i e maggi « Lumi biancheggia tra i poli del mondo, « Galassia sì, che
fa
dubbiar ben saggi. Ercole può dirsi veramente, s
ti : io riporterò soltanto la più comune e adottata generalmente, che
fa
derivare la parola Amazzone da due vocaboli greci
he spiega una potente azione velenosa sull’economia animale. Dante ci
fa
supporre che Cerbero trascinato da Ercole tentass
ritte da Virgilio e da Ovidio ; e Dante che vide Caco nell’Inferno lo
fa
rammentar concisamente da Virgilio stesso : « L
ento di grazie col linguaggio astrologico di quei tempi, e intanto ci
fa
sapere ch’ei nacque nel mese di maggio sotto quel
violenti ; ed al qual mostro, perchè lasciasse loro libero il passo,
fa
dire da Virgilio : « ……………….. Forse « Tu credi c
a a tutte le molecole dei loro corpi. E di questo mitologico prodigio
fa
menzione anche Dante là dove parlando della dupli
l poeta Stazio autore della Tebaide, con cui parla di questo poema, e
fa
dire all’autore stesso : « Cantai di Tebe e poi
tesso : « Cantai di Tebe e poi del grande Achille ; » e da Virgilio
fa
chiamare Eteocle e Polinice la doppia tristizia d
za, « Non ne potrebbe aver vendetta allegra. » A questo punto Dante
fa
che Virgilio gli rintuzzi severamente la sua impo
le spalle : « Perchè volle veder troppo davante, « Dirietro guarda, e
fa
ritroso calle. » (Inf. xx, v. 31…..) Alcmeone a
carni umane sul palco scenico alla presenza del pubblico120 ; il che
fa
supporre che sì orrendo e ributtante spettacolo f
logi. Ed ecco prima di tutto la genealogia dei re Troiani quale Omero
fa
dirla da Enea ad Achille : « Ma se più brami di
i re anteriori a Dardano, cioè Scamandro e Teucro ; e da questo re si
fa
derivare il nome di Teucria dato alla città ed an
« Assàraco ebbe Capi e Capi Anchise, » che fu genitore di Enea, come
fa
dire Omero da Enea stesso ; quindi Assàraco è lo
esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide parla di Palamede, e ne
fa
da Sinone attribuire la morte all’invidia e al tr
ti. A questa vista Achille si sente commosso e diventa un altr’uomo ;
fa
alzare da terra il vecchio re, lo vuol seco a men
bbliga Priamo a dormir quella notte nella sua tenda, e la mattina gli
fa
trovare imbalsamata la salma di Ettore in un fune
, Virgilio un’insidia e Dante un aguato. Dante, secondo il solito, ne
fa
soltanto un cenno, perchè sempre suppone noto ai
parla anche Dante, che mette Sinone nell’Inferno tra i fraudolenti, e
fa
che un altro dannato altercando con esso gli rimp
sarà male il sentir come fecero i Troiani, secondo quel che Virgilio
fa
dire da Enea : « Ruiniamo la porta, apriam le mu
Ma non è da farne le maraviglie, quando sappiamo che Ulisse, come gli
fa
dire anche Dante, stette con Circe più d’un anno
sse è prezzo dell’opera udirlo raccontare a lui stesso secondo che lo
fa
parlare Omero : « Io pel naviglio su e giù movea
o d’inserire nella Divina Commedia il canto di una Sirena, alla quale
fa
dire, tra le altre cose, ch’ell’era quella stessa
atteo. » Ma di Ulisse ragiona a lungo nel Canto xxvi dell’Inferno, e
fa
raccontare a lui stesso la sua fine (molto divers
o della trista fine di questa infelice regina ; ma poichè Virgilio ne
fa
dare da Enea un’ampia spiegazione, io qui la ripo
icio di demòni, a tormentar cioè quegli zoofiti infernali, come Dante
fa
raccontare allo stesso Pier delle Vigne : « Quan
strida insieme ne gittaro ; « E più degli altri Enea. » Qui il poeta
fa
una lunga descrizione dei funebri onori che furon
la Storia di sostituirsi alla Mitologia, la sana critica per altro ci
fa
conoscere che nei primi tre secoli di Roma alla v
ti romani. La parola superstizione è di origine latina, e Cicerone la
fa
derivare da superstite, dicendo « che tutti color
ione altro non è veramente che un terror pànico. Cicerone inoltre ci
fa
sapere che non è stato egli il primo a far questa
’appellar senz’altra sorte. » Tale è l’origine di Mantova, che Dante
fa
raccontare a Virgilio stesso, ed assicurare che q
chiamati Phasiani.Marziale, in un epigramma intitolato Phasianus, lo
fa
dire a questo volatile : « Argiva primum sum tra
dalla vecchiezza, e viver più a lungo. Disgraziatamente la Storia ci
fa
sapere che questo barbaro metodo curativo (il qua
» (Propert., iii, 2ª.) 81. Ovidio nel lib. vi delle Metamorfosi
fa
dire a Niobe, tra le altre millanterie, anche que
si la canzone di Fulvio Testiintitolata : La virtù più che la nobiltà
fa
l’uomo ragguardevole. 96. « Castor gaudet equis,
lendo dar precetti sul modo di ordinare e comporre il poema epico non
fa
altro che portar l’ esempio del modo tenuto da Om
ritto molto a lungo questa pugna nel lib. xii delle Metamorfosi, e la
fa
raccontare al vecchio Nestore che vi si era ritro
Dante applica questa stessa distinzione anche ai voti imprudenti, e
fa
così dire a Beatrice nel Canto v del Paradiso :
ssea ; ma nella nostra lingua per lo più si seguono i Latini e non si
fa
altro che tradurli. Essi conservarono al poema di
ll’oro, l’appetito dei mortali ? » Alle quali parole il can. Bianchi
fa
la seguente annotazione : « È inutile che io osse
ntico manoscritto dell’Eneide. 144. Son queste le parole che Dante
fa
dire a Pier delle Vigne : « L’animo mio per disd
de i Troiani « Con tristo annunzio di futuro danno. » 147. Dante
fa
la perifrasi del nome di Didone rammentando di ch
, ed innumerabile stuolo di ninfe abitatrici delle fontane. Esiodo le
fa
ascendere a tremila, e ad altrettanto i fiumi fig
e le tre Parche, nel che sembra Esiodo contradirsi, poiché innanzi le
fa
figlie della Notte. Natale Conti concilia questa
opolo cerca di arrogarsi le invenzioni di tutte le cose, la Grecia ne
fa
autore Deucalione, e l’Italia Fauno o Giano. Che
tima e il liquore, dono di Bacco, di cui tre volte al padre dell’onde
fa
libazioni il condottiero degli Argonauti, perchè
madre, » passeggia chiusa nella sua nera veste dentro i sepolcri, e
fa
risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio,
ile al trascinar; lo copre D’ intorno Apollo d’azzurrina nube Che gli
fa
velo incontro al Sole, e scudo Ai strali penetrev
elesti. Certo è che ai numi infernali sacrifìcavasi nelle fosse, e ne
fa
fede fra molti Ovidio, descrivendo Medea che d’Ec
si trovavano di legno, come per Pausania si osserva. La cenere stessa
fa
destinata a questo uso, ed è celebre l’altare che
ome più dolce del morente sole E il raggio, allor che la vicina notte
Fa
guerra al dubbio giorno, e il mesto impero Chiede
Achille, Che solo è in sua difesa, e solo i Greci Spaventa, e i numi
fa
discordi in cielo. Di mille dardi all’ombra il di
atali e la sua sorte: il core Pietà furtiva percotea. Ma Troia Gli si
fa
innanzi, e del tuo sangue è prezzo. Sventurata Er
nome. Non preci, nè pianti Perde il giovin sicuj’o: ampia ferita Gli
fa
nel petto Atreo: si cela il ferro Tutto nel seno,
ca, vedrete Giove assiso sopra ornatissimo trovo, che il destro piede
fa
posar sull’aquila, quasi base delle sue alte vent
ando l’immenso fianco mutando avventa contro il cielo le sue fiam me,
fa
crollar le caverne di Vulcano e cadere gli stessi
liquida via non senza un dio Io varco. — Disse, e le rispose il toro:
Fa
cor, fanciulla, e del furor dell’onde Ridi: io so
isfatta degli Ateniesi a Cheronea, volontario pose fine alla vita. «
Fa
di mestieri porre nella stessa classe quei Persia
sé gran meraviglia: Toccar si lascia, e fugge, e torna a prova. Come
fa
il can, ch’il suo patron ritrova. Mentre scherza
ge, e direbbe anche forte, Se potesse parlar, l’empia sua sorte. Pur
fa
che il padre (tanto e tanto accenna) Seguendo lei
cotenna Per dritto, per traverso, e in giro il fende; E tanto e tanto
fa
, che mostra scritto Il suo caso infelice al padre
suole Condurla spesso, la rimena e scioglie; Egli in cima d’un colle
fa
soggiorno, Che scopre la foresta intorno intorno.
nir puoi, Ch’avrem grata erba ed ombra il gregge e noi. Il cauto Dio
fa
tutto quel che vuole L’avveduto custode e circosp
olcano assicurarle il core, Dal morto capo quei cent’ occhi svelle, E
fa
le penne al suo pavon più belle. Empie di gioie
debbo risentir giammai? Non pon già tempo in mezzo alla vendetta. Ma
fa
venire una furia infernale Centra la figlia d’Ina
ioso suo furor la mena; E s’ alcun le s’oppon, le corna abbassa, E ‘1
fa
cader dall’aria in su l’arena. Gli uomini e gii a
morte cercata. Eccovi esposto quello che intorno a Giunone immaginato
fa
dai poeti e dai teologi, dai quali fu coll’aria c
quadrato, secondo la frase di Varrone, rammentato da Plinio; e se si
fa
riflessione alla maniera nella quale é trattato i
esti così pieghettate στολιδωτοι, e di una di queste così pieghettate
fa
menzione Senofonte. Osserva Polluce che solevano
zione è di parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali
fa
la dea, a tenore di essi, rappresentata. Lucina,
Ercole, come reputavano, ma Marte t il quale come nascesse da Giunone
fa
Ovidio nei Fasti narrare a Flora custode dei giar
elle Immagini unisce i cavalli e le balene al cocchio di Nettuno, che
fa
ridere il seno del tranquillo Oceano. Platone, pr
inione deriva. L’alato Cillenio lo chiamò Virgilio che apportatore lo
fa
dei cenni di Giove ad Enea immemore della Italia
scolpito si mira nelle antiche monete. Intorno a questo simbolo molto
fa
veleggiarono gli antichi. Omero, custode della pr
ell’ originale, che tale è senza quistione il marmo Vaticano, come ne
fa
fede la nobil franchezza dell’ esecuzione. Tra le
ido correva fra i Megaresi, come Pausania nel suo Viaggio nell’Attica
fa
testimonianza. Nel suo mortale pellegrinaggio cer
Apollo stesso, effigiato dallo scultore fra giovane e fanciullo, che
fa
prova contro una lucertola puerilmente di quelli
del paese chiamò la città non solamente Delfo, ma Pito: di che Omero
fa
testimonianza nella enumerazione dei Focesi. Colo
liuolo di Priamo. — (È da notarsi questo passo di Pausania, perchè ci
fa
intendere che in questa pittura, ove vi era più d
e della nostra prole. Io son felice, e di fortuna rido Le minacce: me
fa
copia sicura. Molto può tormi, e molto avanza, e
nche ai tempi di Plinio situati ambedue in luogo pubblico e sacro, mi
fa
pensare che non fossero poi trasportati ad Anzo d
e la velocità di lui fosse rapida quanto quella del Sole. « Plutarco
fa
menzione di un Apollo tenente un gallo sulla mano
he questa statua fosse fino dai tempi di Ercole. Il delfino di cui si
fa
uso nei tripodi di Apollo, è un ornamento allegor
si conservano tuttora con tale impronta, e. ciò che più singolarmente
fa
al nostro proposito si è che la figura di Nerone
i nomina: l’opinione che più al vero si avvicina è quella che derivar
fa
questo nome dalla luce, prima qualità di questo d
meo, perchè credevasi lo stesso che il Sole, il quale con doppio lume
fa
heto l’universo, rallegrando ancora le tenebre de
D’esser mio sangue vuoi tu certo pegno? Tel do temendo: il mio timor
fa
prova Ch’io ti son padre: deh: guardami in volto:
i cui attributi unì l’ Ariosto nella seguente maravigliosa ottava che
fa
indirizzare a Diana da Medoro, famoso per la fede
i di Niobe per vendicare la madre. Omero stesso nella sua Necromanzia
fa
menzione di qualche eroina estinta dalle sue frec
vata in que’ monumenti che ce la mostrano. Anzi questa riflessione mi
fa
sovvenire d’un simulacro poco finora e niente a p
a. Quello del quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che
fa
Plinio di questa magnifica mole. « Fu fabbricato
massiccio, della quale Erodoto, che visitato avea questo tempio, non
fa
parola. Assicura Strabene che gli Efesii aveano a
rso di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure
fa
gli uffizii di levatrice, onde sonora nell’armi b
ronzo. » Gli stessi versi detti Ortrii le si tributavano, e dei quali
fa
l’inventore Arione Metimneo, spiravano guerra, ed
ò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio di una bella donna
fa
dire alla dea: Questa sarebbe degna di sorgere me
le Giunoni, ma la voluttà e la forma degli occhi proprii di Venere vi
fa
conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della
osì bene nell’aggruppamento delle membra darci l’idea dell’azione che
fa
di sorger dal bagno, che resta a prima vista evid
ate e distinte dagli eruditi. Questa che conosciamo, con sicurezza ci
fa
strada a ravvisare questa dea in parecchie altre
pace, allorché accarezzando Marte sospende il furore della guerra, e
fa
sì che i feri uffici della milizia pei mari e per
invenzione e del soggetto è quella che le dà qualche pregio, e non la
fa
disconvenire ad una gran collezione. » Lezion
to inanima E dà norma alla danza; applaude il popolo Meravigliando, e
fa
tripudio e giolito. Alfin dell’ampio scudo il lem
dice Winkelmann, come un giovine eroe, e senza harba: del che pur ci
fa
fede un antico scrittore. Ma un Marte, qual lo vo
n sono per rugiada lieti, Nè del Liceo l’aura clemente. — Il Nume Gli
fa
risposta dei paterni cenni, E Marte non dimora, e
ella terra. Eschilo ];el principio della sua tragedia delle Eiimenidi
fa
comparire la Pitia che parla in questi termini: O
sembrano una esatta imitazione della natura. Insomma se il precedente
fa
mostra di maggior grazia e di maggiore eleganza,
egina del Liceo seguiva, E la potente, che dell’asta all’ombra Sicure
fa
le Pandionie rocche; Una ministra della guerra, e
entesimaquinta. Iniziazione nei misteri Eleusini. Nella notte, che
fa
maggiori le proprie ombre e i fantasmi della supe
. Agirmo, cioè riunione, si chiamava il primo giorno, come Esichio ne
fa
chiara testimonianza, ed in questo aveva luogo l’
l’origine di lei, ma immediatamente dopo il Caos la pone. V’è chi la
fa
moglie di Titano. L’autore delllnno Omerico la ch
ell’uno e dell’altro nome. Esiodo non gli attribuisce genitori, ma lo
fa
succedere al Caos ed alla Terra. Secondo Cicerone
Notte, e con le nere ali abbraccia la Terra, — E nel libro secondo la
fa
sorgere dall’Oceano al cader del giorno. Sacrifìc
i benefizii ci rapisce, quasi crudele esattore, la metà della vita, e
fa
, come dice il divino Dante: « che seggendo in pi
to il Sonno colle ali alle tempie, forse per simboleggiare i voti cbe
fa
dormendo l’immaginazione degli uomini: anzi nel m
, secondo alcuni, di Febo istesso. « Lodevole è l’interpretazione che
fa
lo Scott sì della spelonca da lui riconosciuta pe
onsiderata sempre dopo come la dea della Giustizia, della quale se le
fa
portare il nome. Attese ancora all’astrologia e d
ola del Cielo e della Terra, ed il consenso dei più fra i Mitologi la
fa
madre dei primi fra gli Dei, come Giove, Giunone,
che di taglio aperto a riprese, con bottoncini astretto alle membra,
fa
travedere interrottamente il nudo delle gambe, de
cembalo Squilli risuonano, Là ‘ve di timpano Mugghi rintuonano; Dove
fa
il barbaro Sonator frigio Con culvo calamo Severa
udìo, scompagna e scioglie I duo lion, che al carro avea congiunti, E
fa
che lor nuovo comando e avviso Suoni alle orecchi
essa le terga percoti, E con sì fatta sferza Per te stesso ti sferza:
Fa
che dei tuoi ruggiti Suonin le selve e i liti: De
a dell’ara, relativa ad Ati e Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si
fa
menzione di un sacrifizio di toro ed ariete chiam
’architettura nascente. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne
fa
la descrizione nel suo viaggio manoscritto: la su
lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella sua tragedia di Alceste
fa
uccidere i Ciclopi da Apollo per aver fabbricato
di Esiopò, giacche egli nella tragedia, che porta il loro titolo, ne
fa
padre Nettuno. Polifemo il piu potenti e il piu f
lla Borghese alla quale è stata innestata una testa imberbe e non sua
fa
congetturare che celebre per la devozione dei pop
ei montoni neri pel sacrifizio. Da presso si vede un uomo seduto, che
fa
una corda col giunco: è Ocno, come lo mostra l’is
moneo seduta sopra una pietra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che
fa
passar la sua mano al di sotto della sua tunica,
ra di allontanare il re d’ Itaca da questo gruppo. L’osservazione che
fa
sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade
sioni mediocri: questa stessa considerazione giustifica Virgilio, che
fa
gemere Enea all’aspetto di una violenta tempesta.
Memnone si vede Paride giovine e senza barba: egli batte le mani come
fa
la gente di campagna, e sembra invitare Pentesile
radusse il Caro (libro 6 verso 402 e segg.); E nel duodecimo libro le
fa
assistere al soglio di Giove. Siccome il rimorso
con troppa franchezza. Di più, ad un’altra osservazione del medesimo
fa
guerra, come riflette Zoega, la presente scultura
me materia che generò Pane con gli altri Dei. Licofrone finalmente ne
fa
genitore il mare. I nomi delle Parche furono vari
ava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure di esse il padrone. Platone
fa
vedere queste tre dee nel mezzo delle sfere celes
del basso rilievo sono espressi i dodici segni dello Zodiaco, lo che
fa
allusione alle relazioni, immaginate più tardi, t
con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto, e con un palo Che gli
fa
remo, e con la vela, regge L’affumicato legno, on
nfessa quanto piccola cosa sia l’uomo di cui ristabilisce i diritti e
fa
sicure vendette battendo, come dice Orazio, con e
ormenti invita. » Eneide, lib. VI, v. 844 e segg. L’istoria però ci
fa
molto dubitare della giustizia di Radamanto, narr
. « Gran cose hanno detto i filologi su questo sollevar del manto che
fa
Nemesi, tutte ingegnose, ma che non hanno nell’an
to e la misura. Questo è l’indubitato distintivo di Nemesi, che ce la
fa
riconoscere in questo unico simulacro certificato
oro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue: Necessità la
fa
esser veloce; Sì spesso vien chi vicenda consegue
i d’esserlo, sembra essere stata indicata con una Vittoria alata, che
fa
libazione ad una Musa: vale a dire, che con un va
de la Musa può simboleggiare le rocche di Parnaso, dell’Elicona, e ci
fa
sovvenire il nome delle Ninfe che dà Virgilio all
o il suono dei flauti. « Di simile ufficio, tutto proprio di Euterpe,
fa
fede l’antico scoliaste dell’ Antologia, e l’Epig
bei costumi, abbiamo in un epigramma dell’Antologia; e in un altro si
fa
parlare in questi termini la stessa Musa: Io dei
e con dispiacere gli abbandonano. Il sangue che scorre a poco a poco
fa
sì che ei traballi, e con un’occhiata dolce e gra
ornamento del capo, ed altissimi coturni alle piante. Quello che più
fa
al nostro proposito è che appoggia il piede sovra
se ha fatto attribuire a Polinnia la cognizione della favola, come ne
fa
fede l’Epigrafe della Polinnia Ercolanense, che h
le Grazie, nella sinistra l’arco e le freccie, perchè la sinistra che
fa
il male è più lenta, e la benefattrice che dà la
penti dalla morte I Mirate la lanugine della sua barba che appena gli
fa
ombra al volto; ben ciò conviene all’età in cui f
son presi dal sanare; a’ quali Snida aggiunge Acesio Sanatare, di cui
fa
menzione Pausania insieme con Evamerione, che sig
overemmo il motivo: giacché sappiamo che le parti del corpo su cui si
fa
forza e si preme, acquistano in grossezza ciò che
to: vieta il terrore impugnar l’armi. Terribili sembrar la dea nemica
Fa
le perfide donne: odono voce Della nota maggior:
a rabbia antica Rendi: che di furor specie più cruda Ho, la saviezza.
Fa
che un’altra volta Forsennata divenga, e Penteo f
pio Tutta la stirpe ad abolir di Cadmo. Or sii pietoso: al sangue mio
fa
guerra Un dio. D’Armonia appo i nuziali letti Cel
lei tutte le forme che r antichità attribuisce a Bacco. Finalmente si
fa
conoscere dalla sua amante. che divien madre in m
splendono le stelle. Dopo avere consolata Semele col paragone ch’egli
fa
del suo destino con quello delle altre amanti, Gi
togliere il fanciullo ai fuochi. terribili che consumeranno la madre.
Fa
rivelare all’ amante i pericoli ai quali si espon
ve, e sollecita questa grazia colle più vive istanze. Qui il poeta ci
fa
la descrizione dei loro giuochi. Si vede Bacco ch
itigare il dolore di Bacco. Le Stagioni intanto, delle quali il poeta
fa
la descrizione, vanno alla reggia del Sole, e ogn
ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fra le sue dita, e ne
fa
scorrere l’umore in un corno di bove che gli serv
Bacco. Ecco l’arrabbiata Megera che pianta dei salci accanto a lui, e
fa
sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue di A
l’Indiani. L’eroe del poema comincia ad entrare in azione: il fulmine
fa
rimbombare le montagne, e annunzia la sua vittori
escrizione del palazzo del re di Assiria, delle ricchezze delle quali
fa
pompa, e del convito che prepara. Vi si distingue
ndo. Il resto di questo Canto contiene la descrizione dei giuochi che
fa
celebrare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. E
o che desolava il paese, e al quale, onde por fine al pubblico danno,
fa
esposta Andromeda, secondo la risposta dell’oraco
braccia per le dure rupi Aprono, e son fissi agli scogli i piedi. La
fa
bella il supplicio, e mollemente China si sta sul
gnava Licurgo figliuolo di Marte, principe feroce, del quale il poeta
fa
un ritratto così terribile, come quello che Y ant
eguente comincia col combattimento di Ambrosia contro Licurgo, che la
fa
prigioniera. La Terra soccorre Ambrosia e la conv
rli neUa pianura. Incontanente la presenza del nume li spaventa, e si
fa
di loro orribil macello. Le acque dell’ Idaspe si
overa la sue codardia. Lo dio riprende coraggio, ritorna all’assalto,
fa
strage di gran quantità d’Indiani, e ferisce Mela
onsente alla sua domanda, e le concede Megera. Giunone parte con lei,
fa
tre passi, e al quarto arriva sulle sponde del Ga
le Baccanti. Marte nelle sembianze di Morreo accende la battaglia, e
fa
prodezze dalla parte degl’Indiani. Molti dei comp
stulli fanciulleschi onde fossero premio al più bravo, ed il poeta ne
fa
una piacevole descrizione di que’ giuochi innocen
n Adriano col torace del Palazzo Ruspoli. Quel che si è conservato ci
fa
desiderare il rimanente: con tanta sublimità di c
piedi. Quest’ altura sostenendo le parti di dietro e la gamba destra,
fa
oblique le parti dinanzi, e mostra elevata una de
i porpora: talora aveano pallio rosso e calzari di color bianco, e si
fa
pur menzione di cappello. Si rileva da ciò l’enor
no non fu conosciuto dai Greci: con diversità, ne parlarono i Latini:
fa
confuso con Pan; ora guerriero, ora protettore de
due accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che
fa
di loro Luciano, additandoceli alla testa delle a
tuzione delle membra non si è partito dalla comica descrizione che ne
fa
Luciano, eccettuate le orecchie, che nel simulacr
chi, in quella loro semplicità di vivere, per bicchiere, come a lungo
fa
vedere Ateneo, e lo testifica Plinio dei popoli s
l fondo dipinto, come si usa ancor oggi, d’una tigre; talora, come si
fa
altresì adesso, nel cerchio, in certi buchi o tag
e che gli antichi chiamassero questi strumenti crepitacoli, dei quali
fa
menzione Ateneo; ma sembra piuttosto che fossero
to. Preceduto da un Fauno barbato e cinto d’una pelle ai lombi che si
fa
scorta con face in ambe le mani, s’avanza il nume
sui cocchi. La favola però di Fedro, del cavallo e del cinghiale, ci
fa
conoscere che l’occasione della caccia fu quella
co, nella sua nebride, che pendente dall’omero e raccolta colla manca
fa
seno. Un tal costume dal rito dei sacrifizi ebbe
zione però è la più verisimile, come fondata sulla favola stessa, che
fa
intervenir Ciprigna a queste nozze, e donò alla s
testa indietro in alcuna, in tutte all’ondeggiamento delle vesti, si
fa
più sensibile. La prima i cimbali, la terza i tim
i boschi e delle fontane, come la compagnia di veri Satiri e Fauni lo
fa
arguire. « La Baccante di questo bel bassorilievo
par che inciampino, Quel con un cembal bee, quei par che ridano, Qual
fa
d’un corno e qual della man ciotola, Qual ha pres
ene rinchiusa e la pace e la guerra, e che a suo talento or questa ne
fa
uscire ed or quella. Virgilio (2) al contrario fi
, ond’era sempremai armato ; ed Orazio (2) afferma che il tuonare che
fa
Giove nel cielo, ci addita ch’egli colassù regna.
un’ aquila è stata mai tocca dal fulmine ; o pel volare altissimo che
fa
verso le nubi. Orazio (1) crede che Giove diede a
vasto suo corpo sovrapposta tutta quanta è la Sicilia. Spesso invano
fa
tutt’i suoi sforzi per liberarsi da quell’eterno
vola poco alto da terra. Il canto della pernice è simile al suono che
fa
la sega nel tagliare il legno, e però finsero che
nti di Arcadia, e per ciò detta Inachide (Inachis) ; ma Apollodoro la
fa
figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola
o non vi erano, o aveano pochissìma celebrità, e perciò Omero non ne
fa
motto ne’suoi poemi. A tempo poi d’Ifito, contemp
ne’ quali il poeta descrive Giove che col muovere delle sopraceiglia
fa
tremare l’olimpo. Nelle vicinanze adunque di ques
enza del pianeta di Marte che l’ha terribile e sanguigna(5). Omero(6)
fa
menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere g
ile e sanguigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale
fa
cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cag
ntendevasi la luna. Dai Greci chiamavasi Ηρα, che Platone nel Cratilo
fa
derivare dal verbo εραω, amare, quasi ερατη, amab
, fig. di Pelasgo, che abitava nella città di Stinfalo. Omero(2) però
fa
dire a Giunone che quando Saturno fu cacciato da
l’isola sono in gran pregio. Omero racconta la favola di Argo, ma non
fa
motto della trasformazione di lui in pavone. Mosc
Giove ; e l’ingegno o la sapienza dell’uomo, con cui regge le cose e
fa
le grandi scoperte nelle scienze e nelle arti, ri
arte della guerra più che ogni altra apparteneva a questa Dea. Esiodo
fa
uscir Pallade dal cervello di Giove, e la chiama
mile che Minerva Glaucopide voglia dire Minerva che guarda bieco, che
fa
il viso delle armi, come dicono gl’Italiani. Così
Infine talora il Sole chiamasi Iperione, quasi supergradiens, perchè
fa
le sue passeggiate per le soprane regioni del cie
poggia su tre piedi, ed ha dietro al suo capo una stella. Catullo la
fa
madre d’Imeneo ; ed Igino, di Lino. Calliope infi
che il sole co’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano
fa
sentire la sua influenza. Si vuole che avesse ric
ne, e Nasso in Sicilia, e Delo specialmente, di cui parlando il poeta
fa
menzione dell’ara cornea, fatta da Apollo, ed una
perione, mentre Apollo riputavasi fig. di Giove e di Latona. Omero il
fa
figliuolo d’Iperione e di Eurifessa ; ed Esiodo,
ta di rose apre le porte dell’oriente ; e ch’ ella versa la rugiada e
fa
nascere i fiori. Anzi essa attacca i cavalli al c
è riporta, E parimente tien cacciato ognuno. Il silenzio va intorno e
fa
la scorta, Ha le scarpe di feltro e ’l mantel bru
nell’arco di Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Espero che
fa
le veci di cocchiere. L’immortale Raffaello dipin
ta giovane di tanta visione, e sì ardentemente ne prega Giove che sel
fa
promettere con irrevocabile giuramento ; ma non s
di Bacco, ed il dipinge più stranamente furioso, anzi feroce, che non
fa
Euripide nelle sue Baccanti. Il cieco vate Tiresi
onoe e d’Ino, di lei sorelle, e di altre Baccanti, colle proprie mani
fa
in pezzi il figliuolo, il quale domandava perdono
Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle orgie di Bacco. Euripide(1) ci
fa
sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto
I. Diversi nomi dati a questi Numi e lor ragione. Cicerone(1)
fa
derivare il nome Venus dal verbo venire, perchè e
uma, perchè Venere si finge nata dalla schiuma del mare. Didimo(2) la
fa
derivare da due voci greche che significano un vi
e il porco a Venere (Αφροδιτη υν εθυκεν), per significare un uomo che
fa
cosa ingrata ad alcuno. Bione, poeta buccolico, h
tutte le grazie del discorso. Il Tasso ha imitato la descrizione che
fa
Omero del cinto di Venere, quando descrive la cin
o dall’odio ostinato della moglie di Giove. Ecco in breve qual figura
fa
Venere nell’ Eneide. Questa Dea predetto avea ad
olta del Lazio, una tempesta ad istanza di Giunone suscitata da Eolo,
fa
sì che l’eroe troiano sia sbalzato con poche navi
ciò afflitta la madre Venere, cogli occhi molli di dolci lagrime, si
fa
innanzi a Giove sull’Olimpo, e delle calamità, on
e stanza sicura, ritenuto Ascanio ne’sacri boschetti del monte Idalo,
fa
sì che Cupido, preso il sembiante di lui, ispiras
e su di un cocchio che ha le ruote dorate, mentre la madre Venere gli
fa
grandi applausi dall’ Olimpo e gli sparge rose su
ue altra cosa nel genere suo quell’ultimo finimento, diciam così, che
fa
belle tutte le altre perfezioni e che n’è come il
spargevan grato odore molte ghirlande di freschi fiori. Qui Virgilio
fa
menzione solo d’incenso e di fiori offerti a Vene
su’giardini, di cui i Greci ed i Romani la riputavano signora. Omero
fa
menzione del nitido peplo di Venere, col quale el
a lei consacrati ; ed Ovidio(3) anche il cocchio trionfale di Cupido
fa
tirare dalle colombe. Le sue chiome furono inghir
rte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il quale(1)
fa
derivare la parola Mavors da due voci latine, le
ue sono l’infelice frutto de Ila guerra. De’ seguaci del nostro Marte
fa
pur menzi one Virgilio(2) in una comparazione fra
ve i loro tempii di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1)
fa
menzione di una festa in onore di Marte solita a
a pare che quel verbo piuttosto venga dal nome Ermete. Ne’ lessicì si
fa
derivare dal verbo ειρω, annunziare, per l’uffici
e di lui ancor bambino ed avvolto nelle fasce (εν τοις σπαργανοις), e
fa
dire ad Apollo che quel buon bambino, ancora in c
llis ». Questa risposta (1) la quale ripete due volte la stessa cosa,
fa
credere che Ovidio avesse seguita siffatta etimol
dal volo delle gru, le quali imitano la forma di quelle lettere. Non
fa
quindi maraviglia se gli antichi (5) aveano il co
a divinazione e custodiva l’oracolo di Delfo. Pausania (1) finalmente
fa
menzione di un oracolo della Dea Tellure vicino a
ì per enorme statura, e si per valentia erano insuperabili. Esiodo li
fa
fig. del Cielo e della Terra ; ed Igino, dell’Ete
quella ninfa fu detta siringa. Lucrezio (5) vuole che il sibilare che
fa
naturalmente un leggiero venticello intromesso pe
’ boschi, Spesso con labbro adunco in varie guise Anima la siringa, e
fa
che dolce Versin le canne sue musa silvestre. Mar
tera, e ciò perchè essa era la produttrice delle biade. Servio (2) il
fa
venire dall’antico cereo per creo, perchè questa
tica moneta vedesi Cerere coronata di molte spighe ; e Tibullo (1) ci
fa
sapere che gli antichi ponevano una corona di spi
al modo venerata. Flava Ceres dicesi da’ Latini pel biondeggiare che
fa
la messe matura (1) ; e da Virgilio chiamasi rubi
gette a’tremuoti ed abbondano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che
fa
il fuoco nel tentare di uscire di sotterra, si di
di Achille descritto con arte maravigliosa da Omero(8) ; il che solo
fa
vedere che fu stoltezza il credere cieco il primo
, volenteroso si accinge all’opera e fabbrica uno scudo, di cui Omero
fa
una descrizione ch’è il più bel pezzo di poesia c
erò(2) deriva il nome Diana da dies, perchè la Luna col suo splendore
fa
che la notte sia simile al giorno. Altri finalmen
ni ; e vi si veggono due uomini che pensierosi guardano, ove Meleagro
fa
ad Atalanta il dono fatale, che sono certamente i
ano rappresentati i travagli di Ercole. Un bassorilievo, dice Millin,
fa
vedere l’eroe che saetta gli uccelli di Stinfalo,
vano i Troiani ; e descrive l’arte della guerra usata in quel tempo ;
fa
parola delle leggi e della religione de’Greci ; r
erì il calcagno, ove solamente l’eroe era vulnerabile. Omero però non
fa
menzione di tale prerogativa, ma il dice morto in
qualche lettera. Il Vossio però approva l’etimologia di Varrone, che
fa
nascere questo nome da un’altra parola latina (a’
di questa sua potenza sul mare ci dà Virgilio(3), quando dice ch’egli
fa
attaccare i cavalli al dorato suo occhio, e loro
un generoso destriero. Perciò chiamasi Ippio o Equestre ; e Pausania
fa
menzione di tempii ed altari innalzati a Nettuno
ste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale
fa
discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi
città della Campania. Antichissimo re de’ Lestrigoni fu Lamo, di eui
fa
menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per sua mal
Morte, nè vi giunge mai raggio di sole ; ed un terribile mastino che
fa
mille moine a chi entra, ma che non lascia uscirn
e membra si aggirano su rapida ruota, e ad insaziabili avvoltoi Tizio
fa
pasto dell’atre sue viscere, mentre per nove inge
alcune isole dell’Oceano dette Isole Fortunate, di cui anche Pindaro
fa
menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove
la palude Acherusia formata da un fangoso sporgere in fuori che quivi
fa
il mare. Aveva pur questo nome una caverna vicina
a in fangosa palude ; il terribile Flegetonte vi straripa furibondo e
fa
tutto rimbombare co’ rapidi vortici delle sue fia
riva dell’Acheronte, ove col suo eterno latrare ch’esce da tre gole,
fa
echeggiare quelle orrende bolge e riempie di spav
le orrende bolge e riempie di spavento le ombre esangui (2). Omero(3)
fa
parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino
ero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo
fa
fig. del gigante Tifeo e di Echidna. Comunemente
er antico pelo, ed il chiama Dimonio con occhi di bragia. Virgilio il
fa
nocchiero dell’Acheronte ; e da Tibullo chiamasi
i falli degli uomini e sentenziare secondo i loro meriti. Omero (1)
fa
dire ad Ulisse, aver veduto nell’inferno Minos, l
li dello stellato cielo ; e quando Luciano discorre dell’ Astrologia,
fa
chiaramente vedere che ne’poemi di Omero e di Esi
io fatto immaginare quest’elmo di Plutone. Oltre a ciò il Sig. Dupuis
fa
vedere che Proserpina, moglie del Dio dell’infern
ll’uno ed all’altra per renderseli propizii(1). Tibullo espressamente
fa
menzione della potestà che avea Proserpina sulla
vocavano Ecate e la Dea Tellure fra gli Dei magici (Dii magici), come
fa
Medea appresso Ovidio(3) ; ed i monti e le rive d
essere inventate, possono dirsi fisiche. 15. La più comune opinione
fa
nascere questa Mitologia e questa favola nell’ Or
onsigliate da sfrenata e crudele ambizione, tornino a danno di chi le
fa
. Intanto Cibele (40), sorella e moglie di Saturno
ndar potete il vostro fallo. Non aspettate che la morte scocchi, Come
fa
la più parte : chè per certo Infinita è la schier
ma alla fine pesandogli troppo il segreto, corre in un luogo remoto,
fa
un buco in terra, e sdraiatosi sopra, dice sottov
e d’asino ; e così ammaestravano ognuno che l’ignoranza pur troppo si
fa
palese, comunque esser possa accompagnata dal pot
are il corso degli astri. No[ILLISIBLE] invecchiava, perchè l’ingegno
fa
immortali coloro che [ILLISIBLE] adoperano in cos
i in piede vagamente lavorati. Pausania alludendo. credo, a Diana, la
fa
vestita di pelle di cervo. Apuleio (pigliandola f
e, amabile quanto Venere. 166. L’immaginazione fecondissima dei Greci
fa
parere più strana, ma non meno evidente l’allegor
osa e ’n versi. Petrarca. Lo stesso Petrarca nel Trionfo d’Amore ne
fa
una descrizione più ampia e feconda di nuove idee
, intento sempre a far bella la verità e profittevole la finzione, lo
fa
nascere da Poro Dio dell’ abbondanza unitosi in m
ui. Saffo (177), celebre e soavissima e sventurata poetessa greca, lo
fa
nascere dal Cielo e dalla Terra per significare i
a forza e dalla prudenza, non vale a salvar l’uomo dai pericoli, e ne
fa
una debole femminuccia. Venere afflittissima di q
perdono. Lo sposo celeste, contento di questa umile sottomissione, le
fa
sparire di sopra il volto la maschera nera, e amb
il piede, a significare che l’amore della sola materiale bellezza ci
fa
divenire pigri ed abietti : a Sparta, patria d’er
o lamenti in sugli alberi strani. (Dante, Inf. c. XIII.) Virgilio ci
fa
nota anche la patria di questi mostri : Strofadi
ine appunto nello stretto di Sicilia rincontro a Scilla (202) : Come
fa
l’onda là sopra Cariddi, Che si frange con quella
anto mi percote. Io venni in loco d’ogni luce muto, Che mugghia, come
fa
mar per tempesta, Se da contrari venti è combattu
vale a rattenerne l’impeto : ………un fiume è questo Fangoso e torbo, e
fa
gorgo e vorago, Che bolle e frange, e col suo neg
on un groppo al collo Appeso un lordo ammanto ; e con un palo Che gli
fa
remo, e con la vela regge L’affumicato legno, ond
ttro vigilie. » « Per significar questo (il Crepuscolo), trovo che si
fa
un giovinetto tutto ignudo, talvolta con l’ ali,
mportuna e fera Chiamata son da voi, e sorda, e cieca, Gente a cui si
fa
notte innanzi sera. I’ ho condotta al fin la gent
e talora sopra un carro tratto da ardenti cavalli ch’ei guida da sè o
fa
guidar da Bellona (283). Gli mettono accanto un g
izioni degli antichissimi tempi, non è meno bella e grande l’idea che
fa
nascere dal cervello del padre dei Numi la Dea de
5) il tridente che suscita e seda le procelle, a Giove la folgore che
fa
tremare uomini e Dei : Sospira e suda all’opera
hiamassero Muse, per indicare la loro eguaglianza. Infatti Cassiodoro
fa
derivare il vocabolo Muse da una parola greca che
do, E crollando le dighe, entro la scura Eternità rimbomba, e paurosa
Fa
del suo regno dubitar Natura. 277. Le Muse sono
ollo che la persi cuolono. » E la Scurrilità è un satiro che fuggendo
fa
un movimento osceno, e colla bocca fa smorfie ad
rilità è un satiro che fuggendo fa un movimento osceno, e colla bocca
fa
smorfie ad un fanciullo vicino a lui, mentre ques
po tal che disperâr perdono. Bellissima poi è l’invocazione che egli
fa
ad Apollo nel del Paradiso, dove comincia : O bu
rivolgo, o Dei, ch’avete Degli orti cura e di chi agli orti attende.
Fa
dunque, Clori (553), tu, che mai non manchi Al mi
(553), tu, che mai non manchi Al mio verde terren copia di fiori : Tu
fa
, Pomona, che de’frutti loro Non sian degli arbor
toventi ! Dopo morte ottenevano un posto nell’Olimpo. 314. V’è chi le
fa
ascendere al numero di tremila ; ed erano riparti
gli altri Dei.71 Le sue permutazion non hanno triegue : Necessità la
fa
esser veloce ; Si spesso vien chi vicenda consegu
colpito per le fronti era ’l valore Dell’ onorata gente ……. E qui si
fa
a nominare una lunga lista d’uomini e donne illus
ò fare ai piedi una gallina che covi, per mostrare che ancora posando
fa
la sua azione. » (Vasari, Vita citata.) La vi
la preferisse di starsene celata in fondo a un pozzo. Con bel modo ne
fa
la dipintura il Pignoni nelle sue sestine sull’or
ad. del Borghi.) Il Dati nella vita di Zeusi, illustrandone un quadro
fa
una bella descrizione di questo fatto : « Tra le
e sempre al cominciar di sotto è grave, E quanto uom più va su, e men
fa
male. Però quand’ella ti parrà soave Tanto, che ’
zione : Gran prole era di Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli
fa
prove, E quanti mostri ancide, Onde s’innalzi poi
ostenuta dall’ipocrisia e dalla frode. Dante nel XVII dell’Inferno ne
fa
una maravigliosa pittura : Ecco la fiera con la
elle contenenti sensi contrarj all’espettativa di chi le porta. Omero
fa
narrare queste avventure con bella semplicità da
ungessero i suoi nocchieri. Periandro, saputa la loro perfidia, se li
fa
tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che e
; e declinando la vita, regge la sua vecchiaia con un bastone che gli
fa
da terzo piede. La Sfinge, vinta da questa spiega
lio I lieti giorni dell’età fiorita, Padre crudel, condanni ! — E che
fa
teco Questo squallido manto ? Imene appresta E li
ss’io, si come dalla faccia Mi fuggi il sonno, e diventai smorto Come
fa
l’uom che spaventato agghiaccia. 538. Ma Ulisse
opo Achille (536) ed Ajace (561) figlio di Telamone (518). 551. Omero
fa
di quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e n
iltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con fraterna benevolenza, e lo
fa
sedere ; i servi apparecchiano una tavola e la ri
nata. Ma Dante, che lo trova all’Inferno nella bolgia dei frodolenti,
fa
palesare a lui stesso il vero fine dei suoi viagg
dolenti, fa palesare a lui stesso il vero fine dei suoi viaggi, e gli
fa
narrare in altro modo l’ esito dei medesimi : (Ca
vo con la medesima verga, riebbe subito la primiera sua forma. Di lui
fa
menzione anche Dante nel XX dell’Inferno, e tocca
delle spalle : Perché volle veder troppo davante, Dirietro guarda, e
fa
ritroso calle.123 Vedi Tiresia, che mutò sembian
faccende dell’agricoltura ed alla varietà delle stagioni ; l’altro li
fa
derivare dall’istoria ; chi dalla mitologia ; e c
Ercole (364). 680. Il Cancro, ossia gambero, esprime il ritrarsi che
fa
il sole dopo esser giunto alla maggiore altezza e
ivato alla minore altezza vernale, cominci ad andar sempre in su come
fa
la capra Amaltea (29) nutrice del padre degli Dei
o della moltitudine. — Lo spettacole che precedeva gli ammaestramenti
fa
vedere che gli antichi non ignoravano i fenomeni
ura del Mendere, fra l’ Ida e il mare. 96. La descrizione che Omero
fa
dei baasirilievi dello scudo d’ Achille nel e. XV
i. 142. Circolo immaginato a contrassegnare nel cielo il viaggio che
fa
la terra girando intorno al sole nel periodo d’un
atmosferici; raccoglie le nuvole e le sperde; comanda alle tempeste;
fa
balenar i lampi e rumoreggiar il tuono, e quando
e popolare che designa appunto un alto grado di potenza, egli è che «
fa
la pioggia e, il bel tempo ». A queste attribuzio
ratura greca e latina. Bella la pittura che nella settima Olimpica ci
fa
Pindaro della Dea che « fuor d’ un salto balza ar
nella pianta di lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Così lo
fa
parlare di sè stesso: ………………………….… mihi Delphica
ore a quello degli altri inni omerici. Di Mars o Mavors o Gradivus si
fa
parola ben di frequente negli scrittori latini, m
to. Ed essendosi osservato che nelle vicinanze dei vulcani il vino si
fa
migliore, di qui la leggenda dell’ intima amicizi
rotta di Cillene per obbligare Ermes a restituire il mal tolto. Ermes
fa
lo gnorri e ricisamente nega il fatto; onde Apoll
de di pioggia. Il vento tempestoso uccide Argo, cioè oscura il sole e
fa
che la nuvola scorra qua e là per le regioni del
Adone non è altro che un simbolo dell’ inverno, il cui freddo soffio
fa
spegnere la vita della natura e Adone è la natura
Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae, di cui non molti anni
fa
fu ritrovato e rimesso a luce il sito preciso. Iv
a ben naturale. Pindaro nella 14a Olimpica volgendo loro la parola ne
fa
un bell’ elogio: « O Cariti, dic’ egli, udite la
o, essendo lei che durante i loro festivi banchetti versa il nettare.
Fa
anche altri servigi e ricorda le ragazze delle ca
si attiene Ovidio nel decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il quale
fa
che Giove si trasformi in aquila per rapire l’ am
a infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito di Asclepio, e lo
fa
, come suole, bellamente intrecciando auree senten
la venuta di Esculapio a Roma. Bella ed evidente la pittura ch’ egli
fa
del Dio: Baculum tenens agreste sinistra 26 e
tris Proluvies uncaeque manus et pallida semper Ora fame, 33 a cui
fa
riscontro il dantesco: Ali hanno late e colli e
. Così egli provoca le tempeste e spezza le rupi e scuote la terra, e
fa
sorgere isole nuove dalla profondità delle acque.
cia (da salum, mare; altri nominano come moglie Venilia, cui Virgilio
fa
madre di Turno re dei Rutuli. 4. La più bella rap
su ciò un poemetto e Ovidio nel 13o delle Metamorfosi, verso la fine,
fa
raccontare a Glauco stesso in bellissimi versi la
E quella s’ annegò con l’ altro carco. (Inf. XXX, princ.). Dante
fa
che s’ anneghi; ma la leggenda antica narrava che
uello cui Dioniso vien affidato dopo il bruciamento di Semele, il che
fa
palese il significato naturale del mito; Semele è
manità, insegna agli uomini a lavorar la terra, fonda nuove città, si
fa
maestro di più miti costumi e di una vita più soc
altro ordine d’ idee, merita un cenno la leggenda di Arianna, la qual
fa
parte delle tradizioni locali proprie dell’ isola
accostarsi il corteo di Dioniso. Questi vedutala se n’ innamora e la
fa
sua sposa, ottenendole da Zeus l’ immortalità. El
re l’ umida, alludendosi all’ umor terrestre che fecondato dal calore
fa
crescere piante e frutti, e, per i benefici effet
a. Era tutto ciò un ricordo e un simbolo dello scempio che l’ inverno
fa
di tutti i prodotti onde la terra si ammanta. Inv
no, è il tema della sesta ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta
fa
di lui ebbro e immerso nel sonno, è vivissima; po
rridendo gli scherzi dell’ irta coda e stendendo la mano sulla fronte
fa
ombra agli occhi e perlustra i pascoli intorno in
l nome stesso dice; amico quindi degli uomini, in vantaggio dei quali
fa
crescere le piante e anche gli armenti; protettor
no ci è data da Properzio nella seconda elegia del quinto libro, dove
fa
parlare la statua stessa del vico Tusco; e la gra
o Dio sotterraneo il signore di tutte quelle ricchezze e colui che ne
fa
dono ai mortali? Ecco altri aspetti che rendevan
ando questo iddio, che perciò chiamavasi Plutone o Pluteus, colui che
fa
ricchi. 2. Appena si può dire che il misterioso D
rso fino al mento in un lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli
fa
l’ atto di bere, e di aver pendenti davanti agli
ria di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel prologo, e gli
fa
raccontare la storia d’ un certo tesoro nascosto
e anche di ghirlande l’ adornava. È un prologo bellissimo, che montre
fa
capire l’ argomento della Commedia dà una chiara
erati in guisa da essere oggetto d’ un qualche culto? In Omero non si
fa
alcuna menzione di ciò. Esiodo è il primo che usa
a della lotta tra i Lapiti e i Centauri. Già ne parla Omero, il quale
fa
dire al vecchio Nestore che nella sua prima giovi
lla canicola. 2. Al vivo e commovente racconto che di questo episodio
fa
Ovidio nel terzo della Metamorfosi fanno riscontr
i, eccola (fig. 78) in marmo, scolpita da mano antica, la qual statua
fa
parte del celebre gruppo dei Niobidi conservato n
tola un masso su pel monte e lo vede dalla cima precipitare in fondo,
fa
pensare al sole che dopo aver raggiunto al solsti
o la trista fine di lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come
fa
ad es. Orazio nell’ 11a ode del libro 4o dove ins
gli elementi naturali. Infine il disco con cui Perseo uccide Acrisio
fa
anche pensare al disco solare; anche Apollo con u
erga, e molte infatti ne inventò la fantasia popolare. Comunemente si
fa
viaggiare Eracle traverso la Libia; gli si fa pia
opolare. Comunemente si fa viaggiare Eracle traverso la Libia; gli si
fa
piantare le colonne da lui denominate sullo stret
primo che ferì la bestia fu quello della bella Atalanta. La lotta si
fa
sempre più aspra, e per alcuni fatale; Anceo spin
raneo di Platone, autore di un vasto poema dello stesso titolo; a cui
fa
riscontro nella letteratura latina il noto poema
ate le leggende troiane della vita intellettuale degli antichi; e non
fa
meraviglia che ancora il medio evo abbia conserva
rtanti frammenti di questo bassorilievo furono scoperti un venti anni
fa
per cura del governo germanico. In mezzo s’ erge
hè una sorte si crudele sia toccata a lui devoto sacerdote d’ Apollo,
fa
contrasto coll’ atteggiamento del corpo affranto
l corpo giovanile dell’ eroe morto colle membra abbandonate ed inerti
fa
un efficace contrasto col guerriero che lo sostie
i di Roma rappresentante una giovine donna colla chioma tagliata, che
fa
gentile accoglienza a un giovine minore di lei d’
ve compiere il suo dovere di separare i due amanti, ma si vede che lo
fa
a malincuore. Altri bassirilievi presentano un mo
pel trionfo sui Giganti, quel Giove che con un cenno delle sue ciglia
fa
muover tutto l’ universo. » 3. « Giove è colui c
he non si dice, placa il mar grosso e pone in fuga le raccolte nubi e
fa
risplendere il sole. » 36. V. 154 e sgg.: « tut
arghezza. Questa non appena in mezzo al mare è stata ripiena d’ aria,
fa
risonare i lidi che giacciono sotto 1’ uno e l’ a
one disagiata e pericolosa. 51. « Un Ercole piccolo a vedersi ma che
fa
una grande impressione. » 52. Così intitolata, d
Tifi, Tideo, ecc. È ben facile che alla primitiva tradizione, di cui
fa
cenno anche Omero, non che Esiodo, siano stati ag
co al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno di Giasone, non
fa
come certi lassisti 68 che scusano facilmente i c
ge : « Tal colpa a tal martirio lui condanna, « Ed anche di Medea si
fa
vendetta. « Con lui sen va chi da tal parte ingan
stessi dell’Ariosto ; « E questo fu d’orribil suono un corno « Che
fa
fuggire ognun che l’ode intorno. « Dico che ‘l co
ntorno. « Dico che ‘l corno è di sì orribil suono « Ch’ovunque s’oda,
fa
fuggir la gente. « Non può trovarsi al mondo un c
Or. Fur., xv, 14.) Conosciuti i mezzi, ecco in qual modo l’Ariosto li
fa
porre in opera dal duca Astolfo per la liberazion
a sè, che questa via « Per discacciare i mostri ottima sia. « E prima
fa
che ‘l re con suoi baroni « Di calda cera l’orecc
i suoi compagni. Dante in un sol verso accenna questo fatto, anzi ne
fa
una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, d
nerale tutte le volte che un libro, un’opera, un lavoro qualsiasi, si
fa
precedere da una epigrafe, altro non si vuol fare
nti. Allora l’immaginazione, questa regina dell’impero mitologico, si
fa
mediatrice fra l’anima e il corpo, fra lo spirito
da poi… … . . Genesi. Cap. VI. Una religione, qualunque essa sia,
fa
che un popolo sia civile. Introduz. al Giornale —
. — Detta anche Achelaa, dea dell’oscurità e delle tenebre. Esiodo ne
fa
un ritratto spaventevole. 64. Achmenide uno de’ c
ne ricordato nell’antichichità, che per la bellissima descrizione che
fa
Ovidio della sua povertà estrema. Mio nome è Ace
cellare tutti i peccati. Sofocle nella sua tragedia Edipo nell’atto V
fa
dire ad uno dei suoi personaggi queste parole che
lfo, Agdifio o Agdisto. — Mostro metà uomo e metà donna che la favola
fa
nascere dal commercio di Giove e della pietra det
ompassione della colpevole madre, la cangiarono in uccello. La favola
fa
menzione anche di un’altra donna a nome Aedone, f
orivano. L’arcano legame che le univa in particolar modo alla quercia
fa
loro dare codesto nome di Amadriadi dalle parole
è sorta. In che debbe lor vita venir meno. L’arbore, ch’era verde, si
fa
smorta, Ed ogni spoglia sua rende al terreno : Le
, o della plehe degli Dei ; Ma tra’grandi celesti il più possente Che
fa
spesso cader di mano a Marte La sanguinosa spada,
a Telemaco. Fu uno di coloro che volevano sposare Penelope. La favola
fa
anche menzione di un centauro conosciuto sotto qu
. 449. Anquigeul. — Ovidio così denomina i Tebani perchè la favola li
fa
nascere da un dente di drago. 450. Ansur o Assur.
lar Nettuno coi due Ajaci, sotto la figura dell’indovino Calcante, lo
fa
riconoscere da uno di essi. ……….. Agevolmente. S
506. Aquilone. — Vento estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo
fa
figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la c
l naviglio che prese il suo nome. Finalmente la tradizione mitologica
fa
menzione di un Argo, figlio di Giove, e di Niobe,
si scorda di Tesèo. La sposa Bacco, e ascoso il maggior lume. Felici
fa
di lei le proprie piume. Per contentarla più Bacc
ta il gelo ; Prese al ciel la corona il volo, e corse Ver dove Arturo
fa
la guardia all’ Orse. L’aurea corona al ciel più
a nell’offerta del sacrificio agli Dei. 603. Ascalafo. — La favola lo
fa
essere figlio del fiume Acheronte, e della notte.
molle labbro un duro rostro. Curvo, e d’augel che viva della caccia :
Fa
che fra gli altri augei rassembra mostro La grand
rti braccia, Si fece un gufo, e ancor suo grido è tale, Ch’ovunque il
fa
sentir, predice male. Ovidio Metamorfosi libro V
distrugge i germogli delle viti ; e la gazza per dinotare che il vino
fa
parlare indiscretamente. A maggiore delucidaziene
enza rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle sue opere, ne
fa
una bellissima descrizione. 772. Belzebù. — Una d
ria da se la dea la nube sgombra. Che di forma senil tutta si veste :
Fa
bianco il crin, di color morto adombra Il volto,
veste : Fa bianco il crin, di color morto adombra Il volto, e crespe
fa
le guance meste : Al volto antico quell’arca e qu
Specie di divinazione che si eseguiva con delle frecce. Ezechiello ne
fa
menzione parlando di Nabuccodonosor. 815. Boopide
le costellazioni. 817. Borea. — Vento del settentrione : la favola lo
fa
essere figlio di Astrea e di Eribeo. La tradizion
la nascita di un uomo in uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso autore
fa
similmente menzione di un bosco sacro dedicato ad
serpina, ed altri Cibele. Plutarco la confonde con Flora ; Varrone la
fa
moglie di Fauno, e dice ch’ella fu per tutta la v
della Fortuna per gli abitatori di Smirne. Plinio nelle sue opere ne
fa
menzione come d’un artista di merito eminente, e
ì con un colpo di fulmine. Di questo empio bestemmiatore, l’Alighieri
fa
dire a Virgilio : …… Quel fu un dei sette regi,
cilla, dove si ascoltava sempre il lamento di spaventose grida. Come
fa
l’onda là sovra Cariddi, Che si frange con quella
rchè incatenò Cerbero. V. Cerbero. 982. Carro di Giunone. — La Favola
fa
una notevole distinzione a questo proposito, dice
ittà. Questa opinione è infatti appoggiata da Plinio stesso, il quale
fa
datare l’uso della macchina detta ariete, dalla e
e, e s’adira. E per tre gole abbaia, e cerca scampo. La bava, che gli
fa
lo sdegno e l’ira, Del suo crudo veneno empie ogn
e per modo che queste, riprendendo il loro posto, per forza naturale,
fa
cevano a brani gli sventurati pazienti. Teseo dis
olo precedente. Vi fu un altro Corito di cui la tradizione mitologica
fa
menzione come figlio di Paride e di Enone. Gelosa
quale fu rapita da Buteo. Finalmente fuvvi un’altra Coronide, di cui
fa
menzione Pausania, come di una dea adorata in Sic
tà m’aggiro. e senza fine La ricerco e la chiamo, ecco d’avanti Mi si
fa
l’infelice simulacro Di lei, maggior del solito.
— V. to studio preliminare sulla Mitologia. La tradizione mitologica
fa
sovente menzione di varie dee che si sono accoppi
ori un figliuolo amatissimo in ancor tenera età. Il desolato genitore
fa
ritrarre la figura del morto figliuolo, e gli ren
tutto ; e tu meco ten entra E la tua spada impugna. Or d’uopo, Enea.
Fa
d’animo e di cor costante e fermo ; Ciò disse, e
10. Demofila. — Così avea nome la settima delle dieci sibille, di cui
fa
menzione Varrone. Era nativa di Cuma, e da lei ve
tì… Ovidio — Metamor. — Lib. I trad. dí Dell’ Anguillara La favola
fa
menzione di altri moiti noti sotto il nome di Deu
per l’effetto scenico del suo celebre melodramma, Didone abbandonata,
fa
che ella morisse precipitandosi nelle fiamme che
re. — I pagani ne avevano fatto una divinità, e lo scrittore Igino lo
fa
essere figliuolo della Terra e dell’Aria. 1495. D
gnifica perspicace, vigilante. Quei famosi draghi dai quali la favola
fa
custodire il giardino delle Esperidi, il vello d’
’incarico di attaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mitologica
fa
Ebe moglie di Ercole, per simboleggiare, sotto qu
no nelle orgie dei baccanali. V. Eleleeno. 1618. Eleleeno. — Cioè che
fa
molto strepito : si dava cotesto soprannome a Bac
or nascente Dall’amorosa sponda, Dall’arboscel, dall’onda ; E chi sen
fa
monili, E chi ne intreccia al crin serti gentili.
si addicono entrambi con assai convenienza ad un vulcano. La cronaca
fa
anche menzione di un altro Encelado, che fu uno d
, discendente della stirpe di Deucalione. La tradizione mitologica lo
fa
figliuolo di Giove e dio dei venti e delle tempes
va utili consigli ai navigatori. Da ciò la tradizione favolosa che lo
fa
dio delle tempeste, e padre di dodici figliuoli s
dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli
fa
menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intor
e, paragonare a creazioni completamente differenti. La etimologia che
fa
derivare Eraclide dalla parola racal, che signifi
e del quale ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo storico
fa
menzione di due Ercoli, uno egiziano e l’altro fe
isteo che lo sacrificò a Giunone. Tale è almeno il racconto che ce ne
fa
Apollodoro. Un altro dei caratteri particolari de
ttaglia fra Cesare e Pompeo, visse una maga di questo nome. Lucano ne
fa
il soggetto di uno dei più splendidi episodii di
il soggetto di uno dei più splendidi episodii di un suo poema in cui
fa
predire al padre di Sesto Pompeo, la perdita dell
. 1792. Erittonio. — Quarto re di Atene, che la tradizione mitologica
fa
figliuolo di Vulcano e di Minerva. La dea sua mad
ibro XXIV trad. di. V. Monti Infinito è il numero degli eroi di cui
fa
menzione la mitologia greca e romana, nelle quali
era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di Epidauro di cui
fa
menzione Valerio Massimo, nella sua storia romana
do la tradizione, eretta da Dionigi il tiranno. Di un altro Esculapio
fa
anche parola la cronaca favolosa, e che, secondo
a narra che fra Nettuno e Laomedonte fosse stabilito un patto, ma non
fa
menzione della ragione di questo ; e solo aggiung
sto padre, Antigone, rimani Quanto in favor de’genitor suoi Altri mai
fa
, nulla stimar si dee. Sofocle — Edipo a Colono —
Piteo per alcune particolari sue ragioni, delle quali la cronaca non
fa
parola, durante il tempo della gravidanza di Etra
Ettore cade, e Achille, fatto legare al suo carro il cadavere di lui,
fa
per tre volte il giro delle mura della città. ….
di Mercurio, che ebbe da lei un figliuolo chiamato Polibio. La favola
fa
menzione di un’altra Eubea, figliuola del fiume A
si celebrava la cerimonia dell’evocazione. Pausania, nelle sue opere,
fa
menzione di un tempio nella Tespozia, ove andò Or
ioni. 1943. Fantaso. — Uno dei tre sogni che la tradizione mitologica
fa
figliuoli del Sonno. Il suo nome gli veniva dai d
E l’oracolo è tale. Il sacerdote Nel profondo silenzio de la notte Si
fa
de l’immolate pecorelle Sotto un covile, ove s’ad
o gli scrittori dell’antichità, è concorde ed unanime l’opinione, che
fa
contare a quattro sole le apparizioni di questo m
a perfezione colla quale suonava la lira, la tradizione mitologica lo
fa
figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri lo p
mmagine, alla mestissima dolcezza del canto di questi uccelli. Ovidio
fa
di questo avvenimento una delle sue più belle Met
trad. di Dell’Anguillara. 2019. Filonome. — La tradizione mitologica
fa
menzione di una figlia di Craugaso così chiamata,
eguenti nomi : l’Acheronte, ……. Un fiume é questo Fangoso e torbo, e
fa
gorgo e vorago Che bolle e frange……. Virgilio —
ompagnia dell’ onde bige. Entrammo giù per una via diversa Una palude
fa
, c’ ha nome Stige, Questo tristo ruscel, quand’ è
ve si trova Flegetonte e Letè, chè dell’ un taci, E l’altro di che si
fa
d’esta piova ? In tutte tue question certo mi pia
ca atterrisco, si dava questo nome ad uno dei tre Sogni che la favola
fa
figliuoli del Sonno. I pagani credevano fermament
tore, che in amore val più la fortuna che l’ aspetto. Pindaro invece,
fa
della Fortuna, una delle Parche, dandole un poter
ne dei fulmini. Fra gli scrittori dell’antichità, Seneca è quello che
fa
menzione della dea Fulgora, dicendo che essa era
do di servirsi del fuoco. Da ciò l’ allegoria del mito simbolico, che
fa
Vulcano dio del fuoco. 2062. Fuochi di Castore e
mente a queste terribili divinità, di cui la tradizione mitologica ci
fa
il più spaventoso ritratto. Discorde ed oltre ogn
no figliuo’e della Discordia e nate nel quinto della Luna. Eschilo le
fa
figliuole del flume Acheronte e della Notte, e le
opo nella città di Galizia : da ciò la confusione che abitualmente si
fa
, fra i due nomi di Galassia e di Galizia, i quali
oave ; E da lo stral d’ Amor piagato e punto, Col canto al dolce suon
fa
contrappunto. Ovidio — Metamorf : Libro XIII. tr
a delle cinquanta Nereidi. 2077. Galeote — La tradizione della favola
fa
di questa divinità, uno dei principali numeri deg
lla religione pagàna, emerge giustissima l’osservazione che Plinio ci
fa
tenere nelle sue opere dell’antichità ; cioè, che
che mossero guerra a Giove, e dettero la scalata al cielo. Diodoro lo
fa
marito della ninfa Asia, e padre di un figliuolo
nfe Jonidi — V. jonidi. 2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo
fa
figliuolo di Giove e di Elettra, una delle ninfe
avidamente la gloria ; in cui lo splendido fantasma della rinomanza,
fa
battere di precipitosi palpiti un cuore, appena q
oletta : Tal colpa à tal martirio lui condanna : Ed anche di Medea si
fa
vendetta. Dante — Inferno — Canto XVIII. Miner
ti, e sulle differenti azioni che ne resero famosa la vita. Esiodo li
fa
nascere dal sangue che grondò dalla ferita di Ura
somiglia. MONTI — La Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo
fa
figliuolo di Rea e di Saturno, aggiungendo che qu
i i giuochi in onore di questa dea, della continuazione dei quali non
fa
menzione alcuno scrittore dell’antichità. 2163. G
sehiavi, all’ombre degli uomini grandi, caduti in battaglia. …….Gli
fa
gir legati Con le man dietro, i destinati a morte
al conquisto del vello d’oro V. Argonauti. Ancora di un altro Glauco
fa
menzione la cronaca mitologica, presentandocelo c
inferno insieme alle furie, alle arpie ecc. e a tutti i mostri di cui
fa
mezione la cronaca favolosa. In su le porte I bi
nistro, di cui si servivano a vicenda. E questo l’unico occhio di cui
fa
parola l’allegoria della favola. Perseo, trascorr
2203. Grifone. — Uno dei tanti mostruosi animali, di che la mitologia
fa
del continuo menzione. Secondo la cronaca, questo
la parte del mare Egeo fu detto mare Icario. La tradizione mitologica
fa
menzione di un altro Icaro, padre di Erigone e na
vi Troja edificatore della famosa cittadella — V. Ilio. La favola lo
fa
figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e frate
nferno, traversò l’oceano dal paese dei Cimmeri. Il cronista Apulejo,
fa
, che Psiche per discendere all’Inferno e presenta
econdo asserisce Virginio istesso, nella stupenda descrizione ch’egli
fa
dell’Inferno dei pagani, avevano loro abituale re
nde del Nilo. Eschilo, nella sua tragedia intitolata Prometeo legato,
fa
che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli e
fa che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli era incatenato, e
fa
che Prometeo disveli ad Io la durata delle sue pe
polito. …. Al di là del confin nostro V’ è una spiaggia deserta, che
fa
lido M Saronico mar : quivi un rimbombo, Come di
segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la
fa
figliuola di Elettra e di Taumante. Iride veniva
ci annunzia le mutazioni dell’ atmosfera, così il simbolo mitologico
fa
che Giunone, dea dell’aria, abbia Iride come mess
l padre di costei ; l’uccide ; La città ne devasta, e lei, qual vedi,
Fa
qui condur, non senza cura, o donna, Nè in sembia
vesti grondanti di sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si
fa
menzione di un Dio Ker, a cui si dànno presso a p
ia coi denti già possenti, la mammella che si offre alle sue labbra e
fa
che il veleno che quella rinchiude filtri nelle v
che si facevano alla luna. Strabone, nelle sue opere sull’antichità,
fa
menzione d’un altro lago celeberrimo nelle Gallie
a Plutarco medesimo, che riferisce questo fatto come un prodigio, non
fa
che ripetere quanto veniva attestato da quegli is
Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorella di lui. Omero la
fa
figliuola di Saturno. Giove l’amò con passione, a
dai pagani sotto il nome di Latona, riporteremo un avvenimento di cui
fa
menzione lo scrittore Ateneo, nelle sue cronache.
orico Tito Livio, di cui riportammo più sopra una classica citazione,
fa
similmente menzione di un terzo Lettisternio egua
ercurio, erano poste sopra due sedie. Similmente il cronista Arnobio,
fa
menzione di un Lettisternio celebrato solamente i
— Dea che assai di sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la
fa
figliuola di Cerere e di Giove, mentre Ovidio dic
famoso legislatore della Lacedemonia, del quale la cronaca mitologica
fa
menzione per aver egli ricorso all’ oracolo di De
, della quale dopo poco tempo Lino morì. Il cronista Diogene Laerzio,
fa
di questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo
no a dire che scorrevano rivi di latte e di miele. Ma il nostro Dante
fa
una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo
xviii del Purgatorio, descrivendo le bellezze del Paradiso terrestre,
fa
dire alla celeste Matelda : « Quelli che anticam
e i popoli possono correggersi dei loro vizii e difetti. Dante stesso
fa
dire nella Divina Commedia a Marco Lombardo : «
e, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si
fa
derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34.
rappresentato come portinaio della celeste reggia, e come il Dio che
fa
girare le sfere e l’asse del mondo38, cioè il Dio
erò e la conclusione o morale della favola dimostrano che l’abito non
fa
il monaco. 33. « Damnosa quid non imminuit d
da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum. 38. Ovidio nei Fasti gli
fa
dire : « Et jus vertendi cardinis omne meum est.
ramente, prodotto da due opposte correnti di acqua del mare : « Come
fa
l’onda là sovra Cariddi, « Che si frange con quel
rrende. « Così chi nelle mine il ferro adopra, « La terra, ovunque si
fa
via, sospende, « Che subita ruina non lo cuopra,
hiene ; « Or dentro vi s’attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo e
fa
salir l’arene. « Sentendo l’acqua il cavalier di
d or ne bagna il cielo, e il lume asconde « Del chiaro Sol : tanto le
fa
salire. « Rimbombano al rumor che intorno s’ode «
fiocina nella pelle del cetaceo, che è grossa circa un pollice, e si
fa
penetrare nel sottoposto strato di grasso che è a
ene ; « Or dentro vi si attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo, e
fa
salir l’arene « Con mille guizzi e mille strane r
a « E pel travaglio e per l’avuta pena. » 234. Il raziocinio che
fa
Dante su tal proposito è molto notabile, e merita
uale bastava a far ottenere un posto nel cielo ad un novello Dio1. Ma
fa
d’uopo osservare, che la maggior parte di questi
obo, ed altri istromenti matematici, oltre una bacchetta, colla quale
fa
le dimostrazioni delle sue lezioni. Ecco ne’ seg
o. Con vaga illusion mista d’ingegno Talia scherzando, al vizio ognor
fa
guerra. Con gravità Melpomene narrando Tragici ev
lampi cinto Calpesta al suo passar scettri, e corone, E de’ troni si
fa
sgabello al piede ; Scaglia i fulmini, l’orbe og
di capra. Il flauto composto di più canne, che porta fralle mani, ci
fa
sovvenire di un avvenimento de’ più particolari d
otte, e fratello della Morte, ch’è un sonno perpetuo. La pittura, che
fa
Ovidio di questo Dio, è sì bella, che ci fa chiar
perpetuo. La pittura, che fa Ovidio di questo Dio, è sì bella, che ci
fa
chiaramente conoscere la natura, e gli effetti de
to di ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari, ed i Penati.
Fa
di mestieri distinguere di Lari dai Penati. I Lar
ndizio della sua incostanza, ed un ciuffo di capelli sulla testa, che
fa
d’uopo afferrare, perchè non iscappi dalle mani.
, spargendo veri, e falsi rumori. » Leggasi la bella descrizione che
fa
Ovidio del palazzo della Fama. La Concordia.
e i bovi, ed uccise l’indegno ladrone. Stupenda è la descrizione, che
fa
Virgilio di questa grotta nel lib. 8. Dell’Eneide
va una forte inclinazione per Teti figliuola di Nereo, e di Dori, che
fa
d’uopo distinguere da Teti moglie dell’Oceano. Sa
el maneggiare il disco, e ne riporta la vittoria. Il cantore Demodoco
fa
sentir la melodia della sua voce, cantando varie
i affaticano per tendere quest’areo maraviglioso. Ulisse parimente si
fa
innanzi : i principi danno del ridicolo alla di l
ini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una freccia, e la
fa
passare per dodici anelli attaccati ad altrettant
o. L’eroe da lui scelto non occupa un posto luminoso nell’Iliade : ma
fa
grande comparsa nell’Eneide, dove Virgilio ce lo
li ordini che si andasse in cerca del principe Trojano. Venere allora
fa
sgombrare la nuvola, e vedesi Enea in atto di off
aperta. Lo scellerato Sinone avendo aperto il fianco del cavallo, ne
fa
uscire gli armati ivi nascosti ; in un istante l’
tto di andare in cerca di quella terra che il Destino gli prometteva.
Fa
costruire all’infretta una flotta con alberi tagl
e Enea agli ordini del Sovrano degli Dei, si dispone alla partenza, e
fa
preparare segretamente la flotta. Penetra Didone
tintamente parlare. Ebone. Una nostra Greca antica iscrizione ci
fa
acquistare la conoscenza di questo nume tutelare.
l gran Ciro giurava per questo Dio, e Lampridio nella vita di Commodo
fa
menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz di
Trojani. 1. Marco Terenzio Varrone riputato il più dotto dei Romani,
fa
ascendere fino a trentamila il numero degl’Iddj f
scese dal Sina. (2). Giove ebbe moltissimi soprannomi : e se Varrone
fa
montare sino a trecento il numero di quei, che gl
o al petto gli cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto che ne
fa
Apuleio, e gli altri autori. Winkelmann ha osserv
terra Benigna accolse il primo sudor mio, Ad onta del destin, che mi
fa
guerra. Riceva ognun ciò, che donar poss’io, Che
rodi, e a lutti nuoce, L’alme a Caronte guida, e porge aiuto, Cerbero
fa
tacer benchè feroce. Speme a raggiratori, ed a me
opri i vanti. Scorre il cielo, e ne’ regni dell’obblio Il riso spesso
fa
mutare in pianti : Questo è Mercurio delle frodi
ono Gnido, Cipro, Amatunta, Idalio, Citera, e finalmente Pafo, di cui
fa
menzione Virgilio : Ipsa Paphum sublimis adit, s
lla pace, e della guerra, Che sa riunir in lui speranza, e tema. Egli
fa
che il mortal vacilla, e trema Quando le porte de
temperie dell’aria ; così essa a scorno d’ogni sinistro accidente non
fa
provar disturbo a quel cuore che caramente l’albe
spinge ognuno ad ogni benchè ardua impresa ; perche la sola speranza
fa
, che vadino in nanzi, e proseguano costanti nelle
n bello Non inganna d’alcun mai la speranza. Providenza è costei, che
fa
sereno L’uom, che con essa ogni travaglio sfida,
più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso velando gli occhi
fa
sì, che l’uomo non ri accorga della occasione off
che s’appiglia, Par che di tutto prende ei sol governo Ratto così che
fa
inarcar le ciglia. Il nemico comune in esso io sc
al governo, Calma non prova mai tutto è tempesta. Se stesso abborre e
fa
di se reo scherno, Straccia il crin, morde il lab
de’suoi labri fan veramente orrore. Del mantice ella la iniqua donna
fa
uso per muovere gli affetti allo sdegno ; del fla
ben muoia, mentre la morte allora invece di togliergli la vita gliela
fa
cambiare in migliore secondo quello, che stà scri
rbe diverse a lui d’intorno Alzan le voci, e ognun l’ama e l’onora Ei
fa
più breve, ma più dolce il giorno. Il mondo tutto
coverto il ciel da buio eterno, Ne par, che sïa il respirar concesso.
Fa
il vento delle piante orribil scherno, La quercia
le nazioni barbare un tempo, ed incolte. Ma che se magnifica pomba ne
fa
il Sol del melico emisfero Pietro Metastasio ? Eg
n tutte le composizioni liriche, e specialmente nel ditirambo, in cui
fa
maggior pompa, sempre per altro adattabile assai
sposa, Sul pesto corpicciuol E madre più non son Lo guarda, e non
fa
moto Perchè figlio diletto Chè il cor di forza
ttar, saluta Venere, Che in si bella stagione i campi decora, Per cui
fa
i fiori uscir fin dalla cenere. Odi il cantar del
a gran cosa esser non può, Perchè va confondendo il meno, e il più, E
fa
dir facilmente il si, e il nò. Abbia dunque per n
lor l’aspetto. Sul limitar tengo un erboso letto Che ameno l’ombra il
fa
di qualche canna, Vieni, che il fido amice non t’
nga, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui però pria di passar oltre
fa
di mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia
per tutti ascoltar le derisioni, che degli Egiziani Dei in più luoghi
fa
Giovenale, e soprattutto nella Sat. XV. Quis nes
e gemendo si precipitarono nel mare. Omero intanto a tal proposito le
fa
in tal modo partare ad Ulisse ; O Deus Argelicum
li Castighi, e privilegii delle Vestali. (1). Il privilegio poi, che
fa
ravvisar con maggior chiarezza il gran pregio del
riti presso de’gentili largamente diffusi, e gelosamente custoditi ci
fa
ben intendere perchè Iddio con chiare formole pro
el quale esiste un frammento di 127 versi della Gigantomachia, non ci
fa
molto rimpiangere la perdita del rimanente di que
rne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci
fa
capire che quelli che vide dovevano essere alti i
i. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte nel suo poema sacro, e
fa
nascere l’opportunità di parlarne perfino nel Pur
tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le
fa
precedere una dottissima e splendida descrizione
e il Dante), come il nostro divino poeta parlava cinque in sei secoli
fa
, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimic
utto in un fiato quel chimico ; e a chi volesse sapere ancora come si
fa
a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue
dall’ una all’ altra riva dello Stige o dell’Acheronte. La favola ci
fa
sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della No
devoratis : « Tam bellum mihi passerem abstulistis. » 241. Omero
fa
dire poeticamente ad Achille : « Odio al par del
f., xxxiv, 16.) 243. Basterà sentire la descrizione che l’ Ariosto
fa
dell’ Orco di Norandino nel Canto xvii dell’ Orla
Il lito, e par che un monticel sia mosso. « Mostra le zanne fuor come
fa
il porco ; « Ha lungo il naso, il sen bavoso e sp
e conforta, « Quando fiutando sol, par che più faccia, « Ch’altri non
fa
ch’abbia odorato e lume ; « E bisogno al fuggire
a seguente ottava : « L’umana carne meglio gli sapeva ; « E prima il
fa
veder ch’all’antro arrivi, « Che tre dei nostri g
rava la memoria delle loro imprese(b). Il numero degli Eroi, de’quali
fa
menzione spezialmente l’ Istoria Greca, è pressoc
i e Zete, Castore e Polluce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si
fa
menzione di Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(
so venne magnificamente ristaurato da Lucio Marcio Filippo. Plinio ne
fa
la descrizione (c). Ercole acquistò il nome di Bu
abile della Grecia, dal nome di lui, e dalla Greca voce nitos, isola,
fa
denominato Peloponneso, ossia isola di Pelope (a)
tto pena di restare da esso altrimenti divorate. Tra i varj enimmi si
fa
menzione di questo : qual’ è quell’animale, che l
veruna avversità abbattuta. Prudenza. La Prudenza è virtù, che
fa
conoscere od operare ciò, che conviene. Le saggie
, e del ragionevole. Fortezza. La Fortezza è virtù, la quale ci
fa
incontrare ragionevolmente, e superave con animo
ge 302 et 303 manquantes] Vittoria. La Vittoria è virtù, che ci
fa
rendere a Dio, a noi medesimi, e agli altri uomin
, e vendicasse le ingiurie fatte a’ loro sepolcri(e). La Giustizia si
fa
vedere in piedi sopra una pietra quadrata, la qua
nella destra, e con una spada nella sinistra : simboli, co’ quali si
fa
intendere, che questa Deità pesa in certa guisa l
a Igino(c). Tiene la Pietà una mano sul proprio cuore, perchè ella si
fa
conoscere soltanto dalle sue esimie azioni, nè co
hi(d). Pudicizia. La Pudicizia è un delicato sentimento, che ci
fa
evitare tutto ciò, che può offendere l’onestà. Qu
easi indicare, che la verità è amica della luce chiarissima, la quale
fa
conoscere ciò ch’è, e dilegua le tenebre della fa
Esso quindi qualifica il Vanaglorioso, che colle sue parole di vanto
fa
molto strepito, ma del resto è affatto inutile, v
ecchio preme il terreno, e chiude l’altto colla coda. Il surarsi, che
fa
l’animale in tale guisa le orecchie per non udire
tà la più facile ad aditarsi. E’cieca, perchè questo Vizio facilmente
fa
perdere il lume della ragione. Ha per cimiero una
da ignuda, perchè l’Ira d’ordinario dà malo al ferro, e con questo si
fa
strada alla vendetta. La face accesa mostra il fa
ggine, e aspersa di lingue simili a quelle del serpente. Quella veste
fa
intendere, che questo Vizio suole trovarsi princi
risveglia l’incostanza del Giuoco ; questo indica il mal uso, che si
fa
da’ Giuocatori, del tempo. Il Giuoco è di faccia
ttenzione in ogni tempo. La colonna, indizio di forza e di grandezza,
fa
conoscere, che il ricco può essere potente, e acq
, perchè comparve al mondo con una spada d’oro in mano(c). Igino però
fa
nascere Crisaore da Medusa e da Nettuno ; e soggi
hi lo accordano. Simonide, citato dallo Scoliaste d’ Apollomo, ora la
fa
bianca, ce ora porporina. Medesimamente sulla fac
dice che s’impiccò (f).Deiloco, citato dallo Scoliaste d’ Apollonio,
fa
Clite semplicemente morta di dolore. Euforione, c
ariare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli
fa
figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia anche
a la località, e solo dice Absirto ucciso in nave (a). Ovidio pure lo
fa
ucciso in nave per la mano istessa di Medea ; e l
vine nè lo avesse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di lui. Ovidio
fa
, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimp
quaticò, detto Smergo(a). Ovidio chiama Alesiroe la madre d’ Esaco, e
fa
il medesimo giovine amante della Ninfa Esperia, f
doro strappò gli occhi a Polinestore(b). Notisi per ultimo, che Omero
fa
nascere Polidoro non da Ecuba, ma da Laotoe figli
doro non da Ecuba, ma da Laotoe figlia d’Alte, re de’ Lelegi(c), e lo
fa
cadere morto per mano d’Achille(d). (7). Virgili
5) Pireme secondo Ditti Cretese rimase ucciso da Diomede(h). Omero lo
fa
cadere sotto Patroclo (i). (26). Rigmo spirò sot
’Greci denominati Telchini, ed Alastori, ossia malefici, tra’quali si
fa
menzione di un certo Atteo. Credevasi, che i mede
enca, altri dicono in orsa, ed altri in vecchia donna(f). Virgilio ci
fa
credere, che realmente siasi sparso il di lei san
, Aglaja, e il celebre Macaone, figlio di Esculapio(d) ; benchè Orfeo
fa
sopravvivere. Macaone ad Euripilo(e). I sudditi d
none, come abbiamo detto, lo uccise. Il solo Ovidio tragli Antichi lo
fa
cadere per mano di Ettore, figlio di Priamo(b). S
omina un certo Grillo, il quale volle rimanersene sempre porco(f). Si
fa
pute menzione di un altro Greco, chiamato Elpenor
a Laerte, padre dello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti di Penelope si
fa
pure menzione di Leode, figlio di Enope. Costui v
celebri vengono indicati, e degli altri ancora con Note per lo più si
fa
parola ; nella terza finalmente trattasi delle Vi
mele sopra una giovenca ; e finalmente la immolava (f). Scaligero non
fa
alcuna distinzione tralle Feste Ambarvali e le Am
cade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tralle Feste di Giove si
fa
menzione della Bufonia, così detta, perchè si cel
Beozj(e) ; o perchè il vino scioglie l’ animo da’ pensieri molesti, o
fa
, che si parli liberamente(f). Sotto questa denomi
dell’ Inferno. Plutone porta in capo un elmo ammirabile, perchè esso
fa
scorgere tutti gli oggetti, senzachè chi ne usa,
chiamati Etone, Orfnco, Nitteo, e Alastore(c). Apollo Cicerone
fa
menzione di quattro Apolli (a). Comunemente però
n lungi dal Foro Boario alle radici del monte Aventino(a) (5). Plinio
fa
menzione del nome di Cloacina(b). Egli lo deriva
etta Ambologera, ossia che allontana la vecchiaja, in quanto che ella
fa
ringiovinire in certa guisa quelli, che anche vec
iove e di Giunone. Ovidio poi, seguito da altri Poeti Latini, così lo
fa
nascere dalla sola Giunone : turbata questa Dea,
reci, perciocchè Pausania, il quale fece menzione degli Dei loro, non
fa
parola di alcun tempio di Marte, ma solamente par
ipitò nel mare (e). Lo stesso Poeta poi in altro luogo soggiunge, che
fa
Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nel
’fama che ad erudirli in quell’arte il primo sia stato Tage. Festo lo
fa
figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri
’arte d’indovinare(b). Cicerone poi intorno alla di lui origino ce ne
fa
il seguente racconto : smuovendo, dic’egli, una g
ma i solchi eziandio, che le medesime eminenze lasciano tra loro. Si
fa
gran caso altresì di conoscere, se quelle linee s
rano nate, o dimoravano ne’ monti(f). Omero le chiama Orestiadi, e le
fa
figliuole di Giove(g). Strabone dice, che nacquer
ne la verità. Platone, il primo fra gli Antichi, che ne parlasse, non
fa
menzione che di una sola Sibilla(e). Parecchi ne’
ostro, nato secondo Esiodo dalla Chimera e dal cane Orto(a). Igino lo
fa
nascere da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giunone
anno figlio dell’ Oceano, e della Terra (a). Cherilo, Poeta Greco, lo
fa
nascere da Raros, Principe Ateniese, e da quella
Terra, ma da questa e da Urano (f), ovvero dal Tartaro (g). Omero li
fa
figliuoli di Nettuno e d’Ifimedea (h). Altri dico
ed una agli Olimpici(d). Appresso Pausania oltre i predetti Atleti si
fa
menzione di Pite, nato da Andromaco in Adbera, ci
st. l. 3. (a). Gic. l. 3. de Nat. Deor. (1). Orfeo in altro Inne
fa
nascere Bacco da Giove e da Proserpina(a). (2).
Alcione ; Elettri, Merope, Maja, Taigete, Celeno, e Sterope(c). Omero
fa
menzione di un’altra figlia di Atlante, chiamata
, che Silvano comparve alla luce mezzo uomo emezzo capra. Plutarco lo
fa
nascere da Valeria Tusculanaria(a). Virgilio lo d
olto celebre, nato da Mercurio o da Pane, e da una Ninfa(f). Nonno lo
fa
figlio della Terra. Dicesi, che sia nato in Malsa
he tali Ceste erano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico
fa
menzione di una Cesta, adorna di corone. Alcune f
ste e varie voci (h). Rapporto alla origine del medesimo Apollonio lo
fa
nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vu
campestre (b). Variano gli Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo
fa
nascere in Arcadia alle rive del fiume Ladone da
ato quello, elleno tosto cessavano di esistere (c) Valerio Flacco poi
fa
, che Itide fosse ambasciatrice anche di Giove (d)
la terra. La falce tronca indistintamente ogni cosa, nè altrimenti si
fa
dalla Morte. Il ragno, ch’ è animale debolissimo,
otte(e) ; Orfeo pretende di Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le
fa
nascere dalla Terra, e dal sangue di Saturno(g) ;
Acheo Ocipode(c). Omero dà a Celeno il nome di Podarge(d). Esiodo non
fa
menzione, che delle due prime, e dice che nacquer
tige, figlia d’Oceano, e moglie di Pallante o Pirante(c). Pausania lo
fa
nascere da Acheronte e dalla Terra(d). Apollodoro
; Eschilo soggiunge, che quegli ebbe per padre Antione ; Ferecide lo
fa
nascere da Pisione e da Etone ; ed altri da Marte
erfizie i di lui omeri non si alzassero (a). Apollodoro finalmente lo
fa
figliuolo della Terra, e marito della Ninfa, Sida
e (h). Non si va d’accordo tra’Mitologi sulla loro origine. Servio le
fa
nascere da Bacco e da Venere, come abbiamo detto
avano lungo le rive del Tevere presso il predetto monte(b). Stazio ne
fa
menzione, come d’una festa lugubre. (a). Paus.
la Dea de’fiori(g), e della quale abbiamo altrove parlato. Servio lo
fa
sposare una delle Stagioni, e ne fa nascere Carpo
bbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una delle Stagioni, e ne
fa
nascere Carpo, che da Giove veniva ogni anno tras
o offerte qualche volta delle vittime umane ; Ifigenia tra i Greci ne
fa
prova. Si uccidevano in onor suo nella Tauride tu
ene preso anche per una parte dell’Inferno e per l’Inferno stesso. Si
fa
anche marito della Notte da cui si vuele abbia av
a in mano, per così dire, il destino della terra, premia chi l’onora,
fa
conseguir la vittoria, scorta i viaggiatori e i n
no Perseo si dipinge come brava cacciatrice, dotta avvelenatrice, che
fa
prova de’ suoi veneficii cogli stranieri, avvelen
roprio padre, s’impadronisce del soglio, edifica un tempio a Diana, e
fa
immolare a questa Dea tutti gli stranieri spinti
tro, che addormenta tutti quelli che tocca con un gambo di papavero e
fa
sognare, sta vegliando per impedire che non si fa
za conduceva a suo talento lo spirito di chi l’ascoltava. Avvi chi ne
fa
un commediante, un mimo tanto agile che mostravas
egli utili consigli a coloro che intraprendevano marittimi viaggi. Si
fa
padre dei venti tempestosi o delle procelle Tifon
e non c’è creatura tanto selvatica che non sia ammansata da Amore. Si
fa
calvacare alcune volte su di un delfino per indic
i che fanno girare una cote. Un altro Amore che si è punto un braccio
fa
spillare il suo sangue su questa pietra, e Cupido
o secondo Amore è stato immaginato per dinotare che la corrispondenza
fa
crescere l’amorosa passione. Antero aveva un alta
rgli, e in atto di appoggiarsi colla sinistra sopra un tronco. Gli si
fa
tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di f
alla morte che incontrò all’assedio di Troia per mano di Patroclo. Si
fa
dir anche a Giove che se potesse cambiare il Dest
ia di Stige e della Terra ; di Stige e Pallante altri, ed avvi chi la
fa
nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta s
evo vedesi Diana discesa dal suo carro per contemplare Endimione, che
fa
tenere dalle Oreadi i propri cavalli. Sotto il no
e o il Sole rapisce i pomi d’oro, cioè quest’astro, quando comparisce
fa
sparire dal cielo tutti gli astri minori. Quest’u
del sole e della luna, sulla natura degli animali e delle piante. Si
fa
l’inventore auche dei canti lamentevoli. Giaso
erderlo con segretezza. Tormentato da lungo tempo da terribili sogni,
fa
consultare l’oracolo di Apollo e questi risponde
ficato, si riveste d’un abito simile a quelli che si davano ai morti,
fa
chiamare Teseo, al quale raccomanda le due figlie
n Achille poi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore, lo
fa
salvato nel primo caso da Nettuno nel secondo da
porta i suoi cortigiani e financo il suo caro Effestione. Vespasiano
fa
allontanare la sua scorta nel presentarsi che fa
estione. Vespasiano fa allontanare la sua scorta nel presentarsi che
fa
al tempio di Serapi. Quando un particolare voleva
gli innocenti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere,
fa
fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue.
esimo, che in premio del pentimento lor promette l’immortalità, e già
fa
lor copia della speranza. La croce, sacro segno d
volti sono, per cosa buona è difeso. La natura ogni opera biasimevole
fa
che sia accompagnata dal timore e dal rossore di
vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale
fa
prova della sua virtù. Che, se noi volessimo farl
e ad Ercole. Nel celebrare i misteri di Bacco secondo l’antica usanza
fa
d’uopo d’arrolare una legione di cuochi. Le guard
eifica un padre rapito al suo amore ; ora la desolazione di una madro
fa
un Dio del figlio, a cui la natura ha tolto addiv
furto, servire a gli uomini. Mitografia fisica — ed in questi Varrone
fa
ricerca su la natura e genealogia degli Dei, se n
e ne regola il corso, ingiungendoglisi questo nome dal divorare, che
fa
degli anni, quod saturatur annis. Si è finto non
vuole Platone nel Cratilo, riportato da Macrobio(1), dal vibrare che
fa
il sole de’suoi raggi ; o come crede Speusippo, p
atti uccelli a stormi sogliono volitare per quei campi, ove la guerra
fa
strage di uomini, e sogliono presagirla col canto
traslato allegorico le dodici fatiche a lui attribuite al passar che
fa
questo pianeta maggiore in ciascun segno dello Zo
le XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sole
fa
di mese fu mese pe’dodici segni dello Zodiaco. I.
di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli
fa
raccontare la sua istoria — Giù, Vate operoso, il
nte raccolto ed allevato da due Dee marine Teti ed Eurinome. Ma Omero
fa
raccontare a Vulcano stesso che il trattamento br
il fonditore ; ma il vero fonditore è il fuoco, e non l’artefice che
fa
le forme e vi versa il metallo fuso e liquefatto
o. Lemno era un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la favola
fa
cadere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per l
alvolta una figura « Si vede giunger le ginocchia al petto, « La qual
fa
del non ver vera rancura « Nascere a chi la vede
i fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli
fa
dire tante freddure che sono una miseria e uno sf
(Ovid., Fast., i.) 23. Orazio, in tutta la Satira 8ª del i libro
fa
raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di
inciampino ; « Quel con un cembal bee ; quegli altri ridano ; « Qual
fa
d’un corno, e qual della man ciotola ; « Qual mov
erto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco
fa
dire a questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al
dice nel Canto xxv del Purgatorio : « Guarda il calor del Sol che si
fa
vino, « Misto all’umor che dalla vite cola. » Lo
e tutte le cose ; e politicamente significa che l’ambizione del regno
fa
porre in non cale e violare anche i più stretti v
Cronologia, Cronometro, ecc., tutti relativi al tempo. 22. Il Monti
fa
dire ad Aristodemo, nella tragedia di questo nome
nificato si adopra quella parola anche dai nostri poeti. Dante stesso
fa
dire a Virgilio esservi « ……. chi creda « Più vo
e degli Dei foss’egli stato (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti
fa
dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano i
dentro che la speranza82). In tutto questo racconto mitico Giove non
fa
più la figura del Dio che giova, del Dio benefico
sto mito, sì riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non
fa
la più bella figura, come abbiam notato di sopra,
mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche,
fa
derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che
aramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè
fa
dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affi
mero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano
fa
così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo
lo chiama padre ; e il Tasso ad Erminia fuggente fra l’ombrose piante
fa
chiamar padre il vecchio e saggio pastore che ell
quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse come Sol vapori ; » e
fa
questa similitudine per dar la spiegazione che qu
inali, che sotto forma ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e
fa
dire alle medesime nel canto xxxi del Purgatorio
an soltanto la prescienza del futuro. È celebre la descrizione che ne
fa
Virgilio nel vi libro dell’Eneide, che Annibal Ca
ano, poichè credevano che vi abitassero le anime dei Beati. Orazio ne
fa
poeticamente una splendida descrizione nell’ Ode
lla puntura di uno scorpione fatto ivi sorgere dalla terra Omero però
fa
dire a Calipso che l’ uccidesse per dispetto vegg
a del fiume Ladone, la quale da lui fuggendo in riva al fiume paterno
fa
cangiata, in un cespo di canne; e dal suono che q
llo che cauti li rende; Angerona quella che libera dalle angosci e, e
fa
che tacciano i lamenti, onde fu detta pur Dea del
rò nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo
fa
venire alle mani prima con Achille, e poscia con
itto Piramo, uccide anche essa colla medesima spada, e il loro sangue
fa
che i fruiti del gelso, dapprima bianchi, diventi
giare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I. Capo XIII. Apollo gli
fa
sorgere l’ orecchie d’ asino. Parte I. Capo X. La
sare in Calabria. È preso dagli Argivi e tratto in giudizio ma Ercole
fa
che nell’ urna dei giudici i calcoli diventino tu
che, secondo la Mitologia, pel gran numero dei suoi figli, che Esiodo
fa
ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe O
ita rende piu compassionevoli per le altrui sventure. Perciò il Tasso
fa
dire da Erminia al pietoso pastore che piangeva a
to della conservazione della salute ; Esculapio la scienza medica che
fa
l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte
d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare di quello che egli
fa
trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che
r gli assale. « De’violenti il primo cerchio è tutto : « Ma perchè si
fa
forza a tre persone, « In tre gironi è distinto e
e, « Che l’arte vostra quella, quanto puote, « Segue, come il maestro
fa
’l discente, « Sì che vostr’arte a Dio quasi è ni
he ottime esser dovessero le massime che essa insegnava. Perciò Dante
fa
dire al poeta Stazio nel C. xxii del Purgatorio,
a stesso. Il duello che usa tuttora è un avanzo dei secoli barbari, e
fa
una gran tara alla tanto vantata civiltà moderna.
are due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci
fa
saper Cicerone che gli antichi filosofi considera
. Nell’Eneide parla divinamente nel suo linguaggio originale, come lo
fa
parlare Virgilio27. Virgilio inoltre si dà premu
u cangiata in pietra. Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne
fa
molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi d
mezzo, riunisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne
fa
Ovidio nel lib. i delle Metamorfosi, che cioè Mer
e anche in astronomia. Egli infatti colle indicazioni astronomiche ci
fa
conoscere non solo i giorni del suo viaggio alleg
i nomi ed attributi eran dati a questa Dea ; e l’etimologia dei primi
fa
conoscere la specialità dei secondi. Chiamavasi N
ines forse perchè purtavano avvultu al capo un filu di laua. Plutarco
fa
derivare questo nume a pileo, pilamines ; altri a
a dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti,
fa
la rassegna delle più grandi bellezzè che son da
tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è l’olio che
fa
girar facilmente e senza attrito le ruote della g
fido seguace di Rosmini, il Pestalozza. Nel parlare del dualismo egli
fa
le seguenti osservazioni storiche e filosofiche :
iamo quanto teniamo a memoria 125 ; e Dante aggiunge « ……….. che non
fa
scïenza « Senza lo ritenere, avere inteso. » Le
gi, 670. Diria, fontana, 486. Discordia, divinità allegorica, 343 ; —
fa
nascere lo scompiglio nell’Olimpo, 598. Divinità
foncé dans les flancs d’une terre ennemie, Placé dans des rochers où
fa
fixé ma main, Il présente la pointe où s’appuîra
ed himself in river of same name, 131; Hercules crosses, 203 F
Fa
′ma; Attendant of Jupiter, goddess of fame, 28 Fa
onified), 209. Farbanti, 369. Fas′ti, 29. Fate (Greek Anan′ke, Latin
Fa
′turn) the necessity behind and above gods as well
▲