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1 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
a patria. La morte sul campo di battaglia era un olocausto agli Dei ; c’era cosa che così profondamente scolpita avesse
no ammesso il culto degli avi, ma non avevano pubblicamente deificato gli Scipioni, nè i Camilli, e restringevano il lo
to degli avi, ma non avevano pubblicamente deificato nè gli Scipioni, i Camilli, e restringevano il loro culto ad offer
or resistevano alle armi romane, conservava i suoi culti sanguinarj ; conosceva libazioni più grate agli Dei di quelle
umenti e di tradizioni, ell’era come il Panteon dell’universo pagano, vi si potea muover passo senza abbattersi in qual
ituzioni dello Stato. Ma la religione in sè medesima più non ispirava fede nè riverenza. I sapienti ed i grandi disdegn
dello Stato. Ma la religione in sè medesima più non ispirava nè fede riverenza. I sapienti ed i grandi disdegnosamente
imperatori. Allora comincia una guerra sterminatrice : non si perdona a sesso nè ad età ; le pubbliche piazze, le vie,
Allora comincia una guerra sterminatrice : non si perdona nè a sesso ad età ; le pubbliche piazze, le vie, le campagne
e si dirà mai questo, nel qual non si trova la natura del male ? Cioè timore, nè vergogna, nè tergiversazione, nè penit
ai questo, nel qual non si trova la natura del male ? Cioè nè timore, vergogna, nè tergiversazione, nè penitenza, nè do
l qual non si trova la natura del male ? Cioè nè timore, nè vergogna, tergiversazione, nè penitenza, nè doglianza ? Che
la natura del male ? Cioè nè timore, nè vergogna, nè tergiversazione, penitenza, nè doglianza ? Che sorta di male, dico
male ? Cioè nè timore, nè vergogna, nè tergiversazione, nè penitenza, doglianza ? Che sorta di male, dico, del quale il
rità ; poichè quel danaro non s’impiega in conviti, o in isbevazzare, in odiosi mangiari ; ma bensì serve per nutrire i
e secondo che l’obbligo della religione ci prescrive. Non ci ha luogo la viltà, nè l’immodestia. Non ci mettiamo a tavo
l’obbligo della religione ci prescrive. Non ci ha luogo nè la viltà, l’immodestia. Non ci mettiamo a tavola prima d’av
poi, non per andar tra le truppe di coloro che fanno alle coltellate, tra le schiere di chi va gridando a far delle ins
ed il vestire stesso e le medesime necessità della vita ? Perciocchè siamo Bracmani, nè Ginnosofisti degl’Indi, abitat
so e le medesime necessità della vita ? Perciocchè nè siamo Bracmani, Ginnosofisti degl’Indi, abitatori delle selve, o
non siamo bastanti a riparare agli nomini e a’vostri Dei mendicanti ; crediamo di dover dare la limosina, se non a chi
ro probità e la loro giustizia si limitavano ai confini della patria, oltrepassavano l’estensione del proprio paese. I
2 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
ne, v’abbia introdotta una connessione di Fatti in forma di perpetua, mai interrotta narrazione : disegno sarebbe stato
sdegnò di ammettere con apertissima contraddizione più Nature Divine, ebbe in orrore di tributare alle più vili creatur
Romano Impero(h) (2). Se si smorzava, se ne traeva infausto presagio, si poteva riaccenderlo che con ispecchi opposti a
ia.(4). Nel predetto tempio non pote ano entrare gli uomini di notte, penetrare giammai in quella parte del medesimo, o
no Isiaci, i quali menavano una vita assai austera : non facevano uso di sale, nè di vino ; vestivano di lino ; andavan
quali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè di sale, di vino ; vestivano di lino ; andavano colla test
vvenne, che il medesimo d’improvviso si arrestò alle foci del Tevere, v’era forza sufficiente a farlo più oltre avànzar
rpina(e) (10). Ciane voleva palesare a Ceiere quanto le era avvenuto, potendo farlo colla voce, supplì col far comparir
una fascia, caduta a Proserpina in quelle acque. La riconobbe la Dea, pose in dubbio che la figlia sua fosse stara rapi
te nuova, la quale non deponevano, se non quando era divenuta lacera, si poteva più usare (e). Altri poi dicono, che la
trone. Anche queste, vestite a bianco, portavano delle torcia accese, mangiavano che la sera, perchè così avea fatto Ce
e, e si propose di cruciarl col mezzo della Fame. Non conveniva però, permetteva il Fato, che la Fame si unisse con Cer
una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le viscere di Erisittone, a lasciarvisi giammai vincere dall’ affluenza di
are il padre suo, sempre più affamato. Si scuoprì alfine l’artifizio, più vi fu chi comperasse Metra. Erisittone allora
fertilità ; o perchè a Dea, addolorata per la perdita di Proserpina, potendo addormentarsi, usò di quel fiore, che ha
onde poter affermare a Saturno, che il di lui figliuolo non trovavasi in cielo, nè sulla terra, nè in mare ; e che fina
fermare a Saturno, che il di lui figliuolo non trovavasi nè in cielo, sulla terra, nè in mare ; e che finalmente ella,
o, che il di lui figliuolo non trovavasi nè in cielo, nè sulla terra, in mare ; e che finalmente ella, acciocchè non si
ini (d). Giove quindi seppellì tutti gli uomini in un abisso d’acque, lasciò in vita che Deucalione, figlio di Prometeo
tratura, affinchè sempre attendesse al culto del suo Nume. Non poteva andare a cavallo, nè dormire la notte fuori di Ro
pre attendesse al culto del suo Nume. Non poteva nè andare a cavallo, dormire la notte fuori di Roma, nè rimirare un es
e. Non poteva nè andare a cavallo, nè dormire la notte fuori di Roma, rimirare un esercito disposto in battaglia, nè en
a notte fuori di Roma, nè rimirare un esercito disposto in battaglia, entrare in un luogo, ove vi giacesse un morto. Se
austo presagio, o per un avviso del Nume, ondo Haminio si arrestasse, si esponesse al combattimento. Egli tuttavia voll
endo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava di vederlo, potendo più resistere alle di lui istanze, uccise
alcune delle loro donne per popolare la città, che avea fabbricato ? avento potuto ottenernele, se le rapi mediante la
tori, colà si ritirava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che gli alberi, nè gli animali, benchè fossero oppost
itirava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alberi, gli animali, benchè fossero opposti a’ raggi del
ciuto i di lui sudditi : Stabilì quindi di ucciderlo, mentre dormiva, essendovi riuscito, fece un altro tentativo. Gli
; e tutti subito da di là si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, altro restè nel fondo di quello che la speranza,
be in quel momento la giovine, ma troppo tardi, quanto egli la amava, volendo neppure ella sopravvivere a lui, si privò
i gli animali. La sola Ninfa. Chelone, se ne rise di tale matrimonio, volle intervenirvi. Mercurio portossi alla di lei
una mortale(3). Giunone, sollecita sempre di Giove, lo andò cercando, potendolo trovare in alcun luogo del Cielo, abbas
Ivi la statua della Dea era tenuta da’ Romani in grande venerazione, alcuno osava di toccarla (f). Come Era ottenne in
le anime de’ trapassati. Esso si chiama il Campo della Verità, perchè la menzogna, nè la calunnia possono mai introdurv
passati. Esso si chiama il Campo della Verità, perchè nè la menzogna, la calunnia possono mai introdurvisi. I Giudici d
ora un buc per le mosche, le quali sazie di quel sangue volavano via, più vi ritornavano(a). Augusto dopo la vittoria,
n premio a’ vincitori. Ma questi tripodi si consecravano poi al Nume, era lecito portarli a casa(c). Fu detto Soratte d
ue all’ aperto dell’ aria sul nudo terreno. Per nove giorni non prese cibo nè acqua, e sempte se ne stette, accompagnan
aperto dell’ aria sul nudo terreno. Per nove giorni non prese nè cibo acqua, e sempte se ne stette, accompagnando coll’
Tenero(45). Egli, come seppe, ch’ella trovavasi appresso questo Nume, che il medesimo gliela avrebbe restituita, incend
ercasse, non mai poteva ritrovarla. Aretusa tuttavia era in angustie, osava di muovere un piede, nè di respirare per no
arla. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava di muovere un piede, di respirare per non iscoprirsi. Un freddo sudore
e in canestri certi sacrifizj al tempio di Diana, e divenute gravide, potendo più usare della loro consueta cintura, la
ciascun anno (e). La statua di Diana Cindiade avea il privilegio, che pioggia, nè neve le cadeva sopra, benchè fosse al
(e). La statua di Diana Cindiade avea il privilegio, che nè pioggia, neve le cadeva sopra, benchè fosse all’aperto (f)
a. Coloro poi, come scrive Cicerone, non ispargevano mai una lagrima, mettevano alcun lamento. Quelli, che morivano sot
trovasse allo scoperro, pure non veniva mai bagnato dalla pioggia(c), sopra di quello si offerivano che incenso e fiori
rare lungo tempo. Parve alla Ninfa, che Selinno scemasse in bellezza, più il guardò. Così se ne afflisse il Pastore, ch
ove(e). Incontratosi in Apollo, che pur era stato esiliato dal Cielo, sapendo come vivere, si unì a lui per ajutare Lao
bensì la disgustarono i simboli, espressi da Aracne nel suo arazzo ; potendo più frenare la collera, si avventò contro
incenerite. Insorse ben presto una pestilenza, che desolava Corinto ; essa secondo la dichiarazione dell’Oracolo dovea
; le maggiori poi ogni cinque anni. Da principio erano semplicissime, duravano che un giorno. In seguito vi s’introduss
masi Fato, o Necessità. A questo Nume non fu mai eretto alcun tempio, statua alcuna. Solamente nella Cittadella di Cori
imali. Quindi potevano essere venduti, niente possedevano di proprio, guadagnavano per se cosa alcuna. Tutto era de’pad
o poi accadeva, che il vento all’aprirsi della porta le dispergesse ; più ella le rimetteva nell’ ordine primiero donde
nte nell’ agilità de’ piedi. Volea rimanersene vergine nelle foreste, altro piacere coltivava che quello della caccia s
di Macareo o Megareo, e di Merope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, si sbigottì del tristo fine di tanti altri, ma su
nel pigliare anche quello : ond’è che rimase alle spalle d’Ippomene, più gli contrastò il trionfo. Ippomene sconoscent
quando per la terza volta fece pure fronte a tutti i suoi Avversarj, gli restava a vincerne che uno, per riportare il
che tempo anche siffatto esercizio. Al suo ritorno volle riprenderlo, si trovò più capace. Ne concepì tale rincrescimen
fulmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, era permesso di più averli ad uso profano (b). Ni
orsa. Il di lei figliuolo, andato anch’egli alla caccia, la incontrò, avendo potuto riconoscerla, voleva ucciderla ; ma
er bere alla fonte. Cercò la fanciulla di salvarsi in qualche grotta, badò a raccorne il velo cadutole. La fiera nel re
ando somiglievole a Tereo, ne disegnò lo scempio. Lo ferì nel petto ; fu sazia d’un solo colpo anche Filomela, la quale
com’era l’uso d’Atene nel tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, seppe di mangiare le sue carni in quelle del figl
d’aver offerto un sacrifizio, si addormentarono nello stesso tempio, più si svegliarono, poichè Giunone avea loro mand
ci opprimono sulla terra. La falce tronca indistintamente ogni cosa, altrimenti si fa dalla Morte. Il ragno, ch’ è ani
tenuta sempre come inesorabile, non fu mai diretta alcuna preghiera, le si offerirono sacrifizj, nè le vennero alzati
, non fu mai diretta alcuna preghiera, nè le si offerirono sacrifizj, le vennero alzati tempj(f). (4). Il Sonno è il f
Non era permesso che il canto melanconico, detto l’Inno delle Furie, si usavano stromenti. Si facevano solamente libaz
per onorare le medesime Deità. Duravano undici giorni, nel qual tempo si solennizzavano gli sponsali per timore che rin
si solennizzavano gli sponsali per timore che rinscissero sciagurati, si aprivano che i tempj di Plutone e degli altri
talmente per l’affizione si consunse, che rimase convertita in sasso, lasciò di se che la voce, di cui pure non potè ma
miseramente perire. Tutti a vista di sì atroce delitto inorridirono, più v’era chi volesse accogliere quel crudele Mon
nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava sempre girando, lasciavagli un momento di riposo(b). Le Danaidi,
a sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo ad età nè a condizione i nomi di coloro, che il D
tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età a condizione i nomi di coloro, che il Destino ord
ver danari (l) : benchè Giovenale ci attesta, che questa Dea non ebbe culto, nè altari (a). Si ricorreva alla seconda d
(l) : benchè Giovenale ci attesta, che questa Dea non ebbe nè culto, altari (a). Si ricorreva alla seconda delle tre p
’Isola di Delo, per esservi nato Apollo, divenne sì rispettabile, che catti vi si alimentavano, nè alcuno vi si seppell
ato Apollo, divenne sì rispettabile, che nè catti vi si alimentavano, alcuno vi si seppelliva, nè le donne vi partoriva
ttabile, che nè catti vi si alimentavano, nè alcuno vi si seppelliva, le donne vi partorivano(b). Si sa inoltre, che i
o, che le sue ricchezze di giorno in giorno grandemente si scemavano, potendo conoscere, come ciò avvenisse, tese un ag
mede. Trofonio, non potendo liberarnelo, gli troncò il capo, affinchè il fratello fosse riconosciuto, nè egli come comp
nelo, gli troncò il capo, affinchè nè il fratello fosse riconosciuto, egli come complice di lui fosse scoperto. Altri f
ui morte i Romani andarono a cercare quella Ninfa nel predetto luogo, vi trovarono che una fontana, in cui immaginarono
ta la cura di allevarlo. Crebbe Jone all’ombra degli altari, senzachè egli, nè colei avessero alcun lume riguardo a chi
a di allevarlo. Crebbe Jone all’ombra degli altari, senzachè nè egli, colei avessero alcun lume riguardo a chi gli avev
osceva il periglio, a cui esponevasi l’incauto figlio. Ma non potendo colle ragioni dissuadernelo, nè colle preghiere,
vasi l’incauto figlio. Ma non potendo nè colle ragioni dissuadernelo, colle preghiere, fu con estremo suo rammarico dal
te però non giunse a conoscere abbastanza la strada che dovea tenere, ebbe forza sufficiente a reggere i cavalli di suo
zza, ed era il legame talmente aggirato, che non si poteva conoscerne il principio, nè il fine. Alessandro fece ogni te
game talmente aggirato, che non si poteva conoscerne nè il principio, il fine. Alessandro fece ogni tentativo per iscio
lifonte divenne un uccello, che canta solamente la notte, che non può bere, nè maugiare, e la di cui apparizione è un s
ivenne un uccello, che canta solamente la notte, che non può nè bere, maugiare, e la di cui apparizione è un segno cert
di Agiasarcò. Costui, entrato in un antro per riposarsi, prese sonno, si svegliò che dopo settanta cinque(b), o, come a
lle loro case(b) ; ne’tempi posteriori lo facevano fuori della città, in quelle tumulavano che i porsonaggi illustri(c)
gli permise d’aspettare, che il mare si fosse del tutto abbonacciato, avendo forze bastanti a superarlo, si annegò. Le
me invisibilmente ne la trattenne. Ella andò a cercarlo da per tutto, ebbe riguardo di ricorrere per fino a Venere, ben
rsi del Campidoglio, invocò questa Dea, onde gliene aprisse l’adito ; sapendo quale ne fosse il nome, le impose il pred
ta de’ cittadini(h). Il medesimo si raccoglieva sempre di notte, onde l’accusatore, nè l’accusato colla presenza loro p
h). Il medesimo si raccoglieva sempre di notte, onde nè l’accusatore, l’accusato colla presenza loro potessero produrre
3 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
. Ad ogni corpo di questo universo fu assegnata la propria divinità ; vi fu luogo che non fosse sotto la protezione di
nta filosofia non racchiude la immutabilità del Fato, cui non vincono i potenti della terra nè gli stessi Dei ! 24. Il
de la immutabilità del Fato, cui non vincono nè i potenti della terra gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra
o ; od almeno non riconoscevano altro uomo più antico di lui ; sicchè le loro istorie nè le loro tradizioni segnavano e
iconoscevano altro uomo più antico di lui ; sicchè nè le loro istorie le loro tradizioni segnavano epoche anteriori all
perpetua fiamma chiamata il fuoco sacro. I Greci non davano principio termine a verun sacrificio se prima non avessero
abolita la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e
fiori con le sue compagne sulla pianura d’ Enna in Sicilia, rapilla ; valse l’ ardita difesa della ninfa Ciane che fu d
farle ricuperare la figlia, se questa nell’Inferno non avesse toccato bevanda nè cibo ; ma per sua sventura Proserpina
erare la figlia, se questa nell’Inferno non avesse toccato nè bevanda cibo ; ma per sua sventura Proserpina aveva assag
la vittima sacrificata a Cerere fu una scrofa gravida o una ariete ; a’suoi altari mescevasi vino o si recavano fiori,
one, il quale riponeva la vera ricchezza nella virtù, solo tesoro cui tempo nè fortuna possono far perire. Laonde anche
uale riponeva la vera ricchezza nella virtù, solo tesoro cui nè tempo fortuna possono far perire. Laonde anche Solone r
n arco in mano, e con saette a’ fianchi, Contra le qua’ non val elmo scudo : Sopra gli omeri avea sol duo grand’ ali D
a ; o piuttosto pensava che l’amor puro e vero non guarda a ricchezza a povertà ; chè anzi si accompagna principalmente
riverente l’ Italia, surse tant’alto, che altri nol raggiunse giammai prima nè dopo. « Quindi avvi un Amore universale,
l’ Italia, surse tant’alto, che altri nol raggiunse giammai nè prima dopo. « Quindi avvi un Amore universale, un senti
er la sentenza d’ alcuni che dicono non esservi grazia senza decenza, decenza priva di velo. Sacra tutela son le Grazie
ante, che non stava mai ferma in un proposito ; e non valevano meriti buoni ufficj per cattivarsene il cuore ; sicchè l
rso l’ Amore, e indegna dei suoi beneficj. Amore non vuole diffidenza sospetti ; egli ti chiedeva intera corrispondenza
presiedè alla cerimonia del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta più felice unione di quella. Facile è discoprire
per coloro i quali, studiando il vero, non debbono rimanere atterriti dalle difficoltà di ritrovarlo nè dai pericoli di
ero, non debbono rimanere atterriti nè dalle difficoltà di ritrovarlo dai pericoli di manifestarlo. Secondo alcuni Prot
residente del tribunale, dove non valevano a mitigar la pena meritata ufficio d’avvocato, nè potere di’ re, nè donativi
, dove non valevano a mitigar la pena meritata nè ufficio d’avvocato, potere di’ re, nè donativi, nè scuse. 228. Minoss
o a mitigar la pena meritata nè ufficio d’avvocato, nè potere di’ re, donativi, nè scuse. 228. Minosse, figlio di Giove
a pena meritata nè ufficio d’avvocato, nè potere di’ re, nè donativi, scuse. 228. Minosse, figlio di Giove (63) e d’Eur
tigare o a rattenere l’esecuzione dei loro severi decreti non valgono bellezza, nè gioventù, nè amicizia, nè amore ; qu
ttenere l’esecuzione dei loro severi decreti non valgono nè bellezza, gioventù, nè amicizia, nè amore ; quelle sventura
cuzione dei loro severi decreti non valgono nè bellezza, nè gioventù, amicizia, nè amore ; quelle sventurate non lo han
oro severi decreti non valgono nè bellezza, nè gioventù, nè amicizia, amore ; quelle sventurate non lo hanno mai conosc
e, sorda ai voti ed alle suppliche dei mortali, senza portar rispetto a grado nè ad ingegno : Ed una donna involta in
voti ed alle suppliche dei mortali, senza portar rispetto nè a grado ad ingegno : Ed una donna involta in vesta negra
ori, gr.) figlio di Giove (63) e re di Lidia, era sordidamente avaro, riconosceva altra deità che il denaro. Un giorno
rano sempre onorate insieme con le Grazie (175) nel medesimo tempio ; celebravasi onesto e gradevole banchetto senza ch
rne ed alle nuove fogge di vestire e di adornar la persona. Non aveva tempio, nè sacerdoti, nè sacrifizj di vittime. I
nuove fogge di vestire e di adornar la persona. Non aveva nè tempio, sacerdoti, nè sacrifizj di vittime. I suoi adorat
i vestire e di adornar la persona. Non aveva nè tempio, nè sacerdoti, sacrifizj di vittime. I suoi adoratori lo invocav
ra una testa che aveva l’effigie d’idolo agreste ; ma non gli dettero braccia nè piedi, affinchè non potesse mai mutar
a che aveva l’effigie d’idolo agreste ; ma non gli dettero nè braccia piedi, affinchè non potesse mai mutar posto. Altr
e sembianze di giovanette ; ma gli antichi non le onoraron di templi, vollero accordar loro la immortalità, supponendo
iogo spezzato ed un gatto, perchè questo animale non sopporta vincoli servitù. Belli sono quei versi del Monti nella Ma
l ciel, di tua divina Luce adornata e di virginee bende ; Vaga si che greca nè latina Riva mai vista non l’avea giammai
i tua divina Luce adornata e di virginee bende ; Vaga si che nè greca latina Riva mai vista non l’avea giammai Di più c
nde il suo veleno ; sempre agitata dall’ inquietudine, non ride mai ; mai il dolce sonno chiude le sue pupille. Ogni ev
dosi, scorgea venir da lungi la Verità, non meno allegra che modesta, meno modesta che bella. Con questa tavola scherzò
na indivisibile la Dolcezza, ma è distratta, pensierosa, e non guarda la terra nè il cielo ; e par che ricerchi nel pro
ile la Dolcezza, ma è distratta, pensierosa, e non guarda nè la terra il cielo ; e par che ricerchi nel proprio cuore s
ni l’uno e l’altro serpente da Giunone mandati, non si alterava punto poco in veder quivi la madre spaventata e fuori d
occhi appannati, le squame non più vivaci per la porpora e per l’oro, più lucenti nel moto, ma scolorite e livide. Semb
Con più color sommesse e soprapposte81 Non fer ma’in drappo Tartari Turchi, Né fur tai tele per Aragne imposte. Come
dre loro ; ma gl’ incantesimi non ebbero alcun effetto. E in sostanza gli artifizj nè l’ audacia di quella colpevole av
’ incantesimi non ebbero alcun effetto. E in sostanza nè gli artifizj l’ audacia di quella colpevole avventuriera basta
ono ; ebbi del regno Parte migliore, il genitor diletto. Vivo per te, un solo istante, o padre, Dall’amarti io cessava,
mura di Troja. 519. Questa guerra divise in due parti anche i Numi ; Giove (63) seppe impedire uno scandalo così grand
ore doveva essere causa della morte d’Achille. Così volevano i fati ; valsero i consigli di Chirone che lo aveva ammoni
e luogo fossero riposte ; e Filottete, non volendo violar la promessa tradire le speranze dei Greci, additò con un pied
senio per l’ ossa un gelo, E, vieni, salvami, fedel mia prole, Gridò, inutili le sue parole Volâr pel cielo. Corso il m
 ! 560. Ma i Cretesi inorriditi da tanta barbarie gliela impedirono ; vollero più servire ad un re tanto iniquo ; e l’o
attuto tanti giorni contro il furore delle onde, e non seppe scorgere abitazioni nè abitanti ; ma vinto dalla stanchezz
iorni contro il furore delle onde, e non seppe scorgere nè abitazioni abitanti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno,
a Gaeta, Prima che si Enea la nominasse ;104 Nè dolcezza di figlio, la pieta Del vecchio padre, né il debito amore, L
o scudo. Il riconobbe Ettore, e freddo corsegli per l’ossa Un tremor, aspettarlo ei più sostenne ; Ma lasciale le porte
ruina, Soprattutto alla mia, tanti uccidendo Giovinetti miei figli : mi dolgo Si di lor tutti, oimèl quanto d’un solo,
ta, perchè non potè mai consolarsi della perdita del suo caro Ettore, di quella dell’innocente Astianatte. Paride.
iunone e Minerva, punte da gelosia, macchinarono la rovina di Troja ; tardò l’occasione. 601. Paride, fattosi riconosce
e di Troja. 602. Nel tempo dell’assedio, Paride combattè con Menelao, sarebbe stato salvo senza la protezione di Venere
llo di prima. L’albero apertosi alla prima scossa, tosto si richiuse, l’atleta potè più cavarne le mani, e gli toccò ad
tero ai vincitori corone, prima di quercia, poi d’alloro o di palma ; vi mancarono premj di musica, di danza e di poesi
ù comune opinione sono i due Tindaridi, cioè Castore e Polluce (441), manca chi li dichiari Apollo (96) ed Ercole (364)
celibi e poveri ; si radevano il capo, non mangiavano carne di maiale carne salata, si coprivano con lunghe vesti di li
ustodia, non erano altro che simboli della divina potenza. Non ebbero templi nè simulacri. 714. I loro sacerdoti, chiam
on erano altro che simboli della divina potenza. Non ebbero nè templi simulacri. 714. I loro sacerdoti, chiamati Magi,
i fa vedere che gli antichi non ignoravano i fenomeni dell’electtrice i aegreti della fisica sperimentale. 18. Per la
ro i travagli e le conteae. » (Mario Pagano. Saggio I.) 22. Nè Omero Esiodo parlano di questa metamorfosi di Giove in
. Nè Omero nè Esiodo parlano di questa metamorfosi di Giove in cigno, dell’uovo maraviglioso onde nacquero i Dioscuri (
capre uccise de Diana sul monle Cinto. Non vi sacrificavano animali, lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Qu
lle onde. Artemisia I. regins di Caria, incontrò la medesiora sorte ; altre denne poterono mai aopravvivere alla terrib
4 (1880) Lezioni di mitologia
timonianza di grato animo e di affetto, che non iscema per lontananza per tempo, v’intitoli, fra le Opere che tutte riu
ani di due fratelli destinati alla colpa ed all’odio vicendevole, che la pietosa sorella, nè la madre veneranda per la
tinati alla colpa ed all’odio vicendevole, che nè la pietosa sorella, la madre veneranda per la maestà dei mali, nè la
nè la pietosa sorella, nè la madre veneranda per la maestà dei mali, la morte stessa può estinguere, poiché la pira ch
di assurdità sia un’alterazione della Genesi di Mosè; che io non sono curioso nè ardito per investigarlo. Aggiungerò so
à sia un’alterazione della Genesi di Mosè; che io non sono nè curioso ardito per investigarlo. Aggiungerò solamente che
collo. S’indoravano le corna delle vittime, e si cingevano di bende: a questo uso sceglievasi il rifiuto, ma la gloria
gloria del gregge. Puro esserne doveva il colore, perfette le membra, bove che mostrasse dall’ ingrato aratro consumato
e.   Solenne il rispetto che gli antichi avevano per gli altari, onde lume profano poteva accendere il loro foco, nè da
o per gli altari, onde nè lume profano poteva accendere il loro foco, da questo poteva accendersi lume profano. Guai a
ccennato parere non può considerarsi che come un sogno, e non è senno lode combatter coll’ ombra. Abuserei colla vostra
n cor di tutti Maraviglia e pietade. È sul paterno Sepolcro Pirro, ma cor, nè volto Muta l’ardita vergine, e rivolge Si
tutti Maraviglia e pietade. È sul paterno Sepolcro Pirro, ma nè cor, volto Muta l’ardita vergine, e rivolge Sicuro il
si patteggiò con Plutone dieci uomini per la propria vita. Nè a sesso a età perdonavasi in questa orribile espiazione:
o di osservare che nelle più antiche statue egizie non erano separate le gambe, nè le braccia; chiusi stavano gli occhi
e che nelle più antiche statue egizie non erano separate nè le gambe, le braccia; chiusi stavano gli occhi, pendule le
fine Tantalo elegge: in lui punir dell’avo Voleva il nome. Non preci, pianti Perde il giovin sicuj’o: ampia ferita Gli
volontarj producevano tutti i frutti. Veleno non avevano i serpenti, avidità di sangue i lupi; il mare non aveva proce
n fra loro eguali, Siccome quelle di crescente luna, Venne sul prato, terror la vista Pose nel core alle donzelle. Ognu
orti, o dio! Toro, chi sei? perchè coi duri piedi Solchi l’umida via, temi il mare? Scorron solo le navi il mare; i tor
ei tu forse un dio? Ma non opri da nume. In mare il toro Non cammina, può sopra la terra Far viaggio il delfino; e tu p
fato soggiacque, e quella pure di Temi, amore lo prese della sorella; la reverenza del sangue comune protesse Giunone d
ricopre e serra, E ch’in ogni parlar è chiaro il giorno. Vedendo che i fiumi nò la terra L’han generata, riguardando i
he in ogni parte, Da dove nasce il Sol fin all’occaso, Già ti cercai, mai potei trovarte, E finalmente or t’ ho trovata
so. « Nè l’immagine fedelmente espressa dal marmo (così il Visconti), quanto possiamo dire di questa eccellente statua
la soave inclinazione del capo verso la destra, non lasciano dubitare dell’azione della figura, nè della convenienza de
o verso la destra, non lasciano dubitare nè dell’azione della figura, della convenienza degli accennati attributi. Se s
mpio di Platea in piedi appunto, e molto maggior del naturale. Ma ora possiamo distinguere con precisione la maniera di
cui opere non conosciamo che alcune copie per plausibile congettura, sappiamo la provenienza della statua da tempi rem
tenti Certa sii d’ottener. De’ tuoi trionfi Godo al par che de’ miei; del mio zelo Chieggo mercé: solo Giunon rammenti
rman, sovrano e nume. Tutto mi sei. Se i dolorosi Greci Salvi bramai ( sola io già), se giusta La lor causa credendo, os
ell’augusto letto Conscio della mia fé, che mai non seppi Nè profanar spergiurar: prescrivi. Ecco l’ancella tua; solo m
ti e va superbo Di doppio nome. Ed io madre non sono Senza il marito, compensa i danni E la vergogna prole unica e mia.
ia di Giove senza però averne l’aspetto egualmente maestoso e sereno, dalla nudità, che ben conviene al nume dell’acque
rizza l’astuto figlio di Maia come Omero l’appella, παιδα πολυτροπον` lascia il miuimo dubbio che questo marmo ci offra
altro ha la nostra statua la serena avvenenza del volto, non ha però i lineamenti coi quali in altre antiche reliquie
esentato, nò l’ornato; poiché lo sogliamo sedente vedere colla benda, finalmente i capelli che crespi in nessuna immagi
e anco traspare sotto la rotondità delle forme giovanili, non ha però la pelle leonina, nè la grossezza del collo, nè l
la rotondità delle forme giovanili, non ha però nè la pelle leonina, la grossezza del collo, nè la proporzione della t
iovanili, non ha però nè la pelle leonina, nè la grossezza del collo, la proporzione della testa nè finalmente la fison
lle leonina, nè la grossezza del collo, nè la proporzione della testa finalmente la fisonomia, ch’è nel nostro marmo as
isore della lucertola. Nò il soggetto rappresentato in questa azione, l’artefice di sì bell’opera, sono menzionati nel
. Vedremti, o lungo Saettante, e grandi Sarem. Non taccia mai piede, cetra, Febo presente, se d’Imen le leggi Desiate
ile rendeva un’alta saviezza con una perfetta cognizione dei misteri, Museo che si era propoposto d’imitare Orfeo, voll
ove si custodiva il danaro consacrato ad Apollo. Oggi non vi è danaro in questo luogo, nè in alcun altro del delfico te
danaro consacrato ad Apollo. Oggi non vi è danaro nè in questo luogo, in alcun altro del delfico tempio. Segue il dono
le dee minore Solo di Giuno, non avrò gli altari Che i secoli onorar, fia chi adori Mia dubitata deitade? figli, Soccor
redda è la lingua: più non scorre il sangue Nelle vene: non pie muove braccia, Nò collo: il core, il core stesso è sass
volto lo sdegno; ma in quel modo che non ne altera la soave bellezza, la interna serenità inseparabile dalla natura di
tale, nessuno indizio si scorge dell’umana fralezza. Non vi son nervi vene che a quel corpo diano delle ineguaglianze e
rme sono grandiose, e sublimi eziandio nella loro giovine morbidezza; rassomigliano già quelle di un amante effemminato
e fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, dee farci maraviglia che tuttavia non sia stata s
turo danno: Or ti lice narrar che senza velo Mi vedesti se il puoi: — più minaccia. Giunge alla fronte di vivace cervo
, or fra stagni paludosi: l’amante per balzi e per dirupi la seguiva, cessò mai finche avendola quasi afferrata ella si
il quale ne spregiava gli altari, toccarono in sorte pugne infelici: vi sia alcuno che ardisca di contrastarle l’arte
lezza anziché ricavata dal naturale: pure bellissimi ne sono i piedi, più ben fatti si veggono nelle più belle greche f
nei terreni dell’Asia ingrossi e cresca a dismisura. Nè Chersifrone, il suo figliuolo Metagene terminarono un’ opera c
vide, ed arse, E felice, esclamò, colui che degno Di tue nozze farai: più concesse Il loco ed il pudor. Dell’alta gara
dell’antica fiamma. La giovinetta non domò col fuso La man sdegnosa, all’indocil chioma Impose leggi: sol frenò la ves
suoi orli guerniti di serpi sospenda così il sovrapjosto paludamento: al certo altra cagione saprei immaginare per un t
gno, che resta a prima vista evidente, benché non siavi rappresentato il putto collo sciugatoio, nè indicata l’attitudi
vidente, benché non siavi rappresentato nè il putto collo sciugatoio, indicata l’attitudine di tergersi come in altre g
. Le mollezze dei balsami non convengono alla dea delle selve giacché Pallade, nè Giunone stessa, quantunque nè guerrie
e dei balsami non convengono alla dea delle selve giacché nè Pallade, Giunone stessa, quantunque nè guerriera, nè cacci
lla dea delle selve giacché nè Pallade, nè Giunone stessa, quantunque guerriera, nè cacciatrice, ne volle usare neppure
selve giacché nè Pallade, nè Giunone stessa, quantunque nè guerriera, cacciatrice, ne volle usare neppure il giorno del
rea, e in sua magione Stannosi indarno i pargoletti Amori. Teco perì, più possiede incanto Olà sì pieno di grazia il mi
one infitte Rammollano col foco ad imbandirne Largo convito signoril; lente Dei polverosi mietitor le mogli E le figlie
guenti hanno aggiunto a questa favola circostanze, che non la rendono più facile, nè più ingegnosa. Gli storici che del
giunto a questa favola circostanze, che non la rendono nè più facile, più ingegnosa. Gli storici che dell’allegoria scr
on avesse distinti coir iscrizione i personaggi, ai quali non ha dato espressione, nè attributi che possano fargli cono
ti coir iscrizione i personaggi, ai quali non ha dato nè espressione, attributi che possano fargli conoscere. Ritornand
una semplice tunica talare stretta e alquanto ripresa dalla cintura, avente altra sopraveste che un peplo senza manich
mbolico potesse essere o caratteristico, sembrava non dar nessun lume allo scultore per convenientemente risarcirla, nè
non dar nessun lume nè allo scultore per convenientemente risarcirla, all’erudito per acconciamente denominarla. Pensai
rintraccia chi fosse quest’ Eumolpo fra tanti ch’ebbero questo nome, conviene alla brevità proscrittami il riportare l
ziavano in questi misteri i figliuoli degli Ateniesi ancor fanciulli, gli Ateniesi solo, ma i Greci tutti. Demonace e S
? Non io di Flegra nel fatai tumulto Portai l’insegne contro il Ciel, sono Conscia d’alcun delitto, eppur m’aspetta Il
menti con funeste cure Proserpìna il tuo cor? scettro maggiore Avrai, son di te consorte indegno. Io pur son prole di S
e la digiuna Fame. A lei comanda che nel sen si celi Di quel profano, alla copia ceda, E con le forze mie combatta e vi
la venustà sono le doti principali di questa scultura, che non manca di verità, nè di morbidezza. La celeste fisonomia
no le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, di morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe
e dice il divino Dante: « che seggendo in piuma In fama non si vien, sotto coltre: Sanza la qual chi sua vita consuma,
rice degli uomini e degli Dei non lo avesse salvato. Non vi è istoria favola veruna che mostri esenti mai sempre i gran
ueste immagini, come nella maggior parte, una all’ altra sovrapposte, tali sono in quelle del Sonno in età più adulta.»
e ciò farci cangiar di pensiero poiché il capo è di moderno restauro, possiamo avere il piacere, o di verificare l’opin
nato. Ma Luciano lasciò scritto che a Saturno non furono posti ceppi, tolto il regno, ma volontariamente renunziò, come
ia, unicamente occupati della vita pastorale, senza alcuna cognizione delle leggi della società, nè dell’arti più neces
vita pastorale, senza alcuna cognizione nè delle leggi della società, dell’arti più necessarie. Polifemo figlio di Nett
suore di cerulei serpi; Cessò il latrato nell’aperte gole Di Cerbero, più moveva il vento La rota Issionea. Vinto ogni
ra sotto la terra servì per far credere che fosse un fiume infernale, poco vi contribuì lo stesso nome, che significa s
erò che il braccio delle Nemesi di Smirnee restasse afi’atto isolato, reggesse alcun poco il peplo o l’orlo della sopra
eva condotto questo inimitabile lavoro. Non fu strano il cangiamento, assai difficile, non avendo ancora lo scalpello d
e all’odorata cera I nodi, e già s’è liquefatta; i nudi Bracci scote, piii l’aere aduna Perchè gli manca il remeggiar d
d a proposito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che quella di Raamunte, nè altra, che antica fosse, n
esi con essa identificata, scrive Pausania che nè quella di Raamunte, altra, che antica fosse, ne aveva; ma che poi ave
o, la fatica dei bovi sarebbe perduta: — vale a dire non fiorirebbero il commercio, nè l’agricoltura, cho sono le due s
bovi sarebbe perduta: — vale a dire non fiorirebbero nè il commercio, l’agricoltura, cho sono le due sorgenti della ric
mi sento Per lei doni maggiori Di tutti i regni tuoi, Nè tu recarli, rapirli puoi, E come non comprende il mio pensier
delle statue mitologiche, ma sembrano di cuoio, che coprono il piede mostrano allacciatura. Simili calcei detti dai La
e rendere le dovute esequie ai due corpi, non vuole essere di accordo mescolare le sue fiamme, ma le allontana l’una da
a ancora in questa tomba. — Andromeda. — Questo non è il Mar Rosso, questi gl’Indiani: ma gli Etiopi, e un Greco nell
sentato finissimo e traspa rente. Di simil costume non trovo vestigio in autori nè in monumenti. Abbiamo, è vero, in Po
simo e traspa rente. Di simil costume non trovo vestigio nè in autori in monumenti. Abbiamo, è vero, in Polluce una ton
rti che Teseo è quello che è nella nave, Bacco quello eh’ è in terra, a te come ignaro dirò di riguardare la fanciulla
sta circostanza, son rigettati. Nè le Baccanti si servono di cimbali, i Satiri di tibie presentemente che lo stesso Pan
a, ma il fumo di Atene, e può dirsi che Arianna non abbia conosciuta, innanzi, nè dopo, e che si sia dimenticato del La
o di Atene, e può dirsi che Arianna non abbia conosciuta, nè innanzi, dopo, e che si sia dimenticato del Laberinto e de
Quest’ avventura stabilì in Paros 1’ uso di sacrificare senza flauto corona. Generalmente i templi sacri- a Venere e a
no. I loro capelli sono leggiadramente rannodati e stretti da nastri, altro ornamento hanno sul capo. Le mani delle due
nto hanno sul capo. Le mani delle due estreme sono corrose dal tempo, conservano i consueti attributi del ramoscello e
e uscito dalla ubriachezza, contempla il mare qua e là senza guardare al legno, nè verso la terra; e meno teme l’animos
a ubriachezza, contempla il mare qua e là senza guardare nè al legno, verso la terra; e meno teme l’animoso Nettuno che
ano tanto i mitologi e gli antiquarii che non occorre qui ricopiarli, aggiunger nulla sulla patera, sul bastone, e sul
aggiunger nulla sulla patera, sul bastone, e sul serpe, lor simboli, sulla giustizia di quest’ allegorica figliazione.
ole per le conquiste: l’Oriente e l’Occidente è pieno della sua fama: poca gloria è per lui di essere stato causa d’ in
di questa scultura non può rappresentarsi abbastanza nò colle parole, col disegno: le prime non la dipingeran mai così
imere quella morbidezza e quella carnosità a cui è ridotta la pietra, quella delicatezza di lineamenti, che serpeggiand
quasi feminili è la seconda. « Non occorre qui ricopiare dai mitologi tutti gli epiteti, nè tutte le lodi della chioma
conda. « Non occorre qui ricopiare dai mitologi nè tutti gli epiteti, tutte le lodi della chioma di Bacco, come cose tr
, onde fremente Sta fra l’orror delle più basse nubi Non Dea del Ciel dell’Averno: i primi La disprezzan, l’abbraccian:
via: percorrono Il seno d’Ino e d’Atamante, e gravi Sdegni inspirare: percosse apporta Alle membra; il furor l’anima se
oi suoi sdegni violenti. Elleno non s’ avveggono di quello che fanno, come Penteo loro gridi misericordia: non odono ch
rdi del nume. Vi si distinguono Eroi eh’ erano stati cogli Argonauti, vi manca l’ordinario corteggio di Cibele, che ras
siccome qui venuti non siamo coli’ intenzione di riprender la favola, disposti all’incredulità, spettatori solamente de
llezza nell’età adulta non possono esprimersi con maggior sentimento, con maggior dignità. Il corpo non solo è delicata
le offerte di frutta soprappostevi. Le tre figure a sinistra non sono meno espressive, nè meno graziose nella invenzion
soprappostevi. Le tre figure a sinistra non sono nè meno espressive, meno graziose nella invenzione. Un vecchio rustic
re onde questi silvestri semidei circondano frequentemente la chioma; più molle serto si conveniva all’irta lor fronte
iù vaghe e bizzarre nell’originale; ma nella copia non è a suo luogo, corrisponde appieno all’intenzione dell’artefice.
sima statuetta in bronzo dell’Ercolano, Gli altri però non gli cedono in bellezza de’ movimenti, nè in naturalezza di s
Ercolano, Gli altri però non gli cedono nè in bellezza de’ movimenti, in naturalezza di situazioni. Son tutti e cinque
5 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
Egli avea fatto tutte le possibili perquisizioni, e sempre indarno ; poteva ritornarsene al padre, perchè ciò eragli s
tesori, sciolse le vele dal lido di Colco (a) (21). Eeta lo inseguì, Giasone avrebbe potuto salvarsi da lui, se Medea
labile per la perdita di Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, di mai riposare, finchè la avesse trovata. Dopo d
i loco capelli. Così que’ d’Eritrea conseguirono la statua d’Ercole, permisero, che alle donne Tracie l’ingresso del d
rbabile riguardo a se, altrettanto mostravasi affannoso per la sposa, azzardava d’esporla al rapido corso di quelle acq
portarne via il tripode. Apollo vi si oppose, combatterono tra loro ; si sa crò, che sarebbe avvenuto, se Giove non li
promettere con giuramento, ch’egli avrebbe raccolto le di lui ceneri, avrebbe mai scoperto il luogo, ove le avrebbe sot
de del Circo ; ed uno presso il Foro Bovino, in cui non entravano mai cani, nè mosche (e). Ebbe pure nella stessa città
rco ; ed uno presso il Foro Bovino, in cui non entravano mai nè cani, mosche (e). Ebbe pure nella stessa città un’ Ara,
a la decima de’ buoi. Le donne non potevano accostarsi alla medesima, mangiare cosa alcuna ivi posta : e ciò in pena d’
Cadice nella Spagna. Là non veniva rappresentato sotto alcuna figura, era permesso alle donne l’entrarvi. I Sacerdoti d
me vedemmo, era n ato Ercole(a). Teseo se ne andò alla volta d’Atene, stette molto a trovare occasioni di far prova del
toro, e nel cimanente del corpo rassomigliava alla figura d’uomo(13), si cibava che di carne umana(d). All’avvicinarsi
a fornita del concertato contrassegno. Vide la nave senza di quello ; più dubitando, che il figlio fosse già perito, di
Repubblica, creò un Consiglio, in cui trasmise tutta la sua autorità, si riserbò che il comando delle armi. Per tutte q
la vita del loro figlio, lo scongiuravano di rientrare in città ; ma le preghiere, nè le lagrime loro poterono smuover
figlio, lo scongiuravano di rientrare in città ; ma nè le preghiere, le lagrime loro poterono smuoverlo da di là. Venn
n si fosse trovato anche Achille(b). Subito pertanto si cercò di lui, fu possibile il trovarlo, finchè un certo spione,
collegarono per andarsene contro Troja, Ulisse, non sapendo staccarsi dalla moglie, nè dal tenero figlio, Telemaco, si
ndarsene contro Troja, Ulisse, non sapendo staccarsi nè dalla moglie, dal tenero figlio, Telemaco, si finse insensato,
disastri cercato, inutilmente il suo genitore. Parlò egli col padre, lo riconobbe, finchè Minerva toccò con verga d’or
sua moglie tali scoccò e tante frecce, che li fece tutti perire(21), altri lasciò in vita, che il cantore Femio, e Med
e’ Locresi, ma rimase feriro nel petto dall’ombra dello stesso Ajace, potè sisanarsene, che dopo aver placato quell’ Er
loro odio. La fiamma del rogo, sopra cui vennero riposti, si divise, più si riunì(a) Morti Eteocle e Polinice, non p
a divedere, che non altrimenti la Virtù è in ogni tempo la medesima, resta mai da veruna avversità abbattuta. Prude
i avventano ; così il Magnanimo non cura i disagi che gli sovrastano, si turba al momento di dover sostenerli. Il Leone
cuore, perchè ella si fa conoscere soltanto dalle sue esimie azioni, coltiva ostentazione, o desiderio di vanagloria.
semplice, è opportuno ad insegnare, che questa Virtù dey’essere pura, mai diretta dal vile interesse. Ha la medesima il
molto rimbombante, e si rassomiglia alle Api, ma non produce il mele, sa formarsi gli utili favi. Esso quindi qualifica
i fare nuovi acquisti, non si sottrae a disagi e incomodi gravissimi, ha talvolta riguardo neppure alla propria vita. H
ne. Gli sta a canto un Lupo magrissimo. Questo è animale voracissimo, cessa mai di rapire i greggi. L’Avaro del pari è
te sinistra : lo che significa, che il Parziale non ha l’animo retto, rivoglie la mente al vero ; ma soltanto favorisce
e dagli Adulatori vengono dissimulati. Il Cane accarezza chi lo cioa, ha riguardo a distinzione di meriti : anzi talvol
ua infetta di veleno e dì schiuma. Esso non mai ride se non del male, piange che del bene altrui. L’Invidia è di faccia
gne circonvicine. Scorse poscia tutta la Misia per lo stesso oggetto, più pensò a far ritorno agli Argonauti(d). (16).
a, che poi divenne sposa di Meleagro. Eveno inseguì Ida per riaverla, avendolo potuto raggiungere, si precipitò nel fiu
trovandosi alla caccia, si abbattè nella Ninfa Arrife, se ne invaghì, si ristette dall’insultarla perfino in un tempio
Ibid. (c). Id. Ibid. (d). Id. Ibid. (4). Ovidio pretende, che la terra, nè il mare abbia voluto ricevere nel lo
Id. Ibid. (d). Id. Ibid. (4). Ovidio pretende, che nè la terra, il mare abbia voluto ricevere nel loro seno le os
opa, Melitta, e Peribea. (15). Al nascere del Sole Arianna si destò, vide più Teseo. Corse quà e là in traccia di lui
Arianna si destò, nè vide più Teseo. Corse quà e là in traccia di lui v’ incontrò che orride solitudini. Giunse finalme
eneo quantità di strali ; ma essi, spuntati e rotti, caddero a terra, Ceneo ne riportò offesa alcuna. La novità della c
o poco tempo. Moltro però di questo ne trascorse, senzachè la giovine lo avesse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di
di questo ne trascorse, senzachè la giovine nè lo avesse a rivedere, avesse alcuna notizia di lui. Ovidio fa, che cole
con tutto ciò risguardava quel Nume con dispregio. Ei se ne sdegnò ; potendo spogliarla del dono concessole, fece sì c
si risovvenne del funesto sogno, che avea avuto la notte precedente ; dubitò, che Polinnestore ne fosse stato il barbar
riamo. La donna diede un’occhiata torbida e fiera e quello spergiuto, più frenando la bile, gli piombò addosso, e col b
lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro alla di lei stanza, avendovi trovato che la mentovasa statua ; la fec
o alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale gli recò alcun danno, nè si potè estinguere colle
capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò alcun danno, si potè estinguere colle mani : donde si presagì
ltare, così restavano sorpresi dallo spavento, che più non ubbidivano alla voce, nè alla mano di chi li reggeva, e rove
stavano sorpresi dallo spavento, che più non ubbidivano nè alla voce, alla mano di chi li reggeva, e rovesciavano soven
ivenne tosto furibondo. Questa malattia gli continuò per lungo tempo, gli lasciava, che brevi intervali di retto sentim
e spirarono pure sotto le di lui mani. Animato da sì feliciosuccessi, ancor satollo del sangue nemico, insistette nel c
tirò ne’boschi, ove visse di rapine. Ella correva con somma rapidità, fu presa che colle reti(a). Ritornando a Neottole
lasciò incinta di Ulisse(a). (2). A’tempi d’Ulisse non si conosceva oro, nè argento monetato. Il commercio c’ordinari
incinta di Ulisse(a). (2). A’tempi d’Ulisse non si conosceva nè oro, argento monetato. Il commercio c’ordinario consis
atona, bella giovine della Bitinia, amava estremamente la solitudine, d’altro dilettavasi che della caccia. Reso, essen
perate per non aver potuto vincere Ulisse, si precipitarono nel mare, più furono udite. Così si verificò l’Oracolo, il
i Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi di conoscere il futuro, ma seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo
si di conoscere il futuro, ma nè seppe prevedere la venuta di Ulisse, il colpo di quell’arma, che gli recise la testa(b
e menò, lo ridusse molto atto alla caccia, e al maneggio delle armi ; attese che a sostenere i travagli della guerra, e
gli danno per padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era di bell’aspetto, tanto colle sue grazione maniere, quanto colla su
6 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
le regioni infernali non spiegava alcun potere sulle anime dei buoni, troviamo che andasse mai a visitare i Campi Elisi
fficio simile a quello del soprastante delle carceri o delle galere ; poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudi
fernale, abbiamo parlato bastantemente nel Cap. della Diva Triforme ; si trova altro da aggiungervi. Resta dunque solta
« Sotto il braccio un fastel d’alcuni fece ; « Nè il grembo si lasciò il seno voto : « Un suo capace zaino empissene an
erno di Dante non è un demonio, perchè non è, come i diavoli, maligno bugiardo, ma giudica secondo giustizia ; e la sua
o giustizia ; e la sua lunghissima coda non gli offusca l’intelletto, lo rende un animale irragionevole e indegno di co
pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito di parte, non fossero guelfi nè ghibellini. Ma io credo che nell’invenz
erchè cioè giudicassero senza spirito di parte, non fossero nè guelfi ghibellini. Ma io credo che nell’invenzione dante
7 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
dei pagani ; sono quelli e non altri ; e noi, al certo, non potevamo inventarne dei nuovi, nè rivestirli di altre imma
e non altri ; e noi, al certo, non potevamo nè inventarne dei nuovi, rivestirli di altre immagini, che non fossero que
della storia, e facciano buon viso al nostro lavoro : noi non osiamo chiedere, nè sperare di più. Studio prelimina
, e facciano buon viso al nostro lavoro : noi non osiamo nè chiedere, sperare di più. Studio preliminare Sulla mito
ità inconcussa, e il raggio del vero scintilla ed illumina di per sè, abbisogna di frasi suonanti, o di storiche citazi
mente è chiaro che non bisogna cercare, nello studio della Mitologia, date cronologiche fisse, nè certe e limpide genea
na cercare, nello studio della Mitologia, nè date cronologiche fisse, certe e limpide genealogie. I fatti vi sono aggru
l’uomo mortale. Ciò avviene perchè sotto l’impero della forma mitica, il mondo delle idee, nè quello dei fatti, sono co
ene perchè sotto l’impero della forma mitica, nè il mondo delle idee, quello dei fatti, sono concepiti l’uno dall’altro
go. — L’homme qui rit — Vol. 1. E così che il tempo passa e lavora, si stanca mai, è la sua mano che muta e travolge,
popol Tirreno A Meonia mi dier bassi parenti, Ch’oro non mi lasciar, men terreno, Nè lanigeri greggi, o grossi armenti
doto, spingevano la loro superstizione fino a non servirsi dell’acqua per lavare il corpo nè per estinguere il fuoco. I
o superstizione fino a non servirsi dell’acqua nè per lavare il corpo per estinguere il fuoco. I Greci e i Romani accet
nte cresce : E si domanda il bel loco selvaggio Bosco sacro agli dei, giammai porta O mano o ferro a quelle plante oltr
uinosi misteri, e da quell’epoca non furono più celebrati i baccanali in Roma nè in alcuna parte d’ Italia. 729. Baccan
eri, e da quell’epoca non furono più celebrati i baccanali nè in Roma in alcuna parte d’ Italia. 729. Baccanti. — Si ch
della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutamente di Cauno, suo fratello, avendo potuto piegarlo alle sue voglie, pianse ta
nato di perseguitare Apollo, il quale aveva rapita sua sorella Melia, potendo costringere Apollo a rendergliela, egli a
me, dovessero intervenire al sacrifizio e assistervi senza lamentarsi piangere : chè se mai un singhiozzo fosse sfuggit
e dardania prole, E di Priamo figlia, e nuora a Venere, Nè donna lor, di lor donne ancella, Che la gran genitrice de gl
trettanto, ed aver raccomandato caldamente al figliuolo di non volare troppo basso, nè troppo alto, temendo, con giusto
r raccomandato caldamente al figliuolo di non volare nè troppo basso, troppo alto, temendo, con giusto discernimento, c
on si sapeva nulla di certo, e ai quali non si offerivano sacrifizii, si ergevano altari. È però a notare che molti fra
del magistrato, per le quali dice, non esser costretti al giuramento le vergini di Vesta nè i sacerdoti di Giove.   Mo
quali dice, non esser costretti al giuramento nè le vergini di Vesta i sacerdoti di Giove.   Molte cerimonie sono impo
tile, senza tetti, e poi mandarto fuori, nella via. Non ha alcun nodo all’apice, nè al cinto, nè in altra parte : se al
tti, e poi mandarto fuori, nella via. Non ha alcun nodo nè all’apice, al cinto, nè in altra parte : se alcuno condotto
ndarto fuori, nella via. Non ha alcun nodo nè all’apice, nè al cinto, in altra parte : se alcuno condotto a bastonare,
rno il bastonare è sagrilizio. Non è costume del Sacerdote di Giove ; nominare, nè toccare la capra, la carne cruda, l’
are è sagrilizio. Non è costume del Sacerdote di Giove ; nè nominare, toccare la capra, la carne cruda, l’edera e la fa
a soluzione di un problema geometrico. È questa per altro una notizia generalizzata nè ripetuta fra gli scrittori dell’
problema geometrico. È questa per altro una notizia nè generalizzata ripetuta fra gli scrittori dell’antichità, di cui
co, fece in maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre di Egipio ; contento di cio, e sembrandogli poca cosa il trio
re v’era, il qual d’etade Dopo gli altri venia, poco nell’armi Forte, troppo della mente accorto. …………… ………. e cadde Pr
i belligeranti. Sebbene consigliero di pace, la guerra non trovò Enea meno ardimentoso, nè meno prode degli altri guerr
ne consigliero di pace, la guerra non trovò Enea nè meno ardimentoso, meno prode degli altri guerrieri della sua parte 
ucciso. Contro il figlio d’Anchise, il bellicoso Diomede si spinge, l’arresta Il saper che la man d’Apollo il copre.
mi e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lac
o a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Cor
stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e si palesa costantemente, nel mito Omerico, come e
fatiche, e che in premio di esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma Omero, nè gli antichi poeti greci fanno menzione
che in premio di esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma nè Omero, gli antichi poeti greci fanno menzione di questo
del masnadiere, e lo strangolò fra le sue braccia V. Caco. …… Ei che fuga Aveva nè schermo al suo periglio altronde Da
, e lo strangolò fra le sue braccia V. Caco. …… Ei che nè fuga Aveva schermo al suo periglio altronde Da le sue fauci
icorrenze era espressamente proibito d’introdurre nel sacro corteggio donne, nè schiavi nè cani. Il culto di Ercole fio
era espressamente proibito d’introdurre nel sacro corteggio nè donne, schiavi nè cani. Il culto di Ercole fioriva ancor
amente proibito d’introdurre nel sacro corteggio nè donne, nè schiavi cani. Il culto di Ercole fioriva ancora in Sicili
ente il fuoco del Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il no
o del Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno nè di legna di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una gi
.. e l’iuventore Di cotal arte, che d’Apollo nacque, Fulminando mandò regni hui. Virgilio — Eneide — Libro VII. trad.
vili e finchè non avesse placato le divinità vendicatrici, non poteva accostarsi alle statue degli dei, nè entrare in u
ivinità vendicatrici, non poteva nè accostarsi alle statue degli dei, entrare in un tempio. Quando il reo apparteneva a
imonie espiatrici per gli omicidi venivano fatte con la stessa pompa, all’istesso modo, e la tradizione ricorda più di
ia, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! Coro D’acqua e di mel, stilla Pur vi mescer di vino Edipo E quando poi
ano fatto una divinità, alla quale, però, non dedicarono alcun tempio altare. Veniva rappresentata sotto la figura di u
, caro germoglio Delle viscere mie. su la funébre Bara il mio pianto, il potrà l’illustre Tua consorte : e tu lungi app
figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era soggetta alla vecchiezza nè alla morte. Similmente Euriale
Al dire di Esiodo questa Gorgone non era soggetta nè alla vecchiezza alla morte. Similmente Euriale aveva nome quella
spari dagli occhi, come Misto col vento fugge in aria ’l fumo Lieve, lui ch’indarno l’ombra vana Giva abbracciando, e
no l’ombra vana Giva abbracciando, e volea dir più cose, Vide dappoi, dal nocchier di Stige Fu lasciato passar l’atra p
ondanza, che avevano personificata e deificata, senza però innalzarle tempi né altari. 1913. Euterpe — Una delle nove M
li di Reso re di Tracia, non avessero bevuto l’acqua del fiume Xanto, mangiato l’erba dei campi trojani ; e quindi Ulis
empre veder da lungi comparire la vela desiderata ; ma ginnta la sera vedendo esaudito il suo ardente desiderio, disper
ra ; e che pazzamente innammorata di un suo figliastro per nome Tene, potendo piegarlo alle sue voglie, si appiccasse p
vigliare se nel culto del paganesimo non si vedesse alcun sacrifizio, alcuna religiosa cerimonia, ove il fuoco non aves
no per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle di alzar gli occhi sui templi ov’esse venivano ve
tristo Umor cola dagli occhi : il vestimento, Qual non lice indossar visitando I seggi degli dei, nè de’ mortali Le cu
il vestimento, Qual non lice indossar nè visitando I seggi degli dei, de’ mortali Le cuse entrando. Una simil genia Non
: terra non è che possa Di nudrir cotal razza impunemente Senza dolor lagrime vantarsi. Eschilo — Le Eumenidi — Traged
per fermo che ogni uomo nascendo avesse avuto il suo genio tutelare ; più nè meno che i cristiani, i quali ritengono pe
mo che ogni uomo nascendo avesse avuto il suo genio tutelare ; nè più meno che i cristiani, i quali ritengono per posit
e due dette Ossa ed Olimpo Ma coraggio no perde la terrestre Stirpe, par che troppo le ne caglia. Di divelte montagne
do col collegio dei Pontefici, ordinando che in avvenire non si fosse intrapresa cosa alcuna, nè combattuta una battagl
ci, ordinando che in avvenire non si fosse nè intrapresa cosa alcuna, combattuta una battaglia nel giorno dopo gl’Idi,
do alla gentile Figlia d’Acrisio generai Perséo, Prestantissimo eroe, quando Europa Del divin Radamanto e di Minosse Pa
mato campo della Verità, per alludere che non vi poteva mai penetrare la menzogna uè la calunnia. Secondo riferisce lo
i di sangue. Ambi del tripode A tutta prova la conquista agognano, Ma Ulisse può mai l’altro dismuovere E atterrarlo, n
uista agognano, Ma nè Ulisse può mai l’altro dismuovere E atterrarlo, il puote il Telamonio, Che del rivale la gran for
eo levato in piedi Non l’impedia, dicendo : Oltre non vada La tenzon, vi state, o valorosi, A consumar le forze. Ambo v
ferro, ella inorridita alle colpe degli uomini, si ritrasse nel ciclo fece più ritorno sopra la terra. 2179. Giuturna —
del suo nemico. Ma tutto ciò non valse ad impedire il fatale duello, a salvare Turno, il quale morì per mano di Enea,
alo, prudente ed accorto, esortò caldamente il figliuolo a non volare alto nè basso, ma a spingere il suo volo nè tropp
dente ed accorto, esortò caldamente il figliuolo a non volare nè alto basso, ma a spingere il suo volo nè troppo vivino
il figliuolo a non volare nè alto nè basso, ma a spingere il suo volo troppo vivino al sole, temendo che gl’infocati ra
non avessero liquefatto la cera ond’erano assicurate le ali ; ovvero troppo accosto alla terra, temendo che la esalazi
bilità ; ma finalmente stretta dalle continue ingiunzioni del marito, sapendo qual’altro pretesto trovare, onde impedir
nza e trono, Non sia nessun ch’osi tal uomo accorre, O seco favellar, porlo a parte De’ sacri riti, nè spruzzar sovr’es
i tal uomo accorre, O seco favellar, nè porlo a parte De’ sacri riti, spruzzar sovr’esso L’onda lustral : ma lo resping
ia di genere feminile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, di altari, nè di statue erette a questa divinità 
eminile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, nè di altari, di statue erette a questa divinità ; e solo alcun
di un tempio sacro a Giunone costruito in siffatta guisa, senza tetto porte, e che sorgeva nella strada che da Falera c
iti, spaventarono siffattamente i destrieri che indocili alle redini, più riconoscendo la voce, e la mano del proprio p
o. Ma i freni. Le putedre mordendo, a furia slanciansi. Nè senton più del nocchier la mano, Nè le briglie, nè il carro.
ria slanciansi. Nè senton più nè del nocchier la mano, Nè le briglie, il carro. E se alle piane Parti l’auriga dirigeva
iò forse i fenici ritenevano il dio Ipsisto come il padre degli dei ; più nè meno che i romani ed i greci ritenevano il
e i fenici ritenevano il dio Ipsisto come il padre degli dei ; nè più meno che i romani ed i greci ritenevano il loro G
sa, non le avea Proserpina divelto anco il fatale Suo dorato capello, dannata Era ancor la sua testa a l’ Orco inferno.
il loro consentimento. Issione trascurò di adempiere a questo dovere, si curò di fare i ricchi donativi di obbligo, tan
fu costretto ad errase per molto tempo, fuggendo la luce del giorno, potendo trovare ricovero alcuno. Finalmente fu ri
uei giuochi. I giuochi istmici marcavano per i greci una data epoca ; più, nè meno che la celebrazione annuale dei giuo
chi. I giuochi istmici marcavano per i greci una data epoca ; nè più, meno che la celebrazione annuale dei giuochi olim
esempio dai giuochi Nemei, i vincitori furono coronati di apio ; ….. sconosciuta io canto L’ Ismia vittoria, dove Dei
iante, una specie di particolare venerazione. Nè il citato scrittore, alcun’altro cronista dell’antichità, ci hanno tra
tra cagione : per la quale insanabil malattia, posciacchè né cagione, fine alcuno si trovava, per deliberazione del sen
e il seno di una donna che pareva l’acqua scaturisse da due mammelle, più nè meno che il latte. Sul monte Libe trio, le
no di una donna che pareva l’acqua scaturisse da due mammelle, nè più meno che il latte. Sul monte Libe trio, le Muse e
arono di quel frutto, non vollero più ritornare nella propria patria, dar notizia di sè ; altro non desiderando che di
al dire di Svetonio e di Cicerone, i Luperci non erano punto stimati, si faceva verun conto di essi, così questa amplif
ni l’uno e l’altro serpente da Giunone mandati, non si alterava punto poco in veder quivi la madre spaventata e fuori d
8 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
ecedenti rannodando la istoria alla intel lettiva — L’uomo non nacque parvolo nè selvaggio, ma invece adulto, educato n
nnodando la istoria alla intel lettiva — L’uomo non nacque nè parvolo selvaggio, ma invece adulto, educato nella scuola
ientifica Mitografia. Il volgo ignaro piegovvi spontaneo l’orecchio ; lo scorgerli insussistenti alla intellettiva, nè
ontaneo l’orecchio ; nè lo scorgerli insussistenti alla intellettiva, il trovarli distruttori della purezza de’costumi,
la intellettiva, nè il trovarli distruttori della purezza de’costumi, il vederne sorgere tante contraddizioni valsero a
della pluralità degli Iddii. L’uomo non uscì dalle mani del Creatore selvaggio, nè parvolo, ma invece adulto e virile,
tà degli Iddii. L’uomo non uscì dalle mani del Creatore nè selvaggio, parvolo, ma invece adulto e virile, educato nella
gl’ Iddii credono di aver serbato e disteso quello impero. Perciocchè in un’opera così preclara e piena di tanta dignit
la infanzia una moltitudine di uomini gravati di catene, a non potere alzare, nè muovere il capo, irradiando a loro spa
una moltitudine di uomini gravati di catene, a non potere nè alzare, muovere il capo, irradiando a loro spalle una luc
ente dal pensier de’mali, Filosofare fu talento — Quale Amok si sia, pittor, ned altri, Che sculta immago a questo dem
oria. Esiodo nella sua Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, il presente nè il passato, e che nulla allegrava
lla sua Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, nè il presente il passato, e che nulla allegrava di tanto lo aug
he gode le carole Temprar negli astri ed abitar nel Sole. 53. Nè tre nove erano le Muse ; ma co’loro nomi dagli antich
tere eroico, cui furono altribuite innumere e strepitose fatiche, che la vita di un uomo sarebbe bastata a farle, nè fo
trepitose fatiche, che nè la vita di un uomo sarebbe bastata a farle, forza umana a compierle, onde si disse di esserve
9 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
lmente : li abbiamo trovati insieme nella spedizione degli Argonauti, mai si disgiunsero in qualunque altra occasione s
di Storia ! Dove però non si possa renderlo in alcun modo credibile, voglia farlega alcuna colla probabilità, mi sarà
eri, consacrata all’immortalità dai più sublimi pœti, non era il solo il primo che essa ebbe ; e si trova anche chiamat
o meglio perderla che riacquistarla. Ma i Troiani non vollero rendere l’una nè gli altri. Ecco la vera causa della guer
perderla che riacquistarla. Ma i Troiani non vollero rendere nè l’una gli altri. Ecco la vera causa della guerra di Tro
a preferì una breve esistenza terrena, ma piena di gloria immortale ; valse a ritardarlo e trattenerlo in Sciro l’affet
n modo che non potesse ricever di fuori e viveri e truppe ausiliarie, mai, per nove anni, assaltarono la città ; e inve
on potevano perciò cingere talmente d’assedio la città da bloccarla ; fino al decimo anno osarono di assaltarla ; nè i
a città da bloccarla ; nè fino al decimo anno osarono di assaltarla ; i Troiani di abbandonare il sistema difensivo. I
Se però il fatto esiste, qualunque ne fosse il motivo, nessuno scusa assolve Ulisse di avere inventato una sì nera cal
ero, chiamano icòre, « Qual corre de’beati entro le vene ; « Ch’essi frutto cereal gustando, « Nè rubicondo vino, esan
« M’aggruppai fico eccelso ; e mi v’attenni, « Qual vipistrello ; chè dove i piedi « Fermar, nè come ascendere, io sape
 ; e mi v’attenni, « Qual vipistrello ; chè nè dove i piedi « Fermar, come ascendere, io sapea, « Tanto eran lungi le r
della poetica facoltà, o vogliam dire del genio inventivo di Omero : Orazio intese di far l’enumerazione di tutti, ma
Ascanio, mentre la moglie Creusa che li seguiva d’appresso disparve, mai si seppe che ne fosse avvenuto : e sebbene En
polto ? a che contamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè di patria, nè di gente esterno « Son io da te ; n
contamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè di patria, di gente esterno « Son io da te ; nè questo atro
uinee mani ? « Chè nè di patria, nè di gente esterno « Son io da te ; questo atro liquore « Esce da sterpi, ma da membr
i certo che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, che gli Dei falsi e bugiardi potessero accordar l
di Procuste il Sonetto, perchè dev’essere di soli quattordici versi, più nè meno ; e notando le difficoltà di chiuder
custe il Sonetto, perchè dev’essere di soli quattordici versi, nè più meno ; e notando le difficoltà di chiuder bene e
rtali, non appartenne al numero dei Semidei, ma soltanto degli Eroi ; fu considerato dopo la morte come un Indigete Dio
10 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
età almen più provetta. Assordato però dale vostre reiterate premure, sapendo di buona voglia, e col dovuto decoro ulte
Nume impertanto sentendo nel seno la forza delle suscitate passioni, valendo colla sua virtù a rintuzzarne gl’assalti,
a lui innanzi gli esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto, di ciò contento per isperimentar col fatto la fed
ti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, più di dieci, non prive però di padre, o di madre
i dieci, non prive però di padre, o di madre, secondo la legge Papia, mostruose per qualche difetto. Egli dopo averle s
Giove appena nata Fù sapiente, e guerriera al par famosa. Nè del uom, de’ Dei fù mai la sposa, Solo ad opre sublimi ded
e certamente Saturno. La sua crudelià però nol fé riguardar per tale, mai ottener gli fece il bel titolo di padre degli
erò, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, i barbari consigli di divorare ogni maschile sua
cò con belli modi frastornarla, ma vincer non potendo la sua durezza, dissobligarsi dal giuramento prestato, ratto volò
e la innocenza, e la pace. Mostra finalmente un sembiante non tristo, lieto per significar esser proprio di chi l’ammin
n quanti cuori ricetta ? Io nol sò ; sò però assai bene, che Salomone Proverbii al 20 quasi sbalordito a tal riflesso e
i ognor sincera, Che la vera virtù regge, e conserva, Docile, giusta, mai truce, o altera. Questa sol può sprezzar sort
a migliore, ed unica allegrezza, che possa assaggiare un cuore non è, può essere quella, che risulta dal possesso de’ b
’ suoi costumi Tanto fece avvanzar la navicella, Che obice non le son mar, nè fiumi. Senz’asta, senza brando, e senza s
ostumi Tanto fece avvanzar la navicella, Che obice non le son nè mar, fiumi. Senz’asta, senza brando, e senza scudo Sep
no, e commuovono mirabilmente lo spirito. Tali fregi però non debbono con modi troppo lussureggianti, nè con relazioni
irito. Tali fregi però non debbono nè con modi troppo lussureggianti, con relazioni poco coerenti comparir nel corpo de
l cor dispose Ed invocò le stelle, Forte morir propose, Né ingrato, ribelle E tosto l’eseguì. Il viver suo finì(1).
bbia le altre due compagne, trovasi giunto alle Sirti senza poter più avvanzarsi, nè dare indietro. Un tal metro per al
ue compagne, trovasi giunto alle Sirti senza poter più nè avvanzarsi, dare indietro. Un tal metro per altro non sembra
nimento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, più di venti strofe composte di sette, otto, e pi
nto pretende onninamente il Dattilo, come nel sesto piede lo Spondeo, l’esempio di qualche Spondiaco, o Dattilico Esame
otto silenzio la diversità de’ componimenti per ragion della materia, brigandomi delle composizioni lavorate ad un sol
un pegno di salute, ed un monumento di perpetuità dell’impero Romano, molto tardò Giove a farlo pago de’suoi voti. Impe
11 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
la Mitologia greca e romana è necessaria pure a coloro che non sanno le lingue dotte nè le orientali, se voglion legge
e romana è necessaria pure a coloro che non sanno nè le lingue dotte le orientali, se voglion leggere e intendere un l
riosto, il Tasso, il Monti e il Foscolo. È da osservarsi peraltro che Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più
l Tasso, il Monti e il Foscolo. È da osservarsi peraltro che nè Dante gli altri poeti nostri adottarono i più strani, o
non debbano andar disgiunti gli stùdii letterarii dagli scientifici, questi da quelli, confido che il mio tentativo di
12 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
del fulmine ; ma non spiega in che consista il fulmine stesso, perchè egli, nè Dante, nè alcun dotto dell’antichità o d
ne ; ma non spiega in che consista il fulmine stesso, perchè nè egli, Dante, nè alcun dotto dell’antichità o del medio
n spiega in che consista il fulmine stesso, perchè nè egli, nè Dante, alcun dotto dell’antichità o del medio evo poteva
me di Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai poeti latini, dagl’italiani ; ma il termine di Vulcano è usato
organizzazione degli esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna potere la volontà, quali sono la respirazione, la
13 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
dizioni fosse considerato e adorato qual Nume. Perciò non deificarono Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè no
sse considerato e adorato qual Nume. Perciò non deificarono nè Cadmo, Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran cre
ato e adorato qual Nume. Perciò non deificarono nè Cadmo, nè Giasone, Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli d
ato qual Nume. Perciò non deificarono nè Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, Ulisse, perchè non eran creduti figli di una Divi
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro, scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. Perci
itezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Pen
lologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriv
come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, ben viversi in essa 39. 32. « Sacra suosque
15 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
ato per divorare i propri figli ; che Giove non fu un figlio ingrato, un Dio mille volte più colpevole degli scellerati
le idee e le passioni umane, brillanti e vivissime rende le immagini, senza di essa potrebbe la poesia secondo il prece
nde il rispetto che avevasi per esse che quasi non osavasi nominarle, fissare lo sguardo sopra i loro tempii. Ne avevan
te suo figlio re di Licia natogli da Laodamia figlia di Bellerofonte, salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio di
dore, insensibilmente trovossi in alto mare, dove, rifinito di forze, potendo più lottare contro le onde, si annegò. Il
ravasi in un antro ove diceva che Giove, suo padre, a lui le dettava, mai ritornava da quello senza portare qualche nuo
nò, perchè Minosse dopo di essersi impadronito della città, non volle anco parlarle ; e narrano alcuni che la facesse g
ficii ed alla riconoscenza. A sì amabili Divinità non doveano mancare templi nè altari. Le Grazie avevano templi in Eli
lla riconoscenza. A sì amabili Divinità non doveano mancare nè templi altari. Le Grazie avevano templi in Elide, in Del
amabili qualità sono i più dolci legami della società. Non avevan oro fermagli nè cinture e lasciavano ondeggiare il lo
ità sono i più dolci legami della società. Non avevan oro nè fermagli cinture e lasciavano ondeggiare il loro velo in b
a la sola che fosse mortale, mentre le sue sorelle non erano soggette alla vecchiaia nè alla morte. Del teschio di Medu
e mortale, mentre le sue sorelle non erano soggette nè alla vecchiaia alla morte. Del teschio di Medusa Perseo si servì
i Pisa erano stati vinti e tratti a morte, allorchè Pelope non esitò, temette di accettare la sfida ; ma per assicurars
le altre a comparire in quello stato innanzi ad un semplice mortale ; la casta Minerva potè pur essa ricusare. Sia che
o interrogato intorno il suo nascimento, il riconobbe per suo figlio, potendo resistere alla forza dell’amor paterno, m
etro il suo cocchio, tre volte lo strascinò intorno le mura di Troia, si arrese che a gran fatica a restituirlo al mise
ord avevano i loro Oracoli come l’Italia e la Grecia ; e tali Oracoli meno celebri, nè meno venerati, erano pronunciati
o Oracoli come l’Italia e la Grecia ; e tali Oracoli nè meno celebri, meno venerati, erano pronunciati dagli Dei e dall
autori dell’ingiustizia. Eravi pur in Roma il collegio degli Auguri, cosa alcuna di gran momento s’intraprendeva prima
16 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
care dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano
, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, si potevano far leve di soldati, muover guerre o
, l’anello d’oro, ed un posto in senato. Non poteva salire a cavallo, giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[IL
’oro, ed un posto in senato. Non poteva salire a cavallo, nè giurare, toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e g
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
proverbio che il mondo peggiorando invecchia 33). Ma non è dimostrato fisicamente nè moralmente che il mondo invecchi e
l mondo peggiorando invecchia 33). Ma non è dimostrato nè fisicamente moralmente che il mondo invecchi e vada sempre pe
uel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano egual
felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egua
18 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
cire alla luce. Gea, di ciò sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, formò una falce dentata, ed istigò i figli a vend
apra tutti quelli, che incontravano, a titolo di purgarli o espiarli, le giovini donne queste percosse fuggivano, persu
amore incestuoso, erasi determinata ad appiccarsi; ma che la nutrice la distolse, e scelleratamente le brame di lei se
padre chi il Cielo, chi Giove, chi Vulcano, chi Marte e chi Mercurio, manca pure chi il dice figliodi Venere solamente.
perciocchè bramando questi di aver in isposa Alceste figlia di Pelia, potendo ottenerla se non a condizione di condurre
nio, Ercole inconsolabile l’ andò cercando per tutte quelle contrade, più si curò di seguire la nave Argo. Periclimeno
da Giove, ebbe ordine dal padre di andarne in traccia per ogni parte, ritornare senza di lei. Venne egli nella Focide a
o, e tutti armati ma incominciarono tosto a distruggersi fra di foro, altri rimasero fuori di cinque soli: i quali però
ò egli solitario i pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, amore, di donna più il potè muovere; di che indis
sdegno, e protestando di non voler più combattere a favore de’ Greci, i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse va
il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno alle mura di Troia, si arrese che a gran fatica a restituirlo al mise
ervo fuggitivo, e introdottosi in Troia, spiò quanto era là dentro, e portò a’ Greci la più esalta contezza. Altra volt
rra, o trattare la pace. Eravi pure in Roma il collegio degli Auguri, cosa alcuna di gran momento s’ intraprendeva, pri
avessero sopra le umane vicende quell’ influenza che mai non ebbero, potevano avere. Lo stesso desiderio pur diede ori
19 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
terra, senza che coltivata fosse, ogni maniera di frutti produceva ; vi erano limiti che dividessero i campi, non serv
città non aveano mura, perchè non viera a temere di ostile assalto ; il suono si udiva di marziali trombe che turbasse
pace. Non vi era cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali ; gli uomini erano intesi al mercanteggiare, sicchè
amici si davan regali a vicenda ; non vi era gastigo pe’ malfattori, poteasi pensare a muover guerra ; ed i servi assi
avere padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, più di dieci anni. Fu loro uffizio principale, ve
sidente delle ricchezze ; e spesso si adopera per le dovizie stesse ; deesi confondere con Plutone, Dio dell’Inferno. N
i, secondo Omero. Un greco autore dice elegantemente che il Sonno era immortale, nè mortale ; che nè fra’ celesti vivev
ro. Un greco autore dice elegantemente che il Sonno era nè immortale, mortale ; che nè fra’ celesti viveva, nè sulla te
re dice elegantemente che il Sonno era nè immortale, nè mortale ; che fra’ celesti viveva, nè sulla terra ; ma che nasc
e il Sonno era nè immortale, nè mortale ; che nè fra’ celesti viveva, sulla terra ; ma che nasceva sempre e sempre spar
ge in piede. Lo smemorato Oblio sta sulla porta : Non lascia entrar, riconosce alcuno, Non ascolta imbasciata, nè ripo
rta : Non lascia entrar, nè riconosce alcuno, Non ascolta imbasciata, riporta, E parimente tien cacciato ognuno. Il sil
a gente a gara e senza ordine si affolla a celebrare la nuova festa ; Cadmo vi manca colle figliuole, nè il vecchio Tir
folla a celebrare la nuova festa ; nè Cadmo vi manca colle figliuole, il vecchio Tiresia. Solo Penteo rampogna i suoi,
olo di Giove ; che anzi, armata mano, gl’impedì ch’entrasse in Argo ; mai permise che nella sua città prendessero piede
Bacco in Toscana del Redi, ditirambo che può dirsi perfetto ed a cui le antiche nè le moderne nazioni hanno che opporr
ana del Redi, ditirambo che può dirsi perfetto ed a cui nè le antiche le moderne nazioni hanno che opporre. Da’ poeti d
lla Dea, sangue immortale Qual corre de’ beati entro le vene, Ch’essi frutto cereal gustando, Nè rubicondo vino, esangu
ente del corpo. » E poco appresso : « Del nostro Apelle non si legge dove, nè quando morisse : ma pare assai verisimil
corpo. » E poco appresso : « Del nostro Apelle non si legge nè dove, quando morisse : ma pare assai verisimile, ch’egl
esca ed amena valletta, ov’era un fonte di limpidissime acque, di cui pastore, nè armento avea mai intorbidato la chiar
a valletta, ov’era un fonte di limpidissime acque, di cui nè pastore, armento avea mai intorbidato la chiarezza. In ess
he privò i circostanti interamente della vista della persona di lui ; fu poscia veduto più in terra. La gioventù romana
« non le avea Proserpina divelto anco il fatale Suo dorato capello ; dannata Era ancor la sua testa all’Orco inferno.
dia, i quali corrono ed a quattro piedi ed alla maniera degli uomini, possonsi prendere che quando sono infermi o vecch
ipite ; ma più appresso fu dìpinta con testa umana, ma senza braccia, piedi. Tibullo (5) afferma ch’egli prestava il re
le fu ucciso da quell’eroe il primo de’ due figliuoli Fegeo ed Ideo ; il secondo avrebbe schivata la morte, se Vulcano
, fu il primo a ferire quel mostro ; ma Diana ne allontanò il colpo ; quello di Castore e Polluce fu più felice. Lo str
sacrata a Diana. L’eroe l’inseguì per un anno, non volendola uccidere ferire ; ma finalmente nel passaggio del Ladone,
i eroi. Nè le preghiere de’principi greci, continua lo stesso autore, le rimostranze di Fenice, suo antico precettore,
lo stesso autore, nè le rimostranze di Fenice, suo antico precettore, le instigazioni di tutt’i suoi amici erano state
mura di bronzo fabbricate da Nettuno, ove dimora il Sonno e la Morte, vi giunge mai raggio di sole ; ed un terribile ma
asti insepolti, errano per cento anni sulle rive della Stigia palude, da Caronte sono ammesse nella vecchia sua barca c
separato per altri nove anni dal consorzio degli Dei ; non è ammesso alle loro assemblee, nè a’ loro banchetti, e solo
anni dal consorzio degli Dei ; non è ammesso nè alle loro assemblee, a’ loro banchetti, e solo, spirato quel tempo, pu
tribuisce un umore tristo e severo, pel quale non avea alcun riguardo a dignità, nè a ricchezze. Egli dovea trasportare
more tristo e severo, pel quale non avea alcun riguardo nè a dignità, a ricchezze. Egli dovea trasportare sulla sua bar
e il suo trono con una giovane Dea, e non trovandone una nell’Olimpo, sulla terra, che accettar volesse lo scettro del
20 (1897) Mitologia classica illustrata
o i fenomeni naturali se non come animati da uno spirito quasi umano, i fenomeni dello spirito se non come incarnati se
etto non venne incarnato in immagini a contorni ben netti e definiti, si crearono popolari racconti intorno alle vicend
a Venus Genetrix con cui Lucrezio cominciò il suo poema della natura; meno degno d’ ammirazione l’ elogio che di Venere
olare avevagli assegnato un carro tirato da quattro focosi destrieri; a tutta prima si pensò al modo come Elio dovesse
ore, ciascun gregge di cinquanta capi, il cui numero mai non cresceva scemava, affidati alla custodia di due ninfe Faet
r o Cupido; ma non era in fondo che una ripetizione dell’ Eros greco, apparisce mai che abbia avuto l’ onore di un pubb
o templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, era lecito mai passarii senza una preghiera, nè c
loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una preghiera, costruirvi ponti o altre opere manuali senza ceri
per patrono e non intraprendevano viaggi seuza offrirgli sacrifizio, tornavano incolumi ai patrii lidi senza ringrazia
no immaginate come belle e graziose donzelle, che si dicevano abitare più ameni boschetti, alle fonti dei ruscelli, nel
Dio; ma non sappiamo che lo si immaginasse in una particolar figura, che l’ arte l’ abbia rappresentata. X. Demetr
la. Alla fine Elio che tutto vede e tutto sente, le rivelò la verità, tacque che Ade aveva rapito Persefone col consens
, Demofoonte cresceva così presto come fosse Dio, senza gustare latte pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tr
mostri erano in diverse guise tormentati. Quelli che erano giudicati buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere nel
rano in diverse guise tormentati. Quelli che erano giudicati nè buoni cattivi, erano obbligati a rimanere nel prato di
ponendo a iniqua morte, Noi fin che all’ Orco ei scenda Perseguitiam, gir laggiù pur anco Lasciam securo e franco. …………
cendere per lui all’ Ade. Allorchè giunse questo momento, non vollero il vecchio padre di Admeto nè la madre morire pel
rchè giunse questo momento, non vollero nè il vecchio padre di Admeto la madre morire pel figlio, per quanto secondo il
e. Abitava nei dintorni di Nemea e Cleona. Eracle non potendo ferirlo colle freccie nè colla clava, lo cacciò entro la
ntorni di Nemea e Cleona. Eracle non potendo ferirlo nè colle freccie colla clava, lo cacciò entro la sua tana, e ivi l
lui quando descrive l’ uomo retto e costante ne’ suoi propositi, cui i torbidi politici nè gli accidenti naturali abba
’ uomo retto e costante ne’ suoi propositi, cui nè i torbidi politici gli accidenti naturali abbattono e sfibrano (Od.
di sua madre avverando il terribile oracolo che pesava su di lui. Ma egli nè lei non ne sapevano nulla ancora, vissero
madre avverando il terribile oracolo che pesava su di lui. Ma nè egli lei non ne sapevano nulla ancora, vissero e felic
Nécessità portando nella sua mano di bronzo chiodi da travi e cunei, le manea il ferro arpione e il piombo liquido. Te
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
na, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un
gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile d
continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della terra, perciò producevansi le meteore acquee, e neppur l
de « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Ch
tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente co
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
inglesi, ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare uomini nè donne e neppure un bambino appena nato 
ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare nè uomini donne e neppure un bambino appena nato : di fatti
; e l’àncora attaccolle « E nel palato e nella lingua molle. « Sì che più si puon calar di sopra, « Nè alzar di sotto l
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
angue il colpo, e senza effetto cala : « E quei non vi lasciâr piatto coppa « Che fosse intatta ; nè sgombrâr la sala «
cala : « E quei non vi lasciâr piatto nè coppa « Che fosse intatta ; sgombrâr la sala « Prima che le rapine e il fiero
on stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè di cibo d’altro hanno più cura. « Subito il paladin dietr
25 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
cchio, perchè da gran tempo creato : L’età sua avanzata non gli scema attività, nè le forze. Ha le ali sul dorso per di
da gran tempo creato : L’età sua avanzata non gli scema nè attività, le forze. Ha le ali sul dorso per dinotare, che i
rmando un cerchio, è simbolo dell’eternità, che non ha cominciamento, fine. Le sue vicende, al dire de’ commentatori, s
figlia dell’Oceano, che inutilmente amava Apollo, scoverto l’inganno, avvertì Oreamo, che infuriato contro sua figlia l
no scheletro colle ali, ed una falce. Gli antichi non offrivano voti, fabbricavano templi a questa Divinità, perchè la
a fiamme per la bocca. Spaventati i cavalli a tal vista non sentirono la voce, nè la mano d’Ippolito. Il carro si fraca
la bocca. Spaventati i cavalli a tal vista non sentirono nè la voce, la mano d’Ippolito. Il carro si fracassò fra i di
guisa che vedesse bensì l’acqua, ma senza poter giammai dissetarsi ; tampoco cavarsi la fame, mentre l’acqua gli arriv
e seguenti favole non abbiano un interesse immediato colla religione, tampoco contengano avvenimenti che possano illust
26 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
ono le ripetizioni inevitabili nei così detti Dizionarj della Favola, gl’ inconvenienti ormai a tutti noti del metodo p
ella favola ; ma l’esporla non sarebbe argomento da libro elementare, studio adattato all’età de’ nostri lettori. Bensì
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
gno ai figli non interloquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, si occupò di affari di Stato. La sua occupazione
va nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati le guerre di successione.
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
meno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, maggiore di dieci. L’ufficio loro durava per tren
evano rinununziato. Il che non conferiva di certo alla loro felicità, a quella del marito e dei parenti. Il culto di Ve
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
e guastator, che tenta « Uguagliarsi agli Dei. Ben io t’affermo « Che bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo s
« Uguagliarsi agli Dei. Ben io t’affermo « Che nè bellezza gli varrà forza « Nè quel divin suo scudo, che di limo « Gi
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
sta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non era la Giunone Argiva, nè la Giunone Romana. La Dea F
e i calzari rovesciati ; ma che questa non era nè la Giunone Argiva, la Giunone Romana. La Dea Fornace fu un’invenzion
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
cendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, l’acqua era sì bassa da poterlo guadare, bisognav
he più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità nel disegno, regolarità nella esecuzione. In fatti Omero pone
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
è dunque il simbolo del poetico ingegno, che non si compra coll’oro, si usurpa colle brighe e colle consorterie, ma è
enerali trionfanti e tutti gl’ imperatori, ancorchè non fossero poeti mai stati alla guerra. Perciò il Petrarca chiamò
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
’ambrosia, bevanda e cibo degli Dei immortali265), non poteva morire, perciò andare al Tartaro. Inoltre lo stesso poeta
no dei Pagani le pene non hanno una evidente correlazione ai delitti, vi si scorge una opportuna proporzione fra questi
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, disperano di trovarne molti altri. Può riuscir pi
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
lamenti ; ma appunto perchè inesorabile, nessun lo pregava o adorava, perciò ebbe mai tempii ed offerte. Immaginavano c
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
iche. Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando di Urano ; qui, dopo aver notato come distinguevasi essa dal
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
ferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, le pene eran tutte di fuoco, perciò i geologi chi
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
to simbolico intendeva di dare, in quel caso, all’olivo. Nè i Latini, gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Mi
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
erì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi di melagrana ; Proserpina potè negarlo. Cerere indispettita gett
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
refazione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli di confutarli12. Ma poichè timor pànico venne pos
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ameno, quantunque nella stessa regione insulare. Non è tempo perduto, fia senza diletto leggerne o rileggerne l’omerica
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
ati. Ma i devoti del furto anzichè di Mercurio, non rubano per celia, pensano neppur per ombra alla restituzione ; anzi
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
irono a dileggiar talmente questo Dio, che peggio non avrebbero fatto detto contro il più vil dei mortali23. Un Nume di
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
piccoli animali marini gelatinosi, e fosforescenti durante la notte, producono altro maligno effetto, non già a vederl
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
rni della morale, senza i quali non può prosperare l’umano consorzio, sostenersi religione alcuna, perchè la fede senza
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
a a significare i crepuscoli e le aurore boreali, ebbe poca fortuna ; i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la s
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