ro a dignità di dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Zeus,
era
in origine una divinità, venerata solamente in Ar
ricco sviluppo di leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamente
era
solo de’ Greci. Gli Dei delle stirpi italiche con
innalzate al più alto grado di eccellenza; quindi il corpo degli Dei
era
pensato come più grande, più bello, più maestoso
21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza di Zeus
era
tale che col solo muover delle sopracciglia facev
e il loro potere eccedeva di gran lunga i limiti dell’ umano. Non si
era
pero giunti al concetto dell’ onniscienza e dell’
giunti al concetto dell’ onniscienza e dell’ onnipotenza; Zeus stesso
era
in qualche modo limitato nell’ esercizio della su
era in qualche modo limitato nell’ esercizio della sua forza, ad es.
era
egli stesso soggetto al fato inesorabilmente. Rig
n esso rappresentavasi un gran conflitto di forze della natura; forse
era
ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologic
ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologici e diluvii, di cui
era
viva la tradizione e si scorgono anche ora palesi
e ora palesi le traccie nelle viscere terrestri. La Tessaglia appunto
era
stata scelta a teatro di questa guerra, perchè iv
della seminagione, forse perchè anche Crono in alcune località greche
era
stato onorato come Dio della maturità, dell’ abbo
Zeus-Iupiter. 1. Il Dio supremo del mondo, il Dio per eccellenza,
era
per i Greci Zeus, per i Latini Iupiter. La parola
così Zeus è anche il protettore della famiglia; ogni capo di famiglia
era
come un sacerdote di Giove, e in nome de’ suoi di
me de’ suoi dipendenti offriva a lui regolari sacrifizi. Insomma Zeus
era
il Dio Sovrano, il Dio per eccellenza; e il conce
origine alla vegetazione. In secondo luogo ciascuna località ove Zeus
era
oggetto di culto aveva le sue proprie leggende, i
acquistarono importanza maggiore dell’ altre; di tutte la più antica
era
Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già
te la più antica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già
era
oggetto di culto Zeus quando non eravi ancora in
non eravi ancora in tutta la Grecia alcun tempio a lui dedicato. Ivi
era
una sacra foresta di annose quercie, le cui fogli
tati. Anche sulla cima del monte Tomaro, a’ cui piedi giaceva Dodona,
era
venerato Zeus, come del resto quasi tutte le altu
giochi Olimpici in onor di Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte,
era
la famosa statua di Fidia, della quale parleremo
oco. 5. Al Zeus greco corrisponde il Iupiter dei Latini. Anche questi
era
il Dio del cielo e dell’ atmosfera, quindi della
ti della natura, anche alle battaglie. Dal lato morale, anche Iupiter
era
il dio tutelare dell’ onestà, della giustizia, de
r era il dio tutelare dell’ onestà, della giustizia, della lealtà, ed
era
detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzion
, della giustizia, della lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides
era
un’ attribuzione di lui. Con lui si confondeva il
tutta la Grecia. Ma il monumento più grandioso e degno di ammirazione
era
la statua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.
quasi significasse: da te vien la forza, da te il vincere. Nel volto
era
mirabilmente armonizzata la significazione della
pensosa maestà; il petto largo e poderoso diceva la forza. La statua
era
crisoelefantina, d’ avorio i nudi, d’ oro con ism
ina, d’ avorio i nudi, d’ oro con ismalti colorati il manto. Il trono
era
pur esso un’ opera immensa in cui alla ricchezza
la sua chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perchè la quercia
era
a lui sacra, o d’ un ramo d’ olivo, o d’ una bend
cui si faceva dipendere tutta la feracità della terra. La memoria n’
era
solennemente festeggiata in primavera, specialmen
e leggende greche maggiore sviluppo che il suo carattere fisico. Essa
era
specialmente celebrata come rappresentante del vi
ede al marito trovava in lei la sua più alta espressione. Quindi essa
era
considerata come protettrice del matrimonio e del
delle mogli, datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia)
era
venerata quale dea della maternità. 3. In origine
venerata quale dea della maternità. 3. In origine il culto di Era non
era
molto diffuso. La culla di questo culto fu la cit
to diffuso. La culla di questo culto fu la città di Argo, onde la Dea
era
preferibilmente chiamata l’ Argiva. Argo, Micene
he il culto naturalmente si allargò sempre più. Da tempo antichissimo
era
essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e
a in Beozia e nelle isole di Eubea e di Samo. Il suo principal tempio
era
il così detto Ereo (Heraion), edificato verso il
identifica con Era (Iuno = Iovino, nome femminile di Giove). Dapprima
era
confusa con Mater Matuta, vecchia divinità italic
ato alla sua tutela; Iuno Lucina presiedeva all’ atto del nascere, ed
era
invocata da chi stava per divenir madre; Iuno Pro
Capitolino, accanto a quella di Giove. La festa principale della Dea
era
quella detta Matronalia, che si celebrava il prim
a sul monte Esquilino per offrirle doni e sacrifizi. Alla Iuno Lucina
era
dedicato il primo d’ ogni mese. — Ancora è da ric
n occasione d’ una pubblica calamita. Per confusione di parole, se n’
era
poi anche fatta una protettrice della moneta e de
ade Atena-Minerva. 1. Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena
era
figlia di Zeus, essendo balzata fuori tutta armat
a terra, il sole avesse interrotto il suo corso. In conseguenza Atena
era
deità bellicosa, come quella ch’ era nata in mezz
suo corso. In conseguenza Atena era deità bellicosa, come quella ch’
era
nata in mezzo alle lotte celesti e coll’ arme in
la ch’ era nata in mezzo alle lotte celesti e coll’ arme in pugno; ma
era
anche contemporaneamente dea della quieta e seren
benefica all’ umanità doveva avere un culto molto diffuso; e infatti
era
essa venerata ad Argo, a Corinto, in Isparta, in
done le aveva donato il cavallo, ma Atena l’ albero dell’ ulivo; onde
era
rimasta vincitrice. Gli Ateniesi poi in particola
ne. L’ Eretteo sorgeva dal lato di settentrione, precisamente là dov’
era
la sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si
difizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche ora nelle sue rovine,
era
dedicato ad Atena Parteno (Parthenos = vergine).
no ogni anno, ma senza processione. 4. L’ italica Minerva o Men-er-va
era
una dea della mens o dell’ intelligenza come Pall
nalzo Augusto dopo la battaglia di Azio. Come dea della pace, Minerva
era
venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la
ni, ed eran dette Quinquatrus perchè cominciavano il 19 del mese, che
era
il 5º giorno dagli Idi. La più solenne era la fes
iavano il 19 del mese, che era il 5º giorno dagli Idi. La più solenne
era
la festa del Marzo a cui prendevan parte tutti qu
ai maestri il loro onorario (Minerval). La festa minore, del Giugno,
era
particolarmente la festa dei musici, e soprattutt
nanzi sostenemmo sulla palma una statuetta della Vittoria alata. Così
era
raffigurata la dea come se reduce dalla battaglia
opolo ateniese prosperante sotto la protezione della Dea ». La statua
era
preziosissima, alta ben dieci metri, tutta in avo
oi cagione della condanna di lui. — Un’ altra celebre statua di Fidia
era
la così detta Atena promachos o propugnatrice, st
i artisti meno antichi; l’ atteggiamento vivace ricorda la statua ch’
era
nel frontone orientale del Partenone, rappresenta
i sono l’ egida, la lancia, l’ elmo. IV. Apollo. 1. Febo Apollo
era
detto, come Artemide, figlio di Zeus e di Leto o
rtorì Apollo (detto perciò Delio, Cinzio) ed Artemide. Delo che prima
era
un’ isola non fissa, divenne d’ allora in poi una
re solare. E per i benefizi da lui apportati alla vegetazione, Apollo
era
venerato come Targelio (Thargelios), il calore fe
i frutti della terra (di qui il nome del mese Targelione, o Maggio);
era
soprannominato da alcuni Sminteo (Smintheus, da s
parnops cavalletta) perchè difesa contro le cavallette. Nota leggenda
era
quella che faceva Apollo servo pastore di Admeto
ia stato anche pensato come inventore della musica. Il suo istrumento
era
la cetra o forminx, ed ei la sonava con grande ab
più luoghi del continente ellenico; ma il più celebre senza contrasto
era
l’ oracolo di Delfo. Ivi la Pizia, sacerdotessa d
sopra una apertura del terreno da cui esalava un vapore innebriante,
era
invasa da una specie di estasi, durante la quale,
imo, e ancora Giuliano l’ Apostata lo consultò. 3. Il culto di Apollo
era
diffusissimo fra i Greci, come generale doveva es
ivinità datrice di tanti beni fisici e morali. La città di Delfo però
era
il luogo principale di questo culto. Ivi sorgeva
avevano luogo i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto di Apollo,
era
l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terren
n meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio
era
nato. Il terreno dell’ isola era considerato come
o, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terreno dell’ isola
era
considerato come sacro e nessun morto poteva esse
sempre creduto avessero grande influenza su tutta la natura, Artemide
era
pensata come dea grandemente benefica. Ma aveva a
o al momento del matrimonio, e anche de’ giovanetti; in qualche luogo
era
anche venerata come dea della maternità, col tito
come protettrice della giustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide
era
per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di
atua di Artemide Taurica. Affatto diversa poi dall’ Artemide Ellenica
era
quella venerata ad Efeso nell’ Asia Minore. Era c
elle piante, degli animali e degli uomini. Ancora nei tempi cristiani
era
oggetto di culto; negli Atti degli Apostoli, si r
osi: Magna Diana Ephesiorum « grande è la Diana di Efeso ». 4. Diana
era
appunto la Deita italità con cui si identificò l’
italità con cui si identificò l’ Artemide dei Greci. In origine Diana
era
il femminile di Ianus, una potenza celeste, dea l
fatta protettrice delle donne. Un antichissimo tempio in onor di lei
era
in un bosco presso Aricia sul lago di Nemi, ov’ e
onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nemi, ov’ essa
era
chiamata Diana Nemorensis; un altro sul monte Alg
di tutti fu il tempio eretto da Servio Tullio sul Monte Aventino, che
era
tempio comune della lega de’ Latini; dove agli id
ica del tempio, si offriva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed
era
giorno festivo per gli schiavi. — Quando più tard
ge e spargimento di sangue. Secondo il suo significato naturale, Ares
era
probabilmente l’ uragano che si scatena con furio
e l’ uragano che si scatena con furioso irresistibile impeto; difatti
era
detto di lui che sua patria e suo soggiorno predi
le e della calma dell’ atmosfera, avido di disordine e di lotta, Ares
era
detestato dagli altri Dei; lo stesso Zeus lo avev
a Efesto a contemplare il gustoso spettacolo. Secondo altri, Afrodite
era
la moglie legittima di Ares che per lei genero Ar
ro Armonia, la progenitrice della stirpe Tebana. 2. Non molto diffuso
era
nella Grecia il culto di Ares. Aveva però templi
entificato con Ares è Marte. Ma è da notarsi che in origine Marte non
era
già dio della guerra, ma piuttosto il dio della p
visibilmente accompagnasse anche gli eserciti nelle loro marcie, onde
era
detto Mars Gradivus; dopo la vittoria, gli si ren
izi ginnastici e militari, prendeva suo nome appunto dal Dio Marte ed
era
a lui consacrato. Tra i templi dedicati a Marte,
oggetto di culto. E poichè il fuoco vien dal cielo, per questo Efesto
era
stato detto figlio di Zeus. Lo si pensava zoppo;
i attendeva a fabbricare oggetti d’ arte. Secondo un’ altra leggenda,
era
stato Giove stesso che adirato contro Efesto per
’ aveva afferrato pei piedi e scaraventato giù dal cielo; l’ infelice
era
precipitato per un giorno intiero, e infine era c
al cielo; l’ infelice era precipitato per un giorno intiero, e infine
era
caduto nell’ isola di Lenno; i cui abitanti, i Si
, in forma di fulmine. Anche il fuoco sotterraneo, il fuoco vulcanico
era
messo in relazione con Efesto; là, nell’ interno
del fuoco, il fabbro divino, autore di tante opere in ferro e bronzo,
era
naturale fosse pensato come protettore delle arti
i ed operai che per l’ opera loro hanno bisogno del fuoco. Per questo
era
messo in intimo rapporto con Atena, la dea delle
sorriso della bellezza e l’ incanto della grazia. 3. Non molto esteso
era
nella Grecia il culto di Efesto. Il luogo princip
esteso era nella Grecia il culto di Efesto. Il luogo principale dov’
era
venerato era l’ isola di Lenno; ivi, come già dic
ella Grecia il culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato
era
l’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si cred
sa colle fiaccole accese, riportando il premio quegli la cui fiaccola
era
ancor viva nel giungere alla meta; gioco che dove
el culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie,
era
detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande offi
’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi
era
una grande officina dove lo si sentiva co’ suoi C
nefico, principe del fuoco terrestre, utile alla vita e alla civiltà,
era
nelle antiche leggende italiche fatto sposo di Ma
rante il caldo mese d’ Agosto. Il santuario principale del Dio a Roma
era
il Vulcanal, non un tempio ma una specie di focol
dove si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio di Vulcano
era
nel campo Marzio, probabilmente nelle vicinanze d
a, avevan luogo i giochi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano
era
il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi
tria: analoga cerimonia si faceva il 23 Marzo per Minerva). — Vulcano
era
poi anche considerato dai Romani, come Dio degli
di esser zoppo; la vista ne sarebbe stata disaggradevole. Pero zoppa
era
la statua fatta da Alcamene, di cui parla Ciceron
e altre col mondo sovrannaturale. Cominciando da queste ultime, Ermes
era
anzitutto il messaggiero degli Dei e l’ esecutore
ga stessa donatagli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno
era
il manico, gli altri due si raccoglievano in nodo
ni si credeva venissero da Zeus, così Ermes, come messaggero di Zeus,
era
anche apportatore dei sogni e conciliatore del so
e faceva tornare alle regioni superiori. Nei rapporti naturali, Ermes
era
venerato anzitutto come datore di prosperità e ri
rava la fecondità e il benessere delle greggi; maestro di scaltrezza,
era
l’ aiuto del commercio e dei traffici. Alia sua p
la vita commerciale voglion sicurezza di strade e di viabilità, Ermes
era
anche il protettore dei viandanti. Onde l’ uso e
e delle strade ai viatori. Come giovane destro e aggraziato poi Ermes
era
anche il patrono dell’ educazione ginnastica, e a
l patrono dell’ educazione ginnastica, e appellavasi palaestrita. Non
era
egli corridore valente tra i valenti? e abilissim
quali solevano ornarsi di imagini sue. Infine, come facondo oratore,
era
il dio che dava facilita d’ eloquio a chi l’ invo
bisogno, e in genere proteggeva tutte le invenzioni dell’ ingegno ed
era
ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes er
i dell’ ingegno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes
era
oggetto di special culto in Arcadia dov’ egli cre
mbro e Samotracia, terre ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia
era
venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e conside
fecondità. 4. Il Mercurio dei Latini, dalla voce mercari, negoziare,
era
semplicemente il Dio dei commerci e aveva pochi t
1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona
era
venerata come la sposa di Zeus. Ma questa leggend
prima terra, a cui approdò sarebbe stata l’ isola di Cipro, dove essa
era
venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti d
su, intendi: dal mare) e Ciprogenia (Cyprogeneia, nata a Cipro). Essa
era
immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembia
e lo feconda. In Oriente, e precisamente in Fenicia, questo concetto
era
stato personificato nella dea Astarte; il culto d
nomi di Afrodite Pandemo, Afrodite Urania e Afrodite Pontia; la prima
era
l’ Afrodite terrena, protettrice anche di amori v
a l’ Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda
era
la dea dell’ amore celeste, datrice di ogni bened
era la dea dell’ amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza
era
l’ Afrodite marina, patrona della navigazione e d
Paride a rapir Elena e così contribuì ad accendere la guerra troiana;
era
ciò un compenso per la celebre sentenza da lui Pa
naturalistico. Raccontavasi dunque che il bel giovane, onde Afrodite
era
innamorata, morisse durante una caccia, ucciso da
addoloratissima, prego Zeus di richiamarlo in vita; ma intanto se n’
era
anche invaghita Persefone dea dei morti e nol vol
ogo il culto si estese ad altre città siciliane e italiche. 3. Venere
era
un’ antica deità italica, la dea della primavera,
italica, la dea della primavera, del sorriso della natura, onde a lei
era
sacro il mese dei flori, Aprile. Il nome stesso d
zione tra Romani e Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina
era
dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luo
ia. Da principio si soleva rappresentare vestita e anche velata; tale
era
ad es. la statua che trovavasi nell’ Acropoli di
omo, il papavero e il figlio. X. Estia-Vesta. 1. Estia (Hestia)
era
detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sore
tempio della religione domestica. Estia che rappresentava tutto ciò,
era
quindi la divinità principale della famiglia; era
esentava tutto ciò, era quindi la divinità principale della famiglia;
era
la sua protettrice, ed aveva parte importantissim
in tutte le cerimonie religiose che in casa si effettuavano. Nè solo
era
Estia la protettrice della famiglia, ma poichè lo
e della famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa
era
per gli antichi anche patrona dello Stato, e a le
lia, così essa era per gli antichi anche patrona dello Stato, e a lei
era
in Grecia dedicato il Pritaneo, residenza del gov
a lei era in Grecia dedicato il Pritaneo, residenza del governo; ivi
era
un altare, su cui ardeva in di lei onore continua
i dovevano esser vergini o almeno di casta vita. 2. Il culto di Estia
era
diffusissimo in Grecia e nelle colonie: ma non le
non le si erigevano templi speciali, giacchè ogni casa ed ogni città
era
un tempio per lei; anzi essa aveva posto anche ne
parte in tutti i banchetti festivi e in tutte le cerimonie religiose
era
nominata la prima, onde il proverbio « cominciare
izie d’ ogni sacrifizio. 3. La dea dei Romani corrispondente ad Estia
era
Vesta, affine anche nel nome. Vesta pure era la d
corrispondente ad Estia era Vesta, affine anche nel nome. Vesta pure
era
la dea del focolare domestico, conservatrice di p
li, prima quattro di numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma
era
ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevol
enuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascuranza
era
aspramente punita. Le Vestali erano scelte dal Po
Quirino. Ianus non è che la forma maschile di Diana, la luna, quindi
era
in origine una divinità della luce celeste, una d
lla terra, tutto si diceva chiuso e riaperto per opera di Giano; onde
era
invocato cogli epiteti Patulcius e Clusius (da pa
Clusius (da patere, essere aperto, e claudere, chiudere). Sulla terra
era
specialmente signore di tutti i passaggi, delle p
’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed
era
detto Giano Gemino, Giano bifronte. Dall’ essere
i periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo anno, di cui il primo mese
era
denominato da lui, Januarius, Gennaio. E il primo
ui, Januarius, Gennaio. E il primo dì dell’ anno (Kalendae Ianuariae)
era
la festa del Dio; quel giorno si ornavano le port
rifizi di focaccie, vino, incenso. Anche il primo di degli altri mesi
era
in qualche modo dedicato a Giano, e si rinnovavan
i lui sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno
era
sua, ond’ egli era invocato come padre matutino (
reghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era sua, ond’ egli
era
invocato come padre matutino (cfr. Oraz., Sat., 2
cfr. Oraz., Sat., 2,6,20). Parimente ogni inizio dell’ umana attività
era
sacro a Giano. Il principiar bene era per gli ant
gni inizio dell’ umana attività era sacro a Giano. Il principiar bene
era
per gli antichi un buon augurio per proceder bene
a una preghiera a Giano. Tra i fatti più notevoli della vita pubblica
era
l’ uscita di un esercito per una spedizione di gu
no aperte le porte di un certo tempio di lui, per indicare che il Dio
era
uscito coll’ esercito e lo accompagnava colla sua
tutti i lavori degli uomini. Anche per la procreazione dei figliuoli
era
invocato col nome di Ianus Consivius. Giano era a
eazione dei figliuoli era invocato col nome di Ianus Consivius. Giano
era
ancora ritenuto come l’ origine delle fonti, dei
orni colla statua del Dio. Tra essi il più antico e il più importante
era
quelle situato su quella frequentatissima strada
hio foro conduceva al foro di Cesare. Lo si diceva eretto da Numa, ed
era
appunto il tempio le cui porte si tenevan chiuse
lesti che l’ immaginazione popolare doveva annoverare fra gli Dei, v’
era
naturalmente il sole; di qui il dio Elio (Helios)
e della Colchide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio
era
quella di portar la luce del giorno agli Dei e ag
ghi, discopre quel che è nascosto e castiga anche i colpevoli. Perciò
era
invocato nei giuramenti e nelle proteste. I filos
te. I filosofi ne fecero anche il principio d’ ogni sapienza. 3. Elio
era
venerato come dio potente in molti luoghi, segnat
endente), figlie di Elio e di Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio
era
venerato, trovavansi greggi a lui sacre. Forse in
e di sette giorni e sette notti. 4. Il culto del sole presso i Romani
era
d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso
o del sole presso i Romani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo
era
presso il tempio di Quirino, sulla facciata del q
edeva in Roma come in Grecia, che il Sole rivelasse i segreti, quindi
era
sopranomato Sol Index, il sole indicatore. L’ imm
aviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo;
era
una statua colossale in bronzo, eretta nel 291 av
tiluca sorgeva sul Palatino, e un altro antichissimo santuario di lei
era
sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio. Come De
di lei era sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio. Come Dea mensile
era
festeggiata l’ ultimo giorno di Marzo, come Ovidi
e porta una fiaccola in mano. c) Eos-Aurora. 1. Eos, l’ Aurora,
era
, come Elio e Selene, figlia di Iperione e di Tea.
di Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce del giorno, quindi
era
una deità bella e benefica. Le braccia aveva rose
rora. Si aggiungevan leggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo
era
stato Astreo, pel quale essa divenne madre dei ve
n più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, come una cicala,
era
un’ allegoria del giorno che è bello e fresco la
deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia,
era
forse l’ immagine del giorno nuovo, ringiovanito,
cifer… quem Venus ante alios astrorum diligit ignes 19. Anche Espero
era
stella cara a Venere, ma si credeva avesse il com
ino alle stelle, armato di aurea spada. Il cane del cacciatore Orione
era
la brillante stella Sirio, la cui comparsa annunz
le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella
era
Maia, quella che a Zeus diede un figlio in Erme.
venti principali erano detti figli di Eos e di Astreo. Il più temuto
era
Borea od Aquilone, il vento nord, il cui soffio f
io faceva tremar la terra e agitar la superficie del mare. Per questo
era
detto rapitor di fanciulle, e un’ antica leggenda
tempietto e un altare a lui dedicato. — Non meno potente e miracoloso
era
creduto il vento del sud, Noto o Austro, apportat
l primo delle Metamorfosi (v. 264 e segg.). — Invece tutto favorevole
era
il vento Zefiro, o il vento di ponente, nuncio de
detto Favonius dai Latini, al cui soffio maturavan le sementi; quindi
era
venerato come Dio benefico. — Infine Euro, detto
i otto venti. Un tempo sulla cima del capitello, al centro del tetto,
era
anche un tritone mobile che girando secondo il ve
in basso verso la figura corrispondente del fregio. Tale costruzione
era
dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed era c
gio. Tale costruzione era dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed
era
chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati a m
gioni greche furono particolarmente celebri pel culto delle Muse, una
era
la regione dell’ Olimpo colla Pieria, e altre loc
tra e Pimplea, dove pure dicevasi fosse nato il poeta Orfeo, l’ altra
era
un bosco del monte Elicona nella Beozia meridiona
la cima del monte. Anche il monte Parnasso presso Delfo nella Focide
era
sacro ad Apollo e alla Muse; ivi presso scaturiva
pe il doppio flauto; Polinnia infine non aveva distintivi speciali ma
era
riconoscibile dall’ abito grave e avvolgente, dal
di culto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia dove un santuario
era
loro dedicato, in Sparta, in Atene, anche nell’ i
mani si veneravan le Grazie, identiche affatto alle Cariti, da cui n’
era
stata tolta l’ idea. 3. Che queste Deità siano sp
u eretto da Vespasiano uno splendido tempio nelle vicinanze del Foro;
era
adorno di parecchie opere d’ arte ed era annovera
io nelle vicinanze del Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed
era
annoverato tra i più bei monumenti eretti dalla d
ediletta dagli scultori Irene che come datrice di pace e di ricchezza
era
anche oggetto di maggior venerazione. È celebre l
a materna » ( Gentile, op. cit. p. 125). Anche la Pax presso i Romani
era
rappresentata per via di statue; n’ eran distinti
i inseparabile compagna nelle lotte contro i Titani e i Giganti. Essa
era
pero anche in intima relazione con Pallade Atena,
che dopo Zeus rappresentava la più alta potenza; infatti Atena stessa
era
venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche,
tessa era venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche, e a costei
era
dedicato un grazioso tempietto al lato occidental
cuna, che doveva essere affine alla Vittoria, e un’ altra pure affine
era
Vica Pota ( Cic. de Leg. 2, 28 spiega: colei che
rreno assai adatto ove stabilirsi e diffondersi. Sede di questo culto
era
il Campidoglio, ov’ era anche un santuario in ono
tabilirsi e diffondersi. Sede di questo culto era il Campidoglio, ov’
era
anche un santuario in onor di Iupiter Victor. Sul
leno è sempre stato un simbolo dei rapporti fra cielo e terra; quiudi
era
naturale che Iride, la sua mistica rappresentante
a è vicino ad Era; un’ altra Iride, ma di men sicura identificazione,
era
nel frontone orientale dello stesso tempio dov’ è
enz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e di Era,
era
una personificazione della fiorente giovinezza. N
es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele,
era
messa accosto a quella della moglie di Zeus; ora
politico, rappresentando l’ eterna giovinezza dello Stato. Per questo
era
dedicata a lei una speciale cappella nel tempio d
veva in Olimpo il compito di far da coppiere agli Dei. Omero dice che
era
figlio del re Troiano Tros, e che per la sua gran
ferendo la leggenda nella ultima sua forma, secondo la quale Ganimede
era
amato da Giove. Anche questo è il racconto a cui
amato giovane. L’ arte antica più volte trattò questo terna. Celebre
era
il gruppo in bronzo di Leocare, scultore ateniese
ll’ Amore, ebbe pei Greci un doppio significato; giacchè da una parte
era
il Dio cosmogonico, già da noi ricordato, rappres
della forza di attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra,
era
figlio di Afrodite e di Ares e rappresentava la p
e come la più forte e temibile potenza della natura. — Come Dio, Eros
era
oggetto di culto, accosto ad Afrodite, specialmen
de questo fratello perchè giocasse con lui; d’ allora crebbe Eros, ed
era
lieto semprechè il fratello si trovasse presso lu
era lieto semprechè il fratello si trovasse presso lui, triste quand’
era
assente. La natura dei sentimenti d’ amore non po
. 3. Presso i Romani il dio d’ Amore chiamavasi Amor o Cupido; ma non
era
in fondo che una ripetizione dell’ Eros greco, nè
nelle Metamorfosi di Apulejo, scrittore del 2º sec. dell’ e.v. Psiche
era
una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza
inferno per farsi dare da Persefone certa scatola voluta da colei che
era
la sua signora, e avendola per curiosità aperta,
pecialmente si segnalarono gli scultori Scopa e Prassitele; del primo
era
celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto
othos posto nel tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che
era
in Tespie di Beozia era considerato come una dell
i Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era in Tespie di Beozia
era
considerato come una delle più belle statue di tu
’ arco e le freccie; talora anche la fiaccola accesa. Tra i flori gli
era
sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coronato
lla nascita e della salute. a) Ilizia. 1. Ilizia (Eileithyia)
era
presso i Greci la Dea del parto. Nell’ Iliade si
o forme assai differenti secondo i tempi e i luoghi. Oggetto di culto
era
llizia specialmente nelle isole di Creta e di Del
venire alla luce del mondo. b) Asclepio-Esculapio. 1. Asclepio
era
nato, dicevasi, da Apollo e da Coronide, una figl
evasi, da Apollo e da Coronide, una figlia del re tessalo Flegias, ed
era
il Dio delle guarigioni, il Dio della salute. In
ti nomi che alludono ai medicamenti e all’ arte salutare. 2. Asclepio
era
oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il
era oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il sito più celebre
era
Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un rinomato san
i della Grecia; il sito più celebre era Epidauro nell’ Argolide, dov’
era
un rinomato santuario (Asclepieo); di qui il cult
ute, prima una Strenia o Strenua, antica deità sabina, in onor di cui
era
stato eretto un santuario con un sacro bosco nell
le streghe, che venivan di notte a succhiare il sangue ai bambini, ed
era
in genere ritenuta come protettrice del benessere
terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa ch’
era
infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito
eran detti Moirageti, capi delle Moire. 2. Presso i Romani il destino
era
espresso con Fatum, la parola divina; e di questa
(Tyche), la dea della buona fortuna, secondo la leggenda più comune,
era
figlia dell’ Oceano e di Teti (Tethys). Come prot
ano e di Teti (Tethys). Come protettrice e conservatrice degli stati,
era
essa venerata e onorata di templi e statue in mol
o della Fortuna in Roma si crede sia stato Servio Tullio, quel re che
era
stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò a
iciens, obsequens, redux, manens, ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna
era
oggetto di culto; celebritra gli altri i templi d
e della Fortuna. Varii attributi le si assegnavano; il più importante
era
un timone che la contraddistingueva come governat
di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, corone. Specialmente
era
venerato il demone del raccolto annuale, detto Ag
sua stirpe. 1. Nella teogonia greca, il più antico Dio dell’ acque
era
l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la copp
idente, là dove si credeva che fosse l’ origine delle cose. L’ Oceano
era
detto padre di tutti i fiumi e di tutte le sorgen
endo prima sotterra, a un tratto comparissero alla superficie là dove
era
la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori
evano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso
era
sacro, nè era lecito mai passarii senza una pregh
empli i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè
era
lecito mai passarii senza una preghiera, nè costr
lebra va una festa il 13 ottobre, detta Fontanalia. Tra tutti i fiumi
era
naturalmente veneratissimo il Tevere, detto Divus
la sua stirpe. Vedemmo nella Teogonia che il Ponto, ossia il mare,
era
stato in origine prodotto spontaneo di Gea, la Te
anche la bianca Galatea, che divenne amante del Ciclope Polifemo, ed
era
la prediletta nelle leggende della Sicilia e dell
atterrisce l’ animo di chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys)
era
il signore e capo di tutti i mostri marini, che e
nalità più spiccata nel regno delle acque, il vero Dio e re del mare,
era
Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli
o e re del mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli
era
figlio di Crono e di Rea e però fratello di Zeus,
ra del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli
era
fatto padre di parecchi giganti e mostri, per es.
o, l’ accecamento del quale tirò su Ulisse l’ odio del Dio; così pure
era
padre del gigante Anteo, con cui Eracle ebbe a so
nè tornavano incolumi ai patrii lidi senza ringraziarlo. Il suo culto
era
sparso largamente, ma più fioriva nelle terre del
cadia. Tra le città della costa, la più celebre pel culto di Posidone
era
Corinto; in onor di lui appunto vennero ivi istit
Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta di Posidone
era
il cavallo; forse l’ onde marine accavallantisi s
mare e il cavallo, là dove erano più in pregio i cavalli, ivi il Dio
era
più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano
era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano altari, ed egli
era
ritenuto come il protettore delle corse e dai cor
norato di preghiere e sacrifizi. — Oltre il cavallo, anche il delfino
era
sacro a Posidone, e tra gli alberi il pino, o per
l’ utilità sua nella fabbricazione delle navi. 3. Nettuno (Neptunus)
era
il Dio romano rispondente a Posidone; ma presso u
Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ unico tempio che in Roma
era
eretto a Nettuno, trovavasi presso il Circo Flami
ro marino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che
era
nel frontone occidentale del Partenone, dov’ era
giunta è quella che era nel frontone occidentale del Partenone, dov’
era
rappresentata la gara fra lui ed Atena; ma ci è g
trite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone;
era
dunque nel regno dell’ acque quello che Era nel r
di là aveala rapita. Altri raccontavano ch’ essa eragli sfuggita e s’
era
nascosta nell’ Atlante, ossia nelle ultime profon
un originale di Scopa. V. Tritone e i Tritoni. 1. Anche Tritone
era
nell’ antica Mitologia un’ immagine del flutto ru
regione di Antedone, città della Beozia orientale sull’ Euripo. Quivi
era
viva la leggenda che egli fosse da principio pesc
a. VIII. Ino, Leucotea e Melicerte. 1. Come Glauco, così Ino
era
donna mortale, ma ottenne la divinità per essersi
lto scoglio, fra Megara e Corinto. Dice Dante: Nel tempo che Giunone
era
crucciata Per Semele contra il sangue tebano,
lla festa detta Matralia in onore di Mater Matuta. — In arte Palemone
era
rappresentato come un bellissimo giovane portato
lla Grecia Gea ottenne uno special culto, tra gli altri in Atene dov’
era
venerata specialmente come curotrofo ossia alleva
greca Gea corrispondeva presso gli Italici la dea Tellus. Anch’ essa
era
considerata come la madre degli esseri, quindi in
e con Iupiter il padre celeste, ad es. nei giuramenti, la cui formola
era
: Tellus Muter teque Iupiter obtestor ( Macrob.
a il solido corpo terrestre, condizione d’ ogni stabilita delle cose,
era
invocata in occasione di terremoti col titolo di
no preghiere insieme con Giunone Pronuba, e infine come Dea dei morti
era
invocata insieme cogli Dei inferi. Un tempio alla
in Roma 485/268 dal console P. Sempronio, e sorgeva sulla piazza dov’
era
prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e
re il figlio Zeus in una caverna del monte Ida (cfr. pag. 23). Perciò
era
detta la madre Idea o montana, e rappresentava la
Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione
era
la città di Pessinunte, situata nella Frigia magg
anze di questa città erano sacri a Cibele il monte Dindimo, onde essa
era
detta Dindimene, e il villaggio Berecinto, che le
inunte. Allora lo colpi la vendetta dell’ adirata Dea. Giacchè quando
era
apparecchiato il banchetto nuziale e tutti i conv
a pure nella Frigia; Attalo cousegnò di buon grado la nera pietra che
era
considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse
nera pietra che era considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse
era
una pietra meteoritica da secoli conservata nel t
i leoni, colla fronte cinta d’ una corona murale, a indicare ch’ essa
era
fondatrice e conservatrice delle città, e al suo
tto del calore e dell’ umido, porta a maturità i frutti delle piante;
era
quindi una deità benefica per gli uomini, e a lei
na temporanea cessazione nell’ in verno, così l’ immaginazione antica
era
naturalmente portata a concepire un Dioniso soffe
altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso
era
creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele,
Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre
era
Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus.
dalle flamme di Zeus, ed ivi morì. Zeus però salvò il figlio che non
era
ancor nato, e perchè non aveva raggiunto la matur
elfini, salvo uno che, indovinando un essere divino nel fanciullo, s’
era
opposto al mal governo che di lui avevan preso a
orgiastiche. Sono celebri le leggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo
era
un re della Tracia, figlio di Driante (la selva),
quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli
era
stato allevato, onde il Dio stesso non potè salva
e cedere al calore della natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo
era
re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo
ocali proprie dell’ isola di Nasso. Questa figlia di Minosse cretese,
era
renuta via da Creta seguendo Teseo cui essa aveva
labirinto, dopo ucciso il Minotauro; ma nell’ isola di Nasso, mentr’
era
addormentata, Teseo l’ abbandonò e senza di lei s
ed Apollo. Come Dio del vino e della frutticultura in genere, Dioniso
era
il riscontro di Demetra, dea delle biade; veniva
da d’ un Bacco Indiano o conquistatore dell’ Oriente. Già prima lo si
era
fatto peregrinare fin nella Persia, nella Media,
ro principii filosofici. Per loro Dioniso detto Zagreus, il lacerato,
era
il primo Dio; era detto figlio di Zeus e di Perse
ofici. Per loro Dioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo Dio;
era
detto figlio di Zeus e di Persefona; e si narrava
ondamento della teologia e dei misteri orfici. 2. Il culto di Dioniso
era
straordinariamente diffuso in tutte le regioni de
un solenne banchetto bevendo a gara il vino spillato; il terzo giorno
era
detto festa della pentola, perchè si esponevano p
e si distribuivano solennemente le pubbliche onorificenze a chi se n’
era
reso degno. 3. Antica Deità italica rispondente;
se n’ era reso degno. 3. Antica Deità italica rispondente; i Dioniso
era
Liber, o Liber pater, generalmente associato con
useo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e di bellezza; dapprima
era
stato preso per un’ Arianna, ma a torto. In tutte
le leggende bacchiche, la più frequentemente riprodotta dagli artisti
era
Arianna. Celebre l’ Arianna addormentata del Muse
ante. Scopa n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la sua figura
era
in atto di ebbra agitazione, il capo arrovesciato
Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre di questa categoria
era
Eco, la personificazione di questo fenomeno acust
sia e Mida. Marsia, insiem con Iagnide suo padre e Olimpo suo alunno,
era
detto inventore del suon dei flauti, genere di mu
, fu vinto; e allora Apollo lo legò a un albero e lo scorticò. — Mida
era
il fondatore mitico del regno della Frigia; era d
e lo scorticò. — Mida era il fondatore mitico del regno della Frigia;
era
detto figlio di Cibele, la quale avevalo immensam
o. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più
era
ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e
uel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più
era
avido di nuove ricchezze, e questa passione lo po
asi sviato dal cammino che il corteo di Bacco percorreva in Frigia ed
era
capitato in un giardino del re Mida; questi lo ac
llora in poi divennero aurifere. — Un’ altra leggenda relativa a Mida
era
quella che lo faceva arbitro in una contesa music
a) Pane. 1. Antichissima deità greca dei boschi e dei pascoli
era
Pane, in origine venerato solamente dagli abitant
ò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa
era
restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera d
eferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un di ch’ ella
era
per essere presa da lui che rincorrevala, pregò G
dei boschi, anche Pane aveva il dono della divinazione; in Arcadia vi
era
anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sp
i era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade,
era
detta la sua profetessa. Secondo alcuni, Apollo s
ecero un Dio tutto, creatore e signore dell’ universo. 2. Il Dio Pane
era
venerato specialmente dai pastori, dai cacciatori
el Liceo, di Cillene erano sedi di culto. Il santuario principale poi
era
ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di
ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di questa regione, Pane
era
venerato in Beozia, in Macedonia e altrove. In At
ce di Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli
era
loro bene amico sebben essi poco di lui si curass
di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’ arte greca Pane
era
rappresentato in figura puramente umana, salvo ch
ificato il greco Pane, sebbene la corrispondenza non sia completa; ed
era
Dio delle selve come il nome stesso dice; amico q
o del viaggiatore solitario. Ma oltre al regno delle foreste, Silvano
era
creduto presente anche nelle piantagioni fatte da
ificato con Pane e fatto venire in Italia dall’ Arcadia; ma in verità
era
d’ origine schiettamente italica, come indica il
i uomini o con cattivi sogni o con apparizioni patirose; in tal senso
era
detto Incubus. Aveva pure il dono di predir l’ av
di Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo di Fauno
era
in un bosco di Tivoli presso la fonte Albunea, qu
nico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine di Fauni, com’
era
avvenuto per Sileno, Pane, ecc.; e allora questi
aumenta i prodotti della terra e la ricchezza degli uomini. 2. Fauno
era
oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo
e celebravansi il 15 Febbraio a Roma. Il santuario di Faunus Lupercus
era
in una grotta del Palatino detta appunto Lupercal
fertilità in tutta la Natura. In origine il culto di questa divinità
era
ristretto alle città dell’ Ellesponto e della Pro
dell’ Egeo e in Grecia, di là passò anche in Italia e a Roma. Priapo
era
detto figlio di Dioniso e di Afrodite, da lui si
i, l’ abbondanza della pesca, la buona riuscita delle api; sopratutto
era
riguardato come protettore dei giardini e delle v
ore dei giardini e delle vigne. La bestia che si sacrificava a Priapo
era
un asino, e curiose storielle si raccontavano per
imizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine di Priapo
era
diversa secondochè si poneva nei giardini a difes
si poneva nei giardini a difesa contro gli uccelli e i ladri, ovvero
era
destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei g
, ovvero era destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei giardini
era
quale la descrive vivamente Orazio nell’ 8a satir
Saturno e Opi, che è tra le più antiche e popolari in Italia. Saturno
era
il dio della seminagione (a sationibus); ma in ge
po (l’ età d’ oro dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno
era
Ops ed Opis, sua moglie, Dea dell’ abbondanza, id
onio e del l’ allevamento de’ figliuoli. 2. Il culto di Saturno e Opi
era
antichissimo. Il tempio principale di Saturno, in
i era antichissimo. Il tempio principale di Saturno, in cui anche Opi
era
venerata, trovavasi sulla discesa dal Campidoglio
non terminato che nei primi anni della repubblica. Sotto il tempio v’
era
una camera dove si custodiva il tesoro dello Stat
ancor adesso otto colonne. Antica e celebre festa in onor di Saturno
era
quella dei Saturnali. Aveva luogo dal 17 al 19 Di
scherzi e si permetteva ogni licenza. Il giorno più bello della festa
era
il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea
ggiungevano infine a rallegrare il popolo i giochi del Circo. Insomma
era
tutta una festa di gioia per la città e più speci
umnus o Vertumnus da vertere (annus vertens, la stagione che cambia),
era
il Dio dei mutamenti di stagione, e specialmente
ore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Pomona pure, da pomum frutto,
era
la dea dei giardini e degli alberi da frutta. Arm
non d’ altro vive. La leggenda narrava che l’ agreste ninfa da molti
era
stata ricercata d’ amore, ma tutti aveva da sè re
ta ricercata d’ amore, ma tutti aveva da sè respinto. Vertunno che n’
era
innamorato piu degli altri, le comparve in mille
omona dicevasi fatta sposa a Vertunno. 2. Una statua sacra a Vertunno
era
a Roma nel vicus Tuscus, via molto frequentata tr
o dicevano d’ origine Etrusca. Un’ altra Cappella dedicata a Vertunno
era
sulle pendici dell’ Aventino, ed ivi ogni anno il
dio nel decimoquarto delle Metamorfosi (623 e sgg.). In arte Vertunno
era
rappresentato come un giardiniere o frutticultore
grembo pieno di frutta. Così Pomona. c) Flora. 1. Anche questa
era
un’ antichissima deità italica, molto venerata gi
a giovinezza e l’ età più gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza,
era
sotto il patrocinio di Flora. Infine come Flora m
omiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. Infine come Flora mater
era
invocata anche dalle donne che speravano diventar
i preso a rappresentar questa Dea. e) Termine. 1. Veramente non
era
un Dio della campagna; ma indirettamente aveva re
a divinizzato il concetto dei limiti delle proprietà prediali; quindi
era
il patrono della proprietà privata, ed a lui sacr
deri e si dicevano per l’ appunto termini. Nella coscienza dei Romani
era
così vivo il rispetto della proprietà individuale
nello o un porcellino. Oltre ciù ogni impianto o mutazione di termini
era
sempre accompagnato da cerimonie religiose con in
a nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove
era
una statua di Termine; giacchè narravasi che allo
entisi alla terra produttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra,
era
figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus;
dre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa
era
propriamente la dea delle biade, ma in genere le
mini. E poichè l’ agricoltura suppone un cotal grado di civiltà; così
era
naturale s’ attribuisse a Demetra il merito di av
rata come la Dea che dà stabilità ai matrimonii; e per altro rispetto
era
pure patrona e direttrice delle popolari adunanze
sefone, in compagnia delle Oceanine sollazzavasi in un verde prato ed
era
tutta intenta a cogliere i più bei flori; in un m
Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto
era
più che di donna, e la regina stessa sentivasi in
oti iniziandoli ai misteri del proprio culto. Secondo altre leggende,
era
Trittolemo il figlio di Celeo a cui la Dea prestò
e la Tessaglia regioni meno adatte all’ agricoltura). 2. Diffusissimo
era
in tutte le regioni della Grecia, il culto di Dem
a, il culto di Demetra e Persefone, ma il vero centro di questo culto
era
la piccola città di Eleusi situata nella baia di
relativi a Demetra e Persefone; il momento più splendido della festa
era
la grande processione che aveva luogo il quinto g
tae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su di tutti
era
il ierofante o sacerdote supremo. Si prometteva a
secolo dell e. v., Teodosio il grande lo fe’ chiudere. 3. Quello che
era
Demetra per i Greci, era Cerere pei Romani, come
sio il grande lo fe’ chiudere. 3. Quello che era Demetra per i Greci,
era
Cerere pei Romani, come Dea delle biade antichiss
primizie di frutta. La bestia che solitamente si sacrificava a Cerere
era
il porco, simbolo della fertilità, talvolta un gi
icato. Giacchè come moglie del tenebroso re dell’ Inferno, anch’ essa
era
una potenza tenebrosa, colei che ogni essere vivo
lutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus,
era
il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo la vittori
ionale concessione degli Dei, rivedere la luce della vita. lu origine
era
lui pure che con inflessibile rigore si impadroni
sicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitore di molte anime, Ade
era
anche detto Polidette o Polidegmone. E perchè odi
tto Polidette o Polidegmone. E perchè odiosa è quasi sempre la morte,
era
detto Ades il più odiato fra tutti gli Dei. — Ma
o truce e terribile, Ade ne aveva anche un altro mite e benefico. Non
era
il Dio di sotterra quella forza misteriosa per cu
Nell’ età più antica rappresentata dall’ Iliade d’ Omero, l’ inferno
era
creduto sotterra a non molta distanza dalla super
si aveva un’ idea molto vaga e indeterminata del mondo d’ oltretomba;
era
detto uno spazio deserto e tenebroso, dove i mort
uelli che eran cari a Zeus per vivervi beati senza alcun affanno, non
era
ancor concepito come parte dell’ Inferno, ma era
a alcun affanno, non era ancor concepito come parte dell’ Inferno, ma
era
creduto una terra posta all’ estremo Occidente (d
ee della vendetta, le quali avevano il compito di perseguitare chi s’
era
reso colpevole di qualsiasi violazione dell’ ordi
notte, e Sofocle che le fe’ figliuole delle tenebre. Da principio non
era
determinato il numero di queste Dee; Euripide fu
ne uccidendo la madre Clitemestra insieme coll’ amante di lei Egisto,
era
perseguitalo dalle Erinni; errò molto tempo sulla
(venerande) o Ablabie (innocenti). Loro attributo costante nel culto
era
il serpente, simbolo in genere delle divinità cto
il serpente, simbolo in genere delle divinità ctoniche. Nell’ Attica
era
loro sacro il colle e il bosco di Colono, dove ve
la propria immagine ai colpevoli. XV. Ecate. 1. Secondo Esiodo,
era
figlia del titano Perseo e di Asteria. In origine
n designava altro che un aspetto della luna, e ditatti anche Artemide
era
talvolta denominata Hecate, la lungi operante, co
temide era talvolta denominata Hecate, la lungi operante, come Apollo
era
detto hecatos. Forse rappresentava la luna invisi
essa ragione a lei erano sacri i trivii e i crocicchi, ed ella stessa
era
denominata Trivia. Più tardi, per opera degli Orf
di Lagina e Stratonicea godevano molta ripntazione; ma in genere essa
era
associata nel culto con altre divinità, come Apol
n altre divinità, come Apollo, Artemide, ecc. Nell’ acropoli ateniese
era
venerata insieme con Ermes e le Cariti, come cust
dagli antichi personificata la morte. La morte violenta in battaglia
era
rappresentata dalle Cere, divinità terribili le q
decrepitezza insidiavano alla vita dei mortali. Oltre a cio la morte
era
rappresentata anche da altre divinità come Apollo
Infine un Dio speciale della morte fu ideato in Tanato (Thanatos) che
era
detto fratello gemello del Sonno (Hypnos); second
nferno e di là venivano sulla terra a sorprendere i mortali, il Sonno
era
buono d’ indole e benefico agli uomini e però gra
uono d’ indole e benefico agli uomini e però gradito, la Morte invece
era
un Dio crudele e temuto. Col tempo l’ idea della
persona nota, Ichelo che assumeva qualsiasi forma anche di bestia, ed
era
detto anche Fobetore (apportator di paura), infin
o con figure, consacrata in Olimpia dai Cipselidi tiranni di Corinto)
era
impressa la Notte che portava in braccio da una p
a per lo più appariscono in numero di due. Santuario degli Dei Penati
era
il focolare domestico, come punto centrale della
cibi quotidiani ma anche a scopi religiosi. Il focolare, com’ è noto,
era
nell’ atrium, lo spazio maggiore della casa roman
icana, appartenente alla famiglia dei Sulpicii. L’ aspetto de’ Penati
era
simile a quello dei greci Dioscuri. II. I Lari
asa a cui i Lari non prendessero parte, ogni fatto solenne della vita
era
accompagnato da uno speciale sacrifizio ai Lari,
va creato tante leggende intorno alle forze della natura divinizzate,
era
naturale che raccontasse anche in maniera fantasi
i spiegare le origini dell’ umanità intiera colmando la lacuna che vi
era
tra i tempi storicamente noti e i misteriosi prin
che divinità, come Zeus, Posidone, Apollo, Ares, ecc. Posidone ad es.
era
detto il capostipite della stirpe eolia. Qui spes
la vita ma rese possibili le arti e l’ industria. Per questo Prometeo
era
messo insieme con Efesto ed Atena, Dei promotori
po lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel sonno, e questa
era
la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la
ggenda del diluvio di Deucalione; giacchè si affermava che il diluvio
era
stato mandato da Zeus appunto per disperdere le c
erazioni de’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deucalione
era
figlio di Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da
i nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo; sua moglie
era
Pirra, nata da Epimeteo e Pandora. Avvertito da s
o di una farfalla posta da Atena sulla testa della figura. Più vivace
era
la leggenda di Prometeo rapitore del fuoco, la qu
nte attribuita ai Centauri, di mostri mezzo uomini mezzo cavalli, non
era
stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale
i presentano questa figura. Una antichissima e celebre Centauromachia
era
quella del frontone ovest del tempio di Zeus in O
fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili
era
nelle metopi meridionali del Partenone. Di quest’
a di origine tessala è quella che riguarda Admeto e Alcestide. Admeto
era
figlio di Fere (Pheres), fondatore della città di
di Agenore, re fenicio, e quindi fratello di Europa. Allorchè Europa
era
stata portata via da Zeus in forma di toro, e già
Allorchè Europa era stata portata via da Zeus in forma di toro, e già
era
giunta all’ isola di Creta, Agenore disperato man
drago sacro a Marte, custode della fonte, sbucò fuori dall’ antro ov’
era
nascosto e tutti li uccise. Poco dopo Cadmo, inso
mpedimenti naturali alla cultura del suolo, giacchè Ares cui il drago
era
sacro è apportatore di miasmi e pestilenza, e app
o è apportatore di miasmi e pestilenza, e appunto la Beozia in antico
era
regione paludosa e non sana. Anche la seminagione
n lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre di Atteone
era
stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli era st
he il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli
era
stato affidato per l’ educazione a Chirone, il qu
i disastrosi del sole canicolare. Forse Atteone sbranato dai cani non
era
altro che un’ immagine della natura vegetativa ch
suoi figli, Anfione e Zeto. 1. Allorquando Cadmo lasciò Tebe, già
era
morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio d
ebe tornò ai Cadmidi. Anfione e Zeto regnarono insieme, ma il vero re
era
Anfione. Il carattere di questi due fratelli, ver
bitasi della sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre
era
figlio di Zeus), voleva impedire alle donne teban
di cui ella stimavasi di molto superiore; la stessa superbia onde già
era
stato punito Tantalo. Le offese Divinità non tard
essante e tragico come la vendetta di Antiope e il supplizio di Dirce
era
naturale entrasse presto nel dominio della letter
isifo. 1. L’ eroe fondatore dell’ antica Efira, detta poi Corinto,
era
, secondo la tradizione, Sisifo, figlio del tessal
zione per via dell’ esame delle interiora. b) Glauco. 1. Glauco
era
figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propria
era figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propriamente Glauco non
era
che un epiteto del mare, e in fatto lo troviamo i
vidio. c) Bellerofonte. 1. Un altro eroe nazionale dei Corinzii
era
Bellerofonte (bellerophon ovvero Bellerophontes).
erso la Licia in compagnia del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che
era
figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco
ombattere la Chimera, mostro nato da Tifone e da Echidna, che davanti
era
leone, a mezzo capra selvatica, dietro drago, o c
, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide; di là
era
voce che avessero fatto già di molte scorrerie ne
lera discendesse da Inaco, propriamente il Dio del fiume omonimo, che
era
il corso d’ acqua più importante della regione. D
e religioso degli Argivi. Sorella di Foroneo, non men celebre di lui
era
Io, la cui storia antichissima fornì argomento a
sse parte del mito primitivo, ma sia stato aggiunto dopochè la Grecia
era
entrata in rapporti colla regione del Nilo. In og
berazione d’ Io, figurata questa però come l’ avvenente fanciulla che
era
da principio; ed è tolta da una pittura murale ch
prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra da cui
era
venuta la progenitrice di sua stirpe, Io. Vi giun
o, colonia argiva, avrebbe fondato un tempio ad Atena Lindia. Ad Argo
era
allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao q
e delle gare equestri in onor d’ Era, nelle quali premio ai vincitori
era
non una corona ma uno scudo. Linceo fu anche rico
ra nel seno materno. Preto, cui nella divisione della paterna eredità
era
toccato Tirinto, dovette alla fine cedere a suo f
salvati così madre e figlio, li consegnò a suo fradello Polidette ch’
era
re dell’ isola. Polidette voleva far sua moglie D
guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel ch’
era
uopo si procurasse per tentar l’ avventura perico
tiva ad Andromeda. Era allora re d’ Etiopia un tal Cefeo, e Cassiepea
era
la sua moglie; avevano una figliuola assai bella,
er sostenuto guerra contro Fineo fratello del re a cui la ragazza già
era
stata promessa. In questa guerra molto giovò a Pe
si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor di lui
era
fuggito a Larissa, ma, poichè il vaticinio dell’
endenti di Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo egli stesso
era
d’ origine egiziana; infine anche nel Lazio si fa
po, Icario fossero fratelli, figli di Periere; secondo altri, Periere
era
padre soltanto di Afareo e Leucippo, ed Ebalo si
ntichissima leggenda raccontava di Leda come amata da Zeus, che le s’
era
accostato in forma d’ un cigno. Ma poi quale dei
gine divina, correvano tradizioni molto diverse. Per Omero solo Elena
era
figlia di Zeus, Castore e Polluce e anche Clitenn
utto la diversa abilità per cui i due gemelli si segnalarono; Castore
era
abilissimo domator di cavalli, Polluce era un bra
li si segnalarono; Castore era abilissimo domator di cavalli, Polluce
era
un bravo pugilatore e anche cavalcatore. Essi fec
ò Zeus facesse morire anche lui; ma ciò non poteva essere perchè egli
era
immortale; alfine ottenne di passare un’ esistenz
dierono origine a leggende analoghe. 2. Esseri così utili agli uomini
era
naturale che venissero divinizzati e si erigesser
chi lirici, tra cui Saffo, lo spartano Alcmane, autore di un inno che
era
molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide di C
elebrandosi poco dopo nel palazzo di Scopa un solenne banchetto a cui
era
stato invitato anche il poeta, ecco giungono al p
lazione, i lucida sidera fratres Helenae di Orazio, la cui apparita
era
di buon augurio. L’ arte soleva rappresentare i D
ntato, umana nella parte superiore e serpentina nell’ inferiore. Egli
era
detto il primo re, il primo legislatore, l’ edifi
aveva la figura a mezzo serpentina, perchè nato dal suolo; anch’ egli
era
detto fondatore dello stato Attico, un altro Cecr
in sostanza, ma posteriore al diluvio. Una leggenda a lui particolare
era
questa, che dopo la sua nascita Gea l’ affidò all
uccessore. 3. Degna di ricordo la storia di Progne e Filomela. Progne
era
andata sposa a Teseo re di Tracia, e con lui vive
che, simulando bacchica furia, usci dalla città, trasse al luogo dov’
era
Filomela, la liberò e la condusse alla reggia, po
glia di lui Etra e n’ ebbe un figliuolo che fu Teseo; ma siccome Etra
era
amata da Posidone, Teseo era detto anche figlio d
figliuolo che fu Teseo; ma siccome Etra era amata da Posidone, Teseo
era
detto anche figlio di Posidone. Se si considera c
fuori; in caso contrario, martellava e stirava le membra corte; ond’
era
anche chiamato Procruste 50. Anche costui ebbe da
tito nei lacci della pericolosa incantatrice Medea, che da Corinto s’
era
rifuggita ad Atene. E già Medea minacciava toglie
eggenda, lo avevano mandato contro il terribile toro di Maratona e n’
era
rimasto vittima, mosse coll’ armi alla vendetta.
oro, onorato con sacrifizi umani). Già due volte il tributo personale
era
stato pagato dagli Ateniesi; poco dopo l’ arrivo
esero la loro sorella dopo aver espuguato la città di Afidna ov’ ella
era
rinchiusa. 5º Insiem con Eracle, Teseo fece una s
n tempio fu eretto a onor dell’ eroe. Se questo tempio sia quello ch’
era
denominato Theseum, è cosa dubbia. Inoltre fu ist
ispirazione da qualche punto della leggenda di Teseo. In genere egli
era
figurato come un Eracle, ma più svelto di corpo e
petaso degli efebi attici. Su molti fra i pubblici monumenti ateniesi
era
scolpita la figura di Teseo: così nel tempio dett
niesi contro le Amazoni. Anche nel campo dello scudo di Atena Parteno
era
raffigurata la lotta contro le Amazoni. Pure fuor
ici, il labirinto con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi
era
in grado di uscirne. A pascere il Minotauro la ri
Aveva una vena unica che dalla, testa scendeva sino ai talloni, dov’
era
chiusa con un tappo; perdendo questo, rimaneva pr
iare pietre. VIII. Le leggende di Eracle-Ercole. 1. Come Teseo
era
l’ eroe della stirpe ionica, così Eracle fu propr
sta parte del racconto è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle
era
detto discendente di Perseo, e fu certo il più il
nte di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre
era
Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo.
era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo. Sposo a costei
era
Anfitrione, nipote pure di Perseo per via di Alce
sti affrontò l’ idra e bruciò mano mano tutte le teste; su quella che
era
immortale gittò un masso enorme. Nella bile velen
ica perche Eracle si fè aiutare da Iolao. c) Il cinghiale di Erimanto
era
sbucato dal monte Erimanto sul confini dell’ Acai
mpi di Psofi. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima del monte che
era
coperta di neve, e di là lo afferrò e s’ avviò pe
giare carni arrostite, ed avendo per bere aperto il vaso del vino che
era
comune a tutti i Centauri, questi gli si avventar
bile. d) La cerva di Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi di rame;
era
sacra ad Artemide, e soggiornava sul monte Cerine
rono all’ isola Arezia, vicino alla Colchide. f) Il cinto di Ippolita
era
un dono fatto a lei, regina delle Amazoni, da Are
elle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La quale sulle prime
era
disposta a dare il cinto, ma Era in figura di Ama
ne, figlia del re troiano Laomedonte, esposta a un mostro marino, che
era
stato mandato da Posidone per punire quel re dell
si trattava, non dubitò promettere il decimo de’ suoi armenti, tanto
era
persuaso dell’ ineffettuabilità di un simile tent
scinò via il letame. Augia ne fu lieto, ma quando seppe che la fatica
era
imposta da Euristeo, non voleva più dare ad Eracl
col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro di Creta
era
quello mandato da Posidone a preghiera di Minosse
ricorderemo la lotta col gigante Anteo, figlio della terra, il quale
era
re della Libia e obbligava i passanti a lottare c
emprechè toccava col piedi la sua madre terra, ripigliava forza, ond’
era
invincibile. Eracle dovè per vincerlo tenerlo sol
o da altri riferita alla fatica precedente. Poi si reco in Egitto ove
era
un re crudele Busiride che afferrava i forestieri
e Eracle doveva subire la stessa sorte, ma egli spezzò le catene ond’
era
avvinto e uccise Busiride e i suoi figli, facendo
a pel motivo ch’ egli aveva ucciso i suoi bambini avuti da Megara, ed
era
stato in servitii presso Euristeo. Anelando vende
nato e di sensuale che in essa si osserva. Dicevasi dunque che Eracle
era
vissuto per quei tre anni tra le donne di Onfale,
leo re di Pilo aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè questi s’
era
rifiutato di purgar Eracle dopo l’ uccisione di I
ndareo. In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e mentre
era
in questa città, generò con la bella Auge, figlia
o. Seguì fiera lotta tra i due; Acheloo ricorse alle varie forme ond’
era
capace la sua natura, ma in nessuna guisa potè so
avventura del centauro Nesso. Dovendosi passare il fiume Eveno, Nesso
era
incaricato di traghettare Deianira; ma egli innam
solo uccise il suo avversario, ma ferì anche il Dio della guerra che
era
accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende
guento. L’ eroe senza sospetto la indossò. Subito il veleno, chè tale
era
, cominciò ad agire. L’ infelice senti il corpo in
marglisi e corrodersi, tentò strapparsi la veste di dosso; invano, s’
era
così appiccicata alla carne che levarla non si po
cle divenne anzitutto protettore dei Ginnasi, e ad es. in Atene a lui
era
particolarmente dedicato il Ginnasio Cinosarge. I
della spedizione contro Gerione e del ritorno di Ercole per l’ Italia
era
ampliata in tal senso. Si favoleggiava adunque ch
a, Ercole aveva trovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal quale
era
stato accolto con segni di amicizia; ma passando
. Famosa tra l’ altre la sua statua colossale di Ercole in bronzo ch’
era
in Taranto, e da Taranto dopo la presa della citt
mano sinistra in aria mesta e pensierosa. Altro capolavoro di Lisippo
era
una statuetta, quasi ninnolo da mensa, detta perc
in gruppo con altre figure e seguendo l’ ordine biografico, non rara
era
in antico la rappresentazione di Ercole che stroz
cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli
era
moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone, al
iglia di Testio re di Pleurone, altra città dell’ Etolia. Loro figlio
era
Meleagro, l’ eroe degli Etoli. Ora avendo Eneo in
aveva più tranquillità se non nelle città fortificate. Cacciarla non
era
impresa da soli; quindi Meleagro invitò i più val
leagro rimane irremovibile, come Achille nella guerra di Troia quand’
era
adirato contro Agamennone per la schiava toltagli
o sol tanto quanto stava per durare certo tizzone che in quel momento
era
sul fuoco. Appena scomparse le Moire, Altea subit
Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande Scopa; il gruppo di mezzo
era
formato dal cinghiale e dalle figure di Meleagro,
hiaro, bisogna rifarci un po’ dall’ alto. — Atamante, figlio di Eolo,
era
re dei Minii in Orcomeno di Beozia. Aveva in mogl
come una specie di talismano atto a liberare la patria dai mali ond’
era
angustiata, divenne per gli eroi della stirpe di
l padre nel regno, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pelia, che
era
detto figlio di Tiro e di Posidone. A stento potè
a un sandalo, egli si presente a Pelia con un sandalo solo; ora Pelia
era
stato poco prima avvertito da un oracolo si guard
di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso di Tracia ov’
era
un indovino cieco, Fineo; questi a patto di esser
mente nell’ impresa, e d’ allora in poi le Simplegadi stettero ferme;
era
ormai aperto a tutti il varco all’ Eusino. Allora
combattesse tutti gli uomini armati che ne sarebbero nati, Medea che
era
maga e sacerdotessa di Ecate, die’ a Giasone un f
ggiaschi guadagnarono terreno. Secondo altri, Absirto figlio di Eeta,
era
il condottiero delle genti mandate dal re a inseg
ebano. 1. La patetica istoria della famiglia dei Labdacidi in Tebe
era
così ricca di caratteri e di fatti che costituì p
asi a Delfo per interrogare l’ oracolo sulla Sfinge. Il cocchiere che
era
con Laio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne
contesa, nella quale Edipo uccide Laio e tutti quei del seguito. Così
era
avverata la prima parte dell’ oracolo. Seguitando
avesse sciolto l’ enigma. Edipo avendo saputo rispondere che l’ uomo
era
quell’ animale che nella prima infanzia s’ aiuta
, specialmente per mezzo del servo che l’ aveva esposto bambino e che
era
scampato alla strage di Laio, viene a sapere che
io, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli
era
parricida e sposo di sua madre? A tal terribile s
ti di regnare in Tebe alternatamente un anno ciascuno. Ma Eteocle che
era
più vecchio, (alcuni fan più vecchio Polinice) no
), ed Erifile così guadagnata avendo svelato il luogo ove Anfiarao s’
era
nascosto, questi venne obbligato a prendere parte
del regno dei morti. Figlio di Zeus, possessore di estesissimi fondi,
era
così bene viso agli Dei che questi non sdegnavano
le ed Aiace il maggiore appartengono alla famiglia degli Eacidi. Eaco
era
un altro figlio di Zeus, nato da una figliuola de
e in moglie una figlia del centauro Chirone. Per la sua pietà e bontà
era
caro agli Dei. Desolata da una peste la sua isola
ritroso a’ suoi desideri e allora calunniollo presso il marito, come
era
avvenuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Aca
Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli, stanco d’ una caccia, s’
era
addormentato sul monte Pelio, e toltegli le armi
l momento che nel fuoco voleva rendere immortale il figlio, così come
era
avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è ques
re un grande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto di forza ed
era
il più forte fra gli eroi greci a Troia, sebbene
a sua abilità nel trar d’ arco. Di molto inferiore ad Aiace Telamonio
era
l’ altro Aiace, locrese, figlio di quell’ Oileo,
nche « il piccolo » per distinguerlo dall’ altro detto « il grande »,
era
segnalato specialmente per abilità nel lanciar da
Capitanava un esercito di Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede
era
figlio di quel Tideo di Eneo, che, fuggito da Cal
siedente in Micene. Ristabilì sul trono etolico il suo nonno Eneo che
era
stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello A
Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello di Pelia,
era
stato cacciato da lui e aveva trovato nuova patri
e parte e giovò colla sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine
era
d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata da
enza, ed anche per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli
era
prediletto di Pallade Atena. Facciamo anche un ce
una statua in legno di Pallade Atena, al cui possesso da quel momento
era
legata la felicità e il benessere di Troia. Morto
ebre fu Ettore, il gran guerriero, campione dei Troiani, come Achille
era
dei Greci; secondo figlio Paride che fu cagion de
rbe nemiche di Troia, e Afrodite amica. Poco dopo, avendo Paride, che
era
bellissimo ed aitante della persona, vinto tutti
nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere perchè
era
detto che senza le frecce d’ Eracle Troia non sar
fine per man d’ Achille, strozzato colla correggia dell’ elmo, perch’
era
invulnerabile. — Poichè i Greci ebbero costrutto
Ulisse che volle vendicarsi di lui perchè, quando Ulisse in Itaca s’
era
finto pazzo per non andare alla guerra, egli Pala
evano fatta schiava la figlia di Crise, sacerdote d’ Apollo, e costei
era
diletta ad Agamennone. Il padre Crise essendo ven
iomede, Ulisse, in ultimo Ettore cacciati i Greci fin nelle navi, già
era
in procinto di darvi il fuoco, allorchè Achille s
mento della morte di Achille; dopo aver fatto soccombere tanta gente,
era
venuta l’ ora anche per lui. In un assalto alla p
pioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè di braccio; ed egli
era
eroe da ciò. Egli dall’ indovino troiano Eleno se
al Sinone, lasciatosi prendere dai Troiani, li ingannò inventando che
era
sfuggito alla persecuzione di Ulisse il quale lo
Astianatte figlio di Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che
era
causa di tutti questi guai, Elena, fu trovata in
a, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non
era
stata accolta che con dileggi e derisione. La mor
io di Agamennone e Clitennestra, al tempo della spaventosa catastrofe
era
stato da una sorella maggiore, Elettra, portato v
nte nella Focide. Ivi crebbe insieme con Pilade figlio di Strofio che
era
quasi coetaneo, e a poco a poco si contrasse tra
e accompagnato da Pilade se ne venne a Micene, sette anni dopo che n’
era
uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche sua ma
stava per essere sacrificato, quando la sacerdotessa di Artemide che
era
Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allo
tempio di Atena e di qui avendo strappato per forza Cassandra che s’
era
avvinghiata alla statua della Dea, questa lo puni
Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò che la moglie non gli
era
stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etolia, p
nell’ isola con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo che
era
figlio di Posidone. Ivi passò un ben brutto momen
tesori sulla riva, n) Negli ultimi anni la casa di Ulisse in Itaca s’
era
trovata in grandi afflizioni. Perduta ornai ogni
se tornasse, il padre Laerte viveva immerso nella tristezza; Penelope
era
perseguitata da molti che aspiravano alla sua man
rebbe scelto fra i Proci il suo secondo marito. Appunto allora Ulisse
era
stato sbarcato dai Feaci nell’ Isola. Quando fu s
u sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che
era
avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abit
li fece gli ultimi sforzi per bravamente difenderla, ma poi visto che
era
tutto perduto si ritirò co’ suoi sul vicino monte
ia originaria della sua famiglia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde
era
venuto Teucro uno del re di Troia. Ma i Penati co
l’ eccellenza dell’ ingegno, suscitando l’ ammirazione degli uomini,
era
naturale venisse ricordata e celebrata dai cantor
gni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’
era
Mopso figlio di Ampico, tessalo; nelle leggende t
i diceva avesse perso la vista, secondo alcuni per opera d’ Atena che
era
stata vista nel bagno da lui, secondo altri per a
ebri poeti dell’ età eroica furono Orfeo, Lino, Tamiri e Museo. Orfeo
era
ritenuto come il primo citaredo, e come tale si d
e lacerato da uno stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non
era
meno celebre di Orfeo. Era figlio della Musa Uran
13: « Dicesi che Prometeo fosse costretto ad aggiungere al limo, che
era
la materia principale, particelle di sostanze pre
errestre Uno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma
era
del mondo. Tutto avea vita allor, tutto animava L
, ecc. La più generale divisione poi che fucevasi una volta degli Dei
era
in celesti, terrestri, marini e infernali, second
un articolo particolare. Degli dei superiori Caos IL Caos
era
un massa informe e rozza, una confusione di tutti
co sacro si estingueva, il che avevasi per funestissimo augurio, ella
era
dal pontefice massimo severamente punita. Se talu
e massimo severamente punita. Se taluna mancava al voto di verginità,
era
portata con lugubre pompa sopra una bara fuor del
he se si estinguevano, la Vestale, per la cui incuranza ciò accadeva,
era
sepolta viva. Vesta si rappresenta talvolta sott
adre e lo rimise in trono. Ma informato Saturno dal Destino che Giove
era
nato per dar leggi all’universo, attentò più volt
e. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre di bronzo ove
era
rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo ; sotto le for
Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece di Ebe. Giove
era
la divinità dei pagani che lo riguardavano come i
agani che lo riguardavano come il padrone assoluto di ogni cosa. Esso
era
adorato sotto vari nomi da quasi tutte le nazioni
o da’ suoi attributi o dai luoghi da esso abitati. Quello di Olimpico
era
il principale perchè dicesi che facesse dimora co
i per tutto il mondo. La vittima che si offriva a Giove nei sacrifici
era
un bue bianoo. Quello di Giove Capitolino fondat
one Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove
era
tenuta per la regina degli Dei. A principio fu ri
n vacca per nasconderla alla moglie. Insospettita Giunone di quel che
era
, la chiese in dono, ed ottenutala la mise sotto l
a magnificamente addobbata una statua, facendo pubblicare, che quella
era
Platesa figlia di Asopo ch’ ei voleva sposare. Gi
vita non potevano entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra
era
Iride figlia di Taumante e di Elettra, che fu can
buone nuove che le arrecava continuamente. In Argo, Samo e Cartagine
era
essa particolarmente onorata. Aveva molti nomi tr
ne. Avendole la ninfa Aretusa palesato che il rapitore di Proserpina
era
stato Plutone, Cerere ricorse a Giove per ottener
principio i misteri di lei chiamati Eleusini, ai quali chi iniziavasi
era
tenuto a rigoroso segreto, cui era sommo delitto
Eleusini, ai quali chi iniziavasi era tenuto a rigoroso segreto, cui
era
sommo delitto il manifestare. Pare che i Greci ab
loro fecondità e perchè nascono in mezzo al frumento, ma perchè Giove
era
riescito a fargliene mangiare per conciliarle il
tal modo trovato il mezzo di alleviare il suo dolore. Il suo cocchio
era
tirato da due dragoni. Questo è quanto racconta l
on altro nome Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti,
era
figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la
lo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene, sotto il quale
era
denominata dai Greci. Gli Ateniesi le innalzarono
to Alettrione, il quale addormentossi facendo la guardia mentre Marte
era
con Venere, e lasciollo così sorprendere da Vulca
lici. Fabbricaronsi molti templi in suo onore. Il suo principal culto
era
a Roma perchè i Romani riguardavano questo Dio co
arle vittime umane furono da essa cangiati in toro. Fra gli alberi le
era
dedicato il mirto. Fra i fiori le si consacrava l
to il mirto. Fra i fiori le si consacrava la rosa, che di bianca qual
era
prima si disse cambiata in rossa allorquando fu b
na perpetua verginità. Sotto il nome di Diana presiedeva ai boschi ed
era
la Dea della caccia ; sotto quello di Febea era p
esiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello di Febea
era
presa per la Luna e presiedeva agl’incantesimi ;
a moglie di Plutone. Si riconosceva pure per la Dea della castità, ed
era
tanto vergognosa che converse Atteone in cervo pe
a volea pudiche al par di lei, e scacciò per questo Calisto perchè si
era
lasciata sedurre da Giove, che aveva vestite le s
per gelosia, non potendo soffrire che amasse la bella Aurora. Se non
era
più saggia delle altre Dee, era almeno più riserv
re che amasse la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee,
era
almeno più riservata. Andava continuamente alla c
verato fra le sette maraviglie del mondo dagli antichi. Questo tempio
era
sostenuto da 227 colonne alte 60 piedi parigini c
Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali
era
espertissimo, fu di mettere a morte il serpente P
con uno strale ucciso per disavventura un cervo addomesticato che gli
era
carissimo, volle ammazzarsi, ma Apollo che l’amav
ini Giove gli aveva attaccate le ali alla testa ed ai piedi. Mercurio
era
riguardato come il Dio del commercio, dell’eloque
e o per custodirla o per vegliare su la di lei condotta ; altre volte
era
incaricato da Giove di condurre a termine qualche
che in cambio della lira avesse da Apollo il caduceo. Questo caduceo
era
una verga, che Mercurio imbattutosi un giorno in
è questo filosofo insegnò l’immortalità dell’anima e che questo Dio n’
era
il condottiero. Col caduceo vuolsi da alcuni che
L’ariete che or gli si vede a canto, or su le spalle indica che egli
era
il protettore de’ pastori. Il cigno che gli sta v
llo di Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai poeti, perchè
era
particolarmente onorato sul monte Cilleno in Arca
ei ladri si racconta che commettesse varie truffe e dei furti. Mentre
era
ancora fanciullo rubò il tridente a Nettuno, la s
’indietro, onde non se ne scoprissero le tracce. Il pastore Batto che
era
stato testimonio del furto avea avuto una bella v
e Argo che custodiva Io ed ucciderlo. Liberò Marte dalla prigione ove
era
stato rinchiuso da Vulcano e attaccò Prometeo sul
i siano, stati eretti più monumenti e dedicati più voti. Il suo culto
era
molto esteso ; e particolarmente nelle città del
ice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco, di cui
era
incinta Semele, non abbruciasse con essa, Giove l
ampini e di uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamati d’oro,
era
assiso in un carro mezzo scoperto, tirato da tigr
Il dio Pane ed il vecchio Sileno gli camminavano a lato. Il corteggio
era
preceduto da una banda di Satiri. Lo spavento che
opoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non
era
già suo scopo di imporre tributo ai vinti, ma d’i
e da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno che
era
stato preso da’ contadini, Bacco in ricambio si o
di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso, di cui si
era
servito per far scaturire delle fonti di vino ; s
figurava delle volte colle corna in testa ; perchè ne’ suoi viaggi si
era
coperto sempre della pelle di un capro. Suoi segu
prime che portarono un tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco
era
figlio di Giove e di Giunone. Nacque egli così de
erano altissime, ed il solo occhio scintillante in mezzo della fronte
era
il simbolo del cratere. Vulcano fu chiamato. Dio
nnone e la famosa rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che
era
invisibile, di cui si servì per cogliere Marte e
ndora ebbe ordine da Giove di presentarlo a Prometeo contro del quale
era
adirato perchè aveva rapito il fuoco al sole per
e ai celesti le viltime si offerivano in numero dispari. Il suo culto
era
celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l
natura nel lutto e nella sterilità. Proserpina secondo questi ultimi
era
l’emblema della corona boreale, bella costellazio
dette meritevole dello scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone
era
il Dio ed il re era un luogo sotterraneo, vasto,
lo scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone era il Dio ed il re
era
un luogo sotterraneo, vasto, oscuro, diviso in re
ole dell’Arcipelago, sulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco
era
figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di
po morte dai poeti la carica di giudici supremi dell’Inferno. Minosse
era
nondimeno considerato come il presidente della co
cchiaia erano ignoti nomi, eternamente conservavansi le età in cui si
era
goduta la maggior felicità. Là rinnovavansi ancor
ra, e le onde che ne escono sono piene di spuma, perchè il loro corso
era
sì rapido che rotolavano degli scogli e niuna cos
risguardató da alcuni come un ramo di Stige circondava il Tartaro ed
era
formato delle sole lagrime dei malvagi. Il suo no
rle della vita. Fu soprannominato il fiume d’olio perchè il suo corso
era
placido ; sulle sue sponde si vedeva una porta ch
li Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne
era
difficile e le sue acque con sordo strepito mormo
. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di Mimosse,
era
d’uopo passar l’Acheronte in una nera barca condo
tempo avanti che questo principe vi scendesse il nocchiero infernale
era
stato punito e mandato un esilio per un anno in u
ribili luoghi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il quale non
era
munito di questo magico ramo. La favola di Caron
di Acherusa nell’Epiro in Tesprozia sorgeva l’Acheronte, la cui acqua
era
amara e malsana, che dimorava lungamente nascosta
te nascosta sotto e rra, e scaricavasi nel golfo Adriatico. Il Cocito
era
una palude fangosa che terminava in quella di Ach
nfa e metà serpente, e da Tifone vento procelloso e violento. Echidna
era
figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei
l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea. Cerbero
era
il custode dell’Inferno ed impediva che vi entras
Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono di Plutone ove si
era
rifuggito. Orfeo addormentò questo cane col suono
ei funerali, e pare che fosse la stessa Proserpina. Dea dell’Inferno
era
pur Ecate che alcuni confondono con Diana, altri
rte due degne figlie Medea e Circe. Dea dei maghi e degl’incantesimi,
era
invocata prima di cominciare le magiche operazion
omini esse ne regolavano i destini : tutto ciò che avveniva nel mondo
era
sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era
avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si
era
di filar la vita degli uomini. Cloto tenea la con
e Atropo tagliava il filo colle forbici allorchè la vita di ciascuno
era
giunta al suo termine. Si voleva con ciò indicare
tà della terza impediva loro di variare. In queste tre divinità tutto
era
emblematico e tutto aveva relazione alla nascita,
e per questo oggetto le loro incombenze erano così divise : Tisifone
era
impiegata a suscitare le malattie contagiose ; Al
loro onore, si facevano de’ sacrifici per pacificarli ed il cipresso
era
la pianta che loro si consacrava. La Notte figlia
istribuisce le ricchezze a capriccio e non secondo la ragione. Quando
era
giovine dicesi avesse una buonissima vista, ma ch
o e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo
era
uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo
a persona della sua famiglia. Questo delitto destò orrore ; e siccome
era
senza esempio, così non trovò persona veruna che
quietudine in cui visse questo principe dopo il suo parricidio. Tizio
era
figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio d
ove Giove l’aveva chiusa per nasconderla a Giunone e perchè la Terra
era
riguardata qual’ madre di tutti i giganti. Esso e
e perchè la Terra era riguardata qual’ madre di tutti i giganti. Esso
era
uno smisurato gigante ; Apollo e Diana lo ucciser
bali e di tamburi. Pane e Siringa Pane, Fauno, Silvano Pane
era
il principale tra gli Dei Inferiori. Gli autori a
Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie di Ulisse re d’Itaca. Pane
era
dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti gli ab
aos, la cui sede fu posta da alcuni nelle viscere della terra. Questi
era
un Dio terribile, che non era permesso di nominar
lcuni nelle viscere della terra. Questi era un Dio terribile, che non
era
permesso di nominare. Oltre l’esser stato padre d
ò Bacco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura
era
di stare giorno e notte nelle campagne suonando l
pra. Molti confondono Pane col dio Silvano e col dio Fauno. Il primo
era
particolarmente Dio delle selve e si rappresenta
stra mano un ramo di pino carico di pine, locchè dimostra che il pino
era
l’albero favorito di questo Dio. Spesse fiate inv
Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome di Silvani
era
generico e si dava ai Fauni, ai Satiri, ai Sileni
tunno così chiamate perchè cangiavasi in tutte le forme a piacer suo,
era
il Dio delle vergini e presiedeva all’autunno ed
si insieme con lei e non violò giammai la fede che le aveva data. Non
era
il solo Vertunno che avesse il potere di cambiar
vea dotato del dono di predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi
era
forzato. Al pari delle altre Divinità marine avev
ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Da altri fu detto che Proteo
era
un oratore che colle attrattive della sua eloquen
avano, co’ loro prestigi, gli occhi della ignorante moltitudine. Se n’
era
fatto un Dio marino figlio di Nettuno perchè era
te moltitudine. Se n’era fatto un Dio marino figlio di Nettuno perchè
era
possente sul mare, e i suoi sudditi, popolo marit
one, sono stati chiamati le gregge di Nettuno. Feronia Feronia
era
Dea de’ boschi e degli orti. Veneravasi particola
o il simulacro di lei, ella fece subito rinverdire il legno del quale
era
composto il simulacro ed il bosco stesso rigermog
ro, Flora Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali,
era
figlio di Eolo e dell’Aurora e secondo altri di A
nta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora
era
una delle dee che presiedeva al frumento, ed in c
cevano al corso erano coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci
era
secondo essi una delle Ninfe delle Isole Fortunat
’impero de’ fiori. Priapo Priapo, il Dio e custode degli orti,
era
nato da Venere e da Bacco in Lampsaco, città dell
e e da Bacco in Lampsaco, città dell’Asia Minore ora Natolia, ov’egli
era
particolarmente onorato, per la qual cosa vennegl
la fertilità. Questo Dio che presiedeva ad ogni sorta di dissolutezze
era
particolarmente venerato da coloro che mantenevan
di api. Termine Questo Dio presiedeva ai limiti de’ campi, cui
era
grave delitto il violare. Pretendesi che si debba
go. Si fece credere al popolo un tal fatto per persuaderlo che non vi
era
cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecit
er persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed
era
lecito l’uccidere quelli che non li rispettavano.
ine tra un campo e l’altro ; gli si diede poscia una testa umana : ma
era
sempre senza braccia e senza piedi, affinchè, dic
emamente caldo dimorava nei climi caldi del mezzogiorno. Il suo fiato
era
alcuna volta sì infuocato che ardeva le città ed
nno destinato a presiedere alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene
era
un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu
come i Romani invocavano Talassio ; questi però, secondo alcuni, non
era
altro che un grido di gioia ripetuto nei maritagg
di gioia ripetuto nei maritaggi. L’Imene più generalmente conosciuto
era
un giovine ateniese di somma bellezza dotato, ma
eniese di somma bellezza dotato, ma poverissimo e di oscura origine ;
era
in un’età in cui un giovinetto può facilmente ess
, allorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa
era
di nascita molto superiore alla sua, così non osa
e, e dichiarò in un’assemblea del popolo il suo essere, e ciò che gli
era
accaduto, promettendo di far ritornare in Atene t
la sinistra un velo di color giallo, perchè anticamente questo colore
era
particolarmente applicato alle nozze ; altre volt
onobbe egli scomparve. Cupido conosciuto anche sotto il nome di Erote
era
sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoco, dai Vez
nciulli alati. Antero Antero il Contro Amore o amore per amore
era
figlio di Venere e di Marte. Questo nome si pigli
he la Dea consultata rispondesse che il solo mezzo per farlo crescere
era
di dargli un fratello. Allora sua madre gli diede
si le ali che ripigliavano il loro antico stato ogni volta che Antero
era
lontano da lui. Non è difficile di scorgere che
e virtuosa e sinoera. Momo Momo figlio del Sonno e della Notte
era
il Dio de’buffoni. Satirico per quanto lo si può
salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su di lei perchè
era
troppo perfetta, trovò che non era bastantemente
sapendo che dire su di lei perchè era troppo perfetta, trovò che non
era
bastantemente ben calzata. Arpocrate e Muta
calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio di Iside e di Osiri
era
il Dio del silenzio. Vogliono i poeti che sua mad
del silenzio. Vogliono i poeti che sua madre, avendolo perduto mentre
era
fanciullo, andasse in cerca di lui per mare e per
sistere tra il cuore e la lingua. Muta o Lara figlia del fiume Almone
era
la Dea del silenzio. Giove le fece tagliare la li
crifici per impedire la maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù
era
figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione d
mano e nell’altra una tazza in cui essa versa il nettare. Il nettare
era
una deliziosa bevanda degli Dei, benchè da alcuni
ficò colla moglie. Avendo egli uccisa inavvertentemente Procri mentre
era
a caccia, Aurora lo condusse in Siria ove lo apos
Ovunque s’innalzarono degli altari in di lei onore. Como Como
era
il dio della gioia, dei banchetti e dei balli not
Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui si celebrava la sua festa
era
permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle
a tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume
era
uno de’compagni di Dioniso o Bacco. Si poneva la
orza di cangiare ciò che aveva risolutò, o per meglio dire il Destino
era
esso medesimo quella fatale necessità secondo la
simbolo del sommò suo potere. Per indicare che esso non variava e che
era
inevitabile, si figurò dagli antichi con una ruot
i sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climene,
era
la Dea della salute, e si aveva per lei una grand
pigliatura. Esculapio Esculapio figlio di Apollo e di Coronide
era
dio della medicina. Avendo Coronide amato il giov
e quattro figlie Igiea, Egle, Panacea e Iaso. La celebrità ch’egli si
era
acquistata il fece riguardare insieme a suo padre
el tempio qualche cosa che rappresentasse la parte del loro corpo che
era
stata risanata. Si rappresentava generalmente sot
raccomandava agli uomini, di non chiedere agli Dei se non quello che
era
giusto e ragionevole. Presiedeva ai trattati e al
: da alcuni si vuole che versasse pur anche il nettare a Giove quando
era
a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in
tempii : quello che Agrippina cominciò e Vespasiano terminò in Roma,
era
il più magnifico tempio di quella grande città. T
taccarvi i cavalli quando partiva per la guerra. Il potere di Bellona
era
nondimeno eguale a quello di Marte. Essa aveva un
on ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, lo
era
maggiormente in Cappadocia, ove ella aveva molti
un pontefice il quale non cedeva la precedenza che al solo re ; egli
era
scelto nella famiglia reale e la sua dignità era
he al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la sua dignità
era
a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sol
la famiglia reale e la sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte
era
figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebb
ancor fanciulli giuocavano insieme, Epafo rinfacciò a Fetonte che non
era
figlio del Sole come si credeva. Fetonte adiratos
etta anche Adrastea, figlia di Giove e della Notte o della Necessità,
era
la ministra della Giustizia e la Dea della vendet
rebo e della Notte, le quali da altri sono prese per le Eumenidi. Una
era
il Pudore che dopo l’età dell’oro ritornò in ciel
dei mari, una delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano,
era
figlia di Urano o il Cielo e di Titea o la Terra.
questo clemento agli agguati che gli avevano tesi i Titani, co quali
era
in allora in guerra ; oppure prendendo questa gue
: chiamavasi essa anche col greco nome che significa nutrice, perchè
era
la Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantie
a Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti
era
una conca di maravigliosa figura e di una bianche
te redini. Una gran vela di porpora ondeggiava al disopra del carro ;
era
essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitud
ibutare alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre di Achille Teti
era
una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di D
Ncreidi. Giove, Nettuno e Apollo volevano sposarla, ma avvertiti che
era
stabilito dal Destino che il figlio da essa nato
i soccombevano. Achille solo resistette, perchè nel giorno precedente
era
stato strofinato d’ambrosia, e perchè vi rimase p
s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne
era
il re, la quale troncò al padre il capello d’oro
era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui
era
attaccato il suo destino e quello pur anche del s
che aveva veduto dall’ alto d’una torre della città, mentre il padre
era
addormentato gli tagliò il fatal crine, e lo mand
onde. Gli Dei cambiarono Scilla in un pesce, e il padre di lei che si
era
da sè stesso ucciso per non cadere nelle mani del
o. La favola del Minotauro si spiega in tal guisa. Dicesi che Pasifae
era
stata colta da amorosa inclinazione per Tauro che
iglio cui gli autori nominano Asterio o Asterione, siccome incerto ne
era
il padre, e che si poteva credere figlio tanto di
pinge come un mostro il quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto
era
un ricinto ripieno di boschi e di edifizi dispost
o menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande
era
quello di Egitto. Si pone nel lago Meride ; se ne
metà dei quali erano sotto terra, e dodici palazzi in un ricinto, ed
era
fabbricato e coperto di marmo. Eravi una sola dis
ressamente per rinchiudervi il Minotauro, colla differenza che quello
era
coperto ed oscuro e questo era scoperto. Consider
Minotauro, colla differenza che quello era coperto ed oscuro e questo
era
scoperto. Considerando che il Minotauro stava, pe
vano star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo
era
nel labirinto, portavano talvolta il Minotauro pe
ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di Icaro, il quale
era
ito troppo in alto, contro le istruzioni del padr
ovasse in Sicilia la morte datagli a tradimento da Cocalo. L’Areopago
era
un celebre tribunale di giustizia degli Ateniesi.
si. Traeva il suo nome da Ares, Marte e da Pagos, collina. L’Areopago
era
in fatti situato in cima alla collina ove Marte d
aver avvelenato la fontana ove questa Ninfa andava a lavarsi. Glauco
era
infatti un abilissimo pescatore e sapeva ben nuot
loquenza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative
era
quella di presiedere ai beneficii ed alla riconos
el Cefiso e di Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onore, ma
era
loro particolarmente consacrata la primavera, sic
in Macedonia. L’Amore e le Grazie abitavano con esse. L’Amore non vi
era
mal situato ; parecchie di esse cedettero al pote
ichi animava essa tutta la natura e presiedeva alle generazioni : non
era
altra cosa che la brama che ha ogni essere creato
presentava armata. Aveva essa un altro tempio in Elide, la cui statua
era
d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva
loro vestimento non discendeva che fino alle ginocchia, la loro testa
era
coronata di foglie di palma in atto di raddrizzar
tra tutte e tre e se ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente
era
più lungo però di una zanna del più forte cignale
; quindi le cinque figlie di Forco erano i cinque vascelli de’ quali
era
composta la piccola flotta di questo principe, co
l modo con cui si spiega la favola del caval Pegaso. Medusa altro non
era
fuorchè una delle cinque navi della flotta di For
a preso anche da loro un artefice che sapesse porlo in uso. Il Pegaso
era
un animale selvaggio, il quale appena uscito dall
esentate sotto le forme di donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo
era
pieno di Ninfe, e le dividevano in diverse classi
capre, ed erano altresì loro consacrate alcune feste. Alle Ninfe non
era
accordata un’assoluta immortalità, ma credevasi c
greca significa luogo coperto d’alberi. Il culto che si rendeva loro
era
presso a poco eguale di quello renduto alie Naiad
erano da esse protetti. Potevano maritarsi. Euridice moglie di Orfeo
era
una Driade. Venivano rappresentate sotto la figur
ronco e le radici di un albero. La parte superiore, senza alcun velo,
era
ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. I
elo, era ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. Il loro capo
era
cinto da una corona di foglie di quercia, ed avev
to lavoro gh comparve la Ninfa di quell’albero, la quale dissegli che
era
disposta ad accordargli quanto cra in suo potere,
iadi dipendesse dalle piante che le medesime avevano in custodia ; ed
era
questo un ottimo mezzo per far rispettare i propr
n un culto il quale consisteva in preci ed in sacrifici. Questo culto
era
fondato sul vantaggio che traevasi dall’Oceano e
re e sui pericoli che incontravansi su quell’elemento. Quando il mare
era
irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quan
uando il mare era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quando
era
in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco,
uando era in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro
era
però l’animale che più comunemente a quelle divin
Siracusa, unita alla città da un ponte, ove vedesi ancora. L’Aretusa
era
realmente una fontana dell’isola d’Ortigia che ri
ano alle volte anche ne’ boschi, e nelle praterie sollazzavansi. Egle
era
la più bella delle Naiadi. I poeti indicano talvo
cano i pastori Diana sotto il nome di Limnea o Limmatide. Aracne (1)
era
una famosa lavoratrice figlia di un tintore chiam
mazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne
era
sì regolare e vedevansi così vivamente espresse l
Atlante in prova della sua riconoscenza diede all’eroe i pomi ch’egli
era
venuto a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro mo
con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno e di Anfitrite,
era
un Dio marino, la cui figura offriva sino alla sc
iavano di prendere cibo e morivano d’inedia. La terra di que’contorni
era
coperta di ossami di coloro che erano in tal guis
; ma avvertiti dall’oracolo che per liberarsi dai guasti della peste,
era
lor d’uopo di ristabilire la città di Partenope,
loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata questa favola ? Scilla
era
una bellissima ninfa della quale si era invaghito
ntata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della quale si
era
invaghito Glauco, dio marino ; ma non avendo potu
a, la quale compose un veleno che gettò nella fontana in cui la Ninfa
era
solita bagnarsi. Appena Scilla fu entrata nella f
ia e portava su la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo
era
circondato di cani. Aggiungesi che lo strepito de
passaggio per i pericoli che vi correvano i navigatori. Questo passo
era
chiamato Scilla dalla parte d’Italia, e Cariddi d
iddi dal lato della Sicilia. Quivi perirono le navi di Ulisse. Scilla
era
però alcun poco più verso il Nord-Est e non si tr
glio di Scilla a mano destra. In quel tempo in cui l’arte nautica non
era
portata a quel punto di perfezione, in cui è pres
ta a quel punto di perfezione, in cui è presentemente, quel passaggio
era
pericolosissimo, e succedeva pur troppo di sovent
ani molte cose campestri avevano la loro Divinità particolare. Ippona
era
la dea che presiedeva ai cavalli, Bubona ai buoi,
eva ai cavalli, Bubona ai buoi, Seia o Segezzi alle sementi ; Maturna
era
la dea della maturità ; Mellona proteggeva le api
no di questa Divinità. Stercuzio o Stercuto o Sterculio o Sterquilino
era
il dio del concime, che dicevasi figlio di Fauno
l primo introdotta la concimazione de’ campi. Latturcina o Lacturcina
era
la dea del latte secondo alcuni ; secondo altri s
le spiche, la polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo
era
in tutela di un Dio particolare chiamato Genio, e
iedi. Nascio o Natio diceasi la dea del nascere ; Vagitano o Vaticano
era
quel che presiedeva ai vagiti dei fanciulli ; Lev
igilia accompagnava i viaggiatori perchè non si smarissero ; Avveruno
era
quello che allontanava i mali ed i pericoli. Neri
ro ; Avveruno era quello che allontanava i mali ed i pericoli. Nerina
era
la dea del rispetto e della venerazione ; Como er
i pericoli. Nerina era la dea del rispetto e della venerazione ; Como
era
il dio de’conviti e de’ balli notturni. Martea ve
cevano il primo giorno dell’anno e che si chiamavano strenne. Laverna
era
venerata dai ladri perchè teneva occulti i loro f
. Laverna era venerata dai ladri perchè teneva occulti i loro furti ;
era
anche la dea degl’ipocriti. Libitina presiedeva a
Libitina presiedeva alla morte, Nenia ai funerali. Vaccena o Vaccana
era
la dea della pigrizia ; presiedeva anche al ripos
pigrizia ; presiedeva anche al riposo della gente di campagna. Marcia
era
la dea della viltà. La Mente, la Virtù, l’Onore,
Ercole di cui si parla in questo Compendio è appunto il Tebano. Esso
era
il più noto e il più venerato dai Greci e dai Rom
ebano. Esso era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani,
era
figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione
na si vestì delle sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi
era
alla guerra di Tebe. Giove aveva giurato che dei
i due serpenti, dando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che
era
degno figlio di Giove. La maggior parte dei mitol
ne di una statura straordinaria e di una forza di corpo incredibile ;
era
anche un famoso mangiatore. Un giorno viaggiando
ese di Argo pugnò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anch’essa, e che
era
un serpente di sette teste, a cui se una veniva r
tiero una cerva che aveva i piedi di bronzo e le corna d’oro. Siccome
era
dedicata a Diana era proibito di ucciderla. Ercol
veva i piedi di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a Diana
era
proibito di ucciderla. Ercole per ubbidire ad Eur
no il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’
era
un gran numero e la loro grossezza era tale che l
ascevansi di càrne umana. Ve n’era un gran numero e la loro grossezza
era
tale che le loro ali impedivano che la luce del s
rigioniera la loro regina Ippolita la diede in isposa a Teseo che gli
era
stato compagno in quell’impresa. Le Amazzoni eran
i nelle isole Baleari, altri in Eritia isola vicino di Cadice. Questi
era
un gigante con tre corpi che faceva pascere i suo
Caucaso. Uccise un mostro marino al quale Esione figlia di Laomedonte
era
esposta ; e per punire Laomedonte che gli negava
effetto della vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira
era
figlia di Oeneo, ed Ercole per ottenerla in mogli
e sentissi subito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa
era
infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò e
olte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli
era
consacrato, perchè se n’era cinto il capo quando
foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, perchè se n’
era
cinto il capo quando discese nell’inferno : ciò c
colore, mentre la parte esterna fu fatta nera dal fumo. La sua clava
era
d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la sua morte,
lcuni, dopo la sua morte, piantata nella terra aveva preso radice, ed
era
divenuta un albero. Ilo figlio di lui e di Deiani
presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Prometeo
era
sfuggito a questo agguato non ebbe freno ed ordin
mo formato da Prometeo per quelli che vogliono spiegare questa favola
era
una statua ch’ei seppe formare coll’ argilla, e f
a aveva formato l’uomo. Deucalione Deucalione re di Tessaglia,
era
figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Ep
del diluvio di Deucalione dovrebbe essere verso l’anno 1560 avanti l’
era
volgare. Perseo Perseo re di Argolide uno
seo Perseo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità
era
figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisi
iglio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio
era
figlio di Abante ed aveva un fratello chiamato Pr
so e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui
era
innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte
meno tenuto per lungo tempo lontano Perseo. Ma siccome questo giovine
era
amato dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mer
re in balía de’ venti, salito sul caval Pegaso, vedendo che il giorno
era
vicino a fmire, si fermò in Mauritania per riposa
spitalità e lo scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che
era
un gigante di una enorme altezza, lo punì convert
a di averla a combattere contro Fineo fratello di Cefeo cui Andromeda
era
stata innanzi promessa ; e dopo aver uccisi vari
di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria
era
re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne c
prestato dei soccorsi ai giganti ribellatisi al supremo Nume. Atlante
era
il padrone del giardino delle Esperidi in cui si
hè Ercole, o come altri vogliono, Euristeo, non andò a liberarlo ; ed
era
stato sì strettamente legato a quel sasso, che vi
ria, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui
era
partito ; ma Teseo dimenticò il comando del padre
se. Cadmo Cadmo principe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia,
era
figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o
randi divinità e amato del pari che rispettato da’suoi sudditi ; egli
era
padre di un figlio chiamato Polidoro e di quattro
lerare a lungo tale felicità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo
era
fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura
ì raccontansi le circostanze della loro nascita. Giove amando Leda si
era
trasformato in cigno per riescire ne’suoi amori.
ue uova ; uno contenente Castore e Clitennestra, tutti e due mortali,
era
stato fecondato da Tindaro di lei marito ; l’altr
atore, teologo, poeta, celebre cantore, viaggiatore e guerriero. Esso
era
figlio di Oeagro o Eagro re di Tracia e della mus
a sua nascita e ai talenti di lui venne in seguito pubblicato ch’egli
era
figlio di Apollo e della musa Clio e questa opini
deravano. La sola Euridice figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia
era
pari all’avvenenza, gli parve degna dell’amor suo
ipendentemente del suo talento nel maneggiare questo istromento, egli
era
stato abbastanza eloquente per persuadera ad un p
ne mura al ricovero de’nemici e delle bestie feroci. Lino Lino
era
figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di
cattiva sua maniera di maneggiare quell’istromento. A questo Lino che
era
Tebano e secondo alcuni fratello di Orfeo si attr
edea, Chirone, Fineo, gli Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone
era
figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e di
na Giasone vide la luce suo padre fece sparger la voce che il bambino
era
gravemente ammalato ; e pochi giorni dopo ne pubb
uo ritorno gli darà il possesso del trono che gli appartiene. Giasone
era
in quella età in cui si va in traccia della glori
gi mar Nero e precisamente nell’odierna Mingrelia nella Giorgia. Colà
era
appeso ad un albero il vello d’oro portatovi da F
di un dragone dai quali dovevano nascere degli uomini armati, ch’egli
era
tenuto di sterminare tutti ; senza che ve ne rima
di sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine gli
era
imposto di uccidere il mostro che vegliava incess
re il suo sposo da questo nemico, consigliando le figlie di Pelia che
era
oltremodo avanzato in età ad uccidere il padre lo
onare la Tessaglia ed a ritirarsi a Corinto con Medea. Creonte che ne
era
il re li accolse cordialmente ed accordò loro gen
suo nome presentare a Glauce una bellissima veste ; ma siccome questa
era
avvelenata, così appena Glauce se l’ebbe posta an
ne nacque dagli amori di Filira figlia dell’Oceano con Saturno che si
era
trasformato in cavallo per occultarsi a Rea sua s
che giunse a guarire le malattie coi soli concenti della sua lira ed
era
tanto valente nella cognizione de’corpi celesti,
un rimedio che aveva imparato dal suo antico precettore : ma il male
era
incurabile e l’infelice Centauro soffriva acerbi
trentacinque anni prima della guerra di Troia. Il Vello o Toson d’oro
era
la spoglia del montone che trasportò Frisso ed El
tò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui
era
esposto. Frisso di nuovo gli salì sul dorso, giun
curio la convertì in oro, di modo che, secondo gli uni il vello d’oro
era
d’oro dapprincipio, secondo altri, fu cambìato in
animale fosse coperto d’oro invece di lana fin dal suo nascere, e che
era
il frutto degli amori di Nettuno trasformato in a
e zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli
era
un bellissimo giovine così la moglie di Preto Ant
era, che infestava un monte della Licia dello stesso nome. La Chimera
era
un mostro alato, d’estrema agilità, nato in Licia
ammirando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli
era
di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli p
l suo troppo orgoglio fu uccisa da Diana. Il sepolcro di Bellerofonte
era
in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed
caval Pegaso. La Chimera, dicesi da chi vuol spiegare questa favola,
era
una montagna dell’Asia minore nella Licia, che al
e non che colla terra. Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro
era
figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia
ll’Affrica in Beozia per piangere su la tomba del fratello. Atalanta
era
figlia di Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo
i uomini e non gustava altri diletti se non quelli della caccia. Ella
era
tanto leggiera che nessumo animale potea sfuggirl
condizione capace di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella
era
valentissima nel correre, quindi propose a’suoi a
subìto la loro trista sorte. Allorchè Ippomene si presentò. Ippomene
era
figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue d
o, disceso dal sangue di Nettuno e di Merope. Questo giovine principe
era
sì casto che per non veder femmine ritirossi nei
eguì ed accrebbe il numero dei concorrenti alla di lei mano. Ippomene
era
istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gl
uciefero e re di Trachina nella Ftiotide regione della Tessaglia, che
era
perito in un naufragio mentre andava a Claro oggi
to il tempo che questi uccelli facevano i loro nidi. Epperò l’alcione
era
consacrato a Teti, perchè dicesi che quest’uccell
disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli
era
padre, furono talmente afflitte, che precipitaron
iate in alcioni. Giano Giano che alcuni fanno Scita d’origine,
era
figlio secondo altri mitologi di Creusa figlia di
rappresentare Giano con due facce, per dinotare che la regia potestà
era
divisa fra questi due principi, e che lo stato ve
quattro facce si alludeva alle quattro stagioni. Il primo di gennaio
era
a lui singolarmente dedicato, e in esso i cittadi
descrizione del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida,
era
figlio di un agricoltore. Altra eredità non aveva
ell’arte d’indovinare, ai quali, secondo si riferisce, questa scienza
era
tanto naturale che passava fin nelle donne e nei
figliloro, descrizione della sfinge e della guerra di Tebe Edipo
era
figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di
uccise, senza conoscerlo, il proprio padre, che a favore di quelli si
era
intromesso. Pretendono altri che l’uccidesse, men
isposa, a chi sciogliesse l’enimma, e perir facesse la Sfinge, perchè
era
destino che questa dovesse morire sì tosto che l’
olto. Presentossi Edipo e la Sfinge gli propose il fatale enimma, che
era
: Qual fosse l’animale che in sul mattino aveva q
el pastore che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore di Laio
era
stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo p
te che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
era
suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore n
rriditi alcuni Ateniesi alla vista di un uomo in quel luogo, dove non
era
permesso a nessun profano di portare il piede, vo
itò la prima a Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si
era
alla corte di Adrasto ritirato per aver disgrazia
mente si uccisero. Aggiungesi che la loro discorde maniera di pensare
era
stata, durante la loro vita, sì grande, e il loro
icavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini di cui
era
suscettibile una figlia di quel carattere ; le al
Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli
era
abilissimo, colla condizione, che se taluno fosse
rifuggì alla corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi
era
figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Eu
a dalla quale ebbe Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcuni che
era
Aerope figlia di Euristeo. Altri accertano che Ae
edizione contro i Troiani, per ricuperare Elena moglie di Menelao che
era
stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Tro
ri figli e tra gli altri Oreste, Ifigenia ed Elettra. Mentre l’armata
era
raccolta in Aulide porto della Beozia, e trattenu
ca ai lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atreo che
era
suo cugino per vegliare al governo de’ suoi stati
le Furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui
era
stato educato, giunse in Tauride, ove per ordine
si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che
era
sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri indi
emendogli d’aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa,
era
stata poi data a Pirro, andato a Delfo, ove sapev
ia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba
era
incinta, parvele in sogno di avere in seno una fi
dente ; consultati gl’indovini le fu risposto che il fanciullo di cui
era
incinta, sarebbe stato un giorno cagione dello st
onte. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, che
era
riputata la più bella donna di quell’età, colse P
Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto
era
vulnerabile come si è già riferito all’articolo d
’isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che
era
per destino verace sempre e non creduta mai, grid
a per destino verace sempre e non creduta mai, gridò che quel cavallo
era
un’insidia e che si doveva distruggere. Invano pu
evano sacrificarlo. Costui seppe persuadere ai Troiani che il cavallo
era
stato fabbricato da’ Greci onde placare lo sdegno
Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride a quello
era
stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella
la figlia Lavinia, dopo avere ucciso Turno re de’ Rutuli cui Lavinia
era
stata innanzi promessa. Enea lasciò nel Lazio suo
ano parte della pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni
era
questa la più sacra ed augusta. Per mezzo degli O
o. Gli Oracoli rendevansi in diverse maniere. Talvolta per ottenerli,
era
d’uopo di molte preparazioni, di digiuni, di sacr
acrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità di sovrano degli Dei,
era
riguardato come il primo motore degli oracoli, e
, figliuolo di lui, siccome quello che nella cognizione dell’avvenire
era
il più versato di tutti gli Dei, essendosene istr
laro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo
era
quello di Delfo, non tanto per la sua anzianità,
o Lebadea ; perfino il bue Api ebbe in Egitto un Oracolo. L’ambiguità
era
uno de’ più ordinari caratteri degli Oracoli e il
da infiniti esempi che presenta la storia. Per consultare gli Oracoli
era
necessario scegliere il tempo in cui credevasi ch
a : qui la sacerdotessa rispondeva pel Dio che veniva consultato ; là
era
l’Oracolo pronunciato dal Dio medesimo ; in un al
Dei e dalle Dee, oppure dalle Parche ne’ loro tempii. Quello d’Upsal
era
famoso tanto per gli Oracoli quanto pei sacrifici
lespontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille
era
quella di Cuma città d’Italia, chiamata dagli uni
ila o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale
era
di Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’
importante guerra, sedare una violenta sedizione, allorchè l’esercito
era
stato disfatto, e la peste o la carestia, o qualc
e sventura, mai non si tralasciava di ricorrervi. Sotto pena di morte
era
proibito a chi custodiva questi libri di lasciarl
iva questi libri di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione
era
una specie di oracolo permanente, sì di sovente d
di oracolo permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo
era
quello di Delfo dai Greci. Molti altri Libri Sibi
i uomini che per qualche straordinaria azione si erano resi illustri,
era
da principio semplicissimo. Un mucchio di sassi c
erti d’erbe o di frondi in aperta campagna, in qualche luogo elevato,
era
l’altare, sul quale agli Dei rappresentati da un
le si indoravan le corna. Si esaminavano le interiora ; se eran sane
era
di buon augurio, e di sinistro se erano guaste o
vasi. La patera di cui si è parlato qualche volta in questo Compendio
era
un vaso di cui facevano uso i sacerdoti nei sacri
i, Tiadi, ecc. In Roma chi aveva la suprema autorità nelle cose sacre
era
il Pontefice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui
fice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui il Diale o Flamine di Giove
era
il primo, venivano poi il Marziale, il Quirinale,
vevano aver luogo in onore degli Dei. Il loro numero che da principio
era
solo di tre, venne portato sino a dieci. Solevano
o i trattati, la pace, la guerra e le tregue. La loro principale cura
era
quella d’impedire che s’intraprendessero delle gu
to s’intraprendeva prima che questi non avessero deciso, se l’augurio
era
fausto o infausto. Gli Augurii si prendevano altr
li che si chiamavano auspicii, altri dal mangiare dei polli. Il tuono
era
di buon augurio quando sentivasi alla sinistra, p
tutto il corpo o anche le sole mani in acqua pura. L’acqua lustrale
era
acqua comune nella quale estinguevasi un tizzone
uevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco de’ sacrifici. Quest’acqua
era
contenuta in un vaso posto alla porta o al vestib
, ove non vi fossero morti ; tutti quelli che recavansi alla casa ove
era
il morto, nell’uscirne aspergevansi con quest’acq
a saetta, che si scagliava coll’arco al segno prefisso ; il disco che
era
un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai
io, fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici
era
di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nem
e » 57 » 10 Rapresenta Rappresenta » 87 » a e 3 erano riserbate
era
riserbata » 104 » 10 avverdersene avvedersene
anche nelle mani delle più modeste giovanette. Quella Mitologia però
era
voluminosa, e forse un po soverchiamente carica d
evasi Crono (Κρονος quasi Χρονος, tempus), cioè tempo, perchè Satùrno
era
quel nume che in se contiene il corso ed il rivol
grandissimi numi ; Opi (Ops, Opis) e Terra (Tellus), perchè la terra
era
riputata la comune madre degli uomini ; Rea (Ρεα,
appresso diremo. Giano fu detto janus quasi Eanus (ab eundo), perchè
era
il soprintendente delle vie : ma Ovidio (1) vuole
II. Storia favolosa di Satùrno. Il Cielo, detto da’ Greci Urano,
era
riputato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti
Nettùno e Plutòne si divisero l’universo. Giano intanto che a que’dì
era
signore del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo
i ignoriamo i genitori. Quindi la regione che poscia fu detta Italia,
era
consacrata a Satùrno e chiamavasi Saturnia. Sott
ano dal suo primitivo stato di felicità e d’innocenza a passo a passo
era
tralignato, cadendo nella miseria e ne’ vizii de’
no limiti che dividessero i campi, non servi, non mio e tuo, ma tutto
era
a tutti comune. Le città non aveano mura, perchè
ombe che turbasse i tranquilli sonni e la dolcezza della pace. Non vi
era
cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali
li ; nè gli uomini erano intesi al mercanteggiare, sicchè quel secolo
era
tutto felicità, tutt’ordine, tutto innocenza(1).
E però il popolo Latino ebbe sua origine da Satùrno, di cui figliuolo
era
Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed
re di lor nazione e che nelle vene de’lor primi e più antichi signori
era
un sangue proveniente dal vecchio padre di Giove.
uelli dell’anno. In essi gli amici si davan regali a vicenda ; non vi
era
gastigo pe’ malfattori, nè poteasi pensare a muov
olo di ferro (Stylus), la cui testa serviva per cancellare ciò che si
era
scritto. Chiròne da’poeti fu celebrato per la sua
he aspettava il giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne
era
di natura sua immortale, perchè figliuolo di Satù
ntagne, e chi percuoteva timpani e cembali, in guisa che il monte Ida
era
tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i F
e di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del quale
era
la celebre città di Pessinunte, a’ confini della
i, e la Terra spesso si confondono da’poeti ; ma secondo alcuni Vesta
era
figliuola primogenita di Satùrno e di Rea ; e da
hè la Terra credevasi madre degli uomini e degli Dei ; o perchè Vesta
era
il principal nume tutelare di Roma e specialmente
l’appresero dagli antichi Caldei e Persiani, presso i quali il fuoco
era
in grandissima venerazione. Enèa lo stabilì nella
Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Numa, presso al quale
era
il palagio del suo fondatore. Era di forma rotond
terra che credevan gli antichi della forma di una sfera. In esso non
era
alcun simulacro ; ma l’ immagine di Vesta non di
rado si trova negli antichi monumenti. E oltre il fuoco perpetuo, vi
era
pure il Palladio, famoso pegno del Romano impero
l’eternità ch’è senza principio e senza fine, come il cerchio. Vesta
era
il fuoco ; e perciò si dipinge collo scettro nell
istra, e nella destra, una lampana ch’è simbolo del fuoco. Cibèle poi
era
la terra ; percui, a dinotarne l’immobilità, si r
nflusso, ch’è l’indole degli Dei infernali. Il giorno sacro a Satùrno
era
infausto e malaguroso, specialmente per viaggiare
rchè si reputava egli una divinità avida di sangue e crudele. Satùrno
era
anche Dio dell’agricoltura ; chiamavasi il custod
le nome di Stercuzio. Nel tempio di Satùrno al pendìo del Campidoglio
era
l’erario o tesoro pubblico, perchè nel secolo d’o
glio era l’erario o tesoro pubblico, perchè nel secolo d’oro il furto
era
sconosciuto. Giano s’invocava nel principio di tu
nza ; la sua fanciullezza fu in grande onore presso gli antichi, e vi
era
una divinità chiamata Veiovis che vuol dire Giove
n lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza
era
più d’appresso al trono di Giove che sempre valev
inni. E da ciò quel Iupiter Fulgur apresso Festo. Or del suo fulmine
era
Giove oltremodo gelose, come ebbe a sperimentare
Giove. IV. Continuazione. Aquila-Ganimède-Perifànte. L’aquila
era
l’uccello di Giove e la ministra del suo fulmine.
. Caos. Prometeo ed Epimeteo. Pandora. A principio l’universo non
era
che un’informe e confusa mole di materia, che gli
contenea in se misti gli elementi di tutte le cose, in guisa che ove
era
terra, ivi pure ed aria ed acqua e fuoco ritrovav
di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chiusa, nella quale
era
ogni generazione di mali. Epimeteo, dimentico del
degli uomini resa indegna di que’ celesti abitatori ; chè privilegio
era
dell’età dell’oro, godere gli uomini il consorzio
tlante. Il luogo in cui Giove adunava il gran Concilio degli Dei,
era
l’Olimpo ( Ολυμπος, Olympus). Da Omero e da Virgi
magnifiche abitazioni degli Dei ; e pel mezzo, sul suo cocchio, Giove
era
solito di passeggiare. E’ fama che Mercurio fu pe
ensa di Giove. Ambrosia-Nettare-Ebe-Ganimède. Il Cielo o l’Olimpo
era
il luogo ove Giove banchettava cogli altri Numi ;
à conversa solo colla gente innocente. In Diospoli, o città di Giove,
era
un magnifico tempio, da cui gli Etiopi solevan pr
re di quella del mele. Il Nettare poi (da νη priv. e κτεινω, occido),
era
la bevanda degl’Immortali. Nell’Odissea (3) Calìp
lli particolarmente del Sole, si pascevan d’ambrosia (4). Oltre a ciò
era
l’ambrosia quasi un unguento di virtù divina. Ven
figliuolo Sarpedone ucciso da Patroclo. La fragranza che diffondeva,
era
soavissima e tutta cosa divina ; e da essa si ric
se con fame le ghiande, E nettare per sete ogni ruscello. L’ambrosia
era
propriamente il cibo di Giove e degli altri Dei,
e, col quale avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’Ebe de’ Greci
era
la Dea Gioventù (Iuventas), la quale prendeva sot
di fiocchi Egida orrenda, Che il Terror d’ogn’intorno incoronava. Ivi
era
la contesa, ivi la forza, Ivi l’atroce inseguimen
pare che per egida intenda una corazza, un’armatura da petto, su cui
era
il capo della Gorgone. Diremo quindi che per egid
e senza posa. Monti. Or l’egida (αιγις, aegis da αιξ, αιγος, capra)
era
propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo
ire coll’egida significa proteggere, spfendere. Nel bel mezzo di essa
era
il capo della Gorgone, del quale tanto si valse u
ien raccontare la cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1)
era
una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno
da straripevoli burroni. Di queste la più famosa, perchè bellissima,
era
Medusa, e la sua maggior bellezza era nella chiom
più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua maggior bellezza
era
nella chioma, somigliante a perfetto e biondissim
omigliante a perfetto e biondissimo oro ; ma fra le sorelle essa sola
era
mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per v
al pari di tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio
era
carissimo ; e postosi l’elmo di Plutòne (Orci gal
i compagni ad attignere l’acqua da un fonte nella vicina selva. Quivi
era
appiattato il mostruoso dragone, che gl’infelici
e prima pose stretto assedio a Megara, città vicina ad Atene, di cui
era
signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di
di aver dato a Minos quella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro
era
un mostro col capo di bue ed il corpo di forma um
stato costruito ad imitazione di quello sì famoso di Egitto, ma che n’
era
solo la centesima parte, e che avea in se inestri
κουροι, Iovis filii), o figliuoli di Giove per eccellenza. Or Polluce
era
insigne per la maestria nel giuoco del cesto, o p
e insigne pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della quale
era
egli col fratello Castore la più bella parte. App
sse spose a’ due principi Ida e Linceo, fig. di Afareo. Questo Linceo
era
celebratissimo per l’acutezza della vista ; percu
colpì Ida, il quale percosso avea Polluce con un gran sasso sì che n’
era
caduto al suolo. Se crediamo a Pindaro, Polluce p
sentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale
era
una stella ; più spesso però nelle statue o veggo
nfione divenne celebre per la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo
era
di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pi
e’ boschi di Arcadia, avvenne che il figliuolo, già di alcuni lustri,
era
vicino a ferirla di saetta, quando Giove e la mad
Ftia presso Eurizione. Eaco avea un tempio ad Egina ed in Atene, e vi
era
adorato qual semidco. XX. Io-Argo-Epafo. C
pollodoro la fa figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io
era
nello scudo di Turno, il quale discendeva da Inac
da que’ popoli adorata qual Dea sotto il nome d’Iside ; sicchè Epafo
era
l’Osiride o Serapide degli Egiziani. Io, nel dial
iani. Io, nel dialetto degli Argivi, significava la luna, della quale
era
simbolo una donna col capo coronato ; e da ciò ha
di lino eziandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside
era
stata una regina di Egitto che mostrò a quel popo
rma, e che getta fuoco con grande splendore ; e quivi, dice Strabone,
era
la sede di Eolo. A queste isole approdò Ulisse, i
sposata la figliuola del vecchio re Liparo, ne divenne signore. Egli
era
uomo giusto e pio ; e vogliono che avesse mostrat
e avesse mostrato a’ marinari l’uso delle vele. E perchè assai perito
era
nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egl
hissima di acque che presso al tempio si divideva in mille rigagnoli,
era
la cagione di quella verdura, cui Properzio aggiu
rdura, cui Properzio aggiunge un freschissimo antro. Il suo simulacro
era
un capo bovino innestato a corpo umano, che sotto
dicono che avea sembianza di ariete. Lucano afferma che il santuario
era
di semplice struttura, e povero di oro e di argen
Giove Ammone(1). Non contento egli del colmo dell’umana grandezza cui
era
giunto, si credeva o voleva esser creduto figliuo
nou senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al quale
era
quella favolosa fontana, di cui le acque allo spu
ona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi
era
il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico
o, il più antico di quanti ne avesse la Grecia, e che per molto tempo
era
anche il solo(2). Fu fondato da’ Pelasgi, il più
di quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or in quella città
era
una selva tutta di querce consacrate a Giove, le
overbiale chiamavasi aes Dodonaeum, perchè l’oracolo di Giove Dodoneo
era
tutto circondato di certi vasi di bronzo che si t
a, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed
era
tanto lo splendore di que’giuochi, che Pindaro(2)
; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La città di Olimpia
era
illustre per l’oracolo di Giove Olimpico, e per u
Elide occupavasi in esercizii preparatori i. L’ordine de’combattenti
era
regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in u
enti un nobile amore di gloria. Ma, oltre a ciò, la lode de’vincitori
era
grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle
pubblica arrivò ad una magnificenza degna del nome romano(2). L’aia n’
era
di otto iugeri, e ciase un lato era lungo circa d
degna del nome romano(2). L’aia n’era di otto iugeri, e ciase un lato
era
lungo circa dugento piedi. Vi si saliva dal foro
tri splendidi doni senza numero. Fra le più rare opere di scoltura vi
era
il cane che lambisce la propria ferita, l’Ercole
n crede essere un avanzo del fusto della colonna, sotto la cui figura
era
questo Nume anticamente adorato. Si vede pure Gio
esimo significato. Iupiter Hospitalis, Ζευς ξενιος, Giove ospitale ;
era
onorato qual vindice dell’ospitalità quasi da tut
ece del figliuolo. Presso i Romani santissimo ed antichissimo costume
era
il giurare per Iovem Lapidem. Iupiter Latialis.
uo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean senato,
era
un simulacro di Giove che nelle mani avea i fulmi
opizio contro i Troiani, da πας. omnis, ed ομφη, vox divina, o perchè
era
a dorato in ogni ling uaggio, o perchè ascolta le
XXVII. Alcune altre cose di Giove. L’albero consacrato a Giove
era
la quercia o l’ischio (aesculus), piante ghiandif
miglior sapore che la ghianda. A Giove si sacrificava il giovenco, ed
era
cattivo augurio sacrificargli un toro ; sebbene a
ogia(2) Giove è l’anima del mondo ; e però i poeti dicevano che tutto
era
pieno di Giove, e che tutto dee cominciare da Gio
, come quello di Giove ; e riferisce che, secondo gli Stoici, Giunone
era
l’aere posto in mezzo alla terra ed al cielo. E d
anza coll’etere, ch’era Giove. E siccome Giove presso gli antichi non
era
che il sole(5) : così per Giunone intendevasi la
favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibele. Samo
era
il suo soggiorno gradito, perchè si vuole che qui
re a Samo, le città a lei care furono Sparta e Micene ; ed anche Argo
era
gratissima alla nostra Dea, la quale vi avea un g
ma alla nostra Dea, la quale vi avea un gran simulacro ; e niuna cosa
era
più rispettata nella Grecia che i Sacerdoti di Gi
ania o Celeste. A Samo Giunone sposò Giove ; e Varrone attesta che vi
era
un suo antico tempio ed una statua che la rappres
II. Carattere di Giunone. Emo e Rodope. Gerane. Antigone. Giunone
era
la regina degli Dei, e la Dea de’ regni e delle r
posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro di Laomedonte
era
la cagione delle civili discordie di Roma. Ercole
Troia, uccide Laomedonte e dà Esione per isposa a Telamone, che primo
era
entrato nella città. Ad Esione fu data la facoltà
e oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro, nel quale
era
scritto : Pulchriori detur : diasi alla più bel
na, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale
era
di straordinaria bellezza. Or Menelao andò per su
importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col quale non
era
mai d’accordo, e garriva in modo indecoroso. Avve
overa Dea considera sì che biondeggiano le biade nel suolo, ove un dì
era
Troia ; ma piena di cruccio vede la flotta di Ene
va che Giove avesse una consorte degna della sua grandezza ; e s’egli
era
il sovrano degli uomini e degli Dei, Giunone esse
o degli uomini e degli Dei, Giunone esser dovea la lor regina. Quindi
era
tutta sua propria un’aria di maestà nel portament
attacca il bel giogo e le leggiadre pettiere ; ma propriamente Iride
era
l’intima di lei cameriera e la sua messaggiera fe
VIII. Varie incumbenze di Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone
era
la Dea de’ regni e delle ricchezze, così sembra a
ano dipendere gl’incerti avvenimenti della guerra. Il motto di Cesare
era
: Virtute duce, comite Fortuna ; ed i Romani di
Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea
era
una statua di Giunone in piedi e maggiore del nat
avasi dalle donne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda),
era
più alto nel mezzo o sopra la fronte, e si andava
o ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non
era
di metallo, ma tessuto o lavorato a rete. « Giuno
amo avea sul capo la corona, per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed
era
coperta di un gran velo nel rimanente del corpo.
i Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata
era
pure la sua statua che nel Campidoglio si venerav
nella sinistra colla iscrizione : Iunoni Lucinae. E perchè questa Dea
era
il Genio delle donne, per ciò ne’ vasi etruschi s
stra lo scettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente scolpite ; ed
era
opera di Policleto. Iuno aspera, atrox, iniqua,
βους, βοος, bos ed ωψ, ωπος, oculus. Iuno Gabina ; detta così perchè
era
in grande onore presso il popolo di Gabio, antica
azio ; e Materfamilias, da Plauto(3). Iuno Kalendaris ; perchè a lei
era
consacrato il primo giorno di ciascun mese. Iuno
ra d’Iride, sua fedele messaggiera, come abbiam detto. Il suo cocchio
era
portato leggermente per l’aria da’ pavoni ch’eran
nte ornavano le sue immagini. La vittima a lei più spesso sacrificata
era
l’agnella ; le vacche non mai, perchè, nella guer
vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto di lei, il quale
era
molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a pri
e era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a principio in Argo
era
figurata con una semplice colonna, perchè tutte l
uoi altari di un’erba che nasceva nel fiume Asterione, sulle cui rive
era
il tempio e la fontana Eleuteria, da cui si attin
ta peplo, che consacravano a Giunone. Nel tempio della Dea ad Olimpia
era
descritto il fatto de’ due fratelli Cleobi e Bito
resso gli antichi una medesima divinità ; nulladimeno Minerva o Atene
era
la Dea delle scienze e delle arti, e Pallade, la
a di avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Eusebio vuole che vi
era
una donzella nelle vicinanze del lago Tritone, ne
e di lana ; e perchè le arti son frutto della mente, si finse ch’ella
era
nata dal cervello di Giove. L’opinione più comune
Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi
era
bionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e mae
gli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico
era
una statua che lo rappresentava sopra il suo tron
e, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, secondo il pensare di Omero,
era
l’intelletto stesso e la provvidenza di Giove(5)
simile a quella del Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Minerva
era
la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a
indi si disse(7) che Minerva era la forza stessa di Giove ; che tutto
era
comune a lei con quel Nume di modo che quanto ess
a comune a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutto
era
dal suo cenno divino comprovato. E però Omero ne’
le arti, risiede nel capo ; avvedutamente dissero i poeti che Minerva
era
la Dea delle scienze e delle arti ; che a lei si
Minerva, quando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva
era
il tipo delle medaglie di Atene, la quale tenevas
il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quella valorosa
era
Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma la fama dell
data a specchiarsi in una limpida fontana del monte Ida, vide che non
era
senza ragione derisa ; percui sdegnosa gettò via
cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione
era
dalla Prudenza, cioè da Minerva, diretto ; e che
una immagine di Minerva che ponevano ne’ ginnasii. Anche la medicina
era
sotto la tutela della nostra Dea(4), percui spess
rattere non conviene alla Dea delle scienze e delle arti. Ella infine
era
la protettrice e la custode delle città. L’acropo
ropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria
era
un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode
Iside di Egitto. Di fatto Platone ed Erodoto(1) affermano che Minerva
era
l’Iside venerata a Sais, città di Egitto, sotto i
ica, loro dando delle leggi, da cui venne l’agricoltura. A Sais Iside
era
rappresentata come una donna che ordisce ; e Diod
iù antichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si sa che il sistro
era
sua invenzione. Così Minerva inventò il flauto ;
lo scarafaggio che nella scrittura geroglifica significa un soldato,
era
il simbolo di quella Dea. La città di Sais diceva
eplo, ch’era una veste donnesca che mettevasi sopra tutte le altre ed
era
aperta solo dalla parte davanti, ove affibbiavasi
he l’Aurora va lieta del suo croceo peplo (κροκόπεπλος). Questa veste
era
in gran pregio in guisa che quando una donna a qu
appiè della Dea(1). Nelle grandi feste Panatenee celebratissima cosa
era
il peplo di Minerva. Per via di occulte machine p
a Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente,
era
stato da Minerva segretamente in un suo tempio al
dente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco di questa Dea
era
sormontato da un gallo, animale, cui piacciono le
o, animale, cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene
era
montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede u
a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi
era
un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa
sulla quale brillavano i colori dell’iride(1). L’egida(2) alle volte
era
come le pelli di cui van coperti alcuni pastori,
co monumento vedesi Pallade coll’elmo, e con due tibie nelle mani, ed
era
forse la Pallade musica(4) ; ed in un bassoriliev
o dagli esuli di Calcide, nell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tempii
era
un altare o una statua di rame ; o perchè ella in
se letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella di Atene
era
un tempio di Pallade detto il Partenone ; dietro
a a Minerva, simbolo della prudenza e della vigilanza. Anche il gallo
era
sacro alla nostra Dea, che nelle monete di molti
l dire portar cosa in luogo, ove se ne ha dovizia, attesochè in Atene
era
gran numero di siffatti uccelli. Cicerone(1) doma
de Minerva, essa non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio
era
una statua di Minerva, o secondo altri, un piccol
gnabile sino a che ve l’avessero custodita. Il Palladio secondo altri
era
una statuetta caduta dal cielo a Pessinunte, citt
Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio di Vesta, ove a niuno
era
lecito vederlo, se non se alla più anziana delle
e e lor ragione. Il Banier dimostra che presso gli antichi Apollo
era
tutt’altro che il Sole ; ma noi per brevità segui
e per le soprane regioni del cielo, Porfirio dice che un medesimo Dio
era
il Sole in cielo, il padre Libero, sulla terra, e
ola delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed
era
una delle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno
del vero ; e Fetonte vi andò di buona voglia. Sopra altissime colonne
era
edificata la magione del Sole, la quale di oro e
uale di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il tetto
era
di candido avorio, e le porte di argento. Il lavo
re sconvenevole che il figliuolo avesse barba, quando il padre Apollo
era
imberbe. IV. Continuazione. Admeto. Dafne. Gia
andò egli doloroso al fonte, da cui nasce il Peneo, ed ove la reggia
era
della madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che
ò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale
era
superbo della sua maestria nel suonare il flauto,
niva al paragone col medesimo Apollo(2). Imolo, re della Lidia, che n’
era
l’arbitro, giudieò a favore di questo Nume. Piacq
a, ch’è nella Frigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma
era
una statua di Marsia, ove univansi i causidici pe
uo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta
era
nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale m
tutte nobilissime erano le incumbenze di Apollo. E primieramente egli
era
il Dio de’ carmi e della poesia, non che della mu
a superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed
era
il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse
a la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e di Minerva che secondo alcuni
era
la Memoria. Fedro(2) dice, le nove Muse che sono
Ovidio chiamato virgineo monte, perchè le Muse si tenean per vergini,
era
il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto
ei versi e del canto. Venuto a contesa colle Muse sulla cetra, in cui
era
lodatissimo, fu vinto ed in pena privato degli oc
a quel monte fu abitato da’ popoli della Macedonia(3). Pierio adunque
era
probabilmente di Pella, in Macedonia ; e da Evipp
Aganippe. Ippocrene. Pegaso. Parnaso. Persio(2) per dire che non
era
poeta, afferma di non aver bagnato le labbra nel
trovare questa fontana. Il dissero consacrato alle Muse, perchè Cadmo
era
uomo sapiente ed inventore delle lettere. Il Pega
significa la fama che diffondesi velocissima. Ma il monte delle Muse
era
propriamente il Parnasso, monte tutto sacro e ven
masi spesso bivertice (δικορυμβος. Lucian.) da’ poeti. Alle sue falde
era
il fonte Castalio, le cui acque a bere gratissime
sformò in fontana, o da Castalio, re dei dintorni del Parnasso. Dirce
era
fonte e fiume che bagnava Tebe, e da cui Pindaro,
o e l’Elicona, si confondono. Esso è celebrato da tutt’i poeti. Ascra
era
un villaggio in Beozia, vicino all’Elicona. Dovea
un colpo che col suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa
era
una statua di Apollo, e le sue acque davano pure
ra, ed ha il socco comico a’ piedi. La Talia del Museo Pio-Clementino
era
coronata di ellera, pianta consacrata a Bacco, ch
ira ed è in atteggiamento di recitare. Melpomene, (a μελπομαι, cano),
era
la Musa della tragedia, e si dipingeva qual giova
rici poeti. Tersicore, (a τερπω, fut. ψω, delecto, et χορος, chorus),
era
la Dea della musica e della danza, ed a lei si at
a danzando, e tiene il plettro. Erato, (ab εραω, amo), quasi amabile,
era
la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’
d ha in mano la cetra. Polinnia, (a πολυς, multus, et υμνος, hymnus),
era
la Musa dell’eloquenza ; o la Memoria stessa deif
ose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egli
era
duce e maestro, furono la musica, della quale abb
iove con patto che non l’avesse mai agli altri Dei comunicato. Apollo
era
la medesima cosa che il Sole, detto occhio del mo
tto occhio del mondo, che vede tutte le cose ; e perciò finsero ch’ei
era
il dio della divinazione. Rappresentavasi quindi
le frondi di quella pianta ; le quali se facevano un certo strepito,
era
felice augurio ; ed era funesto, se nol facevano(
nta ; le quali se facevano un certo strepito, era felice augurio ; ed
era
funesto, se nol facevano(2). Or qui dobbiam favel
on volo eguale, fermaronsi a Delfo(4). Ora in questo centro del mondo
era
il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Ap
della città le balze ed i dirupi facevan le veci di mura, sicchè non
era
certo, se più mirabile fosse la natura del luogo,
ume. Il mezzo della città avea sembianza di vasto teatro, e quando vi
era
assai gridare di uomini e forte suono di trombe,
ggiare ; il che rendeva attoniti quei che l’ascoltavano(1). L’oracolo
era
una spelonca profondissima con piccola apertura,
ppresso i Greci correva voce che Socrate dall’oracolo stesso di Delfo
era
stato dichiarato il più sapiente di tutti gli uom
cosa essere per l’uomo migliore che la morte(3). Nel tempio di Delfo
era
il celebre tripode o cortina. Servio dice che i t
picciola mensa fatta per tenervi bicchieri, appellata delfica, perchè
era
simile a quella mensa o tripode, sopra del quale
ina(2). I Greci dicevano che nel tempio di Delfo la radice del rafano
era
stata posta innanzi agli altri cibi, essendo essa
luoghi erano celebri oracoli di Apollo. In Claro, città della Ionia,
era
un tempio che in magnificenza appena cedeva a que
dagli Epigoni, erasi nella città di Claro ritirata. Un altro oracolo
era
in Cirra, la quale città essendo non molto lontan
e Canti il mio fato. Come a Dio della divinazione, dice Cicerone(5),
era
ad Apollo consacrato anche il cigno, perchè stima
iantichi facevan consistere propriamente la medicina(2). Quindi a lui
era
consacrata la panacea, erba odorosa cui attribuiv
edicinali. Fu pure Apollo inventore dell’arte sagittaria, nella quale
era
peritissimo ; e si vuole che sia stato detto Pean
’inevitabile suo strale mortalmente il ferisce nel calcagno, ove solo
era
vulnerabile, come Ettore stesso, vicino a morire,
vesse affidare l’impresa(1). Callimaco(2) afferma che Apollo non solo
era
maestro di fondare città, ma che n’era pure fonda
2) afferma che Apollo non solo era maestro di fondare città, ma che n’
era
pure fondatore egli stesso. Quindi molte città si
ebo o il Sole. Circe. Scilla. Armenti del Sole. Apollo finalmente
era
il dio del giorno e della luce ; ed in questo sen
torre, Ove mai non entrò raggio di Apollo. Secondo Macrobio, il Sole
era
adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di B
arii nomi, come di Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole
era
il Baal o Belo de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei,
ed Eeta, re della Colchide, il quale da Idìa procreò Medea. Circe poi
era
una maga assai celebre, che soggiornava nell’isol
ni ritornassero alla primiera forma umana. Eraclito(2) dice che Circe
era
una donna d’indole malvagia, che co’suoi artifici
Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò la fonte, ove Scilla
era
solita bagnarsi ; percui, entrandovi questa, seco
la Sicilia, e per opera di Glauco fu convertita in dea marina. Scilla
era
uno scoglio all’estremità dell’Italia meridionale
el giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e di Tea, la quale
era
fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e
a loro, onoravano la memoria dell’estinto guerriero(2). Mennone forse
era
l’Amenofi degli Egiziani, o sia il sole nascente
è celebre la statua colossale in Tebe di Egitto, la quale(3), quando
era
illuminata da’primi raggi del sol nascente, forma
o ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù
era
più cara per cagione di una fiorente avvenenza ch
e che avea sette corde, significava i sette pianeti, de’quali il sole
era
come il sovrano. Secondo Pittagora l’universo è u
ideo avea un celebre oracolo ed un tempio presso i Milesii, ove prima
era
l’oracolo de’ Branchidi, e che fu bruciato da Ser
detto da un giovane di Tessaglia assai amato da Apollo. Quest’oracolo
era
il più veridico dopo quello di Delfo. Apollo Cin
lo Cirreo, Cirrhaeus, da Cirra, città della Focide, presso alla quale
era
una caverna, da cui sortivan venti che infondevan
asseta. Apollo Delio, Delius, da Delo, isola dell’ Egeo, ove Apollo
era
nato. Apollo intonso, intonsus, per la sua lunga
Υπεριονιδης, cioè fig. d’Iperione, il quale, secondo alcuni mitologi,
era
fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, de
ole. Eumenio(2) dice che Fulvio nella Grecia apprese che anche Ercole
era
Musagete o guida Muse, come dice il Salvini. Spa
o, celebre ginnasio di Atene destinato all’educazione della gioventù,
era
dedicato ad Apollo, Dio delle scienze e delle art
i gl’inni cantali in onore di qualsivoglia altro nume od eroe, quando
era
imminente la battaglia ; e quelli che la gioventù
fiore che si volta sensibilmente secondo il corso del sole. Il gallo
era
consacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunz
di abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saeculare)
era
una poesia che cantavasi ne’giuochi secolari che
eriori ad Esiodo e ad Omero. Da Virgilio(1) si scorge che la Luna non
era
diversa da Diana. Niso, egli dice, volto inver la
uol dire splendore. II. Storia favolosa di questa Dea. La Luna
era
la più grande divinità del paganesimo dopo il Sol
questo corpo celeste, le quali eran riputate come deliquii, cui esso
era
soggetto per la paura di quel mostro ; ed a ciò c
gli uomini e degli Dei ; e reputavasi la più antica Divinità ; percui
era
adorata dalla più parte de’popoli antichi. Oltre
i Dei, secondo Omero. Un greco autore dice elegantemente che il Sonno
era
nè immortale, nè mortale ; che nè fra’ celesti vi
bagnata da un ruscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero
era
nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii ch
ano. Così dice Omero imitato letteralmente da Virgilio(3). Morfeo poi
era
il principal ministro del Sonno e quasi il corife
nel mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte. Il suo cocchio
era
portato da due cavalli, e nell’arco di Costantino
di Nisa ove fu educato. Macrobio(7) dimostra che Libero, cioè Bacco,
era
presso gli antichi il Sole ; e pare che Virgilio
di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia,
era
incinta di questo fanciullo. Giunone che la odiav
a Bacco. E Pomponio Mela(3) dice che, fra le città dell’ India, Nisa
era
chiarissima ed assai grande ; e fra’monti, il Mer
favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma che la città di Nisa
era
stata edificata da Bacco ; ed il monte Mero sopra
cco, o perchè prestò a questo nume un’ amichevole ospitalità o perchè
era
di viti fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu
fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu che il fanciullo mostrò chi
era
; e resa immobile la nave, ed i remi e le vele ve
ete, fu presentato a Penteo, di cui racconteremo l’acerbo fato. Bacco
era
il dio del vino, e perciò descrivesi di un caratt
va un abito di color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi piedi ed
era
fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il ca
foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il canto a suon del flauto, per cui
era
fatto più per le danze e per le sollazzevoli occu
acco, senza indugio gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia
era
venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2)
erone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte
era
un luogo nudo di alberi ; quivi, prima di ogni al
a divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa che il Bacco de’ Greci
era
l’Osiride degli Egiziani. Tibullo(2) chiaramente
’ giganti avvenne molti secoli prima di Cadmo. Oltre a ciò ad Osiride
era
consacrata l’ellera, come a Bacco ; e Diodoro Sic
o il nome di Osiride ; e da Virgilio e da Macrobio sappiamo che Bacco
era
lo stesso che il sole. Ed il vedere Bacco con due
re Bacco con due corna sul capo ci ricorda che Osiride dagli Egiziani
era
rappresentato sotto la forma di un toro. Ma niuna
orma di un toro. Ma niuna cosa meglio dimostra che il Bacco de’ Greci
era
l’Osiride degli Egiziani, quanto la famosa spediz
da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte nel canto, delle quali
era
capo Apollo, e da una turba di uomini velluti che
avendo a lato il dio Pan ed il vecchio Sileno. Questo strano esercito
era
preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati in
ne delle armi, giacchè la punta di essa asta, o lancia o giavellotto,
era
celata tra le foglie de’ pampini. Arrivò in tal g
panciuto, come Apuleio descrive il satiro Marsia. Or il nostro Sileno
era
sempre ubbriaco(1) ; percui su di un asino, ove a
di Bacco e le notturne grida del Citerone. Questo monte della Beozia
era
consacrato a Bacco ed alle Muse, ed era famoso pe
ne. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed alle Muse, ed
era
famoso per le orgie che vi si celebravano di nott
ta nebide ; e portavano in mano il tirso. Il loro grido più frequente
era
l’acclamazione evoè (gr. ευοι, lat. evohe vel eva
he ceste o panieri di Bacco, nei quali, fra le altre cose misteriose,
era
una piramide, che alludeva o a’ due aggiunti mist
Bacco stesso in atto di pigiare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli
era
singolarmente venerato, ed ove gli abitanti con p
’era una danza delle Baccanti in onore del loro dio ; percui Tiasarca
era
il preside ai tripudii ed a’conviti in onore di B
gli danno due picciole corna che potea levarsi a suo talento : il che
era
simbolo di maestà e di potenza(3)). Tibullo rappr
ie di vasi, come il carchesio ed il corno(7). Di Bacco presso i Greci
era
propria la veste detta crocota (ποδηρης), o veste
e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal monte Edon, nella Tracia, ove
era
singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome di
sa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili,
era
la dea della bellezza, la regina della gioia, e l
zie. Gli antichi ne distinguevano parecchie. Cicerone(3) dice che una
era
fig. del Cielo o di Urano, e della Luce o del Gio
arte, che sposò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e di Teti,
era
la madre di Venere, percui Cesare che si vantava
hi, adorate da diverse nazioni sotto diversi nomi, afferma che Venere
era
la luna e che perciò chiamavasi noctiluca. Dalla
a, ove i fiori e le tenere erbette le germogliavano sotto i piedi, ed
era
accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal giuoco
nto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Venere non
era
altro che i poeti ne foggiarono una dea. Ma il Ba
’origine della favola di Venere nella Fenicia. Questa dea, egli dice,
era
la Venere adorata dagli Orientali. I Fenicii, con
linguaggio dissero che presso a quell’isola Venere uscita delle onde
era
comparsa la prima volta, perchè qui vi la prima v
dunque ch’era la Venere Urania de’ Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si
era
maritata con Adone, giovanetto di grandissima bel
nerale erano sotto la protezione di Venere ; e negli orti Sallustiani
era
un tempio di Venere colla iscrizione : « Gli Edit
vano in Africa non lungi dal monte Atlante orti amenissimi, ne’ quali
era
l’albero de’ pomi d’oro consacrato a Venere ; e s
. Monti. L’indomabile Diomede colpì Enea nel ginocchio, e già questi
era
presso a morire, se Venere, sua madre, oprendolo
Platone cacciò Omero dalla sua repubblica ; e Pittagora disse ch’egli
era
crudelmente tormentato nell’inferno per avere spa
divina luce, E divino spirar d’ambrosia odore. E la veste che dianzi
era
succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a
Virgilio, bel poema che pe’ Romani potea dirsi poema nazionale, come
era
l’Iliade di Omero pe’ Greci. Enea mo rì in una ba
aia e splendida corte di Venere ; ma dei suoi figliuoli il principale
era
Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama sua fo
Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e di Marte,
era
il suo contrario, cioè l’Amore o l’Amicizia recip
di Millin si rappresenta Venere che abbraccia Cupido. Essa che forse
era
la Venere Urania o celeste, è assisa sopra un mon
in terra, in mare, ed alle volte suona qualche strumento. Egli infine
era
non solo di grande bellezza, ma da Ovidio (1), ch
avano nel fonte Acidalio ch’ è presso Orcomeno, cit. della Beozia, ed
era
consacrato a Venere, detta perciò Acidalia ; il c
e presedevano alle nozze, i Greci annoveravano anche Venere. A Sparta
era
una statua colla iscrizione « Venere Giunone » al
uali la menavano, perchè non le fosse fatta violenza, che di Talassio
era
e che a Talassio era menata, rispondevano ad alta
chè non le fosse fatta violenza, che di Talassio era e che a Talassio
era
menata, rispondevano ad alta voce ; onde per l’av
. Luoghi ove si prestava a Venere un culto speciale. Assai esteso
era
il culto che prestavano a Venere i ciechi gentili
qui è da por mente che il maggior numero delle città, in cui un nume
era
venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per
e città, in cui un nume era venerato, e che avea sotto la sua tutela,
era
per esso argomento di maggior dignità ; per cui n
oco la sua diletta Cipro. Vediamo brevemente de’ principali. Amatunta
era
città marittima dell’isola di Cipro, specialmente
un magnifico tempio assai frequentato. Il tempio poi eretto a Citera
era
tenuto pel più antico di quanti ne avea questa De
di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella dea. Di quest’isola
era
capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere
o ed al marmo forme di uomini o di animali. Gnido, città della Caria,
era
puro tutta propria di Venere. In essa un bellissi
la statua non solo di tutte le altre opere di quell’insigne statuario
era
la più bella, ma che in tutto il mondo non se ne
di Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucciso da Ercole ch’
era
stato provocato a singolar tenzone, quando portò
vittoria riportata sulle Dee rivali, come in una moneta di Plautilla
era
Venere col pomo e coll’epigrafe « a Venere vincit
hi monumenti, e specialmente dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea
era
rappresentata in atto di asciugarsi la chioma nel
che nacque da Giove e da Armonia, e diversa dall’altra fig. di Dione,
era
caratterizzata da un diadema sul capo simile a qu
fece anche una bellissima, cui Fidia stesso diede l’ultima mano. Essa
era
allogata fuori le mura di Atene nella contrada de
rigna, Κυπρις, Κυπρογενης, Cypria, dall’isola di Cipro, ove nacque ed
era
venerata. Dante disse : Che la bella Ciprigna il
ere con quello di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giulio
era
il tempio di Venere Genitrice, che quel gran gene
avesse la vittoria.(2) Gnidia, Κνιδια, da Guido, città, ove Venere
era
particolarmente onorata. Idalia, soprannome di V
i cigni, le colombe ed i passeri ; ed il cocchio della bella Ciprigna
era
portato per l’aria or da una bianca coppia di amo
er cui s’incollerì fuor di misura, quando vide che la ninfa Peristera
era
venuta ad aintarla, e però trasformolla in colomb
uida segreta della nostra vita (δαιμων μυσταγωγος του βιου). Il Genio
era
il dio tutelare degli uomini, come Giunone, delle
nte, ma i regni ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi
era
il costume di salutare una città o un luogo, quan
ine. Marte infine si chiamava Gradivo (Gradivus), dice Servio, quando
era
in collera ; e si chiamava Quirino, allorchè stav
lla Scizia Europea, spesso confusi coi Traci. Or come la gente Tracia
era
di un’indole feroce e bellicosa, accortamente i p
gione. Ma il culto di questo nume derivò dall’Egitto, ove la teologia
era
fondata sopra l’astronomia e l’astrologia, cioè s
. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Marte e di Pelopea(3), da cui
era
stato sfidato a singolar tenzone. Allora Marte, v
Ettore coll’aiuto di quel nume, Diomede, dopo le più mirabili pruove,
era
costretto a retrocedere, quando, discendendo Giun
guito di Marte e di lui carattere. Ma il seguito del nostro Marte
era
veramente formidabile e degno del dio della guerr
Discordia e Bellona ; E Marte in mezzo, che nel campo d’oro Di ferro
era
scolpito, or questi, or quelli A la zuffa infiamm
e di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente
era
fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero u
iò chiamò Martius, da Marte, il primo mese dell’ anno, che allora non
era
che di dieci mesi(1). Una lupa, animale dedicato
latini, e che il mese di Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè
era
il padre di Romolo, ma perchè così dicevasi da’ p
ma, sulla parola di Egeria, fece intendere al popolo che quello scudo
era
stato mandato dal cielo per salvezza della città
re di Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’
era
ballo di gente armata. Essi accordavano il loro c
ie di pugnali. La festa durava tredici giorni, ed in tutto quel tempo
era
vietato far cosa che fosse importante, come marit
fferma, appena intendersi dagli stessi sacerdoti(3). In mezzo al foro
era
in Roma un tempio di grande magnificenza, ove si
dicevano : « Marte, sii vigilante » (Mars, vigila). Oltre i Salii, vi
era
eziandio il Flamine Marziale, che in dignità si a
αγος, vicus), cioè la rupe o la rocca di Marte, perchè quel tribunale
era
posto su di un rialto. I giudici in questa famosa
nella Frigia, la memoria delle vere e favolose imprese delle Amazzoni
era
assai viva, così i poeti posteriori ad Omero intr
e di Mirtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e Tieste. Enomao
era
re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercuri
ortava seco una pecora, perchè il lupo per la sua rapacità e ferocia,
era
a quel nume consacrato. Ed a piè delle statue di
Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli
era
sacro per la sua indole guerresca, e come simbolo
Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale
era
un grido militare solito a farsi prima del combat
ne altre cose di Marte e di Bellona Oltre il lupo, il pico ancora
era
consacrato a Marte, uccello assai in uso negli or
oprio sangue si rende propizia la Dea(4). In Roma, fuori del pomerio,
era
un gran campo consacrato a Marte, detto campo Mar
rcurius, pare doversi trarre co’ più dalle merci (a mercibus), perchè
era
il nume che presedeva al commercio ed alla mercat
viceversa. II. Storia favolosa di Mercurio. Il nostro Mercurio
era
il Thoth degli Egizianì, il Thautus de’Fenicii, i
che diede alla luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del quale
era
la città di Cillene. Fu quindi questo nume assai
he fosse Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro
era
fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che
mete egiziano. Di fatto presso quel popolo in grandissima riputazione
era
Ermete, il quale fu detto eziandio e Mercurio, e
ncumbenze di Mercurio. E primieramente egli presedeva al commercio ed
era
il nume protettore de’mercatanti. Quindi (1) chiu
ommercio ed era il nume protettore de’mercatanti. Quindi (1) chiunque
era
addetto alla vendita di qualsivoglia merce, offer
tare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’idi di Maggio
era
in Roma solenne festa pe’ mercatanti in onore di
i buoi di Admeto, che Apollo avea in guardia, nell’atto stesso che n’
era
da lui fortemente rampognato, gli rubò il turcass
atini ; per le quali voci prese in cattivo senso dissero che Mercurio
era
ladro, e dio de’ ladri. Da Chione, fig. di Dedali
ceva comparir senza corna ; anzi esso stesso varie forme prendeva. Or
era
egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il qua
ella curva lira (curvaeque lyrae parentem. Lib. I, od. 10). Or questa
era
propriamente quello strumento musicale da’ Latini
o questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli
era
nato. Perciò fu detta Χελυς (testudo) da’ Greci.
entre le code non arrivano che a due terzi della medesima. Il caduceo
era
simbolo della pace, e Mercurio stesso da Ovidio (
Mercurio non avesse sciolta dal vincolo del corpo l’anima che ad esso
era
unita per virtù divina. Da Virgilio (2) si rileva
que ciò sia, certa cosa è che principale e nobile ufficio di Mercurio
era
quello di accompagnare le anime de’ trapassati o
le ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli
era
dato di riposare alquanto, essendo obbligato di c
rfeo, che l’avea, appreso dagli Egizii. L’Oceano, di cui parla Omero,
era
il Nilo : le porte del sole voglion dire la città
ndata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso gli Egiziani
era
un uomo che acompagnava il cadavere di Api, re e
nastici esercizii della palestra si studiò di rafforzare. La palestra
era
un luogo, ove gli antichi si esercitavano, per la
usa per significare la lotta stessa ed i certami ginnastici. Palestra
era
fig. di Mercurio, o di Ercole, a cui debbesi l’in
d’oro. Il cappello alato poi dicevasi petaso (πετασος), o galero ; ed
era
un cappello con larga falda proprio, presso i Gre
ell’ingegno, perchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi
era
una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, ves
lche volta(1) gli hanno posto in mano un volume, per indicare ch’egli
era
il protettore dei letterati. Nel Museo Borbonico
ì detto per vedersi spesso nell’inferno a trattar colle ombre, di cui
era
il conduttore. Enodio, Viale (ab εν, in, et οδος
duco) ; ψυχοπομπος (πομπος, comes) ; e πομπαιος, (a μομπη, deductio,)
era
il manium ductor de’Latini, perchè accompagnava l
e la parola Terra significava il pianeta che noi abitiamo. Così Peneo
era
un antico fiume della Tessaglia, e nel tempo stes
utta circondarla ed essere la sede sicura de’ beati Iddii. Questa Dea
era
adorata dagli Egizii, da’ Siri, da’ Frigil, dagli
tutt’i popoli e commendata da tutt’i sapienti. Secondo i Latini, non
era
essa, come Ge, Rea, Fitea, Cerere, Cibele ed altr
ea, Cerere, Cibele ed altre Dee de’ Greci, una divinità speciale ; ma
era
piuttosto tutto ciò che si vuole ; era la Natura
ci, una divinità speciale ; ma era piuttosto tutto ciò che si vuole ;
era
la Natura o la madre universale delle cose, quell
ere avvenuta, perchè, a cagione del lungo volgere degli anni, mancata
era
quella virtù divina che quivi aveano le esalazion
anche in versi ? Secondo Plutarco, La cagione naturale degli oracoli
era
la Terra, la quale ricevendo nel suo seno tutt’i
mente e ad inspirare un furore divino. A ciò si aggiunge che la Terra
era
la stessa che Temi ; ma Pausania dice che ne’ pri
Essa predisse a Giove la vittoria sopra i Titani ; e di lei figliuolo
era
il serpente Pitone, il quale avea il dono della d
e però piene di caverne, abbondavano più degli altri di oracoli. Tale
era
la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea molti
la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea moltissimi. La quale cosa
era
certamente molto a proposito per inspirare negli
allora, custodiva il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo
era
una caverna ed un fonte, di cui bevendo l’acqua,
bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la vita però di chine bevea,
era
breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bac
vano il futuro ; la vita però di chine bevea, era breve. Nella Tracia
era
un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano
olto vino ; e l’oracolo della Sibilla Cumana descritto da Virgilio(2)
era
un antro immenso scavato nel fianco di una rupe,
a di Agamede, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, dice Fontenelle,
era
sopra una montagna, in un recinto fatto di pietre
etre bianche, su cui si alzavano obelischi di rame. In questo recinto
era
una caverna a foggia di un forno, fatta a scalpel
no dentro, trovavano un’altra caverna piccola, l’ingresso della quale
era
strettissimo. Bisognava distendersi in terra , pr
di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di numi abitati ; ed
era
bello vedere colla fantasia là truppe di Satiri e
o. Avea le corna per significare i raggi del sole e la luna bicorne ;
era
rosso in viso, per esprimere il rosseggiare dell’
uguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale
era
diverso dalla sampogna, con cui per altro spesso
a Tegeo, città dell’Arcadia ov’era in particolar modo venerato. A lui
era
consacrato il pino di cui portava inghirlandato i
il capo, come anche facevano i Fauni ; ma il Vossio afferma che a Pan
era
consacrato l’elce o leccio (ilex). V.Continuaz
Fauno, di cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure Fatuo,
era
il padre de’ Fauni e de’ Satiri, dio dei pastori
ore di quel nume(2), che celebravansi a’15 di Febbraio. Lupercale poi
era
un luogo o antro sotto il monte Palatino, consacr
e monti a lui consacrati ; e sul monte Liceo presso ad un suo tempio
era
l’ippodromo e lo stadio, ove si celebravano in on
i. I pastori gli offerivano latte, o gli sacrificavano un porco. Esso
era
il genio degli uomini, come Giunone, delle doune,
estre. Marchetti. VI. Continuazione. – Satiri – Ninfe. Saliro
era
propriamente un dio boschereccio ; e Satiri erano
tura aveano forma umana e due corna nella fronte ; tutto il resto poi
era
di capra. Plinio dice de’ Satiri, essere animali
tesso volle vederlo. Plinio riferisce che sul monte Atlante di giorno
era
gran silenzio ; ma che la notte vi si vedeano fuo
delle querce ; e perciò si chiamaron Querquetulanae virae (1) ; e vi
era
un tempietto consacrato alle Amadriadi col nome d
o – Pomona. Vertunno (Vertumnus), deità proveniente dall’Etruria,
era
il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il si
proveniente dall’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed
era
il simbolo delle vicende dell’anno e delle stagio
sinistra, alcuni frutti, nella destra, un cornucopia. Nel foro romano
era
una statua di Vertunno, presso alla quale stavano
ntinuazione – Flora – Dea Bona – Priapo–Pale – Dio Termine. Flora
era
la Dea de’ fiori e da’ Greci diceasi Clori, che s
rato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere,
era
il dio degli orti, da’ quali teneva lontani i lad
e coste dell’Ellesponto, e perciò chiamasi Lampsaceno (1). Forse egli
era
il nume dell’agricoltura, cui Tibullo (2) offeriv
hiamasi rubicondo, perchè dipingevasi di minio. Pale, secondo alcuni,
era
un Dio, e al dir di Ovidio, una Dea de’ pastori,
ietra quadrata, a cui si facevan sacrificii in ogni anno ; alle volte
era
uno stipite ; ma più appresso fu dìpinta con test
ia Opi. Euristerna, Ευρυστερνος, dal largo petto. Nell’Acaia (1)
era
un tempio con un’antica statua della dea Tellure
esideravano grave e pesante. La vittima che si sacrificava alla Terra
era
una troia gravida, come praticavasi nelle rustica
uasi Geres, per un cangiamento della prima lettera, e ciò perchè essa
era
la produttrice delle biade. Servio (2) il fa veni
della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale
era
tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicchè il
genito sentimento(1). Enna, fra le altre città Siciliane nobilissima,
era
posta in mezzo all’isola, quindi detta il suo omb
l’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale
era
una bella pianura ed acque vive, ed intorno intor
di Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. Or vicino ad Enna
era
una spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpin
sse che Proserpina per forza rapita, già moglie del dio dell’inferno,
era
regina di quel tenebroso regno, come Giunone del
cielo, sopra il suo cocchio, e piangendo dice a Giove che Proserpina
era
pur sua figliuola, e non convenire che se l’abbia
ando che non tornavan certo quelle nozze a sua vergogna ; che Plutone
era
suo germano e che Proserpina signoreggiava in amp
a da Cerere, sua madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Plutone,
era
simbolo de’ sei mesi che la semenza del grano è s
o nel mare. Plinio e forse anche Omero, afferma che il loro soggiorno
era
il promontorio o capo della Minerva presso Sorren
che nella sua isola prediletta non già, ma bensì nel regno infernale
era
Proserpina, indegnamente rapita ; e che aveala ve
; e volle che Trittolemo continuasse il suo viaggio. Il bue riputato
era
dagli antichi (1) più degli altri animali addetti
i ogni anno nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più celebre
era
quella de’ misteri Eleusini, appellati i Misteri
ano di preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a parte dei quali
era
mestieri sottoporsi a molte pruove e ad un novizi
sottoporsi a molte pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali
era
permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio
i entrare nel vestibolo del tempio e non già nel santuario. Or non vi
era
in tutta la Grecia festa più celebre de’ grandi M
niesi molto frumento in tempo di carestia. Il famoso tempio di Eleusi
era
destinato a queste misteriose cerimonie, ove i Gr
acerdote condannati a morte, comechè stato fosse manifesto che quello
era
fallo di pura ignoranza. Il Gerofante o sommo sac
avasi esecrando e spesso si puniva colla morte. Il nome del Gerofante
era
sì venerato che non potea profferirsi da’ non ini
i Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale
era
una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facev
a, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che di una Driade
era
pure il grato albergo. Cerere, in forma di sacerd
fuoco, ch’era pure il protettore di quelli che lavorano il ferro. Ed
era
sì perfetto nell’arte sua che tutte le armi degli
oppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come la sua deformità non
era
conveniente ad inspirare la gioia che regnar dee
Allorchè Diomede, coll’aiuto di Pallade, fece le più mirabili pruove,
era
fra i Troiani un Darete, sacerdote di Vulcano, al
fu Caco, la cui favola appartiene agli antichi popoli d’Italia. Egli
era
(2) un ladrone famoso in quelle contrade, di gigan
ro, donde usciva per uccidere e spogliare i viandanti, e la cui bocca
era
chiusa da un sasso grandissimo, ivi fermato con f
rone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale
era
gigante che armato di una mazza di ferro, uccidev
tra. Dice Millin che quantunque tutt’i mitologi affermano che Vulcano
era
zoppo, pure in nessuna delle immagini che abbiamo
tavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra gli animali poi
era
sacro a Vulcano il leone. Finalmente, dice Apollo
l quale riferisce che, secondo il sistema degli antichi Fisici, Giano
era
lo stesso che Apollo, o sia il Sole, e Jana, la s
va i boschi ed i monti e feriva i cervi al corso. In breve, la caccia
era
la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori
va i cervi al corso. In breve, la caccia era la sua passione, ed ella
era
la Dea de’cacciatori, e delle foreste. Or siffatt
ti della storia favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere
era
quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non
Polluce, Giasone, Piritoo e l’amico Teseo, di cui dicevasi che non vi
era
impresa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, f
ntro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira di Diana,
era
trattenuto colla flotta in Aulide, città di Beozi
no strano avvenimento tolse la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste
era
fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Ti
V. Varie incumbenze di Diana. Abbiam di sopra avvertito che Diana
era
Dea della caccia. Perciò portava la veste succint
caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì
era
intesa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi,
elle lepri, per ciascuno si pagavano due oboli al tesoro di Diana. Vi
era
ancora una danza solita a farsi in onore di quest
un luogo di Orazio(6) si scorge che quantunque presso i Latini Ilitia
era
la stessa che Giunone-Lucina, pure talvolta l’inv
vano sotto il suo nome greco. Finalmente Diana presedeva alle vie, ed
era
come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò
come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò il simulacro di lei
era
collocato in capo alle vie ed anche avanti gli us
so fatto colle corna delle capre uccise da Diana sul monte Cinto, che
era
una delle maraviglie del mondo. Essa fu pure assa
ificata da Ippolito, fig. di Teseo, e di Antiope. Nella Grecia non vi
era
borgo o città che non avesse tempii e simulacri d
o ricavato da certi tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali
era
il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di E
dall’Asia tutta, anzi da tutto il mondo (2). In quella città adunque
era
il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed i
ù bel marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea
era
di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di
co tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col quale
era
adorata in Elide e che significa cacciatrice di c
a patria, ed i loro versi si mandavano a memoria ; il loro linguaggio
era
sommamente poetico, e pieno di sublimi immagini e
mi immagini e di audaci metafore ; il loro bel cielo, il suolo, tutto
era
fatto per innalzare a grandi slanci la loro fanta
ine che Eroe (Ηρως, Heros) ne’ tempi favolosi dicevasi un uomo che si
era
reso celebre per prodigiosa forza, o per una seri
in vita per Iddio ed a cui furon fatti tempii ed altari ; e chiunque
era
forte e valoroso, dicevasi Ercole, quasi fosse qu
ma in Egitto, indi nella Fenicia, e finalmente nella Grecia. Egli poi
era
il tipo ideale della fortezza e della ferocia por
forza. Giunone mandò per divorarlo due orribili serpenti, mentre egli
era
ancora in culla ; ed Ercole, senza restar punto a
di sembianze non naturali e con veste soperchiamente ornata. La prima
era
la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle q
ella palude, ne usciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme
era
la grandezza di quel mostro che avea sette teste,
nche più, secondo alcuni. Dice Igino che il veleno di questo serpente
era
sì pestifero che il solo alito uccideva i viandan
i portar viva a Micene la cerva Cerinitide che avea le corna d’oro ed
era
consacrata a Diana. L’eroe l’inseguì per un anno,
, avendo un bovile ampissimo con tremila buoi che per trenta anni non
era
stato purgato, promise ad Ercole la decima parte
ina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, di cui ella
era
figliuola. Ercole, ricevuto il comando di Euriste
il quale rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in cui Marte
era
dalla parte del fiume, e Minerva, da quella di Er
si a quella città, e giunti al fiume Eveno che allora per molte acque
era
gonfio, Ercole il passò a nuoto, e Deianira, sull
ndossata, cresciuto sarebbe l’amor suo verso di lei. Ma a quel sangue
era
misto il veleno dell’Idra di Lerna, di cui eran t
ea Troia espugnarsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi
era
di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del
Dea della gioventù e coppiera di Giove. L’albero consacrato ad Ercole
era
il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti
ucciso da Dauno. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica
era
sterile di sua natura, ma per l’industria degli a
Qual Progne si lamenta o Filomena. Che a cercar esca ai figliuoli ita
era
E trova il nido voto Successore di Pandione fu E
una straniera per moglie, fece disegno di abbandonarla ; e perchè già
era
incinta, per non perdere la speranza di un figliu
a Polibo, re di Corinto, il quale, fattigli risanare i piedi, percui
era
stato detto Edipo, il tenne nella reggia qual suo
ual suo figliuolo. Edipo intanto, cresciuto in età, e sapendo che non
era
figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo
l’enigma della sfinge, ottenne la signoria di quella città. La Sfinge
era
un mostro che infestava tutto il paese vicino a T
rono altrove un’ altra. Antico regno di tessaglia. La Tessaglia
era
un paese assai celebre ne’tempi favolosi ed eroic
aglia era un paese assai celebre ne’tempi favolosi ed eroici. In essa
era
l’Olimpo, monte tanto famoso presso i poeti ; il
ntauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la quale
era
in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e
le era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e l’Olimpo, ed
era
bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ric
il Pelio e l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle
era
ricca di tutt’i pregi di natura, talchè fu riputa
e nel mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Forse quest’ariete
era
una nave chiamata l’Ariete che in su la prora ave
e abitavano donne forti e bellicose simili alle Amazzoni, delle quali
era
regina Issipile, moglie di Toante, da cui furono
’esso fu da Giove reso cieco, perchè apriva il futuro a’ mortali ; ed
era
di continuo molestato dalle Arpie che infestavano
mbattere la Chimera che infestava un monte della Licia. Questo mostro
era
fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed i
della Licia che nella cima gettava fuoco, e che nella parte superiore
era
abitato da leoni, nel mezzo da capre, ed alle fal
finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la quale
era
divisa in molti piccioli principati ; dice che Ag
ncipati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto,
era
il più potente principe di tutta la Grecia e che
’Aurora, con molti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si
era
assembrata nel porto di Aulide, ove Calcante, cel
bbero stati ben dieci anni all’assedio di Troia, e dichiarò che Diana
era
quella che opponevasi al tragitto dell’armata nel
co, detto spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo
era
re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bell
a Ftiolide, andò cogli altri duci alla guerra di Troia. Di lui non vi
era
più forte e prode guerriero, siechè da Omero chia
omesso di riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra di Troia,
era
stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo, dimentica
coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale gli
era
stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di Ach
ed Igino aggiunge che il dardo ferì il calcagno, ove solamente l’eroe
era
vulnerabile. Omero però non fa menzione di tale p
ndono chetamente, e dato il convenuto seguo alla greca flotta’ che si
era
nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiu
nume e lor ragione. Dio del mare e fratello di Giove e di Plutone
era
Nettuno, detto da’ Latini Neptunus. Cicerone(1) p
cotitor della terra, egli dimostrava particolarmente col tridente che
era
una specie di scettro a tre punte, che sempre mai
unte, che sempre mai portava in mano e che forse, secondo Millin, non
era
che un istrumento da prendere i pesci, di cui anc
di cui anche al presente fanno uso i greci pescatori. Certamente esso
era
un attributo proprio del Dio del mare ed un simbo
a di Nettuno – Alcuni dei principali suoi figliuoli. Come Nettuno
era
Dio del mare, così a ragione se gli attribuiva un
geo, cioè colui che fatremare la terra ; e perchè dopo Giove, Nettuno
era
il nume che avea più potere degli altri. Ed una g
ere Dio del mare, avea pure la cura de’cavalli, dicendo Omero ch’egli
era
ed il domator de’cavalli, ed il conservatore dell
o degli Dei più onorati del paganesimo ; ed Erodoto asserisce ch’esso
era
sconosciuto agli Egiziani, e che a’ Greci ne venn
per immane ferocia o singolare empietà son famosi(1). Così fra’ primi
era
un Eaco, un Minos, un Sarpedone e cento altri ; f
go il famoso Polifemo, detto da Omero il Ciclope per eccellenza. Egli
era
fig. di Nettuno e della ninfa Toosa, fig. di-Forc
avea un sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed
era
di una statura pari all’altezza di un monte. Molt
ia approdò Ulisse, quivi regnava Antifale, la cui moglie, dice Omero,
era
alta come una montagna. Essi fecero mal governo d
so si sostituì a tutti Posidone o Nettuno. L’ Oceano, secondo Esiodo,
era
fig. del Cielo e della Terra, e marito di Teti, d
descrive il Dio del mare col nobile corteggio delle marine deità. Vi
era
Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di
era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di Nereo, il quale
era
quasi duce del coro degli altri marini Iddii e de
sa, madre di Polifemo. Da Omero Forco si chiama principe del mare. Vi
era
Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale
Nel corteggio del signore del mare si annovera anche Glauco, il quale
era
pescatore. Avendo egli un giorno nella spiaggia d
l lido i loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea
era
fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nere
ui Ovidio(2) ha bellamente descritta la trasformazione in Dio marino,
era
fig. di Atamante, e d’Ino, fig. di Cadmo, percui
l promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino
era
nipote, perchè fig. di Armonia, li trasformò in d
cavansi nelle tempeste dal naviganti. Più antico dello stesso Nettuno
era
Nereo, fig. del Ponto e della Terra. Da Esiodo si
co da altri poeti. Secondo Apollodoro, il suo più ordinario soggiorno
era
il mare Egeo, ove lietamente passava i giorni fra
nde del mare e di ammirare stupefatte la prima nave Argo che per loro
era
una novità mostruosa ; e ad esse attribuisce uno
senti che le future cose. Egli prendeva molte e stranissime forme, ed
era
ora un giovane, ora un leone, ora un toro, ora un
i corpi. Ora per ottenere che Proteo desse le sue fatidiche risposte,
era
mestieri sorprenderlo nel suo antro e legarlo, es
ello stesso Proteo afferma Virgilio(1). Da Omero si scorge che Proteo
era
il guardiano del gregge di Nettuno, ch’era compos
ifer, Tridentiere, dicesi Nettuno(4), perchè l’insegna sua principale
era
il tridente. VII. Alcune altre cose di Nettuno
di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, ove quella vergine
era
solita stare al rezzo in sul meriggio e lavarsi.
losissimi nello stretto ch’è fra la Sicilia e la Calabria. Or Cariddi
era
una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, l
che lo scoglio di Scilla, celebratissima nell’epopea greca e latina,
era
anticamente assai temuta, perchè essa tre volte a
sebbene altri affermano che nacque da Demogorgone e dalla Terra ; ed
era
propriamente un luogo dell’inferno, ove prima di
ia dell’inferno. Fu chiamato Orco da ορκος, giuramento, perchè non vi
era
più santo ed invidiabile giuramento che quando gi
oeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il quale, come diremo,
era
per folte selve tenebroso, ed avea acque assai pe
detto Cimmerio, non lungi dalla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi
era
assai crasso e coperto di perpetua nebbia, per cu
o all’Orco, quanto la terra al cielo. Il Tartaro, secondo Esiodo (1),
era
il carcere de’Titani, i quali vinti furon precipi
Il lago di Averno, per folte tenebre che il circondavano, spaventoso,
era
una delle porte del regno delle ombre ; come anco
nti o nel soggiorno de’giusti. La città de’malvagi, secondo Virgilio,
era
divisa in sette rioni. Nel primo udivansi i dotor
into, stavano allogate le anime de’guerrieri e degli eroi ; nel sesto
era
la tremenda prigione del Tartaro, ove giacevano i
d altri, e dove stavano le Parche, le Furie ec. Il settimo finalmente
era
il felice soggiorno de’ buoni o i Campi Elisii.
ente coperti, pose il suo Inferno. E perciò pure finsero che l’Averno
era
la bocca dell’inferno, o l’inferno stesso. Virgil
sania (2) riferisce che nella Tesprozia, antica contrada dell’ Epiro,
era
un lago detto Aorno, ove consultavasi un famoso o
e a’fanciulli. Strabone(2) dice che l’Averno negli antichissimi tempi
era
da una selva inaccessibile di grandi alberi circo
a selva e costruire intorno al lago degli edificii, si vide che tutto
era
favola. A questo proposito dice il ch. Malte-Brun
ortici delle sue fiamme, lanciando infuocati macigni. Anche il Cocito
era
fiume dell’Inferno, che i geografi pongono nella
ebo circonda, impediscono alle ombre l’uscita dall’inferno. Il Cocito
era
formato dalle lagrime de’malvagi. Lo Stige, le cu
proprio corpo, o secondo altri, intorno alla palude Stigia, che loro
era
vietato di varcare, per lo spazio di cento anni (
) dice che intorno agli oscuri laghi del Tartaro la turba delle Ombre
era
pallida, colle guance scarne e co’ capelli brucia
iamate da Ovidio dura ed implacabile divinità, Aletto. dice Virgilio,
era
terribile a Plutone stesso ed alle altre Furie ;
loro pagare il fio delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto
era
fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro in
leratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo
era
l’altro infernale giudice Minos, col quale egli d
dia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Giove (2)
era
solito confidargli ogni suo segreto, avendolo pur
li da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale
era
continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di T
he accompagnava il cadavere di Api fino ad un certo luogo, ove da lui
era
consegnato ad un’uomo mascherato a guisa di Cerbe
avendo in mano una verga ch’era il caduceo. Disse pure che l’inferno
era
oltre l’oceano, cioè al Nilo, chè dagli Egiziani
dea de’ giudici dell’Inferno. E di fatto, dice Rollin, è noto che non
era
permesso in quel paese il lodare indifferentement
iudici di là da un lago che tragittavano in una barca. Appena un uomo
era
morto che conducevasi al giudizio. Se il pubblico
a di disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non
era
convinto di alcun mancamento, sepellivasi con ono
essa e la natura della terra. Or è noto che dis significava ricco, ed
era
lo stesso che dives. Dicevasi pure Orco (Orcus),
re Orco (Orcus), e Summano (Summanus), come se volessimo dire ch’egli
era
il Sommo, cioè il signore degli Dei Mani (quasi s
reche (ab α, priv. et ειδω, video) che significano non vedere, perchè
era
signore di quel regno tenebroso ed oscuro, ovvero
rno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli
era
il più giovane di loro, e nel modo stesso che i d
hè esso presiede alla vita ed alla morte degli uomini. Il suo dominio
era
formidabile, e come dice Sesto Empirico (1), abbo
avea il suo soggiorno e la sua signoria nelle miniere, e che per ciò
era
tenuto pel Dio delle ricchezze. Quindi piacevolme
omia e le favole. Ciò posto, è cosa evidente che il Plutone de’ Greci
era
il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro di
pide degli Egiziani, come dice Diodoro di Sicilia ; il quale Serapide
era
la stessa cosa che Osiride, o il Sole, giacchè tu
che il Plutone o il Giove infernale de’Greci, o l’Osiride di Egitto,
era
il sole d’inverno, cioè il sole che al solstizio
il Sig. Dupuis fa vedere che Proserpina, moglie del Dio dell’inferno,
era
l’emblema della corona boreale, bella costellazio
o, in un modo che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto
era
quello di un uomo terribile assiso su di un trono
Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli di questo nume, di cui la cura
era
affidata ad Aletto, che facevali pascolare sulle
e i tori e le capre si bruciavano sopra i suoi altari(5). Il cipresso
era
l’albero di Plutone, e perciò ponevasi qual segno
al suo tramonto, non vi è speranza che mai più risorga. Nella Grecia
era
generale l’uso di ornare la porta delle case che
inchiudevano un cadavere, di rami di cipresso, perchè quest’albero vi
era
comune. Ma in Italia era rarissimo, e perciò l’us
di rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comune. Ma in Italia
era
rarissimo, e perciò l’uso n’era riserbato a’ soli
st’albero vi era comune. Ma in Italia era rarissimo, e perciò l’uso n’
era
riserbato a’ soli ricchi. Quindi Orazio afferma c
II. Storia favolosa di Proserpina. Secondo Cicerone (3), Libera
era
la stessa che Proserpina, ed era sorella di Liber
na. Secondo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed
era
sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi
li agli uomini destinati quasi vittime alla morte. Il Tartaro adunque
era
il regno di Proserpina ; percui presso Orazio ved
’arbitra ed il fedel testimone de’loro arcani sacrificii(2), ne’quali
era
mestieri principalmente di grandissimo silenzio.
di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche
era
bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo l
smo sulla testa di un Giove, forse per dinotare che anche questo nume
era
soggetto al Destino, di cui le Parche erano minis
poeta, nel luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed
era
fatto di bronzo e di solido ferro, sebbene la fat
to di bronzo e di solido ferro, sebbene la fatal sorte de’monarchi vi
era
scritta sul diamante, come quella di Cesare, in q
come da Ovidio si scorge, allorchè parla del fatale tizzone, al quale
era
attaccata la vita di Meleagro. Esse presiedono al
na serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parca gli si
era
mostrata con volto nugoloso(1). E questo basti de
niere simile a quelli, di cui servivansi in Grecia per coglier fiori,
era
simbolo del canestro che teneva Proserpina, allor
arche hanno su tutto l’universo ; l’antro tenebroso che esse abitano,
era
un simbolo dell’oscurità del nostro destino. Fina
segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa Dea
era
il papavero, come l’emblema del sonno de’morti.
Amyclaei domitus Pollucis hubenis Cyttarus. Georg. III. v. 89. Amicla
era
città della Laeouia, reggia di Tindaro, ove furon
opera nostra. Ci adoperammo alacremente onde questa fosse, per quanto
era
in noi, completa e perfetta. Noi non abbiam nulla
iari, non solo nelle idee, nella fraseggiatura, nei periodi, ma, come
era
logico, nella disposizione generale dell’opera, s
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro
era
una delle più nobili della città di Tebe. ad av
venuto la chiesa di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa,
era
il palazzo di Adriano. Il monte Soracte è oggi la
que i Miti bugiardi e le false allegorie del paganesimo, in cui tutto
era
fittizio ed immaginario, si sono, in certo modo,
ia il punto fisicamente marcato, nel mondo antico, oltre il quale non
era
creduto possibile l’andare a qualunque essere uma
urava correr voce che, nella notte del 10 aprile 1850, la dama bianca
era
comparsa al castello di Berlino, e che questo era
850, la dama bianca era comparsa al castello di Berlino, e che questo
era
certamente segno di prossima sciagura per la fami
ata una volta ad un ente soprannaturale e fantastico, la forma umana,
era
logicamente necessario attribuirgli in pari tempo
favola Itiaca, un racconto interamente fantastico, disse che il mondo
era
sospeso ad una catena d’oro, che Giove s esso ave
monarca46. L’olimpo stesso della Mitologia Greca e Romana, altro non
era
se non un senato ove, sotto la presidenza di Giov
proprio governo, il proprio stato, le proprie attribuzioni. Nettuno
era
il Dio del mare ; Plutone si ebbe il governo dei
Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli
era
stato loro padre. ed anche perchè era stato allev
a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè
era
stato allevato sul monte Nisa. La maggior parte p
un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele
era
incinta. Villarosa. — Dizionario mitologico ecc.
oi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel quale egli
era
adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome patronimico
teo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passionatamente la guerra. Abas
era
finalmente il nome d’uno dei principali greci che
). 18. Abido. — Città dell’Asia sull’ Ellesponto. Anche in Egitto vi
era
una città di questo nome in cui sorgeva un famoso
Abrezia. — Ninfa che dette il suo nome alla Misia, città in cui Giove
era
adorato, ragione per la quale questo Dio, fra i t
o, figlio di Licaone. 29. Acadina. — Fontana celebre in Sicilia. Essa
era
consacrata ai fratelli Palichei, numi particolarm
deìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto
era
anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e
vedi Diz. delia Crusca) come consacrato agli Dei infernali, e perchè
era
generale credenza che quest’albero nascesse sulle
venivano accordati che a quelli che aveano vissuto onoratamente, non
era
permesso al battelliero, che in lingua Egiziana s
ttero di cinger d’assedio Troja, Calcante indicò loro il luogo ove si
era
celato Achille. Allora i capi dell’esercito greco
ella Grecia, che l’opinione della sua invulnerabilità al tallone, non
era
accettata ai tempi di Omero, e che la opinione de
il nome di una fontana vicino Mileto, detta così perchè l’eroe vi si
era
bagnato. 61. Achillenidi. — Fe te celebrate nella
ciso. 71. Acitio V. Acilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci
era
questo il nome di una divinità esistente prima de
ere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto
era
celebre nell’isola di Creta. 75. Acmonide. — Uno
Greci ereditarono dagli Egizii tale opinione che, per questi ultimi,
era
una conseguenza della fertilità della loro terra
nto quel popolo a farne una delle sue principali divinità. Non minore
era
la venerazione che gli antichi Persiani avevano p
er purificarsi tutti coloro che entravano per pregare. Nelle case ove
era
un morto, si poneva in sull’uscio un vaso coll’ac
si ne aveano fatto una divinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone
era
questo il soprannome di Bacco, col quale egli ven
e in una torre dî bronzo la sua unica figliuola Danae. Ma Giove che n’
era
innamorato, cangiatosi in pioggia d’oro penetrò n
tosi in pioggia d’oro penetrò nella torre. Acrise avvertito che Danae
era
incinta, la fece legare in una piccola barca e l’
o cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento
era
sacro, lesse quelle parole senza porvi attenzione
meto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra
era
la Capitale. Fu uno dei principi greci che si riu
roso per morire in sua vece. Admeto attaccato d’una malattia mortale
era
presso a morire, e nessuno si offriva per lui : q
padre : Ovidio, Metamorfosi Libro X trad. di Dell’Anguillara. Egli
era
un famoso cacciatore : Venere l’amò passionatamen
altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti sovra uno di questi
era
ricamato in argento il letto di Adone, e sull’alt
angiavasi in gioia, volendo alludere così all’apoteosi d’Adone. Adone
era
anche il nome di un fiume presso la città di Bibl
ei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divinità il culto della quale
era
celebre o speciale in tutta l’isola di Sicilia. 1
speciale in tutta l’isola di Sicilia. 119. Adramo. — Secondo Plutarco
era
il Dio particolare della Sicilia, forse perchè in
ava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto di questo Dio
era
disseminato in tutta l’isola. 120. Adraneo. V. Ad
a delle nutrici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Essa
era
figlia di Giove e della fatalità, che altrimenti
fatalità, che altrimenti chiamasi anche essa Nemesi. Secondo Plutarco
era
l’unica furia ministra della vendetta degli Dei.
sso i Greci, Adrastea non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea
era
anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di E
o avo paterno, per sottrarsi alle persecuzioni dell’usurpatore che si
era
impadronito dei suoi stati. Egli levò contro i Te
i Armata degli Epigoni, secondo che narra Pindaro e Euripide. Adrasto
era
anche il nome di un Re dei Dori, che Telemaco ucc
due parole greche αις capra ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo
era
una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128
onde prender parte a queste feste volendo così dimostrare che la Dea
era
tenuta generalmente come femmina da conio. Gli of
eano trovato il modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come
era
impossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu
Questa favola che è una delle più stravaganti della mitologia pagana,
era
sufficiente pel meraviglioso ch’essa racchiude ad
to a Minerva, e forse a lei imposto dalla Città di Ageliana dove essa
era
singolarmente venerata. E questa però una opinion
in cerca con espressa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore
era
anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figl
a donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale
era
rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre vergini i
e sacrificatore immergevale una lancia nel petto, e quindi la vittima
era
posta sul rogo. Ai tempi di Seleuco, Defilo, re d
portante. 196. Agonio. — Dio che presiedeva alle intraprese. Mercurio
era
anche chiamato Agonio perchè presedeva agli spett
morì ucciso dalle Parche. 207. Agriodo. — Vale a dire dente feroce :
era
il nome di uno dei cani d’Atteone. 208. Agrionie.
donna concepì una invidia mortale contro la moglie d’Anfione, perchè
era
madre di sei principi, mentre ella non aveva che
enta da lunge la figura d’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa
era
anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove
Fu uno dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli
era
di una agilità sorprendente, e nessuno lo superav
Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’
era
nascosta, sperando di sottrarsi alle brutalità de
no suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flotta
era
uscito dal porto per ritornare in patria. Dopo av
a degli Achei…… (Omero Iliade. — Libro III trad. di V. Monti). Egli
era
invulnerabile come Achille, e dopo di lui il più
e Achille, e dopo di lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli
era
vulnerabile in una sola parte del petto, nota per
ccordo con Pirotoo, avea voluto rapire sua figlia Proserpina. Plutone
era
anch’egli soprannominato Ajdoneo, e da questa som
e ad avvertire i magistrati che i Galli si avvicinavano. Come Ceditio
era
un uomo da nulla, ed i Galli una nazione lontanis
A proposito di questo Dio ecco quanto dice Cicerone « Quand’egli non
era
conosciuto da alcuno, parlava e si faceva sentire
i oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo nome
era
anche detta Albunea e che era a lei consagrata. Q
a alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e che
era
a lei consagrata. Questa Sibilla si chiamava anch
ssere la stessa, conosciuta sotto i nomi di Lecotea e di Matuta. Essa
era
riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio river
marito. Ercole giunse in Tessaglia l’istesso giorno in cui Alceste si
era
sacrificata. Admeto malgrado il suo dolore gli fe
madre Erifile, perchè questa aveva scoperto il luogo dove Anfiareo si
era
nascosto per non andar alla guerra di Tebe. Alchm
ravano Minerva. 242. Alcide. — Nome di Ercole dall’avo Alceo. Minerva
era
anche soprannominata Alcea dalla parola Alce che
col commercio vivevano nell’abbondanza e nel lusso. Nella loro città
era
un continuo alternarsi di feste e baccanali di og
ro cangiate nell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione. Alcione
era
anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti de
l’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione, che presso gli antichi
era
simbolo dell’amor coniugale. Varì scrittori dell’
cui si attribuisce la metamoriosi in Alcione. Secondo Omero, Alcione
era
pure il soprannome dato a Cleopatra, moglie di Me
di suo fratello, che i Telebani avevano ucciso. Mentre che Anfitrione
era
al campo, Giove innamorato d’Alcmena, prese le fo
or premea le piume. E ben vedeasi al ventre ampio e ripieno Che Giove
era
l’autor di tanto seno ……………. Quel che verrà nel t
ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli
era
re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re di Atene.
lli prima della loro nascita. 264. Alemonide Miscelo figlio d’Alemone
era
anche così detto dal nome del padre. 265. Aleo. —
Essendo un giorno in sentinella alla tenda di questo Dio mentre egli
era
con Venere, Aletrione si addormentò, e lasciò sor
ui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva,
era
stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti
curio a liberarlo. Diana allora, vedendo che perfino la forza celeste
era
impotente contro sì formidabili nemici, ricorse a
to. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale
era
adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio
di. Ognuna di esse però aveva il suo nome particolare che comunemente
era
quello di un albero. 310. Amadriadi. — Sebbene vi
thia. — Soprannomi dati a Diana da un borgo nell’isola d’Eubea in cui
era
particolarmente venerata : altri scrittori dicono
le nozze di sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere
era
così chiamata dalla città di Amatunta. Amathusia
ficazione delle parole Ambrosia e Nettare. Secondo i poeti l’ambrosia
era
una sostanza destinata al nutrimento degli Dei, e
on particolari cerimonie. 333. Amicizia. — Presso i Greci ed i Romani
era
una divinità figlia della notte e dell’Erebo. Le
ito le seguenti parole : Da lunge e du vicino — Tutto ciò altro non
era
che la raffigurazione del simbolo che l’amicizia
famoso tempio di tutto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amicleo
era
anche il nome di un dio particolare della Grecia,
per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel quale Giove
era
adorato sotto la figura di un montone. Ammone fu
anche ereditate da altre credenze e da altri culti. Finalmente Ammone
era
anche il nome di un re della Libia, il quale per
donia. 349. Ampelusia. — Promontorio dell’Africa nella Mauritania. Vi
era
una caverna consacrata ad Ercole. 350. Amphiaro.
se i fratelli e le sorelle di lei. Vedi Niore. 355. Amyclao. — Apollo
era
così soprannominato da un magnifico tempio ch’egl
anza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé nel tempio di Diana dove si
era
rifuggita per sottrarsi alle persecuzioni di Apol
a. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi
era
una statua di Anasci come figliuoli di quel dio.
e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con Venere, che si
era
perdutamente innamorata di lui, ebbe un figliuolo
za però ucciderlo. Egli visse lunghissimi anni, e alla presa di Troia
era
così vecchio, che non potendo camminare fu da suo
ii in una festa che durava tre giorni al principio del mese di marzo,
era
proibito il celebrar nezze, o intraprendere alcun
significa omicida. La tradizione favolosa racconta che tal soprannome
era
dato a Venere per aver fatto morire gran numero d
Egeo. Questi, temendo che Androgeo, forte di tutte le simpatie che si
era
guadagnate, non avesse voluto detronizzarlo, lo f
verità. Allora Minos gettò nel mare un anello, dicendo a Teseo che se
era
veramente figlio del mare, non doveva avere alcun
, palesò a Polinice per il dono di una collana d’oro, il luogo dove s’
era
nascosto Anfiareo, per non andare alle guerra di
Ducere quo rellet. Orazio — De arte Poetica Epistola III. Anfione
era
anche il nome d’uno degli Argonauti, ed un re d’O
ome di Angelus, Angelo, in greco αγγελος messaggiero, perchè Mercurio
era
il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuo
38. Anio. — Re dell’isola di Delo e gran sacerdote di Apollo. A Feho
era
ministro accorlo e fido. Agli uomini era re giust
sacerdote di Apollo. A Feho era ministro accorlo e fido. Agli uomini
era
re giusto e leale Anio pieu di bontade, e pieu di
i Assur fosse dato a Giove, da una città del Lazio chiamata Ansur ove
era
particolarmente venerato. 451. Antandro. — Città
l nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli
era
nativo di Argo. 468. Antia. — Sorella di Priamo c
one figlia di Laomedone. Avendo un giorno detto ad alta voce che essa
era
assai più bella di Giunone, la dea sdegnata la ca
colo precedente. 487. Aonio Dio. — Denominazione di Bacco perchè egli
era
della Beozia, chiamata anche Aonia. Veniva così d
, composta dall’α privativa e dal verbo αραω io vedo. Presso i pagani
era
generale credenza che allorquando gli Dei discend
divina luce E divino spirar d’ambrosia odore ; E la veste, che dianzi
era
succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a
i esse, non avesse proclamato con giuramento, che il novello ascritto
era
suo figlio. Sino al compimento di codesta formola
annome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Nemea, che gli
era
consacrata. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V. Apis
spazio di 40 giorni, segretamente nutrito da alcune donne a cui solo
era
permesso di avvicinare il dio, e che lo accostava
emente il culto superstizioso che gli Egizii avevano per il dio Apis,
era
quando il bue che lo rappresentava doveva morire,
uali veniva profusa una larghissima somma di danaro. L’ Egitto intero
era
in lutto come se fosse morto lo stesso Osiride, e
. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che
era
una delle sette maraviglie del mondo, era consacr
e rinomato fra tutti, e che era una delle sette maraviglie del mondo,
era
consacrato a questo nume come dio delle Arti. Apo
fra gli astri quest’uccello in segno della sua riconoscenza. L’aquila
era
una delle insegne particolari di Giove, ed era es
riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed
era
esclusivamente a lui consacrata. 506. Aquilone. —
ata di tutta la Grecia per le favole a cui dette vita. Il dio Pane vi
era
venerato con culto particolare, perchè generalmen
gallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote di Cibele il quale
era
scelto fra le più cospicue ed illustri famiglie.
veniva da una foresta delle Gallie chiamata anche oggi Ardenna e che
era
a lei consacrata. 529. Areo. — I poeti dell’antic
— Famoso tribunale d’Atene. Questa parola deriva dalla voce Ares, che
era
un soprannome di Marte, perchè la favola racconta
zi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto di omicidio di cui
era
accusato. Vedi Allirozio. È opinione di alcuni sc
ra gli scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse nel posto ove
era
il campo delle Amazzoni quando esse mossero guerr
u dato questo soprannome a Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi
era
, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argo
tua di Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo. Essa
era
in marmo, di media grandezza e senza piedestallo.
i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e gli Assiri
era
la Venere celeste. 562. Ariadne. — V. Arianna. 56
567. Arieina. — Soprannome di Diana che le veniva dal culto con cui
era
venerata nelle foreste di Aricia presso Roma. 568
. Ariete. — Il primo fra i dodici segni dello zodiaco. Questo animale
era
consacrato a Mercurio ed a Cibele. 569. Arimane.
Orfeo. Le ninfe allora sdegnate contro Aristeo per la sventura di cui
era
causa, uccisero tutte le sue Api. La madre di Ari
la donna che avesse amata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice
era
anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re del
ei suoi nemici, ponendo in fuga un drappello di quelli alla cui testa
era
Neoptolemo figliuolo di Achille. Poco tempo dopo
er vita da masnadiere. I cronisti della mitologia raccontano che essa
era
così veloce al corso che nessuno potè raggiungerl
, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli
era
stato largo di cortesi accoglienze si offrirorono
essere il silenzio assai spesso fonte di bene ; come pure il persico
era
l’albero a lui sacro e vi sono non poche statue d
erano di già maritati nell’utero materno per modo che Iside nascendo
era
già gravida d’ Arteride. 598. Artimpasa. — Gli Sc
che Julio fu l’unico figlio di Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli
era
ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove
Divinità adorata nella città di Emath. 617. Asino. — Presso i Pagani
era
l’animale consacrato a Priapo, avuto riguardo all
o. Salvator. Rosa. La musica Satira 1. Presso gli Egiziani l’asino
era
sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopo
e che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di Creta dove
era
particolarmente venerato. Asio si chiamava anche
te ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re di Creta e padre di Minos. Egli
era
soprannominato Tauro e rapì una giovinetta a nome
di Ettore la quale non potendo opporre resistenza al dio Marte che ne
era
innamorato, fu da lui resa madre di un figliuolo
ole ebbe diversi figli. 642. Astipaleo. — Nel gruppo delle Cicladi vi
era
un’isola chiamata Astipalea in cui Apollo aveva u
avevano bocca. La verità di questa credenza è che presso quei popoli
era
ritenuta come cosa vergognosa il mostrare la bocc
ofa. — Una delle Pleiadi. 653. Ata. — V. Atea. 654. Atabirio. — Giove
era
così denominato nell’isola di Rodi, da un tempio
664. Atergate. — Una delle Divinità del popolo Sirio presso il quale
era
tenuta come madre della famosa Semiramide. Al dir
mente Athos : montagna fra la Macedonia e la Tracia sulla quale Giove
era
particolarmente adorato, onde è che gli veniva il
τιν-ινος che significa raggio di sole, risplendente luminosa. Atteone
era
anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia d
spregiato il culto di Diana fino al segno di mangiare della carne che
era
preparata per un sacrifizio a quella Dea. Dopo la
to divenne assai caro a Tetraso, re di Misia presso il quale Augea si
era
del pari ritirata per sotirarsi allo sdegno del p
iccolo paese della Beozia la cui capitale fu Aulisia. Servio dice che
era
questa una piccola isola con un porto capace di c
e lo ingannò come faceva a tutti, ma Autolico restò suo amico perchè
era
innamorato della figlia Anticlea. 693. Automatia
’ Ercole e di Rea Sacerdotessa, ascosamente nato Nel bosco d’Aventino
era
costui. Virg. Eneid. lib. VII trad. di A. Caro.
ne esalavano erano talmente pestilenziali ed infetti, che quel luogo
era
ritenuto come la bocca dell’inferno. Gli uccelli
rmine. 703. Averungani. — V. Averunci. 704. Avoltoio. — Quest’uccello
era
consacrato a Giunone ed a Marte, e gli auguri ne
fegob. — Divinità dei Moabiti. La fornicazione, al dire della Bibbia,
era
consacrata a Baal-Fegor che è riguardato come il
rotta, Che libito fè lecito in sua legge, Per torre il biasmo in che
era
condotta. Ell’è Semiramis, di cui si legge Che su
Greci chiamavano anche queste cerimonie Dionisiache da Dionisio, che
era
uno dei soprannomi di Bacco. In Atene la ricorren
co. In Atene la ricorrenza e celebrazione di questi misteri bacchici,
era
tenuta in così grande considerazione, che si nume
osì veniva chiamato un toro, che nelle principali città dell’ Egitto,
era
consacrato al sole e adorato con particolare vene
ubine di Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa
era
incinta, di chiedere al divino suo amante di most
iò che ella ottenne da lui, dopo replicate repulse. Ma i raggi di cui
era
circondato il dio, e il folgorante bagliore di qu
tutto spirata, per salvare la vita del figlio, di cui la disgraziata
era
incinta, estrasse il piccolo Bacco dalle viscere
ove lo tenne fino al termine dei nove mesi. L’infante che nel corpo
era
imperfetto Dell’infelice donna che s’accese. Che
crificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria di quanto
era
avvenuto. 746. Basillisa. — I Tarantini onoravano
li offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indicargli il luogo ove
era
stato nascosto il bestiame involato. Il pover uom
iluvio, che aveva allagato ogni cosa, meno la piccola panna, la quale
era
divenuta un tempio. Giove promise di conceder lor
i il principio fecondatore della natura. Al dire di Pausania il becco
era
la cavalcatura ordinaria di Venere, poichè second
do la tradizione mitologica di quei popoli, aveva un tempio ove tutto
era
tenebre ed acqua, e che conteneva mostruosi anima
l canonico Bartoli, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli
era
il nome col quale essi onoravano Apollo, attribue
loro dato talvolta il nome di Belidi da Belo loro zio paterno. Belide
era
anche chiamato Palamede, per essere pronipote del
Bellona. — Sorella di Marte e dea della guerra. Al dire di Virgilio,
era
essa che allestiva il carro e i cavalli di Marte,
a, che fu padre di Pigmalione e d’Elissa, soprannominata Didone. Belo
era
del paro la più grande divinità dei Bibilonesi, i
bbia, si dà questo nome al principe dei demoni. Presso gli Accaroniti
era
ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempi
gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempio
era
esente da questi insetti. Non pochi scrittori del
ione fosse data a questo dio perchè la sua statua, sempre sanguinosa,
era
coperta di mosche. 773. Bendide. — Divinità dei T
sì denotato Mida, re della Frigia, forse perchè in quella contrada vi
era
un monte chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Mog
i cui Giunone prese la figura per ingannare Semele, della quale Beroe
era
stata nutrice. …..Qui dunque Egioco insilila, Qu
di dare degli oracoli. Erano rotonde e di media grandezza. In Grecia
era
generale credenza che la pietra detta Abadir, div
eza. — Nella città di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi
era
un oracolo di questa divinità, che rispondeva per
, facesse incarcerare buon numero di persone. Forse in quei biglietti
era
rivelato un qualche importante segreto di stato,
omani, essi presiedevano alle cerimonie espiatorie, quando il fulmine
era
caduto in qualche luogo. 795. Bidentalo. — Così v
qualche luogo. 795. Bidentalo. — Così veniva chiamato il luogo in cui
era
caduta la folgore. Vi si sagrificava un agnella ;
buccodonosor. 815. Boopide. — Dal greco Βους, bove, ed ωφδος, occhio,
era
così denominata Giunone a causa dei suoi grandi o
divinità che vi si adorava. Presso i primitivi popoli dell’antichità
era
ritenuto come un enorme sacrilegio il tagliare i
un enorme sacrilegio il tagliare i boschi sacri : il solo caso in cui
era
permesso il recidere qualche albero era quando ab
i sacri : il solo caso in cui era permesso il recidere qualche albero
era
quando abbisognava dare più luce in qualche punto
onti. La verità nascota sotto questo simbolo favoloso, è che Briareo
era
un principe Titano, formidabile guerriero, che co
la Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che
era
una delle principali dell’Egitto, e che richiamav
orno. — V. Bicornide. 843. Budea. — Soprannome di Minerva, come Budeo
era
quello di Giove. 844. Buona-Dea. — Discorde è l’o
Bacco. In Grecia, sulla strada che da Tebe menava al monte Menalo, vi
era
un tempio a lui consacrato. 848. Buono-Dio. — Sec
rdotesse di Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco, di cui ella
era
stata nutrice, ispirò al rapitore un tale accesso
sua sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacrata alle muse ed
era
la stessa che quella d’Ippocrene, perchè la parol
vallo Pegaso , che al dire degli scrittori più rinomati della Favola,
era
il cavallo di cui si servivano le Muse ed Apollo.
hità è, che significando la parola Cabiri in lingua Fenicia possente,
era
stato adoperato questo vocabolo per denotare gli
cui s’offerivano in sacrificio dei piccoli pesci salati. Il suo culto
era
celebre in Faselide, città delle Panfilia. 867. C
la città di Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva con sè si
era
fermato, compiendosi così il dettato dell’oracolo
cui le cose Eran conte che fur, sono e saranno, E per quella che dono
era
d’Apollo, Profetica virtù, de’Greci a Troia Avea
tro indovino, aveva predetto. Così Calcante compì il suo destino, che
era
quello di morire quando avesse ritrovato un indiv
greca, la quale, ricorrendo il tempo dei giuochi olimpici, a cui non
era
permesso alle donne di prender parte, si travestì
l suo nome. 924. Camos. — Secondo il Vossio, il Dio Camos dei Moabiti
era
lo stesso che il Como dei Romani e dei Greci. Il
ge stesso. 937. Cane. — Nella mitologia greca e romana questo animale
era
consacrato a Mercurio, per essere questi ritenuto
erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro di questa Deità,
era
un gran vaso sormontato da una testa umana e talv
aos, volendo spiegare sotto questa allegorìa che questa materia prima
era
ravviluppata nelle più folte tenebre. 946. Capane
i fedeltà ai novelli imperatori ; vi si facevano i voti pubblici ; ed
era
ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il Sen
Mendes, in Egitto, veniva particolarmente venerato questo animale, ed
era
proibito con grande severità ucciderne alcuno, es
eniva sotterrata all’istesso posto ove giaceva la morta. Il re stesso
era
tenuto ad intervenire a questa festa ed a presied
Unione, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa
era
di ristabilire l’unione e la pace fra le famiglie
io, nei suoi Fasti, dice che veniva dato un gran pranzo, al quale non
era
ammessa alcuna persona straniera. 969. Cariti. —
Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Britomarte. Carna
era
anche la Dea che presiedeva alle parti vitali del
ronte. 980. Caronte o Carone. — Figlio dell’Erebo e della Notte. Egli
era
, al dire di Virgilio, il navicellajo dell’Inferno
tume che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta :
era
quella la mercede devoluta a Caronte, il quale la
Che non solo osó dir, che in tutto il mondo Di beltà donna a lei non
era
pare, Ma che non era viso più giocondo Fra le nin
, che in tutto il mondo Di beltà donna a lei non era pare, Ma che non
era
viso più giocondo Fra le ninfe più nobili del mar
nda, discendenti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda,
era
moglie di quel monarca, quando ebbe da Giove ques
daridi. Castore veniva soprannominato il domatore dei cavalli, perchè
era
abilissimo nel maneggio di quelli e nella corsa ;
e dalla città di Catania, in Sicilia, ove essa aveva un tempio in cui
era
vietato l’accesso agli uomini. 1002. Catio. — V.
e Xanto. 1009. Cavalli del Sole. — Ovidio dice che il carro del sole
era
tirato da quattro destrieri bianchi, per nome Eoo
li. 1013. Cavalli di Reso. — V. Reso. 1014. Cavallo. — Questo animale
era
particolarmente consagrato a Marte, come Dio dell
armente consagrato a Marte, come Dio della guerra. Presso gli antichi
era
ritenuta la vista di un cavallo come un presagio
ano le predizioni. Questi destrieri erano tenuti in grande onoranza ;
era
severamente proibito di toccarli e il principe de
principe della nazione insieme al sommo sacerdote, erano i soli a cui
era
concesso di attaccarli ad un carro, ritenuto egua
ato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio,
era
una specie di satiro somigliante ad una grossa sc
r mezzo del matrimonio ; ed altri perchè essendo egiziano di nascita,
era
anche greco, per essersi stabilito nell’ Attica.
ll’articolo precedente. 1025. Cecropea. — Più comunemente Cecropiana,
era
uno dei soprannomi di Minerva come protettrice di
a, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di Celene nella Frigia, ove
era
particolarmente adorata. Vi era anche nell’ Asia
lla città di Celene nella Frigia, ove era particolarmente adorata. Vi
era
anche nell’ Asia una montagna detta Celana, press
etta Celana, presso la quale Apollo punì il satiro Marfio. Finalmente
era
così denominato un luogo nella Campania, consacra
ssala la quale fu cangiata in diamante, per avere sostenuto che Giove
era
mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome del
, per avere sostenuto che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma
era
il nome dell’ajo di Giove, il quale aveva voluto
ente alla querela fra i Lapidi ed i Centauri, questi vendendo ch’egli
era
in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto
ei Titani, figliuoli della terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo
era
anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar
di cui aveva anche coronata la fronte. Il suo seno largo e bellissimo
era
tutto coperto di mammelle, turgide di latte, simb
atello di Giove veniva così soprannominato dal colore del mare di cui
era
Dio. Similmente si denotavano tutte le divinità m
di Giulio Cesare, il sole comparisse pallido e sbiadito, e che questo
era
un segnale dello sdegno di Apollo. 1070. Cesto. —
Omero Iliade — Libro IV trad. di Vinc. Monti Chimera o Chimerifera
era
similmente detta una montagna della Licia, alla c
di fiori e montata su di un carro tirato da quattro leoni. Il pino le
era
consagrato. I sacerdoti del suo culto l’onoravano
a Naufitosio, a lui estremamente caro. 1094. Cicala. — Questo insetto
era
consacrato ad Apollo e veniva riguardato come il
niva riguardato come il simbolo dei cattivi poeti, così come il cigno
era
quello dei buoni. 1095. Cleinnia. — Dea dell’infa
fu similmente detto un re della Liguria, figliuolo di Steneleo. Egli
era
legato da fraterna amicizia a Fetonte, tantochè q
di onori. 1127. Cinocefalo. — Divinità Egiziana. Al dire di Plutarco,
era
la stessa che Anubi. Vi erano, secondo la mitolog
Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo al quale
era
estremamente affezionato. Un giorno per inavverte
e a Cupido, figliuolo di Venere Citerea. Al dire di Pausania, Citereo
era
anche un fiume del Peloponneso in Elide consacrat
Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quello di aprile perchè
era
consacrato a Venere. 1152. Citeriadi. — Soprannom
della Galazia, così detta da Citoro figlio di Prisso. Quella contrada
era
coperta di boschi. 1157. Civetta. — Quest’uccello
ome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli
era
particolarmente venerato e dove aveva un famoso o
il vascello sul quale la madre degli dei, ritornando dalla Frigia, si
era
arrenata sulle rive del Tevere, e dove il vascell
Frigia, si era arrenata sulle rive del Tevere, e dove il vascello si
era
così fortemente incastrato che non riusci a più c
scendenti di Vulcano. 1169. Cledonismanzia. — Detta anche Cledonismo,
era
una famosa magia ; specie di divinazione che si t
— Una delle figliuole di Niobe. 1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli
era
così robusto, che sdegnato di non aver conseguito
oracolo consultato su questo strano avvenimento, rispose che Cleomede
era
scomparso perchè l’ultimo dei semi-dei. 1177. Cle
e di Teti. Apollo l’amò con passione e ne ebbe va rii figli. Climene
era
anche il nome della confidente di Elena. 1183. Cl
figenia in Aulide — Tragedia trad. di F. Bellotti. Mentre Agamennone
era
all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il quale,
amò dea, imponendole il nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina
era
anche un soprannome di Venere, a cagione d’un tem
a. Cocalo soddisfatto d’aver presso di sè un uomo, che come Dedalo si
era
reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro di
Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Presso gli Ombiti, che
era
il popolo più superstizioso dell’Egitto, era rite
. Presso gli Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’Egitto,
era
ritenuto come un segno della benevolenza del ciel
o uno de’loro bambini, del che essi si tenevano felicissimi. Però non
era
codesta superstiziosa credenza riguardo a questi
riguardo a questi rettili, comune a tutte le città dell’Egitto : ve n’
era
anzi buon numero in cui i coccodrilli venivano uc
cui i coccodrilli venivano uccisi e riguardati con orrore, dappoichè
era
diffusa credenza, che Tifone, il quale nella trad
a credenza, che Tifone, il quale nella tradizione mitologica egiziana
era
ritenuto come l’uccisore d’Osiride, si fosse cang
ccodrillo. Al dire di Plutarco questo rettile per essere senza lingua
era
ritenuto come il simbolo della divinità. Presso g
rmamente che i vecchi coccodrilli avessero la virtù d’indovinare ; ed
era
ritenuto come felice presagio se questi animali a
o che navigavano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui
era
fabbrita quella di che si serviva la dea Iside ne
e arricchisce le sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito
era
anche il nome di uno dei discepoli del centauro C
to lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso gli Assiri
era
grande la venerazione per le colombe ; ed era gen
Anche presso gli Assiri era grande la venerazione per le colombe ; ed
era
generale credenza presso quei popoli, che l’anima
fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona
era
di oro, riposava su di una quercia circondata da
più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che
era
una delle sette maraviglie del mondo, e che rappr
e, il cui destino dipendeva da un capello, il cui misterioso possesso
era
noto solo alla figlia. Essendosi Anfitrione porta
fatta uccidere per ordine di quello stesso uomo pel cui amore essa s’
era
resa traditrice. Cometo era anche il nome di una
i quello stesso uomo pel cui amore essa s’era resa traditrice. Cometo
era
anche il nome di una sacerdotessa di Diana. 1228.
olpiti da follia. 1253. Coribante. — Secondo il parere di Aristotile,
era
questo il nome del padre dello Apollo di Creta. 1
. — Uno dei soprannomi della dea Diana. Nella città dei Lacedemoni vi
era
un famoso tempio a lei dedicato conosciuto sotto
derla di vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio figliuolo, che
era
di non comune belleza, un giorno trovatolo seduto
a si volesse dai pagani indicare la pelle del serpente Pitone, di cui
era
ricoperto il tripode sacro sul quale la pitonessa
predir l’avvenire. Prima del fatto di Coronide (V. Coronide) il corvo
era
bianco come il cigno : ma poi fu cangiato in nero
me di Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nella Caria, dove
era
adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Fig
rifizio che si offeriva alla madre degli dei : la vittima abituale ne
era
un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore di pe
e conosciuta sotto il nome di Criseide. V. Criseide. Nella Troade, vi
era
una città conosciuta sotto l’istesso nome, celebr
si recò nel campo dei Greci per ridimandare la figlia. Degli Achivi
era
Crise alle veloci Prore venuto a riscattar la fig
etto a cederla, ritolse ad Achille una schiava per nome Briseide, che
era
a lui spettata in sorte nella divisione di un alt
llo onde riacquistare le grazie di Giunone, sua moglie. Quest’uccello
era
particolarmente consacrato a Giove ; e la favola
re un gran numero di torcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque :
era
questo il nome che gli Ateniesi davano al gran sa
i avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il quale per altro egli
era
ben lungi d’aver perduto. Apollo sdegnato, fece d
e con cio che essi fossero ispirati da Apollo, a cui quell’arboscello
era
consacrato dopo la metamorfosi di Dafne. V. l’art
infliggendogli lo stesso supplizio. 1351. Damatera. — Presso i Greci
era
questo uno dei soprannomi di Cerere, come era det
atera. — Presso i Greci era questo uno dei soprannomi di Cerere, come
era
detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con
di quella, la sposò allevando con affetto paterno Perseo, di cui ella
era
rimasta incinta. L’oracolo ebbe poi il suo pieno
ni. 1361. Dardania. — Nome primitivo della contrada nel cui perimetro
era
compresa la città di Troja V. Dardalo. 1362. Dare
te così favella a proposito di quanto accennammo. L’Infamia di Creta
era
distesa Che fu concetta nella falsa vacca. Dante
perciò l’Alighieri dice falsa vacca ». Minosse ritenendo, come forse
era
, che la vacca di legno nella quale si fece rinser
enere, che sposò Anchise, Teti, che sposò Peleo, ecc. Presso i pagani
era
generale opinione che quei mortali che avevano co
esi circonvicini, per offrir loro sagrifizî ed onori solenni ; e dove
era
generale credenza, che esse apparissero di tratto
arga estensione di paese e oltre a 3000 buoi, il che, per quei tempi,
era
un’assai cospicua ricchezza. Il culto delle Dee M
ecie umana, tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro
era
rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro
a crearsi altrettante divinità. Egli è perciò che il numero di queste
era
prodigioso presso i pagani, i quali contavano fin
ategorie particolari. V. to studio preliminare sulla Mitologia. Giove
era
ritenuto come il più potente di tutti gli dei, se
minorum gentium, ossia dei delle piccole nazioni. Il numero di questi
era
estesissimo e, al dire di Tito Livio, non v’era a
i dava questo nome collettivo a quelle divinità, il culto delle quali
era
stabilito e riconosciuto dalla legge. Dei part
erisce Varrone, erano annoverati in questa classe quei numi dei quali
era
noto il nome, le attribuzioni, e la storia. De
erando le vostre deità, ho trovato eziandio un altare, sopra il quale
era
scritto : All’Iddio sconosciuto. Diodati — Falli
e cioè i numi altro non fossero che degli uomini. La Deificazione non
era
propria esclusivamente al culto idolatra dei Grec
, la cerimonia della Deificazione o apoteosi d’un defunto imperatore,
era
sempre preceduta da un decreto del senato, il qua
a divinità. Al dire del cennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi
era
un misto di dolore e di allegrezza, e veniva cele
i allegrezza, e veniva celebrata da tutta la città. Dopo che il corpo
era
stato sepolto con gran pompa, si metteva una figu
i e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’avorio,
era
preparato onde ricevere l’effigie del defunto imp
fra gl’immortali suoi pari a ricevere il culto che da quel momento le
era
dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, mogli
ne. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione
era
anche il nome di un fratello di Circe, conosciuto
un’aquila e, credendo quello un avviso soprannaturale, ritornò d’onde
era
partito. La sera istessa, l’alloggio che gli era
rale, ritornò d’onde era partito. La sera istessa, l’alloggio che gli
era
stato preparato sulla strada che doveva percorrer
re figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui quella dea
era
la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Ercole, il
tre donne. Morto Nesso, la credula Dejanira venne a sapere che Ercole
era
preso d’amore per la bella Jole, e penso di servi
se per disperazione. 1392. Delfa. — Detta anche Delfisa : sibilla che
era
nel tempo stesso sacerdotessa del tempio di Delfo
r il famoso oracolo di Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città,
era
ritenuto, presso gli antichi, come il punto medio
’influenza dei misteriosi miasmi. Il luogo ove si apriva quell’antro,
era
in uno degli scondiscimenti del monte Parnaso ; e
to della divinità, facendola servire ai loro privati interessi. Delfo
era
anche il nome di uno dei figli di Apollo che edif
Deliasti — V. Deliasti — e il vascello sul quale essi erano imbarcati
era
detto Deliade o Teoro. Il capo della deputazione
. e feri Democoonte Priamide bastardo, che d’Abido Con veloci puledre
era
venuto. A costui fulminò l’irato Ulisse Nelle tem
vinità o genio della terra, il quale, secondo la tradizione favolosa,
era
un lurido vecchio, pallido e sfigurato, che insie
i, di un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sensi, e dei quali
era
abitato tutto l’universo, essendovene nell’aria,
Dendroforo. — Si dava anche codesto soprannome al dio Silvano, perchè
era
generale credenza degli antichi, ch’egli portasse
ro del Libano. Da questo albero si facevano le corone per gli dei, ed
era
generale credenza presso i pagani non esservi off
otere assoluto, erano irrevocabili. Giove stesso, il padre degli dei,
era
sottomesso alla volontà del destino. Al dire di O
uesta cieca deità, erano le tre Parche, e al dire di Esiodo, la Notte
era
la madre di questo spaventoso dio, che essa aveva
nso compreso in questo vocabolo, poichè Diana, come dea della caccia,
era
soggetta a smarrirsi o a deviare, nell’inseguire
. Veniva comunemente venerata come dea della castità ; e questa virtù
era
in lei così tenace che cangiò Atteone in cervo pe
per visitarlo. Diana passava quasi tutti i suoi giorni alla caccia ed
era
sempre seguita da una muta di cani. I Satiri, le
isce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La biscia
era
l’animale a lei consagrato. Il famoso tempio di E
i consagrato. Il famoso tempio di Efeso tutto sfolgorante d’oro e che
era
ritenuto come una delle sette meraviglie del mond
uperbo monumento di simil genere, che fosse conosciuto in quei tempi,
era
destinato esclusivamente al suo culto. 1432. Dian
Britomarte ; è questa per altro un’opinione assai incerta. Dictinnia
era
anche uno dei soprannomi di Diana. 1440. Dictisio
fu ucciso da Piritoo. 1441. Didima. — Secondo l’opinione di Pindaro,
era
questo uno dei soprannomi dato a Diana, per esser
ll’isola di Didima — V. Didima — ; e secondo altri perchè questo Dio
era
ritenuto come autore del giorno e della luna. 144
ognato per impadronirsi dei suoi immensi tesori. « … …il qual Licheo
era
molto ricchissimo ed avea grandissimi tesori, de’
pultura, apparve pallida e sfigurata a Didone, le mostrò il luogo ove
era
stato trucidato ; le rivelò il nome dell’assassin
no dei quattro dei Lari o Penati. 1453. Dindima. — Al dire di Diodoro
era
questo il nome della madre di Cibele : essa fu mo
me ad Ulisse penetrò nella città di Troja, e ne tolse il Palladio che
era
la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo un
on questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla città di Nisa, ove
era
stato allevato, e dove aveva un tempio superbo, e
8. Dite. — Era uno dei soprannomi di Plutone, al quale si dava perchè
era
ritenuto come il dio delle ricchezze ; in greco l
egoria degli scritti berneschi. 1480. Ditteo. Nell’isola di Creta, vi
era
un antro chiamato Dite, ove la tradizione favolos
empo dopo la pace che seguì il famoso ratto delle Sabine. Questo nume
era
ritenuto come il dio della buona fede, ed è perci
nuto come il dio della buona fede, ed è perciò che presso gli antichi
era
così frequente l’uso di prestar giuramento per qu
Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell’ Epiro, presso la quale
era
una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di q
Epiro, nella selva di Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che
era
volontà di Giove, che in quel luogo sorgesse un o
e costruire a piè d’una quercia un’ara in onore di Giove, di cui ella
era
stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò ebbe origine
campo dei Greci ; ma sorpreso da Diomede e da Ulisse fu ucciso ; egli
era
figliuolo dell’araldo Eumede. 1493. Dolope. — Pop
se preso cura del tetto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire di Cicerone
era
questo il nome di un figliuolo dell’ Erebo e dell
del padre Anchise, uscisse dal sepolcro un enorme drago, il cui dorso
era
coperto di squame gialle e verdi, e che dopo aver
defunto. Drago d’Aulide. Un giorno mentre la flotta dei Greci
era
ancorata nel porto di Aulide, ed i guerrieri offr
’istesso drago che custodiva l’antro in cui Temi prediceva il futuro,
era
quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo ucc
ferno. V. Cerbero. Draghi Cerere. Il carro di questa dea
era
tirato da due draghi, a cui la tradizione mitolog
ria. — Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa
era
di una così severa castità, che fuggiva perfino l
va perfino la vista degli uomini. Anche nelle cerimonie del suo culto
era
espressamente proibito agli uomini d’intervenirvi
na pianta vicina, per divertire l’infante. Bacco, a cui quella pianta
era
consacrata, irritato contro Driope, la cangiò in
ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella corteccia dell’albero. Driope
era
anche il nome di un popolo dimorante nelle circos
loro sposi, meno che una sola volta l’anno, in un dato giorno. in cui
era
loro concesso, per qualche ora, di vivere sotto i
e, o capo supremo dei Druidi. L’autorità dei Druidi ed il loro potere
era
onnipossente : essi presiedevano alle cose dello
gi del paese, senza che il popolo avesse menomamente mormorato, tanto
era
grande il rispetto e la venerazione che si aveva
numero come di cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al quale
era
anche sacro, per la stessa ragione, il secondo me
vano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, egli
era
re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal
none ad un festino, nel palagio di Giove, essa, che fino a quel tempo
era
rimasta sterile, mangiò dei legumi salvatici, rim
un piede e cade, E del nettar celeste empie le strade. E perchè ella
era
in abito succinta Nella zona contraria in tutto a
cia e dello stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso
era
quello di Corinto, che avea il privilegio d’asilo
ntù, si dava questo soprannome a Bacco per indicare che la giovanezza
era
inseparabile da quel dio. La tradizione dell’anti
i Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel borgo dell’ Attica,
era
un tempio dedicato a Giove Ecale, ove in una data
dicea Diana, come dea che presiedeva alla buona salute ; e finalmente
era
detta Ecate, come la dea che presiedeva alla mort
alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore di Ecate, la quale
era
grandemente venerata in quella città. Durante il
o cento buoi. Coll’andare del tempo fu trovato che cotesto sacrifizio
era
di così forte spesa, che furono sostituiti ai buo
osa ci presenta come centimani. 1537. Ecatonfonie. — Presso i Messeni
era
costume che coloro i quali in guerra avessero ucc
chiamava così un tempio che Minerva aveva in Atene, la cui lunghezza
era
appunto di cento piedi. 1539. Ecdusie. — Venivano
one che le ispirava il guerriero greco, che essa aveva veduto, quando
era
regina, implorare a suoi piedi la sua protezione,
rlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuore della decaduta regina,
era
una trafittura mortale il vedersi schiava di quel
ocide, ebbe querela con uno sconosciuto e lo uccise. Quello incognito
era
Laio, suo padre ! Seguitando il suo viaggio, dopo
ge proponeva ai viandanti, e come Giocasta, la vedova regina di Tebe,
era
il premio serbato a colui che avesse risposto all
ati dall’orribile incesto, che sebbene compiuto ad insaputa di Edipo,
era
pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la cit
iccola borgata, vicina al tempio di Diana, la quale fin da quel tempo
era
venerata in quei luoghi ; e che poscia una coloni
acevano girare per la loro città la statua di Tiresia, che all’andare
era
vestito da uomo ed al ritorno da donna. Vedi Tir
re per essere particolarmente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea
era
anche il nome di una delle Amazzoni, la quale mor
isitata dal dio Nettuno. Poco tempo dopo, Egeo seppe da Etra che ella
era
incinta, e non dubitando che il nascituro fosse s
acciò per sempre la colpevole Medea. Però la nemica sorte di Egeo non
era
stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè
me allo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo
era
di oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo
combatteva coprendosi tutta la persona con uno scudo, o Egida, su cui
era
incisa la testa della Gorgone Medusa. Intorno ag
i fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ogni intorno incoronava, Ivi
era
la Contesa, ivi la Forza, Ivi l’atroce Inseguimen
ro — Iliade — Libro V trad. di V. Monti L’ Egida, o scudo di Giove,
era
ricoperta della pelle della capra Amaltea, che av
alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui
era
nato, in memoria della madre. Dopo qualche tempo,
io, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la quale
era
tenuta in conto della più bella donna de’suoi tem
qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui
era
sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue conc
to il nome di Danaidi. Danao però, ch’era tanto iniquo per quanto più
era
Egitto, acconsenti alle nozze, ma impose alle fig
tena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gelse more. Egla
era
anche il nome di una delle tre Esperidi, della ma
i entro in una caverna consacrata a Giove, (che secondo la tradizione
era
nato in quella) onde derubare il mele che una imm
per fulminarli, allorchè Teni Leparche, gli fecero osservare che non
era
conveniente farli morire in un luogo sacro come q
Egone non fosse minore del suo appetito, mentre ad un banchetto a cui
era
stato invitato mangio senza soffrirne ottanta foc
ttadino per nome Egone, questi venne all’istante proclamato re. Egone
era
similmente il nome di varii pastori dei quali per
oli mali di cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi costumi
era
stata cagione. Elena si chiamò pure una giovanett
lo la cessazione di una terribile pestilenza. Al momento in cui tutto
era
pronto pel sacrifizio, un’aquila rapì dall’altare
a regalato, senza di che sarebbe stato impossibile ferire Achille che
era
invulnerabile — V. Achille — quando Elena, vedova
gli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Ettore, che a lui
era
toccata in sorte come preda del bottino di guerra
nella presa di Troja. …… e fu ch’Eleno, figlio Di Priamo, re nostro,
era
a quel regno Di greche terre assunto, e che di Pi
scettro e del suo letto erede Troiano sposo, a la trojana Andromaca S’
era
congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad.
olide braccia e riconobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra
era
anche il nome di una delle figlie di Atlante e di
ente in una tempia, che gli produsse una morte istantanea. Elettrione
era
similmente il nome di una giovanetta che secondo
milmente il nome di una giovanetta che secondo la tradizione favolosa
era
figlia del Sole e della ninfa Rodi. Essendo morta
che sorgeva tra il monte Parnaso e il monte Citerone. Questa montagna
era
consacrata alle muse e ad Apollo, e si credeva ch
iuolo che la confortò a non affliggersi della sua morte, giacchè egli
era
stato trasportato in cielo ove quella flamma cono
imo tempio, esclusivamente dedicato al culto del Sole. In quel tempio
era
un oracolo i cui responsi venivano a chiedere gli
fletteva i raggi del sole, e collocata in modo che tutto il tempio ne
era
illuminato di una luce vivissima. Si narra nelle
he non occorreva recarsi di persona onde consultare l’oracolo, ma che
era
sufficiente scrivere la dimanda su di un pezzo di
nomati cronisti della favola. Pindaro ed Esiodo ripetono, che Saturno
era
il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con
. 1648. Ellera. — Questa pianta, che più comunemente si chiama edera,
era
consacrata a Bacco, perchè, secondo la tradizione
Odi — Lib. I. trad. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo,
era
questo il nome di una delle Arpie, figliuola di E
simi doni. L’opinione della potenza soprannaturale di questa divinità
era
estesa e divulgata per tutta l’Asia per modo che
a per tutta l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea
era
carico di ricchezze immense, mandandosi continuam
isti dell’antichità parlano di questa divinità, il cui nome primitivo
era
Malpadia, e che poi fu detta Emitea, dalla parola
Volgeva in sè : ma tacita soffriva Per l’orribil divieto ; e s’io non
era
Infranto mai non l’avrebbe ella. Alfieri. — Anti
. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, famoso per la sua bellezza,
era
nipote di Giove il quale, avendolo sorpreso un gi
e circostanze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che
era
opera di lui, e che veniva altamente pregiata. Eg
Elena fosse restituita al marito. Ma nei destini della Trojana gente
era
scritto altrimenti, e la guerra non tardò a scopp
— Libro V. — Trad. di V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il quale
era
violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di su
elle volanti Aste Nettuno, e glunto ove d’Enea E dell’inclito Achille
era
la pugna, Una subita nube intorno agli occhi Del
a erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogni altra famosa
era
da molti Eroi del Lazio e de l’Ausonia tutta Desi
Libro VII trad. di A. Caro. Però Turno re dei Rutoli, a cui Lavinia
era
stata promessa dal padre prima della venuta di En
ccordargli giorni più riposati, ma ben presto i Rutoli, nei quali non
era
ancora sopito il rancore per la morte del loro re
cconta ch’egli fu passionatamente amato dalla ninfa Tiro, della quale
era
nello stesso tempo innamorato Nettuno. Il dio per
del Dio Nettuno. 1687. Ennomo. — Così aveva nome uno degli Auguri che
era
ritenuto come uno dei più sapienti dell’Asia. La
le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale
era
scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. — Ant
medicinali delle piante. Avvenne intanto che Paride, al tempo in cui
era
ridotto alla condizione di pastore, dimorando sul
— Specie di divinazione che si faceva per mezzo di uno specchio ; ed
era
così detta dalla parola greca ευοπιρου ; che sign
icato. 1696. Enotoceti. — Nelle opere di Strabone si trova che questo
era
il nome di alcuni popoli selvaggi, orribilmente m
a ferir si diero. Era giovine l’uno, agile e destro In su le gambe ;
era
membruto e vasto L’altro, ma flacco in sui ginocc
o, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli fa menzione,
era
galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro
sea — Lib. X. Trad. di I. Pindemonte. 1703. Eona. — Presso i Fenicii
era
l’Eva della creazione ; ossia la prima donna del
moso cavallo di Troja. 1714. Epi. — Città della Grecia il cui governo
era
tenuto da Nestore, il quale condusse gran numero
per onorare Apollo gl’innalzarono un tempio all’istesso luogo ove si
era
fermata la statua, sotto la denominazione di Epid
meteo per aver questi fatta con la creta una figura umana e detto che
era
anch’egli un creatore, non avesse voluto vendicar
osò e che lo rese padre di Pirra. Vedendo però Giove che ad altro non
era
riuscito che a far felice Epimeteo lo mutò in una
ia. 1742. Epiponsia. — Soprannome data a Venere per indicare che essa
era
nata dalla spuma del mare. 1743. Episcafie. — Dal
lia e fermossi per qualche tempo nella città di Sicione di cui Corace
era
re. Quivi, profittando con grande avvedutezza e c
he si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo
era
permesso di assistere alle più segrete cerimonie,
eusino vi erano pero delle cerimonie talmente occulte, alle quali non
era
concesso neanche all’Epopte di assistere, concess
he in memoria di lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea
era
anche il nome di una città della Friotide, nella
mmino essi incontrarono un certo Ossilo, nativo dell’Etolia, il quale
era
guercio d’un occhio e faceva la sua strada montat
questo, nella lingua indigena, veniva chiamato Som ; in seguito egli
era
uno fra i dodici dei maggiori dell’antico Egitto,
Mercurio portò il neonato nell’Olimpo, e profittando del sonno in cui
era
immersa Giunone lo depose sul seno di lei. Giunon
gli apparvero due donne di grande statura di cui una bellissima, che
era
la Virtù, aveva il volto maestoso e pieno di dign
ignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed
era
rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, c
movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che
era
la Voluttà, di forme provocanti e marcate e vesti
entarlo in tal modo. Seguendo Apollonio, la sua clava fatta d’acciaio
era
un dono di Vulcano ; secondo altri scrittori era
lava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; secondo altri scrittori
era
un ramo d’olivo selvaggio. Pausania aggiunge che
ione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’
era
impadronito, avendo ucciso i suoi due nemici, si
sapprovata dagli dei. Seguendo la opinione di altri scrittori, Megara
era
già morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi f
quale non si accorda con quanto ne dice Sofocle, secondo cui Ercole,
era
già marito di Dejanira quando si presentò al comb
era già marito di Dejanira quando si presentò al combattimento di cui
era
premio la mano di Iole. Qualche tempo dopo, viagg
suoi colpi. Fu in questo combattimento che Ercole ferì Pluto ne, che
era
venuto in soccorso degli abitanti di Pilo. Da que
rono, da lui comandati, contro i Tesprodi ; avendo presa Efira di cui
era
re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di questo prin
n tempio al nume suo padre. Ercole andò in seguito ad Ormenio, di cui
era
re Amintore che egualmente Ercole uccise perchè s
rmenio, di cui era re Amintore che egualmente Ercole uccise perchè si
era
opposto al suo passaggio per i suoi stati, quantu
a ma non appena Ercole se ne fu rivestito, il veleno dell’idra di cui
era
impregnata, accese un fuoco divoratore nel sangue
le tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale si
era
come incollato sulle sue carni, per modo che ad o
ppiccato il fuoco, obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’
era
rivolto nelle sue più crudeli sofferenze. Non vi
al culto che a lui tributavano i popoli della Grecia. Questo culto si
era
necessariamente alterato, sia pel contatto delle
use, nell’ultimo giorno di giugno. In tutte queste solenni ricorrenze
era
espressamente proibito d’introdurre nel sacro cor
di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui
era
sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di
orto, secondo che gli aveva rivelato l’arte della negromanzia, in cui
era
famoso. Venuto per altro in certezza del tradimen
madre Date tre vite e tre corpi, e tre volte Meraviglia a contarlo :
era
mestiero Combatterlo e domarlo ; ed io tre volte
il figliuolo, prese le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto
era
anche il nome di una montagna nell’Arcadia, famos
tra l’Erinni dell’Italia ; e Virgilio dice lo stesso ad Elena. Erinni
era
anche il nome che in Sicilia si dava a Cerere, a
bellezza di lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta di quanto le
era
avvenuto, che andò a nascondersi in una caverna.
rirla, finchè il dio Pane entrando per caso nella caverna dove Cerere
era
nascosta, la riconobbe e andò immediatamente ad a
iuscirono a poteria rimuovere ; allorchè un pescatore di Eritrea, che
era
cieco, disse di essere stato avvertito in sogno,
a Arpocrate — V. Arpocrate — è eloquente quanto la parola facile, che
era
una delle qualità del dio Mercurio. 1799. Ermaten
ella parola di Menelao e senza por mente alle lagrime di Ermione, che
era
perdutamente innammorata di Oreste, la condusse s
o. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali
era
posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto il n
onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale
era
inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Eros.
mitologica, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope
era
figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racc
ensiero d’incendiare il tempio che Diana aveva in quella città, e che
era
una delle sette meraviglie del mondo. Vi sono alc
i quali pretendono che il suo vero nome fosse Erotostrato. Erostrato
era
anche il nome di un mercatante Nacraziano il qual
ra di colore nerastro, forse per indicare che la bianchezza di quella
era
stata oscurata dal veleno dell’invidia e della ge
a maniera particolare di fabbricare le are, consacrate al re dei muni
era
soprattutto comune nelle case dei principi. Il fi
Ersilia. — Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani :
era
figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpit
doravano in un’isola dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito,
era
quella di Rugen nel mar Baltico. Narrano le crona
a di Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in quell’isola vi
era
una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e ne
i grande venerazione. Il periodo di tempo che durava questa cerimonia
era
ritenuto come festivo ; il carro veniva accolto d
tone e avendo nella destra una bilancia. Esculano propriamente detto,
era
il padre del dio Argentino perché il rame e più a
gentino perché il rame e più antico dello argento. Anche per l’oro vi
era
una particolare divinità, e questa è la ragione p
uccidere l’infedele Coronide. Diana eseguì il comando e già Coronide
era
presso a morire, allorchè Apollo accorse per salv
te le circostanti campagne, corse la voce che un fanciullo miracoloso
era
nato, il quale guariva tutte le malattie e risusc
Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa di Glauco, il quale
era
gravemente infermo, vedesse un serpente che essen
trada che non avesse un tempio a lui sacro. Così il tempio di Cillene
era
fabbricato sul capo Ermino ; quello d’Epidauro s’
amico del popolo, e molti altri derivanti dai nomi dei luoghi in cui
era
venerato. Gli venivano sagrificati il gallo e le
della saggezza erano a lui consacrati, e soprattutto il serpente che
era
intimamente legato ai misteri del culto di questo
etre su cui è scolpita la sua immagine. Oltre a questo Esculapio ve n’
era
un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di
na, e che fu portato in Roma nell’anno 462 della sua fondazione e che
era
adorato sotto la figura di un serpente, statua ch
favolosa, e che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum,
era
figlio di Alcippe e di Arsinoe. 1828.Eseceste o E
ostro marino che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed
era
seguito nel suo pasaggio da una terribile pestile
sare tanto flagello. L’oracolo rispose che la cagione di tanto lutto,
era
la collera di Nettuno, il quale non si sarebbe pl
di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle
era
Aretusa, Egle ed Ipertuosa : alcuni scrittori ne
ne che aveano commesso un qualche misfatto ed i luoghi ove il delitto
era
stato consumato. Lo studio dei tempi dell’antichi
rlo doveva, senza profferir parola, conficcare nel terreno l’arme che
era
stata strumento del suo delitto. Se l’espiatore a
ione del re dei Lelegi. Allorchè il delitto non erasi consumato ma si
era
solamente stato in procinto di cedere ad una deli
mmer. Racine — Phèdre — Tragèdie Acte I, Scene III. Presso i romani
era
anche in vigore la cerimonia dell’espiazione, ma
ni espiazioni che troviamo ripetuta in tutti i cronisti della favola,
era
presso i romani quella che veniva solennizzata al
izî, giuochi, lettisternj, feste, e giorni di digiuno. Tutta la città
era
in lutto, le botteghe, i negozî e le officine chi
restabiliti per la espiazione della città di Roma. Una di queste date
era
il cinque di febbraio, nel qual giorno venivano i
ta anche Estia, figlia di Saturno e di Rea. Durante simili cerimonie,
era
espressamente proibito il trasporto di qualunque
La storia greca ci ammaestra, come il famoso stretto delle Termopili
era
posto su questa montagna. 1846. Età. — I cronisti
a la terra produceva, senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed
era
irrigata da fiumi di latte e di miele, che scorre
e ad istituire le cerimonie del loro culto. Per questa ragione, egli
era
riguardato come padre delle Grazie ; le quali anc
lla fortuna, si acquistò molta gloria e rinomanza nell’Argolide. Egli
era
di un disinteressamento a tutta prova, e aveva pe
remo formò da principio l’etere, quando ancora il resto dell’universo
era
tutto caos e notte. Secondo il citato scrittore,
a Fenice (uccello che si rinnova sempre, rinascente dalle sue ceneri)
era
il simbolo dell’immortalità : l’elefante, quella
ome, fu secondo la tradizione, una delle figlie del re Priamo. Etione
era
anche un nome dato di sovente dai pagani ai caval
eva come presagio di lieto augurio ; se erano rigettate la predizione
era
riguardata come malaugurata e funesta. 1857. Etol
atosi della figlia, l’avesse resa madre ; e che per conseguenza Teseo
era
figlio di Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di
e che si dava ad alcuni filosofi galli, la cui occupazione principale
era
lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. —
rono fra le nutrici di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone,
era
questo il nome di uno dei tre dei Dioscuri, conos
l’inclito Eumeo, di cui fra tutti D’Ulisse i miglior servi alcun non
era
. Che i beni del padron meglio guardasse. Omero —
l loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata di dieci anni ed
era
creditario nella famiglia. 1886. Eumolpo. — Disco
hità, su questo personaggio di origine egiziana. Secondo alcuni, egli
era
figlio del poeta Museo, e secondo altri di Orfeo.
ri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale
era
posata una cicala. I Locresi ritenevano per fermo
lla città di Tanagra, posta sulla sponda del fiume Asopo in Acaja, vi
era
un tempio eretto ad una divinità chiamata Eunosta
. Essendo espressamente vietato alle donne di entrare in quel tempio,
era
generale credenza che tutte le volte che una pubb
le volte che una pubblica calamità affliggeva la città di Tanagra, n’
era
causa la violazione di questa legge. Si facevano
a antica ci ammaestra che nelle circostanze della città di Napoli, vi
era
una montagna chiamata Euploca sulla quale Venere
Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale
era
anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella d
a di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non
era
soggetta nè alla vecchiezza nè alla morte. Similm
o giovane guerriero, e che fu causa della morte di entrambi. Eurïalo
era
seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l
eme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio di Troja, ed
era
simile agli dei. ….e il somigliante a nume Euria
ito per non abbandonarlo più mai, si rivolse a guardarla, ma Euridice
era
scomparsa. Allora fu che Orfeo, ripieno l’animo d
e ad interrogare nuovamente l’oracolo, ma questo rispose che Euridice
era
morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe rivedut
corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua
era
legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non
pubblici e privati sacrifizii. 1903. Eurinomo. — Al dire di Pausania
era
uno degli dei infernali. Questa truce divinità, s
ione favolosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi
era
una sua statua, che la rappresentava seduta su di
, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale
era
rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulcano,
nto ; e che in quel luogo egli avesse dovuto deporre la cassa che gli
era
stata tanto fatale. Ubbidiente alla voce dell’ora
tone un tripode di rame ; e in conseguenza di ciò il tritone, che non
era
altro che Euripile, staccò dal carro di Nettuno u
e di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli
era
uno dei più belli principi dei suoi tempi e coman
aura di lui che non osava presentarsi mai alla sua presenza, e che sì
era
fatto fabbricare una botte di bronzo per nasconde
σερυου petto. Nella città di Ege in Acaja, essa aveva un tempio, che
era
il più antico della Grecia, e nel quale era adora
essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale
era
adorata sotto questo nome. La sacerdotessa che ve
. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa
era
di una bellezza incantevole, e avea la pelle così
chiamava Eurota un altro fiume del Peloponneso, il cui nome primitivo
era
Imero. Essendo i Lacedemoni in guerra con gli Ate
edenza dei suoi soldati e poco curante dei fulmini e dei lampi di che
era
il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in or
tasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale
era
preparato il rogo, e quando le fiamme ardevano l’
cronaca che Evandro, accolse nella sua casa Ercole, senza sapere che
era
figlio di Giove : ma appena venne in conoscenza d
con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo,
era
questo il nome di una delle cinquanta Nereidi. 19
o, sebbene impresse tutte dello stesso carattere. La prima Evocazione
era
quella che si praticava per chiamare gli dei, qua
loro presenza : e quando il pericolo per cui si evocavano le divinità
era
cessato, si cantavano degli altri inni, specie di
a tradizione, incenerito egli stesso. La seconda specie di Evocazione
era
quella che i pagani praticavano per evocare gli d
a Romana — Lib. V. trad. di F. Nardi. Finalmente la terza Evocazione
era
quella che si faceva per evocare le anime dei mor
vocazione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed
era
di tutte la più solenne e la più frequentemente a
mento lugubre e solenne. Ai tempi di Omero l’evocazione dei morti non
era
ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non pi
l’evocazione dei morti non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi
era
non piccolo numero di persone, che facevano pubbl
nche Luperci. In Roma essi erano divisi in due collegi, uno dei quali
era
detto dei Quintiliani, e l’altro dei Fabiani. 192
forse alla laidezza dei suoi costumi. 1932. Falce. — Questo strumento
era
l’attributo principale che i pagani davano a Satu
fatto, dicendo che egli aveva male gli occhi in così triste modo, che
era
quasi interamente cieco. Un giorno il dio di Epid
pio, e rimandò Anite con un dono di duemila monete d’oro, secondo che
era
scritto nella lettera di cui ella era stata porta
emila monete d’oro, secondo che era scritto nella lettera di cui ella
era
stata portatrice. 1934. Falliche. — Venivano così
nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali feste
era
dovuta ad un tale Pegaso nativo della città di El
o il mezzo onde far cessare il flagello. L’oracolo rispose che quella
era
conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato contr
. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome di fanatico
era
preso in mala parte ritenendosi in generale i fan
ava questo nome ad Apollo nel significato di colui che dà la luce. Vi
era
anche un promontorio nell’isola di Chio, al quale
per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che
era
padrone di una nave. Narra la tradizione, che Ven
so dall’oltraggiato marito. 1945. Fare. — Nella contrada di Acaja, vi
era
una città conosciuta sotto questo nome, e celebre
avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio
era
tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran b
sognava sottomettersi a numerose e dettagliate cerimonie ; imperocchè
era
mestieri dapprima pregare in ginocchio la dea, po
a del fato estremo della città Priamea. La prima di codeste fatalità,
era
quella la quale imponeva che i greci non si sareb
ome tutte le altre, nasceva da una antica tradizione secondo la quale
era
detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbricare
frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filottete, che
era
stato dai greci abbandonato nell’isola di Lemnos.
bili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte
era
quella che voleva si togliesse ai Trojani il Pall
ronitisi dei famosi destieri li condussero seco loro. In quinto luogo
era
mestieri che Troilo, figlio di Priamo fosse morto
to Teleso, figliuolo, di Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe
era
non solo amico ed alleato dei trojani, ma legato
ei campestri in generale, e dei silvani e fauni in particolare. Fatua
era
anche un soprannome della Buona Dea. V. Buone Dea
nnome della Buona Dea. V. Buone Dea. 1952. Fatuel — Al dire di Servio
era
questo il nome che si dava ad un Fauno, Il quale
ella filosofia. Le favole morali si dicevano quelle la cui invenzione
era
dovuta alla necessità di dettare quei precetti di
i cronisti che si è addentrato nei più remoti recessi dell’antichità,
era
il Favore figlio della bellezza, seguace della fo
uesto nome alla moglie del dio Fauno la quale, secondo la tradizione,
era
di una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò
e, e riceveva i sacrifizii in certi luoghi appartati e remoti ove non
era
permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo di q
o VII. Trad. di A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegliarsi
era
ritenuto dai pagani come rivelazione dei voleri d
bambini allattati da una lupa. Sorpreso da tale fatto, e convinto che
era
quella una rivelazione divina, portò con se i due
cidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli
era
avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il vasce
ni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui
era
detto che Nettuno odiava i Feacidi per essere que
iunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa
era
onorata con un culto particolare. 1969. Februali
ori della favola, su questa divinità ; imperocchè, Macrobio, dice che
era
un dio particolare, che presiedeva alle purificaz
ione dai primitivi abitatori della Grecia, presso i quali però questa
era
una dea, perchè la parola Febris in latino è di g
ei contratti. Presso i romani un giuramento fatto per la dea Fedeltà,
era
ritenuto come il più sacro ed inviolabile. Numa f
ra ogni sforzo per vincere da principio la funesta passione che le si
era
accesa nel sangue, ma non riuscì che a renderla v
mente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della quale
era
re Peleo, padre di Achille, che lo accolse con og
anni, prima della venuta di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide
era
dotata della qualità di predire l’avvenire e dopo
este, cerimonie e sacrifizi d’ogni sorte. Nel periodo delle Ferie non
era
permesso alcuna specie di lavoro. Vi erano differ
nte il loro periodo fu fissato a quattro giorni ; durante i quali non
era
permesso neanche di dichiarare la guerra. 1989. F
io, fu da Venere adibito alla custodia d’uno dei suoi tempii. Fetonte
era
similmente il nome di quel famoso figliuolo del S
uto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli che egli non
era
, come se ne dava vanto, figliuolo del Sole. Feton
adre avesse inteso la verità. Il giovanetto narrò al padre quanto gli
era
avvenuto, e lo supplicò a non negargli una grazia
olo di Giove. Come che sia il dio Fidio aveva molti templi in Roma ed
era
venerato con generali divozioni. 2000. Fidolao. —
com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egli
era
scolpito insieme alla sua cavalla. 2001. Figliuol
erano ritenuti come figliuoli della terra tutti coloro la cui origine
era
sconosciuta, così per esempio, i giganti che dett
ndere un qualche scandaloso commercio, faceva sparger voce che un dio
era
il padre di quel frutto della colpa : così Ercole
one alla quale si rapportano le cronache di Pausania, dice che questo
era
il nome d’un cittadino di Delfo, il quale al temp
foglie inumidite, come se fossero bagnate e che quell’umore altro non
era
se non le lagrime della disgraziata Fillide, mort
capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto
era
avvenuto, non si perdette in inutili lamenti, ma
o, che si celebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella quale
era
permesso alle donne di correre sole a traverso i
do piegarlo alle sue voglie, si appiccasse per disperazione. Filonome
era
similmente chiamata una figliuola di Nittimo e de
, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino di Troja
era
scritto, che essi non si sarebbero impadroniti de
modo conoscere agli uomini questa pianta, il cui prezioso frutto non
era
servito, prima di quella epoca che al banchetto d
esteso in tutte le città e le borgate dell’Egitto, il fiume Nilo che
era
uno dei più venerati numi della loro religione ;
delle medaglie, su cui erano incise le parole Deus Rhenus ; il Paniso
era
una della principali divinità dei Messeni, i qual
lo simulacri ed altari, ma perfino un oracolo, e finalmente il Tevere
era
una delle divinità pro tettrici della Roma pagana
fonte, che bolle, e riversa Per un fossato che da lei diriva. L’acqua
era
buia molto più che persa : E noi in compagnia del
i essi prendeva la sua denominazione individuale dalla divinità a cui
era
consacrato : così il flamine di Quirino si chiama
ini, scelti fra i più cospicui personaggi del senato romano : l’altro
era
composto di-dodici individui scelti fra il popolo
il secondo quello dei Flamini minori. Però ognuno di questi sacerdoti
era
addetto ad un dio particolare. I Flamini godevano
dei minori si faceva per votazione dal popolo. La dignità di Flamine
era
a perpetuità, vale a dire che essa durava quanto
2027. Flamine Diale. — Ossia Flamine di Giove. Questo sommo sacerdote
era
presso i romani tenuto in grande venerazione e on
ei pubblici giuochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi
era
di bosso o di argento. Tanto presso i gréci quant
’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un di fiume intorno : Ed
era
il fiume il negro Flegetonte Ch’ al Tartaro con s
Caro 2032. Flegiani. — Secondo asserisce la tradizione mitologica,
era
questo : il nome di un popolo composto tutto di u
tto in altri brani del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio
era
questo il nome di una dei cavalli del Sole e prop
— Lettres XLIX a Emilie sur la Mythologie. Il culto della dea Flora
era
in pieno vigore presso i Sabini, molti anni prima
to che riporteremo qui appresso. Una cortigiana il cui primitivo nome
era
Larenzia e che poi si fece chiamare Flora, aveva
volte sospesi, ma poi rimessi in vigore sopra tutto quando la terra,
era
minaccinta di siccità, o secondo altri perchè i l
a. Durante il banchetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che
era
di proprietà di altri centauri, questi si opposer
, liberando così quelle contrade. 2043. Forco. — Detto anche Forcide,
era
al dire di Esiodo, figliuolo della Terra e del Ma
itologico-favolosa. La parte storica di questa allegoria, è che Forco
era
un re della Corsica, il quale sconfitto in un com
questa dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città di Egina, vi
era
una statua della Fortuna, in cui essa veniva effi
Pindaro — Ode VIII trad. da G. Borghi. Presso i popoli Fareati, vi
era
un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e
cui essa è la dispensatrice. Il culto della Fortuna presso i romani,
era
stato trasmesso dai greci ; e il primo dei sovran
sato, Forò la pelle e quelle dure squame, Onde il mostro crudel tutto
era
armato : E cosi Febo quella ingorda fame Spense,
, Seneca è quello che fa menzione della dea Fulgora, dicendo che essa
era
una dea vedova. A ciò solo si limitano le delucid
— Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Presso i pagani, il Fulmine,
era
il contrassegno della suprema autorità ed è appun
i. Al dire di Pausania, la principale divinità dell’ antica Seleucia,
era
il fulmine, che veniva onorato con un culto parti
Giunone di Argo aveva lo stesso potere. Presso i pagani i luoghi dove
era
caduto il fulmine, erano ritenuti come sacri e vi
ato generalmente a Giove. Plinio nella sua storia naturale, dice, che
era
per fino proibito di abbruciare il cadavere di un
anti — tragedia trad. di F. Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani
era
assai in uso una specie di divinazione chiamata C
le divinità del paganesimo, il Fuoco, fu quella il culto della quale
era
esteso a tutti i popoli della terra. Essendo il f
odoriferi e preziose essenze, e profumi d’ ogni maniera, la qual cosa
era
ritenuta dai persiani come il più alto privilegio
come il più alto privilegio della nobiltà. Allorquando un re persiano
era
moribondo, il fuoco veniva spento in tutte le pri
stata fatta la coronazione del novello signore. Comune ed estesissima
era
la credenza dei persiani, che il fuoco fosse stat
rimo tempio che Zoroastro innalzò nella città di Xis nella Media ; ed
era
tanta la venerazione che quei popoli avevano per
oranza, fomentata presso i pagani dalla impostura dei loro sacerdoti,
era
comune alla Grecia, ove si credeva che nel tempio
e come sacerdotesse della vendetta degl’ immortali. Il loro ministero
era
quello di punire i delitti e le colpe degli uomin
do asserisce Euripide, il rispetto che i pagani avevano per le Furie,
era
cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle
to. Nella contrada di Acaja, e propriamente nella città di Corina, vi
era
un altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel
radizione mitologica ripete, che questo tempio delle Furie in Corina,
era
così fatale ai colpevoli, che appena essi entrava
rione di Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina, del quale
era
custode un sacerdote eletto fra i quindici flamin
amini del popolo chiamato Flamen furinalis. Vicino a questo tempio vi
era
un bosco consacrato alla dea, e nel quale, second
endole, con i controsegni della più viva gioia, che la sua padrona si
era
sgravata. All’ annunzio inatteso Giunone si alzò
ea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed
era
anche per questa, che gli eroi avevano accesso in
avevano accesso in cielo. Al dire del citato scrittore, la via lattea
era
fiancheggiata dalle dimore degli dei più potenti.
tosi Polifemo della presenza del suo rivale e fatto conscio di quanto
era
avvenuto fra i due amanti, mentre egli cantava, r
sorelle. Lo persegue il Ciclope, ed abbrancata Una roccia che parte
era
del monte, La scagliava divelta, e benchè il mass
Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando
era
incinta di questo bambino, consultò gl’indovini G
dire di Plutarco, ne venne il grande disprezzo in cui, generalmente,
era
tenuta la poesia degli oracoli. Cicerone aggiunge
era saggezza non si lascia mai sorprendere dal sonno. Presso i pagani
era
comune l’ uso di sacrificare questo animale agli
co V. Ati. Da ciò i sacerdoti galli erano tutti eunuchi : almeno tal’
era
la credenza dei pagani. Si chiamò finalmente Gall
onnubio contratto in quel periodo di tempo. Da ciò il mese di Gennajo
era
detto, dagli Ateniesi, Gamelione. 2083. Gamelie.
e fine quando Troja cadde dopo il famoso assedio. Ganimede o Genimede
era
similmente il soprannome della dea Ebe, la quale
similmente il soprannome della dea Ebe, la quale al dire di Pausania,
era
adorata sotto questa denominazione nella cittadel
ta Pausania, il quale riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi
era
un certo numero di statue, che ne riproduceva l’i
scrittori, i quali però tutti si accordano nel convenire che geniali
era
il nome collettivo degli dei che presiedevano all
. Il sacrifizio più comune che i romani offerivano a questa divinità,
era
un cane : a somiglianza di ciò che praticavano i
ettrici delle partorienti e dei neonati. 2103. Gennajo. — Questo mese
era
presso i pagani consacrato al Dio Giano, perchè a
uantità di grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città di Gerania
era
il punto di ritrovo di questi volatili, allorquan
Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire di qualche autore,
era
la stessa che Cerere o la Terra. E questa per alt
cui si dava il nome di Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che
era
una delle isole Sporadi, si celebravano dai greci
ito di lui un fatto altrettanto doloroso per quanto poetico. Giacinto
era
così passionatamente amato da Apollo, che questi
bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di cui
era
stato l’amico. Apollo pazzo di dolore, e rimprove
e del morto spuntò un fiore del color della porpora, sulle cui foglie
era
impresso un doppio Ahi ! Voce che anche oggidì
se così cagionata la morte. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo,
era
questo il nome di una delle tante ninfe Nereidi.
due famiglie, una detta de’Giamidi, e l’altra dei Clitidi, alle quali
era
devoluto, per diritto ereditario, di servire alle
a Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico fra i re dell’Italia ;
era
originario della Grecia e propriamente della citt
fatto responso, s’imbattè per via in un fanciullo chiamato Giano, che
era
appunto il figliuolo che Creuse aveva avuto dai s
ù remoti tempi rappresentato Giano, per dinotare che la potenza reale
era
divisa fra questi due principi e che essi tenevan
urno come dio della Pace, considerando che il regno di questo dio non
era
stato turbato da alcuna guerra. Coll’andare degli
aperto in tempo di guerra e chiuso in pace. Al dire di Ovidio, Giano
era
ritenuto anche dagli antichi come il Caos. La pr
amorf. — Libro IX Favola X, trad. del Cav. ermolao federico. Giante
era
similmente il nome di una delle ninfe Nereidi. 21
licità, di cui avrebbero goduto in tutto il corso dell’anno. Gianuale
era
similmente il nome di una delle porte di Roma, la
veuire Alla porta, la qual punta da i morsi D’invidia, Giuno accorsa
era
ad aprire. Lo, perchè un troppo osar saria l’op
del suo amatissimo genitore già vecchio ed infermo. Comparso intanto
era
a la cura lapi D’Iaso il figilo, sovr’ogni altro
te. Siccome Giasione perfeziono di molte l’agricoltura, di cui Cerere
era
la dea, così la tradizione favolosa, narra che eg
ipe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima gli
era
stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti an
pretendere dall’usurprtore Pelia, la restituzione di quel diadema che
era
paterno ed esclusivo retaggio del giovanetto. Gia
io valse a conciliargli le simpatie degli abitanti di Jolco, ai quali
era
già in odio il ferreo giogo dell’usurpatore. Inta
spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone
era
in quella età in cui si cerca avidamente la glori
e Medea, figlia di Aete, si fosse innamorata di Giasone, ond’ella che
era
già, sebbene giovanetta, una famosa maga, avesse
esta prima parte della sua colossale impresa, Giasone si reco là dove
era
rinchiuso il famoso ariete dal vello d’oro, alla
onde pretendere da lui la restituzione del trono paterno, che ora gli
era
doppiamente dovuto, sia per essere suo retaggio,
evano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera
era
anche il nome di una delle Nereidi. 2140. Gierace
to. Altri scrittori pretendono similmente che ai sacerdoti Gierofanti
era
inibito solamente il passare a seconde nozze ; e
ro gigantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli,
era
di una colossale sia tura. Turno infra’primi, di
inalmente fu rinvenuto un cadavere nell’isola di Lemnos, la cui testa
era
di tale grandezza che per riempirla di acqua biso
e, secondo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e che
era
la più grande da essi adoperata. Al dire del cron
ad Atene fu rinvenuto un sepolcro, lungo cento cubiti, entro il quale
era
stato deposto il corpo del gigante Macrofiride. P
corpo di un gigante seduto, il quale si appoggiava ad un bastone che
era
un albero di nave ; e che appena toccato si ridus
condo il cronista Fazello, questo cadavere di cui parla il Boccaccio,
era
quello di un gigante ucciso da Ercole, e che si c
i suoi fratelli in un cupo antro, ove regnava perpetua la notte. Gige
era
anche il nome di un pastore del re di Lidia per n
ge prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che
era
solcata la terra, e posto ad esecuzione il suo au
nterno della mano, egli diveniva invisibile ; mentre quando la pietra
era
al di fuori, rimaneva nello stato normale. Non ap
o uomo più felice di lui, al che l’oracolo rispose che un certo Aglao
era
assai più fortunato. Plinio, nella sua storia Nat
ù fortunato. Plinio, nella sua storia Naturale, dice che questo Aglao
era
un modesto pastore, che viveva lavorando il suo c
l’asta, il salto ed il pugillato. Fra tutti questi esercizii la corsa
era
quella ritenuta in più considerazione ; sopratutt
davano in piedi. Per contrario il pugillato, eseguito dai gladiatori,
era
fra gli esercizi Ginnici il meno stimato. Questi
sacrifizi delle feste in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo,
era
questa una specie di danza bacchica, durante la q
e di Tebe. Per volere inevitabile del destino fu moglie di Edipo, che
era
nell’istesso tempo suo figlio D’Edippo io moglie
Al dire di Sofocle, Giocasta appena scoperto il fatale mistero in cui
era
avvolto il suo incesto, si appiccò per disperazio
io Aquinio, onde rispondere alle domande. L’indovino rispose che tale
era
la volontà degli dei, i quali erano sdegnati cont
to amiche e delle belle imprese. MONTI — La Musogonia — Canto. Giove
era
ritenuto dai pagani come il padre degli dei e deg
te raffigurato nella suddetta maniera, perchè il trono sul quale egli
era
seduto, dimostrava la stabilità del suo potere :
l’aver egli la parte superiore del corpo denudata, significa ch’egli
era
visibile alle intelligenze : la parte inferiore r
e finalmente l’aquila, che con le ali spiegate riposa a’ suoi piedi,
era
l’emblema della supremazia di Giove, su tutti gli
ni più solide e generalmente adottate presso i primi, Giove altro non
era
se non la divina personificazione dell’ Etere, os
ico scrittore sopra cennato, ripete che dei due Giovi d’ Arcadia, uno
era
antico quanto il mondo, e nato da ignoti genitori
erisce lo scrittore Diodoro, l’idea di questo giudizio dopo la morte,
era
stata dagli Egiziani trasmessa ai Greci. 2167. Gi
la cerimonia nuziale, si metteva per poco sopra gli sposi. In Roma vi
era
una piccola strada in mezzo alla quale sorgeva un
perchè queste in latino si chiamano juga. 2170. Giugno — Questo mese
era
presso i pagani consacrato a Mercurio, il quale n
— Questo mese era presso i pagani consacrato a Mercurio, il quale ne
era
in pari tempo la divinità tutelare. Secondo rifer
ifra incalcolabile V. Ercole, Europa, Jo, Semele ecc. Presso i pagani
era
generale credenza, che Giunone odiasse tutte le d
unone. In Grecia stessa, e propriamente vicino alla città di Argo, vi
era
una fonte chiamata Canatosa, e secondo altri Cana
nte chiamata Canatosa, e secondo altri Canata — V. Canatosa, la quale
era
consacrata a Giunone, perchè si riteneva che la d
vano i poteri e le attribuzioni di Giunone ; ma essa nel culto pagano
era
ritenuta ancora come la dea che presiedeva ai mat
a sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone
era
uno dei più estesi e solenni di tutto il paganesi
a maestà. Essa non veniva onorata in Europa soltanto, ma il suo culto
era
penetrato in Asia, nell’impero di Cartagine, in E
re informi ; e che da principio anche la statua della Giunone d’Argo,
era
una semplice colonna ; e non fu che allorquando l
apavero, il dittamo ed il granato ; e l’animale che le si sacrificava
era
l’agnella ; mentre il primo giorno d’ogni mese, s
ntità di appellativi e soprannomi ; alcuni dai nomi dei luoghi in cui
era
adorata, ed altri moltissimi da qualche suo attri
donne giuravano comunemente per la loro Giunone, e questo giuramento
era
ritenuto come sacro. 2174. Giunonie — Feste parti
a uncella Quattro tauri estimata, e che di molti Bei lavori donneschi
era
perita. Rizzossi Achille e a quegli eroi rivolto
evano moltiplici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune
era
quella di giurare per Giove Pietra — Deum Lapidem
m — Gli dei stessi giuravano per le acque stigie, e questo giuramento
era
ritenuto come inviolabile o sacro. Giove presiede
me per una cosa completamente ad essi contraria ; e che quindi questo
era
ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al di
di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato. Presso i romani
era
anche comunissimo l’uso di giurare per gli dei e
per i loro genii V. Giunoni. Sotto il governo degl’imperatori romani,
era
comunissimo il giuramento per l’imperatore regnan
i dell’antichità i quali asseriscono che in Roma la dea chiamata Temi
era
diversa dalla giustizia. Scrive Anlo Gellio che
o. Infatti le cronache dell’antichità, ci rivelano che nel Lazio, vi
era
una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce n
a, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna
era
anche il nome di un’altra divinità, che i romani
nta — Dea della gioventù V. Gioventù. 2181. Gladiatore — Antichissimo
era
presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionier
olosa, dice che Glauco, avendo fatto troppo e frequente uso di miele,
era
presso a morte per anemia ; e che un famoso medic
narra di questo Glauco, uno strano avvenimento ; dicendo che egli che
era
un famoso pescatore della città di Antedone in Be
io Dal natural diverso il cor rapito. Nè restarmi potei, là dove io m’
era
. E, terra, dissi, sovra cui per sempre Ilo di pos
uali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città di Antedone, vi
era
uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sott
cingevano al combattimento, allorchè Diomede avendo saputo che Glauco
era
nipote di Bellorofonte, la cui famiglia era sacra
avendo saputo che Glauco era nipote di Bellorofonte, la cui famiglia
era
sacra all’eroe greco per dritto d’ospitalità, dep
io nei giuochi Ginnici. Narra la tradizione che un giorno, mentr’egli
era
ancora giovanissimo, suo padre lo vide accomodare
Il padre del fameso Mida, re di Frigia, aveva un carro, il cui giogo
era
legato al timone per mezzo di un nodo di così int
per mezzo di un nodo di così intrigato e difficile magistero che non
era
possibile, non solo di scioglierlo, ma di compren
logiche narrano uno strano avvenimento. Durante la sua gioventù, egli
era
stato niente altro che un povero lavoratore, ricc
uali, secondo asserisce il cronista Arriano, l’arte della divinazione
era
così naturale, che perfino le loro donne e i loro
, Gordio le palesò il motivo del suo viaggio, e quella fanciulla, che
era
della schiatta degli indovini, gli rispose che do
di cui si servivano a vicenda l’una dopo l’altra. La loro capellatura
era
formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; e
esto restasse all’istante pietrificato. Virgilio asserisce che Medusa
era
la loro regina e che quando questa fu disfatta V.
avano gorgone un animale che so migliava ad una pecora ; il cui alito
era
così velenoso, che uccideva all’istante tutti col
maliare con uno sguardo. L’impressione che produceva la loro bellezza
era
così istantanea, che fu detto caugiassero in piet
e, ma dopo molta fatica non potè prenderne che due sole, il cui corpo
era
tutto coperto di foltissimi e lunghi crini. Il ci
che si dava a Pallade Minerva, perchè essa portava, uno seudo, su cui
era
impressa una testa della Gorgone Medusa. 2195. Go
amente la moglie sua, ed essendo già iu età molto avanzata, pensò che
era
meglio sacrificare la propria vita a quella della
ero, in atto di marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Roma vi
era
un tempio dedicato a Marte Gradivo. V. Quirino. 2
di Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui nome particolare
era
Enio e Pefredo. La tradizione mitologica, a cui s
01. Grazie — Fra l’estesissimo numero delle divinità pagane, non ve n’
era
alcuna che come queste tre sorelle riunite insiem
o, può nascondere un’anima ricca delle più amabili virtù. Estesissimo
era
, come dicemmo, il numero dei templi o degli altar
ali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni di che
era
costume accompagnare le offerte alla divinità ; e
a, e nulla cosa è bella. Monti — La Musogonia — Canto. La primavera
era
la stagione consacrata alle Grazie ed a Venere, l
itologia fa del continuo menzione. Secondo la cronaca, questo animale
era
nel fisico un misto del leone e dell’aquila ; ave
istessero davvero nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi
era
una miniera di oro, custodita dai Grifoni. Questa
. — Uccello dei cattivi presagi, e che, come simbolo della vigilanza,
era
consacrato a Minerva. Fè nel suo tetto un solita
em. — I popoli drusi davano codesto nome al loro dio incarnato. Hakem
era
presso quei popoli l’identica idea di quello che
si dava questo nome alla divinità che rappresentava il dio supremo :
era
lo stesso che il Giove dei greci e dei romani. 22
o anche Guleo, dio della morte e della suprema felicità : almeno così
era
ritenuto ed adorato da tutti gl’isolani dell’arci
giorno dei beati. 2221. Hnossa o Hnòss. — Nella mitologia scandinava,
era
la dea della Perfezione, figlia di Odur e di Frej
Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal
era
una grande statua di pietra, la quale veniva circ
veniva circondata da altre 360 statue più piccole, ognuna delle quali
era
consacrata ad un giorno dell’anno. Hobal veniva r
camente i sette giorni della settimana. Finalmente la statua di Hobal
era
deposta nella Caaba, tempio maggiore della Mecca,
un novilunio fosse nato Epicuro. Nella celebrazione di queste feste,
era
costume di adornare le case, e di portare in proc
a una statua, che poi fece mettere nello stesso luogo, ove Penelope s’
era
pudicamente velata la fronte. V. Penelope. 2229.
ele rode in modo da cagionargli la morte. Presso i pagani l’Icneumone
era
consacrato a Lucina ed a Latona. 2233. Icziomanzi
egli dei, quella che insegnò agli uomini un così utile ritrovato. Ida
era
anche un’altra montagna nell’Asia minore, ai pied
ndo la tradizione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro,
era
questa una delle più alte montagne dell’Ellespont
nto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo di questa montagna
era
scavato un antro ove, si vuole, che Paride avesse
he Paride avesse pronunciato il suo famoso giudizio. — V. Paride. Ida
era
similmente una ninfa dell’isola di Creta, la qual
e con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove. Ida finalmente
era
il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia
235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la quale
era
consacrata a Venere. La tradizione a cui si attie
domeneo. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che
era
re di Creta condusse all’assedio di Troja un’arma
a, ma nella traversata, assalita la sua nave da una furiosa tempesta,
era
prossima a far naufragio. Spaventato dal pericolo
gliuolo, l’unico suo figliuolo, il quale avvisato dell’arrivo del re,
era
corso con trasporto d’amore, a dare al padre dile
co. 2243. Idotea. — Una delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea
era
anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 224
Idra di Lerna. — Secondo riferisce Esiodo, questo spaventevole mostro
era
nato da Tifone e da Echidna. La tradizione mitolo
iatamente applicato il fuoco sulla ferita. Il veleno di questo mostro
era
così terribile, che una sola goccia di esso, appl
a conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un filo, a cui
era
attaccato un anello, e facendo che questo anello
, secondo la tradizione, che adopero sempre Numa Pompilio. La seconda
era
in grande estimazione presso i greci, ed è scritt
e pure nome una giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalmente
era
il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’
uale si attiene Ovidio stesso, nelle sue Metamorfosi, ripete che ella
era
nata femmina e che al momento di contrar matrimon
rgevano ostacoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile
era
quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vig
esenta da principio atterrita alla vista del terribile destino che le
era
preparato ; implorar grazia dal padre, e porre tu
il sacrifizio della propria figlia ; respinse il soccorso che Achille
era
pronto a portarle ; preparò ella stessa l’altare
esso Clitennestra, alla quale consegnò una lettera falsificata in cui
era
scritto, contraffacendo la scrittura del re, di l
u fatta sacerdotessa del tempio, e dove per doveri della sua carica l’
era
imposto d’iniziare le vittime umane, che doveano
del luogo, e di prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto di ucciderie
era
destinato ad altre mani. Così Ifigenia trascorse
one si sono trovate moltissime statue della dea della sanità ; perchè
era
costume assai generalizzato, soprattutto fra i ri
sue imprecazioni. Ilio informato del funesto errore, in cui Deianira
era
caduta ad istigazione del perverso Centauro, scus
dei Pelopidi, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se
era
vinto, gli Eraclidi non avrebbero potuto entrare
orsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto
era
necessario alla spedizione, la quale andò coronat
e in quello di Eurola, per una consimile congiuntura V. Eurota. Imero
era
anche il nome di un dio dei desiderii, che i paga
uccello, propriamente la pernice, che nòn sappiamo per quale ragione
era
ritenuto presso i pagani come un animale senza pu
ano del fuoco. Oltre a queste principali specie di divinazione, ve ne
era
un altro larghissimo numero, i cui vocaboli abbia
i campi Elisi, l’Olimpo, abituale dimora degli dei, e il Tartaro, ove
era
la reggia di Plutone. Al dire dei filosofi dell’a
la reggia di Plutone. Al dire dei filosofi dell’antichità, l’inferno
era
egualmente distante da tutti i luoghi della terra
ttiene Strabone nelle sue opere, la strada che conduceva all’Inferno,
era
brevissima, ond’è che i concittadini del celebre
Questi però si sottrassero, con una precipitosa fuga, al destino che
era
loro riserbato ; ma, Elle morì nel traversare il
facevano con la scure. Alcuni autori ripetono, che la dea Intercidona
era
onorata anche come la protettrice delle donne gra
carico di esaminare le viscere delle vittime, svenate nei sacrificii,
era
esclusivamente devoluto ai sacerdoti Aruspici, ch
uelle, i presagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che
era
questa una delle più forti mattezze, che la super
Sorpresa Giunone a veder la terra coperta di tenebre, mentre il cielo
era
sereno, scese subito sulla terra, in preda a gelo
esso non potè fare a meno di ammirarla, e fingendo di ignorare quanto
era
avvenuto, dimandò a Giove di chi fosse quella gio
a Prometeo legato, fa che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli
era
incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io la du
dotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api, il quale
era
soprannominato Giove ; e che ingelosita la regina
lla presenza degli dei ; poichè la opinione generale presso i pagani,
era
che gli dei si rivelassero agl’uomini, o per mezz
presenza, col compimento di qualche prodigio. Dionigi d’Alicarnasso,
era
talmente persuaso della manifestazione degli dei
ato dai popoli Iperborei, un’isola grande quanto la Sicilia, la quale
era
comunemente ritenuta come il luogo ove nacque Lat
azione più logica a codesta allegoria della favola, dice che Iperione
era
un principe Titano, il quale erasi dato, con gran
ù antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che non
era
permesso ad alcuno di entrare in quel tempio. La
naca tradizionale, dice che traverso la porta maggiore di quel tempio
era
stata posta, dalla parte interna, una fascia tess
ente negli occhi, che lo sciagurato fu cieco per tutta la vita. Ippio
era
anche il soprannome particolare di Marte, il qual
pi dell’ Imperator Claudio, un Ippocentauro portato dall’Egitto e che
era
stato imbalsamato col miele, secondo l’uso di que
a tradizione mitologica narra, che giunta la figlia in età da marito,
era
di una così sorprendente bellezza, che colpì viva
a solo, ricorse ad un’astuzia altrettanto colpevole, per quanto turpe
era
il suo amore. Essendo egli possessore dei più vel
o — Pelope. 2309. Ippodete. — Al dire di Pausania, un tale soprannome
era
dato ad Ercole, per essergli attribuito il singol
dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel quale
era
pazza di passione. Ippolito però, pieno d’orrore
va così agio a vedere il giovanetto bellissimo di cui la misera donna
era
così perdutamente innamorata V. Ippolito. Coll’ a
’ opinione del cennato scrittore avevano, nome Ocipeta ed Ello. Iride
era
similmente chiamata quella divinità dei pagani, c
la messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo
era
di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e
di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante
era
quello di tagliare alle donne moribonde il fatale
trassero argomento al proverbio : Più povero d’Iro. Il suo vero nome
era
Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare
ll’isola d’Itaca viveva alla porta di un palazzo un mendico, il quale
era
reso famoso per la sua fame, che non era mai sato
palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la sua fame, che non
era
mai satolla. Egli era di una grande statura, ma p
quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli
era
di una grande statura, ma privo di coraggio e di
tto dire che esse andavano a piedi nudi. Dai precetti del loro culto,
era
proibito alle Isiache di mangiar carne salata e d
a madre loro, per modo che Iside nell’ istesso momento in che nacque,
era
già gravida di un figlio. Iside ed Osiride regnar
vente indicata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale
era
quella di Dea Universale, secondo asserisce il cr
Alessandria, a Copto ed a Bubaste. Pausania ripete, che la dea Iside
era
invisibile agli uomini e che l’assistere solo ai
nome di Iside. L’attributo più usuale che veniva assegnato ad Iside,
era
il sistro, strumento vuoto nel mezzo con un lungo
l’antichità, ci ripetono che durante il periodo delle feste Isie, che
era
di nove giorni, i sacerdoti, le Isiache, e tutti
ui avesse potuto dissetarsi senza pericolo. Giunto ad un luogo ove vi
era
un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò nel fang
giò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno
era
anche il nome del maggiore dei figli di Anfione e
e cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole
era
la prigione di Saturno, il quale sepolto in un so
ole era la prigione di Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo
era
custodito dal gigante Briareo, e da gran numero d
i fu ricevuto con splendida magnificenza, ma nel recarsi al luogo ov’
era
imbandita la mensa, avendo Issione fatto scavare
più usuale che si faceva alla dea nella celebrazione di quelle feste,
era
di svenare sulle sue are, gran numero di piccoli
he Teseo volle in ciò seguire l’esempio di Ercole, che alla sua volta
era
stato istitutore dei giuochi Olimpici. Gli abitan
eseguiti con la maggiore magnificenza ogni tre anni, e questa usanza
era
per i Corinti così importante, che anche allorqua
ni, l’incarico di continuare la celebrazione di quei giuochi. Immenso
era
il concorso di popolo che affluiva in Corinto, da
lo fra gli oggetti sacri e lo avevano in grande venerazione. Itifallo
era
anche il soprannome particolare che gli egiziani
ide quando questa cangiò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jante
era
già famosa per la sua bellezza, quando si maritò
sò Megara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo
era
suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe
fecero depositario dei ricchissimi tesori del tempio. Intanto Creusa
era
stata tolta in moglie da Xuto, e Apollo, spinto s
l dolcissimo nome di figlio. Riflettendo poi che l’età del giovanetto
era
in esatta corrispondenza con la data del suo viag
delitto sarebbe così rimasto nelle tenebre, se non che un colombo che
era
entrato nella tenda, ove Jone banchettava, avendo
a Apollo, comparve nel tempio, con un piccolo paniere nelle mani, che
era
quello stesso, in cui l’avea riposto la madre al
la madre sua fu presto intorbidata dall’aver ella confessato che Jone
era
figlio di Apollo e non già di Xuto. Non è a dire
anezza di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte di Giove,
era
una montagna delle Alpi consacrata a quel dio ; c
delle Alpi consacrata a quel dio ; come il dies Jovis ossia giovedi,
era
il giorno della settimana a lui sacro. Finalmente
. Come antitesi del principio del bene, rappresentato da Kacimana, vi
era
Arimane genio meno potente, ma più astuto e malig
o dell’ amore, e gli si dava perfino una moglie chiamata Rati. Gli si
era
consacrato l’ albero chiamato in botanica Tulasi,
presso a poco simili sembianze. 2391. Keraone. — Presso gli spartani
era
questo il nome del dio, che presiedeva particolar
di far propria la corona di Vassudeva ; e che quest’ambizioso disegno
era
in lui fomentato da un’antica predizione a lui fa
il culto religioso degl’egiziani riteneva come sacri, e la cui vista
era
severamente inibita a tutti. Le camere superiori
arrivabile, e tale da superare ogni più ricca e fervida immaginativa,
era
il numero degli andirivieni, dei passaggi, dei co
ra erano letteralmente coperte di maravigliose sculture, ed ogni sala
era
circondata da una specie di gran portico di colon
nista Pomponio Mela, aggiunge che il famoso laberinto del lago Meride
era
opera dell’architetto Psanmetico, e che con tenev
icati in un solo recinto di mura e tutti ricoperti di marmo. Una sola
era
l’entrata dall’ esterno ; ma internamente vi era
i di marmo. Una sola era l’entrata dall’ esterno ; ma internamente vi
era
un immenso, un enorme, uno sterminato numero di s
immenso, un enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si
era
forzati di passare e ripassare, girando e rigiran
girando e rigirando, e trovandosi sempre nel medesimo punto donde si
era
partiti, senza che si giungesse mai a ritrovare l
un tempio consacrato alla dea Giunone, sotto questo soprannome, e che
era
famoso per i ricchi donativi che lo adornavano. Q
e di foglie d’ oro, la fece puntare con taluni istrumenti e trovò che
era
d’ oro massiccio, onde comandò che venisse traspo
e allora, prestand o piena fede al sogno, ordinò che dell’ oro che si
era
cavato dalla colonna nel puntarla, venisse fusa u
che essi custodirono gelosamente nella loro cittadella. Quella statua
era
d’oro e d’avorio, e rappresentava Diana in abito
n essi avessero stanza i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago
era
quello di Tolosa, nel quale essi gettavano, come
Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali nel tempo che Trezene
era
tumultuosa per dissidii politici e discordie di p
colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolenti di quanto
era
avvenuto, istituirono in onore delle sventurate g
imonie dei sacrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste di Minerva,
era
costume di quegli abitanti di accendere un gran n
ni l’avevano ereditata dagli antichi sabini, presso i quali la lancia
era
il simbolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Frate
ato di frecce si preparo a combattere i terribili nemici : l’arco non
era
ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanc
te eletto Sacerdote a Nettuno ……. …………… Poscia a lui, che a’fanciulli
era
coll’arme Giunto in aiuto, s’avventaro, e stretto
ta Dïana ; …. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia
era
similmente il nome di una giovanetta moglie di qu
iavo andò a riferire ad Acasto, padre di Laodamia, che la figliuola s’
era
lasciata sorprendere in turpi abbracciamenti con
i tempi di Massimo, pretore dell’ Asia, un sepolcro nella Frigia, ove
era
rinchiuso il corpo di questa sventurata principes
figliuolo dell’uccisa regina, il quale da alcuni parenti di Ariarate,
era
stato sottratto furtivamente dalla reggia. Laodic
rgli data la promessa ricompensa dopo la costruzione degli argini, si
era
vendicato della mala fede del re, distruggendo un
ese. Compiuti i lavori, Laomedonte non restituì le ricchezze di cui s’
era
servito, per modo che Apollo afflisse il popolo t
e che un giuramento fatto con questa formola : Jovem lapidem jurare,
era
ritenuto come infrangibile. 2437. Lapiti. — Da un
nemente Acca Laurenzia. V. queste voci. 2441. Lari. — Altamente seria
era
, nel culto religioso dei pagani, la importanza ch
, destinato particolarmente al servizio degli dei Penati. Grandissima
era
la venerazione che i pagani avevano per queste lo
agli angoli delle vie. Giano, secondo riferisce il cronista Macrobio,
era
compreso fra gli dei Lari dei romani, perchè si c
ti del paganesimo per essere la patria di Achille ; e perchè Giove vi
era
particolarmente onorato con culto speciale. Da ci
le. Da ciò il soprannome di Larissio a questo dio. Larissa similmente
era
detto un grosso borgo, nella contrada di Efeso, o
a gli amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi
era
sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta s
otta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli antichi popoli norici,
era
questo il nome del loro Esculapio, ossia del dio
sacrato a Latona, sorgeva nella città di Argo ; e la statua della dea
era
lavoro dell’immortale scalpello di Prassitele. Fr
idere. Par menisco si convinse che la madre a cui accennava l’oracolo
era
la patria ; e che appena sarebbe rientrato nella
a rientrato nelle sue domestiche pareti, si accorse che il ridere gli
era
sempre inibito da una forza superiore. Però dopo
amati Laverniones i ladri d’ogni categoria. Nelle campagne di Roma vi
era
un bosco consacrato alla dea Laverna, dove gli as
a erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogn’altra famosa,
era
da molti Eroi del Lazio, e dell’ Ausonia tutta De
ere, contro Turno re dei Rutuli, una lunga guerra, perchè questo, che
era
nipote della regina, contrastò ad Enea colle armi
zo del re sorgeva un albero d’ alloro, il quale, per essere secolare,
era
tenuto con certo religioso rispetto ; e che avend
n gran lauro Già di gran tempo consecrato e colto Con molta riverenza
era
serbato. Si dicea che Latino esso re stesso Nel d
nominazione di porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scrittori
era
una delle tre grazie, venendo alle altre due data
ava le campagne di Tebe. Il mio Lelapo (che del cane a me donato Tal
era
il nome) ad una voce é chiesto. Ovidio — Metamor
o Federico. Nei fasti della mitologia è ripetuto che il cane Lelapo
era
stato formato da Vulcano, che ne fece un dono a G
, avesse preso quell’ isola sotto la sua protezione, Mentre in Eolia
era
a quest’ opra intento Di Lenno il padre,……… Virg
alcune cerimonie o feste dette Lemurie e anche Lemurali, il cui scopo
era
quello di placare codeste anime irrequiete. I rom
ie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano di notte, non
era
permesso in Roma contrar matrimonio e tutti i tem
simo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania
era
di un terzo di stadio, misura che corrisponde all
e dice, che l’arme della quale Ercole si servì per uccidere il mostro
era
una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di L
o era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di Lerna altro non
era
, che la simbolica configurazione d’un sofista nem
Il certo si è che ai tempi in cui scriveva il cennato storico, non si
era
mai potuto toccare il fondo del lago di Lerna, qu
iacevano sempre, all’apparenze, in una immobilità assoluta, quando si
era
a mezzo del lago, turbinavano così rapidamente ch
me pesci e imbanditi ad un orrendo banchetto. Il solo Ulisse, che non
era
ancora sbarcato, potè allontanarsi precipitosamen
acque, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa
era
di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortunati campi
eder le stelle. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro Lete
era
similmente il nome di uno stagno paludoso vicino
n grandissimo rispetto, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo
era
quello di placare lo sdegno terribile degli dei.
di quel nume che prendeva parie al convito, mentre il posto delle dee
era
contrasegnato da una semplice sedia. Il primo Le
; aggiungendo la particolarità che, intorno al banchetto del convito,
era
posto un solo letto, con la statua di Giunone, me
o passava per illegittimo. Al dire del cronista Vossio, la dea Levana
era
la stessa che Ilizia o Lucina. 2483. Leucadio — D
ma quando Crebbe la figlia, come vincea tutte La madre, dalla figlia
era
si vinta. Le Achemenie cittadi ebbe in governo Or
i accompagnavano sempre tutti i sacrifizii. Quando l’uso del vino non
era
generalizzato a tutta la Grecia, le Libazioni si
di Cerere e di Giove, mentre Ovidio dice che la dea Libera altro non
era
che Arianna deificata dopo la morte, con tal nome
licenziose canzoni e tenevano i più osceni propositi. Quando il carro
era
giunto sulla maggior piazza della città, una matr
e di Bacco, detto propriamente Liber pater, perchè come dio del vino,
era
ritenuto come quello, che faceva parlare liberame
Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità
era
molto più celebre che in Grecia, ritenevano che l
ta di quegli schiavi, che volevano emancipare ; e finalmente il gatto
era
il simbolo convenientissimo alla dea della Libert
a è a notare che in greco la parola óõó significa cignale ; mentre vi
era
nelle circostanze di Libetra un torrente chiamato
li che contenevano le predizioni delle Sibille, la custodia dei quali
era
affidata in Roma ad un collegio di sacerdoti chia
na del regno dei morti ; ma Plutarco asserisce, che questo soprannome
era
imposto a Venere, la quale era anche la configura
tarco asserisce, che questo soprannome era imposto a Venere, la quale
era
anche la configurazione del principio della vita,
Libitinœ ratio, il nome del morto e la somma versata. Tutto il danaro
era
conservato in una specie di cofano chiamato l’era
suo amico Patreclo, Perchè si piangi ? Mori Patròclo che miglior ben
era
, E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre
dal Cav. Ermolao Federico. Al dire di Pausania, codesta tradizione
era
tenuta in gran concetto presso gli arcadi, i qual
Soprannome dato a Giove dal monte Liceo in Arcadia, che da principio
era
conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pa
o, Tifoa e Neda. Il citato scrittore aggiunge, che sul monte Liceo ci
era
un altare consacrato a Giove, innanzi al quale so
e innanzi alle quali si compivano i sacrifizi con gran mistero. Liceo
era
anche un soprannome del dio Pane, col quale egli
chiamano anche Sico, perseguitò accanitamente la misera Antiope. Lico
era
anche il nome di un compagno di Ercole che lo seg
trad. di Dionici Strocchi. 2522. Licori. — Così, secondo Virgilio,
era
anche nominata la cortigiana Citeride, famosa per
triumviro, il quale alla sua volta la dimenticò del tutto, pazzo com’
era
d’ amore, per la bellissima Cleopatra. ……. e ne
dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli
era
signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di quel
nnome speciale a Bacco come protettore dei laghi e dei stagni, quando
era
adorato come dio del vino. 2538. Limnoria. — Una
gni cortesia, ma venuta la notte, profittando del sonno in cui quegli
era
immerso, tentò di ucciderlo a colpi di pugnale ;
anto dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave
era
dal sonno. Ma colui che vibrar tentava il ferro F
e della luna. 2545. Lione. — Secondo scrive Plutarco, questo animale
era
consacrato al Sole, perchè egli è solo fra tutti
la credenza pagana, dormiva con gli occhi aperti. In Egitto il lione
era
consacrato a Vulcano, alludendo forse all’ardenza
ndole di fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carro di Cibele
era
tirato da due lioni ; e vi sono infatti ancora mo
Lira. — L’invenzione di questo antichissimo istrumento di musica, che
era
uno degli attributi del dio Apollo, viene da talu
fiore di Loto, e propriamente quello che i botanici chiamano Persea,
era
consacrato ad Iside anche in Egitto ; e forse la
almente in tutte le feste e nei giuochi funebri. Nei giuochi Olimpici
era
assegnato un largo premio al vincitore della lott
crò e dedicò, alla dea Lua, le armi dei morti, rimaste sul campo. Lua
era
riguardata generalmente come la dea della espiazi
vvolto nelle fascie, e nella mano destra una specie di giglio. Lucina
era
anche detta Ilitia ed Olimpica, e sotto quest’ult
perciò lo avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio
era
presso gli antichi una festa quasi continua, impe
una coi loro sortilegi. 2567. Lunedi. — Questo giorno della settimana
era
, forse dal suo nome medesimo, consacrato a Diana
sovente come uomo, e sovente come donna. Da ciò il dio Luno altro non
era
che la Luna medesima, alla quale, secondo riferis
le. — Secon do asseriscono i cronisti più accreditati dell’antichità,
era
questo il nome della grotta, ove furono nutriti d
che la ragione per la quale i giovani correvano nudi nelle Lupercali
era
la seguente. Si vuole che un giorno Romolo e Remo
cosi in Roma fin dopo il quarto secolo, epoca in cui il culto pagano
era
quasi scomparso. 2572. Luperci. — Nome collettivo
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro
era
una delle più nobili della città di Tebe. 2. P
i : Venerato fino nelle mura del Campiglio , perchè il suo simulacro
era
ivi religiosamente conservato come quello di uno
l per terra disteso ; perocchè si sbigotti alle parole di Samuele, ed
era
senza forze, non avendo preso cibo tutto quel gio
o bue doveva esser nero macchiato di bianco. Ritrovato dai sacerdoti,
era
guidato coa gran pompa nel tempio. Doveva vivere
a in cerea di un altro bue. Se moriva prima del tempo, tutto l’Egitto
era
in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel
ue. Se moriva prima del tempo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue
era
sepolto pomposamente nel tempio di Serapide. Vil
Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli
era
stato loro padre. ed anche perchè era stato allev
a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè
era
stato allevato sul monte Nisa. La maggior parte p
un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele
era
incinta. Villarosa. — Dizionario mitologico ecc.
dire, adorar la natura partitamente ; e come scrisse Bossuet : Tutto
era
deità, fuorchè Dio stesso. Gli antichi Dei Titani
randi Numi (Dii majores), ed erano in numero di venti. 18. La seconda
era
quella degli Dei subalterni o inferiori (Dii mini
9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed
era
cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella cong
creazione e della separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare
era
nel cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il ci
secondo la favola, potenza ordinatrice. 23. Il Destino poi altro non
era
che un’ immagine della fatale necessità che tutto
n vincono nè i potenti della terra nè gli stessi Dei ! 24. Il Destino
era
seduto sopra un trono di ferro, con gli occhi ben
tano. Giano. 27. L’ impero del mondo apparteneva a Titano, perchè
era
fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza di C
leal, libero e schietto, Servando ognun la fè, dicendo il vero. Né v’
era
chi temesse il fiero aspetto Del giudice implacab
ove, Siccome piacque al suo tiranno Giove. Egli quel dolce tempo, ch’
era
eterno, Fece parte dell’ anno molto breve, Aggiun
r, or grave, or leve, S’ accomodaro al variar del giorno, Secondo ch’
era
in Cancro o in Capricorno. Età del rame. Dal meta
Conosce di ciascun l’ errore e il merto, Poi che s’ avvide che non v’
era
strada Da giunger con la pena al gran demerto, Se
tto quello degli Dei Lari e Penati (325). Secondo altri questo tempio
era
stato eretto da Romolo fondatore di Roma e da Taz
ura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale
era
celebrata la sua festa con offerte di datteri, di
sser di piacere a queste iguali. Dante, Purg., c. XXVII. 37. Giano
era
invocato il primo nei sacrifizj, tanto per aver a
che scuole ; i parenti e gli amici si ricambiavano doni e banchetti ;
era
vietato eseguir le sentenze e far la guerra ; ed
l fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio, nel quale Stamane
era
un fanciullo, ed or son vecchio. Chè più d’un gio
esta. Vestali. 40. Cibele, qual sorella e moglie di Saturno (27),
era
tenuta per genitrice della maggior parte degli De
i nomi di tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con special culto
era
onorata. 41. La chiamarono anche Tellus, dal pres
ano (25), presiedeva al fuoco, perchè il calore feconda la terra ; od
era
lo stesso fuoco secondo il significato di quel no
a la statua ed il culto. Numa re di Roma le consacrò un tempio12 dov’
era
custodito il Palladio (570) di Troja, e dove sorg
erun sacrificio se prima non avessero onorato Vesta. Il suo simulacro
era
coperto con ampio manto, e aveva la testa turrita
per loro negligenza il fuoco sacro si fosse spento, tutta la città n’
era
in lutto ; i pubblici negozj rimanevano interrott
pplizio, poteva intercedergli grazia, purchè asserisse che l’incontro
era
stato casuale ; e nei più serj negozj la loro sem
n un tempio chiamato Opertum, ossia nascondiglio, perchè agli schiavi
era
vietato l’entrarvi sotto pena di morte. I magistr
rire quella ninfa, e abbandonò lui in preda a tanta disperazione, che
era
sul punto di uccidersi ; quand’ella impietosita,
luto (254), Dio delle ricchezze. 53. Plutone (313), re dell’ inferno,
era
brutto e nero (Dante lo dipinge rabbioso, con enf
vea le luci intente, Correndo a quei ch’ avean più bel colore. Quest’
era
il maggior fin della sua mente, D’ aver fra le co
certi villani che per malvezzo gliela intorbidarono ; ed essa, quanto
era
stata generosa verso la cortesia di Celeo, altret
ni ad Eleusi città dell’Attica. Duravano nove giorni, e in quel tempo
era
vietato l’occuparsi dei pubblici affari, aprire i
o fossero eseguite ; sicchè tanto lo svelarne che l’udirne il segreto
era
sacrilegio. Quindi la porta del tempio si teneva
si da ogni divertimento, e vivere con sobrietà esemplare. Agli uomini
era
vietato l’assistervi ; e nei cinque giorni della
ccende…. Vendè la casa e le masserizie per procacciarsi alimenti, ed
era
ridotto in estrema povertà. Allora la sua figliuo
; ma lo strattagemma non bastò alla voracità sempre maggiore ond’egli
era
assalito, e finalmente morì divorando con orrenda
re che aveva sposato Cibele (40), e del nonno Urano (25) o Celo che s’
era
congiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che
memoria, gr.). 76. Perifa (da perì e phaino, io splendo intorno), che
era
uno dei Lapiti, popoli di Tessaglia famosi per le
mavano inoltre Ottimo Massimo, e Sancus o Sanctus, che secondo alcuni
era
lo stesso che Pistius, altra sua denominazione. L
zio, Io dicevano Rlicio, dal latino elicio, cavar fuori, ec. 80. Egli
era
poi onorato anche in Affrica sotto il nome di Gio
(Ammone in greco significa rena o sabbia) ; e per questo ancora Giove
era
talvolta rappresentato sotto le forme d’ariete, l
n Europa che in Asia. Il suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi
era
la mirabile statua di Giove Olimpico, scolpita da
e ; Vulcano (270) che Giove precipitò dal cielo sulla terra da quanto
era
deforme ; ed Ebe (87) Dea della giovinezza. 87. Q
e di Troja, facendolo rapire da un’aquila nel tempo che il giovinetto
era
a caccia sul monte Ida nell’Asia minore. Taluni i
il giovinetto in una costellazione detta l’Aquario (687). 88. Giunone
era
d’indole altera, diffidente, gelosa e fastidiosis
lla regina dei Numi di non dare asilo alla sua rivale. Infatti Latona
era
quasi nelle fauci dell’orrendo mostro, allorchè N
la medicina imparata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’
era
considerato quale Dio. Infatti aveva fin reso la
ti aveva fin reso la vita ad Ippolito (432) figlio di Teseo (402) che
era
morto per cagione dei mostri marini ; ma Giove, r
della stessa Esione (518) figliuola del re, e l’infelice principessa
era
già stata incatenata sopra uno scoglio, quando Er
e una statua nella città di Tebe ; e credesi che quando questa statua
era
investita dai primi raggi del sole di levante, os
16. Il secondo marito dell’Aurora fu Cefalo re di Tessaglia che prima
era
stato sposo di Procri figlia d’Eretteo re d’Atene
gere al prefisso termine del suo corso fosse caduto in quel suolo che
era
ingombrato di fiamme. Ma comecchè materiali e gro
ui carboni accesi. — Il tripode della Sibilla, tutto d’oro massiccio,
era
stato trovato nel mare da alcuni pescatori. Costo
piede a Biante ch’ei teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante
era
proprio un’arca di scienze e di virtù. Nel tempo
ell’Elicona v’era anche la tomba d’Orfeo (469). 124. Pegaso o Pegaseo
era
un cavallo alato, e nacque dal sangue di Medusa (
risce d’estate quando il sole è nel Tropico del Cancro. 131. Leucotoe
era
figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apol
i ad Apollo, denotando colla differenza del colore, che a questo Nume
era
noto tutto ciò che soglion produrre sì i giorni c
sa la fiamma che serviva di fanale ai marinari. L’interno del colosso
era
vuoto dalla parte destra per poter salire al fana
tor Vespasiano lo fece rimetter su 69 anni dopo G. C. Ma nel 667 Rodi
era
caduta in mano dei Saraceni, e Moavia loro re ord
Dei. Talora av[ILLISIBLE] a un elmo, come protettore degli uomini, ed
era
in atto di far donativi alle Grazie (175) che ani
elvedere, ed è una meraviglia dell’arte. Diana. 137. Diana
era
figlia di Giove (63) e di Latona (97), e sorella
ulla terra, Ecate (234, 2°) nell’inferno ; ma con questi diversi nomi
era
una sola divinità, e i poeti la chiamavano trifor
0. È notabile la severità che Diana usava con le sue seguaci. Calisto
era
la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva pro
olto più crudele contro la sventurata Niobe (629) che in onta a lei s’
era
vantata della sua bella e numerosa prole, imperoc
fece perire sotto gli occhi tutti i figliuoli. 142. Diana in terra s’
era
dedicata alla caccia ; e perciò l’adoravano quale
iglie del mondo. Questo edifizio lungo circa 210 braccia e largo 110,
era
sostenuto sopra cento ventisette colonne alte 30
fianco. » (Vasari. Vita di Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco
era
figlio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo
Giove per Semele, causa di tanti guai a’ Tebar Nel tempo che Giunone
era
cruccciata Per Semelè contra ’l sangue tebano. Co
elle cose vane ; ma Giove si tolse con sè il bambino del quale Semele
era
incinta, e lo custodì fino al momento della sua n
ta, e lo custodì fino al momento della sua nascita ; e questo bambiuo
era
Bacco. Indi il Nume dette alla madre alto guiderd
elle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) re di Creta, che
era
stata abbandonata da Teseo (402), c le regalò una
i Tebe, volle abolire le feste di Bacco ; ma il culto per questo nume
era
così radicato, che le Baccanti furibonde aggredir
ppi di risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli spettatori ; ma
era
dato un premio al ballerino che avesse saputo ser
lib. IV. Trad. del Caro. 161. Il caduceo tenuto in mano da Mercurio
era
una verga alata in cima e con due serpi avvoltele
n’ anima. Il filosofo Pitagora propagò questa credenza in Italia ; ed
era
convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio
ei valorosi e dei savi. 163. Mercurio sonava perfettamente il flauto,
era
logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloqu
rcio, 33e vegliava all’osservanza della buona fede tra i mercatanti ;
era
figurato per lo più con una borsa nell’una mano,
, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio
era
il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltr
ma non meno evidente l’allegoria con altri consimili fatti. Mercurio
era
sempre in fasce quando portò via i bovi ad Apollo
hè Mercurio, per calmarne la collera, gli regalò la lira, della quale
era
già reputato inventore. Questa lira fu formata co
i offerse un bove e una vacca per farsi dire dove fosse il gregge che
era
stato portato via ; e Batto palesò subito il segr
i quali probabilmente aveva ricevuto il dono dell’eloquenza, un altro
era
medico, il terzo esperto mercatante, ec. ; ed è v
are il primo giorno della prima primavera del mondo ; e secondo altri
era
figlia di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Ocean
di mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale Alito di Faonio
era
diffuso, L’aerio volator che in cor ti sente, Te,
lo stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita di Venere,
era
accorsa al banchetto degli Dei per raccorne gli a
e. 177. Adone, figlio di Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia,
era
giovine di straordinaria bellezza, ed appassionat
empo la sua indole si accorse che la passione più dominante di Psiche
era
la curiosità, e fin da quel punto ravvolse nel mi
uno sterile scoglio, quasi inabitabile, chiamato Cerigo. 180. Venere
era
chiamata Cipride, Cipria e Ciprigna dall’ essere
a d’eroi, ed a Citera indossava l’usbergo come Minerva ; e ad Olimpia
era
stata dipinta in atto di uscir dalle onde, incoro
nchiglia marina, tratta da colombe, da cigni o da passeri. Senza velo
era
bella, velata poi era divina, perchè univa la mod
a da colombe, da cigni o da passeri. Senza velo era bella, velata poi
era
divina, perchè univa la modestia alla beltà che s
in ogni suo atto ; e la Venere Celeste, così rappresentata dai Greci,
era
l’immagine della donna virtuosa, della eletta fra
vrebbe colto più fiori di sua madre. Venuti infatti alla prova, Amore
era
per vincere, quando la Ninfa Peristeria (Péristér
e popolare, e le sacrificavano una capra bianca sull’ara ove il fuoco
era
acceso col ginepro e coll’acanto. Intanto altre v
to dalla versione latina di Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno
era
figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratell
Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In sulle prime ella s’
era
celata per isfuggirlo, ma un delfino affezionato
me al quale presiedono. 195. Proteo nacque dall’Oceano e da Teti ; ed
era
guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche
« consorte in mar degli altri Dei » (Dante, Parad. c. I.) 202. Scilla
era
una bella ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata d
, mostro marino, gr.), figliuolo di Nettuno (185) e della Terra (25),
era
anch’esso potente deità marina, e, secondo la fav
’ei lo fece apparire di sotto terra percotendola col tridente. Quindi
era
chiamato anche Ippio ossia equestre ; e Ippodromi
so suo regno. 215. L’impero di Plutone, ossia l’Inferno della favola,
era
un luogo sotterraneo dove scendevano le anime deg
a, ampia vorago Facea di rozza e di scheggiosa roccia : Da negro lago
era
difesa intorno, E da selve ricinta annose e folte
fiato, Anzi una peste, a cui volar di sopra Con la vita agli uccelli
era
interdetto ; Onde da’ Greci poi si disse Averno.
reci consideravano l’Inferno come diviso in due vaste regioni : l’una
era
« la valle d’abisso dolorosa, Che tuono accoglie
bisso dolorosa, Che tuono accoglie d’infiniti guai ; Oscura, profonda
era
e nebulosa, » chiamata Basso Inferno, Tenaro 42 o
a di minor pena. L’altra regione, cui davano il nome di Campi Elisi,
era
tutta ridente e pacifica, abbellita d’ eterna pri
anni sulle sue sponde, e così la carità dei congiunti e dei cittadini
era
pietosamente stimolata a dare onorevole sepoltura
e sue sponde coronate di tassi che mandavano ombra mesta e tenebrosa,
era
una porta eretta su cardini di bronzo, e che dava
quello del Cocito, si gettava com’esso nell’Acheronte. 221. Lo Stige
era
un « tristo ruscello con acqua buia » dalla quale
stesa sulla terra e l’altra sul mare ; e chi rompea questo giuramento
era
per dieci anni bandito dal cielo, e privato dell’
dell’ ambrosia e del néttare. L’Ambrosia (ambrosios, immortale, gr.)
era
il cibo degli Dei, ed il Néttare la lor comune be
era il cibo degli Dei, ed il Néttare la lor comune bevanda. La prima
era
molto più dolce del miele, e spandeva deliziosa f
chiamato anche fiume dell’Oblio, « là dove vanno l’anime a lavarsi »
era
figurato in un vecchio con l’urna nell’ una mano,
ella vita. 225. Caronte, figlio dell’Erebo (223) e della Notte (238),
era
il « nocchier della livida palude : » ……Demonio
giudicava i popoli dell’Europa, Radamanto quelli dell’Asia, e Minosse
era
presidente del tribunale, dove non valevano a mit
ell’affidare ad essi il finale ed inappellabile giudizio dei mortali,
era
contemplata la doppia qualità di legislatore e di
rtaro. 234. A sì temute Dee furono offerti singolari omaggi ; e tanto
era
il pauroso rispetto per esse, che quasi non s’arr
in Atene vicino all’Areopago formavano un tribunale, avanti a cui non
era
lecito comparire se non dopo aver giurato sull’al
ivj dove sorgeva la sua statua, le imbandivano ogni mese una cena che
era
poi goduta dai poveri in onor suo. Talvolta le er
mese una cena che era poi goduta dai poveri in onor suo. Talvolta le
era
fatta un’ Ecatombe, o sacrifizio di cento bovi. A
i Sogni, la Morte, gli Dei Mani ec. 238. La Notte, dea delle Tenebre,
era
figlia del Cielo (25) e della Terra (25), e secon
o carro, e glielo mette in ordine pel tacito viaggio. Quando la Notte
era
considerata qual madre del Giorno avuto dall’ Ere
ente il riposo ; mentre pei ricchi molli ed oziosi il culto del sonno
era
dei più importanti ; e spesso la invocata divinit
inità si mostrava sorda ai loro voti. Morfeo, capo degli altri sogni,
era
nel tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e
na. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle Larve, ed
era
lor consacrato il cipresso ; ai Mani poi degli am
o il peso del monte Etna, il quale, a motivo dei suo cratere ignivomo
era
preso per una sbocco infernale. Ovidio dice che q
morsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo gli
era
tormento atrocissimo. Ma dopo aver pagato il fio
ntalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio di Giove (63) e re di Lidia,
era
sordidamente avaro, nè riconosceva altra deità ch
accettarono un dono fatto per forza, ad eccezione di Cerere (51) che
era
fuor di sè pel dolore della rapita figliuola. Gio
er celebrare la tenerezza coniugale d’Ipermestra. Ecco dunque da chi
era
popolato il Tartaro ; e poi …… Tra questi tali È
supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello di Giove e di Nettuno,
era
rappresentato con differenti attributi, secondo i
atro sangue immonda. Pluto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze,
era
figlio di Cerere (51) e di Giasone celebre agrico
. (Dante, Inf. c. VII.) Marte. 255. Marte, Dio della guerra,
era
figlio di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma talun
oi.57 Minerva o Pallade. 262. Minerva, figlia di Giove (63),
era
la Dea della Sapienza, e presiedeva alla guerra,
a della guerra, ella prende allora il nome di Pallade, sotto il quale
era
principalmente adorata nella città di Troia ; ma
accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva
era
una corazza coperta con la pelle di un mostro chi
i fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ ogn’intorno incoronava. Ivi
era
la Contesa, ivi la Forza, Ivi l’atroce inseguimen
lla saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione di quest’uccello
era
di tristo presagio quand’ei cantava, e di buon au
del tutto sradicato per l’ignoranza delle menti volgari. 269. Minerva
era
principalmente onorata ad Atene dove aveva un mag
ata ad Atene dove aveva un magnifico tempio, sotto l’altare del quale
era
nutrito un serpente a lei sacro, perchè questo re
e chiamavansi Quinqualia e Minervalia. Vulcano. 270. Vulcano
era
figliuolo di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma na
lio nivea Galatea, figliuola di Nereo e di Doride (193) ; ma la ninfa
era
già amante del pastorello Aci ; sicchè il Ciclope
ella celeste reggia dell’Olimpo. Immenso fu il loro numero, poichè vi
era
compresa una moltitudine di divinità allegoriche,
. Momo. 282. Momo, figlio del Sonno (240) e della Notte (238),
era
il Nume della maldicenza, tenebroso e scellerato
ocriti o invidiosi che voglion denigrare l’altrui riputazione. Costui
era
principalmente satirico, e criticava tutto e tutt
in sacrifizio alla Dea scellerata. Esculapio. 289. Esculapio
era
figliuol d’Apollo (96) e della ninfa Coronide (13
i Satiri e Silvano (302) prcposto alla tutela delle selve. 296. Pane
era
più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni a
le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale
era
stato costruito il suo tempio. Credevasi che foss
per Roma. 297. Il vocabolo pan in greco vuol dir tutto, e questo Dio
era
considerato qual simbolo dell’universo, ossia il
iano, la quale fu cangiata in voce, per esser troppo ciarliera. Fauno
era
del numero delle divinità agresti, perchè aveva i
alla pastorizia ed ai boschi. Veniva immolata ai Fauni una capra, ed
era
lor consacrato il pino. Avevano i piedi di cavall
da esso inebriata col trasformare in vino l’acqua d’una fonte ov’ella
era
solita dissetarsi. 305. Hanno la figura d’omiciat
caporione dei Satiri (305), figlio di Bacco (146) e di Venere (170),
era
il Dio tutelare dei giardini e dei frutti, giacch
nella quale il quadrupede, indispettito d’esser rimasto perdente ; s’
era
avventato contro il vincitore, e a forza di calci
’ombra de’suoi allori. Il maggior culto di Priapo fu a Lampsaco donde
era
stato scacciato per aver messo paura negli abitan
bblica seppero essere la vera difesa dello stato. 309. Il dio Termine
era
onorato non solamente nei templi, ma più di tutto
ar posto veniva proscritto, abbandonato alle furie (232), e ad ognuno
era
lecito ucciderlo. Le sue feste a Roma erano celeb
lieti banchetti attorno al simulacro del Nume. Pale 310. Pale
era
l’idolo dei pastori, e presiedeva ai prati, ai gr
crata alle ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che di fuora
era
tonda, e dentro concava. Stavano intorno a questa
l nome di Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi fu Teti, ed
era
tanto bella che Giove (63), Nettuno (185) ed Apol
i che udiva. Le intravvenne poi d’innamorarsi di Narciso che « Biondo
era
e bello e di gentile aspetto, » figliuolo della n
al guerriero, lordo di sangue e uscito allora da tanta uccisione, non
era
permesso toccarli prima che si fosse lavato alla
ella Natura secondo la favola, dava l’essere e il moto ad ogni cosa ;
era
l’idea fatta divina della generazione e della cre
serenità del sembiante suol essere testimone della bontà del cuore ;
era
inghirlandato di papaveri, quasi farmaco ad assop
he le foglie del platano gli servivano.di corona. Ma il genio cattivo
era
un tristo vecchio con accigliati ed incerti sguar
hi non sentiva raccapriccio al solo immaginarselo accanto ! Talora ne
era
immagine un serpente. La fortuna 332. La
I Romani adoravano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro
era
collocata nel quartiere accanto al letto dell’ Im
d Anzio, città del paese dei Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio
era
arricchito di offerte e di doni magnifici ; la st
empio fu situato sopra un’eminenza presso Ramnunte borgo dell’Attica,
era
figlia della Necessità (332 2°) e di Giove, o sec
uomini si tenessero lontani dall’ insolenza e dall’orgoglio ; quindi
era
il terrore di tutti coloro che abusavano dei favo
Atéa. 335. Atéa (ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63),
era
una Dea malefica, di null’altro sollecita che di
prodotti. Arpocrate. 336. Arpocrate, Dio d’egiziana origine,
era
figlio d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al
io d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al Silenzio. La sua statua
era
collocata sul limitare dei templi, o per indicare
ronte ornata d’ una mitra con la punta divisa in due parti eguali, ed
era
tenuto in somma venerazione dai sapienti, nelle s
enerazione dai sapienti, nelle scuole, e nelle famiglie numerose. Gli
era
consacrato segnatamente il pesco, perchè le fogli
e la lingua degli uomini onesti e dei giovani virtuosi. Il suo altare
era
coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle s
ea della Giustizia. La favola aggiunge che Giove (63) ebbe da lei, ed
era
ben naturale, questre tre figlie : l’Equità, chia
el core L’occhio mio non potea non venir meno. Scolpito per le fronti
era
’l valore Dell’ onorata gente ……. E qui si fa a
nia eranvi alcune femmine, quasi damigelle e compagne, il cui officio
era
incitare e metter su la signora, acconciarla, abb
olto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed
era
la Dea tutelare del secol d’ oro, e l’ origine de
ebbe are, culto e statue in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra
era
il più grande ed il più sontuoso che fosse nella
Zucchero.) La quiete. 347, 4°. « Questa Quiete trovo bene che
era
adorata, e che l’era dedicato il tempio, ma non t
ete. 347, 4°. « Questa Quiete trovo bene che era adorata, e che l’
era
dedicato il tempio, ma non trovo già come fosse f
piedi sopra un globo perchè la Vittoria domina su tutta la terra ; ed
era
in atto di volare verso il tempio dell’Immortalit
dei suoi adoratori. Quando il fulmine ruppe le ali alla statua che le
era
stata eretta in Roma, Pompeo, per confortare il p
sieno finti e quelle gemme non sieno false. Democrito filosofo greco
era
di sentimento ch’ella preferisse di starsene cela
ia dell’umano errore. Nude le membra aveva, il crine incolto, E rozza
era
negli atti e semplicetta ; Ma cosa non mortai sem
deasi in portamento altero Il franco piè sicura e baldanzosa ; Sereno
era
lo sguardo, e insiem severo ; E stava sulla front
di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo della quale
era
scritto : La morte e la vita. Il primo sentimento
un tempio consacratole, per quanto si crede, da Numa Pompilio. La Dea
era
rappresentata a mani giunte, e con lungo abito bi
o sulla terra, e son dette anche Semidei. Perseo. 353. Perseo
era
figlio di Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Arg
e e Steno, figlie di Forco Dio marino e di Celo. Medusa, la maggiore,
era
nata oltremodo avvenente e con una chioma di mara
o occhio ed un solo dente che adoperavano a vicenda ; ma questo dente
era
più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguar
gigantesca statura. Costui possedeva il giardino delle Esperidi, e n’
era
estremamente geloso. Un oracolo lo aveva ammonito
. Questa principessa, figliuola di Cefeo re d’Etiopia e di Cassiopea,
era
stata esposta sulla riva del mare per esservi div
o dall’alto del suo aereo viaggio scòrse la giovinetta, il mostro che
era
per divorarla, e udì i pianti dei desolati genito
endente, che alla testa di molti armati accorse a rapirgliela. Perseo
era
per essere soverchiato dal numero, quando si ramm
l’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per rimetterlo sul trono, dal quale
era
stato scacciato da Preto (462) suo fratello ; ed
itrione re di Tebe, e vennero al mondo gemelli mentre questo principe
era
alla guerra. Giove (63), che amava Alcmena, volle
fratello per decreto del Fato. Così accadde ; ma non fu paga. Ercole
era
in fasce, ed ella mandò due serpenti a divorarlo
lo spavento. E se questa non fu la medesima tavola, simigliantissima
era
ella almeno a quella che ci descrive il giovane F
iuto di Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale sguainato s’
era
quivi tratto per intendere e vendicare l’oltraggi
tratto per intendere e vendicare l’oltraggio. Nè ben si distingueva s’
era
ancor atterrito od allegro. Avea egli pronta alla
insegnamento nella sua Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole
era
di Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli fa
liosa battaglia, nella qualé non valevano le armi perchè la sua pelle
era
impenetrabile, potè agguantarlo, lo soffocò strin
este. 371. Nelle paludi di Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso
era
un’Idra più terribile di quel leone. Questo nuovo
o raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le sue frecce perchè
era
consacrata a Diana (137), non la potè prendere ch
ta e ’l busto :78 Ma in su la riva non trasse la coda. La faccia sua
era
faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fuor l
nteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulcano (270),
era
uno sfrontato masnadiero che s’appiattava in un a
n gran numero s’argomentarono niente meno che d’assalire Ercole che s’
era
addormentato sulla spiaggia dopo la sua lunga lot
di diversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccomandò ad Apollo che
era
suo Dio tutelare, e questi gli procacciò un leone
e così egli ne ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si ammalò, ed
era
in pericolo di morire, se non che un oracolo annu
battaglia, inonorata ma non meno aspra delle altre, poichè Acheloo s’
era
trasformato ora in serpente, ora in toro, ora in
Ma ingiunse prima a Filottete di non palesare ad alcuno il luogo dove
era
morto e sepolto, affinchè la paura di vederlo tor
, gli eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più celebri in Roma,
era
detto il Tempio del grand’ Ercole. 400. Questo
400. Questo Eroe spesso è chiamato Alcide, ossia figlio d’ Alceo, che
era
suo avo materno. Ebbe il nome d’ Ercole dopo aver
a calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, che
era
l’ albero a lui sacro per essersi cinta la testa
greco e l’ Osiride egiziano (690, 691), ed in ambedue queste divinità
era
personificato il sole ; le dodici fatiehe d’ Ereo
tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati di suo padre ; ed Etra
era
incinta ; sicehè Egeo celò la sua spada sotto una
che fu ad Atene, Teseo trovò la città in preda alla confusione. Vi si
era
rifugiata Medea (454), che pe’ suoi delitti aveva
licenza di farlo avvelenare in mezzo a un banchetto ; ma quando Teseo
era
per ingoiare il veleno, il padre lo riconobbe all
allora in poi recò seco in memoria del fatto. 413. Cercione o Sinnide
era
un altro flagello dell’ Attica. Dotato di grandis
a sorte per esser pasto del Minotauro. 416. Forse questo tributo non
era
altro che di denaro ; ma gli Ateniesi, per far co
iglio Androgeo ucciso da alcuni giovani ateniesi gelosi di lui perchè
era
sempre vincitore nei pubblici giuochi. Il tributo
i di lui perchè era sempre vincitore nei pubblici giuochi. Il tributo
era
già stato pagato tre volte, allorchè Teseo offers
a sua impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola di Minosse, che s’
era
impietosita all’ aspetto di quelle vittime, e che
ulcano (270), e che fu poi collocata fra gli astri. 419. Il Laberinto
era
un vasto recinto, pieno di stanze e di corridori
rre le sette vittime chieste in espiazione da Minosse ; e quella nave
era
armata di nere vele ad esprimere il lutto degli A
dello studio della sapienza e delle ingenue ricreazioni della caccia,
era
incorso nello sdegno di Venere per averne spregia
e da sè stessa la morte. 439. Alla fine gli Ateniesi, sui quali Teseo
era
tornato a regnare, testimoni delle iniquità della
. Tornati in patria, i Dioscuri liberarono la sorella Elena (433) che
era
stata rapita da Teseo (405), e condussero schiava
ione tramonti quando l’ altra si leva sull’ orizzonte, così la favola
era
un’ allegoria della legge che secondo essi govern
448. Giasone ebbe per padre Esone re d’ lolco in Tessaglia, al quale
era
stato tolto il trono da Pelia fratello ; ma quand
Colchide (oggidì Georgia russa o Mingrelia in capo al Mar Nero) dov’
era
questo tesoro. 449. Il Vello d’ oro fu la pelle d
quest’ orribile caso, nel XXX dell’ Inferno : Nel tempo che Giunone
era
crucciata Per Semelè contra ’ l sangue tebano, Co
rva stessa aveva dato il disegno. Il legname, col quale fu costruito,
era
stato preso sul monte Pelio e nella foresta di Do
o punto, che bisognava esterminare fino all’ ultimo : e finalmente v’
era
da uccidere un mostro enorme posto a custodia del
atta ad amarlo. Ei le corrispose, e promisele di sposarla. Medea, che
era
esperta nella magia, addormentò co’ suoi incantes
mingo e turbato dai rimorsi della sua imprudente condotta. Medea, che
era
dotata della cognizion del futuro, gli aveva pred
e n’ ebbe fracassata la testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte
era
figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, fig
uest’ eroe ebbe anche il soprannome d’ Ipponoo, per indicare ch’ egli
era
stato il primo ad insegnare agli uomini l’ arte d
ginava di recar lettere di cortese raccomandazione. 464. Jobate, com’
era
uso in quel tempo, lo accolse benignamente, e gli
e musico e poeta ebbe per genitori Apollo (96) e Clio (275) ; e tanta
era
la dolcezza dell’armonia della sua lira e della s
o un tempio ad Orfeo nel luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne
era
vietato l’accesso alle donne. Quindi suo padre lo
o È dolce il palpitare ai casi altrui. Aristeo. 474. Aristeo
era
figlio d’Apollo (96) e della ninfa Cirene. Fu edu
ungo tempo alla corte di Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno
era
largamente ricompensato. Un giorno, mentr’ei rito
ro perfidia, se li fa tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che
era
già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente
a già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente risposero ch’egli
era
in Italia a godere i favori della fortuna e gli o
suo scudo. Anfione. 481. Anfione discendeva da Giove (63), ed
era
figlio d’Antiope, moglie di Lico re di Tebe, e sp
unirsi in società ed a fabbricarsi le case. Cadmo. 482. Cadmo
era
figlio d’ Agenore re di Fenicia e della ninfa Mel
eci. 490. Siccome un oracolo aveva detto a Cadmo che la sua posterità
era
minacciata da grandi sventure, cosi prese volonta
rediceva dover esser colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui
era
incinta Giocasta sua moglie, ordinò che il pargol
nsultò l’oracolo intorno al suo destino, e n’ebbe in risposta ch’egli
era
nato per commettere delitti orrendi, e per esser
i dalle Muse, e divorando chi non li sapeva spiegare. Questo flagello
era
stato mandato a’danni de’ Tebani dallo sdegno che
quale sdegnata per non aver parte alcuna negli affari dello stato, s’
era
messa alla testa d’una masnada di malviventi, e d
vicine a Tebe. 498. L’enimma dato a indovinare dalla Sfinge ai Tebani
era
questo : « Quale sia l’animale che la mattina cam
quattro piedi, con due a mezzodì e con tre la sera ? » La Sfinge poi
era
destinata a perire appena avesse trovato lo sciog
chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e scoperse di quanti guai
era
stato cagione, senza saperlo, ai genitori ed al p
o il qual nome venivano onorate le Furie, degne ospiti di un uomo che
era
crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone l
fanni Dimenticai per un amplesso. 504. Tratto poi da quel bosco, che
era
interdetto ai profani, edipo fu condotto ad Ate
ere il primo, ma il re, che lo inseguiva con una lunghissima lancia ;
era
tratto da due cavalli invincibili, perchè figliuo
la piccola Frigia nell’ Asia Minore, fondata parecchi secoli avanti l’
era
volgare, sotto i suoi re, che furono Dardano, il
, acquistò possanza e splendore ; e tre secoli dopo il suo nascimento
era
già la più celebre città dell’universo.95 Ma sott
1° Bisognava che intervenisse all’assedio un discendente d’ Eaco ; ed
era
questi il prode Achille (536) ; 2° Che i Greci po
, che doveva portare sì numeroso esercito per la spedizione di Troja,
era
composta di circa 1200 navigli piccoli di quel te
una cerva a lei consacrata, negava ai Greci il vento favorevole ; ed
era
mestieri per placarla il sacrifizio d’Ifigenia. L
estieri per placarla il sacrifizio d’Ifigenia. La figlia d’Agamennone
era
sul punto d’essere immolata, allorchè Diana, sodi
urpò il trono. 533. La presenza d’Oreste (527), figlio d’Agamennone,
era
un grande ostacolo per Egisto, che non avrebbe ri
535. Alfine la condanna cadde sopra Oreste ; ma per avventura, mentre
era
per compiersi il sacrifizio, Ifigenia sacerdotess
nelle pugne. 537. L’oracolo aveva predetto che per la presa di Troja
era
necessario Achille, ma ch’ei sarebbe perito sotto
la morte di Patroclo per far ripigliare le armi ad Achille, dopo che
era
stato più di un anno senza combattere. Spinto all
ulle onde agitate dai venti. Nestore. 553. Nestore re di Pilo
era
uno dei dodici figli di Nereo e di Cloride, il so
rovò alle nozze di Piritoo (429), e combattè i Centauri (430). Sicchè
era
già molto vecchio quando concorse all’ assedio di
la sua, e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591). 557. E tanto più
era
da valutare quest’azione, in quanto che Protesila
el leone, lo rese invulnerabile, eccettone il luogo dove questa pelle
era
stata sbranata dalla ferita con che Ercole aveva
re dell’altro, posarono le armi, e si scambiarono donativi, tra’quali
era
la cintura che servì poi a legare il cadavere d’E
sso, e vedendosi ormai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che
era
stato testimone di quella pugna bestiale, non res
Ulisse, altrimenti detto Odisseo, figliuolo di Laerte e d’ Anticlea,
era
re della piccola isola d’Itaca nel mare Ionio. U
greci alla grande impresa. Per dare a credere la sua finta pazzia, s’
era
posto ad arare la sabbia sulla spiaggia del mare,
sedio di Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che
era
la statua di Pallade, ossia di Minerva (263), rel
llocatasi da sè stessa sopra l’ altare.100 3° Reso, re di Tracia,
era
venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arriva
iuolo d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa
era
di difficile riuscita, essendochè a questo princi
di Misia, erano state devastate le campagne dai Greci, ed egli stesso
era
stato ferito gravemente da Achille. Ulisse, che s
li ; ma Ulisse potè serbare la forma umana in virtù d’un’erba che gli
era
stata data da Giove. Con l’aiuto del medesimo Dio
cira, la moderna Corfù, dove regnava Alcinoo. Il palazzo di questo re
era
sontuoso, ed in mezzo ad ameni giardini che in tu
ando Ulisse potè metter piede sulla spiaggia di Corcira a lui ignota,
era
quasi moribondo per aver combattuto tanti giorni
nti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli
era
riescito di trascinarsi in un bosco poco lontano
tano dalla costa. Lì presso scorreva il limpido ruscello dove Nausica
era
solita di recarsi a fare il bucato ; e quel giorn
e il sole le asciugava, Nausica, aspettando il declinar del giorno, s’
era
messa a scherzare innocentemente con le compagne
svegliò tenerezza e stima in tutti quelli che lo ascoltarono. La nave
era
pronta, ed ei v’ascese lieto di grati e doviziosi
fuor del marin suolo. Cinque volte racceso, e tante casso112 Lo lume
era
di sotto dalla luna, Poich’entrati eravam nell’al
in che ’l mar fu sopra noi richiuso. Palamede. 583. Palamede
era
figlio di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capit
incitori dei Trojani perirono nelle onde, meno che pochi, tra i quali
era
Ulisse, causa principale di tanto danno. 586. La
ie del principe sleale la inseguirono per lapidarla, e da quanto ella
era
disperata mordeva le pietre anciatele addosso. Al
Ettore. 591. Ettore, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba (589),
era
fra’Trojani il più prode. Dopo aver sostenuto con
, scherzando Sul paterno ginocchio……. 594. Così il palazzo di Priamo
era
divenuto la magione del duolo. E il vecchio padre
avanti al campo de’Greci, e fecelo entrare nella tenda del Pelide che
era
tuttavia a mensa : …….. Il venerando veglio Entr
Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E di Troja e di tutti
era
il sostegno : E questo pure per le patrie mura Co
nè di quella dell’innocente Astianatte. Paride. 597. Paride
era
figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale ess
mezzo a una nube, e lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro sul quale
era
scritto, per la più bella. Ecco subito tutto l’Ol
possedimento della più bella donna del mondo. 600. Paride, che tanto
era
bello quanto vano, sedotto dalle carezze di Vener
Menelao, se la tolse per sè ; e la condusse a Troja mentre il marito
era
assente. Questo tradimento fece scoppiare la guer
suo sapere a guarirlo ; ma ogni sforzo fu inutile, poichè la freccia
era
avvelenata ; e Paride spirò nelle braccia della n
onte. 605. Laocoonte, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba. (589),
era
sacerdote d’Apollo (96) e di Nettuno (185) ; e s’
voto offerto a Minerva (522). Laocoonte asseriva che quella macchina
era
un artifizio del nemico per entrare nella città ;
ando, Sen fero crudo e miserabil pasto. Poscia a lui, ch’a’ fanciulli
era
con l’arme Giunto in ajuto, s’avventaro, e strett
m’ è fama) Preso d’Italo il nome, Italia è detta. Qui ’l nostro corso
era
diritto, quando Orïon (618) tempestoso i venti e
tutti……….. (Virgilio, Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone
era
figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria p
i poeti, ei serbò ancora poichè fu sceso nei Campi Elisi. 619. Orione
era
inoltre uno dei più belli uomini del suo tempo, e
vita quel bell’uomo d’Orione ; ma che valeva il pentimento ? il male
era
fatto, e senza rimedio. Tuttavia credè di poterlo
rgo ed i contorni tutti inondati dall’acqua, meno la loro capanna che
era
trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro
lebri per la loro commovente pietà filiale verso la madre Cidippe che
era
sacerdotessa di Giunone (85), 625. Questa sacerdo
leagro. 626. Meleagro, figlio d’Oeneo re di Calidonia, e d’Altea,
era
destinato a vivere tanto tempo quanto avrebbe dur
morte di Meleagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’
era
scordato di lei nel sacrificare a’Numi per ringra
siccome Atalanta, figliuola del re d’Arcadia vivamente amata da lui,
era
stata la prima a ferirlo, credè ben fatto di rega
gliersi in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta
era
la sua immobilità che pareva non desse più segno
ra la sua immobilità che pareva non desse più segno di vita ; infatti
era
cangiata in scoglio : O Niobe, con che occhi dol
la fece comparire sulla fine a far sapere al marito fino a qual punto
era
arrivata la ferocia di Progne per vendicar la sor
alla statua, e gli parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo
era
cedevole. Attonito a tanto prodigio, non osava an
Piramo giovine assiro è divenuto celebre pel suo amore per Tisbe che
era
la più bella tra le giovanette di Babilonia. Dove
ulla punta della sua spada. Quand’ ecco Tisbe uscir dal luogo dove s’
era
nascosta, ritrovar Piramo già spirante, e darsi l
o e Leandro. 646 2°. Leandro, giovinetto d’Abido, città dell’Asia,
era
fidanzato alla bella Ero giovane sacerdotessa di
ttraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai gli
era
stata destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo
rivedere la fidanzata. Partì, che il vento imperversava, ed il cielo
era
oscuro. Lottò lungo tempo contro l’impeto dei flu
a della Beozia chiamata Parnaso (123). 649. Solamente Deucalione, che
era
il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie,
alione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie, che
era
la donna più virtuosa, andarono illesi dall’ester
to all’ arcano senso di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune
era
la Terra e le sue ossa le pietre. Sicchè andarono
copre la terra di geli e di brine ; dicevan poi che volando pel cielo
era
tutto circondato di fitte nebbie ; e che stava in
voluto che la nave degli Argonauti andasse a ripigliarlo dopo ch’ei n’
era
sbarcato per rintracciare il giovine Ila, che era
liarlo dopo ch’ei n’era sbarcato per rintracciare il giovine Ila, che
era
stato rapito dalle ninfe nel recarsi a far provvi
terra. 658. In molti paesi eressero templi ai Venti, e ad Atene ve n’
era
uno di forma ottagona, avendo ad ogni angolo la f
alla parte del cielo onde spira. Epimenide. 658, 2° Epimenide
era
un filosofo dell’ isola di Creta, contemporaneo d
na, e nessuno seppe riconoscerlo, meno che il suo fratello minore che
era
già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divul
a spelonca Per sua dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non gli
era
la veduta tronca. E quella che ricopre le mammell
prima classe ! Tiresia giudicò a favore delle donne ; ma Giunone, che
era
di contrario parere, se l’ebbe a male, e lo accie
igare gli arcani che l’ uomo non potrà mai discuoprire. 662. Anfiarao
era
figlio d’Apollo (96) e d’Ipermestra (252), e fu c
ssa dimanda per i sei rimastile. Tarquinio trattandola di stravagante
era
per farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella
668. Questa Sibilla, nata a Cuma, aveva nome Deifobe o Erofila, ed
era
figliuola di Glauco (201) e sacerdotessa d’ Apoll
l’impero dei Persiani ; e soccombendo egli stesso, la medesima sorte
era
serbata al suo. Quando la Pitia disse a Nerone :
cesto. Una corona d’oleastro, che pe’ gloriosi valeva più d’un regno,
era
il premio ambito sopra ogni altra cosa dai re ste
igli e provvedeva alla loro educazione ed alla futura lor sorte. Indi
era
bello per le greche città l’esser liete di vivent
bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. — Diagora di Rodi che si
era
fatto illustre con una vittoria riportata ai giuo
partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor di patria
era
sprone al valore, spregiando i doni del tiranno,
a era sprone al valore, spregiando i doni del tiranno, gridò che egli
era
di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua :
orno. Sia o no esagerata, questa prova dimostra che l’uso della forza
era
diventato ormai spettacolo brutale e mestiero, e
chi avevano cominciato ad allontanarsi dal primitivo lor fine. Milone
era
già vecchio ; aveva trionfato sei volte nei giuoc
ntica sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non
era
più quello di prima. L’albero apertosi alla prima
ullo, dicono, aveva soffocato un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed
era
capace in età più adulta di fermare con una mano
vecchio, e come se lo volesser ricevere, lo chiamavano, e venuto che
era
lo scacciavano. Passato ch’e’ fu dinanzi a tutti
il famoso leone (370). Una corona d’apio premiava i vincitori ; e vi
era
usato ogni genere d’atletico esperimento, almeno
nto. Si posero quindi in ordinanza a piè dell’atrio del tempio, donde
era
il principio dello stadio ; e, vicendevolmente gu
, non meno che da desiderio della corona, colui che il primo essendo,
era
stato allora superato, radunando tutte le forze,
il quale, a lui presentandosi, gettò con impeto un breve manto in cui
era
involto, e si mostrò ignudo, con una fascia ai lo
no bianchissime chiome di destriero, e un ampio scudo, nel cui centro
era
incisa la torva Medusa. Alessandro Verri. Or
si Tenta l’uom, benchè forte. Il di seguente, Che al surgere del sole
era
il certame Delle quadrighe, in campo anch’egli ve
sesto, Biondi corsieri aggiunti al carro avea ; Il settimo Magnesio ;
era
Eniano, Bianco il destrier, l’ottavo ; e della sa
e. Era quest’uso grande argomento a condurre onesta e chiara la vita,
era
conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma
io che più d’ogni altra descrizione son per noi opportuni. 691. Tanta
era
la venerazione pei morti appo i Greci che in un d
’incominciati onori Il frigio duce, del serpente incerto, Se del loco
era
il genio, o pur del padre Sergente o messo ; e co
Galli, Scandinavi e Americani. Divinità Egiziane. 696. Osiride
era
uno dei maggiori Dei degli Egiziani e il più gene
nità egiziana, celebre quanto il fratello. 697. Questo Dio, che prima
era
re d’Argo, avendo lasciato i suoi stati al fratel
o, e fece costruire un magnifico monumento per tumularle. 701. Tifone
era
tutto intento ad assicurarsi il nuovo potere, all
che la sua anima fosse andata in quell’animale (Metempsicosi 162 2°),
era
chiamato Api, e scelto di color nero, con in fron
sacerdoti gl’ imprimevano segretamente sul corpo dell’ animale quando
era
lattante. Questo bue veniva nutrito per quaranta
lo custodivano le donne che sole avevano il diritto di vederlo ; indi
era
condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a M
condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a Memfi, ed allo sbarco
era
accolto dai sacerdoti e da immensa folla di popol
stalle coperte d’oro, e secondo ch’egli entrava nell’una o nell’altra
era
buono o cattivo augurio per l’Egitto. Non usciva
a procedeva in mezzo ad ufiziali che allontanavano la moltitudine, ed
era
preceduto da fanciulli che celebravano le sue lod
Gli Egiziani consultavano il bue Api a guisa d’oracolo ; la risposta
era
favorevole quando accettava le offerte ; ma suo r
ano fuori del santuario le riaprivano, e la prima parola che udivano,
era
presa per la risposta del Nume. 704. Anche gli Eg
ste in onore d’Osiride e d’Iside, nelle quali la cerimonia principale
era
l’apparizione del bue Api. La festa d’Iside 143 e
imonia principale era l’apparizione del bue Api. La festa d’Iside 143
era
celebrata nell’anniversario dell’epoca nella qual
n Italia e fin nelle Gallie e nelle estreme parti della Germania, ove
era
adorata sotto lo stesso nome. A Roma le feste d’I
no ad un tempio d’Iside : para Isidos. Vero è poi che questa divinità
era
considerata qual protettrice di Parigi. Quei popo
rillo ec. ; e l’uccidere, benchè involontariamente, un animale sacro,
era
delitto punito di morte. 709. Ma in questo culto
in questo culto degli animali non seguivano tutti lo stesso uso. Dove
era
adorato il coccodrillo e dove l’icneumone nemico
i babilonesi e dei persiani. 711. La maggior deità dei Babilonesi
era
Belo considerato come il sole o come la natura fe
rigine del bene e del male. 715. Il principio o genio buono, Oromaze,
era
l’essere supremo, origine d’ogni bene ; ed il cat
cipio, detto Arimane, passava per l’autore di tutto il male. Il primo
era
rappresentato dalla luce e l’altro dalle tenebre,
etamorfosi. 723. La terra, spossata dal peso della montagna Merupatu,
era
in pericolo di sprofondarsi nell’abisso, quando V
culto, i più celebri erano Teutatète, Eso e Tanarete. 727. Teutatète
era
il supremo Dio dei Galli, i quali riconoscevano i
30. Eso, divinità di gran conto pei Galli, presiedeva alla guerra, ed
era
rappresentato semi-nudo, armato di scure, in atto
2. Benchè Tanarete avesse il dominio delle cose celesti, tuttavia non
era
pei Galli il padre dei Numi ; anzi veniva terzo n
no il tempo non a giorni, ma a notti. 735. Dopo le divinità la querce
era
il primario oggetto della venerazione dei Galli.
è, come dicemmo parlando di Teutatète, la statua del loro supremo Dio
era
un’altissima querce. Fu pur sacro per essi il vis
segava con una falcetta d’oro quel vischio, il quale pel capo d’anno
era
distribuito al popolo qual cosa santa e quale ind
esse, ed i loro oracoli passavano per infallibili. 738. Il campo dove
era
stata celebrata qualche cerimonia religiosa diven
ve era stata celebrata qualche cerimonia religiosa diveniva sacro, ed
era
profanazione il lavorarne la terra. Quindi per im
ra. Ecco perchè quel potentissimo Dio sapeva un visibilio di cose, ed
era
chiamato per antonomasia il Dio dei Corvi ! 743.
ello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli
era
composto di tutti i semi della terra impastati co
semi della terra impastati col sangue di molti fanciulli ai quali si
era
strappato il cuore. Il culto di queste divinità c
ro tempio fu tenuto in tanìa venerazione, che ai soli sommi sacerdoti
era
concesso l’entrarvi. Quando il cullo dei Cabiri p
steri di Cerere, e divenne lerofante o aommo-sacerdote. Qnest’Eumolpo
era
poeta, e diventò uomo piene di senun. Fu capo di
elle msrsviglie del mondo, e lo credevano eretto da lui atesso quando
era
fanciullo, con lo corna delle capre uccise de Dia
nimali, nè lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Quest’isola
era
io tanta venerazione, che non vi ai potevano sott
gnuno volle provarc la medesima ispirazione ; fu dello che quel luogo
era
sacro ; vi fu alzato un lempio ; e l’affluenza de
nses. 42. Promontorio del Peloponneso nella Laconia. Alle sue falde
era
una caverna larga e profonda onde esalava un vapo
Elisi sia egiziana ; poichè il più celebre sepolcreto di quel popolo
era
collocato oltre le rive di un lago detto Acherusi
di ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura ; e questo luogo
era
detto Elision, ovvero soggiorno del riposo e dell
i magistrati e vi ardova i cadavori dei morti illustri. Questo luego
era
ornato di statue, di colonno, di portici e d’arch
ira l’omicidia, il libertinaggio, l’irreligione e la pigrizia ; o gli
era
anche atlidata la custodia delle leggi o l’ammini
dall’amico verbo Meneo, ora Moneo. 59. In quest’isola del mar Egeo
era
un vulcano che vomilava fiamme ; edi suoi abilanl
e. 85. Forse questa favola potrebbe essero spiegata cosr : L’Acheloo
era
un finme che straripando apeaso inondava e desola
gior forza che verso terra. Forse il congegno delle ali di Dedalo non
era
collegato dalla cera ; forse non fu che un primo
avanzamento della civiltà e delle arti. 88. Il qual vello altro non
era
in sostanza che un ricco tesoro portato da Frisso
aereggia la scouvolta gleba : Vero aratro sembrava, e nondimeno Tutta
era
d’ôr. Mirabila fallura ! Ed in altri scompartime
i occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto che
era
la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tr
rdette la vita. 99. Monte dell’isola d’Itaca. 100. Questa statuetta
era
formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso
i voleri del cielo. A Delfo la sacerdotessa Pitia (la Pitonessa, 122)
era
inspirata dai trasporti di furore divino ; a Dodo
lotto e simili altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco
era
una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vince
iù doppi ec. 141. Faone (177 nola), amato da Saffo, famosa poetessa,
era
assai valente in questa maniera di giuochi. 142.
ed altri siffatti. La più generale divisione che facevasi degl’ Iddii
era
in celesti, terrestri, marini, e infernali, secon
to, la Morte, il Sonno e il Sogni, Momo derisore, le Esperidi, di cui
era
il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parche Cloto,
elo; che allora ei venne a nascondersi in quella parte d’ Italia, che
era
abitata dagli Aborigeni, e che poscia fu detta La
sendo nella greca lingua Saturno chiamato Cronos, che significa Tempo
era
perciò riguardato come il Dio del tempo, e di piu
bastone in mano come preside delle strade, e colle chiavi, perchè n’
era
creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ ann
agioni, cosi talor figuravasi con quattro faccie. Il primo di Gennaio
era
singolarmente a lui dedicato, e in esso i Cittadi
Greci ed i Romani Giove riguardavasi come la principale Divinità, ed
era
caratterizzato col titolo dì Padre degli Dei, e R
contro Tifeo ultimo figlio della Terra congiunta col Tartaro. Costui
era
un mostro con cento teste di dragò; dalle quali t
ro Anfione e Zeto; penetrò convertito in pioggia d’ oro la torre, ov’
era
chiusa Danae figlia di Acrisio, e ne ebbe Perseo;
i. Tramutossi ancora in formica per Clitoride figlia di Mirmidone ch’
era
di estrema piccolezza; in serpente per Doreida, i
l fulmine, o l’ augel ministro di Giove. Fra le piante a lui dedicate
era
il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro n
esser gli oracoli. La vittima, che a Giove offerivasi nei sacrificii,
era
un bianco bue. Molti tempii aveva egli in Roma, e
e. Molti tempii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso
era
quello di Giove Capitolino fondato nel Campidogli
e. Sorella e principal moglie di Giove, e perciò regina degli Dei,
era
tenuta Giunone. Fu ella però da principio a quest
e per nasconderla la cangiò in vacca. Sospettando Giunone di quel che
era
, la chiese in dono, e la mise sotto alla guardia
Giove altribuivasi il regno dell’ aria. Sotto il nome di Lucina ella
era
in vocata dalle partorienti, sebbene alcuni per e
dan Diana, altri Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra
era
Iride figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi
edi, o sopra di un cocchio tirato dai pavoni. Il principale suo culto
era
in Samo, e Cartagine. Sacre a lei erano in Roma l
on cui intitolar volle que’ due mesi. A Giunone Februale o purgatrice
era
pur consacrato spezialmente il mese di Febbrajo,
egli altri sacrificii l’ ordinaria vittima, che a Giunone offerivasi,
era
un’ agnella, Capo V. Di Pallade o Minerva.
edere ciò che conteneva, e Minerva avvisatane dalla cornacchia in cui
era
stata prima da essa cangiata Coronide figlia di C
non potento caminar colle gambe, che non aveva, perchè dal mezio giù
era
serpente, inventò l’ uso de’ cocchi, e dopo morto
bergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima
era
proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il
d ucciderla, come appresso vedremo. A Pallade o Minerva tra le piante
era
dedicato l’ ulivo, tra gli animali la civetta; a
osito di che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela di Minerva
era
pria la cornacchia, in cui da essa era stata cang
fosi, che in tutela di Minerva era pria la cornacchia, in cui da essa
era
stata cangiata Coronide figlia di Coroneo per sot
ornacchia, la discacciò, e si prese in vece di lei la civetta, di cui
era
stata trasformata Nittimene sorpresa in incesto c
cinque giorni cominciando dai 19 di Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii
era
una capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e de
Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e di Giunone
era
Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero
ise la lingua, e la chiuse in una prigione, dicendo a Progne ch’ ella
era
morta per via. Filomela in un candido velo con fi
secondo altri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo
era
figlia di Numitore già re di Alba. Amulio, che pr
secondo Esiodo, erano il Terrore e il Timore. Il suo principal culto
era
nella Tracia ed anche in Roma, ove in somma vener
a di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione
era
quello di fabbricare i fulmini a Giove: e tanta g
tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re di Troia, che
era
allora pastore sul monte Ida, questi diè il pomo
co e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra le piante a lei dedicato
era
il mirto, tra i fiori la rosa, che di bianca, qua
a lei dedicato era il mirto, tra i fiori la rosa, che di bianca, qual
era
prima, si disse cangiata in rossa, allor quando f
i, or sopra un cocchio tirato da due cigni, o da due colombe. Adorata
era
Venere principalmente nell’ isola di Citerà, ed i
uori allontanasse dagl’ illeciti amori: e a lei spezialmente dedicato
era
il mese di aprile, così detto secondo alcuni aphr
ccese, e la fece trasportare da Zefiro in un palagio rimoto, ov’ ella
era
di tutto lautamente fornita da ninfe invisibili,
fine avrebbela divorata. Psiche per accertarsene, alla notte, mentr’
era
addormentato, accese una lucerna, e prese un colt
tello con animo di ammazzarlo, se fosse un mostro. Al vedere ch’ egli
era
tutt’ altro, rimase attonita, il coltello le cadd
po l’ altra da esso precipitarono. Intanto Venere informata di quanto
era
avvenuto, si fece condurre Psiche davanti e fiera
nne ascritto quanto poteva agli altri appartenere. Allorchè Latona n’
era
incinta, Giunone pregò la Terra a negarle ricover
erpente Pitone. Ma Nettuno l’ accolse nell’ Isola Ortigia o Delo, che
era
allora natante, e ch’ egli poi rese ferma; e Lato
do sopra di un sasso ribalzò in faccia a Giacinto nell’ alto ch’ egli
era
corso per prenderlo. Ciparisso figlio di Amicleo
ventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che gli
era
carissimo, volle ei medesimo per dolore ammazzars
quattro figlie Igica, Egle, Panacela e Jaso. La celebrità ch’ egli si
era
acquistata fece riguardare insieme con Apollo suo
e insieme con Apollo suo patire qual Dio della medicina. Il suo culto
era
specialmente in Epidauro; ma passò poscia anche i
la città andò a posarsi spontaneamente sopra la nave dei Romani, ch’
era
nel porto, e da essi condotto a Roma, e deposto n
arono templi, in cui rappresentavasi con un bastone in mano, al quale
era
un serpente attorciglialo; e gli s’ istituirono s
e queste due bestie feroci. Oltreciò allorchè preso da grave malattia
era
Admeto vicino a morte, ei gli ottenne dalle Parch
to principalmente in Deio, Giuro, Timbra, Pataro, Cirra, e Delfo, ove
era
il famoso oracolo, che rendevasi dalla sacerdotes
offerivasi il toro, il porco e l’ ariete. L’ albero a lui consacrato
era
l’ alloro. Rappresentavasi come abilissimo arcier
sculapio per Dio della medicina. Qual Dio della musica e della poesia
era
egli chiamato preside e condottier delle Muse fig
e da Teti di non permettere che mai si bagnino in mare. Diana stessa
era
creduta castissima, e malamente gli amori della L
nferno. Aveva i nomi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove
era
nata. Famoso era il suo tempio in Efeso, che poi
omi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famoso
era
il suo tempio in Efeso, che poi fu incendiato da
dalla mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedicata
era
una cerva. In Tauride però le si immolarono per a
Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Giove e di Maia,
era
considerato come il messaggiero degli Dei. Perciò
n detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne
era
incinta, Giunone assunta la figura di Beroe di le
immota la nave, e lor cangiò in delfini, salvo Acete, che a quelli si
era
opposto. Alcitoe, Leuconoe e le sorelle, figlie d
i, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto s’
era
con una scure a tagliarle, tagliossi le gambe. Al
ll’ incontro avendo Micia re di Frigia a Bacco restituito Sileno, che
era
stato preso dai contadini, Bacco in ricambio si o
ol capo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che
era
una lancia ornata anch’ essa di pampini. Suoi seg
everla colle fiaccole accese alle fiamme del monte Etna. Aretusa, che
era
prima una ninfa dell’ Elide, e che inseguita dal
ggiunta), diè finalmente a Cerere contezza che Proserpina da Plutone,
era
stata rapita. Essa allora sir volse a Giove per r
esta mal sofferendo la schiavitù raccomandossi a Nettuno da cui prima
era
stata amata, ed ei per toglierla al padre la tras
principio i misteri di lei chiamati Eleusini, a’ quali chi iniziavasi
era
tenuto à rigoroso segreto, cui era sommo delitto
Eleusini, a’ quali chi iniziavasi era tenuto à rigoroso segreto, cui
era
sommo delitto il manifestare. Rappresentavasi Cer
potendo mai prender sonno, con questi per consiglio di Giove riuscita
era
a conciliarselo. Portava pure la fiaccola con cui
della figlia, e la falce con cui si miete il frumento. Il suo cocchio
era
tirato da due dragoni. In Roma a lei offerivansi
Dea del fuoco. Il rito di adorare il fuoco e conservarlo gelosamente
era
antichissimo presso gli Orientali, e in Italia vu
i che fosse già in uso presso i Tirreni. La custodia del fuoco sacro,
era
affidata in Roma ad un collegio di vergini dette
oco sacro si estingueva, il che aveasi per funestissimo augurio, ell’
era
dal Pontefice massimo severamente punita. Nè il f
inità chi l’ avea sedotta morir faceasi a forza di battiture, ed ella
era
portata con lugubre pompa sopra i una bara fuor d
nto e Ida, e dalla città di Pessinunte nella Frigia, ove specialmente
era
adorata. Finalmente, come Dea della terra, e madr
u poi da essa cangiato in pino. La vittima che a Cibele sacrificavasi
era
una troia. In Roma alla fine di marzo la statua d
fu posta da Pronabide la sede di Demogorgone, Dio terribile, che noti
era
permesso di nominare, e che si dice padre della d
i celebravano in Roma ai 21 di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori
era
pure tenuto Pane figlio di Mercurio; sebbene alcu
e a Pane, di cui si pretende che i Luperci fossero sacerdoti. Silvano
era
il Dio delle selve, e rappresentavasi con un cipr
uno e l’ altro avevano senza peli. Priapo, figlio di Bacco e Venere,
era
il Dio e custode degli orti. Effigiavasi colla ba
ovi sciami di api. Il Dio Termine presedeva ai confini dei campi, cui
era
grave delitto il violare. La sua figura a princip
ampi, cui era grave delitto il violare. La sua figura a principio non
era
che una pietra, da quale segnava il confine tra u
re le case colle larve notturne, placavansi a’ 9 di Maggio. Ogni uomo
era
in tutela di un Dio particolare che chiamavasi Ge
dusa al mangiare. La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina
era
quella sotto gli auspici di cui i maschi al nono
hè non errino; Averrunco quel che allontana i mali e i pericoli; come
era
ài Dio de’ conviti; Momo quel della satira e del
esso, la prima Malina, e la seconda Liduna. Custode del gregge marino
era
Proteo figliuolo dell’ Oceano e di Teli figlia de
a di Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio di Eaco, mentre
era
addormentata, ella cangiossi in albero, in tigre,
e di Toosa, che partorì Polifemo, e a lui sacro, secondo il medesimo,
era
il porto d’ Itaca. Ma un altro Forco da Cicerone
divennero Ino e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia
era
moglie di Atamante. Giunone di lei nemica mandò T
poli, fu cagione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla
era
figlio di Forco e della ninfa Cratea. Fu amata pe
celesti le vittime si offerivano io numero dispari. Dea dell’ Inferno
era
pur Ecate, che alcuni confondono con Diana, altri
la Notte, e in un altro figlie di Giove e di Temi. L’ ufficio loro si
era
il filar la vita degli uomini. Cloto tenea la roc
a e torceva il filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita di ciascuno
era
giunta al suo termine. Le tre Furie, o Dire, o Er
ire i condannali. Persecutrice e punitrice delle colpe in questa vita
era
Nemesi o Adrastea figlia della Notte secondo Esio
Ramnusia; persecutore, specialmente delle menzogne e degli spergiuri
era
Orco Dio del giuramento. Gli Dei Mani erano una s
sse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Mani dai Latini
era
detto Summanus. La Notte dicevasi anch’ essa tene
eoi Sonno, e co’ Sogni suoi figli. Morfeo figlio e ministro del Sonno
era
quello, che gli nomini addormentava, spruzzando g
dell’ oblivione, e bevute faceano dimenticare tutto il passato. Stige
era
figlia dell’ Oceano, e formava, secondo Esiodo, u
dell’ Erebo e della Notte, vecchio ma di robusta e verde vecchiezza,
era
quegli, che traghettava su nera barca le anime di
lirli poneasi loro una moneta, sotto la lingua. Di là dell’ Acheronte
era
il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e d
te era il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e da Echina, ch’
era
il custode dell’ Inferno. Tre giudici, Minosse, R
ena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e di Europa, e il primo
era
stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco
ropa, e il primo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco
era
figliuolo di Giove, e di Egina, e re di Cenopia,
, o Enona, cui dal nome della madre chiamò Egina. Il luogo del premio
era
un delizioso soggiorno detto Eliso, ove le anime
e occupazioni, che più aveano amate qui in terra. Il luogo della pena
era
il Tartaro; e i più famosi condannati erari laggi
ttuno, e d’ Ifimedia moglie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio
era
figliuolo di Giove e di Elara; ma perchè questa i
fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale
era
figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato il no
nare Alcmena prese la sembianza di Anfitrione medesimo, mentre questi
era
occupato nella guerra contro de’ Tafii e da’ Tele
nò nel paese di Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna, che
era
un serpente di sette teste, a cui se una ne veniv
; e fatta prigioniera Ippolita loro regina, la diede a Teseo, che gli
era
stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le sta
si di Gibilterra, ove Ercole per monumento piantò due colonne, su cui
era
scritto: Non più oltre. Lottò con Anteo figlio de
medonte re di Troia dal mostro marino, a cui per ordine dell’ oracolo
era
stata esposta, come s’ è detto (Parte I Capo X.),
uti, ma essendo questi dalle Ninfe stato rapito nella Bitinia, mentre
era
sceso per bere al fiume Ascanio, Ercole inconsola
da Pallade uno scudo, che risplendea a guisa di specchio. Giunto ov’
era
Medusa, stando egli sospeso in aria, e guardando,
ri sieno di opinione che Atlante siasi detto portare il cielo, perchè
era
assai studioso dall’ astronomia. Passò in Etiopia
ove Andromeda figlia di Cefeo e di Cassiopea per ordine dell’ oracolo
era
esposta ad essere divorata da un mostro marino, c
guidò salva alla reggia. Ma Fineo fratello di Cefeo, a cui Andromeda
era
stata innanzi promessa, pretese di averla; e nata
caccia del cignal Calidonio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro
era
figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia
l’ Illirico, dove chiedendo agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’
era
stato il principio di sue avventure, fu insieme c
Capo VII. Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo
era
figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e
o dall’ oracolo, che doveva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta
era
incinta, le ordinò di soffocarlo appena nato. Ma
, uccise senza conoscerlo il proprio padre, che a favore di quelli si
era
intromesso. Altri dicono che l’ uccidesse, mentre
isposa a chi sciogliesse l’ enimma, e perir facesse la Sfinge, poichè
era
destino, che questa dovesse morire sì tosto, che
farne ricerca, venne a scovrire non solamente che l’ uccisore di Laio
era
stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo p
e che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
era
suo padre, e Giocasta sua madre. Preso da orrore
Partenopeo, e con questi si mosse contro di Tebe. Anfiarao però, ch’
era
della famiglia dell’ indovino Melampo, e prevedev
in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste; ma come questa
era
avvelenata così appena Glauce se l’ ebbe posta, a
tellazione del Sagittario: le quali cose mentre la figlia Ociroe, ch’
era
indovina, gli stava vaticinando, fu al dir di Ovi
ova partorite da Leda; ma l’ un di questi contenente Polluce ed Elena
era
stato fecondato da Giove cangiato in cigno, l’ al
ione da Tindaro re dell’ Ebalia, marito di Leda. Quindi è che Polluce
era
immortale, e mortale era Castore. Polluce però, o
Ebalia, marito di Leda. Quindi è che Polluce era immortale, e mortale
era
Castore. Polluce però, onde aver col fratello una
di Egeo assassinato il figliò Androgeo, dopochè nelle feste Panatanee
era
riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi eg
nnammoratosi recise al padre addormentalo un crine purpureo, al quale
era
annesso il destino di Nisa, per la qual cosa ella
l quale mostrava di voler superarlo (perciocchè giunto da se medesimo
era
già ad inventare la sega, il torno, la ruota dei
laberinto, luogo d’ intralciatissime strade, per le quali chiunque vi
era
introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli
drone Perifeta figlio di Vulcano, detto pur Cornista dalla clava ond’
era
armato; in Eleusi Cercione, che sfidava i passagg
ore e Polluce di lei fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Medea
era
divenuta moglie di Egeo, corse grave pericolo di
sse, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui
era
partito; ma Teseo dimenticò il comando del padre,
Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli
era
abilissimo, colla condizione, che se taluno fosse
averla, e capo della Spedizione fu fatto Agamennone. Mentre l’ armata
era
raccolta in Aulide porto della Beozia, trattenuta
le furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui
era
stato educato giunse in Tauride, ove per ordine d
si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’
era
la sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri i
mendogli di aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa,
era
stata poi data a Pirro, andato a Delfo, ove sapea
Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’
era
incinta, parvele in sogno di aver in seno una fia
, ei vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’
era
di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò
ia con venti navi per ripetere Esione, che liberata dal mostro marino
era
stata via condotta da Ercole, e data a Telamone f
mina. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, ch’
era
riputata la più bella donna di quell’ età, colse
appigliarsi, lo riconobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filottete
era
stato compagno di Ercole, e testimonio della mort
preda fatta da’ Greci nella espugnazione di Crisa città della Frigia
era
toccata ad Agamennone, questi lo ributtò bruscame
allora questi ad Agamennone con aspre ingiurie e già la mano pur gli
era
corsa alla spada, ma fu da Pallade trattenuto. Si
Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto
era
vulnerabile, perchè Tetide, appena nato per esso
figlio Cigno, atterrandolo e strozzandolo, poichè esso pure a’ dardi
era
impenetrabile. Grave battaglia per riavere il cor
condo Omero, da servo fuggitivo, e introdottosi in Troia, spiò quanto
era
là dentro, e nè portò a’ Greci la più esalta cont
iamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eventi di Troia. E poichè
era
pure destino, che Troia fosse invincibile, se i c
isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che
era
per destino verace sempre e non creduta mai, grid
a per destino verace sempre e non creduta mai, gridò che quel cavallo
era
un’ insidia e che doveva distruggersi. Invano pur
leano sacrificarlo. Costui seppe persuadere a Troiani, che il cavallo
era
stato fabbricato da’ Greci, onde placar lo sdegno
eifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale
era
educato per man di Pirro, a quello era stata data
o la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a quello
era
stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella
anche a suo tempo mostravasi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli
era
sepolto in compagnia di Merione. In Calabria pari
ore, che caduto dal letto nell’ Isola Eea, mentre gli altri partivano
era
Timaslo insepolto; poi da Tiresia udì i futuri su
i nudo a Nausicaa figlia del re Alcinoo e di Arete, che colle ancelle
era
andata a lavare le vesti alfiume, ebbe da lei ris
giunto il figlio Telemaco ritornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’
era
andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per
andar con un remo sopra la spalla fin dove gli fosse detto che quello
era
un ventilabro, e fatto quivi un sacrificio a Nett
occiolar sangue, e udì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto
era
Polidoro figlio di Priamo, ucciso dal re Polinnes
amo l’ aveva a lui spedito. Aggiunge Ovidio, che la morte di Polidoro
era
stata poi vendicata da Ecuba perciocchè essendo i
essendo interpetrato da Anchise per l’ isola di Creta, da cui oriundo
era
Teucro, Enea là si diresse, e cominciò a piantare
e ad Enea gli Dei Penati, avvisandolo che la terra indicata da Apollo
era
l’ Italia, da cui origine traeva Dardano nativo d
a morte di Pirro. Accolto quivi con gran tripudio, ebbe da Eleno, che
era
pur vate, l’ avviso di non approdare a’ vicini li
o Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdata
era
non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto
i si accese. Ma Jarba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide, che
era
stato prima da lei rifiutato, ricorse al padre, i
di Venere. Intanto Mise trombettiere di Enea sonando la conca marina
era
stato per invidia da un Tritone gettato in mare;
bini, i condannati a ingiusta morte, i suicidi, gli amanti, fra quali
era
Didone che fuggì da lui dispettosa, e i guerrieri
mmò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia
era
stata innanzi promessa; e finalmente fece che Asc
principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che per le sue crudeltà
era
stato cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per
detto, partito di Arcadia per avervi digraziatamente ucciso il padre,
era
venuto in Italia a stabilirsi sul colle Palatino.
e, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa di Diana, alla quale Camilla
era
consagrata, Enea innoltrandosi venne a porre l’ a
i da Pallade mutati in serpenti, perchè nel tempio di Pallade ella si
era
data a Nettuno convertito in cavallo. Parte II. C
ttersi avvelenati. Mera indicò ad Erigione figlia di lui il luogo ov’
era
sepolto; e questa per dolore si appiccò, che sopr
uì ad onore d’ Icario e di Erigone, e si disse finalmente, che Icario
era
stato portato in cielo nel segno di Boote, Erigon
formica. Scilla figlia di Niso recide al padre un crine purpureo, cui
era
annesso il destino di Megara, per darlo a Minosse
on lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita di lui
era
annessa, ed ei muore consunto da interna arsura.
dinaria azione si erano resi illustri. Questo culto però da principio
era
semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’ erb
ti d’ erbe ò di fronde in aperta campagna, o in qualche luogo elevato
era
l’ altare, sul quale agir Dei rappresentati da un
, le, si indoravan le corna, le si poneva sul capo la mola salsa, che
era
una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le
narla; l’ Aruspice esaminava quindi le interiora se eran sane, il che
era
di buon augurio, e se eran guaste o infette, che
ran sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che
era
di augurio sinistro; per ultimo una porzione dell
esse di Bacco. In Roma chi aveva nelle cose sacre la suprema autorità
era
il Pontefice Massimo; Seguivano i Flamini, tra et
ce Massimo; Seguivano i Flamini, tra etti il Diale o Flamine di Giove
era
il primo, e solo avea il privilegio di portare l’
era il primo, e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’
era
una specie di berretto bianco, poi venivano il Ma
s’ intraprendeva, prima che questi non avessero deciso se l’ augurio
era
fausto o infausto. Gli auguri poi si prendevano a
iamente si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco
era
di buon augurio quando udivasi alla sinistra, per
di cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali allorchè la Pitia
era
inebriata, pronunziava delle parole per lo più os
dava a mangiare. L’ oracolo di Venere in Africa tra Eliopoli e Biblo
era
favorevole, se le cose che gettavansi nel vicin l
la Sardica nativa di Sardi nella Libia. Presso i Romani la più famosa
era
la Sibilla Cumana, la quale si disse che offerse
mo di Corinto. A questi giuochi concorreva tutta le Grecia. Il premio
era
una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una
a piedi, o a cavallo, o sulle bighe e le quadrighe; 2. il disco, ch’
era
un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai
oms di Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire di Platone(a)
era
figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua
orte, si numerano Nettuno, Plutone, Giunone, e Cerere. Non altrimenti
era
per accadere anche a Giove, se Cibele, sua madre,
tto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli
era
stato avvinto da Giove, allora si scioglieva, per
denominarono Cronie(b) dal Greco nome chronos, tempo, perchè Saturno
era
considerato come il Tempo(c) (20). Questo Nume eb
tesso. Cerei pure ardevano in gran copia dinanzi a questo Dio, perchè
era
egli risguardato come il lume dell’ umana vita(e)
tici, le vittime de’quali appartenevano a’soli sacrificatori(d). Ella
era
altresì la Dea particolare de’ Trojani(e). Enea n
, Dindimena(f), e Idea(g) daimonti(7) e dalle città, ove spezialmente
era
onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Mag
La seguì la figlia con passo più franco del consueto, e s’ avvide ch’
era
divenuta uomo. Fece subiro costei ritorno all’ ar
che lo diede a’ Tirreni(b) (15). La Dea ne prese vendetta. Sangaride
era
una delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipe
ueste, anche quelle Ninfe perivano. Cibele atterrò la quercia ; a cui
era
affissa la vita di Sangaride ; e questa più non e
Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste di Cibele
era
il portare per la città un pino, e riporlo poi di
Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la quale
era
stata la prima Vestale(e). Addette una volta al s
destrarvi le altre, che vi si sostituivano. Il loro principale dovere
era
di serbarsi vergini, e di attendere alla conserva
come in sacro e inviolabile deposito, si conservavano i testamenti ;
era
punito colla morte chi le insultava ; se a caso i
o ; ne’pubblici spettacoli aveano luogo distinto ; ad esse finalmente
era
permesso il celebrare ogni anno le Feste Argee(c)
no delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste
era
quello di ottenere in copia le frutta dalla terra
e ricchezza e gli altri prodotti della terra(f). Cerere. Cerere
era
figliuola di Saturno e di Cibele(a). Gli Antichi
i abitanti dell’ Attica, lo regalò della pianta, detta fico, la quale
era
stata sino a quel tempo ignota a tutti gli uomini
na nati, morivano, si offerse di allevargli quello, che in que’giorni
era
comparso alla luce. Visse il fanciullo, e crebbe
in matrimonio con Crisorte. Plemneo, venuto in cognizione che Cerere
era
una Dea, le eresse un tempio(b). Si abbattè parim
rapisse Proserpina(e) (10). Ciane voleva palesare a Ceiere quanto le
era
avvenuto, nè potendo farlo colla voce, supplì col
di nuovo all’ Olimpo, e ricorse a’ Giove pet riavere Proserpina, ch’
era
pure figlia di hai. Il Nume promise di soddisfarl
l di lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia porta-lana, perchè
era
risguardata come la protettrice anche de’ greggi.
ebbero per eccellenza anche il nome di Misterj, perchè in esse tutto
era
mistico. Dicesi da alcuni, che sieno state istitu
cuoprivano di una veste nuova, la quale non deponevano, se non quando
era
divenuta lacera, nè si poteva più usare (e). Altr
e’ quali il vincitore riportava una corona d’ orzo (c). Il Floriferto
era
una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe
comando di un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello
era
il solo mezzo di placare la Dea, che affliggeva t
er la perdita di sua figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cerere,
era
tinomatissimo spezialmente quello d’Eleusi. Il me
Daduco o Lampadeforo, e il Cerice. I Gerofante, ossia Gran Sacerdote,
era
il primo in dignità, e a lui apparteneva l’inizia
cui Cerere puni il Tessalo Erisittone, figlio di Triope. Costui, com’
era
disprezzatore di tutti i Numi, così osò di taglia
e che Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima
era
di ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è finalmente
mo, uno degl’ Idei Dattili ; e che questi, per aver detto che il Nume
era
mortale, ne fu cangiato in diamante (h). Giove, c
focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò
era
delitto per l’utilità de’ buoi. Il Sacerdote fugg
ava Flamine Diale. Questa dignità s’instituì da Numa Pompilio (b), ed
era
la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fr
Numa Pompilio (b), ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’
era
fregiato, usava di una veste reale, di una sefia
reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di lui beretta
era
formata della pelle di qualche bianca pecora, ch’
ano il loro ministero. Il Flamine Diale, quando andava per le strade,
era
preceduto da un littore. Benediceva le armi, e pr
a a’ di lui piedi, non andava più soggetto la meritato supplizio. Non
era
permesso se non ad un uomo libero il recidere a q
Giove, sono pressochè innumerabili. Altri di essi gli derivarono, ov’
era
in ispezial modo venerato ; altri da’ diversi pop
fitto (a). Erigdupo (b) o Brontonte (c) o Bronteo fu chiamato, perchè
era
creduto il suscitatore del tuono. I Latini lo chi
ia il più magnifico tempio, che fu chiamato il Trono di Giove. Il Dio
era
ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte di una
ronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. La stessa statua
era
d’oro e d’avorio. Avea nella destra una Vittoria,
ur d’oro la capigliatura e il mantello del Nume (d). Questo simulacro
era
stato opera di Fidia, figlio di Carmida (e). Le f
Adriano, ne’ quali fu ridotto a tutta perfezione. Il medesimo tempio
era
circondato da un bosco sacro, detto Alti (f), e p
predette quercie si posò, e con voce umana fece intendere, che Giove
era
per istabilire ivi un Oracolo (c) (12). In quella
allora gli eventi si predissero dal tripode, il quale secondo alcuni
era
un vaso, ma secondo la comune opinione era una se
e, il quale secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune opinione
era
una sedia, sostenuta da tre piedi(f). Non molto d
armato di una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni, ne’ quali
era
permesso interrogare l’Oracolo, sospendevasi alla
i questo scorreva una fonte indovina, detta l’ Acqua del Sole. Questa
era
gelida sul meriggio, e calda al rinascere e tramo
di bronzo, e fornito di pietre preziose. Il piedestallo del medesimo
era
d’oro, e avea la forma di navicella. Questo Nume
nti altari, e gli consecrò un fuoco perpetuo (c). Giove Ammone quanto
era
venerato nella Libia, alttettanto ne lo era in Af
(c). Giove Ammone quanto era venerato nella Libia, alttettanto ne lo
era
in Afite, città della Tracia, ove avea un maestos
ra’varj nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello di Giove
era
uno de’ principali. Quindi questo Nume, come pres
iove, per conservare la memoria della capra Amaltea, col di cui latte
era
stato nutrito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo
questa ceremonia se guiva la pioggia (f). Il Dio sotto questo aspetto
era
dagli Ateniesi chiamato Iezio, e da loro eragli s
onsole Orazio Pulvillo ne fece la dedicazione (f). Il medesimo tempio
era
circondato da un vasto portico. Quivi eravi ripos
Iasciò scoperta una parte del predetto tempio, perchè altrimenti non
era
permesso il farlo (e). Il medesimo tempio tre vol
riva. Se una bestia, inseguita da’ cacciatori, colà si ritirava, essa
era
in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alber
avano, senza essersi mai per tutto quel tempo cibati di carne urnana,
era
pet virtù di lui restituita la figura d’uomini (a
perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce di tutti
era
onorato (i). Giove in un tempio di Terracina, cit
suro o Ansiro o Ansiro, ossia giovine e senza barba (l) Questo Nume
era
anche tenuto per l’aria o pel Cielo. Quindi da lu
ali si facevano solenni conviti e sacrifizj. L’oggetto delle medesime
era
quello di essere immuni da’ pericoli e disastri (
si disse il Nume dalla Greca voce ilapine, conviti, perchè con questi
era
magnificamente onorato in Cipro(f). Si chiamò Cte
, piccolo passe d’Elide nel Peloponneso (l), il quale secondo Stefano
era
la stessa Elide. A Giove Ultore, ossia Vendicato
ue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità
era
sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più
Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite
era
il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche i
ne subito si propose di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se
era
egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di l
rpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’
era
corrisposto. Avvenne, che Carpo cadde nel prodett
ccolo Giove (b). Varie ragioni vengono addotte, per le quali l’Aquila
era
sacta a Giove(39). Primo perchè questo Nume, comb
li caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva gli onori divini, ed
era
in un tempio venerato sotto il nome di Giove Cons
ina. La terra avea prodotto un mostro, il quale nella parte superiore
era
toro, e serpente nell’inferiore. Questo era stato
ale nella parte superiore era toro, e serpente nell’inferiore. Questo
era
stato subito rinchiuso appresso la palude Stigia
e tra questi spezialmente Briareo, eccitato da Saturno, lo uccise, ed
era
anche per abbruciarne le interiora, quando un Nib
ele il maligno suggerimento, e lo eseguì. Giove, che prevedeva quanto
era
per riuscirle fatale l’inchiesta, tentò di dissua
chiamente ne usano(f). Milichio, dalla voce milica, fico, perchè egli
era
stato il ritrovatore non solo del vino, ma anche
i madre, Semele (e). Sabazio, da’ Sabi, gente della Tracia, da’ quali
era
in particolar modo onorato (f). Sabazj si appella
delle Orfiche (m). La maniera, con cui si solenizzavano, da principio
era
semplicissima, e si mantenne tale, finchè l’affll
ncenso ed altri aromi. L’uso delle Ceste mistiche(10) in queste Feste
era
solenne assai più che in quelle di qualunque altr
te le frutta, le quali si consecravano al Nume(b). La statua di Bacco
era
collocata sulla Tensa(11), tirata da animali (c).
Brumali furono così dette dal nome Brumo, che secondo il Cantelio(f)
era
lo stesso che Bromio, e con cui gli antichi Roman
, coperto con nera pelle di capra. Santio girò il capo per vedere chi
era
seco, e restò frattanto da Melanto ucciso. Gli At
ieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la quale talvolta
era
anche d’oro. Andavasi parimenti in giro sopra i c
sopra, studiandosi di rimanervi ritti con un solo piede. Chi cadeva,
era
deriso. Il viacitore poi ne riportava in premio o
resso Erigone, e strascinandola per la veste, la condusse, ove Icario
era
stato gettato. La figlia, al vederlo, pel dolore
dato da tigri, leoni, e pantere. Tutti i nocchieri s’avvidero ch’egli
era
un Dio, e ne implorarono il perdono, ma tuttavia
agione, per cui egli onorava Bacco. Lo stranìero soggiunse, che Acete
era
il suo nome, la Meonia il paese, la condizione pl
sta ragione Bacco fu denominato Tauricorno(m). Giuonone Giunone
era
figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli
Giunone non visse quasi mai in pace col marito, fu la gelosia, da cui
era
continuamente agitata (c), e per cui fu soprannom
otessa di questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendente bellezza
era
amata da Giove, che la rendette madre della Sibil
che, e si misero a correro per le campagne. Ina malattia di tal fatta
era
di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di
nominata, perchè una delle ceremonie del matrimonio appresso i Romani
era
il dividere la capigliatura della sposa in sei tr
opolazione (a). Marziano Capella soggiunge, che fu così detta, perchè
era
spezialmente invocata dal popolo (b) (14). Ebbe i
arto (c). Altri però così la denominarono, perchè in modo particolare
era
onorata co sacrifizj il mese di Febbrajo (d). Fu
arvi(a). Si chiamò Giuga, o come Greci la dicevano Zigia, (b), perchè
era
preside al giogo, sotto cui si univano gli sposi.
a Regina, ed Era, ossia la Signora, perchè Giove, come abbiamo detto,
era
il re e il signore del Cielo e della terra. Sotto
il signore del Cielo e della terra. Sotto l’uno e l’altro titolo ella
era
risguardata, come la distributrice de’regni e del
o un tempio, che le fu cretto da Camillo (e). Ivi la statua della Dea
era
tenuta da’ Romani in grande venerazione, nè alcun
in premio a chi ascendeva sul teatro, penetrava in un luogo, di cui n’
era
difficile l’ingresso, e staccava uno scudo, che c
go, di cui n’era difficile l’ingresso, e staccava uno scudo, che colà
era
confiscato. Un’ altra Festa di questo nome ogni c
esse condurre sopra un carro per la città, spargendo voce, che quella
era
Platea, figlia del re Asopo, cui Giove voleva spo
re le vesti della supposta novella sposa. S’avvide allora, che quella
era
una statua, e riconomendo l’azione, come un tratt
so ne compiacque, e si rappacificò seco lui (a). E perchè Citerone n’
era
stato l’autore, perciò ella dal nome di lui fu de
in un monte tra la Beozia e l’ Attica, il quale secondo Pausania (c)
era
sacco a Giove, e secondo Plinio (d) a Bacco e all
tue erano ridotte in cenere (f). Fu detta Prodromia, perchè ella pure
era
una delle Deità, che si veneravano prima d’ intra
bosco all’ improvviso coperto di foglie, la statua fu fasciata, dov’
era
(a). Strabone soggiugne, che in quel bosco i Sace
ano recarsi a venerare Giunone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea
era
vestita di una pelle di capra, armata di un’asta
ognuno nel di lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea, perchè
era
presa per l’acia (e). E’ stata finalmente appella
tagno, in cui, gettandosi delle focacce, se queste s’immergevano, ciò
era
di buon augurio ; se altrimenti, di cattivo (a).
orte si gode perfetto riposo(a) Si denominò Dite, ossia ricco, perchè
era
considerato il Dio dell’ opulenza(b) (24). Finalm
regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dice Diodoro Siculo(h),
era
il toro. Questo Autore soggiugne, che i Siracusan
tto scoccò tanti strali, che lo uccise, per vendicare la madre, che n’
era
stata sì fieramente perseguitata (f). Cotale ucci
doni (c). Allora gareggiavano tra loro i Poeti. L’argomento ordinario
era
un inno, accompagnato colla cetra, in cui si cant
nto del Nume contro Pitone (d). Il premio de’vincitori ne’primi tempi
era
una piccola corona d’alloro (e). Vi s’introdusser
anche il nome di Delfico (g). Dicevano gli Antichi, che questo tempio
era
stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti da
enne d’uccelli. S’inventò poi un terzo tempio, e si disse, che quello
era
opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gru
da’Sacerdoti scendeva sul Tripode, detto anche Cortina(d), e il quale
era
tutto circondato d’alberi. Presa allora da violen
ruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che
era
stato proposto dal nobile architetto Spintaro Cor
racolo, che dava Apollo sul Promontorio d’Epiro, detto Ninfeo, perchè
era
conse, crato alle Ninfe. Quegli, che lo consultav
er fatto le solite preghiere, gettava lo stesso incenso sul fuoco. Se
era
si per ottenere quel, che si ricercava, l’incenso
paese. Consultarono gl’Indovini, e ne intesero, che per farla cessare
era
d’uopo spedire sette fanciulli e sette fanciulle
ano cerre feste, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia
era
quella di far usoire dalla città lo stesso numero
o assai celebre pe’portici e per la Biblioteca Greca e Latina, di cui
era
fornito(c) (17). Le Giacinzie venivario solennizz
icava, cominciando dallo spargere in libazione vino e latte. L’altare
era
la stessa tomba di Giacinto(d). Le Poliie si cel
si prese a considerare que’versi, come oracoli. E perchè negli stessi
era
indicato, che se i Romani volevano allontanare da
e che questi vibrò contro di loro moltissime frecce. Da principio non
era
fissato il giorno, in cui si doveano celebrare ta
in Delo un’ara, sacra ad Apollo, la quale appellavasi Ceraton, perchè
era
stata da Apollo fanciulletto composta di corna di
perboreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o di Peone(19), perchè
era
egli considerato come il Dio della medicina(f) (2
resì di Apotropeo(b) (21), e di Epicurio. Sotto questo ultimo il Nume
era
in modo particolare venerato in Figalia, città d’
esso Colofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo
era
il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte
remio a’ vincitori. Ma questi tripodi si consecravano poi al Nume, nè
era
lecito portarli a casa(c). Fu detto Soratte dall’
In esse si facevano dei Giuochi, il premio de’ quali secondo Pausania
era
un vaso intagliato(e), ovvero una veste, detta cl
a statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome di Tirseo
era
onorato in Cianea, città della Licia. Ivi v’ avea
gnifico tempio, rotondo, e pieno di ricchi doni. La loro stessa città
era
consecrata ad Apollo, e abbondava di musici e suo
nacciava le procelle ; finalmente secondo alcuni non mangiava mai, ed
era
stato quegli, che con uno degli ossi di Pelope av
si con gran pompa in giro. Chi ciò faceva, chiamavasi Dafneforo. Egli
era
coperto di magnifica e lunga veste, co’ capelli s
tame. Fece, che quelle si allontanassero, si manifestò per quello ch’
era
, e chiese d’ unirsi seco lei in matrimonio. V’ ac
e tentava di persuaderle, che una madre di due soli figliuoli, qual’
era
stata colei, non dovea essere posta a confronto d
mente amava(c). Bolina, originaria d’Acaja, contrada del Peloponneso,
era
amata da Apollo, ma non voleva corrispondergli. I
esto ; Dafne, figlia di Peneo, uno de’fiumi maggiori della Tessaglia,
era
amata da questo Dio (56). E benchè ella con odio
sa, e ne implorò altresì l’assistenza de’Numi. Quel, ch’ella bramava,
era
, che o la terra la nascondesse nelle sue viscere,
i mutata in una pianta d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni
era
figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del S
o perchè riteneva cento anni al di là del fiume Stige chi dopo morte
era
rimasto senza sepoltura, o perchè le si sacrifica
sacrifizio appellavasi, come abbiamo osservato, Ecatombe. Questa Dea
era
la stessa, che la Luna, Diana, e Proserpina : val
sefone, ossia Proserpina, nell’ Inferno (a). Esiodo dice, che la Luna
era
figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il qu
Nell’estremità della stessa v’avea una sorgente d’acqua, in cui Diana
era
venuta a ricrearsi insieme colle vergini, sue seg
le, e Nife allora molto si distinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea
era
dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana sp
figlio di Nettuno e di Brille(3), oltre essere famosissimo Astronomo,
era
altresì celebre cacciatore, ne concepì gelosia(4)
Scrisse sopra un bellissimo pomo due versi, leggendo i quali Cidippe
era
per giurare d’unirsi seco lui in matrimonio, ed e
o i quali Cidippe era per giurare d’unirsi seco lui in matrimonio, ed
era
per chiamare la stessa Diana in testimonio del gi
a figliuole (e) (9). Diana amava assaissimo Britomarti, perchè costei
era
inclinatissima alla corsa e alla caccia (f). Avve
esì, che il nome di Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa
era
una delle compagne di’ Diana. Riusciva molto espe
quanto Alfeo la cercasse, non mai poteva ritrovarla. Aretusa tuttavia
era
in angustie, nè osava di muovere un piede, nè di
i, che si chiamarono le Feste Carie (c). Si chiamò Agrotera, o perchè
era
sempre ne’ campi(d), o perchè avea un tempio in A
erchè avea un tempio in Agri, città dell’ Attica, e il di cui terreno
era
opportunissimo alla caccia. In quel tempio si off
che conduceva ad Aricia, ebbe altresì un bosco. Un servo fuggitivo n’
era
il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso dovev
ge, che nessuna donzella del. Borgo si potesse maritare, se prima non
era
stata sacerdotessa della medesima Dea. Per questo
ra, o Fosfòra (a), o Lucifera (b), ed anche Coritallia, in quanto che
era
invocata anch’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’
ico Levanà, che nel nostro Idioma significa Luna. Tostochè un bambino
era
nato, la levatrice lo poneva sul terreno, e il pa
lla Grecia, e principalmente in Delfo. La vittima, che vi s’immolava,
era
il pesce triglia. Credevasi, che questo desse la
la custodivano gelosamente nella loro Cittadella. La medesima statua
era
d’oro e d’ avorio, e rappresentava la Dea come ca
cui potevano aver ingresso a ballare le sole vergini. La Diamastigosa
era
una Festa instituita da Licurgo, nella quale gli
utti i loro preziosi ornamenti, cosiochè questo secondo tempio niente
era
minore nella magnificenza del primo (c). Gli Scit
rattanto la Scultura, cui Pigmalione amava e conosceva perfettamente,
era
il continuo oggetto della di lui applicazione. Fo
pra di quello si offerivano che incenso e fiori(a). Finalmente Venere
era
venetata anche nella città di Sesto, situata sull
chiuma, fu detta Afrodite, per alludere alla schiuma del mare, da cui
era
nata(i). E’stata denominata Genetillide(l), perch
orsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la quale se n’
era
invaghita, alzò sopra un Promontorio del suo paes
e, e la denominò Coliade dalla voce greca cola ; piedi mani, pe’quali
era
stato legato. Altri dicono, elle la Dea ricevette
l predetto naviglio ; l’altro sotto quello di Epideta, perchè Melibea
era
arrivata, quando si stava preparando il pranzo(a)
none Iperchiria, le acquistò il nome di Venere Giunone. Questa statua
era
antichissima ; e le madri delle figlie nubili rec
aveano perduta. Fu detta Euploea, ossia di felice navigazione, perchè
era
la protettrice de’viaggiatori per mare. Que’di Cn
n tempio in Ermione, città dell’ Istmo di Corinto, e la di lei statua
era
colà molto pregiabile per la sua grandezza e bell
gamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte di Arginno, il quale
era
stato da lui teneramente amato, ed erasi finalmen
eno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro
era
per formare la più bella Venere. Quella d’ Alcame
e per siffatta separazione, implorarono il soccorso di Poliso. Costei
era
Sacerdotessa d’Apollo, e donna fatidica. La celeb
la loro bellezza le piante sacre a questa Deità (b). La prima, perchè
era
stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse c
ne, per la quale puntura la rosa divenne rossa, mentre per lo innanzi
era
stata sempre bianca. Il mirto pure era grato a Ve
e rossa, mentre per lo innanzi era stata sempre bianca. Il mirto pure
era
grato a Venere, perchè nasce per lo più lungo le
iunone per mettere in ceppi Giove(e). Incontratosi in Apollo, che pur
era
stato esiliato dal Cielo, nè sapendo come vivere,
s’incaricarono i Sicionj a continuarli(a). Il concorso a tali Giuochi
era
sì grande, che i soli principali personaggi delle
suoi concittadini. L’onore, che si riportava a motivo di questo Inno,
era
maggiore d’ogni altro(a). Oltre le anzidette Fest
n sacrifizio a Venere(d). La vittima. che soleasi immolare a Nettuno,
era
il toro(e). Gli Aruspici poi aveano il costume d’
di Giove, che diede il suo nome al predetto Promontorio(c). A Nettuno
era
eziandio dedicata la piccola isola, situata in fa
si diceano le Feste, che in suo onore vi si celebravano(a). A Nettuno
era
sacro il pino, sì perchè questo albero trovasi lu
li a quelli dell’uomo. Era inoltre fornito dell’uso della favella, ed
era
stato allevato dalle Nereidi(b). Minerva.
no insieme con Callicrate(3) in Atene, fu denominato Partenon. Questo
era
tutto circondato da un portico, sostenuto da molt
chità Pagana. Fidia lo adornò d’una statua d’oro e d’avorio, la quale
era
alta trenta nove piedi. Il medesimo tempio chiama
ntico esercizio,(a) (4). Fu denominata Scirade o da un tempio, che le
era
stato eretto in Sciro, borgo tra Atene ed Eleusi
; o dalla voce greca sciros, calcina, o gesso, perchè di tal materia
era
composta la statua di lei, fatta da Teseo, ritorn
rsene per combattere la Chimera. La statua della Dea in questo tempio
era
di legno, il volto poi e le mani di bianca pietra
a col motto Poliade. Il tempio, che Minerva Poliade aveva in Trezene,
era
della più remota antichità, e fabbricato sopra un
avano le vergini, consecrate al culto della Dea. La statua di Minerva
era
d’avorio, e passava per uno de’più celebri lavori
ebbe parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua
era
di straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, c
rchè si credette nata in Alalcomene, città della Beozia, e perchè ivi
era
tenuta in somma venerazione(e) ; ovveroperchè Ala
minata Calcieco dalla voce greca chalcòs, rame, perchè di tal metallo
era
formata la statua e il tempio, che questa Dea ave
aggior tempo. Nelle minori si facevano tre sorta di giuochi. Il primo
era
la corsa a piedi e a cavallo con torcia accese ;
o una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di questi Giuochi
era
un vaso pieno d’oglio e una corona d’ulivo. Tali
olenne sacrifizio e pubblico convito, per cui ogni borgo dell’ Attica
era
tenuto a contribuire un bue. Nelle Panatence magg
rni seguenti si solennizzavano con ogni genere di giuochi ; il quinto
era
il più festivo, e si faceva in quello per la citt
di Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere Mercurio, da cui
era
sommamente amata ; e che il Nume quindi cangiò Ag
ia Lapidazione, in onore delle due mentovate giovani(a). Nè solamente
era
venerata Minerva in Atene ; la moltitudine de’tem
tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo, Principe della Focide,
era
richiesta da più personaggi in moglie. Lo stesso
de, era richiesta da più personaggi in moglie. Lo stesso Nettuno se n’
era
invaghito, e in varj modi avea più volte procurat
l cestello ; e in vece di lei prese ad lamare la Civetta, nella quale
era
stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, re di
). Marte. MArte secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci
era
figlio di Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito
desime Feste si trasportavano sul monte Celio, quando il Campo Marzio
era
inondato dal Tevere (a). Esse furono anche denomi
quale allora vi regnava, venne in cognizione, che l’impero del mondo
era
destinato a quella città, in cui si sarebbe conse
tempio a Giunone Lucina sul monte Esquilino. La quinta, perchè Marte
era
figlio della predetta Dea, la quale, come abbiamo
i Scrittori non fu moglie, ma sorella a Marte (d) (5) ; secondo altri
era
figlia dello stesso Marte (e). I Poeti dicono, ch
il nome di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di Filippo,
era
uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo
i grazie, quando aveano conseguito qualche eredità. Il nome di quella
era
composto dalle due voci eredità e Marte (c). Il p
di quella era composto dalle due voci eredità e Marte (c). Il picchio
era
uccello, sacro a Marte, perchè esso è di natura m
erlo lontano dalle armate (b). Vulcano. VUlcano secondo alruni
era
figliuolo di Giunone e di Giove(a). Cicerone rico
none e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno de’ quali
era
figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di M
mpj, il più antico de’ quali fu quello in Mena, città d’ Egitto. Esso
era
molto magnifico, perchè i Re d’ Egitto erano anda
Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo di Romolo, e di Tazio. Questo
era
fuori della città, come lo erano que’ di Marte. G
la Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo
era
di straordinaria grandezza(l), e avea secondo alc
mini viveano nell’ innocenza, la terra dava da se le frutta, perpetua
era
la primavera, scorrevano per le pianure ruscelli
ran copia il mele(b). (c). Nat. Com. Mythol. l. 2. (8). Il Destino
era
una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la qua
l nome di Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, colle quali
era
impresso nelle monete ; o perchè avea la prerogat
o aperte ; e cessata quella, tosto si chiudevano(f). Quando il tempio
era
chiuso, Giano si denominava Clausio(g), o Clusio(
minava Clausio(g), o Clusio(h), o Clusino ; e Patulcio, quando quello
era
aperto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anch
aperto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’
era
egli quello, il quale in certa guisa apriva l’ann
e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali
era
stato il primo inventore(f). (15). Le Feste, cel
nte possedevano di proprio, nè guadagnavano per se cosa alcuna. Tutto
era
de’padroni, i quali però talvolta rilasciavano lo
ri la quantità di vino(d). Quello, a cui sortiva la figura di Venere,
era
l’eletto. Questi era distinto con una corona di f
o(d). Quello, a cui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi
era
distinto con una corona di fiori(e). Non bisogna
ano anche di fiori il capo, il collo, e’l petto(a). (18). La Sintesi
era
una corta veste, tessuta a varj colori. (a). Ma
facevano uso. Quando l’offeso alzava il dito e abbassava l’arma, ciò
era
indizio, che davasi per vinto. La vita però di lu
della Sacra ceremonia. Egli prendeva poi ad esaminare, se la vittima
era
perfetta, sana, senza macchia, e scelta tralle mi
co vino puro, ovvero mescolato con acqua. Ogni sorte di vino però non
era
opportuno a fare tal ceremonia, poichè non era pe
sorte di vino però non era opportuno a fare tal ceremonia, poichè non
era
permesso di prenderne da una vigna, che non ancor
uma. (l). Ovid. Fast. l. 3. (a). Val. Max. l. 4. (3). L’Oracolo
era
una bilingue e oscura risposta, come credevasi, d
ggiungiamo, che non è da confondersi l’Oracolo colla Teomanzia.Questa
era
un vaticinio, che i Numi davano per mezzo di cert
avano quanto di maraviglioso pretendevano di aver veduto o udito. Ciò
era
conforme alla falsa e stolta opinione, che le ani
o fa figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri dicono ch’egli
era
di oscuri natali, e che divenne illustre, tostoch
e impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’
era
partito. Questo Indovino conseguì un tempio in Cl
onseguì un tempio in Clazomene, ove a motivo del mentovato tradimento
era
proibito alle donne il mettervio piede(e). Finalm
e si poteva farlo. Tarquinio stava allora ravvolgendo nella mente, se
era
possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Ind
tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio d’età n’
era
il capo, echiamavasi il Maestro del Collegio (e).
ere erano tutte, e in perfettissimo stato. Se comparivano vivide, ciò
era
di buon augurio ; se pallide e languide, di catti
movimento e lo strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio
era
una statua di legno, la quale rappresentava la De
o di quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna
era
figlia di Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutul
Dea si riconosceva anche una Divinità misteriosa, il di cui nome non
era
noto che alle donne. Plutarco la confonde con Flo
sisia anche non voluto accidente avesse ucciso uno di quegli uccelli,
era
inevitabilmente condannato alla morte, non altrim
ce, che le comandava di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’
era
stata scelta a di lui balia ; e che gli Egiziani,
’ quali presero anche il nome di Potamidi(p). Tra queste la più bella
era
Egle(a), figlia del Sole e di Neera(b). Cinque de
i avevano le loro Ninfe, dette Napee(b), o Driadi(c). Dea delle prime
era
pure Vallonia(d), e de’ secondi Nemestrino(e). Er
Giove, dic’ egli, dormendo diede da se solo alla luce un mostro, ch’
era
maschio e femmina, e a cui diedesi il nome di Agd
Vestali, che non serbavansi vergini. Festo accenna una legge, per cui
era
loro reciso il capo. S’introdusse poi anche il co
, e la Cumana(e). La Persica, o Caldea, come adaltri piace chiamarla,
era
di nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei,
la Sibilla di Babilonia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica
era
creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo propri
La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo proprio nome
era
Elissa. Dicono die vivesse prima dell’ ottantesim
e l’avvenire. Celio Rodigir o finalmente asserisce che questa Sibilla
era
figlia di Dardano e di Neso, nata da Teucro, e ch
altri erano del pari rispettati. Tagliare alcun ramo del sacro bosco
era
gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare
. Tagliare alcun ramo del sacro bosco era gravissimo delitto. Neppure
era
lecito il levare da di là se non gli alberi, i qu
. 10 (22). E’ celebre l’istoria di Atalanta, figlia di Scheneo. Ella
era
assai pregi bile in bellezza, e riusciva molto ec
otto terra (a). Quando poi le stesse ne comparivano al di sopra, ella
era
invocata sotto il nome di Segezia (b), o di Seges
io vino, incenso, e le interiora una pecora e di un cane (a). Runcina
era
invorata allo svellersi dell’erbe inutili e danno
questa si professava nella Tracia, nella Grecia, e in Corinto. Tutto
era
laidezza. Le di lei Feste, dette Cotittie, si fac
e ogni anno alcuni tori, e portare certe offerte alla fontana, in cui
era
stata convertita Ciane. Pretendesi, che Ercole si
il Disco, il Pugilato, e la Lotta, detta anche Palestra (c). La Corsa
era
di tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri
Corsa era di tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri. La prima
era
tenuta in grande estimazione (d). Quella pariment
eto in aria per trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco
era
una palla di figura piana e rotonda, pesantissima
si sforzavano di suambievolmente atterrarsi. Chi più vi resisteva, n’
era
premiato (e). Sì la Lotta, che il Pugilato al dir
ndromide (o). Il premio, che da principio riportavano a tali Giuochi,
era
una semplice corona d’erba. Quando uno di loro no
semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli
era
permesso di prendersela. Così fece Ercole, non av
lla Grecia si sceglievano dalle primarie famiglie. Il numero loro non
era
fisso. Talvolta ve n’era uno solo, ma per lo più
dalle primarie famiglie. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’
era
uno solo, ma per lo più se ne contavano sette o n
innasio (g), Palestra (h), Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio
era
uno spazio di terreno di cento venticinque passi
otti dal sangue de’Titani, uccisi da Giove (i). L’aspetto de’ Giganti
era
terribile, la barba lunga (l), i piedi di serpent
usciroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui
era
di tale altezza, che arrivava alle stelle : con u
a). Intorno a Briareo Omero soggimge, che questo Gigante con tal nome
era
chiamato dagli Dei, mentre gli uomini lo chiamava
esti Giuochi, perchè oltrepassò ogni altro nella Corsa(c). Arrachione
era
stato già altre due volte coronato al tempo della
, e si nascose in un sepolero. Si consultò l’ Oracolo per sapere cosa
era
avvenuto di lui ; e si udì ch’egli era l’ultimo d
ltò l’ Oracolo per sapere cosa era avvenuto di lui ; e si udì ch’egli
era
l’ultimo degli Eroi, e che conveniva onorarlo co’
dichiarato, non avrebbono potuto liberarsi dalla fame, che poco dopo
era
insorta ad affliggerli(a). Teopompo, figlio di De
aceva i suoi primi esercizj. Questa ultima statua a lui ancor vivente
era
stata eretta da’ suoi concittadini, per premiarlo
sti principalmente Omero. L’altro modo, con cui si traevano le Sorti,
era
per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave
e ne servirono anche di una pietra(d). Il giuramento appresso i Greci
era
accompagnato da un sacrifizio al Nume, per cui si
o altresì orribili imprecazioni contro chi avesse spergiurato. Costui
era
considerato il più grande empio ; e si credeva ch
credeva che venisse sorpreso e agitato dalle Furie(e). Qualche volta
era
punito anche colla morte(f). Anche i Romani ebber
i vedeva uscire dal Territorio una nuvola di Mosche. Il predetto Nume
era
invocato anche contro l’avvicinamento de’serpenti
acolo del Pugilato, della Lotta, e della Naumachia (e). Quegli, che n’
era
il vincitore, veniva condotto con molta pompa al
fuoco (a). Allora tutti potevano avvicinarsi alla stessa : lo che non
era
permesso il restante dell’anno (b). Pretendesi, c
gnif. (d). Pitise. (19). Arnobio dice, che il Giove Conservatore
era
Esculapio, del quale parleremo (h). (e). Cic. p
n potesse cangiare situazione (f). Lattanzio dice, che il Dio Termine
era
quella stessa pietra, che Saturno avea divorato i
o la medesima Divinità (b). Comunque ciò sia, certo è, che Giove pure
era
soprannominato da’Romani Terminale (c), e rappres
lo, mangiò certe erbe, per cui avvenne, che mentr’ella per lo innanzi
era
stata sempre sterile, divenne gravida, e partorì
Fliasia, contrada della Grecia nel Peloponneso. Ivi il di lei tempio
era
inviolabile asilo pegl’infelici. Ogni anno per pi
ono un tempio (l). Finalmente in Roma fino da’ tempi di Servio Tullio
era
venerata nel Campidoglio. Leggesi innoltre, che M
a una nuova guerra con Antioco (b). Notisi per ultimo che siccome Ebe
era
la Dea della Gioventù, così Senvio era il Dio del
isi per ultimo che siccome Ebe era la Dea della Gioventù, così Senvio
era
il Dio della vecchiaja (c). (d). Tit. Liv. l. 1
aec. l. 2. (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (25). Il sulmine
era
segno di sovrana potenza, a cui niuno poteva resi
fiamma, la collera di Giove, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine
era
la principale Divinità di Seleucia in Siria, e on
lmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè
era
permesso di più averli ad uso profano (b). Niuno,
deva le reliquie delle cose abbruciate o annerite dal fulmine. Questo
era
uffizio degli Auguri (d). Il luogo stesso, percos
Sacerdoti, che espiavano i predetti luoghi (e). Plinio dice, che non
era
permesso d’abbruciare il corpo di coloro ch’erano
i colpiti dal fulmine, ma che conveniva seppellirlo (f). Ciò però non
era
in uso appresso i Greci, giacchè da Euripide sapp
o essere rimasto fulminato, ricevette gli onori del Rogo (g). Il Rogo
era
un mucchio di legna per abbruciare i morti (h). E
(g). Il Rogo era un mucchio di legna per abbruciare i morti (h). Esso
era
circondato da cipressi, onde temperare il cattivo
rpo, che doveasi dare alle fiamme, di varj fragranti liquori. Il Rogo
era
formato a guisa d’ara. La sua maggiore o minore a
. Il Rogo era formato a guisa d’ara. La sua maggiore o minore altezza
era
relativa alla condizione delle persone. I poveri
avano ad ardere le più ricche vesti del defonto, e le di lui armi, se
era
stato guerriero. Innoltre gli animali a lui cari,
voce latina bustum, con cui si chiamava il Rogo, tostochè il cadavere
era
stato abbruciato (b). Smorzate ch’erano le fiamme
. Sept. Ling. (a). Thom. Dempst. Antiq. Rom. l. 1. (26). Panteon
era
anche il nome delle Statue, che riunivano in se g
ue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità
era
sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più
Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite
era
il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche i
trovavasi sul monte Liceo (c). Altri soggiungono, che il predetto Re
era
religioso e caro al suo popolo, a cui insegnò a c
hivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in colui che al di dietro
era
nero. Eglino, viaggiando, si abbatterono in Ercol
a rivolta all’ingiù. Coloro osservarono allora, che il dorso d’Ercole
era
nero ; e ricordandosi dell’avviso, ricevuto dalla
isto, nata da Licaone, re d’Arcadia, del quale abbiamo parlato. Colei
era
esperta nell’uso dell’arco e delle frecce, e supe
omani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito
era
stata da Giunone trasferita in Cielo (a). La mede
desima si chiamò anche Orta dal verbo latino hortor, esortare, perchè
era
vanerata come la Dea, che eccitava la gioventù al
un tempio erettogli sotto il nome di Quirino Questo tempio, in quanto
era
sacro ad Orta, non si chiudeva mai, affinchè ella
ento sopra certe tavolette di legno, e gettavale in quelle acque : se
era
verace la di lui asserzione, le tavole galleggiav
a Sicilia. Narra Diodoro di Sicilia, che il tempio di queste Divinità
era
tenuto in grandissima venerazione (d). Esso servi
ti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel quale non
era
permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un alt
nel quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un altro
era
stato eretto a’medesimi nel Territorio di Tebe (g
di Giove adottarono la figura dell’Aquila per loro Insegna (h). Essa
era
d’oro o d’argento, e veniva portata sopra una pic
ppresso i Romani ebbe altresì parte negli augurj. Se volava a destra,
era
di buon presagio. Si prediceva il futuro anche da
a, Pilunno, e Deverra. La ceremonia, concui le medesime si onoravano,
era
questa : tre uomini durante la notte giravano att
f). Il Dio Limentino proteggeva le soglie(g). Cardea(h) o Cardinea(i)
era
la. Dea de’cardini. Questa da Ovidio(a) viene con
resiedeva alle parti nobili del corpo umano. La medesima da principio
era
una Ninfa della selva Elerna no’dintorni del Teve
no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome di Grane, e la quale
era
molto amata da Giano(b). Giuno Bruto, primo Conso
rò sotto l’immagine di serpente, essendo stato cinto di serpi, quando
era
bambino, o perchè le Baccanti, mentre celebravano
nalmente, che le mistiche Ceste erano sacre anche a Proserpina perchè
era
figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio di le
sacre anche a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco
era
figlio di lei(b). (a). Potter. Archarol. Graec.
avano la statua di Carila nello stesso luogo, ov’erasi sepolta. Il re
era
tenuto a presiederne alle ceremonie, come per ris
no di predire il futuro, perchè quel Nume, viaggiando per la Laconia,
era
stato cortesemente alloggiato dal loro padre (f).
due tendevano ad un onesto imeneo ; ma un forte ostacolo ad eseguirlo
era
l’inimicizia, che passava fra’loro genitori. Scop
a inciampò in quello, e Io fece in mille pezzi. Piramo, che più tardi
era
partito da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè
a). (b). l. 9. (21). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c)
era
figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figl
e, che tra’ Greci v’avea un’altra tradizione, secondo la quale Jerace
era
. un ricco abitante della Matiandinia, contrada d’
le campagne, o sulle rive de’ frumi, alla ventura. Sì barbaro costume
era
adottato da tutti i Greci, eccettochè da’ Tebani,
b. Hofman. Lex. Univ. (b). De Nupt. Philol. l. 2. (14). Populonia
era
anche un’altra Divinità, cui si offerivano sacrif
alep. Sept. Ling. (g). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (15). Pane
era
il Dio spezialmente de’ pastori e cacciatori, e q
e, senzachè se ne conosca la cagione, dicesi Terrore Panico (b). Pane
era
onorato spezialmente in Tegea, città dell’Arcadia
le un tempio, che fu denominato Lupercale. Questo però secondo Servio
era
non un tempio, ma una spelonca, situata sotto il
ri si unissero insieme (i). Plinio dice, che al suo tempo tale anello
era
di ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebrav
o o dell’altra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la quale
era
ornata di rose, mirti, e allori, l’uno e l’altro
intorni (b), i quali però furono chiamati Ninfolepti (c). L’antro poi
era
denominato Sfragidìo, e quindi da esso anche le p
e (n). Senti no dava il sentimento a’ bambini appena nati (o). Genita
era
invocata, onde i medesimi non nascessero imbecill
idippe, loro madre. Costei dovea recarsi al predetto tempio, di cui n’
era
la sacerdotessa. Non avendo essa buoi, che tirass
; quando si separa dal corpo(a). (b). Aeneid. l. 6. (2). Cerbero
era
un cane mostruoso, nato dal Gigante Tifone, renda
mare(g). I più noti sono Momo, Monfeo, Fantaso, e Fobetore. Il primo
era
la stessa maldicenza : egli niente faceva, ma ben
erva avea formata una bellissima casa ; e Momo la biasimò, perchè non
era
mobile, onde facilmente si potesse trasferire alt
o di riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’ uomo, di cui n’
era
stato l’artefice, non avea aperto un piccolo foto
hiamarono le Dee rispettabili(b). Il rispetto, che si aveva per loro,
era
sì grande, che quasi non osavasi di proferirne ne
uoco, che vi s’impiegava, doveva essere fatto con legne di cedro. Non
era
permesso che il canto melanconico, detto l’Inno d
Echidna e da Tifone(l). Altri dicono da Tifone e da Chedria(m). Essa
era
un mostro composto di una strana mescolanza di tr
troncarle tutte in un solo colpo. Il veleno finalmente di quest’ Idra
era
sì fatale, che una freccia, tinta dello stesso, r
Nume marino. I nomi loro erano Steno, Euriale, e Medusa. Quest’ultima
era
mortale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pie
l’anima corporea e sensibile, vale a dire un corpo sottile, di cui n’
era
rivestito lo spirito, e che avea la figura del co
e che avea la figura del corpo umano. Quest’ ultima parte dell’ uomo
era
quella, che chiamavasi ombra. Le ombre si disting
e in silenzio, facendo solo un poco di urepito colle dita. Dopochè si
era
lavato in quelle acque, ritornava in dietro, gett
l primo fiume, a cui concorrano tutte le anime de’ trapassati(a). Non
era
permesso il tragittarlo, se prima non si aveano r
avasi nell’ Inferno(e). Il giuramento, che si faceva pel fiume Stige,
era
inviolabilmente osservato. Gli stessi Dei, se man
ciulle lo amavano. Egli però mostravasi insensibile, e nessun oggetto
era
capace di piacergli. Lo vide tendere a’cervi le r
ine stanco dalla caccia ; e infievolito dal caldo, e assetato ch’egli
era
, vi si accostò per dissetarsi. Vide, bevendo, l’i
, e soleva ricusare ciò, che grandemente bramava(a). (14). Il Cocito
era
un fiume, le di cui acque si scaricavano nell’ Ac
rsene i Mani(c). (16). Il Flegetonte, chiamato anche Piriflegetonte,
era
un fiume immaginario. Il suo nome deriva dal verb
e, le quali da ogni lato circondassero il Tartaro(d). (17). L’Averno
era
un lago vicino all’ ingresso dell’ Inferno, e di
ella Caligine, e padre della Notte(h). Cicerone però dice, che questa
era
di lui moglie(a). Virgilio parla dell’ Erebo, des
erchè egli manifestò gli arcani degli Dei ; altri soggiungono, perchè
era
solito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, c
i un alto monte, donde ricadendo quello pel suo peso al piano, Sisifo
era
costretro a riportarlo subito colassù con immensa
mente vi riuscì, che gli uccelli, avvezzati da lui a dire che Psafone
era
un gran Dio, andarono ripetendo ne’ boschi tali p
sse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitante di Mileto,
era
stato complice del mentovato delitto di Tantalo,
dero in balia all’ Eumenidi(e). Strabone lasciò scritto ; che Issione
era
non figlio, ma fratello di Flegia(a) ; Eschilo so
Issione avea preso in moglie Dia, a patto, ch’egli dovesse fare, coni
era
il costume di quegli antichi tempi, molti doni al
un breve tempo svaniscono (g). Platone lasciò scritto, che Pluto non
era
cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Eb
tissima (h). Ebbe una figlia, di nome Euribea (i). Nè solamente Pluto
era
creduto il Dio delle ricchezze, ma come tali si v
r conseguire il rame, e all’ultima per ottenerne l’argento. Argentino
era
creduto figliuolo di Esculano, perchè da principi
Com. Mythol. l. 4. (3). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Latona
era
balia, e non madre di Apollo e di Diana(d). Comun
a cui il di lei padre aveala promessa, non avendo mai saputo, ch’ella
era
femmina(b). (f). Pind. In Pyth. (g). Dionys.
. In Pyth. (g). Dionys. lib. de sit. orb. (4). La valle di Tempe
era
bagnata dal fiume Penao, ed era sempre verdeggian
de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed
era
sempre verdeggiante. I Poeti la decantarono come
uò a consultarlo anche dopo morte nello stesso luogo. Chi ciò faceva,
era
solito a sedere nudo sull’ingresso di quell’antro
(c). Id. Ibid. (12). Dicesi, che Gige, gonfio di se stesso, perthè
era
potentissimo in armi e in ricchezze, consultò l’O
ico, o come altri vogliono, Ismenio(b). (14). Tra quelle statue ve n’
era
una, eretta da Lisandro, Generale degli Spartani,
endo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quello, che gli
era
stato indicato. Creusa pensò, che tal cosa altro
ll’alto d’una rupe. Creusa si ritirò appresso l’altare del Nume. Jone
era
per farnela allontanare, quando comparve la Sacer
il suo asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò, che Apollo
era
il di lui genitore. Vi sopraggiunse Minerva, e co
giunse Minerva, e comandò a Creusa, che non palesasse a Zuto, ch’ella
era
madre di Jone. Quindi il re rimase nel suo ingann
l. 7. (c). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (17). Il monte Palatino
era
sotto la protezione della Dea Palatua(e). (d).
sse indicato agl’infelici amanti, che per guarire dalla loro passione
era
necessario balzare dall’alto di quella rupe nel m
bocca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò
era
di buon augurio. Di fatti colei diede alla luce l
a dall’ Isola di Rodi, in cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aurora
era
figlia d’ Iperione e di Tia(e). Alcuni la dicono
Orfeo pretende, che Circe sia nata da Asterope e da Iperione(c). Ella
era
famosa Maga, e applicavasi allo studio della bott
nte la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di Cicerone
era
adorata nell’ Isola di Eca(b). Dicesi ch’ella sia
se ne querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo
era
il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Regg
e. Sul predetto monte trovavasi una fonte del medesimo nome, la quale
era
parimenti sacra alle Muse(g). Queste vennero chia
Carmene, e Casmene(a). Le stesse si denominarono Libetridi, o perchè
era
loro consecrata la fontana Libetra, la quale trov
rovavasi nella Magnesia, contrada vicina alla Tessaglia(b) ; o perchè
era
loro dedicato Libetro, monte della Tracia, sotto
o Ilissidi, perchè il fiume Ilisso, il quale trovavasi nell’ Attica,
era
ad esse sacro(f) ; Ardalidi, o Ardaliotidi, perch
chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca di Deucalione, la quale
era
stata ivi trasferita dalle acque del Diluvio(e).
ette Ninfe, che ivi soggiornavano(e), e le Muse pure, alle quali esso
era
consecrato(f). (35). L’Elicona era monte della B
, e le Muse pure, alle quali esso era consecrato(f). (35). L’Elicona
era
monte della Beozia, vicino al Parnasso. Fu così c
asi la tomba del celebre Orfeo, di cui parleremo(h). (36). Il Pierio
era
monte della Tessaglia(a). (37). Il Pindo era un
mo(h). (36). Il Pierio era monte della Tessaglia(a). (37). Il Pindo
era
un monte, che trovavasi tralla Macedonia e l’Etol
tolia, e che sepanava l’ Epiro dalla Tessaglia(b). (38). Il Permesso
era
un fiume della Beozia, che aveva la sua sorgente
o padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di quello
era
attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sott
llo era attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sottigliezza, ed
era
il legame talmente aggirato, che non si poteva co
m. Mythol. l. 9. (b). Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo
era
figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. E
e per unirsi ad Antiope siasi trasformato in satiro(e). (51). Arione
era
della città di Metinna nell’ Isola di Lesbo, e ri
o coll’ arte sua gran quantità di ricchezze, volle ritornarsene donde
era
partito. I marinai del naviglio, su cui era salit
volle ritornarsene donde era partito. I marinai del naviglio, su cui
era
salito, determinarono di privarlo di vita per imp
poi collocarono tra gli Astri il sopraddetto Delfino(b). (52). Orfeo
era
veramente figlio della Ninfa Calliope e di Eagro,
maggior splendore alla nascita e al talento di lui, si pubblicò, ch’
era
figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta do
in onore d’Apollo, ma di Feronia(d). (b). Id. Ibid. (54). Clatra
era
Divinità Romana, e Dea de’ cancelli. Il Muratori
altri un segno Panteo(f). (c). Nat. Com. Mythol. l. 4. (55). Dafne
era
pur amata da Leucippo, figlio d’Enomao, re di Pis
arsi nel fiume Ladone. Leucippo fu allora riconosciuto per quello ch’
era
, e rimase ucciso a colpi di frecce(a). (d). Fas
voravano tutti quelli, che incontravano. Mercurio per ordine di Giove
era
per farli in brani, quando Marte, perchè eglino e
bue, ch’egli avea loro sacrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione
era
figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre su
Bassa Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali
era
di ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cilleno.
la loro natura, e per far comprendere, che il fine de’loro giorni non
era
lontano dal principio degli stessi, poichè questa
stretti parenti, e anche da’personaggi i più illustri della città, se
era
di grado distinto. Precedevano i littori co’fasci
avano anche le Insegne de’Magistrati, che quegli avea ottenuti(b). Se
era
guerriero, andavano innanzi i doni, le corone, e
enderne più splendida la pompa, eranvi fiaccole e trombe, se il morto
era
di nobile condizione, oppure tibie, se volgare e
te del quale gettavano dietro le loro spalle(g). Se il Defonto Romano
era
persona illustre, esso veniva trasferito nel Foro
a sua iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l’intitolazione
era
agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri era somm
r lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri
era
somma, e con gravissime pene si puniva chi la vio
imonio, ch’erano per incontrare. Notisi altresì, che la Caneforia non
era
una festa, ma una ceremonia della festa, la quale
to mare trovavasi Abido, ove abitava il giovine Leandro, da cui colei
era
estremamente amata. Egli non poteva trattenerri c
enominate Ornee, in onore di Priapo (c). Notisi per ultimo, che quale
era
Priapo appresso i Greci, sale da’Romani riconosce
onne sacrificavano col capo coperto d’un velo. La vittima d’ordinario
era
l’asino, perchè questo, ossendo rimastovinto da P
Priapo in una certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o Imeneo
era
fornito di ranissima bellezza, ma povero, e di ab
lla sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella
era
di nobile prosapia ; e contentavasi di seguirla,
intelligenza tra’novelli sposi (a). Finalmente da’Beozj e da’Locresi
era
onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui
zze Euclia, sulla di cui ara se gli sposi non facevano libazione, non
era
valido il loto matrimonio (b). (9). Le Grazie e
o, ma solo udì certe voci, le quali la eccitarono a trattenervisi, ed
era
servita da invisibili Ninfe. In tempo di notte lo
ebbe riguardo di ricorrere per fino a Venere, benchè sapesse, quanto
era
quella irritata contro di lei. La Dea la diede in
Nat. Com. Mythol. l. 2. (1). Il vero nome della nutrice di Nettuno
era
, Sinousa, ma poi fu detta Arno, perchè avendole S
tretta a soggiacere alla non meritata sciagura. Ma allorchè il mostro
era
per divorarla, Ercole ne la liberò, perchè il di
ute. Orazio disse ch’egli annunziò a Paride tutto quel, che di tristo
era
per accadere alla sua patria a motivo del ratto d
to e colle danze(c). Notisi per ultimo, che Nereo secondo altri Poeti
era
un Nume del mare antichissimo, e creduto figlio d
figlie, e fralle altre Idotea (g). Proteo fu un celebre indevino, ma
era
difficile il consultarlo (h), perchè faceva succe
in cui si celebrava una festa, chiamata Vertunnalia (d). (8). Glauco
era
un famoso pescarore della città d’Antedone, la qu
ce arte gliene ottenesse pari corrispondenza. La Maga, che per indole
era
sempre trasportata ad amare, si accese ben presto
fosse un altro orrido mostro, chiamato Cariddi. Questo pure da prima
era
femmina, e poi colpito da Giove col fulmine, fu r
erano stati esposti alle bestie feroci. Metaponte, figlio di Sisifo,
era
allora per ripudiare Teano, sua moglie, perchè no
3). Nitteo ebbe per madre Celene, figlia d’Atlante(a). Secondo Ovidio
era
re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di T
’Atlante(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi
era
re di Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese
ne. Costei amò grandemente Ceice, il quale regnava nella Ftiotide, ed
era
divenuto suo marito. Egli, ritornando dall’avere
’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche, di cui non
era
possibile distinguerne le membra (b). (c). Paus
de Rom. Rep. (2). L’espiazione, o lustrazione, generalmente presa,
era
un atto di Religione, stabilito per purificare i
solfo, co’ profumi, o talora coll’ agitare l’aria intorno a ciò, che
era
da purificare. Quando poi si faceva questa sacra
alico le dà una face in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bellona
era
annoverata tra gli Dei Comuni, tra quelli cioè ch
ti, ed erano adorati da tutte le Nazioni (c). Il culto di Bellona, se
era
celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia
era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea
era
tenuta come una delle principali Divinità, e i di
x. Univ. (a). Hom. Iliad. l. 5. (b). Id. Ibid. (6). L’Areopago
era
un tribunale d’Atene ; così detto da Marte, che i
eci chiamano Ares, e dalla voce pagos, altezza, perchè quel tribunale
era
situato sopra una collina, sacra a Marte (f), da
oglia cittadino, purchè fosse stato d’ottimi costumi. Tale Magistrato
era
severissimo, ed osservava la più rigida equità. E
, ossia l’orologio d’acqua, per misurare il tempo, oltre il quale non
era
permesso il perorare. Finchè si leggevano le legg
o favorevole per decidere la causa di Oreste, di cui parleremo, e ch’
era
rimasta indecisa dall’ uguaglianza de’ voti degli
ction. Mythol. (d). Plutarth. Quaest. Rom. c. 21. (8). Il picchio
era
singolarmente venerato da’ Romani anche perchè un
erciò noi gli abbiamo assegnato il primo posto nell’opera. Il Destino
era
figlio della Notte : vien dipinto con una benda a
ra, e ’l foco Deforme, il foco il Ciel, la terra, e ’l mare ; Che ivi
era
terra, e Cielo, e mare, e foco Dov’era, e Cielo,
’era, e Cielo, e terra, e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare
era
nel Cielo, Nel mar, nel foco, e nella terra il Ci
po informe, e mal disposto Per donar, forma al mal locato seme : Anzi
era
l’un contrario all’altro opposto Per le parti di
Urano (parola che significa il Cielo) è il più antico degli Dei. Egli
era
il figlio del Giorno, e sposò sua sorella Gè, o T
esso al numero degli Dei, col titolo di Dio della pace. Il suo Tempio
era
chiuso, allorchè la guerra era finita : onde in s
itolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorchè la guerra
era
finita : onde in seguito dicevasi di qualche prin
data la pace all’imperio : Egli ha chiuso il tempio di Giano . Egli
era
effigiato a due facce : sia perchè avendo egli il
e facili a spiegarsi. I Greci lo chiamarono Cronos, cioè il tempo, ed
era
naturale, che i poeti lo facessero nascere dal Ci
ose. Egli mutilò suo padre, perchè dopo la creazione del mondo, tutto
era
compito. Ingozzò i suoi figli, perchè il tempo tu
le notti. Cibele. Cibele figlia di Urano, presso i Greci Cibebe,
era
la sorella, e la sposa di Saturno, a cui partorì
ia, Pessinunzia, Frigia, Berecinzia, Idea dai diversi luoghi ove ella
era
adorata ; fu chiamata Magna Mator, o Mater Deum,
imboleggiare la fermezza, e solidità della terra(2). Giove. Giove
era
il primo, e’ l più potente degli Dei. Al solo ina
dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante
era
si spaventevole, che la sua forza sorpassava il t
comunemente l’Augello di Giove. L’armatura, che difendeva questo Dio,
era
l’Egida, vale a dire uno scudo formato dalla pell
tore sotto la denominazione di Giove Ammone (2). Giunone. Giunone
era
sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la r
bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado : ma il suo orgoglio
era
insoffribile. Parlando di se stessa, ella dicea «
tabile matrimonio non furono altrettanto felici. Giove per sua indole
era
incostante. Giunone sommamente gelosa : e sovente
indole era incostante. Giunone sommamente gelosa : e sovente l’Olimpo
era
testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perd
occato dalla Dea la fece diventar madre di Marte. La sempre bella Ebe
era
la Dea della giovinezza. Il suo impiego era di po
arte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego
era
di porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le
e Iride figlia di Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. Ella
era
assai cara a Giunone, perchè i suoi annunzj erano
vone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele
era
la Dea delle biade, e de’ campi. Ella fu la prima
con fiaccole accese nell’Etna. Ritrovò ella il velo, che a Proserpina
era
caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere
un fascio di biade1. Vesta. Parimente figlia di Saturno, e Cibele
era
Vesta Dea della verginità, e del fuoco, per cui p
pure a chi non manteneva il fuoco acceso sopra il suo altare. La pena
era
di essere seppellita viva all’istante. Apollo.
del giorno, e della luce : come regolatore del carro del Sole : anzi
era
considerato come il Sole medesimo. Lo chiamavano
a ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità
era
a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sore
to di guardarlo mentre spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona
era
figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di
’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di questo Dio
era
in Epidauro, dove i Sacerdoti pretendevano, che l
da fece tremare Apollo, che si pentì del giuramento, che rivocare non
era
permesso agli Dei. Cercò dissuadere suo figlio, m
l regalo, cercò di nascondergli sotto un’alta berretta. Per disgrazia
era
al suo servizio un barbiere d’indole cicalone, ch
e di Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il carro lunare, ed
era
altresì considerata per la luna istessa. In terra
lunare, ed era altresì considerata per la luna istessa. In terra ella
era
tutta dedíta alla caccia, e chiamavasi Diana. Il
l nome di Ecate a lei si appropriava nell’inferno, dove il suo potere
era
considerabile, e veniva implorata da’ maghi, e da
severamente Attèone, ch’ebbe la sventura di vederla nel bagno. Questi
era
un insigne cacciatore, figliuolo di Aristèo, e ni
fu incontrata da Arcade suo figlio, e valente cacciatore. Questi non
era
al caso di riconoscerla, stava già sul punto di s
gete, cioè conduttore delle muse. Clio, parola che significa gloria,
era
destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La
a da istrumenti musicali, e dal doppio flauto. La Musa della commedia
era
Talìa : la sua corona era di ellera, recando in m
e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona
era
di ellera, recando in mano una maschera, e ’l ped
ozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Grazie1. La sua bellezza
era
tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed
etti magnifici templi in Cipro, in Atene, e presso i Fenicj, dove non
era
permesso agli uomini di entrare1. Osserviamo ordi
iò Amore cangiò la Ninfa in colomba. L’ornamento principale di Venere
era
una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà d
ido, Amatunte, Pafo, Idea, Citera 1. Cupido, o sia Amore. Amore
era
figliuolo di Venere, e di Marte. Egli è sempre fi
accia. Egli si ruppe ciò non ostante una coscia, e restò zoppo1. Come
era
ingegnoso, ed inventore, abbracciò una profession
hille, e ad istanza di Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente
era
il Dio del fuoco, e la sua figura è poco vantaggi
Minerva chiamavasi anche Pallade1. Sotto la prima denominazione ella
era
la Dea della sapienza, ed aveva la preminenza sul
belle arti, e sulla pace. Sotto la seconda presedeva alla guerra, ed
era
la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobi
resedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura
era
nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era
Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia
era
bella, ma fiera nel tempo istesso. Portava in tes
esta di Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egida
era
fatta dalla pelle della capra Amaltea da Giove a
uoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio
era
fra gli Dei il più occupato : era il confidente d
rio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato :
era
il confidente di tutti, ed in particolare di Giov
ciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di sua madre. Ma siccome non
era
giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì u
ganti : indi disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la sua armata
era
composta di uomini, e donne, che portavano un tir
ltra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non
era
permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre tes
ina figliuola di Cerere, per farla divenir sua moglie. Questo Dio non
era
sicuramente bello : la sua reggia non era la più
sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la sua reggia non
era
la più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe
ce diversa da quella, che sfavilla sotto le volte de’ Cieli. L’Averno
era
una dell’entrate principali per ivi penetrare. Al
ssare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba
era
bianca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penet
ciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la sua vecchiaja
era
sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa di
vigorosa. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle
era
il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte
praterie, e godevano di una felicità non mai interrotta. Ben diverso
era
il Tartaro, detto talvolta anche Tenaro da’ poeti
te mammelle, e da per tutto spiravano ferocia : il loro abbigliamento
era
un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in
. Sisifo, che durante la sua vita aveva colmata di delitti la Grecia,
era
condannato a trascinare per sempre un enorme sass
a un avoltojo, che li divorava a misura, che si rinnovavano. Issione
era
attaccato ad una ruota, che girava di continuo. E
ntana. Supplizio proporzionato al suo delitto. Le Danaidi, alle quali
era
concesso tregua, e riposo allora che avessero rie
ano della natura reale, e della natura immaginaria. Il di loro potere
era
più, o meno esteso. Essi avrebbero potuto senza d
er l’altra cavalli ; la parte superiore fino al principìo delle cosce
era
in forma umana ; il più apparteneva al cavallo. S
irone. Chirone figliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano,
era
il più saggio ed istruito tra i centauri. Celebri
a, scoccava l’arco perfettamente, conosceva la forza dei semplici, ed
era
eccellente medico. Come figlio di Saturno aveva i
Pale è la Dca de’ pascoli, de’ pastori, e degli armenti. Il suo culto
era
in voga presso i Romani : i Greci però non han pu
. Flora così conosciuta dai Greci, come Pale fu adorata dai Romani,
era
la Dea de’ fiori, e le si dava Zefiro per amante,
efiro per amante, o per isposo. Vertunno,ABCD e Pomona. Vertunno
era
il Dio dell’autunno, e sposo di Pomona Dea de’ fr
giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta,
era
l’effigie di Pomona. Termine. Il Dio Termine,
a l’effigie di Pomona. Termine. Il Dio Termine, la cui statua non
era
altro che una pietra, o un tronco di albero, vegl
io per ispauracchio : questo basta per dimostrare, che questo Dio non
era
bello : aveva l’aspetto di un satiro. La sua effi
ffigie consisteva nella sola parte superiore del corpo : il rimanente
era
un tronco, o pietra. Talvolta gli si adattava una
ietra. Talvolta gli si adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto,
era
pertanto figliuolo di Venere, e fratello di Cupid
la sorgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura
era
di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e
da Nereo loro genitore. Eco. Eco figlia dell’Aria, e della Terra
era
una ninfa, che si nascondeva ne’ boschi fralle ru
. L’Oceano, e Teti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini,
era
Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la T
il resto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego
era
di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nett
di lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’Oceano, e di Teti
era
il conduttore degli armenti di Nettuno. Questo gr
gnazione, sen fuggirono seco portando un superbo Ariete, la cui pelle
era
di oro. Traversando il mare sul dorso di questo m
lo di Palemone, che i Romani chiamarono Portunno. Glauco. Glauco
era
un celebre pescatore della Città di Anteona nella
o, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Scilla. Cariddi
era
una donna crudele, che dava addosso, o assassinav
Scilla figliuola di Forco Dio del mare, e di Ecate, o sia della Notte
era
altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi
sia della Notte era altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi
era
stata una ninfa bellissima amata da Glauco : ma C
da Glauco : ma Circe sua rivale avvelenò la fontana, ove questa ninfa
era
solita bagnarsi. Appena che Scilla si tuffò in qu
rmate di artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la sua cintura
era
armata di cani che abbajavano senza interruzione,
ificavano alla Notte il gallo, perchè turba il suo silenzio, ed a lei
era
sagrato il gufo uccello amico delle tenebre. L
rfeo, Fobetore, e Fantaso, erano i tre figli del Sonno. Il suo altare
era
collocato presso quello delle Muse per dinotare,
istevano ai sepolcri. Nemesi. Figliuola dell’Erebo, e della Notte
era
Nemesi Dea della vendetta, e vendicava i delitti
etti convenevoli al culto particolare del padrone della casa : spesso
era
un semi-Dio, o un Eroe della famiglia trapassato.
rapassato. Presso queste immagini stava anche un cane, che egualmente
era
rispettato. I Genj. Credevano gli antichi, ch
credevano ch’ ella dispensasse capricciosamente i beni, ed i mali, ed
era
soggetta alle imprecazioni degli uomini, allorchè
ccasione di lagnarsi contro la Providenza1. Arpocrate. Arpocrate
era
il Dio del silenzio, in origine filosofo Greco. E
nna che chiamarono Muta. Temi. Figliuola del Cielo, e della Terra
era
Temi Dea della Giustizia. Fu creduta da Eusebio q
aco : oggi detta la Vergine. Como. Dio de’ piaceri, e della mensa
era
Como. Egli è rappresentato coronato di fiori, e c
o di fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran parte della notte
era
a lui consagrata. Momo. Era questo l’amico st
si accoppia con i piaceri della mensa. Il primo degli oggetti di Momo
era
mettere in ridicolo le azioni degli Dei, e degli
e dell’uomo doveva situarsi un finestrino per osservar tutto. La casa
era
male immaginata, perchè non poteva cangiar sito,
ta in mano una maschera, ed un bamboccio. Imenèo. Imene, o Imenèo
era
il Dio delle nozze. Egli per aver salvate alcune
e donzelle dalle mani de’ corsari, e che restituì ai proprj genitori,
era
dalle donne invocato allorchè si maritavano. Vede
l tempio dell’onore senza passare per quello della virtù. L’allegoria
era
tanto bella, quanto istruiva, per insegnare agli
aver dritto all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura
era
quella di una donna di fresca età con veste bianc
suo potere si estendeva sulle famiglie, e sulla Città. La sua figura
era
simile a quella della Pace. I Greci la chiamarono
bo si leggeva questo motto : la morte, e la vita. Sulla di lei fronte
era
altresì scritto : l’està, e l’inverno. Il suo fia
i lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inverno. Il suo fianco
era
aperto fino a vedersi il cuore che mostrava col d
li antichi la chiamavano anche Vacuna. La Frode. La sua fisonomia
era
ridente per meglio ingannare. Il resto del corpo
avanti presenta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La sua mano
era
armata di un rasojo1. La Necessità. Figlia de
ugnale rappresentava la Discordia detta puranche Erinni. Il suo volto
era
livido, e tetro : torvo lo sguardo, e la bocca sp
teo. Prometeo figliuolo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano,
era
il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la
acolo che contenesse un sacrilegio, ma riflettendo, che la gran madre
era
la terra, e le pietre le di lei ossa, eseguirono
nger dell’acqua in una fontana consagrata a Marte, un dragone che ivi
era
in guardia, li divorò tutti. Cadmo non vedendoli
e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’
era
una delle tre Gorgoni figliuole di Forco Dio mari
solo, ed un solo dente, che s’improntavano a vicenda. La loro chioma
era
composta di serpenti, che si rizzavano, e fischia
ritania, che gli aveva negata l’ospitalità. Chi guardava questa testa
era
soggetto ad un tale destino, e le stille di sangu
scendente. « Questo Eroe (diceva a Diomede durante la guerra Trojana)
era
figliuolo di Glauco re di Corinto : Giove lo avev
ta vittoria. Conoscendo allora Giobate, che il valore di Bellerofonté
era
superiore ai perigli, gli diede sua figlia in isp
i. Ivi Minosse fece rinchiudere il Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’
era
incorso nella di lui disgrazia con il suo figlio
parimente Castore colla morte di Ida. Polluce perchè figlio di Giove
era
immortale. Ma il vivere gli era insoffribile perc
i Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere gli
era
insoffribile perchè, diviso da Castore. Quindi su
Ino loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, la cui lana
era
di oro, e traversarono un canale del mar nero. El
ontarono mercè l’assistenza di Giunone, e di Minerva. Il viaggio però
era
il minore de’ mali a fronte di quelli dell’acquis
tro, che stava alla guardia di sì prezioso deposito. Il più difficile
era
che tutto questo doveva effettuarsi nel breve cor
che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta di una trave che si
era
staccata. Ercole. Nacque quest’Eroe da Alcmen
l sole, detta perciò Lucifer, ed Hesperus. Osservammo già che Atlante
era
stato trasformato in una montagna, che sostiene i
e che Apollo gli diede. Ma il Destino geloso della felicità di Admeto
era
presso a troncare i suoi giorni, quando Alceste c
umori, e la sua ferita divenne insanabile. L’infezione, ed il fetore
era
tale, che i Greci lo lasciarono nell’isola di Len
al pari delle altre Divinità, ch’aveva nella Grecia introdotte. Egli
era
figlio di Eagro re della Tracia, e della Musa Cal
tandolo anche per figlio. Edipo divenuto adulto seppe, che Polibo non
era
il padre suo. Volle a tale oggetto consultare l’o
riti, ebbe il coraggio di presentarsi al mostro, che gli dimandò qual
era
quell’animale che sul matino và brancolando a qua
o la sera con tre piedi. Edipo senza punto esitare rispose che questi
era
l’uomo, che nell’infanzia si rotola sovente anche
un combattimento a corpo a corpo. Si azzuffarono dunque entrambi, ed
era
tale l’accanimento, che l’odio reciproco loro isp
o parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo
era
bravo, ed esperto capitano, e disfece più volte E
l soggetto del poema di Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe
era
fornito di un feroce coraggio, ma accompagnato da
e empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove
era
salito il primo di tutti. La sua sposa Evadne fig
primo di tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo contrario
era
il modello della dolcezza. Ella non potè sopravvi
dal re, condannò Antigone a morte, che di sua mano precedentemente si
era
uccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte
sentire il peso delle sue disgrazie, e benchè regnasse sovranamente,
era
non pertanto considerato qual tutore di Leodamant
Pelopidi, che figurò molto in tal’epoca. Tantalo ne fu il capo : egli
era
figliuolo di Giove, e della ninfa Plota, e regnav
una giovanetta in un bosco consagrato a Minerva, la violentò. Questa
era
Pelopea sua figlia, che da gran tempo aveva perdu
Ida, colà confinato da Ecuba senza che Priamo lo sapesse, giacchè gli
era
stato predetto, mentre Ecuba era incinta, che il
a che Priamo lo sapesse, giacchè gli era stato predetto, mentre Ecuba
era
incinta, che il bambino che stava per nascere, sa
asione, parlò forte a questo giovane Eroe : gli fece conoscere quanto
era
preferibile la gloria ad una vita così vergognosa
i condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato
era
di portar via una statuetta di Minerva chiamata P
igliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia, e che si
era
dichiarato nemico de’ Greci. Come questi non pote
ico possessore di Elena. Ma al semplice balenar delle armi Paride ch’
era
un vile cominciò a tremare, e prevedendo di dover
scelli. I Trojani erano al punto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si
era
già accostato ad uno de’ più belli, quando soprag
ivarono al Cielo : l’aria risuonava de’ loro lamenti : l’intera città
era
in lutto. La prima cura di Achille fu d’innalzare
. Finalmente si contentò di cederlo al vecchio Priamo, che in persona
era
venuto supplichevole a dimandarlo, e che offrì de
he se ne avvide gliene dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli
era
accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di
ronte. Questo mostro che riconduceva i suoi armenti, accortosi che vi
era
gente nella caverna, ne chiuse l’ingresso con un
liò Polifemo1 : (aveva Ulisse avuta l’accortezza di dirgli che questo
era
il suo nome). Credettero i Ciclopi, che avesse pe
fa passare per dodici anelli attaccati ad altrettante colonne. Questo
era
il segnale convenuto con Telemaco, che avvicinato
omento di una tempesta suscitatasi mentre tutta la Corte della regina
era
impegnata in una caccia : Enea con Didone si rifu
partenza, e col favore della notte scioglie le vele da un lido, dove
era
stato accolto con tanta cortesia. Accortasi del t
to da una burrasca fu costretto a fermarsi in Trapani, ove da un anno
era
morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del
unica, che l’Oracolo destinava in isposa a questo principe straniero,
era
l’erede de’ suoi stati ; Amata sua madre, ad onta
sa assai frugale, non permettendo Giove che ammazzassero un’ oca, ch’
era
tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti n
amava, pregandola di venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non
era
corrisposto : la sua figura gigantesca, un solo o
ninfa. Inutilmente si ornava il crine, e si radeva la barba. Galatea
era
sorda, malgrado che non fosse insensibile. Ella a
suo figlio. Alcune gocce di sangue caddero da questa pianta che prima
era
stata donna, ed inseguita da Pane aveva perduta l
guita da Pane aveva perduta l’antica bellezza, e figura : il suo nome
era
Loto. Driope nel vedere stillare il sangue si arr
per iscoprirsi il segreto all’istante di doversi maritare Ifide (tale
era
il nome della fanciulla) Iside non l’abbandonò :
Aconzio ricorse ad uno stratagemma. Gittò nel tempio una palla, dove
era
scritto : io giuro per Diana di essere la sposa
pe prese quella palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa giovane
era
sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbr
se il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi,
era
sorpresa da una febbre violenta, finchè i suoi pa
figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre
era
alla caccia, facendo di tutto per fargli dimentic
e reca a Progne l’annunzio che Filomela più non esiste. Quest’ultima
era
rinchiusa in una torre gelosamente custodita. Tro
dalla medesima fu cangiato in picchio1. Egeria. Seguace di Diana
era
la ninfa Egeria. Credevasi ch’ella consigliasse N
, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce
era
tanto dolce, che per sentirla gli corsero dietro
Quantunque di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima parte,
era
però di somma necessità rinnovarne il discorso pe
nel quale stavano scolpite diverse sacre immaginette, e fra queste vi
era
quella del Sebeto. Il suo nome però e la sua glor
nza di questo avvenimento, innalzarono un tempio ad Eunosto, dove non
era
permesso alle donne l’ingresso. Ciò diede occasio
stiracchiato, potrebbe ripetersi dall’Ebraico Abir, taurus. In fatti
era
egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con
i Saturnali ci dice la ragione, onde Ebone sotto la figura di un toro
era
adorato : Taurum vero multiplici ratione ad Sole
co in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il di lui culto
era
etesissimo nell’Egitto. Crede Varrone che questa
m fonte, et nymphis adsultavere marinis. In somma pressochè generale
era
il cutlo del Sole in Napoli antica. Oltre le ment
n pampini ed edere : e ciò perchè nell’Egitto Serapide, cioè il sole,
era
stato l’inventore del vino. Il decantato nostro C
rat. VIII. Artemisia, o sia la Luna. In grandissimo credito
era
a tempi di Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna,
questa scienza erano tatalmente appassionati, che Virgilio istesso ne
era
istruitissimo, come apparisce dalle sue georgiche
numenti di questo tempio famoso. Il circondario del tempio della luna
era
il più rispettabile di Napoli. Colà a sentimento
o, e sua madre fu Euriale. Di lui narra la favola, che amato da Diana
era
già presso a sposarla. Mal soffriva Apollo queste
tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio, ed altri,
era
la presente Chiesa di S. Gregorio Armeno, dove ne
. Castore, e Polluce. La presente magnifica Chiesa di S. Paolo
era
il tempio dedicato ai due gemelli Numi Castore, e
persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che di forma rotonda
era
il tempio di Vesta per indicare la rotondità dell
nostre monete da una parte si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra
era
impressa la testa di una delle Grazie col motto Χ
di Eroi spacciavano presso il popolo tuttociò che per tradizione loro
era
stato tramandato, che abbellivano poi con i parti
nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso
era
una delle sette meraviglie del Mondo per i tesori
regolato, per distinguerlo dall’amor contemplativo e celeste, laddove
era
dipinto colle ali ; se pur ciò non era a mio cred
ntemplativo e celeste, laddove era dipinto colle ali ; se pur ciò non
era
a mio credere per darci un’ idea della sua istabi
patere Etrusche di Dempstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladium
era
la famosa statua di questa Dea che conservavasi i
uomo. Cicerone nel libro quinto delle Tusculane scrive, che Prometeo
era
un grande Astronomo ; e per fare le sue osservazi
guenza nel 2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda
era
figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che
ione al seguente fatto attestato dalle sacre carte. La moglie di Loth
era
in Sodoma, allorchè questa Città andò in fiamme.
ma oscurare. Calliope madre di Orfèo vuol dir canto, ed Orfèo appunto
era
il cantore della Tracia. Euridice vuol dire due v
ggasi il libro della Scienza nuova dell’Autore suddetto. 1. Ecatombe
era
un sacrifizio di cento bovi, che si faceva agli D
he vi giunsero gli Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo,
era
Eeta, il quale aveva una figlia nubile chiamata M
pena lo seppe, corse a Corinto coi figli ; e trovando che la fama non
era
stata bugiarda, finse rassegnazione e di voler fa
Tebe, « Sì che dal fatto il dir non sia diverso. » Se quest’ Anfione
era
quel desso che fu marito di Niobe, come dice Ovid
ti quello di Aristeo, che fu il primo Apicultore dell’Antichità. Egli
era
figlio della Ninfa Cirene, e perciò fu da taluni
dei Semidei. Ambiva anch’egli di sposare Euridice, e quando seppe che
era
stato preferito Orfeo, il giorno stesso fissato p
ello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli
era
figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua
io di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che
era
figlio di Giove, per render più credibili, second
rlo ; ma il fanciullo, che, per quanto dicono i poeti, anche in culla
era
degno di Giove, strangolò loro. Questo fatto dive
be, affinchè l’Eroe, voltandosi, fosse ferito dall’Idra il cui veleno
era
letale. Ercole fu costretto a chiamare in aiuto i
ale, che abitava sul monte Mènalo in Arcadia ; ma poichè questa cerva
era
sacra a Diana, stimavasi un sacrilegio l’ucciderl
per togliere ad Ippolita loro regina un preziosissimo cinto di cui si
era
invogliata Admeta figlia di Euristeo. Coloro che
. L’esistenza delle Amazzoni è da riporsi tra le favole : non ostante
era
creduta non solo anticamente, ma anche dopo la sc
epubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle di Augia Augìa
era
un re d’Elide, che possedendo tremila bovi, (altr
forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso
era
l’ animo suo crudele che dilettavasi di straziare
ce questo politico insegnamento, che quando i regni sono armati, come
era
armata Roma, e come sono i Svizzeri, sono più dif
re cioè il più gran malvagio che sia mai esistito. I poeti dicono che
era
figlio di Vulcano e che abitava in una caverna de
il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quella tunica, ma
era
sì aderente alla pelle che ne venivano insieme a
e freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna all’amico Filottete che
era
presente, imponendogli però di sotterrarle e di n
a. I poeti cantarono concordemente inni a quest’Eroe94, e dissero che
era
stato posto in cielo e nel numero degli Dei « No
guerra agli Ateniesi per ritogliere ad essi la loro sorella Elena che
era
stata rapita da Teseo ; ma avendola trovata nella
cque nel mese di maggio, e perciò, secondo il linguaggio astrologico,
era
sotto l’influenza di questa costellazione. La ram
inosse re e legislatore dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse
era
figlio di Giove e di Europa, la quale fu rapita d
eca fissa l’epoca della sua esistenza nei secoli xiv e xiii, avanti l’
era
volgare. Come re e legislatore dei Cretesi è ramm
un bel toro bianco ed essendole molto piaciuto, partorì un mostro che
era
mezz’uomo e mezzo toro ; il quale fu chiamato il
Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu detto che questo mostro
era
carnivoro e pascevasi anche di carne umana. Minos
egnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli
era
stato maestro lo zio. Sin qui potrebbe il raccont
tti che ne derivarono. Androgeo figlio di Minosse ed erede del trono
era
così valente negli esercizii della palestra che s
tò agli Ateniesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che
era
figlio di Nettuno, e così lo fecero appartenere a
rope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che
era
ospite in casa di lui ; ma dovendo partir per la
nadieri coi quali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che
era
armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e
le del Leon Nemeo. In Eleusi vinse ed uccise nella lotta Cercione che
era
stimato invincibile. Avanzandosi nell’Attica inco
aveva in segno di lutto le vele nere. Egeo ordinò che al ritorno, se
era
reduce il figlio, vi si mettessero di color porpu
l’altro di morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. Dal primo,
era
ben sicura Arianna che Teseo avrebbe saputo difen
he l’aspettava, entrò con sì bella e giuliva compagnia nella nave che
era
pronta a far vela, e si diressero tutti insieme v
o in quella guerra. Da Ippolita (secondo alcuni chiamata Antiope) gli
era
nato un figlio a cui diede il nome di Ippolito. D
’isola di Nasso : e qui non si sa intendere come Fedra, dopo quel che
era
accaduto alla sorella, non sospettasse della fede
oi facevangli un grandissimo sacrificio nel giorno stesso in cui egli
era
ritornato da Creta coi giovani liberati dal Minot
ano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re di Tebe
era
l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Ercole, il p
i avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui
era
incinta Giocasta sua moglie, diede ordine di farl
o si accorse o seppe che il pastor Forba (o secondo altri Polibo) non
era
suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi g
ssesso del regno, poichè non v’erano figli eredi del trono. La Sfinge
era
un mostro col capo e le zampe di leone alato, e c
io, come pure dai connotati della persona dell’estinto scuoprì che ne
era
stato egli stesso l’uccisore ; e inoltre riandand
servo che aveva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli
era
figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era su
nte, comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta
era
sua madre. Allora inorridito di questo suo perver
aveva tenuto in sospetto e timore per le sue figlie. E la spiegazione
era
questa : Poichè Polinice, essendo discendente d’E
l’avito regno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del quale
era
molto più urgente e più giusta. Prima per altro d
ono alla guerra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egli
era
nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma di lui non
di particolar menzione. Egli pure morì alla guerra di Tebe. Capanèo
era
un Argivo arditissimo, che primo inventò di dar l
l rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio
era
nato un figlio di nome Stènelo, che fu poi uno de
radì il segreto di lui, scuoprendo il posto o nascondiglio ov’egli si
era
celato. Costretto allora Anfiarao per punto di on
i Pelope ottenne la sposa non è senza delitto. Si racconta che Enomao
era
riluttante dal maritare la sua unica figlia Ippod
arlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento
era
insuperabile), o di essere uccisi se perdevano. E
municò in ambedue le linee collaterali ai loro discendenti. Di Tieste
era
figlio Egisto, nato d’illegittime e vietate nozze
i Achille deriva da Giove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo
era
figlio di Giove e di Egina. Eaco nacque in quell’
ci) potè formare un piccolo regno in quella parte della Tessaglia che
era
detta Ftiòtide dalla città di Ftia sua capitale.
Venere. Fu giusto giudice di certo, poichè Venere, come tutti sanno,
era
la Dea della Bellezza : non ostante s’inimicò le
sata ai posteri, consacrata all’immortalità dai più sublimi pœti, non
era
il solo nè il primo che essa ebbe ; e si trova an
ore e primo re della città che da lui prese il nome di Dardania. Egli
era
figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie d
l’Alighieri nelle due terzine citate di sopra. Il nome poi di Pèrgamo
era
dato soltanto alla parte più alta e più fortifica
la più bella donna del mondo. Ma la più bella donna che allor vivesse
era
la spartana Elena, rapita prima da Teseo, e poi d
le occasione investigando essi l’origine di lui, scuoprirono che egli
era
il loro fratello esposto da bambino nelle selve,
ova spartana. Ma poichè Menelao non volle morir così presto, e Venere
era
tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, r
tutti i più preziosi tesori della corte spartana. Menelao, che allora
era
assente, conosciuto questo fatto molto spiacevole
dove fosse, ed Ulisse dicevasi divenuto pazzo « D’uom che sì saggio
era
stimato prima. » Fortunatamente essendo venuto i
di Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli, ingegnosissimo qual
era
, sospettò accortamente che Ulisse fingesse di ess
rafforzavano le antiche alleanze e ne contraevano delle nuove. Priamo
era
già vecchio ; ma aveva un gran numero di figli es
marito e poi morire, fu trovata estinta nel suo letto e fu detto che
era
morta dopo averlo veduto in sogno, come desiderav
e il nome, « Che nomato e pregiato e glorïoso, « E da Belo altamente
era
disceso ; « Se ben con falso e scellerato indizio
i stessi « Lo piangon tutti. A questo Palamede, « A cui per parentela
era
congiunto, « Il pover padre mio ne’miei prim’anni
o ; e questa fatalità si avverò la prima colla venuta di Achille, che
era
figlio di Peleo e nipote di Eaco, e perciò chiama
guarirono. 3ª Fatalità. — Doveva divenire amico un nemico ; e questi
era
Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue
i Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè
era
figlio di Ercole, essendo divenuto re di Misia, r
il che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed
era
questa non già una superstizione, ma una necessar
di lui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che
era
nel tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia.
isa sacerdote e re ; e venuto il padre a riscattarla con ricchi doni,
era
stato respinto da Agamennone stesso con modi aspr
nare colla uccisione di Agamennone per mano di Achille, se questi non
era
trattenuto dalle eloquenti esortazioni del vecchi
pitani greci facessero prodigi di valore a gara con Diomede, la sorte
era
contraria al loro esercito, il quale rimaneva qua
ulle sciagure umane 133. » Parrebbe che dopo la morte di Ettore, che
era
il più formidabil guerriero Troiano, e sopravvive
tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli
era
vulnerabile, e tagliatogli quel tendine, che d’al
e dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della sua ferita, di cui non
era
ancora guarito, condusse una vita piena di affann
acconta ancora un altro miracolo, che dalla statua di Mènnone, quando
era
percossa dai raggi del Sole, uscivano suoni music
di legno nelle vicinanze di Troia, mentre il rimanente dell’esercito
era
già partito sulle navi e ritiratosi dietro l’isol
suoi figli e li strangolarono tutti e tre. Fu detto subito che questo
era
un castigo di Minerva, perchè Laocoonte aveva vio
subordinazione al comandante supremo ; e lo stesso Menelao che sempre
era
stato così concorde col fratello Agamennone, in q
senza dipender più dagli altrui consigli o deliberazioni. Agamennone
era
rimasto accampato intorno alle fumanti rovine di
rì sul colpo. Un figlio dell’ucciso Ettore che sopravvivesse al padre
era
sempre un imminente pericolo pel figlio dell’ucci
plio, principalmente perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il quale
era
maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta. Ai
i Tieste continuando a nutrire l’odio del padre contro gli Atridi, si
era
insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo
morto, avea persuaso la regina a sposarlo. Agamennone invece non solo
era
vivo, ma poco dopo, presa e distrutta Troia, si d
trosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta che
era
il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso
regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una sua parente a cui
era
morto il marito in quella guerra, fu, per ordine
e diede ad entrambi la libertà ed una parte del regno dell’Epiro che
era
divenuto suo, non si sa bene se per volontà della
Arpi, e, secondo altri, anche Siponto, presso il monte Gargano. Egli
era
ancor vivo sette anni dopo, allorquando giunse in
timo avanzo di Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella nazione
era
stata dannosa agli stessi vincitori. Anche Filott
uello di Jefte ; e che volendo adempierlo coll’uccidere il figlio che
era
stato il primo a venirgli incontro, fu cacciato d
che avea divisa la flotta greca nessuno seppe più nulla di Ulisse. V’
era
però speranza che egli vivesse, perchè nessuno av
taca sua patria, com’ egli volle e desiderò da lunghi anni ; ma prima
era
andato sempre errando contro il suo desiderio e p
se all’Inferno, perchè quello fu opera d’incanto della maga Circe, ed
era
piuttosto uno scongiuro da Negromanti, ossia evoc
im, » cioè quel che avvenne ad Ulisse nel paese dei Lestrìgoni di cui
era
re Antifate, poi fra Scilla e Cariddi e nella cav
ati intanto « Per l’angusto sentier : Scilla da un lato, « Dall’altro
era
l’orribile Cariddi, « Che del mare inghiottia l’o
ntate da Orazio nella Poetica, apparisce, che a tempo di Omero, o non
era
stata ancora inventata l’altra favola che Cariddi
il saggio figlio e il vecchio suo padre Laerte (chè la madre Anticlèa
era
già morta prima del suo ritorno 141. Non tutti pe
fuor del marin suolo. « Cinque volte racceso e tanto casso « Lo lume
era
di sotto della luna, « Poi ch’entrati eravam nell
per disdegno144. Ma in qual modo si accorgesse Dante che quella selva
era
animata, e venisse poi a scuoprire in un di quegl
creditati, Didone viveva tre secoli dopo la guerra di Troia, e perciò
era
impossibile che avesse conosciuto Enea ; ma per q
ei più nobili ed illustri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa,
era
figlia di Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia
i Troiani e loro discendenti, per disperazione si uccise149 Ad Enea
era
già morto in Sicilia il vecchio padre Anchise nel
ente « D’aprir l’occulte e le future cose. » La Sibilla Cumana, che
era
solita dare agli altri le sue risposte per mezzo
rmini equivale a dire che la Divinazione di qualunque genere o specie
era
una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi
ù celebri dell’Epoca eroica. Tra i quali ha maggior fama Tiresia, che
era
Tebano e viveva ai tempi della guerra dei sette P
ogo incidentalmente nominato, convien darne qualche notizia. Trofonio
era
un insigne architetto che in Lebadia, nella Beozi
uella caverna che si continuò a chiamare l’antro di Trofonio ; ma che
era
un luogo così orrido che chiunque vi discendeva d
o e che sembrasse spaurato dicevasi dai Greci, come in proverbio, che
era
disceso nell’antro di Trofonio. Dell’indovino Anf
enerale quel che abbiamo accennato in principio, che cioè l’arte loro
era
un effetto d’impostura da un lato e di stupida cr
ano inventati e attribuiti alle Sibille ; e siccome si credè, e forse
era
vero, che alcune di queste Sacerdotesse preferiss
e l’inesplicabile maraviglioso che il dimostrabile positivo. E poichè
era
utile ai reggitori degli Stati per facilità di go
itrèa, che nacque in Babilonia come afferma Apollodoro, asserendo che
era
sua concittadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Er
tadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Eratòstene lasciò scritto che ne
era
stata fatta menzione negli antichi annali dei Sam
a me : Fatti in qua, si ch’io ti prenda : « Poi fece sì che un fascio
era
egli ed io. » (Inf., C. xxxi, v. 130) 91. Con
lmo a Monte Cassino. Il parafulmine situato sulla cupola della chiesa
era
illuminato da luce fosforescente, e non la sola p
ii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al vecchio Nestore che vi si
era
ritrovato presente e vi avea preso parte. 114.
ole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che
era
, come tutti gli altri Centauri, mezzo uomo e mezz
Eaco, avo di Achille. 139. La parola Odissea deriva da Odisseo, che
era
il greco nome di Ulisse ; e perciò quel poema pot
47. Dante fa la perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa
era
figlia e la sua malaugurata predilezione per Enea
perchè Tiresia finchè non ebbe ribattuto li due serpenti con la verga
era
non più maschio, ma femmina. Perciò usa il pronom
chiamati anche Semidei o Semoni, si di evano quegli uomini, de’ quali
era
stata illustre la nascita, o nobili le azioni. L’
i doni (b). Ognuno di que’ sepolcri si appellava Monumento eroice, ed
era
un asilo. I Greci sopra i medesimi ergevano una c
dovea appigliarsi. La risposta del Nume fu, che il trovare Europa non
era
impresa da uomo, e che Cadmo in vece tenesse diet
a quale non poteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè
era
fratello di Europa. Cadmo però attribuì tutte le
ierlo appresso di se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’egli
era
figliuolo di Giove. Memore Atlante d’aver inteso
oleo a vendicare Frisso, figlio di Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi
era
stato massacrato (b), e nel canquistare il Tosone
ferì a Cizico, città situata a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re
era
Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel P
fatto in pezzi, ne sparse le membra quà e là per la via, per cui Eeta
era
per passare, affinchè la cura di raccogliere quel
asto, figlio del predetto Pelia, ch’era stato uno degli Argonauti, ed
era
riuscito eccelente cacciatore. Quegli, morto il p
ltri prodigi allora avvennero, i quali presagirono la gloria, ch’egli
era
per acquistarsi colle sue esimie azioni (c). Giun
’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale
era
di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva
lava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’ucciderlo, perchè la pelle n’
era
impenetrabile. Lo incalzò quindi in guisa, che lo
ormò un nascondiglio sotterra, per ritirarvisi, ogni qualvolta Ercole
era
per avvicinarsi alla volta di Micene. Euristeo in
cadia. Essa, benchè avesse i piedi di rame e le corna d’oro, tuttavia
era
sì veloce al corso, che niuno mai era capace di r
rame e le corna d’oro, tuttavia era sì veloce al corso, che niuno mai
era
capace di raggiungerla. Ercole bramava di prender
di raggiungerla. Ercole bramava di prenderla senza ucciderla, perchè
era
sacra a Diana. Impiegò un anno nell’inseguirla co
imò ad Ercole, che lo uccidesse. L’Eroe nol fece, perchè anche quello
era
dedicato a’ Numi, e in vece lo portò vivo in Mice
oi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ Eroe quanto gli si
era
prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adempiere a
rire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il quale
era
stato costretto a ritirarsi in Dulichio, perchè a
lla guerra(b) (14). Gerione, nato da Crisaore e dalla Ninfa Calliroe,
era
tricorporeo. Per custodi de’suoi armenti, i quali
tro, il quale pure avea due teste. Ministro della crudeltà di Gerione
era
un certo Eurizione. Ercole lo privò di vita, ne u
Ila(a) (19). Anteo, figlio di Nettuno e della Terra, ere della Libia,
era
un formidabile gigante, cui si davano sessanta qu
na, la quale, per essersi creduta superinore in bellezza a Giunone, n’
era
stata cangiata in gru. I Pigmei volevano vendicar
ere scorsi moltissimi paesi, giunse in Celene, ove la trovò. Litierse
era
un Principe barbaro, che obbligava i passeggieri
itanti, avendo ucciso due de’di lui compagni, come conobbero chi egli
era
, si ritirarono in città. Ercole li strinse d’asse
chi egli era, si ritirarono in città. Ercole li strinse d’assedio, ed
era
già per prenderli d’assalto, quando coloro per pl
lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano,
era
un mostro di smisurata grandezza, e avea tre bocc
). Ercole acquistò il nome di Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi
era
celebre l’Oracolo di questo Eroe divinizzato. Ess
’Ercole. Questi comparve in sogno al Poeta Sofocle, e gl’indicò chi n’
era
stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con al
aveva un tempio in Eritrea, citta dell’ Arcadia. Ivi la di lui statua
era
posta sopra una zattera, perchè gli Eritrei prete
pente. L’Eroe lo afferrò pel collo, sì fortemente lo strinse, che gia
era
per soffocarlo. Acheloo, vestite allora le sembia
ò cresciuto assai più dell’ usato, e pericoloso a tragittarsi. Quanto
era
imperturbabile riguardo a se, altrettanto mostrav
tr’ella dormiva. Verso la mezza notte entrò nella grotta ; ma siccome
era
smorzato il lume, così non sapeva a qual parte vo
sche (e). Ebbe pure nella stessa città un’ Ara, detta Massima, perchè
era
maggiore di tutte le altre. Ad essa si portava la
la celebrava là festa della Dea delle donne, al tempo della quale non
era
lecito agli uomini gustare alcuna cosa. Properzio
ice nella Spagna. Là non veniva rappresentato sotto alcuna figura, nè
era
permesso alle donne l’entrarvi. I Sacerdoti di qu
o alla corona d’ Ateno. Pitteo quindi pubblicò, che il padre di Teseo
era
Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quella Reggia
a emulazione concorreva la parentela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo
era
fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, c
teo era fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, come vedemmo,
era
n ato Ercole(a). Teseo se ne andò alla volta d’At
a fece strage del Toro, che, portato da Ercole ad Euristeo, da questo
era
stato mandato, come abbiamo esposto, a devastare
Colco, la quale, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo, ed
era
divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avuto qu
a avea partorito in quella Reggia. Persuase quindi ad Egeo, che Teseo
era
uno straniero, venuto ad usurpargli il dominio ;
iullo sulle porte per allontanare la carestia in onore di Minerva. Se
era
per Apollo, il ramo era d’alloro(a). Teseo, e gli
lontanare la carestia in onore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo
era
d’alloro(a). Teseo, e gli altri giovani, mandati
il vascello, su cui partivano, denominavasi Deliade o Teoride(17), ed
era
quello stesso, che avea trasportato in Creta Tese
loro corona, e la consecravano ad Apollo. Nel tempo di tali Feste non
era
permesso il punire reo alcuno (b). La Grue era un
empo di tali Feste non era permesso il punire reo alcuno (b). La Grue
era
una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani A
bbe a sentire, quando intese, ch’era morto il padre suo, e che egli n’
era
stato la cagione. Gli Ateniesi per consolarnelo e
ge, che l’Eroe non poteva trovarsi a quella spedizione, perchè allora
era
ritenuto nell’Inferno, come fra poco diremo. Vuol
ria, fatta all’ amico, e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’
era
più folta la turba de’ Centauri, ne uccise molti,
chivò quel pericolo.(a) (24). Morta Ippodamia, Piritoo e Teseo, a cui
era
pur morta Fedra, sua moglie, e sorella della ment
v’eresse un altare e una statua a Giove, soprannominato Erceo. Tutto
era
grandezza nella di lui Corte, e per molti anni vi
iuttosto all’altare di Giove Erceo, ove anch’ella colle sue figliuole
era
ricorsa per sottrarsi al furore nemico. Pitro, fi
posò Andromaca, figlia d’ Eozione, re di Tebe nella Cilicia, la quale
era
bella, coraggiosa, e molto amante del suo marito(
resagirono tutti i disastri, che dovea cagionare il bambino, cui Ella
era
per dare alla luce(a). Si spaventò Priamo dell’in
celebrarono sul monte Pelio. La sola Eride, detta da noi Discordia, n’
era
stata omessa, per timore che’ vi cagionasse qualc
festarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale
era
scritto : si dia alla più bella . Tutte le Dee d
arirlo ; ma ogni rimedio fu inutile, perchè la freccia, che lò colpì,
era
una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole
. Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale
era
di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed a
i Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della sua antica origine
era
l’Italia. Anchise si rammentò, che lo stesso erag
rappostevi e, poi senza nuocere agli astanti ritornò nel luogo, dondi
era
partito. Stupì Enea, e venne in dubbio, ch’esso f
’Inferno par rivedere l’ombra d’Anchise(b). Sapeva che a’ viventi non
era
permesso il penetrarvi. Quindi si portò prima a c
to, paese del Lazio. Latino, figlio di Fauno, e della Ninfa Marica, n’
era
il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavin
Reggia di Latino, diede occasione di presagire, che in quella Reggià
era
per giungervi moltitudine di forestieri. Da un al
dal che si congetturò, che somma gloria, accompagnata però da guerre,
era
per derivare a quella giovine. Latino allora voll
a, che sarebbe arrivato appresso di lui uno straniero, il di cui nome
era
per divenire famoso in tutto il mondo. Enea non m
no v’acconsentì ; e diede anzi a conoscere ch’Enea, com’egli sperava,
era
lo straniero illustre, a lui predetto dagli Oraco
Tevere non ostante comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello
era
il paese, nel quale i Numi gli preparavano un vas
ti. I Rutuli volevano incendiare la flotta de’ Trojani, mentre Enea n’
era
lontano. Non poterono farlo, perchè quelle navi v
lo di Atreo secondo Omero (a), e di Plistelle secondo Apollodoro (b),
era
destinato al trono d’Argo. Tieste, fratello d’Atr
oprannominato Testoride(16), dichiarò, che ciò avveniva, perchè Diana
era
sdegnata con Agamenonne, il quale avea ucciso una
sangue d’Ifigenia, figlia primogenita dello stesso Agamenonne. Quessa
era
rimasta in Micene con Clitennestra, sua madre. Il
nne non volle crederlo ; e così poi avvenne. Clitennestra, mentr’egli
era
all’assedio di Troja, avea preso ad amare Egisto,
e danno ad Agamenonne anche Astinome, soprannominata Criseide, perchè
era
figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della
a pestilenza. Se ne interrogò Calcante ; e questi rispose, che quello
era
un castigo di Apollo, e che il Nume nol avrebbe s
tro sacro Ministro (d). Omero poi soggiunge, che il mentovato scettro
era
stato lavoro di Vulcano ; che questo Nume lo avea
ia la statua di Diana. Egli con Pilade si accinse all’impresa. Questa
era
assai pericolosa, perciocchè i forestieri, che ar
cchè li disponesse al sacrifizio. Colei non riconobbe. Oreste, perchè
era
ancor bambino, quando ella lasciò la paterna casa
lla lasciò la paterna casa ; ma, essendo venuta in cognizione ch’egli
era
Greco, le venne in pensiero di far nota col di lu
ene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre
era
re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè spos
to progetto, ma poi v’acconsentì. E glà, venuti alle mani, il Trojano
era
per soccombere, quando Venere nuovamente lo tolse
le primiere sembianze, e diede a Menelao quelle notizie, delle quali
era
ricercato(a). Erodoto riferisce, che Menelao appr
un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale
era
di valore sì grande, che uguagliava i più celebri
pure a morte Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il quale
era
passato nel Campo Trojano per vagheggiare la pred
(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo di colui
era
invulnerabile ; però Achille, osservando, che ogn
ero Ippodamia(c), giovine bellissima, soprannominata Briseide, perchè
era
figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era st
inata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei
era
stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era
ote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi
era
passata in potere di Achille, quando egli prese q
he gli affari loro andavano di male in peggio, talmentechè Agamennone
era
d’opinione, che si spiegassero le vele a’venti, e
nice, figlio d’Amintore, re de’Dolopi, nell’Epiro, e che dopo Chirone
era
stato di lui precettore(10). Queglino usarono di
, Moncia. Sembrava da prima impossibile all’Eroe il prenderla ; e già
era
per desistere dall’impresa, quando una giovine di
ertiva, che ancor per poco avesse sofferenza, giacchè Ia di lei città
era
per arrendersi per mancanza d’acqua. L’Eroe appro
l soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui padre
era
nato da Eaco(d). Variano gli Scrittori sul fine d
chille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la quale non
era
stata bagnata dallo Stige(a). Ovidio poi dice, ch
na d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure
era
stato uno de’di lui più cari compagni(14). Gli s’
osto di darla a chi fosse rimasto vincitore in certi Giuochi, ch’egli
era
per celebrare. Vinse Ulisse, e a lui quindi fu la
ntrò nella caverna, ove soleva starsene il Ciclope Polifemo. Costui n’
era
allora uscito per pascere la sua greggia ne’ vici
, ansiosi di sapere, perchè così si dolesse. Colui rispose, che Niuno
era
la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lu
a giovine, che andava ad attignere acqua alla fontana d’Artacia. Ella
era
la figlia del re, il quale chiamavasi Antifate. C
ranono sull’ingresso la Regina. Al vederlasi raccapricciarono, poichè
era
sì grande, che rassomigliava ad alta montagna. Co
tè, senza impietosirsi, rimirare lo stato deplorabile, a cui il Greco
era
ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla q
e olce vino ; bevuto il quale, Arete ricercò al Greco ospite chi egli
era
. Ulisse allora diedesi a conoscere. e narrò la lu
frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale
era
ritornato dall’avere peolungo tempo e in mezzo ad
famoso per la sua ghiottoneria, perchè sempre mangiava, e non ostante
era
sempre affamato. Il vero nome di colui era Arneo,
re mangiava, e non ostante era sempre affamato. Il vero nome di colui
era
Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era eccellente
affamato. Il vero nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè
era
eccellente nel portare le ambasciate, che gli si
li avea avuto da Circe un figliuolo, di nome Telegano(d) (22). Questi
era
stato lasciato fanciullo appresso la madre nell’i
ertito di guardarsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle sapere chi
era
quello, che lo aveva ferito, e morì tralle di lui
o e Telamonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre,
era
re di Locri. Egli alla testa di varj popoli, racc
nte si riferisce, che Polluce, il quale per essere figliuolo di Giove
era
immortale, chiese al padre di poter communicare t
ore e Polluce furono anche denominati Tindaridi, perchè la loro madre
era
moglie di Tindaro(d). Si appellarono Afeterj, o A
dedicato a lui a lo appresso la città di Terapne nella Laconia. A lui
era
pur consecrata una fontana, detta Polideuces ossi
fatto uscire da due non conosciute persone(a). Pelope. PElope
era
figliuolo di Tantalo, re della Lidia Come gli Ant
mao, figlio di Marte(1), e re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta giovine
era
l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi
prese pol il nome di Mirtoo(d) (6). Istro lasciò scritto, che Mirtilo
era
uomo bellicoso ; che pretendeva egli Ippodamia in
o(f). Pelope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale
era
al di là dell’Istmo, e formava una parte consider
Elea consideravano Pelope tanto superiore agli altri Eroi, quanto lo
era
Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole gli
chè aspergevano quel sepolcro del loro sangue(e). Edipo. Edipo
era
figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, fig
bero(f). Edipo, fatto grandicello, venne in cognizione, ch’ egli non
era
, come credeva, figlio di Polibo. Consultò l’Oraco
il viaggio alla volta di quel paese ; e giumtovi nel momento, in cui
era
insorta tra quegli abitanti forte sedizione, ucci
to(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo
era
salito sul trono di Tebe, pubblicò per tutta la G
Pastore stesso, che lo avea salvato sul monte Citerone, seppe ch’egli
era
figlio di Lajo, e ch’egli stesso, n’era stato l’u
monte Citerone, seppe ch’egli era figlio di Lajo, e ch’egli stesso, n’
era
stato l’uccisore. Inorridì, il re a tale racconto
rridì, il re a tale racconto, e molto più quando intese, che Giocasta
era
sua madre(c). E perchè costei pel dolore erasi ap
borgo dell’Attica, in un bosco sacro all’Eumenidi, il di cui ingresso
era
vietato a tutti i profani, e più ancora a’ delinq
e, e re d’Argo(1), il quale, collegato con Tideo(2), Capaneo Capaneo
era
nobile d’Argo. Alouni ce ló descrivono come un pe
ì, e nemico del’ fasto e dellà vanagloria. Altri soggiungono, ch’egli
era
empio, bestemunatore, e sì arrogante, che si cred
esima un grande spettacolo. Ella si trasferì da Argo in Eleusina, ove
era
stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì
o.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed
era
annoverato tra’ principali della Grecia(g). Color
rti in quella guerra, e perfino lo stesso Polinice, come quello che n’
era
stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice
rito gli estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corpo, il quale
era
stato abbandonato ne’ campi, acciocchè divenisse
cchè divenisse esca degli animali(b). Anche Antigona, di lui sorella,
era
uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due venn
sopra i Cimbri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il quale
era
sì unito con un altro, fabbricato all’ Onore, che
ità(e). Dice poi fu considerata Dea e preside de’giudizj. Suo uffizio
era
accusare i rei al tribunale di Giove(f). Le di le
assimo(a) la racconta così : una donna, convinta di capitale delitto,
era
stata condannata dal Pretore a morte. Il Triumvir
a. Il primo, ch’era antichissimo, e alzato appresso quello di Ercole,
era
sacro alla Pudicizia Patrizia, ossia delle Dame ;
ssia delle Dame ; l’altro, che fu eretto da Virginia, figlia di Aulo,
era
dedicato alla Pudicizia Plebea, ossia del Popolo.
rava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali
era
di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranz
si vasi, e i più belli ornamenti del tempio di Gerusalemme(a). Questo
era
pure il tempio, in cui si raccoglievano coloro, c
da un incendio al tempo dell’Imperatore Comodo(c). La Pace finalmente
era
una delle cinque Deità, dette Appiadi, perchè i l
ori, che recavansi a chiedere o ad apportare la pace. Il caduceo pure
era
indizio della medesima. Talora questa Dea è in at
afferma il vero, e nega il falso. Ella dicevasi da’ Greci Aletia, ed
era
considerata figlia di Saturno, e madre della Virt
iò indica, che l’amicizia serbasi la stessa anche dopo morte, come lo
era
durante la vita(a). Fede. La Fede è la corr
de’ patti, che si stabilivano. Il giuramento, che per Lei si faceva,
era
uno de’ più inviolabili. Numa Pompilio la conside
e ritornava, senzachè alcuno la rimandasse, nella mano stessa, da cui
era
stata vibrata. Cefalo, che amava anch’egli moltis
re. Un lagrimevole gemito gli fece intendere, che bersaglio del colpo
era
stata la sua Procride Precipitoso, e fuor di se m
o è l’appropriazione di ciò, ch’è d’altrui contro la volontà di chi n’
era
il legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovan
la ruggine. La lunghezza del collo allude a Filostene Ercinio. Costui
era
tanto goloso, che desiderava d’avere il collo di
detta Regifugio, o le Fugali. Una delle ceremonie, praticate in essa,
era
che dopo il sacrifizio, offerto alla Libertà, il
Altri la dipingono in atto di porgere un ramo di mirto. Anche questo
era
segno d’allegrezza ; e quindi ne’ conviti degli A
ui la Fortuna fu soprannominata Prenestina (c). La forma del medesimo
era
simile a quella d’un teatro. Il Senato pure fabbr
te le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza
era
di dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò d
re si facesse più sentire dalla donna, che dall’uomo. Tiresia, perchè
era
stato dell’uno e dell’ altro sesso, fu ricercato
e in Arcadia una fontana, detta Telfussa, o Tilfossa, la di cui acqua
era
sì fredda, che Tiresia per averne bevuto mori(b).
i gettavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò
era
di buon augurio ; se galeggiavano, di cattivo(d).
amillo rifabbricò dopo d’avervinti i Vejenti(e). L’ingresso di quello
era
interdetto alle schiave ; e se alcuna v’entrava,
so Polidette, affinchè lo educasse(f). (4). Alcuni dicono, che Ditti
era
fratello dello stesso re, Polidette(g). (5). Era
2. Argon., Diod. Sic. l. 4. (3). Igino dice, che il fiume mentevato
era
il fiume Eveno(f). Valerio Flacco pretende, che f
ofman. Lex. Univ. (b). Declaustre Diction. Mythol. (4). Atamante
era
figlio d’Eolo, e re di Tebe, nella Beozia. Egli s
l. 6. (7). Apollonio narra, che il Dragone, custòde del Vello d’oro,
era
stato generato dalle gocce di sangue, cadute dall
nave siasi così appellata dalla voce greca argos, celere, perchè essa
era
tale(f). (c). Val. Flac. l. I. (9). La nave Ar
tro navi(b). Essa fu considerata sacra e fatidica perchè la sua prora
era
stata formata di una quercia presa dal sacro bosc
stessa nave fu anche detta Peliaca, perchè gli altri legni, eo’ quali
era
stata costruita, furono tagliati sul monte Pelio(
mente consecrata a Pallade, e collocata tra gli Astri(c). (10). Tifi
era
figlio d’Agnio(d). Igino vuole, che sia nato da F
li(e). (14). Idmone al dire di Ferecide, seguito da Apollonio Rodio,
era
figlio d’ Apollo e della Ninfa Cirene. Orfeo poi
tianira secondo Apollonio, o secondo Orfeo dalla Ninfa Lootoa, perchè
era
astuto, ebbe l’incombinza di essere la spia della
, gli strappò dalle mani il ferale stromento, e gli manifestò ch’ella
era
sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, ri
(a). Hom. Iliad. l. 2. (10). Il padre de’ Molioni al dire de’ Poeti
era
Nettuno(f). (b). Declaustre Diction. Mithol.
e in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro gli Eubei, de’quali egli n’
era
il comandante(i). (a). Declaustre Diction. Myth
isposto all’amore d’Acheloo, la precipitò dall’alto di una rupe. Ella
era
per partorire. Il suo amante, trovatosi in quel m
Tlepolemj. Uomini e donne vi concorrevano, e il premio del vincitore
era
una corona di pioppo(b). (a). Potter. Archacol.
a avendo trovati alcuni rimasugli d’una lepre, che poco tempo innanzi
era
stata divorata da uno di quegli avoltoi, se ne cu
Nettuno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero
era
di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di le
n. Mythol. (7). Apollodoro dice, che Scini, di cui abbiamo parlato,
era
figlio del mentovato Polipemone, e di Silea, figl
a, e lo cangiò in uccello(a). Dedalo, per sottrarsi al supplizio, cui
era
stato condannato dall’ Areopago, si ritirò col su
piacero accolse un uomo assai celebre appresso tutte le genti. Questi
era
considerato tale, perchè era l’artefice il più ec
celebre appresso tutte le genti. Questi era considerato tale, perchè
era
l’artefice il più eccellente della Grecia. Prima
Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’
era
corrisposta, e la quale, per aver tentato di vend
e giovani Ateniesi, che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’
era
una bellissima di nome Peribea. Minos tostochè la
riconoscere capace di prendere le difese della giovine, dichiarò ch’
era
figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui,
. Salaminia, perchè il mentovato Nausiteo, che ne fu il primo piloto,
era
nativo di Salamina(c). (b). Id. Ibid. (c). P
Odyss. l. 21. (h). In. Vit. Thes. (22). Ceneo, figlio di Elato,
era
nato femmina, e prima si chiamava Cenide. Costei
to femmina, e prima si chiamava Cenide. Costei tralle vergini Tessale
era
sì celebre e singolare in bellezza, che invogliò
si di mira Corito, e Driante, stese Corito al suolo, come quello, ch’
era
tra coloro il più tenero di complessione e di età
alcuna. La novità della cosa sorprese altamente coloro, e Monico, ch’
era
il Capo-truppa, eccitò i compagni a scaricare tra
che attendeva ad assicurarsi il trono d’Atene, da cui il padre suo n’
era
stato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo,
figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il quale
era
stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fra
quel re ; e allevando Polidoro, come su proprio figlio, il quale già
era
della stessa età ; fece passare Deifilo per suo f
he tempo dopo Polidoro intese dall’Oracolo d’Apollo, che il padre suo
era
morto, che la madre sua viveva in ischiavitù, e c
sul sepolcro del di lui padre, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe
era
apparsa a’Greci, e avea loro ricercato tale sacri
hiavitù, siasi precipitata dall’alto di una rupe(d). (12). Cassandra
era
la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è f
Canopo ; e che il Governatore di quel luogo, avendo inteso ciò che le
era
avvenuto, la fece condurre col giovane Trojano a
e abitava sulle rive del Peneo, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone
era
alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si
Principi nel ripartirsi le Trojane matrone avea voluto Ecuba, perchè
era
vecchia. Ulisse alla fine la confuse tralle sue s
. Univ. (b). Declaustre Diction. Mytbol. (1). Lo scudo di Ettore
era
stato formato da Tichio, celebre Artista, e nativ
sta, e nativo d’Ile, città della Beozia. Omero dice, che quello scudo
era
copetto di sette pelli di tori(a). (c). Hom. Il
(2). Protesilao venne al mondo in modo straordinario. Il di lui padre
era
vissuto lungo tempo con Astioche, sua moglie, sen
di lui nome(a). (g). Declaustre Diction. Mytbol. (6). Astianatte
era
ancor fanciullo, quando i Greci lo cercavano a mo
di Troja, e molto si addolorò, allorchè intese, che in quella guerra
era
perito Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille.
a Peleo, e gl’immolavano ogni anno una vittima umana(c). (3). Tetide
era
una Ninfa sì bella, che Giove stesso voleva prend
l acconsentiva alle nozze d’un mortale ; e il suo ordinario soggiorno
era
in una grotta lungo le rive del mate, che bagna l
o di pietra uccise il messaggiero, perchè quegli aveva detto, ch’ella
era
stata la cagione della morte di Paride. Poscia la
amente anche gli altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle case
era
dietro la porta, o intomo al focolare(f). Si coll
i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo, di cui egli n’
era
il sacerdote (a). (6). Un simile fatto di filial
mine, perchè si vantò d’aver conversato con Venere (f). (11). Didone
era
figlia di Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalio
nascosto a Didone ; ma finalmente l’ombra di Sicheo, che fino allora
era
rimasto privo degli onori della sepoltura, le app
di figura rotonda, dedicato ad un Genio, denominato Tarasippo, perchè
era
il terrore de’cavalli. Difatti quando questi anim
7). Virgilio dice, che due colombe additarono ad Enea l’albero, a cui
era
annesso il predotto ramo (e). (a). Id. Acneid.
guerra. Si rendette inoltre eccellente nel tirare d’arco. Finalmente
era
sì agile alla corsa, che avrebbe potuto correre s
piedi, o sopra le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste
era
una pelle di tigre. Quando marciò contro Enea, fe
ino. Furonvi pure aleuni, i quali dissero, che Anna Perenna altro non
era
che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi,
si stabilì in Pafo, ove fabbricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro
era
figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione,
gative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo, la quale
era
stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò al
condo Omero(i). Piro, capo de’Traci, spirò per mano di lui(l). Toante
era
sì stimato, che Nettuno prese le di lui sembianze
che la rappresentava con una ferita in una coscia(a). (14). Tersite
era
un miserabile buffone. Fu da Agamennone ammesso t
icesse col mezzo della Divinazio ne l’esito delle battaglie. Calcante
era
e sacerdote e indovino. Niuno de’mortali intendev
vini, quante frutta avesse una certa ficaja, si trovò che il numero n’
era
tale, quale Mopso avea asserito. Interrogato posc
d’ingannarsi non proferi parola ; laddove Mopso soggiunse, che quella
era
gravida di sei figli, tra’quali ve ne sarebbe sta
oeti Lirici, racconta che l’Ifigenia, sacrificata in quell’occasione,
era
una figlia, la quale Elena, sorella di Clitennest
lena, sorella di Clitennestra, avea avuto da Tesseo, e che da lei non
era
stata mai dichiarata per sua figliuola, attesochè
padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte di Bienore, di cui n’
era
il cocchiere, rimase parimenti ucciso da Agamenno
nti ucciso da Agamennone(c). (b). Id. Iliad. l. 5. (20). Deicoonte
era
compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i
vorevo le vento alle patrie terre. Soggiunse, che Ulisse, da cui egli
era
fieramente perseguitato, eccitò Calcante a dichia
strage degli abitanti (a). (22). Corebo, chiamato da Omero Ortrione,
era
figlio di Migdone. Egli, veggendo che i Greci con
chi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di suo padre. N’
era
quindi ben veduta ; laddove Elettra, di lei sorel
chiamavasi Canobo. Questi rimase punto da un serpente, mentre Menelao
era
da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella p
Rodi. Poliso ; per vendicarsi di Elena, cagione della guerra, in cui
era
morto il suo marito, ordinò a certe donne, che si
denti sopra mule, o cocchi, fatti di vinchi(e). Elena secondo Erodoto
era
invocata, onde rendesse belle le giovani deformi.
giovine, afflitta per la perdita di suo padre, che qualche tempo dopo
era
perito in una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove
e prole, divenne gelosa di Andromaca, la quale, come abbiamo esposto,
era
toccata a Neottolemo nel riparto delle donne Troj
onne Trojane ; e formò il progetto di farla perire, mentre Neottolemo
era
andato in Delfo. Ella era per eseguire il suo pro
progetto di farla perire, mentre Neottolemo era andato in Delfo. Ella
era
per eseguire il suo progetto, allorchè ne fu impe
de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed
era
altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei manda
vine spaventata implorò il soccorso d’Ercole, e ne intese, che Telefo
era
di lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie L
Id. Iliad l. 20. (7). Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d),
era
figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete di Frig
Tersite, perchè costui avea strappato gli occhi a Pentesilea, mentre
era
ancor in vita(d). (g). Eustatb. in Hom. Odyss.
il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa, e al quale
era
annessa la durata della di lui vita. Cometo s’inv
auplio fece credere ad Anticlea, madre d’Ulisse, che il suo figliuolo
era
morto ; e che colei disperata si diede la morte(c
o all’ Isola di Corcira. L Oracolo avea predetto ad Alcinoo, che così
era
per accadere. Quel re poi, per placare Nettuno, g
; ma preso poi nel fiore della sua gioventù da certi corsari Fenici,
era
stato venduto a Laerte, e da questo stabilito gua
a). Hom. Odyss. l. 21. (21). Il fine, che que’ Nobili incontrarono,
era
stato loro predetto da Aliterse Mastoride, celebr
Apollodoro(g) denomina Peribea. Tutti poi s’accordano a dire, ch’ella
era
figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re di Megara.
n. Mythol. (e). Nat. Com. Mythol. l. 8. (3). Igino dice, che Febe
era
sacerdotessa di Minerva, e Ilaira dì Diana(c). Pa
(5). Il nome di Anaci, primachè si conferisse a Castore e a Polluce,
era
comune a tutti i discendenti d’ Inaco, divenuti c
me indizio di buon tempo ; laddove quando se ne vedeva uno solo, esso
era
segno d’imminente procella : e allora s’invocava
a al vincitore. Pallene aveva avuto occasione di vedere Clito, e se n’
era
già estremamente invaghita. Ella temeva della vit
gettarono in un pozzo l’altro loro fratello, Crisippo, perchè que sti
era
nato da altra donna(a). Pelope li cacciò in esili
meno, perchè questi, dopo d’averle accordato Alastore in isposo, se n’
era
pentito, e lo avea privato di vita(f). Non è da c
si. Ne fu incaricato Filottete, il quale lotrovò in Pisa, ove Pelope,
era
stato sepolto. Ma Filottete, ritornando al Greco
mortali, e più rapidi del vento. Il terzo ; quantunque fosse mortale,
era
degno di marciare cogli altri due(e). Dolone, per
he Diomede ebbe un tempio appresso il fiume Timavo(e). (3). Capaneo
era
nobile d’Argo. Alouni ce ló descrivono come un pe
ì, e nemico del’ fasto e dellà vanagloria. Altri soggiungono, ch’egli
era
empio, bestemunatore, e sì arrogante, che si cred
esima un grande spettacolo. Ella si trasferì da Argo in Eleusina, ove
era
stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì
o.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed
era
annoverato tra’ principali della Grecia(g). Color
ominato Policalco, videsi più volte coronato in tali Giuochi, come Io
era
stato negl’Istmici, ne’ Pitici, e’ negli Olimpici
Autore, tempio d’idoli divenne, e gli Dei furono figli dell’uomo. Ma
era
sublime il primo errore dei mortali, e manifestav
a di pesce, e piedi umani pure stavano uniti alla coda. Questo mostro
era
robusto, aveva favella umana, ed erudiva di giorn
sto antichissimo sacerdote. Il principio dell’universo, secondo esso,
era
uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos di
la formazione dell’ universo. Egli così a un dipresso si esprime. Una
era
la forma della terra e del cielo, le di cui natur
lle solide, onde si formarono il mare e la terra. Questa in principio
era
molle; ma riscaldata dai raggi solari cominciò a
rmentazione alla perfetta sua maturità, ed essendosi le membrane onde
era
involta affatto seccate, si aprirono, e balzarono
o il comporre sì ardua lite: riporteremo solamente che dagli Egiziani
era
adorata fra l’altre una certa divinità detta Neph
giziani era adorata fra l’altre una certa divinità detta Neph, da cui
era
opinione di alcuno che fosse formata la macchina
ra opinione di alcuno che fosse formata la macchina del mondo. Questa
era
simboleggiata nel sembiante di un uomo di color c
l supremo dominio delle cose, la spiritualità dei suoi moti. Nell’evo
era
simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma
Notte che sta sotto l’Etere, volendo con ciò significare che la Notte
era
prima della creazione, e che la Terra, attesa l’o
a Notte era prima della creazione, e che la Terra, attesa l’oscurità,
era
invisibile, ma che la Luce penetrando l’Etere, av
’Etere, aveva il mondo intiero coperto del suo splendore. Questa luce
era
la primogenita degli esseri, e il principio di es
rvi. Udite intanto l’origine e la genealogia degli Dei. Nel principio
era
il Caos, indi la Terra, l’Amore il più bello fra
e cinquanta teste. Teneva Cielo rinchiusi i suoi figli, onde la Terra
era
afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che
la vita ad un altro mostro detto Echidna, cioè vipera, che nella metà
era
simile ad una bellissima ninfa, e nell’altra ad u
i Giove die l’arbitrio del cielo e della terra e del mare, che sempre
era
fra gli antichi principio di sacrifizj e preghier
quillo dell’Olimpo, sposò Meti, dea fra tutte sapientissima; e questa
era
per dare alla luce Minerva. Sapendo il padre che
confonda il cielo, E il caos antico l’universo teme. — Tanta dei numi
era
la guerra: I venti Mescon fremiti, polve, e grida
i dividevano in più parti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove
era
la piscina, dalla quale i sacerdoti attingevano l
otondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato
era
quello di Giano. Nè ciò bastava: conveniva pure c
additasse la natura e 1’ ufficio degli Dei. Infatti, quelli ai quali
era
affidata la tutela delle città, collocando la lor
Ma gli Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r ara di Diana
era
stata tinta in Aulide col sangue d’Ifigenia, e un
degli Dei. Chiunque toccasse l’altare macchiato di delitto, grato non
era
il sacrifizio, e sicura la collera dei numi. Infa
il pioppo, e così a tutti gli altri Dei quegli alberi, dei quali cara
era
loro la tutela. Quindi ai sacrifizj assistevano c
i conviti. Alle divinità dell’aria, oltre il fumo delle vittime, caro
era
ancora l’odore di eletti incensi; onde Me dea bru
ratore dell’ombre. Di tutte le propiziazioni agii Dei infernali madre
era
la paura, e perciò il sacrifizio che loro facevas
o gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al quale un ariete
era
prima immolato. Una nera pecora gravida sgozzavan
consorti, nell’Oriente, quando il cadavere del marito incendevasi, vi
era
gara di morte. Cessata la fiamma, incenerito il r
opio ed al tempio di Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore,
era
dell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini di
el tempio stesso d’Olimpia a Giunone e alla Terra. Miracolo del mondo
era
l’ara formata di corna inalzata ad Apollo in Delo
rapidamente innanzi agli Dei i voti e i sospiri. Infatti antichissimo
era
fra gl’idolatri il rito di sacrificare su luoghi
no pure nei teatri. Il primo che ivi sorgeva dalla parte destra sacro
era
al dio che si onorava cogli spettacoli; l’altro,
Quest’ara, opera di quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa,
era
in Roma nel Foro Boario presso la porta Carmental
incenso sotto il nome di Lucina, perchè ne favorisse il parto quando
era
per farli ricchi di prole. Un bianco toro, una co
glie argentee di Giulio Cesare e di Antonino Pio. Presentata che si
era
l’ostia, il vittimario portava la teca, che conte
etti in genere anclabri, che ciholi si chiamavano allorché la forma n’
era
rotonda, ascanii, se quadrata. Il sangue si accog
etti salino e patella. Le acerne erano piccole cassette ove l’incenso
era
riposto; nei canestri portavansi le primizie che
ri e di questi delitti sono ricchi gli annali del genere umano. Grato
era
a Baal il fumo de’ cadaveri offertogli dai Canane
della presente Lezione opportunità di parlare. Causa di tanta empietà
era
la credenza che questa abominazione allontanasse
bidire, prevenivan volontarj la sovrastante fortuna. E se in loro non
era
l’ardire della disperazione, se ne ordinava il sa
stinati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi
era
una valle, detta del ruggito, dove s’immolavano i
ssere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi
era
un’antica statua creduta d’Ifigenia. I Megaresi,
o nome fu in Aulide sagrificata, ma che di Teseo, e non di Agamennone
era
figlia, e che Elena a lui l’aveva generata quando
a Tricoloni e a Tegea in Arcadia foggiati erano Nettuno e Giove: tale
era
la Venere Urania che Pausania vide in Atene. Erme
cando con taglio longitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo
era
l’emblema col quale s’indicava il sesso femminile
n questi luoghi si celebrarono i primi misteri del Gentilesimo: sacro
era
per gli Arabi il bosco d’Elim, ove gli Ebrei, var
principio l’orrore solo rendeva sacrosante le selve, e l’ ingresso n’
era
vietato ai profani; quindi vi si fabbricarono ed
ena, al dire di Stazio, luogo restava ai rami. Tagliarli intieramente
era
sacrilegio: pure concesso fu diradarli, propizian
zzato quella parte del Tieste di Seneca, ove si descrive il bosco che
era
presso alla reggia degli empj fratelli. Confido c
» Ma col regno di Giove vennero sciagure e delittiPrima la terra non
era
domata dall’aratro; i limiti non dividevano i cam
econdo Omero, sono la prima cura di lui. Domò altri giganti dei quali
era
capitano Tifone che si accamparono nei campi Pall
assero ponendo un terzo occhio sulla fronte del nume. Così effisriato
era
Giove Patroo veduto da Pausania nel tempio di Min
ragli il Nilo, Che con sette onde dà tributo al mare. Tutto d’argento
era
il niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le
e onde dà tributo al mare. Tutto d’argento era il niliaco flutto, Oro
era
Giove, e bronzo Io: le donava Forme più care di b
zioni dei marmi Arimdelliani Prideaux, che osserva come questo tempio
era
grande quanto quello di Salomone, e minore al sol
pure Olimpico, comandava dei Greci l’ammirazione. La statua del nume
era
frutto dei trofei riportati dagli abitanti d’Elid
anti d’Elide sopra i Pisani. Libone Eleo ne fu l’architetto. L’ordine
era
dorico: colonne ne circondavano l’esterno: il loc
L’ordine era dorico: colonne ne circondavano l’esterno: il loco, dove
era
fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezz
il loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezza
era
di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinq
ronzo dorato, e sotto il simulacro di essa stava uno scudo d’oro dove
era
effigiata Medusa: due conche pur dorate sospese s
e vincitore furono consacrati al dio. Con solenne artifìcio effigiata
era
nella facciata anteriore del tempio la pugna di E
a, erano nate le sembianze famose. Nel interno dell’edifizio scolpita
era
la caccia del cignale, terrore dell’Erimanto, e l
e l’avorio erano distribuiti con tal lavoro, che la preziosa materia
era
vinta. Una corona che imitava le foglie di ulivo
tro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove
era
compreso ogni genere di animali e di fiori. Splen
a l’eterno suo carro. Vi si ammirava Venere, che appena nata dal mare
era
accolta dall’Amore, e la dea della Persuasione of
erano Ercole e Minerva, Apollo e Diana,, che con Anfitrite e Nettuno
era
scolpita pure nel l’estremità, e parea sopra un c
rante dio. Fugge la bella ninfa, e non ascolta; Ma Giove che d’averla
era
disposto, Fé’ nascer una nebbia oscura e folta, C
fìnse per diporto e per ristoro. Andar godendo il bel luogo, ov’egli
era
; Giunon con gelosia, con gran martore. La giovenc
vede; E quanto più le par, men ella crede. Volea parlar per veder s’
era
quella Che esser solca, ma temea non muggire: Apr
attribuiti. Generalmente il simulacro di lui facevasi sedente: nuda n’
era
la parte superiore, coperta l’inferiore; nella si
e del Giove Olimpico. Non ostante questi simboli, infinita varietà vi
era
nelle statue antiche, come dagli scrittori e dai
imo, Massimo, fu da tutti chiamato, poiché nella religione pagana gli
era
attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle
bro, degli edifizi peritteri ragionando, ne avverte che di tal genere
era
il tempio di Giove Statore nel portico di Metello
genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello. Onorato
era
presso i Romani Giove Lapideo. Così chiamavasi pe
e fu l’ara nel Campidoglio, perche ai Romani assediati dai Galli fama
era
che avesse consigliato di gettare del pane negli
muliebre su cui si leggeva Verità: come simulacro, di Fidio inscritto
era
sulla testa dei fanciulli. Giove Pluvio ricorda P
Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altari gli eresse. Sacra
era
la vendetta per gli uomini innanzi che l’Evangelo
ro pure alle Muse, Plutarco. Giove Espiatore commemorò Erodoto, e chi
era
macchiato del sangue degli amici e dei parenti ne
i battaglia. All’acque il piede Tarpea volgeva: al delicato capo Peso
era
l’urna, onde libava a Vesta, Quando mirò nell’are
reciso Petto sen balza l’amazzonia schiera Sul Termodonte. Il giorno
era
che a Pale L’ebra turba consacra inni e conviti,
i, parlerò pri ma delle gesta della dea, quindi dei simboli coi quali
era
rappresentata a tenore dei nomi e degli attributi
quinto libro dell’Iliade lasciò scritto. Venerata con somma religione
era
specialmente la divinità di lei in Sparta, in Arg
tarsi ad ambire la gloria dei piedi veloci negli stadii minori. Sacra
era
a Giunone la vacca, perchè quando la paura dei gi
si obbligavano a prendere simili piegature. La guarnizione del lembo
era
detta dai Greci πεϛα:, instita o segmentum dai La
o delle gentildonne e delle matrone, onde ben conviensi a una dea che
era
chiamata dai Gentili Magni Matrona Tonantis. » O
i la più comune è perchè delle donne nei dolori del parto affidata le
era
la tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata
a patera e l’asta nella sinistra. Egeria ancora per la stessa ragione
era
detta. Juga dicevasi, perchè al giogo del matrimo
nte avverato, della concordia futura. Gamella, o Nuziale, cognominata
era
, perchè nelle nozze onoravasi, e fra i precetti c
a, scioglieva il cinto beato. Regina appellavanla i Latini, e celebre
era
il suo tempio che Camillo, unica lode della patri
io, o sull’Aventino. Certo è che ivi si conservano i libri, nei quali
era
opinione conservarsi il fato dell’impero romano.
io dell’ Italia le diede il nome di Lacinia, e santo a tutti i popoli
era
il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò di m
Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole gli
era
stata. Samia ed Argiva fu detta dalle due greche
gloria di esser patria. La statua della dea che in Argo amruiravasi,
era
opera di Policleto, composta di avorio ed oro, co
lo scettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa,
era
nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di
antiche medaglie, che portano l’epigrafe di Giunone regina. E velata
era
la sua statua che sul Campidoglio si venerava, co
quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco. Velata
era
la sua statua antichissima di legno in Samo, lavo
raccio della gelosa moglie di Giove un parto delle sue rivali, quando
era
ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè,
ontatto la rese feconda. La prole fu Marte, il fiore, secondo Servio,
era
di gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia di
itrio eterno, I divisi colori, io contar volli, Ne lo potei. La copia
era
maggiore Del numero. Ed allor che col primiero. R
erne chiome. I nuovi semi per l’immense genti Sparsi: d’un sol colore
era
la terra. Prima dal Terapneo sangue formai Un fio
i fiori. Ornamento alle Furie. — Io dir pensava: Già la voce correva:
era
nel volto Scolpito il dubbio. Lo mirò la diva, E
emone e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora, secondo la Mitologia,
era
suo figlio, quantunque Plutarco, che nella vita d
e fu detto, dal suono del mare imitatore del muggito, o perchè usanza
era
d’immolargli un toro. Inondatore, Prosclistio, pe
artani furono trucidati gì’ Iloti. Dal celebre edifizio che sacro gli
era
in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiamarono
e successivamente denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea gli
era
costruita nel circo massimo, e si onorava col cor
fasce, credendo di fare inganno a Maia. Ma ad essa, come a dea, tutto
era
noto; onde rimproverò la frode al figliuolo, chia
ia del nipote di Atlante narrati per Omero. Luciano, che sovranamente
era
fornito del talento di spargere il ridicolo su tu
o, fu effigiato in bronzo, con un ariete accanto, perchè affidata gli
era
la tutela dell’ armento. Gli attribuivano il cadu
per cui gli furono anche attribuite le ali alle piante. Questa verga
era
di oro, onde sortì Mercurio il soprannome di verg
dissotterrato, e deve dirsi perciò Mer curio Agoreo, o Forense, come
era
chiamato dagli antichi quando le sue statue erano
rgadoro fu il nipote d’Atlante pure cognominato per questo segno, che
era
con molto artifizio composto; perchè aureo fu det
fizio composto; perchè aureo fu detto ancora dagli antichi quello che
era
bello, come da Esichio e da Ateneo si rileva. Di
rio chiamato Acacesio, da Acaco figlio di Licaone educatore del nume,
era
celebre il tempio presso i Megalopolitani. Tetrag
lgevano la testa del nume, sotto la quale ogni avvolgimento della via
era
indicato. Arpedoforo cognominavasi Mercurio dalla
presedesse alla sicurezza delle case allontanando i ladri, dai quali
era
venerato. Thot fu Mercurio nominato dagli Alessan
{portatore dell’Ariete, fu detto Mercurio, perchè presso i Tanagrj vi
era
un simulacro del dio scolpito da Calami antichiss
inato da Nonacrizia città dell’Arcadia, e Melopoo perchè commessa gli
era
la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro deg
oti ancora comune. Odio dalle strade denominavasi, ed Egemonio perchè
era
dei miseri e dei giusti, liberati dalle spoglie m
l Mercurio Eisagonìo, che presiede alla palestra e agli atleti, che n’
era
forse il soggetto. « Alcuno di questi simboli, e
o dissotterrate per la Via Appia nella tenuta detta Il Colombaro, ove
era
forse la villa dell’imperatore Gallieno. Oltre il
lizia, volgendogli la faccia, attesta ancora il suo affanno. Cara gli
era
soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe, ch
ha ancora sull’oracolo di Apollo, perchè dicesi che anticamente Delfo
era
il luogo ove la Terra rendeva le sue risposte, e
cappella del dio fosse composta dai remi di un lauro di Tempo, e non
era
che una semplice capanna. È grido che successivam
ancora a Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè
era
tutta di rame. In Roma, il luogo ove si amministr
che dall’ aperta terra fu inghiottito; altri che si fuse il rame onde
era
composto. Che che ne sia, il tempio di Apollo fu
mota antichità Parnaso avesse in questo luogo una città,fondata. Egli
era
figlio della ninfa Cleudora, e, come tutti gli er
, cioè cattivo odore. Infatti Omero ha detto che l’isola delle Sirene
era
piena d’ossa; perchè coloro che prestavano orecch
o lungamente. Quindi i Galli vennero all’assedio di Delfo. Finalmente
era
nei fati di questo tempio di non scampare all’ em
nume. Nella prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli
era
figlio di quel Carmanore che aveva purificato Apo
lta saviezza con una perfetta cognizione dei misteri, nè Museo che si
era
propoposto d’imitare Orfeo, vollero avvilirsi a d
teva convenire che alle lamentazioni ed all’elegie, ed infatti questo
era
l’uso che se ne faceva. « Nel seguito ai giuochi
otessa, non volesse dargli alcuna risposta, perchè dal sangue d’Ifito
era
ancora macchiato. Ercole sdegnato pel rifiuto por
di Tirinto, e non quello di Canopo, — perchè innanzi Ercole egiziano
era
pure a Delfo venuto. Finalmente Alcide avendo res
tria: limita la tua curiosità a conoscere il paese di tua madre: ella
era
dell’isola d’Io, ove terminerai i tuoi giorni. Ri
onzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padiglione di Menelao, che
era
un poco lontano dalla nave, ed Anfialo ne tende u
sso di Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi
era
più di ottanta figure, ogni principale era distin
in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale
era
distinta col nome. Conviene credere che non pregi
forze Facean nella palestra, e petto a petto Con stretto nodo opposto
era
e congiunto, Allor che uniti gli trafìsse il dard
non tutti dovea Il misero pregar). Sentiva Apollo Pietà; ma liberato
era
dall’arco L’irrevocabil strale: entrò nel core Po
i pregi, che si apprendono dall’ispezione oculare. L’artefice, che si
era
sollevato fino a concepire una bellezza che con v
rfezione assai superiore alla comune capacità che quel grande uomo si
era
fissata in mente, e che era l’archetipo che si sf
a comune capacità che quel grande uomo si era fissata in mente, e che
era
l’archetipo che si sforzava ritrarre nelle sue pi
ello esista nell’arte. « L’opinione falsa che fosse marmo di Carrara,
era
la ragion più forte, come quello ch’era ignoto ne
ignoto nel secolo dei grandi artefici. La non originalità dell’Apollo
era
poi un argomento da estendere i dubbi sopra qualu
’Apollo Alessicaco, ovvero Averrunco, cioè Allontanatore dei mali, ed
era
stata a questo nume eretta in Atene dopo la cessa
statua puramente intellettuale, prendendo dalla materia quel solo che
era
necessario per esprimere la sua idea e renderla v
i e dei cani sopra una medaglia; e rappresentato con questi attributi
era
nominato Agreo, cioè cacciatore: ma l’Apollo di V
ca Topo, perchè Apollo deve averli da questa isola banditi. A Delo vi
era
una statua del nume con un arco nella destra, e l
iamano palla, benché non con tutta la proprietà. (La palla dei Latini
era
, secondo Tosservazione di Servio, la stessa cosa
à del peplo, o palla, sembrava scherzare fra i talloni, poiché questa
era
la veste dello splendido corpo. Pendeva dalla man
zona, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordinarie:
era
questa un altro abbigliamento della vestitura sce
tangolare, che si distingue verso la estremità inferiore della cetra,
era
detto Magade dagli antichi, e lo troviamo descrit
eo figliuolo di Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che sacro
era
al nume, forse, onde la velocità significare. Luc
rtame chiamato Teoxenia, istituito da Castore e da Polluce, del quale
era
premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo Pau
no ancora da Amicla, luogo nell’agro spartano, dove al nume edificato
era
un tempio insigne per ricchezza e per lavoro. Col
ai passi e all’armonia delle Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato
era
Apollo nelle sembianze di un giovine senza barba,
impresa dopo l’Anguillara. Avventura di Fetonte. Per sublimi colonne
era
del Sole Alta la reggia: vi risplende l’oro, E le
ce sulla ricca soglia Doppie porte d’argento, e dal lavoro La materia
era
vinta. È da Vulcano Qui sculto il mar, che della
se, già levati a volo Avanzan gli Euri dalla stessa parte Nati. Lieve
era
il carro, al giogo istesso Mancava il peso, onde
stode delle selve ed onore degli astri, perchè, come dai poeti appare
era
lo stesso che la luna, quantunque a quest’ultima
te da Cerere e da Dionisio queste due divinità, alle quali Latona non
era
stata che una semplice nutrice. Questa opinione f
lo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire di Pausania,
era
lo stesso che l’Iside degli Egiziani. Checché ne
gnita relazione. Potrebbe dirsi che Bacco, come deità della campagna,
era
ancora una delle deità della caccia. Spesso in at
istauro accusava un secolo poco alle arti favorevole. La nicchia dove
era
collocata vedevasi rivestita di alabastri, e l’ab
chia dove era collocata vedevasi rivestita di alabastri, e l’abside n’
era
messo a musaico. » Atteone. Tebe già stava: e t
Teseo ed agli Ateniesi. Ma Pausania dice che a questo gran poeta non
era
nota 1’ antichità di questo tempio mentre le stes
nsisteva che in una nicchia scavata in un olmo, in cui apparentemente
era
la statua di Diana. Quello del quale io parlo era
cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del quale io parlo
era
meno antico. Ecco la descrizione che fa Plinio di
he Plinio, mancandone la relazione, avesse immaginato in qual maniera
era
riuscito a situare questa enorme macchina: ma inv
immense, giacche tanti re contribuirono ad abbellirlo: nò in Asia vi
era
cosa piìi famosa di questo edificio, non tanto pe
ra che a tutti è ben nota: imperocché quello che esisteva a suo tempo
era
stato fabbricato da Dinocrate, o, secondo Plinio,
re una statua ad Alessandro. Quest’ultimo, che fu veduto da Strabene,
era
altrettanto vago e pieno di ricchezze quanto era
veduto da Strabene, era altrettanto vago e pieno di ricchezze quanto
era
il primo, e vi si vedevano l’opere dei più famosi
artefici del tempio. Dice Yitruvio che questo tempio d’ ordine ionico
era
dipterico, vale a dire tutto ai lati circondato d
ocalo d’armi Prodigo ai mesti. Più non dava Atene Lamentabil tributo:
era
Teseo Lode comun fra i coronati altari. Pallade v
piedi nell’arena impresse, E ha desio di trovare il suo periglio. Vi
era
concava valle, ove discende L’acqua dei rivi che
odo, che ha conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima
era
figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie di
che fosse denominata Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne
era
il tempio presso gli Spartani, ove nei più remoti
Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari. « Siccome di legno
era
quest’idolo vetustissimo, il rozzo artefice non a
di simili sostegni fornita ce la presentano. Siccome il nostro marmo
era
in questa parte mancante, non ha quindi potuto co
sta rinchiusa nel castone di un anello, la cui gemma trasparente, eh’
era
una sottil calcedonia, la copriva e la difendeva.
odotti. Uditene il racconto da Ovidio che ho tradotto: Cura del nume
era
l’Arcadia: impera Ai fiumi irresoluti il corso, e
va della diva al fianco Fra le ninfe primiera. Ammuta; e casta Se non
era
Diana, in mille segni Leggea l’ingiuria del virgi
testavano le pugne scherzevoli con le quali dalle fanciulle celebrata
era
in quel loco la nascita della dea. Inventore dell
za ridicolo, insegnare ai mortali che la sapienza in Pallade figurata
era
interamente fisrlia di dio. Luciano, che burland
a seconda, e che vennero ambedue, come guerriere, in contesa: Pallade
era
per ferire Minerva: Giove oppose l’egida, onde sp
il suo sostegno. Teseo, Parte I, scena 2. Ma per attributi migliori
era
insigne ancora la dea. Mostrò alle fanciulle, sec
trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nelle quali
era
dagli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrer
eriore a Troia. Avanti che le fosse data la civetta, il suo attributo
era
la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza n
tavano i loro scudi all’assedio di Troia, perchè a quest’epoca non si
era
ancora scoperta la maniera più comoda di porre de
eniesi rappresentavano questo animale sull’armatura della dea, perchè
era
forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali alle
iove allievo di capra portento. » « Questo capo fatale ai riguardanti
era
affìsso sul suo usbergo, anche come un trofeo; pe
ausania così ancora effigiavasi, poiché in Atene sopra il Ceramico vi
era
un tempio, ove il simulacro della dea era con occ
Atene sopra il Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea
era
con occhi di questo colore figurato. Pensano alcu
antichi popoli della Puglia, fu il tempio di Pallade Achea, dove fama
era
che si conservassero tutte l’armi di Diomede, che
endo credere al volgo sempre superstizioso che questa divinità gli si
era
in sogno manifestata per insegnargli il modo di g
egnargli il modo di guarire un artefice insigne, caro alla plebe, che
era
caduto nell’assistere alla costruzione delle port
uto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome di Vittoria
era
pure dagli Ateniesi adorata, e il simulacro di le
va di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadella di Elide vi
era
un tem.pio di Minerva col titolo di Ergane, così
detta perchè presiedeva all’arte della lana, della gloria della quale
era
gelosa, come lo indica la favola di Aracne mutata
alla dea il primato nell’arte di tessere le tele. Il simulacro di lei
era
d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per quello c
iatrice, di Minerva guerreggiante, e di Cupido che scocca il dardo. M’
era
caduto in pensiero se questi simulacri di una gue
dai poeti greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto
era
quella di cui Minerva medesima volle adorno Giaso
ava e stupiva ad un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché
era
coperta di un peplo più risplendente di un raggio
lio: il pomo, perchè questo frutto gettato dall’amante alla fanciulla
era
una dichiarazione di amore, come da molti antichi
uno dei due bellissimi candelabri del Palazzo Barberini. La lepre gli
era
particolarmente consacrata per cognite ragioni. A
iccole figure eguali e ben conservate nella Villa Albani. A Sparta vi
era
una Venere eseguita in cedro, incatenata, per sig
tuggine per indicare (secondo Plutarco) alle donne che il loro dovere
era
di custodire la casa come questo animale, e di oc
o asserire che Venere si rappresentasse costantemente ignuda. Vestita
era
la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bell
ecamente appellavansi, e che hanno dato il lor nome alla pietra che n’
era
comunemente la materia. Oltre l’additarsi vie mag
vie maggiormente con questo vaso rovesciato l’azione del bagno, dove
era
stile degli antichi di ungersi, è ancora un utens
dava, E giù dal fianco rosseggiava il petto, E il costato, che dianzi
era
di neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi
osseggiava il petto, E il costato, che dianzi era di neve, Di porpora
era
fatto al morto Adone. Ahi ahi: Citérea piangon gl
re fu cognominata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro di lei
era
sedente col capo coperto, e coi piedi incatenati.
lla greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere
era
di vestirla di tuniche artificiosamente piegate.
perta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua di Venere
era
già in Vaticano, collocata probabilmente da Giuli
a talvolta nelle medaglie imperiali il titolo di Vincitrice. La prima
era
che la presente statua avea la tunica dal petto c
rla rappresentare che come una dea vittoriosa. Infatti, Venere armata
era
il suo sigillo. A questo allude Properzio in quel
ascrive all’aver Vulcano tentato sciogliere le incudini, con le quali
era
Giunone legata, come la più litigiosa delle divin
i portarle accese fino alla meta prescritta: quello cui si estingueva
era
con infamia escluso dal corso. Se alcuno era supe
quello cui si estingueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno
era
superato da chi lo seguiva, per legge del giuoco
corso. Se alcuno era superato da chi lo seguiva, per legge del giuoco
era
costretto a dargli la face ardente. Lucrezio con
cappello di colore violetto per indicare il fuoco celeste, del quale
era
depositario. Questo cappello è ovale, o quasi con
il nome dall’ effetto che producono, si chiamano Terrore e Paura. Gli
era
sacro la pica fra gli uccelli, il lupo fra i quad
ra i quadrupedi, e la gramigna fra 1’ erbe. Anche il gallo consacrato
era
a Marte per questo motivo. Aveva il nume, per ass
ini furono i due principali nomi di Marte. Il primo gli davano quando
era
tranquillo; il secondo quando nelle armi infuriav
Marte che va presso Rea Silvia, origine favolosa del potere di Roma,
era
rappresentato sugli elmi dei soldati romani. « M
1, 2. Andando in traccia della figlia pervenne ad un castello di cui
era
signore Eleusio, cui la moglie Jona avendo partor
le l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle feste di Minerva
era
ripieno di lana, perchè questa dea, come vi accen
diventava il simbolo della Primavera, come quello dell’estate quando
era
ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata n
rovine di Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. Il papavero
era
un simbolo della fecondità, ed è per questa ragio
va da una mano le redini, dall’altra una fiaccola, che in origine non
era
che un pezzo di pino. N’era rigorosamente prescri
ll’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo di pino. N’
era
rigorosamente prescritto l’uso nelle cerimonie de
ritta una testa di montone, animale che le sacrificavano. Ma il porco
era
l’offerta più comune, e comandata nei sacrifizii
e cara Figlia (altra prole le negò Lucina) Ma più d’ogni altra madre
era
superba: Del numero così compensa il danno Proser
parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della quale
era
simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Ce
della quale era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Cerere
era
vestita di nero, con un delfino in una mano, con
con felice disordine adombra la fronte. Qual variazione fatta non si
era
ai tempi di Albrico: Cerere dal dolore distinta v
una falce, un flagello. Quante cose inutili: che grossolana maniera:
era
senza dubbio destinata tal pittura ad ornare qual
può fargli disprezzare, se è savio, i doni della Fortuna. Questa dea
era
lo stesso che Cerere, secondo Dione Crisostomo. I
re in questo bel marmo ravvisata la dea dell’agricoltura. Stranissima
era
l’opinione del Venuti che la credeva una Giulia P
uno dei più universali, e per le campagne, della cultura delle quali
era
preside, e per le città, delle leggi delle quali
tura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali
era
la prima dispositrice, finalmente per ogni luogo
ità durasse. Merita nx^^ggior fede il primo, perchè Esichio cristiano
era
meno a portata di conoscer le pratiche dell’idola
i natali, scelte da un’assemblea del loro sesso. La spesa della festa
era
, secondo il solito, a carico dei mariti, che, per
un uomo detto Stefaneforo, perchè coronato andava alle cerimonie, ed
era
eletto dal concilio delle sacerdotesse della Gran
erano alimentate a spese pubbliche in un luogo, che perciò Tesmoforio
era
detto. Era sacrilegio l’usar corone di fiori, per
ero violate le regole dal rito prescritte. Ai servi d’ambidue i sessi
era
vietato l’assistere a questa solennità tanto cele
sotto i piedi di quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo vi
era
ancora di corone e fiori; ed Idrano, dall’acqua,
ntaggi sperati. L’ostia che doveva immolare chi desiderava iniziarsi,
era
una troia gravida, che prima era lavata in Cantar
a immolare chi desiderava iniziarsi, era una troia gravida, che prima
era
lavata in Cantaro uno dei tre porti del Pireo. Ne
lavata in Cantaro uno dei tre porti del Pireo. Nei primi tempi non v’
era
spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendi
minati erano Epopte, cioè Vescovi. Il luogo dei contemplati, o Misti,
era
nel vestibolo, quello degli Epopte, o Vescovi, ne
mbra il crin fìschiante. Dolce è r aspetto di Diana, e molto Fratello
era
nel viso, e vedi i lumi E le guance di Febo: il s
creduli volgari nei misteri Eleusini. Nei minori un piccolo tempietto
era
destinato per le cerimonie. Ma nei maggiori era s
un piccolo tempietto era destinato per le cerimonie. Ma nei maggiori
era
sontuoso il mistico edifìcio, ove la sacerdotale
ifizio non s’apriva Mani pure, mente pura, perizia della greca lingua
era
necessario per l’iniziazione. Quindi imponevasi i
go uso, e allora la consecravano a Proserpina e a Cerere, e da alcuni
era
serbata per formar delle fasce ai fanciulli. Il s
misteri, come di sopra per me vi fu detto, Jerofante si chiamava, ed
era
delitto per l’iniziato rivelare in nome di lui. S
to rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed
era
insigne per l’ammanto, per la chioma, per la bend
strofìo, o cintura. Tutta la vita in questo uffizio consumava, ma non
era
obbligato a mantenere il voto, sovente spergiurat
. Ad altri quattro col nome di Curatori, scelti dal popolo, per legge
era
commessa la religione dei misteri. E dieci sacrif
acravano furono chiamate Melissee. Uno dei vantaggi di questi misteri
era
che gl’iniziati obbligati si credevano all’ eserc
restigi seguiva ancora nell’Inferno l’ombre dei devoti, onde la morte
era
principio di un migliore avvenire. I non iniziati
niziati. Si aggiungeva alle libazioni l’orzo nato nel campo Rario, ed
era
sacrilegio il gettare niente fuora. Il sacerdote
i Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quello di Cerere quando
era
la festività di Giunone. Nel quarto giorno vi era
lo di Cerere quando era la festività di Giunone. Nel quarto giorno vi
era
la processione del calato, canestro, il quale si
Cerere dopo avere accese le faci al monte Etneo. Nel sesto giorno vi
era
la processione di Bacco, coronato di mirto e non
, come con error manifesto lo rappresenta Claudiano. Questo Bacco non
era
il Tebano figlio di Giove e di Semele, ma un altr
i Semele, ma un altro che dal re degli Dei e da Cerere, o Proserpina,
era
nato. Aveva un tempio proprio; si effigiava colla
li scudi. Sacra la porta, sacra la via che frequentavano gli Eleusini
era
detta. Nel settimo giorno vi era una specie di ca
a via che frequentavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi
era
una specie di caccia, certame, che giovani a pied
e giovani a piedi e a cavallo facevano coi tori. Una misura di orzo n’
era
il premio, perchè questo vegetabile era fama che
oi tori. Una misura di orzo n’era il premio, perchè questo vegetabile
era
fama che per la prima volta fosse nato in Eleusi.
si colle bighe, e gli asini avean l’onore di portare tutto quello che
era
necessario pei misteri. Questi erano in tanta ven
teri. Questi erano in tanta venerazione presso gli antichi, che sacro
era
per essi il giuramento. Tanto è l’impero della su
l terzo erede Di Saturno ricerca ove l’uscita Sia del mondo fraterno:
era
ogni via Chiusa, e duro contrasto eran le rupi. S
spaziose inalza E del pallido campo i nove giri Tutti discopre. Tanto
era
: Si toglie Dal stanco petto il vorator grifagno E
, che non vede nascer da questa alcun corpo. — Infatti, in Corinto vi
era
un tempio di Vesta senza alcuna statua, e vi si v
re, da che la parola vestibolo è derivata. Il tempio di Vesta in Roma
era
aperto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad
ata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma non
era
permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel
il fuoco eterno. Sopra un monumento di forma circolare eh’ è, ovvero
era
, nel Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti di
vostro cuore dimanda che avvenisse di Cerere quando si accorse che le
era
stata rapita la figlia. Soddisfarà a così giusto
ro alloro Avean le Furie con tartarea scure. Nuncia dei proprii danni
era
la figlia, Immagin prima del sopor materno: Di ca
disprezzi Così l’unica prole? e caro un giorno Di Proserpina il nome
era
alla madre Di lei, scolta in tormentoso abisso, M
mo Giove, E locarla con dolce atto di madre Nel ginocchio paterno, ed
era
a lei Genitrice seconda. Allora avea La canizie d
rnassero solamente di alcune circostanze. Nel principio, dice Esiodo,
era
il Caos, quindi la larga Terra sede sicura di tut
orte del Cielo stellato. Erodoto dice che presso gli Sciti, dai quali
era
sommamente onorata, reputa » vasi Giove il marito
azio le assegna altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza
era
d’offrirle gli stessi sacrifizii che agli Dei mfe
da uno scoglio sul quale Temide è assisa per indicare che questa dea
era
figlia della Terra. « Una medaglia dell’imperator
Io credo veder chiaramente un’adulazione indirizzata a Comodo. Nerone
era
eccellente a guidare un cocchio di carriera. » Fi
giunte Cinser del tronco la misura, e dieci Braccia tre volte empiva:
era
del bosco Maggior, quanto sovrasta all’erba il bo
so campo Strappa con l’unghie e con i radi denti Le pallid’erbe: irto
era
il crine, i lumi Cavi, pallido il volto e bianco
aggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ingresso dell’Academia vi
era
1’ altare dell’Amore con un’ iscrizione, la quale
o e la freccia, teneva una lira Presso i Tespiesi popoli della Beozia
era
l’Amore singolarmente venerato. La sua statua, co
re singolarmente venerato. La sua statua, come nei tempi più antichi,
era
una pietra informe non mai adoprata. Successivame
umato dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi di Pausania
era
di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statu
. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella quale vi
era
il premio non solo pei musici, ma ancora per gli
re, come Euripide si esprime. Rappresentato in questa maniera l’Amore
era
chiamato (grec) o chiavigero. Si rappresentava an
i ciò che intorno a questa dea pensavano gli antichi. Regina del Caos
era
innanzi che Iddio togliesse la lite degli element
che rappresentava lo stesso soggetto, ma che non esiste più, la Notte
era
effigiata nella figura di una donna nuda con dell
i scolpì l’Amore a Tespi piccola città di Beozia, che per questo solo
era
visitata dai forestieri; che fu tolta ai Tespiesi
nterruzione dei sensi, poiché presso gli antichi naturalisti opinione
era
invalsa che più vegeto e pingue apparisse il gent
l’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo
era
altresì di Apollonio scultore di tal monumento. O
do in queste esposizioni, e che egli avea dall’antico dedotti, di cui
era
oltre modo amatore e studioso.» Temi figliuola a
matore e studioso.» Temi figliuola anch’essa del Cielo e della Terra
era
sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella
ora un altro tempio nella cittadella dì Atene, all’ingresso del quale
era
il sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola che
tre costituisce Temi madre dell’Ore e delle Parche. Temi, dice Feste,
era
quella che comandava agli uomini di chiedere agli
te, era quella che comandava agli uomini di chiedere agli Dei ciò che
era
giusto e ragionevole: presiedeva ai patti e conve
gendole un tempio detto Metroo cioè della gran madre, che così Cibele
era
chiamata. Deve Tebe a Pindaro, il più grande fra
ro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il quale non
era
che una pietra grigia informe di mediocre grandez
o putto, io garzonetto, io giovincello, Io giovin fui, anzi testé pur
era
, Io delle scuole il fior, io fui il più bello Ono
zione tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele,
era
con annue feste onorato. La solennità celebravasi
la consacrata mutilazione di esso all’ombra del venerato pino: tutto
era
in questi giorni lutto e astinenza. Il quarto si
acato lo sdegno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali. Il quinto
era
giorno di riposo. Il sesto terminava la solennità
usonii, L’inondaro i Sicanii, onde più volte Questa che pria Saturnia
era
nomata, Ha con la signoria cangiato il nome.» E
, libro viii, verso 488 e segg. E l’antica osservanza delle leggi non
era
incisa usi bronzi, ma impressa nell’animo degli u
ondo Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste
era
di conservare la memoria del secol d’oro, nel qua
lutarco, sacrificando agli Dei celesti. Secondo esso, dunque, Saturno
era
tra gli infernali. Questo dio si rappresenta comu
nostre novelle. Se ne conosce una terza specie, di cui la memoria si
era
conservata nell’Argolide, e che avevano tempio e
esentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola di Lenno
era
consacrata a Vulcano: vi aveva dei templi; una ci
rro e di lavorare i metalli relativamente ai Greci, perchè quest’arte
era
molto più antica nell’Oriente: come una specie di
me dato comunemente ai Dattili. Si chiamavano Idei: ora il nome d’Ida
era
comune a due montagne situate una in Creta, in Fr
ch’ai mento Ombra faceva la lanugin prima. Nè rose, o pomi, o frondi
era
l’affetto, Ma furore, e ponea tutto in non cale.
rché a corre di Giacinto i fiori Sul mio monte venisti, e scorta io t’
era
Per quella via. Gran tempo è ch’io ti vidi, Ma t’
ione. Nè minor vanto aveva la loro abilità nella metallurgia: èglino (
era
fama) avevano fabbricata la falce di cui Rea armò
otevano i loro scudi con ferri come baionette. La danza dei Coribanti
era
per lo contrario accompagnata da movimenti quasi
ome ai figli dello stesso dio onorato in Lenno, dei quali il culto si
era
sparso non solo nell’isole vicine, ma ancora nell
lta considerato, e con fuso dai Greci coir Arimanio dei Persiani, eh ‘
era
il principio del male presso quegli antichi Duali
l’Arti, mi fece pensare all’elee, albero funereo e glandifero. L’elee
era
, come il cipresso, una pianta sepolcrale e di tri
ggio nella Grecia parla incessantemente delle belle opere delle quali
era
ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiquaria che
ogna diminuirne l’orrore per non scancellare ridea di giustizia. Egli
era
impossibile di far capire che queste bevande eran
tra l’iscrizione; vicino ad esso è un’asina che mangia la corda. Ocno
era
un uomo faticante. ma la sua moglie dissipava i f
ha rappresentato Polignoto sotto questo emblema. Fare la corda d’Ocno
era
un proverbio in Ionia per indicare fatica inutile
inocchia di Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vita. Glori
era
di Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Ne
questo principe questo bastone di comando, perchè lo scettro, che ne
era
il segno naturale, qui perdeva il suo uso: Protes
Al di sopra di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra: ella
era
figlia di Prete e proni potè di Sisifo: morì fanc
edono che sia un personaggio inventato da Polignoto: altri dicono che
era
un Greco amante della musica e sopra tutto dei ca
Memnonidi. Accanto a lui si vede uno schiavo etiope per indicare che
era
re di quella nazione. Sopra Sarpedone e Memnone s
che ha i piedi sulle ginocchia di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia
era
una ninfa del loro paese, ed i poeti c’insegnano
un luogo che eglino appena osavano guardare, e non senza terrore. Ed
era
fama che se alcuno macchiato di delitto fosse ent
i sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo di notte, ed
era
vietato ai nobili l’intervenirvi. Esichidi, dalla
he la derivazione di questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed
era
sacro alle Furie, perchè sileno ispirano terrore
a dire che loro sacrificavano pecore nere. Nella città di Olimpia vi
era
un altare consacrato a Giove conduttore delle Par
ndo soffrir la vita in uno. Si lamentava e si dolea che poco Sangue s’
era
versato: ond’ei mi prese Per le ancor sciolte chi
stimavasi crudele; e davanti a lui, come dice un antico poeta, tanto
era
Achille che Tersite. E con ragione ai Numi infern
chiavi della città consegnate da Scilla a Minosse. Nell’Inferno egli
era
, secondo gli antichi, il presidente della Corte i
nere la luce, si ritirò nell’Inferno, e fiume ne divenne. L’Acheronte
era
un fiume della Tesprozia, che avea le sue sorgent
a dopo poco cammino fra i macigni, cadeva nel fiume Crati. L’acqua ne
era
mortale, secondo Pausania, agli animali ed all’uo
linquenti sin anche nella quiete del sepolcro. « La misura del cubito
era
il primo e il più caratteristico dei suoi simboli
e combinava nell’attitudine essenziale d’un braccio, ma che parimente
era
mancante dell’altro. A quest’altro sarebbesi dovu
eduti il secol d’oro dell’arte. Agoracrito Parlo discepolo di Fidia n’
era
stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea nel
loro tutto il merito. « Il marmo in cui fu scolpita la superba statua
era
stato destinato dal re Dario a lavorarvi un trofe
uesta parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitudine
era
di coprirsi il capo, quasi per gioco, dell’elmo s
ha nella destra, è imitata dai vetusti esemplari. « Questa statuetta
era
forse destinata all’ ornamento di qualche archite
a nostra, mancante però del capo, e che nell’altro palazzo a Velletri
era
la statua di Urania, che ora compisce il numero d
var sempre più la celebrità degli originali di queste Muse. La nostra
era
in antico stata ristaurata, e il ristauratore ave
tica in piccolo nel Museo del cardinal Pallotta; e simile alla nostra
era
ancor questa Musa nella Collezione della Regina d
te dall’antica Roma e da Plinio nei portici di Ottavia. Questa statua
era
mancante del capo: ma quello che l’è stato suppli
llerina, ma bensì ad Erato amante o filosofessa; giacché la Filosofia
era
, secondo gli antichi, lo studio favorito di Erato
are. Simile situazione ben conviene alla Musa Silenziosa di Numa, eh’
era
la nostra Polinnia, giacché non seguiremo in ciò
di varii istrumenti, che possedeva egli in un grado così elevato, eh’
era
in lui riguardata come un dono degl’Iddii. « Dell
chità la ravvisò e fu presentata a Pio VI. Abbattuto perciò quanto vi
era
di modernosi rese alla statua la sua vera espress
ofago Capitolino, e quel che è più decisivo, nella Musa colossale eh’
era
già nel cortile della Cancelleria da me creduta p
belle copie di bellissimi originali. Questa all’incontro, il cui capo
era
in antico d’un pezzo stesso col rimanente, e tant
uali li veggiamo scolpiti. Aggiunge il mentovato autore che di questi
era
calzata la Pallade di Fidia, onde non debbonsi av
econdo esso, presso gli Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli,
era
dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bi
no rimasti. Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi
era
1’ uso di dipingerle ignude, forse perchè essendo
ssere accompagnato 1’ amore, la bellezza e 1’ eloquenza. La Primavera
era
la stagione consacrata a queste dee, onde Orazio
e adesso nuda danzare. — S’invocavano nei conviti, e con tre brindisi
era
costume di onorarle. Mille belle allegorie posson
llero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare, nel quale
era
scritto: Consacrato a quella fra le Grazie che pr
i coi fonti e colle Naiadi, al cui onore è dedicato il monumento, non
era
stato finora dilucidato. Nè altra relazione hanno
ia del benefìzio fosse aggiunto il nome di lui al dio, che prima Apio
era
detto. Io penso che il nome di Esculapio derivi d
Strabone che in questa ultima città, situata fra i Carii e gl’Ionii,
era
il mentovato edifizio sempre ripieno di ammalati,
empio della Concordia, come viene da Plinio riferito. E la ragione si
era
, perchè, secondo l’opinione dei Fenicii e dei Gre
rchè, secondo l’opinione dei Fenicii e dei Greci, Esculapio altro non
era
che l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buo
e l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo
era
fatto padre di Esculapio, perchè il Sole con i su
e con i suoi annuali giri comunica la salubrità all’aria. Alla Salute
era
ancor dato il serpente per l’attenenza con Escula
ide dedicò un tripode a Giove Esculapio, a ciascun piede del quale vi
era
un’immagine di questi tre Dei. Telesforo in una m
rrasi di Semele e Giove, genitori di lui secondo la volgare opinione,
era
menzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri di
redenza che figlio fosse d’Osiride, giacché gran scusa a questi falli
era
il fare un dio autore della colpa. Ma perchè l’um
a Melampo il culto di Osiride, sotto il nome di Bacco. Nisa in Arabia
era
la patria del dio, e passava almeno per essere il
Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservare che di Osiride qui
era
la famosa colonna. Le imprese del Nume sono conse
poeta Amore occupato a riparare le rovine del mondo. La specie umana
era
in preda alle cure, e il vino che le dissipa non
La specie umana era in preda alle cure, e il vino che le dissipa non
era
ancora stato concesso ai mortali. Solo dopo il di
ezione. Dopo questo episodio, il poeta ci conduce in Lidia, ove Bacco
era
allevato scherzando coi Satiri, e bagnandosi nell
zioso. I Sileni dividono il dolore del dio. Ampelo, quantunque morto,
era
tanto bello come quando viveva. Bacco lo contempl
e, e ritorna verso il mare d’oriente, da cui esce il Sole. Bacco però
era
sempre inconsolabile per la perdita del suo amico
sa, loro re, che sotto forma di Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si
era
reso terribile per le sue navi, e comunichi quind
alla vicina foresta abitata da una ninfa detta Nice, Vittoria. Questa
era
una giovine cacciatrice, che stava sopra una rupe
ibile criniera. In vicinanza abitava un bifolco chiamato Imno, che si
era
innamorato della ninfa. E espressa la passione di
o contro gl’Indiani, che avea sulle rive dell’Astaco disfatti. Oronte
era
genero del bellicoso Deriade, col quale Bacco com
ese del dio del Vino. Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri
era
suo figlio e Meti sua moglie, ed aveva Pito per c
di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla quale Andromeda
era
esposta. Il figlio di Danae, dic’egli. liberò lei
troppo noto per aver bisogno di spiegazione: dirò solo che Andromeda
era
figliuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea
al diviso Flutto sovrasta la terribil testa. Qual, donzella infelice,
era
il tuo volto Benché vindice tanto abbi: Si sparse
le, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col quale Licurgo
era
stato allevato. Ornava le porte del suo palazzo c
ifemo in Virgilio. Questo principe avea per padre Dria, la querce, ed
era
re dell’Arabia. Giunone invia Iride verso questo
l sole, la luna, i pianeti, le zone e le differenti costellazioni. Vi
era
inoltre espresso Anfione e Zeto, eh’ edificarono
orte dorate dell’ 0riente (dice il poeta) e la nascente luce del Sole
era
riflessa dalle acque del Gange; i raggi di quest’
ezzata per l’artifìcio di Mirtillo. Nelle imprese della guerra non vi
era
ancor l’uso dei carri a quattro ruote: erano sola
el furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lui. Ella
era
occupata a formare una corona di fiori per Venere
piacevole descrizione di que’ giuochi innocenti. Il giovine Ganimede
era
il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di un
paterna. Questa veste rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii:
era
fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pastori, Aita:
Base della Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli
era
nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta a
dell’uva, che sovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola di Nasso
era
stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rap
te, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce,
era
di legno di fico per allusione alla dolcezza dei
quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale
era
lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio, desc
no per fondo un capo di vitella; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi
era
condotto su un carro uno di questi corni d’oro di
militudine che ne rappresentava la cima. È noto per altro che il pino
era
consacrato anche a Bacco per l’amicizia eh’ egli
ome vi ho già esposto; ed in un Baccanale osservato dal Buonarroti vi
era
un Centauro che ne portava un ramo. Poteva inoltr
dornati: onde nella Pompa di Bacco di Tolomeo, da citarsi sovente, vi
era
la statua che rappresentava la città di Nisa, la
nza del dio Tebano, che questo nume a un tempo voluttuoso e guerriero
era
di mezzo alla pace e alla guerra. Vi ammiriamo qu
avrebbero potuto dirsi della chioma, se lo avessimo incontrato quando
era
a caccia, poiché in maniere infinite la move il v
ibullo e Stazio vogliono gialla, detta Bassaride, o sia dal luogo ov’
era
in uso, che Polluce crede la Lidia, Snida la Trac
amorfosi che di lui in questo animale fece Giove per salvarlo, quando
era
infante, dalla madrigna Giunone. Non solo l’allor
ll’arcadico Pan, che aveva volto e corna caprigne, e dal mezzo in giù
era
pur simile ad irco: così, testimone Erodoto, si v
i Satiri e i Pani; i quali se dovevano rappresentarsi, la prima cosa
era
il contraffare le loro sottili gambe e i piedi ca
e Dia figlia di Eineo, promettendo di dare al suocero molti doni come
era
costume degli antichi. Dimandava questi istanteme
re re<^i:>‘e la veste ad Arianna che, secondo favoleggia Nonno,
era
con Bacco quando andò a Nasso. Giù basso in terra
ora coi cembali, che erano fatti come i nostri d’un cerchio, al quale
era
tesa una pelle. Vi attaccavano qualche volta dei
ibia, posar le cure quando verrà l’uva. — E nella Pompa di Tolomeo vi
era
un carro carico di uve, ch’erano pigiate da sessa
ha sua origine da (grec) che equivale ad infuriare. Ma il furore non
era
in esse perpetuo, anzi ordinariamente comparivano
avano e mentivano il furore bacchico solito a trarre di se chiunque n’
era
inspirato: sicché Agave sbranò Penteo suo figlio,
no spensero tutto il sesso virile che aveano nella città loro. Questo
era
l’uffìzio delle Menadi: sciorsi le bende crinali,
a superstizione. Le Tiadi ritiratesi fra loro, giacché ai profani non
era
lecito saperne, l’estraevano dalla cista, e ritti
ti alcuni altari, su quegli le deponevano. In Atene, e forse altrove,
era
un collegio quasi di Tiadi, e diceansi Gerare; er
co, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta di divinità
era
costume ordinario ergere are, che poco si solleva
’opinione, perchè la statua trovata nei ruderi d’una Villa Tosculana,
era
situata in una nicchia che veniva da quattro femi
uali a guisa di Cariatidi facevan le veci di colonne, e tal compagnia
era
ben conveniente al costume di quel voluttuosissim
fo. Winkelmann che non die retta a questo parere, dottissimo com’egli
era
, non si nascose alcune incongruenze della comune
erchè di fatti le greche medaglie ce ne rappresentano l’immagine qual
era
in Anchialo sul suo sepolcro, nella quale ben si
anze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La sua nicchia
era
sostenuta da quattro statue muliebri, e un simile
a di quei tanti bassirilievi perfettamente somiglia. Tanto più facile
era
1’ equivoco, quanto la statua di Sardanapalo in A
gure di Bacco: la nostra, per avventura, avea la mano, che certamente
era
levata in alto, appunto in quel gesto. Facil cosa
llora il confonderla coir immagine dì Sardanapalo, che per quel gesto
era
nota, e lo scriverne il nome sull’orlo del pallio
col denaro delle multe l’anno 565. Un tempio presso il Circo Massimo
era
comune ai tre mentovati numi. I Romani insomma no
he avvolge questa statua, o l’altra conosciuta prima per Sardanapalo,
era
il grandioso ammanto di cui una statuetta di Bacc
e a quello di peplo, che grecamente qualunque ampio mantello o coltre
era
proprio a significare, come che avessero poi stre
tinata in cielo sua sposa. « La bibacità d’Ercole celebrata dai poeti
era
un altro motivo per unirlo a Bacco, per le cui ce
he qui vediamo, e si rizzava in piedi spargendo latte dalla fiala eh’
era
nella sua destra e tornava di tempo in tempo a se
ue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancheremo di ripeterlo,
era
altamente progressivo. Vedi la nostra Prefazione
al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito di Dio
era
portato sopra l’acque, narra che le divinità egiz
errestre Vno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma
era
del mondo. V. Monti, i romantici. 1. C advva da
gheggiando varit e diversi tipi. E su le prime quando a’ nostri padri
era
il concetto intuitivo e perfetto dell’ Ente, che
o adorando le opere della istessa loro immaginazione. Dai poeti tutto
era
deificato, onde l’immortal V. Monti(1). Tutto er
e. Dai poeti tutto era deificato, onde l’immortal V. Monti(1). Tutto
era
vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati.
Pindo alta favella. Ebbero un giorno e sentimento e vita. 5. E non
era
obbietto a cui non fu posto preside un Dio. Inver
esentano sotto il tipo or di uomo, or di donna. Ne’ primi tempi tutto
era
simbolico e conceputo per via d’immagini ; percio
ente civile, e molto meno la forma di civile sapienza ». Invero tutto
era
rappresentato per via d’immagini sensibili nella
a con miti descrivevansi gli avvenimenti degli uomini. Così Pane, che
era
ancora egli un simbolo della natura umana e selva
orano le sostanze, contendono di venire a connubio con Penelope : non
era
questo che un mito, cui intendevasi l’appropriato
a una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli antichi romani
era
vieto a’plebei impalmare le donne patrizie, e non
un’anima sparsa dappertutto e motrice della natura, che da Pitagorici
era
detta anima del mondo, che con un’antico emanatis
anno pieni i canti de’poeti greci e latini. E per questo ancora Giove
era
detto Dio del cielo, della terra e dell’ inferno,
veder Giove in tutto lo splendore di sua grandezza, quando non ancora
era
compiuto il tempo della gravidanza di lui, traend
aturno, ei dice(3), voltando nella nostra lingua i suoi concetti, chè
era
solito divorare tutte le cose che nascessero da l
e cose, che si dicono di Saturno, tutte si rifescono ai semi — Ei non
era
che il simbolo del tempo, che tutto genera, strug
ra(2), facendosi più innanzi, dimostra, che presso gli Egizii Plutone
era
lo emblema del Sole d’inverno, o del giro del Sol
ingenera una mirabile armonia in tutto il sistema planetario. Apollo
era
creduto come Dio della salute pubblica ; perciocc
volesse dire απελος, perciocchè è unico tutto ciò ch’è semplice. Egli
era
detto ancora Lemio del greco λοιμιος peste, ossia
circondate da un serpente, tra le quali quella, che sorgeva in mezzo,
era
un simbolo della terra. 21. A lui il vaticinio de
la rissa, rappacificandoli col tocco della sua verga. Questo mito non
era
che un’allegoria, cui con il caduceo intendevasi
si danno fuori tutti gli escogitati della mente » — E per questo egli
era
detto Cillenio, parola tutta greca, che può deriv
re di ciò con ali a talloni per significare, che il dominio dei fondi
era
de’senati regnanti... Sicchè questa verga alata d
vinità che ne immaginarono, onde lo dissero Dio della guerra. A Marte
era
sacro l’avoltoio, chè siffatti uccelli a stormi s
ne’dolori del parto. Ma di questi e di altri titoli, cui questa Diva
era
onorata dai greci e da’latini, è d’uopo qui trase
stati detti essi eroi, perchè nascevano da nozze solenni, delle quali
era
nume Giunone, e perciò generati con amor nobile,
un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor di spighe. Ella
era
Cerere, e fu cosi denominata, come vuole Tullio(1
onde ci nutriamo e andiamo satolli. A lei si offriva il papavero, ed
era
questo una simbolica, indicandosi con la rotondit
che fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse di lei tutto
era
una simbolica. Ella rappresentavasi come una donn
Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valore,
era
conceputa senza madre ; perciocchè la virtù ed il
volle nata dalle onde del mare, posciachè la generazione di cui ella
era
tipo, per aver luogo ha bisogno di umore e di mov
blandizie dell’elloquio, onde va illuso ancora l’uom saggio. A Venere
era
sacra la colomba ed il mirto — la colomba perchè
li amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cupido, ed una a lei
era
venerato. Chi sia questo nume ben si scorge da un
. 45. Diana — Ella fu detta da Orazio Diva Triformis, perciocchè ella
era
considerata, come una divinità celeste, onde conf
r altra cagione che poco dopo esporremo, e da questo triplice aspetto
era
detta ancora Epipirgidia e Trivia. Diana è parola
a si consacrava un fuoco perenne, e ciò per dinotare, che ella stessa
era
questo fuoco, o che ella ne fosse la cagione, e c
e leggiadre — vispe, chè il beneficio non deve farsi aspettare, onde
era
ai Greci — non esser grazia quella che viene lent
ircondavano, e disboscandola dagl’irti bronchi, dumeti e spinai, onde
era
ricoperta, vi portasse in mezzo la coltura. E con
ripullulando nelle molte sue teste, quando altri le troncasse, non vi
era
chi potesse del tutto morirla : idra variante di
he un fatto istorico personificato per mezzo di un’allegoria. Acheloo
era
un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia
ar del Sole nella costellazione della Vergine, denominata Lernea, chè
era
venerata a Lerno. III. Ercole accolto in ospitali
fegato a Prometeo — risponde al passar del sole nell’Aquario ; e ciò
era
indicato dall’avoltoio posto nel Cielo a fianco d
anei, che giungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che
era
figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui,
e mie voci, ed apprendi da me stesso ciò, che desideri sapere. Caosse
era
il mio nome da gli antichi. Questo lucido aere, e
vicino a questa l’aere, in mezzo la terra ed il mare. Io allora, che
era
stato un globo, ed un’informe mole, presi aspetto
chi avrebbe morto siffatta Sfinge — Edipo lo uccise. 70. Pane — Pane
era
una divinità boschereccia, e rappresentavasi nell
rchè non se ne conosce la cagione. Pane, per dir tutto in una parola,
era
considerato come un demone, come l’anima del mond
os animos conceperat ignes Ore dabat pleno carmine vera Dei. In Roma
era
una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi
ungo tempo vedevano svanire le antiche loro credenze. Il Paganesimo s’
era
infiacchito a tal segno, che, cessata la fede ne’
ul vizio, sulla virtù, sull’anima, sugli Dei ; ma tutto ciò non altro
era
che spiritosa lizza d’ingegno. Ma i patrizj di Ro
e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non
era
altro che un brutale epicureismo. Cicerone nel su
oll’amor della gloria e della patria. La morte sul campo di battaglia
era
un olocausto agli Dei ; nè c’era cosa che così pr
rovesci delle loro armi ad auspicj negletti o mal compresi. Il campo
era
un tempio, e quanto più la vita guerriera teneva
ntinuamente o la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non
era
men piena di cerimonie politiche a un tempo e rel
del voto popolare, tutto infine nell’esercizio della libertà pubblica
era
preceduto, convalidato, sancito dagli auspicj ; e
re o preparare intrighi, la facilità stessa con cui ne veniva a capo,
era
una prova della superstiziosa credulità del popol
a scusabile in quella nazione che avea tutto conquistato, che a tutto
era
stata avvezza, che tutto avea sofferto, empievano
mestiero agli oracoli ed agli auspicj caduti in disuso ; e la magia s’
era
arricchita della ruina del paganesimo. Nel resto
l resto del mondo soggetto al dominio romano, l’istinto religioso non
era
men profanato, sebbene la civiltà romana avesse i
più d’una volta avevano spaventato la fortuna di Roma. Il politeismo
era
ancora in fiore, più che altrove, nella Grecia, q
arti, posto a consacrare una tradizione religiosa. Ma l’incredulità s’
era
già da molto tempo intrusa fra i sacerdoti, ed av
reva che la superstizione si rinverdisse con fecondità straordinaria,
era
l’Egitto. L’antica religione del paese, il polite
usto squisito nelle arti che formava la gloria di questa, Alessandria
era
piuttosto la Babele dell’erudizione profana. Il r
ni, l’India avea dischiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ;
era
il nuovo mondo di quell’epoca, e vi s’accorreva d
opa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro,
era
un’adorazione dell’Essere eterno rappresentato so
teatri : avea sopravvissuto pur anco all’incredulità che fomentava ;
era
divenuto una specie d’ipocrisia pubblica professa
non vivea, per così dire, che pei sensi. Il culto, simbolo vano, non
era
più da veruna credenza rafforzato, e conservavasi
enti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate, di punirle
era
d’uopo. Oh sentenza confusa dalla necessità ! Neg
lvaronsi in parte delle rapine dei Goti. Finalmente il Politeismo non
era
punto, com’è il Cristianesimo, una specie di reli
arsene nelle loro foreste, il mondo romano, marcendo ne’suoi costumi,
era
minacciato de una spaventevole dissoluzione. Fors
e l’umanità non si annoveravano fra le virtù. La classe più numerosa
era
schiava ; le società ondeggiavano continuamente f
società moderne. Anche l’eccesso delle prime austerità dei Cristiani
era
necessario : bisognova che vi fossero dei martiri
avverò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la sua morale non
era
di assoluta necessità, perchè i popoli sostenevan
comune. Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano
era
senza dubbio quello di Delfo ; e Apollo a cui att
ora direbbesi, neutralizzato, e reso indipendente e sacro. Il governo
era
aristocratico o più veramente oligarchico, dipend
della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed
era
tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di que
passata nella lingua italiana. Il furore divino che invasava la Pizia
era
l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali
orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie
era
la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e da
o fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile
era
quello di Claro nel territorio di Colofone, perch
esser poco frequentato appena che acquistò fama quello di Delfo, che
era
il più centrale della Grecia e rendeva responsi i
lle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui
era
formata l’immagine del Nume, come asseriscono Dio
Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo
era
corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessan
ei287). Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli
era
in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’
e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali
era
una contradizione, la negazione della loro stessa
Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi
era
cessata col sorger del Cristianesimo ; e così ass
no gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che
era
l’effetto naturalissimo della impostura dei sacer
Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile
era
fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra l
in appresso Cicerone a dimostrare filosoficamente che la Divinazione
era
immaginaria e insussistente, e Catone ad asserire
per cui distinguevansi diverse città della Grecia, rammenta che Delfo
era
illustre per l’oracolo di Apollo : « Laudabunt a
i Ateniesi, non l’avrebbe appellata divina ; e che perciò la minaccia
era
contro i Persiani, i quali dall’oracolo eran chia
a le stesse passioni dell’uomo deificate, come la Invidia ecc. Questa
era
la più generale divisione delle gentili Divinità,
e, dover cioè venire un giorno, in cui da uno degli stessi suoi figli
era
spogliato temerariamente del Regno, con inudita c
’ albori a questo Dio dedicati erano il faggio, e la quercia, e tanto
era
il rispetto per questi, che si giunse pure a cred
liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio
era
addetto alle purificazioni da farsi mercè il mini
ficazioni da farsi mercè il ministero delle acque, questo mese ancora
era
a lui consacrato, come general presidente alle ac
ichiamando nel lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spogliato si
era
il gran padre istesso, con braccia distese in gen
cito insegnarli i moltiplici usi del ferro, e del fuoco, a quali cose
era
egli naturalmente inclinato ; onde somministrare
il buon Nume verso quel padre, che un dì troppo barbaro dimostrato si
era
con lui ; laonde benchè distratto da mille occupa
me partissi per consultar l’oceano pronta ad eseguire quanto quello l’
era
per svelare ; ma per buona sua sorte stanca ferma
e sorriso un fiore additolle, di cui il solo tocco, ed odore valevole
era
all’impresa. Impaziente allora con piè veloce al
sa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fierezza
era
costantemente rapito, perder non volle il suo car
, sagrificii e, feste in suo onore, e culto ; benchè forse non minore
era
il culto, che da’ Romani a lui si prestava, si pe
e assegna Latt. lib. I de Fals. Rel. Cioè, che ad ogni Dio per quanto
era
possibile deputavasi una congrua vittima : quindi
cconvenivano ad un Dio di terrore, e destrezza, qual Marte appunto si
era
, potendosi applicare a tal proposito quella ragio
ace, a giuochi, alle adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil
era
potersi spedire di tante faccende, se il vantaggi
Argo dotato di cento occhi, alla cui vigilanza per cagion di gelosia
era
stata affidata da Giunone la Principessa Io cambi
porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri, di cui egli
era
Dio, quantunque volte avveniva passar per quelle,
Nume. Egli sebbene fra il sodalizio degli Dei uno de’ più rinomati si
era
per cagion del suo vasto singolare sapere ; pur t
lasciarsi dell a passione di lui, che in sembianza di tenero amante l’
era
apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica
attaccare il potente uccisore, le sue furie convertì contro di chi n’
era
stato il ministro, ammazzando perciò i Ciclopi fa
iglia se molto esteso si legge il suo culto. Con particolar modo però
era
egli adorato in Delo, Claro, Timbra, Pataro, e so
a prestarle soccorso ; vano però fu il lor potere. Colui sol, che n’
era
stato il molto industrioso Fabro esserne poteva i
’ aggiunta d’ un cuculo sul suo scettro, perchè in quello cangiato si
era
Giove per ottenerla al fine dopo tante reiterate
po tante reiterate ripulse in sua sposa. Suoi nomi. Con varii titoli
era
questa Dea comunemente salutata. Fù detta Argiva
a. Fù detta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore
era
il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che
an vigore era il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che solito
era
portarsi dalle spose nell’andare a prender marito
rovar sul lago di Siracusa il velo, che negl’amari contrasti scappato
era
dalle chiome della diletta sua figlia, e fatta qu
suoi affannosi viaggi(1). Di questa festa da durare nove giorni tanta
era
la celebrità, che neppur gl’iniziati ad essa pote
; soggetti però a si sacro, ed inviolabil silenzio, che dalla società
era
ben tosto bandito chiunque osava violarlo. Il sec
entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni di sua allegrezza facil
era
il giudicare gl’interni affetti per la sua amata
nsi di amore, di venerazione, e di culto, che per empio, e scellerato
era
tenuto chiunque ricusava prestargli sacrificii in
gno di omaggio ben dovuto all’impareggiabile suo merito : anzi perchè
era
riguardata per Dea del fuoco, e pel fuoco istesso
mpii sacri ad altre Divinità ? Quale stupore se ne’ suoi tempii tanto
era
la compostezza de’ suoi adoratori, che anzicche e
altri anni nell’imparare ad altre nuove donzelle le sacre cerimonie,
era
in loro libertà o quivi terminare il resto di lor
ece, e con esito assai infelice. Durante però il tempo di trenta anni
era
ad esse vietato uscire dall’atrio ; eccettuato so
astighi, e privilegii delle Vestali. La violazione della loro castità
era
il massimo de’ delitti, e punivasi colla morte la
embra dal brandir della lancia nelle battaglie, mentre sotto tal nome
era
tal Dea riconosciuta per presidente delle guerre,
Venne ancor chiamata Partenia titolo designante la verginità, di cui
era
amante. Fu detta Tritonia dal lago Tritone, dove
e coll’Egida, che coprivale il petto, qual forte corazza, ove dipinta
era
la terribil testa di Medusa coverta di serpenti p
Sue culto. Questa Dea perchè amica di sensibili, e sensuali diletti
era
da tutti generalmente riguardata. I luoghi però n
o nore i Sacrifici detti Verticordia, acciò degnata si fosse, se pur
era
possibile, di allontanare le impure fiamme da cuo
come sopra si è detto, per cui qual principal divinità de’cacciatori
era
comunemente riguardata sotto il nome di Diana ; i
riguardata sotto il nome di Diana ; in questo sol ristretto però non
era
il suo ammirabil potere. Suo potere e suoi nomi.
a questo pensarono essi, che pendeva ogni cosa, e che nessun mezzo vi
era
per eluderne la forza. Quindi è, che domandato un
, tosto rispose, come abbiamo da Laerzio : Il solo Fato. Nè solamente
era
questi l’arbitro delle mortali vicende, giusta qu
ere col pingerlo tutto truce, e furibondo nel viso, se non perchè non
era
mai da piegarsi a qualunque siasi prece, e sospir
do poi da sagrificarsi le vittime dagli offerenti col capo non velato
era
la cerimonia in preferenza degl’altri Dei del tut
i, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso di queste
era
vietato tenersi senato, insegnarsi nelle scuole,
luto infelicitarsi con lui in quel regno, ove in triste vedute sempre
era
la mestizia, e l’orrore ? Orrore formavano i tre
t dictat iura Megera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso
era
il culto di questa Dea. Il più speciale è da dirs
ne nella Sicilia sotto il titolo di fecondatrice della terra, e tanto
era
il rispetto, che quel popole nudriva per essa, ch
popole nudriva per essa, che il giuramento dato in suo nome non solo
era
il più solenne, ma il più inviolabile ancora, sic
erciò il perno, non solamente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che
era
il più forte nelle sue individuali parole. D’un t
ia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come nel natio suo suolo
era
apparso. Dappoichè non essendo presso i francesi
issi per esporre i moltiplici diversi affetti, da quali tiranneggiato
era
il suo cuore. Per tal circostanza appunto ne avve
l cespo in faccia al rio ; Se più apriva il seno oh Dio, Se la destra
era
più umana Or perduta hò la bellezza, Non son più
zza. Se la mano men rubella Non mi usava tanta asprezza Tutta schiusa
era
più bella Oltre le tre divisate specie di Sonett
Imperocchè mentre un tal verso dai quattro piedi Anapesti, dei quali
era
composto improntò il suo nome, nel decadimento de
di pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Proprio di esse si
era
addormentare col canto i miseri passaggieri, quin
abbia egli il S. uomo voluto intendere l’orrore della solitudine, cui
era
ridotto, prendendo allegoria da alcuni solitarii
arte. Sua contesa con Nettuno. (1). Saggia pur troppo, e prudente si
era
la condotta, che tener dovevano i legali, che pre
di Silvestro papa è del tutto abolita, ciò avvenne sì perche cessato
era
già il fine, si perche sulla pietra immolar si do
i, che fa ravvisar con maggior chiarezza il gran pregio delle Vestali
era
, che incontrandosi colli stessi consoli, questi p
ortossi da un oracolo per sapere cosa egli rispondesse. La intenzione
era
di schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che
e era di schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che quell’uccello
era
morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo,
odezze. Sue vendette. Suo ritratto. (1). Non una, e sempre la stessa
era
la materia, di cui erano composte le corone degl’
cune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi
era
la corona di questo Dio legga chi vuole S : Ag. l
o dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale
era
figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli storic
itologia, poichè abbiamo già veduto nel N. XI, che di Inaco re d’Argo
era
figlia la Ninfa Io trasformata in vacca, e poi in
a in vacca, e poi in Dea, sotto il nome di Iside ; e parimente d’Argo
era
re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel
da Danae ucciderebbe l’avo. Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo
era
troppo crudele, cioè di uccider subito la figlia
e della lor vanità, e furon chiamate le Gorgoni dalla voce gorgon che
era
il nome di un orribile mostro affricano. Le crede
inità marina, e perciò le chiamavano ancora le Fòrcidi. Più terribile
era
Medusa per la fatal proprietà di cangiar gli uomi
olpire la testa di Medusa. Dante asserisce che a tempo suo la Gorgone
era
già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta ch
guardando in giuso ; « Mal non vengiammo in Teseo l’assalto. » E non
era
un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso gl
; ma non potendo pervenire ad uccidere il mostro colla spada, perchè
era
più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio
a una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a cui Andromeda
era
stata promessa in isposa, ma che però non si era
neo, a cui Andromeda era stata promessa in isposa, ma che però non si
era
mosso per liberarla dal mostro marino, e quindi a
e Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più di 1900 anni avanti l’
era
volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico d
: o glorïosa Madre, « O re del Ciel, che cosa sarà questa ? « E dove
era
il rumor si trovò presta. « E vede l’oste e tutta
e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano
era
considerata come la Dea della Terra : ora aggiung
principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non
era
atta alla produzione e conservazione dei vegetabi
recinzia, Dindimene, Idèa 43, Pessinunzia, dai monti e dai luoghi ove
era
adorata. Le era particolare il titolo di Gran Mad
ene, Idèa 43, Pessinunzia, dai monti e dai luoghi ove era adorata. Le
era
particolare il titolo di Gran Madre, tanto in gre
o del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo,
era
anche la madre di Giove re supremo, del quale era
ata in Asia nella città di Pessinunte. Il viaggio di andata e ritorno
era
un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo :
il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio,
era
cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia era
te a suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia
era
una pietra informe che i Frigi credevano caduta m
e città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Antichi, che
era
il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ;
tichi, che era il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ; e le
era
sacro il leone come il re degli animali terrestri
ome le dita ; dal greco termine dactilos che significa dito. A Cibele
era
sacro il pino, perchè in quest’albero fu da lei c
o fu da lei cangiato un suo prediletto sacerdote chiamato Ati, che si
era
per disperazione mutilato e poi precipitato fra i
concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre di Romolo,
era
stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale.
come simbolo della creduta perpetuità del romano impero47. Il tempio
era
piccolo e di figura circolare o vogliam dire cili
ne di quelli. La Vestale che avesse lasciato spengere il fuoco sacro,
era
battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice
dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità
era
seppellita viva, in un campo, detto scellerato, f
assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che
era
il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la
a loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano
era
tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità d
47. Il Palladio Troiano, che dicevasi trasportato da Enea in Italia,
era
affidato alla custodia delle Vestali, che lo tene
upplizio delle Vestali. Alcuni autori dicono che la Vestale colpevole
era
calata in una stanza sotterranea nel campo scelle
cellerato, e postole appresso un pane, un vaso d’acqua ed un lume, vi
era
chiusa ermeticamente e abbandonata senz’altro al
sopra tanta terra da riempire tutto il sotterraneo ; e la morte così
era
inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel p
abile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso. Al secondo modo
era
simile la pena detta della propaginazione, che da
più strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza della prima che
era
più semplice e naturale, fece dare a questa Dea i
mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che
era
nata dalle onde del mare per dire che era uscita
fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che
era
uscita da quelle. Quindi alludendo a questa origi
ndo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. Venere
era
considerata in principio come Dea dell’Amore, e p
a dire che questa Dea, per la sua singolare e impareggiabil bellezza,
era
ambita in isposa da tutti gli Dei ; e questo è na
di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più
era
zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’eser
e le tre Grazie si annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido
era
creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le
ustizia senza schermi ? » (Purg., x, 123…) L’Amore malnato e maligno
era
rappresentato con una farfalla tra le dita e in a
i dalle colpevoli passioni. Imene o Imeneo, l’altro figlio di Venere
era
il Dio delle Nozze, o vogliam dire del Matrimonio
el popolo romano. Venere giovanetta uscita appena dalle onde del mare
era
rappresentata nuda e in una conchiglia marina, op
edici che si ammira nella galleria degli Uffizi in Firenze. Ma quando
era
considerata come moglie e madre, dipingevasi sple
ra un elegantissimo carro tirato dalle colombe : il fiore a lei sacro
era
la rosa, l’albero il mirto. Si aggiogavano al car
ano fu dunque considerato come il più antico degli Dei marini, perchè
era
il mare stesso, come Urano il più antico degli De
ra il mare stesso, come Urano il più antico degli Dei celesti, perchè
era
lo stesso Cielo. Quindi non solo i poeti greci e
000 ninfe Oceanine. La sua moglie che l’arricchì di sì numerosa prole
era
Teti 213), dea marina anch’essa, ben diversa però
ana dai fianchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione
era
quella di tenere allegre le Divinità del mare (co
Satiri le terrestri Divinità) e di suonar la tromba marina 218), che
era
una conchiglia ritorta simile a quelle dette volg
are la dea Leucotoe, il dio Palemone e il dio Glauco. La dea Leucotoe
era
in origine la regina Ino moglie di Atamante re di
basteranno a compir la narrazione del mito. « Nel tempo che Giunone
era
crucciata « Per Semelè contra ’l sangue tebano, «
so ; « E quella s’annegò con l’altro incarco »221. E l’altro incarco
era
l’altro figlio chiamato Melicerta ; e la favola a
uoi più straordinarii e sublimi concetti. La favola è questa : Glauco
era
un pescatore della Beozia, il quale un giorno si
in mar cogli altri Dei »223. Proteo, secondo gli antichi Mitologi,
era
figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio
primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima legato, ed
era
costretto a rispondere veracemente alle domande c
ico, ma non le rivela, se non costretta. Il modo di costringer Proteo
era
quello di legarlo ; ed egli allora prendeva succe
ra che Achille, quantunque godesse i primi onori nei Campi Elisii, si
era
potentemente annoiato di quel soggiorno, anche po
iorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che
era
andato a visitare il regno delle ombre, « Non co
illustre « Parlami invece. » (Odiss., xi, trad., di Pindemonte). Non
era
dunque uno stato felice quello che produceva la n
anche in bocca alle Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non
era
tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e
ella descrizione delle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi
era
stata un poco più feconda che in quella delle bea
o una breve rassegna. La pena generale per tutti i dannati al Tartaro
era
quella di esser tormentati dalle Furie e gettati
on le man, coi piè puntando, « Spingea ; ma giunto in sul ciglion non
era
, « Che risospinta da un poter supremo, « Rotolava
talo è anche più straordinaria la colpa non meno che la pena. Tantalo
era
figlio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli
bra, e facendogli d’avorio la spalla mancante. Questo strano racconto
era
così divulgato e creduto, che i Pelopidi, ossia i
lla palude che cinge la città di Dite. Salmoneo, fratello di Sisifo,
era
sì pien d’orgoglio per aver conquistato l’Elide,
i fece così una felice allusione al continuo attinger dell’acqua, che
era
la pena delle Danaidi. 252. « Pars in gramin
itur tellure repostos. » (Virg.,Æneid., vi, v. 642.) 253. Pitagora
era
nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel l
to Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agli altri Dei, perchè egli
era
considerato come il portiere delle celeste reggia
abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta
era
madre di Evandro, e che esulando insieme col figl
un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non
era
nè la Giunone Argiva, nè la Giunone Romana. La De
a Dea Muta non ci danno notizia che Ovidio e Lattanzio ; e dicono che
era
una Naiade, la quale fu privata della favella da
na il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile
era
uno scudo di figura ellittica e perciò privo di a
e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa,
era
divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dal
va la festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Perenna
era
una Dea adorata soltanto dai Romani, perchè crede
rosissime venuta nel Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè
era
considerata come una Ninfa del fiume Numicio. Ovi
no, di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè
era
di una così scrupolosa modestia e castità, che si
ome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra,
era
creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medes
glio direbbesi due volte nato, perchè la così detta seconda madre non
era
una femmina, ma un maschio. Convien dunque darne
con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui
era
attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una p
’uva non hanno bisogno di spiegazione ; l’ellera colla sua freschezza
era
stimata dagli Antichi un. sedativo ai calori ed a
poeti dicono che egli non sempre le portava, il che significa che non
era
sempre ubriaco. Coloro però che vogliono attribui
rumore strepitoso e selvaggio di gente che sembra impazzata. E questo
era
il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e spec
evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste di lui ; ed
era
la greca voce Evoe, che in latino s’interpreta Eu
vante, che significa fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che
era
una specie di vite e d’uva anticamente chiamata s
io dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che
era
avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tu
ecc. ; così il nome di Bacco ad indicare il vino. E Bacco in origine
era
simbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favo
doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio,
era
un cantico in onore di lui ; nel qual genere di p
ò colle profane « E le cose ridicole alle serie. » 203. Il crotalo
era
uno stromento a percussione, composto per lo più
ostici ; e se il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o,
era
indizio di prossimi e inevitabili guai. Quanto al
ualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio
era
funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano q
o a sperare o a disperar d’una impresa. In ogni caso poi il loro zelo
era
sostenuto dai ricchi guadagni e dai lauti banchet
elle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali
era
vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far
o, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli
era
vietato di veder lavorare la gente ; laonde quand
monia religiosa nei sacrifizj. Il sacerdote assaggiava il vino di cui
era
colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli assiste
la magia. Medea l’aveva propagata nella Tessaglia, ec. La Chiromanzia
era
una parte della magia, e consisteva nel predire i
vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima
era
dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali
ali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto
era
un sacrifizio nel quale la vittima veniva interam
erchè essi arrestavanu e legavanu i rei. 6. Acqua comune nella quale
era
stato spento un tizzone preso di sull’ ara. La te
umana, e facendola di origine divina. Anche Orazio disse che l’anima
era
una particella dell’aura divina 27). Questa per v
no però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo
era
già la specie umana sparsa in diverse regioni del
e nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale
era
sul monte Gianicolo. Raccontano dunque i poeti ch
erivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perchè vi si
era
nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30. I più cre
’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’anno. Saturno
era
adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva
attributi ed uffici si riunivano in uno stesso soggetto, che inoltre
era
considerato e come uomo e come Dio. La Grecia non
reco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). Giano
era
rappresentato con due faccie, e talvolta con quat
ave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano
era
il celeste portinaio, ma ancora il custode delle
oleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada. Celebre
era
in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo
ores voluerunt) utere ; narra. 37. Il pianeta di Saturno dai Greci
era
detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone nel lib.
essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. Egli
era
figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sett
i trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. Dai Greci
era
chiamato Erme, che significa interprete ; perciò
ssero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. Poichè egli
era
l’interprete e il messaggiero degli Dei, supposer
oleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si
era
saputo cattivare l’affetto di tutti, o secondo la
consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo
era
il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasci
lmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale. Talvolta
era
rappresentato Mercurio con una catena d’oro che g
dall’orecchio al cuore157, perciò gli Antichi asserirono che Mercurio
era
valentissimo nella musica, ed aveva pur anco inve
sercizii tanto pregiati dagli Antichi160. Perciò il culto di Mercurio
era
estesissimo, e Cesare nei suoi Commentarii ci las
atini non solo i mercanti, ma anche gli uomini dotti, perchè Mercurio
era
pure il Dio dell’eloquenza164 ; Mercuriali (secon
ione, che è qui posto a significare il pianeta di Venere, la qual Dea
era
figlia di Dione. 164. Orazio si annovera da s
gerito dalla Ninfa Egeria. La base adunque della religione dei Romani
era
il politeismo dei Troiani e dei Greci già profess
ine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali
era
ammesso o almeno tollerato il culto in Roma, dopo
el tempio d’Iside a pregar la Dea per la salute di Tibullo stesso che
era
infermo in Corfù. I sacerdoti Isiaci portavano il
ta la stessa Dea Iside. Lo stromento sacro per le cerimonie religiose
era
il sistro, formato di una larga lamina di metallo
me di Bue Api. Questo bue aveva il pelo nero, e soltanto nella fronte
era
bianco ed in alcuni punti della groppa. I sacerdo
i Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che
era
morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto c
o tre giorni, avendo già pronto un altro bove simile, dicevano che si
era
ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne face
endo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o
era
risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa
tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che
era
considerato come Dio del silenzio, e perciò rappr
mpresa, come Achille nella guerra di Troia. Lo scopo della spedizione
era
la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo
re. Chiamasi il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana
era
coperta di fili d’oro. S’intende subito che quest
giore unità e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone
era
figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurp
dei nostri novellieri. Gli Argonauti sapevano soltanto che quel paese
era
fra settentrione ed oriente, e in quella direzion
riente, e in quella direzione volsero la prora. Il capitan della nave
era
Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo d
da bocca, perchè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe,
era
anche il più gran divoratore, e mangiava per cinq
(arpazo) che significa rapire 69. Ad essere infestato da tali mostri
era
condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizi
mitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo, di cui si
era
valso in altri luoghi del suo poema, narra la lib
umor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon di questo,
era
nïente. » (Or. Fur., xv, 14.) Conosciuti i mezzi
vevano rapito il giovinetto Ila ; il che in prosa significherebbe che
era
annegato in quella fonte ov’egli andò ad attinger
i tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto,
era
questa, com’è veramente, la più bella e sapiente
he la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome,
era
detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbri
) : « Sovra candido vel cinta d’olivo, » e poco, dopo soggiunge che
era
quel velo « Cerchiato della fronde di Minerva ;
civetta o un gufo, animale a lei sacro. Secondo alcuni poeti l’egida
era
un’armatura del petto con la figura della mostruo
testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura
era
sculta nello scudo per opera di Vulcano. Perchè p
invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la sua festa in Roma
era
solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli arti
er cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169. Questa Dea
era
venerata al par di Giove da tutti i popoli civili
nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua
era
chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però
o naturale, e vi si univa qualche epiteto o aggettivo per indicare se
era
pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o re
ntrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed
era
trasportato velocissimamente per mare, girando a
, come dice Dante, inventarono i mitologi che tra i figli del Sole vi
era
una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la quale
Sole. Fetonte, il cui nome di greca etimologia significa splendente,
era
creduto figlio di Apollo e della Ninfa Climene. F
per fanciullesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli
era
figlio di Apollo col guidar per un giorno il carr
ogia. Esculapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci,
era
figlio di Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu
eri adoravano e a cui raccomandavansi nelle loro infermità. Esculapio
era
rappresentato con volto maestoso e in atto di med
e il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al quale
era
attortigliato un serpente, simbolo della prudenza
r descritto il carro di Beatrice, alferma che neppure quello del Sole
era
si bello e ricco ; e che anzi al confronto parreb
» 111. « Sì che le bianche e le vermiglie guance « Là dove io
era
, della bella Aurora « Per troppa etade divenivan
uesto vuole « Quei che la dà perchè da lui si chiami. » 113. Il Po
era
chiamato dai Latini Eridanus e Padus ; e i nostri
ibuto di affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi241. Plutone
era
rappresentato assiso in un trono di zolfo, con vi
na mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che
era
una forca bicorne : in capo avea la corona ; un m
a confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo
era
il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inf
e, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che
era
figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco ag
ra riva dello Stige o dell’Acheronte. La favola ci fa sapere che egli
era
figlio dell’ Erebo e della Notte ; che era vecchi
vola ci fa sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della Notte ; che
era
vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido
le sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi
era
inappellabile. Questi giudici si chiamavano Minos
e riposo « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young,
era
per gli Antichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo
e Giudici dell’Inferno pagano, Dante ha impiegato soltanto Minos, che
era
il presidente di quel tribunale ; ma nell’Inferno
anto uffizio. — Un commentatore Darwiniano direbbe che questo giudice
era
uno scimmione precocemente perfezionato nella int
superbo e fero « Che i cuori indura e serra » come dice il Petrarca,
era
il Dio della guerra selvaggia, feroce, di estermi
come troviamo scritto in Omero. Differiva pertanto da Minerva, quando
era
considerata anch’essa come Dea della guerra, quan
u tenuta per favorevole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione
era
dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173.
ecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non
era
il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi
che d’Attila rimase178 « Avrebber fatto lavorare indarno. » A Marte
era
sacro il gallo, animale vigile e pugnace, emblema
179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo che
era
in quel tempo il primo mese dell’anno. A Marte e
ai marziali esercizi fu consacrato in Roma il campo Marzio, che prima
era
un fondo rustico, ossia un vasto podere appartene
che osservò e descrisse il corso lunare raccontano i mitologi che si
era
invaghita la Luna stessa. Chiamavasi egli Endimio
o di Endimione, paragonando a quello il sonno della morte138. La Luna
era
adorata da quasi tutti i popoli idolatri ; e Cesa
ta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana
era
considerata come Dea della caccia ; e credevasi c
ureo monile in forma di luna crescente. Come casta Diva e cacciatrice
era
d’indole seria e sdegnosa. Anche Orazio la chiama
Anche Orazio la chiama iracunda Diana ; e si racconta perciò che ella
era
inesorabile e puniva severamente qualunque colpa
e che qui il Petrarca parla soltanto metaforicamente. La Dea Triforme
era
considerata come Ecate nell’Inferno. Su questo te
n cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6 di giugno, 356 anni avanti l’
era
cristiana. Fu ben presto rifabbricato non meno sp
Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco
era
Zeus, e in latino Jupiter. Il nome latino è conse
Giove l’invenzione e la protezione della ospitalità ; Tonante perchè
era
creduto signore del fulmine. In Roma gli furono e
Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. La dignità e maestà di Giove
era
descritta dai poeti più grandi e più sommi con es
di questa suprema divinità del paganesimo64. Nell’Affrica questo Dio
era
adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la
rchè credevasi che spesso abitasse sul monte Olimpo, ma ancora perchè
era
adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponn
to Olimpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio di Giove Ammone
era
quella che ora si chiama Dakhel, che resta all’ov
me reggia divenuta macello e cucina di carne umana. Trovò che la fama
era
minore del vero, poichè alla crudeltà ed alla bar
asi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli non
era
un Dio, sarebbe toccata anche a lui la stessa sor
rale esterminio ? Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione
era
figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era fig
dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra
era
figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rima
i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che
era
sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di ess
to l’azione del fuoco o del calore sotterraneo, in quanto che Vulcano
era
il Dio del fuoco e aveva le sue fucine sotto i mo
ungeremo in ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo
era
figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Eur
n bianchissimo e placidissimo toro. Europa vedendolo così mansueto vi
era
salita in groppa per giovanile trastullo ; ma il
e dei compagni rischiò la propria vita combattendo con quel drago che
era
sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise.
avesse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove
era
suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco s
prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia
era
detta degli Sparti, che significava seminati, all
ente ucciso da Cadmo58. Anche la trasformazione di Cadmo in serpente
era
tanto famigerata presso gli antichi Pagani che ta
na, Ilitìa e Genitale, ai parti ; e sotto questi appellativi o titoli
era
invocata dalle matrone, e in generale dalle donne
e fosse sacro alla Diva dalle bianche braccia. La concordia coniugale
era
già rotta da gran tempo fra Giove e Giunone ; e O
u tranquillo adempi ogni tuo senno. » (Trad. del Monti.) Malcontenta
era
sì, ma non rassegnata, come ben si capisce da que
Anche Dante descrivendo nel Canto xxix del Purgatorio il carro in cui
era
trionfalmente portata Beatrice e facendolo simile
dei quattro mistici animali a quelli del mitologico Argo : « Ognuno
era
pennuto di sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e
scorcio del secolo xvii fu il primo a distinguere che la luce solare
era
composta di un infinito numero di raggi di differ
o per l’uso a cui erano destinate. La prima chiamavasi il Tartaro, ed
era
luogo di pena per le anime dei malvagi : la secon
lo Stige, l’ Acheronte, il Cocìto, il Flegetonte e il Lete. Lo Stige
era
considerato come un Dio fluviatile, e per le sue
luviatile, e per le sue acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento
era
inviolabile : onorificenza che fu accordata allo
’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua
era
sì bassa da poterlo guadare, bisognava necessaria
tornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. Il territorio del Tartaro
era
orrido e sterile come il paese della Fame descrit
sue stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza di Plutone non
era
negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifest
poesie e principalmente i Fasti e le Metamorfosi che ne son piene, si
era
accinto a cantar la guerra dei Giganti, e non dei
lior diritto fosse degli Dei che rimasero vincitori, mentre in questa
era
più veramente dei Titani che furono vinti. Erano
e di diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche ; ma la seconda
era
stimata, come direbbesi modernamente, una irruzio
cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed
era
tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un
io il gigante Tizio che si estendeva per nove jugeri, ed Encelado che
era
lungo quanto la Sicilia, e Tifeo che toccava il c
nti, molte e strane vicende. Una delle più impossibili ed incredibili
era
tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili
a contenuta nell’invenzione di questo Dio e de’suoi attributi. Di che
era
simbolo Vulcano ? Evidentemente del fuoco, senza
adde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual Dio. Lemno
era
un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la
sino alle ultime conseguenze ! Chi si ricorda che anche Vesta giovane
era
considerata come Dea del fuoco, non si dovrà mara
a corporatura e di forze corrispondenti alla medesima. La loro stirpe
era
quella stessa dei Titani, poichè credevasi che fo
e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi
era
figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e questi c
chiamavasi Polifemo (il qual greco vocabolo significa celeberrimo) ed
era
considerato come il re di tutti gli altri, i qual
glia Fenzi. Nelle antiche Guide della Città, uno di questi due Satiri
era
attribuito a Michelangelo. I poeti italiani hanno
molto a proposito fu creduto figlio del Sonno e della Notte. Da prima
era
stato ricevuto nella corte celeste come buffone d
ivo portava in mano un piccolo cipresso divelto dalle radici17. Pale
era
la Dea dei pascoli e dei pastori18. Anticamente,
compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. Opportunamente gli
era
data per moglie la Dea Pomona protettrice dei pom
simbolo vero e proprio della romana costanza, fu il Dio Termine. Non
era
altro che un masso, o uno stipite di pietra rozza
oma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale
era
situato, come affermano gli archeologi, ove ora e
speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli
era
il maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi
l maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemosine che
era
la Dea della Memoria (come indica il greco vocabo
ti adorano e invocano le Muse con entusiasmo senza pari. In Dante poi
era
sì grande e sì fervente il culto per queste Dee,
o sdegnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro di esso, perchè
era
suo padre e più potente, uccise i Ciclopi che fab
in cipresso il giovane Ciparisso, perchè questo pastorello suo amico
era
morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo
(all’Arca) « Trescando alzato l’umile Salmista, « E più e men che re
era
in quel caso. » (Purg., x, 64.) 124. « Io v
II Il Caos e i quattro elementi Il Caos
era
considerato dagli Antichi come il principio di tu
steva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso
era
un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordina
ro altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli
era
stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta c
ano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie
era
la Notte. Dei figli parleremo in appresso e direm
onfusi e misti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria
era
priva di luce. Non asserisce però che il Caos ste
essuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno
era
limitato dalle speciali attribuzioni degli altri
scuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò
era
vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove,
se, oltre Lattanzio, non ne parlasse anche Plinio il Naturalista ; ed
era
il Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè a
render più fertili i terreni col fimo o concime. Plinio asserisce che
era
questi un re d’Italia deificato per sì utile inse
icio si conosce e s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’
era
un bel numero nel Politeismo, come per esempio, i
dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitivo
era
Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di B
na lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che
era
una commendatizia, mentre invece conteneva la com
n imprese pericolosissime, immaginando che vi sarebbe perito, se egli
era
reo, oppure darebbe una prova della sua innocenza
mmirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che
era
sorella di Stenobea. Questa, quando lo seppe, agi
55. Anche i poeti latini, quando volevano significare che una cosa
era
impossibile o incredibile, o almeno che essi la s
il padre degli uomini e degli Dei. E questo Dio più potente di Giove
era
il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti il Destino,
otente di Giove era il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti il Destino,
era
figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, s
ngevansi dagli Antichi la Necessità, la Fortuna e la Morte ; e questa
era
anche chiamata l’estremo fato o l’ultima necessit
ne ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. In greco
era
chiamata Tiche, ed aveva gli stessi attributi del
inevitabili dai mortali. Finalmente la Morte, secondo il Paganesimo,
era
anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutric
Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso
era
composto si divisero ; e divisi che furono, il fu
le e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che
era
regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole e
Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole
era
detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta
origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre
era
figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta
e era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove100),
era
appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone.
e lo empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge : « Ancor non
era
sua bocca richiusa, « Quando una donna apparve sa
presta « Lunghesso me per far colei confusa. » E questa donna santa
era
la Virtù, che stracciando le pompose vesti che cu
collocati fronte a fronte geograficamente. La favola dice che Scilla
era
figlia di Forco divinità marina e di Ecate dea in
a di Forco divinità marina e di Ecate dea infernale, e che in origine
era
bellissima, ma poi per gelosia di Amfitrite, o, s
e voglion dire fanciulle marine e uomini marini. 228. Anticamente vi
era
su quella costa una città chiamata Scilla ; ed or
ero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici
era
divenuto un vile atto di adulazione al potere ass
uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza, a cui
era
dovuta la prostrazione del partito aristocratico
vorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il quale
era
seppellito o arso segretamente. I medici per sett
che ergesi a volo, ed inoltre vi si legge la parola Consecratio, che
era
il termine officiale latino significante l’apoteo
uron contemporanei coloro che vi presero parte. Calidone o Calidonia
era
la capitale dell’Etolia a tempo del re Oeneo, cir
inghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed
era
impresa pericolosissima l’andare ad assaltarlo là
o e istupidito e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che
era
già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli
ento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi
era
ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e
a Mitologia. Infatti risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia
era
eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anc
risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos
era
un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che
ra. Che più ? anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce,
era
una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli
i : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali
era
detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ;
seconda classe comprendeva gli Dei inferiori o terrestri 6 ; la terza
era
quella degli Eroi o Semidei ; e la quarta delle V
nome derivava dall’antico verbo latino geno, che significa generare),
era
detto il Dio della Natura, e consideravasi perciò
coll’albero ; e davasi questo titolo a quelle Ninfe la cui esistenza
era
legata alla vita vegetativa di una data pianta ;
farne qualche cenno. La Ninfa Eco figlia dell’ Aere e della Terra si
era
invaghita del giovane Narciso figlio della Ninfa
rciso figlio della Ninfa Liriope e del fiume Cefiso ; il qual Narciso
era
così vano della propria bellezza che non amava ch
rodotta dallo straripamento del lago Copaide. Anche ai tempi di Silla
era
celebrata in Atene una festa che ricordava questo
o, su cui Danao approdò in Grecia, servi di modello ai greci operaj ;
era
grandissimo, e spinto da cinquanta rematori. (Ved
o, regna a Sicione. 1280. Caduta di Troja. 162 L’armata dei Greci
era
composta principalmente di guerrieri di Micene, d
turno e di Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e della Terra),
era
considerata come la Dea delle biade che in sua st
over cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non
era
la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui
rca della smarrita Proserpina. La vittima che sacrificavasi a Cerere
era
la scrofa, perchè, dice Ovidio, scava col suo gri
a sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la quale
era
stata da Giunone cangiata in voce, in punizione d
a sembra significare che solo ai detti suoi l’Eco rispose. Questo Dio
era
adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pa
t. « Di Orazio sol contra Toscana tutta » dichiara che questo fatto
era
più famoso che credibile : « Rem ausus plus famae
etto nella classazione generale degli Dei (V. il N. III) che il Genio
era
considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine
per essere inteso da loro ; ma in cuor suo e per intimo convincimento
era
monoteista. Bastino a provarlo le seguenti massim
e diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed
era
il titolo che si dava soltanto al principe delle
articolare di Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome Urano
era
un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il
ipoti, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta
era
quella di far girare intorno alla Terra il firmam
ide ed i Troiani. Qual Nume dunque poteva esser perfetto, se tale non
era
neppur la Dea della Sapienza ? E se un Nume non è
logi e dai poeti attribuiti. Ma della Dea Nèmesi, Dea della vendetta,
era
pubblico il culto ; e fu generale tra i Pagani il
raziocìnio, come avvenne difatti. Giove, il supremo degli Dei pagani,
era
più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava,
i pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o gli
era
dato immeritamente il titolo di Ottimo. Nel n° XI
nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina :
era
per lo più questa la causa delle antiche guerre.
qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli
era
più giovane, in quale più vecchio : dal che deduc
sempre un poco più in là. Il Padre Tebro poi, ossia il fiume Tevere,
era
un personaggio molto serio, ed in certi casi anch
utarco e di altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo Scamandro
era
un fiume navigabile diverso dal Xanto. I moderni
ainly regarding Homer’s parentage, his birth-place, or even the exact
era
in which he lived. Seven cities contended for the
some placing him in the ninth, others in the tenth century before our
era
. The latter opinion is the more probable. Accordi
hought to have lived in Bactria about twelve hundred years before our
era
. Ques. Was the Zend-avesta written by Zoroaster?
Ans. That they were written in the second thousand years before our
era
, a little later, probably, than the Books of Mose
should be accidental. It is supposed this book was written after our
era
by some one who had heard imperfect accounts of t
ry of Solomon — that is, he lived about one thousand years before our
era
. He was the son of a king, and was distinguished
of Buddha first introduced into China? Ans. About the year 65 of our
era
. From China it spread to Corea, Japan and Java. I
s we have seen, was introduced into China in the first century of our
era
. Ques. Who was Confucius? Ans. Confucius is the
33 ; — suo regno chiamato Età dell’oro, 34 ; — suo culto, 35 ; — come
era
rappresentato, 36 ; — invocato il primo nei sacri
gno, 265 ; — come vien rappresentata, 266 ; — sua egida, 267 ; — dove
era
principalmente adorata, 269. Minosse I re di Cret
ando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più
era
di solo pascolo alla curiosità giovanile. È noto
i della sua moglie Cibele. Convien sapere prima di tutto che Saturno
era
considerato come il Dio del Tempo, e perciò in gr
isi poi le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici, parve, com’
era
veramente, prostituita la religione al potere pol
a origine, e che significa adoratori delle immagini sculte o dipinte)
era
dato ai Pagani, perchè rappresentavano e adoravan
oculare : « locus ubi focus accenditur. » Questa parola foculare, che
era
ed è barbara in latino, è divenuta la pura e schi
on le donne pudiche i fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo
era
figlio di Giove e di Segesta figlia d’Ippota troi
eir union was a happy one, and was called the age of silver, being an
era
of virtue, less pure, however, than that of the a
what may be seen in many other statues belonging to that astonishing
era
which produced it: such a countenance is seen in
about one thousand four hundred and ninety years before the christian
era
. In stories so remote, it is difficult to separat
acular deities of Dodona and Delphi. Even in the fifth century of our
era
, it was not unusual to anticipate the Fates by co
m appears to have been introduced into China about the year 65 of our
era
. From China it subsequently extended to Corea, Ja
me of Venus, because she was worshiped in the island of Cyprus. Cyth′
era
[Cythera]. A name of Venus, from the island to wh
pears in the works of Apuleius, a writer of the second century of our
era
. It is therefore of much more recent date than mo
conceded to be a work of Roman art, of about the first century of our
era
(and follows a type fashioned by a Greek sculptor
ecrops; see Hersë; Com. § 151. Agni; see Hindoo divinities (1). Agrot′
era
, Com. § 39; see Diana. Ahriman, 36. A′jax, 254, 2
49; his sons, 49, 231, 244; Com. §§ 59, 132 (5)- Hellespont, 244. Hem′
era
, day, sister of Æther and daughter of Erebus and
y, 87, 219, 222, 323; Com. § 129. Li′ber, 88; see under Bacchus. Lib′
era
, 88; see under Proserpina. Li-be′thra, 188; Com.
pears in the works of Apuleius, a writer of the second century of our
era
. It is therefore of much more recent date than mo
supposed to be a work of Roman art, of about the first century of our
era
. It is a standing figure, in marble, more than se
m appears to have been introduced into China about the year 65 of our
era
. From China it was subsequently extended to Corea
hich was, probably? no very wide departure from divine truth. At that
era
, it is imagined that Polytheism likewise was intr
d to have been founded about eight hundred years before the Christian
era
, but Virgil pretends that it existed at the end o
ialects. After the Agglutinative period, and previous to the National
era
and “ the appearance of the first traces of liter
▲