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1 (1897) Mitologia classica illustrata
ro a dignità di dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Zeus, era in origine una divinità, venerata solamente in Ar
ricco sviluppo di leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamente era solo de’ Greci. Gli Dei delle stirpi italiche con
innalzate al più alto grado di eccellenza; quindi il corpo degli Dei era pensato come più grande, più bello, più maestoso
21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza di Zeus era tale che col solo muover delle sopracciglia facev
e il loro potere eccedeva di gran lunga i limiti dell’ umano. Non si era pero giunti al concetto dell’ onniscienza e dell’
giunti al concetto dell’ onniscienza e dell’ onnipotenza; Zeus stesso era in qualche modo limitato nell’ esercizio della su
era in qualche modo limitato nell’ esercizio della sua forza, ad es. era egli stesso soggetto al fato inesorabilmente. Rig
n esso rappresentavasi un gran conflitto di forze della natura; forse era ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologic
ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologici e diluvii, di cui era viva la tradizione e si scorgono anche ora palesi
e ora palesi le traccie nelle viscere terrestri. La Tessaglia appunto era stata scelta a teatro di questa guerra, perchè iv
della seminagione, forse perchè anche Crono in alcune località greche era stato onorato come Dio della maturità, dell’ abbo
Zeus-Iupiter. 1. Il Dio supremo del mondo, il Dio per eccellenza, era per i Greci Zeus, per i Latini Iupiter. La parola
così Zeus è anche il protettore della famiglia; ogni capo di famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nome de’ suoi di
me de’ suoi dipendenti offriva a lui regolari sacrifizi. Insomma Zeus era il Dio Sovrano, il Dio per eccellenza; e il conce
origine alla vegetazione. In secondo luogo ciascuna località ove Zeus era oggetto di culto aveva le sue proprie leggende, i
acquistarono importanza maggiore dell’ altre; di tutte la più antica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già
te la più antica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già era oggetto di culto Zeus quando non eravi ancora in
non eravi ancora in tutta la Grecia alcun tempio a lui dedicato. Ivi era una sacra foresta di annose quercie, le cui fogli
tati. Anche sulla cima del monte Tomaro, a’ cui piedi giaceva Dodona, era venerato Zeus, come del resto quasi tutte le altu
giochi Olimpici in onor di Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte, era la famosa statua di Fidia, della quale parleremo
oco. 5. Al Zeus greco corrisponde il Iupiter dei Latini. Anche questi era il Dio del cielo e dell’ atmosfera, quindi della
ti della natura, anche alle battaglie. Dal lato morale, anche Iupiter era il dio tutelare dell’ onestà, della giustizia, de
r era il dio tutelare dell’ onestà, della giustizia, della lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzion
, della giustizia, della lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzione di lui. Con lui si confondeva il
tutta la Grecia. Ma il monumento più grandioso e degno di ammirazione era la statua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.
quasi significasse: da te vien la forza, da te il vincere. Nel volto era mirabilmente armonizzata la significazione della
pensosa maestà; il petto largo e poderoso diceva la forza. La statua era crisoelefantina, d’ avorio i nudi, d’ oro con ism
ina, d’ avorio i nudi, d’ oro con ismalti colorati il manto. Il trono era pur esso un’ opera immensa in cui alla ricchezza
la sua chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perchè la quercia era a lui sacra, o d’ un ramo d’ olivo, o d’ una bend
cui si faceva dipendere tutta la feracità della terra. La memoria n’ era solennemente festeggiata in primavera, specialmen
e leggende greche maggiore sviluppo che il suo carattere fisico. Essa era specialmente celebrata come rappresentante del vi
ede al marito trovava in lei la sua più alta espressione. Quindi essa era considerata come protettrice del matrimonio e del
delle mogli, datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era venerata quale dea della maternità. 3. In origine
venerata quale dea della maternità. 3. In origine il culto di Era non era molto diffuso. La culla di questo culto fu la cit
to diffuso. La culla di questo culto fu la città di Argo, onde la Dea era preferibilmente chiamata l’ Argiva. Argo, Micene
he il culto naturalmente si allargò sempre più. Da tempo antichissimo era essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e
a in Beozia e nelle isole di Eubea e di Samo. Il suo principal tempio era il così detto Ereo (Heraion), edificato verso il
identifica con Era (Iuno = Iovino, nome femminile di Giove). Dapprima era confusa con Mater Matuta, vecchia divinità italic
ato alla sua tutela; Iuno Lucina presiedeva all’ atto del nascere, ed era invocata da chi stava per divenir madre; Iuno Pro
Capitolino, accanto a quella di Giove. La festa principale della Dea era quella detta Matronalia, che si celebrava il prim
a sul monte Esquilino per offrirle doni e sacrifizi. Alla Iuno Lucina era dedicato il primo d’ ogni mese. — Ancora è da ric
n occasione d’ una pubblica calamita. Per confusione di parole, se n’ era poi anche fatta una protettrice della moneta e de
ade Atena-Minerva. 1. Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena era figlia di Zeus, essendo balzata fuori tutta armat
a terra, il sole avesse interrotto il suo corso. In conseguenza Atena era deità bellicosa, come quella ch’ era nata in mezz
suo corso. In conseguenza Atena era deità bellicosa, come quella ch’ era nata in mezzo alle lotte celesti e coll’ arme in
la ch’ era nata in mezzo alle lotte celesti e coll’ arme in pugno; ma era anche contemporaneamente dea della quieta e seren
benefica all’ umanità doveva avere un culto molto diffuso; e infatti era essa venerata ad Argo, a Corinto, in Isparta, in
done le aveva donato il cavallo, ma Atena l’ albero dell’ ulivo; onde era rimasta vincitrice. Gli Ateniesi poi in particola
ne. L’ Eretteo sorgeva dal lato di settentrione, precisamente là dov’ era la sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si
difizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche ora nelle sue rovine, era dedicato ad Atena Parteno (Parthenos = vergine).
no ogni anno, ma senza processione. 4. L’ italica Minerva o Men-er-va era una dea della mens o dell’ intelligenza come Pall
nalzo Augusto dopo la battaglia di Azio. Come dea della pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la
ni, ed eran dette Quinquatrus perchè cominciavano il 19 del mese, che era il 5º giorno dagli Idi. La più solenne era la fes
iavano il 19 del mese, che era il 5º giorno dagli Idi. La più solenne era la festa del Marzo a cui prendevan parte tutti qu
ai maestri il loro onorario (Minerval). La festa minore, del Giugno, era particolarmente la festa dei musici, e soprattutt
nanzi sostenemmo sulla palma una statuetta della Vittoria alata. Così era raffigurata la dea come se reduce dalla battaglia
opolo ateniese prosperante sotto la protezione della Dea ». La statua era preziosissima, alta ben dieci metri, tutta in avo
oi cagione della condanna di lui. — Un’ altra celebre statua di Fidia era la così detta Atena promachos o propugnatrice, st
i artisti meno antichi; l’ atteggiamento vivace ricorda la statua ch’ era nel frontone orientale del Partenone, rappresenta
i sono l’ egida, la lancia, l’ elmo. IV. Apollo. 1. Febo Apollo era detto, come Artemide, figlio di Zeus e di Leto o
rtorì Apollo (detto perciò Delio, Cinzio) ed Artemide. Delo che prima era un’ isola non fissa, divenne d’ allora in poi una
re solare. E per i benefizi da lui apportati alla vegetazione, Apollo era venerato come Targelio (Thargelios), il calore fe
i frutti della terra (di qui il nome del mese Targelione, o Maggio); era soprannominato da alcuni Sminteo (Smintheus, da s
parnops cavalletta) perchè difesa contro le cavallette. Nota leggenda era quella che faceva Apollo servo pastore di Admeto
ia stato anche pensato come inventore della musica. Il suo istrumento era la cetra o forminx, ed ei la sonava con grande ab
più luoghi del continente ellenico; ma il più celebre senza contrasto era l’ oracolo di Delfo. Ivi la Pizia, sacerdotessa d
sopra una apertura del terreno da cui esalava un vapore innebriante, era invasa da una specie di estasi, durante la quale,
imo, e ancora Giuliano l’ Apostata lo consultò. 3. Il culto di Apollo era diffusissimo fra i Greci, come generale doveva es
ivinità datrice di tanti beni fisici e morali. La città di Delfo però era il luogo principale di questo culto. Ivi sorgeva
avevano luogo i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terren
n meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terreno dell’ isola era considerato come
o, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terreno dell’ isola era considerato come sacro e nessun morto poteva esse
sempre creduto avessero grande influenza su tutta la natura, Artemide era pensata come dea grandemente benefica. Ma aveva a
o al momento del matrimonio, e anche de’ giovanetti; in qualche luogo era anche venerata come dea della maternità, col tito
come protettrice della giustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di
atua di Artemide Taurica. Affatto diversa poi dall’ Artemide Ellenica era quella venerata ad Efeso nell’ Asia Minore. Era c
elle piante, degli animali e degli uomini. Ancora nei tempi cristiani era oggetto di culto; negli Atti degli Apostoli, si r
osi: Magna Diana Ephesiorum « grande è la Diana di Efeso ». 4. Diana era appunto la Deita italità con cui si identificò l’
italità con cui si identificò l’ Artemide dei Greci. In origine Diana era il femminile di Ianus, una potenza celeste, dea l
fatta protettrice delle donne. Un antichissimo tempio in onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nemi, ov’ e
onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nemi, ov’ essa era chiamata Diana Nemorensis; un altro sul monte Alg
di tutti fu il tempio eretto da Servio Tullio sul Monte Aventino, che era tempio comune della lega de’ Latini; dove agli id
ica del tempio, si offriva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Quando più tard
ge e spargimento di sangue. Secondo il suo significato naturale, Ares era probabilmente l’ uragano che si scatena con furio
e l’ uragano che si scatena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto di lui che sua patria e suo soggiorno predi
le e della calma dell’ atmosfera, avido di disordine e di lotta, Ares era detestato dagli altri Dei; lo stesso Zeus lo avev
a Efesto a contemplare il gustoso spettacolo. Secondo altri, Afrodite era la moglie legittima di Ares che per lei genero Ar
ro Armonia, la progenitrice della stirpe Tebana. 2. Non molto diffuso era nella Grecia il culto di Ares. Aveva però templi
entificato con Ares è Marte. Ma è da notarsi che in origine Marte non era già dio della guerra, ma piuttosto il dio della p
visibilmente accompagnasse anche gli eserciti nelle loro marcie, onde era detto Mars Gradivus; dopo la vittoria, gli si ren
izi ginnastici e militari, prendeva suo nome appunto dal Dio Marte ed era a lui consacrato. Tra i templi dedicati a Marte,
oggetto di culto. E poichè il fuoco vien dal cielo, per questo Efesto era stato detto figlio di Zeus. Lo si pensava zoppo;
i attendeva a fabbricare oggetti d’ arte. Secondo un’ altra leggenda, era stato Giove stesso che adirato contro Efesto per
’ aveva afferrato pei piedi e scaraventato giù dal cielo; l’ infelice era precipitato per un giorno intiero, e infine era c
al cielo; l’ infelice era precipitato per un giorno intiero, e infine era caduto nell’ isola di Lenno; i cui abitanti, i Si
, in forma di fulmine. Anche il fuoco sotterraneo, il fuoco vulcanico era messo in relazione con Efesto; là, nell’ interno
del fuoco, il fabbro divino, autore di tante opere in ferro e bronzo, era naturale fosse pensato come protettore delle arti
i ed operai che per l’ opera loro hanno bisogno del fuoco. Per questo era messo in intimo rapporto con Atena, la dea delle
sorriso della bellezza e l’ incanto della grazia. 3. Non molto esteso era nella Grecia il culto di Efesto. Il luogo princip
esteso era nella Grecia il culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era l’ isola di Lenno; ivi, come già dic
ella Grecia il culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era l’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si cred
sa colle fiaccole accese, riportando il premio quegli la cui fiaccola era ancor viva nel giungere alla meta; gioco che dove
el culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande offi
’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande officina dove lo si sentiva co’ suoi C
nefico, principe del fuoco terrestre, utile alla vita e alla civiltà, era nelle antiche leggende italiche fatto sposo di Ma
rante il caldo mese d’ Agosto. Il santuario principale del Dio a Roma era il Vulcanal, non un tempio ma una specie di focol
dove si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio di Vulcano era nel campo Marzio, probabilmente nelle vicinanze d
a, avevan luogo i giochi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi
tria: analoga cerimonia si faceva il 23 Marzo per Minerva). — Vulcano era poi anche considerato dai Romani, come Dio degli
di esser zoppo; la vista ne sarebbe stata disaggradevole. Pero zoppa era la statua fatta da Alcamene, di cui parla Ciceron
e altre col mondo sovrannaturale. Cominciando da queste ultime, Ermes era anzitutto il messaggiero degli Dei e l’ esecutore
ga stessa donatagli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno era il manico, gli altri due si raccoglievano in nodo
ni si credeva venissero da Zeus, così Ermes, come messaggero di Zeus, era anche apportatore dei sogni e conciliatore del so
e faceva tornare alle regioni superiori. Nei rapporti naturali, Ermes era venerato anzitutto come datore di prosperità e ri
rava la fecondità e il benessere delle greggi; maestro di scaltrezza, era l’ aiuto del commercio e dei traffici. Alia sua p
la vita commerciale voglion sicurezza di strade e di viabilità, Ermes era anche il protettore dei viandanti. Onde l’ uso e
e delle strade ai viatori. Come giovane destro e aggraziato poi Ermes era anche il patrono dell’ educazione ginnastica, e a
l patrono dell’ educazione ginnastica, e appellavasi palaestrita. Non era egli corridore valente tra i valenti? e abilissim
quali solevano ornarsi di imagini sue. Infine, come facondo oratore, era il dio che dava facilita d’ eloquio a chi l’ invo
bisogno, e in genere proteggeva tutte le invenzioni dell’ ingegno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes er
i dell’ ingegno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes era oggetto di special culto in Arcadia dov’ egli cre
mbro e Samotracia, terre ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e conside
fecondità. 4. Il Mercurio dei Latini, dalla voce mercari, negoziare, era semplicemente il Dio dei commerci e aveva pochi t
1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata come la sposa di Zeus. Ma questa leggend
prima terra, a cui approdò sarebbe stata l’ isola di Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti d
su, intendi: dal mare) e Ciprogenia (Cyprogeneia, nata a Cipro). Essa era immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembia
e lo feconda. In Oriente, e precisamente in Fenicia, questo concetto era stato personificato nella dea Astarte; il culto d
nomi di Afrodite Pandemo, Afrodite Urania e Afrodite Pontia; la prima era l’ Afrodite terrena, protettrice anche di amori v
a l’ Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda era la dea dell’ amore celeste, datrice di ogni bened
era la dea dell’ amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza era l’ Afrodite marina, patrona della navigazione e d
Paride a rapir Elena e così contribuì ad accendere la guerra troiana; era ciò un compenso per la celebre sentenza da lui Pa
naturalistico. Raccontavasi dunque che il bel giovane, onde Afrodite era innamorata, morisse durante una caccia, ucciso da
addoloratissima, prego Zeus di richiamarlo in vita; ma intanto se n’ era anche invaghita Persefone dea dei morti e nol vol
ogo il culto si estese ad altre città siciliane e italiche. 3. Venere era un’ antica deità italica, la dea della primavera,
italica, la dea della primavera, del sorriso della natura, onde a lei era sacro il mese dei flori, Aprile. Il nome stesso d
zione tra Romani e Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luo
ia. Da principio si soleva rappresentare vestita e anche velata; tale era ad es. la statua che trovavasi nell’ Acropoli di
omo, il papavero e il figlio. X. Estia-Vesta. 1. Estia (Hestia) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sore
tempio della religione domestica. Estia che rappresentava tutto ciò, era quindi la divinità principale della famiglia; era
esentava tutto ciò, era quindi la divinità principale della famiglia; era la sua protettrice, ed aveva parte importantissim
in tutte le cerimonie religiose che in casa si effettuavano. Nè solo era Estia la protettrice della famiglia, ma poichè lo
e della famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa era per gli antichi anche patrona dello Stato, e a le
lia, così essa era per gli antichi anche patrona dello Stato, e a lei era in Grecia dedicato il Pritaneo, residenza del gov
a lei era in Grecia dedicato il Pritaneo, residenza del governo; ivi era un altare, su cui ardeva in di lei onore continua
i dovevano esser vergini o almeno di casta vita. 2. Il culto di Estia era diffusissimo in Grecia e nelle colonie: ma non le
non le si erigevano templi speciali, giacchè ogni casa ed ogni città era un tempio per lei; anzi essa aveva posto anche ne
parte in tutti i banchetti festivi e in tutte le cerimonie religiose era nominata la prima, onde il proverbio « cominciare
izie d’ ogni sacrifizio. 3. La dea dei Romani corrispondente ad Estia era Vesta, affine anche nel nome. Vesta pure era la d
corrispondente ad Estia era Vesta, affine anche nel nome. Vesta pure era la dea del focolare domestico, conservatrice di p
li, prima quattro di numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma era ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevol
enuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascuranza era aspramente punita. Le Vestali erano scelte dal Po
Quirino. Ianus non è che la forma maschile di Diana, la luna, quindi era in origine una divinità della luce celeste, una d
lla terra, tutto si diceva chiuso e riaperto per opera di Giano; onde era invocato cogli epiteti Patulcius e Clusius (da pa
Clusius (da patere, essere aperto, e claudere, chiudere). Sulla terra era specialmente signore di tutti i passaggi, delle p
’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed era detto Giano Gemino, Giano bifronte. Dall’ essere
i periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo anno, di cui il primo mese era denominato da lui, Januarius, Gennaio. E il primo
ui, Januarius, Gennaio. E il primo dì dell’ anno (Kalendae Ianuariae) era la festa del Dio; quel giorno si ornavano le port
rifizi di focaccie, vino, incenso. Anche il primo di degli altri mesi era in qualche modo dedicato a Giano, e si rinnovavan
i lui sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era sua, ond’ egli era invocato come padre matutino (
reghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era sua, ond’ egli era invocato come padre matutino (cfr. Oraz., Sat., 2
cfr. Oraz., Sat., 2,6,20). Parimente ogni inizio dell’ umana attività era sacro a Giano. Il principiar bene era per gli ant
gni inizio dell’ umana attività era sacro a Giano. Il principiar bene era per gli antichi un buon augurio per proceder bene
a una preghiera a Giano. Tra i fatti più notevoli della vita pubblica era l’ uscita di un esercito per una spedizione di gu
no aperte le porte di un certo tempio di lui, per indicare che il Dio era uscito coll’ esercito e lo accompagnava colla sua
tutti i lavori degli uomini. Anche per la procreazione dei figliuoli era invocato col nome di Ianus Consivius. Giano era a
eazione dei figliuoli era invocato col nome di Ianus Consivius. Giano era ancora ritenuto come l’ origine delle fonti, dei
orni colla statua del Dio. Tra essi il più antico e il più importante era quelle situato su quella frequentatissima strada
hio foro conduceva al foro di Cesare. Lo si diceva eretto da Numa, ed era appunto il tempio le cui porte si tenevan chiuse
lesti che l’ immaginazione popolare doveva annoverare fra gli Dei, v’ era naturalmente il sole; di qui il dio Elio (Helios)
e della Colchide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio era quella di portar la luce del giorno agli Dei e ag
ghi, discopre quel che è nascosto e castiga anche i colpevoli. Perciò era invocato nei giuramenti e nelle proteste. I filos
te. I filosofi ne fecero anche il principio d’ ogni sapienza. 3. Elio era venerato come dio potente in molti luoghi, segnat
endente), figlie di Elio e di Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio era venerato, trovavansi greggi a lui sacre. Forse in
e di sette giorni e sette notti. 4. Il culto del sole presso i Romani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso
o del sole presso i Romani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso il tempio di Quirino, sulla facciata del q
edeva in Roma come in Grecia, che il Sole rivelasse i segreti, quindi era sopranomato Sol Index, il sole indicatore. L’ imm
aviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eretta nel 291 av
tiluca sorgeva sul Palatino, e un altro antichissimo santuario di lei era sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio. Come De
di lei era sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio. Come Dea mensile era festeggiata l’ ultimo giorno di Marzo, come Ovidi
e porta una fiaccola in mano. c) Eos-Aurora. 1. Eos, l’ Aurora, era , come Elio e Selene, figlia di Iperione e di Tea.
di Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce del giorno, quindi era una deità bella e benefica. Le braccia aveva rose
rora. Si aggiungevan leggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel quale essa divenne madre dei ve
n più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, come una cicala, era un’ allegoria del giorno che è bello e fresco la
deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia, era forse l’ immagine del giorno nuovo, ringiovanito,
cifer… quem Venus ante alios astrorum diligit ignes 19. Anche Espero era stella cara a Venere, ma si credeva avesse il com
ino alle stelle, armato di aurea spada. Il cane del cacciatore Orione era la brillante stella Sirio, la cui comparsa annunz
le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia, quella che a Zeus diede un figlio in Erme.
venti principali erano detti figli di Eos e di Astreo. Il più temuto era Borea od Aquilone, il vento nord, il cui soffio f
io faceva tremar la terra e agitar la superficie del mare. Per questo era detto rapitor di fanciulle, e un’ antica leggenda
tempietto e un altare a lui dedicato. — Non meno potente e miracoloso era creduto il vento del sud, Noto o Austro, apportat
l primo delle Metamorfosi (v. 264 e segg.). — Invece tutto favorevole era il vento Zefiro, o il vento di ponente, nuncio de
detto Favonius dai Latini, al cui soffio maturavan le sementi; quindi era venerato come Dio benefico. — Infine Euro, detto
i otto venti. Un tempo sulla cima del capitello, al centro del tetto, era anche un tritone mobile che girando secondo il ve
in basso verso la figura corrispondente del fregio. Tale costruzione era dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed era c
gio. Tale costruzione era dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati a m
gioni greche furono particolarmente celebri pel culto delle Muse, una era la regione dell’ Olimpo colla Pieria, e altre loc
tra e Pimplea, dove pure dicevasi fosse nato il poeta Orfeo, l’ altra era un bosco del monte Elicona nella Beozia meridiona
la cima del monte. Anche il monte Parnasso presso Delfo nella Focide era sacro ad Apollo e alla Muse; ivi presso scaturiva
pe il doppio flauto; Polinnia infine non aveva distintivi speciali ma era riconoscibile dall’ abito grave e avvolgente, dal
di culto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia dove un santuario era loro dedicato, in Sparta, in Atene, anche nell’ i
mani si veneravan le Grazie, identiche affatto alle Cariti, da cui n’ era stata tolta l’ idea. 3. Che queste Deità siano sp
u eretto da Vespasiano uno splendido tempio nelle vicinanze del Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed era annovera
io nelle vicinanze del Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i più bei monumenti eretti dalla d
ediletta dagli scultori Irene che come datrice di pace e di ricchezza era anche oggetto di maggior venerazione. È celebre l
a materna » ( Gentile, op. cit. p. 125). Anche la Pax presso i Romani era rappresentata per via di statue; n’ eran distinti
i inseparabile compagna nelle lotte contro i Titani e i Giganti. Essa era pero anche in intima relazione con Pallade Atena,
che dopo Zeus rappresentava la più alta potenza; infatti Atena stessa era venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche,
tessa era venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche, e a costei era dedicato un grazioso tempietto al lato occidental
cuna, che doveva essere affine alla Vittoria, e un’ altra pure affine era Vica Pota ( Cic. de Leg. 2, 28 spiega: colei che
rreno assai adatto ove stabilirsi e diffondersi. Sede di questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un santuario in ono
tabilirsi e diffondersi. Sede di questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un santuario in onor di Iupiter Victor. Sul
leno è sempre stato un simbolo dei rapporti fra cielo e terra; quiudi era naturale che Iride, la sua mistica rappresentante
a è vicino ad Era; un’ altra Iride, ma di men sicura identificazione, era nel frontone orientale dello stesso tempio dov’ è
enz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e di Era, era una personificazione della fiorente giovinezza. N
es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella della moglie di Zeus; ora
politico, rappresentando l’ eterna giovinezza dello Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella nel tempio d
veva in Olimpo il compito di far da coppiere agli Dei. Omero dice che era figlio del re Troiano Tros, e che per la sua gran
ferendo la leggenda nella ultima sua forma, secondo la quale Ganimede era amato da Giove. Anche questo è il racconto a cui
amato giovane. L’ arte antica più volte trattò questo terna. Celebre era il gruppo in bronzo di Leocare, scultore ateniese
ll’ Amore, ebbe pei Greci un doppio significato; giacchè da una parte era il Dio cosmogonico, già da noi ricordato, rappres
della forza di attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra, era figlio di Afrodite e di Ares e rappresentava la p
e come la più forte e temibile potenza della natura. — Come Dio, Eros era oggetto di culto, accosto ad Afrodite, specialmen
de questo fratello perchè giocasse con lui; d’ allora crebbe Eros, ed era lieto semprechè il fratello si trovasse presso lu
era lieto semprechè il fratello si trovasse presso lui, triste quand’ era assente. La natura dei sentimenti d’ amore non po
. 3. Presso i Romani il dio d’ Amore chiamavasi Amor o Cupido; ma non era in fondo che una ripetizione dell’ Eros greco, nè
nelle Metamorfosi di Apulejo, scrittore del 2º sec. dell’ e.v. Psiche era una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza
inferno per farsi dare da Persefone certa scatola voluta da colei che era la sua signora, e avendola per curiosità aperta,
pecialmente si segnalarono gli scultori Scopa e Prassitele; del primo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto
othos posto nel tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una dell
i Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue di tu
’ arco e le freccie; talora anche la fiaccola accesa. Tra i flori gli era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coronato
lla nascita e della salute. a) Ilizia. 1. Ilizia (Eileithyia) era presso i Greci la Dea del parto. Nell’ Iliade si
o forme assai differenti secondo i tempi e i luoghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole di Creta e di Del
venire alla luce del mondo. b) Asclepio-Esculapio. 1. Asclepio era nato, dicevasi, da Apollo e da Coronide, una figl
evasi, da Apollo e da Coronide, una figlia del re tessalo Flegias, ed era il Dio delle guarigioni, il Dio della salute. In
ti nomi che alludono ai medicamenti e all’ arte salutare. 2. Asclepio era oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il
era oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il sito più celebre era Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un rinomato san
i della Grecia; il sito più celebre era Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un rinomato santuario (Asclepieo); di qui il cult
ute, prima una Strenia o Strenua, antica deità sabina, in onor di cui era stato eretto un santuario con un sacro bosco nell
le streghe, che venivan di notte a succhiare il sangue ai bambini, ed era in genere ritenuta come protettrice del benessere
terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito
eran detti Moirageti, capi delle Moire. 2. Presso i Romani il destino era espresso con Fatum, la parola divina; e di questa
(Tyche), la dea della buona fortuna, secondo la leggenda più comune, era figlia dell’ Oceano e di Teti (Tethys). Come prot
ano e di Teti (Tethys). Come protettrice e conservatrice degli stati, era essa venerata e onorata di templi e statue in mol
o della Fortuna in Roma si crede sia stato Servio Tullio, quel re che era stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò a
iciens, obsequens, redux, manens, ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi d
e della Fortuna. Varii attributi le si assegnavano; il più importante era un timone che la contraddistingueva come governat
di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, corone. Specialmente era venerato il demone del raccolto annuale, detto Ag
sua stirpe. 1. Nella teogonia greca, il più antico Dio dell’ acque era l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la copp
idente, là dove si credeva che fosse l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre di tutti i fiumi e di tutte le sorgen
endo prima sotterra, a un tratto comparissero alla superficie là dove era la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori
evano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una pregh
empli i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una preghiera, nè costr
lebra va una festa il 13 ottobre, detta Fontanalia. Tra tutti i fiumi era naturalmente veneratissimo il Tevere, detto Divus
la sua stirpe. Vedemmo nella Teogonia che il Ponto, ossia il mare, era stato in origine prodotto spontaneo di Gea, la Te
anche la bianca Galatea, che divenne amante del Ciclope Polifemo, ed era la prediletta nelle leggende della Sicilia e dell
atterrisce l’ animo di chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era il signore e capo di tutti i mostri marini, che e
nalità più spiccata nel regno delle acque, il vero Dio e re del mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli
o e re del mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello di Zeus,
ra del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e mostri, per es.
o, l’ accecamento del quale tirò su Ulisse l’ odio del Dio; così pure era padre del gigante Anteo, con cui Eracle ebbe a so
nè tornavano incolumi ai patrii lidi senza ringraziarlo. Il suo culto era sparso largamente, ma più fioriva nelle terre del
cadia. Tra le città della costa, la più celebre pel culto di Posidone era Corinto; in onor di lui appunto vennero ivi istit
Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta di Posidone era il cavallo; forse l’ onde marine accavallantisi s
mare e il cavallo, là dove erano più in pregio i cavalli, ivi il Dio era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano
era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il protettore delle corse e dai cor
norato di preghiere e sacrifizi. — Oltre il cavallo, anche il delfino era sacro a Posidone, e tra gli alberi il pino, o per
l’ utilità sua nella fabbricazione delle navi. 3. Nettuno (Neptunus) era il Dio romano rispondente a Posidone; ma presso u
Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ unico tempio che in Roma era eretto a Nettuno, trovavasi presso il Circo Flami
ro marino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che era nel frontone occidentale del Partenone, dov’ era
giunta è quella che era nel frontone occidentale del Partenone, dov’ era rappresentata la gara fra lui ed Atena; ma ci è g
trite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello che Era nel r
di là aveala rapita. Altri raccontavano ch’ essa eragli sfuggita e s’ era nascosta nell’ Atlante, ossia nelle ultime profon
un originale di Scopa. V. Tritone e i Tritoni. 1. Anche Tritone era nell’ antica Mitologia un’ immagine del flutto ru
regione di Antedone, città della Beozia orientale sull’ Euripo. Quivi era viva la leggenda che egli fosse da principio pesc
a. VIII. Ino, Leucotea e Melicerte. 1. Come Glauco, così Ino era donna mortale, ma ottenne la divinità per essersi
lto scoglio, fra Megara e Corinto. Dice Dante: Nel tempo che Giunone era crucciata    Per Semele contra il sangue tebano,
lla festa detta Matralia in onore di Mater Matuta. — In arte Palemone era rappresentato come un bellissimo giovane portato
lla Grecia Gea ottenne uno special culto, tra gli altri in Atene dov’ era venerata specialmente come curotrofo ossia alleva
greca Gea corrispondeva presso gli Italici la dea Tellus. Anch’ essa era considerata come la madre degli esseri, quindi in
e con Iupiter il padre celeste, ad es. nei giuramenti, la cui formola era : Tellus Muter teque Iupiter obtestor ( Macrob.
a il solido corpo terrestre, condizione d’ ogni stabilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col titolo di
no preghiere insieme con Giunone Pronuba, e infine come Dea dei morti era invocata insieme cogli Dei inferi. Un tempio alla
in Roma 485/268 dal console P. Sempronio, e sorgeva sulla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e
re il figlio Zeus in una caverna del monte Ida (cfr. pag. 23). Perciò era detta la madre Idea o montana, e rappresentava la
Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione era la città di Pessinunte, situata nella Frigia magg
anze di questa città erano sacri a Cibele il monte Dindimo, onde essa era detta Dindimene, e il villaggio Berecinto, che le
inunte. Allora lo colpi la vendetta dell’ adirata Dea. Giacchè quando era apparecchiato il banchetto nuziale e tutti i conv
a pure nella Frigia; Attalo cousegnò di buon grado la nera pietra che era considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse
nera pietra che era considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata nel t
i leoni, colla fronte cinta d’ una corona murale, a indicare ch’ essa era fondatrice e conservatrice delle città, e al suo
tto del calore e dell’ umido, porta a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per gli uomini, e a lei
na temporanea cessazione nell’ in verno, così l’ immaginazione antica era naturalmente portata a concepire un Dioniso soffe
altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele,
Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus.
dalle flamme di Zeus, ed ivi morì. Zeus però salvò il figlio che non era ancor nato, e perchè non aveva raggiunto la matur
elfini, salvo uno che, indovinando un essere divino nel fanciullo, s’ era opposto al mal governo che di lui avevan preso a
orgiastiche. Sono celebri le leggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di Driante (la selva),
quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era stato allevato, onde il Dio stesso non potè salva
e cedere al calore della natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo
ocali proprie dell’ isola di Nasso. Questa figlia di Minosse cretese, era renuta via da Creta seguendo Teseo cui essa aveva
labirinto, dopo ucciso il Minotauro; ma nell’ isola di Nasso, mentr’ era addormentata, Teseo l’ abbandonò e senza di lei s
ed Apollo. Come Dio del vino e della frutticultura in genere, Dioniso era il riscontro di Demetra, dea delle biade; veniva
da d’ un Bacco Indiano o conquistatore dell’ Oriente. Già prima lo si era fatto peregrinare fin nella Persia, nella Media,
ro principii filosofici. Per loro Dioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio di Zeus e di Perse
ofici. Per loro Dioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio di Zeus e di Persefona; e si narrava
ondamento della teologia e dei misteri orfici. 2. Il culto di Dioniso era straordinariamente diffuso in tutte le regioni de
un solenne banchetto bevendo a gara il vino spillato; il terzo giorno era detto festa della pentola, perchè si esponevano p
e si distribuivano solennemente le pubbliche onorificenze a chi se n’ era reso degno. 3. Antica Deità italica rispondente;
se n’ era reso degno. 3. Antica Deità italica rispondente; i Dioniso era Liber, o Liber pater, generalmente associato con
useo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e di bellezza; dapprima era stato preso per un’ Arianna, ma a torto. In tutte
le leggende bacchiche, la più frequentemente riprodotta dagli artisti era Arianna. Celebre l’ Arianna addormentata del Muse
ante. Scopa n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la sua figura era in atto di ebbra agitazione, il capo arrovesciato
Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personificazione di questo fenomeno acust
sia e Mida. Marsia, insiem con Iagnide suo padre e Olimpo suo alunno, era detto inventore del suon dei flauti, genere di mu
, fu vinto; e allora Apollo lo legò a un albero e lo scorticò. — Mida era il fondatore mitico del regno della Frigia; era d
e lo scorticò. — Mida era il fondatore mitico del regno della Frigia; era detto figlio di Cibele, la quale avevalo immensam
o. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e
uel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e questa passione lo po
asi sviato dal cammino che il corteo di Bacco percorreva in Frigia ed era capitato in un giardino del re Mida; questi lo ac
llora in poi divennero aurifere. — Un’ altra leggenda relativa a Mida era quella che lo faceva arbitro in una contesa music
a) Pane. 1. Antichissima deità greca dei boschi e dei pascoli era Pane, in origine venerato solamente dagli abitant
ò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera d
eferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un di ch’ ella era per essere presa da lui che rincorrevala, pregò G
dei boschi, anche Pane aveva il dono della divinazione; in Arcadia vi era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sp
i era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era detta la sua profetessa. Secondo alcuni, Apollo s
ecero un Dio tutto, creatore e signore dell’ universo. 2. Il Dio Pane era venerato specialmente dai pastori, dai cacciatori
el Liceo, di Cillene erano sedi di culto. Il santuario principale poi era ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di
ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di questa regione, Pane era venerato in Beozia, in Macedonia e altrove. In At
ce di Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli era loro bene amico sebben essi poco di lui si curass
di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’ arte greca Pane era rappresentato in figura puramente umana, salvo ch
ificato il greco Pane, sebbene la corrispondenza non sia completa; ed era Dio delle selve come il nome stesso dice; amico q
o del viaggiatore solitario. Ma oltre al regno delle foreste, Silvano era creduto presente anche nelle piantagioni fatte da
ificato con Pane e fatto venire in Italia dall’ Arcadia; ma in verità era d’ origine schiettamente italica, come indica il
i uomini o con cattivi sogni o con apparizioni patirose; in tal senso era detto Incubus. Aveva pure il dono di predir l’ av
di Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo di Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte Albunea, qu
nico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine di Fauni, com’ era avvenuto per Sileno, Pane, ecc.; e allora questi
aumenta i prodotti della terra e la ricchezza degli uomini. 2. Fauno era oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo
e celebravansi il 15 Febbraio a Roma. Il santuario di Faunus Lupercus era in una grotta del Palatino detta appunto Lupercal
fertilità in tutta la Natura. In origine il culto di questa divinità era ristretto alle città dell’ Ellesponto e della Pro
dell’ Egeo e in Grecia, di là passò anche in Italia e a Roma. Priapo era detto figlio di Dioniso e di Afrodite, da lui si
i, l’ abbondanza della pesca, la buona riuscita delle api; sopratutto era riguardato come protettore dei giardini e delle v
ore dei giardini e delle vigne. La bestia che si sacrificava a Priapo era un asino, e curiose storielle si raccontavano per
imizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine di Priapo era diversa secondochè si poneva nei giardini a difes
si poneva nei giardini a difesa contro gli uccelli e i ladri, ovvero era destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei g
, ovvero era destinata ad un culto speciale. L’ immagine dei giardini era quale la descrive vivamente Orazio nell’ 8a satir
Saturno e Opi, che è tra le più antiche e popolari in Italia. Saturno era il dio della seminagione (a sationibus); ma in ge
po (l’ età d’ oro dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno era Ops ed Opis, sua moglie, Dea dell’ abbondanza, id
onio e del l’ allevamento de’ figliuoli. 2. Il culto di Saturno e Opi era antichissimo. Il tempio principale di Saturno, in
i era antichissimo. Il tempio principale di Saturno, in cui anche Opi era venerata, trovavasi sulla discesa dal Campidoglio
non terminato che nei primi anni della repubblica. Sotto il tempio v’ era una camera dove si custodiva il tesoro dello Stat
ancor adesso otto colonne. Antica e celebre festa in onor di Saturno era quella dei Saturnali. Aveva luogo dal 17 al 19 Di
scherzi e si permetteva ogni licenza. Il giorno più bello della festa era il 19 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea
ggiungevano infine a rallegrare il popolo i giochi del Circo. Insomma era tutta una festa di gioia per la città e più speci
umnus o Vertumnus da vertere (annus vertens, la stagione che cambia), era il Dio dei mutamenti di stagione, e specialmente
ore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Pomona pure, da pomum frutto, era la dea dei giardini e degli alberi da frutta. Arm
non d’ altro vive. La leggenda narrava che l’ agreste ninfa da molti era stata ricercata d’ amore, ma tutti aveva da sè re
ta ricercata d’ amore, ma tutti aveva da sè respinto. Vertunno che n’ era innamorato piu degli altri, le comparve in mille
omona dicevasi fatta sposa a Vertunno. 2. Una statua sacra a Vertunno era a Roma nel vicus Tuscus, via molto frequentata tr
o dicevano d’ origine Etrusca. Un’ altra Cappella dedicata a Vertunno era sulle pendici dell’ Aventino, ed ivi ogni anno il
dio nel decimoquarto delle Metamorfosi (623 e sgg.). In arte Vertunno era rappresentato come un giardiniere o frutticultore
grembo pieno di frutta. Così Pomona. c) Flora. 1. Anche questa era un’ antichissima deità italica, molto venerata gi
a giovinezza e l’ età più gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. Infine come Flora m
omiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. Infine come Flora mater era invocata anche dalle donne che speravano diventar
i preso a rappresentar questa Dea. e) Termine. 1. Veramente non era un Dio della campagna; ma indirettamente aveva re
a divinizzato il concetto dei limiti delle proprietà prediali; quindi era il patrono della proprietà privata, ed a lui sacr
deri e si dicevano per l’ appunto termini. Nella coscienza dei Romani era così vivo il rispetto della proprietà individuale
nello o un porcellino. Oltre ciù ogni impianto o mutazione di termini era sempre accompagnato da cerimonie religiose con in
a nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termine; giacchè narravasi che allo
entisi alla terra produttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus;
dre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era propriamente la dea delle biade, ma in genere le
mini. E poichè l’ agricoltura suppone un cotal grado di civiltà; così era naturale s’ attribuisse a Demetra il merito di av
rata come la Dea che dà stabilità ai matrimonii; e per altro rispetto era pure patrona e direttrice delle popolari adunanze
sefone, in compagnia delle Oceanine sollazzavasi in un verde prato ed era tutta intenta a cogliere i più bei flori; in un m
Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la regina stessa sentivasi in
oti iniziandoli ai misteri del proprio culto. Secondo altre leggende, era Trittolemo il figlio di Celeo a cui la Dea prestò
e la Tessaglia regioni meno adatte all’ agricoltura). 2. Diffusissimo era in tutte le regioni della Grecia, il culto di Dem
a, il culto di Demetra e Persefone, ma il vero centro di questo culto era la piccola città di Eleusi situata nella baia di
relativi a Demetra e Persefone; il momento più splendido della festa era la grande processione che aveva luogo il quinto g
tae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su di tutti era il ierofante o sacerdote supremo. Si prometteva a
secolo dell e. v., Teodosio il grande lo fe’ chiudere. 3. Quello che era Demetra per i Greci, era Cerere pei Romani, come
sio il grande lo fe’ chiudere. 3. Quello che era Demetra per i Greci, era Cerere pei Romani, come Dea delle biade antichiss
primizie di frutta. La bestia che solitamente si sacrificava a Cerere era il porco, simbolo della fertilità, talvolta un gi
icato. Giacchè come moglie del tenebroso re dell’ Inferno, anch’ essa era una potenza tenebrosa, colei che ogni essere vivo
lutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus, era il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo la vittori
ionale concessione degli Dei, rivedere la luce della vita. lu origine era lui pure che con inflessibile rigore si impadroni
sicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitore di molte anime, Ade era anche detto Polidette o Polidegmone. E perchè odi
tto Polidette o Polidegmone. E perchè odiosa è quasi sempre la morte, era detto Ades il più odiato fra tutti gli Dei. — Ma
o truce e terribile, Ade ne aveva anche un altro mite e benefico. Non era il Dio di sotterra quella forza misteriosa per cu
Nell’ età più antica rappresentata dall’ Iliade d’ Omero, l’ inferno era creduto sotterra a non molta distanza dalla super
si aveva un’ idea molto vaga e indeterminata del mondo d’ oltretomba; era detto uno spazio deserto e tenebroso, dove i mort
uelli che eran cari a Zeus per vivervi beati senza alcun affanno, non era ancor concepito come parte dell’ Inferno, ma era
a alcun affanno, non era ancor concepito come parte dell’ Inferno, ma era creduto una terra posta all’ estremo Occidente (d
ee della vendetta, le quali avevano il compito di perseguitare chi s’ era reso colpevole di qualsiasi violazione dell’ ordi
notte, e Sofocle che le fe’ figliuole delle tenebre. Da principio non era determinato il numero di queste Dee; Euripide fu
ne uccidendo la madre Clitemestra insieme coll’ amante di lei Egisto, era perseguitalo dalle Erinni; errò molto tempo sulla
(venerande) o Ablabie (innocenti). Loro attributo costante nel culto era il serpente, simbolo in genere delle divinità cto
il serpente, simbolo in genere delle divinità ctoniche. Nell’ Attica era loro sacro il colle e il bosco di Colono, dove ve
la propria immagine ai colpevoli. XV. Ecate. 1. Secondo Esiodo, era figlia del titano Perseo e di Asteria. In origine
n designava altro che un aspetto della luna, e ditatti anche Artemide era talvolta denominata Hecate, la lungi operante, co
temide era talvolta denominata Hecate, la lungi operante, come Apollo era detto hecatos. Forse rappresentava la luna invisi
essa ragione a lei erano sacri i trivii e i crocicchi, ed ella stessa era denominata Trivia. Più tardi, per opera degli Orf
di Lagina e Stratonicea godevano molta ripntazione; ma in genere essa era associata nel culto con altre divinità, come Apol
n altre divinità, come Apollo, Artemide, ecc. Nell’ acropoli ateniese era venerata insieme con Ermes e le Cariti, come cust
dagli antichi personificata la morte. La morte violenta in battaglia era rappresentata dalle Cere, divinità terribili le q
decrepitezza insidiavano alla vita dei mortali. Oltre a cio la morte era rappresentata anche da altre divinità come Apollo
Infine un Dio speciale della morte fu ideato in Tanato (Thanatos) che era detto fratello gemello del Sonno (Hypnos); second
nferno e di là venivano sulla terra a sorprendere i mortali, il Sonno era buono d’ indole e benefico agli uomini e però gra
uono d’ indole e benefico agli uomini e però gradito, la Morte invece era un Dio crudele e temuto. Col tempo l’ idea della
persona nota, Ichelo che assumeva qualsiasi forma anche di bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator di paura), infin
o con figure, consacrata in Olimpia dai Cipselidi tiranni di Corinto) era impressa la Notte che portava in braccio da una p
a per lo più appariscono in numero di due. Santuario degli Dei Penati era il focolare domestico, come punto centrale della
cibi quotidiani ma anche a scopi religiosi. Il focolare, com’ è noto, era nell’ atrium, lo spazio maggiore della casa roman
icana, appartenente alla famiglia dei Sulpicii. L’ aspetto de’ Penati era simile a quello dei greci Dioscuri. II. I Lari
asa a cui i Lari non prendessero parte, ogni fatto solenne della vita era accompagnato da uno speciale sacrifizio ai Lari,
va creato tante leggende intorno alle forze della natura divinizzate, era naturale che raccontasse anche in maniera fantasi
i spiegare le origini dell’ umanità intiera colmando la lacuna che vi era tra i tempi storicamente noti e i misteriosi prin
che divinità, come Zeus, Posidone, Apollo, Ares, ecc. Posidone ad es. era detto il capostipite della stirpe eolia. Qui spes
la vita ma rese possibili le arti e l’ industria. Per questo Prometeo era messo insieme con Efesto ed Atena, Dei promotori
po lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la
ggenda del diluvio di Deucalione; giacchè si affermava che il diluvio era stato mandato da Zeus appunto per disperdere le c
erazioni de’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da
i nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da Epimeteo e Pandora. Avvertito da s
o di una farfalla posta da Atena sulla testa della figura. Più vivace era la leggenda di Prometeo rapitore del fuoco, la qu
nte attribuita ai Centauri, di mostri mezzo uomini mezzo cavalli, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale
i presentano questa figura. Una antichissima e celebre Centauromachia era quella del frontone ovest del tempio di Zeus in O
fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili era nelle metopi meridionali del Partenone. Di quest’
a di origine tessala è quella che riguarda Admeto e Alcestide. Admeto era figlio di Fere (Pheres), fondatore della città di
di Agenore, re fenicio, e quindi fratello di Europa. Allorchè Europa era stata portata via da Zeus in forma di toro, e già
Allorchè Europa era stata portata via da Zeus in forma di toro, e già era giunta all’ isola di Creta, Agenore disperato man
drago sacro a Marte, custode della fonte, sbucò fuori dall’ antro ov’ era nascosto e tutti li uccise. Poco dopo Cadmo, inso
mpedimenti naturali alla cultura del suolo, giacchè Ares cui il drago era sacro è apportatore di miasmi e pestilenza, e app
o è apportatore di miasmi e pestilenza, e appunto la Beozia in antico era regione paludosa e non sana. Anche la seminagione
n lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli era st
he il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educazione a Chirone, il qu
i disastrosi del sole canicolare. Forse Atteone sbranato dai cani non era altro che un’ immagine della natura vegetativa ch
suoi figli, Anfione e Zeto. 1. Allorquando Cadmo lasciò Tebe, già era morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio d
ebe tornò ai Cadmidi. Anfione e Zeto regnarono insieme, ma il vero re era Anfione. Il carattere di questi due fratelli, ver
bitasi della sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Zeus), voleva impedire alle donne teban
di cui ella stimavasi di molto superiore; la stessa superbia onde già era stato punito Tantalo. Le offese Divinità non tard
essante e tragico come la vendetta di Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entrasse presto nel dominio della letter
isifo. 1. L’ eroe fondatore dell’ antica Efira, detta poi Corinto, era , secondo la tradizione, Sisifo, figlio del tessal
zione per via dell’ esame delle interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propria
era figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propriamente Glauco non era che un epiteto del mare, e in fatto lo troviamo i
vidio. c) Bellerofonte. 1. Un altro eroe nazionale dei Corinzii era Bellerofonte (bellerophon ovvero Bellerophontes).
erso la Licia in compagnia del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco
ombattere la Chimera, mostro nato da Tifone e da Echidna, che davanti era leone, a mezzo capra selvatica, dietro drago, o c
, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide; di là era voce che avessero fatto già di molte scorrerie ne
lera discendesse da Inaco, propriamente il Dio del fiume omonimo, che era il corso d’ acqua più importante della regione. D
e religioso degli Argivi. Sorella di Foroneo, non men celebre di lui era Io, la cui storia antichissima fornì argomento a
sse parte del mito primitivo, ma sia stato aggiunto dopochè la Grecia era entrata in rapporti colla regione del Nilo. In og
berazione d’ Io, figurata questa però come l’ avvenente fanciulla che era da principio; ed è tolta da una pittura murale ch
prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di sua stirpe, Io. Vi giun
o, colonia argiva, avrebbe fondato un tempio ad Atena Lindia. Ad Argo era allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao q
e delle gare equestri in onor d’ Era, nelle quali premio ai vincitori era non una corona ma uno scudo. Linceo fu anche rico
ra nel seno materno. Preto, cui nella divisione della paterna eredità era toccato Tirinto, dovette alla fine cedere a suo f
salvati così madre e figlio, li consegnò a suo fradello Polidette ch’ era re dell’ isola. Polidette voleva far sua moglie D
guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel ch’ era uopo si procurasse per tentar l’ avventura perico
tiva ad Andromeda. Era allora re d’ Etiopia un tal Cefeo, e Cassiepea era la sua moglie; avevano una figliuola assai bella,
er sostenuto guerra contro Fineo fratello del re a cui la ragazza già era stata promessa. In questa guerra molto giovò a Pe
si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor di lui era fuggito a Larissa, ma, poichè il vaticinio dell’
endenti di Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egiziana; infine anche nel Lazio si fa
po, Icario fossero fratelli, figli di Periere; secondo altri, Periere era padre soltanto di Afareo e Leucippo, ed Ebalo si
ntichissima leggenda raccontava di Leda come amata da Zeus, che le s’ era accostato in forma d’ un cigno. Ma poi quale dei
gine divina, correvano tradizioni molto diverse. Per Omero solo Elena era figlia di Zeus, Castore e Polluce e anche Clitenn
utto la diversa abilità per cui i due gemelli si segnalarono; Castore era abilissimo domator di cavalli, Polluce era un bra
li si segnalarono; Castore era abilissimo domator di cavalli, Polluce era un bravo pugilatore e anche cavalcatore. Essi fec
ò Zeus facesse morire anche lui; ma ciò non poteva essere perchè egli era immortale; alfine ottenne di passare un’ esistenz
dierono origine a leggende analoghe. 2. Esseri così utili agli uomini era naturale che venissero divinizzati e si erigesser
chi lirici, tra cui Saffo, lo spartano Alcmane, autore di un inno che era molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide di C
elebrandosi poco dopo nel palazzo di Scopa un solenne banchetto a cui era stato invitato anche il poeta, ecco giungono al p
lazione, i lucida sidera fratres Helenae di Orazio, la cui apparita era di buon augurio. L’ arte soleva rappresentare i D
ntato, umana nella parte superiore e serpentina nell’ inferiore. Egli era detto il primo re, il primo legislatore, l’ edifi
aveva la figura a mezzo serpentina, perchè nato dal suolo; anch’ egli era detto fondatore dello stato Attico, un altro Cecr
in sostanza, ma posteriore al diluvio. Una leggenda a lui particolare era questa, che dopo la sua nascita Gea l’ affidò all
uccessore. 3. Degna di ricordo la storia di Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Teseo re di Tracia, e con lui vive
che, simulando bacchica furia, usci dalla città, trasse al luogo dov’ era Filomela, la liberò e la condusse alla reggia, po
glia di lui Etra e n’ ebbe un figliuolo che fu Teseo; ma siccome Etra era amata da Posidone, Teseo era detto anche figlio d
figliuolo che fu Teseo; ma siccome Etra era amata da Posidone, Teseo era detto anche figlio di Posidone. Se si considera c
fuori; in caso contrario, martellava e stirava le membra corte; ond’ era anche chiamato Procruste 50. Anche costui ebbe da
tito nei lacci della pericolosa incantatrice Medea, che da Corinto s’ era rifuggita ad Atene. E già Medea minacciava toglie
eggenda, lo avevano mandato contro il terribile toro di Maratona e n’ era rimasto vittima, mosse coll’ armi alla vendetta.
oro, onorato con sacrifizi umani). Già due volte il tributo personale era stato pagato dagli Ateniesi; poco dopo l’ arrivo
esero la loro sorella dopo aver espuguato la città di Afidna ov’ ella era rinchiusa. 5º Insiem con Eracle, Teseo fece una s
n tempio fu eretto a onor dell’ eroe. Se questo tempio sia quello ch’ era denominato Theseum, è cosa dubbia. Inoltre fu ist
ispirazione da qualche punto della leggenda di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto di corpo e
petaso degli efebi attici. Su molti fra i pubblici monumenti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così nel tempio dett
niesi contro le Amazoni. Anche nel campo dello scudo di Atena Parteno era raffigurata la lotta contro le Amazoni. Pure fuor
ici, il labirinto con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi era in grado di uscirne. A pascere il Minotauro la ri
Aveva una vena unica che dalla, testa scendeva sino ai talloni, dov’ era chiusa con un tappo; perdendo questo, rimaneva pr
iare pietre. VIII. Le leggende di Eracle-Ercole. 1. Come Teseo era l’ eroe della stirpe ionica, così Eracle fu propr
sta parte del racconto è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più il
nte di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo.
era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pure di Perseo per via di Alce
sti affrontò l’ idra e bruciò mano mano tutte le teste; su quella che era immortale gittò un masso enorme. Nella bile velen
ica perche Eracle si fè aiutare da Iolao. c) Il cinghiale di Erimanto era sbucato dal monte Erimanto sul confini dell’ Acai
mpi di Psofi. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima del monte che era coperta di neve, e di là lo afferrò e s’ avviò pe
giare carni arrostite, ed avendo per bere aperto il vaso del vino che era comune a tutti i Centauri, questi gli si avventar
bile. d) La cerva di Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi di rame; era sacra ad Artemide, e soggiornava sul monte Cerine
rono all’ isola Arezia, vicino alla Colchide. f) Il cinto di Ippolita era un dono fatto a lei, regina delle Amazoni, da Are
elle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La quale sulle prime era disposta a dare il cinto, ma Era in figura di Ama
ne, figlia del re troiano Laomedonte, esposta a un mostro marino, che era stato mandato da Posidone per punire quel re dell
si trattava, non dubitò promettere il decimo de’ suoi armenti, tanto era persuaso dell’ ineffettuabilità di un simile tent
scinò via il letame. Augia ne fu lieto, ma quando seppe che la fatica era imposta da Euristeo, non voleva più dare ad Eracl
col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro di Creta era quello mandato da Posidone a preghiera di Minosse
ricorderemo la lotta col gigante Anteo, figlio della terra, il quale era re della Libia e obbligava i passanti a lottare c
emprechè toccava col piedi la sua madre terra, ripigliava forza, ond’ era invincibile. Eracle dovè per vincerlo tenerlo sol
o da altri riferita alla fatica precedente. Poi si reco in Egitto ove era un re crudele Busiride che afferrava i forestieri
e Eracle doveva subire la stessa sorte, ma egli spezzò le catene ond’ era avvinto e uccise Busiride e i suoi figli, facendo
a pel motivo ch’ egli aveva ucciso i suoi bambini avuti da Megara, ed era stato in servitii presso Euristeo. Anelando vende
nato e di sensuale che in essa si osserva. Dicevasi dunque che Eracle era vissuto per quei tre anni tra le donne di Onfale,
leo re di Pilo aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè questi s’ era rifiutato di purgar Eracle dopo l’ uccisione di I
ndareo. In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e mentre era in questa città, generò con la bella Auge, figlia
o. Seguì fiera lotta tra i due; Acheloo ricorse alle varie forme ond’ era capace la sua natura, ma in nessuna guisa potè so
avventura del centauro Nesso. Dovendosi passare il fiume Eveno, Nesso era incaricato di traghettare Deianira; ma egli innam
solo uccise il suo avversario, ma ferì anche il Dio della guerra che era accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende
guento. L’ eroe senza sospetto la indossò. Subito il veleno, chè tale era , cominciò ad agire. L’ infelice senti il corpo in
marglisi e corrodersi, tentò strapparsi la veste di dosso; invano, s’ era così appiccicata alla carne che levarla non si po
cle divenne anzitutto protettore dei Ginnasi, e ad es. in Atene a lui era particolarmente dedicato il Ginnasio Cinosarge. I
della spedizione contro Gerione e del ritorno di Ercole per l’ Italia era ampliata in tal senso. Si favoleggiava adunque ch
a, Ercole aveva trovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passando
. Famosa tra l’ altre la sua statua colossale di Ercole in bronzo ch’ era in Taranto, e da Taranto dopo la presa della citt
mano sinistra in aria mesta e pensierosa. Altro capolavoro di Lisippo era una statuetta, quasi ninnolo da mensa, detta perc
in gruppo con altre figure e seguendo l’ ordine biografico, non rara era in antico la rappresentazione di Ercole che stroz
cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone, al
iglia di Testio re di Pleurone, altra città dell’ Etolia. Loro figlio era Meleagro, l’ eroe degli Etoli. Ora avendo Eneo in
aveva più tranquillità se non nelle città fortificate. Cacciarla non era impresa da soli; quindi Meleagro invitò i più val
leagro rimane irremovibile, come Achille nella guerra di Troia quand’ era adirato contro Agamennone per la schiava toltagli
o sol tanto quanto stava per durare certo tizzone che in quel momento era sul fuoco. Appena scomparse le Moire, Altea subit
Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande Scopa; il gruppo di mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure di Meleagro,
hiaro, bisogna rifarci un po’ dall’ alto. — Atamante, figlio di Eolo, era re dei Minii in Orcomeno di Beozia. Aveva in mogl
come una specie di talismano atto a liberare la patria dai mali ond’ era angustiata, divenne per gli eroi della stirpe di
l padre nel regno, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pelia, che era detto figlio di Tiro e di Posidone. A stento potè
a un sandalo, egli si presente a Pelia con un sandalo solo; ora Pelia era stato poco prima avvertito da un oracolo si guard
di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso di Tracia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a patto di esser
mente nell’ impresa, e d’ allora in poi le Simplegadi stettero ferme; era ormai aperto a tutti il varco all’ Eusino. Allora
combattesse tutti gli uomini armati che ne sarebbero nati, Medea che era maga e sacerdotessa di Ecate, die’ a Giasone un f
ggiaschi guadagnarono terreno. Secondo altri, Absirto figlio di Eeta, era il condottiero delle genti mandate dal re a inseg
ebano. 1. La patetica istoria della famiglia dei Labdacidi in Tebe era così ricca di caratteri e di fatti che costituì p
asi a Delfo per interrogare l’ oracolo sulla Sfinge. Il cocchiere che era con Laio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne
contesa, nella quale Edipo uccide Laio e tutti quei del seguito. Così era avverata la prima parte dell’ oracolo. Seguitando
avesse sciolto l’ enigma. Edipo avendo saputo rispondere che l’ uomo era quell’ animale che nella prima infanzia s’ aiuta
, specialmente per mezzo del servo che l’ aveva esposto bambino e che era scampato alla strage di Laio, viene a sapere che
io, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua madre? A tal terribile s
ti di regnare in Tebe alternatamente un anno ciascuno. Ma Eteocle che era più vecchio, (alcuni fan più vecchio Polinice) no
), ed Erifile così guadagnata avendo svelato il luogo ove Anfiarao s’ era nascosto, questi venne obbligato a prendere parte
del regno dei morti. Figlio di Zeus, possessore di estesissimi fondi, era così bene viso agli Dei che questi non sdegnavano
le ed Aiace il maggiore appartengono alla famiglia degli Eacidi. Eaco era un altro figlio di Zeus, nato da una figliuola de
e in moglie una figlia del centauro Chirone. Per la sua pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una peste la sua isola
ritroso a’ suoi desideri e allora calunniollo presso il marito, come era avvenuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Aca
Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli, stanco d’ una caccia, s’ era addormentato sul monte Pelio, e toltegli le armi
l momento che nel fuoco voleva rendere immortale il figlio, così come era avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è ques
re un grande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Troia, sebbene
a sua abilità nel trar d’ arco. Di molto inferiore ad Aiace Telamonio era l’ altro Aiace, locrese, figlio di quell’ Oileo,
nche « il piccolo » per distinguerlo dall’ altro detto « il grande », era segnalato specialmente per abilità nel lanciar da
Capitanava un esercito di Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era figlio di quel Tideo di Eneo, che, fuggito da Cal
siedente in Micene. Ristabilì sul trono etolico il suo nonno Eneo che era stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello A
Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello di Pelia, era stato cacciato da lui e aveva trovato nuova patri
e parte e giovò colla sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata da
enza, ed anche per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era prediletto di Pallade Atena. Facciamo anche un ce
una statua in legno di Pallade Atena, al cui possesso da quel momento era legata la felicità e il benessere di Troia. Morto
ebre fu Ettore, il gran guerriero, campione dei Troiani, come Achille era dei Greci; secondo figlio Paride che fu cagion de
rbe nemiche di Troia, e Afrodite amica. Poco dopo, avendo Paride, che era bellissimo ed aitante della persona, vinto tutti
nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere perchè era detto che senza le frecce d’ Eracle Troia non sar
fine per man d’ Achille, strozzato colla correggia dell’ elmo, perch’ era invulnerabile. — Poichè i Greci ebbero costrutto
Ulisse che volle vendicarsi di lui perchè, quando Ulisse in Itaca s’ era finto pazzo per non andare alla guerra, egli Pala
evano fatta schiava la figlia di Crise, sacerdote d’ Apollo, e costei era diletta ad Agamennone. Il padre Crise essendo ven
iomede, Ulisse, in ultimo Ettore cacciati i Greci fin nelle navi, già era in procinto di darvi il fuoco, allorchè Achille s
mento della morte di Achille; dopo aver fatto soccombere tanta gente, era venuta l’ ora anche per lui. In un assalto alla p
pioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè di braccio; ed egli era eroe da ciò. Egli dall’ indovino troiano Eleno se
al Sinone, lasciatosi prendere dai Troiani, li ingannò inventando che era sfuggito alla persecuzione di Ulisse il quale lo
Astianatte figlio di Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che era causa di tutti questi guai, Elena, fu trovata in
a, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non era stata accolta che con dileggi e derisione. La mor
io di Agamennone e Clitennestra, al tempo della spaventosa catastrofe era stato da una sorella maggiore, Elettra, portato v
nte nella Focide. Ivi crebbe insieme con Pilade figlio di Strofio che era quasi coetaneo, e a poco a poco si contrasse tra
e accompagnato da Pilade se ne venne a Micene, sette anni dopo che n’ era uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche sua ma
stava per essere sacrificato, quando la sacerdotessa di Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allo
tempio di Atena e di qui avendo strappato per forza Cassandra che s’ era avvinghiata alla statua della Dea, questa lo puni
Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò che la moglie non gli era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etolia, p
nell’ isola con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo che era figlio di Posidone. Ivi passò un ben brutto momen
tesori sulla riva, n) Negli ultimi anni la casa di Ulisse in Itaca s’ era trovata in grandi afflizioni. Perduta ornai ogni
se tornasse, il padre Laerte viveva immerso nella tristezza; Penelope era perseguitata da molti che aspiravano alla sua man
rebbe scelto fra i Proci il suo secondo marito. Appunto allora Ulisse era stato sbarcato dai Feaci nell’ Isola. Quando fu s
u sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abit
li fece gli ultimi sforzi per bravamente difenderla, ma poi visto che era tutto perduto si ritirò co’ suoi sul vicino monte
ia originaria della sua famiglia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era venuto Teucro uno del re di Troia. Ma i Penati co
l’ eccellenza dell’ ingegno, suscitando l’ ammirazione degli uomini, era naturale venisse ricordata e celebrata dai cantor
gni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’ era Mopso figlio di Ampico, tessalo; nelle leggende t
i diceva avesse perso la vista, secondo alcuni per opera d’ Atena che era stata vista nel bagno da lui, secondo altri per a
ebri poeti dell’ età eroica furono Orfeo, Lino, Tamiri e Museo. Orfeo era ritenuto come il primo citaredo, e come tale si d
e lacerato da uno stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di Orfeo. Era figlio della Musa Uran
13: « Dicesi che Prometeo fosse costretto ad aggiungere al limo, che era la materia principale, particelle di sostanze pre
2 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
errestre Uno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era del mondo. Tutto avea vita allor, tutto animava L
, ecc. La più generale divisione poi che fucevasi una volta degli Dei era in celesti, terrestri, marini e infernali, second
un articolo particolare. Degli dei superiori Caos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione di tutti
co sacro si estingueva, il che avevasi per funestissimo augurio, ella era dal pontefice massimo severamente punita. Se talu
e massimo severamente punita. Se taluna mancava al voto di verginità, era portata con lugubre pompa sopra una bara fuor del
he se si estinguevano, la Vestale, per la cui incuranza ciò accadeva, era sepolta viva. Vesta si rappresenta talvolta sott
adre e lo rimise in trono. Ma informato Saturno dal Destino che Giove era nato per dar leggi all’universo, attentò più volt
e. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre di bronzo ove era rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo ; sotto le for
Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece di Ebe. Giove era la divinità dei pagani che lo riguardavano come i
agani che lo riguardavano come il padrone assoluto di ogni cosa. Esso era adorato sotto vari nomi da quasi tutte le nazioni
o da’ suoi attributi o dai luoghi da esso abitati. Quello di Olimpico era il principale perchè dicesi che facesse dimora co
i per tutto il mondo. La vittima che si offriva a Giove nei sacrifici era un bue bianoo. Quello di Giove Capitolino fondat
one Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove era tenuta per la regina degli Dei. A principio fu ri
n vacca per nasconderla alla moglie. Insospettita Giunone di quel che era , la chiese in dono, ed ottenutala la mise sotto l
a magnificamente addobbata una statua, facendo pubblicare, che quella era Platesa figlia di Asopo ch’ ei voleva sposare. Gi
vita non potevano entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante e di Elettra, che fu can
buone nuove che le arrecava continuamente. In Argo, Samo e Cartagine era essa particolarmente onorata. Aveva molti nomi tr
ne. Avendole la ninfa Aretusa palesato che il rapitore di Proserpina era stato Plutone, Cerere ricorse a Giove per ottener
principio i misteri di lei chiamati Eleusini, ai quali chi iniziavasi era tenuto a rigoroso segreto, cui era sommo delitto
Eleusini, ai quali chi iniziavasi era tenuto a rigoroso segreto, cui era sommo delitto il manifestare. Pare che i Greci ab
loro fecondità e perchè nascono in mezzo al frumento, ma perchè Giove era riescito a fargliene mangiare per conciliarle il
tal modo trovato il mezzo di alleviare il suo dolore. Il suo cocchio era tirato da due dragoni. Questo è quanto racconta l
on altro nome Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la
lo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene, sotto il quale era denominata dai Greci. Gli Ateniesi le innalzarono
to Alettrione, il quale addormentossi facendo la guardia mentre Marte era con Venere, e lasciollo così sorprendere da Vulca
lici. Fabbricaronsi molti templi in suo onore. Il suo principal culto era a Roma perchè i Romani riguardavano questo Dio co
arle vittime umane furono da essa cangiati in toro. Fra gli alberi le era dedicato il mirto. Fra i fiori le si consacrava l
to il mirto. Fra i fiori le si consacrava la rosa, che di bianca qual era prima si disse cambiata in rossa allorquando fu b
na perpetua verginità. Sotto il nome di Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello di Febea era p
esiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello di Febea era presa per la Luna e presiedeva agl’incantesimi ;
a moglie di Plutone. Si riconosceva pure per la Dea della castità, ed era tanto vergognosa che converse Atteone in cervo pe
a volea pudiche al par di lei, e scacciò per questo Calisto perchè si era lasciata sedurre da Giove, che aveva vestite le s
per gelosia, non potendo soffrire che amasse la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee, era almeno più riserv
re che amasse la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee, era almeno più riservata. Andava continuamente alla c
verato fra le sette maraviglie del mondo dagli antichi. Questo tempio era sostenuto da 227 colonne alte 60 piedi parigini c
  Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu di mettere a morte il serpente P
con uno strale ucciso per disavventura un cervo addomesticato che gli era carissimo, volle ammazzarsi, ma Apollo che l’amav
ini Giove gli aveva attaccate le ali alla testa ed ai piedi. Mercurio era riguardato come il Dio del commercio, dell’eloque
e o per custodirla o per vegliare su la di lei condotta ; altre volte era incaricato da Giove di condurre a termine qualche
che in cambio della lira avesse da Apollo il caduceo. Questo caduceo era una verga, che Mercurio imbattutosi un giorno in
è questo filosofo insegnò l’immortalità dell’anima e che questo Dio n’ era il condottiero. Col caduceo vuolsi da alcuni che
L’ariete che or gli si vede a canto, or su le spalle indica che egli era il protettore de’ pastori. Il cigno che gli sta v
llo di Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai poeti, perchè era particolarmente onorato sul monte Cilleno in Arca
ei ladri si racconta che commettesse varie truffe e dei furti. Mentre era ancora fanciullo rubò il tridente a Nettuno, la s
’indietro, onde non se ne scoprissero le tracce. Il pastore Batto che era stato testimonio del furto avea avuto una bella v
e Argo che custodiva Io ed ucciderlo. Liberò Marte dalla prigione ove era stato rinchiuso da Vulcano e attaccò Prometeo sul
i siano, stati eretti più monumenti e dedicati più voti. Il suo culto era molto esteso ; e particolarmente nelle città del
ice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco, di cui era incinta Semele, non abbruciasse con essa, Giove l
ampini e di uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamati d’oro, era assiso in un carro mezzo scoperto, tirato da tigr
Il dio Pane ed il vecchio Sileno gli camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da una banda di Satiri. Lo spavento che
opoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo di imporre tributo ai vinti, ma d’i
e da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno che era stato preso da’ contadini, Bacco in ricambio si o
di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso, di cui si era servito per far scaturire delle fonti di vino ; s
figurava delle volte colle corna in testa ; perchè ne’ suoi viaggi si era coperto sempre della pelle di un capro. Suoi segu
prime che portarono un tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco era figlio di Giove e di Giunone. Nacque egli così de
erano altissime, ed il solo occhio scintillante in mezzo della fronte era il simbolo del cratere. Vulcano fu chiamato. Dio
nnone e la famosa rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che era invisibile, di cui si servì per cogliere Marte e
ndora ebbe ordine da Giove di presentarlo a Prometeo contro del quale era adirato perchè aveva rapito il fuoco al sole per
e ai celesti le viltime si offerivano in numero dispari. Il suo culto era celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l
natura nel lutto e nella sterilità. Proserpina secondo questi ultimi era l’emblema della corona boreale, bella costellazio
dette meritevole dello scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone era il Dio ed il re era un luogo sotterraneo, vasto,
lo scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone era il Dio ed il re era un luogo sotterraneo, vasto, oscuro, diviso in re
ole dell’Arcipelago, sulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di
po morte dai poeti la carica di giudici supremi dell’Inferno. Minosse era nondimeno considerato come il presidente della co
cchiaia erano ignoti nomi, eternamente conservavansi le età in cui si era goduta la maggior felicità. Là rinnovavansi ancor
ra, e le onde che ne escono sono piene di spuma, perchè il loro corso era sì rapido che rotolavano degli scogli e niuna cos
risguardató da alcuni come un ramo di Stige circondava il Tartaro ed era formato delle sole lagrime dei malvagi. Il suo no
rle della vita. Fu soprannominato il fiume d’olio perchè il suo corso era placido ; sulle sue sponde si vedeva una porta ch
li Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era difficile e le sue acque con sordo strepito mormo
. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo passar l’Acheronte in una nera barca condo
tempo avanti che questo principe vi scendesse il nocchiero infernale era stato punito e mandato un esilio per un anno in u
ribili luoghi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il quale non era munito di questo magico ramo. La favola di Caron
di Acherusa nell’Epiro in Tesprozia sorgeva l’Acheronte, la cui acqua era amara e malsana, che dimorava lungamente nascosta
te nascosta sotto e rra, e scaricavasi nel golfo Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa che terminava in quella di Ach
nfa e metà serpente, e da Tifone vento procelloso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei
l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea. Cerbero era il custode dell’Inferno ed impediva che vi entras
Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono di Plutone ove si era rifuggito. Orfeo addormentò questo cane col suono
ei funerali, e pare che fosse la stessa Proserpina. Dea dell’Inferno era pur Ecate che alcuni confondono con Diana, altri
rte due degne figlie Medea e Circe. Dea dei maghi e degl’incantesimi, era invocata prima di cominciare le magiche operazion
omini esse ne regolavano i destini : tutto ciò che avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era
avveniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era di filar la vita degli uomini. Cloto tenea la con
e Atropo tagliava il filo colle forbici allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Si voleva con ciò indicare
tà della terza impediva loro di variare. In queste tre divinità tutto era emblematico e tutto aveva relazione alla nascita,
e per questo oggetto le loro incombenze erano così divise : Tisifone era impiegata a suscitare le malattie contagiose ; Al
loro onore, si facevano de’ sacrifici per pacificarli ed il cipresso era la pianta che loro si consacrava. La Notte figlia
istribuisce le ricchezze a capriccio e non secondo la ragione. Quando era giovine dicesi avesse una buonissima vista, ma ch
o e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo
a persona della sua famiglia. Questo delitto destò orrore ; e siccome era senza esempio, così non trovò persona veruna che
quietudine in cui visse questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio d
ove Giove l’aveva chiusa per nasconderla a Giunone e perchè la Terra era riguardata qual’ madre di tutti i giganti. Esso e
e perchè la Terra era riguardata qual’ madre di tutti i giganti. Esso era uno smisurato gigante ; Apollo e Diana lo ucciser
bali e di tamburi. Pane e Siringa Pane, Fauno, Silvano Pane era il principale tra gli Dei Inferiori. Gli autori a
Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie di Ulisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti gli ab
aos, la cui sede fu posta da alcuni nelle viscere della terra. Questi era un Dio terribile, che non era permesso di nominar
lcuni nelle viscere della terra. Questi era un Dio terribile, che non era permesso di nominare. Oltre l’esser stato padre d
ò Bacco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura era di stare giorno e notte nelle campagne suonando l
pra. Molti confondono Pane col dio Silvano e col dio Fauno. Il primo era particolarmente Dio delle selve e si rappresenta
stra mano un ramo di pino carico di pine, locchè dimostra che il pino era l’albero favorito di questo Dio. Spesse fiate inv
Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome di Silvani era generico e si dava ai Fauni, ai Satiri, ai Sileni
tunno così chiamate perchè cangiavasi in tutte le forme a piacer suo, era il Dio delle vergini e presiedeva all’autunno ed
si insieme con lei e non violò giammai la fede che le aveva data. Non era il solo Vertunno che avesse il potere di cambiar
vea dotato del dono di predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi era forzato. Al pari delle altre Divinità marine avev
ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Da altri fu detto che Proteo era un oratore che colle attrattive della sua eloquen
avano, co’ loro prestigi, gli occhi della ignorante moltitudine. Se n’ era fatto un Dio marino figlio di Nettuno perchè era
te moltitudine. Se n’era fatto un Dio marino figlio di Nettuno perchè era possente sul mare, e i suoi sudditi, popolo marit
one, sono stati chiamati le gregge di Nettuno. Feronia Feronia era Dea de’ boschi e degli orti. Veneravasi particola
o il simulacro di lei, ella fece subito rinverdire il legno del quale era composto il simulacro ed il bosco stesso rigermog
ro, Flora Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali, era figlio di Eolo e dell’Aurora e secondo altri di A
nta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al frumento, ed in c
cevano al corso erano coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo essi una delle Ninfe delle Isole Fortunat
’impero de’ fiori. Priapo Priapo, il Dio e custode degli orti, era nato da Venere e da Bacco in Lampsaco, città dell
e e da Bacco in Lampsaco, città dell’Asia Minore ora Natolia, ov’egli era particolarmente onorato, per la qual cosa vennegl
la fertilità. Questo Dio che presiedeva ad ogni sorta di dissolutezze era particolarmente venerato da coloro che mantenevan
di api. Termine Questo Dio presiedeva ai limiti de’ campi, cui era grave delitto il violare. Pretendesi che si debba
go. Si fece credere al popolo un tal fatto per persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecit
er persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecito l’uccidere quelli che non li rispettavano.
ine tra un campo e l’altro ; gli si diede poscia una testa umana : ma era sempre senza braccia e senza piedi, affinchè, dic
emamente caldo dimorava nei climi caldi del mezzogiorno. Il suo fiato era alcuna volta sì infuocato che ardeva le città ed
nno destinato a presiedere alle nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu
come i Romani invocavano Talassio ; questi però, secondo alcuni, non era altro che un grido di gioia ripetuto nei maritagg
di gioia ripetuto nei maritaggi. L’Imene più generalmente conosciuto era un giovine ateniese di somma bellezza dotato, ma
eniese di somma bellezza dotato, ma poverissimo e di oscura origine ; era in un’età in cui un giovinetto può facilmente ess
, allorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa era di nascita molto superiore alla sua, così non osa
e, e dichiarò in un’assemblea del popolo il suo essere, e ciò che gli era accaduto, promettendo di far ritornare in Atene t
la sinistra un velo di color giallo, perchè anticamente questo colore era particolarmente applicato alle nozze ; altre volt
onobbe egli scomparve. Cupido conosciuto anche sotto il nome di Erote era sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoco, dai Vez
nciulli alati. Antero Antero il Contro Amore o amore per amore era figlio di Venere e di Marte. Questo nome si pigli
he la Dea consultata rispondesse che il solo mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora sua madre gli diede
si le ali che ripigliavano il loro antico stato ogni volta che Antero era lontano da lui. Non è difficile di scorgere che
e virtuosa e sinoera. Momo Momo figlio del Sonno e della Notte era il Dio de’buffoni. Satirico per quanto lo si può
salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su di lei perchè era troppo perfetta, trovò che non era bastantemente
sapendo che dire su di lei perchè era troppo perfetta, trovò che non era bastantemente ben calzata. Arpocrate e Muta
calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio di Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Vogliono i poeti che sua mad
del silenzio. Vogliono i poeti che sua madre, avendolo perduto mentre era fanciullo, andasse in cerca di lui per mare e per
sistere tra il cuore e la lingua. Muta o Lara figlia del fiume Almone era la Dea del silenzio. Giove le fece tagliare la li
crifici per impedire la maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù era figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione d
mano e nell’altra una tazza in cui essa versa il nettare. Il nettare era una deliziosa bevanda degli Dei, benchè da alcuni
ficò colla moglie. Avendo egli uccisa inavvertentemente Procri mentre era a caccia, Aurora lo condusse in Siria ove lo apos
Ovunque s’innalzarono degli altari in di lei onore. Como Como era il dio della gioia, dei banchetti e dei balli not
Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui si celebrava la sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle
a tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume era uno de’compagni di Dioniso o Bacco. Si poneva la
orza di cangiare ciò che aveva risolutò, o per meglio dire il Destino era esso medesimo quella fatale necessità secondo la
simbolo del sommò suo potere. Per indicare che esso non variava e che era inevitabile, si figurò dagli antichi con una ruot
i sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climene, era la Dea della salute, e si aveva per lei una grand
pigliatura. Esculapio Esculapio figlio di Apollo e di Coronide era dio della medicina. Avendo Coronide amato il giov
e quattro figlie Igiea, Egle, Panacea e Iaso. La celebrità ch’egli si era acquistata il fece riguardare insieme a suo padre
el tempio qualche cosa che rappresentasse la parte del loro corpo che era stata risanata. Si rappresentava generalmente sot
raccomandava agli uomini, di non chiedere agli Dei se non quello che era giusto e ragionevole. Presiedeva ai trattati e al
: da alcuni si vuole che versasse pur anche il nettare a Giove quando era a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in
tempii : quello che Agrippina cominciò e Vespasiano terminò in Roma, era il più magnifico tempio di quella grande città. T
taccarvi i cavalli quando partiva per la guerra. Il potere di Bellona era nondimeno eguale a quello di Marte. Essa aveva un
on ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, lo era maggiormente in Cappadocia, ove ella aveva molti
un pontefice il quale non cedeva la precedenza che al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la sua dignità era
he al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sol
la famiglia reale e la sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebb
ancor fanciulli giuocavano insieme, Epafo rinfacciò a Fetonte che non era figlio del Sole come si credeva. Fetonte adiratos
etta anche Adrastea, figlia di Giove e della Notte o della Necessità, era la ministra della Giustizia e la Dea della vendet
rebo e della Notte, le quali da altri sono prese per le Eumenidi. Una era il Pudore che dopo l’età dell’oro ritornò in ciel
dei mari, una delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano o il Cielo e di Titea o la Terra.
questo clemento agli agguati che gli avevano tesi i Titani, co quali era in allora in guerra ; oppure prendendo questa gue
 : chiamavasi essa anche col greco nome che significa nutrice, perchè era la Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantie
a Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di una bianche
te redini. Una gran vela di porpora ondeggiava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitud
ibutare alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di D
Ncreidi. Giove, Nettuno e Apollo volevano sposarla, ma avvertiti che era stabilito dal Destino che il figlio da essa nato
i soccombevano. Achille solo resistette, perchè nel giorno precedente era stato strofinato d’ambrosia, e perchè vi rimase p
s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro
era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui era attaccato il suo destino e quello pur anche del s
che aveva veduto dall’ alto d’una torre della città, mentre il padre era addormentato gli tagliò il fatal crine, e lo mand
onde. Gli Dei cambiarono Scilla in un pesce, e il padre di lei che si era da sè stesso ucciso per non cadere nelle mani del
o. La favola del Minotauro si spiega in tal guisa. Dicesi che Pasifae era stata colta da amorosa inclinazione per Tauro che
iglio cui gli autori nominano Asterio o Asterione, siccome incerto ne era il padre, e che si poteva credere figlio tanto di
pinge come un mostro il quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno di boschi e di edifizi dispost
o menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone nel lago Meride ; se ne
metà dei quali erano sotto terra, e dodici palazzi in un ricinto, ed era fabbricato e coperto di marmo. Eravi una sola dis
ressamente per rinchiudervi il Minotauro, colla differenza che quello era coperto ed oscuro e questo era scoperto. Consider
Minotauro, colla differenza che quello era coperto ed oscuro e questo era scoperto. Considerando che il Minotauro stava, pe
vano star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo era nel labirinto, portavano talvolta il Minotauro pe
ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di Icaro, il quale era ito troppo in alto, contro le istruzioni del padr
ovasse in Sicilia la morte datagli a tradimento da Cocalo. L’Areopago era un celebre tribunale di giustizia degli Ateniesi.
si. Traeva il suo nome da Ares, Marte e da Pagos, collina. L’Areopago era in fatti situato in cima alla collina ove Marte d
aver avvelenato la fontana ove questa Ninfa andava a lavarsi. Glauco era infatti un abilissimo pescatore e sapeva ben nuot
loquenza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai beneficii ed alla riconos
el Cefiso e di Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onore, ma era loro particolarmente consacrata la primavera, sic
in Macedonia. L’Amore e le Grazie abitavano con esse. L’Amore non vi era mal situato ; parecchie di esse cedettero al pote
ichi animava essa tutta la natura e presiedeva alle generazioni : non era altra cosa che la brama che ha ogni essere creato
presentava armata. Aveva essa un altro tempio in Elide, la cui statua era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva
loro vestimento non discendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto di raddrizzar
tra tutte e tre e se ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una zanna del più forte cignale
 ; quindi le cinque figlie di Forco erano i cinque vascelli de’ quali era composta la piccola flotta di questo principe, co
l modo con cui si spiega la favola del caval Pegaso. Medusa altro non era fuorchè una delle cinque navi della flotta di For
a preso anche da loro un artefice che sapesse porlo in uso. Il Pegaso era un animale selvaggio, il quale appena uscito dall
esentate sotto le forme di donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo era pieno di Ninfe, e le dividevano in diverse classi
capre, ed erano altresì loro consacrate alcune feste. Alle Ninfe non era accordata un’assoluta immortalità, ma credevasi c
greca significa luogo coperto d’alberi. Il culto che si rendeva loro era presso a poco eguale di quello renduto alie Naiad
erano da esse protetti. Potevano maritarsi. Euridice moglie di Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figur
ronco e le radici di un albero. La parte superiore, senza alcun velo, era ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. I
elo, era ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avev
to lavoro gh comparve la Ninfa di quell’albero, la quale dissegli che era disposta ad accordargli quanto cra in suo potere,
iadi dipendesse dalle piante che le medesime avevano in custodia ; ed era questo un ottimo mezzo per far rispettare i propr
n un culto il quale consisteva in preci ed in sacrifici. Questo culto era fondato sul vantaggio che traevasi dall’Oceano e
re e sui pericoli che incontravansi su quell’elemento. Quando il mare era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quan
uando il mare era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quando era in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco,
uando era in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro era però l’animale che più comunemente a quelle divin
Siracusa, unita alla città da un ponte, ove vedesi ancora. L’Aretusa era realmente una fontana dell’isola d’Ortigia che ri
ano alle volte anche ne’ boschi, e nelle praterie sollazzavansi. Egle era la più bella delle Naiadi. I poeti indicano talvo
cano i pastori Diana sotto il nome di Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa lavoratrice figlia di un tintore chiam
mazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne era sì regolare e vedevansi così vivamente espresse l
Atlante in prova della sua riconoscenza diede all’eroe i pomi ch’egli era venuto a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro mo
con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno e di Anfitrite, era un Dio marino, la cui figura offriva sino alla sc
iavano di prendere cibo e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta di ossami di coloro che erano in tal guis
; ma avvertiti dall’oracolo che per liberarsi dai guasti della peste, era lor d’uopo di ristabilire la città di Partenope,
loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della quale si era invaghito
ntata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della quale si era invaghito Glauco, dio marino ; ma non avendo potu
a, la quale compose un veleno che gettò nella fontana in cui la Ninfa era solita bagnarsi. Appena Scilla fu entrata nella f
ia e portava su la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo era circondato di cani. Aggiungesi che lo strepito de
passaggio per i pericoli che vi correvano i navigatori. Questo passo era chiamato Scilla dalla parte d’Italia, e Cariddi d
iddi dal lato della Sicilia. Quivi perirono le navi di Ulisse. Scilla era però alcun poco più verso il Nord-Est e non si tr
glio di Scilla a mano destra. In quel tempo in cui l’arte nautica non era portata a quel punto di perfezione, in cui è pres
ta a quel punto di perfezione, in cui è presentemente, quel passaggio era pericolosissimo, e succedeva pur troppo di sovent
ani molte cose campestri avevano la loro Divinità particolare. Ippona era la dea che presiedeva ai cavalli, Bubona ai buoi,
eva ai cavalli, Bubona ai buoi, Seia o Segezzi alle sementi ; Maturna era la dea della maturità ; Mellona proteggeva le api
no di questa Divinità. Stercuzio o Stercuto o Sterculio o Sterquilino era il dio del concime, che dicevasi figlio di Fauno
l primo introdotta la concimazione de’ campi. Latturcina o Lacturcina era la dea del latte secondo alcuni ; secondo altri s
le spiche, la polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare chiamato Genio, e
iedi. Nascio o Natio diceasi la dea del nascere ; Vagitano o Vaticano era quel che presiedeva ai vagiti dei fanciulli ; Lev
igilia accompagnava i viaggiatori perchè non si smarissero ; Avveruno era quello che allontanava i mali ed i pericoli. Neri
ro ; Avveruno era quello che allontanava i mali ed i pericoli. Nerina era la dea del rispetto e della venerazione ; Como er
i pericoli. Nerina era la dea del rispetto e della venerazione ; Como era il dio de’conviti e de’ balli notturni. Martea ve
cevano il primo giorno dell’anno e che si chiamavano strenne. Laverna era venerata dai ladri perchè teneva occulti i loro f
. Laverna era venerata dai ladri perchè teneva occulti i loro furti ; era anche la dea degl’ipocriti. Libitina presiedeva a
Libitina presiedeva alla morte, Nenia ai funerali. Vaccena o Vaccana era la dea della pigrizia ; presiedeva anche al ripos
pigrizia ; presiedeva anche al riposo della gente di campagna. Marcia era la dea della viltà. La Mente, la Virtù, l’Onore,
Ercole di cui si parla in questo Compendio è appunto il Tebano. Esso era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Rom
ebano. Esso era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione
na si vestì delle sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi era alla guerra di Tebe. Giove aveva giurato che dei
i due serpenti, dando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che era degno figlio di Giove. La maggior parte dei mitol
ne di una statura straordinaria e di una forza di corpo incredibile ; era anche un famoso mangiatore. Un giorno viaggiando
ese di Argo pugnò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anch’essa, e che era un serpente di sette teste, a cui se una veniva r
tiero una cerva che aveva i piedi di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a Diana era proibito di ucciderla. Ercol
veva i piedi di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a Diana era proibito di ucciderla. Ercole per ubbidire ad Eur
no il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’ era un gran numero e la loro grossezza era tale che l
ascevansi di càrne umana. Ve n’era un gran numero e la loro grossezza era tale che le loro ali impedivano che la luce del s
rigioniera la loro regina Ippolita la diede in isposa a Teseo che gli era stato compagno in quell’impresa. Le Amazzoni eran
i nelle isole Baleari, altri in Eritia isola vicino di Cadice. Questi era un gigante con tre corpi che faceva pascere i suo
Caucaso. Uccise un mostro marino al quale Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per punire Laomedonte che gli negava
effetto della vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era figlia di Oeneo, ed Ercole per ottenerla in mogli
e sentissi subito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa era infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò e
olte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, perchè se n’era cinto il capo quando
foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, perchè se n’ era cinto il capo quando discese nell’inferno : ciò c
colore, mentre la parte esterna fu fatta nera dal fumo. La sua clava era d’ulivo, che, secondo alcuni, dopo la sua morte,
lcuni, dopo la sua morte, piantata nella terra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio di lui e di Deiani
presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Prometeo era sfuggito a questo agguato non ebbe freno ed ordin
mo formato da Prometeo per quelli che vogliono spiegare questa favola era una statua ch’ei seppe formare coll’ argilla, e f
a aveva formato l’uomo. Deucalione Deucalione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Ep
del diluvio di Deucalione dovrebbe essere verso l’anno 1560 avanti l’ era volgare. Perseo Perseo re di Argolide uno
seo Perseo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisi
iglio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante ed aveva un fratello chiamato Pr
so e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte
meno tenuto per lungo tempo lontano Perseo. Ma siccome questo giovine era amato dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mer
re in balía de’ venti, salito sul caval Pegaso, vedendo che il giorno era vicino a fmire, si fermò in Mauritania per riposa
spitalità e lo scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convert
a di averla a combattere contro Fineo fratello di Cefeo cui Andromeda era stata innanzi promessa ; e dopo aver uccisi vari
di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria era re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne c
prestato dei soccorsi ai giganti ribellatisi al supremo Nume. Atlante era il padrone del giardino delle Esperidi in cui si
hè Ercole, o come altri vogliono, Euristeo, non andò a liberarlo ; ed era stato sì strettamente legato a quel sasso, che vi
ria, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui era partito ; ma Teseo dimenticò il comando del padre
se. Cadmo Cadmo principe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o
randi divinità e amato del pari che rispettato da’suoi sudditi ; egli era padre di un figlio chiamato Polidoro e di quattro
lerare a lungo tale felicità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo era fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura
ì raccontansi le circostanze della loro nascita. Giove amando Leda si era trasformato in cigno per riescire ne’suoi amori.
ue uova ; uno contenente Castore e Clitennestra, tutti e due mortali, era stato fecondato da Tindaro di lei marito ; l’altr
atore, teologo, poeta, celebre cantore, viaggiatore e guerriero. Esso era figlio di Oeagro o Eagro re di Tracia e della mus
a sua nascita e ai talenti di lui venne in seguito pubblicato ch’egli era figlio di Apollo e della musa Clio e questa opini
deravano. La sola Euridice figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avvenenza, gli parve degna dell’amor suo
ipendentemente del suo talento nel maneggiare questo istromento, egli era stato abbastanza eloquente per persuadera ad un p
ne mura al ricovero de’nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di
cattiva sua maniera di maneggiare quell’istromento. A questo Lino che era Tebano e secondo alcuni fratello di Orfeo si attr
edea, Chirone, Fineo, gli Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e di
na Giasone vide la luce suo padre fece sparger la voce che il bambino era gravemente ammalato ; e pochi giorni dopo ne pubb
uo ritorno gli darà il possesso del trono che gli appartiene. Giasone era in quella età in cui si va in traccia della glori
gi mar Nero e precisamente nell’odierna Mingrelia nella Giorgia. Colà era appeso ad un albero il vello d’oro portatovi da F
di un dragone dai quali dovevano nascere degli uomini armati, ch’egli era tenuto di sterminare tutti ; senza che ve ne rima
di sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine gli era imposto di uccidere il mostro che vegliava incess
re il suo sposo da questo nemico, consigliando le figlie di Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccidere il padre lo
onare la Tessaglia ed a ritirarsi a Corinto con Medea. Creonte che ne era il re li accolse cordialmente ed accordò loro gen
suo nome presentare a Glauce una bellissima veste ; ma siccome questa era avvelenata, così appena Glauce se l’ebbe posta an
ne nacque dagli amori di Filira figlia dell’Oceano con Saturno che si era trasformato in cavallo per occultarsi a Rea sua s
che giunse a guarire le malattie coi soli concenti della sua lira ed era tanto valente nella cognizione de’corpi celesti,
un rimedio che aveva imparato dal suo antico precettore : ma il male era incurabile e l’infelice Centauro soffriva acerbi
trentacinque anni prima della guerra di Troia. Il Vello o Toson d’oro era la spoglia del montone che trasportò Frisso ed El
tò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso di nuovo gli salì sul dorso, giun
curio la convertì in oro, di modo che, secondo gli uni il vello d’oro era d’oro dapprincipio, secondo altri, fu cambìato in
animale fosse coperto d’oro invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto degli amori di Nettuno trasformato in a
e zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli era un bellissimo giovine così la moglie di Preto Ant
era, che infestava un monte della Licia dello stesso nome. La Chimera era un mostro alato, d’estrema agilità, nato in Licia
ammirando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli p
l suo troppo orgoglio fu uccisa da Diana. Il sepolcro di Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed
caval Pegaso. La Chimera, dicesi da chi vuol spiegare questa favola, era una montagna dell’Asia minore nella Licia, che al
e non che colla terra. Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia
ll’Affrica in Beozia per piangere su la tomba del fratello. Atalanta era figlia di Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo
i uomini e non gustava altri diletti se non quelli della caccia. Ella era tanto leggiera che nessumo animale potea sfuggirl
condizione capace di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella era valentissima nel correre, quindi propose a’suoi a
subìto la loro trista sorte. Allorchè Ippomene si presentò. Ippomene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue d
o, disceso dal sangue di Nettuno e di Merope. Questo giovine principe era sì casto che per non veder femmine ritirossi nei
eguì ed accrebbe il numero dei concorrenti alla di lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gl
uciefero e re di Trachina nella Ftiotide regione della Tessaglia, che era perito in un naufragio mentre andava a Claro oggi
to il tempo che questi uccelli facevano i loro nidi. Epperò l’alcione era consacrato a Teti, perchè dicesi che quest’uccell
disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli era padre, furono talmente afflitte, che precipitaron
iate in alcioni. Giano Giano che alcuni fanno Scita d’origine, era figlio secondo altri mitologi di Creusa figlia di
rappresentare Giano con due facce, per dinotare che la regia potestà era divisa fra questi due principi, e che lo stato ve
quattro facce si alludeva alle quattro stagioni. Il primo di gennaio era a lui singolarmente dedicato, e in esso i cittadi
descrizione del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida, era figlio di un agricoltore. Altra eredità non aveva
ell’arte d’indovinare, ai quali, secondo si riferisce, questa scienza era tanto naturale che passava fin nelle donne e nei
figliloro, descrizione della sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di
uccise, senza conoscerlo, il proprio padre, che a favore di quelli si era intromesso. Pretendono altri che l’uccidesse, men
isposa, a chi sciogliesse l’enimma, e perir facesse la Sfinge, perchè era destino che questa dovesse morire sì tosto che l’
olto. Presentossi Edipo e la Sfinge gli propose il fatale enimma, che era  : Qual fosse l’animale che in sul mattino aveva q
el pastore che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo p
te che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Preso da orrore n
rriditi alcuni Ateniesi alla vista di un uomo in quel luogo, dove non era permesso a nessun profano di portare il piede, vo
itò la prima a Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si era alla corte di Adrasto ritirato per aver disgrazia
mente si uccisero. Aggiungesi che la loro discorde maniera di pensare era stata, durante la loro vita, sì grande, e il loro
icavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile una figlia di quel carattere ; le al
Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se taluno fosse
rifuggì alla corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Eu
a dalla quale ebbe Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcuni che era Aerope figlia di Euristeo. Altri accertano che Ae
edizione contro i Troiani, per ricuperare Elena moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Tro
ri figli e tra gli altri Oreste, Ifigenia ed Elettra. Mentre l’armata era raccolta in Aulide porto della Beozia, e trattenu
ca ai lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atreo che era suo cugino per vegliare al governo de’ suoi stati
le Furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato, giunse in Tauride, ove per ordine
si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che era sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri indi
emendogli d’aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi data a Pirro, andato a Delfo, ove sapev
ia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era incinta, parvele in sogno di avere in seno una fi
dente ; consultati gl’indovini le fu risposto che il fanciullo di cui era incinta, sarebbe stato un giorno cagione dello st
onte. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, che era riputata la più bella donna di quell’età, colse P
Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile come si è già riferito all’articolo d
’isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che era per destino verace sempre e non creduta mai, grid
a per destino verace sempre e non creduta mai, gridò che quel cavallo era un’insidia e che si doveva distruggere. Invano pu
evano sacrificarlo. Costui seppe persuadere ai Troiani che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci onde placare lo sdegno
Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella
la figlia Lavinia, dopo avere ucciso Turno re de’ Rutuli cui Lavinia era stata innanzi promessa. Enea lasciò nel Lazio suo
ano parte della pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più sacra ed augusta. Per mezzo degli O
o. Gli Oracoli rendevansi in diverse maniere. Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni, di digiuni, di sacr
acrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità di sovrano degli Dei, era riguardato come il primo motore degli oracoli, e
, figliuolo di lui, siccome quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato di tutti gli Dei, essendosene istr
laro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto per la sua anzianità,
o Lebadea ; perfino il bue Api ebbe in Egitto un Oracolo. L’ambiguità era uno de’ più ordinari caratteri degli Oracoli e il
da infiniti esempi che presenta la storia. Per consultare gli Oracoli era necessario scegliere il tempo in cui credevasi ch
a : qui la sacerdotessa rispondeva pel Dio che veniva consultato ; là era l’Oracolo pronunciato dal Dio medesimo ; in un al
Dei e dalle Dee, oppure dalle Parche ne’ loro tempii. Quello d’Upsal era famoso tanto per gli Oracoli quanto pei sacrifici
lespontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella di Cuma città d’Italia, chiamata dagli uni
ila o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’
importante guerra, sedare una violenta sedizione, allorchè l’esercito era stato disfatto, e la peste o la carestia, o qualc
e sventura, mai non si tralasciava di ricorrervi. Sotto pena di morte era proibito a chi custodiva questi libri di lasciarl
iva questi libri di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione era una specie di oracolo permanente, sì di sovente d
di oracolo permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo era quello di Delfo dai Greci. Molti altri Libri Sibi
i uomini che per qualche straordinaria azione si erano resi illustri, era da principio semplicissimo. Un mucchio di sassi c
erti d’erbe o di frondi in aperta campagna, in qualche luogo elevato, era l’altare, sul quale agli Dei rappresentati da un
le si indoravan le corna. Si esaminavano le interiora ; se eran sane era di buon augurio, e di sinistro se erano guaste o
vasi. La patera di cui si è parlato qualche volta in questo Compendio era un vaso di cui facevano uso i sacerdoti nei sacri
i, Tiadi, ecc. In Roma chi aveva la suprema autorità nelle cose sacre era il Pontefice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui
fice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui il Diale o Flamine di Giove era il primo, venivano poi il Marziale, il Quirinale,
vevano aver luogo in onore degli Dei. Il loro numero che da principio era solo di tre, venne portato sino a dieci. Solevano
o i trattati, la pace, la guerra e le tregue. La loro principale cura era quella d’impedire che s’intraprendessero delle gu
to s’intraprendeva prima che questi non avessero deciso, se l’augurio era fausto o infausto. Gli Augurii si prendevano altr
li che si chiamavano auspicii, altri dal mangiare dei polli. Il tuono era di buon augurio quando sentivasi alla sinistra, p
tutto il corpo o anche le sole mani in acqua pura. L’acqua lustrale era acqua comune nella quale estinguevasi un tizzone
uevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco de’ sacrifici. Quest’acqua era contenuta in un vaso posto alla porta o al vestib
, ove non vi fossero morti ; tutti quelli che recavansi alla casa ove era il morto, nell’uscirne aspergevansi con quest’acq
a saetta, che si scagliava coll’arco al segno prefisso ; il disco che era un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai
io, fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nem
e » 57 » 10 Rapresenta Rappresenta » 87 » a e 3 erano riserbate era riserbata » 104 » 10 avverdersene avvedersene
3 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
anche nelle mani delle più modeste giovanette. Quella Mitologia però era voluminosa, e forse un po soverchiamente carica d
evasi Crono (Κρονος quasi Χρονος, tempus), cioè tempo, perchè Satùrno era quel nume che in se contiene il corso ed il rivol
grandissimi numi ; Opi (Ops, Opis) e Terra (Tellus), perchè la terra era riputata la comune madre degli uomini ; Rea (Ρεα,
appresso diremo. Giano fu detto janus quasi Eanus (ab eundo), perchè era il soprintendente delle vie : ma Ovidio (1) vuole
II. Storia favolosa di Satùrno. Il Cielo, detto da’ Greci Urano, era riputato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti
Nettùno e Plutòne si divisero l’universo. Giano intanto che a que’dì era signore del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo
i ignoriamo i genitori. Quindi la regione che poscia fu detta Italia, era consacrata a Satùrno e chiamavasi Saturnia. Sott
ano dal suo primitivo stato di felicità e d’innocenza a passo a passo era tralignato, cadendo nella miseria e ne’ vizii de’
no limiti che dividessero i campi, non servi, non mio e tuo, ma tutto era a tutti comune. Le città non aveano mura, perchè
ombe che turbasse i tranquilli sonni e la dolcezza della pace. Non vi era cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali
li ; nè gli uomini erano intesi al mercanteggiare, sicchè quel secolo era tutto felicità, tutt’ordine, tutto innocenza(1).
E però il popolo Latino ebbe sua origine da Satùrno, di cui figliuolo era Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed
re di lor nazione e che nelle vene de’lor primi e più antichi signori era un sangue proveniente dal vecchio padre di Giove.
uelli dell’anno. In essi gli amici si davan regali a vicenda ; non vi era gastigo pe’ malfattori, nè poteasi pensare a muov
olo di ferro (Stylus), la cui testa serviva per cancellare ciò che si era scritto. Chiròne da’poeti fu celebrato per la sua
he aspettava il giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne era di natura sua immortale, perchè figliuolo di Satù
ntagne, e chi percuoteva timpani e cembali, in guisa che il monte Ida era tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i F
e di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del quale era la celebre città di Pessinunte, a’ confini della
i, e la Terra spesso si confondono da’poeti ; ma secondo alcuni Vesta era figliuola primogenita di Satùrno e di Rea ; e da
hè la Terra credevasi madre degli uomini e degli Dei ; o perchè Vesta era il principal nume tutelare di Roma e specialmente
l’appresero dagli antichi Caldei e Persiani, presso i quali il fuoco era in grandissima venerazione. Enèa lo stabilì nella
Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Numa, presso al quale era il palagio del suo fondatore. Era di forma rotond
terra che credevan gli antichi della forma di una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ immagine di Vesta non di
rado si trova negli antichi monumenti. E oltre il fuoco perpetuo, vi era pure il Palladio, famoso pegno del Romano impero 
l’eternità ch’è senza principio e senza fine, come il cerchio. Vesta era il fuoco ; e perciò si dipinge collo scettro nell
istra, e nella destra, una lampana ch’è simbolo del fuoco. Cibèle poi era la terra ; percui, a dinotarne l’immobilità, si r
nflusso, ch’è l’indole degli Dei infernali. Il giorno sacro a Satùrno era infausto e malaguroso, specialmente per viaggiare
rchè si reputava egli una divinità avida di sangue e crudele. Satùrno era anche Dio dell’agricoltura ; chiamavasi il custod
le nome di Stercuzio. Nel tempio di Satùrno al pendìo del Campidoglio era l’erario o tesoro pubblico, perchè nel secolo d’o
glio era l’erario o tesoro pubblico, perchè nel secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’invocava nel principio di tu
nza ; la sua fanciullezza fu in grande onore presso gli antichi, e vi era una divinità chiamata Veiovis che vuol dire Giove
n lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al trono di Giove che sempre valev
inni. E da ciò quel Iupiter Fulgur apresso Festo. Or del suo fulmine era Giove oltremodo gelose, come ebbe a sperimentare
Giove. IV. Continuazione. Aquila-Ganimède-Perifànte. L’aquila era l’uccello di Giove e la ministra del suo fulmine.
. Caos. Prometeo ed Epimeteo. Pandora. A principio l’universo non era che un’informe e confusa mole di materia, che gli
contenea in se misti gli elementi di tutte le cose, in guisa che ove era terra, ivi pure ed aria ed acqua e fuoco ritrovav
di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chiusa, nella quale era ogni generazione di mali. Epimeteo, dimentico del
degli uomini resa indegna di que’ celesti abitatori ; chè privilegio era dell’età dell’oro, godere gli uomini il consorzio
tlante. Il luogo in cui Giove adunava il gran Concilio degli Dei, era l’Olimpo ( Ολυμπος, Olympus). Da Omero e da Virgi
magnifiche abitazioni degli Dei ; e pel mezzo, sul suo cocchio, Giove era solito di passeggiare. E’ fama che Mercurio fu pe
ensa di Giove. Ambrosia-Nettare-Ebe-Ganimède. Il Cielo o l’Olimpo era il luogo ove Giove banchettava cogli altri Numi ;
à conversa solo colla gente innocente. In Diospoli, o città di Giove, era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi solevan pr
re di quella del mele. Il Nettare poi (da νη priv. e κτεινω, occido), era la bevanda degl’Immortali. Nell’Odissea (3) Calìp
lli particolarmente del Sole, si pascevan d’ambrosia (4). Oltre a ciò era l’ambrosia quasi un unguento di virtù divina. Ven
figliuolo Sarpedone ucciso da Patroclo. La fragranza che diffondeva, era soavissima e tutta cosa divina ; e da essa si ric
se con fame le ghiande, E nettare per sete ogni ruscello. L’ambrosia era propriamente il cibo di Giove e degli altri Dei,
e, col quale avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’Ebe de’ Greci era la Dea Gioventù (Iuventas), la quale prendeva sot
di fiocchi Egida orrenda, Che il Terror d’ogn’intorno incoronava. Ivi era la contesa, ivi la forza, Ivi l’atroce inseguimen
pare che per egida intenda una corazza, un’armatura da petto, su cui era il capo della Gorgone. Diremo quindi che per egid
e senza posa. Monti. Or l’egida (αιγις, aegis da αιξ, αιγος, capra) era propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo
ire coll’egida significa proteggere, spfendere. Nel bel mezzo di essa era il capo della Gorgone, del quale tanto si valse u
ien raccontare la cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1) era una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno
da straripevoli burroni. Di queste la più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua maggior bellezza era nella chiom
più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua maggior bellezza era nella chioma, somigliante a perfetto e biondissim
omigliante a perfetto e biondissimo oro ; ma fra le sorelle essa sola era mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per v
al pari di tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio era carissimo ; e postosi l’elmo di Plutòne (Orci gal
i compagni ad attignere l’acqua da un fonte nella vicina selva. Quivi era appiattato il mostruoso dragone, che gl’infelici
e prima pose stretto assedio a Megara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di
di aver dato a Minos quella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo di forma um
stato costruito ad imitazione di quello sì famoso di Egitto, ma che n’ era solo la centesima parte, e che avea in se inestri
κουροι, Iovis filii), o figliuoli di Giove per eccellenza. Or Polluce era insigne per la maestria nel giuoco del cesto, o p
e insigne pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della quale era egli col fratello Castore la più bella parte. App
sse spose a’ due principi Ida e Linceo, fig. di Afareo. Questo Linceo era celebratissimo per l’acutezza della vista ; percu
colpì Ida, il quale percosso avea Polluce con un gran sasso sì che n’ era caduto al suolo. Se crediamo a Pindaro, Polluce p
sentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale era una stella ; più spesso però nelle statue o veggo
nfione divenne celebre per la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo era di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pi
e’ boschi di Arcadia, avvenne che il figliuolo, già di alcuni lustri, era vicino a ferirla di saetta, quando Giove e la mad
Ftia presso Eurizione. Eaco avea un tempio ad Egina ed in Atene, e vi era adorato qual semidco. XX. Io-Argo-Epafo. C
pollodoro la fa figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno, il quale discendeva da Inac
da que’ popoli adorata qual Dea sotto il nome d’Iside ; sicchè Epafo era l’Osiride o Serapide degli Egiziani. Io, nel dial
iani. Io, nel dialetto degli Argivi, significava la luna, della quale era simbolo una donna col capo coronato ; e da ciò ha
di lino eziandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina di Egitto che mostrò a quel popo
rma, e che getta fuoco con grande splendore ; e quivi, dice Strabone, era la sede di Eolo. A queste isole approdò Ulisse, i
sposata la figliuola del vecchio re Liparo, ne divenne signore. Egli era uomo giusto e pio ; e vogliono che avesse mostrat
e avesse mostrato a’ marinari l’uso delle vele. E perchè assai perito era nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egl
hissima di acque che presso al tempio si divideva in mille rigagnoli, era la cagione di quella verdura, cui Properzio aggiu
rdura, cui Properzio aggiunge un freschissimo antro. Il suo simulacro era un capo bovino innestato a corpo umano, che sotto
dicono che avea sembianza di ariete. Lucano afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero di oro e di argen
Giove Ammone(1). Non contento egli del colmo dell’umana grandezza cui era giunto, si credeva o voleva esser creduto figliuo
nou senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al quale era quella favolosa fontana, di cui le acque allo spu
ona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico
o, il più antico di quanti ne avesse la Grecia, e che per molto tempo era anche il solo(2). Fu fondato da’ Pelasgi, il più
di quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or in quella città era una selva tutta di querce consacrate a Giove, le
overbiale chiamavasi aes Dodonaeum, perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi di bronzo che si t
a, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo splendore di que’giuochi, che Pindaro(2)
; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La città di Olimpia era illustre per l’oracolo di Giove Olimpico, e per u
Elide occupavasi in esercizii preparatori i. L’ordine de’combattenti era regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in u
enti un nobile amore di gloria. Ma, oltre a ciò, la lode de’vincitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle
pubblica arrivò ad una magnificenza degna del nome romano(2). L’aia n’ era di otto iugeri, e ciase un lato era lungo circa d
degna del nome romano(2). L’aia n’era di otto iugeri, e ciase un lato era lungo circa dugento piedi. Vi si saliva dal foro
tri splendidi doni senza numero. Fra le più rare opere di scoltura vi era il cane che lambisce la propria ferita, l’Ercole
n crede essere un avanzo del fusto della colonna, sotto la cui figura era questo Nume anticamente adorato. Si vede pure Gio
esimo significato. Iupiter Hospitalis, Ζευς ξενιος, Giove ospitale ; era onorato qual vindice dell’ospitalità quasi da tut
ece del figliuolo. Presso i Romani santissimo ed antichissimo costume era il giurare per Iovem Lapidem. Iupiter Latialis.
uo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean senato, era un simulacro di Giove che nelle mani avea i fulmi
opizio contro i Troiani, da πας. omnis, ed ομφη, vox divina, o perchè era a dorato in ogni ling uaggio, o perchè ascolta le
XXVII. Alcune altre cose di Giove. L’albero consacrato a Giove era la quercia o l’ischio (aesculus), piante ghiandif
miglior sapore che la ghianda. A Giove si sacrificava il giovenco, ed era cattivo augurio sacrificargli un toro ; sebbene a
ogia(2) Giove è l’anima del mondo ; e però i poeti dicevano che tutto era pieno di Giove, e che tutto dee cominciare da Gio
, come quello di Giove ; e riferisce che, secondo gli Stoici, Giunone era l’aere posto in mezzo alla terra ed al cielo. E d
anza coll’etere, ch’era Giove. E siccome Giove presso gli antichi non era che il sole(5) : così per Giunone intendevasi la
favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibele. Samo era il suo soggiorno gradito, perchè si vuole che qui
re a Samo, le città a lei care furono Sparta e Micene ; ed anche Argo era gratissima alla nostra Dea, la quale vi avea un g
ma alla nostra Dea, la quale vi avea un gran simulacro ; e niuna cosa era più rispettata nella Grecia che i Sacerdoti di Gi
ania o Celeste. A Samo Giunone sposò Giove ; e Varrone attesta che vi era un suo antico tempio ed una statua che la rappres
II. Carattere di Giunone. Emo e Rodope. Gerane. Antigone. Giunone era la regina degli Dei, e la Dea de’ regni e delle r
posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civili discordie di Roma. Ercole
Troia, uccide Laomedonte e dà Esione per isposa a Telamone, che primo era entrato nella città. Ad Esione fu data la facoltà
e oltre modo sdegnata gettò sulla tavola un bel pomo d’oro, nel quale era scritto : Pulchriori detur  : diasi alla più bel
na, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale era di straordinaria bellezza. Or Menelao andò per su
importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col quale non era mai d’accordo, e garriva in modo indecoroso. Avve
overa Dea considera sì che biondeggiano le biade nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio vede la flotta di Ene
va che Giove avesse una consorte degna della sua grandezza ; e s’egli era il sovrano degli uomini e degli Dei, Giunone esse
o degli uomini e degli Dei, Giunone esser dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portament
attacca il bel giogo e le leggiadre pettiere ; ma propriamente Iride era l’intima di lei cameriera e la sua messaggiera fe
VIII. Varie incumbenze di Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone era la Dea de’ regni e delle ricchezze, così sembra a
ano dipendere gl’incerti avvenimenti della guerra. Il motto di Cesare era  : Virtute duce, comite Fortuna  ; ed i Romani di
Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una statua di Giunone in piedi e maggiore del nat
avasi dalle donne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto nel mezzo o sopra la fronte, e si andava
o ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era di metallo, ma tessuto o lavorato a rete. « Giuno
amo avea sul capo la corona, per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta di un gran velo nel rimanente del corpo.
i Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua che nel Campidoglio si venerav
nella sinistra colla iscrizione : Iunoni Lucinae. E perchè questa Dea era il Genio delle donne, per ciò ne’ vasi etruschi s
stra lo scettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente scolpite ; ed era opera di Policleto. Iuno aspera, atrox, iniqua,
βους, βοος, bos ed ωψ, ωπος, oculus. Iuno Gabina ; detta così perchè era in grande onore presso il popolo di Gabio, antica
azio ; e Materfamilias, da Plauto(3). Iuno Kalendaris ; perchè a lei era consacrato il primo giorno di ciascun mese. Iuno
ra d’Iride, sua fedele messaggiera, come abbiam detto. Il suo cocchio era portato leggermente per l’aria da’ pavoni ch’eran
nte ornavano le sue immagini. La vittima a lei più spesso sacrificata era l’agnella ; le vacche non mai, perchè, nella guer
vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto di lei, il quale era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a pri
e era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a principio in Argo era figurata con una semplice colonna, perchè tutte l
uoi altari di un’erba che nasceva nel fiume Asterione, sulle cui rive era il tempio e la fontana Eleuteria, da cui si attin
ta peplo, che consacravano a Giunone. Nel tempio della Dea ad Olimpia era descritto il fatto de’ due fratelli Cleobi e Bito
resso gli antichi una medesima divinità ; nulladimeno Minerva o Atene era la Dea delle scienze e delle arti, e Pallade, la
a di avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Eusebio vuole che vi era una donzella nelle vicinanze del lago Tritone, ne
e di lana ; e perchè le arti son frutto della mente, si finse ch’ella era nata dal cervello di Giove. L’opinione più comune
Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e mae
gli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico era una statua che lo rappresentava sopra il suo tron
e, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, secondo il pensare di Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza di Giove(5) 
simile a quella del Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Minerva era la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a
indi si disse(7) che Minerva era la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume di modo che quanto ess
a comune a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutto era dal suo cenno divino comprovato. E però Omero ne’
le arti, risiede nel capo ; avvedutamente dissero i poeti che Minerva era la Dea delle scienze e delle arti ; che a lei si
Minerva, quando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la quale tenevas
il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma la fama dell
data a specchiarsi in una limpida fontana del monte Ida, vide che non era senza ragione derisa ; percui sdegnosa gettò via
cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Prudenza, cioè da Minerva, diretto ; e che
una immagine di Minerva che ponevano ne’ ginnasii. Anche la medicina era sotto la tutela della nostra Dea(4), percui spess
rattere non conviene alla Dea delle scienze e delle arti. Ella infine era la protettrice e la custode delle città. L’acropo
ropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode
Iside di Egitto. Di fatto Platone ed Erodoto(1) affermano che Minerva era l’Iside venerata a Sais, città di Egitto, sotto i
ica, loro dando delle leggi, da cui venne l’agricoltura. A Sais Iside era rappresentata come una donna che ordisce ; e Diod
iù antichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si sa che il sistro era sua invenzione. Così Minerva inventò il flauto ;
lo scarafaggio che nella scrittura geroglifica significa un soldato, era il simbolo di quella Dea. La città di Sais diceva
eplo, ch’era una veste donnesca che mettevasi sopra tutte le altre ed era aperta solo dalla parte davanti, ove affibbiavasi
he l’Aurora va lieta del suo croceo peplo (κροκόπεπλος). Questa veste era in gran pregio in guisa che quando una donna a qu
appiè della Dea(1). Nelle grandi feste Panatenee celebratissima cosa era il peplo di Minerva. Per via di occulte machine p
a Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente, era stato da Minerva segretamente in un suo tempio al
dente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco di questa Dea era sormontato da un gallo, animale, cui piacciono le
o, animale, cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede u
a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa
sulla quale brillavano i colori dell’iride(1). L’egida(2) alle volte era come le pelli di cui van coperti alcuni pastori,
co monumento vedesi Pallade coll’elmo, e con due tibie nelle mani, ed era forse la Pallade musica(4) ; ed in un bassoriliev
o dagli esuli di Calcide, nell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tempii era un altare o una statua di rame ; o perchè ella in
se letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella di Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone ; dietro
a a Minerva, simbolo della prudenza e della vigilanza. Anche il gallo era sacro alla nostra Dea, che nelle monete di molti
l dire portar cosa in luogo, ove se ne ha dovizia, attesochè in Atene era gran numero di siffatti uccelli. Cicerone(1) doma
de Minerva, essa non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio era una statua di Minerva, o secondo altri, un piccol
gnabile sino a che ve l’avessero custodita. Il Palladio secondo altri era una statuetta caduta dal cielo a Pessinunte, citt
Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo, se non se alla più anziana delle
e e lor ragione. Il Banier dimostra che presso gli antichi Apollo era tutt’altro che il Sole ; ma noi per brevità segui
e per le soprane regioni del cielo, Porfirio dice che un medesimo Dio era il Sole in cielo, il padre Libero, sulla terra, e
ola delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno
del vero ; e Fetonte vi andò di buona voglia. Sopra altissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale di oro e
uale di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il tetto era di candido avorio, e le porte di argento. Il lavo
re sconvenevole che il figliuolo avesse barba, quando il padre Apollo era imberbe. IV. Continuazione. Admeto. Dafne. Gia
andò egli doloroso al fonte, da cui nasce il Peneo, ed ove la reggia era della madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che
ò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo della sua maestria nel suonare il flauto,
niva al paragone col medesimo Apollo(2). Imolo, re della Lidia, che n’ era l’arbitro, giudieò a favore di questo Nume. Piacq
a, ch’è nella Frigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma era una statua di Marsia, ove univansi i causidici pe
uo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale m
tutte nobilissime erano le incumbenze di Apollo. E primieramente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che della mu
a superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse
a la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e di Minerva che secondo alcuni era la Memoria. Fedro(2) dice, le nove Muse che sono
Ovidio chiamato virgineo monte, perchè le Muse si tenean per vergini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto
ei versi e del canto. Venuto a contesa colle Muse sulla cetra, in cui era lodatissimo, fu vinto ed in pena privato degli oc
a quel monte fu abitato da’ popoli della Macedonia(3). Pierio adunque era probabilmente di Pella, in Macedonia ; e da Evipp
Aganippe. Ippocrene. Pegaso. Parnaso. Persio(2) per dire che non era poeta, afferma di non aver bagnato le labbra nel
trovare questa fontana. Il dissero consacrato alle Muse, perchè Cadmo era uomo sapiente ed inventore delle lettere. Il Pega
significa la fama che diffondesi velocissima. Ma il monte delle Muse era propriamente il Parnasso, monte tutto sacro e ven
masi spesso bivertice (δικορυμβος. Lucian.) da’ poeti. Alle sue falde era il fonte Castalio, le cui acque a bere gratissime
sformò in fontana, o da Castalio, re dei dintorni del Parnasso. Dirce era fonte e fiume che bagnava Tebe, e da cui Pindaro,
o e l’Elicona, si confondono. Esso è celebrato da tutt’i poeti. Ascra era un villaggio in Beozia, vicino all’Elicona. Dovea
un colpo che col suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure
ra, ed ha il socco comico a’ piedi. La Talia del Museo Pio-Clementino era coronata di ellera, pianta consacrata a Bacco, ch
ira ed è in atteggiamento di recitare. Melpomene, (a μελπομαι, cano), era la Musa della tragedia, e si dipingeva qual giova
rici poeti. Tersicore, (a τερπω, fut. ψω, delecto, et χορος, chorus), era la Dea della musica e della danza, ed a lei si at
a danzando, e tiene il plettro. Erato, (ab εραω, amo), quasi amabile, era la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’
d ha in mano la cetra. Polinnia, (a πολυς, multus, et υμνος, hymnus), era la Musa dell’eloquenza ; o la Memoria stessa deif
ose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egli era duce e maestro, furono la musica, della quale abb
iove con patto che non l’avesse mai agli altri Dei comunicato. Apollo era la medesima cosa che il Sole, detto occhio del mo
tto occhio del mondo, che vede tutte le cose ; e perciò finsero ch’ei era il dio della divinazione. Rappresentavasi quindi
le frondi di quella pianta ; le quali se facevano un certo strepito, era felice augurio ; ed era funesto, se nol facevano(
nta ; le quali se facevano un certo strepito, era felice augurio ; ed era funesto, se nol facevano(2). Or qui dobbiam favel
on volo eguale, fermaronsi a Delfo(4). Ora in questo centro del mondo era il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Ap
della città le balze ed i dirupi facevan le veci di mura, sicchè non era certo, se più mirabile fosse la natura del luogo,
ume. Il mezzo della città avea sembianza di vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uomini e forte suono di trombe,
ggiare ; il che rendeva attoniti quei che l’ascoltavano(1). L’oracolo era una spelonca profondissima con piccola apertura,
ppresso i Greci correva voce che Socrate dall’oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tutti gli uom
cosa essere per l’uomo migliore che la morte(3). Nel tempio di Delfo era il celebre tripode o cortina. Servio dice che i t
picciola mensa fatta per tenervi bicchieri, appellata delfica, perchè era simile a quella mensa o tripode, sopra del quale
ina(2). I Greci dicevano che nel tempio di Delfo la radice del rafano era stata posta innanzi agli altri cibi, essendo essa
luoghi erano celebri oracoli di Apollo. In Claro, città della Ionia, era un tempio che in magnificenza appena cedeva a que
dagli Epigoni, erasi nella città di Claro ritirata. Un altro oracolo era in Cirra, la quale città essendo non molto lontan
e Canti il mio fato. Come a Dio della divinazione, dice Cicerone(5), era ad Apollo consacrato anche il cigno, perchè stima
iantichi facevan consistere propriamente la medicina(2). Quindi a lui era consacrata la panacea, erba odorosa cui attribuiv
edicinali. Fu pure Apollo inventore dell’arte sagittaria, nella quale era peritissimo ; e si vuole che sia stato detto Pean
’inevitabile suo strale mortalmente il ferisce nel calcagno, ove solo era vulnerabile, come Ettore stesso, vicino a morire,
vesse affidare l’impresa(1). Callimaco(2) afferma che Apollo non solo era maestro di fondare città, ma che n’era pure fonda
2) afferma che Apollo non solo era maestro di fondare città, ma che n’ era pure fondatore egli stesso. Quindi molte città si
ebo o il Sole. Circe. Scilla. Armenti del Sole. Apollo finalmente era il dio del giorno e della luce ; ed in questo sen
torre, Ove mai non entrò raggio di Apollo. Secondo Macrobio, il Sole era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di B
arii nomi, come di Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole era il Baal o Belo de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei,
ed Eeta, re della Colchide, il quale da Idìa procreò Medea. Circe poi era una maga assai celebre, che soggiornava nell’isol
ni ritornassero alla primiera forma umana. Eraclito(2) dice che Circe era una donna d’indole malvagia, che co’suoi artifici
Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò la fonte, ove Scilla era solita bagnarsi ; percui, entrandovi questa, seco
la Sicilia, e per opera di Glauco fu convertita in dea marina. Scilla era uno scoglio all’estremità dell’Italia meridionale
el giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e di Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e
a loro, onoravano la memoria dell’estinto guerriero(2). Mennone forse era l’Amenofi degli Egiziani, o sia il sole nascente
è celebre la statua colossale in Tebe di Egitto, la quale(3), quando era illuminata da’primi raggi del sol nascente, forma
o ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione di una fiorente avvenenza ch
e che avea sette corde, significava i sette pianeti, de’quali il sole era come il sovrano. Secondo Pittagora l’universo è u
ideo avea un celebre oracolo ed un tempio presso i Milesii, ove prima era l’oracolo de’ Branchidi, e che fu bruciato da Ser
detto da un giovane di Tessaglia assai amato da Apollo. Quest’oracolo era il più veridico dopo quello di Delfo. Apollo Cin
lo Cirreo, Cirrhaeus, da Cirra, città della Focide, presso alla quale era una caverna, da cui sortivan venti che infondevan
asseta. Apollo Delio, Delius, da Delo, isola dell’ Egeo, ove Apollo era nato. Apollo intonso, intonsus, per la sua lunga
Υπεριονιδης, cioè fig. d’Iperione, il quale, secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, de
ole. Eumenio(2) dice che Fulvio nella Grecia apprese che anche Ercole era Musagete o guida Muse, come dice il Salvini. Spa
o, celebre ginnasio di Atene destinato all’educazione della gioventù, era dedicato ad Apollo, Dio delle scienze e delle art
i gl’inni cantali in onore di qualsivoglia altro nume od eroe, quando era imminente la battaglia ; e quelli che la gioventù
fiore che si volta sensibilmente secondo il corso del sole. Il gallo era consacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunz
di abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saeculare) era una poesia che cantavasi ne’giuochi secolari che
eriori ad Esiodo e ad Omero. Da Virgilio(1) si scorge che la Luna non era diversa da Diana. Niso, egli dice, volto inver la
uol dire splendore. II. Storia favolosa di questa Dea. La Luna era la più grande divinità del paganesimo dopo il Sol
questo corpo celeste, le quali eran riputate come deliquii, cui esso era soggetto per la paura di quel mostro ; ed a ciò c
gli uomini e degli Dei ; e reputavasi la più antica Divinità ; percui era adorata dalla più parte de’popoli antichi. Oltre
i Dei, secondo Omero. Un greco autore dice elegantemente che il Sonno era nè immortale, nè mortale ; che nè fra’ celesti vi
bagnata da un ruscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii ch
ano. Così dice Omero imitato letteralmente da Virgilio(3). Morfeo poi era il principal ministro del Sonno e quasi il corife
nel mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte. Il suo cocchio era portato da due cavalli, e nell’arco di Costantino
di Nisa ove fu educato. Macrobio(7) dimostra che Libero, cioè Bacco, era presso gli antichi il Sole ; e pare che Virgilio
di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta di questo fanciullo. Giunone che la odiav
a Bacco. E Pomponio Mela(3) dice che, fra le città dell’ India, Nisa era chiarissima ed assai grande ; e fra’monti, il Mer
favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma che la città di Nisa era stata edificata da Bacco ; ed il monte Mero sopra
cco, o perchè prestò a questo nume un’ amichevole ospitalità o perchè era di viti fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu
fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu che il fanciullo mostrò chi era  ; e resa immobile la nave, ed i remi e le vele ve
ete, fu presentato a Penteo, di cui racconteremo l’acerbo fato. Bacco era il dio del vino, e perciò descrivesi di un caratt
va un abito di color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il ca
foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il canto a suon del flauto, per cui era fatto più per le danze e per le sollazzevoli occu
acco, senza indugio gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2)
erone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, prima di ogni al
a divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa che il Bacco de’ Greci era l’Osiride degli Egiziani. Tibullo(2) chiaramente
’ giganti avvenne molti secoli prima di Cadmo. Oltre a ciò ad Osiride era consacrata l’ellera, come a Bacco ; e Diodoro Sic
o il nome di Osiride ; e da Virgilio e da Macrobio sappiamo che Bacco era lo stesso che il sole. Ed il vedere Bacco con due
re Bacco con due corna sul capo ci ricorda che Osiride dagli Egiziani era rappresentato sotto la forma di un toro. Ma niuna
orma di un toro. Ma niuna cosa meglio dimostra che il Bacco de’ Greci era l’Osiride degli Egiziani, quanto la famosa spediz
da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba di uomini velluti che
avendo a lato il dio Pan ed il vecchio Sileno. Questo strano esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati in
ne delle armi, giacchè la punta di essa asta, o lancia o giavellotto, era celata tra le foglie de’ pampini. Arrivò in tal g
panciuto, come Apuleio descrive il satiro Marsia. Or il nostro Sileno era sempre ubbriaco(1) ; percui su di un asino, ove a
di Bacco e le notturne grida del Citerone. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed alle Muse, ed era famoso pe
ne. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed alle Muse, ed era famoso per le orgie che vi si celebravano di nott
ta nebide ; e portavano in mano il tirso. Il loro grido più frequente era l’acclamazione evoè (gr. ευοι, lat. evohe vel eva
he ceste o panieri di Bacco, nei quali, fra le altre cose misteriose, era una piramide, che alludeva o a’ due aggiunti mist
Bacco stesso in atto di pigiare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove gli abitanti con p
’era una danza delle Baccanti in onore del loro dio ; percui Tiasarca era il preside ai tripudii ed a’conviti in onore di B
gli danno due picciole corna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo di maestà e di potenza(3)). Tibullo rappr
ie di vasi, come il carchesio ed il corno(7). Di Bacco presso i Greci era propria la veste detta crocota (ποδηρης), o veste
e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal monte Edon, nella Tracia, ove era singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome di
sa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili, era la dea della bellezza, la regina della gioia, e l
zie. Gli antichi ne distinguevano parecchie. Cicerone(3) dice che una era fig. del Cielo o di Urano, e della Luce o del Gio
arte, che sposò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e di Teti, era la madre di Venere, percui Cesare che si vantava
hi, adorate da diverse nazioni sotto diversi nomi, afferma che Venere era la luna e che perciò chiamavasi noctiluca. Dalla
a, ove i fiori e le tenere erbette le germogliavano sotto i piedi, ed era accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal giuoco
nto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Venere non era altro che i poeti ne foggiarono una dea. Ma il Ba
’origine della favola di Venere nella Fenicia. Questa dea, egli dice, era la Venere adorata dagli Orientali. I Fenicii, con
linguaggio dissero che presso a quell’isola Venere uscita delle onde era comparsa la prima volta, perchè qui vi la prima v
dunque ch’era la Venere Urania de’ Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si era maritata con Adone, giovanetto di grandissima bel
nerale erano sotto la protezione di Venere ; e negli orti Sallustiani era un tempio di Venere colla iscrizione : « Gli Edit
vano in Africa non lungi dal monte Atlante orti amenissimi, ne’ quali era l’albero de’ pomi d’oro consacrato a Venere ; e s
. Monti. L’indomabile Diomede colpì Enea nel ginocchio, e già questi era presso a morire, se Venere, sua madre, oprendolo
Platone cacciò Omero dalla sua repubblica ; e Pittagora disse ch’egli era crudelmente tormentato nell’inferno per avere spa
divina luce, E divino spirar d’ambrosia odore. E la veste che dianzi era succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a
Virgilio, bel poema che pe’ Romani potea dirsi poema nazionale, come era l’Iliade di Omero pe’ Greci. Enea mo rì in una ba
aia e splendida corte di Venere ; ma dei suoi figliuoli il principale era Cupido. Ella presso Virgilio (3) il chiama sua fo
Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e di Marte, era il suo contrario, cioè l’Amore o l’Amicizia recip
di Millin si rappresenta Venere che abbraccia Cupido. Essa che forse era la Venere Urania o celeste, è assisa sopra un mon
in terra, in mare, ed alle volte suona qualche strumento. Egli infine era non solo di grande bellezza, ma da Ovidio (1), ch
avano nel fonte Acidalio ch’ è presso Orcomeno, cit. della Beozia, ed era consacrato a Venere, detta perciò Acidalia ; il c
e presedevano alle nozze, i Greci annoveravano anche Venere. A Sparta era una statua colla iscrizione « Venere Giunone » al
uali la menavano, perchè non le fosse fatta violenza, che di Talassio era e che a Talassio era menata, rispondevano ad alta
chè non le fosse fatta violenza, che di Talassio era e che a Talassio era menata, rispondevano ad alta voce ; onde per l’av
. Luoghi ove si prestava a Venere un culto speciale. Assai esteso era il culto che prestavano a Venere i ciechi gentili
qui è da por mente che il maggior numero delle città, in cui un nume era venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per
e città, in cui un nume era venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui n
oco la sua diletta Cipro. Vediamo brevemente de’ principali. Amatunta era città marittima dell’isola di Cipro, specialmente
un magnifico tempio assai frequentato. Il tempio poi eretto a Citera era tenuto pel più antico di quanti ne avea questa De
di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere
o ed al marmo forme di uomini o di animali. Gnido, città della Caria, era puro tutta propria di Venere. In essa un bellissi
la statua non solo di tutte le altre opere di quell’insigne statuario era la più bella, ma che in tutto il mondo non se ne
di Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucciso da Ercole ch’ era stato provocato a singolar tenzone, quando portò
vittoria riportata sulle Dee rivali, come in una moneta di Plautilla era Venere col pomo e coll’epigrafe « a Venere vincit
hi monumenti, e specialmente dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea era rappresentata in atto di asciugarsi la chioma nel
che nacque da Giove e da Armonia, e diversa dall’altra fig. di Dione, era caratterizzata da un diadema sul capo simile a qu
fece anche una bellissima, cui Fidia stesso diede l’ultima mano. Essa era allogata fuori le mura di Atene nella contrada de
rigna, Κυπρις, Κυπρογενης, Cypria, dall’isola di Cipro, ove nacque ed era venerata. Dante disse : Che la bella Ciprigna il
ere con quello di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giulio era il tempio di Venere Genitrice, che quel gran gene
avesse la vittoria.(2) Gnidia, Κνιδια, da Guido, città, ove Venere era particolarmente onorata. Idalia, soprannome di V
i cigni, le colombe ed i passeri ; ed il cocchio della bella Ciprigna era portato per l’aria or da una bianca coppia di amo
er cui s’incollerì fuor di misura, quando vide che la ninfa Peristera era venuta ad aintarla, e però trasformolla in colomb
uida segreta della nostra vita (δαιμων μυσταγωγος του βιου). Il Genio era il dio tutelare degli uomini, come Giunone, delle
nte, ma i regni ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi era il costume di salutare una città o un luogo, quan
ine. Marte infine si chiamava Gradivo (Gradivus), dice Servio, quando era in collera ; e si chiamava Quirino, allorchè stav
lla Scizia Europea, spesso confusi coi Traci. Or come la gente Tracia era di un’indole feroce e bellicosa, accortamente i p
gione. Ma il culto di questo nume derivò dall’Egitto, ove la teologia era fondata sopra l’astronomia e l’astrologia, cioè s
. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Marte e di Pelopea(3), da cui era stato sfidato a singolar tenzone. Allora Marte, v
Ettore coll’aiuto di quel nume, Diomede, dopo le più mirabili pruove, era costretto a retrocedere, quando, discendendo Giun
guito di Marte e di lui carattere. Ma il seguito del nostro Marte era veramente formidabile e degno del dio della guerr
Discordia e Bellona ; E Marte in mezzo, che nel campo d’oro Di ferro era scolpito, or questi, or quelli A la zuffa infiamm
e di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero u
iò chiamò Martius, da Marte, il primo mese dell’ anno, che allora non era che di dieci mesi(1). Una lupa, animale dedicato
latini, e che il mese di Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè era il padre di Romolo, ma perchè così dicevasi da’ p
ma, sulla parola di Egeria, fece intendere al popolo che quello scudo era stato mandato dal cielo per salvezza della città
re di Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ era ballo di gente armata. Essi accordavano il loro c
ie di pugnali. La festa durava tredici giorni, ed in tutto quel tempo era vietato far cosa che fosse importante, come marit
fferma, appena intendersi dagli stessi sacerdoti(3). In mezzo al foro era in Roma un tempio di grande magnificenza, ove si
dicevano : « Marte, sii vigilante » (Mars, vigila). Oltre i Salii, vi era eziandio il Flamine Marziale, che in dignità si a
αγος, vicus), cioè la rupe o la rocca di Marte, perchè quel tribunale era posto su di un rialto. I giudici in questa famosa
nella Frigia, la memoria delle vere e favolose imprese delle Amazzoni era assai viva, così i poeti posteriori ad Omero intr
e di Mirtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e Tieste. Enomao era re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercuri
ortava seco una pecora, perchè il lupo per la sua rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. Ed a piè delle statue di
Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era sacro per la sua indole guerresca, e come simbolo
Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale era un grido militare solito a farsi prima del combat
ne altre cose di Marte e di Bellona Oltre il lupo, il pico ancora era consacrato a Marte, uccello assai in uso negli or
oprio sangue si rende propizia la Dea(4). In Roma, fuori del pomerio, era un gran campo consacrato a Marte, detto campo Mar
rcurius, pare doversi trarre co’ più dalle merci (a mercibus), perchè era il nume che presedeva al commercio ed alla mercat
viceversa. II. Storia favolosa di Mercurio. Il nostro Mercurio era il Thoth degli Egizianì, il Thautus de’Fenicii, i
che diede alla luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del quale era la città di Cillene. Fu quindi questo nume assai
he fosse Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che
mete egiziano. Di fatto presso quel popolo in grandissima riputazione era Ermete, il quale fu detto eziandio e Mercurio, e
ncumbenze di Mercurio. E primieramente egli presedeva al commercio ed era il nume protettore de’mercatanti. Quindi (1) chiu
ommercio ed era il nume protettore de’mercatanti. Quindi (1) chiunque era addetto alla vendita di qualsivoglia merce, offer
tare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’idi di Maggio era in Roma solenne festa pe’ mercatanti in onore di
i buoi di Admeto, che Apollo avea in guardia, nell’atto stesso che n’ era da lui fortemente rampognato, gli rubò il turcass
atini ; per le quali voci prese in cattivo senso dissero che Mercurio era ladro, e dio de’ ladri. Da Chione, fig. di Dedali
ceva comparir senza corna ; anzi esso stesso varie forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il qua
ella curva lira (curvaeque lyrae parentem. Lib. I, od. 10). Or questa era propriamente quello strumento musicale da’ Latini
o questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli era nato. Perciò fu detta Χελυς (testudo) da’ Greci.
entre le code non arrivano che a due terzi della medesima. Il caduceo era simbolo della pace, e Mercurio stesso da Ovidio (
Mercurio non avesse sciolta dal vincolo del corpo l’anima che ad esso era unita per virtù divina. Da Virgilio (2) si rileva
que ciò sia, certa cosa è che principale e nobile ufficio di Mercurio era quello di accompagnare le anime de’ trapassati o
le ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo obbligato di c
rfeo, che l’avea, appreso dagli Egizii. L’Oceano, di cui parla Omero, era il Nilo : le porte del sole voglion dire la città
ndata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso gli Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere di Api, re e
nastici esercizii della palestra si studiò di rafforzare. La palestra era un luogo, ove gli antichi si esercitavano, per la
usa per significare la lotta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig. di Mercurio, o di Ercole, a cui debbesi l’in
d’oro. Il cappello alato poi dicevasi petaso (πετασος), o galero ; ed era un cappello con larga falda proprio, presso i Gre
ell’ingegno, perchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, ves
lche volta(1) gli hanno posto in mano un volume, per indicare ch’egli era il protettore dei letterati. Nel Museo Borbonico
ì detto per vedersi spesso nell’inferno a trattar colle ombre, di cui era il conduttore. Enodio, Viale (ab εν, in, et οδος
duco) ; ψυχοπομπος (πομπος, comes) ; e πομπαιος, (a μομπη, deductio,) era il manium ductor de’Latini, perchè accompagnava l
e la parola Terra significava il pianeta che noi abitiamo. Così Peneo era un antico fiume della Tessaglia, e nel tempo stes
utta circondarla ed essere la sede sicura de’ beati Iddii. Questa Dea era adorata dagli Egizii, da’ Siri, da’ Frigil, dagli
tutt’i popoli e commendata da tutt’i sapienti. Secondo i Latini, non era essa, come Ge, Rea, Fitea, Cerere, Cibele ed altr
ea, Cerere, Cibele ed altre Dee de’ Greci, una divinità speciale ; ma era piuttosto tutto ciò che si vuole ; era la Natura
ci, una divinità speciale ; ma era piuttosto tutto ciò che si vuole ; era la Natura o la madre universale delle cose, quell
ere avvenuta, perchè, a cagione del lungo volgere degli anni, mancata era quella virtù divina che quivi aveano le esalazion
anche in versi ? Secondo Plutarco, La cagione naturale degli oracoli era la Terra, la quale ricevendo nel suo seno tutt’i
mente e ad inspirare un furore divino. A ciò si aggiunge che la Terra era la stessa che Temi ; ma Pausania dice che ne’ pri
Essa predisse a Giove la vittoria sopra i Titani ; e di lei figliuolo era il serpente Pitone, il quale avea il dono della d
e però piene di caverne, abbondavano più degli altri di oracoli. Tale era la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea molti
la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea moltissimi. La quale cosa era certamente molto a proposito per inspirare negli
allora, custodiva il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevendo l’acqua,
bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la vita però di chine bevea, era breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bac
vano il futuro ; la vita però di chine bevea, era breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano
olto vino ; e l’oracolo della Sibilla Cumana descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato nel fianco di una rupe,
a di Agamede, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, dice Fontenelle, era sopra una montagna, in un recinto fatto di pietre
etre bianche, su cui si alzavano obelischi di rame. In questo recinto era una caverna a foggia di un forno, fatta a scalpel
no dentro, trovavano un’altra caverna piccola, l’ingresso della quale era strettissimo. Bisognava distendersi in terra , pr
di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe di Satiri e
o. Avea le corna per significare i raggi del sole e la luna bicorne ; era rosso in viso, per esprimere il rosseggiare dell’
uguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso dalla sampogna, con cui per altro spesso
a Tegeo, città dell’Arcadia ov’era in particolar modo venerato. A lui era consacrato il pino di cui portava inghirlandato i
il capo, come anche facevano i Fauni ; ma il Vossio afferma che a Pan era consacrato l’elce o leccio (ilex). V.Continuaz
Fauno, di cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure Fatuo, era il padre de’ Fauni e de’ Satiri, dio dei pastori
ore di quel nume(2), che celebravansi a’15 di Febbraio. Lupercale poi era un luogo o antro sotto il monte Palatino, consacr
e monti a lui consacrati ; e sul monte Liceo presso ad un suo tempio era l’ippodromo e lo stadio, ove si celebravano in on
i. I pastori gli offerivano latte, o gli sacrificavano un porco. Esso era il genio degli uomini, come Giunone, delle doune,
estre. Marchetti. VI. Continuazione. – Satiri – Ninfe. Saliro era propriamente un dio boschereccio ; e Satiri erano
tura aveano forma umana e due corna nella fronte ; tutto il resto poi era di capra. Plinio dice de’ Satiri, essere animali
tesso volle vederlo. Plinio riferisce che sul monte Atlante di giorno era gran silenzio ; ma che la notte vi si vedeano fuo
delle querce ; e perciò si chiamaron Querquetulanae virae (1) ; e vi era un tempietto consacrato alle Amadriadi col nome d
o – Pomona. Vertunno (Vertumnus), deità proveniente dall’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il si
proveniente dall’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il simbolo delle vicende dell’anno e delle stagio
sinistra, alcuni frutti, nella destra, un cornucopia. Nel foro romano era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano
ntinuazione – Flora – Dea Bona – Priapo–Pale – Dio Termine. Flora era la Dea de’ fiori e da’ Greci diceasi Clori, che s
rato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva lontani i lad
e coste dell’Ellesponto, e perciò chiamasi Lampsaceno (1). Forse egli era il nume dell’agricoltura, cui Tibullo (2) offeriv
hiamasi rubicondo, perchè dipingevasi di minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir di Ovidio, una Dea de’ pastori,
ietra quadrata, a cui si facevan sacrificii in ogni anno ; alle volte era uno stipite ; ma più appresso fu dìpinta con test
ia Opi. Euristerna, Ευρυστερνος, dal largo petto. Nell’Acaia (1) era un tempio con un’antica statua della dea Tellure
esideravano grave e pesante. La vittima che si sacrificava alla Terra era una troia gravida, come praticavasi nelle rustica
uasi Geres, per un cangiamento della prima lettera, e ciò perchè essa era la produttrice delle biade. Servio (2) il fa veni
della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale era tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicchè il
genito sentimento(1). Enna, fra le altre città Siciliane nobilissima, era posta in mezzo all’isola, quindi detta il suo omb
l’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed intorno intor
di Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. Or vicino ad Enna era una spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpin
sse che Proserpina per forza rapita, già moglie del dio dell’inferno, era regina di quel tenebroso regno, come Giunone del
cielo, sopra il suo cocchio, e piangendo dice a Giove che Proserpina era pur sua figliuola, e non convenire che se l’abbia
ando che non tornavan certo quelle nozze a sua vergogna ; che Plutone era suo germano e che Proserpina signoreggiava in amp
a da Cerere, sua madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Plutone, era simbolo de’ sei mesi che la semenza del grano è s
o nel mare. Plinio e forse anche Omero, afferma che il loro soggiorno era il promontorio o capo della Minerva presso Sorren
che nella sua isola prediletta non già, ma bensì nel regno infernale era Proserpina, indegnamente rapita ; e che aveala ve
 ; e volle che Trittolemo continuasse il suo viaggio. Il bue riputato era dagli antichi (1) più degli altri animali addetti
i ogni anno nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più celebre era quella de’ misteri Eleusini, appellati i Misteri
ano di preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a parte dei quali era mestieri sottoporsi a molte pruove e ad un novizi
sottoporsi a molte pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio
i entrare nel vestibolo del tempio e non già nel santuario. Or non vi era in tutta la Grecia festa più celebre de’ grandi M
niesi molto frumento in tempo di carestia. Il famoso tempio di Eleusi era destinato a queste misteriose cerimonie, ove i Gr
acerdote condannati a morte, comechè stato fosse manifesto che quello era fallo di pura ignoranza. Il Gerofante o sommo sac
avasi esecrando e spesso si puniva colla morte. Il nome del Gerofante era sì venerato che non potea profferirsi da’ non ini
i Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale era una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facev
a, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che di una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in forma di sacerd
fuoco, ch’era pure il protettore di quelli che lavorano il ferro. Ed era sì perfetto nell’arte sua che tutte le armi degli
oppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come la sua deformità non era conveniente ad inspirare la gioia che regnar dee
Allorchè Diomede, coll’aiuto di Pallade, fece le più mirabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sacerdote di Vulcano, al
fu Caco, la cui favola appartiene agli antichi popoli d’Italia. Egli era (2) un ladrone famoso in quelle contrade, di gigan
ro, donde usciva per uccidere e spogliare i viandanti, e la cui bocca era chiusa da un sasso grandissimo, ivi fermato con f
rone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza di ferro, uccidev
tra. Dice Millin che quantunque tutt’i mitologi affermano che Vulcano era zoppo, pure in nessuna delle immagini che abbiamo
tavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra gli animali poi era sacro a Vulcano il leone. Finalmente, dice Apollo
l quale riferisce che, secondo il sistema degli antichi Fisici, Giano era lo stesso che Apollo, o sia il Sole, e Jana, la s
va i boschi ed i monti e feriva i cervi al corso. In breve, la caccia era la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori
va i cervi al corso. In breve, la caccia era la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori, e delle foreste. Or siffatt
ti della storia favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non
Polluce, Giasone, Piritoo e l’amico Teseo, di cui dicevasi che non vi era impresa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, f
ntro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira di Diana, era trattenuto colla flotta in Aulide, città di Beozi
no strano avvenimento tolse la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Ti
V. Varie incumbenze di Diana. Abbiam di sopra avvertito che Diana era Dea della caccia. Perciò portava la veste succint
caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi,
elle lepri, per ciascuno si pagavano due oboli al tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in onore di quest
un luogo di Orazio(6) si scorge che quantunque presso i Latini Ilitia era la stessa che Giunone-Lucina, pure talvolta l’inv
vano sotto il suo nome greco. Finalmente Diana presedeva alle vie, ed era come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò
come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò il simulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avanti gli us
so fatto colle corna delle capre uccise da Diana sul monte Cinto, che era una delle maraviglie del mondo. Essa fu pure assa
ificata da Ippolito, fig. di Teseo, e di Antiope. Nella Grecia non vi era borgo o città che non avesse tempii e simulacri d
o ricavato da certi tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di E
dall’Asia tutta, anzi da tutto il mondo (2). In quella città adunque era il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed i
ù bel marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di
co tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col quale era adorata in Elide e che significa cacciatrice di c
a patria, ed i loro versi si mandavano a memoria ; il loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno di sublimi immagini e
mi immagini e di audaci metafore ; il loro bel cielo, il suolo, tutto era fatto per innalzare a grandi slanci la loro fanta
ine che Eroe (Ηρως, Heros) ne’ tempi favolosi dicevasi un uomo che si era reso celebre per prodigiosa forza, o per una seri
in vita per Iddio ed a cui furon fatti tempii ed altari ; e chiunque era forte e valoroso, dicevasi Ercole, quasi fosse qu
ma in Egitto, indi nella Fenicia, e finalmente nella Grecia. Egli poi era il tipo ideale della fortezza e della ferocia por
forza. Giunone mandò per divorarlo due orribili serpenti, mentre egli era ancora in culla ; ed Ercole, senza restar punto a
di sembianze non naturali e con veste soperchiamente ornata. La prima era la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle q
ella palude, ne usciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza di quel mostro che avea sette teste,
nche più, secondo alcuni. Dice Igino che il veleno di questo serpente era sì pestifero che il solo alito uccideva i viandan
i portar viva a Micene la cerva Cerinitide che avea le corna d’oro ed era consacrata a Diana. L’eroe l’inseguì per un anno,
, avendo un bovile ampissimo con tremila buoi che per trenta anni non era stato purgato, promise ad Ercole la decima parte
ina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevuto il comando di Euriste
il quale rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in cui Marte era dalla parte del fiume, e Minerva, da quella di Er
si a quella città, e giunti al fiume Eveno che allora per molte acque era gonfio, Ercole il passò a nuoto, e Deianira, sull
ndossata, cresciuto sarebbe l’amor suo verso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Idra di Lerna, di cui eran t
ea Troia espugnarsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del
Dea della gioventù e coppiera di Giove. L’albero consacrato ad Ercole era il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti
ucciso da Dauno. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica era sterile di sua natura, ma per l’industria degli a
Qual Progne si lamenta o Filomena. Che a cercar esca ai figliuoli ita era E trova il nido voto Successore di Pandione fu E
una straniera per moglie, fece disegno di abbandonarla ; e perchè già era incinta, per non perdere la speranza di un figliu
a Polibo, re di Corinto, il quale, fattigli risanare i piedi, percui era stato detto Edipo, il tenne nella reggia qual suo
ual suo figliuolo. Edipo intanto, cresciuto in età, e sapendo che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo
l’enigma della sfinge, ottenne la signoria di quella città. La Sfinge era un mostro che infestava tutto il paese vicino a T
rono altrove un’ altra. Antico regno di tessaglia. La Tessaglia era un paese assai celebre ne’tempi favolosi ed eroic
aglia era un paese assai celebre ne’tempi favolosi ed eroici. In essa era l’Olimpo, monte tanto famoso presso i poeti ; il
ntauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la quale era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e
le era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ric
il Pelio e l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca di tutt’i pregi di natura, talchè fu riputa
e nel mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Forse quest’ariete era una nave chiamata l’Ariete che in su la prora ave
e abitavano donne forti e bellicose simili alle Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie di Toante, da cui furono
’esso fu da Giove reso cieco, perchè apriva il futuro a’ mortali ; ed era di continuo molestato dalle Arpie che infestavano
mbattere la Chimera che infestava un monte della Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed i
della Licia che nella cima gettava fuoco, e che nella parte superiore era abitato da leoni, nel mezzo da capre, ed alle fal
finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la quale era divisa in molti piccioli principati ; dice che Ag
ncipati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe di tutta la Grecia e che
’Aurora, con molti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata nel porto di Aulide, ove Calcante, cel
bbero stati ben dieci anni all’assedio di Troia, e dichiarò che Diana era quella che opponevasi al tragitto dell’armata nel
co, detto spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bell
a Ftiolide, andò cogli altri duci alla guerra di Troia. Di lui non vi era più forte e prode guerriero, siechè da Omero chia
omesso di riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra di Troia, era stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo, dimentica
coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di Ach
ed Igino aggiunge che il dardo ferì il calcagno, ove solamente l’eroe era vulnerabile. Omero però non fa menzione di tale p
ndono chetamente, e dato il convenuto seguo alla greca flotta’ che si era nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiu
nume e lor ragione. Dio del mare e fratello di Giove e di Plutone era Nettuno, detto da’ Latini Neptunus. Cicerone(1) p
cotitor della terra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era una specie di scettro a tre punte, che sempre mai
unte, che sempre mai portava in mano e che forse, secondo Millin, non era che un istrumento da prendere i pesci, di cui anc
di cui anche al presente fanno uso i greci pescatori. Certamente esso era un attributo proprio del Dio del mare ed un simbo
a di Nettuno – Alcuni dei principali suoi figliuoli. Come Nettuno era Dio del mare, così a ragione se gli attribuiva un
geo, cioè colui che fatremare la terra ; e perchè dopo Giove, Nettuno era il nume che avea più potere degli altri. Ed una g
ere Dio del mare, avea pure la cura de’cavalli, dicendo Omero ch’egli era ed il domator de’cavalli, ed il conservatore dell
o degli Dei più onorati del paganesimo ; ed Erodoto asserisce ch’esso era sconosciuto agli Egiziani, e che a’ Greci ne venn
per immane ferocia o singolare empietà son famosi(1). Così fra’ primi era un Eaco, un Minos, un Sarpedone e cento altri ; f
go il famoso Polifemo, detto da Omero il Ciclope per eccellenza. Egli era fig. di Nettuno e della ninfa Toosa, fig. di-Forc
avea un sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza di un monte. Molt
ia approdò Ulisse, quivi regnava Antifale, la cui moglie, dice Omero, era alta come una montagna. Essi fecero mal governo d
so si sostituì a tutti Posidone o Nettuno. L’ Oceano, secondo Esiodo, era fig. del Cielo e della Terra, e marito di Teti, d
descrive il Dio del mare col nobile corteggio delle marine deità. Vi era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di
era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di Nereo, il quale era quasi duce del coro degli altri marini Iddii e de
sa, madre di Polifemo. Da Omero Forco si chiama principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale
Nel corteggio del signore del mare si annovera anche Glauco, il quale era pescatore. Avendo egli un giorno nella spiaggia d
l lido i loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nere
ui Ovidio(2) ha bellamente descritta la trasformazione in Dio marino, era fig. di Atamante, e d’Ino, fig. di Cadmo, percui
l promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino era nipote, perchè fig. di Armonia, li trasformò in d
cavansi nelle tempeste dal naviganti. Più antico dello stesso Nettuno era Nereo, fig. del Ponto e della Terra. Da Esiodo si
co da altri poeti. Secondo Apollodoro, il suo più ordinario soggiorno era il mare Egeo, ove lietamente passava i giorni fra
nde del mare e di ammirare stupefatte la prima nave Argo che per loro era una novità mostruosa ; e ad esse attribuisce uno
senti che le future cose. Egli prendeva molte e stranissime forme, ed era ora un giovane, ora un leone, ora un toro, ora un
i corpi. Ora per ottenere che Proteo desse le sue fatidiche risposte, era mestieri sorprenderlo nel suo antro e legarlo, es
ello stesso Proteo afferma Virgilio(1). Da Omero si scorge che Proteo era il guardiano del gregge di Nettuno, ch’era compos
ifer, Tridentiere, dicesi Nettuno(4), perchè l’insegna sua principale era il tridente. VII. Alcune altre cose di Nettuno
di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, ove quella vergine era solita stare al rezzo in sul meriggio e lavarsi.
losissimi nello stretto ch’è fra la Sicilia e la Calabria. Or Cariddi era una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, l
che lo scoglio di Scilla, celebratissima nell’epopea greca e latina, era anticamente assai temuta, perchè essa tre volte a
sebbene altri affermano che nacque da Demogorgone e dalla Terra ; ed era propriamente un luogo dell’inferno, ove prima di
ia dell’inferno. Fu chiamato Orco da ορκος, giuramento, perchè non vi era più santo ed invidiabile giuramento che quando gi
oeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il quale, come diremo, era per folte selve tenebroso, ed avea acque assai pe
detto Cimmerio, non lungi dalla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetua nebbia, per cu
o all’Orco, quanto la terra al cielo. Il Tartaro, secondo Esiodo (1), era il carcere de’Titani, i quali vinti furon precipi
Il lago di Averno, per folte tenebre che il circondavano, spaventoso, era una delle porte del regno delle ombre ; come anco
nti o nel soggiorno de’giusti. La città de’malvagi, secondo Virgilio, era divisa in sette rioni. Nel primo udivansi i dotor
into, stavano allogate le anime de’guerrieri e degli eroi ; nel sesto era la tremenda prigione del Tartaro, ove giacevano i
d altri, e dove stavano le Parche, le Furie ec. Il settimo finalmente era il felice soggiorno de’ buoni o i Campi Elisii.
ente coperti, pose il suo Inferno. E perciò pure finsero che l’Averno era la bocca dell’inferno, o l’inferno stesso. Virgil
sania (2) riferisce che nella Tesprozia, antica contrada dell’ Epiro, era un lago detto Aorno, ove consultavasi un famoso o
e a’fanciulli. Strabone(2) dice che l’Averno negli antichissimi tempi era da una selva inaccessibile di grandi alberi circo
a selva e costruire intorno al lago degli edificii, si vide che tutto era favola. A questo proposito dice il ch. Malte-Brun
ortici delle sue fiamme, lanciando infuocati macigni. Anche il Cocito era fiume dell’Inferno, che i geografi pongono nella
ebo circonda, impediscono alle ombre l’uscita dall’inferno. Il Cocito era formato dalle lagrime de’malvagi. Lo Stige, le cu
proprio corpo, o secondo altri, intorno alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio di cento anni (
) dice che intorno agli oscuri laghi del Tartaro la turba delle Ombre era pallida, colle guance scarne e co’ capelli brucia
iamate da Ovidio dura ed implacabile divinità, Aletto. dice Virgilio, era terribile a Plutone stesso ed alle altre Furie ;
loro pagare il fio delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro in
leratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col quale egli d
dia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Giove (2) era solito confidargli ogni suo segreto, avendolo pur
li da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di T
he accompagnava il cadavere di Api fino ad un certo luogo, ove da lui era consegnato ad un’uomo mascherato a guisa di Cerbe
avendo in mano una verga ch’era il caduceo. Disse pure che l’inferno era oltre l’oceano, cioè al Nilo, chè dagli Egiziani
dea de’ giudici dell’Inferno. E di fatto, dice Rollin, è noto che non era permesso in quel paese il lodare indifferentement
iudici di là da un lago che tragittavano in una barca. Appena un uomo era morto che conducevasi al giudizio. Se il pubblico
a di disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non era convinto di alcun mancamento, sepellivasi con ono
essa e la natura della terra. Or è noto che dis significava ricco, ed era lo stesso che dives. Dicevasi pure Orco (Orcus),
re Orco (Orcus), e Summano (Summanus), come se volessimo dire ch’egli era il Sommo, cioè il signore degli Dei Mani (quasi s
reche (ab α, priv. et ειδω, video) che significano non vedere, perchè era signore di quel regno tenebroso ed oscuro, ovvero
rno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel modo stesso che i d
hè esso presiede alla vita ed alla morte degli uomini. Il suo dominio era formidabile, e come dice Sesto Empirico (1), abbo
avea il suo soggiorno e la sua signoria nelle miniere, e che per ciò era tenuto pel Dio delle ricchezze. Quindi piacevolme
omia e le favole. Ciò posto, è cosa evidente che il Plutone de’ Greci era il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro di
pide degli Egiziani, come dice Diodoro di Sicilia ; il quale Serapide era la stessa cosa che Osiride, o il Sole, giacchè tu
che il Plutone o il Giove infernale de’Greci, o l’Osiride di Egitto, era il sole d’inverno, cioè il sole che al solstizio
il Sig. Dupuis fa vedere che Proserpina, moglie del Dio dell’inferno, era l’emblema della corona boreale, bella costellazio
o, in un modo che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono
Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli di questo nume, di cui la cura era affidata ad Aletto, che facevali pascolare sulle
e i tori e le capre si bruciavano sopra i suoi altari(5). Il cipresso era l’albero di Plutone, e perciò ponevasi qual segno
al suo tramonto, non vi è speranza che mai più risorga. Nella Grecia era generale l’uso di ornare la porta delle case che
inchiudevano un cadavere, di rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comune. Ma in Italia era rarissimo, e perciò l’us
di rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comune. Ma in Italia era rarissimo, e perciò l’uso n’era riserbato a’ soli
st’albero vi era comune. Ma in Italia era rarissimo, e perciò l’uso n’ era riserbato a’ soli ricchi. Quindi Orazio afferma c
II. Storia favolosa di Proserpina. Secondo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed era sorella di Liber
na. Secondo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi
li agli uomini destinati quasi vittime alla morte. Il Tartaro adunque era il regno di Proserpina ; percui presso Orazio ved
’arbitra ed il fedel testimone de’loro arcani sacrificii(2), ne’quali era mestieri principalmente di grandissimo silenzio.
di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo l
smo sulla testa di un Giove, forse per dinotare che anche questo nume era soggetto al Destino, di cui le Parche erano minis
poeta, nel luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto di bronzo e di solido ferro, sebbene la fat
to di bronzo e di solido ferro, sebbene la fatal sorte de’monarchi vi era scritta sul diamante, come quella di Cesare, in q
come da Ovidio si scorge, allorchè parla del fatale tizzone, al quale era attaccata la vita di Meleagro. Esse presiedono al
na serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parca gli si era mostrata con volto nugoloso(1). E questo basti de
niere simile a quelli, di cui servivansi in Grecia per coglier fiori, era simbolo del canestro che teneva Proserpina, allor
arche hanno su tutto l’universo ; l’antro tenebroso che esse abitano, era un simbolo dell’oscurità del nostro destino. Fina
segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa Dea era il papavero, come l’emblema del sonno de’morti.
Amyclaei domitus Pollucis hubenis Cyttarus. Georg. III. v. 89. Amicla era città della Laeouia, reggia di Tindaro, ove furon
4 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
opera nostra. Ci adoperammo alacremente onde questa fosse, per quanto era in noi, completa e perfetta. Noi non abbiam nulla
iari, non solo nelle idee, nella fraseggiatura, nei periodi, ma, come era logico, nella disposizione generale dell’opera, s
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. ad av
venuto la chiesa di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte è oggi la
que i Miti bugiardi e le false allegorie del paganesimo, in cui tutto era fittizio ed immaginario, si sono, in certo modo,
ia il punto fisicamente marcato, nel mondo antico, oltre il quale non era creduto possibile l’andare a qualunque essere uma
urava correr voce che, nella notte del 10 aprile 1850, la dama bianca era comparsa al castello di Berlino, e che questo era
850, la dama bianca era comparsa al castello di Berlino, e che questo era certamente segno di prossima sciagura per la fami
ata una volta ad un ente soprannaturale e fantastico, la forma umana, era logicamente necessario attribuirgli in pari tempo
favola Itiaca, un racconto interamente fantastico, disse che il mondo era sospeso ad una catena d’oro, che Giove s esso ave
monarca46. L’olimpo stesso della Mitologia Greca e Romana, altro non era se non un senato ove, sotto la presidenza di Giov
proprio governo, il proprio stato, le proprie attribuzioni. Nettuno era il Dio del mare ; Plutone si ebbe il governo dei
Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allev
a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul monte Nisa. La maggior parte p
un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario mitologico ecc.
oi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel quale egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome patronimico
teo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passionatamente la guerra. Abas era finalmente il nome d’uno dei principali greci che
). 18. Abido. — Città dell’Asia sull’ Ellesponto. Anche in Egitto vi era una città di questo nome in cui sorgeva un famoso
Abrezia. — Ninfa che dette il suo nome alla Misia, città in cui Giove era adorato, ragione per la quale questo Dio, fra i t
o, figlio di Licaone. 29. Acadina. — Fontana celebre in Sicilia. Essa era consacrata ai fratelli Palichei, numi particolarm
deìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e
vedi Diz. delia Crusca) come consacrato agli Dei infernali, e perchè era generale credenza che quest’albero nascesse sulle
venivano accordati che a quelli che aveano vissuto onoratamente, non era permesso al battelliero, che in lingua Egiziana s
ttero di cinger d’assedio Troja, Calcante indicò loro il luogo ove si era celato Achille. Allora i capi dell’esercito greco
ella Grecia, che l’opinione della sua invulnerabilità al tallone, non era accettata ai tempi di Omero, e che la opinione de
il nome di una fontana vicino Mileto, detta così perchè l’eroe vi si era bagnato. 61. Achillenidi. — Fe te celebrate nella
ciso. 71. Acitio V. Acilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci era questo il nome di una divinità esistente prima de
ere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola di Creta. 75. Acmonide. — Uno
Greci ereditarono dagli Egizii tale opinione che, per questi ultimi, era una conseguenza della fertilità della loro terra
nto quel popolo a farne una delle sue principali divinità. Non minore era la venerazione che gli antichi Persiani avevano p
er purificarsi tutti coloro che entravano per pregare. Nelle case ove era un morto, si poneva in sull’uscio un vaso coll’ac
si ne aveano fatto una divinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col quale egli ven
e in una torre dî bronzo la sua unica figliuola Danae. Ma Giove che n’ era innamorato, cangiatosi in pioggia d’oro penetrò n
tosi in pioggia d’oro penetrò nella torre. Acrise avvertito che Danae era incinta, la fece legare in una piccola barca e l’
o cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sacro, lesse quelle parole senza porvi attenzione
meto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capitale. Fu uno dei principi greci che si riu
roso per morire in sua vece. Admeto attaccato d’una malattia mortale era presso a morire, e nessuno si offriva per lui : q
padre : Ovidio, Metamorfosi Libro X trad. di Dell’Anguillara. Egli era un famoso cacciatore : Venere l’amò passionatamen
altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti sovra uno di questi era ricamato in argento il letto di Adone, e sull’alt
angiavasi in gioia, volendo alludere così all’apoteosi d’Adone. Adone era anche il nome di un fiume presso la città di Bibl
ei fanciulli. 118. Adrameo o Adraneo. — Divinità il culto della quale era celebre o speciale in tutta l’isola di Sicilia. 1
speciale in tutta l’isola di Sicilia. 119. Adramo. — Secondo Plutarco era il Dio particolare della Sicilia, forse perchè in
ava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto di questo Dio era disseminato in tutta l’isola. 120. Adraneo. V. Ad
a delle nutrici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Essa era figlia di Giove e della fatalità, che altrimenti
fatalità, che altrimenti chiamasi anche essa Nemesi. Secondo Plutarco era l’unica furia ministra della vendetta degli Dei.
sso i Greci, Adrastea non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di E
o avo paterno, per sottrarsi alle persecuzioni dell’usurpatore che si era impadronito dei suoi stati. Egli levò contro i Te
i Armata degli Epigoni, secondo che narra Pindaro e Euripide. Adrasto era anche il nome di un Re dei Dori, che Telemaco ucc
due parole greche αις capra ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128
onde prender parte a queste feste volendo così dimostrare che la Dea era tenuta generalmente come femmina da conio. Gli of
eano trovato il modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era impossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu
Questa favola che è una delle più stravaganti della mitologia pagana, era sufficiente pel meraviglioso ch’essa racchiude ad
to a Minerva, e forse a lei imposto dalla Città di Ageliana dove essa era singolarmente venerata. E questa però una opinion
in cerca con espressa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figl
a donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchiuso un mostro Diè la cesta a tre vergini i
e sacrificatore immergevale una lancia nel petto, e quindi la vittima era posta sul rogo. Ai tempi di Seleuco, Defilo, re d
portante. 196. Agonio. — Dio che presiedeva alle intraprese. Mercurio era anche chiamato Agonio perchè presedeva agli spett
morì ucciso dalle Parche. 207. Agriodo. — Vale a dire dente feroce : era il nome di uno dei cani d’Atteone. 208. Agrionie.
donna concepì una invidia mortale contro la moglie d’Anfione, perchè era madre di sei principi, mentre ella non aveva che
enta da lunge la figura d’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove
Fu uno dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superav
Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’ era nascosta, sperando di sottrarsi alle brutalità de
no suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flotta era uscito dal porto per ritornare in patria. Dopo av
a degli Achei…… (Omero Iliade. — Libro III trad. di V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille, e dopo di lui il più
e Achille, e dopo di lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli era vulnerabile in una sola parte del petto, nota per
ccordo con Pirotoo, avea voluto rapire sua figlia Proserpina. Plutone era anch’egli soprannominato Ajdoneo, e da questa som
e ad avvertire i magistrati che i Galli si avvicinavano. Come Ceditio era un uomo da nulla, ed i Galli una nazione lontanis
A proposito di questo Dio ecco quanto dice Cicerone « Quand’egli non era conosciuto da alcuno, parlava e si faceva sentire
i oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e che era a lei consagrata. Q
a alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e che era a lei consagrata. Questa Sibilla si chiamava anch
ssere la stessa, conosciuta sotto i nomi di Lecotea e di Matuta. Essa era riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio river
marito. Ercole giunse in Tessaglia l’istesso giorno in cui Alceste si era sacrificata. Admeto malgrado il suo dolore gli fe
madre Erifile, perchè questa aveva scoperto il luogo dove Anfiareo si era nascosto per non andar alla guerra di Tebe. Alchm
ravano Minerva. 242. Alcide. — Nome di Ercole dall’avo Alceo. Minerva era anche soprannominata Alcea dalla parola Alce che
col commercio vivevano nell’abbondanza e nel lusso. Nella loro città era un continuo alternarsi di feste e baccanali di og
ro cangiate nell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione. Alcione era anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti de
l’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione, che presso gli antichi era simbolo dell’amor coniugale. Varì scrittori dell’
cui si attribuisce la metamoriosi in Alcione. Secondo Omero, Alcione era pure il soprannome dato a Cleopatra, moglie di Me
di suo fratello, che i Telebani avevano ucciso. Mentre che Anfitrione era al campo, Giove innamorato d’Alcmena, prese le fo
or premea le piume. E ben vedeasi al ventre ampio e ripieno Che Giove era l’autor di tanto seno ……………. Quel che verrà nel t
ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re di Atene.
lli prima della loro nascita. 264. Alemonide Miscelo figlio d’Alemone era anche così detto dal nome del padre. 265. Aleo. —
Essendo un giorno in sentinella alla tenda di questo Dio mentre egli era con Venere, Aletrione si addormentò, e lasciò sor
ui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti
curio a liberarlo. Diana allora, vedendo che perfino la forza celeste era impotente contro sì formidabili nemici, ricorse a
to. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio
di. Ognuna di esse però aveva il suo nome particolare che comunemente era quello di un albero. 310. Amadriadi. — Sebbene vi
thia. — Soprannomi dati a Diana da un borgo nell’isola d’Eubea in cui era particolarmente venerata : altri scrittori dicono
le nozze di sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere era così chiamata dalla città di Amatunta. Amathusia
ficazione delle parole Ambrosia e Nettare. Secondo i poeti l’ambrosia era una sostanza destinata al nutrimento degli Dei, e
on particolari cerimonie. 333. Amicizia. — Presso i Greci ed i Romani era una divinità figlia della notte e dell’Erebo. Le
ito le seguenti parole : Da lunge e du vicino  — Tutto ciò altro non era che la raffigurazione del simbolo che l’amicizia
famoso tempio di tutto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amicleo era anche il nome di un dio particolare della Grecia,
per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura di un montone. Ammone fu
anche ereditate da altre credenze e da altri culti. Finalmente Ammone era anche il nome di un re della Libia, il quale per
donia. 349. Ampelusia. — Promontorio dell’Africa nella Mauritania. Vi era una caverna consacrata ad Ercole. 350. Amphiaro. 
se i fratelli e le sorelle di lei. Vedi Niore. 355. Amyclao. — Apollo era così soprannominato da un magnifico tempio ch’egl
anza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé nel tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrarsi alle persecuzioni di Apol
a. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli di quel dio.
e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con Venere, che si era perdutamente innamorata di lui, ebbe un figliuolo
za però ucciderlo. Egli visse lunghissimi anni, e alla presa di Troia era così vecchio, che non potendo camminare fu da suo
ii in una festa che durava tre giorni al principio del mese di marzo, era proibito il celebrar nezze, o intraprendere alcun
significa omicida. La tradizione favolosa racconta che tal soprannome era dato a Venere per aver fatto morire gran numero d
Egeo. Questi, temendo che Androgeo, forte di tutte le simpatie che si era guadagnate, non avesse voluto detronizzarlo, lo f
verità. Allora Minos gettò nel mare un anello, dicendo a Teseo che se era veramente figlio del mare, non doveva avere alcun
, palesò a Polinice per il dono di una collana d’oro, il luogo dove s’ era nascosto Anfiareo, per non andare alle guerra di
Ducere quo rellet. Orazio — De arte Poetica Epistola III. Anfione era anche il nome d’uno degli Argonauti, ed un re d’O
ome di Angelus, Angelo, in greco αγγελος messaggiero, perchè Mercurio era il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuo
38. Anio. — Re dell’isola di Delo e gran sacerdote di Apollo. A Feho era ministro accorlo e fido. Agli uomini era re giust
sacerdote di Apollo. A Feho era ministro accorlo e fido. Agli uomini era re giusto e leale Anio pieu di bontade, e pieu di
i Assur fosse dato a Giove, da una città del Lazio chiamata Ansur ove era particolarmente venerato. 451. Antandro. — Città
l nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. — Sorella di Priamo c
one figlia di Laomedone. Avendo un giorno detto ad alta voce che essa era assai più bella di Giunone, la dea sdegnata la ca
colo precedente. 487. Aonio Dio. — Denominazione di Bacco perchè egli era della Beozia, chiamata anche Aonia. Veniva così d
, composta dall’α privativa e dal verbo αραω io vedo. Presso i pagani era generale credenza che allorquando gli Dei discend
divina luce E divino spirar d’ambrosia odore ; E la veste, che dianzi era succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a
i esse, non avesse proclamato con giuramento, che il novello ascritto era suo figlio. Sino al compimento di codesta formola
annome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Nemea, che gli era consacrata. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V. Apis
spazio di 40 giorni, segretamente nutrito da alcune donne a cui solo era permesso di avvicinare il dio, e che lo accostava
emente il culto superstizioso che gli Egizii avevano per il dio Apis, era quando il bue che lo rappresentava doveva morire,
uali veniva profusa una larghissima somma di danaro. L’ Egitto intero era in lutto come se fosse morto lo stesso Osiride, e
. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che era una delle sette maraviglie del mondo, era consacr
e rinomato fra tutti, e che era una delle sette maraviglie del mondo, era consacrato a questo nume come dio delle Arti. Apo
fra gli astri quest’uccello in segno della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era es
riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era esclusivamente a lui consacrata. 506. Aquilone. —
ata di tutta la Grecia per le favole a cui dette vita. Il dio Pane vi era venerato con culto particolare, perchè generalmen
gallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote di Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed illustri famiglie.
veniva da una foresta delle Gallie chiamata anche oggi Ardenna e che era a lei consacrata. 529. Areo. — I poeti dell’antic
— Famoso tribunale d’Atene. Questa parola deriva dalla voce Ares, che era un soprannome di Marte, perchè la favola racconta
zi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto di omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È opinione di alcuni sc
ra gli scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse nel posto ove era il campo delle Amazzoni quando esse mossero guerr
u dato questo soprannome a Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi era , al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argo
tua di Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo. Essa era in marmo, di media grandezza e senza piedestallo.
i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e gli Assiri era la Venere celeste. 562. Ariadne. — V. Arianna. 56
567. Arieina. — Soprannome di Diana che le veniva dal culto con cui era venerata nelle foreste di Aricia presso Roma. 568
. Ariete. — Il primo fra i dodici segni dello zodiaco. Questo animale era consacrato a Mercurio ed a Cibele. 569. Arimane. 
Orfeo. Le ninfe allora sdegnate contro Aristeo per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madre di Ari
la donna che avesse amata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice era anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re del
ei suoi nemici, ponendo in fuga un drappello di quelli alla cui testa era Neoptolemo figliuolo di Achille. Poco tempo dopo
er vita da masnadiere. I cronisti della mitologia raccontano che essa era così veloce al corso che nessuno potè raggiungerl
, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli era stato largo di cortesi accoglienze si offrirorono
essere il silenzio assai spesso fonte di bene ; come pure il persico era l’albero a lui sacro e vi sono non poche statue d
erano di già maritati nell’utero materno per modo che Iside nascendo era già gravida d’ Arteride. 598. Artimpasa. — Gli Sc
che Julio fu l’unico figlio di Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove
 Divinità adorata nella città di Emath. 617. Asino. — Presso i Pagani era l’animale consacrato a Priapo, avuto riguardo all
o. Salvator. Rosa. La musica Satira 1. Presso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopo
e che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di Creta dove era particolarmente venerato. Asio si chiamava anche
te ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re di Creta e padre di Minos. Egli era soprannominato Tauro e rapì una giovinetta a nome
di Ettore la quale non potendo opporre resistenza al dio Marte che ne era innamorato, fu da lui resa madre di un figliuolo
ole ebbe diversi figli. 642. Astipaleo. — Nel gruppo delle Cicladi vi era un’isola chiamata Astipalea in cui Apollo aveva u
avevano bocca. La verità di questa credenza è che presso quei popoli era ritenuta come cosa vergognosa il mostrare la bocc
ofa. — Una delle Pleiadi. 653. Ata. — V. Atea. 654. Atabirio. — Giove era così denominato nell’isola di Rodi, da un tempio
664. Atergate. — Una delle Divinità del popolo Sirio presso il quale era tenuta come madre della famosa Semiramide. Al dir
mente Athos : montagna fra la Macedonia e la Tracia sulla quale Giove era particolarmente adorato, onde è che gli veniva il
τιν-ινος che significa raggio di sole, risplendente luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia d
spregiato il culto di Diana fino al segno di mangiare della carne che era preparata per un sacrifizio a quella Dea. Dopo la
to divenne assai caro a Tetraso, re di Misia presso il quale Augea si era del pari ritirata per sotirarsi allo sdegno del p
iccolo paese della Beozia la cui capitale fu Aulisia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace di c
e lo ingannò come faceva a tutti, ma Autolico restò suo amico perchè era innamorato della figlia Anticlea. 693. Automatia
’ Ercole e di Rea Sacerdotessa, ascosamente nato Nel bosco d’Aventino era costui. Virg. Eneid. lib. VII trad. di A. Caro.
ne esalavano erano talmente pestilenziali ed infetti, che quel luogo era ritenuto come la bocca dell’inferno. Gli uccelli
rmine. 703. Averungani. — V. Averunci. 704. Avoltoio. — Quest’uccello era consacrato a Giunone ed a Marte, e gli auguri ne
fegob. — Divinità dei Moabiti. La fornicazione, al dire della Bibbia, era consacrata a Baal-Fegor che è riguardato come il
rotta, Che libito fè lecito in sua legge, Per torre il biasmo in che era condotta. Ell’è Semiramis, di cui si legge Che su
Greci chiamavano anche queste cerimonie Dionisiache da Dionisio, che era uno dei soprannomi di Bacco. In Atene la ricorren
co. In Atene la ricorrenza e celebrazione di questi misteri bacchici, era tenuta in così grande considerazione, che si nume
osì veniva chiamato un toro, che nelle principali città dell’ Egitto, era consacrato al sole e adorato con particolare vene
ubine di Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante di most
iò che ella ottenne da lui, dopo replicate repulse. Ma i raggi di cui era circondato il dio, e il folgorante bagliore di qu
tutto spirata, per salvare la vita del figlio, di cui la disgraziata era incinta, estrasse il piccolo Bacco dalle viscere
ove lo tenne fino al termine dei nove mesi. L’infante che nel corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’accese. Che
crificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria di quanto era avvenuto. 746. Basillisa. — I Tarantini onoravano
li offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indicargli il luogo ove era stato nascosto il bestiame involato. Il pover uom
iluvio, che aveva allagato ogni cosa, meno la piccola panna, la quale era divenuta un tempio. Giove promise di conceder lor
i il principio fecondatore della natura. Al dire di Pausania il becco era la cavalcatura ordinaria di Venere, poichè second
do la tradizione mitologica di quei popoli, aveva un tempio ove tutto era tenebre ed acqua, e che conteneva mostruosi anima
l canonico Bartoli, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col quale essi onoravano Apollo, attribue
loro dato talvolta il nome di Belidi da Belo loro zio paterno. Belide era anche chiamato Palamede, per essere pronipote del
Bellona. — Sorella di Marte e dea della guerra. Al dire di Virgilio, era essa che allestiva il carro e i cavalli di Marte,
a, che fu padre di Pigmalione e d’Elissa, soprannominata Didone. Belo era del paro la più grande divinità dei Bibilonesi, i
bbia, si dà questo nome al principe dei demoni. Presso gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempi
gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempio era esente da questi insetti. Non pochi scrittori del
ione fosse data a questo dio perchè la sua statua, sempre sanguinosa, era coperta di mosche. 773. Bendide. — Divinità dei T
sì denotato Mida, re della Frigia, forse perchè in quella contrada vi era un monte chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Mog
i cui Giunone prese la figura per ingannare Semele, della quale Beroe era stata nutrice. …..Qui dunque Egioco insilila, Qu
di dare degli oracoli. Erano rotonde e di media grandezza. In Grecia era generale credenza che la pietra detta Abadir, div
eza. — Nella città di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi era un oracolo di questa divinità, che rispondeva per
, facesse incarcerare buon numero di persone. Forse in quei biglietti era rivelato un qualche importante segreto di stato,
omani, essi presiedevano alle cerimonie espiatorie, quando il fulmine era caduto in qualche luogo. 795. Bidentalo. — Così v
qualche luogo. 795. Bidentalo. — Così veniva chiamato il luogo in cui era caduta la folgore. Vi si sagrificava un agnella ;
buccodonosor. 815. Boopide. — Dal greco Βους, bove, ed ωφδος, occhio, era così denominata Giunone a causa dei suoi grandi o
divinità che vi si adorava. Presso i primitivi popoli dell’antichità era ritenuto come un enorme sacrilegio il tagliare i
un enorme sacrilegio il tagliare i boschi sacri : il solo caso in cui era permesso il recidere qualche albero era quando ab
i sacri : il solo caso in cui era permesso il recidere qualche albero era quando abbisognava dare più luce in qualche punto
onti. La verità nascota sotto questo simbolo favoloso, è che Briareo era un principe Titano, formidabile guerriero, che co
la Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che era una delle principali dell’Egitto, e che richiamav
orno. — V. Bicornide. 843. Budea. — Soprannome di Minerva, come Budeo era quello di Giove. 844. Buona-Dea. — Discorde è l’o
Bacco. In Grecia, sulla strada che da Tebe menava al monte Menalo, vi era un tempio a lui consacrato. 848. Buono-Dio. — Sec
rdotesse di Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco, di cui ella era stata nutrice, ispirò al rapitore un tale accesso
sua sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacrata alle muse ed era la stessa che quella d’Ippocrene, perchè la parol
vallo Pegaso , che al dire degli scrittori più rinomati della Favola, era il cavallo di cui si servivano le Muse ed Apollo.
hità è, che significando la parola Cabiri in lingua Fenicia possente, era stato adoperato questo vocabolo per denotare gli
cui s’offerivano in sacrificio dei piccoli pesci salati. Il suo culto era celebre in Faselide, città delle Panfilia. 867. C
la città di Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva con sè si era fermato, compiendosi così il dettato dell’oracolo
cui le cose Eran conte che fur, sono e saranno, E per quella che dono era d’Apollo, Profetica virtù, de’Greci a Troia Avea
tro indovino, aveva predetto. Così Calcante compì il suo destino, che era quello di morire quando avesse ritrovato un indiv
greca, la quale, ricorrendo il tempo dei giuochi olimpici, a cui non era permesso alle donne di prender parte, si travestì
l suo nome. 924. Camos. — Secondo il Vossio, il Dio Camos dei Moabiti era lo stesso che il Como dei Romani e dei Greci. Il
ge stesso. 937. Cane. — Nella mitologia greca e romana questo animale era consacrato a Mercurio, per essere questi ritenuto
erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro di questa Deità, era un gran vaso sormontato da una testa umana e talv
aos, volendo spiegare sotto questa allegorìa che questa materia prima era ravviluppata nelle più folte tenebre. 946. Capane
i fedeltà ai novelli imperatori ; vi si facevano i voti pubblici ; ed era ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il Sen
Mendes, in Egitto, veniva particolarmente venerato questo animale, ed era proibito con grande severità ucciderne alcuno, es
eniva sotterrata all’istesso posto ove giaceva la morta. Il re stesso era tenuto ad intervenire a questa festa ed a presied
Unione, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa era di ristabilire l’unione e la pace fra le famiglie
io, nei suoi Fasti, dice che veniva dato un gran pranzo, al quale non era ammessa alcuna persona straniera. 969. Cariti. — 
Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Britomarte. Carna era anche la Dea che presiedeva alle parti vitali del
ronte. 980. Caronte o Carone. — Figlio dell’Erebo e della Notte. Egli era , al dire di Virgilio, il navicellajo dell’Inferno
tume che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta : era quella la mercede devoluta a Caronte, il quale la
Che non solo osó dir, che in tutto il mondo Di beltà donna a lei non era pare, Ma che non era viso più giocondo Fra le nin
, che in tutto il mondo Di beltà donna a lei non era pare, Ma che non era viso più giocondo Fra le ninfe più nobili del mar
nda, discendenti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie di quel monarca, quando ebbe da Giove ques
daridi. Castore veniva soprannominato il domatore dei cavalli, perchè era abilissimo nel maneggio di quelli e nella corsa ;
e dalla città di Catania, in Sicilia, ove essa aveva un tempio in cui era vietato l’accesso agli uomini. 1002. Catio. — V.
e Xanto. 1009. Cavalli del Sole. — Ovidio dice che il carro del sole era tirato da quattro destrieri bianchi, per nome Eoo
li. 1013. Cavalli di Reso. — V. Reso. 1014. Cavallo. — Questo animale era particolarmente consagrato a Marte, come Dio dell
armente consagrato a Marte, come Dio della guerra. Presso gli antichi era ritenuta la vista di un cavallo come un presagio
ano le predizioni. Questi destrieri erano tenuti in grande onoranza ; era severamente proibito di toccarli e il principe de
principe della nazione insieme al sommo sacerdote, erano i soli a cui era concesso di attaccarli ad un carro, ritenuto egua
ato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somigliante ad una grossa sc
r mezzo del matrimonio ; ed altri perchè essendo egiziano di nascita, era anche greco, per essersi stabilito nell’ Attica.
ll’articolo precedente. 1025. Cecropea. — Più comunemente Cecropiana, era uno dei soprannomi di Minerva come protettrice di
a, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di Celene nella Frigia, ove era particolarmente adorata. Vi era anche nell’ Asia
lla città di Celene nella Frigia, ove era particolarmente adorata. Vi era anche nell’ Asia una montagna detta Celana, press
etta Celana, presso la quale Apollo punì il satiro Marfio. Finalmente era così denominato un luogo nella Campania, consacra
ssala la quale fu cangiata in diamante, per avere sostenuto che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome del
, per avere sostenuto che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il quale aveva voluto
ente alla querela fra i Lapidi ed i Centauri, questi vendendo ch’egli era in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto
ei Titani, figliuoli della terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar
di cui aveva anche coronata la fronte. Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto di mammelle, turgide di latte, simb
atello di Giove veniva così soprannominato dal colore del mare di cui era Dio. Similmente si denotavano tutte le divinità m
di Giulio Cesare, il sole comparisse pallido e sbiadito, e che questo era un segnale dello sdegno di Apollo. 1070. Cesto. —
Omero Iliade — Libro IV trad. di Vinc. Monti Chimera o Chimerifera era similmente detta una montagna della Licia, alla c
di fiori e montata su di un carro tirato da quattro leoni. Il pino le era consagrato. I sacerdoti del suo culto l’onoravano
a Naufitosio, a lui estremamente caro. 1094. Cicala. — Questo insetto era consacrato ad Apollo e veniva riguardato come il
niva riguardato come il simbolo dei cattivi poeti, così come il cigno era quello dei buoni. 1095. Cleinnia. — Dea dell’infa
fu similmente detto un re della Liguria, figliuolo di Steneleo. Egli era legato da fraterna amicizia a Fetonte, tantochè q
di onori. 1127. Cinocefalo. — Divinità Egiziana. Al dire di Plutarco, era la stessa che Anubi. Vi erano, secondo la mitolog
Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo al quale era estremamente affezionato. Un giorno per inavverte
e a Cupido, figliuolo di Venere Citerea. Al dire di Pausania, Citereo era anche un fiume del Peloponneso in Elide consacrat
Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quello di aprile perchè era consacrato a Venere. 1152. Citeriadi. — Soprannom
della Galazia, così detta da Citoro figlio di Prisso. Quella contrada era coperta di boschi. 1157. Civetta. — Quest’uccello
ome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli era particolarmente venerato e dove aveva un famoso o
il vascello sul quale la madre degli dei, ritornando dalla Frigia, si era arrenata sulle rive del Tevere, e dove il vascell
Frigia, si era arrenata sulle rive del Tevere, e dove il vascello si era così fortemente incastrato che non riusci a più c
scendenti di Vulcano. 1169. Cledonismanzia. — Detta anche Cledonismo, era una famosa magia ; specie di divinazione che si t
— Una delle figliuole di Niobe. 1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli era così robusto, che sdegnato di non aver conseguito
oracolo consultato su questo strano avvenimento, rispose che Cleomede era scomparso perchè l’ultimo dei semi-dei. 1177. Cle
e di Teti. Apollo l’amò con passione e ne ebbe va rii figli. Climene era anche il nome della confidente di Elena. 1183. Cl
figenia in Aulide — Tragedia trad. di F. Bellotti. Mentre Agamennone era all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il quale,
amò dea, imponendole il nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche un soprannome di Venere, a cagione d’un tem
a. Cocalo soddisfatto d’aver presso di sè un uomo, che come Dedalo si era reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro di
Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Presso gli Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’Egitto, era rite
. Presso gli Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’Egitto, era ritenuto come un segno della benevolenza del ciel
o uno de’loro bambini, del che essi si tenevano felicissimi. Però non era codesta superstiziosa credenza riguardo a questi
riguardo a questi rettili, comune a tutte le città dell’Egitto : ve n’ era anzi buon numero in cui i coccodrilli venivano uc
cui i coccodrilli venivano uccisi e riguardati con orrore, dappoichè era diffusa credenza, che Tifone, il quale nella trad
a credenza, che Tifone, il quale nella tradizione mitologica egiziana era ritenuto come l’uccisore d’Osiride, si fosse cang
ccodrillo. Al dire di Plutarco questo rettile per essere senza lingua era ritenuto come il simbolo della divinità. Presso g
rmamente che i vecchi coccodrilli avessero la virtù d’indovinare ; ed era ritenuto come felice presagio se questi animali a
o che navigavano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrita quella di che si serviva la dea Iside ne
e arricchisce le sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito era anche il nome di uno dei discepoli del centauro C
to lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso gli Assiri era grande la venerazione per le colombe ; ed era gen
Anche presso gli Assiri era grande la venerazione per le colombe ; ed era generale credenza presso quei popoli, che l’anima
fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su di una quercia circondata da
più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che era una delle sette maraviglie del mondo, e che rappr
e, il cui destino dipendeva da un capello, il cui misterioso possesso era noto solo alla figlia. Essendosi Anfitrione porta
fatta uccidere per ordine di quello stesso uomo pel cui amore essa s’ era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una
i quello stesso uomo pel cui amore essa s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una sacerdotessa di Diana. 1228.
olpiti da follia. 1253. Coribante. — Secondo il parere di Aristotile, era questo il nome del padre dello Apollo di Creta. 1
. — Uno dei soprannomi della dea Diana. Nella città dei Lacedemoni vi era un famoso tempio a lei dedicato conosciuto sotto
derla di vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio figliuolo, che era di non comune belleza, un giorno trovatolo seduto
a si volesse dai pagani indicare la pelle del serpente Pitone, di cui era ricoperto il tripode sacro sul quale la pitonessa
predir l’avvenire. Prima del fatto di Coronide (V. Coronide) il corvo era bianco come il cigno : ma poi fu cangiato in nero
me di Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nella Caria, dove era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Fig
rifizio che si offeriva alla madre degli dei : la vittima abituale ne era un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore di pe
e conosciuta sotto il nome di Criseide. V. Criseide. Nella Troade, vi era una città conosciuta sotto l’istesso nome, celebr
si recò nel campo dei Greci per ridimandare la figlia. Degli Achivi era Crise alle veloci Prore venuto a riscattar la fig
etto a cederla, ritolse ad Achille una schiava per nome Briseide, che era a lui spettata in sorte nella divisione di un alt
llo onde riacquistare le grazie di Giunone, sua moglie. Quest’uccello era particolarmente consacrato a Giove ; e la favola
re un gran numero di torcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque : era questo il nome che gli Ateniesi davano al gran sa
i avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il quale per altro egli era ben lungi d’aver perduto. Apollo sdegnato, fece d
e con cio che essi fossero ispirati da Apollo, a cui quell’arboscello era consacrato dopo la metamorfosi di Dafne. V. l’art
infliggendogli lo stesso supplizio. 1351. Damatera. — Presso i Greci era questo uno dei soprannomi di Cerere, come era det
atera. — Presso i Greci era questo uno dei soprannomi di Cerere, come era detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con
di quella, la sposò allevando con affetto paterno Perseo, di cui ella era rimasta incinta. L’oracolo ebbe poi il suo pieno
ni. 1361. Dardania. — Nome primitivo della contrada nel cui perimetro era compresa la città di Troja V. Dardalo. 1362. Dare
te così favella a proposito di quanto accennammo. L’Infamia di Creta era distesa Che fu concetta nella falsa vacca. Dante
perciò l’Alighieri dice falsa vacca ». Minosse ritenendo, come forse era , che la vacca di legno nella quale si fece rinser
enere, che sposò Anchise, Teti, che sposò Peleo, ecc. Presso i pagani era generale opinione che quei mortali che avevano co
esi circonvicini, per offrir loro sagrifizî ed onori solenni ; e dove era generale credenza, che esse apparissero di tratto
arga estensione di paese e oltre a 3000 buoi, il che, per quei tempi, era un’assai cospicua ricchezza. Il culto delle Dee M
ecie umana, tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro
a crearsi altrettante divinità. Egli è perciò che il numero di queste era prodigioso presso i pagani, i quali contavano fin
ategorie particolari. V. to studio preliminare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente di tutti gli dei, se
minorum gentium, ossia dei delle piccole nazioni. Il numero di questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio, non v’era a
i dava questo nome collettivo a quelle divinità, il culto delle quali era stabilito e riconosciuto dalla legge. Dei part
erisce Varrone, erano annoverati in questa classe quei numi dei quali era noto il nome, le attribuzioni, e la storia. De
erando le vostre deità, ho trovato eziandio un altare, sopra il quale era scritto : All’Iddio sconosciuto. Diodati — Falli
e cioè i numi altro non fossero che degli uomini. La Deificazione non era propria esclusivamente al culto idolatra dei Grec
, la cerimonia della Deificazione o apoteosi d’un defunto imperatore, era sempre preceduta da un decreto del senato, il qua
a divinità. Al dire del cennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi era un misto di dolore e di allegrezza, e veniva cele
i allegrezza, e veniva celebrata da tutta la città. Dopo che il corpo era stato sepolto con gran pompa, si metteva una figu
i e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’avorio, era preparato onde ricevere l’effigie del defunto imp
fra gl’immortali suoi pari a ricevere il culto che da quel momento le era dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, mogli
ne. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un fratello di Circe, conosciuto
un’aquila e, credendo quello un avviso soprannaturale, ritornò d’onde era partito. La sera istessa, l’alloggio che gli era
rale, ritornò d’onde era partito. La sera istessa, l’alloggio che gli era stato preparato sulla strada che doveva percorrer
re figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Ercole, il
tre donne. Morto Nesso, la credula Dejanira venne a sapere che Ercole era preso d’amore per la bella Jole, e penso di servi
se per disperazione. 1392. Delfa. — Detta anche Delfisa : sibilla che era nel tempo stesso sacerdotessa del tempio di Delfo
r il famoso oracolo di Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, era ritenuto, presso gli antichi, come il punto medio
’influenza dei misteriosi miasmi. Il luogo ove si apriva quell’antro, era in uno degli scondiscimenti del monte Parnaso ; e
to della divinità, facendola servire ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome di uno dei figli di Apollo che edif
Deliasti — V. Deliasti — e il vascello sul quale essi erano imbarcati era detto Deliade o Teoro. Il capo della deputazione
. e feri Democoonte Priamide bastardo, che d’Abido Con veloci puledre era venuto. A costui fulminò l’irato Ulisse Nelle tem
vinità o genio della terra, il quale, secondo la tradizione favolosa, era un lurido vecchio, pallido e sfigurato, che insie
i, di un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sensi, e dei quali era abitato tutto l’universo, essendovene nell’aria,
Dendroforo. — Si dava anche codesto soprannome al dio Silvano, perchè era generale credenza degli antichi, ch’egli portasse
ro del Libano. Da questo albero si facevano le corone per gli dei, ed era generale credenza presso i pagani non esservi off
otere assoluto, erano irrevocabili. Giove stesso, il padre degli dei, era sottomesso alla volontà del destino. Al dire di O
uesta cieca deità, erano le tre Parche, e al dire di Esiodo, la Notte era la madre di questo spaventoso dio, che essa aveva
nso compreso in questo vocabolo, poichè Diana, come dea della caccia, era soggetta a smarrirsi o a deviare, nell’inseguire
. Veniva comunemente venerata come dea della castità ; e questa virtù era in lei così tenace che cangiò Atteone in cervo pe
per visitarlo. Diana passava quasi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una muta di cani. I Satiri, le
isce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La biscia era l’animale a lei consagrato. Il famoso tempio di E
i consagrato. Il famoso tempio di Efeso tutto sfolgorante d’oro e che era ritenuto come una delle sette meraviglie del mond
uperbo monumento di simil genere, che fosse conosciuto in quei tempi, era destinato esclusivamente al suo culto. 1432. Dian
Britomarte ; è questa per altro un’opinione assai incerta. Dictinnia era anche uno dei soprannomi di Diana. 1440. Dictisio
fu ucciso da Piritoo. 1441. Didima. — Secondo l’opinione di Pindaro, era questo uno dei soprannomi dato a Diana, per esser
ll’isola di Didima — V. Didima —  ; e secondo altri perchè questo Dio era ritenuto come autore del giorno e della luna. 144
ognato per impadronirsi dei suoi immensi tesori. « … …il qual Licheo era molto ricchissimo ed avea grandissimi tesori, de’
pultura, apparve pallida e sfigurata a Didone, le mostrò il luogo ove era stato trucidato ; le rivelò il nome dell’assassin
no dei quattro dei Lari o Penati. 1453. Dindima. — Al dire di Diodoro era questo il nome della madre di Cibele : essa fu mo
me ad Ulisse penetrò nella città di Troja, e ne tolse il Palladio che era la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo un
on questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla città di Nisa, ove era stato allevato, e dove aveva un tempio superbo, e
8. Dite. — Era uno dei soprannomi di Plutone, al quale si dava perchè era ritenuto come il dio delle ricchezze ; in greco l
egoria degli scritti berneschi. 1480. Ditteo. Nell’isola di Creta, vi era un antro chiamato Dite, ove la tradizione favolos
empo dopo la pace che seguì il famoso ratto delle Sabine. Questo nume era ritenuto come il dio della buona fede, ed è perci
nuto come il dio della buona fede, ed è perciò che presso gli antichi era così frequente l’uso di prestar giuramento per qu
Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell’ Epiro, presso la quale era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di q
Epiro, nella selva di Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che era volontà di Giove, che in quel luogo sorgesse un o
e costruire a piè d’una quercia un’ara in onore di Giove, di cui ella era stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò ebbe origine
campo dei Greci ; ma sorpreso da Diomede e da Ulisse fu ucciso ; egli era figliuolo dell’araldo Eumede. 1493. Dolope. — Pop
se preso cura del tetto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire di Cicerone era questo il nome di un figliuolo dell’ Erebo e dell
del padre Anchise, uscisse dal sepolcro un enorme drago, il cui dorso era coperto di squame gialle e verdi, e che dopo aver
defunto. Drago d’Aulide. Un giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata nel porto di Aulide, ed i guerrieri offr
’istesso drago che custodiva l’antro in cui Temi prediceva il futuro, era quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo ucc
ferno. V. Cerbero. Draghi Cerere. Il carro di questa dea era tirato da due draghi, a cui la tradizione mitolog
ria. — Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa era di una così severa castità, che fuggiva perfino l
va perfino la vista degli uomini. Anche nelle cerimonie del suo culto era espressamente proibito agli uomini d’intervenirvi
na pianta vicina, per divertire l’infante. Bacco, a cui quella pianta era consacrata, irritato contro Driope, la cangiò in
ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella corteccia dell’albero. Driope era anche il nome di un popolo dimorante nelle circos
loro sposi, meno che una sola volta l’anno, in un dato giorno. in cui era loro concesso, per qualche ora, di vivere sotto i
e, o capo supremo dei Druidi. L’autorità dei Druidi ed il loro potere era onnipossente : essi presiedevano alle cose dello
gi del paese, senza che il popolo avesse menomamente mormorato, tanto era grande il rispetto e la venerazione che si aveva
numero come di cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al quale era anche sacro, per la stessa ragione, il secondo me
vano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal
none ad un festino, nel palagio di Giove, essa, che fino a quel tempo era rimasta sterile, mangiò dei legumi salvatici, rim
un piede e cade, E del nettar celeste empie le strade. E perchè ella era in abito succinta Nella zona contraria in tutto a
cia e dello stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso era quello di Corinto, che avea il privilegio d’asilo
ntù, si dava questo soprannome a Bacco per indicare che la giovanezza era inseparabile da quel dio. La tradizione dell’anti
i Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel borgo dell’ Attica, era un tempio dedicato a Giove Ecale, ove in una data
dicea Diana, come dea che presiedeva alla buona salute ; e finalmente era detta Ecate, come la dea che presiedeva alla mort
alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore di Ecate, la quale era grandemente venerata in quella città. Durante il
o cento buoi. Coll’andare del tempo fu trovato che cotesto sacrifizio era di così forte spesa, che furono sostituiti ai buo
osa ci presenta come centimani. 1537. Ecatonfonie. — Presso i Messeni era costume che coloro i quali in guerra avessero ucc
chiamava così un tempio che Minerva aveva in Atene, la cui lunghezza era appunto di cento piedi. 1539. Ecdusie. — Venivano
one che le ispirava il guerriero greco, che essa aveva veduto, quando era regina, implorare a suoi piedi la sua protezione,
rlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuore della decaduta regina, era una trafittura mortale il vedersi schiava di quel
ocide, ebbe querela con uno sconosciuto e lo uccise. Quello incognito era Laio, suo padre ! Seguitando il suo viaggio, dopo
ge proponeva ai viandanti, e come Giocasta, la vedova regina di Tebe, era il premio serbato a colui che avesse risposto all
ati dall’orribile incesto, che sebbene compiuto ad insaputa di Edipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la cit
iccola borgata, vicina al tempio di Diana, la quale fin da quel tempo era venerata in quei luoghi ; e che poscia una coloni
acevano girare per la loro città la statua di Tiresia, che all’andare era vestito da uomo ed al ritorno da donna. Vedi Tir
re per essere particolarmente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la quale mor
isitata dal dio Nettuno. Poco tempo dopo, Egeo seppe da Etra che ella era incinta, e non dubitando che il nascituro fosse s
acciò per sempre la colpevole Medea. Però la nemica sorte di Egeo non era stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè
me allo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era di oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo
combatteva coprendosi tutta la persona con uno scudo, o Egida, su cui era incisa la testa della Gorgone Medusa. Intorno ag
i fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ogni intorno incoronava, Ivi era la Contesa, ivi la Forza, Ivi l’atroce Inseguimen
ro — Iliade — Libro V trad. di V. Monti L’ Egida, o scudo di Giove, era ricoperta della pelle della capra Amaltea, che av
alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui era nato, in memoria della madre. Dopo qualche tempo,
io, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta in conto della più bella donna de’suoi tem
qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue conc
to il nome di Danaidi. Danao però, ch’era tanto iniquo per quanto più era Egitto, acconsenti alle nozze, ma impose alle fig
tena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome di una delle tre Esperidi, della ma
i entro in una caverna consacrata a Giove, (che secondo la tradizione era nato in quella) onde derubare il mele che una imm
per fulminarli, allorchè Teni Leparche, gli fecero osservare che non era conveniente farli morire in un luogo sacro come q
Egone non fosse minore del suo appetito, mentre ad un banchetto a cui era stato invitato mangio senza soffrirne ottanta foc
ttadino per nome Egone, questi venne all’istante proclamato re. Egone era similmente il nome di varii pastori dei quali per
oli mali di cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi costumi era stata cagione. Elena si chiamò pure una giovanett
lo la cessazione di una terribile pestilenza. Al momento in cui tutto era pronto pel sacrifizio, un’aquila rapì dall’altare
a regalato, senza di che sarebbe stato impossibile ferire Achille che era invulnerabile — V. Achille — quando Elena, vedova
gli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Ettore, che a lui era toccata in sorte come preda del bottino di guerra
nella presa di Troja. …… e fu ch’Eleno, figlio Di Priamo, re nostro, era a quel regno Di greche terre assunto, e che di Pi
scettro e del suo letto erede Troiano sposo, a la trojana Andromaca S’ era congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad.
olide braccia e riconobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di
ente in una tempia, che gli produsse una morte istantanea. Elettrione era similmente il nome di una giovanetta che secondo
milmente il nome di una giovanetta che secondo la tradizione favolosa era figlia del Sole e della ninfa Rodi. Essendo morta
che sorgeva tra il monte Parnaso e il monte Citerone. Questa montagna era consacrata alle muse e ad Apollo, e si credeva ch
iuolo che la confortò a non affliggersi della sua morte, giacchè egli era stato trasportato in cielo ove quella flamma cono
imo tempio, esclusivamente dedicato al culto del Sole. In quel tempio era un oracolo i cui responsi venivano a chiedere gli
fletteva i raggi del sole, e collocata in modo che tutto il tempio ne era illuminato di una luce vivissima. Si narra nelle
he non occorreva recarsi di persona onde consultare l’oracolo, ma che era sufficiente scrivere la dimanda su di un pezzo di
nomati cronisti della favola. Pindaro ed Esiodo ripetono, che Saturno era il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con
. 1648. Ellera. — Questa pianta, che più comunemente si chiama edera, era consacrata a Bacco, perchè, secondo la tradizione
 Odi — Lib. I. trad. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di E
simi doni. L’opinione della potenza soprannaturale di questa divinità era estesa e divulgata per tutta l’Asia per modo che
a per tutta l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea era carico di ricchezze immense, mandandosi continuam
isti dell’antichità parlano di questa divinità, il cui nome primitivo era Malpadia, e che poi fu detta Emitea, dalla parola
Volgeva in sè : ma tacita soffriva Per l’orribil divieto ; e s’io non era Infranto mai non l’avrebbe ella. Alfieri. — Anti
. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote di Giove il quale, avendolo sorpreso un gi
e circostanze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che era opera di lui, e che veniva altamente pregiata. Eg
Elena fosse restituita al marito. Ma nei destini della Trojana gente era scritto altrimenti, e la guerra non tardò a scopp
— Libro V. — Trad. di V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di su
elle volanti Aste Nettuno, e glunto ove d’Enea E dell’inclito Achille era la pugna, Una subita nube intorno agli occhi Del
a erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogni altra famosa era da molti Eroi del Lazio e de l’Ausonia tutta Desi
 Libro VII trad. di A. Caro. Però Turno re dei Rutoli, a cui Lavinia era stata promessa dal padre prima della venuta di En
ccordargli giorni più riposati, ma ben presto i Rutoli, nei quali non era ancora sopito il rancore per la morte del loro re
cconta ch’egli fu passionatamente amato dalla ninfa Tiro, della quale era nello stesso tempo innamorato Nettuno. Il dio per
del Dio Nettuno. 1687. Ennomo. — Così aveva nome uno degli Auguri che era ritenuto come uno dei più sapienti dell’Asia. La
le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. — Ant
medicinali delle piante. Avvenne intanto che Paride, al tempo in cui era ridotto alla condizione di pastore, dimorando sul
 — Specie di divinazione che si faceva per mezzo di uno specchio ; ed era così detta dalla parola greca ευοπιρου ; che sign
icato. 1696. Enotoceti. — Nelle opere di Strabone si trova che questo era il nome di alcuni popoli selvaggi, orribilmente m
a ferir si diero. Era giovine l’uno, agile e destro In su le gambe ; era membruto e vasto L’altro, ma flacco in sui ginocc
o, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro
sea — Lib. X. Trad. di I. Pindemonte. 1703. Eona. — Presso i Fenicii era l’Eva della creazione ; ossia la prima donna del
moso cavallo di Troja. 1714. Epi. — Città della Grecia il cui governo era tenuto da Nestore, il quale condusse gran numero
per onorare Apollo gl’innalzarono un tempio all’istesso luogo ove si era fermata la statua, sotto la denominazione di Epid
meteo per aver questi fatta con la creta una figura umana e detto che era anch’egli un creatore, non avesse voluto vendicar
osò e che lo rese padre di Pirra. Vedendo però Giove che ad altro non era riuscito che a far felice Epimeteo lo mutò in una
ia. 1742. Epiponsia. — Soprannome data a Venere per indicare che essa era nata dalla spuma del mare. 1743. Episcafie. — Dal
lia e fermossi per qualche tempo nella città di Sicione di cui Corace era re. Quivi, profittando con grande avvedutezza e c
he si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere alle più segrete cerimonie,
eusino vi erano pero delle cerimonie talmente occulte, alle quali non era concesso neanche all’Epopte di assistere, concess
he in memoria di lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di una città della Friotide, nella
mmino essi incontrarono un certo Ossilo, nativo dell’Etolia, il quale era guercio d’un occhio e faceva la sua strada montat
questo, nella lingua indigena, veniva chiamato Som ; in seguito egli era uno fra i dodici dei maggiori dell’antico Egitto,
Mercurio portò il neonato nell’Olimpo, e profittando del sonno in cui era immersa Giunone lo depose sul seno di lei. Giunon
gli apparvero due donne di grande statura di cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il volto maestoso e pieno di dign
ignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, c
movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Voluttà, di forme provocanti e marcate e vesti
entarlo in tal modo. Seguendo Apollonio, la sua clava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; secondo altri scrittori era
lava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; secondo altri scrittori era un ramo d’olivo selvaggio. Pausania aggiunge che
ione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’ era impadronito, avendo ucciso i suoi due nemici, si
sapprovata dagli dei. Seguendo la opinione di altri scrittori, Megara era già morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi f
quale non si accorda con quanto ne dice Sofocle, secondo cui Ercole, era già marito di Dejanira quando si presentò al comb
era già marito di Dejanira quando si presentò al combattimento di cui era premio la mano di Iole. Qualche tempo dopo, viagg
suoi colpi. Fu in questo combattimento che Ercole ferì Pluto ne, che era venuto in soccorso degli abitanti di Pilo. Da que
rono, da lui comandati, contro i Tesprodi ; avendo presa Efira di cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di questo prin
n tempio al nume suo padre. Ercole andò in seguito ad Ormenio, di cui era re Amintore che egualmente Ercole uccise perchè s
rmenio, di cui era re Amintore che egualmente Ercole uccise perchè si era opposto al suo passaggio per i suoi stati, quantu
a ma non appena Ercole se ne fu rivestito, il veleno dell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore nel sangue
le tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale si era come incollato sulle sue carni, per modo che ad o
ppiccato il fuoco, obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’ era rivolto nelle sue più crudeli sofferenze. Non vi
al culto che a lui tributavano i popoli della Grecia. Questo culto si era necessariamente alterato, sia pel contatto delle
use, nell’ultimo giorno di giugno. In tutte queste solenni ricorrenze era espressamente proibito d’introdurre nel sacro cor
di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di
orto, secondo che gli aveva rivelato l’arte della negromanzia, in cui era famoso. Venuto per altro in certezza del tradimen
madre Date tre vite e tre corpi, e tre volte Meraviglia a contarlo : era mestiero Combatterlo e domarlo ; ed io tre volte
il figliuolo, prese le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il nome di una montagna nell’Arcadia, famos
tra l’Erinni dell’Italia ; e Virgilio dice lo stesso ad Elena. Erinni era anche il nome che in Sicilia si dava a Cerere, a
bellezza di lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta di quanto le era avvenuto, che andò a nascondersi in una caverna.
rirla, finchè il dio Pane entrando per caso nella caverna dove Cerere era nascosta, la riconobbe e andò immediatamente ad a
iuscirono a poteria rimuovere ; allorchè un pescatore di Eritrea, che era cieco, disse di essere stato avvertito in sogno,
a Arpocrate — V. Arpocrate — è eloquente quanto la parola facile, che era una delle qualità del dio Mercurio. 1799. Ermaten
ella parola di Menelao e senza por mente alle lagrime di Ermione, che era perdutamente innammorata di Oreste, la condusse s
o. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto il n
onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Eros. 
mitologica, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racc
ensiero d’incendiare il tempio che Diana aveva in quella città, e che era una delle sette meraviglie del mondo. Vi sono alc
i quali pretendono che il suo vero nome fosse Erotostrato. Erostrato era anche il nome di un mercatante Nacraziano il qual
ra di colore nerastro, forse per indicare che la bianchezza di quella era stata oscurata dal veleno dell’invidia e della ge
a maniera particolare di fabbricare le are, consacrate al re dei muni era soprattutto comune nelle case dei principi. Il fi
Ersilia. — Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpit
doravano in un’isola dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen nel mar Baltico. Narrano le crona
a di Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e ne
i grande venerazione. Il periodo di tempo che durava questa cerimonia era ritenuto come festivo ; il carro veniva accolto d
tone e avendo nella destra una bilancia. Esculano propriamente detto, era il padre del dio Argentino perché il rame e più a
gentino perché il rame e più antico dello argento. Anche per l’oro vi era una particolare divinità, e questa è la ragione p
uccidere l’infedele Coronide. Diana eseguì il comando e già Coronide era presso a morire, allorchè Apollo accorse per salv
te le circostanti campagne, corse la voce che un fanciullo miracoloso era nato, il quale guariva tutte le malattie e risusc
Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa di Glauco, il quale era gravemente infermo, vedesse un serpente che essen
trada che non avesse un tempio a lui sacro. Così il tempio di Cillene era fabbricato sul capo Ermino ; quello d’Epidauro s’
amico del popolo, e molti altri derivanti dai nomi dei luoghi in cui era venerato. Gli venivano sagrificati il gallo e le
della saggezza erano a lui consacrati, e soprattutto il serpente che era intimamente legato ai misteri del culto di questo
etre su cui è scolpita la sua immagine. Oltre a questo Esculapio ve n’ era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di
na, e che fu portato in Roma nell’anno 462 della sua fondazione e che era adorato sotto la figura di un serpente, statua ch
favolosa, e che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alcippe e di Arsinoe. 1828.Eseceste o E
ostro marino che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio da una terribile pestile
sare tanto flagello. L’oracolo rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera di Nettuno, il quale non si sarebbe pl
di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle era Aretusa, Egle ed Ipertuosa : alcuni scrittori ne
ne che aveano commesso un qualche misfatto ed i luoghi ove il delitto era stato consumato. Lo studio dei tempi dell’antichi
rlo doveva, senza profferir parola, conficcare nel terreno l’arme che era stata strumento del suo delitto. Se l’espiatore a
ione del re dei Lelegi. Allorchè il delitto non erasi consumato ma si era solamente stato in procinto di cedere ad una deli
mmer. Racine — Phèdre — Tragèdie Acte I, Scene III. Presso i romani era anche in vigore la cerimonia dell’espiazione, ma
ni espiazioni che troviamo ripetuta in tutti i cronisti della favola, era presso i romani quella che veniva solennizzata al
izî, giuochi, lettisternj, feste, e giorni di digiuno. Tutta la città era in lutto, le botteghe, i negozî e le officine chi
restabiliti per la espiazione della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbraio, nel qual giorno venivano i
ta anche Estia, figlia di Saturno e di Rea. Durante simili cerimonie, era espressamente proibito il trasporto di qualunque
La storia greca ci ammaestra, come il famoso stretto delle Termopili era posto su questa montagna. 1846. Età. — I cronisti
a la terra produceva, senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e di miele, che scorre
e ad istituire le cerimonie del loro culto. Per questa ragione, egli era riguardato come padre delle Grazie ; le quali anc
lla fortuna, si acquistò molta gloria e rinomanza nell’Argolide. Egli era di un disinteressamento a tutta prova, e aveva pe
remo formò da principio l’etere, quando ancora il resto dell’universo era tutto caos e notte. Secondo il citato scrittore,
a Fenice (uccello che si rinnova sempre, rinascente dalle sue ceneri) era il simbolo dell’immortalità : l’elefante, quella
ome, fu secondo la tradizione, una delle figlie del re Priamo. Etione era anche un nome dato di sovente dai pagani ai caval
eva come presagio di lieto augurio ; se erano rigettate la predizione era riguardata come malaugurata e funesta. 1857. Etol
atosi della figlia, l’avesse resa madre ; e che per conseguenza Teseo era figlio di Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di
e che si dava ad alcuni filosofi galli, la cui occupazione principale era lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. — 
rono fra le nutrici di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, era questo il nome di uno dei tre dei Dioscuri, conos
l’inclito Eumeo, di cui fra tutti D’Ulisse i miglior servi alcun non era . Che i beni del padron meglio guardasse. Omero —
l loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata di dieci anni ed era creditario nella famiglia. 1886. Eumolpo. — Disco
hità, su questo personaggio di origine egiziana. Secondo alcuni, egli era figlio del poeta Museo, e secondo altri di Orfeo.
ri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale era posata una cicala. I Locresi ritenevano per fermo
lla città di Tanagra, posta sulla sponda del fiume Asopo in Acaja, vi era un tempio eretto ad una divinità chiamata Eunosta
. Essendo espressamente vietato alle donne di entrare in quel tempio, era generale credenza che tutte le volte che una pubb
le volte che una pubblica calamità affliggeva la città di Tanagra, n’ era causa la violazione di questa legge. Si facevano
a antica ci ammaestra che nelle circostanze della città di Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sulla quale Venere
Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella d
a di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era soggetta nè alla vecchiezza nè alla morte. Similm
o giovane guerriero, e che fu causa della morte di entrambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l
eme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio di Troja, ed era simile agli dei. ….e il somigliante a nume Euria
ito per non abbandonarlo più mai, si rivolse a guardarla, ma Euridice era scomparsa. Allora fu che Orfeo, ripieno l’animo d
e ad interrogare nuovamente l’oracolo, ma questo rispose che Euridice era morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe rivedut
corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non
pubblici e privati sacrifizii. 1903. Eurinomo. — Al dire di Pausania era uno degli dei infernali. Questa truce divinità, s
ione favolosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su di
, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulcano,
nto ; e che in quel luogo egli avesse dovuto deporre la cassa che gli era stata tanto fatale. Ubbidiente alla voce dell’ora
tone un tripode di rame ; e in conseguenza di ciò il tritone, che non era altro che Euripile, staccò dal carro di Nettuno u
e di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più belli principi dei suoi tempi e coman
aura di lui che non osava presentarsi mai alla sua presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte di bronzo per nasconde
σερυου petto. Nella città di Ege in Acaja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale era adora
essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale era adorata sotto questo nome. La sacerdotessa che ve
. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza incantevole, e avea la pelle così
chiamava Eurota un altro fiume del Peloponneso, il cui nome primitivo era Imero. Essendo i Lacedemoni in guerra con gli Ate
edenza dei suoi soldati e poco curante dei fulmini e dei lampi di che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in or
tasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale era preparato il rogo, e quando le fiamme ardevano l’
cronaca che Evandro, accolse nella sua casa Ercole, senza sapere che era figlio di Giove : ma appena venne in conoscenza d
con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta Nereidi. 19
o, sebbene impresse tutte dello stesso carattere. La prima Evocazione era quella che si praticava per chiamare gli dei, qua
loro presenza : e quando il pericolo per cui si evocavano le divinità era cessato, si cantavano degli altri inni, specie di
a tradizione, incenerito egli stesso. La seconda specie di Evocazione era quella che i pagani praticavano per evocare gli d
a Romana — Lib. V. trad. di F. Nardi. Finalmente la terza Evocazione era quella che si faceva per evocare le anime dei mor
vocazione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed era di tutte la più solenne e la più frequentemente a
mento lugubre e solenne. Ai tempi di Omero l’evocazione dei morti non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non pi
l’evocazione dei morti non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non piccolo numero di persone, che facevano pubbl
nche Luperci. In Roma essi erano divisi in due collegi, uno dei quali era detto dei Quintiliani, e l’altro dei Fabiani. 192
forse alla laidezza dei suoi costumi. 1932. Falce. — Questo strumento era l’attributo principale che i pagani davano a Satu
fatto, dicendo che egli aveva male gli occhi in così triste modo, che era quasi interamente cieco. Un giorno il dio di Epid
pio, e rimandò Anite con un dono di duemila monete d’oro, secondo che era scritto nella lettera di cui ella era stata porta
emila monete d’oro, secondo che era scritto nella lettera di cui ella era stata portatrice. 1934. Falliche. — Venivano così
nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo della città di El
o il mezzo onde far cessare il flagello. L’oracolo rispose che quella era conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato contr
. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome di fanatico era preso in mala parte ritenendosi in generale i fan
ava questo nome ad Apollo nel significato di colui che dà la luce. Vi era anche un promontorio nell’isola di Chio, al quale
per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone di una nave. Narra la tradizione, che Ven
so dall’oltraggiato marito. 1945. Fare. — Nella contrada di Acaja, vi era una città conosciuta sotto questo nome, e celebre
avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran b
sognava sottomettersi a numerose e dettagliate cerimonie ; imperocchè era mestieri dapprima pregare in ginocchio la dea, po
a del fato estremo della città Priamea. La prima di codeste fatalità, era quella la quale imponeva che i greci non si sareb
ome tutte le altre, nasceva da una antica tradizione secondo la quale era detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbricare
frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filottete, che era stato dai greci abbandonato nell’isola di Lemnos.
bili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte era quella che voleva si togliesse ai Trojani il Pall
ronitisi dei famosi destieri li condussero seco loro. In quinto luogo era mestieri che Troilo, figlio di Priamo fosse morto
to Teleso, figliuolo, di Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe era non solo amico ed alleato dei trojani, ma legato
ei campestri in generale, e dei silvani e fauni in particolare. Fatua era anche un soprannome della Buona Dea. V. Buone Dea
nnome della Buona Dea. V. Buone Dea. 1952. Fatuel — Al dire di Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno, Il quale
ella filosofia. Le favole morali si dicevano quelle la cui invenzione era dovuta alla necessità di dettare quei precetti di
i cronisti che si è addentrato nei più remoti recessi dell’antichità, era il Favore figlio della bellezza, seguace della fo
uesto nome alla moglie del dio Fauno la quale, secondo la tradizione, era di una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò
e, e riceveva i sacrifizii in certi luoghi appartati e remoti ove non era permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo di q
o VII. Trad. di A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegliarsi era ritenuto dai pagani come rivelazione dei voleri d
bambini allattati da una lupa. Sorpreso da tale fatto, e convinto che era quella una rivelazione divina, portò con se i due
cidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il vasce
ni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui era detto che Nettuno odiava i Feacidi per essere que
iunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa era onorata con un culto particolare. 1969. Februali
ori della favola, su questa divinità ; imperocchè, Macrobio, dice che era un dio particolare, che presiedeva alle purificaz
ione dai primitivi abitatori della Grecia, presso i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris in latino è di g
ei contratti. Presso i romani un giuramento fatto per la dea Fedeltà, era ritenuto come il più sacro ed inviolabile. Numa f
ra ogni sforzo per vincere da principio la funesta passione che le si era accesa nel sangue, ma non riuscì che a renderla v
mente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse con og
anni, prima della venuta di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dotata della qualità di predire l’avvenire e dopo
este, cerimonie e sacrifizi d’ogni sorte. Nel periodo delle Ferie non era permesso alcuna specie di lavoro. Vi erano differ
nte il loro periodo fu fissato a quattro giorni ; durante i quali non era permesso neanche di dichiarare la guerra. 1989. F
io, fu da Venere adibito alla custodia d’uno dei suoi tempii. Fetonte era similmente il nome di quel famoso figliuolo del S
uto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli che egli non era , come se ne dava vanto, figliuolo del Sole. Feton
adre avesse inteso la verità. Il giovanetto narrò al padre quanto gli era avvenuto, e lo supplicò a non negargli una grazia
olo di Giove. Come che sia il dio Fidio aveva molti templi in Roma ed era venerato con generali divozioni. 2000. Fidolao. —
com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egli era scolpito insieme alla sua cavalla. 2001. Figliuol
erano ritenuti come figliuoli della terra tutti coloro la cui origine era sconosciuta, così per esempio, i giganti che dett
ndere un qualche scandaloso commercio, faceva sparger voce che un dio era il padre di quel frutto della colpa : così Ercole
one alla quale si rapportano le cronache di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittadino di Delfo, il quale al temp
foglie inumidite, come se fossero bagnate e che quell’umore altro non era se non le lagrime della disgraziata Fillide, mort
capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto era avvenuto, non si perdette in inutili lamenti, ma
o, che si celebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso alle donne di correre sole a traverso i
do piegarlo alle sue voglie, si appiccasse per disperazione. Filonome era similmente chiamata una figliuola di Nittimo e de
, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino di Troja era scritto, che essi non si sarebbero impadroniti de
modo conoscere agli uomini questa pianta, il cui prezioso frutto non era servito, prima di quella epoca che al banchetto d
esteso in tutte le città e le borgate dell’Egitto, il fiume Nilo che era uno dei più venerati numi della loro religione ;
delle medaglie, su cui erano incise le parole Deus Rhenus ; il Paniso era una della principali divinità dei Messeni, i qual
lo simulacri ed altari, ma perfino un oracolo, e finalmente il Tevere era una delle divinità pro tettrici della Roma pagana
fonte, che bolle, e riversa Per un fossato che da lei diriva. L’acqua era buia molto più che persa : E noi in compagnia del
i essi prendeva la sua denominazione individuale dalla divinità a cui era consacrato : così il flamine di Quirino si chiama
ini, scelti fra i più cospicui personaggi del senato romano : l’altro era composto di-dodici individui scelti fra il popolo
il secondo quello dei Flamini minori. Però ognuno di questi sacerdoti era addetto ad un dio particolare. I Flamini godevano
dei minori si faceva per votazione dal popolo. La dignità di Flamine era a perpetuità, vale a dire che essa durava quanto
2027. Flamine Diale. — Ossia Flamine di Giove. Questo sommo sacerdote era presso i romani tenuto in grande venerazione e on
ei pubblici giuochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o di argento. Tanto presso i gréci quant
’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un di fiume intorno : Ed era il fiume il negro Flegetonte Ch’ al Tartaro con s
Caro 2032. Flegiani. — Secondo asserisce la tradizione mitologica, era questo : il nome di un popolo composto tutto di u
tto in altri brani del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del Sole e prop
— Lettres XLIX a Emilie sur la Mythologie. Il culto della dea Flora era in pieno vigore presso i Sabini, molti anni prima
to che riporteremo qui appresso. Una cortigiana il cui primitivo nome era Larenzia e che poi si fece chiamare Flora, aveva
volte sospesi, ma poi rimessi in vigore sopra tutto quando la terra, era minaccinta di siccità, o secondo altri perchè i l
a. Durante il banchetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che era di proprietà di altri centauri, questi si opposer
, liberando così quelle contrade. 2043. Forco. — Detto anche Forcide, era al dire di Esiodo, figliuolo della Terra e del Ma
itologico-favolosa. La parte storica di questa allegoria, è che Forco era un re della Corsica, il quale sconfitto in un com
questa dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città di Egina, vi era una statua della Fortuna, in cui essa veniva effi
Pindaro — Ode VIII trad. da G. Borghi. Presso i popoli Fareati, vi era un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e
cui essa è la dispensatrice. Il culto della Fortuna presso i romani, era stato trasmesso dai greci ; e il primo dei sovran
sato, Forò la pelle e quelle dure squame, Onde il mostro crudel tutto era armato : E cosi Febo quella ingorda fame Spense,
, Seneca è quello che fa menzione della dea Fulgora, dicendo che essa era una dea vedova. A ciò solo si limitano le delucid
— Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Presso i pagani, il Fulmine, era il contrassegno della suprema autorità ed è appun
i. Al dire di Pausania, la principale divinità dell’ antica Seleucia, era il fulmine, che veniva onorato con un culto parti
Giunone di Argo aveva lo stesso potere. Presso i pagani i luoghi dove era caduto il fulmine, erano ritenuti come sacri e vi
ato generalmente a Giove. Plinio nella sua storia naturale, dice, che era per fino proibito di abbruciare il cadavere di un
anti — tragedia trad. di F. Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era assai in uso una specie di divinazione chiamata C
le divinità del paganesimo, il Fuoco, fu quella il culto della quale era esteso a tutti i popoli della terra. Essendo il f
odoriferi e preziose essenze, e profumi d’ ogni maniera, la qual cosa era ritenuta dai persiani come il più alto privilegio
come il più alto privilegio della nobiltà. Allorquando un re persiano era moribondo, il fuoco veniva spento in tutte le pri
stata fatta la coronazione del novello signore. Comune ed estesissima era la credenza dei persiani, che il fuoco fosse stat
rimo tempio che Zoroastro innalzò nella città di Xis nella Media ; ed era tanta la venerazione che quei popoli avevano per
oranza, fomentata presso i pagani dalla impostura dei loro sacerdoti, era comune alla Grecia, ove si credeva che nel tempio
e come sacerdotesse della vendetta degl’ immortali. Il loro ministero era quello di punire i delitti e le colpe degli uomin
do asserisce Euripide, il rispetto che i pagani avevano per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle
to. Nella contrada di Acaja, e propriamente nella città di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel
radizione mitologica ripete, che questo tempio delle Furie in Corina, era così fatale ai colpevoli, che appena essi entrava
rione di Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina, del quale era custode un sacerdote eletto fra i quindici flamin
amini del popolo chiamato Flamen furinalis. Vicino a questo tempio vi era un bosco consacrato alla dea, e nel quale, second
endole, con i controsegni della più viva gioia, che la sua padrona si era sgravata. All’ annunzio inatteso Giunone si alzò
ea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa, che gli eroi avevano accesso in
avevano accesso in cielo. Al dire del citato scrittore, la via lattea era fiancheggiata dalle dimore degli dei più potenti.
tosi Polifemo della presenza del suo rivale e fatto conscio di quanto era avvenuto fra i due amanti, mentre egli cantava, r
sorelle. Lo persegue il Ciclope, ed abbrancata Una roccia che parte era del monte, La scagliava divelta, e benchè il mass
Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando era incinta di questo bambino, consultò gl’indovini G
dire di Plutarco, ne venne il grande disprezzo in cui, generalmente, era tenuta la poesia degli oracoli. Cicerone aggiunge
era saggezza non si lascia mai sorprendere dal sonno. Presso i pagani era comune l’ uso di sacrificare questo animale agli
co V. Ati. Da ciò i sacerdoti galli erano tutti eunuchi : almeno tal’ era la credenza dei pagani. Si chiamò finalmente Gall
onnubio contratto in quel periodo di tempo. Da ciò il mese di Gennajo era detto, dagli Ateniesi, Gamelione. 2083. Gamelie. 
e fine quando Troja cadde dopo il famoso assedio. Ganimede o Genimede era similmente il soprannome della dea Ebe, la quale
similmente il soprannome della dea Ebe, la quale al dire di Pausania, era adorata sotto questa denominazione nella cittadel
ta Pausania, il quale riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero di statue, che ne riproduceva l’i
scrittori, i quali però tutti si accordano nel convenire che geniali era il nome collettivo degli dei che presiedevano all
. Il sacrifizio più comune che i romani offerivano a questa divinità, era un cane : a somiglianza di ciò che praticavano i
ettrici delle partorienti e dei neonati. 2103. Gennajo. — Questo mese era presso i pagani consacrato al Dio Giano, perchè a
uantità di grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto di ritrovo di questi volatili, allorquan
Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire di qualche autore, era la stessa che Cerere o la Terra. E questa per alt
cui si dava il nome di Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che era una delle isole Sporadi, si celebravano dai greci
ito di lui un fatto altrettanto doloroso per quanto poetico. Giacinto era così passionatamente amato da Apollo, che questi
bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo di dolore, e rimprove
e del morto spuntò un fiore del color della porpora, sulle cui foglie era impresso un doppio Ahi ! Voce che anche oggidì
se così cagionata la morte. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo, era questo il nome di una delle tante ninfe Nereidi.
due famiglie, una detta de’Giamidi, e l’altra dei Clitidi, alle quali era devoluto, per diritto ereditario, di servire alle
a Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico fra i re dell’Italia ; era originario della Grecia e propriamente della citt
fatto responso, s’imbattè per via in un fanciullo chiamato Giano, che era appunto il figliuolo che Creuse aveva avuto dai s
ù remoti tempi rappresentato Giano, per dinotare che la potenza reale era divisa fra questi due principi e che essi tenevan
urno come dio della Pace, considerando che il regno di questo dio non era stato turbato da alcuna guerra. Coll’andare degli
aperto in tempo di guerra e chiuso in pace. Al dire di Ovidio, Giano era ritenuto anche dagli antichi come il Caos. La pr
amorf. — Libro IX Favola X, trad. del Cav. ermolao federico. Giante era similmente il nome di una delle ninfe Nereidi. 21
licità, di cui avrebbero goduto in tutto il corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la
veuire Alla porta, la qual punta da i morsi D’invidia, Giuno accorsa era ad aprire. Lo, perchè un troppo osar saria l’op
del suo amatissimo genitore già vecchio ed infermo. Comparso intanto era a la cura lapi D’Iaso il figilo, sovr’ogni altro
te. Siccome Giasione perfeziono di molte l’agricoltura, di cui Cerere era la dea, così la tradizione favolosa, narra che eg
ipe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti an
pretendere dall’usurprtore Pelia, la restituzione di quel diadema che era paterno ed esclusivo retaggio del giovanetto. Gia
io valse a conciliargli le simpatie degli abitanti di Jolco, ai quali era già in odio il ferreo giogo dell’usurpatore. Inta
spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era in quella età in cui si cerca avidamente la glori
e Medea, figlia di Aete, si fosse innamorata di Giasone, ond’ella che era già, sebbene giovanetta, una famosa maga, avesse
esta prima parte della sua colossale impresa, Giasone si reco là dove era rinchiuso il famoso ariete dal vello d’oro, alla
onde pretendere da lui la restituzione del trono paterno, che ora gli era doppiamente dovuto, sia per essere suo retaggio,
evano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle Nereidi. 2140. Gierace
to. Altri scrittori pretendono similmente che ai sacerdoti Gierofanti era inibito solamente il passare a seconde nozze ; e
ro gigantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli, era di una colossale sia tura. Turno infra’primi, di
inalmente fu rinvenuto un cadavere nell’isola di Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che per riempirla di acqua biso
e, secondo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e che era la più grande da essi adoperata. Al dire del cron
ad Atene fu rinvenuto un sepolcro, lungo cento cubiti, entro il quale era stato deposto il corpo del gigante Macrofiride. P
corpo di un gigante seduto, il quale si appoggiava ad un bastone che era un albero di nave ; e che appena toccato si ridus
condo il cronista Fazello, questo cadavere di cui parla il Boccaccio, era quello di un gigante ucciso da Ercole, e che si c
i suoi fratelli in un cupo antro, ove regnava perpetua la notte. Gige era anche il nome di un pastore del re di Lidia per n
ge prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che era solcata la terra, e posto ad esecuzione il suo au
nterno della mano, egli diveniva invisibile ; mentre quando la pietra era al di fuori, rimaneva nello stato normale. Non ap
o uomo più felice di lui, al che l’oracolo rispose che un certo Aglao era assai più fortunato. Plinio, nella sua storia Nat
ù fortunato. Plinio, nella sua storia Naturale, dice che questo Aglao era un modesto pastore, che viveva lavorando il suo c
l’asta, il salto ed il pugillato. Fra tutti questi esercizii la corsa era quella ritenuta in più considerazione ; sopratutt
davano in piedi. Per contrario il pugillato, eseguito dai gladiatori, era fra gli esercizi Ginnici il meno stimato. Questi
sacrifizi delle feste in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la q
e di Tebe. Per volere inevitabile del destino fu moglie di Edipo, che era nell’istesso tempo suo figlio D’Edippo io moglie
Al dire di Sofocle, Giocasta appena scoperto il fatale mistero in cui era avvolto il suo incesto, si appiccò per disperazio
io Aquinio, onde rispondere alle domande. L’indovino rispose che tale era la volontà degli dei, i quali erano sdegnati cont
to amiche e delle belle imprese. MONTI — La Musogonia — Canto. Giove era ritenuto dai pagani come il padre degli dei e deg
te raffigurato nella suddetta maniera, perchè il trono sul quale egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo potere :
l’aver egli la parte superiore del corpo denudata, significa ch’egli era visibile alle intelligenze : la parte inferiore r
e finalmente l’aquila, che con le ali spiegate riposa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia di Giove, su tutti gli
ni più solide e generalmente adottate presso i primi, Giove altro non era se non la divina personificazione dell’ Etere, os
ico scrittore sopra cennato, ripete che dei due Giovi d’ Arcadia, uno era antico quanto il mondo, e nato da ignoti genitori
erisce lo scrittore Diodoro, l’idea di questo giudizio dopo la morte, era stata dagli Egiziani trasmessa ai Greci. 2167. Gi
la cerimonia nuziale, si metteva per poco sopra gli sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo alla quale sorgeva un
perchè queste in latino si chiamano juga. 2170. Giugno — Questo mese era presso i pagani consacrato a Mercurio, il quale n
 — Questo mese era presso i pagani consacrato a Mercurio, il quale ne era in pari tempo la divinità tutelare. Secondo rifer
ifra incalcolabile V. Ercole, Europa, Jo, Semele ecc. Presso i pagani era generale credenza, che Giunone odiasse tutte le d
unone. In Grecia stessa, e propriamente vicino alla città di Argo, vi era una fonte chiamata Canatosa, e secondo altri Cana
nte chiamata Canatosa, e secondo altri Canata — V. Canatosa, la quale era consacrata a Giunone, perchè si riteneva che la d
vano i poteri e le attribuzioni di Giunone ; ma essa nel culto pagano era ritenuta ancora come la dea che presiedeva ai mat
a sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più estesi e solenni di tutto il paganesi
a maestà. Essa non veniva onorata in Europa soltanto, ma il suo culto era penetrato in Asia, nell’impero di Cartagine, in E
re informi ; e che da principio anche la statua della Giunone d’Argo, era una semplice colonna ; e non fu che allorquando l
apavero, il dittamo ed il granato ; e l’animale che le si sacrificava era l’agnella ; mentre il primo giorno d’ogni mese, s
ntità di appellativi e soprannomi ; alcuni dai nomi dei luoghi in cui era adorata, ed altri moltissimi da qualche suo attri
donne giuravano comunemente per la loro Giunone, e questo giuramento era ritenuto come sacro. 2174. Giunonie — Feste parti
a uncella Quattro tauri estimata, e che di molti Bei lavori donneschi era perita. Rizzossi Achille e a quegli eroi rivolto
evano moltiplici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella di giurare per Giove Pietra — Deum Lapidem
m — Gli dei stessi giuravano per le acque stigie, e questo giuramento era ritenuto come inviolabile o sacro. Giove presiede
me per una cosa completamente ad essi contraria ; e che quindi questo era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al di
di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato. Presso i romani era anche comunissimo l’uso di giurare per gli dei e
per i loro genii V. Giunoni. Sotto il governo degl’imperatori romani, era comunissimo il giuramento per l’imperatore regnan
i dell’antichità i quali asseriscono che in Roma la dea chiamata Temi era diversa dalla giustizia. Scrive Anlo Gellio che
o. Infatti le cronache dell’antichità, ci rivelano che nel Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce n
a, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era anche il nome di un’altra divinità, che i romani
nta — Dea della gioventù V. Gioventù. 2181. Gladiatore — Antichissimo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionier
olosa, dice che Glauco, avendo fatto troppo e frequente uso di miele, era presso a morte per anemia ; e che un famoso medic
narra di questo Glauco, uno strano avvenimento ; dicendo che egli che era un famoso pescatore della città di Antedone in Be
io Dal natural diverso il cor rapito. Nè restarmi potei, là dove io m’ era . E, terra, dissi, sovra cui per sempre Ilo di pos
uali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città di Antedone, vi era uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sott
cingevano al combattimento, allorchè Diomede avendo saputo che Glauco era nipote di Bellorofonte, la cui famiglia era sacra
avendo saputo che Glauco era nipote di Bellorofonte, la cui famiglia era sacra all’eroe greco per dritto d’ospitalità, dep
io nei giuochi Ginnici. Narra la tradizione che un giorno, mentr’egli era ancora giovanissimo, suo padre lo vide accomodare
Il padre del fameso Mida, re di Frigia, aveva un carro, il cui giogo era legato al timone per mezzo di un nodo di così int
per mezzo di un nodo di così intrigato e difficile magistero che non era possibile, non solo di scioglierlo, ma di compren
logiche narrano uno strano avvenimento. Durante la sua gioventù, egli era stato niente altro che un povero lavoratore, ricc
uali, secondo asserisce il cronista Arriano, l’arte della divinazione era così naturale, che perfino le loro donne e i loro
, Gordio le palesò il motivo del suo viaggio, e quella fanciulla, che era della schiatta degli indovini, gli rispose che do
di cui si servivano a vicenda l’una dopo l’altra. La loro capellatura era formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; e
esto restasse all’istante pietrificato. Virgilio asserisce che Medusa era la loro regina e che quando questa fu disfatta V.
avano gorgone un animale che so migliava ad una pecora ; il cui alito era così velenoso, che uccideva all’istante tutti col
maliare con uno sguardo. L’impressione che produceva la loro bellezza era così istantanea, che fu detto caugiassero in piet
e, ma dopo molta fatica non potè prenderne che due sole, il cui corpo era tutto coperto di foltissimi e lunghi crini. Il ci
che si dava a Pallade Minerva, perchè essa portava, uno seudo, su cui era impressa una testa della Gorgone Medusa. 2195. Go
amente la moglie sua, ed essendo già iu età molto avanzata, pensò che era meglio sacrificare la propria vita a quella della
ero, in atto di marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Roma vi era un tempio dedicato a Marte Gradivo. V. Quirino. 2
di Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui nome particolare era Enio e Pefredo. La tradizione mitologica, a cui s
01. Grazie — Fra l’estesissimo numero delle divinità pagane, non ve n’ era alcuna che come queste tre sorelle riunite insiem
o, può nascondere un’anima ricca delle più amabili virtù. Estesissimo era , come dicemmo, il numero dei templi o degli altar
ali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni di che era costume accompagnare le offerte alla divinità ; e
a, e nulla cosa è bella. Monti — La Musogonia — Canto. La primavera era la stagione consacrata alle Grazie ed a Venere, l
itologia fa del continuo menzione. Secondo la cronaca, questo animale era nel fisico un misto del leone e dell’aquila ; ave
istessero davvero nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi era una miniera di oro, custodita dai Grifoni. Questa
. — Uccello dei cattivi presagi, e che, come simbolo della vigilanza, era consacrato a Minerva. Fè nel suo tetto un solita
em. — I popoli drusi davano codesto nome al loro dio incarnato. Hakem era presso quei popoli l’identica idea di quello che
si dava questo nome alla divinità che rappresentava il dio supremo : era lo stesso che il Giove dei greci e dei romani. 22
o anche Guleo, dio della morte e della suprema felicità : almeno così era ritenuto ed adorato da tutti gl’isolani dell’arci
giorno dei beati. 2221. Hnossa o Hnòss. — Nella mitologia scandinava, era la dea della Perfezione, figlia di Odur e di Frej
Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la quale veniva circ
veniva circondata da altre 360 statue più piccole, ognuna delle quali era consacrata ad un giorno dell’anno. Hobal veniva r
camente i sette giorni della settimana. Finalmente la statua di Hobal era deposta nella Caaba, tempio maggiore della Mecca,
un novilunio fosse nato Epicuro. Nella celebrazione di queste feste, era costume di adornare le case, e di portare in proc
a una statua, che poi fece mettere nello stesso luogo, ove Penelope s’ era pudicamente velata la fronte. V. Penelope. 2229.
ele rode in modo da cagionargli la morte. Presso i pagani l’Icneumone era consacrato a Lucina ed a Latona. 2233. Icziomanzi
egli dei, quella che insegnò agli uomini un così utile ritrovato. Ida era anche un’altra montagna nell’Asia minore, ai pied
ndo la tradizione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne dell’Ellespont
nto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo di questa montagna era scavato un antro ove, si vuole, che Paride avesse
he Paride avesse pronunciato il suo famoso giudizio. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la qual
e con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia
235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la quale era consacrata a Venere. La tradizione a cui si attie
domeneo. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che era re di Creta condusse all’assedio di Troja un’arma
a, ma nella traversata, assalita la sua nave da una furiosa tempesta, era prossima a far naufragio. Spaventato dal pericolo
gliuolo, l’unico suo figliuolo, il quale avvisato dell’arrivo del re, era corso con trasporto d’amore, a dare al padre dile
co. 2243. Idotea. — Una delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 224
Idra di Lerna. — Secondo riferisce Esiodo, questo spaventevole mostro era nato da Tifone e da Echidna. La tradizione mitolo
iatamente applicato il fuoco sulla ferita. Il veleno di questo mostro era così terribile, che una sola goccia di esso, appl
a conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un filo, a cui era attaccato un anello, e facendo che questo anello
, secondo la tradizione, che adopero sempre Numa Pompilio. La seconda era in grande estimazione presso i greci, ed è scritt
e pure nome una giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalmente era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’
uale si attiene Ovidio stesso, nelle sue Metamorfosi, ripete che ella era nata femmina e che al momento di contrar matrimon
rgevano ostacoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile era quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vig
esenta da principio atterrita alla vista del terribile destino che le era preparato ; implorar grazia dal padre, e porre tu
il sacrifizio della propria figlia ; respinse il soccorso che Achille era pronto a portarle ; preparò ella stessa l’altare
esso Clitennestra, alla quale consegnò una lettera falsificata in cui era scritto, contraffacendo la scrittura del re, di l
u fatta sacerdotessa del tempio, e dove per doveri della sua carica l’ era imposto d’iniziare le vittime umane, che doveano
del luogo, e di prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto di ucciderie era destinato ad altre mani. Così Ifigenia trascorse
one si sono trovate moltissime statue della dea della sanità ; perchè era costume assai generalizzato, soprattutto fra i ri
sue imprecazioni. Ilio informato del funesto errore, in cui Deianira era caduta ad istigazione del perverso Centauro, scus
dei Pelopidi, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se era vinto, gli Eraclidi non avrebbero potuto entrare
orsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto era necessario alla spedizione, la quale andò coronat
e in quello di Eurola, per una consimile congiuntura V. Eurota. Imero era anche il nome di un dio dei desiderii, che i paga
uccello, propriamente la pernice, che nòn sappiamo per quale ragione era ritenuto presso i pagani come un animale senza pu
ano del fuoco. Oltre a queste principali specie di divinazione, ve ne era un altro larghissimo numero, i cui vocaboli abbia
i campi Elisi, l’Olimpo, abituale dimora degli dei, e il Tartaro, ove era la reggia di Plutone. Al dire dei filosofi dell’a
la reggia di Plutone. Al dire dei filosofi dell’antichità, l’inferno era egualmente distante da tutti i luoghi della terra
ttiene Strabone nelle sue opere, la strada che conduceva all’Inferno, era brevissima, ond’è che i concittadini del celebre
Questi però si sottrassero, con una precipitosa fuga, al destino che era loro riserbato ; ma, Elle morì nel traversare il
facevano con la scure. Alcuni autori ripetono, che la dea Intercidona era onorata anche come la protettrice delle donne gra
carico di esaminare le viscere delle vittime, svenate nei sacrificii, era esclusivamente devoluto ai sacerdoti Aruspici, ch
uelle, i presagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezze, che la super
Sorpresa Giunone a veder la terra coperta di tenebre, mentre il cielo era sereno, scese subito sulla terra, in preda a gelo
esso non potè fare a meno di ammirarla, e fingendo di ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove di chi fosse quella gio
a Prometeo legato, fa che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli era incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io la du
dotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api, il quale era soprannominato Giove ; e che ingelosita la regina
lla presenza degli dei ; poichè la opinione generale presso i pagani, era che gli dei si rivelassero agl’uomini, o per mezz
presenza, col compimento di qualche prodigio. Dionigi d’Alicarnasso, era talmente persuaso della manifestazione degli dei
ato dai popoli Iperborei, un’isola grande quanto la Sicilia, la quale era comunemente ritenuta come il luogo ove nacque Lat
azione più logica a codesta allegoria della favola, dice che Iperione era un principe Titano, il quale erasi dato, con gran
ù antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che non era permesso ad alcuno di entrare in quel tempio. La
naca tradizionale, dice che traverso la porta maggiore di quel tempio era stata posta, dalla parte interna, una fascia tess
ente negli occhi, che lo sciagurato fu cieco per tutta la vita. Ippio era anche il soprannome particolare di Marte, il qual
pi dell’ Imperator Claudio, un Ippocentauro portato dall’Egitto e che era stato imbalsamato col miele, secondo l’uso di que
a tradizione mitologica narra, che giunta la figlia in età da marito, era di una così sorprendente bellezza, che colpì viva
a solo, ricorse ad un’astuzia altrettanto colpevole, per quanto turpe era il suo amore. Essendo egli possessore dei più vel
o — Pelope. 2309. Ippodete. — Al dire di Pausania, un tale soprannome era dato ad Ercole, per essergli attribuito il singol
dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel quale era pazza di passione. Ippolito però, pieno d’orrore
va così agio a vedere il giovanetto bellissimo di cui la misera donna era così perdutamente innamorata V. Ippolito. Coll’ a
’ opinione del cennato scrittore avevano, nome Ocipeta ed Ello. Iride era similmente chiamata quella divinità dei pagani, c
la messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e
di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quello di tagliare alle donne moribonde il fatale
trassero argomento al proverbio : Più povero d’Iro. Il suo vero nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare
ll’isola d’Itaca viveva alla porta di un palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai sato
palazzo un mendico, il quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma p
quale era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e di
tto dire che esse andavano a piedi nudi. Dai precetti del loro culto, era proibito alle Isiache di mangiar carne salata e d
a madre loro, per modo che Iside nell’ istesso momento in che nacque, era già gravida di un figlio. Iside ed Osiride regnar
vente indicata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale era quella di Dea Universale, secondo asserisce il cr
Alessandria, a Copto ed a Bubaste. Pausania ripete, che la dea Iside era invisibile agli uomini e che l’assistere solo ai
nome di Iside. L’attributo più usuale che veniva assegnato ad Iside, era il sistro, strumento vuoto nel mezzo con un lungo
l’antichità, ci ripetono che durante il periodo delle feste Isie, che era di nove giorni, i sacerdoti, le Isiache, e tutti
ui avesse potuto dissetarsi senza pericolo. Giunto ad un luogo ove vi era un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò nel fang
giò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggiore dei figli di Anfione e
e cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il quale sepolto in un so
ole era la prigione di Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo era custodito dal gigante Briareo, e da gran numero d
i fu ricevuto con splendida magnificenza, ma nel recarsi al luogo ov’ era imbandita la mensa, avendo Issione fatto scavare
più usuale che si faceva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran numero di piccoli
he Teseo volle in ciò seguire l’esempio di Ercole, che alla sua volta era stato istitutore dei giuochi Olimpici. Gli abitan
eseguiti con la maggiore magnificenza ogni tre anni, e questa usanza era per i Corinti così importante, che anche allorqua
ni, l’incarico di continuare la celebrazione di quei giuochi. Immenso era il concorso di popolo che affluiva in Corinto, da
lo fra gli oggetti sacri e lo avevano in grande venerazione. Itifallo era anche il soprannome particolare che gli egiziani
ide quando questa cangiò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jante era già famosa per la sua bellezza, quando si maritò
sò Megara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo era suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe
fecero depositario dei ricchissimi tesori del tempio. Intanto Creusa era stata tolta in moglie da Xuto, e Apollo, spinto s
l dolcissimo nome di figlio. Riflettendo poi che l’età del giovanetto era in esatta corrispondenza con la data del suo viag
delitto sarebbe così rimasto nelle tenebre, se non che un colombo che era entrato nella tenda, ove Jone banchettava, avendo
a Apollo, comparve nel tempio, con un piccolo paniere nelle mani, che era quello stesso, in cui l’avea riposto la madre al
la madre sua fu presto intorbidata dall’aver ella confessato che Jone era figlio di Apollo e non già di Xuto. Non è a dire
anezza di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte di Giove, era una montagna delle Alpi consacrata a quel dio ; c
delle Alpi consacrata a quel dio ; come il dies Jovis ossia giovedi, era il giorno della settimana a lui sacro. Finalmente
. Come antitesi del principio del bene, rappresentato da Kacimana, vi era Arimane genio meno potente, ma più astuto e malig
o dell’ amore, e gli si dava perfino una moglie chiamata Rati. Gli si era consacrato l’ albero chiamato in botanica Tulasi,
presso a poco simili sembianze. 2391. Keraone. — Presso gli spartani era questo il nome del dio, che presiedeva particolar
di far propria la corona di Vassudeva ; e che quest’ambizioso disegno era in lui fomentato da un’antica predizione a lui fa
il culto religioso degl’egiziani riteneva come sacri, e la cui vista era severamente inibita a tutti. Le camere superiori
arrivabile, e tale da superare ogni più ricca e fervida immaginativa, era il numero degli andirivieni, dei passaggi, dei co
ra erano letteralmente coperte di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran portico di colon
nista Pomponio Mela, aggiunge che il famoso laberinto del lago Meride era opera dell’architetto Psanmetico, e che con tenev
icati in un solo recinto di mura e tutti ricoperti di marmo. Una sola era l’entrata dall’ esterno ; ma internamente vi era
i di marmo. Una sola era l’entrata dall’ esterno ; ma internamente vi era un immenso, un enorme, uno sterminato numero di s
immenso, un enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si era forzati di passare e ripassare, girando e rigiran
girando e rigirando, e trovandosi sempre nel medesimo punto donde si era partiti, senza che si giungesse mai a ritrovare l
un tempio consacrato alla dea Giunone, sotto questo soprannome, e che era famoso per i ricchi donativi che lo adornavano. Q
e di foglie d’ oro, la fece puntare con taluni istrumenti e trovò che era d’ oro massiccio, onde comandò che venisse traspo
e allora, prestand o piena fede al sogno, ordinò che dell’ oro che si era cavato dalla colonna nel puntarla, venisse fusa u
che essi custodirono gelosamente nella loro cittadella. Quella statua era d’oro e d’avorio, e rappresentava Diana in abito
n essi avessero stanza i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel quale essi gettavano, come
Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali nel tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii politici e discordie di p
colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolenti di quanto era avvenuto, istituirono in onore delle sventurate g
imonie dei sacrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume di quegli abitanti di accendere un gran n
ni l’avevano ereditata dagli antichi sabini, presso i quali la lancia era il simbolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Frate
ato di frecce si preparo a combattere i terribili nemici : l’arco non era ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanc
te eletto Sacerdote a Nettuno ……. …………… Poscia a lui, che a’fanciulli era coll’arme Giunto in aiuto, s’avventaro, e stretto
ta Dïana ; …. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una giovanetta moglie di qu
iavo andò a riferire ad Acasto, padre di Laodamia, che la figliuola s’ era lasciata sorprendere in turpi abbracciamenti con
i tempi di Massimo, pretore dell’ Asia, un sepolcro nella Frigia, ove era rinchiuso il corpo di questa sventurata principes
figliuolo dell’uccisa regina, il quale da alcuni parenti di Ariarate, era stato sottratto furtivamente dalla reggia. Laodic
rgli data la promessa ricompensa dopo la costruzione degli argini, si era vendicato della mala fede del re, distruggendo un
ese. Compiuti i lavori, Laomedonte non restituì le ricchezze di cui s’ era servito, per modo che Apollo afflisse il popolo t
e che un giuramento fatto con questa formola : Jovem lapidem jurare, era ritenuto come infrangibile. 2437. Lapiti. — Da un
nemente Acca Laurenzia. V. queste voci. 2441. Lari. — Altamente seria era , nel culto religioso dei pagani, la importanza ch
, destinato particolarmente al servizio degli dei Penati. Grandissima era la venerazione che i pagani avevano per queste lo
agli angoli delle vie. Giano, secondo riferisce il cronista Macrobio, era compreso fra gli dei Lari dei romani, perchè si c
ti del paganesimo per essere la patria di Achille ; e perchè Giove vi era particolarmente onorato con culto speciale. Da ci
le. Da ciò il soprannome di Larissio a questo dio. Larissa similmente era detto un grosso borgo, nella contrada di Efeso, o
a gli amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta s
otta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli antichi popoli norici, era questo il nome del loro Esculapio, ossia del dio
sacrato a Latona, sorgeva nella città di Argo ; e la statua della dea era lavoro dell’immortale scalpello di Prassitele. Fr
idere. Par menisco si convinse che la madre a cui accennava l’oracolo era la patria ; e che appena sarebbe rientrato nella
a rientrato nelle sue domestiche pareti, si accorse che il ridere gli era sempre inibito da una forza superiore. Però dopo
amati Laverniones i ladri d’ogni categoria. Nelle campagne di Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna, dove gli as
a erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogn’altra famosa, era da molti Eroi del Lazio, e dell’ Ausonia tutta De
ere, contro Turno re dei Rutuli, una lunga guerra, perchè questo, che era nipote della regina, contrastò ad Enea colle armi
zo del re sorgeva un albero d’ alloro, il quale, per essere secolare, era tenuto con certo religioso rispetto ; e che avend
n gran lauro Già di gran tempo consecrato e colto Con molta riverenza era serbato. Si dicea che Latino esso re stesso Nel d
nominazione di porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scrittori era una delle tre grazie, venendo alle altre due data
ava le campagne di Tebe. Il mio Lelapo (che del cane a me donato Tal era il nome) ad una voce é chiesto. Ovidio — Metamor
o Federico. Nei fasti della mitologia è ripetuto che il cane Lelapo era stato formato da Vulcano, che ne fece un dono a G
, avesse preso quell’ isola sotto la sua protezione, Mentre in Eolia era a quest’ opra intento Di Lenno il padre,……… Virg
alcune cerimonie o feste dette Lemurie e anche Lemurali, il cui scopo era quello di placare codeste anime irrequiete. I rom
ie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano di notte, non era permesso in Roma contrar matrimonio e tutti i tem
simo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di un terzo di stadio, misura che corrisponde all
e dice, che l’arme della quale Ercole si servì per uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di L
o era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di Lerna altro non era , che la simbolica configurazione d’un sofista nem
Il certo si è che ai tempi in cui scriveva il cennato storico, non si era mai potuto toccare il fondo del lago di Lerna, qu
iacevano sempre, all’apparenze, in una immobilità assoluta, quando si era a mezzo del lago, turbinavano così rapidamente ch
me pesci e imbanditi ad un orrendo banchetto. Il solo Ulisse, che non era ancora sbarcato, potè allontanarsi precipitosamen
acque, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa era di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortunati campi
eder le stelle. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro Lete era similmente il nome di uno stagno paludoso vicino
n grandissimo rispetto, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo era quello di placare lo sdegno terribile degli dei.
di quel nume che prendeva parie al convito, mentre il posto delle dee era contrasegnato da una semplice sedia. Il primo Le
; aggiungendo la particolarità che, intorno al banchetto del convito, era posto un solo letto, con la statua di Giunone, me
o passava per illegittimo. Al dire del cronista Vossio, la dea Levana era la stessa che Ilizia o Lucina. 2483. Leucadio — D
ma quando Crebbe la figlia, come vincea tutte La madre, dalla figlia era si vinta. Le Achemenie cittadi ebbe in governo Or
i accompagnavano sempre tutti i sacrifizii. Quando l’uso del vino non era generalizzato a tutta la Grecia, le Libazioni si
di Cerere e di Giove, mentre Ovidio dice che la dea Libera altro non era che Arianna deificata dopo la morte, con tal nome
licenziose canzoni e tenevano i più osceni propositi. Quando il carro era giunto sulla maggior piazza della città, una matr
e di Bacco, detto propriamente Liber pater, perchè come dio del vino, era ritenuto come quello, che faceva parlare liberame
Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità era molto più celebre che in Grecia, ritenevano che l
ta di quegli schiavi, che volevano emancipare ; e finalmente il gatto era il simbolo convenientissimo alla dea della Libert
a è a notare che in greco la parola óõó significa cignale ; mentre vi era nelle circostanze di Libetra un torrente chiamato
li che contenevano le predizioni delle Sibille, la custodia dei quali era affidata in Roma ad un collegio di sacerdoti chia
na del regno dei morti ; ma Plutarco asserisce, che questo soprannome era imposto a Venere, la quale era anche la configura
tarco asserisce, che questo soprannome era imposto a Venere, la quale era anche la configurazione del principio della vita,
Libitinœ ratio, il nome del morto e la somma versata. Tutto il danaro era conservato in una specie di cofano chiamato l’era
suo amico Patreclo, Perchè si piangi ? Mori Patròclo che miglior ben era , E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre
dal Cav. Ermolao Federico. Al dire di Pausania, codesta tradizione era tenuta in gran concetto presso gli arcadi, i qual
 Soprannome dato a Giove dal monte Liceo in Arcadia, che da principio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pa
o, Tifoa e Neda. Il citato scrittore aggiunge, che sul monte Liceo ci era un altare consacrato a Giove, innanzi al quale so
e innanzi alle quali si compivano i sacrifizi con gran mistero. Liceo era anche un soprannome del dio Pane, col quale egli
chiamano anche Sico, perseguitò accanitamente la misera Antiope. Lico era anche il nome di un compagno di Ercole che lo seg
trad. di Dionici Strocchi. 2522. Licori. — Così, secondo Virgilio, era anche nominata la cortigiana Citeride, famosa per
triumviro, il quale alla sua volta la dimenticò del tutto, pazzo com’ era d’ amore, per la bellissima Cleopatra. ……. e ne
dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di quel
nnome speciale a Bacco come protettore dei laghi e dei stagni, quando era adorato come dio del vino. 2538. Limnoria. — Una
gni cortesia, ma venuta la notte, profittando del sonno in cui quegli era immerso, tentò di ucciderlo a colpi di pugnale ;
anto dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave era dal sonno. Ma colui che vibrar tentava il ferro F
e della luna. 2545. Lione. — Secondo scrive Plutarco, questo animale era consacrato al Sole, perchè egli è solo fra tutti
la credenza pagana, dormiva con gli occhi aperti. In Egitto il lione era consacrato a Vulcano, alludendo forse all’ardenza
ndole di fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carro di Cibele era tirato da due lioni ; e vi sono infatti ancora mo
Lira. — L’invenzione di questo antichissimo istrumento di musica, che era uno degli attributi del dio Apollo, viene da talu
fiore di Loto, e propriamente quello che i botanici chiamano Persea, era consacrato ad Iside anche in Egitto ; e forse la
almente in tutte le feste e nei giuochi funebri. Nei giuochi Olimpici era assegnato un largo premio al vincitore della lott
crò e dedicò, alla dea Lua, le armi dei morti, rimaste sul campo. Lua era riguardata generalmente come la dea della espiazi
vvolto nelle fascie, e nella mano destra una specie di giglio. Lucina era anche detta Ilitia ed Olimpica, e sotto quest’ult
perciò lo avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio era presso gli antichi una festa quasi continua, impe
una coi loro sortilegi. 2567. Lunedi. — Questo giorno della settimana era , forse dal suo nome medesimo, consacrato a Diana
sovente come uomo, e sovente come donna. Da ciò il dio Luno altro non era che la Luna medesima, alla quale, secondo riferis
le. — Secon do asseriscono i cronisti più accreditati dell’antichità, era questo il nome della grotta, ove furono nutriti d
che la ragione per la quale i giovani correvano nudi nelle Lupercali era la seguente. Si vuole che un giorno Romolo e Remo
cosi in Roma fin dopo il quarto secolo, epoca in cui il culto pagano era quasi scomparso. 2572. Luperci. — Nome collettivo
morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. 2. P
i : Venerato fino nelle mura del Campiglio , perchè il suo simulacro era ivi religiosamente conservato come quello di uno
l per terra disteso ; perocchè si sbigotti alle parole di Samuele, ed era senza forze, non avendo preso cibo tutto quel gio
o bue doveva esser nero macchiato di bianco. Ritrovato dai sacerdoti, era guidato coa gran pompa nel tempio. Doveva vivere
a in cerea di un altro bue. Se moriva prima del tempo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel
ue. Se moriva prima del tempo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel tempio di Serapide. Vil
Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allev
a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul monte Nisa. La maggior parte p
un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario mitologico ecc.
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
dire, adorar la natura partitamente ; e come scrisse Bossuet : Tutto era deità, fuorchè Dio stesso. Gli antichi Dei Titani
randi Numi (Dii majores), ed erano in numero di venti. 18. La seconda era quella degli Dei subalterni o inferiori (Dii mini
9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella cong
creazione e della separazione dei corpi. La terra, il foco e ’l mare era nel cielo ; nel mar, nel foco e nella terra il ci
secondo la favola, potenza ordinatrice. 23. Il Destino poi altro non era che un’ immagine della fatale necessità che tutto
n vincono nè i potenti della terra nè gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono di ferro, con gli occhi ben
tano. Giano. 27. L’ impero del mondo apparteneva a Titano, perchè era fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza di C
leal, libero e schietto, Servando ognun la fè, dicendo il vero. Né v’ era chi temesse il fiero aspetto Del giudice implacab
ove, Siccome piacque al suo tiranno Giove. Egli quel dolce tempo, ch’ era eterno, Fece parte dell’ anno molto breve, Aggiun
r, or grave, or leve, S’ accomodaro al variar del giorno, Secondo ch’ era in Cancro o in Capricorno. Età del rame. Dal meta
Conosce di ciascun l’ errore e il merto, Poi che s’ avvide che non v’ era strada Da giunger con la pena al gran demerto, Se
tto quello degli Dei Lari e Penati (325). Secondo altri questo tempio era stato eretto da Romolo fondatore di Roma e da Taz
ura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di
sser di piacere a queste iguali. Dante, Purg., c. XXVII. 37. Giano era invocato il primo nei sacrifizj, tanto per aver a
che scuole ; i parenti e gli amici si ricambiavano doni e banchetti ; era vietato eseguir le sentenze e far la guerra ; ed
l fine m’ apparecchio, Pensando ’l breve viver mio, nel quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio. Chè più d’un gio
esta. Vestali. 40. Cibele, qual sorella e moglie di Saturno (27), era tenuta per genitrice della maggior parte degli De
i nomi di tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con special culto era onorata. 41. La chiamarono anche Tellus, dal pres
ano (25), presiedeva al fuoco, perchè il calore feconda la terra ; od era lo stesso fuoco secondo il significato di quel no
a la statua ed il culto. Numa re di Roma le consacrò un tempio12 dov’ era custodito il Palladio (570) di Troja, e dove sorg
erun sacrificio se prima non avessero onorato Vesta. Il suo simulacro era coperto con ampio manto, e aveva la testa turrita
per loro negligenza il fuoco sacro si fosse spento, tutta la città n’ era in lutto ; i pubblici negozj rimanevano interrott
pplizio, poteva intercedergli grazia, purchè asserisse che l’incontro era stato casuale ; e nei più serj negozj la loro sem
n un tempio chiamato Opertum, ossia nascondiglio, perchè agli schiavi era vietato l’entrarvi sotto pena di morte. I magistr
rire quella ninfa, e abbandonò lui in preda a tanta disperazione, che era sul punto di uccidersi ; quand’ella impietosita,
luto (254), Dio delle ricchezze. 53. Plutone (313), re dell’ inferno, era brutto e nero (Dante lo dipinge rabbioso, con enf
vea le luci intente, Correndo a quei ch’ avean più bel colore. Quest’ era il maggior fin della sua mente, D’ aver fra le co
certi villani che per malvezzo gliela intorbidarono ; ed essa, quanto era stata generosa verso la cortesia di Celeo, altret
ni ad Eleusi città dell’Attica. Duravano nove giorni, e in quel tempo era vietato l’occuparsi dei pubblici affari, aprire i
o fossero eseguite ; sicchè tanto lo svelarne che l’udirne il segreto era sacrilegio. Quindi la porta del tempio si teneva
si da ogni divertimento, e vivere con sobrietà esemplare. Agli uomini era vietato l’assistervi ; e nei cinque giorni della
ccende…. Vendè la casa e le masserizie per procacciarsi alimenti, ed era ridotto in estrema povertà. Allora la sua figliuo
; ma lo strattagemma non bastò alla voracità sempre maggiore ond’egli era assalito, e finalmente morì divorando con orrenda
re che aveva sposato Cibele (40), e del nonno Urano (25) o Celo che s’ era congiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che
memoria, gr.). 76. Perifa (da perì e phaino, io splendo intorno), che era uno dei Lapiti, popoli di Tessaglia famosi per le
mavano inoltre Ottimo Massimo, e Sancus o Sanctus, che secondo alcuni era lo stesso che Pistius, altra sua denominazione. L
zio, Io dicevano Rlicio, dal latino elicio, cavar fuori, ec. 80. Egli era poi onorato anche in Affrica sotto il nome di Gio
(Ammone in greco significa rena o sabbia) ; e per questo ancora Giove era talvolta rappresentato sotto le forme d’ariete, l
n Europa che in Asia. Il suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la mirabile statua di Giove Olimpico, scolpita da
e ; Vulcano (270) che Giove precipitò dal cielo sulla terra da quanto era deforme ; ed Ebe (87) Dea della giovinezza. 87. Q
e di Troja, facendolo rapire da un’aquila nel tempo che il giovinetto era a caccia sul monte Ida nell’Asia minore. Taluni i
il giovinetto in una costellazione detta l’Aquario (687). 88. Giunone era d’indole altera, diffidente, gelosa e fastidiosis
lla regina dei Numi di non dare asilo alla sua rivale. Infatti Latona era quasi nelle fauci dell’orrendo mostro, allorchè N
la medicina imparata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’ era considerato quale Dio. Infatti aveva fin reso la
ti aveva fin reso la vita ad Ippolito (432) figlio di Teseo (402) che era morto per cagione dei mostri marini ; ma Giove, r
della stessa Esione (518) figliuola del re, e l’infelice principessa era già stata incatenata sopra uno scoglio, quando Er
e una statua nella città di Tebe ; e credesi che quando questa statua era investita dai primi raggi del sole di levante, os
16. Il secondo marito dell’Aurora fu Cefalo re di Tessaglia che prima era stato sposo di Procri figlia d’Eretteo re d’Atene
gere al prefisso termine del suo corso fosse caduto in quel suolo che era ingombrato di fiamme. Ma comecchè materiali e gro
ui carboni accesi. — Il tripode della Sibilla, tutto d’oro massiccio, era stato trovato nel mare da alcuni pescatori. Costo
piede a Biante ch’ei teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di scienze e di virtù. Nel tempo
ell’Elicona v’era anche la tomba d’Orfeo (469). 124. Pegaso o Pegaseo era un cavallo alato, e nacque dal sangue di Medusa (
risce d’estate quando il sole è nel Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apol
i ad Apollo, denotando colla differenza del colore, che a questo Nume era noto tutto ciò che soglion produrre sì i giorni c
sa la fiamma che serviva di fanale ai marinari. L’interno del colosso era vuoto dalla parte destra per poter salire al fana
tor Vespasiano lo fece rimetter su 69 anni dopo G. C. Ma nel 667 Rodi era caduta in mano dei Saraceni, e Moavia loro re ord
Dei. Talora av[ILLISIBLE] a un elmo, come protettore degli uomini, ed era in atto di far donativi alle Grazie (175) che ani
elvedere, ed è una meraviglia dell’arte. Diana. 137. Diana era figlia di Giove (63) e di Latona (97), e sorella
ulla terra, Ecate (234, 2°) nell’inferno ; ma con questi diversi nomi era una sola divinità, e i poeti la chiamavano trifor
0. È notabile la severità che Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva pro
olto più crudele contro la sventurata Niobe (629) che in onta a lei s’ era vantata della sua bella e numerosa prole, imperoc
fece perire sotto gli occhi tutti i figliuoli. 142. Diana in terra s’ era dedicata alla caccia ; e perciò l’adoravano quale
iglie del mondo. Questo edifizio lungo circa 210 braccia e largo 110, era sostenuto sopra cento ventisette colonne alte 30
fianco. » (Vasari. Vita di Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo
Giove per Semele, causa di tanti guai a’ Tebar Nel tempo che Giunone era cruccciata Per Semelè contra ’l sangue tebano. Co
elle cose vane ; ma Giove si tolse con sè il bambino del quale Semele era incinta, e lo custodì fino al momento della sua n
ta, e lo custodì fino al momento della sua nascita ; e questo bambiuo era Bacco. Indi il Nume dette alla madre alto guiderd
elle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) re di Creta, che era stata abbandonata da Teseo (402), c le regalò una
i Tebe, volle abolire le feste di Bacco ; ma il culto per questo nume era così radicato, che le Baccanti furibonde aggredir
ppi di risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli spettatori ; ma era dato un premio al ballerino che avesse saputo ser
lib. IV. Trad. del Caro. 161. Il caduceo tenuto in mano da Mercurio era una verga alata in cima e con due serpi avvoltele
n’ anima. Il filosofo Pitagora propagò questa credenza in Italia ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio
ei valorosi e dei savi. 163. Mercurio sonava perfettamente il flauto, era logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloqu
rcio, 33e vegliava all’osservanza della buona fede tra i mercatanti ; era figurato per lo più con una borsa nell’una mano,
, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltr
ma non meno evidente l’allegoria con altri consimili fatti. Mercurio era sempre in fasce quando portò via i bovi ad Apollo
hè Mercurio, per calmarne la collera, gli regalò la lira, della quale era già reputato inventore. Questa lira fu formata co
i offerse un bove e una vacca per farsi dire dove fosse il gregge che era stato portato via ; e Batto palesò subito il segr
i quali probabilmente aveva ricevuto il dono dell’eloquenza, un altro era medico, il terzo esperto mercatante, ec. ; ed è v
are il primo giorno della prima primavera del mondo ; e secondo altri era figlia di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Ocean
di mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale Alito di Faonio era diffuso, L’aerio volator che in cor ti sente, Te,
lo stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita di Venere, era accorsa al banchetto degli Dei per raccorne gli a
e. 177. Adone, figlio di Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia, era giovine di straordinaria bellezza, ed appassionat
empo la sua indole si accorse che la passione più dominante di Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravvolse nel mi
uno sterile scoglio, quasi inabitabile, chiamato Cerigo. 180. Venere era chiamata Cipride, Cipria e Ciprigna dall’ essere
a d’eroi, ed a Citera indossava l’usbergo come Minerva ; e ad Olimpia era stata dipinta in atto di uscir dalle onde, incoro
nchiglia marina, tratta da colombe, da cigni o da passeri. Senza velo era bella, velata poi era divina, perchè univa la mod
a da colombe, da cigni o da passeri. Senza velo era bella, velata poi era divina, perchè univa la modestia alla beltà che s
in ogni suo atto ; e la Venere Celeste, così rappresentata dai Greci, era l’immagine della donna virtuosa, della eletta fra
vrebbe colto più fiori di sua madre. Venuti infatti alla prova, Amore era per vincere, quando la Ninfa Peristeria (Péristér
e popolare, e le sacrificavano una capra bianca sull’ara ove il fuoco era acceso col ginepro e coll’acanto. Intanto altre v
to dalla versione latina di Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratell
Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In sulle prime ella s’ era celata per isfuggirlo, ma un delfino affezionato
me al quale presiedono. 195. Proteo nacque dall’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche
« consorte in mar degli altri Dei » (Dante, Parad. c. I.) 202. Scilla era una bella ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata d
, mostro marino, gr.), figliuolo di Nettuno (185) e della Terra (25), era anch’esso potente deità marina, e, secondo la fav
’ei lo fece apparire di sotto terra percotendola col tridente. Quindi era chiamato anche Ippio ossia equestre ; e Ippodromi
so suo regno. 215. L’impero di Plutone, ossia l’Inferno della favola, era un luogo sotterraneo dove scendevano le anime deg
a, ampia vorago Facea di rozza e di scheggiosa roccia : Da negro lago era difesa intorno, E da selve ricinta annose e folte
fiato, Anzi una peste, a cui volar di sopra Con la vita agli uccelli era interdetto ; Onde da’ Greci poi si disse Averno.
reci consideravano l’Inferno come diviso in due vaste regioni : l’una era « la valle d’abisso dolorosa, Che tuono accoglie
bisso dolorosa, Che tuono accoglie d’infiniti guai ; Oscura, profonda era e nebulosa, » chiamata Basso Inferno, Tenaro 42 o
a di minor pena. L’altra regione, cui davano il nome di Campi Elisi, era tutta ridente e pacifica, abbellita d’ eterna pri
anni sulle sue sponde, e così la carità dei congiunti e dei cittadini era pietosamente stimolata a dare onorevole sepoltura
e sue sponde coronate di tassi che mandavano ombra mesta e tenebrosa, era una porta eretta su cardini di bronzo, e che dava
quello del Cocito, si gettava com’esso nell’Acheronte. 221. Lo Stige era un « tristo ruscello con acqua buia » dalla quale
stesa sulla terra e l’altra sul mare ; e chi rompea questo giuramento era per dieci anni bandito dal cielo, e privato dell’
dell’ ambrosia e del néttare. L’Ambrosia (ambrosios, immortale, gr.) era il cibo degli Dei, ed il Néttare la lor comune be
era il cibo degli Dei, ed il Néttare la lor comune bevanda. La prima era molto più dolce del miele, e spandeva deliziosa f
chiamato anche fiume dell’Oblio, « là dove vanno l’anime a lavarsi » era figurato in un vecchio con l’urna nell’ una mano,
ella vita. 225. Caronte, figlio dell’Erebo (223) e della Notte (238), era il « nocchier della livida palude : » ……Demonio
giudicava i popoli dell’Europa, Radamanto quelli dell’Asia, e Minosse era presidente del tribunale, dove non valevano a mit
ell’affidare ad essi il finale ed inappellabile giudizio dei mortali, era contemplata la doppia qualità di legislatore e di
rtaro. 234. A sì temute Dee furono offerti singolari omaggi ; e tanto era il pauroso rispetto per esse, che quasi non s’arr
in Atene vicino all’Areopago formavano un tribunale, avanti a cui non era lecito comparire se non dopo aver giurato sull’al
ivj dove sorgeva la sua statua, le imbandivano ogni mese una cena che era poi goduta dai poveri in onor suo. Talvolta le er
mese una cena che era poi goduta dai poveri in onor suo. Talvolta le era fatta un’ Ecatombe, o sacrifizio di cento bovi. A
i Sogni, la Morte, gli Dei Mani ec. 238. La Notte, dea delle Tenebre, era figlia del Cielo (25) e della Terra (25), e secon
o carro, e glielo mette in ordine pel tacito viaggio. Quando la Notte era considerata qual madre del Giorno avuto dall’ Ere
ente il riposo ; mentre pei ricchi molli ed oziosi il culto del sonno era dei più importanti ; e spesso la invocata divinit
inità si mostrava sorda ai loro voti. Morfeo, capo degli altri sogni, era nel tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e
na. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle Larve, ed era lor consacrato il cipresso ; ai Mani poi degli am
o il peso del monte Etna, il quale, a motivo dei suo cratere ignivomo era preso per una sbocco infernale. Ovidio dice che q
morsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo gli era tormento atrocissimo. Ma dopo aver pagato il fio
ntalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio di Giove (63) e re di Lidia, era sordidamente avaro, nè riconosceva altra deità ch
accettarono un dono fatto per forza, ad eccezione di Cerere (51) che era fuor di sè pel dolore della rapita figliuola. Gio
er celebrare la tenerezza coniugale d’Ipermestra. Ecco dunque da chi era popolato il Tartaro ; e poi …… Tra questi tali È
supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello di Giove e di Nettuno, era rappresentato con differenti attributi, secondo i
atro sangue immonda. Pluto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio di Cerere (51) e di Giasone celebre agrico
. (Dante, Inf. c. VII.) Marte. 255. Marte, Dio della guerra, era figlio di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma talun
oi.57 Minerva o Pallade. 262. Minerva, figlia di Giove (63), era la Dea della Sapienza, e presiedeva alla guerra,
a della guerra, ella prende allora il nome di Pallade, sotto il quale era principalmente adorata nella città di Troia ; ma
accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle di un mostro chi
i fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ ogn’intorno incoronava. Ivi era la Contesa, ivi la Forza, Ivi l’atroce inseguimen
lla saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione di quest’uccello era di tristo presagio quand’ei cantava, e di buon au
del tutto sradicato per l’ignoranza delle menti volgari. 269. Minerva era principalmente onorata ad Atene dove aveva un mag
ata ad Atene dove aveva un magnifico tempio, sotto l’altare del quale era nutrito un serpente a lei sacro, perchè questo re
e chiamavansi Quinqualia e Minervalia. Vulcano. 270. Vulcano era figliuolo di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma na
lio nivea Galatea, figliuola di Nereo e di Doride (193) ; ma la ninfa era già amante del pastorello Aci ; sicchè il Ciclope
ella celeste reggia dell’Olimpo. Immenso fu il loro numero, poichè vi era compresa una moltitudine di divinità allegoriche,
. Momo. 282. Momo, figlio del Sonno (240) e della Notte (238), era il Nume della maldicenza, tenebroso e scellerato
ocriti o invidiosi che voglion denigrare l’altrui riputazione. Costui era principalmente satirico, e criticava tutto e tutt
in sacrifizio alla Dea scellerata. Esculapio. 289. Esculapio era figliuol d’Apollo (96) e della ninfa Coronide (13
i Satiri e Silvano (302) prcposto alla tutela delle selve. 296. Pane era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni a
le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale era stato costruito il suo tempio. Credevasi che foss
per Roma. 297. Il vocabolo pan in greco vuol dir tutto, e questo Dio era considerato qual simbolo dell’universo, ossia il
iano, la quale fu cangiata in voce, per esser troppo ciarliera. Fauno era del numero delle divinità agresti, perchè aveva i
alla pastorizia ed ai boschi. Veniva immolata ai Fauni una capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi di cavall
da esso inebriata col trasformare in vino l’acqua d’una fonte ov’ella era solita dissetarsi. 305. Hanno la figura d’omiciat
caporione dei Satiri (305), figlio di Bacco (146) e di Venere (170), era il Dio tutelare dei giardini e dei frutti, giacch
nella quale il quadrupede, indispettito d’esser rimasto perdente ; s’ era avventato contro il vincitore, e a forza di calci
’ombra de’suoi allori. Il maggior culto di Priapo fu a Lampsaco donde era stato scacciato per aver messo paura negli abitan
bblica seppero essere la vera difesa dello stato. 309. Il dio Termine era onorato non solamente nei templi, ma più di tutto
ar posto veniva proscritto, abbandonato alle furie (232), e ad ognuno era lecito ucciderlo. Le sue feste a Roma erano celeb
lieti banchetti attorno al simulacro del Nume. Pale 310. Pale era l’idolo dei pastori, e presiedeva ai prati, ai gr
crata alle ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che di fuora era tonda, e dentro concava. Stavano intorno a questa
l nome di Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi fu Teti, ed era tanto bella che Giove (63), Nettuno (185) ed Apol
i che udiva. Le intravvenne poi d’innamorarsi di Narciso che « Biondo era e bello e di gentile aspetto, » figliuolo della n
al guerriero, lordo di sangue e uscito allora da tanta uccisione, non era permesso toccarli prima che si fosse lavato alla
ella Natura secondo la favola, dava l’essere e il moto ad ogni cosa ; era l’idea fatta divina della generazione e della cre
serenità del sembiante suol essere testimone della bontà del cuore ; era inghirlandato di papaveri, quasi farmaco ad assop
he le foglie del platano gli servivano.di corona. Ma il genio cattivo era un tristo vecchio con accigliati ed incerti sguar
hi non sentiva raccapriccio al solo immaginarselo accanto ! Talora ne era immagine un serpente. La fortuna 332. La
I Romani adoravano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro era collocata nel quartiere accanto al letto dell’ Im
d Anzio, città del paese dei Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito di offerte e di doni magnifici ; la st
empio fu situato sopra un’eminenza presso Ramnunte borgo dell’Attica, era figlia della Necessità (332 2°) e di Giove, o sec
uomini si tenessero lontani dall’ insolenza e dall’orgoglio ; quindi era il terrore di tutti coloro che abusavano dei favo
Atéa. 335. Atéa (ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro sollecita che di
prodotti. Arpocrate. 336. Arpocrate, Dio d’egiziana origine, era figlio d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al
io d’Osiride e d’Iside (690), e presiedeva al Silenzio. La sua statua era collocata sul limitare dei templi, o per indicare
ronte ornata d’ una mitra con la punta divisa in due parti eguali, ed era tenuto in somma venerazione dai sapienti, nelle s
enerazione dai sapienti, nelle scuole, e nelle famiglie numerose. Gli era consacrato segnatamente il pesco, perchè le fogli
e la lingua degli uomini onesti e dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle s
ea della Giustizia. La favola aggiunge che Giove (63) ebbe da lei, ed era ben naturale, questre tre figlie : l’Equità, chia
el core L’occhio mio non potea non venir meno. Scolpito per le fronti era ’l valore Dell’ onorata gente ……. E qui si fa a
nia eranvi alcune femmine, quasi damigelle e compagne, il cui officio era incitare e metter su la signora, acconciarla, abb
olto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed era la Dea tutelare del secol d’ oro, e l’ origine de
ebbe are, culto e statue in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra era il più grande ed il più sontuoso che fosse nella
Zucchero.) La quiete. 347, 4°. « Questa Quiete trovo bene che era adorata, e che l’era dedicato il tempio, ma non t
ete. 347, 4°. « Questa Quiete trovo bene che era adorata, e che l’ era dedicato il tempio, ma non trovo già come fosse f
piedi sopra un globo perchè la Vittoria domina su tutta la terra ; ed era in atto di volare verso il tempio dell’Immortalit
dei suoi adoratori. Quando il fulmine ruppe le ali alla statua che le era stata eretta in Roma, Pompeo, per confortare il p
sieno finti e quelle gemme non sieno false. Democrito filosofo greco era di sentimento ch’ella preferisse di starsene cela
ia dell’umano errore. Nude le membra aveva, il crine incolto, E rozza era negli atti e semplicetta ; Ma cosa non mortai sem
deasi in portamento altero Il franco piè sicura e baldanzosa ; Sereno era lo sguardo, e insiem severo ; E stava sulla front
di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo della quale era scritto : La morte e la vita. Il primo sentimento
un tempio consacratole, per quanto si crede, da Numa Pompilio. La Dea era rappresentata a mani giunte, e con lungo abito bi
o sulla terra, e son dette anche Semidei. Perseo. 353. Perseo era figlio di Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Arg
e e Steno, figlie di Forco Dio marino e di Celo. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avvenente e con una chioma di mara
o occhio ed un solo dente che adoperavano a vicenda ; ma questo dente era più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguar
gigantesca statura. Costui possedeva il giardino delle Esperidi, e n’ era estremamente geloso. Un oracolo lo aveva ammonito
. Questa principessa, figliuola di Cefeo re d’Etiopia e di Cassiopea, era stata esposta sulla riva del mare per esservi div
o dall’alto del suo aereo viaggio scòrse la giovinetta, il mostro che era per divorarla, e udì i pianti dei desolati genito
endente, che alla testa di molti armati accorse a rapirgliela. Perseo era per essere soverchiato dal numero, quando si ramm
l’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per rimetterlo sul trono, dal quale era stato scacciato da Preto (462) suo fratello ; ed
itrione re di Tebe, e vennero al mondo gemelli mentre questo principe era alla guerra. Giove (63), che amava Alcmena, volle
fratello per decreto del Fato. Così accadde ; ma non fu paga. Ercole era in fasce, ed ella mandò due serpenti a divorarlo
lo spavento. E se questa non fu la medesima tavola, simigliantissima era ella almeno a quella che ci descrive il giovane F
iuto di Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale sguainato s’ era quivi tratto per intendere e vendicare l’oltraggi
tratto per intendere e vendicare l’oltraggio. Nè ben si distingueva s’ era ancor atterrito od allegro. Avea egli pronta alla
insegnamento nella sua Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole era di Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli fa
liosa battaglia, nella qualé non valevano le armi perchè la sua pelle era impenetrabile, potè agguantarlo, lo soffocò strin
este. 371. Nelle paludi di Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un’Idra più terribile di quel leone. Questo nuovo
o raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le sue frecce perchè era consacrata a Diana (137), non la potè prendere ch
ta e ’l busto :78 Ma in su la riva non trasse la coda. La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fuor l
nteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulcano (270), era uno sfrontato masnadiero che s’appiattava in un a
n gran numero s’argomentarono niente meno che d’assalire Ercole che s’ era addormentato sulla spiaggia dopo la sua lunga lot
di diversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio tutelare, e questi gli procacciò un leone
e così egli ne ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si ammalò, ed era in pericolo di morire, se non che un oracolo annu
battaglia, inonorata ma non meno aspra delle altre, poichè Acheloo s’ era trasformato ora in serpente, ora in toro, ora in
Ma ingiunse prima a Filottete di non palesare ad alcuno il luogo dove era morto e sepolto, affinchè la paura di vederlo tor
, gli eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più celebri in Roma, era detto il Tempio del grand’ Ercole. 400. Questo
400. Questo Eroe spesso è chiamato Alcide, ossia figlio d’ Alceo, che era suo avo materno. Ebbe il nome d’ Ercole dopo aver
a calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, che era l’ albero a lui sacro per essersi cinta la testa
greco e l’ Osiride egiziano (690, 691), ed in ambedue queste divinità era personificato il sole ; le dodici fatiehe d’ Ereo
tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la sua spada sotto una
che fu ad Atene, Teseo trovò la città in preda alla confusione. Vi si era rifugiata Medea (454), che pe’ suoi delitti aveva
licenza di farlo avvelenare in mezzo a un banchetto ; ma quando Teseo era per ingoiare il veleno, il padre lo riconobbe all
allora in poi recò seco in memoria del fatto. 413. Cercione o Sinnide era un altro flagello dell’ Attica. Dotato di grandis
a sorte per esser pasto del Minotauro. 416. Forse questo tributo non era altro che di denaro ; ma gli Ateniesi, per far co
iglio Androgeo ucciso da alcuni giovani ateniesi gelosi di lui perchè era sempre vincitore nei pubblici giuochi. Il tributo
i di lui perchè era sempre vincitore nei pubblici giuochi. Il tributo era già stato pagato tre volte, allorchè Teseo offers
a sua impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola di Minosse, che s’ era impietosita all’ aspetto di quelle vittime, e che
ulcano (270), e che fu poi collocata fra gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pieno di stanze e di corridori
rre le sette vittime chieste in espiazione da Minosse ; e quella nave era armata di nere vele ad esprimere il lutto degli A
dello studio della sapienza e delle ingenue ricreazioni della caccia, era incorso nello sdegno di Venere per averne spregia
e da sè stessa la morte. 439. Alla fine gli Ateniesi, sui quali Teseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della
. Tornati in patria, i Dioscuri liberarono la sorella Elena (433) che era stata rapita da Teseo (405), e condussero schiava
ione tramonti quando l’ altra si leva sull’ orizzonte, così la favola era un’ allegoria della legge che secondo essi govern
448. Giasone ebbe per padre Esone re d’ lolco in Tessaglia, al quale era stato tolto il trono da Pelia fratello ; ma quand
Colchide (oggidì Georgia russa o Mingrelia in capo al Mar Nero) dov’ era questo tesoro. 449. Il Vello d’ oro fu la pelle d
quest’ orribile caso, nel XXX dell’ Inferno : Nel tempo che Giunone era crucciata Per Semelè contra ’ l sangue tebano, Co
rva stessa aveva dato il disegno. Il legname, col quale fu costruito, era stato preso sul monte Pelio e nella foresta di Do
o punto, che bisognava esterminare fino all’ ultimo : e finalmente v’ era da uccidere un mostro enorme posto a custodia del
atta ad amarlo. Ei le corrispose, e promisele di sposarla. Medea, che era esperta nella magia, addormentò co’ suoi incantes
mingo e turbato dai rimorsi della sua imprudente condotta. Medea, che era dotata della cognizion del futuro, gli aveva pred
e n’ ebbe fracassata la testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte era figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, fig
uest’ eroe ebbe anche il soprannome d’ Ipponoo, per indicare ch’ egli era stato il primo ad insegnare agli uomini l’ arte d
ginava di recar lettere di cortese raccomandazione. 464. Jobate, com’ era uso in quel tempo, lo accolse benignamente, e gli
e musico e poeta ebbe per genitori Apollo (96) e Clio (275) ; e tanta era la dolcezza dell’armonia della sua lira e della s
o un tempio ad Orfeo nel luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne era vietato l’accesso alle donne. Quindi suo padre lo
o È dolce il palpitare ai casi altrui. Aristeo. 474. Aristeo era figlio d’Apollo (96) e della ninfa Cirene. Fu edu
ungo tempo alla corte di Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno era largamente ricompensato. Un giorno, mentr’ei rito
ro perfidia, se li fa tradurre davanti, e chiede notizie d’Arione che era già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente
a già nascosto nel suo palazzo. Essi sfrontatamente risposero ch’egli era in Italia a godere i favori della fortuna e gli o
suo scudo. Anfione. 481. Anfione discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie di Lico re di Tebe, e sp
unirsi in società ed a fabbricarsi le case. Cadmo. 482. Cadmo era figlio d’ Agenore re di Fenicia e della ninfa Mel
eci. 490. Siccome un oracolo aveva detto a Cadmo che la sua posterità era minacciata da grandi sventure, cosi prese volonta
rediceva dover esser colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui era incinta Giocasta sua moglie, ordinò che il pargol
nsultò l’oracolo intorno al suo destino, e n’ebbe in risposta ch’egli era nato per commettere delitti orrendi, e per esser
i dalle Muse, e divorando chi non li sapeva spiegare. Questo flagello era stato mandato a’danni de’ Tebani dallo sdegno che
quale sdegnata per non aver parte alcuna negli affari dello stato, s’ era messa alla testa d’una masnada di malviventi, e d
vicine a Tebe. 498. L’enimma dato a indovinare dalla Sfinge ai Tebani era questo : « Quale sia l’animale che la mattina cam
quattro piedi, con due a mezzodì e con tre la sera ? » La Sfinge poi era destinata a perire appena avesse trovato lo sciog
chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e scoperse di quanti guai era stato cagione, senza saperlo, ai genitori ed al p
o il qual nome venivano onorate le Furie, degne ospiti di un uomo che era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone l
fanni Dimenticai per un amplesso. 504. Tratto poi da quel bosco, che era interdetto ai profani, edipo fu condotto ad Ate
ere il primo, ma il re, che lo inseguiva con una lunghissima lancia ; era tratto da due cavalli invincibili, perchè figliuo
la piccola Frigia nell’ Asia Minore, fondata parecchi secoli avanti l’ era volgare, sotto i suoi re, che furono Dardano, il
, acquistò possanza e splendore ; e tre secoli dopo il suo nascimento era già la più celebre città dell’universo.95 Ma sott
1° Bisognava che intervenisse all’assedio un discendente d’ Eaco ; ed era questi il prode Achille (536) ; 2° Che i Greci po
, che doveva portare sì numeroso esercito per la spedizione di Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli di quel te
una cerva a lei consacrata, negava ai Greci il vento favorevole ; ed era mestieri per placarla il sacrifizio d’Ifigenia. L
estieri per placarla il sacrifizio d’Ifigenia. La figlia d’Agamennone era sul punto d’essere immolata, allorchè Diana, sodi
urpò il trono. 533. La presenza d’Oreste (527), figlio d’Agamennone, era un grande ostacolo per Egisto, che non avrebbe ri
535. Alfine la condanna cadde sopra Oreste ; ma per avventura, mentre era per compiersi il sacrifizio, Ifigenia sacerdotess
nelle pugne. 537. L’oracolo aveva predetto che per la presa di Troja era necessario Achille, ma ch’ei sarebbe perito sotto
la morte di Patroclo per far ripigliare le armi ad Achille, dopo che era stato più di un anno senza combattere. Spinto all
ulle onde agitate dai venti. Nestore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e di Cloride, il so
rovò alle nozze di Piritoo (429), e combattè i Centauri (430). Sicchè era già molto vecchio quando concorse all’ assedio di
la sua, e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591). 557. E tanto più era da valutare quest’azione, in quanto che Protesila
el leone, lo rese invulnerabile, eccettone il luogo dove questa pelle era stata sbranata dalla ferita con che Ercole aveva
re dell’altro, posarono le armi, e si scambiarono donativi, tra’quali era la cintura che servì poi a legare il cadavere d’E
sso, e vedendosi ormai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone di quella pugna bestiale, non res
Ulisse, altrimenti detto Odisseo, figliuolo di Laerte e d’ Anticlea, era re della piccola isola d’Itaca nel mare Ionio. U
greci alla grande impresa. Per dare a credere la sua finta pazzia, s’ era posto ad arare la sabbia sulla spiaggia del mare,
sedio di Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua di Pallade, ossia di Minerva (263), rel
llocatasi da sè stessa sopra l’ altare.100 3° Reso, re di Tracia, era venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arriva
iuolo d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa era di difficile riuscita, essendochè a questo princi
di Misia, erano state devastate le campagne dai Greci, ed egli stesso era stato ferito gravemente da Achille. Ulisse, che s
li ; ma Ulisse potè serbare la forma umana in virtù d’un’erba che gli era stata data da Giove. Con l’aiuto del medesimo Dio
cira, la moderna Corfù, dove regnava Alcinoo. Il palazzo di questo re era sontuoso, ed in mezzo ad ameni giardini che in tu
ando Ulisse potè metter piede sulla spiaggia di Corcira a lui ignota, era quasi moribondo per aver combattuto tanti giorni
nti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli era riescito di trascinarsi in un bosco poco lontano
tano dalla costa. Lì presso scorreva il limpido ruscello dove Nausica era solita di recarsi a fare il bucato ; e quel giorn
e il sole le asciugava, Nausica, aspettando il declinar del giorno, s’ era messa a scherzare innocentemente con le compagne 
svegliò tenerezza e stima in tutti quelli che lo ascoltarono. La nave era pronta, ed ei v’ascese lieto di grati e doviziosi
fuor del marin suolo. Cinque volte racceso, e tante casso112 Lo lume era di sotto dalla luna, Poich’entrati eravam nell’al
in che ’l mar fu sopra noi richiuso. Palamede. 583. Palamede era figlio di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capit
incitori dei Trojani perirono nelle onde, meno che pochi, tra i quali era Ulisse, causa principale di tanto danno. 586. La
ie del principe sleale la inseguirono per lapidarla, e da quanto ella era disperata mordeva le pietre anciatele addosso. Al
Ettore. 591. Ettore, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba (589), era fra’Trojani il più prode. Dopo aver sostenuto con
, scherzando Sul paterno ginocchio……. 594. Così il palazzo di Priamo era divenuto la magione del duolo. E il vecchio padre
avanti al campo de’Greci, e fecelo entrare nella tenda del Pelide che era tuttavia a mensa : …….. Il venerando veglio Entr
Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E di Troja e di tutti era il sostegno : E questo pure per le patrie mura Co
nè di quella dell’innocente Astianatte. Paride. 597. Paride era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale ess
mezzo a una nube, e lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro sul quale era scritto, per la più bella. Ecco subito tutto l’Ol
possedimento della più bella donna del mondo. 600. Paride, che tanto era bello quanto vano, sedotto dalle carezze di Vener
Menelao, se la tolse per sè ; e la condusse a Troja mentre il marito era assente. Questo tradimento fece scoppiare la guer
suo sapere a guarirlo ; ma ogni sforzo fu inutile, poichè la freccia era avvelenata ; e Paride spirò nelle braccia della n
onte. 605. Laocoonte, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba. (589), era sacerdote d’Apollo (96) e di Nettuno (185) ; e s’
voto offerto a Minerva (522). Laocoonte asseriva che quella macchina era un artifizio del nemico per entrare nella città ;
ando, Sen fero crudo e miserabil pasto. Poscia a lui, ch’a’ fanciulli era con l’arme Giunto in ajuto, s’avventaro, e strett
m’ è fama) Preso d’Italo il nome, Italia è detta. Qui ’l nostro corso era diritto, quando Orïon (618) tempestoso i venti e
tutti……….. (Virgilio, Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria p
i poeti, ei serbò ancora poichè fu sceso nei Campi Elisi. 619. Orione era inoltre uno dei più belli uomini del suo tempo, e
vita quel bell’uomo d’Orione ; ma che valeva il pentimento ? il male era fatto, e senza rimedio. Tuttavia credè di poterlo
rgo ed i contorni tutti inondati dall’acqua, meno la loro capanna che era trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro
lebri per la loro commovente pietà filiale verso la madre Cidippe che era sacerdotessa di Giunone (85), 625. Questa sacerdo
leagro. 626. Meleagro, figlio d’Oeneo re di Calidonia, e d’Altea, era destinato a vivere tanto tempo quanto avrebbe dur
morte di Meleagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’ era scordato di lei nel sacrificare a’Numi per ringra
siccome Atalanta, figliuola del re d’Arcadia vivamente amata da lui, era stata la prima a ferirlo, credè ben fatto di rega
gliersi in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta era la sua immobilità che pareva non desse più segno
ra la sua immobilità che pareva non desse più segno di vita ; infatti era cangiata in scoglio : O Niobe, con che occhi dol
la fece comparire sulla fine a far sapere al marito fino a qual punto era arrivata la ferocia di Progne per vendicar la sor
alla statua, e gli parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo era cedevole. Attonito a tanto prodigio, non osava an
Piramo giovine assiro è divenuto celebre pel suo amore per Tisbe che era la più bella tra le giovanette di Babilonia. Dove
ulla punta della sua spada. Quand’ ecco Tisbe uscir dal luogo dove s’ era nascosta, ritrovar Piramo già spirante, e darsi l
o e Leandro. 646 2°. Leandro, giovinetto d’Abido, città dell’Asia, era fidanzato alla bella Ero giovane sacerdotessa di
ttraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai gli era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo
rivedere la fidanzata. Partì, che il vento imperversava, ed il cielo era oscuro. Lottò lungo tempo contro l’impeto dei flu
a della Beozia chiamata Parnaso (123). 649. Solamente Deucalione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie,
alione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie, che era la donna più virtuosa, andarono illesi dall’ester
to all’ arcano senso di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era la Terra e le sue ossa le pietre. Sicchè andarono
copre la terra di geli e di brine ; dicevan poi che volando pel cielo era tutto circondato di fitte nebbie ; e che stava in
voluto che la nave degli Argonauti andasse a ripigliarlo dopo ch’ei n’ era sbarcato per rintracciare il giovine Ila, che era
liarlo dopo ch’ei n’era sbarcato per rintracciare il giovine Ila, che era stato rapito dalle ninfe nel recarsi a far provvi
terra. 658. In molti paesi eressero templi ai Venti, e ad Atene ve n’ era uno di forma ottagona, avendo ad ogni angolo la f
alla parte del cielo onde spira. Epimenide. 658, 2° Epimenide era un filosofo dell’ isola di Creta, contemporaneo d
na, e nessuno seppe riconoscerlo, meno che il suo fratello minore che era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divul
a spelonca Per sua dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non gli era la veduta tronca. E quella che ricopre le mammell
prima classe ! Tiresia giudicò a favore delle donne ; ma Giunone, che era di contrario parere, se l’ebbe a male, e lo accie
igare gli arcani che l’ uomo non potrà mai discuoprire. 662. Anfiarao era figlio d’Apollo (96) e d’Ipermestra (252), e fu c
ssa dimanda per i sei rimastile. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella
668. Questa Sibilla, nata a Cuma, aveva nome Deifobe o Erofila, ed era figliuola di Glauco (201) e sacerdotessa d’ Apoll
l’impero dei Persiani ; e soccombendo egli stesso, la medesima sorte era serbata al suo. Quando la Pitia disse a Nerone :
cesto. Una corona d’oleastro, che pe’ gloriosi valeva più d’un regno, era il premio ambito sopra ogni altra cosa dai re ste
igli e provvedeva alla loro educazione ed alla futura lor sorte. Indi era bello per le greche città l’esser liete di vivent
bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. — Diagora di Rodi che si era fatto illustre con una vittoria riportata ai giuo
partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor di patria era sprone al valore, spregiando i doni del tiranno,
a era sprone al valore, spregiando i doni del tiranno, gridò che egli era di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua :
orno. Sia o no esagerata, questa prova dimostra che l’uso della forza era diventato ormai spettacolo brutale e mestiero, e
chi avevano cominciato ad allontanarsi dal primitivo lor fine. Milone era già vecchio ; aveva trionfato sei volte nei giuoc
ntica sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quello di prima. L’albero apertosi alla prima
ullo, dicono, aveva soffocato un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una mano
vecchio, e come se lo volesser ricevere, lo chiamavano, e venuto che era lo scacciavano. Passato ch’e’ fu dinanzi a tutti
il famoso leone (370). Una corona d’apio premiava i vincitori ; e vi era usato ogni genere d’atletico esperimento, almeno
nto. Si posero quindi in ordinanza a piè dell’atrio del tempio, donde era il principio dello stadio ; e, vicendevolmente gu
, non meno che da desiderio della corona, colui che il primo essendo, era stato allora superato, radunando tutte le forze,
il quale, a lui presentandosi, gettò con impeto un breve manto in cui era involto, e si mostrò ignudo, con una fascia ai lo
no bianchissime chiome di destriero, e un ampio scudo, nel cui centro era incisa la torva Medusa. Alessandro Verri. Or
si Tenta l’uom, benchè forte. Il di seguente, Che al surgere del sole era il certame Delle quadrighe, in campo anch’egli ve
sesto, Biondi corsieri aggiunti al carro avea ; Il settimo Magnesio ; era Eniano, Bianco il destrier, l’ottavo ; e della sa
e. Era quest’uso grande argomento a condurre onesta e chiara la vita, era conforto ai vecchi, esempio utile ai giovani. Ma
io che più d’ogni altra descrizione son per noi opportuni. 691. Tanta era la venerazione pei morti appo i Greci che in un d
’incominciati onori Il frigio duce, del serpente incerto, Se del loco era il genio, o pur del padre Sergente o messo ; e co
Galli, Scandinavi e Americani. Divinità Egiziane. 696. Osiride era uno dei maggiori Dei degli Egiziani e il più gene
nità egiziana, celebre quanto il fratello. 697. Questo Dio, che prima era re d’Argo, avendo lasciato i suoi stati al fratel
o, e fece costruire un magnifico monumento per tumularle. 701. Tifone era tutto intento ad assicurarsi il nuovo potere, all
che la sua anima fosse andata in quell’animale (Metempsicosi 162 2°), era chiamato Api, e scelto di color nero, con in fron
sacerdoti gl’ imprimevano segretamente sul corpo dell’ animale quando era lattante. Questo bue veniva nutrito per quaranta
lo custodivano le donne che sole avevano il diritto di vederlo ; indi era condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a M
condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a Memfi, ed allo sbarco era accolto dai sacerdoti e da immensa folla di popol
stalle coperte d’oro, e secondo ch’egli entrava nell’una o nell’altra era buono o cattivo augurio per l’Egitto. Non usciva
a procedeva in mezzo ad ufiziali che allontanavano la moltitudine, ed era preceduto da fanciulli che celebravano le sue lod
Gli Egiziani consultavano il bue Api a guisa d’oracolo ; la risposta era favorevole quando accettava le offerte ; ma suo r
ano fuori del santuario le riaprivano, e la prima parola che udivano, era presa per la risposta del Nume. 704. Anche gli Eg
ste in onore d’Osiride e d’Iside, nelle quali la cerimonia principale era l’apparizione del bue Api. La festa d’Iside 143 e
imonia principale era l’apparizione del bue Api. La festa d’Iside 143 era celebrata nell’anniversario dell’epoca nella qual
n Italia e fin nelle Gallie e nelle estreme parti della Germania, ove era adorata sotto lo stesso nome. A Roma le feste d’I
no ad un tempio d’Iside : para Isidos. Vero è poi che questa divinità era considerata qual protettrice di Parigi. Quei popo
rillo ec. ; e l’uccidere, benchè involontariamente, un animale sacro, era delitto punito di morte. 709. Ma in questo culto
in questo culto degli animali non seguivano tutti lo stesso uso. Dove era adorato il coccodrillo e dove l’icneumone nemico
i babilonesi e dei persiani. 711. La maggior deità dei Babilonesi era Belo considerato come il sole o come la natura fe
rigine del bene e del male. 715. Il principio o genio buono, Oromaze, era l’essere supremo, origine d’ogni bene ; ed il cat
cipio, detto Arimane, passava per l’autore di tutto il male. Il primo era rappresentato dalla luce e l’altro dalle tenebre,
etamorfosi. 723. La terra, spossata dal peso della montagna Merupatu, era in pericolo di sprofondarsi nell’abisso, quando V
culto, i più celebri erano Teutatète, Eso e Tanarete. 727. Teutatète era il supremo Dio dei Galli, i quali riconoscevano i
30. Eso, divinità di gran conto pei Galli, presiedeva alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato di scure, in atto
2. Benchè Tanarete avesse il dominio delle cose celesti, tuttavia non era pei Galli il padre dei Numi ; anzi veniva terzo n
no il tempo non a giorni, ma a notti. 735. Dopo le divinità la querce era il primario oggetto della venerazione dei Galli.
è, come dicemmo parlando di Teutatète, la statua del loro supremo Dio era un’altissima querce. Fu pur sacro per essi il vis
segava con una falcetta d’oro quel vischio, il quale pel capo d’anno era distribuito al popolo qual cosa santa e quale ind
esse, ed i loro oracoli passavano per infallibili. 738. Il campo dove era stata celebrata qualche cerimonia religiosa diven
ve era stata celebrata qualche cerimonia religiosa diveniva sacro, ed era profanazione il lavorarne la terra. Quindi per im
ra. Ecco perchè quel potentissimo Dio sapeva un visibilio di cose, ed era chiamato per antonomasia il Dio dei Corvi ! 743.
ello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli era composto di tutti i semi della terra impastati co
semi della terra impastati col sangue di molti fanciulli ai quali si era strappato il cuore. Il culto di queste divinità c
ro tempio fu tenuto in tanìa venerazione, che ai soli sommi sacerdoti era concesso l’entrarvi. Quando il cullo dei Cabiri p
steri di Cerere, e divenne lerofante o aommo-sacerdote. Qnest’Eumolpo era poeta, e diventò uomo piene di senun. Fu capo di
elle msrsviglie del mondo, e lo credevano eretto da lui atesso quando era fanciullo, con lo corna delle capre uccise de Dia
nimali, nè lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Quest’isola era io tanta venerazione, che non vi ai potevano sott
gnuno volle provarc la medesima ispirazione ; fu dello che quel luogo era sacro ; vi fu alzato un lempio ; e l’affluenza de
nses. 42. Promontorio del Peloponneso nella Laconia. Alle sue falde era una caverna larga e profonda onde esalava un vapo
Elisi sia egiziana ; poichè il più celebre sepolcreto di quel popolo era collocato oltre le rive di un lago detto Acherusi
di ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura ; e questo luogo era detto Elision, ovvero soggiorno del riposo e dell
i magistrati e vi ardova i cadavori dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue, di colonno, di portici e d’arch
ira l’omicidia, il libertinaggio, l’irreligione e la pigrizia ; o gli era anche atlidata la custodia delle leggi o l’ammini
dall’amico verbo Meneo, ora Moneo. 59. In quest’isola del mar Egeo era un vulcano che vomilava fiamme ; edi suoi abilanl
e. 85. Forse questa favola potrebbe essero spiegata cosr : L’Acheloo era un finme che straripando apeaso inondava e desola
gior forza che verso terra. Forse il congegno delle ali di Dedalo non era collegato dalla cera ; forse non fu che un primo
avanzamento della civiltà e delle arti. 88. Il qual vello altro non era in sostanza che un ricco tesoro portato da Frisso
aereggia la scouvolta gleba : Vero aratro sembrava, e nondimeno Tutta era d’ôr. Mirabila fallura ! Ed in altri scompartime
i occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tr
rdette la vita. 99. Monte dell’isola d’Itaca. 100. Questa statuetta era formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso
i voleri del cielo. A Delfo la sacerdotessa Pitia (la Pitonessa, 122) era inspirata dai trasporti di furore divino ; a Dodo
lotto e simili altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vince
iù doppi ec. 141. Faone (177 nola), amato da Saffo, famosa poetessa, era assai valente in questa maniera di giuochi. 142.
6 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
ed altri siffatti. La più generale divisione che facevasi degl’ Iddii era in celesti, terrestri, marini, e infernali, secon
to, la Morte, il Sonno e il Sogni, Momo derisore, le Esperidi, di cui era il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parche Cloto,
elo; che allora ei venne a nascondersi in quella parte d’ Italia, che era abitata dagli Aborigeni, e che poscia fu detta La
sendo nella greca lingua Saturno chiamato Cronos, che significa Tempo era perciò riguardato come il Dio del tempo, e di piu
bastone in mano come preside delle strade, e colle chiavi, perchè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ ann
agioni, cosi talor figuravasi con quattro faccie. Il primo di Gennaio era singolarmente a lui dedicato, e in esso i Cittadi
Greci ed i Romani Giove riguardavasi come la principale Divinità, ed era caratterizzato col titolo dì Padre degli Dei, e R
contro Tifeo ultimo figlio della Terra congiunta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste di dragò; dalle quali t
ro Anfione e Zeto; penetrò convertito in pioggia d’ oro la torre, ov’ era chiusa Danae figlia di Acrisio, e ne ebbe Perseo;
i. Tramutossi ancora in formica per Clitoride figlia di Mirmidone ch’ era di estrema piccolezza; in serpente per Doreida, i
l fulmine, o l’ augel ministro di Giove. Fra le piante a lui dedicate era il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro n
esser gli oracoli. La vittima, che a Giove offerivasi nei sacrificii, era un bianco bue. Molti tempii aveva egli in Roma, e
e. Molti tempii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato nel Campidogli
e. Sorella e principal moglie di Giove, e perciò regina degli Dei, era tenuta Giunone. Fu ella però da principio a quest
e per nasconderla la cangiò in vacca. Sospettando Giunone di quel che era , la chiese in dono, e la mise sotto alla guardia
Giove altribuivasi il regno dell’ aria. Sotto il nome di Lucina ella era in vocata dalle partorienti, sebbene alcuni per e
dan Diana, altri Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi
edi, o sopra di un cocchio tirato dai pavoni. Il principale suo culto era in Samo, e Cartagine. Sacre a lei erano in Roma l
on cui intitolar volle que’ due mesi. A Giunone Februale o purgatrice era pur consacrato spezialmente il mese di Febbrajo,
egli altri sacrificii l’ ordinaria vittima, che a Giunone offerivasi, era un’ agnella, Capo V. Di Pallade o Minerva.
edere ciò che conteneva, e Minerva avvisatane dalla cornacchia in cui era stata prima da essa cangiata Coronide figlia di C
non potento caminar colle gambe, che non aveva, perchè dal mezio giù era serpente, inventò l’ uso de’ cocchi, e dopo morto
bergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima era proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il
d ucciderla, come appresso vedremo. A Pallade o Minerva tra le piante era dedicato l’ ulivo, tra gli animali la civetta; a
osito di che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela di Minerva era pria la cornacchia, in cui da essa era stata cang
fosi, che in tutela di Minerva era pria la cornacchia, in cui da essa era stata cangiata Coronide figlia di Coroneo per sot
ornacchia, la discacciò, e si prese in vece di lei la civetta, di cui era stata trasformata Nittimene sorpresa in incesto c
cinque giorni cominciando dai 19 di Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e de
Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e di Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero
ise la lingua, e la chiuse in una prigione, dicendo a Progne ch’ ella era morta per via. Filomela in un candido velo con fi
secondo altri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia di Numitore già re di Alba. Amulio, che pr
secondo Esiodo, erano il Terrore e il Timore. Il suo principal culto era nella Tracia ed anche in Roma, ove in somma vener
a di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era quello di fabbricare i fulmini a Giove: e tanta g
tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re di Troia, che era allora pastore sul monte Ida, questi diè il pomo
co e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra le piante a lei dedicato era il mirto, tra i fiori la rosa, che di bianca, qua
a lei dedicato era il mirto, tra i fiori la rosa, che di bianca, qual era prima, si disse cangiata in rossa, allor quando f
i, or sopra un cocchio tirato da due cigni, o da due colombe. Adorata era Venere principalmente nell’ isola di Citerà, ed i
uori allontanasse dagl’ illeciti amori: e a lei spezialmente dedicato era il mese di aprile, così detto secondo alcuni aphr
ccese, e la fece trasportare da Zefiro in un palagio rimoto, ov’ ella era di tutto lautamente fornita da ninfe invisibili,
fine avrebbela divorata. Psiche per accertarsene, alla notte, mentr’ era addormentato, accese una lucerna, e prese un colt
tello con animo di ammazzarlo, se fosse un mostro. Al vedere ch’ egli era tutt’ altro, rimase attonita, il coltello le cadd
po l’ altra da esso precipitarono. Intanto Venere informata di quanto era avvenuto, si fece condurre Psiche davanti e fiera
nne ascritto quanto poteva agli altri appartenere. Allorchè Latona n’ era incinta, Giunone pregò la Terra a negarle ricover
erpente Pitone. Ma Nettuno l’ accolse nell’ Isola Ortigia o Delo, che era allora natante, e ch’ egli poi rese ferma; e Lato
do sopra di un sasso ribalzò in faccia a Giacinto nell’ alto ch’ egli era corso per prenderlo. Ciparisso figlio di Amicleo
ventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che gli era carissimo, volle ei medesimo per dolore ammazzars
quattro figlie Igica, Egle, Panacela e Jaso. La celebrità ch’ egli si era acquistata fece riguardare insieme con Apollo suo
e insieme con Apollo suo patire qual Dio della medicina. Il suo culto era specialmente in Epidauro; ma passò poscia anche i
la città andò a posarsi spontaneamente sopra la nave dei Romani, ch’ era nel porto, e da essi condotto a Roma, e deposto n
arono templi, in cui rappresentavasi con un bastone in mano, al quale era un serpente attorciglialo; e gli s’ istituirono s
e queste due bestie feroci. Oltreciò allorchè preso da grave malattia era Admeto vicino a morte, ei gli ottenne dalle Parch
to principalmente in Deio, Giuro, Timbra, Pataro, Cirra, e Delfo, ove era il famoso oracolo, che rendevasi dalla sacerdotes
offerivasi il toro, il porco e l’ ariete. L’ albero a lui consacrato era l’ alloro. Rappresentavasi come abilissimo arcier
sculapio per Dio della medicina. Qual Dio della musica e della poesia era egli chiamato preside e condottier delle Muse fig
e da Teti di non permettere che mai si bagnino in mare. Diana stessa era creduta castissima, e malamente gli amori della L
nferno. Aveva i nomi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famoso era il suo tempio in Efeso, che poi
omi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famoso era il suo tempio in Efeso, che poi fu incendiato da
dalla mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedicata era una cerva. In Tauride però le si immolarono per a
Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Giove e di Maia, era considerato come il messaggiero degli Dei. Perciò
n detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Beroe di le
immota la nave, e lor cangiò in delfini, salvo Acete, che a quelli si era opposto. Alcitoe, Leuconoe e le sorelle, figlie d
i, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto s’ era con una scure a tagliarle, tagliossi le gambe. Al
ll’ incontro avendo Micia re di Frigia a Bacco restituito Sileno, che era stato preso dai contadini, Bacco in ricambio si o
ol capo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia ornata anch’ essa di pampini. Suoi seg
everla colle fiaccole accese alle fiamme del monte Etna. Aretusa, che era prima una ninfa dell’ Elide, e che inseguita dal
ggiunta), diè finalmente a Cerere contezza che Proserpina da Plutone, era stata rapita. Essa allora sir volse a Giove per r
esta mal sofferendo la schiavitù raccomandossi a Nettuno da cui prima era stata amata, ed ei per toglierla al padre la tras
principio i misteri di lei chiamati Eleusini, a’ quali chi iniziavasi era tenuto à rigoroso segreto, cui era sommo delitto
Eleusini, a’ quali chi iniziavasi era tenuto à rigoroso segreto, cui era sommo delitto il manifestare. Rappresentavasi Cer
potendo mai prender sonno, con questi per consiglio di Giove riuscita era a conciliarselo. Portava pure la fiaccola con cui
della figlia, e la falce con cui si miete il frumento. Il suo cocchio era tirato da due dragoni. In Roma a lei offerivansi
Dea del fuoco. Il rito di adorare il fuoco e conservarlo gelosamente era antichissimo presso gli Orientali, e in Italia vu
i che fosse già in uso presso i Tirreni. La custodia del fuoco sacro, era affidata in Roma ad un collegio di vergini dette
oco sacro si estingueva, il che aveasi per funestissimo augurio, ell’ era dal Pontefice massimo severamente punita. Nè il f
inità chi l’ avea sedotta morir faceasi a forza di battiture, ed ella era portata con lugubre pompa sopra i una bara fuor d
nto e Ida, e dalla città di Pessinunte nella Frigia, ove specialmente era adorata. Finalmente, come Dea della terra, e madr
u poi da essa cangiato in pino. La vittima che a Cibele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua d
fu posta da Pronabide la sede di Demogorgone, Dio terribile, che noti era permesso di nominare, e che si dice padre della d
i celebravano in Roma ai 21 di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure tenuto Pane figlio di Mercurio; sebbene alcu
e a Pane, di cui si pretende che i Luperci fossero sacerdoti. Silvano era il Dio delle selve, e rappresentavasi con un cipr
uno e l’ altro avevano senza peli. Priapo, figlio di Bacco e Venere, era il Dio e custode degli orti. Effigiavasi colla ba
ovi sciami di api. Il Dio Termine presedeva ai confini dei campi, cui era grave delitto il violare. La sua figura a princip
ampi, cui era grave delitto il violare. La sua figura a principio non era che una pietra, da quale segnava il confine tra u
re le case colle larve notturne, placavansi a’ 9 di Maggio. Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare che chiamavasi Ge
dusa al mangiare. La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici di cui i maschi al nono
hè non errino; Averrunco quel che allontana i mali e i pericoli; come era ài Dio de’ conviti; Momo quel della satira e del
esso, la prima Malina, e la seconda Liduna. Custode del gregge marino era Proteo figliuolo dell’ Oceano e di Teli figlia de
a di Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio di Eaco, mentre era addormentata, ella cangiossi in albero, in tigre,
e di Toosa, che partorì Polifemo, e a lui sacro, secondo il medesimo, era il porto d’ Itaca. Ma un altro Forco da Cicerone
divennero Ino e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone di lei nemica mandò T
poli, fu cagione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla era figlio di Forco e della ninfa Cratea. Fu amata pe
celesti le vittime si offerivano io numero dispari. Dea dell’ Inferno era pur Ecate, che alcuni confondono con Diana, altri
la Notte, e in un altro figlie di Giove e di Temi. L’ ufficio loro si era il filar la vita degli uomini. Cloto tenea la roc
a e torceva il filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Le tre Furie, o Dire, o Er
ire i condannali. Persecutrice e punitrice delle colpe in questa vita era Nemesi o Adrastea figlia della Notte secondo Esio
Ramnusia; persecutore, specialmente delle menzogne e degli spergiuri era Orco Dio del giuramento. Gli Dei Mani erano una s
sse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Mani dai Latini era detto Summanus. La Notte dicevasi anch’ essa tene
eoi Sonno, e co’ Sogni suoi figli. Morfeo figlio e ministro del Sonno era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando g
dell’ oblivione, e bevute faceano dimenticare tutto il passato. Stige era figlia dell’ Oceano, e formava, secondo Esiodo, u
dell’ Erebo e della Notte, vecchio ma di robusta e verde vecchiezza, era quegli, che traghettava su nera barca le anime di
lirli poneasi loro una moneta, sotto la lingua. Di là dell’ Acheronte era il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e d
te era il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e da Echina, ch’ era il custode dell’ Inferno. Tre giudici, Minosse, R
ena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e di Europa, e il primo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco
ropa, e il primo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re di Cenopia,
, o Enona, cui dal nome della madre chiamò Egina. Il luogo del premio era un delizioso soggiorno detto Eliso, ove le anime
e occupazioni, che più aveano amate qui in terra. Il luogo della pena era il Tartaro; e i più famosi condannati erari laggi
ttuno, e d’ Ifimedia moglie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo di Giove e di Elara; ma perchè questa i
fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato il no
nare Alcmena prese la sembianza di Anfitrione medesimo, mentre questi era occupato nella guerra contro de’ Tafii e da’ Tele
nò nel paese di Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna, che era un serpente di sette teste, a cui se una ne veniv
; e fatta prigioniera Ippolita loro regina, la diede a Teseo, che gli era stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le sta
si di Gibilterra, ove Ercole per monumento piantò due colonne, su cui era scritto: Non più oltre. Lottò con Anteo figlio de
medonte re di Troia dal mostro marino, a cui per ordine dell’ oracolo era stata esposta, come s’ è detto (Parte I Capo X.),
uti, ma essendo questi dalle Ninfe stato rapito nella Bitinia, mentre era sceso per bere al fiume Ascanio, Ercole inconsola
da Pallade uno scudo, che risplendea a guisa di specchio. Giunto ov’ era Medusa, stando egli sospeso in aria, e guardando,
ri sieno di opinione che Atlante siasi detto portare il cielo, perchè era assai studioso dall’ astronomia. Passò in Etiopia
ove Andromeda figlia di Cefeo e di Cassiopea per ordine dell’ oracolo era esposta ad essere divorata da un mostro marino, c
guidò salva alla reggia. Ma Fineo fratello di Cefeo, a cui Andromeda era stata innanzi promessa, pretese di averla; e nata
caccia del cignal Calidonio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia
l’ Illirico, dove chiedendo agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il principio di sue avventure, fu insieme c
Capo VII. Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e
o dall’ oracolo, che doveva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta era incinta, le ordinò di soffocarlo appena nato. Ma
, uccise senza conoscerlo il proprio padre, che a favore di quelli si era intromesso. Altri dicono che l’ uccidesse, mentre
isposa a chi sciogliesse l’ enimma, e perir facesse la Sfinge, poichè era destino, che questa dovesse morire sì tosto, che
farne ricerca, venne a scovrire non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo p
e che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre. Preso da orrore
Partenopeo, e con questi si mosse contro di Tebe. Anfiarao però, ch’ era della famiglia dell’ indovino Melampo, e prevedev
in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste; ma come questa era avvelenata così appena Glauce se l’ ebbe posta, a
tellazione del Sagittario: le quali cose mentre la figlia Ociroe, ch’ era indovina, gli stava vaticinando, fu al dir di Ovi
ova partorite da Leda; ma l’ un di questi contenente Polluce ed Elena era stato fecondato da Giove cangiato in cigno, l’ al
ione da Tindaro re dell’ Ebalia, marito di Leda. Quindi è che Polluce era immortale, e mortale era Castore. Polluce però, o
Ebalia, marito di Leda. Quindi è che Polluce era immortale, e mortale era Castore. Polluce però, onde aver col fratello una
di Egeo assassinato il figliò Androgeo, dopochè nelle feste Panatanee era riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi eg
nnammoratosi recise al padre addormentalo un crine purpureo, al quale era annesso il destino di Nisa, per la qual cosa ella
l quale mostrava di voler superarlo (perciocchè giunto da se medesimo era già ad inventare la sega, il torno, la ruota dei
laberinto, luogo d’ intralciatissime strade, per le quali chiunque vi era introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli
drone Perifeta figlio di Vulcano, detto pur Cornista dalla clava ond’ era armato; in Eleusi Cercione, che sfidava i passagg
ore e Polluce di lei fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Medea era divenuta moglie di Egeo, corse grave pericolo di
sse, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui era partito; ma Teseo dimenticò il comando del padre,
Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se taluno fosse
averla, e capo della Spedizione fu fatto Agamennone. Mentre l’ armata era raccolta in Aulide porto della Beozia, trattenuta
le furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato giunse in Tauride, ove per ordine d
si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’ era la sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri i
mendogli di aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi data a Pirro, andato a Delfo, ove sapea
Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in sogno di aver in seno una fia
, ei vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò
ia con venti navi per ripetere Esione, che liberata dal mostro marino era stata via condotta da Ercole, e data a Telamone f
mina. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, ch’ era riputata la più bella donna di quell’ età, colse
appigliarsi, lo riconobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filottete era stato compagno di Ercole, e testimonio della mort
preda fatta da’ Greci nella espugnazione di Crisa città della Frigia era toccata ad Agamennone, questi lo ributtò bruscame
allora questi ad Agamennone con aspre ingiurie e già la mano pur gli era corsa alla spada, ma fu da Pallade trattenuto. Si
Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile, perchè Tetide, appena nato per esso
figlio Cigno, atterrandolo e strozzandolo, poichè esso pure a’ dardi era impenetrabile. Grave battaglia per riavere il cor
condo Omero, da servo fuggitivo, e introdottosi in Troia, spiò quanto era là dentro, e nè portò a’ Greci la più esalta cont
iamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eventi di Troia. E poichè era pure destino, che Troia fosse invincibile, se i c
isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che era per destino verace sempre e non creduta mai, grid
a per destino verace sempre e non creduta mai, gridò che quel cavallo era un’ insidia e che doveva distruggersi. Invano pur
leano sacrificarlo. Costui seppe persuadere a Troiani, che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci, onde placar lo sdegno
eifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a quello era stata data
o la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella
anche a suo tempo mostravasi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagnia di Merione. In Calabria pari
ore, che caduto dal letto nell’ Isola Eea, mentre gli altri partivano era Timaslo insepolto; poi da Tiresia udì i futuri su
i nudo a Nausicaa figlia del re Alcinoo e di Arete, che colle ancelle era andata a lavare le vesti alfiume, ebbe da lei ris
giunto il figlio Telemaco ritornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per
andar con un remo sopra la spalla fin dove gli fosse detto che quello era un ventilabro, e fatto quivi un sacrificio a Nett
occiolar sangue, e udì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio di Priamo, ucciso dal re Polinnes
amo l’ aveva a lui spedito. Aggiunge Ovidio, che la morte di Polidoro era stata poi vendicata da Ecuba perciocchè essendo i
essendo interpetrato da Anchise per l’ isola di Creta, da cui oriundo era Teucro, Enea là si diresse, e cominciò a piantare
e ad Enea gli Dei Penati, avvisandolo che la terra indicata da Apollo era l’ Italia, da cui origine traeva Dardano nativo d
a morte di Pirro. Accolto quivi con gran tripudio, ebbe da Eleno, che era pur vate, l’ avviso di non approdare a’ vicini li
o Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdata era non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto
i si accese. Ma Jarba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide, che era stato prima da lei rifiutato, ricorse al padre, i
di Venere. Intanto Mise trombettiere di Enea sonando la conca marina era stato per invidia da un Tritone gettato in mare;
bini, i condannati a ingiusta morte, i suicidi, gli amanti, fra quali era Didone che fuggì da lui dispettosa, e i guerrieri
mmò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia era stata innanzi promessa; e finalmente fece che Asc
principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per
detto, partito di Arcadia per avervi digraziatamente ucciso il padre, era venuto in Italia a stabilirsi sul colle Palatino.
e, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa di Diana, alla quale Camilla era consagrata, Enea innoltrandosi venne a porre l’ a
i da Pallade mutati in serpenti, perchè nel tempio di Pallade ella si era data a Nettuno convertito in cavallo. Parte II. C
ttersi avvelenati. Mera indicò ad Erigione figlia di lui il luogo ov’ era sepolto; e questa per dolore si appiccò, che sopr
uì ad onore d’ Icario e di Erigone, e si disse finalmente, che Icario era stato portato in cielo nel segno di Boote, Erigon
formica. Scilla figlia di Niso recide al padre un crine purpureo, cui era annesso il destino di Megara, per darlo a Minosse
on lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita di lui era annessa, ed ei muore consunto da interna arsura.
dinaria azione si erano resi illustri. Questo culto però da principio era semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’ erb
ti d’ erbe ò di fronde in aperta campagna, o in qualche luogo elevato era l’ altare, sul quale agir Dei rappresentati da un
, le, si indoravan le corna, le si poneva sul capo la mola salsa, che era una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le
narla; l’ Aruspice esaminava quindi le interiora se eran sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che
ran sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che era di augurio sinistro; per ultimo una porzione dell
esse di Bacco. In Roma chi aveva nelle cose sacre la suprema autorità era il Pontefice Massimo; Seguivano i Flamini, tra et
ce Massimo; Seguivano i Flamini, tra etti il Diale o Flamine di Giove era il primo, e solo avea il privilegio di portare l’
era il primo, e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’ era una specie di berretto bianco, poi venivano il Ma
s’ intraprendeva, prima che questi non avessero deciso se l’ augurio era fausto o infausto. Gli auguri poi si prendevano a
iamente si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco era di buon augurio quando udivasi alla sinistra, per
di cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali allorchè la Pitia era inebriata, pronunziava delle parole per lo più os
dava a mangiare. L’ oracolo di Venere in Africa tra Eliopoli e Biblo era favorevole, se le cose che gettavansi nel vicin l
la Sardica nativa di Sardi nella Libia. Presso i Romani la più famosa era la Sibilla Cumana, la quale si disse che offerse
mo di Corinto. A questi giuochi concorreva tutta le Grecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una
a piedi, o a cavallo, o sulle bighe e le quadrighe; 2. il disco, ch’ era un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai
7 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
oms di Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua
orte, si numerano Nettuno, Plutone, Giunone, e Cerere. Non altrimenti era per accadere anche a Giove, se Cibele, sua madre,
tto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato avvinto da Giove, allora si scioglieva, per
denominarono Cronie(b) dal Greco nome chronos, tempo, perchè Saturno era considerato come il Tempo(c) (20). Questo Nume eb
tesso. Cerei pure ardevano in gran copia dinanzi a questo Dio, perchè era egli risguardato come il lume dell’ umana vita(e)
tici, le vittime de’quali appartenevano a’soli sacrificatori(d). Ella era altresì la Dea particolare de’ Trojani(e). Enea n
, Dindimena(f), e Idea(g) daimonti(7) e dalle città, ove spezialmente era onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Mag
La seguì la figlia con passo più franco del consueto, e s’ avvide ch’ era divenuta uomo. Fece subiro costei ritorno all’ ar
che lo diede a’ Tirreni(b) (15). La Dea ne prese vendetta. Sangaride era una delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipe
ueste, anche quelle Ninfe perivano. Cibele atterrò la quercia ; a cui era affissa la vita di Sangaride ; e questa più non e
Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste di Cibele era il portare per la città un pino, e riporlo poi di
Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la quale era stata la prima Vestale(e). Addette una volta al s
destrarvi le altre, che vi si sostituivano. Il loro principale dovere era di serbarsi vergini, e di attendere alla conserva
come in sacro e inviolabile deposito, si conservavano i testamenti ; era punito colla morte chi le insultava ; se a caso i
o ; ne’pubblici spettacoli aveano luogo distinto ; ad esse finalmente era permesso il celebrare ogni anno le Feste Argee(c)
no delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste era quello di ottenere in copia le frutta dalla terra
e ricchezza e gli altri prodotti della terra(f). Cerere. Cerere era figliuola di Saturno e di Cibele(a). Gli Antichi
i abitanti dell’ Attica, lo regalò della pianta, detta fico, la quale era stata sino a quel tempo ignota a tutti gli uomini
na nati, morivano, si offerse di allevargli quello, che in que’giorni era comparso alla luce. Visse il fanciullo, e crebbe
in matrimonio con Crisorte. Plemneo, venuto in cognizione che Cerere era una Dea, le eresse un tempio(b). Si abbattè parim
rapisse Proserpina(e) (10). Ciane voleva palesare a Ceiere quanto le era avvenuto, nè potendo farlo colla voce, supplì col
di nuovo all’ Olimpo, e ricorse a’ Giove pet riavere Proserpina, ch’ era pure figlia di hai. Il Nume promise di soddisfarl
l di lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia porta-lana, perchè era risguardata come la protettrice anche de’ greggi.
ebbero per eccellenza anche il nome di Misterj, perchè in esse tutto era mistico. Dicesi da alcuni, che sieno state istitu
cuoprivano di una veste nuova, la quale non deponevano, se non quando era divenuta lacera, nè si poteva più usare (e). Altr
e’ quali il vincitore riportava una corona d’ orzo (c). Il Floriferto era una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe
comando di un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello era il solo mezzo di placare la Dea, che affliggeva t
er la perdita di sua figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cerere, era tinomatissimo spezialmente quello d’Eleusi. Il me
Daduco o Lampadeforo, e il Cerice. I Gerofante, ossia Gran Sacerdote, era il primo in dignità, e a lui apparteneva l’inizia
cui Cerere puni il Tessalo Erisittone, figlio di Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i Numi, così osò di taglia
e che Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima era di ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è finalmente
mo, uno degl’ Idei Dattili ; e che questi, per aver detto che il Nume era mortale, ne fu cangiato in diamante (h). Giove, c
focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò era delitto per l’utilità de’ buoi. Il Sacerdote fugg
ava Flamine Diale. Questa dignità s’instituì da Numa Pompilio (b), ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fr
Numa Pompilio (b), ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’ era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia
reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di lui beretta era formata della pelle di qualche bianca pecora, ch’
ano il loro ministero. Il Flamine Diale, quando andava per le strade, era preceduto da un littore. Benediceva le armi, e pr
a a’ di lui piedi, non andava più soggetto la meritato supplizio. Non era permesso se non ad un uomo libero il recidere a q
Giove, sono pressochè innumerabili. Altri di essi gli derivarono, ov’ era in ispezial modo venerato ; altri da’ diversi pop
fitto (a). Erigdupo (b) o Brontonte (c) o Bronteo fu chiamato, perchè era creduto il suscitatore del tuono. I Latini lo chi
ia il più magnifico tempio, che fu chiamato il Trono di Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte di una
ronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. La stessa statua era d’oro e d’avorio. Avea nella destra una Vittoria,
ur d’oro la capigliatura e il mantello del Nume (d). Questo simulacro era stato opera di Fidia, figlio di Carmida (e). Le f
Adriano, ne’ quali fu ridotto a tutta perfezione. Il medesimo tempio era circondato da un bosco sacro, detto Alti (f), e p
predette quercie si posò, e con voce umana fece intendere, che Giove era per istabilire ivi un Oracolo (c) (12). In quella
allora gli eventi si predissero dal tripode, il quale secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune opinione era una se
e, il quale secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune opinione era una sedia, sostenuta da tre piedi(f). Non molto d
armato di una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni, ne’ quali era permesso interrogare l’Oracolo, sospendevasi alla
i questo scorreva una fonte indovina, detta l’ Acqua del Sole. Questa era gelida sul meriggio, e calda al rinascere e tramo
di bronzo, e fornito di pietre preziose. Il piedestallo del medesimo era d’oro, e avea la forma di navicella. Questo Nume
nti altari, e gli consecrò un fuoco perpetuo (c). Giove Ammone quanto era venerato nella Libia, alttettanto ne lo era in Af
(c). Giove Ammone quanto era venerato nella Libia, alttettanto ne lo era in Afite, città della Tracia, ove avea un maestos
ra’varj nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello di Giove era uno de’ principali. Quindi questo Nume, come pres
iove, per conservare la memoria della capra Amaltea, col di cui latte era stato nutrito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo
questa ceremonia se guiva la pioggia (f). Il Dio sotto questo aspetto era dagli Ateniesi chiamato Iezio, e da loro eragli s
onsole Orazio Pulvillo ne fece la dedicazione (f). Il medesimo tempio era circondato da un vasto portico. Quivi eravi ripos
Iasciò scoperta una parte del predetto tempio, perchè altrimenti non era permesso il farlo (e). Il medesimo tempio tre vol
riva. Se una bestia, inseguita da’ cacciatori, colà si ritirava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alber
avano, senza essersi mai per tutto quel tempo cibati di carne urnana, era pet virtù di lui restituita la figura d’uomini (a
perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (i). Giove in un tempio di Terracina, cit
suro o Ansiro o Ansiro, ossia giovine e senza barba (l) Questo Nume era anche tenuto per l’aria o pel Cielo. Quindi da lu
ali si facevano solenni conviti e sacrifizj. L’oggetto delle medesime era quello di essere immuni da’ pericoli e disastri (
si disse il Nume dalla Greca voce ilapine, conviti, perchè con questi era magnificamente onorato in Cipro(f). Si chiamò Cte
, piccolo passe d’Elide nel Peloponneso (l), il quale secondo Stefano era la stessa Elide. A Giove Ultore, ossia Vendicato
ue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più
Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche i
ne subito si propose di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di l
rpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’ era corrisposto. Avvenne, che Carpo cadde nel prodett
ccolo Giove (b). Varie ragioni vengono addotte, per le quali l’Aquila era sacta a Giove(39). Primo perchè questo Nume, comb
li caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva gli onori divini, ed era in un tempio venerato sotto il nome di Giove Cons
ina. La terra avea prodotto un mostro, il quale nella parte superiore era toro, e serpente nell’inferiore. Questo era stato
ale nella parte superiore era toro, e serpente nell’inferiore. Questo era stato subito rinchiuso appresso la palude Stigia
e tra questi spezialmente Briareo, eccitato da Saturno, lo uccise, ed era anche per abbruciarne le interiora, quando un Nib
ele il maligno suggerimento, e lo eseguì. Giove, che prevedeva quanto era per riuscirle fatale l’inchiesta, tentò di dissua
chiamente ne usano(f). Milichio, dalla voce milica, fico, perchè egli era stato il ritrovatore non solo del vino, ma anche
i madre, Semele (e). Sabazio, da’ Sabi, gente della Tracia, da’ quali era in particolar modo onorato (f). Sabazj si appella
delle Orfiche (m). La maniera, con cui si solenizzavano, da principio era semplicissima, e si mantenne tale, finchè l’affll
ncenso ed altri aromi. L’uso delle Ceste mistiche(10) in queste Feste era solenne assai più che in quelle di qualunque altr
te le frutta, le quali si consecravano al Nume(b). La statua di Bacco era collocata sulla Tensa(11), tirata da animali (c).
Brumali furono così dette dal nome Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo stesso che Bromio, e con cui gli antichi Roman
, coperto con nera pelle di capra. Santio girò il capo per vedere chi era seco, e restò frattanto da Melanto ucciso. Gli At
ieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la quale talvolta era anche d’oro. Andavasi parimenti in giro sopra i c
sopra, studiandosi di rimanervi ritti con un solo piede. Chi cadeva, era deriso. Il viacitore poi ne riportava in premio o
resso Erigone, e strascinandola per la veste, la condusse, ove Icario era stato gettato. La figlia, al vederlo, pel dolore
dato da tigri, leoni, e pantere. Tutti i nocchieri s’avvidero ch’egli era un Dio, e ne implorarono il perdono, ma tuttavia
agione, per cui egli onorava Bacco. Lo stranìero soggiunse, che Acete era il suo nome, la Meonia il paese, la condizione pl
sta ragione Bacco fu denominato Tauricorno(m). Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli
Giunone non visse quasi mai in pace col marito, fu la gelosia, da cui era continuamente agitata (c), e per cui fu soprannom
otessa di questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendente bellezza era amata da Giove, che la rendette madre della Sibil
che, e si misero a correro per le campagne. Ina malattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di
nominata, perchè una delle ceremonie del matrimonio appresso i Romani era il dividere la capigliatura della sposa in sei tr
opolazione (a). Marziano Capella soggiunge, che fu così detta, perchè era spezialmente invocata dal popolo (b) (14). Ebbe i
arto (c). Altri però così la denominarono, perchè in modo particolare era onorata co sacrifizj il mese di Febbrajo (d). Fu
arvi(a). Si chiamò Giuga, o come Greci la dicevano Zigia, (b), perchè era preside al giogo, sotto cui si univano gli sposi.
a Regina, ed Era, ossia la Signora, perchè Giove, come abbiamo detto, era il re e il signore del Cielo e della terra. Sotto
il signore del Cielo e della terra. Sotto l’uno e l’altro titolo ella era risguardata, come la distributrice de’regni e del
o un tempio, che le fu cretto da Camillo (e). Ivi la statua della Dea era tenuta da’ Romani in grande venerazione, nè alcun
in premio a chi ascendeva sul teatro, penetrava in un luogo, di cui n’ era difficile l’ingresso, e staccava uno scudo, che c
go, di cui n’era difficile l’ingresso, e staccava uno scudo, che colà era confiscato. Un’ altra Festa di questo nome ogni c
esse condurre sopra un carro per la città, spargendo voce, che quella era Platea, figlia del re Asopo, cui Giove voleva spo
re le vesti della supposta novella sposa. S’avvide allora, che quella era una statua, e riconomendo l’azione, come un tratt
so ne compiacque, e si rappacificò seco lui (a). E perchè Citerone n’ era stato l’autore, perciò ella dal nome di lui fu de
in un monte tra la Beozia e l’ Attica, il quale secondo Pausania (c) era sacco a Giove, e secondo Plinio (d) a Bacco e all
tue erano ridotte in cenere (f). Fu detta Prodromia, perchè ella pure era una delle Deità, che si veneravano prima d’ intra
bosco all’ improvviso coperto di foglie, la statua fu fasciata, dov’ era (a). Strabone soggiugne, che in quel bosco i Sace
ano recarsi a venerare Giunone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta
ognuno nel di lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea, perchè era presa per l’acia (e). E’ stata finalmente appella
tagno, in cui, gettandosi delle focacce, se queste s’immergevano, ciò era di buon augurio ; se altrimenti, di cattivo (a).
orte si gode perfetto riposo(a) Si denominò Dite, ossia ricco, perchè era considerato il Dio dell’ opulenza(b) (24). Finalm
regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dice Diodoro Siculo(h), era il toro. Questo Autore soggiugne, che i Siracusan
tto scoccò tanti strali, che lo uccise, per vendicare la madre, che n’ era stata sì fieramente perseguitata (f). Cotale ucci
doni (c). Allora gareggiavano tra loro i Poeti. L’argomento ordinario era un inno, accompagnato colla cetra, in cui si cant
nto del Nume contro Pitone (d). Il premio de’vincitori ne’primi tempi era una piccola corona d’alloro (e). Vi s’introdusser
anche il nome di Delfico (g). Dicevano gli Antichi, che questo tempio era stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti da
enne d’uccelli. S’inventò poi un terzo tempio, e si disse, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gru
da’Sacerdoti scendeva sul Tripode, detto anche Cortina(d), e il quale era tutto circondato d’alberi. Presa allora da violen
ruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato proposto dal nobile architetto Spintaro Cor
racolo, che dava Apollo sul Promontorio d’Epiro, detto Ninfeo, perchè era conse, crato alle Ninfe. Quegli, che lo consultav
er fatto le solite preghiere, gettava lo stesso incenso sul fuoco. Se era si per ottenere quel, che si ricercava, l’incenso
paese. Consultarono gl’Indovini, e ne intesero, che per farla cessare era d’uopo spedire sette fanciulli e sette fanciulle
ano cerre feste, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero
o assai celebre pe’portici e per la Biblioteca Greca e Latina, di cui era fornito(c) (17). Le Giacinzie venivario solennizz
icava, cominciando dallo spargere in libazione vino e latte. L’altare era la stessa tomba di Giacinto(d). Le Poliie si cel
si prese a considerare que’versi, come oracoli. E perchè negli stessi era indicato, che se i Romani volevano allontanare da
e che questi vibrò contro di loro moltissime frecce. Da principio non era fissato il giorno, in cui si doveano celebrare ta
in Delo un’ara, sacra ad Apollo, la quale appellavasi Ceraton, perchè era stata da Apollo fanciulletto composta di corna di
perboreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o di Peone(19), perchè era egli considerato come il Dio della medicina(f) (2
resì di Apotropeo(b) (21), e di Epicurio. Sotto questo ultimo il Nume era in modo particolare venerato in Figalia, città d’
esso Colofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo era il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte
remio a’ vincitori. Ma questi tripodi si consecravano poi al Nume, nè era lecito portarli a casa(c). Fu detto Soratte dall’
In esse si facevano dei Giuochi, il premio de’ quali secondo Pausania era un vaso intagliato(e), ovvero una veste, detta cl
a statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome di Tirseo era onorato in Cianea, città della Licia. Ivi v’ avea
gnifico tempio, rotondo, e pieno di ricchi doni. La loro stessa città era consecrata ad Apollo, e abbondava di musici e suo
nacciava le procelle ; finalmente secondo alcuni non mangiava mai, ed era stato quegli, che con uno degli ossi di Pelope av
si con gran pompa in giro. Chi ciò faceva, chiamavasi Dafneforo. Egli era coperto di magnifica e lunga veste, co’ capelli s
tame. Fece, che quelle si allontanassero, si manifestò per quello ch’ era , e chiese d’ unirsi seco lei in matrimonio. V’ ac
e tentava di persuaderle, che una madre di due soli figliuoli, qual’ era stata colei, non dovea essere posta a confronto d
mente amava(c). Bolina, originaria d’Acaja, contrada del Peloponneso, era amata da Apollo, ma non voleva corrispondergli. I
esto ; Dafne, figlia di Peneo, uno de’fiumi maggiori della Tessaglia, era amata da questo Dio (56). E benchè ella con odio
sa, e ne implorò altresì l’assistenza de’Numi. Quel, ch’ella bramava, era , che o la terra la nascondesse nelle sue viscere,
i mutata in una pianta d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni era figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del S
o perchè riteneva cento anni al di là del fiume Stige chi dopo morte era rimasto senza sepoltura, o perchè le si sacrifica
sacrifizio appellavasi, come abbiamo osservato, Ecatombe. Questa Dea era la stessa, che la Luna, Diana, e Proserpina : val
sefone, ossia Proserpina, nell’ Inferno (a). Esiodo dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il qu
Nell’estremità della stessa v’avea una sorgente d’acqua, in cui Diana era venuta a ricrearsi insieme colle vergini, sue seg
le, e Nife allora molto si distinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana sp
figlio di Nettuno e di Brille(3), oltre essere famosissimo Astronomo, era altresì celebre cacciatore, ne concepì gelosia(4)
Scrisse sopra un bellissimo pomo due versi, leggendo i quali Cidippe era per giurare d’unirsi seco lui in matrimonio, ed e
o i quali Cidippe era per giurare d’unirsi seco lui in matrimonio, ed era per chiamare la stessa Diana in testimonio del gi
a figliuole (e) (9). Diana amava assaissimo Britomarti, perchè costei era inclinatissima alla corsa e alla caccia (f). Avve
esì, che il nome di Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa era una delle compagne di’ Diana. Riusciva molto espe
quanto Alfeo la cercasse, non mai poteva ritrovarla. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava di muovere un piede, nè di
i, che si chiamarono le Feste Carie (c). Si chiamò Agrotera, o perchè era sempre ne’ campi(d), o perchè avea un tempio in A
erchè avea un tempio in Agri, città dell’ Attica, e il di cui terreno era opportunissimo alla caccia. In quel tempio si off
che conduceva ad Aricia, ebbe altresì un bosco. Un servo fuggitivo n’ era il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso dovev
ge, che nessuna donzella del. Borgo si potesse maritare, se prima non era stata sacerdotessa della medesima Dea. Per questo
ra, o Fosfòra (a), o Lucifera (b), ed anche Coritallia, in quanto che era invocata anch’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’
ico Levanà, che nel nostro Idioma significa Luna. Tostochè un bambino era nato, la levatrice lo poneva sul terreno, e il pa
lla Grecia, e principalmente in Delfo. La vittima, che vi s’immolava, era il pesce triglia. Credevasi, che questo desse la
la custodivano gelosamente nella loro Cittadella. La medesima statua era d’oro e d’ avorio, e rappresentava la Dea come ca
cui potevano aver ingresso a ballare le sole vergini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella quale gli
utti i loro preziosi ornamenti, cosiochè questo secondo tempio niente era minore nella magnificenza del primo (c). Gli Scit
rattanto la Scultura, cui Pigmalione amava e conosceva perfettamente, era il continuo oggetto della di lui applicazione. Fo
pra di quello si offerivano che incenso e fiori(a). Finalmente Venere era venetata anche nella città di Sesto, situata sull
chiuma, fu detta Afrodite, per alludere alla schiuma del mare, da cui era nata(i). E’stata denominata Genetillide(l), perch
orsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la quale se n’ era invaghita, alzò sopra un Promontorio del suo paes
e, e la denominò Coliade dalla voce greca cola ; piedi mani, pe’quali era stato legato. Altri dicono, elle la Dea ricevette
l predetto naviglio ; l’altro sotto quello di Epideta, perchè Melibea era arrivata, quando si stava preparando il pranzo(a)
none Iperchiria, le acquistò il nome di Venere Giunone. Questa statua era antichissima ; e le madri delle figlie nubili rec
aveano perduta. Fu detta Euploea, ossia di felice navigazione, perchè era la protettrice de’viaggiatori per mare. Que’di Cn
n tempio in Ermione, città dell’ Istmo di Corinto, e la di lei statua era colà molto pregiabile per la sua grandezza e bell
gamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte di Arginno, il quale era stato da lui teneramente amato, ed erasi finalmen
eno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro era per formare la più bella Venere. Quella d’ Alcame
e per siffatta separazione, implorarono il soccorso di Poliso. Costei era Sacerdotessa d’Apollo, e donna fatidica. La celeb
la loro bellezza le piante sacre a questa Deità (b). La prima, perchè era stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse c
ne, per la quale puntura la rosa divenne rossa, mentre per lo innanzi era stata sempre bianca. Il mirto pure era grato a Ve
e rossa, mentre per lo innanzi era stata sempre bianca. Il mirto pure era grato a Venere, perchè nasce per lo più lungo le
iunone per mettere in ceppi Giove(e). Incontratosi in Apollo, che pur era stato esiliato dal Cielo, nè sapendo come vivere,
s’incaricarono i Sicionj a continuarli(a). Il concorso a tali Giuochi era sì grande, che i soli principali personaggi delle
suoi concittadini. L’onore, che si riportava a motivo di questo Inno, era maggiore d’ogni altro(a). Oltre le anzidette Fest
n sacrifizio a Venere(d). La vittima. che soleasi immolare a Nettuno, era il toro(e). Gli Aruspici poi aveano il costume d’
di Giove, che diede il suo nome al predetto Promontorio(c). A Nettuno era eziandio dedicata la piccola isola, situata in fa
si diceano le Feste, che in suo onore vi si celebravano(a). A Nettuno era sacro il pino, sì perchè questo albero trovasi lu
li a quelli dell’uomo. Era inoltre fornito dell’uso della favella, ed era stato allevato dalle Nereidi(b). Minerva.
no insieme con Callicrate(3) in Atene, fu denominato Partenon. Questo era tutto circondato da un portico, sostenuto da molt
chità Pagana. Fidia lo adornò d’una statua d’oro e d’avorio, la quale era alta trenta nove piedi. Il medesimo tempio chiama
ntico esercizio,(a) (4). Fu denominata Scirade o da un tempio, che le era stato eretto in Sciro, borgo tra Atene ed Eleusi 
 ; o dalla voce greca sciros, calcina, o gesso, perchè di tal materia era composta la statua di lei, fatta da Teseo, ritorn
rsene per combattere la Chimera. La statua della Dea in questo tempio era di legno, il volto poi e le mani di bianca pietra
a col motto Poliade. Il tempio, che Minerva Poliade aveva in Trezene, era della più remota antichità, e fabbricato sopra un
avano le vergini, consecrate al culto della Dea. La statua di Minerva era d’avorio, e passava per uno de’più celebri lavori
ebbe parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua era di straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, c
rchè si credette nata in Alalcomene, città della Beozia, e perchè ivi era tenuta in somma venerazione(e) ; ovveroperchè Ala
minata Calcieco dalla voce greca chalcòs, rame, perchè di tal metallo era formata la statua e il tempio, che questa Dea ave
aggior tempo. Nelle minori si facevano tre sorta di giuochi. Il primo era la corsa a piedi e a cavallo con torcia accese ;
o una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di questi Giuochi era un vaso pieno d’oglio e una corona d’ulivo. Tali
olenne sacrifizio e pubblico convito, per cui ogni borgo dell’ Attica era tenuto a contribuire un bue. Nelle Panatence magg
rni seguenti si solennizzavano con ogni genere di giuochi ; il quinto era il più festivo, e si faceva in quello per la citt
di Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere Mercurio, da cui era sommamente amata ; e che il Nume quindi cangiò Ag
ia Lapidazione, in onore delle due mentovate giovani(a). Nè solamente era venerata Minerva in Atene ; la moltitudine de’tem
tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo, Principe della Focide, era richiesta da più personaggi in moglie. Lo stesso
de, era richiesta da più personaggi in moglie. Lo stesso Nettuno se n’ era invaghito, e in varj modi avea più volte procurat
l cestello ; e in vece di lei prese ad lamare la Civetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, re di
). Marte. MArte secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci era figlio di Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito
desime Feste si trasportavano sul monte Celio, quando il Campo Marzio era inondato dal Tevere (a). Esse furono anche denomi
quale allora vi regnava, venne in cognizione, che l’impero del mondo era destinato a quella città, in cui si sarebbe conse
tempio a Giunone Lucina sul monte Esquilino. La quinta, perchè Marte era figlio della predetta Dea, la quale, come abbiamo
i Scrittori non fu moglie, ma sorella a Marte (d) (5) ; secondo altri era figlia dello stesso Marte (e). I Poeti dicono, ch
il nome di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di Filippo, era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo
i grazie, quando aveano conseguito qualche eredità. Il nome di quella era composto dalle due voci eredità e Marte (c). Il p
di quella era composto dalle due voci eredità e Marte (c). Il picchio era uccello, sacro a Marte, perchè esso è di natura m
erlo lontano dalle armate (b). Vulcano. VUlcano secondo alruni era figliuolo di Giunone e di Giove(a). Cicerone rico
none e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno de’ quali era figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di M
mpj, il più antico de’ quali fu quello in Mena, città d’ Egitto. Esso era molto magnifico, perchè i Re d’ Egitto erano anda
Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo di Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città, come lo erano que’ di Marte. G
la Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era di straordinaria grandezza(l), e avea secondo alc
mini viveano nell’ innocenza, la terra dava da se le frutta, perpetua era la primavera, scorrevano per le pianure ruscelli
ran copia il mele(b). (c). Nat. Com. Mythol. l. 2. (8). Il Destino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la qua
l nome di Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, colle quali era impresso nelle monete ; o perchè avea la prerogat
o aperte ; e cessata quella, tosto si chiudevano(f). Quando il tempio era chiuso, Giano si denominava Clausio(g), o Clusio(
minava Clausio(g), o Clusio(h), o Clusino ; e Patulcio, quando quello era aperto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anch
aperto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quello, il quale in certa guisa apriva l’ann
e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali era stato il primo inventore(f). (15). Le Feste, cel
nte possedevano di proprio, nè guadagnavano per se cosa alcuna. Tutto era de’padroni, i quali però talvolta rilasciavano lo
ri la quantità di vino(d). Quello, a cui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona di f
o(d). Quello, a cui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona di fiori(e). Non bisogna
ano anche di fiori il capo, il collo, e’l petto(a). (18). La Sintesi era una corta veste, tessuta a varj colori. (a). Ma
facevano uso. Quando l’offeso alzava il dito e abbassava l’arma, ciò era indizio, che davasi per vinto. La vita però di lu
della Sacra ceremonia. Egli prendeva poi ad esaminare, se la vittima era perfetta, sana, senza macchia, e scelta tralle mi
co vino puro, ovvero mescolato con acqua. Ogni sorte di vino però non era opportuno a fare tal ceremonia, poichè non era pe
sorte di vino però non era opportuno a fare tal ceremonia, poichè non era permesso di prenderne da una vigna, che non ancor
uma. (l). Ovid. Fast. l. 3. (a). Val. Max. l. 4. (3). L’Oracolo era una bilingue e oscura risposta, come credevasi, d
ggiungiamo, che non è da confondersi l’Oracolo colla Teomanzia.Questa era un vaticinio, che i Numi davano per mezzo di cert
avano quanto di maraviglioso pretendevano di aver veduto o udito. Ciò era conforme alla falsa e stolta opinione, che le ani
o fa figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri dicono ch’egli era di oscuri natali, e che divenne illustre, tostoch
e impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’ era partito. Questo Indovino conseguì un tempio in Cl
onseguì un tempio in Clazomene, ove a motivo del mentovato tradimento era proibito alle donne il mettervio piede(e). Finalm
e si poteva farlo. Tarquinio stava allora ravvolgendo nella mente, se era possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Ind
tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio d’età n’ era il capo, echiamavasi il Maestro del Collegio (e).
ere erano tutte, e in perfettissimo stato. Se comparivano vivide, ciò era di buon augurio ; se pallide e languide, di catti
movimento e lo strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua di legno, la quale rappresentava la De
o di quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna era figlia di Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutul
Dea si riconosceva anche una Divinità misteriosa, il di cui nome non era noto che alle donne. Plutarco la confonde con Flo
sisia anche non voluto accidente avesse ucciso uno di quegli uccelli, era inevitabilmente condannato alla morte, non altrim
ce, che le comandava di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’ era stata scelta a di lui balia ; e che gli Egiziani,
’ quali presero anche il nome di Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a), figlia del Sole e di Neera(b). Cinque de
i avevano le loro Ninfe, dette Napee(b), o Driadi(c). Dea delle prime era pure Vallonia(d), e de’ secondi Nemestrino(e). Er
Giove, dic’ egli, dormendo diede da se solo alla luce un mostro, ch’ era maschio e femmina, e a cui diedesi il nome di Agd
Vestali, che non serbavansi vergini. Festo accenna una legge, per cui era loro reciso il capo. S’introdusse poi anche il co
, e la Cumana(e). La Persica, o Caldea, come adaltri piace chiamarla, era di nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei,
la Sibilla di Babilonia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo propri
La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo proprio nome era Elissa. Dicono die vivesse prima dell’ ottantesim
e l’avvenire. Celio Rodigir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia di Dardano e di Neso, nata da Teucro, e ch
altri erano del pari rispettati. Tagliare alcun ramo del sacro bosco era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare
. Tagliare alcun ramo del sacro bosco era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare da di là se non gli alberi, i qu
. 10 (22). E’ celebre l’istoria di Atalanta, figlia di Scheneo. Ella era assai pregi bile in bellezza, e riusciva molto ec
otto terra (a). Quando poi le stesse ne comparivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia (b), o di Seges
io vino, incenso, e le interiora una pecora e di un cane (a). Runcina era invorata allo svellersi dell’erbe inutili e danno
questa si professava nella Tracia, nella Grecia, e in Corinto. Tutto era laidezza. Le di lei Feste, dette Cotittie, si fac
e ogni anno alcuni tori, e portare certe offerte alla fontana, in cui era stata convertita Ciane. Pretendesi, che Ercole si
il Disco, il Pugilato, e la Lotta, detta anche Palestra (c). La Corsa era di tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri
Corsa era di tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri. La prima era tenuta in grande estimazione (d). Quella pariment
eto in aria per trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco era una palla di figura piana e rotonda, pesantissima
si sforzavano di suambievolmente atterrarsi. Chi più vi resisteva, n’ era premiato (e). Sì la Lotta, che il Pugilato al dir
ndromide (o). Il premio, che da principio riportavano a tali Giuochi, era una semplice corona d’erba. Quando uno di loro no
semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso di prendersela. Così fece Ercole, non av
lla Grecia si sceglievano dalle primarie famiglie. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’era uno solo, ma per lo più
dalle primarie famiglie. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’ era uno solo, ma per lo più se ne contavano sette o n
innasio (g), Palestra (h), Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio di terreno di cento venticinque passi
otti dal sangue de’Titani, uccisi da Giove (i). L’aspetto de’ Giganti era terribile, la barba lunga (l), i piedi di serpent
usciroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui era di tale altezza, che arrivava alle stelle : con u
a). Intorno a Briareo Omero soggimge, che questo Gigante con tal nome era chiamato dagli Dei, mentre gli uomini lo chiamava
esti Giuochi, perchè oltrepassò ogni altro nella Corsa(c). Arrachione era stato già altre due volte coronato al tempo della
, e si nascose in un sepolero. Si consultò l’ Oracolo per sapere cosa era avvenuto di lui ; e si udì ch’egli era l’ultimo d
ltò l’ Oracolo per sapere cosa era avvenuto di lui ; e si udì ch’egli era l’ultimo degli Eroi, e che conveniva onorarlo co’
dichiarato, non avrebbono potuto liberarsi dalla fame, che poco dopo era insorta ad affliggerli(a). Teopompo, figlio di De
aceva i suoi primi esercizj. Questa ultima statua a lui ancor vivente era stata eretta da’ suoi concittadini, per premiarlo
sti principalmente Omero. L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave
e ne servirono anche di una pietra(d). Il giuramento appresso i Greci era accompagnato da un sacrifizio al Nume, per cui si
o altresì orribili imprecazioni contro chi avesse spergiurato. Costui era considerato il più grande empio ; e si credeva ch
credeva che venisse sorpreso e agitato dalle Furie(e). Qualche volta era punito anche colla morte(f). Anche i Romani ebber
i vedeva uscire dal Territorio una nuvola di Mosche. Il predetto Nume era invocato anche contro l’avvicinamento de’serpenti
acolo del Pugilato, della Lotta, e della Naumachia (e). Quegli, che n’ era il vincitore, veniva condotto con molta pompa al
fuoco (a). Allora tutti potevano avvicinarsi alla stessa : lo che non era permesso il restante dell’anno (b). Pretendesi, c
gnif. (d). Pitise. (19). Arnobio dice, che il Giove Conservatore era Esculapio, del quale parleremo (h). (e). Cic. p
n potesse cangiare situazione (f). Lattanzio dice, che il Dio Termine era quella stessa pietra, che Saturno avea divorato i
o la medesima Divinità (b). Comunque ciò sia, certo è, che Giove pure era soprannominato da’Romani Terminale (c), e rappres
lo, mangiò certe erbe, per cui avvenne, che mentr’ella per lo innanzi era stata sempre sterile, divenne gravida, e partorì
Fliasia, contrada della Grecia nel Peloponneso. Ivi il di lei tempio era inviolabile asilo pegl’infelici. Ogni anno per pi
ono un tempio (l). Finalmente in Roma fino da’ tempi di Servio Tullio era venerata nel Campidoglio. Leggesi innoltre, che M
a una nuova guerra con Antioco (b). Notisi per ultimo che siccome Ebe era la Dea della Gioventù, così Senvio era il Dio del
isi per ultimo che siccome Ebe era la Dea della Gioventù, così Senvio era il Dio della vecchiaja (c). (d). Tit. Liv. l. 1
aec. l. 2. (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (25). Il sulmine era segno di sovrana potenza, a cui niuno poteva resi
fiamma, la collera di Giove, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine era la principale Divinità di Seleucia in Siria, e on
lmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè era permesso di più averli ad uso profano (b). Niuno,
deva le reliquie delle cose abbruciate o annerite dal fulmine. Questo era uffizio degli Auguri (d). Il luogo stesso, percos
Sacerdoti, che espiavano i predetti luoghi (e). Plinio dice, che non era permesso d’abbruciare il corpo di coloro ch’erano
i colpiti dal fulmine, ma che conveniva seppellirlo (f). Ciò però non era in uso appresso i Greci, giacchè da Euripide sapp
o essere rimasto fulminato, ricevette gli onori del Rogo (g). Il Rogo era un mucchio di legna per abbruciare i morti (h). E
(g). Il Rogo era un mucchio di legna per abbruciare i morti (h). Esso era circondato da cipressi, onde temperare il cattivo
rpo, che doveasi dare alle fiamme, di varj fragranti liquori. Il Rogo era formato a guisa d’ara. La sua maggiore o minore a
. Il Rogo era formato a guisa d’ara. La sua maggiore o minore altezza era relativa alla condizione delle persone. I poveri
avano ad ardere le più ricche vesti del defonto, e le di lui armi, se era stato guerriero. Innoltre gli animali a lui cari,
voce latina bustum, con cui si chiamava il Rogo, tostochè il cadavere era stato abbruciato (b). Smorzate ch’erano le fiamme
. Sept. Ling. (a). Thom. Dempst. Antiq. Rom. l. 1. (26). Panteon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se g
ue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più
Il diritto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche i
trovavasi sul monte Liceo (c). Altri soggiungono, che il predetto Re era religioso e caro al suo popolo, a cui insegnò a c
hivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in colui che al di dietro era nero. Eglino, viaggiando, si abbatterono in Ercol
a rivolta all’ingiù. Coloro osservarono allora, che il dorso d’Ercole era nero ; e ricordandosi dell’avviso, ricevuto dalla
isto, nata da Licaone, re d’Arcadia, del quale abbiamo parlato. Colei era esperta nell’uso dell’arco e delle frecce, e supe
omani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era stata da Giunone trasferita in Cielo (a). La mede
desima si chiamò anche Orta dal verbo latino hortor, esortare, perchè era vanerata come la Dea, che eccitava la gioventù al
un tempio erettogli sotto il nome di Quirino Questo tempio, in quanto era sacro ad Orta, non si chiudeva mai, affinchè ella
ento sopra certe tavolette di legno, e gettavale in quelle acque : se era verace la di lui asserzione, le tavole galleggiav
a Sicilia. Narra Diodoro di Sicilia, che il tempio di queste Divinità era tenuto in grandissima venerazione (d). Esso servi
ti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un alt
nel quale non era permesso l’entrarvi, che a’loro Sacerdoti. Un altro era stato eretto a’medesimi nel Territorio di Tebe (g
di Giove adottarono la figura dell’Aquila per loro Insegna (h). Essa era d’oro o d’argento, e veniva portata sopra una pic
ppresso i Romani ebbe altresì parte negli augurj. Se volava a destra, era di buon presagio. Si prediceva il futuro anche da
a, Pilunno, e Deverra. La ceremonia, concui le medesime si onoravano, era questa : tre uomini durante la notte giravano att
f). Il Dio Limentino proteggeva le soglie(g). Cardea(h) o Cardinea(i) era la. Dea de’cardini. Questa da Ovidio(a) viene con
resiedeva alle parti nobili del corpo umano. La medesima da principio era una Ninfa della selva Elerna no’dintorni del Teve
no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome di Grane, e la quale era molto amata da Giano(b). Giuno Bruto, primo Conso
rò sotto l’immagine di serpente, essendo stato cinto di serpi, quando era bambino, o perchè le Baccanti, mentre celebravano
nalmente, che le mistiche Ceste erano sacre anche a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio di le
sacre anche a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio di lei(b). (a). Potter. Archarol. Graec.
avano la statua di Carila nello stesso luogo, ov’erasi sepolta. Il re era tenuto a presiederne alle ceremonie, come per ris
no di predire il futuro, perchè quel Nume, viaggiando per la Laconia, era stato cortesemente alloggiato dal loro padre (f).
due tendevano ad un onesto imeneo ; ma un forte ostacolo ad eseguirlo era l’inimicizia, che passava fra’loro genitori. Scop
a inciampò in quello, e Io fece in mille pezzi. Piramo, che più tardi era partito da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè
a). (b). l. 9. (21). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figl
e, che tra’ Greci v’avea un’altra tradizione, secondo la quale Jerace era . un ricco abitante della Matiandinia, contrada d’
le campagne, o sulle rive de’ frumi, alla ventura. Sì barbaro costume era adottato da tutti i Greci, eccettochè da’ Tebani,
b. Hofman. Lex. Univ. (b). De Nupt. Philol. l. 2. (14). Populonia era anche un’altra Divinità, cui si offerivano sacrif
alep. Sept. Ling. (g). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (15). Pane era il Dio spezialmente de’ pastori e cacciatori, e q
e, senzachè se ne conosca la cagione, dicesi Terrore Panico (b). Pane era onorato spezialmente in Tegea, città dell’Arcadia
le un tempio, che fu denominato Lupercale. Questo però secondo Servio era non un tempio, ma una spelonca, situata sotto il
ri si unissero insieme (i). Plinio dice, che al suo tempo tale anello era di ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebrav
o o dell’altra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la quale era ornata di rose, mirti, e allori, l’uno e l’altro
intorni (b), i quali però furono chiamati Ninfolepti (c). L’antro poi era denominato Sfragidìo, e quindi da esso anche le p
e (n). Senti no dava il sentimento a’ bambini appena nati (o). Genita era invocata, onde i medesimi non nascessero imbecill
idippe, loro madre. Costei dovea recarsi al predetto tempio, di cui n’ era la sacerdotessa. Non avendo essa buoi, che tirass
 ; quando si separa dal corpo(a). (b). Aeneid. l. 6. (2). Cerbero era un cane mostruoso, nato dal Gigante Tifone, renda
mare(g). I più noti sono Momo, Monfeo, Fantaso, e Fobetore. Il primo era la stessa maldicenza : egli niente faceva, ma ben
erva avea formata una bellissima casa ; e Momo la biasimò, perchè non era mobile, onde facilmente si potesse trasferire alt
o di riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’ uomo, di cui n’ era stato l’artefice, non avea aperto un piccolo foto
hiamarono le Dee rispettabili(b). Il rispetto, che si aveva per loro, era sì grande, che quasi non osavasi di proferirne ne
uoco, che vi s’impiegava, doveva essere fatto con legne di cedro. Non era permesso che il canto melanconico, detto l’Inno d
Echidna e da Tifone(l). Altri dicono da Tifone e da Chedria(m). Essa era un mostro composto di una strana mescolanza di tr
troncarle tutte in un solo colpo. Il veleno finalmente di quest’ Idra era sì fatale, che una freccia, tinta dello stesso, r
Nume marino. I nomi loro erano Steno, Euriale, e Medusa. Quest’ultima era mortale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pie
l’anima corporea e sensibile, vale a dire un corpo sottile, di cui n’ era rivestito lo spirito, e che avea la figura del co
e che avea la figura del corpo umano. Quest’ ultima parte dell’ uomo era quella, che chiamavasi ombra. Le ombre si disting
e in silenzio, facendo solo un poco di urepito colle dita. Dopochè si era lavato in quelle acque, ritornava in dietro, gett
l primo fiume, a cui concorrano tutte le anime de’ trapassati(a). Non era permesso il tragittarlo, se prima non si aveano r
avasi nell’ Inferno(e). Il giuramento, che si faceva pel fiume Stige, era inviolabilmente osservato. Gli stessi Dei, se man
ciulle lo amavano. Egli però mostravasi insensibile, e nessun oggetto era capace di piacergli. Lo vide tendere a’cervi le r
ine stanco dalla caccia ; e infievolito dal caldo, e assetato ch’egli era , vi si accostò per dissetarsi. Vide, bevendo, l’i
, e soleva ricusare ciò, che grandemente bramava(a). (14). Il Cocito era un fiume, le di cui acque si scaricavano nell’ Ac
rsene i Mani(c). (16). Il Flegetonte, chiamato anche Piriflegetonte, era un fiume immaginario. Il suo nome deriva dal verb
e, le quali da ogni lato circondassero il Tartaro(d). (17). L’Averno era un lago vicino all’ ingresso dell’ Inferno, e di
ella Caligine, e padre della Notte(h). Cicerone però dice, che questa era di lui moglie(a). Virgilio parla dell’ Erebo, des
erchè egli manifestò gli arcani degli Dei ; altri soggiungono, perchè era solito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, c
i un alto monte, donde ricadendo quello pel suo peso al piano, Sisifo era costretro a riportarlo subito colassù con immensa
mente vi riuscì, che gli uccelli, avvezzati da lui a dire che Psafone era un gran Dio, andarono ripetendo ne’ boschi tali p
sse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitante di Mileto, era stato complice del mentovato delitto di Tantalo,
dero in balia all’ Eumenidi(e). Strabone lasciò scritto ; che Issione era non figlio, ma fratello di Flegia(a) ; Eschilo so
Issione avea preso in moglie Dia, a patto, ch’egli dovesse fare, coni era il costume di quegli antichi tempi, molti doni al
un breve tempo svaniscono (g). Platone lasciò scritto, che Pluto non era cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Eb
tissima (h). Ebbe una figlia, di nome Euribea (i). Nè solamente Pluto era creduto il Dio delle ricchezze, ma come tali si v
r conseguire il rame, e all’ultima per ottenerne l’argento. Argentino era creduto figliuolo di Esculano, perchè da principi
Com. Mythol. l. 4. (3). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre di Apollo e di Diana(d). Comun
a cui il di lei padre aveala promessa, non avendo mai saputo, ch’ella era femmina(b). (f). Pind. In Pyth. (g). Dionys.
. In Pyth. (g). Dionys. lib. de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre verdeggian
de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre verdeggiante. I Poeti la decantarono come
uò a consultarlo anche dopo morte nello stesso luogo. Chi ciò faceva, era solito a sedere nudo sull’ingresso di quell’antro
(c). Id. Ibid. (12). Dicesi, che Gige, gonfio di se stesso, perthè era potentissimo in armi e in ricchezze, consultò l’O
ico, o come altri vogliono, Ismenio(b). (14). Tra quelle statue ve n’ era una, eretta da Lisandro, Generale degli Spartani,
endo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quello, che gli era stato indicato. Creusa pensò, che tal cosa altro
ll’alto d’una rupe. Creusa si ritirò appresso l’altare del Nume. Jone era per farnela allontanare, quando comparve la Sacer
il suo asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò, che Apollo era il di lui genitore. Vi sopraggiunse Minerva, e co
giunse Minerva, e comandò a Creusa, che non palesasse a Zuto, ch’ella era madre di Jone. Quindi il re rimase nel suo ingann
l. 7. (c). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (17). Il monte Palatino era sotto la protezione della Dea Palatua(e). (d).
sse indicato agl’infelici amanti, che per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quella rupe nel m
bocca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò era di buon augurio. Di fatti colei diede alla luce l
a dall’ Isola di Rodi, in cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aurora era figlia d’ Iperione e di Tia(e). Alcuni la dicono
Orfeo pretende, che Circe sia nata da Asterope e da Iperione(c). Ella era famosa Maga, e applicavasi allo studio della bott
nte la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata nell’ Isola di Eca(b). Dicesi ch’ella sia
se ne querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Regg
e. Sul predetto monte trovavasi una fonte del medesimo nome, la quale era parimenti sacra alle Muse(g). Queste vennero chia
Carmene, e Casmene(a). Le stesse si denominarono Libetridi, o perchè era loro consecrata la fontana Libetra, la quale trov
rovavasi nella Magnesia, contrada vicina alla Tessaglia(b) ; o perchè era loro dedicato Libetro, monte della Tracia, sotto
o Ilissidi, perchè il fiume Ilisso, il quale trovavasi nell’ Attica, era ad esse sacro(f) ; Ardalidi, o Ardaliotidi, perch
chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca di Deucalione, la quale era stata ivi trasferita dalle acque del Diluvio(e).
ette Ninfe, che ivi soggiornavano(e), e le Muse pure, alle quali esso era consecrato(f). (35). L’Elicona era monte della B
, e le Muse pure, alle quali esso era consecrato(f). (35). L’Elicona era monte della Beozia, vicino al Parnasso. Fu così c
asi la tomba del celebre Orfeo, di cui parleremo(h). (36). Il Pierio era monte della Tessaglia(a). (37). Il Pindo era un
mo(h). (36). Il Pierio era monte della Tessaglia(a). (37). Il Pindo era un monte, che trovavasi tralla Macedonia e l’Etol
tolia, e che sepanava l’ Epiro dalla Tessaglia(b). (38). Il Permesso era un fiume della Beozia, che aveva la sua sorgente
o padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di quello era attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sott
llo era attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sottigliezza, ed era il legame talmente aggirato, che non si poteva co
m. Mythol. l. 9. (b). Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo era figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. E
e per unirsi ad Antiope siasi trasformato in satiro(e). (51). Arione era della città di Metinna nell’ Isola di Lesbo, e ri
o coll’ arte sua gran quantità di ricchezze, volle ritornarsene donde era partito. I marinai del naviglio, su cui era salit
volle ritornarsene donde era partito. I marinai del naviglio, su cui era salito, determinarono di privarlo di vita per imp
poi collocarono tra gli Astri il sopraddetto Delfino(b). (52). Orfeo era veramente figlio della Ninfa Calliope e di Eagro,
maggior splendore alla nascita e al talento di lui, si pubblicò, ch’ era figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta do
in onore d’Apollo, ma di Feronia(d). (b). Id. Ibid. (54). Clatra era Divinità Romana, e Dea de’ cancelli. Il Muratori
altri un segno Panteo(f). (c). Nat. Com. Mythol. l. 4. (55). Dafne era pur amata da Leucippo, figlio d’Enomao, re di Pis
arsi nel fiume Ladone. Leucippo fu allora riconosciuto per quello ch’ era , e rimase ucciso a colpi di frecce(a). (d). Fas
voravano tutti quelli, che incontravano. Mercurio per ordine di Giove era per farli in brani, quando Marte, perchè eglino e
bue, ch’egli avea loro sacrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre su
Bassa Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali era di ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cilleno.
la loro natura, e per far comprendere, che il fine de’loro giorni non era lontano dal principio degli stessi, poichè questa
stretti parenti, e anche da’personaggi i più illustri della città, se era di grado distinto. Precedevano i littori co’fasci
avano anche le Insegne de’Magistrati, che quegli avea ottenuti(b). Se era guerriero, andavano innanzi i doni, le corone, e
enderne più splendida la pompa, eranvi fiaccole e trombe, se il morto era di nobile condizione, oppure tibie, se volgare e
te del quale gettavano dietro le loro spalle(g). Se il Defonto Romano era persona illustre, esso veniva trasferito nel Foro
a sua iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri era somm
r lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri era somma, e con gravissime pene si puniva chi la vio
imonio, ch’erano per incontrare. Notisi altresì, che la Caneforia non era una festa, ma una ceremonia della festa, la quale
to mare trovavasi Abido, ove abitava il giovine Leandro, da cui colei era estremamente amata. Egli non poteva trattenerri c
enominate Ornee, in onore di Priapo (c). Notisi per ultimo, che quale era Priapo appresso i Greci, sale da’Romani riconosce
onne sacrificavano col capo coperto d’un velo. La vittima d’ordinario era l’asino, perchè questo, ossendo rimastovinto da P
Priapo in una certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o Imeneo era fornito di ranissima bellezza, ma povero, e di ab
lla sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella era di nobile prosapia ; e contentavasi di seguirla,
intelligenza tra’novelli sposi (a). Finalmente da’Beozj e da’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui
zze Euclia, sulla di cui ara se gli sposi non facevano libazione, non era valido il loto matrimonio (b). (9). Le Grazie e
o, ma solo udì certe voci, le quali la eccitarono a trattenervisi, ed era servita da invisibili Ninfe. In tempo di notte lo
ebbe riguardo di ricorrere per fino a Venere, benchè sapesse, quanto era quella irritata contro di lei. La Dea la diede in
Nat. Com. Mythol. l. 2. (1). Il vero nome della nutrice di Nettuno era , Sinousa, ma poi fu detta Arno, perchè avendole S
tretta a soggiacere alla non meritata sciagura. Ma allorchè il mostro era per divorarla, Ercole ne la liberò, perchè il di
ute. Orazio disse ch’egli annunziò a Paride tutto quel, che di tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto d
to e colle danze(c). Notisi per ultimo, che Nereo secondo altri Poeti era un Nume del mare antichissimo, e creduto figlio d
figlie, e fralle altre Idotea (g). Proteo fu un celebre indevino, ma era difficile il consultarlo (h), perchè faceva succe
in cui si celebrava una festa, chiamata Vertunnalia (d). (8). Glauco era un famoso pescarore della città d’Antedone, la qu
ce arte gliene ottenesse pari corrispondenza. La Maga, che per indole era sempre trasportata ad amare, si accese ben presto
fosse un altro orrido mostro, chiamato Cariddi. Questo pure da prima era femmina, e poi colpito da Giove col fulmine, fu r
erano stati esposti alle bestie feroci. Metaponte, figlio di Sisifo, era allora per ripudiare Teano, sua moglie, perchè no
3). Nitteo ebbe per madre Celene, figlia d’Atlante(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di T
’Atlante(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese
ne. Costei amò grandemente Ceice, il quale regnava nella Ftiotide, ed era divenuto suo marito. Egli, ritornando dall’avere
’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche, di cui non era possibile distinguerne le membra (b). (c). Paus
de Rom. Rep. (2). L’espiazione, o lustrazione, generalmente presa, era un atto di Religione, stabilito per purificare i
solfo, co’ profumi, o talora coll’ agitare l’aria intorno a ciò, che era da purificare. Quando poi si faceva questa sacra
alico le dà una face in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bellona era annoverata tra gli Dei Comuni, tra quelli cioè ch
ti, ed erano adorati da tutte le Nazioni (c). Il culto di Bellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia
era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità, e i di
x. Univ. (a). Hom. Iliad. l. 5. (b). Id. Ibid. (6). L’Areopago era un tribunale d’Atene ; così detto da Marte, che i
eci chiamano Ares, e dalla voce pagos, altezza, perchè quel tribunale era situato sopra una collina, sacra a Marte (f), da
oglia cittadino, purchè fosse stato d’ottimi costumi. Tale Magistrato era severissimo, ed osservava la più rigida equità. E
, ossia l’orologio d’acqua, per misurare il tempo, oltre il quale non era permesso il perorare. Finchè si leggevano le legg
o favorevole per decidere la causa di Oreste, di cui parleremo, e ch’ era rimasta indecisa dall’ uguaglianza de’ voti degli
ction. Mythol. (d). Plutarth. Quaest. Rom. c. 21. (8). Il picchio era singolarmente venerato da’ Romani anche perchè un
8 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
erciò noi gli abbiamo assegnato il primo posto nell’opera. Il Destino era figlio della Notte : vien dipinto con una benda a
ra, e ’l foco Deforme, il foco il Ciel, la terra, e ’l mare ; Che ivi era terra, e Cielo, e mare, e foco Dov’era, e Cielo,
’era, e Cielo, e terra, e foco, e mare : La terra, il foco, e ’l mare era nel Cielo, Nel mar, nel foco, e nella terra il Ci
po informe, e mal disposto Per donar, forma al mal locato seme : Anzi era l’un contrario all’altro opposto Per le parti di
Urano (parola che significa il Cielo) è il più antico degli Dei. Egli era il figlio del Giorno, e sposò sua sorella Gè, o T
esso al numero degli Dei, col titolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorchè la guerra era finita : onde in s
itolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorchè la guerra era finita : onde in seguito dicevasi di qualche prin
data la pace all’imperio : Egli ha chiuso il tempio di Giano . Egli era effigiato a due facce : sia perchè avendo egli il
e facili a spiegarsi. I Greci lo chiamarono Cronos, cioè il tempo, ed era naturale, che i poeti lo facessero nascere dal Ci
ose. Egli mutilò suo padre, perchè dopo la creazione del mondo, tutto era compito. Ingozzò i suoi figli, perchè il tempo tu
le notti. Cibele. Cibele figlia di Urano, presso i Greci Cibebe, era la sorella, e la sposa di Saturno, a cui partorì
ia, Pessinunzia, Frigia, Berecinzia, Idea dai diversi luoghi ove ella era adorata ; fu chiamata Magna Mator, o Mater Deum,
imboleggiare la fermezza, e solidità della terra(2). Giove. Giove era il primo, e’ l più potente degli Dei. Al solo ina
dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante era si spaventevole, che la sua forza sorpassava il t
comunemente l’Augello di Giove. L’armatura, che difendeva questo Dio, era l’Egida, vale a dire uno scudo formato dalla pell
tore sotto la denominazione di Giove Ammone (2). Giunone. Giunone era sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la r
bellezza corrispondeva alla maestà del suo grado : ma il suo orgoglio era insoffribile. Parlando di se stessa, ella dicea «
tabile matrimonio non furono altrettanto felici. Giove per sua indole era incostante. Giunone sommamente gelosa : e sovente
indole era incostante. Giunone sommamente gelosa : e sovente l’Olimpo era testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perd
occato dalla Dea la fece diventar madre di Marte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego era di po
arte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego era di porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le
e Iride figlia di Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. Ella era assai cara a Giunone, perchè i suoi annunzj erano
vone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de’ campi. Ella fu la prima
con fiaccole accese nell’Etna. Ritrovò ella il velo, che a Proserpina era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere
un fascio di biade1. Vesta. Parimente figlia di Saturno, e Cibele era Vesta Dea della verginità, e del fuoco, per cui p
pure a chi non manteneva il fuoco acceso sopra il suo altare. La pena era di essere seppellita viva all’istante. Apollo.
del giorno, e della luce : come regolatore del carro del Sole : anzi era considerato come il Sole medesimo. Lo chiamavano
a ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sore
to di guardarlo mentre spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di
’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di questo Dio era in Epidauro, dove i Sacerdoti pretendevano, che l
da fece tremare Apollo, che si pentì del giuramento, che rivocare non era permesso agli Dei. Cercò dissuadere suo figlio, m
l regalo, cercò di nascondergli sotto un’alta berretta. Per disgrazia era al suo servizio un barbiere d’indole cicalone, ch
e di Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il carro lunare, ed era altresì considerata per la luna istessa. In terra
lunare, ed era altresì considerata per la luna istessa. In terra ella era tutta dedíta alla caccia, e chiamavasi Diana. Il
l nome di Ecate a lei si appropriava nell’inferno, dove il suo potere era considerabile, e veniva implorata da’ maghi, e da
severamente Attèone, ch’ebbe la sventura di vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciatore, figliuolo di Aristèo, e ni
fu incontrata da Arcade suo figlio, e valente cacciatore. Questi non era al caso di riconoscerla, stava già sul punto di s
gete, cioè conduttore delle muse. Clio, parola che significa gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La
a da istrumenti musicali, e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona era di ellera, recando in m
e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona era di ellera, recando in mano una maschera, e ’l ped
ozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Grazie1. La sua bellezza era tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed
etti magnifici templi in Cipro, in Atene, e presso i Fenicj, dove non era permesso agli uomini di entrare1. Osserviamo ordi
iò Amore cangiò la Ninfa in colomba. L’ornamento principale di Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà d
ido, Amatunte, Pafo, Idea, Citera 1.   Cupido, o sia Amore. Amore era figliuolo di Venere, e di Marte. Egli è sempre fi
accia. Egli si ruppe ciò non ostante una coscia, e restò zoppo1. Come era ingegnoso, ed inventore, abbracciò una profession
hille, e ad istanza di Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco, e la sua figura è poco vantaggi
Minerva chiamavasi anche Pallade1. Sotto la prima denominazione ella era la Dea della sapienza, ed aveva la preminenza sul
belle arti, e sulla pace. Sotto la seconda presedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobi
resedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era
Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era bella, ma fiera nel tempo istesso. Portava in tes
esta di Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egida era fatta dalla pelle della capra Amaltea da Giove a
uoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente d
rio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare di Giov
ciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di sua madre. Ma siccome non era giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì u
ganti : indi disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la sua armata era composta di uomini, e donne, che portavano un tir
ltra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre tes
ina figliuola di Cerere, per farla divenir sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la sua reggia non era la più
sua moglie. Questo Dio non era sicuramente bello : la sua reggia non era la più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe
ce diversa da quella, che sfavilla sotto le volte de’ Cieli. L’Averno era una dell’entrate principali per ivi penetrare. Al
ssare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penet
ciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa di
vigorosa. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle era il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte
praterie, e godevano di una felicità non mai interrotta. Ben diverso era il Tartaro, detto talvolta anche Tenaro da’ poeti
te mammelle, e da per tutto spiravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in
. Sisifo, che durante la sua vita aveva colmata di delitti la Grecia, era condannato a trascinare per sempre un enorme sass
a un avoltojo, che li divorava a misura, che si rinnovavano. Issione era attaccato ad una ruota, che girava di continuo. E
ntana. Supplizio proporzionato al suo delitto. Le Danaidi, alle quali era concesso tregua, e riposo allora che avessero rie
ano della natura reale, e della natura immaginaria. Il di loro potere era più, o meno esteso. Essi avrebbero potuto senza d
er l’altra cavalli ; la parte superiore fino al principìo delle cosce era in forma umana ; il più apparteneva al cavallo. S
irone. Chirone figliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il più saggio ed istruito tra i centauri. Celebri
a, scoccava l’arco perfettamente, conosceva la forza dei semplici, ed era eccellente medico. Come figlio di Saturno aveva i
Pale è la Dca de’ pascoli, de’ pastori, e degli armenti. Il suo culto era in voga presso i Romani : i Greci però non han pu
. Flora così conosciuta dai Greci, come Pale fu adorata dai Romani, era la Dea de’ fiori, e le si dava Zefiro per amante,
efiro per amante, o per isposo. Vertunno,ABCD e Pomona. Vertunno era il Dio dell’autunno, e sposo di Pomona Dea de’ fr
giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, era l’effigie di Pomona. Termine. Il Dio Termine,
a l’effigie di Pomona. Termine. Il Dio Termine, la cui statua non era altro che una pietra, o un tronco di albero, vegl
io per ispauracchio : questo basta per dimostrare, che questo Dio non era bello : aveva l’aspetto di un satiro. La sua effi
ffigie consisteva nella sola parte superiore del corpo : il rimanente era un tronco, o pietra. Talvolta gli si adattava una
ietra. Talvolta gli si adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto, era pertanto figliuolo di Venere, e fratello di Cupid
la sorgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e
da Nereo loro genitore. Eco. Eco figlia dell’Aria, e della Terra era una ninfa, che si nascondeva ne’ boschi fralle ru
. L’Oceano, e Teti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la T
il resto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nett
di lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’Oceano, e di Teti era il conduttore degli armenti di Nettuno. Questo gr
gnazione, sen fuggirono seco portando un superbo Ariete, la cui pelle era di oro. Traversando il mare sul dorso di questo m
lo di Palemone, che i Romani chiamarono Portunno. Glauco. Glauco era un celebre pescatore della Città di Anteona nella
o, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Scilla. Cariddi era una donna crudele, che dava addosso, o assassinav
Scilla figliuola di Forco Dio del mare, e di Ecate, o sia della Notte era altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi
sia della Notte era altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi era stata una ninfa bellissima amata da Glauco : ma C
da Glauco : ma Circe sua rivale avvelenò la fontana, ove questa ninfa era solita bagnarsi. Appena che Scilla si tuffò in qu
rmate di artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la sua cintura era armata di cani che abbajavano senza interruzione,
ificavano alla Notte il gallo, perchè turba il suo silenzio, ed a lei era sagrato il gufo uccello amico delle tenebre. L
rfeo, Fobetore, e Fantaso, erano i tre figli del Sonno. Il suo altare era collocato presso quello delle Muse per dinotare,
istevano ai sepolcri. Nemesi. Figliuola dell’Erebo, e della Notte era Nemesi Dea della vendetta, e vendicava i delitti
etti convenevoli al culto particolare del padrone della casa : spesso era un semi-Dio, o un Eroe della famiglia trapassato.
rapassato. Presso queste immagini stava anche un cane, che egualmente era rispettato. I Genj. Credevano gli antichi, ch
credevano ch’ ella dispensasse capricciosamente i beni, ed i mali, ed era soggetta alle imprecazioni degli uomini, allorchè
ccasione di lagnarsi contro la Providenza1. Arpocrate. Arpocrate era il Dio del silenzio, in origine filosofo Greco. E
nna che chiamarono Muta. Temi. Figliuola del Cielo, e della Terra era Temi Dea della Giustizia. Fu creduta da Eusebio q
aco : oggi detta la Vergine. Como. Dio de’ piaceri, e della mensa era Como. Egli è rappresentato coronato di fiori, e c
o di fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran parte della notte era a lui consagrata. Momo. Era questo l’amico st
si accoppia con i piaceri della mensa. Il primo degli oggetti di Momo era mettere in ridicolo le azioni degli Dei, e degli
e dell’uomo doveva situarsi un finestrino per osservar tutto. La casa era male immaginata, perchè non poteva cangiar sito,
ta in mano una maschera, ed un bamboccio. Imenèo. Imene, o Imenèo era il Dio delle nozze. Egli per aver salvate alcune
e donzelle dalle mani de’ corsari, e che restituì ai proprj genitori, era dalle donne invocato allorchè si maritavano. Vede
l tempio dell’onore senza passare per quello della virtù. L’allegoria era tanto bella, quanto istruiva, per insegnare agli
aver dritto all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianc
suo potere si estendeva sulle famiglie, e sulla Città. La sua figura era simile a quella della Pace. I Greci la chiamarono
bo si leggeva questo motto : la morte, e la vita. Sulla di lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inverno. Il suo fia
i lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inverno. Il suo fianco era aperto fino a vedersi il cuore che mostrava col d
li antichi la chiamavano anche Vacuna. La Frode. La sua fisonomia era ridente per meglio ingannare. Il resto del corpo
avanti presenta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La sua mano era armata di un rasojo1. La Necessità. Figlia de
ugnale rappresentava la Discordia detta puranche Erinni. Il suo volto era livido, e tetro : torvo lo sguardo, e la bocca sp
teo. Prometeo figliuolo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la
acolo che contenesse un sacrilegio, ma riflettendo, che la gran madre era la terra, e le pietre le di lei ossa, eseguirono
nger dell’acqua in una fontana consagrata a Marte, un dragone che ivi era in guardia, li divorò tutti. Cadmo non vedendoli
e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole di Forco Dio mari
solo, ed un solo dente, che s’improntavano a vicenda. La loro chioma era composta di serpenti, che si rizzavano, e fischia
ritania, che gli aveva negata l’ospitalità. Chi guardava questa testa era soggetto ad un tale destino, e le stille di sangu
scendente. « Questo Eroe (diceva a Diomede durante la guerra Trojana) era figliuolo di Glauco re di Corinto : Giove lo avev
ta vittoria. Conoscendo allora Giobate, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede sua figlia in isp
i. Ivi Minosse fece rinchiudere il Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella di lui disgrazia con il suo figlio
parimente Castore colla morte di Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere gli era insoffribile perc
i Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere gli era insoffribile perchè, diviso da Castore. Quindi su
Ino loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, la cui lana era di oro, e traversarono un canale del mar nero. El
ontarono mercè l’assistenza di Giunone, e di Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a fronte di quelli dell’acquis
tro, che stava alla guardia di sì prezioso deposito. Il più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi nel breve cor
che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta di una trave che si era staccata. Ercole. Nacque quest’Eroe da Alcmen
l sole, detta perciò Lucifer, ed Hesperus. Osservammo già che Atlante era stato trasformato in una montagna, che sostiene i
e che Apollo gli diede. Ma il Destino geloso della felicità di Admeto era presso a troncare i suoi giorni, quando Alceste c
umori, e la sua ferita divenne insanabile. L’infezione, ed il fetore era tale, che i Greci lo lasciarono nell’isola di Len
al pari delle altre Divinità, ch’aveva nella Grecia introdotte. Egli era figlio di Eagro re della Tracia, e della Musa Cal
tandolo anche per figlio. Edipo divenuto adulto seppe, che Polibo non era il padre suo. Volle a tale oggetto consultare l’o
riti, ebbe il coraggio di presentarsi al mostro, che gli dimandò qual era quell’animale che sul matino và brancolando a qua
o la sera con tre piedi. Edipo senza punto esitare rispose che questi era l’uomo, che nell’infanzia si rotola sovente anche
un combattimento a corpo a corpo. Si azzuffarono dunque entrambi, ed era tale l’accanimento, che l’odio reciproco loro isp
o parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed esperto capitano, e disfece più volte E
l soggetto del poema di Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe era fornito di un feroce coraggio, ma accompagnato da
e empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo di tutti. La sua sposa Evadne fig
primo di tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo contrario era il modello della dolcezza. Ella non potè sopravvi
dal re, condannò Antigone a morte, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte
sentire il peso delle sue disgrazie, e benchè regnasse sovranamente, era non pertanto considerato qual tutore di Leodamant
Pelopidi, che figurò molto in tal’epoca. Tantalo ne fu il capo : egli era figliuolo di Giove, e della ninfa Plota, e regnav
una giovanetta in un bosco consagrato a Minerva, la violentò. Questa era Pelopea sua figlia, che da gran tempo aveva perdu
Ida, colà confinato da Ecuba senza che Priamo lo sapesse, giacchè gli era stato predetto, mentre Ecuba era incinta, che il
a che Priamo lo sapesse, giacchè gli era stato predetto, mentre Ecuba era incinta, che il bambino che stava per nascere, sa
asione, parlò forte a questo giovane Eroe : gli fece conoscere quanto era preferibile la gloria ad una vita così vergognosa
i condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta di Minerva chiamata P
igliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia, e che si era dichiarato nemico de’ Greci. Come questi non pote
ico possessore di Elena. Ma al semplice balenar delle armi Paride ch’ era un vile cominciò a tremare, e prevedendo di dover
scelli. I Trojani erano al punto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accostato ad uno de’ più belli, quando soprag
ivarono al Cielo : l’aria risuonava de’ loro lamenti : l’intera città era in lutto. La prima cura di Achille fu d’innalzare
. Finalmente si contentò di cederlo al vecchio Priamo, che in persona era venuto supplichevole a dimandarlo, e che offrì de
he se ne avvide gliene dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di
ronte. Questo mostro che riconduceva i suoi armenti, accortosi che vi era gente nella caverna, ne chiuse l’ingresso con un
liò Polifemo1 : (aveva Ulisse avuta l’accortezza di dirgli che questo era il suo nome). Credettero i Ciclopi, che avesse pe
fa passare per dodici anelli attaccati ad altrettante colonne. Questo era il segnale convenuto con Telemaco, che avvicinato
omento di una tempesta suscitatasi mentre tutta la Corte della regina era impegnata in una caccia : Enea con Didone si rifu
partenza, e col favore della notte scioglie le vele da un lido, dove era stato accolto con tanta cortesia. Accortasi del t
to da una burrasca fu costretto a fermarsi in Trapani, ove da un anno era morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del
unica, che l’Oracolo destinava in isposa a questo principe straniero, era l’erede de’ suoi stati ; Amata sua madre, ad onta
sa assai frugale, non permettendo Giove che ammazzassero un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti n
amava, pregandola di venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non era corrisposto : la sua figura gigantesca, un solo o
ninfa. Inutilmente si ornava il crine, e si radeva la barba. Galatea era sorda, malgrado che non fosse insensibile. Ella a
suo figlio. Alcune gocce di sangue caddero da questa pianta che prima era stata donna, ed inseguita da Pane aveva perduta l
guita da Pane aveva perduta l’antica bellezza, e figura : il suo nome era Loto. Driope nel vedere stillare il sangue si arr
per iscoprirsi il segreto all’istante di doversi maritare Ifide (tale era il nome della fanciulla) Iside non l’abbandonò :
Aconzio ricorse ad uno stratagemma. Gittò nel tempio una palla, dove era scritto : io giuro per Diana di essere la sposa
pe prese quella palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbr
se il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbre violenta, finchè i suoi pa
figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, facendo di tutto per fargli dimentic
e reca a Progne l’annunzio che Filomela più non esiste. Quest’ultima era rinchiusa in una torre gelosamente custodita. Tro
dalla medesima fu cangiato in picchio1. Egeria. Seguace di Diana era la ninfa Egeria. Credevasi ch’ella consigliasse N
, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sentirla gli corsero dietro
Quantunque di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima parte, era però di somma necessità rinnovarne il discorso pe
nel quale stavano scolpite diverse sacre immaginette, e fra queste vi era quella del Sebeto. Il suo nome però e la sua glor
nza di questo avvenimento, innalzarono un tempio ad Eunosto, dove non era permesso alle donne l’ingresso. Ciò diede occasio
stiracchiato, potrebbe ripetersi dall’Ebraico Abir, taurus. In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con
i Saturnali ci dice la ragione, onde Ebone sotto la figura di un toro era adorato : Taurum vero multiplici ratione ad Sole
co in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il di lui culto era etesissimo nell’Egitto. Crede Varrone che questa
m fonte, et nymphis adsultavere marinis. In somma pressochè generale era il cutlo del Sole in Napoli antica. Oltre le ment
n pampini ed edere : e ciò perchè nell’Egitto Serapide, cioè il sole, era stato l’inventore del vino. Il decantato nostro C
rat. VIII. Artemisia, o sia la Luna. In grandissimo credito era a tempi di Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna,
questa scienza erano tatalmente appassionati, che Virgilio istesso ne era istruitissimo, come apparisce dalle sue georgiche
numenti di questo tempio famoso. Il circondario del tempio della luna era il più rispettabile di Napoli. Colà a sentimento
o, e sua madre fu Euriale. Di lui narra la favola, che amato da Diana era già presso a sposarla. Mal soffriva Apollo queste
tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio, ed altri, era la presente Chiesa di S. Gregorio Armeno, dove ne
. Castore, e Polluce. La presente magnifica Chiesa di S. Paolo era il tempio dedicato ai due gemelli Numi Castore, e
persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che di forma rotonda era il tempio di Vesta per indicare la rotondità dell
nostre monete da una parte si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa di una delle Grazie col motto Χ
di Eroi spacciavano presso il popolo tuttociò che per tradizione loro era stato tramandato, che abbellivano poi con i parti
nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meraviglie del Mondo per i tesori
regolato, per distinguerlo dall’amor contemplativo e celeste, laddove era dipinto colle ali ; se pur ciò non era a mio cred
ntemplativo e celeste, laddove era dipinto colle ali ; se pur ciò non era a mio credere per darci un’ idea della sua istabi
patere Etrusche di Dempstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladium era la famosa statua di questa Dea che conservavasi i
uomo. Cicerone nel libro quinto delle Tusculane scrive, che Prometeo era un grande Astronomo ; e per fare le sue osservazi
guenza nel 2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che
ione al seguente fatto attestato dalle sacre carte. La moglie di Loth era in Sodoma, allorchè questa Città andò in fiamme.
ma oscurare. Calliope madre di Orfèo vuol dir canto, ed Orfèo appunto era il cantore della Tracia. Euridice vuol dire due v
ggasi il libro della Scienza nuova dell’Autore suddetto. 1. Ecatombe era un sacrifizio di cento bovi, che si faceva agli D
9 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
he vi giunsero gli Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo, era Eeta, il quale aveva una figlia nubile chiamata M
pena lo seppe, corse a Corinto coi figli ; e trovando che la fama non era stata bugiarda, finse rassegnazione e di voler fa
Tebe, « Sì che dal fatto il dir non sia diverso. » Se quest’ Anfione era quel desso che fu marito di Niobe, come dice Ovid
ti quello di Aristeo, che fu il primo Apicultore dell’Antichità. Egli era figlio della Ninfa Cirene, e perciò fu da taluni
dei Semidei. Ambiva anch’egli di sposare Euridice, e quando seppe che era stato preferito Orfeo, il giorno stesso fissato p
ello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua
io di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio di Giove, per render più credibili, second
rlo ; ma il fanciullo, che, per quanto dicono i poeti, anche in culla era degno di Giove, strangolò loro. Questo fatto dive
be, affinchè l’Eroe, voltandosi, fosse ferito dall’Idra il cui veleno era letale. Ercole fu costretto a chiamare in aiuto i
ale, che abitava sul monte Mènalo in Arcadia ; ma poichè questa cerva era sacra a Diana, stimavasi un sacrilegio l’ucciderl
per togliere ad Ippolita loro regina un preziosissimo cinto di cui si era invogliata Admeta figlia di Euristeo. Coloro che
. L’esistenza delle Amazzoni è da riporsi tra le favole : non ostante era creduta non solo anticamente, ma anche dopo la sc
epubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle di Augia Augìa era un re d’Elide, che possedendo tremila bovi, (altr
forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavasi di straziare
ce questo politico insegnamento, che quando i regni sono armati, come era armata Roma, e come sono i Svizzeri, sono più dif
re cioè il più gran malvagio che sia mai esistito. I poeti dicono che era figlio di Vulcano e che abitava in una caverna de
il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quella tunica, ma era sì aderente alla pelle che ne venivano insieme a
e freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna all’amico Filottete che era presente, imponendogli però di sotterrarle e di n
a. I poeti cantarono concordemente inni a quest’Eroe94, e dissero che era stato posto in cielo e nel numero degli Dei « No
guerra agli Ateniesi per ritogliere ad essi la loro sorella Elena che era stata rapita da Teseo ; ma avendola trovata nella
cque nel mese di maggio, e perciò, secondo il linguaggio astrologico, era sotto l’influenza di questa costellazione. La ram
inosse re e legislatore dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europa, la quale fu rapita d
eca fissa l’epoca della sua esistenza nei secoli xiv e xiii, avanti l’ era volgare. Come re e legislatore dei Cretesi è ramm
un bel toro bianco ed essendole molto piaciuto, partorì un mostro che era mezz’uomo e mezzo toro ; il quale fu chiamato il
Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu detto che questo mostro era carnivoro e pascevasi anche di carne umana. Minos
egnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli era stato maestro lo zio. Sin qui potrebbe il raccont
tti che ne derivarono. Androgeo figlio di Minosse ed erede del trono era così valente negli esercizii della palestra che s
tò agli Ateniesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno, e così lo fecero appartenere a
rope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in casa di lui ; ma dovendo partir per la
nadieri coi quali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e
le del Leon Nemeo. In Eleusi vinse ed uccise nella lotta Cercione che era stimato invincibile. Avanzandosi nell’Attica inco
aveva in segno di lutto le vele nere. Egeo ordinò che al ritorno, se era reduce il figlio, vi si mettessero di color porpu
l’altro di morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. Dal primo, era ben sicura Arianna che Teseo avrebbe saputo difen
he l’aspettava, entrò con sì bella e giuliva compagnia nella nave che era pronta a far vela, e si diressero tutti insieme v
o in quella guerra. Da Ippolita (secondo alcuni chiamata Antiope) gli era nato un figlio a cui diede il nome di Ippolito. D
’isola di Nasso : e qui non si sa intendere come Fedra, dopo quel che era accaduto alla sorella, non sospettasse della fede
oi facevangli un grandissimo sacrificio nel giorno stesso in cui egli era ritornato da Creta coi giovani liberati dal Minot
ano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Ercole, il p
i avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine di farl
o si accorse o seppe che il pastor Forba (o secondo altri Polibo) non era suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi g
ssesso del regno, poichè non v’erano figli eredi del trono. La Sfinge era un mostro col capo e le zampe di leone alato, e c
io, come pure dai connotati della persona dell’estinto scuoprì che ne era stato egli stesso l’uccisore ; e inoltre riandand
servo che aveva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era su
nte, comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. Allora inorridito di questo suo perver
aveva tenuto in sospetto e timore per le sue figlie. E la spiegazione era questa : Poichè Polinice, essendo discendente d’E
l’avito regno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per altro d
ono alla guerra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egli era nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma di lui non
di particolar menzione. Egli pure morì alla guerra di Tebe. Capanèo era un Argivo arditissimo, che primo inventò di dar l
l rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio era nato un figlio di nome Stènelo, che fu poi uno de
radì il segreto di lui, scuoprendo il posto o nascondiglio ov’egli si era celato. Costretto allora Anfiarao per punto di on
i Pelope ottenne la sposa non è senza delitto. Si racconta che Enomao era riluttante dal maritare la sua unica figlia Ippod
arlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuperabile), o di essere uccisi se perdevano. E
municò in ambedue le linee collaterali ai loro discendenti. Di Tieste era figlio Egisto, nato d’illegittime e vietate nozze
i Achille deriva da Giove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio di Giove e di Egina. Eaco nacque in quell’
ci) potè formare un piccolo regno in quella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città di Ftia sua capitale.
Venere. Fu giusto giudice di certo, poichè Venere, come tutti sanno, era la Dea della Bellezza : non ostante s’inimicò le
sata ai posteri, consacrata all’immortalità dai più sublimi pœti, non era il solo nè il primo che essa ebbe ; e si trova an
ore e primo re della città che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie d
l’Alighieri nelle due terzine citate di sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto alla parte più alta e più fortifica
la più bella donna del mondo. Ma la più bella donna che allor vivesse era la spartana Elena, rapita prima da Teseo, e poi d
le occasione investigando essi l’origine di lui, scuoprirono che egli era il loro fratello esposto da bambino nelle selve,
ova spartana. Ma poichè Menelao non volle morir così presto, e Venere era tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, r
tutti i più preziosi tesori della corte spartana. Menelao, che allora era assente, conosciuto questo fatto molto spiacevole
dove fosse, ed Ulisse dicevasi divenuto pazzo « D’uom che sì saggio era stimato prima. » Fortunatamente essendo venuto i
di Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli, ingegnosissimo qual era , sospettò accortamente che Ulisse fingesse di ess
rafforzavano le antiche alleanze e ne contraevano delle nuove. Priamo era già vecchio ; ma aveva un gran numero di figli es
marito e poi morire, fu trovata estinta nel suo letto e fu detto che era morta dopo averlo veduto in sogno, come desiderav
e il nome, « Che nomato e pregiato e glorïoso, « E da Belo altamente era disceso ; « Se ben con falso e scellerato indizio
i stessi « Lo piangon tutti. A questo Palamede, « A cui per parentela era congiunto, « Il pover padre mio ne’miei prim’anni
o ; e questa fatalità si avverò la prima colla venuta di Achille, che era figlio di Peleo e nipote di Eaco, e perciò chiama
guarirono. 3ª Fatalità. — Doveva divenire amico un nemico ; e questi era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue
i Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenuto re di Misia, r
il che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già una superstizione, ma una necessar
di lui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che era nel tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia.
isa sacerdote e re ; e venuto il padre a riscattarla con ricchi doni, era stato respinto da Agamennone stesso con modi aspr
nare colla uccisione di Agamennone per mano di Achille, se questi non era trattenuto dalle eloquenti esortazioni del vecchi
pitani greci facessero prodigi di valore a gara con Diomede, la sorte era contraria al loro esercito, il quale rimaneva qua
ulle sciagure umane 133. » Parrebbe che dopo la morte di Ettore, che era il più formidabil guerriero Troiano, e sopravvive
tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli era vulnerabile, e tagliatogli quel tendine, che d’al
e dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena di affann
acconta ancora un altro miracolo, che dalla statua di Mènnone, quando era percossa dai raggi del Sole, uscivano suoni music
di legno nelle vicinanze di Troia, mentre il rimanente dell’esercito era già partito sulle navi e ritiratosi dietro l’isol
suoi figli e li strangolarono tutti e tre. Fu detto subito che questo era un castigo di Minerva, perchè Laocoonte aveva vio
subordinazione al comandante supremo ; e lo stesso Menelao che sempre era stato così concorde col fratello Agamennone, in q
senza dipender più dagli altrui consigli o deliberazioni. Agamennone era rimasto accampato intorno alle fumanti rovine di
rì sul colpo. Un figlio dell’ucciso Ettore che sopravvivesse al padre era sempre un imminente pericolo pel figlio dell’ucci
plio, principalmente perchè ne seppe scampato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta. Ai
i Tieste continuando a nutrire l’odio del padre contro gli Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo
morto, avea persuaso la regina a sposarlo. Agamennone invece non solo era vivo, ma poco dopo, presa e distrutta Troia, si d
trosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta che era il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso
regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una sua parente a cui era morto il marito in quella guerra, fu, per ordine
e diede ad entrambi la libertà ed una parte del regno dell’Epiro che era divenuto suo, non si sa bene se per volontà della
Arpi, e, secondo altri, anche Siponto, presso il monte Gargano. Egli era ancor vivo sette anni dopo, allorquando giunse in
timo avanzo di Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella nazione era stata dannosa agli stessi vincitori. Anche Filott
uello di Jefte ; e che volendo adempierlo coll’uccidere il figlio che era stato il primo a venirgli incontro, fu cacciato d
che avea divisa la flotta greca nessuno seppe più nulla di Ulisse. V’ era però speranza che egli vivesse, perchè nessuno av
taca sua patria, com’ egli volle e desiderò da lunghi anni ; ma prima era andato sempre errando contro il suo desiderio e p
se all’Inferno, perchè quello fu opera d’incanto della maga Circe, ed era piuttosto uno scongiuro da Negromanti, ossia evoc
im, » cioè quel che avvenne ad Ulisse nel paese dei Lestrìgoni di cui era re Antifate, poi fra Scilla e Cariddi e nella cav
ati intanto « Per l’angusto sentier : Scilla da un lato, « Dall’altro era l’orribile Cariddi, « Che del mare inghiottia l’o
ntate da Orazio nella Poetica, apparisce, che a tempo di Omero, o non era stata ancora inventata l’altra favola che Cariddi
il saggio figlio e il vecchio suo padre Laerte (chè la madre Anticlèa era già morta prima del suo ritorno 141. Non tutti pe
fuor del marin suolo. « Cinque volte racceso e tanto casso « Lo lume era di sotto della luna, « Poi ch’entrati eravam nell
per disdegno144. Ma in qual modo si accorgesse Dante che quella selva era animata, e venisse poi a scuoprire in un di quegl
creditati, Didone viveva tre secoli dopo la guerra di Troia, e perciò era impossibile che avesse conosciuto Enea ; ma per q
ei più nobili ed illustri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa, era figlia di Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia 
i Troiani e loro discendenti, per disperazione si uccise149 Ad Enea era già morto in Sicilia il vecchio padre Anchise nel
ente « D’aprir l’occulte e le future cose. » La Sibilla Cumana, che era solita dare agli altri le sue risposte per mezzo
rmini equivale a dire che la Divinazione di qualunque genere o specie era una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi
ù celebri dell’Epoca eroica. Tra i quali ha maggior fama Tiresia, che era Tebano e viveva ai tempi della guerra dei sette P
ogo incidentalmente nominato, convien darne qualche notizia. Trofonio era un insigne architetto che in Lebadia, nella Beozi
uella caverna che si continuò a chiamare l’antro di Trofonio ; ma che era un luogo così orrido che chiunque vi discendeva d
o e che sembrasse spaurato dicevasi dai Greci, come in proverbio, che era disceso nell’antro di Trofonio. Dell’indovino Anf
enerale quel che abbiamo accennato in principio, che cioè l’arte loro era un effetto d’impostura da un lato e di stupida cr
ano inventati e attribuiti alle Sibille ; e siccome si credè, e forse era vero, che alcune di queste Sacerdotesse preferiss
e l’inesplicabile maraviglioso che il dimostrabile positivo. E poichè era utile ai reggitori degli Stati per facilità di go
itrèa, che nacque in Babilonia come afferma Apollodoro, asserendo che era sua concittadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Er
tadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Eratòstene lasciò scritto che ne era stata fatta menzione negli antichi annali dei Sam
a me : Fatti in qua, si ch’io ti prenda : « Poi fece sì che un fascio era egli ed io. » (Inf., C. xxxi, v. 130) 91. Con
lmo a Monte Cassino. Il parafulmine situato sulla cupola della chiesa era illuminato da luce fosforescente, e non la sola p
ii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al vecchio Nestore che vi si era ritrovato presente e vi avea preso parte. 114.
ole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che era , come tutti gli altri Centauri, mezzo uomo e mezz
Eaco, avo di Achille. 139. La parola Odissea deriva da Odisseo, che era il greco nome di Ulisse ; e perciò quel poema pot
47. Dante fa la perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa era figlia e la sua malaugurata predilezione per Enea
perchè Tiresia finchè non ebbe ribattuto li due serpenti con la verga era non più maschio, ma femmina. Perciò usa il pronom
10 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
chiamati anche Semidei o Semoni, si di evano quegli uomini, de’ quali era stata illustre la nascita, o nobili le azioni. L’
i doni (b). Ognuno di que’ sepolcri si appellava Monumento eroice, ed era un asilo. I Greci sopra i medesimi ergevano una c
dovea appigliarsi. La risposta del Nume fu, che il trovare Europa non era impresa da uomo, e che Cadmo in vece tenesse diet
a quale non poteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però attribuì tutte le
ierlo appresso di se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’egli era figliuolo di Giove. Memore Atlante d’aver inteso
oleo a vendicare Frisso, figlio di Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi era stato massacrato (b), e nel canquistare il Tosone
ferì a Cizico, città situata a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel P
fatto in pezzi, ne sparse le membra quà e là per la via, per cui Eeta era per passare, affinchè la cura di raccogliere quel
asto, figlio del predetto Pelia, ch’era stato uno degli Argonauti, ed era riuscito eccelente cacciatore. Quegli, morto il p
ltri prodigi allora avvennero, i quali presagirono la gloria, ch’egli era per acquistarsi colle sue esimie azioni (c). Giun
’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva
lava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’ucciderlo, perchè la pelle n’ era impenetrabile. Lo incalzò quindi in guisa, che lo
ormò un nascondiglio sotterra, per ritirarvisi, ogni qualvolta Ercole era per avvicinarsi alla volta di Micene. Euristeo in
cadia. Essa, benchè avesse i piedi di rame e le corna d’oro, tuttavia era sì veloce al corso, che niuno mai era capace di r
rame e le corna d’oro, tuttavia era sì veloce al corso, che niuno mai era capace di raggiungerla. Ercole bramava di prender
di raggiungerla. Ercole bramava di prenderla senza ucciderla, perchè era sacra a Diana. Impiegò un anno nell’inseguirla co
imò ad Ercole, che lo uccidesse. L’Eroe nol fece, perchè anche quello era dedicato a’ Numi, e in vece lo portò vivo in Mice
oi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ Eroe quanto gli si era prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adempiere a
rire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il quale era stato costretto a ritirarsi in Dulichio, perchè a
lla guerra(b) (14). Gerione, nato da Crisaore e dalla Ninfa Calliroe, era tricorporeo. Per custodi de’suoi armenti, i quali
tro, il quale pure avea due teste. Ministro della crudeltà di Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò di vita, ne u
Ila(a) (19). Anteo, figlio di Nettuno e della Terra, ere della Libia, era un formidabile gigante, cui si davano sessanta qu
na, la quale, per essersi creduta superinore in bellezza a Giunone, n’ era stata cangiata in gru. I Pigmei volevano vendicar
ere scorsi moltissimi paesi, giunse in Celene, ove la trovò. Litierse era un Principe barbaro, che obbligava i passeggieri
itanti, avendo ucciso due de’di lui compagni, come conobbero chi egli era , si ritirarono in città. Ercole li strinse d’asse
chi egli era, si ritirarono in città. Ercole li strinse d’assedio, ed era già per prenderli d’assalto, quando coloro per pl
lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mostro di smisurata grandezza, e avea tre bocc
). Ercole acquistò il nome di Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi era celebre l’Oracolo di questo Eroe divinizzato. Ess
’Ercole. Questi comparve in sogno al Poeta Sofocle, e gl’indicò chi n’ era stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con al
aveva un tempio in Eritrea, citta dell’ Arcadia. Ivi la di lui statua era posta sopra una zattera, perchè gli Eritrei prete
pente. L’Eroe lo afferrò pel collo, sì fortemente lo strinse, che gia era per soffocarlo. Acheloo, vestite allora le sembia
ò cresciuto assai più dell’ usato, e pericoloso a tragittarsi. Quanto era imperturbabile riguardo a se, altrettanto mostrav
tr’ella dormiva. Verso la mezza notte entrò nella grotta ; ma siccome era smorzato il lume, così non sapeva a qual parte vo
sche (e). Ebbe pure nella stessa città un’ Ara, detta Massima, perchè era maggiore di tutte le altre. Ad essa si portava la
la celebrava là festa della Dea delle donne, al tempo della quale non era lecito agli uomini gustare alcuna cosa. Properzio
ice nella Spagna. Là non veniva rappresentato sotto alcuna figura, nè era permesso alle donne l’entrarvi. I Sacerdoti di qu
o alla corona d’ Ateno. Pitteo quindi pubblicò, che il padre di Teseo era Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quella Reggia
a emulazione concorreva la parentela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo era fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, c
teo era fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, come vedemmo, era n ato Ercole(a). Teseo se ne andò alla volta d’At
a fece strage del Toro, che, portato da Ercole ad Euristeo, da questo era stato mandato, come abbiamo esposto, a devastare
Colco, la quale, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo, ed era divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avuto qu
a avea partorito in quella Reggia. Persuase quindi ad Egeo, che Teseo era uno straniero, venuto ad usurpargli il dominio ;
iullo sulle porte per allontanare la carestia in onore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(a). Teseo, e gli
lontanare la carestia in onore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(a). Teseo, e gli altri giovani, mandati
il vascello, su cui partivano, denominavasi Deliade o Teoride(17), ed era quello stesso, che avea trasportato in Creta Tese
loro corona, e la consecravano ad Apollo. Nel tempo di tali Feste non era permesso il punire reo alcuno (b). La Grue era un
empo di tali Feste non era permesso il punire reo alcuno (b). La Grue era una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani A
bbe a sentire, quando intese, ch’era morto il padre suo, e che egli n’ era stato la cagione. Gli Ateniesi per consolarnelo e
ge, che l’Eroe non poteva trovarsi a quella spedizione, perchè allora era ritenuto nell’Inferno, come fra poco diremo. Vuol
ria, fatta all’ amico, e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la turba de’ Centauri, ne uccise molti,
chivò quel pericolo.(a) (24). Morta Ippodamia, Piritoo e Teseo, a cui era pur morta Fedra, sua moglie, e sorella della ment
v’eresse un altare e una statua a Giove, soprannominato Erceo. Tutto era grandezza nella di lui Corte, e per molti anni vi
iuttosto all’altare di Giove Erceo, ove anch’ella colle sue figliuole era ricorsa per sottrarsi al furore nemico. Pitro, fi
posò Andromaca, figlia d’ Eozione, re di Tebe nella Cilicia, la quale era bella, coraggiosa, e molto amante del suo marito(
resagirono tutti i disastri, che dovea cagionare il bambino, cui Ella era per dare alla luce(a). Si spaventò Priamo dell’in
celebrarono sul monte Pelio. La sola Eride, detta da noi Discordia, n’ era stata omessa, per timore che’ vi cagionasse qualc
festarsi. Gettò nel mezzo dell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale era scritto : si dia alla più bella . Tutte le Dee d
arirlo ; ma ogni rimedio fu inutile, perchè la freccia, che lò colpì, era una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole
. Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed a
i Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della sua antica origine era l’Italia. Anchise si rammentò, che lo stesso erag
rappostevi e, poi senza nuocere agli astanti ritornò nel luogo, dondi era partito. Stupì Enea, e venne in dubbio, ch’esso f
’Inferno par rivedere l’ombra d’Anchise(b). Sapeva che a’ viventi non era permesso il penetrarvi. Quindi si portò prima a c
to, paese del Lazio. Latino, figlio di Fauno, e della Ninfa Marica, n’ era il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavin
Reggia di Latino, diede occasione di presagire, che in quella Reggià era per giungervi moltitudine di forestieri. Da un al
dal che si congetturò, che somma gloria, accompagnata però da guerre, era per derivare a quella giovine. Latino allora voll
a, che sarebbe arrivato appresso di lui uno straniero, il di cui nome era per divenire famoso in tutto il mondo. Enea non m
no v’acconsentì ; e diede anzi a conoscere ch’Enea, com’egli sperava, era lo straniero illustre, a lui predetto dagli Oraco
Tevere non ostante comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi gli preparavano un vas
ti. I Rutuli volevano incendiare la flotta de’ Trojani, mentre Enea n’ era lontano. Non poterono farlo, perchè quelle navi v
lo di Atreo secondo Omero (a), e di Plistelle secondo Apollodoro (b), era destinato al trono d’Argo. Tieste, fratello d’Atr
oprannominato Testoride(16), dichiarò, che ciò avveniva, perchè Diana era sdegnata con Agamenonne, il quale avea ucciso una
sangue d’Ifigenia, figlia primogenita dello stesso Agamenonne. Quessa era rimasta in Micene con Clitennestra, sua madre. Il
nne non volle crederlo ; e così poi avvenne. Clitennestra, mentr’egli era all’assedio di Troja, avea preso ad amare Egisto,
e danno ad Agamenonne anche Astinome, soprannominata Criseide, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della
a pestilenza. Se ne interrogò Calcante ; e questi rispose, che quello era un castigo di Apollo, e che il Nume nol avrebbe s
tro sacro Ministro (d). Omero poi soggiunge, che il mentovato scettro era stato lavoro di Vulcano ; che questo Nume lo avea
ia la statua di Diana. Egli con Pilade si accinse all’impresa. Questa era assai pericolosa, perciocchè i forestieri, che ar
cchè li disponesse al sacrifizio. Colei non riconobbe. Oreste, perchè era ancor bambino, quando ella lasciò la paterna casa
lla lasciò la paterna casa ; ma, essendo venuta in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero di far nota col di lu
ene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè spos
to progetto, ma poi v’acconsentì. E glà, venuti alle mani, il Trojano era per soccombere, quando Venere nuovamente lo tolse
le primiere sembianze, e diede a Menelao quelle notizie, delle quali era ricercato(a). Erodoto riferisce, che Menelao appr
un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era di valore sì grande, che uguagliava i più celebri
pure a morte Calcone, nato in Ciparisso, città della Grecia, il quale era passato nel Campo Trojano per vagheggiare la pred
(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo di colui era invulnerabile ; però Achille, osservando, che ogn
ero Ippodamia(c), giovine bellissima, soprannominata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era st
inata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era
ote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille, quando egli prese q
he gli affari loro andavano di male in peggio, talmentechè Agamennone era d’opinione, che si spiegassero le vele a’venti, e
nice, figlio d’Amintore, re de’Dolopi, nell’Epiro, e che dopo Chirone era stato di lui precettore(10). Queglino usarono di
, Moncia. Sembrava da prima impossibile all’Eroe il prenderla ; e già era per desistere dall’impresa, quando una giovine di
ertiva, che ancor per poco avesse sofferenza, giacchè Ia di lei città era per arrendersi per mancanza d’acqua. L’Eroe appro
l soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d). Variano gli Scrittori sul fine d
chille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la quale non era stata bagnata dallo Stige(a). Ovidio poi dice, ch
na d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato uno de’di lui più cari compagni(14). Gli s’
osto di darla a chi fosse rimasto vincitore in certi Giuochi, ch’egli era per celebrare. Vinse Ulisse, e a lui quindi fu la
ntrò nella caverna, ove soleva starsene il Ciclope Polifemo. Costui n’ era allora uscito per pascere la sua greggia ne’ vici
, ansiosi di sapere, perchè così si dolesse. Colui rispose, che Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lu
a giovine, che andava ad attignere acqua alla fontana d’Artacia. Ella era la figlia del re, il quale chiamavasi Antifate. C
ranono sull’ingresso la Regina. Al vederlasi raccapricciarono, poichè era sì grande, che rassomigliava ad alta montagna. Co
tè, senza impietosirsi, rimirare lo stato deplorabile, a cui il Greco era ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla q
e olce vino ; bevuto il quale, Arete ricercò al Greco ospite chi egli era . Ulisse allora diedesi a conoscere. e narrò la lu
frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale era ritornato dall’avere peolungo tempo e in mezzo ad
famoso per la sua ghiottoneria, perchè sempre mangiava, e non ostante era sempre affamato. Il vero nome di colui era Arneo,
re mangiava, e non ostante era sempre affamato. Il vero nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era eccellente
affamato. Il vero nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era eccellente nel portare le ambasciate, che gli si
li avea avuto da Circe un figliuolo, di nome Telegano(d) (22). Questi era stato lasciato fanciullo appresso la madre nell’i
ertito di guardarsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle sapere chi era quello, che lo aveva ferito, e morì tralle di lui
o e Telamonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla testa di varj popoli, racc
nte si riferisce, che Polluce, il quale per essere figliuolo di Giove era immortale, chiese al padre di poter communicare t
ore e Polluce furono anche denominati Tindaridi, perchè la loro madre era moglie di Tindaro(d). Si appellarono Afeterj, o A
dedicato a lui a lo appresso la città di Terapne nella Laconia. A lui era pur consecrata una fontana, detta Polideuces ossi
fatto uscire da due non conosciute persone(a). Pelope. PElope era figliuolo di Tantalo, re della Lidia Come gli Ant
mao, figlio di Marte(1), e re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta giovine era l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi
prese pol il nome di Mirtoo(d) (6). Istro lasciò scritto, che Mirtilo era uomo bellicoso ; che pretendeva egli Ippodamia in
o(f). Pelope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale era al di là dell’Istmo, e formava una parte consider
Elea consideravano Pelope tanto superiore agli altri Eroi, quanto lo era Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole gli
chè aspergevano quel sepolcro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, fig
bero(f). Edipo, fatto grandicello, venne in cognizione, ch’ egli non era , come credeva, figlio di Polibo. Consultò l’Oraco
il viaggio alla volta di quel paese ; e giumtovi nel momento, in cui era insorta tra quegli abitanti forte sedizione, ucci
to(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era salito sul trono di Tebe, pubblicò per tutta la G
Pastore stesso, che lo avea salvato sul monte Citerone, seppe ch’egli era figlio di Lajo, e ch’egli stesso, n’era stato l’u
monte Citerone, seppe ch’egli era figlio di Lajo, e ch’egli stesso, n’ era stato l’uccisore. Inorridì, il re a tale racconto
rridì, il re a tale racconto, e molto più quando intese, che Giocasta era sua madre(c). E perchè costei pel dolore erasi ap
borgo dell’Attica, in un bosco sacro all’Eumenidi, il di cui ingresso era vietato a tutti i profani, e più ancora a’ delinq
e, e re d’Argo(1), il quale, collegato con Tideo(2), Capaneo Capaneo era nobile d’Argo. Alouni ce ló descrivono come un pe
ì, e nemico del’ fasto e dellà vanagloria. Altri soggiungono, ch’egli era empio, bestemunatore, e sì arrogante, che si cred
esima un grande spettacolo. Ella si trasferì da Argo in Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì
o.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). Color
rti in quella guerra, e perfino lo stesso Polinice, come quello che n’ era stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice
rito gli estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corpo, il quale era stato abbandonato ne’ campi, acciocchè divenisse
cchè divenisse esca degli animali(b). Anche Antigona, di lui sorella, era uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due venn
sopra i Cimbri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il quale era sì unito con un altro, fabbricato all’ Onore, che
ità(e). Dice poi fu considerata Dea e preside de’giudizj. Suo uffizio era accusare i rei al tribunale di Giove(f). Le di le
assimo(a) la racconta così : una donna, convinta di capitale delitto, era stata condannata dal Pretore a morte. Il Triumvir
a. Il primo, ch’era antichissimo, e alzato appresso quello di Ercole, era sacro alla Pudicizia Patrizia, ossia delle Dame ;
ssia delle Dame ; l’altro, che fu eretto da Virginia, figlia di Aulo, era dedicato alla Pudicizia Plebea, ossia del Popolo.
rava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranz
si vasi, e i più belli ornamenti del tempio di Gerusalemme(a). Questo era pure il tempio, in cui si raccoglievano coloro, c
da un incendio al tempo dell’Imperatore Comodo(c). La Pace finalmente era una delle cinque Deità, dette Appiadi, perchè i l
ori, che recavansi a chiedere o ad apportare la pace. Il caduceo pure era indizio della medesima. Talora questa Dea è in at
afferma il vero, e nega il falso. Ella dicevasi da’ Greci Aletia, ed era considerata figlia di Saturno, e madre della Virt
iò indica, che l’amicizia serbasi la stessa anche dopo morte, come lo era durante la vita(a). Fede. La Fede è la corr
de’ patti, che si stabilivano. Il giuramento, che per Lei si faceva, era uno de’ più inviolabili. Numa Pompilio la conside
e ritornava, senzachè alcuno la rimandasse, nella mano stessa, da cui era stata vibrata. Cefalo, che amava anch’egli moltis
re. Un lagrimevole gemito gli fece intendere, che bersaglio del colpo era stata la sua Procride Precipitoso, e fuor di se m
o è l’appropriazione di ciò, ch’è d’altrui contro la volontà di chi n’ era il legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovan
la ruggine. La lunghezza del collo allude a Filostene Ercinio. Costui era tanto goloso, che desiderava d’avere il collo di
detta Regifugio, o le Fugali. Una delle ceremonie, praticate in essa, era che dopo il sacrifizio, offerto alla Libertà, il
Altri la dipingono in atto di porgere un ramo di mirto. Anche questo era segno d’allegrezza ; e quindi ne’ conviti degli A
ui la Fortuna fu soprannominata Prenestina (c). La forma del medesimo era simile a quella d’un teatro. Il Senato pure fabbr
te le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò d
re si facesse più sentire dalla donna, che dall’uomo. Tiresia, perchè era stato dell’uno e dell’ altro sesso, fu ricercato
e in Arcadia una fontana, detta Telfussa, o Tilfossa, la di cui acqua era sì fredda, che Tiresia per averne bevuto mori(b).
i gettavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò era di buon augurio ; se galeggiavano, di cattivo(d).
amillo rifabbricò dopo d’avervinti i Vejenti(e). L’ingresso di quello era interdetto alle schiave ; e se alcuna v’entrava,
so Polidette, affinchè lo educasse(f). (4). Alcuni dicono, che Ditti era fratello dello stesso re, Polidette(g). (5). Era
 2. Argon., Diod. Sic. l. 4. (3). Igino dice, che il fiume mentevato era il fiume Eveno(f). Valerio Flacco pretende, che f
ofman. Lex. Univ. (b). Declaustre Diction. Mythol. (4). Atamante era figlio d’Eolo, e re di Tebe, nella Beozia. Egli s
l. 6. (7). Apollonio narra, che il Dragone, custòde del Vello d’oro, era stato generato dalle gocce di sangue, cadute dall
nave siasi così appellata dalla voce greca argos, celere, perchè essa era tale(f). (c). Val. Flac. l. I. (9). La nave Ar
tro navi(b). Essa fu considerata sacra e fatidica perchè la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosc
stessa nave fu anche detta Peliaca, perchè gli altri legni, eo’ quali era stata costruita, furono tagliati sul monte Pelio(
mente consecrata a Pallade, e collocata tra gli Astri(c). (10). Tifi era figlio d’Agnio(d). Igino vuole, che sia nato da F
li(e). (14). Idmone al dire di Ferecide, seguito da Apollonio Rodio, era figlio d’ Apollo e della Ninfa Cirene. Orfeo poi
tianira secondo Apollonio, o secondo Orfeo dalla Ninfa Lootoa, perchè era astuto, ebbe l’incombinza di essere la spia della
, gli strappò dalle mani il ferale stromento, e gli manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, ri
(a). Hom. Iliad. l. 2. (10). Il padre de’ Molioni al dire de’ Poeti era Nettuno(f). (b). Declaustre Diction. Mithol.
e in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro gli Eubei, de’quali egli n’ era il comandante(i). (a). Declaustre Diction. Myth
isposto all’amore d’Acheloo, la precipitò dall’alto di una rupe. Ella era per partorire. Il suo amante, trovatosi in quel m
Tlepolemj. Uomini e donne vi concorrevano, e il premio del vincitore era una corona di pioppo(b). (a). Potter. Archacol.
a avendo trovati alcuni rimasugli d’una lepre, che poco tempo innanzi era stata divorata da uno di quegli avoltoi, se ne cu
Nettuno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di le
n. Mythol. (7). Apollodoro dice, che Scini, di cui abbiamo parlato, era figlio del mentovato Polipemone, e di Silea, figl
a, e lo cangiò in uccello(a). Dedalo, per sottrarsi al supplizio, cui era stato condannato dall’ Areopago, si ritirò col su
piacero accolse un uomo assai celebre appresso tutte le genti. Questi era considerato tale, perchè era l’artefice il più ec
celebre appresso tutte le genti. Questi era considerato tale, perchè era l’artefice il più eccellente della Grecia. Prima
Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la quale, per aver tentato di vend
e giovani Ateniesi, che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’ era una bellissima di nome Peribea. Minos tostochè la
riconoscere capace di prendere le difese della giovine, dichiarò ch’ era figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui,
. Salaminia, perchè il mentovato Nausiteo, che ne fu il primo piloto, era nativo di Salamina(c). (b). Id. Ibid. (c). P
Odyss. l. 21. (h). In. Vit. Thes. (22). Ceneo, figlio di Elato, era nato femmina, e prima si chiamava Cenide. Costei
to femmina, e prima si chiamava Cenide. Costei tralle vergini Tessale era sì celebre e singolare in bellezza, che invogliò
si di mira Corito, e Driante, stese Corito al suolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero di complessione e di età
alcuna. La novità della cosa sorprese altamente coloro, e Monico, ch’ era il Capo-truppa, eccitò i compagni a scaricare tra
che attendeva ad assicurarsi il trono d’Atene, da cui il padre suo n’ era stato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo,
figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fra
quel re ; e allevando Polidoro, come su proprio figlio, il quale già era della stessa età ; fece passare Deifilo per suo f
he tempo dopo Polidoro intese dall’Oracolo d’Apollo, che il padre suo era morto, che la madre sua viveva in ischiavitù, e c
sul sepolcro del di lui padre, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe era apparsa a’Greci, e avea loro ricercato tale sacri
hiavitù, siasi precipitata dall’alto di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è f
Canopo ; e che il Governatore di quel luogo, avendo inteso ciò che le era avvenuto, la fece condurre col giovane Trojano a
e abitava sulle rive del Peneo, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si
Principi nel ripartirsi le Trojane matrone avea voluto Ecuba, perchè era vecchia. Ulisse alla fine la confuse tralle sue s
. Univ. (b). Declaustre Diction. Mytbol. (1). Lo scudo di Ettore era stato formato da Tichio, celebre Artista, e nativ
sta, e nativo d’Ile, città della Beozia. Omero dice, che quello scudo era copetto di sette pelli di tori(a). (c). Hom. Il
(2). Protesilao venne al mondo in modo straordinario. Il di lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche, sua moglie, sen
di lui nome(a). (g). Declaustre Diction. Mytbol. (6). Astianatte era ancor fanciullo, quando i Greci lo cercavano a mo
di Troja, e molto si addolorò, allorchè intese, che in quella guerra era perito Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille.
a Peleo, e gl’immolavano ogni anno una vittima umana(c). (3). Tetide era una Ninfa sì bella, che Giove stesso voleva prend
l acconsentiva alle nozze d’un mortale ; e il suo ordinario soggiorno era in una grotta lungo le rive del mate, che bagna l
o di pietra uccise il messaggiero, perchè quegli aveva detto, ch’ella era stata la cagione della morte di Paride. Poscia la
amente anche gli altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle case era dietro la porta, o intomo al focolare(f). Si coll
i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo, di cui egli n’ era il sacerdote (a). (6). Un simile fatto di filial
mine, perchè si vantò d’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalio
nascosto a Didone ; ma finalmente l’ombra di Sicheo, che fino allora era rimasto privo degli onori della sepoltura, le app
di figura rotonda, dedicato ad un Genio, denominato Tarasippo, perchè era il terrore de’cavalli. Difatti quando questi anim
7). Virgilio dice, che due colombe additarono ad Enea l’albero, a cui era annesso il predotto ramo (e). (a). Id. Acneid.
guerra. Si rendette inoltre eccellente nel tirare d’arco. Finalmente era sì agile alla corsa, che avrebbe potuto correre s
piedi, o sopra le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste era una pelle di tigre. Quando marciò contro Enea, fe
ino. Furonvi pure aleuni, i quali dissero, che Anna Perenna altro non era che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi,
si stabilì in Pafo, ove fabbricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione,
gative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo, la quale era stata fatta schiava da’Greci. Egli la impiegò al
condo Omero(i). Piro, capo de’Traci, spirò per mano di lui(l). Toante era sì stimato, che Nettuno prese le di lui sembianze
che la rappresentava con una ferita in una coscia(a). (14). Tersite era un miserabile buffone. Fu da Agamennone ammesso t
icesse col mezzo della Divinazio ne l’esito delle battaglie. Calcante era e sacerdote e indovino. Niuno de’mortali intendev
vini, quante frutta avesse una certa ficaja, si trovò che il numero n’ era tale, quale Mopso avea asserito. Interrogato posc
d’ingannarsi non proferi parola ; laddove Mopso soggiunse, che quella era gravida di sei figli, tra’quali ve ne sarebbe sta
oeti Lirici, racconta che l’Ifigenia, sacrificata in quell’occasione, era una figlia, la quale Elena, sorella di Clitennest
lena, sorella di Clitennestra, avea avuto da Tesseo, e che da lei non era stata mai dichiarata per sua figliuola, attesochè
padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte di Bienore, di cui n’ era il cocchiere, rimase parimenti ucciso da Agamenno
nti ucciso da Agamennone(c). (b). Id. Iliad. l. 5. (20). Deicoonte era compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i
vorevo le vento alle patrie terre. Soggiunse, che Ulisse, da cui egli era fieramente perseguitato, eccitò Calcante a dichia
strage degli abitanti (a). (22). Corebo, chiamato da Omero Ortrione, era figlio di Migdone. Egli, veggendo che i Greci con
chi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Elettra, di lei sorel
chiamavasi Canobo. Questi rimase punto da un serpente, mentre Menelao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella p
Rodi. Poliso ; per vendicarsi di Elena, cagione della guerra, in cui era morto il suo marito, ordinò a certe donne, che si
denti sopra mule, o cocchi, fatti di vinchi(e). Elena secondo Erodoto era invocata, onde rendesse belle le giovani deformi.
giovine, afflitta per la perdita di suo padre, che qualche tempo dopo era perito in una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove
e prole, divenne gelosa di Andromaca, la quale, come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo nel riparto delle donne Troj
onne Trojane ; e formò il progetto di farla perire, mentre Neottolemo era andato in Delfo. Ella era per eseguire il suo pro
progetto di farla perire, mentre Neottolemo era andato in Delfo. Ella era per eseguire il suo progetto, allorchè ne fu impe
de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei manda
vine spaventata implorò il soccorso d’Ercole, e ne intese, che Telefo era di lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie L
Id. Iliad l. 20. (7). Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete di Frig
Tersite, perchè costui avea strappato gli occhi a Pentesilea, mentre era ancor in vita(d). (g). Eustatb. in Hom. Odyss.
il quale trovavasi mescolato cogli altri della sua testa, e al quale era annessa la durata della di lui vita. Cometo s’inv
auplio fece credere ad Anticlea, madre d’Ulisse, che il suo figliuolo era morto ; e che colei disperata si diede la morte(c
o all’ Isola di Corcira. L Oracolo avea predetto ad Alcinoo, che così era per accadere. Quel re poi, per placare Nettuno, g
 ; ma preso poi nel fiore della sua gioventù da certi corsari Fenici, era stato venduto a Laerte, e da questo stabilito gua
a). Hom. Odyss. l. 21. (21). Il fine, che que’ Nobili incontrarono, era stato loro predetto da Aliterse Mastoride, celebr
Apollodoro(g) denomina Peribea. Tutti poi s’accordano a dire, ch’ella era figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re di Megara.
n. Mythol. (e). Nat. Com. Mythol. l. 8. (3). Igino dice, che Febe era sacerdotessa di Minerva, e Ilaira dì Diana(c). Pa
(5). Il nome di Anaci, primachè si conferisse a Castore e a Polluce, era comune a tutti i discendenti d’ Inaco, divenuti c
me indizio di buon tempo ; laddove quando se ne vedeva uno solo, esso era segno d’imminente procella : e allora s’invocava
a al vincitore. Pallene aveva avuto occasione di vedere Clito, e se n’ era già estremamente invaghita. Ella temeva della vit
gettarono in un pozzo l’altro loro fratello, Crisippo, perchè que sti era nato da altra donna(a). Pelope li cacciò in esili
meno, perchè questi, dopo d’averle accordato Alastore in isposo, se n’ era pentito, e lo avea privato di vita(f). Non è da c
si. Ne fu incaricato Filottete, il quale lotrovò in Pisa, ove Pelope, era stato sepolto. Ma Filottete, ritornando al Greco
mortali, e più rapidi del vento. Il terzo ; quantunque fosse mortale, era degno di marciare cogli altri due(e). Dolone, per
he Diomede ebbe un tempio appresso il fiume Timavo(e). (3). Capaneo era nobile d’Argo. Alouni ce ló descrivono come un pe
ì, e nemico del’ fasto e dellà vanagloria. Altri soggiungono, ch’egli era empio, bestemunatore, e sì arrogante, che si cred
esima un grande spettacolo. Ella si trasferì da Argo in Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì
o.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). Color
ominato Policalco, videsi più volte coronato in tali Giuochi, come Io era stato negl’Istmici, ne’ Pitici, e’ negli Olimpici
11 (1880) Lezioni di mitologia
Autore, tempio d’idoli divenne, e gli Dei furono figli dell’uomo. Ma era sublime il primo errore dei mortali, e manifestav
a di pesce, e piedi umani pure stavano uniti alla coda. Questo mostro era robusto, aveva favella umana, ed erudiva di giorn
sto antichissimo sacerdote. Il principio dell’universo, secondo esso, era uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos di
la formazione dell’ universo. Egli così a un dipresso si esprime. Una era la forma della terra e del cielo, le di cui natur
lle solide, onde si formarono il mare e la terra. Questa in principio era molle; ma riscaldata dai raggi solari cominciò a
rmentazione alla perfetta sua maturità, ed essendosi le membrane onde era involta affatto seccate, si aprirono, e balzarono
o il comporre sì ardua lite: riporteremo solamente che dagli Egiziani era adorata fra l’altre una certa divinità detta Neph
giziani era adorata fra l’altre una certa divinità detta Neph, da cui era opinione di alcuno che fosse formata la macchina
ra opinione di alcuno che fosse formata la macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante di un uomo di color c
l supremo dominio delle cose, la spiritualità dei suoi moti. Nell’evo era simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma
Notte che sta sotto l’Etere, volendo con ciò significare che la Notte era prima della creazione, e che la Terra, attesa l’o
a Notte era prima della creazione, e che la Terra, attesa l’oscurità, era invisibile, ma che la Luce penetrando l’Etere, av
’Etere, aveva il mondo intiero coperto del suo splendore. Questa luce era la primogenita degli esseri, e il principio di es
rvi. Udite intanto l’origine e la genealogia degli Dei. Nel principio era il Caos, indi la Terra, l’Amore il più bello fra
e cinquanta teste. Teneva Cielo rinchiusi i suoi figli, onde la Terra era afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che
la vita ad un altro mostro detto Echidna, cioè vipera, che nella metà era simile ad una bellissima ninfa, e nell’altra ad u
i Giove die l’arbitrio del cielo e della terra e del mare, che sempre era fra gli antichi principio di sacrifizj e preghier
quillo dell’Olimpo, sposò Meti, dea fra tutte sapientissima; e questa era per dare alla luce Minerva. Sapendo il padre che
confonda il cielo, E il caos antico l’universo teme. — Tanta dei numi era la guerra: I venti Mescon fremiti, polve, e grida
i dividevano in più parti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove era la piscina, dalla quale i sacerdoti attingevano l
otondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello di Giano. Nè ciò bastava: conveniva pure c
additasse la natura e 1’ ufficio degli Dei. Infatti, quelli ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la lor
Ma gli Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r ara di Diana era stata tinta in Aulide col sangue d’Ifigenia, e un
degli Dei. Chiunque toccasse l’altare macchiato di delitto, grato non era il sacrifizio, e sicura la collera dei numi. Infa
il pioppo, e così a tutti gli altri Dei quegli alberi, dei quali cara era loro la tutela. Quindi ai sacrifizj assistevano c
i conviti. Alle divinità dell’aria, oltre il fumo delle vittime, caro era ancora l’odore di eletti incensi; onde Me dea bru
ratore dell’ombre. Di tutte le propiziazioni agii Dei infernali madre era la paura, e perciò il sacrifizio che loro facevas
o gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al quale un ariete era prima immolato. Una nera pecora gravida sgozzavan
consorti, nell’Oriente, quando il cadavere del marito incendevasi, vi era gara di morte. Cessata la fiamma, incenerito il r
opio ed al tempio di Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore, era dell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini di
el tempio stesso d’Olimpia a Giunone e alla Terra. Miracolo del mondo era l’ara formata di corna inalzata ad Apollo in Delo
rapidamente innanzi agli Dei i voti e i sospiri. Infatti antichissimo era fra gl’idolatri il rito di sacrificare su luoghi
no pure nei teatri. Il primo che ivi sorgeva dalla parte destra sacro era al dio che si onorava cogli spettacoli; l’altro,
Quest’ara, opera di quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa, era in Roma nel Foro Boario presso la porta Carmental
incenso sotto il nome di Lucina, perchè ne favorisse il parto quando era per farli ricchi di prole. Un bianco toro, una co
glie argentee di Giulio Cesare e di Antonino Pio.   Presentata che si era l’ostia, il vittimario portava la teca, che conte
etti in genere anclabri, che ciholi si chiamavano allorché la forma n’ era rotonda, ascanii, se quadrata. Il sangue si accog
etti salino e patella. Le acerne erano piccole cassette ove l’incenso era riposto; nei canestri portavansi le primizie che
ri e di questi delitti sono ricchi gli annali del genere umano. Grato era a Baal il fumo de’ cadaveri offertogli dai Canane
della presente Lezione opportunità di parlare. Causa di tanta empietà era la credenza che questa abominazione allontanasse
bidire, prevenivan volontarj la sovrastante fortuna. E se in loro non era l’ardire della disperazione, se ne ordinava il sa
stinati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi era una valle, detta del ruggito, dove s’immolavano i
ssere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi era un’antica statua creduta d’Ifigenia. I Megaresi,
o nome fu in Aulide sagrificata, ma che di Teseo, e non di Agamennone era figlia, e che Elena a lui l’aveva generata quando
a Tricoloni e a Tegea in Arcadia foggiati erano Nettuno e Giove: tale era la Venere Urania che Pausania vide in Atene. Erme
cando con taglio longitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo era l’emblema col quale s’indicava il sesso femminile
n questi luoghi si celebrarono i primi misteri del Gentilesimo: sacro era per gli Arabi il bosco d’Elim, ove gli Ebrei, var
principio l’orrore solo rendeva sacrosante le selve, e l’ ingresso n’ era vietato ai profani; quindi vi si fabbricarono ed
ena, al dire di Stazio, luogo restava ai rami. Tagliarli intieramente era sacrilegio: pure concesso fu diradarli, propizian
zzato quella parte del Tieste di Seneca, ove si descrive il bosco che era presso alla reggia degli empj fratelli. Confido c
 » Ma col regno di Giove vennero sciagure e delittiPrima la terra non era domata dall’aratro; i limiti non dividevano i cam
econdo Omero, sono la prima cura di lui. Domò altri giganti dei quali era capitano Tifone che si accamparono nei campi Pall
assero ponendo un terzo occhio sulla fronte del nume. Così effisriato era Giove Patroo veduto da Pausania nel tempio di Min
ragli il Nilo, Che con sette onde dà tributo al mare. Tutto d’argento era il niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le
e onde dà tributo al mare. Tutto d’argento era il niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le donava Forme più care di b
zioni dei marmi Arimdelliani Prideaux, che osserva come questo tempio era grande quanto quello di Salomone, e minore al sol
pure Olimpico, comandava dei Greci l’ammirazione. La statua del nume era frutto dei trofei riportati dagli abitanti d’Elid
anti d’Elide sopra i Pisani. Libone Eleo ne fu l’architetto. L’ordine era dorico: colonne ne circondavano l’esterno: il loc
L’ordine era dorico: colonne ne circondavano l’esterno: il loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezz
il loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinq
ronzo dorato, e sotto il simulacro di essa stava uno scudo d’oro dove era effigiata Medusa: due conche pur dorate sospese s
e vincitore furono consacrati al dio. Con solenne artifìcio effigiata era nella facciata anteriore del tempio la pugna di E
a, erano nate le sembianze famose. Nel interno dell’edifizio scolpita era la caccia del cignale, terrore dell’Erimanto, e l
e l’avorio erano distribuiti con tal lavoro, che la preziosa materia era vinta. Una corona che imitava le foglie di ulivo
tro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animali e di fiori. Splen
a l’eterno suo carro. Vi si ammirava Venere, che appena nata dal mare era accolta dall’Amore, e la dea della Persuasione of
erano Ercole e Minerva, Apollo e Diana,, che con Anfitrite e Nettuno era scolpita pure nel l’estremità, e parea sopra un c
rante dio. Fugge la bella ninfa, e non ascolta; Ma Giove che d’averla era disposto, Fé’ nascer una nebbia oscura e folta, C
fìnse per diporto e per ristoro. Andar godendo il bel luogo, ov’egli era ; Giunon con gelosia, con gran martore. La giovenc
vede; E quanto più le par, men ella crede. Volea parlar per veder s’ era quella Che esser solca, ma temea non muggire: Apr
attribuiti. Generalmente il simulacro di lui facevasi sedente: nuda n’ era la parte superiore, coperta l’inferiore; nella si
e del Giove Olimpico. Non ostante questi simboli, infinita varietà vi era nelle statue antiche, come dagli scrittori e dai
imo, Massimo, fu da tutti chiamato, poiché nella religione pagana gli era attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle
bro, degli edifizi peritteri ragionando, ne avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello
genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello. Onorato era presso i Romani Giove Lapideo. Così chiamavasi pe
e fu l’ara nel Campidoglio, perche ai Romani assediati dai Galli fama era che avesse consigliato di gettare del pane negli
muliebre su cui si leggeva Verità: come simulacro, di Fidio inscritto era sulla testa dei fanciulli. Giove Pluvio ricorda P
Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altari gli eresse. Sacra era la vendetta per gli uomini innanzi che l’Evangelo
ro pure alle Muse, Plutarco. Giove Espiatore commemorò Erodoto, e chi era macchiato del sangue degli amici e dei parenti ne
i battaglia. All’acque il piede Tarpea volgeva: al delicato capo Peso era l’urna, onde libava a Vesta, Quando mirò nell’are
reciso Petto sen balza l’amazzonia schiera Sul Termodonte. Il giorno era che a Pale L’ebra turba consacra inni e conviti,
i, parlerò pri ma delle gesta della dea, quindi dei simboli coi quali era rappresentata a tenore dei nomi e degli attributi
quinto libro dell’Iliade lasciò scritto. Venerata con somma religione era specialmente la divinità di lei in Sparta, in Arg
tarsi ad ambire la gloria dei piedi veloci negli stadii minori. Sacra era a Giunone la vacca, perchè quando la paura dei gi
si obbligavano a prendere simili piegature. La guarnizione del lembo era detta dai Greci πεϛα:, instita o segmentum dai La
o delle gentildonne e delle matrone, onde ben conviensi a una dea che era chiamata dai Gentili Magni Matrona Tonantis. » O
i la più comune è perchè delle donne nei dolori del parto affidata le era la tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata
a patera e l’asta nella sinistra. Egeria ancora per la stessa ragione era detta. Juga dicevasi, perchè al giogo del matrimo
nte avverato, della concordia futura. Gamella, o Nuziale, cognominata era , perchè nelle nozze onoravasi, e fra i precetti c
a, scioglieva il cinto beato. Regina appellavanla i Latini, e celebre era il suo tempio che Camillo, unica lode della patri
io, o sull’Aventino. Certo è che ivi si conservano i libri, nei quali era opinione conservarsi il fato dell’impero romano.
io dell’ Italia le diede il nome di Lacinia, e santo a tutti i popoli era il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò di m
Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole gli era stata. Samia ed Argiva fu detta dalle due greche
gloria di esser patria. La statua della dea che in Argo amruiravasi, era opera di Policleto, composta di avorio ed oro, co
lo scettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di
antiche medaglie, che portano l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la sua statua che sul Campidoglio si venerava, co
quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco. Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavo
raccio della gelosa moglie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè,
ontatto la rese feconda. La prole fu Marte, il fiore, secondo Servio, era di gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia di
itrio eterno, I divisi colori, io contar volli, Ne lo potei. La copia era maggiore Del numero. Ed allor che col primiero. R
erne chiome. I nuovi semi per l’immense genti Sparsi: d’un sol colore era la terra. Prima dal Terapneo sangue formai Un fio
i fiori. Ornamento alle Furie. — Io dir pensava: Già la voce correva: era nel volto Scolpito il dubbio. Lo mirò la diva, E
emone e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora, secondo la Mitologia, era suo figlio, quantunque Plutarco, che nella vita d
e fu detto, dal suono del mare imitatore del muggito, o perchè usanza era d’immolargli un toro. Inondatore, Prosclistio, pe
artani furono trucidati gì’ Iloti. Dal celebre edifizio che sacro gli era in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiamarono
e successivamente denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea gli era costruita nel circo massimo, e si onorava col cor
fasce, credendo di fare inganno a Maia. Ma ad essa, come a dea, tutto era noto; onde rimproverò la frode al figliuolo, chia
ia del nipote di Atlante narrati per Omero. Luciano, che sovranamente era fornito del talento di spargere il ridicolo su tu
o, fu effigiato in bronzo, con un ariete accanto, perchè affidata gli era la tutela dell’ armento. Gli attribuivano il cadu
per cui gli furono anche attribuite le ali alle piante. Questa verga era di oro, onde sortì Mercurio il soprannome di verg
dissotterrato, e deve dirsi perciò Mer curio Agoreo, o Forense, come era chiamato dagli antichi quando le sue statue erano
rgadoro fu il nipote d’Atlante pure cognominato per questo segno, che era con molto artifizio composto; perchè aureo fu det
fizio composto; perchè aureo fu detto ancora dagli antichi quello che era bello, come da Esichio e da Ateneo si rileva. Di
rio chiamato Acacesio, da Acaco figlio di Licaone educatore del nume, era celebre il tempio presso i Megalopolitani. Tetrag
lgevano la testa del nume, sotto la quale ogni avvolgimento della via era indicato. Arpedoforo cognominavasi Mercurio dalla
presedesse alla sicurezza delle case allontanando i ladri, dai quali era venerato. Thot fu Mercurio nominato dagli Alessan
{portatore dell’Ariete, fu detto Mercurio, perchè presso i Tanagrj vi era un simulacro del dio scolpito da Calami antichiss
inato da Nonacrizia città dell’Arcadia, e Melopoo perchè commessa gli era la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro deg
oti ancora comune. Odio dalle strade denominavasi, ed Egemonio perchè era dei miseri e dei giusti, liberati dalle spoglie m
l Mercurio Eisagonìo, che presiede alla palestra e agli atleti, che n’ era forse il soggetto. « Alcuno di questi simboli, e
o dissotterrate per la Via Appia nella tenuta detta Il Colombaro, ove era forse la villa dell’imperatore Gallieno. Oltre il
lizia, volgendogli la faccia, attesta ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe, ch
ha ancora sull’oracolo di Apollo, perchè dicesi che anticamente Delfo era il luogo ove la Terra rendeva le sue risposte, e
cappella del dio fosse composta dai remi di un lauro di Tempo, e non era che una semplice capanna. È grido che successivam
ancora a Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè era tutta di rame. In Roma, il luogo ove si amministr
che dall’ aperta terra fu inghiottito; altri che si fuse il rame onde era composto. Che che ne sia, il tempio di Apollo fu
mota antichità Parnaso avesse in questo luogo una città,fondata. Egli era figlio della ninfa Cleudora, e, come tutti gli er
, cioè cattivo odore. Infatti Omero ha detto che l’isola delle Sirene era piena d’ossa; perchè coloro che prestavano orecch
o lungamente. Quindi i Galli vennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio di non scampare all’ em
nume. Nella prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli era figlio di quel Carmanore che aveva purificato Apo
lta saviezza con una perfetta cognizione dei misteri, nè Museo che si era propoposto d’imitare Orfeo, vollero avvilirsi a d
teva convenire che alle lamentazioni ed all’elegie, ed infatti questo era l’uso che se ne faceva. « Nel seguito ai giuochi
otessa, non volesse dargli alcuna risposta, perchè dal sangue d’Ifito era ancora macchiato. Ercole sdegnato pel rifiuto por
di Tirinto, e non quello di Canopo, — perchè innanzi Ercole egiziano era pure a Delfo venuto. Finalmente Alcide avendo res
tria: limita la tua curiosità a conoscere il paese di tua madre: ella era dell’isola d’Io, ove terminerai i tuoi giorni. Ri
onzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padiglione di Menelao, che era un poco lontano dalla nave, ed Anfialo ne tende u
sso di Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale era distin
in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale era distinta col nome. Conviene credere che non pregi
forze Facean nella palestra, e petto a petto Con stretto nodo opposto era e congiunto, Allor che uniti gli trafìsse il dard
non tutti dovea Il misero pregar). Sentiva Apollo Pietà; ma liberato era dall’arco L’irrevocabil strale: entrò nel core Po
i pregi, che si apprendono dall’ispezione oculare. L’artefice, che si era sollevato fino a concepire una bellezza che con v
rfezione assai superiore alla comune capacità che quel grande uomo si era fissata in mente, e che era l’archetipo che si sf
a comune capacità che quel grande uomo si era fissata in mente, e che era l’archetipo che si sforzava ritrarre nelle sue pi
ello esista nell’arte. « L’opinione falsa che fosse marmo di Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’era ignoto ne
ignoto nel secolo dei grandi artefici. La non originalità dell’Apollo era poi un argomento da estendere i dubbi sopra qualu
’Apollo Alessicaco, ovvero Averrunco, cioè Allontanatore dei mali, ed era stata a questo nume eretta in Atene dopo la cessa
statua puramente intellettuale, prendendo dalla materia quel solo che era necessario per esprimere la sua idea e renderla v
i e dei cani sopra una medaglia; e rappresentato con questi attributi era nominato Agreo, cioè cacciatore: ma l’Apollo di V
ca Topo, perchè Apollo deve averli da questa isola banditi. A Delo vi era una statua del nume con un arco nella destra, e l
iamano palla, benché non con tutta la proprietà. (La palla dei Latini era , secondo Tosservazione di Servio, la stessa cosa
à del peplo, o palla, sembrava scherzare fra i talloni, poiché questa era la veste dello splendido corpo. Pendeva dalla man
zona, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordinarie: era questa un altro abbigliamento della vestitura sce
tangolare, che si distingue verso la estremità inferiore della cetra, era detto Magade dagli antichi, e lo troviamo descrit
eo figliuolo di Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che sacro era al nume, forse, onde la velocità significare. Luc
rtame chiamato Teoxenia, istituito da Castore e da Polluce, del quale era premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo Pau
no ancora da Amicla, luogo nell’agro spartano, dove al nume edificato era un tempio insigne per ricchezza e per lavoro. Col
ai passi e all’armonia delle Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato era Apollo nelle sembianze di un giovine senza barba,
impresa dopo l’Anguillara. Avventura di Fetonte. Per sublimi colonne era del Sole Alta la reggia: vi risplende l’oro, E le
ce sulla ricca soglia Doppie porte d’argento, e dal lavoro La materia era vinta. È da Vulcano Qui sculto il mar, che della
se, già levati a volo Avanzan gli Euri dalla stessa parte Nati. Lieve era il carro, al giogo istesso Mancava il peso, onde
stode delle selve ed onore degli astri, perchè, come dai poeti appare era lo stesso che la luna, quantunque a quest’ultima
te da Cerere e da Dionisio queste due divinità, alle quali Latona non era stata che una semplice nutrice. Questa opinione f
lo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire di Pausania, era lo stesso che l’Iside degli Egiziani. Checché ne
gnita relazione. Potrebbe dirsi che Bacco, come deità della campagna, era ancora una delle deità della caccia. Spesso in at
istauro accusava un secolo poco alle arti favorevole. La nicchia dove era collocata vedevasi rivestita di alabastri, e l’ab
chia dove era collocata vedevasi rivestita di alabastri, e l’abside n’ era messo a musaico. » Atteone. Tebe già stava: e t
Teseo ed agli Ateniesi. Ma Pausania dice che a questo gran poeta non era nota 1’ antichità di questo tempio mentre le stes
nsisteva che in una nicchia scavata in un olmo, in cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del quale io parlo era
cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che fa Plinio di
he Plinio, mancandone la relazione, avesse immaginato in qual maniera era riuscito a situare questa enorme macchina: ma inv
immense, giacche tanti re contribuirono ad abbellirlo: nò in Asia vi era cosa piìi famosa di questo edificio, non tanto pe
ra che a tutti è ben nota: imperocché quello che esisteva a suo tempo era stato fabbricato da Dinocrate, o, secondo Plinio,
re una statua ad Alessandro. Quest’ultimo, che fu veduto da Strabene, era altrettanto vago e pieno di ricchezze quanto era
veduto da Strabene, era altrettanto vago e pieno di ricchezze quanto era il primo, e vi si vedevano l’opere dei più famosi
artefici del tempio. Dice Yitruvio che questo tempio d’ ordine ionico era dipterico, vale a dire tutto ai lati circondato d
ocalo d’armi Prodigo ai mesti. Più non dava Atene Lamentabil tributo: era Teseo Lode comun fra i coronati altari. Pallade v
piedi nell’arena impresse, E ha desio di trovare il suo periglio. Vi era concava valle, ove discende L’acqua dei rivi che
odo, che ha conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie di
che fosse denominata Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio presso gli Spartani, ove nei più remoti
Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari. « Siccome di legno era quest’idolo vetustissimo, il rozzo artefice non a
di simili sostegni fornita ce la presentano. Siccome il nostro marmo era in questa parte mancante, non ha quindi potuto co
sta rinchiusa nel castone di un anello, la cui gemma trasparente, eh’ era una sottil calcedonia, la copriva e la difendeva.
odotti. Uditene il racconto da Ovidio che ho tradotto: Cura del nume era l’Arcadia: impera Ai fiumi irresoluti il corso, e
va della diva al fianco Fra le ninfe primiera. Ammuta; e casta Se non era Diana, in mille segni Leggea l’ingiuria del virgi
testavano le pugne scherzevoli con le quali dalle fanciulle celebrata era in quel loco la nascita della dea. Inventore dell
za ridicolo, insegnare ai mortali che la sapienza in Pallade figurata era interamente fisrlia di dio. Luciano, che burland
a seconda, e che vennero ambedue, come guerriere, in contesa: Pallade era per ferire Minerva: Giove oppose l’egida, onde sp
il suo sostegno. Teseo, Parte I, scena 2. Ma per attributi migliori era insigne ancora la dea. Mostrò alle fanciulle, sec
trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nelle quali era dagli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrer
eriore a Troia. Avanti che le fosse data la civetta, il suo attributo era la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza n
tavano i loro scudi all’assedio di Troia, perchè a quest’epoca non si era ancora scoperta la maniera più comoda di porre de
eniesi rappresentavano questo animale sull’armatura della dea, perchè era forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali alle
iove allievo di capra portento. » « Questo capo fatale ai riguardanti era affìsso sul suo usbergo, anche come un trofeo; pe
ausania così ancora effigiavasi, poiché in Atene sopra il Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea era con occ
Atene sopra il Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea era con occhi di questo colore figurato. Pensano alcu
antichi popoli della Puglia, fu il tempio di Pallade Achea, dove fama era che si conservassero tutte l’armi di Diomede, che
endo credere al volgo sempre superstizioso che questa divinità gli si era in sogno manifestata per insegnargli il modo di g
egnargli il modo di guarire un artefice insigne, caro alla plebe, che era caduto nell’assistere alla costruzione delle port
uto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome di Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata, e il simulacro di le
va di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di Ergane, così
detta perchè presiedeva all’arte della lana, della gloria della quale era gelosa, come lo indica la favola di Aracne mutata
alla dea il primato nell’arte di tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per quello c
iatrice, di Minerva guerreggiante, e di Cupido che scocca il dardo. M’ era caduto in pensiero se questi simulacri di una gue
dai poeti greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto era quella di cui Minerva medesima volle adorno Giaso
ava e stupiva ad un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio
lio: il pomo, perchè questo frutto gettato dall’amante alla fanciulla era una dichiarazione di amore, come da molti antichi
uno dei due bellissimi candelabri del Palazzo Barberini. La lepre gli era particolarmente consacrata per cognite ragioni. A
iccole figure eguali e ben conservate nella Villa Albani. A Sparta vi era una Venere eseguita in cedro, incatenata, per sig
tuggine per indicare (secondo Plutarco) alle donne che il loro dovere era di custodire la casa come questo animale, e di oc
o asserire che Venere si rappresentasse costantemente ignuda. Vestita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bell
ecamente appellavansi, e che hanno dato il lor nome alla pietra che n’ era comunemente la materia. Oltre l’additarsi vie mag
vie maggiormente con questo vaso rovesciato l’azione del bagno, dove era stile degli antichi di ungersi, è ancora un utens
dava, E giù dal fianco rosseggiava il petto, E il costato, che dianzi era di neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi
osseggiava il petto, E il costato, che dianzi era di neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi ahi: Citérea piangon gl
re fu cognominata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro di lei era sedente col capo coperto, e coi piedi incatenati.
lla greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla di tuniche artificiosamente piegate.
perta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua di Venere era già in Vaticano, collocata probabilmente da Giuli
a talvolta nelle medaglie imperiali il titolo di Vincitrice. La prima era che la presente statua avea la tunica dal petto c
rla rappresentare che come una dea vittoriosa. Infatti, Venere armata era il suo sigillo. A questo allude Properzio in quel
ascrive all’aver Vulcano tentato sciogliere le incudini, con le quali era Giunone legata, come la più litigiosa delle divin
i portarle accese fino alla meta prescritta: quello cui si estingueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno era supe
quello cui si estingueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno era superato da chi lo seguiva, per legge del giuoco
corso. Se alcuno era superato da chi lo seguiva, per legge del giuoco era costretto a dargli la face ardente. Lucrezio con
cappello di colore violetto per indicare il fuoco celeste, del quale era depositario. Questo cappello è ovale, o quasi con
il nome dall’ effetto che producono, si chiamano Terrore e Paura. Gli era sacro la pica fra gli uccelli, il lupo fra i quad
ra i quadrupedi, e la gramigna fra 1’ erbe. Anche il gallo consacrato era a Marte per questo motivo. Aveva il nume, per ass
ini furono i due principali nomi di Marte. Il primo gli davano quando era tranquillo; il secondo quando nelle armi infuriav
Marte che va presso Rea Silvia, origine favolosa del potere di Roma, era rappresentato sugli elmi dei soldati romani. « M
1, 2. Andando in traccia della figlia pervenne ad un castello di cui era signore Eleusio, cui la moglie Jona avendo partor
le l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle feste di Minerva era ripieno di lana, perchè questa dea, come vi accen
diventava il simbolo della Primavera, come quello dell’estate quando era ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata n
rovine di Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. Il papavero era un simbolo della fecondità, ed è per questa ragio
va da una mano le redini, dall’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo di pino. N’era rigorosamente prescri
ll’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo di pino. N’ era rigorosamente prescritto l’uso nelle cerimonie de
ritta una testa di montone, animale che le sacrificavano. Ma il porco era l’offerta più comune, e comandata nei sacrifizii
e cara Figlia (altra prole le negò Lucina) Ma più d’ogni altra madre era superba: Del numero così compensa il danno Proser
parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della quale era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Ce
della quale era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con
con felice disordine adombra la fronte. Qual variazione fatta non si era ai tempi di Albrico: Cerere dal dolore distinta v
una falce, un flagello. Quante cose inutili: che grossolana maniera: era senza dubbio destinata tal pittura ad ornare qual
può fargli disprezzare, se è savio, i doni della Fortuna. Questa dea era lo stesso che Cerere, secondo Dione Crisostomo. I
re in questo bel marmo ravvisata la dea dell’agricoltura. Stranissima era l’opinione del Venuti che la credeva una Giulia P
uno dei più universali, e per le campagne, della cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali
tura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali era la prima dispositrice, finalmente per ogni luogo
ità durasse. Merita nx^^ggior fede il primo, perchè Esichio cristiano era meno a portata di conoscer le pratiche dell’idola
i natali, scelte da un’assemblea del loro sesso. La spesa della festa era , secondo il solito, a carico dei mariti, che, per
un uomo detto Stefaneforo, perchè coronato andava alle cerimonie, ed era eletto dal concilio delle sacerdotesse della Gran
erano alimentate a spese pubbliche in un luogo, che perciò Tesmoforio era detto. Era sacrilegio l’usar corone di fiori, per
ero violate le regole dal rito prescritte. Ai servi d’ambidue i sessi era vietato l’assistere a questa solennità tanto cele
sotto i piedi di quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo vi era ancora di corone e fiori; ed Idrano, dall’acqua,
ntaggi sperati. L’ostia che doveva immolare chi desiderava iniziarsi, era una troia gravida, che prima era lavata in Cantar
a immolare chi desiderava iniziarsi, era una troia gravida, che prima era lavata in Cantaro uno dei tre porti del Pireo. Ne
lavata in Cantaro uno dei tre porti del Pireo. Nei primi tempi non v’ era spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendi
minati erano Epopte, cioè Vescovi. Il luogo dei contemplati, o Misti, era nel vestibolo, quello degli Epopte, o Vescovi, ne
mbra il crin fìschiante. Dolce è r aspetto di Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lumi E le guance di Febo: il s
creduli volgari nei misteri Eleusini. Nei minori un piccolo tempietto era destinato per le cerimonie. Ma nei maggiori era s
un piccolo tempietto era destinato per le cerimonie. Ma nei maggiori era sontuoso il mistico edifìcio, ove la sacerdotale
ifizio non s’apriva Mani pure, mente pura, perizia della greca lingua era necessario per l’iniziazione. Quindi imponevasi i
go uso, e allora la consecravano a Proserpina e a Cerere, e da alcuni era serbata per formar delle fasce ai fanciulli. Il s
misteri, come di sopra per me vi fu detto, Jerofante si chiamava, ed era delitto per l’iniziato rivelare in nome di lui. S
to rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed era insigne per l’ammanto, per la chioma, per la bend
strofìo, o cintura. Tutta la vita in questo uffizio consumava, ma non era obbligato a mantenere il voto, sovente spergiurat
. Ad altri quattro col nome di Curatori, scelti dal popolo, per legge era commessa la religione dei misteri. E dieci sacrif
acravano furono chiamate Melissee. Uno dei vantaggi di questi misteri era che gl’iniziati obbligati si credevano all’ eserc
restigi seguiva ancora nell’Inferno l’ombre dei devoti, onde la morte era principio di un migliore avvenire. I non iniziati
niziati. Si aggiungeva alle libazioni l’orzo nato nel campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente fuora. Il sacerdote
i Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quello di Cerere quando era la festività di Giunone. Nel quarto giorno vi era
lo di Cerere quando era la festività di Giunone. Nel quarto giorno vi era la processione del calato, canestro, il quale si
Cerere dopo avere accese le faci al monte Etneo. Nel sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato di mirto e non
, come con error manifesto lo rappresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Tebano figlio di Giove e di Semele, ma un altr
i Semele, ma un altro che dal re degli Dei e da Cerere, o Proserpina, era nato. Aveva un tempio proprio; si effigiava colla
li scudi. Sacra la porta, sacra la via che frequentavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una specie di ca
a via che frequentavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una specie di caccia, certame, che giovani a pied
e giovani a piedi e a cavallo facevano coi tori. Una misura di orzo n’ era il premio, perchè questo vegetabile era fama che
oi tori. Una misura di orzo n’era il premio, perchè questo vegetabile era fama che per la prima volta fosse nato in Eleusi.
si colle bighe, e gli asini avean l’onore di portare tutto quello che era necessario pei misteri. Questi erano in tanta ven
teri. Questi erano in tanta venerazione presso gli antichi, che sacro era per essi il giuramento. Tanto è l’impero della su
l terzo erede Di Saturno ricerca ove l’uscita Sia del mondo fraterno: era ogni via Chiusa, e duro contrasto eran le rupi. S
spaziose inalza E del pallido campo i nove giri Tutti discopre. Tanto era : Si toglie Dal stanco petto il vorator grifagno E
, che non vede nascer da questa alcun corpo. — Infatti, in Corinto vi era un tempio di Vesta senza alcuna statua, e vi si v
re, da che la parola vestibolo è derivata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad
ata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel
il fuoco eterno. Sopra un monumento di forma circolare eh’ è, ovvero era , nel Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti di
vostro cuore dimanda che avvenisse di Cerere quando si accorse che le era stata rapita la figlia. Soddisfarà a così giusto
ro alloro Avean le Furie con tartarea scure. Nuncia dei proprii danni era la figlia, Immagin prima del sopor materno: Di ca
disprezzi Così l’unica prole? e caro un giorno Di Proserpina il nome era alla madre Di lei, scolta in tormentoso abisso, M
mo Giove, E locarla con dolce atto di madre Nel ginocchio paterno, ed era a lei Genitrice seconda. Allora avea La canizie d
rnassero solamente di alcune circostanze. Nel principio, dice Esiodo, era il Caos, quindi la larga Terra sede sicura di tut
orte del Cielo stellato. Erodoto dice che presso gli Sciti, dai quali era sommamente onorata, reputa » vasi Giove il marito
azio le assegna altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirle gli stessi sacrifizii che agli Dei mfe
da uno scoglio sul quale Temide è assisa per indicare che questa dea era figlia della Terra. « Una medaglia dell’imperator
Io credo veder chiaramente un’adulazione indirizzata a Comodo. Nerone era eccellente a guidare un cocchio di carriera. » Fi
giunte Cinser del tronco la misura, e dieci Braccia tre volte empiva: era del bosco Maggior, quanto sovrasta all’erba il bo
so campo Strappa con l’unghie e con i radi denti Le pallid’erbe: irto era il crine, i lumi Cavi, pallido il volto e bianco
aggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ingresso dell’Academia vi era 1’ altare dell’Amore con un’ iscrizione, la quale
o e la freccia, teneva una lira Presso i Tespiesi popoli della Beozia era l’Amore singolarmente venerato. La sua statua, co
re singolarmente venerato. La sua statua, come nei tempi più antichi, era una pietra informe non mai adoprata. Successivame
umato dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi di Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statu
. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella quale vi era il premio non solo pei musici, ma ancora per gli
re, come Euripide si esprime. Rappresentato in questa maniera l’Amore era chiamato (grec) o chiavigero. Si rappresentava an
i ciò che intorno a questa dea pensavano gli antichi. Regina del Caos era innanzi che Iddio togliesse la lite degli element
che rappresentava lo stesso soggetto, ma che non esiste più, la Notte era effigiata nella figura di una donna nuda con dell
i scolpì l’Amore a Tespi piccola città di Beozia, che per questo solo era visitata dai forestieri; che fu tolta ai Tespiesi
nterruzione dei sensi, poiché presso gli antichi naturalisti opinione era invalsa che più vegeto e pingue apparisse il gent
l’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultore di tal monumento. O
do in queste esposizioni, e che egli avea dall’antico dedotti, di cui era oltre modo amatore e studioso.» Temi figliuola a
matore e studioso.» Temi figliuola anch’essa del Cielo e della Terra era sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella
ora un altro tempio nella cittadella dì Atene, all’ingresso del quale era il sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola che
tre costituisce Temi madre dell’Ore e delle Parche. Temi, dice Feste, era quella che comandava agli uomini di chiedere agli
te, era quella che comandava agli uomini di chiedere agli Dei ciò che era giusto e ragionevole: presiedeva ai patti e conve
gendole un tempio detto Metroo cioè della gran madre, che così Cibele era chiamata. Deve Tebe a Pindaro, il più grande fra
ro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il quale non era che una pietra grigia informe di mediocre grandez
o putto, io garzonetto, io giovincello, Io giovin fui, anzi testé pur era , Io delle scuole il fior, io fui il più bello Ono
zione tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele, era con annue feste onorato. La solennità celebravasi
la consacrata mutilazione di esso all’ombra del venerato pino: tutto era in questi giorni lutto e astinenza. Il quarto si
acato lo sdegno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali. Il quinto era giorno di riposo. Il sesto terminava la solennità
usonii, L’inondaro i Sicanii, onde più volte Questa che pria Saturnia era nomata, Ha con la signoria cangiato il nome.» E
, libro viii, verso 488 e segg. E l’antica osservanza delle leggi non era incisa usi bronzi, ma impressa nell’animo degli u
ondo Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel qua
lutarco, sacrificando agli Dei celesti. Secondo esso, dunque, Saturno era tra gli infernali. Questo dio si rappresenta comu
nostre novelle. Se ne conosce una terza specie, di cui la memoria si era conservata nell’Argolide, e che avevano tempio e
esentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola di Lenno era consacrata a Vulcano: vi aveva dei templi; una ci
rro e di lavorare i metalli relativamente ai Greci, perchè quest’arte era molto più antica nell’Oriente: come una specie di
me dato comunemente ai Dattili. Si chiamavano Idei: ora il nome d’Ida era comune a due montagne situate una in Creta, in Fr
ch’ai mento Ombra faceva la lanugin prima. Nè rose, o pomi, o frondi era l’affetto, Ma furore, e ponea tutto in non cale.
rché a corre di Giacinto i fiori Sul mio monte venisti, e scorta io t’ era Per quella via. Gran tempo è ch’io ti vidi, Ma t’
ione. Nè minor vanto aveva la loro abilità nella metallurgia: èglino ( era fama) avevano fabbricata la falce di cui Rea armò
otevano i loro scudi con ferri come baionette. La danza dei Coribanti era per lo contrario accompagnata da movimenti quasi
ome ai figli dello stesso dio onorato in Lenno, dei quali il culto si era sparso non solo nell’isole vicine, ma ancora nell
lta considerato, e con fuso dai Greci coir Arimanio dei Persiani, eh ‘ era il principio del male presso quegli antichi Duali
l’Arti, mi fece pensare all’elee, albero funereo e glandifero. L’elee era , come il cipresso, una pianta sepolcrale e di tri
ggio nella Grecia parla incessantemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiquaria che
ogna diminuirne l’orrore per non scancellare ridea di giustizia. Egli era impossibile di far capire che queste bevande eran
tra l’iscrizione; vicino ad esso è un’asina che mangia la corda. Ocno era un uomo faticante. ma la sua moglie dissipava i f
ha rappresentato Polignoto sotto questo emblema. Fare la corda d’Ocno era un proverbio in Ionia per indicare fatica inutile
inocchia di Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vita. Glori era di Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Ne
questo principe questo bastone di comando, perchè lo scettro, che ne era il segno naturale, qui perdeva il suo uso: Protes
Al di sopra di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia di Prete e proni potè di Sisifo: morì fanc
edono che sia un personaggio inventato da Polignoto: altri dicono che era un Greco amante della musica e sopra tutto dei ca
Memnonidi. Accanto a lui si vede uno schiavo etiope per indicare che era re di quella nazione. Sopra Sarpedone e Memnone s
che ha i piedi sulle ginocchia di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa del loro paese, ed i poeti c’insegnano
un luogo che eglino appena osavano guardare, e non senza terrore. Ed era fama che se alcuno macchiato di delitto fosse ent
i sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo di notte, ed era vietato ai nobili l’intervenirvi. Esichidi, dalla
he la derivazione di questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed era sacro alle Furie, perchè sileno ispirano terrore
a dire che loro sacrificavano pecore nere. Nella città di Olimpia vi era un altare consacrato a Giove conduttore delle Par
ndo soffrir la vita in uno. Si lamentava e si dolea che poco Sangue s’ era versato: ond’ei mi prese Per le ancor sciolte chi
stimavasi crudele; e davanti a lui, come dice un antico poeta, tanto era Achille che Tersite. E con ragione ai Numi infern
chiavi della città consegnate da Scilla a Minosse. Nell’Inferno egli era , secondo gli antichi, il presidente della Corte i
nere la luce, si ritirò nell’Inferno, e fiume ne divenne. L’Acheronte era un fiume della Tesprozia, che avea le sue sorgent
a dopo poco cammino fra i macigni, cadeva nel fiume Crati. L’acqua ne era mortale, secondo Pausania, agli animali ed all’uo
linquenti sin anche nella quiete del sepolcro. « La misura del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli
e combinava nell’attitudine essenziale d’un braccio, ma che parimente era mancante dell’altro. A quest’altro sarebbesi dovu
eduti il secol d’oro dell’arte. Agoracrito Parlo discepolo di Fidia n’ era stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea nel
loro tutto il merito. « Il marmo in cui fu scolpita la superba statua era stato destinato dal re Dario a lavorarvi un trofe
uesta parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitudine era di coprirsi il capo, quasi per gioco, dell’elmo s
ha nella destra, è imitata dai vetusti esemplari. « Questa statuetta era forse destinata all’ ornamento di qualche archite
a nostra, mancante però del capo, e che nell’altro palazzo a Velletri era la statua di Urania, che ora compisce il numero d
var sempre più la celebrità degli originali di queste Muse. La nostra era in antico stata ristaurata, e il ristauratore ave
tica in piccolo nel Museo del cardinal Pallotta; e simile alla nostra era ancor questa Musa nella Collezione della Regina d
te dall’antica Roma e da Plinio nei portici di Ottavia. Questa statua era mancante del capo: ma quello che l’è stato suppli
llerina, ma bensì ad Erato amante o filosofessa; giacché la Filosofia era , secondo gli antichi, lo studio favorito di Erato
are. Simile situazione ben conviene alla Musa Silenziosa di Numa, eh’ era la nostra Polinnia, giacché non seguiremo in ciò
di varii istrumenti, che possedeva egli in un grado così elevato, eh’ era in lui riguardata come un dono degl’Iddii. « Dell
chità la ravvisò e fu presentata a Pio VI. Abbattuto perciò quanto vi era di modernosi rese alla statua la sua vera espress
ofago Capitolino, e quel che è più decisivo, nella Musa colossale eh’ era già nel cortile della Cancelleria da me creduta p
belle copie di bellissimi originali. Questa all’incontro, il cui capo era in antico d’un pezzo stesso col rimanente, e tant
uali li veggiamo scolpiti. Aggiunge il mentovato autore che di questi era calzata la Pallade di Fidia, onde non debbonsi av
econdo esso, presso gli Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli, era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bi
no rimasti. Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ uso di dipingerle ignude, forse perchè essendo
ssere accompagnato 1’ amore, la bellezza e 1’ eloquenza. La Primavera era la stagione consacrata a queste dee, onde Orazio
e adesso nuda danzare. — S’invocavano nei conviti, e con tre brindisi era costume di onorarle. Mille belle allegorie posson
llero eternare la memoria del benefizio erigendo un altare, nel quale era scritto: Consacrato a quella fra le Grazie che pr
i coi fonti e colle Naiadi, al cui onore è dedicato il monumento, non era stato finora dilucidato. Nè altra relazione hanno
ia del benefìzio fosse aggiunto il nome di lui al dio, che prima Apio era detto. Io penso che il nome di Esculapio derivi d
Strabone che in questa ultima città, situata fra i Carii e gl’Ionii, era il mentovato edifizio sempre ripieno di ammalati,
empio della Concordia, come viene da Plinio riferito. E la ragione si era , perchè, secondo l’opinione dei Fenicii e dei Gre
rchè, secondo l’opinione dei Fenicii e dei Greci, Esculapio altro non era che l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buo
e l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo era fatto padre di Esculapio, perchè il Sole con i su
e con i suoi annuali giri comunica la salubrità all’aria. Alla Salute era ancor dato il serpente per l’attenenza con Escula
ide dedicò un tripode a Giove Esculapio, a ciascun piede del quale vi era un’immagine di questi tre Dei. Telesforo in una m
rrasi di Semele e Giove, genitori di lui secondo la volgare opinione, era menzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri di
redenza che figlio fosse d’Osiride, giacché gran scusa a questi falli era il fare un dio autore della colpa. Ma perchè l’um
a Melampo il culto di Osiride, sotto il nome di Bacco. Nisa in Arabia era la patria del dio, e passava almeno per essere il
Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservare che di Osiride qui era la famosa colonna. Le imprese del Nume sono conse
poeta Amore occupato a riparare le rovine del mondo. La specie umana era in preda alle cure, e il vino che le dissipa non
La specie umana era in preda alle cure, e il vino che le dissipa non era ancora stato concesso ai mortali. Solo dopo il di
ezione. Dopo questo episodio, il poeta ci conduce in Lidia, ove Bacco era allevato scherzando coi Satiri, e bagnandosi nell
zioso. I Sileni dividono il dolore del dio. Ampelo, quantunque morto, era tanto bello come quando viveva. Bacco lo contempl
e, e ritorna verso il mare d’oriente, da cui esce il Sole. Bacco però era sempre inconsolabile per la perdita del suo amico
sa, loro re, che sotto forma di Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si era reso terribile per le sue navi, e comunichi quind
alla vicina foresta abitata da una ninfa detta Nice, Vittoria. Questa era una giovine cacciatrice, che stava sopra una rupe
ibile criniera. In vicinanza abitava un bifolco chiamato Imno, che si era innamorato della ninfa. E espressa la passione di
o contro gl’Indiani, che avea sulle rive dell’Astaco disfatti. Oronte era genero del bellicoso Deriade, col quale Bacco com
ese del dio del Vino. Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti sua moglie, ed aveva Pito per c
di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla quale Andromeda era esposta. Il figlio di Danae, dic’egli. liberò lei
troppo noto per aver bisogno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea
al diviso Flutto sovrasta la terribil testa. Qual, donzella infelice, era il tuo volto Benché vindice tanto abbi: Si sparse
le, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Ornava le porte del suo palazzo c
ifemo in Virgilio. Questo principe avea per padre Dria, la querce, ed era re dell’Arabia. Giunone invia Iride verso questo
l sole, la luna, i pianeti, le zone e le differenti costellazioni. Vi era inoltre espresso Anfione e Zeto, eh’ edificarono
orte dorate dell’ 0riente (dice il poeta) e la nascente luce del Sole era riflessa dalle acque del Gange; i raggi di quest’
ezzata per l’artifìcio di Mirtillo. Nelle imprese della guerra non vi era ancor l’uso dei carri a quattro ruote: erano sola
el furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lui. Ella era occupata a formare una corona di fiori per Venere
piacevole descrizione di que’ giuochi innocenti. Il giovine Ganimede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di un
paterna. Questa veste rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii: era fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pastori, Aita:
Base della Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta a
dell’uva, che sovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rap
te, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno di fico per allusione alla dolcezza dei
quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio, desc
no per fondo un capo di vitella; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi corni d’oro di
militudine che ne rappresentava la cima. È noto per altro che il pino era consacrato anche a Bacco per l’amicizia eh’ egli
ome vi ho già esposto; ed in un Baccanale osservato dal Buonarroti vi era un Centauro che ne portava un ramo. Poteva inoltr
dornati: onde nella Pompa di Bacco di Tolomeo, da citarsi sovente, vi era la statua che rappresentava la città di Nisa, la
nza del dio Tebano, che questo nume a un tempo voluttuoso e guerriero era di mezzo alla pace e alla guerra. Vi ammiriamo qu
avrebbero potuto dirsi della chioma, se lo avessimo incontrato quando era a caccia, poiché in maniere infinite la move il v
ibullo e Stazio vogliono gialla, detta Bassaride, o sia dal luogo ov’ era in uso, che Polluce crede la Lidia, Snida la Trac
amorfosi che di lui in questo animale fece Giove per salvarlo, quando era infante, dalla madrigna Giunone. Non solo l’allor
ll’arcadico Pan, che aveva volto e corna caprigne, e dal mezzo in giù era pur simile ad irco: così, testimone Erodoto, si v
i Satiri e i Pani; i quali se dovevano rappresentarsi, la prima cosa era il contraffare le loro sottili gambe e i piedi ca
e Dia figlia di Eineo, promettendo di dare al suocero molti doni come era costume degli antichi. Dimandava questi istanteme
re re<^i:>‘e la veste ad Arianna che, secondo favoleggia Nonno, era con Bacco quando andò a Nasso. Giù basso in terra
ora coi cembali, che erano fatti come i nostri d’un cerchio, al quale era tesa una pelle. Vi attaccavano qualche volta dei
ibia, posar le cure quando verrà l’uva. — E nella Pompa di Tolomeo vi era un carro carico di uve, ch’erano pigiate da sessa
ha sua origine da (grec) che equivale ad infuriare. Ma il furore non era in esse perpetuo, anzi ordinariamente comparivano
avano e mentivano il furore bacchico solito a trarre di se chiunque n’ era inspirato: sicché Agave sbranò Penteo suo figlio,
no spensero tutto il sesso virile che aveano nella città loro. Questo era l’uffìzio delle Menadi: sciorsi le bende crinali,
a superstizione. Le Tiadi ritiratesi fra loro, giacché ai profani non era lecito saperne, l’estraevano dalla cista, e ritti
ti alcuni altari, su quegli le deponevano. In Atene, e forse altrove, era un collegio quasi di Tiadi, e diceansi Gerare; er
co, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta di divinità era costume ordinario ergere are, che poco si solleva
’opinione, perchè la statua trovata nei ruderi d’una Villa Tosculana, era situata in una nicchia che veniva da quattro femi
uali a guisa di Cariatidi facevan le veci di colonne, e tal compagnia era ben conveniente al costume di quel voluttuosissim
fo. Winkelmann che non die retta a questo parere, dottissimo com’egli era , non si nascose alcune incongruenze della comune
erchè di fatti le greche medaglie ce ne rappresentano l’immagine qual era in Anchialo sul suo sepolcro, nella quale ben si
anze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La sua nicchia era sostenuta da quattro statue muliebri, e un simile
a di quei tanti bassirilievi perfettamente somiglia. Tanto più facile era 1’ equivoco, quanto la statua di Sardanapalo in A
gure di Bacco: la nostra, per avventura, avea la mano, che certamente era levata in alto, appunto in quel gesto. Facil cosa
llora il confonderla coir immagine dì Sardanapalo, che per quel gesto era nota, e lo scriverne il nome sull’orlo del pallio
col denaro delle multe l’anno 565. Un tempio presso il Circo Massimo era comune ai tre mentovati numi. I Romani insomma no
he avvolge questa statua, o l’altra conosciuta prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto di cui una statuetta di Bacc
e a quello di peplo, che grecamente qualunque ampio mantello o coltre era proprio a significare, come che avessero poi stre
tinata in cielo sua sposa. « La bibacità d’Ercole celebrata dai poeti era un altro motivo per unirlo a Bacco, per le cui ce
he qui vediamo, e si rizzava in piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella sua destra e tornava di tempo in tempo a se
ue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancheremo di ripeterlo, era altamente progressivo. Vedi la nostra Prefazione
al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito di Dio era portato sopra l’acque, narra che le divinità egiz
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
errestre Vno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era del mondo. V. Monti, i romantici. 1. C advva da
gheggiando varit e diversi tipi. E su le prime quando a’ nostri padri era il concetto intuitivo e perfetto dell’ Ente, che
o adorando le opere della istessa loro immaginazione. Dai poeti tutto era deificato, onde l’immortal V. Monti(1). Tutto er
e. Dai poeti tutto era deificato, onde l’immortal V. Monti(1). Tutto era vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati.
Pindo alta favella. Ebbero un giorno e sentimento e vita. 5. E non era obbietto a cui non fu posto preside un Dio. Inver
esentano sotto il tipo or di uomo, or di donna. Ne’ primi tempi tutto era simbolico e conceputo per via d’immagini ; percio
ente civile, e molto meno la forma di civile sapienza ». Invero tutto era rappresentato per via d’immagini sensibili nella
a con miti descrivevansi gli avvenimenti degli uomini. Così Pane, che era ancora egli un simbolo della natura umana e selva
orano le sostanze, contendono di venire a connubio con Penelope : non era questo che un mito, cui intendevasi l’appropriato
a una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli antichi romani era vieto a’plebei impalmare le donne patrizie, e non
un’anima sparsa dappertutto e motrice della natura, che da Pitagorici era detta anima del mondo, che con un’antico emanatis
anno pieni i canti de’poeti greci e latini. E per questo ancora Giove era detto Dio del cielo, della terra e dell’ inferno,
veder Giove in tutto lo splendore di sua grandezza, quando non ancora era compiuto il tempo della gravidanza di lui, traend
aturno, ei dice(3), voltando nella nostra lingua i suoi concetti, chè era solito divorare tutte le cose che nascessero da l
e cose, che si dicono di Saturno, tutte si rifescono ai semi — Ei non era che il simbolo del tempo, che tutto genera, strug
ra(2), facendosi più innanzi, dimostra, che presso gli Egizii Plutone era lo emblema del Sole d’inverno, o del giro del Sol
ingenera una mirabile armonia in tutto il sistema planetario. Apollo era creduto come Dio della salute pubblica ; perciocc
volesse dire απελος, perciocchè è unico tutto ciò ch’è semplice. Egli era detto ancora Lemio del greco λοιμιος peste, ossia
circondate da un serpente, tra le quali quella, che sorgeva in mezzo, era un simbolo della terra. 21. A lui il vaticinio de
la rissa, rappacificandoli col tocco della sua verga. Questo mito non era che un’allegoria, cui con il caduceo intendevasi
si danno fuori tutti gli escogitati della mente » — E per questo egli era detto Cillenio, parola tutta greca, che può deriv
re di ciò con ali a talloni per significare, che il dominio dei fondi era de’senati regnanti... Sicchè questa verga alata d
vinità che ne immaginarono, onde lo dissero Dio della guerra. A Marte era sacro l’avoltoio, chè siffatti uccelli a stormi s
ne’dolori del parto. Ma di questi e di altri titoli, cui questa Diva era onorata dai greci e da’latini, è d’uopo qui trase
stati detti essi eroi, perchè nascevano da nozze solenni, delle quali era nume Giunone, e perciò generati con amor nobile,
un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor di spighe. Ella era Cerere, e fu cosi denominata, come vuole Tullio(1
onde ci nutriamo e andiamo satolli. A lei si offriva il papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondit
che fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse di lei tutto era una simbolica. Ella rappresentavasi come una donn
Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valore, era conceputa senza madre ; perciocchè la virtù ed il
volle nata dalle onde del mare, posciachè la generazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di umore e di mov
blandizie dell’elloquio, onde va illuso ancora l’uom saggio. A Venere era sacra la colomba ed il mirto — la colomba perchè
li amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cupido, ed una a lei era venerato. Chi sia questo nume ben si scorge da un
. 45. Diana — Ella fu detta da Orazio Diva Triformis, perciocchè ella era considerata, come una divinità celeste, onde conf
r altra cagione che poco dopo esporremo, e da questo triplice aspetto era detta ancora Epipirgidia e Trivia. Diana è parola
a si consacrava un fuoco perenne, e ciò per dinotare, che ella stessa era questo fuoco, o che ella ne fosse la cagione, e c
e leggiadre — vispe, chè il beneficio non deve farsi aspettare, onde era ai Greci — non esser grazia quella che viene lent
ircondavano, e disboscandola dagl’irti bronchi, dumeti e spinai, onde era ricoperta, vi portasse in mezzo la coltura. E con
ripullulando nelle molte sue teste, quando altri le troncasse, non vi era chi potesse del tutto morirla : idra variante di
he un fatto istorico personificato per mezzo di un’allegoria. Acheloo era un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia
ar del Sole nella costellazione della Vergine, denominata Lernea, chè era venerata a Lerno. III. Ercole accolto in ospitali
fegato a Prometeo — risponde al passar del sole nell’Aquario ; e ciò era indicato dall’avoltoio posto nel Cielo a fianco d
anei, che giungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui,
e mie voci, ed apprendi da me stesso ciò, che desideri sapere. Caosse era il mio nome da gli antichi. Questo lucido aere, e
vicino a questa l’aere, in mezzo la terra ed il mare. Io allora, che era stato un globo, ed un’informe mole, presi aspetto
chi avrebbe morto siffatta Sfinge — Edipo lo uccise. 70. Pane — Pane era una divinità boschereccia, e rappresentavasi nell
rchè non se ne conosce la cagione. Pane, per dir tutto in una parola, era considerato come un demone, come l’anima del mond
os animos conceperat ignes Ore dabat pleno carmine vera Dei. In Roma era una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ungo tempo vedevano svanire le antiche loro credenze. Il Paganesimo s’ era infiacchito a tal segno, che, cessata la fede ne’
ul vizio, sulla virtù, sull’anima, sugli Dei ; ma tutto ciò non altro era che spiritosa lizza d’ingegno. Ma i patrizj di Ro
e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. Cicerone nel su
oll’amor della gloria e della patria. La morte sul campo di battaglia era un olocausto agli Dei ; nè c’era cosa che così pr
rovesci delle loro armi ad auspicj negletti o mal compresi. Il campo era un tempio, e quanto più la vita guerriera teneva
ntinuamente o la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non era men piena di cerimonie politiche a un tempo e rel
del voto popolare, tutto infine nell’esercizio della libertà pubblica era preceduto, convalidato, sancito dagli auspicj ; e
re o preparare intrighi, la facilità stessa con cui ne veniva a capo, era una prova della superstiziosa credulità del popol
a scusabile in quella nazione che avea tutto conquistato, che a tutto era stata avvezza, che tutto avea sofferto, empievano
mestiero agli oracoli ed agli auspicj caduti in disuso ; e la magia s’ era arricchita della ruina del paganesimo. Nel resto
l resto del mondo soggetto al dominio romano, l’istinto religioso non era men profanato, sebbene la civiltà romana avesse i
più d’una volta avevano spaventato la fortuna di Roma. Il politeismo era ancora in fiore, più che altrove, nella Grecia, q
arti, posto a consacrare una tradizione religiosa. Ma l’incredulità s’ era già da molto tempo intrusa fra i sacerdoti, ed av
reva che la superstizione si rinverdisse con fecondità straordinaria, era l’Egitto. L’antica religione del paese, il polite
usto squisito nelle arti che formava la gloria di questa, Alessandria era piuttosto la Babele dell’erudizione profana. Il r
ni, l’India avea dischiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ; era il nuovo mondo di quell’epoca, e vi s’accorreva d
opa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro, era un’adorazione dell’Essere eterno rappresentato so
teatri : avea sopravvissuto pur anco all’incredulità che fomentava ; era divenuto una specie d’ipocrisia pubblica professa
non vivea, per così dire, che pei sensi. Il culto, simbolo vano, non era più da veruna credenza rafforzato, e conservavasi
enti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate, di punirle era d’uopo. Oh sentenza confusa dalla necessità ! Neg
lvaronsi in parte delle rapine dei Goti. Finalmente il Politeismo non era punto, com’è il Cristianesimo, una specie di reli
arsene nelle loro foreste, il mondo romano, marcendo ne’suoi costumi, era minacciato de una spaventevole dissoluzione. Fors
e l’umanità non si annoveravano fra le virtù. La classe più numerosa era schiava ; le società ondeggiavano continuamente f
società moderne. Anche l’eccesso delle prime austerità dei Cristiani era necessario : bisognova che vi fossero dei martiri
avverò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la sua morale non era di assoluta necessità, perchè i popoli sostenevan
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
comune. Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello di Delfo ; e Apollo a cui att
ora direbbesi, neutralizzato, e reso indipendente e sacro. Il governo era aristocratico o più veramente oligarchico, dipend
della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di que
passata nella lingua italiana. Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali
orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e da
o fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Colofone, perch
esser poco frequentato appena che acquistò fama quello di Delfo, che era il più centrale della Grecia e rendeva responsi i
lle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui era formata l’immagine del Nume, come asseriscono Dio
Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessan
ei287). Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’
e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa
Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ; e così ass
no gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che era l’effetto naturalissimo della impostura dei sacer
Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra l
in appresso Cicerone a dimostrare filosoficamente che la Divinazione era immaginaria e insussistente, e Catone ad asserire
per cui distinguevansi diverse città della Grecia, rammenta che Delfo era illustre per l’oracolo di Apollo : « Laudabunt a
i Ateniesi, non l’avrebbe appellata divina ; e che perciò la minaccia era contro i Persiani, i quali dall’oracolo eran chia
15 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
a le stesse passioni dell’uomo deificate, come la Invidia ecc. Questa era la più generale divisione delle gentili Divinità,
e, dover cioè venire un giorno, in cui da uno degli stessi suoi figli era spogliato temerariamente del Regno, con inudita c
’ albori a questo Dio dedicati erano il faggio, e la quercia, e tanto era il rispetto per questi, che si giunse pure a cred
liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio era addetto alle purificazioni da farsi mercè il mini
ficazioni da farsi mercè il ministero delle acque, questo mese ancora era a lui consacrato, come general presidente alle ac
ichiamando nel lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spogliato si era il gran padre istesso, con braccia distese in gen
cito insegnarli i moltiplici usi del ferro, e del fuoco, a quali cose era egli naturalmente inclinato ; onde somministrare
il buon Nume verso quel padre, che un dì troppo barbaro dimostrato si era con lui ; laonde benchè distratto da mille occupa
me partissi per consultar l’oceano pronta ad eseguire quanto quello l’ era per svelare ; ma per buona sua sorte stanca ferma
e sorriso un fiore additolle, di cui il solo tocco, ed odore valevole era all’impresa. Impaziente allora con piè veloce al
sa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fierezza era costantemente rapito, perder non volle il suo car
, sagrificii e, feste in suo onore, e culto ; benchè forse non minore era il culto, che da’ Romani a lui si prestava, si pe
e assegna Latt. lib. I de Fals. Rel. Cioè, che ad ogni Dio per quanto era possibile deputavasi una congrua vittima : quindi
cconvenivano ad un Dio di terrore, e destrezza, qual Marte appunto si era , potendosi applicare a tal proposito quella ragio
ace, a giuochi, alle adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil era potersi spedire di tante faccende, se il vantaggi
Argo dotato di cento occhi, alla cui vigilanza per cagion di gelosia era stata affidata da Giunone la Principessa Io cambi
porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri, di cui egli era Dio, quantunque volte avveniva passar per quelle,
Nume. Egli sebbene fra il sodalizio degli Dei uno de’ più rinomati si era per cagion del suo vasto singolare sapere ; pur t
lasciarsi dell a passione di lui, che in sembianza di tenero amante l’ era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica
attaccare il potente uccisore, le sue furie convertì contro di chi n’ era stato il ministro, ammazzando perciò i Ciclopi fa
iglia se molto esteso si legge il suo culto. Con particolar modo però era egli adorato in Delo, Claro, Timbra, Pataro, e so
a prestarle soccorso ; vano però fu il lor potere. Colui sol, che n’ era stato il molto industrioso Fabro esserne poteva i
’ aggiunta d’ un cuculo sul suo scettro, perchè in quello cangiato si era Giove per ottenerla al fine dopo tante reiterate
po tante reiterate ripulse in sua sposa. Suoi nomi. Con varii titoli era questa Dea comunemente salutata. Fù detta Argiva
a. Fù detta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore era il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che
an vigore era il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che solito era portarsi dalle spose nell’andare a prender marito
rovar sul lago di Siracusa il velo, che negl’amari contrasti scappato era dalle chiome della diletta sua figlia, e fatta qu
suoi affannosi viaggi(1). Di questa festa da durare nove giorni tanta era la celebrità, che neppur gl’iniziati ad essa pote
; soggetti però a si sacro, ed inviolabil silenzio, che dalla società era ben tosto bandito chiunque osava violarlo. Il sec
entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni di sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni affetti per la sua amata
nsi di amore, di venerazione, e di culto, che per empio, e scellerato era tenuto chiunque ricusava prestargli sacrificii in
gno di omaggio ben dovuto all’impareggiabile suo merito : anzi perchè era riguardata per Dea del fuoco, e pel fuoco istesso
mpii sacri ad altre Divinità ? Quale stupore se ne’ suoi tempii tanto era la compostezza de’ suoi adoratori, che anzicche e
altri anni nell’imparare ad altre nuove donzelle le sacre cerimonie, era in loro libertà o quivi terminare il resto di lor
ece, e con esito assai infelice. Durante però il tempo di trenta anni era ad esse vietato uscire dall’atrio ; eccettuato so
astighi, e privilegii delle Vestali. La violazione della loro castità era il massimo de’ delitti, e punivasi colla morte la
embra dal brandir della lancia nelle battaglie, mentre sotto tal nome era tal Dea riconosciuta per presidente delle guerre,
Venne ancor chiamata Partenia titolo designante la verginità, di cui era amante. Fu detta Tritonia dal lago Tritone, dove
e coll’Egida, che coprivale il petto, qual forte corazza, ove dipinta era la terribil testa di Medusa coverta di serpenti p
Sue culto. Questa Dea perchè amica di sensibili, e sensuali diletti era da tutti generalmente riguardata. I luoghi però n
o nore i Sacrifici detti Verticordia, acciò degnata si fosse, se pur era possibile, di allontanare le impure fiamme da cuo
come sopra si è detto, per cui qual principal divinità de’cacciatori era comunemente riguardata sotto il nome di Diana ; i
riguardata sotto il nome di Diana ; in questo sol ristretto però non era il suo ammirabil potere. Suo potere e suoi nomi.
a questo pensarono essi, che pendeva ogni cosa, e che nessun mezzo vi era per eluderne la forza. Quindi è, che domandato un
, tosto rispose, come abbiamo da Laerzio : Il solo Fato. Nè solamente era questi l’arbitro delle mortali vicende, giusta qu
ere col pingerlo tutto truce, e furibondo nel viso, se non perchè non era mai da piegarsi a qualunque siasi prece, e sospir
do poi da sagrificarsi le vittime dagli offerenti col capo non velato era la cerimonia in preferenza degl’altri Dei del tut
i, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso di queste era vietato tenersi senato, insegnarsi nelle scuole,
luto infelicitarsi con lui in quel regno, ove in triste vedute sempre era la mestizia, e l’orrore ? Orrore formavano i tre
t dictat iura Megera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto di questa Dea. Il più speciale è da dirs
ne nella Sicilia sotto il titolo di fecondatrice della terra, e tanto era il rispetto, che quel popole nudriva per essa, ch
popole nudriva per essa, che il giuramento dato in suo nome non solo era il più solenne, ma il più inviolabile ancora, sic
erciò il perno, non solamente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più forte nelle sue individuali parole. D’un t
ia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come nel natio suo suolo era apparso. Dappoichè non essendo presso i francesi
issi per esporre i moltiplici diversi affetti, da quali tiranneggiato era il suo cuore. Per tal circostanza appunto ne avve
l cespo in faccia al rio ; Se più apriva il seno oh Dio, Se la destra era più umana Or perduta hò la bellezza, Non son più
zza. Se la mano men rubella Non mi usava tanta asprezza Tutta schiusa era più bella Oltre le tre divisate specie di Sonett
Imperocchè mentre un tal verso dai quattro piedi Anapesti, dei quali era composto improntò il suo nome, nel decadimento de
di pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Proprio di esse si era addormentare col canto i miseri passaggieri, quin
abbia egli il S. uomo voluto intendere l’orrore della solitudine, cui era ridotto, prendendo allegoria da alcuni solitarii
arte. Sua contesa con Nettuno. (1). Saggia pur troppo, e prudente si era la condotta, che tener dovevano i legali, che pre
di Silvestro papa è del tutto abolita, ciò avvenne sì perche cessato era già il fine, si perche sulla pietra immolar si do
i, che fa ravvisar con maggior chiarezza il gran pregio delle Vestali era , che incontrandosi colli stessi consoli, questi p
ortossi da un oracolo per sapere cosa egli rispondesse. La intenzione era di schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che
e era di schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che quell’uccello era morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo,
odezze. Sue vendette. Suo ritratto. (1). Non una, e sempre la stessa era la materia, di cui erano composte le corone degl’
cune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era la corona di questo Dio legga chi vuole S : Ag. l
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
o dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli storic
itologia, poichè abbiamo già veduto nel N. XI, che di Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa Io trasformata in vacca, e poi in
a in vacca, e poi in Dea, sotto il nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel
da Danae ucciderebbe l’avo. Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cioè di uccider subito la figlia 
e della lor vanità, e furon chiamate le Gorgoni dalla voce gorgon che era il nome di un orribile mostro affricano. Le crede
inità marina, e perciò le chiamavano ancora le Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà di cangiar gli uomi
olpire la testa di Medusa. Dante asserisce che a tempo suo la Gorgone era già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta ch
guardando in giuso ; « Mal non vengiammo in Teseo l’assalto. » E non era un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso gl
 ; ma non potendo pervenire ad uccidere il mostro colla spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio
a una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a cui Andromeda era stata promessa in isposa, ma che però non si era
neo, a cui Andromeda era stata promessa in isposa, ma che però non si era mosso per liberarla dal mostro marino, e quindi a
e Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più di 1900 anni avanti l’ era volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico d
 : o glorïosa Madre, « O re del Ciel, che cosa sarà questa ? « E dove era il rumor si trovò presta. « E vede l’oste e tutta
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano era considerata come la Dea della Terra : ora aggiung
principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabi
recinzia, Dindimene, Idèa 43, Pessinunzia, dai monti e dai luoghi ove era adorata. Le era particolare il titolo di Gran Mad
ene, Idèa 43, Pessinunzia, dai monti e dai luoghi ove era adorata. Le era particolare il titolo di Gran Madre, tanto in gre
o del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale era
ata in Asia nella città di Pessinunte. Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo :
il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia era
te a suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe che i Frigi credevano caduta m
e città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Antichi, che era il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ;
tichi, che era il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ; e le era sacro il leone come il re degli animali terrestri
ome le dita ; dal greco termine dactilos che significa dito. A Cibele era sacro il pino, perchè in quest’albero fu da lei c
o fu da lei cangiato un suo prediletto sacerdote chiamato Ati, che si era per disperazione mutilato e poi precipitato fra i
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre di Romolo, era stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale.
come simbolo della creduta perpetuità del romano impero47. Il tempio era piccolo e di figura circolare o vogliam dire cili
ne di quelli. La Vestale che avesse lasciato spengere il fuoco sacro, era battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice
dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità era seppellita viva, in un campo, detto scellerato, f
assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la
a loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità d
47. Il Palladio Troiano, che dicevasi trasportato da Enea in Italia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tene
upplizio delle Vestali. Alcuni autori dicono che la Vestale colpevole era calata in una stanza sotterranea nel campo scelle
cellerato, e postole appresso un pane, un vaso d’acqua ed un lume, vi era chiusa ermeticamente e abbandonata senz’altro al
sopra tanta terra da riempire tutto il sotterraneo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel p
abile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso. Al secondo modo era simile la pena detta della propaginazione, che da
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
più strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza della prima che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea i
mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita
fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita da quelle. Quindi alludendo a questa origi
ndo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. Venere era considerata in principio come Dea dell’Amore, e p
a dire che questa Dea, per la sua singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in isposa da tutti gli Dei ; e questo è na
di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’eser
e le tre Grazie si annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le
ustizia senza schermi ? » (Purg., x, 123…) L’Amore malnato e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in a
i dalle colpevoli passioni. Imene o Imeneo, l’altro figlio di Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del Matrimonio
el popolo romano. Venere giovanetta uscita appena dalle onde del mare era rappresentata nuda e in una conchiglia marina, op
edici che si ammira nella galleria degli Uffizi in Firenze. Ma quando era considerata come moglie e madre, dipingevasi sple
ra un elegantissimo carro tirato dalle colombe : il fiore a lei sacro era la rosa, l’albero il mirto. Si aggiogavano al car
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
ano fu dunque considerato come il più antico degli Dei marini, perchè era il mare stesso, come Urano il più antico degli De
ra il mare stesso, come Urano il più antico degli Dei celesti, perchè era lo stesso Cielo. Quindi non solo i poeti greci e
000 ninfe Oceanine. La sua moglie che l’arricchì di sì numerosa prole era Teti 213), dea marina anch’essa, ben diversa però
ana dai fianchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione era quella di tenere allegre le Divinità del mare (co
Satiri le terrestri Divinità) e di suonar la tromba marina 218), che era una conchiglia ritorta simile a quelle dette volg
are la dea Leucotoe, il dio Palemone e il dio Glauco. La dea Leucotoe era in origine la regina Ino moglie di Atamante re di
basteranno a compir la narrazione del mito. « Nel tempo che Giunone era crucciata « Per Semelè contra ’l sangue tebano, «
so ; « E quella s’annegò con l’altro incarco »221. E l’altro incarco era l’altro figlio chiamato Melicerta ; e la favola a
uoi più straordinarii e sublimi concetti. La favola è questa : Glauco era un pescatore della Beozia, il quale un giorno si
in mar cogli altri Dei »223. Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio
primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima legato, ed era costretto a rispondere veracemente alle domande c
ico, ma non le rivela, se non costretta. Il modo di costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli allora prendeva succe
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
ra che Achille, quantunque godesse i primi onori nei Campi Elisii, si era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche po
iorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a visitare il regno delle ombre, « Non co
illustre « Parlami invece. » (Odiss., xi, trad., di Pindemonte). Non era dunque uno stato felice quello che produceva la n
anche in bocca alle Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e
ella descrizione delle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle bea
o una breve rassegna. La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati
on le man, coi piè puntando, « Spingea ; ma giunto in sul ciglion non era , « Che risospinta da un poter supremo, « Rotolava
talo è anche più straordinaria la colpa non meno che la pena. Tantalo era figlio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli
bra, e facendogli d’avorio la spalla mancante. Questo strano racconto era così divulgato e creduto, che i Pelopidi, ossia i
lla palude che cinge la città di Dite. Salmoneo, fratello di Sisifo, era sì pien d’orgoglio per aver conquistato l’Elide,
i fece così una felice allusione al continuo attinger dell’acqua, che era la pena delle Danaidi. 252. « Pars in gramin
itur tellure repostos. » (Virg.,Æneid., vi, v. 642.) 253. Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel l
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
to Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agli altri Dei, perchè egli era considerato come il portiere delle celeste reggia
abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figl
un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non era nè la Giunone Argiva, nè la Giunone Romana. La De
a Dea Muta non ci danno notizia che Ovidio e Lattanzio ; e dicono che era una Naiade, la quale fu privata della favella da
na il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica e perciò privo di a
e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dal
va la festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Perenna era una Dea adorata soltanto dai Romani, perchè crede
rosissime venuta nel Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè era considerata come una Ninfa del fiume Numicio. Ovi
no, di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si
ome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medes
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
glio direbbesi due volte nato, perchè la così detta seconda madre non era una femmina, ma un maschio. Convien dunque darne
con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una p
’uva non hanno bisogno di spiegazione ; l’ellera colla sua freschezza era stimata dagli Antichi un. sedativo ai calori ed a
poeti dicono che egli non sempre le portava, il che significa che non era sempre ubriaco. Coloro però che vogliono attribui
rumore strepitoso e selvaggio di gente che sembra impazzata. E questo era il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e spec
evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste di lui ; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’interpreta Eu
vante, che significa fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata s
io dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tu
ecc. ; così il nome di Bacco ad indicare il vino. E Bacco in origine era simbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favo
doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di p
ò colle profane « E le cose ridicole alle serie. » 203. Il crotalo era uno stromento a percussione, composto per lo più
24 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
ostici ; e se il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio di prossimi e inevitabili guai. Quanto al
ualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano q
o a sperare o a disperar d’una impresa. In ogni caso poi il loro zelo era sostenuto dai ricchi guadagni e dai lauti banchet
elle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far
o, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato di veder lavorare la gente ; laonde quand
monia religiosa nei sacrifizj. Il sacerdote assaggiava il vino di cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli assiste
la magia. Medea l’aveva propagata nella Tessaglia, ec. La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire i
vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali
ali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interam
erchè essi arrestavanu e legavanu i rei. 6. Acqua comune nella quale era stato spento un tizzone preso di sull’ ara. La te
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
umana, e facendola di origine divina. Anche Orazio disse che l’anima era una particella dell’aura divina 27). Questa per v
no però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del
e nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo. Raccontano dunque i poeti ch
erivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perchè vi si era nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30. I più cre
’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’anno. Saturno era adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva
attributi ed uffici si riunivano in uno stesso soggetto, che inoltre era considerato e come uomo e come Dio. La Grecia non
reco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quat
ave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle
oleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada. Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo
ores voluerunt) utere ; narra. 37. Il pianeta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone nel lib. 
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sett
i trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. Dai Greci era chiamato Erme, che significa interprete ; perciò
ssero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. Poichè egli era l’interprete e il messaggiero degli Dei, supposer
oleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto di tutti, o secondo la
consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasci
lmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale. Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che g
dall’orecchio al cuore157, perciò gli Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo nella musica, ed aveva pur anco inve
sercizii tanto pregiati dagli Antichi160. Perciò il culto di Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Commentarii ci las
atini non solo i mercanti, ma anche gli uomini dotti, perchè Mercurio era pure il Dio dell’eloquenza164 ; Mercuriali (secon
ione, che è qui posto a significare il pianeta di Venere, la qual Dea era figlia di Dione. 164. Orazio si annovera da s
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
gerito dalla Ninfa Egeria. La base adunque della religione dei Romani era il politeismo dei Troiani e dei Greci già profess
ine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in Roma, dopo
el tempio d’Iside a pregar la Dea per la salute di Tibullo stesso che era infermo in Corfù. I sacerdoti Isiaci portavano il
ta la stessa Dea Iside. Lo stromento sacro per le cerimonie religiose era il sistro, formato di una larga lamina di metallo
me di Bue Api. Questo bue aveva il pelo nero, e soltanto nella fronte era bianco ed in alcuni punti della groppa. I sacerdo
i Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto c
o tre giorni, avendo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne face
endo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa
tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che era considerato come Dio del silenzio, e perciò rappr
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
mpresa, come Achille nella guerra di Troia. Lo scopo della spedizione era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo
re. Chiamasi il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana era coperta di fili d’oro. S’intende subito che quest
giore unità e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurp
dei nostri novellieri. Gli Argonauti sapevano soltanto che quel paese era fra settentrione ed oriente, e in quella direzion
riente, e in quella direzione volsero la prora. Il capitan della nave era Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo d
da bocca, perchè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe, era anche il più gran divoratore, e mangiava per cinq
(arpazo) che significa rapire 69. Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizi
mitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo, di cui si era valso in altri luoghi del suo poema, narra la lib
umor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon di questo, era nïente. » (Or. Fur., xv, 14.) Conosciuti i mezzi
vevano rapito il giovinetto Ila ; il che in prosa significherebbe che era annegato in quella fonte ov’egli andò ad attinger
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
i tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era questa, com’è veramente, la più bella e sapiente
he la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbri
) : « Sovra candido vel cinta d’olivo, » e poco, dopo soggiunge che era quel velo « Cerchiato della fronde di Minerva ; 
civetta o un gufo, animale a lei sacro. Secondo alcuni poeti l’egida era un’armatura del petto con la figura della mostruo
testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera di Vulcano. Perchè p
invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli arti
er cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169. Questa Dea era venerata al par di Giove da tutti i popoli civili
nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però
o naturale, e vi si univa qualche epiteto o aggettivo per indicare se era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o re
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ntrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girando a
, come dice Dante, inventarono i mitologi che tra i figli del Sole vi era una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la quale
Sole. Fetonte, il cui nome di greca etimologia significa splendente, era creduto figlio di Apollo e della Ninfa Climene. F
per fanciullesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar per un giorno il carr
ogia. Esculapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci, era figlio di Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu
eri adoravano e a cui raccomandavansi nelle loro infermità. Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto di med
e il pallio, ossia mantello alla greca, e in mano un bastone al quale era attortigliato un serpente, simbolo della prudenza
r descritto il carro di Beatrice, alferma che neppure quello del Sole era si bello e ricco ; e che anzi al confronto parreb
 » 111. « Sì che le bianche e le vermiglie guance « Là dove io era , della bella Aurora « Per troppa etade divenivan
uesto vuole « Quei che la dà perchè da lui si chiami. » 113. Il Po era chiamato dai Latini Eridanus e Padus ; e i nostri
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
ibuto di affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi241. Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con vi
na mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea la corona ; un m
a confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inf
e, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco ag
ra riva dello Stige o dell’Acheronte. La favola ci fa sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della Notte ; che era vecchi
vola ci fa sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della Notte ; che era vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido
le sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era inappellabile. Questi giudici si chiamavano Minos
e riposo « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young, era per gli Antichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo
e Giudici dell’Inferno pagano, Dante ha impiegato soltanto Minos, che era il presidente di quel tribunale ; ma nell’Inferno
anto uffizio. — Un commentatore Darwiniano direbbe che questo giudice era uno scimmione precocemente perfezionato nella int
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
superbo e fero « Che i cuori indura e serra » come dice il Petrarca, era il Dio della guerra selvaggia, feroce, di estermi
come troviamo scritto in Omero. Differiva pertanto da Minerva, quando era considerata anch’essa come Dea della guerra, quan
u tenuta per favorevole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173.
ecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non era il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi
che d’Attila rimase178 « Avrebber fatto lavorare indarno. » A Marte era sacro il gallo, animale vigile e pugnace, emblema
179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo che era in quel tempo il primo mese dell’anno. A Marte e
ai marziali esercizi fu consacrato in Roma il campo Marzio, che prima era un fondo rustico, ossia un vasto podere appartene
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
che osservò e descrisse il corso lunare raccontano i mitologi che si era invaghita la Luna stessa. Chiamavasi egli Endimio
o di Endimione, paragonando a quello il sonno della morte138. La Luna era adorata da quasi tutti i popoli idolatri ; e Cesa
ta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana era considerata come Dea della caccia ; e credevasi c
ureo monile in forma di luna crescente. Come casta Diva e cacciatrice era d’indole seria e sdegnosa. Anche Orazio la chiama
Anche Orazio la chiama iracunda Diana ; e si racconta perciò che ella era inesorabile e puniva severamente qualunque colpa
e che qui il Petrarca parla soltanto metaforicamente. La Dea Triforme era considerata come Ecate nell’Inferno. Su questo te
n cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6 di giugno, 356 anni avanti l’ era cristiana. Fu ben presto rifabbricato non meno sp
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. Il nome latino è conse
Giove l’invenzione e la protezione della ospitalità ; Tonante perchè era creduto signore del fulmine. In Roma gli furono e
Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. La dignità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più sommi con es
di questa suprema divinità del paganesimo64. Nell’Affrica questo Dio era adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la
rchè credevasi che spesso abitasse sul monte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponn
to Olimpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio di Giove Ammone era quella che ora si chiama Dakhel, che resta all’ov
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
me reggia divenuta macello e cucina di carne umana. Trovò che la fama era minore del vero, poichè alla crudeltà ed alla bar
asi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli non era un Dio, sarebbe toccata anche a lui la stessa sor
rale esterminio ? Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era fig
dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rima
i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che era sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di ess
to l’azione del fuoco o del calore sotterraneo, in quanto che Vulcano era il Dio del fuoco e aveva le sue fucine sotto i mo
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
ungeremo in ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Eur
n bianchissimo e placidissimo toro. Europa vedendolo così mansueto vi era salita in groppa per giovanile trastullo ; ma il
e dei compagni rischiò la propria vita combattendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise.
avesse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco s
prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che significava seminati, all
ente ucciso da Cadmo58. Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che ta
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
na, Ilitìa e Genitale, ai parti ; e sotto questi appellativi o titoli era invocata dalle matrone, e in generale dalle donne
e fosse sacro alla Diva dalle bianche braccia. La concordia coniugale era già rotta da gran tempo fra Giove e Giunone ; e O
u tranquillo adempi ogni tuo senno. » (Trad. del Monti.) Malcontenta era sì, ma non rassegnata, come ben si capisce da que
Anche Dante descrivendo nel Canto xxix del Purgatorio il carro in cui era trionfalmente portata Beatrice e facendolo simile
dei quattro mistici animali a quelli del mitologico Argo : « Ognuno era pennuto di sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e
scorcio del secolo xvii fu il primo a distinguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi di differ
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
o per l’uso a cui erano destinate. La prima chiamavasi il Tartaro, ed era luogo di pena per le anime dei malvagi : la secon
lo Stige, l’ Acheronte, il Cocìto, il Flegetonte e il Lete. Lo Stige era considerato come un Dio fluviatile, e per le sue
luviatile, e per le sue acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento era inviolabile : onorificenza che fu accordata allo
’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua era sì bassa da poterlo guadare, bisognava necessaria
tornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. Il territorio del Tartaro era orrido e sterile come il paese della Fame descrit
sue stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifest
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
poesie e principalmente i Fasti e le Metamorfosi che ne son piene, si era accinto a cantar la guerra dei Giganti, e non dei
lior diritto fosse degli Dei che rimasero vincitori, mentre in questa era più veramente dei Titani che furono vinti. Erano
e di diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche ; ma la seconda era stimata, come direbbesi modernamente, una irruzio
cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un
io il gigante Tizio che si estendeva per nove jugeri, ed Encelado che era lungo quanto la Sicilia, e Tifeo che toccava il c
nti, molte e strane vicende. Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
a contenuta nell’invenzione di questo Dio e de’suoi attributi. Di che era simbolo Vulcano ? Evidentemente del fuoco, senza
adde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual Dio. Lemno era un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la
sino alle ultime conseguenze ! Chi si ricorda che anche Vesta giovane era considerata come Dea del fuoco, non si dovrà mara
a corporatura e di forze corrispondenti alla medesima. La loro stirpe era quella stessa dei Titani, poichè credevasi che fo
e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e questi c
chiamavasi Polifemo (il qual greco vocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i qual
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
glia Fenzi. Nelle antiche Guide della Città, uno di questi due Satiri era attribuito a Michelangelo. I poeti italiani hanno
molto a proposito fu creduto figlio del Sonno e della Notte. Da prima era stato ricevuto nella corte celeste come buffone d
ivo portava in mano un piccolo cipresso divelto dalle radici17. Pale era la Dea dei pascoli e dei pastori18. Anticamente,
compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. Opportunamente gli era data per moglie la Dea Pomona protettrice dei pom
simbolo vero e proprio della romana costanza, fu il Dio Termine. Non era altro che un masso, o uno stipite di pietra rozza
oma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affermano gli archeologi, ove ora e
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi
l maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemosine che era la Dea della Memoria (come indica il greco vocabo
ti adorano e invocano le Muse con entusiasmo senza pari. In Dante poi era sì grande e sì fervente il culto per queste Dee,
o sdegnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro di esso, perchè era suo padre e più potente, uccise i Ciclopi che fab
in cipresso il giovane Ciparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo
(all’Arca) « Trescando alzato l’umile Salmista, « E più e men che re era in quel caso. » (Purg., x, 64.) 124. « Io v
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
II Il Caos e i quattro elementi Il Caos era considerato dagli Antichi come il principio di tu
steva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordina
ro altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta c
ano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie era la Notte. Dei figli parleremo in appresso e direm
onfusi e misti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria era priva di luce. Non asserisce però che il Caos ste
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
essuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri 
scuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove,
se, oltre Lattanzio, non ne parlasse anche Plinio il Naturalista ; ed era il Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè a
render più fertili i terreni col fimo o concime. Plinio asserisce che era questi un re d’Italia deificato per sì utile inse
icio si conosce e s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’ era un bel numero nel Politeismo, come per esempio, i
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitivo era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di B
na lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la com
n imprese pericolosissime, immaginando che vi sarebbe perito, se egli era reo, oppure darebbe una prova della sua innocenza
mmirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorella di Stenobea. Questa, quando lo seppe, agi
55. Anche i poeti latini, quando volevano significare che una cosa era impossibile o incredibile, o almeno che essi la s
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
il padre degli uomini e degli Dei. E questo Dio più potente di Giove era il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti il Destino,
otente di Giove era il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti il Destino, era figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, s
ngevansi dagli Antichi la Necessità, la Fortuna e la Morte ; e questa era anche chiamata l’estremo fato o l’ultima necessit
ne ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. In greco era chiamata Tiche, ed aveva gli stessi attributi del
inevitabili dai mortali. Finalmente la Morte, secondo il Paganesimo, era anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutric
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso era composto si divisero ; e divisi che furono, il fu
le e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole e
Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta
origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta
e era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove100), era appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone.
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
e lo empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge : « Ancor non era sua bocca richiusa, « Quando una donna apparve sa
presta « Lunghesso me per far colei confusa. » E questa donna santa era la Virtù, che stracciando le pompose vesti che cu
collocati fronte a fronte geograficamente. La favola dice che Scilla era figlia di Forco divinità marina e di Ecate dea in
a di Forco divinità marina e di Ecate dea infernale, e che in origine era bellissima, ma poi per gelosia di Amfitrite, o, s
e voglion dire fanciulle marine e uomini marini. 228. Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed or
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
ero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazione al potere ass
uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza, a cui era dovuta la prostrazione del partito aristocratico
vorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il quale era seppellito o arso segretamente. I medici per sett
che ergesi a volo, ed inoltre vi si legge la parola Consecratio, che era il termine officiale latino significante l’apoteo
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
uron contemporanei coloro che vi presero parte. Calidone o Calidonia era la capitale dell’Etolia a tempo del re Oeneo, cir
inghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era impresa pericolosissima l’andare ad assaltarlo là
o e istupidito e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli
ento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
a Mitologia. Infatti risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anc
risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che
ra. Che più ? anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce, era una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
i : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ;
seconda classe comprendeva gli Dei inferiori o terrestri 6 ; la terza era quella degli Eroi o Semidei ; e la quarta delle V
nome derivava dall’antico verbo latino geno, che significa generare), era detto il Dio della Natura, e consideravasi perciò
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
coll’albero ; e davasi questo titolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ;
farne qualche cenno. La Ninfa Eco figlia dell’ Aere e della Terra si era invaghita del giovane Narciso figlio della Ninfa
rciso figlio della Ninfa Liriope e del fiume Cefiso ; il qual Narciso era così vano della propria bellezza che non amava ch
54 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
rodotta dallo straripamento del lago Copaide. Anche ai tempi di Silla era celebrata in Atene una festa che ricordava questo
o, su cui Danao approdò in Grecia, servi di modello ai greci operaj ; era grandissimo, e spinto da cinquanta rematori. (Ved
o, regna a Sicione. 1280. Caduta di Troja. 162 L’armata dei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
turno e di Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e della Terra), era considerata come la Dea delle biade che in sua st
over cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui
rca della smarrita Proserpina. La vittima che sacrificavasi a Cerere era la scrofa, perchè, dice Ovidio, scava col suo gri
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
a sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizione d
a sembra significare che solo ai detti suoi l’Eco rispose. Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pa
t. « Di Orazio sol contra Toscana tutta » dichiara che questo fatto era più famoso che credibile : « Rem ausus plus famae
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
etto nella classazione generale degli Dei (V. il N. III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine
per essere inteso da loro ; ma in cuor suo e per intimo convincimento era monoteista. Bastino a provarlo le seguenti massim
e diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed era il titolo che si dava soltanto al principe delle
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
articolare di Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il
ipoti, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella di far girare intorno alla Terra il firmam
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
ide ed i Troiani. Qual Nume dunque poteva esser perfetto, se tale non era neppur la Dea della Sapienza ? E se un Nume non è
logi e dai poeti attribuiti. Ma della Dea Nèmesi, Dea della vendetta, era pubblico il culto ; e fu generale tra i Pagani il
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
raziocìnio, come avvenne difatti. Giove, il supremo degli Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava,
i pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato immeritamente il titolo di Ottimo. Nel n° XI
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre.
qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deduc
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
sempre un poco più in là. Il Padre Tebro poi, ossia il fiume Tevere, era un personaggio molto serio, ed in certi casi anch
utarco e di altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo Scamandro era un fiume navigabile diverso dal Xanto. I moderni
63 (1889) The student’s mythology (2e éd.)
ainly regarding Homer’s parentage, his birth-place, or even the exact era in which he lived. Seven cities contended for the
some placing him in the ninth, others in the tenth century before our era . The latter opinion is the more probable. Accordi
hought to have lived in Bactria about twelve hundred years before our era . Ques. Was the Zend-avesta written by Zoroaster?
Ans. That they were written in the second thousand years before our era , a little later, probably, than the Books of Mose
should be accidental. It is supposed this book was written after our era by some one who had heard imperfect accounts of t
ry of Solomon — that is, he lived about one thousand years before our era . He was the son of a king, and was distinguished
of Buddha first introduced into China? Ans. About the year 65 of our era . From China it spread to Corea, Japan and Java. I
s we have seen, was introduced into China in the first century of our era . Ques. Who was Confucius? Ans. Confucius is the
64 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
33 ; — suo regno chiamato Età dell’oro, 34 ; — suo culto, 35 ; — come era rappresentato, 36 ; — invocato il primo nei sacri
gno, 265 ; — come vien rappresentata, 266 ; — sua egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 269. Minosse I re di Cret
65 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
ando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile. È noto
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
i della sua moglie Cibele. Convien sapere prima di tutto che Saturno era considerato come il Dio del Tempo, e perciò in gr
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
isi poi le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici, parve, com’ era veramente, prostituita la religione al potere pol
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
a origine, e che significa adoratori delle immagini sculte o dipinte) era dato ai Pagani, perchè rappresentavano e adoravan
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
oculare : « locus ubi focus accenditur. » Questa parola foculare, che era ed è barbara in latino, è divenuta la pura e schi
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
on le donne pudiche i fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo era figlio di Giove e di Segesta figlia d’Ippota troi
71 (1842) Heathen mythology
eir union was a happy one, and was called the age of silver, being an era of virtue, less pure, however, than that of the a
what may be seen in many other statues belonging to that astonishing era which produced it: such a countenance is seen in
about one thousand four hundred and ninety years before the christian era . In stories so remote, it is difficult to separat
72 (1883) A Hand-Book of Mythology for the Use of Schools and Academies
acular deities of Dodona and Delphi. Even in the fifth century of our era , it was not unusual to anticipate the Fates by co
m appears to have been introduced into China about the year 65 of our era . From China it subsequently extended to Corea, Ja
73 (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls
me of Venus, because she was worshiped in the island of Cyprus. Cyth′ era [Cythera]. A name of Venus, from the island to wh
74 (1898) Classic myths in english literature
pears in the works of Apuleius, a writer of the second century of our era . It is therefore of much more recent date than mo
conceded to be a work of Roman art, of about the first century of our era (and follows a type fashioned by a Greek sculptor
ecrops; see Hersë; Com. § 151. Agni; see Hindoo divinities (1). Agrot′ era , Com. § 39; see Diana. Ahriman, 36. A′jax, 254, 2
49; his sons, 49, 231, 244; Com. §§ 59, 132 (5)- Hellespont, 244. Hem′ era , day, sister of Æther and daughter of Erebus and
y, 87, 219, 222, 323; Com. § 129. Li′ber, 88; see under Bacchus. Lib′ era , 88; see under Proserpina. Li-be′thra, 188; Com.
75 (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes
pears in the works of Apuleius, a writer of the second century of our era . It is therefore of much more recent date than mo
supposed to be a work of Roman art, of about the first century of our era . It is a standing figure, in marble, more than se
m appears to have been introduced into China about the year 65 of our era . From China it was subsequently extended to Corea
76 (1836) The new pantheon; or, an introduction to the mythology of the ancients
hich was, probably? no very wide departure from divine truth. At that era , it is imagined that Polytheism likewise was intr
77 (1860) Elements of Mythology, or, Classical Fables of the Greeks and the Romans
d to have been founded about eight hundred years before the Christian era , but Virgil pretends that it existed at the end o
78 (1909) The myths of Greece and Rome
ialects. After the Agglutinative period, and previous to the National era and “ the appearance of the first traces of liter
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