/ 70
1 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
gli uni di prolissità la quale ad altro non serve che a confondere le loro menti, e nulla posson apprendere dall’arida nomen
ro è stato di far ad essi conoscere le finzioni dei poeti, di scoprir loro le ricchezze che da più di tremila anni asconde q
iconoscenza del genere umano, comincieranno a divertirli e serviranno loro dopo di lezione : di morale, da cui potranno trar
o trarre profitto, se sapranno farne delle giuste applicazioni. Se il loro tenero animo si è mosso a sdegno alla lettura di
acconti puerili nati nel seno dell’ignoranza e della barbarie, diremo loro  : « No non furono barbari quelli che inventarono
della vita campestre ; e facendo in tal guisa passare nell’ animo dei loro contemporanei i sentimenti di cui essi stessi era
mporanei i sentimenti di cui essi stessi erano penetrati, ornavano il loro spirito, formavano il loro cuore, e lo guidavano
i essi stessi erano penetrati, ornavano il loro spirito, formavano il loro cuore, e lo guidavano alla pratica del bene. »
avano il loro cuore, e lo guidavano alla pratica del bene. » Diremo loro che la poesia sarebbe spoglia de’ suoi ornamenti
giungono all’ espressione del poeta i due nomi Marte e Amor ! Diremo loro inoltre che senza la Mitologia a nulla si ridurre
si che abbelliscono le città ov’essi son nati apparirebber agli occhi loro di niun valore ; e giunti che saranno all’età di
con qualche grande azione e che ebbero l’onore degli altari innalzati loro dulla riconoscenza. Ercole, Perseo, Atlante, Tese
  I Giganti figli di Titano da esso detti Titani, per riconquistare i loro diritti gli mosser guerra ed ammucchiando monti s
o papaveri nell’altra. I papaveri non le erano sacri soltanto per la loro fecondità e perchè nascono in mezzo al frumento,
a Roma perchè i Romani riguardavano questo Dio come il protettore del loro impero. Augusto gli innalzò un magnifico tempio d
quenti discese negli stati di Fineo, e vi cagionavano la carestia coi loro ladronecci. Apollo Apollo figlio di Giove
ene e del Permesso, ove pascolava ordinariamente il Caval Pegaso, che loro serviva di cavalcatura. Riguardo alla sua nascita
o, ecc. I giovani giunti alla pubertà consacravano ne’ suoi templi la loro capigliatura, come le giovani deponevano le loro
o ne’ suoi templi la loro capigliatura, come le giovani deponevano le loro ghirlande in quelli di Diana. Apollo si rappresen
infaticabile, anche nelle cose poco lecite, ed aveva cura di tutti i loro affari. Onde potesse velocemente eseguire i suoi
n due serpenti sul monte Citerone i quali combattevano insieme, gettò loro in mezzo per separarli. I due serpenti s’avviticc
’avviticchiarono ad essa in tal modo, che la parte più alta del corpo loro veniva a formare un arco. Mercurio d’allora in po
che non era già suo scopo di imporre tributo ai vinti, ma d’insegnar loro la cultura della terra. Di là passò in Egitto, ov
nta però più d’un centinaio. Apollo li uccise tutti. A malgrado della loro malvagità, essi furono annoverati tra gli Dei, e
ei, e in un tempio di Corinto avevano un altare sul quale si offrivan loro sacrifici. I moderni non videro nella favola dei
aco, esaminavano la vita de’trapassati, e giusta il merito assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano fi
e tre passarono pei sovrani più giusti de’loro tempi. La saggezza del loro governo e la loro probità fecero dar loro dopo mo
i sovrani più giusti de’loro tempi. La saggezza del loro governo e la loro probità fecero dar loro dopo morte dai poeti la c
loro tempi. La saggezza del loro governo e la loro probità fecero dar loro dopo morte dai poeti la carica di giudici supremi
chetti imbatsamati, selve di rosai e di mirti coprivano colle fresche loro ombre le anime fortunate. Solo il rossignolo avev
un’urna nera, e le onde che ne escono sono piene di spuma, perchè il loro corso era sì rapido che rotolavano degli scogli e
ze e stabili che quando gli Dei avessero giurato per le sue acque, il loro giuramento fosse inviolabile, e se vi mancassero
utavano il passaggio del lago a quelli che erano morti senza pagare i loro debiti, e i parenti erano obbligati di tenere pre
lavano i destini : tutto ciò che avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era di filar la vita d
 : tutto ciò che avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era di filar la vita degli uomini. Clo
i, la seconda li distribuiva, e l’inflessibilità della terza impediva loro di variare. In queste tre divinità tutto era embl
e alla morte degli uomini. Le Parche restarono sempre vergini e si dà loro l’epiteto di vecchie donzelle : non vi fu alcuno
zia ed in un’inalterabile unione. Esse ingannavano la monotonia delle loro occupazioni cantando le sorti de’ mortali. L’orri
e adunche, avide di sangue e di carnificina. Erano anche zoppe. Si dà loro delle alì, i capelli bianchi e si fanno soggiorna
i e si fanno soggiornare nelle valli che circondano il Parnaso. Nella loro deformità avvi chi scorge un’allegoria relativa a
te dell’avvenente Adone, e tentare, benchè invano, di richiamarlo coi loro canti alla luce ; Proserpina non si lasciò commuo
Orfeo le intenerì a segno, che, per udirlo, lasciarono in abbandono i loro fusi, e poscia raddoppiarono con velocità maggior
etto. Mentre i colpevoli erano in vita, le Furie portavano nell’anima loro il terrore, li tormentavano con rimorsi dilaniant
li gettavanli nel più gran delirio, che sovente non cessava che colla loro vita. Gli Dei le impiegarono anche a punire gli u
guerre e gli altri flagelli dell’ira celeste, e per questo oggetto le loro incombenze erano così divise : Tisifone era impie
r esse che quasi non osavasi nominarle, nè fissare lo sguardo sopra i loro tempii. Ne avevano in molti luoghi della Grecia e
ia e servivano di inviolabile asilo ai delinquenti. Nei sacrifici che loro si offrivano impiegavasi il narciso, lo zafferano
iegavasi il narciso, lo zafferano, il ginepro, il biancospino. Venian loro immolate delle agnelle pregnanti, degli arieti e
e, attendono esse i suoi ordini con un’impazienza che mostra tutto il loro furore. Le Furie si chiamarono anche Erinni ed Eu
mentati in vita dalle Furie, ma non avvi esempio più strepitoso delle loro vendette di quello dell’infelice Oreste, che pers
po e sovrano de’ Mani fu detto Summanus. Si innalzavano de’ tempii in loro onore, si facevano de’ sacrifici per pacificarli
cevano de’ sacrifici per pacificarli ed il cipresso era la pianta che loro si consacrava. La Notte figlia del Cielo e della
imene, dicesi che in un convito offerto agli Dei, per far prova della loro divinità diè loro a mangiare il propro figlio Pel
in un convito offerto agli Dei, per far prova della loro divinità diè loro a mangiare il propro figlio Pelope tagliato in pe
vato del regno ordinò alle figlie di uccidere la stessa notte tuttì i loro mariti. Quarantanove di esse eseguirono il barbar
ol suo fiero e terribile contegno spaventasse i congiurati Numi e fe’ loro abbandonare il progetto di legare il supremo degl
accingevano scorrendo la Grecia a spogliare il tempio di Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso terrore per cui tut
pazioni dei Fauni avevano un più stretto rapporto coll’agricoltura. I loro lineamenti sono meno schifosi di quelli dei Satir
o e Telegone giganti crudelissimi, e fu tanto lo spavento che incusse loro , per, cui desistettero dalle scelleraggini che co
trare. I re d’Egitto avendo d’altronde l’uso di portare, in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leon
avendo d’altronde l’uso di portare, in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone, di un toro o di u
uegli incantatori di cui abbondava l’Egitto, e che affascinavano, co’ loro prestigi, gli occhi della ignorante moltitudine.
re ed il sacrificio della vittima, i due proprietari colle rispettive loro famiglie, davano un banchetto cui d’ordinario int
edette di poterne coi voti e colle offerte disarmare lo sdegno ; e il loro culto dall’oriente passò in Grecia, perciocchè i
trasportarono sovra una lontana spiaggia, ove, dopo aver sbarcata la loro preda, per la stanchezza s’addormentarono. Imene
ntarono. Imene pieno di coraggio propose alle compagne di trucidare i loro rapitori, e si pose alla loro testa onde eseguire
io propose alle compagne di trucidare i loro rapitori, e si pose alla loro testa onde eseguire il disegno. Portossi poscia i
i un sì fortunato maritaggio, gli Ateniesi sempre lo invocarono nelle loro nozze sotto il nome d’Imene, e celebrarono delle
lo sentì aumentar le sue forze e dilatarsi le ali che ripigliavano il loro antico stato ogni volta che Antero era lontano da
i stessi erano oggetto de’suoi motteggi, e riprendeva liberamennte le loro azioni come quelle degli uomini, e si rappresenta
numi scelsero Momo per pronunciare un giudizio su la perfezione delle loro opere. Momo le criticò tutte e tre. Disse che le
icare che i fiori i quali abbelliscono la terra, vanno debitori della loro freschezza alla rugiada, che come bellissime perl
, Eaco, Radamanto, Minosse non sarebbero oppressi sotto il peso della loro vecchiaia. Si ammettono dai mitologi due specie d
coperta di un velo, alla quale le donne di quella città dedicavano la loro capigliatura. Esculapio Esculapio figlio d
Dio, posti ordinariamente fuori delle città, per essere guariti dalle loro infermità ; vi passavano la notte e quando si tro
infermità ; vi passavano la notte e quando si trovavano sollevati dai loro mali, lasciavano nel tempio qualche cosa che rapp
i, lasciavano nel tempio qualche cosa che rappresentasse la parte del loro corpo che era stata risanata. Si rappresentava ge
fessavano, s’univano al tempio della Pace per disputarvi intorno alle loro prerogative, affinchè al cospetto della divinità,
ative, affinchè al cospetto della divinità, ogni asprezza fosse dalle loro discussioni bandita ; ingegnosa idea che dovrebbe
a prodigiosa folla di malati, oppure di persone che facevano voti pei loro amici obbligati al letto. Bellona Bellona
zzo di una battaglia percorrendo le file dei combattenti eccitando il loro furore. Questa Dea è stata dipinta infuriata coll
tirato da cavalli focosi, che calpestano tutto quanto rincontrano sul loro cammino. Le sta vicina la Discordia che colle sue
e sull’orizzonte, i cavalli del Sole non riconoscendo più la mano del loro signore, non obbedirono a quella del nuovo condot
non obbedirono a quella del nuovo condottiero e traviarono dal solito loro cammino ; or salendo troppo alto minacciano il ci
’amico Cicno o Cigno, che furono esse cambiate in pioppi, in ambra le loro lagrime e l’amico in un uccello detto cigno. Per
dietro di sè lasciavano un ampio solco sul mare ; infiammati erano i loro occhi e fumanti le bocche. Le Oceanidi figlie di
truppe nuotavano dietro il carro di lei ; le belle chiome scendevano loro sulle spalle ed in balía de’ venti ondeggiavano.
più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito la spingevano. Eolo librato in mezzo all’ a
respingeva le nubi ; le immense balene e tutti i marini mostri colle loro narici producendo un flusso e riflusso dell’onda
flusso e riflusso dell’onda amara, uscivano in fretta dalle profonde loro grotte per tributare alla Dea il dovuto omaggio.
ombre a comparire innanzi al suo tribunale, e sottomettendo l’intiera loro vita al più rigoroso esame. Si rimprovera a Minos
cquistato l’odio degli Ateniesi e dei Magariani colla guerra che fece loro per vendicare la morte del proprio figlio Androge
dagli Ateniesi. Minosse avendo vinto gli uni e gli altri non accordò loro la pace se non che alla condizione ch’ eglino gli
rza di potenti talismani, erano garantiti da’ ladri. Da ciò deriva il loro timore che i viaggiatori non vengano a rapire que
re che i piani e i divisamenti dei generali dovevano star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo era ne
a non poteva animarli di sortirne, se non che di andare a terminar la loro vita coll’ultimo supplizio. Dedalo usando della s
ne su cui erano scolpite le leggi, dietro le quali essi proferivano i loro giudizj. Questo tribunale fu istituito circa nove
allora fu detto che gli Dei marini lo avevano del tutto ammesso nella loro compagnia. Eco Eco figlia dell’Aria e dell
derivato da una parola greca che significa gioia. Esse estendevano il loro potere su tutti i piaceri della vita. Non dispens
tà pur anche, l’eloquenza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai beneficii
e snelle perchè le forme più delicate sono anche le più seducenti. Il loro atteggiamento alla danza indicava che essendo ami
età. Non avevan oro nè fermagli nè cinture e lasciavano ondeggiare il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie di ab
dette le Dee del Cefiso e di Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onore, ma era loro particolarmente consacrata la
efiso e di Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onore, ma era loro particolarmente consacrata la primavera, siccome
elle Grazie. Erano invocate a tavola come le Muse, e giuravasi per la loro divinità. Pausania ammette una quarta Grazia che
nte e l’avvenire, e nulla allegrava tanto la corte celeste, quanto le loro voci e i loro concerti. Esse erano nove : Clio, E
re, e nulla allegrava tanto la corte celeste, quanto le loro voci e i loro concerti. Esse erano nove : Clio, Euterpe, Talia,
Baccanti. Non solo furono poste nel rango delle Divinità, ma vennero loro altresì largamente tributati gli onori. In molti
gli onori. In molti luoghi della Grecia e della Macedonia offrivansi loro dei sacrifici. Anche in Roma erano ad esse consac
d’invocarle al principio de’loro poemi, siccome Dee capaci d’ispirar loro quell’entusiasmo tanto all’arte lor necessario.
rio sul quale credesi essere elleno nate, o da Piero che alcuni danno loro per padre. Facevano per lo più dimora sui monti P
ere di lui malgrado si dicano vergini. Tra i fiumi e le fontane erano loro consacrati l’Ippocrene ed il Permesso nella Beozi
’intorno e sopra i monti ove s’aggiravan le Muse. Avevano Apollo alla loro testa, colla lira in mano e coronato d’alloro. Si
cheloo, che, per consiglio di Giunone, le avevano sfidate, strapparon loro le penne delle ali, e se ne fecero delle corone.
ro le penne delle ali, e se ne fecero delle corone. Gli antichi davan loro degli abbigliamenti gialli, e una corona d’alloro
ietro il suo gentile invito per riposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso di Apollo presero tos
relle, nate custodi delle celesti barriere, per aprirle e chiuderle a loro piacere, e venne altresi loro commessa la cura di
sti barriere, per aprirle e chiuderle a loro piacere, e venne altresi loro commessa la cura di ricondurre Adone dall’Acheron
entate le Ore. Ebbero l’incarico anche dell’educazione di Venere. Era loro cura di allestire il carro ed i cavalli del Sole.
Gli Ateniesi offrivano dei sacrifici alle Ore pregandole di accordar loro un moderato calore onde i frutti della terra col
oco a poco a maturità. Il tempio che avevano in Atene fu edificato in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio di D
za. Si rappresentavano comunemente danzando e d’una medesima età ; il loro vestimento non discendeva che fino alle ginocchia
a età ; il loro vestimento non discendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto di
nzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo uccidevano gli uommi o almeno trasformava
a porta del nero palazzo di Plutone, ove poscia hanno sempre avuto la loro dimora coi Centauri, col gigante Briareo, coll’Id
resso il lago Tritonide ; che furono soventi in guerra colle Amazzoni loro vicine ; e che Ercole finalmente le distrusse ins
zzoni loro vicine ; e che Ercole finalmente le distrusse insieme alle loro rivali, persuaso che nel gran progetto da lui con
cola flotta di questo principe, come si vuole che lo provino i cinque loro nomi fenici. In tutte le lingue orientali, le nav
della Medusa, comperando dell’oro dagli Africani aveva preso anche da loro un artefice che sapesse porlo in uso. Il Pegaso e
stri e delle acque. Si trovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in fine
rovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in fine il nome di Ninfe non so
’loro canti. Fu tributato alle Ninfe un culto particolare : offrivasi loro in sacrificio l’olio, il latte ed il mele ; talvo
il mele ; talvolta immolavansi ad esse delle capre, ed erano altresì loro consacrate alcune feste. Alle Ninfe non era accor
d’andare alla caccia pei monti, e per distintivo particolare si dava loro le ali. In un bassorilievo vedesi Diana discesa d
Napee si facevano presiedere ai boschetti, alle valli ed ai prati. Il loro nome nella lingua greca significa luogo coperto d
ingua greca significa luogo coperto d’alberi. Il culto che si rendeva loro era presso a poco eguale di quello renduto alie N
i e per le foreste, e potevano ballare intorno alle quercie che erano loro consacrate, e sopravvivere alla distruzione degli
za alcun velo, era ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia
n ne fossero assolutamente inseparabili perchè si fanno abbandonare i loro alberi per andare ad ascoltare il canto d’Orfeo.
me tutte le Ninfe non erano immortali, ma è favoloso il calcolo della loro esistenza secondo molti mitologi al di là de’ 900
mi dati da que’ poeti che ne contano soltanto da sette a cinquanta. I loro nomi sono tratti quasi tutti dalla lingua greca e
dagiate sopra Delfini o altri mostri o cavalli marini. Si attribuisee loro una singolar bellezza, e si loda specialmente la
loro una singolar bellezza, e si loda specialmente la leggiadria de’ loro piedi, delle braccia e della persona, della qual
e Nereidi offrivasi del latte, dell’olio e del mele ne’ sacrifici che loro facevansi ; talvolta erano ad esse immolate delle
ar l’acqua da un’ urna, oppure portanti in mano una conchiglia. Erano loro offerti dei sacrifici, i quali talvolta consistev
di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi di porre sui loro altari del latte, dei fiori e dei frutti, ma non
le gambe ignude, appoggiate ad un’urna. Una corona di canne adorna la loro capellatura sulle spalle ondeggiante. Quantunque
l popolo l’importanza delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste la figura di una donna avente nella mano de
destra il subbio, intorno al quale i tessitori girano la trama della loro stoffa, e davano a quest’immagine il nome di Mine
a loro stoffa, e davano a quest’immagine il nome di Minerva che nella loro lingua indicava mestiere di tessitore. Vicino a q
irizzò ad alcune Ninfe che abitavano presso l’Eridano, onde sapere da loro ove fossero le Esperidi. Quelle Ninfe lo mandaron
ome erano belle e ancor più sagge, Busiride, re d’Egitto tratto dalla loro fama ne divenne amante e spedì dei pirati che le
la loro fama ne divenne amante e spedì dei pirati che le rapirono nel loro giardino ; ma furono sorpresi da Ercole che li uc
ingono per l’ordinario con una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche delle corone di giunchi ; e ne sono stati r
passato, senza fermarsi per sempre all’incanto della lor voce e delle loro parole, sarebbero elleno perite. Le incantatrici
o elleno perite. Le incantatrici non tralasciarono di arrestare colla loro armonia tutti coloro che giungevano a quella volt
canti. Ne rimanevano essi incantati a tale, che più non pensavano al loro paese, obliavano di prendere cibo e morivano d’in
rattenere Ulisse, precipitaronsi in mare ; e quel luogo fu poscia dal loro nome Sirenide appellato. Partenope dopo essersi p
 ; oppure con tutto il corpo di augello e la testa di donna. Si danno loro in mano degli stromenti di musica ; una tiene una
i vollero essere trasformate come lo furono per andare in cerca della loro compagna per cui erano animate dalla più viva ami
i eccitare nelle donne il nobile sentimento dell’amicizia sì raro nel loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata questa f
i cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintura, e coi continui loro urli, spaventavano tutti i passaggeri. Scilla spa
l’ordinario si collocavano dietro la porta o ne’ focolari. Si rendeva loro un culto religioso e le famiglie attribuivano ad
culto religioso e le famiglie attribuivano ad essi la prosperità de’ loro affari domestici. Sorsero degli altari in loro on
essi la prosperità de’ loro affari domestici. Sorsero degli altari in loro onore. Si tenevano per essi delle lampade accese.
Si tenevano per essi delle lampade accese. In pubblico si sacrificava loro un gallo ed anche un porco ; le offerte che ad es
si chiamavano Lari famigliari ; quelli al contrario che in pena della loro cattiva vita non avevano sicuro soggiorno erano c
ità degli antichi Presso i Romani molte cose campestri avevano la loro Divinità particolare. Ippona era la dea che presi
 ; Maturna era la dea della maturità ; Mellona proteggeva le api ed i loro lavori. Colui che rubava del mele o guastava gli
avano strenne. Laverna era venerata dai ladri perchè teneva occulti i loro furti ; era anche la dea degl’ipocriti. Libitina
ete, la Salute, la Felicità, la Fama ebbero degli altari innalzati in loro onore. Si fecero dei sagrifici alla Febbre, alla
sapere qual d’essi fosse suo figlio, mandò due serpenti presso della loro culla ; Ificlo parve atterrito dallo spavento e v
i di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’era un gran numero e la loro grossezza era tale che le loro ali impedivano che
ne umana. Ve n’era un gran numero e la loro grossezza era tale che le loro ali impedivano che la luce del sole si spandesse
ndesse su la terra. 6.° Sconfisse le Amazzoni e fatta prigioniera la loro regina Ippolita la diede in isposa a Teseo che gl
itavano le ripe del Termodonte in Capadocia. Non volevano uomini seco loro e non conversavano con essi che una volta ogni an
ersavano con essi che una volta ogni anno, e li rimandavano dopo alle loro case esigendo però che avessero ucciso prima tre
o dopo alle loro case esigendo però che avessero ucciso prima tre de’ loro nemici : facevano morire o storpiavano i figli ma
nde non fossero impedite al tirar dell’arco ; ebbero molte guerre coi loro vicini e furono quasi interamente distrutte da Er
e re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne umana facendo loro divorare principalmente gli stranieri che avevano
nnalzate dagli antichi erano sacre tutte agli astri, prima base della loro religione. Tutto ciò che abbiamo qui brevemente a
vano senza leggi e senza costumi ; Prometeo principe istrutto insegnò loro a condurre una vita umana, e per questo si è fors
prime il senso dell’oracolo e furono allarmati da un ordine che parve loro crudele. Ma Deucalione dopo avervi riflettuto s’a
ene. Perseo unitamente ad Andromeda, Cefeo e Cassiopea furono dopo la loro morte portati in cielo e collocati fra le costell
l petto del toro, uno de’ dodici segni dello zodiaco, perchè il padre loro aveva voluto sapere i secreti degli Dei. Esse for
u tanto il dolore che provarono le figlie di Atlante per la morte del loro fratello e sparsero tante lacrime, per cui Giove
el loro fratello e sparsero tante lacrime, per cui Giove commosso dal loro compassionevole stato le cangiò in istelle e le p
Accompagnò Ercole nel combattimento contro le Amazzoni e ne sposò la loro regina Antiope o Ippolita. Discese all’inferno co
e circostanti campagne. Alcuni secoli dopo gli Ateniesi ripararono la loro ingratitudine verso Teseo rendendo onori divini a
li vedendoli ritirarsi con un’estrema sveltezza dopo aver scoccate le loro frecce, li giudicarono da lontano mezzo uomini e
ssione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio con loro , essi gli mossero guerra. Dopo qualche ostilità d
i dai quali nacquero degli uomini che si uccisero immantinenti tra di loro , eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare
eso degli anni e delle sventure, pregarono gli Dei di porre fine alla loro vita, e tosto furono cangiati in serpenti, o seco
lli di Elena e di Clitennestra. Così raccontansi le circostanze della loro nascita. Giove amando Leda si era trasformato in
d Elena che partecipavano dell’immortalità di colui da cui traevan la loro origine. I due fratelli legatisi colla più strett
chide e contribuirono alla conquista del vello d’oro. Ritornati nella loro patria ripresero la loro sorella Elena ch’era sta
a conquista del vello d’oro. Ritornati nella loro patria ripresero la loro sorella Elena ch’era stata rapita da Teseo. Cadde
l numero de’loro Dei. A Sparta ove nacquero ed ove ebbero la tomba fu loro innalzato un altare, e ne sorse pure un altro in
dati come divinità favorevoli ai navigatori. I Romani fabbricarono in loro onore un tempio ed offrivano loro in sacrificio d
avigatori. I Romani fabbricarono in loro onore un tempio ed offrivano loro in sacrificio degli agnelli bianchi. Castore prot
gatori come si è già detto li avevano in grande venerazione perchè il loro apparire dicevasi apportator del bel tempo. Or
istante di tregua ; le Danaidi si trattennero dal riempir d’acqua il loro vaglio ; Sisifo si assise tranquillo su la sua ru
ove si fosse a lei rivolto per mirarla, prima d’uscire dai limiti del loro impero. Non gli restava a fare che un passo ed av
ico, impegnandolo a contrarre delle nuove nozze, ma vani riuscirono i loro sforzi. Irritate per vedersi disprezzate, profitt
o, i quali furono allevati dal pastore che aveva dato ospitalità alla loro madre. Le inclinazioni di questi due fratelli fur
li, e istruiti dei mali trattamenti che Dirce aveva fatto subire alla loro madre radunarono delle truppe, colle quali s’insi
ne. Ne scelse cinquantaquattro de’ più famosi. Ercole stesso si unì a loro , e concedette a Giasone l’onore d’essere il loro
cole stesso si unì a loro, e concedette a Giasone l’onore d’essere il loro capo e condottiero, siccome a quello cui per pros
ra, li pone in tanto furore, che rivoltisi l’un contro l’altro tra di loro si uccidono ; colle erbe incantate e colla magica
ormenta il drago, lo uccide e l’aureo vello rapisce. I due amanti coi loro compagni si danno tosto alla fuga e veggendosi in
i nell’isola di Corcira ora Corfù, ove Medea e Giasone celebrarono le loro nozze. Quivi gli Argonauti si dispersero e gli sp
iglie di Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccidere il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla l
on Medea. Creonte che ne era il re li accolse cordialmente ed accordò loro generosa ospitalità. Essi vissero in quel paese p
gli che compose il calendario di cui si servirono gli Argonauti nella loro spedizione. Il Bacco greco fu per quanto si crede
solarsi per tal perdita e fecero eccheggiar le ripe all’intorno colle loro grida. Argo figlio di Alettore co’legni del mont
di Lenno che trovarono abitata da sole donne, le quali per vivere in loro balìa, avevano uccisi tutti gli uomini. La regina
a lui pure congiunta n’ebbe due figli Toante ed Euneo. Continuando il loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove
do onde superare gli scogli Cianei o Simplegadi, che urtandosi fra di loro impedivano l’uscita del Bosforo, e Giasone in ric
della Colchide ove regnava Eete, ed eseguita, come si è riferito, la loro intrapresa ripartirono per la Grecia inseguiti da
rfù incontrarono la flotta della Colchide che gl’inseguiva, ma riuscì loro di evitarne l’incontro. Furono gettati su gli sco
ezione degli Dei li sottrasse anche a questo pericolo. Continuando il loro viaggio, sboccarono finalmente in Egina ed arriva
in cui stavasi per immolare Frisso ed Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un montone d’oro al quale gli Dei avevano
aveva dato ai suoi figli per sottrarli all’orribile sacrificio che la loro matrigna stava per consumare. Nefele fu la second
alla disgrazia della madre e soltanto alla fuga furono debitori della loro salvezza. Nel passare dall’Europa in Asia sopra l
e ; il consigliò a fuggire con Elle sua sorella e si offrì per servir loro di vettura. L’offerta fu accettata e quando Elle
o fosse fondata sull’esservi nella Colchide torrenti che volgevano le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccol
risolvettero di farle violenza. La giovine Atalanta che sospettava la loro intenzione, vedendoli avvicinare alla sua grotta,
mero di concorrenti. Molti erano stati vinti ed avevano già subìto la loro trista sorte. Allorchè Ippomene si presentò. Ipp
in tre diversi momenti quei pomi, per cui Atalanta invaghitasi della loro bellezza, si trattenne a raccoglierli, ed egli gi
dalla regina degli Dei per mezzo di Morfeo. Gli Dei ricompensarono la loro fedeltà trasformandoli entrambi in alcioni, e vol
mare fosse tranquillo in tutto il tempo che questi uccelli facevano i loro nidi. Epperò l’alcione era consacrato a Teti, per
zia, e il modo di vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; mostrò loro ad onorare gli Dei nei tempii per mezzo dei sacri
bitando che questi fosse colui indicato dall’oracolo, lo elessero per loro re, ed egli pose fine a tutte le loro differenze.
o dall’oracolo, lo elessero per loro re, ed egli pose fine a tutte le loro differenze. Mida, in riconoscenza del favore che
tomba sarebbe il segnale della vittoria degli Ateniesi sopra tutti i loro nemici. Creonte alla testa de’ Tebani viene a sup
e del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternativamente un anno per ciaschedu
e ad altri però fatale fu la guerra a’fratelli nemici. Fino avanti al loro nascere aveva detto Giocasta d’averli sentiti nel
o nascere aveva detto Giocasta d’averli sentiti nell’utero pugnar tra loro  ; e ben mostrarono appresso fino a qual segno il
ro l’altro che amendue scambievolmente si uccisero. Aggiungesi che la loro discorde maniera di pensare era stata, durante la
iungesi che la loro discorde maniera di pensare era stata, durante la loro vita, sì grande, e il loro odio tanto irreconcili
e maniera di pensare era stata, durante la loro vita, sì grande, e il loro odio tanto irreconciliabile, che durò anche dopo
grande, e il loro odio tanto irreconciliabile, che durò anche dopo la loro morte ; e credesi d’aver osservato che le fiamme
i d’aver osservato che le fiamme del rogo su cui facevansi bruoiare i loro corpi siensi separate, e che la stessa cosa sia a
randoli negli scogli e ne’macchioni del monte Ficeo, là dove riusciva loro impossibile di liberarsi per non saperne le diver
adre, come si è già detto, dato in pasto agli Dei per far prova della loro divinità e da essi risuscitato ebbe una spalla d’
siano reputati figli di Atreo, se non perchè essendo morto giovine il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atre
chè essendo morto giovine il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atreo : dal nome di questi furono essi chiama
o appo Eneo re d’Etolia che li ricevette amichevolmente e si dichiarò loro protettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Spar
rotettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a Mene
Divenuti generi di un potente re, pensarono a vendicare la morte del loro avo. Tindaro accordò loro delle truppe colle qual
ente re, pensarono a vendicare la morte del loro avo. Tindaro accordò loro delle truppe colle quali assalirono e vinsero Tie
equità dotato, che i vicini pastori lo prendevano come arbitro delle loro questioni. Sposò la ninfa Enone, figlia del fiume
e Venere ; e quest’ultima non dimenticò il suo cinto. Paride dichiarò loro che vedendole coi loro vestimenti le trovava egua
ma non dimenticò il suo cinto. Paride dichiarò loro che vedendole coi loro vestimenti le trovava egualmente belle, e che per
on mancarono di portare la più strepitosa vendetta sulla famiglia del loro giudice. Quindi le irritate Dee giurarono la ruin
giuria i due fratelli Agamennone e Menelao procacciarono di trarre al loro partito tutti i principi della Grecia, tra i prim
e sì possente ad un mucchio di sassi e di cenere. Dei capi troiani e loro alleati i soli che avanzarono da quella guerra e
gli Eneti popolo della Paflagonia, che sotto Troia perduto avevano il loro re Filemone ; e venuto all’estremo dell’Adriatico
i Oracoli erasi aumentata per mezzo di ricchi doni che si facevano ai loro templi e specialmente per le persone che recavans
nsultati che da grandi personaggi o da uomini che fossero a parte de’ loro secreti ; e dovevano essere soli quando entravano
biguità era uno de’ più ordinari caratteri degli Oracoli e il duplice loro senso pareva sempre favorevole. Questa asserzione
consultare Giove Ammone. Anche gli antichi popoli del Nord avevano i loro Oracoli come l’Italia e la Grecia ; e tali Oracol
ati, erano pronunciati dagli Dei e dalle Dee, oppure dalle Parche ne’ loro tempii. Quello d’Upsal era famoso tanto per gli O
vi siano state delle Sibille, ma non sono tutti concordi riguardo al loro numero. Avvi chi ne conta una sola, quella di Eri
, di bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ; s’incominciarono ad alzar loro de’ piccoli rozzi tempietti ne’ boschi a lor cons
il primo, venivano poi il Marziale, il Quirinale, eco. Anche le mogli loro conosciute sotto il nome di Flaminiche erano dist
orno in cui tali banchetti dovevano aver luogo in onore degli Dei. Il loro numero che da principio era solo di tre, venne po
robità senza verun rossore sacrificavano. I Romani, ammettendoli alle loro mense, usavano del diritto di porli in ridicolo,
i Romani annunciavano i trattati, la pace, la guerra e le tregue. La loro principale cura era quella d’impedire che s’intra
ano un gran numero di Feste. Di alcune di esse abbiamo fatto cenno ai loro rispettivi luoghi. Le Feste erano sacre per quei
adottati dalla maggior parte dei popoli per ricrearsi o per onorare i loro Dei. Non si conosceva giuoco alcuno il quale non
arli con sacrifici e con altre religiose cerimonie : in una parola la loro istituzione aveva per apparente motivo la religio
questi giuochi chiamavasi Ginnasio, Palestra, Stadio, ecc. secondo la loro qualità. Rapporto a’ Giuochi Scenici, questi si r
i prende per l’intero teatro. I giuochi di musica o di poesia, per le loro rappresentazioni non avevano luoghi particolari.
o. I vincitori erano anche onorati spesso di pubbliche statue e nella loro patria erano tenuti sempre in gran pregio. Non me
r esempio, i Giuochi Compitali. Innalzarono i Romani per celebrare i loro Giuochi dei teatri, degli anfiteatri e dei circhi
2 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
a coltivarla secondo quella relazione, che gli stessi Fatti hanno tra loro  ? Era dunque necessario, che le Favole eziandio a
il nome di Mitologica Istoria. Ciò da alcuni già si fece ; ma l’opra loro non è poi così abbastanza compita, che non ci las
n ci lasci privi di molte e molte interessanti cognizioni. Al difetto loro pertanto tentai di supplirvi io : non che abbracc
ti ; I Sacerdoti, gl’ Indovini, le Vestali, le Sibille, e i Ministerj loro  ; le Feste, i Giuochi, i Sacrifizj, le Vittime, g
piangevano sull’esecrande laidezze, che i Poeti andavano narrando de’ loro Numi, e ch’eglino stessi non potevano non avere a
ferenti paesi, il mescolamento de’ varj abitatori, la diversità della loro origine, la stoltezza e superstizione del volgo,
erentemente a tutti, e dove tutti credettero di scuoprirvi ciò che le loro idee, o i loro particolari sistemi li conducevano
utti, e dove tutti credettero di scuoprirvi ciò che le loro idee, o i loro particolari sistemi li conducevano a rintracciarv
questi si dissero Consenti, o perchè aveano il diritto di prestare il loro assenso alle deliberazioni di Giove(a), o perchè
e(b) : e in questo ultimo senso si denominavano anche Paredri. I nomi loro erano Giove, Giunone, Vesta, Minerva, Cerere, Dia
 : di là passò poi nella Grecia, dove sino da’ tempi di Pisistrato fu loro dedicato in Atene un tempio. Adottarono questo cu
i maggiori, oppure Dei delle maggiori Genti. Si veneravano altresì le loro Statue nelle primarie Città della Grecia e del La
ue nelle primarie Città della Grecia e del Lazio. Gli Ateniesi aveano loro alzato un altare, che appellavano l’altare de’ do
mini, erano stati poi divinizzati(a). I Romani innoltre ammisero tra’ loro Dei moltissimi di quelli delle altre Nazioni, e l
lle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano pure appresso di loro gli Dei Novensili, e questi al dire di Varrone er
oi per Dei Novensili intende gli Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie gesta meritarono di essere annoverati tra
(4), Febe, Teti, e Saturno(b). Comunemente dicesi, che dal nome della loro madre i maschi vennero chiamati Titani, e Titanid
oro madre i maschi vennero chiamati Titani, e Titanidi le femmine. Il loro padre orribilmente li maltrattava. Titea finalmen
ano erano stati rinchiusi nel Tattaro(6), ne facesse pagare il fio al loro snaturato genitore. Saturno lo fece perire. L’imp
Genti. Eglino venivano altresì serviti in un convito(17) dagli stessi loro padroni, coperti della Sintesi(18) (a). Tra mezzo
ni il costume di tenere il mentovato fuoco anche nell’ ingresso delle loro case, detto perciò Vestibolo(d). Cibele fu anche
agli uomini l’ uso(d). Iside finalmente fu da’ Romani annoverata tra’ loro Numi(e). Nel Campidoglio v’ avea un tempio, sacro
Vestali. I primi furono detti Galli, perchè prima di sacrificare alla loro Dea beveano al fiume Gallo. Divenivano allora fur
cali stromenti orribilmente urlavano : lo che avveniva al tempo delle loro Feste. Eglino vestivano alla foggia delle donne,
quà e là mendicando, fingendo che Cibele si cibasse di ciò che veniva loro offerto : dal che acquistarono anche il nome di M
sta sopra un asino, e anche in quel tempo suonavano il timpano(d). Il loro capo si chiamava Archigallo. Questi cingeva in ca
izo, educare dall’infanzia, perchè Giove appena nato fu affidato alla loro cura(b) : e quindi dicesi ch’ eglino al suono di
quel bambino, non ne udisse i vagiti(c). Le Vestali, così dette dalla loro Dea Vesta, furono istituire da Numa Pompilio. Que
’età di sei anni, o aveano oltre passati i dieci(d). Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la quale er
igio di Vesta, doveano rimanorvi trenta anni, dieci per apprendere il loro ministero, dieci per esercitarlo, e dioci per add
citarlo, e dioci per addestrarvi le altre, che vi si sostituivano. Il loro principale dovere era di serbarsi vergini, e di a
ini, e di attendere alla conservazione del sacro fuoco. Se questo per loro negligenza mancava, esse venivano severamente pun
maggiori supplizj ancora si condannavano, qualota aveano macchiata la loro verginirà(19). Compiuto il predetto corso dei tre
ti privilegi : avevane diritto di testamentare, anche essendo vivo il loro padre ; in giudizio non si poteva mai esigere da
udizio non si poteva mai esigere da esse il giuramento, ma bastava la loro semplice asserzio ne ; nelle loro mani, come in s
a esse il giuramento, ma bastava la loro semplice asserzio ne ; nelle loro mani, come in sacro e inviolabile deposito, si co
di corone(d). I Libri Sibillini(21) aveano predetto a’ Romani, che il loro Imperio sarebbesi conservato, e sempre più accres
bele faceva pompa di ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a loro capriccio, ed anche liberamente usavano delle ins
talidi, presiedessero alle di lei sacre ceremonie : il quale onore fu loro confermato da Teseo(a). Cerere pure si presentò a
insegnato a quegli abitanti a nutrire i greggi, e a servirsene della loro lana (c). A Cerere Ctonia, ossia terreste, o sott
te nel’ Vestibolo del tempio ; i secondi ne penetravano l’ interno, e loro dopo un anno si concedeva di poter conoscere i pi
chiudevano colle cagne. Il dì seguente rimiamavano gli uomini, e seco loro viveano in alegrezze e conviti(a). Chi celebrava
i (g) (15). Si celebravano da donne nobili e di onesta vita, e due di loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi. Que
a, radunava vicino a quell’ albero i giovani di que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli scudi di bronzo, e delle pi
(e) : altri dalle Api (f) ; e che Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima era di ferro, in quello d’
grande strage de’ Giganti. Ripigliarono ben presto gli altri Numi il loro coraggio, sterminarono tutti coloro, e patte ne p
e si velarono il capo, si sciolsero Ie vesti, e gettarono dietro allo loro spalle alcuni sassi. Quelli, tirati da Deucalione
d’Ercole (c). In questi Giuochi i lottatori doveano spogliarsi delle loro vesti. Diede motivo a tal legge una donna d’Elea,
scrissero i nomi ne’pubblici Registri degli Elei, e rientrarono nella loro patria coll’apparato del trionfo, decantati da’ P
due, e poi divennero dodici, scelti a sorte dalla città d’Elide. Era loro uffizio il dare degli avvertimenti agli Atleti pr
gloriavano d’integrità ; puce conveniva talvolta ricorreré contro le loro decisioni al Senato d’Olimpia, giudice supremo de
e gli altri Flamini non potevano farlo, se non quando esercitavano il loro ministero. Il Flamine Diale, quando andava per le
, da dove credevasi che il Nume desse i suoi Oracoli. Questi e per la loro origine e pel modo, con cui si rendevano, erano a
ercuoteva colla sferza que’ vasi, disposti in sì piccola distanza tra loro , che bastava agitarne uno per dar moto a tutti, e
r arrendersi a motivo della fame, Giove comparve a questi in sogno, e loro disse, che di tutto il frumento, il quale aveano,
e gl’instituirono annue Feste, dette Itomee, nelle quali i Musici tra loro gareggiavano (b). Dicesi che Aristomene, cittadin
giuramenti(15), si nominò Orcio. Que’ d’ Olimpia aveano collocato nel loro Senato la di lui statua, e per inspirare alle gen
. Il Dio sotto questo aspetto era dagli Ateniesi chiamato Iezio, e da loro eragli stato eretto un altare sul monte Imetto (g
Imetto (g). Ronolo ricercò a’ Sabini e a’ vicini popoli alcune delle loro donne per popolare la città, che avea fabbricato 
nni di fedeltà a’ magistrati. I Generali pure d’armata vi porgevano i loro voti prima di andarsene al campo. Anche il Senato
trassero i tempj ; che tutti quegli Dei cedettero senza difficoltà il loro luogo a Giove ; che solamente il Dio Termine(22),
a certa palude, venivano da lui cangiati in lupi, e a que’medesimi di loro , i quali dopo nove anni nello stesso modo la ripa
abiria (f). Colà avea Giove un tempio con tori di bronzo, i quali co’ loro muggiti predicevano le sventure (g). Tra Sigeo e
ministravano tutte le cose necessarie, primachè se ne ricercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre
tte le cose necessarie, primachè se ne ricercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre delle feste pe
a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza, come ind
inchè stando sopra i medesimi, partecipassero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece di letti si prep
mi fruita, latte, e melo. Volevano anche uccidere un’Oca per offrirla loro in cibò ; ma quella corse appresso i piedi delle
sommerse nelle acque tutte le abitazioni di que’ dintorni, fuorchè la loro capanna, la quale erasi anzi cangiata in magnific
e quali, per sottrarlo alle persecuzioni di Giunone, lo nascosero ne’ loro antri, e lo alimentarono del proprio latte. Oppia
eguitava Giunone. Egli radunò moltitudine d’uomini e di donne, e seco loro s’accinse alla grande impresa. Opponevasi a’ suoi
sse con grave pestilenza. Consultarono l’ Oracolo di Apollo, e questo loro prescrisse d’ immolate a Bacco un bellissimo giov
late a Bacco un bellissimo giovinetto. Così per molti anni si fece da loro , e finalmente per volere di Bacco stesso sostitui
ciascuna tribù. Tali giovani non vi si ammettevano, se non dopochè i loro genitori aveano giurato per la loro legittimità,
si ammettevano, se non dopochè i loro genitori aveano giurato per la loro legittimità, come se sino a quel tempo i sigli fo
so, figlio di Leucippe, e lo recarono sulla mensa furono con tutta la loro famiglia per sempre escluse dalle Agrionie(a). Le
accavano certe figurine di Bacco, dette oscille per la piccolezza del loro volto(c). Le Sacerdotesse di Bacco si chiamarono
llonidi(g), Edonidi(h), e Bassaridi(i). Il nome di Mimallonidi derivò loro da Mimante, monte della Jonia, sacro a Bacco ; o
, imitare, perchè comparivano, com’era stato solito a farsi vedere il loro Nume. Quindi vestivano pelli di tigri, portavano
evano cuoprirsi di una lunga veste, detta da’ Traci bassaride ; o dal loro gridare, che in greco esprimevasi anche col verbo
ne e di Agave ; Alcitoe colle altre sorelle, dette Minieidi da Minia, loro padre. Licurgo perseguitò sul monte Nisa Bacco e
e il di lei nome(d) (17). Certi nocchieri della Lidia ricevettero nel loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato preda
el loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato predato da uno di loro stessi, di nome Ofelte, in solitaria campagna ; e
vele e remi in corso ; ma questi, e quelle si cuoprirono d’ellera, e loro impedirono l’avanzarsi nel cammino(b). Demarato d
rono ; le sole Minieidi ostinatamente ricusarono di farlo ; Ognuna di loro , per rendere frattanto le ore meno nojose in mezz
i grandissimo strepito, e quelle femmine viddero con istupore, che le loro tele divenivano verdi, e fronzute a foggia d’elle
ersi ; ma in vano tentarono di sottrarsi alla pena, che sovrastava al loro delitto, poichè in un istante si videro cangiate
nivano in sogno avvertito de’rimedj, che doveano usare per guarire le loro malattie. Era pure sacra a Bacco una quantità di
ri nel riferirci il luogo, ov’ella nacque. Que’di Samo dicevano nella loro Isola, lungo le rive del fiume Imbraso (b). Altri
i ; e che l’ Esperidi(1) le presentarono dei pomi d’oro, raccolti dal loro giardino. La bellezza di quelle frutta talmente p
endono, che Giunone abbia mandato a molestare Io un insetto, detto da loro Estro, da’ Latini Asilo, e dagl’ Italiani Tafano.
; e Sida, moglio el Gigante Orione. Le Pretidi preferirono la casa el loro padre alle ricchezze de Itempio di Giunone, overo
dre alle ricchezze de Itempio di Giunone, overo, come vuole Igino, la loro bellezza a quella ella stessa Dea. Giunone talmen
la loro bellezza a quella ella stessa Dea. Giunone talmente agitò il loro pirito, che tutte due credettero di essere divenu
si vantarono di amarsi piucchò Giove e Giunone, questa Dea mandò tra loro la Dea Eride. Stava allora il marito per finire u
ssitura d’una tela. Proposero di gareggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse per compire più presto la sua opera, avesse
suo figliuolo, Iti. Eseguito l’atroce fatto, si rifugiarono presso il loro padre. Politecno se ne accorse, e perseguitò le d
avvertire gli sposi della dolce armonia, che sempro dovea esservi tra loro (a). Questo medesimo sacrifizio chiamavasi Eratel
asi lucus (g). A questa Dea ricorsero le donnè Sabine, perchè dopo il loro rapimento non potevano più partorire. Un augure s
omani la chiamarono Sospita, perchè vegliava alla conservazione della loro Repubblica. La Dea sotto questa denominazione ebb
fabbricò da C. Cornelio. Dicono, che i Consoli, prima di assumere la loro carica, v’ andassero ad offerire a Giunone un sac
(b). I Liberti, ossia gli Schiavi fatti liberi, tenevano Feronia per loro protettrice e assumovano nel di lei tempio il pil
i Tarrentini. Ricorsero supplichevoli a Giunone, colla quale rispose loro , che se avessero combattusto con coraggio, neppur
che se avessero combattusto con coraggio, neppure l’ argento sarebbe loro mancato. Così avvenne ; e i Romani onorarono quin
preside alle medesime. Mentrechè i Romani stavano per ristabilire la loro città, già da’ Galli rovinata, i Popoli vicini te
cini tentarono d’ impadronirsene. Costoro affidarono il comando delle loro truppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì,
le porte di Roma, ricercò al Senato le madri di famiglia, e Ie figlie loro . Una schiava, di nome Filotide o Tutela o Retania
ino ricercavano. Distribuise tralle milizie, finsero di celebraro tra loro una festa, e talmente ubbriacarono quelle truppe,
celebrare le Feste, dette Callistie, perchè elleno disputavano della loro bellezza, e la più avvenente riportava una palma
grezze dell’ animo, la guerra, e la discordia. Là parimenti Iranno la loro abitazione le Furie(5), le Arpie(6), la Chimera(7
che s’invocavano, non entrassero in città(e). I Terentini presero il loro nome da Terento, luogo del Campo Marzio, ov’ erav
llo vincitore, e gli offerirono dei doni (c). Allora gareggiavano tra loro i Poeti. L’argomento ordinario era un inno, accom
ntifane d’Argo, e Androstene di Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegno agli ornamenci di quel tempio (c). In ess
i, ossia santi, i quali assistevano agl’Indovini, e sacrificavano con loro (d). Maravigliosa fu la maniera, con cui Apollo m
esso effetto, ch’eglino cominciarono a parlare confusamente, e che le loro sconnesse parole divennero predizioni. Conchiude
no, isola del mare Egeo, la decima parte di ciò, che ritraevano dalle loro ricchissime miniere d’oro e d’argento. Queglino c
l richiesto tributo ; ma avendo in seguito cessato, il mare inondò le loro miniere, e le fece intieramente sparire(a). La cu
i discendenti di Alcmeone, famiglia potente d’Atene, scacciati dalla loro patria da’Pisistratidi, costruirono il medesimo t
mpo dopo avvenne agli Egialesi una pestilenza desolatrice di tutto il loro paese. Consultarono gl’Indovini, e ne intesero, c
le ad Apollo e a Diana per placarli ed eccitarli a ritornarsene nelle loro città. Ciò piacque alle due Divinità, le quali pe
que’di Delfo in memoria del giorno, in cui Apollo per la prima volta loro si manifestò (b). L’Ebdomee si celebravano in Del
di flauto a Giacinto. Altri danzavano, o a cavallo facevano prova di loro maestria ne’pubblici luoghi. La pompa s’incammina
fu avvertito, che alcuni nemici della Repubblica si avvicinavano alla loro città ; che il medesimo andò loro incontro, e li
lla Repubblica si avvicinavano alla loro città ; che il medesimo andò loro incontro, e li mise in fuga coll’ajuto di Apollo 
e li mise in fuga coll’ajuto di Apollo ; e che questi vibrò contro di loro moltissime frecce. Da principio non era fissato i
endenti di Teucro, usciti dall’Isola di Creta, per cercare altrove il loro stabilimento, udirono dall’ Oracolo, che doveano
lo, che doveano fermarsi, ove i naturali abitanti del paese avrebbono loro mosso guerra. Costretti coloro a passare una nott
le rive dell’Ellesponto, avvenne che un gran numero di topi divorò i loro scudi. Il dì seguente i Cretesi, veduto quel guas
rotrofo si chiamò Apollo, perchè i Greci giovani solevano recidersi i loro primi capelli, e consecrarli a questo Nume(b). Di
a d’Argo a Gelanore, osservò un lupo e un toro, che contrastavano tra loro . Avendone il lupo riportata la vittoria, Danao fe
che le abbiano introdotte i Greci, perchè aveano provocato contro di loro le sdegno d’ Apollo, quando sul monte Ida tagliar
poli, detti Iperborei, veneravano Apollo, perchè credevano, che nella loro Isola fosse nata la di lui madre, Latona. Queglin
mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo, e pieno di ricchi doni. La loro stessa città era consecrata ad Apollo, e abbondav
avera sino all’ apparire delle Plejadi. Per testificare sempre più la loro venerazione al Nume, gli spedivano ogni anno in D
no in mano per mezzo di que’popoli, che si trovavano sulla strada dal loro paese sino a Delo(b). Tra’ Sacerdoti d’ Apollo Ip
), Elicona(35), Pierio(36), e Pindo(37). Soleva altresì dimorare seco loro lunge le rive de’ fiumi, Permesso(38), Castalio(3
iterone, ove i figliuoli dell’ orgogliosa madre si trovavano, e colle loro frecce li misero tutti a morte. Lo stesso fine in
rli suscitò il mostro Pene, il quale strappava dal seno delle madri i loro fanciulli, e li divorava. Il valoroso Corebo, Ero
o, ma finalmente raggiunto da quelli, che non potevano ravvisarlo pel loro padrone, ne venne a brani straziato (a). Lo Scoli
maritarsi, ne profanarono quel sacro luogo. La Dea per punirli mandò loro una malattia, per cui poco tempo dopo moritono. N
zj al tempio di Diana, e divenute gravide, nè potendo più usare della loro consueta cintura, la consecravano nel tempio dell
Eneo, di cui parleremo. Que’ popoli la custodivano gelosamente nella loro Cittadella. La medesima statua era d’oro e d’ avo
fanciulli chiamavansi Bomonici, ossia vittoriosi all’altare. Le madri loro stavano presenti a quella barbara carnificina, e
ale però, se i Ministri della flagellazione non vibravano con forza i loro colpi, diveniva sì pesante, che la predetta Sacer
se, il più fiero nemico de’ Greci, e il quale avea incenerito tutti i loro tempj, ebbe rispetto per questo (a). Finalmente r
(b). Il predetto Alessandro propose a que’ d’ Efeso di somministrare loro tutto ciò, che poteva rendere magnifico il nuovo
. Non v’ acconsentirono, e le donne in vece si spogliarono di tutti i loro preziosi ornamenti, cosiochè questo secondo tempi
essendochè gli sacrificavano i forestieri, che giungevano appresso di loro . Venere, sdegnata per tale inumanità, cangiò quel
in Cipro. Queste femmine si trovarono cangiate in sassi, perchè alla loro sfrenata dissolutezza v’aggiunsero l’ardire di ne
to prigioniero da certi corsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la quale se n’era invaghita, alzò sopra un
ere, purificare, perchè i Romani e i Sabini, dopo aver combattuto tra loro pel ratto delle donne Sabine, si riconciliarono,
o in Roma, in cui le giovani nubili consecravano i divertimenti della loro infanzia(f). Si chiamò Anrdiomena, ossia che sort
d’Esculapio. Strabone riferisce, che i Romani, per averla appresso di loro , offerirono a quelle genti di renderli esenti di
ti di renderli esenti di cento talenti sul tributo, che pagavano alla loro Repubblica. Plinio aggiunge che la stessa pittura
rcè la protezione di questa Dea di riacquistare in brevissimo tempo i loro capelli(c). Un fatto, avvenuto in Efeso, diede mo
e giovani Romane venivano ad offerire doni alla Der per conservate la loro castità, o per riacquistarla, se la aveano perdut
o contro l’ Imperatore Aureliano ; e che nell’anno, che precedette la loro rovina, i doni andarono a fondo, ma l’anno seguen
impostele da Tindaro, per indicare che la fedeltà delle donne verso i loro mariti dev’essere inviolabile(e). La denominarono
pregiabile per la sua grandezza e bellezza. Ivi le giovani avanti le loro nozze, e le vedove prima di rimaritarsi, andavano
Alcameno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro era per formare la più bella Venere. Quella d’ Al
l’Anagogia, ossia la Festa della partenza, quando vedevano, che sulle loro rive più non comparivano le colombe. Pensavano, c
ere. Se ne offese la Dea, e volle prenderne vendetta. Frammischiò tra loro la Dea Mefiti (13), la quale, com’era proprio di
e rese, tutte d’un odore sì fetido, che se ne dovettero allontanare i loro mariti (14). Elleno allora, sdegnate per siffatta
nome, che senza il suo consiglio o comando niente si faceva : Poliso loro suggerì, che durante il sonno trucidassero tutti
ceva : Poliso loro suggerì, che durante il sonno trucidassero tutti i loro padri, e matiti. Così si fece ; e Poliso stessa f
, e il mirto, come abbiamo detto, tragli alberi erano a cagione della loro bellezza le piante sacre a questa Deità (b). La p
sse a Giunone, mentre lo pretendeva egli, inondò la maggior parte del loro paese. Il Nume finalmente alle preghiere di Giuno
o dicevano, che Nettuno e il Sole pretendevano d’avere il dominio del loro paese. Briareo, uno de’Ciclopi, scelto per giudic
i coronavano con fron li di pino, indi con foglie d’appio secco(d). I loro nomi venivano altresì scolpiti sopra alcune colon
tresì scolpiti sopra alcune colonne, erette nella pubblica piazza. Fu loro aggiunta finalmente anche una somma di danaro, ch
zosa e intrepida nella sua opinione Postesi portanto a gareggiare tra loro , Minerva non seppe trovare eccezione sul merito d
per accrescere il poco numero d’uomini, che si trovavano appresso di loro (d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili, porta
ora si mandavano reciprocamente dei regali, e trattavano a convito le loro serve, come facevano gli uomini al tempo delle Sa
e, che gli Scolari durante la celebrazione di tali Feste spedivano a’ loro Maestri certi doni, detti Minervali(d). L’Arrefor
quali servivano a Minerva in qualità di sacerdotesse(9). La Dea avea loro intimato di non aprire giammai l’anzidetto cestel
poscia dalla carestia, consultarono l’Oracolo. Questo rispose, che le loro terre rimarrebbono sempre sterili, qnando non ave
eguirono gli ordini dell’Oracolo, viddero riprodursi la fertilità nel loro paese. Fu per questo, ch’eglino sacrificavano ogn
e ad offerirle sacrifizj furono i Rodiani. Per questo Giove cuoprì la loro isola d’una nuvola d’oro, e’ cui fece piovere imm
furono anche denominate Giuochi Marziali (b). Le Ancilie trassero il loro nome da certi piccoli scudi, incavati a forma di
a’ parti. Al tempo di queste Feste le donne ricevevano dei regali da’ loro mariti, come a questi si davano i medesimi da que
avano allora a convito i servi per eccitarli a prestare più pronto il loro servigio (b). Le Armilustri erano Feste, nelle qu
lattati da una lupa. Il pastore Telefo poi li raccolse, prese cura di loro , e denominò uno Parrasio, e l’altro Licasto. Egli
eso tra’ Greci, perciocchè Pausania, il quale fece menzione degli Dei loro , non fa parola di alcun tempio di Marte, ma solam
izzavano spezialmente dagli artefici di rame, per ricordare che nella loro città si trovò l’arte di portre in opera il prede
enuti quali Divinità, ed ebbero tempj, altari, statue, e sacrifizj. A loro consecrava la Grecia i primi capelli de’ fanciull
I fiumi si rappresentano sotto la figura di uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomiglia al muggito di tal animale
Theog. V. 123. (5). I Ciclopi furono così detti, perchè ciascuno di loro aveva un solo occhio rotondo nel mezzo della fron
erra da se produceva ; e divoravano gli stranieri, che cadevano nelle loro mani(d). Furono anche creduti figliuoli di Nettun
creduti figliuoli di Nettuno e d’Anfitrite(e). Eurìpide vuole, che il loro padre sia stato Polifemo(f). Questi al dire d’Ome
te libera, che spontaneamente prestano servigio, e al quale possono a loro talento rinunziare ; quelli all’opposto erano sot
lento rinunziare ; quelli all’opposto erano sottoposti al dominio del loro padrone quasi non altrimenti che gli animali. Qui
cosa alcuna. Tutto era de’padroni, i quali però talvolta rilasciavano loro una porzione de’ritratti guadagni, chiamata pecul
o in vece combattero gli uni contro gli altri, giacchè così alcuno di loro avrebbe potuto evitare la morte. Tali combattimen
Demoniaci, ossia in invasati da fatidici Spiriti, i quali o dettavano loro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal pe
o dettavano loro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal petto loro , mentre gli stessi Demoniaci tacevano : in Entusi
a falsa e stolta opinione, che le anime umane spesso abbandonassero i loro corpi, e che ora quà e là andassero vagando nelle
niuna interesssante impresa si abbracciava dalle altre Genti senza il loro consiglio e approvazione(a). E’fama che ad erudir
ro del Collegio (e). Gli Auguri custodivano certi fatidici Polli. Era loro interdetto l’esplorarne gli andamenti fuorchè all
re, e specio, osservare, perchè esaminavano le vittime e le interiora loro per trarne dei presagi(d). L’arte pertanto di cos
rivano essere tali per malizia de’Sacerdoti, i quali ne ritraevano il loro utile, giacchè venivano allora sostituite altre v
i e dita, ma i solchi eziandio, che le medesime eminenze lasciano tra loro . Si fa gran caso altresì di conoscere, se quelle
7). I monti erano rìputati sacri, perchè credevasi, che v’avessero il loro soggiorno i Numi(c). (h). Macrob. Saturn. l. 1.
acrificavano : e perchè ciò facevano di notte in occulto(f) ; però il loro sacrifizio per antifrasi, ossia in senso contrari
i ad alimentarvi un gran numero di siffatti uccelli, donde derivò poi loro il nome di Jeracobosci, nutritori degli sparvieri
Mensi(d). Essendo poscia apparso agli Egiziani un bue, si credette da loro , che Osiride si fosse trasformato in quell’ anima
animale, e lo chiamarono Apide (la qual voce dicesi significare nella loro lingua bue) e Setapide(e). Presero quindi gli Egi
’ colli la Dea Collatina(a). Le valli parimenti e i boschi avevano le loro Ninfe, dette Napee(b), o Driadi(c). Dea delle pri
empio, nulladimeno erano onórate di particolare culto. Latte ed oglio loro si offrivano, e si sacrifica vano anche delle cap
ali, che non serbavansi vergini. Festo accenna una legge, per cui era loro reciso il capo. S’introdusse poi anche il costume
cole li persuase a cangiare sì barbaro costume ; e che per espiare il loro delitto li indusse a fare dei sacrifizj, e a sole
lle erano certe vergini fatidiche(d). I nomi, la patria, e i genitori loro sono talmente inviluppati nelle contraddizioni de
ciò sia, Atalanta importunata da molti, affinchè siscegliesse uno di loro in isposo, dichiarò finalmente, che tale le sareb
Latturcia (n), o Lattucina (o) al latte delle medesime ; Matura alla loro maturazione (p) ; Spiniese alla loro preservazion
tte delle medesime ; Matura alla loro maturazione (p) ; Spiniese alla loro preservazione dalle spine (q) ; Robigo, o Rubigo
no Cerere del ratto di sua figlia, e che la Dea per gratitudine abbia loro insegnato a coltivare la terra (c). Igino (d), e
le cose preziose (i) : ed ebbe da ciò origine l’uso di na scondere la loro testa sotto le soglie delle porte (a). Così poi c
i con religioso rito li cibassero (c), sugli altari li riponessero, e loro , come a Numi, feste a sacrifizj instituissero (d)
ro eglino soli pel corso di moltissimi anni il privilegio, che uno di loro fosse sempre il Gerofante del tempio di Cerere in
e ceremonie (a). Moltissimi furono appresse i Grecie i Romani, come a loro luogo vedremo. Generalmente si distinguevano in g
bivano la gloria di riportarvi il premio, che quella di trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consisteva nell’ alzarsi con
ventandosi centro l’altro vicendevolmente si battevano, finchè uno di loro cedeva, o cadeva morto (d). La Lotta finalmente s
rtavano a tali Giuochi, era una semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso di prender
Ercole, non avendo trovato chi osasse di cimentarsi seco lui (a). La loro celebrità altresì otteneva loro talvolta il premi
osasse di cimentarsi seco lui (a). La loro celebrità altresì otteneva loro talvolta il premio, senza che si attendesse l’esi
della tenzone. Così mentre Agamennone e Merione voleano disputare na loro il premio, stabilito da Achille nell’ esercizio d
iudici nella Grecia si sceglievano dalle primarie famiglie. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’era uno solo, ma per
ampi (e), erano dodici Sacerdoti d’illustri natali. Per insegna della loro dignità portavano una corona di spighe, legata co
l. 4. Georg. (g). Nat. Com. Mythol. l. 2. (3). I Romani, quando loro appativano le Api, le risguardavano come annunzia
braccia in altezza. Furono poi denominati Aloidi da Aloeo, con cui la loro madre erasi unita in matrimonio(f). Di Polibote l
dichiarò solo la guerra agli Dei per vendicare gli altri Giganti, da loro sterminati(l). Vuolsi altresì da Filostrato, cu’
la carestia a mangiare carne umana, non mai però toccarono alcuno de’ loro animali ; e che anche allora quando si dosiderò d
are, che vi faceva lo stesso Gigante : e quindi l’anzidetta palude da loro chiamavasi lo spiraglio di Tifone(g). Virgilio vu
li Efesini gli offrirono una somma d’argento, ond’egli si dicesse del loro paese. I Cretesi, come lo seppero, lo punirono co
ossia a’conviti, che da’ Romani ogni anno s’imbandivano per onorare i loro parenti morti. Ausonio vuole, che sieno state ins
etto pe’ giuramenti. Ogni promessa, confermata con essi, si doveva da loro indispensabilmente osservare, ancorchè chi l’aves
nvocavano co’sacrifizj, onde sterminasse quegl’insetti, i quali colla loro moltitudine solevano produrre una grave pestilenz
uochi, cadde dal carro ; e che i di lui cavalli, avendo continuato il loro corso, e meritato il premio, se ne andarono colla
testa di un certo Tolo (i) : la che servì a’Romani d’augurio, che la loro città sarebbe divenuta la dominatrice di tutto il
ministravano tutte le cose necessarie, primachè se ne ricercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre
tte le cose necessarie, primachè se ne ricercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre delle feste pe
a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza, come ind
inchè stando sopra i medesimi, partecipassero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece di letti si prep
pi sono famosi anche i due fratelli, Achemone o Acmone, e Passalo. La loro madre, di nome Sennone, donna fatidica, li avea a
dorso d’Ercole era nero ; e ricordandosi dell’avviso, ricevuto dalla loro madre, presero a vicende volmente confabulare su
e Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro . Il primo di questi, estratto a sorte, dall’anzid
lo (g). Le medesime in Atene si tennero come Deità. Anfittione eresse loro un tempio, in cui si celebravano certe Feste, det
i anche Palisci, e i quali si chiamavano Ate e Cario, narrasi, che la loro madre, Talia, o Etna, prima di partorirli, appres
urono anche soprannominati Dioscori, perchè nacquero da Giove (c). La loro madre al dire dello stesso Cicerone fu Proserpina
e vuole, che sia stata Cabera, nata da Proteo. Lo stesso Scrittore dà loro per padre Vulcano, perchè si credeva ch’eglino av
brate nelle Isole di Samotracia e d’Imbro, poi in Tebe, e in Lenno. I loro Misterj erano oscurissimi (a). I Sacerdoti e gl’I
I Romani ad imitazione di Giove adottarono la figura dell’Aquila per loro Insegna (h). Essa era d’oro o d’argento, e veniva
, e Tiche(d). Alcuni pretendoro, che sieno state dette Jadi da Jante, loro fratello, il quale, essendo stato messo a morte d
sso a morte da un serpente o da un cinghiale o da una leonessa, fu da loro pianto sino a morire di dolore(e). Altri dicono,
a, fu da loro pianto sino a morire di dolore(e). Altri dicono, che fu loro dato il predetto nome dal Greco verbo, yin, piove
da Plejone, nata da Oceano e da Teti. Anch’elleno, perseguitate colla loro madre da Orione per cinque anni nella Beozia, ric
e in un altra Costellazione(i), detta Plejadi(a), o Pliadi(b). I nomi loro erano Alcione ; Elettri, Merope, Maja, Taigete, C
e). Le figlie di Atlante furono soprannominate Atlantidi dal nome del loro padre(f). Il nome poi di Plejadi deriva dal verbo
vita i capra(l). I Fauni si coronavano altresì di rami i pino, albero loro assai caro(m). Abitavano i sonti e le spelonche,
notte nelle case, si posavan sul corpo di quelli che dormivano, e col loro peso fortemente li opprimevano(d). Quindi le donn
Univ. (9). I Sileni, detti da’ Greci Titiri, forse per alludere al loro genio pel flauto, denominato in lingua parimenti
ileno, perchè alcuni Frigj lo aveano avvinto di corone, e condotto al loro Re, Mida. Questi al vederlo estremamente gioì, e
indivisibili compagni, o perchè gli stessi misterj e ceremonie erano loro communi. Dicesi finalmente, che le mistiche Ceste
h. in Arcan. (11). Le antiche Nazioni spesso doveano abbandonare il loro soggiorno, o perchè ne venivano scacciate da’loro
te Tense, le quali si sa, ch’erano molto usate anche da’ Romani nelle loro sacre pompe(a). (c). Meurs. Graec. Feriat. (d
do contro Mezenzio, fecero allo stesso Nume una libazione di tutto il loro vino (a). (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
gli Dei, che se gli Ateniesi non vendicassero la morte d’ Icario, le loro figliuole avessero ad incontrare lo stesso fine d
ce, che gli stranieri, mangiandone, si dimenticavano totalmente della loro patria (e). (c). Declaustre Diction. Mythol.
ume, viaggiando per la Laconia, era stato cortesemente alloggiato dal loro padre (f). (a). Hymn. in Bacch. & Latron.
ne formarono due statue di Bacco, e le collocarono nella piazza della loro città (g). (c). Ovid. Metam. l. 3. (19). In B
. Alfine, poichè prevedevano o disperate affatto, o poco sperabili le loro nozze, macchinarono una notturna fuga, e stabilir
siderato Bacco, forse perchè il volo altissimo di quello esprimeva la loro sublime natura (g). (f). Virg. Aeneid. l. 6.
. (1). L’Esperidi, così denominate da Espero, fratello di Atlante, e loro padre, erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperetusa (a
(c). Elleno possedevano numeroso gregge di pecore, dette auree per la loro somma bellezza (d) ; ovvero perchè erano coperte
li orti, i quali producevano delle frutta, chiamate Pomi d’oro, o pel loro colore, o pel loro squisitisimo gusto. Vuolsi, ch
oducevano delle frutta, chiamate Pomi d’oro, o pel loro colore, o pel loro squisitisimo gusto. Vuolsi, che i predetti orti s
nute per causa di quella sì furibonde, che non potendo starsene nelle loro case, correvano quà e là per le campagne. Anasago
a’ pastori e cacciatori, ma anche da’ pescatori risguardavasi come il loro Nume, perchè si credeva, ch’egli se ne stesse spe
ieno state instituite da Romolo e da Remo, per aver essi ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà di fabbricare la città
tesse Feste, furono avvertiti, che alcuni ladri aveano condotto via i loro armenti ; e che i due fratelli con tutta l’altra
per essere più spediti alla corsa, li inseguirono, e ricuperarono il loro gregge (c). Vuolsi, che Romolo offerisse al tempo
trimonio. Lo sposo spediva alla sposa un anello (h), o come segno del loro scambievole amore, ovvero affinchè in forza di ta
ro scambievole amore, ovvero affinchè in forza di tal pegno vieppiù i loro cuori si unissero insieme (i). Plinio dice, che a
gididi (d). Gli Ateniesi per comando dell’Oracolo di Delfo offerivano loro ogni anno un sacrifizio, perchè eglino aveano per
vagiti del bambino (i) ; Rumilia (l), o Rumia, o Rumina al latte, che loro si somministrava (m) ; Cunina alle culle (n). Sen
oggetti di timore e di spavento (q). Gli Dei Epidoti presiedevano al loro crescere (r) ; Lallo alle cantilene delle nutrici
loro crescere (r) ; Lallo alle cantilene delle nutrici per conciliare loro il sonno (s) ; Nondina alle lustrazioni, che si f
s) ; Nondina alle lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo la loro nascita, nel quale s’imponeva ad essi il nome. A
ulino (d). Finalmente Statano, o Statilino, o Statulino somministrava loro robustezza, acciochè stessero in piedi (e). (e).
età ivi dimostrata da’ due fratelli. Bitone, e Cleobi, verso Cidippe, loro madre. Costei dovea recarsi al predetto tempio, d
mpio per quaranta cinque stadj. La madre pregò la Dea, che concedesse loro il miglior bene. Queglino, dopo d’aver offerto un
arono nello stesso tempio, nè più si svegliarono, poichè Giunone avea loro mandata la morte, come la maggior felicità, che p
one avea loro mandata la morte, come la maggior felicità, che potesse loro accadere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bit
Morte è sorella del Sonno(b). Quindi gli Spartani rappresentavano ne loro tempj il Sonno e da Morte uniti insieme(c). Quest
giudice tra Minerva, Nettuno, e Vulcano, i quali contendevano chi di loro avesse prodotto il miglior lavoro, trovò motivo d
er ottenere qualsivoglia felicità, e spezialmente la conservazione de loro vascelli(b). (5). Le Furie, ossia le Dee del fur
Tenebre(h) ; e il Poeta Epimenide da Saturno e da Evonime(i). I nomi loro erano Tisifone, Megera, e Aletto(l). Sofocle ne i
te come ministre della vendetta degli Dei. Si credette quindi, che la loro occupazione consistesse nel punire i delitti non
ente i malvagi co rimorsi, e con apparizioni si spaventevoli facevano loro perdere il discernimento (a). Si rappresentano co
e per consiglio di Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, fu loro dato il nome di Eumenidi, ossia benefiche (c), e
e si chiamarono le Dee rispettabili(b). Il rispetto, che si aveva per loro , era sì grande, che quasi non osavasi di proferir
ne, e offerivano corone di Narcisso(e). Era pur celebre il culto, che loro rendevasi nell’ Arcadia. In tempo di notte, e in
tanti asili Gli Areopagiti tenevano le Statue di queste Dee presso il loro tribunale, e ; Sacerdoti delle medesime erano sce
a quel tribunale, doveva prima sacrificare alle Furie, e giurare sul loro altare di dire la verità(f). In Atene si celebrav
ire la verità(f). In Atene si celebravano certe Feste, dette dal nome loro Eumenidee. Nel tempo di quelle si sacrificavano p
ni, nati da Ceto, figlia della Terra, e da Forco, Nume marino. I nomi loro erano Steno, Euriale, e Medusa. Quest’ultima era
te Cloto, Lachesi, ed Atropo. Non convengono i Mitografi intorno alla loro genealogia. Esiodo ora le nomina figlie della Not
nno nascere dalla Necessità ; altri dal Caos e dal Dio Pane(m). Nelle loro mani al dire de’ Poeti sta il corso della vita de
i all’ Eumenidi(b). Ebbero tempj presso i Greci. Anche Sparta ne avea loro eretto uno. Non altrimenti fecero que di Sicione
appellavano anche Lari, de’ quali parleremo ; le secondo in pena de’ loro delitti andavano errando sulla terra, e dallo spa
loro delitti andavano errando sulla terra, e dallo spavento, che col loro orribile aspetto cagionavano, si dicevano Larve,
eb Ritorno, perchè credettero, che questo Nume là avesse obbligato il loro nemico a ritornarsene indietro(a). I Mani si vene
ratello, Remo. In tali Feste si occupavano a scacciare i Lemuri dalle loro case, e ad impedire, che v’entrassero. Eccone le
le lagrime de’condannati nel Tartaro(c). Da questo fiume trassero il loro nome le Feste Cocizie, che si celebravano in onor
egli lo stesso pensiero, raccolse in un luogo oscuro molti uccelli, e loro insegnò a cantare, che Annon ere un Nume. Come qu
l volo in diverse parti del mondo ; ma essi tosto ripresero invece il loro primiero naturale canto(d). Tentò la medesima cos
de’ Numi li cangiò in due montagne, ciascuna delle quali conservò il loro nome(b). Flegia incendiò il tempio di Apollo, per
e in casa sua alcuni Dei, e volendo accertarsi, se erano tali, offerì loro in cibo le carni del suo figliuolo, Pelope ; che
di favori dalle altre Dee. Cresciute nell’ età, Venere pregò Giove di loro accordare un felice maritaggio ; e in vece le Arp
sciavagli un momento di riposo(b). Le Danaidi, dette anche Belidi dal loro avolo, Belo, erano cinquanta. Danao, loro padre,
idi, dette anche Belidi dal loro avolo, Belo, erano cinquanta. Danao, loro padre, le uni in matrimonio con cinquanta figliuo
che le Danaidi non tutte abbiano incontrato tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè di Amimone, ch’era una di quelle
ome il più vecchio degli altri anzidetti Giudici ha la preminenza tra loro (b), però egli rappresentasi collo scettro in man
tribunale, appiè del quale concorrono le ombre a rendere conto delle loro azioni. Gli sta dinanzi un’urna, detta fatale, pe
orchè trattasi di abbandonarli, spiega le ali, e rapidamente fugge da loro  : lo che significa, che le ricchezze d’ordinario
iglia d’un certo Valesio vennero attaccati da gravissima malattia. Il loro padre pregò gli Dei, che traessero sopra di lui l
arì. Coloro dissero allora di aver veduto in sogno un Nume, che aveva loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onor
elia morire, come più diffusamente vedremo, dalle sue figlie, Acasto, loro fratello, prese a perseguitarle, e strinse d’asse
tempio vicino al Tevere nell’infima parte del Campidoglio, quando fu loro restituito l’uso del cocchio, di cui erano state
to. Il nome di questa Dea fu dato da’ Romani anche ad una porta della loro città, e a certe Feste, dette perciò Carmentali.
ma del mezzodì a Carmenta, perchè avea predetto molte cose intorno il loro Impero(a). (11). Numa, per conciliare maggiore v
ta convertita da Diana(b). Le donne le sacrificavano, onde procurasse loro un facile parto(c). Alcuni sotto il nome d’Egeria
i i pastori al suono di varj stromenti saltavano per far mostra della loro destrezza e agilità. In quel dì si purificavano a
gli stesso avesse indicato agl’infelici amanti, che per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quel
Molti altri Numi s’invocavano da’ Gentili per allontanare i mali, che loro sovrastavano. Eglino si chiamavano Apotropei, Ave
ove gli partorì Mennone, di cuì parleremo altrove (a). Nacque pure da loro il Dio Fosforo, ossia Lucifero, che parimenti ann
etusa e Lampezia, per piangerne colla madre il tristo fine. Il pianto loro fu sì dirotto, e sì veemente il dolore, che rimas
rotto, e sì veemente il dolore, che rimasero cangiate in pioppi, e le loro lagrime in odorosa ambra(a), la quale perciò fu s
usa e Lampezia ebbero Neera per madre. Si soprannominarono Eliadi dal loro padre, chiamato da’ Greci Elios, ossia Sole ; e F
loro padre, chiamato da’ Greci Elios, ossia Sole ; e Faetonziadi dal loro fratello, Faetonte(e). Solevano pascere le greggi
nziadi dal loro fratello, Faetonte(e). Solevano pascere le greggi del loro padre nell’ Isola Trinacia(f). (a). Metam. l. 2
ro figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninfa Eufeme, il di cui figliuolo,
e la città di Sicione commise a tre celebri Scultori, che ciascuno di loro formasse tre statue, le quali rappresentassero le
le tre accennate Muse ; che queglino così a meraviglia eseguirono il loro lavoro, che la medesuna città fece acquisto di tu
. Queste vennero chiamate inoltre Camene a cagione della dolcezza del loro canto(h). Varrone pretende che anticamente in vec
mene, e Casmene(a). Le stesse si denominarono Libetridi, o perchè era loro consecrata la fontana Libetra, la quale trovavasi
vasi nella Magnesia, contrada vicina alla Tessaglia(b) ; o perchè era loro dedicato Libetro, monte della Tracia, sotto il qu
i Aonii(d) ; Tespiadi dalla città di Tespia, dove parimeuti rendevasi loro particolare onore(e) ; Ilissiadi, o Ilissidi, per
lleno nell’ Academia d’ Atene aveano un altare, sul quale pure spésso loro si sacrificava ; che i Tespj ogni anno celebravan
i sacrificava ; che i Tespj ogni anno celebravano sul monte Elicona a loro onore una festa musicale ; e che Roma avea eretto
ava una dirotta pioggia. Finita questa, volevano le Dce proseguire il loro cammino ; ma trovarono chiusa la porta, perchè qu
attanto grandi dissensioni tra’ Frigj ; e dall’ Oracolo : si predisse loro , che le medesime non avrebbono cessato, se non pe
i Giove. Non molto dopo vi giunse Mida, il quale pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi presagito fino dalla di lui
mo in tale scienza, che a motivo della medesima fu dagli Sciti creato loro re. Egli poi ebbe la temerità di far prova del su
i trattamenti, che Dirce, moglie di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessarono di quella città, uccisero
volgesse indietro gli occhi a guardarla, finchè non fosse uscito dal loro Regno, perchè altrimenti la avrebbe nuovamente pe
re (Igino (e) vuole che fosse un Principe della Beozia) tuttavia fece loro tutta la possibile accoglienza. Gli anzidetti Num
hè gli Dei fecero nascergli Orione dalla pelle d’un bue, ch’egli avea loro sacrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione er
Metioche, le quali Diana allevò, e Venere e Minerva arricchirono de’ loro più preziosi doni. Avvenne, che la Beozia si trov
se non col sacrifizio di due Principesse, le quali avessero tratta la loro origine dagli Dei. Le figlie di Orione, per salva
tratta la loro origine dagli Dei. Le figlie di Orione, per salvate la loro patria, si trapassarono elleno stesse col ferro i
ato come un uomo favorito dagli Dei. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo di Solone, ed egli molto giovò ad
imbia, così denominata per avvertire gli uomini della fragilità della loro natura, e per far comprendere, che il fine de’lor
esse la Dea Nenia, a cui i Romani aveano eretto un tempio fuori della loro città presso la Porta Viminale(b). V’intervenivan
he il Ricinio, abito corto, mezza parte del quale gettavano dietro le loro spalle(g). Se il Defonto Romano era persona illus
i, i quali non ancor aveano oltrepassato il quarantesimo giorno della loro età ; ma si riposero in certi particolari sepolcr
cri, appellati Suggrundarj(a). I Greci anticamente seppellivano nelle loro case(b) ; ne’tempi posteriori lo facevano fuori d
olava. Si onoravano pure in quel tempo gli Dei dell’Inferno, versando loro sopra il sepolcro in sacrifizio acqua, vino, latt
cuna di quelle offerte(c). Nelle cene de’morti si parlava molto delle loro virtû. Gli Ateniesi non solo lodavano i buoni, ma
si diceva Protelia, perchè celebravasi dalle vergini il dì avanti le loro nozze(d). (a). Potter. Archacol. Graec. l. 2.
bbiamo altrove riferito, le giovani solevano coprirsi nel tempo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapirono le Sabine, al
o delle loro nozze (a). Quando i Romani rapirono le Sabine, alcuni di loro destinarono in moglie la più bella di quelle a Ta
o Pasitea, Eufrosine, ed Egiale (e). I moderni Scrittori però diedero loro il nome di Talia, Eufrosine, e Aglaia (f). In un
ste forse non furono che tre giovinette, le quali per la vivacità del loro spirito, e per la loro bellezza moritarono di ess
e tre giovinette, le quali per la vivacità del loro spirito, e per la loro bellezza moritarono di essere denominate le Grazi
nnoverata tralle medesime (h). Non si va d’accordo tra’Mitologi sulla loro origine. Servio le fa nascere da Bacco e da Vener
stri(c), non lungi dal Capricorno(d). (5). Leche e Cencreo diedero i loro nomi a due porti di Corinto. Cencreo rimase uccis
i figli di Teano si avventarono contro gli altri due per ucciderli. I loro colpi andarono falliti, ed essi in vece perirono.
in quella circostanza avea soccorso i suoi figliuoli, li istruì della loro nascita, e della trista sorte di Melanippa, la qu
mi, che offerissero sacrifizj a’ Venti. Gli Ateniesì pure innalzarono loro un tempio, e gli Spartani sacrificavano ogni anno
Caristio(l). Primachè Eolo comandasse a’ Venti, dicesi che questi tra loro così abbiano contrastato, che ne rimasero devasta
Arrossirono gli altri, ed esortandosi scambievolmente, scagliarono le loro frecce con disordine e pericolo di nuocere l’uno
(d). Morery Diction. Histor. (1). Gli antichi Romani, primachè le loro Deità acquistassero forma umana, adoravano Marte
vano in onore di Romolo (b). Al tempo di quelle Feste supplivano alla loro mancanza queglino, che non aveano solennizzate le
doti. Questi si chiamavano dal nome di lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o ne
accorno il sangue nella palma della mano per farne una libazione alla loro Dea(f). A tanta barbarie si sostituì una semplice
si sostituì una semplice finzione. Quando celebravano la festa della loro Dea, correvano per le strade come furibondi, ed e
a sempre di notte, onde nè l’accusatore, nè l’accusato colla presenza loro potessero produrre alcuna alterazione sull’ animo
tavano scolpite le leggi, che dirigevano i giudici nel pronunziare le loro sentenze. Gli Areopagiti da prima si radunavano s
ebbe asserito la verità(c). Discussa la causa, i giudici deponevano i loro voti in due urne, l’una chiamata della morte, e l
adre suo, vinto da Minerva, allorchè le due Divinità gareggiavano tra loro nel dare il nome alla nuova città, fabbricata da
3 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
i personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei luoghi, i quali per la loro individuale importanza, richiedessero una più det
per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla quale venisse loro additata la vera configurazione del senso, racchi
a in verso che in prosa, degli autori da noi citati, per mostrare col loro autorevole appoggio, quanto fosse vera e reale l’
denze dei pagani, si rattrovano nelle bolge dantesche, coprendo della loro maschera oscena i demonii relegati nel baratro, a
eligioni dei popoli dell’antichità, e tutte le Mitologie ànno avuto i loro storici, i loro cronisti, i loro scrittori, i qua
oli dell’antichità, e tutte le Mitologie ànno avuto i loro storici, i loro cronisti, i loro scrittori, i quali, chi più chi
à, e tutte le Mitologie ànno avuto i loro storici, i loro cronisti, i loro scrittori, i quali, chi più chi meno, ànno dissem
i loro scrittori, i quali, chi più chi meno, ànno disseminata, con le loro opere antiche e moderne, la conoscenza del culto
ne, un brano di altre opere, le quali venissero ad appoggiare, con la loro irrecusabile testimonianza, i fatti, gli avvenime
to i classici, ci hanno trasmesso sui fatti medesimi, nei brani delle loro opere da noi riportati. Sarà quindi innegabile, a
nelle più peregrine bellezze letterarie dei elassici, le quali, alla loro volta, saranno dal fatto stesso, di cui vengono i
accettino di buon animo la nostra intenzione, che fu quella di esser loro utili con l’eterno insegnamento della storia, e f
una delle forme principali del linguaggio intuitivo e figurato della loro religione ; forma propria dell’alta antichità, e
’Europa, che prima accoise i germi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La sua posizione geografica
al mondo, e sebbene abbiano subite profonde e radicali riforme, nella loro essenza vitale, ciò nonpertanto conservarono, nel
conservarono, nella forma esterna, qualche segno caratteristico della loro origine. Essi si sono in certo modo perpetuati e
he tutti i culti, tutte le credenze, hanno, siccome già accennammo, i loro miti tanto propri e particolari, quanto ereditati
sterà a convincere, con prove di fatto, i nostri lettori, il ricordar loro nelle sante pagine della Bibbia l’altare di Bethe
inocchiandosi reverenti innanzi ad idoli fantastici e rozzi, infusero loro mentalmente vita e bellezza ; ne cantarono le lod
supremazia incontrastata, nello incivilimeato del mondo antico, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che furon
ità simboliche, parenti, amiche, rivali come gli elementi lo sono fra loro . I poeti stessi dell’antichità si attennero, nell
i lo sono fra loro. I poeti stessi dell’antichità si attennero, nelle loro opere, a queste contigurazioni d’incarnazione ; d
osi, vendicativi ; non solo altercano, si provocano, e combattono fra loro , ma scendono sulla terra ad ogni piè sospinto, so
à semibarbara, ebbero odii ed amori ; nozze e figli, convenienti alla loro divina natura ; si mischiarono attivamente alla v
trato vitale, animatore, onde i personaggi mitici si sviluppano nella loro essenza, con tutti i singoli caratteri proprî del
utto vivente, animato, sensibile, e quanto più meravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti e gli elementi, tanto più fa
parte delle feste e cerimonie onde gli antichi onoravano il culto dei loro Numi. Così in primavera noi vediamo le Baccanti,
 — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul mon
così la mitologia, nella quale sono esposte le vicende degli dei, le loro attinenze cogli uomini, il tutto sotto un velame
lanterna magica ; il mondo è la parete dove si riflettono le immagini loro , e nel continuo passaggio le cose più strane si s
, soprattutto della tragedia. Essi furono costretti di abbandonare la loro città a causa d’una quantità prodigiosa di rane e
osa di rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spaventevole nel loro paese, e si ritirarono nella Mandonia. 13. Abdere
uesti ultimi detti anche Galadefagi facevano del latte di giovenca la loro principal nutrizione. Fra gli Abieni molti vivean
possa dare sugli Aborigeni delle nette e precise notizie, o fissare a loro riguardo una data qualunque. Tutto ciò che ha rig
rens. — Questi due fratelli erano figli di Alaneone e di Calliope. La loro madre ottenne da Giove che essi appena fanciulli
ossero divenuti adulti in un giorno, per vendicare la morte del padre loro , ucciso a tradimento, dai fratelli di Phelibeo. 3
oeti e scrittori di Achei, Achivi, ec : per denotare i Greci o cosa a loro concernente. Così noi troviamo al principio dell’
Nome sotto il quale venivano sovente denominate le sirene, da Acheolo loro padre. 51. Achemone o Achmon. — Fratello di Bofal
n briga ed insultavano tutti coloro che incontravano per via. Sènnone loro madre, li avvisò di evitare Melampigo, vale a dir
uando i Greci risolvettero di cinger d’assedio Troja, Calcante indicò loro il luogo ove si era celato Achille. Allora i capi
i nei diversi combattimenti, e più volte respinsero i Greci fin sulle loro navi, ma avendo in un ultimo scontro Ettore, duce
o Dio ricchi sacrifizii per essere liberati da quegl’insetti, che col loro moltiplicarsi erano sovente cagione di contagiose
 — Di questo elemento fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di Mileto, e con lui i più antichi
one che, per questi ultimi, era una conseguenza della fertilità della loro terra cagionata dalle annuali inondazioni del Nil
Persiani avevano per l’acqua, i quali, secondo Erodoto, spingevano la loro superstizione fino a non servirsi dell’acqua nè p
Dee, e più particolarmente a quelle che avevano dei tempî dedicati al loro culto sulle montagne, dalla parola greca αϰρος ch
vuto in proporzione di ciò che aveano mangiato, vennero a contese fra loro , si dissero delle ingiurie che terminarono con un
orsari rubarono infatti la statua di Giunone e la trasportarono sulla loro nave, e misero alla vela, ma tutt’i loro sforzi r
one e la trasportarono sulla loro nave, e misero alla vela, ma tutt’i loro sforzi riuscirono vani, dappoichè il vascello non
tatua della Dea, e, offertole un sacrifizio ritornarono a bordo della loro nave che questa volta salpò felicemente. Admeta s
Admeta persuase ai Samii che la Dea per punirli voleva abbandonare il loro paese e recarsi nella Caria, onde essi ad impedir
enivano a consultare l’oracolo Afaciteo, gittavano in quelle acque le loro offerte, senza por mente alla ricchezza o al valo
e Polluce venivano così detti perchè avevano un tempio consagrato al loro culto nel recinto da cui partivano coloro che si
e d’una furfanteria matricolata. Essi dettero una luminosa prova del loro duplice ingegno nella città di Delto, sia per la
i quel re. Come era impossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un agguato nel quale cadde Agamede, e da cui
questo nome venivano designate le nove muse, dalla fontana Aganippe a loro consacrata. 155. Aganippa. — Figlia di un fiume
r sposare una figliuola di lui. Già le cerimonie nuziali volgevano al loro termine, allorquando Agdisto, spinto da gelosia,
eucalione e Pirra prendessero le altre pietre che gettarono dietro le loro spalle per ripopolare il mondo. Giove innamorato
stro Diè la cesta a tre vergini in deposto, Ma che non la scoprisser loro impose ……………. Ma ben ch’Aglauro avea rotto il con
ungamente felici e contenti, fino a che, superbi delle dolcezze della loro unione, ardirono darsi il vanto di amarsi più per
ù perfettamente di Giove e Giunone. Gli Dei allora irritati mandarono loro uno spirito di discordia, che fu per essi la sorg
alla storia ed alla discendenza dei medesimi, ed ai fatti che vengono loro attribuiti. Noi citeremo in questo articolo i fat
ove rivolto al cielo imprecava gli Dei dicendo che si sarebbe salvato loro malgrado. L’orribile bestemmia irritò così fortem
liade lib. VII. Trad. di V. Monti). Entrambi giusti apprezzatori del loro personale valore, cessarono dal combattere e si s
dal combattere e si scambiarono dei ricchi doni, che per altro furono loro funesti ; poichè il calteo, o budriere che Ajace
i, divenissero in un momento uomini maturi per vendicare la morte del loro padre : ciò che essi fecero uccidendo non solo Te
rricchitisi col commercio vivevano nell’abbondanza e nel lusso. Nella loro città era un continuo alternarsi di feste e bacca
ono ed adorarono. 263. Alemona Dea tutelare dei fanciulli prima della loro nascita. 264. Alemonide Miscelo figlio d’Alemone
ne sopra montagne dettero la scalata al cielo. Omero li distingue fra loro chiamando il primo il divino Oto e il secondo il
vano già nove cubiti di grossezza e trentasei di altezza. Fieri della loro indomabile forza fisica osarono di portar la guer
llero detronizzar Giove, e osarono perfino di pretendere fossero date loro Diana e Giunone. Giove allora mandò lo stesso Mar
, ricorse all’astuzia femminea e cangiatasi in biscia s’intromise fra loro , mentre essi stavano su di un carro. Allora i gig
o. Allora i giganti volendo uccideria si ferirono l’un l’altro con le loro frecce e morirono entrambi : dopo poco furono da
atto del prigioniero. L’astuzia di cui Diana si serve strisciando fra loro in sembianza di biscia altro non è se non la conf
a che armò la mano dei due invincibili e li spinse a distruggersi fra loro . Omero racconta che prima che gli Aloidi avessero
rimi che sul monte Licone sagrificarono alle nove muse e consacrarono loro quella montagna. 299. Aloo. V. Aloeo. 300. Alopo
ome di Aretusa. V. Alfeo. 302. Alrune. — Nome che i Germani davano ai loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e mogl
vano. L’arcano legame che le univa in particolar modo alla quercia fa loro dare codesto nome di Amadriadi dalle parole grech
Sileni mesce Negli antri e ne’ruscei nozze furtive. Quando alcuna di loro alla vita esce, Con lei nasce un abeto, un pino,
. (Trad. di Dionigi Strocchi Queste ninfe testimoniarono sovente la loro riconoscenza a coloro che aveano risparmiato le p
ante nelle quali esse abitavano ; come facevano sentire il peso della loro vendetta a que’crudeli che avessero respinte le l
re il peso della loro vendetta a que’crudeli che avessero respinte le loro suppliche, e a malgrado di queste, avessero sagri
Esse non ricevevano uomini che una volta l’anno ; lasciavano morire i loro figli maschi ed educavano con gran cura le femmin
cura le femmine. Uccidevano tutti gli stranieri che approdavano sulle loro sponde, percui canta l’Ariosto : …Che quella riv
lmente le Amazzoni furono distrutte da Ercole che fece prigioniera la loro regina. Al dire di Cesarotti nelle Dissertazioni,
o il nome di Leone e Dragone, i quali erano strettamente uniti con la loro sorella. Da ciò la favola che dà al mostro detto
i animali. Non esisteva alcuna Deità prima che Amore avesse unite fra loro le cose, e non fu che da questa comunanza fatta d
rese madre di Romolo e Remo. In seguito i Romani fecero di Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Nio
raccio fino alle navi Greche, sulle quali essi trasportarono ancora i loro Penati, e quanto avevano di più prezioso. Finalme
sensibili alla dolcissima melodia, si collocavano di per se stesse al loro posto. A lui ed a Zeto suo fratello, si attribuiv
rra ai Telebani, e li sconfisse con l’aiuto di Cometo figlio Pterelao loro re, al quale la figlia taglio un capello d’oro da
e sue acque che i centauri, sconfitti da Ercole, andarono a lavare le loro ferite. 435. Anigridi. — Ninfe abitatrici del fiu
oro ferite. 435. Anigridi. — Ninfe abitatrici del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere di dare alle acque di questo
il potere di dare alle acque di questo fiume una virtù contraria alla loro qualità naturale. 436. Anima. — I Greci chiamavan
ingere le tre figlie di Anio a seguirlo alla guerra, contando che col loro aiuto, l’armata dei Greci non avrebbe mai patito
figlie di Celo avendola trovata in quel luogo la condussero presso la loro madre. 466. Anthiope. — La più famosa delle regin
o gli Dei discendevano sulla terra non mostrassero mai agli uomini il loro volto, ma si facessero conoscer solo alle spalle
Timete respinse la proposta, e allora gli Ateniesi proclamarono re un loro concittadino a nome Melanto, che accettò la sfida
ato, lo imbalsamavano seguendo alla lettera i numerosi articoli di un loro sacro cerimoniale ; poscia faceanglisi magnifici
 Nome della cerimonia colla quale i Romani annoveravano fra gli Dei i loro imperadori dopo la morte. 502. Apostropheni. — Si
adia. — Parte del Peloponneso i cui abitanti si resero celebri per il loro amore alla poesia ed alla musica. 516. Arcesilao.
ire di morte la negligente nutrice, ma gli Argivi la tolsero sotto la loro protezione. In memoria di questo doloroso avvenim
e latine arx e arca, i Romani davano questo nome al dio destinato nel loro culto a presiedere alle piccole città ed agli arm
el fiume, annegavano in esso tutt’i viaggiatori greci che cadevano in loro mano ; ma che poi Ercole persuadesse loro di smet
atori greci che cadevano in loro mano ; ma che poi Ercole persuadesse loro di smettere la barbara usanza e gittare delle fig
ne d’un salto si gettò in mare e fu salvato da quegli animali che sul loro dorso lo portarono a terra. Arione fu ospitato da
o del suo tridente, allorchè sostenne con Minerva la disputa a chi di loro due avesse fatto il più ricco presente agli uomin
olte nei giuochi Pitii secondo, raccontano Plutarco e Strabone, nelle loro opere. 577. Aristore. — Padre di Argo e figlio di
azione i Lacedemoni adoravano Venere in memoria della vittoria che le loro donne avevano riportata sopra i Messeni. 579. Arm
liuole di Taumaso e di Elettra ; altri scrittori dell’antichità danno loro per padre Nettuno e per madre la terra. Le Arpie
le Arpie, dicendo che esse predissero ai Troiani il triste fato della loro città. Quivi le brutte Arpie lor nido fanno, Che
o la caccia alle arpie e le perseguitarono fino nelle isole Strofadi, loro abitual residenza. 590. Arpocrate. — Divinità deg
amente onorare gli Dei. Gli antichi facevano comunemente incidere sui loro suggelli una figurina di Arpocrate, volendo così
e avessero voluto dare la scalata al cielo, ma poscia si divisero fra loro , e alcuni presero le parti di Giove contro i prop
sere i venti figli di Astreo ; molti fra i più accreditati fanno Eolo loro padre e re. 650. Astri. — I Pagani credevano che
che avessero influenza benefica o malefica sopra gli uomini e chè col loro apparire e col loro corso predicessero la volontà
za benefica o malefica sopra gli uomini e chè col loro apparire e col loro corso predicessero la volontà degli Dei. Da ciò l
o Ata. — Dea malefica che spingeva gli uomini nelle sventure turbando loro la ragione. 660. Atella. — Così veniva denominato
a dalla vista d’un serpente, essa si arrestò e fu questa occasione al loro riconoscimento. 680. Augia. — Re d’ Elide. Egli s
ria nel suo regno. Ercole per riuscire nello scopo prefisso deviò dal loro corso le acque del fiume Alfeo. Però avendo Augia
ortilegio che si compiva coll’osservazione del volo degli uccelli del loro canto e della maniera di cibarsi. Presso i Pagani
o un giorno contro i Locri, i quali lasciavano sempre nel mezzo della loro armata un posto d’onore per Aiace loro famoso ero
ciavano sempre nel mezzo della loro armata un posto d’onore per Aiace loro famoso eroe come se fosse ancora in vita, egli pi
innanzi al quale i Fenici ed i Cartaginesi davano il giuramento della loro alleanza : Berith o Beruth significa alleanza. 71
abi. 721. Baal-semen. — I Fenici lo ritenevano come il più grande dei loro Dei. Nella lingua di quei popoli Baal-Semen signi
ghezza. Non meno celebri si resero gli abitatori di Babilonia, per la loro sfrenata libidine, che arrivò al suo maggior punt
, le quali lo seguirono alla conquista delle Indie. Esse facevano sul loro cammino risuonare le più clamorose grida, cantand
ro cammino risuonare le più clamorose grida, cantando le vittorie del loro dio. Durante la celebrazione dei baccanali, esse,
per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome di Bacchiadi, perchè un’anti
dato cosiffatto nome di Bacchiadi, perchè un’antica tradizione della loro famiglia, li faceva discendere da una figlia di B
ti conosciuti sotto il nome di Bali, i quali si resero celebri per le loro infami dissolutezze e brutalità. Giovenale raccon
er le loro infami dissolutezze e brutalità. Giovenale racconta che la loro turpe lussuria e gli esecrandi eccessi ai quali s
pe lussuria e gli esecrandi eccessi ai quali si abbandonavano, attirò loro la vendetta della stessa dea Cotitto. 740. Ballo.
che furono i soli che li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò lo
rli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abitanti della borgata, sommersi con le
ola panna, la quale era divenuta un tempio. Giove promise di conceder loro tutto che avessero dimandato ; ed essi altro non
i ministri di quel tempio, e di non morire l’uno senza dell’altra. I loro voti furono esauditi. Pervenuti ad un’estrema vec
i e poi ne facevano un orrendo massacro. Racconta Strabone che Amico, loro re, fu ucciso da Polluce, al quale in compagnia d
e questi animali. In generale gli Egiziani non gli immolavano mai nei loro sacrifizii poichè rappresentavano il loro dio Pan
non gli immolavano mai nei loro sacrifizii poichè rappresentavano il loro dio Pane con la faccia e le gambe di becco, sotto
ori delle isole Britanniche adoravano sotto questo nome il sole, come loro principale divinità. 759. Belbuc e Zeomeeuc. — Pr
nero. 760. Beleno. — Gli abitanti della città d’Aquileia avevano una loro particolare divinità adorata sotto questo nome, s
ole di Danao, conosciute comunemente sotto il nome di Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome di Belidi da Belo loro zio
nome di Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome di Belidi da Belo loro zio paterno. Belide era anche chiamato Palamede,
osi il corpo con le spade, e offerendole il sangue che grondava dalle loro ferite. Il popolo aveva i Bellonarii in grande co
dei banchetti : una presiedeva al vino, l’altra alla gozzoviglia. La loro denominazione deriva dal latino bibere che signif
 Fratello di Cleobe. Entrambi si resero celebri per la pietà verso la loro madre e tanto che meritarono dopo la morte gli on
dopo la morte gli onori eroici. Erodoto racconta che dovendo la madre loro recarsi al tempio di Giunone su di un carro tirat
a essi si addormentarono e non si svegliarono più, poichè la Dea avea loro nel sonno mandata la morte come il sommo dei beni
eneri puledri allegre madri Le convalli pascean. Innamorossi Borea di loro , e di destrier morello Presa la forma, alquante n
n uno sterminato numero di torce. I Cartaginesi avevano anch’essi una loro Buona-Dea, che comunemente si crede essere Giunon
nterrogarlo sulla sorte dei suoi figli, ne ebbe in risposta che erano loro riserbate le più grandi sventure. Allora, afflitt
o Mercurio trovò sul monte Citerone due serpenti che combattevano fra loro , e gettò fra di essi la sua verga per separarli.
i attorcigliarono intorno a quella in modo che la parte superiore del loro corpo veniva a formare un arco. Mercurio volle in
ndicare l’aria d’onde soffia il vento e con le ali, per alludere alla loro paternità (V. Borea.) 884. Calasidie. — Feste cel
sobbedienza, imperocchè i nemici penetrarono per quel passaggio nella loro isola e la desolarono ponendola a sacco ed a fuoc
la Spagna, ove generalmente si credeva che i genii malefici facessero loro abituale soggiorno in una caverna. 933. Canatosa.
sti animali, volendo con ciò ricordare la sorpresa che i Galli fecero loro quand o assediarono il Campidoglio. Al dire di El
argento to, di ferro, di pietra o di legno, non potevano resistere al loro . Allora un sacerdote del Dio Canope, volle con un
la devozione degli Egiziani per le capre, stendevasi anche ai caprai loro custodi ; tanto che, essendone morto uno, gli abi
Carisie. — I greci chiamavano le tre grazie Cariti ed istituirono in loro onore alcune feste, alle quali fu dato il nome di
monie ebbe la sua origine dalla riconciliazione delle dame romane coi loro mariti, dopo una lunga discordia, cagionata da un
ntenza del Senato la quale proibiva alle dame di tener cani presso di loro . 974. Carmentis-Flamen. — Con questa denominazion
a. — Dea particolare dei fanciulli : essa s’invocava sovratutto nelle loro malattie. 977. Carneade. — Figlio di Giove e di E
e : figliuoli valorosi di Giove, titolo che essi si meritarono per le loro gloriose azioni ; e la seconda, discendenti di Ti
zioni ; e la seconda, discendenti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie di quel monarca, quando eb
e morivano alternativamente. Essendo stati invitati alle nozze delle loro cugine, Febeo ed Ilaijo, essi le rapirono ai loro
ti alle nozze delle loro cugine, Febeo ed Ilaijo, essi le rapirono ai loro futuri mariti ; e ciò fu cagione della morte di C
o l’altro apparisce. L’apoteosi di Castore e di Pulluce seguì dopo la loro morte, avendo Giove concesso all’immortale Polluc
o. Essi furono annoverati fra i più grandi dei della Grecia, e furono loro innalzati due magnifici tempî, uno a Sparta, ove
ad Atene, in memoria d’averla salvata dal saccheggio. Anche a Roma fu loro elevato un tempio, ove si prestava il giuramento,
lmente come sacro. Finalmente, si osservavano con grande attenzione i loro movimenti ed i loro nitriti, e non eravi alcun’al
inalmente, si osservavano con grande attenzione i loro movimenti ed i loro nitriti, e non eravi alcun’altra predizione a cui
ta grandezza non consentiva entrare dalle porte, e collocarono con le loro mani nel mezzo della città il fatale simulacro. S
ica con le corna. 1055. Cerasti. — Popoli di Amatunta, celebri per la loro crudeltà. Venere li cangiò in torisdegnata del sa
e essi le facevano, uccidendo tutti gli stranieri che transitavano il loro paese. 1056. Ceraunio. — Vale a dire fulminatore
di cui aveva ravvicinato le cime per modo che queste, riprendendo il loro posto, per forza naturale, fa cevano a brani gli
più accreditati, i mitologi, quanto i poeti ; non si accordano fra di loro sulle diverse opinioni in proposito di questa fam
la Terra, quantunque queste due Dee siano completamente distinte fra loro . Io poi l’augusta Cerere mi sono, Dei numi e dei
dai pagani che esse fossero movibili e che ingojassero i vascelli al loro passaggio. La tradizione favolosa ripete che gli
Allora gli Argonauti offrirono un sacrifizio a Giunone, che concesse loro un tempo sereno, ed a Nettuno che rese immobili q
i di naufragarsi ; per modo che gli Argonauti giunsero felicemente al loro destino. 1090. Clanippo. — Sacerdote di Siracusa.
ivorata dalle fiere ; ma che queste ne ebbero cura e la nudrirono col loro latte. Si crede assai generalmente che sia la ste
ni a Giove sul monte Etna, ove secondo la tradizione, il Dio Vulcano, loro capo, aveva la sua officina. Buon numero di essi
al dire dei naturalisti, nudrisce il padre e la madre nel tempo della loro vecchiezza ; ed ama svisceratamente i suoi parti.
Ciconi. — Popoli della Tracia : Ulisse, gettato da una tempesta sulle loro coste al suo ritorno da Troja, fece loro la guerr
ettato da una tempesta sulle loro coste al suo ritorno da Troja, fece loro la guerra, li vinse e mise a sacco la loro città
suo ritorno da Troja, fece loro la guerra, li vinse e mise a sacco la loro città capitale, chiamata Imarte. La favola raccon
i personalmente con Ercole ; ma Giove li separò facendo cadere fra di loro la folgore. Cigno fu similmente detto un re della
e tanto che essendosi confederato ai trojani nel famoso assedio della loro città, egli combattè contro Achille rimanendo ese
ajutò i Trojani in una burrasca che Giunone aveva sollevata contro di loro . 1119. Cinarada. — Dette anche Cinaredo, nome che
cangiò tutti i seguaci di lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro a bere certo liquore di cui Ulisse non volle gust
Romani s’unirono in un sol popolo, dopo la guerra ch’essi ebbero fra loro , a causa del famoso ratto delle Sabine. 1193. Clo
li abitanti della città d’Arsinoe, presso il lago Meris, dettero alla loro capitale il nome di Coccodrillopoli, ossia città
del bue Api, — V. Api — quei terribili rettili deponessero affatto la loro innata ferocia, per non riprenderla che all’ottav
a ferocia, per non riprenderla che all’ottavo giorno. E finalmente la loro superstiziosa credenza riguardo a questi animali,
na, avevano in grande rispetto le colombe e non osavano cibarsi della loro carne, ritenendo che sarebbe stato lo stesso che
a loro carne, ritenendo che sarebbe stato lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso gli Assiri era grande la v
ombe ; ed era generale credenza presso quei popoli, che l’anima della loro famosa regina Semiramide, fosse volata al cielo,
Io speciale incarico di vegliare l’infanzia di Giove. Celebravano le loro feste suonando il tamburo, saltando e correndo co
255. Coribaso. — Figlio di Cibele, dal quale i Coribanti han preso il loro nome. 1256. Coricia. — Ninfa che fu una delle mog
isi da Enea con un sol colpo. Menelao durò gran fatica a ritogliere i loro corpi dalle mani dei nemici. 1294. Creusa. — Figl
e nascosta, onde sottrarla agli insulti del vincitore. ….. e men tra loro Era la donna mia….. Mentre cosi tra furioso e mes
are le mura di Troja ; ma poi negò ai due numi la ricompensa che avea loro promessa. Nettuno per vendicarsi mandò nelle camp
he il mostro compariva, le giovanette del cantone tiravano a sorte la loro vita. Appena la figlia di Crinifo toccò l’età in
Si dava questo nome ad una classe d’indovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle foglie di lauro, volen
dei soprannomi di Cerere, come era detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con poca differenza di giorni, corrisponde
e, il navicellajo dell’inferno, esigeva dalle anime dei morti per far loro traghettare l’Acheronte. V. Caronte. Ed ecco ver
50 figlie di Danao, le quali furono nello stesso giorno sposate da 50 loro cugini germani. Danao, avvisato dall’oracolo ch’e
onizzato dai mariti delle sue figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro uomini la prima notte delle nozze. La sola Iperne
on una secchia senza fondo. Le Danaidi, furono dette anche Belidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di Belo,
e di Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si mise Giove nelle loro mani appena venuto alla luce ; ed essi, tutte le
one. Gli abitanti di Platea, celebravano queste medesime feste in una loro particolare maniera, in memoria del loro ritorno
queste medesime feste in una loro particolare maniera, in memoria del loro ritorno dall’esiglio, e della loro riconciliazion
articolare maniera, in memoria del loro ritorno dall’esiglio, e della loro riconciliazione cogli altri greci. 1372. Dedalion
bricava degli automi che camminavano ed avevano ogui altro movimento, loro comunicato dall’argento vivo ch’egli vi poneva in
arono al modo di sottrarsi con la fuga all’orribile e lenta morte che loro sovrastava, e giovandosi delle sotrigliezze dell’
morte che loro sovrastava, e giovandosi delle sotrigliezze dell’arte loro , fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con gr
tanto sulle medaglie dell’antichità, quanto sui monumenti, si vede la loro effigie sempre rappresentata con un corno dell’ab
, ove traevano gli abitanti di tutti i paesi circonvicini, per offrir loro sagrifizî ed onori solenni ; e dove era generale
vinità è così naturale agli uomini, è così profondamente impressa nel loro cuore, che se pure disconoscenti del vero Dio, gl
la specie umana, tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle l
lterando ciò che loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, delle quali essi non esitarono a crears
he annoverati, dopo la morte, quegli uomini e quelle donne che per le loro eroiche azioni avessero meritato di essere annove
ma i re, i pontefici, e le città intere, contribuirono, con tutte le loro forze fisiche e morali, all’apoteosi di quegli il
ta sopra altri uomini che avessero esercitato una certa sovranità sui loro contemporanei, così Urano e Saturno furono consid
giorni, i più nobili signori dell’aristocrazia romana portavano sulle loro spalle quel letto e lo deponevano nel centro dell
la bellissima sposa, e giunti al fiume Eveneo, il centauro Nesso andò loro incontro, ed offri ad Ercole di far traghettare i
atto in ogni età, osceno mercato della divinità, facendola servire ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome di uno
o aver passato sei mesi dell’anno sul monte Parnaso, ritornasse nella loro isola, e all’epoca in cui essi supponevano il rit
onii erano divisi in varie classi alle quali appartenevano secondo la loro potenza. Al dire di Menandro i pagani credevano f
cogli uomini ; li guidavano nel cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicurezza ed erano loro di potente aiuto nei peri
ano nel cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicurezza ed erano loro di potente aiuto nei pericoli. Infine, secondo è
utti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra, sua moglie, furono i s
Deucalione e Pirra, sua moglie, furono i soli esseri umani che per la loro virtù sopravvissero alla generale distruzione. Pr
imitivo, i superstiti consultarono l’oracolo di Temi, e questi impose loro di gettare un certo numero di pietre dietro le lo
, e questi impose loro di gettare un certo numero di pietre dietro le loro spalle, e attendere ciò che ne sarebbe avvenuto.
erimonie si compivano fuori le porte della città e avevano in tutti i loro particolari, il carattere di una profonda e dolor
annati al supplizio delle verghe, tutte le volte ch’ei si trovava sul loro passaggio.   Del sacerdoti di Giove e delle ceri
essario sia disciolto dai legami io schiavo, ed introdotto nella casa loro per nasconderlo nel cortile, senza tetti, e poi m
into, nè in altra parte : se alcuno condotto a bastonare, supplice ai loro piedi s’inchini, quel giorno il bastonare è sagri
più ancora per la delicatezza delle cortesie che essi scambiavano fra loro in questa occasione. 1434. Diattoro. — Dalle paro
i ; possibili ed impossibili ; reali ed immaginarii. Essi fanno delle loro deità dei mostri, dànno loro moltiplici, varie e
; reali ed immaginarii. Essi fanno delle loro deità dei mostri, dànno loro moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di q
tempo Anflone ed Antiope, che poi fu madre di Zeto ; ma poi caduta in loro potere, essi la legarono alla coda di un toro fur
ile drago, che strisciando sull’albero divoro otto passere che con la loro madre vi annidavano ; e dopo d’averle divorate fu
o dall’accaduto un favorevole augurio, disse che le otto passere e la loro madre divorate dal drago, altro non indicavano se
religioso dei Celti, venivano designate con questo nome. Al pari dei loro mariti esse venivano circondate della più alta co
te della più alta considerazione, ed avevano ingerenza nelle cose del loro culto. Esse comandavano e regolavano tutto ciò ch
re maritate, vivevano nel tempio a cui erano addette, senza che fosse loro permesso d’avere contatto coi loro sposi, meno ch
cui erano addette, senza che fosse loro permesso d’avere contatto coi loro sposi, meno che una sola volta l’anno, in un dato
sposi, meno che una sola volta l’anno, in un dato giorno. in cui era loro concesso, per qualche ora, di vivere sotto il tet
inistri del culto idolatra presso i Galli Celtici. Questo nome veniva loro dalla parola Deru, che in lingua celtica vuol dir
ce Δρὑς perchè essi dimoravano nelle foreste e compivano i riti della loro religione sotto quegli alberi. I Druidi aveano so
ti della loro religione sotto quegli alberi. I Druidi aveano sotto la loro dipendenza molti altri sacerdoti e ministri di re
ran sacerdote, o capo supremo dei Druidi. L’autorità dei Druidi ed il loro potere era onnipossente : essi presiedevano alle
no alle cose dello stato ; intimavano la guerra o la pace, secondo il loro talento ; deponevano dai loro uffici i magistrati
imavano la guerra o la pace, secondo il loro talento ; deponevano dai loro uffici i magistrati, gli alti e bassi dignitarii,
de il rispetto e la venerazione che si aveva per essi. Essi davano le loro lezioni sempre a voce, senza mai vergare parola p
a mai vergare parola per iscritto ; ma facevano imparare a memoria ai loro discepoli, un prodigioso numero di oscurissimi ve
i oscurissimi versi, che racchiudevano i principii fondamentali della loro teologia, della quale essi non spiegavano taluni
on con grandissima riserba, ed in casi estremamente rari. Tenevano le loro scuole negli antri dei boschì, nel mistero delle
tatua in onore di Ebota, e così l’anno seguente, Sostrate di Pellene, loro concittadino, fu proclamato vincitore ai giuochi.
iche figlie del re, si offrirono vittime volontarie, onde placare col loro sangue innocente lo sdegno degli dei. Appena i lo
onde placare col loro sangue innocente lo sdegno degli dei. Appena i loro corpi furono, secondo il costume degli antichi, b
e della Tessaglia, luogo assai fecondo di erbe venefiche, avevano coi loro incantesimi il potere di far discendere dal cielo
salvato dai guerrieri Trojani, che lo avevano sorpreso travestito nel loro campo, onde spiarne le mosse. Egli pregò caldamen
ano così teneramente ed erano così felici, che, resi orgogliosi dalla loro stessa felicità, osarono dire che si amavano più
nde. Circa 25 anni dopo, gli abitanti di Efeso vollero ricostruire il loro tempio famoso, e in effetti cominciarono i lavori
in effetti cominciarono i lavori, respingendo persino l’offerta fatia loro da Alessandro il Grande, di pagare tutte le spese
sse inciso, in lettere d’oro, il suo nome. Gli Efesiani, gelosi della loro nazionalità, non vollero condiscendere alla prete
sandro e continuarono, mediante enormi sagrifizii, la costruzione del loro tempio, che essi menarono nuovamente a termine do
cerimonie dette Efestrie, nelle quali i Tebani facevano girare per la loro città la statua di Tiresia, che all’andare era ve
ibro V. trad di V. Monti. Avendo Diana fatto sorgere un dissidio fra loro , essi morirono entrambi, in seguito alle ferite c
Ateniesi per vendicare la morte del figlio, ed avendoli vinti, impose loro un sanguinoso tributo ;quello cioè, che ogni anno
da quel tempo prese il nome di Egeo. Gli Ateniesi per onorare Teseo, loro liberatore, annoverarono Egeo fra le divinità mar
guerra degli dei, incatenar Giove e che sarebbero forse riuscili nel loro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone a met
zione mitologica, si attennero a reggimento repubblicano, eleggendo a loro capo Epidauro. Durante il periodo delle guerre pe
icizia gli Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacciati dalla loro isola, e vedendosi costretti a cercare altrove mi
poca in cui ritornarono in patria, ma non poterono mai ricostruire la loro possanza, per quanto gloriosi ed antichi ne fosse
oriosi ed antichi ne fossero i ruderi. Strabone ed Eforo dicono nelle loro opere che gli Egineti fossero i primi fra i Greci
luppo allo scambio, e supplire in parte all’infeconda sterilità della loro isola. 1587. Egioco. — Soprannome di Giove, che a
o il figlio. Appena pero i primi albori del giorno illuminarono della loro luce serena l’orribile incesto gl’inscienti colpe
nimali si erano ricoperti di armature di rame ma Giove sdegnato della loro tracotanza stava già per fulminarli, allorchè Ten
i Argiri, i quali quando mori l’ultimo degli Erachidi, che reggeva il loro governo, consultarono l’oracolo onde sapere chi a
. Poeti, scrittori, mitologi e cronisti d’ogni sfera, han descritto a loro talento i più dettagliati particolari di tali avv
n amara angoscia la gioia di che sembrava aver da principio sparsa la loro esistenza. Un bel giorno Paride, figlio di Priamo
vvenuta qualche tempo dopo, epoca in cui i Greci la scacciarono dalle loro città, ed essa prese rifugio presso Polixa regina
empio, due draghi s’insinuarono sino ad essi, e senza danno lambirono loro le orecchie. Da quel giorno i due amanti divenner
adorata dagli Ateniesi, i quali avevano, nella piazza maggiore della loro città, un tempio a lei dedicato. Tutti coloro che
Polluce, Esculapio, ed altri, fossero iniziati a quei misteri, per il loro merito personale. 1629. Eleuslo. — Così aveva nom
annettevano a questa parola la stessa significazione che i Latini al loro liber pater. 1634. Eleuto. — Dalla parola greca ῖ
ete a traverso il velo di una bellissima allegoria, che anche dopo la loro metamorfosi, quelle pietose continuarono a piange
loro metamorfosi, quelle pietose continuarono a piangere la morte del loro caro, e che le gocce di ambra che il tronco dei p
pioppi trasuda continuamente, altro non sono che le lagrime che, nel loro dolore, versano ancora quelle affettuose sorelle.
i Fenici il portare ogni 100 anni in Eliopoli i corpi imbalsamati dei loro parenti e render loro gli onori del rogo. Da ques
ni 100 anni in Eliopoli i corpi imbalsamati dei loro parenti e render loro gli onori del rogo. Da questo costume religioso è
celeste soggiorno, trascorressero il tempo in occupazioni degne della loro grandezza. L’ombra di Achille, combatte le belve 
ità, ripetono che gli abitatori degli Elisi, avessero in premio della loro virtù sulla terra, tutte le più raffinate lascivi
dorare sotto la figura di Giove e di Giunone. Gli dei, sdegnati della loro stolta superbia, li cangiarono entrambi in due mo
si venivano così denominati i sacerdoti addetti al servizio di alcune loro particolari divinità. 1670. Encelado. — Il più fo
tida nutrice Cajeta e il suo fedel seguace Miseno. Enea ad onorare la loro memoria impose il nome della prima ad una città e
i Rutoli, nei quali non era ancora sopito il rancore per la morte del loro re Turno, collegatisi con Mezenzio re dell’Etruri
donia, contrada dell’Etolia, da cui presero quei governanti, e tutt’i loro discendenti, il nome di Eolidi. Eneo sposò in pri
comandasse i Miseni ausiliarii dei Trojani nel decenne assedio della loro città. Achille lo uccise sulle rive del fiume Xan
adizione, gli abitanti arrestarono il corso per condurne le acque nei loro poderi, credendo così di renderli fertilissimi ;
deri, credendo così di renderli fertilissimi ; ma furono delusi nelle loro speranze perchè quelle acque guastarono interamen
usi nelle loro speranze perchè quelle acque guastarono interamente le loro campagne, a cagione delle fosse fatte dalla corre
campagne, a cagione delle fosse fatte dalla corrente, per modo che le loro terre divennero affatto inatte alla coltivazione.
i Enoe volendo additare coloro ch’erano stati a sè stessi causa delle loro sciagure. La tradizione mitologica ricorda di un’
uccisi se riuscivano perditori. Al dire di Pausania e di Pindaro nei loro scritti mitologici, furono fino a tredici coloro
di dodici figliuoli sei maschi e sei femmine, che si maritano fra di loro e che altro non sono che i dodici venti principal
e Vulcanie, e poi cangiarono questo nome in quello di Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente. Al dire di Omero, u
gio, che fece perire gran numero dei suoi compagni nel ritornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocabolo c
ebravano con gran pompa in onore di Cerere, in ringraziamento di aver loro insegnato l’agricoltura. 1721. Epicrene. — Ossia
essi. I sacerdoti Epuloni godevano del privilegio di vedere esenti le loro figliuole dall’essere Vestali ; e a somiglianza d
gliere il frutto sanguinoso dell’odio. Gli Eraclidi dopo la morte del loro persecutore, si resero padroni del Peloponneso, m
del Peloponneso, ma poco tempo dopo la peste decimò siffattamente il loro esercito, che essi spaventati ricorsero all’oraco
n sarebbe cessata se non quando essi avessero prontamente eseguita la loro ritirata, cosa che fecero immediatamente. Trascor
strano avvenimento. È detto che gli Eraclidi prima d’intraprendere la loro spedizione, avessero consultato l’oracolo, e che
oro spedizione, avessero consultato l’oracolo, e che questo imponesse loro di prendere per capo un uomo che avesse tre occhi
Essi, allora, ritennero Ossilo come inviato dai numi e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè
e, volendo dinotare che gli sposi dovessero vivere sempre in pace tra loro . La parola Eratelea significa donna perfetta e si
ente di stabilire la origine greca degli eroi favolosi, imperocchè le loro asserzioni non potrebbero avere altro intendiment
erli battuti con la sua clava, ne fece alcuni prigionieri e dopo aver loro tagliato il naso e le orecchie, li rimandò impone
oro tagliato il naso e le orecchie, li rimandò imponendo dicessero al loro re esser quello il tributo che i Tebani intendeva
li si chiama Airone, nome greco che Esiodo ed Omero ci ripetono nelle loro opere, essenzialmente greche. Una volta il period
attendo contro le Amazzoni ; egli si impadroni del famoso scudo della loro regina. Il conquisto dei buoi di Gerione è un’alt
ne degli uccelli del lago Stinfalo os sia delle Arpie le quali con la loro prodigiosa quantità, oscuravano il sole. In prosi
ci presenta come figlio di Giasone. Gli Argonauti scelsero Ercole per loro capo ma egli ricusò quest’onore temendo di maggio
ogara, re dei Driopi, e tutti i suoi figli con lui, per punirli della loro ribellione. Al suo passaggio per Itone. Ercole fu
i viaggiatori, che transitavano per quella città, onde innalzare coi loro cranî un tempio al nume suo padre. Ercole andò in
se Euriteo e i tre figli di lui, e si rese padrone della capitale dei loro stati. Dopo aver dato la sepoltura a Ipposo, figl
ende Fenicie ed Asiatiche, che sopraccaricarono inevitabilmente della loro impronta particolare il colossale profilo del dio
rtali abitatori dell’olimpo. Gran numero di vasi antichi ci hanno nei loro bassorilievi trasmessa l’apoteosi d’Ercole, in cu
lla dea. Esse godevano di tanta pubblica venerazione che gli anni del loro sacerdozio servivano di data nei pubblici monumen
he egli aveva carissime. Però le quattro giovanette si amavano fra di loro con tanta tenerezza, che si erano scambievolmente
ro, nell’istesso tempo, la vita. Gli Ateniesi in commemorazione della loro gratitudine a questo loro re, che per il bene com
vita. Gli Ateniesi in commemorazione della loro gratitudine a questo loro re, che per il bene comune non aveva esitato un m
sacerdoti del suo paese, temendo, non senza ragione, il potere della loro grave preponderanza nelle cose dello stato. 1772.
tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono gli ono
Egli narra che le vittime andavano senza esser guidate ad offrire il loro collo al coltello del Flamine sagrificatore ; che
tera, ed una tradizione degli Eritrei ripeteva che fosse giunta nella loro città da Tiro per mare, e che entrata nel mare Jo
lli e formare una corda, avrebbero senza fatica tirato la statua alla loro spiaggia. Però le donne di Eritera, non vollero a
. Però le donne di Eritera, non vollero acconsentire a sacrificare la loro capigliatura. Allora le donne Tracie che servivan
esero a quanto imponeva il sogno del pescatore, e fatta una corda dei loro capelli, tirarono la statua di Ercole nella città
strettamente, supplicò gli dei perchè le concedessero la grazia che i loro corpi ne formassero uno solo. Da ciò la tradizion
la Ermete significa interpetre o messaggiero. Gli Ateniesi, e dopo di loro tutti i popoli della Grecia, rappresentavano Merc
e : Così in Euripide ed Ovidio. Però questi due autori discordano fra loro in un sol punto di tutta questa tradizione. Secon
ebri con una serie di azioni gloriose ed insieme utili e benefiche ai loro concittadini. Per altro, vi ha negli scrittori de
na specie di pompa funebre, nella quale si celebrava la memoria delle loro imprese gloriose. Erodoto stesso è della medesima
rascinò nel mare le incaute ninfe. Nettuno, mosso a compassione della loro disgrazia, le cangio in quelle isole conosciute s
o e Panacea. Avendo preso parte alla spedizione degli Argonauti, rese loro dei grandi servigi curando i feriti e gli ammalat
se della dea Pallade Minerva, forse perchè esse compievano i riti del loro culto, nel più profondo silenzio. 1830. Esimnete.
dei figli non avessero esposto alla voracità del mostro, quello tra i loro figliuoli che la sorte designerebbe. E la sorte v
on questo nome i Galli adoravano una divinità che si suppone fosse il loro dio della guerra. Quei popoli sagrificavano a que
l dire di Luciano nelle sue che dell’antichità, i Galli spingevano la loro barbara superstizione fino a svenare sulle are di
a superstizione fino a svenare sulle are di questa truce divinità, le loro mogli e i loro figliuoli onde rendersela favorevo
fino a svenare sulle are di questa truce divinità, le loro mogli e i loro figliuoli onde rendersela favorevole. Si dipingev
infatti penetrarono nel giardiuo dell’Esperidi, e le trafugarono sui loro vascelli. Ercole li sorprese sulla spiaggia, ed a
Ercole li sorprese sulla spiaggia, ed avendo appreso dalle rapite, la loro disgrazia, uccise i corsari, e restitui le tre fi
o disgrazia, uccise i corsari, e restitui le tre figliuole ad Atlante loro padre. Questo principe in ricompensa donò ad Erco
e allontanare le calamità di cui gli abitanti credevano minacciata la loro città. In quanto all’espiazione dei luoghi sacri
In queste cerimonie s’invocava la protezione dei numi e si offerivano loro dei donativi per averli propizî. 1841. Esta. — No
primogenito di Edipo e di Giocasta e fratello di Polinice. Quando il loro genitore ebbe abdicato il trono di Tebe, Eteocle
ine col duello dei due fratelli, che restarono entrambi vittime della loro inimicizia. Le roi quì semble mort, observe tous
innalzare un tempio alle tre Grazie, e ad istituire le cerimonie del loro culto. Per questa ragione, egli era riguardato co
Divenuto adulto, Etolo si ritirò presso i sacerdoti cureti e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di
è che questi fecero del terribile avversario il bersaglio vivente dei loro colpi ; ma l’eroico valore dei guerrieri greci fu
— Fu uno dei principali capi dei Trojani nel memorabile assedio della loro città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura
mmo benefattrici ; e nella città di Atene fu con questo nome inalzato loro un tempio in prossimità dell’Areopago. Minerva
vamente i principali ministri delle cerimonie del culto di Cerere. Il loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata di
lla città di Reggio, per nome Aristano onde sostenere una sfida nella loro arte, avvenne strada facendo che una corda del li
spinti da una tempesta sulle spiagge del suo regno, egli avesse dato loro un naviglio onde servirsene di scorta, e avesse l
egli avesse dato loro un naviglio onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare gli scanni di sabbia
i Argonauti spinta da una burrasca sulle spiagge della Libia, apparve loro un tritone in forma umana e disse che mediante un
in forma umana e disse che mediante una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sicura e sgombera di scogli. Giasone
degli aligeri destrieri e lo mandò innanzi agli Argonauti, ordinando loro di seguire esattamente la via che avrebbe percors
orto da Achille, si fecero tutti uccidere, difendendo il cadavere del loro capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e di
nime dei morti. Se ne distinguevano tre specie marcate e distinte fra loro , sebbene impresse tutte dello stesso carattere. L
he si praticava per chiamare gli dei, quando si credeva necessaria la loro presenza in un dato luogo, non attribuendo la cre
a potere di far discendere gli dei, nel luogo ove si credeva utile la loro presenza : e quando il pericolo per cui si evocav
o, si cantavano degli altri inni, specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire di Plinio, gli Etrurî evocavano
funti. 1923. Evoè. — Grido che ripetevano le baccanti nelle feste del loro dio. V. Evan. Esse dicevano propriamente Ecohe Ba
giata divinità, si ebbe in risposta che dovevano ricevere Bacco nella loro città con solenni pompe e pubbliche cerimonie. Al
e di mostro, chiamato la Fama, affinchè rendesse noto all’ universo i loro delitti. È questa fama un mal, di cui null’ altr
on un culto regolare. 1938. Fame. — I pagani mettevano la Fame fra le loro divinità, insieme alle malattie, ai travagli, all
io sacro a quella dea. I fanatici s’incidevano le braccia in tutta la loro lunghezza con un coltello, e in cotal guisa offri
tà, l’uccisero e impadronitisi dei famosi destieri li condussero seco loro . In quinto luogo era mestieri che Troilo, figlio
batterono il sepolcro di Laomedonte, allorchè fecero nelle mura della loro città una breccia che dette passaggio al famoso c
olino, come nella italiana, i pagani avevano fatto di questo, uno dei loro dei. Secondo Lilio Giraldi, ch’è uno dei cronisti
a statua nel tempio stesso in cui si veneravano Romolo e Remo dopo la loro apoteosi. 1962. Feacidi — Al dire di Omero così a
uei popoli, i quali dopo averlo colmato di doni, lo fecero, sopra una loro nave, passare nell’isola d’Itaca, e narra la trad
e dio del mare ; onde egli avrebbe fatto perire fra le acque, uno dei loro migliori vascelli, nel giorno che avrebbe fatto r
ciato un mortale nella sua patria. Se non che Alcinoo a ragionar tra loro Prese in tal foggia : oh Dei ! colto io mi veggo.
ù nell’avvenire ricondotto alcun forestiere che fosse approdato nella loro isola. E così fu fatto. 1963. Febade — Nome che s
à di rinascere dalle proprie ceneri. Gli egiziani ne fecero una delle loro divinità, adorandolo sotto la figura di un uccell
o, S. Ambrogio, S. Cirillo, S. Epifanio ed altri, si sono avvalsi nei loro scritti di questa credenza pagana del risorgiment
ro fede alle superstizioni dei pagani, ma per mettere in atto uno dei loro principii ; cosa la quale viene altamente in appo
nemente presso i romani un tal soprannome a Giove, come vincitore dei loro nemici che aveva abbattuti col terrore. Altri scr
nno, che erano consacrati agli dei ; e durante i quali si facevano in loro onore feste, cerimonie e sacrifizi d’ogni sorte.
pio le Ferie Latine duravano due soli giorni poi tre, e finalmente il loro periodo fu fissato a quattro giorni ; durante i q
toni di cui erano armati ; e allora fu che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente di bastoni di Ferula, impe
on essere governati dalla solita mano che li guidava, si sviarono dal loro ordinario cammino, e salendo ora troppo alto, min
ono cangiate in pioppi per aver pianto troppo lungamente la morte del loro fratello — V. Eliadi. La scorza intanto tutte le
ratello — V. Eliadi. La scorza intanto tutte le circonda. E toglie a loro il volto e le parole : Il pianto no, che più che
ole, e della ninfa Neerea. Esse erano le custodi delle mandre, che il loro immortale genitore possedeva in Sicilia — V. Lamp
a allo splendore del Sole e Lampezia a quello della Luna. Neerea poi, loro genitrice, raffigurava la gioventù, le cui figlie
immaginativa che avevano i pagani per tutto ciò che si collegava alle loro religiose credenze. È scritto che i parieggiani d
no Pisistrato, volendo che gli ateniesi lo avessero riconosciuto come loro re, avessero rivestito la bella Fia degli stessi
. 2001. Figliuoli degli del. — Presso i pagani, e particolarmente dai loro cronisti e poeti, si dava codesta qualificazione
dei detti Epidoti e molte altre divinità, di cui parleremo secondo il loro ordine alfabetico, avevano presso i romani la par
ma valse a dimostrare l’immenso amore che essi portavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli di Ca
ntrarono coi Cerenesi quando avevano percorso un ben lungo tratto del loro territorio. Senonchè, quelli di Cirene pensarono
lli Fileni, quante volte essi non avessero accettato di ritornare sui loro passi. Ma gli eroici fratelli, ricusarono recisam
e le due giovanette figliuole di Pandione re d’Atene, rinomate per la loro estrema bellezza. La cronaca mitologica narra di
rinomate per la loro estrema bellezza. La cronaca mitologica narra di loro un truce fatto. Avendo Tereo, re di Tracia, sposa
re di Pausania, le due sorelle a cui le terribili vicissitudini della loro vita, avevano completamente distrutta la serenità
enità dell’anima, morirono entrambe dopo qualche tempo, consumate dai loro amarissimi ricordi ; e ciò diede motivo alla cron
o, in ricompensa delle sue larghezze, lo liberarono dalle arpie dando loro la caccia. Diodoro nelle cronache dell’ antichità
ei templi pagani presso i romani e i greci, racchiudeva le statue dei loro fiumi ; e specialmente in Grecia ed in tutto l’ I
a non vi erano che ben pochi templi, nei quali oltre al simulacro dei loro fiumi non vi fossero degli altarî a questi consac
te dell’Egitto, il fiume Nilo che era uno dei più venerati numi della loro religione ; a motivo degl’immensi vantaggi che es
uta a Numa Pompilio ; e secondo Plutarco a Romolo. Al principio della loro istituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ogn
mini godevano di molti previlegi e fra gli altri di quello d’avere le loro figliuole, esenti dall’ essere scelte come Vestal
icolo precedente. — Al dire di Pausania furono questi popoli e non il loro re Flegia che incendiarono e saccheggiarono il te
ti, dalla peste, e finalmente dal fuoco del cielo che piovve sopra di loro . Un moderno scrittore è di avviso che a questi po
Un moderno scrittore è di avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a tutti gli empi e sacrileghi che le cronache del
quali ad istigazione della matrigna erano in continua dissenzione fra loro . Avvenne un giorno, che Foco giuocando con Telamo
così gravemente al capo il piccolo Foco che l’uccise sul colpo. Eaco, loro genitore, informato del fatto e conscio delle con
ichi popoli della Tessaglia, credevano che essi avessero tratta la la loro origine da quest’insetti, e propriamente dalle fo
Toriglioni. 2052. Forza. — I pagani ne avevano fatta un’altra delle loro tante divinità, alla quale seguendo la configuraz
o tante divinità, alla quale seguendo la configurazione simbolica dei loro miti religiosi, davano per madre la dea Temide, e
or suo di far subire l’ istessa sorte ai figli di Frisso, senonchè la loro madre Calciope li sottrasse alla funesta sorte ch
ione e della ignoranza, fomentata presso i pagani dalla impostura dei loro sacerdoti, era comune alla Grecia, ove si credeva
paternità di queste ministre dell’ ira dei numi, ciascuno assegnando loro quei genitori che parve meglio convenissero al lo
ascuno assegnando loro quei genitori che parve meglio convenissero al loro carattere ed alle funzioni a cui erano addette. I
lutone, dio dell’ Inferno, e sorelle delle Parche. Nè solamente sulla loro paternità si trova, come vedemmo, grande disparit
vendicatrici, Dee benefattrici, Dire, o Diree ec. ec. In quanto alle loro attribuzioni, tanto sulla terra quanto nel regno
d inesorabili, e come sacerdotesse della vendetta degl’ immortali. Il loro ministero era quello di punire i delitti e le col
sso i Sicioni, secondo che riferisce Pausania, si faceva ogni anno la loro festa, e in quel giorno si sacrificavano alle Fur
sacrificavano alle Furie un buon numero di pecore pregne ; e venivano loro offerte corone e ghirlande di fiori, e specialmen
temuto recinto, venivano assaliti da una specie di furore, che faceva loro perdere la ragione. Un altro non meno famoso tem
nel Peloponneso ; il primo nel luogo stesso ove esse cominciarono la loro tremenda persecuzione contro di lui ; e l’ altro
ostrate meno avverse. Nei sacrifizi che si facevano alle Furie veniva loro offerto il narciso, il ginepro ed il zafferano ;
ie veniva loro offerto il narciso, il ginepro ed il zafferano ; e sui loro altari si svenavano conemente delle tortore e del
ella sua tragedia intitolata le Eumenidi, queste divinità in tutto il loro spaventevole apparato, e fu tale l’ impressione d
omi di Galassia e di Galizia, i quali sono del tutto differenti nella loro etimologia. 2074. Galassie. — Feste consacrate ad
cronisti della favola vogliono, che le feste Galassie prendessero la loro denominazione, dal costume che avevano i pagani,
cronache dell’antichità che cotesti sacerdoti di Cibele, traevano la loro denominazione da un fiume nella Frigia, chiamato
rotalo, e raccogliendo le elemosine che essi chiedevano in nome della loro dea, e distribuendo immagini, filtri e rimedi per
ù abbietta della plebe, e siccome rispondevano alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi di una specie di ritmo
onotono, così si diceva comunemente che i sacerdoti galli rendevano i loro oracoli in versi. Da ciò, al dire di Plutarco, ne
li oracoli. Cicerone aggiunge, che i sacerdoti galli conducevano seco loro delle vecchie, ritenute come altrettante incantat
oti galli, avevano una gran quantità di obblighi e di doveri, imposti loro dal culto della loro fanatica religione. Per esem
a gran quantità di obblighi e di doveri, imposti loro dal culto della loro fanatica religione. Per esempio essi non potevano
tto il giorno nel quale si fossero trovati a vedere un corpo morto. I loro sacrifizii non potevano essere d’ altre vittime,
e d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamente proibito di sacrificare dei maiali 
di questi volatili, riguardando come impuro e maledetto quello, fra i loro compagni, che ne avesse toccato uno, anche inavve
Gange. — Fiume delle Indie ritenuto da quegli abitanti come una delle loro più possenti divinità, e che essi adoravano con u
quel fiume erano considerate dagl’ Indiani come sacre e si attribuiva loro ogni più segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Gani
ini, i quali rispondevano alle differenti interrogazioni che venivano loro fatte, senza muovere le labbra, per modo che semb
tributarono a quest’animale, del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorandola assai di sovente sotto la sua f
suo nome prese quella di Gelone, popoli che si resero celebri per la loro forza e pel loro coraggio, che li fece generalmen
uella di Gelone, popoli che si resero celebri per la loro forza e pel loro coraggio, che li fece generalmente ritenere come
lejo, i pagani ritenevano ancora che le anime dei defunti apparissero loro soventi volte sotto la figura di altrettante Geni
ra di altrettante Geni, prendendo cura di quelli che rimanevano della loro famiglia ed erano pacifici e consolatori. Altri p
i altri si dava il nome collettivo di dei Mani, alludendo sempre alla loro trasfigurazione nelle anime dei morti. Si dava an
non avevano più di un cubo di altezza e che fossero discacciati dalla loro patria da una immensa quantità di grù. Al dire de
a fra questi due principi e che essi tenevano a vicenda le redini del loro governo. È detto ancora, che Saturno, per mostrar
i. Al dire di Macrobio, i pagani invocavano il dio Giano in tutti i loro sacrifizi, ritenendo per fermo che egli fosse sta
r fermo che egli fosse stato il primo ad istituire i sacri riti della loro religione, e a fabbricare i templi. Plutarco, nel
agl’italiani l’agricoltura, contribuendo per tal modo largamente alla loro civilizzazione : e l’altra perchè Giano essendo g
iano Quadrifronte avevano una porta e tre finestre sopra ognuna delle loro facciate, le quali indicavano le quattro stagioni
imo dell’anno, con tutti i contrassegni della più pazza allegria. Era loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ces
o, Epimeteo ed Atlante. I grecî riconoscevano Giapeto come capo della loro schiatta, e ritenevano non esservi cosa più antic
l’isola di Lenno. Poi che le ardite femmine spietate Tutti li maschi loro a morte dienno. Ivi con segni e con parole orna
Minerva e Giunone stessa, sempre per proteggerlo, convennero fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innam
una grossa pietra, onde essi ciechi di furore, vennero alle mani fra loro , e si distrussero gli uni cogli altri. Compiuta q
si servirono gli Egiziani ed i Caldei, per esprimere senza parlare i loro pensieri. La parola Gieroglifici deriva da due vo
ani quando cominciarono a servirsi di questo mezzo per comunicarsi le loro idee senza parlare, cominciarono, per disegnare e
’insegnamento dei novizi per tutto ciò che riguardava i misteri della loro dea. Essi erano tenuti in grande considerazione.
itto in varie cronache dell’antichità, che i Gierofanti avevano fra i loro obblighi quello di vivere nel celibato. Altri scr
erdotesse similmente consacrati a Cibele od Ecate, le quali avevano i loro riti e le loro incombense pel servigio della dea,
mente consacrati a Cibele od Ecate, le quali avevano i loro riti e le loro incombense pel servigio della dea, completamente
o la spiegazione al popolo ; come facevano di tutta la dottrina della loro religione. Finalmente altri, ed il cronista Suida
e ai nostri lettori, che sehhene vi siano molti autori i quali, nelle loro opere, danno il nome collettivo di Titaui ai Giga
forza straordinaria, e di una struttura mostruosa, proporzionata alla loro smisurata altezza Gli vedevam da lunge in su l’a
nvece di gambe. Essi a cui niuna umana potenza resisteva, spinsero il loro orgoglio fino a far guerra agli dei ; e nell’inte
proposito di questa favolosa scalata, che i figli della Terra, nella loro cieca superbia, tentarono contro il cielo, noi se
essa, fanno continua menzione di uomini che si resero celebri per la loro gigantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Tur
alcuni, le cui atletiche forme, e la forza straordinaria, permetteva loro di lanciare delle pietre di tale grandezza, invan
cchi, coperti di quel sangue che essi a vicenda facevano grondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza di dolore, svelse dal c
obbe alcuna seria conseguenza. 2158. Gioja —  I pagani avevano fra le loro divinità, personificata anche la Gioja, alla qual
repubblica aveva di sovente a soffrire qualche danno, esposero questa loro osservazione al senato, affinchè ne venisse indag
un assordante rumore, esegueudo così il comando di Rea, la quale avea loro imposto di soffocare colle loro grida i vagiti de
così il comando di Rea, la quale avea loro imposto di soffocare colle loro grida i vagiti del neonato, affinchè Saturno non
storici, i filosofi e i cronisti dell’antichità hanno parlato, nelle loro opere, del Giove pagano assai diversamente di que
si fosse fatto poi conoscere dagli Arcadi, ed avesse esercitato su di loro un potere quasi misterioso, e li avesse a poco a
i misterioso, e li avesse a poco a poco ammaestrati, spargendo fra di loro i benefici semi di una civiltà primitiva e conduc
re, ovvero del Cielo, lo chiamarono Giove, e ne fecero la prima delle loro divinità. Le cronache dei tempi favolosi ci ammae
pretendono che una tal divisione, fosse quella che stabilirono fra di loro i figliuoli di Noè. Altri vogliono che essendosi
i per tutta la terra, avessero indefinitivamente esteso i confini del loro impero ; il quale non solo abbracciava la Tracia,
tà onnipotenti, ed esclusivamente indipendenti l’una dall’altra nelle loro attribuzioni. Secondo riferisce Pausania, codesta
adre d’Enea, li spinse a questa risoluzione, che fu poi cagione della loro salvezza, per mezzo di un prodigio. ……e la mater
i di Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dissenzione fra di loro , perchè si disputavano l’onore della nascita di G
ONEA. Giove e Giunone non vissero lungo tempo in buon’ armonia fra di loro  ; a causa della insopportabile gelosia di lei ; d
a credenza fu maggiormente avvalorata presso i romani, allorquando il loro re Numa Pompilio, proibi a tutte le donne pubblic
tughe ecc. Siccome nel culto dei pagani, essi attribuivano a tutte le loro divinità un qualche speciale incarico ; così le c
nza generalizzata presso gli antichi, che tutte le donne avessero una loro Giunone particolare e tutti gli uomini un genio.
te protettrice . Presso i greci le donne giuravano comunemente per la loro Giunone, e questo giuramento era ritenuto come sa
anche nei misteri Eleusini. Le donne gioravano ordinariamente per le loro Giunoni, e gli uomini per i loro genii V. Giunoni
onne gioravano ordinariamente per le loro Giunoni, e gli uomini per i loro genii V. Giunoni. Sotto il governo degl’imperator
o e notte con gli uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e insegnando loro le sue leggi. Durante l’età d’argento, ella non s
fu seguitato ; e ai funerali dei ricchi s’immolavano gli schiavi che loro avevano appartenuto. Però a misura che la civiltà
fu introdotto il costume di far che gli schiavi combattessero fra di loro , piuttosto che ucciderli come bestie. Da ciò ne v
ubblicamente esercitata. Generalmente i gladiatori si servivano nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di bran
ba della spiaggia, vide saltare quei pesci come se fossero ancora nel loro naturale elemento. Colpito da quel fatto per sè s
auco, rese le cavalle di lui furiose al punto, che fecero in pezzi il loro padrone. Ma non cadde si forte ad altre belve Am
ordini del famoso Sarpedone, soccorsero i Trojani nell’assedio della loro città. Suo padre, al dire di Omero, al momento de
o contro di lui. Però non potendo fare entrambi a meno di compiere il loro dovere, uno fra le fila dei greci, e l’altro fra
fila dei greci, e l’altro fra quelle dei trojani, essi scambiarono le loro armi, volendo con ciò dimostrare che se pure nemi
a Arriano, l’arte della divinazione era così naturale, che perfino le loro donne e i loro fanciulli eseguivano gl’incantesim
te della divinazione era così naturale, che perfino le loro donne e i loro fanciulli eseguivano gl’incantesimi e predicevano
corso all’oracolo, il quale rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto ad ess
stavano in attenzione del compimento dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti
cui accennava l’oracolo, lo elessero re, ed egli pose fine a tutte le loro dissensioni. Mida in riconoscenza della grazia ot
ed nu sol dente, di cui si servivano a vicenda l’una dopo l’altra. La loro capellatura era formata di serpenti ; le mani era
latura era formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; ed un solo loro sguardo valeva ad uccidere un uomo. Pindaro ripet
stasse all’istante pietrificato. Virgilio asserisce che Medusa era la loro regina e che quando questa fu disfatta V. Medusa
de, e che altro non erano se non donne guerriere governate da Medusa, loro regina, e che fossero poi completamente distrutte
che vale ad ammaliare con uno sguardo. L’impressione che produceva la loro bellezza era così istantanea, che fu detto caugia
parla come di donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui venne loro il Lome di gorgoni ; ed aggiunge che il solo Anno
e il solo Annone, generale dei cartaginesi, fosse penetrato fino alla loro dimora ; ove trovò alcune donne le quali avevano
su tre isole dell’Oceano, e che alla sopraintendenza degli affari del loro governo, non avevano che un solo ministro, di cui
oro massiccio, alta quattro cubiti, e che le Gorgoni custodivano nel loro tesoro. La cronaca mitologica aggiunge che, non a
Gorgoni una razza di cavalle allevate dai Fenici, i quali avevano un loro capo per nome Perseo. Queste erano le donne coper
e altre figliuole, che insieme a questa Granea furono dal nome, della loro madre, chiamate ninfe Amadriadi. 2200. Gran madre
rati alle Grazie. Eteocle re di Orcomeno, fu il primo ad innalzare in loro onore un tempio, e a stabilire un culto particola
e a stabilire un culto particolare, per il che fu detto ch’egli fosse loro padre. Secondo riferisce Pausania, in tutte le pr
to. La primavera era la stagione consacrata alle Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani aveano la costumanza di comin
, loro madre ; ed i pagani aveano la costumanza di cominciare tutti i loro banchetti con una triplice libazione in onore del
e i pagani avevano per queste tre divinità ; imperocchè essi a render loro maggior tributo d’omaggi e di generale consideraz
etteva foce nel golfo di Cadice e del quale i pagani avevano fatto il loro Lete le cui acque valevano a dare l’oblio — V. Fi
aro. 2209. Grundili. — Divinità che i romani ponevano nel numero dei loro Penati. Si vuole che Romolo li avesse istituiti i
i. H 2210. Hada. — I babilonesi davano questa appellazione alla loro più alta dea : la stessa che i greci chiamano Giu
chiamavano così uno dei quattro dei, ritenuti come i fondatori della loro religione. Un’antica tradizione del paese, diceva
esto dio dagli stessi popoli che l’avevano collocato nel numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nome di Hafedà si seg
dere un viaggio. 2212. Hakem. — I popoli drusi davano codesto nome al loro dio incarnato. Hakem era presso quei popoli l’ide
iversale. 2213. Halden. — I cimbri indicavano con questo nome uno dei loro Penati. 2214. Har-Heri. — Le cronache della mitol
in una sola, erano state da principio non solo divise, ma nemiche fra loro  ; e non si riunirono insieme che per combattere B
uppato alle parti sessuali. 2216. Havan. — Era presso i Parsi uno dei loro cinque dei Gahi, e propriamente quello che presie
Sole si chiama Baal, e da ciò gli arabi danno il nome di Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hoba
tavano a questo volatile, gli onori divini, adorandolo come una delle loro divinità, con un culto particolare, forse in ring
, forse in ringraziamento dei molti vantaggi che quest’animale recava loro . Infatti nel tempo della primavera, scendevano da
icasse per sè e pel figliuolo delle ali, le cui penne erano unite fra loro per mezzo della cera, e che con queste ali intrap
aro. Bacco sdegnato allora contro gli abitanti dell’Attica disertò la loro contrada con una terribile pestilenza, la quale n
ole che Polidamante e Tiresia si servissero di questo incantesimo nei loro indovinamenti. 2234. Ida. — Celebre montagna che
i davano questo nome particolare al giorno 13 e 15 d’ogni mese. Nelle loro credenze essi ritenevano che il dio Mercurio foss
na specie di grande anfora, forata da tutte le parti, e che presso di loro raffigurava il dio dell’acqua. Al dire dello scri
tanti salivano per adorare, con le mani levate verso il cielo, questa loro strana divinità. Con tale cerimonia il culto egiz
unone stessa ; la quale, sdegnata contro le incaute giovanette, turbò loro siffattamente la ragione, che credendosi cangiate
supremo pensarono di ricorrere allo indovino Calcante, onde additasse loro il modo di placare lo sdegno degli dei, e l’ira i
ellamente avuto favorevoli i venti, allorquando il duce supremo delle loro schiere, avesse col sacrificio della propria figl
è Ifigenia, avendo inteso che quegli stranieri erano di Argo, propose loro di sacrificarne uno solo quante volte l’altro si
perdutamente di lei, e la rese madre di due giganti, che dal nome del loro supposto padre, furono detti Aloidi. Vedi questo
fizio ad Ercole, onde placare questo dio, che i suoi popoli credevano loro nemico, e appena tornato in patria ritornò nel lo
popoli credevano loro nemico, e appena tornato in patria ritornò nel loro primitivo vigore la celebrazione dei giuochi Olim
velo, e innanzi alla quale le donne di Sicione andavano ad offrire le loro chiome alla dea. Generalmente i pagani rappresent
i dell’isola di Cipro davano codesto soprannome a Giove, il quale nei loro templi veniva onorato con solenni e magnici banch
e Polluce fecero di esse, nel momento istesso che stavano per dare la loro fede di spose, a Linceo ed Ida, cugini germani de
ette anche Ilissiadi : soprannome che i pagani davano alle muse e che loro veniva dal flume Ilisso nell’Attica, le cui acque
della confusione se ne impadronirono, e trafugatele prestamente sulle loro navi si avviarono verso una lontana e remota spia
verso una lontana e remota spiaggia dove giunti dopo aver sbarcato la loro preda si dettero in braccio al riposo. Imeneo all
sseriva che le api di quella montagna avevan cibato Giove bambino del loro miele ; e che in ricompensa di ciò, il padre degl
eo. 2278. Incubi. — Specie di Genii che i pagani classificavano fra i loro dei rustici. I greci li chiamavano Ifialti ; e i
ale, il luogo dove andavano tutte le anime, dopo la morte e che nella loro credenza religiosa come prendeva i campi Elisi, l
altri abitanti della Grecia, quella cioè, di mettere nelle labbra dei loro morti, una piccola moneta, che serviva a pagare a
ella stupenda descrizione ch’egli fa dell’Inferno dei pagani, avevano loro abituale residenza nell’Inferno le Furie. Vedi Fu
mogenitura, sarebbe a questi spettato di succedere al trono del padre loro , a detrimento dei propri figliuoli, pensò di far
sti però si sottrassero, con una precipitosa fuga, al destino che era loro riserbato ; ma, Elle morì nel traversare il mare.
anti le quali un giorno circondandola e riempiendo l’aria, secondo il loro costume, di grida assordanti, colpirono Ino di du
che esse venivano esaminate, onde significare per mezzo di quelle, la loro volontà. Però presso gli antichi stessi, vi erano
re mascolino ; mentre i latini ne aveano fatto una dea, essendo nella loro lingua la parola invidia di genere feminile. Le c
zione reale ; o finalmente col dare dei contrassegni sensibili, della loro presenza, col compimento di qualche prodigio. Dio
nelle sue opere, che le frequenti apparizioni degli dei, provavano la loro vigilanza sulle città e sui cittadini. 2294. Iper
mente gl’ Iperborei ritenevano per fermo che Apollo discendesse nella loro isola, ogni diciannove anni ; e che egli stesso n
e i sacrifizii, che quei popoli facevano ad Apollo ; e spingevano la loro devozione fino a mandare ogn’ anno, le primizie d
e prole di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annegare ne
usione e la morte fra le file dell’ inimico e fece legare le code dei loro cavalli, le une alle altre, per modo che, al mome
oscendo la voce, e la mano del proprio padrone, lo trascinarono nella loro corsa precipitosa per modo che, dopo poco, altro
i un tale insopportabile odore, che esse furono tutte abbandonate dai loro mariti. Irritate da questo crudele, sebbene non i
ntro gli uomini, e in una sola notte ne uccisero quanti ne capitarono loro per le mani. La sola Ipsipile abborrendo dall’ at
enima. Le donne di Lenno scoprirono finalmente che Toante padre della loro regina, lunge dall’esser stato ucciso, come esse
o e la Terra e che al dire del citato scrittore, i greci dettero alle loro due più antiche divinità. La parola Ipsisto deriv
adre degli dei ; nè più nè meno che i romani ed i greci ritenevano il loro Giove. 2323. Ipsuranio. — Secondo Sanconiatone, c
o e li adorarono, istituendo anche alcune feste annuali, in onore del loro morto genitore. 2324. Iria. — Così avea nome la m
varii accredita ti scrittori che quei popoli l’ avessero in conto del loro Marte ; ma vi sono anche altro opinioni che dicon
erose configurazioni contenute nella misteriosa favola Isiaca ; ma le loro spiegazioni, le loro congetture, i loro ragioname
contenute nella misteriosa favola Isiaca ; ma le loro spiegazioni, le loro congetture, i loro ragionamenti, non riescono che
teriosa favola Isiaca ; ma le loro spiegazioni, le loro congetture, i loro ragionamenti, non riescono che ad avviluppare di
ta della dea Iside. Al sorgere del sole, esse cantavano le lodi della loro dea, e passavano tutto il giorno chiedendo la lim
hiedendo la limosina e vendendo dei filtri, di cui si servivano nelle loro cerimonie ; e non rientravano nel tempio che la s
sa che ha fatto dire che esse andavano a piedi nudi. Dai precetti del loro culto, era proibito alle Isiache di mangiar carne
si erano congiunti coi legami maritali nell’ alvo stesso della madre loro , per modo che Iside nell’ istesso momento in che
glio. Iside ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivendo fra loro nel più perfetto accordo fraterno, e dedicandosi
loro nel più perfetto accordo fraterno, e dedicandosi a civilizzare i loro sudditi, a cui insegnarono l’ agricoltura e le ar
, quando Iside morì l’adorarono insieme col consorte ; istituirono in loro onore delle splendidissime feste ; e dedicarono l
; istituirono in loro onore delle splendidissime feste ; e dedicarono loro il bue e la vacca, come simboli dell’ agricoltura
come simboli dell’ agricoltura, della cui salutare conoscenza andavan loro debitori. In seguito si disse che Osiride, ed Isi
side erano andati a dimorare nel sole e nella luna, cosichè spesso il loro culto andò confuso con quello di questi due piane
e ricchi donativi al padre ed alla madre della sposa, prima e dopo il loro consentimento. Issione trascurò di adempiere a qu
dove furono istituiti ; ed aggiungono che i giuochi istmici ebbero la loro istituzione da Sisifo, e furono la prima volta ce
ta usanza era per i Corinti così importante, che anche allorquando la loro città fu distrutta da Mummio, essi legarono ai Si
uando la loro città fu distrutta da Mummio, essi legarono ai Sicioni, loro vicini, l’incarico di continuare la celebrazione
sione ritenendo per fermo quanto un’ antica tradizione favolosa della loro città, asseriva a questo proposito. Gli Eleati ri
che doveva unirsi alla ghirlanda ; e finalmente i romani spinsero la loro liberalità verso i vincitori, fino a fer loro dei
te i romani spinsero la loro liberalità verso i vincitori, fino a fer loro dei preziosissimi donativi. Il poeta Pindaro, che
Corinto. — Secondo riferisce Pausania ; i corinti avevano un’ antica loro tradizione, la quale ripeteva che Nettuno ed il S
radizione, la quale ripeteva che Nettuno ed il Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno di essi di avere
leto, Prodica, Polifo e Tiona. Racconta la cronaca che allorquando il loro fratello Ja, morì sbranato da una lionessa, esse
o da una lionessa, esse piansero così disperatamente la morte di quel loro caro, che gli dei mossi a compassione, le cangiar
e in onore di Jolao che gli ateniesi celebravano con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Cr
Fatto adulto, Jone si acquistò l’affetto degli abitanti di Delfo e la loro fiducia ; per modo che, ad onta della sua età gio
ossia Giove. I celti chiamavano questo dio col nome di Jov che nella loro lingua vuol dire giovane, per dinotare l’eterna g
2381. Kama. — Detto anche Kamadeva. Gli Indiani davano questo nome al loro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con
e famosi numi del culto religioso dei Tuata-Dadan. Generalmente si dà loro il nome di Bit, Bit-Fiontaîn e Ladra, e si ritien
tutte di tre donne che prendono possesso di quella contrada, dànno il loro nome a varii luoghi di essa, e finalmente soccomb
no il loro nome a varii luoghi di essa, e finalmente soccombono nella loro impresa. 2388. Kasia ed Anna. — Presso i giappone
rù è una delle divinità alla quale i Bramani debbono, per legge della loro religione, offrire ogni giorno un sacrifizio sul
ntendosi sicuri nella città di Matura, si trasferirono in Nundagroma, loro patria, onde sottrarre il piccolo Krisna alle cru
i persecuzioni di Kansa. Appena giunti in Nundagroma, si presentarono loro alcune donne dalle forme gigantesche, che erano s
segrete mandatarie di Kansa, e domandano a Nunda di poter nudrire del loro latte il bambino ch’egli porta seco. Krisna allor
editto, col quale comandava che le tegole di marmo fossero rimesse al loro posto. Ma la superstizione non si arrestò a quest
te una statua di Diana Lafria, che essi custodirono gelosamente nella loro cittadella. Quella statua era d’oro e d’avorio, e
due corvi, perchè sulle sue rive avevano, da lungo tempo, fissato la loro dimora due di questi volatili, sui quali gl’indig
ltuosa per dissidii politici e discordie di partiti, abbandonarono la loro isola nativa per recarsi in quella città di cui e
esse ad alimentare la superstiziosa ignoranza dei pagani, per prestar loro cieca fede. 2420. Lampadaforie. — Così avevano no
427. Lancia. — Secondo riferisce Varrone, i romani rappresentavano il loro dio della guerra sotto la figura di una lancia, p
sotto la figura di una lancia, prima di aver dato al simulacro delle loro divinità, la figura umana. Questa costumanza i ro
ni consentirono che il famoso cavallo di legno fosse introdotto nella loro predestinata città, Laocoonte, colpito dalla enor
nda concavità. Ma tutto questo non valse a persuadere i trojani, e il loro fato si compì, tale essendo il volere del destino
lmente si avventarono sui fanciulli di Laocoonte, ravvolgendoli nelle loro spire mortali. Invano il misero padre armato di f
e sue mani, che i mostri si slanciarono su di lui, e lo strinsero nei loro innumeri attortigliamenti e innalzandosi su di es
servito dei tesori consacrati ad Apollo ed a Nettuno e depositati nel loro tempio, promettendo di restituirli dopo la costru
a chiamata Stobia, figlia di Pineo, e che fu detto Lapito, presero la loro denominazione quei popoli della Tessaglia che si
tro i Centauri, e che ebbe principio per una dissensione surta fra di loro , durante il banchetto delle nozze di Piritoo. I C
iva sua origine dall’uso che avevano gli antichi di sotterrare cioè i loro morti nelle case ; cosa che dette motivo a quelle
to durante la vita ; e che prendessero la casa e la famiglia sotto la loro particolare protezione. Coll’andare degli anni i
nche dopo la morte nel seno della propria famiglia, proteggendola del loro soprannaturale potere. I seguaci di Plutone facev
tto ciò che potesse esser nocivo. Ordinariamente i pagani mettevano i loro Penati intorno al focolare, e spesso anche dietro
uscio da via. Quando gli schiavi ricevevano la libertà appendevano le loro catene accanto al focolare, consacrandole in segn
si facevano dei sacrifizii pubblici agli dei Lari, veniva svenato sui loro altari un maiale ; mentre quando si facevano loro
veniva svenato sui loro altari un maiale ; mentre quando si facevano loro offerte private, il che avveniva quotidianamente,
ano loro offerte private, il che avveniva quotidianamente, si offriva loro del vino, dell’incenso, dei fiori e perfino una p
mammole, di rosmarino e di mirto, e all’ora del pranzo si facevano in loro onore delle libazioni e talvolta anche dei sacrif
enati. Grandissima era la venerazione che i pagani avevano per queste loro divinità tutelari ; sebbene le cronache dell’anti
e congiunto, i pagani insultavano con atti e con parole oltraggiose i loro Penati, accusandoli di non aver ben saputo proteg
come Apollo, Mercurio e Diana, perchè si mettevano ordinariamente le loro statue agli angoli delle vie. Giano, secondo rife
tino ad armarsi contro d’ Enea. Ben presto però ebbero a pentirsi del loro sconsigliato divisamento ; poichè Enea, in una ba
. Latobio. — Presso gli antichi popoli norici, era questo il nome del loro Esculapio, ossia del dio della sanità. Vogliono a
tro quegl’empi, richiamò con disperate grida la vendetta dei numi sul loro capo, e Giove non sordo alla preghiera della sua
po la morte, le figliuole di Tersandro, ebbero gli onori divini, e fu loro eretto un altare nella città di Lacedemone, nel t
li, al dire di Orazio, la invocavano onde essa coprisse di tenebre lo loro mariuolerie. …. poi l’aiuto implora A mezze labb
to ad Apollo Febo. Da ciò si vuole che i Laurentini avessero presa la loro denominazione. …..Era un cortile in mezzo A le s
ai cartaginesi che non avessero più sacrificato i propri figliuoli al loro dio Saturno. 2459. Laziar. — Nome proprio della f
le fave, ritenendo che l’ acre odore di quegli arsi legumi, riuscisse loro insopportabile. Durante il periodo delle feste Le
eventevole vista gli inorridì per modo che essi vollero ritornare sui loro passi, essendo ella, secondo la tradizione favolo
sa della repubbblica, si dava alle principali divinità, ed in uno dei loro templi, credendosi che gli dei, a cui veniva offe
Lettisternio, che ogni antico rancore spariva e si videro uomini fra loro mortalmente nemici, conversare e mangiare insieme
rdeva la guerra fra i Locresi ed i Crotoniati, quelli, a motivo della loro affinità cogli Oponzii, ricorsero ad Aiace figliu
essa che comunicava i responsi, ordinò agli abitanti di restare nella loro città e di placare con sacrifizii ed offerte la c
onache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione di loro concittadini ad interrogare l’oracolo di Bacco, n
olo di Bacco, nella Tracia, per sapere quale sarebbe il destino della loro città, la risposta del dio fu che quella sarebbe
l latte. Sul monte Libe trio, le Muse e le ninfe Libetridi avevano le loro statue. 2506. Libia. — Figliuola di Epafo e di Ca
agani, contenevano il fine della vita degli uomini, e la durata della loro età, secondo i principii dell’arte etrusca. I rom
a vita, come madre dell’ amore, onde gli uomini si ricordassero della loro caducità. È questa anche l’opinione del cronista
Eubeo, e al quale i marinari non osavano accostarsi, credendo, nella loro superstizione, che lo sfortunato Lica avesse cons
bitanti dell’Arcadia ritenevano per fermo che oltre a questo Licaone, loro re, cangiato in lupo per vendetta di Giove, vi fo
I figliuoli del re, per accertarsi della verità di quanto asseriva il loro padre, ebbero ricorso ad un truce ed iniquo mezzo
banchetto, persuasi che solamente Giove avrebbe potuto accorgersi del loro infame operato. Però verso il cadere del sole, un
ere la supremazia sopra un cittadino. Infatti gli argivi proclamarono loro re Danao, a detrimento di Gelanore. In memoria di
erta tinta di religioso rispetto, tenesse a freno i popoli, e facesse loro osservare ciecamente le leggi che egli aveva dett
rente riconoscenza, le leggi che da allora in poi dovevano reggere il loro paese ; e tanto più essi si sottomisero a quelle,
to più essi si sottomisero a quelle, imperocchè un altro oracolo avea loro promesso che Sparta sarebbe il più florido stato
Virgilio, una delle compagne di Cirene, famose per la bianchezza del loro collo, e per la ricchezza della bionda capellatur
o da mangiare ai pesci, e se quegli animali mangiavano ciò che veniva loro gettato, si riteneva come propizio augurio ; ment
lorquando questi, e Castore suo fratello, rapirono ad Ida e Linceo le loro fidanzate. V. Ilaria e Febea. Linceo fu similment
; e che quegli abitanti lunge dal far male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior di Loto, di cui si
Partiro, e s’affrontaro a quella gente, Che, lunge dal voler la vita loro . Il dolce loto a savorar lor porse. Chiunque l’es
2559. Lucarie — Dette anche Lucerie, feste romane che prendevano la loro denominazione da un bosco sacro chiamato Lucus, n
rsuasero di leggieri che quegli astri doppiamente visibili tanto alla loro vista fisica, quanto alla loro mente, fossero le
astri doppiamente visibili tanto alla loro vista fisica, quanto alla loro mente, fossero le principali e supreme divinità,
ora genufiessi innanzi a quell’astro, della cui esistenza essi, nella loro ignoranza, non sapeano rendersi esatta ragione, l
le menti, si vantavano d’aver commercio con la Luna, e di potere coi loro incantesimi farla discendere dal cielo ; e lo ste
io medesimo asserisce, che le donne di Crotona attiravano la Luna coi loro sortilegi. 2567. Lunedi. — Questo giorno della se
na con la testa adorna di un novilunio. 2568. Luno. — I pagani, nella loro superstizione, attribuivano i due sessi alle loro
. — I pagani, nella loro superstizione, attribuivano i due sessi alle loro divinità, personificandole sovente come uomo, e s
ntrario gli adoratori del dio Luno, conservavano per tutta la vita la loro maschia autorità sulle loro mogli, e non correvan
o Luno, conservavano per tutta la vita la loro maschia autorità sulle loro mogli, e non correvano il rischio di essere ingan
mata la Luna colla sua appellazione femminile, pure nei misteri della loro religione, ne facean sempre menzione come il dio
bini suggevano il latte della belva, scherzavano con essa come con la loro madre, e l’animale rivolgendo il capo, accarezzav
a credenza che quelle staffilate le avessero rese feconde, e avessero loro procurato un felice e sollecito parto. Altri auto
iorno Romolo e Remo, celebrando codesta festa, fossero derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittarono di
no con essi, accortisi del fatto, si spogliarono sollecitamente delle loro vesti, ed avendo raggiunti i ladri, tolsero loro
sollecitamente delle loro vesti, ed avendo raggiunti i ladri, tolsero loro la preda. Da quel tempo s’introdusse il costume d
o a cadere in disuso ; ma che qualche tempo dopo furono restituite al loro primitivo splendore, e continuarono cosi in Roma
ogni storico documento. Gli etimologi, stanno ancora disputando se la loro denominazione sia etnografica, indicante tribù gi
ominazione sia etnografica, indicante tribù girovaghe e sceglienti le loro dimore a seconda degli auspicii ; o se sia verame
i ; o se sia veramente patronimica, per la derivazione del capo della loro razza, a nome Pelasgo. I Pelasgi, seguendo le tra
’Europa, che prima accoise i germi dell’orientale civiltà, e impresse loro un carattere proprio. La sua posizione geografica
ondazione di altrettante scuole differenti, che portarono il nome dei loro singoli capi. In generale però tutti codesti rifo
 Seguaci dell’eresia Gnostica, cosi decti da Corinto, fondatore della loro scuola. Di lui si può asserire quanto esponemmo n
amento, al momento in che venivano iniziati nei nefandi misteri della loro setta. 23. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono
amento, al momento in che venivano iniziati nei nefandi misteri della loro setta. 24. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono
amento, al momento in che venivano iniziati nei nefandi misteri della loro setta. 25. La processione dell’ Assunzione, e pr
mente dato dai maomettani ai tempio della Mecca, il quale, secondo la loro credenza, fu edificato da Abramo e da suo figlio
supremazia incontrastata, nello incivilimeato del mondo antico, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che furon
i concittadini un saggio delle sue cognizioni matematiche, proponendo loro di far giungere il mare Adriatico fin sotto le mu
 — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul mon
4 (1897) Mitologia classica illustrata
le, crearono una quantità di favole e racconti intorno agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti di loro stirpe; i
acconti intorno agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti di loro stirpe; i quali racconti, propagati per tradizion
non è men vero che gli Dei della mitologia e le principali leggende a loro relative erano nei tempi migliori della Grecia og
a pittura. Dalle leggende mitiche spessissimo trassero gli artisti la loro ispirazione; anzi molti generi letterari in Greci
arono una grande efficacia sulla mitologia; molti racconti presero la loro forma definitiva per opera dei poeti; e in più d’
eritano particolarmente d’ essere ricordati Omero ed Esiodo; essi e i loro numerosi seguaci trattarono epicamente la materia
tica doveva rimaner viva nella fantasia de’ Greci, contribuendo a dar loro un determinato concetto delle varie Divinità? Mit
i Dei sono rimpiccioliti e fatti simili agli uomini, ma anche vengono loro attribuite sovente azioni disonorevoli e delittuo
credere che i racconti fantastici inventati dagli Elleni o trasmessi loro dall’Oriente racchiudano, sotto il velo della fav
ando i miti dei varii popoli di stirpe aria e risalendo al l’ origine loro comune, si avvide che buona parte dei racconti mi
nitiva questa soluzione del problema mitologico; la quale, a giudizio loro , dà spiegazione sufficiente anche delle stranezze
ol grandi fenomeni della natura, come dimostra l’ etimologia dei nomi loro ; la loro immagine sorse dunque dalla personificaz
fenomeni della natura, come dimostra l’ etimologia dei nomi loro; la loro immagine sorse dunque dalla personificazione dell
i alpestri, per lo più cacciatori e pastori, concepissero le divinità loro diversamente dagli abitanti delle coste, dediti a
per cui alcune Divinità dovevano avere il sopravvento ed estendere il loro culto, altre rimaner soccombenti? In tal caso le
itologia; cosicchè riesce ora pressochè impossibile ridurli sempre al loro naturale significato e tracciarne con sicurezza l
Greci. Gli Dei delle stirpi italiche conservarono per molto tempo il loro schietto essere primitivo di forze naturali divin
si crearono popolari racconti intorno alle vicende di lor vita, alle loro parentele, alla loro discendenza. Anzichè ad illu
racconti intorno alle vicende di lor vita, alle loro parentele, alla loro discendenza. Anzichè ad illustrare le figure degl
ano delle varie divinità secondo le ragioni di somiglianza che pareva loro di scorgere. Così si fece come una fusione di ess
smo. Ma l’ idea del divino importava che le qualità umane fossero per loro innalzate al più alto grado di eccellenza; quindi
immense distanze, la facoltà del vedere e dell’ udire s’ estende per loro illimitatamente, e Zeus, ad es., dall’ alto trono
ncora essi van soggetti ai bisogni corporali del sonno e del cibo, ma loro cibo è esclusivamente il nettare e l’ ambrosia, l
gativa è poi questa, che, una volta raggiunto il pieno sviluppo delle loro forze fisiche e spirituali, non invecchiano, ma r
e sono immortali. Non che siano scevri d’ ogni dolore; anzi, come il loro corpo può essere ferito, così l’ anima può essere
ima può essere afflitta da pene di varia natura; ma ciò non guasta la loro felicità e non toglie che essi possano sempre sod
ta la loro felicità e non toglie che essi possano sempre soddisfare i loro desideri. — Quanto alle doti dello spirito, gli D
come superiori agli uomini, sia per sapere sia per potenza. A piacer loro penetravano ogni segreto della natura; potevano s
o tempeste, malattie, ecc., ed anche d’ un tratto farle cessare, e il loro potere eccedeva di gran lunga i limiti dell’ uman
que si può dire che gli antichi non seppero foggiare gli Dei se non a loro immagine e somiglianza, pur concedendo loro un co
foggiare gli Dei se non a loro immagine e somiglianza, pur concedendo loro un cotal grado di superiorità da giustificare la
na personificazione delle grandiose forze della natura, il nascimento loro rappresenta anche l’ origine delle cose e dei fen
verlo obbligato a rigettar fuori i figli ingoiati che per la divinità loro erano immortali, incominciò contro di lui la trem
ero sconfitti, e gittati in catene nel profondo del Tartaro, lasciati loro a guardia gli Ecatonchiri, divenuti omai fide sen
due fratelli, Ades e Posidone, riservando a sè il cielo e affidando a loro le regioni del mare e dell’ interno. Questo asset
l suo prediletto figlio Apollo. 3. L’ alto concetto che della suprema loro divinità avevano gli antichi, non impedi che si d
a di annose quercie, le cui foglie agitate dal vento, esprimevano col loro fremito misterioso gli oracoli divini, che dai sa
occa queste parole: « Orsù, dic’ egli agli altri Dei quando proibisce loro di prender parte alla battaglia che si combatteva
non esitava a perseguitare accanitamente le donne amate da Zeus e la loro discendenza; do ve ricordiamo che il primitivo si
l’ intelligenza, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datrice di ogni bene. Essa dirige gli eserciti ag
uta dal cielo. Rifatto nell’ età di Pericle constava di tre celle fra loro raggruppate, e destinate alle tre Divinità, Atena
entino e sul Celio; presso il primo avevano il locale per le adunanze loro i poeti; il secondo aveva nome da Minerva Capta o
scolari. In que’ giorni si faceva vacanza, e si pagava ai maestri il loro onorario (Minerval). La festa minore, del Giugno,
ti giù dal cielo. È noto che i Troiani cominciarono a disperare della loro salvezza quand’ ebbero perso il Palladio, tolto l
disperare della loro salvezza quand’ ebbero perso il Palladio, tolto loro con uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conser
a sonava con grande abilità a sollazzo degli Dei immortali, durante i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figli
Callimaco a Delo perchè contiene cenni delle stesse leggende, nella loro forma ammodernata. Del divino suono della cetra d
Greci per Troia. E poichè anche gli Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sacrifizi umani, fu con questa confusa l’
si credeva che invisibilmente accompagnasse anche gli eserciti nelle loro marcie, onde era detto Mars Gradivus; dopo la vit
lo si faceva patrono di tutti gli artisti ed operai che per l’ opera loro hanno bisogno del fuoco. Per questo era messo in
time, Ermes era anzitutto il messaggiero degli Dei e l’ esecutore dei loro ordini. Veloce più del vento, co’ suoi alati calz
io, e i Greci accogliendolo ne confusero l’ immagine con quella della loro Afrodite, la quale divenne così la dea della bell
i ispirarono molti antichi poeti, sicchè più volte ne toccarono nelle loro opere. Oltre l’ inno omerico ad Afrodite, son da
della terra e del mare. Tali i filosofi Parmenide ed Empedocle, dopo loro i tragici Eschilo ed Euripide e più altri. Bellis
’ altre la Venere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta nel loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla navig
i andavano così orgogliosi che ne riportarono l’ immagine anche sulle loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una r
timento di nazionalità, così l’ Estia del tempio di Delfo divenne per loro rappresentazione sensibile dell’ unità nazionale.
iamo anche annoverare due Dei esclusivamente romani, che non hanno il loro corrispondente nella mitologia greca, e sono Gian
ndo in carica, chiedeva l’ aiuto di Giano; le curie, inaugurando ogni loro adunanza, prendevan le mosse da una preghiera a l
to, per opera di Giano, una sorgente d’ acqua solforosa che impedi il loro avanzarsi e li obbligò alla ritirata. 2. Al culto
e Faetusa lo piansero finchè furono convertite in pioppi e le lagrime loro in ambra. Il mito in sostanza, significa l’ azion
elene, quando ella nella sua pienezza splende argentea, nascondono la loro viva luce; pensiero imitato da Orazio, ove parago
o d’ estate al cominciare del verno. Nel fatto i miti stessi hanno la loro spiegazione nei fenomeni relativi a detta costell
in Erme. Dai Latini eran denominate Vergiliae, forse per il rapporto loro colla primavera (ver). 4. Non men celebri erano l
a, erano cinque sorelle, le quali tanto piangevano per la morte di un loro fratello Iade (Hyas), che gli Dei per compassione
lo Iade (Hyas), che gli Dei per compassione le mutarono in stelle. Il loro nome derivano gli uni da un verbo greco che vuol
i in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo loro re, il quale ricevutone l’ ordine da qualche Dio,
di Eolo loro re, il quale ricevutone l’ ordine da qualche Dio, apriva loro un passaggio e lasciava che si scatenassero sulla
il corteo degli Dei del cielo, o compagne o ministre esecutrici della loro volontà. a) Le Muse. 1. Secondo Esiodo er
e, le quali sanno cantare il presente, il passato e l’ avvenire e col loro dolci canti, che Apollo suole accompagnare con la
hità non occorre dire; noto è che i poeti epici solevano cominciare i loro poemi dall’ invocazione delle Muse, uso che è sta
ti di cui si servivano, mettevano in rilievo or la dolcezza del canto loro , or la bellezza del loro volto, ora l’ eleganza d
ettevano in rilievo or la dolcezza del canto loro, or la bellezza del loro volto, ora l’ eleganza degli ornamenti. Frequenti
atitudine. Musica, eloquenza, poesia, arti dalle Cariti ricevevano la loro più alta consecrazione, e da loro pure derivavano
ia, arti dalle Cariti ricevevano la loro più alta consecrazione, e da loro pure derivavano la sapienza, la virtù, l’ amabili
ulto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia dove un santuario era loro dedicato, in Sparta, in Atene, anche nell’ isola
in Sparta, in Atene, anche nell’ isola di Paro e altrove. Le feste in loro onore, le Caritesie, erano accompagnate da gare m
te dai poeti è cosa ben naturale. Pindaro nella 14a Olimpica volgendo loro la parola ne fa un bell’ elogio: « O Cariti, dic’
nella vicenda delle stagioni; e ben con ragione è stata pensata come loro madre Temi, personificazione dell’ ordine univers
altri termini esse presiedono al corso delle stagioni; fanno essere a loro tempo i flori e i frutti, in genere regolano tutt
orti tra gli uomini, ed ogni cosa nobile, bella e buona è posta nella loro dipendenza. Non solo erano credute ministre di Ze
dei Greci risponde presso i Romani la dea Victoria, dea naturalmente loro molto cara e oggetto di ferventissimo culto. Già
ani vincitori solevano erigere statue alla Vittoria, in ricordo delle loro gesta, e Silla istituì anche giochi speciali dopo
igura come la coppiera degli Dei d’ Olimpo, essendo lei che durante i loro festivi banchetti versa il nettare. Fa anche altr
lle case patriarcali dell’ età eroica, che usavano appunto prestare i loro servigi ai membri maschi della famiglia e agli os
uesto Dio, e persino i filosofi ricamarono intorno al mito di Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il Simposio di
in una valle paradisiaca, in un palazzo fatato, dove nulla manoa alla loro felicità; soltanto Psiche ha l’ obbligo di non ve
avano come dea del nascimento, già s’ è detto, Giunone Lucina; ma nei loro libri di preghiere trovavansi menzionate anche al
e medievali di immaginare l’ esistenza delle fate e tessere intorno a loro tanti racconti meravigliosi. 3. Bellissima pittur
ici Genii; e così popolaron di Dei le case, le città, le campagne) da loro si aspettavano prosperità di eventi, e ricchezza
loro si aspettavano prosperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio di ognuno, vino, f
ima sotterra, a un tratto comparissero alla superficie là dove era la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori di leco
tà alle terre, erano fra i Greci, oggetto di un vero culto. Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il lor
erano fra i Greci, oggetto di un vero culto. Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sa
, oggetto di un vero culto. Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito
o culto. Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza
uomini maturi come vecchi. Tutti, conforme alla natura dell’ elemento loro , avevano il dono di mutarsi in più guise, e per s
corpo pennuto di uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla di loro nella leggenda degli Argonauti, dove figurano per
o per rimproverarli della licenza che si eran presa e rimandarli alla loro sede; poi         … dicto citius tumida aequora
Era detto l’ unico robusto figliuolo di Posidone e Anfitrite, che con loro abita nel palazzo d’ oro in fondo al mare. L’ imm
e avuto l’ ordine di soffiar nella sua tromba per ritirar l’ acque ai loro luoghi,                              … cava buci
one, come dice Pausania (9, 22, 7), onorarono la storia di Glauco col loro versi; nell’ età alessandrina Callimaco, Euante e
i del mare, pronti ad aiutare i naufraghi e chiunque aveva bisogno di loro . 2. Allorquando la mitologia greca penetro in Rom
tà l’ accoglie. IX. Le Sirene. 1. Son le Muse del mare, che col loro dolci canti ammaliano i naviganti, e facendo loro
e del mare, che col loro dolci canti ammaliano i naviganti, e facendo loro dimenticare e patria e moglie e figliuoli li atti
ti e del ratto di Proserpina. Si disse che Demetra appunto aveva dato loro il corpo d’ uccelli in punizione di non aver aiut
eva dato loro il corpo d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna di gioco nel momento che il re dell’ Inf
o nuziale e tutti i convitati erano insieme adunati, essa penetrò tra loro , li riempi tutti di timor panico e di alienazione
dizioni asiatiche e greche, cercavano con esse dar veste simbolica ai loro principii filosofici. Per loro Dioniso detto Zagr
cavano con esse dar veste simbolica ai loro principii filosofici. Per loro Dioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo
mbo, la commedia, la tragedia e il dramnia satirico devono l’ origine loro ai riti bacchici; ma poi molti scrittori, dall’ a
ere, ovvero intrecciando liete danze con suoni e canti, o tuffando le loro tenere membra nelle fresche e limpide acque di so
i Satiri. Degli uomini in genere evitavano il contatto, preferendo la loro solitudine; ma non mancarono leggende in cui narr
ha). Secondo il regno della natura in cui si pensava esercitassero il loro dominio, le ninfe erano distinte nolle seguenti c
i intendeva solo le Ninfe d’ acqua dolce, e si chiamavan Naiadi. Eran loro che nutrivan le piante e quindi anche le bestie e
a, in Tessaglia, in Arcadia, in Elide, in molte isole, ecc. Inoltre a loro si credevan sacre le caverne, le grotte, dove si
aliziosi; e, conforme a questa bestiale natura, attribuiva anche alla loro figura un che di bestiale, naso rincagnato, capel
ente nei boschi e sul monti, cacciando, danzando e sonando (strumenti loro erano la zampogna, il flauto, il tamburello, le n
ben notevole importanza nella letteratura greca, perchè l’ intervento loro nelle feste Dionisio ha dato occasione alla creaz
rati dall’ Epopea e dalla Tragedia, rilevando i fati più comici delle loro leggende o quelli che più facilmente si potevano
alludendo ai piedi di capra che la immaginazione popolare attribuiva loro . Alle arti figurative pure i Satiri offrirono fre
eggende della Mitologia. — I racconti di Marsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma poetica da Ovidio, il quale disco
llevato e cresciuto in Arcadia, tra que’ monti che alzano al cielo la loro cima coperta di neve, tra quelle profonde valli s
eliatore e bulfone gareggiava col Satiri e facilmente potè essere con loro scambiato. Anzi l’ immaginazione fu tratta a crea
almente dai pastori, dai cacciatori, dai pescatori che lo avevano per loro protettore. Le cime delle montagne, le caverne er
i Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli era loro bene amico sebben essi poco di lui si curassero.
ti Fauni furono identificati col Satiri, salvochè si rilevò meglio il loro carattere divinatorio; e ne venne che fossero chi
unii o saturnii quelli nei quali si diceva che essi significassero le loro predizioni. Al maschio Faunus corrisponde la dea
a e il Foro, e percotevano con quelle striscie la gente che si faceva loro incontro. Era questa una cerimonia d’ espiazione
uiva il merito d’ aver raccolto gli uomini in sedi fisse e regnato su loro per lungo tempo (l’ età d’ oro dell’ umana vita).
i a tavola dai padroni stessi, e mangiavano e bevevano quanto piaceva loro . Gentile usanza, per via della quale almeno un gi
omani solevano tener tavola bandita per chiunque si presentasse nelle loro case, e andavano a gara per usare i più splendidi
loro case, e andavano a gara per usare i più splendidi trattamenti ai loro ospiti. S’ aggiungevano infine a rallegrare il po
formarono il primo nucleo della città di Roma. A Pale innalzavano le loro preci i pastori perchè concedesse fecondità e sal
avano le loro preci i pastori perchè concedesse fecondità e salute ai loro armenti. La festa annua di Pale cadeva il 21 Apri
ai boschi, ai pascoli e pregavano per la salute e la prosperità delle loro greggi. 2. La Dea Pale è menzionata qua e là dai
glie di Celeo, re d’ Eleusi. Costoro, tornate a palazzo, indussero la loro madre Metanira ad accogliere la vecchia affidando
r le cose d’ oltretomba, quasi tutte le idee greche, quindi auche per loro valse Proserpina come moglie di Plutone e regina
ne di aver abusato della confidenza degli Dei rivelando agli uomini i loro segreti, o come da altri si raccontava, per aver
glie di Danao, ebe per ordine del padre avevano in una notte ucciso i loro mariti, erano condannate ad attinger continuament
ato subito lo spirito della vendetta e della punizione. Altri assegnò loro altra origine; come Eschilo che le disse figlie d
magine di esso viva e paurosa. Nessun delitto, si diceva, sl’ ugge al loro acuto sguardo, e appena scorto il delitto, subito
si mettono alle calcagna dei colpevole, e più non l’ abbandonano; la loro presenza colla faccia di Gorgone, colla testa ang
nto; l’ infelice non ha scampo: per quanto tenti non riesce a sfuggir loro ; le fiaccole ch’ esse portano in mano rischiarano
Apollo votato in favor di lui, fu assolto. Le Erinni volevano far le loro vendette su Atene disertando i raccolti, e portan
lla promessa che sopra il colle dell’ Areopago sorgerebbe un tempio a loro dedicato. Così le Erinni si piegarono, ridonarono
nell’ Arcadia, nell’ Acaia, e generalmente con un nome esprimente il loro aspetto buono, come Eumenidi, o Semne, o Potnie (
serpente, simbolo in genere delle divinità ctoniche. Nell’ Attica era loro sacro il colle e il bosco di Colono, dove venne a
, ma senz’ ali; son dette negre e abominande; un tristo umor cola dai loro occhi, han dei serpenti per capelli, la lingua sp
e vesti nere sono tenute su da una cintura rosseggiante di sangue. Il loro coro canta:       Già la potente Parca A noi fil
er cercare, al lume incerto della luna, l’ erbe incantatrici e fare i loro scongiuri. Una dea così misteriosamente potente b
della morte. — Insiem colla Morte e il Sonno erano venerati i parenti loro , i Sogni che abitavano, secondo Omero , di là da
ano, secondo Omero , di là dall’ Oceano, nell’ estremo Occidente. La loro abitazione si diceva avesse due porte, una di cor
o, la Morte e i Sogni. Però è da notare che ab antico avevano essi il loro Dio della morte nel così detto Orcus, l’ accoglit
o per recidere ai morituri quel cotal crine, il cui taglio sacrava la loro testa agli Dei infernali; in principio della trag
ntatto coll’ uomo, e i popolani a quelle di preferenza rivolgevano le loro quotidiane preghiere anzichè alle grandi divinità
te le statuette dei Penati, che si mettevano anche a tavola apponendo loro avanti dei cibi come per far partecipare alla com
a prosperità dello Stato. Nè solo Roma ma anche altre città avevano i loro Dei Penati, sopratutto Lavinio la mistica metropo
e alla mensa famigliare, apponendo cibi in vasi speciali davanti alle loro immagini. 2. Se si indaga l’ origine del culto de
larvae o le lemures. Che gli antichi credessero alla presenza fra di loro dell’ ombre de’ trapassati è prova la festa delle
revoli regioni, città, borgate, isole s’ ingegnavano di ricondurre la loro discendenza a nobili capi e i loro speciali ordin
le s’ ingegnavano di ricondurre la loro discendenza a nobili capi e i loro speciali ordinamenti a fondatori divinamente ispi
ati divinizzati, erano divenuti vero oggetto di culto e si dedicavano loro anche dei templi. 3. Or qual è stata, secondo il
’ ogni altro alla terra); gli abitanti dei luoghi lacustri dicevano i loro progenitori nati dai laghi, come Alalcomeneo di B
rometeo rubò dal cielo il fuoco e ne le dono agli uomini insegnandone loro l’ uso; così divenne altamente benemerito della c
oppo fiducioso in sè stesso si ribella agli Dei e usurpa quello che a loro spetterebbe, pur beneficando con ciò la società u
mento del fuoco, non lo volle riprendere e privarne gli uomini, ma fè loro un altro dono che doveva essere sorgente d’ innum
bisogno Zeus di annientarli perchè da sè stessi si sterminarono colla loro irrefrenata furia. Seguì ultima l’ età del ferro,
infin che i Centauri completamente sconfitti dovettero fuggire dalle loro sedi a oriente della regione Tessala e ricovrarsi
ifesa dei Lapiti, Teseo e Nestore, amici di Piritoo. — Fra i campioni loro è da ricordare Ceneo, nato femmina poi mutato da
on scene di lotta, come quella che è rappresentata nella fig. 72. Nel loro complesso volevan significare la lotta degli uomi
iero anno al suo servizio come pastore. In questo tempo strinsero tra loro un’ intima amicizia; gli armenti di Admeto prospe
to secondo il corso naturale delle cose non dovesse essere lontana la loro ora; invece la bella e fiorente Alcestide, sebben
nge d’ uomini armati, i quali cominciano a lottar furiosamente fra di loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero super
se una specie di Ermes tebano, venerato dai Tebani come l’ ordinatore loro e il promotore della più antica cultura in Beozia
vuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Sem
à quelli s’ accingevano all’ impresa, quando fatti certi dell’ essere loro dal vecchio pastore che li aveva allevati e ricon
la costruzione delle famose mura di Tebe, opera appunto attribuita al loro governo. Zeto stesso portava a spalle i più pesan
leggenda ricordati i Dioscuri Tebani per la triste sorte toccata alla loro famiglia. Anfione aveva sposato Niobe figlia di T
in Tebe si faceva vedere la tomba comune dei Dioscuri Tebani. Dopo la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio di Lab
eto cacciatore, la lira Anfione; i due fratelli par che disputino tra loro vantando senza scomporsi l’ arte propria, così co
se delle onde infuriate del mare nella stagione delle tempeste che al loro stesso signore fan violenza. Dopo d’ allora fu ve
mammella destra per non aver impedimenti nel maneggio dell’ arco; il loro regno si diceva essere in Cappadocia presso il fi
en essere dai Corinzii detto il Sole, il quale ogni giorno sembrava a loro sorgere dalle onde del mare; e del resto il culto
itto o Egiziadi vennero anch’ essi ad Argo e obbligarono lo zio a dar loro in mogli le sue cinquanta figliuole. Egli consent
anaidi sono ancora ricordate dalla leggenda per la punizione inflitta loro nell’ altro mondo, di attingere continuamente acq
li, Acrisio e Preto. Questi erano, secondo la favola, così nemici fra loro che già litigavano quando erano ancora nel seno m
perciò Pretidi, delle quali favoleggiavasi, che insuperbitesi per la loro bellezza e per la potenza del padre osarono manea
o soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel ch’ era uopo si procurass
aie, quasi avanguardia delle Gorgoni. Giunto alle Graie, Perseo tolse loro a forza il dente e l’ occhio comune, e così le ob
la figlia del re. Cefeo e Cassiepea dovettero adattarsi e con immenso loro dolore consegnarono Andromeda perchè fosse legata
el più antico stato in Laconia; e poi favoleggiavasi che cacciati dal loro fratellastro Ippocoonte, trovarono amichevole acc
estio, signore dell’ antica città di Pleurone in Etolia. Costui diede loro in moglie le sue figliuole, a Icario Policaste ch
Essi fecero una spedizione di guerra contro Teseo che aveva rapito la loro sorella Elena ancor bambina di dieci anni, e pres
parte alla caccia del cinghiale Calidonio, di cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugin
di cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugini. La cagione di questa contesa è diversamen
li agli uomini era naturale che venissero divinizzati e si erigessero loro anche dei templi. Molti ve n’ erano a Sparta per
col nome di Anakes (ossia Anactes, i re, i dominatori) e celebrata la loro festa con delle corse equestri. In genere le gare
delle corse equestri. In genere le gare equestri erano messe sotto la loro protezione e immagini loro trovavansi anche ad Ol
nere le gare equestri erano messe sotto la loro protezione e immagini loro trovavansi anche ad Olimpia. Anche Roma eresse ne
ssima; in Omero non solo si leggono qua e là dei luoghi ricordanti le loro vicende, ma un inno intiero fra gli Omerici è in
ordanti le loro vicende, ma un inno intiero fra gli Omerici è in lode loro , e ivi già si rammentano le benemerenze dei Diosc
enze dei Dioscuri verso i naviganti. Altri epici antichi cantarono di loro e della discendenza di Leda; poi li celebrarono p
e di Ceo il quale serbava gratitudine ai Dioscuri per essere stato da loro salvato da certa morte. In una poesia scritta in
o o autoctoni. Il mitico personaggio a cui essi riferivano l’ origine loro e i primi inizii della loro civiltà, è Cecrope; p
sonaggio a cui essi riferivano l’ origine loro e i primi inizii della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche di Cecro
retteo la tradizione ricordava due figliuole, entrambe celebri per la loro sorte avventurosa, Orizia (Oreithyia) che fu rapi
giurasse il vecchio padre Pandione a lasciarla venire alcun tempo con loro . Teseo accondiscese, ma quando vide Filomela se n
l paterno regno, e cacciati alla lor volta i Mezionidi, avrebbero fra loro diviso la sovranità dell’ Attica in guisa che ad
, come già si raccontò, al re Niso; vinse anche gli Ateniesi e impose loro un grave tributo: ogni nove anni dovevano mandare
Eracle come si vedrà. Durante la sua assenza, i Dioscuri ripresero la loro sorella dopo aver espuguato la città di Afidna ov
a spedizione contro le Amazoni, ed ebbe come premio della vittoria la loro regina Antiopa o Ippolita; secondo altri, costei
e contro le Amazoni, allorchè esse invasero l’ Attica per liberare la loro regina Antiopa; nella qual occasione costei anzic
sione costei anzichè unirsi alle sue conuazionali, combattè contro di loro a fianco dello sposo, ma venne uccisa. 7º Prese p
so dagli Ateniesi e così die’ occasione alla guerra che Minosse mosse loro . 3. La leggenda del rapimento d’ Europa fu tratta
ecavano a Tebe per ritirare l’ annuo tributo di 100 buoi; egli taglio loro naso e orecchie e li rimando incatenati a Orcomen
Sicilia, Alcioneo sull’ Istmo. I Latini collocavano qui la lotta del loro Ercole col gigante Caco, di cui parleremo. m) I p
, poi intrecciata nei racconti greci; giacchè anche i Lidi avevano un loro eroe, solare, di nome Sandone che veneravano come
ano un loro eroe, solare, di nome Sandone che veneravano come capo di loro stirpe; e il carattere lidio della leggenda si ma
a vissuto per quei tre anni tra le donne di Onfale, filando lana come loro , anzi vestito da donna anch’ egli, avendo lasciat
divenne tradizionale. Anche i poeti lirici inserirono qua e là nelle loro opere cenni e ricordi dell’ eroismo di Eracle; ba
arte la lotta di Eracle fanciullo col dragoni mandatigli da Era. Alla loro volta i poeti tragici e comici è naturale scenegg
lotta, e allora i Calidonesi ebbero la peggio e videro ben presto la loro città cinta d’ assedio dai nemici. In questa dist
il tizzone di Meleagro, e il dolore dei Calidonesi dopo la morte del loro giovine eroe e specialmente i mesti lamenti delle
ella siccità. Allora Nefele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono di un ariete dal vello d’ oro datole a quest
o, ove stettero alcun tempo colle Lenniesi che avevano tutte ucciso i loro infedeli mariti; di là per l’ Ellesponto giunsero
che la sposa di lui Cleite e le ninfe de’ boschi la piansero, e dalle loro lagrime scaturiva la fonte Cleite. Lasciato poi E
guirono il viaggio e giunsero in Bitinia ov’ erano i Bebrici, e Amico loro re. Ivi Polluce venuto a lotta di pugilato con Am
o dai Boreadi, consentì a istruire gli Argonauti intorno al resto del loro viaggio; specialmente li avvisò del difficile pas
balzarono su tanti guerrieri, egli per consiglio di Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ essi ciechi di furore vol
o accolse i due fuggiaschi promettendo di rimetterli in trono, e die’ loro in ispose le sue due figliuole Argia e Deipile. E
evisto, ebbe esito sfavorevole. S’ erano bensì i sette disposti colle loro schiere di contro alle sette porte di Tebe per ci
alle sette porte di Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni di loro compirono anche prodigi di valore, come Tideo; ma
o invano; Tiresia aveva predetto ai Tebani la vittoria, quando uno di loro si consacrasse alla morte; vi si offerse Meneceo,
ieci anni dopo, i figli degli eroi morti si riunirono per vendicare i loro padri. Perciò chiamasi questa la guerra degli Epi
o di Mecisteo. Non combattendo essi contro il volere degli Dei come i loro padri, ma anzi con buoni auspici, ebbero fortuna.
idio sorto tra i fratelli e rappresentando in modo commoventissimo il loro duello mortale invano scongiurato dall’ infelice
Aiace di Oileo, Diomede, Nestore ed Ulisse. Daremo brevi cenni delle loro famiglie. Agamennone e Menelao appartenevano alla
nelao appartenevano alla famiglia dei Pelopidi, e traevano la origine loro dal re frigio Tantalo, quel re celebre per la sua
sì bene viso agli Dei che questi non sdegnavano invitarlo spesso alla loro mensa. Di che insuperbito non seppe astenersi da
olpevoli di un fratricidio, uccidendo per istigazione di Ippodamia il loro consanguineo Crisippo che Pelope aveva avuto da a
i a fuggire per questo, si ripararono colla madre in Micene presso il loro cognato Stenelo, figlio di Perseo, o presso il fi
pastore e come tale allevato. Le tre Dee gareggiavano in promesse al loro giudice. Era gli prometteva signoria e ricchezza,
elmo, perch’ era invulnerabile. — Poichè i Greci ebbero costrutto il loro campo presso le navi, da quel punto comincia prop
pregato da Tetide la madre di Achille, fè che la vittoria fosse dalla loro parte. Dopo parecchi fatti d’ arme in cui vanamen
armi e alla testa dei Mirmidoni corresse in aiuto ai Greci. Al primo loro comparire nella mischia si ritirano i Troiani, te
l vecchio padre di Ettore non glie l’ avesse consegnato. — Perduto il loro principale eroe, non si smarrirono tuttavia i Tro
sione di fare atti di valore. Prima vennero le Amazoni, guidate dalla loro regina Pentesilea, figlia di Ares, e diedero molt
I Troiani si lasciarono prendere all’ amo. Invano Laocoonte, uno de’ loro sacerdoti d’ Apollo, cercò distoglierli dal propo
osi attorno al suo corpo e a quello de’ ragazzi li soffocarono tra le loro spire. Ai Troiani parve questo una punizione infl
venture del ritorno de’ Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi di uomini e di navi, si favoleggiò abbiano
navi, si favoleggiò abbiano avuto diversi casi prima di giungere alla loro patria, e alcuni anche in patria abbiano patito p
o di Strofio che era quasi coetaneo, e a poco a poco si contrasse tra loro una stretta amicizia, la quale si mantenne poi co
la del mare occidentale, che abitavano sparsi su per monti curando le loro grosse greggi; eran detti Ciclopi perchè avevano
i perchè avevano un occhio solo in mezzo alla fronte, e conforme alla loro natura selvaggia, erano anche cannibali. Ulisse s
di scendere all’ Averno per veder l’ ombre dei trapassati e saper da loro notizie del proprio avvenire e della sua discende
fusione fra i Greci che divennero come il pascolo intellettuale delle loro anime; in tutti i secoli della vita greca vi atti
la vita greca vi attinsero letterati e artisti, contribuendo da parte loro ad allargare, rinnovare, rielaborare le tradizion
re dei Pelopidi e degli Atridi serbarono per secoli e secoli la virtù loro di commuovere profondamente chi aveva fibra per s
atini, da Livio Andronico a Seneca dedicarono la più gran parte delle loro opere ad argomenti troiani. Da tutto ciò si rilev
temporaneamente alla stirpe di Neleo. Entrambi erano segnalati per la loro antiveggenza e saviezza, ma specialmente Melampo,
uale avendo curato una covata di serpenti dopo aver dato sepoltura ai loro genitori, n’ ebbe leccate le orecchie, e così fu
Le leggende relative ai vati, ai poeti, agli artisti mitici ebbero la loro illustrazione nella letteratura e nell’ arte clas
simo Zeus, il profeta di verità; mentre i Tragici lo introdussero nei loro drammi, ad es. Euripide nelle Baccanti. Infine an
Lanosi biocchi che sporgean poc’ anzi Dal tenue filo, avanti a’ piedi loro In viminee cestelle eran raccolti Morbidi velli d
novelle corna di pieghevoli canne. » 32. V. 11 e segg.: «  Parte di loro vedesi nuotare, parte sedendo su scogli far secca
si vedono uscir fuori le colline; ecco il mare rià i suoi lidi e nel loro alveo contengonsi i pieni fiumi; scopresi la terr
altro in ver delle cavalle Passa i segni il furor. Venere istessa In loro il suscitò quando di Glauco Preser col denti ad i
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
inatore dell’universo, già da lungo tempo vedevano svanire le antiche loro credenze. Il Paganesimo s’era infiacchito a tal s
o Stato. Il commercio co’Greci tutto cangiò : essi recarono in Roma i loro sistemi di filosofia liberi e svariati ; ed i poe
che inchinavansi ai vani simulacri immaginati da Numa, paragonando il loro religioso terrore a quel de’fanciulletti, i quali
Così crollava l’idolatria dei Romani a misura ch’essi uscivano dalla loro primiera ignoranza ; e cadevano in dispregio quel
he spiritosa lizza d’ingegno. Ma i patrizj di Roma, sfrenati così nei loro vizj come nel loro potere, trovando la dottrina d
d’ingegno. Ma i patrizj di Roma, sfrenati così nei loro vizj come nel loro potere, trovando la dottrina d’Epicuro tra l’arti
. Il solo Livio rimpiangeva la pietà dei primi Romani per gli antichi loro Dei, ma questa pietà confondevasi allora coll’amo
ei da cui si sentivano protetti ; vinti, attribuivano i rovesci delle loro armi ad auspicj negletti o mal compresi. Il campo
o dagli auspicj ; e, se spesso la scaltrezza del senato abusava della loro prevalenza per disciogliere le assemblee, sconcer
no imperiale di Roma. Quindi i Romani, che nella severità dell’antica loro disciplina aveano ammesso il culto degli avi, ma
licamente deificato nè gli Scipioni, nè i Camilli, e restringevano il loro culto ad offerir sacrifici all’ombre dei padri ch
romano. Gli Egizj avevano sotto ogni guisa di simboli raffigurate le loro divinità : di qui ne venne la tradizione che essi
di queste innumerabili divinità. Gl’Indi giacevano sotto il giogo del loro antico sacerdozio, e nell’immobilità delle loro c
no sotto il giogo del loro antico sacerdozio, e nell’immobilità delle loro caste ereditarie. Le comunicazioni che aveano avu
essandro, furono perseguitati, e si spartirono in numerose sètte ; il loro culto diventò un rito solitario e nascosto che si
ominciato la dispersione de’ Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo di Ciro gli Ebrei s’erano
quella guerra spaventevole che fece terrore ai Romani medesimi, e diè loro per la prima volta a combattere il fanatismo reli
trologi, usurai, pasciuti per tutto d’insulti, fecero sul suolo della loro patria una eroica resistenza. L’assedio di Gerusa
più facili fra i varj popoli, dal contrasto o dalla confusione delle loro credenze, andava sfasciandosi da tutte parti, o,
denza che potesse rialzare l’intelletto dell’ uomo e affratellare tra loro le nazioni. Il Cristianesimo solo fu da tanto : e
i vizj, a cui rendeva ossequio sotto finti nomi, avessero almanco nei loro emblemi alcun che di divino. All’ultimo altra rel
gione non eravi in fatto che la voluttà ; e le sette più severe nella loro origine, degenerate fra breve da un’austerità pre
sioni irrompono furibonde contro il nemico che si presenta a disputar loro l’impero dell’universo ; e i popoli, a torme a to
a torme a torme, come le onde d’un mar tempestoso, traggono sotto le loro bandiere : l’avarizia vi guida i sacerdoti degli
sangue. Finalmente, i carnefici stanchi s’arrestano, la scure sfugge loro di mano, e un’arcana virtù celestc, scaturita dal
sti feroci. Vinti dall’esempio di nazioni intiere soggiogate prima di loro , cadono pur essi a piè del Cristianesimo, che in
taginese, presentò ai governatori dell’impero romano una scrittura in loro difesa, che intitolò : Apologetico contro cl’ Ido
li uomini abbiano in odio ciò che non sanno se in fatti merita l’odio loro  ? Poichè dir si può che lo merita, quando la cagi
per lo passato odiarono, non sapendo ciò che fosse lo scopo dell’odio loro , subito che abbandonarono l’ignoranza, parimente
fanno a considerare, se questo mai fosse un bene occulto, non essendo loro lecito di sospettare più rettamente e più da vici
ia bocca, o di mercenarj difensori si servono per provare l’innocenza loro . Possono rispondere ed altercare, non essendo lec
inazione di non voler sacrificare agl’idoli, niente altro aveva delle loro cerimonie scoperto, cho alcune adunanze avanti gi
delle loro cerimonie scoperto, cho alcune adunanze avanti giorno tra loro praticate per cantare inni a Gesù Cristo, come a
ticate per cantare inni a Gesù Cristo, come a Dio, e per confermar il loro istituto che proibiva l’omicidio, la fraude, la p
e Seneca, come Diogene e Pirrone. Non però trovano tanti discepoli le loro parole, quanti ne trovano i Cristiani, insegnando
atelli, non per altra ragione, mi persuado, se non perchè appresso di loro ogni nome di parentela è finto per affettazione.
chiamano e stimano fratelli coloro che hanno conosciuto Dio per unico loro padre, e si sono imbevuti d’un solo spirito di sa
bù, tante curie e decurie infettano l’aria cogli aliti puzzolenti del loro stomaco. Per le cene de’Salj vi è necessità d’ind
li possono calcolare le spese di coloro, che gettano nelle crapule il loro avere nell’occasione di pagare le decime ad Ercol
on compriamo incensi ; e se l’Arabia si lamenta, sanno i Sabei che le loro merci hanno più spaccio presso di noi, e migliore
erra, e dall’altro che i Barbari avessero continuato a starsene nelle loro foreste, il mondo romano, marcendo ne’suoi costum
i sarebbero sollevati gli schiavi ? Ma essi eran perversi al pari dei loro padroni, partecipavano degli stessi piaceri e del
o non si fosse mai conosciuto, e che i Barbari non fossero usciti dai loro deserti. Quanto agli eserciti romani, i quali avr
ziale, che non è, a dir vero, se non il primo nodo della società ; la loro probità e la loro giustizia si limitavano ai conf
a dir vero, se non il primo nodo della società ; la loro probità e la loro giustizia si limitavano ai confini della patria,
atria, nè oltrepassavano l’estensione del proprio paese. I popoli nel loro complesso avevan principi diversi da quelli del c
assoluta necessità, perchè i popoli sostenevansi ancora colle antiche loro leggi ; un po’più tardi questo divino Messia non
148. Ai Cristiani si apponeva da’ Gentili questa calunnia, che nelle loro adunanze uccidessero un bambino e sel mangiassero
altra calunnia pur s’apponeva da’ Gentili a’ Cristiani, che, in molte loro adnnanze notturne, legassero un cane ad ogni cand
6 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
rasporto e la immaginazione degli antichi Greci e Latini in crearsi i loro Dii, ed escogitarne poscia una Teogonia, che comm
i e del tempo, quando si deificavano gli stessi esistenti, innalzando loro tempii ed altari. E veramente l’Achille dell’ Ili
latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere di loro , e per impromettere a questo dettato più lunga er
che i saggi institutori delle scuole letterarie volendole spiegare a’ loro alunni, rannodandole allo studio della Mitologia,
i furono creduti come una messe, cui ognuno può porre la falce, e dar loro diversi siguificati — Ragioni ed esempii tratti d
, i voti del cuore umano furono quasi tutti rivolti al temuto nume di loro  ; e propagandosi questo culto nel tempo e nello s
e sorgere tante contraddizioni valsero ad aprir gli occhi e presentar loro lo insano spettacolo di tante fole e smentirle e
ie ; tuttavolta, o per lasciare illesa la eredità religiosa degli avi loro , o per non mostrarsi avversi al volgo, o ancora p
a tai filosofi si tacquero, ribadendo i bei sentimenti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con gli strazii, con l
fonte ubertosa di idolatria. I poeti, che adornavano la natura con le loro brillanti illusioni, son trascinati anch’essi a p
h’essi a piè degli altari e finiscono adorando le opere della istessa loro immaginazione. Dai poeti tutto era deificato, ond
l’ Iddii, cui quegli affidavano, onde promettersi eterna felicità del loro impero, la tutela di ogni cosa, non credendo uno
iede a’vagiti degl’infanti ; o alla dea Cunina, che tutela le cune di loro …… Nè stimarono commettere ad un solo nume la tute
dio Giogatino ; i colli alla dea Collina ; le valli a Vallonia. Nè fu loro dato ritrovare una Segezia(3) di tanto potere, a
posti, onde conservarsi in sicuro la dea Tutilina(4). E non sembrando loro essere bastante quella Segezia per conservare le
i di catene, a non potere nè alzare, nè muovere il capo, irradiando a loro spalle una luce, che solo per loro splende a rifl
, nè muovere il capo, irradiando a loro spalle una luce, che solo per loro splende a riflesso, e passando ombre d’avanti a l
ce, che solo per loro splende a riflesso, e passando ombre d’avanti a loro . Con l’antro egl’intende il globo, che noi abbiti
articolari a ciascun suo genere simiglianti : come gli Egizii tutti i loro ritrovati utili necessari al genere umano, che so
na famiglia, davano il nome di Dio a tutto quello, che rifuggiva alla loro intellettiva. Se ne può trarre esempio dal Saggio
ncora di selvaggi tengono come Iddii tutti gli obbietti, che sembrano loro inintelligibili ; e da Tacito(1), che facendo par
me di Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuono volesse dir loro qualche cosa ; un Giove corpulento, di grandi e l
Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creavano nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in e
edevano avversi a’loro costumi, onde appiccarono a gl’ Iddii stessi i loro proprii trasporti, per trascorrere senza rimorso
a furono deificati, si ebbero tempii, altari e sacrificii con tutti i loro errori. Vomini, esseri esistenti elevati alla noz
pubblica riconoscenza, Diodoro Sicolo parla della maggior parte delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte, degl
lle glorie, delle dissavventure, non obbliando a un tempo e il nascer loro e la culla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle
e, non obbliando a un tempo e il nascer loro e la culla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie di mito, onde gl
l mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento di loro (3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il qual
filosofi. L’ambizione del parto ingegnoso portavali tanto appresso a loro numi, quanto l’ammirazione sopra il rimunente del
oste tra i numi, o tra i genii, quelle de’viventi, che ereditavano le loro inclinazioni e le colpe ». 9. Da questo variar di
dei più saggi sacerdoti Egizii, vuole che la religione e le favole di loro si raggirassero sopra il levarsi de’pianeti, dell
questa parola tolta da Tullio e da Varrone — varii nomi di Nettuno, e loro significato. 19. Plutone — duplice interpetrazion
i modi onde veniva rappresentato. 21. Varie attribuzioni di Apollo e loro significato. 22. Apollo uccide il serpente Pitone
i l’anima del mondo. 31. I Ciclopi compagni di Vulcano, allegoria del loro mito, cui intendonsi gl’igniti vulcani — traslato
cui intendonsi gl’igniti vulcani — traslato de’fulmini fabbricati da loro . Giove, Satvrno, Nettvno, Plvtone, Apollo, Mercv
esta alla interpetrazione di quelli, onde intender le favole nel vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nostri padri
erto. E, preso Giove per l’aere, ben si possono interpetrare nel vero loro significato que’concetti dei latini — ab Iove pri
questa mole, che voglion composta di quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a sua sorella Giunone, e
si Fortuna ; porge le mamme a parvoli, e si noma Dea Rumina(4), porge loro le bevande e dicesi Dea Potina ; somministra loro
ea Rumina(4), porge loro le bevande e dicesi Dea Potina ; somministra loro l’esca, ed è denominato Diva Educa. Dal terrore o
tra nostra opera(1), ancora i latini riconoscevano il primo passo del loro incivilimento dal disboscarsi la gran selva della
le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso di loro esprimesse un non so che di violento, e desse fuo
tali col temperato suo calore, e cacciando al contrario nelle vene di loro umori pestilenziali con la oltre misura delle int
n lauro, perchè Apollo co’nomi delle prosapie eterna gli uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma in segno di nobil
i appo i Persiani e gli Americani di spiccare uno o più capelli dalla loro chioma : e forse quindi dissero la Gallia chiomat
poglie di serpi, significanti il dominio bonitario, che si rilasciava loro dagli eroi, e il dominio quiritario, che questi s
nomia e l’astrologia, cioè su la osservazione de’pianeti e de’pretesi loro influssi, personificando per una divinità il pian
ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro . 30. Vvlcano — Dio del fuoco e delle arti, che si
i si avessero creata questa divinità, onde prestare un culto a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi di Vulca
e le piacevolezze, la violenza e le blandizie non vanno d’accordo fra loro , così non possono andar congiunte neppure per nat
atura ; e, quando per ventura queste cose avverse si contemperano fra loro , sorge un non so che di nobile e di bello, a cagi
ni di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal poeta dell’Iliade e della Vlissea, n
Anfitrite, non altro indicavano, che tai monti sbuffanti fuoco dalle loro cime sorgono non di rado presso i mari, personifi
per darci un tipo dell’enorme mole e dell’altezza de’vulcani. Si dava loro un solo occhio scintillante nella fronte : con qu
con questo si alludeva all’ignivomo cratere dei Vulcani. I fulmini da loro fabbricati si volevano essere composti di tre rag
dello scrittore della Scienza Nuova. Nomi e attribuzioni di Minerva e loro significato. 42. — Venere — etimologia, e interpe
ove Muse, opinioni di Varrone e Diodoro Sicolo. 51. Nome delle Muse e loro ufficio. 52. Le Muse non erano che personificazio
sero capo… In cotale favola i filosofi ficcarono la più sublime delle loro meditazioni metafisiche, che la Idea eterna in Di
di voluttà, che sopraggiungono a ciascun vivente quando le membra di loro vanno ad un compiuto sviluppamento. E Tullio(2) n
amano restan presi dalla grazia e dalla parola. Esiodo(1), assegna a loro il riso e il dolo ; il poeta dell’Iliade poi le b
role di un’altra nostra operetta(1), sedute su la tomba degli estinti loro parvoli offrivano alla Luna corone di papavei, e
trici, come dice Orazio(3), chiamandola Trivia, a lei ululavano nelle loro evocazioni. Dandole il nome di Latmia, a lei, cos
ro nome Camene, che può interpetrarsi canto ameno, dalla dolcezza del loro canto : Altri derivano il nome Musa dall’ebreo Mu
conducemi Apollo, E nuove Muse mi dimostran l’Orse » Tante volte col loro nome non s’intende che la stessa poesia, come Ali
editazione e diligente memoria. Esiodo nella sua Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, nè il presente nè il passato
tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il melodioso concento di loro voce. Sempre unite si componevano a coro, sciogli
re, che le virtù personificate nelle Muse non vanno mai disgiunte fra loro , e che le discipline e le arti traggono la loro i
nno mai disgiunte fra loro, e che le discipline e le arti traggono la loro iniziativa ed il compimento dal cielo. Si disse e
andosi nella Beozia fè credere esser nove il numero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose donzelle sue figl
me di altrettante graziose donzelle sue figlie — Varrone ne fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo gli abit
, di molta fama, il piceol numero de’vati, che mandarono a’posteri il loro nome per gl’inni cantati in laude degl’Iddii. Per
ntù, cui dipingevansi, la verginità, le sembianze, il portamento, che loro si dava, il carattere, il nome istesso cui eran c
ed il Tago portavano il nome di fiumi di oro, poichè irrigando con le loro acque i campi, li fecondavano di doviziose biade.
i vivesse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati di un’anima sola in tre corpi
uno, rovesciollo. Le Naiadi raccolsero questo corno, e riempiutolo da loro di fiori e frutti, fu detto il corno dell’abbonda
el cavallo Orione, o di Pegaso. VII. Punisce Busiride e Diomede delle loro crudeltà, uccidendo l’uno che soleva sacrificare
di oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie di Marte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una donzella dagli oltragg
andone i denti, ne nacquero uomini armati, che poscia si uccisero fra loro , pochi in fuori, che ebbero parte a fabbricar la
armati, per la contesa eroica della prima agraria gli Eroi escono dai loro fondi, per dire che essi sono signori de’fondi, e
i, e si uniscono armati contro le plebi : e combottono non già tra di loro , ma co’clienti ammutinati contro esso loro, e coi
combottono non già tra di loro, ma co’clienti ammutinati contro esso loro , e coi solchi sono significati essi ordini ». 65.
ocia dei costumi, e darsi alla coltura dei campi, onde fu iniziato il loro incivilimento. Ma noi che in queste pagine abbiam
reci, il più antico Genio, che si a stato consacrato da’ Romani, come loro prima divinità tutelare, il eulto del quale fu da
’ Romani, come loro prima divinità tutelare, il eulto del quale fu da loro unito a quello del tempo e del Dio-Luce, ossia de
ome un segno celeste, che rifulge tra gli astri, preceduti da lui nel loro cammino intorno il sole. 67. E onde portare al ve
7 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
una pompa funebre, al tempo della quale si celebrava la memoria delle loro imprese(b). Il numero degli Eroi, de’quali fa men
o di quella, v’avea purè una fontana. Là si avviarono i Fenicj ; e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e di V
è i compagni non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare di loro . Entro nel bosco, li trovò tutti distesi sul suol
vita. A tale vista insorsero tutti gli altri ; e sì feroce zuffa tra loro si accese, che vicendevolmente si diedero la mort
ndevolmente si diedero la morte, e a soli cinque si ridussero. I nomi loro erano Iperenore, Pelore, Ctonio, Echione, e Udeo(
armenti. Que’ popoli ricorsero supplichevoli a Giove, il quale disse loro , che Nettuno si sarebbe placato, qualora Cefeo av
o, che Perseo, Andromeda, Cefeo, e Cassiope vennero collocati dopo la loro morte tra gli Astri, dove formano altrettante Cos
seco lui, per cogliere anch’ eglino quell’ occasione di segnalare il loro valore (b). Essi furono detti Argonauti, perchè m
one(16), di Testore(17), e d’Ificlo(18). Il viaggio non sempre riuscì loro folice. Una procella li portò all’ Isola di Lenno
izico, credendo, ch’eglino fossero i Pelasgi, di lui nemici, dichiarò loro la guerra, nella quale rimase ucciso da Giasone.
igura di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure additò la via di
à sull’anzidetto Lago. Allorchè gli Argonauti erano per proseguire il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli
alli dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fosse loro di sicura guida (b). Giunse finalmente Giasone in
ed acute aste si avventarono contro Giasone. L’Eroe scagliò nel mezzo loro una grossa pietra, per cui di tale furore si acce
accesero, che, abbandonato l’assako contro di lui, si azzuffarono fra loro medesimi, e in breve tempo l’un dopo l’altro cadd
on preghiere le Furie vendicatrici. Gli Argonauti continuarono poi il loro viaggio, e giunsero felicemente in Iolco. Accorse
ggio, e giunsero felicemente in Iolco. Accorsero in folla i popoli al loro sbarco, e risuonarono i lidi di liete acclamazion
igliuole di Pelia. Elleno la accolsero cortesamente, e Medea raccontò loro tutti i servigi, che avea prestato a Giasone, e n
to Esone. Quelle la supplicarono di procurare lo stesso bene anche al loro vecchio padre. Medea promise di compiacerle, e pe
ovani, che la Maga voleva spettatrici dell’ orrendo fatto, ella diede loro il perfido eccitamento, ch’esse medesime immerges
o conceputo per opera di Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro  ; che a vista di quelle Ificlo, preso dallo spave
stoni, sudditi di Diomede, presero le armi per vendicare la morte del loro Sovrano, e per riaverne i cavalli. Ercole affidò
ino, soggiornando in Torona, obbligavano gli stranieri a lottare seco loro , e dopo d’averli vinti, li facevano crudelmente m
hè si erano adoperati, onde gli Argonauti non accogliessero più nella loro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio d
vendicare siffatta violenza, uccise i pirati, restituì le giovani al loro padre, e mise a morte anche lo stesso Busiride(b)
sassino del Peloponneso, faceva morire i passeggieri, schiacciando la loro testa colla sua. Ercole nella stessa guisa lo pri
rarsi. Qualche tempo dopo egli ritornò ad essi, e li uccise col padre loro . Per tale motivo offerì poscia una capra in sacri
i(c). Albione e Borgione erano due giganti, i quali avevano tratta la loro origine da Nettuno. Ercole dovette azzuffarsi con
vano tratta la loro origine da Nettuno. Ercole dovette azzuffarsi con loro , perchè non volevano lasciarlo andare a’monti Atl
tere o a misurare le di lui biade ; e dopochè lo aveano fatto, eddeva loro la testa. Gli fu condotto Dafnide, il quale sareb
e la rendette a Dafnide. S’aggiunge, ch’egli li unì in matrimonio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio di
derli d’assalto, quando coloro per placarlo gli offerirono quanti de’ loro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si conte
e Egimio, re de’Dorj ; li abbattè, uccise Corono, figlio di Foroneo e loro re, e li obbligò a ritasciare a’Dorj i paesi, che
i lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando il fulmine nel mezzo loro (d) Ercole domò Lacinio, formidabile malandrino,
trei pretendevano, che quella fosse così arrivata da Tiro appresso di loro . Dicesi, che la stezze zattera, entrata nel mare
a Eritrea e Chio, e che amendue que’ popoli abbiano usato di tutte le loro forze per trarla a se, senzachè abbiano potuto ma
i lui tempio, affinchè sapessero in sogno, quando erano perriavere la loro salute (a). Un certo Diomo, cittadino Ateniese, v
i nominano principalmente le cinquanta giovani, chiamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia di C
quell’ imposizione. Ercole, avendoli incontrati, li attaccò, e tagliò loro il naso, le orecchie, e le mani, le quali poi sos
pio, e portarne via il tripode. Apollo vi si oppose, combatterono tra loro  ; nè si sa crò, che sarebbe avvenuto, se Giove no
se Giove non li avesse separati, scagliando il suo fulmine nel mezzo loro (a). L’Oracolo allora fece intendere ad Ercole, c
della predetta Regina i quali costringevano gli ospiti a lavorare le loro vigne in qualità di servi (a). Ercole finalmente
onori, che questo Eroe ricevette. I Greci lo venerarono come uno de’ loro maggiori Dei (d). Egli in Roma ebbe molti tempj,
crifizio della mattina, ev’ osservarono le ceremonie, ch’ erano state loro prescritte. Quello poi della sera si fece da Poti
e in sogno due tori, i quali, dopo d’aver lungo tempo contrastato tra loro per una giovenca, erano caduti a terra semivivi.
, e contrassegni d’allegrezza(a). I Deliasti finalmente deponevano la loro corona, e la consecravano ad Apollo. Nel tempo di
o dell’altro, che invece d’azzuffarsi si abbracciarono, strinsero fra loro la più tenera amicizia, e giurarono di porgersi s
ero anche gli altri Centauri la stessa violenza alle altre donne, che loro venivano alle mani, o più piacevano. Vi rimasero
i venire alle mani con lui. Priamo ed Ecuba, tremanti per la vita del loro figlio, lo scongiuravano di rientrare in città ;
ongiuravano di rientrare in città ; ma nè le preghiere, nè le lagrime loro poterono smuoverlo da di là. Venne finalmente Ach
ici di Ettore ne raccolsero le ceneri, e le rinchiusero bagnate dalle loro lagrime in un’urna, la quale poi collocarono in u
e, che i Tebani di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso di loro le ceneri di Ettore, perchè così avea prescritto
to ad essi un Oracolo, se volevano, che perpetuamente fosse felice il loro Imperio(a). Paride. Paride fu figliuolo di
ità sì grande, che i vicini Pastori a lui ricorrevano per decidere le loro questioni(d). Giove stesso lo costituì giudice de
ralle sole anzidette tre Divinità. Era difficile il decidere quale di loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto giudice
ccelli ; e allora Celeno, la maggiore di quelli, chiaramente predisse loro , che non avrebbono potuto stabilirsi in Italia, s
di furore contro que’ forestieri. Turno difatti prese costo contro di loro le armi ; e l’anzidetta Dea, discesa dal Cielo, a
la condotta di Tarconte, i quali si erano ribellati contre Mezenzio, loro re, a motivo delle di lui crudeltà(19). Enea con
l Greco Eroe non ostante li privò di vita per vendicarsi di Antimaca, loro padre, ch’erasi opposto, ond’Elena non fosse rest
ono sacrificare, come si è detto anche altrove, alla predetta Dea. Al loro sbarco Oreste e Pilade vennero tosto arrestati, e
a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento di recare
ora fu, che nacque generosa gara tra gli amici per determinare chi di loro dovea restare pel sacrifizio, e chi partire. Ifig
igenia finse, che i due stranieri, carichi di delitti, avessero colla loro presenza contaminato il tempio e il simulacro del
ricevuto ordine dall’ Oracolo di trasportare le ossa di Oreste nella loro città, un certo Lica, loro concittadino, arrivato
olo di trasportare le ossa di Oreste nella loro città, un certo Lica, loro concittadino, arrivato in Tegea, città dell’ Arca
ndrio, figlio di Strofio(e). Elena, conquistata Troja da’Greci, fu da loro restituita a Menelao. Questi voleva immolarla al
ambini di quel passe, e li aprì per conoscere nell’osservazione delle loro interiora la volontà degli Dei intorno alla sua p
, eravi pure, che i Greci non ne avrebbono mai trionfato, qualora tra loro non si fosse trovato anche Achille(b). Subito per
di ogni sorta. Tutte le giovani si scelsero le galanti merci, che più loro piacevano. Il solo Achille, sdegnando perfino di
ana(b). Era altresì costume de’Greci l’offerire come in sacrifizio la loro prima capigliatura a qualche fiume. Peleo fece vo
riconoscenza, come dicono alcuni, strinse allcanza co’ Greci, e seco loro marciò contro i Trojani(a). Claudiano dice, che A
rovarsi più Achille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che gli affari loro andavano di male in peggio, talmentechè Agamennon
Chirone era stato di lui precettore(10). Queglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposero di restituir
nti, che morivano di sete, non molto dopo gli aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa quasi del pari gli avvenne, me
). Variano gli Scrittori sul fine d’Achille. La maggior parte però di loro asserisce, che Paride lo privò di vita. Allorchè
ò a piangere il morto figlio. Le Muse pure fecero sentire a vicenda i loro gemiti pel corso di dieci sette giorni. I Greci n
per entrare di notte in Troja, quando Ulisse e Diomede, avvertiti del loro arrivo da Dolone, si recarono ov’eransi accampati
i avrebbono abbattuto la Trojana potenza, quando Filottete non avesse loro recato le frecce d’Ercole. Ulisse, unito a Neotto
Greci, perchè ivi lo aveano abbandonaro, non voleva più far ritorno a loro (h) (9). Ulisse fu di tutti i Greci il più persegu
ll’anzidetto frutto, perdettero del tutto il desiderio di rivedere la loro citta ; e però fu d’uopo che Ulisse usasse molta
ero denomina antropofagi, cioè mangiatori d’uomini, poichè tal’era il loro cibo. Vicino alla città di coloro si abbatterono
Ella era la figlia del re, il quale chiamavasi Antifate. Colei additò loro il reale palagio ; ed eglino, avviatisi al medesi
entilmente corrispose al saluto de’Greci, ma nello stesso tempo porse loro una bevanda, che li cangiò in porci. Uno solo di
sso tempo porse loro una bevanda, che li cangiò in porci. Uno solo di loro , chiamato Euriloco, ch’era rimasto fuori di quel
acciò d’ucciderla, se non avesse ritornati tutti i suoi compagni alla loro primiera figura(12). La Maga prontamente lo fece,
Lampezia e Faetusa, figliuole del Sole, pascevano i sacri armenti del loro genitore. I compagni d’Ulisse, cruciati dalla fam
le vele a’venti. Giove suscitò allora una fiera burrasca, per cui la loro nave fu ridotta in pezzi, tutti i Greci perirono,
i(18), e ne fu amorevolmente accolto(d). Giunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale era ri
ili erano allora assisi a mensa. Ulisse prese a mendicare appresso di loro . Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui,
ntanto per sottrarsi alle insistenti ricerche de’suoi amanti, propose loro un giuoco, in cui promise, che chi vi sarebbe rim
ti scogli, ma avendo poi osato d’ivi insultare agli Dei, dicendo, che loro malgrado avea schivato il periglio, l’anzidetto N
olleciti di tramandare a posteri la memoria d’Ajace, che ad una delle loro Tribù imposero il nome di Ajantide(a). Castore
ena, città della Laconia, per esservi allevati(a). Si segnalarono col loro valore nella celebre spedizione degli Argonauti(b
nquista del Vello d’oro ; si trasferirono nell’ Attica per riavere la loro sorella, Elena, ch’era stata rapita da Teseo ; e
nto fratello ; ch’egli ottenne ciò, che ricercò ; e che quando uno di loro moriva, l’altro rinasceva(c). Castore e Polluce f
va(c). Castore e Polluce furono anche denominati Tindaridi, perchè la loro madre era moglie di Tindaro(d). Si appellarono Af
eano condotto contro la medesima(f) (5). Eglino finalmente, attese le loro singolari azioni, vennero soprannominati Dioscori
n grande venerazione anche appresso i Romani, che li riconobbero come loro Divinità tutelari, e fabbricarono ad essi un temp
spettacolo de’ gladiatori. I Magistrati, accompagnati da quelli tra’ loro figli, i quali si avvicinavano alla pubertà, e se
, giovani d’ Andania, città della Messenia nel Peloponneso, uniti fra loro co’ vincoli della più stretta amicizia, meritaron
micizia, meritarono, che Castore e Polluce cagionassero la rovina de’ loro concittadini. Eglino durante la guerra de’ Messen
Discori stessi, discesi a godere delle allegrezze, che si facevapo a loro onore. Panormo e Gonippo lasciarono, che gli Spar
fecero poi e sperimentare a tutta la Messenia i funesti effetti della loro indignazione(d). Da Castore e Polluce venne ezian
iandio castigato un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo di loro , e in pena di tale delitto rimase sepolto sotte l
i Antichi vanno d’accordo sul nome del di lui padre, così variano tra loro sopra quello della di lui madre. Lo Scoliaste d’E
quali i giovani si flagellavano, finchè aspergevano quel sepolcro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di L
di Giocasta. Eglino, tostochè Edipo rinunziò al Regno, convennero fra loro di signoreggiare d’anno in anno alternativamente
li delle vittime ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno gli eventi dell’avvenire. Se il consulta
e. Tutti questi guerrieri furono chiamati i sette Capi, e ciascuno di loro ebbe Ceparatamente il comando d’un corpo d’eserci
rono sul campo. Neppure la stessa morte fu bastevole ad estinguere il loro odio. La fiamma del rogo, sopra cui vennero ripos
uella erano periti, presero nuovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida di Alcmeone, figlio d’Anf
no furono detti Epigoni, voce Greca, che significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, P
tato predetto a quelle genti, che felicemente avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cadmo, c
ceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro
usti limiti, entro a’quali dovevano contenersi i discorsi e le azioni loro . La Virtù ebbe in Roma tempj e altari. Scipione,
Toga, di cui i Consiglieri si servivano per sostenere maggiormente la loro gravità. Si voleva far intendere che l’utile cons
la di lei statua, affinchè non potesse in alcun tempo allontanarsi da loro  : come gli Spartani incatenarono la statua di Mar
che questa Dea proteggesse i morti, e vendicasse le ingiurie fatte a’ loro sepolcri(e). La Giustizia si fa vedere in piedi s
quanto quoste pretendevano di essere distinte da esse per causa della loro nobiltà(a). Festo pretende, che il tempio della P
he un tempio dopo la disfatta degli Spartani, ripottata col mezzo del loro Generale, Timoteo ; ovvero dopo la vittoria di Ci
ni poi le eressero il più grande è magnifico tempio, che vi fosse tra loro . Questo fu cominciato dall’Imperatore Claudio ; a
, affinchè la presenza di questa Dea allontanasse ogni disapore dalle loro dispute(b). Esso fu rovinato da un incendio al te
a Pace finalmente era una delle cinque Deità, dette Appiadi, perchè i loro tempj erano presso le acque d’Appio, non lungi da
e pubbliche Feste solevano comparire in toga bianca per dimostrare la loro interna allegrezza. E perchè niente v’è, che più
un leone e una pecora. Questi sono due animali, di natura affatto tra loro contrarj. Quindi uniti insieme simboleggiano la P
stomaco. Non altrimenti la Riprensione riesce sì ad alcuni amara, ma loro giova, qualora è attesa. La Riprensione ha in man
eano contenti e felici, quando la gelosia intorbidò la dolcezza della loro vita. L’Aurora s’invaghì di Cefalo, mentre questi
i si lasciano dominare da questo vizio, facilmente consumano tutte le loro sostanze. Viltà. La Viltà è vizio, per cui
ue. Le Cicale, quando cominciano a farsi sentire, non cessano più dal loro tediosissimo canto, che risveglia l’idea della no
, perchè i Romani, quando concedevano la libertà agli schiavi, davano loro un pileo, con cui si cuoprissero il capo, mentre
tessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla destra una tazza d
accompagnato da profumi e incensi. Elleno inoltre si spogliavano de’ loro ornamenti più preziosi, e supplicavano la Fortuna
e supplicavano la Fortuna d’occultare a’ novelli sposi i difetti del loro corpo : dal che ne avvenne, che la Fortuna venne
ale riconciliava gli animi degli sposi, quando erano in discordia tra loro , e la quale avea un tempio sul monte Palatino (d)
e di queste Divinità al dire di Macrobio si muovevano da se sole, e i loro diversi movimenti indicavano, se si potevano cons
femmina, amendue sacre ; ma Tiresia nul sapenca. Per disunirle diede loro un colpo di basione, o in pena di tale delitto ve
perchà egli communicava agli uomini le cognizidni, che doveano essore loro ignote(a). Ferecide vuole, che Tiresia ; soggiace
infondeva la virtù d’intendere ciò, che gli uccelli bisbigliavano fra loro (a). Ritornando a Tiresia, dicesi, che vi fosse in
, le quali presero cura di lui, senzachè Saturno se ne accorgesse. Il loro culto si estese più d’ogni altro. Anguia, città d
, che fossero apparse, e dove tutti i popoli concorrevano ad offerire loro solenni sacrifizj, accompagnati da altri straordi
. Ivi le donne libere ricorrevano per chiedere grazie pe’ figli delle loro sorelle(b). Le Feste, celebrate da’ Romani ad Ino
ri dicono, ch’eglino vicendevolmente si odiavano anche nel seno della loro madre. Amendue si cisputarono il regno d’Argo, e
i di Nefele. Nel momento, in cui erasi per eseguire il sacrifizio, la loro madre, cangitasi in nube, ne li avvertì. Eglino f
le abbia servito a Frisso e ad Elle per cercare un asilo presso Eeta, loro parente, che regnava in Colco(b). Altri dicono, c
nella vegnente notte a’ predetti figli d’Ino, ed aveva commesso alla loro non conosciuta madre, che licuopris se di nere ve
menità ed eccelenza de’ quali dice Polibio essere verisimile aver fra loro conteso gli Dei(b). (d). Nat. Com. Mythol. l. 6
rora dirigeva il viaggio degli Argonauti, li avvertiva de pericoli, e loro indiceva il modo d’evitarli(f). La stessa nave fu
ne, indovino com’era, consigliò, agli Argonauti, che ammettessero tra loro Orfeo, perchè sonza di lui non avrebbono poluto o
e i Nisei per comando d’Apollo si presero Idmone per protettore della loro città, e l’onorarono sotto il nome di Agamestore,
formato dello strano avvenimento, li ricolmò di doni, e li rimandò al loro paese (a). (18). Ificlo si trovò tra gli Argonau
oi incantesimi operò grandi prodigi : ritornò le acque de’ fiumi alle loro sorgenti ; rendette placidi gli sconvolti mari, e
vogliono in un sito commessa, ed altri in un alro, variando anche fra loro nelle circostanze. Onomacrito dice, ch’essa si es
ero ingannate da quella Maga ; tale vergogna concepirono e orrore del loro delitto, che si ritirarono nell’ Arcadia, ove tra
itirarono nell’ Arcadia, ove tra le lagrime e il dolore terminarono i loro giorni(a). (a). Declaustre Diction. Mythol. (
gli abitanti della città d’Agira coltivavano con somma accuratezza la loro capigliatura, finchè riusciva sì bella, che avess
tte poi Strofadi, nel mare Ionio. Là Iride per comando di Giove vietò loro d’inseguirle più oltre. I due predetti fratelli a
volenza insieme cogli altri Argonauti, sì perchè egli avea sposato la loro sorella, Cleopatra(a). Colei aveva dato alla luce
onauti trovarono il modo di restituirgli la vista, perchè egli additò loro la via per giungere presto e senza pericolo, ove
(29). I Re, che succedettero ad Onfale, portarono quell’arina nella loro armata, finchè Candaulo, giudicandola poco comoda
vidio pretende, che nè la terra, nè il mare abbia voluto ricevere nel loro seno le ossa dello scellerato Scirone ; e ch’ ess
che abitavano appresso il Lago Fucino in Italia. Da questi, per aver loro insegnato i rimedj opportuni contro i serpenti, f
sieno state introdotte dagli Ateniesi per ricordare il soccorso, che loro prestò Ione, figlio di Suto, allorchè Eumolpo, fi
estò Ione, figlio di Suto, allorchè Eumolpo, figlio di Nettuno, mosse loro guerra al tempo del re Eretteo(f). (d). Nat. Co
a alcuni, che egli pure sia stato uno di quelli, i quali tradirono la loro patria ((b)). Altri dichiatano Antenore immune da
e Elena((c)). Antenore ebbe molti figli, tra’quali furono celebri pel loro valore Pelibo, Agenore, e Acamante (d). V’è chi d
po Antifo, il di lui fratello, Iso, i quali custodivano le greggi del loro padre sul monte Ida. Tutti due finalmente rimaser
stri ; ed ora coll’intelligenza degli linguaggio degli uccelli, e del loro volo(a). Predisse l’eccidio di Troja per mezzo de
rile rispondeva a chi la consultava(b). Eleno, preso da’Greci, indicò loro i luoghi più opportuni per impadronirsi della di
e, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe era apparsa a’Greci, e avea loro ricercato tale sacrifizio, se avessero voluto fel
cato tale sacrifizio, se avessero voluto felicemente restituirsi alle loro città(e). Ditti Cretese pretende, che ciò siasi f
ed Eleno, i quali erano gemelli, furono portati qualche tempo dopo la loro nascita nel tempio d’Apollo ; che ivi furono lasc
: e tale giuramento erasi eseguito sopra un cavallo, sacrificato alla loro presenza, e poi sepolto nel luogo della ceremonia
ani (b). (16). I Greci, prima di muovere guerra a’Trojani, spedirono loro alcuni ambasciatori per chiedere pacificamente la
divisero in due squadroni, e in certa guisa, formando due partiti fra loro opposti, guerreggiarono msieme colle unghie, co’
enti uccelli Mennonidi a far battaglia, e a rinovarne l’esequie colla loro morte. A Mennone altresì fu inalzata una grandiss
ano figli di Merope, indovino della città di Percote nella Troade. Il loro padre tentò di dissuaderli che si portassero a qu
fronte, e uccine i di lui figli. I Traci, veggendo sì maltrattato il loro re, inseguirono Ecuba, che fuggiva, e con immensa
si facevano un dovere d’onorare come Dei domestici(c). Sembra, che il loro culto sia derivato dall’antico costume di seppell
Penati si venerarono poi indistintamente anche gli altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle case era dietro la porta
larj(d). Essi si riponevano altresi sulle mense, e allora si offeriva loro porzione delle vivande, primachè si assaggiassero
le città ancora veneravano gli Dei Penati, affinchè vegliassero alla loro conservazione(g). Quindi ad essi alzarono tempj,
ba. Distrutta Troja, mentre l’avo e il padre di lui contrastavano tra loro intomo alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una
lle fiamme divoratrici, i due predetti giovani presero sulle spalle i loro genitori, e per sottrarli alla morte non temetter
regiudizio alcuno. I Siciliani li collocarono nel rango degli Eroi, e loro tributarono onori divini. La stessa Catana fu nom
e, e Polidamante, figlio dello stesso Antenore, avea consegnata nelle loro mani quella città (d). Tra coloro, che in quella
prende nella generazione degli uomini, o perchè si genera insieme con loro (d). Due sorta di Genj furono da altri riconosciu
città, le fontane, gli alberi, e quasi tutte le altre cose aveano il loro Genio (c). Demogorgone, di cui abbiamo parlato an
ase sorpreso da’suoi nemici ; ed anche Niso spontaneamente diodesi in loro potere, ed offerì la propria vita per salvare que
. Univ. (a). Hom. Iliad. l. 2. (2). I Greci, come si divisero tra loro le ricche spoglie di Troja, furono tosto impazien
ricche spoglie di Troja, furono tosto impazienti di ritornarsene alle loro città, malgrado la minacciosa apparenza del Cielo
so, si spaventarono, e si misero in disordine. Patroclo si cacciò fra loro , e ne fece orribile strage. Pirocme, come gia abb
i dichiarò in favore de’Greci, che trassero il corpo di Cebrione alle loro rive. Patroclo tuttavia son desisteva dal nuocere
ì giovani Trojani ; offerì delle libazioni a venti, Zefito e Botes, e loro promise anche de’sacrifizj, onde col loro soffio
a venti, Zefito e Botes, e loro promise anche de’sacrifizj, onde col loro soffio consumassero più presto quanto sul rogo ar
ntassero i popoli d’Argo. Elleno però se ne fuggirono appresso Andro, loro fratello, e re d’un’isola dello stesso nome, nel
timore consegnò ad Agamennone le giovani. Esse a vista de’ceppi, che loro si preparavano, ricorsero supplici a Bacco, e ne
6). Gli Antichi non intraprendevano alcuna spedizione senza avere nel loro esercito chi presiedesse a’sacrifizi, e predicess
un serpente sall sopra un platano ; e vi divorò otto uccelletti colla loro madre. Nella sorpresa universale Calcante prediss
suoi, che fingessero di ritirarsi dall’assedio, e di far ritorno alle loro città, ma che prima lasciassero costruito dinanzi
allo a Pallade, ond’ella fosse propizia ad cesi, che citornavano alle loro città ; e intanto si occultarono dietro l’Isola d
lora gli assediati ad osservare tutti i luoghi, ov’eransi accampati i loro nemici, e presero ad ammirare il gran Cavallo(b).
ea temere de’ Greci ; e che non senza inganno erano certamente i doni loro . Così dicendo, scagliò con forte braccio nel fian
ui, e ne fecero orrendo scempio. In vano usò il padre de’suoi dardi a loro difesa : che anzi gli stessi serpenti si avventar
offerto. Quindi non attendendo a’detti di lui, lo trasferirono nella loro città. A ciò fare aveali indotti anche prima Sino
ra oltremodo scaltro, si lasciò ad arte prendere da’ Trojani, e diede loro a credere, che i Greci, stanchi di sì lungo assed
icevuto ordine dall’ Oracolo di Febo, che prima sacrificassero uno di loro , affinchè potessero rimettersi di nuovo con favor
opochè rapirono il Palladio, non godettero più favorevole sorte nelle loro imprese ; che per consiglio di Calcante conobbero
è i Trojani non potessero condurselo entro le mura, e nol avessero in loro difesa. I Trojani, ingannati da questi detti insi
ati da questi detti insidiosi, si affrettarono a ritirare appresso di loro il predetto Cavallo. Pet riuscirvi ruppero le por
do che i Greci conducevano via, come schiava, Cassandra, tentò di far loro resistenza, e rimase ucciso da Peneleo (a). (23)
suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro nel generale esterminio. Terminata la preghiera,
maletti si convertirono in uomini. Questi a ricordanza perpetua della loro origine si chiamatono Mirmidoni(a). Riguardo poi
d era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei mandarono nel mezzo loro un gran serpente. La giovine spaventata implorò i
’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo morte lo venerarono come un Nume. L’an
o, cinta da scoscesi scogli. Da di là traevano a se colla soavità del loro canto i passeggieri, i quali poi vi naufragavano(
erirebbono, quando un solo passeggiero non fosse stato trattenuto dal loro canto(b). (a). Hom. Odyss. l. 12. (b). Joh. J
aveano prestato assistenza ad Ulisse, da lui perseguitato, cangiò il loro naviglio in iscoglio, mentre quello si trovava vi
Odyss. l. 21. (21). Il fine, che que’ Nobili incontrarono, era stato loro predetto da Aliterse Mastoride, celebre Indovino
ce, era comune a tutti i discendenti d’ Inaco, divenuti celebri colle loro belle azioni(a). (g). Declaustre Diction. Mytho
orno in giorno andava scemando di forze, ricusò di porsi in corso con loro  ; e permise ad essi di combattere l’uno contro l’
. Nat. Com. Mitbol. l. 7. (7). Atreo e Tieste per eccitamento della loro madre, Ippodamia, fecero morire, e poi gettarono
madre, Ippodamia, fecero morire, e poi gettarono in un pozzo l’altro loro fratello, Crisippo, perchè que sti era nato da al
llo stesso Nume il modo di far cessare la pestilenza, che desolava il loro paese. L’Oracolo rispose loro, che procurasse ro
cessare la pestilenza, che desolava il loro paese. L’Oracolo rispose loro , che procurasse ro di ricuperare l’osso di Pelope
un nemico, corsero tutti alle armi per impedirgli che entrasse nelle loro terre. V’accorse tra quella moltitudine anche Alt
Erse, ne andò anch’egli alla caccia col cane Lelapo, detto da Apollo loro (a) Fae, che Procride, figlia di Eretteo, o d’Ific
Fece pur perire Abante e Poliido, spediti in soccorso de’ Trojani dal loro padre, Euridamante, eccellente nell’ interpretare
o da alcuno. Come poi si vide preso da Diòmede e da Ulisse, manifestò loro tutti i progetti de’ Trojani, perchè sperava di s
ti in uccelli, i quali nello stesso tempo presero a volare intorno il loro vascello. Dicesi, che questi uccelli, memori dell
re intorno il loro vascello. Dicesi, che questi uccelli, memori della loro origine, accarezzavano i Greci, e fuggivano color
li delle vittime ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno gli eventi dell’avvenire. Se il consulta
le avea solvato la vita al re Toante ; mo padre, la scacciarono dalla loro isola. Ella andò a nascondersi lungo le rive del
uella erano periti, presero nuovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida di Alcmeone, figlio d’Anf
no furono detti Epigoni, voce Greca, che significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, P
tato predetto a quelle genti, che felicemente avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cadmo, c
ceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro
l quale obbligò i Techani, che permettessero i funerali degli Argivi, loro nemici(d). (b). Id. Ibid. (c). Declaustre Di
8 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
e dei simboli e delle immagini ad essi allusive, e la descrizione dei loro attributi, del modo col quale erano adorati, dell
gni nazione e le tracce frequentissime dei vulcani) non seppero nella loro rozzezza attribuire questi sconvolgimenti, se non
uomini, ed anche l’ effetto maraviglioso che i naturali oggetti e le loro proprietà producevano sui primi popoli, avvezzi a
za selvatica, e indotti a supporre in ogni corpo vita e anima come in loro . 9. Le favole morali inchiudono precetti e norme
a terra quali occhi del cielo per rammentare agli uomini che tutte le loro azioni son note a Dio. 10. Le Furie scatenate con
ura ; ed il sole, la luna, le stelle, il tuono ed il fulmine furono i loro Dei ; e quindi giunsero ad onorar come tali anche
narono tutte le divinità adorate in paesi diversi ; ed insieme con le loro armi vittoriose introdussero il culto dei falsi D
la terra ; ma Titea non volendo sopportare questa ingiustizia, aperse loro le carceri, e lasciò che facessero uso delle prop
me in fasce, si ponessero a ballare suonando i cembali e battendo fra loro molti scudi di bronzo. 30. Finalmente questa caut
almeno non riconoscevano altro uomo più antico di lui ; sicchè nè le loro istorie nè le loro tradizioni segnavano epoche an
cevano altro uomo più antico di lui ; sicchè nè le loro istorie nè le loro tradizioni segnavano epoche anteriori alla sua. G
ll’ oro, ossia regno degli Dei e prima età del mondo, perchè sotto il loro savio governo gli uomini vissero semplicemente e
opoli, li radunò a vivere insieme nelle città, creò le leggi, e dette loro l’ idea del giusto e dell’ onesto. Numa Pompilio
eguir le sentenze e far la guerra ; ed i padroni servivano a tavola i loro schiavi, per rammentare l’antica libertà ed eguag
eci anni, ed essere di famiglie romane e di libera condizione. Se per loro negligenza il fuoco sacro si fosse spento, tutta
asserisse che l’incontro era stato casuale ; e nei più serj negozj la loro semplice affermativa aveva forza di giuramento. N
negozj la loro semplice affermativa aveva forza di giuramento. Nelle loro mani erano depositati i testamenti e quanto potev
; e celebravano le feste di Cibele con immenso tumulto, mischiando a’ loro urli lo strepito dei tamburi, percotendo gli scud
are. Agli uomini era vietato l’assistervi ; e nei cinque giorni della loro durata le donzelle vestite di bianco andavano da
e avo materno d’Ulisse (568), oltraggiava gli Dei, e negava d’offrir loro i sacrifizj. Indi, forse per rapacità, o in onta
o si arrogava il diritto di creare gli uomini, si concertarono fra di loro , e formarono una donna facendole ciascuno di essi
o intorno), che era uno dei Lapiti, popoli di Tessaglia famosi per le loro guerre contro i Centauri (430), e che fu re d’Ate
s’argomentò di scoprire se per avventura il nuovo ospite fosse uno di loro , e scelleratamente gl’imbandì carne umana. Allora
esto nome. Perciò tanti popoli diversi vantavano Giove esser nato fra loro , e additavano sì gran numero di monumenti per att
mpagne dandosi orribili cozzi, e credendosi vitelle. Melampo restituì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed
Apollo e Diana nascessero, la gelosa moglie di Giove mosse contro la loro madre il serpente Pitone, nato dalla terra26 (pyt
bricargli le mura. Ma condotta a fine la costruzione, Laomedonte negò loro la pattuita mercede, ed essi crucciatine, fermaro
altro splendente in rosso, per denotarli secondo il nome che Omero dà loro di Lampo e di Fetonte. Facciasi sorgere da una ma
sulle sponde dell’Eridano, e gli Dei le trasfermarono in pioppi, e le loro lacrime in gocce d’ambra. Cigno poi …. dell’amor
e o Cortina. Nel tempio di Delfo i giovinetti dedicavano ad Apollo la loro chioma. Era molto venerato anche a Cirra città de
esse possedere la ricca preda, consultaron l’oracolo, il quale ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più savio di tutt
l’eloquenza e la musica da lui professate o inventate impressero nel loro animo i precetti della morale. Quindi lo adoraron
dopo G. C. Ma nel 667 Rodi era caduta in mano dei Saraceni, e Moavia loro re ordinò d’atterrare la statua per venderla ad u
abiti qual meglio vi torna. Le braccia fate che siano ignude, con le loro maniche larghe ; con la destra tenga una face ard
o, e nel tempo che erano celebrate vollero per disprezzo continuare i loro lavori ; quand’ecco la casa empirsi a un tratto d
no di notte correndo in folla e furia i Tebani, e invocando Bacco nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lu
agli uomini a fare il vino. Molti lo confondono con Nembrod, perchè i loro nomi in greco e in ebraico si rassomigliano ; ma
; ma tra Bacco e Mosè passa analogia tanto maggiore che renderebbe la loro identità più verosimile. Egli è dunque probabile
che in terra, sì nel mare che nell’inferno ; dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte di tutte le loro brig
dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte di tutte le loro brighe e degli affari relativi alla guerra e alla
morta spoglia, trasmigrassero nel corpo di quegli esseri, che per le loro inclinazioni s’accostano più alla nostra indole.
ammessa la metempsicosi senza limiti, acconsentendo di credere che la loro anima passi dal corpo di un uomo in quello d’un a
essendo persuasi che, soccorrendoli, porgono alcun sollievo forse ai loro parenti od ai loro amici. Questa falsa opinione p
he, soccorrendoli, porgono alcun sollievo forse ai loro parenti od ai loro amici. Questa falsa opinione potrebbe almeno esse
e Sposa Qui congiungan le palme, e il Genio arrida. Sorga Imeneo tra loro  ; e giglio e rosa Cinga loro alle chiome ; Amor s
lme, e il Genio arrida. Sorga Imeneo tra loro ; e giglio e rosa Cinga loro alle chiome ; Amor si assida Sulla faretra dove l
agne inseparabili della madre, perchè la Dea della bellezza riceve da loro la leggiadria e tutti i divini pregi che la fanno
ebbo amare ! » Ma il Nume s’ostinava a rimanere invisibile. Dal canto loro le sorelle di Psiche aumentavano la sua impazienz
ore delle quali indicavano nel tempo stesso l’ardore e la purezza dei loro voti. Le belle lor chiome, o nere o bionde, scend
li ; supplicavano Venere d’esaudire i lor voti ; e le consacravano le loro chiome. Allora la sacerdotessa tagliava le belle
no assisi su carri tratti da cavalli azzurri. I pœti hanno attribuita loro la virtù di spianare le onde e di sedar le procel
vicine isole, cagionarono grande carestia, ed infettarono l’aria coi loro cadaveri. — V’ è chi non riconosce nelle Arpie al
ano e Teti generarono Nereo e Dori o Doride, i quali sposatisi fra di loro ebbero per figliuoli quell’infinito numero di div
persone ; e v’è chi lo paragona agl’incantatori egiziani, i quali coi loro travestimenti ingannavano la moltitudine ignorant
ndavano adescando e trattenendo i passeggeri con la dolce melodia dei loro canti e dei loro suoni ; consigliavano i piaceri
e trattenendo i passeggeri con la dolce melodia dei loro canti e dei loro suoni ; consigliavano i piaceri e la vita molle,
ma più mite dell’ universo, e celando negli scogli la mostruosità del loro corpo, erano immagine di quelle seducenti delizie
ite, appena che un uomo avesse saputo resistere alle attrattive della loro voce e delle loro parole, quasi che volesse indic
uomo avesse saputo resistere alle attrattive della loro voce e delle loro parole, quasi che volesse indicare la maraviglios
si studiavano di adescare e di far perire chiunque fosse capitato tra loro  ; e la vicina terra biancheggiava delle ossa di i
ntarono di adescare gli Argonauti ; ma Orfeo prese la lira, e incantò loro stesse a tal punto che divennero mute e gettarono
cipitarono in mare ; talchè dipoi quel luogo fu chiamato Sirenide dal loro nome. 199. Tra gli Dei marini non è da passare so
Esperidi (382). 205. Gli Alcioni sono uccelli marini, i quali fanno i loro nidi sulle onde anche in mezzo ai rigori dell’inv
are la terra a piacere del Nume. 210. I Libii tenevano Nettuno per la loro maggiore divinità ; e la Grecia e l’Italia gli av
rame alta sette cubiti. Gli abitanti di Trezene avevan coniato sulle loro monete il tridente di Nettuno da un lato e la tes
beatitudine le ombre dei saggi. Virgilio descrive i Campi Elisi e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più
acrime dell’eterno pianto dei malvagi, come suona il vocabolo ; ed il loro mormorio ne imitava i gemiti. Credevano gli antic
le ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la proprietà di far loro dimenticare il passalo e di prepararle a patire d
aminavano le anime di mano in mano che Mercurio (160) le conduceva al loro tribunale. Eaco giudicava i popoli dell’Europa, R
e soprattutto la fama di giustizia, hanno mosso i poeti ad attribuir loro la funzione di giudici supremi dell’Inferno (215)
i ciascun uomo, e specialmente dei re, appena morti, prima d’accordar loro l’onore della sepoltura. 232. Le Furie furono div
) Queste deità tremende mostravano aspetto severo e minaccioso ; e le loro vesti sempre sanguigne erano ora nere, ora bianch
collera. Così le Furie empivano di spavento i colpevoli, turbavano i loro sonni, li perseguitavano con dilanianti rimorsi e
e quasi non s’arrischiavano a nominarle o ad alzare gli occhi verso i loro templi, i quali servivano d’inviolabile asilo ai
e asilo ai colpevoli, supponendo che già il rimorso facesse ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore di quello
le, alzò in fondo dell’Arcadia un tempio alle Furie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse gli al
vasi che avevano i manichi fasciati di lana d’agnello. I ministri del loro tempio in Atene vicino all’Areopago formavano un
Ecate profondesse ricchezze a’ suoi adoratori, gli accompagnasse nei loro viaggi, e disponesse a favor loro dei suffragi de
oi adoratori, gli accompagnasse nei loro viaggi, e disponesse a favor loro dei suffragi del popolo c degli allori della vitt
fanno mai grazia a nessuno. A mitigare o a rattenere l’esecuzione dei loro severi decreti non valgono nè bellezza, nè gioven
i più importanti ; e spesso la invocata divinità si mostrava sorda ai loro voti. Morfeo, capo degli altri sogni, era nel tem
e iniziali D M che significano, Diis Manibus, come per raccomandare a loro la tutela dell’urna. Per lo più immolavano pecore
to altrui, i quali consumano la vita in continue fatiche eccedenti le loro forze ; e quando si credono all’ apice dei loro v
fatiche eccedenti le loro forze ; e quando si credono all’ apice dei loro voti, la pietra ricade, e li condanna a nuovi tra
o, ordinò alle figliuole di uccidere i mariti nella prima notte delle loro nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una di ess
fernali, perchè le ricchezze si ricavan dal seno della terra che è il loro soggiorno. Anche dai genitori che gli vengono att
guardo sopra gl’ingordi e sopra gli avari ; e mirate quanto cresce la loro miseria coll’aumentare dei lor tesori : Ché tutt
ra che Marte avendo preso a combattere pe’ Troiani nella guerra mossa loro da’ Greci, restò ferito dalla lancia di Diomede (
lo dei Romani, i quali, come ognun sa, lo tenevano per protettore del loro impero, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi l
volto, di un piccolo scudo con un buco nel mezzo, la favola attribuì loro un solo occhio. 273. Polifemo (polyphemos, cel
stello usava la forza contro i deboli per assoggettarli e per derubar loro ogni cosa ? Le muse. 274. Giove, (63) tra
l’Elicona, il Pindo e il Parnaso (123) dove ebbero per precettore il loro fratello Apollo (96). Queste nove sorelle furono
nanimi, da meritare la venerazione di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate, di sorelle d’Apollo
, e le Figlie della Memoria. Apollo, a cui piacque vivere insieme con loro , statuì che la concordia fosse fondamento del bel
bel collegio, e perciò volle che si chiamassero Muse, per indicare la loro eguaglianza. Infatti Cassiodoro fa derivare il vo
, alle belle arti ed alla poesia. Ora ponendo mente alla umiltà della loro origine, poichè ebbero per padre un pastore, ed a
etti di dove il bello ed il vero emergono sono molti, e le differenti loro bellezze son quelle che costituiscono la perfezio
vaga d’aggirarsi tra i semplici pastori, di commovere e di educare le loro anime pure, tragge soavi concenti dall’agreste za
mici al vero, perchè a egregie cose accendano l’animo de’ forti, e il loro grido sia « come vento che le più alte cime più p
o di trovar ricovero da un improvviso temporale. Il principe ardì far loro villania, e quando le vide involarsi con le ali d
erarono furono i poeti, i quali usavano d’invocarle sul principio dei loro poemi, come valevoli più d’ogni altra divinità ad
e non fossero ammesse nella celeste reggia dell’Olimpo. Immenso fu il loro numero, poichè vi era compresa una moltitudine di
li altri. Scelto da Nettuno. da Vulcano e da Minerva per giudicare le loro opere, non fece che stoltamente beffarli. 283. Bi
ere sulle mura di quel tempio i rimedi che gli avevano liberati dalle loro infermità. Pare che nei primi tempi fosse questa
mani, e discendenti di Fauno ; abitavano le campagne e le foreste. La loro occupazione principale si riferiva all’agricoltur
pelosi con le corna, le orecchie, la coda e le gambe di capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo di far paura ai pastori e
e bisognava placare queste importune divinità con sacrifizj, offrendo loro le primizie dei frutti e dei greggi. Intanto gli
i pastori, credendo all’esistenza di tanti invisibili testimoni delle loro azioni, erano più guardinghi e più solleciti nell
stimoni delle loro azioni, erano più guardinghi e più solleciti nelle loro faccende, ed avevano forse un ritegno al mal fare
nel Campidoglio doveva essere la principal difesa delle frontiere del loro impero. La storia dimostra come ciò si avverasse,
chi Al mio verde terren copia di fiori : Tu fa, Pomona, che de’frutti loro Non sian degli arbor mai vedovi i rami : E tu che
nette ; ma gli antichi non le onoraron di templi, nè vollero accordar loro la immortalità, supponendo nondimeno che avessero
Alcuni autori indicano anche il numero degli anni, e ne attribuiscon loro novemila settecentoventi ! Dopo morte ottenevano
nte o una corona od un piccolo delfino. Talora la parte inferiore del loro corpo va a finire in pesce. Formavano il corteggi
liete di questa scoperta, dettero alle api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello di mèli, onde abbiam fatto miele.
espiatorie, e scongiuravano gli dei Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno su quei fantocci, ed a loro facessero sopp
Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno su quei fantocci, ed a loro facessero sopportare tutte le pene che potevano e
gli schiavi divenuti liberi appendevano ad essi in ringraziamento le loro catene. Quanta carità civile in queste idee ! E c
nda, e tu li prendi Per compagni a’ tuoi fati : e com’ è d’uopo Cerca loro altre terre, ergi altre mura ; Chè dopo lungo e t
e dell’universo ; e così gl’ imperi, le città, ogni luogo, avevano il loro genio tutelare. 330. Era dunque naturale che anch
ontrasto a lei : Ella provvede, giudica e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei.71 Le sue permutazion non hanno tr
uerra, scongiurando la Dea imparziale a proteggere la giustizia delle loro armi. Atéa. 335. Atéa (ate, ingiustizia,
rano al par di lei coperti da lungo e candido manto che ravvolgeva la loro testa e le loro mani ; e le facevano molte offert
ei coperti da lungo e candido manto che ravvolgeva la loro testa e le loro mani ; e le facevano molte offerte, ma senza macc
ente era più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguardo solo del loro occhio bastava ad uccidere o ad impietrire gli uo
le serpi erano distese in terra, non più raccolte in giro, e le teste loro infrante scoprivano gli acuti denti e velenosi. L
ona bianchiccia detta la Via lattea. Così nascondevano gli antichi la loro ignoranza in fatto d’astronomia. 367. Parecchi fu
eo e che lo uccisero per vendicare le persecuzioni sofferte dal padre loro . Quindi più volte scacciati dal Peloponneso alfin
Mar Nero e sulle rive del fiume Termodonte in Tracia. Addestravano le loro figlie all’uso delle armi, e non facevano conto a
restar fede alla favola, nell’Etiopia o nella Tracia. Fabbricavano le loro case a forza di gusci d’uovo, viaggiavano su carr
cole ; il centro s’avventò alla testa, ed i bersaglieri lanciavano le loro frecce contro il gran petto. Il fortissimo eroe,
ove del suo coraggio, trucidando un gran numero di scellerati che pei loro delitti meritavano solenne gastigo : son tra cost
o supplizio del toro di bronzo. Severa lezione ai malvagi, che con le loro iniquità si preparano da sè stessi il gastigo. 41
pagarlo, se ne saranno lagnati, quasichè si trattasse di mandargli la loro prole. Indi la storia narra che fu loro imposto d
si trattasse di mandargli la loro prole. Indi la storia narra che fu loro imposto da Minosse per vendicare la morte del suo
to recinto, pieno di stanze e di corridori méssi in comunicazione fra loro per mezzo d’ innumerabili andirivieni, sicchè div
azzi. Si crede che i sotterranei che li ponevano in comunicazione tra loro servissero di sepoltura ai re dell’ Egitto e di t
pevoli insolenze ; ma Ercole (368) e Teseo non lasciarono impunita la loro audacia, e ne uccisero molti. 430. Questi Centaur
he ebbero compito questo ratto, pattuirono che la sorte decidesse fra loro chi dovesse essere il possessore della rapita, a
ll’ apice della gloria con utili imprese, macchiassero il resto della loro vita con azioni vituperose, e talora con quelle s
uniti da tenerissimo affetto, vivevano e morivano a vicenda. Quindi i loro nomi sono diventati simbolo dell’ amor fraterno.
lezza, coperti d’ armi da capo a piedi e con due cavalli bianchi ; il loro elmo ha la forma di un mezzo guscio d’ uovo, e br
on la lancia. Talora si abbracciano, ed una lucida stella splende sul loro capo. Giasone, Medea, Gli Argonauti. 448.
della sua lira e col canto. Si dice che gli Argonauti recassero sulle loro spalle la nave dal Danubio fino al mare, e che fo
la fama di tanto prodigio, e le indusse a farne esperimento sul padre loro  ; ma gl’ incantesimi non ebbero alcun effetto. E
culto e di tempio ; e soprattutto i pastori siciliani lo tennero per loro Dio. In Sicilia acquistò celebrità lo squisito mi
anche prima che vi giungessero i suoi nocchieri. Periandro, saputa la loro perfidia, se li fa tradurre davanti, e chiede not
gli omaggi dovuti al suo merito. A queste parole Arione comparisce al loro cospetto. Gl’impostori stupefatti e svergognati c
al loro cospetto. Gl’impostori stupefatti e svergognati confessano il loro delitto, e sono condannati a ignominiosa morte ne
in tanta venerazione, che, se per avventura ne incappava taluno nelle loro reti, subito lo rimettevano in mare per non viola
ti, che prima assalirono Cadmo e poi si combatterono furiosamente tra loro , dimodochè cinque soli ne sopravvissero, ed essi
nava sulla montagna di Ficea, dove arrestava i passeggieri proponendo loro a sciogliere enimmi suggeriti dalle Muse, e divor
Laonde le città greche, testimoni dei delitti che nelle famiglie dei loro principi erano continuamente commessi, delle guer
Pelope allora sposò Ippodamia, prese gli stati della moglie, e diede loro il suo nome, chiamandoli Pelopponneso, che è la m
due fiumi della campagna di Troja, il Xanto e il Simoenta, unirono le loro acque per annegare Achille (536) uno dei più trem
Vulcano (270), che armato di fiamme arse i due fiumi, e prosciugò il loro letto. 521. Vogliono i poeti che la presa di Troj
anesse distrutta ; 6° Finalmente bisognava che i Greci avessero nella loro armata Telefo figlio d’ Ercole e re di Misia. 522
molto valore, e propose a Paride (597) di terminare la contesa fra di loro con un duello, a condizione che Elena restasse in
valli di Reso (570) ; involare il Palladio (570) a’ Troiani ; uccider loro molti duci ; uscir glorioso dai duelli contro Ett
oi compagni, e nemmeno lo stesso Achille (536) osavano abbandonare le loro navi ; ma egli generosamente sacrificandosi per l
Dopo la morte d’Achille, Ajace ed Ulisse (563) vennero a contesa fra loro per ereditare le armi di quell’eroe. I capitani d
9 si leva Superbo in vista, ed a cui giaccion, molto Non lontane tra loro , isole intorno, Dulichio, Samo, e la di selve bru
lia, dove Polifemo, figliuolo di Nettuno (185), e il più possente fra loro , lo rinchiuse nella propria caverna con tutti i s
el giorno, s’era messa a scherzare innocentemente con le compagne ; i loro gridi, le danze, le risa svegliarono Ulisse. Era
 ; e giunto al cospetto d’Alcinoo e della sua moglie, si prostrò alle loro ginocchia aspettando con umiltà il suo destino. A
padroni in casa sua, e volevano costringere Penelope a scegliersi tra loro un nuovo marito, così Ulisse immaginò di travesti
. del Pindemonte.) Ed aggiunse che non potendo ormai opporsi più alla loro insistenza, per consiglio di Minerva (262) aveva
ofittandosi dell’inazione d’Achille (356), penetrò fino in mezzo alla loro flotta, e gli riuscì d’appiccarvi il fuoco. 592.
e grida la vita del suo nemico, Ecuba e Priamo tremano pei giorni del loro figliuolo, e lo scongiurano a non combattere ; ma
clo è poca la morte del suo uccisore. Gli eroi si scagliano contro le loro aste ; ma quella d’Ettore colpisce invano l’impen
i grida de’figliuoletti, e il tentar brancolando ma invano di recarsi loro in ajuto, ne faceva spettacolo sì doloroso da vin
due volte ; e finalmente la guerra ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise, nel quale Turno perdet
enchè povero, gli accolse con amorevole sollecitudine, e per imbandir loro men parca mensa uccise il solo bove che possedeva
gli accolse. 622. Sicché Giove, che ne li volle ricompensare, ordinò loro di seguirlo sulla cima del monte, dove rivoltisi
giù, videro il borgo ed i contorni tutti inondati dall’acqua, meno la loro capanna che era trasformata in un tempio. 623. In
o la loro capanna che era trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla di quanto gli avrebbero chiest
in quel tempio, e la grazia di morire insieme nel medesimo giorno. I loro voti furono esauditi. Giunsero beatamente ad estr
Cleobi e Bitone. 624. Cleobi e Bitone si resero celebri per la loro commovente pietà filiale verso la madre Cidippe c
ssere liberato dalle miserie della vita. Gli abitanti d’Argo alzarono loro le statue nel tempio di Delfo. Oh generosi ! i vo
Altea s’ingelosirono di quella preferenza, e tentarono di rapirla per loro  ; laonde nacque una zuffa, nella quale Meleagro,
ta spiaggia d’Europa.121 Ma i genitori degli sposi, avuta querela fra loro , li costrinsero a non più vedersi. Nonostante Lea
mi (336) che pronunziava oracoli alle falde del Parnaso, e che ordinò loro di velarsi il capo e di andar gettando dietro le
di velarsi il capo e di andar gettando dietro le spalle le ossa della loro madre. Deucalione dopo aver lungamente pensato al
r lungamente pensato all’ arcano senso di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era la Terra e le sue ossa le pietre
ella Colchide con gli Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbero loro con i capelli. Ercole (364) gli uccise perchè non
. Un giorno incontrò sul monte Cillene due serpenti avviticchiati fra loro , li colpì con la sua verga, e tosto diventò donna
premio ambito sopra ogni altra cosa dai re stessi e decretato così a loro , come all’ultimo cittadino che l’avesse saputo me
le estremo bisogno, la patria adottava i suoi figli e provvedeva alla loro educazione ed alla futura lor sorte. Indi era bel
o la corona. Ma appena l’ebbero essi ricevuta, la posero sul capo del loro padre ; e prendendolo sulle spalle lo condussero
atelli chiamati Dattili, parola greca che significa dito, e indica il loro numero e la loro riunione ; ovvero da Pelope figl
attili, parola greca che significa dito, e indica il loro numero e la loro riunione ; ovvero da Pelope figlio di Tantalo ; e
, e che fu adottato da molti scrittori latini per andar d’accordo con loro . Ogni Olimpiade formava un periodo di quattro ann
ente dagli omeri il manto, raccolto dai seguaci. Apparvero le persone loro snelle in quel leggiero vestimento ; e, senza rit
lui, sforzaronsi parimenti di raggiungerlo, per modo che formossi la loro schiera simile a quella delle grui, che volano al
tano la briglia, animandoli colla voce e colla sferza, chini verso di loro alquanto, o per essere più facilmente intese le m
ltro la densa polvere, sollevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di beffe gli stessi derisori. Ma già u
i Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di quelli, sembrava che loro uscissero le faville insieme coll’alito dalle pol
revano veloci come il vento e tumultuosi quanto il mare. Già la testa loro pareggia il centro delle rote di quel carro che p
la fine i foschi destrieri trascorso a segno, che la rota del cocchio loro corrispondeva ai cavalli dell’altro, avvenne che
ll’asse. Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno di loro  ; e gli altri tutti, da lui repentinamente tratte
di quello ch’era rimasto per via, incominciarono a gareggiare fra di loro , rianimando le speranze, e finalmente giunse prim
cciarono. Stettero da prima alquanto immobili, aspettando ciascuno di loro qualche atto dell’avversario, da cui ritrarre van
ll’Atride in folla Si raccogliean, destollo ; ei surse, e assiso Così loro parlò : Supremo Atride, E voi primati degli Achei
erd’anni, e l’altro di maturi ; Poscia il fanciullo Julo ; e dietro a loro D’ogni età gli altri tutti. Enea disceso Dal parl
rnâr la fronte e i lati, E piantâr ne la cima armi e trofei. Parte di loro al fuoco, e parte a l’acque, E parte intorno al f
i in Egitto, ove regnò con Iside, adoperandosi ambedue a incivilire i loro sudditi, e ad insegnare l’agricoltura e varie alt
Osiride e ad Iside in memoria dei beneficj ricevutine ; e siccome per loro mezzo avevano imparato l’agricoltura, così stabil
protettrice di Parigi. Quei popoli credevano ch’ella fosse giunta fra loro sopra una nave, ed alcuni scrittori danno questa
ed i movimenti, e divennero astronomi ; ma resero falsa ed assurda la loro scienza pretendendo d’indovinare il futuro median
ia. 713. I Persiani conoscevano l’unità di Dio. Il Sole che veniva da loro adorato sotto il nome di Mitra, e il fuoco sacro
mboli della divina potenza. Non ebbero nè templi nè simulacri. 714. I loro sacerdoti, chiamati Magi, erano venerabili per vi
male. Il primo era rappresentato dalla luce e l’altro dalle tenebre, loro emblemi naturali. Divinità Indiane. 716.
mi-nudo, armato di scure, in atto di vibrar colpi. 731. I Galli nella loro barbara ferocia credevano rendersi favorevole que
pei Galli il padre dei Numi ; anzi veniva terzo nella gerarchia delle loro divinità ; ma gl’immolavano vittime egualmente ch
va (262), Apollo (96), ec. ai quali assegnavano altri nomi ; serbando loro gli stessi attributi. Quindi è facile riconoscere
erce era il primario oggetto della venerazione dei Galli. Era essa il loro tempio, ed anche lo stesso Nume, poichè, come dic
tesso Nume, poichè, come dicemmo parlando di Teutatète, la statua del loro supremo Dio era un’altissima querce. Fu pur sacro
il vischio, pianta parasita che rampica sulla querce, ed ogni anno i loro Druidi o sacerdoti andavano a raccorla con gran p
ire il futuro. Quindi i divoti le consultavano quali profetesse, ed i loro oracoli passavano per infallibili. 738. Il campo
i quali fu generato Manco-Capac, Dio più volgarmente noto, e gl’Incas loro dinastia reale. A Pasciacamac opponevano Cupac, e
esta di uccello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli era composto di tutti i semi della terra im
te, ed un sacerdote, tenendo in mano l’idolo anzidetto, lo presentava loro dicendo : Ecco il vostro Dio. Canadiesi. — I Can
ivi Genii cui consacrano le ossa degli animali che hanno mangiato. Il loro principal sacrifizio consiste nell’offrire agli D
to di Rea o Cibele. I Dattili in prima esercitarono la medicina, e il loro nome aervì lungo tempo in Grecia a indicare gli n
. Gli Egiziani onoravano in essi i figliuoli di Vulcano (272) ; ed il loro tempio fu tenuto in tanìa venerazione, che ai sol
a stessa cronologia separa la gnerra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene gli uni e gli altri sieno spes
l’uovo maraviglioso onde nacquero i Dioscuri (Castore e Polluce) e le loro sorelle. La bellezza di Leda e il candido e ben t
iove e di Leda. 23. Quaranlasetle città del Lazio rappresenlale dai loro deputati assisterono, sotto il regno di Tarquinio
Finita l’opera ne chiesero la mercede, o la Pitia (99 e 122) rispose loro che bisognava aspettare otto giorni, e che intant
dissero lauta mensa ; ma in capo a quel tempo furon trovati morti nei loro letti. Ninno seppe dove fossero aeppelliti ; quin
o, rispose a coloro che lo conaultavano, che implorassero l’aiuto del loro compatriotta Trofonio, e andassero a cercarlo a L
lrelli a scrivere sopra un quadro quel che avevan visto ed udito. Sui loro scrilti i aacerdoti componevano le risposte. 25.
nde di questo lago i defunti, ed ivi erano giudicati secondo le opere loro . Se il morto aveva violato le leggi del pæse, lo
guerra di Tebe furono delti Epigoni, e volendo vendicare la morte dei loro padri, fecero alleanza coi Messenj, con gli Arcad
ell’altro paese, e non selvaggi a segno di cibarsi di carne umana. Il loro re è chiamato Antifate. 102. Questa metamorfosi
9 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
varj precetti della morale. Gli Egiziani, presso de’ quali ebbero la loro origine, i Greci che le accolsero, ed i Romani, c
ì de’ sistemi, che potessero appagare almeno la fantasia : ma non mai loro è riuscito di poter dire : ecco la verità. Taluni
e favole a lor talento, non è facile di tenere un metodo esatto delle loro vantate invenzioni. Omero non è sempre di accordo
troppo di un tal privilegio. Se non è agevole cosa il conciliare tra loro i Mitografi, difficile è pur anche il far la dice
occhè giunti quelli ad una certa età, si rivoltarono contro lo stesso loro padre, ad eccezione di Oceano. Ma Urano ebbe il d
, ed assistenza di questo Dio, Giano civilizzò i suoi popoli, insegnò loro il corso dell’anno, l’agricoltura, l’uso della mo
te. Giunone sommamente gelosa : e sovente l’Olimpo era testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai di vista
sedeva alle nozze. Quindi le matrone Romane le offerivano voti per le loro figliuole : chiamandola pure Domiduca, perchè acc
o le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una volta al di loro cospetto. A tale uffizio fu destinato il gentile
di Tempe nella Tessaglia. Talvolta questo Dio annuncia ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità
oso di questo Dio era in Epidauro, dove i Sacerdoti pretendevano, che loro si manifestasse sovente in forma di serpente. La
il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pioppi, e le di loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amic
sa tolse la vita alle femmine, che si aggiravano intorno ai roghi de’ loro germani. Quantunque Apollo fosse il Dio degl’inge
o delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acque di
Altea moglie di Enèo credettero, che questa spoglia dovesse essere di loro pertinenza. La contesa andò avanti, si venne alle
olta porta una fiaccola in mano per isnidare gli animali selvaggi da’ loro covili1. Le Muse. Nove sono le Muse, che sovr
arti, ai talenti. Hanno Giove per padre : Mnemosina (la memoria) è la loro madre. Eccone i nomi : Clio, Euterpe, Talia, Melp
lpomene, Terpsicore, Erato, Polimnia, Calliope, e Urania. Apollo è il loro capo, e perciò vien chiamato Musagete, cioè condu
gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle di loro braccia. Egli si ruppe ciò non ostante una coscia
avola ci hanno tramandato i poeti latini : ma1 i Greci, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio di Giove, e
esì ai venti, o di spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è composta di Tritoni, che
oni, e di cattivi si argomenta, che tutte le ombre erano giudicate al loro arrivo all’Inferno. Discese dalla barca di Caront
Eaco, e Radamanto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in segno de
endo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in segno della loro dignità. Le Furie aspettavano le ombre de’ condan
umenidi, cioè dolci, ma per antitesi, cioè per dinotare l’opposto. Il loro aspetto avrebbe sgomentato i più intrepidi : eran
ne, con lunghe smunte mammelle, e da per tutto spiravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una f
ell’altra una sferza di serpenti, colla quale ffagellavano le ombre a loro consegnate. Varie erano le pene, che si soffrivan
ele, che per mettere a prova la divinità degli Dei in una festa diede loro a mangiare il proprio suo sigliuolo, sente eterna
iposo allora che avessero riempiuta una botte, che non avea fondo. La loro istoria esige qualche dettaglio. Danao Re di Argo
osto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine di ammazzare i loro sposi nella prima notte, che ad essi si univano.
, partecipavano della natura reale, e della natura immaginaria. Il di loro potere era più, o meno esteso. Essi avrebbero pot
urono gli uomini obbligati a creare altrettanti Dei, secondo quel che loro suggeriva la fantasia riscaldata, o a misura che
una grotta, ove egli erasi addormentato : da lungo tempo Sileno aveva loro promesso alcuni versi che mai non diede, le ninfe
il volto di mora spina : sorrise Sileno svegliato nel vedersi fralle loro mani : dimandò loro di esser posto in libertà, e
ina : sorrise Sileno svegliato nel vedersi fralle loro mani : dimandò loro di esser posto in libertà, e non l’ottenne, che d
simo. I Satiri, i Fauni, i Silvani si rassomigliano perfettamente fra loro . I Centauri. I Centauri erano mostri per la m
tti. Allorchè arrivarono entrambi all’età avanzata, riacquistarono la loro giovinezza, e non ismentirono quella fedeltà, che
reseggono alla sorgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era di vecchi con capelli, e barba grondan
scorre in abbondanza. Questa è la sorgente dei fiumi sottoposta alla loro sorveglianza. Spesso portano le corna di bue, e t
nfinità di figliuole conosciute sotto il nome di Ninfe. I particolari loro nomi derivavano dai diversi attributi, che loro s
Ninfe. I particolari loro nomi derivavano dai diversi attributi, che loro si davano. Chiamavansi Driadi, e Amadriadi quelle
e avevano l’impero sulle acque del mare, erano dette Nereidi da Nereo loro genitore. Eco. Eco figlia dell’Aria, e della
ante nati da un altro matrimonio divennero l’oggetto dell’odio di Ino loro madrigna. Intimoriti volendo sottrarsi da tale in
tuffarsi nelle onde. I Dei marini lo accolsero, e lo ascrissero alla loro classe. Eolo Dio dei venti. Eolo regnava nel
che gli ordinava di mettere i venti in libertà, o d’incatenarli nelle loro caverne. Quattro erano i principali venti conosci
er andarla cercando : ma nell’impossibilità di trovarla, fissarono la loro sede sulla sommità delle rocce, occupandosi di da
e, occupandosi di dar la morte ai naviganti tirati dalla dolcezza del loro canto. Tanto loro aveva promesso il Destino, finc
dar la morte ai naviganti tirati dalla dolcezza del loro canto. Tanto loro aveva promesso il Destino, finchè non si fosse ri
le. Al saggio Ulisse spettò l’esecuzione di un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera gli orecchi de’
are ad un albero del naviglio. Per la rabbia di essere stata elusa la loro arte, le Sirene si precipitarono nel mare, ove fu
ione, e che divoravano chiunque aveva la disgrazia di cadere in poter loro . Scilla, e Cariddi spogliate degli ornamenti dell
Abitavano nel Tartaro per dinotare l’oscurità che vela l’avvenire. I loro nomi erano Cloto, Lachesi, ed Atropo. Cloto la pi
iava il filo colle forbici. Sorde ai prieghi dei mortali seguivano il loro lavoro, e lo interrompevano all’ora stabilita dal
Le Grazie eran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed assistevano al suo abbígliamento. Erano
no sortite dalla natura. Vengono rappresentate ignude, dandosi fra di loro la mano. Avevano picciola statura ; ma un’aria do
o per lo più tali attributi per aggiungere naturalezza, e vivacità ai loro lavori. Eudemonia, o sia la Felicità. Era ques
o. Non contento Giove di tale vendetta, e per punire gli uomini delle loro temerarie intraprese ordinò a Vulcano, che avesse
era di ripopolare la terra. A tale oggetto consultaron Temi, la quale loro rispose, che avessero scavate le ossa della gran
ossa della gran madre, e col capo velato le avessero gittato dietro i loro passi. Pareva in apparenza questo oracolo che con
nti del dragone produssero de’ nuovi soldati che si scannarono fra di loro , restandone soli cinque che lo ajutarono alla fab
no un occhio solo, ed un solo dente, che s’improntavano a vicenda. La loro chioma era composta di serpenti, che si rizzavano
rami di pino curvati, che poscia si raddrizzavano collo squarcio de’ loro corpi. Teseo lo fece morire nella stessa guisa. P
e fece la guerra alle Amazoni, donne sommamente guerriere, e sposò la loro regina Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Fu T
ti che aveva occupati Mnesteo : ma i sudditi malcontenti di un re che loro attirava una folla di sventure, non vollero in ni
irono soltanto quei che avevano preso parte al ratto. Tal moderazione loro fece meritare la stima e l’ammirazione degli Aten
ed Elle figliuoli di Atamante re di Tebe. Perseguitati questi da Ino loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, l
ata Tebe nell’età di anni dieci dal giogo de’ Miniani. Ammazzò Ergino loro re, e saccheggiò Orchomeno città capitale de’ med
elli straordinarj del Lago Stimfalo in Arcadia. Era tanto numeroso il loro stuclo che oscurava l’aria. Avevano il becco di f
Il secondo pasceva di carne umana i suoi cavalli. La pena medesima fu loro applicata. Fece in seguito la guerra alle Amazoni
Fece in seguito la guerra alle Amazoni, e diede in isposa a Teseo la loro regina. Uccise Gerione, che aveva tre corpi. Esse
no picciolissima statura detti Pigmei per vendicare la morte di Antèo loro re si affollò intorno di Ercole, che ridendo li p
re per sottrarla dalle premure degli amanti che la circondavano, fece loro sentire che per ottenerla in isposa dovevano cond
oso musico insieme, e poeta scioglieva la voce al canto, uscivano da’ loro covili le bestie feroci, e divenivano altresì sen
rono dunque entrambi, ed era tale l’accanimento, che l’odio reciproco loro ispirava, che dopo aversi dato de’ colpi terribil
de’ colpi terribili, restarono nel tempo istesso morti sul campo. La loro rabbia si manifestò anche dopo la morte, giacchè
sto, che stuzzicava i guerrieri della Grecia a vendicare le ombre de’ loro padri. Questa seconda guerra fu detta degli Epigo
Dei in sua casa, volle mettere alla pruova la divinità, con preparar loro in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. F
i di Pelope sono celebri Atrèo, e Tieste. Ad insinuazione d’Ippodamia loro madre ammazzarono il loro fratello Crisippo nato
trèo, e Tieste. Ad insinuazione d’Ippodamia loro madre ammazzarono il loro fratello Crisippo nato da una concubina di Pelope
ne, le Minerva giurarono di vendicarsene, e mantennero esattamente la loro parola. Venere adempì fedelmente alla sua promess
one : tosto si sveglia, balza dal letto, raduna i capi dell’esercito, loro espone quanto aveva sognato. All’istante fumano g
nimati dal saggio, e vecchio Nestore si fecero innanzi, e gittarono i loro nomi in un elmo : cadde la sorte sopra di Ajace f
te i Trojani, che respinsero i Greci, e li astrinsero a ricovrarsi ai loro vascelli. Agamennone nuovamente parlò di levare l
le trincee de’ Greci, che per la seconda volta dovettero ritirarsi ai loro vascelli. I Trojani erano al punto di attaccarvi
riposo. Fu deciso di darsi una nuova battaglia, e’ gli Dei stessi fra loro si attaccarono. Achille intanto immolava all’ombr
rime di dolore, e le grida arrivarono al Cielo : l’aria risuonava de’ loro lamenti : l’intera città era in lutto. La prima c
dalla reggia, scongiurando i suoi sudditi di ajutarlo a reprimere la loro temerità. La notte s’imbarca, dirige la prora ver
seguente il buon re Alcinoo raduna l’assemblea de’ grandi del Regno : loro presenta il suo ospite : espone la di lui trista
trista situazione, e li dispose a fargli de’ doni proporzionati alle loro ricchezze. Tal dimanda è bene accolta. All’istant
questi popoli, uccidendo sei uomini per ogni vascello. Scappato dalle loro mani dopo una pugna sanguinosa, uscì di strada pe
, in lupi. La maga, dopo aver fatto gentile accoglimento agl’inviati, loro offrì una bevanda, che li trasformò al momento in
le strade sono inondate dal sangue di questi perfidi, e da quello dei loro aderenti. I sudditi che attendevano con impazienz
ano con impazienza il ritorno del re, fanno risuonare la reggia delle loro grida : va l’avviso a Penelope, che Ulisse è in I
medesimo. Questo re non solamente gentilmente accolse i deputati ; ma loro promise dippiù, cioè che Enea sarebbe divenuto su
mpagne della Frigia, chiedendo ospitalità agli uomini, che dapertutto loro la negarono. Bauci, e Filemone abitavano in una m
i soli, che accolsero il sovrano degli Dei, e Mercurio, con preparar loro una mensa assai frugale, non permettendo Giove ch
ale, non permettendo Giove che ammazzassero un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel di vegnente
nel di vegnente per punire gli abitanti del paese, e per mostrare il loro potere a chi gli aveva alloggiati, li conducono a
gli aveva alloggiati, li conducono alla cima di una montagna con far loro vedere tutto il villaggio sommerso, e gli abitato
cere di dover uno di essi piangere la morte dell’altro. Questa grazia loro fu concessa : un giorno mentre narravano i prodig
zia loro fu concessa : un giorno mentre narravano i prodigj operati a loro favore, furon cangiati, Filemone in una quercia,
di fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lontano. Fermi nel loro proposito si diedero un appuntamento in un sito,
to, egualmente Tisbe raccolto il pugnale, si uccise per il dolore. Il loro sangue zampillando sulla pianta del moro, le sue
Leandro. Ero, e Leandro perdutamente si amavano, benchè separati fra loro dall’Ellesponto. Leandro abitava in Sesto, ed Ero
no l’esempio dell’amor filiale. Essi trascinarono il carro dov’era la loro madre, che si recava al tempio. Gli Dei per compe
ebbero il nome di Alcioni. Dicono i poeti che questi uccelli fanno il loro nido nel mare, che sta in calma, durante il tempo
fede abbastanza delle Divinità Napoletane, e della magnificenza della loro città : giacchè quanto vi ha di grande e magnific
emorie sparse quà, e là in tanti libri, e scrittori per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiamo procurato di s
ori, che ad imitazione degli altri popoli professavano un culto tutto loro proprio verso le assurde e false Divinità ; culto
sinie, che con solenne rito nella Grecia si rinnovavano. Durante : il loro corso, e con assegnate cerimonie si alludeva al r
ò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come nel di loro articolo abbiamo dimostrato, sembra naturale che
nella cena di Trimalchione. Credesi però che tali luoghi ripetano il loro nascimento dai Fenicj, che loro adattarono una de
desi però che tali luoghi ripetano il loro nascimento dai Fenicj, che loro adattarono una denominazione corrispondente all’i
un cane. XIV. La Fortuna. Anche alla Fortuna indrizzavano i loro voti gli antichi abitatori di Napoli, come dal mo
, ed affini in contrassegno e conferma del comune attaccamento fra di loro . Proxima cognati dixere Charistia Chari : Et ve
a Repubblica. Si è già osservato, che gli Eumelidi avevano Eumelo per loro Nume tutelare, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anub
i, o di Eroi spacciavano presso il popolo tuttociò che per tradizione loro era stato tramandato, che abbellivano poi con i p
ione loro era stato tramandato, che abbellivano poi con i parti della loro fantasia. Ecco al dire di Vico l’origine delle fa
Galli, e Corybantes, scorrevano per le strade, portando la statua del loro nume. Danzavano davanti ad essa in una data caden
e strani contorcimenti, ed alzando al cielo acute grida straziavano i loro corpi. (1). Dal fragore del tuono Giove fu detto
han curato di esser conseguenti nelle favole inventate dalla fervida loro immaginazione, le hanno confuse. 1. Trovasi rapp
servato dopo Clemente Alessandrino, che gli scultori greci facevano i loro Mercurj rassembranti Alcibiade, e che gli artisti
embranti Alcibiade, e che gli artisti, che vennero dopo, seguirono il loro esempio. Bellissima è la statua di bronzo, che si
10 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
in Grecia per altri mari, furono obbligati a portarsi sulle spalle la loro nave a traverso i monti per andare a trovare, chi
ia accompagnarono Giasone e Medea in Tessaglia, ed ivi si divisero da loro per andare a compiere altre illustri imprese, del
ero ringiovanire il vecchio padre con certe erbe magiche che ella diè loro  ; ed esse troppo credule furono orribilmente mici
e che ne porta tuttora il nome, e nella quale i moderni astronomi coi loro telescopii hanno contato 127 fulgidissime stelle.
gatori. Le isole stesse dell’ Arcipelago greco, per quanto vicine tra loro , non che le più distanti negli altri mari, non av
maraviglia dei selvaggi dell’America, quando videro avvicinarsi alle loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le invenzion
ile derivano da città e cittadino, e stanno ad indicare nel primitivo loro significato il modo di vivere della città, ossia
considerarono esseri soprannaturali, o figli degli Dei, o ispirati da loro . Tali erano Orfeo ed Anfione, la cui esistenza ap
ri poetici dei primi civilizzatori dei popoli. Essendo incerto chi di loro due esistesse prima, comincierò da Anfione, del q
orì, come abbiam detto di sopra. Le Ninfe per vendicar la morte della loro compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così
chi alle leggi naturali della creazione sostituivano i fantasmi della loro immaginazione. XLVIII Ercole Il nome e la
r quanto dicono i poeti, anche in culla era degno di Giove, strangolò loro . Questo fatto divenne tanto famigerato, che anche
plici teste dell’Idra favolosa. Agli Antichi non bastò il dire che la loro mitologica Idra fosse insanabilmente velenosa, ma
elle moderne. Oltre quelle che nell’isola di Lenno « Tutti li maschi loro a morte dienno, » e si costituirono in repubblic
egno tutto di donne, le quali non solo avevano ucciso tutti li maschi loro , come fecero quelle, ma divenute abilissime a tir
ome fecero quelle, ma divenute abilissime a tirar d’arco, spinsero le loro spedizioni guerresche nell’Asia Minore, non che n
e.Ad Ercole fu imposto di combatter con esse per togliere ad Ippolita loro regina un preziosissimo cinto di cui si era invog
Gli Spagnoli coniarono con questa iscrizione posta fra due colonne le loro monete, dette perciò volgarmente colonnati. Non d
ono i Svizzeri, sono più difficili a vincere quanto più ti appressi a loro  ; perchè questi corpi possono avere più forze a r
se dai muggiti delle giovenche rubate che rispondevano a quelli delle loro compagne ; ed aperta a forza la caverna, a colpi
ettori delle palestre e dei giuochi circensi. È lodata in generale la loro abilità e valentia in questi esercizii, ma non si
in questi esercizii, ma non si narrano molti fatti particolari della loro vita nel mondo. Oltre la spedizione degli Argonau
i racconta che mossero guerra agli Ateniesi per ritogliere ad essi la loro sorella Elena che era stata rapita da Teseo ; ma
oeti classici lodano molto quelle due spose per l’affetto costante ai loro sposi, e principalmente Ilaira o Talaira che serb
dia dagli Ateniesi ; e Minosse per vendicare la morte del figlio fece loro la guerra, e avendoli vinti impose ad essi un tri
li Ateniesi soddisfecero gemendo a questa orribile condizione imposta loro dal vincitore. La terza volta però ne furon liber
za volta però ne furon liberati da Teseo riconosciuto come figlio del loro re Egeo. A questo punto cessano i fatti notabili
parlare di quest’Eroe. LI Teseo Gli Ateniesi ambirono che il loro Eroe Teseo a cui tanto è debitrice l’Attica civil
e ; e perciò a forza d’invenzioni favolose splendidamente narrate dai loro egregii scrittori lo resero famoso non meno dell’
retesi miracoli. Non bastò agli Ateniesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno, e così
zi, come vedremo in appresso, gli nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fosse di origine divina, non vollero per alt
a, li legava in un letto, e poi se eran più lunghi di quello tagliava loro le gambe che sopravanzavano, e se eran più corti
li faceva giungere alla misura di quel letto tirando e dislocando le loro membra107. Teseo con un colpo di clava liberò la
dia del 7° cerchio dei violenti ; ed al qual mostro, perchè lasciasse loro libero il passo, fa dire da Virgilio : « ……………….
i a morte ; così pur Teseo andò gastigando i ribaldi usando contro di loro quella violenza che essi usavano contro degli alt
el suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima di tutto come nacque la loro amicizia. Piritoo re dei Làpiti sentendo tanto en
r combattimento : ma appena i due campioni si furon veduti nacque tra loro una tal simpatia, che, deposte le armi, si abbrac
ella Tessaglia che primi impresero a domare i cavalli e sottoporli ai loro servigii ; e chi per la prima volta da lontano li
al termine del pranzo, essendo riscaldati dal vino, manifestarono la loro natura più bestiale che umana, tentando di rapire
col petto e la testa di donna. Essa fermava i passeggieri e proponeva loro un enigma ; e se non lo indovinavano li strangola
della pira si divisero, segno sensibile che l’avversione degli animi loro erasi comunicata a tutte le molecole dei loro cor
’avversione degli animi loro erasi comunicata a tutte le molecole dei loro corpi. E di questo mitologico prodigio fa menzion
guerra di Tebe parleremo separatamente nel prossimo numero, perchè le loro vicende, e domestiche e guerresche, non furono d’
roi, che gli avrebbero rapite le figlie sposandole e conducendole nei loro regni. Per altro in quel momento erano ambedue pr
e si gettò nel rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio era nato un figlio di nome Stènelo, che
a della morte del suocero ; e per allontanare i pretendenti proponeva loro condizioni durissime, cioè o di superarlo nella c
ro questi fratelli, ma si comunicò in ambedue le linee collaterali ai loro discendenti. Di Tieste era figlio Egisto, nato d’
el rimanente della Mitologia, e spesso troveremo implicato Egisto nei loro domestici casi. Infatti occorre prima di tutto di
e. Lasciamo che per pochi anni i due famosi Atridi godano in pace del loro regno e del fido coniugio ; ben presto saranno co
iti e soldati di Achille all’ assedio di Troia. Forse la radicale del loro nome, che in greco significa formica, diede motiv
greco significa formica, diede motivo a inventar questa favola della loro origine ; la quale però parve sì bella che tutti
o essendo conosciuto da Giove e dagli altri Dei, trattenne ciascun di loro dallo sposar Teti, e tutti d’accordo convennero d
asse qual Dea gli paresse più bella. Tre sole Dee si ostinarono nelle loro pretese senza voler cedere, cioè Giunone, Minerva
curo sulla genealogia dei re di Troia e sulla verità dei fatti che di loro si raccontano. Dovendosi quindi ricorrere alle an
ra, come avvien quasi sempre, che son puniti i popoli dei peccati del loro re128. Consultato l’Oracolo, rispose che i Troian
uno dei quali dovrà parlarsi nel raccontare le estreme sventure della loro patria ; e prima converrà dire di quello che ne f
sione investigando essi l’origine di lui, scuoprirono che egli era il loro fratello esposto da bambino nelle selve, e per ta
fra gli altri quei due famosi Eroi che meritarono in appresso, per le loro grandi gesta in quell’impresa, di esser fatti da
nte di gioie, e andò ad offrirle nelle corti alle principesse ed alle loro ancelle ; ed avendo fra i monili donneschi portat
il passaggio nella Troade ; ma il vento spirava sempre contrario alla loro partenza. Allora gl’indovini Eurìpilo e Calcante
ri perirono in quel primo scontro, che non ebbero ugual fama, e colla loro morte pagarono il primo tributo di sangue al Dio
i guerra intendessero i Greci di fare ai Troiani, ossia qual fosse la loro tattica e il loro disegno, o, come suol dirsi fra
ero i Greci di fare ai Troiani, ossia qual fosse la loro tattica e il loro disegno, o, come suol dirsi francescamente, il pi
à e ne menavano schiavi gli abitanti ; e solo nel decimo anno tutti i loro sforzi si diressero contro Troia. Trovarono forse
e superstizioni per tenere a bada i soldati, e pascere di speranze la loro credulità. Attribuivasi infatti a Palamede l’inve
ompiuta per opera dei Troiani stessi il giorno avanti l’eccidio della loro città, come vedremo. Nel decimo anno del lungo e
o i Troiani e favoriranno i Greci ; e così altre Divinità, secondo le loro simpatie o antipatie, come fanno i mortali, prend
e Marte furon feriti in battaglia da Diomede : sangue non uscì dalle loro immortali, eppure non invulnerabili membra, ma qu
ssero prodigi di valore a gara con Diomede, la sorte era contraria al loro esercito, il quale rimaneva quasi sempre perdente
di Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci di aver perduto il loro principal sostegno, gli resero onori divini, gli
più valente di consiglio. In pubblico parlamento esposero entrambi i loro titoli ad avere la preferenza, ma vinse Ulisse co
i quei principi e guerrieri, amici ed alleati dei Troiani che recaron loro soccorso personalmente e perderon per essi la vit
bi uccisi in battaglia da Achille, o secondo altri da Ulisse. Dopo la loro morte accaddero dei miracoli : il corpo di Sarpèd
irgilio, mentre questi non pensano e non rivolgono mai il discorso ai loro lettori, e narrano o descrivono a lungo quanto su
ro lettori, e narrano o descrivono a lungo quanto suggerisce o ispira loro la Musa, senza curarsi se a chi legge sia noto o
come un voto sacro a Minerva quel cavallo, ma lo trasportarono nella loro fortezza, abbandonandosi spensieratamente alla gi
i per liberarsi da quelli spaventevoli serpenti che li cingono con le loro spire. Può vedersene anche una copia in marmo (fa
Conte Ugolino. Ma gli scrittori greci per non menomare il merito dei loro Eroi nascosero più che poterono il tradimento, ta
chiavi dei Greci, e principalmente di Pirro e di Agamennone : e delle loro vicende parleremo in appresso secondo l’ordine cr
ontenti della lor parte di preda ; ma la dissenzione si manifestò tra loro per decidere della partenza. Compiuta l’impresa e
no verso la Grecia finchè la tempesta non li divise ; la quale piombò loro addosso vicino all’isola di Eubea. Ivi viveva anc
i reduci divenuti così famosi furon pur anco felici nel rimanente dei loro giorni. Alla narrazione storica generale subentra
irato, non mai creduta da alcuno. Non solo ai Troiani essa presagì le loro sventure, ma pur anco ad Agamennone, e neppur egl
o pretendevano che Penelope sua moglie si risolvesse a sposare uno di loro . Erano questi i Proci (cioè i pretendenti) di cui
torno del marito, differiva di giorno in giorno a sposare qualcuno di loro  ; e trovandosi finalmente costretta a determinare
per andare e tornare. Ristretti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e di spazio, determiniamo i
« Dar di forza nel mar co’remi ingiunsi, « Se il fuggir morte premea loro  ; e quelli « Di tal modo arrancavano, che i grav
nte, mentre condanna ambedue questi Omerici Eroi all’Inferno, assegna loro giustamente una pena molto diversa, secondo le di
tutte le diavolerie della selva incantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima di quella di Dante, affinchè no
descrizioni prima di quella di Dante, affinchè non perdano nulla del loro prestigio. Un altro fatto straordinario avvenne a
rchè le mense che i Troiani divorarono furono le focacce che servivan loro di piatto e di tavola quando nelle spedizioni man
sozzi volatili nella selva delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenza l’orrore di quella, negli alberi della q
abbandonò Didone ; ed essa imprecando ad Enea ed a tutti i Troiani e loro discendenti, per disperazione si uccise149 Ad En
non solo trovansi le origini preistoriche dei popoli antichi e delle loro credenze religiose o vogliam dire superstiziose,
dei popoli pagani, anche nei tempi istorici, finchè durò il culto dei loro Dei falsi e bugiardi. Perciò nella Mitologia conv
uindi è fondata sulla credenza che gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni sens
lla credenza che gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni sensibili più o meno e
eti della Bibbia. Dall’Asia passò in Europa. I Greci la chiamarono in loro linguaggio Mantiche, vocabolo che significa furor
rno pregavano gli Dei e ad essi immolavano vittime per ottenere che i loro figli fossero superstiti (cioè sopravvivessero ai
in generale quel che abbiamo accennato in principio, che cioè l’arte loro era un effetto d’impostura da un lato e di stupid
dal Dio di Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi potessero accordar loro virtù profetica. Non si deve dunque cercarne la s
eressati ad intendere in un modo piuttosto che in un altro. Molti dei loro responsi eran conservati per tradizione nella mem
ito esservi stata qualche Sibilla a profetare. Quindi si raccolsero i loro responsi, veri o supposti, e una copia di queste
o, le sanzionavano ed anche se ne impadronivano per servirsene a modo loro a dirigere o contenere il mobile volgo. Ecco perc
o, encomiano come profetesse infallibili le Sibille e come veridici i loro responsi o versi sibillini, confermando così le v
. Molte erano le Sibille rammentate dagli Antichi più pel luogo della loro nascita che pel nome loro o dei loro parenti ; ma
ammentate dagli Antichi più pel luogo della loro nascita che pel nome loro o dei loro parenti ; ma dieci soltanto furon rico
agli Antichi più pel luogo della loro nascita che pel nome loro o dei loro parenti ; ma dieci soltanto furon riconosciute e
ci a non ber mai troppo, e specialmente nei geniali conviti, rammenta loro questa funesta pugna dei Centauri eccitata dal vi
da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti dalla
ita per salvare quella dell’amico, quando Egisto voleva sapere chi di loro due fosso Oreste, ed entrambi si affaticavano a d
11 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
l velo della obblivione. E più di ogni altro i Poeti colla soavità de loro versi conseguirono in guisa l’ammirazione di tutt
i ? Gli educatori adunque della gioventù debbon porre fra le mani de’ loro allievi i greci ed i latini scrittori, se non vog
eltà del padre sottratti. E questi tre figliuoli di Satùrno tutto fra loro si divisero il gran regno dell’universo, sicchè a
ornamuse, di cembali e di timpani, a’quali i Coribanti accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti di un cerchio
ono di quella cornamusa (tibia), sulla quale i Coribanti cantavano le loro sacre canzoni, e ch’era ricurva ed aveva aggiunto
nti (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più di dieci anni. Fu loro uffizio principale, vegliare alla custodia del sa
più popoli si davano il vanto di aver veduto nascere questo nume fra loro  ; ma i Poeti per lo più danno a’ Cretesi un tant’
li Idei, Dattili Dittei e Cabiri, danzando armati e percuotendo certe loro armi e piccoli scudi ; ch’è la celebre loro danza
rmati e percuotendo certe loro armi e piccoli scudi ; ch’è la celebre loro danza e saltazione Pirrica, familiare a’Cretesi,
cembali de’ Cureti, nell’antro del monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in pre
lla sua mirabile statua. Oltre a ciò agli uomini donò un tal fuoco, e loro mostrò la maniera di farne uso. Il che mal soffer
re degli uomini, fabbricarono questa donna e tutti l’arricchirono de’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi di ciò, comand
avean tentato d’innalzare que’ baldanzosi(1), e così riuscì vana ogni loro impresa. Sovente i Giganti si confondono co’ Tità
he molto gradì que’ sinceri e pietosi ufficii, manifestandosi comandò loro di seguirlo sopra un colle vicino, da cui additò
ò il paese pel diluvio divenuto un gran lago, e sola rimaner salva la loro casuccia, che fu mutata in un magnifico tempio. E
esser ministri di quel tempio e di morire insieme. Furono esauditi i loro voti ; e giunti ad una gran vecchiezza, un giorno
ia, e gli mesce rosseggiante nettare. Nè gli Dei solamente, ma pure i loro cavalli, e quelli particolarmente del Sole, si pa
latte ; e le acque che beveano i primi uomini a mani giunte, erano il loro nettare. Così Dante : Lo secol primo quant’oro f
ra propriamente il cibo di Giove e degli altri Dei, ed il nettare, la loro bevanda ; sebbene non mancano scrittori che l’una
l Campidoglio, il Dio Termine e la Dea Gioventù non vollero cedere il loro posto ; che fu felice presagio della perpetua flo
Gree (γραιαι da γραυς, vetula), perchè furon vecchie e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie di Forco, dio marino, e d
figliuola, che il vittorioso Eroe con grandissima festa impalmò nella loro reggia medesima. Da’ quali nacque Perse che diede
quegli abitanti avean favorito Polidette contro la madre, col mostrar loro il capo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi
della rapita Europa chiamati a se i figliuoli Fenìce, Cilice e Cadmo, loro impose che fossero tosto partiti a ritrovar la so
e alla patria. Per tal comando partiti i fratelli e non ritrovando la loro Euròpa, Fenìce si stabilì nell’Africa, e da luì g
sparti (σπαρτος, satus, a σπειρω, sero), de’ quali venuti a pugna fra loro rimasero non più che cinque, i quali aiutarono Ca
e, che gl’infelici compagni di Cadmo divorò crudelmente. Il quale del loro indugio forte maravigliando, tutto armato va alla
quali sorge tosto mirabile schiera di armati guerrie ri (1), che fra loro battendosi crudelmente, salvo che cinque, tutti s
Sparti ; e forse la venuta di Cadmo mosse grandi discordie civili fra loro , per le quali perirono non pochi uomini ; e di qu
i della città. Minos intanto, espugnata Megara, e vinti gli Ateniesi, loro impose, in pena della morte di Androgeo, il ben d
e ad allevare ad un pastore del monte Citerone, ove vissero ignari di loro condizione ; ed Anfione divenne celebre per la mu
do l’implacabile Giunone, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’avesse
cangiate in uomini. Può dirsi ancora che i Mirmidoni, per la piccola loro statura rassomigliati alle formiche, amavano abit
are nelle cavità degli alberi e negli antri. Eaco li raccolse e diede loro domicilio più sicuro ed agiato ; e da ciò la tras
ni riconoscevan l’origine, uccise il fratello Iasio, essendo nata fra loro per ragion di successione gravissima discordia ;
nchiusi Giove per impedire che ponessero sossopra e cielo e terra col loro mal regolato furore. Il che finsero, perchè nelle
a Sicilia che alcuni chiamano Eolie, ed alcuni, Vulcanie, da Vulcano, loro re ; fra le quali le principali sono Lipari, e St
erito era nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egli fosse il loro Dio. Alcuni dicono che gli abitatori delle isole
fiamme, e predetto qual vento dovesse spirare, non altrimenti che se loro comandasse, fu stimato Dio de’venti. XXII. Ora
ciò, la lode de’vincitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bosco di Giove, in Olimpia, e ri
ganti con più terribile aspetto, mentre essi si scontorcono, e con le loro maestose facce minacciano il supremo Nume, che vi
e loro maestose facce minacciano il supremo Nume, che vibra contro di loro ì fulmini ». In una statua di Giove in terra cott
Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figli
di paglia, o Pigmei, ne’loro campi, per ispaventare le grù ed impedir loro che portassero via il grano seminato. Ma secondo
e que’ popoli Pigmei si uniscono per impedire ch’esse devastassero i loro campi ; così Omero finse la guerra de’ Pigmei col
o i Troiani per l’oltraggio recatole da Paride(2), percui dichiarossi loro irreconciliabile nemica e tentò ogni mezzo per ve
e due eterne rivali Roma e Cartagine un odio tanto implacabile che la loro ostinata lotta non finì che colla totale distruzi
’Ilo, avea promesso con giuramento a Nettuno e ad Apollo d’immolar in loro onore tutto il bestiame, che in quell’anno sarebb
no dalla spedizione contro le Amazzoni. Il padre avea promesso di dar loro , oltre la figliuola, alcuni cavalli ch’eran figli
to il suo popolo e da quelle ripetevano le sciagure de’ Troiani e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spe
in un bosco e che avendolo ritrovato alcuni pastori, l’educarono come loro figliuolo, e gli posero il nome di Paride o Aless
do dalla patria Egina per avere ucciso il fratello Foco, fermarono la loro stanza il primo a Salamina, il secondo a Ftia, ci
iove, non volendo seder giudice fra la moglie e due figliuole, impose loro di rimettersi al giudizio del pastorello Paride.
tuna. A Roma la Fortuna avea non pochi tempii ; e gl’Imperatori nelle loro stanze aveano una statuetta d’oro della Fortuna d
ie che li riguardavano ; ed anticamente i mariti chiamavan Giunoni le loro mogli, come queste, Giovi i loro mariti(1). Essa
amente i mariti chiamavan Giunoni le loro mogli, come queste, Giovi i loro mariti(1). Essa accompagnava la sposa alla casa d
perchè assisteva alla nascita degli uomini. Le donne nel giorno della loro nascita sacrificavano in di lei onore, come gli u
della loro nascita sacrificavano in di lei onore, come gli uomini, al loro genio(5). Ma sul nome Lucina vi è non poca confus
otoniati, abbelli con insigni pitture il tempio di Giunone Lacinia da loro tenuto in somma venerazione. E per uso di esso di
a sede in Atene. Ma Giove conoscendo la buona disposizione dell’animo loro , fece piovere su quell’isola bella pioggia d’oro
a pioggia d’oro per irrigarne il beato suolo ; e Minerva fu anche con loro liberale de’ suoi doni, percui si resero famosi n
e’ suoi doni, percui si resero famosi nella scoltura, vedendosi nelle loro strade statue di uomini e di animali, che sembrav
e piantò un verdeggiante e bellissimo ulivo. Di ciò fu gran piato fra loro a chi dovesse dare il nome alla novella città ; e
i attribuite a questa Dea(2) ; e però gli artefici a lei porgevano le loro preghiere. A lei si attribuisce l’invenzione del
andavano alle scuole, ed i maestri novelli offerivano le primizie de’ loro studii ad una immagine di Minerva che ponevano ne
diedero il nome di Poliade, perchè erasi dichiarata protettrice della loro città di accordo con Nettuno. VII. Minerva la
eri del Paganesimo, si studia di dimostrare che i Greci foggiarono la loro Minerva sul tipo dell’Iside di Egitto. Di fatto P
ad Iside ; e così Minerva trasse dalla barbarie i popoli dell’Attica, loro dando delle leggi, da cui venne l’agricoltura. A
i e render quel tribunale a tutt’i popoli venerando, presentarono sul loro teatro il magnifico spettacolo dell’Areopago isti
i testimoni. Io sceglierò i più sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa causa. Essi legat
assò in legge a favore di tutti i colpevoli. Gli Areopagiti davano il loro suffragio con alcune pietruzze bianche e nere, le
’ greci poeti leggiamo l’epiteto dal bel peplo dato a molte donne per loro gran lode ; ed Omero(1) dal peplo e dall’aurea fi
in più luoghi descrive or Minerva, or Teti, ed ora Venere ornate del loro peplo ; e chiama quello di Venere, più fulgido de
nori. In questo tempo molti pregavano Minerva pel buon successo delle loro opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e la f
tò Dante : ……. vedea Pallade e Marte, Armati ancora intorno al Padre loro , Mirar le membra de’ giganti sparte. Plinio(1) f
e Macaone, avendo seguito Agamennone alla guerra di Troia, coll’arte loro a que’ guerrieri furono di grandissimo aiuto. Or
zò le selvatiche genti co’dolci modi del canto e della poesia ; e dal loro vivere e vitto ferino, e dalle micidiali discordi
tri in Roma era una statua di Marsia, ove univansi i causidici per le loro faccende e per comporre le liti(1). La sorgente d
be si esercitavano alla palestra. Quivi Apollo e Diana, co’ micidiali loro dardi, l’uno tutt’i maschi, l’altra, tutte le fem
mani la morte ; e Niobe, priva del marito e de’ figliuoli, presso la loro tomba sfogando il disperato suo dolore, fu cangia
le consorte. VIII. Incumbenze di Apollo-Nove Muse. Luoghi del loro soggiorno. Non poche e tutte nobilissime erano le
chiamato virgineo monte, perchè le Muse si tenean per vergini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alber
darono esse, ma come furono entrate, conobbero le coperte insidie che loro tramava quel tristo ; per cui, prese le ali, fugg
idare al canto le Muse ; ma furon vinte da quelle Dee, che strapparon loro le piume e e ne ornarono il capo. X. Continuaz
onte Citerone ; i quali, da un pastore educati, riconobbero poscia la loro origine ; e per vendicare l’onta della madre lega
luoghi del soggiorno delle Muse si fingevano deliziosi e ridenti. Ne’ loro giardini e sacri boschetti vi eran fontane e rusc
Poeti, i quali si assomigliavano alle api, succhiavan la soavità de’ loro versi(1). Orazio è qual’ape industriosa del monte
Muse infine le passate, le presenti e le future cose annunziando, al loro canto divino rallegravasi tutto l’Olimpo(5). Le C
onsi riconoscere pel solo carattere di un decente abbigliamento. Alla loro testa si vede Apollo coronato di alloro e colla l
iderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che gli fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo significò che di là a t
rsale. Da questo Nume, dice Callimaco(3), hanno appreso i medici, co’ loro salutari rimedii a quasi tener lontana dall’uomo
an numero tra buoi e pecore pe’fertili campi della Sicilia ed eran di loro natura immortali. Venivan guidati al pascolo da d
avano al sepolcro di lui, e dopo molti disperati lai, combattendo fra loro , onoravano la memoria dell’estinto guerriero(2).
. Gli abitanti di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino che visse a tempo di Dedalo. Il Nume
ettacordo ; ciascun pianeta manda uno de’ suoni della solfa, e dalle loro vibrazioni risulta un’ armonia, per la quale noi
ando vicino all’antro del serpente Pitone, ed uscito questo contro di loro , gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido divenne
o e di Diana, numi tutelari della Repubblica. Ignorasi il tempo della loro istituzione, e si sa solo che i libri Sibillini n
a volta celebrati in Roma per un decreto del Senato l’anno 542. Della loro istituzione vedi Livio e Macrobio, chè noi abbiam
elle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ loro magici carmi potevano far calare la Luna dal ciel
ogni. Per ragione poi del regolare ed armonico movimento degli astri, loro attribuivano i poeti una specie di ballo ; anzi L
re tutti il conoscono. Per addormentare gli uomini versa su gli occhi loro un fluido detto anche υπνος, il quale faceva sì c
strello. Riferisce Pausania (2), che i Lacedemonii rappresentavan ne’ loro tempii il Sonno e la Morte insieme ; e negli anti
desi sul suo cocchio notturno tirato da due ninfe nell’atto d’indicar loro colla destra la strada che debbono battere nell’
corni, affinchè la Luna non ascoltasse le voci delle streghe che co’ loro incantesimi tentavano farla calare dal cielo (suc
li, per ingannare i mortali, predevan la sembianza di qualche persona loro familiare(1). La vecchia adunque, per insidiosa m
come Semele, e poscia raccomandato alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. Al dir di Plinio(2) molti p
O per paura di questa subita mutazione, o per un cieco furore mandato loro da Bacco, i compagni di Acete saltano nelle acque
faceva mal governo, tanto che furon costrette a gittare, fuggendo, i loro tirsi ; e Bacco dovè nascondersi nel mare, accolt
care la morte di Erigone, Bacco mandò tal morbo agli Ateniesi, che le loro figliuole, cadute in gran furore, si davano da lo
Ateniesi, che le loro figliuole, cadute in gran furore, si davano da loro stesse la morte. Per rimedio di tanto male volle
so composto di uomini e di donne, tutti agitati dal divino furore del loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compag
edizione egli toccò col tirso l’Oronte e l’Idaspe, che arrestarono il loro corso, dando all’esercito di Bacco di poterli pas
o. Anche i Satiri, quando eran vecchi, dicevansi Sileni, dal nome del loro capo, e figuravansi quasi sempre ubbriachi. Silen
cervo o di cavriuiolo detta nebide ; e portavano in mano il tirso. Il loro grido più frequente era l’acclamazione evoè (gr.
ninfe lo aveano allevato, quegli abitanti, dice Millin, tributavano i loro omaggi al nume che avea loro viti del nettare inv
gli abitanti, dice Millin, tributavano i loro omaggi al nume che avea loro viti del nettare involato agli Dei. Oltre a ciò g
ndo Bacco vicino al monte Rodope, i suoi seguaci per caso batterono i loro bronzi, e che un novello sciame seguì quel grato
 ; e celebre è il tiaso, ch’era una danza delle Baccanti in onore del loro dio ; percui Tiasarca era il preside ai tripudii
adri di famiglia volevan porre sotto la protezione del padre Libero i loro figliuoli. Secondo alcuni Bacco fu chiamato Ditir
vasi Ερως, da εραω, amare. Gli antichi finalmente annoveravano fra le loro divinità tre Dee dette le tre Grazie che finsero
lmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazione, ne hanno formato una Dea che in se ri
dice, era la Venere adorata dagli Orientali. I Fenicii, conducendo le loro colonie nelle isole del mediterraneo e nella Grec
Grecia ; ed allora i Greci cominciarono ad acquistar conoscenza della loro religione. Quindi in poetico linguaggio dissero c
crato a Venere ; e si chiamavano Egle, Aretusa ed Esperetusa ; ma sul loro numero e nome variano i Mitologi. IV. Vittoria
salvare e l’una e l’altro, se stato fosse possibile, dal turbine che loro soprastava per volere del fato. Nel terzo libro d
ato di attribuire agli Dei le passioni ed i vizii degli uomini ; egli loro attribuisce anche le debolezze dell’umana natura 
l’opinione de’ tempi suoi, che questi Dei inferiori, cioè, avessero i loro corpi, sebbene di altra natura che i nostri, e ch
di Cefisso, fiume che bagna Orcomeno, sacrificò la prima volta in di loro onore ; e però Teocrito chiama le Grazie, le dive
ti dell’ isola di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino. Il nume teneva l’arco nella destra,
ue cameriere di Nausicaa, fig. di Alcinoo, ricevevano dalle Grazie la loro bellezza. In somma, dice Banier, nel gran numero
fa belle tutte le altre perfezioni e che n’è come il fiore. Infine da loro solamente poteasi avere quel dono, senza il quale
ro di adoratori : tutti gli stati, tutte le professioni e tutte l’età loro porgevano voti ed incensi ; e mentre ciascuna sci
che l’amicizia esser dee schietta e senza orpello ; e colle mani fra loro congiunte, per indicare la concordia degli amici
giunte, per indicare la concordia degli amici (3). Anacreonte dice di loro che spargon rose a piene mani (ροδα βρυουσι). Il
labbra. Qualche volta le Grazie si confondono colle Ore, o si fingon loro compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene
imonio. E le novelle spose consacravano a Venere, prima di sposare, i loro fantocci, per indicare che davano un addio a’puer
gioventù, come destinate ad alcuni de’ principali Padri, eran menate loro a casa da certi della plebe, che di ciò avevano a
tadini non vollero privarsi di un tesoro che avea tanto nobilitato la loro patria. Nell’Antologia greca(1) « Chi mai, dice A
l’autrice di casa Giulia ; e per averla da’ cittadini di Coo, rimesse loro cento talenti dell’imposto tributo. Essendosi gua
Natalis)(3). Nè gli uomini solamente, ma i regni ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi era il costume di sal
mia e l’astrologia, cioè sull’osservazione degli astri e su i pretesi loro influssi. Il torbido e rossastro aspetto del pian
ia ebbe Romolo e Remo. I popoli della Bitinia(2) raccontavano per una loro antica tradizione, che Giunone fece educare il fi
detti da salio, saltare, danzare, perchè saltavano e danzavano nelle loro cerimonie. Da Catullo(3) si chiamavano salisubsul
Numa statuì dodici sacerdoti a Marte Gradivo, chiamati Salii, e diede loro il distintivo di una tunica ricamata, e sopra la
pirrica de’ Greci, ch’ era ballo di gente armata. Essi accordavano il loro canto ed il passo al tintinnio degli scudi che pe
dei Salii si chiamava Presule (Praesul, qui ante alios salit), ed il loro principal musico, Vate (υμνωδος). Le loro danze e
ui ante alios salit), ed il loro principal musico, Vate (υμνωδος). Le loro danze e processioni erano coronate da sontuosi ba
ormavano un popolo presso il Caucaso sulle rive del Termodonte, ed il loro nome significa un’eroina, una donna guerriera e c
indi i Traci, popolo bellicoso e devoto a Marte, aveano nelle selve i loro tempii di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6)
n si volevano ammettere fra le mura. Da questo tempio cominciavano il loro ingresso nella città i generali romani che aveano
ρηος), ed uguali a Marte (Αρηι αταλαντοι, ισος Αρηι), per indicare la loro gran prodezza nelle armi. Mercurio. I. N
adre Maia ; e di fatto i mercatanti in questo mese facevano in Roma i loro sacrificii a Maia ed a Mercurio(3). Questo nume,
tri scrittori chiaro si scorge che i Greci, come la maggior parte de’ loro numi, così foggiarono il loro Mercurio sul tipo d
che i Greci, come la maggior parte de’ loro numi, così foggiarono il loro Mercurio sul tipo dell’Ermete egiziano. Di fatto
’ Greci attribuito a Minerva ; tutte le quali cose essi han detto del loro Mercurio. L’Ermete egiziano finalmente fu riputat
dormire, dovendo di notte guidare le anime a Plutone ed assistere al loro giudizio, come se fossero picciole occupazioni qu
Mercurio per fare maggior guadagno ; ed i mercatanti (2) pregavano il loro nume tutelare a dar loro buoni lucri e tale destr
guadagno ; ed i mercatanti (2) pregavano il loro nume tutelare a dar loro buoni lucri e tale destrezza da poter raggirare e
fficina mercuriale. Alcuni son di parere che i Greci abbiano preso il loro Mercurio da Chanaan, fig. di Cham, perchè chanaan
 ; e gli sacrificavano, immolando una troia gravida, e se stessi e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi nel font
a Mercurio insieme ed a Minerva. Gli scrittori egiziani dedicavano i loro libri a Mercurio che credevano inventore e nume d
ttaccate due ali, e vi sono attorcigliati due serpenti in guisa che i loro corpi formano due semicerchi, e le teste si solle
e ed acchetava le liti, toccando con essa i contendenti, o in mezzo a loro frapponendola. Si racconta che quando Apollo pasc
a caso, sul monte Citerone, con due serpenti, i quali fieramente fra loro battagliavano, ponendo in mezzo ad essi quel bast
ttagliavano, ponendo in mezzo ad essi quel bastone, acchetò subito la loro animosità, e que’ due serpenti fatti amici si att
urbam, ειδωλα καμοντων. Hom.). Quanto finsero i Greci di Mercurio, fu loro insegnato da Orfeo, che l’avea, appreso dagli Egi
Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere di Api, re e dio da loro adorato sotto la figura di un bue, sino ad un luo
e i primi uomini ancora fieri ed incolti ammansò coll’eloquenza, ed i loro corpi co’ ginnastici esercizii della palestra si
le strade ancora, ritrovandosi nelle iscrizioni Lares viarum ; ed in loro onore a’ 22 di Dicembre si celebrava una festa de
delta Compitalia. Servio li confonde co’ Dei Mani ; e si vuole che il loro nome derivi da Lar o Lars, parola etrusca che sig
focolari ed anche in una cappella detta lararium. I Cretesi aveano le loro feste Mercuriali, simili ai Saturnali de’Romani,
io i migliori interpetri intendono il sole. E dalla forma rotonda del loro occhio ebbero il nome di Ciclopi (a κυκλος, orbis
ura di Micene, e specialmente una porta sormontata da leoni, fu opera loro  ; ed essi fabbricarono al re Preto le mura di Tir
cui adoperavano piccole pietre, per empiere i vani che lasciavan tra loro i massi rozzi ed informi. Fu loro invenzione anco
er empiere i vani che lasciavan tra loro i massi rozzi ed informi. Fu loro invenzione ancora Parte di fabbricare il ferro (1
ezione di Flora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le case aveano i loro Penali ed i Lari ; e ciascun uomo, e forse ciascu
midei, ma credevasi che dopo lunga vita soggiacessero alla morte. Era loro consacrato il pino e l’olivo selvatico. Si rappre
ini (αιγιποδες, τραγοποδες. Capripedes Satyri. Lucret.). Orazio(1) dà loro i piedi di capra e le orecchie acute. Sino alla c
ano dolci acque e sedili scavati nel vivo sasso. E lo stesso Omero(3) loro attribuisce e le selve, e le sorgenti dei fiumi e
azioni delle divine Ninfe che su di essi dimorano. Le valli aveano le loro Napee (a ναπος, vallis) che presiedevano pure all
dell’anno e delle stagioni. Presedeva a’ pensieri degli uomini ed a’ loro cambiamenti, come quegli che poteva cangiar di fo
tre cose della Terra. Gli antichi auguravano a’ defonti che fosse loro leggiera la terra con quelle conte parole : Sit.
o cibo delle ghiande, l’eletto frumento ; e perciò si disse che dettò loro le leggi (3). Di tutt’i luoghi della terra niuno
cilia, la quale era tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicchè il loro culto presso que’ popoli sembrava quasi un ingeni
e Sirene col dolce lor canto affascinando i viandanti, li tiravano a’ loro scogli, ove li uccidevano facendone strazio. Posc
ente cantava ; l’altra suonava il flauto, e la terza, la lira ; e per loro dolce canto e suono facevano addormentare chi le
ero a rompicollo nel mare. Plinio e forse anche Omero, afferma che il loro soggiorno era il promontorio o capo della Minerva
ata da Celeo e da una sua figliuola, fu amorevolmente invitata a casa loro , avendo la dea presa sembianza di una vecchia. Er
coltura della terra, insegnò a’ Siciliani il vivere socievole e diede loro savie leggi ; la terza, Aloea (αλυα, area) che ce
ella quale era una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che di una Driade era pure il grato albe
di Taigete. Volendo questi sperimentare la divinità degli Dei che nel loro pellegrinaggio avea in sua casa ricevuti, fece cu
ea in sua casa ricevuti, fece cuocere il figliuolo Pelope ed il diede loro a mangiare ; ma Cerere sola ne divorò la spalla d
ebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro braccia raccolto. Nella quale isola si dice che f
doti, incumbenze e suoi pregiati lavori. I poeti han foggiato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu a
pio a Menfi. Dal Vulcano adunque degli Egiziani foggiarono i Greci il loro Dio del fuoco, ch’era pure il protettore di quell
e in onore di Vulcano, in cui i Romani facevano un picciol saggio del loro studio per una certa superstizione di buouo augur
resa cosa alcuna da’Greci ; il quale dichiarò che Diana opponevasi al loro tragitto in Asia ; e che perciò doveasi placare c
nobbe ch’eran greci ; e che la sacerdotessa stessa propose che uno di loro fosse immolato e rimandato l’altro libero alla su
li, ed Oreadi ec. volle la Dea al suo servigio, perchè amava con esso loro danzare ; sotto la quale allegoria forse intendev
di fiere, viveano senza freno di leggi e senza coltura, finsero che i loro maggiori venivano da uomini preclari, detti Eroi,
i, nati dagl’Iddii o generati dalla terra. E poi, vedendo essi alcune loro opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole
cesi da qualche nume. A ciò si aggiunge che gli scrittori delle prime loro memorie erano poeti che cantavano i grandi avveni
rie erano poeti che cantavano i grandi avvenimenti della patria, ed i loro versi si mandavano a memoria ; il loro linguaggio
avvenimenti della patria, ed i loro versi si mandavano a memoria ; il loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno di sub
amente poetico, e pieno di sublimi immagini e di audaci metafore ; il loro bel cielo, il suolo, tutto era fatto per innalzar
bel cielo, il suolo, tutto era fatto per innalzare a grandi slanci la loro fantasia. Così i sommi uomini erano trasformati i
l nome di Semidei (ημιθεοι) agli Dei di second’ordine che traevano la loro origine da’Numi. Da Esiodo(1) si appellano gli Er
rincipalmente, per la prodigiosa sua forza, i poeti hanno foggiato il loro Ercole, prima in Egitto, indi nella Fenicia, e fi
a suoi figli mandò contro di lui poderoso esercito e l’ obbligò a dar loro in matrimonio le sue figliuole, le quali per cons
odeva degli onesti fatti degli nomini, così avea in orrore le malvage loro azioni. La famiglia di Atreo ha dato agli antichi
ndoli sino a che divenissero della stessa lunghezza, ovvero tagliando loro i piedi, s’eran più lunghi. E finalmente essendog
se, Teseo vinse le Amazzoni insieme con Ercole, e n’ebbe in premio la loro regina Ippolita o Antiope ; strinse singolare ami
rono la famosa Elena a Sparta, trasportandola in Atene. Giove comandò loro in sogno che dimandassero a Plutone Proserpina pe
i dalle Furie. Or essendo colà capitato Ercole, da Plutone ottenne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno di l
utone ottenne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno di loro fosse di là uscito(1). Antico regno di tebe.
cerca del figlio. I quali s’incontrarono nella Focide, ed insorta fra loro una contesa, Edipo ammazzò Laio che non conosceva
nto furore che vi perirono entrambi ; e che fu sì irreconciliabile il loro odio che durò anche dopo la morte, essendosi sepa
morte, essendosi separate le fiamme del rogo, su cui si bruciavano i loro cadaveri. E questa fu la prima guerra di Tebe tan
amante, fig. di Eteocle, i Tebani di notte uscirono della città colle loro famiglie, lasciandola a discrezione degli Epigoni
ino Fineo, fig. di Agenore, o di Nettuno, intorno alla riuscita della loro spedizione. Dice la favola ch’esso fu da Giove re
lo avessero liberato dalla molestia di que’ mostri, chè così avrebbe loro additato il modo di giungere salvi nella Colchide
Fineo, Zete e Calai, alati fig. di Borea, colla spada in mano diedero loro la caccia, inseguendole a volo sino a due isolett
le Strofadi (στρεφω, verto), perchè là giunti i due volanti eroi, fu loro disdetto da Giove di più inseguirle e quindi dove
co lontane dal Bosforo, le quali, per l’impeto de’venti urtandosi fra loro , impedivano il passaggio dello stretto. Per consi
consiglio della stessa Medea, non avesse procurato di introdurre fra loro una strana discordia. Ciò fatto, l’eroe domanda a
ma vedendo ch’egli cercava di uccidere gli Argonauti ed incendiare la loro nave, Medea, incantato il vigilante dragone, pres
one de’Greci ; riferisce quali fossero i condottieri della flotta, il loro carattere, e la situazione de’paesi e delle città
a si è detto. Giunti finalmente i Greci alla spiaggia della Troade fu loro gagliardemente contrastato lo sbarco da’ Troiani.
bbero la sorte di campa re dalla comune strage, andarono a fissare la loro sede in lontani paesi. Antenore si fermò in Itali
sere suoi discendenti, siccome i Romani non lasciarono di derivare la loro origine da’ Troiani che seguirono Enea. Il solo L
), quando dice ch’egli fa attaccare i cavalli al dorato suo occhio, e loro ne abbandona le redini ; ch’ei vola sulla superfi
e lor grotte le pesanti balene si alzano e van saltellando intorno al loro re. La terra con dolce fremito attesta la presenz
e ruote che fuggono colla rapidità del lampo, sfiorano appena l’umida loro superficie. Nettuno, oltre all’essere Dio del mar
notizia da’ popoli della Libia che il riguardavano come la più grande loro divinità. Nella Grecia, in Italia e specialmente
i fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per sua mala ventura, alla loro spiaggia approdò Ulisse, quivi regnava Antifale,
ia degli Eumolpidi diede un ferofante agli Eleusini fino a che fu fra loro il tempio di quella Dea. Molti altri figli ebbe N
tuno a tutti coloro che si distinsero nelle marittime pugne, e per la loro abilità nelta nautica. Sesto Pompeo, gonfio di su
i quali i marinari salvati dalle fortune di mare sciolgono sul lido i loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa P
lle onde del mare e di ammirare stupefatte la prima nave Argo che per loro era una novità mostruosa ; e ad esse attribuisce
e’ mortali per essere giudicate e ricevervi la pena o il premio delle loro opere, si chiamava Inferi, o Inferna loca, cioè l
di animali, e ciò per lo spazio di ben tremila anni. Da che nacque la loro gran cura d’imbalsamare i cadaveri e di fabbricar
r ecco in qual guisa i Greci ed i Latini poeti li han descritti colla loro vivace fantasia. Omero (1) afferma che Mercurio
, ove gli eroi e gli uomini virtuosi godono l’eterno guiderdone delle loro buone e gloriose azioni, trasportarono quanto di
ti in secoli più felici, vivono tranquilla e beata vita, e gli studii loro son pur quelli che amarono in vita. La virtù li g
tunato soggiorno. Ma i versi del poeta meritano di esser letti per la loro bellezza. Or raccogliendo in uno le cose dette da
ano le anime de’mortali per essere giudicate e ricevere la pena delle loro colpe, si chiamava Inferno, cioè luogo basso e so
nos ad essi superiore decide in caso di oscurità e di dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al luogo de’ tormenti o n
pestilenziali, oggidì ve li trae per l’abbondanza del nutrimento che loro offre. In alcuni siti ha 180 piedi di profondità,
succedute piccole selve e cespugli che in tutto l’anno conservano la loro verdura ; i pantani insalubri che lo circondano,
o per altri nove anni dal consorzio degli Dei ; non è ammesso nè alle loro assemblee, nè a’ loro banchetti, e solo, spirato
dal consorzio degli Dei ; non è ammesso nè alle loro assemblee, nè a’ loro banchetti, e solo, spirato quel tempo, può egli r
a credenza che le ombre de’ morti erano placate e pacifiche, quando i loro corpi aveano ricevuto l’onore dei funerali e dell
no al proprio corpo, o secondo altri, intorno alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio di cento an
mo nel suo nascimento, uno buono e l’altro cattivo, i quali neppure i loro cadaveri abbandonavano, e questi distrutti, ne ab
Furie, al dir di Virgilio (8), aveano nel primo entrar dell’Inferno i loro ferrati covili ; ma in altro luogo egli mette Tis
onevano nel cuore degli scellerati sì terribili rimorsi che toglievan loro ogni riposo, e visioni tanto spaventevoli che spe
van loro ogni riposo, e visioni tanto spaventevoli che spesso facevan loro perdere il senno. Non vogliate credere, diceva Ci
va di non essersi potuto liberare dalle Furie che continuamente colle loro ardenti fiaccole il tormentavano, cioè da’ rimors
averi una moneta di oro o di argento per pagare a Caronte il nolo del loro passaggio. Pare che Virgilio (2) ci descriva il T
n mano a Tisifone che nella tartarea prigione li rinchiudeva e faceva loro pagare il fio delle commesse scelleratezze. Si sa
na in mano per discutere i falli degli uomini e sentenziare secondo i loro meriti. Omero (1) fa dire ad Ulisse, aver veduto
ricevuto qualche beneficio. VIII. I Greci attinsero dall’Egitto il loro Inferno ed i Campi Elisii. Diodoro di Sicilia
an rinomanza, erano stati in quell’antichissimo paese a consultare la loro riposta sapienza ; e che quanto poteano vantare i
, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro , e nel modo stesso che i due primi, fu sottratto
il primo ad introdurre il costume di seppellire i morti e di rendere loro gli altri funebri onori. Ma pare più conveniente
e e signore delle ombre, pel quale le Parche si affaticano a filare i loro fatali stami, giacchè esso presiede alla vita ed
Il quale, sebbene non sembrasse formidabile a’giganti, nulladimeno fu loro di grandissimo danno, poichè avea la virtù di ren
Così Medea (4), volendo render propizii a Giasone gl’infernali Iddii, loro sacrifica tre neri agnelli che son poscia consuma
iedeva alla nascita degli uomini, ma ancora Giunone infernale, perchè loro toglieva la vita. Da ciò venne che Orazio disse,
rileva che le ombre uscite dell’inferno doveano ritornarvi nel tempo loro prescritto dall’imperiosa Proserpina. E pure, ad
palmente di grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le quali alle loro erbe univano i così detti carmi ed alcune preghie
mento di Proserpina, erasi ritirata Cerere, spedì a lei le Parche. Le loro preghiere calmarono quell’afflitta madre che acco
ini, in guisa che quanto avviene in questo mondo, tutto è soggetto al loro impero. Lo Spanheim dimostra che gli antichi dava
troduce le Parche che cantano i grandi destini del fatale eroe che da loro nascer dovea, essendo noto che quelle nozze si ce
sto luogo con inimitabile eleganza descrive le Parche che, volgendo i loro fusi, cantano gli eterni decreti del Fato, di cui
delle Parche. Or ecco come questo Autore spiega la favola di esse. La loro grande vecchiezza significa l’eternità de’divini
ternità de’divini decreti. La conocchia ed il fuso ci additano ch’era loro incumbenza regolarne il corso ; e quel filo miste
se i Filosofi le hanno allogate sulle sfere celesti, ove accordano la loro voce col canto delle Sirene e delle Muse, ciò vuo
12 (1880) Lezioni di mitologia
del Corso medesimo agli Editori Fiorentini: « Ben volentieri permetto loro , secondo che desiderano, di stampare le Lezioni
degli Artisti. Per giungere a ciò, ho tradotto non piccola parte dei loro scritti; e se nella gioventù fosse entrato l’amor
la vendetta, che sulla terra gli sparse atterriti e maravigliati, il loro culto rivolsero alla Natura; e quindi l’universo
e il primo errore dei mortali, e manifestava la dignità della origine loro . E consegnato infatti agli annali di tutte le gen
come dai Pagani si adoravano questi Dei, nati dai forti inganni della loro mente. Quindi i templi, gli altari, i boschi sacr
sserò l’istoria, ne spiegherò gli attributi, ma brevemente; perchè il loro culto, le loro imprese poco illustrate sono dai m
, ne spiegherò gli attributi, ma brevemente; perchè il loro culto, le loro imprese poco illustrate sono dai monumenti degli
ali negli scritti degli antichi si parla, e che tuttora si vedono nei loro monumenti. Difficile è l’arte di esprimere le ide
la Ragione, e mille altre divinità della Morale, che nel segreto del loro cuore più che i falsi numi adorate furono dai fil
rrestò e punì colla diversità delle lingue. Sincello così n’espone la loro Teogonia. Un mostro mezzo uomo e mezzo pesce comp
dal calore del sole si riunirono coU’aria; le nuvole si urtarono fra loro , e vita diedero al folgore, il di cui tuono risco
no ricevuto maggior grado di calore divennero volatili; quelle che in loro avevano più terra, furono rettili ed animali terr
enerazione preponderò l’acqua, balzarono come pesci nell’elemento che loro conveniva. Col progresso del tempo la terra, inar
i serpente col capo di sparviere, è sentimento di alcuni che fosse da loro Iddio ancora adorato. Se questo apriva gli occhi,
eci si discorra, che da ambedue queste nazioni riceverono parte della loro religione e dei loro costumi. Orfeo, che molte ce
da ambedue queste nazioni riceverono parte della loro religione e dei loro costumi. Orfeo, che molte cerimonie relio’iose is
cuni di avere a suo capriccio inventati i nomi degli Dei e confusa la loro genealogia. Altri, al contrario, lo difendono da
nfinò tanto sotto terra quanto il Cielo dalla Terra è distante, e die loro per custodi Cotto, Gige e Briareo, onde erra Bani
ti, quelli ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la loro sede nel più elevato sito, sembravano signoreggia
degli Dei ancora l’oro, che non avea violata l’ingenua semplicità dei loro templi; ed eran pure assicurati dalla riverenza d
ioppo, e così a tutti gli altri Dei quegli alberi, dei quali cara era loro la tutela. Quindi ai sacrifizj assistevano certi
ripugnavano, giacché allora erano credute poco accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale
e con una mistura di sale e farina di orzo, detta mola, e strisciando loro l’obliquo coltello dalla fronte sino alla coda. O
oni agii Dei infernali madre era la paura, e perciò il sacrifizio che loro facevasi da quei che scampati erano al furore di
i solo seguivano i miseri al caro lume della vita rapiti, e contender loro quell’onore « Che solo in terra avanzo è della m
lle mie sciagure. » Se ricchi e famosi erano gli estinti, costruivasi loro insigne pira, e vi ardevano le cose che nella vit
, costruivasi loro insigne pira, e vi ardevano le cose che nella vita loro erano state le più care, le armi, i destrieri e (
Dei della terra. Tutto additava fra i primi uomini la semplicità dei loro costumi, che più ancora si manifestava nel modo d
auti vollero sul lido del mar risonante erger un altare ad Apollo, fu loro prima cura di elevarlo eccessivamente, come se im
are massime, così dette dalla venerazione in cui erano tenute e dalla loro altezza, troviamo fatta menzione nell’antichità:
ichi avevano per gli altari, onde nè lume profano poteva accendere il loro foco, nè da questo poteva accendersi lume profano
r ringraziarli dei ricevuti benefìcj, o per chieder l’adempimento dei loro voti, parlerò delle ostie che allora si offrivano
Cerere, vestiti di bianco, e legate le mani con rami d’olivo, perchè loro rendesse con larga usura il seme fidato alla terr
i tibicini. Quindi seguivano vaghi fanciulli e giovinette gloria del loro sesso, che ministravano al sacrificio. Il ministr
o ad una Venirine tutti gli stranieri che il nau fragìo gettava nella loro terra. Umani sacrifìzj pure disonoravano gli Spar
in difesa di Fonteio. Egli dice, volendo dimostrare la poca fede dei loro giuramenti: « Cosa volete che vi sia di santo e d
fra voi ignora che così barbara e mostruosa usanza si mantiene presso loro ancora ai dì nostri? Laonde quale reputate voi ch
li, arrivarono a tanta insania che con umane vittime contaminarono le loro mani e i templi degli Dei. È opinione di alcuni c
oria l’ubbidire, prevenivan volontarj la sovrastante fortuna. E se in loro non era l’ardire della disperazione, se ne ordina
madri. Le trombe, i timpani erano destinati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi era una valle, de
uesto sacrifizio avrebbe gli altri figli scampati dalla morte, e resi loro per tutta la vita felici. Degni di lode i Siri, c
Seneca: ma pure di molta compassione percotono il core per la stessa loro semplicità, giacché il sentimento rifiuta tutti g
ei riti ad essi risguardanti. Le umane invenzioni rozze furono nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado di b
destinate a rappresentare le divinità; quindi lantamente l’arte seppe loro infondere tanta vita da gareggiare quasi colle vi
endule le mani. I Greci trenta divinità visibili adoravano, senza dar loro figura umana, indicandole con informi masse o pie
i, imitarono i greci costumi nel rappresentare la divinità; il che fu loro di doppio vantaggio cagione, giacché del vincitor
ncitore evitarono gli scherni, ed ai Greci vani fecero credere che la loro mitologia veniva interamente dall’ Egitto. In que
escrizione allora che tesserò l’istoria degli Dei. Costumavasi offrir loro sacrifizj e preci nei pubblici infortunj, e così
lio: questa ultima cura particolarmente, si rendeva ai Lari. Passando loro vicino le adoravano prostrandosi, ovvero accostan
do la mano alla bocca. Avevano queste figure ordinariamente i simboli loro sacri. L’egiziane n’erano ingombre. Esposte intor
gendosi di vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li traea il loro genio e delle altre genti l’esempio, non permise
Greci chiesero fine alle morti dalla peste e dalla fame cagionate, fu loro risposto che cesserebbero quando l’ossa di Ettore
alle Api fu pasciuto di miele nell’antro Ditteo Giove, che in mercede loro quindi concesse maraviglioso intelletto. Reda, It
amore Folgoranti gli rende, e sulla fronte Sorgon le corna, e son fra loro eguali, Siccome quelle di crescente luna, Venne s
eggiare di molti illustri, che tanto differiscono nei resultati delle loro ricerche. E a questo fato soggiacer dovevano bran
lla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che dagli antichi, nel loro entusiasmo, questo edifizio fu chiamato Cielo. Ud
chia, e fugge. Le Najadi non san che la vitella, Che vuol giocar con loro , e le scompiglia. Sia la perduta lor cara sorella
usanza fosse il dipinger Giove. L’ulivo e la querce gareggiavano fra loro per ornare la fronte del nume. Ma tutte queste di
i Omero, ove Giunone andando a visitare Teti, l’Oceano dice che nelle loro case già fu da essi beatamente nutrita. In questa
amose per impudicizia che avessero osato di profanare il tempio colla loro presenza. Devote pure le erano le oche ed il pavo
gratitudine degli adoratori che dichiaravano così tenere dai numi le loro dovizie: nella nostra statua, che non è certament
offerendogli le primizie delle biade, ed avendo scolpito nelle monete loro il tridente. Nonostante i Tragici, dai quali coll
, fu contento di punire la ribellione in Apollo e Nettuno, comandando loro di servire a Laomedonte per la costruzione delle
ea oppose l’ira dei venti, che prima dormiva nelle caverne di Eolo re loro , fìnse il poeta che Nettuno al tumulto levasse il
Minerva Poliade, o Urbana, gli fu da Giove assegnato il dominio della loro regione. Aluchete fu detto, dal suono del mare im
lui Erme nominata, colla quale comunemente gli antichi decoravano le loro biblioteche. Trecipite chiamò il nume l’oscuro Li
’ un mortale: Conobbe Admeto finalmente l’ospite divino, e nacque fra loro non volgare amicizia, cui fu debitore il primo d’
ne degli antichi, non solo colla memoria che ce ne hanno lasciata nei loro scritti, ma più colle repliche e copie eccellenti
esistono ancora al presente, e sono 1’ attestato della celebrità del loro originale. Quella della Villa Al bani è in bronzo
sentito dire a degli altri che dei pastori avendo condotto per caso i loro armenti verso questo luogo, si trovarono ad un tr
empio ove Apollo dava i suoi oracoli: asserisce inoltre che molti fra loro profetizzarono, e che Oleno, fra gli altri, inven
successivamente dell’api ne fabbricarono un’altra colla cera e colle loro proprie ali, e che la prima fu agli Iperborei man
Parnaso coi lupi e le altre hestie feroci, che con gli urli servivano loro di scorta, vi edificarono una città chiamata Lico
è coloro che prestavano orecchie a queste incantatrici morivano, ed i loro corpi, privi di tomba, avvelenavano l’aria dell’i
armata di Serse ebbe lo stesso scopo. I Focesi per le istigazioni dei loro capi, si resero padroni del sacro deposito, ch’er
o. Lasciando le statue dei musici e degli atleti, che hanno nell’arte loro riportata la palma, Faille di Crotone sarà da me
ro figlio di Melanto, Teseo e Fileo, benché tribù alcuna non abbia il loro nome. Dalle mani famose di Fidia sono nati tutti
tempio. Segue il dono dei Gnidii, eh’ è una statua equestre di Triopa loro fondatore, Latona, Apollo e Diana: questi ultimi
opa loro fondatore, Latona, Apollo e Diana: questi ultimi scoccano le loro frecce sopra Tizio, che sembra averne le membra f
edificato un portico colle ricchezze dei popoli del Peloponneso e dei loro alleati. Rostri di navi e scudi di bronzo ne stav
acro donato dagli abitanti di Andro, che credesi rappresentare Andreo loro fondatore. Seguono Apollo, Minerva e Diana consac
più lontano vi è Apollo ed Ercole che disputano un tripode: ognuno di loro vuole averlo, e sono per battersi: ma Latona e Di
fratello e la sorella in una cassa, e li gettò nel mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leucofri, che dal nome di T
e della moglie. S’imbarca e va in traccia dei figliuoli per confessar loro la sua imprudenza, e dimandarne perdono. Ma nel m
ondato un proverbio che si applica a quelli che sono inflessibili nel loro sdegno. « I Greci inviarono pure a Delfo un Apoll
gma. — Però gli abitanti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero nella loro isola, e quella di Olimene in un luogo separato.
ombattimento che i Troiani sostennero nella notte stessa che la città loro fu presa. Dopo lui é Licomede figlio di Creonte,
e, non mancando che la mano sinistra, ed essendo le gambe riunite dei loro pezzi antichi. Quello che avanza circa la qualità
le arti del disegno. E poi, una villa che onoravano tanto spesso del loro soggiorno i signori del mondo allor conosciuto, p
o a pie dei simulacri degli Dei le corone che non giungevano a metter loro sul capo. » Debbo farvi avvertire che il celebre
orida gioventù. Queste forme sono grandiose, e sublimi eziandio nella loro giovine morbidezza; nè rassomigliano già quelle d
fìsonomia, e sono tanto più scusabili quanto le mentovate teste erano loro ignote. » Fin qui Winkelmann nella sua insigne i
ella statua attorniata dalle altre nove delle Muse, che fan corona al loro corifeo, ci rammentiamo di quello scolpito a bass
za volgare, procreati furono Apollo e Diana in Delo, ma che presso un loro fiume chiamato Cencrio situato in Ortigia scorgev
he desiderava per seguaci. Gioì Cerato, gioì Teti perchè mandarono le loro figlie in compagnia di Diana. Circondata da quest
an la bocca Nel petto, e in forma di fallace cervo Sbranano il signor loro ; in molte piaghe All’alma irresoluta aprian la fu
n le mani sopraposte agli occhi desiderato di celarsi nel grembo alle loro genitrici, cosi disse ai Ciclopi: — Su via, fabbr
ri coloro nei quali scagli il tuo terribile sdegno: divora la peste i loro bestiami, la grandine le loro terre, i vecchi con
tuo terribile sdegno: divora la peste i loro bestiami, la grandine le loro terre, i vecchi con recisi capelli piangono sopra
ndono nel sepolcro se non portando lungo spazio d’anni: non divora le loro famiglie la discordia, che scote le case piii fer
e Ninfe Annisiadi rinfrescano le cerve distaccate dal giogo, e recano loro il trifoglio facile a nascere, che mietono dai pr
ove. Tu vai, diva, intanto nella casa paterna, tutti t’invitano nella loro sede: ma tu vuoi stare seduta presso Apollo. « Ma
ché nemici, possono vituperarla nell’inferno: che non mentirebbero le loro viscere, che sparsero di sangue la Menalia montag
abbia e per dolore il mostro Verso i destrieri si rivolta, e cade, E. loro offre muggendo ardente gola, E fiamma gli ricopre
quel tuo misero figlio. Richiamarli volea: terror la voce Accresce a loro : una ferita sola Son le sue membra: di querele e
e questa sabbia, vennero gli architravi a prendere insensibilmente il loro posto. Chersifrone ebbe maggior difficoltà a coll
ella sedizione tramata dagli orefici di questa città, che tiravano il loro sostentamento nel formar piccole statuette di Dia
erò di ravvisarvi lo stile egiziano di rappresentare come fasciate le loro immagini, che potè dalle loro mummie trarre 1’ or
ziano di rappresentare come fasciate le loro immagini, che potè dalle loro mummie trarre 1’ origine. Questo rozzo corpo del
o artefice non aveva ardito staccargli le braccia dal corpo senza dar loro un sostegno: perciò si veggono nelle medaglie e n
o per servire di difesa, nella stessa maniera che i Greci portavano i loro scudi all’assedio di Troia, perchè a quest’epoca
lle divinità antiche, le stesse sembianze che gii artefici ed i poeti loro davano sono consegnate ai diversi cognomi, il num
tradotta. Dai Lacedemoni fu cognominata Calcieca, perchè aveva presso loro un simulacro di bronzo, che Gitiade, pure spartan
are le opere antiche, eressero a Pallade i primi un simulacro, che da loro fu nominato. Rinomato presso i Danni, antichi pop
lità eterna. Col tempo i popoli consultarono l’oracolo di Dodona, che loro propose di placare coll’accennato simulacro Miner
fiume Inaco, e che gii uomini non riguardino Pallade nuda, proponendo loro per esempio la disavventura occorsa a Tiresia, ne
a, e la dea gli riempi tutti d’amore, onde accoppiati dormirono nelle loro caverne. Arrivata alla capanna dell’eroe Anchise
Afrodite. Di simili teste isolate, che sono state scoperte divise dai loro busti, o statue, come si vede nella Villa Borghes
opra una testuggine per indicare (secondo Plutarco) alle donne che il loro dovere era di custodire la casa come questo anima
, coi quali alcuni moderni artisti hanno creduto di caratterizzare le loro Veneri. L’amore dagli antichi maestri, come dai p
partani ad orazione in memoria dell’ amore improvviso, che nacque nel loro core, quando videro le donne svelare la loro nudi
provviso, che nacque nel loro core, quando videro le donne svelare la loro nudità per difendersi dall’ impeto col quale assa
ni di Guido, replicata la stessa in diversi conii, non sia tratta dal loro mirabile originale. « Or la figura di Venere in q
amente cresceva. Ammiravano i genitori la robustezza del fanciullo, e loro cadde in pensiero di osservare gli andamenti dell
to è vero che gli antichi artefici si formavano sui poeti, perciò con loro dividono la gloria di serbarci la religione e la
o, che i costumi semplici e puri degli abitanti fossero analoghi alla loro situazione. Cerere, soprannominata Nutrice, è sta
ne le conveniva, supponendosi che avesse somministrato agli uomini il loro principal nutrimento, il pane stesso, divenuto su
no Impeto, e tornan ripercosse indietro Le sonore procelle agli antri loro . Quindi comanda che di Maja il figlio Si faccia i
milmente per l’invenzione delle leggi, e il timone perchè governa col loro soccorso l’Universo: quindi è ch’effigiata l’hann
ssere che l’offerta di capitani che abbiano creduto doverle dell’armi loro la fortuna. La palma, la corona di lauro altra or
igione alle colonie egiziane. I progressi dei Greci nelle arti fecero loro abbandonare rapidamente l’uso di quelle masse inf
ello ideale. Ogni accessorio fu bandito, e non fu dato ai numi che il loro simbolo principale. Cangiò il gusto, l’unità fu i
vare nei monumenti delle arti le divinità con tutti gli attributi che loro danno i poeti; e d’altronde Callimaco nel luogo c
Grecia e della Sicilia sem brano essersi molto studiate di dare sulle loro monete sì alla madre che alla figlia, delle due t
ella figura medesima, persuaso che gli antichi così conseguenti nelle loro pratiche, come altre forme davano alle membra di
e due donne maritate, di legittimi natali, scelte da un’assemblea del loro sesso. La spesa della festa era, secondo il solit
ei misteri che si leggevano in due libri, custoditi in due pietre fra loro unite. Caratteri ignoti, figure d’animali, mille
impeti di amore il liquore della cicuta. Oltre l’Jerofante avevano la loro parte in questi misteri il daduco, il banditore.
ueste cerimonie entrarono nel tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dimande gli scoperse per profani, e condotti ai p
rato, come quello che i poeti diedero alle Danaidi ree del sangue dei loro sposi. Era vietato iniziare i forestieri, e speci
ole rotonde degli antichi si chiamassero veste, afi’erma che tal nome loro fosse dato per la somiglianza che avevano colla T
sono i quattro corsieri del Sole; eglino hanno divorato lo spazio, i loro piedi percotono l’aria, ed allontanano le nuvole.
rimevano con giovani uomini o fanciulli le stagioni, perchè presso di loro chiamavansi neutramente i tempi dell’anno, al con
redenza degli antichi, esercitavano ciascheduno nel proprio giorno la loro efficacia e virtù sopra la Terra, e le tramandava
ni i cibi ei cerca, e move La vana bocca, ed i delusi denti Stanca in loro , e le lievi aure divora. Si sveglia, e regna la v
i poeti, che finsero essere stati da lui spogliati tutti i numi delle loro armi. Esrli tolse il fulmine a Giove, gli strali
pido di bronzo, e Prassitele ne aveva per l’ innanzi scolpito uno per loro del bel marmo del Monte Pentelico. I Tespiesi nar
per loro del bel marmo del Monte Pentelico. I Tespiesi narravano che loro fu tolto da Cajo imperatore dei Romani, che Claud
Elide vedevasi sullo stesso piedistallo delle Grazie alla diritta di loro . In Egira l’Amore alato stava in una piccola capp
a Caligola e portata a Roma, donde Claudio la rimosse per restituirla loro : che Nerone tornò a ritorla e la fece di hel nuov
e qualche uomo entra in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario aspetto: gli annunziano beni, mali, e rare
ere cotanto accetta alle Muse quanto la fantasìa, convenìa pur che da loro si onorasse il Sonno, il quale, tenendo legati i
lcune delle quali hanno ancora l’epigrafe, perchè non si dubiti della loro rappresentanza. « Il celebre Lessing è stato di p
i che i fanciulli figli di Giasone recano alla sposa, che dee divenir loro madrigna. Qui il significato non può essere equiv
elva innanzi all’antro Fiorisce e d’infinite erbe famiglia: Notte dal loro umore i sonni accoglie E gli diffonde per l’opaca
rte diversa Fantaso illustra: in onda, in legno, in sasso Si muta; il loro aspetto ai regi, ai duci Mostrano i tre fratelli,
ti gli Dei. Forse in questa opinione influì l’essere stati alcuni fra loro presso lui educati, come Omero attesta relativame
Quantunque queste figure corrispondano assai bene al significato che loro si dà, pure quando non si volesse far violenza al
, colpiti dalla novità, interrogarono l’oracolo di Delfo, che rispose loro di alzare un tempio alla Dea. Roma nella guerra d
fierse da Giove, ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da loro di succeder nel regno del padre. Oltre i Ciclopi,
non era incisa usi bronzi, ma impressa nell’animo degli uomini e con loro invecchiava. Pensano alcuni, fra i quali Platone,
ce che essendo i Cartaginesi stati vinti da Agatocle, attribuirono la loro sconfìtta all’avere irritato Saturno col sostitui
dei popoli, acciò non si potessero rimproverare di aver abbandonati i loro antichi usi, insegnò agli abitanti la maniera di
uomini, che, legati piedi e mani, gettavano nel Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con ciò levò lo scrupolo che po
tutti gli uomini erano eguali; perciò i padroni servivano a tavola i loro servitori, li regalavano generosamente. Cominciav
la società, nè dell’arti più necessarie. Polifemo figlio di Nettuno è loro capo, e porta lo stesso nome che uno degli eroi d
iginari di Licia. Mostravansi ai tempi, di Strabene le reliquie della loro opera, e questi avanzi, che sussistono ancora, da
iaste osserva che secondo Ferecidè, Apollo non uccise i Ciclopi, ma i loro figli. I Ciclopi fabbri, e dati a Vulcano per aiu
erra come quelli di Esiopò, giacche egli nella tragedia, che porta il loro titolo, ne fa padre Nettuno. Polifemo il piu pote
 Affidati alla bontà degli Dei non piantano, ne arano. Tutti i frutti loro produce spontanea la terra. La vite stessa si arr
rò intanto dell’altre notizie che intorno ai Dattili, simiglianti per loro uftlcio ai Ciclopi, ha raccolte il prelodato crit
tritori di questo dio e Genii addetti al servizio di Rea, qualità che loro si dà, confondendoli coi Cureti e coi Coribanti.
li. Ne nacquero rivoluzioni e mutamenti, che mescolarono i popoli fra loro , e contribuirono con <|uesta confusione a urna
istruirono gli uomini a lavorare questo metallo col fuoco. I nomi che loro dà l’autore della Foronide non sono che epiteti r
que, e dipende, come sembra al nominato poeta, dal numero indicato il loro nome, che in greco significa diti. Ferecide gli a
e imputazioni come conseguenze dell’invidia prodotta dal merito delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu loro affidata l’educ
l’invidia prodotta dal merito delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu loro affidata l’educazione di Nettuno, e chiamati furo
azione di Nettuno, e chiamati furono figli del mare: lo che mostra la loro perizia nella navigazione. Nè minor vanto aveva l
che mostra la loro perizia nella navigazione. Nè minor vanto aveva la loro abilità nella metallurgia: èglino (era fama) avev
in Roma camminavano facendo ogni tanto piccoli salti, e percotevano i loro scudi con ferri come baionette. La danza dei Cori
all’altra una tanaglia. Dopo i Ciclopi, ai quali la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrovati mi ha obbligato di unir
naglia. Dopo i Ciclopi, ai quali la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrovati mi ha obbligato di unire i Dattili, i C
ci dalla ferita di Celo. Ma io credo necessario ragionare innanzi del loro re, cioè di Plutone, e quindi di tutta la corte i
tutto i lor riti, e ritenendo almeno i vocaboli già consecrati nelle loro teogonie. D’allora in poi tutti i popoli seguiron
non mostrare che la riva ove la barca approda. Riguardo all’ombre, il loro colore deve altrettanto partecipar del bianco ch’
Eurinome è una divinità dell’Inferno che mangia la carne dei morti, e loro non lascia che le ossa. I poeti non parlano di qu
pade, e sembra afflitto ch’elleno sieno state inutili per eseguire la loro ardita intrapresa. Questo momento è bello polla q
le com’è narrata nell’Odissea. Egli continua poscia dicendo: Vicino a loro si vede Antilo co: egli ha i piedi sopra una piet
iare la posizione delle gambe, e per dare un appoggio più solido alle loro statue. Questa bacchetta nella mano diritta di Ag
e sono seduti sopra una pelle di cervo. Un cane da caccia è seduto ai loro piedi. Il Conte Caylus ha fatto uso dell’anello d
ano agli scacchi inventati dal primo. Aiace figlio di Oileo guarda il loro giuoco. Si vede che ha naufragato dalla spuma che
lle ginocchia di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa del loro paese, ed i poeti c’insegnano che le ninfe vivono
Latini dissero Furie, ed i Greci Erinni per lo stesso motivo, giacché loro si attribuiva il furore che agitava gli scellerat
acarle. Licofrone ed Eschilo fanno le Furie figlie della Notte. Orfeo loro dà per genitori Proserpina e Plutone; Esiodo nell
Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’opera ed i Giorni dia loro per madre la Rissa. Abitano, secondo Virgilio, ne
, secondo Virgilio, nel vestibolo dell’Inferno con altra compagnia di loro ben degna. « Nel primo entrar del doloroso regno
le spalle, che gli Etruschi, e senza dubbio ancora i primi Greci, dar loro usavano in luogo delle alette, che nell’opere del
o dagli Etruschi per solo capriccio di tal foggia calzate, usitata da loro in molte altre figure, e con qualche predilezione
el basso rilievo le Furie sono cinque, ed il nu mero di tre, che vien loro assegnato, non altro denota che pluralità, onde s
il mio fratello. — Edipo, fuggito da Tebe nell’Attica, si rifugiò nel loro bosco, e solenne meraviglia prese quei popoli, co
e se alcuno macchiato di delitto fosse entrato nel tempio, che Oreste loro avea consacrato in Corina villaggio dell’Achea, f
ell’Arcadia erano con istraordinaria religione venerate, ed immolavan loro una agnella gravida e nera. Questi sacrifizi si f
stenevano dal libare a queste Dee il vino. Infatti Edipo giunto nella loro selva fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar ac
v. 37 e segg. Le Parche furono tre sorelle così concordi che mai fra loro vi fu lite. Esiodo lasciò scritto nella Teogonia
caso non abbia voluto accennar gli umani destini. Altri ascrivono la loro origine alla necessità, o all’informe materia che
sso, è la più antica, e la Fortuna è la più potente. Ma comunemente i loro nomi sono Atropo, Lachesi e Cleto. Questa divisio
omunemente i loro nomi sono Atropo, Lachesi e Cleto. Questa divisione loro dà il tempo, secondo Aristotile, che si divide in
o, la più matura di tutte, tagliava colle forbici il filo. I Mitologi loro assegnano ancora dell’altre funzioni. Ministre de
l capo, ed assise sopra troni risplendenti di luce, dove accordano la loro voce col canto delle sirene. Ivi, die’ egli, Lach
, che avevano nella Grecia: i Lacedemoni ne avevano eretto uno in una loro città vicino al sepolcro di Oreste, ed i Sicionii
e onoravano le Parche collo stesso culto delle Furie, vale a dire che loro sacrificavano pecore nere. Nella città di Olimpia
belle fanciulle, ora con l’ali al capo, or senza, distinguendosi fra loro pei singolari attributi. Una di esse viene costan
atroce delitto. Doveano, dopo aver giurata fedeltà innanzi all’ara ai loro sposi e cugini, ucciderli la prima notte, dopo av
fratei generi suoi. Che si giacean nei mal bramati letti, Nel sangue loro orribilmente involti. Tu sol mancavi alla gran st
Grecia e della Sicilia sembrano essersi molto studiate di dare sulle loro monete, sia a Cerere che a Proserpina, la più sub
Cretesi non volevano ch’egli salisse sul trono paterno. Egli volendo loro persuadere la sua origine divina, disse che avreb
anno chiuse le sorti umane; cita l’Ombre al suo tribunale; esamina la loro vita; indaga tutti i loro delitti. Radamanto, cui
; cita l’Ombre al suo tribunale; esamina la loro vita; indaga tutti i loro delitti. Radamanto, cui la Mitologia assegna gli
sarebbe stato formidabile e tremendo agli stessi numi. Quelli che fra loro nel di lei nome spergiuravano erano per del tempo
tori un vaso pieno dell’acqua stigia, che sospendeva per nove anni la loro divinità. Gli Dei che giuravano per Stige dovevan
ennava a’ felici la giusta misura, onde non abusare de’lor beni e del loro potere. Il freno le pendeva dalla manca, simbolo
gni, che se qualche opera grande producono, l’invidia non vuole darne loro tutto il merito. « Il marmo in cui fu scolpita la
tutta propria di Venere, su cui sono scolpiti gli Etiopi, non per la loro giustizia, come vanno ideando i commentatori di q
l coraggio ed al sapere, a lei debbano i potenti l’esito felice delle loro imprese. Dante stimò che il potere di quest’ Ess
ontrasto a lei: Ella provvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno trieg
commercio marittimo. E noto che gli antichi staccavano il timone dai loro navigli, e lo sospendevano al fumo nell’avvicinar
ssità, colla quale ì filosofi pagani circonscrivevano la possanza del loro Dio, e con cui si lusingavano di spiegare l’origi
niesi effigiare la fecero senza esse, acciò non potesse volare, e con loro mai sempre restasse. Gli Egiziani simboleggiavano
oglie tue fansi reine. Da lor speri venture alte e divine: Speran per loro i tuoi superbi carmi Arbitrio eterno in su l’età
o i tuoi superbi carmi Arbitrio eterno in su l’età lontane; E già dal loro ardore Infìammata tua mente Si crede esser possen
trici furono stimate queste divine fanciulle nate sul Pierio monte. I loro attributi e le varie parti dell’umane cognizioni
dementino l’essere il solo a possedere le statue delle nove Muse co’ loro distintivi antichi, e per la maggior parte trovat
ura che gli sovrasta. Gli altri duci temono anch’essi, ed inalzano le loro mani al cielo: non vi è che il solo Capaneo che m
mo sull’autorità degli antichi appellata Tersicore; altre sei hanno i loro attributi che le distinguono abbastanza; Clio ha
ighe non solevano guidare gli eroi, eccettuato Ettore audacissimo fra loro ) trasportano Anfìarao che ritorna da Tebe, nel qu
irano, parte è rovesciato dai calci, parte rotto, parte versato sopra loro : e alcune coppe ripiene di sangue cadono dalle tr
arte dei Pantomimi, che a forza di gesti sapevano rendere facondo il loro silenzio, e rappresentare di tutto il cielo poeti
adio, o sia la bacchetta con cui i matematici indicavano nelle scuole loro le figure, sono i suoi distintivi, tanto conosciu
erva. Ecco ciò eh’ è nel piano. Morti sopra morti, cavalli accanto ai loro signori, e fango irabevuto di sangue e sudore, de
nte. Quanto a Polinice, ananch’ esso è di grande statura, ed in ciò a loro eguale. Antigone ne ha inalzato il corpo, il qual
’istante da se, il quale si dice esser stato piantato dalle Furie sul loro sepolcro, e se voi ne strappate il frutto scorrer
allegrezza, e quasi tutti si somigliano. Perseo riceve cortesemente i loro doni appoggiato sul gomito sinistro, per distende
a penna, fregio non insolito delle Muse come trofeo della vittoria da loro ottenuta sulle Sirene, o come memoria del punito
ito orgoglio delle sorelle Pieridi trasformate in piche per avere con loro voluto competere nella perizia del canto. Qualunq
Se dunque da Omero fin a Orazio i poeti han costumato di registrare i loro versi su di simili tavolette, che, colla facilità
el disegno, ha dato un utile insegnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più di riflessione e di ponderazione richi
le Muse che le Grazie, ch’ebbero fra gli antichi comune il tempio con loro , e che dispensatrici sono anch’esse di tanti doni
e degl’Inni che si attribuiscono ad Orfeo non Eurinome, ma Eunomia dà loro in madre. Antimaco antichissimo poeta loro dà in
on Eurinome, ma Eunomia dà loro in madre. Antimaco antichissimo poeta loro dà in genitori Egle ed il Sole: r opinione più co
vestite; e tali solevano, secondo esso, presso gli Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli, era dorato: la faccia, le m
uno ornamento, e che a coloro ai quali elleno sono state liberali dei loro doni basta la sola natura per piacere. Certo è ch
ar templi. Eteocle re d’Orcomene fu il primo ad erigerne ed istituire loro un culto particolare: e la fama grata sparse che
cose, che n’ importa di questa scienza? Perchè quelle mani unite fra loro come se danzassero? Perchè un benefìzio passando
le Grazie, che leggesi nell’Antologia, quando finse che Amore rubasse loro le vesti mentre che si lavavano. Tre donzelle nud
bretti sono rappresentate in forma delle tre Grazie, tre donzelle coi loro nomi scritti, e pensano gli antiquari: che le tes
ne dare a una Grazia l’attributo della dea della Sapienza, giacché da loro proviene, secondo Pindaro, se un uomo è saggio, s
n un ginocchio a terra e le mani alzate. I due Numi si riconoscono ai loro simboli; lo scultore, perchè non sembrasse preghi
he tante statue, bassirilievi, gemme e pitture ce le rappresentano. I loro capelli sono leggiadramente rannodati e stretti d
e. Aiace Locrense. — Questi scogli che s’avanzano sopra il mare, che loro intorno spuma, questo guerriero magnanimo che rig
hanno armi perchè si propongono di fare l’esequie del più grande fra loro , che ha ricevuto un colpo d’asta nel petto. Veden
i (le quali eran forse per questo chiamate generalmente Igia) per dar loro da mangiare; e secondo Macrobio, riferendosi ques
li antichi hanno dato a questo nume l’abito mentovato, proprio presso loro dei più teneri giovinetti, ed atto a difenderli d
ll’altro riesce dalle spalle la punta del dardo entrata pel petto: le loro gote sono sparse di lagrime e di sangue. I servi
o aperto Stanno ammassate, e di dolore han gara, E d’orribili voti. A loro in mezzo Di Driope piange nell’immagin mesta Vene
esta maestà del tuono Arse Semele: piange Autonoe il figlio Cervo. Di loro , ahi più misera: uccise L’unico figlio Agave. Esu
i Prometeo, che per rimediarvi non ha pensato dì togliere agli Dei il loro nettare, piuttosto che il fuoco sacro. Giove dopo
to occupa le vicinanze del polo. Le sette Pleiadi formano in cielo il loro coro: Elettra infatti vi mescola il suo splendore
acconsente: Scioglie da tutta qualità mortale Ed Ino, e Melicerta; a loro impone Maestade tremenda, e con l’antiche Sembian
Tiona. Giunone avendole rese furiose, Mercurio fu obbligato di levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola di Cadmo e
grazia colle più vive istanze. Qui il poeta ci fa la descrizione dei loro giuochi. Si vede Bacco che prende piacere a lasci
i il poeta fa la descrizione, vanno alla reggia del Sole, e ognuna di loro ha ornamenti che la caratterizzano. Il Canto duod
ioni stesse che arrivano sulle rive dell’Oceano nel pa lazzo del Sole loro padre, ove riscontrano Espero e la Luna crescente
a una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siria. L’edere coi loro grappoli le corrono intorno, e le viti e gli albe
Voi direste di vederle veramente, e che gridino dalla gioia: tanto i loro spiriti dal furore del vino sono alterati! Bacco
violenti. Elleno non s’ avveggono di quello che fanno, nè come Penteo loro gridi misericordia: non odono che il ruggito di u
degno di gran compassione: quel che non conobbero nel Citerone, qui è loro tutto manifesto. Non solamente il furore le ha st
ontagna piene di ardore di combattere facevano risuonare le valli dei loro gridi: qui mute si stanno, rammentando il loro de
risuonare le valli dei loro gridi: qui mute si stanno, rammentando il loro delitto. Sono sedute in terra: una appoggia la su
hanno trasformati in serpenti; le scaglie cominciano a guadagnare il loro corpo; le gambe, le cosce sono sparite; il cangia
il loro corpo; le gambe, le cosce sono sparite; il cangiamento della loro figura si estende alla parte superiore: eglino n’
sia questi ingiusti, uccida il principe Deriade, che significa Bissa, loro re, che sotto forma di Cerasta nata dall’acqua de
ta di una parte degl’Indiani. Quelli che avanzano, maravigliati della loro perdita, bevono 1’ onda del fiume, che prendono p
ttare, e di cui non possono mai saziarsi. Il nume si approfitta della loro ebrezza, della quale sono descritti gli eff’etti;
agli occhi i preparativi delle due armate animate alla battaglia dai loro generali. Oronte dà esempi di valore ai proprii s
quore che Bacco le versa, diviene ebra, come il suo sposo Stafilo, il loro figlio Botri e il loro vecchio confidente Pito. T
a, diviene ebra, come il suo sposo Stafilo, il loro figlio Botri e il loro vecchio confidente Pito. Tutti si pongono a danza
e Pito. Tutti si pongono a danzare. Questo fu il primo efi’etto della loro ebrezza: in seguito vanno a dormire come Bacco. L
o le Nereidi, o le ninfe del Mar Rosso, si occupavano di Bacco fra le loro acque, e gareggiavano neir accarezzarlo. Melicert
. Scolmo finalmente viene a consolarli, e gli annunzia il ritorno del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna,
vande, gl’Indiani si dispongono alla pugna. Ma un Amadriade scopre il loro disegno ai soldati di Bacco, che s’ armano segret
Ua pianura. Incontanente la presenza del nume li spaventa, e si fa di loro orribil macello. Le acque dell’ Idaspe si tingono
’Indiani fuggenti innanzi ad Baco e a Bacco. I miseri si uccidono tra loro , e Bacco non risparmia che il solo Turco, perchè
lla terra quando una pioggia di sangue venne a predire agl’Indiani la loro sicura disfatta. Non ostante Deriade pieno di un’
ieno di un’orgogliosa fiducia dispone i suoi Indiani contro lo dio, e loro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici
ro rammenta molti fatti di Mitologia Greca. L’armata degl’Indiani, la loro veste, la loro armatura è descritta del pari che
ti fatti di Mitologia Greca. L’armata degl’Indiani, la loro veste, la loro armatura è descritta del pari che l’armata di Bac
nvita molte divinità a interessarsi per la difesa di Bacco, mostrando loro le diverse ragioni che esigono da esse questo int
sono nel numero di tredici: la terra ha prodotti dei fiori intorno ai loro sepolcri, onde sembra che si rallegrino della vit
o sepolcri, onde sembra che si rallegrino della vittoria ottenuta sul loro crudele nemico. — Evadne. — Il rogo acceso, gli
il suo marito. Intanto dei piccoli amorini danno fuoco al rogo colle loro fiaccole. Ed è ben giusto che la loro fiamma sia
orini danno fuoco al rogo colle loro fiaccole. Ed è ben giusto che la loro fiamma sia destinata a così nobile uso, poiché qu
ta degrindiani viene per rianimare il coraggio e il furore di Deriade loro capo, che unisce le sue truppe, e con nuovo impet
di cui soccorso vola Alcone suo fratello. Eurimedonte invoca Vulcano loro padre, che copre Morreo colle sue fiamme. Ma l’I
Eaco solo combatte ancora. Le Naiadi si nascondono nella sorgente dei loro fonti, e le Amadriadi negli alberi delle foreste.
. Questa veste rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii: era fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pastori, Aita: e non mi
emo ritrovare in tanti antichi monumenti i tirsi, non osservandosi in loro l’ellera in altra forma che in questa, eccetto ch
doro che per il medesimo fine Bacco levò alla sua gente l’asta, dando loro in quella vece la ferula assai leggiera e debole:
li assomigliano ai tirsi molte erbe, che chiamano capitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la qua
zzi, e comunemente di due, quelle (cred’io) che lungi dal luogo della loro destinazione si lavoravano per uso, o per ornamen
so, o per ornamento dei palazzi e di ville particolari, per potersi a loro piacimento con più facilità trasferire. Si crede
: gli occhi sono sicuramente d’ innamorato; poiché essendo per natura loro glauchi e feroci sono mitigati dall’amore che vi
ritto, così è descritto dai poeti. Che se gli Arcadi ingentilirono il loro Pan in qualche medaglia, facendolo di coscie e ga
quali se dovevano rappresentarsi, la prima cosa era il contraffare le loro sottili gambe e i piedi caprigni: il che facevasi
cennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla testa delle armate co
i Centauri, di cui vi esporrò l’origine, i nomi, le imprese, quindi i loro attributi, e gli antichi monumenti nei quali veng
ro circondata di serpenti. Eccovi esposta 1’ origine dei Centauri. Le loro imprese si riducono alla pugna coi Lapiti nella c
Dei, come al Sole, ad Ercole, ad Esculapio, con far condurre ancora i loro carri sacri: più frequentemente però nelle medagl
ella sinistra 1’ altro Centauro fu costumato dagli antichi, in quella loro semplicità di vivere, per bicchiere, come a lungo
to di allattare un piccolo Centauro. Rare ciò non ostante pur sono le loro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di
sporto di tali mostri pel vino, che servì ad Ercole per cavarli dalle loro tane e domarli, e vedendosi perciò in molti antic
ce a favellarvi delle donne compagne di Bacco, che si distinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccant
emmine di Lemno spensero tutto il sesso virile che aveano nella città loro . Questo era l’uffìzio delle Menadi: sciorsi le be
ra cosa che spettasse a quella superstizione. Le Tiadi ritiratesi fra loro , giacché ai profani non era lecito saperne, l’est
’altra sacerdotessa. Le Mimallonidi, lasciando coloro che derivano il loro nome da Mima città dell’Asia, hanno il nome da (g
levasi di terra dipinta in un vaso della Galleria. Le più celebri fra loro sono Ippa, Nisa e Bacca. Udite da Visconti l’illu
olo, e alle quali perciò non convenisse il nome d’altare tratto dalla loro elevatezza. Porfirio chiama escharas, o focolari
. Lo sottopongo al giudizio dei leggitori, dopo aver fatto considerar loro la statua con tutte le sue circostanze. È effigia
bilmente che i possessori gradirono avere scritti i nomi delle statue loro . Colui che die alla nostra il nome di Sardanapalo
. L’ amistà di Cerere con Bacco sembra esser nata dall’affinità delle loro invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l’altr
onno ci vengono rappresentati nelle antiche arti. Ma l’espressione al loro vivace e lascivo carattere conveniente è quella s
o singolare che insegnò ai Greci tante arti ignote, ed introdusse tra loro sì nuovi costumi, i Greci dipingonci la sua venut
li stessi coi quali fugò quell’eroe gli uccelli Stinfalidi. Il comune loro culto fu ravvivato da una superstiziosa adulazion
, corna appena nascenti e brevi code. Due glandule prominenti pendono loro sotto le mascelle, anche queste ideate a seconda
non son già nebridi, ma pardalidi o pelli di pantere e di tigri. « I loro tirsi, come quei delle lor compagne, non sono del
seminude e lascive, o perchè gli artefici preferissero, per dare alla loro opera un vezzo maggiore, di rappresentare piuttos
13 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
luogo, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce alla mobile fantasia loro più facile a ritenersi, ne eccita e sostiene la c
zione. La Mitologia è l’ esposizione delle favole, che intorno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli antichi immaginato. La cogn
pur dell’ Egitto, e delle altre nazioni, assai numero ne contavano di loro proprii, e particolari. Dodici anticamente erano
Diana, Venus, Mars, Mercurius, Iovis; Neptunus, Vulcanus, Apollo. Il loro numero fu indi portato a venti, che detti vennero
principali particolarità che ad essi riguardano, incominciando dalla loro stessa genealogia. Capo I. Della Genealogia deg
efredo, ed Emo, dette Cree, perchè canute a guisa di vecchie fino dal loro nascere; le Gorgoni Steno, Euriale, e Medusa, il
ascondeva sotterra tutti i figli, che Gea o la Terra gli partoriva, e loro non permettea di uscire alla luce. Gea, di ciò s
in cui i servi erano da’ padroni trattati a lauta mensa, e serviti da loro medesimi. Essendo nella greca lingua Saturno chia
dalle Ninfe, e dai Cureti sacerdoti di Cibele, che collo strepito de’ loro cembali ne occultavano a Saturno i Vagiti; e vi f
ve forniti i fulmini, con questi rovesciò egli i giganti, e sotto de’ loro monti li seppellì. Assicurato il regno del Cielo,
erano da’ Sabini, venuti a vendicare il rapimento da essi fatto delle loro donne. Altri templi innalzaronsi poscia a Giove V
o nell’ atto che a lei tentando far forza ne venne respinto, e avendo loro ordinato severamente di non aprirla, la cornacchi
aggio significa forza; e da questa pretendevano i Neroni di trarre la loro origine. Oltrecciò egli ebbe da Venere Antero ed
nnanzi all’ Areopago di Atene ove giudici furono dodici Iddii, ma dai loro suffragii Marte venne assoluto. Marte riguardavas
i viaggi che a tal fine intraprese, avvenutasi nelle sorelle raccontò loro la sua sciagura, ed aggiunse che per maggiore ven
ggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. Avide di questo le sor
i le sorelle piangendone la morte furon convertite in pioppi, e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stene
er la tragedia, Calliope per la poesia epica, Erato per la lirica. Il loro soggiorno poneasi nell’ Aonia, parte della Beozia
unte dalla pioggia a ricoverarsi in sua casa, e quindi tentato di far loro violenza, esse fuggirono convertite in uccelli, e
o di Nilo; il quinto dagli Egizi chiamati Teut o Tot, che dicesi aver loro insegnalo le lettere, e date le leggi. Il più rin
acoltà di testare. In molta venerazione erano presso del popolo, e la loro interposizione ha sovente giovato moltissimo a ca
correndo la Grecia si accinsero a spogliare il tempio di Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso terrore, per cui tu
Ninfe, e lanciate le morte vittime in luogo chiuso, dalle putrefatte loro viscere pullularono nuovi sciami di api. Il Dio T
Dei marini. Molte delle cose campestri avean pure presso i Romani la loro particolare Divinità; e Ippona essi dicean la Dea
ina al bere, Educa o Edusa al mangiare. La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici di
l nono giorno dopo la nascita, e le femmine all’ ottavo purgavansi, e loro imponevansi i nomi; Statilino o Statano dava loro
ttavo purgavansi, e loro imponevansi i nomi; Statilino o Statano dava loro lo stare in piedi; Fabulino ih favellare; Pavenza
o Statano dava loro lo stare in piedi; Fabulino ih favellare; Pavenza loro toglieva i timori; Gioventù li guidava alla giovi
dargli eredi; Laverna invocavasi da’ ladri, perchè occulti tenesse i loro furti; Libitina presedeva alla morte; Nenia ai fu
giunger si possono ancor gl’ Indigeti, cioè, quegli uomini che per le loro azioni meritaron gli onori divini. Tra questi olt
e colà vicine, che ancor si chiamano l’ isole delle Sirene. Quivi col loro canto seduceano i naviganti e poscia li divoravan
o seduceano i naviganti e poscia li divoravano. Essendosi Ulisse alle loro insidie sottratto, elle affogaronsi in mare, e Pa
glie della Notte, e in un altro figlie di Giove e di Temi. L’ ufficio loro si era il filar la vita degli uomini. Cloto tenea
l Sonno era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papavero. I sogni
de’ sepolti doveano pagarne il nolo, per cui nel seppellirli poneasi loro una moneta, sotto la lingua. Di là dell’ Acheront
co, esaminavano la vita de’ trapassati, e giusta il merito assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano fi
infa Piote in un convito offerto agli Dei, per fare esperimento della loro divinità, diè loro a mangiare il proprio figlio P
nvito offerto agli Dei, per fare esperimento della loro divinità, diè loro a mangiare il proprio figlio Pelope. Ma essendose
ato del regno, ordinò alle figlie di uccidere la stessa notte tutti i loro mariti. Eseguiron esse l’ iniquo comandamento, ec
sse d’ impedimento al tirare dell’ arco; e fatta prigioniera Ippolita loro regina, la diede a Teseo, che gli era stato compa
di Eripilo insofferenti di veder condotte da Ercole queste vacche pe’ loro campi furon esse medesime cangiate in vacche. 11.
ersi tempi, sicchè Varrone ne numera fino a quarantaquattro, e che le loro azioni, per renderle più prodigiose, oltre all’ e
i il cammino nella Gallia Narbonese; ei dopo aver consumalo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia
olà mandato dalle Nereidi, perchè Cassiopea avea avuto l’ orgoglio di loro anteporsi in bellezza. Perseo, ottenuta promessa
Abitava ella nel monte Ficeo, e lanciandosi sui passaggieri proponea loro un enimma, cui se non sapessero sciogliere, li di
e del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternatamente un anno per ciascheduno
però fattale fu quella guerra a’ due nemici fratelli. Fino avanti al loro nascere avea detto Giocasta di averli sentiti nel
nascere avea detto Giocasta di averli sentiti nell’ utero pugnar tra loro : e ben mostrarono appresso fino a qual segno il f
ontro l’ altro che amendue scambievolmente, si uccisero; ed essendo i loro corpi stati posti sopra, il medesimo rogo, le fia
osì divisi. Nè le triste conseguenze di quella guerra finirono colla; loro morte. Perciocchè avendo Creonte, il quale prese
e a lui pure congiunta n’ ebbe due figli Toante ed Euneo. Seguendo il loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove
do onde superare gli scogli Cianei o Simplegati, che urtandosi fra di loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompensa d
eminati denti, quelli sarebbonsi l’ un contro l’ altro rivolti, e tra loro uccisi. Ciò tutto avvenuto e impossesatosi Giason
tati, e bramando le figlie di Pelia, che altrettanto facesse al padre loro prescrisse a queste di ucciderlo, e farlo bollire
in somma venerazione erano entrambi, presso de’ naviganti, perchè il loro apparire dicevasi portator del bel tempo. Polluce
nee era riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi egli contro di loro , e giunto prima a Sitone ottenne coll’ oro che la
io che ognor l’ insegue. Vinti alla fine gli Ateniesi, Minosse impose loro la cruda condizione, che ogni sette anni spedir g
rocuste, che faceva stendere gli ospiti sul proprio letto, e tagliava loro le gambe, se fuori sopravvanzavano, o stiravali a
padre, come è già detto, dato in pasto agli Dei per far pruova della loro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla d
Capo XII. Della guerra di Troia, e de principali Greci, Troiani, e loro ausiliari, che vi ebbero parte. Cagione della
e’ giacinti. Non però a torto deciso aveano i Troiani che Ulisse alla loro patria avesse recato i danni maggiori. Ei travest
zialmente di Ulisse dopo la rovina di Troia. Superbi i Greci della loro vittoria più non pensarono che a ridursi alle cas
i Greci della loro vittoria più non pensarono che a ridursi alle case loro ; ma pochi vi giunsero senza incontrare gravi disa
avendo due compagni ed un araldo a spiare il paese, i Lotofagi dieder loro ad assaggiare il loro frutto dolcissimo, che fece
un araldo a spiare il paese, i Lotofagi dieder loro ad assaggiare il loro frutto dolcissimo, che fece ad essi dimenticare i
ndre del Sole; per cui questi irritato ricorse a Giove, il quale alla loro partenza fulminando la nave li fè andar tutti som
ralmente accollo, e spedito con ricchi doni sicuro in Itaca sopra una loro nave, la quale da Nettuno sdegnato fu poi al rito
i, i quali pretendendo forzar Penelope di lui moglie a sposare uno di loro , frattanto si divoravano le sostanze di esso, si
Pallade, sterminò tutti i Proci ch’ erano cento otto, non meno che i loro aderenti, salvando il solo cantore Femio, e l’ ar
ella venuta di Antenore, e Enea, in Italia. Dei capi de’ Troiani e loro alleati i soli, che avanzarono da quella guerra,
i Eneti popoli della Paflagonia, che sotto Troia perduto aveano il re loro Filemone e venuto all’ estremo dell’ Adriatico fo
ede l’ età del rame in cui gli uomini cominciarono a farsi guerra tra loro . Seguì da ultimo l’ età del ferro, nella quale in
nterrogato Tiresia da Liriope moglie del fiume Cefiso, se il figliuol loro Narciso vivuto sarebbe a lunga età, rispose: Se n
e nozze da lor bramate, per una fessura del muro che divideva le case loro , concertano di trovarsi la notte sotto un gelso p
vedendo trafitto Piramo, uccide anche essa colla medesima spada, e il loro sangue fa che i fruiti del gelso, dapprima bianch
o Icario e gettatolo in un pozzo, perchè ubbriacatosi col vino che ei loro avea dato, credettersi avvelenati. Mera indicò ad
chini abitatori di Laliso città di Rodi, che affascinavano altrui co’ loro occhi, sono da Giove mutati in iscogli sottomarin
Bauci di lui moglie. In ricompensa, condottili sopra di un colle, fan loro vedere il paese inospitale cangiato in palude, e
e vergini. Metioca e Menippe si offrono volontarie al sacrificio. Dal loro rogo escono due giovani, che son nominati Coroni.
Capo XVII. I Cercopi, due de’ quali erano Candulo ed Atlante, per le loro frodi sono da Giove mutati in sci mie; e posti ad
Appendice. Origine dell’ idolatria. Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi. L’ idolatria secondo
e dell’ idolatria. Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi. L’ idolatria secondo l’ Ab. Banier in
i bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incominciarono ad alzar loro de’ piccioli e rozzi tempietti ne’ boschi lor con
e uscendo riferiva quanto vi aveva udito e veduto a’ Sacerdoti, che a loro modo l’ interpetravano. L’ oracolo del bue Api in
hità; sebbene le principali tra queste sono state da noi accennate a’ loro luoghi. Le feste per ordinario accompagnate eran
lle odi di Pindaro, erano spesso onorati di pubbliche statue, e nella loro patria erano tenuti sempre in grandissimo pregio.
14 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
che per tanti secoli sedotta tennero la infelice Gentilità, ebbero la loro origine dalla Idolatria.(2) Imperocchè perduta gl
cominciarono a lavorarsi Dei a capriccio, ed a rivolgere a questi le loro adorazioni ; onde videsi con orror di natura dars
ntarono, che quivi cogli altri rinchiusero ; e così dilatando essi la loro potenza sin agli estremi paesi del mondo conosciu
agli estremi paesi del mondo conosciuto, a questi tutti comunicaro le loro stravaganze, e follie ; e quindi l’irreligioso cu
di tanti Dei, acciò recato non avesse confusione, e soprattutto nelle loro differenti preeminenze, e ne’gradi, pensarono gli
e, ecc. La III classe abbracciava tutti que’Dei, che riconoscevano la loro origine da qualche donna mortale esibitasi a qual
ero di questi erano ancora annoverati quegli Eroi, che a riguardo de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei indi
tto il folle stuolo de’ suoi potentinemici, e così vinto, e domato il loro orgoglio si assicurò del suo regno, e riacquistò
, e perciò vietati all’intervento delle donne sotto pena della stessa loro vita. Gl’ albori a questo Dio dedicati erano il f
tutte le divinità marine, e preceduto da Tritoni,(1) che animavano le loro trombe con eco sonoro delle conche marine, innanz
lui si prestava, si per amore del lor fondatore, che per timore delle loro battaglie. In suo onore invero aveano essi costru
ssendo suo ufficio portare i comandi di Giove, servire agli Dei nelle loro ordinanze, ed il presidente altresì essendo alla
’ammirabil energia nel commuovere gli ascoltatori, ed attirare a se i loro animi, quasi attratti da dolci ben forti ligami.
de’ ladri : perchè abile a conciliare si gli Dei, che gl’ uomini fra loro , ambasciator di pace s’appella : come padre delle
) ove per altro sovente si trovava unito con Minerva, dette perciò le loro statue Hermathenae, sacrificar si doveva in segno
asse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo alle porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri, di cu
colo di ghiande, e selvagge radici ad un altro tutto convenevole alla loro condizione, così ne forma l’encomio Ovidio Prima
la con religioso affetto affidavano se stessi non solo, ma sibbene le loro rispettive case, e famiglie. Il pietoso Enea infa
anni nell’imparare ad altre nuove donzelle le sacre cerimonie, era in loro libertà o quivi terminare il resto di loro vita,
le sacre cerimonie, era in loro libertà o quivi terminare il resto di loro vita, o ritirarsi nelle loro antiche famiglie, ed
ro libertà o quivi terminare il resto di loro vita, o ritirarsi nelle loro antiche famiglie, ed anche maritarsi ; sebbene da
a probità. Castighi, e privilegii delle Vestali. La violazione della loro castità era il massimo de’ delitti, e punivasi co
sì severi però furono per esse i castighi ; larghi d’altronde erano i loro privilegj. Potevano esse anche vivendo i loro gen
rghi d’altronde erano i loro privilegj. Potevano esse anche vivendo i loro genitori far testamenti, erano immuni dal giurame
i sollennità, ed insieme col fumo delle capre svenale alzar divoti le loro preci a questa Dea d’ogni umano sapere. Cap. 
i della modestia si diadero gl’uomini a mille disordini deturpanti la loro stessa condizione, io non posso, ne debbo svelare
pomene, di Paride, ed Elena, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti dal poter di questa Dea sono argomenti pa
e, cui perciò rivolgevansi spesso i gentili mossi dalla pietà verso i loro defonti, e per la stessa ragione volendo discende
par di essa similmente agguernite, di statura però men maestosa della loro Dea, come chiaramente cel descrive l’Epico Latino
ibbene degli stessi Dei : onde in più luoghi i poeti ci descrivono le loro querele, non che i lamenti dello stesso Giove, co
r, che il ritratto istesso, che ne fecero più da vicino ci scnopra il loro ideato. E che altro vollero essi intendere col pi
vio da’ Consoli Sempronio, e Minucio. Queste sebbene nel principio di loro istituzione occupavano un giorno solo, cioè il de
o a tre, e quattro, e secondo alcuni, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso di queste era vietato tenersi
ancor serviti dagli stessi prendevansi la libertà di commettere alla loro presenza mille piacevoli buffonerie. Tanto ci ram
, che le opere di beneficenza, e di pietà assomigliano le creature al loro stesso Creatore, non fia maraviglia se il Tessalo
qualità ammirando i sudditi spettatori per un Nume più tosto, che per loro Re lo canonizzarono benchè ancor vivo. Suo ritra
ri modi dilacerati, e trafitti, irrequietamonte il fio pagavano delle loro antiche reità, ripetendo con singhiozzi ne’ loro
l fio pagavano delle loro antiche reità, ripetendo con singhiozzi ne’ loro tormenti le parole che li mette in bocca Virgil.
el ministero degli occhi facendo passare al cuore più senibilmente le loro imagini vistose risvegliasse negli animi di tutti
ossequiosi, ed amici. Siasi però come siasi proseguendo io le stolte loro tracce pingerò nella più aggiustata divisa insiem
la sola speranza fa, che vadino in nanzi, e proseguano costanti nelle loro opre i viventi. Quel vaso vuoto però, che nell’al
alità de’ fraudolenti, che con bel garbo, e dolci lusinghe eseguono i loro infernali disegni ? Se è vero però, che le labbra
irabil possa di quest’arte. Per essa più popoli spogliati gli antichi loro selvaggi costumi furono felicemente tradotti ad u
tenore di vita più civilizzata, e più culta. Per essa asseguirono la loro subblimità i Druvidi, le loro celebrità i Bardi,
a, e più culta. Per essa asseguirono la loro subblimità i Druvidi, le loro celebrità i Bardi, le magnanimità loro i Cultei.
loro subblimità i Druvidi, le loro celebrità i Bardi, le magnanimità loro i Cultei. Per essa nella republica letteraria han
alogia in tal punto scorgiam prese in mira da più classici autori nei loro incomparabili poemi. Se inoltre il soggetto princ
no però maneggiarsi con arte assai fina, acciò mentre dilettano colla loro varietà, in grazia di cui sono stati introdotti,
contentano di avere anche alla sola sesta, ossia penultima sillaba il loro accento, restando per forza della rima obligato i
rche abbraccia versi di otto sillabe, che richieggono alle settima il loro accento. Ia questo metro suol rimare il secondo c
er lo scrivere. Dicesi sdrucciolo, perchè le ultime due sillabe colla loro rapidità somigliano ad un corpo, che rotola, e ca
co ne fu l’inventore. Esso è atto a tutti gli argomenti, e secondo la loro natura benchè prenda un diverso aspetto, serba se
iò prevengo i miei giovani, che ad esempio del detto Manzoni la prima loro mira in tal azzardo sia l’eleggere un soggetto gr
n quinario piano, poi due altri senarii tronchi similmente rimati tra loro , ed il sesto quinario piano, che rima al terzo, q
nchi, che rimano insieme, il settimo, e l’ottavo son piani rimati fra loro , il nono è piano libero, il decimo è tronco liber
me di stile bernesco ; in questo hanno scritto il Crassi, il Bruni le loro epistole eroiche ; in questo sono state tradotte
i quattro rimano alternativamente, e gli altri due immediatamente fra loro . Un tal metro è trattabile in ogni sorte di argom
ici alternativamente rimati, due altri sono ottonarii, che rimano fra loro , il settimo è quinario, che rima all’ottavo, che
iono colla moneta dei pubblici scarcasmi pagar meritamente il fio del loro audace ardimento. Chi vuol montare a questo segno
sitori, e si vedrà, che questa parte appunto hà formato il principale loro scopo. Può darsi in vero chiusura più bella o di
ngo, e gradatamente la sviluppo, e dichiaro. Nel 1. parlerò de’piedi, loro nomi, e valore. Nel 2. ragionerò del verso, e del
i nella numerica, e specifica lor differenza. Qualunque siasi però la loro moltiplice diversità si possono a tre classi comm
tto le divise di Carmen Policolon. Qualunque intanto esse siano nella loro diversità le composizioni latine, a quattro manie
Sue azioni. (1). I poeti tenuti un di quai riformatori della falsa loro religione, benchè privi della luce del Vangelo, c
i Giove, di Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenoscendo non potere i loro falsi Dei commettere delle brutalità senza lascia
i quadrupedi, di volatili ecc. per colorire in tal modo le deturpanti loro azioni. Oh quanto chiaro dunque si scorge, che ch
gl’ incauti viaggiatori, e per sensuali diletti li spogliavano delle loro sostanze : secundum veritatem , così Serv. In 5.
racmom e par, che la viva immàgine della lore forza, e destrezza nel loro impiego abbia somministrata al Poeta istesso quel
ovevano i legali, che presso un tal giudicato trattavano le cause de’ loro clienti. Essi sotto pena di non essere ascoltati
essere ascoltati doveano con nuda schiettezza, e semplicità esporre i loro argomenti di difesa, acciò in tal modo que’ giudi
gli. Suo culto. (1). Gl’ altari, che erigevano i Gentili in onor de’ loro Dei, sebbene semplici furono nel nascere della Id
i, soprattutto in tempo di notte, non sò se per onorar più raccolti i loro Dei, o per attendere più sfrontati ad ogni sorta
era, che incontrandosi colli stessi consoli, questi per rispetto alla loro dignità o doveano deviare del cammino, o abbassar
petto alla loro dignità o doveano deviare del cammino, o abbassare le loro autorevoli insegne. Chi fù Minerva. (1). Sulle o
sona di Bacco con troppo plausibili argomenti tratti dalle reciproche loro relazioni lo dimostrò dietro alcuni pochi il dott
telli di 6 12 18 24 libre l’un dopo l’altro dalla gravità diversa dei loro colpi formò la misura delle note musicali dall’ot
 ; siccome nella parola forma la stessa armonia la rassomiglianza de’ loro suoni, (1). Sembra, che l’ape romana in questo
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
ll’ astronomia127. Quindi si rappresentano con emblemi distintivi del loro speciale ufficio : Calliope con volto maestoso,
nomi proprii, avevano le Muse anche degli appellativi comuni a tutte loro , derivati dai luoghi ov’esse abitavano ; i quali
sco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontana Ippocrene, luoghi da loro frequentati. Anzi spesse volte questi stessi nomi
erivazione, difficilmente se ne servono per traslato a significare la loro poetica inspirazione ; e Dante (per quanto io mi
re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi più valenti di loro  ; ma furono facilmente vinte, e in pena di lor pr
ssia gazze. La qual metamorfosi significa evidentemente qual fosse la loro voce e la loro abilità nel canto in confronto del
qual metamorfosi significa evidentemente qual fosse la loro voce e la loro abilità nel canto in confronto delle Muse. A Dant
to, e rammentando quel che dice Ovidio, che le Muse, per confonder le loro emule presuntuose, cantarono così divinamente da
ante poi era sì grande e sì fervente il culto per queste Dee, che per loro , dice egli stesso, soffrì la fame e la sete, e si
i. » I poeti hanno abbellito maravigliosamente il paradiso dell’arte loro , e attribuito al loro Dio anche la facoltà di pre
bellito maravigliosamente il paradiso dell’arte loro, e attribuito al loro Dio anche la facoltà di prevedere e vaticinare il
parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indovini
lla sua condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzati insegnando loro a cantare, a suonare la cetra e la tibia e a far
essi nomi delle Muse, derivati dal greco indicano presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio di ciascuna di q
iera di allegrezza ; Terpsicore danzatrice ; Urania celeste. Anche il loro nome comune di Muse alcuni mitologi lo fanno deri
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
pii andavano ai Campi Elisii, soggiorno che gli Antichi, con tutta la loro vigorosa fantasia, non seppero dipingere e rappre
ssato, e principalmente di quei luoghi e di quelle persone che resero loro più cara e gioconda la terrena esistenza. Aggiuns
ro mondo in quelle stesse arti ovvero occupazioni che erano state per loro più gradite in questo252. Per tal credenza, press
i quegli idolatri colla certezza di riunirsi compagne indivisibili ai loro mariti nel soggiorno dei beati. Questa noiosa mon
anche dopo 100 e 1000 anni nei teschi dei sepolti cadaveri, o fra le loro ceneri, e ne furon trovate anche in bocca alle Mu
r prova se i Numi avessero l’onniscenza, li invitò a pranzo e imbandì loro le membra del suo figlio Pelope da lui stesso ucc
rerà eternamente. Orazio assomigliava a Tantalo gli avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quel
ù ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono da sè stessi delle loro smodate e irrazionali cupidità. Del gigante Tizi
o e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici di Danaidi e di Belidi.
tto, che 49 delle sue figlie eseguirono, qual fu quello di uccidere i loro sposi la prima sera del loro matrimonio. La sola
eseguirono, qual fu quello di uccidere i loro sposi la prima sera del loro matrimonio. La sola Ipermestra salvò la vita al s
acolo, uccidendo il suocero in battaglia. Le 49 Danaidi micidiali dei loro mariti furon condannate nel Tartaro ad empir d’ac
no sfondata, con l’ironica e beffarda promessa che sarebbe cessata la loro fatica, quando la botte fosse piena. Questa favol
costrutto. « A Dio, a sè, al prossimo si puone « Far forza ; dico in loro ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione.
ute non adducevano altra ragione che l’Ipse dixit, cioè le parole del loro maestro : ipse autem erat Pythagoras, come dice C
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
Cerere, Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno di loro  ; delle Divinità inferiori o terrestri, quasi nes
a paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apol
e a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro , e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio
e che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che
dalla vita selvaggia e brutale e condurli a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel che di Orfeo dice
coli, e sopra la sètta degli arioli e degli aruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi. Perchè loro faci
ruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi. Perchè loro facilmente credevano che quello Dio che ti poteva
ccogliere e riunire in nazione le sparse tribù elleniche, e d’ispirar loro l’amore della patria comune e il coraggio per dif
ne, anche i dotti e i sapienti del mondo ammirarono ed encomiarono la loro santa impostura 291), e ben si guardavano dallo s
figlia di Peneo. 285. Son celebri le risposte degli Oracoli per la loro studiata ambiguità. Se ne trovano riportate alcun
i quali dall’oracolo eran chiamati figli delle donne per indicare la loro effemminatezza e il loro poco valore. » 290. Ci
n chiamati figli delle donne per indicare la loro effemminatezza e il loro poco valore. » 290. Cicerone lo interpreta egre
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
e pene, che giudici di diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle loro sentenze avevano assegnate ai dannati. Era inoltr
potente fratello Giove. Si accorsero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretesero di supplirvi assegnan
, Lachesi ed Atropo, nomi che furono adottati dai poeti latini per le loro Parche, e passarono ancora nel frasario poetico d
far questo lavorìo per ogni persona che veniva al mondo, non mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere
Làchesi filava, ed Atropo troncava il filo ; e Dante ha rammentato i loro nomi ed ufficii nella Divina Commedia, come appar
o in nota246. Anche Michelangelo ha rappresentato le Parche in queste loro diverse occupazioni, come si vede nel suo quadro
ino la Vecchiezza, funeste divinità allegoriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali p
riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era inap
ne erano stati sulla Terra tre ottimi re della Grecia, celebri per la loro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’o
Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla classe dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel ragio
tori si sbizzarriscono a rappresentare il Sonno ed i Sogni secondo la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cath
ovinare che introducendole nell’Inferno dei Cristiani non conservasse loro il grado di divinità che avevano in quello dei Pa
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
buoni e benefici e Genii maligni e malefici, che fossero in lotta tra loro per avere il predominio sul mondo in generale e s
ie soltanto dei Politeisti greci e latini ; anzi non furon nemmeno di loro invenzione, poichè sappiamo di certo che ebbero o
e nel potere degli stregoni e fattucchieri che tengono il demonio per loro iddio ? Abbiamo perciò davanti a noi un soggetto
ran detti Dèmoni ; e in Omero troviamo che gli stessi Dei davansi tra loro per onorificenza questo titolo. Perciò sembra più
ia, anzi del mondo, cioè Socrate, Platone e Aristotele, espressero la loro opinione su questi Dèmoni, o spiriti, o genii. Ar
ito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretare e il recare agli Dei ciò c
il linguaggio e le idee dei suoi connazionali e per essere inteso da loro  ; ma in cuor suo e per intimo convincimento era m
spondevano ai Dèmoni dei Greci : eran molto diversi i vocaboli per la loro etimologia, ma gli esseri per quelli significati
presentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera 278. Questa parola Genio eb
ue nostri celebri vocabolaristi viventi, il Manuzzi e il Fanfani, nei loro accreditati Vocabolarii della lingua italiana, al
fatto. Perciò soltanto il tribunal della Crusca potrà decidere chi di loro abbia ragione. Il Fanfani invece accenna un altro
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
i grato agli Dei dell’esser giunto a salvamento ove desiderava, offrì loro in sacrifizio quel bravo montone che lo aveva sì
a mano a mano opportune notizie riferibili al luogo e allo scopo del loro viaggio, ed anche per rinnovare le loro provvisio
ili al luogo e allo scopo del loro viaggio, ed anche per rinnovare le loro provvisioni da bocca, perchè Ercole, oltre ad ess
ola di Lenno, « Poi che le ardite femmine spietate « Tutti li maschi loro a morte dienno, » come dice Dante ; e vi giunser
episodio, poco cavalleresco a dir vero, proseguirono gli Argonauti il loro viaggio. Troppo lungo e monotono sarebbe il racco
mense e di contaminarle con escrementi che fieramente ammorbavano. Il loro stesso nome di Arpie deriva da un greco vocabolo
per aria da Calai e Zete, figli di Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i quali le respinsero fino alle isole Str
auti notizie e consigli sul miglior modo di schivare i pericoli della loro navigazione ; e partiti da lui colmi di ringrazia
 ; e partiti da lui colmi di ringraziamenti e di doni proseguirono il loro viaggio per l’Ellesponto e la Propontide. Prima d
ua. Gli Argonauti non furon troppo dolenti di perder la compagnia del loro carissimo Panfago, perchè poteron procedere più s
anza in confronto dei già narrati e dell’azione principale, scopo del loro viaggio ; quindi ci affretteremo a parlare di que
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
osse differiscono dalle regolari battaglie. Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore oprar
sero ad onore di lui, perchè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la quale in quelle pugne in cui
rsi discendenti dai Troiani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso
cui avessero maggior devozione, e poi perchè il truce soggetto pareva loro che ripugnasse alla squisitezza della greca elega
e statue e le pitture, perchè al favore di questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatti il generale romano nel partir
lavano Marte Romano. Essendo la guerra il fondamento e la causa della loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse u
la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine della repubblica e ai primi tempi
ani il romano impero177. Anche le colonie Romane adoravano Marte come loro Dio protettore : e tra queste Firenze che non fu
le conquiste dell’intelligenza sono utili e durevoli. Gli scritti dei loro classici e dei loro giureconsulti e legislatori f
telligenza sono utili e durevoli. Gli scritti dei loro classici e dei loro giureconsulti e legislatori fecero risorgere le l
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
? Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non c
religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popo
a essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie. Anche Orazio mette in versi la preghiera
adoravansi pubblicamente i pregi e le virtù, e non i vizii che erano loro dai mitologi e dai poeti attribuiti. Ma della Dea
entimento che lo ispirava. Nè già si contentavano essi di lasciare le loro vendette a questa Dea, ma davano opera ad ottener
sogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti. E se nei pubblici mon
o sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti. E se nei pubblici monumenti non vedons
i poeti moderni trovansi ancora descritti e personificati i Vizii del loro secolo ; e basterà per tutti citare il Giusti, ch
me Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro . »
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
ima che sorgesse il Cristianesimo, portarono già radicato negli animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, si
rono già radicato negli animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, sin dalla sua fondazione, il Politeismo Tr
o e Greco. Racconta lo stesso Tito Livio che i Troiani profughi dalla loro città distrutta dai Greci vennero in Italia segue
hi dalla loro città distrutta dai Greci vennero in Italia seguendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Ven
ini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egi
i. Quantunque i Greci sotto Alessandro Magno, e trecento anni dopo di loro i Romani sotto Cesare, Marc’ Antonio ed Augusto,
Dea insieme col suo fratello e marito Osiride, dopo avere insegnato a loro l’agricoltura, si fossero trasformati essa in vac
ste due Divinità sotto la forma dei suddetti animali, ma tenevano nel loro tempio e prestavano il loro culto ad un bue viven
rma dei suddetti animali, ma tenevano nel loro tempio e prestavano il loro culto ad un bue vivente a cui davasi il nome di B
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
ci e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle
asse dell’Apoteòsi delle Virtù e dei Vizii. Riconobbero dunque che il loro sistema storico non spiegava tutto in Mitologia,
la religione dei Persiani, come sappiamo dallo Zend-Avesta, che è il loro libro sacro, attribuito a Zoroastro. Anche a temp
buito a Zoroastro. Anche a tempo di Augusto i Persiani adoravano come loro Nume supremo il Sole ; e Ovidio ci dice che gli s
fessato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitat
ui non perirà mai la memoria, finchè si leggeranno e s’intenderanno i loro poetici scritti e quelli dei moderni poeti che li
deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’
e chiese e nei chiostri dalle famiglie private alla postuma boria dei loro parenti : « Largo ai pettegoli « Nani pomposi « 
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
agione della importanza attribuita alle Vestali e all’adempimento dei loro voti. Il numero delle Vestali non fu mai più di s
non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore di dieci. L’ufficio loro durava per trent’anni ; dopo il qual tempo poteva
compenso e premio di una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei loro ufficii e voti, si accordavano alle Vestali molti
’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di
cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i
ande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di m
i vita a cui avevano rinununziato. Il che non conferiva di certo alla loro felicità, nè a quella del marito e dei parenti. I
mula : Te, Amata, capio. E questo nome rituale di Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte le Vestali in memoria di q
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
sizioni di cui son piene tutte le antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette
e o dipinte) era dato ai Pagani, perchè rappresentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali di uomini e di bruti. E
zati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e
oli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vit
ti sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver
a terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste ste
poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro linguaggio le immagini e le frasi dei poeti greci
he è la più moderna, hanno tratte dai vocaboli mitologici molte delle loro denominazioni, la cui etimologia, o vera spiegazi
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
fatto altrettanto nel mare. E quantunque non conoscessero in tutta la loro estensione che i principali mari interni di quell
a all’intorno, perchè vedevano da ogni parte dove finivan le terre da loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabi
gni parte dove finivan le terre da loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione di onde salse, ove an
eloquentissimi delfini a persuaderla ; i quali adempiron così bene la loro commissione, che condussero seco, portandola alte
oro commissione, che condussero seco, portandola alternativamente sul loro dorso, la sposa a Nettuno ; ed egli per gratitudi
ci ; di figura umana dai fianchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione era quella di tenere allegre le Divin
esto nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggetti
consiglio l’affidar la protezione dei naviganti e le due cose più da loro desiderate, cioè la calma del mare ed il ritorno
onviene che gli studiosi non si stanchino dal proseguir lungamente le loro osservazioni ed esperienze, se voglionc scuoprire
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
nti fossero figli di Astreo, uno dei Titani, e dell’Aurora ; e quelle loro genealogie furono accolte dai più. Si eran provat
lità e porle in azione. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro , cioè di Borea e di Zeffiro, narrano brevemente q
descrivere qualche tempesta in cui inevitabilmente incappano sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò
ni, ma soltanto 12 bene accertati, ristrettissima essendo e timida la loro navigazione, perchè andavano per lo più costeggia
si furono incerti nel determinare da qual punto preciso quei Venti da loro notati e denominati spirassero ; e poi perchè inv
ro in 3 : quindi è matematicamente impossibile il far corrispondere i loro punti intermedii a quelli determinati dai moderni
quale degli angoli retti formato dai punti cardinali spirassero quei loro Venti intermedii. Fra Borea ed Euro spiravano Aqu
per l’altro quei Venti che spirano tra lor più vicini, ossia usano i loro diversi nomi come sinonimi di uno stesso Vento. C
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ribuiti a questo Dio ; e perciò li divido in due gruppi, riunendo tra loro quegli uffici che sono più affini ; e fo centro d
n astronomia sotto la denominazione comune di segni del zodiaco ; e i loro nomi particolari sono i seguenti : L’ariete, il t
ini trafisse Fetonte e sbigottì i cavalli che tornarono indietro alle loro stalle. Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle
vinte dal dolore e dall’ afflizione furono trasformate in pioppi e le loro lagrime in ambra 114). Inoltre un giovanetto Ligu
tiani, come abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro . Che più ? Quantunque la scienza astronomica pone
ro. Che più ? Quantunque la scienza astronomica ponesse la scure alla loro radice abbattendo il sistema planetario di Tolome
nti dell’India e dell’Affrica, animali carnivori e formidabili per la loro gran forza muscolare. Del serpente Pitone dovremo
che i popoli molto volentieri adoravano e a cui raccomandavansi nelle loro infermità. Esculapio era rappresentato con volto
alla vanitosa illusione che le virtù degli avi passino col sangue nei loro discendenti, Dante la condanna con ragioni storic
30 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
i del potere, divinizzarono uomini stolti o scellerati ministri delle loro prepotenze e dei loro vizj. È noto che Alessandro
arono uomini stolti o scellerati ministri delle loro prepotenze e dei loro vizj. È noto che Alessandro il grande, non conten
c. ! Ma in effetto cotesti impostori erano segretamente governati nei loro presagi dal volere dei principi, dei legislatori
sse animato a sperare o a disperar d’una impresa. In ogni caso poi il loro zelo era sostenuto dai ricchi guadagni e dai laut
e, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il diritto di accordare sicuro asil
etti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica un lauto pasto. I cittad
rescere appoggi alla sua tiranuide. Le persone colto fomentavano, pei loro fini politici, lo superstizioni degli auguri, ma
doveva sempre essere il povero popolo. 3. Perciò è probabile che il loro nome derivasso da faciendo fœdere. I Feciali form
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
, e della cui civiltà è figlia la nostra. Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano espresse e rappresentate d
te di queste loro idee, quali si trovano espresse e rappresentate dai loro poeti, ci sembrano fantastiche e strane, essi for
la dottrina che s’asconde « Sotto ’l velame degli versi strani. » I loro filosofi per altro furono i primi a ridurle al. l
rsi strani. » I loro filosofi per altro furono i primi a ridurle al. loro più vero significato, sceverandole dalle fantasma
olgo ; e così insegnarono a noi come doveva intendersi e studiarsi la loro Mitologia. Cicerone specialmente, in questa parte
. È l’epoca eroica dei popoli antichi, è la base o il substrato della loro incipiente civiltà e della loro storia nazionale.
tichi, è la base o il substrato della loro incipiente civiltà e della loro storia nazionale. Passata quest’epoca, che è la p
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
mplari. Siccome poi, come dicemmo fin da principio, avevan foggiato i loro Dei a somiglianza degli uomini, così dopo averne
esentati come i buffoni e i pagliacci delle divinità pagane. Anche la loro figura e il loro umore bizzarro e petulante si co
uffoni e i pagliacci delle divinità pagane. Anche la loro figura e il loro umore bizzarro e petulante si confaceva a tal qua
i altri quattro col solo distintivo di due piccole corna che spuntano loro sulla fronte di mezzo ai capelli. Talvolta gli sc
de fiamme saltavano quei villici, credendo con tal atto di espiare le loro colpe. Questa placida Dea, come la chiama Tibullo
ice dei pomi, ossia dei frutti degli alberi. Anche i fiori avevano la loro Dea, e questa chiamavasi Flora ad indicarne col n
li altri asini innocenti22. I Romani ponevano la statua di Priapo nei loro orti o giardini, ma per far soltanto da spauracch
i mesi dell’anno di Romolo. Con tali feste terminavano anticamente il loro anno i Romani ; e queste coincidevano in appresso
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
e vittime delle Sirene, pur non ostante chi udiva anche da lontano il loro canto non poteva resistere alla tentazione di avv
o il loro canto non poteva resistere alla tentazione di avvicinarsi a loro per udirle meglio, e non pensava più alla trista
vendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener dovessero per non accostarsi
ra alla mente anche Cariddi, essendo questi due termini collegati fra loro nel detto proverbiale : trovarsi fra Scilla e Car
uttora esistenti, convien notare primieramente che gli Antichi davano loro il nome generale di Orche ; e quanto meno ne cono
perne molto più degli Antichi, continuarono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle inve
rono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di immaginar
rze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordato l’argomento della mente, vale a dire l’
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
ità, in quanto che i nuovi Consoli con purpurea veste e preceduti dai loro littori prendevano possesso dell’annuo ufficio, e
sserisce che i contadini furono molto lieti di questa protettrice dei loro forni, e che la pregavano devotamente : « Facta
sto giorno alla stessa mensa, non solo in attestazione e conferma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere oc
zo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. Alcuni fanno derivare la voc
sendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dall’esservi più volte ripetuta la
di molti Dei si conoscono le attribuzioni dal significato stesso del loro nome ; e tra gli altri abbiamo rammentato il Dio
à. I sacerdoti di questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando il loro nome da quello della Dea. Il Dio Summàno, quantu
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
ò asserire e provare che le leggi fisiche vadan sempre perdendo della loro efficacia ? E riguardo al morale, ognun sa che vi
perienza dimostrano che gli uomini e i popoli possono correggersi dei loro vizii e difetti. Dante stesso fa dire nella Divin
uno. In quelle feste gli schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei
iti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei loro difetti36). Facevasi vacanza anche negli uffizi p
segnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e li rese così più sicuri del loro nutrimento al cessare dell’età dell’oro ; e poi a
azio, fanno più volte parola di questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo alle moderne Borse, o palazzi della Borsa.
appartenenti al regno di Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro arti in Roma ; e che si mantenevano sempre scrupo
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
utili gli automi che lavorano più e meglio degli uomini e risparmiano loro la fatica materiale e meccanica, come fanno le ma
erie più o meno infiammabili ; e soltanto gli astronomi moderni colle loro analisi spettroscopiche hanno dimostrato sinora,
abbricare i fulmini a Giove, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto di due parole greche ciclos
ircolo) e ops (occhio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare
di gigantesca corporatura e di forze corrispondenti alla medesima. La loro stirpe era quella stessa dei Titani, poichè crede
regolari, e notabili inoltre per l’assenza di qualunque cemento : la loro pesante mole ne rende sicura la stabilità, e fece
ell’ordine dei Branchiopodi, e della famiglia dei Monocoli per questa loro caratteristica di avere un sol occhio. Se ne trov
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
ole, e poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro , nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. P
Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. E quando Enea li
sua città e del suo regno, questo fatto non toglie agli Dei Penati il loro carattere generale e il loro principale ufficio,
esto fatto non toglie agli Dei Penati il loro carattere generale e il loro principale ufficio, che essi non avrebber perduto
i dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i pri
è affatto ignaro della lingua latina sa bene quanto differiscano fra loro le due parole ignis e focus. Ignis è la materia c
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
inità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a loro attribuiti furon considerati come rappresentanti
ogno nel progresso della Mitologia. La Genealogia degli Dei, ossia la loro filiazione e parentela (almeno dei principali), è
elescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superior
rchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più
le n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Ist
si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi. Questo compenso preso dai più celebri po
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
uesto astro dipendesse dagl’incantesimi degli stregoni, i quali colle loro magiche parole avessero tanta potenza da trarre l
a potenza da trarre la Luna dal Cielo in Terra per farla servire alle loro male arti. Orazio rammenta più volte (ma ironicam
rammenta nei suoi Commentarii, che gli antichi Germani regolavano le loro imprese secondo le fasi lunari ; e stimavano più
le loro imprese secondo le fasi lunari ; e stimavano più propizia per loro la luna nuova 139. In Roma v’era un tempio dedica
l’Inferno. Su questo terzo attributo son molto incerti e discordi fra loro i mitologi ; ed urta il senso comune e il buon gu
re orribilmente per le vie, e proteggeva le maliarde e le streghe nei loro incantesimi. Omero però non parla di questa ribut
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
mavano da lui protetti. Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. Tito Livio, nel lib
i. Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. Tito Livio, nel libro 2° della Storia Ro
i pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Comm
dattandovi 7 corde158. I poeti latini lo chiamano anche lira e così a loro imitazione i poeti italiani. Ad Apollo piacque ta
nze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno di loro  ; Mercuriali anticamente in Francia le assemblee
utte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. 147.
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
riferibili a questi Dei Inferiori, perchè molto limitata credevano la loro potenza. Abbiamo notato nel principio del N. IV c
biamo notato nel principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di cia
li divinità il cui ufficio si conosce e s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’era un bel numero nel Politeismo
i per mezzo della cerimonia detta l’Apoteosi facevano diventar Divi i loro Imperatori dopo la morte, e spesso li considerava
me taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano dopo, volle presentars
ndo, e quindi il solo modello dei due sessi della specie umana, parve loro un poco lungo, com’è realmente l’aspettare ad ave
l’aspettare ad aver compagni e sudditi, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della
di Deucalione e Pirra non credendo possibile che l’oracolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), u
ogi chiamaron plutoniche quelle roccie che erano affini in alcuni dei loro caratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in a
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
e. Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera di un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise, e il dubbio e l’incertezza
a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse nel loro corso. Quali fossero queste Divinità, e come i pi
rlare dell’origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu
i fatti comuni ad Apollo e a Diana, convien parlare separatamente dei loro particolari attributi ed uffici. 98. Dallo stes
piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro intrecciate. Queste zolle galleggiano lunga pezza
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
he nel seno di essa esistessero due inferne regioni molto diverse tra loro per l’uso a cui erano destinate. La prima chiamav
r le anime dei buoni235. Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed
a popolare credenza vi trovarono un vasto campo libero ed aperto alla loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta,
to come un Dio fluviatile, e per le sue acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento era inviolabile : onorificenza che fu
le anime dei malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere di tormentare i dannati. Era questa all’in
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
riche, e spacciavano tutto all’ingrosso ; e ci danno un’idea, secondo loro , sublime della grandezza e forza dei Giganti dice
Timbrèo76), vedea Pallade e Marte, « Armati ancora, intorno al padre loro , « Mirar le membra de’ giganti sparte. » I mito
e zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nostro di
me il nostro divino poeta parlava cinque in sei secoli fa, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando ch
75. Perciò Giovenale parlando del feticismo degli Egiziani, dice di loro ironicamente : « O sanctas gentes, quibus hæc na
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filos
essero elevati principii scientifici, noti soltanto ai sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito
con splendide e bellissime immagini e in uno stile impareggiabile dai loro più sublimi poeti, e in appresso accolti e adotta
a dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
che è solo Iddio senza difetti. Ma gli antichi Pagani ammettevano nei loro Dei non solo difetti, ma pur anco azioni talmente
i da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò. Fra i più celebri
di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una don
talvolta per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi,
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
edea Timbreo, vedea Pallade e Marte « Armati ancora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E nel Can
città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto que
di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in
altro simile edifizio ove adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare di lettere, scienze e filosof
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
i egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere
e loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa
ltri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la qual
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
stenza stessa degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benc
i Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benchè scellerato ed e
ti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede. Quando poi cessarono le persecuzion
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
ra, aria, acqua e fuoco 3 ; mentre i fisici e i chimici moderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizza
tinuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le
one del Caos immaginato dagli antichi ingenerò confusione anche nelle loro menti circa l’origine del mondo e l’esistenza deg
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
o genealogico del N° III sappiamo che Urano sposò Vesta Prisca, e che loro figli furono Titano, Saturno e Cibele. Poichè Ura
seguendo il sistema Copernicano abolirono anche le sfere, non che il loro movimento intorno al nostro globo, diedero il nom
o così gli antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al centro del loro sistema planetario avevano dato il nome dei princ
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
inse verso il Cielo, presumendo che gli Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per punirl
resumendo che gli Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per punirlo della sua folle supe
i Chimera a un genere di pesci, notabili per la forma mostruosa della loro testa, e che son classati come appartenenti alla
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
i talvolta indistintamente l’uno per l’altro, benchè differiscano tra loro non solo etimologicamente, ma pur anco per certe
anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le mo
issima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
ùre, avevano la stessa rappresentanza. — Eran forse uguali e comuni i loro uffici, oppure diversi e disgiunti ? — Eccone le
asmo urlavano, battevano gli scudi e i tamburi, e si percuotevano fra loro con armi taglienti sino a ferirsi e mutilarsi. Qu
parole greche che significano cozzanti col corno ; il che appella ai loro furori per cui sembravano tori infuriati che tra
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
elle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli alberi. Perciò il loro numero non potrebbero dirlo nemmeno i più valenti
eadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero alle Ninfe, indicano col loro significato a quali cose queste Dee presiedevano 
ebbe luogo più opportuno altrove. Tra le quali son da rammentarsi pel loro proprio nome le Ninfe che ebbero cura dell’infanz
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
ani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non acc
ero. Trovansi infatti anche altrove dei fiumi, le acque dei quali nel loro corso spariscono sotto terra, e a gran distanza r
utano direzione e si aprono un nuovo corso, o perchè restò colmato il loro antico alveo dalle piene, o per fenomeni geologic
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
o una quantità di uomini armati che si misero subito a combattere fra loro , finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque s
ero ed aiutarono Cadmo a fabbricare e popolare la città di Tebe ; e i loro nomi son questi : Echione, Udeo, Ctonio, Peloro e
nto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’ess
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
e feste di Cerere in Eleusi. I Latini per altro non ammettevano che a loro avesse insegnato l’agricoltura Trittolemo e neppu
es è lo stesso che Geres, a gerendis fructibus, perchè i Latini nella loro pronunzia, e specialmente in quella dei nomi prop
e le vere o probabili origini storiche. Lo dimostrano di fatto, colle loro dotte investigazioni sui tempi mitologici ed eroi
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
Argo fra le più antiche città della Grecia, trovano la conferma della loro asserzione nelle tradizioni preistoriche della Mi
ppresso Aristodemo ed Agamennone, i quali non esitarono ad uccider le loro figlie, non già per salvarsi la vita, ma per ambi
egli Dei ; i quali per favorire il figlio di Giove gl’imprestarono le loro armi divine, Marte la spada o scimitarra, Nettuno
61 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
le tre sorelle). Ercole uccide il mostro che custodiva l’ingresso del loro giardino, 382. Espero. Vedi Vespero. Età (le) del
nide. Vedi Cercione. Sinone, 606. Sirene, divinità marittime, 196 ; —  loro perfidi artifizj, 197 ; — tentano di sedurre Ulis
644. Tisifone, una delle Furie, 232. Titani, discendenti di Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfatta, 65-69. Tit
ie, 232. Titani, discendenti di Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfatta, 65-69. Titano. Sua nascita, 26 ; — cede
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
di, ricusando di prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione di tesser le tele, fu detto che furon
tesser le tele, fu detto che furono cangiate in vipistrelli 205) e i loro telai in ellera per castigo del disprezzo mostrat
contrassero in parte la proprietà che Mida perdè, trasportando nella loro corrente alcune pagliuzze o arene d’oro. Così sos
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
rediletta Ninfa, formò di sette canne di diversa lunghezza, unite fra loro colla cera, un musicale stromento, che in greco c
o anche alla greca col gen. in os e l’acc. in a, per distinguerlo dal loro vocabolo panis significante il cibo quotidiano pa
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
intervenire in tutte le consuetudini del civile consorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta efficacia a un suo
e giovanette gentili ed ingenue, nude e abbracciate amorevolmente tra loro , per indicar che le grazie debbono esser naturali
65 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
Gli autori francesi vi hanno opportunamente inserito alcuni passi dei loro poeti, e noi invece di tradurre quelli vi abbiamo
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
e, è peggio che bestiale, poichè anche le bestie allevano ed amano la loro prole. Ma questo racconto è un mito, ossia un sim
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
uest’estremo fato eran sottoposti anche i Semidei, quantunque uno dei loro genitori fosse una Divinità di prim’ordine. Così
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
ragione di questi titoli. Fu chiamato anche Giove Pluvio 60 perchè i loro fisici lo considerarono come l’etere o l’aria, ov
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
del sole. I nomi stessi di Iride e del padre di essa accennano colla loro etimologia le parti fondamentali di questo mito e
70 (1810) Arabesques mythologiques, ou les Attributs de toutes les divinités de la fable. Tome II
ers sur l’Amour et l’Amitié : Nell’anime innocenti Varie non son fra loro Le limpide sorgenti D’amor e d’amista. Eroe ci
/ 70