piede. La Sfinge, vinta da questa spiegazione, si annegò da sè stessa
nel
mare. 500. edipo , dopo aver liberato i Tebani
s’aperse sotto i piedi, ma senza violenza, per nascondere quetamente
nel
suo seno la vittima d’una tremenda persecuzione c
sse di pigliar vendetta del preteso affronto ricevuto da Paride (597)
nel
giudizio della bellezza. 520. Ma Venere (170) pro
) protesse sempre i suoi diletti Trojani, e talora trasse anche Giove
nel
suo partito. Gli stessi due fiumi della campagna
ver luogo senza certi avvenimenti predestinati che dovevano compiersi
nel
tempo dell’assedio. Questi avvenimenti furono det
; 3° Che rapissero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata
nel
tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cava
e questa in breve fu ridotta in cenere dopo un assedio di dieci anni,
nel
qual tempo eran periti ottocentomila Greci, e qua
(535). 530. Agamennone fece mostra di molto orgoglio e di poco senno
nel
campo dei Greci, mentre Menelao vi spiegò molto v
rgerlo nelle acque dello Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè
nel
calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi gli
Deidamia figlia del re, e n’ebbe Pirro (543). Dante cita questo fatto
nel
IX del Purgatorio per fare un paragone con sè med
er essere celebrate le nozze, il vilissimo Paride scoccò a tradimento
nel
calcagno d’Achille una freccia avvelenata, e l’uc
e, e lo condussero all’assedio di Troja. 548. Appena giunto Filottete
nel
campo greco, Paride (597) ebbe l’ audacia di sfid
ce d’Ercole, che ferivano sempre mortalmente per essere state intrise
nel
sangue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la pr
lla spiaggia di Creta. Cessò la tempesta, e il re approdò felicemente
nel
porto, ove il figliuolo, che lo aspettava, fu il
l’uso della ragione, e divenne così mattamente furioso, da scagliarsi
nel
mezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figu
figliuolo di Laerte e d’ Anticlea, era re della piccola isola d’Itaca
nel
mare Ionio. Ulisse, il figlio di Laerte, io sono
Pallade, ossia di Minerva (263), religiosamente custodita dai Trojani
nel
tempio di questa Dea, e che vantavano scesa dal c
. Ulisse e Diomede (550) gli assalirono all’improvviso, uccisero Reso
nel
sonno, ed involarono i suoi cavalli prima che pot
e. 4° Fece risolvere Telefo (521), figliuolo d’ Ercole, a trasferirsi
nel
campo dei Greci ; la quale impresa era di diffici
amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristabilito così
nel
suo regno, sarebbe stato felice senza la predizio
a qual non fui deserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna. Fin
nel
Marocco, e l’isola de’ Sardi, E l’altre che quel
cammino, Che appena poscia gli avrei ritenuti : E volta nostra poppa
nel
mattino,110 De’remi facemmo ali al folle volo, S
lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta
nel
cuor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci,
elle sue ricchezze. Allora questa infelicissima madre entrò furibonda
nel
palazzo dell’assassino, con altre donne trojane c
ublime il patetico di tante sciagure quel signor dell’altissimo canto
nel
XXX dell’Inferno : E quando la fortuna volse in
3. Il desiderio di vendicare la morte dell’amico fece tornare Achille
nel
campo. Alla vista del tremendo guerriero chiedent
rabile scudo d’Achille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico
nel
collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al s
danie porte a tutto costo Fuori volea gittarsi. S’avvolgea Il misero
nel
fango, e tutti a nome Chiamandoli e pregando : Ah
Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta di lui sognò d’aver
nel
seno una face che un giorno avrebbe incenerito l’
ventaro, e stretto L’avvinser si che le scagliose terga Con due spire
nel
petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato,
o L’avvinser si che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due
nel
collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte
, invêr la rocca insieme Strisciando e zufolando al sommo ascesero, E
nel
tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’pi
e. Lib. II. Traduz. del Caro.) Altri narra che il misero padre avesse
nel
tempo stesso perduta la vista ; e l’udire le supp
rra ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise,
nel
quale Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro a
tro anni di pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve
nel
tempo di una battaglia, essendo stato rapito in c
o un gigante capace di uscir fuori dell’acqua con la testa camminando
nel
fondo del mare. Una volta ch’egli attraversava co
ia di far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava, la sua bravura
nel
tirare a segno, e mirò tanto bene, che Orione rim
onori del funerale, vale a dire, impetrando da Giove che fosse posto
nel
cielo, ove forma la costellazione più rilucente d
l’ufficio di sacerdoti in quel tempio, e la grazia di morire insieme
nel
medesimo giorno. I loro voti furono esauditi. Giu
rtali possa essere accordato dal Cielo. Il giorno dopo addormentatisi
nel
tempio non si svegliarono più, quasichè per l’uom
dalle miserie della vita. Gli abitanti d’Argo alzarono loro le statue
nel
tempio di Delfo. Oh generosi ! i vostri nomi sara
quanto avrebbe durato ad ardere un tizzone che le Parche avevan messo
nel
fuoco mentre sua madre lo partoriva ; sicchè Alte
627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’era scordato di lei
nel
sacrificare a’Numi per ringraziarli della fertili
etendenti, che non voleva dar la sua mano se non a chi l’avesse vinta
nel
corso ; quindi minacciava di far perire tutti col
re (170), che gli aveva regalato tre pomi d’oro colti da Ercole (368)
nel
giardino delle Esperidi.120 642. Ecco dato il se
i che ormai gli era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo
nel
tragitto accendeva una face sulla cima della torr
ontro l’impeto dei flutti ; ma alla fine rimase spossato, e scomparve
nel
profondo abisso. Pochi giorni dopo le onde trasse
ato per rintracciare il giovine Ila, che era stato rapito dalle ninfe
nel
recarsi a far provvista d’acqua dolce per la nave
na, e dopo essere stato così per sette anni, ritrovati i due serpenti
nel
medesimo posto, e colpitili di nuovo con la medes
, riebbe subito la primiera sua forma. Di lui fa menzione anche Dante
nel
XX dell’Inferno, e tocca varie altre cose che fan
iù si bagna, Tra Garda, e Val Camonica, e Pennino131 Dell’ acqua che
nel
detto lago stagna. Luogo é nel mezzo là dove ’l T
amonica, e Pennino131 Dell’ acqua che nel detto lago stagna. Luogo é
nel
mezzo là dove ’l Trentino132 Pastore, e quel di
e talora esser grama. Quindi passando la vergine cruda136 Vide terra
nel
mezzo del pantano, Senza cultura, e d’abitanti nu
in questi bei versi del Foscolo, nell’inno alle Grazie : Innamorato,
nel
pïerio fonte Mirò Tiresia giovinetto i fulvi Cape
05) il suo nascondiglio. Anfiarao costretto a partire vide avverarsi,
nel
tornar dalla spedizione, il funesto vaticinio, po
aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore
nel
bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non ave
evano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna
nel
tempio di questo Dio. La caverna aveva cento sboc
si della resistenza, la trasse a forza dalla sua cella, e la condusse
nel
Santuario, dov’ella disse : figlio mio, tu sei in
ei Greci, celebrati da Achille alla memoria di Patroclo ; e Virgilio,
nel
libro V dell’ Eneide canta quelli co’ quali Enea
Olimpia, legga la bella descrizione che ne vien fatta da Barthelemy,
nel
viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni
ra sedotti dalla presunzione, e ne pagarono il fio. Milone di Crotone
nel
Brutium (Abruzzi) superò tutti quelli del suo tem
lodati costumi, Fuggi, o mortal, di pareggiarti ai Numi. Nell’ Ocean,
nel
suolo, Frutto d’onor non coglie Virtù che rischio
etti, perchè sacri a Giove Olimpico. Pindaro in più luoghi e Strabone
nel
libro VIII, ne attribuiscono l’istituzione ad Erc
5 anni, o, come altri dicono, ogni 50 mesi cominciando il 22 giugno o
nel
plenilunio d’ecatombeone, che risponde quasi al n
75. I principali giuochi di Roma erano di tre specie : La corsa fatta
nel
circo dedicato a Nettuno od al Sole (110) ; i com
acro a Marte (255) e a Diana (137) ; e i giuochi scenici, consistenti
nel
rappresentare tragedie, commedie e satire in onor
quando colui che correva al destro lato di quello che tutti superava
nel
mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti d
fatica il trascorrerlo più oltre. La corsa de’ carri. Ma già
nel
medesimo luogo, donde erano partiti i cursori, ap
are ed ora s’asconde, così ora un cocchio si mostrava, ed ora spariva
nel
turbine polveroso. Ma pure alla fine surse leggie
ente. Stettero così alquanto di nuovo discosti, ed il Cretese fremeva
nel
vedersi, al principio del cimento, quasi sul punt
e ; ed intanto gli spettatori, che taciti avevano trattenute le grida
nel
rimirare quel dubbioso incontro, proruppero in ap
la destra gamba, e con essa il sinistro di lui piede a sè traendo, e
nel
tempo istesso spingendogli il petto, lo costrinse
da cui pendevano bianchissime chiome di destriero, e un ampio scudo,
nel
cui centro era incisa la torva Medusa. Alessandr
ndo de’ carri e de’ cavalli La confusa burrasca. Ultimo Oreste Segue,
nel
fin tutto fidando ; e, visto Restar quel solo, un
el caprone del Vello d’oro (419) che fu immolato a Giove (63) e messo
nel
numero degli astri, ossivvero quello che indicò u
solennità e con molta tenerezza onoravano gli antichi i defunti, sia
nel
collocarne sotto la terra le spoglie, sia nel cel
antichi i defunti, sia nel collocarne sotto la terra le spoglie, sia
nel
celebrarne la memoria con annue feste. Era quest’
, era conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma vi fu un tempo
nel
quale la depravazione dei costumi contaminò con v
lui spegna, Ed Apollo la palma a me conceda, Porteronne le tolte armi
nel
sacro Ilio, e del Nume appenderolle al tempio : M
nti.) 692. Patroclo, benchè morto in gnerra e fuor della patria, ebbe
nel
campo tutti gli onori funebri, ed inclusive i giu
oclo attentamente Le sacrate ossa ; e scernerle fia lieve, Imperocchè
nel
mezzo ei si giacea Della catasta………….. ………. Indi
o, gli fece da essi togliere a tradimento la vita e gettarne il corpo
nel
Nilo. 700. Iside, saputo il fine lacrimevole del
co era accolto dai sacerdoti e da immensa folla di popolo. Condottolo
nel
santuario d’ Osiride, lo collocavano davanti a du
to delle acque producesse un uovo d’oro, splendido quanto mille soli,
nel
quale nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718
. Un gigante, per nome Paladas, aveasi presa la terra e recatala fino
nel
profondo dell’inferno ; ma Visnù trasformato in m
vinse il gigante ; riportò la terra sopra il suo grifo, e la collocò
nel
primiero suo posto. Le altre metamorfosi di quest
d’Odino per dirgli all’orecchio quanto avevano udito o visto di nuovo
nel
mondo. Odino li mandava ogni giorno a raccoglier
corre per l’aria attraverso al fuoco. Vengono poscia le Walchirie che
nel
Valhalla (paradiso delle divinità scandinave) ver
ppato il cuore. Il culto di queste divinità consisteva principalmente
nel
sacrificare ad essi creature umane. Le vittime co
, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta
nel
centro di un tempio rotondo, volle simboleggiare
fi per cura di F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi di F. Le Monnier
nel
1848. Firenze. 14. I Dattili idei furono i primi
questi montanari industriosi sulla via di scoprire i metalli nascosti
nel
seno della terra, e d’ inventare il modo di fonde
o celebrati vicino ad Atene sulle sponde dell’Ilisso ; e consistevano
nel
preparare gli assistenti ai grandi misteri, dei q
la lettura delle leggi di Cerere, pigliavane poco cibe, ed entravane
nel
santuario dove regnava profonda oscurità. A un tr
sima luce illuminava la statua di Cerere doviziosamente arredata ; ma
nel
tempo che la folla guardava meravigliando, ecco a
aia, effelto naturale delle cure e della penosa fatica. Laddove prima
nel
regno degli Dei, cioè nella prima età del mondo,
chi colle sue Osservazioni che, tradotte dal ledesco, furono stampate
nel
Giornale Enciclopedico, anno 1775, tomo VIII, pag
, ed ha on promonterio divenuto celebre perchè di li ai precipitavano
nel
mare gli amanti sventorati, a fine di perdere la
gli scogli di Scilla, indicando la linea da percorrere con sicurezza
nel
difficile passo. 41. Ludi magni o Circenses.
un vulcano che vomilava fiamme ; edi suoi abilanli furono abilissimi
nel
lavorare il ferro ed altri melalli. 60. Di Chiro
. La descrizione che Omero fa dei baasirilievi dello scudo d’ Achille
nel
e. XVIII dell’ Iliade è uno dei più notabili paas
sere proprio, come si rileva da uno squarcio di Dante che riporteremo
nel
seguito degli avvenimenti d’ Ulisse. 103. Padre
16. Prigioniera. 117. Le travolse la mente. 118. Prima fu collocalo
nel
Palazzo di Tilo. Sul principiare del secolo XVI u
in una volta solterranea, e lo vendè a papa Giulio II. Ora si ammira
nel
Museo del Vaticano. 119. Questa favols è fondata
, ed in pochi istanti furon visti giacere l’un sull’ altro, e spirare
nel
tempo che si studiavano di soccorrarsi scambievol
tanto le figlie di Niobe, assalite in casa dallo stesso male, e quasi
nel
medesimo tempo, languivano intorno ella madre che
l detto lago, e precisamente ove le acque del fiume Tignalga sboccano
nel
Benaco, è un luogo, in cui possono segnare, cioé
questa maniera di giuochi. 142. Circolo immaginato a contrassegnare
nel
cielo il viaggio che fa la terra girando intorno
ssegnare nel cielo il viaggio che fa la terra girando intorno al sole
nel
periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le semb
avendolo vinto, l’ imprigionò; che questi fu poi liberato, e rimesso
nel
regno da Giove, il quale vinse Titano coi fi gli;
avi, perchè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ anno
nel
mese di Gennaio, che da lui tratto aveva il suo n
ui tirano gli aveva avvolti. I Titani vennero soggiogati e profondati
nel
Tartaro, che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di so
e; ma’ percosso dal fulmine fu anch’ egli, secondo Esiodo, profondalo
nel
Tartaro; secondo Virgilio, sepolto sotto all’ iso
uomini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e
nel
suo l’ ascose, ed egli stesso la diede poscia all
scia alla luce. Altri dissero, che Giove concepì da se stesso Minerva
nel
proprio capo, e per metterla fuori fecesi spaccar
te a lui dedicate era il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro
nel
bosco di Dodona a lui sacro, le querce stesse ren
on varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato
nel
Campidoglio dal re Tarquinio Prisco, e più volte
dal re Tarquinio Prisco, e più volte in seguito riedificato. Un altro
nel
Campidoglio medesimo ne aveva posto Romolo da pri
Luperci, coperti soltanto alle parti, che il pudore nasconde, e nudi
nel
resto, correvano la città percotendo con flagelli
Pigmea cangiata in grue per essersi a Giunone anteposta in bellezza,
nel
terzo Antigone figlia di Laomedonte mutata in cic
icogna per avere essa pure arditamente sprezzata la beltà di Giunone;
nel
quarto le figlie di Cinira per lo stesso motivo t
ttuno per Canace figlia di Eolo trasformato in giovenco, per Ifimedia
nel
fiume, Enipeo, per Bisaltide in ariete, per Cerer
dicossi di Aglauro col farla rivale della sorella Erse, come vedrassi
nel
Capo XII. parlando di Mercurici. Erittonio fratta
altrettanto, e che mentre andava per consultarne l’ Oceano, fermatasi
nel
giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al
dore di cui da se sola concepì Marte. Sposò egli Nerio o Nerione, che
nel
sabino linguaggio significa forza; e da questa pr
i nutriti da Acca Laurenzia, e cresciuti rimisero l’ avo lor Numitore
nel
regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la ci
Cigno, il quale fu poi ucciso da Ercole nella Focide in occasione che
nel
bosco Pagaseo volle insolentemente attraversargli
da Romolo, che celebravansi a’ 27 di Febbraio colle corse de’ Cavalli
nel
campo Marzio. A lui dedicati eran pure le feste S
rdoti fu dato il nome di Salii. In onor di Marte altresì celebri eran
nel
circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al p
miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani,
nel
che fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un
Minotauro mostro mezz’ uomo, e mezzo toro, che poi fu ucciso da Teseo
nel
labirinto di Creta. Circe maritatasi al re de’ Sa
’ Sarmati l’ avvelenò, quindi scacciata venne in Italia, e si stabilì
nel
promontorio Circeo ora Monte Circello, ove non co
i Apollo alla testa di Giacinto; che ne morì, e fu da Apollo cambiato
nel
fiore dello stesso nome. Ovidio racconta il fatto
suo culto era specialmente in Epidauro; ma passò poscia anche in Roma
nel
modo seguente. I Romani afflitti dalla pestilenza
città andò a posarsi spontaneamente sopra la nave dei Romani, ch’ era
nel
porto, e da essi condotto a Roma, e deposto nell’
rime di Ini mescolate col sangue formossi il fiume Marsia, che sbocca
nel
fiume Meandro. Pari disfida ebbe ivi da Pane, e p
avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda
nel
bagno, fu da essa coll’ acqua, che gli gettò cont
acco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impose di lavarsi
nel
fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di vo
are il bosco a lei consecrato. Cerere, al dir di Ovidio, spedì quindi
nel
Caucaso a ricercare la Fame, la quale assalì Eris
ro, era affidata in Roma ad un collegio di vergini dette Vestali, che
nel
tempio di Vesta fabbricato secondo alcuni da Romo
ritarsi. Nell’ atto che prese erano dal Pontefice massimo, e condotte
nel
tempio, consideravansi come emancipate dal padre,
mbustibili, o coll’ aggirare frettolosamente un cono, o fuso di legno
nel
foro fatto entro una tavola pur di legno, finchè
rta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranea a ciò costrutta
nel
campo, che dicevasi scelletaralo. Capo XVI. De
a quale violato egli avea il precetto di castità impostogli da Cibele
nel
farlo suo sacerdote. Ati fu poi da essa cangiato
ietra, e venuta di Frigia portavasi con pompa da’ Sacerdoti a lavarsi
nel
fiume Almone, che poco lungi dalla città entra ne
acerdoti a lavarsi nel fiume Almone, che poco lungi dalla città entra
nel
Tevere. Le feste megalesi a lei sacre si celebrav
opra le brage ardenti. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi
nel
suo tempio ricevevano il cappello della libertà.
ciò Nereidi. L’ Oceano da Esiodo e da Omero non è riguardato come Dio
nel
mare, ma come un fiume, che unito a Teli figlia d
o per cacciar Giove dal cielo; ma da lui fulminati furono poi sepolti
nel
Tartaro. Aggiugne lo stesso Omero, che Nettuno da
usitoo re de’ Feaci, padre di Alcinoo, che liberamente accolse Ulisse
nel
suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e
le braccia cangiate in ali e le gambe in due code di pesce, ritenendo
nel
volto e nel busto la forma muliebre. Partite dall
angiate in ali e le gambe in due code di pesce, ritenendo nel volto e
nel
busto la forma muliebre. Partite dalla Sicilia ve
iamato. Invece innammorossi Circe di, lui, ma rimanendo esso costante
nel
suo amore per Scilla, Circe indispettita di veder
vien raccontato in questo modo. Allorchè Giove seppellì, come è detto
nel
Capo III, sotto a’ monti della Sicilia Tifeo, si
tragittate, e quelle pur de’ sepolti doveano pagarne il nolo, per cui
nel
seppellirli poneasi loro una moneta, sotto la lin
e le Danaidi. I Titani e Tifeo vi furono profondati, come è già detto
nel
Capo III, per avere osato di far guerra a Giove.
iove. Per la stessa cagione condannati vi furono, come si è accennato
nel
Capo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno,
ndo voluto far violenza a Latona, fu egli ucciso da Apollo, e sepolto
nel
Tartaro, dove occupava collo smisurato suo corpo
tta Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso,
nel
quale chiudevansi tutti i mali. Accolse Epimeteo
ne, da cui Alcmena concepì Ificlo, che nacque gemello con Ercole. Era
nel
medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene
n’ andò poi sempre coperto per monumento della sua vittoria. 2. Pugnò
nel
paese di Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da
ossia Delfo con Giolao figlio d’ Ificlo, Cigno figlio di Marte volle
nel
bosco Pagaseo a lui opporsi, ei l’ uccise, e ferì
ato dall’ orme non seppe trovare ove si fosser le vacche involate. Ma
nel
partire udendo il muggito di una si accorse dov’
partire udendo il muggito di una si accorse dov’ erano, e rovesciato
nel
Tevere il comignolo dell’ Aventino scoperse la gr
odeva le viscere a Prometeo legato sul monte Caucaso, come si è detto
nel
capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedon
eo. Ritrasse Alceste dall’ Inferno dopo aver incatenata la morte come
nel
capo medesimo si è accennato, e ne liberò anche T
cadendo fece col peso del proprio corpo che la saetta gli penetrasse
nel
fianco e l’ uccidesse. Altri voglion però che sia
e favole aggiunsero poi che fu egli da Giove portato in cielo e posto
nel
numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa E
Pilunno, il quale sposata Danae, da cui ebbe Dauno (che trasferitosi
nel
paese de’ Rutoli e fabbricata Ardea, fu poi padre
ran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola di Serifo una delle Cicladi
nel
mar Egeo, e data al re Polidette, il quale, allor
di Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, ora del Capo Verde,
nel
mare Atlantico. Erano stati a Medusa i capelli ca
rano stati a Medusa i capelli cangiati da Pallade in serpenti, perchè
nel
tempio di lei erasi data in braccia a Nettuno, e
pizio, dal re Atlante, col presentargli il capo dì Medusa lo convertì
nel
monte dello stesso nome., il quale per la sua alt
niera di diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che imprudentemente
nel
capo di Medusa si affissò. Fu indi Perseo unitame
cavallo per modo, che si scosse Bellerofonte di dosso, e precipitollo
nel
campo, che fu detto Aleio, ed ei solo volò su in
rriva, promise alla fine che data avrebbe la mano a chi lei avanzasse
nel
corso, con questa legge però, che raggiugnendoli
risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece una città
nel
luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto. Arrestatos
vece una città nel luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto. Arrestatosi
nel
luogo indicato dal bue spedì i compagni ad attign
nture, fu insieme con Ermione tramutato in serpente. Succedette a lui
nel
regno di Tebe il figlio Polidoro avuto similmente
andola la fece a brani, finchè dagli Dei per compassione fu can giata
nel
fiume Dirce, che non lungi da Tebe entra nel fium
compassione fu can giata nel fiume Dirce, che non lungi da Tebe entra
nel
fiume Ismeno. Capo VII. Di Edipo, de suoi figl
e zampe di leone, la codardi drago, e le ali di uccello. Abitava ella
nel
monte Ficeo, e lanciandosi sui passaggieri propon
rridita si appiccò da se stessa; poi datosi ad un volontario esiglio,
nel
quale la figlia Antigone volle accompagnarlo., an
ce, e a Tideo Deifile, assunse pure l’ impegno di, rimettere Polinice
nel
regno. Spedì quindi Tideo ad Eteocle per intimarg
, che or chiamasi dei Dardanelli. Ma spaventati dai flutti Elle cadde
nel
mare, e diede a quello stretto il nome di Ellespo
Coleo; dove sacrificollo a Giove (il quale poi lo trasportò in cielo
nel
segno dell’ ariete), e ne sospese la pelle, che a
, acciocchè il misero padre occupato a raccoglierle ritardato venisse
nel
suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti
Dicesi ch’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo
nel
tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali ar
so gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e
nel
sonar la lira, nelle quali arti istruì Giasone ed
he egli avea delle stelle fu di grandissimo giovamento agli Argonauti
nel
lor viaggio. Mentre stava esaminando le saette di
pettite le madri de’ Ciconi lo fecero a brani, e il capo ne gettarono
nel
fiume Ebro. Questo, secondo Ovidio, fu portato a
gli dovessero tratti a sorte sette giovani e sette donzelle, cui dava
nel
laberinto fabbricato da Dedalo in pasto al Minota
, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il filo, con cui Teseo, ucciso
nel
laberinto il Minotauro, potè strigarsene, e fuggi
. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo stesso Dedalo col figlio Icaro
nel
labirinto, e custodirne in modo le porte, che non
li caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola di Samo
nel
mare, che da lui prese il nome d’ Icario. Dedalo
a alcuni per figlio di Nettuno, e da altri per figlio di Egeo. Questi
nel
partir da Trachine per ritornarsene ad Atene, sep
ne fosse respinta, indusse Egeo a porgergli una tazza avvelenata. Ma
nel
presentarla riconobbe Egeo la spada che sepolta a
to per aver la gloria di uccidere quel terribile mostro. Stava questo
nel
labirinto fabbricato da Dedalo; e Teseo per poter
ar colle nere vele, e credendo il figlio estinto, per duolo affogossi
nel
mare, che da lui prese il nome di Mar Egeo, ora A
Teseo a voler seco scendere all’ inferno per indi rapirla: ma Piritoo
nel
primo ingresso fu divorato dal Cerbero, e Teseo c
vita dà Esculapio ad istanza di Diana, e da lei trasportato in Italia
nel
bosco di Arica ove appresso fu venerato sotto il
uo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso
nel
corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo,
pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi,
nel
quale egli era abilissimo, colla condizione, che
a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato
nel
corso precipitò E nomao che ne morì; ed egli cosi
opo lungo tempo tornato a parta carico di ricchezze, visse tranquillo
nel
regno per molti anni, indi giusta la predizione a
r nella lega cogli altri. In vendetta di ciò fu poi detto, che Ulisse
nel
campo di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda d
enia, un serpente salito su di un vicin platano divorò otto uccellini
nel
lido, e poscia anche la madre; dalla qual cosa il
agì, che la guerra troiana durerebbe nove anni, e Troia sarebbe presa
nel
decimo, siccome avvenne: e Ovidio aggiugne, che i
Greci a prender e saccheggiare le città e terre dell’ intorno, finchè
nel
decimo anno tratte le navi sul lido, poser a Troi
per la qual cosa avendo Crise implorata da Apollo vendetta, ei desto
nel
greco esercito un’ orribile pestilenza. Or insist
figlia di lui Polissena; ma nell’ atto che celebravasi lo sposalizio
nel
tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelena
lizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì
nel
calcagno, ove soltanto era vulnerabile, perchè Te
bile, perchè Tetide, appena nato per esso tenendolo, immerso lo aveva
nel
fiume Stige, e con ciò reso invulnerabile in tutt
andoselo sulle spalle, difeso dallo scudo di Aiace, riuscì a portarlo
nel
campo de’ Greci, che fattigli i funerali solenni,
e’ che stavano dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti
nel
sonno, a ferro e fuoco misero tutta la città. Uli
case loro; ma pochi vi giunsero senza incontrare gravi disavventure o
nel
ritorno, o dopo d’ esservi arrivati. Come Agamenn
e figlio di Oileo avendo nella presa di Troia osato violare Cassandra
nel
tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro
o con parte di quello scoglio, ch’ ei distaccò col tridente. Idomeneo
nel
tornarsene a Creta con Merione, sorpreso anch’ eg
tilenza, che discacciato dal regno ei dovette rifuggiarsi in Calabria
nel
paese de’ Salentini. Diodoro di Sicilia però asse
l termine di tre età. Quegli invece, che più avversità ebbe a soffrir
nel
ritorno, fu Ulisse, le cui avventure vennero da O
, perduti settantadue compagni. Giunto al capo di Malea or capo Malio
nel
Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’
o Malio nel Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’ Lotofagi
nel
golfo di Gabes presso Tripoli, dove spediti avend
con Diomede; sebbene inferiore all’ uno e all’ altro, fu poi salvato
nel
primo caso da Nettuno, e nel secondo da Venere. N
re all’ uno e all’ altro, fu poi salvato nel primo caso da Nettuno, e
nel
secondo da Venere. Nella notte terribile in cui T
duce straniero per opporsi agli sforzi che esso faceva per rientrare
nel
regno, Turno frattanto avvisato da Giunone per me
ella città, ove fe grandissima strage, poi uscendone si gettò a nuoto
nel
Tevere, e trapassò all’ altra sponda. I due amici
nia, e che Venere dopo tre anni a lui ottenne da Giove, che lavandosi
nel
fiume Numico spogliasse la natura mortale, e foss
ura mortale, e fosse in cielo fra gli Dei Indigeti annoverato. Lasciò
nel
Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, ch
propria immagine, si pazzo amore ne prese, che ne morì, e fu cangiato
nel
fiore narciso. La ninfa Eco per avere con lunghi
Parte I. Capo XVII. Le Ismenidi compagne d’ ino addolorale al vederla
nel
mare sommersa vengono trasformate, altre in marmo
I capelli di Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti, perchè
nel
tempio di Pallade ella si era data a Nettuno conv
Erigone, e si disse finalmente, che Icario era stato portato in cielo
nel
segno di Boote, Erigone in quello della Vergine,
bramando essi di non sopravvivere l’ uno all’ altra, son trasformati
nel
medesimo istante Filemone in elee, e Bauci in tig
moglie di Oleno, preferendosi in beltà alle Dee, è cangiata in pietra
nel
monte Ida insieme col marito, che a parte vuol es
o X. Ganimede è rapito da Giove. Parte I. Capo III. Giacinto è mutato
nel
fiore giacinto. Parte I. Capo X. Le Propetidi son
lanta figlia di Scheneo ricusa di unirsi ad alcuno, che lei non vinca
nel
corso, ponendo per patto la morte a colui che res
resta vinto. Ippomene riceve da Venere tre pomi d’ oro colti in Cipro
nel
campo Tamaseno, i quali gettati l’ uno dopo l’ al
andosi verso di Venere, e da lei sospinto ad accoppiarsi con Atalanta
nel
bosco consacrato da Echione a Cibele, e per aver
ato, promettendo alla moglie Alcione di tornar fra due mesi. Naufraga
nel
ritorno, e il suo corpo è portato dalle onde vers
go. Presagio avuto da’ Greci in Aulide, che Troia sarebbe stata presa
nel
decimo anno. Parte II. Capo XI. Sacrificio d’ Ifi
uccelli chiamati a idea. Venere impetra da Giove, che Enea lavandosi
nel
fiume Numico spogli la natura mortale e sia annov
issimo piovane. Parte I. Cap. XVI. Tiberino re degli Albani si affoga
nel
fiume Albula, e fatto Dio, da al fiume il proprio
trasmigrata. Ippolito risuscitato da Esculapio è trasportato da Diana
nel
bosco di Aricia, e venerato quivi sotto il nome d
sacrifici eran sempre accompagnati dalle libazioni, che consistevano
nel
versare del vino (o in mancanza di esso dell’ acq
Africa tra Eliopoli e Biblo era favorevole, se le cose che gettavansi
nel
vicin lago andavano al fondo, contrarie se rimane
oi da Tarquinio furono comperati. Questi furono gelosamente custoditi
nel
Campidoglio sotto alla guardia de’ Quindecemviri
tro; 5. il salto o all’ insù, ovvero orizzontalmente; 6. il pugilato,
nel
quale combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’
ciò a soddisfare ad un antico mio obbligo, ch’è quello di far palese
nel
miglior modo che posso quanto debbo al benefico e
li. Or se questi sovrani ingegni vivranno perpetui sino a che vi sarà
nel
mondo qualche grata disciplina, chi oserà dirsi c
har, nascondersi, perchè Satùrno, fuggendo l’ira di Giove, si occultò
nel
Lazio, come diremo. Da’ Greci dicevasi Crono (Κρο
i Saturnia. Sotto il regno di questo nume fu l’età dell’oro. I poeti
nel
descrivere l’età che trascorsero dalla creazione
igliuolo era Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed insigne
nel
maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuol
di Giano e di Venilia, chiamata Canènte per la maravigliosa maestria
nel
canto. Or un giorno andando Pico a diletto per un
dell’aurea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissima
nel
mese di Dicembre per cinque giorni detti da Catul
asi chiuso ; e se aperto, di guerra. Ovidio (1) rappresenta Giano che
nel
suo tempio tiene rinchiusa e la pace e la guerra,
e fa uscire ed or quella. Virgilio (2) al contrario finge nobilmente,
nel
tempio di Giano chiuso da ben cento chiavistelli
rte di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta Giano stesso rinchiuso
nel
suo tempio qual custode ed autore della pace. Qui
le armi di Ercole, ferito per caso in un piede da una saetta intinta
nel
sangue dell’idra di Lerna, impaziente del dolore,
vano essere la Madre Idèa, e che da P. Cornelio Scipione fu collocata
nel
tempio della Vittoria sul Palatino, a’quattro di
Longa, da cui poscia passò a Roma. Il sacro fuoco di Vesta si teneva
nel
famoso tempio edificato da Numa, presso al quale
tore. Era di forma rotonda per significare l’universo ch’è rotondo, e
nel
cui bel mezzo stassi, come in sua sede, il fuoco,
ontinuamente acceso, perchè siccome eternamente risplendono gli astri
nel
cielo, così, per cura delle Vestali, sempre arder
ùrno al pendìo del Campidoglio era l’erario o tesoro pubblico, perchè
nel
secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’in
o, perchè nel secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’invocava
nel
principio di tutt’i sacrificii, perchè come porti
oro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto
nel
fabbricare il mele, che le rende fra gli animali
imato per ragione del potere e della forza che sedevan sempre con lui
nel
medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o l
sempremai armato ; ed Orazio (2) afferma che il tuonare che fa Giove
nel
cielo, ci addita ch’egli colassù regna. Per ciò s
inome. Questo greco capitano andò con Polinice alla guerra di Tebe, e
nel
dare la scalata alle mura, con empio orgoglio dis
a la signoria sopra gli altri uccelli pel fedele servigio prestatogli
nel
rapir Ganimède. Dicesi che Perifànte, antichissim
egli tosto di chiuderla, ma solo sull’orlo rimase la speranza ch’era
nel
fondo. E così Epimeteo, come tutti gli stotti, co
la da’ Poeti sì variamento raccontata, è nell’Odissea ». Io vidi giù
nel
Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloe
arinari si dà il nome di tifone alla tromba, fenomeno assai frequente
nel
Mediterraneo e nell’Oceano. Forse i primi uomini
ll’altra eran dodici stanze o piccioli palagi per gli Dei maggiori, e
nel
bel mezzo una sala magnifica sì per deliberare e
na sala magnifica sì per deliberare e sì per banchettarvi. Omero però
nel
principio del XX. libro dell’Iliade pone la sede
ogli altri Numi ; e sedere alla mensa di Giove vuol dire, esser posto
nel
numero degli Dei(1). Nell’Iliade (2) si legge che
utte sparse di ambrosia. Questo cibo delizioso dilettava tutt’i sensi
nel
tempo stesso, faceva ringiovanire, donando novell
Giove un giorno cogli altri Dei ad un gran convito nell’Etiopia, Ebe,
nel
ministrare la divina bevanda, cadde sconciamente
e figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di Medùsa
nel
suo scudo come in uno specchio ; e l’eroe guardan
ava, le tinse di un bel rosso. Questi sono i coralli, i quali, stando
nel
mare, se escono all’aria aperta, s’indurano (1).
pa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale
nel
fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, co
vili fra loro, per le quali perirono non pochi uomini ; e di que’ che
nel
paese primeggiavano sopravvissero soli cinque, ch
ondurla a Creta, com’essa desiderava ; percui gittossi disperatamente
nel
mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il
i. Vuolsi che sia opera di Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris,
nel
quale diffusamente si racconta la favola di Niso
ro con corpo di toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimorava
nel
laberinto di Creta gli Ateniesi mandar doveano qu
lto da terra. Il canto della pernice è simile al suono che fa la sega
nel
tagliare il legno, e però finsero che l’inventore
che per colpa del suo ingegno avendo offeso quel principe, fu da lui
nel
laberinto che aveva egli stesso mirabilmente cost
li, e ponendosele agli omeri, seguito dal figliuolo Icaro ch’era seco
nel
laberinto e che pure fornì di ali, si librò nell’
poco la cera, disciolse le piume accozzate, e l’infelice Icaro cadde
nel
mare che da ciò ebbe il nome di mare Icario (2).
ò troppo alto il volo dell’ingegno, e cadde dall’altezza della verità
nel
profondo mare degli errori, chè veramente questa
gna e poscia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo,
nel
quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte d
iuoli di Giove per eccellenza. Or Polluce era insigne per la maestria
nel
giuoco del cesto, o pugilato ; e Castore, nell’ar
i i giuochi, il tempio, la stella de’ Castori. E della sua gagliardia
nel
giuoco del cesto diede Polluce insigne pruova nel
. Percui Virgilio (1) per lodare Bute ed Erice di segnalata destrezza
nel
combattimento del cesto, dice che discendevano da
gente de’ Bebrici. Or questo re tutti coloro che per sorte giungevano
nel
suo regno, obbligava a seco combattere al cesto ;
orte giungevano nel suo regno, obbligava a seco combattere al cesto ;
nel
che essendo valentissimo, li vinceva e vinti li f
senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo
nel
cielo, o di dividere l’immortalità col fratello i
one da Dirce e fuggitane, andava vagando pel Citerone, ed imbattutasi
nel
figliuolo Zeto, che quivi pascolava gli armenti,
a grandissimo stuolo di formiche, pregò Giove che gli desse un popolo
nel
numero uguale a quegli animaletti. Fu esaudita la
e d’Iside ; sicchè Epafo era l’Osiride o Serapide degli Egiziani. Io,
nel
dialetto degli Argivi, significava la luna, della
scevano nelle praterie tremila bellissime giumente(3). A lui successe
nel
regno Troio o Troe (Τρως, Tros), suo figliuolo, c
esse mostrato a’ marinari l’uso delle vele. E perchè assai perito era
nel
pronosticare i venti, finsero i poeti che egli fo
lomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che
nel
linguaggio di quel paese sì le colombe, e sì le i
eco portare. Dimandato l’insigne statuario quale innanzi avesse avnto
nel
fare sì nobile statua, rispose che quei versì del
tini. Chi desiderava combattere, dava il suo nome dieci mesi prima, e
nel
pubblico ginnasio di Elide occupavasi in esercizi
incitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue
nel
bosco di Giove, in Olimpia, e ritornando alla pat
mpero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio
nel
luogo più elevato del Campidoglio, per significar
tto i piedi ha un grande arco simile al lembo dell’aurora boreale ; e
nel
contorno della pietra è una zona co’dodici segni
i pur di legno ; e questa primitiva configurazione si ravvisa tuttora
nel
segno II, con cui nello zodiaco son figurati i Ge
iuramento ; perchè Giove teneasi per vindice del giuramento, e perchè
nel
nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo o
er Giunone intendevasi la luna. Dai Greci chiamavasi Ηρα, che Platone
nel
Cratilo fa derivare dal verbo εραω, amare, quasi
ero(2) però fa dire a Giunone che quando Saturno fu cacciato da Giove
nel
tartaro, essa fanciulla fu dalla madre Rea conseg
n intervenirvi. Allora Mercurio precipitò la ninfa insieme colla casa
nel
fiume, presso al quale abitava, e la trasformò in
tolo di Regina(1). I poeti la dipingono oltremodo superba e pertinace
nel
suo sdegno ; di che nelle favole sono non pochi e
molar in loro onore tutto il bestiame, che in quell’anno sarebbe nato
nel
suo regno, se gli avessero circondata di mura la
arti di Giunone contra di lui, li avea condannati a servir Laomedonte
nel
fabbricar le mura di Troia ; e Pindaro(2) aggiung
sandro. Il quale cresciuto in età ed essendo naturalmente giustissimo
nel
dirimere le controversie, venne in gran fama di e
tto. Di che oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro,
nel
quale era scritto : Pulchriori detur : diasi al
contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir di Orazio(3), morto Romolo,
nel
celestial consiglio, in grazia di Marte, Giunone
o dell’Eneide(1) la povera Dea considera sì che biondeggiano le biade
nel
suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio
da nube il trionfo di Enea, e permettere suo malgrado che fosse posto
nel
numero degli Dei e che i suoi posteri regnassero
r dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà
nel
portamento, di cui si vanta presso Virgilio(2). S
della Fortuna detta aurea, ch’era il Genio de’ Principi. I comandanti
nel
partir per la guerra sacrificavano alla Fortuna,
gli uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignoranti del futuro,
nel
vedere la serie degli avvenimenti che accadono co
la Dea che siede sull’aureo trono. Il pavone è sì proprio di lei, che
nel
cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiaca
hio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed ora
nel
Museo di Parigi, basta sol esso per indicarla. Ap
onne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto
nel
mezzo o sopra la fronte, e si andava restringendo
ne rimproverava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano
nel
tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendon
per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta di un gran velo
nel
rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi di G
amia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua che
nel
Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni di A
re Iuno natalis, perchè assisteva alla nascita degli uomini. Le donne
nel
giorno della loro nascita sacrificavano in di lei
onfusione negli antichi scrittori. Solo può dirsi che le donne greche
nel
parto invocavano Diana Ilitia ; e le romane, Giun
le romane, Giunone Lucina. Cicerone(6) dice che come appresso i Greci
nel
parto s’invocava Diana Lucina o Lucifera, così in
sevano delle corone, e coprivano i suoi altari di un’erba che nasceva
nel
fiume Asterione, sulle cui rive era il tempio e l
artorì dal suo cervello Minerva, uguale al padre sì nella potenza che
nel
consiglio, ed indomabile signora degli eserciti,
e volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicinanze di quella palude,
nel
giorno natale della Dea, molte vergini donzelle i
a a Giove, il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi
nel
tempio di Giove Olimpico era una statua che lo ra
a nostra Dea vicinissima a Giove. Per ciò Minerva(3) adoravasi a Roma
nel
tempio Capitolino alla destra di Giove, che avea
distruggere la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte
nel
ritorno alle lor patrie dopo l’eccidio di Troia,
e le cose e fa le grandi scoperte nelle scienze e nelle arti, risiede
nel
capo ; avvedutamente dissero i poeti che Minerva
quel Nume diremo. I suonatori di flauto (tibicines) veneravano la Dea
nel
dì festivo detto Quinquatria. (Festo). VI. Con
alzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli
nel
mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, i
l’Iside degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig. di Santa Croce
nel
suo libro su i Misteri del Paganesimo, si studia
na donna che ordisce ; e Diodoro afferma ch’ella proteggeva le arti ;
nel
che si vede Minerva, inventrice e protettrice di
ago istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e
nel
quale gli Dei stessi erano giudicati. Oreste, dic
o scudo e l’elmo erano tanto proprii di Pallade, che per questi soli,
nel
tempio di Giunone in Elea, il suo simulacro disti
ravansi quelli istituiti da Pericle per la musica e per la poesia ; e
nel
teatro fanciulli e fanciulle intrecciavano la dan
ea che avea un gallo sul cimiero ; ed il Montfaucon, di un’altra ch’è
nel
Museo del Monastero Sangermanese, la quale ha una
. Ed alcuni critici, contra lo Spondano, vogliono che la Dea invocata
nel
primo verso dell’Iliade sia Minerva, la quale com
io ; e che Enea avendo seco portato il vero in Italia, essi lo posero
nel
tempio di Vesta, affidandone la custodia alle Ves
al figliuolo Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recato a Roma fu posto
nel
tempio di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo,
(1). Il Sole poi (Sol) fu così detto da’Latini perchè risplende solo
nel
cielo, qual signore del giorno(2). Infine talora
Delo (da δηλος, manifestus), come la più appariscente fra le Cicladi,
nel
cui mezzo è allogata. Quivi Latona presso ad un u
aso uccise il Pitone, ne gittò le ossa sul tripode o cortina che pose
nel
suo tempio, ed in memoria di ciò istituì solenni
vedendo Giove, percosse di un fulmine l’audace giovane, che precipitò
nel
Po, ovvero Eridano, come quel fuoco scintillante
i di notte trascorrere per l’aria(1). Egli fu poscia da Febo allogato
nel
cielo e trasformato in costellazione. Or le tre d
i. Un Fetonte, re de’Molossi, assai amante dell’astronomia, si annegò
nel
Po. I poeti poi con questa favola ci avvertono a
Esculapio nella medicina ammaestrato da Chirone in guisa che fu posto
nel
numero degli Dei. Del quale i due fig. Podalirio
no comunicare un presentimento del futuro. Esiodo(4) dice che le Muse
nel
farlo poeta gli diedero come per iscettro un ramo
pla vicino al monte Olimpo. Mirabile e quasi divina fu la sua perizia
nel
suonar la lira donatagli da Mercurio o da Apollo
quali crudelmente il fecero in pezzi e ne gettarono il capo e la lira
nel
fiume Ebro. Ma le Muse riunirono quelle membra la
amira, poeta insigne di Tracia e cantore sì nobile che osò gareggiare
nel
canto colle Muse, le quali, vintolo, della lira i
a contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della sua maestria
nel
suonare il flauto, veniva al paragone col medesim
olore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era
nel
Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale matri
viver tranquille ; e molti vi furono ardimentosi a segno di sfidarle
nel
canto. Filammone, fig. di Apollo e della ninfa Ch
(2) per dire che non era poeta, afferma di non aver bagnato le labbra
nel
fonte del cavallo. Era questo il bel fonte d’Ippo
ola di un fiume. L’Ariosto, parlando delle donne che acquistaron fama
nel
poetare, disse : Poichè molte lasciando l’ago o
bel gruppo del palazzo Farnese, detto il toro Farnese, che ritrovasi
nel
R. Museo Borbonico di Napoli. Alcuni dicono che A
abbrica il mele de’ suoi dolci carmi(2). Nè sulla terra solamente, ma
nel
cielo eziandio fra gl’Iddii soggiornavan le Muse,
, era la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani
nel
mese di Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si
te, tutto si scuoteva il sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare
nel
fuoco le frondi di quella pianta ; le quali se fa
del monte Parnasso, la quale credevasi dagli antichi allogata giusto
nel
mezzo non solo della Grecia, ma pur di tutta la t
a il celebre tripode o cortina. Servio dice che i tripodi erano mense
nel
tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sace
ere, è condannato a sempre temerne la rovina(2). I Greci dicevano che
nel
tempio di Delfo la radice del rafano era stata po
orità di Aristotele(3) hanno asserito che i corvi veramente non beono
nel
tempo di està ; il che ha potuto dar luogo alla f
avea trovata la medicina, e che conosceva la virtù di ciascun’erba ;
nel
che gliantichi facevan consistere propriamente la
nte, perchè avendo osato di venire a contesa con Apollo sulla perizia
nel
maneggiar l’arco, questo Nume sdegnato colle sue
poco rispetto a Latona, fu dalle saette di Apollo ucciso e condannato
nel
tartaro ad occupare lo spazio di ben nove iugeri
figura di Paride e coll’inevitabile suo strale mortalmente il ferisce
nel
calcagno, ove solo era vulnerabile, come Ettore s
a Colco procreò Eeta e Circe. Fu chiamato Sole, perchè solo risplende
nel
cielo ; e da’Greci Ηλιος o Ηελιος da una voce gre
abbiosi cani. Della quale sua deformità forte vergognandosi, gettossi
nel
mare presso la Sicilia, e per opera di Glauco fu
oglio all’estremità dell’Italia meridionale dirimpetto a Cariddi, che
nel
profondo e vorticoso suo gorgo assorbiva i vascel
. Ogni sera il Sole li distacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi
nel
mare che colora delle sue vampe. I Greci asseriva
sentire un certo rumore verso occidente, allorchè il Sole si tuffava
nel
mare e si estingueva la sua luce nelle onde, come
are e si estingueva la sua luce nelle onde, come se il mare stridesse
nel
discendere in esso il Sole. Da questa opinione eb
zio, antica città d’Italia, verso la fine del secolo XV, fu collocata
nel
padiglione del Belvedere in Vaticano, donde trae
Belvedere in Vaticano, donde trae il suo nome. Alla pace di Tolentino
nel
1797 fu trasportata in Francia ; ma nel 1815, per
nome. Alla pace di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma
nel
1815, per gli avvenimenti della guerra, ritornò n
a in Francia ; ma nel 1815, per gli avvenimenti della guerra, ritornò
nel
Vaticano. È verisimile che fra le statue della Ca
dìce, che appena si affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e
nel
labbro di sotto alquanto sporto in fuori, non giu
nevan lontana la peste, la carestia ed ogni pubblica calamità. E però
nel
Carme secolare di Orazio si fanno preghiere a que
a nell’ Epiro, trasportò a Roma le statue delle nove Muse, che allogò
nel
tempio di Ercole. Eumenio(2) dice che Fulvio nell
de’cigni. Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare
nel
corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saecul
i dice che una sola è la figliuola di Latona, la quale appellasi Luna
nel
cielo, Diana sulla terra, ed Ecate o Proserpina n
Esiodo(1) finge che il giorno e la notte con perpetua vicenda entrano
nel
Tartaro e n’escono il primo per recare a’ mortali
ero sulle palpebre . Presso Virgilio(1), il Sonno con un ramo intinto
nel
liquore di Lete stilla il placido riposo negli oc
qua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o
nel
paese de’ Cimmerii che gli antichi credevano sepo
una spelonca. Sotto la nera selva una capace E spaziosa grotta entra
nel
sasso, Di cui la fronte l’edera seguace Tutta agg
ormentare. Il vediamo pure in sembianza di un fanciullo alato immerso
nel
sonno e col capo appoggiato sopra i papaveri, men
terra per estinguerla. IV. Continuazione – Endimione. Leggesi
nel
Banier che la prima delle figliuole di Urano, chi
a Luna, ebbero onori divini. Nel fatto di Elio si ravvisa il Sole che
nel
suo tramontare si tuffa nell’oceano, perchè l’Eri
donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto,
nel
sacro bosco di Aricia, portavano in mano fiaccole
ra con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna, come il Sole,
nel
tramontare s’immergeva nel mare, ed uscivane quan
i, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel tramontare s’immergeva
nel
mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte
ncipali epiteti di Diana Luna. Luna bicornis appellasi da Orazio
nel
Carme secolare. Diana nocturna si chiama da Ovid
iama da Ovidio(1) ; e dall’ Ariosto, Diva taciturna, perchè risplende
nel
silenzio della notte : Mostrando lor la taciturn
dal fulmine. Sul monte Aventino la Luna aveva un tempio che Rufo pone
nel
duodecimo rione della città (2). Tacito(3) parla
i fu una Selene che visse fra gli Arcadi e che dopo la morte fu posta
nel
numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima
vi, e poscia seguì pure cinghiali e feroci leoni. Un giorno, cercando
nel
covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto
αδες venisse da υες, porci. Ed invero portano seco e quando nascono e
nel
tramontare piogge e procelle gravissime a’ naviga
di musicali strumenti Bacco fece che i Tirreni corsari si gettassero
nel
mare e divenissero delfini. Bacco allogò il delfi
imostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola
nel
Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco.
ostrette a gittare, fuggendo, i loro tirsi ; e Bacco dovè nascondersi
nel
mare, accolto da Teti ; per la qual cosa venne in
che si chiama la canicola, la quale, e specialemente la stella Sirio,
nel
suo nascere per quaranta giorni tormenta le regio
cco ; e Diodoro Sicolo dice che Osiride fu il primo a trovare la vite
nel
territorio di Nisa, e che avendo scoperto il modo
lle Indie, accompagnato da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte
nel
canto, delle quali era capo Apollo, e da una turb
. Imperocchè, volendo egli che la sua beneficenza non si restringesse
nel
solo suo regno, deliberò girare per varie nazioni
gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli comanda di lavarsi
nel
Pattolo, fiume della Lidia, che da quel tempo ebb
tato tanti poeti, e specialmente Nonno ne’suoi Dionisiaci. Ed appunto
nel
ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna,
to, ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il luogo,
nel
quale le ninfe lo aveano allevato, quegli abitant
nettare involato agli Dei. Oltre a ciò gli antichi credevano, essere
nel
vino un principio igneo ; per cui Bacco chiamossi
dipinge nelle Baccanti. In una statua del Museo Borbon. vedesi Bacco
nel
fiore della sua immutabile giovinezza, e col brac
antichità di Parigi trovato nella città di Rennes. Questo rappresenta
nel
mezzo Bacco ed Ercole che si fanno versare da ber
rava pure come dea della marina. Plinio(4) riferisce che Augusto pose
nel
tempio di Giulio Cesare un quadro che rappresenta
guendo queste ridenti idee, han procurato di vincersi scambievolmente
nel
descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli sc
e avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo, che l’avea veduta
nel
bagno. Alle grida dell’infelice giovane Venere ac
nte il petto. Adone avea un tempio insieme con Venere in Amatunta ; e
nel
tempio di Giove Conservatore a Roma avea una capp
chieste, fece sentire che avrebbe sposato colui che l’avesse superata
nel
corso. Ella ch’era velocissima, vinse molti conco
ppomedonte, fig. di Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti
nel
giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isol
Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il quale con arte gettò
nel
meglio della corsa successivamente i tre pomi, i
abbiasi Elena e i suoi tesori. Si viene al combattimento, e Paride è
nel
punto di essere ucciso da Menelao ; ma Venere fat
i profumati talami il depose. Monti. L’indomabile Diomede colpì Enea
nel
ginocchio, e già questi era presso a morire, se V
isse ch’egli era crudelmente tormentato nell’inferno per avere sparso
nel
suo poema finzioni sì strane ed indegne. Si potre
, acu pictus, a κεντεω, pungo) e da’ Latini cesto (cestus), ornamento
nel
quale erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e
li promette dalla regina Didone assai benigno ospizio. Ciò detto(1),
nel
partir la neve e l’oro E le rose del collo e de l
n Cartagine, chè ben sapeva, le promesse di Giove e la venuta di Enea
nel
Lazio non potersi da forza alcuna distornare. Net
colla scorta della Sibilla, pel vicino lago di Averno, pone il piede
nel
buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia
or volo gli mostrano l’albero dell’aureo ramo. Giunto finalmente Enea
nel
Lazio, e timorosa la madre pel turbine di guerra
a lieto l’ammira e l’indossa a danno de’ suoi nemici. Or avendo Giove
nel
consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone d
Venere in mezzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero,
nel
seguito di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che
dal Desiderio ch’egli chiama Imero (Ιμερος). E Venere presso Luciano
nel
giudizio delle Dee dice di avere due belli figliu
e erano le compagne indivisibili e le ministre di Venere. Si lavavano
nel
fonte Acidalio ch’ è presso Orcomeno, cit. della
Eurinome, una delle Oceanine. Pausania afferma che qualche scrittore
nel
numero delle Grazie poneva anche Pito, o la Dea d
noo, ricevevano dalle Grazie la loro bellezza. In somma, dice Banier,
nel
gran numero delle Divinità degli antichi alcuna n
e danno a’ luoghi, alle persone, alle opere ed a qualunque altra cosa
nel
genere suo quell’ultimo finimento, diciam così, c
voce canta le nuziali canzoni, e leggiadramente danza com’era costume
nel
celebrar le nozze. Or come i Greci invocavano Ime
e nelle nozze gridata e celebrata. » Varrone al contrario afferma che
nel
celebrarsi le nozze si ripeteva la parola Talassi
nere già nata dalla spuma del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere,
nel
Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata
Di quest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere,
nel
quale, al dir di Virgilio (1), su cento altari br
ta meglio di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata
nel
Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle s
d’oro diluviasse pioggia di perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto
nel
tempio di G. Cesare, consacrando al padre l’origi
parendo che il cielo invidiasse così bella cosa alla terra ; e Nerone
nel
suo principato invece di quella ve ne pose una fa
i, un Cupido coronato di rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene
nel
tempio di Venere, del quale forse fece menzione A
di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma
nel
portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di l
Dante disse : Che la bella Ciprigna il folle amore Raggiasse, volta
nel
terzo epiciclo. E stella ciprigna chiamossi dal
in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, il quale
nel
decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il tem
re degli uomini, come Giunone, delle donne, e si onorava specialmente
nel
giorno natale di ciascuno, per cui fu detto Dio N
Si risero i più del pronostico, che il fatto dimostrò vero ; perocchè
nel
meglio della gioventu e di una fiorentissima bell
presiede all’arte funesta della guerra. Festo poi insegna che Mamers
nel
linguaggio degli Osci significava Marte ; per cui
o e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì
nel
collo l’impetuoso Iddio, che cadde e steso ingomb
Minerva a soccorrere i Greci, Diomede istigato da Minerva ferì Marte
nel
ventre, ed allora mugolò il ferito nume, e ruppe
accompagna le Furie, la Discordia e Bellona ; E Marte in mezzo, che
nel
campo d’oro Di ferro era scolpito, or questi, or
in quanto alla morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli,
nel
frastuono di una gran tempesta, fosse stato rapit
do fatto Romolo tante immortali opere, e rassegnando un dì l’esercito
nel
piano vicino al padule di Capre, mentre ch’ei par
i giudicassero, Romolo essere stato lacerato per le mani de’ senatori
nel
tempio di Vulcano, donde si credeva che ciascun s
erchè così dicevasi da’ popoli del Lazio. Quello poi ch’è più celebre
nel
culto di Marte è il sacerdozio de’ Salii, così de
e diede loro il distintivo di una tunica ricamata, e sopra la tunica
nel
petto un certo pettorale di bronzo ; ed ordinò ch
e destinato a sì famoso giudizio, il dichiararono innocente. Il luogo
nel
quale si assembravano que’ gravissimi giudici, fu
mpo, Xanto e Dino. Diomede faceva uccidere i forestieri che giungevan
nel
suo regno per alimentare que’ destrieri ; ma Erco
delle Danaidi, al quale avea promesso la metà del regno, vinse Enomao
nel
corso per essersi rovesciato il cocchio pel tradi
infelice la vita. Pelope allora sposò Ippodamia che portò a casa ; e
nel
viaggio, non volendo mantener la parola al perfid
ggio, non volendo mantener la parola al perfido Mirtilo, il precipitò
nel
mare che da lui prese il nome di Mirtoo. Da Ippod
in onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giungevano
nel
suo paese. A Diomede sarebbe toccata la stessa so
tisco crede che debbonsi riconoscere due tempii, uno di Marte ultore,
nel
foro Augusto, da questo monarca edificato con rar
icenza dopo la battaglia di Filippi(4) ; e l’altro di Marte bisultor,
nel
Campidoglio. Altri però pensano che uno sia il te
poi gli s’immolava ogni anno il mìglior cavallo de’ cocchi vincitori
nel
campo Marzio, ed appellavasi il cavallo di ottobr
r. Fest.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte di Roma,
nel
quale si assembrava il Senato per ricevere gli am
vandro, partito dall’Arcadia colla madre, prima che fosse Roma, portò
nel
Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era
enze di questo nume il più affaccendato di quanti mai vi ebbero Iddii
nel
cielo. Della qual cosa forte si duole colla madre
avida, e se stessi e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi
nel
fonte detto di Mercurio, ch’era vicino alla porta
l quale anche ora si chiama indice (Index, i.e. lapis Lydius) e porta
nel
nome l’infamia della sua origine. In un monte del
n monte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e
nel
quale gli antichi dicevano ch’era stato tramutato
ercito, apre le porte ed il vecchio re co’ doni introduce inosservato
nel
padiglione del figlinol di Peleo. Così, secondo c
utolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza
nel
rubare, e di cangiar ciò che involava in qualunqu
mate Che stridendo il seguiano. E come appunto Vipistrelli nottivaghi
nel
cupo Fondo talor d’una solenne grotta, Se avvien
a che noi abitiamo. Così Peneo era un antico fiume della Tessaglia, e
nel
tempo stesso il nume che presedeva a quel fiume.
verso di noi le abbiam dato il venerando nome di madre. Di fatto essa
nel
nostro nascimento ci accoglie ; già nati, ci alim
o, La cagione naturale degli oracoli era la Terra, la quale ricevendo
nel
suo seno tutt’i celesti influssi, e producendo og
ltava l’oracolo di Delfo coll’appressarsi ad un’oscura caverna ch’era
nel
monte Parnaso, e respirarne il vapore che di essa
Sibilla Cumana descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato
nel
fianco di una rupe, a cui si andava per cento vie
divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano
nel
fabbricare i fulmini di Giove. Ma secondo Omero(2
parla delle caverne o specie di laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia
nel
seno de’ monti per trarne delle pietre. E come gl
anii umani, costringeva a lottar seco tutt’i viandanti che capitavano
nel
suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava.
arde il petto, perchè provocò i fulmini di Giove, il quale confinollo
nel
tartaro. IV. Continuazione – Superficie della
e, formato da due scogli ed in cui erano dolci acque e sedili scavati
nel
vivo sasso. E lo stesso Omero(3) loro attribuisce
dio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la sua destrezza
nel
coltivare i giardini, meritò la mano di Vertunno.
i una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e
nel
collo un monile : la sua rossa tunica è affibbiat
n mezzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto,
nel
quale era una bella pianura ed acque vive, ed int
nce, al petto, ai crini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E
nel
foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere
la lor rete il prudente Ulisse, per dispetto si spinsero a rompicollo
nel
mare. Plinio e forse anche Omero, afferma che il
rrento ; e che la Sirena Leucasia fu sepolta in un’isoletta o scoglio
nel
golfo di Pesto, detto oggidì la Licosa. Si vuole
a, aprì a quella Dea che nella sua isola prediletta non già, ma bensì
nel
regno infernale era Proserpina, indegnamente rapi
Ma è tutto ciò una favola ; perchè l’Alfeo manifestamente mette foce
nel
mare, e niuna apertura si vede che ne assorbisca
savie leggi ; la terza, Aloea (αλυα, area) che celebravasi ogni anno
nel
tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più cel
e un sacrificio e fare alcune lustrazioni o purificazioni, bagnandosi
nel
fiume Ilisso. Questi piccioli misteri servivano d
d un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entrare
nel
vestibolo del tempio e non già nel santuario. Or
quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio e non già
nel
santuario. Or non vi era in tutta la Grecia festa
Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata,
nel
bel mezzo della quale era una ramosa quercia, int
o e di Taigete. Volendo questi sperimentare la divinità degli Dei che
nel
loro pellegrinaggio avea in sua casa ricevuti, fe
olla doppia fiaccola, e che colla sinistra prende un lembo del manto,
nel
quale Mercurio mette una borsa piena di danaro, p
), epiteto della Dea dal tempio che le edificò Ctonia sul monte Prono
nel
Peloponneso. Si celebravano in onore di lei alcun
lla costellazione della Vergine, perchè questo segno del zodiaco cade
nel
mese di agosto, in cui la messe suol esser matura
andava in cerca della sua Proserpina ; e si facevano per otto giorni
nel
Circo massimo colla corsa de’cavalli(2). Infine,
uoti ed abbondano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco
nel
tentare di uscire di sotterra, si disse ch’erano
disse ch’erano i colpi de’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano
nel
fabbricare i fulmini di Giove, chiamati da’ poeti
di lavorare il ferro ; e perciò si finse che avessero aiutato Vulcano
nel
fabbricare i fulmini. Or quantunque insigne fosse
rotali o campanelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo
nel
dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un pep
onsacrato a Vulcano, edificato da Romolo, ch’era fuori della città, e
nel
quale si trattavano gli affari più rilevanti dell
i Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco
nel
bell’inno di Diana dice che Giove amò assai quest
tri, seguendo l’orme di una fiera, fu da Diana trasformato in cervo ;
nel
qual sembiante veduto dai suoi cani, fu da essi m
dia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compagna di Diana, velocissima
nel
corso e sì valente cacciatrice che Ovidio la chia
l’amore del figliuolo e quello degli estinti, questo prevalendo, pose
nel
fuoco il fatale tizzone delle Parche, consacrando
quale finì consumandosi a poco a poco, come quel tizzone si consumava
nel
fuoco. Pel dolore di sì acerbo fato due sorelle d
na cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauride, ove
nel
tempio di Diana esercitò le funzioni di sacerdote
i uno spettacolo tutto nuovo ; perchè essendo Pilade ed Oreste simili
nel
sembiante, nella statura ed in tutt’altro, e vole
cori delle Ninfe greche che tenendosi per la mano danzano sul prato o
nel
bosco nella stessa guisa che dai poeti ci venne r
l’altra Dea presedeva a’parti ed alla nascita ; e Plutarco (3) mette
nel
numero degli Dei nuziali anche Diana o Lucina ; e
ια, da ελευθω, venio, quasi voglia dire, io vengo alla luce, io vengo
nel
mondo. Lucina dicevasi Diana come Dea de’ parti,
inseguì per un anno, non volendola uccidere nè ferire ; ma finalmente
nel
passaggio del Ladone, già stanca la ferì, e sulle
perti, li custodiva. Or racconta Apollodoro che il nostro eroe giunto
nel
paese dell’Esperidi, per avviso di Prometeo, fece
del Centauro Nesso. Ma l’eroe, da lui insultato, con un dardo il ferì
nel
petto ; il quale, vicino a morire, diede a Deiani
micia di Nesso. Della quale vestito, sentendosi tutto bruciare, gittò
nel
mare l’infelice Lica ; e recatosi sull’Eta o Oeta
arsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale
nel
figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli
mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli ammesso
nel
numero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apoll
onde il proverbio « la botte delle Danaidi ». Linceo intanto successe
nel
regno a Danao, da lui ucciso ; ed a lui, Abante,
ra). Il quale, per instigazione del padre, uccise Atreo, cui successe
nel
regno Agamennone che fu potente e ricco sopra ogn
litennestra. L’unico figliuolo rimasto ad Agamennone fu Oreste, a cui
nel
trono di Argo successe Pentilo, a lui Adrasto, e
ai, gemelli, poscia uccisi da Ercole, che si fingono alati ne’piedì e
nel
capo, come gli altri venti. Procri, sorella di Or
do le vele nere e credendo il figlio divorato dal Minotauro, gittossi
nel
mare che da lui prese il nome di mare Egeo. Oltre
che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo di Delfo
nel
tempo stesso che Laio viaggiava per que’luoghi in
finge era un mostro che infestava tutto il paese vicino a Tebe, e che
nel
volto e nelle mani rassembrava una donzella, e ne
cino a Tebe, e che nel volto e nelle mani rassembrava una donzella, e
nel
corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di u
proponeva ad essi : Quale animale il mattino cammina a quattro piedi,
nel
mezzodì, a due, e la sera, a tre. Edipo spiegò l’
egazione ebbe tanto dolore la Sfinge, che da uno scoglio si precipitò
nel
mare. Quindi un servo presso Terenzio : Io son D
, i quali aveano nella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e
nel
resto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’ide
Colchide per quivi porre in salvo la vita ; ma l’infelice Elle cadde
nel
mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Fors
pali ; Tifi, a cui Giasone affidò il timone di quella nave e che morì
nel
viaggio presso i Mariandinii, ed ebbe per success
o, di Testio ; ed altri non pochi. Or a questi avventurieri accaddero
nel
viaggio molte disgrazie. Approdarono in prima a L
forza che pratica piegato il suo remo, lo ruppe, e mentre che andava
nel
bosco per farsene un altro, Ila, fig. di Tiodaman
ali servivansi contro quelli che volevan punire ; anzi Servio le pone
nel
numero delle Furie. Virgilio nomina la sola Celen
cima gettava fuoco, e che nella parte superiore era abitato da leoni,
nel
mezzo da capre, ed alle falde, da serpenti ; e ch
che senza fallo è il più celebre de’ tempi favolosi ed eroici ; e che
nel
tempo stesso può dirsi l’ultimo, perchè da quel f
lta delle più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque distinguere
nel
poema di Omero quello ch’è storia e quello ch’è m
lti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata
nel
porto di Aulide, ove Calcante, celebre indovino,
rdote pregò il nume di vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste
nel
campo de’ Greci. Oltre questa sciagura nacque pur
que della palude Stigia, e così egli diventò invulnerabile, salvo che
nel
calcagno pel quale la madre lo avea tenuto. Ella
ni, per le arti specialmente del greco Sinone sì bellamente descritte
nel
secondo libro dell’ Eneide, smantellano le porte,
della di Troia. Si danno ad una gioia immoderata, e la notte, sepolti
nel
vino e nel sonno, lasciano la città incustodita.
oia. Si danno ad una gioia immoderata, e la notte, sepolti nel vino e
nel
sonno, lasciano la città incustodita. Allora fu c
ciano la città incustodita. Allora fu che i Greci guerrieri rinchiusi
nel
cavallo ne scendono chetamente, e dato il convenu
torno alla ler patria, ove pochi giunsero dopo varie e molte sciagure
nel
viaggio sofferte. In quanto a’Troiani, quelli ch’
enture bisognerebbe ripetere quanto di lui cantò l’immortal Mantovano
nel
gran poema dell’Eneide ; percui stimiam meglio ta
lla sua reggia, temendo che a quella scossa non si aprisse la terra e
nel
tristo regno delle ombre penetrasse la chiara luc
; e che coll’aiuto di siffatte armi vinsero i Titani e li rinchiusero
nel
Tartaro ; il che fatto si divisero quei tre frate
meni che succedono sulla terra, come pure i considerabili cambiamenti
nel
corso dei torrenti e de’fiumi. Erodoto(2) riferis
fece uscir della terra un bel cavallo, che qual simbolo di guerra fu
nel
consiglio degli Dei giudicato meno utile dell’uli
andezza che lo schiacciò. Il quale, per opera di Galatea, fu cangiato
nel
fiume oggidì detto freddo, perchè nascendo dall’
l mare gelidissime le sue acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi
nel
mare e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo di
, questi ritornati a vita per virtù di quell’erba, saltarono di nuovo
nel
mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto accorto di
osi Glauco e fatto accorto di quella occulta virtù, per essa gettossi
nel
mare e fu convertito in uno de’marini Iddii, ai q
e e per l’altro figliuolo la stessa sorte, con Melicerta si precipitô
nel
mare da un’alta rupe del promontorio Lecheo. Nett
di lui e di Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in un antro ch’era
nel
fondo del mare, formavano il’ bel corteggio di Te
che Proteo desse le sue fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo
nel
suo antro e legarlo, essendo antica credenza che
do la barba più increspata, ed essendovi una considerevole differenza
nel
getto de’capelli che al disopra della sua fronte
omparisce sulla prora di una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno
nel
rovescio in figura di combattente vibra il triden
so, di cui si è parlato nella prima parte. Nè questo poeta è uniforme
nel
descrivere la trasformazione di Scilla ; poichè s
intendevano il luogo più profondo dell’inferno, immaginato da’ poeti
nel
centro della terra, per servire di eterna prigion
urio conduce all’inferno le anime de’morti in un luogo ch’egli alloga
nel
paese de’Cimmerii, popoli posti all’estremità del
numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia di precipitarli
nel
Tartaro, ove sotterra è un baratro profondissimo,
o, come quella che dalla superficie della terra si facesse cadere giù
nel
Tartaro. Intorno ad esso avvi una trincea di soli
dato pure la sua descrizione dell’Inferno ; ma è stato poco accurato
nel
distinguerne le parti. Secondo lui, una strada si
tà ha mille porte ; e come il mare da tutta la terra accoglie i fiumi
nel
suo seno, così quel luogo, Ie anime di ogni paese
all’aria, ove regna un clima purissimo ; altri, nella luna, ed altri
nel
centro della terra accanto al tartaro ; ma l’opin
ore Saturno, ove giudica Radamanto, che tutti gli altri poeti pongono
nel
regno di Plutone. Dice poi che coloro i quali sar
i Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti gli altri. Pindaro,
nel
descrivere in tal guisa i Campi Elisii, ha imitat
lle ombre ; come ancora una spelonca di spaventosa profondità, ch’era
nel
Tenaro, promontorio della Laconia, credevasi una
n rigoroso giudizio della lor vita. Radamanto ed Eaco siedono giudici
nel
campo detto dell a Verità, perchè quivi non avea
dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al luogo de’ tormenti o
nel
soggiorno de’giusti. La città de’malvagi, secondo
Nel primo udivansi i dotorosi vagiti de’ bambini morti sul nascere ;
nel
secondo, eran le ombre di quelli che per falsi de
per falsi delitti apposti, furono ingiustamente condannati a morte ;
nel
terzo, eran quelli che un crudele destino avea sp
un crudele destino avea spinto a darsi colle proprie mani la morte ;
nel
quarto si vedean coloro che morirono per un forse
; nel quarto si vedean coloro che morirono per un forsennato amore ;
nel
quinto, stavano allogate le anime de’guerrieri e
e ; nel quinto, stavano allogate le anime de’guerrieri e degli eroi ;
nel
sesto era la tremenda prigione del Tartaro, ove g
a città di Pandosia ch’era propriamente nella Tesprozia, e si gettava
nel
golfo Tesprozio, oggidì di Butrintò ; l’altro che
lungi da Pozzuoli. Pare che Virgilio dica che l’Acheronte si scarica
nel
Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il
i. Pare che Virgilio dica che l’Acheronte si scarica nel Cocito (2) ;
nel
che non si accorda con Omero, il quale afferma ch
un sotterraneo ruscello sempre coperto d’una cupa notte. Scorre esso
nel
Tartaro, ma la decima parte è riservata pel gasti
venivano asperse, oltre l’oblio, inducevano anche il sonno. Virgilio
nel
quinto libro dell’Eneide diede al Dio del sonno u
l Sonno, vi fece scorrere intorno un ramo di questo fiume. L’Ariosto,
nel
Furioso, imitò l’idea del fiume Lete, allorchè po
imitò l’idea del fiume Lete, allorchè pose nella luna un gran fiume,
nel
quale erano da un vecchio gittati i nomi di tutt’
poeti che le ombre scendevano all’inferno con quella forma che aveano
nel
tempo della lor morte. Così Deifobo mostravasi ad
poi gli Dei Mani erano Genii, che credevano assegnati a ciascun uomo
nel
suo nascimento, uno buono e l’altro cattivo, i qu
ri stessi e le ceneri, e finalmente le pene stesse dell’inferno, come
nel
celebre luogo di Virgilio, ove si dice che ciascu
ma bestia dalle cento teste. Le Furie, al dir di Virgilio (8), aveano
nel
primo entrar dell’Inferno i loro ferrati covili ;
punire il delitto sì nell’ inferno che in questa vita, e che ponevano
nel
cuore degli scellerati sì terribili rimorsi che t
dell’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana,
nel
quale idioma esso significa un nocchiero. I genti
il gigante Tizio, fig. della Terra, fulminato da Giove e precipitato
nel
Tartaro, ove un avvoltoio, o due, secondo Omero,
ganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e lo precipitò
nel
Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota cir
re che l’inferno era oltre l’oceano, cioè al Nilo, chè dagli Egiziani
nel
linguaggio del popolo così chiamavasi quel fiume
no e particolarmente quella del Tartaro, prigione tenebrosa collocata
nel
centro della terra, son prese dalle moltissime st
terranei, han dovuto dare l’idea di que’mostri che i poeti allogarono
nel
regno di Plutone e specialmente all’entrata di es
di fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e
nel
modo stesso che i due primi, fu sottratto alla cr
one di coloro, i quali hanno preso Plutone per le ricchezze rinchiuse
nel
grembo della terra, avendo essi potuto cadere in
da Plutone, di collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri sei
nel
cielo, e di chiamarla sposa di Autunno, come la d
ne, come Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ morti
nel
mese di Febbraio dagli antichi Romani. Esse dicev
alla fronte di una vittima che dovea sacrificarsi agli Dei e gettarli
nel
fuoco ; perciò si finge che Proserpina toglieva u
o poeta si rileva che le ombre uscite dell’inferno doveano ritornarvi
nel
tempo loro prescritto dall’imperiosa Proserpina.
altri celesti ed infernali Iddii. E veramente esse ebbero gran parte
nel
rapimento di Proserpina. Plutone, dice Claudiano(
alla vita ed alla morte degli uomini ed a bitavano un antro tenebroso
nel
Tartaro, erano riguardate come padrone dispotiche
conviene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il quale
nel
suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e di
tale serie delle cose vedevasi registrata, stava, secondo quel poeta,
nel
luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Pa
to di Proserpina rappresentato in un quadro di Nicomaco, che vedevasi
nel
Campidoglio in un tempio di Minerva. Sopra un vas
opo l’uffizio di reci dere il filo della nostra vita, fu posta ancora
nel
numero delle Parche. Or ecco come questo Autore s
rima lo stesso Regio Revisore non avrà attestato di aver riconosciuto
nel
confronto esser l’impressione uniforme all’origin
irsi ; se giugnessero a credere che questi sono racconti puerili nati
nel
seno dell’ignoranza e della barbarie, diremo loro
i, e come sogni d’infermo e fole da romanzo. Così si esprime il poeta
nel
porre in chiaro il consiglio e l’intendimento di
greca Mitologia, e descrive a parte a parte come tutto fosse animato
nel
mondo in acconcio della poetica invenzione. Temp
o archimandriti Di quanti la Natura in cielo e in terra E nell’aria e
nel
mar produce effetti, Tanti Numi crearo : onde per
de e tutte alfin le cose (Da che fur morti i Numi, onde ciascuna Avea
nel
nostro immaginar vaghezza Ed anima e potenza) a t
rta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranca a ciò costrutta
nel
campo, che dicevasi scellerato. Si crede da alcun
cuni che il fuoco sacro così detto fosse il lume delle lampade accese
nel
tempio di Vesta, e che se si estinguevano, la Ves
tamente, lo detronizzò, lo scacciò dal regno e l’obbligò a ricovrarsi
nel
Lazio. Impadronitosi del trono Giove sposò sua so
rla rimirata in un bagno. Giove stesso le diede l’arco e le frecce, e
nel
farla regina de’boschi, le assegnò un corteggio d
suo. Questa Dea si rappresenta sotto la figura di una donna giovine,
nel
fiore della bellezza, in abito da cacciatrice, co
dovi la carestia ; ed essendo state rispinte dal vento settentrionale
nel
Mar Ionio ove perirono, si dissero scacciate dai
gli. Apollo Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce,
nel
lanciar le quali era espertissimo, fu di mettere
mini al padre degli Dei. Per questa vendetta fu scacciato dal cielo e
nel
suo esiglio ritirossi presso Admeto re di Tessagl
gli le gregge, e mentre cercava il suo arco e le frecce, s’avvide che
nel
momento stesso gli erano state anche quelle invol
a stravaganza cangiò lo sdegno in riso. Essendo Mercurio espertissimo
nel
suono della lira si servì di quella di Apollo per
Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi allora gl’impose di lavarsi
nel
fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di vo
Tauropoli, Evanto, Toante, Eponione. Pretendono alcuni ch’ei trovasse
nel
suo ritorno dall’ India l’affetuosa Arianna abban
Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta che gli Dei irritati
nel
vedere che Giove si arrogasse solo il diritto di
o era celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l’avevano messo
nel
numero delle dodici prime divinità. Si denominava
del sole, che, nella sua assenza durante l’inverno, piomba la natura
nel
lutto e nella sterilità. Proserpina secondo quest
, l’uno presso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro
nel
regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tena
ia, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna
nel
Tenaro, or capo di Maina, promontorio del Pelopon
le proprie glorie. Robusti atleti esereitavansi alla lotta ; giovani
nel
vigore dell’età lanciavansi nell’aringo, mentre g
llità degli abitatori dell’Eliso. » Variarono d’opinione gli antichi
nel
situare i Campi Elisi. Li situavono alcuni nella
Tile o Tule degli antichi secondo una generale opinione. Chi li pone
nel
œntro della terra, chi sulle sponde dell’Oceano.
la terra, chi sulle sponde dell’Oceano. La maggior parte si accordano
nel
collocarli oltre le colonne d’Ercole nelle amene
bligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva
nel
far obliare il passato. Coloro che amrnettevano l
di loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi avevano collocata
nel
regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era diffic
padre dell’Etera e del Giorno, che fu cangiato in fiume e precipitato
nel
Tartaro per aver prestato aiuto ai Titani. Viene
ano dare una moneta per essere traghettate, e ponevasi perciò a’morti
nel
seppellirli una moneta sotto la lingua. Le anime
Minerva. La Sibilla ne diede uno al pio Enea, allorchè volle entrare
nel
regno di Plutone. Molto tempo avanti che questo p
e del Cocito le anime degl’insepolti, perchè quelli che si annegavano
nel
lago Acherusa non ricevevano funerali se non un s
malsana, che dimorava lungamente nascosta sotto e rra, e scaricavasi
nel
golfo Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa
stengono esser questo mostro l’emblema della dissoluzione che succede
nel
sepolcro ; e se Ercole lo vinse dopo aver incaten
te degli uomini esse ne regolavano i destini : tutto ciò che avveniva
nel
mondo era sottoposto al loro impero. Il loro uffi
a morte di Achille versarono amare lagrime e non vollero più rimanere
nel
campo greco. Le Furie erano divinità infernali, i
on rimorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le quali gettavanli
nel
più gran delirio, che sovente non cessava che col
ieco ; dicesi ehe fosse zoppo quando veniva fra noi e mettesse le ali
nel
partirsene. Distribuisce le ricchezze a capriccio
aveva in Delfo. Irritato Apollo uccise Flegia e precipitato dagli Dei
nel
Tartaro fu condannato a starsi perpetuamente sott
olpi di freccia per aver tentato di far violenza a Latona ; e sepolto
nel
Tartaro, ove occupava collo smisurato suo corpo n
i altri giganti insieme. Poichè Giove gli ebbe sconfitti precipitolli
nel
Tartaro ; avvi chi pretende che fossero seppellit
avano il monte Liceo ed il monte Menalo in vicinanza del fiume Eurota
nel
Peloponneso ove Apollo andava a cantar sulla lira
selvatico ulivo. Si pretende che la voce dei Fauni si facesse sentire
nel
più folto dei boschi. Il nome di Silvani era gene
Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dimorava ordinariamente
nel
mar Carpazio, così chiamato da Carpata, ora Scarp
e mostravasi sotto un’infinità di differenti figure. Fu messo infine
nel
numero di quegli incantatori di cui abbondava l’E
nti senza abbruciarsi. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi
nel
suo tempio ricevevano il cappello della libertà.
opo il giudizio di Paride la odiava tanto, le offrì la sua assistenza
nel
parto, e ricevette il fanciullo sì deforme, che n
a Giove e si ritirarono ne’ vicini luoghi ; ma il dio Termine rimase
nel
suo posto senza muoversi malgrado gli sforzi che
i che si fecero per levarnelo, ed egli si trovò in tal modo rinchiuso
nel
tempio innalzato in quel luogo. Si fece credere a
i un agnello o una porca lattante. I sacrifici pubblici avevano luogo
nel
tempio a lui consacrato : dai particolari facevan
re alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il quale
nel
giorno delle sue nozze fu schiacciato nella propr
evota compagnia. Alcuni corsari intanto scesi improvvisamente a terra
nel
luogo della cerimonia, tutta rubarono la brigata,
nno una fiamma medesima. Cupido Sono molto discordi i mitologi
nel
fissare l’origine di Cupido. Lo fanno figlio del
far conoscere ch’egli domina su tutta la natura si dipinge nell’aria,
nel
fuoco, su la terra e sul mare. Esso conduce carri
sse estremamente debole e colle mani sulla bocca, come i figli stanno
nel
seno materno ; questa attitudine fu interpretata
medesimo quella fatale necessità secondo la quale ogni cosa avveniva
nel
mondo. Giove vorrebbe salvare Ettore, ma bisogna
no la notte e quando si trovavano sollevati dai loro mali, lasciavano
nel
tempio qualche cosa che rappresentasse la parte d
pplicò essa eziandio allo studio dell’astrologia e divenne eccellente
nel
predire il futuro. Temi voleva conservare la sua
isce, avevano in questa Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre
nel
tempio di lei una prodigiosa folla di malati, opp
le il rimandò al Sole per accertarsi della sua nascita. Fetonte entrò
nel
palazzo del Sole e lo trovò seduto sul suo riluce
ruito del come doveva guidarlo. Fetonte non conoscendo pericoli montò
nel
carro e partì. Appena egli giunse sull’orizzonte,
uesto principe fosse re dei Molossi, popolo dell’Epiro, che si annegò
nel
Po, e che essendosi applicato molto all’astronomi
e dopo l’età dell’oro ritornò in cielo ; l’altra rimase sulla terra e
nel
Tartaro per punizione de’ malvagi. Queste due div
di mortale, ma tutti vi soccombevano. Achille solo resistette, perchè
nel
giorno precedente era stato strofinato d’ambrosia
a far vacillare. A questa Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove
nel
più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerr
do più lottare contro le onde, si annegò. Il suo corpo fu trasportato
nel
sacro bosco di Diana, e tumulato nell’atrio del t
l braccio di mare dove Sarone annegò e desso fu messo da’ suoi popoli
nel
numero degli Dei del mare, e divenne in seguito i
il rendette padre di un figlio chiamato Licasto, che a lui succedette
nel
regno, e che fu padre di Minosse, secondo di ques
ette giovani e altrettante donzelle, ond’ essere esposte al Minotauro
nel
labirinto, ove questo principe aveva rinchiuso qu
iò che insieme alla moglie il ricopriva di disonore, fece rinchiudere
nel
famoso labirinto Asterio che la favola dipinge co
birinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone
nel
lago Meride ; se ne crede il costruttore Petesuco
scoperto. Considerando che il Minotauro stava, per così dire, sepolto
nel
Labirinto, i Romani, dice un autore, per indicare
dicare che i piani e i divisamenti dei generali dovevano star sepolti
nel
loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo e
star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo era
nel
labirinto, portavano talvolta il Minotauro per in
ce e del livello. Egli si rese specialmente famoso per la sua abilità
nel
fare certe statue che uscendo dalla sua mano croa
ortò il nome di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di Dedalo
nel
favorite gli amori di Pasifae, determinò di punir
ò di punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro, alcuni dicono
nel
Labirinto, altri in una stretta prigione, da cui
’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva di mortale e l’ammisero
nel
numero degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone
ee guerriere e le hanno confuse colle Baccanti. Non solo furono poste
nel
rango delle Divinità, ma vennero loro altresì lar
d’alloro e delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entrate
nel
palazzo di Pireneo re di Focide, dietro il suo ge
questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle piû celebri
nel
suo genere e che dir si può un miracolo dell’arte
che le venne dalla Villa Medici ove fu in origine trasferita da Roma
nel
1587 sotto Ferdinando I figlio del Gran Cosimo, e
Ercole finalmente le distrusse insieme alle loro rivali, persuaso che
nel
gran progetto da lui concepito di rendersi utile
ed il Pegaso cavallo alato. Appena che quest’ultimo vide la luce volò
nel
soggiorno degl’immortali e spiegò il volo sull’El
e. Le Ninfe, Galatea, Aretusa e Aracne Il nome di Ninfa indica
nel
suo vero significato una donzella maritata da poc
alle semplici pastorelle e a tutte le belle che i poeti fanno entrare
nel
soggetto de’loro canti. Fu tributato alle Ninfe u
ni Divinità superiore dell’uno e dell’altro sesso aveva le sue Ninfe,
nel
cuirango convien mettere eziandio le Muse, che so
« La mia esistenza dipende da questa pianta : converrà ch’ io perisca
nel
momento stesso ch’essa cadrà sotto i colpi della
che le altre erano delle famiglie delle Ninfe marine. Variano i poeti
nel
fissarne il numero, passandovi la differenza da s
profondi antri sboccò nell’ isola d’Ortigia vicino alla Sicilia, anzi
nel
porto stesso di Siracusa, unita alla città da un
va sino alle città. Erano chiamate figlie di Giove. Alcuni le contano
nel
numero delle sacerdotesse di Bacco, altri le fann
dalla loro fama ne divenne amante e spedì dei pirati che le rapirono
nel
loro giardino ; ma furono sorpresi da Ercole che
bero le braccia cangiate in ali e le gambe in code di pesce ritenendo
nel
volto e nel busto la forma muliebre ; dicesi che
cia cangiate in ali e le gambe in code di pesce ritenendo nel volto e
nel
busto la forma muliebre ; dicesi che ottenessero
to di eccitare nelle donne il nobile sentimento dell’amicizia sì raro
nel
loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata que
o alla cintura è una donzella di una bellezza seducente, pesce enorme
nel
rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un
asso molto stretto, ove vi sono grandi e scoscesi scogli che sporgono
nel
mare dai due lati opposti. È celebre nell’antichi
i attribuivansi ad ogni uomo, l’uno buono e l’altro cattivo. Ciascuno
nel
giorno del suo nascere sacrificava al proprio Gen
in conformità dei decreti di Giove ; e gli annunciò che sarebbe posto
nel
rango degli Dei allorchè avesse compiuto i glorio
sentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva
nel
decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Si
Giunone, diresse contro questa Dea una freccia a tre punte e la ferì
nel
seno, e n’ebbe essa a provare dolori così grandi,
a non dovesser più calmarsi. Ercole ferì anche Plutone in una spalla,
nel
tetro soggiorno degli estinti, per cui fu costret
attere col fiume Acheloo. Questo eroe condusse via la novella sposa e
nel
passare il fiume Eveno, il centauro Nesso si offe
il Centauro vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia intrisa
nel
proprio sangue, a ssicurandola che quella vesta a
incorporata alle membra ; a misura ch’egli la stracciava, laceravasi
nel
tempo stesso la prima pelle e la carne. In tale s
e soltanto dopo un secolo circa gli Eraclidi riuscirono a stabilirsi
nel
Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di
di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove
nel
veder che Prometeo era sfuggito a questo agguato
re di Tessaglia, il corso del fiume Peneo fu fermato da un terremoto
nel
luogo ove questo fiume ingrossato dalle acque di
questo fiume ingrossato dalle acque di quattro altri va a scaricarsi
nel
mare. In quell’anno stesso cadde tanta acqua che
la nascita di Perseo fecelo esporre colla madre in una sdruscita nave
nel
mare sperando che i flutti non tardassero ad ingh
lio fu trasportato sulle coste dell’isola di Serifo una delle Cicladi
nel
mar Egeo e raccolta da un pescatore nomato Ditti
sse mortale ; cui Pallade per punirla di aver amoreggiato con Nettuno
nel
suo tempio aveva cangiato i capelli in serpenti,
lante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convertendolo
nel
monte dello stesso nome presentendogli il capo di
pomi da lui accuratamente guardati. Di là passò in Etiopia ove arrivò
nel
momento in cui Andromeda stava per finire i suoi
i che Perseo trovandosi a Larissa volle far prova della sua destrezza
nel
lanciare il disco da lui inventato e che ebbe la
acevano. Ne abbandonò alcune, fra le altre Arianna. Accompagnò Ercole
nel
combattimento contro le Amazzoni e ne sposò la lo
io colle nere vele, e credendo il figlio estinto, per duolo affogossi
nel
mare, che da lui prese il nome di mar Egeo ora Ar
eseo a voler seco scendere nell’inferno per indi rapirla : ma Piritoo
nel
primo ingresso fu divorato dal can Cerbero, e Tes
ciso, il primo imprigionato e liberato poi da Ercole. Si pone Piritoo
nel
numero dei famosi scellerati che sono nel Tartaro
da Ercole. Si pone Piritoo nel numero dei famosi scellerati che sono
nel
Tartaro puniti. I Centauri mezzo uomini e mezzo c
Troverai in un vicino campo una giovenca ; seguila e fonda una città
nel
pascolo ove essa si fermerà : darai a quel paese
ro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe
nel
luogo appunto ove lo condusse la giovenca di cui
Agave, fu lacerato dalle Baccanti ; Ino divenuta furiosa si precipitò
nel
mare. La famiglia di Polidoro non ebbe miglior fo
sua immortalità. Tutto ciò ch’egli potè ottenere si fu che passerebbe
nel
regno de’morti tutto il tempo che Castore restere
alle sette che già aveva quell’ istrumento. Era egli tanto eccellente
nel
trarne melodiosi suoni, e nell’accompagnare con q
tradisce, egli si ferma ; si volge per vedere se la moglie lo segue e
nel
momento stesso Euridice gli è tolta per sempre. E
gettarono la testa di lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che
nel
mar Egeo mette le sue foci. Così la morte di una
ri suoni che erano dall’eco ripetuti ; e che un serpe voleva morderla
nel
momento che apriva la bocca, ma Apollo lo cangiò
e i due infelicissimi coniugi furono riuniti nei Campi Elisi e posti
nel
soggiorno destinato agli amanti virtuosi. Orfeo r
nire al suono della sua lira. Non è difficile l’intendere che i poeti
nel
dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe
Tebe col suono della sua lira, che indipendentemente del suo talento
nel
maneggiare questo istromento, egli era stato abba
anzata di questo usurpatore è un ostacolo a sì lungo viaggio. Giasone
nel
fior della gioventù può solo intraprenderlo ; il
e ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta
nel
sangue dell’Idra di Lerna, mancò il segno e ferì
ti entrarono nell’Ellesponto, costeggiarono l’Asia Minore, sboccarono
nel
ponte Eusino ed arrivarono sotto le mura di Aea,
i furono gettati su le coste d’Africa. Vogliono altri che arrivassero
nel
mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e c
passare dall’Europa in Asia sopra l’ariete dal vello d’oro Elle cadde
nel
mare, che per questa ragione fu detto Ellesponto
er servir loro di vettura. L’offerta fu accettata e quando Elle cadde
nel
mare il montone parlò di nuovo per calmare, Friss
o a Marte, altri dicono a Mercurio. La spoglia fu appesa ad un albero
nel
campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di
io che ne fe’dono a Nefele. Del resto tutti i mitologi sono d’accordo
nel
dire che dopo il sacrificio, l’animale fu traspor
iete, uno dei dodici segni dello zodiaco. Se discordi sono i mitologi
nel
riferire la favola del vello d’oro e di quanto vi
ne della sua morte ; perocchè Altea di ciò irritata rimisi il tizzone
nel
fuoco, e a misura che questo andò consumandosi, e
Atalanta fosse restituita a suo padre ; ma la maggior parte combinano
nel
dire che dessa si trovò alla famosa caccia del ci
di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella era valentissima
nel
correre, quindi propose a’suoi amanti di sposare
dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto
nel
giardino delle Esperidi al dir di alcuni e second
radi, per consultare l’oracolo d’Apollo, morì di cordoglio o si gettò
nel
mare al ricever che fece questa triste nuova mand
fratello di Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva
nel
luogo di sua nascita. Prima della guerra nella qu
a padre, furono talmente afflitte, che precipitaronsi di disperazione
nel
mare, ove furono cangiate in alcioni. Giano
la chiave perchè credesi inventasse le toppe e perchè aprisse l’anno
nel
mese di gennaio che da lui tratto aveva il suo no
ampi e le vigne. In riconoscenza di tanti benefizi i Romani lo posero
nel
numero degli Dei. Il regno di Giano fu tanto paci
ponevano a Giano dodici altari secondo il numero de’mesi dell’anno e
nel
dargli quattro facce si alludeva alle quattro sta
eva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese
nel
luogo più eminente della fortezza. Il carro di Go
a di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore
nel
vedersi tutt’ad un tempo reo di parricidio e d’in
l palazzo, vi attacca un laccio fatale e in questa guisa si precipita
nel
Tartaro ; poi datosi ad un volontario esilio o co
parte alcuna nella sua vita, pure i poeti non tralasciano di situarlo
nel
numero de’più famosi condannati del Tartaro. Ete
enalippo maritò la seconda, assumendo l’impegno di rimettere Polinice
nel
regno. Spedì a questo effetto Tideo ad Eteocle pe
suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso
nel
corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo,
’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi,
nel
quale egli era abilissimo, colla condizione, che
a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato
nel
corso precipitò Enomao che ne morì, ed egli così
ssore della più bella donna dell’universo. Giunone si abbigliò poscia
nel
modo più magnifico che le fu possibile, lo stesso
i occuparono i Greci a saccheggiare le città e terre dintorno, finchè
nel
decimo anno, tratte le navi sul lido, posero a Tr
a figlia di lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sposalizio
nel
tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelena
lizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì
nel
calcagno, ove soltanto era vulnerabile come si è
lli che stavan dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti
nel
sonno, a ferro e fuoco misero la città tutta. Uli
oi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato
nel
primo caso da Nettuno nel secondo da Venere. Nell
l’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato nel primo caso da Nettuno
nel
secondo da Venere. Nella notte terribile in cui f
partì seguíto dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì
nel
viaggio. Enea col padre e col figlio andò a ricov
rno re de’ Rutuli cui Lavinia era stata innanzi promessa. Enea lasciò
nel
Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, ch
a dire dell’Iliade di Omero. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire
nel
ritorno dopo la guerra di Troia, vennero da Omero
ver fatto parte delle terme di Tito. Il Laocoonte trovasi al presente
nel
Museo Pio Clementino a Roma. Gli Omcoli, le
e dovevano essere soli quando entravano nei tempii. Alessandro entra
nel
tempio di Giove Ammone e lascia alla porta i suoi
anco il suo caro Effestione. Vespasiano fa allontanare la sua scorta
nel
presentarsi che fa al tempio di Serapi. Quando un
; locchè fu a lei concesso ; ma sgraziatamente dimenticò di chiedere
nel
tempo stesso il dono di conservare quella fresche
Cuma ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla
nel
suo antro e la pregò di condurlo all’inferno onde
e gli ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa discese
nel
soggiorno delle ombre, ove apprese dal padre tutt
d’oro. Il re la scacciò con disprezzo ; per il che essa ne gettò tre
nel
fuoco in sua presenza e chiese lo stesso prezzo p
nuovamente la richiesta mercede, essa ne bruciò tre altri e perseverò
nel
chiedere la stessa somma pei tre ultimi, con mina
servato. Nel 363 dell’era volgare i Libri Sibillini trovavansi ancora
nel
tempio di Apollo Pallatino, poichè Giuliano li fe
e consultare in quell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma
nel
mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il
in qualche altro religioso luogo collocati ; poichè si sa che Onorio
nel
403 li fece consultare nella circostanza della pr
I Sacrifici erano sempre accompagnati da libazioni, che consistevano
nel
versare del vino, o in mancanza d’easo dell’acqua
i si sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilato
nel
quale combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co
ochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrati
nel
circo e gli altri sopra la scena. Riguardo ai giu
Manuale delle Mitologie pubblicato coi tipi del sig. Antonio Fontana
nel
1826. (1). In varie parti dell’Africa coltivasi
r cui riducendo tutte le Favole ad un ragionato ordine, non omettessi
nel
tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che br
ura della presente Istoria. L’indice alfabetico per ultimo, descritto
nel
fine della medesima, sarà oppertuno, affinchè si
i Divinità anche gli Elementi. Finalmente quanto, per così dire, v’ha
nel
mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, l
eme co’ Ciclopi(5), suoi fratelli, che da Urano erano stati rinchiusi
nel
Tattaro(6), ne facesse pagare il fio al loro snat
. Non vi riuscì, perchè il figlio, essendosene avveduto, lo rinchiuse
nel
Tartaro. Saturno seppe fuggirsene(10), e si rifug
u appellata Ope, perchè quelle si hanno dalla terra(n). Il primo, che
nel
Campidoglio le fabbricasse un tempio, fu Tazio, r
una certa sacra ceremonia, chiamata Lavazione, perchè essa consisteva
nel
lavare il simulacro di Cibele nel piccolo fiume A
a Lavazione, perchè essa consisteva nel lavare il simulacro di Cibele
nel
piccolo fiume Almone, che trovavasi suori della P
mise di soddisfarla, qualora la giovine non avesse gustato alcun cibo
nel
Regno di Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alq
a Empanda, perchè somministrava del pane a coloro, che si rifugiavano
nel
di lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia
rranca (d), fu eretto un gran tempio in Ermione, città della Laconia,
nel
quale ogni anno di Estate se ne celebrava la fest
e cantando inni. Venivano dietro giovenche, le quali s’introducevano
nel
tempio, e successivamente vi s’ immolavano da qua
non potesse udire i vagiti del Nume bambino (b). Variano i Mitografi
nel
riferirci da chi Giove sia stato nutrito e alleva
alle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua
nel
tempio di Minerva presso i Tegeati (b). Aglaostén
o che Apollo rimase allora vincitore di Mercurio nella Corsa, e Marte
nel
Pugilato (h). Alcuni ne riconoscono per autore Pe
uesta ragione Tonante. Sotto questo titolo Augusto gli alzò un tempio
nel
Campidoglio, in memoria di essere stato salvato d
ar moto a tutti, e produrne un lungo suono. I Sacerdoti poi, nascosti
nel
concavo delle altre quercie circonvicine, rendeva
to il frumento, il quale aveano, formassero dei pani, e li gettassero
nel
campo nemico. Così fecero ; e i Galli, disperando
toria, li liberatono dall’ assedio. Roma quindi eresse a Giove un’ara
nel
Campidoglio, e diede allo stesso Nume il sopranno
Nume il soprannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea
nel
tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di
statua di legno, la quale oltre i due soliti occhi ne aveva un terzo
nel
mezzo della fronte, per indic re che Giove vedeva
giorno, poi due, indi tre, e finalmente quattro. In questo dì v’erano
nel
Campidoglio corse di quadrighe (f). Questi quattr
a’ giuramenti(15), si nominò Orcio. Que’ d’ Olimpia aveano collocato
nel
loro Senato la di lui statua, e per inspirare all
implorava la pioggia (c). Sotto questo titolo aveva in Roma un altare
nel
tempio del Campidoglio, Narrasi, che l’armata di
a la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’acqua
nel
concavo de’loro scudi (d). A Giove Pluvio si offr
a sua riconoscenza (d) (19). Giove dall’essere magnificamente onorato
nel
Campiloglio fu detto Capitolino (e). Servio Tulli
biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h). La di lui statua si riponeva
nel
pubblico erario (i). Ebbe il nome di Trifilio a c
el magnifico tempio, ch’ egli avea in Trifilia, piccolo passe d’Elide
nel
Peloponneso (l), il quale secondo Stefano era la
invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò
nel
tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinch
issero i sacerdoti, e die dopo lungo tratto di vita avessero a morire
nel
medesimo istante, onde l’uno non avesse a soffrir
(29). Giove castigò moltissimi altri per altre ragioni, come vedremo
nel
decorso dell’Opera. Quì basterà ricordare i Cerco
o da di là si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè altro restè
nel
fondo di quello che la speranza, unico conforto d
da cui con pari tenerezza n’era corrisposto. Avvenne, che Carpo cadde
nel
prodetto fiume, e vi perdette la vita. Calamo, in
sdegno del Sommo Giove, che questi voleva con un fulmine precipitarlo
nel
Tartaro ; ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume l
l nome di Dionisio, per alludere nello stesso tempo al padre suo, che
nel
Greco Idioma si chiama Dios (c). Neppure si va d’
asseggieri a comperare certi liquori, mescolati col mele, per versali
nel
fuoco ad onore del Nume(g). Eleleo (a) o Iacco(b
per cui il Nume acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè
nel
tempo delle di lui Feste andavasi gridando evan,
ente riguardo allo predette Feste. Esse, dicono, duravano tre giorni,
nel
primo de’ quali si celebrava un convito, nel seco
no, duravano tre giorni, nel primo de’ quali si celebrava un convito,
nel
secondo si sacrificava, e nel terzo si aggregavan
rimo de’ quali si celebrava un convito, nel secondo si sacrificava, e
nel
terzo si aggregavano de’ giovani in ciascuna trib
Apaturie(b). I Protentiesi celebravano le medesime per cinque giorni,
nel
che furono poi imitati dagli Ateniesi(c). Le Lamp
ominò Lamptero(a). Le Antesterie venivano solennizzate dagli Ateniesi
nel
giorno undecimo, e ne’ due seguenti del mese Ante
are a quell’ ospite. In questo dì si faceva grande uso di vino, e chi
nel
bere superava ogni altro, conseguiva in premio un
). Coloro, che v’intervenivano, tenevano una tazza in mano, e faceano
nel
tempio di Bacco ampie libazioni. Tali Feste si ce
di(c), i quali nomi indicano il furore, a cui elleno si abbandonavano
nel
tempo delle Feste di Bacco(d). Pausania vuole, ch
tenne il di lei nome(d) (17). Certi nocchieri della Lidia ricevettero
nel
loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato
taria campagna ; e aggravato dal vino, trovavasi anche allora immerso
nel
sonno. Il piloto della nave, cui Omero dà il nome
uesti, e quelle si cuoprirono d’ellera, e loro impedirono l’avanzarsi
nel
cammino(b). Demarato dice che l’albero, i remi, e
unone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori
nel
riferirci il luogo, ov’ella nacque. Que’di Samo d
cigio, ossia monte del cuculo (a). Per la medesima ragione gli Argivi
nel
tempio di Giunone posero la di lei statua sopra u
fantiulli, che le si presentavano (h). Giove, divenuto amante d’ Io,
nel
fiore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’
ese a correre in più parti della terra, finchè si precipitò alla fine
nel
cuare, che dal nome di lei fu detto Jonio (a). I
e Lisippe (d) (7), dette Pretidi, erchè nacquero da Preto, re d’ Argo
nel
Peloponeso(8) ; Antigone, figlia di Laomedonte ;
e alla casa de’loro miriti (e). Come Pronuba, la invocarono gli sposi
nel
sacrifizio, che facevano prima di unirsi in matri
tale. Sotto questo titolo si solennizzavano le Feste, dette Gamelie,
nel
tempo delle quali si contraevano le nozze in magg
videre la capigliatura della sposa in sei trecce con un’ asta immersa
nel
corpo d’un Gladiatore, la quale appellavasi curit
uesta denominazione ebbe un tempio famoso in Lanuvio, città d’ Italia
nel
Lazio, e due altri in Roma, uno de’ quali si fabb
essa rappresentava. Sul far del giorno Admete s’ accorse, che mancava
nel
tempio la statua. Subito ne diede avviso a que’ d
he lo facesse, la legarono con rami d’albero, finchè Admete la rimise
nel
tempio. Dopo tal fatto i Samj celebrarono le Fest
iavi fatti liberi, tenevano Feronia per loro protettrice e assumovano
nel
di lei tempio il pileo (c). Era chiamata Boopide,
di la Dea sotto il titolo di Moneta, cominciarono a coniare le monete
nel
di lei tempio, e la venerarono, come preside alle
(c). Derivò a Giunone il nome di Natale dall’esiere onorata da ognuno
nel
di lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea
opra un carro, tirato da due candidi buoi. La statua della Dea sedeva
nel
predetto tempio in grande soglio d’oro e d’avorio
ttà cantando un cantico composto de Livio Poeta. Mentro lo imparavano
nel
tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quel
o scannate da’ Decemviri, e le immagini di cipresso vennero collocate
nel
tempio. Giunone nella Laconia dava i suoi Oracoli
ni sforzo per liberarsi dal peso, che li opprimeva ; e le scosse, che
nel
muoversi davano alla terra, la facevano sino dall
o sino dalle fondamenta tremare, cosicchè ne sentiva spavento perfino
nel
suo tenebroso regno Plutone. Temette questo Dio,
Gli si diede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano
nel
mese di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero
se di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Quietale, perchè
nel
di lui regno, ossia dopo morte si gode perfetto r
ori allora immolati. Tali Giuochi sempre si celebravano fuori di Roma
nel
Circo Flaminio, onde gli Dei Infernali, che s’inv
ederli. Per tre giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì
nel
Circo che nel teatro, e di sacrifizj, fatti in tu
e giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che
nel
teatro, e di sacrifizj, fatti in tutti i tempj no
va il sangue nelle fosse, come se quello avesse dovuto penetrare fino
nel
regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dic
o, si chiamava Coreta(b). Apollo poi, per rendere noti i suoi Oracoli
nel
tempio anzidetto, si servà di una Sacerdotessa, d
iniere d’oro e d’argento. Queglino cominciarono a deporre annualmenns
nel
tempio di Delfo il richiesto tributo ; ma avendo
bdomagene, cioè nato il settimo giorno (c). Questo Feste consistevano
nel
portare focacce e rami d’alloro, e nel cantare In
(c). Questo Feste consistevano nel portare focacce e rami d’alloro, e
nel
cantare Inni in onore del Nume (d). Le Azie furon
ata da uno col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione
nel
tempio di Apollo. Giunta colà, vi si sacrificava,
elitto(a). Le Galasie secondo Esichio presero il nome dall’orzo cotto
nel
latte, ch’era in tal giorno la mater a principale
ollo spezialmente dagli Ateniesi, perchè li avea liberati dalla peste
nel
tempo della guerra, che sostenevano con alcuni po
er partorire, fu cangiata in quell’ animale. Per questa ragione anche
nel
tempio di Delfo vedeasi un simulacro di lupo in b
u detto Spodio da spodòs, cenere, attesochè i Beozj gli aveano alzata
nel
tempio d’ Ercole un’ ara, formata di ceneri di vi
e dall’ essergli stata consecrata la montagna di questo nome, situata
nel
paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24
cantavano Inni a di lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno,
nel
di cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo,
a si conservò nella Grecia(a). Le Targelie si solennizzavano in Atene
nel
sesto e settuno giorno del mese Targelione. Il pr
o e settuno giorno del mese Targelione. Il primo dì s’impiegava tutto
nel
preparare le primizie della terra, le quali si po
ell’ altro si purificavano le città. Un coro di musici gareggiava poi
nel
canto. Era lecito nel tempo di queste Festo scriv
vano le città. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito
nel
tempo di queste Festo scrivere ne’pubblici Regist
ritato da tale violenza, colpì il Gigante col fulmine, e lo precipitò
nel
Tartaro(f). Comunemente però con Apollodoro si di
di pubblicare, che il suo Re aveva le orecchie asinine, ma non osando
nel
tempo stesso di farlo per timote di castigo, scav
tra’ suoi. Gli soggiunse, che prendesse dal tempio un tripode, e che
nel
luogo, ove quello fosse per cadergli di mano, erg
Cirene nacque sul monte Pelio nella Tessaglia. Apollo ebbe a vederla
nel
momento, in cui, pascolando ella gli armenti del
o appresso i sepolcri(b). Apollo rapì pure Sinope, e recatosi secolei
nel
Ponto, la rendette madre di Siro, il quale diede
ì ad Apollo un figlio. Se ne adirò il di lei padre, e la fece gettare
nel
mare. I flutti la portarono sulle rive dell’Isola
ina in boschi e in monti, desistette dalla caccia per ripigliarla poi
nel
dì seguente. Non molto distante da quel luogo era
per tale ferita morì (b) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola di Cea,
nel
mare Egeo, fornito di singolare avvenenza, erasi
i ricorse all’artifizio. Sapeva, che quando facevasi qualche promessa
nel
tempio di Diana, non v’avea più maniera di dispen
de, nè potendo più usare della loro consueta cintura, la consecravano
nel
tempio della Dea, detta perciò Lisizone, ossia xi
noravano anche i Focesi colle Feste Elafebolie, le quali consistevano
nel
sacrificarle dei cervi, e le quali poi passarono
Scoliaste di Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, danzando
nel
tempio di Diana, chiamata perciò Cariatide, s’acc
si in alto mare, dove vi perdette la vita. Il di lui corpo fu portato
nel
bosco sacro di Diana, e poi sepolto nell’atrio di
iulla per placarla, mentr’era adirata per causa del delitto, commesso
nel
di lei tempio da Cometo e Melanippo (g). Si disse
anch’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’ predetti nomi avea un tempio,
nel
quale le nutrici al tempo di certe Feste, dette T
pretende, che il nome di Levana derivi dall’altro Ebraico Levanà, che
nel
nostro Idioma significa Luna. Tostochè un bambino
vilunio si celebravano in Atene sacrifizj e feste, chiamate Ecatesie,
nel
tempo delle quali i ricchi imbandivano conviti, e
o, la principale ceremonia delle quali consisteva nell’ubbriacarsi, e
nel
passare la notte, mettendo la città, e spezialmen
. Al tempo delle medesime secondo il Pitisso si celebravano con pompa
nel
tempio della Dea contratti di nozze. Dietro il te
re, che prima del sacrifizio conveniva, ch’egli andasse a purificarsi
nel
Tevere. Mentre Antrone ivi si lavava, il re sacri
ti dalla famiglia reale, e dicevansi Ciniradi. Virgilio racconta, che
nel
predetto tempio eranvi cento altari, sopra i qual
na certa donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa
nel
di lei tempio a colpi d’aghi da alcune donne Tess
onde (g). Così la dipinse Apelle ; e tale pittura conservavasi in Cos
nel
tempio d’Esculapio. Strabone riferisce, che i Rom
Plinio aggiunge che la stessa pittura per ordine d’Augusto fu riposta
nel
tempio, consecrato a Giulio Cesare(a). Si disse C
ad altre nozze. Alesside disperato abbandonò il suo paese, e Melibea
nel
giorno, in cui dovea sposarsi, si precipitò dall’
l luogo stesso, ove l’amante di lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò
nel
momento, in cui egli s’assideva a tavola con alcu
in Megalopoli, città d’ Arcadia(b). Una statua, ch’ella ebbe a Sparta
nel
tempio di Giunone Iperchiria, le acquistò il nome
he quell’ Eroe non fece che arricchirlo de suoi doni(d). Si trovavano
nel
medesimo in gran copia l’oro e le gemme. Dedalo,
iso da’suoi concittadini(a). Venere sotto il predetto nome avea anche
nel
Campidoglio un tempo, dedicato da Q. Fabio Massim
ome avea anche nel Campidoglio un tempo, dedicato da Q. Fabio Massimo
nel
tempo stesso, in cui il suo collega, Otacilio Cra
uale era stato da lui teneramente amato, ed erasi finalmente annegato
nel
fiume Cefiso(c). Agoracrito e Alcameno, celebri s
a vista d’Adone, già spirato, estremamente si afflisse, e lo convertì
nel
fiore, detto da alcuni rosa (a), e da altri anemo
a è simile a quella, che racconta l’Ab. Rubbi, e che dice non esservi
nel
Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia di Nicocre
lia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose
nel
tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamen
rano particolare ornamento di Venere, come quella, che si voleva nata
nel
mare in una conchiglia piena di margarite (d). Pl
però, trovandosene mal contento, e invidiando a Giove, ch’ei regnasse
nel
Cielo, cospirò insiome co’Titani contro di lui, m
li uomini(b). Dagli Arcadi gli furono institnite le Feste Ippocrazie,
nel
tempo delle quali i cavalli non venivano assogget
arono un tempio a lui sotto il nome di. Prosclistio, ossia inondante,
nel
luogo, ove le acque si crano titirate(b). Nettuno
ntava in lode del vincitore un Inno, detto Callinico : una volta cioè
nel
luogo, ov’era coronato ; l’altra nel ginnasio, do
detto Callinico : una volta cioè nel luogo, ov’era coronato ; l’altra
nel
ginnasio, dov’erasi esercitato prima d’esporsi al
detti Tinni e quindi tali sacrifizj si chiamavano Tinnei(b). Platone
nel
suo Crizia ci riferisce, che Nettuno aveva nell’I
i Leucippe. Questo Nume sul pendìo del Campidoglio aveva un tempio, e
nel
Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito L
di tridente abbia prodotto Arione, quando egli e Minerva gareggiarono
nel
fare agli uomini un utile dono(a). Arione aveva i
ua competitrice : bensì la disgustarono i simboli, espressi da Aracne
nel
suo arazzo ; nè potendo più frenare la collera, s
enare la collera, si avventò contro Aracne, e la percosse colla spola
nel
capo. Non meno la rabbia, che il rossore ridusser
a era di straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, che si venerava
nel
Partenon d’Acropoli in Atene, avea a’piedi un gra
i Corinto. Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizione, si ritirarono
nel
tempio di Minerva per sottrarsi agl’insulti del v
o giorno degl’Idi di Marzo(a) ; o perchè esse duravano cinque giorni,
nel
primo de’quali si offerivano dei sacrifizj, e neg
nel primo de’quali si offerivano dei sacrifizj, e negli altri eranvi
nel
teatro varj combattimenti di Gladiatori(b). Sonov
’anzidetto cestello, perchè voleva allevare quel bambino secretamente
nel
suo tempio. Pandroso ed Erse osservarono fedelmen
lla sua disobbedienza, la rendette sì furibonda, ch’ella si precipitò
nel
mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gel
e eseguirono gli ordini dell’Oracolo, viddero riprodursi la fertilità
nel
loro paese. Fu per questo, ch’eglino sacrificavan
a luce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose
nel
suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo
olo gli eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figlia di Cefeo,
nel
partorire un figlio morì di dolore. Benchè morta,
rio Veturio, eccellente artefice, li lavorò. Tutti dodici si riposero
nel
tempio di Marte, e se ne affidò la custodia ad al
lo, suoi figliuoli. La terza, acciocchè la fecondità, che ha la terra
nel
mese di Marzo, si concedesse anche alle Matrone R
di Marzo, si concedesse anche alle Matrone Romane. La quarta, perchè
nel
primo giorno dell’anzidetto Mese si avea dedicato
e quali i Romani, coronati d’alloro, e a cielo scoperto sacrificavano
nel
Campo Marzio un capro, una pecora, e un bue a Mar
madre di due gemelli. Ella per timore del padre li getto appena nati
nel
fiume Erimanto. Le acque li portarono appresso un
one secondo Omero, vergognatasi d’averlo dato alla luce, lo precipitò
nel
mare (e). Lo stesso Poeta poi in altro luogo sogg
rono così detti, perchè ciascuno di loro aveva un solo occhio rotondo
nel
mezzo della fronte(c). Abitavano appresso il mont
fu da’ Latini detta Abadir, e da’ Greci Betilos(f). Essa si custodiva
nel
tempio d’ Apollo Delfinio(g). (b). Apollod. l.
icava. Dalla stessa fronte si strappavano alquanti peli, e gettavansi
nel
fuoco. Sulta testa pure della vittima si riponeva
acrifizio senza libazione(b). Questa generalmente parlando consisteva
nel
versarsi in terra o sul fuoco vino puro, ovvero m
da uve cadute da se a terra, o tagliate da ferro, o calcate co’piedi
nel
torchio, o colpite dal fulmine, o contaminate per
fa il seguente racconto : smuovendo, dic’egli, una gleba coll’aratro
nel
Territorio Tarquiniese un Toscano agricoltore, ne
ciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi
nel
corpo, donde se n’era partito. Questo Indovino co
’un bastone curvo nella parte superiore, e detto lituo, per disegnare
nel
Cielo quattro parti, ciascuna delle quali chi mav
di Vesta, ov’ erasi riposto sotto la custodia delle Vestali, si gettò
nel
mezzo di quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Le
lla ricusò di corrispondergli, e come lo vide avvicinarsele, si gettò
nel
Tebro. Il Nume voleva impedire, che coleiosi nasc
sì la sacrificatrice, che quella, a cui si sacrificava. Nè solamente
nel
luogo, ove si faceva la predetta ceremonia, potev
i, offerti agli Dei, ma anche le ricchezze de’ particolari(c). Cesare
nel
tempio di Ope depositò il suo tesoro, che fu poi
Osiride nacque da Giove e da Niobe, figlia di Foroneo, a cui successe
nel
regno degli Argivi. Adiratosi co’ suoi sudditi, r
ani, che lo misero a morte. Iside, avendo trovato il corpo del figlio
nel
Nilo, gli restituì la vita, lo rendette immortale
il fiume Acheloo. Questo per isdegno gonfiò le sue acque, e trasporto
nel
mare le Ninfe e il luogo del sacrifizio. Nettuno
e le cangiò in altrettante Isole, dette Echinadi, le quali si trovano
nel
mare Ionio(c). Forse in onore delle Najadi furono
Najadi furono istituite appresso i Romani le Feste Fontinali, giacchè
nel
tempo di quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande
utti erano bellissimi. La predetta Sagaritide si ripose uno di quelli
nel
seno, e partorì un fanciullo. Una capra lo nutrì
nche il costume di seppellirle vive in un sotterraneo, che si trovava
nel
Campo Scelerato presso la Porta Collina(i). Così
ò Vesta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e portarla
nel
di li tempio. Così fu ; e la Vestale rimase giust
este Argee al dire di Festo si celebravano col gettarsi dalle Vestali
nel
Tevere trenta figure d’Argei, ossia d’Argivi, for
olse gran quantità di versi ; e dicesi che anche Omero n’ abbi sparso
nel
suo Poema(i). Tibullo la nomina Erifile(l), e Pau
rno, di cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte
nel
tempio di Apollo dal fondo di un antro, uscendo d
la(a). Dicesi che la di lei statut con un libro in mano siasi trovata
nel
predetto fiume, e che il Senato Romano con solenn
to fiume, e che il Senato Romano con solenne pompa l’abbia trasferita
nel
tempio di Giove Capitoli no. Questa Sibilla chiam
ri poscia si ammisero tralle cose sacre dell’Imperio, si sotterrarono
nel
tempiodi Giove Capitolino, e se ne affidò la cust
da varj altri luoghi, ove le Sibille aveano vaticinato(c). Dicesi che
nel
favoloso impasto, il quale portava il nome di Lib
risto fine di tanti altri, ma supplice ricorse a Venere onde riuscire
nel
gran cimento. La Dea gli diede tre pomi d’oro, co
ttò l’ultimo pomo quasi sull’orlo della meta. Atalanta perdette tempo
nel
pigliare anche quello : ond’è che rimase alle spa
acrificava una nera giovenca (l). (c). Ovid. Fast. l. 4. (4). Core
nel
linguaggio de’ Molossi significava bella donna. P
simi si denominarono anche Atleti (n). Questi, per impedire il freddo
nel
momento del sudore, usavano un certo abito di lun
gliuoli morì, e Romolo, per onorare la sua nutrice, volle sostituirsi
nel
di lui luogo (h). E quì parlando della predetta d
da una statua di bronzo, la portò sino alla sua casa ; indi la rimise
nel
luogo stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli
gettata in mare. Dovettero però raccogliernela nuovamente, e riporla
nel
primiero luogo, perchè eglino, come l’Oracolo ave
avanzata età ; ma per conservarsi robusto, soleva esercitarsi ogni dì
nel
tirare d’arco. Obbligato ad intraprendere un viag
imi Giuochi coronato Promaco, figlio di Drione, cittadino di Pellene,
nel
Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e
Circo Massimo, ed essa si onorava con sacrifizj, e libazioni, gettate
nel
fuoco (a). Allora tutti potevano avvicinarsi alla
inalmente questi Giuochi furono detti Circensi, perchè si celebravano
nel
Circo Massimo (e). I Greci credevano, che fossero
va a quello dell’armata nemica, dopo di averlo ucciso di propria mano
nel
combattimento (g). (b). Tit. Liv. l. 1. (c).
o le oche in grande venerazione. Le alimentavano a spese del pubblico
nel
Campidoglio ; e ogni anno ne conducevano in giro
La Dea Ebe fu molto venerata da que’di Fliasia, contrada della Grecia
nel
Peloponneso. Ivi il di lei tempio era inviolabile
(l). Finalmente in Roma fino da’ tempi di Servio Tullio era venerata
nel
Campidoglio. Leggesi innoltre, che M. Livio, esse
re, che M. Livio, essendo Console, fece voto di fabbricarle un tempio
nel
giorno, in cui avesse vinto Asdrubale, e che n’es
ovrana potenza, a cui niuno poteva resistere. Per questo anche Apelle
nel
tempio di Diana Efesina distinse Alessandro col f
ugurava alle ossa di lui la terra lieve. Finalmente chiudevano l’urna
nel
sepolcro, e vi scolpivano un’iscrizione e una pre
invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò
nel
tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinch
sotto la figura di straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene,
nel
momento, in cui egli stava per offrire un sacrifi
alle stesse due Divinità si celebrarono le Feste, dette Lampadeforie,
nel
tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di
riconoscerla, voleva ucciderla ; ma ella si rifugiò sul monte Liceo,
nel
recinto, sacro a Giove. Arcade osò d’inseguirla a
aprì, e queglino comparvero sopra di essa (d). Alcuni pretendono, che
nel
luogo, donde i due fratelli sortirono, si sieno s
chiamati Cabiti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto,
nel
quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sac
’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un altro era stato eretto a’medesimi
nel
Territorio di Tebe (g). Queste Divinità ebbero ez
usania solamente ricorda una statua, che le venne innalzata da’Tebani
nel
tempio di Cerere Tesmofora(d). (b). Ovid. Metam
sciò scritto, che tali Ceste erano talvolta coperte di pelle. Oppiano
nel
Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna di co
titudine, ch’erano costrette a procacciarsi più vasti terreni. Elleno
nel
trasferirsi da uno all’altro paese ebbero sempre
arsi in qualche grotta, nè badò a raccorne il velo cadutole. La fiera
nel
restituirsi alla tana inciampò in quello, e Io fe
o, che più tardi era partito da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè
nel
velo, sbranato e intriso di sangue. Lo riconobbe,
isolse d’uccidersi, e fermatosi a piè della pianta s’immerse la spada
nel
seno. Passò l’umor sanguigno per le fibre del Gel
le (b). (a). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (10). Melampode gettò
nel
fiume Clitorio in Arcadia i residui dell’erbe, de
gne considerando somiglievole a Tereo, ne disegnò lo scempio. Lo ferì
nel
petto ; nè fu sazia d’un solo colpo anche Filomel
ito, fingendo di voler celebrare un sacrifizio, com’era l’uso d’Atene
nel
tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè sep
to questo titolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia,
nel
tempio di Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che l
di ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebravano per tre giorni,
nel
primo de’ quali lo sposo andava a trovare la spos
li lo sposo andava a trovare la sposa nella di lei casa paterna ; ivi
nel
dì seguente pernottava, ma in una stanza separata
nottava, ma in una stanza separata da quella della sposa ; finalmente
nel
terzo giorno conduceva la sposa dalla casa del pa
lle lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo la loro nascita,
nel
quale s’imponeva ad essi il nome. A questa Dea si
loro accadere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bitone e a Cleobi
nel
tempio di Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotess
l’uomo anche tra le più dense tenebro del Paganesimo conservò sempre
nel
suo cuore il sentimento della propria immortalità
ura di fanciullo, che coricato sea dormendo in profonda grotta, posta
nel
cavo d’un moute presso gl’Italici Cimmerj(b). Ome
olta con un vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione
nel
tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a).
ta degli Dei. Si credette quindi, che la loro occupazione consistesse
nel
punire i delitti non solamente nell’ Inferno, ma
ellavano Cagne dello Stige nell’ Inferno, e Dire, ossia ire degli Dei
nel
Cielo(g). Le Furie poi da’ Greci si chiamarono an
’ boschi ad esse consecrati(c). Le Furie in Corina, città dell’ Acaja
nel
Peloponneso, avevano un tempio sì fatale a chiunq
eo vi s’ immolavano nere pecore, e osservavasi un tispettoso silenzio
nel
tempo di que’ sacrifizj, a quali non potevano ass
o Antea,(d), di lui moglie. Preto, che non voleva imbrattarsi le mani
nel
sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re di Lic
vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna, la quale trovavasi
nel
Territorio d’Argo, eravi un mostro orribilissimo,
li, instituite per onorare le medesime Deità. Duravano undici giorni,
nel
qual tempo nè si solennizzavano gli sponsali per
uolo di Titano e della Terra, e che da Giove, perchè dissetò i Titani
nel
momento, in cui muovevano guerra al Cielo, sia st
si in omaggio a Proserpina. Quello coglievasi da un albero, collocato
nel
mezzo d’una foresta vicina all’antro, ove la Sibi
l medesimo, venivano privati del nettare, e spogliati della Divinità,
nel
quale stato dovevano rimanersene per un anno ; al
immaginato, che questo fiume non fosse, che le lagrime de’condannati
nel
Tartaro(c). Da questo fiume trassero il loro nome
un fiume dell’ Inferno(c). (19). Tra gli scellerati, che si trovano
nel
Tartaro, i più famosi sono Sisifo, figlio d’Eolo
; e le Danaidi, figlie di Danao, re d’Argo. Non convengono i Mitologi
nel
raccontare per qual motivo Sisifo venne precipita
no i Mitologi nel raccontare per qual motivo Sisifo venne precipitato
nel
Tartaro. Alcuni dicono, perchè egli manifestò gli
ano appresso di lui(g). Ferecide vuole, che abbia ritenuto incatenata
nel
suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte al
; e che questi lo condannò al meritato castigo(a). Questo consistetto
nel
volgere continuamente un macigno di enorma grande
e a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo precipitò
nel
Tartaro(c). E quì notisi altresì, che non fu Salm
, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle sue frecce, e lo condanno
nel
Tartaro ad essere continuamente agitato dal timor
ssa. Il Nume lo colpì col, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo
nel
Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava
le altre di lei sorelle vennero condannate ad attingere continuamente
nel
Tartaro dell’acqua con urne traforate (d). Convie
momento in fontana (e). (20). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono
nel
regno di Plutone l’onore di giudicare le anime de
, figlia di Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia di Cerere
nel
bosco sacro a Trofonio, si lasciò scappare un’oca
quella a nascondersi sotto una pietra. Proserpina le corse dietro, e
nel
riptenderla vide uscire da sotto a quella pietra
cinna, ed ebbe Feste, dette parimenti Ercinnie (b). (22). Proserpina
nel
momento, in cui fu rapita da Plutone, stava racco
Proserpina le Antesforie, feste così dette da’fiori, da lei raccolti
nel
predetto tempo (d). In que’giorni eravi il costum
comandato sacrifizio, ma mentre si accinse all’impresa, ne trovò uno
nel
luogo, ove avea cominciato a scavare. Fec’egli de
stava formando, pubblicò che la Ninfa Egeria di notte gliele dettava
nel
bosco d’Aricia. Dopo la di lui morte i Romani and
Aricia. Dopo la di lui morte i Romani andarono a cercare quella Ninfa
nel
predetto luogo, nè vi trovarono che una fontana,
non palesasse a Zuto, ch’ella era madre di Jone. Quindi il re rimase
nel
suo inganno, e Jone dopo la morte di lui salì sul
dicevano Geromnemoni. Gli Anfizioni si radunarono poi in Delfo, come
nel
mezzo della Grecia. Ivi sacrificavano ad Apollo u
iamo già parlato, e Pale(f). In onore di questa i Pastori celebravano
nel
principio del mese le Feste Palilie o Parilie, af
’ morbi i greggi, e li moltiplicasse. Le Feste anzidette consistevano
nel
fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offe
e dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quella rupe
nel
mare. (g). Nat. Com. Mythol. l. 4. (a). Paus.
o il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e
nel
suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli pa
l nome di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole trasferita
nel
suo carro nell’ Esperia, e ch’ella fissò la sua d
edone(b). Quelle giovani ardirono di assorire, che avrebbono superato
nel
canto le Muse. Queste accettarono l’invito. Le Ni
almente delle di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un dì
nel
tempio di Minerva, e la rendette madre del medesi
ricò una città ch’ebbe pure il di lui nome, e che poi rimase sommersa
nel
tempo dell’anzidetto Diluvio(g). Il monte Parnass
le Muse, le quali facevano ritorno al Parnasso, le invitò a ritirarsi
nel
suo palagio, finchè cessava una dirotta pioggia.
garono il volo, e uscirono dalla Reggia per le finestre. Deluso colui
nel
suo desiderio, si lusingò pazzamente di poter rag
quando le acque inondarono tutta la terra(c). Notiamo finalmente che
nel
monte Parnasso v’avea un antro, detto Coricio dal
38). Il Permesso era un fiume della Beozia, che aveva la sua sorgente
nel
monte Elicona, e si scaricava nel lago. Copaide a
a Beozia, che aveva la sua sorgente nel monte Elicona, e si scaricava
nel
lago. Copaide appresso Aliarto(c). Dicesi, che le
i Tebani erano stati da Giove cangiati in sassi, e che gli Dei stessi
nel
decimo giorno rendettero a quelli i funebri onori
e dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese
nel
più alto della Fortezza. Il giogo di quello era a
abbia tratto i natali da Mercurio e da Urania(b). Egli addestrò molti
nel
suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo,
ttò in un fiume. Platone finse, che l’anima di Tamiride fosse passata
nel
corpo di un Rosignuolo(a). (50). Anfione nacque
a ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto di discendere
nel
Regno di Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia
lgrado la bella Dissertazione dell’ Olivieri sull’ indicato Monumento
nel
. Tomo III dell’ Accademia di Cortona. Altri vogli
abito donnesco, e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè
nel
numero delle sue compagne, ed egli niente omise p
inspirò sì a lei, che alle compagne di essa il desiderio di bagnarsi
nel
fiume Ladone. Leucippo fu allora riconosciuto per
tà, e andò a vivere ne boschi, ove fu accolta da Diana, che la ammis’
nel
numero delle sue compagne. Venere, offesa dee dis
re suo gli avea conferito il privilegio di camminare a piedi asciutti
nel
mare (g). Altri poi dicono ch’era di sì eccedente
ella fu raccolta nelle reti da certi pescatori, allorchè si precipitò
nel
mare per sottrarsi alle persecuzioni di Minos(a).
gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto
nel
rendere gli ultimi doveri a’loro parenti e concit
g). Se il Defonto Romano era persona illustre, esso veniva trasferito
nel
Foro, ov’erano i rostri, e ivi i più intimi propi
vere doveasi abbruciare o soppellire. Se si abbruciava, ciò si faceva
nel
campo di Marte, che trovavasi fuori della città.
n seguito esse si convertirono in edifizj, lavorati a volta, selciati
nel
pavimento, e chiusi con mura. Vi si discendeva pe
uline. Agli uomini poi nobili e benemeriti si assegnava il sepolcro o
nel
campo Marzio o nell’Esquilino. Sopra la tomba si
la mattina seguente lo riconobbe, e disperata si precipitò anch’ella
nel
mare (c). Ovidio suppone, che Leandro, non avendo
n quello, come abbiamo altrove riferito, le giovani solevano coprirsi
nel
tempo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapir
nferno per raccorre in un vaso porzione della bellezza di Proserpina,
nel
ritornarsene da di là, aprì per curiosità il vaso
i pur ragioneremo(b). Questo figlio di Nettuno per lo più soggiornava
nel
mare Egeo, circondato dalle sue figlie, chiamate
vvenne, che non appena furono quelli stesi sull’erba, che ritornarono
nel
mare. Il pescatore non sapeva decidere, se cosa s
ennero infettate non da Circe, ma da Anfitrite, perchè questa s’adirò
nel
vedere Scilla, che stava trattenendosi con Nettun
lo rappresentavano nella parte superiore del corpo simile all’uomo, e
nel
rimanente al pesce con lunga coda(i). (d). Paus
nte, e d’Ino, fuggendo colla madre da’ furori del padre, si precipitò
nel
mare, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisi
itornando dall’avere consultato l’Oracolo d’Apollo in Claro, naufragò
nel
mare Egeo. Ceice, che viveva all’oscuro dell’acca
mare. Allora tal dolore la prese, che corse a precipitarsi anch’ella
nel
mare ; ma i Numi cangiarono sì lei, che il marito
ato di straordinaria fortezza ; e Atropo, gettato ad ardere un tronco
nel
fuoco, dichiarò che Meleagro avrebbe cessato di v
n luogo secreto. Memore di tutto ciò, e trasportata dal furore, gettò
nel
focolare il legno per abbruciarlo. Lontano si tro
e di ragno si attaccavano alle Insegne militari (c). (5). Sciro perì
nel
combattimento, che que’ d’ Eleusi sostennero cont
Potter. Archaeol. Graec. l. 2. (7). Gli Ateniesi solevano descrivere
nel
Peplo di Minerva anche i nomi de’ benemeriti dell
nge, che gli stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e agnelli
nel
tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Sc
di lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte
nel
la coscia o nel braccio, e col raccorno il sangue
, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o
nel
braccio, e col raccorno il sangue nella palma del
e, sopra le quali stavano scolpite le leggi, che dirigevano i giudici
nel
pronunziare le loro sentenze. Gli Areopagiti da p
suo, vinto da Minerva, allorchè le due Divinità gareggiavano tra loro
nel
dare il nome alla nuova città, fabbricata da Cecr
alla nuova città, fabbricata da Cecrope. La vendetta dovea consistero
nel
recidere tutti gli ulivi, giacchè questi erano sa
o da’ Romani anche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno
nel
suo becco di che mangiare a Remo e a Romolo (b)
mpo delle quali in onore della Dea si lasciava consumare della farina
nel
forno(b). (d). Id. Ibid. (e). Id. Ibid. (f
glio di Vulcano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò
nel
seno di sua madre, mentre questa stava appresso i
vere prestato importanti servigi e beneficenze alla società diveunero
nel
Paganesimo altrettanti titoli per conseguire il n
vicina. Non molto lungi eravi un’antica boscaglia. In un antro, posto
nel
mezzo di quella, v’avea purè una fontana. Là si a
non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare di loro. Entro
nel
bosco, li trovò tutti distesi sul suolo, e vide i
là per trovarne dell’altra. Giunto all’antro Corcireo, mise il piede
nel
fango ; ed estraendolo, ne sortì un fiume, che fu
stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere di formarne una sementa
nel
fondo del mare(7). Perseo poi alzò tre altari, un
uno a sinistra a Mercurio, l’altro a Pallade alla destra, e il terzo
nel
mezzo a Giove. Sacrificò nello stesso tempo un to
ne in pena d’aver usato a Danae turpe violenza(f). Perseo si trasferì
nel
Peloponneso ; e avendo udito, che in Larissa, cit
te, anch’ egli vi concorse, e molto vi si segnalò colla sua destrezza
nel
giuoco del Disco. A’ medesimi giuochi v’assisteva
steva pure Acrisio, il quale alla prima notizia dell’arrivo di Perseo
nel
Peloponneso avea abbandonata la città d’Argo per
to. Avvenne, che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì
nel
capo, e lo uccise. Perseo ne concepì tal’estremo
, figlia di Salmoneo, re d’Elide, si rendette da Nettuno, trasformato
nel
fiume Enipeo, cui ella amava, madre di due figli,
vrebbe collocato sul trono, che gli appatteneva. L’impresa consisteva
nel
trasferirsi in Coleo a vendicare Frisso, figlio d
lio di Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi era stato massacrato (b), e
nel
canquistare il Tosone, o Vello d’oro(4), che Fris
ì il giorno della lofo partenza, un vento contrario li fece rientrare
nel
medesimo porto. Cizico, credendo, ch’eglino fosse
a nave, Argo, sulle coste della Lidia, e per molto tempo la trattenne
nel
Lago Tritonide. Un Tritone comparve allura a que’
resa. Il di seguente all’apparite dell’aurora si adunò immenso popolo
nel
campo di Marte, e al cenno del re comparvero i to
on lunghe ed acute aste si avventarono contro Giasone. L’Eroe scagliò
nel
mezzo loro una grossa pietra, per cui di tale fur
e loro il perfido eccitamento, ch’esse medesime immergessero il ferro
nel
corpo del genitore, onde estraerne il vecchio san
vespero siasi attribuito ad Ercole, perchè stette rinchiuso tre notti
nel
ventre d’un pesce ; e vuolsi, che l’Eroe dopo d’a
resso ad Alcmena ; impedì ch’ ella partorisse il bambino, che portava
nel
seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ A
fosse stato conceputo per opera di Giove, gettò le due predette serpi
nel
mezzo loro ; che a vista di quelle Ificlo, preso
e le medesime si cangiarono in un ammasso di stelle, le quali formano
nel
Cielo una zona, chiamata Via lattea (c) (4). Altr
nell’animo d’Euristeo sentimenti di gelosia riguardo a lui, e lo mise
nel
timore d’esserne detronizzato. Quel Sovrano perta
era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva orribile guasto
nel
paese, situato tra Micene e Nemea (a). Altri vogl
rco (b). L’altra impresa, commessa da Euristeo ad Ercole, consistette
nel
dover combattere l’Idra della palude di Lerna.L’E
l’Eroe ben tosto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò
nel
sangue di quella le sue frecce : dal che ne avven
n Corinto a’ Giuochi Istmici(c). Fece pur morire Augia, e vi sostituì
nel
trono il di lui figlio, Pileo, il quale era stato
si in Dulichio, perchè avea condannato l’ingiustizia del di lui padre
nel
non mantenere la parola data ad Ercole(d). Dicesi
finalmente, pieno di vino, sfidò di nuovo Ercole, e ne rimase ucciso
nel
combattimento(a). L’ Eroe poi saccheggiò a Neleo
Teodamante, re di Misia, il quale, come abbiamo detto, erasi annegato
nel
fiume Ascanio. Sul quale proposito dicesi, che av
antone della Sicilia, detta poi da lui Ericia, riputavasi invincibile
nel
Cesto, o, come altri vogliono, nella Lotta. Provo
ersi col di lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando il fulmine
nel
mezzo loro (d) Ercole domò Lacinio, formidabile
zioni di Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la lasciò ferita
nel
seno. Molestato dagli ardori del Sole, tese pure
i M. Fulvio Nobiliore, Console, fu il primo, che gli dedicò un tempio
nel
Circo Flaminio, ov’ erano onorate anche le Muse.
risposte del Nume (d). Era stata rubata una pesantissima tazza d’oro
nel
tempio d’Ercole. Questi comparve in sogno al Poet
vata da Tiro appresso di loro. Dicesi, che la stezze zattera, entrata
nel
mare Ianio, siasi fermata tra Eritrea e Chio, e c
no in quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a dormire
nel
di lui tempio, affinchè sapessero in sogno, quand
s’invaghi di lole, figlia d’Eurito, re d’Ecalia. Questi sfidava tutti
nel
tirare d’arco, e prometteva di dare in moglie la
altro, che fosse per nascergli in avvenire. Ercole rapì la giovine, e
nel
suo furore precipitò dall’ alto delle mura il di
avvenuto, se Giove non li avesse separati, scagliando il suo fulmine
nel
mezzo loro (a). L’Oracolo allora fece intendere a
iti, s’accostò più d’appresso ad Ercole. Questi, destatosi, lo lanciò
nel
mezzo della grotta. Onfale pel sussuro si svegliò
sero stato vide egli Lica, il quale pallido e tremante stava nascosto
nel
cavo d’una spelonca. Allora sciolo improvvisament
lo lanciò in mare, dove fu cangiato in iscoglio (b). L’Eroe proseguì
nel
suo furore, pronunziò orribili imprecazioni contr
hiamate Iolee, perchè conesse si onorava anche Iolao, compagno di lui
nel
domare l’Idra di Lerna. Allora dopo il sacrifizio
. Impallidito e tremante implorò Miscelo l’ajuto d’Ercole. Gli Argivi
nel
giudicare i rei usavano allota certi sassetti, bi
edetti vecchi il modo, con cui voleva essere adorato. Esso consisteva
nel
fargli due sacrifizj, l’uno al nascere, e l’altro
lo che talmente avvilì l’oggetto da prima cotanto amato, che si gettò
nel
lagò di Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (
i passeggieri a lavargli i piedi, e poi li precipitava da un’altezza
nel
mare. Anch’egli in egual modo fu trattato dall’ E
ficare all’altare di Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani
nel
sangue di tanta gente(b). Giunse finalmente in At
a città, e dopo questo tempo egli venne assolto da’ Giudici, radunati
nel
tempio d’ Apollo Delfico(a). Teseo, ritornato in
sero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Minos stava sacrificando
nel
tempio delle Grazie in Paro, quando intese la mor
nno sette giovanetti e sette giovanette, affinchè venissero rinchiuse
nel
Labirinto, fabbricato da Dedalo (11) S’accorse ap
, e figlia del Sole e della Ninfa Perseide. Aveva la testa di toro, e
nel
cimanente del corpo rassomigliava alla figura d’u
n sacrifizio ad Apollo di tutte le vettovaglie, ch’erano sopravanzate
nel
suo vascello, e in particolare delle fave. Mise i
La Grue era una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani Ateniesi
nel
tempo delle Delie, come abbiamo testè accennato(c
ichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello di Minerva Scirade
nel
Porto Falero(f). Chi prima v’arrivava, si riputav
più dubitando, che il figlio fosse già perito, disperato si precipitò
nel
mare. Fu estremo il dolore, che ebbe a sentire, q
abbia introdotte le Feste, chiamate Boedromie, perchè si celebravano
nel
mese, detto da’Greci Boedromione (c) (20). Egli c
mpia, e lo uccise. La medesima cosa fece a Nedimno, a Liceto, esperto
nel
trattare l’ arco, ad Ippaso, di lunga barba, a Ri
e di Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa
nel
tempio di Diana Orzia(b). Fu allora, che l’ Eroe
li Ateniesi dopo molti secoli onorarono le ceneri di Teseo(b). Conone
nel
mezzo della città gli alzò un tempio, che divenne
di tutta la Grecia(15), e a’ disastri di lunghissima guerra(16), come
nel
decorso dell’ Opera espotremo. Priamo, allorchè f
con una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la spada
nel
di lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara.
dere al figlio gli onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corpo
nel
suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose
esciuto in età, ebbe ivi la cura di numeroso gregge ; il suo coraggio
nel
difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acq
trovò, con cui fece molto bene la parte sua senza manifestarsi. Gettò
nel
mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale
, che lò colpì, era una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole
nel
sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle br
figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo,
nel
tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed altre eroiche im
te le vivande soprappostevi e, poi senza nuocere agli astanti ritornò
nel
luogo, dondi era partito. Stupì Enea, e venne in
ante comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese,
nel
quale i Numi gli preparavano un vasto Impero. Il
i Etrusci, vi perdette la vita(25). Altri dicono, che, essendo caduto
nel
fiume Numicio, il di lui corpo non fu trovato ; e
ittà ; ma una calma nojosissima lo andava tenendo invece sulle ancore
nel
porto d’Aulide. Finalmente Calcante, figlio di Te
a in Micene con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece tacere
nel
cuore di Agamenonne i sentimenti delle paterne te
rie altre, le quali aveano preso le armi in difesa di lui. Finalmente
nel
decimo anno rimase vittorioso anche de’Trojani(21
Colei, mal comportando il ritorno del marito, gli presentò una veste
nel
momento, in cui usciva del bagno. Le di lui bracc
n un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece perire
nel
banchetto, che gl’imbandì, tostochè egli si rimis
isto (b). Euripide poi vuole, che Oreste abbra privato di vita Egisto
nel
tempio d’ Apollo, mentr’egli stava esaminando le
dò poscia in traccia di Clitennestra, e a lei pure immerse un pugnale
nel
seno (c). I Greci per tale delitto lo aveano cond
rima di sacrificarli conveniva purificare sì quelli, che il simulacro
nel
mare ; e che a questa ceremonia non doveva assist
ri, come se fosse stato una delle supreme Divinità. Non altrimenti fu
nel
medesimo luogo venerata anche Elena(c). Achill
rasi colà recato, lo condusse seco al Greco campo(a). Desolata Tetide
nel
vederlo a partire, gli procurò da Vulcano delle a
l re pertanto si riconciliò con Achille, ne ottenne di essere guàrito
nel
modo indicato dall’Oracolo(f), e per riconoscenza
Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il quale era passato
nel
Campo Trojano per vagheggiare la predetta Regina
sua. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco
nel
voler impossessarsi di quella giovine ; ma gli De
to in vita ; ma il figlio di Peleo nol ascoltò, e gl’immerse la spada
nel
seno(e). Achille moltre s’impadronì di dodici cit
città, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle muraglie
nel
di lu campo un pomo. Eranvi scritti due versi, co
tire a vicenda i loro gemiti pel corso di dieci sette giorni. I Greci
nel
dì seguente ne celebrarono i funerali. Il di lui
pescando lungo le rive del mare(c). Ulisse giovò moltissimo a’ Greci
nel
tempo della guerra Trojana sì co’ suoi consigli,
mo sacerdote d’Apollo in Ismara, perchè lo avea reso esente dal sacco
nel
tempo dell’irruzione, fatta da lui nel paese de’
lo avea reso esente dal sacco nel tempo dell’irruzione, fatta da lui
nel
paese de’ Ciconi. Il Ciclope non ristette dal tra
il Greco Eroe piantò l’anzidetta stanga, che avea nascosto sotterra,
nel
di lui occhio. Polifemo, destatosi dal dolore ace
li accarezzarono mansuete, e piacevolmente li eccitarono ad avanzarsi
nel
cammino. Così fecero, e quantità di serve belliss
isse solo potè sottrarsi al naufragio. Arrivò egli all’isola d’Ogigia
nel
mare Mediterraneo(a). Ivi regnava la Dea Calipso,
ntura. Ella lo consolò, e assicurollo, che niente gli sarebbe mancato
nel
luogo, in cui si trovava(b) (16). L’ Eroe verso s
desi a conoscere. e narrò la lunga serie de’suoi disastri(a). Quel re
nel
dì seguente lo trattò a magnifico banchetto, in c
ro nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era eccellente
nel
portare le ambasciate, che gli si commettevano. C
ncitore, avrebbe avuto in premio la di lei mano. Il giuoco consisteva
nel
dover tendere l’arco d’ Ulisse, e passare con ess
empre in vano. Ulisse prese allora anch’egli l’arco, lo tese, e vinse
nel
giuoco(a). Allora si spogliò l’ Eroe de’cenci, ch
roja fu presa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia di Priamo,
nel
tempio di Minerva, dov’erasi ritirata per sottrar
due giovanette di Locri, estratte a sorte, onde servissere a Minerva
nel
suo tempio, eretto in Troja(c). Que’ di Locri ebb
c). Que’ di Locri ebbero sì alta stima del valore d’ Ajace Oileo, che
nel
combattimento, il quale ebbero dopo la di lui mor
Crotoniati, tentè di attaccare l’armata de’ Locresi, ma rimase feriro
nel
petto dall’ombra dello stesso Ajace, nè potè sisa
a(c) (7). Panormo e Gonippo, giovani d’ Andania, città della Messenia
nel
Peloponneso, uniti fra loro co’ vincoli della più
e con picca in mano. Sotto tali sembianze comparvero all’ improvviso
nel
campo degli Spartani, che celebravano la Festa de
ne venne in cognizioner, lo precipitò appresso il Promontorio Geresto
nel
mare(5), il quale mare prese pol il nome di Mirto
he Pelope gettò in mare Mirtilo, perchè questi con gran forza instava
nel
ricercargli il premio dell’operato tradimento(f).
ificò un montone nero sopra una fossa, e che i Magistrati si recavano
nel
medesimo luogo a fare lo stesso sacrifizio prima
delle carni della vittima, immolata a Pelope, non poteva più entrare
nel
tempio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si
a a Pelope, non poteva più entrare nel tempio di Giove(d). Finalmente
nel
Peloponneso si celebravano alla tomba di Pelope c
e. Intraprese quindi il viaggio alla volta di quel paese ; e giumtovi
nel
momento, in cui era insorta tra quegli abitanti f
edi anche il bastone. Il mostro, udita tale spiegazione, si precipitò
nel
mare, giacchè questo doveva essere il suo fine, q
costume d’imporsi a’ morti. La terra finalmente si aprì, e lo accolse
nel
suo seno(a) (6). Eteocle e Polinice. ETeoc
ore d’età, salì il primo al paterno soglio ; ma poi ricusò di cederlo
nel
susseguente anno a Polinice. Questi, mal sofferen
la spiegazione a’ ministri, si faceva che quegli nuovamente dormisse
nel
tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fo
i battersi essi soli. Eteocle simase il primo ferito, e cadde bagnato
nel
proprio sangue. Gli si accostò Polinice per disar
i sacro. Meneceo pertanto uscì colla spada alla mano, e se la immerse
nel
seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosi
nzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento
nel
tempio di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dop
la, era uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due vennero sorprese
nel
pietoso uffizio. Creonte fece morire Argia, e con
istruttore di Numanzia, fu il primo ad ergerle un tempio. M. Marcello
nel
tempio del suo primo Consolato, trovandosi nella
ene ch’egli mediti di notte ciò, che dee risolvere il giorno, giacchè
nel
silenzio della notte il riflesso della mente suol
r lungo tempo sotto il peso delle più grandi moli. Questa Dea impugna
nel
sinistro braccio uno scudo, di cui essendo propri
Apollo. Temi aveva altresì un altro tempio nella cittadella d’Atene,
nel
di cui ingresso si vedeva la tomba d’Ippolito(d).
prendere qualche guerra, solevano offerire un sacrifizio a questa Dea
nel
Campidoglio, e dare in suo onore uno spettacolo d
za, preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani
nel
di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto m
e per tale matrimonio le altre Dame sdegnarono di mescolarsi seco lei
nel
tempio della Pudicizia, e usarono di tutti i mezz
leggi(c). La Pudicizia avea la figura di donna velata, e modestissima
nel
portamento. Obbedienza. L’Obbedienza è spon
po si manifesta. Democrito diceva, che questa Virtù giace d’ordinario
nel
fondo d’un pozzo, per esprimere ch’essa molte vol
r induslo ad amarla. Ma egli, che sempre aveva Procride sulla boccà e
nel
cuore, non corrispose mai alle ricerche di colei.
elòto : per quanto egli sia certo della fede altrui, vive però sempre
nel
tiniore, e sempre ne diffida. Gli occhi e le orec
e da tutti disappaovate. Indocilità. L’Indocilità è resistenza
nel
fare quel che si dovrebbe. Sta sul di lei capo u
nte, le maschere, e le lingue Indicano l’incostanza del Bugiardo, che
nel
suo favellare dà diverso aspetto alle cose onde a
di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo gli discendeva
nel
ventre. Il colore poi di ruggine indica, che colo
de ciò, che potrebbe o dovrebbe operare. E’ malamente vestita, perchè
nel
Vile non risvegliasi mai il pensiero di migliorar
de’più vili cibi, per non sofferico la difficeltà, che incontterebbe
nel
procurarsene di migliori. Le sta a lato il Conigl
i ; ed è quindi simbolo dell’ Adulazione, che adopera tutto lo studio
nel
cangiarsi secondo il genio altrui. La faccia bell
o. Tiene la bocca aperta, per significare la prontezza del Detrattore
nel
dire male di tutti. Ha sul capo un velo nero, per
a destra ; oppuré due Cornucopj, che s’incrociano, e una spiga dritta
nel
mezzo di quelli. Il cornucopio e la spiga sono in
in abito nero, colore usato per indicare la gravità de’ costumi, che
nel
Nobile si ricercano. Tiene un’asta nella destra,
ue. Clodio volle pure, che un tempio fosse inalzato a questa Divinità
nel
luogo, ove fu atterrata la casa di Cicerone. Mort
stringe nell’ altra mano una picca, o una bacchetta, perchè i padroni
nel
donare a’ servi la libertà, solevano toccarli col
hi coronare se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj
nel
tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla d
so istante incenerita. Finalmente Ino co’ suoi figliuoli si precipitò
nel
mare. Questa ultima dopo morte conseguì onori div
e fratelli. Altri dicono, ch’eglino vicendevolmente si odiavano anche
nel
seno della loro madre. Amendue si cisputarono il
llo si chiamò Tosone, o Vello d’oro, e che venne appesa ad una pianta
nel
bosco, sacro a Marte(a). Dopo tutto ciò Frisso te
rarsi grato al Sole, padre del medesimo Eeta, perchè lo aveva accolto
nel
suo cocchio, quando ritornava dall’ aver combatto
fiume Meandro(h). (11). Linceo aveva una vista sì acuta, che vedeva
nel
fondo del mare, e perfino nell’ Inferno. Era assa
di Abante, e quindi discendente da Eolo(f). Possedeva grande scienza
nel
ricavare gli augurj dal fuoco. Quantunque avesse
tingere dell’ acqua al fiume Ascanio. Erano molto erte quelle ripe, e
nel
chinarsi cadde al giovane l’urna di mano. Si avan
rna di mano. Si avanzò per ripigliarla, e il peso del corpo lo trasse
nel
fiume, dove si annegò. Fingono i Poeti, che sia s
e coste della Caria, dove fu fatto prigioniero. Avea Testore lasciata
nel
suo paese l’altra figliuola, Leucippe Ansiosa la
dal predetto Scoliaste, oltre il variare da Apollonio nella patria, e
nel
padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio
ale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia anche da esso
nel
dire, che nulla sofferì dopo la morte del marito,
sotto le rovine della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua
nel
bosco sacro di Giove Olimpico (a). (a). Ovid. M
tura, finchè riusciva sì bella, che avessero potuto offerirla a Iolio
nel
suo tempio (a) Plutarco finalmente dice, che nell
eo. Gli Antichi niente dicono della di lui morte, e solo si accordano
nel
riferirci, ch’ei visse tre generazioni. Queste da
rano nati, le spinsero sino alle due Isole Plote, dette poi Strofadi,
nel
mare Ionio. Là Iride per comando di Giove vietò l
nseguì Ida per riaverla, nè avendolo potuto raggiungere, si precipitò
nel
fiume Licorma, che poi acquistò da lui il nome di
Eveno(a). Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila l’anzidetta giovine
nel
tempo di una festa ; che Ida, armato d’arco, aves
ti di Ercole, soprannominsti Eraclidi, e aveali costretti a ritiratsi
nel
tempio della Misericordia, erecto in Atene, sul m
di vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rientrare
nel
Feloponneso, sua patria, cogli altri Eraclidi, ma
opose, un’altra impresa più difficile dell’anzidetta. Essa consisteva
nel
prendere vivo uno de’mostruosi avoltoi, che devas
uardassero come uno de’ Semidei. Gli sacrificavano ogni anno un capro
nel
dì, che precedeva la Festa di Teseo. Quel giorno
). Ovidio pretende, che nè la terra, nè il mare abbia voluto ricevere
nel
loro seno le ossa dello scellerato Scirone ; e ch
rito dalla mandra. Il pastore, che cercava quell’ animale, si abbattè
nel
fanciullo, e lo portò a Cercione. Questi riconobb
ale si asseriva, di nuovo a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso
nel
tempo stesso quel re di farsi conoscere per figli
darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono strepitoso avvenne
nel
Cielo. Teseo poi senza porgere preci a Nettuno si
avvenne nel Cielo. Teseo poi senza porgere preci a Nettuno si lanciò
nel
mare. Alquanti Delfini lo accolsero ; e lo condus
ì l’ Ormo, ossia la danza, inventata da Dedalo, e la quale consisteva
nel
formare un circolo, mescolato d’ uomini e donne.
ssi a morte i due Lapiti, mihacciavi lo stesso a Driante ; ma colpito
nel
collo da una pertica abbrustolita, grondante di s
una tazza di vino. Lo vide appena Forbante, che, vibratogli un dardo
nel
collo, le mandò a traccanare quel vino, mescolato
piangendo degli urli ; e gettatasi sulla punta dello strale, confitto
nel
cuore di Cillaro, spirò seco lui strettamente abb
rra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo di stanga, datogli
nel
petto. Cimelo poi restò ferito da una freccia nel
Schiacciato Ceneo da sì sterminato peso, anch’egli finalmente discese
nel
Regno delle ombre(a). (a). Plut. in Vit. Thes.,
ppure un istante ad angustia sì acerba, e da uno scoglio si precipitò
nel
mare. Teti lo trasformò nell’uccello acquaticò, d
mezzo del tripode, su cui sedeva ; ora con un ramo d’allero, gettato
nel
fuoco ; ora coll’osservazione degli Astri ; ed or
dere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato di vita
nel
tempio d’Apollo (b). Tzetze finalmente ciò nega,
pretende, che Troilo non fosse giovine sì bello, che potesse destare
nel
predetto Greco sentimenti d’amore(c). (8). Polit
ata per la morte d’Achille, cui ella sommamente amava, siasi ritirata
nel
campo de’Greci, dove onorevolmente venne accolta
uali erano gemelli, furono portati qualche tempo dopo la loro nascita
nel
tempio d’Apollo ; che ivi furono lasciati per un’
Principe rinfaceiò fortemente a Paride L’enorme perfidia, dimostrata
nel
rapire la moglie di chi lo avea enorato della sua
o delitto, poichè gli Egiziani si guardavano dall’imbrattarsi le mani
nel
sangue degli stranieri ; e si contentò di scaccia
, moglie di Tone Egiziano, d’un erba, detta nepenthes, che, mescolata
nel
vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli
guito sopra un cavallo, sacrificato alla loro presenza, e poi sepolto
nel
luogo della ceremonia(a). La giovine preferì Mene
Mennone altresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto
nel
tempio di Serapide. Dicono, che quando il Sole na
mano di Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Greci Principi
nel
ripartirsi le Trojane matrone avea voluto Ecuba,
i dicono, che Ulisse, costretto a ritornarsene in Itaca, lasciò Ecuba
nel
Greco campo. L’infelice donna, che preferiva la m
il tempo prescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial
nel
Regno di Plutone(b). Altri soggiungono, che Laoda
Dicesi, ch’egli, avendo provocato gli Dei marini a gareggiare secolui
nel
suono della tromba, sia stato sommerso da Tritone
padre, e a rifabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose
nel
sepolcro di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo
ebbe veduto Achille deificato, e donde ella poi lo avrebbe trasferito
nel
palagio di Nereo per esservi onorato come uno de’
Questa ceremonia chiamavasi Anfidromia. Essa per lo più si praticava
nel
quinto giorno dopo la nascita dell’infante. Allor
ino non ne sofferirono pregiudizio alcuno. I Siciliani li collocarono
nel
rango degli Eroi, e loro tributarono onori divini
bastevole a fabbricarvi una ben vasta città. La denominò Cartagine, e
nel
mezzo della stessa vi formò una Cittadella, a cui
sacrifizio vino e fiori (g) : e ciò facevasi da ciascuno spezialmente
nel
suo giorno natalinio (a). Queste Deità comunement
onori divini, ed ebbe un altare sul monte Aventino, perchè introdusse
nel
Lazio il culto della maggior parte delle Greche D
e addestrossi a’travagli della guerra. Si rendette inoltre eccellente
nel
tirare d’arco. Finalmente era sì agile alla corsa
onasse quel soggiorno, fuggì per una finestra, e corse a precipitarsi
nel
fiume Numicio, dove divenne una Ninfa, e assunse
soddisfare alla promessa, già fatta al Dio delmare, immerse il ferro
nel
seno di quello. Altri asseriscono, che nol fece,
di Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi di grande valore
nel
tempo della guerra Trojana. Uccise, come abbiamo
da sì feliciosuccessi, nè ancor satollo del sangue nemico, insistette
nel
combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Tr
ente lo fece : scannò molte vittime intorno al di lui rogo ; vi gottò
nel
mezzo di quello quattro de’suoi più belli cavalli
colle spalle curve, che gli si rovesciavano sul petto. Era appuntito
nel
capo, e coperto di pochissimi capelli. Egli fece
ono appresso Andro, loro fratello, e re d’un’isola dello stesso nome,
nel
mare Egeo. Agagamennone minacciò la guerra ad And
(16). Gli Antichi non intraprendevano alcuna spedizione senza avere
nel
loro esercito chi presiedesse a’sacrifizi, e pred
erano certamente i doni loro. Così dicendo, scagliò con forte braccio
nel
fianco dello stesso cavallo una grand’asta. Al fi
n dito della mano co’denti (a). (5). La statua di Diana fu collocata
nel
bosco d’Aricia, e venne soprannominata da’ Greci
sima donna di Sparta partorì una bruttissima bambina, la mandò spesso
nel
predetto tempio di Elena ; e la bambina divenne s
be anche rimasto ucciso, se la di lui figliuola, Arpalice, eccellente
nel
maneggio delle armi, non fosse accorsa a difender
i Andromaca, la quale, come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo
nel
riparto delle donne Trojane ; e formò il progetto
nato a lei vincitore. Così avvenne : e Berenice appese i suoi capegli
nel
tempio dell’anzidetta Dea, eretto in Arsinoe, cit
adre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro
nel
generale esterminio. Terminata la preghiera, un l
ea, abriocchè la facesse morire. Quegli non volle imbrattarsi le mani
nel
di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re
l trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei mandarono
nel
mezzo loro un gran serpente. La giovine spaventat
i conciliarsi anch’egli l’affetto di colei. Il figlio non durò fatica
nel
riuscirvi. Se ne accorse il padre, e lo caricò di
che Ulisse e Diomede si erano salvati, preso dal dolore, si precipitò
nel
mare’(b). Eustato aggiunge, che Nauplio fece cred
ba d’Ercole. Quegli, memore del giuramento, dato all’amico, e desioso
nel
tempo stesso di soddisfare alle ricerche de’suoi,
Filottete rimase in quel modo danneggiato da un serpente, mentre egli
nel
tempio di Apollo Timbreo stava contemplando il se
finchè Enea, passando colla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse
nel
suo naviglio, e seco lo trasferì in Italia(d). (
irene, disperate per non aver potuto vincere Ulisse, si precipitarono
nel
mare, nè più furono udite. Così si verificò l’Ora
padre un re d’un Isola Siria, chiamato Cresio Ormenide ; ma preso poi
nel
fiore della sua gioventù da certi corsari Fenici,
se anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra gli altri colpì
nel
perto Ctesippo, figlio di Politerso, e uccise Pis
a lasciare Argo per un omicidio, da lui commesso, si rifugiò in Pilo
nel
momento, in cui Telemaco stava per partire da di
di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo
nel
suo naviglio ; e il giovine Principe ne lo soddis
gli soggiunse, che se voleva fare le sue difese, le esponesse, stando
nel
naviglio, ove si trovava. Telamone si recò la not
ando nel naviglio, ove si trovava. Telamone si recò la notte seguente
nel
porto, e là, alzato un monticello di terra, tratt
tani, memori del favore, ricevuto da Academo, rispettarono quel luogo
nel
tempo delle frequenti invasioni, che facevano nel
i si trovavano, e le quali erano opportune agli studj, fecero sì, che
nel
medesimo Inogo si riducesse gran moltitudine di q
. Apollon. (4). Anasi e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre
nel
tempio di Castore e di Polluce(e). (a). Nat. Co
no veduti dagli Argonauti, mentre erano minacciati da orrida procella
nel
viaggio, che facevano per la Colchide. La burrasc
ò, che la avrebbe data a quello, che avesse voluto gareggiare secolui
nel
condurre in corso un carro, e avesse acconsentito
eggiare secolui nel condurre in corso un carro, e avesse acconsentito
nel
tempo stesso a perdere la vita, qualora ne fosse
tra’ viventi. La terra in quel momento stesso si aprì, e lo racchiuse
nel
suo seno(a). (b). Nat. Cem. Mythol. l. 9. (2).
’ella si trafisse il petto colla spada stessa, la quale stava immersa
nel
corpo di Eteocle, e cadde morta in mezzo di quell
rtale, era degno di marciare cogli altri due(e). Dolone, per riuscire
nel
tentativo, erasi coperto tutto il corpo d’una pel
i Adrasto, re d’Argo, o di Egialeo, come altri vogliono, perchè colei
nel
tempo della di lui assenza erasi abbandonata a di
la spiegazione a’ ministri, si faceva che quegli nuovamente dormisse
nel
tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fo
o negl’Istmici, ne’ Pitici, e’ negli Olimpici. Gli si alzò una statua
nel
sacro bosco d’Olimpia. Ne’ predetti Giuochi ripor
redetti Giuochi riportò pure molti premj l’ Atleta Evanoride d’Elide,
nel
Peloponneso, il quale poi divenne uno de’ Diretto
i sacro. Meneceo pertanto uscì colla spada alla mano, e se la immerse
nel
seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosi
nzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento
nel
tempio di Diana Euclia(c). (10). Adrasto implor
ni, dagli antichi classici greci e latini, spigolati con lungo studio
nel
campo dovizioso delle opere di loro, e per improm
archimandriti Di quanti la natura in cielo e in terra E nell’ aria e
nel
mar produce effetti, Tanti Numi crearo : onde per
si tutti rivolti al temuto nume di loro ; e propagandosi questo culto
nel
tempo e nello spazio, quasi tutta la terra addive
filosofi si tacquero, ribadendo i bei sentimenti che spuntavano loro
nel
cuore, per non pagarla con gli strazii, con la ci
ll’ Vno si venne a quella del moltiplice, interpetrare la parola Mito
nel
vero suo significato e di quali vesti fu poscia r
hè l’unità è il carattere della verità, abbraccia la Chiesa cattolica
nel
senso più esteso della parola, cioè la società di
a religione, per dir tutto in una parola, dovè parlare eloquentemente
nel
suo cuore, dovè nascere tutta compiuta e perfetta
antisi sul prato con le nuove spighe la dea Ostilina(6) ; a’ frumenti
nel
tempo di fiorire la dea Flora(1) ; quando vanno i
llo alato, che si voleva nato dal sangue di Medusa ; e volando poscia
nel
cielo fosse collocato tra le costella zioni ; e m
losofando l’anime e degli Iddii e degli uomini, e tutto e quanto v’ha
nel
mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla arm
da uscita con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introdussero
nel
mondo una divinità corporale, che tutto lo inform
edere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono quale
nel
Sole o negli astri, quale ne’ bruti e negli scara
d il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati,
nel
mantenere il senso in possessione di ogni diletto
ndo questi principii noi ci studieremo interpetrare i miti eterodossi
nel
breve giro di queste nostre escogitazioni, dando
terpetrazione di alcuni miti di Saturno, esposti e spiegati da Tullio
nel
lib. 11 della Natura degli Dei. 18. Nettuno — eti
oni di questa alla interpetrazione di quelli, onde intender le favole
nel
vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nos
osi di regione in regione per le vie dell’alto ingenera la folgore, e
nel
rapidissimo suo slancio, squardo i campi dell’aer
ielo scoperto. E, preso Giove per l’aere, ben si possono interpetrare
nel
vero loro significato que’concetti dei latini — a
e sua consorte. Egli stesso nell’etere è Giove, nell’aere è Giunone ;
nel
mare è Nettuno ; e nelle parti inferiori del mare
o lo iniziatore ; ne’termini il contrassegnatore de’confini ; Saturno
nel
tempo ; Marte e Bellona nelle guerre ; Bacco ne’l
alle parturienti ; di Opi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli
nel
seno della terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’inf
are tutte le cose che nascessero da lui ; perciocchè i semi ritornano
nel
luogo da cui son nati ; e quando si disse che a l
esprime quel potere, che ha l’amore di generare le cose su la terra e
nel
seno della terra. Gli si danno altri nomi, che es
le piraterie di Minosse, e con la spedizione navale, che fece Giasone
nel
Ponto per la conquista del vello di oro ; sì anco
ome il Dio delle ricchezze e dello inferno. A questo mito, spigolando
nel
gran campo delle opinioni degli scrittori, che pa
sentar le cose sotto traslati allegorici. Altri riponendo la sua sede
nel
fondo delle miniere, e nel seno della terra, hann
ti allegorici. Altri riponendo la sua sede nel fondo delle miniere, e
nel
seno della terra, hanno creduto, che gli antichi
mento riportato da Eusebio(3), in cui dice esser Plutone il Sole, che
nel
Solstizio d’inverno passa sotto la terra, e perco
e tutti gli aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè
nel
suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in m
ose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel suo apparente corso, e
nel
suo occaso mostra in molti modi gli effetti di su
e. Fu nominato Apollo, voce tutta greca Απολλων, o come vuole Platone
nel
Cratilo, riportato da Macrobio(1), dal vibrare ch
rola medicurrus, mediuscurrens, ossia come colui che corre fra due, o
nel
mezzo, cioè che Mercurio sta sempre in aria tra i
l’apparente discesa del Sole sotto l’orizzonte, e che al suo apparire
nel
nostro emisfero ne venissero scacciate le tenebre
ne e portato su la terra non mai retto porta le fattezze di uno zoppo
nel
moto del suo vampo. A Vulcano si dava per consort
lia Proserpina. È questo un nome tutto greco περσεφονη, che Screvelio
nel
suo lessico deriva da περθιν devastare, e φενιν u
protezione de’fondatori, con queste le dovizie che la terra racchiude
nel
suo seno nello inverno e fuori tragge nella estat
, e madre detta ancora de’giganti, che propriamente così furono detti
nel
senso di figliuoli della terra : talchè è madre d
igliuoli della terra : talchè è madre degli Dei, cioè de’giganti, che
nel
tempo delle prime città si arrogarono il neme di
d minaretur, o perchè con la sua armatura guerriera caccia il terrore
nel
euore degli uomini e sembra minacciarli. Festo po
aco(5), guidatrice delle vergini oceanine, i primi nocchieri andavano
nel
suo tempio ad appiccarvi il timone, quando veniva
Pompilio quasi in forma di un globo, per dimostrare tutto l’universo,
nel
mezzo del quale stava quel fuoco, che dicevano Ve
da gli antichi fu creduto rimanersi la terra sempre immobile e fissa
nel
suo centro, a Vesta fu dato il nome di εστια da ε
quale concetto fu mirabilmente svolto dallo immortale Vincenzo Monti
nel
suo eruditissimo canto, la Musogonia. Furono cred
ri a rilevar ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre
nel
tempio di Apollo, che per superiore bellezza meri
scarpelli nove maraviglie di bellezza, onde piacque collocarle tutte
nel
tempio di Apollo, e furono come le tre prime tutt
sospira ; Ed Vrania, che gode le carole Temprar negli astri ed abitar
nel
Sole. 53. Nè tre nè nove erano le Muse ; ma co’l
in serpe, che terribilmente sibilando si sforzava cacciare il terrore
nel
cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di
tri della terra, e finalmente di quel nume sempre giovane, che assiso
nel
Sole, come su di una irradiante quadriga, trascor
pollo e ad allri Dei del mare, perciocchè Ercole non andava disgiunto
nel
culto da tutte queste divinità. Ne’suoi tempii an
no di stelle, cui altro non intendevasi, che il tempo, quando il Sole
nel
Solstizio estivo entrava nel segno del Leone, met
ntendevasi, che il tempo, quando il Sole nel Solstizio estivo entrava
nel
segno del Leone, meta più sublime del suo corso.
ricuopre delle spoglie — Questa vittoria risponde al passar del Sole
nel
segno dello Zodiaco il Leone. II. Ercole uccide l
e, che infestava le foreste di Erimanto — Risponde al passar del Sole
nel
segno della Bilancia, che avviene sul principio d
tta ancora il Parco, o lo animale di Erimante. IIII. Ercole raggiunge
nel
corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai
sì detti dal lago, ove solevansi posare — risponde al passar del sole
nel
Saggittario, sacro a Diana, cui sorgeva un tempio
passar del sole nell’Aquario ; e ciò era indicato dall’avoltoio posto
nel
Cielo a fianco della costellazione detta Prometeo
avoltoio posto nel Cielo a fianco della costellazione detta Prometeo,
nel
tempo stesso che il toro celeste, nominato toro d
i di lui, che alimentava di carne umana — r sponde al passar del sole
nel
segno dei Pesci, ed è fissato dalla levata Eliaca
ella dagli oltraggi di un mostro marino — risponde al passar del sole
nel
segno dell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ar
ccide negandogli la promessa ricompensa — risponde al passar del sole
nel
segno del Capricorro, ed è indicato dal tramonto
polo, custode dell’ Esperidi. 64. Cadmo — Narra la favola, che Cadmo
nel
fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi comp
i portar tale denominazione, perciocchè accogliendo egli cortesemente
nel
Lazio, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, av
ilimento. Ma noi che in queste pagine abbiamo preso di mira la favola
nel
senso tutto allegorico, dobbiamo da altri princip
to come un segno celeste, che rifulge tra gli astri, preceduti da lui
nel
loro cammino intorno il sole. 67. E onde portare
ozze, sottratti dall’ossequio di lui non pochi cittadini, ricoverossi
nel
monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo cons
riprodurle — co’frutti, la varietà de’frutti istessi, che nascondonsi
nel
seno della terra, e di tempo in tempo vengon prod
che sia Acca Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore
nel
tempio di Apollo e Diana, fu detta Elori. (2).
dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino a questa un’ara
nel
Campidoglio, ove ella abbe stanza. (4). Rvmina
nnaio, il cui nome facevasi derivare da quello di Giano, si celebrava
nel
primo giorno la festa di questo Dio, e prima ad e
timi tempi del romano impero, le stesse cerimonie descritte da Ovidio
nel
libro i dei Fasti si mantennero in Roma per più d
no anche quelle in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto
nel
corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta e
armenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne
nel
Lazio e fissò la sua dimora su quel monte che poi
he Giuturna, sorella di Turno re dei Rutuli, resa celebre da Virgilio
nel
suo poema dell’Eneide. Le fu dedicato anticamente
gilio nel suo poema dell’Eneide. Le fu dedicato anticamente un tempio
nel
Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carment
Giunone. Poi divenne un nome di una particolare Divinità ; e Cicerone
nel
lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentava
la comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro
nel
corso dell’anno. Alcuni fanno derivare la voce Ch
Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno
nel
mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portav
he fosse quella stessa Anna sorella di Didone, rammentata da Virgilio
nel
lib. iv dell’Eneide, e dopo la morte della sorell
dopo la morte della sorella e per varie vicende dolorosissime venuta
nel
Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè
ebbono a Numa Pompilio l’invenzione di questo Dio. Noi abbiamo notato
nel
Cap. XXXIII che di molti Dei si conoscono le attr
rati i protettori della città. Degli Dei Lari abbiamo parlato a lungo
nel
Cap. XXXVIII. Nello stesso giorno si celebrava la
stessa che la Dea Fauna moglie del Dio Fauno, di cui abbiamo parlato
nel
Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era di una
a perchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si chiuse
nel
suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uo
egna. Cicerone stesso disapprova questa e simili stolte superstizioni
nel
lib. ii De Divinatione. Bellona, il cui nome è d
a Dea. Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima
nel
Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirr
arziano Capella, poeta latino del quinto secolo dell’ E. V. asserisce
nel
suo libro intitolato Satyricon che Summanus signi
mentano questo Dio Summano, ma non ne spiegano gli attributi : Plinio
nel
libro ii, cap. 52 della sua Storia Naturale, dice
trova di questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta fr. Arval. e
nel
Glossarium Labronicum, concludono col Preller che
Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio
nel
luogo da me citato di sopra. Non ha fatto dunque
braio 1874, esaminando il nome Monsummano « applicato a borgo e monte
nel
Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approv
o punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma
nel
1820, cioè mezzo secolo prima degli scritti del P
e e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli
nel
nostro sistema planetario il solo astro che dà lu
i avea questo Dio : quelli di Delio e di Cinzio li abbiamo già notati
nel
numero precedente, e in appresso avremo luogo di
presso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato
nel
palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’o
no i pittori, la stimarono degna di essere imitata o copiata. Il Sole
nel
corso dell’anno percorreva una strada (detta dagl
dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta
nel
mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17
onosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato
nel
segno dell’ aquario, e di Astrea dea della giusti
dell’ aquario, e di Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata
nel
segno della Vergine : delle altre denominazioni a
elle altre denominazioni apprenderemo in seguito la ragion mitologica
nel
trattar dei miti che vi hanno relazione. Di Apoll
alli che tornarono indietro alle loro stalle. Fetonte fulminato cadde
nel
Po113), sulle rive del quale fu pianto e sepolto
, di nome Cicno, amico di Fetonte, venuto a visitarne la tomba, cadde
nel
fiume e fu trasformato in cigno. Questa favola d
trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. Assomiglia
nel
Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scend
i, « Perchè ’l Ciel, come pare ancor, si cosse115. » Rammenta ancora
nel
Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Te
ppresentasi spesso con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto
nel
N° XIII che egli nella guerra dei Giganti non fu
8. Un’altra solenne prova diede Apollo della sua infallibile valentia
nel
tirar d’ arco, quando dopo il diluvio uccise a co
za muscolare. Del serpente Pitone dovremo parlare altra volta, quando
nel
trattar degli Oracoli si verrà a rammentare e des
zati, rende nulla la scienza e l’arte degli uomini. 105. Cicerone,
nel
2° lib. De Nat. Deor., così interpreta il nome di
sere imparata a mente la bellissima descrizione della reggia del Sole
nel
2° lib. delle Metamorfosi, che comincia così : «
e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo
nel
mondo della luna, « (Che più di trenta miglia in
etade divenivan rance. » (Purg., ii, 7.) 112. Bene osserva Dante
nel
C. xvi del Paradiso : « O poca nostra nobiltà di
allude a quella estesissima macchia biancastra che di notte si scorge
nel
cielo, e che è detta anche dagli astronomi via la
no strato di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse prodotta
nel
cielo dal calore del Sole, « Quando Fetonte abba
i poeti greci. I latini per lo più la dicono via lattea, come Ovidio
nel
1° delle Metamorfosi : « Est via sublimis, cœlo
o ed alla preghiera che si trova rettoricamente amplificata da Ovidio
nel
ii lib. delle Metamorfosi. 117. È noto a chiunqu
, e Copernico dimostrò che in natura accade l’opposto. 118. Dante,
nel
Canto xiii del Paradiso, ha detto : « Li si cant
’l ciel cacciato il capricorno. » (Purg., ii, 55.) 120. Orazio
nel
Carme secolare, indica chiaramente con una sola s
tato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia Abbiamo veduto
nel
N. XXVIII che i Campi Elisii erano il soggiorno d
ei malvagi. Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo
nel
consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a g
attori della umanità. A questi novelli Dei assunti in Cielo ergevansi
nel
mondo dalla credulità dei pagani, tempii ed altar
esto252. Per tal credenza, presso alcuni popoli, gettavansi ad ardere
nel
rogo del defunto o seppellivansi nella stessa tom
latri colla certezza di riunirsi compagne indivisibili ai loro mariti
nel
soggiorno dei beati. Questa noiosa monotonia dell
ate un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o
nel
Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei
degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. E poichè Virgilio,
nel
dare un’idea generale dello stato delle anime dop
sione re dei Lapiti, per avere tentato di offender Giunone, fu punito
nel
Tartaro coll’esser legato a cerchio sopra a una r
’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ; e dopo la morte fu condannato
nel
Tartaro a spinger sulla cima di un monte un gran
ccola spalla d’avorio263). Il padre scellerato ed empio fu condannato
nel
Tartaro ad una pena che tutti i poeti greci e lat
bra asserire che Tantalo soffriva quella pena non già nell’Inferno ma
nel
Cielo, perchè avendo egli gustato il nettare e l’
gigante Tizio che offese Latona, udiremo da Omero qual fosse la pena
nel
Tartaro : « Sul terren distendevasi e ingombrava
pio contro Apollo, e ne incendiò il tempio di Delfo. Perciò fu punito
nel
Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato
colpo e d’altro vampo « Che di tede e di fumo ; e degno ancora « Che
nel
baratro andasse »269. (Virgilio, Eneide, vi.) D
n battaglia. Le 49 Danaidi micidiali dei loro mariti furon condannate
nel
Tartaro ad empir d’acqua infernale una botte pert
guace. « Dispregia, poichè in altro pon la speme. Perciò quando egli
nel
Canto xix con devota ammirazione esclama : « O s
« O somma sapïenza, quanta è l’arte « Che mostri in Cielo, in Terra e
nel
mal mondo, « E quanto giusto tua virtù comparte !
e interprete. Non tutti i dannati celebri dei Pagani introdusse Dante
nel
suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo
642.) 253. Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio
nel
lib. xv delle Metamorfosi : Vir fuit hic, ortu sa
che le anime degli uomini, specialmente dei malvagi, passassero anche
nel
corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne di qu
libro ix del Codice Giustinianeo vi è il titolo De Sepulchro violato,
nel
quale si rammentano le antiche pene, e se ne aggi
0. Perciò non solo poeticamente, ma storicamente scriveva Ugo Foscolo
nel
suo Carme dei Sepolcri : « Testimonianza ai fast
i equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spalla di san Secondo,
nel
linguaggio dei gastronomi, la spalla suina prepar
« E gridi che il suo santo è san Secondo, « E che il zampon di Modena
nel
mondo « Compensa il Duca. » 264. « Tantalus
uam gaudere tabellis. » (Hor., i. 1ª, v. 68.) 267. Anche Virgilio
nel
vi dell’ Eneide così descrive la pena di Tizio :
læsit « In cava Lethæas dolia portat aquas. » (Tib. i, 3ª.) Ovidio
nel
x delle Metamorfosi riassume brevemente le pene d
specialmente nelle campagne, non crede forse tuttora negli Spiriti e
nel
potere degli stregoni e fattucchieri che tengono
destino. A queste stesse conclusioni io giunsi per altra via, quando
nel
N° IV parlai del Fato e del Fatalismo. Passando o
ia classica per ordine cronologico, noterò prima di tutto che i Genii
nel
linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Ome
moni ; e i mortali in Eroi e in uomini. Platone così parla dei Dèmoni
nel
Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gl
eva 4 in 5 secoli prima che incominciasse il Cristianesimo ! E perciò
nel
Politeismo fu Socrate giudicato eretico, e condan
do le opinioni religiose e filosofiche di quei tempi ; e perciò anche
nel
politeismo romano credevasi all’esistenza di geni
vò in latino il diminutivo demonio ; ed ambedue questi nomi servirono
nel
Cristianesimo a significare gli spiriti infernali
re al chiamarli Demonii e Diavoli, li chiama ancora angeli neri, come
nel
Canto xxiii dell’ Inferno : « Senza costringer d
l bene oprare, « E dall’opere ingiuste il tiri e frene. » Il Parini,
nel
suo celebre poemetto satirico il Giorno, personif
brosia le Lusinghe scorrongli « Dalle fraghe del labbro. » Il Monti,
nel
Canto intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa
nel Canto intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa la parola Genio
nel
senso più generale : « Ferve d’alme sì grandi e
Al suol romano « D’Augusto i tempi e di Leon tornarno. » Il Manzoni,
nel
suo mirabile Cantico il Cinque Maggio, chiama Gen
impareggiabili poesie usa molte volte il termine Genio, e per lo più
nel
significato d’ingegno straordinario e inventivo,
nche ironicamente : « Fecero a un tratto un muso di defunto « Tutti,
nel
centro, a dritta ed a mancina, « E morì sulle lab
quivalente a sciens, peritus. Quindi egregiamente l’illustre Tommaseo
nel
suo celebre Dizionario dei Sinonimi determina il
ermina il significato del vocabolo Genio con queste parole : « Genio,
nel
senso moderno, è la forza dell’ingegno che crea :
aggiungono il significato cristiano di Angelo custode. 275. Cicerone
nel
libro i, De Divinatione, nomina anche Antipatro t
o affetto. IIª Andare a genio, che vale piacere, aggradire. IIIª Dar
nel
genio che vale compiacere. Nel Dizionario del Man
, uno del Salvini, e l’altro del Magalotti ; ma il Fanfani riportando
nel
suo Dizionario questa stessa espressione dichiara
e dire spessissimo : È un genio. » Lo dice infatti lo stesso Tommaseo
nel
suo Dizionario dei Sinonimi, e son queste le sue
ta, per altro, ammette e registra il Genio Militare e il Genio Civile
nel
significato d’ingegneria militare e civile, come
i che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o
nel
Cielo. (Vedi il Cap. X, ove si parla di Proserpin
la cura di far sì che delle anime degli estinti non ritornasse alcuna
nel
mondo240, (come è naturale, e pur troppo vero), m
roserpina, sua moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende
nel
capitolo di Cerere sua madre. Allora non compariv
ne, denominando città di Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto
nel
Cap. precedente) : e poi da Virgilio poeta pagano
a la guardia pretoriana del re e della regina dell’Inferno consisteva
nel
Can Cerbero che aveva 3 teste, e difendeva meglio
me dice Dante. Di Ecate, dea infernale, abbiamo parlato bastantemente
nel
Cap. della Diva Triforme ; nè si trova altro da a
rono adottati dai poeti latini per le loro Parche, e passarono ancora
nel
frasario poetico degl’Italiani. Asserivano i mito
presentato le Parche in queste loro diverse occupazioni, come si vede
nel
suo quadro che trovasi nella galleria di Palazzo
scrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca
nel
Trionfo della Morte. Ma di Caronte, dei Giudici d
arola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo
nel
prossimo numero parlando dello stato delle anime
lasse dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo
nel
ragionare dei secoli eroici, che sono il medioevo
toria. Le Furie eran destinate non solo a punire le anime dei malvagi
nel
Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare
onno e dei Sogni ; ed anche Dante racconta diversi sogni ch’egli ebbe
nel
suo viaggio allegorico. Lo stesso Virgilio ci nar
ali di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighieri d’impiegare
nel
suo Inferno. È facile l’indovinare che introducen
cevono anche il greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. Plutone
nel
poema sacro di Dante non poteva trovar posto come
a iosa ; e li noteremo a tempo e luogo, cioè quando dovrà parlarsene
nel
corso regolare della Mitologia. Anche gli scienz
l par delle porte atre di Pluto « Colui ch’altro ha sul labbro, altro
nel
core. » 242. « Quando noi fummo fatti tanto
terà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco di Norandino
nel
Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il v
o stesso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico di Tibullo,
nel
quale si attribuisce alle Parche il presagio dei
o alla bocca ; « E Pluto le gridò : Anima sciocca, « Che Inferno ? va
nel
Limbo de’ bambini. »
ono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse
nel
loro corso. Quali fossero queste Divinità, e come
o che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto
nel
Cap. III. Ora convien parlare delle Divinità che
uesta doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando
nel
C. xiv del Paradiso, dopo aver descritto i variop
olo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi
nel
mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che
n qualche lago, in qualche palude ed anche in qualche fiume, non però
nel
mare. Tra le più celebri tuttora esistenti si cit
i tuttora esistenti si citano quelle del Mississipì e del lago Chelco
nel
Messico ; le quali son coltivate e producono albe
Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bellissima similitudine
nel
raccontare che egli sentì uno spaventevole terrem
all’ ovest di Pozzuoli in Italia), che si sollevò in uno o due giorni
nel
1538, all’altezza di 200 metri, ed esiste tuttora
00 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo secolo, e precisamente
nel
1831, formossi per sollevamento nel mare al sud-o
in questo secolo, e precisamente nel 1831, formossi per sollevamento
nel
mare al sud-ovest della Sicilia un’isoletta che f
si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come
nel
famoso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figl
e la madre per ineffabil dolore fu cangiata in pietra. Ne parla Omero
nel
libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la
el libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio
nel
libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il mod
Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche
nel
Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto scu
sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo
nel
Capitolo della Dea Tellure. Fu scoperto il seleni
o nel Capitolo della Dea Tellure. Fu scoperto il selenio da Berzelius
nel
1817. 100. « Latonamque supremo Dilectam pen
eggianti, scrive Humboldt, si formano in tutte le zone ; ne ho vedute
nel
fiume Guayaquil, da 8 a 9 metri di lunghezza, nuo
uogo di nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’abbiamo detto
nel
N° XVI. Dovendosi ora parlare de’suoi ufficii spe
la storia di tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anticamente
nel
tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessag
mpio dedicato a Diana Noctiluca, cioè alla Luna che splende di notte,
nel
qual tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte
1. Dante rammentò la ninfa Callisto col nome greco e latino di Elice
nel
C. xxv del Purgatorio : « …………………al bosco « Si t
o il tosco. » E nominò anche Elice la stessa costellazione dell’Orsa
nel
C. xxxi del Paradiso : « Se i Barbari venendo da
è vaga ; » ecc. E al nome di Orsa maggiore preferì quello del Carro
nel
C. xi dell’ Inferno : « E ’l Carro tutto sopra i
: « E ’l Carro tutto sopra il Coro giace. » Rammentò ancora le Orse
nel
C. II del Paradiso ; ma ivi parlò con figura poet
la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in cervo, che
nel
fuggire fu raggiunto dai suoi propri cani e da es
ella ebbe vergogna ; « E per farne vendetta, o per celarse, « L’acqua
nel
viso con le man mi sparse. « Vero dirò (forse e’p
he Canidia e Sagana, che l’una invocava Ecate, e l’altra Tisifone ; e
nel
Carme secolare che fu cantato pubblicamente in on
regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante seguì tale opinione ; poichè
nel
farsi predire da Farinata degli Uberti (nel C. x
uì tale opinione ; poichè nel farsi predire da Farinata degli Uberti (
nel
C. x dell’Inferno) il suo esilio, e indicarne l’e
a fra circa 50 mesi lunari, esprime queste idee con frasi mitologiche
nel
modo seguente : « Ma non cinquanta volte fia rac
4. Anche il titolo di Lucina dato anticamente a Giunone (come dicemmo
nel
N. XV) è più confacente a Diana, perchè Lucina, c
fesina146. Pochi anni dopo fu questo tempio saccheggiato da Nerone, e
nel
terzo secolo dell’era volgare distrutto dagli Sci
s « Ter vocata audis adimisque leto, « Diva triformis. » E Virgilio
nel
lib. iv dell’ Eneide : « Tergeminamque Hecaten,
Ima, suprema, feras, sceptro, fulgore, sagitta. » 145. Cicerone,
nel
lib. ii. de Nat. Deor., indica pur anco qual foss
e similitudine dei Baccanali si è conservata e riprodotta sino a noi
nel
nostro carnevale, che in altri tempi più antichi
con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentre sì l’aizzano, « Casca
nel
collo, e i Satiri lo rizzano. » Bacco aveva dive
; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’interpreta Euge fili ! e
nel
nostro volgare corrisponde a Bravo figlio ! parol
agl’italiani, come troviamo, per esempio, nell’Orfeo del Poliziano, e
nel
Ditirambo202) del Redi, intitolato Bacco in Tosca
bridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi
nel
Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al
quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati,
nel
volerne recidere alcune di propria mano si taglia
benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi
nel
fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero che le acque
acolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene
nel
sen della terra. Questa favola di Mida fu raccont
l sen della terra. Questa favola di Mida fu raccontata dall’Alighieri
nel
Canto xx del Purgatorio, in quel cerchio ove son
primo a indicare come questa azione si esercita e compiesi. Egli dice
nel
Canto xxv del Purgatorio : « Guarda il calor del
gazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi
nel
Bacco in Toscana, parlando del vino : « Sì bel s
mele fu, quando di cener fessi. » (Parad., xxi, 4.) 196. Ovidio,
nel
lib. iii delle Metamorfosi così racconta questa f
i e degli Uomini che vanno col viso volto indietro si trova riportato
nel
Florilegio Lirico stampato in Firenze dalla Polig
d essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ;
nel
qual genere di poesia ammettevasi molta licenza e
al serpente a sonagli. 204. Il nome nebris, nebridis si trova usato
nel
senso detto di sopra dai poeti latini Stazio e Cl
sidro e qualunque altra bevanda che non si estragga dall’uva. Perciò
nel
ditirambo del Redi ne parla in questi termini :
egi e quei Lapponi ; « Quei Lapponi son pur tangheri, « Son pur sozzi
nel
lor bere : « Solamente nel vedere « Mi fariano us
Lapponi son pur tangheri, « Son pur sozzi nel lor bere : « Solamente
nel
vedere « Mi fariano uscir de’gangheri. » A quest
ioni al di sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che
nel
seno di essa esistessero due inferne regioni molt
rrosive, quelle del Cocìto erano formate dalle lagrime dei malvagi, e
nel
Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come
a della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare
nel
mondo a dar vita a nuovi corpi. Il territorio del
della Fame descritto da Ovidio, senza biade, senz’alberi ; e soltanto
nel
vestibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, se
la prescienza del futuro. È celebre la descrizione che ne fa Virgilio
nel
vi libro dell’Eneide, che Annibal Caro tradusse c
»236. La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma
nel
Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raf
to furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità
nel
disegno, nè regolarità nella esecuzione. In fatti
esecuzione. In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti
nel
paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitav
ero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). Tal descrizione trovasi
nel
lib. xi dell’ Odissea, ed è la seguente : ….« Sp
uali, vanno gradatamente decrescendo fino al centro del nostro globo,
nel
qual punto termina l’Inferno stesso ; che i cerch
o vi si aggiunse compagna indivisibile la Paleontologia, che consiste
nel
riconoscere dagli avanzi fossili di esseri organi
ovimento di rotazione. Inoltre colle analisi spettrali che dimostrano
nel
Sole l’esistenza della maggior parte delle sostan
ni mitologi e poeti antichi hanno detto che i Campi Elisii, non erano
nel
seno della terra, ma nelle Isole Fortunate, che o
.) 237. Per dare un esempio quanto l’Alighierisia chiaro ed esatto
nel
far la descrizione dell’immensa fabbrica da lui a
ne astronomiche sono sostenute splendidamente dal P. Secchi, gesuita,
nel
suo libro intitolato Il Sole : io ne citai le esp
nfa Calliope, erano rappresentate dalla testa ai fianchi come donne e
nel
rimanente del corpo come mostruosi pesci con dopp
e suonavano egualmente bene diversi strumenti musicali ; e dimorando
nel
mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia meridionale
to e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli
nel
mare o di divorarseli. Ed asserivasi che per quan
gli ov’esse abitavano. Dante poi ha trovato il modo di parlarne anche
nel
poema sacro della Divina Commedia. Nel Canto xix
mmedia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina di aver fatto un sogno,
nel
quale, per quanto parvogli, una donna « Io son,
i, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti
nel
modo che abbiam detto. Non si può parlar di Scill
la mente anche Cariddi, essendo questi due termini collegati fra loro
nel
detto proverbiale : trovarsi fra Scilla e Cariddi
si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli
nel
mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello str
do ora a parlare dei mostri marini che erano soltanto animali viventi
nel
mare, e le cui specie son tuttora esistenti, conv
l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e
nel
suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei
a, e, s’io non fallo, « Col battello anco ; e l’àncora attaccolle « E
nel
palato e nella lingua molle. « Sì che nè più si p
to lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger pazientemente
nel
Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione
icature delle mirabili immagini ariostesche. Dante rammenta le balene
nel
fare una sapiente e filosofica osservazione, che
ella bocca dell’ Orca con tutta la nave, e che ficcasse l’ancora « E
nel
palato e nella lingua molle ; » mentre è noto ch
a pelle del cetaceo, che è grossa circa un pollice, e si fa penetrare
nel
sottoposto strato di grasso che è alto almeno qui
ell’apoteosi di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato
nel
corso di questa Mitologia. I Romani infatti che p
padre il Dio Marte. Dal che si deduce che le Divinità adorate allora
nel
Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esse
o Marte. Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e
nel
territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano p
zioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto
nel
Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fen
à necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco
nel
luogo stesso che in appresso fu il centro della n
che a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva
nel
monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al c
qual liberazione e del qual culto non solo ragionano a lungo Virgilio
nel
lib. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fast
non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. ix dell’Eneide ed Ovidio
nel
lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio nel lib. i
b. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio
nel
lib. i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in
u ben presto adorata ed ebbe un tempio in Roma, come asserisce Lucano
nel
lib. viii della Farsalia : « Nos in templa tuam
queste due Divinità sotto la forma dei suddetti animali, ma tenevano
nel
loro tempio e prestavano il loro culto ad un bue
pre colla testa di cane, come se ne vedono alcuni idoletti di metallo
nel
Museo Egiziano. Virgilio stesso nel libro ix dell
vedono alcuni idoletti di metallo nel Museo Egiziano. Virgilio stesso
nel
libro ix dell’Eneide nomina il latrator Anubis ;
l Dio Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi
nel
suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbi
sentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più
nel
rappresentare i Satiri non seguono servilmente le
i. Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano
nel
suo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli U
che trovasi nella villa Pinciana, e di cui una copia in bronzo esiste
nel
primo vestibolo della Galleria degli Uffizi in Fi
vestibolo della Galleria degli Uffizi in Firenze ; e come vedesi pure
nel
quadro dei Baccanali di Rubens, che è parimente n
re complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione,
nel
modo stesso che dicono la Flora per significare t
sarebbero rimaste ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che
nel
giorno stesso di quella festa avesse Romolo incom
del condannato. Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra
nel
tempio di Giove Capitolino, il quale era situato,
e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta. Ha
nel
sinistro braccio una pelle indanaiata di tigre, e
ne pelle tigrata. Ma il verbo piluccare fu anche usato dall’Alighieri
nel
Canto xxiv del Purgatorio nella seguente terzina
tizia che si gli pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vivente
nel
linguaggio comune o dell’ uso. Può dunque conveni
Orazio satiro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire,
nel
parlar di giudizii diversi che ne davano i suoi c
si disse che Fauno rendeva gli oracoli, come riferisce anche Virgilio
nel
lib. 7° dell’Eneide. La moglie di Fauno chiamavas
. » (Epod., Od. ii, v. 59.) Ovidio descrive a lungo le stesse Feste
nel
libro 2° dei Fasti. Ne riporto alcuni distici dei
le tradizioni preistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto
nel
N. XI, che di Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa
e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo
nel
N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo di regia stirpe
: fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli
nel
mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii per
rasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi
nel
mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidet
o da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando
nel
far laggiù quel suo celebre viaggio, le tre Furie
ria. Anche i Naturalisti si son ricordati di questo mostro mitologico
nel
dare il nome di Meduse a un gruppo di Zoofiti che
ta mirabile liberazione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini
nel
bassorilievo di bronzo fuso che vedesi nella base
. Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e
nel
passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitali
statua. All’avo Acrisio, che ancor viveva, perdonò, ed anzi lo rimise
nel
regno, uccidendo l’usurpatore Preto. Ma poichè fi
dizione dell’Oracolo, inventarono i Mitologi che il nipote, per caso,
nel
fare esercizi guerreschi uccidesse l’avo. Compiut
La storia di Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri di stelle
nel
Cielo, poichè asserirono trasformati in costellaz
Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma di quanto osservai
nel
precedente capitolo, che cioè bisogna cercar le o
ito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto di sopra
nel
testo : « Inclusam Danaën turris aënea « Robusta
avaliero armato. « Grandi eran l’ale e di color diverso, « E vi sedea
nel
mezzo un cavaliero, « Di ferro armato luminoso e
n voce è raccontata anche in un modo diverso da quello che accennammo
nel
Cap. XXXIV ; ed è collegata colla favola di Narci
ripeteva appena le ultime parole altrui. A questa favola allude Dante
nel
Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A
fa questa similitudine per dar la spiegazione che quando compariscono
nel
Cielo due Iridi, o come dice Dante : « Due archi
a stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato
nel
fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’u
ome. Dante allude più d’una volta a questa favola, come, per esempio,
nel
Canto xxx dell’Inferno, ove un dannato dice ad un
i Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorresti a invitar molte parole. » E
nel
Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beat
nel Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beate che egli vide
nel
globo lunare, dice che gli eran sembrate immagini
moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche
nel
senso traslato, cioè non mitologico, ha sempre un
ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e fa dire alle medesime
nel
canto xxxi del Purgatorio : « Noi sem qui Ninfe
alle medesime nel canto xxxi del Purgatorio : « Noi sem qui Ninfe e
nel
Ciel semo stelle : « Pria che Beatrice discendess
ce discendesse al mondo. « Fummo ordinate a lei per sue ancelle. » E
nel
rammentar questo passo il can. Bianchi, che fu se
ortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle
nel
Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La
mente dalla Mitologia, vale a dire Gran Silvano. I Botanici anch’essi
nel
determinare la nomenclatura delle piante aquatich
lo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che
nel
territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di c
credono che fiorisse l’età dell’oro in quel tempo che Saturno stette
nel
Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di
stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di Saturno
nel
Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti però si acc
rdano nell’ammettere, o nell’una o nell’altra epoca, l’età dell’oro e
nel
celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le s
co e furibondo. Nel Cristianesimo il tempo che Adamo ed Eva passarono
nel
Paradiso terrestre è considerato come la vera età
commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il quale
nel
Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le belle
o, » come suggerisce il Petrarca. Nel tempo che Saturno si trattenne
nel
Lazio insegnò a quei rozzi e semplici popoli a se
o che è la continua successione dei momenti35. In Roma si celebravano
nel
mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di
ominazioni. Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove
nel
cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto
uando mancò l’età dell’oro « As’ rea fuggì dalle mortali soglie, « Ma
nel
fuggir le caddero le spoglie ; « E si dice che si
ggiorati, a che sarebbe ora ridotta l’umana specie ? 34. Virgilio
nel
ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi d
neta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone
nel
lib. 2° De Natura Deorum. 38. Ovidio nei Fasti
ertendi cardinis omne meum est. » 39. Cicerone dice a suo figlio
nel
De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa
poraneamente anche il ballo, e non solo fra gli idolatri, ma pur anco
nel
popolo eletto 123. Non dovrà dunque recar maravig
i e latini che dagl’italiani. Per altro Ugo Foscolo ne ha intredotto,
nel
suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi
icare le Muse, la poesia o l’ispirazione poetica. Così Dante ha detto
nel
Canto xxix del Purgatorio : « Or convien ch’Elic
rti cose a pensar, mettere in versi. » E con maggior licenza poetica
nel
Canto i del Paradiso ; « Insino a qui l’un giogo
Tasso ha usato il nome del monte Parnaso figuratamente per la poesia
nel
Canto i della Gerusalemme liberata. « Sai che là
a poetica ispirazione. Questo è un vocabolo greco (come dice Virgilio
nel
iii delle Georgiche) corrispondente al latino asi
asilus, che in italiano significa assillo o tafano. È dunque l’estro
nel
suo primitivo significato un insetto molestissimo
osi significa evidentemente qual fosse la loro voce e la loro abilità
nel
canto in confronto delle Muse. A Dante piacque qu
, rammentò poi nell’invocare Apollo la punizione di Marsia : « Entra
nel
petto mio, e spira tue, « Sì come quando Marsia t
. Era anche questo un di quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo
nel
tempo del suo esilio e della sua condizion di pas
orì. Apollo dolentissimo, per sollievo della sua afflizione lo cangiò
nel
fiore che porta lo stesso nome del giovinetto134.
col d’oro usaron mai la parola estro per l’ispirazione poetica : solo
nel
secolo d’argento, trovasi nella Tebaide del poeta
tro « Facta canam. » (Theb., i, 32.) 130. E da notarsi che Dante
nel
Canto xviii del Paradiso, invocando la Musa, la c
questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatti il generale romano
nel
partir per la guerra scuoteva l’asta della statua
Firenze, quand’era pagana, aveva per suo protettore Marte, che cangiò
nel
Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dir
e, che cangiò nel Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dire (
nel
Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gi
anima, che fe gibetto a sè delle sue case : « Io fui della città che
nel
Batista « Cangiò il primo padrone, ond’ei per que
llettuale180. Da Marte deriva l’aggettivo marziale adoperato non solo
nel
linguaggio militare, come nelle espressioni tenut
sigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc. ; ma anche
nel
linguaggio della chimica, come sostanze o prepara
si i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta
nel
pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più
queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine
nel
Canto ii del Purgatorio : « Ed ecco, qual sul pr
sul presso del mattino, « Per li grossi vapor Marte rosseggia « Giù
nel
ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve,
lingua latina sa bene che i Romani usavano l’aggettivo bellus, a, um
nel
significato non di pulchrum, cioè bello, ma più c
ditati come conviensi. Dice il Machiavelli che quand’egli si chiudeva
nel
suo gabinetto per leggere e studiare questi scrit
di Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante dice apertamente
nel
Canto viii del Paradiso : « …….e vien Quirino «
zza d’ingegno. Ma i patrizj di Roma, sfrenati così nei loro vizj come
nel
loro potere, trovando la dottrina d’Epicuro tra l
iù potente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. Cicerone
nel
suo libro Sulla natura degli Dei lasciò scritto :
tù, il commercio avean cominciato la dispersione de’ Giudei e diffuso
nel
mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo d
tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e gli Essenj ; ma
nel
mentre che i Romani vennero a cinger d’assedio Ge
mbattere il fanatismo religioso. Questi Giudei, sì spregiati a Roma e
nel
resto dell’impero, merciajuoli, mercadanti, astro
consunto dalle fiamme ; Tito, tornato a Roma, si fece portare dinanzi
nel
suo trionfo i vasi sacri, il velo del santuario e
ni. Lusingò tutte le inclinazioni che l’odio del giogo romano nodriva
nel
cuore dei popoli soggetti ; rialzò coll’entusiasm
; chè quest’è appunto quello che il mondo pagano ravvisò sulle prime
nel
Cristianesimo. Ed ecco le passioni irrompono furi
8. Se non è lecito a voi, o presidenti dell’impero romano, che, quasi
nel
più alto e cospicuo soglio, anzi quasi nella cima
on resti condannata. Che cosa ne anderà alle leggi che sono in vigore
nel
regno, se essa è udita ? Forse si glorierà maggio
ssa ; condannato, ringrazia. Or che sorta di male si dirà mai questo,
nel
qual non si trova la natura del male ? Cioè nè ti
servircene smoderatamente e fuori di regola ; onde non si vive da noi
nel
secolo senza il fòro, senza il macello, senza i b
resente lo stato della società se il cristianesimo non fosse comparso
nel
mondo. 750. È probabilissima cosa che, senza
la patria, nè oltrepassavano l’estensione del proprio paese. I popoli
nel
loro complesso avevan principi diversi da quelli
sù Cristo può dunque con tutta verità esser detto Salvatore del mondo
nel
senso materiale, come si dice nel senso spiritual
ità esser detto Salvatore del mondo nel senso materiale, come si dice
nel
senso spirituale. Anche umanamente parlando, il s
atina ; e se ne adducono prove assai speciose. 146. Vuolsi intendere
nel
Campidoglio. 147. Che prima erano idolatri. 148
al patto di famiglia fra Titano e Saturno, la cui violazione produsse
nel
Cielo la prima guerra fraterna che terminò colla
ani rammenta i Giganti che fer paura ai Dei, e ne pone un gran numero
nel
profondo dell’ Inferno da lui immaginato e descri
Ma Dante, che ci assicura di aver trovati parecchi di questi Giganti
nel
fondo dell’inferno, non ne vide alcuno di quelli
mana. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto
nel
suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e
poeti antichi e moderni. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte
nel
suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di pa
e nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di parlarne perfino
nel
Purgatorio, immaginando che ivi esistessero dei b
esentanti i fatti veri o allegorici di superbia punita. Così troviamo
nel
Canto xii : « Vedeva Briareo, fitto dal tèlo « C
dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo
nel
Canto iv del Paradiso, che la bella Trinacria, ci
le, ma un gherone della Teogonia. » 68. Per questa ragione io cito
nel
presente libro più esempii di Dante che di altri
sempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato
nel
testo la venerazione dell’ Alfieri per Dante, rip
, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna
nel
visitare il sepolero del divino poeta, da lui inv
losoficamente questi due mezzi di recar danno o ingiuria al prossimo,
nel
canto x dell’ Inferno : « D’ogni malizia ch’odio
accordano a rappresentar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo
nel
raccontar la causa di questi difetti della sua fo
eforme, che dalla stessa Giunone sua madre fu gettato giù dall’Olimpo
nel
mare, e pietosamente raccolto ed allevato da due
lui non imputabili, si è maggiormente diffusa (come accade pur troppo
nel
mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi
brati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso
nel
ragionar di quei personaggi per cui furono esegui
on e l’anitra del medesimo, la quale nuotava, mangiava e digeriva ; e
nel
presente secolo, oltre il giuocatore di scacchi r
i crateri sono i camini delle medesime. Questo si chiama esser logici
nel
portare l’errore sino alle ultime conseguenze ! C
rammenti che avevan fatto presiedere alla Terra tre Dee, come notammo
nel
N° VIII, e trovammo che ciascuna aveva speciali a
: a quello facean presieder Vesta, e a questo Vulcano. Erravano però
nel
credere che il fuoco che essi chiamavan celeste f
derni colle loro analisi spettroscopiche hanno dimostrato sinora, che
nel
Sole si trovano in ignizione la maggior parte del
hi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia
nel
lavorare i metalli incandescenti. Dal nome dei Ci
serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta
nel
1800, riporta questa notizia istorica nei seguent
to. (Æneid., viii.) 194. Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra
nel
1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi
: quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante
nel
celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprove
altrove ? » ove è manifesto che egli chiama sommo Giove Gesù Cristo
nel
senso etimologico e non mitologico della parola G
uo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia
nel
far la sua celebratissima statua di Giove Olimpic
Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito
nel
deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fonta
delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare
nel
linguaggio scientifico i termini della Mitologia.
ici. Inoltre la voce padre è termine di affettuosa venerazione. Dante
nel
primo Canto del Paradiso invocando Apollo dio del
Nella prosa e nella poesia italiana si può usare l’aggettivo olimpico
nel
significato di maestoso o imperioso ; e l’ ha usa
nte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide
nel
Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza
uesti tre versi nell’originale greco son quelli di n° 528, 529 e 530,
nel
i libro dell’ Iliade, che il Monti tradusse così
hel, che resta all’ovest della Grande Oasi, sui confini dell’ Egitto,
nel
deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando
to anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena
nel
libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova
mare e neppur la parte millesima delle maraviglie che esso racchiude
nel
suo seno. Ma quanto erano scarsi di cognizioni po
o gli oggetti creati e i fenomeni naturali, avesser fatto altrettanto
nel
mare. E quantunque non conoscessero in tutta la l
a, vale a dire senza aver moglie e famiglia, sarà questo non men vero
nel
Mare ; e se il matrimonio può convenire in genera
e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome di Nettuno. Dante,
nel
Canto xxviii dell’Inferno, rammentò questo Dio ne
i Nettuno. Dante, nel Canto xxviii dell’Inferno, rammentò questo Dio
nel
senso mitologico e figurato : « Tra l’isola di C
a gente Argolica ; » per dire che non fu commesso mai prima d’allora
nel
mar Mediterraneo un sì orribil delitto. Gli astro
mili animali marini. Oltre le Divinità native o indigene, ammettevano
nel
mare i mitologi anche qualche Divinità avventizia
. Di Glauco poi raccontano uno dei più strani e singolari miti, unico
nel
suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi D
« Nel suo aspetto (di Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si fe Glauco
nel
gustar dell’erba, « Che il fe consorto in mar cog
iveva, cominciando a contare da Cosimo I. 213. Questa è quella Teti
nel
cui palazzo andava tutte le sere il Sole a riposa
le sere il Sole a riposarsi dopo la sua corsa diurna, come accennammo
nel
Cap. xvii, parlando di Apollo considerato come il
ne di quelle furibonde anime dannate di cui allora voleva parlare. Ma
nel
i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di ci
erale che non convien dimenticare, perchè verrà molte volte a bisogno
nel
progresso della Mitologia. La Genealogia degli De
ta divinità. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti
nel
cielo, nel mare e nell’ inferno. Il suo greco nom
. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo,
nel
mare e nell’ inferno. Il suo greco nome significa
appresso che essa Natura fu goffamente e bizzarramente simboleggiata
nel
Dio Pan (che in greco significa tutto), Dio secon
ura è di un uso estesissimo in tutte le lingue, in tutte le scienze e
nel
comune discorso ; e perciò conviene indicarne i p
esempio, dove si tratta del diritto naturale. I giureconsulti romani
nel
parlare della schiavitù (quantunque a quei tempi
usano la parola Natura nell’antico significato filosofico. Così Dante
nel
descrivere i Giganti, che ora fortunatamente più
to modernamante il verbo naturalizzare, che è stato introdotto ancora
nel
linguaggio delle nostre leggi, forse ad imitazion
ran numero di Dei e di Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto
nel
lib. ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi
e recurret. » 13. Nel Codice civile del Regno d’Italia, promulgato
nel
1865, si trova usata la parola naturalità, alla q
no mito voleva significarsi che la Bellezza è figlia del Cielo, e che
nel
globo terraqueo manifestasi più che altrove sul m
è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata
nel
mare, e comparsa per la prima volta nel mondo all
ina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta
nel
mondo alla superficie delle onde spumanti, fu det
scita da quelle. Quindi alludendo a questa origine la rappresentarono
nel
primo fior dell’età e della bellezza, affatto nud
adopra il nome della madre per quello della figlia, volendo indicare
nel
Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. Ven
eturpano le più belle poesie dei classici antichi. Perciò Ugo Foscolo
nel
suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che
cia nudo e nudo in Roma, « D’un velo candidissimo adornando, « Rendea
nel
grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi m
re che debbono esser temperate e non affettate ; e perciò Ugo Foscolo
nel
suo delicatissimo poemetto intitolato Le Grazie,
li Uffizi una vaghissima pittura del Botticelli rappresentante Venere
nel
modo qui sopra descritto. 183. Infatti Dante, n
resentante Venere nel modo qui sopra descritto. 183. Infatti Dante,
nel
Canto xxvii del Purgatorio, assomiglia la bellezz
tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro
nel
territorio di Colofone, perchè godeva molta rinom
el tempio e dell’Oracolo di Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo
nel
N° XI : ora basterà dire che in quest’Oracolo i r
epubblicani dell’antica Roma. Che mi va dunque fantasticando Plutarco
nel
suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’
ma da tutti i più antichi scrittori. I mitologi dicono (come notammo
nel
N. XIV) che Deucalione e Pirra, dopo l’universale
i generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla
nel
Cap. 12 : « La vita della religione gentile era f
e Geomanzia ecc. di cui parleremo altrove. 282. Perciò Ugo Foscolo
nel
suo Carme dei Sepolcri ha detto : « ……. uscian q
dati a consultarlo per sapere chi dovesse regnare in Roma. Tito Livio
nel
lib. I della sua Storia Romana, la riporta tradot
e è noto, lo seppe meglio interpretare, e successe come primo console
nel
governo della Repubblica. Tanto basti per avere u
ubblica. Tanto basti per avere un’idea de genere toto. 286. Ovidio
nel
dedicare i Fasti a Cesare Germanico dà ad Apollo
le. 291. Anche il Giusti chiama santa impostura l’artifizio di Numa
nel
dare ad intendere al popolo romano che le sue pre
e Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli
nel
mondo, e quindi il solo modello dei due sessi del
, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati
nel
tempio della dea Temi che era sul monte Parnaso,
tori e incisori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi
nel
mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo
anche agli scettici, o universali dubitatori. La geologia, in fatti,
nel
trattare della crosta solida del nostro globo e d
ne deduce razionalmente che questi strati doveron formarsi sott’acqua
nel
modo stesso che vediamo accadere anche oggidì nel
formarsi sott’acqua nel modo stesso che vediamo accadere anche oggidì
nel
fondo dei laghi e nelle inondazioni dei fiumi. —
une origine. E particolarmente in questo senso filosofico l’usa Dante
nel
Canto xi del Purgatorio, facendo così parlare Omb
mus qua simus origine nati. » (Ovid., Metam. i, 414.) 88. Roccia
nel
comune significato che questa parola ha in italia
vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o
nel
Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di
ena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione
nel
cervello di Giove fu detta Tritonia. Prima di tut
o, ossia della sapienza. Dante rammenta Pallade come Dea della guerra
nel
Canto xii del Purgatorio : « Vedea Timbreo, vede
cora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E
nel
Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea del
ra con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla
nel
Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrat
è il suo nuovo concetto apparisca manifesto, prima descrive Beatrice (
nel
Canto xxv del Purgatorio) : « Sovra candido vel
ia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire
nel
tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma
Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita
nel
Purgatorio (Canto xii, 43….) : « O folle Aragne,
er la somiglianza del nome. Infatti Suida, lessicografo greco, scrive
nel
suo dizionario che la parola Aracne al femminile
te Dea carminis illa est. » (Ovid., Fast., iii, 833.) 169. Ovidio
nel
libro iii dei Fasti annovera le diverse arti e pr
appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere,
nel
tempo delle quali era vietata ogni specie di lavo
settimana, e prima feria il lunedì, seconda feria il martedì ec. ; e
nel
tempo stesso ferie autunnali son le vacanze dei m
i Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata
nel
tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica
e città, i templi, le case, ec. La lustrazione di un campo consisteva
nel
condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta
o consisteva nel condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta, e
nel
bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizi
Tessaglia, ec. La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva
nel
predire il destino di un uomo dall’esame delle li
nto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio
nel
quale la vittima veniva interamente consumata dal
tri Dei. Le mogli dei Flamini erano dette Flaminicæ, ed avevanu parte
nel
sacerdozio dei luru mariti. — Il populu eleggeva
consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu di verghe cun una scure
nel
mezzu, destinato a scurtare i cunsoli ec. Forse i
istenti principalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti,
nel
viver di rapina : era per lo più questa la causa
rra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare
nel
ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determi
a Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel
nel
suo Examen critique, troveremo almeno in qual ord
in cui avvennero quelle, e già divenuti Indigeti Dei, oppure discesi
nel
regno delle Ombre. Questo può asseverarsi princip
ieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa
nel
narrare l’impresa stessa. Prima di por termine a
vite, e nella terza allor regnava. » (Iliad., lib. i). 45. Servio
nel
commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome
no da Aer, e fanno così corrisponder gli Eroi ai Genii dell’aria, che
nel
Medio Evo furon chiamati spiriti folletti. (Anche
iriti folletti. (Anche Dante usò la parola folletto per anima dannata
nel
C. xxx dell’Inferno : « …..Quel folletto è Giann
ed in certi casi anche un poco profeta. Nell’Eneide parla divinamente
nel
suo linguaggio originale, come lo fa parlare Virg
ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31,
nel
tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che
e « Onde t’innalza, e tronchi aduna e sassi, « E con fracasso ruotali
nel
petto « Di questo immane guastator, che tenta « U
me fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente,
nel
guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle
dere versu « Nostra, nec erubuit silvas habitare, Thalia), » invoca
nel
1° verso della famosissima Egloga 4ª le Muse Sici
te vero. Trovansi infatti anche altrove dei fiumi, le acque dei quali
nel
loro corso spariscono sotto terra, e a gran dista
Dei, e il più moderno a quello degli uomini. Nel caso di cui si parla
nel
testo il Xanto è il nome più antico, e lo Scamand
isitato e studiato diligentemente la Troade, non si trovano d’accordo
nel
riconoscere e determinare i celebri fiumi di quel
rni, che troppo lungo sarebbe il voler tutte riportarle. Dante stesso
nel
descrivere il Paradiso terrestre accenna questo m
tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina
nel
tempo che perdette « La madre lei, ed ella primav
al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E
nel
fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter
rere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia
nel
tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era l
corse a Giove, che per questo caso strano consultò il libro del Fato,
nel
quale trovò il decreto irrevocabile, che se Prose
una similitudine della magrezza a cui per pena eran ridotti i golosi
nel
Purgatorio : « Non credo che così a buccia strem
(pianeti telescopici situati fra Marte e Giove), scoperto dal Piazzi
nel
primo giorno del primo anno di questo secolo. 5
ne a leggere e rileggere questo mito egregiamente descritto da Ovidio
nel
libro viii delle Metamorfosi.
otonia dello stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione
nel
parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o
liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi
nel
mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitt
o, cioè vigilantissimo ed a cui nulla sfugga. Anche Dante descrivendo
nel
Canto xxix del Purgatorio il carro in cui era tri
ini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata
nel
cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome di Iride pe
ogica chiama figlia di Taumante l’Iride, ossia l’arcobaleno, allorchè
nel
Purgatorio (C. xxi, 46) afferma che nell’alto di
« Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo
nel
linguaggio poetico, ed anche in quello scientific
Iri, che è voce più simile al nome greco e latino, e perciò preferita
nel
linguaggio poetico. Basterà che io citi Dante che
erà che io citi Dante che così la chiama in rima e fuor di rima, come
nel
seguente esempio : « Nella profonda e chiara sus
ti di questa parola Mercurio ? È un termine rammentato frequentemente
nel
Commercio, nelle Arti, in Astronomia, in Fisica,
amente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. Tito Livio,
nel
libro 2° della Storia Romana, racconta che il col
i nulla sfugge, e che ovunque stenda la mano o colorisce o scolpisce,
nel
descrivere il cerchio del Purgatorio ove son puni
te della pagana Mitologia, per ornamento del linguaggio poetico anche
nel
Purgatorio cristiano, apostolico, romano163. Dagl
d.) 153. Virgilio imitando Omero descrive con elegantissimi versi
nel
lib. iv dell’Eneide i talari e la verga di Mercur
esso dal Cielo in Terra. Il Tasso imitò Omero e-Virgilio descrivendo
nel
1° Canto della Gerusalemme liberata la partenza d
diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi
nel
parlar dei regni di Plutone e dello stato delle a
ualche naturalista moderno l’ha chiamata Quarzo lidio. 163. Dante,
nel
Canto xxii del Paradiso, volendo indicare il pian
degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. Livio
nel
lib. iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non s
anieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. Livio nel lib. iv e
nel
xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono n
’esistenza stessa degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere
nel
loro numero e nel loro consesso qualunque mortale
degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e
nel
loro consesso qualunque mortale benchè scellerato
o le massime che essa insegnava. Perciò Dante fa dire al poeta Stazio
nel
C. xxii del Purgatorio, relativamente a questi pr
Negli scrittori della bassa latinità è detto paganitas, come abbiamo
nel
Codice Teodosiano, lib. xv, tit. 5 : Paganitatis
comuni che avevano) quando egli disse all’ Imperatore Alberto Tedesco
nel
Canto vi del Purgatorio : « Vien, crudel, vieni,
iori, perchè molto limitata credevano la loro potenza. Abbiamo notato
nel
principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno
non bastò l’avere assegnato tre Dee al globo terrestre, come notammo
nel
N. VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai pri
s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’era un bel numero
nel
Politeismo, come per esempio, il Dio Robigo, la D
icerone, abbia annoverati trentamila Dei del Paganesimo, come dicemmo
nel
N. III ; e deve parer probabile che fossero aumen
pesso li consideravano tali anche in vita4. Anche Dante confrontando,
nel
Canto xix dell’Inferno, il numero degli Dei degl’
inventum immortalitatem tribuit. (Plin., lib. 17, c. 9.) 4. Perciò
nel
Corpus Juris dei Romani (le Pandette, il Codice,
Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e simili. Anche adesso
nel
linguaggio ecclesiastico dicesi le quattro tempor
mare per farsi trasportar da esso fra le onde sino alla Colchide. Ma
nel
passar lo stretto che ora dicesi dei Dardanelli l
sar lo stretto che ora dicesi dei Dardanelli la giovinetta Elle cadde
nel
mare e vi annegò ; e per questo fatto mitologico
ed astronomica : « … Or va, che il Sol non si ricorca « Sette volte
nel
letto che il Montone « Con tutti e quattro i piè
e respinsero fino alle isole Strofadi, ove poi furono trovate da Enea
nel
venire in Italia, come a suo luogo diremo. Finalm
ro stringe. « Uno sul collo, un altro su la groppa « Percuote, e chi
nel
petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sa
ono il loro viaggio per l’Ellesponto e la Propontide. Prima di entrar
nel
Ponto Eusino perderono la compagnia di Ercole, il
o, anzi ne fa una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, dicendo
nel
Canto xxii del Purgatorio : « Vedesi quella che
volgarmente di maniche larghe. 69. Virgilio così descrive le Arpie
nel
lib. iii dell’ Eneide : « Tristius haud illis mo
è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto
nel
segno. Perciò converrà contentarsi di conoscere q
i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo : « Era
nel
mezzo del palagio all’aura « Scoperto un grande a
patrono di Firenze, che poi i cittadini divenuti cristiani cangiarono
nel
Battista 36. Infatti, la voce Penati è soltanto u
nelle lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama
nel
suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove
ta terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone,
nel
lib. v della Repubblica, ov’egli parla, per dirlo
exa Penates. » (Æneid., ii, 512….) 36. « Io fui della città che
nel
Battista « Cangiò ’l primo padrone ; ond’ ei per
ad essere usato invece di ignis, e foculare invece di focus. Infatti
nel
dizionario delle parole barbare troviamo spiegata
entanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre Abbiamó detto
nel
N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano era consid
da aggiungere. Circa alla Dea Tellùre basterà il sapere che Cicerone
nel
libro iii della Natura degli Dei dice che Tellùre
engono tutte le cose. Con questo nome di Rhea la rammenta anche Dante
nel
Canto xiv dell’ Inferno, ov’egli parla dell’isola
ini Vestali. Nè vi mancarono i pretesi miracoli, come racconta Ovidio
nel
iv dei Fasti : ogni superstiziosa religione ha i
vevano l’acqua del fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ;
nel
quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano
pio il tellurio, che è un corpo elementare elettro negativo, scoperto
nel
1772 da Muller, e che per molti suoi caratteri im
Idèa « Tornando in fretta alla solinga valle, ecc. » 44. Ovidio
nel
4° dei Fasti così parla di questo fiume : « Inte
. 1986. Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia
nel
paese che poi fu detto Argolide. — Molte fonda
suo figlio, erige Feges in Arcadia. — Pelasgo, suo nipote, fonda
nel
1883 il regno d’Arcadia. Indi emigra in Tessaglia
1335. Giano, principe greco della Tessaglia, conduce una colonia
nel
Lazio (Campagna di Roma). Età dell’oro (vedi la f
ia. Perillo punito. 560. S’incomincia in Atene a scolpire le statue
nel
marmo. 522. Callimaco architetto inventa il Ca
stesso che Misraim, figlio di Cam. Altri pone il suo regno in Egitto
nel
2965. E questi il Mercurio egiziano. 158. Il Bel
l 1207 l’arrivo d’Enea in Italia. 163. Altri pone la nascita d’Omero
nel
1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in
ia. 163. Altri pone la nascita d’Omero nel 1031. 164. Secondo altri
nel
944. 165. Altri in luogo di Taleto e di Biante p
onde al gruppo delle isole chiamate ancora oggidì Eolie, o di Lipari,
nel
mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia. Il nome st
ive mutazioni dei venti che predominano in quelle isole. Anche Omero,
nel
libro X dell’Odissea, dice che Eolo « …. de’vent
Venti ; e la ragione è questa, che gli Antichi stessi furono incerti
nel
determinare da qual punto preciso quei Venti da l
llegorico, ma pur anco le ore diverse di quei giorni. Quand’egli dice
nel
Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su
o a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi. E quando
nel
Canto xxxii del Purgatorio vuole affermare che i
patronimico Hippotades, invece del nome di Eolo, come per es. Ovidio
nel
lib. iv delle Metamorfosi : « Clauserat Hippotad
arlato altra volta delle isole natanti o galleggianti, e precisamente
nel
N° XVI, a proposito dell’isola di Delo, che Pinda
ori, si riporta il preambolo del Manifesto di associazione pubblicato
nel
giugno del corrente anno. La Mitologia Greca e
egl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia
nel
comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni
a di erudizione letteraria furono pubblicati per saggio xxii capitoli
nel
periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlat
i nel periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlato dal Tommasèo
nel
fascicolo del dicembre 1873 della Nuova Antologia
e ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente
nel
detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli m
ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto
nel
titolo della medesima. C. Pescatori.
dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro
nel
caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imit
elementi eran confusi e misti. Infatti dice espressamente Ovidio che
nel
Caos l’aria era priva di luce. Non asserisce però
l’affaticarvisi. La sola spiegazione probabile o plausibile consiste
nel
considerare i miti come simboli o allegorie dei f
a spiegazione della scienza dei Cristiani. Nè soltanto nell’Inferno e
nel
Purgatorio, ma pur anco nel Paradiso sino all’ult
dei Cristiani. Nè soltanto nell’Inferno e nel Purgatorio, ma pur anco
nel
Paradiso sino all’ultimo canto, si trovano frasi,
eco, in latino, in francese e in inglese. L’ adopra per altro non già
nel
senso panteistico degli antichi e di non pochi mo
prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti
nel
terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con
te che non si debbono dare tali spettacoli, che riescono sconvenevoli
nel
teatro, perchè, sottoposti all’occhio fedele, div
tori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece
nel
Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle tras
mo come una Divinità pelasgica. Ed ecco come dalla Mitologia si passa
nel
campo della critica storica ; nei quali confini d
n Occidente. 57. Dante rammenta questa favola del ratto di Europa
nel
Canto xxvii del Paradiso, dicendo : « Si ch’ io
dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo,
nel
quale l’autore (come è detto anche nella sua pref
tte e in quelli enciclopedici più moderni9. Bacone da Verulamio, che
nel
suo libro De Sapientia Veterum spiegò anche tropp
ccordo (e vi si unisce anch’egli) nella etimologia della parola Pan e
nel
simbolo indicato da questo Dio che, cioè, signifi
re, secondo le idee di Pitagora. Dante rammenta la favola di Siringa
nel
Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile d
unisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio
nel
lib. i delle Metamorfosi, che cioè Mercurio per a
ano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane,
nel
mese di febbraio. Son celebri nella storia romana
dir sempre il Dio Pane. 10. Son queste le precise parole di Bacone
nel
libro de Sapientia Veterum cap. xi : « Antiqui un
ato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare,
nel
qual tempo il popolo romano divenne conquistatore
e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e
nel
frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformat
rchè non sia vivo (sit divus, dum non sit vivus). Questa stessa frase
nel
poema dell’Ariosto adopra Ruggiero, quando per si
giorno che l’imperatore andava sempre peggiorando. Intanto si ergeva
nel
Campo Marzio un grandioso rogo di legni intagliat
quello un’aquila, e dicevasi che l’augel di Giove portava in Cielo e
nel
consesso degli Dei l’anima dell’Imperatore. Se po
del Caos. Erravano dunque meno del famoso astronomo Tolomeo (vivente
nel
secondo secolo, dell’êra volgare), il quale fanta
esistesse anche in Cielo il diritto di primogenitura 20, a subentrare
nel
regno sarebbe toccato regolarmente al primogenito
ostro globo, diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel
nel
1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai
ta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o asteroide scoperto da Olbers
nel
marzo del 1807 : ma poichè il segno simbolico che
……. Et Tellus Vestaque nomen idem est. » (Id. ibid.) Anche Cicerone
nel
2° De Nat. Deor. aveva dato prima d’ Ovidio la st
e dei parenti. Il culto di Vesta, fu abolito in tutto l’impero romano
nel
quarto secolo dell’èra cristiana dall’imperator T
dicono che la Vestale colpevole era calata in una stanza sotterranea
nel
campo scellerato, e postole appresso un pane, un
neo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che
nel
primo caso. Al secondo modo era simile la pena de
econdo modo era simile la pena detta della propaginazione, che davasi
nel
Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in u
e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine
nel
descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella qu
me dice Ovidio, pur anco le dure selci e i diamanti 23. Ma cadono poi
nel
feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti
nco le dure selci e i diamanti 23. Ma cadono poi nel feticismo, ossia
nel
culto materiale dei prodotti della natura (feti)
ella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi
nel
mondo sotto il nome di abdir o abadir. Il feticis
no invece di esser grato al figlio e di contentarsi del secondo rango
nel
Cielo, quello di ex-re padre del regnante, s’indi
e dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. Battista Vico, il quale
nel
libro ii dei Principii di Scienza Nuova asserisce
eòsi, secondo la greca etimologia, significa deificazione, e consiste
nel
considerare e adorare come Dei gli esseri della N
e loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei
nel
deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per
invalsa l’idea e la credenza che gli astri fossero regolati e diretti
nel
vero o nell’apparente lor corso da Esseri soprann
aperte le lettere commendatizie. Iobate non volle macchiarsi le mani
nel
sangue di un ospite, e impegnò Bellerofonte in im
o spinse verso il Cielo, presumendo che gli Dei dovessero accoglierlo
nel
loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per p
gue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello di Chimera,
nel
significato però di cosa insussistente, inverisim
lle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva
nel
doverlo esporre sulle prime file contro i nemici,
gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile
nel
libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aber
6 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo. Ma poi
nel
cadere della Repubblica e nei primi tempi dell’Im
e compierle col proprio braccio e co’propri mezzi. Vero è che in Roma
nel
culto pubblico e nel tempio che erale stato erett
io braccio e co’propri mezzi. Vero è che in Roma nel culto pubblico e
nel
tempio che erale stato eretto, questa Dea fu ador
na, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate
nel
loro linguaggio le immagini e le frasi dei poeti
antunque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che
nel
suo divino linguaggio poetico più sovente si vale
lusive alla Mitologia, che si trovano nella Divina Commedia. E quando
nel
dar la spiegazione di qualche mito o favola non v
Quanto poi alle idee mitologiche dei classici greci e latini riporto
nel
testo, per chi non conosce le lingue dotte, gli o
tranieri. Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio,
nel
suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interp
Di Pandora stessa raccontasi pur anco da alcuni mitologi, che Giove,
nel
regalarle il fatal vaso, le avesse ordinato di po
che ne verrà l’occasione, secondo l’ordine cronologico e gerarchico,
nel
parlare dei figli di Giove. Peggio poi che bestia
Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio
nel
precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulca
del re Oeneo, circa un secolo prima della guerra di Troia. Questo re
nel
fare un sacrifizio agli Dei in ringraziamento per
agro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato
nel
fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai,
cennare in quale occasione. Dopo aver narrato che i golosi son puniti
nel
Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal
dunque recar maraviglia, leggendo il titolo soprascritto, che vi sia
nel
Politeismo una divinità più potente di Giove, che
prema inevitabile. In italiano è comune ancora il termine di fatalità
nel
significato di decreto o effetto di inesorabil de
pensava ai mortali16. Dante ha fatto poeticamente dipinger la Fortuna
nel
Canto vii dell’ Inferno da Virgilio poeta pagano,
te o almeno probabile. Tal genere di faticosa erudizione, consistente
nel
decifrare gli enigmi degli antichi, va in oggi a
ggiabile dai loro più sublimi poeti, e in appresso accolti e adottati
nel
linguaggio poetico degl’italiani, nasce quindi il
correzione, e per un numero maggiore d’incisioni in legno intercalate
nel
testo. Giovi poi ripetere come la traduzione di q
produrre l’avvertimento premesso all’ edizione antecedente pubblicata
nel
1854. « Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta
o e di Teti, 194. Flegetonte, fiume dell’Inferno, 220. Flegia, punito
nel
Tartaro, 247. Flegone, cavallo del Sole, 110. Flo
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