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1 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
bene ed alla gloria Della patria italiana Tenne compagno lo studio delle dottrine scientifiche E protesse l’immegliamento
gno lo studio delle dottrine scientifiche E protesse l’immegliamento delle lettere e delle arti Questa opera Storico-scien
lle dottrine scientifiche E protesse l’immegliamento delle lettere e delle arti Questa opera Storico-scientifica-letterari
dei secoli ; svolgere, con occhio osservatore, le più oscure notizie delle cronache ; raffrontare le tradizioni dei popoli a
maggior luce possibile all’intelligenza di coloro che, per lo studio delle antichità pagane, si faranno a consultare l’opera
ferma e secura, avesse potuto accompagnarla a traverso il fitto buio delle antichità pagane, e quindi abbiamo, prima di tutt
materiale dell’universo riposa principalmente sulla mirabile armonia delle leggi della natura ; il miracolo della riproduzio
l Dizionario della Favola, dev’essere una specie di storia dettaglita delle divine ed umane personalità che formavano la Mito
, e quella della Mitologia non vi si trova, per certo meno sviluppata delle altre, essendo anzi in quasi tutti i canti che co
riori ; tutte le turpitudini contro natura, che formavano tanta parte delle credenze dei pagani, si rattrovano nelle bolge da
erna espiazione, le anime dei reprobi. Questa è stata, per non toccar delle altre, la ragione più convincente che in tutto il
opere nel genere della nostra, chè anzi varie sono belle che parlano delle diverse religioni dei popoli dell’antichità, e tu
che formano il sostrato mitologico, il tutto configurato e misterioso delle credenze dei pagani ; sono quelli e non altri ; e
trasmesseci dalle cronache mitologiche. Ma appunto questa formava una delle più ardue difficoltà dell’opera nostra. Considere
pratutto i classici, ci hanno trasmesso sui fatti medesimi, nei brani delle loro opere da noi riportati. Sarà quindi innegabi
porti interi brani dell’ Iliade d’ Omero ; dell’ Eneide di Virgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citaz
a, finalmente, che riporti frammenti della Divina Commedia di Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Metastasio ; e di
i avvenimenti che vi sono narrati ; la scienza si rivela dallo studio delle credenze religiose degli antichi ; e la letteratu
nze religiose degli antichi ; e la letterature vi è esposta per mezzo delle citazioni dei classici che noi abbiamo fedelmente
sperare di più. Studio preliminare Sulla mitologia La scienza delle favole o dei Miti, chiamasi Mitologia. Questo voc
ale discorso o ragionamento mitico. Essa altro non è che il complesso delle tra dizioni, degli enigmi, il quale, considerato
e che tutti gli scrittori danno alla Mitologia, ossia alla conoscenza delle credenze religiose degli antichi. In origine la p
arebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. ad avere il sen
el Mito a quella più generale di simbolo o altegoria, e ne fecero una delle forme principali del linguaggio intuitivo e figur
ell’alta antichità, e che parve segnatamente acconcia alla tradizione delle verità o degli eventi, proprii dell’ordine religi
la lingua, che resistette ai conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura di non essere distratta dal
l’educazione che riceveva il libero cittadino nello sviluppo armonico delle potenze fisiche e morali : il culto comune delle
lo sviluppo armonico delle potenze fisiche e morali : il culto comune delle divinità nazionali ; le istituzioni religiose e p
e la resero, in quasi tutti i suoi punti, maestra dell’incivilimento delle generazioni avvenire. La storia degli Elleni divi
desi in quattro età marcate e distinte : Prima età, dalle emigrazioni delle colonie orientali, alla guerra trojana. Seconda e
a trojana. Seconda età, dalla prima guerra nazionale, all’ordinamento delle forme repubblicane. Terza età, dalle legislazioni
nserva ancora, nell’attenzione del promesso Messia, i simboli proprii delle sue religiose credenze. E così man mano noi potre
emmo citare cento altri esempii, i quali tutti verrebbero in appoggio delle nostre parole. Anche a traverso le folte e tristi
ai più remoti tempi funestarono il mondo cristiano, i simboli proprii delle stesse religiose credenze che quelle cercarono di
a devastatrice del tempo, e che altra volta furono destinati al culto delle divinità pagane, ed ora lo sono all’adorazione de
culto delle divinità pagane, ed ora lo sono all’adorazione dei santi, delle vergini beatificate, e specialmente delle numeros
o all’adorazione dei santi, delle vergini beatificate, e specialmente delle numerose personificazioni di cui non sapremmo def
in Cina, il primo re, dà cominciamento al suo regno con lo scolamento delle acque diluviane, che avean tocca la cima delle pi
egno con lo scolamento delle acque diluviane, che avean tocca la cima delle più alte montagne. Se dunque i Miti bugiardi e le
o attori, spesso immaginarii, di azioni vere, in cui i simboli o miti delle numerose deità del paganesimo, balenano ad ogni t
to umanamente divino, l’osceno bagliore dei Saturnali, dei Baccanali, delle sozze cerimonie della Venere Terrestre, la dea me
della religione pagana, cioè il culto visibile e la dottrina segreta, delle differenti deità della favola. Uno degli istinti
in tutte le religioni. Migliaia di esempì potremmo citare in appoggio delle nostre parole, ma basterà a convincere, con prove
ttá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri
gli stati indipendenti, i quali giovarono immensamente allo sviluppo delle arti tutte, cosa che non avrebbe potuto sussister
diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve tendere al suo vero pri
bile del Creatore, e volgere al bello, al grande, alla virtù l’azione delle intelligenze umane. . Nè questa raffinatezza d’i
er tal modo uno sviluppo maggiore alle allegor e religiose, per mezzo delle quali si attribuivano alle divinità del culto pag
ntità di racconti, di fatti, di avvenimenti, onde è tessuta la storia delle divinità pagane, le quali non dissimilmente dagli
una fine. Osserveremo ancora che siffatte credenze popolari, proprie delle differenti religioni, e sempre da esse emergenti,
dio di Gerusalemme, un uomo per sette giorni di seguito, fece il giro delle mura, gridando con voce di terrore : Sventura a G
n pari tempo, idee, passioni ed affetti umani. Così Anteo 41, simbolo delle sabbie libiche, confinanti con la regione dell’Eg
le che soffoca il gigante, distaccandolo da sua madre. La maggioranza delle tradizioni mitologiche ha, come i simboli, la sua
orie del pagani, subirono positive modificazioni, nell’assimilitudine delle cose appartenenti all’ordine celeste, con quelle
i i caratteri del clima, della indole, del governo proprio, e perfino delle abitudini e dei costumi tradizionali e particolar
morare in palagi di ghiaccio : quelli dell’Indiana, riposare al rezzo delle piante, e bagnarsi nelle fresche acque dei laghi 
d’arte e di scienza. Vi si ritrovano le orme dei misteriosi soggetti delle prime meditazioni della mente dell’uomo, e sebben
natura dei varî sistemi d’interpetrazione che valgono a render conto delle antiche tradizioni, e dell’oscuro significato dei
le. Ciò avviene perchè sotto l’impero della forma mitica, nè il mondo delle idee, nè quello dei fatti, sono concepiti l’uno d
nella Mitologia, ciò che colpisce a prima vista è la forma enigmatica delle favole che la raccontano, e dei monumenti che la
tri corpi celesti. Similmente dall’astronomia deriva la maggior parte delle feste e cerimonie onde gli antichi onoravano il c
 Dio supremo degli Etruschi, veniva considerato come personilicaz one delle píu alte filosoliche astrazioni, come Dio — Sole,
Parche fatali che tessono il filo della vita umana. Parche. — Nome delle tre divinità che presiedevano alla vita e alla mo
ne codeste dottrine in conto di sogni, piovuti dal cielo in compagnia delle rose dell’aurora : lo so. Serbi l’età ghiacciata
Benchè più non alberghi Nelle sue grotte Apollo, e tu soggiorno Già delle Muse, or non sii lor che tomba ; Pur questi ermi
talanta, entrambe nipoti di Abas re degli Argivi. 6. Abarbarea. — Una delle Najadi, che Bucolione, primogenito di Laumedonte
sempre dimostrato per la poesia, per la musica, e per la declamazione delle opere teatrali, soprattutto della tragedia. Essi
ò nella città d’Ira alla quale dette il suo nome. Questa città fu una delle sette che Agamennone promise ad Achille, onde cal
on c’è storico o accreditato scrittore che possa dare sugli Aborigeni delle nette e precise notizie, o fissare a loro riguard
coi soccorso degli Argonauti, si vendicò della crudeìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era
i fu anche un altro Acete, figlio del Sole e di Persa. Egli dette una delle sue figlie in consorte a Pirro. Evandro re d’Ital
i addusse Lutti agli Achei ec. (Omero Il C. 1°) 46. Achamanto. — Una delle figlie di Danae. 47. Achaya. — Amico e compagno f
ènnone loro madre, li avvisò di evitare Melampigo, vale a dire l’uomo delle reni nere. Un giorno essi s’abbatterono in Ercole
sa avesse una sotterranea comunicazione con l’inferno, e gli abitanti delle vicinanze, sostenevano che da quella caverna foss
presentò alle dame della corte di Licomede alcuni ricchi gioielli, e delle armi bellissime : l’astuto greco riuscì completam
guidando egli stesso i suoi focosi destrieri, fece tre volte il giro delle mura della città ; cedendo il cadavere sfigurato
pote di Marte. 63. Achlys. — Detta anche Achelaa, dea dell’oscurità e delle tenebre. Esiodo ne fa un ritratto spaventevole. 6
rannome dato a Venere per esser quella Dea che cagionava dell’ansie e delle inquietudini. Si pretende da altri essere questo
œto V. Acoto. 77. Aconte. — Uno dei figli di Liacone. 78. Acor. — Dio delle mosche. Gli abitanti di Cirene, racconta Plinio,
Dall’Anquillara) 80. Acqua. — Di questo elemento fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di Milet
i S. Atanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel popolo a farne una delle sue principali divinità. Non minore era la venera
to che beve il vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nutrici di Giunone. La favola racconta che fu fig
barca e l’abbandonò in preda alle onde. Politetto, re di Serifo (una delle isole Cicladi) dove la barca approdò, trattò cort
ne di ciò che aveano mangiato, vennero a contese fra loro, si dissero delle ingiurie che terminarono con una lotta nella qual
lo scrittore Atenco parla con molta severità. 100. Adea. — Nome d’una delle Nereidi. 101. Adeo. — Antico Re dell’ Attica. Era
. — Fu figliuola di Euristeo. In vaghitasi della cintura della regina delle Amazzoni, suggerì al padre di persuadere Ercole a
sie, quante ne soffrì Admeto, ma gli Dei lo protessero sempre a causa delle sue grandi virtù. 111. Adod. — Era il Giove dei F
un giovane di bellissime forme, morto sul flore degli anui. Nel corso delle cerimonie le donne vestite a bruno andavano a tog
ritenuto generalmente che il sangue d’Adone avesse cangiato il colore delle acque di quel fiume, che poi prese il suo nome. 1
nel lutto e nella tristezza. Le donne vestite a bruno piangevano per delle ore intere. V. Adone. 115. Adorea. — Divinità che
a stessa che la Vittoria. Si chiamava anche Adorea una festa in onore delle principali divinità nella quale si offrivano agli
in onore delle principali divinità nella quale si offrivano agli Dei delle focacce dette Ador. 116. Adporina o Aporrina o As
draneo. V. Adrameo. 121. Adrasta. — Ninfa figlia dell’oceano : fu una delle nutrici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea
ba dell’estinto amico. 124. Adreo. — Dio che presiedeva alla maturità delle spiche. 125. Adulto. — Sotto questo nome veniva i
ole greche αις capra ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Aeree. —
sta opinione, dappoichè αιδω significa ardo abbrucio. 133. Aex. — Una delle nutrici di Giove. Dopo la morte ella venne colloc
Priamo re di Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole di Cadmo e di Armenia. Ancor giovanetta
accanti a fare in brani il proprio figliuolo Penteo, nella ricorrenza delle feste di quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, r
aveva fatto, ottenne da Giove che anche dopo la morte di Ati qualcuna delle sue membra non sarebbe andata soggetta alla corru
non sarebbe andata soggetta alla corruzione. Questa favola che è una delle più stravaganti della mitologia pagana, era suffi
la sparizione degli oggetti. 183. Aglaja. — Era questo il nome di una delle Grazie. 184. Aglao. — Nome del più povero degli A
chiamavano così Esculapio, Dio della medicina. 187. Aglaopheme. — Una delle Sirene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle fi
187. Aglaopheme. — Una delle Sirene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo
Hagno. — Fu questo il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il suo nome ad
e Mercurio dai diversi templi che essi avevano sulle pubbliche piazze delle varie città, dalla parola greca αγορα, che signif
no così dette alcune feste da essi celebrate in onore di Minerva. Una delle Grazie avea anche questo nome ; Erectheo re di At
due conjugi vissero lungamente felici e contenti, fino a che, superbi delle dolcezze della loro unione, ardirono darsi il van
’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove. 220. Ajace. — I mitologi
stato ucciso Achille, surse una disputa fra Ulisse ed Ajace, a causa delle armi del morto eroe. Ulisse però ebbe il di sopra
e una carneficina, credendo nel suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede Sul misto ancora ed indiviso armento La sua
oposto non andarono coronate di successo. Alchmeone andò a praticarne delle altre presso Acheolo padre di Calliroe, la quale
soprannominata Alcea dalla parola Alce che significa forza. Vi erano delle divinità alle quali si dava complessivamente il n
esenza di Ulisse, sull’adulterio di Marte e Venere. 247. Alcio. — Una delle divinità dei Germani. Si crede comunemente che so
ll’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione. Alcione era anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti della stirpe di De
o e figliuola d’Ida e di Marpesa. Similmente veniva così chiamata una delle sette Atlantidi figliuole di Atlante. Esse formav
sette Atlantidi figliuole di Atlante. Esse formavano la costellazione delle Pleiadi. Finalmente un uccello marino consacrato
ciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia di Marte
za pastorella, di cui parla Teocrito e Virgilio. 252. Alcithoe. — Una delle figlie di Minea o Mina. Burlandosi del culto con
veva un tempio ed un culto particolare. 257. Alectone o Aletto. — Una delle tre Furie infernali dette anche Eumenidi. 258. Al
nella Celtica edificata da Ercole. 277. Alexiroe. — Ninfa che fu una delle mogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore
azione in cui si adoperava il fiore di frumento. 282. Alia. — Era una delle cinquanta Nereidi. Il suo nome le viene dall’elem
la Aliee viene dal greco αλιος che significa sole. 285. Alilat. — Una delle divinità degli Arabi, i quali sotto questo nome a
 — Dal greco αλς mare e αλς μειδις cura veniva così chiamata un’altra delle cinquanta Nereidi, quasi avesse cura del mare e f
loro quella montagna. 299. Aloo. V. Aloeo. 300. Alopo o Aleppo. — Una delle Arpie. Vi fu anche un’altra Alope figlia di Cerci
il quale in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la sue infa
in processione le vittime che si doveano sacrificare, facendo il giro delle biade prima della mietitura. I sacerdoti che pres
o presso gli scrittori e i poeti mitologici, quanto la significazione delle parole Ambrosia e Nettare. Secondo i poeti l’ambr
ei, ed è opinione sufficientemente generalizzata, che gommasse da una delle corna della capra Amaltea ; mentre dall’altra sti
intendevasi presso gli Egizii con la parola Amente, ovvero il centro delle viscere della terra, dove tutte le anime dovevano
sidia a Polluce senza conoscerlo e questi l’uccise. 337. Amida. — Una delle figlie di Niobe. Era anche così detta una delle p
se. 337. Amida. — Una delle figlie di Niobe. Era anche così detta una delle principali divinità dei Giapponesi. 338. Amisodar
isola di Creta. 344. Amnisidi. — Vedi l’art. prec. 345. Amoca. — Una delle nutrici di Diana. Fu anche un soprannome dato a C
immortali e la terra. Platone asserisce essere l’Amore figlio del Dio delle ricchezze e della Dea della povertà, e gli dà il
guito i Romani fecero di Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la quale fu insieme a sua sorell
gno di Enea, che ebbe questo nome ; ed un fratello d’Ippolita, regina delle Amazzoni, che fu uccisa da Ercole. 357. Amynta. —
idi. — Discendenti di Fenicio, figlio di Amintore. 359. Amyone. — Una delle cinquanta Danaldi, sposò Encelado che ella uccise
elle cinquanta Danaldi, sposò Encelado che ella uccise la prima notte delle nozze, per ubbidire al comando di suo padre. Stra
tore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370. Anatole. — Nome di una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni adoravano
8. Anaxiso. — Figlio di Castore e d’Ilacida. 379. Anaxithea. — Fu una delle Danaidi amata da Giove. 380. Anaxo. — Figlio di A
cadia, che fece parte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle sue schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai
ulo e Ancula. — Erano, al dire di Festo le deità tutelari dei servi e delle serve. Venivano così denominate dalla pardla Ancu
na, di cui la favola racconta che uscì dal mare, nascendo dalla spuma delle onde. Andiomena significa che esce dal mare. 392.
nche un altro Andremone che fu genero di Oeneo. 395. Androclea. — Una delle figlie di Antipono, che si sagrificarono per la s
. Androgeo. — Figlio di Minos re di Creta. Stando in Atene alla festa delle Panatee, ne riportò tutt’i premii, ciò che gli va
non avesse voluto detronizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deserte vie di Atene. Minos, volendo vendicar
one di un centauro conosciuto sotto questo nome. 414. Anfinoma. — Una delle cinquanta Nereide. 415. Anfinomea. — Fu madre di
auti, ed un re d’Orcomeno, che fu padre di Cloro. 418. Anfioro. — Una delle ninfe dell’Oceano. 419. Anfipyro. — Soprannome da
parola significa — Avendo una lorcia nella mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinquanta Nereidi, figlia di Nereo e di Dori. 421
a tutt’i suoi nemici e punì Cometo del suo tradimento. Gli scrittori delle cronache mitologiche, concordano nella gran maggi
lmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata di sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Giove. La credenza più g
de, significa che calma i venti. 444. Annona. — Dea dell’abbondanza e delle provvigioni da bocca. 445. Anoaretha. — Ninfa che
anza e delle provvigioni da bocca. 445. Anoaretha. — Ninfa che fu una delle mogli di Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446
ερως amore. 459. Antevorta. — Dea che presiedeva alla commemorazione delle cose passate. 460. Anthello. — V. Antelio. 461. A
go la condussero presso la loro madre. 466. Anthiope. — La più famosa delle regine delle Amazzoni. Ercole avendole fatta prig
ero presso la loro madre. 466. Anthiope. — La più famosa delle regine delle Amazzoni. Ercole avendole fatta prigioniera ne fe
471. Anti-Dei. — Genii malefici che ingannavano gli uomini per mezzo delle più seducenti illusioni. 472. Antifo. — Uno dei f
ritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna di cervo. Solamente sulla porta del tempio
nte sulla porta del tempio ch’essa aveva sul monte Aventino, vi erano delle corna di bue ; e ciò, sempre seguendo il citato a
llora gli immerse il brando nella nuca. Da questo fatto l’istituzione delle feste dette Apatuarie dalla parole greca απαη che
e Apatuarie dalla parole greca απαη che significa inganno. Il periodo delle feste Apatuarie durava tre giorni ; nel primo di
siride ove erano fabbricate due ricchissime e superbe stalle ; in una delle quali rimaneva sempre rinchiuso non facendolo usc
ollo quando abitava la terra. Era il dio della Poesia, della Musica e delle Arti. Capo delle nove muse, abitava con esse il m
va la terra. Era il dio della Poesia, della Musica e delle Arti. Capo delle nove muse, abitava con esse il monte Parnaso, l’
oso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che era una delle sette maraviglie del mondo, era consacrato a ques
lle sette maraviglie del mondo, era consacrato a questo nume come dio delle Arti. Apollo ebbe molte amanti, fra le quali le p
astri quest’uccello in segno della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era esclusivamen
dea. 528. Ardenna. — Soprannome di Diana che le veniva da una foresta delle Gallie chiamata anche oggi Ardenna e che era a le
ori della favola, che l’ Areopago sorgesse nel posto ove era il campo delle Amazzoni quando esse mossero guerra a Teseo. 531.
conseguenza prima di gettarsi nell’ Aretusa, il letame dei cavalli e delle vittime preparate per la celebrazione di quei giu
ga. — Ninfa che il sole cangiò in biscia. Era anche così chiamata una delle figliuole di Giove. La tradizione mitologica racc
e di uomini, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori delle rive di quel fiume, annegavano in esso tutt’i via
e poi Ercole persuadesse loro di smettere la barbara usanza e gittare delle figure di uomini. Ovidio nei suoi Fasti, attribui
brazione di alcune sacre cerimonie. Vedi Argea. 543. Argentino. — Dio delle monete d’argento. Era figlio di Esculano e della
da quel tempo le acque di quel fiume ebbero la virtù di dare l’obblio delle passioni d’amore a coloro che vi si bagnavano o c
a l’ Asia Minore, traversato il Ponto Eusino, entrarono pel distretto delle Simplegadi in Aea, capitale della Colchide. La sp
ato dai Persiani. Si crede generalmente che come Plutone fosse il dio delle Tenebre. 570. Arimomanzia. — Vedi Axinomanzia. 57
che e quattro tori. Egli segui il consiglio di Proteo e dalle viscere delle vittime, narra la favola che uscisse una quantità
are nella quale si offeriva un sacrifizio agli Dei, per la prosperità delle armi Romane. Durante la cerimonia coloro che vi p
do Igino fu fin dalla prima infanzia educata come un uomo al maneggio delle armi e a tutti gli esercizii del corpo. In un gio
on corridore. Finalmente dopo essere stata per lungo tempo il terrore delle campagne circostanti fu presa ed uccisa. Virgilio
tata la celebre Arpalice inforcando un cavallo che correva più rapido delle onde dell’ Ebro. In mezzo della selva una donzel
ivorarono i viveri. L’ Alighieri ci ripete una bellissima descrizione delle Arpie, dicendo che esse predissero ai Troiani il
della loro città. Quivi le brutte Arpie lor nido fanno, Che cacciar delle Strofade i Troiani Con tristo anuunzio di futuro
rpocrate, volendo così denotare esser sacro ed inviolabile il segreto delle lettere. Era consacrato ad Arpocrate il papavero
. 591. Arrichione. — Nome di un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci di Diana, di cui la favola racconta
, la quale veniva del paro deificata da essi riguardandola come madre delle invenzioni e delle arti. 596. Artemisia. — Nome d
el paro deificata da essi riguardandola come madre delle invenzioni e delle arti. 596. Artemisia. — Nome della Sibilla Delfic
feste dette Artemisie istituite in onore di lei. 597. Arteride. — Una delle più strane tradizioni della mitologia Egiziana ra
ucciso. 601. Aruspici. — Venivano così chiamati coloro che dall’esame delle viscere delle vittime immolate nei sacrificii pre
ruspici. — Venivano così chiamati coloro che dall’esame delle viscere delle vittime immolate nei sacrificii predicevano l’avv
dell’ Oceano e di Teti e moglie di Giapeto. Da lei prese il nome una delle quattro parti del mondo. 616. Asima. — Divinità a
fu anche una ninfa conosciuta sotto questo nome. 630. Asterope. — Una delle Pleiadi. 631. Asteropeo. — Giovane guerriero che
al pericolo, ricoverandosi col figlio in Epiro. 635. Astidamia. — Una delle mogli di Ercole. 636. Astilo. — Uno dei centauri
lie, onde metterli in malo aspetto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole di Ettore la quale non potendo opporre
epolemo. Finalmente la favola ricorda di un’altra Astioche che fu una delle figliuole di Niobe. V. Niobe. 639. Astioco. — Fu
donna da cui Ercole ebbe diversi figli. 642. Astipaleo. — Nel gruppo delle Cicladi vi era un’isola chiamata Astipalea in cui
Dalla parola Greca οτομα bocca Plinio dà questo nome ad alcuni popoli delle Indie che non avevano bocca. La verità di questa
sua morte gli vennero innalzati varii monumenti. 652. Astrofa. — Una delle Pleiadi. 653. Ata. — V. Atea. 654. Atabirio. — Gi
ta, la quale essendo profondamenta culta nelle lettere e nel mestiere delle armi fu riguardata come la Divinità che presiede
Greca. 663. Atenee. — Feste in onore di Minerva. 664. Atergate. — Una delle Divinità del popolo Sirio presso il quale era ten
Agamennone Menelao e tutt’i discendenti di Atreo. 675. Atropo. — Una delle Parche. Propriamente quella che tagliava il filo
te quella che tagliava il filo della vita umana. 676. Attea. — Fu una delle cinquanta Nereidi. 677. Atteone. — Secondo le cro
lo fanno figliuolo di Eolo e di Aurora. 690. Autenome. — Fu un’altra delle cinquanta Nereidi. 691. Autoleone. — Generale dei
n mano un canestro di frutta e con ai piedi un cane. 699. Auxo. — Una delle Grazie. Gli Ateniesi non ne riconoscevano che dua
un ricco tempio dedicato ad Apollo, ove ogni tre anni si celebravano delle feste in suo onore, alle quali si dava il nome di
ttà di Biblo. Era ritenuta come moglie di Saturno da cui non ebbe che delle figliuole È la luna, ossia la Diana dei Greci. 72
e di seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono alla conquista delle Indie. Esse facevano sul loro cammino risuonare l
, appena coperte d’una pelle di tigre, tutte scapigliate, con in mano delle torce accese, facevano rintronar l’aria di grida
mente consegnato ad Ino, sua zia, la quale ne prese cura in compagnia delle ninfe e delle ore. Divenuto adulto, Bacco conquis
to ad Ino, sua zia, la quale ne prese cura in compagnia delle ninfe e delle ore. Divenuto adulto, Bacco conquistò le Indie ;
Giunone ; dappoichè questa Dea non si limitava solamente a vendicarsi delle concubine di suo marito, ma faceva ricadere le su
feconda vite, Che la dolce uva, e quel divin liquore Porge a sostegno delle nostre vite. Ovidio. — Metamorfosi Lib. III trad
molati nei suoi sacrifizii, erano l’irco, perchè distrugge i germogli delle viti ; e la gazza per dinotare che il vino fa par
ll’attenzione dei nostri lettor, gioverà allo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici di questo lavoro ; quella cioè,
e, ma della trasmissione, o direm quasi della eredità, che la fusione delle religioni e credenze primitive, ha lasciato nelle
ini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc : e mosse alla conquista delle Indie. La favola dipinge questo dio con le corna
he insegnò agli Etrurii l’arte di predire il futuro, dallo strisciare delle folgori e delle saette. È opinione diffusa presso
Etrurii l’arte di predire il futuro, dallo strisciare delle folgori e delle saette. È opinione diffusa presso molti scrittori
d Apollo. In premio del suo silenzio, Mercurio gli dette la più bella delle vacche derubate ; ma poi, non fidandosi a lui, Me
i che l’accompagnano. 758. Belatucadua o Belertucadi. — Gli abitatori delle isole Britanniche adoravano sotto questo nome il
vennero particolarmente illustrate da M. della Torre, nella sua opera delle Antichità d’Anzio, e poro di poi dal canonico Bar
il nome col quale essi onoravano Apollo, attribuendogli la guarigione delle malattie. 761. Belertucadi. — V. Belatucadua. 762
go, la moglie del quale, a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece delle proposizioni alle quali fu insensibile. Antea pun
egli voluto attentare al suo onore. Preto, per non violare il diritto delle genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo m
posò Filonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio delle sue eroiche azioni e della immeritata persecuzion
demoli interamente senza rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle sue opere, ne fa una bellissima descrizione. 772.
elle sue opere, ne fa una bellissima descrizione. 772. Belzebù. — Una delle principali divinità dei Sirii. Nella sacra Bibbia
ome al principe dei demoni. Presso gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perchè il suo tempio era esente da questi
ica capellatura, che ella recise ed offrì agli dei, per la prosperità delle armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente comm
aturno, fosse una di queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sull
inione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosciuta so
mortale. 814. Bolomancia. — Specie di divinazione che si eseguiva con delle frecce. Ezechiello ne fa menzione parlando di Nab
avano un campo di spighe senza curvarle, e traversavano la superficie delle acque senz’affondare. Di Dardano fu nato il re d
gli partoriro. Queste talor ruzzando alla campagna, Correan sul capo delle bionde ariste Senza pur sgretoiarle : o se co’sal
ndo abbisognava dare più luce in qualche punto ove la troppo foltezza delle piante rendeva le tenebre troppo fitte. Eliano ra
nti di Anfipoli una ricchissima tomba e furono celebrate in suo onore delle feste dette Brisidee o Brasidee. 829. Britomarte
s, si precipitò in mare e fu alla preghiera di Diana messa nel numero delle immortali. 830. Britormati. — V. Britomarte. 831.
Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che era una delle principali dell’Egitto, e che richiamava un numer
Vale a dire avvenimenti prosperi o felici ; i Pagani ne avevano fatto delle divinità. 847. Buono. — Si dava questo semplice n
ui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figlia di Proteo : fu una delle mogli di Vulcano. 862. Cabiri. — Divinità che ven
dava il nome complessivo di Dei Cabiri. Anche nella Fenicia vi erano delle Divinità dette Cabiri o Caberi ; ma l’opinione pi
dei piccoli pesci salati. Il suo culto era celebre in Faselide, città delle Panfilia. 867. Caca. — Sorella di Caco. Si preten
agli Argonanti il viaggio della Colchide, e furono fra i combattenti delle Arpie allorchè queste furono scacciate dalla Trac
a. 893. Calendaria. — Soprannome di Giunone, che le veniva dai giorni delle Calende, a lei consacrati. 894. Calibea. — Sacerd
ra di lei per presentarsi a Turno, re dei Rutuli. 895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie di Ezio e madre di End
lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana. Giove, avendo presso
genie fosse uno dei soprannomi di Cerere stessa. 906. Calliope. — Una delle nove muse e particolaremente quella della eloquen
ee deriva dal greco Κάλλος, che vuol dire bellezza. 911. Calpe. — Una delle due montagne conoscute nella Favola, sotto il nom
Ofiaso, dal nome di suo padre Ofio. Gli si attribuisce la invenzione delle armature d’acciajo. 915. Camela-Dea. — Ossia divi
opere ce la ricorda come la Dea del canto. 917. Camene. — Soprannome delle Muse, che trae la sua origine dalla parola cano,
cacciatrice, e nessuno fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tutti gli esercizii del corpo. Nè pria
il Como dei Romani e dei Greci. Il re Salomone, per compiacere ad una delle sue concubine, innalzò al Dio Camos un tempio. 92
na delle sue concubine, innalzò al Dio Camos un tempio. 925. Campagna delle lagrime. — (Campi lugentes) Veniva così designato
927. Campi Elisi. — V. Elisi. 928. Camulo. — Veniva così chiamata una delle Divinità dei Savizii. Si crede che fosse lo stess
 Fontana in cui Giunone andava tutti gli anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri dame greche di andare in pellegrinag
a Divinità a cui s’offeriva. 940. Canope. — Era questo il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I sacerdoti d
baso : fu uno degli Argonauti. 943. Canuleìa. — Era così chiamata una delle quattro vestali scelte da Numa, allorchè istituì
eratori ; vi si facevano i voti pubblici ; ed era ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il Senato avea tributato gli ono
cerimonia consisteva nella corsa che esse facevano, percuotendosi con delle bacchette. 954. Capricorno. — Essendo un giorno i
iaco. È opinione di molti rinomati scrittori, che questo segno di una delle costellazioni della fascia zodiacale, fosse la ca
e un sacrificio a quella Dea. 957. Cardea o Cardinea. — Dea dei ganci delle porte ; essa faceva parte dei Penati o Lari. 958.
e della Laconia celebravano in onore di lei, nel tempo della raccolta delle noci. In greco la parola Κάρις vuol dir noce. 961
evitar Scilla per cadere in Cariddi. 963. Caride o Charisa. — Era una delle grazie ; Omero la dà per consorte a Vulcano, vole
orse dinotare con questo connubio allegorico, la grazia e la bellezza delle opere, che quel Dio faceva col ferro e col fuoco.
e non era ammessa alcuna persona straniera. 969. Cariti. — Soprannome delle grazie V. Carisie. 970. Caritie. — V. Caristie. 9
norata come una Divinità, e dopo la morte si celebrarono in suo onore delle feste, da lei dette Carmentali. 973. Carmentali. 
tuzione di queste cerimonie ebbe la sua origine dalla riconciliazione delle dame romane coi loro mariti, dopo una lunga disco
servigio della Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Britomarte.
tali del corpo e che s’invocava principalmente per ottenere la sanità delle viscere. Essa aveva un tempio sul monte Celio, e
acessero grande strepito di tamburi di flauti ; e che le madri stesse delle vittime, dovessero intervenire al sacrifizio e as
na ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi. Che non solo osó dir, che in tutto il m
muse, dalla fontana Castalia ad esse consagrata. 992. Castalio. — Re delle terre che circondavano il monte Parnaso. Apollo a
talia in fontana. V. Castalio. 993. Castianira. — Così aveva nome una delle mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluce. — F
vevano e morivano alternativamente. Essendo stati invitati alle nozze delle loro cugine, Febeo ed Ilaijo, essi le rapirono ai
’altro, a causa della divisa immortalità, dovea soggiornare nel regno delle ombre. Questa allegoria della Favola è forse fond
ondata sopra il movimento della costellazione dei gemelli, imperocchè delle due stelle che formano quella costellazione, unas
l giuramento degli uomini ; e Acastor, cioè tempio di Castore, quello delle donne. Al dire di Giustino, Castore e Polluce app
mosa montagna della Colchide. La cronaca favolosa narra che sopra una delle sue rocce fu incatenato Prometeo, allorchè Giovel
ti cavalli erano così rapidi e leggeri che correvano sulla superficie delle acque senza affondare. 1012. Cavalli di Marte. — 
tti di Enea. I Trojani caddero nell’insidia e atterrarono una parte delle mura di cinta per dar passaggio alla funesta macc
di questo soprannome, volendo alcuni che gli venisse dall’aver fatto delle leggi sull’unione dell’uomo e della donna, per me
li non volle acconsentire alle amorose voglie di lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò di vendicarsene, e lo lasciò ritor
to un luogo nella Campania, consacrato a Giunone. 1037. Celeno. — Una delle arpie V. Arpie. 1038. Celeo. — Re di Eleusi il qu
a terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar Egeo, famosa per aver dato
ndosi ritirato sopra il monte Parnaso, per salvarsi dall’innondazione delle acque del diluvio di Deucalione, fu dalle ninfe a
donavano ad ogni più turpe deboscia. 1061. Cercopiteca. — Nome di una delle divinità degli Egiziani : si crede comunemente ch
Cebo. 1062. Cereali. — Feste in onore di Cerere. 1063. Cerere. — Una delle principali Dee della mitologia greca e romana : f
e coloro che per qualunque ragione avessero turbati i solenni misteri delle sue feste. Veniva rappresentata sotto figura di u
a di lui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incomparabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di
ia. — Così veniva detta l’arte di predire il futuro dall’osservazione delle linee della mano. 1084. Chirone. — Famoso centaur
con mirabile destrezza. Conoscendo per lungo uso le virtù medicinali delle erbe e delle piante, divenne il più gran medico d
destrezza. Conoscendo per lungo uso le virtù medicinali delle erbe e delle piante, divenne il più gran medico dei suoi tempi
adre lo aveva fatto immortale. Finalmente gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove e
o Chitonia. — Soprannome di Diana in onore della quale si celebravano delle feste dette perciò Chitonie. 1086. Chitonia. — V.
enere, a causa della sua voluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle sue penne. Il carro di questa Dea veniva sovente
medesimo tempo che l’eroe vincitore si accingeva a spogliare il vinto delle sue armi, il corpo di Cigno disparve avendolo suo
dre Nettuno cangiato in uno di questi animali. 1105. Cileno. — Fu una delle Plejadi. 1106. Cilixo. — Uno dei figli di Fenicio
talia, nelle circostanze di Baja. La cronaca favolosa dice che in una delle contrade abitate da questi popoli, sorgesse il pa
4. Cimmeride. — V. Cimmeria. 1115. Cimodoce. — Ninfa del mare. Fu una delle compagne di Cirene, madre d’Aristeo. 1116. Cimodo
famoso Briareo, il gigante Centimano V. Briareo. 1118. Cimoloe. — Una delle Nereidi. Essa ajutò i Trojani in una burrasca che
Vi erano, secondo la mitologia indiana, alcuni popoli sulle montagne delle Indie, i quali venivano così denominati perchè av
tessea, lucida, fina, Maravigliosa, immortal tela, e quale Della man delle dive useir può solo. Omero — Odissea — Lib. X Tr
dei Dolioni, la quale fu detta Cizzica o Cisia, e che poi divenne una delle più fiorenti città della Grecia. 1159. Cladea. — 
. 1161. Cladeuterie. — Feste che si celebravano all’epoche del taglio delle vigne. 1162. Clara-Dea. — Dea brillante, così ven
i rimuoverlo. 1166. Clausio. — Dio che veniva invocato nella chiusura delle porte. Deriva dalla parola latina cludere, chiude
sì avea nome la ninfa che fu madre di Parnaso. 1175. Cleodossa. — Una delle figliuole di Niobe. 1176. Cleomede. — Famoso atle
oso leone Nemeo, fatta da Ercole. — V. Ercole. 1178. Cleopatra. — Una delle Danaidi. Vi fu anche un’altra Cleopatra, che fu f
er mezzo dei dadi. 1180. Cleta. — Nome che i Lacedemoni davano ad una delle tre grazie. 1181. Clidomanzia. — Indovinamento ch
rpalice si chiamava del pari Climeneo. V. Arpalice. 1185. Clio. — Una delle nove muse, e propriamente quella che presiedeva a
che fu moglie di Tantalo, l’altra di Amintore. 1192. Cloacina. — Dea delle cloache. La tradizione favolosa racconta che Tito
olo, dopo la guerra ch’essi ebbero fra loro, a causa del famoso ratto delle Sabine. 1193. Clodonie. — Nome col quale i Macedo
Cloridi. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo
ui s’attribuiva comunemente l’invenzione del fuso. 1203. Cloto. — Una delle tre Parche, figlia di Giove e di Temi ; veniva ra
. — La donna infernale, così veniva denominata Alettone o Alecto, una delle tre furie. V. Alectone. 1212. Cocito. — Fiume del
. Coe o Coo. — Con questo nome i ragani designavano il secondo giorno delle feste Antisterie. 1214. Colasco. — Figlio di Giov
i della loro carne, ritenendo che sarebbe stato lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso gli Assiri era grande
oso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che era una delle sette maraviglie del mondo, e che rappresentava A
o, varie statue rappresentanti sè stesso e la sua famiglia, l’altezza delle quali giungeva a trenta cubiti. In Apollonia, cit
. — Divinità che presiedeva alle gioje notturne ed allo abbigliamento delle donne e dei garzoni seguaci dell’eleganza della m
sevi, io semino, si dava codesto soprannome ad Ope, divinità tutelare delle campagne, la cui festa si celebrava nel mese di a
gli Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato il nome di festa delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Soprannome di Proser
e. 1246.Corcira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli di Nettuno. Quest’isola è celebre pel naufr
Apollo di Creta. 1254. Coribantiei. — Si dava codesto nome ai misteri delle feste di Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255.
i Coribanti han preso il loro nome. 1256. Coricia. — Ninfa che fu una delle mogli di Apollo : dimorava abitualmente in una ca
econdo il parere di Eschilo, così avea nome quella furia che da parte delle sue compagne espose l’accusa terribile dell’Eumen
n tempio famoso nella città di Atene, ove si celebravano in suo onore delle feste dette Coritie. V. l’articolo precedente. Vi
e la sua virtù. 1266. Corno dell’abbondanza. — Era sevente il simbolo delle immagini di Cerere, di Bacco e degli altri semi-d
o degli dei della mitologia egiziana. 1276. Crane. — Ninfa che fu una delle mogli di Giano. Si crede comunemente che sia la s
adre, prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle sue sorelle, che Mercurio avea deflorata, e dopo
dell’oracolo, perchè quando suo figlio gli si accosto per spogliarlo delle armi, essi si riconobbero. Altmeno ottenne dagli
au, all’imboccatura del Rodano. Plinio chiama quel luogo un monumento delle imprese di Ercole. 1281. Crefagenete. — Dio adora
e significa fontana : veniva dato questo sopranome alle Najadi, ninfe delle fontane. 1283. Creonciade. — V. Creontide. 1284.
vano a Giove ed a Saturno vittime umane. La maggior parte degli dei e delle dee, di cui si compone l’Olimpo mitologico, ebber
ise furtivamente su di una barca, e per non esporla alla triste sorte delle sue campagne, l’abbandonò alla fortuna delle onde
sporla alla triste sorte delle sue campagne, l’abbandonò alla fortuna delle onde. Spirato il tempo in cui il mostro doveva ri
. — Specie di divinazione che si faceva dall’osservazione della pasta delle focacce, che venivano offerte nei sagrifizii, e d
dell’uomo. 1333. Cureoti. — Cosi avea nome presso i pagani il giorno delle feste dette Apatuarie. L’etimologia della parola
la famosa sibilla di Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale, al dire di Pausania,
classe d’indovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle foglie di lauro, volendo far credere con cio che
ano questi globi, contrasegnavano i giorai dell’anno. Dal nome stesso delle feste, si dava il nome di Dafnefore, al giovine m
Libro IV trad. di Dell’Anguillara. Ma essa approdò felicemente a una delle isole Cicladi, dove Politetto, re di quella, la s
, avvisato dall’oracolo ch’egli sarebbe stato detronizzato dai mariti delle sue figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro
ue figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro uomini la prima notte delle nozze. La sola Ipernestra salvò il suo, per nome
vo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaidi, di cui nell’articolo precedent
la fuga all’orribile e lenta morte che loro sovrastava, e giovandosi delle sotrigliezze dell’arte loro, fabbricarono delle a
rastava, e giovandosi delle sotrigliezze dell’arte loro, fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con grossi pezzi di cera a
mata Sicilla alfin arriva Stanco già di valor Dedalo, dove Del volo e delle penne il dosso priva : Nè d’uopo gli è d’andar ce
r cercando altrove ; Che quivi appresso al re talmente è viva La fama delle sue stupende prove, E con tal premio Cocalo il ri
Cerere, Diana e Venere. Queste dee venivano comprese nella categoria delle divinità dette dagli scrittori della favola, dii
cui venne affidata l’educazione di Bacco. Il certo si è che il culto delle Dee Madri, rimonta ai primissimi tempi del pagane
oi, il che, per quei tempi, era un’assai cospicua ricchezza. Il culto delle Dee Madri, originario dell’Egitto, passò poi nell
o, o alterando ciò che loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, delle quali essi non esitarono a c
e loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, delle quali essi non esitarono a crearsi altrettante di
ere particolare della nostra opera, noi abbiamo dato un’idea generale delle pagane divinità, ci faremo più partitamente a par
narî dell’Egitto. Questi erano gli dei della prima classe, ovvero dei delle grandi nazioni, dii maiorum gentium, detti anche
del consiglio. Dei subalterni. Dii minorum gentium, ossia dei delle piccole nazioni. Il numero di questi era estesiss
o religioso di quelle nazioni che essi rendevano soggette colla forza delle armi. Dei pubblici. Si dava questo nome col
bblici. Si dava questo nome collettivo a quelle divinità, il culto delle quali era stabilito e riconosciuto dalla legge.
le Parche, il Destino, le Furie, le Arpie e finalmente i tre giudici delle anime, Eaco, Minosse e Radamanto. Oltre a tutti q
vevano compiuta una qualche gloriosa e memoranda azione. È questa una delle principali sorgenti dell’idolatria dei pagani, e
e fa ritrarre la figura del morto figliuolo, e gli rende nel silenzio delle domestiche pareti gli onori e la venerazione dovu
antichi re, e come prima di Urano e di Saturno, la profonda oscurità delle tenebre dei tempi, non ci permette di avere una c
o meritata la pubblica riconoscenza. Poi furono deificati i fondatori delle città ; quelli che avevano scoperto qualche terra
avevano scoperto qualche terra ignorata ; coloro che avevan stabilite delle colonie in lontane e remote contrade ; e finalmen
orruccio si poneva alla sinistra di quel letto, mentre un gran numero delle più illustri e nobili dame, tutte vestite di bian
1385. Delloco. — Figlio di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. De
iuto più comunemente sotto il nome di Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito di Giunone, la quale
allegoria della favola, altro non si deve oggi scorgere senonchè una delle tante astuzie dei sacerdoti, che facevano allora
Delo. — Isola del mare Egeo, una di quelle che componevano il gruppo delle Cicladi. La cronaca mitologica narra, che quando
Trad. di I. Pindemonte. 1410. Demofila. — Così avea nome la settima delle dieci sibille, di cui fa menzione Varrone. Era na
usse tutti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra, sua moglie, furon
nità, che presso il culto pagano dei romani, presiedeva alla nettezza delle case e alla nascita dei bambini. Appena nasceva u
e. Questo personaggio importantissimo nelle cerimonie religiose aveva delle grandi prerogative, alti privilegi ed estesissime
eppi ai prigionieri e di condonare la pena ai condannati al supplizio delle verghe, tutte le volte ch’ei si trovava sul loro
olte ch’ei si trovava sul loro passaggio.   Del sacerdoti di Giove e delle cerimonie : e parole unite ad un editto del magis
o tempio di Efeso tutto sfolgorante d’oro e che era ritenuto come una delle sette meraviglie del mondo, e come il più superbo
o dei sacrifizii ed offerte agli dei, e più ancora per la delicatezza delle cortesie che essi scambiavano fra loro in questa
5. Dictea. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Essa presiedeva alla g
dell’isola di Creta, alla quale gli antichi attribuivano l’invenzione delle reti per uccellare. Taluni scrittori pretendono c
essere gemella di Apollo. Didima avea anche nome un’isola del gruppo delle Cicladi, ove Apollo avea un famoso oracolo, conos
silenziosamente ai preparativi della fuga, ed un giorno impadronitasi delle navi che stavano nel porto, e accompagnata da gra
animati ; possibili ed impossibili ; reali ed immaginarii. Essi fanno delle loro deità dei mostri, dànno loro moltiplici, var
9. Dione. — Ninfa, figlia dell’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Ven
prannomi di Plutone, al quale si dava perchè era ritenuto come il dio delle ricchezze ; in greco la parola Dite significa ric
. Da ciò forse i pagani attribuivano alla ninfa Dittina, l’invenzione delle reti da caccia. 1482. Dius-Fidio. — Antica divini
quale passò a Roma poco tempo dopo la pace che seguì il famoso ratto delle Sabine. Questo nume era ritenuto come il dio dell
483. Divall. — In onore della dea Angeronia, si celebravano in Grecia delle feste religiose, a cui si dava questo nome. Esse
i Greci. 1484. Divinazione. — Arte di predir l’avvenire. Faceva parte delle credenze religiose dei pagani. Essa si esercitava
uente l’origine dell’oracolo di Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue figliuole per nome Teba, di due meravigliose
di Dodona, che poi fu famoso per tutta la Grecia. Quanto ella favola delle colombe, essa avviene dalla parola Greca Πελεια,
asa del marito. Si dava questo soprannome a Giunone, come protettrice delle spose. 1497. Domizio o Domicie. — Dio che i pagan
istesso. Virgilio à detto : Doris amara. Dori fu anche il nome di una delle Nereidi, così detta da sua madre. 1500. Dori. — V
altro Doriclio, figlio di Fineo, o re della Tracia. 1502. Doro. — Una delle cinquanta Nereidi. 1503. Doto. — Ninfa del mare :
delle cinquanta Nereidi. 1503. Doto. — Ninfa del mare : fu un’ altra delle Nereidi. 1504. Draconigena, Citta. — Vale a dire
ante. Quei famosi draghi dai quali la favola fa custodire il giardino delle Esperidi, il vello d’oro, l’antro di Delfo, ecc.
che non si potesse entrare in un hosco o in una selva senza prima far delle offerte alle Driadi tutelari. 1509. Driantiade. —
io. È questa però una opinione poco generalizzata. 1512. Drimo. — Una delle cinquanta Nereidi. 1513. Driope. — Ninfa d’Arcadi
ente ad interpellarle. Oltre le Druidesse, la religione Celtica aveva delle altre sacerdotesse che vivevano nel celibato, ed
nte rari. Tenevano le loro scuole negli antri dei boschì, nel mistero delle più cupe foreste, all’ombra di quercie secolari ;
dicato a Giove Ecale, ove in una data epoca dell’anno, si celebravano delle feste dette perciò Ecalesie. 1530. Ecastore e Mec
Ecate fosse la dea dei sogni, e che ella ispirasse quel vago terrore delle tenebre che degenera in ismanie, e produce uno sp
onturbavano, facesse in Sicilia innalzare un tempio a Ecate, come dea delle visioni notturne. 1532. Ecatesie. — Così avevano
ll’ Etiopia onde comperare cento tori e altrettanti agnelli per farne delle Ecatombi. E l’istesso autore ci ripete che l’indo
. — Dal costume che i pagani avevano di offerire a Giove e ad Apollo, delle ecatombi, veniva dato cotesto soprannome a quelle
strumenti, onde impedire che la luna sentisse le grida richiamatrici delle streghe. Anche oggi abbiamo dei luoghi, come nel
che si rese poi tanto celebre. Il famoso tempio di Diana, che fu una delle sette meraviglie del mondo, fu fatto costruire a
edi di lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto delle sue mura, si contavano 227 colonne, innalzatevi d
re per opere valorose, volle eternare il suo nome coll’incendiare una delle più meravigliose opere dell’ingegno umano, e vi a
ente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunto nel mare
quel turno di tempo la sorte cadde sopra Teseo, designandolo come una delle vittime che ogni anno, per patto della sconfitta,
i dalle antiche significazioni mitologiche, e dalle idee informatrici delle credenze religiose dei tempi della favola, han vo
o la figura di un re della terra, dalla poetica ed iperbolica favella delle primitive mitologie. I Romani adorarono ancora un
tavola forata in più punti e si gettava su di essa il sangue fumante delle vittime sgozzate, per modo che il sommo sacerdote
ento repubblicano, eleggendo a loro capo Epidauro. Durante il periodo delle guerre persiane, gli Egineti furono quelli che pi
suoi concittadini, onde facilitare il commercio marittimo, a servirsi delle monete, potendo con tal mezzo dar maggiore svilup
pra, colle corna sulla fronte e la coda dietro le reni. Le tradizioni delle antichità, e più particolarmente quelle lasciatec
ed Egipio e Neofronte in Avoltoi. 1591. Egira. — Così aveva nome una delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio di Tieste
aveva data la madre. Tieste alle parole del figlio, ed alla evidenza delle pruove, trovò compiuta la predizione dell’oracolo
vrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più celebri delle quali furono Gergones, Efestina, Tiria, Caliante,
ttà di Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di Nereo, fu una delle più belle fra le Naiadi. Allegra e spensierata, f
al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome di una delle t
il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalm
e more. Egla era anche il nome di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalmente di una delle tre Grazie. 15
na delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalmente di una delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata un
va per la prosperità della repubblica. 1606 Ejona. Cosi ebbe nome una delle cinquanta Enereidi. 1607 Ejoneo.Fu l’avo di Issin
he significa Cervo, perchè in queste ceremonie si offerivano alla Dea delle focacce che avevano la forma di quegli animali. D
entata sotto la figura di un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole di Anio re dell’isola di Elato. 161
ro — Iliade — lib. II. trad. di V. Monti. 1617. Eleidi. — Soprannome delle sacerdotesse di Bacco, che venivano così dette da
che più sì distinse all’ assedio di Troja. Comandava la terza colonna delle schiere Priamee, il giorno in cui uccise di sua p
Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la quale sposò Co
i cadevano morti se volando radevano troppo e da vicino la superficie delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una
ne aggiunge che Atti fosse il primo ad insegnare agli Egizii il corso delle stelle e degli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninf
Libro V trad. — Dell’Anguillara. 1640. Eliconiadi. — Nome collettivo delle nove muse abitatrici dell’Eliconia. V. l’articolo
tempio era un oracolo i cui responsi venivano a chiedere gli abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte posta di contro
ltare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sorte delle sue armi. Trajano che non divideva la superstizio
non andò guari che fosse rimorso, fosse, com’è più probabile, imperio delle superstiziose credenze di quei tempi, egli stesso
gentili. Pindaro — Ode II trad. di G. Borchi. Grand’è la disparità delle opinioni tanto degli antichi, quanto dei moderni
ea e di Atamante, re di Tebe. La cronaca mitologica narra, che stanca delle crudeli persecuzioni che la matrigna le faceva pa
o — Egloga VII. Me traggono al consorzio degli dei L’edere, premio delle dotte fronti. Orazio — Odi — Lib. I. trad. di To
riglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamante. 1650. E
ani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie di duello con delle verghe, e solo cessavano dal duellarsi, allorchè
ltro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli di Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la quale, a somiglianza delle a
Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la quale, a somiglianza delle altre sue sorelle, uccise il proprio marito la pr
anza delle altre sue sorelle, uccise il proprio marito la prima notte delle nozze. V. Danaidi — Egitto. 1671. Encenie. — Fest
educazione di un eroe ; compiuta la quale tolse in moglie Creusa, una delle figlie del re Priamo, e la rese madre di un figli
a morte. Udito quel parlar, corse per mezzo Alla mischia e al fragor delle volanti Aste Nettuno, e glunto ove d’Enea E dell’
, ove dalla bocca della celebre Sibilla Cumana, s’ebbe la rivelazione delle differenti vicende che ancora doveva affrontare.
’ombra di suo padre Anchise, morto a Drepano. Ritornato dalla regione delle ombre, andò nel Lazio, ove Latino, re dei Latini,
e da Agrio suoi nipoti, ma vi fu rimesso da Diomede. Egli però stanco delle cure del regno, e reso impotente al grave ufficio
o uccise sulle rive del fiume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le su
curio dal costume in uso presso gli antichi di marcare le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale e
erchè quelle acque guastarono interamente le loro campagne, a cagione delle fosse fatte dalla corrente, per modo che le loro
ossa di Enoe volendo additare coloro ch’erano stati a sè stessi causa delle loro sciagure. La tradizione mitologica ricorda d
duello. 1692. Enone. — Figlia del fiume Cebreno nella Frigia. Fu una delle più belle abitatrici del monte Ida. Apollo se ne
la sua gratitudine le concesse una larga cognizione dell’avvenire, e delle diverse virtù medicinali delle piante. Avvenne in
una larga cognizione dell’avvenire, e delle diverse virtù medicinali delle piante. Avvenne intanto che Paride, al tempo in c
io di Arianna e di Bacco. Allorchè Radamanto, dopo la conquista fatta delle isole del mare Egeo, ne fece la distribuzione, ad
evano le orecchie grandissime, lunghe e pendenti fino alle ginocchia, delle quali essi si servivano come di letto. 1697. Enot
. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e dio dei venti e delle tempeste. ….. in un autro immenso Le sonore temp
i consigli ai navigatori. Da ciò la tradizione favolosa che lo fa dio delle tempeste, e padre di dodici figliuoli sei maschi
oro e che altro non sono che i dodici venti principali che nei giorni delle burrasche sconvolgono l’aria, la terra ed il mare
accopparono di bastonate il giovane Eono il quale morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una mischia nella quale Ercol
di divinazione che gli Aruspici facevano coll’osservazione del fegato delle vittime. Questa parola deriva da due vocaboli gre
1710. Epaulie. — Cerimonie che i greci celebravano il secondo giorno delle nozze per consacrare la casa che lo sposo aveva s
favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un figliuolo chiamato
o di aver loro insegnato l’agricoltura. 1721. Epicrene. — Ossia feste delle fontane. Così avea nome una pubblica cerimonia ch
ola greca σϰηη che significa barca, si dava codesto nome ad una festa delle barche, che si celebrava con grande apparato nell
Corace era re. Quivi, profittando con grande avvedutezza e coraggio, delle inimicizie che le crudeltà di Corace avevano acce
gione e morì in una battaglia. Altri asserisce esser morto in seguito delle ferite fattegli da Nitteo stesso, il quale alla s
e nel vestibolo di esso. Nei misteri del culto Eleusino vi erano pero delle cerimonie talmente occulte, alle quali non era co
ra contro i Celtiberi. In questa guerra ebbe Quinto Fulvio il comando delle cavalleria, e per fare che la battaglia fosse dec
Musogonia — Canto 1762. Erceo. — Soprannome di Giove come protettore delle città e delle case. Assai di sovente, nelle opere
nto 1762. Erceo. — Soprannome di Giove come protettore delle città e delle case. Assai di sovente, nelle opere degli antichi
ome di Ercei gli dei Penati, forse nella significazione di protettori delle famiglie. 1763. Ercina. — Figliuola del famoso Tr
va Alcide (nome eminentemente greco) ; che egli ricevette poi a causa delle persecuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracol
te i mostri, protegge i deboli, fertilizza il suolo con lo scolamento delle acque, e civilizzatore e guerriero, detta le legg
detta le leggi e combatte i nemici. Non bisognerà dunque meravigliare delle coincidenze, assai spesso sorprendenti, che prese
ia e persino nell’India istessa ; e non bisognerà soprattutto stupire delle numerose modificazioni imposte alle diverse tradi
si fatti sono esposti nell’Iliade e nell’Odissea. Allorquando i poeti delle età successive di Omero ebbero considerevolmente
luto paragonare, e poscia identificare gli dei ed eroi greci a quelli delle altre nazioni. Allora sembrando che l’enorme fard
a quelli delle altre nazioni. Allora sembrando che l’enorme fardello delle tradizioni mistiche, accumulate sulla testa di un
reco, noi richiameremo l’attenzione dei nostri lettori su di un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del quale ci se
ica Grecia. Vero è che nelle opere di Esiodo si trova qualche traccia delle tradizioni fenicie, la quale armonizza in certo m
sottopone durante tutta la sua vita. L’odio di Giunone, suscitandogli delle interminabili persecuzioni, lo costringe ad errar
tergo ascoso Sotto lo scudo venir dessi a fronte, E sostener la punta delle spade, Dispor le schiere, e disegnar gli aguati.
rni, su questo eroe dell’antichità pagana, riporteremo un breve passo delle opere di Senofonte. « Ercole essendo divenuto adu
de ricevere gli ordini di Euristeo. La più generale e la più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che egli eseguisse l
nione più generalizzata dei mitologi, avvertiremo ancora che l’ordine delle dodici fatiche non è lo stesso presso tutti i cro
— XXV. trad. di G. M. Pagnini. Gioverà qui notare che la maggioranza delle tradizioni favolose, ci presenta l’Ercole combatt
la sua terribile clava. Ci faremo ora, seguendo la più generalizzata delle tradizioni, a tener parola delle dodici fatiche d
o ora, seguendo la più generalizzata delle tradizioni, a tener parola delle dodici fatiche di Ercole, il compimento delle qua
dizioni, a tener parola delle dodici fatiche di Ercole, il compimento delle quali valse all’eroe l’allegorica grandezza del m
cisione del mostro, le sue frecce ebbero la terribile facoltà di fare delle ferite incurabili. Come terza fatica Ercole perve
le di Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorno, segnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo sco
ardi aiutò Ercole a vendicarsi di Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguendo la opinione di alcuni
o di sacrificargli qualunque cosa fosse uscita dal mare, e che il dio delle acque, per provare la fedeltà di Minos, avesse fa
nuoto il mare del Peloponneso. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il quale dopo di essersene imp
scudo della loro regina. Il conquisto dei buoi di Gerione è un’altra delle grandi imprese di Ercole. Partito per impadronirs
segui, e ne ricondusse la maggior parte verso l’ Ellesponio. Un’altra delle fati che di Ercole fu la distruzione degli uccell
he di Ercole fu la distruzione degli uccelli del lago Stinfalo os sia delle Arpie le quali con la loro prodigiosa quantità, o
tario, fra le costellazioni. Nè a ciò arrestossi la luminosa carriera delle gesta di Ercole, poichè irritato contro Literso f
ale Altro. (V. Delanira). Soggiornando in Trachina, egli si impadroni delle città dei Driopi, protesse Eginio contro i Lapidi
scrittori pongono nella Eubea, ed altri in Tessaglia. Resosi padrone delle città nemiche, egli uccise Euriteo e i tre figli
porge. Fatal vesta di morte. Ei ne l’indossa. Come tu gl’imponevi : e delle cento D’ogni sorta colà vittime addotte. Primizia
sa, alla sua voracità, alla sua nascita quasi divina, o a qualcheduna delle singole città che con un culto particolare, vener
recia. Questo culto si era necessariamente alterato, sia pel contatto delle diverse tradizioni indigene, le quali sono quasi
quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno di giugno. In tutte ques
Dio, figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’oggetto delle sue più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi d
Ercole Aventino, una statua dell’Ercole adolescente, in cui la forza delle membra sviluppatasi dall’infanzia nella pubertà,
mbolico neonato, strangolatore di due serpenti. Ma il più gran numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole nel pieno svilupp
gran numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole nel pieno sviluppo delle sue forze fisiche, nella sua comcompleta maturità
enta appoggiato sulla sua clava, avente nell’altra mano i famosi pomi delle Esperidi. Questa bella statua è opera dello scult
anza degli Arconti di Atene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una delle città dell’isola di Lesbo, ebbe questo nome da un
per riuscire vittorioso, avrebbe dovuto sagrificare a Proserpina, una delle quattro figliuole che egli aveva carissime. Però
propria mano. Eretteo per ubbidire all’oracolo sagrificò la maggiore delle sue figliuole per nome Ottonea, e le altre tre ma
to nel seno della terra con un colpo di tridente da Nettuno. Un’altra delle quattro figliuolo di Eretteo avea nome Creusa e f
to nel tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono gl
tesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fatiche di quell’eroe. V. Ercole. 1783. Er
isto di Troia e la futura grandezza di Roma. 1789. Eritolde. — Fu una delle Esperidi che fu cangiata in olmo. V. Esperidi. 17
ed Eritre. Narra Pausania nelle sue cronache, che quando i due popoli delle suddette città scoprirono la statua, posero in op
lla città senza ostacolo alcuno. Gli Eritrei per ricompensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire nel tempio di
ostellazione di Boote, ossia guidatore del carro. 1793. Erizia. — Una delle Esperidi. 1794. Eritreo. — Dalla parola Greca Ἐρυ
. Ermapollo. — Si dava cotesta denominazione ad un simulacro composto delle due figure di Apollo e di Mercurio, e rappresenta
ate — V. Arpocrate — è eloquente quanto la parola facile, che era una delle qualità del dio Mercurio. 1799. Ermatene. — Così
la testa di Nitra V. Nitra. 1802. Ermeracle. — Altra statua composta delle figure di Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il
lla porta d’un tempio. Da ciò forse derivò l’uso di porre alla soglia delle case e per sino nelle crociere delle strade, un s
erivò l’uso di porre alla soglia delle case e per sino nelle crociere delle strade, un simulacro di Ermete. 1805. Ermia. — Gi
menti della Germania, e particolarmente nei templi, si sono ritrovate delle statue di Ermione, rappresentato come un guerrier
à di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta
siride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statua aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa di sparviero con un
a in una specie di pompa funebre, nella quale si celebrava la memoria delle loro imprese gloriose. Erodoto stesso è della med
d’incendiare il tempio che Diana aveva in quella città, e che era una delle sette meraviglie del mondo. Vi sono alcuni autori
Giove Erseo, che sorgeva nella reggia trojana. 1820.Ersilia. — Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era
li antichi popoli dell’Oriente si osserva il serpente quale attributo delle divinità adorate come dei della medicina. Da ciò
arola, Nettuno mandò un mostro marino che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio d
e stessa in moglie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giove, lo
dagli Argonauti in onore di Esone. 1835. Esperidi. — Nome collettivo delle tre figliuole di Espero, fratello di Atlante. Il
ora in segno di aver gradito il dono, fece piantar l’albero nell’orto delle Esperidi, e vi pose a guardiano un dragone che av
cole uccise il Drago e portò le poma d’oro ad Euristeo. In questa una delle dodici fatiche dell’eroe. — Vedi Ercole. Diodoro
furono, senza carnale commercio, generate dalla Notte, a somiglianza delle Gorgoni, delle Parche, di Nemesi, del Destino ec.
carnale commercio, generate dalla Notte, a somiglianza delle Gorgoni, delle Parche, di Nemesi, del Destino ec. ec. Forse le E
ente, là dove ; secondo la tradizione favolosa, ba principio il regno delle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e fi
li dei, el in particolare a Giove, il quale è ritenuto come Espiatore delle colpedegli uomini. 1838. Espiazione. — Specie di
sioni. La speranza di placare lo sdegno di un qualche nume, il timore delle pubbliche calamità ; l’invocazione ai celesti ond
no in modo diverso dai greci. A questo proposito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripet
. I pontefici eressero dunque due altari, l’uno a Giunone protettrice delle sorelle, e l’altro al Genio del paese ; offrirono
di forca) ». Oltre a queste cerimonie espiatorie ne avevano i romani delle altre dette con vocabolo proprio lustrazioni, con
ore girava intorno a questo, aspergendolo alternativamente del sangue delle vittime e dell’acqua lustrale. Non si deve però c
di dover purgare l’esercito dai delitti della militaire licenza. Una delle più solenni espiazioni che troviamo ripetuta in t
patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene, si fermò nel tempio delle Eumenidi, in un bosco sacro presso la città di Co
enti, erano presso i pagani, altrettante ragioni, per la celebrazione delle cerimonie espiatorie. Finalmente i pagani celebra
erli propizî. 1841. Esta. — Nome particolare che si dava alle viscere delle vittime, che gli Aruspici esaminavano per prodire
ssamente proibito il trasporto di qualunque oggetto che non fosse una delle vittime da immolarsi. Da ciò, forse, derivò l’ant
e particolare che si dava agli Aruspici quando esaminavano le viscere delle vittime. V. Esta. La parola Estipici deriva da du
orno e la notte. La storia greca ci ammaestra, come il famoso stretto delle Termopili era posto su questa montagna. 1846. Età
quillo. Nell’età di rame gli uomini cominciarono a sentire lo stimolo delle passioni malvagie, e divennero vendicativi e perv
ma immaginativo e fecondo di ricca poesia, non si sostiene a contatto delle rivelazioni tradizionali, imperocchè noi vediamo
tra che egli passerebbe metà dell’anno tra i vivi e l’altra nei regni delle ombre. Il simbolo favoloso racchiuso sotto questa
ie del loro culto. Per questa ragione, egli era riguardato come padre delle Grazie ; le quali anche perciò erano conosciute s
e suo marito e difenderlo a costo della sua vita. 1854. Etilia. — Una delle molte figliuole del re Priamo. Caduta in potere d
. 1855. Etione. — Detta anche Etionome, fu secondo la tradizione, una delle figlie del re Priamo. Etione era anche un nome da
’incudi, Etna tonante. V. Monti la Musogonia. I pagani si servivano delle lave ardenti dell’Etna, per leggere in quelle la
e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia di
che la rese madre di Teseo. Piteo per alcune particolari sue ragioni, delle quali la cronaca non fa parola, durante il tempo
atto legare al suo carro il cadavere di lui, fa per tre volte il giro delle mura della città. ….. e contro l’estinto opra cr
ad alcuni filosofi galli, la cui occupazione principale era lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. — Così ebbe nome u
a lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. — Così ebbe nome una delle amanti di Mercurio, che ebbe da lei un figliuolo
di Delfo, doveva avere cinquanta anni compiuti. 1869. Eucrate. — Una delle cinquanta Nereidi. 1870. Eudemonia. — Nome propri
vocaboli Ευ, ημερα che significano giorni felici. 1871. Eudora. — Una delle ninfe Oceanidi figliuola di Teti e dell’Oceano. 1
capi greci che assediarono Troja. Omero ce lo addita come possessore delle due più belle cavalle dell’esercito, che secondo
aco. 1881. Eumenedie. — Feste e ceremonie celebrate in Atene in onore delle Eumenidi. 1882. Eumenidi. — Ossia benefattrici no
te padre di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle sue greggi. Là si rivolse, dove Palla mostro Gli
Eumolpidi. — Così si chiamavano collettivamente i principali ministri delle cerimonie del culto di Cerere. Il loro sacerdozio
di in dono molti cavalli carichi di vino. 1888. Eunice. — Nome di una delle ninfe Nereidi. 1889. Eunomia. — Fu figlia dell’Oc
idi. 1889. Eunomia. — Fu figlia dell’Oceano e secondo la favola madre delle Grazie che furono il frutto dei suoi amori con Gi
enere aveva un tempio sotto l’istesso nome. 1894. Eupompa. — Un’altra delle ninfe Nereidi. 1895. Euriale. — Figlia di Minosse
da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcid
vecchiezza nè alla morte. Similmente Euriale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la quale soccorse il re di Colchide, Ae
elve tenebrose ove regna eterna la notte, si accostò al tetro monarca delle ombre, e col suono della sua lira discese nei più
corde divine, ebbe l’arcano potere di commuovere gli inesorabili dei delle tenebre. Le furie stesse ne fureno allettate : Ce
e figliuole dell’ Oceano. Giove l’amò passionatamente e la rese madre delle tre Grazie. Eurinome veniva rappresentata sotto l
. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non si apriva che una
Libia e propriamente di quella contrada detta Cirenaica. Le cronache delle antichità dicono, a proposito di questo re, che e
di schivare gli scanni di sabbia, che s’incontrano nelle circostanze delle isole Sirti. Il simbolo della favola, prendendo,
tesa fra i Lapidi ed i Centauri. Al dire di Omero, durante il convito delle nozze di Piritoo, il vino alterò siffattamente le
del globo, i cui abitatori sono bianchi. Europa si chiamava anche una delle ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e di Teti. 19
ione. Al dire di Apollodoro fu questo principe, che chiamò Europa una delle cinque parti del mondo. Questa opinione non è gen
ficata, senza però innalzarle nè tempi né altari. 1913. Euterpe — Una delle nove Muse detta così perchè rallegrava col suono
ue vocaboli greci Ευ, τερπω che significano rallegro. Euterpe amante delle doppie pive. V. Monti — La Musogonia. 1914. Eut
ri dell’uomo che essa aveva amato più della vita. 1916. Evagora — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 1917. Evan. — Soprannome
dato dalla parola Evan, che le Baccanti ripetevano nella celebrazione delle sue orgie. Per la istessa ragione furono dette Ev
me all’uso dell’agricoltura introdusse nella sue colonia anche quello delle lettere, fino allora sconosciute, e ciò gli valse
si generale l’opinione, che Evandro avesse portato in Italia il culto delle divinità greche ; che avesse istituito i sacerdot
dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta Nereidi. 1920. Evemerione. — Dio della
rad. di I. Pindemonte. e così tutti i pretesi viaggi fatti nel regno delle ombre dagli eroi e dagli dei stessi del paganesim
uale secondo riferisce la cronaca mitologica, avendo portate in Atene delle piccole statue di Bacco, si attirò per questo, se
pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevano la configurazione delle differenti membra del corpo umano, cui si dava il
alche cosa di simile facevano gli ateniesi nella celebrazione annuale delle feste dette Falliche — V. Falliche. 1936. Fallolo
Falliche. 1936. Fallolori. — Nome collettivo, che si dava ai ministri delle orgie di Bacco per dinotare che essi portavano il
l’antichità si trova sovente personificata la Fama e posta nel numero delle multiplici deità del paganesimo. La tradizione mi
si erano consacrate, facevano dei gesti pazzi e sconci a somiglianza delle baccanti, e pronunziavano degli oracoli. Al dire
dio Silvano, in quello di Serapide, d’Iside e in quasi tutti i tempi delle altre divinità. Del pari che presso di noi, press
ivano il potere di allontanare i cattivi effetti dell’affascinamento, delle magie, del mal’occhio, etc. Generalmente si appen
divinità durante le feste romane. 1947. Faside. — Apollo ebbe da una delle ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuolo al
alla sulla sagacia e condusse allo assedio di Troja Filottete, armato delle famose ed invincibili frecce. La terza fatalità,
ticolare che i romani davano a taluni giovani, i quali nei sacrifizii delle feste del dio Fauno, percorrevano le strade in mo
li, allegoriche e miste. Favole storiche si addimendano le narrazioni delle antiche storie frammischiate di molte finzioni. Q
dire dello scrittore Ausonio si facevano durante il mese di febbraio delle espiazioni chiamate Febbrua dalla parola latina c
a’. 1975. Fedeltà — In latino fides, dea che presiedeva al giuramento delle promesse ed alla inviolabilità dei contratti. Pre
principe, il quale si abbandonava agli esercizii dell’ equitazione e delle armi, nelle pianure circonvicine. Al dire di Euri
ideva per sottrarsi all’infamia, preferendo la morte al disonore. Una delle più antiche tradizioni della favola, aggiunge a q
qualità di rinascere dalle proprie ceneri. Gli egiziani ne fecero una delle loro divinità, adorandolo sotto la figura di un u
e amico, per quanto invitto guerriero, lo seguitò in tutti i pericoli delle battaglie, ma ebbe ben presto a soffrire l’ineffa
onache dell’antichità, pretendono che questo Fenice fosse l’inventore delle lettere e della scrittura ; e che avesse trovato
la celebrazione di queste feste, fu una volta impedita dai disordini delle guerre civili ; per la qual cosa durante la notte
i delle guerre civili ; per la qual cosa durante la notte si intesero delle grida per la strade di Roma, e fu detto che le an
ti da siffatti prodigi, rimisero ben presto in vigore la celebrazione delle feste Ferali e di tutte le altre cerimonie funebr
vo che si dava a Proserpina, sotto il quale si celebravano in Sicilia delle feste in suo onore, dette perciò Ferefattie. 1985
o, che si desse questo epiteto al padre degli dei, perchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere nel tempio di
in loro onore feste, cerimonie e sacrifizi d’ogni sorte. Nel periodo delle Ferie non era permesso alcuna specie di lavoro. V
a specie di lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie di Ferie, delle quali le più comunemente ripetute nelle cronache
nte d’ognuna di esse : e solo terremo nell’articolo seguente menzione delle così dette Ferie latine, come quelle che hanno un
Tarquinio per solennizzare Roma come capitale del Lazio. I magistrati delle principali provincie al numero di 47 si riunivano
Feronia sia la stessa che Giunome vergine. 1900. Ferro. — Fu l’ultima delle quattro età nota te dai poeti e dai cronisti dell
di appoggio, erano troppo fragili per percuotere. 1992. Ferusa — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 1993. Fessonia o Festori
on ne ricadesse la celebrazione. Riserbandoci di parlare partitamente delle principali feste e cerimonie del paganesimo, a mi
a nostra opera ce ne darà il destro, ci limiteremo qui a dare il nome delle principali feste religiose dei romani e dei greci
efattie, Gallafie, Giacintee, Idroforie, Isterie, Itomee, Ifee, Festa delle lampade, Lampeterie, Leontiche, Lernee, Linie, Li
e due figliuole del Sole, e della ninfa Neerea. Esse erano le custodi delle mandre, che il loro immortale genitore possedeva
a del linguaggio simbolico, che rivestiva generalmente il nome stesso delle differenti deità della favola : infatti Fetusa, s
figliuoli di Marte. Nè a ciò si arrestava la sbrigliala immaginazione delle religiose credenze dei pagani, imperocchè erano r
, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza delle opinioni, la ripete figlia di Sitone e dice che e
a prova d’affetto che le dava il suo amante. Igino nelle sue cronache delle antichità, non tiene parola di tale metamorfosi,
mano la madre Fillo o Fillene. — V. Ecmagora. 2014. Fillodamea. — Una delle figlie di Danao. Mercurio l’amò e ne ebbe un figl
infa che apparteneva al seguito di Cirene, madre di Aristea. Al suon delle querele in quella stanza. Che all’imo soggiacea d
fatto. Avendo Tereo, re di Tracia, sposato Progne, la più giovanetta delle due sorelle, questa che amava teneramente Filomen
ventura che minacciava la cara giovanetta. Pure, amorosissimo com’era delle sue figliuole, il buon re finì per accondiscender
ezza del canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle sue più belle Metamorfosi. E mentre che per l’ar
di Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una
è il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon nel suo libro delle Aventures de Télémaque. Cependant Adraste et Phi
endo stati gli Argonauti accolti cortesemente da Fineo, in ricompensa delle sue larghezze, lo liberarono dalle arpie dando lo
er il fiume Ilisso. Faremo ancora notare a testimonianza della verità delle nostre asserzioni, la grande e conosciutissima ve
Reno veniva rappresentato ed adorato, coniandosi persino in suo onore delle medaglie, su cui erano incise le parole Deus Rhen
acri ed altari, ma perfino un oracolo, e finalmente il Tevere era una delle divinità pro tettrici della Roma pagana. Al dire
de fa, c’ ha nome Stige, Questo tristo ruscel, quand’ è disceso Appiè delle maligne piagge grige. Dante — Inferno — Canto VI
quello che presiedeva all’ ora del mezzogiorno. 2034. Flora. — Ninfa delle isole Fortunate che i greci chiamarono Clori ed i
detti dal suo nome Florali, a cui, coll’andare degli anni si unirono delle turpi oscenità degne novella Flora, e dei quali s
a Roma. Poi coll’andare del tempo furono assegnati alla celebrazione delle feste Florali i danari delle pene e delle confisc
tempo furono assegnati alla celebrazione delle feste Florali i danari delle pene e delle confiscazioni pagate nel corso dell’
assegnati alla celebrazione delle feste Florali i danari delle pene e delle confiscazioni pagate nel corso dell’anno. Il temp
o la terra, era minaccinta di siccità, o secondo altri perchè i libri delle sibille ne riordinarono la celebrazione. Le crona
fine di Aprile. I giuochi Florali si facevano durante la notte a lume delle torcie in un vastissimo circo che stava sulla str
’uccise sul colpo. Eaco, loro genitore, informato del fatto e conscio delle continue dissenzioni dei suoi figliuoli, vide nel
so che essi avevano di gettare in quel giorno nelle pubbliche fontane delle ghirlande di fiori, di cui poi coronavano i fanci
in dio marino. 2044. Forculo. — Divinità che presiedeva alla custodia delle porte e propriamente ai ganci di esse : questo no
arigione ad Ercole Eritreo. 2048. Fornacali. — In Roma si celebravano delle feste così chiamate in onore della dea Fornace, a
una pubblica festa, che si celebrava annualmente dodici giorni prima delle calende di Marzo e della quale secondo le tradizi
iù gran numero di templi e di altari. I greci scrittori ebbero ognuno delle idee individuali e particolari su questa dea. In
più la fortuna che l’ aspetto. Pindaro invece, fa della Fortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quel
ortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quello delle sue sorelle. Or dunque alla tremenda Lachesi tos
empiterni Dei Al sommo giuramento, Chiese ch’ egual volere Col signor delle sfere Tal’ ella mostri, ch’ ove uscir si veda L’
mano Plutone fanciullo, per dinotare che la fortuna è arbitra del dio delle ricchezze. Vi sono molte medaglie dell’ antichità
gano tutte insieme riunite. A simiglianza della infinita moltiplicità delle statue e dei templi di questa dea, erano del pari
mare, vicino alla città di Anzio, sorgeva un altro famosissimo tempio delle Fortune, chiamato propriamente il tempio delle so
tro famosissimo tempio delle Fortune, chiamato propriamente il tempio delle sorelle Anziatine. O dea, che in Anzio a te dile
Conti Toriglioni. 2052. Forza. — I pagani ne avevano fatta un’altra delle loro tante divinità, alla quale seguendo la confi
te. Il Boccaccio, nella sua Genealogia degli dei, la mette nel numero delle deità romane. 2054. Freccie di Apollo. — È opinio
neo atterrato da un colpo di fulmine lanciatogli da Giove per punirlo delle sue atroci bestemmie, fosse stato posto sul rogo,
— Divinità infernali ritenute dai pagani come le ministre inesorabili delle vendette celesti contro gli empi. Comunemente era
ono esser le Furie figliuole di Plutone, dio dell’ Inferno, e sorelle delle Parche. Nè solamente sulla loro paternità si trov
unendo nella istessa idea collettiva tanto le Furie, quanto le Arpie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nom
plici sono gli esempi, che gli scrittori dell’ antichità ci riportano delle persecuzioni che le Furie facevano subire ai colp
dicato alle Furie, nel quale si conservavano, con grande venerazione, delle piccole statue di legno, che le rappresentavano.
e rappresentavano. La tradizione mitologica ripete, che questo tempio delle Furie in Corina, era così fatale ai colpevoli, ch
’ Areopago, dovevano prima di entrare in quello, giurare sull’ altare delle Furie, che erano pronti a rivelare il vero sul fa
il ginepro ed il zafferano ; e sui loro altari si svenavano conemente delle tortore e delle pecore. Eschilo fu il primo, fra
zafferano ; e sui loro altari si svenavano conemente delle tortore e delle pecore. Eschilo fu il primo, fra i poeti dell’ant
la dea Furina. V. Furina. 2067. Furore. — Divinità allegorica seguace delle Furie. Veniva raffigurata orribilmente col volto
ogica parlando del castigo inflitto a Galantide dalla sdegnata regina delle dee, allude ad un errore reso popolare dall’ igno
posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti : fu una delle numerosissime ninfe Oceanidi. 2073. Galassia. — N
enominazione, dal costume che avevano i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col
esta Nereide a causa della sua bianchezza. 2076. Galena. — Un’ altra delle cinquanta Nereidi. 2077. Galeote — La tradizione
ebbe stato l’uomo più felice di tutta la Grecia. 2079. Galintia — Una delle eroine della Grecia, in cui veniva onorata con un
acoli. Cicerone aggiunge, che i sacerdoti galli conducevano seco loro delle vecchie, ritenute come altrettante incantatrici o
tato scrittore, codeste incantatrici vendevano al popolo dei filtri e delle medele, che avevano il potere di turbare la pace
o dei filtri e delle medele, che avevano il potere di turbare la pace delle famiglie. Il cronista Luciano, riferisce nelle su
talamo nuziale. Nel mese di Gennajo si celebravano in tutta la Grecia delle feste in onore di Giunone, Nuziale dette Gamelie,
l’essere ritenuto come protettore dei matrimoni. 2085. Gange. — Fiume delle Indie ritenuto da quegli abitanti come una delle
2085. Gange. — Fiume delle Indie ritenuto da quegli abitanti come una delle loro più possenti divinità, e che essi adoravano
ttadella di Fliasi, in un bosco di cipressi. 2087. Garamantide. — Una delle ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre di dive
one che quei popoli tributarono a quest’animale, del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorandola assai di sove
ilo. 2092.Gegania.—Secondo la tradizione storica, così aveva nome una delle prime quattro vestali istituite de Numa Pompilio,
non si faccia particolare menzione di una vera ed unica denominazione delle tre Grazie ; pure è quasi generale l’opinione che
2097. Gemino. — Uno dei soprannomi che si dava al dio Giano, a causa delle due facce che gli venivano attribuite. 2098. Gene
oduceva l’immagine. Però lo stesso citato scrittore, non dà sul conto delle dee Genetillidi maggiori schiarimenti. 2099. Gent
ivi in onore della dea Illichia, ritenute anche esse come protettrici delle partorienti e dei neonati. 2103. Gennajo. — Quest
a parte l’anno trascorso ; e dall’altra l’anno corrente. È questa una delle configurazioni allegoriche più spiccate dei tipi
dava il nome di Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che era una delle isole Sporadi, si celebravano dai greci delle alt
A Gerontre, che era una delle isole Sporadi, si celebravano dai greci delle altre feste in onore del dio Marte, a cui dall’is
ianda. — Abbiamo dalle più antiche tradizioni della favola che i capi delle prime colonie Egizie e Fenicie che andarono a sta
lirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa della quale quel popolo ancora qua
ato nelle scienze e nelle arti, fu ritenuto come favorito di Apollo e delle Muse. La tradizione mitologica ripete a proposito
. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo, era questo il nome di una delle tante ninfe Nereidi. 2117. Gialemo. — I greci dav
o abituale Diana. 2121. Giane. — V. Giano. 2122. Gianessa. — Un’altra delle ninfe Nereidi. 2123. Gianicolo. — Fra i setto col
o di suoi seguaci, corredò una flottiglia, approdò in Italia ove fece delle conquiste, e fabbricò una città detta da lui Gian
i di Giano Quadrifronte avevano una porta e tre finestre sopra ognuna delle loro facciate, le quali indicavano le quattro sta
n giovane per nome Ifi o Ifide che si cangiò in uomo lo stesso giorno delle nozze. — V. Ifi. Tra le festiadi vergini costei
ad. del Cav. ermolao federico. Giante era similmente il nome di una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa in onore d
più pazza allegria. Era loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo
o in tutto il corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla quale si dava da pr
aniera di guarire le malattie, per mezzo della conoscenza dell’erbe e delle piante : e ciò egli fece per prolungare l’esisten
Virgilio — Eneide — Libro XII. trad. di A.Caro. 2130. Giara. — Una delle isole Cicladi. Narra un’antica tradizione che l’i
e l’isola di Delo fosse stata lungo tempo fluttuante sulla superficie delle acque, finchè Apollo l’avesse resa immobile fissa
aro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Napee, fu re di Getulja. La tradizione narr
padre, cento templi, sulle cui cento are si sagrificavano ogni giorno delle vittime a Giove. Giarba innammoratosi della regin
o famosi fra i greci — V. Meraviglie Del, Mondo. 2134. Giaside. — Una delle ninfe Jonidi — V. jonidi. 2135. Giasione. — La tr
— La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e di Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È detto che Giasione sposasse Ci
sò legittimamente Cerere, da cui ebbe un figliuolo che fu Plutone dio delle ricchezze ; volendo con ciò alludere all’agricolt
ndo altri Anavo, ma non potette guatarlo, a causa dello straripamento delle sue onde ; ond’egli rimase in forze su quanto gli
reonte, re di Corinto, alla quale in effetti si unì senza tener conto delle disperate lagrime della tradita. Ma Medea si vend
due dragoni alati, e si dileguò fra le nubi in mezzo allo scrosciare delle folgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e l
nge ad offrire in olocausto, Isacco suo figliuolo. 2139. Glera. — Una delle isole Vulcanie, note oggidì sotto il nome di Lipa
i pagani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle
, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle Nereidi. 2140. Gierace. — Così aveva nome un giov
di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e più sovente ancora delle differenti membra del corpo umano. Queste ultime
ripetute dai Gieroglifici, non solo per le diverse attitudini ed usi delle differenti membra del corpo dell’uomo ; quanto pe
to scrittore che da una parte si vedeva effigiato un bambino, simbolo delle vita ; un vecchio, simbolo della morte ; un pesce
che il nome di Gierogrammatei si dava agli indovini, che si servivano delle cognizioni astronomiche per spiegare i gierogliti
tletiche forme, e la forza straordinaria, permetteva loro di lanciare delle pietre di tale grandezza, invano sarebbero state
che alcuni giovanetti interamente nudi, ballavano durante i sacrifizi delle feste in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Aten
a tutti i beni del mondo, e darsi esclusivamente alla contemplazione delle meraviglie della natura. I Ginnosofisti ammetteva
d un individno. Così Augusto non intraprendeva cosa alcuna nel giorno delle None ; altri classici personaggi dell’ antichità,
i personaggi dell’ antichità, non uscivano nemmeno di casa nei giorni delle Caleude, altri in quelli degli Idi ecc. Nè a ciò
ne, le Saturnali, il giorno che seguiva le Volcanali, il quarto prima delle None di Ottobre, le None di luglio propriamente d
obre, le None di luglio propriamente dette Caprotine, il quarto prima delle None di agosto, a motivo della famosa rotta di Ca
tteo, partorì Giove affidandolo alla custodia dei sacerdoti Cureti, e delle ninfe Melisse. Mollement elles y posèrent Ces me
niverso coi suoi fratelli, Nettuno e Plutone, dando al primo il regno delle acque, ed al secondo quello dell’ inferno. Stermi
lle acque, ed al secondo quello dell’ inferno. Sterminato è il numero delle mogli e delle concubine, che resero Giove padre d
al secondo quello dell’ inferno. Sterminato è il numero delle mogli e delle concubine, che resero Giove padre di un eguale st
. trad. di V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre di Radamant
Dio la rese : Di nove, io dico, vergini leggiadre Del canto amiche e delle belle imprese. MONTI — La Musogonia — Canto. Gio
ente ad un tale a lui mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una parte entro bollenti Onde amm
va raffigurato sotto le sembianze di un uomo, nella completa pienezza delle sue fisiche qualità ; con folta barba scendente a
cia e di Roma, ma di tutto il mondo conosciuto dagli antichi, avevano delle particolari maniere di raffigurare Giove. Così i
oti e le preghiere di tutti. A somiglianza del largo ed esteso numero delle mogli e dei figliuoli di Giove, è ugualmente alti
dal motivo per cui gli erano stati innalzati dei templi o consacrate delle are. I nomi e i soprannomi più generalmente dati
ll’Etere, ovvero del Cielo, lo chiamarono Giove, e ne fecero la prima delle loro divinità. Le cronache dei tempi favolosi ci
fratelli, Nettuno e Plutone, essa pure ha dato ragione alla disparità delle opinioni dei cronisti e degli scrittori. Infatti
l cerchio tracciato, che finivano per cadere per terra, e dall’unione delle differenti lettere sulle quali essi andavano a ca
cate all’ uscire di questa vita, onde ricevere il premio o il castigo delle buone o delle cattive azioni. Però la tradizione
re di questa vita, onde ricevere il premio o il castigo delle buone o delle cattive azioni. Però la tradizione favolosa ripet
anima mal nata Li vien dinanzi, tutta si confessa ; E quel conoscitor delle peccata Vede qual loco d’inferno è da essa : Cign
me la Giunone Giuga, alle cerimonie nuziali ; e l’ altro alla sommità delle montagne, forse perchè queste in latino si chiama
ppellazione di Giuna Torquata. Così, al dire di Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la quale si rese celebre per la su
ersazione, e tratto innanzi ai giudici, fu rimandato assoluto a causa delle virtù della sorella. 2174. Giunone — È questa una
oluto a causa delle virtù della sorella. 2174. Giunone — È questa una delle più importanti personalità della mitologia pagana
figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove, e come regina delle dec. Ch’io pur son nume, e a te comune io traggo
erdoti di quel paese. Le cronache mitologiche aggiungono, a proposito delle famose nozze, che Giove avesse ordinato a Mercuri
tte la luce a Marte, ponendosi in grembo un fiore ; ad Ebe, mangiando delle lattughe ecc. Siccome nel culto dei pagani, essi
del mondo autico. Il racconto dei pretesi prodigi da essa operati, e delle terribili vendette compiute, su coloro che aveano
tare ai nostri lettori, che presso i pagani tutte le primitive statue delle differenti divinità altro non erano se non delle
le primitive statue delle differenti divinità altro non erano se non delle pietre informi ; e che da principio anche la stat
osì splendido sviluppo, come avvenne di poi, che le differenti statue delle deità pagane, raggiunsero quel grado di perfezion
3. Giunoni — Nome collettivo che i pagani davano ai genii particolari delle donne. Era credenza generalizzata presso gli anti
devano che il dio Giano Bifronte avesse introdotto in Italia il culto delle dea Giunone e perciò lo designavano col soprannom
rova. Immantinente Surse l’immane Telamonio Aiace, E il saggio mastro delle frodi Ulisse. Nel mezzo della lizza entrambi acci
nte puniti ; e tanto che al dire del cennato scrittore, vi sono state delle persone colpite di cecità, al momento stesso di u
edea — tragedia Atto 5.° Scena III 2183. Glauce — Così avea nome una delle cinquauta ninfe Nereidi. Al dire di Cicerone, si
Glauce ad una terza Diana, moglie di Upi. 2184. Glauconoma — Un’altra delle cinquanta Nereidi. 2185. Glauco — Le cronache mit
ove al della tradizione, la dea Teti e l’Oceano lo misero nel numero delle divinità marine. In ordine distendo i pesci pres
Le cronache dell’antichità raccontano ch’egli morisse sotto i piedi delle proprie cavalle, imbizzarritesi durante la celebr
di vincere, cioè in generosità ogni altro guerriero, dette in cambio delle armi di bronze che Diomede gli avea dato, un’inte
o con l’andare degli anni essendo fra gli abitanti della Frigia surte delle gravi dissensioni ; essi fecero ricorso all’oraco
Omero — Iliade — Lib. VIII. trad. di V. Monti 2191. Gorgofona — Una delle figlie di Perseo : fu tolta in moglie da Peririet
mane combattevano nella guerra contro Giugurta, avendo incontrata una delle gorgoni le dettero la caccia per farla morire, ma
to che alcuni cavalieri Nomadi, essendosi un giorno imbattuti con una delle gorgoni, la uccisero da lontano senza che essa av
, lungi dall’essere degli animali mostruosi e terribili, erano invece delle donne giovani e bellissime, largamente fornite di
pietre gli uomini. Plinio ne parla come di donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui venne loro il Lome di gorgoni ; e
nservare memoria dello strano avvenimento, facesse appendere la pelle delle gorgoni, nel tempio sacro a Giunone, ove restò fi
oria della favola. Perseo, trascorrendo il mare, sorprese il ministro delle Gorgoni, mentre passava dall’una a l’altra isola,
atti il Fourmont, facendo capo alle lingue orientali, scopre nel nome delle tre Gorgoni, quello di altrettante navi mercantil
me collettivo alle due figliuole maggiori di Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui nome particolare era Enio e Pef
Glauco dio marino altro non crano che la personificazione mitologica delle onde del mare, le quali biancheggiano di spuma, a
e comune di tutti gli uomini. 2201. Grazie — Fra l’estesissimo numero delle divinità pagane, non ve n’era alcuna che come que
i. Discorde è l’opinione dei cronisti e dei mitologi, sulla paternità delle tre Grazie : infatti alcuni ce le presentano come
e venivano confuse con le quattro stagioni. Pausania mette nel numero delle Grazie, la dea della Persuasione, volendo per tal
ti nello interno, per modo che aprendosi vi si trovavano quasi sempre delle statuette rappresentanti le Grazie. Con questa si
che un fisico ributtante allo sguardo, può nascondere un’anima ricca delle più amabili virtù. Estesissimo era, come dicemmo,
Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una delle Cicladi, avevano similmente un tempio alla custod
significare che lo stesso dio dell’eloquenza, avea bisogno dell’aiuto delle Grazie per persuadere. E ciò deve ritenersi anche
scono lo spirito. A cui d’arcanto la magion d’Amore Sorge con quella delle Grazie amiche Dive senza il cui nume opra e favel
cominciare tutti i loro banchetti con una triplice libazione in onore delle tre Grazie. Nè a ciò solo si limitava la supersti
sso i pagani questi uccell i erano ritenuti, al paro degli avvoltoi e delle aquile, come annunziatori di lieti presagi. 2206.
niesi, le quali la danzavano intorno all’altare di Apollo, nel giorno delle Delie. Si vuole che gl’intricati giri che le danz
di questo dio dagli stessi popoli che l’avevano collocato nel numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nome di Hafedà s
ne indicato come una divinità femmina, col sóprannome di Benefattrice delle strade. I Parsi danno pure il nome di Havan ad un
lui, il nome di Heriafadur, che significa padre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle
a, la quale veniva circondata da altre 360 statue più piccole, ognuna delle quali era consacrata ad un giorno dell’anno. Hoba
tributavano a questo volatile, gli onori divini, adorandolo come una delle loro divinità, con un culto particolare, forse in
co e del suo collo. Nei ruderi dell’antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibris
i vuole che Dedalo, famoso operajo fabbricasse per sè e pel figliuolo delle ali, le cui penne erano unite fra loro per mezzo
ca vestiglo, i pagani indicavano talvolta la dea Nemesi, vendicatrice delle colpe degli uomini ; e tal’altra Temi, dea della
ne, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne dell’Ellesponto. Secondo le cro
’Idea si dava più particolarmente ad una divinità protettrice e madre delle arti. 2237. Idei. — Riferisce Strabone, che si da
0. Idia. — Figlia dell’Oceano e madre della famosa Medea. Idia fu una delle più belle donne dei suoi tempi. 2241. Idmone. — C
rad. di V. Monti. Caduta Troja in potere dei greci, Idomeneo, carico delle spoglie trojane, fece ritorno in Creta, ma nella
ri, i quali asseriscono che il popolo di Creta impedisse con la forza delle armi che il padre dispietato compisse il suo voto
ome come quello di un nume protettore e benefico. 2243. Idotea. — Una delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea era anche
delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 2244. Idra di Lerna. — Secon
greche υδρω acqua e μανταια divinazione ; si dava questo nome ad una delle quattro specie generali d’incantesimi, in uso pre
almente era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza delle sue forme, e che divise una notte il letto di Pat
igurata del sacrificio d’Ifigenia. Ifianassa, secondo Sofocle, fu una delle quattro figliuole di Agamennone ; e Omero ripete
o singolare avvenimento. Narra la cronaca, che Ifianassa in compagnia delle sue sorelle, Ifinoe e Lisippa, fossero un giorno
consorte Agamennone. Venuto questi coll’andar del tempo a conoscenza delle cosa non vide mai di buon occhio la principessa I
almeno l’opinione seguita dal Racine, nella sua Iphigénie, che è una delle più belle tragedie del teatro tragico francese ;
ro novellamente avuto favorevoli i venti, allorquando il duce supremo delle loro schiere, avesse col sacrificio della propria
o, che Ifigenia fosse stata trasportata nel cielo, e posta nel numero delle divinità. …. Ed ecco all’improvviso apparve Gran
allegorici che formano il sostrato e la vita dell’antica mitologia, e delle credenze superstiziose della religione pagana. 22
ella, ma la città intera di Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole di Priamo, re di Troja. Gli scrit
o alla volta di Atene per scacciarne gli Eraclidi, Illo, duce supremo delle milizie ateniesi, impegnò la battaglia contro il
i da donna onde poter rimanere vicino alla sua amata durante il tempo delle feste. Infatti egli pose ad esecuzione il suo dis
sue compagne di aventura di uccidere i corsari ; e postosi alla testa delle più coraggiose fra le rapite, uccise quelli che d
vocarono sempre Imene nella celebrazione dei matrimonii e stabilirono delle feste in suo onore chiamate Imenee. Da ciò emerge
in suo onore chiamate Imenee. Da ciò emerge il simbolo di Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco
cune divinità, che presso i pagani eran ritenute come le vendicatrici delle colpe degli uomini. Secondo la cre naca favolosa,
ragedia trad. di F. Bellotti. Presso i pagani varie erano le formole delle imprecazioni, ma le più terribili erano o quelle
are, perchè ritenevano che questi genii dividessero la notte il letto delle donne. 2279. Indicanie. — Soprannome che si dava
ni, i quali gettavano le sorti, esaminavano le visceri ancora fumanti delle vittime, spiegavano i prodigi ec. A tutti costoro
ia, negromanzia ecc. ecc. e un altro infinito numero di denominazioni delle quali han fatto menzione quasi tutti gli autori a
che serviva a pagare a Caronte navicellajo dell’Inferno, il tragitto delle anime. V. Caronte. Nell’Inferno scorrevano cinque
Plutone e sua moglie Proserpina, avevano lo impero assoluto del regno delle ombre, e Eaco, Minosse e Radamanto, giudicavano l
stri, e per raggiungere con più sicu rezza lo scopo crudele, profittò delle superstiziose credenze dei suoi concittadini, e d
pirito divino d’Apollo, rispose ad Ino, che ben presto ella in premio delle sofferte persecuzioni sarebbe stata cangiata in u
ipetono, che la dea Intercidona era onorata anche come la protettrice delle donne gravide e che la invocavano insieme a Dever
otezione che credevano accordasse alle donne incinte. 2288. Intestina delle vittime. — L’incarico di esaminare le viscere del
. 2288. Intestina delle vittime. — L’incarico di esaminare le viscere delle vittime, svenate nei sacrificii, era esclusivamen
i dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezze, che la superstizione facea co
ani ; i quali credevano fermamente che gli dei cangiassero le viscere delle vittime, nel momento stesso che esse venivano esa
ti i tempi, onde mantenere schiave la masse, e disporre a lor talento delle cose degli uomini ; e noi troviamo infatti regist
al parere d’un vecchio generale ?… » 2289. Inverno. — A somiglianza delle altre stagioni, gli antichi aveano personificato
ità ; e solo alcuni autori come Luciano ed Ovidio, ci hanno trasmesso delle descrizioni di questa funesta passione, prese dag
giovanetta, conservò anche sotto la novella sembianza tutto l’incanto delle sue forme, per modo che Giunone stesso non potè f
e, ove egli era incatenato, e fa che Prometeo disveli ad Io la durata delle sue pene e le mostri gli altri travagli che la ge
o a Delo, e si presero perciò gli accordi nenessarii con gli abitanti delle differenti città, che si trovavano sulla via, che
allo studio dell’astronomia ; e che avendo conosciuto con l’assiduità delle sue osservazioni, il corso del sole, e il movimen
che occupano lo spazio ; marcò distintamente il periodo ed il ritorno delle stagioni, che sono la conseguenza diretta del mov
l figliuolo Elio, ancora bambino. V. Basilea. 2296. Ipernestra. — Una delle cinquanta figliuole di Danao, e propriamente quel
mente quella che si ricusò di uccidere il suo sposo nella prima notte delle nozze, come fecero, secondo il crudele comando pa
edificare un tempio alla dea della Persuasione. 2297. Ipertura. — Una delle Esperidi. 2298. Ipetri. — Presso i pagani s’indic
sacrificii. 2300. Ippa. — Secondo riferisce Orfeo, così ebbe nome una delle nutrici di Bacco. 2301. Ippia. — Dalla parola gre
; ma rimase immediatamente punito dell’ atto sagrilego, perchè da una delle pareti del tempio scaturì una larga vena di acqua
ticolare di Marte, il quale con Minerva e Nettuno formavano la triade delle pagane divinità particolarmente designate dagli a
l paganesino raffigurava montati a cavallo. 2303. Ippo. — Nome di una delle tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi — Nome part
o a scoprire quella fontana, che fu per questa ragione chiamata fonte delle muse —  V. Muse e Pegaso. 2308. Ippodamia. — Mogl
interamente distrutta. 2310. Ippolita. — La più celebre fra le regine delle Amazzoni. Ercole la dette in moglie a Teseo, dopo
adre così fu chiamato il figliuolo che Teseo ebbe dalla famosa regina delle Amazzoni. V. l’articolo precedente, e che fu alle
iovanetto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomed
ta. 2314. Ippona. — I romani davano questo nome alla dea protrettrice delle razze dei cavalli, e delle scuderie. 2315. Ippopo
i davano questo nome alla dea protrettrice delle razze dei cavalli, e delle scuderie. 2315. Ippopotamo. — Ossia cavallo di fi
dice e di Nestore. Nettuno invaghitosene la rapì e la condusse in una delle isole Eschinadi. Dopo qualche tempo ella dette al
dei primi giganti, il quale abitò in Tiro, e fu il primo a costruire delle capanne di canne. Gli viene ancora attribuita l’i
uesto il nome che Esiodo nelle sue cronache dell’antichità, dà ad una delle tre Arpie. Le altre due, secondo l’ opinione del
grande edifizio onde rinchiudervi i suoi tesori. 2327. Iringa. — Una delle figliuole del dio Pane e della ninfa Eco. Non bis
io. — Nipote di Nettuno, in onore del quale si celebravano in Grecia, delle pubbliche feste dette dal suo nome Ischenie. 2332
o nel 1730 ; cosicchè della famosa favola Isiaca, non restano ora che delle copie. Dallo studio per altro delle figure che ci
avola Isiaca, non restano ora che delle copie. Dallo studio per altro delle figure che ci sono restate della favola Isiaca, n
cono la vita. Coll’andare del tempo, essendo Osiride morto in seguito delle persecuzioni, che ebbe a soffrire da suo fratello
ide morì l’adorarono insieme col consorte ; istituirono in loro onore delle splendidissime feste ; e dedicarono loro il bue e
chissima tradizione egiziana, prendendo argomento dallo straripamento delle acque del Nilo, che avveniva in una data epoca de
e e cerimonie sacre in onore della dea Iside, durante la celebrazione delle quali, si esigeva il più stretto silenzio da colo
i abbiano avuto l’impudenza, di vantare l’austerità e il buon costume delle cerimonie Isie, pure le tradizioni dell’antichità
pure le tradizioni dell’antichità, ci ripetono che durante il periodo delle feste Isie, che era di nove giorni, i sacerdoti,
romano verso l’anno di Roma 696, proibì rigorosamente la celebrazione delle feste Isie, le quali non furono che 200 anni dopo
Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al dire di Plutarco la maggior parte delle isole dell’ arcipelago inglese, erano deserte di
Briareo, e da gran numero di demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle figliuole di Maccareo. Apollo la sedusse sotto l’
va ; e poscia non ebbe ritegno di vantarsi d’aver posseduta la regina delle dee. Simil ben parve alla celeste figlia Di satu
ua ruota, e fu quando Proserpina fu da Plutone fatta regina del regno delle ombre. 2346. Isione. — Principe della stirpe degl
i vincitori dei giuochi istmici, e per questa ragiòne il quarto libro delle opere di lui, porta il titolo di odi ismiche e ta
egreta virtu e che generalmente si appendeva al collo dei fanciulli e delle vestali, le quali conservavano l’ Itifallo fra gl
are che gli egiziani e dopo di essi i greci, dettero a Priapo, il dio delle orgie e delle dissolutezze. 2353. Itifallori. — N
iziani e dopo di essi i greci, dettero a Priapo, il dio delle orgie e delle dissolutezze. 2353. Itifallori. — Nome particolar
delle dissolutezze. 2353. Itifallori. — Nome particolare dei ministri delle orgie, che si celebravano in onore di Priapo e di
e nella città di Coronea, in Beozia, un tempio comune con Plutone dio delle ricchezze. Con questa unione allegorica delle due
comune con Plutone dio delle ricchezze. Con questa unione allegorica delle due divinità, i pagani volevano alludere alla pru
protettrice dei matrimonii — V. Giunone. J 2358. Ja. — Fratello delle Jadi : egli morì sbranato da una leonessa. — V. J
aggio il nome di Jagnede. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome una delle ninfe del seguito di Diana, che si trovava in com
persecutore della stirpe d’ Ercole. Però non potendo reggere al peso delle armi, troppo grave alle sue membra affralite dagl
d in suo onore eressero un altare nella città di Atene, e celebrarono delle feste dette perciò Jolee. V. Jolee. Le cronache m
Presso i latini il Mons Jovis ossia monte di Giove, era una montagna delle Alpi consacrata a quel dio ; come il dies Jovis o
’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagallo. Se
li si era consacrato l’ albero chiamato in botanica Tulasi, che è una delle numerose varietà del gran fico delle Indie, e che
to in botanica Tulasi, che è una delle numerose varietà del gran fico delle Indie, e che è notevole per la sua ricca e splend
e Tan-Kuan dipendano dagl’ ordini supremi del dio Kang-i, ma abbiano delle particolari attribuzioni. Così Tei-Kuan presiede
del Giappone, detto con vocabolo particolare Buddaismo, si dà al dio delle acque e dei pesci. Egli viene riguardato come fig
Questa statua ha 4 braccia, due al diritto, e due al sinistro lato ; delle quali però, una destra ed una sinistra, sono leva
a, e le altre due sono cadenti. Delle mani, una sola è chiusa, mentre delle tre altre, una stringe una lancia, un’ altra uno
o-Manson. — Ente maraviglioso e fantastico, ritenuto come il principe delle scimmie, che morì annegato in un pozzo. 2386. Kao
uo marito, ed il terzo come suo fratello. Però è a notare che, il più delle volte, questi tre grandi numi tenuti in tanta ven
la dea che presiede al giorno in cui succede il novilunio. Kurù è una delle divinità alla quale i Bramani debbono, per legge
fondò per il primo la classificazione botanica sui caratteri sessuali delle piante. 2395. Kopto. — Conosciuto anche sotto il
le famose piramidi d’ Egitto, le quali andarono considerate come una delle maraviglie del mondo. La tradizione vuole, che ne
elle maraviglie del mondo. La tradizione vuole, che nella costruzione delle piramidi, fossero adoperati non meno di 360 mila
ostri e giganti, e uccide lo stesso Kansa. L 2397. Labda. — Una delle figliuole di Anfione. Narra la cronaca che essend
sto maraviglioso edifizio conteneva dodici immense sale coperte ; sei delle quali guardano il lato del mezzogiorno, e le altr
e sale, il laberinto egiziano comprendeva non meno di tremila camere, delle quali mille e cinquecento erano sotterranee, e le
nativa, era il numero degli andirivieni, dei passaggi, dei corridoi e delle uscite praticate in queste sale che mettevano le
ne, al fatto seguente. Allorquando Ercole ebbe vinta Ippolita, regina delle Amazzoni, le tolse le sue bellissime armi, fra cu
iunone, come dea tutelare della città di Sparta. 2403. Lachesi. — Una delle tre Parche, e propriamente quella che torceva il
iunone Lacinia, è quello che il censore Quinto Fulvio Flacco, spogliò delle magnifiche tegole di marmo che ne formavano il te
i eroi dell’ Attica, al quale, quando morì, fu consacrato, in memoria delle sue gesta un bosco in una contrada, che, dal suo
nte Latturno : dio che presso i romani, presiedeva alla conservazione delle biade, prima della mietitura. Vi sono alcuni scri
. — Fiume dell’ Arcadia, che secondo la tradizione favolosa, fu padre delle due celebri ninfe Dafne e Siringa. Delle canne ch
soprannome a Minerva, perchè presiedeva alla guerra ed alla divisione delle spoglie e del bottino. 2411. Lafistio. — Sopranno
’imperatore Augusto saccheggiò la città di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quella, agli abitanti di Patra nell’ A
onde del quale, ogni anno si radunavano, ad epoca fissa, gli abitanti delle circostanze, onde gettare in quelle acque tutte l
cose. Il cennato scrittore aggiunge, che allorquando fra gli abitanti delle Gallie sorgeva un qualche dissidio, le parti cont
to che dovea sposare Linceo. V. Castore e Polluce. 2418. Lamia. — Una delle figliuole di Nettuno. Giove l’amò con passione e
ndare del tempo, dette presso i pagani, vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie di mostri dal volto di donna, che a
i, i Trezentini, dolenti di quanto era avvenuto, istituirono in onore delle sventurate giovanette, una pubblica solennità, ch
di festa della lapidazione. 2419. Lampadi. — Gli antichi si servivano delle lampadi per tre usi principali. Le adoperavano ne
po lunghi anni accesa in un tempio nell’ Inghilterra. Questa credenza delle lampade perpetue, attestata da tanti chiarissimi
mpadi, innanzi alla statua di quella dea, ritenendola come inventrice delle arti. Anche nelle feste di Vulcano, riguardato da
este di Vulcano, riguardato dai pagani come dio del fuoco e inventore delle lampadi ; ed in quelle di Prometeo che, secondo l
le terze. In tutte queste tre feste si celebravano i giuochi al lume delle lampadi. 2421. Lampadoforo. — Nome particolare di
ro portatore si chiamava Daducheo. V. Daducheo. 2422. Lampezie. — Una delle figliuole di Neera e del Sole. …. e le Dive sono
di Omero, il Sole avea affidato a queste sue dilettissime la custodia delle mandre che possedeva in Sicilia. Narra la tradizi
oi compagni annegaroao miseramente. Lampezie avea similmente nome una delle Fetontidi, fu anch’essa figlia del Sole e della n
etontidi, fu anch’essa figlia del Sole e della ninfa Climene. Al paro delle sue sorelle fu cangiata in pioppo, per aver tropp
re. Essa viene ricordata nei fasti del paganesimo, perchè Priapo, dio delle dissolutezze eravi adorato con un culto particola
ano così dette, perchè le cerimonie si compivano di notte al chiarore delle lampadi. 2427. Lancia. — Secondo riferisce Varron
guerra sotto la figura di una lancia, prima di aver dato al simulacro delle loro divinità, la figura umana. Questa costumanza
oi concittadini ad opporsi a che il cavallo fosse introdotto al di là delle mura, e fu in questa occasione che egli pronunziò
i, dalla vicina isola di Tenedo si videro strisciare sulla superficie delle acque due orribili ed enormi serpenti, che slanci
A. Caro : Il gruppo in marmo del Laocoonte, scolpito da Fidia è una delle più stupende opere dell’arte greca. 2429. Laodami
uola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la più avvenute delle reali fanciulle trojane. L’inclita madre che a t
ciulle trojane. L’inclita madre che a trovar sen gia Laodice, la più delle sue figlie Avvenente e gentil. Omero — Iliade — 
e che seguì il padre suo all’assedio di Troja, ov’egli si recò a capo delle milizie arcadi. Laodice fu a parte di ogni buona
Omero — Iliade — Libro IV. trad. di V. Monti. 2432. Laomedea. — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 2433. Laomedonte. — Figl
anto che quest’opera fu dai pagani attribuita allo stesso Apollo, dio delle arti. Come pure i possenti argini che egli fece c
gli fece costruire, onde proteggere la cittadella di Troia dal furore delle onde del mare, furono riguardati come opera di Ne
itati nel loro tempio, promettendo di restituirli dopo la costruzione delle opere intraprese. Compiuti i lavori, Laomedonte n
principio per una dissensione surta fra di loro, durante il banchetto delle nozze di Piritoo. I Centauri furono quasi distrut
e i Romani celebravano in onore di Acca Laurenzia, dieci giorni prima delle calende di Gennaio. Le cerimonie Larentali si com
allora fu che i Lari o Penati furono considerati come dei protettori delle strade. Secondo riferisce il cronista Apuleio, gl
enivano anch’esse onorate con certe sacre funzioni, dette le funzioni delle ombre. Quando Espero tre volte indi la bella Sua
offriva loro del vino, dell’incenso, dei fiori e perfino una porzione delle vivande che erano imbandite sulla mensa. Giornalm
rosmarino e di mirto, e all’ora del pranzo si facevano in loro onore delle libazioni e talvolta anche dei sacrifizii. Le pic
custodia la città ; Compitales, quelli che presiedevano alle crociere delle vie ; Viales, quelli delle strade ; Rurales, quel
les, quelli che presiedevano alle crociere delle vie ; Viales, quelli delle strade ; Rurales, quelli della campagna ; e final
Diana, perchè si mettevano ordinariamente le loro statue agli angoli delle vie. Giano, secondo riferisce il cronista Macrobi
ta, secondo asserisce Macrobio, celebritas sigillariorum, ossia festa delle statuette, e che si solennizzava negl’undici gior
festa delle statuette, e che si solennizzava negl’undici giorni prima delle calende di gennaio. L’oratorio particolare ove ve
rivolse alla protezione di Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle lagrime di lei, fece con un colpo del suo trident
a nascita del sole, tutte le cose create erano nascoste nell’oscurità delle tenebre, che ravvolgevano nella notte del caos pr
particolare, è mestieri primieramente nominare gli Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni feste che celebravano nel co
resso i greci ed i romani, le donne adoravano Latona come protettrice delle partorienti e si credeva che presiedesse anche al
ere. Un’antica tradizione, avvalorata dalla testimonianza cronologica delle date, aggiunge che la festa della lavazione si ce
aro. Ma gli dei con presagi e sogni si opposero sempre al compimento delle nozze desiderate. Finalmente uno straordinario av
rate. Finalmente uno straordinario avvenimento ne a cangiare l’ordine delle cose ; imperocchè, la tradizione ripete, che offe
a acconciatura di perle, di cui ella aveva fregiato il capo, fu preda delle fiamme ; e il fuoco attaccandosi alle vesti di le
rasse a vivere solitaria e raminga nel fondo di un bosco, ove al dire delle cronache, ella partorì un figliuolo, a cui mise i
one di porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scrittori era una delle tre grazie, venendo alle altre due data l’appella
e volpe, la quale produsse tante morti, che tutta la nobiltà tebana e delle circonvicine città si riunì onde darle caccia. Su
ezzo più efficace per allontanare i lemuri fosse quello di abbruciare delle fave, ritenendo che l’ acre odore di quegli arsi
quegli arsi legumi, riuscisse loro insopportabile. Durante il periodo delle feste Lemurie, che ricadevano nel mese di maggio,
contrar matrimonio e tutti i templi rimanevano chiusi. La istituzione delle feste Lemurie, che Ovi dio chiama feste notturne
ggio di Leonida e dei suoi trecento spartani, per la difesa del passo delle Termopili, si celebravano nella Lacedemonia delle
la difesa del passo delle Termopili, si celebravano nella Lacedemonia delle feste, a cui si dava il nome di Leonidee. 2472. L
i eroici per aver, dietro consiglio dell’oracolo, sagrificata la vita delle proprie figliuole, per salvare la patria. 2474. L
è celebre per la famosa Idra che fu uccisa da Ercole e che formò una delle dodici fatiche dell’ eroe, sebbene la cronaca dic
con l’Idra dalle sette teste, non volle Euristeo ammettere nel numero delle dodici fatiche, alle quali il destino avea sottop
bitanti di Lesbo avovano la barbara costumanza di sacrificare a Bacco delle vittime umane. 2478. Lestrigoni. — Antichi popoli
so signore rimbombò per tutta l’ isola, sì che i Lestrigoni dall’alto delle rupi schiacciarono a colpi di sassi i seguaci d’
sa insuperbita della propria bellezza, osò vantarsi d’esser più bella delle immortali : onde gli dei sdegnati la condannarono
pellazione di Lete, che metteva foce nel Mediterraneo, vicino al capo delle sirti, e del quale la tradizione mitologica ripet
la statua di quel nume che prendeva parie al convito, mentre il posto delle dee era contrasegnato da una semplice sedia. Il
invitati a quella cerimonia, e in tale occasione lasciavano la porta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno di
in uso anche in Grecia. Lo stesso Pausania riferisce, in varii brani delle sue opere, di alcuni cuscini detti Pulvinaria che
ora dovè, come tutte le altre giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere nel fiume ; ma appalesatos
mammelle, e col capo coronato da due vittorie. 2489. Leucosia. — Una delle Sirene. Riferisce Strabone, che quando essa e le
inceva d’assai quella della madre di lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle donne dei suoi tempi. ….. Leucotea pro
ndo che essa li avesse liberati da una epidemia. 2493. Liagora. — Una delle cinquanta Nereidi. 2494. Liba. — Uno degli eroi g
o a tutta la Grecia, le Libazioni si facevano con l’acqua pura. L’uso delle Libazioni fu ereditato dagli ebrei, mentre si ved
olio, vino, sale, incenso. Numeri Cap. XV. 2496. Libentina. — Dea delle dissolutezze. Il suo nome, viene secondo Varrone,
. Sparsasi ben presto la strana novella, accorsero in folla i pastori delle circostanti campagne e gli abitanti della città ;
ni. Erano detti Libri Sibillini, quelli che contenevano le predizioni delle Sibille, la custodia dei quali era affidata in Ro
o i misteri e la scienza di conoscere il futuro, per mezzo dell’esame delle visceri delle vittime. Libri fatali, si chiamava
la scienza di conoscere il futuro, per mezzo dell’esame delle visceri delle vittime. Libri fatali, si chiamavano quelli che,
liade — Libro XXI trad. di V. Monti. ucciso da Ettore, duce supremo delle squadre trojane, lo raggiunse di nuovo, e fu ines
ente ad un tale a lui mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una parte entro bollenti Onde amm
a. Le vesti in peli cangiansi, ed in gambe Le braccia : lupo fassi, e delle antiche Forme conserva le vestigia. Ovidio — Met
simo, racconta che Licaone per indurre i suoi sudditi all’ osservanza delle sue leggi, avesse fatto sparger voce che Giove an
he infestavano le campagne di quel territorio. Licee similmente erano delle feste celebrate in Arcadia, delle quali si voleva
territorio. Licee similmente erano delle feste celebrate in Arcadia, delle quali si voleva fosse stato istitutore quello ste
tesso re Licaone che fu poi cangiato in lupo. Durante la celebrazione delle feste Licee, semiglianti di molto ai Lupercali di
re. 2521. Licora. — Detta anche Licoria, fu, al dire di Virgilio, una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta ne par
vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre di Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne di Cirene, famose per la bianchezza del
e — Libro IV trad. di Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome di una delle Sirene, forse perchè le parole greche λιγυς λιγει
femminile di Limentina a quella divinità che presiedeva alla custodia delle porte. 2533. Limira. — Fontana nella Licia, alla
i stagni, quando era adorato come dio del vino. 2538. Limnoria. — Una delle cinquanta Nereidi. 2539. Limnoniadi. — Dette anch
i, uno sull’origine del mondo ; un altro sulla natura degli animali e delle piante ; e il terzo finalmente sul corso del sole
za pericolo. In quanto al famoso lione Nemeo, la cui uccisione fu una delle dodici imprese di Ercole. — V. Ercole. — è quello
o. V. Narciso. 2546. Lissa. — Al dire di Euripide, così avea nome una delle tre Furie, e propriamente quella che ispirava il
 — Così si chiamava quella specie di bastone augurale, ricurvo ad una delle estremità, che i sacerdoti Auguri portavano quand
l’astro del giorno ; forse perchè il Loto apparisce, sulla superficie delle acque, al levarsi del sole, e poi si richiude in
e nella scienza botanica sono classificate nella estesissima famiglia delle Ninfee, dette forse, origine alla superstiziosa v
r di Loto a Venere e ad Apollo ; e si sono anche recentemente trovate delle statue di quelle divinità, con quel fiore nelle m
. Il cennato autore scrive che il console Plauzio, comandante supremo delle legioni romane, dopo aver vinta una battaglia con
gliato in una porzione di quel bosco. Altri autori traggono l’origine delle feste Lucarie, da alcuni donativi di moneta che s
le particolarmente i romani adoravano la dea Giunone come protettrice delle partorienti e dei neonati. V. Lucifera. Altri aut
dato dai pagani a Giunone. Un’antica tradizione ripete, che le ceneri delle vittime bruciate sugli altari di Luciniana, resta
uglio si festeggiava la nascita di Giulio Cesare ; durante il periodo delle Idi di Luglio, ricadeva la festa annuale di Casto
, con un oracolo a cui erano addette, come sacerdotesse, le fanciulle delle più cospicue famiglie dei Druidi. Innumerevoli so
oro che adoravano la dea Luna, andavano facilmente soggetti al potere delle donne, ed erano dominati da esse ; mentre per con
o Luno veniva raffigurato sotto le sembianze di un giovane, rivestito delle insegne militari, con una picca nella destra e co
i svenati ; poi asciugavano il sangue di cui erano bagnati colla lana delle capre immolate, la quale prima ponevano ad ammoll
e un giorno Romolo e Remo, celebrando codesta festa, fossero derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittaro
he erano con essi, accortisi del fatto, si spogliarono sollecitamente delle loro vesti, ed avendo raggiunti i ladri, tolsero
quel tempo s’introdusse il costume di correre nudi nella celebrezione delle Lupercali. Nudo ciascuno il corpo suo portava In
icazione portata da Giulio Cesare in quell’ordino sacerdotale, fu una delle tante ragioni dell’odio che il popolo ebbe ben pr
Casimillo » 69 923 Camira » ivi 924 Camos pag. ivi 925 Campagna delle lagrime » ivi 926 Campea » ivi 927 Campi Elis
iali » 254 2286 Ino » ivi 2287 Intercidona » 255 2288 Intestina delle vittime » ivi 2289 Inverno » ivi 2290 Invidia
arebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. 2. Pelasci. — 
la lingua, che resistette ai conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura di non essere distratta dal
l’educazione che riceveva il libero cittadino nello sviluppo armonico delle potenze fisiche e morali : il culto comune delle
lo sviluppo armonico delle potenze fisiche e morali : il culto comune delle divinità nazionali ; le istituzioni religiose e p
e la resero, in quasi tutti i suoi punti, maestra dell’incivilimento delle generazioni avvenire. La storia degli Elleni divi
desi in quattro età marcate e distinte : Prima età, dalle emigrazioni delle colonie orientali, alla guerra trojana. Seconda e
a trojana. Seconda età, dalla prima guerra nazionale, all’ordinamento delle forme repubblicane. Terza età, dalle legislazioni
— Il custode dei giardini, figlio di Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie notturne e d’ogni specie di dissolutezza. I
ignifica scienza, cognizione, deriva dal greco e indica, nelle storie delle dottrine religiose e filosofiche, un complesso di
. 15. Menandro. — Sono questi i nomi dei due più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione di chiari
o. 16. Dositeo. — Sono questi i nomi dei due più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione di chiari
19. Ebioniti. — Cosi chiamati da Ebione, che fu il fondatore di una delle tante scuole o diramazioni dello Gnosticismo, 20
cuole o diramazioni dello Gnosticismo, 20. Carpocraziani. — Seguaci delle dottrine eretiche di Carpocrate, il quate fondò,
ttá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri
gli stati indipendenti, i quali giovarono immensamente allo sviluppo delle arti tutte, cosa che non avrebbe potuto sussister
diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve tendere al suo vero pri
bile del Creatore, e volgere al bello, al grande, alla virtù l’azione delle intelligenze umane. 31. Omero, nell’iliade, l
d alle arti dilettevoli, volle porgere ai suoi concittadini un saggio delle sue cognizioni matematiche, proponendo loro di fa
cese che regnò a Gerusaleme ed a Cipro e si rese celebre nella storia delle Crociate. Essa traeva il suo nome da una piccola
Sabeismo. — Idolatria che consisteva nel culto degli astri. e fu una delle prime ad essere professata dagli nomini : la paro
gian. Mori nell’anno 513 avanti Cristo in età di 76 anni. Egli fu una delle vittime che caddero nella generale uccisione degl
 Dio supremo degli Etruschi, veniva considerato come personilicaz one delle píu alte filosoliche astrazioni, come Dio — Sole,
Vedi questo ristretto. lettera D. articolo 924. 55. Parche. — Nome delle tre divinità che presiedevano alla vita e alla mo
2 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
zione : di morale, da cui potranno trarre profitto, se sapranno farne delle giuste applicazioni. Se il loro tenero animo si è
sso a sdegno alla lettura di qualche tratto inumano, se hanno versato delle lagrime, potranno ben tosto asciugarle quando sap
l primo sguardo dall’immensa influenza dell’ ordine per la prosperità delle società e delle nazioni, preser la lira e cantaro
dall’immensa influenza dell’ ordine per la prosperità delle società e delle nazioni, preser la lira e cantarono cogli armonio
a confondere il tutto con degli strani anacronismi, rappresentandoci delle cose estranee al secolo di cui ci volevano far co
che brevemente dei sacrifici che si facevano agli Dei, degli Oracoli, delle Sibille, ecc., onde nulla tralasciare che possa v
uero pure l’Oceano e Teti di cui furon figli Taumante padre d’Iride e delle Arpie che altri fanno figlie di Nettuno e della T
Numa Pompilio, o secondo altri Romolo, le innalzò un altare sul quale delle vergini chiamate Vestali conservavano un fuoco pe
erato. Si crede da alcuni che il fuoco sacro così detto fosse il lume delle lampade accese nel tempio di Vesta, e che se si e
ade o Minerva, Semele madre di Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercur
mmi, tutti questi furono attribuiti ad un solo, e ornati colle favole delle trasformazioni ; ma che per la pioggia d’oro inte
assillo, insetto infestissimo alle vacche, e secondo altri per mezzo delle Furie. Io si rifuggiò in Egitto ove ritornata da
ia, Giunone andò a ritrovar Eolo, e gli promise Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se faceva perire Enea colle sue navi ;
essa Marte senza di lui. Sotto il nome di Lucina presiedeva ai parti delle donne, e sotto quello di Pronuba ai matrimoni. Er
delle donne, e sotto quello di Pronuba ai matrimoni. Era la divinità delle donne costumate, e quelle di cattiva vita non pot
di Elettra, che fu cangiata in arco baleno da Giunone per compensarla delle buone nuove che le arrecava continuamente. In Arg
rte di lavorare la terra, e fu adorata come la Dea dell’agricoltura e delle messi. Viaggiando con Bacco insegnò ovunque l’agr
do con Bacco insegnò ovunque l’agricoltura. Da Giasone ebbe Pluto dio delle ric-chezze, e da Giove Proserpina. Essendo questa
Minerva Minerva detta con altro nome Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti, era figlia di Giove. Ecco in
erva detta con altro nome Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si r
Greci. Gli Ateniesi le innalzarono un magnifico tempio, e celebravano delle feste in onore di lei, alle quali intervenivano d
e stanno di presso la civetta e degli istrumenti matematici, come Dea delle scienze e delle arti. Il pianeta detto Pallade ha
so la civetta e degli istrumenti matematici, come Dea delle scienze e delle arti. Il pianeta detto Pallade ha preso il suo no
on potendo soffrire che amasse la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee, era almeno più riservata. Andava conti
e erano particolarmente consacrati. Le venivano offerte qualche volta delle vittime umane ; Ifigenia tra i Greci ne fa prova.
a divisione fatta dell’universo co’suoi fratelli toccò a lui l’impero delle acque, colle isole e tutti i paesi vicini, e fu d
figli di Borea. Altri riconoscono nelle Arpie dei pirati che facevano delle frequenti discese negli stati di Fineo, e vi cagi
e il Dio della musica, della poesia, dell’eloquenza, della medicina e delle arti. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali
poesia, dell’eloquenza, della medicina e delle arti. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali si fece capo ed abitava con
oquenza, della medicina e delle arti. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali si fece capo ed abitava con esse i monti Pa
luce i due suoi figli.   Apollo   Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo
buco nella terra, e colà depose il suo segreto. Poco dopo vi crebbero delle canne le quali agitate dal vento ripetevano le pa
e, non abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle sue coscie, ove lo tenne il resto dei nove mesi ;
ente consegnato ad Ino, sorella di Semele, che n’ebbe cura coll’aiuto delle Iadi, delle Ore e delle Ninfe, fino a che arrivas
ato ad Ino, sorella di Semele, che n’ebbe cura coll’aiuto delle Iadi, delle Ore e delle Ninfe, fino a che arrivasse all’ età
sorella di Semele, che n’ebbe cura coll’aiuto delle Iadi, delle Ore e delle Ninfe, fino a che arrivasse all’ età da poter ess
n mano e nell’altra un tirso, di cui si era servito per far scaturire delle fonti di vino ; si raffigurava delle volte colle
si era servito per far scaturire delle fonti di vino ; si raffigurava delle volte colle corna in testa ; perchè ne’ suoi viag
allevarono questo Dio, le donne che lo accompagnarono nella conquista delle Indie, furono le prime che portarono un tal nome.
ni. Si dicevano figli di Urano e della Terra a cagione dell’altezza e delle profonde radici dei monti vulcanici ; di Nettuno
ell’inferno e dielle il titolo di Giunone infernale. Si è già parlato delle ricerche fatte da Cerere per rinvenire la figlia.
re in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l’avevano messo nel numero delle dodici prime divinità. Si denominava Giove infern
come una causa fisica, e gli hanno assegnato per soggiorno gli anditi delle miniere, e fattone così il Dio delle ricchezze, s
segnato per soggiorno gli anditi delle miniere, e fattone così il Dio delle ricchezze, sotto il nome di Pluto. Altri lo ricon
lo riconoscono nell’aria, perchè risguardavano l’aria come il rifugio delle anime allorchè sortono dal corpo. Lo ritengono al
limacciosa ed infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci
tali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mostri e delle furie accanit
delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mostri e delle furie accanite a tormentare gli empi ; l’altra, r
egnò in Creta, il secondo in Licia come vogliono certuni, o in alcuna delle isole dell’Arcipelago, sulle coste dell’Asia, com
l’Inferno stesso molte volte. I Campi Elisi erano il soggiorno felice delle ombre virtuose. « Ivi regnava una eterna primaver
da alcuni come un ramo di Stige circondava il Tartaro ed era formato delle sole lagrime dei malvagi. Il suo nome significa p
emiti. Si rappresenta sotto la figura di un vecchio la cui urna versa delle acque che dopo aver formato un cerchio perfetto,
diceasi anche il fiume dell’Oblio. Le ombre erano obbligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva ne
blio. Le ombre erano obbligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva nel far obliare il passato. Colo
Stige è una celebre fontana che gli Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era difficile e le sue
o ai sogni ed agli spettri, essa compariva a chi l’invocava. Come Dea delle espiazioni, le erano immolati dei cagnolini e le
e espiazioni, le erano immolati dei cagnolini e le venivano innalzate delle statue nei trivi. Soggiornavano nell’Inferno le t
’amicizia ed in un’inalterabile unione. Esse ingannavano la monotonia delle loro occupazioni cantando le sorti de’ mortali. L
nche, avide di sangue e di carnificina. Erano anche zoppe. Si dà loro delle alì, i capelli bianchi e si fanno soggiornare nel
buiti. Devesi nondimeno opporre a tali dolorose pitture lo spettacolo delle Parche intenerite che restituiscono la vita allo
vendetta degli Dei contro i colpevoli ed incaricate della esecuzione delle sentenze che contr’essi emanansi dai giudici dell
rciso, lo zafferano, il ginepro, il biancospino. Venian loro immolate delle agnelle pregnanti, degli arieti e delle tortorell
cospino. Venian loro immolate delle agnelle pregnanti, degli arieti e delle tortorelle. Si rappresentano con severo sembiante
no tormentati in vita dalle Furie, ma non avvi esempio più strepitoso delle loro vendette di quello dell’infelice Oreste, che
che loro si consacrava. La Notte figlia del Cielo e della Terra, Dea delle Tenebre che sposò l’Erebo fiume d’Averno, da cui
dell’oblivione gli scorre intorno e non sentesi che il lento mormorio delle acque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in un
re in fine nell’Inferno anche Pluto figlio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col quale è stato
a seguire se non se la virtù e la scienza, il padre degli Dei, geloso delle persone dabbene, lo aveva accecato per togliergli
idito per un tale misfatto, riunite le membra di Pelope col ministero delle Parche lo richiamò in vita ; e condannò Tantalo n
dove le acque erano rare ; altri dicono che palesassero l’invenzione delle trombe ; e siccome si traeva forse continuamente
se continuamente acqua col unezzo di queste trombe pei differenti usi delle Danaidi, così quei che erano impiegati in questo
iori Pale Sotto questo nome si onoravano le Deità protettrici delle gregge. Questa Dea de’ pascoli e de’ pastori è co
aca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti gli abitanti delle campagne. Siccome Pane viene da una parola greca
ane col dio Silvano e col dio Fauno. Il primo era particolarmente Dio delle selve e si rappresenta ora colle corna e metà del
chiamate perchè cangiavasi in tutte le forme a piacer suo, era il Dio delle vergini e presiedeva all’autunno ed ai giardini.
ci vogliono che nascesse a Pallene città della Tessaglia. Era custode delle gregge di Nettuno chiamate foche o vitelli marini
i predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi era forzato. Al pari delle altre Divinità marine aveva sulla riva una grotta
ta di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al frumento, ed in certi tempi
chiamate giuochi floreali, correvano giorno e notte, ballando al suon delle trombe e quelle che vincevano al corso erano coro
coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo essi una delle Ninfe delle Isole Fortunate. Essa fu amata da Zef
fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo essi una delle Ninfe delle Isole Fortunate. Essa fu amata da Zefiro, il qual
i dissolutezze era particolarmente venerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o di pecore o di api. Termine
i debba a Numa l’invenzione di questa divinità come un freno più atto delle leggi a moderare l’avidità di invadere i possessi
ppiccava il fuoco, poscia spargeasi su le brace del vino ed una parte delle provvisioni che avevano portate. Dopo le preghier
oiano il governo de’ venti, ed Eolo teneali rinchiusi nelle spelonche delle isole Eolie o Eolidi o Vulcanie ora di Lipari tra
intraprendevano marittimi viaggi. Si fa padre dei venti tempestosi o delle procelle Tifone marito di Echidna, e da Astreo e
il freddo e cagiona le nevi e le procelle ; ma benchè fosse il padre delle brine e dei ghiacci, fu egualmente acceso dai fuo
ze. Dicono alcuni autori che Imene era un giovine il quale nel giorno delle sue nozze fu schiacciato nella propria casa, e ch
e lo invocarono nelle loro nozze sotto il nome d’Imene, e celebrarono delle feste in onor suo che furono chiamate Imenee. Chi
e, ed essa lo allevò nascostamente in un bosco, dove succhiò il latte delle belve. Giunto in età di poter maneggiar l’arco, s
no di frassino, con frecce di cipresso, e fece saggio sopra le bestie delle ferite che si proponeva di portare agli uomini. I
l prendere una paglia, che Venere tiene in equilibrio sopra un dito ; delle volte essa lo stringe al petto e tra le braccia ;
uesti numi scelsero Momo per pronunciare un giudizio su la perfezione delle loro opere. Momo le criticò tutte e tre. Disse ch
na figura di Arpocrate per insegnare che si deve custodire il secreto delle lettere. Si pretende da alcuni che sua madre lo d
lingua e la confinò nell’inferno perchè aveva scoperto a Giunone una delle sue relazioni amorose. Mercurio invaghito della s
ffigura alle volte con una face in una mano, mentre coll’altra sparge delle rose, per indicare che i fiori i quali abbellisco
si da uomo. I suoi seguaci correvano di notte in maschera al chiarore delle torce, col capo cinto di fiori, accompagnati da g
rrevano in folla nei tempii di questo Dio, posti ordinariamente fuori delle città, per essere guariti dalle loro infermità ;
a sua verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo e la rendette madre delle Ore e delle Parche. Questa Dea raccomandava agli
ità, ma Giove la costrinse a sposarlo e la rendette madre delle Ore e delle Parche. Questa Dea raccomandava agli uomini, di n
resso i Romani fu dessa celebrata : le si innalzarono in molti luoghi delle statue e dei tempii : quello che Agrippina cominc
nga veste sulla quale evvi una tunica che le scende sin verso la metà delle coscie e che è ritenuta sotto la gola da una cint
sottrarsi ai suoi colpi. Questa divinità sovrana dei mortali, giudice delle segrete opinioni che li facevano operare, comanda
po e per l’ingegno, e coloro finalmente che disobbedivano agli ordini delle persone che avevano diritto d’imporli. Volgeva la
enti. Erano rappresentate con ali ed una ruota sotto i piedi, simbolo delle umane vicissitudini, atto a richiamare l’uomo org
engono a Nemesi. Teti dea dei mari Teti gran dea dei mari, una delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano,
nascere da lei non solo i fiumi e le fonti, ma la maggior parte anche delle persone che avevano regnato o abitato sulle coste
avorio più rilucente ; pareva che quel carro volasse sulla superficie delle onde. Quando la Dea andava per diporto, i Delfini
alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori, sorel
rella di Licomede redi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Teti gran dea delle acque, colla quale fu da quasi tutti i moderni co
e non fu punto bagnato. Dopo la morte di Patroclo, uscì Teti dal seno delle onde per recarsi a consolare Achille, e vedendo c
armi, si portò in cielo a pregar Vulcano di darle pel proprio figlio delle armi divine e dalle proprie sue mani lavorate. Ot
li altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia di questa, e gran Dea delle acque. Teti aveva molti tempii in Grecia e partic
dalo ed Icaro, descrizione del labirinto e dell’areopago Parlando delle Divinità Infernali si è già parlato di Minosse. A
roso esame. Si rimprovera a Minosse una mancanza che fu cagione d’una delle dodici fatiche d’Ercole. Aveva egli ommesso di sa
ecchi fanciulli. Si rendette formidabile a tutti i suoi vicini e fece delle conquiste nelle isole poco distanti da Creta e di
supplizio. Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed al figlio. E
a favola che le vele della nave sulla quale egli salì per salvarsi, e delle quali Icaro non seppe far uso. Dedalo andò a rico
iarsi molta estimazione, dava egli a credere che in quel tempo avesse delle conversazioni colle marine Deità. Malgrado però d
la loro compagnia. Eco Eco figlia dell’Aria e della Terra, una delle Ninfe seguaci di Giunone, abitava le sponde del f
annoveravano due ed anche quattro. Omero dà il nome di Pasifea ad una delle tre suindicate. I Gréci le chiamavano Carite, nom
beralità pur anche, l’eloquenza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai bene
tà come Mercurio, Amore e le Muse. Si rinvenivano ovunque dei quadri, delle iscrizioni e delle medaglie esprimenti le Grazie.
more e le Muse. Si rinvenivano ovunque dei quadri, delle iscrizioni e delle medaglie esprimenti le Grazie. Da prinicpio si ra
era loro particolarmente consacrata la primavera, siccome la stagione delle Grazie. Erano invocate a tavola come le Muse, e g
secreto di piacere è quello di persuadere. Le Muse Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie di Giove e di Mn
re è quello di persuadere. Le Muse Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie di Giove e di Mnemosina dea dell
che significa spiegare i misteri, perchè hanno insegnato agli uomini delle cose importanti, ma che non sono alla portata deg
re e le hanno confuse colle Baccanti. Non solo furono poste nel rango delle Divinità, ma vennero loro altresì largamente trib
alle odi. Melpomene, ossia la melodiosa, regna sulla tragedia, l’una delle cui parti essenziali erano altre volte i canti ed
Urama presiede all’astronomia. Polinnia, così detta dalla moltitudine delle canzoni, è la Dea della musica vocale e della ret
emplicemente. Siccome ciascuna presiede a un’arte diversa, così hanno delle corone e degli attributi particolari. Le Muse pos
er consiglio di Giunone, le avevano sfidate, strapparon loro le penne delle ali, e se ne fecero delle corone. Gli antichi dav
e avevano sfidate, strapparon loro le penne delle ali, e se ne fecero delle corone. Gli antichi davan loro degli abbigliament
ntichi davan loro degli abbigliamenti gialli, e una corona d’alloro e delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entra
to all’articolo di questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle piû celebri nel suo genere e che dir si può un mi
ce. Volendo indicare senza dubbio con questa finzione che il buon uso delle Ore mantiene le Leggi, la Giustizia e la Concordi
ro il giorno in dodici parti eguali, i poeti moltiplicarono il numero delle Ore sino a dodici, impiegate al servigio di Giove
al servigio di Giove, e le nominarono le dodici sorelle, nate custodi delle celesti barriere, per aprirle e chiuderle a loro
re di Atene figlio di Deucalione e di Pirra. Le Ore sono le compagne delle Grazie, vale a dire sono elleno le Doe delle stag
Le Ore sono le compagne delle Grazie, vale a dire sono elleno le Doe delle stagioni e della bellezza. Si rappresentavano com
mità del mondo, in vicinanza del soggiorno della Notte e dei giardini delle Esperidi. Le Gorgoni secondo alcuni non avevano c
rò di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle
più forte cignale. Avevano le chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle mani che erano di
o divisamento, allora quando avesse tollerato che al mondo vi fossero delle nazioni sottoposte al dominio delle donne. Preten
tollerato che al mondo vi fossero delle nazioni sottoposte al dominio delle donne. Pretendono altri che le Gorgoni fossero ve
to velenoso che infetta tutti coloro che gli si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di I
ti d’elefante, dei corni di differenti animali, degli occhi di iena e delle altre mercanzie. Nel cambio che facevasi di cotes
cambio che facevasi di coteste cose in diversi porti della Fenicia e delle isole della Grecia, rinchiudesi il mistero del de
servì per liberare Andromeda, e per rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi. Questo cavallo abitava i monti Parnaso,
i spiega la favola del caval Pegaso. Medusa altro non era fuorchè una delle cinque navi della flotta di Forco, principe fenic
ividevano in diverse classi, in Ninfe celesti, infernali, terrestri e delle acque. Si trovano anche delle Ninfe con nomi pres
n Ninfe celesti, infernali, terrestri e delle acque. Si trovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dall
ine. Fu dato in fine il nome di Ninfe non solo a molte illustri dame delle quali apprendevasi qualche avventura, ma eziandio
sacrificio l’olio, il latte ed il mele ; talvolta immolavansi ad esse delle capre, ed erano altresì loro consacrate alcune fe
, chiamati Ninfee. Que’ sacri luoghi erano d’ordinario situati presso delle fontane, delle sorgenti di ruscelli o’ delle picc
ee. Que’ sacri luoghi erano d’ordinario situati presso delle fontane, delle sorgenti di ruscelli o’ delle piccole riviere. O
ordinario situati presso delle fontane, delle sorgenti di ruscelli o’ delle piccole riviere. Ogni Divinità superiore dell’un
sempre dipinte decentemente vestite ; egli è il carattere distintivo delle une e delle altre. Le Ninfe celesti o uranie rego
nte decentemente vestite ; egli è il carattere distintivo delle une e delle altre. Le Ninfe celesti o uranie regolano la sfer
. Le Ninfe celesti o uranie regolano la sfera del cielo. Poco si dice delle Ninfe infernali se non che tra di esse distinguev
tri danno per madre la Notte. Le Ninfe terrestri dividevansi in Ninfe delle montagne e si chiamavano Oreadi, Orestiadi o Ored
readi, Orestiadi o Oredemniadi, in Ninfe de’ boschetti dette Napee, e delle foreste dette Driadi ed Amadriadi. Le Oreadi, Ni
stodia. Le Amadriadi ninfe anch’esse de’ boschi crano meno fortunate delle Driadi. Il destino delle Amadriadi dipendeva da c
fe anch’esse de’ boschi crano meno fortunate delle Driadi. Il destino delle Amadriadi dipendeva da certi alberi coi quali ess
consimili i quali provano che gli antichi erano persuasi che la vita delle Amadriadi dipendesse dalle piante che le medesime
tanare dalle piantagioni quei danni, ai quali erano esposie Le Ninfe delle acque dividevansi in Ninfe marine chiamate Oceani
ue dividevansi in Ninfe marine chiamate Oceanidi e Nereidi ; in Ninfe delle fonti dette Naiadi, Crenee, Pegee ; in Ninfe de’
Ninfe delle fonti dette Naiadi, Crenee, Pegee ; in Ninfe de’ fiumi e delle riviere dette Potamidi, e dei laghi e delle palud
ee ; in Ninfe de’ fiumi e delle riviere dette Potamidi, e dei laghi e delle paludi dette Limniadi. Le Nereidi erano figlie di
Oceanitidi figlie dell’Oceano e di Teti. Sì le une che le altre erano delle famiglie delle Ninfe marine. Variano i poeti nel
ie dell’Oceano e di Teti. Sì le une che le altre erano delle famiglie delle Ninfe marine. Variano i poeti nel fissarne il num
e abitano il fondo del mare. Scorrono sollazzandosi, sulla superficie delle onde, sono spesso condotte sui carri dei Tritoni,
i Delfini scherzando. D’ordinario vengono rappresentate come compagne delle divinità marine, e adagiate sopra Delfini o altri
ngolar bellezza, e si loda specialmente la leggiadria de’ loro piedi, delle braccia e della persona, della qual bellezza eran
le ne’ sacrifici che loro facevansi ; talvolta erano ad esse immolate delle capre. Dimostravano di avere una particolare incl
diede un tempo il nome di Nereidi ad alcune principesse che abitavano delle isole o sopra le coste, oppure che si rendettero
o il sacrificio aveva luogo in sulla spiaggia raccoglievasi il sangue delle vittime nelle patere ; e se il sacrificio facevas
o, allora lasciavasi che il sangue della vittima colasse in mare. Una delle più distinte tra le figlie di Nereo fu Galatea pe
eo fu Galatea per la sua ammirabil bianchezza, per la divina bellezza delle forme, per l’avvenenza del volto. Amata da Polife
Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa ritornando dalla
iori e dei frutti, ma non erano se non se campestri divinità il culto delle quali non si estendeva sino alle città. Erano chi
e città. Erano chiamate figlie di Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdotesse di Bacco, altri le fanno madri de’ S
atura sulle spalle ondeggiante. Quantunque le Naiadi fossero abitanti delle acque, soggiornavano d’ordinario negli antri vici
che ne’ boschi, e nelle praterie sollazzavansi. Egle era la più bella delle Naiadi. I poeti indicano talvolta l’acqua per le
olta l’acqua per le Naiadi. Il color verde s’addice all’abbigliamento delle Naiadi, come a quello di tutte le divinità marine
traeva in sua casa un’infinità di stranieri per ammirare la bellezza delle sue opere. Gli elogi che le si tributarono, le in
esi che gli Egizi per rammentare continuamente al popolo l’importanza delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro fe
o della sesta chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove gli diede delle piante di pomi che fruttavano de’ pomi d’oro. Que
omi che fruttavano de’ pomi d’oro. Questi pomi furono posti nell’orto delle Esperidi sotto la custodia di un drago nato da Ti
diviene inutìle, e che non vuole sia toccato da nessuno. Nella favola delle Esperidi non iscorgono altri che un quadro de’ fe
llegorico il quale non vuol significare altro che il sole. I giardini delle Esperidi, vuolsi che fossero nelle Isole Esperidi
sole Esperidi le stesse che le Canarie. Altri vogliono che i Giardini delle Esperidi fossero in vicinanza delle colonne d’Erc
ie. Altri vogliono che i Giardini delle Esperidi fossero in vicinanza delle colonne d’Ercole oggi stretto di Gibilterra. L
ol suono della marina conca. Talvolta è egli portato sulla superficie delle acque ; altre volte appare in un carro tirato da
o di calmare i flutti e di far cessare le tempeste. La maggior parte delle divinità dei mari di second’ordine si dicono Trit
l’ordinario con una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche delle corone di giunchi ; e ne sono stati rappresentati
poli o in alcune isolette colà vicine che ancora si chiamano le isole delle Sirene. L’oracolo aveva predetto alle Sirene ch’e
fosse passato, senza fermarsi per sempre all’incanto della lor voce e delle loro parole, sarebbero elleno perite. Le incantat
ella nave, affinchè dandosi il caso, in cui incantato dai dolci suoni delle Sirene, avesse egli voluto fermarsi, i suoi compa
per esporsi fu sì incantato de’ lusinghieri suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli facevano, di insegnarg
inioni di coloro che hanno voluto dare un’interpretazione alla favola delle Sirene, e sì poco verisimili, che si crede opport
donna il cui corpo era circondato di cani. Aggiungesi che lo strepito delle onde frangentesi contro le rocce dello stretto, i
i domestici. Sorsero degli altari in loro onore. Si tenevano per essi delle lampade accese. In pubblico si sacrificava loro u
ciute sotto il nome di Lemuri. Quelli che avevano cura degli abitanti delle case ove eglino stessi avevano dimorato e che era
invocava pei grani quando cominciavano a gonfiare le spiche, la polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo era i
ozianti rinomati che andavano a scoprire nuovi paesi e vi conducevano delle colonie. La vanità greca ha attribuito ad Ercole
hiamato il primo degli Eraclidi. Giove per ingannare Alcmena si vestì delle sembianze di Anfitrione di lei marito mentre ques
o aver purificata l’aria, Ercole si presentò per ricevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle
icevere il compenso delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Siccome Augia g
tre corpi che faceva pascere i suoi buoi con carne umana. Per custode delle sue mandre aveva un cane con tre teste chiamato O
uccise anche questi mostri. 11.° Uccise il Drago custode del giardino delle Esperidi, nato anch’esso da Echidna, e ne tolse i
ervito di teatro a qualche meravigliosa di lui azione. Per vendicarsi delle persecuzioni suscitategli da Giunone, diresse con
to il capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue ceneri. Appena fu acceso il rogo, dicesi che
atti di uomo forte e robusto, e con una mazza o clava in mano, armato delle spoglie del leone Nemeo, ch’egli porta qualche vo
erchè il naviglio fu trasportato sulle coste dell’isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta da un pescatore n
aggio offerse di portargli invece del cavallo la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni, la sola che fosse mortale ; cui Pall
eo cui Andromeda era stata innanzi promessa ; e dopo aver uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietr
anti ribellatisi al supremo Nume. Atlante era il padrone del giardino delle Esperidi in cui si conservavano i pomi d’oro. Avv
te in astri, per sottrarle alla collera di Giunone che voleva punirle delle cure da esse avute per educare Bacco. La costella
tempo. Questa costellazione nomasi da alcuni Ia dal nome del fratello delle Iadi. Fanno alcuni queste Ninfe figlie di Cadmo.
e dai Greci Iadi, Pleiadi dai Latini. Da molti Atlante si vuole padre delle Esperidi. Teseo, Piritoo, Ippolito, Fedra e i
sirilievi, sculture, ecc. scorgesi che esistettero pei mitologi anche delle Centauresse. Cadmo Cadmo principe Fenicio,
o le fondamenta della città. Allorchè Tebe fu edificata Cadmo stabilì delle leggi per far regnare la pace tra gli abitanti. S
avevalo sempre accompagnato. Oppressi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono gli Dei di porre fine alla lo
carro tirato da serpenti. Vuolsi che Cadmo insegnasse ai Greci l’uso delle lettere o dell’alfabeto. Castore e Polluce
pagana teologia. Incantate dai soavi accordi della sua cetra le Ninfe delle acque e delle foreste, dovunque lo seguivano per
a. Incantate dai soavi accordi della sua cetra le Ninfe delle acque e delle foreste, dovunque lo seguivano per udirlo, e di a
o della sua voce, dilettò le infernali divinità, e sospese i tormenti delle colpevoli ombre. Tantalo dimenticò la sua sete,
furono commosse, e versarono in quella circostanza per la prima volta delle lagrime. Plutone e Proserpina, egualmente intener
dell’Acheronte senza prender alcun cibo, pascendosi del suo dolore e delle sue lagrime. Si ritirò poscia sul monte Rodopo ne
d un genere di vita meno triste e selvatico, impegnandolo a contrarre delle nuove nozze, ma vani riuscirono i loro sforzi. Ir
r vendicarsi dell’insultante rifiuto. Trasportate di furore, in tempo delle Orgie, lo assalirono, lo ridussero in pezzi, ne d
azioni di questi due fratelli furono diverse. Zeto si diede alla cura delle gregge e Anfione coltivò la poesia e la musica, f
o nella Grecia. Altri dicono che Anfione ricevesse la lira dalle mani delle Muse. Divenuti grandi i due fratelli, e istruiti
i trattamenti che Dirce aveva fatto subire alla loro madre radunarono delle truppe, colle quali s’insignorirono della città d
itirarsi in una città, e porsi con buone mura al ricovero de’nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apo
nia secondo altri. Gli si attribuisce l’invenzione dei versi lirici e delle canzoni. Ebbe da Apollo la lira a tre corde di li
mondo, sul corso del sole e della luna, sulla natura degli animali e delle piante. Si fa l’inventore auche dei canti lamente
el suo tempo, prese cura della sua educazione e gl’insegnò le scienze delle quali egli medesimo faceva professione, e special
raditore marito che dopo aver vissuto molto tempo tormentato dal peso delle sue sventure, egli perirebbe colpito dagli avanzi
foreste ove cacciando con Diana acquistò la cognizione de’semplici e delle stelle. Questo Centauro viveva avanti l’acquisto
e ritirato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra di Lerna,
cisi tutti gli uomini. La regina Issipile però, la quale meno inumana delle altre aveva furtivamente salvato il padre suo Toa
o e di Elle e che il primo fu spedito a scegliere la più bella pecora delle mandre del re per offrirla in sacrificio a Giove.
er domare la Chimera ; ch’egli su questo destriero, e gonfio il cuore delle sue vittorie, tentò di salire in cielo : allora G
vulcano vedevansi de’leoni ; a metà eranvi de’pascoli dove pascevano delle capre ; ed appiè del monte stesso vi erano delle
scoli dove pascevano delle capre ; ed appiè del monte stesso vi erano delle paludi infestate da sérpenti. Bellerofonte fu for
che fu Meleagro, avvenne che Oeneo offrendo per l’ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimen
a quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino delle Esperidi al dir di alcuni e secondo altri nell’is
dir di alcuni e secondo altri nell’isola di Cipro. Siocome, a seconda delle convenzioni, l’amante doveva essere il primo a co
che era perito in un naufragio mentre andava a Claro oggi Calmine una delle Sporadi, per consultare l’oracolo d’Apollo, morì
po e lo portò al disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli era padre, furono talmente afflitte, c
le strade. Giano insegnò ai suoi popoli le divisioni dell’anno, l’uso delle barche, delle monete, le regole della giustizia,
no insegnò ai suoi popoli le divisioni dell’anno, l’uso delle barche, delle monete, le regole della giustizia, e il modo di v
e regole della giustizia, e il modo di vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; mostrò loro ad onorare gli Dei nei tempii
oscia sposata, n’ebbe un figlio chiamato Mida. Sopraggiunsero intanto delle forti dissensioni tra i Frigi, per cui ricorsero
ro anch’essi estinti ; e Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovè tornarsene scornato in Argo. Più c
re il sangue de’popoli, di battersi in singolar certame alla presenza delle due armate, con tale accanimento pugnarono essi l
onde sottrarsi alle ricerche de’ Tebani ; gli enimmi erano l’immagine delle insidie ch’essa tendeva ai passeggieri, tirandoli
teo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amici
. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a Menelao e Clit
re, pensarono a vendicare la morte del loro avo. Tindaro accordò loro delle truppe colle quali assalirono e vinsero Tieste, c
grande equità dotato, che i vicini pastori lo prendevano come arbitro delle loro questioni. Sposò la ninfa Enone, figlia del
me Lebreno, e visse con lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze di Teti e di Peleo. L’azione che più d’ogn
a segnente iscrizione : Alla più bella. Da principio non vi fu alcuna delle Dee la quale non pretendesse d’ottenerlo, in onta
vi fu alcuna delle Dee la quale non pretendesse d’ottenerlo, in onta delle proprie rivali ; e dopo parecchi vivi dibattiment
timento veruno, si presentarono al giovane pastore. Ciascuna gli fece delle offerte onde impegnarlo a pronunciare in proprio
frì la saggezza siccome il maggiore di tutti i beni non che la gloria delle armi. Venere s’impegnò di renderlo possessore del
l’offerta di Venere fosse a Paride più gradita, sia ch’ei la trovasse delle altre due effettivamente più bella, le aggiudicò
glio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte, Pentesilea regina delle Amazzoni, ecc. Non tutti i principi greci si pres
bito da mercante con vari ornamenti donneschi a’quali frammiste erano delle armi, vedendo Achille a queste subito appigliarsi
di Giulio II sotto la volta di un salone che sembra aver fatto parte delle terme di Tito. Il Laocoonte trovasi al presente n
n tanto per la sua anzianità, quanto per la precisione e la chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ; di modo
ne del futuro. Convengono generalmente gli antichi che vi siano state delle Sibille, ma non sono tutti concordi riguardo al l
di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa discese nel soggiorno delle ombre, ove apprese dal padre tutti i perigli cui
ri Sibillini. Vogliono altri che fosse Demofila o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale era di Cuma
La loro principale cura era quella d’impedire che s’intraprendessero delle guerre ingiuste dalla repubblica, e ad essi veniv
utti i casi impensati, tutti i moti volontari del cuore, degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi, gli starnuti, le
città dell’Elide ogni quattro anni, e da cui prese origine il computo delle Olimpiadi : 2.° I Pitici o Pizi, che celebravansi
di spettatori e di concorrenti, in questi giuochi cui siamo debitori delle odi immortali di Pindaro, non davasi altro premio
uochi essi aggiunsero anche i sanguinosi spettacoli dei combattimenti delle fiere, le quali uscir si facevano dalle carceri o
i giuochi. Presso i Romani celebravansi dei giuochi non solo in onore delle divinità abitatrici del cielo, ma eziandio di que
V. Ebe. 158. Nettuno. 44. Ninfe (le). 238. — Celesti o Uranie. 240. —  delle acque. 246. — Infernali. Id. — Terrestri. Id. Nio
rata, cant. I, st. LVIII. (1). Estratto dalla Prefazione del Manuale delle Mitologie pubblicato coi tipi del sig. Antonio Fo
3 (1880) Lezioni di mitologia
ro. Ottobre 1871. Corrado Gargiolli . Avvertimento. Dei pregj delle Lezioni di Mitologia di G. B. Niccolini, pubblica
suo Corso; « Son grato alla cortese opinione che il Prof. Valeri ha delle mie Lezioni di Mitologia ; ma, dopo le opere di
anni e della luce, per cui l’universo ride e si rinnova, il vincitor delle tenebre, la vera sede di Dio, che, al dir del Pro
o ad un tempo la popolare ambizione, recarono alle divinità l’origine delle nazioni per essi ordinate. Quindi è che l’istoria
voi il desiderio di impadronirvi di quelle notizie che sono l’oggetto delle mie fatiche, ho deliberato di darvi il prospetto
sono l’oggetto delle mie fatiche, ho deliberato di darvi il prospetto delle Lezioni che formeranno il Corso della Mitologia n
ndono sembianza d’Istoria, mi è necessario dì par lare in primo luogo delle opinioni che sulla formazione degli Dei e del mon
, i boschi sacri, gli asili, le statue, i sacrifizj saranno l’oggetto delle nostre ricerche. Questo esame ci porgerà l’occasi
ri famosi diventeranno a voi familiari, e così la vostra mente, ricca delle immagini veramente ritratte da questi ingegni sov
olgorà la sua attenzione ai versi di tanto poeta, del « Primo pittor delle memorie antiche. » di quello che colla divina Il
esaurite le favole teologiche ed istoriche, tralasciassi di parlarvi delle divinità adorate da quelle nazioni che barbare fu
tato sugli Dei dei barbari succederanno molte Lezioni sull’allegoria, delle quali non posso, quanto bisogna, raccomandarvi l’
’importanza. Basterà dirvi che il celebre Winkelman, tanto benemerito delle arti belle, ha scritto su questo soggetto un’oper
rte del disegno. I lumi di tanto scrittore diminuiranno le difficoltà delle nostre ricerche: egli v’indicherà le figure alleg
icoltà delle nostre ricerche: egli v’indicherà le figure allegoriche, delle quali negli scritti degli antichi si parla, e che
nei loro monumenti. Difficile è l’arte di esprimere le idee col mezzo delle immagini, in che consiste l’allegoria, la quale v
ttonito pellegrino che di esso ha piena la vista. Ma se la conoscenza delle mie forze mi vieta così care speranze, io confido
ita la lode, nutre l’emulazione; a voi la patria raccomanda la gloria delle arti, sacra eredità dei nostri maggiori. Comandat
Non mi stanno sugli occhi le promesse del vostro ingegno, e l’altezza delle comuni speranze? Lezione seconda. Sulle divers
dell’umana mente alle proprie forze abbandonata, quanto la tradizione delle diverse idee tenute dagli antichi sulla origine d
ata a narrare questi errori, fondamento all’istoria ed alla religione delle nazioni idolatre. Principio si prenderà dai Calde
di quell’insensato progetto, che Iddio arrestò e punì colla diversità delle lingue. Sincello così n’espone la loro Teogonia.
rammento di Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, traduttore delle opere di questo antichissimo sacerdote. Il princi
o stesso del fango, e secondo altri una corruzione nata dalla mistura delle acque, onde derivarono le generazioni di tutto l’
nde va coperta additavano la sua invisibil natura, il supremo dominio delle cose, la spiritualità dei suoi moti. Nell’evo era
marina, eterna voluttà degli uomini e degli Dei, indivisibil compagna delle Grazie e di Amore, a cui mille altari fumarono in
la Contesa madre della Fatica, dell’Oblio, della Fame, degli Affanni, delle Guerre, delle Stragie delle Sconfitte, e di tutto
re della Fatica, dell’Oblio, della Fame, degli Affanni, delle Guerre, delle Stragie delle Sconfitte, e di tutto ciò che i mor
a, dell’Oblio, della Fame, degli Affanni, delle Guerre, delle Stragie delle Sconfitte, e di tutto ciò che i mortali tormenta,
uerele, le dissensioni, i discorsi maligni ed ingannatori, lo scherno delle leggi, la doppiezza e il giuramento. Ponto, cioè
le fu ucciso. Ceto generò pure da Forci il Drago custode del giardino delle Esperidi. Tati dall’Oceano ebbe tutti i fiumi, ed
Oceano ebbe tutti i fiumi, ed innumerabile stuolo di ninfe abitatrici delle fontane. Esiodo le fa ascendere a tremila, e ad a
mele Bacco, ed Ercole da Alcmena. Vulcano sposò Aglaia la più giovane delle Grazie. Bacco si congiunse all’abbandonata Ariann
i Templi e dei sacrifizj. In mezzo ai campi, nel maestoso silenzio delle selve gli antichi sentivano la divinità, e sopra
1’ ufficio degli Dei. Infatti, quelli ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la loro sede nel più elevato si
orgevano le macchine sacre alle divinità, venerande custodi e maestre delle arti e della pace. Tutti i templi erano volti all
altari, i sacerdoti, i vasi stessi che accogliere dovevano il sangue delle vittime. Con queste corone alcuni cingevano la so
mità del capo, altri le tempia, altri il collo. S’indoravano le corna delle vittime, e si cingevano di bende: nè a questo uso
serbavano ai solenni conviti. Alle divinità dell’aria, oltre il fumo delle vittime, caro era ancora l’odore di eletti incens
rofondo della notte, quando « Del sonno il peregrin cede al desio, E delle porte il vigile custode; E tregua al duolo ancor
aciti, intenti Stanno i Greci a quel prego. — Odimi, augusto Regnator delle cose, e voi m’udite, Sole, Terra, o venerande Eri
ichevole sulla terra che la ricoprirà, e col cenere muto mi lamenterò delle mie sciagure. » Se ricchi e famosi erano gli esti
ee, frondi di funebre cipresso circondavano gli altari ed i vestiboli delle case. Invocavansi le omhre a bere il sangue accol
rte Si trasse alquanto, e verso il mar fremente Volgendo il guardo: — delle patrie sponde. Gridò, Sperchio fìume onorato, ind
i sgozzati agnelli A lui qual nume in sacrifizio offerti Il puro fior delle adipose carni N’estragge Achille, e dell’estinto
rea salma Venere e Febo: ella il bel corpo inonda D’ambrosio odor che delle fere edaci Gl’ impeti affrena, e inviolato il ren
re e gli altari da Servio, che afferma questi ultimi solamente proprj delle divinità celesti. Certo è che ai numi infernali s
solide, altre vuote nella parte superiore, onde accogliere potessero delle vittime il sangue, e il vino delle libazioni. Nè
periore, onde accogliere potessero delle vittime il sangue, e il vino delle libazioni. Nè tutte s’inalzavano nei templi, ma f
e, Gli tenea sempre riveriti e colti. » Oltre l’esser nei capistrada delle città, nelle vie maestre, nei circhi, negli stadj
vi quel di pili che importa sapere; poiché, se tener conto si dovesse delle numerose divisioni che ne facevano gli antichi, m
ricevuti benefìcj, o per chieder l’adempimento dei loro voti, parlerò delle ostie che allora si offrivano, poiché ogni genere
d’avorio dall’oro o dal hronzo adornato. Con un ferro detto dolabra, delle palpitanti vittime radevano la pelle: le parti di
zio le madri. Le trombe, i timpani erano destinati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi era una vall
sa loro semplicità, giacché il sentimento rifiuta tutti gli ornamenti delle frasi. Udite la morte della prima, narrata ad Ecu
a è sangue: La Grecia, il figlio te lo dona: a noi Concedi i venti, e delle tarde navi Tronchin le sarte, e tua mercede i Gre
il ferro alma privata, Non d’Ettore la suora; io serva a Dite, Rossor delle maggiori ombre, non scendo. — La plebe ondeggia:
ione, e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero delle sue Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu
n, che coloro i quali trattano del nascer di un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a poche relazioni di rassomiglianza
atue colla parola ϰιων, cioè colona: tanto nei vocaboli sta l’origine delle cose racchiusa. Con due pezzi di legno paralleli,
te superiore di essi, indicando con taglio longitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo era l’emblema col quale s’ind
preceduto quello dei templi, come vi ho dimostrato. La notte, propria delle selve, spaventò dai più remoti tempi l’ignavo tim
etare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li traea il loro genio e delle altre genti l’esempio, non permise che l’altare d
rve il volgo. Sembra la reggia allontanarsi in mille Recessi: e cinge delle ricche stanze La fuga artificiosa antica selva. A
rendere vostre tutte quelle notìzie, che preceder deggiono lo studio delle favole e la storia degli Dei, che colla scorta de
ano, e che il celebre Gori fece incidere, e pubblicò nella Collezione delle Iscrizioni Doniane. Nè minor lite reo’na fra a:ìi
natissimo trovo, che il destro piede fa posar sull’aquila, quasi base delle sue alte venture. Non placarono i henefizj del fi
Italia, che poscia furono chiamati Cumani. Istituì leggi, vietò l’uso delle carni umane, mostrando ai mortali le ghiande dell
reme unica notte I cento lumi; dal recente sangue L’augel nascea, che delle occhiute piume Colla pompa emular sembra le vele
do piede l’ingiuria veloce. Nè Giove marito si astenne dagli amplessi delle mortali in onta agli sdegni gelosi della moglie.
Mitologia, devono a queste colpe la gloria dell’origine e la felicità delle imprese. Calisto, l’emula di Diana, felicissima f
eno chiari. Deu calione da lodoma, Britomarte da Carme, Megato da una delle ninfe Sitinidi, Edio padre d’Endimione da Protoge
fratelli Palici da Talia. Nè Giove nelle sue galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’ padre di Apollo e Biana, li du
e Pierie, diede alla luce le Muse, delizia degli uomini, oblio sicuro delle mortali sciagure. E Giove non fu meno ambizioso c
il vaneggiare di molti illustri, che tanto differiscono nei resultati delle loro ricerche. E a questo fato soggiacer dovevano
religione pagana gli era attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle sorti mortali. Col nome di Custode particolarment
te Properzio, ingegno sovrano, che col volo della fantasia, col fuoco delle immagini primeggia fra tutti i poeti. Fulminatore
à gli Dei: se altrimenti opero e penso, salvi tutti gli altri in onta delle patrie leggi, perisca io nei proprj lari, nei pro
a afferrando un agnello, nella destra una pietra, chiama in testimonj delle sue promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giov
to, cioè datore di beni, onorò Sparta severa. Giove Polieo, o custode delle città, Atene ingegnosa, Panellenio, o comune a tu
rricchirò la reggia: Non umil dote, la tradita Roma Ti porto. Ahi: tu delle rapite donne Compensa i danni con ingiuria altern
ve, per la tua vendetta Vegli tu solo: Avea Tarpea tradito La sicurtà delle fidate porte, E la patria cadente, e fisso il gio
tento d’ indi care la lite e le armi degli avversarli, parlerò pri ma delle gesta della dea, quindi dei simboli coi quali era
uase al dio di fabbricare un simulacro di legno, e dopo averlo ornato delle più splendide spoglie collocarlo sopra un carro,
spoglie collocarlo sopra un carro, spargendo al tempo stesso la fama delle sue nozze con Platea figlia di Asopo. Prestò lede
utile la vigilia dei cento lumi coi quali custodiva la misera Io. Una delle più grandi disavventure di Giunone fu l’essere so
ci, può farne al giusto comprendere tutto il merito. E certamente una delle più perfette statue vestite, che ci rimanga dell’
facilmente per Giunone, così ci resta molto più sensibile la perdita delle braccia, nelle quali il greco artefice avrà gareg
possiamo distinguere con precisione la maniera di quel gran maestro, delle cui opere non conosciamo che alcune copie per pla
me appunto nelle pitture di Raffaello si ravvisano talvolta i vestigi delle maniere usate nelle scuole dei più abili quattroc
e dai Romani segmentatœ vestes. Era questo presso i Romani distintivo delle gentildonne e delle matrone, onde ben conviensi a
atœ vestes. Era questo presso i Romani distintivo delle gentildonne e delle matrone, onde ben conviensi a una dea che era chi
ontrasti ignara Condiscendenza, che alle proprie voglie Cede così che delle altrui s’indonna. Grazie decenti. Atti gentili, e
gnomi che la verità degli ufficii, la fantasia dei poeti, l’ambizione delle nazioni impose a Giunone. Lo scopo della presente
fu chiamata per diverse ragioni, fra le quali la più comune è perchè delle donne nei dolori del parto affidata le era la tut
iunone Gamelia. Cinzia dicevanla quando diminuiva il sollecito pudore delle vergini, cui lo sposo, con mano ardita, sciogliev
promesso di edificare alla consorte del Tonante. Insigne nella storia delle arti è il tempio che a Giunone, sotto lo stesso n
ni si sforzavano di scusare con industri allegorie tutte le assurdità delle lor religioni, ne danno dell’industri spiegazioni
nume è il simbolo; l’altro crede additarsi col velo che le ricchezze, delle quali Giunone è arbitra, si tengono studiosamente
re un foro quadrangolare in cui s’innestava. questo fosse un vestigio delle colonne che negli antichissimi tempi si venerano
vetusta immagine della dea, o per dimostrarla dispensatrice e padrona delle ricchezze, come si è accennato. Questo simulacro
no apposti a credere in braccio della gelosa moglie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella stessa lieta di tripl
a dolcezza dell’espressione merita distinta lode, è in tutto il resto delle membra e del panneggiamento d’uno stile così dive
scettrata diva. Consorte a Giove, non temuto oltraggio Accrebbe l’ire delle offese antiche, Quando balzò dalla divina testa P
ere il governo dell’universo, e la fortuna diede a Nettuno l’arbitrio delle onde. Divenuto abitatore del nuovo regno, amore l
e sommamente onorano l’imperatore dell’onde, offerendogli le primizie delle biade, ed avendo scolpito nelle monete loro il tr
e Nettuno, comandando loro di servire a Laomedonte per la costruzione delle mura troiane. Il re spergiuro negò ad ambedue la
l’insegna di Nettuno, ch’egli stringe nella sinistra. Benché le punte delle quali é armato, e donde il nome tridente deriva,
pasceva l’armento degl’immortali. Separò da questo cinquanta bovi, e delle sue arti non dimentico, egli con la preda cammina
diva il latrare. Entrò con tacito piede nell’antro, si cinse di nuovo delle fasce, credendo di fare inganno a Maia. Ma ad ess
tire l’antico amore. Questo canto fu pegno di pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte di percorrere le corde della s
e imparò l’arte di percorrere le corde della sacra cetra allegratrice delle Muse, gioia delle amabili danze, decoro dei glori
percorrere le corde della sacra cetra allegratrice delle Muse, gioia delle amabili danze, decoro dei gloriosi giuochi. In ri
obula Mirtillo. Lungo sarebbe 1’ annoverarli tutti. Aggiungerò alcune delle maniere nelle quali fu Mercurio rappresentato, e
a dalle reliquie della villa di Quintilio Varo. Gli eruditi spositori delle antichità Tiburtine convengono che in questo sito
rove appunto che nei Fori solevano inalzarsi le statue dei benemeriti delle città. » Omero , Inni, tradotti dal Salvini.
ubi, Era volando Giunto là ‘ve d’Atlante il capo e il fianco Scorgea, delle cui spalle il Cielo è soma; D’Atlante, la cui tes
ustode d’ Io sventurata. Strofeo lo dissero perchè presiedeva al giro delle merci, o perchè il suo idolo collocavano presso l
suo idolo collocavano presso la porta, onde presedesse alla sicurezza delle case allontanando i ladri, dai quali era venerato
pietà, gli avea consacrato. Pitagora soleva chiamare lo dio Questore delle anime, perchè alle beate sedi dell’ Eliso le cond
sso che Mercurio. Esaminerò la verità di questa asserzione favellando delle divinità egiziane. Udite intanto da Apuleio come
a una certa robusta muscolatura, che anco traspare sotto la rotondità delle forme giovanili, non ha però nè la pelle leonina,
che lo crede un Meleagro, benché la più seguita, è la meno probabile delle tre: non ha forse altro fondamento che una legger
i e nella j^resente statua assai più sublimi; disconviene l’abitudine delle membra molto più robusta e per così dire atletica
lto e lo sguardo dolcemente penetrante; a lui la vigorosa complession delle membra che palesa l’inventore o il padre della pa
braccio sinistro, simbolo della sua speditezza nelle tante incombenze delle sue moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i se
tto a certezza il soggètto della statua Vaticana, aggiungendo al peso delle sopraccennate congetture quello gravissimo del co
i il serpeggiamento della figura, il rilievo dei fianchi, il contorno delle gambe, e sin l’espressione delle articolazioni de
il rilievo dei fianchi, il contorno delle gambe, e sin l’espressione delle articolazioni dei piedi. È vero che nelle gambe t
ei pezzi antichi eseguita con qualche arbitrio, L’ armoniosa relazion delle parti è tanto sorprendente in questa statua, che
sopra altro marmo le più belle proporzioni della figura. E il numero delle copie antiche che ci rimangono ne dà una maggiore
ubblicata dal conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisb
questa statua quella di bronzo di Salisburgo, quantunque nella Storia delle Arti ciò si asserisca. È questo uno dei piccoli n
medicina, trovato il mezzo di sottrarre i mortali alla più terribile delle dee, alla Morte. Sdegnato Giove perchè T umana ge
lasciata nei loro scritti, ma più colle repliche e copie eccellenti, delle quali erano piene le case e le ville de’ grandi,
Winkelmann mio antecessore. Fece (son le parole di Plinio dove parla delle opere di Prassitele in bronzo), fece un Apollo jm
gere il Pitone, lo potremmo congetturare da questa statua. La nobiltà delle forme e la bellezza ideale, colla quale l’artefic
tare non può essere equivoca che fra Apollo e. Cupido, ma la mancanza delle ali esclude quest’ultimo. La chioma vezzosamente
reda è solo il fango, E va superba di sozzura. All’alta Cerere, madre delle bionde spighe. La Melissa che è a lei sacra, non
o era il luogo ove la Terra rendeva le sue risposte, e che Dafne, una delle ninfe della montagna fu scelta dalla dea onde vi
l’opinione più probabile e più seguitata è che Apollo ha sempre avuto delle donne per interpreti delle sue risposte. « Si pr
più seguitata è che Apollo ha sempre avuto delle donne per interpreti delle sue risposte. « Si pretende che la prima cappell
Vulcano lo fabbricasse; il che non credo, come repugna che vi fossero delle vergini d’oro, che voce armoniosa risuonavano, ne
nome di Pito, cioè cattivo odore. Infatti Omero ha detto che l’isola delle Sirene era piena d’ossa; perchè coloro che presta
re in Olimpia. Il terzo anno di questa olimpiade gli Anfizioni fecero delle variazioni, perchè, lasciando J sussistere il pre
uccessiva si abolì il premio, e fu stabilito che non vi sarebbero che delle corone pei vincitori. Si tolse l’accompagnatura d
numerazione dei doni che ornavano il tempio di Delfo, tesse la storia delle imprese di quelle nazioni, dalle quali erano stat
merò questa parte del racconto di lui, perchè non conviene allo scopo delle mie Lezioni, lasciando sussistere quello che rigu
furor presago. Manto scorrea: sulle tremanti bende L’orror s’innalza delle chiome, e grida: Affollatevi, o donne, e date ai
o vel comando. La Diva il vuole. Le prescritte frondi Cingono il crin delle Tebane: al cielo Mille salgono a un tempo incensi
a, e Tebe, a cui le mura Del marito la cetra unì: rimiro Ampli tesori delle regie stanze In ogni parte: a questo aggiungi un
del mare il momento dopo che è cessato il vento. Guarda egli il colpo delle sicure saette con una certa compiacenza che mostr
e sicure saette con una certa compiacenza che mostra la soddisfazione delle divine sue ire; ma contro chi ha vibrato gli stra
re un mostro che strisci sul suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle sue freccie, l’ azione di aver saettato è tanto e
i sopra qualunque altra scultura. « Verificato pertanto che sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondament
ano degli errori nei capi d’opera, non solo dell’arti del disegno, ma delle lettere ancora e delle scienze, e che ciò che dis
pi d’opera, non solo dell’arti del disegno, ma delle lettere ancora e delle scienze, e che ciò che distingue l’autore eccelle
perciò sono restate ignote quasi 1500 statue del solo Lisippo, ognuna delle quali, secondo Plinio, poteva render l’autore ill
, o da Adriano che frequentavano quel soggiorno. « Questa statua, una delle più maravigliose, rappresentava l’Apollo Alessica
ù, e sembra che una tenera morbidezza scherzi sulla robusta struttura delle sue membra. — Vola, o tu che ami i monumenti dell
che ami i monumenti dell’arte, vola col tuo spirito sino alla regione delle bellezze eteree, o diventa un Genio, e prendi una
dell’umana fralezza. Non vi son nervi nè vene che a quel corpo diano delle ineguaglianze e del movimento: ma par che un soff
tare come in una nuova Pandora le bellezze particolari, che ad ognuna delle altre deità sono proprie. Egli ha di Giove la fro
ovato Artefice conservava qualche cosa della durezza e della magrezza delle scuole più antiche. Quindi non è lontano dal cred
redere che lo scultore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche di Calamide, correggendone i difetti,
con l’altro. Ama lo dio; La ninfa ancor d’amante aborre il nome; Sol delle selve a lei piace il secreto; Emula di Diana, ama
rida, se all’error felice Legge l’arte donasse? — I lumi ammira Emuli delle stelle, e quella bocca. Che non basta il veder: l
li sosteneva. « Tale è la capigliatura di una figura muliebre in una delle più belle pitture dell’Ercolano, la quale presso
ra, ed è realmente, una bella chioma bionda quando divisa vi si forma delle cavità. Così mi sembra che deva intendersi dei ca
Boze nella Dissertazione che ha stampata nelle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni. » Fin qui Winkelmann. Visconti vi de
iamo solamente il padre della poesia, il nume dei Vati, il condottier delle Muse. Nell’aria del volto animato dall’estro, nel
sino a’ piedi, nella cetra che tien sospesa dal lato manco, nel moto delle braccia al suono, apparisce un dio che accompagna
e’ vati. In osservare questa bella statua attorniata dalle altre nove delle Muse, che fan corona al loro corifeo, ci rammenti
ello scolpito a bassorilievo sull’ arca di Cipselo unitamente al coro delle nove dee d’Elicona; e i versi che v’erano sottopo
scultori a copiarla per fare una statua dell’imperatore, come ancora delle diverse repliche delle Muse che ci sono rimaste i
r fare una statua dell’imperatore, come ancora delle diverse repliche delle Muse che ci sono rimaste in attitudini simili for
he delle Muse che ci sono rimaste in attitudini simili forse a quelle delle lodate di Filisco, come andremo a suo luogo notan
i scrittori. La fascia, o zona, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordinarie: era questa un altro abbigliame
ò ancora congetturarsi dalle immagini della Musa tragica, e di quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi di simil fas
cetre, che non ne erano fornite, secondo l’opinione degli espositori delle antichità ercolanesi. » Per la vittoria navale di
tini. Musagete chiamarono Apollo perchè scorta ai passi e all’armonia delle Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato era Apoll
figlio Al cocchio, dono di Vulcano: è l’asse D’oro, d’oro il timone e delle rote Il giro estremo: son d’argento i raggi. Di c
gento i raggi. Di crisoliti è sparso il giogo: accrebbe Febo splendor delle disposte gemme All’ordin vario. Mentre l’opra amm
inque archi diretti La via: sicuro il calle ove si vede Certi vestigi delle nostre rote. Perchè la terra con il ciel divida E
vanti di tutte s’arroga la seconda, che è sorella di Apollo e custode delle selve ed onore degli astri, perchè, come dai poet
ve farci maraviglia, giacché tutto quello che è argomento alla vanità delle nazioni soggiace a infiniti cangiamenti. Sappiamo
padre verginità eterna. La diva a cui sono a core i dardi, la caccia delle lepri, le allegre danze sotto gli alberi, e il ce
aventaronsi le ninfe quando videro gli orridi mostri simili ai gioghi delle montagne Ossee, ai quali sotto i cigli un solo oc
scudo fiammeQ:oriava luce spaventosa. Nè meno le atterrì lo strepito delle incudini sonanti, il vento dei mantici e l’urlo d
iché le Muse stesse non sono aliene da questo nume, a cui è sacra una delle sommità del Parnaso. La nostra Diana si rende con
. Potrebbe dirsi che Bacco, come deità della campagna, era ancora una delle deità della caccia. Spesso in atto di cacciatori
trati, detto volgarmente Cipolla. In questo si trovano lavorate molte delle più antiche e più belle statue greche. Diana succ
e le virginee membra Nella caccia stancate. Or che vi giunse, A ninfa delle certe armi custode Consegna i dardi, la faretra e
i per lo collo sparsi. Benché laccio veruri non le reprima La libertà delle neglette chiome. Attingon l’onda e Jale e Nife e
a e simulacri di Diana. « L’animosa fanciulla in mezzo al terrore delle compagne, ch’avriano con le mani sopraposte agli
ualunque animale. Di qui partita trovò sulla vetta del monte Parrasìo delle cerve saltanti, alta e mirabile cosa, che pascean
all’ isola, qual monte a te più piacque qual città, qual porto? Quale delle ninfe amasti sopra le altre? quali eroine avesti
vesti per compagne? Dillo, dea, onde agli altri si canti. Dolica, una delle Cicladi, fra l’isole ti fu la più cara; Perga di
i Cefalo Peionide amato dall’Aurora. Dicono ancora che tu ami al pari delle tue pupille la bella Antidea. « Queste già portav
ntate di questa di vinità le geste più illustri. Ora conviene parlare delle maniere colle quali Diana in diversi simulacri ef
lla sepolta città di Pompeia. « Generalmente Diana più che ogni altra delle dee maggiori ha la figura e le sembianze d’una ve
d’ogni intorno della testa ripiegati in su, e di dietro alla maniera delle fanciulle legati sopra alla collottola, come in u
n Roma. Le sue Oreadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe ali di aquila, come le aveva la dea nella
ontrario non si vede in niun luogo le Oreadi col turcasso. Nel numero delle ninfe di Diana si trovano ancora le Driadi, vale
le ninfe di Diana si trovano ancora le Driadi, vale a dire le custodi delle foreste, e sopra tutto delle querce. Una pittura
ancora le Driadi, vale a dire le custodi delle foreste, e sopra tutto delle querce. Una pittura di Ercolano ci rappresenta un
rdia sua: del generoso sangue L’orma ci guida. Son tinte le rupi, Han delle chiome le sanguigne spoglie Gli spini. Arrivo: eg
derivata avrei dagli scrittori la descrizione quando favellato avessi delle divinità, alle quali erano consacrati. Adempio al
di quattrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asserisce Pindaro in una delle sue Odi ch’egli fosse edificato dalle Amazzoni al
lente artefice per ve nirne a capo è singolare. Distese sulla sommità delle colonne certi gran sacchi ripieni di rena: poi la
o. Non troviamo in oggi di un così celebre edifizio che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione nel viaggio di Spe
i anni, ed Eclide Dalla moglie sicuro; evvi Atalanta, Gloria primiera delle Licie selve. Splendida fìbbia le stringea la vest
ò solamente che secondo Esiodo, che ha conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorel
iene le città, come simbolo della Terra, che riguardata come la madre delle cose quaggiù esistenti, poteva dagli antichi esse
al Menestrier, ma bensì un nimbo, solito aggiungersi intorno al volto delle deità. L’orlo rilevato che lo termina, dimostra a
sentate ne’ bassi rilievi esprimenti la favola d’ Endimione. Ne’ vani delle fasce è tutta coperta la statua al dinanzi di mez
benissimo che la forma umana non si estende sino alla metà inferiore delle medesime, ma non sembra sì facile il supplirla co
redo che le lor gambe dovrebbero essere di volatile in corrispondenza delle ali, e che queste altro non siano che le sirene.
etti della dea con una certa somiglianza al gran tempio di Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la più stupenda, al di
la copriva e la difendeva. Si vedono in questo lavoro come tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopr
e medaglie. Si sa che le colonne erano scanalate, quasi ad imitazione delle pieghe degli abiti feminili, e d’ordine ionico; e
Arcadia: impera Ai fiumi irresoluti il corso, e rende L’onor primiero delle verdi frondi Ai rami inariditi: or viene, or torn
i certi strali. Quando Diana alle sue ninfe in mezzo Lieta pel sangue delle vinte fiere Apparve, a sé chiama Calisto: il pied
a dubbii e differenze sull’origine e sulla patria, dovute alla vanità delle nazioni, alla mala fede degli scrittori, e più an
da Corife figlia dell’Oceano, detta dagli Arcadi Coria, ed inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante ed uccidi
cura Visitando le mura, e ti palesa Il risonar dell’armi E il sibilar delle gorgonie serpi Sull’usbergo immortal: tu qui pres
ondo l’Inno omerico, tutti gli uffìcii che la solitudine rendono cara delle domestiche pareti. Luciano in un suo dialogo int
ad essa e ad Esculapio Igia, o la dea della salute, per figlia. Assai delle azioni e degli attributi della dea. Passiamo a tr
uti della dea. Passiamo a trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nelle quali era dagli antichi sentata. Do
ile greco rappresenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisele di pelle, e gettata sopra il braccio sin
quest’epoca non si era ancora scoperta la maniera più comoda di porre delle strisce nella parte interiore dello scudo per pas
esta dea, alla quale, secondo Omero, s’immolava una vacca. Nel numero delle rappresentazioni rare è quella d’una pasta antica
ata da due civette, uccello a lei sacro per la somiglianza del colore delle sue pupille con quelle della dea. Gli antichi, ac
pupille con quelle della dea. Gli antichi, accuratissimi osservatori delle proprietà, reflettevano che questo appunto è il c
come ce la descrive Omero: « E la tunica messasi di Giove Ammassatore delle nubi, armossi Di forti arredi a lacrimosa guerra.
resto dell’abito conviene a Pallade: la tunica senza maniche all’uso delle Spartane, e il manto assai bizzarramente ripreso
a nostra statua se 1’ è ravvolto intorno, poiché essendo in compagnia delle Muse non ha voglie tanto feroci. In fatti la dea
a dea del sapere non poteva stare in compagnia più propria che quella delle Belle Arti, e il parto del cervello di Giove che
molti antichi sarcofagi ce le mostrano a Pallade unite. » Descrizione delle armi di Pallade. « Ma l’altra dea ch’è del gran p
g. Lezione vigesimasesta. Dei cognomi di Minerva. Gli attributi delle divinità antiche, le stesse sembianze che gii art
ro perchè tremendi di aspetto, e simili a quelli del biondo imperator delle foreste. Col titolo di Marziale, o Guerriera, fu
così deforme che da sé gettò lungi il mal trovato istrumento. Custode delle città udirete chiamata Minerva da Callimaco nella
igne, caro alla plebe, che era caduto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome di Vittoria era pure dagli Atenie
dolo colla manca, è tanto somigliante a quello della Minerva Pacifera delle medaglie imperiali che si può sospettare che nell
mile scudo, che cadde dal tempio di Pallade in Argo, nello sposalizio delle figlie di Adrasto, è chiamato da Stazio orbe di b
in tale azione appunto scorrendo, come dice il poeta, per gli ordini delle battaglie, e in questa attitudine di combattente
de é coperta la nostra figura. oltre il vedersi più grandiosa e ricca delle altre, che in qualche rara statua femminile si os
uando ha il titolo di Pacifera, e viene considerata come dea tutelare delle Arti e della Sapienza. » Solevano in un determin
Coralio fìume, E l’opre dei Beoti, un carro solo Teneale entrambe, e delle ninfe a lei Care non eran le scherzose fole E le
n gli detta la confusa mente Parole, e sembra effigiato sasso Custode delle tombe. Acuto grido Mise la madre, ed esclamò: Tre
i eterni mira. Se non l’elegge Iddio, grave mercede N’ottiene. I fusi delle dee sorelle Prego mortale non richiama: il figlio
masettima. Venere. Venere, eterna voluttà degli Dei, degli uomini, delle belve, favoleggiarono i più fra gli antichi che n
n temesse. Ancliise la esaminava e stupiva ad un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo pi
na, traspariva dal velo. Salve, Regina, disse l’eroe, chiunque tu sia delle beate, o Diana, o Latona, o la bella Venere, Temi
lla Venere, Temi generosa, o Pallade dagli occhi glauchi, o forse una delle Grazie o delle Ninfe: salve; io ti farò un’ara ov
i generosa, o Pallade dagli occhi glauchi, o forse una delle Grazie o delle Ninfe: salve; io ti farò un’ara ove in ogni tempo
: ed in sì fatta maniera si vede solamente in due opere in marmo, una delle quali è il monumento circolare del Campidoglio, l
oro busti, o statue, come si vede nella Villa Borghesi, se ne è fatte delle Giunoni, ma la voluttà e la forma degli occhi pro
crede di trovare ancora la Venere Celeste in una bella figura vestita delle pitture di Ercolano, che dalla mano diritta porta
dovere era di custodire la casa come questo animale, e di occuparvisi delle domestiche fatiche. Come simbolo di un amore puro
sola che si rappresenti ignuda, e per essere stata più frequentemente delle altre in varie età effigiata. La Venere dei Medic
resentano il rapimento di Proserpina, e singolarmente nella più bella delle due urne esistenti nel Palazzo Barberini, ha così
questa singolarissima statua. Ha saputo così bene nell’aggruppamento delle membra darci l’idea dell’azione che fa di sorger
ra non molto diversa. Le mollezze dei balsami non convengono alla dea delle selve giacché nè Pallade, nè Giunone stessa, quan
. Un altro i fianchi, e la ferita lava. Un dietro a Adon col ventilar delle ali Par che lui in vita richiamar procacci. Grida
nde potersi accertare con buon fondamento qual fosse il vero soggetto delle accennate sculture. « Le statue di Venere non ign
o Rodio che dà gran lume a siffatte immagini. Egli, nella descrizione delle figure travagliate da Minerva stessa nel paludame
raordinaria bellezza della testa di questa statua, superiore al resto delle membra, benché non mai disgiunte, e più la simigl
o facile, anzi è posto fuor di dubbio dalle medaglie, sicuro deposito delle più recondite erudizieni. Due medaglioni greci im
a presente statua: o si consideri la voltata del capo, o l’attitudine delle braccia, o l’andamento del corpo, il panno, l’urn
e fin l’acconciatura dei capelli, che non sono, come la maggior parte delle statue di Venere, raccolti in un nodo sopra la fr
le alla nostra statua; ed è sicuramente un gran piacere per l’amatore delle antichità e delle arti poter vedere così intiera
tua; ed è sicuramente un gran piacere per l’amatore delle antichità e delle arti poter vedere così intiera e conservata una i
osso onde antichissimamente solca formarsi. Sebbene le acque, simbolo delle quali è l’idria, hanno a Venere una relazione anc
Giulio II insieme col Laocoonte e l’Apollo, nel cortile detto perciò delle statue, allora giardino di agrumi. Venere vincitr
articolarmente in quella di Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio delle monete di Giulio Cesare. La seconda riguardava qu
enere e vincitore, si paragonasse ad un nuovo Enea donato dalla madre delle armi celesti. Ma troppo è chiara in questo episod
e le incudini, con le quali era Giunone legata, come la più litigiosa delle divinità, che mal soffrendo la novità del reirno
ad Euripide, le fiaccole nelle nozze, ed in onore di lui celebravansi delle corse con le dette fiaccole nella mano. Si affati
, secondo lo Scoliaste di Sofocle, e ch’ebbe con esso ara comune. Ma delle arti che col fuoco si esercitano, per comune cons
Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni gli diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una rete con tanto artificio,
telli Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle sue fiamme E de le sue fornaci, d’Etna in guisa I
i conviti e feste Scorgi e letizia; leggiadretta sposa Al bel chiaror delle notturne faci Al desiato talamo si guida Da uno s
nelle industri Le trasmette a vicenda, e queste attente Nodi formando delle vote paglie Ne fan cataste di covoni e monti. Che
o vi esposi allora che questa gelosa matrona del Tonante fu l’oggetto delle mie ricerche. Ma tal finzione appartiene alla Mit
alla Mitologia meno antica, ed Esiodo custode della prima semplicità delle favole non nega a Giove la gloria di esser padre
l più odioso. Tu non provi altro piacere che quello della discordia e delle guerre. — Pure, essendo suo figlio, ordinò al med
rvazione di Vitruvio che ordinariamente i templi di Marte erano fuori delle mura, onde nel popolo dissensione non nascesse, è
esentato. Marte armato di una sferza come vendicatore, si trova sopra delle medaglie; in alcune altre si vede colla lancia e
coll’Amore ai piedi nella Yilla Ludovisi, ed un piccolo Marte su una delle basi dei due bei candelabri di marmo, che erano d
del Museo dementino, siano derivate le immagini di Marte barbato, una delle quali è il chiamato Pirro del Campidoglio. Ma Qui
presa dei Sette a Tebe, della quale favellerò a lungo quando l’ordine delle mie Lezioni mi condurrà a trattare dell’ isterica
di Teocrito vuole che da questo amore infelice nascesse Pluto, il dio delle ricchezze, che cieco finsero gli antichi, volendo
rciò con loro dividono la gloria di serbarci la religione e la storia delle nazioni. L’Agricoltura e la Legislazione hanno av
a della mietitura. Si poneva la maggior parte di questi edifìzi fuori delle città, sia perchè la divinità alla quale erano sa
i che tengono il corno dell’abbondanza, e ciascuno è posto presso una delle sue mammelle. Questa attitudine le conveniva, sup
ed è per questa ragione che sopra alcune medaglie si vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge u
ra alcune medaglie si vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa di papavero. Il serpent
te prescritto l’uso nelle cerimonie del culto di Cerere. Le offrivano delle vitelle, e qualche volta è rappresentata con. una
sa, parlerò nelle seguenti Lezioni. Nè sarà per me omesso di trattare delle feste di lei e dei misteri Eleusini, i quali, sui
oi suonanti flutti Flegetonte, e anelar sembra nel corso, I penetrali delle sacre cose Apritemi, e del ciel vostro i secreti,
dotai Caos possiede: Dite l’error della delusa madre, Alma inventrice delle bionde spighe, Con che mutossi la Dodonia querce.
aggiormente si manifesti quanto i pensamenti dei poeti, primi teologi delle nazioni, abbiano degli artefici guidata la mano.
e nel becco un topo, considerato con ragione come il nemico della dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova nel
lino hanno dato a Cerere le hilancie, verisimilmente per l’invenzione delle leggi, e il timone perchè governa col loro soccor
e Plutone rapitore di Proserpina, eterna cura della dea. La diversità delle opinioni mitologiche doveva necessariamente accre
r estremità un raggio coi sette pianeti. La dea tiene due cornucopie, delle quali escono due figure allegoriche. Stanno sulle
Cerere fra due alberi carichi di frutta. Si vede a destra Giunone dea delle nuvole, che sparge la pioggia sulla terra arata;
sibile pei racconti di Esiodo e di Omero.- Dicono essi che questo dio delle ricchezze fu il frutto degli amori di Cerere con
enienti. Forse questa parità fu immaginata per mostrarne l’incertezza delle raccolte, e per farci comprendere ohe tutte le ri
ze sono figlie della terra. Eschilo ];el principio della sua tragedia delle Eiimenidi fa comparire la Pitia che parla in ques
oggetti campi, E si feconda la solcata terra Per la polve che cade, e delle rote Coprono Torma le sorgenti spighe, E la messe
Lezione è destinata ad arricchirne la serie già ordita, a favellarvi delle forme, colle quali gli antichi artefici effigiaro
ettuto nella sua famosa opera sul Laocoonte, di trovare nei monumenti delle arti le divinità con tutti gli attributi che loro
affa Noya a Napoli. Nel rovescio vi sono, secondo il solito, impresse delle spiche di frumento, sulle cui foglie posa un sorc
lto studiate di dare sulle loro monete sì alla madre che alla figlia, delle due testé mentovate dee, la più sublime bellezza:
da Visconti nelle seguenti descrizioni. « Uno dei più bei monumenti delle arti degli antichi nelle drapperie è la presente
drapperie è la presente statua. L’elegante e ragionevole disposizione delle pieghe, la finezza e la moltiplicità delle medesi
e ragionevole disposizione delle pieghe, la finezza e la moltiplicità delle medesime senza interruzione delle forme principal
ieghe, la finezza e la moltiplicità delle medesime senza interruzione delle forme principali del nudo e senza affettata ricer
embra eseguito con maggiore maestria. « Questa figura femminile priva delle braccia, vestita di una semplice tunica talare st
niente ad una dea ch’era fra le dodici deità maggiori della religione delle genti. « Siccome il suo culto fu uno dei più univ
suo culto fu uno dei più universali, e per le campagne, della cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi de
r le campagne, della cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali era la prima dispositrice, fina
e, della cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali era la prima dispositrice, finalmente per o
a pietra un pino adombra Con dense frondi; non turbò procella La pace delle selve, all’aura solo Striduli carmi coi loquaci r
n inteso: e già nasceva Fadre Oceano sull’estrema tela; Ma lo stridor delle tenaci porte Le dive le additò. Lascia imperfetta
quello di Bacco. A Trittolemo, secondo altri, figlio di Celeo devesi delle mentovate feste l’instituzione. Il numero dei gio
ro, perchè coronato andava alle cerimonie, ed era eletto dal concilio delle sacerdotesse della Gran Dea chiamate Miste. Il si
h’ equivale al nostro settembre. Ascendevano ad Eleusi, e per memoria delle leggi a Cerere dovute, portavano sul capo libri l
ete, ed è certo che le Tesmoforie furono stabilite per la rimembranza delle ricevute leggi; ed al contrario i misteri eleusin
rale in questa occasione al genere umano. Solevano nell’ultimo giorno delle feste celebrare un sacrifizio detto ^V7f/t« coli’
pinione di Visconti sia vera. E prezzo dell’opera il favellare adesso delle cerimonie eleusine dette per eccellenza Misteri.
secravano a Proserpina e a Cerere, e da alcuni era serbata per formar delle fasce ai fanciulli. Il sacerdote, o maestro dei m
i di queste cerimonie entrarono nel tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dimande gli scoperse per profani, e condotti
ta Orsa ritorna Ippolita, e che trae Tinti in battaglia Gli abitatori delle nevi eterne: tal tripudio le Meonie ninfe, Che l’
: — e toglie al prato Il fior memoria del suo pianto: invade Il volgo delle ninfe i varii boschi. La rapina così del timo Ibl
portando di notte con volto truce le fiaccole, intorno alla grandezza delle quali si gareggiava. Alludevano in ciò al lungo e
liacca plebe, o dei fratelli Pessimo, con la face e col flagello Qual delle furie qui ti spinse? ed osi Profanar con la tua q
e consorte indegno. Io pur son prole di Saturno, e serve A me la mole delle cose: il giorno Non stimar che ti sia rapito: abb
frode soave Con detti accorti; dell’errante crine L’error si frena, e delle nozze il velo Il timido pudor orna e difende, La
imane che Vesta tra gli Dei maggiori, la quale debba essere argomento delle nostre ricerche. Intorno alle altre divinità ho c
isti, colle descrizioni dei poeti, per quanto lo concedeva la tenuità delle mie forze e la vastità del subietto. È sentimento
Vesta, perpetuo degli antichi, onde da Orazio etenra nel terzo libro delle Odi vien chiamata. Quindi l’autor dei frammenti a
enealogie dice che Vesta si figura in una donna sedente circondata da delle piante, e da ogni genere di animali, che l’accare
Santa, Felice, Eterna, Antica, Madre. Sarebbe qui luogo di favellare delle sacerdotesse della dea dette Vestali, ma siccome
della dea dette Vestali, ma siccome elleno sono parte dell’ istoria e delle costumanze romane, opportunità migliore mi si pre
me. Lo vieta il ferro: l’angosciosa madre Grida, e la sveglia il suon delle catene. S’alza sul letto palpitando, e muta Gran
furto all’uomo, Preda ai serpi. Poiché mirò la dea Negletto il cardin delle fide porte E della flebil casa il muto aspetto, S
zione trentesimottava. Il Caos, la Terra e l’Amore. Per favellarvi delle altre divinità minori io terrò lo stesso ordine c
e, quantunque a me sembri eh’ eglino, non violata l’antica semplicità delle favole, le adornassero solamente di alcune circos
n ben congiunte. Il rintracciare altro negli antichi ci condurrebbe a delle dispute metafisiche, dalle quali aborre lo scopo
condurrebbe a delle dispute metafisiche, dalle quali aborre lo scopo delle mie ricerche. Quali genitori dia la favola alla T
mantata posando la destra sopra un globo stellato, poiché del Cielo e delle Stelle fìngesi madre. Stassi adagiatamente sotto
opra del suddetto globo sorger le quattro stagioni dell’anno nel giro delle quali conduce la Terra a maturità ogni semenza. L
itata, da Venere e Marte. Platone definisce l’Amore figliuolo del dio delle ricchezze, ch’ei chiama Poro, e della Povertà. Da
antichi poeti, che finsero essere stati da lui spogliati tutti i numi delle loro armi. Esrli tolse il fulmine a Giove, gli st
e non può mai esser letto abbastanza dagli artisti, poiché gran parte delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è
ra per gli atleti. L’Amore in Elide vedevasi sullo stesso piedistallo delle Grazie alla diritta di loro. In Egira l’Amore ala
za. L’Amore è stato rappresentato sotto forme varie all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto di
nella mano, L’Amore, secondo l’espressione di Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie e di Venere. Una gemma del Mus
L’Amore, secondo l’espressione di Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie e di Venere. Una gemma del Museo Fiorentin
esiste più, la Notte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e con una fiaccola nel
leste fisonomia ce lo farebbe ravvisare pel figlio di Venere compagno delle Grazie, anche senza riflettere che aveva in antic
el simulacro materno di Guido. Quel che sicuro è, che la moltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri sta
l che sicuro è, che la moltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di questo nume; ed io la crede
un altare di Trezene si offrivan dei sacrifizi al Sonno, come l’amico delle Muse. Quindi nel Museo Clementine una statua di l
ulacri dello stesso Nume, che erano parte di quella preziosa raccolta delle più belle statue del mondo. Io non voglio defraud
eo Tiburtino di Cassio fosse stata unita la statua del Sonno a quella delle nove Dee a chiunque conosca l’opinione degli anti
stesso Omero. questa, o altra sia stata però la ragione dell’alleanza delle Muse col Sonno, noi possiamo considerare in quest
al che può anche alludere avere unito la statua del Sonno con quella delle dee del Parnaso. Così appunto si vede in un bel b
Sonno sarà quella che in varie gemme s’incontra, similissima a quella delle citate medaglie, eccetto nell’ali delle tempia, c
ncontra, similissima a quella delle citate medaglie, eccetto nell’ali delle tempia, che sono di farfalla. È stata dagli antiq
lato, è in atto di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di morbido le
e, che sogliono a coppia vedersi scolpite attorno ai sepolcri, alcune delle quali hanno ancora l’epigrafe, perchè non si dubi
a terza osservazione riguarda l’abitudine pingue e complessa d’alcuna delle accennate figure, che a Lessing è sembrata improp
na città della Cilicia. Di Mnemosine non sappiamo se non che fu madre delle Muse ed amica di Giove, che per sedurla si trasfo
di Mnemosine, o sia la Memoria, figlia della Terra e del Cielo, madre delle Muse. Il nome greco (grec) che sta scritto in vet
rande avvedimento dell’antichità in supporre le Muse, dee dell’arti e delle scienze, figlie della Memoria e della forza dell’
e profeta di Apollo, che secondo alcuni tenne l’oracolo di Delfo pria delle Pizie, e fu il primo a servirsi dei versi esametr
: una però è scritta sotto dell’altra. Quindi è nata esitanza a quale delle due figure debba appropriarsi ciascuna iscrizione
to che loro si dà, pure quando non si volesse far violenza all’ordine delle leggende, e si persistesse a credere che l’epigra
a galleria nella Villa Albani. Tiene in quell’egregio fresco la madre delle Muse la mano all’orecchio quasi in atto di volers
ciascheduno il suo. Esiodo inoltre costituisce Temi madre dell’Ore e delle Parche. Temi, dice Feste, era quella che comandav
i muove l’autorità di Luciano, cui veruno negherà la notizia perfetta delle antiche superstizioni, che con la potente arme de
ibele che ha sul capo un modio, in parte coperto dal peplo; sul petto delle lunghe treccie attorcigliate. Resta in piedi tene
lta corrono con velocità, la dea stessa governandone le redini. Havvi delle medaglie ove quattro leoni attaccati al suo cocch
usto, che in un formando tunica e calzari, tutta la persona dai polsi delle mani ricopre sino alle noci dei piedi, e sino den
bottoncini astretto alle membra, fa travedere interrottamente il nudo delle gambe, delle cosce e parte ancora del ventre. Non
tretto alle membra, fa travedere interrottamente il nudo delle gambe, delle cosce e parte ancora del ventre. Non è però costa
ad accompagnare i riti di Cibele, erano scolpite, dice Zoega, in una delle fiancate dell’ara, ed essendo rimaste invisibili
, egli le ha fatte incidere secondo gl’indizi: di Grutero. Nell’altra delle fiancate contigue all’angolo ove è il carro della
randi letterati d’Italia, il dottissimo abate Lanzi, tanto benemerito delle Belle Arti per la sua Storia Pittorica, quanto lo
io garzonetto, io giovincello, Io giovin fui, anzi testé pur era, Io delle scuole il fior, io fui il più bello Onor della lo
orno. Io, io dei numi ancella? Io ministra di Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io di me parte, io steril uom sarò? Io de
a di un pino. Questo, dice il prelodato scrittore, è carico di arnesi delle cerimonie frigie, cimbali, zampogna a sette canne
i il toro, e altra vittima se v’era annessa (e per lo più un montone, delle volte ancora un caprone) ed ivi si scannavano in
, trad. del Caro, libro viii, verso 488 e segg. E l’antica osservanza delle leggi non era incisa usi bronzi, ma impressa nell
invece degli uomini, che, legati piedi e mani, gettavano nel Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con ciò levò lo scr
e durava tre giorni, e qualche volta quattro cinque. Siccome è parte delle costumanze romane, ne parlerò più a lungo nell’es
no della sua festa. Una statua di Saturno, riportato da Montfaucon ha delle piccole ali ai piedi, forse per indicare non il t
Fréret uno dei più dotti uomini della Francia ha raccolte sui Ciclopi delle notizie dai Classici, delle quali mi prevarrò nel
ini della Francia ha raccolte sui Ciclopi delle notizie dai Classici, delle quali mi prevarrò nella presente Lezione. Egli ri
unicamente occupati della vita pastorale, senza alcuna cognizione nè delle leggi della società, nè dell’arti più necessarie.
mero sono personaggi poetici e di pura immaginazione, simili a quelli delle nostre novelle. Se ne conosce una terza specie, d
n’antica tradizione, riportata da Strabene, attribuiva la costruzione delle fortezze di Tirinto e di Nauplia, fabbricate da A
di altre pietre vi sono mescolati per riempire i vuoti; vi si scorge delle specie di volte, o grotte, con volte in forma di
che mi hi presenterà occasione di parlarrjedi nuovr^ rjuando l’ordine delle mie Lezioni ne condurra al viaggio rti [jli.sse,
o dei più considerabili dell’antica istoria, influì molto sul destino delle nazioni orientali. Ne nacquero rivoluzioni e muta
ave e grato È fra i mortali. Ma trovarlo è pena, Tu il sai, lo penso, delle medich’arti Perito, e caro delle muse al coro. Po
rovarlo è pena, Tu il sai, lo penso, delle medich’arti Perito, e caro delle muse al coro. Polifemo traea sì facil vita, Odio
queste imputazioni come conseguenze dell’invidia prodotta dal merito delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu loro affidata l
llo, dall’altra una tanaglia. Dopo i Ciclopi, ai quali la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrovati mi ha obbligato di
otto vi ha descritto nelle passate Lezioni. Converrà dunque favellare delle diverse maniere di rappresen tarlo. Plutone, seco
nume dei morti, essendo stato costume antichissimo quello di servirsi delle spelonche e di altri luoghi sotterra per seppelli
e circostanze degli Egiziani. Godevano i primi di ritrovare nel culto delle nazioni la lor teologia; desideravano questi di u
se tutte che non dovevano far dubitare i moderni dell’origine pontica delle sue immagini. Difatti Dionisio il geografo, ch’er
ve Labradeo di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perga ed Efeso: e vogliasi questo attrib
Perga ed Efeso: e vogliasi questo attributo spiegare per un vestigio delle colonne adorate nei prischi tempi invece dei simu
 » « Infatti per quanto cariche di pompose dec orazioni sian le teste delle figure egiziane, nulla vi si distingue che al mod
an le teste delle figure egiziane, nulla vi si distingue che al modio delle prische divinità asiatiche si assomigli. Quindi c
dei morti, e come a deità nocente e funesta. Non tanto il color nero delle sue foglie, quanto il non rallegrarsi con nessun
noto. Pausania nel suo Viaggio nella Grecia parla incessantemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli cono
nel suo Viaggio nella Grecia parla incessantemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiq
da questo autore. Vi regna una confusione che oscura la distribuzione delle parti pittoriche. Il prelodato Caylus cercò di ri
orda. Ocno era un uomo faticante. ma la sua moglie dissipava i frutti delle fatiche del marito; ciò ha rappresentato Polignot
pitture gli spettacoli dispiacenti, ed a rammentarli allo spirito con delle cose che equivalgono. Un tal compenso, dice Caylu
essa aveva avuti, la repudiò come una sposa disgraziata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è la figlia di
avuti, la repudiò come una sposa disgraziata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è la figlia di Salmoneo sed
a. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada di P
nti: egli presenta un oggetto che colpisce in se stesso: le posizioni delle fìgure son variate con arte. Benché l’azione di U
ggiata sul suo scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il gioco delle figlie di Pandaro sparge una varietà grata. L’ at
e nei monumenti. Gli antichi se ne servivano per variare la posizione delle gambe, e per dare un appoggio più solido alle lor
none è Sarpedone, che appoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle sue sulle spalle di Sarpedone. Il pittore ha rapp
re, perchè gli antichi Greci ponevano questi misteri tanto al disopra delle pratiche di Religione, quanto gli dei sono maggio
tore stimabile pel lato dell’erudizione mancava, come osserva Caylus, delle doti necessarie per porre sugli occhi le opere de
presente ragionamento altre notizie sulla maniera nella quale il Dio delle Ombre effigiato si vede negli antichi monumenti;
legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle pitture del sepolcro dei Nasoni illustrate dal Be
: onde col ferro, o coli’ oro poterono gli empii comprare il silenzio delle leggi e non quello dei rimorsi. Gli antichi, che
uschi, e senza dubbio ancora i primi Greci, dar loro usavano in luogo delle alette, che nell’opere del solito stile sovente p
trusche, serva per sostener le ali legate alle spalle, mentre qui una delle figure alate n’è priva, e l’altra senz’ali lo por
o greco comparivano cori di Furie fino al numero di cinquanta. 1 nomi delle tre Furie così sono espressi da Orfeo: Udite ques
on gli altri Dei. Licofrone finalmente ne fa genitore il mare. I nomi delle Parche furono varii, come scrìve Pausania nel suo
grec), filare, pensa al presente. Quindi Cloto, ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel qual
pure di esse il padrone. Platone fa vedere queste tre dee nel mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coperti di stelle
pra troni risplendenti di luce, dove accordano la loro voce col canto delle sirene. Ivi, die’ egli, Lachesi canta le cose pas
altro in un bosco sacro, dove onoravano le Parche collo stesso culto delle Furie, vale a dire che loro sacrificavano pecore
Nella città di Olimpia vi era un altare consacrato a Giove conduttore delle Parche, vicino al quale ne avevano un altro quest
ato Dio. Vicino al ‘sepolcro di Eteocle e Polinice stava scolpita una delle tre Parche, cui Pausania assegna un’aria feroce,
te intorno aveva Argo occupata, e si dormiva ognuno So’ombrato il cor delle diurne cure: Quando mi parve udir le voci afflitt
ioè la Notte. Con tutto ciò Esiodo, che non violò l’antica semplicità delle Favole, le dà Cerere per genitrice, contro l’opin
i, il presidente della Corte infernale, e a lui spettava di giudicare delle cose che erano dubbie. Omero ce lo presenta con
danno. Mosso Giove dalle preghiere del suo figlio convertì in uomini delle formiche che erravano in una querce vuota ed anti
che Nemesi hanno rappresentata. Infatti questa dea della retribuzione delle opere buone e cattive è comunemente rappresentata
azione nelle parole e in questa guisa si scorge sulle medaglie. Sopra delle pietre incise si vede colla testa pendente in ava
estiario, ch’ella ne tiene lontano e tirato verso il viso, dà un’idea delle ricerche scrupolose, delle quali questa dea si oc
lontano e tirato verso il viso, dà un’idea delle ricerche scrupolose, delle quali questa dea si occupa per discoprire i segre
egli allora una più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimentica delle taccie di frivolo, immaginario, che sogliono dars
in un medaglione del re di Francia, ove si rappresenta Y apparizione delle Nemesi Smirne ad Alessandro, mentre il conquistat
e allo sguardo l’intera misura del cubito. Sembra però che il braccio delle Nemesi di Smirnee restasse afi’atto isolato, nè r
un ripiego dello scultore, che non contento di questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, come di un’attitudine secca e f
ovuto porre in mano il freno per imitare le due Nemesi di Smirne, una delle quali nella mano sinistra ha il freno, l’altra il
che al coraggio ed al sapere, a lei debbano i potenti l’esito felice delle loro imprese. Dante stimò che il potere di quest
Fortuna, non perchè, com’è pensiero di alcuni, commettesse il governo delle cose a Dio solo, ma perchè nell’antica Teologia l
icità. Le ali d’oro sono date da Eschilo alla Fortuna, ed a proposito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che
ucopio, con un timone e un globo. Fortuna si chiamavano tutti i Genii delle città. La Fortuna, dice Winkelmann tiene un timon
esto nume ignoto alla teologia di Omero e di Esiodo. Molti indagatori delle cose antiche hanno attribuito il silenzio di quei
ù forte della volontà di Giove non é molto consentaneo all’ esattezza delle nozioni che in questo particolare se gli vuole as
rbato alle Parche il dominio della vita e della morte, tutto il resto delle cose umane fu permesso all’arbitrio della Fortuna
copriva la testa della Fortuua Smirnea, forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni di lei, quella della sua origine, per
il magnifico titolo di(grec); cioè portatrice, o ancora sostenitrice delle città. » La Vittoria, secondo Esiodo, è figliuol
bbe alla guerra, figurandolo addormentato, mentre la Fortuna prendeva delle città colle reti. Una vittoria splendida e glorio
i sicuri di rappresentarle distintamente. Io non posso prevalermi che delle sue stesse parole, e seguire l’ordine ch’egli si
ra i pregi del Museo dementino l’essere il solo a possedere le statue delle nove Muse co’ loro distintivi antichi, e per la m
eme nella Villa Tiburtina di Cassio. Dappoiché la rinomata Collezione delle Muse fatta dalla regina Cristina perì nel mare, n
lodato sarcofago Capitolino, monumento il più bello fra quanti prima delle nostre statue ci presentassero le Muse, e nel qua
l’Istoria che rammenta i fasti dei tempi passati, ed è la depositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genui
eggiare le rocche di Parnaso, dell’Elicona, e ci fa sovvenire il nome delle Ninfe che dà Virgilio alle Muse. Il suo vestire c
e le scarpe che sono fatte a sandali, come quelle della maggior parte delle statue mitologiche, ma sembrano di cuoio, che cop
atini alutɶ, perchè forse apparivano senza lacci, erano anche proprie delle persone teatrali, ed è ben noto quanta parte aves
ca di Pergamo le cartepecore dette perciò pergamene. Se queste statue delle Muse fossero copie di quelle celebri di Filisco,
attei sarà più verisimilmente Clio la musa col volume scolpita in una delle fiancate, che quella della cetra che è la prima s
rima sulla facciata. Stimo a proposito di rammentare questi monumenti delle Muse, che sono i più cogniti, perchè ne restino s
Euterpe. « Questa graziosa figura rappresenta certamente una delle Muse. Il sasso ove siede come la precedente, è un
rpe, fa fede l’antico scoliaste dell’ Antologia, e l’Epigramma antico delle Muse con questi versi: Infonde Euterpe alle forat
Apollonio le attribuisca le Matematiche, e Plutarco la contemplazione delle verità fisiche. Non però a caso se l’è dato piutt
ene attestato dai Classici, e può bastarne per una prova l’iscrizione delle Commedie di Terenzio in molti antichi testi che h
uterpe coi flauti è rappresentata vestita di un abito simile a quello delle muse teatrali della Tragedia e della Lira. Il gen
, il cui nome significa dilettevole. « Come nelle pitture Ercolanensi delle Muse, così anche fra le statue Tiburtine mancava
avvalorare il sospetto che fosser copie d’insigni originali, e forse delle lodate Muse di Filisco; al qual proposito giova r
alazzo a Velletri era la statua di Urania, che ora compisce il numero delle nostre Muse: onde può nascere il sospetto che sia
o della Villa Mattei, Euterpe è nel mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli alt
lla destra in atto di gestire e recitare. Questo gesto simile a molti delle fi<?ure comiche che sono nelle miniature del T
n ogni Lezione, finché non saremo giunti alla Mitologia Bacchica, una delle Immagini di Filostrato. Queste non sono che descr
lo: non vi è che il solo Capaneo che misuri con occhi arditi le mura, delle quali si ride perchè è facile di scalarle. Pure n
ragedia, giacché le vendemmie videro nascere in questo spettacolo una delle invenzioni più nobili dello spirito umano, e i ru
cevasi al nume inventore del vino, di questo quadrupede danneggiatore delle viti. Perciò la scena fu attribuita a Bacco, ed e
coturno, ma di una semplice aluta, calcare già da noi in altre statue delle Muse osservato. « Per continuare nell’intrapreso
o Schott Tavea creduta Polinnia, il Cupero Calliope o Mnemosine madre delle Muse. Il non esprimersi nel rame il coturno non a
do la più comune opinione, le Muse della lirica poesia, il distintivo delle quali suole essere assai attamente la cetra: una
d eroica, l’altra quella della lirica molle e amorosa. « Quale dunque delle due Muse liriche sarà la nostra, che sedendo come
durre la danza intorno all’altare. Sì stretta connessione degl’inni e delle danze sacre, che poi si accompagnavano indispensa
la stima in cui si avevano anticamente gli originali di queste figure delle Muse, che eran forse, come abbiamo più volte nota
a Musa Clio contro la testimonianza di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « Così nel sarcofago Matteia
o. Le poesie amorose, la danza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco gli ufficii di Erato secondo la maggi
empo di qualche lieta danza nuziale. E vestita, come la maggior parte delle Muse, di una tonaca a mezze maniche, fermata con
illari, come vedremo in appresso. Restano due Muse senza simboli, una delle quali sarà Erato, l’altra Polinnia. Recheremo app
a rappresentarsi la decima musa di Mitilene, la più celebrata maestra delle nostre canzoni.» Udite da Filostrato di altre du
endono più che il fuoco, essendo d’oro: le tavole erano tutte coperte delle vivande, delle quali si nutrivano i principi eroi
il fuoco, essendo d’oro: le tavole erano tutte coperte delle vivande, delle quali si nutrivano i principi eroi. Ma tutto è sc
Urania. Polinnia. « Non vi ha dubbio che questa statua, una delle più eleganti e conservate della collezione, e che
a quando veniamo in un’esatta cognizione de’ suoi studii prediletti e delle sue varie incombenze. In primo luogo, quantunque
differenti etimologie, vi ha pure chi lo deriva dal molto ricordarsi delle passate cose, cioè dalla facoltà della memoria. Q
a sotto il nome di Musa Tacita Silenziosa. Siccome però la ricordanza delle passate cose ha fatto attribuire a Polinnia la co
dicare le tenebre dell’antiche istorie e dei tempi mitici e favolosi, delle quali sono sempre oscurate queste remote avventur
re, anche secondo quel sistema che vuol le Muse non altro che i Genii delle sfere planetarie, che tessono intorno al sole dan
na illustrato dall’Orlandi, sono tre Muse, assistenti all’azione, una delle quali è precisamente la stessa figura da noi dete
determinata per Polinnia nel sarcofago Capitolino. Le altre due, una delle quali ha le tibie, T altra la lira, sono a mio cr
credere Euterpe ed Erato. Queste Muse sono qui collocate come simboli delle attrattive, colle quali Paride s’ insinuò nell’an
e alla sovra descritta, si aggiunge una maschera ai piedi per simbolo delle pantomime teatrali, proprie di Polinnia. Siccome
suoi distintivi, tanto conosciuti e tanto costanti, che il dipintore delle Muse Ercolanensi, che avea aggiunto a ciascheduna
, precisamente la stessa colla nostra, la quale si ammira nel ripiano delle scale del Palazzo de’ Conservatori in Campidoglio
neir abito e nella mole mi sembra facile a congetturare che sieno due delle nove Muse che adornavano forse l’antico teatro di
ntigone, essendo per questa effetto uscita di notte fuori del recinto delle mura, contro l’editto fatto da Creonte, che nessu
ha spruzzato contro lui. Vadano a nascondersi i Pelopidi in paragone delle spalle di Perseo, perchè essendo belle per sé ste
e vi siano indizi per crederla ancor essa una Musa, comecché mancante delle braccia e del capo, pure non giudicherei che foss
ionato con egual diligenza. Son tali insomma quali possiamo figurarci delle belle copie di bellissimi originali. Questa all’i
e per Musa la caratterizzasse, determinandola al tempo stesso per una delle muse di Pindo lo star seduta come le altre sovra
r quella della decenza, osservata sempre dagli antichi nelle immagini delle vergini dee d’Elicona, come altrove abbiamo avver
antica. Si vede adorna sulla fronte di una penna, fregio non insolito delle Muse come trofeo della vittoria da loro ottenuta
ria da loro ottenuta sulle Sirene, o come memoria del punito orgoglio delle sorelle Pieridi trasformate in piche per avere co
re quello arrecato dall’Aldovrandi, che crede le penne poste sul capo delle Muse perchè fan volare i nomi degli eroi e le fan
in quelli intonachi lo stesso attributo. Più avvedutamente r artefice delle nostre Muse, o secondo l’uso che osserviamo più c
oltre il determinare le sue figure senza iscrizione, ufficio proprio delle arti del disegno, ha dato un utile insegnamento a
lari è stato attribuito a Calliope in tutti i bassirilievi più nobili delle Muse: li ha la seconda Musa del primo piano dell’
come però nello spiegar queste statue abbiamo fatto talvolta menzione delle Muse che veggonsi nelle medaglie della famiglia P
ne da una parte, dall’ altra 1’ Ercole Musagete coli’ epigrafe Ercole delle Muse, e su questa non cade alcun dubbio. La secon
onto degli scrittori e dei monumenti, e principalmente nelle immagini delle Muse fornite di una greca epigrafe, le quali si a
di Bacco ancora vi sono innumerabili forme in che può esser ritratto, delle quali se alcuno arriva alla minima, ha fatto lo d
he fosse suo padre. Elide, Delfo, Perga, Perinto, Bisanzio, Paros una delle Cicladi, vantano, secondo Pausania, templi alle G
tutta la sua bontà se ne perde se è interrotto. Sono ridenti i volti delle Grazie, perchè così sono quelli che fanno il bene
è bisogna che il benefizio si vegga.» Ma lasciando questo vasto campo delle illusioni, che può trarre la morale da queste dee
nti, in Siena le rappresenta. Ma il gruppo più bello e più conservato delle Grazie è quello del Palazzo Ruspoli. Sopra una pi
rnano il piede di un vaso nella Villa Borghese sono forse le immagini delle Grazie. Nelle medaglie greche vedonsi comunemente
time. In un vetro riportato dal Fabbretti sono rappresentate in forma delle tre Grazie, tre donzelle coi loro nomi scritti, e
lle coi loro nomi scritti, e pensano gli antiquari: che le teste pure delle tre Grazie del Palazzo Ruspoli siano ritratti fon
ello di Vulcano. Questa è probabilmente Aglaia o Egle, la più giovine delle Grazie, che, come vi ho accennato, i mitologi fan
odati e stretti da nastri, nè altro ornamento hanno sul capo. Le mani delle due estreme sono corrose dal tempo, nè conservano
orrose dal tempo, nè conservano i consueti attributi del ramoscello e delle spiche di grano. Pensa a ragione Visconti che sia
udono le tre Grazie scolpite in un bassorilievo Capitolino, •l’unione delle quali coi fonti e colle Naiadi, al cui onore è de
6ol suo tridente abbatterà con lui gran parte dello scoglio; il resto delle Gire, finché vi sia mare, starà immobile contro t
chi, cioè di acquietare i dolori, non riducendosi allora questa parte delle umane cognizioni, divenuta col tempo così vasta,
delle umane cognizioni, divenuta col tempo così vasta, che alla cura delle ferite. Quantunque Esculapio sia il dio della Med
to dal Buonarotti, e che vien descritto da Tertulliano, per ornamento delle statue di Esculapio. In quanto al bastone col ser
er simbolo di quei due principali pianeti, il moto dei quali, siccome delle stelle tutte, veniva, al riferire di San Clemente
gliuola di Esculapio anche Egle, cioè risplendente per il sano colore delle carni; e Marino poeta de’ Lupercali dà per figliu
i moderni. È degno di memoria quello ultimamente trovato nel giardino delle Monache Barberine sul Quirinale maggior del natur
che la cortina dell’Esculapio Farnesiano è chiamata nel primo volume delle Gemme del signor Bracci Cista, Mistica. » Eccovi
uò meglio soddisfare che Visconti nella seguente illustrazione di una delle più belle statue che rappresentino il dio del Vin
certa magia cedente il marmo, e spirante. « Questo superbo monumento delle arti greche fu trovato mancante di tutte l’estrem
arti greche fu trovato mancante di tutte l’estremità: del capo, cioè, delle braccia e delle gambe. Così mutilato com’era, ne
rovato mancante di tutte l’estremità: del capo, cioè, delle braccia e delle gambe. Così mutilato com’era, ne fu ricercato il
l gesso del nostro torso corrispondono cosi bene lo stile, gì’ incisi delle treccie, le proporzioni, e quasi le commissure, c
esentare il dio dei piaceri e della mollezza, il compagno di Venere e delle ninfe, o da dogmi di un’antica teologia rediviva
e turpi cose grida, E sparge le paure, onde fremente Sta fra l’orror delle più basse nubi Non Dea del Ciel nè dell’Averno: i
dal vino. Eone, o il Tempo in mille forme, tenendo in mano la chiave delle generazioni va a trovare Giove per rappresentargl
gli astri, e a tenere il fulmine di Giove suo padre. Egli risplenderà delle grazie della gioventù, e una mitra in forma di se
e consolata Semele col paragone ch’egli fa del suo destino con quello delle altre amanti, Giove risale al cielo, e lascia la
ono di qualche strumento già si prepara a danzare, e a imitare i cori delle Baccanti, e il figlio che s’ agita nel suo seno s
e Giunone. Ella rammenta a quest’ ultima le infedeltà del suo sposo, delle quali il cielo conserva ancora tutta l’istoria, d
isce di questo favor singolare, che la pone infinitamente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e di
ne terribile, e ne perisce in mezzo al fuoco. Il suo figlio per mezzo delle cure di Mercurio fugge all’incendio che consuma s
ora ardente nei cieli s’ insuperbisce della fortuna del suo figlio, e delle cure particolari che ne prendono Cibele e Giove.
cora nel nuoto; ma ha l’imprudenza di voler scherzare con gii animali delle foreste, e si espone a ricevere dei teneri rimpro
Carpo. Ma nulla può mitigare il dolore di Bacco. Le Stagioni intanto, delle quali il poeta fa la descrizione, vanno alla regg
pittura dei quattro cavalli che traggono il carro del Sole, e quella delle dodici Ore che gii danzano intorno formando un co
mando un coro circolare. Qui è la preghiera che indirizza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dimanda di
l’avventura dTo, d’Argo, quella di Filomela, e molte altre. La ninfa delle Stagioni passa rapidamente su questi quadri diffe
no dipinte le cose che avvennero sul Monte Citerone: le danze, i cori delle Baccanti, e le rupi dalle quali scorre il vino, n
biondi non mai cinti dall’edera e dalla vite. Non danzò mai al suono delle tibie: tutto questo lo poneva ad ira. Ah fu ben s
ide risale al cielo. Nelristante Cibele invia il capo dei suoi cori e delle sue danze per riunire un’armata, che deve esser c
o la Pleiade Elettra brillando nel cielo e formando la settima stella delle Pleiadi, dà colla sua apparizione a Bacco il segn
, i dodici figli di Pane, Sileno, tutta la truppa dei Satiri, i figli delle ladi, le figlie di Lamo che aveano nutrito Bacco.
ole a Bacco contrastare il passaggio. Ne rappresenta pure il contegno delle due armate nemiche trincierate sulle rive del fiu
ne amante. Yien dal poeta descritta la passione dello dio, e l’umiltà delle preghiere alle quali discende. La segue per tutto
battere doveva. Qui il poeta ci pone davanti agli occhi i preparativi delle due armate animate alla battaglia dai loro genera
io. L’autore ci dà pure la descrizione del palazzo del re di Assiria, delle ricchezze delle quali fa pompa, e del convito che
dà pure la descrizione del palazzo del re di Assiria, delle ricchezze delle quali fa pompa, e del convito che prepara. Vi si
za del bifolco, perseguita le ladi nutrici di Bacco, e tutta la turba delle Baccanti. Il nume stesso intimorito è obbligato a
oema, con un’ invocazione alla Musa per invitarla a cantare la guerra delle Indie, e si protesta che, seguendo l’esempio di O
rappresentati la terra, il mare: intorno si vedeva il cielo, la sfera delle stelle, il sole, la luna, i pianeti, le zone e le
di tutte le schiere. Giunge la notte, e stendendo sulla terra il velo delle sue tenebre richiama al sonno i mortali. Nel Cant
mi per comandar le sue squadre. Entrano nella lega tutti gli abitanti delle rive dell’Indo; mandre di elefanti compaiono. Com
so Deriade, che si gloria di discendere dall’Idaspe e da Astraide una delle figlie del Sole, e secondo altri da Ceto e da una
ù valenti guerrieri degl’Indiani, si distingue sopra tutti pel numero delle vittime ch’egli immola, e muore trafitto da mille
i morti, reliquie infelici dell’ armata indiana. La tremenda s’irrita delle fortune di Bacco più della stessa Giunone, che a
nascondono nella sorgente dei loro fonti, e le Amadriadi negli alberi delle foreste. Mentre che Bacco come un toro ferito dal
leggiadra Calcomedia, vergine saggia che presentemente è neir armata delle Baccanti, e lo invita a innamorare di essa Morreo
apparente condiscendenza: questo è il solo mezzo di salvare l’armata delle Baccanti. Aggiunge che se l’Indiano volesse costr
frutti di questo albero. Fra le maniere rare di rappresentare Bacco, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella
dessero una medesima cosa che il sole, come vi accennai nel principio delle mie Lezioni sullo dio, quanto perchè le sue feste
ue feste si celebravano la notte, come si vede in Pausania dove parla delle Baccanti di Sidone, della festa del Padre Libero,
’altra in Pellene, in cui per questo chiamavansi Lamptera, cioè festa delle fiaccole, e da molti luoghi di San Clemente Aless
o nei bassirilievi, ed è uno degli attributi di Bacco. Io mi prevarrò delle notizie che intorno a quest’oggetto ha raccolte i
antichità figurata. Vogliono che Bacco e i suoi seguaci si servissero delle aste armate, come si vede, fra gli altri, aver il
zza. Nell’acqua poi, come vedi, quasi folgora. L’antro è di Acheloo e delle Ninfe. La pittura segue il verisimile: le statue
chico è privo il fonte, come quello che lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti, di edera, di bei
e la gamba destra, fa oblique le parti dinanzi, e mostra elevata una delle gambe, perché deve insieme saltare e seguire la m
olo l’alloro, ma ancora la querce e la smilace furono fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente di lui e di t
lcun giudizio sulla composizione, sulla convenienza, sulle attitudini delle figure, se vi accostate all’antico digiuni di que
elle figure, se vi accostate all’antico digiuni di queste cognizioni, delle quali vi scongiuro a sentir finalmente l’importan
i, delle quali vi scongiuro a sentir finalmente l’importanza. L’anima delle pitture, delle statue dipende dalla cultura dell’
vi scongiuro a sentir finalmente l’importanza. L’anima delle pitture, delle statue dipende dalla cultura dell’Artefice. Voi d
tto irsuto, una statura bassa e corpulenta. Riconoscevano in Pane una delle più antiche divinità d’Arcadia e dei pastori, in
è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla testa delle armate conquistatrici dell’Indie con queste parol
fondere nel volgo dei voluttuosi, ma che conosce le cagioni ed i fini delle cose, ed ha pieno il petto d’una sincera filosofì
iene fra le braccia l’infante Bacco, e nelle forme nobili del volto e delle membra si ravvisa per un personaggio assennato, a
rico dell’ ubriachezza: nelle fattezze del volto e nella costituzione delle membra non si è partito dalla comica descrizione
. Le loro imprese si riducono alla pugna coi Lapiti nella circostanza delle nozze di Piritoo con Deidamia o Ippodamia. Vinti
Bacco fra gli altri animali favolosi, grifi e sfingi, in segno forse delle sue conquiste fatte ne’ paesi orientali, dove cre
intrapresero coi Lapiti. Per questo. Nonno al principio del Libro XIV delle Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi h
nno al principio del Libro XIV delle Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi ho dato r estratto, gli annovera nell’es
dal Buonarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tigre consacrata accanto e fr
di un cerchio e d’ una pelle tiratavi sopra, secondo quello del coro delle Baccanti presso Earipide: Questo cerchio con la p
l’originalità, la varietà dei movimenti son degne dell’ aureo secolo delle arti. Rappresentano Bacco inebriato dal ritorno d
on già attribuita dallo scultore al Centauro, quasi volesse far pompa delle robuste muscolature del petto, come taluno ha sup
a riflettendo che ha nella sinistra il pedo detto (grec) dalla caccia delle lepri in cui s’adoprava, e sull’esempio d’una bel
dei Fauni e dei Centauri. L’ordine prefissomi mi conduce a favellarvi delle donne compagne di Bacco, che si distinguono tra l
delle donne compagne di Bacco, che si distinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di T
tto il sesso virile che aveano nella città loro. Questo era l’uffìzio delle Menadi: sciorsi le bende crinali, sparger la chio
i rado si vede nelle Baccanti. Le Tie sono introdotte furibonde a par delle Menadi presso Virgilio nel iv dell’Eneide, e Staz
ninfe, ma dovettero avere partìcolar cura dell’ uso del nuovo vino e delle feste fatte in quell’occasione: il resto han comu
ell’ Idilio di Teocrito Lene, o le Baccanti, e tenendo lo stesso rito delle pelli, del tirso, dei capelli sparsi, come par si
ndo creduto gli antichi che queste divinità onorassero ancora l’Orgie delle Menadi, non sarà facile discernere le une dalle a
ghe, ma non è unico: poiché tale appunto sappiamo essere stata quella delle Parche nell’Alti d’Olimpia. « I bassirilievi che
e frequente negli antichi marmi che sicuramente ne rappresenta alcuna delle più ammirate ne’ secoli dell’arte greca. La sua b
re di assai vaga forma, ove sono appoggiate due faci ardenti, al lume delle quali due genii della Morte bruciano una farfalla
mpagni che gli dava la religione pagana ho cercato di portare la luce delle congetture aiutata dai monumenti. Non mi resta ad
dai monumenti. Non mi resta adesso che a darvi le altre illustrazioni delle statue più commendate, e dei bassirilievi più cel
avanzate agli sdeigni di colui che muta i regni, nell’interpetrazione delle quali ci saranno scorta i lumi del lodato Viscont
lumi del lodato Visconti, voi potrete dire: Noi conosciamo gran parte delle divinità; i simulacri ci parlano un nuovo linguag
stito di una larga tunica sovrabbondante ancora in lunghezza a foggia delle teatrali, composta di sotti: drappo, forse di bis
al riconoscerlo per Nettuno; le iscrizioni erano fallaci ai simulacri delle Pretidi in Sicione, e a quelli stessi di Temistoc
epigrafe, dovea dirsi rappresentare Ottaviano Augusto. E non trovansi delle immagini simili con iscrizioni contradditorie? La
i Greci antiquarii di decidere sui migHori indizii del vero soggetto delle immagini, non devon essere d’ostacolo neppure a n
dovinar i motivi che abbiano indotto in errore gli antichi espositori delle più antiche rappresentanze. Sembra che tal sorta
lora fu probabilmente che i possessori gradirono avere scritti i nomi delle statue loro. Colui che die alla nostra il nome di
ri e nelle gozzoviglie, senza badare all’orecchie faunine e alle code delle figure del suo corteggio, che facilmente l’ avreb
sono alla Villa Albani ove servono di Cariatidi. Mancavano del capo e delle braccia, ma sono state risarcite in attitudine di
ono state risarcite in attitudine di Canefore, seguendo l’indicazione delle braccia medesime. La scultura di Bacco è però di
edesime. La scultura di Bacco è però di gran lunga superiore a quella delle figure accessorie. Bacco nascente. « Il soggett
nesimo. L’ amistà di Cerere con Bacco sembra esser nata dall’affinità delle loro invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l
o, sì nei gran misteri Eleusini i primi della Grecia e della religion delle genti, come nelle feste, nei templi, e negli altr
imulacri di bronzo alle stesse divinità s’eressero in Roma col denaro delle multe l’anno 565. Un tempio presso il Circo Massi
rse degli ultimi tempi della Repubblica; e alla semplicità e bellezza delle figure può giudicarsi copia di greco nobilissimo
appresentazione i luoghi dei pubblici divertimenti; o sia che preside delle vendemmie ed inventore del vino, fosser le sue im
morte degli estinti iniziati: certo è che la metà presso degli avanzi delle arti vetuste son memorie ancora del culto di ques
e are, una con fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’ altra con delle offerte di frutta soprappostevi. Le tre figure a
piccolo capro sotto l’ascella sinistra, come descrìve Euripide alcuna delle Baccanti: i serpenti Bacchici sono stretti nella
. Que st’ ultimo gruppo è di minor proporzione che non esige il resto delle figure, ed è piuttosto prova della diligenza e de
tume accennato altrove dei sacerdoti di mentir l’abito e le sembianze delle divinità a cui si consacravano: e immagini di num
al loro vivace e lascivo carattere conveniente è quella senza dubbio delle rozze e concitate danze, onde saltanti furono cog
l costume dei balli più vetusti, non salta con le mani vuote, ma reca delle frutta, primizie dei campi e oblazione propria di
i sono pervenute non trovo memoria, Ninfa bacchica. « Gli scrittori delle cose Bacchiche fanno sovente menzione del serpent
mbrava agli antichi Etnici popolata tutta la terra. Il grato mormorio delle acque che persuade sì dolcemente i sonni, sarà st
piacevoli sensazioni che la natura fornisce a decorar le scaturigini delle sacre acque colle immagini delle Ninfe dormenti:
ra fornisce a decorar le scaturigini delle sacre acque colle immagini delle Ninfe dormenti: quindi cotanti simulacri di siffa
ar ricerca perchè la nostra statua sia senz* urna, consueto attributo delle Ninfe, e perchè più vestita dell’altre statue gia
molti lavori antichi la maggior modestia che si è usata nel vestiario delle figure, quando sotto le spoglie di un soggetto mi
. « La destra scherza lascivamente movendo i tagliati velli Tegeatici delle capre nei giuochi festivi per le strade. Dal cost
ntegrità e nella conservazione, quanto cede a quelli o nella eleganza delle immagini, o nella maestria dello scalpello. « Bac
scalpello. « Bacco vien tratto in un carro a cui sono aggiunti invece delle pantere i centauri, uno dei quali dà fiato al cor
fora, cioè una di quelle donne che portavano nei canestri le primizie delle frutta consacrate al nume, sono accompagnate da u
ritorno trionfale di un capitano sì prode, che non trovò altri emuli delle sue gesta, se non che, molti secoli dopo, Alessan
Lo stile del bassorilievo è del più ordinario, l’invenzione per altro delle figure vien dal buono, come la composizione, la q
ogni tre anni in onore di Bacco, altre solennità Dionisiache, ma una delle più famose favole fra quelle che alla storia appa
fae. Parecchie sono le antiche sculture che ci presentano il domatore delle Indie nel sorprendere la tradita Cretense, poche
, e solleva la teda maritale. Amore è mezzo seduto sulla groppa d’una delle pantere, e sembra che la governi, « I pettorali,
’una delle pantere, e sembra che la governi, « I pettorali, o phalerɶ delle fiere, sono di fiori e di pampani. Una Baccante l
amori con Bacco non sono ignoti, e dai quali nacque Priapo, se alcuna delle sue nutrici, o Nisa Leucotea, alla prima delle qu
cque Priapo, se alcuna delle sue nutrici, o Nisa Leucotea, alla prima delle quali come ninfa, alla seconda come deità del mar
sta il costume greco non disdice la nudità; se finalmente Giunone dea delle Nozze, che ad onta dell’antica gelosia e del prim
un’otre, e chiude la composizione e il bassorilievo. « Le invenzioni delle figure sono tutte elegantissime: si distinguono p
di Venere sì per la grandiosità dei panneggiamenti, sì per la grazia delle situazioni. Merita per la sua semplicità di esser
la pantera, parte striscia i pie sul suolo e cammina, dovea esser una delle più vaghe e bizzarre nell’originale; ma nella cop
ella sua persona e della sua famiglia, e li fé’ congiungere nei conii delle monete romane coli’ epigrafe: Agli Bei Auspici. L
sono combinate così bene con quella nobiltà d’idee, eh’ è pur l’anima delle antiche arti, che poco ha in ciò di comparabile,
che il segue, veduto di profilo, cerca distrigarlo dall’avvolgimento delle vesti mal indossate, nelle quali è sul punto d’ i
crale, e caratterizzarlo per monumento del lusso dei predii rustici e delle antiche ville, che contrastavano colle fabbriche
delle antiche ville, che contrastavano colle fabbriche più grandiose delle città. « Le dieci figure maggiori rappresentano c
dei Fauni, quindi nelle cerimonie di Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell’edera per le sue corone. Cinquecento
ma pardalidi o pelli di pantere e di tigri. « I loro tirsi, come quei delle lor compagne, non sono del tutto coperti d’ edera
erti come catini, sono i restanti attributi noti abbastanza, e comuni delle cinque figure. « Quattro delle Baccanti sollevans
ti attributi noti abbastanza, e comuni delle cinque figure. « Quattro delle Baccanti sollevansì sulle punte dei piedi in movi
che al gettar la testa indietro in alcuna, in tutte all’ondeggiamento delle vesti, si fa più sensibile. La prima i cimbali, l
Bacco, il cui simulacro colossale e mobile da per se stesso in virtù delle segrete macchine, compariva nella pompa Alessandr
ece del tirso ha una gran face nella manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I tesch
rgomento di quel furore da cui comprese le Menadi rendeansi più forti delle più forti belve, onde sì vantarono in un epigramm
presentino le Baccanti ordinarie, ma le ninfe dei monti, dei boschi e delle fontane, come la compagnia di veri Satiri e Fauni
e di montagne, dato a Bacco dai Poeti per dimostrare che le solennità delle sue rumorose orgie sui monti per sacro costume si
4 (1897) Mitologia classica illustrata
o contenente, sotto il velame della favola immaginosa, l’ espressione delle credenze, dei sentimenti, dei ricordi nazionali.
o privato. Ben è vero che, se gli ordini sacerdotali addetti al culto delle varie Divinità in Grecia conservavano memoria abb
ella divinità di Helios e di Selene. Era dunque la Mitologia il fondo delle credenze religiose; ma nelle pagine seguenti noi
reremo se non come racconto fantastico. Breve cenno si farà solamente delle principali feste religiose celebrate in onore di
tolsero il motivo fondamentale, e in grandissima parte gli argomenti delle rappresentazioni figurate o nelle pitture vascola
a fantasia de’ Greci, contribuendo a dar loro un determinato concetto delle varie Divinità? Mitologia dunque e arti belle han
’ esposizione dei singoli miti è seguita da un breve cenno illustrato delle principali opere d’ arte che da essi trassero l’
erie così numerosa di leggende intorno ai propri Dei e Semidei, molte delle quali sono strane e contradditorie, bene spesso a
tologico; la quale, a giudizio loro, dà spiegazione sufficiente anche delle stranezze e delle apparenti immoralità contenute
, a giudizio loro, dà spiegazione sufficiente anche delle stranezze e delle apparenti immoralità contenute nelle leggende cla
a queste ipotesi e ricercare se alcuna di esse sia vera ad esclusione delle altre, o se un po’ di vero siavi in tutte, come n
a dei nomi loro; la loro immagine sorse dunque dalla personificazione delle forze naturali, aggiuntavi quell’ idea del divino
e del sommo bene, che è innata nell’ uomo. 3º La varietà dei luoghi e delle genti occasionarono diversa forma e sviluppo di l
e pastori, concepissero le divinità loro diversamente dagli abitanti delle coste, dediti alla navigazione e al commercio. E
e contribuirono ad alterare le leggende mitiche. La grande migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto di popoli
spostamenti che ne provennero, come non dar luogo a un incrocio anche delle tradizioni mitiche e a una collisione per cui alc
ità vinte generalmente passavano in seconda linea, diventando ancelle delle deità vincitrici, o a dirittura scendendo al grad
dalla Notte o dalle Tenebre, ora di un gigante che strozza i serpenti delle tenebre, ora di un altro gigante che intraprende
le nuvole e colla tempesta ecc. ecc. Così in genere i diversi aspetti delle cose, specialmente il contrasto del lato buono e
del quale s’ è fatto parola, propriamente era solo de’ Greci. Gli Dei delle stirpi italiche conservarono per molto tempo il l
ono di adattar tutto questo al concetto tradizionale che essi avevano delle varie divinità secondo le ragioni di somiglianza
i alcun tipo greco con cui identificarle, ad es. Giano. Noi parleremo delle divinità romane in occasione delle greche corrisp
carle, ad es. Giano. Noi parleremo delle divinità romane in occasione delle greche corrispondenti; si farà un cenno separato
eran le membra divine; la forza di Zeus era tale che col solo muover delle sopracciglia faceva tremar tutto l’ Olimpo. Sono
prerogativa è poi questa, che, una volta raggiunto il pieno sviluppo delle loro forze fisiche e spirituali, non invecchiano,
se divinità marine, Nereo, rappresentante del mare in bonaccia, padre delle Nereidi o ninfe marine; Taumante (Thaumas), rappr
), rappresentante la maestà del mare, padre di Iride l’ arcobaleno, e delle Arpie (venti tempestosi); Forchi (Phorkys) e Chet
ificano, perchè, essendo gli Dei sorti dal Caos, una personificazione delle grandiose forze della natura, il nascimento loro
e forze della natura, il nascimento loro rappresenta anche l’ origine delle cose e dei fenomeni naturali. Ma i miti ben prest
ganti e le ninfe Meliadi (deità dei frassini, usati a formar il fusto delle lancie). Spodestato Urano, cominciò il regno di C
. Assai più frequente, sia nei poeti sia negli artisti, il ricordo delle lotte dei Titani e dei Giganti, i quali miti offr
i divideremo in tre ordini, gli Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque e gli Dei della terra e dell’ inferno. C
us, Bacco), poi Alcmena che die’ alla luce Eracle (Herakles, Ercole); delle altre, Leda, Danae, Europa, Io, si riparlerà nell
gi del sole e quelli della luna; l’ amore di Zeus con Demeter, la dea delle biade, rappresenta l’ unione primaverile del ciel
, Giove dator della luce. Presiedeva all’ agricoltura, e come sovrano delle lotte fra gli elementi della natura, anche alle b
di lui. Con lui si confondeva il dio Terminus che custodiva i limiti delle proprietà prediali. Il culto di Giove si diffuse
una mano sul timone del carro solare, ed ha nell’ altra il fulmine e delle spighe di grano; e un Iupiter O. M. Dolichenus, i
benignità: la fronte ampia, serena, l’ occhio grande, la dolce linea delle labbra, la molle pienezza delle guancie, le chiom
ena, l’ occhio grande, la dolce linea delle labbra, la molle pienezza delle guancie, le chiome e la barba fluenti in lunghe c
n’ opera immensa in cui alla ricchezza dei legni preziosi, dell’ oro, delle pietre, dell’ avorio univasi una miracolosa varie
copiosa materia ai poeti. Specialmente erano celebrate le sacre nozze delle due deità celesti, da cui si faceva dipendere tut
ssione. Quindi essa era considerata come protettrice del matrimonio e delle mogli, datrice di fecondità, e come madre di Ilit
cati i caratteri fisici, ed essa divenne semplicemente la protettrice delle matrone romane, cui essa assisteva in tutti gli a
uno Pronuba presiedeva alle nozze (dal latino nubere, sposarsi, detto delle donne); Iuno Domiduca (domum ducere condurre a ca
a di guerra e il flauto. In tempo di pace, Atena è la dea protettrice delle città e degli stati (detta perciò Athena Polias,
a in fondo alla cella; statua di cui diremo più sotto. La venerazione delle genti Attiche per Atena aveva una splendida manif
che in Minerva prevaleva il concetto di una dea pacifica, protettrice delle arti e delle scienze, come pure di tutti i lavori
a prevaleva il concetto di una dea pacifica, protettrice delle arti e delle scienze, come pure di tutti i lavori femminili. U
asti ricordando le feste dei Quinquatrus; e lo stesso poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e freschezza di
— Questi capolavori più non esistono; ma dell’ Atena Parteno abbiamo delle sicure imitazioni, ad es., quella riprodotta nell
n tutte le mitologie e simbolizza il trionfo del giorno sulle potenze delle tenebre. Apollo avendo colle sue freccie ucciso P
o degli Dei immortali, durante i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il ti
nemosine; di qui il titolo di Apollo Musagete (Mousagetes, conduttore delle Muse); e celebri cantori dell’ età mitica, come O
notevole efficacia e nella politica degli Stati e altresì nei destini delle famiglie. Di oracoli d’ Apollo in antico ve n’ er
Apollo, come ispiratore di ogni bellezza poetica e reggitore del coro delle Muse. Antichissimo è l’ inno omerico ad Apollo, c
si può confrontare l’ inno di Callimaco a Delo perchè contiene cenni delle stesse leggende, nella loro forma ammodernata. De
Roma eterna pace e grandezza e gloria. Ricordisi Ovidio che nel primo delle Metamorfosi, racconta con soavi versi la leggenda
ato morale, Artemide divenne la dea della castità. Era la protettrice delle giovani donzelle fino al momento del matrimonio,
ra, la cui azione fecondatrice si esercita sulla nascita e sulla vita delle piante, degli animali e degli uomini. Ancora nei
ita libera della selvaggia natura e colla caccia, e fatta protettrice delle donne. Un antichissimo tempio in onor di lei era
un coro di fanciulli e fanciulle; ivi è salutata « signora dei monti, delle verdeggianti selve, delle strade più riposte e de
ciulle; ivi è salutata « signora dei monti, delle verdeggianti selve, delle strade più riposte e dei fragorosi torrenti »; da
me secolare, come già si disse, è in onor di Apollo e di Diana regina delle sei ve; la quale ultima è invocata come Ilizia pe
; la quale ultima è invocata come Ilizia perchè benedica la maternità delle donne romane e faccia prosperare le novelle gener
i. Una bella pittura di Diana al bagno la troverà chi scorra il terzo delle Metamorfosi di Ovidio, là dove raccontasi la sort
e opere in ferro e bronzo, era naturale fosse pensato come protettore delle arti e specialmente dell’ industria metallurgica.
del fuoco. Per questo era messo in intimo rapporto con Atena, la dea delle arti, e si capisce come queste due divinità avess
leggende, registrate già da Omero ed Esiodo, gli facevan compagna una delle Grazie, a significare che dall’ arte non può disg
lmente sede del culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una
e nelle vicinanze del Circo Flaminio, dove il 23 Agosto, in occasione delle feste Vulcanalia, avevan luogo i giochi Circensi.
ttuto da pesanti magli mossi dai Ciclopi. Altri narrarono altre parti delle leggende di questo Dio. L’ aneddoto di Venere, so
no è sempre rappresentato come un uomo in età matura e nella pienezza delle sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien
li, Ermes avea la qualità di psicagogo o psicopompo, ossia conduttore delle anime, in quanto guidava le anime dei trapassati
tore delle anime, in quanto guidava le anime dei trapassati nel regno delle ombre, e in certe occasioni anche, per via di ora
e della vita; pastore egli stesso, curava la fecondità e il benessere delle greggi; maestro di scaltrezza, era l’ aiuto del c
era anche il protettore dei viandanti. Onde l’ uso e la denominazione delle erme, ossia di quelle pietre quadrate, sormontate
i crocicchi e nelle vie principali in omaggio del Dio e a indicazione delle strade ai viatori. Come giovane destro e aggrazia
o il caduceo. In origine lo si figurava come un uomo nel pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea d
iatamente alla statua trovata mancavano le gambe e le parti anteriori delle braccia; ma altre parti trovate in seguito, e la
da lui Paride pronunziata, allorquando dovendo scegliere la più bella delle tre dee, Afrodite, Era ed Atena, aveva conferito
Zeus sentenziò che per una parte dell’ anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e nel resto dell’ anno tornasse tra i vivi
e del desiderio; a cui si aggiunga Imene (Hymen o Hymenaios), il Dio delle nozze. 2. Il culto di Afrodite ebbe una straordin
e dominarono. Essendo di origine orientale, prese possesso primamente delle grandi isole dell’ Egeo, e più di Cipro che si di
iù di Cipro che si diceva la culla della Dea, e in Cipro specialmente delle città di Pafo e Amatunte che erano più in rapport
oro, e ricordava la riconciliazione tra Romani e Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era dea dei morti; nel su
rme più antiche del culto latino di Venere se n’ aggiunsero col tempo delle altre, segnatamente quello della Venus Victrix, o
tra le particolarità della dolce stagione è annoverata anche la danza delle Grazie, diretta da Venere; il luogo fu già da noi
scuola più giovane preferì rappresentare Venere in tutta la bellezza delle nude forme, immaginandola nell’ atto che essa dov
più l’ espressione stupenda della testa o la incantevole proporzione delle membra. Connesse col capolavoro di Prassitele son
chiudere). Sulla terra era specialmente signore di tutti i passaggi, delle porte grandi e piccole (da Ianus, ianua — la port
ol nome di Ianus Consivius. Giano era ancora ritenuto come l’ origine delle fonti, dei fiumi, delle correnti; onde alcune leg
us. Giano era ancora ritenuto come l’ origine delle fonti, dei fiumi, delle correnti; onde alcune leggende locali gli davano
lle correnti; onde alcune leggende locali gli davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo facevan padre di Fontus, vene
rgenti dalla terra; e raccontavasi che quando i Sabini, dopo il ratto delle lor donne, facevan guerra ai Romani, e per una po
Giano, ricorra al primo libro dei fasti d’ Ovidio ; ivi; a proposito delle feste di capo d’ anno, si discorre largamente di
fu rifatto nel 411 di R. (293 av. C.) da L. Papirio Cursore e ornato delle spoglie Sannitiche e del primo orologio a sole. —
hi ginnastici e musici, festa che per Rodi aveva la stessa importanza delle Panatenee in Atene, delle Olimpie in Elide. — Una
sta che per Rodi aveva la stessa importanza delle Panatenee in Atene, delle Olimpie in Elide. — Una particolarità del culto d
one dipinse mirabilmente il sorgente astro di Elio che indora le cime delle montagne, mentre le stelle rapidamente se ne fugg
in Claudiano. Il racconto ovidiano contenuto nel primo e nel secondo delle Metamorfosi, va certamente segnalato tra tutti gl
ano statue del Sole. Celebre è il così detto « colosso di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera di Care
onzo, eretta nel 291 av. C., ammirata per la intelligente proporzione delle membra; ma soli 60 anni dopo eretta, fu distrutta
morte di Mennone suo figlio, bene è ricordato in un episodio del 13o delle Metamorfosi, dove, riferita la preghiera da lei r
concedesse al defunto, si descrive con vivi colori la trasformazione delle faville uscite dal rogo di Mennone negli uccelli
re, ossia la stagione più calda dell’ anno. 3. Anche la costellazione delle Pleiadi, fu oggetto dei mitologici racconti. Essa
ra (ver). 4. Non men celebri erano le Iadi (Hyades), la costellazione delle pioggie e delle tempeste marine. Secondo una legg
men celebri erano le Iadi (Hyades), la costellazione delle pioggie e delle tempeste marine. Secondo una leggenda, erano cinq
i su ciò la narrazione scritta da Ovidio nell’ ultima parte del sesto delle Metamorfosi. D’ altra parte, l’ avere Borea distr
ponere vult freta 20, e la viva pittura che ne fe’ Ovidio nel primo delle Metamorfosi (v. 264 e segg.). — Invece tutto favo
’ alto palazzo di Zeus sull’ Olimpo. — In origine le Muse erano ninfe delle sorgenti. Dalle alture dell’ Olimpo molti ruscell
ruscelli. Due regioni greche furono particolarmente celebri pel culto delle Muse, una era la regione dell’ Olimpo colla Pieri
pi più antichi compaiono sempre come un coro; solo più tardi a ognuna delle nove Muse (giacchè nove è il numero più frequente
che i poeti epici solevano cominciare i loro poemi dall’ invocazione delle Muse, uso che è stato accolto anche dai moderni;
lto, ora l’ eleganza degli ornamenti. Frequenti poi le raffigurazioni delle Muse o in istatue o in rilievi vari o su monete o
e. Spesso erano messe in relazione con Apollo e le Muse, in compagnia delle quali solevano cantare e danzare; ma per lo più e
i Scopa e Prassitele invalse l’ uso di rappresentarle nude. Il gruppo delle tre Grazie in grazioso abbraccio unite, fu riprod
s). Esse rappresentavano il regolare corso della natura nella vicenda delle stagioni; e ben con ragione è stata pensata come
legge, che regola i rapporti fra i varii esseri, epperò convocatrice delle assemblee dei celesti in esecuzione degli ordini
semblee dei celesti in esecuzione degli ordini di Giove, e presidente delle assemblee dei popoli sulla terra. Le Ore alla lor
rono disperdendo le nuvole. In altri termini esse presiedono al corso delle stagioni; fanno essere a loro tempo i flori e i f
capitani vincitori solevano erigere statue alla Vittoria, in ricordo delle loro gesta, e Silla istituì anche giochi speciali
ro al suolo; le belle forme del corpo si disegnano sotto gli svolazzi delle vesti; v’ è movimento ardito e leggerezza. — Un’
n Esiodo è fatta figlia di Taumante e dell’ Oceanina Elettra, sorella delle Arpie. È da notare che nella mitologia posteriore
nchetti versa il nettare. Fa anche altri servigi e ricorda le ragazze delle case patriarcali dell’ età eroica, che usavano ap
Giove. Anche questo è il racconto a cui si attiene Ovidio nel decimo delle Metamorfosi (v. 152-161); il quale fa che Giove s
Eros del secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue di tutta l’ antichità. L’ impera
in età di fanciullo, adattandosi questa meglio alla rappresentazione delle varie gherminelle a lui attribuite. Attualmente p
lo antico. Tra le più notevoli è il torso che si trova nella Galleria delle Statue in Vaticano (fig. 45); bellissimo anche l’
ò spesso lo si trova coronato di rose. Imeneo, personificazione delle gioie nuziali, solo in tempi relativamente tardi
pollo e da Coronide, una figlia del re tessalo Flegias, ed era il Dio delle guarigioni, il Dio della salute. In altri termini
ra, fra il tepore d’ un sole primaverile e in mezzo al dolce mormorio delle acque correnti. Narravasi poi, che essendo stata
tenze al racconto. Narrazione vivace di colorito leggesi pure nel 15o delle Metamorfosi Ovidiane, ove si racconta la venuta d
potenza a cui Zeus stesso non valeva a sottrarsi. Di qui il concetto delle Moire, rappresentanti appimto il destino assegnat
le necessità del morire quand’ è sonata l’ ora. Le Moire, come figlie delle tenebre, erano sorelle delle Erinni, le dee della
’ è sonata l’ ora. Le Moire, come figlie delle tenebre, erano sorelle delle Erinni, le dee della vendetta che perseguitano il
o il suo profeta; quindi l’ uno e l’ altro eran detti Moirageti, capi delle Moire. 2. Presso i Romani il destino era espresso
te; così alle tre Parche si poterono assegnare le stesse attribuzioni delle greche Moire. Si noti poi che dall’ età Augustea
; di qui la spinta alle fantasie medievali di immaginare l’ esistenza delle fate e tessere intorno a loro tanti racconti mera
ere intorno a loro tanti racconti meravigliosi. 3. Bellissima pittura delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio di Pe
reci che hanno un’ intonazione morale, spesso fanno cenno di Nemesi e delle misure da lei prese contro persone troppo felici
importante era un timone che la contraddistingueva come governatrice delle umane sorti; poi la si figurava con una cornucopi
rma di giovani colla cornucopia e la tazza in una mano, un papavero e delle spiche nell’ altra. Capitolo terzo. Gli Dei
e delle spiche nell’ altra. Capitolo terzo. Gli Dei del mare e delle acque. Nel concetto degli antichi tutte le acq
avasi all’ estremo Occidente, là dove si credeva che fosse l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre di tutti i fiumi
a nel fondo del mare in una scintillante spelonca. Come tutti gli Dei delle acque, aveva Nereo il dono di predire l’ avvenire
sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo viaggio ai giardini delle Esperidi andò a visitarlo per domandargli il modo
te, che andò sposa a Posidone, e Tetide (Thetis), direttrice del coro delle Nereidi, così avvenente che Zeus stesso l’ amava,
iù munito di scettro o di tridende. Più frequenti le rappresentazioni delle Nereidi, e come le dipinge Ovidio nel secondo del
rappresentazioni delle Nereidi, e come le dipinge Ovidio nel secondo delle Metamorfosi:                         … pars nare
poetica di questi esseri mostruosi. Una rappresentazione monumentale delle Arpie si trova nel Museo Britannico, tolta da un
ecialmente le Gorgoni, le Graie e il serpente Ladone custode dei pomi delle Esperidi. Forchi si diceva anche padre di Toosa,
III. Posidone-Nettuno. 1. La personalità più spiccata nel regno delle acque, il vero Dio e re del mare, era Posidone. G
le rupi e scuote la terra, e fa sorgere isole nuove dalla profondità delle acque. Ma basta anche uno sguardo o un cenno di l
iarlo. Il suo culto era sparso largamente, ma più fioriva nelle terre delle coste e nelle isole. Nell’ interno son da ricorda
le di tutta la Grecia. Tra l’ isole ricordiamo Egina, Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta di Posidone er
tadi gli si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il protettore delle corse e dai corridori prima del cimento onorato d
del mare, o più probabilmente per l’ utilità sua nella fabbricazione delle navi. 3. Nettuno (Neptunus) era il Dio romano ris
ità che più venne a essere rilevata si fu quella di Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ unico tempio che in Roma era
raffigurava Posidone in una positura speciale, facendo appoggiare una delle gambe su qualche rialzo. Attributi costanti il tr
dell’ arte antica. IV. Anfitrite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque nel regno
ia che rabbonisce le onde agitate è ben descritto da Ovidio nel primo delle Metamorfosi, dove si racconta il diluvio di Deuca
reva spesso alle rappresentazioni di Tritoni o per motivo ornamentale delle statue di Posidone e Anfitrite, o per lavori di f
oteo un servo di Posidone, da lui incaricato di custodirgli il gregge delle foche e dell’ altre bestie marine. Abitava nelle
io in Egitto; e il passo fu abilmente imitato da Virgilio, nel quarto delle Georgiche, ove narrasi la favola del pastore Aris
o da Antedone si diffuse a molte altre città litoraneo della Grecia e delle isole. La leggenda di Glauco Ponzio divento argom
Romani, Cicerone giovane scrisse su ciò un poemetto e Ovidio nel 13o delle Metamorfosi, verso la fine, fa raccontare a Glauc
entura di Ulisse in Omero; per non lasciarsi ammaliare dalle lusinghe delle Sirene dovè turarsi gli orecchi con cera e farsi
o vicino allo stretto di Messina. 2. La poesia si compiacque del mito delle Sirene, immagine del fascino che l’ arte esercita
ginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio nel quinto delle Metamorfosi (v. 552 e sgg.) spiega la cosa ricord
li e le estremità inferiori. È a notare che per esser fatale il canto delle Sirene, divennero esse quasi Genii della morte, o
e une liete riferentisi alla prosperità dei prodotti e alla fecondità delle greggi, le altre tristi, dominatrici del mondo di
o). È poi da notarsi che il concetto di tali divinità, e specialmente delle sotterranee, inchiudendo qualcosa di segreto e di
el politeismo volgare. A tali misteri rimase estraneo sempre il culto delle genti italiche. I. Gea — La Terra. 1. Come s
tti gli esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri, come nutrice delle sue creature, tutta intesa a farle crescere vigor
osperità. Ma anche d’ altro lato fu pensata Gea come tomba universale delle cose, che ogni essere vivo inesorabilmente rievoc
endo poi essa il solido corpo terrestre, condizione d’ ogni stabilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col
solenni feste al tempo della seminagione e di primavera al germogliar delle biade. Altra festa importantissima quella detta P
una corona murale, a indicare ch’ essa era fondatrice e conservatrice delle città, e al suo corteggio di Coribanti che Tympa
uale, per effetto del calore e dell’ umido, porta a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per gli uom
di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus. A costei l’ amore
è la terra che vien bruciata dai raggi estivi del sole, ma il frutto delle sue viscere, il calore vivificante e maturante, è
fe, satiri e altri genii de’ boschi, e le foreste e i campi risuonano delle grida di giubilo emesse dall’ allegra comitiva. C
e selvaggia. Costui volle opporsi alle feste Dionisiache, che il coro delle Baccanti stava celebrando sul monte Citerone. Ma
ine d’ idee, merita un cenno la leggenda di Arianna, la qual fa parte delle tradizioni locali proprie dell’ isola di Nasso. Q
lla frutticultura in genere, Dioniso era il riscontro di Demetra, dea delle biade; veniva detto talvolta l’ umido, come si so
iscaccia le preoccupazioni, così Dioniso si faceva amante del canto e delle Muse, volonteroso compagno delle Grazie e di Afro
Dioniso si faceva amante del canto e delle Muse, volonteroso compagno delle Grazie e di Afrodite, medico del corpo e dell’ an
te triennali); esi celebravano in regioni montuose e di notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne e fanciulle (giacch
ili stridebat tibia cantu. 43 Infine ricordisi Ovidio che nel terzo delle Metamorfosi e in principio del quarto descrive la
strage di Penteo e la trasformazione dei pirati Tirreni in delfini e delle Miniadi in vipistrelli. Numerosi monumenti a noi
l’ unico vestimento. In mano il tirso e una coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia di Dioniso, per lo più leoni e
di solitari laglietti e torrenti. Talvolta s’ attruppavano al seguito delle maggiori divinità della natura, e o cacciavano co
, in dolci canti la sua sorte infelice. A volte si attribuiva a opera delle ninfe una alterazione o sovreccitazione a cui tal
la poesia. 2º Le Ninfe dei monti, dette Oreadi, abitatrici dei monti, delle valli, dei burroni. Se ne distinguevano più famig
nome è rimasto come simbolo di una bellezza senza cuore. 3º Le Ninfe delle piante, dette Driadi (Dryades) o Amadriadi (viven
erti punti si eressero Ninfei, o tempietti speciali dedicati al culto delle Ninfe. Col tempo se ne eressero anche nelle città
descrivere scene della natura che sempre s’ avvivavano colla presenza delle ninfe. Le leggenda di Dafni è ricordata più d’ un
trovò un narratore pieno di grazia in Ovidio che l’ espose nel terzo delle Metamorfosi. La statuaria antica spesso rappresen
anti maschili di questa medesima vita; erano quindi genii dei boschi, delle acque, dei monti, e formavano insieme colle Ninfe
celebrati dall’ Epopea e dalla Tragedia, rilevando i fati più comici delle loro leggende o quelli che più facilmente si pote
ritmicamente; e riferisce il suo canto che ha ad argomento l’ origine delle cose e degli animali e il diluvio di Deucalione e
bella forma poetica da Ovidio, il quale discorre del primo nel sesto delle Metamorfosi, descrivendone il supplizio con tal f
ni molto aveva giovato diffondendo il timor panico; anche come amante delle Ninfe e delle Menadi, come celiatore e bulfone ga
giovato diffondendo il timor panico; anche come amante delle Ninfe e delle Menadi, come celiatore e bulfone gareggiava col S
lle foreste. Per altra via s’ avviò il concetto di Pane per influenza delle idee filosofiche; giacchè indotti dal significato
cacciatori, dai pescatori che lo avevano per loro protettore. Le cime delle montagne, le caverne erano specialmente a lui sac
cadia, custode dei sacri antri, compagno della Gran Madre, dolce cura delle Cariti. Inni a Pane si scrissero anche più tardi,
Inni a Pane si scrissero anche più tardi, seguendo il nuovo concetto delle scuole filosofiche; uno ne scrisse il poeta Arato
’ Ovidio che la bella leggenda della ninfa Siringa racconta nel primo delle Metamorfosi, e ricorda la gara musicale tra Pane
silvest rem ne cesset fundere musam. 44 Anche Silio Italico nel 13o delle Puniche ha una rappresentazione veramente scultor
il greco Pane, sebbene la corrispondenza non sia completa; ed era Dio delle selve come il nome stesso dice; amico quindi degl
dei pastori e dei cacciatori, come Pane. D’ altro lato anche i rumori delle foreste eran da lui, ed egli pure, divertivasi a
ere spavento nell’ animo del viaggiatore solitario. Ma oltre al regno delle foreste, Silvano era creduto presente anche nelle
di Pane, ch’ egli amasse il soggiorno de’ boschi, dei segreti antri, delle fresche fontane, dove attendeva a cacciare e a ri
bro. È un’ ode scritta nella quiete della villa Sabina e in occasione delle teste Faunali del Dicembre. Vi si rispecchia la g
rosperità degli armenti, l’ abbondanza della pesca, la buona riuscita delle api; sopratutto era riguardato come protettore de
a delle api; sopratutto era riguardato come protettore dei giardini e delle vigne. La bestia che si sacrificava a Priapo era
questo animale fosse a lui inviso. Gli si offrivano anche le primizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine di
di venire a tratteggiare la figura di Demetra o Cerere, la grande dea delle biade, occorre ricordare alcune divinità minori d
re dell’ agricoltura italica, onde anche la prosperità dei frutteti e delle vigne si faceva dipendere da lui. Allorquando le
rtunno e Pomona forma argomento di un bell’ episodio nel decimoquarto delle Metamorfosi (623 e sgg.). In arte Vertunno era ra
rano feste rallegrate dal sorriso dei flori; s’ incoronavano le porte delle case, si portavano corone in testa, e tra i copio
ig. 69). d) Pale. 1. Antica Dea (secondo alcuni, Dio) pastorale delle popolazioni italiche, con cui va connesso il nome
tto a purgare uomini e bestie. Gli uomini del resto chiedevan perdono delle profanazioni recate inavvertitamente alle fonti s
acre, ai boschi, ai pascoli e pregavano per la salute e la prosperità delle loro greggi. 2. La Dea Pale è menzionata qua e là
ione con essa perchè rappresentava divinizzato il concetto dei limiti delle proprietà prediali; quindi era il patrono della p
rappresentata. X. Demetra-Cerere. 1. Ed eccoci alla più grande delle divinità greco-italiche riferentisi alla terra pr
Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era propriamente la dea delle biade, ma in genere le si attribuiva una sovranit
ità ai matrimonii; e per altro rispetto era pure patrona e direttrice delle popolari adunanze. Tra le sacre leggende che si c
one (Proserpina) o Cora sua figlia. Un giorno Persefone, in compagnia delle Oceanine sollazzavasi in un verde prato ed era tu
, in forma di povera vecchierella, sedutasi sulla via presso il pozzo delle Vergini, al rezzo d’ un olivo fronzuto, ad alcune
ra lo splendore di migliaia di faci. Un’ altra festa, meno importante delle Eleusinie, aveva luogo in principio del mese di N
. Quello che era Demetra per i Greci, era Cerere pei Romani, come Dea delle biade antichissima fra gli Italici, ma molto pres
so, toccò ad Ade il mondo sotterraneo, come a Posidone toccò il regno delle acque. Di Ades è compagna Persefone, come Era di
ta relativamente tardi, perchè ancora è sconosciuta ad Omero. Come re delle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualco
all’ Averno, e la non meno vivace descrizione che leggesi nel quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito della venuta d
e Metamorfosi di Ovidio, a proposito della venuta di Giunone al regno delle ombre per trarne la furia Tisifone e ottener per
. Ancor se ne legge la descrizione in Pausania. Noi possediamo ancora delle pitture vascolari di questo stesso tema; generalm
chilo che le disse figlie della notte, e Sofocle che le fe’ figliuole delle tenebre. Da principio non era determinato il nume
Furono i poeri tragici elle più contribuirono a svolgere il concetto delle Erinni e a diffondere tra la gente un’ immagine d
Loro attributo costante nel culto era il serpente, simbolo in genere delle divinità ctoniche. Nell’ Attica era loro sacro il
e, ignoriamo, sebbene gli antichi la identificassero. 4. Un’ immagine delle Erinni potentemente scolpita è nei tragici greci;
ispecchia nell’ indole di Ecate; la quale venne concepita come la dea delle apparizioni notturne, la dea degli spettri; dicev
bisognava rendersela arnica; quindi e nelle case private e alla porta delle città si collocavano certi pilastri con l’ immagi
un coltello e nella sinistra la coda d’ un serpente, attributi propri delle Erinni e qui assegnati anche ad Ecate; la figura
ui assegnati anche ad Ecate; la figura di sinistra ha in ambe le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fior
bella descrizione del Sonno e della sua casa leggesi nel decimoprimo delle Metamorfosi d’ Ovidio (v. 592 e sgg.) là dove si
enati eran dunque gli Dei protettori del nutrimento della famiglia, e delle provviste annue a questo necessarie. Tale il conc
fizio ai Penati e a Vesta. 2. Dionigi d’ Alicarnasso , grande storico delle cose di Roma, assicura di aver visto in un antico
defunti, propriamente le anime virtuose che divenivan genii tutelari delle case dove avevan vissuto; eran dunque identici ai
alla presenza fra di loro dell’ ombre de’ trapassati è prova la festa delle Lemurie, il 9 maggio, in occasion della quale il
ava le ombre a lasciare il suo tetto. Si attribuivano a questa venuta delle ombre le spaventose apparizioni di spettri, e alt
annoverassero tra gli Eroi tutti i primi uomini, ma solo i più forti delle età preistoriche, quelli che si rendevano benemer
da qualche divinità colla terra, alla maniera che un artefice plasma delle figure d’ argilla. Dapprima si attribui questa or
cqua una bella figura di donna; gli Dei andarono a gara per adornarla delle più graziose attrattive, Afrodite le diè il fasci
storia dei primi uomini è narrata affatto diversamente nella leggenda delle varie età e generazioni umane. Dicevasi che in or
denza morale e del disordine, l’ età del lavoro faticoso, conseguenza delle passate colpe; la lealtà, la sincerità, la vereco
secondo i luoghi e le genti. Connessa in qualche modo colla leggenda delle varie generazioni umane è l’ altra leggenda del d
nel senso che le ossa della terra fossero le pietre; gettaron dunque delle pietre dietro sè, ed ecco miracolosamente queste
ometeo plasmatore d’ uomini e rapitore del fuoco celeste, di Pandora, delle età umane, del diluvio Deucalioneo diedero argome
ito bei versi ad Esiodo tanto nella Teogonia quanto nell’ altro poema delle Opere e dei Giorni, diè ad Eschilo argomento di c
l mito di Prometeo creatore e quello del rapimento del fuoco. Il mito delle umane età leggesi in molti autori, diversamente r
merazione; qui ricordiamo soltanto il lungo passo di Esiodo nel poema delle Opere e dei Giorni (v. 109 e seg.), e la bella no
orni (v. 109 e seg.), e la bella notissima narrazione che è nel primo delle Metamorfosi Ovidiane. Anche del diluvio di Deucal
I Lapiti e i Centauri erano tribù selvaggie e fortissime, abitatrici delle montagne della Tessaglia; i Lapiti abitavano sull
avesse posto sede sul promontorio Malea. Ferito per disgrazia con una delle freccie avvelenate del suo amico Eracle, rinunziò
ita descrizione della lotta fra i Lapiti e i Centauri leggesi nel 12o delle Metamorfosi Ovidiane. Il racconto è messo in bocc
rammenti, dai quali si è potuto ristabilire con probabilità l’ ordine delle figure. Un’ altra Centauromachia ammiravasi nel f
o nè la madre morire pel figlio, per quanto secondo il corso naturale delle cose non dovesse essere lontana la loro ora; inve
tarono Cadmo nella fondazione della città e diventarono i capistipite delle nobili famiglie di Tebe. Senonchè in espiazione d
è nelle Fenicie di Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terzo delle Metamorfosi di Ovidio. Poche le rappresentazioni
b) Atteone. 1. Già s’ è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di In
ni più fina arte. Si mostrò questa differenza anche nella costruzione delle famose mura di Tebe, opera appunto attribuita al
unatissima. Ma da questa felicità dovevano piombare nella più crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della sua fortuna e
ipidea. E un monumento grandioso a un tempo e mirabile per l’ armonia delle linee; il raggruppamento delle figure in forma pi
o a un tempo e mirabile per l’ armonia delle linee; il raggruppamento delle figure in forma piramidale dà più vivacità all’ a
on ricorda le superbe parole messe a lei in bocca da Ovidio nel sesto delle Metamorfosi, poi la descrizione viva e vera della
d’ ogni sorta mtrighi, ma anche della divinazione per via dell’ esame delle interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio
infuriati gli guadagnaron la mano e ne fecero strazio; simbolo forse delle onde infuriate del mare nella stagione delle temp
o strazio; simbolo forse delle onde infuriate del mare nella stagione delle tempeste che al loro stesso signore fan violenza.
là ricordate dai poeti greci e latini. Serva d’ esempio il noto luogo delle Georgiche, libro terzo, dove discorrendosi delle
sempio il noto luogo delle Georgiche, libro terzo, dove discorrendosi delle cavalle in furia si dice: … ante omnes furor est
d ucciderla. Appresso fu mandato contro i Solimi, popolazione montana delle vicinanze, nemica ai Licii. Vinse anche questi fe
e con Temiscira per capitale, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide; di là era voce che avessero fatto
le rive dell’ Egeo; vedremo che si favoleggiava persino di una venuta delle Amazoni in Attica dove Teseo ebbe a combatterle.
ine del mito di Bellerofonte, indubbiamente si troverà che esso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio di Posido
o connessi; le lotte poi coi’ mostri sono la solita traduzione mitica delle lotte fra il sole e i mostri delle tenebre. 2. La
i sono la solita traduzione mitica delle lotte fra il sole e i mostri delle tenebre. 2. La favola di Bellerofonte ha la sua p
in bronzo che ora conservasi nel Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una delle più trattate dai grec
i nel Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una delle più trattate dai greci scultori. Le solevano rapp
spinta dal vento tempestoso. 2. La favola, appena entrata nel dominio delle lettere, ha subito molte alterazioni, com’ è natu
molte alterazioni, com’ è naturale, specialmente per la designazione delle regioni ove peregrinò Io. Lo stesso particolare d
ti altri, Ovidio ne trasse argomento a uno de’ più commoventi episodi delle Metamorfosi (libro I, 582-750). Anche le arti del
liuole. Egli consentì, ma diè ad ognuna un pugnale perchè nella notte delle nozze uccidesse il proprio consorte. Così fecero
iliò con Linceo che divenne il suo successore, celebre come fondatore delle gare equestri in onor d’ Era, nelle quali premio
continuamente acqua in un vaso senza fondo. Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gli elementi più antichi
so Corinto. Or questo Preto ebbe tre figliuole, dette perciò Pretidi, delle quali favoleggiavasi, che insuperbitesi per la lo
o degli uccelli. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con
creti degli Dei? La cassetta si diresse verso l’ isola di Serifo, una delle Cicladi, un pescatore a nome Ditti (Dictys) con l
e. Perseo s’ avvia per compir l’ impresa affidatagli, non ben conscio delle difficolta che avrebbe dovuto superare. Ma venner
eto luogo, che gli sarebbe stato rivelato dalle Graie, le tre sorelle delle Gorgoni, Enio, Pefredo e Dino, le quali dalla nas
a volta dell’ estremo ovest ove abitavano le Graie, quasi avanguardia delle Gorgoni. Giunto alle Graie, Perseo tolse loro a f
one e lo ripose nella magica sacca. All’ inseguimento e alla vendetta delle sorelle si sottrasse mediante l’ elmo che rendeva
ricca la mitologia greca; rappresenta la lotta del sole colle potenze delle tenebre o colle nuvole tempestose, quella lotta c
ltri, sia ancora ricordato il racconto di Ovidio, nel quarto e quinto delle Metamorfosi, dove specialmente la liberazione di
azie, se ne faceva molto uso sugli scudi, sulle corazze, sul battenti delle porte e su vari oggetti di uso domestico. Si nota
V. Laconia e Messenia. I Dioscuri. 1. Le più antiche leggende delle provincie meridionali del Peloponneso ricordavano
adre dei gemelli Castore e Polluce (Pollux, grecamente Polycleuces) e delle due celebri donne Clitennestra ed Elena. Più tard
quali in occasione di forti temporali vedonsi sulla cima degli alberi delle navi e in genere sulle punte, dette da noi « fuoc
kes (ossia Anactes, i re, i dominatori) e celebrata la loro festa con delle corse equestri. In genere le gare equestri erano
ovasi un rilievo proveniente dalla Licia, rappresentante il rapimento delle figlie di Leucippo, lavoro anche questo molto int
ntesa in senso favorevole all’ ultima; vuol dire che nell’ alternarsi delle due stagioni umida e asciutta, quest’ ultima in A
a quest’ invasione se non sacrificando, per ordine dell’ oracolo, una delle sue figliuole agli Dei infernali; solo dopo cio m
sgrazia sua. Progne tutta voltasi a pensieri di vendetta, profittando delle feste bacchiche, simulando bacchica furia, usci d
apprestarono in cibo al re; di che accortosi egli, voleva far scempio delle ree femmine ma le vide trasformate, Progne in usi
za di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più bel
sorge dal mar d’ Oriente traverso il puro aere, come tant’ altri eroi delle città greche. — Teseo ebbe a maestro il virtuoso
unì in una comunità le varie regioni dell’ Attica, e istituì la festa delle Panatenee a cui tutti gli Attici prendevano parte
ì tragicamente, perchè accusato al padre di aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedra (sorella di Ariadne, sposata d
e dell’ Odissea, e altri epici minori come Artino, Lesche e l’ autore delle Ciprie; poi la lirica con Saffo e Simonide celebr
anna nell’ Epitalamio di Peleo e di Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfosi narrò da par suo la caduta di Megara
a egli non sgomentatosi pensò sfuggire per le vie aeree, e fabbricate delle ali di penne, le adattò con cera al suo corpo e a
uggitivo; ma non che ottenerla, fu egli stesso ucciso per istigazione delle figlie di Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma d
el rapimento d’ Europa fu trattata poeticamente da Ovidio nel secondo delle Metamorfosi (844-855); e dal medesimo in racconto
andolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi nel quarto delle Argonautiche racconta poeticamente (v. 1638 e seg
lla Colchide. f) Il cinto di Ippolita era un dono fatto a lei, regina delle Amazoni, da Ares. Or desiderava possederlo Admeta
compito di andarglielo a prendere. Si recò a Temiscira, la metropoli delle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La qu
e se n’ andò minacciando guerra entro non molto tempo. g) Ripulimenlo delle stalle d’ Augia o Augea. Era costui figlio di Eli
vincerlo tenerlo sollevato da terra e soffocarlo così con una stretta delle sue braccia poderose. Altri nemici vinti allora d
a del loro Ercole col gigante Caco, di cui parleremo. m) I pomi aurei delle Esperidi. Erano questi un dono di nozze che Era a
ndare a prendere questi pomi d’ oro, pur ignorando dove fosse la sede delle Esperidi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi
o un’ altra tradizione, Eracle sarebbe arrivato egli stesso agli orti delle Esperidi e avrebbe presso i pomi uccidendo il dra
nni dei certami solenni, nei quali si davano ai vincitori come premio delle tazze d’ argento. Era a lui sacro il quarto giorn
ebbe assai lungo l’ enumerare le opere o i luoghi che trattano alcuna delle leggende Eraclee. Già nell’ Iliade sono ricordate
tuttora sotto il titolo di « scudo di Eracle », perche la descrizione delle armi e dello scudo dell’ eroe viene ad essere l’
tolato « le gesta di Eracle » (Herakleia), fu uno dei primi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, da
tra le tragedie di Sofocle e di Euripide ve ne sono parecchie, e non delle men belle intorno ad Eracle; basti ricordare le T
a quale rimangono solo il torace e le cosce; ma questa reliquia è una delle più belle cose pervenuteci dall’ antichità, tanta
le più belle cose pervenuteci dall’ antichità, tanta è la grandiosità delle forme e dell’ atteggiamento, e la perfetta armoni
grandiosità delle forme e dell’ atteggiamento, e la perfetta armonia delle linee ove la verità corporea viene idealizzata in
li Ulfizi a Firenze. Specialmente frequenti erano le rappresentazioni delle dodici fatiche. Ancora ne rimangono parecchie. Ri
la lotta coll’ Idra, gruppo in marmo del Museo Capitolino; i rilievi delle metope occidentali del tempio di Teseo in Atene e
a i Latini, illustro la favola con poetici colori Ovidio nell’ ottavo delle Metamorfosi, largamente descrivendo e i particola
si dopo la morte del loro giovine eroe e specialmente i mesti lamenti delle sorelle di lui in ultimo trasformate in uccelli.
ia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a patto di esser liberato delle Arpie che infestavan quelle terre, ciò che fu fat
al resto del loro viaggio; specialmente li avvisò del difficile passo delle Simplegadi, specie di scogli all’ entrata del Pon
teggiando la riva meridionale dell’ Eusino, arrivarono prima al paese delle Amazoni, poi all’ isola Aretias o di Marte dove e
no terreno. Secondo altri, Absirto figlio di Eeta, era il condottiero delle genti mandate dal re a inseguire i fuggenti, e Gi
ri; la quarta Pizia di Pindaro versa intorno a questo soggetto; molte delle tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide mettono in
rto secolo dopo Cristo. Nè si ommetta la prima metà del settimo libre delle Metamorfosi che narra poeticamente tutta la legge
a di pace, finchè a Colono, demo dell’ Attica, ebbe rifugio nel bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la sua tomba divenne, in
oglio di resistere anche al fuoco di Zeus, venne fulminato dall’ alto delle scalate mura; Polinice ed Eteocle venuti a singol
porremo brevissimamente le principali di tali leggende, dicendo prima delle stirpi eroiche a cui esse si riferiscono, poi nar
monio, Aiace di Oileo, Diomede, Nestore ed Ulisse. Daremo brevi cenni delle loro famiglie. Agamennone e Menelao appartenevano
gli di Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadendo gli effetti delle colpe paterne, furono perseguitati anch’ essi dal
ra. La storia dolorosa di Niobe fu già da noi narrata dove si parlava delle leggende tebane. Pelope richiamato in vita da Erm
ava su questa famiglia, almeno secondo le leggende posteriori, perchè delle tragiche vicende di questi due fratelli Omero non
, bravo nell’ eloquenza e nell’ arte militare. Giovane nella pienezza delle forze, prese parte alla guerra di Troia, pur sape
i Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio superstite di La
dite instillo in lei un ardente amore per l’ ospite che alla bellezza delle forme aggiungeva lo splendore dell’ abbigliamento
, era venuta l’ ora anche per lui. In un assalto alla porta Scea, una delle principali porte di Troia, mentre già egli stava
pianti per la morte di tanto eroe; la madre Tetide e tutta la schiera delle Nereidi lo piansero per diciasette giorni e dicia
Troia; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle sue freccie uccise Paride, la cagion prima della
o Egisto, ma anche sua madre. Questo gli tirò addosso la persecuzione delle Erinni le quali non gli davan pace e lo inseguiva
otezione di Atena e fu assolto dall’ Areopago, come si narrò parlando delle Erinni venerate d’ allora in poi come Eumenidi. P
e consigli per il rimanente del viaggio. Poco appresso toccò l’ isola delle Sirene, le ingannevoli Muse del mare che allettan
i) Scampato a questo pericolo, Ulisse pervenne all’ isola Trinacia o delle tre punte (la Sicilia?), dove sbarcò veramente a
nio, capitò anzitutto nelle isole Strofadi ove gli toccò l’ avventura delle fameliche Arpie che gli insozzarono la mensa. Poc
ga diffusione fra i Greci che divennero come il pascolo intellettuale delle loro anime; in tutti i secoli della vita greca vi
o alla letteratura latina, anch’ essa bevve a larghi sorsi alla fonte delle cose troiane. Per tacere dei traduttori, già Nevi
che a noi sia giunta dall’ antichità. S’ aggiungano gli ultimi libri delle Metamorfosi d’ Ovidio, che cantano lo stesso tema
gici latini, da Livio Andronico a Seneca dedicarono la più gran parte delle loro opere ad argomenti troiani. Da tutto ciò si
lo av. C.; il Lessing lo giudicò del 1º sec. dell’ e. v.). « Ciascuna delle tre figure, scrive il Gentile (op. citata pagin
o comprime al destro fianco del padre, gli attorce le parti superiori delle braccia, e di sotto alla destra ascella lo addent
e contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle sue forze. — Varie scene della guerra troiana ris
In fatti il suo dolce canto faceva spuntar le lagrime fin sul ciglio delle Erinni e il petto di bronzo del re dell’ ombra si
ell’ Attica. Si diceva discepolo o figlio di Orfeo, e citavansi anche delle poesie di lui, canti religiosi e lustrali, inni,
sonaggio che ricorre spesso nei drammi che trattano di Troia caduta e delle vicende dolorose serbate ai superstiti. — Fra i p
inferno di Orfeo trova un interprete eloquente in Ovidio, nel decimo delle Metamorfosi. L’ efficacia del canto d’ Orfeo bene
e la fuga dal labirinto, già n’ abbiam fatto cenno ove si discorreva delle leggende cretesi. Anche l’ arte prese sovente ad
logo; pare che rappresentazioni simili si usassero spesso a ornamento delle sepolture. 1. « Forza senza senno rovina
« Giove illustre pel trionfo sui Giganti, quel Giove che con un cenno delle sue ciglia fa muover tutto l’ universo. » 3. « G
dio Spavento porrà il morso ai veloci destrieri. Affrettate l’ opera delle vostre mani. Ecco preparasi alla gaerra il mio St
urioso leone. » 47. Georg. III, 266: … Più che ogni altro in ver delle cavalle Passa i segni il furor. Venere istessa In
5 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
fantastiche, ci dipinge forse meglio, che il vero istesso i trasporti delle nazioni e del tempo, quando si deificavano gli st
assici greci e latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere di loro, e per impromettere a questo dettat
nte interpetrarlo. Perciò non ci cade dubbio, che i saggi institutori delle scuole letterarie volendole spiegare a’ loro alun
llo intuito, la riconoscenza di sua creazione, il cum ulo interminato delle doti del Creatore, il culto e l’amore a lui dovut
invoca in essa gli Dei del suo dolore ; ora il menzogniero artificio delle caste ieratiche offre nuova esca alla credulità d
eclara e piena di tanta dignità ardiscono sotto il nome degl’ Iddii e delle Dee attribuirne qualche parte alla Dea Cloacina(2
to — Sul principio della opera mia, dice Pausania(4), dovendo parlare delle favole immaginate da’Greci, le credeva ridicole e
del genere umano non essendo capaci di formare i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale di fingersi i caratteri poe
si dalla istoria poetica con questi due miti la leggerezza, la vanità delle nozze naturali, cui un tempo l’uomo congiungevasi
ito, cui intendevasi l’appropriato dominio de’campi, e le pretenzioni delle nozze solenni, che celebrate solo da’ nobili, non
lebrate solo da’ nobili, non si permettevano alla plebe, e ciò da una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli antich
da’ nobili, non si permettevano alla plebe, e ciò da una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli antichi romani era
i vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di c
ulto civile, le dovizie dell’agricoltura, del commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e d
dovizie dell’agricoltura, del commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e di oceani remoti
e per pubblica riconoscenza, Diodoro Sicolo parla della maggior parte delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte,
enza, Diodoro Sicolo parla della maggior parte delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte, degli amori, delle glo
olo parla della maggior parte delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte, degli amori, delle glorie, delle dissav
delle loro intraprese, delle conquiste, delle scoperte, degli amori, delle glorie, delle dissavventure, non obbliando a un t
traprese, delle conquiste, delle scoperte, degli amori, delle glorie, delle dissavventure, non obbliando a un tempo e il nasc
un tempo e il nascer loro e la culla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie di mito, onde gli antichi eterodossi
parole del signor Bianchini, che mirabilmente descrive questo smodare delle genti. Ligate, ei dice(1), in tal modo, ora con i
lo informasse, quale anima grande un corpo vastissimo, e dalla maestà delle parti, dall’ordine, dall’avvenenza invitati, inve
erzo genere di nomini, chiamato civile che si prevalse degli errori e delle passioni sì del volgo, come de’ letterati, e ne c
nendo un’allegoria in ciascun mito, spiegarono la mitologia per mezzo delle Costellazioni. « Le favole, così il sig. Depuis(1
ione e le favole di loro si raggirassero sopra il levarsi de’pianeti, delle stelle e delle costellazioni. Per questo taluni d
e di loro si raggirassero sopra il levarsi de’pianeti, delle stelle e delle costellazioni. Per questo taluni delle dodici div
rsi de’pianeti, delle stelle e delle costellazioni. Per questo taluni delle dodici divinità maggiori fecero dodici periodi di
al culto del Sole, della Luna e di altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole di tutti i popoli eterodossi. 10. La favol
a fece cadere in mezzo al convito degli Dei, per darsi alla più bella delle Dee, quando da Giove scelto Paride per giudice, o
la delle Dee, quando da Giove scelto Paride per giudice, onde a quale delle dee si dovesse dare, se a Giunone, a Minerva od a
imendosi i tre elementi, di cui si credeva esser composte le sostanze delle cose ; altri lo animano, come Giunone, cioè l’ari
iorno, portando i parti alla luce ; di Dea Mena, presedendo a’mestrui delle donne ; di Lucina, invocandosi dalle parturienti 
per figlio il dio Bacco. Fu creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele
ella. Perciò a lui si sacrificavano tori neri sì a cagione del colore delle acque del mare, che sembran nere quando sono agit
ani e i mari ; od in fine, perchè lungo tempo paventando dell’aspetto delle onde, si tennero lungi a percorrerle. Nettuno rap
). 19. Plvtone — Egli veniva adorato da’greci e da’latini come il Dio delle ricchezze e dello inferno. A questo mito, spigola
e ricchezze e dello inferno. A questo mito, spigolando nel gran campo delle opinioni degli scrittori, che parlarono di questa
cose sotto traslati allegorici. Altri riponendo la sua sede nel fondo delle miniere, e nel seno della terra, hanno creduto, c
o(2), e la natura fu inaugurata a questo Dio, e fu tenuto come il Dio delle ricchezze ; perciocchè tutte le cose vengono dall
tutte le cose vengono dalla terra, e nella terra ritornano. Il padre delle ricchezze, dice l’ Agostino(3), non è altro che l
ascoto emisfero ; e di Macrobio che vuole essere Iao, cioè lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, che porta il no
to allegorico, cui si vuole intendere il Sole, onde fu creduto il Dio delle divinazioni ; chè il Sole pone in luce tutti gli
il Dio delle divinazioni ; chè il Sole pone in luce tutti gli aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5), perchè nel s
intorno la luce del sole, repente apparvero le sembianze e le figure delle cose. Fu nominato Apollo, voce tutta greca Απολλω
contrario nelle vene di loro umori pestilenziali con la oltre misura delle intemperie. E con questa osservazione ben dobbiam
surazione del tempi. Da ciò fu creduto come il precettore e l’antiste delle Muse ; e gli si consacrava il cigno, chè non v’ha
a luce-civile, ossia per la nobiltà degli eroi. Fra la gran farragine delle cose, che egli accumula intorno a questo articolo
r, splendore d’armi…… Ed è detto Apollo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcar
d è detto Apollo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola
ta di Dafne sempre vardeggia cangiata in lauro, perchè Apollo co’nomi delle prosapie eterna gli uomini nelle loro famiglie :
, chiamandosi κυλλοι, cioè zoppi, ossia monchi tutti quei che mancano delle mani. 27. Co’miti dunque di Mercurio gli antichi
strade dagl’ingombri, ed affinchè i simulacri di lui con l’addizione delle pietre addivenissero più appariscenti. 28. Lo imm
eroiche i nobili comandavano le leggi... Talchè la lira fu lo unisone delle corde o forze de’padri, onde si compose la forza
sogliono presagirla col canto di loro. 30. Vvlcano — Dio del fuoco e delle arti, che si esercitano ammollendo, piegando e da
no di esser ella un fuoco sottile ed etereo al di sopra dei pianeti e delle stelle. Tenendo dietro a questo sentimento della
apo di Giove, e che ne sia uscita fuori Minerva, Dea della sapienza e delle belle arti — cioè che il fuoco, di cui si servono
mmaginarono nove Muse, opinioni di Varrone e Diodoro Sicolo. 51. Nome delle Muse e loro ufficio. 52. Le Muse non erano che pe
ne di questo personificamento. 53. Le Grazie — Simbolica ed allegorie delle Grazie — Sviluppo di questa simbolica e allegorie
per le vie dell’aria. Da questo del pari fu indotto, quando il genio delle arti lo inspirava, il signor Albano, a rappresent
do de’divini caratteri dopo quello di Giove, Giunone seconda divinità delle genti, dette maggiori : la quale è di Giove sorel
bono essere stati detti essi eroi, perchè nascevano da nozze solenni, delle quali era nume Giunone, e perciò generati con amo
so che Imeneo : e gli eroi si dovettero dire in sentimento di signori delle famiglie a differenza de’famoli, i quali vi erano
tte le nazioni s’ingentili con lo anello per dimostrare la soggezione delle mogli a’mariti ; co’pesanti sassi ai piedi, per d
mogli a’mariti ; co’pesanti sassi ai piedi, per dinotare la stabilità delle nozze, onde Virgilio chiama coniugium stabile il
sto mito è stato altra volta esposto nella nostra opera della istoria delle Opere della Natura (1), e qui lo ripetiamo per da
perciocchè Proserpina, come dice Tullio, non significava che il seme delle biade(2). Proserpina si volle figlia di Giove e d
ella terra : talchè è madre degli Dei, cioè de’giganti, che nel tempo delle prime città si arrogarono il neme di Dei : e le è
tori de’popoli stando fermi nelle prime terre fondarono le città, Dea delle quali è Cibele. Fu detta Vesta, Dea delle divine
rre fondarono le città, Dea delle quali è Cibele. Fu detta Vesta, Dea delle divine cerimonie presso i romani, perchè le terre
er crear un tipo di sapienza, e onde personificare il genio inventore delle belle arti e delle armi guerriere. La vogliono na
sapienza, e onde personificare il genio inventore delle belle arti e delle armi guerriere. La vogliono nata dal capo di Giov
lo scrittore della Scienza Nuova (5), immaginarono la decima divinità delle genti, Minerva, e la finsero nascere con la fanta
to dissero capo… In cotale favola i filosofi ficcarono la più sublime delle loro meditazioni metafisiche, che la Idea eterna
a lei era venerato. Chi sia questo nume ben si scorge da un frammento delle Commedie di Alesside, e noi qui lo riproduciamo s
listo, ossia la più bella, Venere che con tanta pompa esce dal grembo delle acque, passò per aver avuto da quelle il suo nasc
na, diva de’porti, e col nome di Delia, così Callimaco(5), guidatrice delle vergini oceanine, i primi nocchieri andavano nel
me la Luna, con i tre corpi, e le tre facce si voleva dare un simbolo delle apparizioni della Luna istessa, che presenta nell
o a dar principio, sviluppo e compimento ad un poema. E dalla lettura delle opere dello stesso Pausania apprendiamo da tre es
cipe Macedone portandosi nella Beozia fè credere esser nove il numero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose
e danze, ed a queste davasi il nome di Muse. 52. Niuno ignora il nome delle Muse, Clio, Euterpe Talia, Melpomene, Tersicore,
Tersicore, Erato, Polinnia, Vramia, Calliope. Noi, senza dire a quale delle belle arti ciascuna di esse voleva farsi preseder
a Musogonia(1). Di nove ie dico vergini leggiadre Del canto amiche e delle belle imprese : Melpomene, che grave il cor conqu
ol co’forti vive Ed or ne canta la pietade, or l’ira ; Euterpe amante delle doppie pive, E Polinnia del gesto e della lira ;
ichi sapienti altro non intendevasi, che personificazioni allegoriche delle belle arti, della poesia, della musica, delle dan
nificazioni allegoriche delle belle arti, della poesia, della musica, delle danze, e degli effetti da queste prodotti. Con la
τος amabile, la stima che il tempe e la fama acquista a’saggi cultori delle belle arti. Per Polinnia πολυμνος celebre, di mol
uove tratte dalle opinioni di Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di Ercole, e comparazione di esse
r riveder l’ombra di suo padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna delle grandiose fatiche di Ercole è ancora la vittoria
va agli eroi la decima di Ercole, che dovette essere il censo, pianta delle repubbliche aristocratiche, onde i plebei romani
gnificarsi la fertilità, che poscia nacque ne’campi dalle irrigazioni delle acque di questo fiume. 60. Ora di Ercole come per
, creatore di ogni cosa, prestantissimo ausiliatore di tutti, cultore delle inculte genti, apportatore di pace a’morfali, gen
che andar devoti del padre de’secoli, dell’anima visibile del mondo, delle immortale moderatore degli astri e delle stagioni
ll’anima visibile del mondo, delle immortale moderatore degli astri e delle stagioni, della forza e virtù di tutti gl’Iddii,
o e ad Ercole, ebbe questi insieme con quello la cetra e la compagnia delle Muse, onde fu detto Musagete. Ovidio non meno esp
) che i romani in ciascuno anno celebravano le sue feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiungiamo la opinione di non
llo Zodiaco. I. Ercole uccide il Leone del bosco Nemeo, e si ricuopre delle spoglie — Questa vittoria risponde al passar del
onto del cavallo Orione, o di Pegaso. VII. Punisce Busiride e Diomede delle loro crudeltà, uccidendo l’uno che soleva sacrifi
sotto il Toro, che va segnato dal tramonto di Orione, che andò amante delle Atlantidi, ossia delle Pleiadi, e da quello del B
egnato dal tramonto di Orione, che andò amante delle Atlantidi, ossia delle Pleiadi, e da quello del Boaro, conduttore dei bu
ocione. XII. Ercole trascorrendo l’Esperia toglie i pomi del giardino delle Esperidi, posti alla custodia di un Dragone. Vest
lla di lui chiamata Armonia, e menolla a seconda consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte di Cadmo, dolente di ques
ratti dall’ossequio di lui non pochi cittadini, ricoverossi nel monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo consorte, tenden
er significare la moltiplice la variata bellezza, ed i diversi colori delle cose. Creduto custode degli orti e delle viti gli
ellezza, ed i diversi colori delle cose. Creduto custode degli orti e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cing
ori che sembra di nascere senza cagione, che vengono o dallo stormire delle frondi degli alberi, o dall’agitamento delle selv
vengono o dallo stormire delle frondi degli alberi, o dall’agitamento delle selve, senza esser mosse da vento, o da altri imp
potere di natura, che subordinata alla Causa Prima, al Sommo Creatore delle cose, tutto genera, tutto alimenta, tutto provved
erendo, (4). Tvtilina e Tvtano — Portavano questo nome dalla tutela delle cose, cui si facevano presedere. Varrone dice, ch
to. (1). Taciti,de moribus Germanorum cap. VII (2). Della istoria delle opere della Natura cap. V. pag. 71. (1). Divi A
idam diceres. Plvtarchi, quaestionibus Romanis. (1). Della istoria delle Opere della Natura cap. V. pag. 66. (2). Cicero
t a Graecis. Ciceronis de Natura Deorum lib. III (1). Della istoria delle Opere della Natura Cap. V. pag. 66 e Cap. XI. Pag
mas servit et in tres vergentia formas — Ovidio. (1). Della istoria delle Opere della Natura cap. V. pag. 68, Genesi dello
 XI. ver. 12. (8). Horatii, Carmen. Saeculare ver. 25. (9). Platone delle leggi. (10). Pausaniae lib. II. cap. XXX. (1).
6 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
agevole ritrovare una Mitologia che insozzata non fosse o più o meno delle turpi leggende degli antichi Pagani. E forse mi
atteso che quel libro può porsi senza timore alcuno anche nelle mani delle più modeste giovanette. Quella Mitologia però era
tto a contraffare la verità. E però Mitologia vuol dire la conoscenza delle favole, cioè del nascimento, delle favolose avven
Mitologia vuol dire la conoscenza delle favole, cioè del nascimento, delle favolose avventure, delle ineumbenze e del caratt
noscenza delle favole, cioè del nascimento, delle favolose avventure, delle ineumbenze e del carattere degli Dei de’ Gentili
o fu detto janus quasi Eanus (ab eundo), perchè era il soprintendente delle vie : ma Ovidio (1) vuole che fu così detto a ian
Ovidio (1) vuole che fu così detto a ianuis, perchè fu il ritrovatore delle porte. Si chiamava pur Caos (Χαος, Chaos), che si
ncatenati e la Guerra e Marte, e che Giano siede sempre alla custodia delle due sue porte di ferro. Ed infine Orazio (3) rapp
è siccome eternamente risplendono gli astri nel cielo, così, per cura delle Vestali, sempre arder dovea il fuoco di Vesta a t
rta la chiave, perchè si dipingeva colla chiave in mano, come custode delle porte-Janus Patulcius (da patet) et Janus Clusius
udele. Satùrno era anche Dio dell’agricoltura ; chiamavasi il custode delle ville ed a lui si attribuiva l’invenzione degl’in
irato tosto il fulminò. Dice Vegezio, che coloro i quali nell’assedio delle città adoperano le scale, sono esposti a frequent
o regno, volle vedere se ciò fosse vero. E però gl’imbandì una tavola delle carni del fanciullo Nittimo, suo figliuolo. Giove
lympus). Da Omero e da Virgilio si scorge, esser quello fatto a guisa delle grandi abitazioni degli antichi. Dall’una parte e
cino all’Ossa ed al Pelio, così alto che dicesi trascendere la region delle nubi ; e però ha un sole sempre chiaro sulla vett
le spalle, essendo naturale il supporre che il cielo poggi sulle cime delle alte montagne. Altri vogliono che quel Re fosse s
ano a vicenda, sicchè or l’una vegliava, ed ora l’altra alla custodia delle Gorgoni, di cui eran sorelle e guardiane. Or le G
o ben rinchiusi in una cesta coperta di cuoio espose alla discrezione delle onde ; ma per volere di Giove fu essa dal mare tr
emente rapirono la regale donzella, la quale fra le disperate lagrime delle compagne, per mare, tutta fuori di se per lo spav
e le Grazie. Da lei ebbe Ino, Semele, Agave ed Autonoe ; le sventure delle quali sì conte nelle favole vinsero per modo l’an
i Marte. Si sa che Cadmo il primo portò dalla Fenicia in Grecia l’uso delle sedici lettere, che sono bastevoli ad esprimere t
ca profondissima del monte Ida per ricevere nuove leggi, la giustizia delle quali fece si che i poeti lo ponessero per giudic
la sega fosse stato cangiato in pernice. Fu questo delitto la cagione delle sventure di Dedalo, il quale citato avanti all’Ar
ebbe il nome di mare Icario (2). I poeti spesso chiamano ali, le vele delle navi, e la navigazione rassomigliano al volo (3) 
iede loro domicilio più sicuro ed agiato ; e da ciò la trasformazione delle formiche in uomini. Eaco da Endeis, fig. del cent
. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di Atlante e di Pleion
. Essa non vedesi comparire fra le sorelle, perchè oltre modo dolente delle disavventure de’ discendenti di Dardano, e del mi
uomo giusto e pio ; e vogliono che avesse mostrato a’ marinari l’uso delle vele. E perchè assai perito era nel pronosticare
o i poeti che egli fosse il loro Dio. Alcuni dicono che gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo
Altri finalmente dicono che a Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l
he cosa di certo, giacchè i fatti che precedono il periodo d’ Ifito o delle olimpiadi, sono in molte favole avviluppati. Perc
versì dell’ Iliade, ne’ quali il poeta descrive Giove che col muovere delle sopraceiglia fa tremare l’olimpo. Nelle vicinanze
atori i. L’ordine de’combattenti era regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in un’urna di argento. Qualche volta anche
la lode de’vincitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bosco di Giove, in Olimpia, e ritornan
ntica Roma vide tanti suoi guerrieri trionfanti render grazie a Giove delle riportate vittorie. M. Furio Camillo, dittatore,
antichissimi uomini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite delle ghiande, di cui si cibavano prima che s’introduce
. Antigone. Giunone era la regina degli Dei, e la Dea de’ regni e delle ricchezze, percui spesso salutasi col titolo di R
augei, forte gridando E schiamazzando, col romor che mena Lo squadron delle grù, quando del verno Fuggendo i nembi l’ocean so
in cicogna ch’è nemica di questi rettili. E Cinira, re di Cipro, ebbe delle figliuole, le quali, perchè ardirono preferirsi a
che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civili discordie di Roma. Ercole offeso assedia T
e di Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone era la Dea de’ regni e delle ricchezze, così sembra a lei potersi congiungere
ava nell’atto di condurre per mano, in forma di fanciullo, Pluto, Dio delle ricchezze, ponendo il Dio delle ricchezze fra le
no, in forma di fanciullo, Pluto, Dio delle ricchezze, ponendo il Dio delle ricchezze fra le mani della Fortuna. Questo Pluto
della Fortuna. Questo Pluto reputavasi il genio e quasi il presidente delle ricchezze ; e spesso si adopera per le dovizie st
che dovea recarvi l’abbondanza. Avea particolar cura degli ornamenti delle donne ; e Giunoni furon detti i Genii delle donne
olar cura degli ornamenti delle donne ; e Giunoni furon detti i Genii delle donne ; percui una donna giurava per la sua Giuno
), come vedesi nella bellissima Giunone del Museo Pio-Clementino, una delle più perfette statue vestite che l’antichità ci ab
a colla iscrizione : Iunoni Lucinae. E perchè questa Dea era il Genio delle donne, per ciò ne’ vasi etruschi si vede spesso d
ciascun mese. Iuno Lacinia. da un promontorio del Bruzlo, oggi Capo delle colonne, antic. Lacinium, detto da Lacinio, masna
i consistevano in pietre informi. Le sacerdotesse di lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi altari di un’erba che
ntichi una medesima divinità ; nulladimeno Minerva o Atene era la Dea delle scienze e delle arti, e Pallade, la Dea della gue
ima divinità ; nulladimeno Minerva o Atene era la Dea delle scienze e delle arti, e Pallade, la Dea della guerra. Da Omero pe
s Minervae homo, per dire un uomo ingegnosissimo. IV. Minerva, Dea delle scienze e delle arti. Atene. Essendo che Mine
per dire un uomo ingegnosissimo. IV. Minerva, Dea delle scienze e delle arti. Atene. Essendo che Minerva nacque dal c
siede nel capo ; avvedutamente dissero i poeti che Minerva era la Dea delle scienze e delle arti ; che a lei si doveano le ut
avvedutamente dissero i poeti che Minerva era la Dea delle scienze e delle arti ; che a lei si doveano le utili scoperte ; e
ando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la quale tenevasi dagli antich
delle medaglie di Atene, la quale tenevasi dagli antichi per la sede delle scienze e delle arti, e per maestra delle altre c
di Atene, la quale tenevasi dagli antichi per la sede delle scienze e delle arti, e per maestra delle altre città. Forse Cecr
i dagli antichi per la sede delle scienze e delle arti, e per maestra delle altre città. Forse Cecrope approdato nell’Attica,
tere d’introdurre fra quella gente il culto di Minerva, o sia l’amore delle arti e dell’agricoltura. Da ciò venne grande ribe
resia. Invenzione del flauto. Minerva adunque tenevasi per la Dea delle arti, del lanificio, del tessere e del ricamo(2),
o di quella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lidia ; ma la fama delle sue opere maravigliose andava sì grande per quell
gl’immortali Dei, così Minerva subito il fece cieco. Ma mossa a pietà delle lagrime della dolente madre del giovanetto, il qu
e che il figliuolo, privo degli occhi del corpo, fosse assai veggente delle future cose ; per cui divenne insigne indovino pe
corgimento, e che tutti gli altri vagassero a modo di ombre. Alla Dea delle arti attribuivasi ancora l’invenzione del flauto
etto Quinquatria. (Festo). VI. Continuazione. Minerva difenditrice delle città e conservatrice della salute. Minerva p
e umane menti dirige nelle memorande ed utili scoperte, qual’è quella delle navi. Prima della spedizione degli Argonauti vi e
onauti, con una flotta liberò il mare Egeo da’ corsari, e s’impadronì delle Cicladi. Ciò non ostante i poeti dicono che la pr
sulla quale i Greci scrissero queste parole : A Minerva, protettrice delle armi, i Greci già vicini a partire questo dono co
o a’ maestri, il quale da Minerva chiamavasi minerval, e davasi prima delle feste di Minerva dette Quinquatria, nelle quali g
guerra e de’ combattimenti ; il quale carattere non conviene alla Dea delle scienze e delle arti. Ella infine era la protettr
battimenti ; il quale carattere non conviene alla Dea delle scienze e delle arti. Ella infine era la protettrice e la custode
lle scienze e delle arti. Ella infine era la protettrice e la custode delle città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera
e la custode delle città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era un tempio consacrato
e così Minerva trasse dalla barbarie i popoli dell’Attica, loro dando delle leggi, da cui venne l’agricoltura. A Sais Iside e
ventrice e protettrice di esse. In Ermopoli Iside si credeva la prima delle Muse, e Platone dice che i più antichi canti si a
rato all’altare di lei, la prega a liberarlo dalle Furie, che ad onta delle espiazioni, non avean lasciato di tormentarlo. Mi
l tempio di Giunone in Elea, il suo simulacro distinguevasi da quelli delle altre divinità. Ma oltre a ciò portava il peplo,
le minori. In questo tempo molti pregavano Minerva pel buon successo delle loro opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e
ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome bionde e sparse a guisa delle donzelle Spartane. Negli antichi monumenti vedesi
, tutta di avorio e di oro. Nello scudo vi avea scolpito la battaglia delle Amazzoni(2) da una parte, e dall’altra, la pugna
so il fine…. Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria delle figure di Pallade, sembra questa Dea essere stata
Il ch. Visconti(5) dice « che gli antichi, accuratissimi osservatori delle proprietà, riflettevano che questo appunto, cioè
nerva Glaucopide voglia dire Minerva che guarda bieco, che fa il viso delle armi, come dicono gl’Italiani. Così potrebbe spie
o, E nove Muse mi dimostran l’orse. Poliade, ερισυπτολις, guardiana delle città ; πολιουχος, custode di città, da πολις, ur
di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo, se non se alla più anziana delle Vestali. Apollo o il Sole I. Nomi divers
endola gettata in mare, ne fosse nata un’isola, detta Ortigia o isola delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abb
e quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno che ad un
’suoi raggi, che son le saette di Apollo. Or Nettuno fece uscir fuori delle acque l’isola Ortigia, che chiamossi Delo (da δηλ
o sia ontani, o in pioppi ; dalla corteccia de’ quali alberi grondano delle gocciole che paion lagrime, e che addensate danno
rvare il corso del Sole, fosse morto prima di compiere l’audace opera delle sue astronomiche contemplazioni. Un Fetonte, re d
ervo di grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il quale sì per le campagne, e sì per le
stava de’fiumi e l’impeto de’ venti(1). Ebbe per moglie Euridice, una delle Driadi, la quale fuggendo un giorno i villani ins
vederla svanire per sempre dagli occhi suoi e ritornare al soggiorno delle ombre. Allora squallido, per sette giorni(1), sen
conta che morirono in una pestilenza ; il che i poeti dissero effetto delle saette di Apollo. E l’empia Regina n’ebbe sì gran
i e figliuoli ; essi credevansi da lui inspirati, come tutt’i cultori delle arti belle. Qual signore del canto, andava superb
oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era
o alcuni era la Memoria. Fedro(2) dice, le nove Muse che sono il coro delle arti, esser nate da Giove e dalla veneranda Mnemo
vano i Vati ed i Cantori, per cui son chiamati ministri e quasi servi delle Muse. Esse amavano i begli ozii tanto amici alle
Traci eran gente barbara ; e Pireneo o perchè ignorante e sprezzatore delle scienze e delle arti, o perchè disturbò la tranqu
barbara ; e Pireneo o perchè ignorante e sprezzatore delle scienze e delle arti, o perchè disturbò la tranquillità di quel p
si dipingono anche colle ali. Ma sopra tutte celebratissima è la gara delle Pieridi colle Muse. Alcuni per un luogo di Strabo
ima melodia, la quale tanto rallegrò la natura tutta, quanto il canto delle prime aveala contristata. Allora le Ninfe afferma
cuni vogliono che Piero ebbe nove figliuolo, alle quali diede il nome delle Muse. Forse sotto il simbolo delle gazze si volle
igliuolo, alle quali diede il nome delle Muse. Forse sotto il simbolo delle gazze si volle significare l’audacia di tanti poe
acia di tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali, simile a quella delle piche, è il vero tormento delle dotte orecchie ed
loquacità de’ quali, simile a quella delle piche, è il vero tormento delle dotte orecchie ed il flagello del sacro bosco del
il vero tormento delle dotte orecchie ed il flagello del sacro bosco delle Muse. Le Sirene eziandio(1) osarono sfidare al ca
che una fontana si chiami figliuola di un fiume. L’Ariosto, parlando delle donne che acquistaron fama nel poetare, disse :
ero consacrato alle Muse, perchè Cadmo era uomo sapiente ed inventore delle lettere. Il Pegaso alato, secondo Fulgenzio, sign
Fulgenzio, significa la fama che diffondesi velocissima. Ma il monte delle Muse era propriamente il Parnasso, monte tutto sa
sacro e venerando, dice Strabone, per quegli antri ombrosi, soggiorno delle Ninfe ; fra i quali l’antro Coricio più d’ogni al
te e fiume che bagnava Tebe, e da cui Pindaro, il più sublime allievo delle Muse, appellasi cigno Dirceo(1). Antiope fu fig.
la e circondata da piacevoli obbietti ; e però i luoghi del soggiorno delle Muse si fingevano deliziosi e ridenti. Ne’ loro g
o divino rallegravasi tutto l’Olimpo(5). Le Clerc crede che la favola delle Muse ebbe origine da una qualche accademia di mus
dere la facoltà di verseggiare. XII. Incumbenzè e breve iconologia delle Muse. Le Muse si dipingono belle e vestite co
e tiene il plettro. Erato, (ab εραω, amo), quasi amabile, era la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani
a epica. Da Ovidio(1) si chiama la prima del suo coro e la più grande delle Muse ; come Orazio(2) la nomina regina, ed Esiodo
e Muse ; come Orazio(2) la nomina regina, ed Esiodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si rappresenta in forma di una giova
elfo. Callimaco loda il nostro Apollo dalla moltiplice cognizione delle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le princi
ondo era il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e di molti monarchi, no
tt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ più pregevoli monumenti delle arti(5). Livio racconta(6) che, dovendo i Romani
non desiderar troppo alcuna cosa ; la miseria è compagna de’debiti e delle liti .. Ed appresso i Greci correva voce che Socr
hi le morti repentine e tranquille degli uomini, come a Diana, quelle delle femmine. Così Ecuba assomiglia il corpo di Ettore
inevitabili. Sotto la protezione di Apollo erano inoltre i fondatori delle città ; e quelli che conducevan le colonie o fond
arlando il poeta fa menzione dell’ara cornea, fatta da Apollo, ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costrutta di
aniera di cemento. Una tradizione attribuiva ad Apollo la costruzione delle mura di Megara ; e si vuole che avesse aiutato Al
aiutato Alcatoo, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo di Pausania
a una voce greca che significa splendore. Dal Sole e da Perseide, una delle Oceanidi, nacque Circe ed Eeta, re della Colchide
li distacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che colora delle sue vampe. I Greci asserivano di sentire un certo
mero è più grande di quelli descritti dagli altri poeti. Il complesso delle sue forme sollevasi sopra l’umana natura, ed il s
ntù, e sembra che una tenera morbidezza scherzi sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella d
nciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maraviglie del mondo, alto 105 piedi, ch’era allo
amasi Opifer. Apollo Musagete, (dux Musarum), cioè duce e presidente delle Muse. Apollo Musico, Musicus ; Apollo Citaredo,
liore dalla città di Ambracia nell’ Epiro, trasportò a Roma le statue delle nove Muse, che allogò nel tempio di Ercole. Eumen
destinato all’educazione della gioventù, era dedicato ad Apollo, Dio delle scienze e delle arti. Sotto i suoi portici e ne’
ducazione della gioventù, era dedicato ad Apollo, Dio delle scienze e delle arti. Sotto i suoi portici e ne’ suoi giardini Ar
quelle di una Dea che si mostra solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali
IV. Continuazione – Endimione. Leggesi nel Banier che la prima delle figliuole di Urano, chiamata per eccellenza Basil
o campanelli, trombe e corni, affinchè la Luna non ascoltasse le voci delle streghe che co’ loro incantesimi tentavano farla
lene che visse fra gli Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima della Luna, c
morte crudele da quella fiera. Del grandissimo pianto de’ genitori e delle ninfe sorelle mosso Giove a pietà, queste mutò in
evano pel mare corseggiando, a vele gonfie andava a Delo, Ia maggiore delle Cicladi. Ne avea il timone un tale Acete, nativo
prese(1). Questo carattere di effeminatezza ed i vergognosi disordini delle orgie mossero Penteo a tal dispregio di Bacco ed
ce che prima di ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ clamori delle sue feste, obbligando le donne Tebane a far pazze
amando la fatica, aveano a gran vergogna mettersi fra la turba insana delle Baccanti. A terrore delle altre si finse che Bacc
gran vergogna mettersi fra la turba insana delle Baccanti. A terrore delle altre si finse che Bacco le punì severamente con
he in ciascun anno al padre ed alla figliuola offerissero le primizie delle biade e della vendemmia. Oltre a ciò istituirono
eco significa vino. V. Propagazione del culto di Bacco. Spedizione delle Indie. Ma, ad onta di tante contraddizioni, B
fonde Bacco con Osiride, al quale attribuisce non solo la piantagione delle viti e degli alberi, ma l’invenzione ancora dell’
o de’ Greci era l’Osiride degli Egiziani, quanto la famosa spedizione delle Indie impresa dall’uno e dall’altro per lo stesso
accompagnato da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba di uomini v
regno, deliberò girare per varie nazioni e dirozzarle non colla forza delle armi, ma con quella dolce e potente dell’eloquenz
utti agitati dal divino furore del loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compagne di Bacco, il quale da Orazio(1) c
elle Ninfe, compagne di Bacco, il quale da Orazio(1) chiamasi signore delle Naiadi ; e Tibullo(2) dice che Bacco ama le Naiad
i fosse usato per ingannare i rozzi Indiani, che non avean cognizione delle armi, giacchè la punta di essa asta, o lancia o g
da’ quali fu accolto come una divinità che porta seco non il terrore delle armi, ma l’insegnamento della coltura della terra
ole di Anio. Capo e conduttore della festosa schiera de’ Satiri e delle Baccanti in questa famosa spedizione fu il vecchi
pive. Non so perchè in esso il greco artefice abbia omesso le corna, delle quali costantemente son munite le altre di lui im
i si rappresentava in certa guisa il trionfo di Bacco o la spedizione delle Indie. Si vedeva Bacco accompagnato dalle Baccant
se da forsennati, tanto che Orazio(4) grandi cose ci dice della forza delle Baccanti ; ed i disordini delle feste baccanali e
io(4) grandi cose ci dice della forza delle Baccanti ; ed i disordini delle feste baccanali erano sì vituperevoli e pericolos
a da Orazio(1) chiamasi una Baccante, forse dalla voce evoè ! propria delle orgie ; Menadi dal greco μαινομαι, furo, insanio 
viti, per cui spesso da’poeti chiamasi il dio del vino, il piantatore delle viti, il datore dell’allegrezza ; anzì Bacco pren
zione di una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’era una danza delle Baccanti in onore del loro dio ; percui Tiasarca
Fanno conoscere Bacco, volto bello ed effeminato ; molle delicatezza delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona
tà guernito di acuto ferro. Così Penteo descrive Bacco nella tragedia delle Baccanti di Euripide(1). Egli non meno che Apollo
iovanile, muliebre e delicato, e co’crini raccolti e pendenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli
, perchè gli antichi prima dell’invenzione del bicchiere facevano uso delle corna de’ buoi per bere. Rodigino riferisce che B
hè Bacco il primo insegnò a cavare il sugo dell’uva ; o da Brisa, una delle sue nutrici. Persio chiama Briseo il poeta Accio
omius, così detto da βρομεω, fremo, cioè da’ fremiti, o rumorosi riti delle Baccanti ; o dallo strepito e mormorio de’ convit
ra singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome di Bacco, dal grido delle Baccanti evan, che corrisponde all’evoè, ed al no
e in tutte le cose. II. Storia favolosa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili, era la dea dell
tili, era la dea della bellezza, la regina della gioia, e la compagna delle grazie. Gli antichi ne distinguevano parecchie. C
confondono queste Veneri e ad una sola attribuiscono ciò ch’è proprio delle altre tre. Omero chiama Venere fig. di Giove ; ed
la schiuma del mare adunque, dice Esiodo, nacque Venere, la più bella delle Dee, presso all’isola di Cipro, e portata da una
e di Temi, l’attendevano sulla spiaggia. Esse l’ornarono alla foggia delle immortali, e così la condussero all’Olimpo, ove l
in poetico linguaggio dissero che presso a quell’isola Venere uscita delle onde era comparsa la prima volta, perchè qui vi l
onde del mare. III. Continuazione-Adone-Atalanta ed Ippomene. Orti delle Esperidi. Astarte adunque ch’era la Venere Ur
cia, e Venere l’esortava spesso a non occuparvisi troppo pel pericolo delle fiere ch’egli inseguiva. E di fatto un giorno sul
a del suo sangue che zampillò dalla ferita, cangiò in rosso il colore delle rose ch’eran tutte bianche. Adonie erano feste ch
ig. di Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il
Atalanta e d’Ippomene è il soggetto di due belle figure del giardino delle Tuilèries. Que’ pomi d’oro che Venere donò ad Ipp
mene, erano consacrati a quella Dea e si custodivano negli ameni orti delle Esperidi. Plinio(1) attesta che i giardini in gen
ra natura che i nostri, e che per ciò potevano molto bene partecipare delle umane debolezze ed infermità. Ma suo malgrado ed
ea predetto avea ad Anchise(1) che l’ Italia sarebbe stata il termine delle sventure di Enea ; ed è noto che Apollo avea pres
li occhi molli di dolci lagrime, si fa innanzi a Giove sull’Olimpo, e delle calamità, onde opprimeva Enea ed i suoi Troiani,
se la terra par che si apre e manda fuori i nuovi germogli de’fiori e delle altre piante. Da siffatte solenni promesse del Pa
razio (2) descrive Venere accompagnata dalla galante corte di Cupido, delle Grazie, della Gioventù e di Mercurio. Nicearco (3
o ch’egli chiama Imero (Ιμερος). E Venere presso Luciano nel giudizio delle Dee dice di avere due belli figliuoli, Imero ed E
ltri, dal Sole e da Egle ; e Servio, da Bacco e da Venere. Omero (2), delle tre Grazie nomina la sola Pasitea, che Giunone pr
il sonno sta in grazia ed è caro a tutti. Ed in altro luogo (3), una delle Grazie, ornata il capo di eleganti bende, dicesi
, dice Mad. Dacier, dà per moglie a Vulcano la bella Carite, cioè una delle Grazie, per indicare la grazia e la bellezza dell
a Carite, cioè una delle Grazie, per indicare la grazia e la bellezza delle opere che col fuoco faceva quel fabbro divino. Da
laia, Eufrosine e Talia e figlie di Giove e della bella Eurinome, una delle Oceanine. Pausania afferma che qualche scrittore
una delle Oceanine. Pausania afferma che qualche scrittore nel numero delle Grazie poneva anche Pito, o la Dea della persuasi
ariamente non aveano che un tempio colle Muse ; ed in Delfo le statue delle Grazie erano collocate alla destra di Apollo. Gli
e teneva l’arco nella destra, e nella sinistra portava le tre Grazie, delle quali una teneva la lira, la seconda un flauto, e
dalle Grazie la loro bellezza. In somma, dice Banier, nel gran numero delle Divinità degli antichi alcuna non vi è che sia ve
ume tutelare, tutte le arti e tutte le scienze riconoscevano l’impero delle Grazie. Quindi la frase « cantare a mal grado del
oscevano l’impero delle Grazie. Quindi la frase « cantare a mal grado delle Grazie » che disse Properzio (1), equivale alle a
Grazie » che disse Properzio (1), equivale alle altre « in disgrazia delle Muse, a dispetto di Minerva » (Musis iniquis, inv
insero che le Ore fossero dodici sorelle ministre di Giove e compagne delle Grazie, che avean cura de’ fanciulli e regolavano
iscrizione « Venere Giunone » alla quale facevano sacrificii le madri delle Spartane donzelle promesse in matrimonio. E le no
stulli. E figliuolo di Venere e di Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio delle nozze, che altri dicono fig. di Apollo e di Calli
musa Urania. Egli fu un nobile giovane di Atene, di cui fecero il dio delle nozze, nelle quali assai frequentemente s’invocav
col flammeo ch’era un velo giallo o del colore della fiamma, proprio delle novelle spose ; con calzari anche di colore giall
za e del buon costume, e s’invocava il suo nome nelle nozze. « Alcune delle più belle Sabine rapite dalla romana gioventù, co
che imeneo dicevasi pure un inno solito a cantarsi nella celebrazione delle nozze, quando portavasi a casa del marito la nove
amicizia e la discordia, cioè l’attrazione e la ripulsione, principii delle cose, secondo Empedocle. Essa sposò Cadmo, e nell
particolar modo venerata. E qui è da por mente che il maggior numero delle città, in cui un nume era venerato, e che avea so
o (3) chiama Venere figlia del mare e signora del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta
ra rappresentata in atto di asciugarsi la chioma nell’istante ch’esce delle onde. Era questa la Venere Anadiomena och’esce de
bel riso giocondare ogni cuore. Colori celesti esprimean la bellezza delle membra divine, per farsi dolci al cui soave conta
, quali appunto son descritti da Filostrato, il quale li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed alati. Nel dipinto di
ς του βιου). Il Genio era il dio tutelare degli uomini, come Giunone, delle donne, e si onorava specialmente nel giorno natal
la chiarezza. In esso inchinatosi per bere e veggendo nello specchio delle acque la sua immagine, fu attonito di quella sing
issima bellezza che non indegna pareva dello stesso Apollo. Invaghito delle proprie fattezze e vaneggiando per sì folle amore
ni dicono che fosse in quelle acque caduto. Fu poscia per compassione delle ninfe cangiato in un bel fiore che tiene il suo n
do al dio della guerra il titolo di distruggitore sì degli uomini che delle città. Da questo nome di Marte forse nacque la vo
itinia durava il costume di offerire a quel buono educatore il decimo delle spoglie consacrate a Marte. E lo stesso autore os
aggiungerei, come odia l’impeto sfrenato e le devastatrici discordie delle ingiuste guerre. Nel fatto poi di Minerva che vin
nacque il Terrore e la Paura, compagni esiziali del nume devastatore delle città, i quali nelle orride guerre le dense falan
di battaglie ; bruttato di stragi e di sangue ; omicida e devastatore delle città. Nelle Metamorfosi(3), appoggiato all’asta,
gine e la sua grandezza, stava assai bene sotto la protezione del Dio delle armi. Finsero adunque che Romolo fosse nato da Ma
è il fatto non si manifestasse. Al pari del marito anche Ersilia, una delle Sabine rapite, fu do po morte annoverata fra’ num
ascia di Marte (balteus Martis) per segno della sua diguità di regina delle Amazzoni. Ercole, per compiacere Euristeo, volle
perchè nell’ Asia Minore, e particolarmente nella Frigia, la memoria delle vere e favolose imprese delle Amazzoni era assai
articolarmente nella Frigia, la memoria delle vere e favolose imprese delle Amazzoni era assai viva, così i poeti posteriori
ito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale avea promesso la metà del regno
o per la sua rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello ch
anche con un mantello sulle spalle ; qualche volta barbuto, ma il più delle volte senza barba. VIII. Epiteti principali di
tore degli uomini, βροτολοιγος ; sanguinario, μιαιφονος ; devastatore delle mura, τειχεσιπλης ; e delle città, πτολιπορθος ;
ος ; sanguinario, μιαιφονος ; devastatore delle mura, τειχεσιπλης ; e delle città, πτολιπορθος ; e più altri epiteti degni de
l popolo romano per la creazione de’ magistrati, per la promulgazione delle leggi ec. Quivi la gioventù romana si addestrava
Argo, e che perciò fuggì in Egitto, ove dettò leggi ed insegnò l’uso delle lettere ; e vi fu chiamato Thoth, nome dato pure
che Mercurio, ucciso Argo, fuggì in Egitto, e che quivi insegnò l’uso delle lettere ed i numeri agli Egiziani, da’ quali fu c
insero questo lor Mercurio Argicida, il quale portò nell’Egitto l’uso delle lettere e de’ numeri. Ma i poeti tutto ciò che na
fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la quale sul Cilleno, monte dell’Arca
armenti di Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il rubatore delle sue pecore. Piacque tanto ad Autolico l’astuzia d
nuazione Era pure il nostro Mercurio il nume dell’eloquenza, anzi delle arti tutte e delle scienze ; e però spesso vedesi
re il nostro Mercurio il nume dell’eloquenza, anzi delle arti tutte e delle scienze ; e però spesso vedesi insieme con Minerv
ani dedicavano i loro libri a Mercurio che credevano inventore e nume delle scienze e dell’eloquenza (2). Quindi dissero i Gr
umano in varie nazioni ; e che inventô alcune lettere greche dal volo delle gru, le quali imitano la forma di quelle lettere.
urio avesse scelto questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli era nato. Perciò fu detta Χελυς (testu
do de’ celesti, protettore de’ viandanti e de’ pastori, e condottiere delle anime all’inferno. E di fatto presso Plauto (1) e
di condurre le anime de’ defonti a Plutone, e farla da duce e scorta delle ombre. Omero(1) descrive Mercurio che conduce all
di svelta corporatura, e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle statue di Mercurio è quella del Museo P
ere e di ministro de’numi. Agoreo, Αγοραιος (αγορα, forum), cioè dio delle piazze e de’ mercati ; da Aristofane Εμπολαιος, (
l conduttore. Enodio, Viale (ab εν, in, et οδος, via), quasi preside delle strade ; e la sua statua si poneva ne’ trivii per
di Plutone che andava a rapire Proserpina ; aiutò Perseo nell’impresa delle Gorgoni ; in somma, dice Millin, questo nume inco
rciò fu innalzato agli onori divini, e gli fu attribuita l’invenzione delle lettere, della scrittura e delle arti. Part
ni, e gli fu attribuita l’invenzione delle lettere, della scrittura e delle arti. Parte II. Degli dei terrestri e ma
iuttosto tutto ciò che si vuole ; era la Natura o la madre universale delle cose, quella che produce tutti gli esseri. E però
altezza al monte Ossa ; ed Omero dice esser simili al vertice selvoso delle alte montagne ; e presso Virgilio il Ciclope col
fabbrica vasta e grandiosa ; ed Aristotele chiama i Ciclopi inventori delle torri. Le mura di Micene, e specialmente una port
al re Preto le mura di Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più
un sol occhio al suo Polifemo acciecato da Ulisse. Strabone(2) parla delle caverne o specie di laberinti cavati da’Ciclopi a
i laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia nel seno de’ monti per trarne delle pietre. E come gli Egiziani nelle miniere facevan
el Dio Pan, ch’era la natura stessa deificata, il gran tutto, il capo delle divinità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silva
ingiù. E da Pane, lor capo, furon detti Pani, i Satiri, o sia gli Dei delle foreste e de’campi ; e per la deformità di essi a
erso. Ed al dir di Ovidio (4), in fistola fu trasformata Siringa, una delle più belle Naiadi che abitavano un monte vicino a
del selvaggio Dio Pan, e giunta alle sponde del Ladone , fu per pietà delle ninfe sorelle, cangiata in palustre canna, di cui
nte creduto dio tutelare de’ pastori. Pan, dice Virgilio (7), ha cura delle pecore e de’ pastori ; e però credevasi abitare n
agricoltori. I Fauni poi erano Iddii favolosi de’ campi, de’ monti e delle selve, che rappresentavansi a guisa di Satiri. Si
pus. I Luperci celebravano dette feste, correndo per la ritta vestiti delle pelli delle vittime immolate e facendo molte stra
ci celebravano dette feste, correndo per la ritta vestiti delle pelli delle vittime immolate e facendo molte stravaganze. Sil
sacrificavano un porco. Esso era il genio degli uomini, come Giunone, delle doune, percui gli uomini solamente gli sacrificav
un dio boschereccio ; e Satiri erano una specie di semidei, abitatori delle selve, cornuti e co’ piedi caprini (αιγιποδες, τρ
vea dell’umano, ma che sembrava partecipare del nitrito, e del belato delle capre. Il gran solitario S. Antonio in una sassos
che e limpide acque. Orfeo le chiama abitatrici degli antri ed amiche delle spelonche. Celebre è l’antro delle ninfe che Omer
a abitatrici degli antri ed amiche delle spelonche. Celebre è l’antro delle ninfe che Omero descrive (1) ; e Virgilio (2) nel
porto le navi di Enea, alloga un antro ombroso che chiama abitazione delle Ninfe, formato da due scogli ed in cui erano dolc
. La Terra, dice Esiodo (4), partorì gli alti mouti, grate abitazioni delle divine Ninfe che su di essi dimorano. Le valli av
e di Driadi però si dava a quelle Ninfe boscherecce che, a differenza delle Amadriadi, eran riputate immortali. Di tutti gli
te immortali. Di tutti gli alberi erano queste Ninfe, ma specialmente delle querce ; e perciò si chiamaron Querquetulanae vir
l’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il simbolo delle vicende dell’anno e delle stagioni. Presedeva a’
giardini e dell’autunno , ed era il simbolo delle vicende dell’anno e delle stagioni. Presedeva a’ pensieri degli uomini ed a
a, dea de’giardini e de’fruti, e di lui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la sua destrezza nel
nche di fiori. È adorna di quattro ali rosse ed occhiute, come quelle delle farfalle. Questa dea ebbe un tempio in Roma, un s
Termine chiamavasi il nume protettore de’ confini de’ campi e vindice delle usurpazioni. Numa il fece adorare sotto la figura
leggesi Γαιαευρυστερνος, per ragione dell’ampiezza del suo seno, cioè delle vaste sue pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudric
. Nelle feste dette Fordicidia, in onore della Terra si sacrificavano delle vacche pregne, forse per significare la fecondità
cangiamento della prima lettera, e ciò perchè essa era la produttrice delle biade. Servio (2) il fa venire dall’antico cereo
gli uomini a coltivar la terra e ad usare, invece di quel ferino cibo delle ghiande, l’eletto frumento ; e perciò si disse ch
nfa Aretusa ad un banchetto con altre dee, avendo dal doloroso pianto delle compagne al ritorno argomentato il rapimento dell
col sonno il suo dolore ; percui chiamasi il papavero, Cereale(3). E delle fiaccole della nostra Dea cantò leggiadramente l’
ò a que’ popoli l’agricoltura, la quale essendo madre e conservatrice delle leggi civili, anzi dello stesso vivere sociale, s
in Sicilia particolarmente venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la quale M. Catone(1) chiamò la
lo romano. Plutone, dice Tullio(2), rapì Proserpina ch’era la semenza delle biade, la quale nascosta sotterra è cercata da Ce
Cerere sdegnata con esse, perchè non avevano aiutata la figliuola. Or delle Sirene varie cose troviamo presso gli antichi, Om
Secondo Servio, vi eran negli antichi tempi tre principesse, signore delle tre isolette del mar Tirreno che Aristotele chiam
sse, signore delle tre isolette del mar Tirreno che Aristotele chiama delle Sirene. Le quali, intese ad ogni maniera di malva
ieri alla lor corte con lusinghevoli artifizii, ch’eran la dolce voce delle Sirene in linguaggio poetico ; i quali fra tanti
ui, ella disse allora, levando sulle onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le
dal mare nol disgiungessero. » Pausania(2) inclina a credere l’unione delle acque dell’Alfeo e di Aretusa, indotto da una ris
teri Eieusini. I Siciliani e gli abitanti dell’Attica istituirono delle feste in onore di Cerere ; la prima Proarosia, av
iniziati. Era pur delitto disprezzare questi misteri e questa fu una delle principali reità di Socrate. Molti grandi uomini
è diede le leggi al genere umano (3). Spicifera chiamasi, perchè Dea delle biade(4). Taedifera, gr. δαδουχος, perchè colle
ltri strumenti villerecci. Dopo la raccolta le offerivano le primizie delle biade, ed insieme vino melato e latte. A lei si s
 ; sebbene vittime precidanee eran quelle che s’immolavano la vigilia delle grandi solennità ; o per supplire a qualche rito
fuoco ; ma Virgilio(5) la pone in un’isola vicina a Lipari, ch’e una delle Eolie o Vulcanie. Or ciò si finse, perchè l’isola
cielo, tolse in moglie Venere, la più bella fra le Dee, o Aglaia, una delle Grazie, secondo Esiodo. III.Vulcano, dio degli
o campanelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo nel dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un peplo ed una
che solo fa vedere che fu stoltezza il credere cieco il primo pittor delle memorie antiche. Ucciso Patroclo, grande amico di
clo, grande amico di Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa delle armi di lui ch’eran quelle del figliuol di Peleo
ntro i giganti il nostro inclito zoppo Vulcano, malgrado la debolezza delle sue gambe, non mancò di adoperarsi per la salvezz
adaveri, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo ravvolge ne’ vortici delle sue onde e comincia non mai udita lotta coll’eroe
a indietro tirandoli, li condusse alla sua spelonca. Ma dal mugghiare delle bestie accortosi Ercole del furto, percuotendo Ca
nque tutt’i mitologi affermano che Vulcano era zoppo, pure in nessuna delle immagini che abbiamo di questo nume, si rappresen
suo zio, racconta ch’egli cominciava le sue letterarie vigilie net di delle feste Volcanali, e che ciò faceva non per ragion
e, la caccia era la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori, e delle foreste. Or siffatta passione per la caccia fu fa
lo degli estinti, questo prevalendo, pose nel fuoco il fatale tizzone delle Parche, consacrando alle Furie la vita dell’infel
useo Pio–Clementino ne possedeva una statua che ora trovasi in quello delle Arti a Parigi ed è stimata uno dei primi capi d’o
ed è stimata uno dei primi capi d’opera dell’antichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il quale
ncipi si strinse un’amicizia si grande, che cresciuta coll’età fu una delle più famose amicizie della Grecia. Oreste intanto
formano il soggetto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di
che cacciatrici. Perciò fu detta da Orazio vergine custode de’monti e delle foreste ; e Callimaco dice che a questa Dea sono
ire i cervi ed i cinghiali. E si noti che presso i Greci nella caccia delle lepri, per ciascuno si pagavano due oboli al teso
presso Euripide nelle Troadi si descrivono le fanciulle che al suono delle tibie danzano tutte unite ed in giro in onore di
loro danzare ; sotto la quale allegoria forse intendevano la comitiva delle stelle, compagne della Luna, ch’era simboleggiala
reci moderni, dice Guys(1), vedesi tuttora un’esatta immagine de’cori delle Ninfe greche che tenendosi per la mano danzano su
ulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avanti gli usci delle case. Ciò si scorge eziandio da moltissime medagl
na. Il novello culto de’figliuoli di Latona perseguitato da’sacerdoti delle antiche Divinità, fu bene accolto nell’isola di D
di Delo, ov’era un altare di Apollo, da lui stesso fatto colle corna delle capre uccise da Diana sul monte Cinto, che era un
colle corna delle capre uccise da Diana sul monte Cinto, che era una delle maraviglie del mondo. Essa fu pure assai venerata
altre seguaci superando colla sua nobile statura. Sulla maggior parte delle medaglie antiche, dice Noel, vedesi Diana in abit
avea ben molte ragioni per abbellire la sua origine col maraviglioso delle favole. Furono quindi i primi albori di quel gran
ch’eran discesi da qualche nume. A ciò si aggiunge che gli scrittori delle prime loro memorie erano poeti che cantavano i gr
esi della Storia universale ed il Lavaur credono che la maggior parte delle decantate imprese di Ercole sieno state ritratte
amente ornata. La prima era la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle quali procurando di guadagnarlo colle promesse, E
. La nona fatica fu quella di togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, d
, ricevuto il comando di Euristeo, assalì e vinse il popolo bellicoso delle Amazzoni, e fatta prigioniera Ippolita, portò la
mpadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era egli un gigante a tre corpi o a tre
eo. L’undecima fatica fu quella di cogliere i pomi d’oro del giardino delle Esperidi ch’era vicino al monte Atlante. Un drago
le sue figliuole, le quali per consiglio del padre nella prima notte delle nozze uccisero gli sposi, fuorchè I permestra, la
a botte forata che non si riempiva mai ; onde il proverbio « la botte delle Danaidi ». Linceo intanto successe nel regno a Da
a settentrione il monte Elicona, percui le Muse che l’abitavano furon delle Tespiadi ; e la città di Tebe, edificata da Cadmo
di, per quelli lo avesse sospeso ad un albero, perchè divenisse preda delle fiere ; e ciò per aver predetto l’oracolo ch’egli
icca di tutt’i pregi di natura, talchè fu riputata il dolce soggiorno delle Muse, e le sue delizie andarono in proverbio. Si
il quale Linceo aveva una vista sì acuta che vedea sino nelle viscere delle montagne, percui vista lincea si disse proverbial
a Lenno, ove abitavano donne forti e bellicose simili alle Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie di Toante, da c
nsi contro quelli che volevan punire ; anzi Servio le pone nel numero delle Furie. Virgilio nomina la sola Celeno ; ed Esiodo
pi storici non vi è stata cosa considerevole nella Grecia all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma
ardato come una mera finzione, ma piuttosto come una copiosa raccolta delle più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque d
Grecia e che fu eletto supremo capitano ; novera partitamente i nomi delle varie nazioni e de’ principi che favorivano i Tro
iani ; e descrive l’arte della guerra usata in quel tempo ; fa parola delle leggi e della religione de’Greci ; riferisce qual
ndottieri della flotta, il loro carattere, e la situazione de’paesi e delle città, con infinite altre cose, che sono pura ist
l padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella delle Nereidi, nelle quali nozze fu dalla Discordia sul
travestitosi da mercante gli recò preziosi regali, fra i quali eranvi delle armi. Achille, seguendo il natural talento, le in
a latina (a nando), che significa nuotare, per una semplice mutazione delle prime lettere ; ma Cotta presso lo stesso autore
δουναι) che significano dare a bere, perchè il mare è il ricettacolo delle acque ; o da alcune altre parole (σειειν, movere,
olum), che voglion dire scuotere il suolo, perchè il mare coll’impeto delle sue onde scuote la terra. II. Storia favolosa
emendo che a quella scossa non si aprisse la terra e nel tristo regno delle ombre penetrasse la chiara luce del giorno. E que
o occhio, e loro ne abbandona le redini ; ch’ei vola sulla superficie delle onde, e che al suo cospetto i fiotti si cal mano
dice il poeta, ed al quarto giunge sino a’ più lontani lidi. Dal seno delle profonde lor grotte le pesanti balene si alzano e
icendo Omero ch’egli era ed il domator de’cavalli, ed il conservatore delle navi. Anzi Virgilio(2) afferma che la terra perco
no in onore di lui innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una ta
la, secondo lo stesso Esiodo ; per cui da Catullo(2) vien detto padre delle ninfe. Lo troviamo poi figurato in forma di un ve
anco ; tiene un’urna e versa acqua. Si dipinge pure bicornigero. Una delle Oceanidi fu Anfitrite che sposò il nostro Nettuno
gnata dalle Nereidi che portano le redini, e da’Tritoni che col suono delle lor trombe ricurve annunziano l’arrivo della regi
rgilio(2) elegantemente descrive il Dio del mare col nobile corteggio delle marine deità. Vi era Forco, fig. del Ponto e dell
Forco e di Ceto erano le Farciadi, cioè le Gree, le Gorgoni, il drago delle Esperidi, Scilla ; e Toosa, madre di Polifemo. Da
licerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta di cui Ovidio(2) ha bellame
il mare Egeo, ove lietamente passava i giorni fra i canti e le danze delle Nereidi, ninfe marine. fig. di lui e di Dori. Ome
e origine da’ poeti cosmogonici, i quali in versi cantavano l’origine delle cose, e ponevano l’acqua per principio di tutt’i
del diluvio di Deucalione, Proteo guidava il suo gregge sopra le cime delle più alte montagne. V. Iconologia di Nettuno.
di conchiglia, tirato da cavalli marini, e col tridente in mano. Una delle più belle statue di questo nume in piedi è quella
i latrati di Scilla non son altro che lo strepito ed il rumoreggiare delle onde che s’infrangono fra quegli scogli. E come a
o quanto. Oltre a ciò dicevasi Dite (Dis, Ditis), ch’era nome del Dio delle ricchezze, o del Dio dell’inferno, e talvolta si
nime de’ mortali per essere giudicate e ricevervi la pena o il premio delle loro opere, si chiamava Inferi, o Inferna loca, c
porta ; ed il rabbioso Cerbero e stride, e latra e veglia in guardia delle ferrate soglie. Quivi d’Issione che osò oltraggia
ole di Danao, la quale per avere offesa Venere, invano il cavo doglio delle vicine acque di Lete riempie. Passiamo ora a desc
Elisii, ove gli eroi e gli uomini virtuosi godono l’eterno guiderdone delle loro buone e gloriose azioni, trasportarono quant
cose dette da’poeti sull’Inferno, ne daremo una descrizione composta delle differenti idee della greca e romana mitologia. U
andavano le anime de’mortali per essere giudicate e ricevere la pena delle loro colpe, si chiamava Inferno, cioè luogo basso
di Averno, per folte tenebre che il circondavano, spaventoso, era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora una spe
enebre che il circondavano, spaventoso, era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora una spelonca di spaventosa pr
ofondità, ch’era nel Tenaro, promontorio della Laconia, credevasi una delle bocche dell’inferno. Nel primo entrare del doloro
Aorno, ove consultavasi un famoso oracolo che si dava coll’evocazione delle ombre de’morti mediante le arti della negromanzia
etonte vi straripa furibondo e fa tutto rimbombare co’ rapidi vortici delle sue fiamme, lanciando infuocati macigni. Anche il
o all’oblio. » V. Delle Ombre dei morti e dei Mani. Del Cerbero e delle Furie. Credevano i gentili che le anime, depo
E Tibullo (3) dice che intorno agli oscuri laghi del Tartaro la turba delle Ombre era pallida, colle guance scarne e co’ cape
tribunale di Minos, ed Arione si esercita, come in vita, alla caccia delle fiere. Forse gli Dei Mani (Manes) erano diversi d
de’ morti, eran riputati violatori degli Dei Mani, secondo una legge delle dodici tavole (4) ; sebbene altri dicano che in d
luogo egli mette Tisifone all’entrata del Tartaro, a far da carnefice delle anime condannate agli eterni supplicii. Al dir di
tte, onde presso Virgilio Enea sacrifica una sterile vacca alla madre delle Eumenidi, cioè alla Notte. Dicevansi non solament
qualche empia e scellerata azione commessa, sieno dalle ardenti faci delle Furie agitati e scossi. Ciascuno è dalle sue maga
he nella tartarea prigione li rinchiudeva e faceva loro pagare il fio delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era f
iziani nel linguaggio del popolo così chiamavasi quel fiume ; e di là delle porte del Sole, cioè di Eliopoli (ab ηλιος, sol,
, et πολις, urbs), città dell’Egitto. Verdeggianti prati eran la sede delle ombre, secondo Omero ; or questi non erano che un
la memoria e privavasi della sepoltura. Il popolo ammirava il potere delle leggi che sino alla morte stendevasi, e ciascuno
e lor ragione. I poeti sovente han confuso Plutone con Pluto, Dio delle ricchezze ; perciò si è fatta derivare la voce la
uce una Parca, che chiama Plutone sommo arbitro della notte e signore delle ombre, pel quale le Parche si affaticano a filare
rno e la sua signoria nelle miniere, e che per ciò era tenuto pel Dio delle ricchezze. Quindi piacevolmente Demetrio Falereo
i greci, seguendo le orme di quelli di Egitto, hanno spesso inventato delle favole che aveano per base i fenomeni celesti. E
esentava, dice Albrico Filosofo, in un modo che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo ter
ono nate da essa. Februo, lat. Februus, chiamavasi Plutone, come Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ mort
e mai più risorga. Nella Grecia era generale l’uso di ornare la porta delle case che rinchiudevano un cadavere, di rami di ci
ostra Dea invocavasi in particolar modo negl’incantesimi, come regina delle infernali Deità, colle quali le streghe aveano tr
rità della regina dell’inferno, pure vuolsi credere soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti gli altri celesti ed
no le sue minacce e con quelle mani, con cui regolano la serie fatale delle cose, distornano l’ira funesta dell’infernale mon
è la stessa gustato non avesse alcun cibo, essendo questa fatal legge delle Parche(1). Il mentovato Claudiano dice che durant
gge delle Parche(1). Il mentovato Claudiano dice che durante il tempo delle nozze di Plutone, esse cessarono da’loro lavori,
e che le Parche possono più che tutt’i celesti numi. Esse erano tre, delle quali la prima presiedeva al principio, la second
ono col fato. Nell’inno di Mercurio attribuito ad Omero, il soggiorno delle Parche si finge essere nelle valli che circondano
nge coronata di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora di Tiro ;
o di Giulio Cesare. Questa specie di archivio, in cui la fatale serie delle cose vedevasi registrata, stava, secondo quel poe
re la Parca gli si era mostrata con volto nugoloso(1). E questo basti delle Parche. IV. Iconologia di Proserpina. Pros
he fu presa da alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe che le servono di c
ze. E Teogamie eran feste celebrate in Sicilia ed in Atene in memoria delle nozze di Proserpina con Plutone. VI. Alcune al
io di reci dere il filo della nostra vita, fu posta ancora nel numero delle Parche. Or ecco come questo Autore spiega la favo
no allogate sulle sfere celesti, ove accordano la loro voce col canto delle Sirene e delle Muse, ciò vuol dire che quelle Dee
le sfere celesti, ove accordano la loro voce col canto delle Sirene e delle Muse, ciò vuol dire che quelle Dee regolano l’arm
76. (1). Nem. I. v. 58. (2). Ovid. Fast. VI, v. 37 sq. (3). Stor. delle arti del Disegno. T. 1, p. 316. (1). Diss. XIV.
Ecl. VI, v. 14. sq. (2). Ovid. Met. XI. v. 8. sqq. (3). Dell’orig. delle arti. Vol. II, p. 266. (4). Ovid. Met. XIII, v. 
Tibull. III, el. 3, v. 34. Pittur. Ercol. T. IV, tav. 3. (2). Stor. delle arti del Dis. 111. 2. (1). Plin. XXXV. 5. (2).
7 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
a quelli, che bramosi di leggere o questa solamente o quella, niente delle altre si curano. In tre Parti perciò è quest’ Ope
est’ Opera divisa : nella prima si descrivono le Maggiori Divinità, e delle Minori pure per mezzo di Annotazioni al fine di o
ra con Note per lo più si fa parola ; nella terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa v
acissimo a svellere dal cuore il vizio, e a spargervi in vece il seme delle più nobili virtù ; ma quali e quanti non sono poi
so racconto ; altri si avvisarono di aver trovata la vera spiegazione delle Favole, mediante l’interpretazione degli Egiziani
orgente di siffatte Descrizioni ? La Pagana Teologia non è agli occhi delle persone sensate, che un tessuto di stravaganti id
hi delira. La migliore spiegazione (soggiunge Heyne) che far si possa delle Favole, è quella di presentarle quali furono, seg
e si coltivi (per quanto però è possibile) la semplice concatenazione delle materie ; che alla castigatezza del linguaggio si
ni della vita mi lasciavano, possa servire di gradimento agli amatori delle Belle-Lettere. Istoria mitologica Parte p
i, da’ quali i predetti Numi furono chiamati Dei maggiori, oppure Dei delle maggiori Genti. Si veneravano altresì le loro Sta
ati(a). I Romani innoltre ammisero tra’ loro Dei moltissimi di quelli delle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano
lo associò al suo regno : e per indicare ciò, volle che in una parte delle monete fosse impressa la sua immagine a due facci
i Romani il costume di tenere il mentovato fuoco anche nell’ ingresso delle loro case, detto perciò Vestibolo(d). Cibele fu a
d’ Iside(b). Come tale si teneva per moglie d’ Osiride(10), e per una delle più grandi Divinità dell’ Egitto. Da Iside e da O
i musicali stromenti orribilmente urlavano : lo che avveniva al tempo delle loro Feste. Eglino vestivano alla foggia delle do
che avveniva al tempo delle loro Feste. Eglino vestivano alla foggia delle donne, e andavano quà e là mendicando, fingendo c
diede a’ Tirreni(b) (15). La Dea ne prese vendetta. Sangaride era una delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipendeva dall
n Pino(16), albero che fu poscia a lei consecrato(c) (17). Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste di Cibe
Vestalie, le Megalesie, le Harie, e le Ordinali o Ordicidie. Al tempo delle Vestalie s’imbandivano da per tutto in Roma convi
forza sufficiente a farlo più oltre avànzare. Finalmente Claudia, una delle Vestali, vi riuscì : ella atuccò la sua cintura a
zioso. Tutti vestivano a loro capriccio, ed anche liberamente usavano delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di
estivano a loro capriccio, ed anche liberamente usavano delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste er
egnasse la maniera di seminare le biade per sostituirle alle ghiande, delle quali fino allora si erano cibati gli uomini(b) (
va sedendo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di rallegrarla con varj ridic
la figlia sua fosse stara rapita. Alzò frattanto la fronte dal fondo delle acque la Ninfa Aretusa, originaria di Pisa in Eli
ranato. L’ avea veduta Ascalafo, partorito ad Acheronte da Orfne, una delle più celebri Ninfe dell’ Averno. Colui palesò il f
Le stesse Feste furono di due sorta, maggiori e minori. Le maggiori, delle quali abbiamo fin’ ora parlato, s’instituirono in
a d’ orzo (c). Il Floriferto era una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe al tempio di Cerere (d). Le Tesmoforie fur
ni libri, ne’ quali stovano scritte certe leggi per ricordare quelle, delle quali ne fu inventrice Cerere. Le medesime donne
bravano dalle sole Matrone. Anche queste, vestite a bianco, portavano delle torcia accese, nè mangiavano che la sera, perchè
nelle quali gli agricoltori offrivano alla Dea e a Bacco le primizie delle frutta della terra (e) (16). Le Paganali erano Fe
(16). Le Paganali erano Feste, le quali si celebravano dagli abitanti delle campagne. Questi giravano intorno a ciascun villa
ueste prima del sacrifizio si conduceva la vittima intorno a’ confini delle città (h). La Festa Epacte, così detta dalle due
to, che la Fame si unisse con Cerere ; quindi costei per mezzo di una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le viscere di Er
i que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli scudi di bronzo, e delle picche (a), Pausania numera tralle nutrici di Gio
l’impero co’ suoi fratelli, Nettuno e Plutone. Destinò l’uno signore delle acque, l’altro dell’ Inferno, e riserbò per se la
ndenti d’Ercole (c). In questi Giuochi i lottatori doveano spogliarsi delle loro vesti. Diede motivo a tal legge una donna d’
ro gettate le cose più preziose del paese, v’ avea gettato gran parte delle sue ricchezze, ma inutilmente. Ancuro allora, avv
gono, che una nera colomba volò da Tebe in Dodona. Quivi sopra i rami delle predette quercie si posò, e con voce umana fece i
mezza notte cresceva. La stessa innoltre cra tale, che all’accostarsi delle fiaccole alle sue acque, le estingueva, e le riac
tti, e produrne un lungo suono. I Sacerdoti poi, nascosti nel concavo delle altre quercie circonvicine, rendevano la spiegazi
gli alleati ogni anno avessero a radunarsi per sacrificarvi un toro, delle di cui viscere ne venisse distribuita a ciascun p
ore dell’ Egide (a). Si appellò Apomio o Muscario, ossia qscacciatore delle mosche, perchè Ercole, sacrificandoc in Olimpia,
monte Imetto (g). Ronolo ricercò a’ Sabini e a’ vicini popoli alcune delle loro donne per popolare la città, che avea fabbri
re de’ Ceninesi, ne disfece l’armata, e trasferì le spoglie opime(18) delle medesime sul Campidoglio, ove le appesse ad una q
er ricordare, che le Oche aveano salvato col grido e col dibattimento delle ali il Campidoglio dall’invasione de’Galli (a) (2
iasie, nelle quali si facevano solenni conviti e sacrifizj. L’oggetto delle medesime era quello di essere immuni da’ pericoli
condo Stefano era la stessa Elide. A Giove Ultore, ossia Vendicatore delle scellerate azioni, Agrippa, genero d’Augusto, inn
sia dedicato a tutti gli Dei, perchè ivi si trovavano anche le statue delle altre principali Divinità (a) (26). Tarquinio il
icercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre delle feste per recare diletto agli stranieri, ed esse
o, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di G
e un’Oca per offrirla loro in cibò ; ma quella corse appresso i piedi delle sresse Divinità, le quali chiesero, che fosse las
(b), volle prendersi giuoco di Giove. Fece uccidere due tori ; riempì delle carni di questi la pelle d’uno degli stessi, ne p
i scegliesse quella, che più gli piaceva. Scelse Giove la pelle piena delle ossa ; e scopertone l’inganno, talmente se ne adi
anni, dopo i quali Ercole uccise con una saccta l’avoltojo, ministro delle sovrane vendette (f). Molti vennero favoriti da G
figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’era corrisposto.
ove s’inserì tosto il non ancor maturo infante a perfezionarsi in una delle sue oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che Bacco a
o Idioma si chiama Dios (c). Neppure si va d’ accordo riguardo i nomi delle nutrici di Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima
o Macride, figlia d’ Aristeo, inventore del mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni di questo Nume fu quella di discende
ui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nutrici ; o perchè aveva un tempio in Bris
gli si celebravano in Roma le Feste, dette perciò Liberali, al tempo delle quali si mangiava in pubblico, e ciascuno aveva l
) o Iacco(b) (5) o Bromio (c), dallo strepito, che si faceva al tempo delle di lui solennità, ovvero da quello, che sogliono
o educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di lui Sacerdotesse, delle quali quanto prima parleremo, si dissero Eleleidi
Nume acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle di lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : d
c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sacrificare, perchè gli si offerse delle vittime, mentre ancor viveva sulta terra(d) ; ovv
ato un certo Melampo(l) ; o come altri vogliono, Orfeo, da cui furono delle Orfiche (m). La maniera, con cui si solenizzavano
principio era semplicissima, e si mantenne tale, finchè l’afflluenza delle ricchezze introdusse il lusso anche nelle sacre c
’ essi d’ellera, su’ quali abbruciavano incenso ed altri aromi. L’uso delle Ceste mistiche(10) in queste Feste era solenne as
a ciò, che vi si faceva. Il primo chiamavasi pitegia, ossia apertura delle botti, perchè si gustava il vino : il secondo coa
Muse(e). Si ponevano quindi a mensa, e si proponevano dégli enigmi e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj di Beoz
trovavano i vasi pieni di vino(b). I Contadini dell’ Attica al tempo delle vendemmie sacrificavano a Bacco un irco, e colla
uali nomi indicano il furore, a cui elleno si abbandonavano nel tempo delle Feste di Bacco(d). Pausania vuole, che sieno stat
la prima Sacerdotessa di Bacco(e). Le sole Tiadi aveano la cognizione delle ceremonie, solite a praticarsi nell’ Eroide, una
la cognizione delle ceremonie, solite a praticarsi nell’ Eroide, una delle tre Feste, che ogni arino si celebravano in Delfo
spalle, cingevano la fronte di ellera, e di corna, ed aveano in mano delle fiaccole accese, o il tirso(l). Era questo un ast
popeo, e l’audacissimo Licaba, proscritto dalla patria. Allo strepito delle voci il fanciullo si destò, e chiese di essere co
tenere vatj dilettevoli racconti, e tra questi la mutazione di colore delle more del Gelso(19). Rimbombò all’improvviso in qu
i, e de’quali gli Antichi si servivano per colare il vino nelle tazze delle mense(b). I poveri, non potendo procacciarsi Cola
a sempre portare sopra di se la propria casa, e fu condannata in pena delle sue derisioni ad un perpetuo silenzio (c). Dicesi
mezzi per uarirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse sue figliuole in matrimonio a chi le avess
condo tale etimologia significava sacrifizio fatto a Giunone, preside delle nozze (b). Anche il nome di Gamelia la caratteriz
to questo titolo si solennizzavano le Feste, dette Gamelie, nel tempo delle quali si contraevano le nozze in maggior quantità
na Curia (e). Altri dicono, ch’ella venne così denominata, perchè una delle ceremonie del matrimonio appresso i Romani era il
l’altro titolo ella era risguardata, come la distributrice de’regni e delle ricchezze, e consegni molti onori. Come Regina eb
secondo Plinio (d) a Bacco e alle Muse(20). Quivi si celebrò la Festa delle Dedali (così anticamente si chiamavano le statue
riconciliazione (e). Allorchè se ne avvicinava il tempo, quattordici delle principali città, della Grecia preparavano una st
a Giunone. Chiunque interveniva a tale solennità, portava anch’ egli delle vittime a proporzione delle sue facoltà. Finalmen
niva a tale solennità, portava anch’ egli delle vittime a proporzione delle sue facoltà. Finalmente si appiccava fuoco al Rog
o ridotte in cenere (f). Fu detta Prodromia, perchè ella pure era una delle Deità, che si veneravano prima d’ intraprendere a
oli vicini tentarono d’ impadronirsene. Costoro affidarono il comando delle loro truppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fiden
tela o Retania (a), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di offerirsi a’ nemici, come le : elle
se del pubblico erario, ed ebbero la permissione di vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe il nome di Lanuvia per
e nella Laconia dava i suoi Oracoli da uno stagno, in cui, gettandosi delle focacce, se queste s’immergevano, ciò era di buon
cui erano nati. Si va quindi per una vasta campagna, denominata Campo delle lagrime ; e quivi giacciono quegl’ infelici, che
contrano poscia i condannati a ingiusta morte, e quelli, che, stanchi delle miserie di quaggiù, spontaneamente si privarono d
23). Plutone prese altresì ad amare perdutaniente Leuce, la più bella delle Oceanidi. Rapì anche quella, e la condusse nell’
la pestilenza, insorta nelle donne gravide, fosse derivata dal fetore delle carni de’ tori allora immolati. Tali Giuochi semp
ferma anche Strabone(f). A Plutone non s’immolavano che vittime nere, delle quali si spargeva il sangue nelle fosse, come se
nnizzavano da prima ogni nove anni, e poi ognicinque giusta il numero delle Ninfe Parnassie, che si congratularono con Apollo
d Apollo (g). A tali vincitori secondo Pindaro si conferirono altresì delle corone d’oro. In questi Giuochi davasi in premio
ll’uccisione di Pitone(d) ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto cura delle greggi di Admeto : dal che ne derivò altresì, ch’
o era il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte siasi formata delle lagrime, che sparse la predetta Manto, quando ebb
stiti da soldati, in un campo. Si alzavano nove tende, sotto ciascuna delle quali nove cittadini, scelti da tre differenti Tr
e danzasse ogni notte dall’ Equinozio di Primavera sino all’ apparire delle Plejadi. Per testificare sempre più la loro vener
Il Sole arse d’amore per la vezzosa Leucotoe, nata da Eurinome ; una delle Oceanidi, e da Orcamo, re degli Assirj(d). Il luc
unirsi seco lei in matrimonio. V’ acconsentì la giovine. Clizia, una delle Oceanidi, che amava assaissimo il Sole, penetrò i
abbominazione. Colei fra le agitazioni e i delirj fuggì la compagnia delle Ninfe, e giorno e notte giacque all’ aperto dell’
ventore della Poesia e della Musica, e però viene tenuto come il capo delle Muse(d) (32), figlie di Giove e di Mnemosina(e) (
avoltojo(h), ovvero due, corne altri pretendono(a), vanno pascendosi delle di lui viscere, le quali divorate rinascono di nu
Nume per punirli suscitò il mostro Pene, il quale strappava dal seno delle madri i loro fanciulli, e li divorava. Il valoros
llo gl’inseghò l’arte degli augurj, e il modo di conoscere l’attività delle piante, e che lo regalò di celeri frecce, e di un
n memoria di tal fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle montagne di Creta, spedirono al tempio d’Apollo i
ome Dio de’Pastori, voleva, che gli fosse sacrificato il lupo, nemico delle greggi ; e il corvo, perchè questo Nume presiedev
ete durante il tempo, in cui i fichi si maturano(d). Apollo, come Dio delle Muse, dipingesi assiso sulla cima del Parnasso, c
de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebbe da Tia, una anch’ella delle Titanidi, per cui la Luna fu chiamata Titania (b)
cò un tempio alla Dea sotto il nome di Dittinna, che significa la Dea delle reti (10). Altri dicono, che Britomarti per sottr
il nome di Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa era una delle compagne di’ Diana. Riusciva molto esperta nella
nenza, pure non amava di essere riconosciuta per tale, anzi arrossiva delle lodi, che per questa ragione le si davano. Stanca
onte. S’avvide Alfeo della metamorfosi in lei avvenuta, e spogliatosi delle umane sembianze, ripigliò quelle di fiume. Così v
a dura, inflessibile, a cagione della severità, con cui puniva quelle delle sue Ninfe, le quali non custodivano la verginità
’ rami di quella (b). Elleno perciò ogni anno al tempo della raccolta delle noci onoravano Diana con balli e canti, che si ch
chi vi si rifugiava. Sotto questo nome Diana ebbe in Atene ogni anno delle Feste, appellate Munichie, nelle quali le si offe
ni anno delle Feste, appellate Munichie, nelle quali le si offerivano delle focacce (d). Ebbe il nome di Brauronia da Brauro
sacrifizio (b). A Diana Brauronia ogni cinque anni si fecero in Atene delle Feste, dette pure Brauronie. Suida racconta, che
erra, e la terza dell’ Inferno (b) ; ovvero a motivo de’ trivj, ossia delle strade che si dividevano in tre, sulle quali si r
a, e ove ogni anno le celebravano Feste, chiamate Triclarie, al tempo delle quali le venivano offerti in sacrifizio un fanciu
de di notte. Ebbe un tempio sul monte Palatino, in cui si accendevano delle torce a un gran vaso a fuoco, il quale ardeva tut
celebravano in Atene sacrifizj e feste, chiamate Ecatesie, nel tempo delle quali i ricchi imbandivano conviti, e i poveri co
allora offerivano do’ sacrifizj, e sulle pubbliche strade collocavano delle tavole con pani da distribuirsi a’ poveri. Eglino
). L’Efesie s’instituirono da que’ di Efeso, la principale ceremonia delle quali consisteva nell’ubbriacarsi, e nel passare
te, mettendo la città, e spezialmento i mercati, in tumulto. Al tempo delle medesime secondo il Pitisso si celebravano con po
terzò nella Chersoneso Taurica. Sulle porte del primo si appendevano delle corna di bue. Plutarco dice, che ciò forse si fac
di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il tempio di Efeso si fabbric
one concepì un disprezzo e un odio grandissimo per le donne a cagione delle impudiche Propetidi, abia tatrici della predetta
di nozze, fu poi veduto a sposare pieno di contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo, di
mesi. Si chiamò Acidalia da’ Greci, perchè Ella soventi volte cagiona delle inquietudini, o perchè erale dedicata la fonte Ac
quale trovavasi in Orcomeno, città della Boozia, e in cui le Grazie, delle quali quanto prima parleremo, si bagnavano(h). Da
ose sul predetto Promontorio(d). Nel tempio di Venere Coliade v’erano delle statue, le quali rappresentavano certe Deità, det
, perchè i Romani e i Sabini, dopo aver combattuto tra loro pel ratto delle donne Sabine, si riconciliarono, si purificarono
Campidoglio fatto da’ Galli, si avevano reciso i capelli per formarne delle corde ad uso di certe macchine di guerra(b). L’al
l nome di Venere Giunone. Questa statua era antichissima ; e le madri delle figlie nubili recavansi a farle offerte e sacrifi
con catene a’piedi, impostele da Tindaro, per indicare che la fedeltà delle donne verso i loro mariti dev’essere inviolabile(
Nemesì, e queglino la trasportarono in Ranno(d). Dalla maggiot parte delle Greche città vennero celebrate in onore di questa
ica Venere e le colombe ; guidate da una porporina, e molto più bella delle altre, se ne ritornavano in Erice(a). Venere ebbe
ittori, ebbero cura di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono delle lagrime, che sua madre andava spargendo. Il bambi
i contro le feroci belve. Ma il giovine non fu sì facile a prevalersi delle prudenti esortazioni. E di lui cani trassero fuor
di sua madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; ma egli coll’ajuto delle ali sì velocemente girava di fiore in fiore, ch’e
te perchè la Dea avea cangiata in mirto Mirena, giovine Greca, ed una delle sue sacerdotesse(16). Le perle altresì erano part
Nume nella divisione dell’Impero del mondo ebbe la signoria del mare, delle isole, e di tutti i luoghi circonvicini(c). Egli
b). Dagli Arcadi gli furono institnite le Feste Ippocrazie, nel tempo delle quali i cavalli non venivano assoggettati ad alcu
este Posidie o Posidonie. Questo Nume aveva nell’Isola di Tenedo, una delle Cicladi, un gran tempio, considerabile per le vas
ncorso a tali Giuochi era sì grande, che i soli principali personaggi delle Greche città potevano avervi luogo. Gli Eleesi no
tranquillo con due pesci, detti Delfini, che nuotano sulla superfizie delle acque(e). E’pure circondato dalle Nercidi e da’Tr
e di tromba, formata d’una conca marina, annunzia la presenza del Dio delle acque. Altri finalmente ci danno a divedere quest
e l’altro titolo fu indifferentemente risguardata come la inventrice delle scienze e della guerra. Altri pretendono, ch’ella
una schiacciati, fatta col mele(a). Fu chiamata Ergane, ossia la Dea delle arti, perchè le si attribuiva l’invenzione della
e, o Sciroforie(b). Si disse Area, ossia forte e valorosa. I Plateesi delle spoglie, riportate nella battaglia di Maratona, l
ossia Equestre, perchè gli Arcadi Arcadi la riconoscevano inventrice delle quadrighe, ossia de’carri a due ruote, e tirati d
. Ciò si conferma dalle due medaglie, indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull
elebri lavori di Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra una delle colline di Sparta presso la Cittadella. Ebbe altr
li Dei, scelti per giudici di tale questione, stabilirono, che quella delle due anzidette Deità, la quale avesse prodotto la
eco pili, porta, perchè la sua statua si poneva alle porte de’tempj e delle città(e). Venne chiamata Steniade, ossia robusta,
trattavano a convito le loro serve, come facevano gli uomini al tempo delle Saturnali(c). Narrasi inoltre, che gli Scolari du
e, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili di questa e delle altre Divinità(a) (7). Nel predetto ultimo dì i v
rano altresì certe donne, chiamate Idriafore, perchè elleno portavano delle urne piene d’acqua per rinfrescare gli Ateniesi,
, e allora acquistarono il nome di Panatence(c). Il primo institutore delle medesime fu Erittonio, generato senza materna fec
e celebravano una Festa, detta Litobolia, ossia Lapidazione, in onore delle due mentovate giovani(a). Nè solamente era venera
cipale Divinità. Per questo in Bitinia si offeriva a Priapo la decima delle spoglie, che si consecravano a Marte (c). Questo
di lui ne’ combattimenti(b). E’ stato chiamato Salisubsolo a cagione delle danze, che facevano i di lui Sacerdoti, detti Sal
vea insegnato la danza (a). Varie cause si assegnano all’instituzione delle Feste Matronali. La prima, perchè le Sabine, rapi
a’ loro mariti, come a questi si davano i medesimi da quelle al tempo delle Feste Saturnali. Le donne inoltre trattavano allo
occasione i soldati in presenza del popolo facevano anche la revista delle armi(3). Gli animali, soliti a sacrificarsi a Mar
n fa parola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due o tre delle di lui statue (d). Per lo contrario non fuvi luog
i Ciclopi(f). Secondo un’antica tradizìone, riferita da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la qua
mano alza in aria un maltello, e coll’altra stringe sopra un’incudine delle tanaglie per lavorate un fulmine. Al lato poi di
un Dio del mare, marito di Teti, sorella di Saturno, e Dea parimenti delle acque. Questo Nume ebbe due altre mogli, Partenop
a ebbe Europa e Trace. Oceano fu padre di moltissimi altri figliuoli, delle fontane, e de’ fiumi.(e). Anche questi furono ten
to sopra un’ urna, co’ capelli bagnati, e col capo coronato di canne, delle quali ne tengono talvolta alcune anche in mano. O
toposti al giogo ; gli offeriva datteri, fichi, e mele ; sulle soglie delle porte faceva ascendere il fumo di grati odori ; i
al Mezzodì(e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali era stato il primo inventore(f). (15). Le
rimo inventore(f). (15). Le Feste, celebrate negli ult mi due giorni delle Saturnali, si dissero Sigil’ arie o Sigillarizie,
rizie, perchè gli uni mandavano agli altri in dono dei sigilli, ossia delle piccole sculture, le quali pure si chiamavano Sig
le vittime umane, che s’immolavano a Saturno e a Plutone, vi sostituì delle figure in cera o in legno(a). (16). Gran divario
riore, e detto lituo, per disegnare nel Cielo quattro parti, ciascuna delle quali chi mavano tempio. Ciò fatto, esaminavano,
idanee(e). Finalmente esploravasi, come scendesse il sangue dal collo delle medesime, come ardesse la fiamma, come crepitasse
one in quest’ arto non solo le polpose elevatezze della parte interna delle mani e dita, ma i solchi eziandio, che le medesim
asta e uno scudo(d). Altri dicono, che questo simulacro siasi formato delle ossa di Pelope(e). Comunemente però pretendesi, c
, appiccatesi al tempio di Vesta, ov’ erasi riposto sotto la custodia delle Vestali, si gettò nel mezzo di quelle(e). (c).
ueste la più bella era Egle(a), figlia del Sole e di Neera(b). Cinque delle Najadi fecero un sacrificio di dieci tori, a cul
dette Echinadi, le quali si trovano nel mare Ionio(c). Forse in onore delle Najadi furono istituite appresso i Romani le Fest
ti e i boschi avevano le loro Ninfe, dette Napee(b), o Driadi(c). Dea delle prime era pure Vallonia(d), e de’ secondi Nemestr
Ninfe Amadriadi. Queste, come abbiamo indicato, nascevano col nascere delle quercie, e cessavano di esistere, quando quelle p
re culto. Latte ed oglio loro si offrivano, e si sacrifica vano anche delle capro. Alcuni credettero, che grata altresì riusc
ifile(l), e Pausania la dice Erofile(m). Vuolsi chisia stata la prima delle donne fatidiche, la quale in versi esametri predi
E quì si noti, che i boschi furono i primi luoghi, destinati al culto delle Divinità(d), perchè credevasi, che il silenzio e
co(f) ; e Ovidio pretende, che li abbia fatti perire Driante al tempo delle nozze di Piritoo(a), dell quali parletemo altrove
idi a’prodotti della terra. Seia si risguardava come la conservatrice delle sementi sotto terra (a). Quando poi le stesse ne
rmogliavano (f) ; Ostilina, allorchè le ultime pareggiavano l’altezza delle prime (g). Volutina attendeva agl’inviluppamenti
vano l’altezza delle prime (g). Volutina attendeva agl’inviluppamenti delle foglie (h) ; Nodoto (i), o Nodino, o Noduto (l),
glie (h) ; Nodoto (i), o Nodino, o Noduto (l), o Nodutide (m) a’ nodi delle spighe ; Latturno, o Latturcia (n), o Lattucina (
di delle spighe ; Latturno, o Latturcia (n), o Lattucina (o) al latte delle medesime ; Matura alla loro maturazione (p) ; Spi
ce, che le medesime vennero instituite da Numa Pompilio (t). Al tempo delle stesse si offrivano al predetto Dio vino, incenso
mento Tuteina, o Tutulina (f), o Tutilina vegliava alla conservazione delle biade già raccolte, e riposte ne’ granai (g). (b
e nel linguaggio de’ Molossi significava bella donna. Proserpina ebbe delle Feste, chiamate dal predetto nome Corie (m). (d)
bbe da ciò origine l’uso di na scondere la loro testa sotto le soglie delle porte (a). Così poi crebbe la superstiziosa vener
entenze, stabilivano le convenienti pene contro gli Atleti, violatori delle leggi, e li facevano anche battere con verghe da
a’ Romani uno spettacolo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta di tutti gli alberi (h). L’Arena poi si ch
donna, si noti altresì, che la stessa instituì il Popolo Romano erede delle molte sue ricchezze, e che pefò ne fu annoverata
ticomanzia, e ciò facevasi o collo sorivere in cedolette alcuni versi delle Sibille, col chiuderle in un’urna, e coll’adattar
, segnate connote, si gettavano in un’urna, e se n’estraevano alcune, delle quali se ne indagava poi l’interpretazione. Eravi
ato da un sacrifizio al Nume, per cui si giurava. Vi si facevano pure delle libazioni per indicare il mutuo consenso. Vi si c
(a). Paus. in Eliac (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (16). Il Dio delle Mosche appresso gli Egiziani si appellava Miagro
Dio de’consigli, li avea suggeriti a Romolo, onde effettuare il ratto delle donne Sabine (d). Tito Livio sotto il nome di Con
tempo di Numa Pompilio fu riconosciuto come il protettore dei confini delle campagne, e come il più potente a frenarne tra gl
ne prescrisse le ceremonie. Le Feste furono dette Terminali, al tempo delle quali s’inghirlandavano i confini delle campagne,
ono dette Terminali, al tempo delle quali s’inghirlandavano i confini delle campagne, si facevano libazioni di latte e di vin
l’infelici. Ogni anno per più giorni vi si celebravano a di lei onore delle Feste (i). Anche que’di Corinto le innalzarono un
strava che una sola fiamma ; ovvero come una macchina acuta in ognuna delle due parti, e armata di due frecce. Sotto questa s
ci che i Romani ponevano un’urna coperta, che racchiudeva le reliquie delle cose abbruciate o annerite dal fulmine. Questo er
d’ara. La sua maggiore o minore altezza era relativa alla condizione delle persone. I poveri lo aveano basso, i ricchi alto.
). Thom. Dempst. Antiq. Rom. l. 1. (26). Panteon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se gli attributi di molt
icercassero il loro nome e la loro patria (o). Si celebravano inoltre delle feste per recare diletto agli stranieri, ed esse
o, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di G
he v’inalzò un altare a Giove Liceo, al quale egli il primo sacrificò delle vittime umane (d). Suida poi la discorre in altro
do : Licaone, dic’egli, volendo ridurre i suoi Sudditi all’osservanza delle sue leggi, pubblicò, che Giove si recava spesso a
gli stava per offrire un sacrifizio al Nume, mescolarono tralle carni delle vittime anche quelle d’un giovine, persuasi, che
e due Divinità si celebrarono le Feste, dette Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro. Il pr
ridusse durissimi metalli a varie forme (c), e l’altra fu inventrice delle Arti (d). (e). Ioh. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
ia, del quale abbiamo parlato. Colei era esperta nell’uso dell’arco e delle frecce, e superava in vivacità e leggiadria ogni
che passeggiando egli lungo le rive del fiume Torrebia, udì il canto delle Ninfe di quello, e ne apprese la Musica, la quale
’medesimi nel Territorio di Tebe (g). Queste Divinità ebbero eziandio delle Feste, dette Cabirie, e le quali vennero prima ce
e sono le di lei piume. Egli v’aggiunge, che non minore n’è il numero delle lingue, le quali non tacciono mai, e delle orecch
e non minore n’è il numero delle lingue, le quali non tacciono mai, e delle orecchie, che stanno sempre attente ad ascoltare.
(d). (b). Ovid. Metam. l. 3. (3). Euripide dice, che fu Dirce, una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco
raccontare intorno i natali, il numero, e il nome speziale e generale delle Iadi. Vi sono alcuni, che le fanno nascere da Ere
ere da Eretteo, altri da Cadmo(a), ed altri da Atlante e da Etra, una delle Oceanidi(b). Chi ne numera cinque, e chi sette. I
i Merope è la stella, la quale al dire de’Poeti si lascia vedere meno delle altre per rossore di essersi unita in matrimonio
(7). Le Ambarvali si solennizzavano anche in orrore di’ Bacco prima delle vendemmie(f). (h). Suidas. (i). Scapul. Lex.
si chiamavano Cobali(d). A’ Satiri si offrivano le primizle de’pomi e delle uve(e). I Fauni poi furono così detti da Fauno, f
dopo d’aver sacrificato vicino a quelle acque, ne distendeva le pelli delle vittime sulla terra, e sdrajato sopra di quelle,
qual Nume campestre, che presiedeva alle selve, a’pastori, e a’limiti delle campagne(d). Eliano(e), le Probo(f) lo fanno figl
i opprimevano(d). Quindi le donne Incinte ricorrevano alla protezione delle tre Divinità, Intercidona, Pilunno, e Deverra. La
o innoltre, che le mistiche Ceste si usavano anche nella celebrazione delle Feste, sacre a molte altre Deità, e principalment
Carpenti. Gli Antiquarj nelle monete degl’ Imperatori, e spezialmente delle Imperatrici divinizzate vi rilevano varie figure
ni(d) ; queste per avere un tempo propizio per le vendemmie. Al tempo delle prime si onorava Venere con sacrifizj(e). Al temp
ie. Al tempo delle prime si onorava Venere con sacrifizj(e). Al tempo delle seconde le vendemmie in alcuni luoghi sul princip
ice, che dell’albero, su cui Penteo ascese per osservare le ceremonie delle Baccanti, que’ di Corinto per ordine dell’ Oracol
te però dicesi, che l’Esperidi aveano degli orti, i quali producevano delle frutta, chiamate Pomi d’oro, o pel loro colore, o
(e). Altri ne nominano due solé, Elege, e Celene (f). (8). La madre delle Pretidi secondo Omero si chiamava Anzia (g), e se
). Melampode gettò nel fiume Clitorio in Arcadia i residui dell’erbe, delle quali erasi servito per guarire le Pretidi (c). D
tto, e l’empietà del colpevole. Compito il lavoro, lo consegnò ad una delle custodi della prigione, e per via di moti la preg
ente alla Sovrana. Progne, veduta la tela, vi rilevò la serie dolente delle sciagure di Filomela ; e altamente sdegnatasi, no
 ; e arrivata al luogo, ove Filomela languiva, la vestì a somiglianza delle compagne, e seco la condusse alla Reggia. Quivi a
ndo di voler celebrare un sacrifizio, com’era l’uso d’Atene nel tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè seppe di mangia
di Upupa, uccello di tristo augurio, e persecutore degli Usignuoli e delle Rondini. Giunto a Pandione l’annunzio di sì dolor
situata sotto il monte Palatino (a). Sopra il medesimo monte al tempo delle Lupercali i pastori immolavano delle capre a Pane
Sopra il medesimo monte al tempo delle Lupercali i pastori immolavano delle capre a Pane ; facevano un convito ; ecoperti col
avano delle capre a Pane ; facevano un convito ; ecoperti colle pelle delle victime sacrificate, andavano quà e là scherzando
uni cogli altri (b). S’introdusse poi anche il costume di spogliarsi delle vesti per ricordare, che Remo e Romolo, mentre ce
resiedeva a’ parti, ed a cui le donne vicine a partorire consecravano delle aste, e promettevano di sacrificare delle giovenc
ne a partorire consecravano delle aste, e promettevano di sacrificare delle giovenche, qualora avessero potuto felicemente ri
ro, che il nome di Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che di quelli, i quali intervenivano al
Dei Epidoti presiedevano al loro crescere (r) ; Lallo alle cantilene delle nutrici per conciliare loro il sonno (s) ; Nondin
la maggior felicità, che potesse loro accadere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bitone e a Cleobi nel tempio di Delfo (f
va i suoi oracoli. Le donne di quella città offerivano a questa Deità delle piccole barche, piene d’ogni sorta di ottime cose
gne di cedro. Non era permesso che il canto melanconico, detto l’Inno delle Furie, nè si usavano stromenti. Si facevano solam
evano le Statue di queste Dee presso il loro tribunale, e ; Sacerdoti delle medesime erano scelti tragli stessi Areopagiti. C
Omero dà a Celeno il nome di Podarge(d). Esiodo non fa menzione, che delle due prime, e dice che nacquero da Taumante e da E
elle acque, ritornava in dietro, gettando al di sopra della sua testa delle fave nere, delle quali ne teneva anche in bocca,
nava in dietro, gettando al di sopra della sua testa delle fave nere, delle quali ne teneva anche in bocca, e ripetendo nove
Palingenesia, ossia rigenerazione. La prima suppone che il passaggio delle anime da uno in un altro corpo succeda dopo un de
esti non potevano passarvi sopra a volo senza cadervi morti a cagione delle pestifere esalazioni, che ne uscivano(e). Questo
di Giunone. Il Padre poi de’ Numi li cangiò in due montagne, ciascuna delle quali conservò il loro nome(b). Flegia incendiò i
. Della qual cosa per eternarne la memoria s’instituì in Argola festa delle Fiaccole (a). Linceo poi mosse guerra a Danao, e
pra un tribunale, appiè del quale concorrono le ombre a rendere conto delle loro azioni. Gli sta dinanzi un’urna, detta fatal
. (a). Nat. Com. Mythol. l. 3. (b). Ovid. Metam. l. 5. (21). Una delle compagne di Proserpina fu Ercina, figlia di Trofo
mento, in cui fu rapita da Plutone, stava raccogliendo secondo alcuni delle viole, e secondo altri dei narcisi. Panfo, poeta
iò fatale. Ne’sacrifizj, che le si offerivano, le s’immolavano sempre delle giovenche nere e sterili, perchè anch’ella fu sem
na figlia, di nome Euribea (i). Nè solamente Pluto era creduto il Dio delle ricchezze, ma come tali si veneravano anche Pecun
uesta Dea non ebbe nè culto, nè altari (a). Si ricorreva alla seconda delle tre predette Deità per conseguire il rame, e all’
otturni in onore di Plutone e di Proserpina, e di sacrificare ad essi delle vittime rosse. Valesio voleva ergere un altare pe
resa, ne trovò uno nel luogo, ove avea cominciato a scavare. Fec’egli delle Feste per tre continui giorni, perchè gli Dei ent
a solito a sedere nudo sull’ingresso di quell’antro, e a portare seco delle focacce per gettarle a’Lemuri, e a’serpenti, che
attanto si acquistò tale stima, che finalmente divenne il depositario delle richezze di quel tempio. Apollo poi bramava, che
lui salì sul trono d’Atene(a). (16). Gli Anfizioni erano i Deputati delle Greche città, che rappresentavano la nazione con
veniva tagliato in minute parti per significare l’unione e concordia delle Greche città(d). (c). Pitisc. (d). Dion. Cas
greggi, e li moltiplicasse. Le Feste anzidette consistevano nel fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offerire vino e
di passaggio notiamo, che siccome le pecore erano sotto la protezione delle due predette Divinità, così credevasi, che Bubona
de’ buoi(c), Epona quella de’cavalli(d), e Mellona o Mellonia quella delle Api(e). (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (
Ninfa Eufeme, il di cui figliuolo, Croco, dopo morte per le preghiere delle Muse fu da Giove trasferito tra gli Astri, ove fo
iunge, che Nettuno, invaghitosi dell’anzidetta Medusa, e spezialmente delle di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse
tempj(b). (e). Orph. Hymn. in Mus. (33). A Mnemosina, come madre delle Muse, si celebravano da’ Greci Ie Nefalie, feste
zidetto Diluvio(g). Il monte Parnasso si divideva in due punte, l’una delle quali chiamavasi Titoreo, e l’altra Jampeo(a). Di
o. Pretendevano, che non solo le acque, ma perfino lo stesso strepito delle medesime cagionasse lo spirito fatidico(e). Quest
su cui era salito, determinarono di privarlo di vita per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli se ne accorse, e propose di
cco(e). Trovò altresì molte cose utili nella civile vita(f). Le Ninfe delle acque e delle foreste, allettate dal canoro suo c
altresì molte cose utili nella civile vita(f). Le Ninfe delle acque e delle foreste, allettate dal canoro suo canto, lo segui
a del Promontorio di Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco delle sue corde il cane Cerbero, e vi fece risuonare sì
to in matrimonio con altre donne, e che da’ alcune di queste al tempo delle Orgie sia stato lacerato(a). Alcuni finalmente pr
esco, e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle.
a vivere ne boschi, ove fu accolta da Diana, che la ammis’ nel numero delle sue compagne. Venere, offesa dee disprezzo, che P
lo chiamano, Ireo (c) o Irieo (d), nato da Nettuno e da Alcione, una delle Atlantidi. Questi, comechè fosse un povero agrico
stessa Dea lo uccise co’ dardi, perchè volle fat violenza ad Opi, una delle di lei seguaci (e), ovvero a lei stessa, come dic
a di corona s’innalzarono al Cielo (b). Ovidio pretende, che il corpo delle due anzidette giovani siasi abbruciato da’ Tebani
ià fatto vecchio. Epimenide innoltre divenne celebre nella cognizione delle cose future, e fu risguardato come un uomo favori
ue Endimioni, quello cioè, di cui abbiamo parlato, e l’altro, Pastore delle montagne della Caria(e). (f). Declaustre Dictio
Dittinna fu dato alla stessa Britomarti, perchè essa fu l’inventrice delle reti, di cui si servono i cacciatori ; o perchè e
a sulle tombe, quando si volea chiamarne fuori le ombre a partecipare delle libazioni(c). (13). Esporremo quì i funerali de’
are alcuna di quelle offerte(c). Nelle cene de’morti si parlava molto delle loro virtû. Gli Ateniesi non solo lodavano i buon
iquore, in cui v’entrava della mirra, ma fu poi proibito da una legge delle dodici Tavole(d). Finalmente la famiglia del mort
brati, si ricordò sempre il nome d’Imene. I Poeti lo dichiararono Dio delle nozze, e gli tessero un’illustre genealogia. Gli
come abbiamo altrove riferito, le giovani solevano coprirsi nel tempo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapirono le Sabin
elli sposi (a). Finalmente da’Beozj e da’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui ara se gli sposi non f
alla fatica e al sonno, riportava in premio una focaccia di miele, e delle confetture(g). Le Grazie erano risguardate come l
del mare. Vuolsi, che sia stata chiamata pure Salacia dalla salsezza delle sopraddette acque(b). (c). Hyg. Fah. stell. (
liuoli, detti Tmilo e Telegono (f). Ebbe altresì dalla Ninfa Psammate delle figlie, e fralle altre Idotea (g). Proteo fu un c
serpenti (d). Anche Omero le diede dodici piedi e sei teste, ciascuna delle quali aveva tre ordini di denti spaventevoli (a).
oe, nata da Nestore, e da Lisidice, figlia di Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui fur
divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la rendette madre di Pt
no al ponte Emilio, in un bosco ripieno di pini. Portuno ebbe altresì delle Feste, dette Portunali, e in greco Palemonie. I R
i(g), e della quale abbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una delle Stagioni, e ne fa nascere Carpo, che da Giove ven
, e primieramente chiamata Marpesia. Il di lei marito usò dell’arco e delle saette per riaverla da Apollo, che gliela aveva r
osta, ossia la procella, divenne una Divinità, a cui si sacrificavano delle pecore nere, affinchè non nuocesse. Ella aveva un
to(d). Altri la denominarono tale dall’aprire ch’ella faceva le porte delle città in tempo di pace(e). Elio, citato da Varron
dedicarono a certe Dce, ch’eglino chiamavano Prassidici, sull’altare delle quali giuravano nelle più gravi circostanze. Il M
ante raccolta, che gli avevano concesso. Offerì egli pure le primizie delle messi a Cerere, de’vini a Bacco, e dell’oglio a M
il petto, mancò pure di vita. Furono indicibili i lamenti e la smanie delle sorelle di Meleagro, dette Meleagridi. Fu altresì
mosca ; scrisse dei versi d’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche, di cui non era possibile distinguerne l
c. A di lei onore si celebrarono altresì le Feste Plinterie, al tempo delle quali, si lavava la statua di Minerva, e il tempi
che ne avrebbe trionfato, qualora avesse sacrificato a Proserpina una delle sue figlie. Queste erano quattro, Ottonea, Creusa
a queglino, che non aveano solennizzate le altre, chiamate Fornacali, delle quali parleremo (c). (a). Calep. Sept. Ling.
molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità, e i di lei Sacerdoti erano i
ariva dinanzi ad essi, dovea prima sacrificare e giurare sull’ altare delle Furie, che avrebbe asserito la verità(c). Discuss
ma Pompilio instituì in onore di Fornace le Feste Fornacali, al tempo delle quali in onore della Dea si lasciava consumare de
8 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
favolose adorate dai Napoletani ne’ secoli vetusti, colla spiegazione delle anticaglie, che oggigiorno anche si ammirano nell
, le quali unite significano discorso sulla favola. La serie numerosa delle avventure, che andando innanzi osserveremo, non s
e l’oscurità del problema non lascia luogo alla scelta. Vi sono bensì delle favole, il di cui sviluppo è si chiaro, che per n
favola, e lo sarebbero sempre più, senz’aver prima formato un quadro delle idee suddette. Se le abbiamo noi accennate, ciò è
favole non sono puerili invenzioni a capriccio immaginate. Le favole delle antiche nazioni le più illuminate appartenenti al
a se più non ha rapporti colla Religione, ha però un tempio nel Regno delle belle arti : le sue antiche bizzarrìe sono tuttog
no un incantesimo tanto lusinghiero da farci ravvisare sempre in esse delle nuove bellezze. « Ivi tutto è illusione. Tutto ha
iato le favole a lor talento, non è facile di tenere un metodo esatto delle loro vantate invenzioni. Omero non è sempre di ac
aos 3 è il più antico fra gli Dei. Egli fu l’Autore della separazione delle materie, ond’è composto l’Universo. Vien egli rap
si in un ammasso di luce sembra dissipare da per ogni dove la densità delle nuvole. Una picciola parte del zodiaco comincia a
le regole della giustizia, e la norma del ben vivere sotto il governo delle leggi. Finalmente durante il tempo che Saturno co
alle pubbliche strade, o pure una chiave, perchè creduto l’inventore delle porte. Saturno avrebbe potuto pacificamente viver
Sicilia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una delle più chiare, e facili a spiegarsi. I Greci lo chia
ella era adorata ; fu chiamata Magna Mator, o Mater Deum, qual Madre delle Divinità di prim’ordine ; come altresì Vesta l’an
sarebbe avvenuto ad un uomo. Noi avremo sovente occasione di parlare delle diverse sembianze, sotto le quali si cangiò con a
colle corna di questo animale, detto perciò Giove Ammone, o sia Giove delle Arene 1. Una favola particolare gli procurò tale
essaggiera per nome Iride figlia di Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. Ella era assai cara a Giunone, perchè i su
fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de’ campi. Ella fu la prima ad insegnare
fece sedere nel suo carro tirato da cavalli di color nero a dispetto delle lagnanze di Minerva, e Cianea, che fu punita per
nte. Apollo. Apollo fra gli Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse, ed il Dio della poesia, onde vien invocato
Nume del giorno, e della luce sei tu, che regoli il corso de’ giorni, delle stagioni, degli anni. Per te la verde campagna pr
cende verso il mare, e Febo va a riposarsi in grembo a Teti. Come Dio delle arti ci rappresentano i poeti Apollo colla lira f
ra a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la forma di un giovine leggiadro,
ese. Dafne figlia del fiume Penèo in Tessaglia, fu l’oggetto primiero delle sue cure : malgrado però tutt’i suoi pregi, non f
erna memoria di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira delle foglie di questa pianta, e volle altresì, che la
dato ad allevare al Centauro Chirone, da chi fu istruito della virtù delle piante Diventò così celebre Esculapio nella medic
privato della divinità, al Re Laomedonte la sua opera nella fabbrica delle mura di Troja. La mercede fu convenuta : ma quest
e a lui nato da Climene figlia di Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio di Giove, e di Jo, per av
musico valentissimo, che parimente ebbe il coraggio di sfidare il Dio delle Muse. Accettò Apollo la sfida a patto, che chi re
indi legato ad un albero, vivo fu scorticato. Le Ninfe si dilettavano delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto,
o piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acque di un fiume della Frigia detto Marsìa. Ques
ttratto la madre al figlio, che amendue situò nel cielo tra ’l numero delle costellazioni. Callisto ebbe il nome di Orsa magg
ollo è il loro capo, e perciò vien chiamato Musagete, cioè conduttore delle muse. Clio, parola che significa gloria, era des
enti matematici, oltre una bacchetta, colla quale fa le dimostrazioni delle sue lezioni. Ecco ne’ seguenti versi espressi gl
elle sue lezioni. Ecco ne’ seguenti versi espressi gl’impieghi tutti delle Muse. Ne’ suoi rapidi voli Urania svela Di natura
del Sovrano dell’Olimpo, lo nascose ne’ boschi, ove succhiò il latte delle bestie feroci. Appena che Amore arrivò all’età di
d’opera, che formavano l’ammirazione degli Dei, e degli uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine di Giove, e le saette
a doveva mantenere un portamento oltremodo sostenuto. Minerva al pari delle altre Dee fu egualmente gelosa de’ suoi dritti. E
avvide. Mercurio per timore di essere scoverto gli donò la più bella delle vacche, che aveva involate : ma non fidandosi int
nascondevano la punta. Per tale conquista Bacco fu detto il domatore delle Indie, o del Gange, fiume che attraversa questa c
e principalmente esercitava il suo potere, come Sovrano di tutt’i Dei delle acque. Si suole rappresentare in piedi sopra un c
sua corte è composta di Tritoni, che fanno echeggiare l’aere al suono delle conche marine, e degli Dei del mare, che tutti ci
no di ebano, avendo uno scettro a due punte in una mano, e nell’altra delle chiavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo r
re fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle era il suo vestire2. Sulla riva opposta di
facevano perdre la memoria del passato. Gli Elisj erano il soggiorno delle ombre degli Eroi, e de’ giusti. Esse passeggiavan
ttarle alle pene ad esse applicate. Tre erano le terribili esecutrici delle sentenze de’ giudici infernali, Tisifone, Megera,
cono a misura che vi porta le labbra : se stende la mano per cogliere delle frutta, il ramo da se stesso si allontana. Suppli
ondo. La loro istoria esige qualche dettaglio. Danao Re di Argo padre delle suddette, le aveva promesse in matrimonio ai cinq
no lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine di ammazzare i l
ed esenti dalle umane debolezze, credette indispensabile l’immaginare delle divinità di second’ordine, che si occupavano dei
il buon vino. Bacco lo amava moltissimo, e lo portò seco al conquisto delle Indie. Un giorno, che il buon uomo viaggiava per
ce amare moltissimo dai pastori, e dalle pastorelle, a’ quali cantava delle tenere canzoni, atteso il suo dolce carattere. Un
vere adempiuto alla sua promessa. Silvano. È questi uno degli Dei delle foreste, che talvolta si confonde con Pane, perch
uomini, e per l’altra cavalli ; la parte superiore fino al principìo delle cosce era in forma umana ; il più apparteneva al
ne coronato di foglie di diverse piante, portando nella sinistra mano delle frutta, e nella destra il corno dell’abbondanza.
era altro che una pietra, o un tronco di albero, vegliava ai confini delle campestri possessioni. Termine sii tu pietra, o
riadi, e Amadriadi quelle che presedevano alle foreste : Napèe quelle delle praterie, e de’ boschetti : Najadi le ninfe che v
boschetti : Najadi le ninfe che vegliavano alla sorgente dei fiumi, e delle fontane : Oreadi le ninfe che guardavano i monti 
a. Virgilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio nel quarto libro delle sue Georgiche. Il pastore Aristeo avendo perduto
elle sue Georgiche. Il pastore Aristeo avendo perduto l’intero sciame delle api, recossi a sua madre Cirene, che così gli par
nell’impossibilità di trovarla, fissarono la loro sede sulla sommità delle rocce, occupandosi di dar la morte ai naviganti t
chè turba il suo silenzio, ed a lei era sagrato il gufo uccello amico delle tenebre. La Morte. La Morte figlia della Nott
rano i tre figli del Sonno. Il suo altare era collocato presso quello delle Muse per dinotare, che gli uomini di lettere hann
mestieri distinguere di Lari dai Penati. I Lari erano Dei particolari delle famiglie, ed i Penati delle Città, o altri luoghi
dai Penati. I Lari erano Dei particolari delle famiglie, ed i Penati delle Città, o altri luoghi. Nell’ingresso delle abitaz
elle famiglie, ed i Penati delle Città, o altri luoghi. Nell’ingresso delle abitazioni stavano i Lari per allontanare una qua
Di varie altre Divinità del second’ordine. Pluto, o sia il Dio delle ricchezze. Era questi il Dio delle ricchezze fig
’ordine. Pluto, o sia il Dio delle ricchezze. Era questi il Dio delle ricchezze figliuolo di Cerere, e Giasone. Vedesi
una maschera, ed un bamboccio. Imenèo. Imene, o Imenèo era il Dio delle nozze. Egli per aver salvate alcune donzelle dall
abbígliamento. Erano tre Aglaja, Talia, ed Eufrosine. Erano contente delle semplici attrattive che avevano sortite dalla nat
a fulminata da Giove, mentre ella si sforzava d’infrangere una tavola delle leggi, e la bilancia della Giustizia. La Natur
iberato. Non contento Giove di tale vendetta, e per punire gli uomini delle loro temerarie intraprese ordinò a Vulcano, che a
ece scannare un ostaggio, che abitava nella sua reggia, e ne apprestò delle vivande alla mensa degli ospiti Numi. Irritato Gi
tta, ed all’istante diventò un lupo, che cerca immacchiarsi nel fondo delle foreste. Inesorabile allora Giove giurò la perdit
screzione del mare. Battuta dai venti Danae per azzardo arrivò ad una delle isole Cicladi dove regnava Polidette, che volenti
loso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole di Forco Dio marino, che re
ente credulo diede orecchio all’accusa, ma per non violare il diritto delle genti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Li
o. Questi però escogitò la maniera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e di penne per se, e per Ic
le parti che sporgevano in fuori. Coll’istesso supplizio pagò la pena delle sue crudeltà. Giunse finalmente ad Atene, dove no
suo nome fu chiamato Egèo. Teseo montò sul trono di Atene : promulgò delle leggi, che contribuirono moltissimo ad accrescere
rno, mentre Ippolito passeggiava alla riva del mare, fece venir fuori delle acque un mostro metà uomo, e metà serpente, che g
egli Argonauti riempì di gioja tutta la Tessaglia. Ivi si celebrarono delle feste in tale occasione. Cessò intanto la buona i
e oscurava l’aria. Avevano il becco di ferro, e dal rostro lanciavano delle particelle dello stesso metallo. Furono questi mo
n rivelare il luogo della sua tomba ; ma i Greci, che avevano bisogno delle frecce che ivi erano rinchiuse per poter prendere
antichissimo legislatore, e poeta, e meritò altresì il culto al pari delle altre Divinità, ch’aveva nella Grecia introdotte.
er sua sposa la bella Euridice. Ma disgraziatamente nel giorno stesso delle nozze, cogliendo Euridice de’ fiori in una prater
ita lo afflisse in modo, che giurò di fuggire per sempre la compagnia delle donne. Le femmine di Tracia furono sì offese da t
cise Lajo, e l’oracolo fu pienamente adempiuto. Questa fu la sorgente delle disgrazie che afflissero Tebe. Un mostro alato ch
i, inviando Tidèo altro suo genero ad Eteocle, che violando il dritto delle genti fece tendere un’imboscata all’ambasciatore.
ri, che si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. Ella è stata il sogg
nice, Creonte fratello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura
te da se stessa si uccise. Creonte visse soltanto per sentire il peso delle sue disgrazie, e benchè regnasse sovranamente, er
Dopo qualche anno volle Oreste vendicare la morte del padre ; arrollò delle truppe, e prese congedo da Strofio insieme col ca
eretto in giudice Paride, detto anche Alessandro, per decidere a chi delle tre Dive spettasse quel pomo. Era questi figliuol
sposti a riceverli. Durante il corso di nove anni varia fu la fortuna delle armi. La presa di Troja, che accadde nel decimo a
spose innanzi alle donne varj giojelli, e fra questi si fece scappare delle armi. A tal vista sentì Achille destarsi gli spir
itore sarebbe il pacifico possessore di Elena. Ma al semplice balenar delle armi Paride ch’ era un vile cominciò a tremare, e
ndere le armi : ma tutto fu inutile. Gli permise soltanto di servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizione però di nien
intraprendere all’infuori della difesa della flotta. Vestito Patroclo delle armi di Achille, e seguito da’ Tessali si gitta i
morte per mano di Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia di Achille
nfatti recossi ella da Vulcano che spese tutta la notte a fabbricarne delle nuove, di cui armato Achille ricomparve fra i cap
appiccò il fuoco. Indi recise la sua bella chioma, che divenne preda delle fiamme : volle inoltre, che quattro de’ suoi più
iassette giorni furono celebrate l’esequie coll’intervento di Teti, e delle Nereidi. A lui fu eretta una superba tomba sulle
n fiore. Analisi dell’Odissèa. L’Iliade di Omero ci ha presentate delle sanguinose battaglie, e degli Eroi, che diedero p
coraggio. Abbiamo osservato in persona di Achille un esempio funesto delle umane passioni. L’orgoglio, e la collera indusser
le porte, si presenta ad Aleinoo in qualità di uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buon re lo accoglie con quella b
e altamente. Accorsero i vicini Ciclopi, e gli dimandarono la cagione delle strida : Uti, cioè Nessuno mi ha ferito, ripigliò
Tiresia Tebano. Istruito dalla maga seppe evitare evitare gl’inganni delle Sirene, ed i rischi nel passaggio fra Scilla, e C
e nell’appartamento della saggia Penelope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere di aver egli in Cre
tendevano con impazienza il ritorno del re, fanno risuonare la reggia delle loro grida : va l’avviso a Penelope, che Ulisse è
de’ Greci. Quindi ognun crede al perfido Sinone : si abbatte un’ ala delle mura, e s’introduce a forza di uomini il cavallo
suoi amici attacca quanti Greci incontra. Ma i suoi essendosi serviti delle armi stesse tolte ai nemici nella mischia, restan
onte Ida. Fuori le porte inseguito dai Greci perde Creuso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza di rinvenirla, ma g
Accortasi del tradimento Didone monta il piano di una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l’ingrato Enea di maledizi
hia, appiccarono il fuoco alle navi. La flotta sarebbe divenuta preda delle fiamme, se Giove non avesse fatta a tempo cadere
ata, ispirandole il progetto di nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicine montagne : di là la Furia passò alla corte
. Il ruvido Ciclope Polifemo amava alla follìa la bella Galatea, una delle tante figliuole di Nereo. Assiso sulla riva del m
ttandosi ancor essa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio di
Progne dell’accaduto, con aver ricamato in un velo la storia funesta delle sue sciagure. Inorridì Progne a tal nuova, e come
come d’indole risentita escogitò una terribile vendetta. Profittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : li
 : ma queste gli scapparono dalle mani, involandosi da lui coll’ajuto delle ali, essendo stata Progne al momento cangiata in
per rappigliare il latte, coltivare gli ulivi, e sopratutto ebbe cura delle api. Sposò Aristeo Autonoe figliuola di Cadmo, fu
a Sicilia, e finalmente nella Tracia, ove Bacco lo volle per compagno delle sue fatiche. Morì sul monte Emo : i Greci l’onora
re navigava, i marinari lo volevano buttare nel mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingandosi Arione di poterli inten
i giovani lettori in età più matura consultare i fonti, gli originali delle favole, e gli scrittori che hanno ampiamente trat
mo nati. Gareggia la nostra Patria con Roma istessa madre, e cultrice delle belle arti, e delle scienze. Dapertutto veggonsi
nostra Patria con Roma istessa madre, e cultrice delle belle arti, e delle scienze. Dapertutto veggonsi de’ capi di opera de
o lampadico, la palestra ci somministrano bastante materia da parlare delle varie Divinità, che presedevano a tali giuochi, e
ve reliquie di templi che ancor oggi ammiriamo, fanno fede abbastanza delle Divinità Napoletane, e della magnificenza della l
ario lavoro il presentare alla Gioventù studiosa un picciolo trattato delle antiche patrie Divinità. Egualmente interessante
ri giorni sono esistenti. Senza dipartirci punto dall’oggetto di dare delle cognizioni elementari, potrà di leggieri acquista
toria Patria consultare i fonti, onde attingere pienamente le notizie delle nostre primitive costumanze, ed osservare il deli
to la fortuna di nascere. I. Partenope. Dicemmo già che una delle Sirene chiamata Partenope, che colle altre abitav
lasciando da parte le poetiche opinioni, che trattandosi dell’origine delle grandi città sogliono essere, al dire di Livio, s
ovuto al Sebeto. Nè cio dee far meraviglia, giacchè i primi fondatori delle Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti di att
Il suo nome però e la sua gloria mal corrispondono al piccolo volume delle sue acque. Malgrado che sia egli decantato in ogn
Napoletani lo veneravano sotto l’aspetto di un vecchio, a differenza delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di
iamo il sole insignito ancora degli attributi di Bacco, presso alcune delle nostre monete, cioè con pampini ed edere : e ciò
ιρα, servatrix. Non senza fondamento il Can. Celano esatto indagatore delle cose patric, crede che il tempio della luna fosse
ste di questa Dea erano celebrate con grandissima pompa ad imitazione delle feste Eleusinie, che con solenne rito nella Greci
lasse possono appartenere le Grazie, Priapo, Giove Ejazio, e gl’Iddii delle Fratrie detti ancora tribules. Riguardo alle Graz
i leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa di una delle Grazie col motto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sap
da varie altre congetture, ma poco soddisfacenti. Finalmente ciascuna delle Fratrie ne’ tempi di Napoli Greca aveva il propri
i. Questi al dire di Livio, s’imbandivano presso i Romani colle carni delle vittime immolate, e nei casi di qualche seria dis
indi Mitografi, e Mitologi per dinotare gli scrittori, o gl’inventori delle favole. La Mitologia degli antichi comincia dall’
o poi con i parti della loro fantasia. Ecco al dire di Vico l’origine delle favole, o siano favelle contenenti istoriche veri
aver nelle mani il modio, simbolo della fertilità, o la cesta mistica delle feste Eleusinie. Tiene talvolta un vaso nelle man
Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meraviglie del Mondo per i tesori, e le sta
villane bestie, del serpente, della civetta, e del popolo. 1. Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci
ispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove. 1. Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci
Eroi debbonsi servire della virtù, ed occorrendo, della forza propria delle bestie, della cui natura partecipava il Centauro
i parla della disubbidienza del primo uomo. Cicerone nel libro quinto delle Tusculane scrive, che Prometeo era un grande Astr
quelli che riguardavano la pubblica amministrazione. All’istituzione delle fratrie succedettero i nostri sedili chiamati pia
9 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
o del general Bonaparte e dell’artiglieria francese sulle nevose cime delle Alpi. Quella antica è probabilmente una invenzion
ivi si divisero da loro per andare a compiere altre illustri imprese, delle quali parleremo fra breve in altri capitoli. In q
o in fiamme nell’appressarsi della sposa all’ara ardente e alle vampe delle faci nuziali ; e la misera Glauca, o come altri l
nvenzione significa il potere della poesia e della musica sugli animi delle persone più rozze e dure per attirarle a un gener
d’altri è propria la gloria di avere operato prodigii anche nel regno delle Ombre, ove discese essendo egli in prima vita. Na
correre per raggiungerla, o tentar nuovamente di penetrare nel regno delle Ombre : il Destino vi si opponeva per, la violata
Tracie femmine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo nel giorno delle feste di Bacco quelle regioni, trovarono Orfeo, e
a loro compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così lo privarono delle sue rendite. Nè allora esistevano altre api nel m
6 e Varrone 43) fu il più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di An
ibuito i Greci tutte le più straordinarie e mirabili prove, in premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra g
e da Ausonio in 12 esametri latini, che riporto in nota86 : il titolo delle medesime ne indica lo scopo, cioè : 1ª il Leon Ne
9ª il tiranno Diomede ; 10ª Gerione ; 11ª gli aurei pomi del giardino delle Esperidi ; 12ª il Can Cerbero. 1ª Fatica : Il L
a, costellazione boreale adorna di 52 stelle, la più grande e lucente delle quali fu detta e dicesi ancora il cuor dell’Idra.
iremo. 6ª Fatica : Le Amazzoni Le Donne antiche eran più fiere delle moderne. Oltre quelle che nell’isola di Lenno « 
o dai poeti e specialmente dai tragici antichi e moderni. L’esistenza delle Amazzoni è da riporsi tra le favole : non ostante
e, ma anche dopo la scoperta dell’America, e fu dato il nome di fiume delle Amazzoni al più gran fiume di quel nuovo continen
nza definitiva. 9ª Fatica : Il Tiranno Diomede Mostri peggiori delle fiere crudeli sono i tiranni ; ed Ercole da par s
che ora dicesi di Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni dalla parte di ponente, e, secondo
li uomini ad avanzarsi nell’Atlantico ; e l’iscrizione Non plus ultra delle colonne d’Ercole divenne un assioma di cautela e
er altro che le così dette colonne d’Ercole fossero fatte come quelle delle monete spagnole o di uno dei quattro o cinque ord
all’Affrica, e la 2ª all’Europa. 11ª Fatica : I pomi del giardino delle Esperidi Da Espero fratello di Atlante deriva
sola parola composta parerga, cioè fatiche di giunta o di soprappiù ; delle quali converrà almeno accennare le più note e fam
e ed uccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiava di ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole nel piano fra quel mon
erso qual parte fossero andate. Ercole però se ne accorse dai muggiti delle giovenche rubate che rispondevano a quelli delle
accorse dai muggiti delle giovenche rubate che rispondevano a quelli delle loro compagne ; ed aperta a forza la caverna, a c
ò di rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna ;
ta randagia e di avventure, e la Fama divulgò che a menomar la gloria delle sue imprese eroiche, avesse avuto la debolezza di
ella Gioventù. Gli Astronomi antichi diedero il nome di Ercole ad una delle costellazioni boreali che è composta di 128 stell
X CastoRe e Polluce L’ origine mitologica di Càstore e Pollùce è delle più strane e incredibili : ciò non ostante, o for
più strane e incredibili : ciò non ostante, o forse appunto perciò, è delle più famigerate presso gli Antichi. Storicamente C
, e Castore nel domare i cavalli ; perciò eran considerati protettori delle palestre e dei giuochi circensi. È lodata in gene
er mare nell’Attica. Ebbero poi a sostenere un duello coi pretendenti delle spose che avevano scelte. Eran queste due sorelle
ello, e ottenne dagli Dei di star per lui la metà dell’anno nel regno delle Ombre, e che egli a vicenda stesse per sei mesi n
inari), fenomeno di luce elettrica che sovente si osserva sulle punte delle antenne e degli alberi dei bastimenti dopo la tem
ma poi il segno che segue il Tauro, quando racconta che questa fu una delle sue stazioni nell’ascendere al Paradiso : « …………
parlare, trattando di Mitologia. Minosse prese in moglie Pasifae, una delle figlie del Sole, dalla quale ebbe un figlio che f
meccanismo per offrirlo alle figlie del re, si fece dare della cera e delle penne, e costruite le ali per sè e pel figlio vol
e per boria fanciullesca essendosi troppo avvicinato al sole, la cera delle sue ali si squagliò, e, cadute le penne, cadde an
nghiale di Calidonia, nella spedizione degli Argonauti e nella guerra delle Amazzoni in compagnia di Ercole : quindi nacque i
Eroe fosse di origine divina, non vollero per altro minorare la fama delle sue imprese coll’attribuirne il merito ad una spe
Giasone, come dicemmo ; ed avendo acquistato molta autorità per mezzo delle sue malìe (o vogliam dire raggiri) sull’animo del
erne vi si allude metaforicamente nelle familiari espressioni il filo delle idee ; il filo del discorso o del ragionamento e
tiche di Teseo e la sua morte. Da prima aveva sposato Ippolita regina delle Amazzoni a lui concessa da Ercole per averlo aiut
uello tra i due fratelli, ci affretteremo a parlar di questo, tacendo delle inutili stragi che lo precedettero, e riserbandoc
che lo precedettero, e riserbandoci in ultimo a dar notizia soltanto delle gesta e della fine di questi prodi. Eteocle, qua
e combattute sotto le mura di Tebe, restando sempre indecisa la sorte delle armi, consentì ad accettare un duello definitivo,
e sotto i piedi la terra che lo inghiottì, e vivo precipitò nel regno delle Ombre117. Gli antichi dissero che non andò al Tar
lle « Fino a Minòs che ciascheduno afferra. « Mira che ha fatto petto delle spalle : « Perchè volle veder troppo davante, « D
er causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle sue due figlie, non che il fratello e la sorella,
ato e il nipote ; senza contare le sventure dei sudditi e lo sperpero delle forze del regno, volle imprendere un’altra guerra
pidi. Questi pure furono argomento prediletto degli antichi tragici e delle antiche plebi ; ed alcuni non hanno cessato di co
ica « Lunga promessa coll’attender corto, » ma fingendosi irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni di lui, lo fece g
sapesse qual cibo aveva mangiato gli fece portare in tavola i teschi delle due misere vittime. I pœti aggiungono che in quel
aspri travagli e amari disinganni ; e intanto prepariamo alcune altre delle molte fila ond’ è formata la lunga epica tela del
l’Erœ che fu invidiato da Alessandro Magno, perchè ebbe per banditore delle sue lodi Omero. La prosapia di Achille deriva da
posto dopo la morte fra i giudici dell’Inferno, come dicemmo parlando delle regioni Infernali. Lasciò due figli, Telamone e P
o chiamato Paride. Mercurio fece la relazione della causa, e ciascuna delle tre Dee perorò a proprio vantaggio, e promise al
alla profondità di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte delle rovine di quella celebre città, ed asserisce pubb
prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante. In tutto ciò concorda anche
è come un gran mancator di fede, non però impunemente. L’ultima cinta delle mura di Troia fu ordinata da Laomedonte, ed i pœt
edre figlie del vento, le quali, come dice Omero, « Correan sul capo delle bionde ariste « Senza pur sgretolarle ; e se co’s
andro ; ed egli è quel desso che fu eletto per giudice della bellezza delle tre Dee, come dicemmo. In qual modo poi egli dess
destravano armati ; rafforzavano le antiche alleanze e ne contraevano delle nuove. Priamo era già vecchio ; ma aveva un gran
li. Quando l’armata greca con prospera navigazione fu giunta in vista delle coste della Troade, scorse in diversi punti di qu
ne del giuoco degli scacchi e dei dadi, della tessera o contrassegno, delle sentinelle e delle evoluzioni militari ; e si agg
scacchi e dei dadi, della tessera o contrassegno, delle sentinelle e delle evoluzioni militari ; e si aggiunge inoltre di qu
a Agamennone, la sua schiava Briseide, rispettando in essi il diritto delle genti, e confidando che farebber le sue vendette
che i rètori hanno chiamato la macchina, cioè l’intervento personale delle Divinità nelle contese degli uomini ; e nella gue
di averlo insultato. E Achille intanto nelle sue sicure tende godeva delle sconfitte dei Greci ; e per quanto Agamennone gli
a armata, oltre la restituzione di Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie figlie in isposa, Achille stette fermo al
iorno le nuove armi che la madre Teti gli fece far da Vulcano (poichè delle antiche, imprestate a Patroclo, erasi impadronito
refrenabile lo investì, lo ferì, lo abbattè, l’uccise ; e spogliatolo delle armi e legatigli i piedi al suo carro, lo trascin
pochi giorni ; ma non fu così. Apparisce invece che per la stanchezza delle precedenti battaglie e per le gravi ferite che av
a mancare nel campo greco la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Uli
nuovamente nel campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti non si fidav
uelle date ore una cetra. Non convien passar sotto silenzio la regina delle Amazzoni Pentesilèa, che Virgilio e Ovidio asseri
vidio asseriscono essere accorsa in aiuto dei Troiani con una schiera delle sue compagne e che fu uccisa da Achille. Virgilio
ndinelli) nella galleria degli Uffizi in Firenze. Delle astuzie poi e delle frodi del greco Sinone per farsi credere nemico d
nero schiavi dei Greci, e principalmente di Pirro e di Agamennone : e delle loro vicende parleremo in appresso secondo l’ordi
ben diverso pel significato della parola, e negli effetti, da quello delle Sabine), ha dimostrato che non è inutile neppure
on Agamennone, giunsero salvi nella Grecia. E qui finisce il racconto delle vicende che provò l’armata greca nel suo ritorno 
e braccio per discacciar dalla sua reggia una turba di principi greci delle Isole Ionie, che credendolo estinto pretendevano
be a terra « Gittate d’Ilïon le sacre mura ; « Che città vide molte e delle genti « L’indol conobbe ; che sovr’esso il mare «
gni a ricondur ; ma indarno « Ricondur desiava i suoi compagni, « Che delle colpe lor tutti periro. » (Odiss., i. Trad. di P
andò molto vagando senza saper dove, sospinto dalla forza del vento e delle tempeste. Solamente dall’isola dei Feaci (ora di
Invece la navigazione di Ulisse in dieci anni non si estese al di là delle acque del Mediterraneo, qualunque sia il nome spe
Circe, ed era piuttosto uno scongiuro da Negromanti, ossia evocazione delle anime degli estinti che un’impresa propria di Uli
i Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ; di là nell’Eolia, ossia in una delle isole Eolie fra la Sicilia e l’Italia, e inoltre
aeta, come dice anche Dante, tornò indietro e passò davanti all’isola delle Sirene lungo la costa di Napoli, e poi fra Scilla
onde in mezzo, « Non lunge da que’ legni, a cui m’assisi « Di sopra e delle man remi io mi feci. « Ma degli uomini il padre e
(Odiss., xii. Trad. di Pindemonte). Da questa descrizione, che è una delle quattro più maravigliose rammentate da Orazio nel
a mirarlo solo, « Solo a parlarne, orror sento ed angoscia. « Pascesi delle viscere e del sangue « Della misera gente ; ed io
o. Anzi nel parlar dei Mostri marini (V. il N° XXIII) ho detto ancora delle Sirene, ed ho riferito che lo stesso Dante trovò
pinione fra Omero e Dante rispetto alla stima da aversi dell’indole e delle imprese di Ulisse non meno che di Achille. Omero
e la premeditazione del delitto attirano sopra il reo tutto il rigor delle Leggi. Quindi Dante, mentre condanna ambedue ques
la selva, altrettanto muove a compassione il racconto del famoso Pier delle Vigne, Segretario dell’Imperator Federigo II, che
ata, e venisse poi a scuoprire in un di quegli alberi l’anima di Pier delle Vigne, è pregio dell’opera riferirlo colle sue st
da terra. Dante confina questi mostruosi e sozzi volatili nella selva delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenz
è quegli zoofiti infernali, come Dante fa raccontare allo stesso Pier delle Vigne : « Quando si parte l’anima feroce « Dal c
; « Surge in vermena ed in pianta silvestra ; « Le Arpie pascendo poi delle sue foglie « Fanno dolore ed al dolor finestra 1
hèo che poi fu ucciso da Pigmalione fratello di lei, per impadronirsi delle ricchezze e del regno147 Ma essa potè fuggir per
, ad Enea fece singolare accoglienza e si offrì di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima di suo padr
aneo viaggio son descritte brevemente le Regioni infernali e lo Stato delle anime dopo la morte secondo la religione pagana ;
dunque non solo trovansi le origini preistoriche dei popoli antichi e delle loro credenze religiose o vogliam dire superstizi
Dei falsi e bugiardi. Perciò nella Mitologia convien parlare pur anco delle principali superstizioni del Paganesimo, che deri
i ragionammo a lungo nel Cap. XXXII come complemento alla spiegazione delle Divinità Superiori ; ora convien parlare della Di
venire. Infatti Cicerone la definì : il presentimento e la prescienza delle cose future ; e subito dopo soggiunge : cosa vera
in composizione con altri, diede origine a molte altre denominazioni delle diverse specie di Divinazione, e principalmente a
ione, e principalmente alla Negromanzia, cioè alla pretesa evocazione delle anime degli estinti. In Italia furono primi gli
i facevano derivare dal canto e dal volo degli uccelli, dalle viscere delle vittime, dal tuono, dal lampo, dal fulmine, ecc.
cato, riferibile a tutte le stolte e vane pratiche religiose, proprie delle vecchie imbecilli che hanno un irrazionale terror
ola significa che egli conosceva più d’ogni altro i pregi e i difetti delle persone di ambedue i sessi ; e perciò appunto inv
ervato lo spirito profetico ; e Ulissè, secondo Omero, andò nel regno delle Ombre, come dicemmo parlando di quest’Eroe, per c
i e moderni, all’Inferno. LXV Le Sibille Venendo ora a parlar delle Sibille, non si può così facilmente dare una sent
che e sillogizzarono contro le falsità della religione pagana parlano delle Sibille con molto riserbo ; alle quali attribuiro
ia e su diversi fatti della vita di lui 163. Quindi è che le immagini delle Sibille si trovano anche nelle Chiese, come per e
dono sul pavimento in niello o graffito dieci Sibille, sotto ciascuna delle quali è posta una iscrizione latina che accenna q
eva nome Albunea, della quale è rammentata la grotta da Orazio in una delle sue Odi165. 71. Dicono gli scrittori antichi
i medici francesi la trasfusione del sangue umano come mezzo curativo delle emorragie ; ma si dovè ben presto abbandonarla pe
s odi. » (De Arte poet., v. 185.) 76. Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lodare questa trage
bra coisse ferunt. » (Propert., iii, 2ª.) 81. Ovidio nel lib. vi delle Metamorfosi fa dire a Niobe, tra le altre millant
ne della favola dei serpenti. Ne riporterò due strofe della prima Ode delle Nemee : « Noto a Giunon superba il divin germe «
alista Buffon diede il nome di Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali colorate di rosso e di giallo, i quali vivono
colorate di rosso e di giallo, i quali vivono lungo le rive del fiume delle Amazzoni. In Mineralogia fu chiamata Amazzonìte q
fine dei pranzi antichi romani, che incominciavano coll’ imbandigione delle uova e finivano colle frutta. 98. « Dicam et
dei segni a zig-zag sulla lamina che comunica col suolo. I contadini delle vicinanze dissero che una mezz’ ora prima che inc
francese Perdrix deriva dalla stessa sorgente. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità di verso e
113. Ovidio ha descritto molto a lungo questa pugna nel lib. xii delle Metamorfosi, e la fa raccontare al vecchio Nestor
ltra con la forza : quel primo modo è proprio dell’uomo, quel secondo delle bestie ; ma perchè il primo spesse volte non bast
d delirant reges, plectuntur Achivi. » 129. Cicerone, nel libro i delle Tusculane, riporta tradotta da lui stesso in lati
te dell’Italia meridionale ; ma nessuno ha detto precisamente a quale delle esistenti isole corrisponda : perciò taluni la cr
to dell’Eneide. 144. Son queste le parole che Dante fa dire a Pier delle Vigne : « L’animo mio per disdegnoso gusto, « Cr
6. Dante non dimentica neppure di far cenno della funesta predizione delle Arpie ai Troiani : « Quivi le brutte Arpie lor n
e ai Troiani : « Quivi le brutte Arpie lor nido fanno, « Che cacciar delle Strofade i Troiani « Con tristo annunzio di futur
io (Eneide, lib.  iv) l’imprecazione di Didone che sembra un presagio delle guerre Puniche e delle tremende battaglie di Anni
’imprecazione di Didone che sembra un presagio delle guerre Puniche e delle tremende battaglie di Annibale che tanta strage f
aveva promessa Lavinia in isposa a Turno, e che quando vide la sorte delle armi favorevole ad Enea si uccise per disperazion
re statua detta comunemente il Gladiator moribondo (che vedesi in una delle sale della Galleria Capitolina in Roma) rappresen
di David : Teste David cum Sybilla. 164. Tra le più celebri pitture delle Sibille basterà citare quella di Baldassarre Peru
10 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
Della mitologia in generale. 1. La descrizione delle credenze religiose e delle superstizioni dei prin
itologia in generale. 1. La descrizione delle credenze religiose e delle superstizioni dei principali popoli antichi, ossi
e delle superstizioni dei principali popoli antichi, ossia la storia delle divinità del Paganesimo, è chiamata Mitologia coi
ola o detto ; e contiene : le leggende o la narrazione dell’origine e delle gesta dei falsi Dei, la spiegazione dei simboli e
ell’origine e delle gesta dei falsi Dei, la spiegazione dei simboli e delle immagini ad essi allusive, e la descrizione dei l
la descrizione dei loro attributi, del modo col quale erano adorati, delle cerimonie sacre, dei templi, altari, santuarj, bo
Romani la chiamarono favola da fari, discorrere. 2. Alle descrizioni delle divinità adorate dai Greci e dai Romani sogliono
che. Infatti i primi popoli che doverono più spesso essere spettatori delle rivoluzioni naturali del globo (e ne fanno fede i
te o Dei che presiedessero ai diversi elementi. Quindi un Nettuno dio delle acque ; un Eolo dei venti ; un Plutone in sotterr
onservata nella memoria degli uomini, che è quanto dire la tradizione delle cose accadute tra i primi popoli. Laonde è verosi
i per gratitudine o per paura ; e così possiam dire che il fondamento delle favole ad essi relative sia storico. 4. I diluvj
sposò l’Aere e generò la Rugiada ; c piena di sapienza è l’invenzion delle Furie, ministre inesorabili degli aeuti rimorsi d
teriali, ha popolato d’ esseri immaginarj l’ universo ; e per effetto delle sue finzioni i mortali egregi divennero spiriti c
io e del suo culto, e quando non sapevano ancora spiegare gli effetti delle forze fisiche, ossia i fenomeni dei corpi celesti
al doppia parentela è evidentemente addimostrata la stretta relazione delle cose terrene colle celesti. 26. Dall’ unione di C
uesta ingiustizia, aperse loro le carceri, e lasciò che facessero uso delle proprie forze ; laonde Saturno assalì Celo, lo vi
ato il monte Gianicolo che è uno dei sette colli di Roma ; e le porte delle case, dette in latino Januœ, erano sotto il suo p
in sembianze di giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle strade, e con una chiave per aver inventate le po
ndi le posero ai piedi un timpano pieno d’ aria, immagine dei venti e delle procelle…. Terribile invero, e fantastica maestà
i di magia, con incantesimi e sortilegi, e turbavano spesso il riposo delle famiglie, appunto come fanno ancora le zingane a
antichi l’ adorarono quale Dea dell’ agricoltura, e più specialmente delle messi e dei cereali. 52. Cerere ebbe dal fratello
sone, figlio di Giove e d’ Elettra, la fece madre di Pluto (254), Dio delle ricchezze. 53. Plutone (313), re dell’ inferno, e
per boschi ; e inclusive là notte continuava le sue ricerche al lume delle faci. Intanto per mostrarsi grata all’ ospitalità
ttica le Tesmoforie (thesmos, legge, phéro, io porto, gr.) in memoria delle savie leggi da essa date ai mortali. Erano celebr
l mondo co’suoi fratelli, ritenendo per sè il cielo, dando il dominio delle acque a Nettuno (185), e quello dell’inferno a Pl
ecipitare sulla terra formaron nuove montagne. Ecco un’altra immagine delle eruzioni vulcaniche di quei tempi, ingrandita dal
i Pandora è compreso il regno della Fortuna (332), ossia l’invenzione delle arti che avvenne nella seconda età del mondo. » (
Polluce e d’Elena (601) ;22 poi comparve da satiro ad Antiope regina delle Amazzoni e madre di Zeto e d’Anfione (481) ; e so
Arcade ; e finalmente in rozza veste di pastore si palesò alla madre delle nove Muse (274) ossia alla ninfa Mnemosine (Mnéme
cangiato in aquila, diventò l’uccello favorito di Giove e il eustode delle sue folgori. 77. La capra Amaltea (amaltheyo, io
sto all’ospitalità ; Tonante, Fudminante, Vendicatore, Vincitore, Dio delle mosche, perchè, mentre Ercole sacrificava agli De
e divenne regina degli Dei. Era la divinità dei regni, degl’imperi e delle ricchezze, e perciò soprannominata Regina, e la p
go di convertirli in rane. 99. Appena che Apollo fu in età da far uso delle sue forze, consacrò la prima prova di valore alla
lapio i suoi morti, fulminò il medico temerario che troppo si vantava delle sue prodigiose guarigioni. 101. Il dolore di Apol
ome. Forse per questo i giacinti adornano con tanta mestizia la tomba delle tenere vittime della morte. 105. I genitori di Gi
a ch’ei ricorda, questa credenza del suo dolce cantare, la candidezza delle penne, i miti costumi ne fecero un animale caro a
ar, l’acre ed i laghi, Amabil sire é il cigno ; e coll’impero Modesto delle grazie i suoi vassalli Regge ; ed agli altri vola
servigio della Sibilla. 123. Apollo dette a’Greci la prima cognizione delle scienze ; e l’eloquenza e la musica da lui profes
i lo adorarono particolarmente quale Dio della poesia, della musica e delle belle arti. Fu maestro delle Muse (274) con le qu
e quale Dio della poesia, della musica e delle belle arti. Fu maestro delle Muse (274) con le quali abitava il Parnaso, l’Eli
re Apollo ; ed ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla vagina delle membra sue. (Dante, Parad. c. i.). Così il povere
cchie d’asino, destinate a quei pedanti che presumono poter giudicare delle cose che non conoscono, ragionare di affetti che
e le ricchezze adoperate in utili imprese, come nel regolare il corso delle acque, nell’irrigare i campi, nel muovere macchin
ionda chioma inghirlandata d’alloro ; gli stanno ai piedi gli emblemi delle arti, ed ha nella destra l’arco e i dardi, e nell
IBLE] valle spesso illuminata dalla Luna, ed ecco l’origine de favola delle nozze di Diana e d’Endimione. Sarebbe fac spiegar
Endimione fosse un abi astronomo che passava la sue notti sulla cima delle mo[ILLISIBLE]tagne a misurare ed a studiare il co
de (534) ne recarono in Italia il simulacro. 145. Sulla maggior parte delle antiche medaglie è vestita da caccia, in abito su
dal carro Di madreperla. Foscolo. Le Grazie. Anche qui ci varremo delle parole d’Annibal Caro (117, per offrire maggior n
ggi favolosi di Bacco si rassomigliano a quelli del dio Visnù e Vicnu delle Indie (722) e d’ Osiride (696, 697) egiziano ; la
successivamente co’ suoi raggi tutto l’universo. 152. Dopo il ritorno delle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) r
in pipistrelli. Le vergini ateniesi offerivano a Bacco panieri pieni delle primizie della stagione ; e le feste di Bacco and
vi corpi nasce dall’ aver ammesso la Metempsicosi, ossia il passaggio delle anime da un corpo morto in un corpo vivo. Cosi gl
ntenerli valorosi ed onesti. Laonde Mercurio, interprete ed esecutore delle volontà degli Dei, eloquente per la musica e per
er proteggere quel malvagi, tanto più che vigilava anche la sicurezza delle strade pubbliche. Fatto sta che a lui stesso attr
llorchè diedero alla Natura stessa il suo nome, e la fecero genitrice delle cose. Cosi la ricorda il Foscolo in quei bellissi
lla Citerea la invoca. Tito Lucrezio Caro nel suo poema della Natura delle cose a lei chiede la ispirazione, e svolge ampiam
in fabbricare le folgori contro i Giganti (65) ; e così la bellissima delle Dee ebbe a marito il più deforme di tutti i Numi.
bellezza che spira dalle opere del genio greco, legga quel carme. Una delle sue parti più belle è la descrizione del velo del
a quel carme. Una delle sue parti più belle è la descrizione del velo delle Grazie. Pindaro volge questi versi alle Grazie in
del velo delle Grazie. Pindaro volge questi versi alle Grazie in una delle sue Odi olimpiche : Per voi negli uomini Tutto è
e i suoi dubbi ; e il giovine incognito, saputi i consigli imprudenti delle sorelle, si argomentò di porgere a Psiche l’occas
Il Foscolo così ricorda questa favola ch’ ei finge istoriata nel velo delle Grazie : Scegli, o madre de’ fior, tenui le fila
mano ed un mazzo di papaveri nell’altra, perchè talora il solo culto delle forme addormenta e snerva lo spirito. Ma quando a
e in un prato smaltato di fiori, dove volendo far prova dell’ agilità delle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe col
ell’ Imeneo (174). Erano incoronate di rose, l’incarnato e il candore delle quali indicavano nel tempo stesso l’ardore e la p
i divisero il dominio dell’universo, Nettuno ebbe l’impero del mare e delle isole ; quindi è lo Dio delle acque. 187. Poichè
verso, Nettuno ebbe l’impero del mare e delle isole ; quindi è lo Dio delle acque. 187. Poichè fu scoperto complice in una co
e spiagge. Dopo ciò Nettuno, pacificatosi con Giove, tornò al governo delle onde. 188. Anfitrite (Amphì, intorno, trizo, io s
Ocipeta e Celeno. Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, Che cacciâr delle Strofade i Trojani Con tristo annunzio di futuro
a. (Eneide, lib. III, traduz. del Caro.) Alcuni dicono che la favola delle Arpie fu originata da un gran nuvolo di enormi ca
dell’avorio ; e pareva che questo carro volasse radendo la superficie delle acque. La Teli, moglie d’ Oceano, non deve esser
che un uomo avesse saputo resistere alle attrattive della loro voce e delle loro parole, quasi che volesse indicare la maravi
re chiunque fosse capitato tra loro ; e la vicina terra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono di adescare gl
acque. Segno che il verò merito ha attrattive infinitamente maggiori delle apparenze. 198. Cinquanta anni dopo, Ulisse (568)
pe queste cautele ; essendochè Ulisse restò così preso dalle lusinghe delle Sirene, che fe’cenno a’compagni di voler essere s
), era anch’esso potente deità marina, e, secondo la favola, fu padre delle Gorgoni (357). Toossa altra sua figlia ebbe da Ne
o fosse nato ancora il serpente che stava a custodia degli aurei pomi delle Esperidi (382). 205. Gli Alcioni sono uccelli mar
non sani Le non sincere Gioie, havvi la Guerra Delle genti omicida, e delle Furie I ferrati covili ; il Furor folle, L’empia
la Luna, altri nelle isole Canarie o Fortunate, od anche in vicinanza delle colonne d’Ercole nelle fertili campagne della Bet
ge, l’Erebo e il Lete. Dante impara da Virgilio la misteriosa origine delle acque infernali mediante un ritrovato pieno d’alt
Scritture Sacre dicesi veduta da Nabuccodonosor : e dal corrompimento delle materie stesse componenti la detta statua, che è
o, la ricolmò di doni. Volle che lo Stige diventasse il vincolo sacro delle promesse degli Dei, e decretò gravissime pene con
anima malnata Gli vien dinanzi, tutta si confessa : E quel conoscitor delle peccata Vede qual loco d’inferno è da essa : Cign
gna, Nell’altra ha serpi ; ed ambe intorno arrota, E grida e fere ; e delle sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte A
aia, appena il colpevole aveva posto il piede sulla soglia del tempio delle Furie, uno spaventoso delirio ne occupava i sensi
o vestite di bianco, ed egli eresse allora un secondo tempio in onore delle Furie bianche o Eumenidi. Quivi le incoronò d’oli
i a cui non era lecito comparire se non dopo aver giurato sull’altare delle Eumenidi di dire la verità. 234. 2°. Ecate è la p
tte, il Sonno, i Sogni, la Morte, gli Dei Mani ec. 238. La Notte, dea delle Tenebre, era figlia del Cielo (25) e della Terra
l gallo, che nelle tenebre canta il ritorno della luce ; e come madre delle Furie le immolavano pècore nere. Anche di questa
o, talvolta con l’ ali, talvolta senza, con due facelle accese, l’una delle quali faremo che s’accenda a quella dell’Aurora ;
Il fiume dell’Oblio scorre alla bocca dell’antro, e il solo mormorio delle sue acque rompe il silenzio. Sul limitare crescon
l gallo, essendochè sembri che il suo canto debba turbare il silenzio delle tombe. 243. Gli antichi non avevano idee fisse in
antica superstizione) ; finalmente gli Dei-Mani che stanno a custodia delle tombe. Per questo nei vecchi sepolcri troyiamo le
nizzato, ordinò alle figliuole di uccidere i mariti nella prima notte delle loro nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una d
vola, tuttavia l’effetto del crudele ordine paterno, e la fatale urna delle Danaidi avvertono chiaramente che le scelleratezz
e che ordina delitti non va obbedito. Gli Argivi istituirono la festa delle fiaccole per celebrare la tenerezza coniugale d’I
nco di ferro Non basterian per divisare i nomi, E le forme de’ vizj e delle pene, Ch’entro vi sono. (Eneide, lib. IV, trad.
’apre la bocca d’atro sangue immonda. Pluto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio di Cerere (51) e di Giasone
oppicando va innanzi a passi lenti ; ma nel tornare indietro si serve delle ali e corre velocemente, perchè le ricchezze sogl
accanto un gallo per indicare quanto importi la vigilanza nel mestier delle armi. 259. Debole fu il culto dei Greci per Marte
differentemente. Fino dalla sua nascita ella si dedicò all’invenzione delle arti che allora mancavano ; ed a lei fu attribuit
tra la scudo, e l’egida sul petto. Talora le stanno accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era
l’egida sul petto. Talora le stanno accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza cop
al pari di tanti altri non ancora del tutto sradicato per l’ignoranza delle menti volgari. 269. Minerva era principalmente on
a natura e sempre ricavati da oggetti sommamente morali. Il ministero delle Muse è santo ; l’ingegno vuol esser puro come l’i
e empie di terrore la scena con lo spettacolo dei delitti dei grandi, delle scelleratezze della tirannide, degli spasimi del
maginata allorquando un antico Pireneo, re stolto e ignorante, nemico delle belle arti e delle lettere, scacciò dal suo regno
o un antico Pireneo, re stolto e ignorante, nemico delle belle arti e delle lettere, scacciò dal suo regno i dotti e i filoso
stano per avventura bene impresse nell’intelletto quando sono vestite delle più dette fra le greche immagini. 280. Il fonte d
capo con una mano sotto il mento. I vapori del vino, la rilassatezza delle membra, la sazietà, la noia sono espresse nel suo
dell’immortalità. Esculapio ebbe tempio anche nell’isola di Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malati erano soliti
ini. Aveva per compagni i Satiri e Silvano (302) prcposto alla tutela delle selve. 296. Pane era più che altro onorato in Arc
fu cangiata in voce, per esser troppo ciarliera. Fauno era del numero delle divinità agresti, perchè aveva insegnato agli uom
aver più parlato ad alcun uomo. I Latini divinizzarono questo modello delle vedove, e le alzarono un tempio, i sacerdoti del
boschi fosse reputato profittevole all’agricoltura ed alla salubrità delle dimore. Benchè anche i Greci onorassero sommament
ori e i pastori, credendo all’esistenza di tanti invisibili testimoni delle loro azioni, erano più guardinghi e più solleciti
popolo il quale ha bisogno di tanti vigilatori. Siccome la coscienza delle proprie azioni è il maggior gastigo dei malvagi,
i guidar le ninfe alla danza e promuovere il giubbilo degli abitatori delle campagne. Priapo 307. Priapo, caporione d
culto da Numa a fine di porre un freno, che fosse anche più efficace delle leggi, alla cupidigia dei limitrofi o dei viandan
o Termine collocato nel Campidoglio doveva essere la principal difesa delle frontiere del loro impero. La storia dimostra com
tori, e presiedeva ai prati, ai greggi, alle cascine. Alcuni studiosi delle etimologie ne fanno derivare il nome dal vocabolo
i matrimonio che le venisse fatta dai Numi campestri. Ma Vertunno dio delle stagioni tentò ogni arte per indurla a sposarlo.
a Roma le celebravano leggiadre fanciulle correndo e ballando al suon delle trombe. La più snella otteneva in premio una coro
hi le fa ascendere al numero di tremila ; ed erano ripartite in Ninfe delle acque o marine, ed in Ninfe della terra o terrest
e acque o marine, ed in Ninfe della terra o terrestri. 315. Le Ninfe delle acque comprendevano le Nereidi od Oceanidi e le N
io d’Anfitrite (188) moglie di Nettuno, e scorrevano sulla superficie delle acque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la te
rso dei delfini, con la testa ornata di perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al pascolo di Driante una gr
ra tonda, e dentro concava. Stavano intorno a questa grotta le statue delle ninfe medesime nella medesima pietra scolpite ; a
o, io scorro, gr.) eran le Ninfe dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle fonti. Abitavano nelle grotte vicine al mare o su
e fatte libazioni di vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte, di frutta e di fiori. 318. Le N
a sommo il flutto, Quante alla prima prima aura di Zeffiro Le frotte delle vaghe api prorompono, E più e più succedenti inv
gilissime seguendo La Gioia alata, degli Dei foriera, Gittavan perle, delle ingenue Grazie Il bacio le Nereidi sospirando. (
priamente i genii tutelari di ciascheduna casa, come a dire i custodi delle famiglie ; ed i Penati passavano per essere prote
custodi delle famiglie ; ed i Penati passavano per essere protettori delle città e degl’imperi, e venivano scelti fra gli De
e che anche ogni uomo avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azioni ; e di più riconoscevano tutti un geni
universale degli uomini e degli Dei, stava, per così dire, al governo delle cose umane, distribuendo a capriccio i beni ed i
li effetti, gli imita, e nascono indi le arti ; cosicchè gl’inventori delle cose altro non sono che i fortunati osservatori d
danza, perchè donatrice di tutti i beni e protettrice del commercio e delle arti ; e con la sinistra conduce per mano l’ Occa
; ma diventarono presto rarissime. Parrebbe cosa singolare che il Dio delle ricchezze, Pluto (254), che è cieco, fosse guidat
e. Nelle mani ha il freno e il compasso, l’uno per governare l’impeto delle passioni, l’altro per distribuire agli uomini con
r la guerra, scongiurando la Dea imparziale a proteggere la giustizia delle loro armi. Atéa. 335. Atéa (ate, ingiusti
virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del Nilo gli consacravano le primizie.
mani, volendo forse far riflettere quanto sia meglio che la saviezza delle leggi prevenga le liti o i delitti, di quello che
e non chiude occhi mai : Il giorno sopra tetti, e per le torri Sen va delle città spiando tutto Che si vede, e che s’ode ; e
nti che promettono il frutto : ella predilige il color verde, emblema delle mòssi future : ed è alata, perchè pur troppo la s
a l’asta, il bastone del comando, e porge la corona d’alloro, indizio delle battaglie che le conviene sostenere contro i vizi
nche l’Amicizia, che davvero lo meritava, e la chiamavano la Divinità delle grandi anime. I Romani poi la rappresentarono sot
acevano molte offerte, ma senza macchiar mai i suoi altari col sangue delle vittime. Sul rontespizio del tempio erano scolpit
le Gorgoni (357), mostri che desolavano il paese prossimo al giardino delle Esperidi ; e bisognava recidere il capo alla trem
solo dente che adoperavano a vicenda ; ma questo dente era più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguardo solo del loro
oni dei tiranni, le discordie cittadine funeste ai popoli, i flagelli delle signorie straniere, le audacie dei facinorosi, i
e regnava Atlante di gigantesca statura. Costui possedeva il giardino delle Esperidi, e n’era estremamente geloso. Un oracolo
uo nome, e Perseo potè impossessarsi dei pregiati frutti del giardino delle Esperidi. 360. Alcuni poeti dicono che Atlante r
tù, dobbiamo scegliere la via da percorrere : se quella dei piaceri e delle mollezze, piana e fiorita e seducente per lusingh
ole con un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta delle sue frecce nel sangue dell’Idra perchè mortali ne
e del fiume Termodonte in Tracia. Addestravano le loro figlie all’uso delle armi, e non facevano conto alcuno dei figli masch
cole di soggiogarle e di recargli la cintura d’Ippolita (432), regina delle Amazzoni. L’eroe penetrò nel paese di quelle intr
r crudelissime azioni, udito menar vanto della saviezza e della beltà delle figlie d’Atlante (362), le fece rapire da’suoi pi
uriosissimo toro che gettava fiamme dalle narici ; ma Ercole fece una delle maggiori prove di valore domandolo e liberando la
così liberare da tanto rischio il suo emulo. 384. Giunto a buon fine delle dodici fatiche, ma non contento dell’acquistata g
edi d’Onfale. Mirabile esempio dell’umana fragilità, e della tirannia delle passioni ! 393. Poi Ercole andò perduto d’amore p
le vinse il rivale in singoiar battaglia, inonorata ma non meno aspra delle altre, poichè Acheloo s’era trasformato ora in se
Ebe (87) Dea della giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei qua
i a fuoco lento i condannati alla morte, e pareva godesse dei lamenti delle sue vittime, che si assomigliavano ai muggiti di
i del padre, volle volare troppo alto vicino al sole ; sicchè la cera delle sue ali si strusse, e il giovine temerario, preci
lui stesso furono attribuite molte invenzioni, e specialmente quella delle vele. Credesi anzi che le sue ali sieno un’ alleg
rre che l’ ingegno umano anche in quei tempi avesse fatto invenzioni, delle quali solamente oggi si onora. Non è raro incontr
dalla sommità della cittadella di Minerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo rattenne per aria, e lo trasformò in pern
tti dell’ educazione degli eroi. 431. Piritoo, infiammato al racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva di misurarsi con lu
intanto che faceva educare a Trezene il figliuolo avuto dalla regina delle Amazzoni. Una volta condusse in questa città la n
Ippolito, di null’ altro premuroso che dello studio della sapienza e delle ingenue ricreazioni della caccia, era incorso nel
a fine gli Ateniesi, sui quali Teseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed
me di Castore e Polluce a quelle fiammelle che appariscono sulla cima delle antenne quando il mare è in tempesta. Tornati in
i o Gemelli ; e siccome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle di questa costellazione tramonti quand
to che separa l’ Europa dall’ Asia. Ma Elle, impaurita dallo strepito delle onde, vacillò e cadde in mare, e diede il suo nom
ll’ Ellesponto, ora stretto dei Dardanelli. Intanto Ino pagava il fio delle sue persecuzioni contro i figliastri ; poichè Ata
ea tormentata dai rimorsi prese il veleno, e Bellerofonte inorgoglito delle sue gesta volle salire in cielo col Pegaseo ; ma
uridice, ma ebbe la sventura di vederla morire (474) il giorno stesso delle sue nozze, sicchè mortalmente afflitto di questa
) ; ma ella, fedele ad Orfeo (466), non lo curò ; ed il giorno stesso delle sue nozze, volendo fuggirne la presenza, fu punta
a. Alla fine si stabilì nella Tracia, ove Bacco lo iniziò nei misteri delle Orgie. Dopo la sua morte parecchie città della Gr
ttà. 488. Troviamo scritto che Cadmo introdusse nella Grecia il culto delle divinità egiziane e fenicie, e che insegnò ai Gre
ti che nelle famiglie dei loro principi erano continuamente commessi, delle guerre intestine che spesso ne derivavano e dei v
za che al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridire delle sue scelleraggini la terra. 515. Tieste offese At
: Nettuno (185), Apollo (96) ed Ercole (364), che volevano vendicarsi delle antiche offese, stettero apertamente contro a’ Tr
le porte, introdussero l’enorme cavallo nella città, atterrando parte delle mura perch’ei passasse, e lo collocarono alla por
esso, benchè involontario, l’atroce misfatto, fu in preda ai tormenti delle Furie ; e quel supplizio durò tanto e fu sì crude
42. Quando Teti ebbe saputa la morte del suo figliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnata da una lunga schiera di ninfe
l’ audacia di sfidarlo a singolare battaglia, e restò ucciso con una delle frecce d’Ercole, che ferivano sempre mortalmente
Dopo la caduta della città questo principe ritornava a Creta, carico delle spoglie troiane, quando lo colse una tempesta vio
usto decreto ; ma tornando in sè stesso, e vedendosi ormai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone
ani ; ma la sua maggior fama consistè nella robustezza, nell’ agilità delle membra, e in un incredibile dispregio dei Numi. N
vè ancora lottare per altrettanto tempo contro la fortuna che in pena delle sue frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi
, intitolato l’ Odissea. 572. Essendo stato per lungo tempo in balia delle tempeste, i venti lo spinsero alfine sulla terra
on fossero tutti divorati.101 575. Ulisse ebbe a veder perire undici delle sue navi in quella tempesta, ed appena potè egli
i suoi compagni poterono resistere, come già narrammo, alle seduzioni delle Sirene (196). 577. Liberatosi ancora, non senza
biancheria, le sue vesti e quelle dei suoi fratelli ; e Minerva, Dea delle arti, vegliava su lei, e ne dirigeva la buona con
era quasi moribondo per aver combattuto tanti giorni contro il furore delle onde, e non seppe scorgere nè abitazioni nè abita
foglie. Or come ardirà egli di comparire così malconcio alla presenza delle donzelle ? Si copre alla meglio con le frondi, e
sa bagnarsi ; indi ponetegli accanto questo vaso d’essenza e le vesti delle quali ha bisogno. » Quando Ulisse tornò a lei riv
lo conduca ad Itaca. Ulisse corrispose a tante cortesie col racconto delle sue avventure, e svegliò tenerezza e stima in tut
emente parca Di lunghi sonni apportatrice il colga. Non vo’che alcuna delle Achee mi morda, Se ad uom che tanti avea d’arredi
’arte della guerra. 584. Egli dovè perire sventuratamente per effetto delle frodi di Ulisse (568), il quale, per vendicarsi d
del giovinetto che Polinestore aveva fatto uccidere per impadronirsi delle sue ricchezze. Allora questa infelicissima madre
quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al suo cocchio : ……. Sul carro i
d’Astianatte, ed allora il misero fanciullo fu precipitato dalla cima delle mura di Troja. 596. Andromaca, moglie d’Ettore, s
astore, e che aveva ricevuto in dono da Apollo una profonda cognizion delle piante medicinali. Quantunque Enone avesse a dole
llo il suo giavellotto, e udissi tosto il cupo rimbombo e lo strepito delle armi dei soldati rinchiusi. 606. Ma i Trojani, tr
iù lacrimevol tragedia. 607. Questa catastrofe è rappresentata in una delle più belle sculture greche, divenuta ormai patrimo
patrimonio dell’Italia, e tenuta qual raro monumento dell’eccellenza delle arti antiche in quella Roma che ne meritò il reta
la storia. 637. Progne, non pensando che alla vendetta, in occasione delle feste di Bacco, potè liberare di carcere la sorel
gli andò debitore al suo ingegno della più bella e della più virtuosa delle mogli. Chi non vede ingegnosamente adombrata in q
gli aveva regalato tre pomi d’oro colti da Ercole (368) nel giardino delle Esperidi.120 642. Ecco dato il segnale : Ippomen
da tristo presentimento, spingeva i suoi sguardi ora sulla superficie delle acque, ora sopra la spiaggia. All’aspetto di Lean
in uomini e quelle di Pirra in donne. Chi non riscontra nella durezza delle pietre divenute uomini la rozzezza di quei nuovi
on le lacrime della madre nutrisce l’infanzia dei fiori, dei frutti e delle mèssi ; è inghirlandato d’ogni sorta di fiori, pe
i, sono costretti a camminare all’indietro : Mira, ch’ha fatto petto delle spalle : Perché volle veder troppo davante, Dirie
donna. Vedi senno da Numi di prima classe ! Tiresia giudicò a favore delle donne ; ma Giunone, che era di contrario parere,
ano nelle grandi calamità questi libri, i quali, essendo una raccolta delle predizioni delle Sibille, contenevano i destini d
calamità questi libri, i quali, essendo una raccolta delle predizioni delle Sibille, contenevano i destini dell’ impero roman
d’Archidamante principe di Macedonia trionfò nella corsa dei carri o delle bighe. Molte altre donne macedoni la imitarono, e
use, nè l’atleta potè più cavarne le mani, e gli toccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante, suo emulo ed amico, il qual
incere le umane debolezze. Quindi crediamo opportuno riportare alcune delle sentenze sparse nelle Odi di Pindaro, e scelte ne
i raggiungerlo, per modo che formossi la loro schiera simile a quella delle grui, che volano altissime ne’ tempi invernali, m
lla delle grui, che volano altissime ne’ tempi invernali, messaggiere delle caligini e delle nevi, per ignoto istinto, in ord
he volano altissime ne’ tempi invernali, messaggiere delle caligini e delle nevi, per ignoto istinto, in ordine angolato. Rim
stiva ; ma pure hanno il capo ricoperto di un elmo leggiero, a difesa delle tempie in una fortuita caduta. Ed ecco già suona
itudine sospesa ; e solo udivasi il fischio de’ flagelli, lo stridore delle rote, e il fremer delle voci, insieme al calpesti
udivasi il fischio de’ flagelli, lo stridore delle rote, e il fremer delle voci, insieme al calpestio delle ferrate ugne. Ma
lo stridore delle rote, e il fremer delle voci, insieme al calpestio delle ferrate ugne. Ma ben presto, al volger di tante r
o giustamente infido e capriccioso da’ poeti, come quello ch’è autore delle subitanee procelle, e che converte la ingannevole
nto e tumultuosi quanto il mare. Già la testa loro pareggia il centro delle rote di quel carro che precede ; il condottiero d
quelli. Per qualche tratto di stadio corsero così, che le otto teste delle due quadrighe sembrava che fossero una schiera so
gine. Aspettò Faone che risurgesse l’avversario, secondo la giustizia delle leggi atletiche ; ed intanto gli spettatori, che
rti fra le amare derisioni. Il vincitore, accompagnato dagli applausi delle fanciulle, che versavano su di lui copiosamente i
ta nelle tenebre del tempo. Si leggono nella Bibbia i nomi d’ Orione, delle Jadi, delle Plejadi, di Arturo ed altri ; ma pend
ebre del tempo. Si leggono nella Bibbia i nomi d’ Orione, delle Jadi, delle Plejadi, di Arturo ed altri ; ma pende questione
o anteriore a questi, del quale siasi perduto perfino il nome. Ognuna delle costellazioni dello Zodiaco non resta veramente t
r la zona celeste, dentro la quale s’aggirano tutti i pianeti. I nomi delle dodici costellazioni zodiacali, già conosciuti co
nomi abbiano relazione alle faccende dell’agricoltura ed alla varietà delle stagioni ; l’altro li fa derivare dall’istoria ;
contro, sostien che la favola non sia altro che un’allegoria perpetua delle leggi astronomiche. Noi, dovendo seguire le tradi
ificare non meno il vigore degli armenti che quello della vegetazione delle piante, ed è l’animale in cui si trasformò Giove
del padre degli Dei. 687. Chi non dirà che l’ Aquario sia il simbolo delle pioggie ? e secondo la favola è Ganimede (87) rap
sempre associato a quello d’Iside e d’ Osiride. Anche Serapide è una delle principali divinità egiziane, ed aveva un magnifi
146 dell’èra cristiana ; ma il Senato lo abolì per la troppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre
è rappresentata in sembianza di donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi lunari, ed un sistro nella diritta mano ed u
ro scienza pretendendo d’indovinare il futuro mediante l’osservazione delle stelle ; ed è forse questa l’origine dell’astrolo
amate Trimurti. Brama. 717. Gl’Indiani suppongono che il moto delle acque producesse un uovo d’oro, splendido quanto
Questo Dio è celebre in specie per le sue nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d’assurdità e di stravaganze. Gl’In
cellerato e il più sanguinoso. 732. Benchè Tanarete avesse il dominio delle cose celesti, tuttavia non era pei Galli il padre
n era pei Galli il padre dei Numi ; anzi veniva terzo nella gerarchia delle loro divinità ; ma gl’immolavano vittime egualmen
le, formando una corporazione numerosa e prepotente, padrona assoluta delle Gallie. 737. Le mogli dei Druidi si davano cura p
Le mogli dei Druidi si davano cura più specialmente dei sacrificii e delle altre cerimonie della religione, ed avevano fama
degli uomini al pari del Giove dei Greci. Ebbe anche il nome di Padre delle battaglie, perchè adottava per suoi figliuoli tut
nti, e talora gli offersero in olocausto i re malvagi. Dall’ispezione delle vittime presagivano i sacerdoti il buono od il ca
ne delle vittime presagivano i sacerdoti il buono od il cattivo esito delle imprese. 741. Odino aveva in Upsal un magnifico t
to in Islanda, ove i sacerdoti solevano aspergere i divoti col sangue delle vittime. 742. Due corvi erano sempre appollaiati
erso al fuoco. Vengono poscia le Walchirie che nel Valhalla (paradiso delle divinità scandinave) versano da bere birra e idro
ui riguardavano il Sole come massimo degli Dei. Adoravano pure un Dio delle ricchezze sotto l’immagine di uomo colla testa di
e porre un ordine nella genealogia, tanto degli Dei che dei Semidei e delle divinità allegoricho, teoterebbe cesa impossibilo
tendo, dice Ovidio. 9. Appare evidente che questa poetica invenzione delle quattro elà del mondo sia un milo, ossia simbolo
secondo il quale il Sole è centro dell’ universo. 13. A gran ventura delle Lettere Italiane riordinalo sugli autografi per c
io ; s’inceronavano di mirte, si lavavano le mani, udivano la lettura delle leggi di Cerere, pigliavane poco cibe, ed entrava
provvidenza umana nello svolgimento dell’umano ingegno e nei primordj delle arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute
mana nello svolgimento dell’umano ingegno e nei primordj delle arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto.
rono il travaglio, le cure, la fatica, la vecchiaia, effelto naturale delle cure e della penosa fatica. Laddove prima nel reg
dagli autori di tal racconto i giovamenti derivati dalle arti a petto delle fatiche che ai devono per necessità dnrare nell’e
gastigo del fuoco da Prometeo rubato (70,71). Il fuoco è lo atrumento delle arti. Sotto l’invenzione del fuoco vengono design
poi quattro col nome di ferie latine. Prima di separarsi, i Depulali delle città immolavano a Giove un toro, e ciascuno ne p
este in onore di questi Dci. L’altare d’Apollo a Delo pasaava per una delle msrsviglie del mondo, e lo credevano eretto da lu
lo credevano eretto da lui atesso quando era fanciullo, con lo corna delle capre uccise de Diana sul monle Cinto. Non vi sac
nto. Non vi sacrificavano animali, nè lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Quest’isola era io tanta venerazione, ch
po di Marte ad una gran pianura consacrata o questo Dio e posta fuori delle mura di Roma sullo sponde del Tevere. Ivi i giova
o, l’irreligione e la pigrizia ; o gli era anche atlidata la custodia delle leggi o l’amminiatrazione del pubblico erario. I
’ aria il sole abbia maggior forza che verso terra. Forse il congegno delle ali di Dedalo non era collegato dalla cera ; fors
nocevano al genere umano, e impedivano l’ avanzamento della civiltà e delle arti. 88. Il qual vello altro non era in sostanz
ivi lasciò sepolta. 105. Per compagnia. 106. I suoi segni. Intende delle cosi delle colonne d’Ercole, che sono il monte Ab
sepolta. 105. Per compagnia. 106. I suoi segni. Intende delle cosi delle colonne d’Ercole, che sono il monte Abila in Affr
ià cinque mesi che ec. 113. Quel nostro rallegrarsi. 114. A seconda delle vorticose onde del mare. 115. Fu distrutto. 116
aveva vissuto nell’ infsuzia, alla vista della sua vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi anni, le lacrime di tener
he accosta il tergo al ventre di lui, atteso il narrato travolgimento delle persone. Aronta fu celebre indovino della Toscana
one dei sogni pei numeri del lotto e simili altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, d
11 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
manifestari. Ambe. lib. 3. de off. A nibili giovanetti studenti delle belle lettere nel seminario di cava L’autore
a ? Tanto il libro puntualmente vi offre. Cercaste ritratti consimili delle divinità astratte almen più famose da annotazioni
gos discorso altro non è, che la esposizione di quelle favolose idee, delle quali imbevuti i Gentili lungi assai dal vero viv
a noi dalle mitologiche cognizioni. E son questi forse per un’amator delle scienze frutti di poco conto ? Acquisti da dispre
deificate, come la Invidia ecc. Questa era la più generale divisione delle gentili Divinità, e questa seguirono la maggior p
se degni più degli altri inferiori di maggior considerazione, non che delle astratte divinità, dalle quali oltre le istruzion
a. Nella prima parte parleremo de’venti Dei maggiori, e nella seconda delle principali astratte divinità : sacrificando la te
e degli Dei, e degli uomini presente per tutto, e provvido governator delle cose : Virg. Egl. 3. Ab Jove. principium Musae, J
ti sacerdoti di Cibele mercè il latte della capra Amaltea, ed il mele delle Api quivi graziosamente adunate, Come Campato da
ggire il nato infante il furore di Saturno suo padre, il quale memore delle promesse fatte al fratello Titano di non allevar
al fratello Titano di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole delle parole di suo padre, dover cioè venire un giorno,
chi da sollennizzarsi da nudi Atleti, e perciò vietati all’intervento delle donne sotto pena della stessa loro vita. Gl’ albo
apito. Circa le morali significazioni poi della favola di Giove, come delle favole degli altri Dei stimo tempo perduto, e fat
almo padre di Nereo, da cui, come pretendesi, venne il famoso stuolo delle Ninfe dette Driadi, Amadriadi, Naiadi, Oreadi, e
it (1). Sue nozze Un tal Nume impertanto sentendo nel seno la forza delle suscitate passioni, nè valendo colla sua virtù a
rifiuto constantemente il respinse. Un fortunato Delfino però conscio delle pretenzioni del suo gran Nume avendo ritrovato un
n del nome da darsi alla novella Cittä di Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti essere ciò di suo dritto esclusivo. Gli
sci, scorrendo con tanta velocità, che pareva volare sulla superficie delle onde, come l’attesta Virgillo nelle sue Eneid :
preceduto da Tritoni,(1) che animavano le loro trombe con eco sonoro delle conche marine, innanzi a’ quali per rispetto del
nel funesto pericolo scorgevasi di divenire degli incalzanti venti, e delle agitate onde miserabil trastullo. Sue feste. Mol
di Febraio era addetto alle purificazioni da farsi mercè il ministero delle acque, questo mese ancora era a lui consacrato, c
egli stessi suoi collaboratori. Invenzioni del suo ingegno, e fatture delle sue mani al certo dicesi essere il palazzo del So
isamente fû colta per oscitanza di Elettrione posto per guardia, fece delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo mo
, fece delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento delle sue infedeltà. Quali, e quanti figliuoli poi ebbe
co sensibile i suoi fisici difetti ; la favola non però amante sempre delle sue rappresentanze più vive tutto al naturale ne
he il solo suo nome riempiva di spavento ogni cuore, e perciò pel Dio delle guerre venne comunemente tenuto. Sua contesa con
perder non volle il suo carattere anche quando passò alla morbidezza delle nozze, e perciò nessun’altra si elesse per sposa,
te su d’un carro d’acciaio guidato da Bellona terribil Dea anche essa delle battaglie, tirato da cavalli nati da Borea, e da
utto la formidanda venuta. Suo culto. Questo Nume perchè creduto Dio delle guerre fù da popoli anche barbari in somma stima
ani a lui si prestava, si per amore del lor fondatore, che per timore delle loro battaglie. In suo onore invero aveano essi c
iamo e le feste istituite da Romolo dette Esquirie da celebrarsi pria delle calende di Marzo colla corsa de’ cavalli nel Camp
ni dell’obblio Il riso spesso fa mutare in pianti : Questo è Mercurio delle frodi il Dio. Dichirazione, e sviluppo Cur
egozianti vien chiamato Dio de’ mercanti, e del guadagno : come padre delle destrezze, e delle frodi è nominato Dio de’ ladri
mato Dio de’ mercanti, e del guadagno : come padre delle destrezze, e delle frodi è nominato Dio de’ ladri : perchè abile a c
, che gl’ uomini fra loro, ambasciator di pace s’appella : come padre delle lettere, e del ben dire vien detto Ermete ossia i
 : perchè presidente alle persone noribonde vien chiamato conduttiere delle anime, finalmente come ispettore delle strade, ne
onde vien chiamato conduttiere delle anime, finalmente come ispettore delle strade, nelle quali collocavansi le sue statue, p
titolo poi di Argicida, con cui sovente vien salutato dagli scrittori delle favole a lui fù dato per aver addormentato, e qui
e. Poco verisimile per altro sembra, come questo Dio, che per ragione delle sue occupazioni sempre aggiravasi negli affari, e
na vitella, e con gran cerimonia ancora bruciar si dovevano le lingue delle vittime in onor di sua eloquenza, giusta l’antico
ingiuria però riputando Giove come propria lo privò, benchè a tempo, delle divine qualità, cacciandolo ancora dall’ Olimpo.
menti che fece Nettuno) a Laomedonte Re di Troja per la gran fabbrica delle sue mura ; benchè poi tradito da lui nella conven
siccome Esculapio avuto da Coronide fù in terra la innocente cagione delle sue sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo
e sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo l’impertinente motivo delle novelle disgrazie. Per vendicarsi costui dell’ in
non convenirgli tal sembiante se egli è il Dio dei Poeti, il Principe delle Muse, il Maestro della Musica, della eloquenza, d
talor da noi si piglia Arbitra di procelle, e calma, e gelo. Pronuba delle nozze in bianco velo, Che a Lucina nell’ opre ell
r quantunque Dea. Dichiarazione e sviluppo Felice al certo più delle altre Deita sarebbe stata Giunone, se la sventura
ina, Iovisque Et sorov, et conjux. eppure ella lungi dal compiacersi delle sue fortune, e viver content per l’altezza del gr
i sempre angustiata, gemebonda, ed afflitta. Suc azioni Era il fonte delle sue tristezze un vano orgoglio misto con una solt
prender marito, quale credevasi da essa disciolto qual patrocinatrice delle nozze. Fù nominata Domiduca dall’ accompagnare la
al fatto essa madre divenne della famosa Proserpina innocente cagione delle sue sventure. Imperocche rapita questa là ne’ cam
campi della Sicilia dal suo zio Plutone sordo divenuto alle doglianze delle Ninfe, che l’affiancavano, non che della stessa M
sdegno evitar non poteva chiunque osato avesse oltraggiarla. Vittima delle sue vendette divenne invero il fanciullo Stellio,
ce fedele fosse de’ suoi incerti viaggi, non che il fabro avventuroso delle sue novelle fortune. A fronte intanto di questa g
parteneva tal facoltà. Presentavansi al suo cospetto venti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni,
zioni, pel corso di altrettanti anni si dovea occupare nell’esercizio delle stesse, soggetta ad esser punita con verga dal gr
qualche dama Romana di sperimentata probità. Castighi, e privilegii delle Vestali. La violazione della loro castità era il
enitori far testamenti, erano immuni dal giuramento, potevano far uso delle bende, e della pretesta, potevano salvar la vita
soffrire l’acerbità avrebbe a se stessa tolta la vita, se per favore delle sua rivale istessa, o per grazia degli Dei impiet
ico suo essere, e trasformata in pesce per unir così le amare lagrime delle sue aventure colle salse onde del mare. Questa De
taglie, mentre sotto tal nome era tal Dea riconosciuta per presidente delle guerre, e protettrice degl’Eroi. Venne ancor chia
tto. L’atteggiamento, in cui pingevasi questa Dea ha più il terribile delle battaglie, che la piacevolezza delle muse. Mirasi
i questa Dea ha più il terribile delle battaglie, che la piacevolezza delle muse. Mirasi al fianco d’un olivo di statura ben
ero con special modo assistere a tali sollennità, ed insieme col fumo delle capre svenale alzar divoti le loro preci a questa
, e sviluppo Non fia maraviglia se nel parlar di questa Dea regina delle grazie, e madre degl’amori, m’ingegno o col velo
itratto. In varie guise, e sotto aspetti diversi secondo la diversità delle nazioni effigiata venne tal Dea. Questo però è il
he insieme colle sue Ninfe si tuffava nelle acque, venne con un pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con s
poco rispetto che ebbe questi per essa nell’escluderla dalle offerte delle primizie fatte a Cerere, Bacco, e Minerva, ne fù
te maraviglie del mondo per la magnificenza del lavoro, per la rarità delle colonne, per le ricchezze delle Statue, per l’orn
agnificenza del lavoro, per la rarità delle colonne, per le ricchezze delle Statue, per l’ornamento delle pitture ; si chè pe
rarità delle colonne, per le ricchezze delle Statue, per l’ornamento delle pitture ; si chè per esso Efeso abitacolo una vol
abbiamo da Laerzio : Il solo Fato. Nè solamente era questi l’arbitro delle mortali vicende, giusta quel detto del Giovenale 
sta ineluttabile Deità, non così chiaro si scorge per la moltiplicità delle opinioni. A mio credere più plausibile sembra il
divenuto quindi re del Gianicolo nell’Italia meritato avesse in virtù delle sue ottime qualità di veder lieto all’albo degli
e lo canonizzarono benchè ancor vivo. Suo ritratto. Molto indicativo delle sue qualità è il ritratto, che la Gentilità ne co
ti una chiave, detto perciò Clavigero qual’inventore de’ chiavistelli delle porte dette per questo Ianua dal proprio suo nome
tto infiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle sue frecce alla mano, con turcasso sugl’omeri, co
cerca i danni altrui con voglie prontc, Che scnote il mondo al muover delle piante, Che versa ognor da lumi un tristo fonte,
l’Elisii alzando inesorabil tribunale senza sensi di pietà decidevano delle mortali sorte in nome, e virtù del tartareo lor N
onde sfogar contre i delinquenti il lor furore, e straziarli a norma delle prescritte sentenze. Orrore presentavano i miseri
a severi modi dilacerati, e trafitti, irrequietamonte il fio pagavano delle loro antiche reità, ripetendo con singhiozzi ne’
acrificavansi nere vacche, sempre però pari nel numero, a distinzione delle celesti Divinità, alle quali in qualunque numero
Olimpo, e decorato del glorioso suo ammanto tosto ne scese. La forza delle cingenti sue fiamme pria ancor d’avvicinarsi più
miseramente trafitto ; e le Meneidi, che per aver lavorato nel giorno delle sue feste, ebbero a perdere l’antica lor forma co
esta volta nella dura necessità di raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e di Gea, d
ostante il suo grado l’averli maternamente enudriti co’ dolci frutti delle sue beneficenze più care, questo forma per essa l
essa la gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle sue qualità. I rari pregi adunque del suo ritratt
amente adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simboli delle sue qualità. Ed in vero se madre degli Dei ella è
. Questo innocente sollazzo però fù non molto dopo la funesta cagione delle sue improviste disgrazie. Suo rapimento Crucciat
osa figura pose in fiero tumulto i suoi affetti, e spinto dalla forza delle suscilate fiamme cieco divenuto ad ogni dritto e
furie del rattore Plutone, e con alzate mani raccomandarsi alla pietà delle accompagnatrici sue ninfe. Altri la pinsero in ar
sicche la sola morte, che vale a rompere ogni ligame, poteva esimere delle obbligazioni contratte in forza di atto si sacro.
e per le funeste sue conseguenze fosse stato da que’sciagurati al par delle virtù divinizzato ancor esso sotto le diverse sue
tù anche i vizii, conchiudendo questa seconda parte colle descrizioni delle quattro stagioni dell’anno anohe esse un dì tenut
al suo poter confida. Annotazioni. La providenza ristoratrice delle pene de’mortali pingesi con urna, ed una verga, o
Annotazioni. La fama, che veloce correndo dall’uno all’altro polo delle altrui azioni curiosa s’informa, e loquace favell
iel da buio eterno, Ne par, che sïa il respirar concesso. Fa il vento delle piante orribil scherno, La quercia, il faggio, il
e, che suol dare anche corpo all’ombra, vita al nulla al soglio siede delle più alte magnificenze o chi forse all’esistenza m
lo splendor dell’ età. E tolgasi pure, o almeno si ecclissi nel cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, dove è più ne
rasi pure dal Indo al Moro, dagli abitatori del Gange sino a’ Cretini delle Alpi, che non senza ragione si ammira il bel geni
bietti proposti ogni ragion vuole, che della materia poetica, non che delle sue disposizioni dicasi almen generalmente qualch
i da poeti qualche Nume in soccorso ad esempio di Virgilio, che nel 1 delle Georg. Si rivolse ad alcune Deità dicendo : Vos
iteti, quanto in somma contribuisce a pingere al naturale le immagini delle cose, tutto nella narrazione fà di mestieri, che
he la rendono più lumeggiante, e più viva, presentano co’loro risalti delle belle scene, che colpiscono, e commuovono mirabil
disposizione, al parer di tutt’ i maestri di quest’ arte é la lettura delle opere dei più celebrati autori. Quivi in vero inc
econdo che lo richiede l’armonia del verso. Facciano inoltre elisione delle vocali, che s’incontrano nella fine delle parole
. Facciano inoltre elisione delle vocali, che s’incontrano nella fine delle parole antecedenti qualora con altra vocale incom
di destar la vanità senza avvilirsi ci esibisce questo altro squarcio delle stesso Temistocle. Ti conosce potente, Non t’ign
rio è comparso secondochè ha permesso la maggiore, o minore fecondità delle immagini del lor genio diverso. Consultiamo in fa
piegare i sentimenti con versi misurati. Questi dal rispettivo numero delle sillabe vengono detti Disillabi, Trisillabi, Quad
e assai più al boscareccio, che al serio. Esso costa di otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’accento. Otto di questi
o nella scelta di tronchi ben adattati, e proprii a spiegare il forte delle conclusioni, evitando mai sempre però tutt’i plur
altri, e pria, e dopo di questi, in tal metro si dilettarono scrivere delle molte comedie, per cui un tal verso comunemente d
ste a ciò i miei lumi ? Geme da disperata La vità m’è odiosa Fuor delle strutte mura Essa è un funesto don Stassi tramo
gheremo dal nome di Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effervescenza delle sue passioni d’un tal metro servissi per esporre
à del poeta non nobilita in tal caso il poema, tal metro privo allora delle robuste espressioni, che ricerca, decade con lagr
pettatori ; lo che poi fù la occasione, per cui Omero, vecchio pittor delle memorie antiche, volendo per vendetta satirizzare
i tanto esaltati scrisse Batriochomachia, ossia la battaglia de’topi, delle rane, e dei gambari. Fin d’allora l’ode pastorale
rò avvelenati dal depravato suo genio. Scrissero dopo lui molti altri delle belle pastorali, ma perchè le lavoravono a capric
pocrate, e Peone, è divenuta omai la facoltà de’ Giabbattini, non che delle stesse più vili feminuccie ; mentre esser ragione
almente la conclusione. Quest’ ultima parte però perchè in preferenza delle altre la ragion contiene, per cui maestoso, e bel
Della poesia latina. Poichè la poetica materia sotto la diversità delle lingue, avvegnachè investa accidentali caratteri
parlerò de’piedi, loro nomi, e valore. Nel 2. ragionerò del verso, e delle differenti sue specie. Nel 3. Finalmente tratterò
delle differenti sue specie. Nel 3. Finalmente tratterò della varietà delle strofe, delle quali ogni più ordinario componimen
ti sue specie. Nel 3. Finalmente tratterò della varietà delle strofe, delle quali ogni più ordinario componimento si efforma,
o a descrivere le grandiose imprese degli Eroi, costa di tre sillabe, delle quali la sola prima è lunga, come Plurima, Ducere
seguita una vocale, come Christus amandus. Cap. II. Del verso e delle differenti Quell’aggregato di più piedi, che c
dissi più felice del detto Titolato. Cap. III. Della diversita’ delle strofe. In quest’ultimo capitolo del ristretto
la diversità de’ componimenti per ragion della materia, nè brigandomi delle composizioni lavorate ad un sol torno, cioé con u
destruet illustratione adventus sui. Siasi però qualunque la origine delle folli imprese dei Titani, e dei Giganti certo si
enere ecc. Essi ben cenoscendo non potere i loro falsi Dei commettere delle brutalità senza lasciare l’essere divino, che si
o (1). Parlando i Mitologi di questo Dio del mare, fan parola ancor delle Sirene, che fingonsi gioviali donzelle nella part
s lapsus pervenerit oras. Per questi tristi gemiti, ed amare querele delle abbandonate Sirene può spiegarsi quel detto di Gi
, d’aver egli piante le sue disgrazie travagliato da dolori col tuono delle Sirene, se pur non abbia egli il S. uomo voluto i
ine, cui era ridotto, prendendo allegoria da alcuni solitarii uccelli delle Indie chiamati al dir di Plinio le Sirene. Nel se
r seno gl’ incauti viaggiatori, e per sensuali diletti li spogliavano delle loro sostanze : secundum veritatem , così Serv.
marini, che sonavano del pari avanti al cocchio dell’ alto regnatore delle onde, venissero dal suo nome chiamati Tritoni. Eg
uone. Folle pensiore ! Sue prodezze. Suo ritratto. (1). Da ben molte delle divisate qualità di Mercurio possiam noi ravvisar
divisate qualità di Mercurio possiam noi ravvisare perchè l’apostolo delle genti S. Paolo fù chiamato Mercurio, come negli a
tti i banditori del vangelo fù di Paolo più sublime per la cognizione delle cose celesti ? Chi di esso più eloquente nel pero
detto Apostolo preferire allo stesso divin Platone pel gran capitale delle sue cognizioni. Che poi sia stato a somiglianza d
erciò creduto incorruttibile, e sempre florido ad onta della violenza delle stesse intemperie. Il tradito Apollo in memoria p
n memoria poi della tresformata Dafne adornò le sue tempia, e la lira delle verdeggianti foglie di quello, e volle altresì, c
azioni (1). Bella assai al suo costume é la descrizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci di qu
suo costume é la descrizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci di questa Dea recatasi da Eolo per
elle affannose voci di questa Dea recatasi da Eolo per ajuto, non che delle consolanti parole, che questi in risposta le died
isto. Chi fù Vesta, Suo ossequio e culto. (1). Il venerando cellegio delle vergini dette Vestali dal nome della Dea, di cui
disse Minervam. Modo di eleggersi le Vestali Castighi, e privilegii delle Vestali. (1). Il privilegio poi, che fa ravvisar
privilegio poi, che fa ravvisar con maggior chiarezza il gran pregio delle Vestali era, che incontrandosi colli stessi conso
cui fù amante Minerva fù la Principessa Nittimene, che mal servendosi delle tenebre per ingannare il suo padre Nitteo, onde c
rò, ma agl’uomini sibbene esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in
ritratto. (1). Dalla cognizione di Diana vergine armata meglio assai delle altre Dee prese occasione S. Girolamo scrivendo a
iversi luoghi dà a Noè la Sacra Scrittura. Fingesi Saturno coltivator delle vigne, ed ognun sà, che il primo in quest’ arte f
ervivasi a conciliare gl’ animi vertiginosi, che del numero, e valore delle sue forze atte a comprimere ogni suo baldanzoso n
fosse vero in rapporto alla forza di questo Dio, i soli sacri esempii delle sventure di un Sichem per cagion di Dina Gen. 34.
con grande armata di uomini, e donne varcò l’Eritreo per la conquista delle Indie, e chi ignora aver Mosè tragettato il mare
celebre Crotosiano Pitagora dal ritmo del verso croico ricavò il modo delle musicali cadenze quando facendo battere su di una
’un dopo l’altro dalla gravità diversa dei loro colpi formò la misura delle note musicali dall’otlava grave all’acuta ; sicco
artificio, ed impasto. Quindi la ricercatezza de’ termini, la nobiltà delle espressioni, e quanto può mai contribuire alla su
o, come più analogo a tale intrapresa si son servito molti traduttori delle opere degli antichi, come Annibal Caro, Ceruti, C
La Ectlissi è lo struggimento della M con tutta la sua vocale in fine delle parole semprechè la susseguente incomincia da voc
12 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
degli scultori del Laocoonte, 607. Agesilaos, V. Plutone. Aglaia, una delle tre Grazie, 175. Aglauro. Sua invidia punita, 167
o in fiume, 323, 380. Altea, madre di Meleagro, 626. Amadriadi, ninfe delle foreste, 319. Amaltea (capra), nutrice di Giove,
tigone, esempio di pietà filiale, 503. Antiope, madre di Zeto, regina delle Amazzoni, 74, 432. — Moglie di Lico e madre d’Anf
ua metamorfosi, 50. Atlante, re in Affrica, e possessore del giardino delle Esperidi, 359, 382. Atreo, figliuolo di Pelope, e
treo, figliuolo di Pelope, e fratello di Tieste, 514-515. Atropo, una delle Parche, 235. Atteone, cangiato in cervo, 138. Aug
2 ; — feste in ono[ILLISIBLE]uo, 153 ; — gastigo di Penteo, 155 ; — e delle Mineidi, 156 ; — com’è rappresentato, 157 ; — sac
isto, ninfa, madre di Arcade, 75 ; — sue sventure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274, e seg. Calliroe, madre di Gerion
22. Climene, figlia dell’Oceano, 118, 316. Clinopatro, 670. Clio, una delle nove Muse, 274, e seg. Clitennestra, moglie di A
E]ia. Sua metamorfosi, 130. Cloride, moglie di Nereo, 553. Cloto, una delle Parche, 235. Cocalo, 423. Cocito, fiume dell’Infe
, sposa Pandora, 73. Eraclidi, discendenti di Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 
402. Ettore, eroe trojano, figlio di Priamo, 591-596. Eufrosine, una delle tre Grazie, 175. Eumenidi, nome delle Furie, 232.
Priamo, 591-596. Eufrosine, una delle tre Grazie, 175. Eumenidi, nome delle Furie, 232. Eumolpo, Jerofante, o sommo sacerdote
ote di Cerere, 60 (nota). Eunomia, figlia d’Astrea, 337. Euriale, una delle Gorgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ; sue avve
madre di Minosse e di Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Euterpe, una delle nove Muse, 274 e seg. Eveno, fiume, 393. F
vventure, 89-90. Iobate, re di Licia, 463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Danaidi, 252. Ippio, soprannome di Nettuno, 212.
. Ippodamia, moglie di Pelope, 511. Ippodromio, 212. Ippolita, regina delle Amazzoni fatta prigioniera da Ercole, 375 ; — spo
L Laberinto, 419 ; — quali erano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parche, 235. Ladone, padre di Siringa, 299. Laert
malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio di Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megapento, figlio di Preto, 363. Me
ento, figlio di Preto, 363. Megara, moglie d’Ercole, 391. Megera, una delle Furie, 232. Melampo, 92. Melanconia, divinità all
9. Melissa, Ninfa Oreade, ritrovatrice del miele, 319. Melpomene, una delle nove Muse, 275. Meneceo, muore per la salvezza de
ua etimologia, 1. Mitra, divinità dei Persiani, 713. Mnemosine, madre delle nove Muse, 75, 274. Momo, Dio della maldicenza, 2
presentate, 277 ; — perchè presero le ali, 278. N Naiadi, Ninfe delle acque, 317. Napee, Ninfe campestri, 319. Narciso.
. Nicea, Ninfa, 304. Nicostrato, poeta, 177, nota. Ninfe, 313. Ninfe delle Acque, 314 e seg. — della Terra, 318 e seg. Niob
amorfosi, 631-633. Nord, 743. Nisa, nutrice di Bacco, 149. Notte, Dea delle tenebre, 238. Numa, re di Roma, 324. O Obli
ione, divinità allegorica, 332. Oceano, Dio marino, 192. Ocipeta, una delle Arpie, 191. Odino, divinità scandinava, 739. Odis
355-357 ; — cangia Atlante in montagna, e coglie i pomi del giardino delle Esperidi, 359 ; — libera Andromeda, 361 ; — comba
sofo, 122. Pitteo, re del Peloponneso, 402. Plisteno, 526. Pluto, Dio delle ricchezze, 254. Plutone, Dio dell’Inferno : sua n
a la Grecia contro il fratello, 506 ; — sua morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541.
vinità allegorica, 240. Speranza, divinità allegorica, 349. Spio, una delle Nereidi, 316. Stagioni, 688 2°. Statore, sopranno
. Stelle o Stellio, convertito in tarantola da Cerere, 57. Steno, una delle Gorgoni, 357. Stenobea, moglie di Preto re d’Argo
ide, 533. Suada. Vedi Pito. T Talete, filosofo, 122. Talia, una delle tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse, 275.
Talete, filosofo, 122. Talia, una delle tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse, 275. Tantalo. Oltraggia gli Dei, 250 ;
dro, 478 (nota). Terra, 25, 26. Tersandro, 510 (nota). Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 403 ; — 
esia, indovino, 660, 661. Tisbe, amante di Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Titani, discendenti di Titano ; loro
dell’Aurora, 112. Tizio. Suo delitto e suo gastigo, 249. Toossa, una delle figlie di Forco, 204. Trasibulo, 670. Tridente di
 — come egli punisce i Proci, 580-581 ; — sua morte, 582. Urania, una delle nove Muse, 275. Urano, vedi Celo. V Valhall
o dello Zodiaco, 682. Verità, divinità allegorica, 350. Vertunno, Dio delle stagioni, 311. Vespero, Dio della sera, 239. Vest
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
e d’adorarla è attestata dalla magnificenza del mondo, e dall’ordine delle cose celesti. Così devesi a un tratto e propagare
vverate riempivano i Romani d’un’orgogliosa superstizione. Le viscere delle vittime, il canto o il volo degli uccelli, tutte
egli Dei da cui si sentivano protetti ; vinti, attribuivano i rovesci delle loro armi ad auspicj negletti o mal compresi. Il
piena di cerimonie politiche a un tempo e religiose. La convocazione delle assemblee, l’elezione dei magistrati, la forma de
erano giudicati e condannati coloro che avessero mancato alla menoma delle cerimonie dell’apoteosi. Intanto lo scompiglio de
o, nè vi si potea muover passo senza abbattersi in qualche capolavoro delle arti, posto a consacrare una tradizione religiosa
intrusa fra i sacerdoti, ed avea fatto grande avanzamento per cagione delle sventure del paese. Più non sorgevano tribune per
iacevano sotto il giogo del loro antico sacerdozio, e nell’immobilità delle loro caste ereditarie. Le comunicazioni che avean
stessi, dall’avvilimento di tutti i culti, dal fascino del commercio, delle sofisticherie e delle immaginazioni orientali, da
to di tutti i culti, dal fascino del commercio, delle sofisticherie e delle immaginazioni orientali, dalle comunicazioni rese
i rese più facili fra i varj popoli, dal contrasto o dalla confusione delle loro credenze, andava sfasciandosi da tutte parti
nesimo per ringiovanirlo ; non facevano altro che rimescolare il caos delle opinioni senza rinvenire una credenza che potesse
ica romana avea aperto da un capo all’altro dell’impero pel passaggio delle legioni. Lusingò tutte le inclinazioni che l’odio
si a tutto come un’usanza o come un sollazzo ; brillava sulle insegne delle legioni ; ornava le nozze e i funerali. Più tardi
veruna credenza rafforzato, e conservavasi per consuetudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ su
fforzato, e conservavasi per consuetudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi legami colle is
alla comoda licenza della morale filosofica, a tutti gli adescamenti delle arti e dei piaceri, oppone le pompe del dolore :
ero alla sua difesa ; sia lecito almeno alla verità per la tacita via delle lettere di pervenire alle vostre orecchie. Questa
ll’ostinazione di non voler sacrificare agl’idoli, niente altro aveva delle loro cerimonie scoperto, cho alcune adunanze avan
dubbio vi sareste atterriti per la vostra solitudine, per lo silenzio delle cose, per un certo stupore del mondo ; e quasi av
peradore, per i ministri suoi, per le potestà secolari, per la quiete delle cose, per lo ritardamento della fine del mondo.15
a legione di cuochi. Le guardie del fuoco stan vigilanti al gran fumo delle serapiche cene.152 Nondimeno solamente del modest
ma perchè appresso a Dio è in gran conto la considerazione che si ha delle persone bisognose. Laonde, si la causa del convit
posti i lumi, e invitato ciascuno a cantare al Signore o qualche cosa delle divine Scritture, o di proprio genio ; quindi si
che fanno alle coltellate, nè tra le schiere di chi va gridando a far delle insolenze o delle disonestà ;153 ma bensì ad atte
tellate, nè tra le schiere di chi va gridando a far delle insolenze o delle disonestà ;153 ma bensì ad attendere alla cura me
 ? Perciocchè nè siamo Bracmani, nè Ginnosofisti degl’Indi, abitatori delle selve, o staccati dalla vita comune. Abbiamo in m
nuti a Dio, al Signore e Creatore nostro. Non rigettiamo alcun frutto delle sue opere. Bene è vero che siamo temperanti, per
nti per ogni parte, che non se sono ristretti in corona : noi godiamo delle corone solo colle narici. Il facciano coloro che
. Talchè, se si considera quanto si perde per la frode e per la bugia delle vostre professioni, si farà facilmente il conto,
issima cosa che, senza il Cristianesimo, il naufragio della società e delle scienze sarebbe stato compiuto. Non può calcolars
rvare almeno quelle scintille che riaccesero presso i moderni la face delle scienze. Nessun ordine politico, filosofico, o re
degli antichi, trovandosi dispersi nei monasterj, salvaronsi in parte delle rapine dei Goti. Finalmente il Politeismo non era
uzione, convertendo i Barbari, e raccogliendo i resti della civiltà e delle arti, così avrebbe salvato anche il mondo romano
liberando da questi mali medesimi le società moderne. Anche l’eccesso delle prime austerità dei Cristiani era necessario : bi
14 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
Alla gioventù studiosa. Moltissimi sono, è vero, i Dizionarii delle favole eruditamente compilati per servire ai giov
a, della natura per insinuare destramente alla gioventù, gli elementi delle scienze, e dell’ amena letteratura. La sua opera
ati di Mitologia. Introduzione. La Mitologia è l’ esposizione delle favole, che intorno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli
se alludono sì di frequente. Nè men necessaria è a tutti gli studiosi delle belle arti, giacche le favole tanti soggetti hann
rò all’ uso cui è diretto, ed il divideremo in due parti, nella prima delle quali parleremo degl’ Iddii, nella seconda degli
eremo degl’ Iddii, nella seconda degli Eroi, aggiungendo un transunto delle metamorfosi o trasformazioni di Ovidio, in cui qu
vere adottali tutti gli Dei della Grecia, e molti pur dell’ Egitto, e delle altre nazioni, assai numero ne contavano di loro
mi d’ oro, le tre Parche Cloto, Lachesi ed Atropo, e Nemesi punitrice delle colpe. Gea o la Terra pria generò da se sola Era
e; le Gorgoni Steno, Euriale, e Medusa, il Drago custode del giardino delle Esperidi, la mostruosa Echidna mezzo donna e mezz
dissima venerazione. Rappresentavasi col bastone in mano come preside delle strade, e colle chiavi, perchè n’ era creduto l’
in cielo il fè suo coppiere in luogo di Ebe. Quelli che sotto il velo delle favole cercano i nascosti semi delle antiche stor
di Ebe. Quelli che sotto il velo delle favole cercano i nascosti semi delle antiche storie, dicono che Saturno fu re di Creta
i abusato di molte donne con varii stratagemmi, e ornati colie favole delle trasformazioni, ma che realmente per la pioggia d
posti erano da’ Sabini, venuti a vendicare il rapimento da essi fatto delle loro donne. Altri templi innalzaronsi poscia a Gi
o assillo insetto alle vacche infestissimo, e secondo altri per mezzo delle Furie, fintantochè ella fuggi disperata in Egitto
venerata dagli Arcadi sotto il nome di Corifasia; e detta inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante, che dice
a adorata come’ Dea della guerra sotto il nome di Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze sotto quello di Minerva; ben
e’ Dea della guerra sotto il nome di Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze sotto quello di Minerva; benchè l’ un nom
pedì il velo a Progne per uno de’ custodi. Questa, colta l’ occasione delle orgie di Bacco, vestitasi da Baccante, andò colle
ffigiata qual leggiadrissima giovane colle ali di farfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien detto figlio di Bacco e di V
to figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e di una delle muse, che alcuni vogliono esser Urania, altri Cal
ifici a lei offerivasi il toro. Capo X. Di Apollo, di Esculapio, e delle Muse. Quattro Apollini si distinguevano al dir
di Tessaglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo propose alla guardia delle sue greggi’ lungo il fiume Anfriso. Grado fu Apol
ormorò dentro: Mida ha le orecchie di asino, ed essendo ivi cresciute delle canne, alle percosse dal vento andarono ripetendo
io della musica e della poesia era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie di Giove, e di Mnemosine, o Dea della
do sfidate al canto le nove Muse, ed essendone state vinte a giudizio delle Ninfe vennero cangiate in piche. Narra similmente
ele sotto la custodia di Sileno. Cresciuto in età andò alla conquista delle Indie, da cui tornando trovò nell’ Isola di Nasso
e di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compagne lo fece a brani
fece a brani. Licurgo re di Tracia che opporsi volle alla propagazion delle viti, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre di
ita a Giasone o Giasio figlio di Giove e di Elettra partorì Pluto Dio delle ricchezze, unita a Giove divenne madre di Proserp
una Vestale sopra l’ altare entro un crivello di rame. Che se taluna delle Vestali violava il voto di verginità chi l’ avea
se sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; sopra di un cocchio a quattro ruo
ra permesso di nominare, e che si dice padre della discordia di Pane, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo stesso e della
della Terra. Fra gli Dei terrestri prima a dover nominarsi è Pale Dea delle gregge e dei pastori, che alcuni han pur confuso
i cui si pretende che i Luperci fossero sacerdoti. Silvano era il Dio delle selve, e rappresentavasi con un cipresso in mano
iceasi che alcuni Lacedemoni fuggiti da Sparta, perchè mal sofferenti delle leggi troppo rigide di Licurgo, colà approdando l
ti dalla meretrice Acca Tarunzia o Tarruzia che a quest’ effetto avea delle sue ricche sostanze lasciato erede il popolo roma
ne, questa il guidò a Proteo, che gli scoperse la cagione della morte delle api; ed allora fatti per consiglio della madre de
riadi. Le Nereidi ninfe del mare appartenevano agli Dei marini. Molte delle cose campestri avean pure presso i Romani la loro
ossiede a’ cavalli; Bubona quella, che a’ buoi; Seia o Segezia la Dea delle sementi; Matura quella della maturità; Lactura o
o cattivo, o, come dice Orazio, l’ uno bianco e l’ altro nero. I Geni delle donne più comunemente erano detti Giunoni. Dal Ge
che unito a Teli figlia della Terra divenne padre di tutti i fiumi, e delle Ninfe de’ fonti e dei fiumi, dette quindi Oceanit
non potendo essere da questi ferito, fu invece oppresso sotto il peso delle piante su lui ammassate. Già si è detto come nell
e fu costretto a servir con Apollo al re Laomedonte nella costruzione delle mura di Troia, e ciò di’ indi avvenne. Presso Ome
o con Nettuno, da altri distinto, e riguardato come Dio de’ consoli e delle astuzie. In onore di lui celebravansi le feste. C
co o Forcine figlio del Ponto e della Terra, secondo Esiodo, fu padre delle Gree, delle Gorgoni ec. Da Omero egli e detto re
figlio del Ponto e della Terra, secondo Esiodo, fu padre delle Gree, delle Gorgoni ec. Da Omero egli e detto re dello steril
oli, o in alcune isolette colà vicine, che ancor si chiamano l’ isole delle Sirene. Quivi col loro canto seduceano i navigant
figliuola d’ Ippota troiano, ed ei rinchiusi teneali nelle spelonche delle isole Eolie, ora di Lipari. Padre de’ venti tempe
lonche delle isole Eolie, ora di Lipari. Padre de’ venti tempestosi o delle procelle fu da Esiodo detto Tifone marito di Echi
ufficio di tormentale e punire i condannali. Persecutrice e punitrice delle colpe in questa vita era Nemesi o Adrastea figlia
dell’ Attica, ebbe il soprannome Ramnusia; persecutore, specialmente delle menzogne e degli spergiuri era Orco Dio del giura
no era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papavero. I sogni, seco
easi anche il soggiorno di Pluto figlio di Giasone, e di Cererete Dio delle ricchezze, cui malamente alcuni confusero collo s
cipale degli Egizi, che a lui debitori credevansi dell’ agricoltura e delle leggi; Iside di lui moglie, la quale i Greci pret
medesime cangiate in vacche. 11. Uccise il Drago custode del giardino delle Esperidi, nato anch’ esso da Echidna, e ne tolse
re abbellite coll’ favole, sien pure state ad un solo attribuite. Una delle più celebri tra queste imprese fu quella di unire
cassa, dov’ eran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al re Polidette, il
allontanarlo con onorevol pretesto, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e di Ceto, e regina dell
mbatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, ora del Capo Verde, nel mare Atlan
di averla; e nata quindi grave contesa, Perseo dopo avere uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petri
he fu Meleagro, avvenne, che Oeneo offrendo per l’ ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimen
ervo: ed Agave madre di Penteo, cui ella medesima uccise in compagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure di sua f
in breve tempo anchi’ ei ne fu discaccialo. Mancavano a Tebe le mura, delle quali Cadmo e i suoi successori Polidoro e Labdac
anche essi estinti; ed. Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovette tornarse scornato in Argo. Più
evano tutti gli uomini. La regina Issipile però la quale meno inumana delle altre salvata avea furtivamente il padre suo Toan
oè mezzo uomo e mezzo cavallo. Dicesi ch’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel s
aestrò Esculapio affidatogli da Apollo; e la cognizione che egli avea delle stelle fu di grandissimo giovamento agli Argonaut
modo le porte, che non potesse fuggirne. Dedalo allora procacciatesi delle penne, le unì con cera, e ne formò due ali a se,
omettevagli il regno, la seconda la sapienza, e la terza la più bella delle donne, ei diede a Venere la preferenza. Concorso
e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pentesilea reg
lio di una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pentesilea regina delle Amazoni. Non tutti però i principi Greci si prest
o da mercatante con vari ornamenti donneschi, a’ quali frammiste eran delle armi, vedendo Achille a queste subito appigliarsi
uturi suoi casi; ragionò coll’ anima della madre Anticrea, con quelle delle antiche donne più illustri; tenne discorso con Ag
gando verso levante e mezzogiorno si sottrasse all’ insidia del canto delle Sirene all’ isola di Capri, chiudendo a’ compagni
nti contrari, e i compagni contro il suo divieto divorarono le vacche delle mandre del Sole; per cui questi irritato ricorse
acabile dei Trojani spedì Iride, che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar fuoco alle navi
di cui si è detto nella I. parte al capo VI. Appendice. Transunto delle Metamorfosi d’ Ovidio. Da principio insieme c
donte froda Apollo e Nettuno del prezzo convenuto per l’ edificazione delle mura di Troia. Nettuno manda un mostro marino, a
a. Appendice. Origine dell’ idolatria. Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi. L’ idolatria se
ti i casi impensati, tutti ì modi volontari del cuore, e degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi, gli starnuti, le
. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali allorchè la Pitia e
esalazioni, dalle quali allorchè la Pitia era inebriata, pronunziava delle parole per lo più oscure o confuse, che raccoglie
onoscere, e di predire il futuro, famose furono le Sibille, il numero delle quali è vario presso i vati autori. Varrone ne an
ttà dell’ Elide, ogni quattro anni, e da cui prese origine il computo delle Olimpiadi: 2. i Pitici, che celebravansi a Delfo,
occhi essi aggiunsero ancor i sanguinosi spettacoli de’ combattimenti delle fiere, le quali uscir si facevano dalle carceri o
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
ri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di regnar
facevano orrore anche agli Dei. Benchè Plutone avesse il titolo di re delle regioni infernali non spiegava alcun potere sulle
vano ; e sui malvagi aveva un ufficio simile a quello del soprastante delle carceri o delle galere ; nè poteva diminuirne o a
vagi aveva un ufficio simile a quello del soprastante delle carceri o delle galere ; nè poteva diminuirne o aggravarne le pen
di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cura di far sì che delle anime degli estinti non ritornasse alcuna nel mon
principio chiamavasi Pluto, ma poi si distinse con questo nome il Dio delle ricchezze ; e Plutone re dell’Inferno fu chiamato
lifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come di quella delle Fate, si abusò, e forse ancora, specialmente nell
uoi padroni che far non potesse una coorte di Svizzeri. Di Pluto, Dio delle ricchezze, considerato come un ente diverso da Pl
diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore Giasione, per ind
evano, quando quella persona doveva morire. Ecco l’origine mitologica delle frasi troncare o recidere lo stame vitale, il fil
i parlare di Làchesi. Infatti i mitologi avevano assegnato a ciascuna delle Parche uno speciale ufficio : Cloto teneva la con
oriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome,
lto occupato a traghettar le anime dei morti (specialmente nei giorni delle più micidiali battaglie), dall’ una all’ altra ri
strana invenzione lo diremo nel prossimo numero parlando dello stato delle anime dopo la morte. Passate le anime all’altra r
Passate le anime all’altra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la
: Megera, Tisifone ed Aletto, vocaboli significanti odiosa, punitrice delle stragi ed inquieta. Ebbero anche il titolo di Eum
a malnata « Gli vien dinanzi, tutta si confessa ; « E quel conoscitor delle peccata « Vede qual luogo d’Inferno è da essa : «
che non s’intende : « Pape Satan, pape Satan aleppe. » Come già Dio delle ricchezze presiede al cerchio ove son puniti gli
i che diedero il nome di plutoniche ad alcune roccie che il progresso delle osservazioni scientifiche fece riconoscere differ
ralisti danno il nome di Cerbero a un genere di piante della famiglia delle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inolt
s. » 241. Omero fa dire poeticamente ad Achille : « Odio al par delle porte atre di Pluto « Colui ch’altro ha sul labbr
dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspettiamo, in gr
che son così chiamate ironicamente. — Troveremo un caso simile in una delle denominazioni delle Furie. 245. Anche i poeti l
e ironicamente. — Troveremo un caso simile in una delle denominazioni delle Furie. 245. Anche i poeti latini trovarono più
246. Son questi i versi di Dante riferibili ai nomi ed agli ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che di e notte fila
la greca etimologia Cloto significa filatrice, Lachesi distributrice delle sorti, ed Atropo inevitabile. 247. « Vestibu
16 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
i i parenti e gli amici si recavano a fare in certi determinati tempi delle libazioni, e ad offerire dei doni (b). Ognuno di
o. I Greci sopra i medesimi ergevano una colonna, i Romav’ inalzavano delle statue(a). Il culto, che prestavasi agli Eroi, co
va in una pompa funebre, al tempo della quale si celebrava la memoria delle loro imprese(b). Il numero degli Eroi, de’quali f
Perseo(2). Acrisio, come ne venne in cognizione, diedo tosto in balia delle onde la figlia, e il bambino, da lei partorito. E
a lei partorito. Eglino vennero portati sulle spiaggie di Serifo, una delle Isole Cicladi(3). Un pescatore, dinome Ditti, li
ggetti, li faceva senza rischio osservare, volò per aria al soggiorno delle Gorgori, e felicemente esguì ciò, ch’eragli stato
, finchè giunto alle spiaggie della Libia, quella deforme testa versò delle gocce di sangue su quelle arene, che fecondate pr
iuramenti. Medea gli credette, e tosto gli diede certe erbe, coll’uso delle quali ei potesse riuscire nella propostasi impres
o, che la incenerì(25). V’ accorse Creonte, ed egli pure rimase preda delle fiamme(c). Nè contenta la Maga di tutto ciò, pres
li fabbricato un magnifico tempio(i). Ercole. Poichè il numero delle impres’, attribuite ad Ercole, è sì grande, che n
rtorisse il bambino, che portava nel seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ Alcmena, s’avvide di ciò, che la Dea and
risteo il comando di portargli la zona, ossia la cintura della Regina delle Amazoni, Antiope. L’ Eroe insieme con Stenelo, fi
Attore, e co’due figli di Deimaco, Flogio e Deilone(c), andò in cerca delle predette femmine. Uccise Migdone e Amico, fratell
come seppe, che l’ Eroe accingavasi ad attaccarlo, affidò il comando delle sue truppe a’due fratelli, Eurito e Cteato, detti
da nove anni scarsissima la raccolta nell’Egitto, attesa la scarsezza delle pioggie. Venne da Cipro l’ Indovino Trasea, o Tra
Lo stesso Etoe finalmente s’azzuffò perfino cogli Dei. Per vendicarsi delle persecuzioni di Giunone, vibrò contro di lei una
tù, che il Piacere (d). Ercole si appello Musagete, ossia Condottiere delle Muse, perchè riusci eccellentemente in varie scie
ulapio. Conobbe la botanica, e arricchì il suo paese di molte piante, delle quali esso mancava. Fu idraulico e geometra prati
conquesta si sarebbe tratta la zattera senza fatica a terca. Nessuna delle femmine Eritree volle farlo, e certe donne Tracie
sogni manifestava i futuri eventi a coloro, che, coricati solle pelli delle scannate vittime, la consultavano, si chiamava So
ircostanza il Centauro Nesso insinuò ad Ercole, chlegli, prevalendosi delle proprie forze, passasse nuotando all’ altra riva,
venire. Ercole rapì la giovine, e nel suo furore precipitò dall’ alto delle mura il di lei fratello, Ifito, spedito dal padre
lume, Pane, che si lagnava del dolore, cui soffriva, divenne soggetto delle comuni risa (b). Onfale poi regalò Ercole di molt
do l’ira del padre, si ritirò sulle vicine campagne, dove restò preda delle belve (e). Tra i varj altri figliuoli, nati ad E
’ acqua ad Ercole sitibondo, perchè ella celebrava là festa della Dea delle donne, al tempo della quale non era lecito agli u
o portavano allora al tempio d’Ercole una misura di vino, ne facevano delle libazioni, e ne davano a bere a tutti gli astanti
ra cadauna vi piantò una colonna, per ricordare a’ posteri il termine delle sue conquiste (b). Queste stesse Colonne si chiam
la di lui determinazione, venne accusato, e convinto per trasgressore delle Leggi. Impallidito e tremante implorò Miscelo l’a
Plutone, avea trovato sulle rive del frume Acheronte quell’ albero, e delle frondi del medesimo erasi inghirlandato la fronte
e, e lo privarono di vita (9)(9). Minos stava sacrificando nel tempio delle Grazie in Paro, quando intese la morte del suo fi
vettovaglie, ch’erano sopravanzate nel suo vascello, e in particolare delle fave. Mise il tutto a cuocere in una pentola, e l
ra una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani Ateniesi nel tempo delle Delie, come abbiamo testè accennato(c). Le Cibern
, in cui trasmise tutta la sua autorità, nè si riserbò che il comando delle armi. Per tutte queste diverse instituzioni merit
Egli concorse anche alla caccia del Cinghiale di Calidone(d). La fama delle di lui imprese fece sì, che egli venisse provocat
). Nello stesso tempio l’ottavo giorno di ciascun mese si colebravano delle Feste a Teseo, dette perciò Tesie. Esse consistev
o per decidere le loro questioni(d). Giove stesso lo costituì giudice delle tre Dee, Giunone, Minerva, e Venere. Ecco come ci
Giunone gli esibì ricchezze e imperj ; Minerva gli promise la gloria delle armi ; e Venere s’impegnò di renderlo possessore
za, che per dono di Apollo prediceva l’avvenire, e conosceva la virtù delle piante. Costei gli partorì un figlio, detto Cotit
colo di Fauno, suo padre. La notte, mentre stava coricato sulle pelli delle sacrificate vittime, udì in sogno una voce, la qu
rconte, i quali si erano ribellati contre Mezenzio, loro re, a motivo delle di lui crudeltà(19). Enea con tali soccorsi e con
re. Il pubblico bene fece tacere nel cuore di Agamenonne i sentimenti delle paterne tenerezze talchè acconserti al sacrifizio
so anche de’Trojani(21). Nel riparto, che si fece tra’Greci Capitani, delle Donne Trojane, Cassandra, figlia di Priamo, e spo
isto, figlio di Tieste, cui Agamenonne avea affidaso durante il tempo delle sua assenza la cura della sua famiglia e del suo
e ; ripigliò le primiere sembianze, e diede a Menelao quelle notizie, delle quali era ricercato(a). Erodoto riferisce, che Me
due bambini di quel passe, e li aprì per conoscere nell’osservazione delle loro interiora la volontà degli Dei intorno alla
te Menelee, e gli si tribucavano altri onori, come se fosse stato una delle supreme Divinità. Non altrimenti fu nel medesimo
Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, Dea delle acque. Questo Eroa ebbe anche il nome di Pitisoo,
ede, seco portando varj ornamenti donneschi, e frammischiate a questi delle armi di ogni sorta. Tutte le giovani si scelsero
mpo(a). Desolata Tetide nel vederlo a partire, gli procurò da Vulcano delle armi, che noa potevano essere abbattute da forza
L’Eroe sostenne altresì un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era di valore sì grande, che ug
uale era passato nel Campo Trojano per vagheggiare la predetta Regina delle Amazoni(g). Fece perire altresì Demolione ; figli
ago d’aver superato e ucciso sì forte nemico, voleva anche spogliarlo delle armi, quando Nettuno trasformò Cicno in bianco vo
iovine, di colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la più bella delle figliuole d’Agamennone. Achille non ostante si ma
ovine di quella città, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle muraglie nel di lu campo un pomo. Eranvi scritti
5). Ulisse. ULisse nacque da Anticlea, e da Laerte(a), e fu re delle due piccole Isole del mare Ionio, Itaca, e Dulich
e Perimede, si recò al Regno di Plutone. Ivi scavò una fossa, vi fece delle libazioni, e svenò un nero ariete e una pecora. V
ro ariete e una pecora. V’accorsero tutte le ombre per bere il sangue delle vittime, raccolto in quella fossa. Ulisse le allo
Egli sotto tali sembianze andò ad albergare appresso Eumeo, guardiano delle di lui greggi(18), e ne fu amorevolmente accolto(
iano di capre. Costui avea insultato ad Ulisse, ed avea somministrato delle armi agli amanti di Penelope, affinchè si difende
to servire di trastullo a’suoi nemici, lo fecero anche cadere vittima delle proprie mani. Egli, morto Achille, pretendeva, ch
mile a quello, ch’era nato dal sangue del giovine Giacinto, e marcato delle due prime lettere del di lui nome A I(d). I Greci
anto solleciti di tramandare a posteri la memoria d’Ajace, che ad una delle loro Tribù imposero il nome di Ajantide(a). Ca
elle genti credettero, che fossero i Discori stessi, discesi a godere delle allegrezze, che si facevapo a loro onore. Panormo
ua stanza. All’ opposto un certo Simonide, che aveva formato l’elogio delle stesse Divinità, ne fu fatto uscire da due non co
re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta giovine era l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi circonvicini. Il di lei padr
lo stesso sacrifizio prima d’entrare in carica(c). Se alcuno mangiava delle carni della vittima, immolata a Pelope, non potev
te lo accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di pietra, si spogliò delle sue vesti, si purificò, e si cuoprì con abito sim
mi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano poi sulle pelli delle vittime ancor fomanti, e attendevano, che il Nume
o allora dispose ciascuno, de’ predetti sette Capi dinanzi a ciascuna delle sette porte di Tebe. Eccocle del pari distribuì i
ù brillante gioventù(c) (11). Istoria mitologica Parte Terza delle virtu’, de vizj, de’beni, e de’mali della vita um
uesto resist al soffio de’più impetuosi venti, non cede alla veemenza delle onde, e regge per lungo tempo sotto il peso delle
cede alla veemenza delle onde, e regge per lungo tempo sotto il peso delle più grandi moli. Questa Dea impugna nel sinistro
o in mano, per significare, ch’esso spezialmente nasce dall’esercizio delle armi, e dalla coltura delle scienze. Speranza.
ch’esso spezialmente nasce dall’esercizio delle armi, e dalla coltura delle scienze. Speranza. La Speranza è brama di q
e verde, e inghirlandata di fiori, perchè il verdeggiare e il fiorire delle piante danno speranza di vicina raccolta. Ha la S
ncora. Vedesi anche appoggiata ad una colonna. Talvolta tiene in mano delle spighe, e de’papaveri(b). Magnanimità. La M
un elefante e un leone. Siccome il primo di tali animali non si duole delle saette, che contro di lui si avventano ; così il
eva la tomba d’Ippolito(d). Esiodo dice, che Temi è la madre non solo delle Ore, ma anche delle Parche. Altri le danno per fi
ito(d). Esiodo dice, che Temi è la madre non solo delle Ore, ma anche delle Parche. Altri le danno per figliuole Irene, Dice,
i(a). La Giustizia secondo Igino ebbe una figliuola, vindice acertima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la quale altri fan
o appresso quello di Ercole, era sacro alla Pudicizia Patrizia, ossia delle Dame ; l’altro, che fu eretto da Virginia, figlia
ano, e quelli che fanno l’una e l’altra cosa. Le introcciate mani poi delle medesime significano, che i benefizj sogliono pas
rapina. Liberalità La Liberalità è virtù, per cui a proporzione delle proprie forze si somministra agli altri ciò, di c
verso cui si esercita. Stringe il Cornucopio, indizio dell’abbondanza delle ricchezze, le quali sono necessarie per dimostrar
. Roma celebrava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era di ristabilire l’unione tralle famiglie
e la risguardavano come figliuola di Giove e di Temi. Atene le eresse delle statue, e fu la prima ad alzarle anche un tempio
cendio al tempo dell’Imperatore Comodo(c). La Pace finalmente era una delle cinque Deità, dette Appiadi, perchè i loro tempj
a è amore vicendevole, che nasce tra due o più persone in conseguenza delle virtù che in esse si ritrovano. I Greci la chiama
ne colla destra una chiave, simbolo della secretezza, la quale il più delle volte deesi osservare da questa virtù. Qualche vo
gurine, che si danno la mano l’una coll’ altra, per indicare l’unione delle genti, che reciprocamente si serbano fedeli. Talo
mente il Lusso quello, che in ispeziale guisa produce il dissipamento delle facoltà, la distruzione delle più rieche famiglie
ispeziale guisa produce il dissipamento delle facoltà, la distruzione delle più rieche famiglie, e perfino la rovina delle pi
acoltà, la distruzione delle più rieche famiglie, e perfino la rovina delle più potenti città : questo è il significato del m
to nella stessa circostanza, non avrebbe saputo resistene all’incanto delle offerte e de’ vezzi. Procride, o che la appagasse
indocile ed insensato. Prodigalità. La Prodigalità è scialacquo delle proprie facoltì senza ragione. Ella è di volto ri
giovine, e l’altra di macilente vecchia. Secondo questi ultimi escono delle Api dalle di lei mani, e le sta a canto un Cané.
forma coll’ adulatore, il quale o accende negli animi altrui il fuoco delle passioni, o ammorza il lume della verità. La cord
rsi secondo il genio altrui. La faccia bella è indizio dell’apparenza delle parole adulatrici, la quale piate ; e la brutta i
colore verde, e ricamata d’oro. La veste verde allude al verdeggiare delle campagne, ch’è indizio di fertile raccolta ; e il
come sono ingiallite, sono an he ridotte a maturità, e divengono una delle principali sorgenti dell’ Abbondanza. Colla destr
Re. Vi si stabilì allora una Feota, detta Regifugio, o le Fugali. Una delle ceremonie, praticate in essa, era che dopo il sac
esti solevano gli Antichi coronare se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche F
e se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla destra una ta
vano consultare le Sorti. Nel Campidoglio v’ aveano due Statue, l’una delle quali rappresentava la Buona Fortuna, e l’altra i
idoglio I. 122. Campi Elisj I. 212. Campo della verità. I. 212. Campo delle lagrime I. 211. Campo lapideo II. 58. Canace I. 3
ti I. 21. Dei azoni I. 11. Dei comuni I. 417. Dei consenti I. 10. Dei delle maggiori Genti I. 10. Dei domestici II. 161. Dei
I. 98. Feretro I. 331. Ferie Latine I. 96. Feronia I. 188. 207. Festa delle Fiaccole I. 241. Festa degli Egineti I. 370. Fest
e II. 334. Iniziazione ne’ Misterj I. 74. Inno Callinico I. 370. Inno delle Furie I. 223. Ino I. 141. 382. II. 7. 13. 32. Ino
di lei nome, e da achos, dolore, perchè venivano celebrate in memoria delle disgrazie, che avea sofferto(b). Il re Sisifo pur
uta(a). Ivi le donne libere ricorrevano per chiedere grazie pe’ figli delle loro sorelle(b). Le Feste, celebrate da’ Romani a
feo, perchè sonza di lui non avrebbono poluto oltrepassare le Sirene, delle quali parleremo altrove. Fu da alcuni creduto, ch
iatori, spediti da’ Colchi a’ Greci per ridomandare Medea, nulla dice delle querele, che avrebbono anche dovuto fare, se foss
dall’ Eroe Tomo. Strabone dice, che la predetta strage avvenne in una delle Isole del mare Adriatico, dette poi Absirtidi (c)
ita a portare in testa a guisa d’ornamento tre lune, forse in memoria delle tre notti, le quali senza alcuna interruzione di
le vivande della di lui mensa. Eglino, armati di frecce, e coll’ajuto delle ali, colle quali erano nati, le spinsero sino all
e ascia (b). Giove ebbe pure questo nome per allusione all’abbondanza delle pioggie, che vuolsi da lui derivare(c). (b). Ap
iare il corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arco e delle sue frecce(d) (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (
mente esibì se stessa al sacrifizio(b). Illo, di lei fratello, e duce delle truppe Ateniesi, vinse ben tosto Euristeo, e di p
ore, concepito per la perdita del figlio, si precipitò da una rupe, e delle lagrime, ch’ella avea versato, si formò un fiume,
tenersi alla via di mezzo, affinchè col volare troppo basso, l’ umido delle acque non aggravasse soverchiamente le penne ; e
uefecero la cera, che univa le di lui penne, cosicchè Icaro, sfornito delle ali, cadde precipitoso in quel tratto di mare, ch
poforbanto, Antimaco, Mnesteo, Fidoco, Demolione, e Perizione. I nomi delle fanciulle erano Medippe, Gesione, Andromaca, Pime
’ è chi pretende, che quel mare siasi denominato Egeo da Egea, regina delle Amazoni, la quale vi naufragò, mentre se ne ritor
azoni, la quale vi naufragò, mentre se ne ritornava in Africa, carica delle spoglie, che aveva ripotate dall’ Asia, allorchè
sì celebre e singolare in bellezza, che invogliò parecchi personaggi delle sue nozze. Cenide però ritirossi ne’ più remoti l
no, e ne ottenne d’essere trasformata in uomo invulnerabile. Al tempo delle nozze di Piritoo i Centauri lo affogarono vivo so
’ Erebo. Grineo, che stava vicino al truciduto compagno, schiantò una delle are fumanti ; e scagliatala tralla folla de’ Lapi
lissimo Centauro Cillaro, che aveva in moglie Ilonome, la più vezzosa delle femmine, che abitavano nelle foreste. Colei, come
o Ceneo da sì sterminato peso, anch’egli finalmente discese nel Regno delle ombre(a). (a). Plut. in Vit. Thes., Ovid. Mes.
certa stagione dell’anno comparivano umide, come se avessero versato delle lagrime per la perdita della predetta Principessa
i, guerreggiarono msieme colle unghie, co’ rostri, e col dibattimento delle ali, finchè caddero estinti sulle fredde ceneri d
a fine la confuse tralle sue schiave, e la condusse nella Tracia. Una delle di lei seguaci trovò sulle rive del mare il corpo
spergiuto, nè più frenando la bile, gli piombò addosso, e col braccio delle compagne, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo stri
precipitò dall’ alto di una torre Trojana(b). Euripide nella Tragedia delle Trojane attribuisce questo tratto d’inumanità a M
consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in una delle Isole fortunate, ove avrebbe veduto Achille deifi
si riponevano altresi sulle mense, e allora si offeriva loro porzione delle vivande, primachè si assaggiassero(e). Le levatri
di quel sacro simulacro (l). (a). Virg. Acneid. l. 2. (9). Piloto delle navi di Enea fu Palinuro. Questi, aggravato dal s
gravato dal sonno, cadde in mare. Per tre giorni fu giuoco de’venti e delle onde. Il quarto dì arrivò alle spiaggie di Velia,
lei marito, mentre questi sacrificava, e lo uccise per impossessarsi delle di lui ricchezze. Il truce fatto per qualche temp
te, la guerra, la fame, e le altre pubbliche calamità (a). I Genj poi delle donne si chiamavano Giunoni (b). Nè solamente cia
iornava nelle viscene della terra. Era creduto padre della Discordia, delle Parche, e dell’Erebo (d). Teodonzio, Autore Greco
ompagni l’Eternità e il Caos. Paussania scrive, che vicino al confine delle stadio di Olimpia eravi un altare di figura roton
venne fabbricata Roma (h). Insegnò a que’popoli l’agricoltura e l’uso delle lettere. Accolse appresso di se Ercole ; e corse
te Aventino, perchè introdusse nel Lazio il culto della maggior parte delle Greche Divinità (b). (19). Mezenzio, famoso disp
no, il quale approfittò del momento, in cui ella stava per ispogliare delle armi Cloreo, antico Sacerdote di Cibele. Arunte p
sero, che Anna Perenna altro non era che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la quale fu nutrice di Giove. Comunque
di Fausio (e), ed Ipsenore, figlio di Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiud
il suo viaggio, e fermarsi soltanto in quel luogo, ove avrebbe veduto delle genti disposte a fare un barbaro sacrifizio. Così
be espugnato Troja, se avesse avuto seco dieci Nestori (c). In premio delle sue singolari prerogative gli si diede Ecamede, f
to Cebrione nella fronte perdette la vita. Patroclo voleva spogliarlo delle armi ; una Ettore, incoraggito da Apollo, gli si
contesa pel di lui corpo. Ettone, non contento d’essersi impadronito delle di lui spoglie, voleva anche recider gli il capo 
dia ; v’aggiunse, com’erasi proposto, dudicì giovani Trojani ; offerì delle libazioni a venti, Zefito e Botes, e loro promise
rano, ed olio tutro quel, che toccavano. Usò Agamennone della forza e delle armi per istaccarle dal paterno seno, e seco le c
edesse a’sacrifizi, e predicesse col mezzo della Divinazio ne l’esito delle battaglie. Calcante era e sacerdote e indovino. N
n solo maschio, e questo tutto nero, mentre gli altri avrebbono avuto delle marche bianche. Tutto ciò esattamente viddesi ver
sto ucciso, se la di lui figliuola, Arpalice, eccellente nel maneggio delle armi, non fosse accorsa a difenderlo, e non avess
la quale, come abbiamo esposto, era toccata a Neottolemo nel riparto delle donne Trojane ; e formò il progetto di farla peri
alla medesima giravano in lunga schiera moltissime formiche, clascuna delle quali portava in bocca un granello di frumento. N
lui deserta città con una copia di abitatori, cotrispondente a quella delle predette formiche. Il re finalmente fu esandino,
onfonde Nauplio, di lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una delle Danaidi, le quali, per essere nipoti di Belo, fur
piede il luogo, ove giacevano le ceneri d’ Ercole. Non molto dopo una delle frecce avvelenate di quell’Eroe cadde accidentalm
i Fenici, era stato venduto a Laerte, e da questo stabilito guardiano delle sue greggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, a
o delle sue greggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, altro custode delle pecore di Ulisse. Quegli pure sospirava il ritorn
e tragli altri Protoenore, figlio d’Areilico(c). Egli spogliò altresì delle anni Oto Cillenio, compagno di Filide, e comandan
figlio di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la quale Diodoro Siciliano chiama
che Filònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una delle di lei compagne(a). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8
ri del favore, ricevuto da Academo, rispettarono quel luogo nel tempo delle frequenti invasioni, che facevano nell’ Attica. L
el re, e divenne possessore del trono(b). Dopo morte ebbe a suo onore delle annue feste, dette Alcatoe(c). (9). Dopo la mort
sa(b). (1). Adrasto si portò a consultare l’Oracolo sopra il destino delle due sue figliuole, le quali si chiamavano Argia e
anò tre, Balio, Santo, e Pedaso. I due primi nacquero da Podarge, una delle Arpie, e dal vento Zefiro. I medesimi erano immor
mi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano poi sulle pelli delle vittime ancor fomanti, e attendevano, che il Nume
iosa vita, che menò, lo ridusse molto atto alla caccia, e al maneggio delle armi ; nè attese che a sostenere i travagli della
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
si, latinismo che è divenuto in italiano il termine solenne e poetico delle risposte degli Oracoli282). Inoltre la parola Ora
e questa differenza di significato facilmente s’intende dal contesto delle diverse frasi. I più noti e celebri Oracoli eran
lle diverse frasi. I più noti e celebri Oracoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e di
Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno di loro ; delle Divinità inferiori o terrestri, quasi nessuna ebb
lingua italiana. Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano da
nazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei ba
a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitiv
st’Oracolo i responsi deducevansi dalle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui era formata l’immag
il Superbo : ma per regola generale preferivano i così detti oracoli delle Sibille, vale a dire le risposte dei libri sibill
nse, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al p
arono l’Oracolo di Temi sul monte Parnaso. Omero parla degli Oracoli, delle divinazioni e degli augurii come di cose antiche
di Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a tutti i fondatori delle antiche religioni ; dal che deducesi che il gover
ini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente
« Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubblic
tabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e
ri delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arre
gioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e
zzo, o sì savio, o sì tristo, o sì buono, che propostagli la elezione delle due qualità d’uomini, non laudi quella che è da l
le preaccennate autorità e da altre molte che si potrebbero citare, e delle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilm
eco eran comprese in due versi : Divina Salamina, tu perderai i figli delle donne, o Cerere si disperda, oppure si unisca. Mo
accia era contro i Persiani, i quali dall’oracolo eran chiamati figli delle donne per indicare la loro effemminatezza e il lo
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
XXX Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia Abbia
sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a visitare il regno delle ombre, « Non consolarmi della morte, o Ulisse, «
itagora253. Metempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degl
ei bruti254. E poichè Virgilio, nel dare un’idea generale dello stato delle anime dopo la morte, accenna ancora la dottrina d
che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e delle gabell
sorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e delle gabelle. Quindi in appresso si cessò dall’insiste
altro, si elevavano e parificavano le tombe alla santità dei tempii e delle are260. Nella descrizione delle pene del Tartaro
no le tombe alla santità dei tempii e delle are260. Nella descrizione delle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi er
maginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato diversi g
son più ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono da sè stessi delle loro smodate e irrazionali cupidità. Del gigante
allora per tentar di assicurarsi la vita macchinò un misfatto, che 49 delle sue figlie eseguirono, qual fu quello di uccidere
cessata la loro fatica, quando la botte fosse piena. Questa favola è delle meno antiche, e non si trova in Omero. La ramment
basata la classificazione dei delitti e la proporzionale graduazione delle pene relativamente alla qualità ed alla quantità,
rta ragione. » Procede infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse categorie di dannati che egli ha posti in
otanici si chiamò Danaide un genere di piante rampanti della famiglia delle rubiacee, con fiori rossi che spandono piacevole
una felice allusione al continuo attinger dell’acqua, che era la pena delle Danaidi. 252. « Pars in gramineis exercent m
Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel lib. xv delle Metamorfosi : Vir fuit hic, ortu samius. Venne in
violato, nel quale si rammentano le antiche pene, e se ne aggiungono delle nuove per la violazione dei sepolcri. 260. Perc
giarrettiera, perchè certamente uno sprone, un pecoro e un legacciolo delle calze non son niente di più nobile della spalla d
« In cava Lethæas dolia portat aquas. » (Tib. i, 3ª.) Ovidio nel x delle Metamorfosi riassume brevemente le pene dei più c
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
I Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse Poeta è parola di greca origine che
e di tutte quelle altre belle arti speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. Come
altre belle arti speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. Come Dio della Poesia
zevolmente il Redi124. Aveva Apollo il titolo di Musagete (condottier delle Muse), quando consideravasi come il maestro di qu
per significare che questa facoltà dell’anima, la Memoria, è la madre delle scienze e delle arti, poichè raccoglie e conserva
che questa facoltà dell’anima, la Memoria, è la madre delle scienze e delle arti, poichè raccoglie e conserva le utili cogniz
io. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicona, Pindo e Parnass
a ispirazione. Questo è un vocabolo greco (come dice Virgilio nel iii delle Georgiche) corrispondente al latino asilus, che i
ente qual fosse la loro voce e la loro abilità nel canto in confronto delle Muse. A Dante piacque questo mito, e rammentando
rar perdono130. » (Purg., i, 7.) Un’ altra particolarità si racconta delle Muse, volendo spiegare perchè talvolta furon dipi
co sdegnosi, e guai a chi li tocca !132 e ne hanno non solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di
tocca !132 e ne hanno non solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di Apollo, che in un modo più t
on che lo mosse nella invocazione alle Muse a rammentare la punizione delle Piche, cioè a terrore degl’invidi, rammentò poi n
tto mio, e spira tue, « Sì come quando Marsia traesti « Dalla vagina delle membra sue. » (Parad., i, 19.) Apollo però non f
condizione degli uomini, dovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re di Tessaglia. Anche in quest
o nome del giovinetto134. Invenzione anche questa dello stesso genere delle precedenti. Ma i mitologi vi aggiungono che i par
« Melpomene, Euterpe, Terpsicore, Uranie. » 127. Gli stessi nomi delle Muse, derivati dal greco indicano presso a poco c
, se ne coglie, « Per trionfare o Cesare o poeta, « (Colpa e vergogna delle umane voglie), « Che partorir letizia in su la li
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
anche altri. Ma intanto è bene osservare per la precisa intelligenza delle poetiche frasi, che Apollo è considerato più gene
da notarsi i nomi assegnati dai poeti ai quattro cavalli e il numero delle Ninfe che accompagnano il Sole. I cavalli si chia
gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione di ciascuna delle quali successivamente va il Sole a tramontare nei
a dea della giustizia, che fu simboleggiata nel segno della Vergine : delle altre denominazioni apprenderemo in seguito la ra
ei miti che vi hanno relazione. Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, amm
to, e le navi passavano a piena vela fra le sue gambe. Era questa una delle 7 maraviglie del mondo, ma fu atterrata da un ter
splendida poesia greca e latina, hanno sopravvissuto alla distruzione delle religioni, dei popoli, delle favelle e della scie
na, hanno sopravvissuto alla distruzione delle religioni, dei popoli, delle favelle e della scienza antica. Finchè il Paganes
rtisti cristiani, come abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro. Che più ? Quantunque la scienza astron
e guariva tutti i malati e perfino risuscitava i morti. Ma Plutone re delle regioni infernali che vedeva togliersi le sue pre
a la forma di un sillogismo. Apollo rappresenta il principio generale delle forze della natura, che sono il primo e più sicur
ione della salute ; Esculapio la scienza medica che fa l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte salutare, ed Igiea l
sempre l’arte medica può ottenere quest’utile effetto che è lo scopo delle sue cure, fu aggiunto che Esculapio, a richiesta
a a mente la bellissima descrizione della reggia del Sole nel 2° lib. delle Metamorfosi, che comincia così : « Regia Solis e
i ambra, come l’Ariosto nell’accennare la favola della trasformazione delle Eliadi così scrisse : « ……. sul fiume « Dove chi
i greci. I latini per lo più la dicono via lattea, come Ovidio nel 1° delle Metamorfosi : « Est via sublimis, cœlo manifesta
eghiera che si trova rettoricamente amplificata da Ovidio nel ii lib. delle Metamorfosi. 117. È noto a chiunque ha studiato
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
quindi Mitologia significa etimologicamente racconto dei miti, ossia delle favole delle antiche religioni dei Politeisti o I
ogia significa etimologicamente racconto dei miti, ossia delle favole delle antiche religioni dei Politeisti o Idolatri. Il t
poi d’Idolatri (esso pure di greca origine, e che significa adoratori delle immagini sculte o dipinte) era dato ai Pagani, pe
igini primitive dei miti, indicando le migrazioni e le trasformazioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma
e ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano ne
trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre nazioni che hanno adottato la Mitologia e i
a, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri
el suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto
o di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebbe un portar vas
utti gli altri che son principianti o. privi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e
ca, possa riuscire accetto al maggior numero dei lettori. In compenso delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla i
ogia che è la più moderna, hanno tratte dai vocaboli mitologici molte delle loro denominazioni, la cui etimologia, o vera spi
le, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi a
la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di appa
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ralmente ai cetacei, o come direbbesi volgarmente alle diverse specie delle balene. Le Sirene, credute figlie del fiume Achel
sime coste dell’Italia e della Sicilia biancheggiassero di ossa umane delle vittime delle Sirene, pur non ostante chi udiva a
l’Italia e della Sicilia biancheggiassero di ossa umane delle vittime delle Sirene, pur non ostante chi udiva anche da lontan
poeti, incominciando da Omero, ed incluso anche Dante, hanno parlato delle Sirene ; e raccogliendone tutte le descrizioni e
ormerebbe un volume. Omero inventò che Ulisse, volendo udire il canto delle Sirene e schivare qualunque pericolo, si fece leg
con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora di sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre, cioè Lisia, Leucosia
ignifica città nuova. Scelsero egregiamente gli Antichi per soggiorno delle Sirene un clima incantevole bene adattato agli at
usta e sbrigliata immaginazione degli Antichi, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti nel modo ch
i poeti che scrissero dopo le prime spedizioni dei Baschi alla pesca delle Balene, e dopo la scoperta dell’ America dovesser
arga dieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un amp
oltanto di presentarci, goffamente delineate, volgarissime caricature delle mirabili immagini ariostesche. Dante rammenta le
trar coi fatti che non già la forza brutale, ma l’intelligenza, madre delle arti e delle scienze, è la dominatrice dell’Unive
i che non già la forza brutale, ma l’intelligenza, madre delle arti e delle scienze, è la dominatrice dell’Universo. 224.
o le ardite e pericolosissime spedizioni nei mari glaciali alla pesca delle Balene ? 233. Ho riportato tutta questa poetic
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
III Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori
li Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o
terrestri 6 ; la terza era quella degli Eroi o Semidei ; e la quarta delle Virtù e dei Vizi 7. Di venti Dei superiori, dodic
dal nome del padre di quella data divinità. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e ne
dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che gli an
ù (quantunque a quei tempi fosse ammessa per diritto internazionale o delle genti, e riconosciuta per diritto civile), dicono
otali esecutori a Marte. » Non di rado significa ancora il complesso delle cose create. Ma più frequentemente per Natura s’i
lata Della natura degli Dei ; e Lucrezio un famoso poema sulla Natura delle cose. Anche i teologi cristiani trattano della Na
il verbo naturalizzare, che è stato introdotto ancora nel linguaggio delle nostre leggi, forse ad imitazione e per copia con
Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pi
ssica Mitologia. 10. La 1ª esamina e dichiara le leggi del movimento delle molecole, e perciò delle forze naturali, della co
1ª esamina e dichiara le leggi del movimento delle molecole, e perciò delle forze naturali, della composizione e decomposizio
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
oltanto, che la cognizione della Mitologia greca e romana è lo studio delle principali idee religiose, politiche e scientific
one di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date alle medesime, non
ome altrettante personificazioni o deificazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non s
icazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come n
iamo notato frequentemente in quali casi, secondo i moderni progressi delle scienze, le idee degli Antichi fossero vere, e in
ro vere, e in quali false. Quindi, per esempio, alla causa mitologica delle eruzioni vulcaniche abbiamo aggiunto la spiegazio
ruzioni vulcaniche abbiamo aggiunto la spiegazione della causa fisica delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine l
ì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di qu
ii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i
bo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civi
ici, si continua la personificazione di nuove idee astratte, non solo delle virtù, ma pur anco dei vizii, e si termina con l’
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeist
n Dio ? Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa,
recetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poe
o senza essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie. Anche Orazio mette in versi la preg
la punizione di quelle colpe che non cadono sotto la sanzione penale delle comuni leggi umane : riferivasi dunque piuttosto
o la promulgazione dell’ Evangelio che santificò il perdono e l’oblio delle offese. Di tutte le affezioni dell’animo, e perci
allegoriche divinità ebbero culto pubblico e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto di sopra nomi
cono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o de
nza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti. E se nei pubblic
rtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi
pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi ancora descritti
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ma però non tutti, come noteremo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte : di straordinario e sopranna
dovere di tormentare i dannati. Era questa all’incirca la topografia delle regioni infernali, secondo i poeti latini e Virgi
segno, nè regolarità nella esecuzione. In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popol
sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tra questi lo stesso Michelangiolo,
a tormentare i dannati, non ha voluto rinunziare a valersi di alcune delle invenzioni mitologiche dei Pagani, che potevan me
legge anche per la prima volta le descrizioni mitologiche o dantesche delle sotterranee regioni, non può credere che quei luo
isi spettrali che dimostrano nel Sole l’esistenza della maggior parte delle sostanze che si conoscono sul nostro globo239, si
abitiamo. Questo è quel che asserisce la scienza moderna a proposito delle regioni sotterranee. Se poi si considerano i dati
’una all’altra epoca geologica prima che si compiessero le formazioni delle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che
anei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosceremo che la m
mo che la mente dell’uomo non sa immaginare neppur la millesima parte delle maraviglie che la scienza tuttodì va scuoprendo n
, « Ed ha distinto in dieci valli il fondo. « Quale, dove per guardia delle mura « Più e più fossi cingon li castelli, « La p
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
i altri Numi superni. Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate nella c
a delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate nella costellazione delle Pleiadi ; quindi Mercurio dai poeti trovasi denom
er trastullo149 e per dimostrare la sua scaltrezza si divertiva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevan
ta secondo la dottrina della Metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime155 ; la seconda, ossia la verga coi serpent
Dai botanici si chiamò mercuriale un genere di piante della famiglia delle Euforbiacee, perchè, secondo quel che dice Plinio
o quel che dice Plinio, si credeva dovuta al Dio Mercurio la scoperta delle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano
di qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Francia le assemblee delle corti sovrane, Mercuriali in commercio i registri
lee delle corti sovrane, Mercuriali in commercio i registri officiali delle derrate. E tutte queste denominazioni derivano da
ome il petaso (termine adottato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che s
el che rubai. » A proposito di questi tali riporta Cicerone nella 2ª delle sue Filippiche un bellissimo ed elegantissimo pro
in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, per
rina della Metempsicosi nel parlar dei regni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte. 156. A tempo di Dante i me
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
XXXVI Le Ninfe Nel parlar delle Divinità marine notammo che v’erano seimila Ninfe
e Cerere e Proserpina non si quante. Parrebbe dunque che l’argomento delle Ninfe dovesse essere esaurito. Ma non è così, per
dovesse essere esaurito. Ma non è così, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei bo
o. Ma non è così, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli al
osì, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli alberi. Perciò
coll’essersi innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa st
a Galatea è molto rammentata, specialmente dai poeti latini, come una delle più belle Ninfe ; e dicono che se ne fosse invagh
i hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degl
re Gran Silvano. I Botanici anch’essi nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono di aver trovato n
volgarmente giglio degli stagni), e ne fecero il tipo della famiglia delle Ninfacee, ossia delle piante erbacee aquatiche co
gli stagni), e ne fecero il tipo della famiglia delle Ninfacee, ossia delle piante erbacee aquatiche congeneri alla Ninfèa. I
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
la decima parte della estensione del mare e neppur la parte millesima delle maraviglie che esso racchiude nel suo seno. Ma qu
invenzione. E non è necessario di aver scoperto come Balboa dall’alto delle Ande il grande Oceano equinoziale per esser compr
l’Oceano ha il suo palazzo nelle acque del mare agli estremi confini delle Terra, e questo palazzo, secondo altri poeti, è d
ebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di
Zodiaco. Da questo matrimonio nacque il Dio Tritone che fu lo stipite delle diverse famiglie e tribù dei Tritoni, i quali for
ribù dei Tritoni, i quali formarono il corteggio e la guardia d’onore delle principali divinità marine. Amfitrite è nome di
mitologica è analoga a quella che fece chiamare Atlanti le collezioni delle carte geografiche. In geologia dicesi Nettunismo
l sistema geologico che attribuisce la formazione della maggior parte delle roccie del nostro globo all’azione dell’acqua ; N
Bacco amata da Giove), passarono ambedue all’apoteosi per compassione delle benigne Divinità marine. Ma lasciamo raccontare a
ti attribuisce principalmente alla famiglia dei Medici la distruzione delle libertà d’Italia, dicendo che essa ordì « Una te
218. E perciò Ovidio lo appellò : « Tritona canorum. » (Nel ii lib. delle Metamorf.) 219. « Doridaque et natas ; quar
seris succurrere disco. » 223. La più vera e naturale spiegazione delle mirabili Metamorfosi di coloro che caddero in mar
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
accorsero che avevano un movimento molto diverso da quello apparente delle Stelle, e apparentemente molto irregolare, li chi
no alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. III. Ora convien parlare delle Divinità che dirigevano il Sole e la Luna, e parl
agi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galle
voli. Poteva dunque Pindaro aver sentito parlare ed anche aver veduto delle isole natanti ; e valendosi della facoltà accorda
tt’acqua. I geologi poi, collo studio degli strati del nostro globo e delle materie componenti i diversi terreni, sanno dire
e materie componenti i diversi terreni, sanno dire non solo l’origine delle montagne, ma perfino l’età, ossia l’epoca geologi
dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un c
si abbarbicano e s’intrecciano facilmente. » Intorno alla formazione delle medesime, lo stesso autore soggiunge : « Sulle ri
se dei laghi di Xochimilco e di Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba
himilco e di Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
oprie soltanto degli esseri animati (e quel che è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scien
no « Avea messo il gran fabbro e voce e vita « E vigor d’intelletto e delle care « Arti insegnate dai Celesti il senno. « Que
Maraviglia a vederli ! » (Iliade, xviii.) Nel medio evo, al risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la m
erli ! » (Iliade, xviii.) Nel medio evo, al risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la manìa di costruir
i moderni, e specialmente agli italiani, (Galvani e Volta), la gloria delle più grandi scoperte e delle più utili applicazion
li italiani, (Galvani e Volta), la gloria delle più grandi scoperte e delle più utili applicazioni della elettricità 192. Cos
ella immaginazione e della superstizione, e rivelò le mirabili verità delle grandi leggi della Natura. Conosciute e spiegate
ere l’esistenza del fuoco centrale, la formazione della maggior parte delle roccie del nostro globo, furon chiamati Vulcanist
e le scorie di queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i camini delle medesime. Questo si chiama esser logici nel porta
ostrato sinora, che nel Sole si trovano in ignizione la maggior parte delle sostanze del nostro globo ; e che le stelle non s
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
ddoti che se ne raccontano rappresentati come i buffoni e i pagliacci delle divinità pagane. Anche la loro figura e il loro u
iopica o malese, che della caucasica, e coi lineamenti caratteristici delle persone rozze e impudenti. Posson vedersi nella G
elebrate l’Aminta del Tasso e il Pastor fido del Guarini, in ciascuna delle quali Favole trovasi un Satiro, che sebbene parli
. Virgilio nelle Georgiche invoca Silvano tra le divinità protettrici delle campagne, e accenna che per distintivo portava in
oderni Romani dopo 2628 anni. Il nome di Vertunno, che davasi al Dio delle stagioni e della maturità dei frutti, colla sua l
vano a gara a cingersi la testa e ornarne le mense e perfino le porte delle case. L’immagine della Dea Flora è simile a quell
una pelle indanaiata di tigre, e co’polpastrelli, cioè colla sommità delle punte delle dita, regge penzo loni un grappolo d’
ndanaiata di tigre, e co’polpastrelli, cioè colla sommità delle punte delle dita, regge penzo loni un grappolo d’uva matura ;
Fauna, ed aveva un tempio in Roma sotto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi n
 » (Tib., Eleg., i, 1ª, v. 35.) 20. Nell’antico calendario romano delle feste pagane il di 21 di aprile presentava queste
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
n Dea, sotto il nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora tro
ivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti da
a volgarmente Ortiche di mare. Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che da
ale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi di distruzione delle umane esistenze. Ma per non perdere il vanto del
ro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nereidi. Nel tempo che l’Orca avanzavasi per ingo
eda furono disturbate negli ultimi giorni da una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a cui Andromeda era stata pr
no dato i moderni, con evidente allusione mitologica, alla collezione delle carte geografiche e uranografiche. Giunse Perseo
e tempo dopo il caval Pegaso. Questi nomi dati dagli Antichi a cinque delle costellazioni boreali si conservano tuttora dai m
aneo dei primi Giudici d’Israello. Collegata la Mitologia allo studio delle origini storiche, forma la necessaria introduzion
» Di Danae e della pioggia d’ oro parlano ancora e Pindaro nella 12ª delle Odi Pitie e Ovidio nelle Elegie e nelle Metamorfo
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
secondo lo stesso poeta, « È nell’Eolia, di procelle e d’austri « E delle furie lor patria feconda. « Eolo è suo re, ch’ivi
e l’Ionia, e detta più anticamente la Misia, ma corrisponde al gruppo delle isole chiamate ancora oggidì Eolie, o di Lipari,
e il tepido vento chiamato Zeffiro o Favonio favorisce la vegetazione delle piante fanerogame, cioè che producono fiori. Poic
punti cardinali nord, sud, est, ovest. Il nome greco è significativo delle qualità distintive di ciascuno di essi : Borea si
evan mai passata la linea nell’Oceano Atlantico ; e il non plus ultra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar
Hippotades, invece del nome di Eolo, come per es. Ovidio nel lib. iv delle Metamorfosi : « Clauserat Hippotades æterno carc
lio appella Giove pater omnipotens. 43. Abbiamo parlato altra volta delle isole natanti o galleggianti, e precisamente nel
diamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole E
rima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole Eolie. 44. Ovidio ne determina egregia
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
al sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggi
ata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nat
alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè c
, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle op
na complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e
na specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e conclusero che dopo mille pr
pevoli passioni. Imene o Imeneo, l’altro figlio di Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del Matrimonio ; ed anche i
di Psiche, per indicare che il candor dell’animo è il solo ornamento delle Grazie. Gli scultori però le rappresentano affatt
perciò significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle sue facoltà. 188. Epitalamio è parola di greca
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
e mezzi uomini, non già mezze bestie, come si rappresentavano alcune delle Inferiori Divinità. Erano figli o d’un Dio e di u
Storia. I tempi eroici anche più dei mitologici formarono il soggetto delle meditazioni dei più grandi filosofi e pubblicisti
la sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fondatori delle religioni e delle città. Se grandi erano le virtù
ll’epoca ottennero lode sopra gli altri i fondatori delle religioni e delle città. Se grandi erano le virtù, non meno grandi
dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. Nel Medio Evo dopo la caduta del
to della privata violenza. Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, riferibili a quell’epoca dolorosissima 
vennero quelle, e già divenuti Indigeti Dei, oppure discesi nel regno delle Ombre. Questo può asseverarsi principalmente di P
Heros da Eros significante Cupido ossia l’amore, alludendo ai connubi delle Divinità cogli esseri umani ; e secondo questa et
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
il gusto al suo allievo, cosa molto più facile che istillare il gusto delle belle lettere e delle scienze. E Bacco divenne il
o, cosa molto più facile che istillare il gusto delle belle lettere e delle scienze. E Bacco divenne il Nume protettore non s
no un miracolo mitologico al miracolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. Qu
mitologico al miracolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. Questa favola di
vino è un composto di umore e di luce. Il celebre Magalotti, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una del
galotti, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati
« Di più grappoli alla rete. » Ma la chimica soltanto colla teoria delle trasformazioni per mezzo della luce, del calorico
do di cener fessi. » (Parad., xxi, 4.) 196. Ovidio, nel lib. iii delle Metamorfosi così racconta questa favola, accennan
enere di poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità nell’ordine delle idee e nei metri o ritmi ; e si diede in appresso
38 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
lendosi del potere, divinizzarono uomini stolti o scellerati ministri delle loro prepotenze e dei loro vizj. È noto che Aless
pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. Le principali
eci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si po
timenti miravano a distrarre l’attenzione del popolo dallo spettacolo delle pubbliche calamità, ed a guarire il corpo ricrean
istenti, e versava il resto sull’ altare o sulla terra o sulla fronte delle vittime. Non vi erano sacrifizj senza libazione,
adoperavano nelle libazioni anche il latte, il miele, l’olio, l’acqua delle fonti o del mare ed il sangue degli animali. X. L
esti artifizj malvagi e spregevoli caddero naturalmente in discredito delle persone assennate : ma per mala sorte gl’ ignoran
ella magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano. Co
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal ca
o questo supplizio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la faco
go questa favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni. Tutti però, generalmente, con
i sulla Terra. Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli
ole che n’ è fisicamente la causa prima), produce il lavoro meccanico delle macchine a vapore e dà la forza anche alle bracci
anche alle braccia degli uomini. — Felice chi potè conoscer le cause delle cose 84), diceva Virgilio ; e in oggi spingendosi
hi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed impro
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in balìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Par
i. Ecco perchè, dicono i poeti, noi siamo una dura stirpe, tollerante delle fatiche, e diamo indizio della dura origine nostr
. Per lo scopo nostro, cioè in relazione al diluvio, basta il parlare delle roccie acquee per conoscere come la scienza ammet
ismi riconosciuti e dimostrati dalla scienza geologica. La durata poi delle diverse epoche dei precedenti diluvii preistorici
e sono stratificate, e questi strati vennero a formarsi dai sedimenti delle materie contenute in dissoluzione nelle acque ; s
vi aggiungono anche la torba. Un simil termine usano anche i geologi delle altre nazioni, come in francese roche, in inglese
erno sembrerebbe che volesse indicare presso a poco le stesse qualità delle roccie vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Paga
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
la conseguente spiegazione, furono adottate nei dizionari etimologici delle lingue dotte e in quelli enciclopedici più modern
senti perciò l’universa natura 10. Ma la spiegazione che soglion dare delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più sp
are delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più specialmente delle corna, dei velli e degli zoccoli caprini, non sol
, le sette note musicali, immaginarono che rappresentassero l’armonia delle sfere, secondo le idee di Pitagora. Dante rammen
miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio nel lib. i delle Metamorfosi, che cioè Mercurio per addormentare A
e non sempre possono ragionare freddamente e conoscer subito la causa delle cose ; e per casi nuovi o ignorati o non prevedut
io di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, sono la relazione delle popolari credenze prevalenti a quei tempi, e non
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
Divinità. Nell’Impero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazio
dei suoi eredi e successori, non già come in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini il
ri, non già come in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini illustri, e grate dei benef
o anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comand
eratori romani deificati, come li troviamo detti anche nella raccolta delle Leggi romane dell’Imperator Giustiniano (Divus Au
glie coniate in memoria di altrettante apoteosi diverse ; in ciascuna delle quali vedesi un’ara ardente ed un’aquila che erge
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
appunto dopo l’atroce fatto che le donne di quell’isola, malcontente delle leggi e dei trattamenti degli uomini, li uccisero
annate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà f
come, per esempio, qualche tempesta, qualche combattimento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo d
he tempesta, qualche combattimento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in
tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiu
e : « Ecco venir le Arpie brutte e nefande, « Tratte dal cielo a odor delle vivande. « Erano sette in una schiera, e tutte « 
Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche. 65. Perciò dai Latini è spesso indicato
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
IX Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome ste
gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. Il culto di Vesta aveva
a di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della D
za attribuita alle Vestali e all’adempimento dei loro voti. Il numero delle Vestali non fu mai più di sette. Si prendevano da
he dicevasi trasportato da Enea in Italia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tenevano chiuso ed invisibile ad
ta per tradizione. 49. Raccontano però in due modi questo supplizio delle Vestali. Alcuni autori dicono che la Vestale colp
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
a degli antichi, la legge generale e immutabile dei fenomeni fisici e delle umane vicende. Non v’è termine nelle lingue moder
eligioso), si veniva a toglier dal mondo la moralità e l’imputabilità delle azioni. Ma ogni essere ragionevole sente la digni
fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle pe
ui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle persone, e la giustizia del conferimento dei prem
rsone, e la giustizia del conferimento dei premii e della irrogazione delle pene ! A compagne del Fato e ministre esecutrici
atina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favore
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
ai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus
sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per
a, specialmente i Francesi, corno di Ammone. Ecco un’altra scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antic
lle iniziali D. O. M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma
abbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture. 60. « Arida nec Pluvio supplicat he
 La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e l
47 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
Cronologia Mitologica. Indicazione delle epoche principali e meno incerte della storia ant
ce le vittime umane. Alle figlie di Danao é attribuita la istituzione delle Tesmoforie (Tesmos, legge, phero porto), in memor
istituzione delle Tesmoforie (Tesmos, legge, phero porto), in memoria delle savie leggi date ai mortali da Cerere. Altri dico
dodici fatiche, ec. Credesi che la vita di Sansone abbia dato la idea delle prodezze d’Ercole. 1348. La Fondazione di Micen
i Giorni. Il poema d’Omero e quelli d’Esiodo sono i principali fonti delle notizie intorno alle favole mitologiche. 866.
80 allo stabilimento dei Pelasgi in Grecia. 160. Sembra che il padre delle famiglie, che andarono ad abitare la Grecia ai te
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè gli antic
forze e produzioni della Natura, e attribuirono a quelle l’invenzione delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la
zioni della Natura, e attribuirono a quelle l’invenzione delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazion
stesso che dire del Tempo e della Terra), era considerata come la Dea delle biade che in sua stagiòne (in tempore suo), produ
le Georgiche loda l’ Italia come gran madre, ossia prima produttrice, delle biade (magna parens frugum)51. Cerere ebbe da Gio
rileggere questo mito egregiamente descritto da Ovidio nel libro viii delle Metamorfosi.
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
r ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dir
lica saturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo o delle sue emanazioni : la luce pallida o plumbea del pi
ava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che e
ua latina ; e perciò potevan benissimo avere informato i dotti pagani delle dottrine della Bibbia. 29. « ….. Thuscum rate
i, a che sarebbe ora ridotta l’umana specie ? 34. Virgilio nel ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi dell’ Ital
avere enumerati i pregi dell’ Italia, che dichiara superiori a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta c
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
volte (ma ironicamente, perchè non vi credeva) questa magica potenza delle streghe sulla Luna e le Stelle136, e Ovidio aggiu
di tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anticamente nel tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessaglia facevano
n pur essi fantastici e paurosi ; poichè dessa mandava fuor dal regno delle ombre i notturni spettri a spaventare i viventi,
più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei trivii di offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte da questa Dea
regonerie non rammenta mai Ecate, e solo nella Sat. 8 del lib. I dice delle due famose streghe Canidia e Sagana, che l’una in
Luna145. Diana aveva in Efeso un famoso tempio, considerato come una delle 7 maraviglie del mondo, che fu arso, pur d’acquis
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
i tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civi
alla buona morale. Aggiungendovisi poi le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici, parve, com’ era veramente, prostitui
ivi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti
sio il Grande quasi tutti i sacerdozii del Politeismo, incluso quello delle Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei
più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino c
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
Gli Dei Dei Fiumi Se i Mitologi ed i poeti inventarono le Divinità delle fonti, tanto più è presumibile che non avranno ma
iume è composta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegeta
si scavò un canale sottomarino e la raggiunse tra i ciechi labirinti delle inferne regioni30. Il fiume Acheloo fu battaglier
« Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Aless
questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti dei fiumi della Troade. 2
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
sso non si compiono senza il favore di quella. Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente que
iama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi
dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno. È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per la som
lo Italiano, e che al pregio della lingua seppe unire pur anco quello delle scienze e delle arti. 167. Tra questi periodici
he al pregio della lingua seppe unire pur anco quello delle scienze e delle arti. 167. Tra questi periodici il più accredita
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
ltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appr
i antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egl
, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocc
4ª, v. 39.) 61. È noto che la parola alfabeto è composta dal nome delle due prime lettere (alfa e beta dell’alfabeto grec
o greco ; e che in italiano trovasi anche chiamato l’abbiccì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto. Ma che dir
55 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
uce questa terza edizione, che abbiamo cercato rendere anche migliore delle altre per esattezza nella correzione, e per un nu
acchè il Signor Pietro Thouar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e
i più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferi
hè i giovani lettori ne traggano utile ammaestramento. La descrizione delle favole assurde, strane, spesso immorali, per lo p
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. Di quest’opera di
ntò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e p
qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un
a me stesso, di pubblicare anche questo libro prima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò di sta
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
vasi che agli altri Dei, perchè egli era considerato come il portiere delle celeste reggia. Da questo giorno, come al present
Roma e in Italia soltanto, ma per tutta Europa e presso molti popoli delle altre parti del mondo. Era giorno solenne e lieto
e fu dedicato anticamente un tempio nel Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carmentali. Nel mese di Febbraio è da notar
e avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tut
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
sono senza le ali, indossano ancora la toga romana. Per altro i Genii delle persone con caratteri e distintivi pagani furono
, simbolo di morte. I Pagani credevano ancora che esistessero i Genii delle città e dei diversi luoghi o territorii ; ma per
r lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera 278. Questa p
atore e accusatore, ed era il titolo che si dava soltanto al principe delle tenebre, come deducesi da queste parole di sant’A
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle Virtù e dei Vizii. Riconobbero dunque che il loro
utto in Mitologia, e confessarono implicitamente che la massima parte delle Divinità del paganesimo erano personificazioni de
i miti dei Greci e dei Romani. Per me dunque il parlare separatamente delle Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
anterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze f
egorie dei fenomeni fisici dell’universo e dei fenomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. Sotto questo punto di vist
nda giù l’andar per nave. » 2. Dimostrano di sentir poco l’armonia delle parole e del verso italiano quei poeti che invece
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
XXXIII Osservazioni generali Nella classazione generale delle Divinità del Paganesimo (vedi il N. III) fu accen
ati. 1. Quindi ebbero origine i libri di polemica fra gli scrittori delle due opposte religioni. 2. Molti frammenti di ope
igioni. 2. Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle lingue dotte si trovano riportati nei libri degli
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
garmente dai pescatori settentrionali il nome di Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la trovano sempre in mezzo alle i
Aringhe, perchè la trovano sempre in mezzo alle innumerevoli legioni delle aringhe. Pochi altri termini mitologici son tanto
tudo. 53. Troviamo anche nella Bibbia un fatto simile, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito d
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
ogi si parla di Dei stranieri adorati dai Romani non si deve intender delle greche Divinità che i Romani conoscevano e adorav
in dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in
altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’ecc
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
lla Natura, animale, vegetale e minerale, e Tellùre come il complesso delle forze fisiche della materia terrestre. Questa tri
giunse in Roma la statua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. La st
agione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45. Il nome di Coriban
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
ù vasto per altro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di que
ro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea. Favori
rgomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea. Favoriva sì e protegg
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
a disfatta e della punizione dei Giganti, molte e strane vicende. Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigera
questa favola, le fa precedere una dottissima e splendida descrizione delle eruzioni del monte Etna, così egregiamente tradot
tale « O per forza o per frode altrui contrista. » 70. Nelle leggi delle xii Tavole trovasi scritto : Adversus hostem æter
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
no foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1. Per altro si è creduto e si cre
i1. Per altro si è creduto e si crede generalmente che sotto la forma delle più strane invenzioni miracolose si nascondessero
68 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
questo libro elementare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi nume
nda una specie d’Antologia Mitologica opportunissima anche ai cultori delle Belle Arti. » Ci siamo poi studiati di render pro
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
le audaci imprese, le vendette e le guerre, e perfino i pettegolezzi delle Dee. Cominciarono dunque subito a cercar moglie a
er distinguerla da un’altra Vesta sua nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma. Ebbe anche i nomi di Titèa e Pas
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
omini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37. Sappiamo inf
o invece di ignis, e foculare invece di focus. Infatti nel dizionario delle parole barbare troviamo spiegata la voce foculare
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
dire (nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gibetto a sè delle sue case : « Io fui della città che nel Batista
lette questo pianeta ebbe il nome del Dio che si diletta del sangue e delle stragi. I moderni astronomi attribuiscono quel co
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
storicamente narrate come avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche di un regno, cioè successione p
73 (1822) La mythologie comparée avec l’histoire. Tome I (7e éd.)
ntée d’un voile enflé par le souille des Zéphyrs, l’Amour nage à côté delle  ; des Tritons l’environnent ; une rame est à ses
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