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1 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
e queste favole per salti, come lo richiede un dizionario alfabetico, egli o per noiosa stanchezza finalmente si distoglie d
strade, e colle chiavi, perchè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ anno nel mese di Gennaio, che da lui tr
lui solo venne attribuito anche quello, che non gli apparteneva. Nato egli dunque in Creta da Rea, che altri hanno chiamato
po morto Giove trasportò in cielo nella costellazione della Capra, ed egli della pelle di lei si valse per coprirsene il pet
inferno. Ma fierissime guerre per conservare il regno del cielo ebbe egli a sostenere. La prima, secondo Esiodo, fu contro
I Titani vennero soggiogati e profondati nel Tartaro, che tanto, dic’ egli , s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra d
ava fuoco. Ei mosse guerra a Giove; ma’ percosso dal fulmine fu anch’ egli , secondo Esiodo, profondalo nel Tartaro; secondo
la fine avendo Vulcano a Giove forniti i fulmini, con questi rovesciò egli i giganti, e sotto de’ loro monti li seppellì. As
tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la diede poscia alla luce. Altri dissero,
no. Da molte altre e donne e ninfe, secondo gli altri Mitologi, ebbe egli poscia altri figli. Da Maio figlia di Atlante ebb
figlia di Cadmo ebbe Bacco; da Alcmena moglie d’ Anfitrione, la quale egli ingannò assumendo la sembianza dello stesso Anfit
o la sembianza dello stesso Anfitrione, ebbe Ercole. Oltracciò s’ unì egli sotto alla forma di Satiro ad Antiopa moglie di L
emi delle antiche storie, dicono che Saturno fu re di Creta, che come egli spogliato aveva del regno suo padre, cosi ne fu p
iove offerivasi nei sacrificii, era un bianco bue. Molti tempii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era qu
udo coperto di simil pelle, che prima era proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di egioce, e di cui sola
n fiore, al tocco e all’ odore di cui da se sola concepì Marte. Sposò egli Nerio o Nerione, che nel sabino linguaggio signif
da questa pretendevano i Neroni di trarre la loro origine. Oltrecciò egli ebbe da Venere Antero ed Ermione, o Armonia; dall
Allora Tereo infuriato prese la spada per uccidere le due sorelle; ma egli fu tramutalo in upapa, Filomela in rossignolo, Pr
a, di cui fu Romolo il primo re, e dopo avervi regnato molti anni, fu egli secondo la favole portato in cielo, e annoverato
Egeria chiesto a Giove un pegno della perpetuità dell’ impero romano, egli mandò dal cielo uno scudo rotondo, che fu detto a
nti in lode di Marte (sul fine de’ quali pur nominavasi Mamurio, com’ egli a Numa aveva chiesto in compenso dell’ opera sua)
lla sola Giunone lo volle figlio, come altri dissero di Marte. Nasque egli così deforme, che da’ medesimi genitori venne pre
volmente effigiate. Eguali armi, e scudi egualmente maravigliosi fece egli , secondo Esiodo, per Ercole ad istanza di Giove,
ra quello di fabbricare i fulmini a Giove: e tanta grazia si acquistò egli con ciò presso il padre, singolarmente allor quan
bianza di fabbro col martello in mano, e zoppo da ambi i piedi. Aveva egli in Lenno il principal culto. Le feste Vulcanali a
lla mirra, e dal tronco, di questo per se apertosi uscì Adone. Crebbe egli leggiadrissimo giovane, e Venere al primo incontr
mente si accese. Ma poco tempo potè godere dell’ amor suo; perciocchè egli appassionatissimo della caccia, un giorno che mal
disse cangiata da Cupido la ninfa Peristera, perchè in una sfida ch’ egli ebbe con Venere a chi sapesse coglier più fiori,
n coltello con animo di ammazzarlo, se fosse un mostro. Al vedere ch’ egli era tutt’ altro, rimase attonita, il coltello le
l dardo. Ma un dì che stanco dalla caccia sopra alla riva di un fonte egli chiamava l’ aura a ristorarlo, uno che da lungi l
chiamava l’ aura a ristorarlo, uno che da lungi l’ udì, credette ch’ egli chiamasse una Ninfa di questo nome, e riferillo a
Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la sciagura del suo cugino ed amico, fu tramutato
l’ accolse nell’ Isola Ortigia o Delo, che era allora natante, e ch’ egli poi rese ferma; e Latona, colà recatasi trasforma
ella al padre raccomandandosi fu tramutata in alloro. Oltre Dafne amò egli Giacinto, Ciparisso, Clizia, Leucotoe, Isse, e Co
attendo sopra di un sasso ribalzò in faccia a Giacinto nell’ alto ch’ egli era corso per prenderlo. Ciparisso figlio di Amic
imi, e’ quattro figlie Igica, Egle, Panacela e Jaso. La celebrità ch’ egli si era acquistata fece riguardare insieme con Apo
e a morire per lui; ed essendosi Alceste generosamente a ciò offerta, egli fu risanato, ed Alceste fu poi da Ercole tratta f
da, per cui Apollo gli fece crescere le orecchie d’ asino. Ingegnossi egli colle velature del capo a ricoprirle, ed ordinò a
apio per Dio della medicina. Qual Dio della musica e della poesia era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie d
giorno; il secondo figlio di Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli , che abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; i
e una verga attorcigliata da due serpenti, colla quale dice Omero, eh egli chiamava il sonno su gli occhi de’ mortali, o il
l Capo IV.), ebbe da ciò il titolo di Arcidiga. Vuolsi per alcuni ch’ egli abbia da Venere avuto Cupidine, per altri Ermafro
o perciò dipingevasi con una borsa nelle mani. Dio dell’ eloquenza fu egli pur nominato, e si finse che dalla sua bocca usci
o osato esse pure d’ insultare Bacco, furono cangiate in nottole. Era egli tenuto per inventore del vino, e le sue feste cel
re di Tracia che opporsi volle alla propagazion delle viti, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto
otte, e veggendol coperto di fuoco, corse atterrito per liberarlo; ma egli medesimo vi rimase abbruciato. Allorchè Trittolem
uando mirò trafitta da Cibele la ninfa Sangaride, colla quale violato egli avea il precetto di castità impostogli da Cibele
cadia, spezialmente sui monti Menalo e Liceo. Già abbiamo detto, com’ egli con un presente di bianca lana a se trasse ne’ bo
allontanare i ladri e gli uccelli. In Lamsaco città della Misia aveva egli il culto primario. Era tenuto come il più lascivo
irono Aristeo coll’ ammazzargli le api. Ma, secondo Virgilio, essendo egli ricorso alla madre Cirene, questa il guidò a Prot
erra, secondo Esiodo, fu padre delle Gree, delle Gorgoni ec. Da Omero egli e detto re dello steril mare e padre di Toosa, ch
Cicerone si accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli , fu re di Corsica e di Sardegna, e vinto da Atlan
rba nuovamente balzavano in mare, volle assaggiarne, e saltando anch’ egli in mare, divenne Dio di quell’ elemento. In modo
o da ponente. Zefiro fu marito di Glori o Flora Dea dei fiori; e come egli a noi porta comunemente il bel tempo, suole dipin
propriamente il Dio del giuramento, e punitore degli spergiuri. Rapì egli Proserpina figlia di Cerere, il che da Ovidio vie
detto figliuolo della Terra. Avendo voluto far violenza a Latona, fu egli ucciso da Apollo, e sepolto nel Tartaro, dove occ
prova gli te comparire sotto alla sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare, e dalla quale poi nacquero
ia stato punito da Giove pei’ aver ad Asopo rivelato il luogo, in cui egli teneva Egina nascosta. Ferecide disse invece, che
intorno ad esso spacciò un’ altra favola dicendo, che vicino a morte egli ordinò alla moglie di non seppellirlo; che giunto
Titani, e di Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo di astutissimo ingegno egli volle ingannar Giove stesso. Mentre accolti, dice
fu ucciso da Apollo. Cerambo, secondo il medesimo, si sottrasse anch’ egli al diluvio, fuggendo sui monte Parnasso, cangiato
Oltre le qui accennate, più altre imprese di Ercole si raccontano; ma egli è comari sentimento che molti Ercoli vivuti sieno
ia di Eneo re di Calidania e sorella di Meleagro; atterrato da Ercole egli mutossi prima in serpente, poi afferrato da lui p
niuno manifestare ove fosse sepolto. Le favole aggiunsero poi che fu egli da Giove portato in cielo e posto nel numero degl
do, che risplendea a guisa di specchio. Giunto ov’ era Medusa, stando egli sospeso in aria, e guardando, l’ imagine di Medus
fu Atalanta; ma la gloria d’ ucciderlo fu riserbata a Meleagro Volle egli , però ad Atalanta offerirne in ricompensa il capo
la pelle; e opponendosi a ciò fieramente gli Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma fu questa uccisione cagion
rimise il tizzone sul fuoco, e a misura che questo andò consumandosi, egli pur divorato da interno ardore finì la vita. Pent
premio della vittoria fu Atalanta, che Ippomene sposò; ma scordatosi egli , di renderne grazie a Venere, questa spinse li du
i andarne in traccia per ogni parte, nè ritornare senza di lei. Venne egli nella Focide a consultare l’ oracolo, di Delfo, o
rca, venne a scovrire non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Gio
he Medea irritata finse per più sicura vendetta di esser contenta ch’ egli passasse alle nuove nozze, e fe pure in suo nome
presentato come Centauro, cioè mezzo uomo e mezzo cavallo. Dicesi ch’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertiss
quale ammaestrò Esculapio affidatogli da Apollo; e la cognizione che egli avea delle stelle fu di grandissimo giovamento ag
lira traeva le piante e le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Euridice, ed essendo questa, caduta esti
nta per morsicatura di un serpente nell’ atto che fuggiva da Aristeo, egli scese all’ inferno per riacquistarla. Seppe infat
i la sua impazienza il tradì, ed Euridice gli fu ritolta. Allora andò egli solitario i pe’ boschi piangendo continuamente la
le feste Panatanee era riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi egli contro di loro, e giunto prima a Sitone ottenne c
le quali chiunque vi era introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una
rza, se non arrivavano alla misura del letto. Vuolsi pure che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava di seppell
si in pasto al Minotauro. Uno de’ sette giovani fu pur Teseo, o fosse egli uscito a sorte, o per opera di Medea, o si fosse
izia. Giovò sommamente a Piritoo l’ amicizia di Teseo nella pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli al
Teseo nella pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Atracio in
i, e strascinandolo per bronchi e sassi miseramente io lacerarono. Fu egli poi richiamato in vita dà Esculapio ad istanza di
i d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se taluno f
quale essendosi spezzato nel corso precipitò E nomao che ne morì; ed egli cosi ottenne Ippodamia ed il regno, cui poscia in
vito, a tradimento l’ uccise, e impadronissi del regno di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e d
ei contrari, pur da Minerva fu assoluto e dalle Furie liberato. Diede egli allora all’ amico Pilade la sorella Elettra in is
e, che l’ uccise di propria mano innanzi al patrio altare. Vuolsi ch’ egli perisse alla fine pel morso di una vipera. Menela
ia educare da’ pastori sul monte Ida. Ivi dalla pastorella Enome ebbe egli Dafni e Ideo; e fatto giudice della bellezza tra
quali arava, il piccol figlio Telemaco, e vedendo la premura con cui egli corse a levarlo, conobbe la finzione, e il costri
e di Troia le frecce di Ercole, costrinsero Filottete a scoprire dov’ egli fosse sepolto. Credette Filottete di non mancare
frecce ne furon tratte, cadutagli una di queste sol piede, incominciò egli a mandar tal fatore dalla ferita, che i Greci, i
atore dalla ferita, che i Greci, i quali seco preso l’ aveano, perchè egli solo trattar sapeva le frecce di Ercole, furon co
pur gli era corsa alla spada, ma fu da Pallade trattenuto. Si chiuse egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e
rre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quelle armi andar egli a combattere contro di Ettore; ma ne fu ucciso e
sser l’ erba de’ prati troiani, e bevessero l’ acqua del fiume Xanto, egli con Diomede andò a prevenirlo anzichè giugnesse n
Troia fatale fu in appresso l’ invenzione del cavallo di legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato cavallo, entro cu
egli costruire da Epeo uno smisurato cavallo, entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero gli altr
tridente. Idomeneo nel tornarsene a Creta con Merione, sorpreso anch’ egli dalla tempesta, fe voto a Nettuno di sacrificargl
abria nel paese de’ Salentini. Diodoro di Sicilia però asserisce, che egli morì tranquillamente in Creta, e che anche a suo
che anche a suo tempo mostravasi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagnia di Merione. In Calabria
e, le cui avventure vennero da Omero descritte nell’ Odissea. Partito egli da Troia con dodici navi, approdò prima in Tracia
, indi legati i compagni sotto il ventre de’ montoni che ivi erano ed egli aggrappatosi sotto al più grande, ne uscirono tut
o, finchè in Itaca non fu giunto. Radendo i lidi della Sicilia, venne egli all’ isola Eolia, ossia a Lipari, dove Eolo gli d
quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli colla sua e coi compagni che in essa erano potè c
ello, ove la maga Circe gli cangiò in, porci la metà de’ compagni; ma egli coll’ erba moli datagli da Mercurio vinse l’ inca
ola di Capri, chiudendo a’ compagni le orecchie eoa cera, e facendosi egli legare all’ albero della nave: schivò il mar burr
ze di esso, si trasformò in vecchio mendico. Sotto a questa sembianza egli andò prima da Eumeo guardiano de’ suoi porci, ove
consunto mollemente dalla vecchiezza, ma altri invece han detto, che egli fu ucciso dal figlio Telegono avuto da Circe, in
qualche guasto, ed essendo venuti Ulisse e Telemaco per discacciarlo, egli con una spina avvelenata del pesce trigono o tort
Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo re di Troia, fu anch’ egli accusato da alcuni come traditor della patria. Om
ve regnava Eleno figlio di Priamo con Andromaca vedova di Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte di Pirro. Accolto qui
unone temendo per Turno, gli presentò una falsa immagine di Enea, cui egli inseguendo fino ad una nave a ciò appostata, fu d
medesima. Venne sotto al regno di Giove l’ età dell’ argento, in cui egli costrinse gli uomini a coltivare il terreno per t
iove delibera di sommerger la terra con un diluvio universale. Scende egli prima per visitarla, e Licaone re di Arcadia aven
l’ oracolo disse che Bacco vendica con essa la morte d’ icario, a cui egli avea insegnato a coltivare la vigna; che gli ucci
lasciarsi vendere schiava, per alcun tempo il sostiene; ma alla fine egli è ridotto a mangiarsi le proprie carni. Parte I.
sco consacrato da Echione a Cibele, e per aver violato il luogo sacro egli è da Cibele cangiato in leone, e Atalanta in leon
 II. Capo VII. Mide ottiene da Bacco di cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I. Capo XIII. Apollo gli fa sorgere
sione. Parte I. Capo X. Esione è liberata da Ercole, il quale frodato egli pure de’ promessi cavalli, espugna Troia, uccide
2 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
lungamente alla corte di Creonte re di Corinto, si sparse la fama che egli avrebbe sposato Glauca figlia del re, e ripudiato
nte all’ombra di essa arrestavasi ripensando ai dì che furono, quando egli duce dei più degni Eroi, varcava su quella incogn
ta dell’Eroe e lo uccise. E forse per questa fine ingloriosa non ebbe egli dopo la morte quegli onori divini che solevano pr
t’ Anfione era quel desso che fu marito di Niobe, come dice Ovidio81, egli ebbe a provar la più crudele sventura domestica,
terra soltanto, ma pur anco nell’Inferno. Oltre i massi e le quercie egli traevasi dietro ad ascoltarlo anche le tigri e i
ere operato prodigii anche nel regno delle Ombre, ove discese essendo egli in prima vita. Narrano i poeti, e tra questi più
vipera. La desolazione di Orfeo è indescrivibile : basti il dire che egli osò scendere nelle Infernali regioni per pregar P
taneamente dovunque trovasse da uccider mostri o tiranni. Ammesso che egli fosse figlio di Giove e di Alcmena v’è da aspetta
Infatti si racconta che questa Dea cominciò a perseguitarlo prima che egli nascesse. Era scritto nel libro del Fato che regn
e accorse Ercole quando vide raddoppiarsi all’Idra tutte le teste che egli tagliava. Adoprò allora anche il fuoco per ristag
va di sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli carnivori, ed egli andò a far visita a quel tiranno, lo prese gentil
te a lui da Euristeo, parleremo fra poco. Qui convien dire che quando egli fu giunto allo stretto, che ora dicesi di Gibilte
iglio di Vulcano e che abitava in una caverna del Monte Aventino, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni di ferro fa
debolezza che in ultimo fu causa della sua morte ; la quale per altro egli incontrò con un eroismo pari a quello mostrato in
è Nesso « Che morì per la bella Deianira, « E fe’ di sè la vendetta egli stesso. » Ercole dopo qualche tempo ricominciò l
nna fra le ancelle di Onfale regina di Lidia ; e fu detto inoltre che egli voleva sposare la bella e giovane Jole figlia di
il rogo preparato per arder la vittima, vi si pose sopra come vittima egli stesso, e insieme vi stese il vello del Leon Neme
li Dei di star per lui la metà dell’anno nel regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse per sei mesi nel Cielo. Gli Astr
ù volte della costellazione dei Gemelli nella Divina Commedia, perchè egli nacque nel mese di maggio, e perciò, secondo il l
sse morigerata e civile. Nella vita privata o di famiglia, per altro, egli fu poco fortunato ; ma le sue sventure domestiche
ifae, fu chiuso insieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirne. Fingendo di voler costr
o a fatti sì antichi. » E di certo neppur la decima parte di quel che egli narra di Teseo è da considerarsi come verità isto
a di Ercole n’ebbe invidia, e agognava di poterlo imitare. Quando poi egli seppe la sua vera origine ed ebbe la spada lascia
sse tosto per andarlo a trovare. L’avo e la madre avrebber voluto che egli andasse ad Atene per mare con viaggio più breve e
gli andasse ad Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì di viaggiar per terra desiderando non già
e del filo di Arianna parla anche Dante nell’Inferno, ove afferma che egli trovò il Minotauro a guardia del 7° cerchio dei v
emplice e pietosa Arianna, alla quale pur doveva la sua salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella deserta isola di Na
ngiò subito in lutto e in rimorso. Con tal funesto augurio incominciò egli a regnare. Molte però furono le opere egregie di
a dei più celebri fatti felicemente da lui compiuti, rammenteremo che egli prese vivo il cinghiale di Maratona e lo sacrific
ivenne crudele contro il proprio figlio ; e per non farsene micidiale egli stesso, ottenne da Nettuno (creduto suo padre) ch
nno poi facevangli un grandissimo sacrificio nel giorno stesso in cui egli era ritornato da Creta coi giovani liberati dal M
ella vita di questo re raccontansi soltanto due fatti : il primo, che egli avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso
i non cercarne, perchè avrebbe ucciso il padre e sposata la madre. Ma egli non potendo tollerare un’umile ed oscura condizio
ure dai connotati della persona dell’estinto scuoprì che ne era stato egli stesso l’uccisore ; e inoltre riandando le memori
del servo che aveva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta er
scenico effetto che ne sperava : tutti però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e di cordoglio. Int
ice fiamma che ricuopre nell’Inferno le anime di Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma « ……. par surger dalla pi
enza farle mai uscir di città, perchè l’Oracolo gli aveva predetto (o egli l’aveva sognato), che sarebbero state rapite da u
a. Prima per altro di dichiarar la guerra ad Eteocle volle tentare se egli veniva a qualche equa transazione col fratello ;
poi inseguito da una schiera di soldati, li mise in rotta ed in fuga egli solo, lasciandone molti sul terreno malmenati od
andarono alla guerra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egli era nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma di lui
o disprezzo per gli Dei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe egli solo a dispetto di Giove, i cui fulmini, a quanto
i prender Tebe egli solo a dispetto di Giove, i cui fulmini, a quanto egli diceva, non gli facevano maggior paura dei raggi
Giove gli fece conoscer la differenza che v’era, fulminandolo mentre egli dava la scalata alle mura di Tebe, e precipitando
senza alcuna religione, e li chiama violenti contro Dio, ci narra che egli vide Capaneo nell’Inferno sotto una pioggia di fu
e. Molto invece fu narrato di Anfiarao e della sua famiglia. Essendo egli indovino, previde che sarebbe stato tutt’altro ch
un modo straordinario e mirabile, a quanto raccontano i pœti. Mentre egli osservava gli astri, per trame, come gli Astrolog
i gli altri pretesi Indovini antichi e moderni. Dice di averlo veduto egli stesso, e che Virgilio glielo indicò dicendo :
e, riuscì funesto anche al figlio Alcmeone che ne fu l’erede. Ne fece egli un dono alla sua prima sposa Alfesibea ; ma poi r
sua pristina forma corporea e risuscitato da Giove. Ora è a dirsi che egli sposò Ippodamia figlia di Enomao, re d’ Elide e P
condizioni durissime, cioè o di superarlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuperabile
egia stirpe troiana124. E Dante nel narrare quali degli spiriti magni egli vide nel Limbo, comincia dalla troiana prosapia d
asformazione a bella posta inventata dai poeti per significare quanto egli fosse divenuto querulo nell’estrema sua vecchiezz
o vivo da un pastore ed allevato come suo figlio sul monte Ida. Quivi egli crebbe ignaro della sua origine, e fu tra i pasto
ignaro della sua origine, e fu tra i pastori chiamato Alessandro ; ed egli è quel desso che fu eletto per giudice della bell
giudice della bellezza delle tre Dee, come dicemmo. In qual modo poi egli desse causa alla guerra di Troia si dirà subito n
in tale occasione investigando essi l’origine di lui, scuoprirono che egli era il loro fratello esposto da bambino nelle sel
l’impresa nazionale e capo di tutti i principi collegati. Ecco perchè egli è chiamato dagli Antichi re dei re, e da Dante lo
a i primi Palamede figlio di Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli , ingegnosissimo qual era, sospettò accortamente c
darlo e trattenerlo in Sciro l’affetto di Deidamia figlia del re, che egli aveva segretamente sposata ; e dalla mollezza e d
piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi di lui per trattenere alquanto
de a tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cui egli era vulnerabile, e tagliatogli quel tendine, che
venne. Anche di Enea fu detto da qualche scrittore di minor conto che egli fosse stato in qualche modo d’accordo coi Greci ;
ma oltre che di sì grave accusa non si trova traccia alcuna in Omero, egli è poi sì altamente encomiato come il pio Enea nel
Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio di lei avesse egli insultato la profetessa Cassandra figlia di Priam
ni essa presagì le loro sventure, ma pur anco ad Agamennone, e neppur egli vi prestò fede ; e quindi non potè schivare la tr
tta greca nessuno seppe più nulla di Ulisse. V’ era però speranza che egli vivesse, perchè nessuno aveva detto o sentito dir
erra di Troia si trovano chiamati ancora gli errori di Ulisse, perchè egli , come dice Omero, molto errò, cioè andò molto vag
dei Feaci (ora di Corfù) andò direttamente ad Itaca sua patria, com’ egli volle e desiderò da lunghi anni ; ma prima era an
te dir per la prima volta che Ulisse errò per dieci anni, crederà che egli in quel lungo spazio di tempo fosse stato chi sa
e delle anime degli estinti che un’impresa propria di Ulisse. Infatti egli stesso così narra quel suo miracoloso viaggio :
imiti di tempo e di spazio, determiniamo i luoghi che, secondo Omero, egli toccò, e dove più o meno si trattenne, e poi note
fosse un mostro marino, come abbiamo accennato nel Cap. XXVIII, o che egli non l’adottò, e preferì soltanto di abbellire poe
Omero a dire che Ulisse tornò in Itaca ; anzi alcuni asseriscono che egli fu ucciso prima di giungervi, ed altri che non to
te particolarità, che son tutte d’invenzione di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima di Colombo e di Paolo Tosc
ciò che ne tace T. Livio, e poi accenneremo brevemente quello in che egli concorda coi Mitologi e coi poeti. Enea ebbe il
che un terror pànico. Cicerone inoltre ci fa sapere che non è stato egli il primo a far questa distinzione, e che non solo
romani separarono la religione dalla superstizione 158. E quantunque egli non enumeri per filo e per segno tutte le idee e
per filo e per segno tutte le idee e le pratiche del culto pagano che egli credeva superstiziose, a noi basta il sapere, per
iose, a noi basta il sapere, per l’argomento di questo capitolo, aver egli dichiarata vana e insussistente la Divinazione in
hè gli scrupolosi politeisti di quel tempo non credessero che dicendo egli così mirasse ad abbattere la religione, oltre all
lunque altro indovino. Basti il rammentare che fu detto e creduto che egli avendo un giorno percosso colla sua verga due ser
ga, « Che riavesse le maschili penne. » La qual favola significa che egli conosceva più d’ogni altro i pregi e i difetti de
ioè fosse più felice la condizione dell’uomo o della donna ; e poichè egli diede ragione a Giove, che cioè fosse più felice
anto che niuno osava dubitare della veracità dei suoi presagi. Avendo egli detto nel tempo della guerra dei Sette Prodi che
terre ed una nuova patria. Credevasi inoltre che anche dopo la morte egli avesse conservato lo spirito profetico ; e Ulissè
Sibilla Dèlfica, di cui parlò il filosofo Crisippo in quel libro che egli compose sulla Divinazione. 4ª La Sibilla Cumea, o
attato De Jure Belli e nell’altro De Legationibus, coi quali trattati egli gettò le prime basi e delineò il campo del Diritt
 : Fatti in qua, si ch’io ti prenda : « Poi fece sì che un fascio era egli ed io. » (Inf., C. xxxi, v. 130) 91. Con quest
on fa altro che portar l’ esempio del modo tenuto da Omero, del quale egli dice tra le altre cose : « Nec reditum Diomedis
tretto a partir d’Atene per le calunnie della sua matrigna Fedra ; ed egli facendosi predire il suo esilio, assomiglia sè st
diso rammenta Anchise morto in Sicilia, la quale, alludendo all’Etna, egli chiama « ………. l’isola del fuoco, « Dove Anchise
3 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
però simboli ed emblemi allegorici, attinti nelle stesse credenze che egli voleva imporre ai popoli, onde farsi credere l’un
a, non pone mente alla natura materiale o fisica degli obbietti a cui egli accoppia essenzialmente, l’idea d’una causa supre
o umile e dimesso, innanzi alla sognata maestà di quell’obbietto, che egli crede divino e soprannaturale, lo riverisce e lo
te, orribili fatti : e siccome il Marchese di Condorcet lo scherniva, egli alzandosi disse : Voi, Condorcet, vi avvelenerete
uchessa di Grammont chiesto se almeno sarebbero risparmiate le donne, egli rispose : Voi, Signora, e molte altre illustri da
io, Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato a
endium. M. T. Cicerone — Oraliones. ….aspettano gli ascoltanti che egli adduca esempii antichi e gravi, ripieni di dignit
le generazioni umane in un uomo solo, e il mondo nave sopra la quale egli si fosse imbarcato per arrivare traverso il fiume
i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un tempio nel quale egli era adorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome patronim
te da lui, oltre allo spirito di divinazione, una freccia sulla quale egli traversava l’aria. Si racconta che avendo fabbric
he avendo fabbricato un flauto per Minerva, con le ossa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero alle s
ua oltracotanza lo cangiò in lucertola. Si crede da molti storici che egli fosse anche conosciuto sotto il nome di Alas-Stel
discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tenerissima età, lo immerse tutto nelle acque
rse tutto nelle acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile, ed egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel
il nome di Pirra, per tenerlo a tutti celato. Essendo così travestito egli si fece conoscere a Deidamia, figlia di Licomede.
endicare il caduto amico, fece legare Ettore al suo carro, e guidando egli stesso i suoi focosi destrieri, fece tre volte il
per la gloria, ovvero, morir giovine ricco della fama di prode, e che egli si fosse decisamente attenuto a quest’ultima scel
ro. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col quale egli veniva principalmente venerato in una città dell’
uoi nipoti un giorno l’avrebbe ucciso. Per prevenire questa disgrazia egli rinchiuse in una torre dî bronzo la sua unica fig
rca di avventure onde segnalare il suo coraggio. Passando per Lariffa egli incontrò in questa città Acrise suo avo, e lo ric
cero volendo far prova della sua destrezza nel lanciare il disco, che egli aveva inventato, il disco ricadde sventuratamente
di non esser giammai che d’ Acroncio . Cedippe, ai piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di
da Polinice, Tideo, Capaneo, Ippomedone, Anflareo e Paride e si mise egli stesso alla testa di quell’esercito. È questa spe
tanto addolorato, che sebbene il padre del morto lo avesse perdonato, egli non potendo reggere al suo rimorso, si trafisse s
venne a farsi render conto del male acquistato retaggio, e se ne rese egli stesso padrone. Da questo fatto la tradizione mit
a che uno straniero gli toglierebbe il regno e la vita ; e che perciò egli avesse adottato il barbaro costume di far sagrifi
corsa. 141. Afetore. — Denominazione data ad Apollo dagli oracoli che egli rendeva in Delfo, e dal sacerdote che li ripeteva
iccolini — Polissena, Tragedia Atto II. Durante l’assedio di Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a causa d’una
nare in patria, allorchè Cassandra, figlia di Priamo gli predisse che egli sarebbe stato assassinato in Argo, ma Agamennone
po la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli edificò la città di Pafo. 157. Agastene. — Re deg
sercizii del corpo. Però violento e brutale, e di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotessa di Pallade, nel tem
’è divenuto celebre, e che gli si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha preso il partito di tacere, ed è diventato mut
morte furono in considerazione della Dea innalzati varii monumenti ed egli stesso assunto agli onori eroici. 228. Alalcomena
ato incolpato d’aver preso parte alla morte di Crisippo suo fratello, egli si rifugiò in Megara, dove uccise un leone che av
aroe erasi celato. Vedendo intanto che le prime espiazioni alle quali egli erasi sottoposto non andarono coronate di success
rne delle altre presso Acheolo padre di Calliroe, la quale in seguito egli sposò dimenticando i legami che lo stringevano ad
contro Giove. Minerva lo gettò fuori il globo della luna, nella quale egli erasi rifugiato. Alcioneo aveva il potere di risu
rotio che Marte uccise per vendicare l’oltraggio. Per questa vendetta egli venne citato in giudizio innanzi ad un tribunale
dato ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re di At
arte. Essendo un giorno in sentinella alla tenda di questo Dio mentre egli era con Venere, Aletrione si addormentò, e lasciò
e pollici, e non potendo a causa della sua estrema vecchiezza, andare egli stesso alla guerra, vi mandò i due giovanetti, i
esi. 338. Amisodar. — Re della Licia. La tradizione favolosa dice che egli fu marito d’una donna a nome Chimera, la quale av
hiamò in suo aiuto Nettuno, il quale la liberò dal satiro, ma le fece egli stesso l’insulto che il satiro volea farle. 341.
Cinira addormentato in una sconcia positura, e deriso dalla nuora che egli poi maledice e discaccia dal tetto paterno, non è
alla nuora che egli poi maledice e discaccia dal tetto paterno, non è egli forse un fatto completamente simile a quanto ci v
gli armenti del re Admeto. Fu del paro sulle rive di questo fiume che egli uccise il satiro Marfiaso e che amò Evadnea, Lico
ise il satiro Marfiaso e che amò Evadnea, Licoride e Hacinta la quale egli poi uccise per inavvertenza giuocando alla palla.
te stava per impalmaria, Sisifo figlio di Eolo la violò, e che quindi egli e non Laerte fosse il vero padre di Ulisse. 470.
ica discepolo di Socrate. Per assistere alle lezioni del suo maestro, egli ogni giorno traversava una distanza di cinque mig
avesse dovuto lavarsi nelle acque del Tebro. Corace obbedì, e, mentre egli bagnavasi, il re fece rapire la vacca, la svenò s
to di fuggire dalla sua patria, per ragioni che la favola non ripete, egli si stabili su di una montagna della Beozia, che d
’articolo precedente. 487. Aonio Dio. — Denominazione di Bacco perchè egli era della Beozia, chiamata anche Aonia. Veniva co
e sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Durante questo esilio, egli si ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse
ra venerato con culto particolare, perchè generalmente si credeva che egli non abbandonasse mai il recinto di quella città.
lio di Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico di Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Argesio. — Fu il nome di uno
racia, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli era stato largo di cortesi accoglienze si offriro
lo costrinse a bere una così sproporzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulin
padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, secondo Virgilio la città
l’alta Sponda si studia di sferrar d’ Achille Il frassino : tre volte egli lo scosse Colla robusta mano, e lui tre volte La
liuola di Filanto, la quale essendo caduta in potere di Ercole quando egli espugnò la città di Efina in Elide fu da lui amat
dei venti, il quale dopo del padre regnò nelle isole Lipari, nome che egli in memoria del padre cangiò in quello di isole Eo
enti ; Vedendo che i suoi fratelli avean dichiarato la guerra a Giove egli scatenò anche i venti suoi figli contro di lui ;
elicerte e Learco. 658. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila sua prima moglie. sposò in seconde
bele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per altro egli pose in obblio essendosi perdutamente innammorato
o dallo oracolo di tenersi in guardia contro un altro figlio di Giove egli ne fu così afflitto che non volle più vedere alcu
osto d’onore per Aiace loro famoso eroe come se fosse ancora in vita, egli piombò improvvisamente su quel posto e ricevette
da questa indifferenza, per vendicarsi lo accusò al marito come aver egli voluto attentare al suo onore. Preto, per non vio
Gli furono inoltre suscitati contro una infinità di nemici dei quali egli trionfò sempre, rimanendo, per valore e destrezza
delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sulla quale mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso al
one. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mantova, alla quale dette quest
. Alcuni scrittori dicono che tal nome gli venisse dalla scure di cui egli si servì per recidersi le gambe. È questa una opi
. Branchide. — Soprannome di Apollo che a lui veniva da un tempio che egli fece innalzare in onore di un giovanetto per nome
amente le armi, e a vendicare con la morte di Ettore (il cui cadavere egli trascinò legato al suo carro per tre volte intorn
e, e narra di lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una Diana, egli l’avesse fatta collocare in un luogo elevato, per
ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al quale egli preparava la stessa sorte. È generale credenza, a
pita sua sorella Melia, nè potendo costringere Apollo a rendergliela, egli appiccò il fuoco ad un bosco consacrato a quel Di
o. Minerva allora ordinò a Cadmo di combattere il mostro, ed avendolo egli ucciso, ne seminò i denti, e, come per incanto, u
Canopio Ercole. — Era l’Ercole Egiziano, così detto per un tempio che egli aveva nella Città di Canope, di cui nell’articolo
oro che portarono soccorso a Polinice nel famoso assedio di Tebe, ove egli comandava gli Argivi. Giove irritato dalle atroci
egli comandava gli Argivi. Giove irritato dalle atroci bestemmie che egli scagliava contro il cielo, lo incenerì con un col
io che aveva in Beozia, e propriamente nel luogo ove si credeva fosse egli passato allorchè incatenò Cerbero. V. Cerbero. 98
Priamo e di Ecuba. Questa principessa si promise sposa ad Apollo, se egli avesse voluto darle la conoscenza dell’ avvenire 
, non pose mente alla predizione, la quale peraltro si avvero, appena egli fece ritorno in patria (vedi Clitennestra). Final
Giove, che gli veniva dai prodigi per mezzo dei quali si credeva che egli palesasse agli uomini la sua volontà. 996. Catact
rtosi che sua sorella Bibli, ardeva per lui di una flamma incestuosa, egli abbandonò la sua patria e andò nella Caria, ove e
bachi da seta e in armenti di buoi. 1018. Ceade. — Padre di Eufenio : egli è ricordato nella tradizione mitologica, per aver
l nome di Cecolo, a causa dell’estrema piccolezza degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita di furto e di brig
o, e fabbricò la città di Preneste. Avendo dato dei giuochi pubblici, egli esortò i cittadini a fondare un’altra città. Ma c
fecero attenzione alle sue parole, non credendolo figlio di Vulcano, egli invocò suo padre, dio del fuoco, e il luogo dove
’ Attica ove sposò Aglaura, figlia di Acteo, re degli Ateniesi, a cui egli succedette nel governo. Cecopro fu soprannominato
di Procride. Aurora, innamoratasi di lui, lo rapì, ma indarno, poichè egli non volle acconsentire alle amorose voglie di lei
i vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procride, sua moglie che egli amava passionatamente. Ritornato in patria, Cefal
essa arme ch’ella gli aveva donato. Riconosciuto il suo fatale errore egli si trafisse col ferro stesso. Giove mosso a compa
48. Ceneo. — Soprannome di Giove a causa del promontorio di Cene, ove egli aveva un magnifico tempio e dove gli si rendevano
ffetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta di alberi ed egli fu cangiato in uccello. Costui nacque in Tessagl
ole, e prese, E strascinollo al nostro almo paese. Mentre quel mostro egli strascina, e tira Per lo mondo, cui splende il ma
estrino. — Figlio di Eleno e di Andromaca. Dopo la morte di sno padre egli andò a dimorare sulle rive del fiume Tiamio in un
i a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove egli è raffigurato, anche oggidì, tra i segni dello zo
a, seguitando il suo simbolo anche dopo codesta metamorfosi, dice che egli ricordandosi del fulmine di Giove, che aveva ucci
essendosi confederato ai trojani nel famoso assedio della loro città, egli combattè contro Achille rimanendo esente da ogni
ome di Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella Beozia, dove egli aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere
prannome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli era particolarmente venerato e dove aveva un famo
o si dipinge sovente armato d’una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò di una grossissima clava per combattere c
bramo ? Elettra, Piangi l’error di traviata madre. Piangi, chè intero egli è. La lunga assenza D’un marito crudel… d’Egisto
sse sottratto Dedalo alle persecuzioni di Minos, se ne fosse disfatto egli stesso poi per proprio conto. È questa un’opinion
respinsero sempre valorosamente gli assalitori. Scorato dell’impresa, egli s’accingeva a togliere l’assedio, allorchè Cometo
Cassandra tentò invano di farlo allontanare dal teatro della guerra ; egli volle ostinarsi e vi si recò ; ma i dolorosi pres
uesti non potendo vivere senza suo figlio, allesti una flotta e mosse egli stesso a rintracciarlo. Egli sbarcò all’isola di
Ercole contro il gigante Gerione, gli fossero mancate le frecce e che egli avesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avess
uomo, il quale volendo burlarsi della Pitia, andò ad interrogaria se egli avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il qu
e egli avesse potuto ritrovare il proprio cavallo, il quale per altro egli era ben lungi d’aver perduto. Apollo sdegnato, fe
a cangiò in lauro. Apollo allora consacrò quell’arboscello a Dafne ed egli stesso si fece di quelle foglie una corona, che p
e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato di fuggire dall’isola di Creta, e si
asciò bruciare Deifone. 1384. Deilone. — Amico e compagno di Ercole ; egli Io seguì nella guerra contro le Amazzoni. Fece an
Amazzoni. Fece anche parte della spedizione degli Argonauti, i quali egli raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. —
e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un frate
arato sulla strada che doveva percorrere, crollò dalle fondamenta, ed egli se avesse seguitato il suo viaggio, sarebbe senza
ivano, come colpite da terrore. Attratto dalla curiosità, si avvicinò egli stesso, e colpitto dai vapori che esalvano da que
angiato in lupo. La tradizione mitologica ripete che dopo dieci anni, egli riacquistasse la sua primitiva forma di uomo, e c
dimorava nelle viscere della terra. L’allegoria mitologica narra che egli si fosse innalzato nell’aria su di una palla, e c
e di Tessaglia, figlio di Prometeo e marito di Pirra. Al tempo in cui egli viveva, un diluvio universale distrusse tutti gli
isentire dell’austera semplicità dei primi tempi. In talune occasioni egli avea diritto di togliere i ceppi ai prigionieri e
rannomi di Diana. 1440. Dictisio. — Così avea nome uno dei centauri : egli fu ucciso da Piritoo. 1441. Didima. — Secondo l’o
uritania o Taugitana, governata da Iarba, re dei Getuli. Dapprincipio egli si oppose a che Didone coi suoi seguaci si stabil
Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri di gloria, avendo in un incontro ferito
il governo dell’Etiolia, e venne a stabilirsi in Italia. Si dice che egli vi fosse ucciso da Enea e che i suoi seguaci ne f
, e figliuolo di Marte e di Cirene. Secondo la tradizione mitologica, egli possedeva dei cavalli furiosi, i quali mandavano
deva dei cavalli furiosi, i quali mandavano flamme dalle nari ; e che egli nutriva di carne umana. Ercole per comando di Eur
e si rese celebre per le sue crudeltà, e per la nessuna reverenza che egli ebbe verso gli dei. Egli demoli il tempio di Pros
 — Soprannome che si dava in Argo ad Apollo, a causa di un tempio che egli avea sopra altissimi dirupi. La cronaca mitologic
uale correva. Nella speranza di avere in premio i cavalli di Achille, egli accettò di essere spia trojana nel campo dei Grec
nel campo dei Greci ; ma sorpreso da Diomede e da Ulisse fu ucciso ; egli era figliuolo dell’araldo Eumede. 1493. Dolope. —
Gli abitanti misero a prezzo la sua testa, e la cronaca racconta che egli stesso, stanco della sua vita di delitto, persuas
lebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina,
aco. — Figlio di Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stat
rutti tutti gli abitanti dei suoi stati, da una terribile pestilenza, egli ottenne da suo padre Giove che tutte le formiche
figliuoli del re Priamo. In un combattimento sotto le mura di Troia, egli fu ucciso unito al fratello Cromio, da Diomede.
Tebe, era il premio serbato a colui che avesse risposto alla Sfinge, egli la sposò dividendo per tal modo il talamo nuziale
ti insieme e li divise con un colpo di bastone : nell’istesso momento egli fu trasformato in donna, e secondo la tradizione
nnodaro D’aspre catene. Un anno avvinto e un mese In carcere di ferro egli si stette, E forse vi peria se la leggiadra Madri
. — Figlio di Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Attica di cui i Mezioniti eransi re
aceva il terribile viaggio, con altrettante di colore bianco, ove mai egli , per una speciale grazia dei numi, fosse ritornat
in patria sull’istesso vascello che lo avea ricondotto in Creta ; ma egli e i suoi compagni, nell’ebbrezza della gioja, dim
la capra Amaltea, che avea col suo latte nutrito il re dei numi e che egli aveva chiamata col nome particolare di Egida, dal
do Diomede ritornò in patria, Egilia attentò alla vita di lui, perchè egli non soddisfaceva alla insaziabile voluttà di lei.
l’origine, e gli affido l’incarico di assassinare Tieste, che allora egli riteneva prigione. Tieste riconobbe la propria sp
ane, che a lui veniva da una parola Greca che significa capro, perchè egli essendo stato posto dal volere di Giove fra gli a
o a ricoverarsi in un’isola deserta nelle vicinanze dell’Egitto e che egli fosse costretto a far colà una lunga dimora perch
ssa a pietà di Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso di Lui, egli apprese il modo di rendersi Proteo favorevole. V.
ome una delle cinquanta Enereidi. 1607 Ejoneo.Fu l’avo di Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia di suo genere. V.
o di Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti di Eubea che aveva condotto
rcito, s’impadronirono di Eleno con l’astuzia. Giunto al campo nemico egli predisse ai Greci che non avrebbero mai distrutta
— Libro III. Trad. di A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria di un suo fratello per nome Caone, da
aco ed altri — V. Anaxo — Da una schiava della Frigia per nome Medea, egli ebbe anche un altro figliuolo detto Licimnio. Rit
figliuolo che la confortò a non affliggersi della sua morte, giacchè egli era stato trasportato in cielo ove quella flamma
poli, tanto più che qualunque sarebbe stata la risposta dell’oracolo, egli avrebbe sempre compiuta la spedizione, che da lun
li un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli non scrisse nessuna domanda ; ma non andò guari c
’è più probabile, imperio delle superstiziose credenze di quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col
ltro messaggio all’oracolo, col quale gli domandava se dopo la guerra egli sarebbe ritornato in Roma. Per tutta risposta egl
se dopo la guerra egli sarebbe ritornato in Roma. Per tutta risposta egli ebbe dall’oracolo una vite fatta in pezzi. Macrob
ed Esiodo ripetono, che Saturno era il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con sua moglie Rea. Omero e Virglio scris
irce, cangiato in majale. Avendo riacquistata la primitiva sua forma, egli corse con tanta velocità, onde raggiungere i suoi
dimento di grazie al nume che Elpide aveva invocato nel suo pericolo, egli , ritornato in Samo, innalzò a Bacco Samio un temp
Ematione. — Famoso masnadiere, figlio di Titone. Feroce e sanguinario egli trucidava tutti i viandanti che cadevano nelle su
ove, così si esprime, narrando il fatto a cui noi accenniamo, sebbene egli lo riporti chiamando Encelado, col nome di Tifeo 
elado fosse schiacciato sotto il carro di Minerva. Altri pretende che egli fosse già in fuga e che Minerva lo arrestasse get
unone, lo condannò a dormire per lo spazio di trent’anni. In seguito, egli fu passionatamente amato da Diana, la quale per v
o, nè meno prode degli altri guerrieri della sua parte ; e ben presto egli fu ritenuto nelle file Trojane, uno dei più valor
file Trojane, uno dei più valorosi campioni, dopo Ettore ; ed invero egli combattè eroicamente in tutti gli scontri ch’ebbe
mia scoppiata in quell’isola, lo costrinse a riparare in Sicilia, ove egli e i suoi Trojani ebbero le più affettuose e cordi
gue Ergerassi a le stelle. Or se del vero Punto è ’l mio cor presago, egli è quel desso Cred’io che ’l Fato accenna, e ’l cr
ttaglia, le sorti della quale già volgevano contrarie ad Enea, quando egli sparì ad un tratto, e l’opinione degli storici è
nea, quando egli sparì ad un tratto, e l’opinione degli storici è che egli si annegasse nelle acque del fiume. La favola per
li onori funebri con gran pompa e solennità, e volle che il luogo ove egli morì fosse dal suo nome detto Eneo. È opinione di
E Cain conobbe la sua moglie. ed ella concepette e partori Henoc. Poi egli si mise ad edificare una città e la nominò dal no
itenuto come uno dei più sapienti dell’Asia. La tradizione ripete che egli comandasse i Miseni ausiliarii dei Trojani nel de
primo a stabilirsi in Italia con una colonia greca. Secondo Virgilio egli dette anche il suo nome a tutta questa contrada c
e. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’in
enzione di diverse macchine da guerra. Vari scrittori asseriscono che egli avesse fabbricato il famoso cavallo di Troja. 171
he nella sua gioventù avendolo suo padre posto a custodire la gregge, egli assiso in una caverna fu sorpreso da un profondo
rò per lo spazio di cinquantasette anni. Destato da un forte strepito egli cercò la sua mandra ma non avendola rinvenuta s’i
fosse. Finalmente fu riconosciuto dall’ultimo dei suoi fratelli, che egli avea lasciato bambino di pochi anni, e che ritrov
ricompensare Epimenide, offerendogli un’ingente somma di danaro, che egli ricusò, accettando solo un ramoscello di alloro.
Giove gli fece inviandogli per mezzo di Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo rese padre di Pirra. Vedendo però
he si cantava ai funerali. 1739. Epione. — Moglie di Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra gli uomini i più celebr
Anfione e Zeto ; e fabbricò inoltre un tempio a Minerva per la quale egli ebbe in tutta la sua vita una particolare divozio
che ebbe caro Epopeo, fece quand’egli morì, scaturire dal tempio che egli stesso le aveva innalzata una fontana di olio. 17
vittoria al suo non comune ardire, ed alla bravura dei soldati, pure egli tenne il voto e per fare che il tempio della Fort
ai numi e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di
mente questo, nella lingua indigena, veniva chiamato Som ; in seguito egli era uno fra i dodici dei maggiori dell’antico Egi
care Ilione, (secondo la erronea opinione di varii moderni mitologi,) egli , accompagnato da un piccolo numero di soldati e d
nariamente Ercole si chiamava Alcide (nome eminentemente greco) ; che egli ricevette poi a causa delle persecuzioni di Giuno
ero dei tempi eroici. Dotato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua audacia fino a disfidare g
ua audacia fino a disfidare gli dei, alla volontà dei quali per altro egli si sottopone durante tutta la sua vita. L’odio di
edice le gloriose gesta dell’eroico fanciullo, e come, dopo la morte, egli verrà annoverato fra gli dei. Tal magnanimo eroe
L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il quale fatto
un colpo di lira per il quale fatto, richiamato innanzi ai Tribunali, egli si difese, richiamando alla memoria dei giudici u
vesse respinto la forza con la forza. In conseguenza di questa legge, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, temendo che l’indole
e vestita di abiti magnifici. Questa cercò di attirare a sè Ercole ma egli la respinse e si decise a seguire il cammino dell
lleria nemica di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli , con la sua forza soprannaturale, aveva fatto cad
riamente all’esilio pel dolore cagionatogli da questa azione crudele, egli si recò a Delfo onde consultare l’oracolo, per sa
e abitare, e fu, secondo il parere di Apollodoro, in questa città che egli ricevette per la prima volta dalla Pitonessa il n
uardano il periodo della esistenza di Ercole che precede il tempo che egli passò presso Euristeo. Essi sono soprattutto disc
io non lo colpì che al suo ritorno dai regni infernali. Fu allora che egli uccise Megara e i suoi figli, ma cadde egli stess
infernali. Fu allora che egli uccise Megara e i suoi figli, ma cadde egli stesso sotto il peso di un’enorme pietra che Mine
one. Altri rapporta come, volendo espiare l’uccisione dei suoi figli, egli avesse seguito il comando di Apollo, e si fosse i
più generale e la più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che egli eseguisse le sue celebri dodici fatiche, e che in
cce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile di una pod
terribile idra di Lerna, le cui sette teste rinascevano a misura che egli le avea troncate. Ciò non pertanto l’eroe trionfò
le dodici fatiche imposte ad Ercole, dicendo che per uccidere l’idra egli aveva dovuto avere il soccorso di qualche nume. P
a fatica Ercole pervenne ad impadronirsi della cerva. Cerinitide, che egli raggiunse al corso, e che portò viva nella città
i recava nella Focide, le cui campagne erano desolate da quel mostro, egli mise in fuga e debellò i Centauri. ……. Oh mani O
egnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo scopo, egli dovette deviare il corso dei due fiumi Alfeo e Pe
bdero, ucciso in una battaglia. Poi, combattendo contro le Amazzoni ; egli si impadroni del famoso scudo della loro regina.
selvaggi e finalmente giunse nella Libia. Fu in questa traversata che egli uccise il famoso ladro Caco il quale aveva deruba
— Libro VIII trad. di A. Caro. Traversando la contrada di Tartessia, egli innalzò due colonne in memoria del suo viaggio, s
vamente incomodato dai raggi infocati che il sole saettava su di lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il quale ammiran
ca d’oro di cui si servi per attraversare l’Oceano. Giunto ad Euritia egli s’impadronì degli armenti di Gerione, li mise nel
ringraziamento del dono ricevutone. Passando in seguito nella Liguria egli combattè e vinse Alebione e Dercio i quali voleva
se Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’era impadronito, avendo ucciso i suoi due nemic
fiamme dalla bocca. Ercole combattè il mostro e l’uccise. Finalmente egli lottò col gigante Anico, e similmenie lo uccise,
la Terra, sua madre, cioè, di raddoppiargli le forze, ogni volta che egli toccava il suolo. V. Anteo. Finalmente dopo lungh
toccava il suolo. V. Anteo. Finalmente dopo lunghe e penose fatiche, egli giunse a guidare quasi tutto l’armento ad Euriste
ente la coppa, nei sacrifizii che si offerivano ad Ercole. Finalmente egli discese all’inferno, ove incatenò Cerbero V. Cerb
ove, e quella fraude in lui Col servaggio puni. Chè se vendetta Fatto egli avesse con aperta forza. Perdonatò gi avria ; ma
opi specie di spiriti malefici. Passato quindi nella città di Aulide, egli uccise Sileo insieme alla figlia Xenodice, poichè
gli astanti ne lo impedirono. Sbarcato in seguito all’isola Dolichea, egli vi trovò il corpo d’Icaro, l’onorò di sepoltura,
ome figlio di Giasone. Gli Argonauti scelsero Ercole per loro capo ma egli ricusò quest’onore temendo di maggiormente eccita
o corpo faceva affondare la nave, e che abbandonato dai suoi compagni egli fosse giunto in Colchide per un cammino sconosciu
uale dette in moglie a Telamone. Al suo ritorno da questa spedizione, egli fu spinto da una tempesta suscitata da Giunone, s
nte ferito, ma Giove lo guarì istantaneamente. Dopo questa spedizione egli si rese a Flegra, ove per comando di Minerva, com
inerva, combattè contro i giganti in favore degli dei. Al suo ritorno egli instituì i giuochi olimpici, ed innalzò dodici al
era venuto in soccorso degli abitanti di Pilo. Da quest’ultima città egli marciò contro Lacedemone per vendicarsi di suo fi
te il dono del fatale Altro. (V. Delanira). Soggiornando in Trachina, egli si impadroni delle città dei Driopi, protesse Egi
lla Eubea, ed altri in Tessaglia. Resosi padrone delle città nemiche, egli uccise Euriteo e i tre figli di lui, e si rese pa
ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti combattendo al suo fianco, egli mise la città a sacco ed a fuoco, e condusse con
o. Dappoichè salito sul monte Eta e avendovi fatto innalzare un rogo, egli dopo esservisi coricato ordinò che vi venisse app
nisse appiccato il fuoco, obbedendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’era rivolto nelle sue più crudeli sofferenze. N
erse città della Roma Imperiale, possedevano monumenti simili, in cui egli veniva adorato o sotto il suo proprio nome, o con
orze fisiche, nella sua comcompleta maturità maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’una pelle di leone. Le sue armi son
ebbe dovuto sagrificare a Proserpina, una delle quattro figliuole che egli aveva carissime. Però le quattro giovanette si am
lui è ripetuto dai mitologi e dai cronisti dell’antichità, per avere egli fatto uccidere tutt’i sacerdoti del suo paese, te
tte a Tifi nel governo della nave degli Argonauti, secondo la cronaca egli fu figliuolo di Nettuno. 1775. Eribea. — Moglie d
di lei per essersi nascosto invece di andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe morto, secondo che gli aveva rivelato l’a
a e re di Preneste. La tradizione ripete di lui uno strano fatto, che egli cioè avesse ricevuta da sua madre tre anime e tre
nne. In quanto al pescatore, la tradizione ripete che da quel momento egli ricuperò la vista, della quale godè fino all’ulti
i o piuttosto l’indroduzione dell’uso di essi in Atene. Dopo la morte egli fu assunto fra gli astri, sotto la costellazione
e i suoi genitori, per antiche inimicizie, non avrebbero mai aderito, egli per vedere la sua amata traversava a nuoto un tra
mente non più reggendo all’ansia che lo divorava, nella settima notte egli si lanciò nell’onde, ma travolto dal furore di qu
coperto a cui nessuno ardiva toccare, meno il gran sacerdote, perchè egli solo sapeva, il tempo in cui la madre degli dei s
vola materna di Esaco, gl’insegnò l’arte di predir l’avvenire ; e che egli ancor giovanissimo, predisse a Priamo (quando que
iporta che Minerva gli avesse dato il sangue della Gorgone, col quale egli risuscitava i morti. …… La cui somma virtute Di
orti. Finalmente dopo aver richiamati alla vita Ippolito e Glauco, fu egli stesso ucciso dalla folgore che Giove gli lanciò
ro l’altro. La tradizione dice che per mezzo di un simile incantesimo egli avesse saputa l’epoca della sua morte, ciò che pe
rese padre di un fanciullo che fu chiamato Orcomeno. Divenuto adulto egli fondò nella Beozia una città conosciuta sotto lo
come un semplice particolare. Esone fu padre del famoso Giasone, che egli sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele g
nza anche dopo la morte, di quanto avveniva nel mondo ; e l’altra che egli passerebbe metà dell’anno tra i vivi e l’altra ne
, Eteocle fu il primo a regnare per un anno, ma compiuto il suo tempo egli ricusò di cedere il potere al fratello. Polinice
azie, e ad istituire le cerimonie del loro culto. Per questa ragione, egli era riguardato come padre delle Grazie ; le quali
ggi cotesto Sterminatore, non istargli a petto, Sciaurato ! Non io, s’ egli l’uccide, Non lo darti potrò, caro germoglio Dell
ndonato un solo istante per lo spazio di dieci anni. Ciò bon ostante egli attacca valorosamente il terribile nemico, del qu
pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stesse di quella città, che egli aveva difesa a costo della sua vita, fu abbruciat
decreto del senato, premiato con la sacra dei corona, in segno d’aver egli compiuti, con molto decoro della repubblica, alcu
nza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel servitore che egli potè sterminare tutti gli amanti di Penelope. V.
antichità, su questo personaggio di origine egiziana. Secondo alcuni, egli era figlio del poeta Museo, e secondo altri di Or
file e n’ebbe un figliuolo che fu questo Euneo. Secondo la tradizione egli diventò re di quell’isola alla morte dell’avo, e
Euridea. — Balia di Ulisse la quale fu la prima a riconoscerlo quando egli ritorno un giorno ferito dalla caccia al cignale.
ominciò ad avere qualche lucido intervallo. In uno di questi momenti, egli decise di andare a Delfo, onde consultare l’oraco
e visto gli apparecchi di un sacrifizio cruento ; e che in quel luogo egli avesse dovuto deporre la cassa che gli era stata
i Diana Triclaria. Risovvenendosi allora della volontà dell’ oracolo, egli si fece riconoscere da quegli abitanti, e salvò l
ati gli Argonauti spinti da una tempesta sulle spiagge del suo regno, egli avesse dato loro un naviglio onde servirsene di s
idesse di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più belli principi dei suoi tempi e c
e e Tullo Ostilio che succedette a Numa nel governo, volle fare anche egli la medesima evocazione ; ma non avendo adempiuto
ti necessarî a simili cerimonie fu, secondo la tradizione, incenerito egli stesso. La seconda specie di Evocazione era quell
l’altro dei Fabiani. 1926. Fabio. — Uno dei figliuoli di Ercole, che egli ebbe da una figlia del re Evandro, per nome Vindu
bbe da una figlia del re Evandro, per nome Vinduna. Al dire di Festo, egli chiamavasi da principio Fovio dal latino Fovea ch
. La tradizione mitologica narra di lui uno strano fatto, dicendo che egli aveva male gli occhi in così triste modo, che era
to così sorprendentemente belio, per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone di una na
llo intento desiderato fu inviato Ulisse il più scaltro dei greci, ed egli riusci nella impresa affidata alla sulla sagacia
re al trono di suo padre. Soventi volte nelle cronache della Favola, egli viene confuso con Saturno, forse perchè in alcuni
Per tutto il tempo che durava il suo sonno si credeva fermamente che egli s’intrattenesse cogli dei. …… È questa selva Imm
feri Virgilio — Eneide — Libro VII. Trad. di A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegliarsi era ritenuto dai pagani
i Feacidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il v
he perciò mostravano di poco curarsi di lui, come dio del mare ; onde egli avrebbe fatto perire fra le acque, uno dei loro m
va avuto da una prima moglie un figliuolo chiamato Ippolito, il quale egli fece allevare nella città di Trezene. Qualche tem
e di Dodona, che a lui veniva dalla credenza che avevano i pagani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva gli or
u spedito dai Greci in traccia di Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accompagnò sottò le mura di Troia, e seguitò a
avendo avuto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli che egli non era, come se ne dava vanto, figliuolo del Sol
giuramento, e disprezzando ogni pericolo, montò sul carro conducendo egli stesso i bianchi destrieri del Sole. Ma ben prest
o in com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egli era scolpito insieme alla sua cavalla. 2001. Figl
omise che dopo un mese sarebbe a lei ritornato. Ma trascorsi tre mesi egli non aveva ancora mantenuta la promessa, sicchè Fi
terminando che si sarebbe di sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli avesse ancora tardato a ritornarie d’accanto. Al
e Filomena, non potendo vivere lontana da lei, ottenne dal marito che egli stesso sarebbe andato in Atene, onde avere da Pan
e una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col quale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano sepolt
cui esalava un insopportabile puzzo, per modo che i greci temendo che egli non, fosse stata causa d’infettazione, lo abbando
sti, fondò in quella contrada la città di Petilia. Fu in Calabria che egli combattè il celebre duello col re Adrasto di cui
e del tempo innammoratosi di una figliuola di Dardano, per nome Idea, egli ripudiò Cleobola per sposare la novella amante. B
uale fu sottoposto da Borea suo avo all’istesso crudele supplizio che egli aveva fatto subire ai suoi innocenti figliuoli. L
o sotto il nome di Narcea. Divenuto adulto e assai popolare in Elide, egli fu il primo a stabilire in quella città dei solen
i intimoriti si dettero alla fuga. Folo finita la mischia, alla quale egli non aveva presa parte alcuna, si dette a raccogli
iuolo della Terra e del Mare. Atlante lo vinse in un combattimento ed egli per disperazione si gettò nelle onde. Fin quì la
per una malattia d’occhi perdette la vista. La tradizione ripete che egli dovette la sua guarigione ad Ercole Eritreo. 2048
Frisso fu esposto a tutti i cattivi trattamenti della matrigna, onde egli esortato anche dai consigli del suo ajo, fece seg
e dal sangue di Saturno ; sebbene in altre opere del citato scrittore egli asserisca che esse erano figliuo’e della Discordi
a idea collettiva tanto le Furie, quanto le Arpie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome proprio di Celen
empo ministro e sacerdote di queste implacabili divinità, secondo che egli stesso asserisce. Tutti coloro che si presentavan
o soprannome ad Ercole perchè si riteneva che fosse in quel punto ch’ egli avesse innalzate le famose colonne dette da Strab
ivale e fatto conscio di quanto era avvenuto fra i due amanti, mentre egli cantava, reso cieco per furore di gelosia, lanciò
setto colli di Roma, si chiamava così quello dedicato a Giano, perchè egli vi aveva la sua abituale dimora. Al dire di Ovidi
Gli venivano del paro attribuite due facce, alludendo al potere che egli aveva sul cielo e sulla terra ; ritenendosi che e
do al potere che egli aveva sul cielo e sulla terra ; ritenendosi che egli avesse in custodia la vasta estenzione dell’unive
avano il dio Giano in tutti i loro sacrifizi, ritenendo per fermo che egli fosse stato il primo ad istituire i sacri riti de
malattie, per mezzo della conoscenza dell’erbe e delle piante : e ciò egli fece per prolungare l’esistenza del suo amatissim
tide una delle ninfe Napee, fu re di Getulja. La tradizione narra che egli avesse fatto nei suoi stati innalzare in onore de
ura, di cui Cerere era la dea, così la tradizione favolosa, narra che egli fosse divenuto amante di Cerere e che avendola vo
nde sapere i destini che lo attendevano. La fatidica voce rispose che egli avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chi
rno spogliato della mal conquistata corona, aveva anche soggiunto che egli avesse dovuto guardarsi da un uomo che gli sarebb
e avendo insieme con i compagni vinto quelle, fu da Isifile amato, ma egli in seguito l’abbandonò, lasciandola incinta. Qu
te del suo amante. Aete aveva imposto a Giasone alcune condizioni che egli riteneva insormontabili ; e quasi a farsi giuoco
Euripide, una predizione che Medea stessa gli aveva fatta, che, cioè egli sarebbe morto sotto gli avanzi della nave degli A
condo narra la tradizione, Mercurio cangiò in sparviere, sdegnato che egli avesse col suono del suo flauto rotto il sonno di
, Polibote, Tizio, Graziano ed altri, ed il terribile Tifeo che valse egli solo, al dire di Omero a portar più terrore fra g
a γογαιος che significa oscuro ; perchè, secondo il citato scrittore, egli rinchiuse i suoi fratelli in un cupo antro, ove r
ritorno presso i compagni. Appena ritornato alla sua abituale dimora, egli s’accorse che quante volte la pietra preziosa, ch
ornava il centro dell’anello, si volgeva verso l’interno della mano, egli diveniva invisibile ; mentre quando la pietra era
sposto l’oracolo di Delfo ; il quale fu favorevole a Gige, per il che egli restò pacifico possessore del trono. Qualche temp
dizione a lui fatta dal Cielo e dalla Terra, gli aveva annunziato ch’ egli sarebbe detronizzato da uno dei suoi figli. Però
gnò con Meti, ossia la Prudenza, e la cronaca mitologica aggiunge che egli avesse dato a suo padre Saturno una bevanda, la q
onirsi del regno dell’ universo ; ed avendogli la Terra predetto, che egli non avrebbe raggiunto il suo scopo, se non quando
o avesse potuto avere l’ appoggio dei Titani rinserrati nel Tartaro ; egli tentò l’ impresa, e avendo ordinato ai Ciclopi di
oria immortale, e padrone assoluto di tutto, sebbene sottomesso anch’ egli alla legge inevitabile del Destino V. DESTINO. Il
ione aggiunge che al muovere del suo capo divino, tremasse il mondo. egli dal seggio Più sublime, appoggiato in sull’eburne
almente raffigurato nella suddetta maniera, perchè il trono sul quale egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo poter
uale egli era seduto, dimostrava la stabilità del suo potere : l’aver egli la parte superiore del corpo denudata, significa
e perseguitò senza tregua non solo le amanti di Giove, ma i figli che egli ebbe, tanto da altre dee, quanto da donne mortali
lauco fu similmente il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Andropeo. Il più famoso personaggi
tologica narra di questo Glauco, uno strano avvenimento ; dicendo che egli che era un famoso pescatore della città di Antedo
esse fatto legare ad un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città di An
ausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli si precipitò in mare, e dove a poca distanza s’in
i Glauco, il quale ebbe il premio della lotta. Con l’andare del tempo egli fu vittorioso otto volte nei giuochi Nemei e negl
mitologiche narrano uno strano avvenimento. Durante la sua gioventù, egli era stato niente altro che un povero lavoratore,
riconoscendolo per l’uomo cui accennava l’oracolo, lo elessero re, ed egli pose fine a tutte le loro dissensioni. Mida in ri
e che sorpreso d’avere gl’inaspettati ospiti nei suoi domestici lari, egli avesse interrogati gli Aruspici, onde saper il mo
uspici, onde saper il modo di regolarsi. Gli Aruspici risposero che s’ egli avesse lasciato audare il maschio dei due serpent
elia moglie di Tiberio sarebbe morta ; e che per contrario cesserebbe egli stesso di vivere, se lasciava andare la femmina.
tempio maggiore della Mecca, e quivi fu distrutta da Maometto, quando egli entrò trionfante nella città, annientando tutte l
ato ad un tratto l’appoggio che lo manteneva in equilibrio nel vuoto, egli precipitò da un’altezza smisurata nel mare, e vi
impugnar……. Omero — Hiade — Libro IX. trad. di V. Monti. Finalmente egli uccise Castore, perchè, a simiglianza di Apollo,
ndo lo scrittore Igino, Ideo fu ucciso da Meleagro suo nipote, perchè egli , avea voluto a forza togliere ad Atalanta le spog
della novella città riconoscenti verso la memoria d’Idomeneo per aver egli mantenuto in vigore le savie leggi di Minosse, su
li, dopo varii anni di matrimonio con la bella Astioca, sua consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo stesso di cui par
e di Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai figli di Attore, egli morì poco dopo e fu sotterrato a Feneone, nell’El
, che si credevano indispensabili a conoscere la volontà dei celesti, egli rispose che le navi greche avrebbero novellamente
siero della grandezza e del benessere della patria, trionfò in lui ed egli condiscese a sacrificare la propria figliuola. Ma
ò di vita Linceo, mentre Ida fu ucciso da Polluce, dopo però di avere egli stesso trucidato Castore. In quanto ad Ilaria e F
ione, stette in piedi ; e che non fu che dopo la caduta di questa che egli si chiamasse Iulio e secondo altri Ascanio. Ilo e
che Ercole trascorse a compiere le sue 12 famose imprese, V. Ercole, egli aveva affidato la moglie e i figliuolo alla custo
nalmente contro chiunque si fosse presentato, a condizione però che s’ egli restava vincitore, Atreo, re dei Pelopidi, dovess
rimanere vicino alla sua amata durante il tempo delle feste. Infatti egli pose ad esecuzione il suo disegno e con l’ajuto d
donne ateniesi dalle mani dei corsari richiedendo in premio di quanto egli avrebbe operato, la mano di una giovanetta ch’egl
sso l’ira di Venere, la dea per vendicarsi fece in modo, che una sera egli senza conoscere la propria sorella Cleudice avess
dire del citato autore, e se condo riferisce la tradizione alla quale egli si attiene, fra Nettuno e Giunone surse una conte
A tale uopo, comandò alle furie di turbare la ragione di Atamante, ed egli infatti percosso nello intelletto dalle terribili
tolata Prometeo legato, fa che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli era incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io l
che Apollo discendesse nella loro isola, ogni diciannove anni ; e che egli stesso nella notte anniversaria della sua nascita
rno e figlio di Urano. Secondo la tradizione a cui si attiene Esiodo, egli fu padre del sole e della luna, e dei maggiori pi
zia altrettanto colpevole, per quanto turpe era il suo amore. Essendo egli possessore dei più veloci cavalli della sua contr
concessero, per la disfida, quattro immortali destrieri, e fecero che egli si presentasse quattordicesimo concorrente. Pelop
erii. Infatti, Ippolito nell’ uscire dalla città di Trezene, guidando egli stesso il proprio carro, fu arrestato sulla spiag
avesse comandato a questo, di venire a raggiungerlo nella città, ove egli si trovava, e giustificarsi del delitto che gli v
culto particolare, volendo con ciò gli Egizii scongiurare il male che egli avrebbe potuto fare agli altri animali, che essi
, esposto in un bosco per ordine di Cercione, suo avolo ; e che quivi egli fosse stato nudrito da due cavalle V. Cercione. I
proverbio : Più povero d’Iro. Il suo vero nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare i messaggi di cui veni
pericolo. Giunto ad un luogo ove vi era un antro, chiamato Corcireo. egli cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scat
re Demetrio, incaricato dall’ imperatore di riconoscere quelle isole, egli fosse approdato alla prima isola che incontrò nel
ori antichi sulla paternità d’ Issione. Infatti Igino asserisce esser egli figliuolo di Leonzio ; e Diodoro pretende che suo
n certa ragione ad Issione, suscitò contro di lui, e tanto che invano egli sollecitò tutti i principi della Grecia a concede
talità ; tutti respinsero spaventati l’atroce assassino, per modo ch’ egli fu costretto ad errase per molto tempo, fuggendo
niva particolarmente adorato in Messenia, per un magnifico tempio che egli aveva sul monte Itome vicino a quella città. Un’a
ei matrimonii — V. Giunone. J 2358. Ja. — Fratello delle Jadi : egli morì sbranato da una leonessa. — V. Jadi. — Vi so
lao, il quale, fu da quell’eroe ucciso in un accesso di furore, a cui egli soggiacque, al suo ritorno dall’ inferno. 2370. J
Ercole al padre Per furtiva consorte la richiese ; Ma indarno : ond’ egli di mentita accusa Fatto pretesto al suo voler, co
etta per nome Perigona, un figliuolo chiamato Josso. Divenuto adulto, egli si stabilì nella Caria, e fu capo di una colonia
i, specie d’indovini, i quali gli avevano profetizzato che un giorno, egli avrebbe jerduta la corona e la vita per mano di u
Figlio di Fenice re di Tebe. Nei fasti della cronaca storico-favolosa egli è ricordato come il padre di Laio e avo del famos
Lacedemone. — Figlio di Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli sposò una figlia di Eurota, re della Laconia ; ed
, onde servirsene per la edificazione di un tempio della Fortuna, che egli faceva fabbricare in Roma. Però essendo morto imp
eppe coi suoi irresistibili vezzi innamorarlo in modo, che ben presto egli la proferì a tutte le sue amanti, sebbene Lamia f
ua nave fu assalita da una così furiosa tempesta, che a stento riuscì egli solo a salvarsi, mentre tutti i suoi compagni ann
lo fosse introdotto al di là delle mura, e fu in questa occasione che egli pronunziò il famoso motto, che Virgilio pone sull
ormente esser stato Laocoonte colpito dalla vendetta dei numi. Mentre egli offeriva un sacrifizio nel tempio, con la sola co
a allo stesso Apollo, dio delle arti. Come pure i possenti argini che egli fece costruire, onde proteggere la cittadella di
al soprannome a questo dio. Sotto questa denominazione ordinariamente egli viene confuso col dio Termine. Al dire di Apuleio
la cronaca mitologica che essa palesò a Giunone la tresca amorosa che egli aveva con la ninfa Giuturna ; per il che sdegnato
imposto di non maritare la figlia sua, che con un principe straniero, egli fece alleanza con Enea, e gli offrì la figliuola
più ridere per qualunque cosa gli fosse avvenuta. Addolorato di ciò, egli ricorse all’oracolo d’Apollo, onde sapere cosa av
così contrafatta e sconcia, che appena i suoi occhi l’ebbero fissata, egli ruppe in un violento scoppio di riso. Fu allora c
orquando Giove lo scacciò dal cielo. 2461. Leandro. — Amante di Ero : egli mori annegato nell’ andare a trovare la donna del
riache. 2473. Leo. — Uno degli eroi della Grecia. Al dire di Pausania egli fu innalzato agli onori eroici per aver, dietro c
cò i nemici, venendo alle mani con un forte drappello di soldati, ch’ egli supponeva comandati da Aiace stesso, ma ferito mo
me qualche tempo dopo, la ferita gli cagionava insopportabile dolore, egli si fece trasportare a Delfo, onde consultare quel
li che appena giunto ad Imera avesse avvertito il poeta Stesicoro che egli aveva perduta la vista per effetto della collera
parenze, concesse a Leucippo di far parte del suo seguito ; e siccome egli , se pure vestito da donna conservava tutta la sua
lle sue vesti e discendere nel fiume ; ma appalesatosi il mistero che egli ascondeva, fu ucciso a colpi di puguale e di frec
generalità dei naturalisti. L’albero che produce l’incenso si chiama egli stesso Leucotea. Orcamo che fu padre di questa gi
mpo stesso in cui dovea compiersi l’annuale sacrifizio della vergine, egli entrò nel tempio e vide una bellissima giovanetta
cennato poeta, aggiunge che il corpo di Lica s’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva nel mar
el collo. Addentro tutto Gli si nascose l’ affilato acciaro, E boccon egli cadde in sul terreno Steso in lago di sangue. All
Atene ; e che sul principio del suo regno fu caro ai suoi popoli, che egli cercò d’incivilire. La città di Licosura, la più
e vi fece innalzare anche un tempio in onore di Giove Liceo, al quale egli stesso sacrificava umane vittime : da ciò ha prin
n gran mistero. Liceo era anche un soprannome del dio Pane, col quale egli aveva un tempio sul monte Liceo, circondato da un
524. Licurgo. — Figlio di Driante, re della Tracia. Al dire dl Omero, egli ebbe corta vita perchè osò far guerra agli dei. S
il forte Figlio Licurgo che agli dei fè guerra. Su pel sacro Nisselo egli di Bacco Le nudrici inseguia. Dal rio percosse Co
tolse di Saturno il figlio, E detestato dagli eterni tutti Breve vita egli visse. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Mon
lla Lacedemonia, del quale la cronaca mitologica fa menzione per aver egli ricorso all’ oracolo di Delfo, onde fare che una
se a freno i popoli, e facesse loro osservare ciecamente le leggi che egli aveva dettate. I cronisti più accreditati del pag
popolo, che le sue leggi sarebbero mantenute in pieno vigore, finchè egli stesso-non avesse fatto ritorno in Sparta. La sua
sse fatto ritorno in Sparta. La sua volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora partì, ma invece di andare a Delfo, siccom
— Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di
o, re di Messenia : fu uno degli Argonauti. Secondo il poeta Pindaro, egli aveva una vista così acuta, che ad una grandissim
iscere della terra, la qual cosa per altro si può spiegare coll’ aver egli avuto grande cognizione dei metalli. Morì ucciso
o. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote di Nettuno, e fu ucciso da Apollo, perc
i Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre alle conoscenze scientifiche, egli insegnò uno strumento musicale, specie di violino
econdo scrive Plutarco, questo animale era consacrato al Sole, perchè egli è solo fra tutti i quadrupedi che vede appenanato
della Lidia davano questo soprannome ad Apollo, perchè si credeva che egli allontanasse la peste e le altre epidemie. 2554.
ggiunge il citato poeta, che i due compagni di Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra, e tutti gli altri suoi seg
esagiva il fato del gran fanciullo, il quale giaceva nella culla. Era egli figurato pieno dello spirito Divino, e agitato da
ire innanzi al tribunale inquisitore di Firenze il 15 settembre 1327, egli confessò d’essere l’autore di quello scritto, e i
50. Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato a
4 (1897) Mitologia classica illustrata
carro su pel cielo; e si diceva pure che nello spuntar dall’ Oriente, egli abbandona la bella Aurora, cui non potrà più rive
in qualche modo limitato nell’ esercizio della sua forza, ad es. era egli stesso soggetto al fato inesorabilmente. Riguardo
scaglia colla potente destra il fulmine distruggitore; d’ altro lato egli è che manda la pioggia benefica a fecondar la ter
n’ espressione popolare che designa appunto un alto grado di potenza, egli è che « fa la pioggia e, il bel tempo ». A queste
utti gli Dei e n’ è il capo riconosciuto. In lui risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra gli Dei, libero nel suo agi
inesorabil del fato (la Moira). Ha il supremo governo del mondo, ed è egli il custode dell’ ordine e dell’ armonia che regna
essi dispensa con mano giusta i beni e i mali; a tutela dell’ ordine, egli delega al re per qualche tempo una parte dell’ au
ordini. Poichè il giuramento molto contribuisce a mantener l’ ordine, egli lo custodisce come Zeus Horkios (deus Fidius pres
pitalis); a nome di lui si presentano i mendicanti e i forestieri, ed egli punisce chi trascura di accoglierli e ospitarli b
o anche il principal dio degli oracoli, ed aveva anche i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei di Dodona in Epiro e
moltiplicassero intorno a Zeus leggende antropomorfiche, nelle quali egli compariva come un uomo con tutte le debolezze e i
tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio di Crono e di Rea, egli fu bambino, e debole, impotente come tutti i bamb
mortali, destando così la gelosia di Era sua legittima moglie. Prima egli ha rapporti con l’ Oceanide Metis (l’ assennatezz
al suo cervello, bella ed armata, Pallade Atena (Pallas Athena). Dopo egli conobbe Temi (Themis), appartenente alla famiglia
della forza di Zeus mettendogli in bocca queste parole: « Orsù, dic’ egli agli altri Dei quando proibisce loro di prender p
del Dio ottimo e sapientissimo il tragico Eschilo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momento più alt
fuori tutta armata, come già si disse, dal cervello ili lui, dopochè egli aveva ingoiato la sua prima sposa Metis. Gli è il
lo sa anche guarirli; ed ecco riappare il carattere benefico del Dio; egli è anzi il Dio salutare per eccellenza, protettore
identificò con Peone il medico degli Dei. E non solo dei corpi, ma è egli anche medico dell’ anime, che ei guarisce dal mal
de che pasceva i suoi cavalli con carne umana, finchè fu ucciso anch’ egli da Eracle e dato in pasto a’ suoi cavalli istessi
ero e custodirono per nove anni in una profonda grotta del mare, dove egli attendeva a fabbricare oggetti d’ arte. Secondo u
in relazione con Efesto; là, nell’ interno dei vulcani si diceva che egli avesse le sue grandi officine per lavorare i meta
di questo divino artefice. Oltre allo splendido palazzo di bronzo che egli aveva fabbricato per sè sull’ Olimpo, aveva anche
rti e specialmente dell’ industria metallurgica. Si diceva dunque ch’ egli avesse inventato la lavorazione dei metalli e amm
venerato era l’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni d
d’ Atlante, nacque in una caverna del monte Cillene in Arcadia (ond’ egli è detto il Cillenio). Curiose le leggende relativ
l’ inno a lui dedicato, che va tra gli Omerici. Poco dopo la nascita, egli avrebbe dato prove manifeste della destrezza ed a
e abisso da cui viene il domane a riprenderli il sole. Secondo altri, egli sarebbe invece un Dio del vento; è inventore dell
di prosperità e ricchezza nelle varie congiunture della vita; pastore egli stesso, curava la fecondità e il benessere delle
trono dell’ educazione ginnastica, e appellavasi palaestrita. Non era egli corridore valente tra i valenti? e abilissimo lan
deliberazioni. 3. Ermes era oggetto di special culto in Arcadia dov’ egli credevasi nato, poi anche in Attica e nelle isole
i e preghiere. Infine anche la prima ora d’ ogni giorno era sua, ond’ egli era invocato come padre matutino (cfr. Oraz., Sat
di Fontus, venerato sui Gianicolo, e del dio Tiberino. Si credeva che egli avesse la potenza di far scaturire d’ improvviso
ffarsi la sera nell’ oceano, presso quella regione dove si diceva ch’ egli avesse uno splendido palazzo e i celebri giardini
iente per rinascere il giorno successivo; più tardi si favoleggiò ch’ egli durante la notte navigasse sull’ oceano entro un
n opportuni temporali. 2. Il dio Elio aveva anche il suo lato morale; egli è colui che tutto vede e ascolta; colla sua luce
el giovane, forse il genio della notte e del profondo sonno notturno; egli sempre dormiva in una grotta del monte Latmos, e
dosi scordata di chiedere anche una perpetua giovinezza, ne venne ch’ egli invecchiò perdendo ogni bellezza e ogni attrattiv
mpica volgendo loro la parola ne fa un bell’ elogio: « O Cariti, dic’ egli , udite la mia preghiera; giacchè tutto quanto v’
he il sovrano dell’ Olimpo si fosse trasformato in aquila, per rapire egli stesso l’ amato garzone. 2. I poeti greci più vol
me un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue freccie infallibili produce
re si muove per eseguir l’ ordine; ma vista la fanciulla, si innamora egli stesso di lei, e vive con lei in felice unione, i
conta la venuta di Esculapio a Roma. Bella ed evidente la pittura ch’ egli fa del Dio: Baculum tenens agreste sinistra 26
rtuna in Roma si crede sia stato Servio Tullio, quel re che era stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò alla Dea col
ato Servio Tullio, quel re che era stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò alla Dea col titolo di Fors Fortuna un te
domandargli il modo migliore di venire in possesso degli aurei pomi, egli si schermiva e cerco sottrarsi tramutandosi in mi
ro Dio e re del mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello di Z
li, dall’ unghie di bronzo, per scorrere sopra i flutti. Irapetuoso è egli e potente come l’ elemento che ei governa; allorc
Irapetuoso è egli e potente come l’ elemento che ei governa; allorch’ egli col suo tridente, l’ insegna della regale dignità
tti con impeto, e scon-quassano le navi e si riversano sul lido. Così egli provoca le tempeste e spezza le rupi e scuote la
natura del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e mostri, per
e vantavano per fondatore un figlio di Posidone; si raccoutava avesse egli in più luoghi gareggiato con altre divinità per l
ndazioni del Peneo, in quanto che con un colpo del suo tridente aveva egli aperto la scogliosa valle di Tempe e dato uno sfo
Dio era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il protettore delle corse e dai
st’ essere mostruoso attribuivasi grande potenza; specialmente quand’ egli soffiava a tutta forza dentro una conchiglia mari
asi che conducesse il suo gregge a meriggiare nell’ isola di Faro, ed egli stesso ivi in una caverna presso il lido si abban
ngerlo in duri lacci e tenerlo serrato perchè non isfuggisse, giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone, di
à della Beozia orientale sull’ Euripo. Quivi era viva la leggenda che egli fosse da principio pescatore; e che un giorno, fa
i un certa erba ripigliavan vita e risaltavan nel mare; allora mangiò egli stesso di quest’ erba e ne senti subito una tale
ezionale bellezza che la Gran Madre lo volle per isposo. Dapprincipio egli corrispondeva all’ amore di lei, ma poi le fu inf
), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era stato allevato, onde il Dio stesso non potè s
re fin nella Persia, nella Media, nell’ Arabia; ora si favoleggiò ch’ egli si fosse recato fino in India, e là avesse propag
io; era detto figlio di Zeus e di Persefona; e si narrava che essendo egli destinato al dominio supremo del mondo, i Titani
ica che la religione di Cibele mise in onore. In Attica narravasi che egli avesse soltanto trovato in terra e fatto suo il f
o, volle compensar Mida promettendo di soddisfare qualunque desiderio egli fosse per esprimere. Mida, spinto dalla sua avari
Mida, spinto dalla sua avarizia, chiese si convertisse in oro ciò che egli toccasse col suo corpo. Fu soddisfatto; ma il pia
ro in una contesa musicale tra Pane ed Apollo; si narra va che avendo egli sentenziato in favor di Pane, Apollo si vendicò f
omini rimanevano attoniti all’ udire queste divine armonie. E danzava egli stesso, Paue, alla maniera de’ pastori, pieno l’
Pane, diè anche occasione a una graziosa leggenda. Si favoleggiò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa;
avesse molto aiutato Zeus nella lotta contro i Titani, giacchè appena egli aveva cominciato a sonare una tromba di conchigli
la voce di Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ateniesi ch’ egli era loro bene amico sebben essi poco di lui si cu
na grotta nelle vicinanze di Atene fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una corsa di fiacco
e che leggesi nel quarto libro del poema di Lucrezio, ov’ è detto che egli : Pinea semiferi capitis velamina quassans Unco s
come Pane. D’ altro lato anche i rumori delle foreste eran da lui, ed egli pure, divertivasi a incutere spavento nell’ animo
pi, onde i due epiteti inuus e lupercus. Si diceva, come di Pane, ch’ egli amasse il soggiorno de’ boschi, dei segreti antri
sche fontane, dove attendeva a cacciare e a rincorrer le Ninfe. Anch’ egli si divertiva a spaventar la gente, e dicevasi che
o il 13 Agosto si faceva un’ offerta di primizie a onor di lui. Tanto egli quanto Pomona avevano il proprio sacerdote o flam
veva nel concetto degli antichi qualcosa di sinistro e di misterioso; egli è un re occulto e che occultamente opera, anzi un
immerso fino al mento in un lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli fa l’ atto di bere, e di aver pendenti davanti ag
i agli occhi i più saporiti frutti della terra ebe si ritirano appena egli stende le mani per coglierli. Sisifo, re di Corin
a d’ un monte, da cui esso riprecipita inevitabilmente al piano; ond’ egli deve ripigliar da capo l’ inutil fatica. Issione,
ripigliar da capo l’ inutil fatica. Issione, re dei Lapiti, reo anch’ egli d’ aver offeso Zeus, ha avuto la pena di essere l
bre che evocate dal sacrifizio fatto da Ulisse gli passano davanti ed egli le interroga. Una vera descrizione dell’ Inferno
luce i passi di lui, e il tormento suo non ha più line se non quando egli impazzisce e muore. — Senonchè, come altre Deità
vo di Euclione, che è il padrone attuale della casa; di questo tesoro egli non ha rivelato l’ esistenza al padre di Euclione
menzionato da Omero come amico di Peleo ed educatore di Achille, cui egli avrebbe ammaestrato nella medicina e nella ginnas
a seguisse una vacca con macchie sul fianchi a forma di mezzaluna che egli avrebbe incontrato, e dov’ essa si fosse posata,
’ era nascosto e tutti li uccise. Poco dopo Cadmo, insospettito, andò egli stesso alla fonte, e vista la strage de’ suoi, so
nga che il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educazione a Chirone, i
ndo Zeus rapì da Fliunte Egina la figlia del fiume Asopo, si dice che egli abbia scoperto il segreto e rivelatolo al padre;
irene. Avendo Zeus, per questo tradimento, mandato a Sisifo la morte, egli colla sua malizia riuscì a legare la morte stessa
nsentito di tornare in vita per castigar la moglie; ma una volta vivo egli non volle più scendere all’ altro mondo e morì po
rinto sul suo Pegaso, e riaccese l’ amore di Stenebea per lui. Allora egli la prese con sè sul cavallo alato come per condur
, lo provvide di acqua, facendo scavare pozzi e canali. Anche avrebb’ egli introdotto il culto di Apollo e di Demetra. In se
dormendo alcune serpi avevano leccate le orecchie, in seguito di che egli aveva imparato a intendere il linguaggio degli uc
Di costei prese vaghezza Zeus; ma Acrisio ammonito dall’ oracolo che egli avrebbe avuto morte per opera d’ un suo nipote, r
è in occasione di certi giochi allestiti dai Larissei in onor di lui, egli uccise Acrisio per isbaglio nel lanciare il disco
Tirinto, cedutagli questa signoria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e di Micene, e per via de
o trovà discendenti di Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egiziana; infine anche nel
pregò Zeus facesse morire anche lui; ma ciò non poteva essere perchè egli era immortale; alfine ottenne di passare un’ esis
poesia scritta in onor di Scopa, della famiglia degli Alevadi, aveva egli lodato bensì il ricco uomo, ma molto anche i Dios
di Posidone e di Atena pel possesso dell’ Attica, e soggiungevasi che egli avesse contribuito a far decidere la contesa in s
onio aveva la figura a mezzo serpentina, perchè nato dal suolo; anch’ egli era detto fondatore dello stato Attico, un altro
tagliatene le membra le apprestarono in cibo al re; di che accortosi egli , voleva far scempio delle ree femmine ma le vide
a le vide trasformate, Progne in usignuolo, Filomela in rondine, com’ egli fu convertito in upupa. 4. Questo gruppo di legge
ligava i viandanti a lavargli i piedi, e mentr’ erano chini a questo, egli con un calcio li faceva capitombolare in mare. Te
salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare nel labirinto, uccidere il Minotau
padre; erano rimasti d’ intesa che in caso di felice ritorno avrebbe egli spiegato vela bianca sulla nave, mentre salpava c
eseo. Toltagli la signoria di Atene da Menesteo aiutato dai Dioscuri, egli si recò nell’ isola di Sciro; ivi fu prima accolt
ssero ispirazione da qualche punto della leggenda di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto di cor
le e prima con qualche timore poi con più confidenza scherza con lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il dorso alle
ria che si estese a molte isole dell’ Egeo e fin anco in Attica, dove egli prese Megara cagionando la morte al re Niso nel m
pregò Posidone gli inviasse dai profondi abissi del mare un toro che egli avrebbe poi a lui sacrificato. Posidone esaudì la
’ aver aiutato Teseo, fu rinchiuso col figlio Icaro nel labirinto. Ma egli non sgomentatosi pensò sfuggire per le vie aeree,
iese a Cocalo la restituzione del fuggitivo; ma non che ottenerla, fu egli stesso ucciso per istigazione delle figlie di Coc
di Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di cui una, Erope, sposa prima a Pl
un riso sardonico finchè esalavano l’ ultimo respiro. Ma aveva anch’ egli il suo lato debole e ne fu vittima. Aveva una ven
o questo, rimaneva presto dissanguato. E questo accaddegli allora che egli tento di impedire agli Argonauti reduci dalla Col
; Medea colla sua astuzia riuscì a strappargli il tappo fatale e così egli morì. 2. Talo ha la sua piccola parte nella lette
tro due serpenti perchè lo avvolgessero nella culla e uccidessero; ma egli li strozzò. Superate così le prime avversità creb
forte Eracle. Attesero alla sua educazione ottimi maestri; ma mentre egli faceva rapidi progressi nelle cose di guerra, ess
no, che si recavano a Tebe per ritirare l’ annuo tributo di 100 buoi; egli taglio loro naso e orecchie e li rimando incatena
do incatenati a Orcomeno. Ne sorse guerra, nella quale vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal tributo ma obbligo quei
di Delfo, e n’ ebbe in risposta si rassegnasse al suo destino. Di che egli montato in furore, così la leggenda, uccise i suo
d Euristeo. Ma quando Eracle comparve a Micene davanti a lui, n’ ebbe egli tanta paura che corse a nascondersi in una botte.
e era comune a tutti i Centauri, questi gli si avventarono contro; ma egli li respinse e parte uccise e parte inseguì fino a
il quale era re della Libia e obbligava i passanti a lottare con lui; egli semprechè toccava col piedi la sua madre terra, r
alle Esperidi. Gli fu suggerito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorprese nel sonno e lo tenue stretto fintanto
li sacrificava a Zeus. Anche Eracle doveva subire la stessa sorte, ma egli spezzò le catene ond’ era avvinto e uccise Busiri
deva il fegato. Descrittagli da Prometeo la via alle Esperidi, giunse egli finalmente per la Scizia al paese degli Iperborei
i a prendere i tre pomi d’ oro purchè Eracle nel frattempo sostenesse egli la volta del cielo. E qui un’ avventura comica. A
del mondo, non voleva più sottostarvi, e dicendo che avrebbe portato egli stesso i pomi ad Euristeo, tento lasciar Eracle n
ti, più scaltro di lui, lo pregò riassumesse il peso tanto almeno che egli si fosse fatto un cercine per non sentir troppo l
parti col pomi. Secondo un’ altra tradizione, Eracle sarebbe arrivato egli stesso agli orti delle Esperidi e avrebbe presso
gliere dai ceppi Piritoo, ma in quel momento tremò la terra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli diè il permess
e. Tornato a Tebe, Eracle cedè a Iolao la sua prima moglie Megara, ed egli s’ avviò ad Ecalia (luogo incerto, dagli uni vien
nse; ma poi questi non voleva concedergli la figliuola pel motivo ch’ egli aveva ucciso i suoi bambini avuti da Megara, ed e
donne di Onfale, filando lana come loro, anzi vestito da donna anch’ egli , avendo lasciato che Onfale indossasse la sua pel
sare il fiume Eveno, Nesso era incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei tentò di fuggire colla bella
tesso che passava di là, gli rese questo servizio, in compenso di che egli a lui donò il suo areo e le sue freccie. Mentre i
dato da Atena accoglie l’ eroe illustre e portalo su sull’ Olimpo. Là egli visse cogli immortali, e riconciliato con Era, eb
a testa e la pelle del cinghiale, fu dato naturalmente a Meleagro, ma egli , tutto preso dalla bellezza di Atalanta, lo cedet
a cui aveva dritto. Per caso, avendo perduto per istrada un sandalo, egli si presente a Pelia con un sandalo solo; ora Peli
gli avrebbe ceduto volentieri la signoria di Iolco, a condizione che egli si recasse a prendere in Colchide e portasse a lu
i, e quando dai denti di drago seminati balzarono su tanti guerrieri, egli per consiglio di Medea, gettò fra loro una grossa
corinzio gli gettò nell’ anima il sospetto sulla sua origine. Allora egli partì da Corinto per recarsi a Delfo e interrogar
sua madre avverando il terribile oracolo che pesava su di lui. Ma nè egli nè lei non ne sapevano nulla ancora, vissero e fe
bambino e che era scampato alla strage di Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parri
di Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua madre? A tal terribi
iegò tutta la sua energia, e uccise in battaglia Egialeo, ma fu morto egli stesso da Alcmeone. I Tebani non potendo più dife
ava vincere doveva pagar il fio della sua audacia colla morte, perchè egli raggiungendolo alla corsa l’ avrebbe trapassato d
o allora, volendo tor di mezzo Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli , stanco d’ una caccia, s’ era addormentato sul mo
ono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla quale egli potè respingere trionfalmente gli assalti dei Cen
i dopo aver date alla luce Achille, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò nel momento che nel fuoco voleva rend
eloquenza, ed anche per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era prediletto di Pallade Atena. Facciamo anche u
quando Ulisse in Itaca s’ era finto pazzo per non andare alla guerra, egli Palamede ne aveva scoperto l’ astuzia. Al decimo
iglio di Nestore, Antiloco, fido amico di Achille, ma alla fine anche egli fu ucciso dal forte Pelide, e disperse furono le
alto alla porta Scea, una delle principali porte di Troia, mentre già egli stava per entrare in città, lo colpiva un dardo s
i campioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè di braccio; ed egli era eroe da ciò. Egli dall’ indovino troiano Elen
ne delle Erinni le quali non gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva. Dall’ oracolo di Delfo ebbe allora Orest
re presso il promontorio Cafereo a sud dell’ isola d’ Eubea. A stento egli potè salvare la vita su un nudo scoglio. Di che l
accusandolo di non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si recò nell’ isola
col compagni, uscendo questi dalla spelonca confusi colle pecore, ed egli avviticchiandosi al vello d’ un ariete di sotto i
e con racchiusi dentro tutti i venti violenti; custodendo quest’ otre egli sarebbe pervenuto felicemente alla sua patria. E
ine di tante traversie, quando i compagni di Ulisse in un momento ch’ egli dormiva, per curiosità slacciarono l’ otre; d’ un
lmo e seducente. Ulisse tappò le orecchie de’ suoi compagni con cera; egli stesso si fe’ legare all’ albero maestro e così s
ebbe amichevole accoglienza; si istituirono giochi in segno di festa; egli racconto le sue avventure; infine una nave dei Fe
vventuroso eroe all’ isola d’ Itaca. Correva il ventesimo anno dacchè egli aveva lasciato la patria per recarsi a Troia; e d
ante, e tutti i Proci invano essendosi provati a tendere quell’ arco, egli chiese facoltà di provarcisi e riuscito facilment
ite, il quale divenne anche eroe italico. Mentre Troia ardeva ancora, egli fece gli ultimi sforzi per bravamente difenderla,
monte Ida portando a spalle il vecchio padre Anchise. In questa fuga egli perdette la moglie Creusa ma salvò il figlio Asca
gno gli additarono l’ Italia come la patria de’ suoi maggiori. Allora egli si rimise in mare diretto in occidente. Una terri
Però ebbe il dolore di perdere allora il vecchio genitore Anchise cui egli seppelli sul monte Erice. Rimessosi in mare, lu d
tro il quale tenta inutile difesa la sinistra mano del fanciullo; già egli vien meno; arrovesciando all’ indietro la testa e
e invero, pur tentando colla sinistra di liberare il piede inceppato, egli mostrasi spaventato non per sè ma per il padre su
d’ Atena che era stata vista nel bagno da lui, secondo altri per aver egli rivelato i segreti della Dea. Come tutti i veggen
Morta questa di acerba morte per essere stata morsicata da un serpe, egli la pianse in dolcissimi canti che commuovevano fi
feo nel regno della vita, a questa condizione che durante il tragitto egli non si volgesse indietro a guardar la sposa, che
iò, essa gli sarebbe stata inesorabilmente ritolta. Lieto intraprende egli il viaggio di ritorno; lo seguiva Euridice; ma a
egli il viaggio di ritorno; lo seguiva Euridice; ma a un certo punto egli non potè trattenersi dal voltarsi indietro per gu
la Morte) et le turbe degli Dei e degli uomini con equo imperio regge egli solo. » 4. Vedine la descrizione in Gentile, Sto
5 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
e perseguitò mai sempre le concubine di lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro Io figlio di Inaco re d’Argo eserci
ove non le dava retta, si ritirò in Samo, ove dimorò molto tempo ; ed egli per farnela ritornare, fè venire un carro sopra i
a dovea divenir madre d’un figlio che avrebbe l’impero dell’universo, egli inghiottì la madre ed il figlio. Da quel momento
in cielo. Pretendono alcuni che durante il suo soggiorno sulla terra egli inventasse la lira, ma credesi con maggior fondam
sparviero, l’ulivo gli furono consagrati perchè in queste cose aveva egli cangiati coloro che da lui furono amati. Il grifo
ll’inferno e poteva a suo piacere cavarnele e non si poteva morire se egli non aveva rotti i legami che univano l’anima al c
univano l’anima al corpo. Ambasciatore e plenipotenziario degli Dei, egli assisteva a tutti i trattati di pace e di alleanz
to su le spalle, che non gli copre se non la metà del corpo. Talvolta egli porta una lancia o pertica armata di uncini oppur
a o pertica armata di uncini oppure un tridente. Con questi attributi egli proteggeva il commercio. Il tridente gli fu accor
lui. L’ariete che or gli si vede a canto, or su le spalle indica che egli era il protettore de’ pastori. Il cigno che gli s
fe’sì che Bacco non provasse alcuna resistenza per parte de’ popoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più
no Vulcano dio del fuoco era figlio di Giove e di Giunone. Nacque egli così deforme, che appena nato, i suoi genitori lo
evolmente effigiate. Eguali armi e scudi egualmente maravigliosi fece egli per Ercole ad istanza di Giove, per Enea alle pre
vaso, Pandora lo presentò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza di aprirlo, ne uscirono tutti
chi ed i Romani lo rappresentavano giovine ed imberbe. In Lenno aveva egli il suo principal culto. Plutone, Proserpina, a
tellazione posta presso il serpentario, che accompagna il sole mentre egli percorre l’inferiore emisfero ; e quindi i sei me
el fango del fiume infernale. La sua barca ha vele color di ferro, ed egli tiene un palo e remo per dirigerla. Nessun mortal
d esprimente quello stato di quiete in cui trovansi i mortali, mentre egli con ali spiegate nelle aeree regioni, lascia dal
pagne. Siccome Pane viene da una parola greca che significa tutto, fu egli perciò riguardato da alcuni come il Dio della nat
lato un porco. Egli fu sommamente onorato in Italia ove dicesi esser egli nato ed aver regnato per la felicitò degli uomini
innamorata del Dio del vino per capriccio, andò ad incontrarlo mentre egli ritornava dalle Indie, e che si fermò in Lampsaco
to senza muoversi malgrado gli sforzi che si fecero per levarnelo, ed egli si trovò in tal modo rinchiuso nel tempio innalza
siocome dessa era di nascita molto superiore alla sua, così non osava egli dichiarare la sua passione, quindi si contentò di
re la festa di Cerere, alla quale doveva intervenire la sua favorita, egli si travestì, e quantunque sconosciuto, pure l’ari
lla ch’egli teneramente amava. La sua proposta venne accettata, sposò egli la sua innamorata, e in memoria di un sì fortunat
o biondo, alle volte coronato di fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra
o cerca di pigliarlo saltando, e già stringe una freccia. Altre volte egli vuol prendere una paglia, che Venere tiene in equ
sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria egli sembra meditare qualche astuzia, o, appoggiato so
ov’ella dimorò per qualche tempo senza conoscerlo e quando il conobbe egli scomparve. Cupido conosciuto anche sotto il nome
non passò molto tempo che Cefalo si rappacificò colla moglie. Avendo egli uccisa inavvertentemente Procri mentre era a cacc
osa avveniva nel mondo. Giove vorrebbe salvare Ettore, ma bisogna che egli esamini il suo Destino che non gli è noto. Lo ste
ici sotto la scuola di Chirone che gl’insegnò a comporre de’rimedi ed egli stesso ne inventò moltissimi ; unì la medicina al
tà di un pontefice il quale non cedeva la precedenza che al solo re ; egli era scelto nella famiglia reale e la sua dignità
arlo. Fetonte non conoscendo pericoli montò nel carro e partì. Appena egli giunse sull’orizzonte, i cavalli del Sole non ric
ue osservazioni ancora imperfette ; e da ciò i poeti dissero non aver egli potuto condurre il carro del Sole sino al termine
r recarsi a consolare Achille, e vedendo che insieme all’ amico aveva egli perdute le sue armi, si portò in cielo a pregar V
na mancanza che fu cagione d’una delle dodici fatiche d’Ercole. Aveva egli ommesso di sacrificare a Nettuno un toro che gli
ato gli tagliò il fatal crine, e lo mandò a Minosse nella lusinga ch’ egli le sarebbe riconoscente di siffatto tradimento. M
Caronte, il quale, dopo aver guadagnato immense somme col tributo che egli esigeva col tragitto degli estinti, abbia fatto c
nella meccanica e nell’ architettura, Benchè uscito di sangue reale, egli coltivò in tutta la sua vita le arti e le conduss
di un uomo. Dedalo fu condannato a perdere la vita dall’Areopago, ma egli si sottrasse alla giustizia colla fuga, e si rifu
che cercano l’origine della favola che le vele della nave sulla quale egli salì per salvarsi, e delle quali Icaro non seppe
fu un celebre pescatore della città di Antedone in Beozia. Osservando egli un giorno che i pesci da lui presi e posti su di
infatti un abilissimo pescatore e sapeva ben nuotare, e siccome stava egli lunga pezza sott’acqua, così(per conciliarsi molt
lunga pezza sott’acqua, così(per conciliarsi molta estimazione, dava egli a credere che in quel tempo avesse delle conversa
eneo re di Focide, dietro il suo gentile invito per riposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso d
nel gran progetto da lui concepito di rendersi utile al genere umano, egli non avrebbe eseguito che una sola parte del suo d
à ignude, mentre le Muse vengon sempre dipinte decentemente vestite ; egli è il carattere distintivo delle une e delle altre
oggiogata dallo stesso Nume trasformato in Satiro ; Leda, della quale egli abusa sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’egli i
he nuota, ed il resto del corpo mostrava un pesce con lunga coda. Era egli il trombettiere del Dio del mare ; sempre lo prec
annunciando l’arrivo di lui col suono della marina conca. Talvolta è egli portato sulla superficie delle acque ; altre volt
andosi il caso, in cui incantato dai dolci suoni delle Sirene, avesse egli voluto fermarsi, i suoi compagni, aventi le orecc
lla sua tazza, che dicesi fossero necessari due uomini per portarla : egli però non aveva bisogno che di una mano per valers
uo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, su la quale dicesi egli s’imbarcasse. Essendosi Ercole presentato finalm
uo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia, ed appena se l’ebbe egli posta in dosso, che sentissi subito ardere da un
eleno di cui essa era infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò egli ma invano di levarsi la mortifera tunica, poichè
a perfezionarla. Prometeo le disse che avrebbe desiderato di scorrere egli medesimo le celesti regioni per scegliere quello
vantavasi di nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origine diede egli segni di straordinario valore e marciò su le orme
cizia. Giovò assaissimo a Piritoo l’amicizia di Teseo nella pugna che egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli al
Teseo nella pugna che egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Enomao inv
due grandi divinità e amato del pari che rispettato da’suoi sudditi ; egli era padre di un figlio chiamato Polidoro e di qua
che Apollo, o secondo altri, Mercurio gli fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eorde alle sette che già aveva quell
li aggiunse due eorde alle sette che già aveva quell’ istrumento. Era egli tanto eccellente nel trarne melodiosi suoni, e ne
credette in dovere di rintracciarla sin nci regni della morte ; prese egli la sua lira, discese pel Tenaro sulla riva di Sti
riveduta la luce colla sua amata Euridice ; l’impazienza lo tradisce, egli si ferma ; si volge per vedere se la moglie lo se
stesso Euridice gli è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ; egli tenta di afferrarla ma non abbraccia che un’ombra
so, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo di aver egli ad alcuni profani rivelati i misteri. La testa di
e indipendentemente del suo talento nel maneggiare questo istromento, egli era stato abbastanza eloquente per persuadera ad
, prese cura della sua educazione e gl’insegnò le scienze delle quali egli medesimo faceva professione, e specialemente la m
fosse Pelia medesimo che desse Giasone ad educare a Chirone regnando egli intanto negli stati del nipote. Volendo Giasone g
irsi di due lance e portarsi in tal guisa alla corte di Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a sè gli s
tuosamente per Giasone, gli promise il soccorso dell’arte sua, purchè egli volesse darle la sua fede. Dopo reciprochi giuram
dopo aver vissuto molto tempo tormentato dal peso delle sue sventure, egli perirebbe colpito dagli avanzi del vascello degli
ti questi eroi la medicina, la chirurgia, la musica, l’astronomia. Fu egli che compose il calendario di cui si servirono gli
o nome zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli era un bellissimo giovine così la moglie di Preto
isidia, credendo che dovesse sicuramente perire in questa impresa, ma egli ritornò vittorioso. Dopo la sconfitta de’Solimi,
vevano fatto un’irruzione nella Frigia e negli altri paesi vicini, ed egli le vinse similmente. Ritornando Bellerofonte da q
ppa di Lici che erano stati inboscati da Giobate per assassinarlo, ma egli si difese coraggiosamente e li uccise tutti. All
il cignale, ma la gloria di ucciderlo fu riserbata a Meleagro. Volle egli però ad Atalanta offerirne in ricompensa il capo
apo e la pelle ; opponendosi a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma questa uccisione fu cagion
rimisi il tizzone nel fuoco, e a misura che questo andò consumandosi, egli pur divorato da interno ardore finì la vita. Pent
anta invaghitasi della loro bellezza, si trattenne a raccoglierli, ed egli giunse il primo alla meta, e sposò la principessa
ascita. Prima della guerra nella quale soccorse gli Dei contro Giove, egli aveva condotto via dall’Erizia i buoi del Sole. G
rò il gigante in mezzo al corpo e lo portò al disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli era padr
ò al disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli era padre, furono talmente afflitte, che precipit
ente. Difatti Giano figlio di Creusa fu il primo a’ presentarsegli ed egli lo adottò. Essendo Giano cresciuto in età apprest
questi fosse colui indicato dall’oracolo, lo elessero per loro re, ed egli pose fine a tutte le loro differenze. Mida, in ri
che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Gioc
ferte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo risguarda come un presagio
della vicina sua morte e senza guida alcuna s’incammina al luogo dove egli deve spirare. Giunto presso un precipizio in una
ia, e ordinò che quelle di Polinice fossero sparse al vento, per aver egli tratto sulla propria patria un’armata straniera ;
ti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla condizione, che se taluno f
te. Era difficilissimo che questo principe fosse vinto, in quanto che egli possedeva il più leggiero carro e i più rapidi ca
l quale essendosi spezzato nel corso precipitò Enomao che ne morì, ed egli così ottenne Ippodamia ed il regno. Egli si rese
ei contrari, pure da Minerva fu assolto e dalle Furie liberato. Diede egli allora all’amico Pilade la sorella Elettra in isp
col suo coraggio dalle feroci belve. In diverse circostanze dimostrò egli di essere di sì rara prudenza e di sì grande equi
premio della beltà ; quindi, per una necessaria conseguenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e
urre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quell’armi andar egli a combattere contro Ettore, ma ne fu ucciso e del
nno di Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo di legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato cavallo, entro cu
egli costruire da Epeo uno smisurato cavallo, entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero gl
cesi che disparve. Sebbene questa storia senta in tutto del favoloso, egli è però certo che i Romani possedevano una raccolt
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ante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella giovine, di cui egli ne ambiva il possesso, assistito da varj partigia
asgi, si celebravano dei giuochi funebri in onore di Polidette, anch’ egli vi concorse, e molto vi si segnalò colla sua dest
utta circondata di fuoco, che la incenerì(25). V’ accorse Creonte, ed egli pure rimase preda delle fiamme(c). Nè contenta la
ò ad imprese superiori alla capacità ordinaria degli uomini, affinchè egli perisse le quali imprese furono denominate le Fat
di differirne il sacrifizio al suo ritorno, e gli promise d’offerirlo egli a Giove Salvatore : lo che eseguì. Sonovi alcuni,
so morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi compagn
aveva ricevuto, in quella circostanza gli si aprì, e lo ammalò. Volea egli fare la pace co’Molioni, ma queglino, informati d
u obbligato ad impadronirsi de’pomi d’oro dell’ Esperidi. Non sapendo egli , dove quelli si trovavano, ne ricercò le Ninfe, l
rcole, fu di condurre dall’ Inferno ad Euristeo il Cane Cerbero. Così egli fece(16) ; e vuolsi, che dopo d’aver eseguito ciò
e già anch’ Ercole doveva andare soggetto allo stesso supplizio ; ma egli , come videsi legato, infranse i ceppi, e vi sacri
’ Alcmena, erasi rècato nella Spagna’nella sua prima gioventù. Mentre egli passava dinanzi alla porta d’ Ippocoonte, figlio
ndo rimasto ferito nella zuffa, dovette ritirarsi. Qualche tempo dopo egli ritornò ad essi, e li uccise col padre loro. Per
te Filolao, figlio di Minos, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucciso due de’ di lui compagni(c). Albione
questi doveva cedere ad Erice i predetti animali ; se Erice perdeva, egli doveva pur perdere il proprio paeso. Il re vi rim
li abitanti, avendo ucciso due de’di lui compagni, come conobbero chi egli era, si ritirarono in città. Ercole li strinse d’
irtù e il Piacere, e che mentre l’una e l’altro volevano trarlo a se, egli scelse di seguire piuttosto la Virtù, che il Piac
a pagare ad Ergino, re d’Orcomene, un annuo tributo di cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per vendicare la morte di
recchie, e le mani, le quali poi sospose al collo di ciascuno. Quindi egli prese il nome di Rinocoluste. Ergino marciò allor
Avendo Ercole indugiato a ritornarsene dall’ Inferno, si cre ette ch’ egli fosse morto ; e però insorse una sollevazione in
r la morte dello stesso, intorbidò ad Ercole la mente, e mentre stava egli per offerire un sacrifizio a Giove, lo rendette f
ne nel mezzo loro (a). L’Oracolo allora fece intendere ad Ercole, ch’ egli non si sarebbe liberato dal suo male, qualora non
delle comuni risa (b). Onfale poi regalò Ercole di molti doni, perchè egli uccise un serpente, che faceva grande strage appr
lore e lo spasimo superando alla fine la di lui tolleranza, abbandonò egli il sacrifizio e l’altare, cominciò ad empiere di
a tirasse, cessa traeva seco anche la cute. In tale misero stato vide egli Lica, il quale pallido e tremante stava nascosto
popoli imploravano la di lui protezione in tempo di malattie, per cui egli acquistò il nome di Alessicaco(a). Finalmente Erc
squarciato in due. Teseo fece soggiacere colui alla pena stessa, cui egli aveva sottomesso gli altti(a). Perigona, figlia d
Eroe ad allontanarsi per un anno dalla sua città, e dopo questo tempo egli venne assolto da’ Giudici, radunati nel tempio d’
i Venere per guida, e di sacrificarle una capra in riva al mare. Così egli fece, e la Dea tosto gli comparve sotto la figura
, che ebbe a sentire, quando intese, ch’era morto il padre suo, e che egli n’era stato la cagione. Gli Ateniesi per consolar
l Cinghiale di Calidone(d). La fama delle di lui imprese fece sì, che egli venisse provocato a singolare tenzone da Piritoo,
mpre ritenere appresso di se l’ anzidetta giovine, perchè Etra, a cui egli aveala affidata, dovette restituirla a Castore e
tosto rimase ucciso da Cerbero(e). Teseo poi doveva rimanersene anch’ egli incatenato per sempre nell’ Inferno ; ma Ercole,
oi da un certo Lico (h), fece passare la sua famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio
’ più robusti uomini avrebbono durato fatica ad alzarla da terra ; ed egli solo con tutta facilità lo fece, e la gettò contr
to, come più diffusamente narreremo. Filottete finalmense lo ferì, ed egli però si fece trasferire appresso Enone, cui erano
trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didone, la quale eravi s
icono, ch’ella lo fece perire nel banchetto, che gl’imbandì, tostochè egli si rimise in patria (a). Era pur riuscita di grav
seno (c). I Greci per tale delitto lo aveano condannato a morte ; ed egli , per evitare l’infamia del supplizio, a grande st
a) (1). Tetide poco tempo dopo lo tuffò nella Palude Stigia, affinchè egli divenisse invulnerabile. Tutte quindi le parti de
Troja ferì Telefo, figlio di Ercole, e d’Auge, e re de’Misj ; perchè egli tentava d’impedire che i Greci passassero per le
avvilito e depresso non bastò ad Achille ; ma mentre quegli fuggiva, egli lo inseguì ; e raggiuntolo, gli premette le visce
inete, re di Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille, quando egli prese quella città, e ne uccise il predetto Monar
ente fortuna de’suoi(c). Tetide gli ottenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle fece orribile strage de’ Trojani(a). U
bellezza, voleva per forza farsela sua. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossess
tosto offerto. Colei altresì stava per toccarlo colla sua verga ; ma egli , imbrandita la spada, la riempì di spavento, e mi
Eroe, abbandonata quell’ Isola, si abbattè tosto nelle Siene(13). Usò egli la precauzione di far turare a tutti i suoi compa
i i Greci perirono, e Ulisse solo potè sottrarsi al naufragio. Arrivò egli all’isola d’Ogigia nel mare Mediterraneo(a). Ivi
persuadendolo, onde volesse fissare appresso di lei la sua dimora, ma egli non mai v’acconsentì. Minerva finalmente ottenne
strò una fascia, colla quale l’infelice si sostenne sulle onde. Nuotò egli due giorni e due notti ; e poscia Minerva mandò u
escere olce vino ; bevuto il quale, Arete ricercò al Greco ospite chi egli era. Ulisse allora diedesi a conoscere. e narrò l
zzo ad infiniti, disastri cercato, inutilmente il suo genitore. Parlò egli col padre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò
farete, fondatore della città di Arene nella Messenia, la quale città egli così denominò da Arene, sua moglie, e madre dei p
vano in moglie, propose di darla a chi lo avesse oltrepassato, mentre egli correva sopra un carro, tirato da velocissimi cav
Istro lasciò scritto, che Mirtilo era uomo bellicoso ; che pretendeva egli Ippodamia in moglie ; e che perciò essendo venuto
me di Edipo, dalle due voci Greche idima, tumore, epus, piede, perchè egli aveva i piedi gonfi dall’essere stato sospeso a q
quell’albero(f). Edipo, fatto grandicello, venne in cognizione, ch’ egli non era, come credeva, figlio di Polibo. Consultò
che rimase sepolto sottò di quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia di voler prenderè l’anzide
i Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statua in Delfo(d). Capaneo avea sposato
o. Melampo, e che per altro sia stato creduto figlio d’Apollo, perchè egli pure comparve vate eccellentissìmo e indovino mol
lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli , ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso
in guisa, che da ogni parte potesse difendersi nello stesso tempo, ed egli si riserbò a combattere col fratello, Polinice(d)
ezione, che deo coltivare l’Economo per promuovere la felicità di chi egli ha cura. Diligenza. La Diligenza è pronta,
ogo, il quale esprime la difficoltà, con cui si giunge a meritare. Ha egli la fronte cinta d’alloro, perchè di questo antica
ita del solito, lo rapì, e fece ogni sforzo per induslo ad amarla. Ma egli , che sempre aveva Procride sulla boccà e nel cuor
avesse prodotto qualche cangiamento nell’ animo di Procride, e volle egli stesso esperimentarne la fedeltà. Entrato, senza
e piangeva, e doleasi di vedersi da lui divisa. A tale vista talmente egli s’intenerì, che detestando il suo malnato capricc
uto, lo rigettò con ira e con proteste, ch’ ella ad uno solo, ovunque egli fosse, serbava il suo affetto. Ciò doveva bastare
llo, e prese a giustificare la di lei debolezza coll’ accertarla, ch’ egli medesimo, se si fosse trovato nella stessa circos
ormentava. La moglie cominiò a diffidare di lui, e per accertarsi, se egli veramente consumava tutto il giorno nella caccia,
che non è mai tranquillo. Tal’è il carattere del Gelòto : per quanto egli sia certo della fede altrui, vive però sempre nel
d’osservare ogni atto, anche il più indifferente, della persona, cui egli ama. V’ è il Gallo, perchè questo è di sua natura
una Cornacchia. Questo uccello perdette la grazia di Pallade, perchè egli le eta riuscito troppo importuno col suo cantare.
terra il suo splendore. Tal’ è il carattere anche dello Sconoscente : egli non rade volte danneggia queglino stessi, che lo
ono questo Nume, come figliò di Marte e di Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque dalla Morte. Per ottenere, che Egli non nu
in quello stesso istante lo privò della Iuce degli occhic per quesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che
uomini. Altri dicono, che Tiresia rimase accrecato dagli Dei, perchà egli communicava agli uomini le cognizidni, che dovean
lto, per avvicinarsi alla quale Nettuno aveala cangiata in pecora, ed egli erasi trasformato in ariete(a). Quel montone avea
di nocchiere. Morì prima d’ arrivare in Colco. Alcuni pretendono, ch’ egli , essendosi fermati gli Argonati appresso Lico, fi
se preveduto, che vi sarebbe perito, tuttavia volle intervenire anch’ egli alla conquista del Vello d’oro. Essendosi gli Arg
eguire il truce comando, e in premio gli si propose la libertà. Entrò egli nella prigione, ove stava rinchiuso il supposto g
il variare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia an
dea mindò il suo figliuolo, Fere, con certi doni avvelenati, affinchè egli li presentasse a Creusa ; e che per questa ragion
che Calcodone ebbe una Cappella nella città d’Atene(h). Non si sa, se egli parli del predetto Cal odone, o di quello, che fu
fitrione in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro gli Eubei, de’quali egli n’era il comandante(i). (a). Declaustre Diction
ccolti con somma ben volenza insieme cogli altri Argonauti, sì perchè egli avea sposato la loro sorella, Cleopatra(a). Colei
che gli Argonauti trovarono il modo di restituirgli la vista, perchè egli additò loro la via per giungere presto e senza pe
Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (19). Insieme con Ercole, allorchè egli andò in cerca d’Ila, si unì anche Polifemo Tessal
eno. Gli avoltoi, che lo credettero morto, calarono sopra di lui ; ed egli , avendone presi due pe’piedi, li legò insieme, e
ad allattarne il figlio, finchè altri pastori, avendo giudicato, ch’ egli fosse protetto dagli Dei, lo allevarono, e gl’ im
schiavi a quelli, che più si erano distinti ne’ Giuochi funebri, ch’ egli aveva instituito in onore di Androgeo. (13). Il
iusa dal tizzone, onde costretto a trangugiarne i carboni, morì anch’ egli arrostito. Fastoso il Centauro d’aver messi a mor
sulle pelli di un’ Orsa, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e teneva egli in mano una tazza di vino. Lo vide appena Forbant
tosi in Italia, fondò la città di Padova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia stato uno di quelli, i quali tradirono l
Due volte rimase ferito da Merione(c). Dopo la morte di Paride prese egli in moglie Elena ; ma questa introdusse Menelao ed
4). Antifo uccise Leuco ; uno degli amici e compagni d’Ulisse, mentre egli stava strascinando il corpo del Trojano Simoisio,
na. Come fu presa Troja, Etra mostrò ad Acamante il di lui figlio, ed egli salvò la vita a quello ed a lei, che gliedo avea
tuto sorprendere la Ninfa, mentr’ella dormiva. Difatti in tal maniera egli ottenne di sposarla(a). (c). Declaustre Diction
ata al messo, afflisse Paride in guisa, che in quello stesso instante egli spirò. Enone allora con un colpo di pietra uccise
a per riposarsi de’ lunghi travagli, sostenuti insieme con Ulisse. Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le sue avventu
de si presagì il di lui futuro Imperio. Difatti dopo la morte di Enea egli regnò trent’anni appresso Lavinio, e vi fondò Alb
l’altra i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo, di cui egli n’era il sacerdote (a). (6). Un simile fatto di
ungono, che i Greci lo lasciarono uscire liberamente da Troja, perchè egli con Antenore, e Polidamante, figlio dello stesso
col latte di un giumento. Venne consecrata a Diana da Metabo, quando egli , scacciato per invidia de’suoi dal regno, si riti
ccome il medesimo comparve alla luce dopo la morte di suo padre, così egli fu anche socrannominato Postumo (d). (f). Tit.
se in seno una porca, quando fosse per partorire, e con quali segni ; egli per timore d’ingannarsi non proferi parola ; ladd
comechè conoscesse il Greco inganno, che il quello celavasi tuttavia egli il primo propose a’suoi d’introdurlo in città. Di
on favorevo le vento alle patrie terre. Soggiunse, che Ulisse, da cui egli era fieramente perseguitato, eccitò Calcante a di
di in Delfo per saccheggiare il tempio di quel Nume, ma in vece restò egli ivi ucciso(c). Con tutto ciò fu poscia onorato in
ro gli Assirj, promise di consecrare la sua bella chioma a Venere, se egli fosse ritornato a lei vincitore. Così avvenne : e
Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per di lui padre, perchè egli la aveva sposata, primachè essa si unisse al pred
loco fu soprannominato Filopatore, ossia amatore di suo padre, perchè egli sacrificò la propria vita per riparare il colpo,
a giovine, e la ebbe in isposa. Ella lo amava teneramente, e allorchè egli si disponeva a pattire per recarsi in soccorso de
uale, odiando implacabilmente Ercole, voleva punire Filottete, perchè egli aveva preso cura degli ultimi momenti della di lu
che Filottete rimase in quel modo danneggiato da un serpente, mentre egli nel tempio di Apollo Timbreo stava contemplando i
e aveva trovato. Il pascatore ubbidì, e ne ottenne in ricompensa, che egli e i suoi discendenti avessero il privilegio di co
che rimase sepolto sottò di quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia di voler prenderè l’anzide
i Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statua in Delfo(d). Capaneo avea sposato
o. Melampo, e che per altro sia stato creduto figlio d’Apollo, perchè egli pure comparve vate eccellentissìmo e indovino mol
lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli , ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso
a, corse al luogo del supplizio, e disperato si trafisse il petto, ed egli pure finì di vivere. L’inumanità poi di Creonte n
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dal suo seno il ferro, ne formò una falce, e la diede a Saturno, ond’ egli insieme co’ Ciclopi(5), suoi fratelli, che da Ura
ol avesse serbato in vita. Colei presentò al marito una gran pietra ; egli la credette il nato bambino, e secondo il solito
oi Meti, figlia dell’ Oceano e di Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restituisse di nuovo alla luce tutti i figliuoli,
re tutto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato avvinto da Giove, allora si scioglieva,
o. Cerei pure ardevano in gran copia dinanzi a questo Dio, perchè era egli risguardato come il lume dell’ umana vita(e). Sa
a (b). Il terzo final mente si chiamò Cerice, ossia Banditore, perchè egli intimava a’ profani, che si allontanassero dal te
spargere il suo veleno sopra lo scellerato, mentre dormiva. Appenachè egli si destò dal sonno, le viscere di lui si trovaron
i beninon gli restava che una figliuola, di nome Metra, e questa pure egli vendette per isfamarsi. Ella però, de mal comport
ti (g). Altri ne attribuiscono l’instituzione a Giove stesso, dopochè egli disfece i Titani ; e soggiuagono che Apollo rimas
i instituiti da Ercole, figlio di Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva origine per parte di madre, e che i medesi
ulone, o Diomo, o Sopatro, vide mangiarsi da un bue una focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò
la sommità della stessa beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo, ment
to una verde quercia. Finalmente se moriva a tal Sacerdote la moglie, egli perdeva la carica (a). Gli altri nomi, dati a Gio
a’ diversi popoli, che ciò facevano ; ed altri dalle beneficenze, ch’ egli conferiva. I più celebri sono questi : Padre, Re,
ulmine, che colpì la di lui lettica, e uccise chi la dirigeva, mentre egli di notte viaggiava verso la Spagna (d). Vuolsi, c
ima, la quale aveagli promesso di sacrificare ella stessa a Giove, se egli fosse ritornato sano e salvo dalla guerra contro
salvato nella sedizione dell’Imperatore Vitellio. Divenuto poi anch’ egli Imperatore gl’innalò un piccolo tempio o un altar
Troja, sorgeva un ara sacra a Giove, appellato Panonfeo (h), o perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce d
rio (i). Ebbe il nome di Trifilio a cagione del magnifico tempio, ch’ egli avea in Trifilia, piccolo passe d’Elide nel Pelop
). E’pur celebre un certo Assilo Frigio, della città d’Arisba, perchè egli , abitando sulla strada, impiegava tutte le sue fa
ubito si propose di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui su
cui aveva eretto tempj e altari. Così operando, talmente si rendette egli caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva gli
a d’ accordo riguardo i nomi delle nutrici di Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima allevato da Ino, sorella di Semele, e ch
aveva un tempio in Brisa, promontorio dell’ Isola di Lesbo ; o perchè egli fu il primo, che insegnò agli uomini a spremere l
soverchiamente ne usano(f). Milichio, dalla voce milica, fico, perchè egli era stato il ritrovatore non solo del vino, ma an
nire alle mani, Melanto tacciò Santio di aver violati i patti, avendo egli al suo fianco un altro guerriero, coperto con ner
egiro, ossia vestito di ner a pelle di capra, perchè si credette, ch’ egli fosse allora comparso sotto quelle sembianze(a),
piedi. Riconobbe in quel momento la giovine, ma troppo tardi, quanto egli la amava, nè volendo neppure ella sopravvivere a
gie di Bacco. Questi lo fece cadere in sì forte ubbriachezza, per cui egli commise una nefanda scelleraggine. Lo stesso Nume
l nome di lui, e quello de’genitori, la patria, e la ragione, per cui egli onorava Bacco. Lo stranìero soggiunse, che Acete
cco, come abbiamo detto, dipingesi ora giovine, ed ora vecchio. Cinge egli la fronte di corona, da cui pendono varj corimbi,
. Ammirò Giunonò sì vago animale, e chiese, di qual armento e pastoro egli fosse. Giove rispose, che lo avea partorito la te
una parte de’ quali sempre vegliava, mentre l’ altra domiva. Ovunque egli guârdasse, l’ animale eragli sempre presente. Nel
o di Amitaone e di Dorippe, ne intrapreso la guarigione.(9). Cominciò egli dal placare la Dea con numerosi sacrifizj, e faci
enche a Giunone. Chiunque interveniva a tale solennità, portava anch’ egli delle vittime a proporzione delle sue facoltà. Fi
igine differente sì al nome, che al tempio di Moneta. I, Romani, dio’ egli , mauravano d’argento nella guerra, che sostenevan
bellissima la descrizione, che ce ne dà Virgilio(b). Due porte, dic’ egli , ha l’Inferno, una di corno e l’altra d’avorio. A
i neri tutti gli anni sulla fontana di Ciane, per dove credevano, ch’ egli avesse preso la strada dell’ Inferno. Plutone po
queste per lo innanzi si colebravano ogni tre anni solamente in Azio, egli ne trasferì in Roma la celebrazione, la quale si
oreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o di Peone(19), perchè era egli considerato come il Dio della medicina(f) (20). Q
di Spondio, che deriva da spondì, trattato, diedesi ad Apollo, perchè egli prosiedeva anch e a’ trattati(g). Fu detto Spodi
per alludere alla luce, the sparge per tutto il mondo, in quanto che egli è lo stesso che il Sole(b). Sotto questo aspetto
dustria riuscì vana, e la pietà fallita. Sbarazzato il terreno, trovò egli Leucotoe già morta. Ne asperse quindi allora di n
che volta in mano il cornucopio, per simboleggiare l’ abbondanza, ch’ egli produce. Ha in capo una corona di raggi, ed è tir
fruttuosa non rimase la di luì preghiera, e in tal dilovio di lagrime egli proruppe, che divenne verde cipresso. Afflitto Ap
ispondesse, Apollo tuttavia procurava sempre d’abbattersi in lei. Era egli per raggiungerla sulle sponde’ del fiume, suo pad
un cervo sino alla spiaggia del mare. L’animale si gettò a nuoto, ed egli fece lo stesso, cosicchè si trovò senza accorgers
entino, avrebbe procurato alla sua città l’imperio del mondo. V’ andò egli . Il re Servio, avvertito del vaticinio, lo manife
ecrò la città di Pafo, da lui fabbricata, e le alzò un tempio, di cui egli stesso volle costituirsene il sacerdote(f). Ne av
rfettamente, era il continuo oggetto della di lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine di tale bellezza e leggiadri
l’amante di lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò nel momento, in cui egli s’assideva a tavola con alcuni amici. I due giova
ebbe sì bello, che Venere sommamente prese ad amarlo. E siccome erasi egli dedicato alla caccia, così la Dea lo ammoniva a n
store, che morì di tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavia egli non cessava di amare Argira, ch’era stata pure tr
rdino più fiori di sua madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; ma egli coll’ajuto delle ali sì velocemente girava di fio
sfalico, significa stabile e fu data a Nettuno, perchè secondo Servio egli avea il potere di rendore tale la terra(b). Strab
Circensi, ma anche perchè trovò l’arte di cavalcare(a), ovvero perchè egli fece dono del cavallo agli uomini(b). Dagli Arcad
ato, che il paese d’Argo appartenesse a Giunone, mentre lo pretendeva egli , inondò la maggior parte del loro paese. Il Nume
nominò Istmici, e li consecrò a Nettuno, appellato Istmico, sì perchè egli vantavasi d’esserne figlio, sì perchè il Nume su
. I Romani gli avevano consecrato tutto il mese di Febbrajo, affinchè egli fosse propizio nella Primivera a’naviganti(a). I
e, che Nettuno con un colpo di tridente abbia prodotto Arione, quando egli e Minerva gareggiarono nel fare agli uomini un ut
quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perchè egli volle prestare soccorso a Giunone, mentr’ ella tr
usania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la quale egli spedì in Cielo a Giunone per vendicarsi del dispr
otto, che alle dodici Divinità maggiori si aggiunsero in Roma. Quivi egli ebbe un tempio di dodici porte, le quali in tempo
rto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quello, il quale in certa guisa apriva l’anno ; g
anche quello di Quadrifonte, e di Clavigero : il primo, in quanto ch’ egli si risguardava preside alle quattro porte del Cie
iente, al Ponente, al Settentrione, e al Mezzodì(e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali era s
o(d). Quando poi erasi per sacrificate, il Sacerdote assaggiava prima egli una tazza di vino puro, indi ne faceva gustare ag
altra Vesta, figlia di Saturna(a), e sotto il nome di questa venerava egli il fuoco(b). I Poeti però confondono queste due D
stato dagli Dei avvertito di restituire a’ Trojani il Palladio, e ch’ egli perciò lo abbia ceduto ad Enea, o ad uno de’ di l
amante, ma madre di Ati, e riferisce la seguente favola : Giove, dic’ egli , dormendo diede da se solo alla luce un mostro, c
iullo. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe egli di sì rara bellezza fornito, che Agdesti medesimo
pomene alfine, figlio di Macareo o Megareo, e di Merope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, nè si sbigottì del tristo fine di
fu da Cerere convertito uno de’ Re de’ Geti, popoli di Misia, perchè egli fece morire uno de’ Dragoni del carro, consegnato
tri Giganti, da loro sterminati(l). Vuolsi altresì da Filostrato, cu’ egli fosse lo stesso che Encelado(a). Intorno a Briare
si, che la prima volta che Acusilao fu coronato ne’ medesimi Giuochi, egli prese il padre suo salle spalle, e lo portò per l
olo pugno. L’azione di lui dagli Ellanodici si giudicò un delittò, ed egli fu condannato a perdere il premio. Cleomede ne co
inciava ad aprisi ; e il suo braccio vi restò preso dentro, consicchè egli divenne preda de’Lupi(b). Lo stesso sei volta ave
le : lo che si chiamava Oleromanzia. In alcuni tempj ciascuno gettava egli stesso le Sorti. Queste non si consultavano, so p
). E’pur celebre un certo Assilo Frigio, della città d’Arisba, perchè egli , abitando sulla strada, impiegava tutte le sue fa
di tutta la Grecia ; e che v’inalzò un altare a Giove Liceo, al quale egli il primo sacrificò delle vittime umane (d). Suida
straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene, nel momento, in cui egli stava per offrire un sacrifizio al Nume, mescolar
n mano. Se questa gli si estingueva, primachè fosse giunto alla meta, egli dovea cederla al secondo : e questi per la stessa
sempre sorpassate (f). Di Cario finalmente narrasi, che passeggiando egli lungo le rive del fiume Torrebia, udì il canto de
udì il canto delle Ninfe di quello, e ne apprese la Musica, la quale egli poi insegnò a que’della Lidia. Questi popoli perc
il silenzio. Quando trattavasi d’iniziare alcuno ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto di una fascia di por
sulla terra, e sdrajato sopra di quelle, vi si addormentava. Credeva egli di vedere allora mille fantasmi, di udire diverse
Diale cominciava, e mentre continuavano gli altri a raccorre il vino, egli sacrificava a Giove un’agnella. Le leggi Tusculan
avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Ercole, contro di cui egli nuttiva irreconciliabile odio. Biante coll’ajuto
rla andare a rivedere Filomela, sua cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo per condurla appresso di lei. Andò il ma
nfanzia : lo che gli acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo titolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia, n
nato Egipane (c). Luciano gli dà inoltre la coda di capra (d). Spesso egli teneva il bastone pastorale e la sampogna (e). Qu
dagli uomini, e Calcide dagli Dei, allorchè alle preghiere di Giunone egli addormentò sul monte Ida Giove, che stava tralle
omo, Monfeo, Fantaso, e Fobetore. Il primo era la stessa maldicenza : egli niente faceva, ma bensì censurava tutte le azioni
n un’oscura spelonca di Creta, e poi lo trasportò nell’ Inferno, dov’ egli divenne un fiume amarissimo(b). Altri pretendono,
al motivo Sisifo venne precipitato nel Tartaro. Alcuni dicono, perchè egli manifestò gli arcani degli Dei ; altri soggiungon
al di lui capo, e che questo ne venisse percosso, ogni qual volta che egli tentava di assaggiare quelle acque(b). Riguardo p
hio degli altri anzidetti Giudici ha la preminenza tra loro (b), però egli rappresentasi collo scettro in mano, assiso sopra
’urna, detta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a c
in cognizione, che queglino avrebbono riacquistata la salute, qualora egli , seguendo il corso del Tevere, li avesse condotti
o, gli troncò il capo, affinchè nè il fratello fosse riconosciuto, nè egli come complice di lui fosse scoperto. Altri finalm
ad Agamede soggiungono, che la terra si aprì sotto i di lui piedì, ed egli vi restò sepolto in una fossa, detta poscia la Fo
la cura di allevarlo. Crebbe Jone all’ombra degli altari, senzachè nè egli , nè colei avessero alcun lume riguardo a chi gli
to, in cui quel re recavasi a consultare ilsuo Oracolo per sapere, se egli avrebbe alcun figliuolo. Intese, che sarebbe suo
ebbe alcun figliuolo. Intese, che sarebbe suo figlio quello, il quale egli incontrerebbe, uscendo dal tempio. Zuto v’incontr
da lui amata ; e però ella si determinò di far perire Jone. Trovavasi egli allora occupato a sacrificare, e ad apparecchiare
i un flauto, e lascia a’piedi di Euterpe l’arco e il turcasso, di cui egli si serve per ferire i cuori (a). La terza Musa fu
a cui manifestò la causa dell’ intrapreso viaggio. Ella rispose, ch’ egli doveva sacrificare il carro a Giove. Gordio si fe
del bambino, e comandò, che quello fosse tosto esposto a’ cani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinch
in Delfo, dove fu ammesso tra’ Sacerdoti d’Apollo(c). Igino dice, ch’ egli si diede la morte(d). D’un amore simile a quello
anzidetti Lini con quello, che nacque da Urania e da Anfiarao. Anch’ egli fu eccellente musico, ma avendo osato di paragona
. Era peritissimo nella Musica. Ricevette da Mercurio una lira, a cui egli v’aggiunse tre coide, e con essa operò grandi mar
cora una sola volta la sua cetra, e ciò gli fu accordato. Lusingavasi egli d’intenerirli, ma non essendovì riuscito, si lanc
li permisero di seco condursi sulla terta Euridice, a patto però, ch’ egli non volgesse indietro gli occhi a guardarla, finc
ertarsene voltò indietro lo sguardo, e di nuovo la perdette. E perchè egli , trovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi d
sepolte in Dio, luogo della Macedonia. Altri lasciarono scritto, ch’ egli venne da Giove fulminato nella Tracia, perchè riv
figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apollo, geloso di vede
rra produsse per punirlo d’essersi vantato, che non eravi bestia, cui egli non fosse capace di fare resistenza (g). Lucano v
i. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo di Solone, ed egli molto giovò ad essi co’consigli e colle predizion
e onorato dagli Ornj, popoli della Grocia, vicini a Corinto, da’quali egli preso anche il soprannome di Orneate (b). Anche l
va mai, ne ricercò a Temi la ragione. Intese che ciò avveniva, perchè egli non avea alcun fratello. Venere allora diede alla
o cadde per accidente dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni di rincrescimento, perchè Psiche era
e poi alcuno tenacemente lo teneva legato, o usavagli altra violenza, egli alfine ripigliava il suo primiero aspetto, e risp
ngraziarli dell’abbondante raccolta, che gli avevano concesso. Offerì egli pure le primizie delle messi a Cerere, de’vini a
). La morte di Allirrozio si racconta anche in altro modo. Dicesi ch’ egli erasi proposto di vendicare il padre suo, vinto d
8 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
tore della separazione delle materie, ond’è composto l’Universo. Vien egli rappresentato in atto di assegnare ad ogni elemen
rno. Titano, perchè il primogenito, dovea essere l’erede di Urano : egli dunque reclamò l’imperio : ma Saturno non volle c
ella riconoscenza, che questo Nume meritava dagli uomini. Fu ascritto egli stesso al numero degli Dei, col titolo di Dio del
tempio di Giano . Egli era effigiato a due facce : sia perchè avendo egli il dritto sul mese di Gennajo riguardasse l’anno
iguardasse l’anno scorso, e quello, che cominciava, sia perchè avesse egli la conoscenza del passato, e del futuro, o finalm
solamente aveva su di lui la preminenza(1). Dopo aver vinto Saturno, egli divise il suo imperio cogli altri fratelli. Nettu
ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re di Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome sua madr
r avergli quest’ultimo rinfacciato di non essere nato da Apollo, come egli credeva. Il giovane Fetonte portò le sue doglianz
unque Apollo fosse il Dio degl’ingegni ; non fu perciò stimato quanto egli meritava ; fu soggetto ai colpi dell’invidia. Pan
e alle mani, o riuscì a Melagro di vincere i suoi nemici : in seguito egli sposò Atalanta. Malgrado che Diana giurasse di es
giorno cogliendo dei fiori in un boschetto : Amore vantossi di esser egli più sollecito in raccoglierli : ed agile saltella
ono il fulmine di Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achille, e ad
d uu fanciullino a cui il Destino aveva riserbato l’impero del mondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo gli venne un male
be quello di Dio de’ ladroncelli, e rubatori. Non ancor grande in età egli rubò alcune vacche degli armenti del Re Admeto, e
stava immobile ai di lui piedi. Abbiamo già osservato in qual maniera egli involò Proserpina figliuola di Cerere, per farla
e, malgrado che una pianta carica di frutta gli penda sulla testa, ed egli stesso stìa fino al mento tuffato nell’acqua. Qua
o, che uno de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un
ito di Diana : ma come questa non voleva per niente ascoltarlo, tentò egli di usare la forza : la ninfa si diede alla fuga,
ttere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo di una grotta, ove egli erasi addormentato : da lungo tempo Sileno aveva
o della sua bellezza, che divenne amante di se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ottenere l’oggetto de’ suoi desiri
nsidioso, turando con cera gli orecchi de’ suoi compagni, e facendosi egli stesso legare ad un albero del naviglio. Per la r
ci fa chiaramente conoscere la natura, e gli effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio d
a in guardia, li divorò tutti. Cadmo non vedendoli ritornare, si recò egli stesso sulla faccia del luogo, e gli riuscì di am
bianca in vece della nera che ivi si trovava. Disgraziatamente tanto egli , che il piloto obbliarono questa promessa. Egèo c
o sposò Fedra figliuola di Minosse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli , che le madrigne guardano di mal occhio i figli d
er farlo affogare. In questo rincontro fece Ercole conoscere di esser egli figliuolo di Giove, avendo preso ambo i serpenti,
cugino, a cui impose di bruciarle appena ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce nel sangue di quest’Idra
dono della lingua, calmò la sua collera, e lo persuase a venire ancor egli a Troja. Partì dunque, e giunto al campo de’ Grec
ucciso suo padre, ed indi sposata la propria madre. Intanto credendo egli Corinto la sua patria non volle ritornarci, e pre
ifile figliuola di Adrasto, fu anche pressato ad armarsi : ma sapendo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dal
pena intesa la nuova di sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egli in fatti : ed Alcmeone esegui l’ordine paterno. M
de’ Pelopidi, che figurò molto in tal’epoca. Tantalo ne fu il capo : egli era figliuolo di Giove, e della ninfa Plota, e re
rmi. A tal vista sentì Achille destarsi gli spiriti marziali, e svelò egli stesso il segreto. Ulisse allora presa l’occasion
ca cotanto furiosa, che il naviglio di Ulisse ne resta fracassato, ed egli stesso resta seppellito negli abissi dell’oceano.
soggiunge, che un fulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isola di Ogigia ; i
uanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela, e sbattuto
e narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta accolto Ulisse in sua casa, e che a mome
ia delle loro grida : va l’avviso a Penelope, che Ulisse è in Itaca : egli viene riconosciuto, e corre da suo padre Laerte,
Libia. Ivi frattanto i suoi compagni pensano a ristorare la flotta ; egli si avanza lungo la costa, per vedere se scopriva
te di Nettuno è di avviso che si abbatta questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo nel fianco di quello. Arre
est’impostore inganna i Trojani con un falso racconto, dicendo, esser egli l’odio de’ Greci : soggiunge, che il cavallo di l
ri ci atterremo al sentimento dell’insigne geografo Strabone. Attesta egli di essere stata Napoli edificata dai Cumani, chia
leth, fluentum, cioè piccolo siume. Comunque sia, certa cosa è che fu egli ascritto fralle patrie Divinità. Probabilmente ci
mal corrispondono al piccolo volume delle sue acque. Malgrado che sia egli decantato in ogni pagina dalla fervida fantasia d
ttura, che in seguito dopo la di lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una tale Fratria, alla quale non erano ammess
racchiato, potrebbe ripetersi dall’Ebraico Abir, taurus. In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con facc
no in queste feste i sacerdoti da disperati, e fra questi si annovera egli stesso il nostro Stazio, portando accese faci nel
e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fanno credere di essere stato egli ascritto fra i Penati e gl’Iddj tutelari della Pa
ima mano alla sue Georgiche, giacchè volentieri vi si tratteneva come egli stesso ci assicura : Illo Virgilium me tempore d
, in una tomba, che ancora oggi si vede. Poco prima di morire compose egli stesso il seguente distico da apporsi sul tumulo 
9 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
unesto apportatore Di perigli, di affanni, e tristo fio, Egli è Duce, egli è Nume, egli è Signore. Rare volte mostrossi amic
atore Di perigli, di affanni, e tristo fio, Egli è Duce, egli è Nume, egli è Signore. Rare volte mostrossi amico, e pio, Inc
tratto, così dello sviluppo ancora sarà unicamente l’obbietto. Nacque egli in Creta grazioso di volto, e maestoso d’aspetto.
ire una pietra, detta poi Abder, in luogo dell’amato suo Giove. Quivi egli cresciuto, e consapevole de’passati crudeli tratt
e mendo, tutti istrumenti, e fatture degli orribili Ciclopi. Non godè egli però dopo tal divisione una lunga tranquillità ne
uali con ardita licenza sfacciatamente si diede. Imperochè quantunque egli assicuratosi di già del sortito suo regno impalma
Giove qualificato con diversi nomi a lui dati o da luoghi, ove venne egli con special culto adorato, o da qualche sua azion
a svenarsi in suo onore erano bianchi bovi, da’ quali credevasi esser egli unicamente rapito. Circa le morali significazioni
nti, monti, e mare ; pur tuttavolta perche da più recenti poeti venne egli riconosciuto pel mare, e non pel Dio di esso ; pe
sò ben presto di sbrigarsene col menar moglie. A tal’ effetto rivolse egli lo sguardo sulla vaga figlia di Doride chiamata A
stesso culto divino qual degna moglie del gran Dio Nettuno(1) Non fù egli però contento degli innocenti piaceri di questo m
isione Nettuno il primo si diede a far pruova di suo potere. Percosse egli col suo divino tridente la terra, come attesta Vi
cel descrive Stazio… Triplici telo iubet ire iugales, ne avvenne, che egli fù creduto ancora il Dio governatore de’ navilii,
vito di appoggio, e sgabello alle sue fortune. Chi fù Vulcano. Nacque egli da Giove, e da Giunone, o da questa sola, come pu
al ravvïsar gli abitanti di Lenno l’infausto fato, cui cadendo andava egli soggetto, richiamando nel lor cuore quei sensi d’
a sventura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di questa, e di altre molte buone accoglienze suc
ivamente prestategli da que’isolani durante la puerile sua età, volle egli a motivo di grata riconoscenza presso di essi fis
insegnarli i moltiplici usi del ferro, e del fuoco, a quali cose era egli naturalmente inclinato ; onde somministrare a que
ta. Piccatasi fortemente del suo marito l’orgogliosa Giunone per aver egli da se solo senza vantarvi ella parte data alla lu
nvenevole però al fiero suo genio fù effigiato questo Nume. Pingevasi egli da capo a piè ricoverto di armi sedente su d’un c
ro aveano essi costruiti due tempii, uno dentro le mura acciò degnato egli si fosse di conservar sempre florida fra cittadin
egnò di somministrargli il suo latte(1) dal che forse ne avvenne, che egli intempestivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa
pria lo trasformò in pietra (detta poi pietra di paragone) acciò cosi egli restasse al coverto del furto, e quegli nel tempo
oleggiare, ed esprimere i diversi moltiplici suoi impieghi. Pingevasi egli colle ali alla testa, ed a’piedi, mentre essendo
alle porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri, di cui egli era Dio, quantunque volte avveniva passar per que
chi per qualche dono di natura infra gli altri singolarmente rifulge, egli suol divenire il bersaglio della cieca imprudente
fu costretto a mirarsi nelle sue intraprese. Fù primieramente rapito egli da violento affetto per Dafne famosa figlia del f
tima addivenire degli ardenti suoi amori. Le stesse disavventure ebbe egli parimenti a provare nel corteggiare la Ninfa Boli
a ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figlio di Apollo come si vantava, chiese in grazi
ebo per cagion della luce, e calore del sole da lui guidato, o perche egli stesso fù creduto per sole : Delfico per la città
grilli a suoi piedi. E come in vero non convenirgli tal sembiante se egli è il Dio dei Poeti, il Principe delle Muse, il Ma
a se molto esteso si legge il suo culto. Con particolar modo però era egli adorato in Delo, Claro, Timbra, Pataro, e sopratt
o della vita a saziarlo, mai non però potè ottenerne l’intento ; onde egli di sua voracità non potendo più tollerar la moles
tal previene, Sordo agl’affanni altrui, sordo alle pene, E tutto, che egli vuol tutto, è preciso. Libro eterno sostien con m
rprese lo stesso suo padre, e devirollo. Quello stesso però, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli
a dall’ Olimpo. Suoi viaggi. A tal infausto fato impertanto piegando egli l’afflitto nume il capo, per non essere sempre ra
magine però ha più dell’orribile, che del di lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio curvo di spalle con lunga bar
olenza di quel Nume a tal segno, che in grazia di costui non sol vide egli nel suo regno civilizzato ogni animo, appaciato o
qualità è il ritratto, che la Gentilità ne costrusse. Rappresentavasi egli a due facce, detto perciò Bifronte, in memoria d’
esentavasi egli a due facce, detto perciò Bifronte, in memoria d’aver egli diviso un dì il suo regno col Dio Saturno formand
nza del passato, e del futuro, di cui in grazia del detto Nume andava egli fregiato ; che se talvolta con quattro facce raff
questo Ianua dal proprio suo nome, se pur non dinoti con quella esser egli la porta, per cui sol le umane preci potevano ave
lto grazioso, all’aspetto però, è il tipo di questo tirannico Nume. È egli figurato qual tenero fanciullino con cascante ben
morte, e tutto odio alfin trovera quel Dio, che amore con delce voce egli appella. Cap. XVII. Plutone Sonetto
mortali a far sacrificii a questo Dio de’morti. Comunque pero ciò sia egli sotto i fastosi titoli di Giove infernale, Giove
carli alcun male. Sue vendette. Tali viscere di Padre però non serbò egli per chiunque ardiva vilipenderlo, ma geloso de’su
inoltre all’indole graziosa di questo Dio è il suo ritratto. Pingesi egli qual fresco, e rubicondo giovane chiamato perciò
tto la sua possa adora ; Invoca ognuno ansioso il suo ritorno, Perchè egli sol sà unir Pomona, e Flore. Capitolo XXX. e
e si nobile, che per lui è il filo di Arianna nel laberinto dì Creta, egli non vi si inoltrerà giammai. Scorrasi pure dal In
n congiurati i due suoi figli. Son venticinque giovani i rubelli, Che egli fece tradur tutti in Senato ; Quindi feroce manif
e delle abbandonate Sirene può spiegarsi quel detto di Giobbe, d’aver egli piante le sue disgrazie travagliato da dolori col
grazie travagliato da dolori col tuono delle Sirene, se pur non abbia egli il S. uomo voluto intendere l’orrore della solitu
omano, nè molto tardò Giove a farlo pago de’suoi voti. Imperochè vide egli un giorno con suo piacere scender dal cielo uno s
un’uccello vivo chiuso in mano portossi da un oracolo per sapere cosa egli rispondesse. La intenzione era di schernirlo ; pe
chernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che quell’uccello era morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo, egli strin
e quell’uccello era morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo, egli stringendolo facevalo morire ; ma l’oracolo per e
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
nata l’avea a patto che un immortale avesse voluto morire per lui. Fu egli trasformato in una costellazione detta del Centau
nge con quattro facce, per indicare le quattro stagioni dell’anno cui egli presedeva. Nelle monete di Giano, da una parte ve
Sotto la tutela di questo nume erano i Gladiatori, perchè si reputava egli una divinità avida di sangue e crudele. Satùrno e
ondo i Poeti, la potenza e la giustizia che governano l’universo ; ed egli ottenne il primato per ragione del potere e della
tata ; giacchè prima gli uomini viveano in lietissima felicità. Tentò egli tosto di chiuderla, ma solo sull’orlo rimase la s
da Minèrva, uno scudo lucido al pari di tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio era carissimo ; e postosi
orta da Persèo insidiosamente e fra le tenebre della notte, ne guardò egli con istupore l’insigne bellezza, e recisole il ca
tanta sapienza, che credevasi averle date lo stesso Giove, col quale egli spacciava un’intima familiarità, detto perciò da
tò agli Ateniesi. Dalla moglie Pasifae, fra gli altri figliuoli, avea egli avuto Androgeo, il quale andato in Atene per le f
issímo oro, dalla quale la conservazione dipendea del suo regno. Avea egli una figliuola chiamata Scilla, la quale, credendo
ngegno avendo offeso quel principe, fu da lui nel laberinto che aveva egli stesso mirabilmente costrutto, incarcerato. Ma qu
signe pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della quale era egli col fratello Castore la più bella parte. Approdal
el che essendo valentissimo, li vinceva e vinti li facevá morire. Osò egli provocare anche gli Argonauti ; percui fattosi av
perchè assai perito era nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egli fosse il loro Dio. Alcuni dicono che gli abitator
ione del grande Alessandro al tempio di Giove Ammone(1). Non contento egli del colmo dell’umana grandezza cui era giunto, si
a(1), lasciata la flotta presso Butrintò, co’più scelti compagni andò egli pure a consultare l’oracolo di Giove a Dodona.
776 prima di G. C. erano quasi dimenticati, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più di quattro se
nveniva che Giove avesse una consorte degna della sua grandezza ; e s’ egli era il sovrano degli uomini e degli Dei, Giunone
ffon il pavone non è il solo uccello consacrato a Giunone. « I poeti, egli dice, hanno dedicata l’aquila a Giove, e l’allocc
i navi andò cogli altri principi Greci alla guerra di Troia. Per aver egli profanato il tempio di Minerva, dopo la rovina di
e sue navi ruppero presso il promontorio Cafarea, sul quale essendosi egli rifuggito, Minerva scagliò il fulmine di Giove e
tto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli fu pur concesso che nell’inferno egli solo avesse senno ed accorgimento, e che tutti gl
itrovati uguali, Minerva diede il suo suffragio in favore del reo, ed egli fu assoluto. Chiamossi questo il suffragio di Min
ano nell’Arcadia, gli portò in dote il Palladio e gli Dei Penati, cui egli innalzò de’tempii nella Samotracia. I suoi nepoti
tali, da Epafo, fig. di Giove e d’Io, fu motteggiato, quasi non fosse egli vero figlio del Sole. Attristossene Fetonte, e tu
oll’arte loro a que’ guerrieri furono di grandissimo aiuto. Or avendo egli colla virtù della medicina restituita la vita ad
. Apollo il rimunerò della buona accoglienza ; e specialmente volendo egli sposare Alceste, fig. di Perilao, e consentendolo
a del nostro Apollo fu il bellissimo Ciparisso, fig. di Telefo. Amava egli moltissimo un cervo di grande bellezza, consacrat
van la via dell’inferno, ed ove si evocavano le ombre de’morti. Quivi egli evocò l’ombra di Euridice ; e credendosi da lei s
o il diede ad allevare alle Ninfe di que’ luoghi ; dalle quali avendo egli appreso a coagulare il latte ed a fare il mele e
me le industriose pecchie del buon Aristeo, dalla valle di Tempe andò egli doloroso al fonte, da cui nasce il Peneo, ed ove
ida, fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re della Frigia. Si ritrovò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio
gli fece crescere due lunghissime orecchie di asino ; il che volendo egli celare, portava una tiara o mitra all’uso de’ Fri
sul sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalmente Pausania racconta che fu egli di persona sulla vetta del Sipilo per vedervi la
igo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata la virtù di pres
he e tutte nobilissime erano le incumbenze di Apollo. E primieramente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che dell
pato Daulia, città della Focide, e quivi tirannicamente regnava. Vide egli un giorno le Muse che andavano sul Parnaso, colte
tristo ; per cui, prese le ali, fuggirono velocissime per l’aria ; ed egli che salito su di un’alta torre del suo palagio, v
i primeggiavano nove sue figliuole, e queste furon poscia le Muse, ed egli fu chiamato lor padre tra perchè la poesia pare i
padre tra perchè la poesia pare inspirata virtù di un Nume, e perchè egli il primo fra’ Greci ritrovò un regolar concerto m
lle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egli era duce e maestro, furono la musica, della quale
davan gli oracoli. Anche a Delo, luogo natale del nostro Apollo, dava egli i suoi oracoli. E passava sei mesi dell’auno, e p
rcui da Eschilo si appella vate non mendace ; e Callimaco afferma ch’ egli giura sempremai il vero. I suoi oracoli eran repu
lo non solo era maestro di fondare città, ma che n’era pure fondatore egli stesso. Quindi molte città si davano il vanto di
Omero chiamasiDiva terribile, dal crespo erine e dal dolce canto ; ed egli racconta che, approdato Ulisse a quell’isola, ebb
o che si dice la vecchiezza di Titone per una età molto inoltrata. Or egli avea avuto dall’ Aurora un figliuolo di grande be
pone per l’Etiopia. Presso Troia uccise Antiloco, fig. di Nestore, ed egli stesso fu ucciso da Achille. Titono ne fu sì dole
Da Virgilio(1) si scorge che la Luna non era diversa da Diana. Niso, egli dice, volto inver la Luna, Che allora alto splen
sua giustizia e probità, accolto lo avesse in cielo ; ma che, avendo egli osato di oltraggiare Giunone, ne fosse stato disc
e che Virgilio ed Ovidio(1) rafforzino questa opinione. Il qual nome, egli dice, fu dato al Sole, perchè liberamentepercorre
i remi e le vele vestite ad un tratto di ellera e di corimbi, si vide egli stesso agitare il tirso inghirlandato di pampini,
e sue feste, che a tutto potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio
i recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2) dice che prima di ogni
otre pieno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fedel cane Mer
ggio guerriero fatto per ammaestrare que’ popoli. Imperocchè, volendo egli che la sua beneficenza non si restringesse nel so
na, ove fu assalito da un serpente a due teste, detto anfesibena ; ed egli destatosi l’uccise con un colpo di sermento. Fu p
mi, ma l’insegnamento della coltura della terra. In questa spedizione egli toccò col tirso l’Oronte e l’Idaspe, che arrestar
emio gli promise accordargli qualunque grazia chiesto gli avesse ; ed egli domandò di cangiare in oro tutto ciò che toccato
senta Bacco stesso in atto di pigiare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove gli abitanti c
ide(1) leggiamo che scorreva latte, vino e mele quel paese, pel quale egli guidava il suo esercito ; forse alludendo alla sp
i dionisiaci. A lui eran consacrate le maschere da teatro, credendosi egli l’autore degli scenici divertimenti, della musica
ano teneva un vaso da bere, e nell’altra il tirso. Come dio del vino, egli a ragione presedeva a’banchetti ed alle gozzovigl
e non fosse sostenuto da altri seguaci di Bacco. Quanto a questo dio, egli è assiso tranquillamente sopra il suo carro tirat
us, fu detto Bacco o da θυειν, furere ; o da Tione, sua madre, perchè egli scese all’inferno per trarne la madre Semele, che
a ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(1) di Pindaro ; ed egli stesso in due odi a Bacco(2) pare che abbia volut
r ricerca l’origine della favola di Venere nella Fenicia. Questa dea, egli dice, era la Venere adorata dagli Orientali. I Fe
etto di grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re di Cipro. Amava(1) egli oltremodo la caccia, e Venere l’esortava spesso a
gere prima di lei alla designata meta. In premio della vittoria sposò egli Atalanta ; ma Venere, cui dimenticato avea di ren
ntentato di attribuire agli Dei le passioni ed i vizii degli uomini ; egli loro attribuisce anche le debolezze dell’umana na
inzioni sì strane ed indegne. Si potrebbe solo scusare, dicendo avere egli seguita l’opinione de’ tempi suoi, che questi Dei
elebre pel concorso di cittadini e di forestieri. Le antiche memorie, egli dice (2), lo dicono fondato dal re Aeria ; ma alt
parole Mamers, Mavors e Mars in quel linguaggio significano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il q
nio. Giunone il partori nella Tracia(3), ove, al dir di Callimaco(4), egli siede sull’alto vertice del monte Emo. E Virgilio
ero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di Egitto ; egli fu il primo inventore della spada, e ritrovò l’ar
Marte era veramente formidabile e degno del dio della guerra. Mentre egli (1), eccita alla pugna i Troiani, il Terrore e la
iera, come Romolo, poteva assai bene chiamarsi figliuolo di Marte. Fu egli quindi meritamente inteso a promuovere il culto d
n volle darla che a colui che lo vincesse nella corsa del carro. Avea egli cavalli più veloci del vento ; e perciò tredici o
di Mirtilo, furon costantemente da Mercurio perseguitati, quantunque egli avesse a questo nume innalzato un tempio ed a Mir
tante faccende che lo rendevano stanco e distratto. Appena svegliato, egli prosiegue, debbo presentarmi a Giove, il quale mi
mo a divisare partitamente le incumbenze di Mercurio. E primieramente egli presedeva al commercio ed era il nume protettore
’ancora e sedere sul rostro di una nave. Ma non solo de’ mercatanti ; egli fu pure il dio dei ladri, forse perchè fra quelli
dri, forse perchè fra quelli non è difficile ritrovare chi rubi. Anzi egli stesso fu un solennissimo ladro. Orazio (1) chiam
comparir senza corna ; anzi esso stesso varie forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale di
scelto questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli era nato. Perciò fu detta Χελυς (testudo) da’ Gre
, e condottiere delle anime all’inferno. E di fatto presso Plauto (1) egli stesso afferma, esser noto a tutti che gli Dei av
ride per lo più annunzia guerra e discordie. Con quella verga adunque egli divideva le contese ed acchetava le liti, toccand
rgilio (4), e quella che ha sua possanza fin nell’inferno, e con essa egli richiama in vita le anime spente, e le vive condu
da Sofocle, Aristofane ec., perchè creduto dio de’ pastori ; o perchè egli diede le leggi a’ popoli. Pacifer, nelle antiche
io, fu da essi trasformato nella costellazione del Capricorno, perchè egli in quel periglio erasi mutato in capra. Da questa
ri rappresentato(2). Il recarono a Silla, innanzi a cui dimandato chi egli fosse, proruppe in una voce che niente avea dell’
sulle coste dell’Ellesponto, e perciò chiamasi Lampsaceno (1). Forse egli era il nume dell’agricoltura, cui Tibullo (2) off
stri invitarono Ulisse a sentire il lor canto ed in qual guisa schivò egli un tal periglio. Comunemente si dice che le Siren
acque da Giove e da Giunone ; e Giove il precipitò dal cielo per aver egli voluto dare aiuto alla madre posta dal marito in
Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando di Giove egli ancora di fango fece la prima donna, detta Pandor
crificii a Vulcano, ed il fuoco stesso chiamaron Vulcano. Non solo fu egli Dio del fuoco e de’ fabbri, ma esercitò eziandio
oponneso. Teseo l’uccise e gli tolse la clava, di cui poscia fece uso egli stesso. Cercione, ancora, fig. di Vulcano, attacc
rta al petto dell’uomo, per iscorgere i pensieri dell’animo suo, e se egli dicesse il vero o mentisse. Vulcanalia erano fes
to che Diana stessa non avrebbe tirato un colpo più sicuro. Or eletto egli supremo duce de’ Greci contro Troia, per una gran
sua forza. Giunone mandò per divorarlo due orribili serpenti, mentre egli era ancora in culla ; ed Ercole, senza restar pun
le intinse le saette che facevano ferite immedicabili, del quale morì egli stesso. La terza fatica fu quella di portar viva
di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era egli un gigante a tre corpi o a tre teste, dette perci
volezza ed armonia che sembrava che avessero un’anima sola ; o perchè egli regnava sulle tre isole dette Baleari, Maiorica,
sser vinti, per consiglio di Minerva Giove chiamò Ercole in aiuto, ed egli uccise Alcioneo e Porfirione ch’erano i principal
nto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato fra gli
e guardato da colui che portava una sola scarpa. Indi a poco, facendo egli un sacrificio a Nettuno, vi chiamò il ni pote Gia
appena nato Achille, il tuffò nelle acque della palude Stigia, e così egli diventò invulnerabile, salvo che nel calcagno pel
stesso autore deride siffatta etimologia, potendosi in questa guisa, egli dice, da ogni parola derivare un’altra col solo c
signoria che quel nume vanta sul mare, allorchè descrive il modo come egli sdegnato con Eolo, che senza saputa sua suscitato
. E questa sua potenza, per la quale chiamavasi scotitor della terra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era u
eneo a guisa di un canale, sia stata opera di Nettuno ; ed a ragione, egli soggiunge, perchè credendosi che quel nume scuota
ch’essa sia nata da un tremuoto. Da ciò si scorge la ragione, per cui egli chiamavasi Ennosigeo, cioè colui che fatremare la
di quella Dea. Molti altri figli ebbe Nettuno ; Ergino, che fu uno d’ egli Argonauti, e che per le sue molte conoscenze naut
gonfio di sue vittorie in mare e della gloria acquistata, volle anche egli essere chiamato figliuolo di Nettuno ; titolo che
ore del mare si annovera anche Glauco, il quale era pescatore. Avendo egli un giorno nella spiaggia del mare posto sull’erba
i siasi renduto colpevole, rimane per un anno senza segno di vita ; è egli steso su di un letto in un perfetto sopore, e pri
un perfetto sopore, e privo del nettare e dell’ambrosia. Oltre a ciò egli è separato per altri nove anni dal consorzio degl
loro assemblee, nè a’ loro banchetti, e solo, spirato quel tempo, può egli rientrare in tutt’i suoi diritti. » Così riferisc
l primo entrar dell’Inferno i loro ferrati covili ; ma in altro luogo egli mette Tisifone all’entrata del Tartaro, a far da
e e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col quale egli date avea giustissime leggi a’Cretesi. Radamanto
erpenti, che gira velocemente senza fermarsi un istante ; sulla quale egli legato, dice Pindaro, a’ mortali insegna, doversi
11 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
ed essendo in lui personificato il Tempo che distrugge tutto ciò che egli stesso produce, la favola con bene accomodata all
ni soave e delicato frutto Dava il grato terren liberamente ; E quale egli venia da lui produtto, Tra sé il godea la fortuna
e creò suo sacerdote questo Ati, bellissimo pastorello di Frigia ; ma egli trascurò il suo ministero per isposare la ninfa S
formata in fontana. La terra si spalancò al colpo del suo scettro, ed egli trasse la preda nei suoi tenebrosi dominii. La t
degnata gettò in faccia al delatore l’ acqua del Flegelonte (220), ed egli fu subito trasformato in sozzo gufo notturno. Inf
i gli altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto di creare gli uomini,
dente, gelosa e fastidiosissima a Giove, tanto che una volta, volendo egli punirla de’suoi interminabili piati, la condannò
egina e di Giove, pregò il padre perchè ripopolasse il suo regno ; ed egli fece scaturir fuori da una vecchia querce della d
terra, adusta fin nelle viscere, alza i suoi gemiti a Giove (63), ed egli , per impedire l’ultima ruina dell’universo, scagl
ria, fu stimolato a porre in salvo i suoi averi ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani vuote rispose, io porto con me og
tanto in cielo che in terra, sì nel mare che nell’inferno ; dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte di tut
uesta morte, richiese a Giove 35 il suo diletto Adone, ed ottenne ch’ egli passasse ogni anno sei mesi sulla terra e sei nel
ia ! trova addormentato colui ch’ ella cercava da tanto tempo. « Oh ! egli dorme, » esclamò sotto voce ; « approfittiamoci d
sto il mostro temuto da me e dalle mie sorelle ? Ah ! è il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice
e indegna dei suoi beneficj. Amore non vuole diffidenza nè sospetti ; egli ti chiedeva intera corrispondenza. Hai voluto ved
e per mettere il colmo alla sua confusione. Vorrebbe nascondersi ; ma egli , vistala pentita, la rassicura, e le porge la man
, amata da Glauco (201), ma che non gli voleva corrispondere ; sicchè egli andò a lagnarsene con Circe (575), famosa maga, l
pina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone, ed egli dovè rapirla (53), giacchè nessuna Dea voleva spo
tenza, benchè severa, la chiamavano una sentenza di Radamanto. Anch’ egli ……..ode, esamina, condanna, E discopre i peccati
mmosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco, ed egli eresse allora un secondo tempio in onore delle Fu
e il denaro. Un giorno i Numi andarono ad alloggiare in casa sua ; ed egli ebbe tanto a male di dover fare le spese a quegli
o colpo tal che disperâr perdono. Bellissima poi è l’invocazione che egli fa ad Apollo nel del Paradiso, dove comincia : O
za di Venere non potesse cadere sotto la sferza dei suoi motteggi, ma egli trovò materia di biasimo nei coturni. Alla fine l
plorò dal padre degli Dei che Esculapio fosse accolto nel cielo, dove egli lo trasformò in un astro chiamato Ofio o Serpenta
160) e Penelope (569). Quale Dio dei pastori, dei boschi e dei prati, egli tenne il primo posto fra le agresti divinità, c f
rchè aveva insegnato agli uomini alcune cognizioni d’agricoltura ; ed egli stesso introdusse in Italia il culto degli Dei de
ente larghe, ed una invereconda deformità insomma da non ’si dire. Ma egli sdegnato della cattiva accoglienza, tolse il senn
mministra una bella descrizione di questa maligna divinità. « Dipinse egli nella destra banda (del suo quadro) a sedere un u
mano ed accanto a sè gli strumenti necessarj a diverse arti. Talvolta egli ha per emblema un giovine assiso che scrive al lu
esta a Polidetto, tutte le gocce del sangue che ne uscivano senza che egli se ne accorgesse, diventarono serpi infeste alla
veva ammonito a star guardingo contro un figliuolo di Giove (63) ; ed egli udendo come Perseo fosse tale, non volle accordar
traggio. Nè ben si distingueva s’era ancor atterrito od allegro. Avea egli pronta alla vendetta la mano ; raffrenavalo il no
presagiva il fato del grau fanciullo il quale giacea nella culla. Era egli figurato pieno di spirito divino e agitato dal fu
Educazione : Gran prole era di Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli fa prove, E quanti mostri ancide, Onde s’innalzi
igioniera la regina. Si legge ancora che vedendo di non poter bastare egli solo a tanta impresa, si unì a Teseo suo prode am
voli, i quali poterono facilmente condurre il carro d’Alceste, e così egli ne ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si amm
o di Gibilterra. Quelle montagne furono dette le Colonne d’Ercole, ed egli vi scolpì l’iscrizione : Nec plus ultra : Testim
a seguente : Teseo volendo mostrare a Minosse (228) re di Creta, com’ egli fosse discendente di Nettuno, gettò in mare il su
uello che immaginò e costrusse il laberinto dell’ isola di Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima vittima della s
l greco chéir, che vuol dir mano, dà evidentemente a conoscere essere egli il simbolo della destrezza in tutte le cose ; la
re, testimoni delle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli , sdegnato di tale ingratitudine eccitata per altr
etto la morte per causa della nave degli Argonauti ; e infatti mentre egli passeggiava un giorno sulla sponda del mare dietr
fo. Quest’ eroe ebbe anche il soprannome d’ Ipponoo, per indicare ch’ egli era stato il primo ad insegnare agli uomini l’ ar
ora Jobate eccitò il giovine valoroso alle più difficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pericoli, e con un pugno di so
Baccanti (153) tentarono di richiamarlo alle dolcezze della vita ; ma egli , spregiandole, ne eccitò lo sdegno ; sicchè, ment
ei per vendicar questa morte fecero perire tutte le api d’Aristeo, ed egli ne fu sconsolato, e ricorse a sua madre. Cirene,
mani. I figliuoli, più scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfuggito con orrore da tutti, e cieco, no
predetto ad Enomao che il suo genero gli avrebbe tolto il regno, così egli condannò la figliuola a perpetuo celibato ; e, pe
31. Dopo la presa di Troja, i Greci restituirono Elena a Menelao ; ed egli aveva deciso d’immolarla ai mani di tanti eroi pe
sua disperazione, andando in Tauride a rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade suo costante am
uzione ; ma per rendere il contraccambio ad Achille fece sì che anch’ egli dovè liberare la giovine Briseide, prigioniera di
lle affetto, finchè la patria avesse avuto bisogno del suo valore. Ma egli , avendo conosciuto in tempo di tregua la giovane
la morte del padre lo rese uno dei più tremendi nemici dei Trojani : egli stesso uccise lo sventurato Priamo (587), fece pr
eo e di Cloride, il solo che sfuggisse ai colpi d’Ercole (364) quand’ egli punì la sua famiglia d’aver preso parte per Augia
nemmeno lo stesso Achille (536) osavano abbandonare le loro navi ; ma egli generosamente sacrificandosi per la patria, balzò
rincipe, re di Misia, erano state devastate le campagne dai Greci, ed egli stesso era stato ferito gravemente da Achille. Ul
veder perire undici delle sue navi in quella tempesta, ed appena potè egli stesso approdare all’isola d’ Ea abitata da Circe
in viaggio per la sospirata isola d’Itaca, e fu gran ventura se tanto egli che i suoi compagni poterono resistere, come già
vide sfasciarsi e perire con tutti i compagni la sua ultima nave, ed egli solo trovò salvezza nell’ isola d’Ogigia (secondo
la, e gli promise l’immortalità se avesse consentito di sposarla : ma egli volle serbar fede a Penelope, sicchè Giove (63) o
rta, e si pone a spiare attraverso i rami e le foglie. Or come ardirà egli di comparire così malconcio alla presenza delle d
le giovanetle si danno alla fuga ; ma Nausica rimane imperterrita, ed egli se le trascina a’piedi implorando il suo aiuto. N
co. Allora, senza farsi mai riconoscere, chiese di poterne fare anch’ egli l’ esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo v
o dalla presa di Troja, fu assalita di notte da una furiosa tempesta, egli fece subito accendere molti fuochi tra gli scogli
pei giorni del loro figliuolo, e lo scongiurano a non combattere ; ma egli deliberato inesorabilmente a non passare da vile,
siede al desco. Torna allor lagrimando Astïanatte Alla vedova madre, egli che dianzi D’eletti cibi si nutria, scherzando Su
ure ed i meriti dell’eroe trojano mossero a pietà la bella Didone, ed egli cedè per qualche tempo alle seduzioni di molli af
mina verso di lui. Ah ! la felicità di Pigmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore al suo ingegno della più bella e de
53. I poeti attribuivano a Borea faccia minacciosa e sdegnata, perch’ egli solleva le tempeste e ricopre la terra di geli e
i Ciro, sarebbe stato distrutto l’impero dei Persiani ; e soccombendo egli stesso, la medesima sorte era serbata al suo. Qua
l suo. Quando la Pitia disse a Nerone : diffida dei settantatrè anni, egli credè di dover morire in quell’età avanzata ; ma
a non voleva salire sul tripode, e allegava la legge del divicto ; ma egli sdegnandosi della resistenza, la trasse a forza d
tria stessa del vincitore diventavano celebri in tutta la Grecia ; ed egli , fregiato di una nobiltà meno vana di quella che
patria era sprone al valore, spregiando i doni del tiranno, gridò che egli era di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statu
quando ne cominciò a franare la volta, ed i convitati scapparono ; ma egli , fidando nella sua forza, pretese di sostencre l’
l segno. Tiene imboccata la tromba alle labbra l’esperto sonatore, ed egli pure rimira aspettando il segno consueto. I sei g
or da una parte or dall’altra agitandolo, per istenderlo al suolo. Ma egli , secondando agilmente gli urti violenti, reggeva
dogli il petto, lo costrinse a vacillare, ed alla fine a cadere. Pure egli rimase in piedi : perchè il cadente avversario, c
mma Di quante giostre in quel primiero giorno Fur bandite e commesse, egli di tutte Portò la palma, e proclamato sempre Fu v
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
descrivevansi gli avvenimenti degli uomini. Così Pane, che era ancora egli un simbolo della natura umana e selvaggia, volend
ti ; Cerere nei frumenti ; Diana nelle selve ; Minerva negl’ingegni ; egli stesso del pari in tutta quella innumera turba de
levandoli dalla terra ; di Dea Cunina tutelando le cune. Non è altro egli stesso in quelle Dive, che predicono i destini a’
a questa voce danno il significato di aprire ; poichè il vino, di cui egli fu l’inventore, bevuto oltre misura, apre gli ani
l nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto di questa etimologia, che egli stesso poscia la rigetta. Varrone(3) vuole esser
la terra. Gli si danno altri nomi, che esprimono movimento, quasi che egli sia un’altra cagione del moto della terra, urtand
la interpetrazione come saggiamente fu esposta da Macrobio, la quale egli stesso improntava da Antipatro filosofo stoico — 
ssia per la nobiltà degli eroi. Fra la gran farragine delle cose, che egli accumula intorno a questo articolo, noi qui scegl
Apollo co’nomi delle prosapie eterna gli uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma in segno di nobiltà, e restò cost
ntende per Mercurio non altro che la parola. « È detto Mercurio, così egli (1), voltando in italiano i suoi concetti, quasi m
lare si danno fuori tutti gli escogitati della mente » — E per questo egli era detto Cillenio, parola tutta greca, che può d
sorte Venere, la più bella infra le Dive ; perciocchè le arti, di cui egli credevasi inventore acquistano grazia e bellezza
porge al mito di Venere una diversa interpetrazione « I pianeti, così egli , erano adorati relativamente alle vere o false in
co, che un’accusa tutta allegorica, con cui voleva intendersi di aver egli spostata la terra dal centro dell’universo, per f
ti, che per tutelare il suo territorio oppose ad Ercole ; oppure, che egli avesse tre fratelli, cui vivesse in tanta strette
dimostreremo che Ercole in nulla va distinto dal Sole — Ercole, così egli , di animo grandioso, robusto, forte Titano, posse
quale trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge a gli Dei, ed egli improntava questo sentimento dalla scuola Pitagor
onte di Dirce, per cavarne acqna, li vide divorati da un Dragone, che egli uccise, e seminandone i denti, ne nacquero uomini
ero servire per denti dei primi aratri, che denti ne restarono detti, egli ara i primi campi del mondo : gitta una gran piet
La favola vuole di portar tale denominazione, perciocchè accogliendo egli cortesemente nel Lazio, suo regno, Saturno scacci
o. Ei ne’suoi Fasti drizzando una apostrofe a Giano : — Per qual Dio, egli dice(3), debb’io tenerti, se la Grecia non ha a l
pari veruno Nume ? — E chiedendogli di additargli la cagione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede di avanti
di esser tutta un’allegoria la favola di Giano ? chi non vede essere egli non un principe del Lazio, ma un segno celeste, c
lo istante, che il sole incomincia l’apparente giro dei cieli, quando egli apre il cammino del tempo, che circola nello Zodi
de per lui si desse l’accesso a quel Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le sue porte a gli Dei le preci
13 (1880) Lezioni di mitologia
i studj addimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scrisse a chiare note da sè m
o. E certo, se fra le cose create degna avvene alcuna di ammirazione, egli è il ministro maggiore della Natura, il padre deg
, poiché (come Longino con degno paragone si espresse) se nell’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riem
di tanto scrittore diminuiranno le difficoltà delle nostre ricerche: egli v’indicherà le figure allegoriche, delle quali ne
Eusebio, che ci ha conservato un frammento di Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, traduttore delle opere di quest
fede si dasse al compendio che Timoteo fece della cosmogonia orfica, egli potrebbe trionfare di tutte le calunnie dei suoi
afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che diede a Saturno; ed egli , insidiando il padre mentre inviavasi al letto ma
gue Scalda co’ baci del suo pianto aspersi. Giunto al luogo prefìsso, egli in disparte Si trasse alquanto, e verso il mar fr
capitano dal timore comandato dalla maestà del loco, ma pesata, come egli dice, l’ira di Cesare e quella degli Dei. Tradurr
che sembra accostarsi all’idea che n’ebbero le nazioni pagane. Siede egli qual si conviene a sovrano. Ha l’aquila ministra
degli Achei Le folte antenne si vedea davanti. Ivi, uscito dell’onde, egli sedea; E del cader de’ Greci impietosito, Contro
nio: il terzo dal Nilo; del quarto s’ignorano i genitori, ma fu anch’ egli adorato dagli egiziani, e gli attribuivano la mor
ali. Separò da questo cinquanta bovi, e delle sue arti non dimentico, egli con la preda camminava all’indietro. Nè bastò que
che sia l’autore dell’antichissimo inno in sua lode, narra che avendo egli involato lo stesso giorno che nacque i buoi di Ap
iasi conservata questa singolare insegna del messaggiero dei numi. Ha egli il suo petaso, o cappello, in capo e tiene la cla
r del nume. Nella prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli era figlio di quel Carmanore che aveva purificato
la superfìcie del mare il momento dopo che è cessato il vento. Guarda egli il colpo delle sicure saette con una certa compia
ume che va placidissimo, tutta abbiane formata la superfìcie. Eccolo: egli ha inseguito il serpente Pitone contro di cui ha
degli Dei, nessuno ve n’ha che si avvicini a quella sublimità in cui egli manifestossi alla mente di Omero: ma. in questa s
ersonaggio messo in scena da Ateneo dimanda: Questo giro non sembra egli bello ai Greci? — La seconda espressione riguarda
ue abbia divinizzate le membra sotto la frigia querce del monte Oeta, egli è quello istesso Ercole vorace, ed ha quel medesi
nte le rupi, Han delle chiome le sanguigne spoglie Gli spini. Arrivo: egli mi chiama, ed alza La destra verso me gelida e nu
Vittime e doni offersi. — Ai preghi il nume Quanto puote acconsente: egli percuote Senza piaghe il cinghiai, che tolto avea
feroce, che il popolo consegnò alla vendetta del suo legislatore. Ma egli magnanimamente lasciò l’oltraggio impunito, e si
l figlio che nascerebbe, e d’ imputarlo alla ninfa Calciopida; che se egli avesse manifestata la sua fortuna provato avrebbe
mann altre pregevoli cognizioni intorno a questa divinità. « Venere, egli dice, occupar deve il primo luogo fra le dee, e c
Fuga di apprestare il suo carro e prendere le sue armi rilucenti. Era egli per accendere nell’animo di Giove terribile furor
e col caduceo, come arbitro della guerra e della pace. Qualche volta egli è rappresentato sopra una biga condotta dai suoi
lo, cioè il Soie, che secca il grano vicino alla mietitura. Importava egli riunire tre divinità per esprimere un’ idea tanto
mano, da Cerere non differisca. Che che ne sia di questa congettura, egli è certo che grande amicizia regnava fra le dee. P
za. In Ovidio ella è spaventata dall’incendio. Consumata dall’ardore, egli dice, inalza la sua testa carica d’ innumerabili
cita Nerone della sua maestria nel guidare il carro, dicendogli che s’ egli fosse salito sui fiammanti Coc chi di Febo, la Te
. « In me rimangono i dardi, e l’immagine fanciullesca: ma certamente egli ha perduto le sue penne, poiché dal mio cuore non
netto di Stosch, che l’offre tenente un gruppo di chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guardiano del talamo di Venere
sorelle ancora le Speranze. Così forse vollero significare che spesso egli offre agli infelici dei sogni, coi quali l’immagi
del dolore, e non sempre serpeggia fra le lacrime dell’infelice. Ma s’ egli lo ricopre colle sue penne può disprezzare la ser
abbiamo riconosciuto per Calliope. Lo Scott peraltro 1’ esclude anche egli , e poiché sono dieci le figure femminili ritratte
tura che ha somministrata al pittore filosofo questa bella idea; l’ha egli appresa nel commercio degli eruditi, e ne ha avut
versi attributi che siamo andati notando in queste esposizioni, e che egli avea dall’antico dedotti, di cui era oltre modo a
dea. Il pubblico consenso scelse Scipione Nasica ancor giovinetto, ed egli la fece deporre nel tempio Palatino della Vittori
contro il cocchio della dea quasi all’ombra di un pino, al cui tronco egli si appoggia. L’abbigliamento di esso da quello de
imaste invisibili per es’ sere stata la medesima segata in due pezzi, egli le ha fatte incidere secondo gl’indizi: di Gruter
a loro di succeder nel regno del padre. Oltre i Ciclopi, per fratelli egli aveva i Centimani, l’Oceano, Ceo, Orio, Iperione,
hio tondo e posto in mezzo della fronte. Esiodo ne distingue tre, che egli nomina Arge, Bronte e Sterope, cioè il lampo, il
iano figliuoli del Cielo e della Terra come quelli di Esiopò, giacche egli nella tragedia, che porta il loro titolo, ne fa p
il signor Fréret nell’altre sue ricerche sui Telchini. Noi dobbiamo, egli dice, rigettare egualmente le due tradizioni oppo
dell’Inferno assegnatogli in dominio riconosca per origine dell’aver egli avuto soggetti al suo impero i paesi occidentali,
a parla incessantemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiquaria che le arti, e il cel
o padre. Accanto vi è un empio che ha saccheggiati i tempi degli Dei: egli è punito del suo sacrilegio da una donna perita n
a. Questo momento è bello polla qualità ed il numero dei circostanti: egli presenta un oggetto che colpisce in se stesso: le
issea. Egli continua poscia dicendo: Vicino a loro si vede Antilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo vi
Agamennone è accanto, l’ascella sinistra appoggiata sul suo scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il gioco delle fi
ano diritta di Agamennone è diffìcile a spiegarsi. Il pittore avrebbe egli dato a questo principe questo bastone di comando,
to. Più alto è il giovin Foco: le sue forme hanno un’aria di nobiltà, egli ha un anello in uno dei diti della mano sinistra.
voi vedete Orfeo seduto sopra un’eminenza e appoggiato ad un albero; egli tiene la sua lira dalla mano sinistra, e nella di
testa, e tiene un pugnale. Presso lui è Pelia assiso sopra una sedia; egli ha la barba e i capelli bianchi, e tien gli occhi
uta, la sua barba ed i suoi capelli sono incanutiti per la vecchiaia: egli ha gettata ai piedi la sua lira, eh’ è fracassata
abbia barba. In basso della tavola, dopo Tamiri, vi è Ettore seduto: egli tiene il suo ginoc chio sinistro con due mani, e
ione. Sopra Sarpedone e Memnone si vede Paride giovine e senza barba: egli batte le mani come fa la gente di campagna, e sem
co, e solenne meraviglia prese quei popoli, come Sofocle attesta, che egli si fosse rifugiato in un luogo che eglino appena
apparizione di queste Dee, quando elleno levaron di cervello Oreste, egli le vide tutte nere, che alla seconda apparizione,
este, egli le vide tutte nere, che alla seconda apparizione, dopo che egli si fu tagliato il dito, le vide tutte bianche, ed
e bianche, ed allora ricuperò la ragione, e che perciò onde placarle, egli onorò le prime, come si usa coll’ombre de’ morti,
i luce, dove accordano la loro voce col canto delle sirene. Ivi, die’ egli , Lachesi canta le cose passate, Cleto quelle che
l pugnale (e non t’ascondo il vero) E ben tre volte io lo ripresi, ed egli Dalla man feminil tre volte cadde. Ma spinta pur
rembo? Ma segui ardita il desiderio ardente E la voglia paterna, onde egli sia Compagno agli altri suoi malnati amanti. Io s
sangue loro orribilmente involti. Tu sol mancavi alla gran strage, ed egli Non potendo soffrir la vita in uno. Si lamentava
te le chiavi della città consegnate da Scilla a Minosse. Nell’Inferno egli era, secondo gli antichi, il presidente della Cor
gilio sono esposti: « Questo è di Radamanto il tristo regno, Là dove egli ode, esamina, condanna, E discuopre i peccati, ch
ia, la Forza, lo Zelo, che militarono con Giove contro i Titani, onde egli in premio le concesse che il giuramento pel nume
sare sull’esposizione di un argomento interessante e sicuro, acquista egli allora una più viva confidenza nella sua facoltà,
. Il dubbio di Spanhemio parve a ragione a Winkelmann una certezza, o egli stesso senza riflettere alla congettura di Spanhe
lavoro, che spesso gli scrittori l’anno attribuito al maestro: o ebbe egli la disgrazia comune ad altri discepoli d’uomini i
profeta, dà un oracolo, che riguarda Meneceo figlio di Creonte. Tebe, egli dice, sarà liberata dal pericolo imminente se egl
di Creonte. Tebe, egli dice, sarà liberata dal pericolo imminente se egli vuole immolarsi nella grotta del serpente. Però M
. Volgete adesso il vostro occhio su quello che dipende dall’artista: egli non ha dipinto un giovine bianco e delicato, ma a
a. Tenendo la sua spada in pugno si pianta all’entrata della caverna; egli già si è trafìtto nel petto: riceviamo nel nostro
li, e con un’occhiata dolce e graziosa, che sembra chiamare il sonno, egli saluta ed abbraccia la morte che viene ad impadro
e danneggiatore delle viti. Perciò la scena fu attribuita a Bacco, ed egli stesso per la sua sovrintendenza alla Tragedia fu
nnone, udendola in quel poco che gli rimane di vita, ne sia commosso: egli racconterà tutto questo ad Ulisse all’inferno nel
a perizia nella musica e nel suono di varii istrumenti, che possedeva egli in un grado così elevato, eh’ era in lui riguarda
o fatto da Creonte, che nessuno osasse di seppellirlo nella terra che egli avea tentato di render serva. Ecco ciò eh’ è nel
’ intraprendere la pugna gli avea indirizzate le sue preghiere perchè egli volasse a combattere seco lui con l ‘orribile ani
a visitarlo: ecco già dei pastori che gli presentano latte e vino eh’ egli riceve, e di cui si compiace. Certo questi Etiopi
olor sanguigno, la fatica le tinge ancora, le vene si gonfiano mentre egli anela. La vista di Andromeda ne accresce il moto.
allievo di Calliope reggendo i pugillari sulle ginocchia, come canta egli stesso, sulle rive del paterno Mela scriveva quei
dimenticato del Laberinto e del motivo per cui navigò in Creta: tanto egli riguarda quelle cose che sono innanzi la prora. R
Ma non crediate di distinguere Achille dalla sua lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo la morte di Patroclo; non osta
ostrerà, la sua grande ‘ statura e i suoi rasi capelli. Presentemente egli piange prostrato sul petto di Antiloco promettend
ano, secondo esso, presso gli Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli , era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di mar
da Visconti si veggono le Grazie con Esculapio e Mercurio. Mercurio, egli dice, scorge mi ad Esculapio un uomo barbato vest
usania, come il più illustre fra tutti i simulacri di Esculapio. Dice egli : — Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacr
 Assalite arditamente Ercole, o forti, e mettetevigli davanti, poiché egli non si asterrà da questo infelice fanciullo che r
infelice fanciullo che resta, mentre i due altri giacciono per terra: egli ha ancora la mano in atto di ferire, poiché crede
Caos le mostrava immenso, E le pene d’Averno: ancor dal Cielo Vulcano egli lanciò, che torre osava 1 certi lacci alla treman
i, ed uomini, la vita dei quali è così breve e piena di pene. Invano, egli dice, si è inventata la lira: i di lei suoni armo
deve portare agli uomini un liquore dolce quanto il nettare. Cerere, egli dice, ha coperti recentemente di spighe i solchi,
terra canterà la sua presenza. Vincitore dei Giganti e degi’ Indiani, egli verrà sulla volta eterea a percorrere la via degl
, che a Venere paragona. Lo splendore del giorno nuoce ai suoi amori: egli sollecita il sole a finire il suo corso, e chiama
o sposo, delle quali il cielo conserva ancora tutta l’istoria, da che egli vi ha trasportate tutte le sue amanti, e i figli
uella del suo frutto, sopra tutte le produzioni della terra. Il vino, egli dice, sarà un rimedio contro tutti i dolori. Ecco
esempi di valore ai proprii soldati, e nulla resiste ai suoi sforzi: egli si misura collo stesso Bacco. Il nume lo respinge
vuol bere che le acque dell’Idaspe. L’Acqua e la Terra, queste sono, egli dice, le mie sole divinità. Porta queste risposte
e che deve esser vegliante per difendere il suo popolo numeroso, deve egli dormire quando il nemico è alle porte? L’uccisore
nemico è alle porte? L’uccisore di Oronte tuo genero vive ancora, ed egli non è vendicato. Mira questo seno che porta l’orm
qui? tu vedresti fuggire Bacco subito, e nascondersi nelle onde. Era egli un dio quando un mortale lo pose in fuga?—  Termi
tore, con lui voglio dell’orto Irrigar ritornando i primi fiori, Ma s’ egli è morto, e più viti non pianta. Io morir voglio a
. La Base della Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e por
iani, e porta ancora una corona di alloro in segno della vittoria eh’ egli riportò; e questa corona è conosciuta sotto il no
per altro che il pino era consacrato anche a Bacco per l’amicizia eh’ egli ebbe con Cibele, come vi ho già esposto; ed in un
lanciò il disco: e non così tosto il disco cadde sul giovinetto, eh’ egli giacque al suolo prostrato. L’infelice giovine sp
inissero in percotersi scambievolmente con bastoni, ai quali sostituì egli le ferule; talché, cangiate in percosse non peric
ule. Alle gambe per lo più ha coturni, calzatura dei tragici, essendo egli il dio della Tragedia, per cui il giudizio fra le
orale detto pedo, e la sampogna; e dove il Satiro è ornato di ellera, egli ha spesso corona e rami di pino: si aggiunge talo
favole; onde Virgilio scrisse: Bacco diede motivo ancora alla colpa; egli domò i furiosi Centauri Reto, Folo, e Ileo minacc
la buccina che si suol dare ai venti, quasi che per festeggiare ancor egli le nozze di Bacco, le rive e il paese intorno a q
nui. E da una pittura di lui, crede Winkelmann, imitata una gemma eh’ egli riporta nei Monumenti inediti, e che rappresenta
ostamente, benché sostenuto ubriaco, le membra titubanti. « Incavalca egli quasi vacillante i pie coturnati,19 e abbandonand
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
antalo era figlio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma egli abusando di tal fiducia, li rivelò ai mortali, e
soffriva quella pena non già nell’Inferno ma nel Cielo, perchè avendo egli gustato il nettare e l’ambrosia, bevanda e cibo d
rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la sua pena durerà eter
acconsentito, se l’oracolo da lui consultato non avesse risposto che egli sarebbe stato ucciso da un genero suo nipote. Ma
stesso metodo a render ragione delle diverse categorie di dannati che egli ha posti in tre diversi cerchi, gironi o bolge in
ua seguace. « Dispregia, poichè in altro pon la speme. Perciò quando egli nel Canto xix con devota ammirazione esclama : «
uì la famosa scuola dei Pitagorici, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue asserzioni erano
ammirato che in vita, poichè la sua casa fu cangiata in un tempio, ed egli adorato qual Nume. 254. Avendo ammesso Pitagora
ano chiama Antropomorfismo il politeismo greco e romano, perchè, dic’ egli , « gli Dei della natura presero forma e natura um
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
o Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi supern
dedussero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. Poichè egli era l’interprete e il messaggiero degli Dei, supp
ione, qualità indispensabili in un esimio ambasciatore : e dall’esser egli il Dio della mercatura e del commercio, nelle qua
amente molte frodi per fare illeciti e subiti guadagni, dedussero che egli fosse pure anco il Dio dei ladri. E su queste ill
o, ma. coll’istinto di valersene per ingannare gli altri. Non già che egli , come Dio, avesse bisogno di rubare, ma così per
o aveva la sola verga ; ma un giorno, come raccontano i poeti, avendo egli trovato due serpenti che si battevano, li percoss
primi incentivi alla vita sociale e all’incivilimento, asserendo che egli avesse dirozzati i popoli selvaggi col canto e co
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
agli, un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che egli con sfrenata licenza plebea e con modi da pazzo c
ima che si credeva a lui gradita, in soddisfazione di uno sfregio che egli ricevè dall’asino di Sileno, quantunque la pena r
sua elaboratissima Orazione funebre in morte del Buonarroti, la quale egli recitò nella Chiesa di S. Lorenzo, così descrive
acco e del Satirino : « Rarissimo e maravigliosissimo fu un Bacco che egli , secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece
il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languidi e i
ima vista, che gli sta dai piè, si va a poco a poco, e quasi téma che egli nol vegga, cautamente piluccando. » Non sarà inu
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
he non si fosse del tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla sua quanto mirabile altrettanto fant
lo e fido seguace di Rosmini, il Pestalozza. Nel parlare del dualismo egli fa le seguenti osservazioni storiche e filosofich
nifesta ; sapendosi da’suoi stessi discepoli Platone e Senofonte, che egli attribuivasi fin dalla prima gioventù un Dèmone i
vincimento era monoteista. Bastino a provarlo le seguenti massime che egli insegnava ai suoi discepoli : « Il Dio supremo go
ione dello Stato e corruttore della gioventù. Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella sua segreta
nità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva. Abbiamo veduto di sopra, che i Genii dei
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
arti speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. Come Dio della Poesia rappresenta
a sì grande e sì fervente il culto per queste Dee, che per loro, dice egli stesso, soffrì la fame e la sete, e si privò del
sprona ch’io mercè ne chiami. » E qual’è la mercede o il premio che egli ne chiede ? Forse regie decorazioni o laute pensi
gli ne chiede ? Forse regie decorazioni o laute pensioni ? Null’altro egli desidera, se non che le Muse l’aiutino : « Forti
o nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzati insegnando loro a cantare, a suona
a suonare la cetra e la tibia e a far vari giuochi ginnastici. Mentre egli un giorno giuocava con esso al disco (ora direbbe
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
emente e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo astro che d
ca splendente, era creduto figlio di Apollo e della Ninfa Climene. Fu egli un giovinetto presuntuoso, il quale credeva che g
nato per fanciullesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar per un giorno il
i cagionati ne’suoi tre regni dalle infiammate vampe del Sole, o come egli dice, l’orazion della Terra devota 116 « Quando
so con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto nel N° XIII che egli nella guerra dei Giganti non fu uno di quei Numi
ole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (C
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
ltanto un soprannome quello di Bellerofonte, che gli fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo fratello ; di che rima
o ; di che rimase poi sempre dolente e mesto52. Dicono i Mitologi che egli pure fosse re di Corinto ; ma il suo nome non tro
perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo s
nte in imprese pericolosissime, immaginando che vi sarebbe perito, se egli era reo, oppure darebbe una prova della sua innoc
val Pegaso posseduto prima da Perseo ; e con tale efficacissimo aiuto egli potè velocemente schermirsi da qualunque pericolo
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
questo Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agli altri Dei, perchè egli era considerato come il portiere delle celeste re
dell’artefice degli undici ancili, poichè dicevasi per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua
e essendovisi introdotto il licenzioso P. Clodio travestito da donna, egli fu stimato sacrilego ; e questo scandalo fu causa
sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava
crittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse. Marziano Capella, poeta latino del quinto
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
suo la Gorgone era già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel s
disse invece che il caval Pegaso fu mandato dagli Dei a Perseo mentre egli si disponeva ad uccider la Gorgone. Con questi du
Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsiv
tà dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tut
Serifo, e trovò che Polidette voleva costringer Danae a sposarlo ; ed egli per toglier d’impaccio la madre, lo cangiò in una
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
aggiungevano sulla fronte di Bacco le corna198 ; e i poeti dicono che egli non sempre le portava, il che significa che non e
rmare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia,
e si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande ch
onta questa favola, accennando in una parentesi di non prestarvi fede egli stesso : « Imperfectus adhuc infans genitricis a
e nomen. » 206. È coerente al carattere di Bacco Dio del vino che egli disprezzi e biasimi la birra, il sidro e qualunqu
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano
esti fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etim
olla frase del Romagnosi, dei fattori dell’ Incivilimento. Tra questi egli annovera il culto degli Dei Penati e dei Lari fam
ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una r
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
raccontano i mitologi che si era invaghita la Luna stessa. Chiamavasi egli Endimione, e stava sul monte Latmo che è nella Ca
iove, la Luna andava tutte le notti non vista a visitarlo, quantunque egli dormisse. Questa favola ebbe fortuna e credito pr
chi mai non si allontani da qualche cara cosa o persona fu detto che egli le sta sempre come Artofilace all’Orse (secondo l
ostolo Paolo andò a predicare il cristianesimo agli Efesii ; e poichè egli voleva abolire il culto di Diana, poco mancò che
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
nente di questo suo mitico poema ; ma il titolo soltanto dimostra che egli cantò dei Giganti e non dei Titani. Anche Dante p
omeni. Infatti Virgilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poe
l’ Alfieri per Dante, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il sepolero del divin
unque legge con attenzione e riflette su quel che ha letto, quntunque egli sia nuovo alle scienze, pure facendo uso soltanto
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
il più illustre di quanti montoni sieno esistiti giammai ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio di sette anni, us
lia65, a cui fu usurpato il regno dal fratello Pelia ; perciò essendo egli ancor fanciullo, per salvarlo dalle in sidie dell
maraviglioso di quello dei poeti classici greci e latini. I mezzi che egli adopera sono due l’ Ippogrifo, di cui abbiamo rip
aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale. Con tale aiuto potè egli solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pi
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
, portandola alternativamente sul loro dorso, la sposa a Nettuno ; ed egli per gratitudine li trasformò nella costellazione
colore che riflettono le onde del mare. Dante volendo raccontare che egli nell’ascendere al Cielo con Beatrice si sentì tra
rma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua stranezza, che egli cioè non volesse presagire il futuro se non costr
on costretta. Il modo di costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli allora prendeva successivamente tutte le più stra
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
ese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo.
a di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli , abbondando meco di cortesia, mi mandò perchè la
ilanese impegnato in molte altre pubblicazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso, di pubblicare a
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
icurarsene personalmente sulla faccia del luogo : il che dimostra che egli non aveva l’onniscienza e l’onnipresenza, attribu
asto le carni loro agli ospiti che arrivavano dopo, volle presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucin
arie univasi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli non era un Dio, sarebbe toccata anche a lui la st
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
tare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quel
one a guardia degli Elisii. La qual metamorfosi sta a significare che egli si ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblic
no, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
e battaglie e stragi e sangue ; » e perciò a Giove stesso suo padre egli divenne fra tutti i celesti odioso, come troviamo
o soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia, quando egli andò a far visita a Venere, e il Sole lo scuoprì.
rte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne va
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
one di Roma. Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante,
si dice, o si crede ; e nella prefazione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli nè di confutarli12. Ma
a di qualunque altra vana paura la superstizione, che veramente, com’ egli dice, non è altro che un terror pànico (quœ vere
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
na tempesta o di un uragano. Di Zeffiro abbiamo già detto altrove che egli sposò la Dea Flora e le diede potestà sui fiori ;
se di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in quell’ora che egli voleva significare appariva la costellazione dei
delabri ardenti non li spengerebbero i più opposti e gagliardi venti, egli dice « Che son sicuri d’Aquilone e d’Austro, »
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
biziosa e vana, acconsentì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie gli convenne rapirla, e poi con
suoi lettori sapessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. Infatti i mitolo
’ altra riva dello Stige o dell’Acheronte. La favola ci fa sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della Notte ; che era ve
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
ssimo Numa, l’inventore di tanti riti religiosi a lui suggeriti, come egli dava ad intendere, dalla Ninfa Egeria, fu deifica
er significare che avrebbe ucciso il figlio dell’Imperator Costantino egli dice : e sia d’Augusto Divo. Divi infatti chiamav
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
elo, il suo nome stesso serve a manifestare qual parte dell’ Universo egli rappresenti ; e inoltre l’esser creduto figlio de
te dinastia, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fos
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
n era neppur la Dea della Sapienza ? E se un Nume non è perfetto, può egli essere un Dio ? Quegli antichi Romani per altro c
i della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccider
39 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
rimane a parlare di quel popolo nato a mutar gli altri tutti, mentre egli solo dovea durare immutabile, e che, già sparso q
a che ad essi noto sia che cosa sia quella che hanno in odio, non può egli essere che essi medesimi odiino ciò che non debbo
farla da nemici scoperti, non da occulti vendicatori, ci mancherebbe egli la forza della moltitudine e degli armati ? Son f
40 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
upposizioni degli antiquarj intorno a questo Nume, e diversi nomi che egli ebbe, 159. Balder, 743. Batto, trasformato in pie
166 ; — trasforma Batto in pietra di paragone, 167 ; — varj nomi che egli ebbe, 168 ; — pluralità di Mercuri, 169. Metempsi
resso Alcinoo re dei Feaci, 578 ; — suo ritorno a Itaca, 579 ; — come egli punisce i Proci, 580-581 ; — sua morte, 582. Uran
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
fanno adoprare a Prometeo per rapire il fuoco celeste, inventando che egli accese lassù una verghetta o un fascetto di legna
osto, cioè improvvido o incauto, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel va
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
e parole stesse del nostro Giovan Battista Vico : « Tutti gliStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi cor
e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che d
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
o figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo s
a quelli adorati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria.
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
, « Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove ? » ove è manifesto che egli chiama sommo Giove Gesù Cristo nel senso etimolog
perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi voglio
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
o amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito che egli ne fu punito coll’essersi innamorato della propri
role. » E nel Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beate che egli vide nel globo lunare, dice che gli eran sembrate
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
e. E poichè è un’alta gloria di quel piccolo fiume l’aver fatto paura egli solo al tremendissimo Achille, che non aveva paur
Virgilio che nelle sue Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice egli stesso al principio dell’ Egloga 6ª in questi due
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
urno un astro infausto e maligno, deducendolo forse dalla favola, che egli divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal
cora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada. Celebre era in
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
chè il poeta così introduce Vulcano a parlar colla madre : « …….Duro egli è troppo « Cozzar con Giove. Altra fiata, il sai,
fulmine ; ma non spiega in che consista il fulmine stesso, perchè nè egli , nè Dante, nè alcun dotto dell’antichità o del me
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
ponenti una sola famiglia per gl’interessi comuni che avevano) quando egli disse all’ Imperatore Alberto Tedesco nel Canto v
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una vol
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
quattro tempi. 7. I Grammatici noteranno in questo verso il pronome egli invece di eglino per troncamento della sillaba fi
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
alse stupendamente per una bellissima similitudine nel raccontare che egli sentì uno spaventevole terremoto nella montagna d
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
rista in su gli stracci « Dell’opera che mal per te si fe ! » Quindi egli non accetta l’opinione di qualche strambo mitolog
55 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
lide Pontico è detto : « Omero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia p
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
fede altrui, ma come testimone oculare (poichè finge di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’Inferno è formato d
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
quella che è da biasimare. » (Discorsi, lib. I, cap. 10.) E passando egli dalle osservazioni generali alle particolari sull
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ili stravaganze ? Monsignor Forteguerri mise pegno d’inventarle, come egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle
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