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1 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
olla sua fidanzata per imbarcarsi nuovamente sulla nave Argo ancorata nel fiume Fasi 71. Non vi fu bisogno che alcuno degli
a Cadmo, e ne nacquero uomini. Dante allude a questo fatto mitologico nel Canto ii del Paradiso, dicendo : « Quei glorïosi
de che il padre stesso li inseguiva con un esercito, invece di fidare nel valore degli Argonauti, ove mai s’impegnasse la m
del vecchio Egeo padre di Teseo. Quel che ivi macchinasse sarà detto nel racconto particolare della vita di questo Eroe. G
cru- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più
Ma un giorno, come volle il suo fato funesto, dalla nave sconquassata nel lungo viaggio e corrosa dalle intemperie, cadde u
te tragediabile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche nel secolo di Augusto sembra che si recitassero frequ
vi è altro mezzo per poter vivere in pace e progredire senza ostacoli nel perfezionamento economico, morale e politico77
Civiltà e civile derivano da città e cittadino, e stanno ad indicare nel primitivo loro significato il modo di vivere dell
ittà o dello stesso Stato ; le quali guerre son tutt’altro che civili nel senso morale, essendo invece le più incivili e im
nto e non d’altri è propria la gloria di avere operato prodigii anche nel regno delle Ombre, ove discese essendo egli in pr
i poeti, e tra questi più splendidamente di tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso destinato alle sue nozze colla Ninf
unsero per altro una condizione (sic erat in fatis), che precedendola nel suo ritorno non si voltasse mai a guardarla, finc
Fu inutile correre per raggiungerla, o tentar nuovamente di penetrare nel regno delle Ombre : il Destino vi si opponeva per
, perchè le Tracie femmine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo nel giorno delle feste di Bacco quelle regioni, trova
a brani. Il capo di lui ruotolando giù per le balze del Rodope cadde nel sottoposto fiume Ebro ; ed anche così com’era spi
e così lo privarono delle sue rendite. Nè allora esistevano altre api nel mondo ; ed Aristeo non sapendo come riparare a ta
sta Dea cominciò a perseguitarlo prima che egli nascesse. Era scritto nel libro del Fato che regnerebbe in Tebe quello dei
ano i Greci in lor linguaggio, che significa lo stesso che Via lattea nel nostro ; e col greco nome la rammentò Dante descr
premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra gli Dei nel Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles, che in q
schiacciò prima il Cancro, e poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa tinse le sue freccie che divennero
uesto maligno e sciagurato servigio prestato a Giunone fu trasformato nel segno del Zodiaco di tal nome e fregiato di 85 st
iaco di tal nome e fregiato di 85 stelle. Anche l’Idra fu trasportata nel firmamento, e dagli Astronomi antichi chiamata l’
ti mostri furono descritti da noi colle parole di Virgilio e di Dante nel parlare della spedizione degli Argonauti, quando
rchè si prestò fede al racconto di Orellana compagno di Pizzarro, che nel 1540, quand’egli primo vi penetrò, avesse trovato
spontanea volontà anche altre imprese non meno importanti e celebri, nel percorrere le diverse regioni dell’antico contine
e braccia. Di questa favola dà la seguente spiegazione il Machiavelli nel cap. 12 del lib. ii dei suoi celebri Discorsi sul
due poeti in un fascio 90, e li calò lievemente da una grande altezza nel profondo dell’Inferno : « Ma lievemente al fondo
intorno biancheggiava di ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole nel piano fra quel monte e il Tevere, con le mandre t
po di Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante nel monte di tal nome, come dicemmo. Non apparisce pe
a quel re spergiuro osservati i patti, sarà più a proposito ragionare nel racconto dei re di Troia. Basti qui l’avere accen
solo che osò cimentarsi con lui in singolar tenzone, fidandosi forse nel privilegio che avea di trasformarsi in toro e in
altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna ; e Nesso sentendosi mo
r un piede e roteandolo come una fionda lo scagliò tre miglia lontano nel mare, ove fu cangiato in uno scoglio che si chiam
vello del Leon Nemeo e la sua clava. Lasciò soltanto le freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna all’amico Filottete che
e Ercole tenendo sospeso Lica per un piede, sta in atto di scagliarlo nel mare, e l’Ercole appoggiato alla clava, inciso da
l mare, e l’Ercole appoggiato alla clava, inciso da Benvenuto Cellini nel sigillo di Cosimo I granduca di Toscana. I poeti
demente inni a quest’Eroe94, e dissero che era stato posto in cielo e nel numero degli Dei « Non già perchè figliuol fosse
re. Divennero eccellenti ambedue negli esercizii ginnastici : Polluce nel pugilato, e Castore nel domare i cavalli ; perciò
ambedue negli esercizii ginnastici : Polluce nel pugilato, e Castore nel domare i cavalli ; perciò eran considerati protet
esercizii, ma non si narrano molti fatti particolari della loro vita nel mondo. Oltre la spedizione degli Argonauti a cui
tinto fratello, e ottenne dagli Dei di star per lui la metà dell’anno nel regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse pe
’anno nel regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse per sei mesi nel Cielo. Gli Astronomi antichi aggiunsero che quest
odiaco in cui, secondo l’antico linguaggio astronomico, entra il sole nel mese di maggio. In questa costellazione si vedono
gli alberi dei bastimenti dopo la tempesta. Le rammenta anche il Redi nel suo Ditirambo Bacco in Toscana : « Allegrezza, a
a costellazione dei Gemelli nella Divina Commedia, perchè egli nacque nel mese di maggio, e perciò, secondo il linguaggio a
uaggio astrologico di quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque nel mese di maggio sotto quella costellazione : « O
irtù che lo sguardo m’indulse, « Del bel nido di Leda mi divelse, « E nel ciel velocissimo m’impulse. » L Minosse re
m’impulse. » L Minosse re e legislatore dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europ
umana. Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli erano dati a divorare i condan
avaganze della regina Pasifae, fu chiuso insieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirn
hi costruì il gran palazzo di gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò nel mondo della Luna. Dante nel Canto xxix dell’Infer
i gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò nel mondo della Luna. Dante nel Canto xxix dell’Inferno usò il nome di Dedalo per
e il racconto esser considerato come perfettamente storico ; ma entra nel dominio della Mitologia, quando si aggiunge che M
dipendono dalle gesta di Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso nel parlare di quest’Eroe. LI Teseo Gli Ateni
nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in casa di lui ; ma dovendo
ebbe riconosciuto per suo. Questo figlio fu chiamato Teseo ; il quale nel crescere diede segni manifesti di gran forza e co
nte di vita avvelenandolo in un pranzo. Teseo fu invitato a corte ; e nel porsi a mensa avvenne che Egeo vide la spada del
orire. Volle esser messo anch’egli (per quanto Egeo vi si opponesse), nel numero dei giovani destinati per cibo al Minotaur
o figlio Androgeo ; compiuti i quali, chiudevansi le Ateniesi vittime nel labirinto. Teseo chiese ed ottenne di prender par
regina di Atene. Due erano i pericoli di morte per chi fosse entrato nel labirinto : quello d’incontrare il Minotauro ed e
 : « ……………….. Forse « Tu credi che qui sia ‘l Duca d’Atene, « Che su nel mondo la morte ti porse ? « Partiti, bestia, chè
o Mare Egeo quello che ora chiamasi l’Arcipelago. La letizia di Teseo nel giunger salvo ad Atene si cangiò subito in lutto
il perchè Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo nel capo di coloro co’quali s’incontrava, mandavali a
ro di loro quella violenza che essi usavano contro degli altri ; onde nel modo stesso col quale ingiustamente operavano, fo
o tiranno. Ecco come Dante riferisce questo fatto in una similitudine nel Canto xxvii dell’Inferno : « Come ‘l bue Cicilia
la riporta nella Divina Commedia, e trova il modo di farla rammentare nel Purgatorio in questi versi : « Sì tra le frasche
posto nell’Inferno « ….. i Centauri armati di saette « Come solean nel mondo andare a caccia, » a saettar colaggiù i vi
appagar Teseo si fu di far comparire all’improvviso un mostro marino nel tempo che Ippolito in cocchio passava lungo la sp
che ritornasse. » Ogni anno poi facevangli un grandissimo sacrificio nel giorno stesso in cui egli era ritornato da Creta
do le relazioni del pastor Forba e quelle del servo che aveva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli era fig
antasia e lo scenico effetto che ne sperava : tutti però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e di
’esempio riportato di sopra, l’Alighieri immaginò di avere incontrato nel Purgatorio il poeta Stazio autore della Tebaide,
le e Polinice la doppia tristizia di Giocasta, e narrare che trovansi nel Limbo « Antigone, Deifile ed Argia « Ed Ismene
i che aiutarono Polinice nella guerra di Tebe parleremo separatamente nel prossimo numero, perchè le loro vicende, e domest
e loro vicende, e domestiche e guerresche, non furono d’alcun momento nel determinar le catastrofi della real famiglia Teba
due privi del regno e della patria ; Polinice, per le cause già dette nel precedente numero, e Tideo per avere ucciso un il
issima chiamata Evadne che non volle sopravvivere ad esso, e si gettò nel rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori.
i si aperse sotto i piedi la terra che lo inghiottì, e vivo precipitò nel regno delle Ombre117. Gli antichi dissero che non
la propria madre spense, « Per non perder pietà si fe’ spietato. » E nel Canto xii del Purgatorio rammentò « Come Alcmeon
irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni di lui, lo fece gittar nel mare. Per altro nell’ amministrazione del regno f
ttante spettacolo fosse dato più volte sui teatri romani ; e Cicerone nel De Officiis riferisce che in una tragedia latina
i gli Atridi. Degli Atridi si dovrà d’ora in poi parlar molto a lungo nel rimanente della Mitologia, e spesso troveremo imp
Antenati di Achille Dopo esserci contristati gli occhi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli orrori degli Antenat
tenati di Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza di confortarci nel riandar la vita e le gesta degli Antenati di Achi
ccettarono, e Dante stesso se ne vale per una bellissima similitudine nel Canto xxix dell’ Inferno : « Non credo che a ved
i, Telamone e Peleo. Telamone fu esiliato dal padre per avere ucciso, nel far gli esercizi ginnastici, un piccolo fratello
e. In qual modo poi Venere mantenesse a Paride la promessa sarà detto nel parlar dell’origine della guerra di Troia. Ora è
erlo invulnerabile tuffandolo nelle acque del fiume Stige ; ma poichè nel tuffarlo lo teneva sospeso per un piede, rimase v
i non lo scuoprirono. Dante rammenta questo fatto in una similitudine nel Canto ix del Purgatorio : « Non altrimenti Achil
ine di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente per le stampe nel suo libro intitolato Antichità Troiane di essere
Troia ed Ilio, o Ilion, secondo la terminazione greca e latina ; come nel Canto i dell’Inferno, facendo dire a Virgilio :
e il preciso concetto espresso da Dante : il che noi faremo ben tosto nel dar la spiegazione degli altri nomi della stessa
nto « Pose qui poscia alle Dardanie mura. « Perocchè non ancora allor nel piano « Sorgean le sacre iliache torri, e il molt
e rammenta Dardano come autore della regia stirpe troiana124. E Dante nel narrare quali degli spiriti magni egli vide nel L
e troiana124. E Dante nel narrare quali degli spiriti magni egli vide nel Limbo, comincia dalla troiana prosapia dicendo :
aci, ossia discendenti di Assaraco. Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N° XV che fu rapito dall’aquila di Giove e traspo
ne ricorda il ratto : « In sogno mi parea veder sospesa « Un’aquila nel ciel con penne d’oro, « Con l’ale aperte ed a cal
i suoi da Ganimede « Quando fu ratto al sommo concistoro. » Inoltre nel Canto xxiv dell’Inferno nomina la costellazione o
cia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno dei quali dovrà parlarsi nel raccontare le estreme sventure della loro patria 
In qual modo poi egli desse causa alla guerra di Troia si dirà subito nel prossimo capitolo. LVII Origine della guerra
Venere ebbe riportato pel giudizio di Paride il più splendido trionfo nel vanto della bellezza sopra tutte le Dee, convenne
secondo che scrivono i più, e tra questi anche Dante, che rammentando nel Canto v del Paradiso questo barbaro sacrifizio, s
iderando di veder l’ombra del marito e poi morire, fu trovata estinta nel suo letto e fu detto che era morta dopo averlo ve
heggiavano le altre città e ne menavano schiavi gli abitanti ; e solo nel decimo anno tutti i loro sforzi si diressero cont
tradimento ; e questo giudizio fu dichiarato iniquo da Platone stesso nel discorso che ei riferisce come fatto da Socrate a
nemico, sotterrati a bella posta nella tenda di esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide parla di Palamede, e ne fa d
congiunto, « Il pover padre mio ne’miei prim’anni « Pria per valletto nel mestier dell’armi, « Poi per compagno a questa gu
iamato dai poeti il Pelìde e l’Eàcide. 2ª Fatalità. — Dovevano aversi nel campo greco le freccie d’Ercole, che quest’Eroe m
in Aulide ; ma in pena di aver mancato alla promessa fatta ad Ercole, nel maneggiar quelle freccie che erano tinte nel sang
romessa fatta ad Ercole, nel maneggiar quelle freccie che erano tinte nel sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in u
que condizione. Guarito colla limatura del ferro di quell’asta rimase nel campo greco in adempimento dei patti, e divenne a
ui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che era nel tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia. Uli
vvista i custodi della fortezza e rapirono il Palladio e lo portarono nel campo greco. Questo fatto straordinario è ramment
nario è rammentato da Virgilio ne lib. ii dell’Eneide 131, e da Dante nel C. xxvi dell’Inferno. Dante pose nel Limbo « ……
. ii dell’Eneide 131, e da Dante nel C. xxvi dell’Inferno. Dante pose nel Limbo « ………. il grande Achille « Che con amore
he vi si contengono, per l’obbligo che mi corre di non lasciar lacune nel mio umile racconto. La causa che inimicò Achille
esso con modi aspri e minacciosi. Poco dopo infierendo una pestilenza nel campo greco, fu creduta una vendetta di Apollo pe
poichè aderì alla proposta fattagli di sposarla, e per trattarne andò nel tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì
trattarne andò nel tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli er
la vita colla propria spada. Per la morte di Achille veniva a mancare nel campo greco la presenza di un Eacide, e perciò la
la disgrazia di Filottete, ma calcolo di politica per aver nuovamente nel campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di
inetto Pirro che tanto somigliava il leale e generoso Achille. Giunto nel campo greco fu guarito da Macaone e Podalirio fig
fu trasportato invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rende
le sue compagne e che fu uccisa da Achille. Virgilio così la descrive nel lib. i dell’Eneide : « Scorge d’altronde di luna
ntoppo. » (Traduzione del Caro). E Dante asserisce di averla veduta nel Limbo colle Eroine : « Vidi Camilla e la Pentesi
no per prender la città di Troia è non solo di nuovo genere, ma unica nel suo genere. Omero dice che fu uno stratagemma, Vi
chi legge sia noto o no quel che essi dicono, o sono per dire. Omero nel libro viii dell’Odissea, parlando del cavallo di
er cui Troia andò in faville. » (Traduz. di Pindemonte.) E Virgilio nel libro ii dell’ Eneide facendo narrare da Enea la
Troiani chi proponesse d’incendiar quel cavallo di legno, o gettarlo nel mare, o farlo a pezzi, sospettandovi dentro un in
tro da Tenedo i soldati della greca flotta, invadono la città sepolta nel sonno e nel vino, come dice Virgilio134, la incen
o i soldati della greca flotta, invadono la città sepolta nel sonno e nel vino, come dice Virgilio134, la incendiano e dist
cavallo di legno, e inoltre gli scagliò un dardo che rimase confitto nel fianco e fece risuonare le interne cavità. Poco d
calpello in un gruppo (esistente tuttora nella galleria del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in at
tutto il mondo sallo. » Quanto ai principali guerrieri che entrarono nel cavallo sarà bene di conoscerne i nomi riferiti d
a alcuna in Omero, egli è poi sì altamente encomiato come il pio Enea nel poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha d
. La madre al primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro di Ettore fuori della città ; e poi dive
di Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio di lei avesse egli insultato la profetessa
cia. E qui finisce il racconto delle vicende che provò l’armata greca nel suo ritorno ; e resta solo a sapersi se questi re
a sapersi se questi reduci divenuti così famosi furon pur anco felici nel rimanente dei loro giorni. Alla narrazione storic
vivo, ma poco dopo, presa e distrutta Troia, si disponeva a ritornar nel suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra fig
il re dei re scampato da mille pericoli, il giorno stesso che giunse nel suo regno e nella sua reggia, in mezzo alle finte
ttrarlo l’affetto della sorella e dell’amico, potè uccidere Egisto, e nel furore della vendetta, incontrata la madre che ve
o di Diana vit time umane, scelte tra i forestieri che vi approdavano nel suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invec
lo uccise. I suoi figli e discendenti si mantennero per molti secoli nel regno di Epiro, e formarono la dinastia detta dei
ritornato in Pilo sua patria e suo regno (sulle coste della Messenia nel Peloponneso) visse ancora alcuni anni in seno all
guerriero dopo Achille, arrivò salvo in Argo, ma non volle ritornare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui
i, in canti e in balli nella reggia di lui. Penelope, sperando sempre nel ritorno del marito, differiva di giorno in giorno
ome speciale che prende dallo stretto di Gibilterra alle foci del Don nel Mar d’ Azof. Ma non è da farne le maraviglie, qua
a terra dei Lotòfagi sulla costa settentrionale dell’Affrica ; quindi nel paese dei Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ; di
, ossia in una delle isole Eolie fra la Sicilia e l’Italia, e inoltre nel territorio dei Lestrìgoni, che non si trova ben d
cyllamque et cum Cyclope Charybdim, » cioè quel che avvenne ad Ulisse nel paese dei Lestrìgoni di cui era re Antifate, poi
a fulminar si diero, « Che d’uomini spiranti e infranti legni « Sorse nel porto un suon tetro e confuso. « Ed alcuni infilz
uainato il brando, « E la fune recisa, a’miei compagni « Dar di forza nel mar co’remi ingiunsi, « Se il fuggir morte premea
diss., x. Trad. di Pindemonte.) Di Scilla e di Cariddi ho già parlato nel Cap. XXVIII, trattando dei Mostri marini mitologi
iungo soltanto l’omerica narrazione dei pericoli nei quali incorsero, nel passarvi framezzo, e Ulisse e i suoi compagni :
è passare fra Scilla e Cariddi con la perdita soltanto di 6 compagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla t
ompagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla tempesta nel vortice di Cariddi. In qual modo strano e mirabil
tra favola che Cariddi fosse un mostro marino, come abbiamo accennato nel Cap. XXVIII, o che egli non l’adottò, e preferì s
sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con gli occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender le branche, e due p
ndo io riferirne qualcuno, ho preferito quelli citati da Orazio. Anzi nel parlar dei Mostri marini (V. il N° XXIII) ho dett
edeli, vendicarsi dei Proci uccidendoli tutti, e poi viver tranquillo nel suo regno con la fida Penelope, il saggio figlio
mente una pena molto diversa, secondo le diverse colpe : pone Achille nel cerchio della bufera con Francesca da Rimini, e U
le « Che con amore alfine combatteo. » Ma di Ulisse ragiona a lungo nel Canto xxvi dell’Inferno, e fa raccontare a lui st
ute, e da quella nuova terra nacque un tal turbine, che fece affondar nel mare la sua nave con esso lui e tutti i suoi comp
e conferma di quanto ho accennato di sopra : « E volta nostra poppa nel mattino, « De’remi facemmo ala al folle volo 142
istò dopo l’eccidio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno nel Lazio, dal quale derivò Roma che fu poi dominatri
poi dominatrice del Mondo. Quindi Virgilio lo scelse per protagonista nel suo poema epico intitolato perciò appunto l’Eneid
iaggie della Troade in cerca di nuove terre per fondarvi un regno ; e nel suo corso marittimo toccò, per quanto affermano i
ccidio di Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e di là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di maravigl
Virgilio stesso, o almeno dal suo classico traduttore : « ………….. Era nel lito « Un picciol monticello, a cui sorgea « Di m
velsi ; « Ed altro sangue usciane : onde confuso « Vie più rimasi ; e nel mio cor diversi « Pensier volgendo, or dell’agre
aginando cioè che in ciascun albero di quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo l’anima di un dannato suicida. Ques
ltura che ivi diede Enea alla salma di suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo p
commise « Il pietoso figliuol l’ossa d’Anchise 150. Prima di andar nel Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in alto sorge
ua caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si offrì di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima
urgatorio e il Paradiso. Prima di narrare come finalmente Enea giunse nel Lazio ed in quel territorio ove dopo tre in quatt
te ripete che alla città di Gaeta fu dato questo nome da Enea, poichè nel Canto xxvi dell’Inferno, facendo dire ad Ulisse :
ilio, ad asserire che Enea strinse alleanza con Latino re di Laurento nel paese dei Latini, e ne sposò la figlia Lavinia ;
gico ; e lo stesso Tito Livio (come abbiamo osservato anche altrove), nel narrare certi fatti poco o nulla credibili, non l
acoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Oracoli ragionammo a lungo nel Cap. XXXII come complemento alla spiegazione dell
doli, ritornò maschio. Questa favola fu riferita anche dall’Alighieri nel Canto xx dell’Inferno, ove Virgilio così gli dice
uno osava dubitare della veracità dei suoi presagi. Avendo egli detto nel tempo della guerra dei Sette Prodi che Tebe non s
vesse conservato lo spirito profetico ; e Ulissè, secondo Omero, andò nel regno delle Ombre, come dicemmo parlando di quest
ra un insigne architetto che in Lebadia, nella Beozia, scavò un antro nel quale si chiuse, e ove rendeva oracoli a chi anda
le immagini delle Sibille si trovano anche nelle Chiese, come per es. nel Duomo di Siena si vedono sul pavimento in niello
rdar loro virtù profetica. Non si deve dunque cercarne la spiegazione nel soprannaturale, che può essere oggetto di fede ne
esta di Alessandro Magno. 2ª La Sibilla Libica rammentata da Euripide nel prologo della Lamia. 3ª La Sibilla Dèlfica, di cu
e. 8ª La Sibilla Ellespontìaca, detta ancora Marpessia, perchè nacque nel territorio della Troade vicino all’Ellesponto ed
perciò fosse chiamata Ovidiopol (città d’Ovidio) 73. Quindi derivò nel Medio Evo la prima idea della trasfusione del san
in pratica più volte per alcuni principi e potenti della Terra. Anche nel 1600 fu tentata dai medici francesi la trasfusion
rla per l’incertezza dell’effetto e la responsabilità dei mezzi. Anzi nel 1668 fu proibita e condannata anche per legge. No
proibita ; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu eseguita nel mese di novembre 1872 con prospero successo l’ope
Tema per l’anno 1875 : La trasfusione del sangue nell’uomo, studiata nel concetto di innesto ematico ; e promise un premio
vazione del romano oratore e filosofo, di cui ho fatto cenno di sopra nel testo : « Ergo ut hic (pastor) primo aspectu inan
sic, incredulus odi. » (De Arte poet., v. 185.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lod
.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lodare questa tragedia ne riporta un sol verso, c
cientifico dimostrata dal celebre nostro marchigiano Alberigo Gentile nel suo trattato De Jure Belli e nell’altro De Legati
in muri membra coisse ferunt. » (Propert., iii, 2ª.) 81. Ovidio nel lib. vi delle Metamorfosi fa dire a Niobe, tra le
e Cicerone, non che i poeti : tra i quali Ovidio lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti, e chiude la sua narrazione con
so figlio, « Quand’ ei levossi alla tremenda guerra ; « E fatal prova nel primiér periglio « Dando l’immenso ardire, « Con
I poeti li considerano entrambi, e maestro e discepolo, valentissimi nel suono e nel canto ; ma di Lino non hanno saputo i
considerano entrambi, e maestro e discepolo, valentissimi nel suono e nel canto ; ma di Lino non hanno saputo inventare ane
altro che il pianeta di Venere. Infatti, troviamo che anche Cicerone nel lib. ii De Nat. Deor. lasciò scritto : « Infima e
osi di Ovidio,lib. ix, dal principio. 94. Vedasi l’inno che Virgilio nel lib. viii dell’Eneide afferma cantato nelle feste
to osservato in Monte Cassino ora per la prima volta dal 1828 in poi, nel quale anno vi furono messi i parafulmini. Ne ha d
o intorno ad essa credendola viva. E Dante allude a questa invenzione nel Canto xxvi del Purgatorio, ove dice : « …..Nella
iù oltre aggiunge : « Che s’imbestiò nelle imbestiate schegge ; » e nel Canto xii dell’ Inferno parla del Minotauro, « C
tresì il nome francese Perdrix deriva dalla stessa sorgente. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita fac
. « …………. al petto « Ove le due nature son consorti. » dice Dante nel Canto xii dell’Inferno, parlando della figura dei
 Debellata. » 113. Ovidio ha descritto molto a lungo questa pugna nel lib. xii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al
o presente e vi avea preso parte. 114. Virgilio peraltro asserisce nel lib. vi dell’Eneide che Teseo non fu liberato, e
tessa distinzione anche ai voti imprudenti, e fa così dire a Beatrice nel Canto v del Paradiso : « Non prendano i mortali
seo. La predizione è posta sulle labbra del suo trisavolo Cacciaguida nel Canto xvii del Paradiso : « Qual si partì Ippoli
ttà di Pisa in Toscana credesi fondata (per quanto asserisce Strabone nel lib. ii) da quei guerrieri della greca città di P
sce Strabone nel lib. ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di
 ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti
: « Quidquid delirant reges, plectuntur Achivi. » 129. Cicerone, nel libro i delle Tusculane, riporta tradotta da lui
ai « Infondi nella creta « La vita che non hai ? » 137. Cicerone nel De Amicitia e nel libro ii De Finibus, narra quan
creta « La vita che non hai ? » 137. Cicerone nel De Amicitia e nel libro ii De Finibus, narra quanto fosse ammirata
use a questo fatto, concissimamente com’è solito, facendo pronunziare nel Canto xiii del Purgatorio queste parole : Io sono
ni. 140. Quest’isola di Ogige dicevasi e credevasi che fosse situata nel mar Tirreno presso le coste dell’Italia meridiona
Indigete Dio, e perciò non gli furono resi onori divini. 142. Anche nel Canto xxvii del Paradiso conferma l’opinione che
ilio proferì « Crucciato quasi all’umana natura ; » come dice Dante nel Canto xxii del Purgatorio, ove ne dà la seguente
evole ad Enea si uccise per disperazione. Dante rammenta questo fatto nel Canto xvii del Purgatorio colle seguenti parole :
ua pria ch’all’altrui ruina. » Dante asserisce ancora di aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Che con Lavina sua
la Tribuna della Galleria degli Uffiizi in Firenze e quella del Razzi nel palazzo della Farnesina in Roma. 165. « Me ne
2 (1880) Lezioni di mitologia
uel dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me per intima amicizia, e nel quale già parvemi riabbracciare le sante anime di
di stampare le Lezioni da me recitate nell’Accademia di Belle Arti nel primo anno del mio Corso. Li prego nulladimeno di
vi il prospetto delle Lezioni che formeranno il Corso della Mitologia nel presente anno. La strada che dobbiamo percorrere
e avventure dell’accorto figlio di Laerte narrate ci saranno da Omero nel suo poema. Egli è grande ancora in questo, poiché
gno paragone si espresse) se nell’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riempie di sua luce l’universo,
tù, la Costanza, la Ragione, e mille altre divinità della Morale, che nel segreto del loro cuore più che i falsi numi adora
noi le nominavano, ma più n’erano fedeli ai venerati precetti. Vorrei nel prospetto di queste Lezioni aver potuto imitare l
hiusi uomini ed animali mostruosi, simili a quelli che erano ritratti nel tempio di Belo da Erodoto descritto. Omorca, che
uno che fosse formata la macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante di un uomo di color celeste, che avea n
dovi la descri zione della battaglia dei Giganti contro gli Dei che è nel poema del mentovato scrittore. Ho cer cato, tradu
ritia. Da Nereo e da Dori, figliuola dell’Oceano, nacquero le Nereidi nel numero di cinquanta. Taumante sposò Elettra figli
ed onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Feb
e colpe, die la cura ad Atlante di sostenere coi forti omeri il Cielo nel paese dell’Esperidi, e sul Caucaso incatenò Prome
ui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine dal fulminato gigante e
Temi, che generò le Stagioni, Eunomia, Dice, Irene; e le tre Parche, nel che sembra Esiodo contradirsi, poiché innanzi le
Lezione terza. Dei Templi e dei sacrifizj. In mezzo ai campi, nel maestoso silenzio delle selve gli antichi sentiva
rcoscrivere Iddio. Banier reputa che il tabernacolo di Mosè costruito nel deserto fosse il primo: ma questa opinione dà tro
ingevano l’acqua necessaria per le lustrazioni di coloro ch’entravano nel tempio. Succedeva a questo la navata, quindi il p
i rileva. È da notarsi, specialmente per gli artisti, che gli antichi nel genere ancora degli edifìzj significavano la natu
llo e Diana; il corintio per Vesta: e qualche volta gli univano, come nel tempio di Minerva presso i Tegeati, dove queste d
o causa i moltiplici attributi del nume, o la pluralità degli Dei che nel tempio erano adorati. E con ogni altra iorma dell
ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la loro sede nel più elevato sito, sembravano signoreggiarle. In m
della mola, coi peli strappati alla fronte dell’ animale consacrato, nel foco che sopra l’ara splendeva, il che diceasi pr
tenea l’altare colla destra, e finalmente la vittima percossa cadeva nel proprio sangue, il di cui spruzzo sovente sulla b
viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei e gli eventi occultati nel futuro, l’ incenso accresceva la fiamma dell’alta
nere vittime non percoteva la scure, ma scannava il coltello. Omero, nel lido del mare risonante, mostra nell’Odissea neri
l’agnello; l’unito sangue solevano in queste propiziazioni scagliare nel mare, e gli animali promessi sempre fra l’onde im
a nera pecora gravida sgozzavano a Brimo, dea severa e terribile, che nel più profondo della notte, quando « Del sonno il
de al desio, E delle porte il vigile custode; E tregua al duolo ancor nel mesto sonno Trova di estinti figli afflitta madre
dizione, se ne tagliava la testa, e carica d’ imprecazioni si gettava nel Nilo. Ma dalla tenda imperiai già pronti Escono
el cignal trapassò: l’araldo il teschio Spiccò, roteilo, e lo scagliò nel mare Carco di tutti sopra sé raccolti I tristi au
le ossa cercate fra le faville; il che appare chiaramente in Virgilio nel funerale di Miseno, quantunque Teofrasto ne dica
uomini la semplicità dei loro costumi, che più ancora si manifestava nel modo d’o norare gl’immortali: quindi è che nel pr
ancora si manifestava nel modo d’o norare gl’immortali: quindi è che nel principio gli altari non furono che ammassi di er
le, di cenere e pietre composte. Altari di consimil materia sorgevano nel tempio stesso d’Olimpia a Giunone e alla Terra. M
a erano gli altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e di parentela congi
ndo l’ultima viltà e la tremante adulazione pose gl’imperatori romani nel numero degli Dei, ebbero ancor essi altari, e più
opera di quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa, era in Roma nel Foro Boario presso la porta Carmentale.   Solenne
vano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel feb
i Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’ap
el gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggi
nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel lugl
a nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agost
e nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano nel set
io nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel no
ell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio nei Fasti
nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio nei Fasti alla curiosità desider
igli Dava ai Troi, stringendo al sen canuto Il tenero nipote, e a lui nel volto Dolce memoria dell’età primiera Rivedea lag
ferir lento, appena Sentì la voce del furor paterno Nascose il brando nel virgineo petto, E vasta fuga aperse all’alma. Il
V. Lezione quinta. Dei sacrifizj umani. I mortali non contenti nel princìpio di offrire alla divinità, erbe ed incen
uola di Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguirono gettandosi nel fuoco8; vittima volontaria per la salvezza di Teb
Diana, e lo mostreremo quando della di lei statua in Tauride si avrà nel corso della presente Lezione opportunità di parla
e tu vuoi ferisci. — Ei dubitando, con mano tremante Vibrava il ferro nel sicuro collo. Già sulla veste le rosseggia il san
ura che lo rappresentava avendo tutte le immagini di mestizia esauste nel volto dei circostanti, le sembianze del misero pa
, compassionando la giovine principessa, l’avea portata nella Tauride nel momento dell’ espiazione, e mise in luogo di essa
ell’ espiazione, e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero delle sue Metamorfosi. Antonino Liberale r
ai fati, Io vi ubbidisco; il mio morir vi renda Vincitori e sicuri, e nel ritorno Per me baciate la felice terra Ch’ io più
cinge. Ma la vergine esclama: arresta, il sangue Di quel possente che nel sen mi scorre. Verserò senza della man profana Il
e dei riti ad essi risguardanti. Le umane invenzioni rozze furono nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado
iva, come si osserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora nel segno col quale nello Zodiaco sono i Gemini addit
romano fu il primo ad indorare la prima statua in Italia, eh’ eresse nel tempio della Pietà al padre di lui Glabrione. Nè
to da Alessandro, retto quindi dai Tolomei, imitarono i greci costumi nel rappresentare la divinità; il che fu loro di dopp
di questo ingegno sovrano, se il Tasso avendone derivate le bellezze nel suo poema, non rendesse inutile e presuntuosa que
non placa il timore. Ha propria notte La selva, e quando il sole alto nel cielo Regna, vi sta buio d’ inferno. Han certa Pu
me. Non preci, nè pianti Perde il giovin sicuj’o: ampia ferita Gli fa nel petto Atreo: si cela il ferro Tutto nel seno, che
sicuj’o: ampia ferita Gli fa nel petto Atreo: si cela il ferro Tutto nel seno, che alla man si giunge. Lo tragge, e sopra
eno fu nutrita. Una medaglia battuta in onore di Antonino Pio esprime nel rovescio Giove b'ambino portato da questo animale
ori; raccolse gran schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo impeto di battaglia debellò i Titani, e rip
mpero. Perciò nei monumenti è sempre posta al destro lato di Giove, e nel Museo Guarnacci si vede un simulacro, ove Giove s
trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove gli die per custodi Cotto e Briareo
fronte del nume. Così effisriato era Giove Patroo veduto da Pausania nel tempio di Minerva in Corinto. Era fama presso que
me quelle di crescente luna, Venne sul prato, nè terror la vista Pose nel core alle donzelle. Ognuna D’appressarsi s’invogl
dall’ampie treccie Europa disse: Qua, care compagne, Qual sia piacere nel seder su questo Toro: noi tutte accoglier puote i
se Giunone delusa. Il pudore vietavagli di manifestare i voti nascosi nel cuore, onde si cangiò in cuculo, e volò nei campi
’essere un dio autore della colpa, repudiò la consorte, e le successe nel talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione co
ia fortuna, o di Giove il volere, fé’ che vicina a partorire fuggisse nel Citerone, ove diede alla luce Anfione e Zeto, che
e vicende d’Io, che Ovidio, volgarizzato dall’ Anguillara, vi narrerà nel fine della presente Lezione, Giova intanto compir
ta incertezza regni nella Mitologia, Tre (al dir di Cotta in Cicerone nel suo libro Della Natura degli Dei) erano i Giovi,
a sinistra uno scettro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animal
a testa del simulacro, vi erano le Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero di tre. Nella base di questa macchina Fidi
nerva, Apollo e Diana,, che con Anfitrite e Nettuno era scolpita pure nel l’estremità, e parea sopra un cavallo correre vel
o dalla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che dagli antichi, nel loro entusiasmo, questo edifizio fu chiamato Ciel
i con caldo affetto: O ben degna di me, chi fìa, che teco Vorrai bear nel tuo felice letto? Deh: vieni, o ninfa, fra quest’
ta a lui. Per troncar Giove ogni sospetto e guerra, Che la gelosa già nel suo cor sente. Perchè non ne cerchi altro, che la
o travagliata l’ave: Nè però tolto quel timor le viene, Che l’imprime nel cor cura si grave; Anzi tal gelosia nel cor ritie
timor le viene, Che l’imprime nel cor cura si grave; Anzi tal gelosia nel cor ritiene. Che nuovi inganni e nuovi furti pavé
mpre la vede. Lascia che pasca il dì l’erbose sponde, Che sparte son nel suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amar
sua sorte. Pur fa che il padre (tanto e tanto accenna) Seguendo lei nel nudo lito scende, Dove l’unghia sua fessa usa per
legge Che la fìo’lia da lui cercata tanto E quella, che credeva esser nel gregge Nascosta sotto a quel hovino manto, Appena
e di Corifeo? E noto che non solo il tetto, ma le pareti erano dorate nel magnifico tempio che sorgeva sul monte, cui die n
uguri; ed Augusto, dopo la guerra Cantabrica, gii eresse un simulacro nel Campidoglio, di cui Plinio forse favella, commend
aglie, specialmente in quelle di Antonino Pio e di Gordiano, scorgesi nel rovescio un’immagine nuda in piedi, appoggiata co
ne nella sinistra, e vi si legge inscritto: A Giove Statore. Vitruvio nel terzo libro, degli edifizi peritteri ragionando,
gionando, ne avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello. Onorato era presso i Romani G
i Romani Giove Lapideo. Così chiamavasi per la pietra che adoperavano nel giuramento, di cui ci ha conservato memoria Polib
e sue promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giove Pistore fu l’ara nel Campidoglio, perche ai Romani assediati dai Galli
e si esprime Visconti, lasciata l’arte e la religion degli antichi, è nel Museo Pio dementino, dove questa divinità è siffa
erriera tromba Crollava i sassi del tuo Giove, e quando L’aste sabine nel Romano foro, Ove or dai leggi al trionfato mondo.
rge Volontaria la bocca al fren beato: Del signor vostro all’amor mio nel campo Darà fìae e riposo. Adesso io scuso Scilla
go occupa il tergo Rugiadoso: è la via lubrica, infida, E tacit’acque nel confìn fallace Nasconde. Aiuto di potenti carmi I
a i danni con ingiuria alterna, E me rapisci: alle cognate squadre Io nel mezzo starò con questo petto; Partirò le ire, ed
l’armi: ma la quarta volta Odo lo squillo del vicino giorno Nunzio, e nel mare cadono gli stanchi Astri: provar ti voglio,
Prosimna ed Acrea, figliuole del fiume Asterione, come lasciò scritto nel suo Viaggio corintiaco Pausania, che nell arcadic
lore. Ercole adulto ferì lo stesso seno da cui fu nutrito, come Omero nel quinto libro dell’Iliade lasciò scritto. Venerata
, nei quali le donne si disputavano la palma per la celerità maggiore nel corso. Le più provette fra queste potevano ancora
potrebbe dire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava nel tempio di Platea in piedi appunto, e molto maggio
provenienza della statua da tempi remoti. Ci é soltanto noto, che fu nel passato secolo, cioè nel 600, disotterrata sotto
da tempi remoti. Ci é soltanto noto, che fu nel passato secolo, cioè nel 600, disotterrata sotto il Monastero di San Loren
er la similitudine colla fionda da lanciare, perchè anch’esso è largo nel mezzo, o nella parte che resta sopra la fronte, p
al guardo S’appresenta di Giove. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltad
geva in Ardea, perchè accenna l’epoca in cui la pittura fu conosciuta nel Lazio mercè di Marco Ludio oriundo d’ Etolia. Di
cettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una
ltri sarebbe inutile e noioso. Aggiungerò la descrizione che Visconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone
io il velo dì questa dea che Albrico e Fulgenzio, vissuti in un tempo nel quale i filosofi pagani si sforzavano di scusare
a sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, perchè nel nostro simulacro esisteva anticamente questo attr
i dell’impero romano. Adornava forse in Lorio un sùburbano imperiale, nel quale fu educato e morì- Antonino Pio. » Giunon
e la morse, onde essendosi sparso il latte, se ne formò la via lattea nel cielo. « Quantunque però si faccia negli antichi
re Marte tra i figli di Giunone per supporlo il bambino rappresentato nel nostro marmo; non solo perchè dovea esserle il pi
prova. Sappiamo da Ovidio che offesa Giunone per non aver avuta parte nel natale di Pallade, voleva anch’essa avere una pro
rte bambino, ò questo un indizio per riconoscere lo stesso sosfo-etto nel nostro marmo: la tenerezza e la compiacenza carat
e grave. Ma il fallo emenda, e a me di sposa il nome Concesse, e mai nel fortunato letto Non sta querela. Primavera eterna
ori. Ornamento alle Furie. — Io dir pensava: Già la voce correva: era nel volto Scolpito il dubbio. Lo mirò la diva, E diss
lsi Lo stabil fiore con la lieta destra: A se Giuno l’appressa, e già nel seno A lei palpita il dio re della guerra. Ovid
’impresa n’ ebbe in premio (come lasciò scritto Igino) di risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E opinione di alc
ra l’altre figlie Aetasa, Aioche e Medicasta. Da Ercole, come udirete nel viaggio degli Argonauti, ebbe la vergine salute,
ad Atene, e al dono dell’oliva oppose il destriero, ch’egli il primo nel luogo, ove fu poi eretta l’Academia, domò, come S
tribuiti gli furono dagli antichi. Luciano nei Sacrifizii, e Cicerone nel suo libro Intorno alla natura degli Dei, avverton
, presso gii Atlantidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura, nel quale il dio col sublime capo toccando il soffitt
un tempio. Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e nel tempio di lui, narra Tucidide, dai barbari Sparta
nte denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea gli era costruita nel circo massimo, e si onorava col corso dei cavalli
esso è tutto vestito. Era stato preso per Giove, e per tale ristorato nel palazzo Verospi: errore derivato da una certa sim
no scritto che nacque in Cillene monte dell’Arcadia; Pausania afferma nel suo Viaggio in Beozia che non lungi da Tanagro, i
Coricio, vide la luce: quindi descrivendo l’Arcadia, indica tre fonti nel campo Feneotico, dove le ninfe del divino fanciul
appresentato, e la descrizione di due statue di lui data dal Visconti nel Museo Pio Clementino. Da Omero è narrata la pieto
taponto si vedono legate al capo con un semplice nastro, come appunto nel bel marmo che ora spieghiamo. La fìsonomia fina e
he volta nei putti antichi. Fu dissot terrato questo gentil monumento nel territorio di Tivoli; nel predio dei Sabi a Quint
. Fu dissot terrato questo gentil monumento nel territorio di Tivoli; nel predio dei Sabi a Quintiliato, contrada cosi dett
iva le falde fino ad una certa altezza, e di maniera che se ne godeva nel Foro il maestoso prospetto, compartito con simmet
v. 237 e segg. Di questa descrizione di Virgilio si giovò GianBologna nel simulacro del nume, al quale un vento è sostegno
collo, nè la proporzione della testa nè finalmente la fisonomia, ch’è nel nostro marmo assai più divina. L’opinione che lo
noo. Credettero ancora di avere un altro fondamento per tale opinione nel nome di Adrianello che davasi, ai tempi del Nardi
ad altri che al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare nel giardino di Belvedere presso al Laocoonte e all’A
d è stata pubblicata dal conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bro
ben vero che si dice rappresentare r immagine di Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asserzione di questa pretesa
iginale. « Mi resta da osservare che il contorno del basamento antico nel quale è incassato il piantato della statua, è tut
al vincitor tremendo Sparse di sangue, ed ammutir le squadre Achille nel senil volto piangendo Rivide il padre. Nell’Elis
dell’esilio pria saetta. » Sull’Amfriso pasceva le cavalle del re, e nel pingue lago Bebeide lavava le chiome, già gloria
rrore del laberinto. Tale grido correva fra i Megaresi, come Pausania nel suo Viaggio nell’Attica fa testimonianza. Nel suo
olte cose intorno a questa divinità insegnate vi saranno da Callimaco nel suo Inno, che in parte ho tradotto. Apollo detto
ato in questa azione, nè l’artefice di sì bell’opera, sono menzionati nel distico. La descrizione che ce ne dà Plinio è più
poeta i certi dardi E il divin plettro del Licoreo nume. Nè più Teti nel mare ulula Achille, Quando, Io Pean, Io Pean rimb
erne, E crebbe invidia ai gigantei trionfi? Nè un giorno solo regnerà nel canto Febo che d’inni è colmo: il dir sue lodi E
oppor dimora. E pastor lo dirò, che il vide assiso Pascer cavalli, e nel temuto incontro Arrossì la sorella; in lui cotant
la stessa materia per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè
volo degli uccelli, e che la città di cui è fondatore fosse sommersa nel diluvio di Deucalione. « I pochi uomini che avanz
imata gioia, Che avria, tremendo apertamente ai vinti, I figli ascosi nel materno seno Con le fiamme rapite al frigio rogo
tua, padre del canto. Eterna gloria della lira argiva. Febo che lavi nel tuo Xanto i crini, L’onor difendi della Daunia mu
vittoria che riportarono sopra gli Ateniesi. j) Dietro queste statue, nel secondo posto, si scorgono quelle di quegli animo
tura, fece chiudere il fratello e la sorella in una cassa, e li gettò nel mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leuc
liuoli per confessar loro la sua imprudenza, e dimandarne perdono. Ma nel momento che tocca la riva, e che attacca il canap
ha fondato un proverbio che si applica a quelli che sono inflessibili nel loro sdegno. « I Greci inviarono pure a Delfo un
te col braccio fasciato nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge nel suo poema sul sacco di Troia, poiché dice che il
cco di Troia, poiché dice che il medesimo fu ferito da Admeto argivo, nel combattimento che i Troiani sostennero nella nott
la città loro fu presa. Dopo lui é Licomede figlio di Creonte, ferito nel pugno, come il mentovato poeta narra ch’egli fu d
rappresenta lo stesso Licomede ferito in due altre parti alla testa e nel tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due f
sta e nel tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono
Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono al di sopra di El
corridor prescrive Col freno, e spuma la ribelle bocca. Oimè, grida, nel petto il fìsso dardo Brandisce, e manca nella des
a Apollo Pietà; ma liberato era dall’arco L’irrevocabil strale: entrò nel core Poco, e causa di morte è breve piaga. La fam
ezza che con venisse ad un dio, l’ha poi espressa con tanta fé licita nel marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con
Ha rap presentato il figlio di Latona quando è sdegnato e ha ritratto nel suo volto lo sdegno; ma in quel modo che non ne a
o. Se questa sola basta ad incantare chi osserva questo bel simulacro nel tutto insieme, cresce poi il piacere a considerar
sdegno che appena s’affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro di sotto alquanto esposto in fuori, non gi
a avanti la sua assunzione al Pontificato, e la teneva a’SS. Apostoli nel suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme
li nel suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme col Laocoonte nel suo giardino Vaticano colla direzione, come si cr
marmo di Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’era ignoto nel secolo dei grandi artefici. La non originalità de
rigido vero per servire alla destinazione del simulacro, che, veduto nel sito dove dovea collocarsi, avrebbe non solamente
ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno nel suo tempio, l’altro per ornamento, e questo aggiu
esentanza di Apollo in atto appunto di saettare infermità e morte, ma nel tempo stesso col serpe ai piedi, simbolo dei rime
30 stro compatimento, ho tradotto, quanto il più bello dei numi fosse nel suo primo amore sventurato. Dafne. Fu Dafne a Fe
ipote, o figlia. — Aborro Come delitto d’Imeneo la face: E dolcemente nel paterno collo Trattien le braccia, di rossore one
l lieve paglia Arde, e splende per largo incendio il campo, Tal regna nel Febeo petto la fiamma, E di sterile amor nutre la
intera, sta nella camera dei Conservatori del Campidoglio; la terza è nel Museo Capitolino, e la quarta nella Farnesina. Da
ro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo di Ercolano che ha i capelli voltati all’in
, per quel ch’io sappia, ancora nella nostra lingua, e che vi esporrò nel fine del mio Corso mitologico, così favella il so
e le divinità giovanili, neppur Zeffiro eccettuato. Sembra dunque che nel passo di Ateneo , che ho citato, bisogni porre u
ica offrono Apollo che si corona da sé stesso di lauro come vincitore nel suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra in
le medaglie di Tenedo indica il soprannome Smìnteo di questo dio, che nel dialetto cretese significa Topo, perchè Apollo de
lo copre sino a’ piedi, nella cetra che tien sospesa dal lato manco, nel moto delle braccia al suono, apparisce un dio che
aredo è tanto simile a questa statua di Apollo, che ne sembra copiata nel modo e nell’attitudine e sin nel lauro che gli co
tua di Apollo, che ne sembra copiata nel modo e nell’attitudine e sin nel lauro che gli corona le chiome. È credibile che l
incitori e dei poeti. Era simil corona tanto propria dei citaredi che nel certame delfico dei sonatori di cetra comparivano
del nostro Apolline può riferirsi a simil costume: questa gemma unica nel centro della corona, che corrisponde alla fronte,
i sassi invan minaccia: Dipinta è la paura, e vano il lagno. La causa nel guerrier combatte, e dona Viltade o forza: se da
nato scorse Giugurta. Avresti, o Febo, onor di tempio, Che dieci navi nel Leucadio flutto Uno strale domò dell’arco eterno.
è la ragione per cui Licio fu detto; e Pausania si contradice, perchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di
rchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che sacro era al nume
erso, rallegrando ancora le tenebre della notte colla luce che sparge nel volto della Luna. Filesio chiamarono Apollo dal b
he dalle nari E dalla bocca spiran fiamma? Appena Tolleran me, quando nel corso avvampo La ribelle cervice, e l’auree brigl
l mio timor fa prova Ch’io ti son padre: deh: guardami in volto: Così nel cuore il tuo guardo potesse. Figlio, sorprender l
on il ciel divida Egual calore, il sommo evita e l’imo: Sicuro andrai nel mezzo: il resto, o figlio. Alla fortuna raccomand
ommesse briglie, E non potria sapendo. Allora è fama Ch’osar bagnarsi nel vietato flutto I gelidi Trioni: ire novelle Prese
a il freno, Nè lo ritiene. Non conosce il nome Dei destrieri del Sol; nel vano cielo Gli sparsi mostri minacciar rimira: Ma
, e larga fiamma Gli depreda le chiome: un lungo tratto Segnò di luce nel turbato cielo: Così membra cader stella che fende
morf., lib. II. Lezione vigesimaprima. Diana. Secondo Cicerone, nel libro che intorno alla natura degli Dei ha scritt
appoggiata, avea partoriti i due numi, ai quali poscia fu consacrata nel sito stesso una selva, ove Apollo dopo l’uccision
e mi destinarono a questo ufficio perchè mia madre, quando mi portava nel suo seno, e quando ancora mi partorì, alcun dolor
dono di Venere; lo dà a Penelope, come abbian sopra notato, e Coluto nel principio del suo poema ne adorna le ninfe dello
sto bronzo mi serve di lume per riconoscere Ercole in abito femminile nel superbo simu lacro della Villa Panfili, spiegato
, coperto di veste muliebre e con una mano nella stessa guisa avvolta nel manto. Non mi sembra d’errare quando lo credo Alc
rse nella licenza de’ baccanali, da quest’ultima circostanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli
da quest’ultima circostanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli dalla corona di pampani. « Final
cacciatrici si vedono figurate in tal guisa, e segnatamente Atalanta nel bel bassorilievo Borghesiano della morte di Melea
orrore accresce, Cara alla dea succinta. Antro selvoso Cupo vaneggia nel recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea
e, ch’avriano con le mani sopraposte agli occhi desiderato di celarsi nel grembo alle loro genitrici, cosi disse ai Ciclopi
ono feconde le spighe, i quadrupedi, e cresce l’avere, e non scendono nel sepolcro se non portando lungo spazio d’anni: non
ndo vai verso la sede di Giove. Qui gl’immortali incontro ti si fanno nel vestibolo, e il buon Mercurio riceve le tue armi.
a caccia. Ma non ha più questo premio da che il fiero Alcide è venuto nel cielo. Egli ostinatamente sta alla porta aspettan
vendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta di una montagna nel mare, e quivi balzata nelle reti ai pescatori fu
dro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennone pose nel tuo tempio in Aulide il timone della sua nave, qu
fizio di Oreste e di Pilade, si vede Diana Taurica che tiene un ferro nel fodero per indicare i sacrifizi umani; e il sopra
ome le aveva la dea nella famosa arca di Cipselo. Sopra un’urna eh’ è nel Campidoglio, e sopra un bassorilievo della Villa
ll’onda che il portò sul lido Verso il mare dà volta impaurita. Fugge nel tempio ognun. Prole d’eroe Vera, Ippolito sol fre
frena i cavalli: Afferra i dardi, incontra il mostro, e larga Piasra nel fianco con la man sicura Gli apre. Per rabbia e p
li tenta, E per, sanguigna spuma è rosso il morso. Fama è che un nume nel tumulto orrendo Pungea di sproni il polveroso fia
a fra le sette meraviglie del mondo. Era antichissimo, ma non fu però nel suo principio così magnifico come divenne in appr
oni vennero dalle rive del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina nel di lei tempio, del quale avevano cognizione; e ci
è qualche tempo prima disfatte da Ercole, e precedentemente da Bacco, nel di lei tempio si erano rifugiate. Ci vien riferit
mattino vi-, desi la pietra discendere da per se stessa, e adattarsi nel luogo in cui si dovea collocare. Si potrà ben cre
ata dagli orefici di questa città, che tiravano il loro sostentamento nel formar piccole statuette di Diana in argento, può
icura Strabene che gli Efesii aveano ancora collocata per gratitudine nel medesimo luogo una statua d’oro in onore d’Artemi
lebre edifizio che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione nel viaggio di Spencer. Le medaglie ci rappresentano
pesso questo questo tempio colla figura di Diana: ma il frontespizio, nel breve spazio che ha tal sorta di monumenti, non è
la plebe, E par nelle città sicura appena, Finché desio d’onore arse nel petto A Meleagro, e di compagni illustri A schier
e insigne Adrasto, Ida veloce, Telamon, d’Achille II padre, ed Echion nel corso invitto; Nestore ancor nei primi anni, ed E
leagro ebbe diverso Fato: in terra la prima asta configge, La seconda nel tergo. E mentre volge La belva inferocita il corp
di fato eguale Stava il fratello: i suoi dubbi interrompe Meleagro, e nel sen ribagna il ferro Ancor fumante del fraterno s
onsperse. Nel recesso stava, O eroe, dei tuoi felici anni custode: Ma nel trasse la madre, e tede e frondi Prepara, e la fa
i pietosi antichi voti: Cara memoria del dolor materno, Ove se gita? nel primiero foco Meglio perivi: io noi soffersi: il
guirò. — Disse; e col volto Rivolto indietro, con mano tremante Getta nel foco il ramo: acuto grido Diede, e l’ardeva invol
sirene. La lor figura intera sembra indicata in alcuni rami che sono nel Tesoro Gronoviano uniti alla dissertazione di Men
ea, esiste in piccolo, lavorata in oro dagli antichi, e sta rinchiusa nel castone di un anello, la cui gemma trasparente, e
salto che il rimanente del lavoro, perchè la gemma è alquanto scavata nel sito che gli corrispondeva. Nelle porte laterali
stringeva Fra pietre attrite: il chiuso loco osserva La diva, o tìnge nel lodato rio I piedi estremi, a alle seguaci grida:
nde sonora nell’armi balzò dal capo divino la dea del sapere. Omero, nel quarto libro dell’ Iliade, non dalla palude Trito
one, che riporta che Rodi ancora si arrogava questo vanto. Apollodoro nel secondo libro della Biblioteca dà per genitori a
dal Nilo, e dagli Egizii in Salde adorata; la terza generata da Giove nel modo sopra espresso: la quarta nata dallo stesso
la Terra. Nei petti più sicuri poneva terrore lo scudo della dea, che nel fine della presente Lezione vi sarà descritto per
agli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrerà un simulacro di lei nel Museo Capitolino. Pallade è stata rappresentata c
era la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza naturale lavorata nel più antico stile greco rappresenta Pallade con la
capra Amaltea, ove è il terrore, la tenzone e la fuga, simboleggiata nel capo della Gorgone, che vi trionfa nel mezzo. Ecc
nzone e la fuga, simboleggiata nel capo della Gorgone, che vi trionfa nel mezzo. Ecco come ce la descrive Omero: « E la tun
i suoi biondi capelli, per tal presunzione cangiati in serpi: sebbene nel nostro marmo, come in altri monumenti antichi, i
bbra; e così esistono in Roma varie teste di Medusa, e si trova anche nel basso rilievo nell’urna sincrolarissima di porfid
agine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che nel tempio di Minerva Itonia essendo apparsa la dea a
lle figlie di lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste divinità nel tempio di Minerva Alea in Tegea, e molti antichi
o presa dai Doriesi, due sorelle, Euritio ed Ellolide, si rifugiarono nel tempio della diva, e qui perirono nella comune ru
nimamente lasciò l’oltraggio impunito, e si fé’ coi benefìzi un amico nel reo. I Telchini, per origine Cretesi, ma abitanti
sieme, e una buona disposizione di panneggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed in oltre ci offre le armi di Pallade in
hio la ragione perchè Omero tanto spesso la chiami (grec) Tryphaliam, nel triplicato cimiero, (grec), che ne adorna la somm
a di cui Minerva medesima volle adorno Giasone, poiché Tebbe compagno nel lavoro della nave d’Argo. Osservando attentamente
a nostra è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio
lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio di Oreste, e nel bassorilievo simile del Palazzo Giustiniani, dopo
cimiero, che invece le si è fatto reggere colla destra, come lo regge nel bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed in una mez
l simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bagnarlo nel fiume Inaco. Prende dalla solenne bas’natura occa
nel fiume Inaco. Prende dalla solenne bas’natura occasione Callimaco nel sesruente Inno, in cui si propone di cantare le l
son composti unguenti; e non portate Lo specchio, che alla dea regna nel volto Decoro eterno. E allor che in Ida venne All
conio tergean le membra ignude: Cheta tranquillità teneva il monte, E nel mezzo del cielo il sol regnava. Nel sacro loco er
to Atteon giovinetto, il caro figlio: Ah che a lui non varranno esser nel corso A Diana compagno, e dei volanti Dardi l’art
Giove per vendicarsi la fé’ soggiacere all’ istessa legge destandole nel seno amore per gli uomini fra i quali il primo (s
mini fra i quali il primo (secondo l’Inno Omerico) fu Anchise. Simile nel volto agli eterni custodiva nei gioghi d’Ida l’ar
o dal coro di Diana come destinata in sposa d’Anchise. Crebbe l’amore nel petto del Troiano non contenuto dalla riverenza c
Adone aveva fama maggiore ed annual tributo di lacrime, come udirete nel fine della presente Lezione da Mosco in un bellis
rice, di cui una statua che posa un piede su un elmo fu dissotterrata nel teatro dell’antica città di Capua, e sta ora in C
Proserpina, e singolarmente nella più bella delle due urne esistenti nel Palazzo Barberini, ha così cinto il capo di diade
a Coo, vestita è una bella statua di questa dea, che dianzi vedevasi nel Palazzo Spada in Roma, e fu poscia trasportata in
glio il soggetto del simulacro, perchè non converrebbe a Diana veduta nel bagno da Atteone, che in qualche antico marmo vie
qualche debole congettura, potremmo supporla una replica della Venere nel bagno di Policarmo ammirata in Roma e rammentata
n sa chi sia che morto il bacia. Io piango Adone, ecc. Crudel, crudel nel fianco ha piaga Adone, Ma maggior Vener porta al
schi errando vanne, Trista, discinta, scalza: i forti pruni Sfioranle nel passare il sacro sangue. Mettendo acute strida, e
tu, fino a che il bacio vive. Finché dall’alma tua nella mia bocca E nel mio seno scorrerà il tuo spirto E ch’io un dolce
gli scrittori, le quali la brevità prefissami mi vietò di comprendere nel passato ragionamento. Il nome di Venere, come oss
sso i Latini. Vuol Cicerone che l’ etimologia rintracciar se ne debba nel provenire da lei tutte le cose. Lascerò ai gramma
li Spartani ad orazione in memoria dell’ amore improvviso, che nacque nel loro core, quando videro le donne svelare la loro
Arginnide da Arginno fanciullo amato dal re Agamennone, che nuotando nel fiume Cefiso vi perì; onde dal re, in memoria del
i. Egli, nella descrizione delle figure travagliate da Minerva stessa nel paludamento di Giasone, non omette l’ immagine di
attuti in Guido, di Caracalla e Plautilla, uno dei quali è in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso di me, rappresen
in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso di me, rappresentano nel rovescio la famosa Venere di Prassitele. Nessuno
ense d’oro non voller cedere a Nicomede re di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera di Scopa e di Briasside
ollocata probabilmente da Giulio II insieme col Laocoonte e l’Apollo, nel cortile detto perciò delle statue, allora giardin
della pace celeste. Ed altrove asserisce che dalla madre fu lanciato nel mare, ove l’educò Teti, antichissima fra le dee.
giuria dalla madre sofferta fu creduta dagli antichi, giacché Platone nel secondo libro della Republica e Pausania nelle At
, ove s’alterca Ai ministri di Temide dinanzi Per impensata uccision: nel mezzo Giace l’estinto; a lui daccanto stride L’af
aspetto L’altra cittade. Ella d’assedio è cinta Da squadra ostil, che nel suo cor già certa È di pronta conquista, e sol co
colti Se credi al ofuardo: le voraci fere Già la preda si sbranano, e nel sangue Lordano il grifo; alle lor fauci indarno T
e spartesi Con giri alterni, e braccia a braccia intrecciansi: Ma due nel mezzo saltatori agevoli Or col capo, or col pie l
enetrò ben avanti al di sotto le coste, e ferì il corpo divino. Marte nel ritirarla gettò un grido spaventevole, quale è qu
vio che ordinariamente i templi di Marte erano fuori delle mura, onde nel popolo dissensione non nascesse, è smentita dall’
e su una delle basi dei due bei candelabri di marmo, che erano dianzi nel Palazzo Barberini: ambedue sono in età giovanile,
ntrade, e se deposta Ha Marte l’asta, o se le trombe e l’armi Move, e nel sangue della cara gente S’inebria, annunzia a lui
a vibra; Per minaccio infinite urla ia reggia. Mestissima Virtù siede nel mezzo; Lieto è il Furor; con sanguinosa faccia Si
erenne adamante. Ecco ritorna, ^E le belle ire del valor guerriero Ha nel volto; di sangue Ircano è lordo II manto, ed il c
che i Greci stimavano sacrilegio il nominare. Pausania lasciò scritto nel Viaggio in Arcadia che Here chiamavansi essa e la
mortali amò Jasione figlio di Elettra e di Giove, come attesta Omero nel quinto libro dell’ Odissea 17. Terra che tre volt
’aratro fu letto agli amanti: ma il padre degli uomini, non soffrendo nel suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo S
ancie, al petto, ai crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere
ll’immenso Averno, Pei quai si dona alle ricchezze avare Ciò che pere nel mondo, e che circonda Livida Stige, sacramento ai
. Tre volte, e scorre coi suonanti flutti Flegetonte, e anelar sembra nel corso, I penetrali delle sacre cose Apritemi, e d
ede Gli altri sosro’etti, che d’Imene ancora Mi vieti i dritti? E pur nel glauco seno Anfìtrite Nettuno accoglie, e posi Tu
cevano a Cerere, ed uno si mira sul modio, o moggio di lei, stringere nel becco un topo, considerato con ragione come il ne
l nemico della dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di
te. L’immaginazione degli artisti, poco contenta dei simboli adottati nel principio dal popolo, ne ha creati grandissimo nu
amenti sforzati che caratterizzano l’antico stile egiziano. Cercarono nel principio d’imitare con fedeltà maggiore la natur
za migliore. Ammirando Cerere il ritrovato di lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costellazioni sotto il nome di Bifol
ra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi che a sua madre nel santuario profetico successe. Per la cessione lib
r le native Nuvole innalza; in improvisa notte Splendon le fiamme che nel cielo avventa, E con i danni suoi l’incendio nutr
anno creduto riconoscere Trittolemo sulla bella coppa di Farnese, già nel Gabinetto del re di Napoli: quello che è tenuto d
on tutti gli attributi che loro danno i poeti; e d’altronde Callimaco nel luogo citato non dà la chiave a Cerere se non per
neta d’argento della città di Metaponto nella Magna Grecia, esistente nel Museo del Duca Caraffa Noya a Napoli. Nel rovesci
belle di alcune siracusane rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un Vincitore con una quadriga. Queste mo
fettata ricercatezza di partiti, rendono questa scultura un esemplare nel suo genere quasi inimitabile, e a cui non si sono
eva una Giulia Pia: men strana quella di Paolo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra le più insigni statue di Roma, l
uò essere stata espressa dallo scultore nell’effigiarla cosi ravvolta nel manto, come appunto la musa Tacita che abbiamo es
a. Gli antichi monetarii han forse voluto alludere alle medesime idee nel figurarla velata. « Di altezza colossale e di nob
e che siegue tutto l’andamento della veste soprapostavi; priva ancora nel capo di ogni ornamento straordinario che simbolic
essero simulacri colossali, e che forse uno di questi fosse collocato nel teatro di Pompeo, essendo le rappresentazioni tea
ordia antica. Il fuoco al ciel salì per sua natura, E la terra piombò nel mezzo, il mare Scorse. Nè un sol colore hanno le
o rappresentate in molti bassi rilievi antichi. Yoi potrete scorgerle nel celebre vaso etrusco della Galleria, qualora l’op
re le opinioni diverse che regnano in questo particolare. Tertulliano nel suo Apologetico divide la gloria di questa impres
acri a Cerere, i minori a Proserpina fìgha di lei. Differivano ancora nel luogo e nel tempo, giacché i primi si celebravano
e, i minori a Proserpina fìgha di lei. Differivano ancora nel luogo e nel tempo, giacché i primi si celebravano in Eleusi,
o in Eleusi, i secondi in Agrea nell’Attica. I maggiori avevano luogo nel mese di (grec)Agosto; i minori nel Gennaio (grec)
l’Attica. I maggiori avevano luogo nel mese di (grec)Agosto; i minori nel Gennaio (grec). Nei misteri maggiori solevano ini
ti erano Epopte, cioè Vescovi. Il luogo dei contemplati, o Misti, era nel vestibolo, quello degli Epopte, o Vescovi, nell’a
empio. Dei veli pendenti assicuravano il segreto di ciò che si faceva nel sacrario. Che più? vi erano arcani, che dai Sacer
ionie rocche; Una ministra della guerra, e l’altra Terror di belve: è nel cimiero aurato Tifon scolpito, che nell’ima parte
il crin fìschiante. Dolce è r aspetto di Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lumi E le guance di Febo: il sesso
rtinia veste, Che scende sino alle ginocchia, ed erra L’instabil Delo nel commosso stame. Lezione trentesimaquinta. Ini
tà de’ suoi prestigi. Secondo Aristide, il tempio Eleusino accoglieva nel suo recinto maggior numero di persone che ogni ci
erò, secondo Plutarco, fu cominciata da Corebo; Fidia pose le colonne nel pavimento e le congiunse cogli epistilii; altri a
vano di mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avanti di entrar nel tempio, che senza un sacrifizio non s’apriva Mani
i, che Cerere per le persuasioni di una donna chiamata Baubone, bevve nel suo dolore per la figlia rapita. Soggiungevano: L
a rapita. Soggiungevano: Lo tolsi dalla cesta mistica, e lo trasferii nel calato, o paniere. Quindi lo bevvi in un piccolo
ai misteri. GÌ’ iniziati non deponevano la veste, onde erano coperti nel tempo della cerimonia, se non lacera per lungo us
superbia. Due giovani di Acarnia ignari di queste cerimonie entrarono nel tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dima
ri delle nevi eterne: tal tripudio le Meonie ninfe, Che l’Ermo nutre, nel solenne rito Fanno di Bacco, e le paterne ripe Sc
asi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva alle libazioni l’orzo nato nel campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente
avventure. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Ogni altra ninfa nel desio dei fiori Di Cerere vincea l’unica speme: I
priva in Cielo, Appar subita tema, e mutan gli astri L’antica strada: nel vietato flutto L’Orsa si tinge, e la paura il car
spuma di sangue Il freno, e tinge le fumanti arene. Fuggon le ninfe, nel volante carro Proserpina è rapita, e grida: O dee
fferra Decoro dell’armento, e con gli artigli Sbrana il petto, poiché nel tergo immenso Il furor consumò, scote di sangue I
or d’un padre? Qual delitto in me tanta ira commove? Non io di Flegra nel fatai tumulto Portai l’insegne contro il Ciel, nè
ce il suolo, Abbraccia il mare, e traggon seco i fiumi Scenderà tutto nel temuto regno. La porpora deposta, ai piedi tuoi F
di che simbolo è Vesta, perpetuo degli antichi, onde da Orazio etenra nel terzo libro delle Odi vien chiamata. Quindi l’aut
di l’autor dei frammenti attribuiti ad Orfeo disse che la dea abitava nel mezzo dell’eterea regione del fuoco. E questa opi
era un tempio di Vesta senza alcuna statua, e vi si vedeva solamente nel mezzo un altare pei sacrifizii che facevano alla
osse il globo della Terra, ma per additare con esso tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano d
tarco, farne di nuovo, esponendo qualche materia atta a prender fuoco nel centro di un vaso concavo presentato al Sole. Ciò
egamento di un legno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano ogni anno nel primo giorno di Marzo ancora che non si estingues
a vestibolo è derivata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo star
i nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel giorno stesso gli uomini non potevano entrare nel
uoco eterno. Sopra un monumento di forma circolare eh’ è, ovvero era, nel Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti di Wink
prii danni era la figlia, Immagin prima del sopor materno: Di carcere nel mesto orror vederla Pareale, e da crudel catena a
ò, fida nutrice, Figlia dell’Oceano: a Cerer pari Nell’affetto, solea nel sen gradito Portar la pargoletta al sommo Giove,
a ancora l’Amore bellissimo fra gli Dei, che scioglie le cure, e doma nel cuore degl’immortali e degli uomini la mente e il
i terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi come lo stesso scrittore nel Prometeo attesta. Pausania narra che diede la pr
al terzo libro dell’ Iliade di Omero. Orazio le assegna altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirl
adotta quella, colla quale Lucano felicita Nerone della sua maestria nel guidare il carro, dicendogli che s’egli fosse sal
i al di sopra del suddetto globo sorger le quattro stagioni dell’anno nel giro delle quali conduce la Terra a maturità ogni
punto sono rappresentati questi pargoletti, che figurano le stagioni, nel Museo Passeri al tomo I, ed ha pur ivi l’Inverno,
rchè questi, come fu credenza degli antichi, esercitavano ciascheduno nel proprio giorno la loro efficacia e virtù sopra la
ce il freddo inerte, E col Tremore la digiuna Fame. A lei comanda che nel sen si celi Di quel profano, nè alla copia ceda,
o Lo trova immerso; e con le fredde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci, nel sen gli soffia, e versa I
n le fredde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci, nel sen gli soffia, e versa I suoi digiuni nelle vuot
artisti, poiché gran parte delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ing
hé gran parte delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ingresso dell’Aca
pitture di Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano nel tempio di Esculapio in Epidauro, distinguevasi un
o il martello di Vulcano, L’Amore sotto la figura di Giove è in piedi nel mezzo, appoggiato sopra un cippo, o colonnetta qu
icendo: Precipita la Notte, e con le nere ali abbraccia la Terra, — E nel libro secondo la fa sorgere dall’Oceano al cader
se: un’altra fu dissotterrata nell’Orto Muti alle falde del Viminale, nel sito ove gli espositori della topografia marmorea
e quell’altra in età più fanciullesca, che si ammira in Campidoglio, nel Palazzo Laute e altrove, potrebbe essere imitato
ato, Che spoglie anguine ed omicida artiglio, Fin che il terror poteo nel cor turbato Strano eccitar d’atrocità consiglio.
go il dolore, Poscia il furor non tacque, E invocò morte, e si lanciò nel fiume: Cara un tempo ad Amore La rispettaron l’ac
ntato Giove, perchè, avendolo una volta ardito, fu da lui precipitato nel mare, dove sarebbe perito, se la Notte domatrice
empre i grandi dalle umane debolezze. Luciano descrive elegantemente nel secondo libro Vere istorie la favolosa città del
e. Se qualche uomo entra in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario aspetto: gli annunziano beni, mali, e
e si offrivan dei sacrifizi al Sonno, come l’amico delle Muse. Quindi nel Museo Clementine una statua di lui è posta dopo l
lio, le illustrazioni di tanto antiquario. « Non farà maraviglia che nel Museo Tiburtino di Cassio fosse stata unita la st
che ancora non si erano scoperti gli altri due, di cui parla Visconti nel terzo tomo. « Ha già avvertito Winkelmann che que
hé pubblicato per antico da Montfaucon. Con questo Nume sia effigiato nel bel monumento che ora esponiamo, non accade porlo
le sue membra, e particolarmente nelle palpebre mollemente chiuse, e nel capo, che pieno di grave sonnolenza pende sull’om
mboleggiare i voti cbe fa dormendo l’immaginazione degli uomini: anzi nel monumento Matteiano non è figurato giovinetto, ma
e, ha più agli omeri due altre ali di farfalla che lo adornano ancora nel Museo Matteiano. « Queste minute osservazioni fat
ato della famiglia Tizia, e per la chioma femminilmente raccolta come nel Sonno del sarcofago del nostro Museo, e nella nos
adornano gli omeri di quel Nume in vari bassirilievi, e segnatamente nel sar cofago Capitolino. L’ingegnosa allegoria nell
cedente è l’immagine del Sonno incisa in questo rame, come quello che nel capo reclinato e cascante, nelle gambe incrocicch
dolore ti fugge, e tu lusinghi Le membra in duri ministeri stanche, E nel travaglio le ripari: i sogni Che gareggian col ve
, Celo fu generato dalla Terra, come r Etere e il Giorno. Ma Cicerone nel libro terzo dà per genitori allo dio quelli che i
urla si trasformò in Pastore. L’unico simulacro di lei che ne resti è nel Museo Clementine, e così viene illustrato da Visc
iamarsi al pensiero le impressioni degli oggetti provati altre volte, nel che consiste questa facoltà dell’umano intelletto
siste questa facoltà dell’umano intelletto, si è voluto simboleggiare nel panneggiamento della nostra Mnemosine, che tutta
do, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero in quella fig
però non di (grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E questa nel piano inferiore del bassorilievo dove i personagg
ità. Il velo sul capo che vedremo dato all’ immagine di Aspasia unica nel nostro Museo col suo nome greco, non rende improb
omministrata al pittore filosofo questa bella idea; l’ha egli appresa nel commercio degli eruditi, e ne ha avuto un esempio
udine, che invano si affaticava, e trasse con picciolo sforzo la nave nel porto. L’idolo al suono di voci e strumenti fu la
voci e strumenti fu lavato da sacerdoti Frigii dove l’Aimone si perde nel Tevere: collocato dopo la lustrazione sopra un ca
enso scelse Scipione Nasica ancor giovinetto, ed egli la fece deporre nel tempio Palatino della Vittoria. Quattordici anni
a guisa di volto nella statua che ivi le fu eretta. Altro simulacro, nel modo che l’avea dipinta Nicomaco, seduta sopra un
ella gran madre. Quando la Repubblica stava, verun romano prese parte nel culto di Cibele figlio della frigia mollezza. Col
Vi è ancora ove la dea rimane assisa sulla schiena di un leone, come nel quadro da Plinio celebrato Nicomaco la dipinse. T
o di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuco Ati, il quale nel marmo pubblicato da Zoega scorgesi incontro il co
r lo languore Onde vacilla il pie Pigro sopore Ad esse i rai premè, E nel placido riposo Si dilegua e fugge via La rabbiosa
n segreti riti lavato in un vicino ruscello a Pessinunte senza dubbio nel Gallo, a Roma nell’Aimone, ed indi con licenziosa
al tempio. Il significato di questa favola fu indagato da quelli che nel decadimento del Paganesimo si armarono di platoni
ne, scherzo della madre Idea. I cembali hanno ciò di particolare, che nel centro della concavità apparisce un quasi campane
iunto questo dio all’adolescenza udì dalla madre che il genitore avea nel Tartaro precipitati i Ciclopi, e ciò non sopporta
ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da loro di succeder nel regno del padre. Oltre i Ciclopi, per fratelli eg
iapeto. È fama che questi due ultimi dividessero Y impero con Saturno nel priijcipio, e che quindi, essendo ogni re intolle
insidie al proprio figlio, che accortosene, col soccorso di Prometeo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore. Saturno fugg
e eterna lo tenesse con Oiapeto fratello di lui, come piace ad Omero, nel l’Èrebo incatenato. Ma Luciano lasciò scritto che
macchia perchè venissero consumate dal fuoco sacro. Ma per conservare nel tempo stesso la religione dei popoli, acciò non s
sostituire, invece degli uomini, che, legati piedi e mani, gettavano nel Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con c
oggetto di queste feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel quali tutti gli uomini erano eguali; perciò i pad
tentativi dell’architettura nascente. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio mano
ente. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo viaggio manoscritto: la sua testimonianza è c
onosciute fin d’ allora, e che pure ‘adesso conserva la sua celebrità nel Levante. Fin qui il signor Fréret, le si cui dott
onio, dal nominato dio del mare e da Europa di Tizio figliuola. Omero nel primo libro dell’Odissea gli da per madre Toosa.
el primo libro dell’Odissea gli da per madre Toosa. Lo stesso autore, nel nono libro, cosi descrive la felicità e le costum
o che ofjTiurj di voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta è nel suo genere maraviglioso. Mi prevarrò intanto dell
ta rupe e alla crudel cantava: O Galatea, perchè chi ti ama aborri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida di ag
Qualche straniero in questo lido, allora Saprò qual sia piacer starsi nel mare: Vieni fuor, Galatea, tornar ti scorda A cas
Etoli situati all’ oriente del fiume Acheloo. La parola Cureti presa nel più semplice significato suona uomini nel fiore d
loo. La parola Cureti presa nel più semplice significato suona uomini nel fiore degli anni. In terzo luogo si dissero Curet
il terzo regno, cioè l’ Inferno: lasciò scritto il mentovato Pausania nel suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli
erra, e per così dire, fin nell’inferno, fu detto che Plutone abitava nel centro della terra. La corta vita di coloro che s
uale questo dio assegna all’ anime il luogo eh’ elleno devono abitare nel suo impero. Conferma 1’ opinione del principe deg
ino Visconti. «Alle deità del cielo, del mare e della terra riportate nel primo volume, aggiungiamo quella dell’Inferno, ci
o Dio Ricco, nome che al latino dite si riferisce. L’ orrenda maestà nel fiero aspetto lo manifesta pel re dell’ombre, e p
nelle più eleganti descrizioni che a noi sono pervenute. « Quello che nel nostro simulacro interessa più di ogni altra cosa
veniva alle circostanze degli Egiziani. Godevano i primi di ritrovare nel culto delle nazioni la lor teologia; desideravano
Nilometro, o la Misura dell’ escrescenze del Nilo, solita depositarsi nel tempio del dio Serapide. Rimangono ad osservarsi
antichi per arbore tristo e lugubre. Il raro basso rilievo che adorna nel rame il piedistallo del nostro Plutone, si conser
e adorna nel rame il piedistallo del nostro Plutone, si conserva pure nel Museo, e fu dissotterrato ad Ostia, dove " Winkel
.» Lezione quarantesimasesta. L’Inferno di Polignoto. Pausania nel suo Viaggio nella Grecia parla incessantemente de
composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebri nel l’istoria e nella religione, avevano nell’antichi
’osservazione che fa sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade nel numero di quei minuti particolari, dai quali il g
’altre portano l’acqua: la vecchia tiene un’idria fracassata, e versa nel doglio il poco d’acqua che può contenere. Io cong
all’infelice amore Sopra la cava cetra Orfeo; cantava Te dolce sposa nel solingo lido. Te quando nasce e quando muore il g
l’Ombre! Il piò ritenne, e già presso alla luce, Immemore, ed, aimè: nel cor già vinto. Mirò Euridice sua. Qui, sparsa al
ione quarantesimasettima. Plutone, Furie, Parche, Danaidi. Riunirò nel presente ragionamento altre notizie sulla maniera
Esiodo nella Teogonia le vuol nate dal sangue di Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’opera ed i Giorni dia loro
a ed i Giorni dia loro per madre la Rissa. Abitano, secondo Virgilio, nel vestibolo dell’Inferno con altra compagnia di lor
volto intriso.» Così tradusse il Caro (libro 6 verso 402 e segg.); E nel duodecimo libro le fa assistere al soglio di Giov
mo libro le fa assistere al soglio di Giove. Siccome il rimorso segue nel momento la colpa i poeti le figuravano alate, e q
ano il mio fratello. — Edipo, fuggito da Tebe nell’Attica, si rifugiò nel loro bosco, e solenne meraviglia prese quei popol
terrore. Ed era fama che se alcuno macchiato di delitto fosse entrato nel tempio, che Oreste loro avea consacrato in Corina
molavan loro una agnella gravida e nera. Questi sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo di notte, ed era vie
l sinistro canto: Quella, che piange dal destro, è Aletto: Tesifone è nel mezzo: e tacque a tanto. Coir unghie si fendea ci
itore il mare. I nomi delle Parche furono varii, come scrìve Pausania nel suo Viaggio nell’Attica. Venere Celeste, secondo
ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi
i Dei, sia pure di esse il padrone. Platone fa vedere queste tre dee nel mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coper
gonci descritte quali vecchie e schifose, con membra tremanti, grinze nel volto e truci nello sguardo, sono tutto all’oppos
ormentata nell’Inferno sono le Danaidi, che con eterna fatica versano nel Tartaro l’acqua in un’urna forata. Eccovene breve
o, e nostro padre iniquo. Ove il socero nostro, e nostro zio, Non men nel cor che nella fronte allegro, Per man ne prese, e
n’andò da lunge Per non veder le scelerate nozze. Quand’ ecco entrar nel doloroso albergo I mal felici e mal graditi sposi
ed amor, tra dubbio e speme D’indi partisti, ed io rimasi sola Mesta nel mesto e doloroso albergo. Già fuor dell’ Oceàn le
belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore su di una quadriga. Queste
are la figlia. Questa composizione allegorica, che potrete riscontrar nel primo tomo dell’Antichità spiegata di Montfaucon,
dizio sulla rappresentazione dello stesso soggetto, che si trova pure nel primo tomo dell’opera mentovata di Montfaucon, ov
per certo in mente questi versi di Dante, che così introduce Caronte nel suo Inferno: « Ed ecco verso noi venir per nave
ea d’eguaglianza diedero gli antichi, perchè tutti noi nudi scendiamo nel sepolcro. Plutone per sollevare il dolore di Pros
gannate da Dedalo, lo uccisero gettando all’improvviso acqua bollente nel bagno. Ma quello che è fuori di dubbio si è che p
ame principessa, e lasciò Nisa. Scilla volendolo pur seguire si gettò nel mare, e fu cangiata dagli Dei in allodola, e suo
arla. Coloro che vogliono spiegar coli’ istoria la favola, dicono che nel purpureo capello di Niso sono significate le chia
sue sorgenti dalle paludi di Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia nel golfo Adriatico: le sue acque erano amare e nocev
be stato formidabile e tremendo agli stessi numi. Quelli che fra loro nel di lei nome spergiuravano erano per del tempo all
ubbio dove fosse il fiume divenuto favoloso. Opinano alcuni che fosse nel seno di Baia vicino al lago Averno, e che i Sacer
cadendo da una rupe altissima dopo poco cammino fra i macigni, cadeva nel fiume Crati. L’acqua ne era mortale, secondo Paus
iti inchini la cervice. Sotto il cubito misuri sempre la vita, dirigi nel seno sempre agi’ iniqui il ciglio con nn giogo ne
ibuzione giusta ed equa di tutte le azioni. Lo sguardo che ella volge nel suo seno per la parte del suo vestiario, ch’ella
le solleva, è vero, il manto colla sinistra, ma forse per accogliervi nel grembo alcuna cosa, ma non già per presentare la
ccio stesso un’ azione che lo fissasse nella positura caratteristica, nel tempo stesso che lo facesse apparir verisimile. P
arii generi di lavoro, ed in varii tempi. Così è rappresentata Nemesi nel bel vaso del Palazzo Chigi, così in un raro cippo
discepolo di Fidia n’era stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea nel lavoro, che spesso gli scrittori l’anno attribuit
u posta all’opra, Sulle ali doppie il facitor librava II suo corpo, e nel mosso aer sospeso Anche il figlio ammaestra. Ed i
il padre di Bupalo aggiunse il primo le ali a Cupido e alla Vittoria: nel che fu seguito dal figliuolo, che facendo la stat
questa statua, e di nasconderla sotto terra. Il simulacro però posto nel senato fu occasione di scandalo, posciachè lo ste
a dalla Vittoria, che i Gentili in Roma e con tanta cura conservavano nel Senato, avendola, dopo la morte di Costanzo, che
i due bambini, il re e la regina degli Dei. Questo dominio è indicato nel timone, simbolo di governo, e nel globo. La ruota
egli Dei. Questo dominio è indicato nel timone, simbolo di governo, e nel globo. La ruota, altro suo distintivo, conosciuto
razio, diede il dominio sugli erranti uccelli, poiché fedele la provò nel rapire il biondo Ganimede. Sulle medaglie della c
hé la rinomata Collezione delle Muse fatta dalla regina Cristina perì nel mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichi
ello fra quanti prima delle nostre statue ci presentassero le Muse, e nel quale meglio che in qualunque altro se ne scorgon
nere lor prediletto. « Mi resta finalmente a notare che la Musa Clio, nel celebre monumento dell’Apoteosi di Omero è a mio
re monumento dell’Apoteosi di Omero è a mio credere la seconda figura nel piano superiore del basso rilievo, distinta dal v
e che si vede in piedi presso Calliope che ha i pugillari. La Storia nel piano più basso in atto di sacrificare ha un simi
ott, che dà questo nome alla Musa colla lira del piano di mezzo. Così nel sarcofago del Campidoglio sarà Clio la prima Musa
entate colle tibie destre e sinistre, pari o impari. — « Quindi è che nel sarcofago Capitolino Euterpe coi flauti è rappres
ossero anticamente tutta una collezione. « Mi resta a soggiungere che nel basso rilievo dell’Apoteosi d’ Omero, Euterpe è q
e regge colla destra due flauti, presi dal Kirkero per fiaccole, ed è nel piano superiore. Il Cupero e lo Schott la ravvisa
rittori che ci rimangono. Nel sarcofago della Villa Mattei, Euterpe è nel mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al
più distinto attributo è la maschera comica, dalla quale si riconosce nel sarcofago Matteiano. Questi stessi attributi la c
i attributi la caratterizzano nelle pitture di Erodano ugualmente che nel lodato bassorilievo Capitolino, dove anzi è abbig
in pugno si pianta all’entrata della caverna; egli già si è trafìtto nel petto: riceviamo nel nostro vaso il sangue che es
ll’entrata della caverna; egli già si è trafìtto nel petto: riceviamo nel nostro vaso il sangue che esce dalla piaga, poich
’odi, qnando conviene viemaggiormente alla musica usata dagli antichi nel teatro tragico, la quale, quantunque non ci fosse
ede un’orma in una simile statua frammentata già in Villa Madama, ora nel Palazzo Farnese alla Lungara, la qual replica ser
a contrassegna il coturno altissimo che porta al piede, come ò chiaro nel marmo, e il velo che le copre la testa come nella
opre la testa come nella stessa scultura: è rappresentata la Tragedia nel piano più basso della composizione dove è 1’ epig
a, il Cupero Calliope o Mnemosine madre delle Muse. Il non esprimersi nel rame il coturno non avea data occasione a questi
alla maniera di girare da destra a sinistria e da sinistra a destra, nel condurre la danza intorno all’altare. Sì stretta
gevolissima da osservarsi, ed avvene un’altra copia antica in piccolo nel Museo del cardinal Pallotta; e simile alla nostra
ed abbastanza conveniente al soggetto. « La Lira distingue Tersicore nel singolare bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed
pe. È da notarsi quanto questo epigramma abbia confuso gli antiquarii nel riconoscere nelle figure di Tersicore piuttosto l
a di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « Così nel sarcofago Matteiano, Tersicore che è la prima del
sta Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto, come dalla cetra ch’è nel rovescio della sua figura. Erato. Le poesi
a nella sua Arte, assegnandone la ragione appunto dal nome. Apollonio nel terzo libro dove incomincia la narrazione degli a
rato similissima a quella della pittura di Ercolano nella situazione, nel movimento, nell’abito, che sta suonando la cetra
to Ercolanense e dalla nostra, non bastano però a farcela distinguere nel mi sarcofago Capitolino, dove una sola ha la cetr
esso le ragioni che abbiamo per credere quest’ultima la Musa ravvolta nel manto e appoggiata al sasso, onde Erato non potrà
ttore audacissimo fra loro) trasportano Anfìarao che ritorna da Tebe, nel qual tempo si dice che la terra per lui sprofonda
riguarda la scure che cadrà sopra lei, tutto ciò rappresenta il modo, nel quale, ritornando da Troia, fu ricevuto da Cliten
lle rive dello Scamandro, ma tra fanciulli e donnicciole come un bove nel presepio. Ecco ciò che gli è accaduto dopo tanta
esepio. Ecco ciò che gli è accaduto dopo tanta gloria e tante fatiche nel mezzo dell’infausta cena! Ma pietà maggiore ancor
l raccoglimento, l’hanno però scolpita i Greci maestri tutta ravvolta nel proprio manto, e quasi cogitahonda. Nè si creda c
ltra guisa la qualità della dea, che rappresentandocela tutta involta nel manto, e persino le mani, come il simulacro che s
tichi, basta riflettere che una similissima, ma senza capo, è in Roma nel Palazzo Lancellotti, che un’altra è nel giardino
ima, ma senza capo, è in Roma nel Palazzo Lancellotti, che un’altra è nel giardino Quirinale, e che nel nostro Museo è una
nel Palazzo Lancellotti, che un’altra è nel giardino Quirinale, e che nel nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritr
uale anch’ essa alla Polinnia, sì nella composizione della figura che nel panneggiamento. Questo panneggiamento appunto è n
stanti monumenti più accreditati che ci offrono queste Dee dell’Arti; nel sarcofago Capitolino ninna più convenientemente p
notarsi che la stessa Musa, nella situazione medesima, ‘ s’ incontra nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la terz
lla mano in quello del Campidoglio. La particolarità di esser involta nel manto è ancor più chiaramente indicata nel bassor
icolarità di esser involta nel manto è ancor più chiaramente indicata nel bassorilievo Colonna. « Che più? in simile attitu
simile attitudine esistono ancora due statue, una minore del naturale nel palazzo Lancellotti a Velletri, mancante però del
quali è precisamente la stessa figura da noi determinata per Polinnia nel sarcofago Capitolino. Le altre due, una delle qua
ella persuasione: le altre due indicano la sua perizia nella musica e nel suono di varii istrumenti, che possedeva egli in
Vener, non la chioma e il bello aspetto. Quando con lui tu scenderai nel campo. « E Nereo così minaccia Paride presso Oraz
replicata, la stimo di molto antica invenzione, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel quale tu
nzione, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel quale tutte le altre Muse sono rappresentate assa
nnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia sua immagine nel bassorilievo della Villa Mattei, dove alla sua fi
tatua antica, precisamente la stessa colla nostra, la quale si ammira nel ripiano delle scale del Palazzo de’ Conservatori
eparata dalle compagne: conservavasi questo pregevol marmo a Velletri nel Palazzo Ginnetti dove, trasformato in quello dell
ontrassegnano dappertutto: è perciò nell’Apoteosi di Omero la seconda nel secondo piano; nel sarcofago della Villa Mattei l
rtutto: è perciò nell’Apoteosi di Omero la seconda nel secondo piano; nel sarcofago della Villa Mattei la prima in una fian
uivocata, non così è accaduto della sua statua colossale, che si vede nel portico del Palazzo Farnese verso strada Giulia,
edica l’ortostadio, cinto di una gran fascia quale appunto veggiamo e nel protagonista tragico della Villa Panfili, e nella
pitolino, e quel che è più decisivo, nella Musa colossale eh’ era già nel cortile della Cancelleria da me creduta parimente
rlo nella terra che egli avea tentato di render serva. Ecco ciò eh’ è nel piano. Morti sopra morti, cavalli accanto ai loro
ndersi a suo bell’agio e risposare il suo petto anelante. Egli guarda nel tempo stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare
ua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la bestia nel combattimento ha spruzzato contro lui. Vadano a n
tutte in finitezza di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata nel fondo Cassiano di Tivoli dove le altre, e quantun
elegante e gentile, come apparisce dalle tre che si sono conservate: nel resto l’artifizio, quantunque maestrevole, non è
ol rimanente, e tanto delicata nell’esecuzione, capricciosa e gentile nel paneggiamento, perfetta in ogni più piccola e men
a dai Greci come abbiamo altrove notato: ma ciò eh’ è veramente unico nel nostro marmo si è che circa la metà della vita va
ersi si vuole esporre che ciò che in prosa. « Nè solo ha espresso ciò nel dare alla sua Calliope i pugillari e lo stilo, ma
ione, tratta da vetuste lapidi, gli ha recentemente illustrati: li ha nel superbo bassorilievo Capitolino la settima Musa,
rmi meglio comprendere, seguito lo stesso ordine in cui sono disposte nel rame del Tesoro Brandeburgico. La prima moneta of
è la Musa Urania: ha un astro presso il capo nell’area del dritto, e nel rovescio accenna col radio i circoli segnati su d
moneta rappresenta una Musa senza verun simbolo, colla destra involta nel manto, e dalla parte del dritto è una corona d’al
ica che ella sostiene. La clava e la maschera tragica fanno ravvisare nel settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero,
con due tibie decussate nell’area del dritto, e con una sola in mano nel tipo del rovescio. « Le ragioni di queste denomin
te e leggiere, e tutto il corpo ben proporzionato a una gran facilità nel corso. Il sangue dall’altra parte mostra una viva
l colore sparso sull’avorio in quella parte ove il ferro si è immerso nel petto. Ecco giace qui il misero giovinetto niente
dre. Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso, nel quale il dolore della natura è stato vinto dal pi
one più comune le vuol nate da Venere e da Bacco. Discordia vi è pure nel numero: la maggior parte dei poeti le ha fissate
sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel numero e non nel nome, poiché le chiamavano Auxo
Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel numero e non nel nome, poiché le chiamavano Auxo ed Egemona, Pito,
di tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tutti gli scrittori nel farle compagne indivisibili di Venere. Secondo Pa
ultimi vollero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare, nel quale era scritto: Consacrato a quella fra le Gra
trice che dà la sanità è più pronta dell’altra. Crisippo così ragiona nel libro di Seneca sui benefìzii; «Ora dirò perchè l
conti che fosse in una gemma pubblicata dall’Agostini, ed osserva che nel caso che fosse un elmo, come appare dal disegno,
re l’esequie del più grande fra loro, che ha ricevuto un colpo d’asta nel petto. Vedendo qui questo largo e spazioso piano
ibuiti. Lasciò scritto Pausania che Flegia padre della Ninfa, andando nel Peloponneso, seco la conducesse, non consapevole
ani, i piedi) che pare però differente dal solito pallio, che si vede nel rovescio del medaglione di Vero pubblicato dal Bu
pente, e vien così descritto da Apuleio: — Diresti che del dio medico nel bastone, che porta nodoso per rami mezzo potati,
ia, in Egio, in Megalopoli, come si può vedere da Pausania, e in Roma nel tempio della Concordia, come viene da Plinio rife
cause della medicina, così tutto il parentado e discendenti por tano nel nome la stessa allegoria: onde gli diedero per nu
desi con la penula cuculiata, suo abito particolare, e così si scorge nel medeglione pubblicato dal Buonarroti. Pare che gl
nifica condurre a fine i mali. E perchè in questa si ringiovanisce, e nel tempo stesso siamo più deboli, gli antichi hanno
una sola mano della Salute. In quello ambedue le figure erano stanti: nel nostro la figlia è in piedi, il padre siede: ques
lla composizione tanto superiore alla mediocre esecuzione del gruppo, nel tempo stesso che lo dimostra una copia, ne persua
enuto alcuno i moderni. È degno di memoria quello ultimamente trovato nel giardino delle Monache Barberine sul Quirinale ma
giardino delle Monache Barberine sul Quirinale maggior del naturale, nel cui viso imberbe sospetto il ritratto di qualche
ure. È da notarsi che la cortina dell’Esculapio Farnesiano è chiamata nel primo volume delle Gemme del signor Bracci Cista,
toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato, l’altro di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso alle sue mani, ch
o gli si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, il furore regna nel suo volto. Voi avete sovente udito dire nelle tra
re attrita il casto letto Conserva, e sempre il suo marito attende, E nel lido stancò le ancelle: ognora Contano il tempo d
vista. Alfine Lascian le case, e i talami infelici Non riveggono più: nel cielo aperto Stanno ammassate, e di dolore han ga
Agave. Intorno Turba d’atroci donne ondeggia, ed alza Ver lui le mani nel furor concordi; Ed una i piedi a lui, che nella p
esimottava. Generazione di Bacco. Le avventure di Bacco cominciano nel settimo Canto del poema di Nonno; onde da questo
he renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nettare, afiinchè Bacco facesse salire l’umore ch
re che ci dona l’autunno. Qui il poeta ci dipinge Semele giovine, che nel mattino, vigilante al par dell’Aurora, sferzava i
questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel tempio di Minerva per sacrificare a Giove dio del
le rive dell’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la sua freccia nel cuore di Giove, che per meglio osservare la sua a
ella si bagnava. Qui il poeta descrive la maraviglia del re degli Dei nel mirare le grazie della bella Semele, che a Venere
re amanti, Giove risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le sue forme, che diven
danzare, e a imitare i cori delle Baccanti, e il figlio che s’ agita nel suo seno sembra accompagnare la madre. Ben presto
endo nelle braccia, l’altro figliuolo, e andò con esso a precipitarsi nel mare. Venere impietosita della sua nipote pregò N
singa: Dio dell’onde, Dell’universo imperator secondo, Vicino a Giove nel poter, ti chieggo Alte cose: pietà dei miei, che
che Sembianze ancor perdono il nome. Adora Leucotoe in Ino, e Palemon nel figlio Travagliato nocchier che il lido afferra.
e degli esercizi differenti dei due amici. Ampelo è vincitore ancora nel nuoto; ma ha l’imprudenza di voler scherzare con
ua vendetta il toro crudele nello stesso tempo che pasce i suoi occhi nel veder le grazie del suo misero amante. Egli accus
ci rappresenta le Stagioni stesse che arrivano sulle rive dell’Oceano nel pa lazzo del Sole loro padre, ove riscontrano Esp
mezzo al fuoco, mentre che la madre nelle sembianze di un’ ombra sale nel cielo, dove le Muse la celebreranno. Ma Bacco esc
quello che dopo vedete, è Tebe, la reggia di Cadmo, e un gran pianto nel Fòro. I parenti, gli amici, che riuniscono il cor
a di Penteo è talmente sfigurata che Bacco stesso n’ha compassione: è nel primo fiore della sua età, ha la faccia tenera, d
accade alle donne è degno di gran compassione: quel che non conobbero nel Citerone, qui è loro tutto manifesto. Non solamen
unite sotto il vessillo di Bacco, quando la Pleiade Elettra brillando nel cielo e formando la settima stella delle Pleiadi,
el suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette di collocarlo nel cielo accanto a Sirio ed a Procione, onde, unendo
ge vigorosamente, e Oronte dopo essersi trafitto colla sua spada cade nel fiume al quale dà il suo nome. Le ninfe piangono
Stafilo e Botri. Converte questi ultimi, il primo nei grani dell’uva, nel grappolo il secondo. Il resto di questo Canto con
virgineo volto Pure in mirarlo impallidisce: il sangue Perseo tergeva nel vicino fonte. Indi volò maggiore all’ alto scogli
Lezione sessantesimaprima. Continuano le avventure di Bacco. Bacco nel ventesimo Canto è occupato a consolar Mete e tutt
artamenti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, colle sembianze di Cibele, vi
nti. Il nume stesso intimorito è obbligato a fuggire e a precipitarsi nel mare, ove è ricevuto da Teti, e da Nereo consolat
rra al vincitore, che si prepara a traversarlo. Appena si è inoltrato nel fiume che l’Idaspe impegna Eolo a sollevar le sue
ani sulle rive dell’Idaspe. È descritto il dolore che sparse la nuova nel campo di Deriade, e la gioia che regnava in quell
e gli dà un’ armatura fabbricata da Vulcano. Lo scudo vien descritto: nel mezzo vi erano rappresentati la terra, il mare: i
e loro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici e per Bacco, nel quale il barbaro rammenta molti fatti di Mitologi
no le nozze d’Ippodamia sono sepolti nei monumenti che vedete, e sono nel numero di tredici: la terra ha prodotti dei fiori
, più grande dell’ordinario, questa donna che si getta disperatamente nel fuoco, tutto ciò è stato dipinto con questo ogget
Aristeo ed Eaco più di tutti s’inoltrano contro gl’Indiani. Il poeta nel Canto xviii ne descrive l’ordinanza dell’esercito
nascoso sopra un albero avea molti uccisi. Ma Giunone sempre costante nel suo odio contro Bacco cerca nuovi mezzi di nuocer
i della sua amante. La ninfa terribile lo fugge, e vuole precipitarsi nel mare piuttosto che sposarlo. Ma Teti, sotto l’asp
polcro della padrona. Giove impietosito pose Icaro, Erigone e il cane nel cielo. Morte di Erigone. D’Icaro l’alma le sembi
le tremanti palme Tendendo, disse: Non ravvisi il padre? Anelar mira nel canuto petto Queste ferite. — Mise acuto grido Er
caro grida: Infelice, ti sveglia, e cerca il padre, Il padre tuo, che nel furor di Bacco I barbari villani han colle scuri
all’alto Giove eh’ è padre le sublimi prove Della pietà mortale, onde nel cielo Pose l’Icario vecchio, e a lui compagna La
a rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdegno di Licurgo, si nascose nel mare presso Teti, come avete udito nel darvi l’es
sdegno di Licurgo, si nascose nel mare presso Teti, come avete udito nel darvi l’estratto del poema di Nonno sopra lo dio.
perchè lo credessero una medesima cosa che il sole, come vi accennai nel principio delle mie Lezioni sullo dio, quanto per
he sieno le cortecce di fuori di quel frutto, come si potrà osservare nel bel cammeo riportato dal mentovato Buonarroti. Ta
quali assomigliano ai tirsi molte erbe, che chiamano capitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con l
o alle statue del nume, e quali vi furono esposti dal medesimo autore nel primo ragionamento che vi tenni su questa divinit
un’eguale bellezza si ammira in questa mezza statua di Bacco, trovata nel cavamente degli Orti Carpensi presso il Tempio. P
e sono obliqui i raggi dell’ombra pei diti rovesciati. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o di amante: g
li crede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello stesso modo nel quale è guardata. Molte cose avrebbero potuto dir
e la mitra che vela tutto. Luciano lo deride, quasi la cuffia fosse nel guerreggiare il suo elmo; ma la Grecia credette c
uesti numi uniti al coro di Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari nel Fauno e nel Satiro, per distinguere quelli lavora
niti al coro di Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari nel Fauno e nel Satiro, per distinguere quelli lavorati ai tempi
o: Nel Fauno l’artista diretto dal poeta dovea mettere più del capro, nel Satiro più del cavallo, e la coda cavallina è più
a coda cavallina è più piena molto e sfilata della caprigna. Il volto nel Satiro è d’incerta e varia iisonomia. Quello del
lle sue pitture: due tubercoli talvolta sotto il mento, quali nascono nel genere caprigno, e spesso simboli adattati alla p
prima del Museo Clementino, onde io credo farvi cosa grata inserendo nel mio discorso la descrizione, che di un Fauno del
ono per un savio così lontano dall’impostura che si lascia confondere nel volgo dei voluttuosi, ma che conosce le cagioni e
lla comica descrizione che ne fa Luciano, eccettuate le orecchie, che nel simulacro non sono caprine; e quantunque sia mode
mani, pure non è dubbia l’azione di aver premuto il grappolo dell’uva nel nappo; in quel nappo istesso che gli si vedeva pr
ome dalla famosa Borghesiana, che vedesi ripetuta due volte in antico nel Palazzo Ruspoli, dall’altra giacente nella Villa
piato. Giove mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente nel cielo, lo mise a parte dei suoi segreti. Issione
, a cui pare che Zeffìro, portandosi placidamente per aria, gli versi nel cornucopie la buccina che si suol dare ai venti,
di Acragante, il quale, secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi nel tempio di Bacco. In molti monumenti antichi, part
Rodi nel tempio di Bacco. In molti monumenti antichi, particolarmente nel medaglione di Giulia Augusta di Nicea stampato da
di Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e una Centauressa: nel primo dei citati cammei sono quattro, due maschi
come più deboli, secondo la regola dei Circensi avrebbono dovuto star nel mezzo: ma in un trionfo non sarà stata necessaria
me si usa ancor oggi, d’una tigre; talora, come si fa altresì adesso, nel cerchio, in certi buchi o tagli Vi mettevano alcu
furono prese da’ Misteri della madre degli Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia di Nicea riferito di sopra,
di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofago ch’è nel Palazzo Farnese, dove il Centa
riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofago ch’è nel Palazzo Farnese, dove il Centauro suona la lira.
oro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia di Bacco e dei suoi se
li avanzi della Villa Adriana: la copia simile dell’ altro barbato fu nel passato secolo disotterrata nella Villa Fonseca c
e danno, per così dire, tutta l’anima alle presenti sculture. Si vede nel Borghesiano un Centauro adulto di robusta corpora
stro mancava il destro braccio come nell’originale, e poiché rimaneva nel torso un attacco, che additava aver sostenuto qua
da riportata nella sua caccia, di cui dimostra la gioia negli occhi e nel volto: ma intanto l’amore che ha fatto la preda d
critta. Ma ciò basti per dar ragione del ristauro del braccio destro: nel sinistro si è copiato il pedo, che si osserva ant
ccio destro: nel sinistro si è copiato il pedo, che si osserva antico nel Capitolino, a norma di cui si è supplita ogni alt
uanto può immaginarsi, uniforme. Si è situata questa rarissima statua nel seguito di Bacco, essendo noto il trasporto di ta
. Le Tie sono introdotte furibonde a par delle Menadi presso Virgilio nel iv dell’Eneide, e Stazio nel iv della Tebaide: ma
bonde a par delle Menadi presso Virgilio nel iv dell’Eneide, e Stazio nel iv della Tebaide: ma le Baccanti non credo che tu
non credo che tutte fossero egualmente Tie, tenute solo, se non erro, nel grado di sacerdotesse. Catullo par distinguere i
pelli, del tirso, dei capelli sparsi, come par si raccolga in Tacito nel libro XI degli Annali. Egli descrive Agrippina me
nei quali vedeasi la principessa col suo coro scorrere per la reggia nel modo che Euripide descrive Agave nel Citerone. No
suo coro scorrere per la reggia nel modo che Euripide descrive Agave nel Citerone. Non è dunque da dubitarsi che quelle ne
no, ove lui saluta come condottiero di Naiadi e di Baccanti. E Ovidio nel fine del iv libro De Ponto, nomina una poesia, ov
a piuttosto che vestita di nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma nel mezzo un focolare di assai vaga forma, ove sono a
o considerar loro la statua con tutte le sue circostanze. È effigiato nel marmo un uomo, il di cui volto maestoso e sereno
levato in alto. Il manco è posato sul fianco, e resta avvolto affatto nel manto istesso, il quale forma sul petto un doppio
lettere Sardanapalo. Tanto è bastato perchè da alcuni si riconoscesse nel simulacro il lussurioso re di Nini ve: e ben semb
randioso vestiario e la coltura della chioma quasi donnesca. Cresceva nel volgo l’evidenza dell’opinione, perchè la statua
, come solito abbigliarsi donnescamente: la quale per altro apparisce nel personaggio rappresentato nutrita con gran cura e
possano determinarla ad un argomento incompatibile coli’ iscrizione, nel qual caso dovremo aver quel nome Sardanapalo o pe
cco. La stessa coi simboli dionisiaci del nappo e del tirso ammiriamo nel superbo intaglio in topazio del Vaticano; la stes
ma per tale confermanla quelle circostanze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La sua nicchia era sostenuta
le immagini simili con iscrizioni contradditorie? La stessa testa che nel Campidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Muse
rie? La stessa testa che nel Campidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocle. Il bassori
ano estremamente a quelli coi quali è stato rappresentato da Salpione nel bel vaso di Gaeta, il cui soggetto è quasi la sec
gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra mano lo
solita acconciatura di Proserpina nelle medaglie di Sicilia, e serve nel bassorilievo ad accrescer segnali per ravvisarla,
ini si dissero Libero e Libera, ebbero una stretta ed evidente unione nel culto del paganesimo. L’ amistà di Cerere con Bac
ndi Cerere si unisce con Bacco non solo da Euripide e da Virgilio, ma nel gran cammeo già del Museo Carpegna, ora del Vatic
lievo staccato da un sarcofago la cui fronte adornava, ci offre Bacco nel mezzo dei suoi seguaci. Le nove figure che io com
no tutte le parti essenziali di un lavoro. « Il principal gruppo ch’è nel mezzo del bassorilievo ci mostra Bacco vinto dall
E notabile in molti lavori antichi la maggior modestia che si è usata nel vestiario delle figure, quando sotto le spoglie d
e sono quasi isolate, il resto del corpo è più basso che non sarebbe nel vero, e trattato quasi di mezzo rilievo. Una tal
lavansi. « Segue una coppia d’altri prigionieri: una donna acconciata nel capo come l’Indiano sull’elefante, ed un giovine
ie sono le antiche sculture che ci presentano il domatore delle Indie nel sorprendere la tradita Cretense, poche però, o ne
ebro Sileno, i cui cembali caduti al suolo sono il primo oggetto, che nel marmo ci si presenti. Un altro Fauno segue saltan
razione indivisa ad Ercole e Bacco perseverò nell’impero romano anche nel regno di Caracalla. « Mi sembra assai verisimile
degna la destra, o perchè Alcide è qui l’ospite cui Bacco ha ricevuto nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guern
l suo corpo, dall’abbigliamento rusticano e disordinato, è quello che nel bassorilievo sembra muovere scompostamente, bench
andosi in un lato, la lascia con bizzarra idea quasi del tutto ignuda nel rimanente; la quarta sembra eseguir quella danza,
feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei capri scolpiti nel terrazzo alludono ai sacrifizi costumati nelle ve
modestia e la decenza che queste seguaci di Bacco sapevano conservare nel furore stesso dell’ orgie e nel disordine dell’eb
seguaci di Bacco sapevano conservare nel furore stesso dell’ orgie e nel disordine dell’ebrietà, le antiche arti ci ritrag
ssere ancora un Fauno il famoso Giove bambino scolpito a bassorilievo nel Palazzo Giustiniani: eppure non solo il dimostra
e pubblicate finora. Darò fine all’istoria, ai monumenti di Bacco, e nel tempo stesso alla Mitologia Teologica con queste
con le man tumide A’ crin s’appiglia; e mentre sì l’attizzano. Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. 1. Lettera al
generale alle Opere edite e inedite, Vol. 1.º, pag. XXVI, e del pari nel Vol. 3.º la Prefazione, pag. XI e XII, e nel Vol.
º, pag. XXVI, e del pari nel Vol. 3.º la Prefazione, pag. XI e XII, e nel Vol. 7.º il Proemio, pag. XII, ecc. ecc. 2. Lez
. Dalle saette formate in guisa d’amo riconobbi per antico un Amorino nel cortile del palazzo del cavalier Alessandri, che
3 (1897) Mitologia classica illustrata
che i miti relativi agli Dei altro non erano che storia umana avvolta nel meraviglioso, ossia che gli Dei tradizionali eran
o son da ricordare i nobili studi e i notevoli risultati a cui giunse nel nostro secolo, quella che chiamasi Mitologia comp
terare le leggende mitiche. La grande migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto di popoli e gli spostamenti
mondo, secondo Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una c
è una confusa miscela di tutte cose, che è un concetto posteriore, ma nel senso etimologico d’ uno spazio vuoto, quasi vora
r opera dei suoi minori figli, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, li relego nel profondo del Tartaro (i lampi, i tuoni e le tempe
gno di Crono; ma neanche questo doveva esser lungo e felice. Il padre nel momento della sconfitta gli aveva predetto che av
ni geologiche. Alfine i Titani vennero sconfitti, e gittati in catene nel profondo del Tartaro, lasciati loro a guardia gli
fulmini incessanti di Zeus domarono alfine il mostro, che fu gettato nel Tartaro anch’ esso; o, come posteriormente narrav
, si favoleggiò che questi, detronizzato da Giove, si fosse rifugiato nel Lazio, ed ivi nascostosi; donde il nome stesso di
iccola falce in mano. Un busto ben conservato è quello che conservasi nel Museo Vaticano di Roma qui riprodotto (fig. 1). N
la rappresentazione che si scorge in un bassorilievo di un sarcofago nel Museo Vaticano, dove si vedono i Giganti volgersi
pi ricavati da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino. In uno si vede Giove coll’ aqui
n lui risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra gli Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limite alla volontà s
ria, dall’ aspetto fiero e armato alla romana, protettore dei soldati nel basso Impero. 6. La figura di Zeus-Iupiter nella
il tragico Eschilo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filoso
ne era la statua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.) e collocata nel tempio di Olimpia. Così la descrive il Gentile ne
nnano a una dolce mitezza. Celebre è anche la statua detta di Verospi nel Museo Vaticano, la quale rappresenta Giove seduto
trice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capitolino, accanto a quella di Giove. La
isce la dea del cielo luminoso, dell’ etra raggiante che si manifesta nel bagliore improvviso del lampo. Difatti si favoleg
uccise, Atena n’ avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a terrore de’ nemici suoi
na aveva una splendida manifestazione nelle feste Panatenee celebrate nel terzo anno di ogni Olimpiade. Oltre a spettacoli
nsata che tardi, per analogia d’ Atena; ad essa ad es. Pompeo edificò nel 693/61 un tempio nel campo Marzio quando tornò vi
analogia d’ Atena; ad essa ad es. Pompeo edificò nel 693/61 un tempio nel campo Marzio quando tornò vittorioso dall’ orient
nerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran tempio di Giove Capitolino. Altri templi a l
oli). Le attribuzioni e le benemerenze di Minerva ben discorse Ovidio nel terzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatr
erzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatrus; e lo stesso poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e f
to loro con uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conservavano anche nel tempio di Vesta i Romani, credendolo appunto il P
‌ 6. — Nell’ età classica dell’ arte, gareggiarono gli artisti greci nel rappresentare la Dea, ma furono tutti superati da
a ai piedi; nuda le braccia e il collo; il petto coperto dell’ egida, nel cui mezzo effigiato il capo anguicrinito della Me
la vigilante sua custodia, come guardiana del pubblico tesoro deposto nel tempio. La mano sinistra posava leggermente sull’
riprodotta nella fig. 10, che è una statuetta alta un metro, trovata nel 1880 ad Atene. Altre risentono più o meno dell’ i
nza dell’ opera fidiana, ad es. la così detta Minerve au colier che è nel Museo del Louvre. Noi riproduciamo nella fig. 11
nel Museo del Louvre. Noi riproduciamo nella fig. 11 una statua che è nel Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elm
tisti meno antichi; l’ atteggiamento vivace ricorda la statua ch’ era nel frontone orientale del Partenone, rappresentante
ta dove ora è la chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma e conservata nel Museo Vaticano. In tutti questi monumenti la figu
ontano dalle navi, e per nove giorni volarono le sue pestifere saette nel campo greco seminando la morte e la desolazione.
a deità italica, ma è lo stesso Apollo greco, molto per tempo accolto nel Panteon di Roma. Le colonie greche dell’ Italia m
Dei sentono molcersi il cuore. Dei poeti latini ricordisi Orazio, che nel Carme Secolare inneggia appunto a Febo e alla sor
e a tutta Roma eterna pace e grandezza e gloria. Ricordisi Ovidio che nel primo delle Metamorfosi, racconta con soavi versi
da Augusto trasportato a Roma dopo la vittoria di Azio per collocarlo nel nuovo tempio sul Palatino, onde ebbe anche il nom
Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il quale per aver visto Artemide nel bagno fu trasformato in cervo e fatto sbranare dà
ne nacque la leggenda che la Dea avesse ella stessa salvato Ifigenia nel momento che doveva essere sacrificata, sostituend
roduciamo nella fig. 18, una statua trovata a Pompei e conservata ora nel Museo Nazionale di Napoli, rivestita d’ una ricca
’ avvedutezza nei rapporti guerreschi, Ares compiacevasi della guerra nel suo lato più brutale, come strage e spargimento d
rsone appartenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel mese di Marzo, sacro al dio Marte, i Salii percor
special menzione il tempio di Marte Ultore che Augusto fece edificare nel suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli
on si tratta che di rapidi cenni. Lo mette in scena Claudio Claudiano nel carme contro Rufino, dove dice che, invocato da S
t, iun ctoque sequor tentoria curru 10 . Detto questo, Marte scende nel campo con Stilicone e comincia a far strage dei c
ppresentarlo in figura di un giovane gagliardo, bello di forme, fiero nel portamento, con elmo, lancia e scudo. Nella fig. 
ta importanza ha nella natura questo elemento, che non solo apparisce nel cielo come raggiante e riscaldante, ma anche esce
vergognandosi della bruttezza di lui, lo aveva gettato dal cielo giù nel mare; ma che le Oceanidi Eurinome (Eurynome) e Te
’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni di lavoro i Ca
le accese, riportando il premio quegli la cui fiaccola era ancor viva nel giungere alla meta; gioco che doveva ricordare la
e si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio di Vulcano era nel campo Marzio, probabilmente nelle vicinanze del C
giochi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto v
i Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto venivano lucidati ed offerti a Vulcano (ciò
tata Mater, la madre che arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua nel foro vicino a quella di Vulcano; e molte altre co
(lib. 18o), Virgilio nell’ Eneide (8,416 e segg.), Claudio Claudiano nel poemetto sul terzo consolato di Onorio (v. 191),
to Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vulcano con Marte, narrato nel famoso passo dell’ Odissea (lib. 8o) ispirò pure
le. Pero zoppa era la statua fatta da Alcamene, di cui parla Cicerone nel primo libro De Natura Deorum, § 83: in quo stant
sia conduttore delle anime, in quanto guidava le anime dei trapassati nel regno delle ombre, e in certe occasioni anche, pe
dei traffici. Alia sua protezione si attribuiva ogni guadagno, anche nel gioco; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e
do oratore, era il dio che dava facilita d’ eloquio a chi l’ invocava nel momento del bisogno, e in genere proteggeva tutte
l petaso e in mano il caduceo. In origine lo si figurava come un uomo nel pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi
re delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di figurarlo nel fiore della gioventù e senza barba. A quest’ ulti
uest’ ultimo tipo appartiene la celebre statua di Prassitele scoperta nel 1877 ad Olimpia. Disgraziatamente alla statua tro
fattezze del volto, e hanno una cotal finezza d’ espressione come se nel marmo fosse infusa una piacente commozione dell’
tua di Ermes è quella in bronzo, trovata in Ercolano, che ora trovasi nel Museo Nazionale di Napoli, e rappresenta (fig. 26
e. Alfine Zeus sentenziò che per una parte dell’ anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e nel resto dell’ anno tornass
che per una parte dell’ anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e nel resto dell’ anno tornasse tra i vivi. Evidentemen
Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luogo) conservavansi g
arsalo; questo tempio fu costruito con grande splendidezza e dedicato nel settembre del 708 di R. (46 av. C.). Il culto si
; nè meno degno d’ ammirazione l’ elogio che di Venere scrisse Ovidio nel quarto dei Fasti (v. 90 e sgg.), imitando in part
ra l’ altre la Venere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta nel loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla
l’ autore della statua che è detta Venere di Milo, perchè fu trovata nel 1820 nell’ isola di Milo, e che trovasi ora nella
rassitele sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro di Capua, ora nel Museo di Napoli, e la celebre Venere del Medici d
i segnalò per la pittura della Venere Anadiomene che prima si trovava nel tempio di Esculapio a Coo, ma per opera di August
di Esculapio a Coo, ma per opera di Augusto tu portata a Roma e posta nel tempio di Giulio Cesare, il discendente di Venere
3. La dea dei Romani corrispondente ad Estia era Vesta, affine anche nel nome. Vesta pure era la dea del focolare domestic
ma in genere rimanevano tutta la vita al servizio di Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae, di cui non molti anni f
te statuaria. La causa dev’ essere in parte quella espressa da Ovidio nel sesto dei Fasti, dove parlando del tempio tondo d
de a ogni entrare e a ogni uscire. Tutto quello che esiste, in cielo, nel mare, sulla terra, tutto si diceva chiuso e riape
l Quirinale col Latini del Palatino, fece che si adottasse questo Dio nel culto comune insieme con Iupiter e Mars, formando
empio in onor di lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifatto nel 411 di R. (293 av. C.) da L. Papirio Cursore e or
sso il tempio di Quirino, sulla facciata del quale perciò appunto fu, nel 293 av. C., costrutto il primo orologio a sole. S
se descrizioni del levare e del tramontare del sole. Euripide ad es., nel Ione dipinse mirabilmente il sorgente astro di El
e montagne, mentre le stelle rapidamente se ne fuggono per rifugiarsi nel grembo della sacra notte; immagine che si trova a
, in Ovidio, in Manilio, in Claudiano. Il racconto ovidiano contenuto nel primo e nel secondo delle Metamorfosi, va certame
in Manilio, in Claudiano. Il racconto ovidiano contenuto nel primo e nel secondo delle Metamorfosi, va certamente segnalat
ole e del suo carro, specialmente come motivo di decorazione; ad es., nel frontone orientale del Partenone, ad una estremit
no i cavalli di Selene che all’ apparire del raggio diurno si tuffano nel mare. La fig. 32 riproduce un rilievo trovato a T
Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eretta nel 291 av. C., ammirata per la intelligente proporzi
titano Astreo avendo combattuto contro Giove, fu relegato cogli altri nel Tartaro, dicevasi che Eos avesse scelto a sposo i
nell’ Umbria (od. Marche). Servio Tullio ne eresse anche uno in Roma nel Foro Boario, tempio che Camillo ricostrui dopo la
la rugiada. Nel grande rilievo dell’ altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino, rappresentante la Gigantomachia
stellazione; così l’ apparire di Orione nell’ estate al primo mattino nel ciel d’ oriente e il subito suo impallidire al so
Artemide. Lo si figurava come un enorme gigante, che a volte cammina nel mezzo del mare, e pur leva la testa fino alle ste
zione delle Pleiadi, fu oggetto dei mitologici racconti. Essa si leva nel bello del maggio, annunciando la prossima raccolt
ollere seu ponere vult freta 20, e la viva pittura che ne fe’ Ovidio nel primo delle Metamorfosi (v. 264 e segg.). — Invec
i frutti, in genere regolano tutti gli esseri portandoli a compimento nel tempo adatto. Nel mondo morale son esse come Temi
eravano quella che chiamavano Pace (Pax). Augusto le dedicò un altare nel Campo Marzio e ivi venivasi a offrir sacrifizio t
la mano con atto di amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza). V’ è nel gruppo, insieme con certa nobile grandezza, un’ a
iquia di scalpello antico è una statua trovata negli scavi d’ Olimpia nel 1875. È essa una Niche alata, che i Messenii e qu
ella quale scherza il sole dipingendola a mille colori. Così Virgilio nel quarto dell’ Eneide (v. 700):          Iris croc
ueva. Tra i monumenti superstiti ricorderemo la figura di Iride che è nel fregio orientale del Partenone dov’ essa è vicino
vicino ad Era; un’ altra Iride, ma di men sicura identificazione, era nel frontone orientale dello stesso tempio dov’ è rap
ccosto a quella della moglie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove insegnò Antiste
ezza dello Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella nel tempio di Giove Capitolino. Era poi anche natural
o luogo in principio d’ anno. Un tempio particolare a lei fu dedicato nel 193 av. C. presso il Circo Massimo, e un altro ne
ra amato da Giove. Anche questo è il racconto a cui si attiene Ovidio nel decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il quale f
c. av. C., del quale si crede un’ imitazione la statua ora conservata nel Museo Vaticano, che noi riproduciamo alla fig. 43
tele; del primo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto nel tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo
o (fig. 45); bellissimo anche l’ Eros in atto di tender l’ arco che è nel Museo Capitolino (fig. 46). Vi sono anche parecch
bilmente d’ un altro rilievo che, secondo Pausania attesta, trovavasi nel Ginnasio di Elide. III. Divinità della nas
al parto; prima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate nel nono o nel decimo mese di gestazione e nel moment
rima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate nel nono o nel decimo mese di gestazione e nel momento del parto
artula come deità invocate nel nono o nel decimo mese di gestazione e nel momento del parto; poi una Candelifera, riterente
o; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso di accendere una candela nel momento della nascita; e le già nominate Carmente
di formole magiche e col metodo dell’ incubazione. Consistera questo nel portare il malato nel tempio, ed ivi dopo preghie
col metodo dell’ incubazione. Consistera questo nel portare il malato nel tempio, ed ivi dopo preghiere e sacrifizi farlo a
uree sentenze al racconto. Narrazione vivace di colorito leggesi pure nel 15o delle Metamorfosi Ovidiane, ove si racconta l
o felici e per ciò presuntuose; ad es. Erodoto, Pindaro, ecc.; ancora nel 2º sec. dopo C. un poeta cretese, Mesomede, compo
cchezza, in braccio. La fig. 49 riproduce una statua bellissima che è nel Braccio nuovo del Vaticano. La fig. 50 è pure ric
o prosperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, c
nuale, detto Agatodemone, in latino bonus eventus, onorato sopratutto nel tempo della svinatura, ma invocato anche in altre
ta la leggenda secondo la quale Rea Silvia, madre di Romolo, getta.ta nel fiume per ordine dello zio Numitore, fu dal Dio a
a tante antiche statue a noi giunte, citiamo il bellissimo Nilo che è nel Braccio Nuovo del Vaticano (fig. 51). Folleggiano
chio, pieno di senno e di esperienza, che colle sue figliuole abitava nel fondo del mare in una scintillante spelonca. Come
offriva volontieri l’ opera sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo viaggio ai giardini delle Esperidi andò a vis
frequenti le rappresentazioni delle Nereidi, e come le dipinge Ovidio nel secondo delle Metamorfosi:                      
seri mostruosi. Una rappresentazione monumentale delle Arpie si trova nel Museo Britannico, tolta da un sepolcro trovato a
olifemo. III. Posidone-Nettuno. 1. La personalità più spiccata nel regno delle acque, il vero Dio e re del mare, era
divisero la signoria dell’ universo, toccò a lui il regno del mare. E nel profondo del mare si pensava che abitasse in uno
Roma era eretto a Nettuno, trovavasi presso il Circo Flaminio; mentre nel Circo Massimo veneravasi l’ antico Dio latino Con
, eresse, in memoria di queste vittorie, un altro santuario a Nettuno nel Campo Marzio. I Romani davan per moglie a Nettuno
. La più bella rappresentazione poetica del potere di Nettuno leggesi nel primo dell’ Eneide, dove, descritta la tempesta s
arino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che era nel frontone occidentale del Partenone, dov’ era rapp
aziatamente in frantumi. Nella fig. 52 si riproduce il Posidone che è nel Museo Laterano di Roma; corrisponde al tipo che p
ià fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello che Era nel regno dei ci
i, sposa di Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello che Era nel regno dei cieli. Narrava la leggenda, che Posidon
’ unico robusto figliuolo di Posidone e Anfitrite, che con loro abita nel palazzo d’ oro in fondo al mare. L’ immaginazione
i venne diffondendo la credenza in un coro di Tritoni, rappresentanti nel regno marino quel che i Satiri o i Centauri nel r
itoni, rappresentanti nel regno marino quel che i Satiri o i Centauri nel regno terrestre; classe di esseri che vive sulle
a conchiglia che rabbonisce le onde agitate è ben descritto da Ovidio nel primo delle Metamorfosi, dove si racconta il dilu
ati, ecc. Un gruppo degno d’ essere ricordato è quello che conservasi nel Museo Vaticano, rappresentante un ittiocentauro i
lontà divina. Questo è narrato e descritto con vivaci colori da Omero nel quarto dell’ Odissea, dove Menelao parla del prop
oprio viaggio in Egitto; e il passo fu abilmente imitato da Virgilio, nel quarto delle Georgiche, ove narrasi la favola del
viglia che al contatto di un certa erba ripigliavan vita e risaltavan nel mare; allora mangiò egli stesso di quest’ erba e
a; fra i Romani, Cicerone giovane scrisse su ciò un poemetto e Ovidio nel 13o delle Metamorfosi, verso la fine, fa racconta
licerte col nome di Palemone, o protettore dei porti, fosse associato nel culto a Posidone. Così spiegavasi la venerazione
tragici latini Livio, Ennio, Accio; Ovidio ne tessè un vivo racconto nel quarto della Metamorfosi (v. 481 e sgg.) attenend
alla tradizione ellenica, mentre la espose modificata in senso romano nel 6o dei Fasti all’ 11 Giugno, giorno della festa d
d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna di gioco nel momento che il re dell’ Inferno stava per rapirla
mente la leggenda, come fecero Omero nell’ Odissea, Apollonio di Rodi nel Poema degli Argonauti, ma si fè servire il mito a
erano immaginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio nel quinto delle Metamorfosi (v. 552 e sgg.) spiega l
arte tomba aperta ad ogni essere di cui cessa la vita? E dove, se non nel seno ascoso di lei, si ripongono quelle energie c
le cose, che ogni essere vivo inesorabilmente rievoca a sè e accoglie nel suo segreto grembo, quindi divinità ctonica, ossi
figura di donna che sorge dal suolo; tale si vede in un rilievo che è nel Museo Chiaramonti in Vaticano raffigurante Gea in
na bellissima statua sedente, colla scritta Tellus, fu trovata a Roma nel 1872. II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Re
i Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata nel tempio di Pessinunte. Fu portata a Roma ove giuns
o d’ arrivo della Dea; le fu subito votato un tempio, che fu dedicato nel 563/191 poco lungi da quello di Apollo Palatino,
. 3. Poetica descrizione della Dea Cibele e del suo corteggio leggesi nel secondo libro del poema di Lucrezio Sulla natura
teggio leggesi nel secondo libro del poema di Lucrezio Sulla natura e nel quarto dei Fasti di Ovidio. L’ uno e l’ altro acc
n trasformati in delfini, salvo uno che, indovinando un essere divino nel fanciullo, s’ era opposto al mal governo che di l
ntificato con Demetra legislatrice; certo a lei molte volte congiunto nel culto. Anche con Apollo aveva stretti rapporti, p
za sugli otri. 2º Le Lenee, o festa del torchio; aveva luogo in Atene nel Gennaio. Presso il Leneo, uno dei due templi di D
lestivano rappresentazioni teatrali. 3º Le Antesterie; si celebravano nel mese Antesterione (Febbraio-Marzo) e duravano tre
bravano nel mese Antesterione (Febbraio-Marzo) e duravano tre giorni; nel primo festeggiavasi la svinatura o lo spillare il
ra o lo spillare il nuovo vino che allora aveva finito di fermentare; nel secondo giorno, la festa del boccale, si faceva u
que horribili stridebat tibia cantu. 43 Infine ricordisi Ovidio che nel terzo delle Metamorfosi e in principio del quarto
ssitele in poi. A questo appartiene il celebre Dioniso che conservasi nel Museo del Louvre a Parigi; e anche il bellissimo
ategoria. La fig. 57 riproduce la testa di un Dioniso giovanile che è nel Museo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e
di Narciso trovò un narratore pieno di grazia in Ovidio che l’ espose nel terzo delle Metamorfosi. La statuaria antica spes
mmatico che fu denominato « Il dramma dei Satiri » (satyricum drama); nel quale sotto la maschera di Satiri venivano messi
ritogliesse il triste dono, e Dioniso consentì invitandolo a bagnarsi nel fiume Pattolo, le cui sabbie d’ allora in poi div
ella quali orecchie avesse visto al suo padrone; poi rigetto la terra nel fosso. Sorto da quel punto un boschetto di tremul
ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta fa di lui ebbro e immerso nel sonno, è vivissima; poi lo descrive mentre canta,
a loro più bella forma poetica da Ovidio, il quale discorre del primo nel sesto delle Metamorfosi, descrivendone il suppliz
A tacere d’ Ovidio che la bella leggenda della ninfa Siringa racconta nel primo delle Metamorfosi, e ricorda la gara musica
roposito del re Mida, e anche altrove menziona il culto di Pane, come nel secondo dei Fasti (vv. 271 e sgg.), nessuno può d
suno può dimenticare la vivissima pittura di Pane sonante che leggesi nel quarto libro del poema di Lucrezio, ov’ è detto c
Fistula silvest rem ne cesset fundere musam. 44 Anche Silio Italico nel 13o delle Puniche ha una rappresentazione veramen
tempo della venuta di Enea in Italia, secondo il racconto di Virgilio nel settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo d
no detta appunto Lupercal, quella stessa che l’ arcade Evandro venuto nel Lazio e benignamente accolto dal re degli Aborige
i abbondante il fumo del sacrifizio e in larga copia si versa il vino nel cratere, scherzano i greggi sul campo erboso, tut
n bel Fauno in marmo rosso, dell’ età imperiale, s’ ammira anch’ oggi nel Museo Capitolino. La Dea Bona poi si rappresentav
a era il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia), nel quale gli schiavi godevano piena libertà, si vest
catore, sempre senza frutto; infine prese forma d’ una vecchia, entrò nel suo orto, lodo frutti maturi curati da lei, con d
asi fatta sposa a Vertunno. 2. Una statua sacra a Vertunno era a Roma nel vicus Tuscus, via molto frequentata tra il Foro,
dell’ amore di Vertunno e Pomona forma argomento di un bell’ episodio nel decimoquarto delle Metamorfosi (623 e sgg.). In a
no corone in testa, e tra i copiosi flori i devoti della Dea raccolti nel tempio di lei presso il Circo abbandonavansi a gi
e in suo onore. In arte soleva costei rappresentarsi come una giovane nel fiore dell’ età, con corone di flori in testa e m
eneranda, canuta, longeva » ecc. ma chi ne parla più a lungo è Ovidio nel quarto dei Fasti ove spiega e descrive le teste d
protezione anche i confini dello Stato; come tale aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel t
le aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termine; giacch
ere acclusa nell’ area del nuovo edificio. 2. Di Termine parla Ovidio nel secondo dei Fasti, e spiegando le feste in di lui
appartossi dall’ Olimpo, e prese a vivere in luoghi solitari immersa nel suo dolore, mentre intanto cessava la fertilità d
sopra, e nottetempo, celandosi allo sguardo dei genitori, lo mette va nel fuoco per purificarlo. Una volta Metanira insospe
ita stette in agguato e colse la nutrice in atto di gettar suo figlio nel fuoco. Die’ in acuto grido temendo per Demofoonte
la collina sulle sponde dell’ Ilisso ove si celebravano, avevan luogo nel mese Antesterione (Febbraio) e alludevano al rito
glio primaverile della vegetazione. Le grandi Eleusinie, celebravansi nel mese Boedromione (seconda metà di Settembre) e al
iscesa di Persefone agli Inferi, ossia al rientrare della vegetazione nel letargo hivernale. Queste duravano ben nove giorn
far della sera, portavau fiaccole in mano, e così entravano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore di miglia
rova cenno di questi miti; ricordiamo solo la vivace narrazione che è nel quarto dei Fasti Ovidiani (v. 417-618) ove il rat
l Partenone, opera di Fidia. Quasi contemporaneo è il rilievo trovato nel 1859 ad Eleusi, rappresentante Trittolemo tra le
ig. 67). Nè è men bella la Cerere della pittura pompeiana, conservata nel Museo di Napoli, dov’ essa figura sedente in tron
one ricomparisce a’ nostri occlii, per avvizzire di nuovo e ritornare nel nulla al tardo autunno. Gli Attici chiamavano que
ina come moglie di Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto che nel culto di Cerere con lei si identificò la dea Libe
, perchè ancora è sconosciuta ad Omero. Come re delle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualcosa di sinistro e di
suo nome); ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni speranza lasci; le porte di ess
Plutone diedero compagna Proserpina, e questa le venne associata come nel regno così nel culto. Anche Plutone e Cerere si t
compagna Proserpina, e questa le venne associata come nel regno così nel culto. Anche Plutone e Cerere si trovano menziona
a. Un tempietto a Dite sorgeva presso l’ altare del tempio di Saturno nel Foro. Un altro altare sacro agli Dei infernali tr
Saturno nel Foro. Un altro altare sacro agli Dei infernali trovavasi nel campo Marzio, costruito sotterra; ivi si sacrific
ando scoppio aspra contesa tra gli Dei presso Troia, come si descrive nel 20º canto, avendo Posidone dato col tridente una
do chi tentasse riuscire a riveder le stelle. Appena entrate le anime nel regno di Ade, erano sottoposte a giudizio davanti
erano inviati ai Campi Elisi ove erano eternamente felici, i reprobi nel Tartaro, ove dalle Erinni e da altri infernali mo
i che erano giudicati nè buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere nel prato di Asfodillo, dove, ombre senza sostanza, c
tutti l’ 11o libro dell’ Odissea dove si descrive l’ andata di Ulisse nel paese dei Cimmerii e l’ evocazione dell’ ombre e
ndo i minori, noi ricorderemo solo la bella pittura che fece Virgilio nel sesto dell’ Eneide narrando la discesa di Enea al
esa di Enea all’ Averno, e la non meno vivace descrizione che leggesi nel quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito d
so colpevole di qualsiasi violazione dell’ ordine morale specialmente nel cerchio dei rapporti di famiglia. Secondo Esiodo
, o Potnie (venerande) o Ablabie (innocenti). Loro attributo costante nel culto era il serpente, simbolo in genere delle di
ratonicea godevano molta ripntazione; ma in genere essa era associata nel culto con altre divinità, come Apollo, Artemide,
Ecate da collocarsi all’ ingresso dell’ Acropoli d’ Atene. Così pure nel rilievo del grande altare di Zeus a Pergamo Ecate
. Però è da notare che ab antico avevano essi il loro Dio della morte nel così detto Orcus, l’ accoglitore (cfr. arca, arca
ove riponeva le ombre come il mietitore raccoglie il frumento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armat
tte. — Ma la più bella descrizione del Sonno e della sua casa leggesi nel decimoprimo delle Metamorfosi d’ Ovidio (v. 592
pio di Vesta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’ oggiunga che nel punto più riposto del tempio si conservavano le i
i uomini, come ad es. quando un cadavere rimaneva insepolto, o quando nel seppellirlo non erano state osservate tutte le pr
trova nell’ Aulularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel prologo, e gli fa raccontare la storia d’ un cert
tettori contro i nemici, dei Lari permarini a cui fu eretto un tempio nel campo Marzio in seguito a una vittoria navale (a.
fosse vecchiezza; dopo lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’
la gran madre. Il figlio di Prometeo acutamente interpreto l’ oracolo nel senso che le ossa della terra fossero le pietre;
mpiuta enumerazione; qui ricordiamo soltanto il lungo passo di Esiodo nel poema delle Opere e dei Giorni (v. 109 e seg.), e
e e dei Giorni (v. 109 e seg.), e la bella notissima narrazione che è nel primo delle Metamorfosi Ovidiane. Anche del diluv
e colorita descrizione della lotta fra i Lapiti e i Centauri leggesi nel 12o delle Metamorfosi Ovidiane. Il racconto è mes
obabilità l’ ordine delle figure. Un’ altra Centauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rapp
Partenone. Di quest’ ultime un buon numero esiste ancora, conservate nel Museo Britannico di Londra; sono varie scene, ora
loro complesso volevan significare la lotta degli uomini inciviliti ( nel nostro caso gli Ateniesi condotti da Teseo) contr
aciute le non meno belle rappresentazioni di Centauromachia che erano nel fregio del tempio di Apollo Epicurio a Basse pres
struito nei migliori tempi dell’ arte greca. Detto fregio fu scoperto nel 1812 e se ne conservano importanti frammenti nel
o fregio fu scoperto nel 1812 e se ne conservano importanti frammenti nel Museo Britannico. Anche statue di Centauri iso
o, oltrechè nelle Fenicie di Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terzo delle Metamorfosi di Ovidio. Poche le rappr
la. 2. Al vivo e commovente racconto che di questo episodio fa Ovidio nel terzo della Metamorfosi fanno riscontro le molte
Riproduciamo nella fig. 75 un piccolo gruppo in marmo che conservasi nel Museo Britannico. Ivi Atteone non ancora trasform
detta di Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entrasse presto nel dominio della letteratura e dell’ arte. La letter
simo di menzione il celebre grandioso gruppo in marmo che si conserva nel Museo Nazionale di Napoli, detto il Toro Farnese,
e Taurisco di Tralle in Caria, appartenenti alla scuola rodia fiorita nel 3º sec. av. C. Il monumento eretto originariament
sto venne in possesso di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima n
ò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima nel palazzo Farnese, nel 1786 passò a Napoli con l’ e
1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima nel palazzo Farnese, nel 1786 passò a Napoli con l’ eredità Farnese. La sc
obe. Chi non ricorda le superbe parole messe a lei in bocca da Ovidio nel sesto delle Metamorfosi, poi la descrizione viva
i Scopa. Il gruppo fiorentino fu trovato nelle vicinanze del Laterano nel 1583; appartenne al Cardinal Medici e nel 1775 fu
elle vicinanze del Laterano nel 1583; appartenne al Cardinal Medici e nel 1775 fu portato a Firenze. Le singole statue sono
. Se la grandiosa composizione dei Niobidi fosse in origine collocata nel frontone di un tempio o se le statue fossero ordi
genda, solevano recidersi la mammella destra per non aver impedimenti nel maneggio dell’ arco; il loro regno si diceva esse
padocia presso il fiume Termodonte con Temiscira per capitale, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide
istiche dell’ antica Grecia e di Roma. Un lungo racconto si legge già nel sesto dell’ Iliade (v. 150-211). Poi si sa che So
re la Chimera di Arezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conservasi nel Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni
Policleto con una statua di bronzo che fu conservata parecchio tempo nel tempio di Artemide in Efeso. Anche ora molte stat
crede risalga al tipo di Policleto; bellissimo esemplare se ne trova nel Braccio nuovo del Vaticano e altri altrove.
e pel cielo spinta dal vento tempestoso. 2. La favola, appena entrata nel dominio delle lettere, ha subito molte alterazion
era entrata in rapporti colla regione del Nilo. In ogni modo il mito nel suo insieme già leggesi in Esiodo; poi ne fè cenn
mondo, di attingere continuamente acqua in un vaso senza fondo. Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gl
n le cose d’ Egitto. Il significato naturale del mito deve ricercarsi nel fatto dell’ esservi nel territorio Argivo molte s
significato naturale del mito deve ricercarsi nel fatto dell’ esservi nel territorio Argivo molte sorgenti ma facilmente di
a favola, così nemici fra loro che già litigavano quando erano ancora nel seno materno. Preto, cui nella divisione della pa
lestiti dai Larissei in onor di lui, egli uccise Acrisio per isbaglio nel lanciare il disco. Di poi, vergognandosi di entra
a di Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egiziana; infine anche nel Lazio si favoleggiava che la cassetta contenente
Per tempo le avventure straordinarie e commoventi di Perseo entrarono nel dominio della letteratura e dell’ arte. Già Esiod
ide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricordato il racconto di Ovidio, nel quarto e quinto delle Metamorfosi, dove specialme
n rilievo marmoreo proveniente dalla villa Panfili, e che ora trovasi nel Museo Capitolino. Rappresenta la liberazione di A
in parecchie pitture pompeiane, e in un altro rilievo marmoreo che è nel Museo di Napoli. Solitamente Perseo vien raffi
non separata dal fratello a condizione che un giorno fossero entrambi nel mondo dei morti, un altro giorno godessero entram
ezione e immagini loro trovavansi anche ad Olimpia. Anche Roma eresse nel Foro un tempio ai Dioscuri, del quale rimangono i
e la facesse dare dai tanto lodati Dei. Orbene celebrandosi poco dopo nel palazzo di Scopa un solenne banchetto a cui era s
Gli abitanti dell’ Attica, come gli altri Greci, si ritenevano nati nel suolo o autoctoni. Il mitico personaggio a cui es
o, si favoleggiò che fosse venuto dall’ Egitto e precisamente da Sais nel basso Egitto. All’ essere nato dal suolo invece a
rittonio, e la discendenza del re d’ Attica. 1. A Cecrope successe nel regno dell’ Attica Cranao, da alcuni detto suo fi
venuto il diluvio Deucalioneo. Cacciato Cranao, si dice sia succeduto nel governo di Atene un Amfizione, figlio di Deucalio
zione colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa Dea nel suo santuario dell’ Acropoli, e fatto poi re di A
l’ antica, conosceva anche un secondo Eretteo, fissando la genealogia nel seguente modo. Il primo Eretteo o Erittonio sareb
o Eretteo o Erittonio sarebbe stato padre di Pandione succeduto a lui nel regno; Pandione avrebbe avuto dalla ninfa Zeusipp
tò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che so
sata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli e
nione di Pasifae con un toro mandato da Posidone, nascosto da Minosse nel labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo di una
he Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare nel labirinto, uccidere il Minotauro, e appresso ritr
appresso ritrovar la via d’ uscire. Come poi Ariadne accompagnò Teseo nel suo ritorno, come a Nasso fu da lui abbandonata,
fu da lui abbandonata, e divenne moglie di Dioniso, già s’ è narrato nel capitolo relativo a questo Dio. Nel ritorno ad At
a i pubblici monumenti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così nel tempio detto di Teseo le metope portavano in rili
cidentale a figurare la lotta degli Ateniesi contro le Amazoni. Anche nel campo dello scudo di Atena Parteno era raffigurat
icorderemo un bel rilievo della villa Albani in Roma, figurante Teseo nel momento che trae fuori ili sotto il masso la spad
sonificazione della luna); da cui gli nacquero Catreo, suo successore nel governo, Deucalione, Glauco e Androgeo e alcune f
anco in Attica, dove egli prese Megara cagionando la morte al re Niso nel modo sopra narrato, e ridusse alle strette il re
o toro, bello e forte e bianco come la neve. Minosse n’ ebbe conferma nel diritto al trono, ma la bellezza del toro gli sug
i corpo umano con collo e testa di toro, che Minosse fece rinchiudere nel labirinto costruttogli da Dedalo. Questo celebre
erati venendo a Creta e coll’ aiuto di Arianna e di Dedalo penetrando nel labirinto e uccidendo il Minotauro, s’ è narrato
edalo penetrando nel labirinto e uccidendo il Minotauro, s’ è narrato nel precedente capitolo. Qui s’ aggiunga che Dedalo,
o, per punizione d’ aver aiutato Teseo, fu rinchiuso col figlio Icaro nel labirinto. Ma egli non sgomentatosi pensò sfuggir
erno. Dei figli di Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di cui una, Erope,
a leggenda del rapimento d’ Europa fu trattata poeticamente da Ovidio nel secondo delle Metamorfosi (844-855); e dal medesi
giorno l’ isola, e se qualche straniero tentava avvicinarsi, saltava nel fuoco fino a diventar rovente, poi abbracciava i
Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi nel quarto delle Argonautiche racconta poeticamente (
e Argonautiche racconta poeticamente (v. 1638 e seg.) la morte di lui nel modo sopra riferito. Questo stesso tema si vede t
quest’ ostilità fin dal primo di lui nascimento. Perchè, avendo Zeus, nel giorno in cui Alcmena doveva dare alla luce i due
a rapidi progressi nelle cose di guerra, essendo da Eurito esercitato nel trar d’ areo, da Autolico nella lotta, da Castore
rito esercitato nel trar d’ areo, da Autolico nella lotta, da Castore nel maneggio dell’ armi, da Anfitrione stesso nel gui
nella lotta, da Castore nel maneggio dell’ armi, da Anfitrione stesso nel guidare i cavalli, rimaneva addietro nell’ arti m
li fu suggerito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorprese nel sonno e lo tenue stretto fintantochè n’ ebbe la n
s’ incaricava di andar lui a prendere i tre pomi d’ oro purchè Eracle nel frattempo sostenesse egli la volta del cielo. E q
alia (luogo incerto, dagli uni viene collocata in Tessaglia, da altri nel Peloponneso sul confini dell’ Arcadia e della Mes
lla figliuola Iole in isposa a chi sapesse vincere lui e i suoi figli nel trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano di Iole;
oracolo di Delfo, n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far violenza nel tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo s
o col figliuoli, e la bella Iole cadde in mano del vincitore. Ma ecco nel ritorno a Trachine, Deianira, saputo di Iole, cre
afferrò il messo Lico che gli aveva portata la veste e lo scaraventò nel mare, dove divenne uno scoglio. Egli s’ avviò a T
a natura, a benefizio degli uomini? Dopo l’ apoteosi, in tempo in cui nel concetto del divino si rinchiudeva un profondo co
tudine a suo padre Giove che gli aveva fatto scoprir il furto, eresse nel luogo della zuffa un altare in di lui onore e gli
cole nella religione romana. Gli fu dedicata la così detta Ara Maxima nel Foro Boario, tra l’ Aventino e il Palatino, e a p
cendo di altri epici minori, è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, in
è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, intitolato « le gesta di Eracl
così poetiche leggende come quelle d’ Ercole; quindi troviamo narrata nel nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel pos
a Deianira allo sposo e la dolorosa morte dell’ eroe sul rogo. Ancora nel duodecimo libro è menzionata la lotta di Ercole c
sippo, della giovane scuola Argiva, il quale si compiaceva di rendere nel bronzo la bellezza corporea, considerata così nel
tantino la portò a Costantinopoli; ivi al tempo della crociata latina nel 1204 venne fusa. Rappresentava Ercole seduto coll
« Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Terme di Caracalla, ora nel Museo Nazionale di Napoli (v. la fig. 85). L’ ero
e e quelle del tempio di Zeus in Olimpia, di cui alcune si conservano nel Museo del Louvre a Parigi; notevole sopra tutte q
a più di frequente è la lotta col centauri; ve ne son gruppi statuari nel Museo di Firenze e pitture vascolari in vasi di V
ncontro col centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeiana che è nel Museo di Napoli; l’ eroe porta in collo il piccol
entazione in un sarcofago proveniente dalla Panfilia e ora conservato nel museo Capitolino. — A ricordare l’ incontro di Er
llora Altea soffocando in sè il sentimento materno, ripose il tizzone nel fuoco, e così il nobile e coraggioso eroe, nel fl
rno, ripose il tizzone nel fuoco, e così il nobile e coraggioso eroe, nel flore della gioventù, come divorato da un fuoco i
lo, non differisce dalle altre leggende regionali di cui s’ è parlato nel capitolo precedente, e in fondo si tratta di un m
a figura 87 riproduce appunto una statua di questo genere, conservata nel Museo Vaticano. Si avverta quel non so che di mal
a nel Museo Vaticano. Si avverta quel non so che di malinconico che è nel viso di questo bel giovane. II. La spedizio
co l’ ariete a Zeus protettore de’ fuggenti, e appese il vello d’ oro nel bosco di Ares facendovelo custodire da un terribi
cui il maggiore chiamavasi Esone (Aeson). Questi succedette al padre nel regno, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pe
o d’ oro. Di qui la spedizione degli Argonauti. Giasone fe’ costruire nel portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal
all’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno dalla Colchide avevano naufragato a quell
ino che aveva portato con sè, Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno nel mare; sicchè quei di Eeta si trattenevano a racco
sone lo combattè ed uccise. Rispetto alla via seguita dagli Argonauti nel ritorno, vi sono dati molto diversi. Secondo gli
ebbero giunti nell’ Oceano Orientale, e di là attraverso il Mar Rosso nel Nilo, ovvero per il deserto libico, attraverso il
o libico, attraverso il quale la nave Argo sarebbe stata trasportata, nel lago Tritonide e nel mare Mediterraneo; secondo a
il quale la nave Argo sarebbe stata trasportata, nel lago Tritonide e nel mare Mediterraneo; secondo altri ancora, gli Argo
ano Occidentale, e di là per le colonne d’ Ercole sarebbero rientrati nel Mediterraneo. — Alla fine tornò Giasone felicemen
monumenti d’ arte concernenti questa leggenda. Un bel bassorilievo è nel Museo Lateranense, e rappresenta Medea in atto di
i, per far ringiovanire Pelia. Anche la così detta Cesta del Ficoroni nel Collegio Romano ha una notevole rappresentazione
go in cerca di pace, finchè a Colono, demo dell’ Attica, ebbe rifugio nel bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la sua tomba
Ares; allora tutto a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio di resistere anche al fuoco di Zeus,
elebre per la sua straordinaria felicità e ricchezza, precipitato poi nel fondo d’ ogni male, e punito in inferno in quel m
alla luce Achille, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò nel momento che nel fuoco voleva rendere immortale il
e, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò nel momento che nel fuoco voleva rendere immortale il figlio, così co
tellastro Teucro ebbe un bel posto tra i guerrieri per la sua abilità nel trar d’ arco. Di molto inferiore ad Aiace Telamon
ll’ altro detto « il grande », era segnalato specialmente per abilità nel lanciar dardi e per velocità, nella qual virtù so
e di questo fu figlio Anchise padre di Enea. Ilo andò a porre stanza nel piano dello Scamandro, e ivi fondò la città di Il
ossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio s
o, ma a motivo di un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecuba nel dar alla luce questo figliuolo, fu esposto appena
da lei prescelto, quando questi fosse assalito. In breve si raccolse nel portò beotico di Aulide una ragguardevole flotta
to la caduta di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di quell’ immenso cavallo, gli altri bruci
iglio di Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposata. Menelao nel suo sdegno contro la infedele donna avrebbela ucc
nna avrebbela uccisa, se l’ incanto della sua bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatto cader l’ arme di mano. Le
che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratto della statua e tutti insieme fuggirono scam
di nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e di qui avendo strappato per for
ebbero pure due altri guerrieri greci, Filottete e Idomeneo, giacchè nel ritornare ciascuno alla propria patria, l’ uno in
sta furono trasportate di nuovo in occidente. e) Allora Ulisse capitò nel paese dei Lestrigoni, giganti e antropofagi. Cost
cidente, di là dall’ Oceano, per potere presso i boschi di Persefone, nel vestibolo dell’ inferno, interrogare l’ anima di
garono Penelope a finir l’ opera. Ella vinta promise fissar un giorno nel quale avrebbe scelto fra i Proci il suo secondo m
in mare diretto in occidente. Una terribile tempesta avendolo spinto nel mar Ionio, capitò anzitutto nelle isole Strofadi
atto, riprese il viaggio e veleggiò sino alle foci dei Tevere e scese nel territorio di Laurento, il cui re Latino l’ accol
il trionfo di Enea. Il quale, poichè anche Latino morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome di sua m
i alle leggende degli Eacidi. Specialmente la tragedia s’ aggirò come nel suo proprio elemento fra argomenti del ciclo troi
secondo luogo va ricordato il celebre gruppo di Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna presso le terme di Tito a Roma,
per il padre suo, al quale si volge con pietà e sgomento. E il padre nel mezzo, preso fra le spire dove sono più vigorose
rti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle sue forze. — Varie scene della
i di un bassorilievo marmoreo del tempio di Pallade in Egina scoperti nel 1811 e conservati ora nella gliptoteca di Monaco.
anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste nel momento che si rivedono nella casa paterna contam
opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasitele fiorito nel 1º secolo av. C. Capitolo quarto. Vati, po
aturale venisse ricordata e celebrata dai cantori popolari e entrasse nel dominio della leggenda. Or la virtù dell’ ingegno
la virtù dell’ ingegno s’ esplicava nell’ età eroica in tre modi, a) nel vaticinar l’ avvenire, b) nel poetare e cantare c
licava nell’ età eroica in tre modi, a) nel vaticinar l’ avvenire, b) nel poetare e cantare con accompagnamento della cetra
vvenire, b) nel poetare e cantare con accompagnamento della cetra, c) nel fare opere d’ arte; quindi le tre categorie dei v
perso la vista, secondo alcuni per opera d’ Atena che era stata vista nel bagno da lui, secondo altri per aver egli rivelat
o i Tebani. Dopo la caduta di Tebe, trovò la morte nella fuga; ancora nel secondo sec. dopo C. si indicava la sua tomba nel
commosse. Gli fu concesso che Euridice seguisse un’ altra volta Orfeo nel regno della vita, a questa condizione che durante
avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di
iscesa all’ inferno di Orfeo trova un interprete eloquente in Ovidio, nel decimo delle Metamorfosi. L’ efficacia del canto
disposa la poesia al suon della lira… La medicina è un mio trovato, e nel mondo son detto il soccorritore, e soggetta a noi
mi e si vedono uscir fuori le colline; ecco il mare rià i suoi lidi e nel loro alveo contengonsi i pieni fiumi; scopresi la
mia che non ha pare. Zeus Padre, e tu deh muta il tuo talento! Che se nel voto temeraria io sono, Pel figlio mio concedimi
4 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
lib. 3. de off. A nibili giovanetti studenti delle belle lettere nel seminario di cava L’autore F in da quel
no di menar a fine quel compendio di Mitologia iconologica, che un dì nel vostro seno da antecessore sedendo a vostre premu
ve occupazioni l’affetto fin a guadagnarsi un dominio quasi esclusivo nel cuore, cambiando in meglio i consigli fermo risol
il fresco impronto mostrando della testè conseguita pubblica ragione nel vostro gentil seno, quasi a prefisso suo centro,
suo centro, lasciasi affettuosamente cadere. Io mi avventuro, che voi nel distender graziosi la mano ad accoglierlo, e nel
i avventuro, che voi nel distender graziosi la mano ad accoglierlo, e nel piegar curiosi lo sguardo a percorrerlo possiate
fet nell’Occidente. Toccata la Grecia anch’essa dallo stesso contagio nel suo seno introdotto da Fenicii, nelle stesse mise
to tramandò a’Romani, i quali quantunque eran non solo nelle armi, ma nel giudizio ancora, come pur si pretende, superiori
foggie nuove, Mostrò nell’ Etra alma possente, e lieta, Tien l’impero nel Ciel, tutto decreta, E solo il Fato al suo piacer
Ciclopi. Non godè egli però dopo tal divisione una lunga tranquillità nel suo Regno, perche più guerre a lui mosse lo tenne
potere, e col favor di altri Dei combattendo li vinse, li conquise, e nel Tartaro in pena dell or superbo attentato li conf
o Giove però coraggioso per la prima vittoria contro i Titani, severo nel ciglio, intrepido nel cuore, forte nel braccio im
o per la prima vittoria contro i Titani, severo nel ciglio, intrepido nel cuore, forte nel braccio impugnando i vulcanei su
ttoria contro i Titani, severo nel ciglio, intrepido nel cuore, forte nel braccio impugnando i vulcanei suoi fulmini gravem
es, solomque redueit (1). Sue nozze Un tal Nume impertanto sentendo nel seno la forza delle suscitate passioni, nè valend
re de’ navilii, cui solo perciò ricorrere dovea ogni pilota semprechè nel funesto pericolo scorgevasi di divenire degli inc
i le feste sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri nel mese di Agosto, come si pretende, ed altre quelle
facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor di
alor venghi distrutto. È questi quell Vulcan Nume abborrito, Che ebbe nel cor troppo impudenti voglie, E ad onta di ciascun
Lenno l’infausto fato, cui cadendo andava egli soggetto, richiamando nel lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spoglia
ostrato si era con lui ; laonde benchè distratto da mille occupazioni nel favorire e Dei, ed uomini di buon genio ; pronto
ola, dritto più non avea alla corsa, e colui, che ceduto aveva altrui nel corso, in segno della perdita fatta ceder dovea a
ozze, e perciò nessun’altra si elesse per sposa, fuorchè Nerione, che nel Sabino linguaggio significa forza, benchè per alt
ficenza d’imprese, quod magna vertat. Dicevasi Gradivus dalla vigorìa nel brander la sua asta : Ab hastae vibratione. Nomi
rie da celebrarsi pria delle calende di Marzo colla corsa de’ cavalli nel Campo Marzio, e quelle fissate da Numa(1) chiamat
doti Salii, e quelle finalmente chiamate Marziali solite a celebrarsi nel Circo in Maggio, ed Agosto. Sue vittime Ogni qua
man, col piè veloce, Che vola allor che passa, e resta muto Qualunque nel parlar abbia pìù voce. Egli porta i precetti a Gi
però la fortuna di sottrarsi del tutto all’ altrui vigilanza, mentre nel meglio del suo nero attentato fù veduto dal vigil
di paragone) acciò cosi egli restasse al coverto del furto, e quegli nel tempo stesso il fio pagasse di sua infedeltà, ram
strinsero, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbandonati sensi di fratern
di oro per significarci la sua aurea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuovere gli ascoltatori, ed attirare a se i lo
lla, e la terra dippiù obbligò con solenne giuramento a negarle asilo nel vasto suo seno. Nè contenta di questo da sozzo fa
enti suoi amori. Le stesse disavventure ebbe egli parimenti a provare nel corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò pi
corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò più tosto abbandonarsi nel seno del mare, che nelle braccia lasciarsi dell a
. Riacquistata finalmente la grazia dí Giove, e chiamato novellamente nel cielo chi mai creduto non avrebbe esser per lui t
del Serpente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuoch
a donne infide il telo. Europa, Danae, ed Alcmene un giorno Destaron nel suo sen la voglia rea Di punir l’opre di fatal ri
oiche il destino decretato aveva poter Proserpina uscir da quel luogo nel solo caso, in cui gustato non avesse alcun frutto
ngiato perciò in civetta, non poteva da quel luogo mai più partire, e nel seno ritornare dalla afflitta sua madre. E cosi i
dalle funzioni doveansi tenere, finchè scorsi cinque anni passassero nel grado di Efori, cioè contemplatori ; soggetti per
oluto profittarne, così diffuse le scintille dell’innocente suo fuoco nel petto de’ mortali, che sentendone questi le dolci
, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione, e di cu
sibbene le loro rispettive case, e famiglie. Il pietoso Enea infatti nel fuggir dalle consumatrici fiamme della cara sua T
ne rifulse la gloria, qualora gran fiamma d’amore per essa si accese nel petto del religioso Nume II. Re de’ Romani. Ordin
sì insieme con la madre distruggere quanto di prodigioso portava ella nel seno. Deluso però restò ne’ suoi sciocchi consigl
un di vantossi di esser simile a questa Dea, e forse suporiore ancora nel lavoro de’ suoi gentili ricami, avvegnachè nella
a ? E che altro fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiac
esta verginella, e profetessa figlia di Priamo Cassandra rifuggiatasi nel suo tempio per soccorso, e salute ? Illustri esem
a, e tutta piena di gravità, e contegno, di fisonomia molto bella, ma nel tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adorn
della bellezza. Dichirazione, e sviluppo Non fia maraviglia se nel parlar di questa Dea regina delle grazie, e madre
la loro stessa condizione, io non posso, ne debbo svelare quello, che nel seno dell’obblio merita essere ragionevolmente se
come della sfrontatezza di essa nell’agire, cosi di mia riserbatezza nel favellarne. Chi fù Venere. Nacque Venere dalla s
enere dalla spuma formatasi intorno alle recile parti di Urano cadute nel mare ; non altrimenti che dal sangue dello stesso
e qual cosa invero più inganna, che l’amore, quale lusingando i sensi nel cuor trasmette i velenosi suoi strali ? fù detta
chirazione, e sviluppo Chi fù Diana. Germoglio quanto travagliato nel seno della terra, altrettanto ridente spuntato su
ltrettanto ridente spuntato sul piano la presente Dea rassembra. Essa nel seno della perseguitata Latona sua madre rinchius
erbar perpetua la sua Verginità. Laonde grandetta già divenuta, acciò nel suo seno non si accendesse la molle fiamma temuta
; quali tutte affinchè ne’discorsi, e ne’tratti non le avesser recato nel tempo almeno di ristoro qualche occasione, o peri
quelle occasioni ancora, che in qualunque maniera potevano svegliarle nel seno l’abborrito piacere del senso. Sue vendette.
uoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di già compendiati nel suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effig
uchi umane vittime, almeno secondo Erodoto in Melp. i miseri annegati nel mare ; dippiù scelti bovi, e secondo Euripide, le
esse magnae Dianae, Iovisque prolis  ?(1) quale ammirabile tempio poi nel giorno, in cui nacque Alessandro fù incendiato da
ndi è, che domandato un dì Talete qual cosa fosse la più insuperabile nel mondo, tosto rispose, come abbiamo da Laerzio : I
d istituire sacrificii, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma nel seno della stessa sua necessità mal grado il suo
he altro vollero essi intendere col pingerlo tutto truce, e furibondo nel viso, se non perchè non era mai da piegarsi a qua
ro pretesero col pingerlo bendato, se non che la sola nccessità aveva nel suo governo per guida ? E che altro dargli nelle
dì troppo severa Par che a figli togliesse ogni speranza, Ebbe primo nel ciel divina stanza Quando formò de’ Dei la vasta
per mantenere inviolata al suo fratello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede, gli furono di alcun giovamento
mento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno gli permise non solo il soggiorno, ma c
in guisa la terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e nel seno di questa ogni frutto bramato senza stento b
barba, e con calva testa, mostrando nella fronte due occhi lipposi, e nel volto palesando il travaglio della sostenuta ined
o sempre uniforme, e costante. Singolari furono si nelle offerte, che nel modo di ofrire i sacrificii istituiti in onor di
o secondo Tito Livio da’ Consoli Sempronio, e Minucio. Queste sebbene nel principio di loro istituzione occupavano un giorn
enenti maniere, con cui accolse l’esule Dio Saturno, il liberal genio nel volerlo seco nei consigli, l’ardente deslo in ist
volerlo seco nei consigli, l’ardente deslo in istabilirlo seco stesso nel trono renderonsi tributaria la benevolenza di que
a di quel Nume a tal segno, che in grazia di costui non sol vide egli nel suo regno civilizzato ogni animo, appaciato ogni
n tal seducente Nume a fargli mietere quelle pene, che seminato aveva nel Cielo, non avrebbero al certo mai più acquistata
ae, quem non Steneleus hostis Non potuit Juno vincere, vincit amor E nel secondo de Art : volendo annoverare le triste mac
bastante. Si cruccia, si addolora, e avvien che morda I labbri spesso nel dolor caduto, E co’ mugiti il cielo e il mondo as
ciel, eccovi Pluto. Dichirazione, e sviluppo Mio pensier non è nel favellar di questo infernale Nume con profusa pen
e ? Orrore formavano i tre giudici Minosse, Eaco, e Radamante, che là nel campo della verità fra il tartaro, e gl’Elisii al
che aggirandosi intorno al trono del lor Sovrano scarme, ma foribonde nel viso, con impazienza attendevano il cenno, onde s
a lunghe corna spuntale dalla abbronzita sua fronte, fuliginoso tutto nel viso, con folta, e nera barba fino al suo petto,
moglie in segno di onore sacrificavansi nere vacche, sempre però pari nel numero, a distinzione delle celesti Divinità, all
la sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta
ere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da tal pensiere presa la Dea nel venir ad esso Giove sotto foggie mortali in grazi
troppo chiari segni di sua arditezza si in cielo, che in terra ; ivi nel combattere coraggioso contro i Giganti a favor de
e coraggioso contro i Giganti a favor del sno buon padre Giove, e qui nel rendersi padrone dell’ Arcadia, e della Siria con
infuriata miseramente trafitto ; e le Meneidi, che per aver lavorato nel giorno delle sue feste, ebbero a perdere l’antica
i matura uva additando nell’altra. Da ciò ne avvenne, che le Baccanti nel sollennizzar le sue feste al par del lor Dio si a
le Sonetto C olle torri sul crin superba, e forte Si mostra nel poter la Dea Tellura, Che tutti unisce i pregi di
eterle l’atteggiamento di augusta matrona ? Se la terra è equilibrata nel suo peso, giusta le leggi de’planetarii corpi, co
le chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizi
a Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizie, i suoi tesori, e co
fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotonda si divisa nel suo globo la terra, come non collocar al fianco d
venne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Almone la sua statua detta venne Lavazione.
l Dea, come ragiona Agost. lib. 2. de civ. Dei meritano esser sepolti nel seno dell’oblio per comun bene, e vantaggio.
aggio. Cap. XX. Proserpina Sonetto T ruce in volto, e nel tratto aspra Regina, Che la sua possa dispietata
Nata essa da Giove, e da Cerere altro affetto parve, che non nutrisse nel seno, che il solo deliziarsi di fiori, e perciò b
vesciò sul carro la preda bramata, e con rapida velocità seco la menò nel tartareo suo regno per farla seco sedere in quali
e l’incoraggia, e guida ? Chi è mai costei che ogni periglio sfida, E nel sembiante agli Angioli somiglia ? Chi è mai coste
d operi sempre a tenore de’suoi dettati se non vuol trovar che temere nel dì de’suoi conti. Prenda dunque in buona parte qu
altra sono i simboli di quei veraci, e permanenti beni, che la stessa nel mondo sa mirabilmente produrre. Da tal riflesso a
i si sublima chi la pruova. Scorgesi reggere un timone, perchè essa è nel mar della vita un’ abil nocchiere. La cicogna poi
oi piedi manifesta ben chiaro le pruove del naturale gentil suo genio nel carattere appunto di questo uccello, che sempre p
egno di somma lode, e compenso al cospetto di Dio, e degli uomini chi nel petto gelosamente la nudre ? Scolpisca ognun dunq
core, e in quel favella Nella semplicità par cosi bella, Che ti versa nel sen di gioia un rivo. D’essa l’imperio passa oltr
gnun dona la spinta, Tien l’altra un vaso d’ogni umore asciutto, Tien nel volto la gioia appien dipinta ; Ma dà sol fiori,
la ragione, per cui nella morale del sonetto si è conchiuso, che essa nel cielo soltanto riconosce il soggiorno. Quanto per
cardine, ove poggia tutto lo spirituale edificio. Nudra dunque ognun nel cuore si necessaria virtù, ricordandosi sempre di
l ruscello, Che in ogni dì disseta e questo e quello, E l’onda sempre nel suo corso avvanza. Segna con verga il globo, e la
e i Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza di quel Dio, nel quale vivimus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam
mano ha un cor piagato, E un papiro le pende al manco lato Esprimendo nel volto alto decoro. Essa vince ne’pregi ogni tesor
Nè in alcun tempo alle preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa, e nel tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda, Miser
al cor dolci catene. Spirano i gesti suoi ogni dolcezza, La sua voce nel cor piacer rinnova, Tal che in lei stà riunita og
a essa del nostro ben fatto dia fiato alla tromba onoratrice, e renda nel mondo glorioso, ed immortale il nostro nome, memo
i sfugge Non più ritorna, e l’uomo invan si strugge Nel pentimento, e nel rimorso atroce. Porta un rasoio nella destra mano
, e nel rimorso atroce. Porta un rasoio nella destra mano, Che tronca nel fuggir qual sia baldanza, Tien l’altra un velo, e
a donna di colore ardente, Con sguardo acceso, e suffocata voce Cinta nel seno da letal serpente. Il crin si strappa, e muo
la vibra non indica forse ben chiaro le mortali ferite, che apre essa nel cuore ? Se dunque tanti danni cagiona impari ognu
e s’affretta Di sangue intrisa, e di veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricetta Questa ad opre di sdegno ognor co
ruota, che le guida i passi simboleggia la prestezza del vindicativo nel compire suoi rei disegni, ed il timone dimostra,
che per dar la vinta alle sue passioni dietro si butta il comando là nel Levitico al 19 registrato : Non quaeras ultionem
da essa non sol lontaui, ma fuggivano ancora chiunque le dava ricetto nel cuore. cum penes illam, cosi Val. max. lib. 9. si
nersi lontano da eccesso si grave, memore di quel precetto registrato nel Levitico al 19. 11. Non mentiemini, nec decipiet
il vil profano canto, Per cui la gloria sua ne resta offesa Essa, che nel mortal sempre favella, Che gli solleva, anzi inco
riconobbero, onde svegliare sempre più sensi di tenerezza, ed affetto nel cuore del gran Dio d’Israello se non diversi cant
er essa nella republica letteraria han vita tanti Eroi un dì nascosti nel tenebroso seno del obblio. Per essa vivono alla i
istatori, lo splendor dell’ età. E tolgasi pure, o almeno si ecclissi nel cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, d
ersuadasi perciò chiunque s’inizia nelle scienze, ed ardisce penetrar nel santuario della dottrina, che senza la scorta di
e senza la scorta di arte si nobile, che per lui è il filo di Arianna nel laberinto dì Creta, egli non vi si inoltrerà giam
vocarsi da poeti qualche Nume in soccorso ad esempio di Virgilio, che nel 1 delle Georg. Si rivolse ad alcune Deità dicendo
rivolse ad alcune Deità dicendo : Vos o clarissima mundi lumina , e nel 1. dell’ Eneide invocò la Musa : Musa mihi causa
ad imitar di leggieri il degnissimo per altro Iacopo Sannazzaro, che nel poema de partu Virginis, con poca avvedutezza, si
n modi troppo lussureggianti, nè con relazioni poco coerenti comparir nel corpo della narrativa, mentre la parsimonia, e l’
della persuasiva, il primo, anzi l’unico suo impegno deve raggirarsi nel saper restringere in poche parole più sensi con c
esprime fà dolce violenza allo spirito, e risveglia forti impressioni nel cuore atte ad attirarlo dove voglia chi parla. Ed
alle musicali note(1) non che alle regole istesse del ballo. Leggansi nel Inglese romanziere Walder-Scot le immense ballate
volume quanto il celebre figlio del Tebro ha conciso in pochi versi o nel delineare nella clemenza di Tito At. 1. Sc. 2. La
passi Tanto i confinï suoi, Che debbano arrossirne e Tito, e Voi. O nel descrivere un’anima virtuosa, che odia la vanità,
ordar d’ esser mortale O finalmente nell’ epilogar la vita dell’uomo nel Demofoonte. Att. 3. Sc. 2. con quel passo che inc
Superbi, formidabili, e feroci Gli ultimi moti fur, l’ultime voci E nel canto 2 potevasi forse meglio, ed in sì poco desc
potrebbero efformarsi a capriccio da non poter perciò esser comprese nel presente trattato, che facoltà giammai non può av
icasse un ingegno mai non può far gran cosa. Suole avere il suo luogo nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento ca
la inflessione della voce cade sulla seconda sua sillaba. Esso anche nel solo ditirambo suole aver luogo, mentre la sua ri
quarto di cinque perchè tronco da rimare nella stessa guisa divisata nel capitolo precedente, mentre basta averlo detto un
ccia sei versi, cinque di sei sillabe d’accentarsi sulla quinta, come nel senario semplice, ed un quinario. In esso soglion
n cielo, Ed il peso suo più grave Che speranza può recar. Traboccar nel mar dovrà. Fischia il vento, il mar s’innalza E
. Un tal verso entra in tutte le composizioni liriche, e specialmente nel ditirambo, in cui fa maggior pompa, sempre per al
ersi, non soggetti però sempre a tal numero, costituiscono una strofa nel lor metro, di cui eccone l’esempio. Sileno alla
iono, Fatto a me stesso in odio Non han più ombra gli albori Gemo nel duol terribile. Perche son senza Uranio. L’ana
no dai sei versi della prima, chiamata perciò il perno, non solamente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più fo
e sue individuali parole. D’un tal componimento abbiam noi un’esempio nel Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stent
e. D’un tal componimento abbiam noi un’esempio nel Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stento nel Frugoni ; ma che 
noi un’esempio nel Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stento nel Frugoni ; ma che ! Dopo il lungo incredibile trav
mio scopo sol è di parlare della sestina lirica fioreggiante tutt’ora nel poetico amenissimo campo adattabile sibbene ad og
nte divenne la delizia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come nel natio suo suolo era apparso. Dappoichè non essend
enza aspettarlo dalla favolosa Arianna si avrà dall’esempio seguente, nel quale per maggior intelligenza di coloro, che vor
nzella pel crine afferrò, E fremendo qual’uom disperato L’empio ferro nel sen le vibrò. Cap. XV. Della terza rima.
e nacque regge Tardi condanna il troppo suo rigore, E il duol del cor nel volto suo si legge ; Ma pensando al dover del reg
fortuna di giungere a comporre un ode saffica senza difetti. Se essi nel maneggiar questo metro avranno l’accuratezza di d
Se essi nel maneggiar questo metro avranno l’accuratezza di disporre nel secondo verso la sentenza del quarto, conseguiran
te. Ardire, e amore. Come la rosa, che il fier turbo schianta E perde nel cader beltà, colore, Così colei, che di pallor s’
ella divina arte poetica ad esercitarsi in queslo metro, specialmente nel comporre elogii a grandi Eroi prima di provarsi a
r Ricci a non servirsi della terzina sdrucciola, ma bensì dell’ottava nel comporre quel bellissimo lavoro degno di tutti gl
roce. Esesndo dunque si difficile un tal metro, sebbene come si disse nel Cap. I. il verso deve servire al pensiero, e non
al pensiero, e non questo a quello ; pur tutta volta in questo, come nel citato luogo si avertì, è necessario, che il pens
tò i piaceri della vita campestre, ed i vantaggi della vita pastorale nel metro suddetto con sommo piacere degli spettatori
ina, Grato è il bosco, la collina, E in tanti oggetti Sente il mortal nel sen nuovi diletti. Cap. XXI. Della canzona.
di Dio, E come rammentare ogni suo pregio. Egli, che travagliò tanto nel mondo Perchè la navicella Non travïasse il diritt
v’è il nocchiero Che con tanto sudore, e tanta cura L’umil nave guidò nel salso impero ? Oh ! di quanti tormenti, e quante
siem più difficoltosa dell’arte poetica, tradotta da Provenzali un di nel culto seno della bella Italia, del Sonetto io dis
esti, come in tanti esemplari specchiar si deve chiunque ama comparir nel Sonetto. Inoltre tre specie di Sonetti la poetica
za riferire. Può rimare il Sonetto per rapporto ai due quadernarii, o nel primo, e terzo, secondo, e quarto verso, o nel pr
ai due quadernarii, o nel primo, e terzo, secondo, e quarto verso, o nel primo, e quarto, secondo, e terzo : per rapporto
porto poi alle terzine, sogliono esse rimare come la terza rima, cioè nel primo, e nel terzo, mentre il secondo verso porge
e terzine, sogliono esse rimare come la terza rima, cioè nel primo, e nel terzo, mentre il secondo verso porge la rima all’
Vieni, che il fido amice non t’inganna Cacio, pomi, castagne hò ancor nel tetto. Colà la tua zampogna suonerai, Al di cui s
unendo il canto mio Godrò dolce piacere, e tu ’l godrai. Desta ormai nel tuo cor si bel desio, Non tardare, t’affretta, e
anna ; Che lo stravizzo non mi vince, o inganna, E mi piace posar sol nel mio tetto. Se tu la piva dolce suonerai Mentre ch
lla fine de’rispettivi Quartetti, e Ter zine si ripete il verso usato nel principio di quelli, e di queste ; sichè in vece
come avendo io di essa, e d’ogni sua parte sufficientemente ragionato nel precedente trattato della poesia toscana, nella c
enio dell’autore, e secondo che la natura della materia richiede ; ma nel quinto pretende onninamente il Dattilo, come nel
ateria richiede ; ma nel quinto pretende onninamente il Dattilo, come nel sesto piede lo Spondeo, nè l’esempio di qualche S
ominato secondo per altro poco usato è uguale all’ Asclepiadeo almeno nel valor della quantità, e perciò abbraccia uno Spon
quattro piedi Anapesti, dei quali era composto improntò il suo nome, nel decadimento del rigore colla sostituzione de’ dat
nelle mani quel libro, che con iterate istanze da voi si pretese. Se nel percorrerlo alcun difetto il vostro ingegno semin
ti orientali Scrittori, i quali pretendono, che la idolatria sia nata nel seno degli stessi Antidiluviani, perchè degli uom
lla sacra Scrittura, e così fin dalla tenera età dolcemente istillare nel lor cuore un bel genio a studio così interessante
certo si è esser essa si nota, che quell’ Amazone de’ Giudei Giuditta nel dare a Dio l’ Eucaristico Canto per l’ ottenuta v
Giganti, ma per la mano della sua debelezza : Nec filii Titan , così nel cap. 16 Jud. percusserunt eum, nec excelsi Gigant
luce del Vangelo, con molta prudenza, e cautela però si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio, d
lle onde, e morti finalmente divorarli. Quale cosa ben sapendo Ulisse nel passar per quel luogo con tutti i suoi, a questi
sse dalla impazienza del dolore, ululando, e gemendo si precipitarono nel mare. Omero intanto a tal proposito le fa in tal
a Pyracmom e par, che la viva immàgine della lore forza, e destrezza nel loro impiego abbia somministrata al Poeta istesso
apiti oltremodo gl’antichi follemente credettero, che quella striscia nel cielo, che via lattea da noi s’appella, fosse cau
um vero Mercurium. Imperocchè se parlasi della profondità, e facondia nel dire chi fra tutti i banditori del vangelo fù di
lime per la cognizione delle cose celesti ? Chi di esso più eloquente nel perorare ? L’attesta la stessa controversia agita
che erigevano i Gentili in onor de’ loro Dei, sebbene semplici furono nel nascere della Idolatria, pur coll’ avanzarsi di e
rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali per moltissimi lustri vivevano nel
uoi altari di lavorate pietre : Quod si altare lapideum feceris, così nel Esod. al 20 non aedificabis illud sectis lapidibu
me sacrificano i sacerdoti, imparino essi la lor fermezza, e costanza nel servizio Divino ad onta di qualunque avversità, e
ne, siccome molte statue non sò in che modo dal ciel percosse caddero nel Campidoglio, e si disfecero, come riferisce Dione
e. Suc azioni (1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose v
itratto. Suoi nomi. Suoi sacrificii. (1). Molti scrittori servendosi nel senso largo di questa parola chiamano sacrificii
icende cadde in potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gran tempio di Numa con tanta gelosia, che solame
itolo di dote gran denaro, che quivi trovavasi raccolte : Etenim così nel sacro testo II Machab. cap. I cum ea habitaturus
la sacrilega iniziazione, e nelle turpissime offerte : Non erit, così nel Deut. Cap. XXIII, meretrix de filiabus Israel, no
vero imperatore l’infamia, e perciò con note leggi proibi rinserrarsi nel suo erario i tributi pagati con tal sozzo danaro.
ondamento. Mossi da queste, e da altre ragioni, che legger si possono nel citato autore, molti recenti Mitologi si sottoscr
o la tradizione degl’ Ebrei pascevasi di si barbare offerte ; per cui nel Levitico al 18 si legge : De semine tuo non dabi
lo scettro, la fronte, le corna così quindi soggiunse. Orrida maestà nel fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il r
nza, come profusamente l’attesta Latt. lib. 1. de fals. Rel. il quale nel cap. 15. allegando l’autorità di Cicerone scrisse
romana in questo squarcio abbia succhia to il dolce de’ fiori sparsi nel sonetto del cav. Marino sullo stesso argomento di
nuno distingua bene in questi miei componimenti le tre parti divisate nel Cap. I. di questa parte. Egli se bene riflette sc
esta parte. Egli se bene riflette scorgerà nei primi versi l’esordio, nel mezzo la narrativa, e nell’ultimo la conclusione
ola, pro purpureo narcisso. Virg. Ec. 38. Dattilico poi è quello, che nel sesto piede mostra un Dattilo in apparenza, perch
5 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ome gerghi misteriosi da non doversene punto dubitare, e non vedevano nel tutto, che il sistema di religione dagl’Iddj ad e
a Mitologia se più non ha rapporti colla Religione, ha però un tempio nel Regno delle belle arti : le sue antiche bizzarrìe
una meraviglia, un accidente casuale bastava a far ottenere un posto nel cielo ad un novello Dio1. Ma fa d’uopo osservare,
a fa d’uopo osservare, che la maggior parte di questi Dei sconosciuti nel sistema mitologico, o molto poco vi sono nominati
entes. Venti se ne contano : fra’ quali dodici soltanto erano ammessi nel consiglio celeste, cioè Giove, Giunone, Nettuno,
, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi nel principio di un’idea sublime, e consolante, che l
e la Divinità regnasse sovranamente da pertutto, assegnarono un posto nel Cielo alle Virtù, alle Passioni, ed alle Miserie
dobbiamoper questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mortali : che
segregati. Ecco il sublime tratto di Ovidio tradotto dall’Anguillara, nel quale troviamo descritto cotesto scioglimento. P
, e Cielo, e terra, e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare era nel Cielo, Nel mar, nel foco, e nella terra il Cielo.
e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare era nel Cielo, Nel mar, nel foco, e nella terra il Cielo. ……………………………… Non v’
go dispose, Secondo il proprio lor primo desio. D’intorno il Cielo, e nel suo centro pose La terra, indi dal mar la dispart
r la dispartìo ; E il passo aperto, onde esalasse il foco, Se ne volò nel più sublime loco. ……………………………… Abbiamo quì rappo
sse posta in moto per formarne l’universo. Il dippiù si potrà leggere nel testo di Ovidio, e presso il suo anzidetto tradut
limpo da Giove suo figlio. Ritirossi perciò in Italia, e propriamente nel Lazio, detto così dal Latino latere, perchè ivi s
a di Giove. Fu accolto da Giano, principe Tessalo, che regnava allora nel Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio
fu altresì detta Moneta dal Latino monere per una voce, che fu udita nel suo tempio in occasione di un fiero terremoto, co
nto ; e malgrado che non fosse corrisposto, la rapì, e la fece sedere nel suo carro tirato da cavalli di color nero a dispe
itrovò ella il velo, che a Proserpina era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di Plutone : e d
Destino, che Proserpina non sarebbe giammai useita dall’Inferno, che nel solo caso ch’ella non avesse gustato alcun nutrim
sta divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la forma di un gi
verun luogo, obbligò la Terra a giurare di non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più fece nascere dal limo lasciato d
avesse fatta sorgere dal fondo del mare l’isola di Delo, non inclusa nel giuramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Lat
Apollo per gratitudine fissò quest’isola fralle Cicladi pria errante nel mare : e tosto che fu adulto, ed istruito nell’ar
iove, che con un fulmine troncò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi nel Cielo sotto l’aspetto di una costellazione detta
cui risposta fu che Laomedonte poteva disarmare la collera degli Dei nel solo caso ch’esponesse al mostro la sua figliuola
lto. Rimesso finalmente Apollo in grazia di Giove, comparì nuovamente nel Cielo rivestito della sua gloria. Ma siccome Escu
in tre diversi aspetti, che le davano una triplice situazione ; cioè nel Cielo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sot
portò degli ajuti a Latona, e tocca dai dolori, che provava sua madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo la sua ve
e arrivò a punire severamente Attèone, ch’ebbe la sventura di vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciatore, figliuol
n parricidio con aver sottratto la madre al figlio, che amendue situò nel cielo tra ’l numero delle costellazioni. Callisto
la Regina degli amori, nacque, come si è detto, dal sangue, che versò nel mare Urano, allorchè fu ferito da Saturno suo fig
enza dubbio morto, se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle di loro braccia. Egli si ruppe ciò
nta del suo rozzo impiego sulla terra, ne aveva non pertanto un altro nel Cielo molto più decente, qual’era quello di porge
ll’istante. Avendo questi avuta la temerità di guardarla mentre stava nel bagno, fu privato della vista. Questa Dea si cont
era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era bella, ma fiera nel tempo istesso. Portava in testa un caschetto con
altrettanto, creando un Dio, senza che Giove ci avesse parte1. Forte nel suo proposito si consigliò con Flora, che le indi
a, del commercio, e dei ladri, come si è detto. Vedevasi da per tutto nel cielo, nella terra, e nell’Inferno, e per potere
ebbe appena il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di sua madre. Ma siccome non era giunto il t
scere, Giove aprì una sua coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando nel trasse, il diede a Mercurio, che lo consegnò a Ni
una mano, e nell’altra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbe
inosse, Eaco, e Radamanto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in
no le ombre a loro consegnate. Varie erano le pene, che si soffrivano nel Tartaro1. Sisifo, che durante la sua vita aveva c
oni, atteso il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo di una grotta, ove egli erasi addormentato 
ande, e gli tinsero il volto di mora spina : sorrise Sileno svegliato nel vedersi fralle loro mani : dimandò loro di esser
poter morire : il suo voto fu esaudito, e dopo morte ottenne un luogo nel Zodiaco sotto il nome di Sagittario. Ociroe sua f
rovò il mezzo per rendere mostruoso il bambino che questa Dea portava nel seno : fu inoltre così proclive al vizio, che se
va forma, e figura. Virgilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio nel quarto libro delle sue Georgiche. Il pastore Aris
igliuolo Melicerta. Ella non potè salvarsi, se non che precipitandosi nel mare col figlio, dove furono ammessi fra i Dei ma
rabbia di essere stata elusa la loro arte, le Sirene si precipitarono nel mare, ove furono cangiate in pesci dalla sola cin
arche. Tre erano le Parche nate dall’Erebo, e dalla Notte. Abitavano nel Tartaro per dinotare l’oscurità che vela l’avveni
noscere la natura, e gli effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio di luce non penetra,
molto, e parlar poco. I Latini avevano ascritto anch’essi il silenzio nel numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma di u
no, involossi dalla terra, e volle ritornare al Cielo, ove fu situata nel Zodiaco : oggi detta la Vergine. Como. Dio de
una il suo tempio in Roma, ma fatto in modo che non si poteva entrare nel tempio dell’onore senza passare per quello della
to in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo. Questa Dea si ricovera nel Cielo, allorchè la guerra la discaccia dalla terr
etta. La Fedeltà. La fedeltà, o la buona Fede aveva il suo culto nel Lazio prima di Romolo. Ella presedeva ai trattati
innalzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica, nel di cui lembo si leggeva questo motto : la morte,
unta, pallida, con ciglio torvo, e viso malinconico. Il veleno che ha nel cuore sbocca dalle labbra. Ella non ride mai, se
ue risse fra gl’Iddii. Gli antichi, come si è detto, avevano ascritto nel numero degli Dei tutt’i mali, che circondano l’um
ngua nostra, detto crepitus ventris 1 La serie di tante stravaganze, nel momento che prova la debolezza dello spirito uman
on fuori tutt’i mali che inondarono la terra. La sola speranza. restò nel fondo del vaso1. Licaone. Moltiplicatisi gli
alla vendetta, ed all’istante diventò un lupo, che cerca immacchiarsi nel fondo delle foreste. Inesorabile allora Giove giu
Cecrope dall’Egitto venne a stabilirsi nella Grecia, e propriamente nel luogo, dove Atene fu fabbricata. Sposò la figliuo
asione per ostentare il suo fasto voleva quanto di più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo p
poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel tempio di Minerva. Poichè Perseo fu allontanato d
Dedalo architetto ingegnosissimo, formò un edifizio detto Laberinto, nel quale chi entrava non ritrovava mai l’uscita, con
o, che staccatesi le penne per l’ardore del Sole, cadde infelicemente nel mare, cui diede per tale occasione il suo nome. I
upe l’infame Scirrone che spogliava i viandanti, e li faceva rotolare nel mare. In Eleusi vinse alla lotta Cercione, ed arr
ore dall’Indie ; questo Dio asciugò le sue lagrime, e la sposò. Teseo nel partire, aveva promesso ad Egèo, che se ritornava
o segnale, che indicava la morte dell’Eroe, per disperazione gittossi nel mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo mo
Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo ballare con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa d
e lo strangolò. Teseo fu preso vivo, e condannato a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di po
osi in cigno perseguitato da un’aquila. Questa principessa lo accolse nel seno, e ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sg
tti e quattro Tindaridi. Divenuti adulti i due germani, si distinsero nel valore, Polluce riuscì il più bravo fra gli Atlet
ndo ucciso il terribile Amico al giuoco del cesto. Castore si segnalò nel corso, e nell’arte di domare i cavalli. Entrambi
ssò tosto quel fiero temporale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo di qualche tempesta si crede
fiero temporale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo di qualche tempesta si credevano segni feli
i, chiamati i fuochi di Castore, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel tempo istesso le figliuole di Leucippe, Febe, e T
ll’inferno, ed altrettanti sulla terra. Finalmente furono trasportati nel cielo, e diedero il nome a due segni del Zodiaco
so deposito. Il più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi nel breve corso di un giorno. L’impresa avrebbe sgome
o del suo sposo Anfitrione figliuolo di Alcèo. Come Giove aveva detto nel concilio degli Dei, che il bambino, che doveva na
rle appena ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce nel sangue di quest’Idra, che conteneva un veleno pot
tro sotto le falde dell’Aventino1. Questo insigne, ma accorto ladrone nel rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza di
ladrone. Stupenda è la descrizione, che fa Virgilio di questa grotta nel lib. 8. Dell’Eneide. Stava nelle arene della Libi
esso centauro a trasportarla di là del fiume Eveno. Nesso gli avrebbe nel passaggio del fiume involato la sposa, se Ercole
ima di morire alla credula Dejanira di conservare una camicia intrisa nel suo sangue perchè la dasse allo sposo, allorchè a
tale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu dal medesimo trasportato nel Cielo. Filottete. Filottete figliuolo di Pean
Filottete figliuolo di Peano mercè l’amicizia di Ercole fu collocato nel numero degli Eroi. Dicemmo già ch’egli aveva assi
dal tradimento ricevuto, non volle vederli : ma Ulisse ch’era destro nel tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, cal
ipatriò, ed ebbe per sua sposa la bella Euridice. Ma disgraziatamente nel giorno stesso delle nozze, cogliendo Euridice de’
ccolsero, e seppellirono in un luogo decente : la sua lira fu situata nel Cielo1. Non possiamo dispensarci qui dal rapporta
i per terra ; nello stato della sua robustezza camina a due piedi ; e nel declinare dell’età si poggia ad un bastone. Appen
co loro ispirava, che dopo aversi dato de’ colpi terribili, restarono nel tempo istesso morti sul campo. La loro rabbia si
ve però lo compensò di tanta perdita conpermettergli di poter leggere nel libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinqu
zo della corsa, e Pelope s’impossessò de’ suoi stati, facendo gittare nel mare Mirtilo sotto il pretesto di vendicare la mo
ndò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tiest
di Atrèo, e perseguitarono Tieste, che per altro non uccisero. Allora nel tempo stesso Agamennone ascese sul trono d’Argo c
’oltre la di lui scandalosa condotta, che fece assassinare Agamennone nel proprio palazzo in una festa, nel giorno medesimo
ta, che fece assassinare Agamennone nel proprio palazzo in una festa, nel giorno medesimo che ritornò dalla guerra. Ores
sotto la tirannia di Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e nel punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo
. Questa bella armata radunatasi in Aulide incontrò il primo ostacolo nel mare, dove regnando una calma perfetta, non potè
e anni varia fu la fortuna delle armi. La presa di Troja, che accadde nel decimo anno della guerra, non dipendeva soltanto
ede. Impedì parimente che i cavalli di Reso re della Tracia bevessero nel fiume Xanto. Trovò anche la maniera di far venire
di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordine di ritirarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo di recarsi al padi
battaglia con Patroclo, dopo un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la sua morte per mano di Achi
he quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gittati nel fuoco, chiudendo la cerimonia con immolare dodici
no raccolte le ceneri, e rinchiuse entro di un’ urna d’oro, e portate nel padiglione di Achille. Per celebrare ancora con m
armi a difesa degli stati di questo re. Priamo accettò l’offerta ; ma nel punto che tali nozze si celebravano, da Paride fu
r passare i leggitori da un luogo all’altro, espone quel che accadeva nel Cielo. Conoscendo Giove, che si accostava il gior
à un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine di gittarlo nel mare allorchè avrà afferrato il lido. Ulisse ubbi
a d’oro piena di odori per potersi profumare. L’eroe essendosi lavato nel fiume, e vestito degli abiti che aveva ricevuto,
ccessero alla mensa : Ulisse dà pruova non dubbie della sua destrezza nel maneggiare il disco, e ne riporta la vittoria. Il
uolo di Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un occhio solo nel mezzo della fronte. Questo mostro che riconduceva
dalla maga seppe evitare evitare gl’inganni delle Sirene, ed i rischi nel passaggio fra Scilla, e Cariddi. Circe lo aveva a
stati, vi stabilì la pace, e fece fiorire le arti, e la tranquillità nel suo regno. Analisi dell’Eneide. Virgilio ad i
eguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno nel cuore discese nell’Eolia, e scongiurò il re de’ v
sicuramente perita, se Nettuno sorpreso da tanto tumulto che regnava nel suo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggi
ruirono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero nel di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi f
uri corrono a vedere questo smisurato cavallo, che i Greci lasciarono nel sito dove stavano accampati. Varj sono i sentimen
imenti sopra questa macchina immensa : alcuni pretendono che si butti nel mare : altri che ci si attacchi il fuoco : taluni
e si abbatta questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo nel fianco di quello. Arrestano intanto i Trojani un
dosi serviti delle armi stesse tolte ai nemici nella mischia, restano nel tempo istesso inviluppati fra i Greci, e fra i co
li riconoscono. Corre pertanto Enea in soccorso di Priamo, assediato nel suo palazzo da Pirro, che ivi l’uccide con quanti
vera, e si duole di sì barbaro tradimento. Cerca Enea di scusarsi, ma nel tempo stesso dispone il tutto per la partenza, e
sero un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel di vegnente per punire gli abitanti del paese, e
rono di fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lontano. Fermi nel loro proposito si diedero un appuntamento in un s
va perduta l’antica bellezza, e figura : il suo nome era Loto. Driope nel vedere stillare il sangue si arrestò, e sentì ger
o, vinta dal dolore non gli volle sopravvivere, gittandosi ancor essa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una del
e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la chiedette per isposa ai suo
ose Cidippe a queste nozze. Aconzio ricorse ad uno stratagemma. Gittò nel tempio una palla, dove era scritto : io giuro pe
rire, onde Calliroe fu condotta all’ara. Coreso generoso all’eccesso, nel punto di sagrificarla, rivolse contro se stesso i
madre, che si recava al tempio. Gli Dei per compensarli, ed esaudire nel tempo istesso la madre, che li supplicava a rende
nome di Alcioni. Dicono i poeti che questi uccelli fanno il loro nido nel mare, che sta in calma, durante il tempo che lo f
aver amato Titono figliuolo di Laomedonte, volle altresì trasportarlo nel cielo, con dirgli che avesse dimandato quanto sap
clinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, facendo di tutt
al dolore, si trafisse con quel medesimo giavellotto. Giove trasportò nel cielo questi sposi, che cangiò in due stelle.
icò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la sua sposa, ma nel condurla, per istrada concepì una violenta passio
per maggiormente avvilirlo gitta innanzi a suoi piedi il capo intriso nel sangue dell’infelice figliuolo. Avvampando d’ira
di Corinto. Un giorno mentre navigava, i marinari lo volevano buttare nel mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingan
ro fece severamente punire i marinari, e gli Dei assegnarono un posto nel cielo al Delfino, che aveva salvato un musico tan
na cosa l’aver piena contezza del Greco, e Latino idioma, ed ignorare nel tempo istesso la lingua che parliamo ; così stran
Grecia, e del Lazio, senza conoscere quelli che riscuotevano un culto nel suolo ove siamo nati. Gareggia la nostra Patria c
secoli, l’edace tempo ha rispettato. Non vi ha angolo nella città, e nel Regno, in cui non ritrovansi preziosi monumenti,
mercè il lume del Vangelo, e della santa nostra Religione Cattolica, nel cui seno abbiamo avuto la fortuna di nascere.
data dal volo di una colomba, della quale così cantò il nostro Stazio nel libro IV. Silv.   Dii patrii, quorum auguriis su
nope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro di lei, da molti situato nel monticello, dove oggi è la Chiesa di S. Giovanni
tà. Probabilmente ciò dinota il celebre motto Nama 1 Sebesio scolpito nel collo del toro ne’ sacrifizj a Mitra, cioè, al So
gantissima Greca iscrizione sottoposta ad un eccellente bassorilievo, nel quale stavano scolpite diverse sacre immaginette,
i Eumelidi, così detta dal patrio nume Eumelo, situata verisimilmente nel circuito del quartiere, o sia regione Capuana. Ci
onde Stazio : Tu ductor populi longe emigrantis Apollo. E virgilio nel 6 dell’Eneide parlando del famoso di lui tempio :
o, di un giovanetto, di un uomo : alludendo alle quattro età del Sole nel tempo degli equinozj, e de’ solstizj. Trasportati
di Greco lavoro, antico stemma della Città, la cui testa vedesi oggi nel Regale Museo de’ Regj Studj, ed il resto del corp
 : onde sfidatala un giorno a tirare una freccia ad un punto nero che nel mare si vedeva (ch’era la testa di Orione), fu pr
vedeva (ch’era la testa di Orione), fu pronta costei, come abilissima nel trattar l’arco, a vibrare a quel segno un dardo,
che amaramente piangendo non potè far altro per lui che trasportarlo nel Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone un
on potè far altro per lui che trasportarlo nel Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di
stellazione col nome di Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel luogo detto Seggio di Porto, portando in mano un
gia. Era questo Dio tutelare adorato in Napoli dalla gente di mare, e nel sito da noi enunciato è probabile che stesse il t
store, e Polluce. Una insigne iscrizione scritta a caratteri cubitali nel frontespizio chiaramente ce lo addita : eccola qu
li. Questo gran tempio scosso da un fiero terremoto, come si è detto, nel 1688 quasi interamente ruinò, e per conservarne a
re. I busti, e gli altri emblemi di Castore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e specialmente nel circo : ed avendo i Na
blemi di Castore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e specialmente nel circo : ed avendo i Napoletani sì l’uno che l’alt
re a ciò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come nel di loro articolo abbiamo dimostrato, sembra natur
nato Ercole vittorioso dalla Spagna, ed ucciso il famoso ladrone Caco nel Lazio, visitò varie contrade del nostro regno, a
r indicare la rotondità della terra, o per meglio dire dell’Universo, nel cui centro collocavano il fuoco i Pittagorici, ch
se il nostro Martorelli nell’aureo trattato de Fratriis Neapolitanis, nel secondo tomo della Theca Calamaria. Ed eccoci all
foggiati dagli antichi. 2. L’immaginazione de’ poeti faceva nascere nel mondo allora bambino i Dei all’occasione di qualc
nimali crano al servizio di questa Dea, a lungo descritti da Lucrezio nel libro secondo de rerum nat. (2). Megalesie furo
um da caput, cioè da una testa di un uomo chiamato Tolo, che si trovò nel cavare le fondamenta. Gli avanzi di questo tempio
agli Efesj di non doversi giammai pronunziare il suo nome. 1. Tullio nel terzo della natura degli Dei ammette più Veneri ;
re per darci un’ idea della sua istabilità e leggerezza. 1. Cicerone nel libro terzo della Natura degli Dei, riconosce tre
e Vulcano favoloso sia una copia del famoso Tubalcain, di cui parlasi nel libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed es
rlasi nel libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo nel lavorare ogni sorta di metalli. 1. Era Vulcano p
ja, e trasportata da Enea in Italia, fu gelosamente custodita in Roma nel tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente e
no il loro esempio. Bellissima è la statua di bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico, e più espressiva di quella
lla che si ammira nelle ville Negroni, e Ludovici in Roma. 2. Tullio nel libro III. della Natura degli Dei c. 25. parla di
rus aureo cornu decorum . 1. Gli antichi erano sommamente scrupolosi nel seppellire gli estinti. Enea prima di scendere al
to, e visse prima di Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte nel promontorio di Tenaro, al presente Capo Maina, ch
lla Genesi, ove si parla della disubbidienza del primo uomo. Cicerone nel libro quinto delle Tusculane scrive, che Prometeo
ra un grande Astronomo ; e per fare le sue osservazioni, stava sempre nel monte Caucaso. Egli fu l’inventore del fuoco, o p
ò avvenuto trecento anni prima della guerra di Troja : in conseguenza nel 2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1.
i imitarono anche la somiglianza ne’ nomi, poichè la voce Orsèo suona nel Greco nero, oscuro, come Loth nell’Ebreo idioma o
il quale sostiene, che quasi tutta la navigazione di Ulisse si aggirò nel seno di Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non si
seno di Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non sia stato riconosciuto nel proprio paese, mentre Omero ci assicura che un su
o di questo anacronismo, volle servirsi di questo bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate Metastasio in uno de’ suoi mer
casione ai poeti d’inventar questa favola. Leggasi Ovidio, e Virgilio nel 7. Dell’Eneide. 1. Fra tanti rispettabili person
6 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
ina ; l’insieme perfetto, armonioso, completo, che la natura ha posto nel compimento di tutte le sue opere, dalla vita fisi
uta ed esposta ; ordine ed armenia che debbono essenzialmente regnare nel modo più completo, fra l’idea, che è l’anima, l’e
quanto fosse vera e reale l’esposizione di quel singolo avvenimento, nel racconto del quale cadeva in acconcio la citazion
le nefande immagini che lo studio della Mitologia ci rivela innestate nel culto del paganesimo, si trovano tutte nell’ Infe
lge dantesche, coprendo della loro maschera oscena i demonii relegati nel baratro, a punire, con un’eterna espiazione, le a
ticolar nome, o di cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerato nel suo insieme totale. E per maggior mente far compr
to brevemente faremo. Oggi non è certamente assoluta penuria di opere nel genere della nostra, chè anzi varie sono belle ch
lettori si porti a considerare, con riposata attenzione quest’opera, nel suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel mo
ttenzione quest’opera, nel suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di m
ra. Ma nessuno ha dato alla luce un Ristretto analitico della Favola, nel quale fosse cosi di sovente riportata una classic
iamo la convinzione di aver agito con sano discernimento ; imperocchè nel nostro lavoro, la storia della Mitologia viene in
a, allegoria, simbolo, emblema ; e Loghos : ragionamento. Mitologia, nel senso primitivo, vale discorso o ragionamento mit
e il complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il quale, considerato nel suo insieme, costituisce il linguaggio della cred
immaginario. I Greci, creatori della parola Mitologia, cominciarono, nel tempo corso tra Pindaro e Platone, Pindaro. — I
acque nella Beozia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione
ell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una
cria in cerca di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Madonna nel giorno dell’ Assunzione25 tratta in processione,
e piede, la testa del serpe insidiatore, e lo costringe a precipitare nel baratro. Nello studio della Mitologia non bisogna
e e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mi
io, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio. 3. Surgite, et ascendamus in Bethel,
i in Omero31 vediamo Venere ferita da Diomede, pianger disperatamente nel veder scorrere il proprio sangue ; e Marte stesso
empio palpabile di quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatamente nel canto XXII della Iliade, allorchè narra l’agguato
ta dei mortali, ebbero passioni, affetti e sentimenti, affatto simili nel principio e nella forma, a quelli che agitano, qu
nnero dette le colonne di Ercole, ossia il punto fisicamente marcato, nel mondo antico, oltre il quale non era creduto poss
eroi. Socrate, il sapientissimo filosofo, credeva sentirsi un demone nel seno. Nella Bibblia, e nelle opere sacre dei più
parola. In un giornale dei Dibattimenti, che vedeva la luce a Berlino nel 1850, dopo aver narrato che una larva bianca comp
ntichi, i quali non giungevano a spiegarsi taluni fatti. Per esempio, nel culto religioso del Dio Api,42 venivano rinchiuse
e che passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo d
, le realtà positive e corporee. È dunque irrecusabilmente chiaro che nel mito il Fondo s’incorpora nella Forma, come la va
dell’essere proprio, suppone una più matura riflessione. L’allegoria nel fatto esprime una cosa, mentre nell’idea che l’in
Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avveni
magica ; il mondo è la parete dove si riflettono le immagini loro, e nel continuo passaggio le cose più strane si succedon
tto, anche i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel quale egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — No
digiosa di rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spaventevole nel loro paese, e si ritirarono nella Mandonia. 13. A
ama Athamas o Athamao) fu uno di quei guerrieri che vennero rinchiusi nel famoso Cavallo di legno. Al momento che ardea più
dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri,
 — Sorella e compagna di Camilla, regina dei Volsci. Di questa, Dante nel suo Inferno Canto primo, dice : Di quell’untile
e afferratolo per le corna gliene strappò una, lo atterrò, e lo getto nel fiume Toa, detto da quel tempo Acheolo. Il vinto
oielli, e delle armi bellissime : l’astuto greco riuscì completamente nel suo disegno, poichè Achille, quantunque vestito d
uon vecchio, il tuo figliuol, siecome hai chiesto, È in tuo potere, e nel ferétro ei giace : Potrai dell’alba all’apparir v
pento un tizzone ardente tratto dall’ara dei sacrifizii. Alla porta o nel vestibolo dei templi si teneva un recipiente di b
uando in una partita di piacero volendo far prova della sua destrezza nel lanciare il disco, che egli aveva inventato, il d
edippe, ai piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sa
a quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sacro, lesse quelle par
crifizio il supposto delitto dei Samii, e slegata la statua la rimise nel santuario. Da quel tempo a commemorazione di tale
io augurio la partenza della flotta Ateniese per la Sicilia, avvenuta nel periodo di queste lugubri cerimonie, come l’entra
in onore d’Adone. I giorni che duravano queste cerimonie si passavano nel lutto e nella tristezza. Le donne vestite a bruno
ως nero mentre codesto nome significa l’ardente per esprimere il sole nel suo meriggio, essendo stata appunto l’ardente luc
venivano così detti perchè avevano un tempio consagrato al loro culto nel recinto da cui partivano coloro che si disputavan
mpossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un agguato nel quale cadde Agamede, e da cui non valse a tirarsi
favola racconta che una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto nel suo seno alcune di quelle mandorle, queste scompa
opria della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre
iro del tempio, e poi il Flamine sacrificatore immergevale una lancia nel petto, e quindi la vittima era posta sul rogo. Ai
di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la ver
sandra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’era nascosta, sperando di sott
alla mano in mezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede
da che gli avea donata Ettore, e si uccise. Il suo sangue fu cangiato nel flore conosciuto sotto il nome di giacinto. È cre
a parola Ajace, e il suono esclamativo col quale si esprime il dolore nel ricevere una ferita. Questa osservazione che potr
simile al giglio, Le vaghe foglie in un momento aprio. Formarsi ancor nel bel vermiglio Le note che v’impresse il biondo Di
4, un uomo del popolo a nome Ceditio, andò a rivelare ai Tribuai che, nel traversare di notte la strada nuova, aveva inteso
la città, ed allora Camillo, per espiare la negligenza dei magistrati nel non aver voluto prestar fede alla voce notturna,
in onore del Dio Ajo Locutio, nell’istesso luogo della strada nuova, nel quale Ceditio diceva avere ascoltato il misterios
lcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte di questo gli successe nel governo. Vi fu anche un Trojano così chiamato, il
con un torto La madre, e sarà in un pieloso e rio Nella madre crudel, nel padre pio Ovidio — Metamorfosi. Libro IX traduzi
ovuta ad una povera operaia ne fu punita da Diana, la quale le accese nel core una violenta passione per un uomo chiamato H
ne così furiosamente gelosa del suo amante che disperata si precipitò nel mare. 246. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo
l tempo, poichè arricchitisi col commercio vivevano nell’abbondanza e nel lusso. Nella loro città era un continuo alternars
ellezza furono così dolenti per la morte del padre che si precipitano nel mare, dove vennero cangiate nell’uccello conosciu
naufragò. È generale opinione fra i Mitologi che ella si precipitasse nel mare disperata della morte di suo marito, e che g
po la morte di suo marito Anfitrione sposò Radamento. Ed io che avea nel sen si raro pegno. Con immenso dolor premea le pi
o e ripieno Che Giove era l’autor di tanto seno ……………. Quel che verrà nel tal tempo alla luce Sarà dell’alma Grecia il magg
n modo diverso. 294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome nel territorio di Roma. Fu padre della ninfa Lara. 29
ro frecce e morirono entrambi : dopo poco furono da Giove precipitati nel fondo del Tartaro. Sotto codesta allegoria della
oi zii. Allora, Altea per vendicare la morte dei suoi fratelli, gettò nel fuoco il fatale tizzone a cui le Parche avevano l
io. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio, vicino all
ella vita. Ma potevano abbandonario per un dato tempo per far ritorno nel tronco di quello. Così Omero nel suo inno a Vener
io per un dato tempo per far ritorno nel tronco di quello. Così Omero nel suo inno a Venere. Non mortal non divina è la lo
i del suo latte Giove, il quale in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che
no alle bambine, appena nate, la mammella sinistra, onde non avessero nel trar d’arco alcun fisico impedimento. Esse non ri
cioè Arenario, per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura di un mon
re Augusto le consacrò sotto questo nome un quadro dipinto da Apelle, nel quale la Dea veniva rappresentata al momento dell
67. Anamelech. — V. Adramelecco. 368. Anapo o Anapi. — Nome del fiume nel quale la ninfa Ciane cangiata in lago andò a cong
ninfa Ciane cangiata in lago andò a congiungere le sue acque. Sbocca nel porto di Siracusa. 369. Anassagora. — Filosofo de
ai re in atto di grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé nel tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrar
iuta a Minos d’imporgli, onde provargli la verità. Allora Minos gettò nel mare un anello, dicendo a Teseo che se era verame
di gettarsi nell’acqua e riportargli l’anello. Infatti Teseo si gettò nel mare, ove alcuni delfini, mandati da Nettuno, lo
naitide. 405. Anfanto. — Detto dagii antichi Anfanctus, lago profondo nel territorio Irpino in Italia, circondato di precip
la sua vita. Anna, durante la notte, prese la fuga e andò a gittarsi nel fiume Numicio ove fu cangiata in ninfa. 441. Anna
re. 463. Anthia. — Soprannome dato alla fortuna dalla città di Antrim nel Lazio, in cui ella aveva un tempio assai celebre.
li e non Laerte fosse il vero padre di Ulisse. 470. Anticyra. — Isola nel golfo di Corinto celebrata dai poeti per l’abbond
afflitta madre. Altro conforto al suo dolore Immenso ? Qual compagna nel piangere ? qual figlia Altra, che Antigon’ebbe ?
agli uomini il loro volto, ma si facessero conoscer solo alle spalle nel momento di partire. Così in Virgilio allorchè Ven
in sembianza di cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando essa nel partire gli volge le spalle. …… nel partir la ne
non la riconosce che quando essa nel partire gli volge le spalle. …… nel partir la neve e l’oro, E le rose del collo e de
re dei Beozii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accom
gnifica inganno. Il periodo delle feste Apatuarie durava tre giorni ; nel primo di essi si celebrava il festino ; nel secon
uarie durava tre giorni ; nel primo di essi si celebrava il festino ; nel secondo si offeriva il sacrifizio agli Dei ; nel
lebrava il festino ; nel secondo si offeriva il sacrifizio agli Dei ; nel terzo si classificavano tutte le giovani persone
ndotto traversando il Nilo nella città di Memfi. Quiva veniva guidato nel tempio d’ Osiride ove erano fabbricate due ricchi
lle feste e solennità proprie degli Egiziani, il sacro animale veniva nel suo giro per la città scortato da tutti gli uffic
arole latine arx e arca, i Romani davano questo nome al dio destinato nel loro culto a presiedere alle piccole città ed agl
eneralizzata fra gli scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse nel posto ove era il campo delle Amazzoni quando esse
ldo Dio ; E la forma che avea quando m’apparse Dell’uom pensa cangiar nel proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse,
proprio rio, Per poter meco alcun diletto darse, E mescer l’acque sue nel fonte mio : E secondo il pensier si cangia e fond
inio racconta che le acque dell’ Aretusa esalavano un odore di letame nel tempo in cui in Grecia si celebravano i giuochi o
impici, e che ciò avveniva appunto perchè il fiume Alfeo, traversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque,
na. — Moglie di un guerriero che fu ucciso all’assedio di Troia. Essa nel ricevere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Ar
ggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi.
uando venne a stabilirsi in Italia, ordinò ai suoi seguaci di gittare nel Tebro dei fantocci fatti di giunco e abbigliati a
dette alcune figure di uomo fatte di giunchi che le Vestali gettavano nel Tevere alla celebrazione di alcune sacre cerimoni
bellezza e gioventù di Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette u
. Per contentarla più Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender nel cielo, E l’aurea sua corona al bel crin tolse ; E
iglio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lui, f
ntità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la sua morte fu messo nel numero degli Dei e particolarmente venerato dai p
rad. A.. Caro. Finalmente vi fu un’altra Arpalice che mori di dolore nel vedersi disprezzata da Ifielo, che fu uno degli a
bellezza di lei che la inseguì per lungo tempo e non la raggiunse che nel tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì speran
Lago, la quale sposò Tolomeo Filadelfo fratello del padre. Essa mori nel fiore della sua giovanezza, e il marito per etern
a i primi a farre parte. Plinio li chiama arvirum sacerdotes, e narra nel modo seguente l’origine di questa istituzione. La
di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, secondo Vi
di un Greco assai versato in medicina. Secondo che riferisce Apuleio nel IV libro dei suoi Fiori, e Plinio nelle sue stori
e questo ristretto. 651. Astrabaco. — Eroe Greco, che si rese celebre nel Peloponneso. Dopo la sua morte gli vennero innalz
ola così nomata, la quale essendo profondamenta culta nelle lettere e nel mestiere delle armi fu riguardata come la Divinit
e braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerdoti. Tutto ciò che evvi di
pra la cervice Di cervo a poco a poco un par di corna ; Il naso entra nel viso, e la narice Resta aperta più sotto, e ’l me
ture le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettava l’aria nel suo regno. Ercole per riuscire nello scopo prefis
iati. Combattendo un giorno contro i Locri, i quali lasciavano sempre nel mezzo della loro armata un posto d’onore per Aiac
adorno, e co’ vittorïosi Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea nel suo cimiero e nel suo scudo In memoria del padre,
orïosi Suoi corridori, in campo appresentossi. Avea nel suo cimiero e nel suo scudo In memoria del padre, un’idra, cinta Da
ei Sidonii. Per breve tempo venne anche adorata dal popolo d’ Israele nel tempio di Samaria. Baal in lingua ebraica vuol di
2. Baal-Tsefon. — Dio sentinella. I magi di Egitto posero quest’idolo nel deserto, per impedire la fuga agli Ebrei. Da ciò
n seguito poi vi furono ammessi gli uomini, e le adunanze si tenevano nel bosco sacro alla dea Simula o Stimula : però la u
a diritta, ove lo tenne fino al termine dei nove mesi. L’infante che nel corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’ac
sponsi. Coloro che venivano a consultare l’oracolo, dopo aver pregato nel tempio, gittavano la sorte con quattro dadi, sopr
dal santo aspetto. Cercò farla restar di sè contenta : E del vin, che nel suo povero tetto Teneva, e d’una rustica polenta,
voti furono esauditi. Pervenuti ad un’estrema vecchiezza, essi furono nel medesimo istante cangiati in alberi ; Filemone in
potuto servire al disegno di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel tempio di Belo. I re di Babilonia tutti l’abbelli
a di Grecia, lo demoli interamente senza rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle sue opere, ne fa una bellissima
prova di attaccamento, per modo che, qualche giorno dopo, non vedendo nel tempio al posto usuale, le recise chiome della co
spediti all’imperatore Costanzo, alcuni di questi biglietti, trovati nel tempio del dio Beza, e che l’imperatore, dopo ave
enza che un tal nome fosse dato a quella città, per essersi ritrovato nel suo ricinto una iscrizione che diceva, Deœ Bibrac
rteneva particolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo di lui una terribile pestilenza e ottenne d
i si addormentarono e non si svegliarono più, poichè la Dea avea loro nel sonno mandata la morte come il sommo dei beni a c
e accadde l’evento eressero a Bittone e Cleobe due statue, che posero nel tempio di Delfo. 809. Bizeno. — Figlio di Nettuno
 Feste che gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vittoria, nel mese di agosto, a cui nella lingua d’Atene si dav
Eliano racconta che il dio Esculapio avesse severamente proibito che nel bosco sacro, a lui consacrato presso Epidauro, fo
guistavano, poichè lo stesso Apollo, non appena i cervi erano enirati nel recinto del bosco consacrato respingeva gli assal
oni di Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera di Diana messa nel numero delle immortali. 830. Britormati. — V. Bri
tto continuo bersaglio, a causa della sua estrema bruttezza, si gettò nel monte Etna. 837. Brumali. — Feste in onore di Bac
nesse fra le Dee. La festa della Buona-Dea veniva celebrata ogni anno nel primo di Maggio ; la cerimonia veniva fatta duran
e, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fabbricare una città nel luogo ove un bue l’avesse condotto. Allora prese
rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutarono ad edificare la città di Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva con sè si er
r. — Lib. II trad. di Dell’Anguillara e Giove allora li trasportò nel cielo, fra le costellazioni, ove Calisto fu la gr
i suo figlio. Ma, non potendo frenare i trasporti della gioia materna nel vederio fra il numero dei vincitori, essa fu rico
. Fu celebre cacciatrice, e nessuno fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tutti gli esercizii del
ll’ucciso animale. Taluno, tra gli scrittori della Favola, ripete che nel tempio di Esculapio, in Roma, si conservava il si
noo e di Astinome. Fu uno di coloro che portarono soccorso a Polinice nel famoso assedio di Tebe, ove egli comandava gli Ar
dei più conosciuti soprannomi di Giove, a cagione del celebre tempio nel Campidoglio a Roma. In questo tempio si prestava
tributato gli onori del trionfo, salivano con gran pompa e solennità nel carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così det
detta Caria, che le donne della Laconia celebravano in onore di lei, nel tempo della raccolta delle noci. In greco la paro
o così vicini l’uno a l’altro, che le navi devono vogare direttamente nel mezzo, altrimenti correrebbero il rischio, evitan
uali fu dato il nome di Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani, nel mese di febbraio, celebravano una festa così chia
io, che a lui veniva da un tempio che aveva in Beozia, e propriamente nel luogo ove si credeva fosse egli passato allorchè
su due montagne di questo nome, una vicina al fiume Eufrate, l’altra nel basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia di Priamo
tria (vedi Clitennestra). Finalmente Cassandra morì uccisa da Egisto, nel giungere nella Lacedemonia. Ivi Cassandra, allor
; volendo con ciò spiegare che dei due fratelli uno solo poteva stare nel mondo, quando l’altro, a causa della divisa immor
, quando l’altro, a causa della divisa immortalità, dovea soggiornare nel regno delle ombre. Questa allegoria della Favola
veniva soprannominato il domatore dei cavalli, perchè era abilissimo nel maneggio di quelli e nella corsa ; e Polluce veni
ra tinge il cielo d’un colore rossastro ; il secondo accenna al tempo nel quale i raggi solari sono più luminosi ; Lampo di
le vostre porte si potesse mettere, Troia tornerebbe in quello stato nel quale fu sotto la protezione e la defensione del
za non consentiva entrare dalle porte, e collocarono con le loro mani nel mezzo della città il fatale simulacro. Sopraggiun
osti nei fianchi del cavallo uscirono quando l’armata Trojana giaceva nel sonno, e introdussero in Troja tutta l’armata Gre
sò Aglaura, figlia di Acteo, re degli Ateniesi, a cui egli succedette nel governo. Cecopro fu soprannominato biforme, e l’o
pa ed essa, in traccia Correan Centauri armati di saette, Come solean nel mondo andare a caccia. Dante. — Inf. Cant. XII.
la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar Egeo, famosa per aver dato i natali a Simonid
ll’ inferno. Quando Orfeo discese nei regni della morte perricondurre nel mondo la diletta Euridice, addormentò Cerbero al
dopo la morte, e onorato come tale essendosi detto che Venere apparve nel Senato, quando i congiurati pugnalirono Giulio Ce
di Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome ad un sacrifizio nel quale venivano immolate mille vittime. 1080. Chil
piede cagionatagli da una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’idra di Lerna (V. Ercole), lo fece co
te gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove egli è raffigurato, anche oggidì, tra
ta, perchè essa al dire dei naturalisti, nudrisce il padre e la madre nel tempo della loro vecchiezza ; ed ama svisceratame
ano a piangere sulla tomba dell’amico suo. Egli cantò così soavemente nel suo dolore, che divenuto vecchio, gli Dei mossi a
bile fino dall’infanzia, e tanto che essendosi confederato ai trojani nel famoso assedio della loro città, egli combattè co
mico, gli si spinse addosso e afferratolo alla gola lo strangolò : ma nel medesimo tempo che l’eroe vincitore si accingeva
lesso, allorchè intese una voce che gl’imponeva d’innalzare un altare nel luogo ove il cane erasi arrestato. Didimo esegui
ea un culto particolare e le avevano consacrato un tempio ricchissimo nel quale essa veniva adorata sotto il nome di Venere
persone sotto le rovine. Egli si salvò nascondendosi in un sepolcro, nel quale poi non fu più ritrovato. L’oracolo consult
ti dell’antichità, fanno menzione di ben sette altri colossi, trovati nel perimetro della suddetta città d’Apollonia, dei q
e ad Ope, divinità tutelare delle campagne, la cui festa si celebrava nel mese di agosto, sotto la stessa denominazione. 12
a sorprenderli, presero le armi e ne segui un accanito combattimento, nel quale Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Qu
roja. Crise, padre di lei, rivestito degli abiti sacerdotali, si recò nel campo dei Greci per ridimandare la figlia. Degli
brando di Pelopo, lo trafisse lasciandogli l’arma omicida conficcata nel petto. Crisippo, mortalmente ferito visse ancora
la favola racconta che la metamorfosi di quel dio in cuculo avvenisse nel Pelopenneso sul monte Torace, chiamato da allora
cola dimensione. Nel primo veniva raffigurato il sole, ossia Apollo ; nel secondo la luna ; e negli altri le stelle ; mentr
uglio. 1352. Damia. — Da un sacrifizio che il popolo faceva a Cibele, nel giorno detto damion, primo di maggio, fu dato il
denotavano i Trojani. 1361. Dardania. — Nome primitivo della contrada nel cui perimetro era compresa la città di Troja V. D
ove costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiu
troppo basso, nè troppo alto, temendo, con giusto discernimento, che nel primo caso i miasmi della terra, e nel secondo i
con giusto discernimento, che nel primo caso i miasmi della terra, e nel secondo i raggi del sole, non avessero liquefatta
he i raggi liquefecero la cera e lcaro precipitò da un’enorme altezza nel mare. Dedalo, più accorto dell’incauto figliuolo,
a divinità è così naturale agli uomini, è così profondamente impressa nel loro cuore, che se pure disconoscenti del vero Di
ole dii e divi, per indicare gli dei in generale, pure la parola dii, nel suo senso proprio, non conviene che agli dei di p
numerose denominazioni, particolarità ed attributi, che essi avevano nel culto degli idolatri. Dei naturali. Sotto qu
olato genitore fa ritrarre la figura del morto figliuolo, e gli rende nel silenzio delle domestiche pareti gli onori e la v
na figura di cera che ne somigliasse il volto su di un letto d’avorio nel vestibolo del palagio dei Cesari, ed il senato, i
ocrazia romana portavano sulle loro spalle quel letto e lo deponevano nel centro dell’antica piazza del mercato, ove il nov
ed al fumo s’innalzava nell’aria, quasi che l’anima del morto volasse nel cielo fra gl’immortali suoi pari a ricevere il cu
del fatale tessuto, si sentì come bruciare da un fuoco divoratore, e nel suo delirio, si gettò sui carboni accesi d’un sac
er disperazione. 1392. Delfa. — Detta anche Delfisa : sibilla che era nel tempo stesso sacerdotessa del tempio di Delfo. 13
opo aver percorso un immenso spazio, si posarono nell’istesso istante nel luogo ove sorgeva la città di Delfo. La tradizion
serisce che i demonii prendevano amicizia cogli uomini ; li guidavano nel cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicure
nia che si eseguiva nelle feste di Cibele e di Bacco e che consisteva nel portare in giro per la città un grosso albero, ch
lla generale distruzione. Prosciugatesi le acque e ritornata la terra nel suo stato primitivo, i superstiti consultarono l’
eva prestar mai giuramanto. Non poteva mai montare a cavallo, e tutto nel suo modo di vivere dovea risentire dell’austera s
libri, che sono stati composti pei pubblici sacerdoti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel qua
cerdoti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel quale spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È
dai legami io schiavo, ed introdotto nella casa loro per nasconderlo nel cortile, senza tetti, e poi mandarto fuori, nella
in onore di Diana. La principal cerimonia di questa festa consisteva nel condurre dei fanciulli innanzi all’altare della d
do il luogo in cui dimorava. Si chiamava Ecate nell’inferno ; la Luna nel cielo ; Diana sopra la terra. Veniva comunemente
enace che cangiò Atteone in cervo per averla sorpresa colle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana si compone
re la sirocchia e’l cognato, come ladro e traditore e parricida entrò nel regno dì Tiro… . » G. da Pisa — I fatti d’Eneo.
arativi della fuga, ed un giorno impadronitasi delle navi che stavano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci,
pelli, le quali disegnarono sul terreno uno spazio abbastanza grande, nel quale Didone cominciò ad edificare la citià di Ca
’ essa amava perdutamente. No, no, si mora ; e l’infedete Enea Abbia nel mio destino Un augurio funesto al suo cammino. Pr
l flamma, a tremolio Simigliante del vivo astro d’autunno, Che lavato nel mar splende più bello, Tal mandava dal capo e dal
be verso gli dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri ; tolse nel tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che co
ve Olimpio un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simu
minazioni. Si chiamavano Furie, Eumenidi o Erinni sulla terra ; Diree nel cielo, e Cagne della Stige, nell’inferno. De le
fa, volle farle violenza, ma essa, dall’alto di una rupe si precipito nel mare, ove cadde in una rete. La parola Dittina vi
e in premio i cavalli di Achille, egli accettò di essere spia trojana nel campo dei Greci ; ma sorpreso da Diomede e da Uli
assaggiò di tutte le vivande preparate pel sacrifizio, e poi rientrò nel fondo del sepolcro senza far male ad alcuno. Virg
Drago d’Aulide. Un giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata nel porto di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacr
e i greci avrebbero impiegato per abbattere la potenza troiana, e che nel decimo anno le armi greche avrebbero avuto il cor
sse, la religione Celtica aveva delle altre sacerdotesse che vivevano nel celibato, ed erano le Vestali del culto. E v’eran
v’erano finalmente altre sacerdotesse, che se pure maritate, vivevano nel tempio a cui erano addette, senza che fosse loro
si estremamente rari. Tenevano le loro scuole negli antri dei boschì, nel mistero delle più cupe foreste, all’ombra di quer
altro modo. È detto che avendo Apollo invitato Giunone ad un festino, nel palagio di Giove, essa, che fino a quel tempo era
vinta Mostrò le sue vergogne a tutto il cielo ; E dell’alme che stan nel santo regno, Mosse i giovani a riso, i vecchi a s
sse uno dei soprannome di Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel borgo dell’ Attica, era un tempio dedicato a Giov
sa : e che questa venisse detta la triplice Ecate e che fosse la Luna nel cielo, Diana quando abitava la terra, e Proserpin
le greche Εϰατὁν cento, e Βοὑς, buoi si chiamava così quel sacrifizio nel quale si svenavano cento buoi. Coll’andare del te
me erano abitualmente o cento leoni o cento aquile. L’Ecatombe veniva nel medesimo tempo consumata sopra cento altari di ce
rida richiamatrici delle streghe. Anche oggi abbiamo dei luoghi, come nel regno di Tunchino e nella Persia, secondo che rif
ere salvato dai guerrieri Trojani, che lo avevano sorpreso travestito nel loro campo, onde spiarne le mosse. Egli pregò cal
idarono. Le cronache dell’antichità concordano nella gran maggioranza nel ripetere che, ai tempi di Strabone, si vedeva anc
te di Ecuba, perchè ritornato nella Sicilia, fece innalzare un altare nel tempio di Ecate e lo dedicò ad Ecuba ; credendo c
, risolvette di uccidere il primo genito dei suoi nipoti, che dormiva nel medesimo tetto di Itilo. Onde mandare ad esecuzio
avvisò il figliuolo di cangiare di posto la notte seguente e mettersi nel luogo che occupava in letto il figliuolo di Niobe
i noi a quella specie di dolorosa impressione che talvolta si risente nel sonno, accompagnato da spaventose visioni. 1569.
il nome di Efira ; una nella contrada della Tessaglia, e propriamente nel luogo conosciuto sotto il nome di Tembe, e l’altr
ome di Tembe, e l’altra nella Tesprasia, provincia dell’ Epiro. Anche nel golfo dell’ Argolide vi fu un’isola, vicina a que
Sisifo. Efira, una città, natia contrada Di Sisifo, che ognun vincea nel senno. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Mon
a anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunto nel mare Egeo. 1573. Egemone. — Che significa condutt
Pitteo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare ne
ad Egeo, il quale, dalla riva vedendo il fatale colore, si precipitò nel mare, che da quel tempo prese il nome di Egeo. Gl
ella guerra degli dei, incatenar Giove e che sarebbero forse riuscili nel loro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone
non soddisfaceva alla insaziabile voluttà di lei. Diomede si ricoverò nel tempio di Apollo e poi abbandonò la disgraziata d
 Così venivano col nome collettivo denotate tutte quelle divinità che nel culto religioso dei pagani si credeva abitassero
sso, l’ardente desiderio che questa donna bellissima gli aveva acceso nel sangue. Neofronte intanto, per vendicare l’offesa
n notturno convenio d’amore, fece destramente uscire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale
. Noi sotto Troja travagliando in armi, Passavam le giornate ; ed ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con
li essendo stato posto dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la figura di un Capro. 1599. Egofaga. — Det
me di Elafebolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste si celebravano nel mese di febbraio, cosi questo fu chiamato Elafeba
gio che quel Dio faceva nell’Indie. Presso gl’Indiani, e segnatamente nel regno di Bengala venivano tributati gli onori div
n giorno che essa insieme, ad altre fanciulle della sua età, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta dell’Innocenza, n
eco, che a quel convenuto segnale avrebbero trovati i Troiani immersi nel sonno. …… Una gran face in mano Riprese, e diè c
l quale subì prima le sevizie dei soldati greci, e poscia fu scannato nel proprio letto. L’animo abbietto di Menelao si ten
er nome Cassandra e la favola racconta che dormendo un giorno con lei nel vestibolo interno di un tempio, due draghi s’insi
o si recò presso Crise, e poi dimorò sul monte Ida ; ma siccome stava nel fato di Troja, che la città non poteva esser pres
ssero prima indotto Filottete ad abbandonare la sua isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce di Ercole. In seguito
cato. Tutti coloro che, o per sventure, o per delitti, si rifugiavano nel sacro recinto di quel tempio, trovavano, presso i
zio, quasi fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi nel tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al mom
di vacche, tolte al nemico. Essendo Anfitrione andato ad inconirarlo, nel volere arrestare una di quelle giovenche ch’ eras
e venivano anche dette misteri per eccellenza e duravano nove giorni, nel qual tempo tutt’i pubblici affari erano sospesi ;
dei pioppi trasuda continuamente, altro non sono che le lagrime che, nel loro dolore, versano ancora quelle affettuose sor
a, tu, che di caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona, Ma su nel cielo infra i beati cori Hai di stelle immortali
alle brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli no
rità delle opinioni tanto degli antichi, quanto dei moderni filologi, nel definire la posizione topografica dei campi Elisi
poco lungi da Lesbo, chi in Italia ; chi nelle isole Fortunate ; chi nel paese della Betica, oggi Andalusia in Ispagna ; e
l paese della Betica, oggi Andalusia in Ispagna ; ed altri finalmente nel centro della terra. Quest’ultima opinione è la pi
o fatto, ed in rendimento di grazie al nume che Elpide aveva invocato nel suo pericolo, egli, ritornato in Samo, innalzò a
e si credeva generalmente che tutt’i malati che dormissero una notte nel recinto del tempio a lei dedicato, si trovavano l
gone, esalò l’estremo sospiro sul seno dell’amata fanciulla. …. e là nel fondo dello speco Lei veggiam d’un capestro al co
r contro sè stesso irato Sovra l’acciar slanciandosi, sel figge Mezzo nel fianco, e con tremole braccia Stringe al petto la
altamente pregiata. Egli aveva pel suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della disgrazia di lui, lo accompagnò sempr
invero egli combattè eroicamente in tutti gli scontri ch’ebbero luogo nel decenne assedio della Trojana città. Enea sostenn
o, con Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede, nel quale però Enea, ebbe seco stesso a felicitarsi d
te d’impadronirsi dei superbi destrieri di Achille, ma non riuscì mai nel suo intento. La protezione che Nettuno aveva acco
i faretra armato, Tal fra la gente si mostrava. e tale Era ne’gesti e nel sembiante Enea. Sovra d’ogni altro valoroso e vag
denominazione di Capo Miseno. Dimorando nella Campania si recò a Cuma nel tempio dedicato ad Apollo, ove dalla bocca della
e Anchise, morto a Drepano. Ritornato dalla regione delle ombre, andò nel Lazio, ove Latino, re dei Latini, istruito dall’o
rò dice che Venere, vedendolo coperto di ferite lo avesse trasportato nel cielo, dopo avere con materna sollecitudine lavat
ologica ricorda di un’altro Enea, figliuolo di Cefalo, che succedette nel governo della Focide a Dejoneo, suo avo. 1677. En
lia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al quale successe nel governo della Calidonia, contrada dell’Etolia, da
barba. Nella celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Ercole una data misura di vino e faceva
tradizione ripete che egli comandasse i Miseni ausiliarii dei Trojani nel decenne assedio della loro città. Achille lo ucci
sa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia funebre nella qual
la quale si recava ogni anno ad onorare il sepolcro dei tredici morti nel singolare duello. 1692. Enone. — Figlia del fiume
salvato dal naufragio, che fece perire gran numero dei suoi compagni nel ritornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era
e per la stessa ragione, aveva Apollo un tempio dedicato al suo culto nel borgo di Bassa, ove veniva adorato con la stessa
e, essendosi impadronito dell’isola di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua di quel Dio, la quale però lungi d
cettando solo un ramoscello di alloro. 1736. Epimeteo. — Vocabolo che nel linguaggio antico significa che non riflette se n
ere sull’iscrizione del piedestallo della statua che questa dea aveva nel tempio di Delfo, per indicare che essa che come d
oviziato di cinque anni, durante il quale tempo non si poteva entrare nel santuario del tempio, ma bisognava rimanere nel v
non si poteva entrare nel santuario del tempio, ma bisognava rimanere nel vestibolo di esso. Nei misteri del culto Eleusino
a Fortuna e col quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato nel nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flac
e, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva nel periodo di questa solennità, si facevano le corse
eva nel periodo di questa solennità, si facevano le corse dei cavalli nel campo Marzio. 1755. Equità. — Veniva questa divin
l’eroe, di terra in terra, di provincia in provincia e fino in Atene, nel centro della Grecia, ov’essi si erano ricoverati,
alla poesia lirica ed erotica. I romani l’invocavano particolarmente nel mese di aprile, consacrato all’amore. Erato, che
te viene identificata con l’eroe greco, la si può relegare, come Som, nel numero di quelle locali e particolari divinità, c
che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa costantemente, nel mito Omerico, come essenzialmente pedestre. Lunge
o avere altro intendimento, quando noi vediamo che tutti si accordano nel ripetere che originariamente Ercole si chiamava A
’ecceiso figlio, Quand’ei levossi alla tremenda guerra. E fatal prova nel primier periglio Dando d’immenso ardire. Con mano
o — idillio XXIV trad. G. M. Pagnini. Lo Scita Eurito fu suo maestro nel tirar d’arco ; Eurito, che da i padri ampie camp
per opera di lei colpito di furore, e in un accesso di delirio gettò nel fuoco i figli che aveva avuto da Megara e due bam
dici anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio e nella sua forza soprannaturale, Er
, pretendono, per contrario, avere Ercole preso una parte attivissima nel memorabile fatto della conquista del Vello d’oro.
il veleno dell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore nel sangue di lui, rendendolo quasi demente. In ecces
ferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto di una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Senti della fatal v
are. …… poscia che il tosco Senti della fatal veste di Nesso, Svelse nel suo furor dalla radice I tessalici abeti, e nell’
le sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a replicati scrosci di fulmine, pe
Ovidio — Metamorfosi — Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. Assunto nel numero degli dei, Ercole ricevette l’immortalità
Filippo, ai tempi di Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio, nel quale il dio veniva adorato sotto la figura di un
due templi particolari, uno posto presso la porta Trigemina e l’altro nel Foro Boario. Il suo famoso altare detto Ara Maxim
i. La festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 2
on gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, ne
tte queste solenni ricorrenze era espressamente proibito d’introdurre nel sacro corteggio nè donne, nè schiavi nè cani. Il
aschile maturità. Le statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano ap
è in minor relazione di quella che già sorprende ed atterrisce quasi nel simbolico neonato, strangolatore di due serpenti.
serpenti. Ma il più gran numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella sua
re dei figli di Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sepolti nel tempio di Giunone. 1770Eretteo. — Secondo la favo
la fu figlio della Terra, e fu allevato da Minerva, la quale lo educò nel magnifico tempio ch’ella aveva in Atene. Divenuto
lo annoverarono fra gli dei. Secondo Euripide, Eretteo fu precipitato nel seno della terra con un colpo di tridente da Nett
no. — Fu uno dei marinai, che in qualità di pilota, succedette a Tifi nel governo della nave degli Argonauti, secondo la cr
avola ce lo presenta come figlio di Buta e di Venere, e atleta famoso nel combattimento del cesto. Avendo un giorno sfidato
Gerione. Nel combattimento Erice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani c
una tale denominazione. Eliano ricorda di numerosi miracoli avvenuti nel tempio maggiore di Ericina. Egli narra che le vit
eva che fosse giunta nella loro città da Tiro per mare, e che entrata nel mare Jonio, si fosse fermata nelle vicinanze del
ei per ricompensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire nel tempio di Ercole, avessero accesso solamente le d
oi giorni. 1791. Eritto. — Sul monte Emo in Farsaglia, e propriamente nel luogo ove fu combattuto la famosa battaglia fra C
sto il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto il nome di Her
butati gli onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne di entrare. 1810. Er
di Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la quale disperata si precipitò nel mare volendo morire della morte istessa, che per
rebbe stato cagione alla propria patria, il figliuolo ch’ella portava nel seno quando andò ad interrogarla. Erofila passò u
e mori. Ai tempi di Pausania si vedeva ancora il sepolero di Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nom
o dette Erseforie, le feste che in suo onore si celebravano dai Greci nel mese di scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Sopr
inale, ove Romolo le apparve circondato di luce e la trasportò con sè nel cielo. Dopo questo fatto i Romani resero ad Ersil
dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in quell’iso
in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e nel mezzo di essa si teneva un carro coperto a cui ne
so. Ciò finchè il sacerdote non guidava novellamente il carro coperto nel tempio, quasi ad indicare che la dea fosse stanca
; e gli schiavi addetti al servizio della cerimonia, venivano gettati nel prossimo lago. 1822. Es, Esculano o Ere. — Erano
Egli ne fu talmente addolorato che si gettò dall’allo di uno scoglio nel mare, ma Teti lo cangiò in uccello prima che foss
il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque e trascinò nel mare le incaute ninfe. Nettuno, mosso a compassio
uillara. Altri racconta che Coronide, accompagnando suo padre Flegia nel Peloponneso, avesse partorito Esculapio, e l’aves
one, sia per accondiscendere alle preghiere di Apollo, mise Esculapio nel numero degli astri. Un’altra tradizione racconta
esterminati. Giove irritato perciò contro di Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi cedendo alle preghiere di Latona,
S. Giovanni come simbolo dell’igiene. Esculapio veniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una
culapio fa anche parola la cronaca favolosa, e che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alci
Pallade Minerva, forse perchè esse compievano i riti del loro culto, nel più profondo silenzio. 1830. Esimnete. — Da una s
che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non
comandare ad alcuni corsari di rapirle. I corsari infatti penetrarono nel giardiuo dell’Esperidi, e le trafugarono sui loro
colui che poteva espiarlo doveva, senza profferir parola, conficcare nel terreno l’arme che era stata strumento del suo de
proposito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la maniera con la quale fu espia
ne della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbraio, nel qual giorno venivano immolate le vittime dette am
va celebrata ogni cinque anni, e da questa derivò la parola lustrare, nel significato di espiare, avuto riguardo al periodo
della sua patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene, si fermò nel tempio delle Eumenidi, in un bosco sacro presso l
quali consistevano nella libazione dell’acqua di tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana di fresco tosata di
prima di essere a conoscenza anche dopo la morte, di quanto avveniva nel mondo ; e l’altra che egli passerebbe metà dell’a
il fuoco alle navi greche, onde Protesilao fu obbligato a stabilirsi nel paese ove avea preso terra colle sue prigioniere.
tuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di Elena ancor giovanetta, la rapì, nel partire da Afidne la lasciò in custodia ad Etra.
ica allegro. 1875. Eufrobio. — Fu uno dei principali capi dei Trojani nel memorabile assedio della loro città. Era figlio d
so a dritto filo. Il vibrator del curvo arco d’argento, Febo educolle nel pïerii prati. E portavan di Marte la paura Nelle
Persuasion, che il labbro Inspirommi e la lingua a piegar queste Già nel niegar si pertinaci. Altine Vinse Giove Orator :
trada facendo che una corda del liuto di Eunomo si fosse spezzata ; e nel tempo istesso essendosi una cicala posata sull’is
e più severe ricerche, per conoscere se qualche donna fosse penetrata nel tempio anche per combinazione, e appena si scopri
a seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l più leggiadro Che nel campo troiano arme vestisse : Ch’a pena avea la r
per l’arte che aveva di risanare le ferite. Oileo gravemente piagato nel dare insieme ad Ercole la caccia agli uccelli del
a lungo sopportare l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò nel tetro regno di Plutone ; attraversò le selve tene
veramente degno Di perdono e pietà : se quello o questa Si ritrovasse nel Tartareo chiostro, Ritenne ’l piede, e già sott’e
cintura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d
io non si apriva che una sola volta l’anno e in un giorno determinato nel quale si facevano in suo onore pubblici e privati
venti, ma finalmente fu spinto sulle rive della città di Patrasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un drappello di uom
in Acaja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale era adorata sotto questo nome. La sacerdote
uello Scita, re di Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro di Ercole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva una figlia pe
el, cui spento Dell’intelletto il lume avean le tazze. Sen gia manco nel corpo e nella mente. Quindi s’accese una cruenta
un fiume della Tessaglia. Al dire di Omero, le acque di questo fiume nel gettarsi in quelle dell’ altro detto Peneo rimane
rcito dei Lacedemoni, il cui comandante si precipitò per disperazione nel fiume Imero, che da quel tempo fu, per questa rag
r la vittoria, ed è scritto che riportata che l’ebbe, fece fabbricare nel luogo stesso ove accampò il suo esercito, un temp
e fabbricare nel luogo stesso ove accampò il suo esercito, un tempio, nel cui atrio fece mettere le due figure di Eutico e
combattè nella guerra dei giganti a fianco di suo padre Giove, questi nel vedere che il figliuolo aveva ucciso un gigante,
a una specie di preghiera, che avea potere di far discendere gli dei, nel luogo ove si credeva utile la loro presenza : e q
anch’egli di sovente il fulmine e Tullo Ostilio che succedette a Numa nel governo, volle fare anche egli la medesima evocaz
rfeo ad evocare l’anima della sua diletta Euridice. Ulisse, recandosi nel paese dei Cimmerj, per consultare l’ombra dell’in
cazione ; Poi degli estinti le debili teste Pregai, promisi lor, che nel mio tetto, Entrato con la nave in porto appena, V
Lib. XI. trad. di I. Pindemonte. e così tutti i pretesi viaggi fatti nel regno delle ombre dagli eroi e dagli dei stessi d
dicevano propriamente Ecohe Baeche. F 1924. Fabaria. — In Roma nel primo giorno del mese di giugno si celebravano su
gli orsi vivi nei fossi. Tutti i cronisti dell’antichità, concordano nel considerare questo Fovio o Fabio come lo stipite
e di Giove Dodoneo dalla parola fagus, che significa, colui che abita nel faggio. I responsi dell’oracolo che Giove aveva i
ronache dell’antichità si trova sovente personificata la Fama e posta nel numero delle multiplici deità del paganesimo. La
d. di Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalzato un tempio, nel quale la onoravano con un culto regolare. 1938. F
nvasi dal fuoco di Bellona, forse perchè essi dimoravano da principio nel tempio sacro a quella dea. I fanatici s’incidevan
particolarmente Bellonarii, ma oltre a questi ve ne erano degli altri nel tempio del dio Silvano, in quello di Serapide, d’
greca φανειν che significa illuminare, si dava questo nome ad Apollo nel significato di colui che dà la luce. Vi era anche
pitosa fuga, e Turno lo inseguì fino su di un vascello che si trovava nel porto. Allora per volere della dea il fantasma di
emente belio, per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone di una nave. Narra la tradi
on potè piegarlo alle sue voglie, permodo che, disperata si precipitò nel mare dall’altezza dello scoglio di Leucade, sul q
e Furie impossessatesi di lui lo straziarono in modo che si precipitò nel fiume Arturo, il quale da quel giorno cangiò il s
togliesse ai Trojani il Palladio, che essi custodivano accuratamente nel tempio di Pallade Minerva. Narra la cronaca che U
te venivano solennizzate nella campagna, e propriamente nei prati ; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, men
ei prati ; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, mentre nel mese di febbraio si svenava una pecora. 1959. Fau
o le cronache, che avendo un giorno osservato un uccello che col cibo nel becco volava sempre presso una data caverna, moss
fondatori di Roma, ond’è che Faustolo, ebbe dopo la morte, una statua nel tempio stesso in cui si veneravano Romolo e Remo
isola di Corcira, ora Corfù. Secondo il citato scrittore, esso viveva nel lusso e nella mollezza, non di altro occupato che
dò mezza : di si forti Remigatori la spingean le braccia ! Si gittaro nel lido ; e Ulisse in prima Co’ bianchi lini e con l
solvè di vendicarsi, e appena il vascello fu di ritorno, nell’entrare nel porto, fu cangiato in uno scoglio. Allora ad un c
li avrebbe fatto perire fra le acque, uno dei loro migliori vascelli, nel giorno che avrebbe fatto ritorno nel porto, dopo
uno dei loro migliori vascelli, nel giorno che avrebbe fatto ritorno nel porto, dopo aver lasciato un mortale nella sua pa
l’acque ogni mortale. Dicea che insigne de’ Feaci nave, Dagli altrui nel redire ai porti suoi, Distruggeria nell’oscure on
ll’offesa in modo soddisfacente, allora il sacerdote Feciale lanciava nel territorio nemico un’asta, e invocando gli dei ce
. Narrano le cronache dell’antichità, che quando le donne si recavano nel tempio della dea, per invocare la grazia di esser
del giovane. A poco a poco crebbe così fattamente la fiamma colpevole nel seno della disgraziata donna, che temendo di dove
dificare su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale si recava assai di sovente sotto pretesto d
rzo per vincere da principio la funesta passione che le si era accesa nel sangue, ma non riuscì che a renderla vieppiù arde
cate ; ma che quell’ albero non fosse così di sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua funesta passione la distrugge
he a lui veniva dalla credenza che avevano i pagani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva gli oracoli di Dodo
superbo Ilion fu combusto, Fenice fece ritorno in patria, ma sorpreso nel traversare la Tracia, dalla morte, fu sepolto nel
feste funebri, che essi celebravano una volta l’anno, e propriamente nel giorno ventuno di febbraio in onore dei morti. Al
egli dei, perchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere nel tempio di quel dio, le spoglie tolte ai vinti. 19
di petti dei mortali, E le pure virtù candide e belle Giro a splender nel ciel fra l’altre stelle Ovidio — Metamorfosi — L
lo nascose in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco nel gambo di questa pianta, che per naturale conforma
ar che’l fuoco empio non entre Dove son seco ritirati a stare I fonti nel materno ombroso ventre : Alza il fruttifer volto
avessero rivestito la bella Fia degli stessi abiti che aveva Minerva nel maggior tempio di quella città ; e che facendola
tesso dà questo nome ad uno abitante della città di Corinto, il quale nel prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò cad
capra, la quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una statua nel tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradiz
esto fatto, Filaco fu dichiarato eroe e gli fu innalzato un monumento nel tempio stesso di Delfo. 2007. Filammone. — Figlio
ologica lo fa figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri lo pongono nel numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio di A
, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli avesse ancora tardato a
era Fillide aveva fatto per nove volte ; e coll’ andare degli anni fu nel medesimo luogo edificata una città al la quale si
fetto, E fu d’ogni altro error monda e innocente. Il nido tornò a far nel regio tetto E non ebbe vergogna della gente : Nel
iungendo che ella fosse stata colpita dalla stessa sventura che colpì nel fiore degli anni la disgraziata Fedra. V. Fedra ;
toriti, temendo lo sdegno del padre suo, ebbe il coraggio di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nascondere una c
dalla morte di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino di Troja era scritto, che essi non si sar
le ceneri dell’ eroe, erano sepolte le frecce di lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere spergiuro, o di cagionare
e istesse armi ch’erano state cagione del suo tradimento ; imperocchè nel passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere
e egli combattè il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon nel suo libro delle Aventures de Télémaque. Cependan
anchetto degl’immortali. 2024. Flumi — Quasi tutti i fiumi conosciuti nel mondo antico erano stati personificati e deificat
igione pagana, la quale come abbiam visto e come seguiteremo a vedere nel corso della nostra opera, personificava ed adorav
fiumi ; e avessero rappresentato i fiumi che sboccano immediatamente nel mare, sotto la figura di altrettanti vecchi ; e q
tradizione, circondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e nel quale invece di acque correvano torrenti di flamm
fuoco al tempio di Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono nel Tartaro, dove Flegia è condannato a rimanere eter
acrileghi che le cronache dell’ antichità, ci presentano come dannati nel Tartaro, siano rivolte le famose parole che Flegi
delle feste Florali i danari delle pene e delle confiscazioni pagate nel corso dell’anno. Il tempio dell’ antica Flora sor
o giuocando con Telamone e Peleo al giuoco della piastrella, Telamone nel lanciare la sua, ferì così gravemente al capo il
dette a raccogliere i morti, ma sventuratamente si ferì in una mano, nel togliere ùna freccia da uno dei cadaveri e dopo q
e il nome di Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si celebravano nel mese di ottobre alcune feste così chiamate, dall’
uesta dea, fu Servio Tullio, che le fece inalzare un magnifico tempio nel mercato di Roma ; e la tradizione aggiunge a ques
che la colossale statua in legno che Servio Tullio aveva fatto porre nel tempio, fosse rimasta intatta da un incendio, che
questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache della favola, la mette nel numero dei figliuoli della Notte. Il Boccaccio, n
i della Notte. Il Boccaccio, nella sua Genealogia degli dei, la mette nel numero delle deità romane. 2054. Freccie di Apoll
gica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra di Lerna, bagnò le sue freccie nel sangue avvelenato del mostro, per modo che le fer
i rivelava la collera di Giove e che produceva un invincibile terrore nel petto dei mortali. Stavan ne l’ antro allora Ste
e, era il contrassegno della suprema autorità ed è appunto perciò che nel tempio di Diana in Efeso, Alessandro, il conquist
l’ immagine più fedele del Sole, così tutte le nazioni si accordarono nel venerarlo. I Caldei che sono i più antichi fra i
siani, che il fuoco fosse stato portato dal cielo e posto suil’altare nel primo tempio che Zoroastro innalzò nella città di
ostura dei loro sacerdoti, era comune alla Grecia, ove si credeva che nel tempio, che Minerva aveva nella città di Atene, a
hè pel famoso tempio di Vesta in Roma. Non è quindi a maravigliare se nel culto del paganesimo non si vedesse alcun sacrifi
sinistro canto : Quella, che piange dal destro, è Aletto : Tesifone è nel mezzo : Dante — Inferno — Canto IX. Appellazion
el mezzo : Dante — Inferno — Canto IX. Appellazioni che rispon lono nel nostro idioma alle parole Rabbia, Strage ed Invid
ittore egli asserisca che esse erano figliuo’e della Discordia e nate nel quinto della Luna. Eschilo le fa figliuole del fl
gedia trad. di F. Bellotti. Apollodoro asserisce esser nate le furie nel mare, dal sangue che grondò dalla ferita che Satu
ee ec. ec. In quanto alle loro attribuzioni, tanto sulla terra quanto nel regno della morte, le Furie venivano sempre consi
città di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel quale si conservavano, con grande venerazione, de
velano ancora che Oreste, avesse innalzato alle Furie altri due tempi nel Peloponneso ; il primo nel luogo stesso ove esse
vesse innalzato alle Furie altri due tempi nel Peloponneso ; il primo nel luogo stesso ove esse cominciarono la loro tremen
inalis. Vicino a questo tempio vi era un bosco consacrato alla dea, e nel quale, secondo la tradizione storica, fu ucciso C
tide fosse uscita per breve tempo dal palazzo della sua signora e che nel rientrare premurosamente in quello, avesse osserv
fiancheggiata dalle dimore degli dei più potenti. Una splendida via nel ciel riluce : Candida si, che del latte s’ appell
ù della luce bionda. Del Zeffiro più snella, L’insigne nome avea Onde nel mito ellenico Eterna è Galatea. Prati — Nuove po
empio essi non potevano entrare in un tempio, durante tutto il giorno nel quale si fossero trovati a vedere un corpo morto.
rli di questa divinità è il cronista Pausania, il quale riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero
è discorde il parere degli scrittori, i quali però tutti si accordano nel convenire che geniali era il nome collettivo degl
piacque !) Che nelle foglie i suoi lamenti imprime : E doppio. ua Ai nel fior trovassi scritto, E fur di lutto quelle note
e. L’oracolo rispose, che avrebbe dovuto adottare il primo fanciullo, nel quale si fosse imbattuto l’indomani In fatti Xife
he egli fosse divenuto amante di Cerere e che avendola voluta tentare nel pudore fosse stato colpito da un fulmine. Il cron
za per quelli che lavorano la terra. Dopo la morte, Giasione fu posto nel numero degli dei non solo come figlio di Giove, m
ed ardita, e mal sofferendo di rimanere ancora nascosto nell’ombra e nel silenzio del suo ignorato ritiro ; mosse a consul
amentare altro accidente, se non che la perdita di una scarpa, caduta nel fiume mentr’egli lo traghettava sulle spalle dell
arte, e il re con gran seguito di cortigiani e di sudditi dall’altra, nel campo consacrato a Marte, fuori le porte di Colco
l terreno, seminò in quei solchi i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeroso stuolo di guerrieri, che com
il suddetto cronista, significavano un’intera frase la quale tradotta nel nostro idioma comprenderebbe in sè la seguente id
ichità, che i Gierofanti avevano fra i loro obblighi quello di vivere nel celibato. Altri scrittori pretendono similmente c
e, dei quali, secondo la tradizione mitologica, quelli che ricadevano nel mare diventavano isole ; e quelli che piombavano
cole, sconfisse i Giganti a colpi di fulmini, precipitandone porzione nel fondo del Tarlaro e seppellendone altri sotto il
là è molto. Ed è legato e fatto come questo, Salvo che più feroce par nel volto. Dante — Inferno — Canto XXXI. Cotto — V.
ti, essi al dire di vari scrittori e poeti rotolarono per nove giorni nel vuoto e finalmente nel decimo furono sprofondati
i scrittori e poeti rotolarono per nove giorni nel vuoto e finalmente nel decimo furono sprofondati nel Tartaro. E tre voi
per nove giorni nel vuoto e finalmente nel decimo furono sprofondati nel Tartaro. E tre voile il gran padre fulminando Sp
aro carciò le squadre avverse : Nove giorni le venne in giù rotando E nel decimo al fondo le sommerse : Orribil fondo d’ogn
erture a guisa di porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo smisurato cadavere di un uom
ichità aggiungono che l’uccisione di Candaule fu causa d’una sommossa nel popolo, già diviso in due partiti, uno a favore,
tevano la metempsicosi, e facevano consistere tutta l’umana felicità, nel disprezzo dei beni della fortuna ; e nell’abborri
ica pompa, fatta in Grecia ad Antioco Epifane, ripete che si vedevano nel corteo un gran numero di statue, e fra queste una
le orme di quelli, attenendosi ad una consimile distinzione. Esiodo, nel suo trattato intitolato Le opere ed i giorni, ci
nfelici giorni, il quinto di ogni mese. Al dire del citato scrittore, nel 5.° giorno di ogni mese le Furie lasciavano l’inf
rgilio nelle sue Georgiche, si attiene alle istesse idee, dicendo che nel quinto giorno del mese erano nate le Furie e l’Or
rono contro i Galli sulle sponde del fiume Allia, fatto un sacrifizio nel giorno dopo gl’Idi di luglio ; e che per la stess
e non si fosse nè intrapresa cosa alcuna, nè combattuta una battaglia nel giorno dopo gl’Idi, le None, e le Calende di cias
amiglia o ad un individno. Così Augusto non intraprendeva cosa alcuna nel giorno delle None ; altri classici personaggi del
sto, a motivo della famosa rotta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di maggio ; gl’Idi di marzo, per essere stat
i ucciso Giulio Cesare ; e molti altri giorni designati come infausti nel calendario romano. Sebbene la superstizione fosse
, se non quando avesse potuto avere l’ appoggio dei Titani rinserrati nel Tartaro ; egli tentò l’ impresa, e avendo ordinat
— Libro XIV. trad. di V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padr
di Pretesta. La dea Giuventa veniva onorata in un tempio che sorgeva nel Campidoglio. Al dire di Tacito, l’altare della Gi
ta la pompa, venendo le nozze celebrate — secondo asserisce Diodoro —  nel territorio dei Gnassi, sulle sponde del fiume Ter
e, facendo uscire dalla terra una specie di miasmo che ella ricevette nel seno ; che dette la luce a Marte, ponendosi in gr
si in grembo un fiore ; ad Ebe, mangiando delle lattughe ecc. Siccome nel culto dei pagani, essi attribuivano a tutte le lo
iò solo si limitavano i poteri e le attribuzioni di Giunone ; ma essa nel culto pagano era ritenuta ancora come la dea che
equestri o curuli, consistevano in alcuni esertcizì che si eseguivano nel circo dedicato a Nettuno, e secondo altre opinion
combattimenti detti anche giuochi agonali, consistevano nella lotta, nel pugillato e in altri combattimenti eseguiti tanto
esentazione di alcune satire, commedie e tragedie, che si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e d
cui celebrazione marcava perfino con cronologica importanza una data nel corso dell’anno, alla quale i romani e sopratutto
le persone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato. Presso i romani era an
degli uomini. Esiodo ripete che la giustizia figlinola di Giove stava nel cielo sul carro del padre suo, al quale dimandava
la età di ferro, ella inorridita alle colpe degli uomini, si ritrasse nel ciclo nè fece più ritorno sopra la terra. 2179. G
erra che sostenevano l’uno contro l’altro, con un particolare duello, nel quale sarebbe caduto vittima il fratello di lei ;
n modo che questi avessero rotto il trattato. Ma non essendo riuscita nel suo intento, e vedendo che Enea incalzava da vici
il quale morì per mano di Enea, e allora Giuturna disperata si gettò nel fiume Numico, e Giove la cangiò in una fonte, con
rad. di A. Caro. Infatti le cronache dell’antichità, ci rivelano che nel Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che
che nel Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce nel fiume Numico, alle cui acque i pagani attribuivan
istero al combattimento dei gladiatori, e prendeva un crudele diletto nel vederli morire coperti di sangue. Al dire di Cice
l’erba della spiaggia, vide saltare quei pesci come se fossero ancora nel loro naturale elemento. Colpito da quel fatto per
ppena ebbe ciò fatto intese uno strano commovimento nelle vi. scere e nel cuore ; e fu immantinenti colpito da un ardente e
ò in mare ; ove al della tradizione, la dea Teti e l’Oceano lo misero nel numero delle divinità marine. In ordine distendo
a voltarsi in sul fianco, e in sulla terra Guizzar così come già fean nel mare. E mentre io bado, e maraviglio a un tempo,
, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli si precipitò in mare, e dove a poc
on gemiti e lamenti. 2188. Gordiano — La tradizione mitologica spiega nel seguente modo il fatto che si rapporta a questo n
o ricorso all’oracolo, il quale rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto a
Mida in riconoscenza della grazia ottenuta da Giove, fece sospendere nel tempio di questo dio il famoso carro sul quale av
o stesso Ateneo, asserisce che alcuni soldati dell’esercito di Mario, nel tempo che le legioni romane combattevano nella gu
a dello strano avvenimento, facesse appendere la pelle delle gorgoni, nel tempio sacro a Giunone, ove restò fino alla distr
, di oro massiccio, alta quattro cubiti, e che le Gorgoni custodivano nel loro tesoro. La cronaca mitologica aggiunge che,
goni. Infatti il Fourmont, facendo capo alle lingue orientali, scopre nel nome delle tre Gorgoni, quello di altrettante nav
i si attiene Esiodo, riferisce che i capelli della Graje incanutirono nel punto stesso in cui esse nacquero. Il citato scri
alvolta esse venivano confuse con le quattro stagioni. Pausania mette nel numero delle Grazie, la dea della Persuasione, vo
to presso gli antichi, riguardo alle tre Grazie ; e questo consisteva nel raffigurarle sempre circondate dei più brutti e l
recato Minosse, re di Creta, per offerire un sacrifizio alle Grazie, nel momento che s’accingeva a dar principio alla sacr
ogia fa del continuo menzione. Secondo la cronaca, questo animale era nel fisico un misto del leone e dell’aquila ; aveva u
Solino ed Erodoto, han creduto che simili mostri esistessero davvero nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi e
creduto che simili mostri esistessero davvero nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi era una miniera di oro, c
ni, le due configurazioni fisiche di leone e di aquila, unite insieme nel corpo del Grifone, esprimevano il concetto più al
vanette Ateniesi, le quali la danzavano intorno all’altare di Apollo, nel giorno delle Delie. Si vuole che gl’intricati gir
2207. Guadaletta. — Così avea nome un piccolo fiume, che metteva foce nel golfo di Cadice e del quale i pagani avevano fatt
i, e che, come simbolo della vigilanza, era consacrato a Minerva. Fè nel suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugub
V trad. di A. Caro. 2209. Grundili. — Divinità che i romani ponevano nel numero dei loro Penati. Si vuole che Romolo li av
i, il culto di questo dio dagli stessi popoli che l’avevano collocato nel numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nom
onache della mitologia indiana, danno questo nome ad un dio composto, nel quale si riunivano, oltre la propria configurazio
ità Polinesia, la cui statua, tagliata grossolanamente nella pietra o nel legno, non conserva però nulla di mostruoso, come
i servivano dopo la morte gli uomini virtuosi, che Higolajo ammetteva nel soggiorno dei beati. 2221. Hnossa o Hnòss. — Nell
graziamento dei molti vantaggi che quest’animale recava loro. Infatti nel tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nu
ttà di Argo. 2227. Icadi. — In onore di Epicuro, i pagani celebravano nel nono giorno della luna, alcune feste così chiamat
onde non separarsi dalla figlia carissima ; ma Ulisse fu irremovibile nel suo volere, e forte dei suoi diritti, condusse se
seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele bivio di sacrificare uno dei due soli ess
o, che mancato ad un tratto l’appoggio che lo manteneva in equilibrio nel vuoto, egli precipitò da un’altezza smisurata nel
eneva in equilibrio nel vuoto, egli precipitò da un’altezza smisurata nel mare, e vi restò miseramente annegato. Il sole i
i. Scrive il citato autore, che l’Icneumone, dopo essersi avvoltolato nel fango profittando del momento in cui il coccodril
mo nei loro indovinamenti. 2234. Ida. — Celebre montagna che sorgeva nel mezzo dell’isola di Creta, e che veniva chiamata
iù alte montagne dell’Ellesponto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo di questa montagna era scavato un antro ove
roe avventuriero. Però l’infausto vaticinio ch’egli stesso avea letto nel roprio destino, si compì in tutta la sua terribil
sacrificargli la prima persona che gli si presenterebbe allo sguardo, nel metter piede nell isola nativa. Nettuno, pago del
calmare la tempesta, e la nave d’Idomeneo potè felicemente approdare nel porto. Ma ben presto l’incauto guerriero ebbe a p
ralità degli autori ripete, che Ercole bagnasse le sue famose frecce, nel sangue della Idra, col fine di rendere inguaribil
dagli egineti e dagli ateniesi, in memoria di quelli che erano morti nel diluvio di Deucalione. 2247. Idromanzia. — Dalle
preparata ; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un filo, a cui era attaccato un ane
rere l’ajuto del cielo. Infatti dopo avere per qualche tempo pregato, nel far ritorno presso il marito, la buona madre si a
Ifide stessa altamente compiaciuta dell’inatteso cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare gli dei ed in memoria di que
lendoci di essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’armata greca nel porto di Aulide da una interminabile bonaccia, i
Questi brandisce il ferro e dono avere invocato gli dei, lo configge nel seno verginale della vittima e tutti gli astanti
estimoni del fatto maraviglioso, che Ifigenia fosse stata trasportata nel cielo, e posta nel numero delle divinità. …. Ed
maraviglioso, che Ifigenia fosse stata trasportata nel cielo, e posta nel numero delle divinità. …. Ed ecco all’improvviso
no disegno, e che allora l’indovino Calcante temendo una sollevazione nel campo greco, avesse fatto credere che Diana, plac
ide ; per modo che Oreste e Pilade furono entrambi presi e trascinati nel tempio, per esservi sacrificati ; allorchè Ifigen
suoi popoli credevano loro nemico, e appena tornato in patria ritornò nel loro primitivo vigore la celebrazione dei giuochi
ta già da lunghi anni. In Grecia e propriamente nella città di Elide, nel tempio consacrato a Giunone, fu per lunghi anni c
sti del paganesimo per il ratto che Castore e Polluce fecero di esse, nel momento istesso che stavano per dare la loro fede
Linceo ed Ida ricorsero alle armi, per vendicare l’offesa mortale, ma nel conflitto Castore privò di vita Linceo, mentre Id
il re Servio Tullio, avesse stabilito in Roma che si dovesse portare nel tempio consacrato alla dea Ilizia, una moneta, al
azione di un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse presso di lui nel momento in che il fatale dono della camicia di Ne
i discendenti di lui, temendo in Illo un vendicatore andò a turbarlo nel suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro pr
tati ; mentre se era vinto, gli Eraclidi non avrebbero potuto entrare nel Peloponneso che dopo un periodo di cento anni. Ne
mbattimento Illo fu ucciso e gli Eraclidi perciò non poterono entrare nel Peloponneso che dopo il tempo stabilito. 2269. Im
enza dell’incesto commesso n’ebbe tanto dolore che disperato si gittò nel fiume Maratona ove si annegò ; e da quel giorno i
2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua chiamata Jupiter-imperator
avano più particolarmente, come asserisce Servio, Lirœ o Imprecazioni nel cielo ; Furie sulla terra, ed Eumenidi nell’infer
sti popoli le invocavano per la distruzione dei nemici. Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la qua
d’Indigete e allora questa parola deriva da inde genitus, cioè : nato nel paese. 2281. Indovinazione. — Detta anche divinaz
mo noi già menzionati, secondo che l’ordine alfabetico da noi seguito nel corso di questa nostra opera, ce ne ha porto l’oc
a precipitosa fuga, al destino che era loro riserbato ; ma, Elle morì nel traversare il mare. V. Elle e Frisso. Atamante, v
o fra le braccia l’altro figliuolo Melicerta, e si precipitò con esso nel mare. Ma la ninfa Panopea, seguita da altre cento
redevano fermamente che gli dei cangiassero le viscere delle vittime, nel momento stesso che esse venivano esaminate, onde
ricusava a combattere, asserendo che le visceri degli animali svenati nel sagrificio da lui offerto agli dei, non gli aveva
bina. La dea non tosto, pose ogni sospetto : Nè fiduciava in Giove, e nel pensiero Fitto le stava un furto : si che quella
urio ad uccidere Argo : ed infatti avendo un giorno Mercurio sorpreso nel sonno l’incorruttibile custode, lo uccise. Però a
e, per modo che agitata in strana guisa, e quasi demente si precipitò nel mare, che dal suo nome fu detto mare Ionio, ……..
ai pagani ad Apollo. Secondo l’opinione del cennato scrittore, eravi nel paese abitato dai popoli Iperborei, un’isola gran
zione fino a mandare ogn’ anno, le primizie della terra, come offerta nel tempio di Delo. Da principio anzi queste offerte
ngiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annegare nel fiume Eridano il figliuolo Elio, ancora bambino.
ni di colonne, ed altrettanti nella parte interna, rimanendo scoperti nel mezzo. Pausania e Vitruvio fanno menzione, il pri
solo Epito, figliuolo d’Ipoteo, spezzò la fascia ed entrò arditamente nel sacro recinto, quasi disfidando con proterva auda
e, nacquero da questo mostruoso connubio gl’Ippocentauri, che avevano nel tempo stesso della natura umana e di quella del c
. Girolamo, dottore di santa chiesa, ripete che portandosi S. Antonio nel deserto della Tebaide a visitare S. Paolo eremita
ti principi, che gliene avevano fatto formale richiesta, e carezzando nel pensiero l’infame disegno di possederla solo, ric
ssessore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un bando nel quale esponeva, che la mano d’Ippodamia sarebbe c
care la morte di uno dei suoi sacerdoti, avesse mandata la pestilenza nel campo degli Eraclidi ; i quali interrogarono l’or
ingiusto procedimento, le donne di Lenno si unirono tutte, e concordi nel desiderio della vendetta, congiurarono contro gli
e l’impetuosa passione d’amore che il bellissimo eroe le aveva acceso nel core. Così trascorsero due anni interi, allorchè
di d’altezza e tre di larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco di quella città avvenuto nel 1525 ;
ma volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco di quella città avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte copiato all’ incisione ne
crittori, che il monumento originale fosse andato nuovemente smarrito nel 1730 ; cosicchè della famosa favola Isiaca, non r
filtri, di cui si servivano nelle loro cerimonie ; e non rientravano nel tempio che la sera, ove restavano qualche tempo i
Iside ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivendo fra loro nel più perfetto accordo fraterno, e dedicandosi a ci
ri. In seguito si disse che Osiride, ed Iside erano andati a dimorare nel sole e nella luna, cosichè spesso il loro culto a
la morte ; e ripete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante la celebrazione dei
usuale che veniva assegnato ad Iside, era il sistro, strumento vuoto nel mezzo con un lungo manico, che ha la parte superi
iunto ad un luogo ove vi era un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scaturire una s
cere quelle isole, egli fosse approdato alla prima isola che incontrò nel suo cammino, ove poco dopo si scatenò un furioso
sione essi compivano una barbara e truce usanza ; la quale consisteva nel tagliare a pezzi la carne del morte e frammischia
e Anzione. Checchè ne sia, le cronache dell’ antichità ripetono tutte nel seguente modo la storia d’ Issione. Egli avea pre
quel tempo. Colà giunto vi fu ricevuto con splendida magnificenza, ma nel recarsi al luogo ov’ era imbandita la mensa, aven
perfidia, palesò il vero e con un colpo di fulmine, precipitò Issione nel fondo del Tartaro, dove Mercurio per suo ordine,
iuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe nel governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste i
arle all’odio persecutore della gelosa Giunone, le avesse trasportate nel cielo e poste fra le costellazioni. 2361. Jafet. 
che si trovava in compagnia della dea allorquando Atteone la sorprese nel bagno. 2364. Jante. — Detta anche Giante, fu spos
tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la sua grande perizia nel condurre il carro a quattro cavalli. O Jolao mae
ccasion pur vale D’ ogni opra il sommo, e Jolao la tenne Già redivivo nel mio suol natale, Quando Euristeo superbo Giunse d
, recatosi alla grotta ove Creusa aveva lasciato il bambino, lo portò nel tempio di Diana. Quivi la sacerdotessa custoditri
al tempio, e non appena fatti pochi passi oltre la soglia, s’incontrò nel giovanetto depositario dei tesori di quello, e lo
e, di uccidere Jone col veleno. Quando fu portata la tazza avvelenata nel convito che Jone avea fatto imbandire, per sollen
ra entrato nella tenda, ove Jone banchettava, avendo bagnato il becco nel vino sparso dalla coppa, cadde come fulminato al
All’ inattesa rivelazione, Jone, seguito da tutti i convitati, corse nel tempio, e dimandò ad alta voce giustizia. I sacer
arla al supplizio, quando la sacerdotessa mandata da Apollo, comparve nel tempio, con un piccolo paniere nelle mani, che er
to dai pagani greci e romani. Nel solstizio invernale, e propriamente nel giorno ventiquatto dicembre, i popoli slavi celeb
i fenomeni metereologici. 2384. Kano o Kanon. — È questo il nome che nel culto mitologico del Giappone, detto con vocabolo
vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una più grande nel mezzo, e due meno elevate a destra e a sinistra.
on avessero oltrepassato l’età di un anno, sperando così di avvolgere nel la generale catastrofe il piccolo Krisna. Ma ques
zati di passare e ripassare, girando e rigirando, e trovandosi sempre nel medesimo punto donde si era partiti, senza che si
a fede al sogno, ordinò che dell’ oro che si era cavato dalla colonna nel puntarla, venisse fusa una piccola giovenca, che
i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel quale essi gettavano, come omaggio alla divinità,
ici, in monete, in verghe d’oro e d’argento ecc. Oltre a questo eravi nel Gevodan, ai piedi d’una montagna, un gran lago co
fanno menzione della maniera con la quale si risolveva la questione, nel caso non difficile, che i corvi avessero mangiate
cortigiana greca che molti scrittori chiamano Taide, e l’ Alighieri, nel 18° Canto del suo Inferno, denomina Taida. Ella r
so, dice che Lamia ed Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali nel tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii pol
aver lasciato spegnere il fuoco sacro della dea, si chiudeva con essa nel sotterraneo una lampada sepolcrale, la quale risc
comprovare cosìfatta credenza, è quello della lampada trovata accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto
accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel 1540, la quale, inestinguibile fino a quel tempo,
le, inestinguibile fino a quel tempo, si spense appena l’aria penetrò nel sotterraneo. Pausania racconta, d’una lampada d’o
quelle di Prometeo che, secondo la favola avea rapito il fuoco sacro nel cielo, veniva praticata la stessa usanza. Le Lamp
e colpito dalla vendetta dei numi. Mentre egli offeriva un sacrifizio nel tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi
entaro, e stretto L’avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato,
L’avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte
a dolce illusione, sempre soave al suo cuore innamorato, fece mettere nel proprio letto la statua del marito. Qualche tempo
e di poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse tanto amaramente nel chiadere al cielo codesta grazia, che gli dei imp
epararsi dallo sposo adorato e si contentò piuttosto di andar con lui nel regno dei morti, di quello che rimanere sulla ter
, si lacerò da sè stesso le visceri, e morì fra i più atroci tormenti nel dodicesimo giorno dalla morte di Laodamia. 2430.
sse servito dei tesori consacrati ad Apollo ed a Nettuno e depositati nel loro tempio, promettendo di restituirli dopo la c
te Acca Laurenzia. V. queste voci. 2441. Lari. — Altamente seria era, nel culto religioso dei pagani, la importanza che ess
evano onestamente vissuto e che perciò dimoravano anche dopo la morte nel seno della propria famiglia, proteggendola del lo
ci sia d’una città, sia d’un luogo particolare, venivano classificate nel numero dei Lari. Fuori le porte di Roma, e propri
o. Enea approdò sulle spiagge della penisola italiana, e propriamente nel Lazio, e chiese a Latino un piccolo angolo di ter
poli, Apollo, ossia il sole ha per madre Latona (parola che significa nel linguaggio egiziano, nascosto), volendo significa
li Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni feste che celebravano nel corso dell’anno, avevano istituita la quinta in o
eriore. Però dopo qualche tempo avendo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio di Latona col proposto di vedere la magnif
i onori divini, e fu loro eretto un altare nella città di Lacedemone, nel tempio istesso di Licurgo. 2452. Lavazione. — Era
, e poi andarsi a lavare nelle acque del fiume Almone, e propriamente nel sito ove questo metteva foce nel Tevere. Un’antic
que del fiume Almone, e propriamente nel sito ove questo metteva foce nel Tevere. Un’antica tradizione, avvalorata dalla te
erte, la statua di lei. Queste diverse cerimonie, si compivano sempre nel più alto silenzio. Una della porte di Roma veniva
esto doloroso pensiere, ella si ritrasse a vivere solitaria e raminga nel fondo di un bosco, ove al dire delle cronache, el
’ antica tradizione alla quale si attiene Virgilio stesso, ripete che nel palazzo del re sorgeva un albero d’ alloro, il qu
iorni alla celebrazione di essa, in memoria della sedizione calmatasi nel popolo, quando la plebe pretese d’ aver parte nel
fu compiuta, e il cigno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi nel seno di Leda, la quale dopo nove mesi dette alla
(se del fatto Qualche nume ebbe cura) che le belve Restassero ambedue nel corso invitte. Ovidio — Metamorf. — Libro VII Fa
nsopportabile. Durante il periodo delle feste Lemurie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano di notte, non er
rante le feste di Bacco Leneo i poeti dell’antichità, facevano a gara nel comporre versi e commedie. 2471. Leonidee. — Ad e
nto, e rimase ucciso da quell’ eroe. 2475. Lerna. — Antichissimo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pa
’ eroe, sebbene la cronaca dice, che avendo Iolao accompagnato Ercole nel combattimento con l’Idra dalle sette teste, non v
battimento con l’Idra dalle sette teste, non volle Euristeo ammettere nel numero delle dodici fatiche, alle quali il destin
anere immancabilmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore di Ba
nti a fulminar si diero, Che d’uomini spiranti e infranti legni Sorse nel porto un suon tetro e confuso, Ed alcuai infilzat
re altri corpi ; ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni nel vuoto prima di esser ohiamate a bere l’oblio nell
ra un fiume conosciuto sotto l’appellazione di Lete, che metteva foce nel Mediterraneo, vicino al capo delle sirti, e del q
i conviti eran posti sotto le statue degli dei e degli eroi. Lo Spon, nel suo viaggio della Grecia, scrive che nella città
, ch’ egli supponeva comandati da Aiace stesso, ma ferito mortalmente nel petto, dovè ritrarsi dalla batglia ; e siccome qu
giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere nel fiume ; ma appalesatosi il mistero che egli ascon
sta giovanetta, fu il primo che fece piantare alcuni alberi d’incenso nel suo regno. Apollo, ossia il Sole, ama ardentement
assalito da una violenta tempesta e gettato sulla spiaggia italiana, nel paese dei Bruzî, ove dopo molti pericoli, giunse
uno splendido banchetto, ove Liba si inebbriò per siffatto modo, che nel tripudio osò violentare una giovanetta nativa di
ge la tradizione che trovandosi in Temessa un atleta per nome Eutimo, nel tempo stesso in cui dovea compiersi l’annuale sac
in cui dovea compiersi l’annuale sacrifizio della vergine, egli entrò nel tempio e vide una bellissima giovanetta che ingin
persecuzioni di lui, che disperato d’esser stato vinto, si precipitò nel mare ed Eutimo sposò la giovanetta che avea così
iovan Battista Blanchi 2498. Liberali. — Feste celebrate dai romani nel giorno 17 marzo in onore del dio Bacco. Sebbene c
n Roma la dea Libitina aveva un tempio, circondato da un bosco sacro, nel quale si vendevano tutti gli oggetti necessarii a
funerali. Servio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma di danaro per o
furibondo. Ovidio, dice che Ercole dopo averlo raggirato varie volte nel vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanet
o varie volte nel vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchin
’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva nel mare Eubeo, e al quale i marinari non osavano acc
la giuntura del collo ; e poi trascinandolo per un piede, lo scagliò nel mare. Strinse Achille la spada, e alla giuntura
el gittaro i tirsi Tutte insieme, e fuggir : fuggì lo stesso Bacco, e nel mar s’ ascose, ove del fero Minacciar di Licurgo
lio sopra alcuni immegliamenti ch’ ei credeva necessario di apportare nel suo codice. Prima però di partire, fece giurare d
una vista così acuta, che ad una grandissima distanza, scoprì Castore nel tronco di un albero. E lui coll’ occhio vigile,
o di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta nel tempio di Delfo, in mezzo a quelle degli altri er
fagi. — Antichi popoli dell’Africa abitatori della costa di Barbaria, nel gran golfo di Sirte. Narra Omero, che Ulisse gett
he prendevano la loro denominazione da un bosco sacro chiamato Lucus, nel quale si celebravano le Lucarie, e che stava fra
e ebbero dai Galli e nella quale i fuggenti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lucus. Al dire di Plutarco, nel giorno in c
genti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lucus. Al dire di Plutarco, nel giorno in cui si celebravano le Lucarie, i commed
boschi sacri, e che si chiamavano Luci. Le Lucarie venivano celebrate nel mese di luglio. 2560. Lucerio. — Soprannome dato
iamata Poplifugia ; nelle none si solennizzavano le feste Caprotine ; nel giorno seguente a queste, si compiva l’altra sole
tà degli antichi venissero in certo modo compendiate e quasi raccolte nel culto che i primitivi popoli della terra, tributa
, che il nome di Lupercale le veniva per essere quella grotta scavata nel monte Palatino e consacrata a Pane, antichissimo
in onore del dio Pane, e che, secondo asserisce Ovidio, cominciavano nel terzo giorno dopo gli Idi di febbraio. Per altro
colla lana delle capre immolate, la quale prima ponevano ad ammollire nel latte. Comunemente andavano anche armati di uno s
d’imporre il nome ad un fanciullo neonato, si facevano le lustrazioni nel nono giorno dopo la nascita di un maschio, e nell
acque nella Beozia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione
ell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta
, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una
e e andiamo a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mi
io, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio. 3. Surgite, et ascendamus in Bethel,
i nell’ Università di Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori nel 1256. Le sue cognizioni matematiche, affatto stra
Inghilterra, l’immortale autore del Paradiso perduto, nacque a Londra nel 1608. Discendeva dai signori di Milton vieino Tha
n vieino Thame nella provincia d’ Oxford. Mori l’ 8 novembre del 1674 nel 66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a
674 nel 66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel cimitero di San Giles. 37. Lusignano. — Famigli
l 23 maggio 1734 a Itzmang nell’alta Svevia. Studiò medicina a Vienna nel 1766 e vi ottenne la laura Dottorale. A lui si at
parte della fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania nel regno di Prussia, capoluogo della provincia di Br
chiato di bianco. Ritrovato dai sacerdoti, era guidato coa gran pompa nel tempio. Doveva vivere un certo dato numero di ann
empo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel tempio di Serapide. Villerosa. — Dizionario mito
iritto considerato il vero padre della filosofia della storia, nacque nel 1668 in Napoli da onesti ma poveri genitori, esse
— Mori il 21 gennaio 1744. 48. Sabeismo. — Idolatria che consisteva nel culto degli astri. e fu una delle prime ad essere
Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avveni
7 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
azione e della separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il cielo.
la separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il cielo. (Anguillara
zione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il cielo. (Anguillara, Metamor
tro non era che un’ immagine della fatale necessità che tutto governa nel mondo ; e gli altri Dei, come anche lo stesso Gio
ell’ Jafet che la Genesi racconta essere andato a popolare l’ Europa, nel tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ ist
del Lazio, accolse amorevolmente l’ esule Nume, e se lo fece compagno nel supremo potere. 33. Saturno, per gratitudine dell
e fredda neve. S’ebber gli uomini allor qualche governo Nel mangiar, nel vestir, or grave, or leve, S’ accomodaro al varia
petti de’ mortali ; E le pure virtù, candide e belle, Gîro a splender nel ciel fra l’ altre stelle. Un cieco e vano amor d’
saggio Alberga con amor persone infide, Che scannan poi, per rubarlo nel letto, Lui che con tanto amor diè lor ricetto. S’
are la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di d
cessore ai supplichevoli mortali appo gli Dei. 38. Le feste istituite nel Lazio in onor di Saturno e in memoria della dimor
uravano tre giorni, e tutto allora spirava gioia e piacere. Il Senato nel tempo dei Saturnali sospendeva le adunanze ; eran
li. È questo il luogo da ricordare i bellissimi concetti del Petrarca nel Trionfo del Tempo : Seguii già le speranze, e’ l
E quanto posso, al fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio, nel quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio
viva o moja. Veggio la fuga del mio viver presta ; Anzi di tutti ; e nel fuggir del sole, La ruina del mondo manifesta. Or
perire. La mente umana tende a più alto fine ; laonde lo stesso poeta nel Trionfo della Divinità : Da poi che sotto ’l cie
stupendi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro di Vesta nel suo carme le Grazie :13 Solinga nell’ altissimo
ccendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare alle novizie.
dai Frigii in onore della grande Dea. In Roma, dove furono introdotte nel tempo della seconda guerra punica, erano celebrat
mavano i flauti sacerdotali dei Coribanti, e la Dea avèva trasformato nel secondo il giovine Ati. 50. Cibele prese a prote
fu subito trasformato in sozzo gufo notturno. Infatti Non è chi sia nel mondo peggio visto D’un che rapporta ciò che sent
a o per altre necessità travagliati dalla fame possono parere ingordi nel satollarsi. 58. Alfine, dopo aver girato il mondo
rpente d’oro, un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia, nel tempo di questa processione, le donne correvano q
di Celo (25) per vendicare i Titani suoi nipoti precipitati da Giove nel Tartaro, gli fece ribellare i Giganti (69) figliu
, Chi monte impose a monte ? Parini. Alcuni di quei monti ricadendo nel mare diventarono isole, altri tornando a precipit
che a’generosi insulta ; Ma il profetato Alcide in cor gli freme, E nel futuro esulta. Silvestro Centofanti. 72. Addolo
. 72. Addolorati gli altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto di cr
terra ; e la sola Speranza, vero dono celeste e ultimo scampo, restò nel fondo del vaso.21 74. Giove protesse con parzia
iter, ossia diei pater, padre del giorno : Feretrio, da ferre, perchè nel suo tempio erano recate le spoglie opime, cioè le
re il néttare agli Dei ; ma poichè un giorno le intravvenne di cadere nel bel mezzo della celeste assemblea, ella n’ebbe ta
io, gr.) figliuolo di Tros re di Troja, facendolo rapire da un’aquila nel tempo che il giovinetto era a caccia sul monte Id
ti (452), il quale aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquanta nel tempo che gli altri eran chiusi dal sonno. Ma la
ara la preferenza che il pastore Paride (597) concesse a Venere (170) nel giudizio della bellezza. Si vendicò d’Europa (74,
ide figlia di Taumante, che di là cangia sovente contrade, dice Dante nel Purg. c. xxi, perchè l’arcobaleno si mostra ora i
o, allorchè Nettuno, (185) impietosito dal tristo caso, fece apparire nel mare Egeo l’isola di Delo,27 e Latona trasformata
torir li due occhi del cielo. Dante, Purg., c. XX. 98. Un dì Latona nel fuggire la persecuzione di Giunone attraversava l
a e figliuola del fiume Peneo, fu incontrata all’improvviso da Apollo nel tempo del suo esilio sopra la terra, e svegliò in
regnata dall’erba e da’fiori…. Dante, Purg., c. XXIV. Annibal Caro, nel suggerire al pittore Taddeo Zuccheri le invenzion
ire al pittore Taddeo Zuccheri le invenzioni per dipingere una camera nel celebre palazzo di Caprarola appartenente alla fa
della catastrofe atlantica (69), avuta notizia di consimile incendio nel littorale d’Italia, immaginarono una caduta del s
di i poeti stessi erano trasformati ed onorati nei cigni. Ugo Foscolo nel carme le Grazie dedica a questo simbolo della bel
 — Il tripode della Sibilla, tutto d’oro massiccio, era stato trovato nel mare da alcuni pescatori. Costoro, dopo molte con
o dono, inviandolo a Chilone che faceva consistere tutta la filosofia nel contentarsi del necessario, dicendo : bando al su
ssato così dalle mani dei sette savi, tornò a Talete, che lo depositò nel tempio d’Apollo consacrandolo al servigio della S
 ; e l’eloquenza e la musica da lui professate o inventate impressero nel loro animo i precetti della morale. Quindi lo ado
ia. Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re di Frigia, nel quale non si sapeva se fosse maggiore la ricchezz
e convien che si rida, Dante, Purg., c. XX. lo consigliò a tuffarsi nel fiume Pattolo che irriga la Lidia. Mida obbedì, e
re su tal proposito che le ricchezze adoperate in utili imprese, come nel regolare il corso delle acque, nell’irrigare i ca
prese, come nel regolare il corso delle acque, nell’irrigare i campi, nel muovere macchine, sono sorgente di prosperità ver
e al disco solare, o più veramente fiorisce d’estate quando il sole è nel Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di O
nello, e far libazioni d’olio e di latte, queste in memoria del tempo nel quale fece il pastore, quelle perchè l’olivo, fed
ed il suo crocidare serviva spesso di prognostico. L’aquila che fissa nel sole l’audace suo sguardo, il gallo che ne celebr
armato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serv
nchè l’imperator Vespasiano lo fece rimetter su 69 anni dopo G. C. Ma nel 667 Rodi era caduta in mano dei Saraceni, e Moavi
tua di Diana fu gettata in oro. Erostrato diede fuoco a questo tempio nel dì che nacque Alessandro il grande, e mentre Dian
correndo e urlando scarmigliate sulle colline con faci o tirsi (150) nel pugno, dietro alla statua di Bacco recata dai sac
tale esempio ; chè anzi ricusarono d’assistere alle feste di Bacco, e nel tempo che erano celebrate vollero per disprezzo c
ste di Bacco furono anzi tratto celebrate tre volte l’anno : la prima nel mese d’agosto, ed appendevano allora sugli alberi
i alle viti tante figurine di Bacco per custodire le uve ; la seconda nel mese di gennaio, quando erano recati a Roma i vin
ni più squisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la più solenne, nel mese di febbraio ; dei quali Baccanali conserviam
interprete di Giove e degli altri Dei tanto in cielo che in terra, sì nel mare che nell’inferno ; dirigeva egli stesso le l
le nostre anime, dopo aver lasciata la morta spoglia, trasmigrassero nel corpo di quegli esseri, che per le loro inclinazi
a ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio di Troja nel corpo del guerriero Euforbo. In alcuni popoli del
ade pubbliche. Fatto sta che a lui stesso attribuiscono molta abilità nel furto, poichè essendo ancora fanciullo rubò la fa
Mercurio, ma non più in occasione di furti, vien rammentata da Dante nel c. XIV del Purg. a proposito dell’invidia : Io so
e lo dissero Triceps (triplice o trino) per gli uffiej che esercitava nel cielo, sulla terra e nell’ inferno. 169. Secondo
più le giova L’inno che bella Citerea la invoca. Tito Lucrezio Caro nel suo poema della Natura delle cose a lei chiede la
or, come si legge in prosa e ’n versi. Petrarca. Lo stesso Petrarca nel Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e
si in matrimonio con Penia Dea della povertà, che nello stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita di Venere,
i, non contento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose nel cielo, ed inspirato da esso a quel canto che dove
tela son le Grazie al core — Delle ingenue fanciulle, dice il Foscolo nel più volte ricordato suo carme alle Grazie. Chi vu
iù dominante di Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravvolse nel mistero le sue intenzioni. Fece costruire un bell
o. Sceglie una bella notte d’estate ; piglia le ali e le freccie ; va nel più bel punto di quell’ amena dimora, si stende s
o temuto da me e dalle mie sorelle ? Ah ! è il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Am
l’anima. Il Foscolo così ricorda questa favola ch’ ei finge istoriata nel velo delle Grazie : Scegli, o madre de’ fior, te
unta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isoletta di Citera nel Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso, ov’era il
ondo poi la natura del suo culto aveva altri soprannomi, come vedremo nel § seguente. 181. Gli antichi hanno rappresentato
il portamento, serena la fronte, elevata la testa, e gli occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, con gli occhi bend
o incoronate di rose, l’incarnato e il candore delle quali indicavano nel tempo stesso l’ardore e la purezza dei loro voti.
nasse incolume e vincitore dall’Asia. Infatti la sua chioma fu appesa nel tempio della Dea ; ma la notte seguente scomparve
scomparve ; e un astronomo, Conone, annunziò che Venere l’aveva posta nel cielo e cangiata in stella ; quindi la costellazi
90. I Tritoni nella parte superiore del corpo somigliavano l’uomo ; e nel resto il pesce. Precedevano il Nume o Anfitrite,
este Sirene avevano la testa e il corpo di donna fino alla cintura, e nel rimanente erano uccelli. Andavano adescando e tra
rla in pena della sua insaziabile voracità. Allora la colpevole cadde nel Mediterraneo, e diventò pericolosa voragine appun
d’ambedue questi nemici dei naviganti : Nel destro lato é Scilla, e nel sinistro É l’ingorda Cariddi : una vorago D’un gr
o dalla Sibilla Cumana (665) : Era un’atra spelonca la cui bocca Fin nel baratro aperta, ampia vorago Facea di rozza e di
ia senza tempo tinta, Come la rena quando il turbo spira. Così Dante nel Canto III dell’Inferno ; e con non meno terribile
Dante nel Canto III dell’Inferno ; e con non meno terribile dipintura nel V, ove dice : Ora incomincian le dolenti note A
gravissime pene contro coloro che avessero violato i giuramenti fatti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dove
iato dal padre per aver ucciso per disgrazia Foco suo fratello minore nel fare il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cenc
l sinistro canto : Quella che piange dal destro è Aletto : Tesifone è nel mezzo : e tacque a tanto. Coll’unghie si fendea c
e. Questa triplice divinità esercita con tre nomi tre diversi poteri, nel Tartaro, nel cielo e sulla terra : Ecate con le c
plice divinità esercita con tre nomi tre diversi poteri, nel Tartaro, nel cielo e sulla terra : Ecate con le chiavi dell’ a
na vita corta e sventurata, il bianco un’esistenza più lunga. Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche fi
« Ovidio la pone (la casa del sonno) in Lenno e ne’ Cimmerii, Omero nel mare Egeo, Stazio presso agli Etiopi, l’Ariosto n
infermo, col capo e con tutte le membra languide, e come abbandonato nel dormire. Dintorno al suo letto si vegga Morfeo, I
trasforma esso stesso in più forme ; e questo figurerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di
à si mostrava sorda ai loro voti. Morfeo, capo degli altri sogni, era nel tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e talo
rigione oscura Agli animi gentili : agli altri è noia, C’ hanno posto nel fango ogni lor cura. Quindi i buoni non debbon t
e, vino e profumi. 244. Fra i grandi colpevoli che furono precipitati nel Tartaro (216) convien citare prima i Giganti (65)
e il colpo e d’altro vampo Che di tede e di fumo ; e degno ancora Che nel baratro andasse. (Virgilio, Eneide, traduzione d
uoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perpetuo timore di restare s
fo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perpetuo timore di restare schiacciato sotto uno
con questo strazio, Giove (63), credendolo pentito, gli aprì un asilo nel cielo, e lo fe’ sedere alla mensa degli Dei. Spes
tò tanto male da cortigiano col padre dei Numi, che questi lo fulminò nel Tartaro (216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di
(96) e Diana (137) lo uccisero con le frecce, e lo mandarono a patire nel Tartaro (215), dove … ha sopra un famelico avvol
fuor di sè pel dolore della rapita figliuola. Giove poi volle punire nel Tartaro (216) l’avarizia di Tantalo ; e Nettuno,
o sposo Linceo. Giove (63) punì le scellerate fanciulle condannandole nel Tartaro a travagliarsi eternamente invano per emp
esso è dipinto nell’atto di rapire Proserpina (53), recandola svenuta nel suo carro tirato da cavalli neri. Nell’Inferno si
ruare, far libazioni sulle tombe ; le quali cerimonie erano celebrate nel secondo mese dell’anno, che serba sempre il nome
nale ricordiamo anche la bellissima ottava del Tasso : Orrida maestà nel fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il r
io con una borsa in mano ; e zoppicando va innanzi a passi lenti ; ma nel tornare indietro si serve delle ali e corre veloc
uttano il bene. Ma non si creda che le ricchezze consistano solamente nel denaro simboleggiato dalla borsa di Pluto : chè a
boleggiato dalla borsa di Pluto : chè anzi hanno esse la minima parte nel conseguimento dei veri beni ; e la ricchezza vera
ezza veramente pregevole consiste nella buona riputazione d’onestà, e nel sapere. Quanti ricchi non vediamo sguazzare nell’
ncia di Diomede (377) invisibilmente guidata da Minerva (262) ; e che nel ritrarsela dalla piaga …… mugolò il ferito Nume,
Gli mettono accanto un gallo per indicare quanto importi la vigilanza nel mestier delle armi. 259. Debole fu il culto dei G
u attribuita la scoperta della scrittura, della pittura e del ricamo, nel quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella stor
vano in guerra, per difesa del volto, di un piccolo scudo con un buco nel mezzo, la favola attribuì loro un solo occhio.
donia ed a Roma ; ed erano sempre onorate insieme con le Grazie (175) nel medesimo tempio ; nè celebravasi onesto e gradevo
mmare l’ingegno : « O muse, o alto ingegno, or m’aiutate » dice Dante nel II° dell’Inferno ; e nel principio del Purgatorio
e, o alto ingegno, or m’aiutate » dice Dante nel II° dell’Inferno ; e nel principio del Purgatorio : Ma qui la morta poesi
sperâr perdono. Bellissima poi è l’invocazione che egli fa ad Apollo nel del Paradiso, dove comincia : O buono Apollo, al
vino, la rilassatezza delle membra, la sazietà, la noia sono espresse nel suo contegno ; e dà bene a conoscere quanto sia m
oltremodo, e implorò dal padre degli Dei che Esculapio fosse accolto nel cielo, dove egli lo trasformò in un astro chiamat
na grossa biscia. È noto che il serpente fu adorato anche dagli Ebrei nel deserto, e che è uno dei simboli dell’immortalità
na corona di pampani o d’alloro : e talvolta la sua statua comparisce nel mezzo agl’istrumenti di giardinaggio e d’orticolt
a ciò che dovessero farne, ordinarono che fosse lasciata al suo posto nel Campidoglio. Ed i Romani pigliando quest’avventur
est’avventura per buono augurio, dissero che il dio Termine collocato nel Campidoglio doveva essere la principal difesa del
erano celebrate l’ultimo giorno dell’anno. Lo incoronavano di spighe nel tempo della mèsse, e di fiori all’arrivo della pr
ogie ne fanno derivare il nome dal vocabolo palea, paglia. Vero è che nel mese di maggio, o, secondo altri, d’aprile celebr
tte Palilie. La cerimonia consisteva nell’offrir latte e miele, e poi nel dar fuoco a tre grandi barche di paglia ; ed i pa
munemente una capretta o un agnello. La festa finiva con un banchetto nel quale il pastore più vecchio faceva una patetica
fine le apparve sotto le sembianze di vecchia ; e tanta eloquenza usò nel colloquio, che datosele poi a conoscere, Pomona a
rno dei frutti nascenti, finchè Pomona (311) non vien da sè a regnare nel suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piant
di una danza. Il giro dentro della grotta veniva appunto a rispondere nel mezzo del masso. Usciva dall’un canto del sasso m
ustode, e Toe vermiglia Di zoofiti amante e di coralli ; Galatea che nel sen della conchiglia La prima perla invenne, e Do
asa, voi questo nipote65 Mi conservate : questo augurio è vostro ; E nel poter di voi Troja rimansi. (Eneide, lib. II. Tr
uno genio cattivo che li tentava a commettere il male. Quindi ognuno nel suo giorno natalizio sacrificava al proprio Genio
avano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro era collocata nel quartiere accanto al letto dell’ Imperatore regna
ea. Ma più nobilmente e con sapienza e versi sublimi ne ragiona Dante nel VII dell’ Inferno : Colui, lo cui saper tutto tr
o severo e il contegno franco ; ma facilmente le si scorgono scolpiti nel volto anche i terrori della minaccia inesorabile.
dicasse le ingiurie fatte alle tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara nel Campidoglio, sulla quale deponevano una spada pri
precipitare sopra la terra, giurando che non sarebbe mai più tornata nel cielo. Fin da quell’ epoca ella va percorrendo og
endo ogni dove la terra con incredibile celerità, e gode a ritrovarsi nel mezzo alle sventure ed in compagnia dei malvagi,
e facendola messaggéra di Giove (63). Degnamente celebra il Petrarca nel suo Trionfo la buona Fama : Quale in sul giorno
 ? Era dintorno il ciel tanto sereno, Che per tutto ’l desio ch’ardea nel core L’occhio mio non potea non venir meno. Scolp
l Monti nella Mascheroniana, coi quali allude alle vicende di Francia nel cadere del secolo passato. Son parole della Giust
tremò ; parve del mondo Allor l’antica servitù finita. Ma il Foscolo nel ricordato inno : E quando sparve la celeste fiamm
irate fazioni che dividono le famiglie ed i cittadini. Abitò un tempo nel cielo, ma Giove ne la bandì, perchè metteva sempr
a per non essere stata convitata alle nozze di Teti e di Peleo, gettò nel mezzo alle Dee un pomo fatale, per cui nacque la
zione. Dall’ altra parte venia la Calunnia tutta adorna e liscia, che nel fiero aspetto e nel portamento della persona, ben
arte venia la Calunnia tutta adorna e liscia, che nel fiero aspetto e nel portamento della persona, ben palesava lo sdegno
o della persona, ben palesava lo sdegno e la rabbia ch’ ella chiudeva nel cuore. Portava nella sinistra una fiaccola, e con
ocenza. Facevale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta nel guardo, nel resto simigliantissima ad un tisico m
vale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta nel guardo, nel resto simigliantissima ad un tisico marcio ; e fa
pensierosa, e non guarda nè la terra nè il cielo ; e par che ricerchi nel proprio cuore soltanto le sue consolazioni, e che
lia ben inarcate, vestita di velo trasparente fino ai piedi, succinta nel mezzo della persona ; con una mano si appoggi ad
l’ali e di cantare. E tutto questo dietro l’Aurora. Ma davanti a lei nel cielo dello sfondato farei alcune figurette di fa
appare nuda o coperta di semplici vesti, ma dignitosa nell’aspetto e nel contegno, e con occhi sfavillanti al par degli as
cima per soffiar de’venti. E così tutti le avessero sempre scolpite nel cuore ! L’amicizia. 351, 2°. I Greci onor
on appartiene alla gioventù, ma è frutto della ragione, che si matura nel corso della nostra estate, e del quale godiamo ne
one, che si matura nel corso della nostra estate, e del quale godiamo nel nostro inverno. Felici coloro che lo posseggono a
o sinistro aperto, e con l’indice della destra scopriva il suo cuore, nel cui mezzo erano scritte queste parole : Da vicino
, e dettelo a educare ai sacerdoti del tempio di Minerva. 355. Perseo nel crescere dell’età mostrò tanto valore che il popo
ni. « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso » dice Virgilio a Dante nel IX dell’Inferno « Che se ’l Gorgon si mostra, e t
sarebbe del tornar mai suso » ossia, non si parlerebbe più di tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il volto di Medusa,
rpatore. Ma poco dopo gli accadde che volendo far mostra di destrezza nel giuoco del disco, colpì Acrisio, e lo stese morto
ccelso figlio, Quand’ei levossi alla tremenda guerra ; E fatal prova nel primier periglio Dando d’immenso ardire, Con mano
, le squame non più vivaci per la porpora e per l’oro, nè più lucenti nel moto, ma scolorite e livide. Sembrava che Alcmena
olpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle sue frecce nel sangue dell’Idra perchè mortali ne fossero le fer
ellito dalle sue finzioni. 372. Uno spietato cinghiale che s’intanava nel monte Erimanto, devastava tutta la campagna circo
li la cintura d’Ippolita (432), regina delle Amazzoni. L’eroe penetrò nel paese di quelle intrepide guerriere, le combattè,
o denotare la tirannide sostenuta dall’ipocrisia e dalla frode. Dante nel XVII dell’Inferno ne fa una maravigliosa pittura 
tti erano dati in custodia a un orribile drago con cento teste, e che nel tempo stesso mandava cento diversi sibili. Ercole
tò di nascondere le tracce del furto facendoli camminare all’indietro nel tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’au
e sue braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’inferno tra’Centauri nel cerchio dei violenti, narra in altro modo il suo
di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 395. Nesso, pri
ì acerbi dolori, che divenutone furioso, afferrò Lica e lo scaraventò nel mare, dove fu cangiato in iscoglio. 398. Sentita
già vicina l’ ultim’ ora, donò a Filottete (546) le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (372), senza le quali,
, e per madre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo di Trezene nell’ Argolide. Fu parente e con
abitava nei contorni d’ Epidauro, dove assaliva i viaggiatori. Teseo, nel recarsi da Trezene a Corinto, lo uccise, e ne pre
di Creta aveva messo al mondo questo mostro, e il re lo teneva chiuso nel laberinto dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva
no di Chirone è la mano per eccellenza. La destrezza nella chirurgia, nel suono, nella ginnastica, nella guerra erano infat
aglia di Maratona. Allora ne cercarono con gran premura le spoglie, e nel luogo dove la tradizione indicava che fossero sta
ate a Linceo e Ida. Sostennero contr’ essi un ostinato combattimento, nel quale Castore restò ucciso da Linceo che pur cadd
astore restò ucciso da Linceo che pur cadde sotto i colpi di Polluce, nel tempo che Ida restò fulminato da Giove (63). 4
r nome Melicerta. Maestrevolmente dipinge Dante quest’ orribile caso, nel XXX dell’ Inferno : Nel tempo che Giunone era cr
onde. Giasone, dopo l’ impresa della Colchide, lo consacrò a Nettuno nel golfo di Corinto. Tutti questi avventurieri s’ im
venturieri s’ imbarcarono al capo di Magnesia in Macedonia, entrarono nel Ponto Eussino, pervennero ad Ea capitale della Co
suo orgoglio. Tuttavia, secondo alcuni, risplende col poetico Pegaseo nel numero degli astri. 468. Quest’ avventura ha fatt
rispondea. (Monti, Mascheroniana.) 472. Fu eretto un tempio ad Orfeo nel luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne era
rione. 478. Arione, poeta e cantore, nacque nell’isola di Lesbo91 nel mare Egeo al sud della Troade. Fu emulo d’Orfeo (
i fa tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che era già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente risposero ch’egl
ati confessano il loro delitto, e sono condannati a ignominiosa morte nel luogo stesso ove il delfino aveva recato in salvo
i narra infatti che recarono sulla spiaggia il corpo d’ Esiodo ucciso nel tempio di Nettuno, e gettato in mare ; salvarono
dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora di fondare una città nel punto dove sarebbe stato condotto da un bove. Cad
piede. La Sfinge, vinta da questa spiegazione, si annegò da sè stessa nel mare. 500. edipo , dopo aver liberato i Tebani
s’aperse sotto i piedi, ma senza violenza, per nascondere quetamente nel suo seno la vittima d’una tremenda persecuzione c
sse di pigliar vendetta del preteso affronto ricevuto da Paride (597) nel giudizio della bellezza. 520. Ma Venere (170) pro
) protesse sempre i suoi diletti Trojani, e talora trasse anche Giove nel suo partito. Gli stessi due fiumi della campagna
ver luogo senza certi avvenimenti predestinati che dovevano compiersi nel tempo dell’assedio. Questi avvenimenti furono det
 ; 3° Che rapissero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata nel tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cava
e questa in breve fu ridotta in cenere dopo un assedio di dieci anni, nel qual tempo eran periti ottocentomila Greci, e qua
(535). 530. Agamennone fece mostra di molto orgoglio e di poco senno nel campo dei Greci, mentre Menelao vi spiegò molto v
rgerlo nelle acque dello Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi gli
Deidamia figlia del re, e n’ebbe Pirro (543). Dante cita questo fatto nel IX del Purgatorio per fare un paragone con sè med
er essere celebrate le nozze, il vilissimo Paride scoccò a tradimento nel calcagno d’Achille una freccia avvelenata, e l’uc
e, e lo condussero all’assedio di Troja. 548. Appena giunto Filottete nel campo greco, Paride (597) ebbe l’ audacia di sfid
ce d’Ercole, che ferivano sempre mortalmente per essere state intrise nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la pr
lla spiaggia di Creta. Cessò la tempesta, e il re approdò felicemente nel porto, ove il figliuolo, che lo aspettava, fu il
l’uso della ragione, e divenne così mattamente furioso, da scagliarsi nel mezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figu
figliuolo di Laerte e d’ Anticlea, era re della piccola isola d’Itaca nel mare Ionio. Ulisse, il figlio di Laerte, io sono
Pallade, ossia di Minerva (263), religiosamente custodita dai Trojani nel tempio di questa Dea, e che vantavano scesa dal c
. Ulisse e Diomede (550) gli assalirono all’improvviso, uccisero Reso nel sonno, ed involarono i suoi cavalli prima che pot
e. 4° Fece risolvere Telefo (521), figliuolo d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa era di diffici
amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristabilito così nel suo regno, sarebbe stato felice senza la predizio
a qual non fui deserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna. Fin nel Marocco, e l’isola de’ Sardi, E l’altre che quel
cammino, Che appena poscia gli avrei ritenuti : E volta nostra poppa nel mattino,110 De’remi facemmo ali al folle volo, S
lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci,
elle sue ricchezze. Allora questa infelicissima madre entrò furibonda nel palazzo dell’assassino, con altre donne trojane c
ublime il patetico di tante sciagure quel signor dell’altissimo canto nel XXX dell’Inferno : E quando la fortuna volse in
3. Il desiderio di vendicare la morte dell’amico fece tornare Achille nel campo. Alla vista del tremendo guerriero chiedent
rabile scudo d’Achille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al s
danie porte a tutto costo Fuori volea gittarsi. S’avvolgea Il misero nel fango, e tutti a nome Chiamandoli e pregando : Ah
Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta di lui sognò d’aver nel seno una face che un giorno avrebbe incenerito l’
ventaro, e stretto L’avvinser si che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato,
o L’avvinser si che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchiusero il fiato, e le bocche alte
, invêr la rocca insieme Strisciando e zufolando al sommo ascesero, E nel tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’pi
e. Lib. II. Traduz. del Caro.) Altri narra che il misero padre avesse nel tempo stesso perduta la vista ; e l’udire le supp
rra ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise, nel quale Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro a
tro anni di pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve nel tempo di una battaglia, essendo stato rapito in c
o un gigante capace di uscir fuori dell’acqua con la testa camminando nel fondo del mare. Una volta ch’egli attraversava co
ia di far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava, la sua bravura nel tirare a segno, e mirò tanto bene, che Orione rim
onori del funerale, vale a dire, impetrando da Giove che fosse posto nel cielo, ove forma la costellazione più rilucente d
l’ufficio di sacerdoti in quel tempio, e la grazia di morire insieme nel medesimo giorno. I loro voti furono esauditi. Giu
rtali possa essere accordato dal Cielo. Il giorno dopo addormentatisi nel tempio non si svegliarono più, quasichè per l’uom
dalle miserie della vita. Gli abitanti d’Argo alzarono loro le statue nel tempio di Delfo. Oh generosi ! i vostri nomi sara
quanto avrebbe durato ad ardere un tizzone che le Parche avevan messo nel fuoco mentre sua madre lo partoriva ; sicchè Alte
627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’era scordato di lei nel sacrificare a’Numi per ringraziarli della fertili
etendenti, che non voleva dar la sua mano se non a chi l’avesse vinta nel corso ; quindi minacciava di far perire tutti col
re (170), che gli aveva regalato tre pomi d’oro colti da Ercole (368) nel giardino delle Esperidi.120 642. Ecco dato il se
i che ormai gli era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo nel tragitto accendeva una face sulla cima della torr
ontro l’impeto dei flutti ; ma alla fine rimase spossato, e scomparve nel profondo abisso. Pochi giorni dopo le onde trasse
ato per rintracciare il giovine Ila, che era stato rapito dalle ninfe nel recarsi a far provvista d’acqua dolce per la nave
na, e dopo essere stato così per sette anni, ritrovati i due serpenti nel medesimo posto, e colpitili di nuovo con la medes
, riebbe subito la primiera sua forma. Di lui fa menzione anche Dante nel XX dell’Inferno, e tocca varie altre cose che fan
iù si bagna, Tra Garda, e Val Camonica, e Pennino131 Dell’ acqua che nel detto lago stagna. Luogo é nel mezzo là dove ’l T
amonica, e Pennino131 Dell’ acqua che nel detto lago stagna. Luogo é nel mezzo là dove ’l Trentino132 Pastore, e quel di
e talora esser grama. Quindi passando la vergine cruda136 Vide terra nel mezzo del pantano, Senza cultura, e d’abitanti nu
in questi bei versi del Foscolo, nell’inno alle Grazie : Innamorato, nel pïerio fonte Mirò Tiresia giovinetto i fulvi Cape
05) il suo nascondiglio. Anfiarao costretto a partire vide avverarsi, nel tornar dalla spedizione, il funesto vaticinio, po
aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non ave
evano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna aveva cento sboc
si della resistenza, la trasse a forza dalla sua cella, e la condusse nel Santuario, dov’ella disse : figlio mio, tu sei in
ei Greci, celebrati da Achille alla memoria di Patroclo ; e Virgilio, nel libro V dell’ Eneide canta quelli co’ quali Enea
Olimpia, legga la bella descrizione che ne vien fatta da Barthelemy, nel viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni
ra sedotti dalla presunzione, e ne pagarono il fio. Milone di Crotone nel Brutium (Abruzzi) superò tutti quelli del suo tem
lodati costumi, Fuggi, o mortal, di pareggiarti ai Numi. Nell’ Ocean, nel suolo, Frutto d’onor non coglie Virtù che rischio
etti, perchè sacri a Giove Olimpico. Pindaro in più luoghi e Strabone nel libro VIII, ne attribuiscono l’istituzione ad Erc
5 anni, o, come altri dicono, ogni 50 mesi cominciando il 22 giugno o nel plenilunio d’ecatombeone, che risponde quasi al n
75. I principali giuochi di Roma erano di tre specie : La corsa fatta nel circo dedicato a Nettuno od al Sole (110) ; i com
acro a Marte (255) e a Diana (137) ; e i giuochi scenici, consistenti nel rappresentare tragedie, commedie e satire in onor
quando colui che correva al destro lato di quello che tutti superava nel mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti d
fatica il trascorrerlo più oltre. La corsa de’ carri. Ma già nel medesimo luogo, donde erano partiti i cursori, ap
are ed ora s’asconde, così ora un cocchio si mostrava, ed ora spariva nel turbine polveroso. Ma pure alla fine surse leggie
ente. Stettero così alquanto di nuovo discosti, ed il Cretese fremeva nel vedersi, al principio del cimento, quasi sul punt
e ; ed intanto gli spettatori, che taciti avevano trattenute le grida nel rimirare quel dubbioso incontro, proruppero in ap
la destra gamba, e con essa il sinistro di lui piede a sè traendo, e nel tempo istesso spingendogli il petto, lo costrinse
da cui pendevano bianchissime chiome di destriero, e un ampio scudo, nel cui centro era incisa la torva Medusa. Alessandr
ndo de’ carri e de’ cavalli La confusa burrasca. Ultimo Oreste Segue, nel fin tutto fidando ; e, visto Restar quel solo, un
el caprone del Vello d’oro (419) che fu immolato a Giove (63) e messo nel numero degli astri, ossivvero quello che indicò u
solennità e con molta tenerezza onoravano gli antichi i defunti, sia nel collocarne sotto la terra le spoglie, sia nel cel
antichi i defunti, sia nel collocarne sotto la terra le spoglie, sia nel celebrarne la memoria con annue feste. Era quest’
, era conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma vi fu un tempo nel quale la depravazione dei costumi contaminò con v
lui spegna, Ed Apollo la palma a me conceda, Porteronne le tolte armi nel sacro Ilio, e del Nume appenderolle al tempio : M
nti.) 692. Patroclo, benchè morto in gnerra e fuor della patria, ebbe nel campo tutti gli onori funebri, ed inclusive i giu
oclo attentamente Le sacrate ossa ; e scernerle fia lieve, Imperocchè nel mezzo ei si giacea Della catasta………….. ………. Indi
o, gli fece da essi togliere a tradimento la vita e gettarne il corpo nel Nilo. 700. Iside, saputo il fine lacrimevole del
co era accolto dai sacerdoti e da immensa folla di popolo. Condottolo nel santuario d’ Osiride, lo collocavano davanti a du
to delle acque producesse un uovo d’oro, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718
. Un gigante, per nome Paladas, aveasi presa la terra e recatala fino nel profondo dell’inferno ; ma Visnù trasformato in m
vinse il gigante ; riportò la terra sopra il suo grifo, e la collocò nel primiero suo posto. Le altre metamorfosi di quest
d’Odino per dirgli all’orecchio quanto avevano udito o visto di nuovo nel mondo. Odino li mandava ogni giorno a raccoglier
corre per l’aria attraverso al fuoco. Vengono poscia le Walchirie che nel Valhalla (paradiso delle divinità scandinave) ver
ppato il cuore. Il culto di queste divinità consisteva principalmente nel sacrificare ad essi creature umane. Le vittime co
, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel centro di un tempio rotondo, volle simboleggiare
fi per cura di F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi di F. Le Monnier nel 1848. Firenze. 14. I Dattili idei furono i primi
questi montanari industriosi sulla via di scoprire i metalli nascosti nel seno della terra, e d’ inventare il modo di fonde
o celebrati vicino ad Atene sulle sponde dell’Ilisso ; e consistevano nel preparare gli assistenti ai grandi misteri, dei q
la lettura delle leggi di Cerere, pigliavane poco cibe, ed entravane nel santuario dove regnava profonda oscurità. A un tr
sima luce illuminava la statua di Cerere doviziosamente arredata ; ma nel tempo che la folla guardava meravigliando, ecco a
aia, effelto naturale delle cure e della penosa fatica. Laddove prima nel regno degli Dei, cioè nella prima età del mondo,
chi colle sue Osservazioni che, tradotte dal ledesco, furono stampate nel Giornale Enciclopedico, anno 1775, tomo VIII, pag
, ed ha on promonterio divenuto celebre perchè di li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorati, a fine di perdere la
gli scogli di Scilla, indicando la linea da percorrere con sicurezza nel difficile passo. 41. Ludi magni o Circenses.
un vulcano che vomilava fiamme ; edi suoi abilanli furono abilissimi nel lavorare il ferro ed altri melalli. 60. Di Chiro
. La descrizione che Omero fa dei baasirilievi dello scudo d’ Achille nel e. XVIII dell’ Iliade è uno dei più notabili paas
sere proprio, come si rileva da uno squarcio di Dante che riporteremo nel seguito degli avvenimenti d’ Ulisse. 103. Padre
16. Prigioniera. 117. Le travolse la mente. 118. Prima fu collocalo nel Palazzo di Tilo. Sul principiare del secolo XVI u
in una volta solterranea, e lo vendè a papa Giulio II. Ora si ammira nel Museo del Vaticano. 119. Questa favols è fondata
, ed in pochi istanti furon visti giacere l’un sull’ altro, e spirare nel tempo che si studiavano di soccorrarsi scambievol
tanto le figlie di Niobe, assalite in casa dallo stesso male, e quasi nel medesimo tempo, languivano intorno ella madre che
l detto lago, e precisamente ove le acque del fiume Tignalga sboccano nel Benaco, è un luogo, in cui possono segnare, cioé
questa maniera di giuochi. 142. Circolo immaginato a contrassegnare nel cielo il viaggio che fa la terra girando intorno
ssegnare nel cielo il viaggio che fa la terra girando intorno al sole nel periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le semb
8 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
avendolo vinto, l’ imprigionò; che questi fu poi liberato, e rimesso nel regno da Giove, il quale vinse Titano coi fi gli;
avi, perchè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ anno nel mese di Gennaio, che da lui tratto aveva il suo n
ui tirano gli aveva avvolti. I Titani vennero soggiogati e profondati nel Tartaro, che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di so
e; ma’ percosso dal fulmine fu anch’ egli, secondo Esiodo, profondalo nel Tartaro; secondo Virgilio, sepolto sotto all’ iso
uomini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la diede poscia all
scia alla luce. Altri dissero, che Giove concepì da se stesso Minerva nel proprio capo, e per metterla fuori fecesi spaccar
te a lui dedicate era il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro nel bosco di Dodona a lui sacro, le querce stesse ren
on varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato nel Campidoglio dal re Tarquinio Prisco, e più volte
dal re Tarquinio Prisco, e più volte in seguito riedificato. Un altro nel Campidoglio medesimo ne aveva posto Romolo da pri
Luperci, coperti soltanto alle parti, che il pudore nasconde, e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli
Pigmea cangiata in grue per essersi a Giunone anteposta in bellezza, nel terzo Antigone figlia di Laomedonte mutata in cic
icogna per avere essa pure arditamente sprezzata la beltà di Giunone; nel quarto le figlie di Cinira per lo stesso motivo t
ttuno per Canace figlia di Eolo trasformato in giovenco, per Ifimedia nel fiume, Enipeo, per Bisaltide in ariete, per Cerer
dicossi di Aglauro col farla rivale della sorella Erse, come vedrassi nel Capo XII. parlando di Mercurici. Erittonio fratta
altrettanto, e che mentre andava per consultarne l’ Oceano, fermatasi nel giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al
dore di cui da se sola concepì Marte. Sposò egli Nerio o Nerione, che nel sabino linguaggio significa forza; e da questa pr
i nutriti da Acca Laurenzia, e cresciuti rimisero l’ avo lor Numitore nel regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la ci
Cigno, il quale fu poi ucciso da Ercole nella Focide in occasione che nel bosco Pagaseo volle insolentemente attraversargli
da Romolo, che celebravansi a’ 27 di Febbraio colle corse de’ Cavalli nel campo Marzio. A lui dedicati eran pure le feste S
rdoti fu dato il nome di Salii. In onor di Marte altresì celebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al p
miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani, nel che fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un
Minotauro mostro mezz’ uomo, e mezzo toro, che poi fu ucciso da Teseo nel labirinto di Creta. Circe maritatasi al re de’ Sa
’ Sarmati l’ avvelenò, quindi scacciata venne in Italia, e si stabilì nel promontorio Circeo ora Monte Circello, ove non co
i Apollo alla testa di Giacinto; che ne morì, e fu da Apollo cambiato nel fiore dello stesso nome. Ovidio racconta il fatto
suo culto era specialmente in Epidauro; ma passò poscia anche in Roma nel modo seguente. I Romani afflitti dalla pestilenza
città andò a posarsi spontaneamente sopra la nave dei Romani, ch’ era nel porto, e da essi condotto a Roma, e deposto nell’
rime di Ini mescolate col sangue formossi il fiume Marsia, che sbocca nel fiume Meandro. Pari disfida ebbe ivi da Pane, e p
avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da essa coll’ acqua, che gli gettò cont
acco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di vo
are il bosco a lei consecrato. Cerere, al dir di Ovidio, spedì quindi nel Caucaso a ricercare la Fame, la quale assalì Eris
ro, era affidata in Roma ad un collegio di vergini dette Vestali, che nel tempio di Vesta fabbricato secondo alcuni da Romo
ritarsi. Nell’ atto che prese erano dal Pontefice massimo, e condotte nel tempio, consideravansi come emancipate dal padre,
mbustibili, o coll’ aggirare frettolosamente un cono, o fuso di legno nel foro fatto entro una tavola pur di legno, finchè
rta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranea a ciò costrutta nel campo, che dicevasi scelletaralo. Capo XVI. De
a quale violato egli avea il precetto di castità impostogli da Cibele nel farlo suo sacerdote. Ati fu poi da essa cangiato
ietra, e venuta di Frigia portavasi con pompa da’ Sacerdoti a lavarsi nel fiume Almone, che poco lungi dalla città entra ne
acerdoti a lavarsi nel fiume Almone, che poco lungi dalla città entra nel Tevere. Le feste megalesi a lei sacre si celebrav
opra le brage ardenti. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano il cappello della libertà.
ciò Nereidi. L’ Oceano da Esiodo e da Omero non è riguardato come Dio nel mare, ma come un fiume, che unito a Teli figlia d
o per cacciar Giove dal cielo; ma da lui fulminati furono poi sepolti nel Tartaro. Aggiugne lo stesso Omero, che Nettuno da
usitoo re de’ Feaci, padre di Alcinoo, che liberamente accolse Ulisse nel suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e
le braccia cangiate in ali e le gambe in due code di pesce, ritenendo nel volto e nel busto la forma muliebre. Partite dall
angiate in ali e le gambe in due code di pesce, ritenendo nel volto e nel busto la forma muliebre. Partite dalla Sicilia ve
iamato. Invece innammorossi Circe di, lui, ma rimanendo esso costante nel suo amore per Scilla, Circe indispettita di veder
vien raccontato in questo modo. Allorchè Giove seppellì, come è detto nel Capo III, sotto a’ monti della Sicilia Tifeo, si
tragittate, e quelle pur de’ sepolti doveano pagarne il nolo, per cui nel seppellirli poneasi loro una moneta, sotto la lin
e le Danaidi. I Titani e Tifeo vi furono profondati, come è già detto nel Capo III, per avere osato di far guerra a Giove.
iove. Per la stessa cagione condannati vi furono, come si è accennato nel Capo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno,
ndo voluto far violenza a Latona, fu egli ucciso da Apollo, e sepolto nel Tartaro, dove occupava collo smisurato suo corpo
tta Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso, nel quale chiudevansi tutti i mali. Accolse Epimeteo
ne, da cui Alcmena concepì Ificlo, che nacque gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene
n’ andò poi sempre coperto per monumento della sua vittoria. 2. Pugnò nel paese di Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da
ossia Delfo con Giolao figlio d’ Ificlo, Cigno figlio di Marte volle nel bosco Pagaseo a lui opporsi, ei l’ uccise, e ferì
ato dall’ orme non seppe trovare ove si fosser le vacche involate. Ma nel partire udendo il muggito di una si accorse dov’
partire udendo il muggito di una si accorse dov’ erano, e rovesciato nel Tevere il comignolo dell’ Aventino scoperse la gr
odeva le viscere a Prometeo legato sul monte Caucaso, come si è detto nel capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedon
eo. Ritrasse Alceste dall’ Inferno dopo aver incatenata la morte come nel capo medesimo si è accennato, e ne liberò anche T
cadendo fece col peso del proprio corpo che la saetta gli penetrasse nel fianco e l’ uccidesse. Altri voglion però che sia
e favole aggiunsero poi che fu egli da Giove portato in cielo e posto nel numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa E
Pilunno, il quale sposata Danae, da cui ebbe Dauno (che trasferitosi nel paese de’ Rutoli e fabbricata Ardea, fu poi padre
ran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al re Polidette, il quale, allor
di Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, ora del Capo Verde, nel mare Atlantico. Erano stati a Medusa i capelli ca
rano stati a Medusa i capelli cangiati da Pallade in serpenti, perchè nel tempio di lei erasi data in braccia a Nettuno, e
pizio, dal re Atlante, col presentargli il capo dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il quale per la sua alt
niera di diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che imprudentemente nel capo di Medusa si affissò. Fu indi Perseo unitame
cavallo per modo, che si scosse Bellerofonte di dosso, e precipitollo nel campo, che fu detto Aleio, ed ei solo volò su in
rriva, promise alla fine che data avrebbe la mano a chi lei avanzasse nel corso, con questa legge però, che raggiugnendoli
risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece una città nel luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto. Arrestatos
vece una città nel luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto. Arrestatosi nel luogo indicato dal bue spedì i compagni ad attign
nture, fu insieme con Ermione tramutato in serpente. Succedette a lui nel regno di Tebe il figlio Polidoro avuto similmente
andola la fece a brani, finchè dagli Dei per compassione fu can giata nel fiume Dirce, che non lungi da Tebe entra nel fium
compassione fu can giata nel fiume Dirce, che non lungi da Tebe entra nel fiume Ismeno. Capo VII. Di Edipo, de suoi figl
e zampe di leone, la codardi drago, e le ali di uccello. Abitava ella nel monte Ficeo, e lanciandosi sui passaggieri propon
rridita si appiccò da se stessa; poi datosi ad un volontario esiglio, nel quale la figlia Antigone volle accompagnarlo., an
ce, e a Tideo Deifile, assunse pure l’ impegno di, rimettere Polinice nel regno. Spedì quindi Tideo ad Eteocle per intimarg
, che or chiamasi dei Dardanelli. Ma spaventati dai flutti Elle cadde nel mare, e diede a quello stretto il nome di Ellespo
Coleo; dove sacrificollo a Giove (il quale poi lo trasportò in cielo nel segno dell’ ariete), e ne sospese la pelle, che a
, acciocchè il misero padre occupato a raccoglierle ritardato venisse nel suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti
Dicesi ch’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali ar
so gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali arti istruì Giasone ed
he egli avea delle stelle fu di grandissimo giovamento agli Argonauti nel lor viaggio. Mentre stava esaminando le saette di
pettite le madri de’ Ciconi lo fecero a brani, e il capo ne gettarono nel fiume Ebro. Questo, secondo Ovidio, fu portato a
gli dovessero tratti a sorte sette giovani e sette donzelle, cui dava nel laberinto fabbricato da Dedalo in pasto al Minota
, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il filo, con cui Teseo, ucciso nel laberinto il Minotauro, potè strigarsene, e fuggi
. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo stesso Dedalo col figlio Icaro nel labirinto, e custodirne in modo le porte, che non
li caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola di Samo nel mare, che da lui prese il nome d’ Icario. Dedalo
a alcuni per figlio di Nettuno, e da altri per figlio di Egeo. Questi nel partir da Trachine per ritornarsene ad Atene, sep
ne fosse respinta, indusse Egeo a porgergli una tazza avvelenata. Ma nel presentarla riconobbe Egeo la spada che sepolta a
to per aver la gloria di uccidere quel terribile mostro. Stava questo nel labirinto fabbricato da Dedalo; e Teseo per poter
ar colle nere vele, e credendo il figlio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome di Mar Egeo, ora A
Teseo a voler seco scendere all’ inferno per indi rapirla: ma Piritoo nel primo ingresso fu divorato dal Cerbero, e Teseo c
vita dà Esculapio ad istanza di Diana, e da lei trasportato in Italia nel bosco di Arica ove appresso fu venerato sotto il
uo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo,
pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che
a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato nel corso precipitò E nomao che ne morì; ed egli cosi
opo lungo tempo tornato a parta carico di ricchezze, visse tranquillo nel regno per molti anni, indi giusta la predizione a
r nella lega cogli altri. In vendetta di ciò fu poi detto, che Ulisse nel campo di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda d
enia, un serpente salito su di un vicin platano divorò otto uccellini nel lido, e poscia anche la madre; dalla qual cosa il
agì, che la guerra troiana durerebbe nove anni, e Troia sarebbe presa nel decimo, siccome avvenne: e Ovidio aggiugne, che i
Greci a prender e saccheggiare le città e terre dell’ intorno, finchè nel decimo anno tratte le navi sul lido, poser a Troi
per la qual cosa avendo Crise implorata da Apollo vendetta, ei desto nel greco esercito un’ orribile pestilenza. Or insist
figlia di lui Polissena; ma nell’ atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelena
lizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile, perchè Te
bile, perchè Tetide, appena nato per esso tenendolo, immerso lo aveva nel fiume Stige, e con ciò reso invulnerabile in tutt
andoselo sulle spalle, difeso dallo scudo di Aiace, riuscì a portarlo nel campo de’ Greci, che fattigli i funerali solenni,
e’ che stavano dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti nel sonno, a ferro e fuoco misero tutta la città. Uli
case loro; ma pochi vi giunsero senza incontrare gravi disavventure o nel ritorno, o dopo d’ esservi arrivati. Come Agamenn
e figlio di Oileo avendo nella presa di Troia osato violare Cassandra nel tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro
o con parte di quello scoglio, ch’ ei distaccò col tridente. Idomeneo nel tornarsene a Creta con Merione, sorpreso anch’ eg
tilenza, che discacciato dal regno ei dovette rifuggiarsi in Calabria nel paese de’ Salentini. Diodoro di Sicilia però asse
l termine di tre età. Quegli invece, che più avversità ebbe a soffrir nel ritorno, fu Ulisse, le cui avventure vennero da O
, perduti settantadue compagni. Giunto al capo di Malea or capo Malio nel Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’
o Malio nel Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’ Lotofagi nel golfo di Gabes presso Tripoli, dove spediti avend
con Diomede; sebbene inferiore all’ uno e all’ altro, fu poi salvato nel primo caso da Nettuno, e nel secondo da Venere. N
re all’ uno e all’ altro, fu poi salvato nel primo caso da Nettuno, e nel secondo da Venere. Nella notte terribile in cui T
duce straniero per opporsi agli sforzi che esso faceva per rientrare nel regno, Turno frattanto avvisato da Giunone per me
ella città, ove fe grandissima strage, poi uscendone si gettò a nuoto nel Tevere, e trapassò all’ altra sponda. I due amici
nia, e che Venere dopo tre anni a lui ottenne da Giove, che lavandosi nel fiume Numico spogliasse la natura mortale, e foss
ura mortale, e fosse in cielo fra gli Dei Indigeti annoverato. Lasciò nel Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, ch
propria immagine, si pazzo amore ne prese, che ne morì, e fu cangiato nel fiore narciso. La ninfa Eco per avere con lunghi
Parte I. Capo XVII. Le Ismenidi compagne d’ ino addolorale al vederla nel mare sommersa vengono trasformate, altre in marmo
I capelli di Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti, perchè nel tempio di Pallade ella si era data a Nettuno conv
Erigone, e si disse finalmente, che Icario era stato portato in cielo nel segno di Boote, Erigone in quello della Vergine,
bramando essi di non sopravvivere l’ uno all’ altra, son trasformati nel medesimo istante Filemone in elee, e Bauci in tig
moglie di Oleno, preferendosi in beltà alle Dee, è cangiata in pietra nel monte Ida insieme col marito, che a parte vuol es
o X. Ganimede è rapito da Giove. Parte I. Capo III. Giacinto è mutato nel fiore giacinto. Parte I. Capo X. Le Propetidi son
lanta figlia di Scheneo ricusa di unirsi ad alcuno, che lei non vinca nel corso, ponendo per patto la morte a colui che res
resta vinto. Ippomene riceve da Venere tre pomi d’ oro colti in Cipro nel campo Tamaseno, i quali gettati l’ uno dopo l’ al
andosi verso di Venere, e da lei sospinto ad accoppiarsi con Atalanta nel bosco consacrato da Echione a Cibele, e per aver
ato, promettendo alla moglie Alcione di tornar fra due mesi. Naufraga nel ritorno, e il suo corpo è portato dalle onde vers
go. Presagio avuto da’ Greci in Aulide, che Troia sarebbe stata presa nel decimo anno. Parte II. Capo XI. Sacrificio d’ Ifi
uccelli chiamati a idea. Venere impetra da Giove, che Enea lavandosi nel fiume Numico spogli la natura mortale e sia annov
issimo piovane. Parte I. Cap. XVI. Tiberino re degli Albani si affoga nel fiume Albula, e fatto Dio, da al fiume il proprio
trasmigrata. Ippolito risuscitato da Esculapio è trasportato da Diana nel bosco di Aricia, e venerato quivi sotto il nome d
sacrifici eran sempre accompagnati dalle libazioni, che consistevano nel versare del vino (o in mancanza di esso dell’ acq
Africa tra Eliopoli e Biblo era favorevole, se le cose che gettavansi nel vicin lago andavano al fondo, contrarie se rimane
oi da Tarquinio furono comperati. Questi furono gelosamente custoditi nel Campidoglio sotto alla guardia de’ Quindecemviri
tro; 5. il salto o all’ insù, ovvero orizzontalmente; 6. il pugilato, nel quale combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’
9 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ciò a soddisfare ad un antico mio obbligo, ch’è quello di far palese nel miglior modo che posso quanto debbo al benefico e
li. Or se questi sovrani ingegni vivranno perpetui sino a che vi sarà nel mondo qualche grata disciplina, chi oserà dirsi c
har, nascondersi, perchè Satùrno, fuggendo l’ira di Giove, si occultò nel Lazio, come diremo. Da’ Greci dicevasi Crono (Κρο
i Saturnia. Sotto il regno di questo nume fu l’età dell’oro. I poeti nel descrivere l’età che trascorsero dalla creazione
igliuolo era Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuol
di Giano e di Venilia, chiamata Canènte per la maravigliosa maestria nel canto. Or un giorno andando Pico a diletto per un
dell’aurea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissima nel mese di Dicembre per cinque giorni detti da Catul
asi chiuso ; e se aperto, di guerra. Ovidio (1) rappresenta Giano che nel suo tempio tiene rinchiusa e la pace e la guerra,
e fa uscire ed or quella. Virgilio (2) al contrario finge nobilmente, nel tempio di Giano chiuso da ben cento chiavistelli
rte di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta Giano stesso rinchiuso nel suo tempio qual custode ed autore della pace. Qui
le armi di Ercole, ferito per caso in un piede da una saetta intinta nel sangue dell’idra di Lerna, impaziente del dolore,
vano essere la Madre Idèa, e che da P. Cornelio Scipione fu collocata nel tempio della Vittoria sul Palatino, a’quattro di
Longa, da cui poscia passò a Roma. Il sacro fuoco di Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Numa, presso al quale
tore. Era di forma rotonda per significare l’universo ch’è rotondo, e nel cui bel mezzo stassi, come in sua sede, il fuoco,
ontinuamente acceso, perchè siccome eternamente risplendono gli astri nel cielo, così, per cura delle Vestali, sempre arder
ùrno al pendìo del Campidoglio era l’erario o tesoro pubblico, perchè nel secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’in
o, perchè nel secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’invocava nel principio di tutt’i sacrificii, perchè come porti
oro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto nel fabbricare il mele, che le rende fra gli animali
imato per ragione del potere e della forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o l
sempremai armato ; ed Orazio (2) afferma che il tuonare che fa Giove nel cielo, ci addita ch’egli colassù regna. Per ciò s
inome. Questo greco capitano andò con Polinice alla guerra di Tebe, e nel dare la scalata alle mura, con empio orgoglio dis
a la signoria sopra gli altri uccelli pel fedele servigio prestatogli nel rapir Ganimède. Dicesi che Perifànte, antichissim
egli tosto di chiuderla, ma solo sull’orlo rimase la speranza ch’era nel fondo. E così Epimeteo, come tutti gli stotti, co
la da’ Poeti sì variamento raccontata, è nell’Odissea  ». Io vidi giù nel Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloe
arinari si dà il nome di tifone alla tromba, fenomeno assai frequente nel Mediterraneo e nell’Oceano. Forse i primi uomini
ll’altra eran dodici stanze o piccioli palagi per gli Dei maggiori, e nel bel mezzo una sala magnifica sì per deliberare e
na sala magnifica sì per deliberare e sì per banchettarvi. Omero però nel principio del XX. libro dell’Iliade pone la sede
ogli altri Numi ; e sedere alla mensa di Giove vuol dire, esser posto nel numero degli Dei(1). Nell’Iliade (2) si legge che
utte sparse di ambrosia. Questo cibo delizioso dilettava tutt’i sensi nel tempo stesso, faceva ringiovanire, donando novell
Giove un giorno cogli altri Dei ad un gran convito nell’Etiopia, Ebe, nel ministrare la divina bevanda, cadde sconciamente
e figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di Medùsa nel suo scudo come in uno specchio ; e l’eroe guardan
ava, le tinse di un bel rosso. Questi sono i coralli, i quali, stando nel mare, se escono all’aria aperta, s’indurano (1).
pa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, co
vili fra loro, per le quali perirono non pochi uomini ; e di que’ che nel paese primeggiavano sopravvissero soli cinque, ch
ondurla a Creta, com’essa desiderava ; percui gittossi disperatamente nel mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il
i. Vuolsi che sia opera di Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola di Niso
ro con corpo di toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel laberinto di Creta gli Ateniesi mandar doveano qu
lto da terra. Il canto della pernice è simile al suono che fa la sega nel tagliare il legno, e però finsero che l’inventore
che per colpa del suo ingegno avendo offeso quel principe, fu da lui nel laberinto che aveva egli stesso mirabilmente cost
li, e ponendosele agli omeri, seguito dal figliuolo Icaro ch’era seco nel laberinto e che pure fornì di ali, si librò nell’
poco la cera, disciolse le piume accozzate, e l’infelice Icaro cadde nel mare che da ciò ebbe il nome di mare Icario (2).
ò troppo alto il volo dell’ingegno, e cadde dall’altezza della verità nel profondo mare degli errori, chè veramente questa
gna e poscia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte d
iuoli di Giove per eccellenza. Or Polluce era insigne per la maestria nel giuoco del cesto, o pugilato ; e Castore, nell’ar
i i giuochi, il tempio, la stella de’ Castori. E della sua gagliardia nel giuoco del cesto diede Polluce insigne pruova nel
. Percui Virgilio (1) per lodare Bute ed Erice di segnalata destrezza nel combattimento del cesto, dice che discendevano da
gente de’ Bebrici. Or questo re tutti coloro che per sorte giungevano nel suo regno, obbligava a seco combattere al cesto ;
orte giungevano nel suo regno, obbligava a seco combattere al cesto ; nel che essendo valentissimo, li vinceva e vinti li f
senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di dividere l’immortalità col fratello i
one da Dirce e fuggitane, andava vagando pel Citerone, ed imbattutasi nel figliuolo Zeto, che quivi pascolava gli armenti,
a grandissimo stuolo di formiche, pregò Giove che gli desse un popolo nel numero uguale a quegli animaletti. Fu esaudita la
e d’Iside ; sicchè Epafo era l’Osiride o Serapide degli Egiziani. Io, nel dialetto degli Argivi, significava la luna, della
scevano nelle praterie tremila bellissime giumente(3). A lui successe nel regno Troio o Troe (Τρως, Tros), suo figliuolo, c
esse mostrato a’ marinari l’uso delle vele. E perchè assai perito era nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egli fo
lomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che nel linguaggio di quel paese sì le colombe, e sì le i
eco portare. Dimandato l’insigne statuario quale innanzi avesse avnto nel fare sì nobile statua, rispose che quei versì del
tini. Chi desiderava combattere, dava il suo nome dieci mesi prima, e nel pubblico ginnasio di Elide occupavasi in esercizi
incitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bosco di Giove, in Olimpia, e ritornando alla pat
mpero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più elevato del Campidoglio, per significar
tto i piedi ha un grande arco simile al lembo dell’aurora boreale ; e nel contorno della pietra è una zona co’dodici segni
i pur di legno ; e questa primitiva configurazione si ravvisa tuttora nel segno II, con cui nello zodiaco son figurati i Ge
iuramento ; perchè Giove teneasi per vindice del giuramento, e perchè nel nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo o
er Giunone intendevasi la luna. Dai Greci chiamavasi Ηρα, che Platone nel Cratilo fa derivare dal verbo εραω, amare, quasi
ero(2) però fa dire a Giunone che quando Saturno fu cacciato da Giove nel tartaro, essa fanciulla fu dalla madre Rea conseg
n intervenirvi. Allora Mercurio precipitò la ninfa insieme colla casa nel fiume, presso al quale abitava, e la trasformò in
tolo di Regina(1). I poeti la dipingono oltremodo superba e pertinace nel suo sdegno ; di che nelle favole sono non pochi e
molar in loro onore tutto il bestiame, che in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la
arti di Giunone contra di lui, li avea condannati a servir Laomedonte nel fabbricar le mura di Troia ; e Pindaro(2) aggiung
sandro. Il quale cresciuto in età ed essendo naturalmente giustissimo nel dirimere le controversie, venne in gran fama di e
tto. Di che oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro, nel quale era scritto : Pulchriori detur  : diasi al
contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel celestial consiglio, in grazia di Marte, Giunone
o dell’Eneide(1) la povera Dea considera sì che biondeggiano le biade nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio
da nube il trionfo di Enea, e permettere suo malgrado che fosse posto nel numero degli Dei e che i suoi posteri regnassero
r dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portamento, di cui si vanta presso Virgilio(2). S
della Fortuna detta aurea, ch’era il Genio de’ Principi. I comandanti nel partir per la guerra sacrificavano alla Fortuna,
gli uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignoranti del futuro, nel vedere la serie degli avvenimenti che accadono co
la Dea che siede sull’aureo trono. Il pavone è sì proprio di lei, che nel cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiaca
hio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed ora nel Museo di Parigi, basta sol esso per indicarla. Ap
onne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto nel mezzo o sopra la fronte, e si andava restringendo
ne rimproverava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendon
per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi di G
amia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua che nel Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni di A
re Iuno natalis, perchè assisteva alla nascita degli uomini. Le donne nel giorno della loro nascita sacrificavano in di lei
onfusione negli antichi scrittori. Solo può dirsi che le donne greche nel parto invocavano Diana Ilitia ; e le romane, Giun
le romane, Giunone Lucina. Cicerone(6) dice che come appresso i Greci nel parto s’invocava Diana Lucina o Lucifera, così in
sevano delle corone, e coprivano i suoi altari di un’erba che nasceva nel fiume Asterione, sulle cui rive era il tempio e l
artorì dal suo cervello Minerva, uguale al padre sì nella potenza che nel consiglio, ed indomabile signora degli eserciti,
e volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicinanze di quella palude, nel giorno natale della Dea, molte vergini donzelle i
a a Giove, il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico era una statua che lo ra
a nostra Dea vicinissima a Giove. Per ciò Minerva(3) adoravasi a Roma nel tempio Capitolino alla destra di Giove, che avea
distruggere la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte nel ritorno alle lor patrie dopo l’eccidio di Troia,
e le cose e fa le grandi scoperte nelle scienze e nelle arti, risiede nel capo ; avvedutamente dissero i poeti che Minerva
quel Nume diremo. I suonatori di flauto (tibicines) veneravano la Dea nel dì festivo detto Quinquatria. (Festo). VI. Con
alzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, i
l’Iside degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig. di Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Paganesimo, si studia
na donna che ordisce ; e Diodoro afferma ch’ella proteggeva le arti ; nel che si vede Minerva, inventrice e protettrice di
ago istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel quale gli Dei stessi erano giudicati. Oreste, dic
o scudo e l’elmo erano tanto proprii di Pallade, che per questi soli, nel tempio di Giunone in Elea, il suo simulacro disti
ravansi quelli istituiti da Pericle per la musica e per la poesia ; e nel teatro fanciulli e fanciulle intrecciavano la dan
ea che avea un gallo sul cimiero ; ed il Montfaucon, di un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanese, la quale ha una
. Ed alcuni critici, contra lo Spondano, vogliono che la Dea invocata nel primo verso dell’Iliade sia Minerva, la quale com
io ; e che Enea avendo seco portato il vero in Italia, essi lo posero nel tempio di Vesta, affidandone la custodia alle Ves
al figliuolo Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo,
(1). Il Sole poi (Sol) fu così detto da’Latini perchè risplende solo nel cielo, qual signore del giorno(2). Infine talora
Delo (da δηλος, manifestus), come la più appariscente fra le Cicladi, nel cui mezzo è allogata. Quivi Latona presso ad un u
aso uccise il Pitone, ne gittò le ossa sul tripode o cortina che pose nel suo tempio, ed in memoria di ciò istituì solenni
vedendo Giove, percosse di un fulmine l’audace giovane, che precipitò nel Po, ovvero Eridano, come quel fuoco scintillante
i di notte trascorrere per l’aria(1). Egli fu poscia da Febo allogato nel cielo e trasformato in costellazione. Or le tre d
i. Un Fetonte, re de’Molossi, assai amante dell’astronomia, si annegò nel Po. I poeti poi con questa favola ci avvertono a
Esculapio nella medicina ammaestrato da Chirone in guisa che fu posto nel numero degli Dei. Del quale i due fig. Podalirio
no comunicare un presentimento del futuro. Esiodo(4) dice che le Muse nel farlo poeta gli diedero come per iscettro un ramo
pla vicino al monte Olimpo. Mirabile e quasi divina fu la sua perizia nel suonar la lira donatagli da Mercurio o da Apollo 
quali crudelmente il fecero in pezzi e ne gettarono il capo e la lira nel fiume Ebro. Ma le Muse riunirono quelle membra la
amira, poeta insigne di Tracia e cantore sì nobile che osò gareggiare nel canto colle Muse, le quali, vintolo, della lira i
a contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della sua maestria nel suonare il flauto, veniva al paragone col medesim
olore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale matri
viver tranquille ; e molti vi furono ardimentosi a segno di sfidarle nel canto. Filammone, fig. di Apollo e della ninfa Ch
(2) per dire che non era poeta, afferma di non aver bagnato le labbra nel fonte del cavallo. Era questo il bel fonte d’Ippo
ola di un fiume. L’Ariosto, parlando delle donne che acquistaron fama nel poetare, disse : Poichè molte lasciando l’ago o
bel gruppo del palazzo Farnese, detto il toro Farnese, che ritrovasi nel R. Museo Borbonico di Napoli. Alcuni dicono che A
abbrica il mele de’ suoi dolci carmi(2). Nè sulla terra solamente, ma nel cielo eziandio fra gl’Iddii soggiornavan le Muse,
, era la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani nel mese di Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si
te, tutto si scuoteva il sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le quali se fa
del monte Parnasso, la quale credevasi dagli antichi allogata giusto nel mezzo non solo della Grecia, ma pur di tutta la t
a il celebre tripode o cortina. Servio dice che i tripodi erano mense nel tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sace
ere, è condannato a sempre temerne la rovina(2). I Greci dicevano che nel tempio di Delfo la radice del rafano era stata po
orità di Aristotele(3) hanno asserito che i corvi veramente non beono nel tempo di està ; il che ha potuto dar luogo alla f
avea trovata la medicina, e che conosceva la virtù di ciascun’erba ; nel che gliantichi facevan consistere propriamente la
nte, perchè avendo osato di venire a contesa con Apollo sulla perizia nel maneggiar l’arco, questo Nume sdegnato colle sue
poco rispetto a Latona, fu dalle saette di Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupare lo spazio di ben nove iugeri
figura di Paride e coll’inevitabile suo strale mortalmente il ferisce nel calcagno, ove solo era vulnerabile, come Ettore s
a Colco procreò Eeta e Circe. Fu chiamato Sole, perchè solo risplende nel cielo ; e da’Greci Ηλιος o Ηελιος da una voce gre
abbiosi cani. Della quale sua deformità forte vergognandosi, gettossi nel mare presso la Sicilia, e per opera di Glauco fu
oglio all’estremità dell’Italia meridionale dirimpetto a Cariddi, che nel profondo e vorticoso suo gorgo assorbiva i vascel
. Ogni sera il Sole li distacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che colora delle sue vampe. I Greci asseriva
sentire un certo rumore verso occidente, allorchè il Sole si tuffava nel mare e si estingueva la sua luce nelle onde, come
are e si estingueva la sua luce nelle onde, come se il mare stridesse nel discendere in esso il Sole. Da questa opinione eb
zio, antica città d’Italia, verso la fine del secolo XV, fu collocata nel padiglione del Belvedere in Vaticano, donde trae
Belvedere in Vaticano, donde trae il suo nome. Alla pace di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma nel 1815, per
nome. Alla pace di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma nel 1815, per gli avvenimenti della guerra, ritornò n
a in Francia ; ma nel 1815, per gli avvenimenti della guerra, ritornò nel Vaticano. È verisimile che fra le statue della Ca
dìce, che appena si affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro di sotto alquanto sporto in fuori, non giu
nevan lontana la peste, la carestia ed ogni pubblica calamità. E però nel Carme secolare di Orazio si fanno preghiere a que
a nell’ Epiro, trasportò a Roma le statue delle nove Muse, che allogò nel tempio di Ercole. Eumenio(2) dice che Fulvio nell
de’cigni. Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saecul
i dice che una sola è la figliuola di Latona, la quale appellasi Luna nel cielo, Diana sulla terra, ed Ecate o Proserpina n
Esiodo(1) finge che il giorno e la notte con perpetua vicenda entrano nel Tartaro e n’escono il primo per recare a’ mortali
ero sulle palpebre . Presso Virgilio(1), il Sonno con un ramo intinto nel liquore di Lete stilla il placido riposo negli oc
qua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi credevano sepo
una spelonca. Sotto la nera selva una capace E spaziosa grotta entra nel sasso, Di cui la fronte l’edera seguace Tutta agg
ormentare. Il vediamo pure in sembianza di un fanciullo alato immerso nel sonno e col capo appoggiato sopra i papaveri, men
terra per estinguerla. IV. Continuazione – Endimione. Leggesi nel Banier che la prima delle figliuole di Urano, chi
a Luna, ebbero onori divini. Nel fatto di Elio si ravvisa il Sole che nel suo tramontare si tuffa nell’oceano, perchè l’Eri
donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel sacro bosco di Aricia, portavano in mano fiaccole
ra con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel tramontare s’immergeva nel mare, ed uscivane quan
i, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel tramontare s’immergeva nel mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte
ncipali epiteti di Diana Luna. Luna bicornis appellasi da Orazio nel Carme secolare. Diana nocturna si chiama da Ovid
iama da Ovidio(1) ; e dall’ Ariosto, Diva taciturna, perchè risplende nel silenzio della notte : Mostrando lor la taciturn
dal fulmine. Sul monte Aventino la Luna aveva un tempio che Rufo pone nel duodecimo rione della città (2). Tacito(3) parla
i fu una Selene che visse fra gli Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima
vi, e poscia seguì pure cinghiali e feroci leoni. Un giorno, cercando nel covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto
αδες venisse da υες, porci. Ed invero portano seco e quando nascono e nel tramontare piogge e procelle gravissime a’ naviga
di musicali strumenti Bacco fece che i Tirreni corsari si gettassero nel mare e divenissero delfini. Bacco allogò il delfi
imostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco.
ostrette a gittare, fuggendo, i loro tirsi ; e Bacco dovè nascondersi nel mare, accolto da Teti ; per la qual cosa venne in
che si chiama la canicola, la quale, e specialemente la stella Sirio, nel suo nascere per quaranta giorni tormenta le regio
cco ; e Diodoro Sicolo dice che Osiride fu il primo a trovare la vite nel territorio di Nisa, e che avendo scoperto il modo
lle Indie, accompagnato da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turb
. Imperocchè, volendo egli che la sua beneficenza non si restringesse nel solo suo regno, deliberò girare per varie nazioni
gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli comanda di lavarsi nel Pattolo, fiume della Lidia, che da quel tempo ebb
tato tanti poeti, e specialmente Nonno ne’suoi Dionisiaci. Ed appunto nel ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna,
to, ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il luogo, nel quale le ninfe lo aveano allevato, quegli abitant
nettare involato agli Dei. Oltre a ciò gli antichi credevano, essere nel vino un principio igneo ; per cui Bacco chiamossi
dipinge nelle Baccanti. In una statua del Museo Borbon. vedesi Bacco nel fiore della sua immutabile giovinezza, e col brac
antichità di Parigi trovato nella città di Rennes. Questo rappresenta nel mezzo Bacco ed Ercole che si fanno versare da ber
rava pure come dea della marina. Plinio(4) riferisce che Augusto pose nel tempio di Giulio Cesare un quadro che rappresenta
guendo queste ridenti idee, han procurato di vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli sc
e avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo, che l’avea veduta nel bagno. Alle grida dell’infelice giovane Venere ac
nte il petto. Adone avea un tempio insieme con Venere in Amatunta ; e nel tempio di Giove Conservatore a Roma avea una capp
chieste, fece sentire che avrebbe sposato colui che l’avesse superata nel corso. Ella ch’era velocissima, vinse molti conco
ppomedonte, fig. di Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isol
Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il quale con arte gettò nel meglio della corsa successivamente i tre pomi, i
abbiasi Elena e i suoi tesori. Si viene al combattimento, e Paride è nel punto di essere ucciso da Menelao ; ma Venere fat
i profumati talami il depose. Monti. L’indomabile Diomede colpì Enea nel ginocchio, e già questi era presso a morire, se V
isse ch’egli era crudelmente tormentato nell’inferno per avere sparso nel suo poema finzioni sì strane ed indegne. Si potre
, acu pictus, a κεντεω, pungo) e da’ Latini cesto (cestus), ornamento nel quale erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e
li promette dalla regina Didone assai benigno ospizio. Ciò detto(1), nel partir la neve e l’oro E le rose del collo e de l
n Cartagine, chè ben sapeva, le promesse di Giove e la venuta di Enea nel Lazio non potersi da forza alcuna distornare. Net
colla scorta della Sibilla, pel vicino lago di Averno, pone il piede nel buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia
or volo gli mostrano l’albero dell’aureo ramo. Giunto finalmente Enea nel Lazio, e timorosa la madre pel turbine di guerra
a lieto l’ammira e l’indossa a danno de’ suoi nemici. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone d
Venere in mezzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero, nel seguito di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che
dal Desiderio ch’egli chiama Imero (Ιμερος). E Venere presso Luciano nel giudizio delle Dee dice di avere due belli figliu
e erano le compagne indivisibili e le ministre di Venere. Si lavavano nel fonte Acidalio ch’ è presso Orcomeno, cit. della
Eurinome, una delle Oceanine. Pausania afferma che qualche scrittore nel numero delle Grazie poneva anche Pito, o la Dea d
noo, ricevevano dalle Grazie la loro bellezza. In somma, dice Banier, nel gran numero delle Divinità degli antichi alcuna n
e danno a’ luoghi, alle persone, alle opere ed a qualunque altra cosa nel genere suo quell’ultimo finimento, diciam così, c
voce canta le nuziali canzoni, e leggiadramente danza com’era costume nel celebrar le nozze. Or come i Greci invocavano Ime
e nelle nozze gridata e celebrata. » Varrone al contrario afferma che nel celebrarsi le nozze si ripeteva la parola Talassi
nere già nata dalla spuma del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata
Di quest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel quale, al dir di Virgilio (1), su cento altari br
ta meglio di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle s
d’oro diluviasse pioggia di perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto nel tempio di G. Cesare, consacrando al padre l’origi
parendo che il cielo invidiasse così bella cosa alla terra ; e Nerone nel suo principato invece di quella ve ne pose una fa
i, un Cupido coronato di rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel tempio di Venere, del quale forse fece menzione A
di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di l
Dante disse : Che la bella Ciprigna il folle amore Raggiasse, volta nel terzo epiciclo. E stella ciprigna chiamossi dal
in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, il quale nel decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il tem
re degli uomini, come Giunone, delle donne, e si onorava specialmente nel giorno natale di ciascuno, per cui fu detto Dio N
Si risero i più del pronostico, che il fatto dimostrò vero ; perocchè nel meglio della gioventu e di una fiorentissima bell
presiede all’arte funesta della guerra. Festo poi insegna che Mamers nel linguaggio degli Osci significava Marte ; per cui
o e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì nel collo l’impetuoso Iddio, che cadde e steso ingomb
Minerva a soccorrere i Greci, Diomede istigato da Minerva ferì Marte nel ventre, ed allora mugolò il ferito nume, e ruppe
accompagna le Furie, la Discordia e Bellona ; E Marte in mezzo, che nel campo d’oro Di ferro era scolpito, or questi, or
in quanto alla morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono di una gran tempesta, fosse stato rapit
do fatto Romolo tante immortali opere, e rassegnando un dì l’esercito nel piano vicino al padule di Capre, mentre ch’ei par
i giudicassero, Romolo essere stato lacerato per le mani de’ senatori nel tempio di Vulcano, donde si credeva che ciascun s
erchè così dicevasi da’ popoli del Lazio. Quello poi ch’è più celebre nel culto di Marte è il sacerdozio de’ Salii, così de
e diede loro il distintivo di una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto un certo pettorale di bronzo ; ed ordinò ch
e destinato a sì famoso giudizio, il dichiararono innocente. Il luogo nel quale si assembravano que’ gravissimi giudici, fu
mpo, Xanto e Dino. Diomede faceva uccidere i forestieri che giungevan nel suo regno per alimentare que’ destrieri ; ma Erco
delle Danaidi, al quale avea promesso la metà del regno, vinse Enomao nel corso per essersi rovesciato il cocchio pel tradi
infelice la vita. Pelope allora sposò Ippodamia che portò a casa ; e nel viaggio, non volendo mantener la parola al perfid
ggio, non volendo mantener la parola al perfido Mirtilo, il precipitò nel mare che da lui prese il nome di Mirtoo. Da Ippod
in onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giungevano nel suo paese. A Diomede sarebbe toccata la stessa so
tisco crede che debbonsi riconoscere due tempii, uno di Marte ultore, nel foro Augusto, da questo monarca edificato con rar
icenza dopo la battaglia di Filippi(4) ; e l’altro di Marte bisultor, nel Campidoglio. Altri però pensano che uno sia il te
poi gli s’immolava ogni anno il mìglior cavallo de’ cocchi vincitori nel campo Marzio, ed appellavasi il cavallo di ottobr
r. Fest.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte di Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricevere gli am
vandro, partito dall’Arcadia colla madre, prima che fosse Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era
enze di questo nume il più affaccendato di quanti mai vi ebbero Iddii nel cielo. Della qual cosa forte si duole colla madre
avida, e se stessi e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi nel fonte detto di Mercurio, ch’era vicino alla porta
l quale anche ora si chiama indice (Index, i.e. lapis Lydius) e porta nel nome l’infamia della sua origine. In un monte del
n monte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel quale gli antichi dicevano ch’era stato tramutato
ercito, apre le porte ed il vecchio re co’ doni introduce inosservato nel padiglione del figlinol di Peleo. Così, secondo c
utolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza nel rubare, e di cangiar ciò che involava in qualunqu
mate Che stridendo il seguiano. E come appunto Vipistrelli nottivaghi nel cupo Fondo talor d’una solenne grotta, Se avvien
a che noi abitiamo. Così Peneo era un antico fiume della Tessaglia, e nel tempo stesso il nume che presedeva a quel fiume.
verso di noi le abbiam dato il venerando nome di madre. Di fatto essa nel nostro nascimento ci accoglie ; già nati, ci alim
o, La cagione naturale degli oracoli era la Terra, la quale ricevendo nel suo seno tutt’i celesti influssi, e producendo og
ltava l’oracolo di Delfo coll’appressarsi ad un’oscura caverna ch’era nel monte Parnaso, e respirarne il vapore che di essa
Sibilla Cumana descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato nel fianco di una rupe, a cui si andava per cento vie
divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove. Ma secondo Omero(2
parla delle caverne o specie di laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia nel seno de’ monti per trarne delle pietre. E come gl
anii umani, costringeva a lottar seco tutt’i viandanti che capitavano nel suo regno e coll’enorme suo peso li schiacciava.
arde il petto, perchè provocò i fulmini di Giove, il quale confinollo nel tartaro. IV. Continuazione – Superficie della
e, formato da due scogli ed in cui erano dolci acque e sedili scavati nel vivo sasso. E lo stesso Omero(3) loro attribuisce
dio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la sua destrezza nel coltivare i giardini, meritò la mano di Vertunno.
i una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e nel collo un monile : la sua rossa tunica è affibbiat
n mezzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed int
nce, al petto, ai crini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere
la lor rete il prudente Ulisse, per dispetto si spinsero a rompicollo nel mare. Plinio e forse anche Omero, afferma che il
rrento ; e che la Sirena Leucasia fu sepolta in un’isoletta o scoglio nel golfo di Pesto, detto oggidì la Licosa. Si vuole
a, aprì a quella Dea che nella sua isola prediletta non già, ma bensì nel regno infernale era Proserpina, indegnamente rapi
Ma è tutto ciò una favola ; perchè l’Alfeo manifestamente mette foce nel mare, e niuna apertura si vede che ne assorbisca
savie leggi ; la terza, Aloea (αλυα, area) che celebravasi ogni anno nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più cel
e un sacrificio e fare alcune lustrazioni o purificazioni, bagnandosi nel fiume Ilisso. Questi piccioli misteri servivano d
d un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio e non già nel santuario. Or
quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio e non già nel santuario. Or non vi era in tutta la Grecia festa
Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale era una ramosa quercia, int
o e di Taigete. Volendo questi sperimentare la divinità degli Dei che nel loro pellegrinaggio avea in sua casa ricevuti, fe
olla doppia fiaccola, e che colla sinistra prende un lembo del manto, nel quale Mercurio mette una borsa piena di danaro, p
), epiteto della Dea dal tempio che le edificò Ctonia sul monte Prono nel Peloponneso. Si celebravano in onore di lei alcun
lla costellazione della Vergine, perchè questo segno del zodiaco cade nel mese di agosto, in cui la messe suol esser matura
andava in cerca della sua Proserpina ; e si facevano per otto giorni nel Circo massimo colla corsa de’cavalli(2). Infine,
uoti ed abbondano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco nel tentare di uscire di sotterra, si disse ch’erano
disse ch’erano i colpi de’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove, chiamati da’ poeti
di lavorare il ferro ; e perciò si finse che avessero aiutato Vulcano nel fabbricare i fulmini. Or quantunque insigne fosse
rotali o campanelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo nel dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un pep
onsacrato a Vulcano, edificato da Romolo, ch’era fuori della città, e nel quale si trattavano gli affari più rilevanti dell
i Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che Giove amò assai quest
tri, seguendo l’orme di una fiera, fu da Diana trasformato in cervo ; nel qual sembiante veduto dai suoi cani, fu da essi m
dia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compagna di Diana, velocissima nel corso e sì valente cacciatrice che Ovidio la chia
l’amore del figliuolo e quello degli estinti, questo prevalendo, pose nel fuoco il fatale tizzone delle Parche, consacrando
quale finì consumandosi a poco a poco, come quel tizzone si consumava nel fuoco. Pel dolore di sì acerbo fato due sorelle d
na cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauride, ove nel tempio di Diana esercitò le funzioni di sacerdote
i uno spettacolo tutto nuovo ; perchè essendo Pilade ed Oreste simili nel sembiante, nella statura ed in tutt’altro, e vole
cori delle Ninfe greche che tenendosi per la mano danzano sul prato o nel bosco nella stessa guisa che dai poeti ci venne r
l’altra Dea presedeva a’parti ed alla nascita ; e Plutarco (3) mette nel numero degli Dei nuziali anche Diana o Lucina ; e
ια, da ελευθω, venio, quasi voglia dire, io vengo alla luce, io vengo nel mondo. Lucina dicevasi Diana come Dea de’ parti,
inseguì per un anno, non volendola uccidere nè ferire ; ma finalmente nel passaggio del Ladone, già stanca la ferì, e sulle
perti, li custodiva. Or racconta Apollodoro che il nostro eroe giunto nel paese dell’Esperidi, per avviso di Prometeo, fece
del Centauro Nesso. Ma l’eroe, da lui insultato, con un dardo il ferì nel petto ; il quale, vicino a morire, diede a Deiani
micia di Nesso. Della quale vestito, sentendosi tutto bruciare, gittò nel mare l’infelice Lica ; e recatosi sull’Eta o Oeta
arsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli
mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apoll
onde il proverbio « la botte delle Danaidi ». Linceo intanto successe nel regno a Danao, da lui ucciso ; ed a lui, Abante,
ra). Il quale, per instigazione del padre, uccise Atreo, cui successe nel regno Agamennone che fu potente e ricco sopra ogn
litennestra. L’unico figliuolo rimasto ad Agamennone fu Oreste, a cui nel trono di Argo successe Pentilo, a lui Adrasto, e
ai, gemelli, poscia uccisi da Ercole, che si fingono alati ne’piedì e nel capo, come gli altri venti. Procri, sorella di Or
do le vele nere e credendo il figlio divorato dal Minotauro, gittossi nel mare che da lui prese il nome di mare Egeo. Oltre
che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo di Delfo nel tempo stesso che Laio viaggiava per que’luoghi in
finge era un mostro che infestava tutto il paese vicino a Tebe, e che nel volto e nelle mani rassembrava una donzella, e ne
cino a Tebe, e che nel volto e nelle mani rassembrava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di u
proponeva ad essi : Quale animale il mattino cammina a quattro piedi, nel mezzodì, a due, e la sera, a tre. Edipo spiegò l’
egazione ebbe tanto dolore la Sfinge, che da uno scoglio si precipitò nel mare. Quindi un servo presso Terenzio : Io son D
, i quali aveano nella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’ide
Colchide per quivi porre in salvo la vita ; ma l’infelice Elle cadde nel mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Fors
pali ; Tifi, a cui Giasone affidò il timone di quella nave e che morì nel viaggio presso i Mariandinii, ed ebbe per success
o, di Testio ; ed altri non pochi. Or a questi avventurieri accaddero nel viaggio molte disgrazie. Approdarono in prima a L
forza che pratica piegato il suo remo, lo ruppe, e mentre che andava nel bosco per farsene un altro, Ila, fig. di Tiodaman
ali servivansi contro quelli che volevan punire ; anzi Servio le pone nel numero delle Furie. Virgilio nomina la sola Celen
cima gettava fuoco, e che nella parte superiore era abitato da leoni, nel mezzo da capre, ed alle falde, da serpenti ; e ch
che senza fallo è il più celebre de’ tempi favolosi ed eroici ; e che nel tempo stesso può dirsi l’ultimo, perchè da quel f
lta delle più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque distinguere nel poema di Omero quello ch’è storia e quello ch’è m
lti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata nel porto di Aulide, ove Calcante, celebre indovino,
rdote pregò il nume di vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste nel campo de’ Greci. Oltre questa sciagura nacque pur
que della palude Stigia, e così egli diventò invulnerabile, salvo che nel calcagno pel quale la madre lo avea tenuto. Ella
ni, per le arti specialmente del greco Sinone sì bellamente descritte nel secondo libro dell’ Eneide, smantellano le porte,
della di Troia. Si danno ad una gioia immoderata, e la notte, sepolti nel vino e nel sonno, lasciano la città incustodita.
oia. Si danno ad una gioia immoderata, e la notte, sepolti nel vino e nel sonno, lasciano la città incustodita. Allora fu c
ciano la città incustodita. Allora fu che i Greci guerrieri rinchiusi nel cavallo ne scendono chetamente, e dato il convenu
torno alla ler patria, ove pochi giunsero dopo varie e molte sciagure nel viaggio sofferte. In quanto a’Troiani, quelli ch’
enture bisognerebbe ripetere quanto di lui cantò l’immortal Mantovano nel gran poema dell’Eneide ; percui stimiam meglio ta
lla sua reggia, temendo che a quella scossa non si aprisse la terra e nel tristo regno delle ombre penetrasse la chiara luc
; e che coll’aiuto di siffatte armi vinsero i Titani e li rinchiusero nel Tartaro ; il che fatto si divisero quei tre frate
meni che succedono sulla terra, come pure i considerabili cambiamenti nel corso dei torrenti e de’fiumi. Erodoto(2) riferis
fece uscir della terra un bel cavallo, che qual simbolo di guerra fu nel consiglio degli Dei giudicato meno utile dell’uli
andezza che lo schiacciò. Il quale, per opera di Galatea, fu cangiato nel fiume oggidì detto freddo, perchè nascendo dall’
l mare gelidissime le sue acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo di
, questi ritornati a vita per virtù di quell’erba, saltarono di nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto accorto di
osi Glauco e fatto accorto di quella occulta virtù, per essa gettossi nel mare e fu convertito in uno de’marini Iddii, ai q
e e per l’altro figliuolo la stessa sorte, con Melicerta si precipitô nel mare da un’alta rupe del promontorio Lecheo. Nett
di lui e di Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in un antro ch’era nel fondo del mare, formavano il’ bel corteggio di Te
che Proteo desse le sue fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo nel suo antro e legarlo, essendo antica credenza che
do la barba più increspata, ed essendovi una considerevole differenza nel getto de’capelli che al disopra della sua fronte
omparisce sulla prora di una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel rovescio in figura di combattente vibra il triden
so, di cui si è parlato nella prima parte. Nè questo poeta è uniforme nel descrivere la trasformazione di Scilla ; poichè s
intendevano il luogo più profondo dell’inferno, immaginato da’ poeti nel centro della terra, per servire di eterna prigion
urio conduce all’inferno le anime de’morti in un luogo ch’egli alloga nel paese de’Cimmerii, popoli posti all’estremità del
numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia di precipitarli nel Tartaro, ove sotterra è un baratro profondissimo,
o, come quella che dalla superficie della terra si facesse cadere giù nel Tartaro. Intorno ad esso avvi una trincea di soli
dato pure la sua descrizione dell’Inferno ; ma è stato poco accurato nel distinguerne le parti. Secondo lui, una strada si
tà ha mille porte ; e come il mare da tutta la terra accoglie i fiumi nel suo seno, così quel luogo, Ie anime di ogni paese
all’aria, ove regna un clima purissimo ; altri, nella luna, ed altri nel centro della terra accanto al tartaro ; ma l’opin
ore Saturno, ove giudica Radamanto, che tutti gli altri poeti pongono nel regno di Plutone. Dice poi che coloro i quali sar
i Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere in tal guisa i Campi Elisii, ha imitat
lle ombre ; come ancora una spelonca di spaventosa profondità, ch’era nel Tenaro, promontorio della Laconia, credevasi una
n rigoroso giudizio della lor vita. Radamanto ed Eaco siedono giudici nel campo detto dell a Verità, perchè quivi non avea
dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al luogo de’ tormenti o nel soggiorno de’giusti. La città de’malvagi, secondo
Nel primo udivansi i dotorosi vagiti de’ bambini morti sul nascere ; nel secondo, eran le ombre di quelli che per falsi de
per falsi delitti apposti, furono ingiustamente condannati a morte ; nel terzo, eran quelli che un crudele destino avea sp
un crudele destino avea spinto a darsi colle proprie mani la morte ; nel quarto si vedean coloro che morirono per un forse
 ; nel quarto si vedean coloro che morirono per un forsennato amore ; nel quinto, stavano allogate le anime de’guerrieri e
e ; nel quinto, stavano allogate le anime de’guerrieri e degli eroi ; nel sesto era la tremenda prigione del Tartaro, ove g
a città di Pandosia ch’era propriamente nella Tesprozia, e si gettava nel golfo Tesprozio, oggidì di Butrintò ; l’altro che
lungi da Pozzuoli. Pare che Virgilio dica che l’Acheronte si scarica nel Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il
i. Pare che Virgilio dica che l’Acheronte si scarica nel Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il quale afferma ch
un sotterraneo ruscello sempre coperto d’una cupa notte. Scorre esso nel Tartaro, ma la decima parte è riservata pel gasti
venivano asperse, oltre l’oblio, inducevano anche il sonno. Virgilio nel quinto libro dell’Eneide diede al Dio del sonno u
l Sonno, vi fece scorrere intorno un ramo di questo fiume. L’Ariosto, nel Furioso, imitò l’idea del fiume Lete, allorchè po
imitò l’idea del fiume Lete, allorchè pose nella luna un gran fiume, nel quale erano da un vecchio gittati i nomi di tutt’
poeti che le ombre scendevano all’inferno con quella forma che aveano nel tempo della lor morte. Così Deifobo mostravasi ad
poi gli Dei Mani erano Genii, che credevano assegnati a ciascun uomo nel suo nascimento, uno buono e l’altro cattivo, i qu
ri stessi e le ceneri, e finalmente le pene stesse dell’inferno, come nel celebre luogo di Virgilio, ove si dice che ciascu
ma bestia dalle cento teste. Le Furie, al dir di Virgilio (8), aveano nel primo entrar dell’Inferno i loro ferrati covili ;
punire il delitto sì nell’ inferno che in questa vita, e che ponevano nel cuore degli scellerati sì terribili rimorsi che t
dell’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana, nel quale idioma esso significa un nocchiero. I genti
il gigante Tizio, fig. della Terra, fulminato da Giove e precipitato nel Tartaro, ove un avvoltoio, o due, secondo Omero,
ganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota cir
re che l’inferno era oltre l’oceano, cioè al Nilo, chè dagli Egiziani nel linguaggio del popolo così chiamavasi quel fiume 
no e particolarmente quella del Tartaro, prigione tenebrosa collocata nel centro della terra, son prese dalle moltissime st
terranei, han dovuto dare l’idea di que’mostri che i poeti allogarono nel regno di Plutone e specialmente all’entrata di es
di fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel modo stesso che i due primi, fu sottratto alla cr
one di coloro, i quali hanno preso Plutone per le ricchezze rinchiuse nel grembo della terra, avendo essi potuto cadere in
da Plutone, di collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri sei nel cielo, e di chiamarla sposa di Autunno, come la d
ne, come Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ morti nel mese di Febbraio dagli antichi Romani. Esse dicev
alla fronte di una vittima che dovea sacrificarsi agli Dei e gettarli nel fuoco ; perciò si finge che Proserpina toglieva u
o poeta si rileva che le ombre uscite dell’inferno doveano ritornarvi nel tempo loro prescritto dall’imperiosa Proserpina.
altri celesti ed infernali Iddii. E veramente esse ebbero gran parte nel rapimento di Proserpina. Plutone, dice Claudiano(
alla vita ed alla morte degli uomini ed a bitavano un antro tenebroso nel Tartaro, erano riguardate come padrone dispotiche
conviene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e di
tale serie delle cose vedevasi registrata, stava, secondo quel poeta, nel luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Pa
to di Proserpina rappresentato in un quadro di Nicomaco, che vedevasi nel Campidoglio in un tempio di Minerva. Sopra un vas
opo l’uffizio di reci dere il filo della nostra vita, fu posta ancora nel numero delle Parche. Or ecco come questo Autore s
rima lo stesso Regio Revisore non avrà attestato di aver riconosciuto nel confronto esser l’impressione uniforme all’origin
10 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
irsi ; se giugnessero a credere che questi sono racconti puerili nati nel seno dell’ignoranza e della barbarie, diremo loro
i, e come sogni d’infermo e fole da romanzo. Così si esprime il poeta nel porre in chiaro il consiglio e l’intendimento di
greca Mitologia, e descrive a parte a parte come tutto fosse animato nel mondo in acconcio della poetica invenzione. Temp
o archimandriti Di quanti la Natura in cielo e in terra E nell’aria e nel mar produce effetti, Tanti Numi crearo : onde per
de e tutte alfin le cose (Da che fur morti i Numi, onde ciascuna Avea nel nostro immaginar vaghezza Ed anima e potenza) a t
rta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranca a ciò costrutta nel campo, che dicevasi scellerato. Si crede da alcun
cuni che il fuoco sacro così detto fosse il lume delle lampade accese nel tempio di Vesta, e che se si estinguevano, la Ves
tamente, lo detronizzò, lo scacciò dal regno e l’obbligò a ricovrarsi nel Lazio. Impadronitosi del trono Giove sposò sua so
rla rimirata in un bagno. Giove stesso le diede l’arco e le frecce, e nel farla regina de’boschi, le assegnò un corteggio d
suo. Questa Dea si rappresenta sotto la figura di una donna giovine, nel fiore della bellezza, in abito da cacciatrice, co
dovi la carestia ; ed essendo state rispinte dal vento settentrionale nel Mar Ionio ove perirono, si dissero scacciate dai
gli.   Apollo   Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu di mettere
mini al padre degli Dei. Per questa vendetta fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio ritirossi presso Admeto re di Tessagl
gli le gregge, e mentre cercava il suo arco e le frecce, s’avvide che nel momento stesso gli erano state anche quelle invol
a stravaganza cangiò lo sdegno in riso. Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì di quella di Apollo per
Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi allora gl’impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di vo
Tauropoli, Evanto, Toante, Eponione. Pretendono alcuni ch’ei trovasse nel suo ritorno dall’ India l’affetuosa Arianna abban
Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta che gli Dei irritati nel vedere che Giove si arrogasse solo il diritto di
o era celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l’avevano messo nel numero delle dodici prime divinità. Si denominava
del sole, che, nella sua assenza durante l’inverno, piomba la natura nel lutto e nella sterilità. Proserpina secondo quest
, l’uno presso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tena
ia, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or capo di Maina, promontorio del Pelopon
le proprie glorie. Robusti atleti esereitavansi alla lotta ; giovani nel vigore dell’età lanciavansi nell’aringo, mentre g
llità degli abitatori dell’Eliso. » Variarono d’opinione gli antichi nel situare i Campi Elisi. Li situavono alcuni nella
Tile o Tule degli antichi secondo una generale opinione. Chi li pone nel œntro della terra, chi sulle sponde dell’Oceano.
la terra, chi sulle sponde dell’Oceano. La maggior parte si accordano nel collocarli oltre le colonne d’Ercole nelle amene
bligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva nel far obliare il passato. Coloro che amrnettevano l
di loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era diffic
padre dell’Etera e del Giorno, che fu cangiato in fiume e precipitato nel Tartaro per aver prestato aiuto ai Titani. Viene
ano dare una moneta per essere traghettate, e ponevasi perciò a’morti nel seppellirli una moneta sotto la lingua. Le anime
Minerva. La Sibilla ne diede uno al pio Enea, allorchè volle entrare nel regno di Plutone. Molto tempo avanti che questo p
e del Cocito le anime degl’insepolti, perchè quelli che si annegavano nel lago Acherusa non ricevevano funerali se non un s
malsana, che dimorava lungamente nascosta sotto e rra, e scaricavasi nel golfo Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa
stengono esser questo mostro l’emblema della dissoluzione che succede nel sepolcro ; e se Ercole lo vinse dopo aver incaten
te degli uomini esse ne regolavano i destini : tutto ciò che avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro uffi
a morte di Achille versarono amare lagrime e non vollero più rimanere nel campo greco. Le Furie erano divinità infernali, i
on rimorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le quali gettavanli nel più gran delirio, che sovente non cessava che col
ieco ; dicesi ehe fosse zoppo quando veniva fra noi e mettesse le ali nel partirsene. Distribuisce le ricchezze a capriccio
aveva in Delfo. Irritato Apollo uccise Flegia e precipitato dagli Dei nel Tartaro fu condannato a starsi perpetuamente sott
olpi di freccia per aver tentato di far violenza a Latona ; e sepolto nel Tartaro, ove occupava collo smisurato suo corpo n
i altri giganti insieme. Poichè Giove gli ebbe sconfitti precipitolli nel Tartaro ; avvi chi pretende che fossero seppellit
avano il monte Liceo ed il monte Menalo in vicinanza del fiume Eurota nel Peloponneso ove Apollo andava a cantar sulla lira
selvatico ulivo. Si pretende che la voce dei Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome di Silvani era gene
Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dimorava ordinariamente nel mar Carpazio, così chiamato da Carpata, ora Scarp
e mostravasi sotto un’infinità di differenti figure. Fu messo infine nel numero di quegli incantatori di cui abbondava l’E
nti senza abbruciarsi. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano il cappello della libertà.
opo il giudizio di Paride la odiava tanto, le offrì la sua assistenza nel parto, e ricevette il fanciullo sì deforme, che n
a Giove e si ritirarono ne’ vicini luoghi ; ma il dio Termine rimase nel suo posto senza muoversi malgrado gli sforzi che
i che si fecero per levarnelo, ed egli si trovò in tal modo rinchiuso nel tempio innalzato in quel luogo. Si fece credere a
i un agnello o una porca lattante. I sacrifici pubblici avevano luogo nel tempio a lui consacrato : dai particolari facevan
re alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu schiacciato nella propr
evota compagnia. Alcuni corsari intanto scesi improvvisamente a terra nel luogo della cerimonia, tutta rubarono la brigata,
nno una fiamma medesima. Cupido Sono molto discordi i mitologi nel fissare l’origine di Cupido. Lo fanno figlio del
far conoscere ch’egli domina su tutta la natura si dipinge nell’aria, nel fuoco, su la terra e sul mare. Esso conduce carri
sse estremamente debole e colle mani sulla bocca, come i figli stanno nel seno materno ; questa attitudine fu interpretata
medesimo quella fatale necessità secondo la quale ogni cosa avveniva nel mondo. Giove vorrebbe salvare Ettore, ma bisogna
no la notte e quando si trovavano sollevati dai loro mali, lasciavano nel tempio qualche cosa che rappresentasse la parte d
pplicò essa eziandio allo studio dell’astrologia e divenne eccellente nel predire il futuro. Temi voleva conservare la sua
isce, avevano in questa Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, opp
le il rimandò al Sole per accertarsi della sua nascita. Fetonte entrò nel palazzo del Sole e lo trovò seduto sul suo riluce
ruito del come doveva guidarlo. Fetonte non conoscendo pericoli montò nel carro e partì. Appena egli giunse sull’orizzonte,
uesto principe fosse re dei Molossi, popolo dell’Epiro, che si annegò nel Po, e che essendosi applicato molto all’astronomi
e dopo l’età dell’oro ritornò in cielo ; l’altra rimase sulla terra e nel Tartaro per punizione de’ malvagi. Queste due div
di mortale, ma tutti vi soccombevano. Achille solo resistette, perchè nel giorno precedente era stato strofinato d’ambrosia
a far vacillare. A questa Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerr
do più lottare contro le onde, si annegò. Il suo corpo fu trasportato nel sacro bosco di Diana, e tumulato nell’atrio del t
l braccio di mare dove Sarone annegò e desso fu messo da’ suoi popoli nel numero degli Dei del mare, e divenne in seguito i
il rendette padre di un figlio chiamato Licasto, che a lui succedette nel regno, e che fu padre di Minosse, secondo di ques
ette giovani e altrettante donzelle, ond’ essere esposte al Minotauro nel labirinto, ove questo principe aveva rinchiuso qu
iò che insieme alla moglie il ricopriva di disonore, fece rinchiudere nel famoso labirinto Asterio che la favola dipinge co
birinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone nel lago Meride ; se ne crede il costruttore Petesuco
scoperto. Considerando che il Minotauro stava, per così dire, sepolto nel Labirinto, i Romani, dice un autore, per indicare
dicare che i piani e i divisamenti dei generali dovevano star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo e
star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo era nel labirinto, portavano talvolta il Minotauro per in
ce e del livello. Egli si rese specialmente famoso per la sua abilità nel fare certe statue che uscendo dalla sua mano croa
ortò il nome di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò di punir
ò di punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro, alcuni dicono nel Labirinto, altri in una stretta prigione, da cui
’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva di mortale e l’ammisero nel numero degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone
ee guerriere e le hanno confuse colle Baccanti. Non solo furono poste nel rango delle Divinità, ma vennero loro altresì lar
d’alloro e delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re di Focide, dietro il suo ge
questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle piû celebri nel suo genere e che dir si può un miracolo dell’arte
che le venne dalla Villa Medici ove fu in origine trasferita da Roma nel 1587 sotto Ferdinando I figlio del Gran Cosimo, e
Ercole finalmente le distrusse insieme alle loro rivali, persuaso che nel gran progetto da lui concepito di rendersi utile
ed il Pegaso cavallo alato. Appena che quest’ultimo vide la luce volò nel soggiorno degl’immortali e spiegò il volo sull’El
e. Le Ninfe, Galatea, Aretusa e Aracne Il nome di Ninfa indica nel suo vero significato una donzella maritata da poc
alle semplici pastorelle e a tutte le belle che i poeti fanno entrare nel soggetto de’loro canti. Fu tributato alle Ninfe u
ni Divinità superiore dell’uno e dell’altro sesso aveva le sue Ninfe, nel cuirango convien mettere eziandio le Muse, che so
« La mia esistenza dipende da questa pianta : converrà ch’ io perisca nel momento stesso ch’essa cadrà sotto i colpi della
che le altre erano delle famiglie delle Ninfe marine. Variano i poeti nel fissarne il numero, passandovi la differenza da s
profondi antri sboccò nell’ isola d’Ortigia vicino alla Sicilia, anzi nel porto stesso di Siracusa, unita alla città da un
va sino alle città. Erano chiamate figlie di Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdotesse di Bacco, altri le fann
dalla loro fama ne divenne amante e spedì dei pirati che le rapirono nel loro giardino ; ma furono sorpresi da Ercole che
bero le braccia cangiate in ali e le gambe in code di pesce ritenendo nel volto e nel busto la forma muliebre ; dicesi che
cia cangiate in ali e le gambe in code di pesce ritenendo nel volto e nel busto la forma muliebre ; dicesi che ottenessero
to di eccitare nelle donne il nobile sentimento dell’amicizia sì raro nel loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata que
o alla cintura è una donzella di una bellezza seducente, pesce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un
asso molto stretto, ove vi sono grandi e scoscesi scogli che sporgono nel mare dai due lati opposti. È celebre nell’antichi
i attribuivansi ad ogni uomo, l’uno buono e l’altro cattivo. Ciascuno nel giorno del suo nascere sacrificava al proprio Gen
in conformità dei decreti di Giove ; e gli annunciò che sarebbe posto nel rango degli Dei allorchè avesse compiuto i glorio
sentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Si
Giunone, diresse contro questa Dea una freccia a tre punte e la ferì nel seno, e n’ebbe essa a provare dolori così grandi,
a non dovesser più calmarsi. Ercole ferì anche Plutone in una spalla, nel tetro soggiorno degli estinti, per cui fu costret
attere col fiume Acheloo. Questo eroe condusse via la novella sposa e nel passare il fiume Eveno, il centauro Nesso si offe
il Centauro vicino a morire, diede a Deianira la sua camicia intrisa nel proprio sangue, a ssicurandola che quella vesta a
incorporata alle membra ; a misura ch’egli la stracciava, laceravasi nel tempo stesso la prima pelle e la carne. In tale s
e soltanto dopo un secolo circa gli Eraclidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di
di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Prometeo era sfuggito a questo agguato
re di Tessaglia, il corso del fiume Peneo fu fermato da un terremoto nel luogo ove questo fiume ingrossato dalle acque di
questo fiume ingrossato dalle acque di quattro altri va a scaricarsi nel mare. In quell’anno stesso cadde tanta acqua che
la nascita di Perseo fecelo esporre colla madre in una sdruscita nave nel mare sperando che i flutti non tardassero ad ingh
lio fu trasportato sulle coste dell’isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta da un pescatore nomato Ditti
sse mortale ; cui Pallade per punirla di aver amoreggiato con Nettuno nel suo tempio aveva cangiato i capelli in serpenti,
lante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convertendolo nel monte dello stesso nome presentendogli il capo di
pomi da lui accuratamente guardati. Di là passò in Etiopia ove arrivò nel momento in cui Andromeda stava per finire i suoi
i che Perseo trovandosi a Larissa volle far prova della sua destrezza nel lanciare il disco da lui inventato e che ebbe la
acevano. Ne abbandonò alcune, fra le altre Arianna. Accompagnò Ercole nel combattimento contro le Amazzoni e ne sposò la lo
io colle nere vele, e credendo il figlio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome di mar Egeo ora Ar
eseo a voler seco scendere nell’inferno per indi rapirla : ma Piritoo nel primo ingresso fu divorato dal can Cerbero, e Tes
ciso, il primo imprigionato e liberato poi da Ercole. Si pone Piritoo nel numero dei famosi scellerati che sono nel Tartaro
da Ercole. Si pone Piritoo nel numero dei famosi scellerati che sono nel Tartaro puniti. I Centauri mezzo uomini e mezzo c
 Troverai in un vicino campo una giovenca ; seguila e fonda una città nel pascolo ove essa si fermerà : darai a quel paese
ro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenca di cui
Agave, fu lacerato dalle Baccanti ; Ino divenuta furiosa si precipitò nel mare. La famiglia di Polidoro non ebbe miglior fo
sua immortalità. Tutto ciò ch’egli potè ottenere si fu che passerebbe nel regno de’morti tutto il tempo che Castore restere
alle sette che già aveva quell’ istrumento. Era egli tanto eccellente nel trarne melodiosi suoni, e nell’accompagnare con q
tradisce, egli si ferma ; si volge per vedere se la moglie lo segue e nel momento stesso Euridice gli è tolta per sempre. E
gettarono la testa di lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così la morte di una
ri suoni che erano dall’eco ripetuti ; e che un serpe voleva morderla nel momento che apriva la bocca, ma Apollo lo cangiò
e i due infelicissimi coniugi furono riuniti nei Campi Elisi e posti nel soggiorno destinato agli amanti virtuosi. Orfeo r
nire al suono della sua lira. Non è difficile l’intendere che i poeti nel dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe
Tebe col suono della sua lira, che indipendentemente del suo talento nel maneggiare questo istromento, egli era stato abba
anzata di questo usurpatore è un ostacolo a sì lungo viaggio. Giasone nel fior della gioventù può solo intraprenderlo ; il
e ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra di Lerna, mancò il segno e ferì
ti entrarono nell’Ellesponto, costeggiarono l’Asia Minore, sboccarono nel ponte Eusino ed arrivarono sotto le mura di Aea,
i furono gettati su le coste d’Africa. Vogliono altri che arrivassero nel mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e c
passare dall’Europa in Asia sopra l’ariete dal vello d’oro Elle cadde nel mare, che per questa ragione fu detto Ellesponto
er servir loro di vettura. L’offerta fu accettata e quando Elle cadde nel mare il montone parlò di nuovo per calmare, Friss
o a Marte, altri dicono a Mercurio. La spoglia fu appesa ad un albero nel campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di
io che ne fe’dono a Nefele. Del resto tutti i mitologi sono d’accordo nel dire che dopo il sacrificio, l’animale fu traspor
iete, uno dei dodici segni dello zodiaco. Se discordi sono i mitologi nel riferire la favola del vello d’oro e di quanto vi
ne della sua morte ; perocchè Altea di ciò irritata rimisi il tizzone nel fuoco, e a misura che questo andò consumandosi, e
Atalanta fosse restituita a suo padre ; ma la maggior parte combinano nel dire che dessa si trovò alla famosa caccia del ci
di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella era valentissima nel correre, quindi propose a’suoi amanti di sposare
dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino delle Esperidi al dir di alcuni e second
radi, per consultare l’oracolo d’Apollo, morì di cordoglio o si gettò nel mare al ricever che fece questa triste nuova mand
fratello di Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella qu
a padre, furono talmente afflitte, che precipitaronsi di disperazione nel mare, ove furono cangiate in alcioni. Giano
la chiave perchè credesi inventasse le toppe e perchè aprisse l’anno nel mese di gennaio che da lui tratto aveva il suo no
ampi e le vigne. In riconoscenza di tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degli Dei. Il regno di Giano fu tanto paci
ponevano a Giano dodici altari secondo il numero de’mesi dell’anno e nel dargli quattro facce si alludeva alle quattro sta
eva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente della fortezza. Il carro di Go
a di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore nel vedersi tutt’ad un tempo reo di parricidio e d’in
l palazzo, vi attacca un laccio fatale e in questa guisa si precipita nel Tartaro ; poi datosi ad un volontario esilio o co
parte alcuna nella sua vita, pure i poeti non tralasciano di situarlo nel numero de’più famosi condannati del Tartaro. Ete
enalippo maritò la seconda, assumendo l’impegno di rimettere Polinice nel regno. Spedì a questo effetto Tideo ad Eteocle pe
suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo,
’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che
a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato nel corso precipitò Enomao che ne morì, ed egli così
ssore della più bella donna dell’universo. Giunone si abbigliò poscia nel modo più magnifico che le fu possibile, lo stesso
i occuparono i Greci a saccheggiare le città e terre dintorno, finchè nel decimo anno, tratte le navi sul lido, posero a Tr
a figlia di lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelena
lizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile come si è
lli che stavan dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti nel sonno, a ferro e fuoco misero la città tutta. Uli
oi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato nel primo caso da Nettuno nel secondo da Venere. Nell
l’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato nel primo caso da Nettuno nel secondo da Venere. Nella notte terribile in cui f
partì seguíto dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì nel viaggio. Enea col padre e col figlio andò a ricov
rno re de’ Rutuli cui Lavinia era stata innanzi promessa. Enea lasciò nel Lazio suo successore il figlio Giulio Ascanio, ch
a dire dell’Iliade di Omero. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire nel ritorno dopo la guerra di Troia, vennero da Omero
ver fatto parte delle terme di Tito. Il Laocoonte trovasi al presente nel Museo Pio Clementino a Roma. Gli Omcoli, le
e dovevano essere soli quando entravano nei tempii. Alessandro entra nel tempio di Giove Ammone e lascia alla porta i suoi
anco il suo caro Effestione. Vespasiano fa allontanare la sua scorta nel presentarsi che fa al tempio di Serapi. Quando un
 ; locchè fu a lei concesso ; ma sgraziatamente dimenticò di chiedere nel tempo stesso il dono di conservare quella fresche
Cuma ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla nel suo antro e la pregò di condurlo all’inferno onde
e gli ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa discese nel soggiorno delle ombre, ove apprese dal padre tutt
d’oro. Il re la scacciò con disprezzo ; per il che essa ne gettò tre nel fuoco in sua presenza e chiese lo stesso prezzo p
nuovamente la richiesta mercede, essa ne bruciò tre altri e perseverò nel chiedere la stessa somma pei tre ultimi, con mina
servato. Nel 363 dell’era volgare i Libri Sibillini trovavansi ancora nel tempio di Apollo Pallatino, poichè Giuliano li fe
e consultare in quell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il
in qualche altro religioso luogo collocati ; poichè si sa che Onorio nel 403 li fece consultare nella circostanza della pr
I Sacrifici erano sempre accompagnati da libazioni, che consistevano nel versare del vino, o in mancanza d’easo dell’acqua
i si sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilato nel quale combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co
ochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrati nel circo e gli altri sopra la scena. Riguardo ai giu
Manuale delle Mitologie pubblicato coi tipi del sig. Antonio Fontana nel 1826. (1). In varie parti dell’Africa coltivasi
11 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
r cui riducendo tutte le Favole ad un ragionato ordine, non omettessi nel tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che br
ura della presente Istoria. L’indice alfabetico per ultimo, descritto nel fine della medesima, sarà oppertuno, affinchè si
i Divinità anche gli Elementi. Finalmente quanto, per così dire, v’ha nel mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, l
eme co’ Ciclopi(5), suoi fratelli, che da Urano erano stati rinchiusi nel Tattaro(6), ne facesse pagare il fio al loro snat
. Non vi riuscì, perchè il figlio, essendosene avveduto, lo rinchiuse nel Tartaro. Saturno seppe fuggirsene(10), e si rifug
u appellata Ope, perchè quelle si hanno dalla terra(n). Il primo, che nel Campidoglio le fabbricasse un tempio, fu Tazio, r
una certa sacra ceremonia, chiamata Lavazione, perchè essa consisteva nel lavare il simulacro di Cibele nel piccolo fiume A
a Lavazione, perchè essa consisteva nel lavare il simulacro di Cibele nel piccolo fiume Almone, che trovavasi suori della P
mise di soddisfarla, qualora la giovine non avesse gustato alcun cibo nel Regno di Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alq
a Empanda, perchè somministrava del pane a coloro, che si rifugiavano nel di lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia
rranca (d), fu eretto un gran tempio in Ermione, città della Laconia, nel quale ogni anno di Estate se ne celebrava la fest
e cantando inni. Venivano dietro giovenche, le quali s’introducevano nel tempio, e successivamente vi s’ immolavano da qua
non potesse udire i vagiti del Nume bambino (b). Variano i Mitografi nel riferirci da chi Giove sia stato nutrito e alleva
alle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel tempio di Minerva presso i Tegeati (b). Aglaostén
o che Apollo rimase allora vincitore di Mercurio nella Corsa, e Marte nel Pugilato (h). Alcuni ne riconoscono per autore Pe
uesta ragione Tonante. Sotto questo titolo Augusto gli alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria di essere stato salvato d
ar moto a tutti, e produrne un lungo suono. I Sacerdoti poi, nascosti nel concavo delle altre quercie circonvicine, rendeva
to il frumento, il quale aveano, formassero dei pani, e li gettassero nel campo nemico. Così fecero ; e i Galli, disperando
toria, li liberatono dall’ assedio. Roma quindi eresse a Giove un’ara nel Campidoglio, e diede allo stesso Nume il sopranno
Nume il soprannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di
statua di legno, la quale oltre i due soliti occhi ne aveva un terzo nel mezzo della fronte, per indic re che Giove vedeva
giorno, poi due, indi tre, e finalmente quattro. In questo dì v’erano nel Campidoglio corse di quadrighe (f). Questi quattr
a’ giuramenti(15), si nominò Orcio. Que’ d’ Olimpia aveano collocato nel loro Senato la di lui statua, e per inspirare all
implorava la pioggia (c). Sotto questo titolo aveva in Roma un altare nel tempio del Campidoglio, Narrasi, che l’armata di
a la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’acqua nel concavo de’loro scudi (d). A Giove Pluvio si offr
a sua riconoscenza (d) (19). Giove dall’essere magnificamente onorato nel Campiloglio fu detto Capitolino (e). Servio Tulli
biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h). La di lui statua si riponeva nel pubblico erario (i). Ebbe il nome di Trifilio a c
el magnifico tempio, ch’ egli avea in Trifilia, piccolo passe d’Elide nel Peloponneso (l), il quale secondo Stefano era la
invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinch
issero i sacerdoti, e die dopo lungo tratto di vita avessero a morire nel medesimo istante, onde l’uno non avesse a soffrir
(29). Giove castigò moltissimi altri per altre ragioni, come vedremo nel decorso dell’Opera. Quì basterà ricordare i Cerco
o da di là si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè altro restè nel fondo di quello che la speranza, unico conforto d
da cui con pari tenerezza n’era corrisposto. Avvenne, che Carpo cadde nel prodetto fiume, e vi perdette la vita. Calamo, in
sdegno del Sommo Giove, che questi voleva con un fulmine precipitarlo nel Tartaro ; ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume l
l nome di Dionisio, per alludere nello stesso tempo al padre suo, che nel Greco Idioma si chiama Dios (c). Neppure si va d’
asseggieri a comperare certi liquori, mescolati col mele, per versali nel fuoco ad onore del Nume(g). Eleleo (a) o Iacco(b
per cui il Nume acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle di lui Feste andavasi gridando evan,
ente riguardo allo predette Feste. Esse, dicono, duravano tre giorni, nel primo de’ quali si celebrava un convito, nel seco
no, duravano tre giorni, nel primo de’ quali si celebrava un convito, nel secondo si sacrificava, e nel terzo si aggregavan
rimo de’ quali si celebrava un convito, nel secondo si sacrificava, e nel terzo si aggregavano de’ giovani in ciascuna trib
Apaturie(b). I Protentiesi celebravano le medesime per cinque giorni, nel che furono poi imitati dagli Ateniesi(c). Le Lamp
ominò Lamptero(a). Le Antesterie venivano solennizzate dagli Ateniesi nel giorno undecimo, e ne’ due seguenti del mese Ante
are a quell’ ospite. In questo dì si faceva grande uso di vino, e chi nel bere superava ogni altro, conseguiva in premio un
). Coloro, che v’intervenivano, tenevano una tazza in mano, e faceano nel tempio di Bacco ampie libazioni. Tali Feste si ce
di(c), i quali nomi indicano il furore, a cui elleno si abbandonavano nel tempo delle Feste di Bacco(d). Pausania vuole, ch
tenne il di lei nome(d) (17). Certi nocchieri della Lidia ricevettero nel loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato
taria campagna ; e aggravato dal vino, trovavasi anche allora immerso nel sonno. Il piloto della nave, cui Omero dà il nome
uesti, e quelle si cuoprirono d’ellera, e loro impedirono l’avanzarsi nel cammino(b). Demarato dice che l’albero, i remi, e
unone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori nel riferirci il luogo, ov’ella nacque. Que’di Samo d
cigio, ossia monte del cuculo (a). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio di Giunone posero la di lei statua sopra u
fantiulli, che le si presentavano (h). Giove, divenuto amante d’ Io, nel fiore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’
ese a correre in più parti della terra, finchè si precipitò alla fine nel cuare, che dal nome di lei fu detto Jonio (a). I
e Lisippe (d) (7), dette Pretidi, erchè nacquero da Preto, re d’ Argo nel Peloponeso(8) ; Antigone, figlia di Laomedonte ;
e alla casa de’loro miriti (e). Come Pronuba, la invocarono gli sposi nel sacrifizio, che facevano prima di unirsi in matri
tale. Sotto questo titolo si solennizzavano le Feste, dette Gamelie, nel tempo delle quali si contraevano le nozze in magg
videre la capigliatura della sposa in sei trecce con un’ asta immersa nel corpo d’un Gladiatore, la quale appellavasi curit
uesta denominazione ebbe un tempio famoso in Lanuvio, città d’ Italia nel Lazio, e due altri in Roma, uno de’ quali si fabb
essa rappresentava. Sul far del giorno Admete s’ accorse, che mancava nel tempio la statua. Subito ne diede avviso a que’ d
he lo facesse, la legarono con rami d’albero, finchè Admete la rimise nel tempio. Dopo tal fatto i Samj celebrarono le Fest
iavi fatti liberi, tenevano Feronia per loro protettrice e assumovano nel di lei tempio il pileo (c). Era chiamata Boopide,
di la Dea sotto il titolo di Moneta, cominciarono a coniare le monete nel di lei tempio, e la venerarono, come preside alle
(c). Derivò a Giunone il nome di Natale dall’esiere onorata da ognuno nel di lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea
opra un carro, tirato da due candidi buoi. La statua della Dea sedeva nel predetto tempio in grande soglio d’oro e d’avorio
ttà cantando un cantico composto de Livio Poeta. Mentro lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quel
o scannate da’ Decemviri, e le immagini di cipresso vennero collocate nel tempio. Giunone nella Laconia dava i suoi Oracoli
ni sforzo per liberarsi dal peso, che li opprimeva ; e le scosse, che nel muoversi davano alla terra, la facevano sino dall
o sino dalle fondamenta tremare, cosicchè ne sentiva spavento perfino nel suo tenebroso regno Plutone. Temette questo Dio,
Gli si diede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel mese di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero
se di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Quietale, perchè nel di lui regno, ossia dopo morte si gode perfetto r
ori allora immolati. Tali Giuochi sempre si celebravano fuori di Roma nel Circo Flaminio, onde gli Dei Infernali, che s’inv
ederli. Per tre giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel teatro, e di sacrifizj, fatti in tu
e giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel teatro, e di sacrifizj, fatti in tutti i tempj no
va il sangue nelle fosse, come se quello avesse dovuto penetrare fino nel regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dic
o, si chiamava Coreta(b). Apollo poi, per rendere noti i suoi Oracoli nel tempio anzidetto, si servà di una Sacerdotessa, d
iniere d’oro e d’argento. Queglino cominciarono a deporre annualmenns nel tempio di Delfo il richiesto tributo ; ma avendo
bdomagene, cioè nato il settimo giorno (c). Questo Feste consistevano nel portare focacce e rami d’alloro, e nel cantare In
(c). Questo Feste consistevano nel portare focacce e rami d’alloro, e nel cantare Inni in onore del Nume (d). Le Azie furon
ata da uno col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione nel tempio di Apollo. Giunta colà, vi si sacrificava,
elitto(a). Le Galasie secondo Esichio presero il nome dall’orzo cotto nel latte, ch’era in tal giorno la mater a principale
ollo spezialmente dagli Ateniesi, perchè li avea liberati dalla peste nel tempo della guerra, che sostenevano con alcuni po
er partorire, fu cangiata in quell’ animale. Per questa ragione anche nel tempio di Delfo vedeasi un simulacro di lupo in b
u detto Spodio da spodòs, cenere, attesochè i Beozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, formata di ceneri di vi
e dall’ essergli stata consecrata la montagna di questo nome, situata nel paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24
cantavano Inni a di lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno, nel di cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo,
a si conservò nella Grecia(a). Le Targelie si solennizzavano in Atene nel sesto e settuno giorno del mese Targelione. Il pr
o e settuno giorno del mese Targelione. Il primo dì s’impiegava tutto nel preparare le primizie della terra, le quali si po
ell’ altro si purificavano le città. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel tempo di queste Festo scriv
vano le città. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel tempo di queste Festo scrivere ne’pubblici Regist
ritato da tale violenza, colpì il Gigante col fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(f). Comunemente però con Apollodoro si di
di pubblicare, che il suo Re aveva le orecchie asinine, ma non osando nel tempo stesso di farlo per timote di castigo, scav
tra’ suoi. Gli soggiunse, che prendesse dal tempio un tripode, e che nel luogo, ove quello fosse per cadergli di mano, erg
Cirene nacque sul monte Pelio nella Tessaglia. Apollo ebbe a vederla nel momento, in cui, pascolando ella gli armenti del
o appresso i sepolcri(b). Apollo rapì pure Sinope, e recatosi secolei nel Ponto, la rendette madre di Siro, il quale diede
ì ad Apollo un figlio. Se ne adirò il di lei padre, e la fece gettare nel mare. I flutti la portarono sulle rive dell’Isola
ina in boschi e in monti, desistette dalla caccia per ripigliarla poi nel dì seguente. Non molto distante da quel luogo era
per tale ferita morì (b) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola di Cea, nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenza, erasi
i ricorse all’artifizio. Sapeva, che quando facevasi qualche promessa nel tempio di Diana, non v’avea più maniera di dispen
de, nè potendo più usare della loro consueta cintura, la consecravano nel tempio della Dea, detta perciò Lisizone, ossia xi
noravano anche i Focesi colle Feste Elafebolie, le quali consistevano nel sacrificarle dei cervi, e le quali poi passarono
Scoliaste di Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, danzando nel tempio di Diana, chiamata perciò Cariatide, s’acc
si in alto mare, dove vi perdette la vita. Il di lui corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e poi sepolto nell’atrio di
iulla per placarla, mentr’era adirata per causa del delitto, commesso nel di lei tempio da Cometo e Melanippo (g). Si disse
anch’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel quale le nutrici al tempo di certe Feste, dette T
pretende, che il nome di Levana derivi dall’altro Ebraico Levanà, che nel nostro Idioma significa Luna. Tostochè un bambino
vilunio si celebravano in Atene sacrifizj e feste, chiamate Ecatesie, nel tempo delle quali i ricchi imbandivano conviti, e
o, la principale ceremonia delle quali consisteva nell’ubbriacarsi, e nel passare la notte, mettendo la città, e spezialmen
. Al tempo delle medesime secondo il Pitisso si celebravano con pompa nel tempio della Dea contratti di nozze. Dietro il te
re, che prima del sacrifizio conveniva, ch’egli andasse a purificarsi nel Tevere. Mentre Antrone ivi si lavava, il re sacri
ti dalla famiglia reale, e dicevansi Ciniradi. Virgilio racconta, che nel predetto tempio eranvi cento altari, sopra i qual
na certa donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel di lei tempio a colpi d’aghi da alcune donne Tess
onde (g). Così la dipinse Apelle ; e tale pittura conservavasi in Cos nel tempio d’Esculapio. Strabone riferisce, che i Rom
Plinio aggiunge che la stessa pittura per ordine d’Augusto fu riposta nel tempio, consecrato a Giulio Cesare(a). Si disse C
ad altre nozze. Alesside disperato abbandonò il suo paese, e Melibea nel giorno, in cui dovea sposarsi, si precipitò dall’
l luogo stesso, ove l’amante di lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò nel momento, in cui egli s’assideva a tavola con alcu
in Megalopoli, città d’ Arcadia(b). Una statua, ch’ella ebbe a Sparta nel tempio di Giunone Iperchiria, le acquistò il nome
he quell’ Eroe non fece che arricchirlo de suoi doni(d). Si trovavano nel medesimo in gran copia l’oro e le gemme. Dedalo,
iso da’suoi concittadini(a). Venere sotto il predetto nome avea anche nel Campidoglio un tempo, dedicato da Q. Fabio Massim
ome avea anche nel Campidoglio un tempo, dedicato da Q. Fabio Massimo nel tempo stesso, in cui il suo collega, Otacilio Cra
uale era stato da lui teneramente amato, ed erasi finalmente annegato nel fiume Cefiso(c). Agoracrito e Alcameno, celebri s
a vista d’Adone, già spirato, estremamente si afflisse, e lo convertì nel fiore, detto da alcuni rosa (a), e da altri anemo
a è simile a quella, che racconta l’Ab. Rubbi, e che dice non esservi nel Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia di Nicocre
lia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamen
rano particolare ornamento di Venere, come quella, che si voleva nata nel mare in una conchiglia piena di margarite (d). Pl
però, trovandosene mal contento, e invidiando a Giove, ch’ei regnasse nel Cielo, cospirò insiome co’Titani contro di lui, m
li uomini(b). Dagli Arcadi gli furono institnite le Feste Ippocrazie, nel tempo delle quali i cavalli non venivano assogget
arono un tempio a lui sotto il nome di. Prosclistio, ossia inondante, nel luogo, ove le acque si crano titirate(b). Nettuno
ntava in lode del vincitore un Inno, detto Callinico : una volta cioè nel luogo, ov’era coronato ; l’altra nel ginnasio, do
detto Callinico : una volta cioè nel luogo, ov’era coronato ; l’altra nel ginnasio, dov’erasi esercitato prima d’esporsi al
detti Tinni e quindi tali sacrifizj si chiamavano Tinnei(b). Platone nel suo Crizia ci riferisce, che Nettuno aveva nell’I
i Leucippe. Questo Nume sul pendìo del Campidoglio aveva un tempio, e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito L
di tridente abbia prodotto Arione, quando egli e Minerva gareggiarono nel fare agli uomini un utile dono(a). Arione aveva i
ua competitrice : bensì la disgustarono i simboli, espressi da Aracne nel suo arazzo ; nè potendo più frenare la collera, s
enare la collera, si avventò contro Aracne, e la percosse colla spola nel capo. Non meno la rabbia, che il rossore ridusser
a era di straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, che si venerava nel Partenon d’Acropoli in Atene, avea a’piedi un gra
i Corinto. Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizione, si ritirarono nel tempio di Minerva per sottrarsi agl’insulti del v
o giorno degl’Idi di Marzo(a) ; o perchè esse duravano cinque giorni, nel primo de’quali si offerivano dei sacrifizj, e neg
nel primo de’quali si offerivano dei sacrifizj, e negli altri eranvi nel teatro varj combattimenti di Gladiatori(b). Sonov
’anzidetto cestello, perchè voleva allevare quel bambino secretamente nel suo tempio. Pandroso ed Erse osservarono fedelmen
lla sua disobbedienza, la rendette sì furibonda, ch’ella si precipitò nel mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gel
e eseguirono gli ordini dell’Oracolo, viddero riprodursi la fertilità nel loro paese. Fu per questo, ch’eglino sacrificavan
a luce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo
olo gli eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figlia di Cefeo, nel partorire un figlio morì di dolore. Benchè morta,
rio Veturio, eccellente artefice, li lavorò. Tutti dodici si riposero nel tempio di Marte, e se ne affidò la custodia ad al
lo, suoi figliuoli. La terza, acciocchè la fecondità, che ha la terra nel mese di Marzo, si concedesse anche alle Matrone R
di Marzo, si concedesse anche alle Matrone Romane. La quarta, perchè nel primo giorno dell’anzidetto Mese si avea dedicato
e quali i Romani, coronati d’alloro, e a cielo scoperto sacrificavano nel Campo Marzio un capro, una pecora, e un bue a Mar
madre di due gemelli. Ella per timore del padre li getto appena nati nel fiume Erimanto. Le acque li portarono appresso un
one secondo Omero, vergognatasi d’averlo dato alla luce, lo precipitò nel mare (e). Lo stesso Poeta poi in altro luogo sogg
rono così detti, perchè ciascuno di loro aveva un solo occhio rotondo nel mezzo della fronte(c). Abitavano appresso il mont
fu da’ Latini detta Abadir, e da’ Greci Betilos(f). Essa si custodiva nel tempio d’ Apollo Delfinio(g). (b). Apollod. l. 
icava. Dalla stessa fronte si strappavano alquanti peli, e gettavansi nel fuoco. Sulta testa pure della vittima si riponeva
acrifizio senza libazione(b). Questa generalmente parlando consisteva nel versarsi in terra o sul fuoco vino puro, ovvero m
da uve cadute da se a terra, o tagliate da ferro, o calcate co’piedi nel torchio, o colpite dal fulmine, o contaminate per
fa il seguente racconto : smuovendo, dic’egli, una gleba coll’aratro nel Territorio Tarquiniese un Toscano agricoltore, ne
ciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’era partito. Questo Indovino co
’un bastone curvo nella parte superiore, e detto lituo, per disegnare nel Cielo quattro parti, ciascuna delle quali chi mav
di Vesta, ov’ erasi riposto sotto la custodia delle Vestali, si gettò nel mezzo di quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Le
lla ricusò di corrispondergli, e come lo vide avvicinarsele, si gettò nel Tebro. Il Nume voleva impedire, che coleiosi nasc
sì la sacrificatrice, che quella, a cui si sacrificava. Nè solamente nel luogo, ove si faceva la predetta ceremonia, potev
i, offerti agli Dei, ma anche le ricchezze de’ particolari(c). Cesare nel tempio di Ope depositò il suo tesoro, che fu poi
Osiride nacque da Giove e da Niobe, figlia di Foroneo, a cui successe nel regno degli Argivi. Adiratosi co’ suoi sudditi, r
ani, che lo misero a morte. Iside, avendo trovato il corpo del figlio nel Nilo, gli restituì la vita, lo rendette immortale
il fiume Acheloo. Questo per isdegno gonfiò le sue acque, e trasporto nel mare le Ninfe e il luogo del sacrifizio. Nettuno
e le cangiò in altrettante Isole, dette Echinadi, le quali si trovano nel mare Ionio(c). Forse in onore delle Najadi furono
Najadi furono istituite appresso i Romani le Feste Fontinali, giacchè nel tempo di quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande
utti erano bellissimi. La predetta Sagaritide si ripose uno di quelli nel seno, e partorì un fanciullo. Una capra lo nutrì
nche il costume di seppellirle vive in un sotterraneo, che si trovava nel Campo Scelerato presso la Porta Collina(i). Così
ò Vesta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e portarla nel di li tempio. Così fu ; e la Vestale rimase giust
este Argee al dire di Festo si celebravano col gettarsi dalle Vestali nel Tevere trenta figure d’Argei, ossia d’Argivi, for
olse gran quantità di versi ; e dicesi che anche Omero n’ abbi sparso nel suo Poema(i). Tibullo la nomina Erifile(l), e Pau
rno, di cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un antro, uscendo d
la(a). Dicesi che la di lei statut con un libro in mano siasi trovata nel predetto fiume, e che il Senato Romano con solenn
to fiume, e che il Senato Romano con solenne pompa l’abbia trasferita nel tempio di Giove Capitoli no. Questa Sibilla chiam
ri poscia si ammisero tralle cose sacre dell’Imperio, si sotterrarono nel tempiodi Giove Capitolino, e se ne affidò la cust
da varj altri luoghi, ove le Sibille aveano vaticinato(c). Dicesi che nel favoloso impasto, il quale portava il nome di Lib
risto fine di tanti altri, ma supplice ricorse a Venere onde riuscire nel gran cimento. La Dea gli diede tre pomi d’oro, co
ttò l’ultimo pomo quasi sull’orlo della meta. Atalanta perdette tempo nel pigliare anche quello : ond’è che rimase alle spa
acrificava una nera giovenca (l). (c). Ovid. Fast. l. 4. (4). Core nel linguaggio de’ Molossi significava bella donna. P
simi si denominarono anche Atleti (n). Questi, per impedire il freddo nel momento del sudore, usavano un certo abito di lun
gliuoli morì, e Romolo, per onorare la sua nutrice, volle sostituirsi nel di lui luogo (h). E quì parlando della predetta d
da una statua di bronzo, la portò sino alla sua casa ; indi la rimise nel luogo stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli
gettata in mare. Dovettero però raccogliernela nuovamente, e riporla nel primiero luogo, perchè eglino, come l’Oracolo ave
avanzata età ; ma per conservarsi robusto, soleva esercitarsi ogni dì nel tirare d’arco. Obbligato ad intraprendere un viag
imi Giuochi coronato Promaco, figlio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e
Circo Massimo, ed essa si onorava con sacrifizj, e libazioni, gettate nel fuoco (a). Allora tutti potevano avvicinarsi alla
inalmente questi Giuochi furono detti Circensi, perchè si celebravano nel Circo Massimo (e). I Greci credevano, che fossero
va a quello dell’armata nemica, dopo di averlo ucciso di propria mano nel combattimento (g). (b). Tit. Liv. l. 1. (c).
o le oche in grande venerazione. Le alimentavano a spese del pubblico nel Campidoglio ; e ogni anno ne conducevano in giro
La Dea Ebe fu molto venerata da que’di Fliasia, contrada della Grecia nel Peloponneso. Ivi il di lei tempio era inviolabile
(l). Finalmente in Roma fino da’ tempi di Servio Tullio era venerata nel Campidoglio. Leggesi innoltre, che M. Livio, esse
re, che M. Livio, essendo Console, fece voto di fabbricarle un tempio nel giorno, in cui avesse vinto Asdrubale, e che n’es
ovrana potenza, a cui niuno poteva resistere. Per questo anche Apelle nel tempio di Diana Efesina distinse Alessandro col f
ugurava alle ossa di lui la terra lieve. Finalmente chiudevano l’urna nel sepolcro, e vi scolpivano un’iscrizione e una pre
invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinch
sotto la figura di straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene, nel momento, in cui egli stava per offrire un sacrifi
alle stesse due Divinità si celebrarono le Feste, dette Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di
riconoscerla, voleva ucciderla ; ma ella si rifugiò sul monte Liceo, nel recinto, sacro a Giove. Arcade osò d’inseguirla a
aprì, e queglino comparvero sopra di essa (d). Alcuni pretendono, che nel luogo, donde i due fratelli sortirono, si sieno s
chiamati Cabiti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sac
’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un altro era stato eretto a’medesimi nel Territorio di Tebe (g). Queste Divinità ebbero ez
usania solamente ricorda una statua, che le venne innalzata da’Tebani nel tempio di Cerere Tesmofora(d). (b). Ovid. Metam
sciò scritto, che tali Ceste erano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna di co
titudine, ch’erano costrette a procacciarsi più vasti terreni. Elleno nel trasferirsi da uno all’altro paese ebbero sempre
arsi in qualche grotta, nè badò a raccorne il velo cadutole. La fiera nel restituirsi alla tana inciampò in quello, e Io fe
o, che più tardi era partito da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè nel velo, sbranato e intriso di sangue. Lo riconobbe,
isolse d’uccidersi, e fermatosi a piè della pianta s’immerse la spada nel seno. Passò l’umor sanguigno per le fibre del Gel
le (b). (a). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (10). Melampode gettò nel fiume Clitorio in Arcadia i residui dell’erbe, de
gne considerando somiglievole a Tereo, ne disegnò lo scempio. Lo ferì nel petto ; nè fu sazia d’un solo colpo anche Filomel
ito, fingendo di voler celebrare un sacrifizio, com’era l’uso d’Atene nel tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè sep
to questo titolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia, nel tempio di Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che l
di ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebravano per tre giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la spos
li lo sposo andava a trovare la sposa nella di lei casa paterna ; ivi nel dì seguente pernottava, ma in una stanza separata
nottava, ma in una stanza separata da quella della sposa ; finalmente nel terzo giorno conduceva la sposa dalla casa del pa
lle lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo la loro nascita, nel quale s’imponeva ad essi il nome. A questa Dea si
loro accadere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bitone e a Cleobi nel tempio di Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotess
l’uomo anche tra le più dense tenebro del Paganesimo conservò sempre nel suo cuore il sentimento della propria immortalità
ura di fanciullo, che coricato sea dormendo in profonda grotta, posta nel cavo d’un moute presso gl’Italici Cimmerj(b). Ome
olta con un vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a).
ta degli Dei. Si credette quindi, che la loro occupazione consistesse nel punire i delitti non solamente nell’ Inferno, ma
ellavano Cagne dello Stige nell’ Inferno, e Dire, ossia ire degli Dei nel Cielo(g). Le Furie poi da’ Greci si chiamarono an
’ boschi ad esse consecrati(c). Le Furie in Corina, città dell’ Acaja nel Peloponneso, avevano un tempio sì fatale a chiunq
eo vi s’ immolavano nere pecore, e osservavasi un tispettoso silenzio nel tempo di que’ sacrifizj, a quali non potevano ass
o Antea,(d), di lui moglie. Preto, che non voleva imbrattarsi le mani nel sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re di Lic
vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna, la quale trovavasi nel Territorio d’Argo, eravi un mostro orribilissimo,
li, instituite per onorare le medesime Deità. Duravano undici giorni, nel qual tempo nè si solennizzavano gli sponsali per
uolo di Titano e della Terra, e che da Giove, perchè dissetò i Titani nel momento, in cui muovevano guerra al Cielo, sia st
si in omaggio a Proserpina. Quello coglievasi da un albero, collocato nel mezzo d’una foresta vicina all’antro, ove la Sibi
l medesimo, venivano privati del nettare, e spogliati della Divinità, nel quale stato dovevano rimanersene per un anno ; al
immaginato, che questo fiume non fosse, che le lagrime de’condannati nel Tartaro(c). Da questo fiume trassero il loro nome
un fiume dell’ Inferno(c). (19). Tra gli scellerati, che si trovano nel Tartaro, i più famosi sono Sisifo, figlio d’Eolo 
; e le Danaidi, figlie di Danao, re d’Argo. Non convengono i Mitologi nel raccontare per qual motivo Sisifo venne precipita
no i Mitologi nel raccontare per qual motivo Sisifo venne precipitato nel Tartaro. Alcuni dicono, perchè egli manifestò gli
ano appresso di lui(g). Ferecide vuole, che abbia ritenuto incatenata nel suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte al
; e che questi lo condannò al meritato castigo(a). Questo consistetto nel volgere continuamente un macigno di enorma grande
e a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(c). E quì notisi altresì, che non fu Salm
, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle sue frecce, e lo condanno nel Tartaro ad essere continuamente agitato dal timor
ssa. Il Nume lo colpì col, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava
le altre di lei sorelle vennero condannate ad attingere continuamente nel Tartaro dell’acqua con urne traforate (d). Convie
momento in fontana (e). (20). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono nel regno di Plutone l’onore di giudicare le anime de
, figlia di Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia di Cerere nel bosco sacro a Trofonio, si lasciò scappare un’oca
quella a nascondersi sotto una pietra. Proserpina le corse dietro, e nel riptenderla vide uscire da sotto a quella pietra
cinna, ed ebbe Feste, dette parimenti Ercinnie (b). (22). Proserpina nel momento, in cui fu rapita da Plutone, stava racco
Proserpina le Antesforie, feste così dette da’fiori, da lei raccolti nel predetto tempo (d). In que’giorni eravi il costum
comandato sacrifizio, ma mentre si accinse all’impresa, ne trovò uno nel luogo, ove avea cominciato a scavare. Fec’egli de
stava formando, pubblicò che la Ninfa Egeria di notte gliele dettava nel bosco d’Aricia. Dopo la di lui morte i Romani and
Aricia. Dopo la di lui morte i Romani andarono a cercare quella Ninfa nel predetto luogo, nè vi trovarono che una fontana,
non palesasse a Zuto, ch’ella era madre di Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone dopo la morte di lui salì sul
dicevano Geromnemoni. Gli Anfizioni si radunarono poi in Delfo, come nel mezzo della Grecia. Ivi sacrificavano ad Apollo u
iamo già parlato, e Pale(f). In onore di questa i Pastori celebravano nel principio del mese le Feste Palilie o Parilie, af
’ morbi i greggi, e li moltiplicasse. Le Feste anzidette consistevano nel fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offe
e dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quella rupe nel mare. (g). Nat. Com. Mythol. l. 4. (a). Paus.
o il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli pa
l nome di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole trasferita nel suo carro nell’ Esperia, e ch’ella fissò la sua d
edone(b). Quelle giovani ardirono di assorire, che avrebbono superato nel canto le Muse. Queste accettarono l’invito. Le Ni
almente delle di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un dì nel tempio di Minerva, e la rendette madre del medesi
ricò una città ch’ebbe pure il di lui nome, e che poi rimase sommersa nel tempo dell’anzidetto Diluvio(g). Il monte Parnass
le Muse, le quali facevano ritorno al Parnasso, le invitò a ritirarsi nel suo palagio, finchè cessava una dirotta pioggia.
garono il volo, e uscirono dalla Reggia per le finestre. Deluso colui nel suo desiderio, si lusingò pazzamente di poter rag
quando le acque inondarono tutta la terra(c). Notiamo finalmente che nel monte Parnasso v’avea un antro, detto Coricio dal
38). Il Permesso era un fiume della Beozia, che aveva la sua sorgente nel monte Elicona, e si scaricava nel lago. Copaide a
a Beozia, che aveva la sua sorgente nel monte Elicona, e si scaricava nel lago. Copaide appresso Aliarto(c). Dicesi, che le
i Tebani erano stati da Giove cangiati in sassi, e che gli Dei stessi nel decimo giorno rendettero a quelli i funebri onori
e dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di quello era a
abbia tratto i natali da Mercurio e da Urania(b). Egli addestrò molti nel suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo,
ttò in un fiume. Platone finse, che l’anima di Tamiride fosse passata nel corpo di un Rosignuolo(a). (50). Anfione nacque
a ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto di discendere nel Regno di Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia
lgrado la bella Dissertazione dell’ Olivieri sull’ indicato Monumento nel . Tomo III dell’ Accademia di Cortona. Altri vogli
abito donnesco, e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli niente omise p
inspirò sì a lei, che alle compagne di essa il desiderio di bagnarsi nel fiume Ladone. Leucippo fu allora riconosciuto per
tà, e andò a vivere ne boschi, ove fu accolta da Diana, che la ammis’ nel numero delle sue compagne. Venere, offesa dee dis
re suo gli avea conferito il privilegio di camminare a piedi asciutti nel mare (g). Altri poi dicono ch’era di sì eccedente
ella fu raccolta nelle reti da certi pescatori, allorchè si precipitò nel mare per sottrarsi alle persecuzioni di Minos(a).
gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto nel rendere gli ultimi doveri a’loro parenti e concit
g). Se il Defonto Romano era persona illustre, esso veniva trasferito nel Foro, ov’erano i rostri, e ivi i più intimi propi
vere doveasi abbruciare o soppellire. Se si abbruciava, ciò si faceva nel campo di Marte, che trovavasi fuori della città.
n seguito esse si convertirono in edifizj, lavorati a volta, selciati nel pavimento, e chiusi con mura. Vi si discendeva pe
uline. Agli uomini poi nobili e benemeriti si assegnava il sepolcro o nel campo Marzio o nell’Esquilino. Sopra la tomba si
la mattina seguente lo riconobbe, e disperata si precipitò anch’ella nel mare (c). Ovidio suppone, che Leandro, non avendo
n quello, come abbiamo altrove riferito, le giovani solevano coprirsi nel tempo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapir
nferno per raccorre in un vaso porzione della bellezza di Proserpina, nel ritornarsene da di là, aprì per curiosità il vaso
i pur ragioneremo(b). Questo figlio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, circondato dalle sue figlie, chiamate
vvenne, che non appena furono quelli stesi sull’erba, che ritornarono nel mare. Il pescatore non sapeva decidere, se cosa s
ennero infettate non da Circe, ma da Anfitrite, perchè questa s’adirò nel vedere Scilla, che stava trattenendosi con Nettun
lo rappresentavano nella parte superiore del corpo simile all’uomo, e nel rimanente al pesce con lunga coda(i). (d). Paus
nte, e d’Ino, fuggendo colla madre da’ furori del padre, si precipitò nel mare, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisi
itornando dall’avere consultato l’Oracolo d’Apollo in Claro, naufragò nel mare Egeo. Ceice, che viveva all’oscuro dell’acca
mare. Allora tal dolore la prese, che corse a precipitarsi anch’ella nel mare ; ma i Numi cangiarono sì lei, che il marito
ato di straordinaria fortezza ; e Atropo, gettato ad ardere un tronco nel fuoco, dichiarò che Meleagro avrebbe cessato di v
n luogo secreto. Memore di tutto ciò, e trasportata dal furore, gettò nel focolare il legno per abbruciarlo. Lontano si tro
e di ragno si attaccavano alle Insegne militari (c). (5). Sciro perì nel combattimento, che que’ d’ Eleusi sostennero cont
Potter. Archaeol. Graec. l. 2. (7). Gli Ateniesi solevano descrivere nel Peplo di Minerva anche i nomi de’ benemeriti dell
nge, che gli stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e agnelli nel tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Sc
di lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o nel braccio, e col raccorno il sangue
, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o nel braccio, e col raccorno il sangue nella palma del
e, sopra le quali stavano scolpite le leggi, che dirigevano i giudici nel pronunziare le loro sentenze. Gli Areopagiti da p
suo, vinto da Minerva, allorchè le due Divinità gareggiavano tra loro nel dare il nome alla nuova città, fabbricata da Cecr
alla nuova città, fabbricata da Cecrope. La vendetta dovea consistero nel recidere tutti gli ulivi, giacchè questi erano sa
o da’ Romani anche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco di che mangiare a Remo e a Romolo (b)
mpo delle quali in onore della Dea si lasciava consumare della farina nel forno(b). (d). Id. Ibid. (e). Id. Ibid. (f
glio di Vulcano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò nel seno di sua madre, mentre questa stava appresso i
12 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
vere prestato importanti servigi e beneficenze alla società diveunero nel Paganesimo altrettanti titoli per conseguire il n
vicina. Non molto lungi eravi un’antica boscaglia. In un antro, posto nel mezzo di quella, v’avea purè una fontana. Là si a
non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare di loro. Entro nel bosco, li trovò tutti distesi sul suolo, e vide i
là per trovarne dell’altra. Giunto all’antro Corcireo, mise il piede nel fango ; ed estraendolo, ne sortì un fiume, che fu
stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere di formarne una sementa nel fondo del mare(7). Perseo poi alzò tre altari, un
uno a sinistra a Mercurio, l’altro a Pallade alla destra, e il terzo nel mezzo a Giove. Sacrificò nello stesso tempo un to
ne in pena d’aver usato a Danae turpe violenza(f). Perseo si trasferì nel Peloponneso ; e avendo udito, che in Larissa, cit
te, anch’ egli vi concorse, e molto vi si segnalò colla sua destrezza nel giuoco del Disco. A’ medesimi giuochi v’assisteva
steva pure Acrisio, il quale alla prima notizia dell’arrivo di Perseo nel Peloponneso avea abbandonata la città d’Argo per
to. Avvenne, che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uccise. Perseo ne concepì tal’estremo
, figlia di Salmoneo, re d’Elide, si rendette da Nettuno, trasformato nel fiume Enipeo, cui ella amava, madre di due figli,
vrebbe collocato sul trono, che gli appatteneva. L’impresa consisteva nel trasferirsi in Coleo a vendicare Frisso, figlio d
lio di Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi era stato massacrato (b), e nel canquistare il Tosone, o Vello d’oro(4), che Fris
ì il giorno della lofo partenza, un vento contrario li fece rientrare nel medesimo porto. Cizico, credendo, ch’eglino fosse
a nave, Argo, sulle coste della Lidia, e per molto tempo la trattenne nel Lago Tritonide. Un Tritone comparve allura a que’
resa. Il di seguente all’apparite dell’aurora si adunò immenso popolo nel campo di Marte, e al cenno del re comparvero i to
on lunghe ed acute aste si avventarono contro Giasone. L’Eroe scagliò nel mezzo loro una grossa pietra, per cui di tale fur
e loro il perfido eccitamento, ch’esse medesime immergessero il ferro nel corpo del genitore, onde estraerne il vecchio san
vespero siasi attribuito ad Ercole, perchè stette rinchiuso tre notti nel ventre d’un pesce ; e vuolsi, che l’Eroe dopo d’a
resso ad Alcmena ; impedì ch’ ella partorisse il bambino, che portava nel seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ A
fosse stato conceputo per opera di Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro ; che a vista di quelle Ificlo, preso
e le medesime si cangiarono in un ammasso di stelle, le quali formano nel Cielo una zona, chiamata Via lattea (c) (4). Altr
nell’animo d’Euristeo sentimenti di gelosia riguardo a lui, e lo mise nel timore d’esserne detronizzato. Quel Sovrano perta
era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva orribile guasto nel paese, situato tra Micene e Nemea (a). Altri vogl
rco (b). L’altra impresa, commessa da Euristeo ad Ercole, consistette nel dover combattere l’Idra della palude di Lerna.L’E
l’Eroe ben tosto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le sue frecce : dal che ne avven
n Corinto a’ Giuochi Istmici(c). Fece pur morire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il quale era stato
si in Dulichio, perchè avea condannato l’ingiustizia del di lui padre nel non mantenere la parola data ad Ercole(d). Dicesi
finalmente, pieno di vino, sfidò di nuovo Ercole, e ne rimase ucciso nel combattimento(a). L’ Eroe poi saccheggiò a Neleo
Teodamante, re di Misia, il quale, come abbiamo detto, erasi annegato nel fiume Ascanio. Sul quale proposito dicesi, che av
antone della Sicilia, detta poi da lui Ericia, riputavasi invincibile nel Cesto, o, come altri vogliono, nella Lotta. Provo
ersi col di lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando il fulmine nel mezzo loro (d) Ercole domò Lacinio, formidabile
zioni di Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la lasciò ferita nel seno. Molestato dagli ardori del Sole, tese pure
i M. Fulvio Nobiliore, Console, fu il primo, che gli dedicò un tempio nel Circo Flaminio, ov’ erano onorate anche le Muse.
risposte del Nume (d). Era stata rubata una pesantissima tazza d’oro nel tempio d’Ercole. Questi comparve in sogno al Poet
vata da Tiro appresso di loro. Dicesi, che la stezze zattera, entrata nel mare Ianio, siasi fermata tra Eritrea e Chio, e c
no in quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a dormire nel di lui tempio, affinchè sapessero in sogno, quand
s’invaghi di lole, figlia d’Eurito, re d’Ecalia. Questi sfidava tutti nel tirare d’arco, e prometteva di dare in moglie la
altro, che fosse per nascergli in avvenire. Ercole rapì la giovine, e nel suo furore precipitò dall’ alto delle mura il di
avvenuto, se Giove non li avesse separati, scagliando il suo fulmine nel mezzo loro (a). L’Oracolo allora fece intendere a
iti, s’accostò più d’appresso ad Ercole. Questi, destatosi, lo lanciò nel mezzo della grotta. Onfale pel sussuro si svegliò
sero stato vide egli Lica, il quale pallido e tremante stava nascosto nel cavo d’una spelonca. Allora sciolo improvvisament
lo lanciò in mare, dove fu cangiato in iscoglio (b). L’Eroe proseguì nel suo furore, pronunziò orribili imprecazioni contr
hiamate Iolee, perchè conesse si onorava anche Iolao, compagno di lui nel domare l’Idra di Lerna. Allora dopo il sacrifizio
. Impallidito e tremante implorò Miscelo l’ajuto d’Ercole. Gli Argivi nel giudicare i rei usavano allota certi sassetti, bi
edetti vecchi il modo, con cui voleva essere adorato. Esso consisteva nel fargli due sacrifizj, l’uno al nascere, e l’altro
lo che talmente avvilì l’oggetto da prima cotanto amato, che si gettò nel lagò di Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (
i passeggieri a lavargli i piedi, e poi li precipitava da un’altezza nel mare. Anch’egli in egual modo fu trattato dall’ E
ficare all’altare di Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani nel sangue di tanta gente(b). Giunse finalmente in At
a città, e dopo questo tempo egli venne assolto da’ Giudici, radunati nel tempio d’ Apollo Delfico(a). Teseo, ritornato in
sero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Minos stava sacrificando nel tempio delle Grazie in Paro, quando intese la mor
nno sette giovanetti e sette giovanette, affinchè venissero rinchiuse nel Labirinto, fabbricato da Dedalo (11) S’accorse ap
, e figlia del Sole e della Ninfa Perseide. Aveva la testa di toro, e nel cimanente del corpo rassomigliava alla figura d’u
n sacrifizio ad Apollo di tutte le vettovaglie, ch’erano sopravanzate nel suo vascello, e in particolare delle fave. Mise i
La Grue era una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani Ateniesi nel tempo delle Delie, come abbiamo testè accennato(c
ichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello di Minerva Scirade nel Porto Falero(f). Chi prima v’arrivava, si riputav
più dubitando, che il figlio fosse già perito, disperato si precipitò nel mare. Fu estremo il dolore, che ebbe a sentire, q
abbia introdotte le Feste, chiamate Boedromie, perchè si celebravano nel mese, detto da’Greci Boedromione (c) (20). Egli c
mpia, e lo uccise. La medesima cosa fece a Nedimno, a Liceto, esperto nel trattare l’ arco, ad Ippaso, di lunga barba, a Ri
e di Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa nel tempio di Diana Orzia(b). Fu allora, che l’ Eroe
li Ateniesi dopo molti secoli onorarono le ceneri di Teseo(b). Conone nel mezzo della città gli alzò un tempio, che divenne
di tutta la Grecia(15), e a’ disastri di lunghissima guerra(16), come nel decorso dell’ Opera espotremo. Priamo, allorchè f
con una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la spada nel di lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara.
dere al figlio gli onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose
esciuto in età, ebbe ivi la cura di numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acq
trovò, con cui fece molto bene la parte sua senza manifestarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale
, che lò colpì, era una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle br
figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed altre eroiche im
te le vivande soprappostevi e, poi senza nuocere agli astanti ritornò nel luogo, dondi era partito. Stupì Enea, e venne in
ante comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi gli preparavano un vasto Impero. Il
i Etrusci, vi perdette la vita(25). Altri dicono, che, essendo caduto nel fiume Numicio, il di lui corpo non fu trovato ; e
ittà ; ma una calma nojosissima lo andava tenendo invece sulle ancore nel porto d’Aulide. Finalmente Calcante, figlio di Te
a in Micene con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece tacere nel cuore di Agamenonne i sentimenti delle paterne te
rie altre, le quali aveano preso le armi in difesa di lui. Finalmente nel decimo anno rimase vittorioso anche de’Trojani(21
Colei, mal comportando il ritorno del marito, gli presentò una veste nel momento, in cui usciva del bagno. Le di lui bracc
n un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece perire nel banchetto, che gl’imbandì, tostochè egli si rimis
isto (b). Euripide poi vuole, che Oreste abbra privato di vita Egisto nel tempio d’ Apollo, mentr’egli stava esaminando le
dò poscia in traccia di Clitennestra, e a lei pure immerse un pugnale nel seno (c). I Greci per tale delitto lo aveano cond
rima di sacrificarli conveniva purificare sì quelli, che il simulacro nel mare ; e che a questa ceremonia non doveva assist
ri, come se fosse stato una delle supreme Divinità. Non altrimenti fu nel medesimo luogo venerata anche Elena(c). Achill
rasi colà recato, lo condusse seco al Greco campo(a). Desolata Tetide nel vederlo a partire, gli procurò da Vulcano delle a
l re pertanto si riconciliò con Achille, ne ottenne di essere guàrito nel modo indicato dall’Oracolo(f), e per riconoscenza
Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il quale era passato nel Campo Trojano per vagheggiare la predetta Regina
sua. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi di quella giovine ; ma gli De
to in vita ; ma il figlio di Peleo nol ascoltò, e gl’immerse la spada nel seno(e). Achille moltre s’impadronì di dodici cit
città, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle muraglie nel di lu campo un pomo. Eranvi scritti due versi, co
tire a vicenda i loro gemiti pel corso di dieci sette giorni. I Greci nel dì seguente ne celebrarono i funerali. Il di lui
pescando lungo le rive del mare(c). Ulisse giovò moltissimo a’ Greci nel tempo della guerra Trojana sì co’ suoi consigli,
mo sacerdote d’Apollo in Ismara, perchè lo avea reso esente dal sacco nel tempo dell’irruzione, fatta da lui nel paese de’
lo avea reso esente dal sacco nel tempo dell’irruzione, fatta da lui nel paese de’ Ciconi. Il Ciclope non ristette dal tra
il Greco Eroe piantò l’anzidetta stanga, che avea nascosto sotterra, nel di lui occhio. Polifemo, destatosi dal dolore ace
li accarezzarono mansuete, e piacevolmente li eccitarono ad avanzarsi nel cammino. Così fecero, e quantità di serve belliss
isse solo potè sottrarsi al naufragio. Arrivò egli all’isola d’Ogigia nel mare Mediterraneo(a). Ivi regnava la Dea Calipso,
ntura. Ella lo consolò, e assicurollo, che niente gli sarebbe mancato nel luogo, in cui si trovava(b) (16). L’ Eroe verso s
desi a conoscere. e narrò la lunga serie de’suoi disastri(a). Quel re nel dì seguente lo trattò a magnifico banchetto, in c
ro nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era eccellente nel portare le ambasciate, che gli si commettevano. C
ncitore, avrebbe avuto in premio la di lei mano. Il giuoco consisteva nel dover tendere l’arco d’ Ulisse, e passare con ess
empre in vano. Ulisse prese allora anch’egli l’arco, lo tese, e vinse nel giuoco(a). Allora si spogliò l’ Eroe de’cenci, ch
roja fu presa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia di Priamo, nel tempio di Minerva, dov’erasi ritirata per sottrar
due giovanette di Locri, estratte a sorte, onde servissere a Minerva nel suo tempio, eretto in Troja(c). Que’ di Locri ebb
c). Que’ di Locri ebbero sì alta stima del valore d’ Ajace Oileo, che nel combattimento, il quale ebbero dopo la di lui mor
Crotoniati, tentè di attaccare l’armata de’ Locresi, ma rimase feriro nel petto dall’ombra dello stesso Ajace, nè potè sisa
a(c) (7). Panormo e Gonippo, giovani d’ Andania, città della Messenia nel Peloponneso, uniti fra loro co’ vincoli della più
e con picca in mano. Sotto tali sembianze comparvero all’ improvviso nel campo degli Spartani, che celebravano la Festa de
ne venne in cognizioner, lo precipitò appresso il Promontorio Geresto nel mare(5), il quale mare prese pol il nome di Mirto
he Pelope gettò in mare Mirtilo, perchè questi con gran forza instava nel ricercargli il premio dell’operato tradimento(f).
ificò un montone nero sopra una fossa, e che i Magistrati si recavano nel medesimo luogo a fare lo stesso sacrifizio prima
delle carni della vittima, immolata a Pelope, non poteva più entrare nel tempio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si
a a Pelope, non poteva più entrare nel tempio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si celebravano alla tomba di Pelope c
e. Intraprese quindi il viaggio alla volta di quel paese ; e giumtovi nel momento, in cui era insorta tra quegli abitanti f
edi anche il bastone. Il mostro, udita tale spiegazione, si precipitò nel mare, giacchè questo doveva essere il suo fine, q
costume d’imporsi a’ morti. La terra finalmente si aprì, e lo accolse nel suo seno(a) (6). Eteocle e Polinice. ETeoc
ore d’età, salì il primo al paterno soglio ; ma poi ricusò di cederlo nel susseguente anno a Polinice. Questi, mal sofferen
la spiegazione a’ ministri, si faceva che quegli nuovamente dormisse nel tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fo
i battersi essi soli. Eteocle simase il primo ferito, e cadde bagnato nel proprio sangue. Gli si accostò Polinice per disar
i sacro. Meneceo pertanto uscì colla spada alla mano, e se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosi
nzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dop
la, era uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due vennero sorprese nel pietoso uffizio. Creonte fece morire Argia, e con
istruttore di Numanzia, fu il primo ad ergerle un tempio. M. Marcello nel tempio del suo primo Consolato, trovandosi nella
ene ch’egli mediti di notte ciò, che dee risolvere il giorno, giacchè nel silenzio della notte il riflesso della mente suol
r lungo tempo sotto il peso delle più grandi moli. Questa Dea impugna nel sinistro braccio uno scudo, di cui essendo propri
Apollo. Temi aveva altresì un altro tempio nella cittadella d’Atene, nel di cui ingresso si vedeva la tomba d’Ippolito(d).
prendere qualche guerra, solevano offerire un sacrifizio a questa Dea nel Campidoglio, e dare in suo onore uno spettacolo d
za, preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto m
e per tale matrimonio le altre Dame sdegnarono di mescolarsi seco lei nel tempio della Pudicizia, e usarono di tutti i mezz
leggi(c). La Pudicizia avea la figura di donna velata, e modestissima nel portamento. Obbedienza. L’Obbedienza è spon
po si manifesta. Democrito diceva, che questa Virtù giace d’ordinario nel fondo d’un pozzo, per esprimere ch’essa molte vol
r induslo ad amarla. Ma egli, che sempre aveva Procride sulla boccà e nel cuore, non corrispose mai alle ricerche di colei.
elòto : per quanto egli sia certo della fede altrui, vive però sempre nel tiniore, e sempre ne diffida. Gli occhi e le orec
e da tutti disappaovate. Indocilità. L’Indocilità è resistenza nel fare quel che si dovrebbe. Sta sul di lei capo u
nte, le maschere, e le lingue Indicano l’incostanza del Bugiardo, che nel suo favellare dà diverso aspetto alle cose onde a
di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo gli discendeva nel ventre. Il colore poi di ruggine indica, che colo
de ciò, che potrebbe o dovrebbe operare. E’ malamente vestita, perchè nel Vile non risvegliasi mai il pensiero di migliorar
de’più vili cibi, per non sofferico la difficeltà, che incontterebbe nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Conigl
i ; ed è quindi simbolo dell’ Adulazione, che adopera tutto lo studio nel cangiarsi secondo il genio altrui. La faccia bell
o. Tiene la bocca aperta, per significare la prontezza del Detrattore nel dire male di tutti. Ha sul capo un velo nero, per
a destra ; oppuré due Cornucopj, che s’incrociano, e una spiga dritta nel mezzo di quelli. Il cornucopio e la spiga sono in
in abito nero, colore usato per indicare la gravità de’ costumi, che nel Nobile si ricercano. Tiene un’asta nella destra,
ue. Clodio volle pure, che un tempio fosse inalzato a questa Divinità nel luogo, ove fu atterrata la casa di Cicerone. Mort
stringe nell’ altra mano una picca, o una bacchetta, perchè i padroni nel donare a’ servi la libertà, solevano toccarli col
hi coronare se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla d
so istante incenerita. Finalmente Ino co’ suoi figliuoli si precipitò nel mare. Questa ultima dopo morte conseguì onori div
e fratelli. Altri dicono, ch’eglino vicendevolmente si odiavano anche nel seno della loro madre. Amendue si cisputarono il
llo si chiamò Tosone, o Vello d’oro, e che venne appesa ad una pianta nel bosco, sacro a Marte(a). Dopo tutto ciò Frisso te
rarsi grato al Sole, padre del medesimo Eeta, perchè lo aveva accolto nel suo cocchio, quando ritornava dall’ aver combatto
fiume Meandro(h). (11). Linceo aveva una vista sì acuta, che vedeva nel fondo del mare, e perfino nell’ Inferno. Era assa
di Abante, e quindi discendente da Eolo(f). Possedeva grande scienza nel ricavare gli augurj dal fuoco. Quantunque avesse
tingere dell’ acqua al fiume Ascanio. Erano molto erte quelle ripe, e nel chinarsi cadde al giovane l’urna di mano. Si avan
rna di mano. Si avanzò per ripigliarla, e il peso del corpo lo trasse nel fiume, dove si annegò. Fingono i Poeti, che sia s
e coste della Caria, dove fu fatto prigioniero. Avea Testore lasciata nel suo paese l’altra figliuola, Leucippe Ansiosa la
dal predetto Scoliaste, oltre il variare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio
ale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia anche da esso nel dire, che nulla sofferì dopo la morte del marito,
sotto le rovine della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua nel bosco sacro di Giove Olimpico (a). (a). Ovid. M
tura, finchè riusciva sì bella, che avessero potuto offerirla a Iolio nel suo tempio (a) Plutarco finalmente dice, che nell
eo. Gli Antichi niente dicono della di lui morte, e solo si accordano nel riferirci, ch’ei visse tre generazioni. Queste da
rano nati, le spinsero sino alle due Isole Plote, dette poi Strofadi, nel mare Ionio. Là Iride per comando di Giove vietò l
nseguì Ida per riaverla, nè avendolo potuto raggiungere, si precipitò nel fiume Licorma, che poi acquistò da lui il nome di
Eveno(a). Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila l’anzidetta giovine nel tempo di una festa ; che Ida, armato d’arco, aves
ti di Ercole, soprannominsti Eraclidi, e aveali costretti a ritiratsi nel tempio della Misericordia, erecto in Atene, sul m
di vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rientrare nel Feloponneso, sua patria, cogli altri Eraclidi, ma
opose, un’altra impresa più difficile dell’anzidetta. Essa consisteva nel prendere vivo uno de’mostruosi avoltoi, che devas
uardassero come uno de’ Semidei. Gli sacrificavano ogni anno un capro nel dì, che precedeva la Festa di Teseo. Quel giorno
). Ovidio pretende, che nè la terra, nè il mare abbia voluto ricevere nel loro seno le ossa dello scellerato Scirone ; e ch
rito dalla mandra. Il pastore, che cercava quell’ animale, si abbattè nel fanciullo, e lo portò a Cercione. Questi riconobb
ale si asseriva, di nuovo a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso nel tempo stesso quel re di farsi conoscere per figli
darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono strepitoso avvenne nel Cielo. Teseo poi senza porgere preci a Nettuno si
avvenne nel Cielo. Teseo poi senza porgere preci a Nettuno si lanciò nel mare. Alquanti Delfini lo accolsero ; e lo condus
ì l’ Ormo, ossia la danza, inventata da Dedalo, e la quale consisteva nel formare un circolo, mescolato d’ uomini e donne.
ssi a morte i due Lapiti, mihacciavi lo stesso a Driante ; ma colpito nel collo da una pertica abbrustolita, grondante di s
una tazza di vino. Lo vide appena Forbante, che, vibratogli un dardo nel collo, le mandò a traccanare quel vino, mescolato
piangendo degli urli ; e gettatasi sulla punta dello strale, confitto nel cuore di Cillaro, spirò seco lui strettamente abb
rra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo di stanga, datogli nel petto. Cimelo poi restò ferito da una freccia nel
Schiacciato Ceneo da sì sterminato peso, anch’egli finalmente discese nel Regno delle ombre(a). (a). Plut. in Vit. Thes.,
ppure un istante ad angustia sì acerba, e da uno scoglio si precipitò nel mare. Teti lo trasformò nell’uccello acquaticò, d
mezzo del tripode, su cui sedeva ; ora con un ramo d’allero, gettato nel fuoco ; ora coll’osservazione degli Astri ; ed or
dere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato di vita nel tempio d’Apollo (b). Tzetze finalmente ciò nega,
pretende, che Troilo non fosse giovine sì bello, che potesse destare nel predetto Greco sentimenti d’amore(c). (8). Polit
ata per la morte d’Achille, cui ella sommamente amava, siasi ritirata nel campo de’Greci, dove onorevolmente venne accolta
uali erano gemelli, furono portati qualche tempo dopo la loro nascita nel tempio d’Apollo ; che ivi furono lasciati per un’
Principe rinfaceiò fortemente a Paride L’enorme perfidia, dimostrata nel rapire la moglie di chi lo avea enorato della sua
o delitto, poichè gli Egiziani si guardavano dall’imbrattarsi le mani nel sangue degli stranieri ; e si contentò di scaccia
, moglie di Tone Egiziano, d’un erba, detta nepenthes, che, mescolata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli
guito sopra un cavallo, sacrificato alla loro presenza, e poi sepolto nel luogo della ceremonia(a). La giovine preferì Mene
Mennone altresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto nel tempio di Serapide. Dicono, che quando il Sole na
mano di Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Greci Principi nel ripartirsi le Trojane matrone avea voluto Ecuba,
i dicono, che Ulisse, costretto a ritornarsene in Itaca, lasciò Ecuba nel Greco campo. L’infelice donna, che preferiva la m
il tempo prescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial nel Regno di Plutone(b). Altri soggiungono, che Laoda
Dicesi, ch’egli, avendo provocato gli Dei marini a gareggiare secolui nel suono della tromba, sia stato sommerso da Tritone
padre, e a rifabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose nel sepolcro di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo
ebbe veduto Achille deificato, e donde ella poi lo avrebbe trasferito nel palagio di Nereo per esservi onorato come uno de’
Questa ceremonia chiamavasi Anfidromia. Essa per lo più si praticava nel quinto giorno dopo la nascita dell’infante. Allor
ino non ne sofferirono pregiudizio alcuno. I Siciliani li collocarono nel rango degli Eroi, e loro tributarono onori divini
bastevole a fabbricarvi una ben vasta città. La denominò Cartagine, e nel mezzo della stessa vi formò una Cittadella, a cui
sacrifizio vino e fiori (g) : e ciò facevasi da ciascuno spezialmente nel suo giorno natalinio (a). Queste Deità comunement
onori divini, ed ebbe un altare sul monte Aventino, perchè introdusse nel Lazio il culto della maggior parte delle Greche D
e addestrossi a’travagli della guerra. Si rendette inoltre eccellente nel tirare d’arco. Finalmente era sì agile alla corsa
onasse quel soggiorno, fuggì per una finestra, e corse a precipitarsi nel fiume Numicio, dove divenne una Ninfa, e assunse
soddisfare alla promessa, già fatta al Dio delmare, immerse il ferro nel seno di quello. Altri asseriscono, che nol fece,
di Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi di grande valore nel tempo della guerra Trojana. Uccise, come abbiamo
da sì feliciosuccessi, nè ancor satollo del sangue nemico, insistette nel combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Tr
ente lo fece : scannò molte vittime intorno al di lui rogo ; vi gottò nel mezzo di quello quattro de’suoi più belli cavalli
colle spalle curve, che gli si rovesciavano sul petto. Era appuntito nel capo, e coperto di pochissimi capelli. Egli fece
ono appresso Andro, loro fratello, e re d’un’isola dello stesso nome, nel mare Egeo. Agagamennone minacciò la guerra ad And
(16). Gli Antichi non intraprendevano alcuna spedizione senza avere nel loro esercito chi presiedesse a’sacrifizi, e pred
erano certamente i doni loro. Così dicendo, scagliò con forte braccio nel fianco dello stesso cavallo una grand’asta. Al fi
n dito della mano co’denti (a). (5). La statua di Diana fu collocata nel bosco d’Aricia, e venne soprannominata da’ Greci
sima donna di Sparta partorì una bruttissima bambina, la mandò spesso nel predetto tempio di Elena ; e la bambina divenne s
be anche rimasto ucciso, se la di lui figliuola, Arpalice, eccellente nel maneggio delle armi, non fosse accorsa a difender
i Andromaca, la quale, come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo nel riparto delle donne Trojane ; e formò il progetto
nato a lei vincitore. Così avvenne : e Berenice appese i suoi capegli nel tempio dell’anzidetta Dea, eretto in Arsinoe, cit
adre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro nel generale esterminio. Terminata la preghiera, un l
ea, abriocchè la facesse morire. Quegli non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re
l trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei mandarono nel mezzo loro un gran serpente. La giovine spaventat
i conciliarsi anch’egli l’affetto di colei. Il figlio non durò fatica nel riuscirvi. Se ne accorse il padre, e lo caricò di
che Ulisse e Diomede si erano salvati, preso dal dolore, si precipitò nel mare’(b). Eustato aggiunge, che Nauplio fece cred
ba d’Ercole. Quegli, memore del giuramento, dato all’amico, e desioso nel tempo stesso di soddisfare alle ricerche de’suoi,
Filottete rimase in quel modo danneggiato da un serpente, mentre egli nel tempio di Apollo Timbreo stava contemplando il se
finchè Enea, passando colla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo naviglio, e seco lo trasferì in Italia(d). (
irene, disperate per non aver potuto vincere Ulisse, si precipitarono nel mare, nè più furono udite. Così si verificò l’Ora
padre un re d’un Isola Siria, chiamato Cresio Ormenide ; ma preso poi nel fiore della sua gioventù da certi corsari Fenici,
se anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo, figlio di Politerso, e uccise Pis
a lasciare Argo per un omicidio, da lui commesso, si rifugiò in Pilo nel momento, in cui Telemaco stava per partire da di
di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo naviglio ; e il giovine Principe ne lo soddis
gli soggiunse, che se voleva fare le sue difese, le esponesse, stando nel naviglio, ove si trovava. Telamone si recò la not
ando nel naviglio, ove si trovava. Telamone si recò la notte seguente nel porto, e là, alzato un monticello di terra, tratt
tani, memori del favore, ricevuto da Academo, rispettarono quel luogo nel tempo delle frequenti invasioni, che facevano nel
i si trovavano, e le quali erano opportune agli studj, fecero sì, che nel medesimo Inogo si riducesse gran moltitudine di q
. Apollon. (4). Anasi e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio di Castore e di Polluce(e). (a). Nat. Co
no veduti dagli Argonauti, mentre erano minacciati da orrida procella nel viaggio, che facevano per la Colchide. La burrasc
ò, che la avrebbe data a quello, che avesse voluto gareggiare secolui nel condurre in corso un carro, e avesse acconsentito
eggiare secolui nel condurre in corso un carro, e avesse acconsentito nel tempo stesso a perdere la vita, qualora ne fosse
tra’ viventi. La terra in quel momento stesso si aprì, e lo racchiuse nel suo seno(a). (b). Nat. Cem. Mythol. l. 9. (2).
’ella si trafisse il petto colla spada stessa, la quale stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta in mezzo di quell
rtale, era degno di marciare cogli altri due(e). Dolone, per riuscire nel tentativo, erasi coperto tutto il corpo d’una pel
i Adrasto, re d’Argo, o di Egialeo, come altri vogliono, perchè colei nel tempo della di lui assenza erasi abbandonata a di
la spiegazione a’ ministri, si faceva che quegli nuovamente dormisse nel tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fo
o negl’Istmici, ne’ Pitici, e’ negli Olimpici. Gli si alzò una statua nel sacro bosco d’Olimpia. Ne’ predetti Giuochi ripor
redetti Giuochi riportò pure molti premj l’ Atleta Evanoride d’Elide, nel Peloponneso, il quale poi divenne uno de’ Diretto
i sacro. Meneceo pertanto uscì colla spada alla mano, e se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosi
nzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio di Diana Euclia(c). (10). Adrasto implor
13 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
ni, dagli antichi classici greci e latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere di loro, e per improm
archimandriti Di quanti la natura in cielo e in terra E nell’ aria e nel mar produce effetti, Tanti Numi crearo : onde per
si tutti rivolti al temuto nume di loro ; e propagandosi questo culto nel tempo e nello spazio, quasi tutta la terra addive
filosofi si tacquero, ribadendo i bei sentimenti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con gli strazii, con la ci
ll’ Vno si venne a quella del moltiplice, interpetrare la parola Mito nel vero suo significato e di quali vesti fu poscia r
hè l’unità è il carattere della verità, abbraccia la Chiesa cattolica nel senso più esteso della parola, cioè la società di
a religione, per dir tutto in una parola, dovè parlare eloquentemente nel suo cuore, dovè nascere tutta compiuta e perfetta
antisi sul prato con le nuove spighe la dea Ostilina(6) ; a’ frumenti nel tempo di fiorire la dea Flora(1) ; quando vanno i
llo alato, che si voleva nato dal sangue di Medusa ; e volando poscia nel cielo fosse collocato tra le costella zioni ; e m
losofando l’anime e degli Iddii e degli uomini, e tutto e quanto v’ha nel mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla arm
da uscita con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introdussero nel mondo una divinità corporale, che tutto lo inform
edere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o negli astri, quale ne’ bruti e negli scara
d il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso in possessione di ogni diletto
ndo questi principii noi ci studieremo interpetrare i miti eterodossi nel breve giro di queste nostre escogitazioni, dando
terpetrazione di alcuni miti di Saturno, esposti e spiegati da Tullio nel lib. 11 della Natura degli Dei. 18. Nettuno — eti
oni di questa alla interpetrazione di quelli, onde intender le favole nel vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nos
osi di regione in regione per le vie dell’alto ingenera la folgore, e nel rapidissimo suo slancio, squardo i campi dell’aer
ielo scoperto. E, preso Giove per l’aere, ben si possono interpetrare nel vero loro significato que’concetti dei latini — a
e sua consorte. Egli stesso nell’etere è Giove, nell’aere è Giunone ; nel mare è Nettuno ; e nelle parti inferiori del mare
o lo iniziatore ; ne’termini il contrassegnatore de’confini ; Saturno nel tempo ; Marte e Bellona nelle guerre ; Bacco ne’l
alle parturienti ; di Opi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli nel seno della terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’inf
are tutte le cose che nascessero da lui ; perciocchè i semi ritornano nel luogo da cui son nati ; e quando si disse che a l
esprime quel potere, che ha l’amore di generare le cose su la terra e nel seno della terra. Gli si danno altri nomi, che es
le piraterie di Minosse, e con la spedizione navale, che fece Giasone nel Ponto per la conquista del vello di oro ; sì anco
ome il Dio delle ricchezze e dello inferno. A questo mito, spigolando nel gran campo delle opinioni degli scrittori, che pa
sentar le cose sotto traslati allegorici. Altri riponendo la sua sede nel fondo delle miniere, e nel seno della terra, hann
ti allegorici. Altri riponendo la sua sede nel fondo delle miniere, e nel seno della terra, hanno creduto, che gli antichi
mento riportato da Eusebio(3), in cui dice esser Plutone il Sole, che nel Solstizio d’inverno passa sotto la terra, e perco
e tutti gli aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in m
ose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di su
e. Fu nominato Apollo, voce tutta greca Απολλων, o come vuole Platone nel Cratilo, riportato da Macrobio(1), dal vibrare ch
rola medicurrus, mediuscurrens, ossia come colui che corre fra due, o nel mezzo, cioè che Mercurio sta sempre in aria tra i
l’apparente discesa del Sole sotto l’orizzonte, e che al suo apparire nel nostro emisfero ne venissero scacciate le tenebre
ne e portato su la terra non mai retto porta le fattezze di uno zoppo nel moto del suo vampo. A Vulcano si dava per consort
lia Proserpina. È questo un nome tutto greco περσεφονη, che Screvelio nel suo lessico deriva da περθιν devastare, e φενιν u
protezione de’fondatori, con queste le dovizie che la terra racchiude nel suo seno nello inverno e fuori tragge nella estat
, e madre detta ancora de’giganti, che propriamente così furono detti nel senso di figliuoli della terra : talchè è madre d
igliuoli della terra : talchè è madre degli Dei, cioè de’giganti, che nel tempo delle prime città si arrogarono il neme di
d minaretur, o perchè con la sua armatura guerriera caccia il terrore nel euore degli uomini e sembra minacciarli. Festo po
aco(5), guidatrice delle vergini oceanine, i primi nocchieri andavano nel suo tempio ad appiccarvi il timone, quando veniva
Pompilio quasi in forma di un globo, per dimostrare tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco, che dicevano Ve
da gli antichi fu creduto rimanersi la terra sempre immobile e fissa nel suo centro, a Vesta fu dato il nome di εστια da ε
quale concetto fu mirabilmente svolto dallo immortale Vincenzo Monti nel suo eruditissimo canto, la Musogonia. Furono cred
ri a rilevar ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre nel tempio di Apollo, che per superiore bellezza meri
scarpelli nove maraviglie di bellezza, onde piacque collocarle tutte nel tempio di Apollo, e furono come le tre prime tutt
sospira ; Ed Vrania, che gode le carole Temprar negli astri ed abitar nel Sole. 53. Nè tre nè nove erano le Muse ; ma co’l
in serpe, che terribilmente sibilando si sforzava cacciare il terrore nel cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di
tri della terra, e finalmente di quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, come su di una irradiante quadriga, trascor
pollo e ad allri Dei del mare, perciocchè Ercole non andava disgiunto nel culto da tutte queste divinità. Ne’suoi tempii an
no di stelle, cui altro non intendevasi, che il tempo, quando il Sole nel Solstizio estivo entrava nel segno del Leone, met
ntendevasi, che il tempo, quando il Sole nel Solstizio estivo entrava nel segno del Leone, meta più sublime del suo corso.
ricuopre delle spoglie — Questa vittoria risponde al passar del Sole nel segno dello Zodiaco il Leone. II. Ercole uccide l
e, che infestava le foreste di Erimanto — Risponde al passar del Sole nel segno della Bilancia, che avviene sul principio d
tta ancora il Parco, o lo animale di Erimante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai
sì detti dal lago, ove solevansi posare — risponde al passar del sole nel Saggittario, sacro a Diana, cui sorgeva un tempio
passar del sole nell’Aquario ; e ciò era indicato dall’avoltoio posto nel Cielo a fianco della costellazione detta Prometeo
avoltoio posto nel Cielo a fianco della costellazione detta Prometeo, nel tempo stesso che il toro celeste, nominato toro d
i di lui, che alimentava di carne umana — r sponde al passar del sole nel segno dei Pesci, ed è fissato dalla levata Eliaca
ella dagli oltraggi di un mostro marino — risponde al passar del sole nel segno dell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ar
ccide negandogli la promessa ricompensa — risponde al passar del sole nel segno del Capricorro, ed è indicato dal tramonto
polo, custode dell’ Esperidi. 64. Cadmo — Narra la favola, che Cadmo nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi comp
i portar tale denominazione, perciocchè accogliendo egli cortesemente nel Lazio, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, av
ilimento. Ma noi che in queste pagine abbiamo preso di mira la favola nel senso tutto allegorico, dobbiamo da altri princip
to come un segno celeste, che rifulge tra gli astri, preceduti da lui nel loro cammino intorno il sole. 67. E onde portare
ozze, sottratti dall’ossequio di lui non pochi cittadini, ricoverossi nel monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo cons
riprodurle — co’frutti, la varietà de’frutti istessi, che nascondonsi nel seno della terra, e di tempo in tempo vengon prod
che sia Acca Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore nel tempio di Apollo e Diana, fu detta Elori. (2).
dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino a questa un’ara nel Campidoglio, ove ella abbe stanza. (4). Rvmina
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
nnaio, il cui nome facevasi derivare da quello di Giano, si celebrava nel primo giorno la festa di questo Dio, e prima ad e
timi tempi del romano impero, le stesse cerimonie descritte da Ovidio nel libro i dei Fasti si mantennero in Roma per più d
no anche quelle in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta e
armenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la sua dimora su quel monte che poi
he Giuturna, sorella di Turno re dei Rutuli, resa celebre da Virgilio nel suo poema dell’Eneide. Le fu dedicato anticamente
gilio nel suo poema dell’Eneide. Le fu dedicato anticamente un tempio nel Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carment
Giunone. Poi divenne un nome di una particolare Divinità ; e Cicerone nel lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentava
la comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. Alcuni fanno derivare la voce Ch
Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portav
he fosse quella stessa Anna sorella di Didone, rammentata da Virgilio nel lib. iv dell’Eneide, e dopo la morte della sorell
dopo la morte della sorella e per varie vicende dolorosissime venuta nel Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè
ebbono a Numa Pompilio l’invenzione di questo Dio. Noi abbiamo notato nel Cap. XXXIII che di molti Dei si conoscono le attr
rati i protettori della città. Degli Dei Lari abbiamo parlato a lungo nel Cap. XXXVIII. Nello stesso giorno si celebrava la
stessa che la Dea Fauna moglie del Dio Fauno, di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era di una
a perchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si chiuse nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uo
egna. Cicerone stesso disapprova questa e simili stolte superstizioni nel lib. ii De Divinatione. Bellona, il cui nome è d
a Dea. Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirr
arziano Capella, poeta latino del quinto secolo dell’ E. V. asserisce nel suo libro intitolato Satyricon che Summanus signi
mentano questo Dio Summano, ma non ne spiegano gli attributi : Plinio nel libro ii, cap. 52 della sua Storia Naturale, dice
trova di questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta fr. Arval. e nel Glossarium Labronicum, concludono col Preller che
Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato di sopra. Non ha fatto dunque
braio 1874, esaminando il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approv
o punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma nel 1820, cioè mezzo secolo prima degli scritti del P
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
e e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo astro che dà lu
i avea questo Dio : quelli di Delio e di Cinzio li abbiamo già notati nel numero precedente, e in appresso avremo luogo di
presso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’o
no i pittori, la stimarono degna di essere imitata o copiata. Il Sole nel corso dell’anno percorreva una strada (detta dagl
dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17
onosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario, e di Astrea dea della giusti
dell’ aquario, e di Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata nel segno della Vergine : delle altre denominazioni a
elle altre denominazioni apprenderemo in seguito la ragion mitologica nel trattar dei miti che vi hanno relazione. Di Apoll
alli che tornarono indietro alle loro stalle. Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle rive del quale fu pianto e sepolto
, di nome Cicno, amico di Fetonte, venuto a visitarne la tomba, cadde nel fiume e fu trasformato in cigno. Questa favola d
trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scend
i, « Perchè ’l Ciel, come pare ancor, si cosse115. » Rammenta ancora nel Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Te
ppresentasi spesso con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto nel N° XIII che egli nella guerra dei Giganti non fu
8. Un’altra solenne prova diede Apollo della sua infallibile valentia nel tirar d’ arco, quando dopo il diluvio uccise a co
za muscolare. Del serpente Pitone dovremo parlare altra volta, quando nel trattar degli Oracoli si verrà a rammentare e des
zati, rende nulla la scienza e l’arte degli uomini. 105. Cicerone, nel 2° lib. De Nat. Deor., così interpreta il nome di
sere imparata a mente la bellissima descrizione della reggia del Sole nel 2° lib. delle Metamorfosi, che comincia così : «
e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più di trenta miglia in
etade divenivan rance. » (Purg., ii, 7.) 112. Bene osserva Dante nel C. xvi del Paradiso : « O poca nostra nobiltà di
allude a quella estesissima macchia biancastra che di notte si scorge nel cielo, e che è detta anche dagli astronomi via la
no strato di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse prodotta nel cielo dal calore del Sole, « Quando Fetonte abba
i poeti greci. I latini per lo più la dicono via lattea, come Ovidio nel 1° delle Metamorfosi : « Est via sublimis, cœlo
o ed alla preghiera che si trova rettoricamente amplificata da Ovidio nel ii lib. delle Metamorfosi. 117. È noto a chiunqu
, e Copernico dimostrò che in natura accade l’opposto. 118. Dante, nel Canto xiii del Paradiso, ha detto : « Li si cant
’l ciel cacciato il capricorno. » (Purg., ii, 55.) 120. Orazio nel Carme secolare, indica chiaramente con una sola s
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
tato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia Abbiamo veduto nel N. XXVIII che i Campi Elisii erano il soggiorno d
ei malvagi. Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a g
attori della umanità. A questi novelli Dei assunti in Cielo ergevansi nel mondo dalla credulità dei pagani, tempii ed altar
esto252. Per tal credenza, presso alcuni popoli, gettavansi ad ardere nel rogo del defunto o seppellivansi nella stessa tom
latri colla certezza di riunirsi compagne indivisibili ai loro mariti nel soggiorno dei beati. Questa noiosa monotonia dell
ate un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei
degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. E poichè Virgilio, nel dare un’idea generale dello stato delle anime dop
sione re dei Lapiti, per avere tentato di offender Giunone, fu punito nel Tartaro coll’esser legato a cerchio sopra a una r
’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tartaro a spinger sulla cima di un monte un gran
ccola spalla d’avorio263). Il padre scellerato ed empio fu condannato nel Tartaro ad una pena che tutti i poeti greci e lat
bra asserire che Tantalo soffriva quella pena non già nell’Inferno ma nel Cielo, perchè avendo egli gustato il nettare e l’
gigante Tizio che offese Latona, udiremo da Omero qual fosse la pena nel Tartaro : « Sul terren distendevasi e ingombrava
pio contro Apollo, e ne incendiò il tempio di Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato
colpo e d’altro vampo « Che di tede e di fumo ; e degno ancora « Che nel baratro andasse »269. (Virgilio, Eneide, vi.) D
n battaglia. Le 49 Danaidi micidiali dei loro mariti furon condannate nel Tartaro ad empir d’acqua infernale una botte pert
guace. « Dispregia, poichè in altro pon la speme. Perciò quando egli nel Canto xix con devota ammirazione esclama : « O s
« O somma sapïenza, quanta è l’arte « Che mostri in Cielo, in Terra e nel mal mondo, « E quanto giusto tua virtù comparte !
e interprete. Non tutti i dannati celebri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo
642.) 253. Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel lib. xv delle Metamorfosi : Vir fuit hic, ortu sa
che le anime degli uomini, specialmente dei malvagi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne di qu
libro ix del Codice Giustinianeo vi è il titolo De Sepulchro violato, nel quale si rammentano le antiche pene, e se ne aggi
0. Perciò non solo poeticamente, ma storicamente scriveva Ugo Foscolo nel suo Carme dei Sepolcri : « Testimonianza ai fast
i equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spalla di san Secondo, nel linguaggio dei gastronomi, la spalla suina prepar
« E gridi che il suo santo è san Secondo, « E che il zampon di Modena nel mondo « Compensa il Duca. » 264. « Tantalus
uam gaudere tabellis. » (Hor., i. 1ª, v. 68.) 267. Anche Virgilio nel vi dell’ Eneide così descrive la pena di Tizio :
læsit « In cava Lethæas dolia portat aquas. » (Tib. i, 3ª.) Ovidio nel x delle Metamorfosi riassume brevemente le pene d
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
specialmente nelle campagne, non crede forse tuttora negli Spiriti e nel potere degli stregoni e fattucchieri che tengono
destino. A queste stesse conclusioni io giunsi per altra via, quando nel N° IV parlai del Fato e del Fatalismo. Passando o
ia classica per ordine cronologico, noterò prima di tutto che i Genii nel linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Ome
moni ; e i mortali in Eroi e in uomini. Platone così parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gl
eva 4 in 5 secoli prima che incominciasse il Cristianesimo ! E perciò nel Politeismo fu Socrate giudicato eretico, e condan
do le opinioni religiose e filosofiche di quei tempi ; e perciò anche nel politeismo romano credevasi all’esistenza di geni
vò in latino il diminutivo demonio ; ed ambedue questi nomi servirono nel Cristianesimo a significare gli spiriti infernali
re al chiamarli Demonii e Diavoli, li chiama ancora angeli neri, come nel Canto xxiii dell’ Inferno : « Senza costringer d
l bene oprare, « E dall’opere ingiuste il tiri e frene. » Il Parini, nel suo celebre poemetto satirico il Giorno, personif
brosia le Lusinghe scorrongli « Dalle fraghe del labbro. » Il Monti, nel Canto intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa
nel Canto intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa la parola Genio nel senso più generale : « Ferve d’alme sì grandi e
Al suol romano « D’Augusto i tempi e di Leon tornarno. » Il Manzoni, nel suo mirabile Cantico il Cinque Maggio, chiama Gen
impareggiabili poesie usa molte volte il termine Genio, e per lo più nel significato d’ingegno straordinario e inventivo,
nche ironicamente : « Fecero a un tratto un muso di defunto « Tutti, nel centro, a dritta ed a mancina, « E morì sulle lab
quivalente a sciens, peritus. Quindi egregiamente l’illustre Tommaseo nel suo celebre Dizionario dei Sinonimi determina il
ermina il significato del vocabolo Genio con queste parole : « Genio, nel senso moderno, è la forza dell’ingegno che crea :
aggiungono il significato cristiano di Angelo custode. 275. Cicerone nel libro i, De Divinatione, nomina anche Antipatro t
o affetto. IIª Andare a genio, che vale piacere, aggradire. IIIª Dar nel genio che vale compiacere. Nel Dizionario del Man
, uno del Salvini, e l’altro del Magalotti ; ma il Fanfani riportando nel suo Dizionario questa stessa espressione dichiara
e dire spessissimo : È un genio. » Lo dice infatti lo stesso Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi, e son queste le sue
ta, per altro, ammette e registra il Genio Militare e il Genio Civile nel significato d’ingegneria militare e civile, come
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
i che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o nel Cielo. (Vedi il Cap. X, ove si parla di Proserpin
la cura di far sì che delle anime degli estinti non ritornasse alcuna nel mondo240, (come è naturale, e pur troppo vero), m
roserpina, sua moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di Cerere sua madre. Allora non compariv
ne, denominando città di Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto nel Cap. precedente) : e poi da Virgilio poeta pagano
a la guardia pretoriana del re e della regina dell’Inferno consisteva nel Can Cerbero che aveva 3 teste, e difendeva meglio
me dice Dante. Di Ecate, dea infernale, abbiamo parlato bastantemente nel Cap. della Diva Triforme ; nè si trova altro da a
rono adottati dai poeti latini per le loro Parche, e passarono ancora nel frasario poetico degl’Italiani. Asserivano i mito
presentato le Parche in queste loro diverse occupazioni, come si vede nel suo quadro che trovasi nella galleria di Palazzo
scrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. Ma di Caronte, dei Giudici d
arola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo numero parlando dello stato delle anime
lasse dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel ragionare dei secoli eroici, che sono il medioevo
toria. Le Furie eran destinate non solo a punire le anime dei malvagi nel Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare
onno e dei Sogni ; ed anche Dante racconta diversi sogni ch’egli ebbe nel suo viaggio allegorico. Lo stesso Virgilio ci nar
ali di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighieri d’impiegare nel suo Inferno. È facile l’indovinare che introducen
cevono anche il greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. Plutone nel poema sacro di Dante non poteva trovar posto come
a iosa ; e li noteremo a tempo e luogo, cioè quando dovrà parlarsene nel corso regolare della Mitologia. Anche gli scienz
l par delle porte atre di Pluto « Colui ch’altro ha sul labbro, altro nel core. » 242. « Quando noi fummo fatti tanto
terà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco di Norandino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il v
o stesso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico di Tibullo, nel quale si attribuisce alle Parche il presagio dei
o alla bocca ; « E Pluto le gridò : Anima sciocca, « Che Inferno ? va nel Limbo de’ bambini. »
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
ono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse nel loro corso. Quali fossero queste Divinità, e come
o che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. III. Ora convien parlare delle Divinità che
uesta doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando nel C. xiv del Paradiso, dopo aver descritto i variop
olo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che
n qualche lago, in qualche palude ed anche in qualche fiume, non però nel mare. Tra le più celebri tuttora esistenti si cit
i tuttora esistenti si citano quelle del Mississipì e del lago Chelco nel Messico ; le quali son coltivate e producono albe
Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bellissima similitudine nel raccontare che egli sentì uno spaventevole terrem
all’ ovest di Pozzuoli in Italia), che si sollevò in uno o due giorni nel 1538, all’altezza di 200 metri, ed esiste tuttora
00 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo secolo, e precisamente nel 1831, formossi per sollevamento nel mare al sud-o
in questo secolo, e precisamente nel 1831, formossi per sollevamento nel mare al sud-ovest della Sicilia un’isoletta che f
si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figl
e la madre per ineffabil dolore fu cangiata in pietra. Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la
el libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il mod
Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto scu
sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo nel Capitolo della Dea Tellure. Fu scoperto il seleni
o nel Capitolo della Dea Tellure. Fu scoperto il selenio da Berzelius nel 1817. 100. « Latonamque supremo Dilectam pen
eggianti, scrive Humboldt, si formano in tutte le zone ; ne ho vedute nel fiume Guayaquil, da 8 a 9 metri di lunghezza, nuo
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
uogo di nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’abbiamo detto nel N° XVI. Dovendosi ora parlare de’suoi ufficii spe
la storia di tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anticamente nel tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessag
mpio dedicato a Diana Noctiluca, cioè alla Luna che splende di notte, nel qual tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte
1. Dante rammentò la ninfa Callisto col nome greco e latino di Elice nel C. xxv del Purgatorio : « …………………al bosco « Si t
o il tosco. » E nominò anche Elice la stessa costellazione dell’Orsa nel C. xxxi del Paradiso : « Se i Barbari venendo da
è vaga ; » ecc. E al nome di Orsa maggiore preferì quello del Carro nel C. xi dell’ Inferno : « E ’l Carro tutto sopra i
: « E ’l Carro tutto sopra il Coro giace. » Rammentò ancora le Orse nel C. II del Paradiso ; ma ivi parlò con figura poet
la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in cervo, che nel fuggire fu raggiunto dai suoi propri cani e da es
ella ebbe vergogna ; « E per farne vendetta, o per celarse, « L’acqua nel viso con le man mi sparse. « Vero dirò (forse e’p
he Canidia e Sagana, che l’una invocava Ecate, e l’altra Tisifone ; e nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in on
regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante seguì tale opinione ; poichè nel farsi predire da Farinata degli Uberti (nel C. x
uì tale opinione ; poichè nel farsi predire da Farinata degli Uberti ( nel C. x dell’Inferno) il suo esilio, e indicarne l’e
a fra circa 50 mesi lunari, esprime queste idee con frasi mitologiche nel modo seguente : « Ma non cinquanta volte fia rac
4. Anche il titolo di Lucina dato anticamente a Giunone (come dicemmo nel N. XV) è più confacente a Diana, perchè Lucina, c
fesina146. Pochi anni dopo fu questo tempio saccheggiato da Nerone, e nel terzo secolo dell’era volgare distrutto dagli Sci
s « Ter vocata audis adimisque leto, « Diva triformis. » E Virgilio nel lib. iv dell’ Eneide : « Tergeminamque Hecaten,
 Ima, suprema, feras, sceptro, fulgore, sagitta. » 145. Cicerone, nel lib. ii. de Nat. Deor., indica pur anco qual foss
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
e similitudine dei Baccanali si è conservata e riprodotta sino a noi nel nostro carnevale, che in altri tempi più antichi
con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentre sì l’aizzano, « Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. » Bacco aveva dive
; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’interpreta Euge fili ! e nel nostro volgare corrisponde a Bravo figlio ! parol
agl’italiani, come troviamo, per esempio, nell’Orfeo del Poliziano, e nel Ditirambo202) del Redi, intitolato Bacco in Tosca
bridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al
quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria mano si taglia
benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero che le acque
acolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. Questa favola di Mida fu raccont
l sen della terra. Questa favola di Mida fu raccontata dall’Alighieri nel Canto xx del Purgatorio, in quel cerchio ove son
primo a indicare come questa azione si esercita e compiesi. Egli dice nel Canto xxv del Purgatorio : « Guarda il calor del
gazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi nel Bacco in Toscana, parlando del vino : « Sì bel s
mele fu, quando di cener fessi. » (Parad., xxi, 4.) 196. Ovidio, nel lib. iii delle Metamorfosi così racconta questa f
i e degli Uomini che vanno col viso volto indietro si trova riportato nel Florilegio Lirico stampato in Firenze dalla Polig
d essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta licenza e
al serpente a sonagli. 204. Il nome nebris, nebridis si trova usato nel senso detto di sopra dai poeti latini Stazio e Cl
sidro e qualunque altra bevanda che non si estragga dall’uva. Perciò nel ditirambo del Redi ne parla in questi termini :
egi e quei Lapponi ; « Quei Lapponi son pur tangheri, « Son pur sozzi nel lor bere : « Solamente nel vedere « Mi fariano us
Lapponi son pur tangheri, « Son pur sozzi nel lor bere : « Solamente nel vedere « Mi fariano uscir de’gangheri. » A quest
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ioni al di sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che nel seno di essa esistessero due inferne regioni molt
rrosive, quelle del Cocìto erano formate dalle lagrime dei malvagi, e nel Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come
a della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. Il territorio del
della Fame descritto da Ovidio, senza biade, senz’alberi ; e soltanto nel vestibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, se
la prescienza del futuro. È celebre la descrizione che ne fa Virgilio nel vi libro dell’Eneide, che Annibal Caro tradusse c
 »236. La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raf
to furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità nel disegno, nè regolarità nella esecuzione. In fatti
esecuzione. In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitav
ero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). Tal descrizione trovasi nel lib. xi dell’ Odissea, ed è la seguente : ….« Sp
uali, vanno gradatamente decrescendo fino al centro del nostro globo, nel qual punto termina l’Inferno stesso ; che i cerch
o vi si aggiunse compagna indivisibile la Paleontologia, che consiste nel riconoscere dagli avanzi fossili di esseri organi
ovimento di rotazione. Inoltre colle analisi spettrali che dimostrano nel Sole l’esistenza della maggior parte delle sostan
ni mitologi e poeti antichi hanno detto che i Campi Elisii, non erano nel seno della terra, ma nelle Isole Fortunate, che o
.) 237. Per dare un esempio quanto l’Alighierisia chiaro ed esatto nel far la descrizione dell’immensa fabbrica da lui a
ne astronomiche sono sostenute splendidamente dal P. Secchi, gesuita, nel suo libro intitolato Il Sole : io ne citai le esp
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
nfa Calliope, erano rappresentate dalla testa ai fianchi come donne e nel rimanente del corpo come mostruosi pesci con dopp
e suonavano egualmente bene diversi strumenti musicali ; e dimorando nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia meridionale
to e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli nel mare o di divorarseli. Ed asserivasi che per quan
gli ov’esse abitavano. Dante poi ha trovato il modo di parlarne anche nel poema sacro della Divina Commedia. Nel Canto xix
mmedia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina di aver fatto un sogno, nel quale, per quanto parvogli, una donna « Io son,
i, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. Non si può parlar di Scill
la mente anche Cariddi, essendo questi due termini collegati fra loro nel detto proverbiale : trovarsi fra Scilla e Cariddi
si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello str
do ora a parlare dei mostri marini che erano soltanto animali viventi nel mare, e le cui specie son tuttora esistenti, conv
l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei
a, e, s’io non fallo, « Col battello anco ; e l’àncora attaccolle « E nel palato e nella lingua molle. « Sì che nè più si p
to lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione
icature delle mirabili immagini ariostesche. Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che
ella bocca dell’ Orca con tutta la nave, e che ficcasse l’ancora « E nel palato e nella lingua molle ; » mentre è noto ch
a pelle del cetaceo, che è grossa circa un pollice, e si fa penetrare nel sottoposto strato di grasso che è alto almeno qui
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
ell’apoteosi di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di questa Mitologia. I Romani infatti che p
padre il Dio Marte. Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esse
o Marte. Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano p
zioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fen
à necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della n
che a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al c
qual liberazione e del qual culto non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fast
non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio nel lib. i
b. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio nel lib. i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in
u ben presto adorata ed ebbe un tempio in Roma, come asserisce Lucano nel lib. viii della Farsalia : « Nos in templa tuam
queste due Divinità sotto la forma dei suddetti animali, ma tenevano nel loro tempio e prestavano il loro culto ad un bue
pre colla testa di cane, come se ne vedono alcuni idoletti di metallo nel Museo Egiziano. Virgilio stesso nel libro ix dell
vedono alcuni idoletti di metallo nel Museo Egiziano. Virgilio stesso nel libro ix dell’Eneide nomina il latrator Anubis ;
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
l Dio Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi nel suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbi
sentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel rappresentare i Satiri non seguono servilmente le
i. Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli U
che trovasi nella villa Pinciana, e di cui una copia in bronzo esiste nel primo vestibolo della Galleria degli Uffizi in Fi
vestibolo della Galleria degli Uffizi in Firenze ; e come vedesi pure nel quadro dei Baccanali di Rubens, che è parimente n
re complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione, nel modo stesso che dicono la Flora per significare t
sarebbero rimaste ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso di quella festa avesse Romolo incom
del condannato. Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato,
e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta. Ha nel sinistro braccio una pelle indanaiata di tigre, e
ne pelle tigrata. Ma il verbo piluccare fu anche usato dall’Alighieri nel Canto xxiv del Purgatorio nella seguente terzina 
tizia che si gli pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vivente nel linguaggio comune o dell’ uso. Può dunque conveni
Orazio satiro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire, nel parlar di giudizii diversi che ne davano i suoi c
si disse che Fauno rendeva gli oracoli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7° dell’Eneide. La moglie di Fauno chiamavas
. » (Epod., Od. ii, v. 59.) Ovidio descrive a lungo le stesse Feste nel libro 2° dei Fasti. Ne riporto alcuni distici dei
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
le tradizioni preistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto nel N. XI, che di Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa
e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo di regia stirpe
 : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii per
rasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidet
o da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel suo celebre viaggio, le tre Furie
ria. Anche i Naturalisti si son ricordati di questo mostro mitologico nel dare il nome di Meduse a un gruppo di Zoofiti che
ta mirabile liberazione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel bassorilievo di bronzo fuso che vedesi nella base
. Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitali
statua. All’avo Acrisio, che ancor viveva, perdonò, ed anzi lo rimise nel regno, uccidendo l’usurpatore Preto. Ma poichè fi
dizione dell’Oracolo, inventarono i Mitologi che il nipote, per caso, nel fare esercizi guerreschi uccidesse l’avo. Compiut
La storia di Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri di stelle nel Cielo, poichè asserirono trasformati in costellaz
Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma di quanto osservai nel precedente capitolo, che cioè bisogna cercar le o
ito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto di sopra nel testo : « Inclusam Danaën turris aënea « Robusta
avaliero armato. « Grandi eran l’ale e di color diverso, « E vi sedea nel mezzo un cavaliero, « Di ferro armato luminoso e
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
n voce è raccontata anche in un modo diverso da quello che accennammo nel Cap. XXXIV ; ed è collegata colla favola di Narci
ripeteva appena le ultime parole altrui. A questa favola allude Dante nel Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A
fa questa similitudine per dar la spiegazione che quando compariscono nel Cielo due Iridi, o come dice Dante : « Due archi
a stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’u
ome. Dante allude più d’una volta a questa favola, come, per esempio, nel Canto xxx dell’Inferno, ove un dannato dice ad un
i Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorresti a invitar molte parole. » E nel Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beat
nel Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beate che egli vide nel globo lunare, dice che gli eran sembrate immagini
moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitologico, ha sempre un
ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e fa dire alle medesime nel canto xxxi del Purgatorio : « Noi sem qui Ninfe
alle medesime nel canto xxxi del Purgatorio : « Noi sem qui Ninfe e nel Ciel semo stelle : « Pria che Beatrice discendess
ce discendesse al mondo. « Fummo ordinate a lei per sue ancelle. » E nel rammentar questo passo il can. Bianchi, che fu se
ortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La
mente dalla Mitologia, vale a dire Gran Silvano. I Botanici anch’essi nel determinare la nomenclatura delle piante aquatich
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
lo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di c
credono che fiorisse l’età dell’oro in quel tempo che Saturno stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di
stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di Saturno nel Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti però si acc
rdano nell’ammettere, o nell’una o nell’altra epoca, l’età dell’oro e nel celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le s
co e furibondo. Nel Cristianesimo il tempo che Adamo ed Eva passarono nel Paradiso terrestre è considerato come la vera età
commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il quale nel Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le belle
o, » come suggerisce il Petrarca. Nel tempo che Saturno si trattenne nel Lazio insegnò a quei rozzi e semplici popoli a se
o che è la continua successione dei momenti35. In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di
ominazioni. Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto
uando mancò l’età dell’oro « As’ rea fuggì dalle mortali soglie, « Ma nel fuggir le caddero le spoglie ; « E si dice che si
ggiorati, a che sarebbe ora ridotta l’umana specie ? 34. Virgilio nel ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi d
neta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum. 38. Ovidio nei Fasti
ertendi cardinis omne meum est. » 39. Cicerone dice a suo figlio nel De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
poraneamente anche il ballo, e non solo fra gli idolatri, ma pur anco nel popolo eletto 123. Non dovrà dunque recar maravig
i e latini che dagl’italiani. Per altro Ugo Foscolo ne ha intredotto, nel suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi
icare le Muse, la poesia o l’ispirazione poetica. Così Dante ha detto nel Canto xxix del Purgatorio : « Or convien ch’Elic
rti cose a pensar, mettere in versi. » E con maggior licenza poetica nel Canto i del Paradiso ; « Insino a qui l’un giogo
Tasso ha usato il nome del monte Parnaso figuratamente per la poesia nel Canto i della Gerusalemme liberata. « Sai che là
a poetica ispirazione. Questo è un vocabolo greco (come dice Virgilio nel iii delle Georgiche) corrispondente al latino asi
asilus, che in italiano significa assillo o tafano. È dunque l’estro nel suo primitivo significato un insetto molestissimo
osi significa evidentemente qual fosse la loro voce e la loro abilità nel canto in confronto delle Muse. A Dante piacque qu
, rammentò poi nell’invocare Apollo la punizione di Marsia : « Entra nel petto mio, e spira tue, « Sì come quando Marsia t
. Era anche questo un di quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pas
orì. Apollo dolentissimo, per sollievo della sua afflizione lo cangiò nel fiore che porta lo stesso nome del giovinetto134.
col d’oro usaron mai la parola estro per l’ispirazione poetica : solo nel secolo d’argento, trovasi nella Tebaide del poeta
tro « Facta canam. » (Theb., i, 32.) 130. E da notarsi che Dante nel Canto xviii del Paradiso, invocando la Musa, la c
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatti il generale romano nel partir per la guerra scuoteva l’asta della statua
Firenze, quand’era pagana, aveva per suo protettore Marte, che cangiò nel Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dir
e, che cangiò nel Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dire ( nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gi
anima, che fe gibetto a sè delle sue case : « Io fui della città che nel Batista « Cangiò il primo padrone, ond’ei per que
llettuale180. Da Marte deriva l’aggettivo marziale adoperato non solo nel linguaggio militare, come nelle espressioni tenut
sigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc. ; ma anche nel linguaggio della chimica, come sostanze o prepara
si i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più
queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgatorio : « Ed ecco, qual sul pr
sul presso del mattino, « Per li grossi vapor Marte rosseggia « Giù nel ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve,
lingua latina sa bene che i Romani usavano l’aggettivo bellus, a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più c
ditati come conviensi. Dice il Machiavelli che quand’egli si chiudeva nel suo gabinetto per leggere e studiare questi scrit
di Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante dice apertamente nel Canto viii del Paradiso : « …….e vien Quirino «
31 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
zza d’ingegno. Ma i patrizj di Roma, sfrenati così nei loro vizj come nel loro potere, trovando la dottrina d’Epicuro tra l
iù potente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. Cicerone nel suo libro Sulla natura degli Dei lasciò scritto :
tù, il commercio avean cominciato la dispersione de’ Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo d
tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e gli Essenj ; ma nel mentre che i Romani vennero a cinger d’assedio Ge
mbattere il fanatismo religioso. Questi Giudei, sì spregiati a Roma e nel resto dell’impero, merciajuoli, mercadanti, astro
consunto dalle fiamme ; Tito, tornato a Roma, si fece portare dinanzi nel suo trionfo i vasi sacri, il velo del santuario e
ni. Lusingò tutte le inclinazioni che l’odio del giogo romano nodriva nel cuore dei popoli soggetti ; rialzò coll’entusiasm
 ; chè quest’è appunto quello che il mondo pagano ravvisò sulle prime nel Cristianesimo. Ed ecco le passioni irrompono furi
8. Se non è lecito a voi, o presidenti dell’impero romano, che, quasi nel più alto e cospicuo soglio, anzi quasi nella cima
on resti condannata. Che cosa ne anderà alle leggi che sono in vigore nel regno, se essa è udita ? Forse si glorierà maggio
ssa ; condannato, ringrazia. Or che sorta di male si dirà mai questo, nel qual non si trova la natura del male ? Cioè nè ti
servircene smoderatamente e fuori di regola ; onde non si vive da noi nel secolo senza il fòro, senza il macello, senza i b
resente lo stato della società se il cristianesimo non fosse comparso nel mondo. 750. È probabilissima cosa che, senza
la patria, nè oltrepassavano l’estensione del proprio paese. I popoli nel loro complesso avevan principi diversi da quelli
sù Cristo può dunque con tutta verità esser detto Salvatore del mondo nel senso materiale, come si dice nel senso spiritual
ità esser detto Salvatore del mondo nel senso materiale, come si dice nel senso spirituale. Anche umanamente parlando, il s
atina ; e se ne adducono prove assai speciose. 146. Vuolsi intendere nel Campidoglio. 147. Che prima erano idolatri. 148
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
al patto di famiglia fra Titano e Saturno, la cui violazione produsse nel Cielo la prima guerra fraterna che terminò colla
ani rammenta i Giganti che fer paura ai Dei, e ne pone un gran numero nel profondo dell’ Inferno da lui immaginato e descri
Ma Dante, che ci assicura di aver trovati parecchi di questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vide alcuno di quelli
mana. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e
poeti antichi e moderni. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di pa
e nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di parlarne perfino nel Purgatorio, immaginando che ivi esistessero dei b
esentanti i fatti veri o allegorici di superbia punita. Così troviamo nel Canto xii : « Vedeva Briareo, fitto dal tèlo « C
dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo nel Canto iv del Paradiso, che la bella Trinacria, ci
le, ma un gherone della Teogonia. » 68. Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri
sempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato nel testo la venerazione dell’ Alfieri per Dante, rip
, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il sepolero del divino poeta, da lui inv
losoficamente questi due mezzi di recar danno o ingiuria al prossimo, nel canto x dell’ Inferno : « D’ogni malizia ch’odio
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
accordano a rappresentar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della sua fo
eforme, che dalla stessa Giunone sua madre fu gettato giù dall’Olimpo nel mare, e pietosamente raccolto ed allevato da due
lui non imputabili, si è maggiormente diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi
brati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar di quei personaggi per cui furono esegui
on e l’anitra del medesimo, la quale nuotava, mangiava e digeriva ; e nel presente secolo, oltre il giuocatore di scacchi r
i crateri sono i camini delle medesime. Questo si chiama esser logici nel portare l’errore sino alle ultime conseguenze ! C
rammenti che avevan fatto presiedere alla Terra tre Dee, come notammo nel N° VIII, e trovammo che ciascuna aveva speciali a
 : a quello facean presieder Vesta, e a questo Vulcano. Erravano però nel credere che il fuoco che essi chiamavan celeste f
derni colle loro analisi spettroscopiche hanno dimostrato sinora, che nel Sole si trovano in ignizione la maggior parte del
hi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti. Dal nome dei Ci
serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguent
to. (Æneid., viii.) 194. Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
 : quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante nel celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprove
altrove ? » ove è manifesto che egli chiama sommo Giove Gesù Cristo nel senso etimologico e non mitologico della parola G
uo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpic
Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fonta
delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare nel linguaggio scientifico i termini della Mitologia.
ici. Inoltre la voce padre è termine di affettuosa venerazione. Dante nel primo Canto del Paradiso invocando Apollo dio del
Nella prosa e nella poesia italiana si può usare l’aggettivo olimpico nel significato di maestoso o imperioso ; e l’ ha usa
nte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza
uesti tre versi nell’originale greco son quelli di n° 528, 529 e 530, nel i libro dell’ Iliade, che il Monti tradusse così 
hel, che resta all’ovest della Grande Oasi, sui confini dell’ Egitto, nel deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando
to anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
mare e neppur la parte millesima delle maraviglie che esso racchiude nel suo seno. Ma quanto erano scarsi di cognizioni po
o gli oggetti creati e i fenomeni naturali, avesser fatto altrettanto nel mare. E quantunque non conoscessero in tutta la l
a, vale a dire senza aver moglie e famiglia, sarà questo non men vero nel Mare ; e se il matrimonio può convenire in genera
e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome di Nettuno. Dante, nel Canto xxviii dell’Inferno, rammentò questo Dio ne
i Nettuno. Dante, nel Canto xxviii dell’Inferno, rammentò questo Dio nel senso mitologico e figurato : « Tra l’isola di C
a gente Argolica ; » per dire che non fu commesso mai prima d’allora nel mar Mediterraneo un sì orribil delitto. Gli astro
mili animali marini. Oltre le Divinità native o indigene, ammettevano nel mare i mitologi anche qualche Divinità avventizia
. Di Glauco poi raccontano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi D
« Nel suo aspetto (di Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si fe Glauco nel gustar dell’erba, « Che il fe consorto in mar cog
iveva, cominciando a contare da Cosimo I. 213. Questa è quella Teti nel cui palazzo andava tutte le sere il Sole a riposa
le sere il Sole a riposarsi dopo la sua corsa diurna, come accennammo nel Cap. xvii, parlando di Apollo considerato come il
ne di quelle furibonde anime dannate di cui allora voleva parlare. Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di ci
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
erale che non convien dimenticare, perchè verrà molte volte a bisogno nel progresso della Mitologia. La Genealogia degli De
ta divinità. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e nell’ inferno. Il suo greco nom
. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e nell’ inferno. Il suo greco nome significa
appresso che essa Natura fu goffamente e bizzarramente simboleggiata nel Dio Pan (che in greco significa tutto), Dio secon
ura è di un uso estesissimo in tutte le lingue, in tutte le scienze e nel comune discorso ; e perciò conviene indicarne i p
esempio, dove si tratta del diritto naturale. I giureconsulti romani nel parlare della schiavitù (quantunque a quei tempi
usano la parola Natura nell’antico significato filosofico. Così Dante nel descrivere i Giganti, che ora fortunatamente più
to modernamante il verbo naturalizzare, che è stato introdotto ancora nel linguaggio delle nostre leggi, forse ad imitazion
ran numero di Dei e di Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto nel lib. ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi
e recurret. » 13. Nel Codice civile del Regno d’Italia, promulgato nel 1865, si trova usata la parola naturalità, alla q
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
no mito voleva significarsi che la Bellezza è figlia del Cielo, e che nel globo terraqueo manifestasi più che altrove sul m
è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo all
ina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu det
scita da quelle. Quindi alludendo a questa origine la rappresentarono nel primo fior dell’età e della bellezza, affatto nud
adopra il nome della madre per quello della figlia, volendo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. Ven
eturpano le più belle poesie dei classici antichi. Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che
cia nudo e nudo in Roma, « D’un velo candidissimo adornando, « Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi m
re che debbono esser temperate e non affettate ; e perciò Ugo Foscolo nel suo delicatissimo poemetto intitolato Le Grazie,
li Uffizi una vaghissima pittura del Botticelli rappresentante Venere nel modo qui sopra descritto. 183. Infatti Dante, n
resentante Venere nel modo qui sopra descritto. 183. Infatti Dante, nel Canto xxvii del Purgatorio, assomiglia la bellezz
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Colofone, perchè godeva molta rinom
el tempio e dell’Oracolo di Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo nel N° XI : ora basterà dire che in quest’Oracolo i r
epubblicani dell’antica Roma. Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’
ma da tutti i più antichi scrittori. I mitologi dicono (come notammo nel N. XIV) che Deucalione e Pirra, dopo l’universale
i generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era f
e Geomanzia ecc. di cui parleremo altrove. 282. Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme dei Sepolcri ha detto : « ……. uscian q
dati a consultarlo per sapere chi dovesse regnare in Roma. Tito Livio nel lib. I della sua Storia Romana, la riporta tradot
e è noto, lo seppe meglio interpretare, e successe come primo console nel governo della Repubblica. Tanto basti per avere u
ubblica. Tanto basti per avere un’idea de genere toto. 286. Ovidio nel dedicare i Fasti a Cesare Germanico dà ad Apollo
le. 291. Anche il Giusti chiama santa impostura l’artifizio di Numa nel dare ad intendere al popolo romano che le sue pre
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
e Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e quindi il solo modello dei due sessi del
, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che era sul monte Parnaso,
tori e incisori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi nel mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo
anche agli scettici, o universali dubitatori. La geologia, in fatti, nel trattare della crosta solida del nostro globo e d
ne deduce razionalmente che questi strati doveron formarsi sott’acqua nel modo stesso che vediamo accadere anche oggidì nel
formarsi sott’acqua nel modo stesso che vediamo accadere anche oggidì nel fondo dei laghi e nelle inondazioni dei fiumi. — 
une origine. E particolarmente in questo senso filosofico l’usa Dante nel Canto xi del Purgatorio, facendo così parlare Omb
mus qua simus origine nati. » (Ovid., Metam. i, 414.) 88. Roccia nel comune significato che questa parola ha in italia
vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
ena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia. Prima di tut
o, ossia della sapienza. Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio : « Vedea Timbreo, vede
cora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea del
ra con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrat
è il suo nuovo concetto apparisca manifesto, prima descrive Beatrice ( nel Canto xxv del Purgatorio) : « Sovra candido vel
ia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma
Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto xii, 43….) : « O folle Aragne,
er la somiglianza del nome. Infatti Suida, lessicografo greco, scrive nel suo dizionario che la parola Aracne al femminile
te Dea carminis illa est. » (Ovid., Fast., iii, 833.) 169. Ovidio nel libro iii dei Fasti annovera le diverse arti e pr
41 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavo
settimana, e prima feria il lunedì, seconda feria il martedì ec. ; e nel tempo stesso ferie autunnali son le vacanze dei m
i Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica
e città, i templi, le case, ec. La lustrazione di un campo consisteva nel condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta
o consisteva nel condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta, e nel bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizi
Tessaglia, ec. La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle li
nto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal
tri Dei. Le mogli dei Flamini erano dette Flaminicæ, ed avevanu parte nel sacerdozio dei luru mariti. — Il populu eleggeva
consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu di verghe cun una scure nel mezzu, destinato a scurtare i cunsoli ec. Forse i
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
istenti principalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa
rra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determi
a Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ord
in cui avvennero quelle, e già divenuti Indigeti Dei, oppure discesi nel regno delle Ombre. Questo può asseverarsi princip
ieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prima di por termine a
vite, e nella terza allor regnava. » (Iliad., lib. i). 45. Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome
no da Aer, e fanno così corrisponder gli Eroi ai Genii dell’aria, che nel Medio Evo furon chiamati spiriti folletti. (Anche
iriti folletti. (Anche Dante usò la parola folletto per anima dannata nel C. xxx dell’Inferno : « …..Quel folletto è Giann
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
ed in certi casi anche un poco profeta. Nell’Eneide parla divinamente nel suo linguaggio originale, come lo fa parlare Virg
ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che
e « Onde t’innalza, e tronchi aduna e sassi, « E con fracasso ruotali nel petto « Di questo immane guastator, che tenta « U
me fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle
dere versu « Nostra, nec erubuit silvas habitare, Thalia), » invoca nel 1° verso della famosissima Egloga 4ª le Muse Sici
te vero. Trovansi infatti anche altrove dei fiumi, le acque dei quali nel loro corso spariscono sotto terra, e a gran dista
Dei, e il più moderno a quello degli uomini. Nel caso di cui si parla nel testo il Xanto è il nome più antico, e lo Scamand
isitato e studiato diligentemente la Troade, non si trovano d’accordo nel riconoscere e determinare i celebri fiumi di quel
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
rni, che troppo lungo sarebbe il voler tutte riportarle. Dante stesso nel descrivere il Paradiso terrestre accenna questo m
tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primav
al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter
rere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era l
corse a Giove, che per questo caso strano consultò il libro del Fato, nel quale trovò il decreto irrevocabile, che se Prose
una similitudine della magrezza a cui per pena eran ridotti i golosi nel Purgatorio : « Non credo che così a buccia strem
(pianeti telescopici situati fra Marte e Giove), scoperto dal Piazzi nel primo giorno del primo anno di questo secolo. 5
ne a leggere e rileggere questo mito egregiamente descritto da Ovidio nel libro viii delle Metamorfosi.
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
otonia dello stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o
liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi nel mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitt
o, cioè vigilantissimo ed a cui nulla sfugga. Anche Dante descrivendo nel Canto xxix del Purgatorio il carro in cui era tri
ini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome di Iride pe
ogica chiama figlia di Taumante l’Iride, ossia l’arcobaleno, allorchè nel Purgatorio (C. xxi, 46) afferma che nell’alto di
« Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientific
Iri, che è voce più simile al nome greco e latino, e perciò preferita nel linguaggio poetico. Basterà che io citi Dante che
erà che io citi Dante che così la chiama in rima e fuor di rima, come nel seguente esempio : « Nella profonda e chiara sus
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
ti di questa parola Mercurio ? È un termine rammentato frequentemente nel Commercio, nelle Arti, in Astronomia, in Fisica,
amente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. Tito Livio, nel libro 2° della Storia Romana, racconta che il col
i nulla sfugge, e che ovunque stenda la mano o colorisce o scolpisce, nel descrivere il cerchio del Purgatorio ove son puni
te della pagana Mitologia, per ornamento del linguaggio poetico anche nel Purgatorio cristiano, apostolico, romano163. Dagl
d.) 153. Virgilio imitando Omero descrive con elegantissimi versi nel lib. iv dell’Eneide i talari e la verga di Mercur
esso dal Cielo in Terra. Il Tasso imitò Omero e-Virgilio descrivendo nel 1° Canto della Gerusalemme liberata la partenza d
diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi nel parlar dei regni di Plutone e dello stato delle a
ualche naturalista moderno l’ha chiamata Quarzo lidio. 163. Dante, nel Canto xxii del Paradiso, volendo indicare il pian
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. Livio nel lib. iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non s
anieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. Livio nel lib. iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono n
’esistenza stessa degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale
degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benchè scellerato
o le massime che essa insegnava. Perciò Dante fa dire al poeta Stazio nel C. xxii del Purgatorio, relativamente a questi pr
Negli scrittori della bassa latinità è detto paganitas, come abbiamo nel Codice Teodosiano, lib. xv, tit. 5 : Paganitatis
comuni che avevano) quando egli disse all’ Imperatore Alberto Tedesco nel Canto vi del Purgatorio : « Vien, crudel, vieni,
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
iori, perchè molto limitata credevano la loro potenza. Abbiamo notato nel principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno
non bastò l’avere assegnato tre Dee al globo terrestre, come notammo nel N. VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai pri
s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’era un bel numero nel Politeismo, come per esempio, il Dio Robigo, la D
icerone, abbia annoverati trentamila Dei del Paganesimo, come dicemmo nel N. III ; e deve parer probabile che fossero aumen
pesso li consideravano tali anche in vita4. Anche Dante confrontando, nel Canto xix dell’Inferno, il numero degli Dei degl’
inventum immortalitatem tribuit. (Plin., lib. 17, c. 9.) 4. Perciò nel Corpus Juris dei Romani (le Pandette, il Codice,
Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e simili. Anche adesso nel linguaggio ecclesiastico dicesi le quattro tempor
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
mare per farsi trasportar da esso fra le onde sino alla Colchide. Ma nel passar lo stretto che ora dicesi dei Dardanelli l
sar lo stretto che ora dicesi dei Dardanelli la giovinetta Elle cadde nel mare e vi annegò ; e per questo fatto mitologico
ed astronomica : « … Or va, che il Sol non si ricorca « Sette volte nel letto che il Montone « Con tutti e quattro i piè
e respinsero fino alle isole Strofadi, ove poi furono trovate da Enea nel venire in Italia, come a suo luogo diremo. Finalm
ro stringe. « Uno sul collo, un altro su la groppa « Percuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sa
ono il loro viaggio per l’Ellesponto e la Propontide. Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di Ercole, il
o, anzi ne fa una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, dicendo nel Canto xxii del Purgatorio : « Vedesi quella che
volgarmente di maniche larghe. 69. Virgilio così descrive le Arpie nel lib. iii dell’ Eneide : « Tristius haud illis mo
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. Perciò converrà contentarsi di conoscere q
i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo : « Era nel mezzo del palagio all’aura « Scoperto un grande a
patrono di Firenze, che poi i cittadini divenuti cristiani cangiarono nel Battista 36. Infatti, la voce Penati è soltanto u
nelle lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama nel suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove
ta terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib. v della Repubblica, ov’egli parla, per dirlo
exa Penates. » (Æneid., ii, 512….) 36. « Io fui della città che nel Battista « Cangiò ’l primo padrone ; ond’ ei per
ad essere usato invece di ignis, e foculare invece di focus. Infatti nel dizionario delle parole barbare troviamo spiegata
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
entanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano era consid
da aggiungere. Circa alla Dea Tellùre basterà il sapere che Cicerone nel libro iii della Natura degli Dei dice che Tellùre
engono tutte le cose. Con questo nome di Rhea la rammenta anche Dante nel Canto xiv dell’ Inferno, ov’egli parla dell’isola
ini Vestali. Nè vi mancarono i pretesi miracoli, come racconta Ovidio nel iv dei Fasti : ogni superstiziosa religione ha i
vevano l’acqua del fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano
pio il tellurio, che è un corpo elementare elettro negativo, scoperto nel 1772 da Muller, e che per molti suoi caratteri im
Idèa « Tornando in fretta alla solinga valle, ecc. » 44. Ovidio nel 4° dei Fasti così parla di questo fiume : « Inte
52 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
. 1986. Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese che poi fu detto Argolide. — Molte fonda
suo figlio, erige Feges in Arcadia. — Pelasgo, suo nipote, fonda nel 1883 il regno d’Arcadia. Indi emigra in Tessaglia
1335. Giano, principe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna di Roma). Età dell’oro (vedi la f
ia. Perillo punito. 560. S’incomincia in Atene a scolpire le statue nel marmo. 522. Callimaco architetto inventa il Ca
stesso che Misraim, figlio di Cam. Altri pone il suo regno in Egitto nel 2965. E questi il Mercurio egiziano. 158. Il Bel
l 1207 l’arrivo d’Enea in Italia. 163. Altri pone la nascita d’Omero nel 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in
ia. 163. Altri pone la nascita d’Omero nel 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in luogo di Taleto e di Biante p
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
onde al gruppo delle isole chiamate ancora oggidì Eolie, o di Lipari, nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia. Il nome st
ive mutazioni dei venti che predominano in quelle isole. Anche Omero, nel libro X dell’Odissea, dice che Eolo « …. de’vent
Venti ; e la ragione è questa, che gli Antichi stessi furono incerti nel determinare da qual punto preciso quei Venti da l
llegorico, ma pur anco le ore diverse di quei giorni. Quand’egli dice nel Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su
o a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi. E quando nel Canto xxxii del Purgatorio vuole affermare che i
patronimico Hippotades, invece del nome di Eolo, come per es. Ovidio nel lib. iv delle Metamorfosi : « Clauserat Hippotad
arlato altra volta delle isole natanti o galleggianti, e precisamente nel N° XVI, a proposito dell’isola di Delo, che Pinda
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
ori, si riporta il preambolo del Manifesto di associazione pubblicato nel giugno del corrente anno. La Mitologia Greca e
egl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni
a di erudizione letteraria furono pubblicati per saggio xxii capitoli nel periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlat
i nel periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlato dal Tommasèo nel fascicolo del dicembre 1873 della Nuova Antologia
e ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli m
ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto nel titolo della medesima. C. Pescatori.
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imit
elementi eran confusi e misti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria era priva di luce. Non asserisce però
l’affaticarvisi. La sola spiegazione probabile o plausibile consiste nel considerare i miti come simboli o allegorie dei f
a spiegazione della scienza dei Cristiani. Nè soltanto nell’Inferno e nel Purgatorio, ma pur anco nel Paradiso sino all’ult
dei Cristiani. Nè soltanto nell’Inferno e nel Purgatorio, ma pur anco nel Paradiso sino all’ultimo canto, si trovano frasi,
eco, in latino, in francese e in inglese. L’ adopra per altro non già nel senso panteistico degli antichi e di non pochi mo
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con
te che non si debbono dare tali spettacoli, che riescono sconvenevoli nel teatro, perchè, sottoposti all’occhio fedele, div
tori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle tras
mo come una Divinità pelasgica. Ed ecco come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storica ; nei quali confini d
n Occidente. 57. Dante rammenta questa favola del ratto di Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : « Si ch’ io
dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua pref
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
tte e in quelli enciclopedici più moderni9. Bacone da Verulamio, che nel suo libro De Sapientia Veterum spiegò anche tropp
ccordo (e vi si unisce anch’egli) nella etimologia della parola Pan e nel simbolo indicato da questo Dio che, cioè, signifi
re, secondo le idee di Pitagora. Dante rammenta la favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile d
unisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio nel lib. i delle Metamorfosi, che cioè Mercurio per a
ano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio. Son celebri nella storia romana
dir sempre il Dio Pane. 10. Son queste le precise parole di Bacone nel libro de Sapientia Veterum cap. xi : « Antiqui un
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
ato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne conquistatore
e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformat
rchè non sia vivo (sit divus, dum non sit vivus). Questa stessa frase nel poema dell’Ariosto adopra Ruggiero, quando per si
giorno che l’imperatore andava sempre peggiorando. Intanto si ergeva nel Campo Marzio un grandioso rogo di legni intagliat
quello un’aquila, e dicevasi che l’augel di Giove portava in Cielo e nel consesso degli Dei l’anima dell’Imperatore. Se po
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
del Caos. Erravano dunque meno del famoso astronomo Tolomeo (vivente nel secondo secolo, dell’êra volgare), il quale fanta
esistesse anche in Cielo il diritto di primogenitura 20, a subentrare nel regno sarebbe toccato regolarmente al primogenito
ostro globo, diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai
ta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o asteroide scoperto da Olbers nel marzo del 1807 : ma poichè il segno simbolico che
 ……. Et Tellus Vestaque nomen idem est. » (Id. ibid.) Anche Cicerone nel 2° De Nat. Deor. aveva dato prima d’ Ovidio la st
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
e dei parenti. Il culto di Vesta, fu abolito in tutto l’impero romano nel quarto secolo dell’èra cristiana dall’imperator T
dicono che la Vestale colpevole era calata in una stanza sotterranea nel campo scellerato, e postole appresso un pane, un
neo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso. Al secondo modo era simile la pena de
econdo modo era simile la pena detta della propaginazione, che davasi nel Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in u
e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella qu
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
me dice Ovidio, pur anco le dure selci e i diamanti 23. Ma cadono poi nel feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti
nco le dure selci e i diamanti 23. Ma cadono poi nel feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti della natura (feti)
ella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome di abdir o abadir. Il feticis
no invece di esser grato al figlio e di contentarsi del secondo rango nel Cielo, quello di ex-re padre del regnante, s’indi
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
e dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Principii di Scienza Nuova asserisce
eòsi, secondo la greca etimologia, significa deificazione, e consiste nel considerare e adorare come Dei gli esseri della N
e loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per
invalsa l’idea e la credenza che gli astri fossero regolati e diretti nel vero o nell’apparente lor corso da Esseri soprann
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
aperte le lettere commendatizie. Iobate non volle macchiarsi le mani nel sangue di un ospite, e impegnò Bellerofonte in im
o spinse verso il Cielo, presumendo che gli Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per p
gue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però di cosa insussistente, inverisim
lle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esporre sulle prime file contro i nemici,
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aber
6 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo. Ma poi nel cadere della Repubblica e nei primi tempi dell’Im
e compierle col proprio braccio e co’propri mezzi. Vero è che in Roma nel culto pubblico e nel tempio che erale stato erett
io braccio e co’propri mezzi. Vero è che in Roma nel culto pubblico e nel tempio che erale stato eretto, questa Dea fu ador
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
na, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro linguaggio le immagini e le frasi dei poeti
antunque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale
lusive alla Mitologia, che si trovano nella Divina Commedia. E quando nel dar la spiegazione di qualche mito o favola non v
Quanto poi alle idee mitologiche dei classici greci e latini riporto nel testo, per chi non conosce le lingue dotte, gli o
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
tranieri. Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interp
Di Pandora stessa raccontasi pur anco da alcuni mitologi, che Giove, nel regalarle il fatal vaso, le avesse ordinato di po
che ne verrà l’occasione, secondo l’ordine cronologico e gerarchico, nel parlare dei figli di Giove. Peggio poi che bestia
Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulca
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
del re Oeneo, circa un secolo prima della guerra di Troia. Questo re nel fare un sacrifizio agli Dei in ringraziamento per
agro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato nel fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai,
cennare in quale occasione. Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
dunque recar maraviglia, leggendo il titolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che
prema inevitabile. In italiano è comune ancora il termine di fatalità nel significato di decreto o effetto di inesorabil de
pensava ai mortali16. Dante ha fatto poeticamente dipinger la Fortuna nel Canto vii dell’ Inferno da Virgilio poeta pagano,
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
te o almeno probabile. Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare gli enigmi degli antichi, va in oggi a
ggiabile dai loro più sublimi poeti, e in appresso accolti e adottati nel linguaggio poetico degl’italiani, nasce quindi il
70 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
correzione, e per un numero maggiore d’incisioni in legno intercalate nel testo. Giovi poi ripetere come la traduzione di q
71 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
produrre l’avvertimento premesso all’ edizione antecedente pubblicata nel 1854. « Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta
72 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
o e di Teti, 194. Flegetonte, fiume dell’Inferno, 220. Flegia, punito nel Tartaro, 247. Flegone, cavallo del Sole, 110. Flo
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