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1 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
meno interessante che ameno, e necessario sopratutto all’intelligenza de’ Classici antichi, e moderni. Il ristretto che ora
poteva la parte più sublime di questa Scienza, e non ancora a portata de’ principianti, ma benanche tutte le superflue dilu
enchè in minima guisa, ledere le caste orecchie, e la più pura morale de’ giovani studiosi. Ecco dunque nuovamente alle sta
namente accolto dal Pubblico, e contribuisca ad accrescere la coltura de’ popoli soggetti al felice Governo dell’ottimo Re
ntilmente nascondere varj precetti della morale. Gli Egiziani, presso de’ quali ebbero la loro origine, i Greci che le acco
i hanno azzardato le più plausibili congetture con fabbricare altresì de’ sistemi, che potessero appagare almeno la fantasi
si coloro, che hanno ravvisato nella favola diverse figure simboliche de’ lavori dell’agricoltura. A qual dunque di tanti s
di vantaggi per bene intendere le opere degli antichi, per la lettura de’ poeti, e per l’intelligenza di tanti lavori dell’
lavori dell’ultima perfezione usciti dallo scarpello, o dal pennello de’ più valenti artisti. La Mitologia se più non ha r
a Ovidio tra ’l basso popolo degli Dei. La terza classe sarà composta de’ Semidei così detti, per esser nati da un Dio, ed
i Eroi, quali erano i Re, e gl’illustri guerrieri, soggetto del canto de’ poeti. Tra questi Agamennone, Ulisse, ec. ec. Vi
come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lui non si faceva offerta di
molto si distinse nella guerra degli Dei. Urano, che temeva per parte de’ figli, li rinchiuse secondo che nacquero in un ab
prediletto. Questi animato dallo spirito di vendetta spezzò le catene de’ suoi fratelli, e s’impossessò dell’Empireo : ed a
trattato, per avergli Urano presagito stando presso a morte, che uno de’ suoi figli lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto
’eternità, che non ha cominciamento, nè fine. Le sue vicende, al dire de’ commentatori, sono altresì misteriose. Egli mutil
Nettuno ebbe il mare, Plutone l’inferno, ed esso l’empireo. Per mano de’ Ciclopi fu formato un elmo per Plutone, un triden
no. Il suo regno però non fu sempre tranquillo. I Titani mal contenti de’ dritti ad essi usurpati, gli suscitarono contro i
Encelado sotte l’Etna, i di cui sforzi si risentono tuttavia, al dire de’ Poeti, con gittar fiamme, e sassi per liberarsi d
er nome Tifèo. La terra lo cacciò dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante era si spaventevole
di Giove, volle questi occuparsi del governo del Mondo, e più ancora de’ suoi piaceri, ai quali si diede in preda sì fatta
stante. Giunone sommamente gelosa : e sovente l’Olimpo era testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai di
ere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de’ campi. Ella fu la prima ad insegnare l’arte dell’
cun nutrimento di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangiato de’ granelli di un pomo granato, per la qual denuncia
ltà. Cadde la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ primi di Tessaglia per aver questi tagliata una f
essere seppellita viva all’istante. Apollo. Apollo fra gli Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse, ed il Dio
cavalli. « Nume del giorno, e della luce sei tu, che regoli il corso de’ giorni, delle stagioni, degli anni. Per te la ver
. Per te la verde campagna produce fiori, e frutta, e mercè il calore de’ tuoi raggi la natura è ricca da per tutto. Dove t
, e volle altresì, che la corona di alloro fosse in seguito il premio de’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figli
, che la corona di alloro fosse in seguito il premio de’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re
iccome Esculapio fu l’innocente cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli gli attirò una nuova disgrazia. Fe
guisa tolse la vita alle femmine, che si aggiravano intorno ai roghi de’ loro germani. Quantunque Apollo fosse il Dio degl
volta perciò la chiamavano. Era ella di più la Dea della verginità, e de’ parti. Come nacque alquanti momenti prima di Apol
ed Arcade quello di Orsa minore, o Boote, Bifolco. Diana assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa di Enéo R
un cignale di enorme grandezza negli stati di questo principe. Molti de’ primi guerrieri della Grecia si unirono per dargl
à di poter maneggiare l’arco, se ne formò uno di frassino, e si servì de’ rami di cipresso per fare le frecce. I primi suoi
gnoso, ed inventore, abbracciò una professione dove poteva far mostra de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbr
in quella di Lipari, e secondo alcuni poeti, sotto l’Etna2. Compagni de’ suoi lavori erano i Ciclopi, specie di giganti fi
nerva nacque in una maniera del tutto singolare. Giove dopo la guerra de’ Titani sposò Meti ; ma avendogli detto Urano, che
emodo sostenuto. Minerva al pari delle altre Dee fu egualmente gelosa de’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia
he doveva darsi alla nascente città di Atene. I Dei decisero, che chi de’ due rendesse un più utile servizio alla nuova cit
e di un mostro chiamato Egi, che Minerva aveva ammazzato nella guerra de’ Giganti. Ella aveva sopra questo scudo fatto inci
questo Dio di lampi cinto Calpesta al suo passar scettri, e corone, E de’ troni si fa sgabello al piede ; Scaglia i fulmin
ioai a saper rubare, così fra tanti suoi attributi ebbe quello di Dio de’ ladroncelli, e rubatori. Non ancor grande in età
in pietra di paragone : pietra che ha la virtu di scoprire la natura de’ metalli da essa toccati. Nacque da Mercurio, e da
enere un figliuolo chiamato Ermafrodito, voce greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afro
a una borsa di cuojo : allorchè poi è incaricato di condurre le ombre de’ morti all’inferno, gli si dà una semplice bacchet
si reggeva, perchè semiebrio. Bacco combattè con ardire nella guerra de’ giganti : indi disceso in terra conquistò le Indi
ati di edera2, o di pampini. In una mano tiene un tirso, e nell’altra de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di p
e risplendeva una luce diversa da quella, che sfavilla sotto le volte de’ Cieli. L’Averno era una dell’entrate principali p
a del passato. Gli Elisj erano il soggiorno delle ombre degli Eroi, e de’ giusti. Esse passeggiavano tranquillamente per qu
detto talvolta anche Tenaro da’ poeti, ove stavano ristrette le ombre de’ delinquenti soggette ad una moltitudine di pene.
alla mano in segno della loro dignità. Le Furie aspettavano le ombre de’ condannati per soggettarle alle pene ad esse appl
e ad esse applicate. Tre erano le terribili esecutrici delle sentenze de’ giudici infernali, Tisifone, Megera, ed Aletto, n
concepire un orribile disegno. Come l’oracolo avea predetto, che uno de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal t
presagio dell’oracolo, con detronizzare Danao in vendetta della morte de’ suoi fratelli. Parte seconda Divinità del
occupa il primo luogo tra gl’Iddj campestri, ed è specialmente il Dio de’ pastori. La sua figura non lusinghiera pareva che
i più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di sua vita. Amò questo Dio Sirin
. Fauno. Fauno figliuolo di Pico Re del Lazio cra altresì il Dio de’ pastori, ed è rappresentato sotto la forma medesi
ione di questi esseri favolosi, per designare i primi uomini domatori de’ cavalli. Chirone. Chirone figliuolo di Satur
la sua figura essendo divenuta una cavalla1. Pale. Pale è la Dca de’ pascoli, de’ pastori, e degli armenti. Il suo cul
essendo divenuta una cavalla1. Pale. Pale è la Dca de’ pascoli, de’ pastori, e degli armenti. Il suo culto era in vog
osì conosciuta dai Greci, come Pale fu adorata dai Romani, era la Dea de’ fiori, e le si dava Zefiro per amante, o per ispo
D e Pomona. Vertunno era il Dio dell’autunno, e sposo di Pomona Dea de’ frutti. Allorchè arrivarono entrambi all’età avan
i avaro, e rio vicino : Che ingordo ognor se d’usurpar pretende Parte de’ miei sudor, ah ! dal tuo seggio Ove immobil ti st
mi, o per dir meglio i Genj che preseggono alla sorgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era di v
quelle che presedevano alle foreste : Napèe quelle delle praterie, e de’ boschetti : Najadi le ninfe che vegliavano alla s
e di se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ottenere l’oggetto de’ suoi desiri : le onde cristalline non offrivano c
ivinità del mare. L’Oceano, e Teti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Urano, e di T
è questi il più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovente lo dipingono i
decreto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera gli orecchi de’ suoi compagni, e facendosi egli stesso legare ad
lfo tra Reggio, e Messina, il di cui fragore rassomiglia all’abbajare de’ cani. Cariddi altro golfo a lui opposto giace poc
Lete, che c’invita a dormire. Innanzi alla sua abitazione si trovano de’ papaveri, ed altre erbe, che hanno la virtù d’add
resentata assisa sopra una pietra quadrata per dimostrare la solidità de’ suoi giudizj, colla bilancia in una mano, e con u
lo, ove fu situata nel Zodiaco : oggi detta la Vergine. Como. Dio de’ piaceri, e della mensa era Como. Egli è rappresen
il Dio delle nozze. Egli per aver salvate alcune donzelle dalle mani de’ corsari, e che restituì ai proprj genitori, era d
nna disegnava il Terrore. Portava in mano un pugnale, una fiaccola, e de’ serpenti. L’Occasione. È rappresentata presso
a eroica diremo quella che narra i fatti, e le azioni degli uomini, e de’ guerrieri, che hanno meritato un tale distintivo.
olo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la potenza di Giove ardì
mò presso di Licaone re dell’Arcadia. Questi dubitando della divinità de’ suoi ospiti, immaginò una prova terribile. Fece s
cipio al Regno di Atene. Al culto degli Dei del paese aggiunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove
l ragione Beozia. Prima di edificare la città capitale, volle offrire de’ sacrifizj agli Dei, a quale oggetto avendo spedit
mostro. Per ordine di Minerva seminati i denti del dragone produssero de’ nuovi soldati che si scannarono fra di loro, rest
gittava fiamme dalla gola. L’intrepido figliuolo di Glauco alla vista de’ segnali a lui mostrati dagli Dei obbedì al comand
anna. Il suo governo fu sì giusto, e regolato, che divenne il modello de’ principi. Per la sua giustizia, ed esattezza fu M
due rami di pino curvati, che poscia si raddrizzavano collo squarcio de’ loro corpi. Teseo lo fece morire nella stessa gui
i deputati di Minosse a chiedere per la terza volta il solito tributo de’ sette giovani, ed altrettante donzelle. Volle Tes
ssa la morte. Contrasse Teseo un’amicizia strettissima con Piritoo re de’ Lapiti. Alla fama del valore di questo Eroe, Piri
o, e ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sgravò di due ovi, in uno de’ quali stava rinchiuso Polluce, ed Elena, nell’alt
rinari. Nel corso della tempesta che assalì gli Argonauti, si viddero de’ fuochi scintillare sul capo de’ due fratelli, e c
che assalì gli Argonauti, si viddero de’ fuochi scintillare sul capo de’ due fratelli, e cessò tosto quel fiero temporale.
l’assistenza di Giunone, e di Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a fronte di quelli dell’acquisto del vello.
’impadronì Giasone dell’aureo vello che portò sulla nave con istupore de’ suoi compagni, che si erano scoraggiti all’aspett
tene, dove procurò di sedurre il vecchio Egèo. Passò Giasone il resto de’ suoi giorni ora in un luogo, ora in un altro. Fin
la gratitudine, avendo liberata Tebe nell’età di anni dieci dal giogo de’ Miniani. Ammazzò Ergino loro re, e saccheggiò Orc
iniani. Ammazzò Ergino loro re, e saccheggiò Orchomeno città capitale de’ medesimi. Creonte in compenso gli diede in isposa
iglia. Questi non furono che piccioli saggi del suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva riserbati lo sdegno di Gi
ta. Ercole li avrebbe affatto perduti, se non avesse udito il muggìto de’ bovi. Pagò Caco la pena del suo delitto : si ripr
persuase a venire ancor egli a Troja. Partì dunque, e giunto al campo de’ Greci, il bravo medico Macaone figliuolo di Escul
Ma disgraziatamente nel giorno stesso delle nozze, cogliendo Euridice de’ fiori in una prateria, fu morsicata al calcagno d
buisce la cagione al pastore Aristèo che la inseguiva mentre coglieva de’ fiori, e nella fuga fu da una serpe morsicata. Qu
rmenti di Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de’ suoi vagiti lo staccò dall’albero, e lo presentò
accanimento, che l’odio reciproco loro ispirava, che dopo aversi dato de’ colpi terribili, restarono nel tempo istesso mort
o. La loro rabbia si manifestò anche dopo la morte, giacchè le ceneri de’ due fratelli non si poterono mai unire nella tomb
iamme si separarono con meraviglia, e spavento degli astanti. Nomi de’ principali Guerrieri, che si distinsero nella gue
il quale per liberarsene si rifugiò a Psofi in Arcadia, per ivi fare de’ sacrifizj colla speranza di riacquistare la perdu
donna. Suscitatasi fra Giove, e Giunone la quistione sugli attributi de’ due sessi, fu chiamato Tiresia, che decise a favo
o dell’ avvenire, e col dono della vita cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figli di Edipo, cioè E
o della vita cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figli di Edipo, cioè Eteocle, e Polinice, Creonte
si desse la sepoltura alle ceneri di Polinice, perchè aveva chiamati de’ forestieri per difendere i suoi dritti contro la
Adrasto, che stuzzicava i guerrieri della Grecia a vendicare le ombre de’ loro padri. Questa seconda guerra fu detta degli
iamo frattanto ai tempi eroici, per indagare l’origine della famiglia de’ Pelopidi, che figurò molto in tal’epoca. Tantalo
ò fatto, Enomao si uccise in mezzo della corsa, e Pelope s’impossessò de’ suoi stati, facendo gittare nel mare Mirtilo sott
ra di Troja. L’origine di questa guerra bisogna ripeterla, al dir de’ poeti, dal Cielo. Giove sempre infedele a Giunone
ra, e dopo lunghi preparamenti si fece in Argo la rassegna del numero de’ combattenti. Questa bella armata radunatasi in Au
di molte fatalità. In primo luogo doveva trovarsi in quest’armata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia di Ap
ito da Achille con un colpo di lancia, e che si era dichiarato nemico de’ Greci. Come questi non poteva guarire, se non per
Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’ Greci carico di doni per riscattare la sua figlia
r il giudizio di Paride, discese sulla terra, e regolò la mano di uno de’ combattenti a lanciare una freccia diretta al re
altresì un colpo a Marte Dio della guerra. Finalmente Ettore il solo de’ Trojani, che ardì di farglisi innanzi, ritornò in
e la sposa volò di nuovo al campo, portando lo scompiglio nelle file de’ Greci. Discende Minerva dal Cielo : Apollo, che f
ad Ettore il progetto di chiedere una tenzone singolare col più forte de’ Greci. Tal dimanda sgomentò i più bravi : il solo
amente fu preso dal sonno. Dormiva Giove, ma vegliava Nettuno a danno de’ Trojani, che furono posti in fuga, allorchè Giove
io quasi divino. Marcia Ettore guidato da Apollo : abbatte le trincee de’ Greci, che per la seconda volta dovettero ritirar
l punto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accostato ad uno de’ più belli, quando sopraggiunse arditamente Ajace,
prima offerti. Impaziente Achille di sfogare la sua rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo ai Greci di prendere
lagrime di dolore, e le grida arrivarono al Cielo : l’aria risuonava de’ loro lamenti : l’intera città era in lutto. La pr
a chioma, che divenne preda delle fiamme : volle inoltre, che quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gi
ncora con maggior pompa la memoria dell’estinto amico, Achille intimò de’ giuochi, e de’ combattimenti, facendo preparar pr
or pompa la memoria dell’estinto amico, Achille intimò de’ giuochi, e de’ combattimenti, facendo preparar premj grandissimi
mo, che in persona era venuto supplichevole a dimandarlo, e che offrì de’ doni di gran valore rifiutati peraltro da Achille
Fine della vita di Achille. Achille morì per mano del più vigliacco de’ figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante di
’ Odissèa, di cui ci accingiamo a fare l’analisi, racchiude la storia de’ viaggi di un Eroe, la cui prudenza e saviezza abb
a cui prudenza e saviezza abbiamo già ammirata. Questo poema ci offre de’ quadri ben diversi, ma preziosi, ed interessanti
ui la sua protezione, discesa dall’Olimpo sotto l’aspetto di Menta Re de’ Tafj, si presentò a Telemaco, consigliandolo a re
tte giorni la sua navigazione fu felice con avere approdato all’isola de’ Feaci : ma Nettuno sempre a lui contrario suscita
mare viene a soccorrerlo : lo consiglia di andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritroverà la sua salvezza : gli dà un
sempre intenta a proteggerlo corre a volo alla reggia di Alcinoo, re de’ Feaci : apparisce in sogno a Nausicae sua figlia,
rincipessa, espone quanto ha sognato ai genitori, e caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle sue compagne di
tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame : gli si apprestano de’ cibi, indi vien condotto alla città. Lasciata Nau
ta terra fatale, e battuto da nuova burrasca è stato gittato sul lido de’ Feaci, dove ha trovato la più sincera ospitalità.
ezze del riposo. Il dì seguente il buon re Alcinoo raduna l’assemblea de’ grandi del Regno : loro presenta il suo ospite :
uo ospite : espone la di lui trista situazione, e li dispose a fargli de’ doni proporzionati alle loro ricchezze. Tal diman
antando varie avventure, durante l’assedio di Troja. Alla rimembranza de’ fatti colà accaduti non potè Ulisse frenare le la
agni si pose alla vela, e sbattuto da una tempesta approdò alle Coste de’ Ciconi dove fece un gran bottino. Se ne vendicaro
ì di strada per la seconda fiata con averlo il vento sbalzato ai liti de’ Lotofagi nell’Africa. Ivi fu maggiore il pericolo
a chi lo mangiava. Ulisse usò l’accortezza di far legare sulle panche de’ navigli chiunque aveva avuta la disgrazia di gust
sgrazia di gustarlo. Lo stesso vento portò la di lui flotta all’isola de’ Ciclopi, fermandosi in una picciola isoletta dell
i. La flotta spiegò le vele verso l’isola Eolia, dove regnava Eolo re de’ venti : Volendo questi favorire la navigazione di
nne volentieri per un anno nell’isola. Di là partito si recò al paese de’ Cimmerj1, per ivi invocare le ombre de’ morti, e
i là partito si recò al paese de’ Cimmerj1, per ivi invocare le ombre de’ morti, e consultare l’anima di Tiresia Tebano. Is
arono alcuni. Lo sdegno degli Dei si manifestò all’istante : le carni de’ bovi scannati muggivano sopra le braci, e le pell
atolo sopra di un letto di verdura, ripresero il camino verso l’isola de’ Feaci. Svegliatosi Ulisse, non riconobbe affatto
chè Ulisse e Telemaco furono riuniti, pensarono a mezzi onde disfarsi de’ persecutori di Penelope. Entrano separatamente in
Ulisse in sua casa, e che a momenti avrebbe riveduto. Le dà parimente de’ consigli, onde ben regolarsi con i suoi persecuto
Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno nel cuore discese nell’Eolia, e
de’ Greci. Col veleno nel cuore discese nell’Eolia, e scongiurò il re de’ venti perchè avesse posto il mare in iscompiglio,
enti di rientrare nelle proprie caverne. Enea che vedeva appena sette de’ suoi vascelli credendo non senza fondamento che i
otta ; egli si avanza lungo la costa, per vedere se scopriva il resto de’ legni. In questo mentre Venere si dà moto per suo
e inganna i Trojani con un falso racconto, dicendo, esser egli l’odio de’ Greci : soggiunge, che il cavallo di legno è un’o
irono dal mare. Questi rettili prodigiosi si attorcigliarono al corpo de’ due figli di Laocoonte, e si avviticchiarono sopr
un segno manifesto della collera degli Dei, che gradivano le offerte de’ Greci. Quindi ognun crede al perfido Sinone : si
parimente Enea. Ettore gli apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Greci, e di essere oramai giunto l’esterminio di
rojano : ivi morì il vecchio suo padre Anchise. Trapani fu il termine de’ suoi viaggi, allorchè volendo di là far vela per
morto il vecchio suo padre Anchise, in onore del quale fece celebrare de’ giuochi dopo avere adempiuto alle funebri cerimon
della Sibilla, passando per lo Lago di Averno, discende al soggiorno de’ morti : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli a
o Lago di Averno, discende al soggiorno de’ morti : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Le
’Oracolo destinava in isposa a questo principe straniero, era l’erede de’ suoi stati ; Amata sua madre, ad onta dell’Oracol
 ; Amata sua madre, ad onta dell’Oracolo, l’aveva promessa a Turno Re de’ Rutuli. In tale occasione spedì Enea i suoi ambas
se dippiù, cioè che Enea sarebbe divenuto suo genero. Piccata Giunone de’ fortunati successi di questo principe, si affrett
ia passò alla corte di Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de’ suoi soldati. I principi vicini prendono pariment
e, nè tampoco contengano avvenimenti che possano illustrare la storia de’ tempi eroici, come la guerra di Tebe, l’incendio
lla proprietà di essere invulnerabile. Perì questa ninfa nella guerra de’ Centauri, e de’ Lapiti, i quali non potendola fer
essere invulnerabile. Perì questa ninfa nella guerra de’ Centauri, e de’ Lapiti, i quali non potendola ferire strapparono
ira : ma non potendo ottenere tal grazia si lanciò nelle onde, ed uno de’ delfini, che si erano accostati al naviglio per s
i che hanno ampiamente trattato un tale argomento : contentandoci noi de’ ristretti limiti fra’ quali ci siamo contenuti.
re, e cultrice delle belle arti, e delle scienze. Dapertutto veggonsi de’ capi di opera della pittura, e scultura, e della
marmi, iscrizioni nell’una e l’altra lingua, che ci mettono al giorno de’ sacri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se
i della più remota antichità. Nel nostro suolo per l’appunto il fasto de’ Romani, conquistatori dell’Universo, spiegò tutta
era però di somma necessità rinnovarne il discorso per l’intelligenza de’ monumenti, che anche a nostri giorni sono esisten
stumanze, ed osservare il delirio, e le fantastiche idee di religione de’ nostri maggiori, che ad imitazione degli altri po
ee far meraviglia, giacchè i primi fondatori delle Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti di attribuire ai medesimi gli
Malgrado che sia egli decantato in ogni pagina dalla fervida fantasia de’ poeti, la sua picciolezza è tale, che Boccaccio a
omo : alludendo alle quattro età del Sole nel tempo degli equinozj, e de’ solstizj. Trasportati i nostri Maggiori per lo st
viglia che avessero professato un culto particolare verso il principe de’ pianeti col nome di Ebone. La nostra Cattedrale e
rcitava negli antri, e ne’ sotterranei, per alludere forse alla virtù de’ raggi solari, che vibrati sulla terra hanno l’att
giurava per questo Dio, e Lampridio nella vita di Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz di lui. La sua
l’ignobile otium che la perfetta cognizione del corso e dell’influsso de’ pianeti, Illo me tempore dulcis alebat Parthen
antico stemma della Città, la cui testa vedesi oggi nel Regale Museo de’ Regj Studj, ed il resto del corpo fu destinato a
empi più remoti. Oltre a ciò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come nel di loro articolo abbiamo dimo
one dal promontorio di Nettuno fino alla Magna Grecia erano innalzati de’ tempj alla Fortuna, bisogna tuttavia confessare c
lto particolare. Ciascuna città aveva la propria Fortuna, come quella de’ Napoletani, de’ Romani presso Plutarco detta anco
Ciascuna città aveva la propria Fortuna, come quella de’ Napoletani, de’ Romani presso Plutarco detta ancora Pubblica. I G
Il Genio. Molte sono le opinioni degli scrittori sull’influenza de’ Genj. Vi ha chi lo crede padre degli uomini, e Pl
e dei Lari. Cebete Tebano asserisce che il Genio sia un Dio animatore de’ mortali allora che nascono, consigliandoli a non
re. In esse celebravansi le feste nei giorni assegnati, e si facevano de’ conviti detti lectisternia, a stratis lectis, nei
à alla gioventù studiosa per acquistare un’idea della prima religione de’ nostri padri, e dei tanti monumenti che nelle pub
mila il numero degl’Iddj foggiati dagli antichi. 2. L’immaginazione de’ poeti faceva nascere nel mondo allora bambino i D
ispirare agli altri i nostri sentimenti, come Fedro c’insegna in uno de’ prologhi. Nunc fabularum cur sit inventum genus,
arte. Di essi i più celebri sono Sotero, Eleuterio, Olimpio, appresso de’ Greci ; Feretrio, Statore, Olimpio, appresso de’
o, Olimpio, appresso de’ Greci ; Feretrio, Statore, Olimpio, appresso de’ Romani. A questo Dio fu eretto un magnifico tempi
el famoso Tubalcain, di cui parlasi nel libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo nel lavorare ogni sorta
tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di
tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di
è il figlio di Semele conosciuto sotto il nome di Tebano, o il Bacco de’ Greci. 1. Questo è il carattere di Bacco il Teba
a favola di Caronte, e del fiume Stige. 1. Credesi chiamato Lete uno de’ rami del Nilo. L’autore di questa favola forse fu
i due voci Part. Nop. clima felix. 1. Omero nell’Odis. parla sovente de’ Cimmerj, popoli che abitavano nelle grotte, ed in
i ameno, e leggiadro poeta. 1. Si è detto essere infinito il numero de’ Numi foggiati dagli antichi, che gli ritrovarono
figli di Giove ; siccome Romolo, e Remo potrebbero essere i Dioscuri de’ Latini. 1. Vedesi tuttavia in Roma la spelonca d
1. Rapsodi erano detti quei, che cantavano per le piazze gli squarci de’ rinomati poeti. Tali erano quei, che in seguito c
1. Utis, voce Greca indicante Nessuno. 1. Si è altra volta parlato de’ Cimmerj, che abitavano ne’ sotterranei. Leggasi s
i questo bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate Metastasio in uno de’ suoi meravigliosi drammi ha parimente seguito le
divino suo poema, che malgrado varj difetti, non lascia di essere uno de’ migliori squarci che l’antichità ci ha tramandati
i sedili chiamati piazze, ove radunavasi la gente nobile pel disbrigo de’ pubblici affari. Dalle medesime ha tratta l’origi
2 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
me presero cura più che paterna. Or fra essi senza fallo l’E. V. R. è de’ primi ; chè col consiglio non solo, ma coll’ oper
altro non posso, e confessarmi obbligato, e conservare lunga memoria de’ beneficii ricevuti. Per un’altra ragione poi ho
r sebbene io conosca che commetto non leggier fallo, secondo lo stile de’ moderni, allungando più del dovere questa mia ded
fonti ? Gli educatori adunque della gioventù debbon porre fra le mani de’ loro allievi i greci ed i latini scrittori, se no
letteratura. Or a fin di agevolare a’ giovani studiosi l’intelligenza de’ Poeti e greci e latini, non son molti anni che di
oeti, e scevra di ogni anche menoma espressione contraria all’ onestà de’ costumi ; essendo che non è mica agevole ritrovar
delle favolose avventure, delle ineumbenze e del carattere degli Dei de’ Gentili o Pagani, i quali follemente credevano, n
signoreggiano. Noi tanta moltitudine divideremo come in tre schiere ; de’ Gelesti, cioè, (επουρανιοι, ολιμπιοι, αθανατοι) ;
n tre schiere ; de’ Gelesti, cioè, (επουρανιοι, ολιμπιοι, αθανατοι) ; de’ Terrestri (κθονιοι, επικθονιοι), a’ quali si ridu
satus per satio, seminagione, perchè quel nume la insegnò agli uomini de’ tempi suoi ; o dalla voce ebraica sathar, nascond
el nume che in se contiene il corso ed il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o il Sole, il quale col suo corso rego
avvide Titàno dell’inganno, e credendone a parte Satùrno, coll’aiuto de’ Titàni, suoi figliuoli, gli mosse guerra, e vinto
del mondo fatta da’ figliuoli di Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figliuoli di Noè, i quali dopo il diluvio si
ecarci qualche gran bene ; come figliuoli della terra diciamo coloro, de’ quali ignoriamo i genitori. Quindi la regione che
creazione dell’uomo in poi, diedero ad esse il nome di varii metalli, de’ quali la maggiore o minore preziosità facesse ril
nza a passo a passo era tralignato, cadendo nella miseria e ne’ vizii de’ secoli nostri. Regnando adunque Satùrno fu l’aure
ano, Pico, ed a Pico, Fauno, suo figliuolo, il quale da Marica, ninfa de’ Minturnesi, ebbe il re Latìno, padre di Lavinia.
Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola di Giano e
ondante di fonti e di sacri boschetti. Fauno fu il primo ad edificare de’ tempii agli Dei fra gli Aborigeni, e dal suo nome
ta e quivi il nutricasse di nascosto. Allora le ninfe Melie, compagne de’ Coribanti, il presero in braccio, ed Adrastèa l’a
di capra e con mele. Or questa capra avea due curvi bellissimi corni, de’ quali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo av
il natale di Giove. Virgilio (1) dice che le api, allettate dal suono de’ cembali de’ Cureti, nell’antro del monte Ditteo,
Giove. Virgilio (1) dice che le api, allettate dal suono de’ cembali de’ Cureti, nell’antro del monte Ditteo, in Creta, fu
1) vuole che Veiovis significhi Giove fanciullo e senza que’ fulmini, de’ quali ebbe ad armarsi per debellare i Giganti ; s
lmonèo. Dopo che ebbe Giove co’ fulmini represso l’empio orgoglio de’ Giganti, la sua potenza si stabilì maggiormente,
la Sapienza era più d’appresso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente di meno gli antichi fecer
lmonèo, figliuolo di Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re de’ venti. Il quale non contento della maestà reale,
ormare degli uomini, fabbricarono questa donna e tutti l’arricchirono de’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi di ciò, c
erano ritornati in cielo, neppure quivi si videro sicuri dagl’insulti de’ mortali. Imperocchè è antica fama che i Giganti,
diterraneo e nell’Oceano. Forse i primi uomini al vedere l’esplosioni de’ vulcani che sollevano in aria le intere rupi, si
. Licaone-Diluvio-Deucalione e Pirra-Filemone e Bauci. Dal sangue de’ Giganti (4) fulminati da Giove nacque una razza d
) fulminati da Giove nacque una razza di uomini crudeli e spregiatori de’ Numi. Giove, per domare siffalla genia, tenne il
i Medici chiamano licantropia (λυκανθρωπια). Or la temeraria impresa de’ giganti, l’empietà di Licaòne ed i grandi vizii d
ia, fig. di Giapeto e di Climene, fratello di Prometeo, e condottiere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove da
giorni ; e gli Etiopi vi son chiamati irreprensibili per l’innoncenza de’ costumi ; il che forse ha dato luogo alla favola,
e ad Ercole, col quale avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’Ebe de’ Greci era la Dea Gioventù (Iuventas), la quale pr
mezzo di essa era il capo della Gorgone, del quale tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli di Giove. Ma convien racc
ssimo oro ; ma fra le sorelle essa sola era mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per volere di Minerva, la quale per
unque la riguardasse. E qui comincia la celebre favola di Perseo, uno de’ più grandi figliuoli di Giove. XI. Continuazio
e coraggiosamente all’impresa ed uccide la bestia con applauso grande de’ riguardanti. Dopo di che, per lavarsi le mani, na
no, che ha dovuto dare occasione a’Poeti di fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote di Acrisio
ni armati, che si chiamarono sparti (σπαρτος, satus, a σπειρω, sero), de’ quali venuti a pugna fra loro rimasero non più ch
e lettere l’alfa, perchè con questo nome chiamasi il bue nella lingua de’ Fenicii, i quali a questo animale il primo luogo
ene nelle monete degli abitanti di Gela, e di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo di toro, e
l cavallo chiamato Cillaro, attribuito comunemente a Castore, domator de’ cavalli ; ciò viene da che entrambi questi fratel
lli appellavansi i Castori, dicendosi i giuochi, il tempio, la stella de’ Castori. E della sua gagliardia nel giuoco del ce
combattimento del cesto, dice che discendevano da Amico e dalla gente de’ Bebrici. Or questo re tutti coloro che per sorte
mi ed erano i protettori degli atleti. Erano pure in guardia e tutela de’ Dioscuri i naviganti. Appena, dice Orazio (2), a’
nti. Appena, dice Orazio (2), a’ naviganti si mostra il benigno astro de’ figliuoli di Leda, si abbonaccia il mare, i venti
, i venti si acchetano, diradansi le nubi e cade il minaccioso furore de’ fiotti. Il che nacque dall’avere quei due fratell
uti, acchetossi tosto che si videro due fuochi girare intorno al capo de’ Tindaridi. Questi fuochi che spesso apparir si ve
un giorno sien morti. Eustazio in questa favola vede la costellazione de’ Gemini, i quali essendo sotterra, sembran morti ;
esse di tuffarsi nelle onde. Da ciò è che questa costellazione, aldir de’ poeti, non mai tramonta. Callisto fu trasformata
(Αιακος, Aeacus), altro figliuolo di Giove, fu il più giusto principe de’ tempi suoi, e perciò si annoverava fra’ giudici d
che dal nome della madre chiamò Egina(1), ond’ebbe origine il popolo de’ Mirmidoni, i quali avendo seguito Peleo, fig. di
dalla figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato di cento occhi, de’ quali due alla volta per dormire si chiudevano, m
dò lungo tempo in cerca del figliuolo, e ritrovatolo presso la Regina de’ Biblii, il riportò a regnare in Egitto, ove, per
omparire fra le sorelle, perchè oltre modo dolente delle disavventure de’ discendenti di Dardano, e del miserando fato di T
loro per ragion di successione gravissima discordia ; e temendo l’ira de’ cittadini, lasciò la patria, e dopo lungo viaggio
a passò nella Frigia(2), ove introdusse un segreto e misterioso culto de’ suoi Dei, che si conservò lungo tempo in quelle c
ione. Dopo Dardano regnò Erittonio, che Omero chiama il più dovizioso de’ mortali, e cui pascevano nelle praterie tremila b
era di Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4) dice che fu fig. di Elleno e che
della Libia, un malagevole viaggio, per cui giunse, nou senza favore de’ Numi, ad un bosco amenissimo, in mezzo al quale e
molte favole avviluppati. Perciò Varrone(1) distingueva nella storia de’ Greci, il tempo incerto, dal principio del mondo
lo di Giove Olimpico, e per un magnifico tempio di questo Nume, ricco de’ doni della Grecia, ove grandeggiava la statua di
enti però sembra malagevole determinare i caratteri distintivi del Re de’ Numi. Il Giove Ellenio si dipinge senza barba ; e
pacem ferre putaretur. Romolo riportò le spoglie opime di Acrone, re de’ Ceninesi ; e dedicatele a Giove Feretrio, edificò
in testuggine, animale che ancora porta la casa sul dosso, ed in pena de’ suoi scherni condannolla ad un perpetuo silenzio.
dope. Gerane. Antigone. Giunone era la regina degli Dei, e la Dea de’ regni e delle ricchezze, percui spesso salutasi c
non pochi esempi. L’Emo ed il Rodope furon due monti della Tessaglia, de’ quali si favoleggia ch’erano in quella regione un
pedire ch’esse devastassero i loro campi ; così Omero finse la guerra de’ Pigmei colle grù. Finalmente Antigone, fig. di La
l’imputarono a tutto il suo popolo e da quelle ripetevano le sciagure de’ Troiani e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1)
tutto il suo popolo e da quelle ripetevano le sciagure de’ Troiani e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che l
sò Ecuba, fig. di Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuoli, de’ quali i più conosciuti furono Ettore, Deifobo, Po
i Dei. Appresso Omero(1) Giunone stessa si vanta della nobiltà divina de’ suoi natali ; e ben conveniva che Giove avesse un
ero resi grandissimi onori(2). Eolo(3) riceve gli ordini della Regina de’ cieli colla sommessione di un suddito rispettoso
dice ch’è tutta sua mercè se gode del favore di Giove, se ha l’impero de’ venti e siede alla mensa de’ Numi. Il che può spi
gode del favore di Giove, se ha l’impero de’ venti e siede alla mensa de’ Numi. Il che può spiegarsi dicendo che per benefi
la sua messaggiera fedele(5). Giunone la pose in cielo in ricompensa de’ servigi prestatile, ed essa stava sempre assisa p
ie incumbenze di Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone era la Dea de’ regni e delle ricchezze, così sembra a lei poters
ed insana. Quindi la dipingono calva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra di una ruota, e l’al
aveano una statuetta d’oro della Fortuna detta aurea, ch’era il Genio de’ Principi. I comandanti nel partir per la guerra s
’aureo trono. Il pavone è sì proprio di lei, che nel cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed
ρα οπλοσμια). I Latini le davano l’asta ; ed è nota la Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea
tue vestite che l’antichità ci abbia dato, in cui si ammira la grazia de’ contorni, la bellezza e la maestà de’ grandi occh
ato, in cui si ammira la grazia de’ contorni, la bellezza e la maestà de’ grandi occhi, per cui fu chiamata boope, e la sub
stà de’ grandi occhi, per cui fu chiamata boope, e la sublime nobiltà de’ lineamenti del volto. In un intonaco di Pompei, o
ed era coperta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi di Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi c
turnia, perchè figliuola di Saturno. Iuno Unxia, dall’antico costume de’ Romani, presso a’ quali la sposa novella ungeva l
XI. Alcune altre cose di Giunone. Il pittore Zeusi, ad istanza de’ Crotoniati, abbelli con insigni pitture il tempio
o sacrificata era l’agnella ; le vacche non mai, perchè, nella guerra de’ giganti contro gli Dei, Giunone erasi nascosta in
to assai celebre se le prestava in Olimpia, ove ogni anno si facevano de’ giuochi in di lei onore, a’ quali soprintendevano
ano a Giunone. Nel tempio della Dea ad Olimpia era descritto il fatto de’ due fratelli Cleobi e Bitone, i quali, vedendo ch
be rimasta presso quel popolo, il quale subito nata le avesse offerto de’ sacrificii. Di ciò il Sole fece intesi i suoi fig
o per irrigarne il beato suolo ; e Minerva fu anche con loro liberale de’ suoi doni, percui si resero famosi nella scoltura
eo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel
ola ha conseguito tutte le prerogative e tutti gli onori ; e dal coro de’ Tebani presso Sofocle prima s’invoca Minerva, l’i
ella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a quella del Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Minerva era la fo
quel Nume e lo scagliò, chè il suo non valeva a distruggere la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte nel r
lo scagliò, chè il suo non valeva a distruggere la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte nel ritorno alle
i attribuiscono, come Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale con venti navi andò cogli altri
si salvò sullo scoglio Cafarea, ove avendo detto che anche a dispetto de’ Numi ne sarebbe uscito libero, fu da Nettuno adir
se dare il nome alla città e che spettava al popolo il giudicare qual de’ due Numi avesse a vincerla. Ragunati i cittadini
ale(3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con quelli mischiati, quando Perseo, col
l tessere. Avean anche Minerva per protettrice i lavatori o purgatori de’ panni (fullones), i calzolai, i pittori, gli scul
non andavano alle scuole, ed i maestri novelli offerivano le primizie de’ loro studii ad una immagine di Minerva che poneva
pinge vispa, violenta, indomabile, amante del tumulto, della guerra e de’ combattimenti ; il quale carattere non conviene a
la giustizia. » Minerva adunque stabilì l’Areopago come il tribunale de’ figliuoli di Egeo, e come il baluardo della Greci
sto re inventò l’uso di andare in cocchio per nascondere la deformità de’ suoi piedi. Dopo morte fu convertito in una coste
’Ipparco, fig. di Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portavan de’ rami di ulivo. In dette feste, fra gli altri giuo
ta Dea fece grandi prodezze, percui Luciano la chiama Dea ucciditrice de’ giganti. In un monumento riferito da Gorleo vedes
Pallade e Marte, Armati ancora intorno al Padre loro, Mirar le membra de’ giganti sparte. Plinio(1) fra gli argomenti dell
ia delle Amazzoni(2) da una parte, e dall’altra, la pugna degli Dei e de’ Giganti ; e su le scarpe, quella de’ Lapiti e de’
dall’altra, la pugna degli Dei e de’ Giganti ; e su le scarpe, quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita di
a pugna degli Dei e de’ Giganti ; e su le scarpe, quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita di Pandora, con
arsi alla città ; essa ha fatto nascere allora l’ulivo. In una moneta de’ Magnesii vi è Minerva Pacifera, con l’elmo e lo s
no che questo appunto, cioè il colore glauco, è il colore degli occhi de’ più feroci e guerrieri animali, e perciò l’attrib
vuol leggere Patrona Virgo, che sta bene a Minerva, ch’è protettrice de’ poeti e della poesia. Ed alcuni critici, contra l
atua di Minerva, o secondo altri, un piccolo scudo simile agli ancili de’ Romani. Del quale raccontano che caduto dal cielo
etusa, Lampesia e Lampetusa. Il quale giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali, da Epafo, fig. di Giove e d’Io, fu m
furono convertite in alni o sia ontani, o in pioppi ; dalla corteccia de’ quali alberi grondano delle gocciole che paion la
sassi, se li menava dietro, ed il corso arrestava de’fiumi e l’impeto de’ venti(1). Ebbe per moglie Euridice, una delle Dri
di quattro tori e di altrettante giovenche ; dalle putrefatte viscere de’ quali animali, dopo nove giorni, vide con grata m
e pecehie son tutte perdute, si rifanno, sotterrando i ventri freschi de’ buoi. E Virgilio(1) afferma ch’esse nascono da’ m
ersicore. Nel suonar la lira ogni altro vinceva ; e credesi inventore de’ versi lirici. Insegnò la musica ad Orfeo, ad Erco
asino ; il che volendo egli celare, portava una tiara o mitra all’uso de’ Frigii, colla quale coprendo il capo e le orecchi
fetto del re. Ciò significa che non è agevol cosa occultare i difetti de’ principi, attesa la naturale inclinazione che han
l fiume Marsia è una palude spessa di cannucce buone per le linguette de’ pifferi. Un qualche uomo d’ingegno, chiamató Mars
ne si diede colle proprie mani la morte ; e Niobe, priva del marito e de’ figliuoli, presso la loro tomba sfogando il dispe
orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal culto de’ Numi. Timagora dice che i Tebani a tradimento ucc
la favola dall’aver Niobe posta una sua statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalmente Pausania racconta che
e padre di Astinome, detta da lui Criseide. Agamennone, sovrano duce de’ Greci, avea avuta a schiava la giovane Criseide n
ne di Apollo, degli abiti sacerdotali vestito andò agli alloggiamenti de’ Greci, ed offerendo assai danaro pel riscatto, do
eri ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepito degli scossi strali, de’ quali come uno ne vibra dal tremendo arco, tosto
sto agli animali si attacca micidiale contagio, e poscia agli uomini, de’ quali continuamente ardenti roghi bruciano i mise
il vate Calcante svela la cagione del funesto malore. Il supremo duce de’ Greci si adira e freme, ma pur rimanda a Crise la
issime erano le incumbenze di Apollo. E primieramente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che della musica e di t
delle Muse. Eran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e di Minerva che secondo alcun
idarle nel canto. Filammone, fig. di Apollo e della ninfa Chione, uno de’ più antichi Musici(1), ed il primo che istituì i
si volle significare l’audacia di tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali, simile a quella delle piche, è il vero tor
e. Alla custodia di quel fonte stava un dragone di strana grandezza ; de’ quali ritroviamo moltissimi nelle vecchie favole,
ui i Poeti, i quali si assomigliavano alle api, succhiavan la soavità de’ loro versi(1). Orazio è qual’ape industriosa del
ino, che negli ombrosi boschetti di Tivolì, dal timo fabbrica il mele de’ suoi dolci carmi(2). Nè sulla terra solamente, ma
umi, e principalmente di Giove, lor padre. Il quale rimasto vincitore de’ giganti, Apollo e le Muse un sublime inno cantaro
spesso lor sacerdoti ed amici, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver credeano non so
e Muse e le Grazie non aveano che un sol tempio, per indicare che uno de’ principali fini della poesia è dilettare. Clio, c
una maschera. Orazio(1) ben due volte ha preso Melpomene per la Musa de’ lirici poeti. Tersicore, (a τερπω, fut. ψω, delec
o, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ più pregevoli monumenti delle arti(5). Livio racc
, quando essa sedea sul tripode. Dicono che Flegia fig. di Marte e re de’ Lapiti, ’in Tessaglia, per vendetta di un grave o
dell’acqua ad una fontana per alcuni sacrificii, il corvo, adocchiati de’ buoni fichi, ma immaturi, dimentico del comando,
o rendea di quella cetra il canto. Anguillara. Era pure Dio tutelare de’ pastori, a’quali insegnato avea il canto ed i car
Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole era il Baal o Belo de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei, il Beelfegor de’ M
ercurio ecc. E forse il Sole era il Baal o Belo de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei, il Beelfegor de’ Moabiti, l’Adone de’ Fe
le era il Baal o Belo de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei, il Beelfegor de’ Moabiti, l’Adone de’ Fenicii, l’Osiride degli Egi
de’ Caldei, il Moloch de’ Cananei, il Beelfegor de’ Moabiti, l’Adone de’ Fenicii, l’Osiride degli Egiziani, il Mitra dei P
’Osiride degli Egiziani, il Mitra dei Persiani, e l’Apollo de’Greci e de’ Romani. Pare dunque che l’idolatria abbia avuto p
e circondati da uno strofio o cordone, ornamento proprio degli Dei e de’ Re. In un’agata presso il Sig. De la Chausse si r
ochio, che nella destra tiene un flagello, e colla sinistra le redini de’ suoi velocissimi cavalli. Ha intorno a se i dodic
ittagora l’universo è un grande ettacordo ; ciascun pianeta manda uno de’ suoni della solfa, e dalle loro vibrazioni risult
quindi detti σωτηρες, αλεξικακοι, αποπομπαιοι, cioè gli Dei Averrunci de’ Latini, i quali averruncabant, cioè tenevan lonta
elebre oracolo ed un tempio presso i Milesii, ove prima era l’oracolo de’ Branchidi, e che fu bruciato da Serse. Fu così de
). Altri vogliono che fu così detto, perchè allogavasi nelle botteghe de’ librai, fra’ quali dice Orazio(1) che i Sosii era
Ne porgi aita. Caro Ove vedesi dato alla Luna l’aggiunto di regina de’ boschi, ch’era proprio di Diana. Onde cantò l’Ari
mi delle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ loro magici carmi potevano far calare la Luna dal
sieguono ; ella si porta dietro il Sonno dalle nere ali, e la schiera de’ neri sogni. Per ragione poi del regolare ed armon
Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi credevano sepolto nelle
ceano ; sebbene altri(3) dicano che i Cimmerii erano un antico popolo de’ dintorni della Campania presso Baia e Pozzuoli, c
va di alti papaveri e di mandragore, piante soporifere, su cui stavan de’ pipistrelli. E presso il Winckelmann(1) la Notte
3). Morfeo poi era il principal ministro del Sonno e quasi il corifeo de’ sogni, che ad ogni cenno del suo signore imita qu
eceduta da Espero che spegne la sua face nelle onde, e seguita da uno de’ Dioscuri, mentre colla sua nera biga precipita ne
inse la Luna coll’arco, la faretra e le frecce, attributi della Diana de’ Romani. Sopra un gruppo di nubi vedesi sul suo co
di Semele, cui i Greci attribuiscono le vittorie e le invenzioni che de’ primi due si raccontano. Ampelio dice che vi sono
, città dell’Epiro. Si vuole che Bacco, vedendo che Medea colla virtù de’ suoi incantesimi restituito avea Esone alla primi
lli, fu posto a morte crudele da quella fiera. Del grandissimo pianto de’ genitori e delle ninfe sorelle mosso Giove a piet
su quella nave portò a Nasso il nume, suo benefattore. Luciano in uno de’ dialoghi marini dice che Bacco in un combattiment
’oro che giungeva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua delizia il canto a suon del flauto,
di Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e specialmente di Bacco, ed il dipinge più s
ripide(2) dice che prima di ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ clamori delle sue feste, obbligando le donne Teba
e e di altri più accesi nell’ira, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un
onie di una divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa che il Bacco de’ Greci era l’Osiride degli Egiziani. Tibullo(2) ch
ancora dell’aratro. Così, secondo la tradizione poetica, nella guerra de’ giganti Bacco, coperto della pelle di una tigre,
Ma ciò non si può attribuire al figliuolo di Semele, perchè la guerra de’ giganti avvenne molti secoli prima di Cadmo. Oltr
sotto la forma di un toro. Ma niuna cosa meglio dimostra che il Bacco de’ Greci era l’Osiride degli Egiziani, quanto la fam
punta di essa asta, o lancia o giavellotto, era celata tra le foglie de’ pampini. Arrivò in tal guisa fin nelle Indie, dov
Mida. Figliuole di Anio. Capo e conduttore della festosa schiera de’ Satiri e delle Baccanti in questa famosa spedizio
νος, vinum, et τροπη, conversio). Di che fatto certo Agamennone, duce de’ Greci contro Troia, volea seco condurle, affinchè
rivano tutte le primizie(2). Alle volte in questi canestri si tenevan de’ serpenti, che facevansi ad un tratto uscir fuora
iò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote,
perniciosi effetti del vino. A lui(4) attribuir si dee la fiera zuffa de’ Centauri e de’ Lapiti. Piritoo, fig. del centauro
tti del vino. A lui(4) attribuir si dee la fiera zuffa de’ Centauri e de’ Lapiti. Piritoo, fig. del centauro Issione, sposò
lori della sua vivace fantasia. Orazio coll’esempio della feral pugna de’ Centauri e de’ Lapiti avverte a non oltrepassare
vivace fantasia. Orazio coll’esempio della feral pugna de’ Centauri e de’ Lapiti avverte a non oltrepassare i confini di un
Cerere. E gli Spartani(5) dicevano che avea pur ritrovato la coltura de’ fichi ; e però il chiamavano Sichite (συκον, ficu
zano co’ crotali, co’cembali e co’ timpani ; alcuni fanciulli portano de’ grappoli d’uva, mentre i giovani Fauni premono la
antichi prima dell’invenzione del bicchiere facevano uso delle corna de’ buoi per bere. Rodigino riferisce che Bacco, dopo
fremiti, o rumorosi riti delle Baccanti ; o dallo strepito e mormorio de’ conviti. Bucornide, Bucero, Ιακλος βουκερος, tau
rappresentavasi o con un corno di toro in mano, ch’era l’antica forma de’ vasi per bere ; o perchè i poeti gli attribuivano
a il tirso. XI. Alcune altre cose di Bacco. Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle orgie di Bacco. Euripide(1) ci fa
ne’sacrifizi di quel nume un coro di Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, forse di quella specie, che anche morde
Storia favolosa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili, era la dea della bellezza, la regina del
ene. Orti delle Esperidi. Astarte adunque ch’era la Venere Urania de’ Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si era maritata c
ustiani. » Si racconta che quando Giove sposò Giunone, gli Dei fecero de’ regali alla sposa, e che la Terra donato le avess
gli Dei fecero de’ regali alla sposa, e che la Terra donato le avesse de’ pomi d’oro co’ ramoscelli. Giunone pregò la Terra
a non lungi dal monte Atlante orti amenissimi, ne’ quali era l’albero de’ pomi d’oro consacrato a Venere ; e si chiamavano
e, e fluì dalla ferita L’icòre della Dea, sangue immortale Qual corre de’ beati entro le vene, Ch’essi nè frutto cereal gus
egne. Si potrebbe solo scusare, dicendo avere egli seguita l’opinione de’ tempi suoi, che questi Dei inferiori, cioè, avess
oncorrere ad una orrenda strage che i Greci aiutati da Nettuno fecero de’ Troiani. Giove interdetto avea agl’Iddii di prend
e così diede agio a Nettuno d’inanimire i Greci e fare grande strage de’ Troiani. Rinomato è il misterioso cinto di Venere
pollo avea presagita la serie fatale degli avvenimenti di quell’eroe, de’ suoi posteri e della nuova città che sorger dovea
de’fiori e delle altre piante. Da siffatte solenni promesse del Padre de’ numi Venere rincorata il di vegnente si fece inco
ncorata il di vegnente si fece incontro al figliuolo, il quale ignaro de’ luoghi discorreva alla ventura per conoscere in q
d in cui erano bellamente effigiati i posteri suoi e la futura gloria de’ Romani. Enea lieto l’ammira e l’indossa a danno d
la futura gloria de’ Romani. Enea lieto l’ammira e l’indossa a danno de’ suoi nemici. Or avendo Giove nel consesso de’ num
ira e l’indossa a danno de’ suoi nemici. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone di venire ad a
ere ed a Giunone di venire ad amichevole concordia e non più brigarsi de’ fatti degli uomini, Venere rinnova le sue lagnanz
gnanze pel pernicioso odio di Giunone contro i Troiani, per la salute de’ quali ella supplica, e specialmente di Ascanio ;
ffendere la consorte o la figliuola, si dichiara neutrale, e la sorte de’ Troiani e de’ Rutuli alle determinazioni del fato
nsorte o la figliuola, si dichiara neutrale, e la sorte de’ Troiani e de’ Rutuli alle determinazioni del fato interamente c
pessa Lavinia ; ed è vicino il momento, in cui coll’ uccisione del re de’ Rutuli dovea Enea stabilirsi in Italia. Turno si
cittade, e gli suoi Dei Ripose in Lazio : onde cotanto crebbe Il nome de’ Latini, il regno d’Alba, E le mura e l’imperio al
ua forza e sua maggior potenza, come i figli soglionsi chiamare forza de’ genitori. Da’Greci si appellava Eros (Ερως), come
asi la veneranda Aglaia, Eufrosine, amante degl’ inni, e Talia, amica de’ carmi, figliuole del più potente de’ numi. Il fin
mante degl’ inni, e Talia, amica de’ carmi, figliuole del più potente de’ numi. Il fin qui detto dimostra che nella poesia
rma che le Grazie e Suada ornarono Pandora di aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori di primavera. Presso Omero le Ore s
ici sorelle ministre di Giove e compagne delle Grazie, che avean cura de’ fanciulli e regolavano tutta la vita degli uomini
ù belle Sabine rapite dalla romana gioventù, come destinate ad alcuni de’ principali Padri, eran menate loro a casa da cert
sposò Cadmo, e nelle sue nozze intervennero tutti gli Dei e le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste
era di vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delitti de’ posteri di Cadmo. Venere le fece il dono della fa
rega ad abbandonare per poco la sua diletta Cipro. Vediamo brevemente de’ principali. Amatunta era città marittima dell’iso
amo di Paride ». E finalmente sull’Erice, monte della Sicilia, fu uno de’ più ricchi tempii di Venere, che vuolsi edificato
re, col quale ella ricoprì il figliuolo Enea per difenderlo da’ dardi de’ Greci. La Venere de’ Medici ch’è nella galleria d
coprì il figliuolo Enea per difenderlo da’ dardi de’ Greci. La Venere de’ Medici ch’è nella galleria di Firenze fondata da’
ci ch’è nella galleria di Firenze fondata da’ principi della famiglia de’ Medici, è simile alla rosa ch’esce fuor della boc
a, Heyne con molti versi dell’ Antologia greca dimostra che la Venere de’ Medici ha dovuto essere rappresentata come stante
la quale fu debitrice quella città della sua rinomanza e del concorso de’ forestieri. Questa statua ch’era di marmo penteli
, Lubentina o Libentina, lat.Libintina, da libet, piacere. Era la dea de’ funerali, che alcuni confondono con Venere ; ed a
leggermente con un ramoscello di mirto, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il punto fortunato dicevasi di Venere, come
credevano, che tutte le arti ed i mestieri erano sotto la protezione de’ Genii, de’ quali la pittura si serviva per rappre
che tutte le arti ed i mestieri erano sotto la protezione de’ Genii, de’ quali la pittura si serviva per rappresentare le
egante maniera. In una pittura del Museo Borbonico si veggono i Genii de’ fiori ; ed in un dipinto Pompeiano vi sono i Geni
monte Emo. E Virgilio(5), dice che il padre Gradivo presiede al paese de’ Geti, antichi popoli della Scizia Europea, spesso
ssarono certamente ai Greci. Ma qui è mestieri distinguere più Marti, de’ quali i Greci fecero un solo. Il primo fu il Belo
lo d’indole dura ed oltremodo virile, da Priapo che Luciano crede uno de’ Titani o de’ Dattili Idei e che chiama Dio guerri
ura ed oltremodo virile, da Priapo che Luciano crede uno de’ Titani o de’ Dattili Idei e che chiama Dio guerriero. Dal qual
e vinto, e che a stento salvossi coll’aiuto de’suoi veloci destrieri, de’ quali uno chiamavasi il timore (Pavor), e l’altro
inata la famosa lotta dello Scamandro con Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per volontà di Giunone(4), più risorse
gli Achivi e ne tremaro. Allora doloroso salì alle sfere, e col padre de’ numi lamentossi della tracotanza di Minerva che s
ideo a guerreggiar pazzamente co’numi ; ma Bieco il guató l’adunator de’ nembi Giove e rispose ; querimonie e lai Non mi f
devastatore delle città, i quali nelle orride guerre le dense falangi de’ prodi campioni pongono in iscompiglio. E nello sc
te seco stessi giudicassero, Romolo essere stato lacerato per le mani de’ senatori nel tempio di Vulcano, donde si credeva
ssi popoli. Anche Varrone asserisce che i Romani aveano preso il nome de’ mesi da’ popoli latini, e che il mese di Marzo fu
Lazio. Quello poi ch’è più celebre nel culto di Marte è il sacerdozio de’ Salii, così detti da salio, saltare, danzare, per
la città in onore di Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ era ballo di gente armata. Essi accord
da Achille. Altro degno figliuolo di Marte e di Cirene fu Diomede, re de’ Bistonii, popolo guerriero della Tracia. Esso ave
rete, da Αρης, virtù, forza, soprannome di Marte, che forse è l’αρετη de’ Greci. Armiger, οπλοφορος ; epiteto di questo nu
uni vogliono che Enialio sia diverso da Marte, e propriamente un nume de’ Sabini detto Quirinus da’ Romani. Sofocle disting
. Nel mese di Ottobre poi gli s’immolava ogni anno il mìglior cavallo de’ cocchi vincitori nel campo Marzio, ed appellavasi
rsi che questa superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassomigli
lenza, ove si radunavano i comizii del popolo romano per la creazione de’ magistrati, per la promulgazione delle leggi ec.
trava alla guerra con frequenti esercizii militari sotto la direzione de’ Maestri del campo (campidoctor, οπλοδιδακτης. Vet
octor, οπλοδιδακτης. Vet. Glossar.). Essendo Marte dio della guerra e de’ guerrieri, spesso si usa a significare la guerra
erbo ειρω, annunziare, per l’ufficio che Mercurio avea di messaggiere de’ numi. Meglio è però attenerci a Diodoro Siculo, i
 ; il che conviene assai bene a Mercurio. E poi si vedrà che l’Ermete de’ Greci ed il Mercurio de’ Latini sono senza dubbio
bene a Mercurio. E poi si vedrà che l’Ermete de’ Greci ed il Mercurio de’ Latini sono senza dubbio l’ Ermete tanto celebrat
Egizianì, il Thautus de’Fenicii, il Camíllo degli Etruschi, l’Ermete de’ Greci ed il Theutate de’ Galli. Lo Scoliaste di S
Fenicii, il Camíllo degli Etruschi, l’Ermete de’ Greci ed il Theutate de’ Galli. Lo Scoliaste di Stazio(1) conta quattro Me
r Mercurio Argicida, il quale portò nell’Egitto l’uso delle lettere e de’ numeri. Ma i poeti tutto ciò che narrasi di Mercu
entura si racconta pure di Ercole. III. Continuazione. Il Mercurio de’ Greci è l’Ermete degli Egiziani. Varie incumbenze
a altri scrittori chiaro si scorge che i Greci, come la maggior parte de’ loro numi, così foggiarono il loro Mercurio sul t
il nome di Ermete, cioè di oratore ; il che ben conviene al Mercurio de’ Greci (1). Ed affinchè meglio si scorga la somigl
Fortuna tenere un’ancora e sedere sul rostro di una nave. Ma non solo de’ mercatanti ; egli fu pure il dio dei ladri, forse
ali voci prese in cattivo senso dissero che Mercurio era ladro, e dio de’ ladri. Da Chione, fig. di Dedalione, e da Mercuri
reci ch’egli, colla virtù della parola, ingentilì i selvatici costumi de’ primi uomini (3) ; che inventò la palestra e la l
i diedero a Mercurio la gloria di avere il primo istituito un culto e de’ sacrificii agli Dei, come ancora di aver ridotto
che Orazio (2) chiama Fauno custode degli uomini Mercuriali, per dir de’ poeti ; e Mercurio, padre della curva lira (curva
specialmente di Giove. Era quindi considerato qual ministro ed araldo de’ celesti, protettore de’ viandanti e de’ pastori,
ra quindi considerato qual ministro ed araldo de’ celesti, protettore de’ viandanti e de’ pastori, e condottiere delle anim
erato qual ministro ed araldo de’ celesti, protettore de’ viandanti e de’ pastori, e condottiere delle anime all’inferno. E
er virtù divina. Da Virgilio (2) si rileva ch’egli chiudeva gli occhi de’ defonti ; ma alcuni vogliono ch’esso li apriva pi
a alcuni vogliono ch’esso li apriva piuttosto, alludendosi al costume de’ Romani di aprire sul rogo gli occhi de’ cadaveri,
tosto, alludendosi al costume de’ Romani di aprire sul rogo gli occhi de’ cadaveri, che avean chiusi in casa (1). Non s’int
pale e nobile ufficio di Mercurio era quello di accompagnare le anime de’ trapassati o ai beati Elisi, o all’inferno. Pare
si chiama grato sì a’ celesti che agl’infernali Iddii. E ne’ dialoghi de’ morti di Luciano si ritrova spesso occupato a tra
era dato di riposare alquanto, essendo obbligato di condurre le anime de’ defonti a Plutone, e farla da duce e scorta delle
le ombre. Omero(1) descrive Mercurio che conduce all’inferno le anime de’ Proci, de’ quali Ulisse avea fatto grandissima st
mero(1) descrive Mercurio che conduce all’inferno le anime de’ Proci, de’ quali Ulisse avea fatto grandissima strage : Mer
atto grandissima strage : Mercurio intanto di Cillene il Dio, L’alme de’ Proci estinti a se chiamava. Tenea la bella in ma
ssavano, e la bianca Pietra, e del Sole le lucenti porte. Ed il popol de’ sogni : indi a’ vestiti D’asfodelo immortale infe
i. Pindem. Anche Orazio(2) rappresenta Mercurio che conduce le anime de’ giusti al lieto soggiorno degli Elisi, e che coll
urea sua verga, a guisa di pastore, si mena innanzi le ombre leggiere de’ trapassati (levem turbam, ειδωλα καμοντων. Hom.).
la città del sole (ηλιος, sol, et πολις, urbs.) ; il prato e la sede de’ defonti erano un luogo vicino ad una palude non l
questo nume conduce agl’illeciti guadagni. Teneva la borsa, come dio de’ mercatanti e de’ ladri ; e si rappresentava colle
uce agl’illeciti guadagni. Teneva la borsa, come dio de’ mercatanti e de’ ladri ; e si rappresentava colle ali a’ piedi, fo
era un cappello con larga falda proprio, presso i Greci ed i Romani, de’ viaggiatori e de’ cacciatori per ripararsi dalla
on larga falda proprio, presso i Greci ed i Romani, de’ viaggiatori e de’ cacciatori per ripararsi dalla pioggia e dal sole
attodi portare un montone sulle spalle, per significare ch’era il dio de’ pastori. Altri dicono che avea liberato i cittadi
γγελος των θεων, messaggiere degli Dei ; διακτωρ e διακτορος, mezzano de’ trattati, internuncius, appresso Omero ; των θεων
ro de’numi. Agoreo, Αγοραιος (αγορα, forum), cioè dio delle piazze e de’ mercati ; da Aristofane Εμπολαιος, (εμπολη, lucru
um vel lex). si chiama da Sofocle, Aristofane ec., perchè creduto dio de’ pastori ; o perchè egli diede le leggi a’ popoli.
one, ebbe Mercurio i Lari (Lares) ch’erano la stessa cosa che i Genii de’ Greci (δαιμονες(1). Così chiamavansi propriamente
nacque il Cielo che dovea tutta circondarla ed essere la sede sicura de’ beati Iddii. Questa Dea era adorata dagli Egizii,
atini, non era essa, come Ge, Rea, Fitea, Cerere, Cibele ed altre Dee de’ Greci, una divinità speciale ; ma era piuttosto t
e gli animali che sono i figli suoi. E Plinio(4) dice che per ragione de’ grandi meriti della Terra verso di noi le abbiam
le risposte degli Dei in sogno ; anzi la Terra stessa dice vasi madre de’ sogni. Essa predisse a Giove la vittoria sopra i
tocca le stelle (alla pulsat sidera. Aen. III, v. 619.) Ma sul fatto de’ Ciclopi vi è gran confusione fra gli antichi scri
Giove. Ma secondo Omero(2), essi erano mostruosi giganti, sprezzatori de’ Numi e superbi, che in niuna cosa aveano fidanza
le caverne o specie di laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia nel seno de’ monti per trarne delle pietre. E come gli Egizian
deificata, il gran tutto, il capo delle divinità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pas
il gran tutto, il capo delle divinità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ c
o, il capo delle divinità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e
ità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti gli abitanti
, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti gli abitanti della campagn
ibuì l’invenzione a’ numi, ed a Pan specialmente creduto dio tutelare de’ pastori. Pan, dice Virgilio (7), ha cura delle pe
tutelare de’ pastori. Pan, dice Virgilio (7), ha cura delle pecore e de’ pastori ; e però credevasi abitare nella pastoral
auni – Silvani. Dopo aver parlato di Pan, dio della natura e capo de’ rusticani Iddii, volgeremo lo sguardo a’ varii lu
e favole degli antichi Italiani non di rado si mescolavano con quelle de’ Greci ; ed allora a Fauno davano i piedi di capra
cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure Fatuo, era il padre de’ Fauni e de’ Satiri, dio dei pastori e degli agric
nell’articolo di Saturno, detto pure Fatuo, era il padre de’ Fauni e de’ Satiri, dio dei pastori e degli agricoltori. I Fa
dio dei pastori e degli agricoltori. I Fauni poi erano Iddii favolosi de’ campi, de’ monti e delle selve, che rappresentava
tori e degli agricoltori. I Fauni poi erano Iddii favolosi de’ campi, de’ monti e delle selve, che rappresentavansi a guisa
a con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno di bron
la piantagione ed alla semina. Da Orazio (1) chiamasi padre e custode de’ confini, e da Virgilio, nume de’ campi e degli ar
Orazio (1) chiamasi padre e custode de’ confini, e da Virgilio, nume de’ campi e degli armenti. I pastori gli offerivano l
recci che spesso si confondono coi Fauni e cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito di questa folla di boscher
te da lungi Qualor scotendo del biforme capo La corona di pino il dio de’ boschi, Spesso con labbro adunco in varie guise A
due corna nella fronte ; tutto il resto poi era di capra. Plinio dice de’ Satiri, essere animali velocissimi che vivono sop
calore del sole, il giorno vivono nelle caverne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e di suoni
satyrus) che mollo si avvicina all’uomo, ha dato origine alla favola de’ Satiri. Da’ poeti si dipingono con faccia umana,
a per le danze ; e Virgilio (3) dice che Alfesibeo imitava il danzare de’ Satiri. Da questi pure che s’introducevano sulla
ριαι, vel πανδεκτης ιστοριων , vel πινακες, i. e. lances vel tabulae) de’ Greci. Ma Scaligero dice che la Satira ebbe nome
prendevano da’luoghi. Le Oreadi (ab ορος, mons) eran ninfe abitatrici de’ monti che si voglion compagne di Diana. La Terra,
Vertunno (Vertumnus), deità proveniente dall’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il simbolo delle
mò nato in disgrazia di Vertunno un uomo volubile e che non è padrone de’ suoi pensieri. Alcuni derivano il nome Vertunno d
re di un anno (ab anno vertente), perchè gli si offrivano le primizie de’ frutti dell’anno ( anni vertentis ) (5) ; ed altr
e i giardini, meritò la mano di Vertunno. Visse a’ tempi di Proca, re de’ Latini ; ed avea un sacerdote (flamen Pomonalis),
e’frutti. Pomona poi dicesi un libro che parla de’frutti, come Flora, de’ fiori, e Fauna, degli animali. Fu così detta a po
 – Flora – Dea Bona – Priapo–Pale – Dio Termine. Flora era la Dea de’ fiori e da’ Greci diceasi Clori, che sposò il ven
, o si rappresentano a cavallo. Secondo Varrone essa fu un’antica Dea de’ Sabini, di cui T. Tazio introdusse il culto a Rom
, e perciò gli mettevano in mano una falce, ed appellavasi il terrore de’ ladri e degli uccelli (2). Era pure venerato da’
minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir di Ovidio, una Dea de’ pastori, cui facevan voti pel felice parto del gr
ezza il celebravano. Finalmente Termine chiamavasi il nume protettore de’ confini de’ campi e vindice delle usurpazioni. Nu
bravano. Finalmente Termine chiamavasi il nume protettore de’ confini de’ campi e vindice delle usurpazioni. Numa il fece a
n trivio coronata di fiori ; il che intendono gl’interpetri dell’erme de’ Termini che spesso si trovavano ne’ campi e per l
sua madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Plutone, era simbolo de’ sei mesi che la semenza del grano è sotterra in q
di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu altra più amica de’ boschi e della caccia. Mi dicevano bellissima ; m
del fonte Aretusa ; e ch’esso divien torbido, quando nella solennità de’ giuochi Olimpici si uccidono le vittime e nell’Al
nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più celebre era quella de’ misteri Eleusini, appellati i Misteri per eccelle
già nel santuario. Or non vi era in tutta la Grecia festa più celebre de’ grandi Misteri Eleusini da Cerere stessa istituit
pali dommi dell’unità di Dio, della sua provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’ premii di un’altra vita ec ; i qua
’unità di Dio, della sua provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’ premii di un’altra vita ec ; i quali, per timore
di spighe, bionda e quasi rossiccia le chiome, accesa il volto e con de’ papaveri in mano. In un’antica moneta vedesi Cere
il fuoco nel tentare di uscire di sotterra, si disse ch’erano i colpi de’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano nel fab
iove, si fingono fabbricati da Vulcano e da’ Ciclopi, ed anche quelle de’ più illustri eroi. Esso diede ad Ercole la corazz
3) fabbricò con mirabil magistero le stanze degl’Iddii sull’Olimpo, e de’ belli sedili ne’ portici della casa di Giove ; il
a Menelao ; ed i cani d’oro e di argento nella reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, che pareau vivi(1). Mirabile opera di Vulc
d il fuoco stesso chiamaron Vulcano. Non solo fu egli Dio del fuoco e de’ fabbri, ma esercitò eziandio l’ufficio di coppier
colosa contesa pel fatto di Teti, cui Giove promessa avea la vittoria de’ Troiani, onde fosse cosi vendicato il figliuolo A
istati ; ma l’inclito fabbro Vulcano con accorte parole compose l’ire de’ coniugi, porgendo alla genitrice un tondo nappo,
rete, sacerdote di Vulcano, al quale fu ucciso da quell’eroe il primo de’ due figliuoli Fegeo ed Ideo ; nè il secondo avreb
figliuol di Peleo, dopo grandi prodezze, fatta avea terribile strage de’ Troiani, ed incalzando gli altri, parte ne avea r
trade faceva strage di armenti e di uomini e così impediva la coltura de’ campi. A liberare da tanto flagello quelle contra
già divenuto uno dei più valorosi eroi della Grecia, invita il fiore de’ giovani guerrieri e bandisce una caccia non mai v
eli vittime si pasce ; ed il bianco marmo di essa dello sparso sangue de’ forestieri rosseggia. Ed Erodoto afferma (2) che
a non avrebbe tirato un colpo più sicuro. Or eletto egli supremo duce de’ Greci contro Troia, per una gran fortuna di mare
ato l’altro libero alla sua patria ; il che diede occasione alla gara de’ due amici. Or ella dà una lettera diretta al frat
vengo alla luce, io vengo nel mondo. Lucina dicevasi Diana come Dea de’ parti, perchè il parto per opera sua veniva alla
a Virgilio(3). Triformis Diva, τριμορφος, ch’è il Triceps, o Triplex de’ Latini, cioè Dea dalle tre teste. Fu pure detta T
. Fu pure detta Trivia, τριοδος, col qual soprannome le si offerivano de’ sacrificii ne’ Iuoghi, ove ponevano capo tre stra
al servizio di Diana venti ninfe dette Annisiadi, le quali avean cura de’ calzari venatorii della Dea e de’ suoi cani, atta
ette Annisiadi, le quali avean cura de’ calzari venatorii della Dea e de’ suoi cani, attaccavano al cocchio di lei le cerve
ti da caccia, arma Diania. Eroi e semidei. Notizia generale de’ tempi favolosi ed eroici della Grecia. L’anti
uadro maraviglioso di favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di
notare che l’epoca degli Eroi della Grecia, ricca di memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un bel campo di dilette
chiamasi da’piè di bronzo (2), per dinotare la robustezza e velocità de’ suoi piedi. In quarto luogo portò vivo sulle spal
iumente di Diomede, fig. di Marte e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso di una parte della Tra
, ch’era tanto vaga di possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe,
etta gli uccelli di Stinfalo, che abbatte l’idra e che s’impadronisce de’ pomi d’oro dell’Esperidi. Un bel vaso di marmo de
va di sposar la detta Deianira ; e nelle nozze di Piritoo fece strage de’ Centauri, i quali ubbriachi, avendo fatto insulti
ermine del mondo, vi fece innalzare due colonne, dette da Plinio meta de’ viaggi di Ercole. Innumerevoli altre imprese si a
a lui, Abante, il quale da Ocalea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’ quali il primo fece tutti gli sforzi per ascender
e ben maneggiati da que’popoli ; donde nacque per avventura la favola de’ Centauri, i quali aveano nella parte superiore de
ma di uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’idea de’ Centauri nacque dal vedere la prima volta gli uom
i mezzo uomini e mezzo cavalli. Da’poeti si dicono fig. d’Issione, re de’ Lapiti, e di Nefele. In un trapezoforo o sia pied
e sia il celebre Centauro Chirone. Ma nella storia favolosa ed eroica de’ Tessali non vi ha impresa più memoranda della spe
assai cortesemente accolti. Indi ripresero il viaggio verso il paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di
lle tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani di Giove e di Giunone, de’ quali servivansi contro quelli che volevan punire
Ecco, dice Banier, un avvenimento che senza fallo è il più celebre de’ tempi favolosi ed eroici ; e che nel tempo stesso
n vi è stata cosa considerevole nella Grecia all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma quale fu m
le con Euristeo. Ma quale fu mai la fatale cagione che mosse il fiore de’ Greci guerrieri a cingere di sì ostinato assedio
tà, il quale non terminò che colla sua totale distruzione ? Lo sdegno de’ numi, dicono i poeti(3), pel quale avvenne il fam
o supremo capitano ; novera partitamente i nomi delle varie nazioni e de’ principi che favorivano i Troiani ; e descrive l’
ne, fig. dell’Aurora, con molti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata nel porto di Aulide, ove
ollo ; perchè Crise, sacerdote di quel nume, essendo venuto alle navi de’ Greci per riscattare la figliuola Criseide ch’era
ò il nume di vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste nel campo de’ Greci. Oltre questa sciagura nacque pure una gara
asporto, ed in tal guisa scoprì se stesso. Achille adunque alla testa de’ suoi Mirmidoni, popoli della Ftiolide, andò cogli
hè da Omero chiamasi di tutt’i Greci gran baluardo, e da Ovidio, muro de’ Greci. E se Agamennone e Menelao il superavano ne
di Giunone, fiera tempesta contro le navi di Enea, raffrena il furore de’ venti, accheta le onde sconvolte e riconduce la s
’idea che Omero(3) ci dà della potenza di Nettuno, ch’era del partito de’ Greci contro i Troiani ; e bellissimi sono i vers
e nell’atto di recarsi a soccorrere i Greci e risvegliare il coraggio de’ due Aiaci e degli altri greci capitani. Presso Ov
el corso dei torrenti e de’fiumi. Erodoto(2) riferisce una tradizione de’ Tessali, i quali affermavano che la valle per la
marittimi furono in onore di lui innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza di Nett
all’altezza di un monte. Molti poeti mettono presso all’Etna la sede de’ Ciclopi, e però Polifemo chiamasi da Tibullo(3) a
e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gellio chiama fig. di Nettuno : e
i un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza di uomini di g
lia, o secondo altri, a Formia, città della Campania. Antichissimo re de’ Lestrigoni fu Lamo, di eui fa menzione Omero ed O
glie, dice Omero, era alta come una montagna. Essi fecero mal governo de’ compagni di Ulisse, come raccontasi nell’ Odissea
he il mare circonda la terra. Dicesi ch’esso sia stato il primogenito de’ figliuoli del Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti
Nereo, fig. del Ponto e della Terra. Da Esiodo si chiama il maggiore de’ figliuoli del Ponto e vecchio marino ; e questo p
e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelosita di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, ove quella ve
ine era solita stare al rezzo in sul meriggio e lavarsi. Per la virtù de’ quali magici farmachi fu essa nella metà inferior
go dell’inferno, ove prima di passare agli Elisii dimoravano le anime de’ buoni ; ma talvolta si prende per l’inferno stess
almente spesso i Latini quel luogo sotterraneo, ove andavano le anime de’ mortali per essere giudicate e ricevervi la pena
parla dell’evocazione dell’ombra di Tiresia. Plinio (3) pone la città de’ Cimmerii nelle vicinanze del lago di Averno non l
ano i Sogni. Anche Omero (2) all’ingresso dell’Inferno pone il popolo de’ Sogni. Oltre a ciò vi sono sulle porte varie most
i oscurità e di dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al luogo de’ tormenti o nel soggiorno de’giusti. La città de’m
ilio, era divisa in sette rioni. Nel primo udivansi i dotorosi vagiti de’ bambini morti sul nascere ; nel secondo, eran le
le Parche, le Furie ec. Il settimo finalmente era il felice soggiorno de’ buoni o i Campi Elisii. IV. Descrizione più pa
va presso ad un’altra Pandosia a’ confini, secondo Livio, de’Bruzii e de’ Lucani, non lungi dal mar Tirreno. E vicino a que
ritti. » Così riferisce Esiodo (3). Virgilio pone il Lete nei confini de’ beati Elisii. Le acque del qual fiumicello bevean
rpo, l’anima e l’ombra o fantasma ; e fu antica credenza che le ombre de’ morti erano placate e pacifiche, quando i loro co
lli bruciati dalla fiamma del rogo. Oltre a ciò si finse che le ombre de’ morti nell’inferno si radunavano chi al foro per
cia delle fiere. Forse gli Dei Mani (Manes) erano diversi dalle ombre de’ morti, intendendo alcuni per Dei Mani una maniera
coloro i quali avessero demolito o in altra guisa profanate le tombe de’ morti, eran riputati violatori degli Dei Mani, se
ed agli Dei. Queste Dee si riguardavano come ministri della giustizia de’ Numi, e come Dee severe ed inesorabili, intente s
nità, nè a ricchezze. Egli dovea trasportare sulla sua barca le anime de’ morti, non già i corpi de’vivi ; percui con gravi
ra gli Egiziani erano soliti per quella palude traghettare i cadaveri de’ morti, che sepellivano nelle tombe ch’erano in qu
e specialmente all’entrata di esso. Dall’Egitto eziandio venne l’idea de’ giudici dell’Inferno. E di fatto, dice Rollin, è
enfi, detto Acherusa, nelle sponde del quale si facevano le cerimonie de’ funerali dagli Egiziani. Di là da quel lago vi er
a l’astronomia e le favole. Ciò posto, è cosa evidente che il Plutone de’ Greci era il Serapide degli Egiziani, come dice D
vasi Plutone, come Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ morti nel mese di Febbraio dagli antichi Romani.
bero di Plutone, e perciò ponevasi qual segno funebre avanti la porta de’ defonti (6), e ciò per una sua proprietà, che una
iosi regni dell’Erebo, ed ebbe col marito diviso l’impero sulle ombre de’ morti. Quindi Enea, dovendo mettere il piede negl
o il tenore della sua vita, filando quello stame fatale che a nessuno de’ numi è dato di sciogliere. Secondo Igìno, esse er
avvolgersi de’loro fusi dinotava il fatale rivolgimento degli anni e de’ secoli che le Parche con immutabile volontà regol
o si vede col papavero ch’è il proprio suo simbolo, o tenendo in mano de’ narcissi ch’ella raccoglieva, quando fu rapita da
i porre a stampa l’opera intitolata : Compendio di Mitologia per uso de’ giovanetti del Sacerdote D. Antonio Maria Durant
3 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
Sonno e il Sogni, Momo derisore, le Esperidi, di cui era il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parche Cloto, Lachesi ed Atro
che avevano in mezzo alla fronte, poi Coito, Gige, e Briareo, ciascun de’ quali aveva cinquanta teste, e cento braccia. Po
l’ Eridano con tutti gli altri’ fiumi, e le Naiadi Ninfe dei fonti e de’ fiumi tra le quali Stige decimo ramo del fiume Oc
Saturno inteso da Urano, e da Gea, che doveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele di suo padre, pr
to aveva il suo nome. Gli si ponevano dodici altari secondo il numero de’ mesi dell’ anno; e come quattro sono le stagioni,
tte dalle Ninfe, e dai Cureti sacerdoti di Cibele, che collo strepito de’ loro cembali ne occultavano a Saturno i Vagiti; e
o soltanto in sembianza di Itone si oppose coraggiosamente a Reto uno de’ giganti più forni debili, e come Giove animavaio
Giove forniti i fulmini, con questi rovesciò egli i giganti, e sotto de’ loro monti li seppellì. Assicurato il regno del C
cigno sedusse Leda moglie di Tindaro, che partorì due uova, dall’ uno de’ quali nacque Polluce ed Elena, dall’ altro Castor
il mese di Febbrajo, e a’ 15 di esso celebravansi i Lupercali, in cui de’ giovani detti Luperci, coperti soltanto alle part
chè tentato avea di violarla. Ma la terza soltanto fu in onore presso de’ Greci e de’ Romani. Nata dal capo di Giove, e tut
avea di violarla. Ma la terza soltanto fu in onore presso de’ Greci e de’ Romani. Nata dal capo di Giove, e tutta armata, f
a tela rappresentò l’ anzidetta gara avuta da lei con Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re di Tracia e Rodope s
mbe, che non aveva, perchè dal mezio giù era serpente, inventò l’ uso de’ cocchi, e dopo morto fu trasportato in cielo nell
purpurei descrisse la sua sciagura, e spedì il velo a Progne per uno de’ custodi. Questa, colta l’ occasione delle orgie d
e istituite da Romolo, che celebravansi a’ 27 di Febbraio colle corse de’ Cavalli nel campo Marzio. A lui dedicati eran pur
o da Romolo) recati per la città con canti in lode di Marte (sul fine de’ quali pur nominavasi Mamurio, com’ egli a Numa av
altri da perire, perchè allora la terra apre il seno alla produzione de’ vegetabili. Amore da Esiodo è posto fra i primi I
immortalità, ma non la perpetua giovinezza sicchè fatto decrepito, e de’ mali della vecchiezza continuamente lagnandosi, f
poi fu ucciso da Teseo nel labirinto di Creta. Circe maritatasi al re de’ Sarmati l’ avvelenò, quindi scacciata venne in It
a star seco sul monte Latino; ed aggiungono pure, che fu da Pane Dio de’ pastori allettata con un presente di bianca lana
rata la vita di lui, quanto il tizzone, rimise per vendicare la morte de’ suoi fratelli il tizzone sul fuoco, e Meleagro co
penti, colla quale dice Omero, eh egli chiamava il sonno su gli occhi de’ mortali, o il fugava a suo talento, e con cui pur
e’ mortali, o il fugava a suo talento, e con cui pur guidava le anime de’ trapassati all’ inferno. Avendo per ordin di Giov
n riso e Mercurio fu poi tenuto Dio dei ladri. Era anche chiamato Dio de’ mercatanti, e spesso perciò dipingevasi con una b
mente punita. Nè il fuoco per altro modo si raccendeva, che per mezzo de’ raggi solari raccolti con una specie d’ imbuto so
e specialmente era adorata. Finalmente, come Dea della terra, e madre de’ massimi Iddii, fu nominata madre alma, e magna Ma
lei sacre si celebravano in Roma ai 21 di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure tenuto Pane figlio di Mercurio;
venne cangiata in loto. A Priapo sacrificavasi un asino. Feronia Dea de’ boschi veneravasi principalmente nell’ agro Ponti
ero impunemente a piè nudi sopra le brage ardenti. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano
servi nel suo tempio ricevevano il cappello della libertà. Pomona Dea de’ fruiti fu amata dal Di o Vertunno, cosi chiamalo
rcato. Le feste vertunnali celebravansi in Ottobre. Clori o Fiora Dea de’ fiori fu moglie di Zefiro. Con molta lascivia si
ione della morte delle api; ed allora fatti per consiglio della madre de’ sacrifici onde placare Euridice e le Ninfe, e lan
diceasi figlio di Fauno, ed avere il primo introdotta la concimazione de’ campi; e cercavano pur di placare il Dio Robigo,
ava alla giovinezza; Orbona supplicavasi, perchè orbi non rimanessero de’ genitori. Nelle nozze Jugatino dicevasi quello ch
no; Averrunco quel che allontana i mali e i pericoli; come era ài Dio de’ conviti; Momo quel della satira e del riso. Era M
ron gli onori divini. Tra questi oltre Esculapio, e Romolo o Quirino, de’ quali abbiam detto, ed Ercole, Castore, Polluce e
o madre di Evandro, detta anche Nicostrata e Temide, che ebbe il dono de’ vaticini, a cui dedicate erano in Roma le ferie C
ali, che celebravansi in Dicembre, ed Anna Perenna, che avendo recato de’ pani al Popolo Romano, allorchè stava ritirato su
Teli figlia della Terra divenne padre di tutti i fiumi, e delle Ninfe de’ fonti e dei fiumi, dette quindi Oceanitidi ovvero
ompagni: finalmente da Peribea figlia di Eurimedonte ebbe Nausitoo re de’ Feaci, padre di Alcinoo, che liberamente accolse
Ceneo, e di essere invulnerabile, e che poi combattendo Ceneo a favor de’ Lapiti contro i Centauri, non potendo essere da q
i venne confuso con Nettuno, da altri distinto, e riguardato come Dio de’ consoli e delle astuzie. In onore di lui celebrav
talia, e Cariddi dalla parte della Sicilia. Capo XVIII. Di Eolo, e de’ Venti. L’ impero dell’ aria fu da’ Mitologi as
Giunone, da cui dipendean le piogge e le altre meteore. Ma il governo de’ venti fu da Giove affidato ad Eolo figlio di esso
hiusi teneali nelle spelonche delle isole Eolie, ora di Lipari. Padre de’ venti tempestosi o delle procelle fu da Esiodo de
gonauti. Capo XIX. Di Plutone, e degl’ altri Dei dell’ inferito, e de’ principali condannati, che ivi erano. Plutone
ni furon confusi co’ Lemuri, da altri furon presi per le anime stesse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Man
esi per le anime stesse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Mani dai Latini era detto Summanus. La Notte dice
etargo, indi escluso per altri sette anni dal consorzio e dalla mensa de’ Numi. Caronte figliuolo dell’ Erebo e della Notte
o anni sulle rive dei fiume sprima di essere tragittate, e quelle pur de’ sepolti doveano pagarne il nolo, per cui nel sepp
Inferno. Tre giudici, Minosse, Radamanto ed Eaco, esaminavano la vita de’ trapassati, e giusta il merito assegnavan loro il
i di Giove e di Europa, e il primo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina,
rano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendiato il tempio di Apollo, fu
XX. Degli Dei stranieri. Oltre agli Dei fin qui rammentati, alcuni de’ quali particolari erano a’ Romani, altri comuni a
principali. Capo I. Di Prometeo, e di Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Ti
ione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo di
i Anfitrione medesimo, mentre questi era occupato nella guerra contro de’ Tafii e da’ Teleboi, e’ per istarsi più lungament
d’ oro, e raggiuntala, viva portò lei pure ad Euristeo. 5. Col rumore de’ cembali di metallo prestatigli da Minerva mise in
il quale sposata Danae, da cui ebbe Dauno (che trasferitosi nel paese de’ Rutoli e fabbricata Ardea, fu poi padre di Turno)
rtatolo, alla regina Merope la quale ne prese cura, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo di n
io di Polibio andò a consultar l’ oracolo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornar
rifiuto e alla nuova perfidia di Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi eserciti sotto la guida di sette illustri ca
l’ altro. Furono poi trasportati in cielo amendue nella costellazione de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dios
cioè figli di Tindaro; e in somma venerazione erano entrambi, presso de’ naviganti, perchè il loro apparire dicevasi porta
bel tempo. Polluce erasi reso celebre nella lotta e bel combattimento de’ cesti, co’ quali uccise Amico, tenuto prima invin
co e poeta, ed uomo eloquentissimo; e come seppe ammansare la ferocia de’ Traci allor selvaggi, e trarli al vivere socievol
ono della sua lira traeva le piante e le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Euridice, ed essendo ques
nè amore, di donna più il potè muovere; di che indispettite le madri de’ Ciconi lo fecero a brani, e il capo ne gettarono
o figlio di Giove, e di Europa e fratello di Radamanto, fu legislalor de’ Cretesi, e per meglio accreditar le sue leggi dic
ette giovani e sette donzelle, che davansi in pasto al Minotauro. Uno de’ sette giovani fu pur Teseo, o fosse egli uscito a
tamente risonava per tutta la Grecia, Piritoo figliuolo d’ Issione re de’ Lapiti, o come dice Omero, figliuolo di Giove e d
propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla cond
onneso. Ebbe esso da Ippodamia due figli, Atreo e Trieste, il secondo de’ quali sorpreso con Erope moglie di Atreo se ne fu
rrore la faccia. Figli di Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia
appresso diremo, Egisto figlio di Tieste, che per vendicare la morte de’ fratelli già aveva ucciso Atreo, riuscì a sedurre
o procurarono di trarre al lor partito tutti i principi della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio di Peleo re
Melinone re dell’ Etiopia figlio di Titone e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e d
ndo il suo sdegno, e protestando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i consigli di Nestore e le preghiere di
Greci, e soprattutto Aiace figlio di Telamone, vi opponevano, ebbero de’ grandi vantaggi, e poco mancò, che da quelli ince
incendiate pur fosser le navi, che tratte in secca servivano al campo de’ Greci di trinceramento e di riparo. In questo mez
ulle spalle, difeso dallo scudo di Aiace, riuscì a portarlo nel campo de’ Greci, che fattigli i funerali solenni, gli alzar
si trapassò da se stesso. Ovidio aggiugne, che dal suo sangue sorsero de’ giacinti. Non però a torto deciso aveano i Troian
, se i cavalli di Reso venuto in soccorso di quella gustasser l’ erba de’ prati troiani, e bevessero l’ acqua del fiume Xan
possente a un mucchio di sassi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’ Greci, e spezialmente di Ulisse dopo la rovina di
he discacciato dal regno ei dovette rifuggiarsi in Calabria nel paese de’ Salentini. Diodoro di Sicilia però asserisce, che
artito egli da Troia con dodici navi, approdò prima in Tracia al lido de’ Ciconi, ove si diede a saccheggiare, perchè essi
re, perchè essi aveano prestato aiuto a’ Troiani; ma sopravvenuti lor de’ soccorsi dall’ Inferno, dovette rimbarcarsi preci
Malea or capo Malio nel Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’ Lotofagi nel golfo di Gabes presso Tripoli, dove
sopra le navi, ed ivi incatenarli. Di là i venti il portarono al lido de’ Ciclopi in Sicilia, dove andato con dodici compag
he aveva in mezzo alla fronte, indi legati i compagni sotto il ventre de’ montoni che ivi erano ed egli aggrappatosi sotto
lo fu poi discacciato. Errando pel mare verso ponente giunse al paese de’ Lestrigoni, che da Cicerone supponsi ove fu posci
o, ora Monte Circello, ove la maga Circe gli cangiò in, porci la metà de’ compagni; ma egli coll’ erba moli datagli da Merc
a una zatta da lui costrutta ei fu vicino a Scherla, ora Corfù, isola de’ Feaci, Nettuno con una fiera tempesta gli sciolse
osse Ulisse riconosciuto, e così potesse più agevolmente far vendetta de’ Proci, i quali pretendendo forzar Penelope di lui
mendico. Sotto a questa sembianza egli andò prima da Eumeo guardiano de’ suoi porci, ove essendo pur giunto il figlio Tele
oi col secondo uccise Antinoo, e col terzo Eurimaco, ch’ erano i capi de’ Proci, e via seguendo di mano in mano cogli stral
Capo XIV. Della venuta di Antenore, e Enea, in Italia. Dei capi de’ Troiani e loro alleati i soli, che avanzarono da
me traditor della patria. Omero però nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire alle mani
tà della Frigia alle radici del monte Ida. Quivi raccolti quanti potè de’ Troiani superstiti, e fabbricata co’ legni d’ Ida
otta, si mise in mare. Approdò prima nella Tracia, ove menre tagliava de’ rami per velarne l’ altare, vide da essi gocciola
olto. Al tempo medesimo sopravvenne Polifemo, che udendo il trambusto de’ remi inseguì a piedi le navi per lungo tratto di
lla il luogo, ove tormentati erano i colpevoli, prese a destra la via de’ campi Elisi, ove additate gli furono, da Anchise
le orgie di Bacco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia era stata innanzi promes
ichiarata la guerra, Turno cercò di trarre al suo partito quanti potè de’ principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che
e da Vulcano, fra cui lo scudo, ove erano effigiate le future imprese de’ Latini e de’ Romani, e segnatamente di Augusto. G
fra cui lo scudo, ove erano effigiate le future imprese de’ Latini e de’ Romani, e segnatamente di Augusto. Giunto che fu
o ad una nave a ciò appostata, fu da questa portato in Ardea capitale de’ Rutoli. Tornato a Laureato, si avanzò Turno per i
Tornato a Laureato, si avanzò Turno per impedire ad Enea il passaggio de’ monti; e qui appiccossi altra battarglia, ove Cam
ggio de’ monti; e qui appiccossi altra battarglia, ove Camilla regina de’ Volsci, figlia di Metabo, venula in soccorso di T
avendogli imbandito a cena, per farne prova, le carni di un ostaggio de’ Molossi, è da lui convertito in un lupo. Dal dilu
te di nuovo, e ritorna uomo. Nata contesa fra Giove, e Giunone, quale de’ due sessi provi piacer maggiore, la decide contro
te I. Capo X. Esione è liberata da Ercole, il quale frodato egli pure de’ promessi cavalli, espugna Troia, uccide Laormedon
 XVII. Scilla è cangiata in mostro. Parte I Capo XVII. I Cercopi, due de’ quali erano Candulo ed Atlante, per le loro frodi
sono da Cibele cangiate in Ninfe marine. Parte II Capo XIII. La nave de’ Feaci dopo avere deposto Ulisse in Itaca al ritor
di una cometa. Appendice. Origine dell’ idolatria. Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi.
igine dell’ idolatria. Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi. L’ idolatria secondo l’ Ab. Bani
e e della Luna. Da questo, si passò al culto del Fuoco, dell’ Aria, e de’ Venti, del Mare e dei Fiumi, della Terra e de’ Mo
l Fuoco, dell’ Aria, e de’ Venti, del Mare e dei Fiumi, della Terra e de’ Monti, e finalmente a quello degli Uomini che per
nzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incominciarono ad alzar loro de’ piccioli e rozzi tempietti ne’ boschi lor consecr
o. I sacerdoti Arvali erari quelli che sacrificavano per la fertilità de’ campi, i Feciali quelli che si spedivano per dich
celli, che più propriamente si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco era di buon augurio quando udivas
per via di sorti t gettando una specie di dadi, su cui erano scrìtti de’ Caratteri, il significato dei quali cercavasi nel
uesti furono gelosamente custoditi nel Campidoglio sotto alla guardia de’ Quindecemviri fino ai tempi di Silla, ne’ quali d
oghi. A’ detti giuocchi essi aggiunsero ancor i sanguinosi spettacoli de’ combattimenti delle fiere, le quali uscir si face
ticate al basso degli anfiteatri, e i più atroci e crudeli spettacoli de’ combattimenti de’ gladiatori che spesso costretti
gli anfiteatri, e i più atroci e crudeli spettacoli de’ combattimenti de’ gladiatori che spesso costretti erano a pugnare f
4 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
numero di questi erano ancora annoverati quegli Eroi, che a riguardo de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei
e mostrossi amico, e pio, Incusse ne’mortali alto terrore : Questo fù de’ Gentili il primo Dio. Dichirazione, e svilupp
forte Briareo, il vigoroso Encelado, e con essi tutto il folle stuolo de’ suoi potentinemici, e così vinto, e domato il lor
li e Meti dea del Consiglio, e Temi dea della Giustizia, e Cerere dea de’ Campi, e Muemosina dea della Memoria, e Latona, e
a d’un parto di maggior rilievo, e vantaggio ; onde questa fatta paga de’ suoi voti diede il proprio nome alla nuova Città
re iugales, ne avvenne, che egli fù creduto ancora il Dio governatore de’ navilii, cui solo perciò ricorrere dovea ogni pil
andava egli soggetto, richiamando nel lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spogliato si era il gran padre istesso, con
richiesta. Egli tutto sollecito gli fabbricava quei fulmini tremendi, de’ quali armato il gran Giove rendevasi il terror di
entia ignis ; fù ancor contrasegnato con altri molti, e diversi nomi, de’ quali in corti termini accennerò i principali. De
. Marte. Sonetto T erribil Dio alla pietà crudele, Nemico de’ mortali ogni momento, Che tien seguaci suoi ira,
dette Esquirie da celebrarsi pria delle calende di Marzo colla corsa de’ cavalli nel Campo Marzio, e quelle fissate da Num
o, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbandonati sensi di fraterno amore,
iplici diversi impieghi impertanto facil cosa è rilevare la diversità de’ suoi nomi. Egli per cagion dell’uffizio di servir
ro degli Dei, e con altro nome Camillo, cioè Servo : perche inventore de’ contratti, e maestro de’ negozianti vien chiamato
nome Camillo, cioè Servo : perche inventore de’ contratti, e maestro de’ negozianti vien chiamato Dio de’ mercanti, e del
e inventore de’ contratti, e maestro de’ negozianti vien chiamato Dio de’ mercanti, e del guadagno : come padre delle destr
l guadagno : come padre delle destrezze, e delle frodi è nominato Dio de’ ladri : perchè abile a conciliare si gli Dei, che
istolti da queste cose i suoi pensieri, oppur sia, che come invaghito de’ furti di robe, brigato non siasi de’ furti di ono
i, oppur sia, che come invaghito de’ furti di robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io non oso, ne posso di esso affi
ingue delle vittime in onor di sua eloquenza, giusta l’antico costume de’ Megaresi. Famiglia inoltre in Roma non v’era, che
caso di questo gran Nume. Egli sebbene fra il sodalizio degli Dei uno de’ più rinomati si era per cagion del suo vasto sing
a posteri, e tardi nipoti. Sue vendette. Conscio intanto questo Dio de’ patimenti tollerati da sua madre per cagion del d
ro di chi n’ era stato il ministro, ammazzando perciò i Ciclopi fabri de’ fulmini con furioso nembo di frecce ; tale ingiur
uattordici sue Ninfe la più bella ; purchè questi mosso a compassione de’ suoi affanni avesse con furia diventi annegata ne
a Dea comunemente salutata. Fù detta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore era il suo culto. Fù chiamat
mo divenuto suo caro ministro ben ammaestrati nell’arte della coltura de’ campi, passarono con piacere dal vile pascolo di
ll’altra, cinta finalmente da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteg
ue poppe soltanto gravose di latte in simbolo della cura, che essa ha de’ mortali può tai titoli sfacciatamente negarle ?
otivo opposto si fosse alle innocenti sue brame ; e quindi fatta paga de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’
ittarne, così diffuse le scintille dell’innocente suo fuoco nel petto de’ mortali, che sentendone questi le dolci, ma posse
, che questa Dea in particolar maniera l’accompagnatrice fedele fosse de’ suoi incerti viaggi, non che il fabro avventuroso
Divinità ? Quale stupore se ne’ suoi tempii tanto era la compostezza de’ suoi adoratori, che anzicche essere animati sembr
fiamma d’amore per essa si accese nel petto del religioso Nume II. Re de’ Romani. Ordinò questi ergersi in suo onore magnif
qualche difetto. Egli dopo averle sorteggiate strappava dalle braccia de’ suoi genitori la eletta, ed al tempio immediatame
ilegii delle Vestali. La violazione della loro castità era il massimo de’ delitti, e punivasi colla morte la più spietata,
ve appena nata Fù sapiente, e guerriera al par famosa. Nè del uom, nè de’ Dei fù mai la sposa, Solo ad opre sublimi dedicat
cui al mondo comparve questa Dea, troppo chiaro adombrò i rari pregi, de’ quali andava ella fastosa. Chi fù Minerva. Giove
ssi di esser simile a questa Dea, e forse suporiore ancora nel lavoro de’ suoi gentili ricami, avvegnachè nella contesa par
tro fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiace di Oileo,
almen secondo altri educata. Fù nominata Cesia per indicar il ceruleo de’ graziosi suoi occhi. Finalmente perchè inventrice
uoi occhi. Finalmente perchè inventrice di molte arti, e specialmente de’ rigami, salutata venne col rozzo, ma pur nobile n
gliesse ogni speranza, Ebbe primo nel ciel divina stanza Quando formò de’ Dei la vasta schiera. Questo è quel Dio, di cui i
Quello stesso però, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli di divorare ogn
he dal suo nome vennero dette Saturnali istituite o da Tullo terzo re de’ Romani, o secondo Tito Livio da’ Consoli Semproni
e in molti ritratti una chiave, detto perciò Clavigero qual’inventore de’ chiavistelli delle porte dette per questo Ianua d
eduto l’olimpo, detta perciò Mater Deum : il non aver obliate le cure de’ mortali ; anzi non ostante il suo grado l’averli
tanza, per cui sposa di quel Nume addivenne. Per quest’ultimo segnale de’ fiori, ch’ella presenta con accigliata pupilla pr
pietà della bontà gemella. Annotazioni. La pietà dolce istinto de’ cuori ben fatti pingesi seder su d’un monte per i
emblema palese or io vi fò, Allegrezza è costei, che in me finì Amica de’ fanciulli, e a vecchi nò. Annotazioni. L’a
degli stessi Monarchi. Porta finalmente l’ancora per denotar la gioia de’ naviganti sulle mosse di giungere al desiato lor
ggiare un cuore non è, nè può essere quella, che risulta dal possesso de’ beni mondani, come quella, che sempre è mista col
e le furie. Da questa strana sua indole ammaestrata la più sana parte de’ Gentili si tenevano da essa non sol lontaui, ma f
al figura in vera di questa più espressiva per indicar la rea qualità de’ fraudolenti, che con bel garbo, e dolci lusinghe
e, al rio beltà procura, Madre, e nutrice d’innocenti amori Primavera de’ Dei sublime cura. Annotazioni L’apporre no
idolante in testa, Sembra del par feroce, e insiem serena Fà la gioia de’ cambi, ed è funesta Ove si volge par, che il ciel
ni tutte con unanime consenso danno alla poesia chiamandola il lustro de’ Regni, la gloria de’ Monarchi, l’apologista de’ C
consenso danno alla poesia chiamandola il lustro de’ Regni, la gloria de’ Monarchi, l’apologista de’ Conquistatori, lo sple
chiamandola il lustro de’ Regni, la gloria de’ Monarchi, l’apologista de’ Conquistatori, lo splendor dell’ età. E tolgasi p
n vero è derivato, che innumerabili composizioni ad onta degli sforzi de’ mal accorti autori hanno incontrate cattive accog
cose campestri, e pastorali. Costa una tal sestina di sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo, il secondo col qua
ci presenta questo metro. Imperochè essendo vero al comune sentimento de’ maestri dell’arte, che la condizione del tronco è
renza fra i molti, e degno del pari si è d’essere il principale scopo de’ virtuosi esercizii della studiosa gioventù. Dupli
esto metro costa di tre versi endecasillabi accentati sull’ottava,(1) de’ quali il primo rima col terzo, ed il secondo fiss
ina croica, come la voce istessa l’addita, costa di sei versi eroici, de’ quali i primi quattro rimano alternativamente, e
Perciò a ragione io li condanno a morte, E perchè non si dolga alcun de’ rei Pria di tutti condanno i figli miei. Cada tan
ose idee è l’Ottava rima del Boccaccio. Questa mercè gli otto eroici, de’ quali costa, mentre co’ sei primi alternativament
conchiudere i suoi detti. Il formar però poemi in questo metro degni de’ comuni suffragii non è veramente alla portata de’
questo metro degni de’ comuni suffragii non è veramente alla portata de’ principianti, ma sol de’ provetti nell’arte. E qu
omuni suffragii non è veramente alla portata de’ principianti, ma sol de’ provetti nell’arte. E qual giovanetto in vero può
sculapio, monumenti ad Ippocrate, e Peone, è divenuta omai la facoltà de’ Giabbattini, non che delle stesse più vili feminu
e a questo segno deve spargere pria non pochi sudori si nella lettura de’ classici, che nell’ esercizio de’ diversi ritmi d
a non pochi sudori si nella lettura de’ classici, che nell’ esercizio de’ diversi ritmi dell’ arte, e poi inoltrarsi pian p
ai però il suo essere, anzi sempre la stessa si conserva nella natura de’ componenti suoi membri ; chiaro ognuno scorge com
sti sonoro si rende il secondo. Dalla varietà però della nomenclatura de’ piedi parlano di essi alcuni Grammatici in modo d
lle danze in un modo tutto diverso dei dattilici salti erano le mosse de’ piedi, perciò consiste in due brevi, ed una lunga
tonomasia appellasi Verso siccome in rapporto al numero, ed al valore de’ suoi componenti cangia sempre di aspetto, così ap
aetitiamque Dei. Virg. 1. Æneid. 640. VI. L’ Innominato secondo costa de’ primi quattro piedi dell’ Esametro, con legge per
oggi può dirsi, che sia il meno che vi regna. Un tal verso dal numero de’ piedi prende diverso il suo nome, sicchè dicesi D
lassi, cioè in Coriambici, Endeceasillabi, ed Anapestici. Alla classe de’ Coriambici appartiene il Gliconio, l’ Asclepiadco
o improntò il suo nome, nel decadimento del rigore colla sostituzione de’ dattili, e de’ Spondei in lor vece restò decorato
uo nome, nel decadimento del rigore colla sostituzione de’ dattili, e de’ Spondei in lor vece restò decorato del semplice n
el ristretto della poesia latina passando sotto silenzio la diversità de’ componimenti per ragion della materia, nè brigand
ttaglie (1). Perche questo mio libro è unicamente diretto a giovani, de’ quali la miglior parte almeno dovrà aver la fortu
rezzatori della Divinità, come un Faraone co’suoi nelle onde Eritree, de’ quali in Giobbe al 26 stà scritto : Ecce gigante
tani, e dei Giganti certo si è esser essa si nota, che quell’ Amazone de’ Giudei Giuditta nel dare a Dio l’ Eucaristico Can
ezza, che oppresso aveva quel gran duce degl’ Assirii non col braccio de’ Titani, o de’ Giganti, ma per la mano della sua d
esso aveva quel gran duce degl’ Assirii non col braccio de’ Titani, o de’ Giganti, ma per la mano della sua debelezza : Ne
er dovevano i legali, che presso un tal giudicato trattavano le cause de’ loro clienti. Essi sotto pena di non essere ascol
il religioso re in memoria di tal beneficio istitui il nobil collegio de’ detti sacerdoti, alla cura de’ quali affidò quest
al beneficio istitui il nobil collegio de’ detti sacerdoti, alla cura de’ quali affidò questo scudo, e con esso altri ben m
uno sufficientemente convinto a riflettère le sue gesta in più luoghi de’ libri S. registrate. Suoi nomi. Suoi figli. Suo c
i figli. Suo culto. (1). Gl’ altari, che erigevano i Gentili in onor de’ loro Dei, sebbene semplici furono nel nascere del
ndi Iddio per rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali per moltissimi lustri
e sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali per moltissimi lustri vivevano nell’Egitto,
agl’ultimi tempi della Republica, come chiaro l’insegna Dionigi al 3 de’ suoi lib. Suo ritratto. (1). Il palladio, che c
uale seco lo tradusse in Italia, e dopo molte vicende cadde in potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gr
si legge. Quali poi sieno state tali argentee tecle per la diversità de’ sentimenti non è facile fissarlo. S. Giovanni Cri
re precando Virg  : Imperocchè non essendo il nostro Dio il cieco Dio de’ Gentili, gl’atti di sua prescienza puramente spec
fonte ebbe origine. Chi fù Saturno. Suoi viaggi. (1). Che il Saturno de’ Gentili fosse stato il Noè della Genesi assai pla
). Si barbaro costume di sacrificare invalse non solo presso i Galli, de’ quali parla Tullio Orat. pro Font. ma benanche pr
Egizii con fiaccole accese con occhio chiuso fuggiremmo anche l’ombra de’ suoi ritralti. Suo ritratto. (1). Bella è la de
questo similmente delirare. Del resto son ben io persuaso, che i Dei de’ Gentili tutti furono puramente uomini in sostanza
l figlia per sposa ; ma come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi di quella lo lascio ad essi a soggiunger
cuta ; siccome nella parola forma la stessa armonia la rassomiglianza de’ loro suoni, (1). Sembra, che l’ape romana in qu
Sembra, che l’ape romana in questo squarcio abbia succhia to il dolce de’ fiori sparsi nel sonetto del cav. Marino sullo st
tutta si versi sul suo artificio, ed impasto. Quindi la ricercatezza de’ termini, la nobiltà delle espressioni, e quanto p
sviluppata giova qui descriverla. L’ Eptametro contiene sette piedi, de’ quali i tre primi possono essere ad arbitrio Dafl
5 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
li Eroi, chiamati anche Semidei o Semoni, si di evano quegli uomini, de’ quali era stata illustre la nascita, o nobili le
nice. Cadmo. Cadmo nacque da Telafassa(a) (1), e da Aganore, ro de’ Fenicj. Altri dicono, che la madre di Cadmo fu la
menti possedeva degli orti, preziosi pegli alberi, le foglie e frutta de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re di accogl
co Oracolo di Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea ben chiusi di mura, e affid
o si trasferì nel Peloponneso ; e avendo udito, che in Larissa, città de’ Pelasgi, si celebravano dei giuochi funebri in on
one(a). Non intraprese poi solo l’eroica azione, ma cinquanta quattro de’ più illustri personaggi della Grecia si unirono s
uelli furoho Teseo, Peleo, Telamone, Calai e Zete, Castore e Polluce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione
un tempio, a lui consecrato, e predisse a Giasone, che quando alcuno de’ di lui discendenti lo avrebbe tolto, si sarebbono
ti erano per proseguire il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi
oro, in compagnia di Medea, la quale aveva seco portato via una parte de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lido di Colco
ita età. Il pietoso figlio, osservando il genitore, vicino al termine de’ suoi giorni, pregò Medea, che ridonasse al vecchi
tato a Giasone, e ne esagerò l’ingratitudine. Esaltò come il maggiore de’ suoi meriti quello di aver ringiovinito Esone. Qu
per meglio accertarnele, fece che in tutte le mandre si cercasse uno de’ più attempati e smunti arieti. Come lo ebbe dinan
erra. Plinio vuole, che i medesimi non esistessero se non nella mente de’ Poeti (c). Pausania all’opposto pretende, che se
Minos, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucciso due de’ di lui compagni(c). Albione e Borgione erano due
prenderli d’assalto, quando coloro per placarlo gli offerirono quanti de’ loro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si
lle Dee, ed ebbe in Roma una Capelletta, ove le Vestali le offerivano de’ sacrifizj, e vi mantenevano un fuoco perpetuo, co
l Circo Flaminio, ov’ erano onorate anche le Muse. Quel tempio fu uno de’ più frequentati spezialmente da’letterati (b). Es
gresso del di lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la quale col mezzo de’ sogni manifestava i futuri eventi a coloro, che,
enominata Eraclea per onorare il suo benefattone. Colui, fattosi capo de’ ribelli, privò di vita Creonte, s’impossessò del
guarito della sua frenesia. Conobbe allora la strage, che avea fatto de’ suoi, se ne afflisse estremamente, e si tenne per
ra le sembianze di toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò uno de’ corni, dielo svelse, e lo atterrò. Le Najadi, fig
arro e le sue frecce, le quali dal Fato si riserbavano all’esterminio de’ Trojani. Cuoprì poi la catasta colla pelle del Le
gli onori, che questo Eroe ricevette. I Greci lo venerarono come uno de’ loro maggiori Dei (d). Egli in Roma ebbe molti te
, perchè era maggiore di tutte le altre. Ad essa si portava la decima de’ buoi. Le donne non potevano accostarsi alla medes
ndonare la sua patria, e di trasferirsi sulle rive dell’ Esaro, fiume de’ Bruzj in Italia. Dileguatasi col sonno la visione
giudicò, ch’Ercole avesse così punito il disprezzo, che aveasi fatto de’ suoi sacrifizj (a). Ercole esorcitò la sua protez
Feste Panatence, talmente si tirò addosso l’invidia degli Ateniesi e de’ Megaresi, che coloro gli tesero insidie, e lo pri
ì gli stessi privilegi degli altri cittadini. Regolò altresì îl culto de’ Numi, instituì varie Feste, e rinovò in onore di
to a singolare tenzone da Piritoo, figliuolo d’Issione e di Dia, e re de’ Lapiti (21). Ma quando i due Eroi furono a faccia
o(22). Teseo, per vendicare l’ ingiuria, fatta all’ amico, e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la
e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la turba de’ Centauri, ne uccise molti, e ricuperò Ippodamia,
i Dimante, che regnava in un cantone della Frigia(d), o di Cisseo, re de’ Trasi(e). Colei gli partorì diecisette figli (f),
saone, figlio d’Ippaso(21) ; Asio, figlio d’Irtaco(22) ; Pilemene, re de’ Paflagonj(23) ; Astinoo(24) ; Pireciue, re de’ Pe
aco(22) ; Pilemene, re de’ Paflagonj(23) ; Astinoo(24) ; Pireciue, re de’ Peoni, e figlio d’Aso secondo Ditti Cretese (a) (
lo(29) ; Adrasto ed Anfio(30). Priamo, come vide la sua città in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, ma Écuba(31) lo con
e fu figliuolo di Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sostegno de’ Trojani ; e gli Oracoli aveano predetto, che l’ I
distruggere, finchè Ettore fosse vissuto(a). Egli divenne il terrore de’ Greci, e comparve il più forte e valoroso di tutt
o Eroe trovò alla porta del Greco campo una pietra sì grande, che due de’ più robusti uomini avrebbono durato fatica ad alz
e nise a morte Anfimaco, figlio di Teato Attorione(b) ; Stichio, duce de’ Beozj ; Arcesilao, fido compagno di Menesteo ; i
o, duce de’ Beozj ; Arcesilao, fido compagno di Menesteo ; i due duci de’ Focesi, Schedio, figlio di Perimede(c), e Schedio
i spaventò Priamo dell’infausto vaticinio, e commise ad Archelao, uno de’ suoi servi, di esporre il fanciullo, subitochè fo
pilo, e Diomede(d). Uccise Euchenore, figlio di Poliido ; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e Menestio, figlio di Areitoo
di straordinario valore, lo fece comparire un’altra volta alla testa de’ suoi(c). Allora fu, ch’egli venne alle mani con A
d istanza di Venere lo tolse dal pericolo(d). Enea uccise Afareo, uno de’ Greci Capitani, e figlio di Caletore(e). Privò pu
Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e di Venilia, e re de’ Rutuli. Ciò bramava anche Amata, sorella dell’anz
contro Turno(b) (20). Grande fu dall’una e dall’altra parte la strage de’ combattenti. I Rutuli volevano incendiare la flot
rte la strage de’ combattenti. I Rutuli volevano incendiare la flotta de’ Trojani, mentre Enea n’era lontano. Non poterono
a, a Iei consecrato(c). Turno passò quindi ad assalire l’accampamento de’ Trojani, e ne fece grandissimo esterminio. Enea v
sdi vita Mezenzio, Lauso, di lui figliuolo(a) (22), e Camilla, regina de’ Volsci(b) (23). Finalmente vi rimase ferito ; e l
redetto Licomede, un figliuolo, chiamato primieramente Pirro a motivo de’ suoi biondi capegli, e poi Neottolemo, perchè in
l Trojano esercito intanto continuava ad assalire baldanzoso il campo de’ Greci, azzardava varj combattimenti, e quasi semp
ttenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle fece orribile strage de’ Trojani(a). Uccise Asteropeo, re di Peonia, e fig
iconi ritornarono poscia con forze maggiori, e uccisero gran quantità de’ di lui compagni(a). Ulisse poco tempo dopo soffer
eso esente dal sacco nel tempo dell’irruzione, fatta da lui nel paese de’ Ciconi. Il Ciclope non ristette dal trangugiare q
pere, perchè così si dolesse. Colui rispose, che Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lui compagni lo e
to prima partire. Passò il Greco Eroe dopo sette giorni alla spiaggia de’ Lestrigoni, popoli selvaggi, che Omero denomina a
dove, Autoleone, Generale de’Crotoniati, tentè di attaccare l’armata de’ Locresi, ma rimase feriro nel petto dall’ombra de
Anfio, figlio di Selago ; Acamante, figlio d’ Eussoro, e il più prode de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno di Sarpedone(c) ;Arc
onauti(b). Polluce, avendo allora approdato co’ compagni alle spiagge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio di
mettevali a cruda morte. Polluce lo superò, e uccise. I due fratelli, de’ quali parliamo, ritornati dalla conquista del Vel
ore. Aulo Postumo Dittatore fece voto, che se avesse potuto trionfare de’ Latini, i quali si erano ribellati per ristabilir
ano ribellati per ristabilire i Tarquinj sul trono, avrebbe celebrato de’ magnifici Giuochi a Castore e a Polluce. L’esito
iuochi di Castore e di Polluce. Erano essi preceduti dallo spettacolo de’ gladiatori. I Magistrati, accompagnati da quelli
ta amicizia, meritarono, che Castore e Polluce cagionassero la rovina de’ loro concittadini. Eglino durante la guerra de’ M
agionassero la rovina de’ loro concittadini. Eglino durante la guerra de’ Messenj cogli Spartani si cuoprirono con bianca v
ro all’ improvviso nel campo degli Spartani, che celebravano la Festa de’ Dioscori. Quelle genti credettero, che fossero i
di Pisa. L’anzidetta giovine era l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi circonvicini. Il di lei padre poi non vo
pposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato anche dagl
n Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sull
li conosceva l’avvenire per mezzo del velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli
o per tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e agli altri Dei, i nomi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano po
d Eteocle la nuova dell’avvenuto(c). Adrasto allora dispose ciascuno, de’ predetti sette Capi dinanzi a ciascuna delle sett
ra stato predetto a quelle genti, che felicemente avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cad
ttadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui
testa, volendo in tal modo significare, che il giudice dee spogliarsi de’ proprj sentimenti per eseguire ciò, che dalle leg
ia, quanta qualsivoglia donna della sua città potea vantarne in forza de’ suoi natali. Ella quindi fabbricò un altro tempio
e, che non passavano a seconde nozze, e consideravano la moltiplicità de’ matrimonj, contratti da una stessa persona, come
e lo testificano anche moltissimi antichi Monumenti, la maggior parte de’ quali altro non ci esibisce agli occhi, che teste
a tutti il suo animo. Riprensione. La Riprensione è rimprovero de’ vizj onde vederne l’emendazione. Comparisce quest
me lo era durante la vita(a). Fede. La Fede è la corrispondenza de’ fatti colle parole è convenzioni già espresse, o
espresse, o sottintese. Soleasi chiamare tale Divinità in testimonio de’ patti, che si stabilivano. Il giuramento, che per
ti, che si stabilivano. Il giuramento, che per Lei si faceva, era uno de’ più inviolabili. Numa Pompilio la considerò come
che indica l’interna cognizione, che si forma l’umile, della bassezza de’ proprj meriti. Ha in mano una palla, perchè sicco
circostanza, non avrebbe saputo resistene all’incanto delle offerte e de’ vezzi. Procride, o che la appagasse la sincerità
delle offerte e de’ vezzi. Procride, o che la appagasse la sincerità de’ di lui sentimenti, o che la scuotesse il rammaric
zione ha le ali al dorso, e i piedi ignudi, per esprìmere l’ ampiezza de’ suoi disegni, e la velocità, con cui li vuole ese
ore. Disobbedienza. La Disobbedienza è volontaria trasgressione de’ comandi legittimamente imposti. Questo Vizio si m
to Vizio è ilare, perchè è proprio del medesimo di tripudiare a vista de’ danni altrui. Parzialità La Parzialità è in
coltano. Il Camaleonte è animale, che si cambia secondo le variazioni de’ tempi ; ed è quindi simbolo dell’ Adulazione, che
gratitudine. L’Ingratitudine è dimenticanza, o piuttosto disprezzo de’ benefizj ricevuti. Questa sta mirandosi in uno sp
duceo della pace : le quali cose principalmente producono la felicità de’ popoli. Ricchezza. La Ricchezza è ampia pos
elicità de’ popoli. Ricchezza. La Ricchezza è ampia possessione de’ beni, appartenenti all’uso e al comodo di questa
stringe un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de’ quali cadono sulla terra. Nobiltà. La Nobil
nia. Si dipingeva in abito nero, colore usato per indicare la gravità de’ costumi, che nel Nobile si ricercano. Tiene un’as
eria. Roma singolarmente la onorò, dopochè si sottrasse alla tirannia de’ Re. Vi si stabilì allora una Feota, detta Regifug
cate in essa, era che dopo il sacrifizio, offerto alla Libertà, il Re de’ Sacrificatori dovea uscire dal tempio, prendere l
gli Antichi coronare se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche Feste. Strin
riconoscevasi da’ Greci sotto il nome di Tiche. Timoleonte, Generale de’ Corintj, alzò un tempio alla Fortuna sotto il tit
zio, accompagnato da profumi e incensi. Elleno inoltre si spogliavano de’ loro ornamenti più preziosi, e supplicavano la Fo
la quale avea un tempio sul monte Palatino (d). In Anzio pure, città de’ Volsci, in Italia, eravi un magnifico tempio, ded
chiarati per lui, gli rivolsero poi le spalle, e passarono al partito de’ nemici. Il timore ben tosto s’impadronì dell’anim
e il soldato riprese subito il perduto coraggio. Tullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto di que
. 410. Alope I. 224. II. 105. Alopeco I. 323. Alsione II. 269. Altare de’ dodici. I. 10. Altea I. 400. 401. II. 284. Alteme
idi I. 195. II. 54. Espero I. 17. 195. Espiazione I. 414. Esposizione de’ fanciulli I. 197. Estatici I. 36. Estia I. 26. Es
Democrito avesse notato perfino il nome di alcuni volatili, il sangue de’ quali, mescolato insisme, dava vita a un serpente
i Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da di là trassero origine al dire de’ Poeti i Coralli. Essi sott’acqua sono molli e fle
Alcmena. Costretto a guerreggiare contro i Teleboi, affidò il governo de’ suoi Stati ad Anfitrione, suo nipote. Ritornossen
 ; e da quel tempo lo stesso Nume fu risguardato come il Dio tutelare de’ fuggitivi(g). Alcuni però sotto il nome di Lafist
so terminò i suoi giorni, perchè Eeta lo fece morire per impadronirsi de’ di lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che gli D
dello stesso Apollonio. Potrebbe però questo Poeta aver anche inteso de’ campi Flegrei della Campania, per l’amenità ed ec
e inteso de’ campi Flegrei della Campania, per l’amenità ed eccelenza de’ quali dice Polibio essere verisimile aver fra lor
essendosi fermati gli Argonati appresso Lico, figlio di Dascilo, e re de’ Mariandinj nella Propontide, ivi sia morto di mal
). Medea co’ suoi incantesimi operò grandi prodigi : ritornò le acque de’ fiumi alle loro sorgenti ; rendette placidi gli s
i, che si squarciasse il suolo, e che dalle tombe sorgessero le ombre de’ morti (a). (a). Apellon. l. 3. Argon., Eurip. i
Jacob. Hofman. Lex. Univ. (22). L’uccisione di Absirto è forse uno de’ punti più controversi nella Mitologia. V’ ha chi
volendo esperimentare la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più forti della sua Guardia, e Polidamante li ucc
Apollon. (g). Paus. l. 5. (a). Hom. Iliad. l. 2. (10). Il padre de’ Molioni al dire de’ Poeti era Nettuno(f). (b).
s. l. 5. (a). Hom. Iliad. l. 2. (10). Il padre de’ Molioni al dire de’ Poeti era Nettuno(f). (b). Declaustre Diction.
otivo dell’odio, che la famiglia di Pandione aveva contro di Tereo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole urbanità vers
o di Laonome, sorella uterina d’Ercole, e celebre per la sua celerità de’ piedi(f). Il medesimo rimase ucciso in un combatt
egalò ad eno de’suoi Cortigiani. Non molto dopo essa cadde nelle mani de’ Carj, popoli dell’Asia Minore. Questi fecero scol
he diede a Teseo, meritò, che gli Ateniesi lo risguardassero come uno de’ Semidei. Gli sacrificavano ogni anno un capro nel
che da Atene, si trasferì nell’ Asia superiore, dove si maritò ad uno de’ maggiori re di quel paese, e n’ ebbe un figlio, d
e molte replicate tortuosità di muraglie, e per la copia e uniformità de’ giri e stradelli non si sapeva trovarne l’ uscita
alle una e alle altre certa piegatura, onde rassomigliassero alle ali de’ veri volatili. Terminato il lavoro, si adattò le
elebrasse dagli Ateniesi per espiare la morte d’ Icario e di Erigone, de’ quali abbiamo gia parlato(d). (a). Plut. in Vit
po delle nozze di Piritoo i Centauri lo affogarono vivo sotto il peso de’ grandi alberi, che gettarono sopra di lui. Nettun
elabro, e soll vatolo in alto, lo diede nelle tempia a Celadonte, uno de’ Lapiti. Il maschino cadde, e morì sì deformato e
compagno, schiantò una delle are fumanti ; e scagliatala tralla folla de’ Lapiti, schiacciò Brotea e Orione, figli di Miçal
i Pelso, che lo aveva ricevuto in ostaggio dal debellato Amintore, re de’ Dolopi. Peleo, veluto appena di lontano l’ amato
mero fa nascere Polidoro non da Ecuba, ma da Laotoe figlia d’Alte, re de’ Lelegi(c), e lo fa cadere morto per mano d’Achill
segnalò in quella guerra, e finalmente restò ucciso da Licomede, uno de’ Capi dell’armata nemica(a). (22). Asio avea cond
di vita da Ajace, figlio d’ Oileo(a). (28). Mori, venuto in soccorso de’ Trojani col padre e co’ fratelli, fu messo a mort
e vi perirono per mano di Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Greci Principi nel ripartirsi le Trojane matrone
va ricolmando i Greci d’ingiurie e maledizioni per incontrare il fine de’ suoi giorni, che tante sospirava. Ella vi riuscì,
Un altro Oracolo pure fece sapere, che avrebbe perduto la vita quello de’ Greci, il quale fosse disceso il primo sulle Troj
suo nome ad una città, situata sul fiume Caico, e la stabilì Capitale de’ suoi Stati(a). (a). l. 9. (a). Ovid. Epist. H
avrebbe trasferito nel palagio di Nereo per esservi onorato come uno de’ Semidei. Notisi per ultimo, che gli abitanti di P
nte Nerizio, nell’Isola d’Itaca, si trattenne in Caieta per riposarsi de’ lunghi travagli, sostenuti insieme con Ulisse. Là
(3). In origine i Penati, detti anche Lari, non erano se non le anime de’ morti, che i Gentili si facevano un dovere d’onor
, che non conveniva fidarsi del mentito cavallo ; che si dovea temere de’ Greci ; e che non senza inganno erano certamente
re anch’egli la stessa sorte, fuggì in Italia, e vi fabbricò la città de’ Falisci (a). Altri vogliono, ch’egli fosse non fi
tto, e tale amore sentiva per lui, che veggendolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di conse
matrimonio a chi lo avesse liberato da quel nemico. Telefo alla testa de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quin
o. In forza di queste nozze avvenne, che Telefo si attaccò al partito de’ Trojani contro i Greci. Costoro, gettati da una p
numero, e costrinse gli altri alla fuga. Era per trionfare totalmente de’ nemici, quando Bacco, che proteggeva i Greci, fec
re la morte di Palamede. Dopo poi la presa di Troja venendo la flotta de’ Greci spinta da furiosa tempesta sulle coste dell
mente, e allorchè egli si disponeva a pattire per recarsi in soccorso de’ Trojani, fece tutti gli sforzi per dissuadernelo.
i chiamava Achemonide, figlio di Adamasto d’Itaca, rimase nelle terre de’ Ciclopi. Colui dovette rimanersene colà, finchè E
o, Telsiope, Molpe, e Agl ofono. Clearco finalmente, citato da Natale de’ Conti, le nomina Leucosia, Ligea, e Pattenope(e).
(5). Leggesi che il corpo di Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della s
mangiare i proprj figli, e sul fine del pranzo gli, presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse di quali cibi erasi si
n si poteva prendere da’ Greci, qualora eglino non avessero avuto uno de’ di lui ossi. Ne fu incaricato Filottete, il quale
e padre avea inteso dall’Oracolo, ch’egli sarebbe stato ucciso da uno de’ suoi figliuoli. Altemene in forza di tale predizi
contro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcuni de’ suoi, che gli recassero la testa del predetto Men
te d’Arisba(b). Fece pur perire Abante e Poliido, spediti in soccorso de’ Trojani dal loro padre, Euridamante, eccellente n
dre, Euridamante, eccellente nell’ interpretare i sogni. Pandaro, uno de’ Capitani Trojani, originario di Licìa, e figlio d
(c). Diomede uccise altresì Dolone, ch’erasi recato di notte al campo de’ Greci per ispiarne la situazione. Colui erasi cim
si vide preso da Diòmede e da Ulisse, manifestò loro tutti i progetti de’ Trojani, perchè sperava di salvare così la propri
sta difendeva il suo figliuolo, Enea(c). Durante la navigazione molti de’ compagni di Diomede parlavano con disprezzo dell’
pposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato anche dagl
n Eleusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sull
li conosceva l’avvenire per mezzo del velo degli uccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli
o per tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e agli altri Dei, i nomi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano po
’ Atleta Evanoride d’Elide, nel Peloponneso, il quale poi divenne uno de’ Direttori e Giudici ne’ medesimi Giuochi(d). (c)
ra stato predetto a quelle genti, che felicemente avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cad
ttadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui
6 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
i Scrittori, che nella nostra Italiana favella ci trasmisero la serie de’ vetusti Favolosi avvenimenti. E’ vero, che questi
ro vuole separatemente conoscere ; ma che altro riesce poi la lettura de’ medesimi, se non imperfetta, confusa, pesante, e
r lo più si fa parola ; nella terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondo
i fa parola ; nella terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondochè furono
 ; nella terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondochè furono dal Gentil
ino piangevano sull’esecrande laidezze, che i Poeti andavano narrando de’ loro Numi, e ch’eglino stessi non potevano non av
uzioni successivamente avvenute ne’ differenti paesi, il mescolamento de’ varj abitatori, la diversità della loro origine,
la loro origine, la stoltezza e superstizione del volgo, il capriccio de’ Poeti, gli abbagli degli Etimologisti, l’iperbole
limi della Natura ; il Politico vi ritrovò le più raffinate direzioni de’ Governi ; chi vi riconobbe espressi i lumi della
re la spiegazione sarebbe lo steaso, che voler costituirsi interprete de’ sogni di chi delira. La migliore spiegazione (sog
riguardi dell’onestà rapporto a quelle, che si oppongono alla purezza de’ costumi. Tutto ciò premesso, non mi resta a desid
mma si tenne per Dio, tranne il vero Dio. Varrone dice, che il numero de’ falsi Numi ascendeva a trenta mila ; e Plinio sog
uel che uomini v’avesseto sulla terra. Le tante e sì diverse opinioni de’ sacri e profani Scrittori non lasciano stabilire
. Gli Ateniesi aveano loro alzato un altare, che appellavano l’altare de’ dodici(d). In onore degli stessi vennero istituit
è da Urano e da Titea riguardo al suo Destino(8) aveva udito, che uno de’ proprj figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). T
). Come Vesta, chiamata in vece da’ Greci Estia(c), ebbe nella Grecia de’ solenni sacrifizj, detti Estici, le vittime de’qu
tenevano a’soli sacrificatori(d). Ella era altresì la Dea particolare de’ Trojani(e). Enea ne trasferì il culto in Italia(f
Il primo, che nel Campidoglio le fabbricasse un tempio, fu Tazio, re de’ Sabini(a) (9). Era finalmente riconosciuta sotto
aturno e di Cibele(a). Gli Antichi la venerarono come la Dea tutelare de’ campi(1), perchè fu la prima che insegnasse la ma
e) (9). Non altrimenti Cerere per essere stata accolta da Fitale, uno de’ primi abitanti dell’ Attica, lo regalò della pian
a, ossia porta-lana, perchè era risguardata come la protettrice anche de’ greggi. Sotto questo nome aveva un tempio in Mega
ve e a Cerere ; si facevano libazioni con due vasi pieni di vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Oriente, e l’altro
Cerere, quando rintracciava della figlia. Elleno finalmente facevano de’ sacrifizj, ne’ quali osservavano il più rigoroso
Minerva si cercò di Ercole, il quale v’accorse, e fece grande strage de’ Giganti. Ripigliarono ben presto gli altri Numi i
correré contro le loro decisioni al Senato d’Olimpia, giudice supremo de’ Giuochi (a). Notiamo per ultimo che i Giuochi Oli
i Corebo(b), e che si ristabilirono da Climeno, figlio di Arcade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tralle Feste di Gi
ora sopra l’altare del Nume orzo mescolato con frumento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servire di vittima, mangiava di q
fferto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò era delitto per l’utilità de’ buoi. Il Sacerdote fuggì per timore degli Atenies
o in quel bosco molti altari e moltissime statue, erette a’ vincitori de’ Giuochi Olimpici (h) (10) (11). Venne appellato I
ve finalmente il principale Magistrato della Città. Giunti alle tombe de’ Greci, morti nell’anzidetta guerra, ne Iavavano l
nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello di Giove era uno de’ principali. Quindi questo Nume, come preside a’ g
al fatto, si scolpì sulla colonna Trajana la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’acqua nel concavo d
o ? nè avento potuto ottenernele, se le rapi mediante la celebrazione de’ Giuochi Consnali(17), a’ quali molte di quelle er
i contro gli abitatori di Roma. Romolo li rispinse, uccise Acrone, re de’ Ceninesi, ne disfece l’armata, e trasferì le spog
Giove fu anche chiamato Predatore, dalla voce latina praeda, spoglia de’ nemici (c). Domiziano impose a Giove il nome di C
onore di Giove Capitolino, che avea salvato il Campidoglio dalle armi de’ Galli, il Senato per consiglio di Camillo institu
o. Esse riuscivano altresi dolci a quelli, che osservavano la fedeltà de’ gniramenti, e velenose agli spergiuri (e). Fu det
e velenose agli spergiuri (e). Fu detto Atabirio da’ Rodiani, l’isola de’ quali anticamente si denominava Atabiria (f). Col
to il nome di Giove Sponsore (b). Come tale presiedeva alla religione de’ contratti. Dionisio d’Alicarnasso lo confonde col
i, nè altro restè nel fondo di quello che la speranza, unico conforto de’ miseri mortali (a). Giove frattanto comandò a Mer
l Nume lo cangiò in una pianta, la quale suole crescere lungo le rive de’ fiumi, e a cui diedesi parimenti il nome di Calam
o al di lui soglio siede Eunomia, e vi sta osservando tutte le azioni de’ mortali (d). A’ di lui piedi vi sta pure un’Aquil
tal volatile rapì Ganimede. Evvi finalmente chi dice che Perifa, uno de’ primi re dell’ Attica, divenuto tale per l’esimia
tto in Trezene, v’ aveano due altari, sacri agli Dei Infernali, l’uno de’ quali mascondeva l’ apertura, per cui Bacco avea
ico, perchè egli era stato il ritrovatore non solo del vino, ma anche de’ fichi (g). I Potniesi, mentre celebravano le Fest
bianne di Satiri e di Fauni(8) (i). Un vecchio, che rappresentava uno de’ Sileni(9), assiso sopra un asino, eccitava tutti
ia avea mosso guerra ad Atene per un Territorio limitrofo. Santio, re de’ Beozj, propose di dar fine al contrasto con un pa
rdo allo predette Feste. Esse, dicono, duravano tre giorni, nel primo de’ quali si celebrava un convito, nel secondo si sac
va un convito, nel secondo si sacrificava, e nel terzo si aggregavano de’ giovani in ciascuna tribù. Tali giovani non vi si
uenti del mese Antesterione, dal quale furono così chiamate. Ciascuno de’ predetti giorni desumeva poi il nome relativo a c
, ossia tutte occhi, perchè intorno al câpo ne avea cento ; una parte de’ quali sempre vegliava, mentre l’ altra domiva. Ov
iunone, e raccolti ad uno ad uno gli occh di’ Argo, ne fregiò le code de’ suoi pavoni. Sciolt poi il freno all’ ira e alla
ttessero a’colpi di sferza, che i Sacerdoti del Dio Pane(15) al tempo de’ Lupercali(16) davano a tutti coloro, che incontra
principali città, della Grecia preparavano una statua di legno, adoma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel giorno della Festa
amoso in Lanuvio, città d’ Italia nel Lazio, e due altri in Roma, uno de’ quali si fabbricò da C. Cornelio. Dicono, che i C
o affidarono il comando delle loro truppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il quale, accampatosi alle porte di Rom
ce, diedero un segno a’ Romani, i quali v’ accorsero, e fecero strage de’ nemici. Il Senato riconobbe Giunone, come autrice
ssione. Cento buoi inghirlandati precedevano pel sacrifizio, le carni de’ quali si di stribuivano poi in gran parte agli as
esi l’Averno(17). Passato l’Acheronte, si odono le lamentevoli strida de’ bambini, morti nell’ istante medesimo, in cui era
go finalmente trovasi nell’ Inferno, destinato a sentenziare le anime de’ trapassati. Esso si chiama il Campo della Verità,
a, insorta nelle donne gravide, fosse derivata dal fetore delle carni de’ tori allora immolati. Tali Giuochi sempre si cele
er la salvezza e conservazione del Romano Impetio(a). Prima del tempo de’ medesimi si spedivano araldi per l’ Italia, accio
il nemico, dovevano obbligarsi con voto solenne a celebrare ogni anno de’ Giuochi in onore di Apollo, perciò a persuasione
to : dal che ne derivò altresì, ch’egli fosse risguardato come il Dio de’ Pastori(e) (18). Fu inoltre detto Delio, Abeo, Ag
sergli stata consecrata la montagna di questo nome, situata nel paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24). Ebbe il
dette parimenti Teosenie. In esse si facevano dei Giuochi, il premio de’ quali secondo Pausania era un vaso intagliato(e),
loro venerazione al Nume, gli spedivano ogni anno in Delo le primizie de’ Ioro frutti. Da prima erano due o tre vergini, ac
la figlia. Il Sole, spettatore di tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi raggi di aprire la strada alla misera, onde
rio(36), e Pindo(37). Soleva altresì dimorare seco loro lunge le rive de’ fiumi, Permesso(38), Castalio(39), e Aganippe(40)
iobe poi, non potendo reggere al dolore, che sofferiva per la perdita de’ figli, fu dagli Dei convertita in sasso(c). Scris
erpina, nell’ Inferno (a). Esiodo dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebbe da Tia
, l’altra della terra, e la terza dell’ Inferno (b) ; ovvero a motivo de’ trivj, ossia delle strade che si dividevano in tr
allia, in quanto che era invocata anch’ella pe’ parti. Sotto l’ultimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel quale le nutric
servire a’ funerali. Per costume intredotto da Servio Tullo, sesto re de’ Romani, si portava anche al medesimo tempio una m
etto il Registro di Libitina. Per mezzo di questo si sapeva il numero de’ morti in Roma ogni anno (a). In onore di Libitina
l tempio, a differenza di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il t
erano state erette da altrettanti Re (c). Serse, il più fiero nemico de’ Greci, e il quale avea incenerito tutti i loro te
Giove(a). Altri la chiamarono figlia di Pallante(b). La maggior parte de’ Mitologi dicono, ch’ella fu concepita da Meti ; c
serisce, che sia stata appellata Pallade, da che uccise Pallante, uno de’ Giganti, i quali aveano mosso guerra a Giove(d).
ndato da un portico, sostenuto da molte colonne, e si poteva dire uno de’ più magnifici tra tutti i sacri edifizj dell’anti
te vendicatore, perchè avea vendicato la morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre, e di P. il figli
o a cagione delle danze, che facevano i di lui Sacerdoti, detti Salj, de’ quali quanto prima favelleremo(c). Il nome Arete
di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di Filippo, era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la
olo di Giunone e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno de’ quali era figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il
Menalio, e il quarto di Giove e di Giunone(b). La maggior parte però de’ Teogonisti vogliono, che Vulcano sia nato dalla s
a il predetto metallo(c). Questo Nume ebbe molti tempj, il più antico de’ quali fu quello in Mena, città d’ Egitto. Esso er
altro dissensioni tra il popolo(a) I Cani d’ordinario erano i custodi de’ tempj di Vulcano(b). Eliano riferisce, che intorn
race. Oceano fu padre di moltissimi altri figliuoli, delle fontane, e de’ fiumi.(e). Anche questi furono tenuti quali Divin
ari, statue, e sacrifizj. A loro consecrava la Grecia i primi capelli de’ fanciulli. I fiumi si rappresentano sotto la figu
, la quale trovasi talvolta tralle di lui mani, racchiudesse la sorte de’ mortali. Il Destino soventi volte chiamasi Fato,
Greci e i Romani, prima di sedersi a tavola, eleggevano co’ dadi uno de’ convitati, a cui davano il nome di Simposiarco, o
o. Si esaminavano poscia le interiora dello stesso animale per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o di vino, o
. (3). L’Oracolo era una bilingue e oscura risposta, come credevasi, de’ Numi, colla quale eglino indicavano quelle arcane
ndassero vagando nelle regioni celesti, ora si recassero al soggiorno de’ morti per osservare ciò che ivi si faceva, ed ora
vita. Alle tre accennate classi di Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi, ossia di quelli, che vicini a morte cr
di lui, scrupolosamente raccolte e scritte, formarono il primo codice de’ Toscani Indovini(c). Tra questi anche Arunte posc
è quì si restringevano tutte le osservazioni degli Auguri : il numero de’ tuoni, e la direzione degli stessi, l’origine ori
jani il Palladio, e ch’ egli perciò lo abbia ceduto ad Enea, o ad uno de’ di lui amici, chiamato Naute(d). Comunque ciò sia
ex. Univ. (6). Giuturna era figlia di Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutuli. Giove avea preso ad amarla. Ella ricusò d
ontanare le calunnie e maldicenze(a). Giuturna poi secondo l’opinione de’ Romani conseguì da Giove l’immortalità, e venne c
evano non solo i ricchi doni, offerti agli Dei, ma anche le ricchezze de’ particolari(c). Cesare nel tempio di Ope depositò
so salì sul trono del padre, ma poi dovette soccombere sotto la forza de’ Principi Titani, che lo misero a morte. Iside, av
come tale riconoscevasi il Dio Montino(l) ; e come preside a’ gioghi de’ medesimi si onorava il Dio Giugatino(m). Presiede
dette Napee(b), o Driadi(c). Dea delle prime era pure Vallonia(d), e de’ secondi Nemestrino(e). Eranvi finalmente le Ninfe
iuscisse ad esse l’obblazione del mele, spremendosi questo da’ fiori, de’ quali elleno erano amantissimo(g). (b). Nat. Co
appendevano corone, voti, tavolette(d), lucerne, ed anche le spoglie de’ nemici(e). I viaggiatori si fermavano appresso i
ligione. Ivi s’innalzavano altari, e si facevano sacrifizj. L’uso poi de’ sacri boschi neppure allora fu abolito, quando si
a di lei fece sì, che Tarquinio consultasse gli Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente l’anzidetta somma di dana
regi bile in bellezza, e riusciva molto eccellentemente nell’ agilità de’ piedi. Volea rimanersene vergine nelle foreste, n
olto dopo perdente, gettò fuori di strada e quanto più lungi potè uno de’ pomi, ricevuti da Venere. Avida Atalanta di farne
Rusina, o Rurina custodiva le campagne (c). Puta presiedeva al taglio de’ prodotti (d) ; Terense, uando si batteva il frume
nera giovenca (l). (c). Ovid. Fast. l. 4. (4). Core nel linguaggio de’ Molossi significava bella donna. Proserpina ebbe
ell’ Emisfero Boreale, detta Serpentario, fu da Cerere convertito uno de’ Re de’ Geti, popoli di Misia, perchè egli fece mo
isfero Boreale, detta Serpentario, fu da Cerere convertito uno de’ Re de’ Geti, popoli di Misia, perchè egli fece morire un
ito uno de’ Re de’ Geti, popoli di Misia, perchè egli fece morire uno de’ Dragoni del carro, consegnato a Trittolemo (e). R
Vi s’introdussero poscia i Poemi, ne’ quali si descrivevano le gesta de’ Numi e degli Eroi. Col progresso del tempo si rap
o ambivano la gloria di riportarvi il premio, che quella di trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consisteva nell’ alzars
e Palatino (f). Dalla voce Circo presero il nome i Giuochi Circensi, de’ quali parleremo altrove. L’Anfiteatro e l’Arena e
iq. Rom. l. 2. (17). I Fratelli Arvali, detti da Plinio i Sacerdoti de’ campi (e), erano dodici Sacerdoti d’illustri nata
o stati prodotti dal sangue de’Titani, uccisi da Giove (i). L’aspetto de’ Giganti era terribile, la barba lunga (l), i pied
serpenti (m) ; e però furono soprannominati Serpentipedi (n). I nomi de’ più noti sono Abseo, Aloeo, gli Aloidi(a), Almops
dalla carestia a mangiare carne umana, non mai però toccarono alcuno de’ loro animali ; e che anche allora quando si dosid
suo salle spalle, e lo portò per le vie d’Olimpia in mezzo alla folla de’ Greci, che spargevano fiori per dove passava. Dia
de l’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui nemici veniva frequentemente insultata. Av
sciuto d’avere riportata la vittoria, andò a porsi dimanzi a’ Giudici de’ Giuochi per riceverne il premio. Così avvenne ; e
e Pausania di un’altra ancora, chiamata Mera, sposata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie di
uve(e). I Fauni poi furono così detti da Fauno, figliuolo di Pico, re de’ Latini in Italia. Egli viveva al tempo, in cui Pa
Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4). Argo ebbe in moglie Ismene,
questi vennero dal Sole anneriti (a). E quì parlando dell’esposizione de’ bambini, si noti, ch’essa consisteva nell’abbando
abbandonarli o nelle strade pubbliche, o nelle campagne, o sulle rive de’ frumi, alla ventura. Sì barbaro costume era adott
la d’Iti non è dissimile dalla seguente. Tereo, figlio di Marte, e re de’ Traci, ebbe in moglie Progne, perchè avea prestat
fondersi coll’altro dello stesso nome, e il quale proteggeva i gioghi de’ monti (h). Furonvi finalmente le Dee Prema, Pertu
i finalmente le Dee Prema, Pertunda (i), e gli Dei Imene, e Talassio, de’ quali due ultimi parleremo altrove. (d). Cant.
Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (15). Pane era il Dio spezialmente de’ pastori e cacciatori, e quegli, che presiedeva a
l tempo siasi sostituito un irco (d). Dicesi finalmente, che in luogo de’ pastori, i quali celebravano le Lupercali, Romolo
itia avea in Roma un tempio, dove per comando di Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una moneta alla nascita di c
e senza gemma (l). Le nozze si celebravano per tre giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la sposa nella di
ex. Univ. (22). Sotto il nome di Feronia alcuni riconoscono una Dea de’ boschi (g). (c). Satir. 5. l. 1. (a). Aeneid.
a). Educa, o Edulica (b), o Edusa attendeva al cibo, e Potina al bere de’ fanciulli (c). Allorchè questi cominciavano a fav
ti di Delo, e altri popoli della Grecia veneravano Brizo, come la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. L
opoli della Grecia veneravano Brizo, come la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella cit
sì che l’Eumenidi fossero le medesime che le Nemese, Dee vendicatrici de’ delitti, le quali aveano un tempio sul monte Pago
pelli di tal fatta. In tutte due non aveano che un occhio e un dente, de’ quali vicendevolmente si servivano(f). Alcuni han
Necessità ; altri dal Caos e dal Dio Pane(m). Nelle loro mani al dire de’ Poeti sta il corso della vita degli uomini, ed el
ro da’ voleri del Destino(a). Esiodo ce le descrive come persecutrici de’ malvagi, simili all’ Eumenidi(b). Ebbero tempj pr
e quali si aggiravano intorno a’ sepolcri, e vegliavano alla custodia de’ cadaveri, ch’eranvi rinchiusi(d). Sotto il nome p
nchiusi(d). Sotto il nome poi di Mani si riconoscevano anche le ombre de’ morti(e). E quì si osservi col dotto Varburton, c
era quella, che chiamavasi ombra. Le ombre si distinguevano in quelle de’ buoni, e in quelle de’ cattivi. Le prime si appel
asi ombra. Le ombre si distinguevano in quelle de’ buoni, e in quelle de’ cattivi. Le prime si appellavano anche Lari, de’
’ buoni, e in quelle de’ cattivi. Le prime si appellavano anche Lari, de’ quali parleremo ; le secondo in pena de’ loro del
e si appellavano anche Lari, de’ quali parleremo ; le secondo in pena de’ loro delitti andavano errando sulla terra, e dall
econdo mese dell’ anno Febbrajo da februare, ossia lustrare, a motivo de’ sacrifizj, soliti a farsi allora sulle tombe de’
a lustrare, a motivo de’ sacrifizj, soliti a farsi allora sulle tombe de’ morti per placare gli Dei Mani(c). Dallo stesso m
onzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire dalla sua casa. Il suono de’ predetti vasi si risguardava come opportuno a met
icesi, che sia questo il primo fiume, a cui concorrano tutte le anime de’ trapassati(a). Non era permesso il tragittarlo, s
osservavano rigorosamente quello di seppellire i morti. A quelli poi, de’ quali non si potevano avere le ceneri, si alzava
evano due(e). Caronte neppure poteva ammettere nella sua barca alcuno de’ viventi, che non gli avesse mostrato il Ramo d’or
privilegio allo Stige, perchè l’anzidetta Ninfa al tempo della guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso di quest
(15). Lete è voce greca, e vuol dire obblie. Così fu denominato uno de’ fiumi dell’ Inferno, perchè si fiuse, che le acqu
incipe di Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio di Marte, e re de’ Lapiti nella Tessaglia ; Tantalo, nato da Etone(d
tto il nome di Giove, e l’altra setto quello di Giunone. Il Padre poi de’ Numi li cangiò in due montagne, ciascuna delle qu
thol. l. 4. (c). Hymn. in Apoll. (d). l. I. (1). Pitone fu uno de’ serpenti di sorprendente grandezza, prodotti dal
Si scuoprì il reo attentato, e chi lo aveva commesso. Jone alla testa de’ convitati chiese giustizia da’ministri del tempio
elle due predette Divinità, così credevasi, che Bubona avesse la cura de’ buoi(c), Epona quella de’cavalli(d), e Mellona o
re in bestie gli uomini. Neppure la risparmio a suo marito, ch’era re de’ Sarmati, e per regnare sola lo avvelenò. A motivo
te fuggirsena da’suoi Stati. Si ritirò in Italia sopra un Promontorio de’ Latini, detto poscia dal nome di lei Circeo(d). E
 6. (a). Paus. in Attic. (b). l. 3. (44). Omero dice, che niuno de’ figliuoli di Niobe potè sottrarsi alla vendetta,
i lore Apollo e Diana(a). Niobe poi tal dolore concepì per la perdita de’ suoi figliuoli, che Giove per pietà la convertì s
nta dolcezza la sua voce al suono della lira, che sospendeva il corso de’ rapidissimi fiumi, rendeva placidi i venti, amman
bero, e vi fece risuonare sì flebili accenti, che intenerite le ombre de’ trapassati non poterono negare alla di lui disavv
eronia(d). (b). Id. Ibid. (54). Clatra era Divinità Romana, e Dea de’ cancelli. Il Muratori pubblicò un’ Iscrizione da
paese. Passò Orione in Lenno, e da Vulcano vi ricevette per guida uno de’ di lui ministri, chiamato Cedalione. Da di là si
e, e Metioche, le quali Diana allevò, e Venere e Minerva arricchirono de’ loro più preziosi doni. Avvenne, che la Beozia si
ata nella Bassa Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali era di ritorno da Delfo, e l’altro dal mont
se ne invaghirono, e la rendettero madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi di Chione destò in
lampadi, dette perpetue, perchè non si estinguevano mai(e). I luoghi de’ sepolcri in Roma altri erano privati, altri pubbl
Epitafio. Per lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri era somma, e con gravissime pene si puni
due figlis, Nittimene e Antiopa(d). Nitteo mosse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè gli aveva rapito questa sua secon
pose, che non cesserebbe quel mare, se prima non si fossero celebrati de’ giuochi funebri in onore di Melicerta. Ciò si fec
o spezialmente in Tenedo, ove gli si offerirono in sacrifizio perfino de’ fanciulli(e). Nel tempio di Nettuno in Corinto Po
Deitì molti tempj. Omero(e), e Virgilio(f) stabiliscono il soggiorno de’ Venti nelle Isole del Mediterranco, situate tra l
). Gli Ateniesi solevano descrivere nel Peplo di Minerva anche i nomi de’ benemeriti della Repubblica(h). (b). Id. Ibid.
esiedeva all’ osservanza della Religione, e invigilava sulla condotta de’ cittadini(h). Il medesimo si raccoglieva sempre d
colla presenza loro potessero produrre alcuna alterazione sull’ animo de’ giudici(i). In faccia di questi v’erano due sedie
reste, di cui parleremo, e ch’ era rimasta indecisa dall’ uguaglianza de’ voti degli Areopagiti (e). (c). Paus. l. 1., Ap
7 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
lla morale e del costume, che questo libro potesse girare tra le mani de’ giovinetti di ambo i sessi senza riserva alcuna.
alla pratica del bene. » Diremo loro che la poesia sarebbe spoglia de’ suoi ornamenti senza la Mitologia. E difatti essa
oro inoltre che senza la Mitologia a nulla si ridurrebber le bellezze de’ monumenti preziosi sfuggiti alle devastazioni dei
iportare alcuni squarci di un discorso del maggior dei poeti italiani de’ nostri tempi scritto in difesa della Mitologia co
alma era del mondo. Tutto avea vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava
di regal donzella Da re tiranno indegnamente offesa. Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti, Quella canna che fischia, e qu
nzella Da re tiranno indegnamente offesa. Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti, Quella canna che fischia, e quella scorza
ero co’due suoi fratelli Nettuno e Plutone, cedendo al primo il regno de’ mari, quello dell’inferno al secondo, e riserband
ide, la stessa cosa che Cerere per quanto sembra. Le furono innalzati de’ famosi tempii in molti luoghi, e da questi traeva
i, e da questi traeva diversi soprannomi. Le si offrivano le primizie de’ frutti e v’era pena della vita per chi avesse stu
bellezza. Sono abbominevoli i disordini commessi da questa Dea al dir de’ poeti. Venere ha dato il suo nome ad un pianeta c
Fra le statue antiche questa è quella che ha meno sofferto dal furore de’ barbari e dalla mano distruttrice del tempo.
se il potere di chiamare o fugare a suo talento il sonno su gli occhi de’ mortali ; del caduceo si serviva pure per guidare
occhi de’ mortali ; del caduceo si serviva pure per guidare le anime de’ trapassati all’inferno e ricondurnele quando anda
li si vede a canto, or su le spalle indica che egli era il protettore de’ pastori. Il cigno che gli sta vicino soventi è il
morte. Giove che non poteva violare il suo giuramento comparì armato de’ suoi fulmini, e Semele, semplice mortale, restò a
tumultuoso, fe’sì che Bacco non provasse alcuna resistenza per parte de’ popoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divini
ero infernale era stato punito e mandato un esilio per un anno in uno de’ più oscuri e dei più orribili luoghi del Tartaro
si dipinge come brava cacciatrice, dotta avvelenatrice, che fa prova de’ suoi veneficii cogli stranieri, avvelena il propr
sse ingannavano la monotonia delle loro occupazioni cantando le sorti de’ mortali. L’orribile ritratto che ne fanno i poeti
che presiedevano a morti. Da alcuni furono presi per le anime stesse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Man
esi per le anime stesse de’ trapassati, e Plutone come capo e sovrano de’ Mani fu detto Summanus. Si innalzavano de’ tempii
lutone come capo e sovrano de’ Mani fu detto Summanus. Si innalzavano de’ tempii in loro onore, si facevano de’ sacrifici p
detto Summanus. Si innalzavano de’ tempii in loro onore, si facevano de’ sacrifici per pacificarli ed il cipresso era la p
on penetrano mai i raggi del sole. All’entrata del suo palazzo stanno de’ papaveri e dell’erbe concilianti il sonno. Il fiu
narete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo occupat
pezza ravvolse in capo dei grandi disegni senza eseguirli. Flegia re de’ Lapiti volendosi vendicare di Apollo che aveva se
empre minaccia di rovinargli addosso e schiacciarlo. Issione altro re de’ Lapiti figlio di Giove e della ninfa Melete come
re asilo. Abbandonato da tutti si rivolse a Giove il quale ebbe pietà de’ suoi rimorsi e per consolarlo della tristezza in
uesto nome si onoravano le Deità protettrici delle gregge. Questa Dea de’ pascoli e de’ pastori è confusa dai mitologi con
onoravano le Deità protettrici delle gregge. Questa Dea de’ pascoli e de’ pastori è confusa dai mitologi con Cibele e con C
con una corona d’erba di varie specie, con un abito assai corto, con de’ frutti in una mano ed il corno d’abbondanza nell’
un tempio a Roma nella piazza del mercato. Invaghitosi di Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto distinta per la sua
Roma nella piazza del mercato. Invaghitosi di Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto distinta per la sua bellezza e ch
o stati chiamati le gregge di Nettuno. Feronia Feronia era Dea de’ boschi e degli orti. Veneravasi particolarmente n
iè nudi sopra i carboni ardenti senza abbruciarsi. Era pur tenuta Dea de’ liberti, perchè i servi nel suo tempio ricevevano
o della libertà. Zefiro, Flora Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali, era figlio di Eolo e dell’Aur
mette in primavera.   Zeffiro   Si venerava Flora come la Dea de’ fiori e della primavera, e si rappresenta ornata
le che vincevano al corso erano coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo essi una delle Ninfe delle Isol
andole il fiore della sua prima giovinezza e dandole in dote l’impero de’ fiori. Priapo Priapo, il Dio e custode deg
o di pecore o di api. Termine Questo Dio presiedeva ai limiti de’ campi, cui era grave delitto il violare. Pretende
un tal fatto per persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecito l’uccidere quelli che non li
figlio suo e di Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano il governo de’ venti, ed Eolo teneali rinchiusi nelle spelonche
o, col capo circondato di nuvole, e stillante acqua da tutte le parti de’ suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella cav
rnò in cielo ; l’altra rimase sulla terra e nel Tartaro per punizione de’ malvagi. Queste due divinità, invocate principalm
rro di lei ; le belle chiome scendevano loro sulle spalle ed in balía de’ venti ondeggiavano. Teti da una mano portava lo s
o scettro d’oro per comandare a’ flutti ; dall’ altra teneva sovr’uno de’ suoi ginocchi il piccolo dio Palemone suo figlio
venne padrone del mare. Questo principe avrebbe goduto la fama di uno de’ più grandi uomini ove non si fosse acquistato l’o
ae era stata colta da amorosa inclinazione per Tauro che si vuole uno de’ segretari di Minosse. Dedalo favorì ha corrispond
della famiglia di Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e vuolsi che fosse allievo di Mercurio
e Gnidia di Prassitele. Una non antica iscrizione apposta alla Venere de’ Medici ha indotto alcuni a crederla opera di Cleo
arro ed i cavalli del Sole. Si vuole che presiedessero all’educazione de’ fanciulli e che esse regolassero tutta la vita de
devolmente ; quindi le cinque figlie di Forco erano i cinque vascelli de’ quali era composta la piccola flotta di questo pr
le montagne e si chiamavano Oreadi, Orestiadi o Oredemniadi, in Ninfe de’ boschetti dette Napee, e delle foreste dette Dria
e Napee, e delle foreste dette Driadi ed Amadriadi. Le Oreadi, Ninfe de’ monti che si fanno nascere da Foroneo antico re d
nfe de’ monti che si fanno nascere da Foroneo antico re d’Argo ed uno de’ primi che contribuirono all’incivilimento de’ Gre
antico re d’Argo ed uno de’ primi che contribuirono all’incivilimento de’ Greci, e da Ecate, si dicevano anche le Ninfe di
ti alla pianta che avevano in custodia. Le Amadriadi ninfe anch’esse de’ boschi crano meno fortunate delle Driadi. Il dest
oloso il calcolo della loro esistenza secondo molti mitologi al di là de’ 9000 anni non combinando colla durata degli alber
Nereidi ; in Ninfe delle fonti dette Naiadi, Crenee, Pegee ; in Ninfe de’ fiumi e delle riviere dette Potamidi, e dei laghi
isee loro una singolar bellezza, e si loda specialmente la leggiadria de’ loro piedi, delle braccia e della persona, della
contano nel numero delle sacerdotesse di Bacco, altri le fanno madri de’ Satiri. Le Naiadi sono dipinte giovani, avvenenti
e maritandosi con Giove gli diede delle piante di pomi che fruttavano de’ pomi d’oro. Questi pomi furono posti nell’orto de
essuno. Nella favola delle Esperidi non iscorgono altri che un quadro de’ fenomeni celesti. Le Esperidi sono le ore della s
fascio pur di spiche e dall’altra una falce. L’Autunno ha nelle mani de’ grappoli d’uva o un paniere di frutti sul capo. L
o da Circe riguardo al pericolo cui stava per esporsi fu sì incantato de’ lusinghieri suoni di quelle Sirene e delle seduce
o un culto religioso e le famiglie attribuivano ad essi la prosperità de’ loro affari domestici. Sorsero degli altari in lo
i figlio di Fauno e che aveva per il primo introdotta la concimazione de’ campi. Latturcina o Lacturcina era la dea del lat
a dea del rispetto e della venerazione ; Como era il dio de’conviti e de’ balli notturni. Martea veneravasi dagli eredi. St
fici alla Febbre, alla Tempesta, al Pallore onde tenerli lontani. de’ Semidei Ercole Questo nome è comune a mo
vorando coll’ aratro ; e perchè quegli non gli die’ nulla, staccò uno de’ buoi dall’aratro, lo immolò agli Dei e lo mangiò.
avano dopo alle loro case esigendo però che avessero ucciso prima tre de’ loro nemici : facevano morire o storpiavano i fig
mortale in Ercole. Giove lo innalzò al cielo e lo pose tra il numero de’ Semidei. In Tebe ed in molte altre città della Gr
re altro che il sole. L’universalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzat
ad Ercole e i dodici segni che trascorre il sole nello zodiaco è uno de’ più forti appoggi del sistema astronomico di Erco
o in vari estesi trattati di mitologia. Prometeo Il più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Tit
meteo Il più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani e di Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che
no 1560 avanti l’era volgare. Perseo Perseo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Gio
i e tagliò la testa di Medusa che portò seco. Volando sempre in balía de’ venti, salito sul caval Pegaso, vedendo che il gi
. Furono esse cangiate in istelle e collocate sul petto del toro, uno de’ dodici segni dello zodiaco, perchè il padre loro
o risonava altamente per tutta la Grecia, Piritoo figlio d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e di Melata mogli
e dicevasi apportator del bel tempo. Orfeo, Euridice Orfeo uno de’ più celebri e de’ più augusti personaggi dell’ant
tor del bel tempo. Orfeo, Euridice Orfeo uno de’ più celebri e de’ più augusti personaggi dell’antichità fu legislat
alberi danzavano ; poetiche esagerazioni per dinotare o la perfezione de’ suoi talenti, oppure l’arte mirabile ch’ei seppe
r prendervi parte ed accompagnare Giasone. Ne scelse cinquantaquattro de’ più famosi. Ercole stesso si unì a loro, e conced
ia di Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo secondo la maggior parte de’ mitologi, alcuni dei quali la fanno figlia di Ias
vittoria degli Ateniesi sopra tutti i loro nemici. Creonte alla testa de’ Tebani viene a supplicare Edipo acciò ritorni in
erre sconosciute, ricusa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di
lità con cui ella qua e là trasportavasi onde sottrarsi alle ricerche de’ Tebani ; gli enimmi erano l’immagine delle insidi
o, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abilissimo, colla cond
vasto suo potere Agamennone fu scelto a voce unanime capo dell’armata de’ Greci, per la spedizione contro i Troiani, per ri
a rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia. Prima della partenza de’ Greci per Troia Agamennone aveva avuto vari figli
Egisto l’uccisore di Atreo che era suo cugino per vegliare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina, gli riuscì
ere di Ulisse. I Troiani comandati da Ettore ad onta della resistenza de’ Greci e soprattutto di Aiace figlio di Telamone,
. Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite altro de’ figli di lui, indi Priamo stesso ; e sacrificata
da alcuni come traditor della patria. Omero però lo dipinge come uno de’ migliori suoi difensori, e fattolo venire alle ma
tà della Frigia alle radici del monte Ida. Quivi raccolti quanti potè de’ Troiani superstiti, e fabbricata co’ legni d’Ida
dal re latino, ne sposè la figlia Lavinia, dopo avere ucciso Turno re de’ Rutuli cui Lavinia era stata innanzi promessa. En
ilio nella Eneide. L’avventura di Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pezzi di greca scultura che noi possediam
e consultati che da grandi personaggi o da uomini che fossero a parte de’ loro secreti ; e dovevano essere soli quando entr
a ; perfino il bue Api ebbe in Egitto un Oracolo. L’ambiguità era uno de’ più ordinari caratteri degli Oracoli e il duplice
bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ; s’incominciarono ad alzar loro de’ piccoli rozzi tempietti ne’ boschi a lor consacra
i. I sacerdoti Akvali erano quelli che sacrificavano per la fertilità de’ campi ; le feste che si celebravano due volte in
a comune nella quale estinguevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco de’ sacrifici. Quest’acqua era contenuta in un vaso p
gli anfiteatri, e i più atroci e crudeli spettacoli dei combattimenti de’ gladiatori, che spesso costretti erano a pugnare
o d’Oro. 360. Venere Terrestre. 35. V. Paride. 414. — Celeste. 226. —  de’ Medici (statua). 227. Vespasiano. V. Oracoli. 430
8 (1897) Mitologia classica illustrata
ercilio cuncta moventis e pur pieno di condiscendenza alle preghiere de’ mortali, non si persuada facilmente che la rappre
che la rappresentazione artistica doveva rimaner viva nella fantasia de’ Greci, contribuendo a dar loro un determinato con
luppo di leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamente era solo de’ Greci. Gli Dei delle stirpi italiche conservarono
ua sorte; e così avvenne. Crono temendo di essere detronizzato da uno de’ suoi figli, li ingoiava tutti appena nati; già av
glia; ogni capo di famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nome de’ suoi dipendenti offriva a lui regolari sacrifizi.
ta, irta di serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a terrore de’ nemici suoi. In fondo tutto ciò rappresenta la nu
erriera. 5. Numerosissimi cenni di Atena-Minerva, e parziali racconti de’ suoi miti troviamo nella letteratura greca e lati
ttribuzioni e le benemerenze di Minerva ben discorse Ovidio nel terzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatrus; e lo s
l’ arco e le saette, riferentisi al dio solare che ferisce col dardo de’ suoi raggi (cfr. l’ espressione lucida tela diei
ttrice delle giovani donzelle fino al momento del matrimonio, e anche de’ giovanetti; in qualche luogo era anche venerata c
da Servio Tullio sul Monte Aventino, che era tempio comune della lega de’ Latini; dove agli idi d’ Agosto (il di 13), anniv
di dischi e pugilatore? Quindi lo si credeva fondatore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi di imagini sue.
a la terra (es. Virg. Eneide, 2,250), o anche alla notte si assegnano de’ cavalli ma neri, ecc. La leggenda poi di Fetonte
hè Orione fu ucciso dagli strali di Artemide. Allora ella sposò il re de’ Troiani Titone. Per lui chiese e ottenne in dono
. La quale non ebbe in nessun luogo un culto speciale. 2. All’ Aurora de’ Latini si riferirono i miti stessi della greca Eo
e di Eracle. Uno scultore moderno tentando questo argomento compì uno de’ suoi capolavori, e questi è il Canova (1757-1822)
ggonsi nell’ Antologia. Fra i Latini, va ricordato Catullo che in uno de’ suoi poemetti scherzosi, volgendo la parola ad un
e andare attorno su un carro tirato da leoni, o pantere, e col corteo de’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispondenti ai Cu
edera e alloro, con un numeroso corteo di ninfe, satiri e altri genii de’ boschi, e le foreste e i campi risuonano delle gr
bbe in cura Dioniso bambino e lo allevò e divenne poi fedele compagno de’ suoi viaggi. Più tardi lo si immaginò come un vec
asi colle ninfe, cacciando, scorrendo or lungo i borri, or sulle cime de’ monti; alla sera ritiravasi nelle sue caverne e s
dire queste divine armonie. E danzava egli stesso, Paue, alla maniera de’ pastori, pieno l’ animo di lieta allegrezza. L’ i
iringa; ma questa era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un di ch’ ella era per
uus e lupercus. Si diceva, come di Pane, ch’ egli amasse il soggiorno de’ boschi, dei segreti antri, delle fresche fontane,
esta il villaggio, gli agnelli fatti audaci non temono l’ avvicinarsi de’ lupi, i contadini premono in liete danze quella t
rno e Opi valevano anche come Dei del matrimonio e del l’ allevamento de’ figliuoli. 2. Il culto di Saturno e Opi era antic
arte solo le donne maritate. Il culto di Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione d
nne maritate. Il culto di Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione di Demetra colle
ai misteri Eleusini, scostandosi dalle idee popolari, circa le ombre de’ morti, apprendessero più sane dottrine intorno al
dei Cimmerii e l’ evocazione dell’ ombre e la predizione a lui fatta de’ suoi casi futuri. Qui però non si parla di una di
am, nè gir laggiù pur anco Lasciam securo e franco. …………………………… tutte de’ rei Por le case a soqquadro e la fortuna Quando m
ogni mese, la statuetta di lei alla porta di casa, e ponendovi presso de’ cibi che poi i poveri consumavano; eran le così d
tue poste nei trivii si sacrificavano dei cani per espiazione a favor de’ morti, e ciò generalmente trenta giorni dopo il d
asparente, uscivano i sogni veri e di facile spiegazione. Tra gli Dei de’ sogni s’ annoveravano Morfeo, che dicevasi appari
età repubblicana, appartenente alla famiglia dei Sulpicii. L’ aspetto de’ Penati era simile a quello dei greci Dioscuri.
odendola come cani di guardia, lavorivano la prosperità e la felicità de’ suoi abitanti. Niun avvenimento, triste o lieto,
iali davanti alle loro immagini. 2. Se si indaga l’ origine del culto de’ Lari, facilmente si può riscontrare che i Lari in
res. Che gli antichi credessero alla presenza fra di loro dell’ ombre de’ trapassati è prova la festa delle Lemurie, il 9 m
stato mandato da Zeus appunto per disperdere le corrotte generazioni de’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deu
a gli eroi greci a Troia, e si la notare specialmente per la bellezza de’ suoi cavalli; Apollo stesso li aveva più volte ab
o Cadmo, insospettito, andò egli stesso alla fonte, e vista la strage de’ suoi, sostenne fiera lotta col drago e infine l’
è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, d
ià fornito di corna che prenunziano la metamorfosi, si difende da due de’ suoi cani che lo hanno assalito. c) Antiope
agedie Eschilo, e, dopo molti altri, Ovidio ne trasse argomento a uno de’ più commoventi episodi delle Metamorfosi (libro I
Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida sua per servirsene a terrore de’ nemici (cfr. pag. 34). Questo il nucleo, abbastan
onide dicendolo opera di Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi nel quart
a stesso, sentito di che si trattava, non dubitò promettere il decimo de’ suoi armenti, tanto era persuaso dell’ ineffettua
i fe’ erigere un rogo per finir i suoi strazi tra le fiamme. Ma niuno de’ suoi voleva dar fuoco al rogo; infine Peante padr
a, di ammansare quel firo animo. Riprese le armi e postosi alla testa de’ suoi, diè tale assalto ai nemici che questi rimas
enerne la cessazione della siccità. Allora Nefele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono di un ariete dal vell
se felicemente in Colchide, ivi sacrifico l’ ariete a Zeus protettore de’ fuggenti, e appese il vello d’ oro nel bosco di A
radizioni. Nei tempi più antichi si nominavano solo eroi della stirpe de’ Minii, come Acasto, Admeto e Periclimeno; ma poi
morto; e di dolore s’ uccise anche la sposa di lui Cleite e le ninfe de’ boschi la piansero, e dalle loro lagrime scaturiv
linee principali da Omero e da Esiodo, ispira poi, in questo o quello de’ suoi momenti, nobili opere ai poeti posteriori; l
o che senza le frecce d’ Eracle Troia non sarebbe caduta. Allo sbarco de’ Greci sulla costa troiana invano s’ opposero i Tr
quell’ agguato che doveva aver per effetto la caduta di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di
ura. I Troiani si lasciarono prendere all’ amo. Invano Laocoonte, uno de’ loro sacerdoti d’ Apollo, cercò distoglierli dal
ventarono contro lui e avvinghiandosi attorno al suo corpo e a quello de’ ragazzi li soffocarono tra le loro spire. Ai Troi
uo sangue per opera di Neottolemo. 3. Ed ora le avventure del ritorno de’ Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col lor
te anni prima di tornare a Sparta; ma ivi giunto godette per il resto de’ suoi giorni non interrotta felicità. Trista sorte
ben distrusse la lor città, ma poi sorpreso di notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partitosi di là, stava girando il
ofagi (mangiatori di loto, un frutto di color rosso) nella Libia. Tre de’ suoi compagni, mandati a esplorare il paese, gust
i di un mare in apparenza calmo e seducente. Ulisse tappò le orecchie de’ suoi compagni con cera; egli stesso si fe’ legare
i Penati comparsigli in sogno gli additarono l’ Italia come la patria de’ suoi maggiori. Allora egli si rimise in mare dire
troiane Calcante dalla parte dei Greci, Eleno e Cassandra dalla parte de’ Troiani. Di tutti costoro il più celebre fu Tires
o. Era figlio della Musa Urania, come Orfeo di Calliope, e rallegrava de’ suoi canti le regioni dell’ Elicona. Forse costui
fu il primo dei cantori antichi che allietava dell’ arte sua le corti de’ principi e dei nobili e la folia raccolta a festa
, il quale secondo il costume mi arricchisce di trofei, e i pennacchi de’ nemici sospende alla pianta (in mio onore). Comun
on la terra, mentre l’ ardente Vucano va a visitare le gravi officine de’ suoi Ciclopi. » 12. « In questa statua in piedi
45. Carm. I. 28, 20: « Senza distinzione s’ aramucchiauo le morti de’ vecchi e dei giovani; niuna vita sfugge alla crud
9 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
mali : Ogn’ infame peusiero, ogni atto immondo Entrò ne’ crudi petti de’ mortali ; E le pure virtù, candide e belle, Gîro
e i tribunali. Nè fur molto securi i navigauti, Ch’ oltre l’ orgoglio de’ venti e de’ mari, Molti uomini importuni ed arrog
i. Nè fur molto securi i navigauti, Ch’ oltre l’ orgoglio de’ venti e de’ mari, Molti uomini importuni ed arroganti In varj
i alti perigli, Che spingono a morir le genti armate Sotto l’ offese de’ lor fieri artigli ; Onde le donne afflitte e scon
sacro di Vesta nel suo carme le Grazie :13 Solinga nell’ altissimo de’ cieli, Inaccessa agli Dei, splende una fiamma Per
eva per effetto di stolto orgoglio vantarsi con tutti e continuamente de’ suoi celesti natali ; quasichè l’avere Apollo per
imante, e in mari e in alpe, Entro rapidi fiumi, ne’ frondosi Ritiri de’ volanti, e nelle verdi Campagne universal spirand
avola ch’ ei finge istoriata nel velo delle Grazie : Scegli, o madre de’ fior, tenui le fila ; E per te in mezzo il sacro
del Berenicéo vertice chioma Chiaro fulgente. A molti ella (Berenice) de’ Numi Me, supplicando con le terse braccia, Promis
e delle sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al ministero de’ tormenti invita. (Loc. cit.) 231. Così la savie
ore : E tale un mostro in tanti e cosi fieri Sembianti si trasmuta, e de’ serpenti Si tetra copia le germoglia intorno ; Ch
a involta in vesta negra, Con un furor qual’io non so se mai Al tempo de’ giganti fosse a Flegra…. Io son colei che si impo
i onori. Folle ! che con le fiaccole e co’ bronzi, E con lo scalpitar de’ suoi ronzini, I tuoni, i nembi e i’folgori imitav
e poi …… Tra questi tali È chi vende la patria, chi la pose A giogo de’ tiranni, chi per prezzo Fece leggi e disfece……… …
e, e voci anco di ferro Non basterian per divisare i nomi, E le forme de’ vizj e delle pene, Ch’entro vi sono. (Eneide, li
n sieno timidi amici al vero, perchè a egregie cose accendano l’animo de’ forti, e il loro grido sia « come vento che le pi
l’intelletti apre e sublima, E col valor di finte cifre il vero Valor de’ corpi immaginati estima ; Colei che li misura, e
vani, Di gente in gente, e d’uno in altro sangue, Oltre la difension de’ senni umani :70 Perchè una gente impera e l’altr
ode a ritrovarsi nel mezzo alle sventure ed in compagnia dei malvagi, de’ quali alla fine accelera la ruina : Lieve ed alt
perturba ; E a ben altri pur nocque. Anche allo stesso Degli uomini e de’ numi arbitro Giove Fu nocente costei …. (Omero,
a le nubi asconde. Dicon, che già la nostra madre antica Per la ruina de’ Giganti irata, Contra i Celesti al mondo la prod
e addussero per mano Il pellegrino e il tacito eremita Ne’ queti orti de’ vati, e nell’ umíle Tetto, ove, ignoti a’ re, lie
dell’ egiziano, e destinato a dimora del Minotauro. 421. Dedalo, uno de’ più abili artefici della Grecia eroica, fu quello
: …….. Dagli Dei scortato Parti Bellorofonte, al Xanto giunse, Al re de’ Licj appresentossi, e lieta N’ebbe accoglienza, e
chi non li sapeva spiegare. Questo flagello era stato mandato a’danni de’ Tebani dallo sdegno che Giunone (85) aveva concep
rasto, Polinice e Tideo, il presuntuoso Capaneo, « quel che cadde giù de’ muri » dice Dante, perchè mentre insultava Giove
del Sole. Questa Dea, sendo esperta nella magia, usò tutto il potere de’ suoi incantesimi contro lo scaltro re d’Itaca e c
il bucato ; e quel giorno v’andò con le compagne per lavare le vesti de’ suoi fratelli. Intanto che il sole le asciugava,
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna. Fin nel Marocco, e l’isola de’ Sardi, E l’altre che quel mare intorno bagna. lo
vecchiezza ? Ei pure ha un padre D’anni carco, Peleo, che generollo E de’ Teucri nudrillo alla ruina, Soprattutto alla mia,
zione non potè fare altro che sciogliersi in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta era la sua immobili
da Barthelemy, nel viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni de’ più celebri tra gli olimpici eroi. Noi non faremo
adio, come già inutile fatica il trascorrerlo più oltre. La corsa de’ carri. Ma già nel medesimo luogo, donde erano
partirono, tacendo la moltitudine sospesa ; e solo udivasi il fischio de’ flagelli, lo stridore delle rote, e il fremer del
sa di nere macchie, onde presentandosi il condottiero al dispensatore de’ premj, ebbe in dono un elmo ed un usbergo d’accia
auso ; ed apparve nello steccato il così bramato garzone, con invidia de’ competitori, e con giubbilo della turba spettatri
e, ma formate con piacevole proporzione. Non appariva in lui l’azione de’ muscoli esternamente visibili, ma soltanto dubbio
re Fu vincitor l’argivo Oreste, il figlio D’ Agamennon già condottier de’ Greci. Ma se un Dio ne persegue, invan sottrarsi
ator, le redini Stringe ad un tratto, e da una parte sbalza, Evitando de’ carri e de’ cavalli La confusa burrasca. Ultimo O
ini Stringe ad un tratto, e da una parte sbalza, Evitando de’ carri e de’ cavalli La confusa burrasca. Ultimo Oreste Segue,
a paro Erano i gioghi, ed or questi ed or quegli Sporgea più innanzi de’ corsier col capo. Ma il misero garzon, ritto sul
Arturo ed altri ; ma pende questione tra’ dotti sul vero significato de’ vocaboli ebraici corrispondenti. Le dodici costel
n cielo. 681. Ognun vede come dal Leone sia figurata la forza cocente de’ raggi solari ; e questo dicono fosse il leone del
muta l’armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi ? Celeste è questa Corrispondenza d’amorosi
materno ultimo asilo Porgendo, sacre le reliquie renda Dall’insultar de’ nembi e dal profano Piede del vulgo, e serbi un s
ar sue pene Ai cari estinti, una fragranza intorno Sentia qual d’aura de’ beati Elisi. 690. Molti hanno dottamente descrit
sto ministero) Il gran feretro a gli omeri addossârsi : Altri, come è de’ più stretti congiunti Antica usanza, vôlti i volt
10 (1880) Lezioni di mitologia
ioni dell’Autore, si acquisterà migliore intelletto del suo metodo4 e de’ suoi fini, e apparirà splendidamente la singolare
nella sua nera veste dentro i sepolcri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col quale gli antichi davan
: — Patroclo, esclama, questo sangne accogli Di cui t’ inondo: esso è de’ Teucri il sangue Che giurai d’ immolarti; il voto
vi manca Non ti lagnar; peggio è per lui, che a pasto Del foco no, ma de’ miei cani il serbo. — Fallace voto del furor: dal
la passata Lezione, dopo aver favellato dei templi, si ragionò ancora de’ sacrifizj, argomento vasto ed importante, e che p
tti sono ricchi gli annali del genere umano. Grato era a Baal il fumo de’ cadaveri offertogli dai Cananei e da altri popoli
tempo tale Che prima al re titol di padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più cari Fu condotta all’aitar tutta tremant
di alcune divinità le statue fossero comunemente piccole, come quelle de’ Lari e degli dei Pataici d’ origine fenicia, che
Esposte intorno alle statue le notizie piii importanti, conviene, che de’ boschi sacri ancora favelli; l’uso dei quali è ce
ggiono lo studio delle favole e la storia degli Dei, che colla scorta de’ Classici e dei monumenti mi accingo a tesservi, c
ezza così riempisse il cuore dei numi. Il divino Pindaro colla maestà de’ suoi versi ci dipinge l’aquila, assisa sullo scet
ocelle. Fuggirono con Saturno questi beni; l’avarizia dominò il cuore de’ mortali, la giustizia e il pudore lasciarono la t
eressante e mirabile. La grazia dei contorni, la bellezza e la maestà de’ grandi occhi, onde Giunone fu appellata βοωπις, o
Eoe conchiglie Formar candide bacche, a cui frammisto Fulgido elettro de’ suoi rai l’asperge. Tra ‘1 scintillar di quei rag
monile adorna Vide al suo piede il già pentito sposo Chieder gemendo de’ suoi proprii oltraggi, Quasi di proprie colpe, a
é brami o tenti Certa sii d’ottener. De’ tuoi trionfi Godo al par che de’ miei; nè del mio zelo Chieggo mercé: solo Giunon
lo ben del mondo Dati fur quegli amplessi, onde temprasse Divino seme de’ mortali i danni Con celesti virtù: la terra a que
azioni impose a Giunone. Lo scopo della presente Lezione è di parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali fa
della Fortuna Equestre, volle l’antica superstizione che colla morte de’ suoi figli fosse della sacrilega rapina punito. G
simulacro ben inteso ne’ panneggiamenti, non è opera greca, ma lavoro de’ tempi dell’impero romano. Adornava forse in Lorio
dolor non chiede Parole, ma vendetta: è padre Giove Sprezzando l’uso de’ materni ufficii; E’ m’ usurpa i miei dritti e va
enne si vedea davanti. Ivi, uscito dell’onde, egli sedea; E del cader de’ Greci impietosito, Contro Giove fremea d’alto dis
pliche e copie eccellenti, delle quali erano piene le case e le ville de’ grandi, i luoghi pubblici e i templi di Roma. In
nto d’uomini illustri che dei numi. « Passiamo adesso all’istituzione de’ giuochi Pitici. Dicesi che questi giuochi consist
e circondato da uno strofio, o cordone, ornamento proprio dei numi e de’ re, sono così elegantemente increspati e ravvolti
che o per la situazione in luoghi assai frequentati, per la religion de’ popoli, o per altre curiose avventure si rendevan
sica non aveva altro significato che la dissipazione operata dal sole de’ vapori maligni esalati dalle grandi inondazioni d
compagna sulla cetra celeste le soavi modulazioni della sacra favella de’ vati. In osservare questa bella statua attorniata
ei pubblici certami di Grecia fìngea assoggettarsi al libero giudizio de’ Presidenti dei giuochi per aver motivo di più com
tto seguendo il mio costume, vi narrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana questa tavola ci pr
a osservato Winkelmann che siffatta benda è propriamente il credemnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa di
atori si attribuisce, non si osserva ora che nelle immao’ini di Bacco de’ suoi seguaci. E questo l’ephaptis, che secondo Po
Onfale o presso a Jole così mollemente si adorna, forse nella licenza de’ baccanali, da quest’ultima circostanza indicati n
una specie di stivaletti, ch’erano i coturni venatorii degli antichi, de’ quali doveva esser calzata l’immagine di Diana ch
: manda per gli oenei campi Cignal vendicator d’Epiro erbosa, Maggior de’ tori: spiran fiamme e sangue I lumi: eguale è il
presentanza, altro non faremo che considerar di passaggio il rapporto de’ moltiplici attributi dei quali è carico, colla di
dallo Zodiaco, su cui ci son visibili i segni dell’Ariete, del Toro, de’ Gemini, del Cancro e del Leone, e sul quale sembr
o espresse le sfingi per dimostrar la natura madre universale persino de’ mostri, così nella nostra, e in altre ancora, sie
elli come mostri di sembianze feminee: ma siccome nella maggior parte de’ monumenti son le Stinfalidi diversamente espresse
infelice, che Giove sedusse, mentre s’aggirava sulla terra bisognosa de’ suoi uffìcii pei danni dall’ ardimento di Fetonte
donna, che in ogni buona arte ammaestrò la fanciulla. Nella battaglia de’ Giganti stette per Giove: le armi terribili, il c
le proprietà, reflettevano che questo appunto è il colore degli occhi de’ più feroci e guerrieri animali, e per ciò l’attri
la famosa Venere di Prassitele. Nessuno vorrà dubitare che la Venere de’ medaglioni di Guido, replicata la stessa in diver
ta esce dall’onde e fuma. Ha sotto una spelonca, e grotte intorno Che de’ feri Ciclopi antri e fucine Son da lor fuochi aff
fucine Son da lor fuochi affumicati e rosi. Il picchiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri,
Il picchiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle sue fiamme E
. Ma non per questo l’assediata gente Perdea la speme; che un drappel de’ forti Gli altri lasciando per età men fermi Le mu
altre apparizioni, spaventando le menti, le convinceva della santità de’ suoi prestigi. Secondo Aristide, il tempio Eleusi
pudor orna e difende, La pallida region si allegra, e stanno L’ombre de’ morti coronate a mensa. Rompe il silenzio dell’an
ieri. « Sonno, o de la queta, umida, ombrosa Notte placido figlio, o de’ mortali Egri conforto, oblio dolce dei mali Sì gr
e dormente, a quelle finalmente di Apollo stesso. Mercurio è il dator de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori ma
l Disagio, La Povertà, la Morte, e della Morte Parente il Sonno. Avvi de’ cuor non sani Le non sincere gioie. Avvi la Guerr
che perciò onde placarle, egli onorò le prime, come si usa coll’ombre de’ morti, ma che sacrificò alle seconde. Ed ancora a
voci afflitte, Ed i gemiti tristi, e i tristi omei Di quei, che fuor de’ gl’impiagati petti Versavan l’alme, e l’innocente
re in voce umile Mi lamentava, alle parole meste Seguiva il pianto, e de’ miei lumi l’onde Cadeano sopra le tue belle membr
tiene è di melo selvaggio per mostrare la durezza e l’inflessibilità de’ suoi decreti. Una figura di marmo alla Villa Alba
en vani Di gente in gente e d’uno in altro sangue. Oltre la difension de’ senni umani: Perchè una gente impera, e l’altra l
sacrifica un toro, o presso all’antro di Mitra, per denotare vittime de’ trionfi. La corona moderna, che ha nella destra,
elle, E lor sto sopra col sereno piede: Entro l’eolie rupi Lego l’ali de’ venti, E soglio di mia mano De’ turbini spezzar l
infransi i Dacì, Al Caucaso ed al Tauro il giogo imposi: Alfin tutte de’ venti Le patrie vinsi: e quando Ebbi sotto a’ mie
sarian felici, Se avesser merto d’ascoltarsi un giorno L’eterno suono de’ miei versi intorno. — Arse a’ miei detti, e fiamm
roruppe in minacevol suono: Me teme il Daco, e me l’errante Scita, Me de’ barbari regi Paventan l’aspre madri: E stanno in
anni I purpurei tiranni: E negletto pastor d’Arcadia tenta Fare insin de’ miei doni anco rifiuto? II mio furor non è da lui
doni anco rifiuto? II mio furor non è da lui temuto? Son forse l’opre de’ mìei sdegni ignote? Nè ancor sì sa che l’Oriente
menfitico lito: Nò la crudel che il duro Cato uccise. Nè il ferro che de’ Cesari le membra Cominciò a violar per man di Bru
violar per man di Bruto. Teco non tratterò l’alto furore Sterminator de’ regni: Che capace non sei de’ miei gran sdegni, C
non tratterò l’alto furore Sterminator de’ regni: Che capace non sei de’ miei gran sdegni, Come non fosti de le gran ventu
esta maniera di rappresentarla quando veniamo in un’esatta cognizione de’ suoi studii prediletti e delle sue varie incomben
colla nostra, la quale si ammira nel ripiano delle scale del Palazzo de’ Conservatori in Campidoglio. Ha questa sul ripian
gle, cioè risplendente per il sano colore delle carni; e Marino poeta de’ Lupercali dà per figliuola di Esculapio anche Rom
? Oh, le mie notti Da questa imago liberate: Invadono Gli aditi, e le de’ suoi membra già care, Fra le mense ed il vino in
e d’Alcibiade ad alcuni gruppi lascivi, che rappresentano la licenza de’ Baccanali. Questa statua di Sileno è assai stimab
al parto di Giove, alla nascita di quel nume, che fu detto l’allegria de’ mortali. Ha il primo luogo Lucina o Illitia dea d
è simboleggiata colla man destra aperta, gesto relativo alla facilità de’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratteri
briaco, e sostiene in ambe le mani corone di fiori secondo il costume de’ banchetti. La donna che presso al cocchio par che
in bronzo dell’Ercolano, Gli altri però non gli cedono nè in bellezza de’ movimenti, nè in naturalezza di situazioni. Son t
11 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ozzi lor versi ; Lucillo e Lucrezio si beffarono degli Dei di Roma, e de’ Romani che inchinavansi ai vani simulacri immagin
la seguiva, il culto degli Dei pareva la più grande faccenda politica de’ Greci. I vecchi odj tra le città rivali erano sep
la guerra, la schiavitù, il commercio avean cominciato la dispersione de’ Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro lib
nsuetudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi legami colle istituzioni dello Stato. Ma la
avean giurato la rovina del Cristianesimo, ed eccolo assiso sul trono de’ Cesari. Come ha vinto sì gran possanza ? Offrendo
andosi mansueto in balia dei suoi persecutori. Lamennais. Difesa de’ cristiani. (Al tempo dell’imperator Severo, e
erta e pubblicamente esaminare ciò che di chiaro si trovi nella causa de’ Cristiani che a condannare quelli v’astringa ; se
he tanto più germoglia, quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. Molti appresso di
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
chille dell’ Iliade ci presenta meglio che Alessandro il genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia di Num
con qualche vizio. Capitolo I. della origine del politeismo e de’ miti eterodossi, e cagioni che li propagarono. S
senso e la immaginativa alla ragione, restò invescato nella belletta de’ sensi, sostituendo il sensibile all’intelligibité
niero artificio delle caste ieratiche offre nuova esca alla credulità de’ popoli ; infine lo stesso linguaggio mitico perde
mortal V. Monti(1). Tutto era vita allor, tutto animava La bell’arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava
l sol converso Vna ninfa, a cui nocque esser gelosa ; Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti ; Quella canna che fischia e qu
so Vna ninfa, a cui nocque esser gelosa ; Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti ; Quella canna che fischia e quella scorza,
a le cune di loro…… Nè stimarono commettere ad un solo nume la tutela de’ campi ; ma rura alla dea Rusina ; le giogaie de’m
indegne ed avverse alla purezza de’costumi ; l’altro come un comento de’ filosofi, e che poco fassi incontro a gl’interess
ava con l’ apparenza. Nacque, allignò, si distese la seconda teologia de’ filosofi, detta naturale o fisica da Varrone. Fin
vile che si prevalse degli errori e delle passioni sì del volgo, come de’ letterati, e ne compose un misto di teologia nomi
lti i miti, vi trova gli elementi e la iniziativa della storia antica de’ popoli ; il fisico vi discopre i misteri di natur
e gli animi — Celesti, quegl’ Iddii, onde vanno procreate le sostanze de’ Numi — Mondani quegl’ Iddii, onde il mondo esiste
13 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con ques
il Paganesimo, era anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutrice de’ suoi decreti sull’esistenza dei viventi ; ma fu c
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
alto « Tutte da quella penderan le cose. « Cotanto il mio poter vince de’ Numi « Le forze e dei mortali. » (Iliade, lib. v
to di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
de e Marte, « Armati ancora, intorno al padre loro, « Mirar le membra de’ giganti sparte. » I mitologi greci e latini inv
n un solo verso l’opinione mitologica e dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo nel Canto iv d
16 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
chille mostrò prestamente il suo immenso valore, e divenne il terrore de’ nemici. Durante l’assedio, Agamennone gli tolse u
lle tenebre. Esiodo ne fa un ritratto spaventevole. 64. Achmenide uno de’ compagni di Ulisse. Egli sfuggì al gigante Polife
amata per la sua ampiezza e pel tumulto continuo che l’immenso numero de’ suoi abitanti facevano nelle sue mura ; le quali
dalla lor flamma si geme L’aguato del caval che fè la porta Ond’usci de’ Romani il gentil seme. Dante Inf. C. XXVI. Ciò
fucine Son da’ lor fochi affumicati e rosi. Il piechiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente. lo stridor de’ ferri,
Il piechiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente. lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le sue fiamme E
i e ’l tripode e gli allori Del suo tempio dispensi, e de le stelle E de’ volanti ogni secreto intendi. Virgilio — Eneide 
le mie membra avvolsi Sua pelle per riparo incontro a Marte Lacerator de’ corpi….. Teocrito — Idillio — XXV. trad. di G. M
corrente di un fiume. …… e tu con le tue mani Sosterrai, padre mio, de’ santi arredi E de’ patrii Penati il sacro incarco
me. …… e tu con le tue mani Sosterrai, padre mio, de’ santi arredi E de’ patrii Penati il sacro incarco. Chè a me, si lord
lle mura della città. ….. e contro l’estinto opra crudele Meditando, de’ piè gli fora i nervi Dal calcagno al tallone, ed
a le nubi asconde, Dicon che già la nostra madre antica, Per la ruina de’ giganti irata Contra i celesti. al mondo la produ
Ceo minor sorella : Mostro orribile e grande, e d’ali presta E veloce de’ piè : che quante ha piume, Tanti ha sott’occhi vi
perchè securo Riconduciam su l’acque ogni mortale. Dicea che insigne de’ Feaci nave, Dagli altrui nel redire ai porti suoi
Da uman piè non calcata, ov’ lo glà tempo, …………ubbidiente Al comando de’ regi abbandonai Il Meliense di Peante figlio, Cui
là nell’ Etea contrada Le opime spogliè invierai del campo : E trofeo de’ miei strali alla mia pira Tu poi le reca…….. ………I
i popoli. Ed il Lazio guerriero ; Orazio — Ode XXXV trad. da Camillo de’ Conti Toriglioni. 2052. Forza. — I pagani ne ave
ttean le frecce orrendo Su gli omeri all’ irato un tintinnio Al mutar de’ gran passi : ed ei simile A fosca notte giù venia
eri ninfe accompagnata Equitanti per mezzo all’ aura bruna. Rischiarò de’ suoi rai Infausta notte, quando Giulivi canti alz
tomba andar con lui sepolta, Giù nell’ Orco disciolta Dal sentimento de’ miei mali amaro, Soavissima morte, Se così vuol l
vestimento, Qual non lice indossar nè visitando I seggi degli dei, nè de’ mortali Le cuse entrando. Una simil genia Non vid
ie Vol : II — pag. 105. Più candida di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florita, Ed elevata più di nobil alno,
giovinezza. V. Ebe. Arse d’ amore un tempo Pel Frigio Ganimede il re de’ numi. …………… ….. l’ aere con mentite penne Percuot
or moli istesse Giacquer sepolti i corpi scellerati, Dal molto sangue de’ suoi figli aspersa Che fatta fosse tiepida la Ter
ritenevano per giorni infausti quelli in cui sacrificavano alle ombre de’ morti ; le Ferie Latine, le Saturnali, il giorno
i contro di Apollo stesso. …… di quell’Ida io dico Che tra’guerrieri de’ suoi tempi il grido Di fortissimo avea, tanto che
Disagio, La Povertà, la Morte, e de la Morte Parente, il Sonno. Havvi de’ cor non sani Le non sincere Gioie. Havvi la Guerr
macerate da costante affanno Di riposo non gode, ma rivolge In mente de’ mortali gli abborriti Successi : e questi rivolge
e concorso. Dio le vi chiama, acciò ch’ivi deposto Ogni ricordo, men de’ corpi schive, E più vaghè di vita un’ altra volta
si offriva di ogni vivanda alle diverse statue di quei numi, in onore de’ quali si faceva il Lettisternio. Nel tempio ove l
l senato si videro i libri sibillini. I due nomini preposti alla cura de’ sacrifizii attesero per lo spazio di otto giorni
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
fu uno degli Argonauti ; e di altre sue imprese e vicende, come pure de’ suoi due celebri figli Aiace Telamonio e Teucro,
ericolo scampato a nuoto, giunse nell’isola dei Feaci, ultimo termine de’ suoi errori e de’suoi travagli ; poichè ivi accol
occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender le branche, e due presi de’ nostri « Rotargli a cerco, e sbattergli e schizza
« In fra quei tufi le midolle e gli ossi. « Vist’ ho quando le membra de’ meschini « Tiepide, palpitanti e vive ancora, « D
 Gli trivellammo : vendicando al fine « Col tor la luce a lui l’ombre de’ nostri. » (Eneid., iii. Traduz. del Caro). Non è
18 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
non sarebbe argomento da libro elementare, nè studio adattato all’età de’ nostri lettori. Bensì abbiamo avuto cura, per ciò
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
no. La Mitologia Greca e Romana a dichiarazione non solo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni,
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
con Cibele in una oscura prigione. Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
e udirle, corse a levar dal fuoco quel tizzo che già ardeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
a fu rapita da Plutone Dio dell’inferno, per farla sua sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo ratto fu eseguito
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
ndo, non neve, « Non rugiada, non brina più su cade « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè r
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
ocar per sè da quelle Dee un simil canto, che abbatta l’invida rabbia de’ suoi nemici : « Ma qui la morta Poesia risurga,
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
ca ; « E Pluto le gridò : Anima sciocca, « Che Inferno ? va nel Limbo de’ bambini. »
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
oncorso. « Dio le vi chiama, acciò ch’ivi deposto « Ogni ricordo, men de’ corpi schive, « E più vaghe di vita un’altra volt
27 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
gone, cavallo del Sole, 110. Flora, Dea dei fiori, 312. Fobetore, uno de’ Sogni, 241. Foco, figlio d’Eaco, 229. Forba, past
28 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
marine animal. She is usually naked, or but slightly clad. The Venus de’ Medici remains to us a noble specimen of ancient
ntrary to analogy. See Varro, L. L. iv. p. 20. 2280. See Marini Atti de' Fratelli Arvali, 368. 414. 2281. See below, Geni
29 (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes
pression, which in the language of art is called repose. The Venus de’ Medici. The Venus of the Medici is so called f
30 (1898) Classic myths in english literature
ased upon which are the Venus of the Capitoline in Rome and the Venus de’ Medici in Florence. Also the Venus of the Vatican
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