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1 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
dio delle acque ; un Eolo dei venti ; un Plutone in sotterraneo regno con la reggia di fuoco e eon fiumi che menavano fiamm
o, tendono a chiarirne meglio un altro, e comprendono utili verità, e con graditi ornamenti le imprimono meglio nella memor
i e norme di saviezza e lezioni di civil convivenza ; e va d’ accordo con la morale antica il credere che le stelle inviate
l’ aria, dell’ acqua, del fuoco. Le quali manifestandosi in principio con grandissimi sconvolgimenti nelle tempeste, nelle
eon adunarono tutte le divinità adorate in paesi diversi ; ed insieme con le loro armi vittoriose introdussero il culto dei
n Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce, ec., e con essi gli eroi che avevano meritata l’ immortalità
è gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono di ferro, con gli occhi bendati e un piede sul nostro globo ; a
o il Tempo che distrugge tutto ciò che egli stesso produce, la favola con bene accomodata allegoria fingeva eh’ ei divorass
Titani suoi figli, mosse guerra a Saturno, lo vinse, e lo imprigionò con Cibele in angusto carcere ; ma poi Giove da buon
el genere umano : Lo secol primo, quant’ oro, fu bello ; Fe’savorose con fame le ghiande, E nettare per sete ogni ruscello
o sempre più lieto il suo viaggio Facea, girando la superna sfera ; E con fecondo e temperato raggio, Recava al mondo etern
o eterna primavera. Zefiro i fior d’ aprile e i fior di maggio Nutria con aura tepida e leggera. Stillava il mel dagli elci
gno umano, Che nacque all’ uom si vano e si difforme, E li fece venir con l’ arme in mano L’un contro l’ altro, impetuosi o
o a cena, e poi l’ uccide. Il cittadin più cortese che saggio Alberga con amor persone infide, Che scannan poi, per rubarlo
amor persone infide, Che scannan poi, per rubarlo nel letto, Lui che con tanto amor diè lor ricetto. S’accendon l’aspre ed
te e sconsolate Piangono i morti lor mariti e figli ; E il fanciullin con l’angosciosa madre Resta senza governo e senza pa
on l’angosciosa madre Resta senza governo e senza padre. Astrea11 che con la libra e con la spada Conosce di ciascun l’ err
madre Resta senza governo e senza padre. Astrea11 che con la libra e con la spada Conosce di ciascun l’ errore e il merto,
errore e il merto, Poi che s’ avvide che non v’ era strada Da giunger con la pena al gran demerto, Se non rendeva per ogni
mi Ultima andò fra i più beati Numi. 35. I Romani onorarono Giano con special culto ; e pel suo regno lungo e tranquill
econdo re di Roma (714 anni avanti Gesù Cristo) gli edificò un tempio con dodici altari, uno per ciascun mese dell’anno ; i
pace tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in sembianze di giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle s
giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle strade, e con una chiave per aver inventate le porte. Talvolta
a le sue statue hanno quattro facce alludendo alle stagioni, e spesso con la destra additano il numero 300 e con la sinistr
udendo alle stagioni, e spesso con la destra additano il numero 300 e con la sinistra il 65 per significare la misura dell’
reso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e di miele. Facevano
vano da un lato una nave, simbolo del commercio, e dall’altro un uomo con due leste, ossia il ritratto del re Giano. Si cre
a polvere è la misura del tempo, mentre le ali rammentano la velocità con cui passa ; e il serpente che forma un cerchio è
argo : Chè volan l’ ore, e i giorni, e gli anni, e i mesi ; E ’nsieme con brevissimo intervallo, Tutti avemo a cercar altri
ndimena e Idea, dai nomi di tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con special culto era onorata. 41. La chiamarono anch
iuta sotto quello di Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità con lo stesso nome di Vesta : una, detta anche Terra
oglie ; e la terza è sua figliuola. 44. A ragione immaginarono Cibele con sembianze di donna veneranda e forte, e le posero
v’ era custodito il Palladio (570) di Troja, e dove sorgeva un altare con perpetua fiamma chiamata il fuoco sacro. I Greci
cio se prima non avessero onorato Vesta. Il suo simulacro era coperto con ampio manto, e aveva la testa turrita e velata la
irto del vento, facili a’ nocchieri ; E di chiaror dolcissimo consola Con quel lume le notti ; e a qual più s’ apre Modesto
dido foco una scintilla Spira la Dea nell’ anime gentili, Che recando con sè parte del cielo, Sotto spoglie mortal scendon
li spettacoli avevano luogo distinto. Il pubblico erario le manteneva con splendidezza. Dopo trent’ anni di sacerdozio eran
a vietato l’entrarvi sotto pena di morte. I magistrati vi assistevano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti di Cibele aveva
acqua del quale si fingevano furibondi a segno di lacerarsi il corpo con staffilate e coltelli, indizio del cieco fanatism
ora avevano seco alcune vecchie che facevano professione d’ impostura con versi di magia, con incantesimi e sortilegi, e tu
une vecchie che facevano professione d’ impostura con versi di magia, con incantesimi e sortilegi, e turbavano spesso il ri
9),14 , servendo al culto di Giove ; e celebravano le feste di Cibele con immenso tumulto, mischiando a’ loro urli lo strep
mischiando a’ loro urli lo strepito dei tamburi, percotendo gli scudi con le lance, ballando e movendo la testa con atti di
mburi, percotendo gli scudi con le lance, ballando e movendo la testa con atti di frenesia. In prima abitarono il monte Ida
313), re dell’ inferno, era brutto e nero (Dante lo dipinge rabbioso, con enfiate labbia, e lo chiama maledetto lupo, qual
e, incuteva tale spavento, che nessuna Dea volle unirsi in matrimonio con lui : tanto è vero che la sola ricchezza non ha a
gio. Laonde un giorno adocchiata Proserpina che stava cogliendo fiori con le sue compagne sulla pianura d’ Enna in Sicilia,
era stata generosa verso la cortesia di Celeo, altrettanto fu severa con essi trasformandoli in rane in quel pantano, a si
ere ha volto bello, membra robuste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue
prima dovevano purificarsi, astenersi da ogni divertimento, e vivere con sobrietà esemplare. Agli uomini era vietato l’ass
Sicilia, nel tempo di questa processione, le donne correvano qua e là con fiaccole accese chiamando ad alta voce Proserpina
tà sempre maggiore ond’egli era assalito, e finalmente morì divorando con orrenda rabbia le proprie membra. Chi non vede in
mi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé di sue forze abuso, Con temeraria fronte, Chi monte impose a monte ? Pa
odardo, poichè presa la figura d’un leone, combattè per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che di continuo gl
folgor acuta (Dante Inf. c. xiv) opera dei Ciclopi (272), e saettati con tutta la sua possa i Giganti, restò vittorioso. I
., c. XII. e Tifone o Tifeo, mezz’uomo e mezzo serpente, che arrivava con la testa al cielo, e che per sè solo, al dir d’Om
inascendo sempre, erano cagione di continuo martirio allo sventurato. Con tal favola sembra che i poeti volessero indicare
della tirannide ; e infatti Ercole, (364) figlio dello stesso Giove, con l’andar del tempo uccise l’avvoltoio, e liberò Pr
ricolmare anch’egli dei suoi doni Pandora, le regalò un vaso chiuso, con l’ordine di recarlo a Prometeo ; il quale, preved
ste e ultimo scampo, restò nel fondo del vaso.21 74. Giove protesse con parzialità parecchie mortali, e prese a tale ogge
u celebre e più usitato fu quello d’Olimpico dall’abitar ch’ei faceva con la sua corte sulla cima del monte Olimpo in Tessa
; ed il padre degli Dei, apparsogli in forma d’ariete, battè la terra con la zampa, e ne fece scaturire una sorgente. Allor
nauti. 83. Il Giove dei Greci e dei Romani fu sempre rappresentato con maestoso aspetto, con lunga e folta barba, assiso
dei Greci e dei Romani fu sempre rappresentato con maestoso aspetto, con lunga e folta barba, assiso in un trono d’avorio,
da essa ai Romani, massime nella guerra coi Galli Senoni od in quelle con gli Arunci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Mart
, massime nella guerra coi Galli Senoni od in quelle con gli Arunci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Marte (255) generato
erminabili piati, la condannò a star sospesa per aria a due calamite, con due incudini ai piedi e colle mani legate a tergo
igliata della bellezza di quell’animale, e chieselo in dono al marito con tante carezze ch’ei gliel concesse. Allora Giunon
rio suo araldo (160) di fare addormentare il maraviglioso vigilatore, con la voluttà della musica e con l’ajuto di Morfeo D
ddormentare il maraviglioso vigilatore, con la voluttà della musica e con l’ajuto di Morfeo Dio del sonno (241) che a tale
to Ercote (364) a grandi rischi. 92. Giunone devastò l’isola d’Egina con una spaventosa pestilenza che fece perire tutti g
rribili cozzi, e credendosi vitelle. Melampo restituì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed in premio di q
boro ; ed in premio di questa cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia
unone più spesso è rappresentata sopra un carro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli
parte di Grecia e d’Italia erano templi a questa Dea consacrati ; ma con maggior culto l’onoravano ad Argo, a Samo ed a Ca
stra una tazza e una lancia nella sinistra ; oppure comparisce assisa con un bambino fasciato ed un giglio. Qualche volta a
Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiziani la confon
una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiziani la confondevano con la dea Iside (690, 691 ec.) Apollo. 96. Gi
ente, e che devastava i campi della Tessaglia. Lo assalì, lo trafisse con le sue frecce divine, e lo uccise ; e la pelle de
per essere utile agli abitanti, si studiò di farne più miti i costumi con le dolcezze della musica, simbolo della persuasio
a ella, non conoscendo il Nume, timida e pudibonda si pose a fuggirlo con tanta precipitazione, che suo padre, per meglio n
quel fiore che ne porta il nome. Forse per questo i giacinti adornano con tanta mestizia la tomba delle tenere vittime dell
no (185), esule anch’egli dal cielo in pena d’una cospirazione ordita con altri Dei contro Giove. 106. Allora ambedue chie
quando appunto faceva costruire la città di Troia ; e venuti a patti con lui, s’allogarono per fabbricargli le mura. Ma co
stata incatenata sopra uno scoglio, quando Ercole (364), approdatovi con gli Argonauti (452), giunse in tempo a salvarla u
silio e le sventure d’Apollo placaron Giove, che gli rese la divinità con tutti i suoi privilegj, e lo destinò a diffondere
d ottenne di trasformarsi in cicala. 113. Dal matrimonio dell’Aurora con Titone nacque Memnone (Memnésthai, rammentarsi, g
Memnone (Memnésthai, rammentarsi, gr.), re d’Etiopia, il quale militò con Priamo (587) nella guerra di Troia, e vi rimase u
li memnonidi, i quali si separarono in due branchi, e si combatterono con tanto furore ed ostinazione, da cader morti accan
ndo a sè stessa gl’ingiusti sospetti. Cefalo per disperazione si ferì con la medesima arme, e fu cangiato con Procri nella
. Cefalo per disperazione si ferì con la medesima arme, e fu cangiato con Procri nella stella mattutina che precede l’Auror
tina che precede l’Aurora. 117. Gli antichi rappresentavano l’Aurora con la veste di color rancio, con una face in mano, i
7. Gli antichi rappresentavano l’Aurora con la veste di color rancio, con una face in mano, in sull’uscire da un palazzo ve
zo vermiglio, assisa sopra un carro color di fuoco. Omero la descrive con un gran velo dato alle spalle per significare che
palle per significare che l’oscurità si dissipa innanzi a lei, mentre con le mani di rose apre le porte del giorno. Talvolt
i Caprarola appartenente alla famiglia Farnese di Roma, descrive così con molta leggiadria l’Aurora. « Facciasi dunque una
una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora,
ente. Dalla cintura fino alle ginocchia, una sopravvesta di scarlatto con certi trinci e groppi che imitassero quei suoi ri
le si mandi avanti un Amore che porti una face, e un altro dopo, che con un’altra svegli Titone. Sia posta a sedere in una
creduta madre d’Omero, soleva per effetto di stolto orgoglio vantarsi con tutti e continuamente de’ suoi celesti natali ; q
sse luogo di virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con altri suoi f
giorno venne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con altri suoi folli compagni ; e vantando, secondo i
ore del sole un sì gran fallo ; un Dio non erra. S’avvisarono adunque con quella rozza acutezza che è propria dei barbari e
uo dolore, Fatto cantando già canuto e veglio In augel si converse, e con la voce, E con l’ali da terra al cielo alzossi.
o cantando già canuto e veglio In augel si converse, e con la voce, E con l’ali da terra al cielo alzossi. Eneide, lib. X
nel carme le Grazie dedica a questo simbolo della beltà, che veleggia con pure ali di neve, i seguenti bei versi : A quant
credere alla favola, offeso da una riprensione troppo severa, avrebbe con la sua lira spezzato il capo al maestro. 122. Apo
elfica Deità, stando a sedere sopra uno sgabello a tre gambe, coperto con la pelle del serpente Pitone (97), e indicato col
ri ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani vuote rispose, io porto con me ogni cosa 31. Forse questa risposta poteva ess
poesia, della musica e delle belle arti. Fu maestro delle Muse (274) con le quali abitava il Parnaso, l’Elicona in Beozia,
, fonte) che scende dall’Elicona, e che il cavallo Pegaseo (124) fece con un calcio scaturir dalla terra. Alle falde dell’E
l suo padrone ha le orecchie d’asino ; indi ricopre il buco e va via. Con l’andar del tempo crebbero in quel luogo alcune c
iaco, e dopo averlo inghirlandato lo condussero a Mida che lo accolse con magnificenza regale. Bacco volendo ricompensarlo
o dell’incenso. 132. Il giovine Ciparisso, amico d’Apollo, s’allevava con grande affetto un bel cervo ; quand’ecco che inav
o di lui si curava, tratto dal primo impeto dello sdegno, la trafisse con un dardo e la cangiò in cornacchia. Indi si pentì
nor suo furon detti Peani o Peane, perchè ordinariamente cominciavano con queste due parole Io Paean per rammentare la sua
nuamente Io Paean, avanti ! colpisci ! oppure lancia i tuoi dardi ! e con l’andare del tempo, dopo ogni vittoria, questa es
i che le notti. Quindi il cigno si riferiva anche alla tenera armonia con la quale supponevasi che questo volatile cantasse
sovrastava all’entrata del porto di Rodi. Rappresentava il dio Apollo con una radiante corona in testa, armato d’arco e di
una radiante corona in testa, armato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale di notte tene
Semiramide ; il palazzo di Ciro che dicono avesse le pietre cementate con l’oro ; le famose Piramidi di Egitto, che si cred
antichi rappresentano Apollo in sembianza di un bel giovine imberbe, con lunga e bionda chioma inghirlandata d’alloro ; gl
bo per fratello, Diana sulla terra, Ecate (234, 2°) nell’inferno ; ma con questi diversi nomi era una sola divinità, e i po
), che ebbe la temeraria curiosità di guardarla mentr’ella si bagnava con le sue ninfe. E Cinzia sempre fu alle Grazie ami
nava con le sue ninfe. E Cinzia sempre fu alle Grazie amica, E ognor con esse in tutela al core Delle ingenue fanciulle, e
uello di Lucina perchè invocata anch’ella nei parti, e perciò confusa con Giunone ; ed i Latini la dissero Genitalis od Ill
adoperano in cose lodate. 140. È notabile la severità che Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta d
tta di questa Dea, e le aveva promesso di vivere continuamente nubile con lei ; ma ad insinuazione di Giove, che le apparve
uo cospetto, e la mutò in orsa ; ma Giove la collocò in cielo insieme con Arcade, ove ambedue formano le costellazioni dell
azio di duecento venti anni, e arricchito dei tesori di tutta l’Asia, con pitture, statue e bassorilievi che erano capolavo
pe. Pare che Erostrato commettesse questo misfatto per fare immortale con l’infamia il suo nome. Gli Efesj decretarono, ma
uesto folle non fosse mai pronunziato. Quindi ricostruirono il tempio con eguale magnificenza ; ma fu poi saccheggiato da N
to Ecatombe, parola greca composta, che significa appunto cento buoi. Con l’aiuto di Ifigenia (527) sacerdotessa di questa
d’anni circa diciotto, grande, d’aspetto virginale, simile ad Apollo, con le chiome lunghe, folte e crespe alquanto, o con
e, simile ad Apollo, con le chiome lunghe, folte e crespe alquanto, o con uno di quei cappelli in capo, che si dicono acida
ri, largo di sotto, ed acuto e torto in cima, come il corno del Doge, con due ali verso la fronte, che pendano e cuoprano l
so la fronte, che pendano e cuoprano le orecchie, e fuori della testa con due cornette, come d’una luna crescente, o second
testa con due cornette, come d’una luna crescente, o secondo Apuleio, con un tondo schiacciato, liscio, e risplendente a gu
che di qua e di là abbia alcuni serpenti, e sopra certe poche spighe, con una corona in capo o di dittamo, secondo i Greci,
cinta sotto le mammelle e attraversata sotto l’ombilico alla ninfale, con un mantelletto in ispalla affibbiato sul destro m
nfale, con un mantelletto in ispalla affibbiato sul destro muscolo, e con osattini in piede vagamente lavorati. Pausania al
n’altra veste tutta nera, ma chiara e lucida, sparsa di molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con orn
ma chiara e lucida, sparsa di molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento di fiori e di frut
sparsa di molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento di fiori e di frutti pendenti a guisa d
questi abiti qual meglio vi torna. Le braccia fate che siano ignude, con le loro maniche larghe ; con la destra tenga una
torna. Le braccia fate che siano ignude, con le loro maniche larghe ; con la destra tenga una face ardente, con la sinistra
e, con le loro maniche larghe ; con la destra tenga una face ardente, con la sinistra un arco allentato, il quale, secondo
vi pare, ed attaccatele il turcasso agli omeri. Si trova in Pausania con due serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un
. Si trova in Pausania con due serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un vaso dorato col manico di serpe, il qual pare
pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma con questo credo che voglia significare pur Iside ; p
stoltamente agogna e vagheg gia quelle cose vane ; ma Giove si tolse con sè il bambino del quale Semele era incinta, e lo
asino, dove appena può reggersi, ora camminando barcollon barcolloni con l’ aiuto d’ un tirso, che è un bastone coronalo d
o nella sua prima giovinezza girò tutta la terra e conquistò le Indie con un esercito d’ uomini e di donne che per armi ave
fra le costellazioni. 153. Le feste in onore di Bacco erano celebrate con grande strepito nelle città e nelle campagne dai
gl’ Imperatori, allora furono ripristinate e celebrate anzi ogni mese con ogni eccesso di sregolatezze. 154. Le Baccanti o
gni eccesso di sregolatezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano vestite con pelli di tigri o di pantere, e andavano correndo
di pantere, e andavano correndo e urlando scarmigliate sulle colline con faci o tirsi (150) nel pugno, dietro alla statua
glio, anzichè morto, ebro giacere. 157. Bacco è figurato comunemente con le corna, simbolo di forza e di potenza, e per ra
giogare i bovi all’aratro. Ha sempre la corona di pampani o d’ellera, con la faccia di giovine ridente ed imberbe, essendoc
tò la vite, e insegnò agli uomini a fare il vino. Molti lo confondono con Nembrod, perchè i loro nomi in greco e in ebraico
gislatori e benefattori dei popoli conquistati. Bacco è rappresentato con due corna, Mose con due raggi sul capo. Il tirso
ori dei popoli conquistati. Bacco è rappresentato con due corna, Mose con due raggi sul capo. Il tirso di Bacco fece scorre
i dei Numi aveva ali alla testa, ed ai piedi talari : Ali son queste Con penne d’oro, ond’ ei l’aria trattando, Sostenuto
. Il caduceo tenuto in mano da Mercurio era una verga alata in cima e con due serpi avvoltele intorno. Si narra che un gior
giorno avendo incontrato quei due animali che si battevano, li separò con la verga, ed essi vi rimasero avviticchiati ; qui
ova il commercio. 162. I poeti attribuiscono grandi virtù al caduceo. Con esso Mercurio ha possanza Fin nell’ Inferno, onde
ed aveva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentavano con una catena d’oro pendente dalla bocca a significa
pendente dalla bocca a significare ch’ ei legava le menti e gli animi con la forza della persuasione. 164. Questo Nume pres
sservanza della buona fede tra i mercatanti ; era figurato per lo più con una borsa nell’una mano, un ramo d’olivo e una cl
tro a Giove (28) ; ma questa è una bizzarra allegoria della prontezza con la quale Mercurio seppe anche da giovinetto catti
sima dei Greci fa parere più strana, ma non meno evidente l’allegoria con altri consimili fatti. Mercurio era sempre in fas
utato inventore. Questa lira fu formata col guscio d’una testuggine e con le corde di lino. 167. Un altro giorno Mercurio i
Natura avea L’ austero nome : fra’ Celesti or gode Di cento troni ; e con più nomi ed are Le dan rito i mortali, e più le g
spirando amore, Fai si che d’una in altra si propaghi Stirpe la vita con accesa brama. 171. Le dodici Ore, cui fu commess
o dai poeti figliuol di Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, simbolo di potenza, ed il turcasso pieno
mbolo di potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolta è cieco o con una benda sugli occhi ; ha in mano una face, simb
tatura, la freschezza e l’agilità d’un fanciullo. Lo dipingono ancora con un dito alla bocca ; indizio di quella discretezz
er via più che neve bianchi : Sopr’ un carro di fuoco un garzon crudo Con arco in mano, e con saette a’ fianchi, Contra le
bianchi : Sopr’ un carro di fuoco un garzon crudo Con arco in mano, e con saette a’ fianchi, Contra le qua’ non val elmo n
e soavi, Fatto signore e Dio da gente vana. Qual é morto da lui, qual con più gravi Leggi mena sua vita aspra ed acerba Sot
one, lo fa nascere da Poro Dio dell’ abbondanza unitosi in matrimonio con Penia Dea della povertà, che nello stesso giorno
arda a ricchezza nè a povertà ; chè anzi si accompagna principalmente con la carità, la quale santifica gli affetti ispirat
glio di Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incoronato di fiori, con la face nella destra e un velo nuziale nella sini
nta predilezione, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmine che gli sfiorò la pelle. 177.
dare un’idea della leggerezza del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfalla, o con uno di questi animaletti c
gerezza del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfalla, o con uno di questi animaletti che le svolazza intorno.
a di parlare ; si prostra a’ piedi del generoso vincitore, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celeste, contento
amenti morali che in questa favola sono ingegnosamente riposti. Altri con più elevati intendimenti asserisce essere adombra
sol scalde, o che ’l mar bagne. Nel mezzo è un ombroso e verde colle Con si soavi odor, con si dolci acque, Ch’ogni maschi
’l mar bagne. Nel mezzo è un ombroso e verde colle Con si soavi odor, con si dolci acque, Ch’ogni maschio pensier dell’alma
modi la Dea della bellezza. In Elide stava a sedere sopra una capra, con una testuggine sotto il piede, a significare che
suasione e sua fida compagna. Ma per lo più la rappresentarono assisa con Cupido in un carro di madreperla, ossia sopra una
levata la testa, e gli occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, con gli occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra
cielo. Amore stavale a’ piedi, con gli occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra piena di fiammeggianti dardi ; e Vener
la Timidezza temperava l’ardore dei suoi sguardi ; il Sorriso animava con eloquenza le labbra ; l’alterezza e il valore spi
pera della moderna scultura che l’italiano Canova seppe far risorgere con tanta lode, è la sua Venere ; e questa pure si am
re ; la prima a motivo di questo fatto : Un giorno Cupido passeggiava con sua madre in un prato smaltato di fiori, dove vol
moribondo per la lotta col cinghiale. 184. Le sacerdotesse di Venere, con la fronte incoronata di mirto, recavanle in offer
oma Chiaro fulgente. A molti ella (Berenice) de’ Numi Me, supplicando con le terse braccia, Promise, quando il re, pel nuov
acque un mostro a desolare le spiagge. Dopo ciò Nettuno, pacificatosi con Giove, tornò al governo delle onde. 188. Anfitrit
l suo impero, Anfitrite saliva una conchiglia di splendida candidezza con una gran vela ondeggiante color di porpora ; cava
(316) e preceduto dai Tritoni (190). 189. Nettuno ebbe dal matrimonio con Anfitrite parecchi figli, ed i più noti sono i Tr
ia. 191. Le Arpie (harpázo, togliere violentemente, gr.) eran mostri con volto femminile, mammelle cascanti ed irsute, ore
nunzio di futuro danno.38 Ali hanno late, e colli e visi umani, Pié con artigli, e pennuto il gran ventre : Fanno lamenti
rficie delle acque. La Teli, moglie d’ Oceano, non deve esser confusa con l’altra Teli (320) che fu madre d’ Achille (536).
ceano e di Teli. Ed in ciò pure la Mitologia perfettamente si accorda con la Fisica. I pittori e i pœti li rappresentano so
Fisica. I pittori e i pœti li rappresentano sotto l’effigie di vecchi con folta barba, chioma lunga e ondeggiante, e in cap
i manifestarlo. Secondo alcuni Proteo fu un abile oratore che sapendo con arte adoperare tutte le figure della rettorica e
cere in lui un comico perfetto, un abile pantomima, che seppe imitare con la voce e co’gesti ogni specie di persone ; e v’è
imanente erano uccelli. Andavano adescando e trattenendo i passeggeri con la dolce melodia dei loro canti e dei loro suoni 
198. Cinquanta anni dopo, Ulisse (568), ammonito da Circe (575), turò con cera le orecchie di tutti i suoi compagni, e fece
sopra certa erba, si accorse che ripigliavano il vigor della vita, e con maravigliosi slanci si rituffavano in mare. Volle
, ma che non gli voleva corrispondere ; sicchè egli andò a lagnarsene con Circe (575), famosa maga, la quale avvelenò la fo
ea bagnarsi. Appena entratavi, la ninfa si vide cangiata in un mostro con dodici branche e sei teste ; e una moltitudine di
ntro a Scilla (202) : Come fa l’onda là sopra Cariddi, Che si frange con quella in cui s’intoppa…. (Dante, Inf. c. VII.)
he inghiotta le onde tre volte il giorno e tre volte le ributti fuori con orribili muggiti. L’ingordigia può ella essere di
te I vasti flutti rigirando assorbe, E tre volte a vicenda li ributta Con immenso bollor sino alle stelle, Scilla dentro al
il cadavere dello sposo, vi si slanciò per abbracciarlo e per morire con lui, Gli Dei inteneriti da tanto amor coniugale c
lassero a fior d’acqua. I Tritoni (190), le Nereidi (315) e i Delfini con le scaglie somiglianti all’oro e all’argento, nuo
sacrato molti templi e feste e giuochi. Tra i giuochi erano celebrati con molta solennità quelli del Circo a Roma41 e quell
lla sua bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui volar di sopra Con la vita agli uccelli era interdetto ; Onde da’ Gr
o, l’Angoscia e le voraci Cure e i pallidi Morbi, e ’l duro Affanno, Con la debil Vecchiezza. Evvi la Tema, Evvi la Fame,
biformi Due Scille ; Briareo di cento doppj ; La Chimera di tre, che con tre bocche Il fuoco avventa ; il gran serpe di Le
re bocche Il fuoco avventa ; il gran serpe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo e Gerïone, e con Medusa Le
rpe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo e Gerïone, e con Medusa Le Gorgoni sorelle, e l’empie Arpie, Che s
e, Parole di dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon di man con elle, Facevan un tumulto, il qual s’aggira Sempre
ena quando il turbo spira. Così Dante nel Canto III dell’Inferno ; e con non meno terribile dipintura nel V, ove dice : O
mille odori Vi facea un incognito indistinto…. E quivi soggiornavano con beatitudine le ombre dei saggi. Virgilio descrive
o descrive i Campi Elisi e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume d
i e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed
in musiche, in feste, in balli, in suoni Se ne van diportando, ed han con essi Il tracio Orfeo, ch’in lungo abito e sacro O
rtando, ed han con essi Il tracio Orfeo, ch’in lungo abito e sacro Or con le dita, ed or con plettro eburno, Sette nervi di
essi Il tracio Orfeo, ch’in lungo abito e sacro Or con le dita, ed or con plettro eburno, Sette nervi diversi insieme uniti
sue onde fanno dimenticare tutti i mali della vita, Saturno vi regna con la moglie Rea, e vi rende perpetua l’età dell’oro
trovato pieno d’altissima sapienza. Nell’isola di Creta, ove cominciò con Saturno la prima età, s’innalza la statua del Tem
tava com’esso nell’Acheronte. 221. Lo Stige era un « tristo ruscello con acqua buia » dalla quale esalavano mortiferi vapo
o tutti gli Dei per combattere i Giganti (67), Stige accorse la prima con le sue due figlie, onde il padre dei Numi, grato
la giovinezza, guariva le ferite, e procurava l’immortalità. L’Aurora con essa rese immortale Titone ; Apollo imbalsamò il
Oblio, « là dove vanno l’anime a lavarsi » era figurato in un vecchio con l’urna nell’ una mano, e la tazza dell’oblio nell
ed irta Pende canuta barba ; ha gli occhi accesi Come di bragia ; ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto ; e co
ome di bragia ; ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto ; e con un palo Che gli fa remo, e con la vela regge L’af
o al collo Appeso un lordo ammanto ; e con un palo Che gli fa remo, e con la vela regge L’affumicato legno, onde tragitta S
aean l’anime spente…. ……….I primi avanti orando Chiedean passaggio, e con le sporte mani Mostravano il desio dell’ altra ri
porto e dall’ arena. (Loc. cit.) Ogni ombra dovea pagargli il passo con una moneta ; per lo che i Greci e i Romani poneva
, infin ch’al passo Non sono ammessi. (Loc. cit.) 226. Cerbero, cane con tre teste ed il collo orridamente cinto di serpen
stodiva la porta dell’inferno : Cerbero, fiera crudele e diversa,52 Con tre gole caninamente latra Sovra la gente che qui
irti, gli scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c. VI.) Accoglieva talora con carezze le ombre che entravano, e minacciava abba
eva talora con carezze le ombre che entravano, e minacciava abbaiando con le sue tre bramose gole quelle che accennavano di
o Tre bocche aprendo, per tre gole al ventre Trangugiando mandolla, e con sei lumi Chiusi dal sonno, anzi col corpo tutto G
ni, e dette ai suoi sudditi il nome di Mirmidoni (92). Vi governò poi con tanta sapienza e giustizia che ebbe l’onore di te
pienza e giustizia che ebbe l’onore di tener nell’Inferno la bilancia con la quale eternamente libra il vizio e la virtù. E
manto esce il precetto Che Tesifone (232) è presta ad eseguirlo. Ella con l’una man la sferza impugna, Nell’altra ha serpi 
uron dette Eumenidi (benefiche). Ma furono quasi sempre rappresentate con ali di pipistrello, con serpenti attorcigliati su
efiche). Ma furono quasi sempre rappresentate con ali di pipistrello, con serpenti attorcigliati sul capo, e una fiaccola i
urie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avean ed atto ; E con idre verdissime eran cinte ; Serpentelli e cerast
ime dei perversi, le destinavano anche a gastigare gli uomini in vita con tutti i flagelli della celeste collera. Così le F
no di spavento i colpevoli, turbavano i loro sonni, li perseguitavano con dilanianti rimorsi e con visioni paurose, che li
i, turbavano i loro sonni, li perseguitavano con dilanianti rimorsi e con visioni paurose, che li riducevano in tetra dispe
supponendo che già il rimorso facesse ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore di quello al quale si volevan
ncoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse gli altari con frutta e miele ; immolò una pecora nera, e consum
livo, sacrificò due tortorelle, e fece una libazione d’acqua di fonte con vasi che avevano i manichi fasciati di lana d’agn
verità. 234. 2°. Ecate è la più formidabile tra le potenze infernali. Con membra immani sta sulla soglia del Tartaro, ed ha
è intrecciata al vipereo suo crine ; a’ piedi le stanno cani furiosi, con occhi di fuoco e fauci aperte a lamentevoli latra
r le libazioni alle quali presicde. Questa triplice divinità esercita con tre nomi tre diversi poteri, nel Tartaro, nel cie
nomi tre diversi poteri, nel Tartaro, nel cielo e sulla terra : Ecate con le chiavi dell’ abisso infernale, Febea (138) nel
o di sterilità li colpiva. Perciò gli Ateniesi le offerivano focacce con l’impronta d’ un bove o d’en ariete. In mezzo ai
l crin si vela di dorata benda » filava, e Atropo impaziente tagliava con le sue forbici il fatale stame. 237. La fertile i
Morte (242), la Frode. 239. La si vede negli antichi monumenti, ora con intorno alla testa una zona svolazzante smaltata
a con intorno alla testa una zona svolazzante smaltata di stelle, ora con un manto azzurro ed una teda rovesciata ; e scorr
Notte era considerata qual madre del Giorno avuto dall’ Erebo insieme con le tre Parche (235), le veniva sacrificato il gal
rro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro sia di bronzo, con le ruote distinte in quattro spazii, per toccare
(il Crepuscolo), trovo che si fa un giovinetto tutto ignudo, talvolta con l’ ali, talvolta senza, con due facelle accese, l
i fa un giovinetto tutto ignudo, talvolta con l’ ali, talvolta senza, con due facelle accese, l’una delle quali faremo che
ltra che si stenda verso la Notte. Alcuni fanno che questo giovinetto con le due faci medesime cavalchi sopra un cavallo de
, nell’altra tre vessiche di papavero. Dorma come infermo, col capo e con tutte le membra languide, e come abbandonato nel
olino, e si girino, intorno a lui, facendo come una rappresentazione, con trasformarsi in cose possibili ed in impossibili.
smuti in diverse cose insensate ; e questo si può rappresentare anche con le parole di Ovidio, parte di sasso, parte d’acqu
gli altri sotto forme quasi sempre gradevoli di alati puttini stavano con la moltitudine ; ma raramente aveva essa bisogno
el tempo stesso ministro del Sonno suo padre, e talora veniva confuso con lui. È rappresentato con ali di farfalla per espr
del Sonno suo padre, e talora veniva confuso con lui. È rappresentato con ali di farfalla per esprimerne la leggerezza. 242
etto nè a grado nè ad ingegno : Ed una donna involta in vesta negra, Con un furor qual’io non so se mai Al tempo de’ gigan
o condotta al fin la gente greca, E la troiana, all’ ultimo i Romani, Con la mia spada, la qual punge e seca ; E popoli alt
? u’ son gli onori, E le gemme e gli scettri, e le corone, E le mitre con purpurei colori ? Miser chi speme in cosa mortal
olei che così ragiona si vede sulle sculture antiche armata di falce, con pallido e scarno volto, e incavernati gli occhi.
quali, essendo condannati ad errar sulla terra, appariscono di notte con spaventosi aspetti (e gli spiriti, nell’ esistenz
esso il nome e degli Dei S’attribuiva i sacrosanti onori. Folle ! che con le fiaccole e co’ bronzi, E con lo scalpitar de’
buiva i sacrosanti onori. Folle ! che con le fiaccole e co’ bronzi, E con lo scalpitar de’ suoi ronzini, I tuoni, i nembi e
gli era tormento atrocissimo. Ma dopo aver pagato il fio lungo tempo con questo strazio, Giove (63), credendolo pentito, g
ere nell’onore Latona (99) ; ma Apollo (96) e Diana (137) lo uccisero con le frecce, e lo mandarono a patire nel Tartaro (2
patire nel Tartaro (215), dove … ha sopra un famelico avvoltore, Che con l’adunco rostro al cor d’intorno Gli picchia e ro
e Nettuno, preso da compassione pel suo figlioletto Pelope che menava con lui vita stentata, lo condusse in cielo per minis
così il supplizio di Tantalo visto da Ulisse (576) : Stava là presso con acerba pena Tantalo in piedi entro un argenteo la
uo fratello e re d’Egitto, aveva cinquanta figli, e desiderò sposarli con le cugine. I cinquanta matrimonj furono celebrati
nferno, Plutone, il fratello di Giove e di Nettuno, era rappresentato con differenti attributi, secondo il genio dei popoli
ia la prima e la più nobile origine della dovizia. E figurato vecchio con una borsa in mano ; e zoppicando va innanzi a pas
cecità che gl’induce ad usarne male ; laddove le ricchezze acquistate con industria onesta e con ingegno probo durano e fru
usarne male ; laddove le ricchezze acquistate con industria onesta e con ingegno probo durano e fruttano il bene. Ma non s
(85) ; ma taluni scrissero che Giunone lo generò da sè sola battendo con un piede la terra (86), o mediante il contatto di
cì abilissima. 264. Notabile nella storia di Minerva è la sua disputa con Nettuno (185) per dare un nome alla città fondata
uo tridente, ne fece sbucar fuori un ardimentoso destriero, e Minerva con un colpo della sua lancia faceva spuntare un uliv
utte della virtù e della vera sapienza. Di consueto ha in capo l’elmo con sopra una civetta ; in una mano l’asta, nell’altr
scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle di un mostro chiamato Egide, il quale vo
sar che facevano in guerra, per difesa del volto, di un piccolo scudo con un buco nel mezzo, la favola attribuì loro un sol
to monte, A cui la gregge sua pascesse intorno ; Se non che si movea con essa insieme, E torreggiando inverso la marina Pe
a, gr.) figlia di Celo (25) e della Terra (25) ; e dal suo matrimonio con lei nacquero le nove Muse. Abitarono l’Elicona, i
elle, e le Figlie della Memoria. Apollo, a cui piacque vivere insieme con loro, statuì che la concordia fosse fondamento de
lto canto, gr.) all’ode e alla rettorica, ovvero all’arte di scrivere con eleganza ; Urania (ouranós, cielo, gr.) all’astr
276. Così vediamo che Clio serbando la memoria dei tempi scorsi narra con la dignità del vero e con alto stile le vicende d
serbando la memoria dei tempi scorsi narra con la dignità del vero e con alto stile le vicende dei popoli e dei re ; Calli
à del vero e con alto stile le vicende dei popoli e dei re ; Calliope con nobili ed armoniosi versi celebra le grandi gesta
e dei numi ; e Melpomene armata di pugnale empie di terrore la scena con lo spettacolo dei delitti dei grandi, delle scell
ezze della tirannide, degli spasimi del rimorso, e commuove al pianto con le lacrime della virtù oppressa e dell’innocenza
de odioso il mal costume ; mentre Tersicore muove il piede alle danze con decoro e con grazia, e accresce pregio all’arte p
mal costume ; mentre Tersicore muove il piede alle danze con decoro e con grazia, e accresce pregio all’arte pigliando spes
pure, tragge soavi concenti dall’agreste zampogna ; ed Erato suonando con più leggiadria il liuto e la lira, accompagna i s
osa Fa del suo regno dubitar Natura. 277. Le Muse sono rappresentate con sembianze di vergini modestamente belle, con semp
Muse sono rappresentate con sembianze di vergini modestamente belle, con semplici vesti, e sovente con ali al tergo. Apoll
embianze di vergini modestamente belle, con semplici vesti, e sovente con ali al tergo. Apollo (96) sta in mezzo all’eletto
 Melpomene, di sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed augusto, con abito ed acconciatura ricca e regale, coturni all
na di mirti e rose in capo, lira in mano o vicina, Amorino al fianco, con arco, faretra e facella accesa ; » Tersicore con
Amorino al fianco, con arco, faretra e facella accesa ; » Tersicore con fisonomia gentile, corpo ed atteggiamento svelto
rà una mano appoggiata ad un’arpa. » Se queste arti sono esercitate con vera dignità, ingentiliscono e onorano il popolo 
rà un giovinetto nudo, di fisonomia stupida e di fattezze grossolane, con due grandi orecchie d’asino e una zampogna in man
tando giù da un sasso rozzamente scolpito e rappresentante una figura con testa e crine di cavallo, viso e collo di donna,
n capo, tirso in mano. Anch’ella sarà in atto di fuggire schermendosi con una mano dai raggi d’Apollo che la persi cuolono.
bocca fa smorfie ad un fanciullo vicino a lui, mentre questi si tiene con una mano al viso una grande maschera caricata e r
orale. Il principe ardì far loro villania, e quando le vide involarsi con le ali dei genii, pretese di inseguirle, immagina
n Grecia, nella Macedonia ed a Roma ; ed erano sempre onorate insieme con le Grazie (175) nel medesimo tempio ; nè celebrav
vostro sono, E qui Calliopea alquanto surga ; Seguitando il mio canto con quel suono Di cui le Piche misere sentiro Lo colp
Il fonte d’Ippocrene, di Castalia e il fiume Permesso (123), insieme con la palma e con l’alloro, erano sacri alle Muse.
ocrene, di Castalia e il fiume Permesso (123), insieme con la palma e con l’alloro, erano sacri alle Muse. Divinità d
azione. Costui era principalmente satirico, e criticava tutto e tutti con l’accrbità del sarcasmo ; non soleva risparmiare
84. È rappresentato col capo coperto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una marionetta nell’a
dace, festivo in sua natura, Di spirti alteri, impetuosi, ardenti, Or con motti giocosi ed or pungenti Fe guerra al vizio,
trumenti. 286. I poeti lo dipingono giovine, ben pasciuto, rubicondo, con breve panneggiamento, e spesso nudo, e inghirland
gli sta presso una fiaccola arrovesciata, e a stento si regge il capo con una mano sotto il mento. I vapori del vino, la ri
carmigliati, l’occhio scintillante di fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso staffile. 288. I suoi sacerdoti, chiam
e. 288. I suoi sacerdoti, chiamati Bellonarj, ne celebravano le feste con tanta ebrezza di furore, che si facevano da sè st
volle anche tentare di render la vita agli estinti, e ne venne a capo con Ippolito figlio di Teseo. Allora Giove, temendo l
ice Sciogliea crudo malor, E lunge ogni dolor — quinci rimosse. A tal con note magiche Porgea dolci ristori, Ad altri seppe
scere Di segreta virtù pieni licori ; Talor le membra strignere Solea con placid’erbe, Talor col ferro docile Pronta recò m
Sicchè di Giove il fulmine Tolse ad ambo il respir, E videsi perir —  con egual sorte. (Trad. del Borghi.) 291. Il suo cul
ca dei medici greci. 292. Esculapio è rappresentato a sedere in trono con un bastone nella destra, e appoggiando l’altra su
lice e parco. — Lascia i cibi e le bevande prima d’esserne sazio. — E con moderate fatiche esercita sempre il tuo corpo. — 
suo aspetto è deforme, poichè ha la faccia soverchiamente rubiconda, con folti sopraccigli, col naso schiacciato e bernocc
biconda, con folti sopraccigli, col naso schiacciato e bernoccoluto e con la bocca ridente che arriva fino agli orecchi. I
tettori dei boschi, fu creduto figlio di Fauno, e taluni lo confusero con Pane. I poeti e i pittori lo dipingono cornuto ;
colli il Tebro. Oggi, le umane Orme temendo, e de’poeti il vulgo, Che con lira straniera, evocatrice Di fantastiche larve61
v’ella era solita dissetarsi. 305. Hanno la figura d’omiciatti pelosi con le corna, le orecchie, la coda e le gambe di capr
ire le pastorelle. Laonde bisognava placare queste importune divinità con sacrifizj, offrendo loro le primizie dei frutti e
46). Nelle pitture e nelle sculture vediamo questi genj rappresentati con tirsi, con flauti e con cembali guidar le ninfe a
pitture e nelle sculture vediamo questi genj rappresentati con tirsi, con flauti e con cembali guidar le ninfe alla danza e
le sculture vediamo questi genj rappresentati con tirsi, con flauti e con cembali guidar le ninfe alla danza e promuovere i
’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gli altari tuoi di fiori ornai, Con la gran falce e con l’altre arme orrende Spaventa
, Priapo, S’unqua gli altari tuoi di fiori ornai, Con la gran falce e con l’altre arme orrende Spaventa i ladri che notturn
di, Egloga.) Per lo più è rappresentato a modo del dio Termine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una co
i una grossa pietra quadrata o un piuolo, indi uno stipite piramidale con sopra una testa che aveva l’effigie d’idolo agres
ove il suo simulacro veniva sempre coperto di fiori. Il temerario che con mano sacrilega gli avesse fatto mutar posto veniv
po i sacrificj a lui fatti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte di frutta e di focacce. Poi cominciarono
neva in premio comunemente una capretta o un agnello. La festa finiva con un banchetto nel quale il pastore più vecchio fac
umero di fragorosi istrumenti, come tamburi e cembali. La Dea copriva con un velo la sua ingenua bellezza. Un po’d’alloro o
311. Pomona, tutta piena di freschezza e di leggiadria, presiedeva con Priapo (307) ai giardini e segnatamente ai frutti
I poeti descrivono Pomona incoronata di pampani e di grappoli d’uva, con in mano il corno dell’abbondanza, od assisa sopra
he tante e si diverse forme Prendi, Vertunno, il culto mio difendi Or con la spada se soldato sei, Or con pungente stimolo,
di, Vertunno, il culto mio difendi Or con la spada se soldato sei, Or con pungente stimolo, se i buoi Giunger ti piace al g
Del ciel cangiato si godean superbe. Ed essa, la gentil Ninfa sagace, Con lungo studio e paziente cura I tenerelli parti ne
lie e di pampani. Venivano invocate dai naviganti sulla riva del mare con offerte di latte, d’olio e di miele, per ottenerl
oeti le rappresentano quali vaghe fanciulle assise su cavalli marini, con in mano un tridente o una corona od un piccolo de
revano sulla superficie delle acque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la testa ornata di perle e di coralli. La Grotta
mpagnar Diana nei suoi viaggi e nelle sue cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono nutrici di Cerere e di Bacco, per
cio le Nereidi sospirando. (Foscolo, le Grazie.) Le Amadriadi (hama, con , drys, querce, gr.) avevano in, particolar custod
colar custodia le foreste, e la favola narra che morivano e nascevano con le querci ; quindi ebbero anche il nome di Quercu
n un bosco vicino a Roma, e così accortamente avvalorava le sue leggi con l’autorità della religione. La favola aggiunge ch
imale, e quelle dei Penati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lancia per uno ed un grosso cane accovacciato
sa in una cappella detta Lararium ; e colà avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e ta
da Julo, e recandosi in ispalla il vecchio Anchise il quale sosteneva con le sue mani il sacro incarco de’santi arredi e de
una goccia di sangue. 331. Il genio buono aveva sembianze di giovine con volto bello ed onesto riso, poichè la serenità de
no gli servivano.di corona. Ma il genio cattivo era un tristo vecchio con accigliati ed incerti sguardi, rabbuffato il crin
accigliati ed incerti sguardi, rabbuffato il crine e lunga la barba, con in mano un gufo, uccello di cattivo augurio. Guai
ed il conflitto di vari naturali effetti. I poeti la descrivono calva con una benda sugli occhi, ritta con ali a’piedi, e l
effetti. I poeti la descrivono calva con una benda sugli occhi, ritta con ali a’piedi, e l’un d’essi già staccato dal suolo
onatrice di tutti i beni e protettrice del commercio e delle arti ; e con la sinistra conduce per mano l’ Occasione, che ha
uelli che sogliono essere chiesti alla cieca Dea. Ma più nobilmente e con sapienza e versi sublimi ne ragiona Dante nel VII
andole biasmo a torto e mala voce. Ma ella s’è beata, e ciò non ode : Con l’altre prime creature lieta Volve sua spera, e b
lla superstizione dei divoti, rispondeva alle dimande dei supplicanti con un muover di testa o d’occhi e con alcuni altri g
ndeva alle dimande dei supplicanti con un muover di testa o d’occhi e con alcuni altri gesti. La necessità. 332, 2°
ze, ed ha un manto bianco dato alle spalle, e che scende fino a terra con larghe pieghe. Nelle mani ha il freno e il compas
overnare l’impeto delle passioni, l’altro per distribuire agli uomini con esatta misura le pene e le ricompense, e per serb
fortificare la virtù contro la sventura. Altri poi l’hanno descritta con le ali al tergo, armata di serpi e di faci ardent
nel cielo. Fin da quell’ epoca ella va percorrendo ogni dove la terra con incredibile celerità, e gode a ritrovarsi nel mez
care che gli uomini, conoscendoli imperfettamente, ne debbono parlare con molta circospezione. Fu rappresentato giovine, se
e con molta circospezione. Fu rappresentato giovine, severo in volto, con l’indice della destra alla bocca e un sigillo nel
occa e un sigillo nella sinistra. Aveva la fronte ornata d’ una mitra con la punta divisa in due parti eguali, ed era tenut
lo e della Terra (25), aveva regno in Tessaglia, e governava i popoli con tanta saviezza, che fu quindi onorata quale Dea d
), presiedeva come sua madre alla giustizia, laonde spesso va confusa con lei. Nel tempo del beato secolo d’ oro ella aveva
ella Suol venir d’oriente innanzi al sole, Che s’accompagna volentier con ella, Cotal venia ; ed or di quali scole Verrà il
falso, Di rumor empie e di spavento i popoli. Spesso è rappresentata con ali al tergo e con la tromba ; talora ne ha due,
ie e di spavento i popoli. Spesso è rappresentata con ali al tergo e con la tromba ; talora ne ha due, l’una per divulgare
entino ; ma un incendio lo distrusse, e Pollione lo fece rifabbricare con maggiore sontuosità, collocandovi la prima biblio
coro ; E maestosa al fianco le venia Ragion d’adamantine armi vestita Con la nemica dell’ error, Sofia. Allor mal ferma in
(238) ; e le diedero effigie di vecchia orribilmente livida e scarna, con la testa coperta di colubri invece di capelli ; g
gitato, e le ali a’ piedi ne rendono più ratta la fuga. Dietro a lei, con occhi smarriti, capelli rabbuffatti e stravolto i
allore che ne divide il culto e gli altari. Indi la segue la Menzogna con occhi loschi e perfido sorriso, traendo per mano
n occhi loschi e perfido sorriso, traendo per mano la Frode che viene con passi obliqui, ed alza la femminea testa sopra un
. « Dipinse egli nella destra banda (del suo quadro) a sedere un uomo con orecchie lunghissime, simiglianti a quelle di Mid
a ch’ ella chiudeva nel cuore. Portava nella sinistra una fiaccola, e con l’altra mano strascinava per la zazzera un giovan
i la Verità, non meno allegra che modesta, nè meno modesta che bella. Con questa tavola scherzò Apelle sopra le proprie sci
sue viscere. La melanconia. 345, 4°. Presso al Dolore procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta di
avano sotto l’emblema di una donna armata all’amazzone, che abbraccia con la destra una colonna, e impugna con la sinistra
mata all’amazzone, che abbraccia con la destra una colonna, e impugna con la sinistra un ramo di quercia. Il leone è il suo
uo più comune attributo. La pace. 347. In veste candida, e con celeste riso sul volto bello, compariva questa fi
li ha per emblema un giovine assiso che scrive al lume di una lucerna con un gallo accanto. — « Occuparsi, dice Voltaire, v
he si è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate,
a sia di una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate, vestita di velo trasparen
di velo trasparente fino ai piedi, succinta nel mezzo della persona ; con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra ra
inta nel mezzo della persona ; con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra raccolga una falda di gonna ; stia fermat
degnata ch’ella si sia levata prima di lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di batter l’ali
e d’aspetto piacevole, che come stanca non giaccia, ma segga e dorma, con la testa appoggiata sopra il braccio sinistro. Ab
onte, ebbe magnifici templi in Grecia e in Italia, dove sorgeva alata con augusto sembiante, porgcndo con l’una mano la cor
recia e in Italia, dove sorgeva alata con augusto sembiante, porgcndo con l’una mano la corona d’alloro, e recando nell’ al
te, porgcndo con l’una mano la corona d’alloro, e recando nell’ altra con aspetto di trionfale maestà una palma intrecciata
operta di semplici vesti, ma dignitosa nell’aspetto e nel contegno, e con occhi sfavillanti al par degli astri. Regge con l
tto e nel contegno, e con occhi sfavillanti al par degli astri. Regge con la sinistra un libro aperto e una palma, che spes
sentimento ch’ella preferisse di starsene celata in fondo a un pozzo. Con bel modo ne fa la dipintura il Pignoni nelle sue
ro ! La statua dell’Amicizia aveva inoltre il lato sinistro aperto, e con l’indice della destra scopriva il suo cuore, nel
351, 3°. La Fedeltà è compagna della vera Amicizia, e non va confusa con la Buona-Fede. 74 In Roma accanto al Campidoglio
si crede, da Numa Pompilio. La Dea era rappresentata a mani giunte, e con lungo abito bianco, per cui forse Virgilio la chi
go abito bianco, per cui forse Virgilio la chiama Cana Fides, se pure con questo epiteto non volesse indicare la vecchiezza
. Per lo più le giace a’piedi un cane bianco, simbolo che le è comune con l’Amicizia ; ed infatti il cane unisce l’affetto
ve trasformato in pioggia d’oro, che è quanto dire dopo aver corrotto con denaro le guardie della principessa, la involò e
354. Acrisio, scoperta l’esistenza del temuto nipote, lo fece esporre con sua madre in preda alle onde in una debole navice
marino e di Celo. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avvenente e con una chioma di maravigliosa bellezza ; ma ne andav
orgogliosa, che Minerva cambiò i suoi capelli in serpenti, e insieme con le sorelle che partecipavano dello stesso difetto
ibati, e che fu prediletto ai Numi perchè ambiva la vera gloria, potè con le armi divine, essere invisibile ai mostri, assa
re astronomo chiamato Atlante fu l’inventore della sfera. 361. Perseo con l’aiuto d’un’arme così tremenda potè liberare da
vi divorata da un drago marino, in pena d’aver gareggiato di bellezza con Giunone e con le Nereidi (316). Perseo dall’alto
un drago marino, in pena d’aver gareggiato di bellezza con Giunone e con le Nereidi (316). Perseo dall’alto del suo aereo
l generoso liberatore, ed ei l’accettò ; ma gli convenne conquistarla con altre prove di valore, e combattere contro Fineo
andò a fondare una nuova città col nome di Micene, ove poi fu ucciso con frode da Megapento figliuolo di Preto (462), che
ia, e Giove (63) lo pose in cielo tra le costellazioni settentrionali con Andromeda, Cassiopea e Cefeo (361). Ercole o
guerra ; E fatal prova nel primier periglio Dando d’immenso ardire, Con mano inevitabile n’afferra Gli orridi mostri insa
mbino Ercole, quasi che si burlasse del gran cimento ; e avendo preso con ambe le mani l’uno e l’altro serpente da Giunone
ere, stordite mirandosi, diceano non so che l’una all’altra. I Tebani con armi alla mano erano accorsi in aiuto di Anfitrio
tremende, a meno che non si mettesse il fuoco sulla piaga ; ma Ercole con un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intr
ca il prosciugamento di qualche pestifera palude. Oppure è da credere con alcuni che questa Idra significasse una moltitudi
el monte Menalo s’annidava una cerva smisurata, co’piedi di metallo e con le corna d’oro, e tanto agile al corso, che niuno
che niuno aveva mai potuto raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le sue frecce perchè era consacrata a Diana (137)
truggevano i greggi e le mèssi dei vicini paesi. Ercole gli esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì grossi che al
cce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a volo gli facevano ombra con le ali. Altri autori dicono ch’esso li pose in fu
nava nell’isola di Gades in Spagna. I poeti l’hanno descritto gigante con tre teste, tre corpi e sei ali, che faceva custod
e, tre corpi e sei ali, che faceva custodire i suoi greggi da un cane con due teste, e da un drago con sette. Dicono anche
aceva custodire i suoi greggi da un cane con due teste, e da un drago con sette. Dicono anche di lui che facesse nutrire i
drago con sette. Dicono anche di lui che facesse nutrire i suoi bovi con la carne umana ; e sotto le forme di quest’orribi
nel XVII dell’Inferno ne fa una maravigliosa pittura : Ecco la fiera con la coda aguzza, Che passa i monti, e rompe muri e
e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.80 Con più color sommesse e soprapposte81 Non fer ma’in
ite, sicchè appestavano d’ogn’intorno il paese. Ercole, per rimediare con efficacia a tal guaio, deviò il fiume Alfeo (346)
ano questi preziosi frutti erano dati in custodia a un orribile drago con cento teste, e che nel tempo stesso mandava cento
mbito tesoro. 383. Teseo (482) ebbe l’ardire di scendere nell’inferno con l’amico Piritoo per involare Proserpina (53), e v
contento dell’acquistata gloria, Ercole si pose a percorrere la terra con intenzione di liberarla dai mostri e dai tiranni,
a. Troppo ci vorrebbe a descrivere tutte le memorabili azioni compite con questo generoso proponimento, perchè ogni paese e
o, viaggiavano su carretti tirati dalle pernici, e mietevano il grano con l’asce come faremmo noi per tagliare un bosco. Qu
Ercole che s’era addormentato sulla spiaggia dopo la sua lunga lotta con Anteo. Si condussero in questa impresa come all’a
rno a combattere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ritoltale la sua preda, res
è Acheloo s’era trasformato ora in serpente, ora in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole gli staccò uno di q
l’abbondanza. 85 Dopo che Ercole ebbe sposato Dejanira volle condurla con , sè, quand’eccolo rattenuto dal fiume Eveno che a
a la cattiva intenzione di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lern
Ercole appunto allora preparava un sacrifizio sul monte Eta, accolse con giubbilo il dono : ma non sì tosto ebbe indossato
o fanciullo. 401. Rappresentano Ercole quale uomo forte e robusto, con rilevata muscolatura e faccia severa, coperto con
mo forte e robusto, con rilevata muscolatura e faccia severa, coperto con la pelle del leone di Nemea (370), ed appoggiato
severa, coperto con la pelle del leone di Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. Talvolta ha una
oppo bianco, che era l’ albero a lui sacro per essersi cinta la testa con le sue fronde scendendo all’ Inferno. Passa molta
orrendo supplizio del toro di bronzo. Severa lezione ai malvagi, che con le loro iniquità si preparano da sè stessi il gas
in non cale il suo culto. Finalmente fece perire il Minotauro, mostro con effigie umana e corpo di toro. 415. Pasifae, figl
condotto seco la sua liberatrice fuggendo da Creta, l’ abbandonò poi con atroce ingratitudine nell’ isola di Nasso ; ma Ba
a sua impresa. Così tutti gli anni vi andavano i messaggieri coronati con fronde d’ olivo, e adoperavano a ciò la medesima
ò la medesima nave che fu condotta da Teseo, e che tenevano custodita con gran cura, perchè fosse sempre pronta a dar le ve
o ebbe dato savie leggi agli Ateniesi, abbandonato il potere sovrano, con nobilissimo e raro esempio restituì la libertà al
che uomo e bestia parevan tutt’ uno. Perciò i poeti li finsero mostri con volto e torace d’ uomo e corpo di cavallo. Il più
tessalo maestro Che di Tetide il figlio Guidò sul commin destro…. Già con medica mano Quel Centauro ingegnoso Rendea feroce
fiammato al racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva di misurarsi con lui, e lo sfidò al paragone. Teseo accettò l’ inv
one, si abbracciarono giurandosi eterna amicizia. 432. Teseo, insieme con l’ emulo e amico Piritoo, volle andare sulle spon
lie al compagno. Elena toccò a Teseo, il quale si propose di scendere con Piritoo all’ inferno per involar Proserpina mogli
e. Peccato che questi eroi, dopo esser giunti all’ apice della gloria con utili imprese, macchiassero il resto della loro v
della gloria con utili imprese, macchiassero il resto della loro vita con azioni vituperose, e talora con quelle stesse vio
macchiassero il resto della loro vita con azioni vituperose, e talora con quelle stesse violenze che avevan punite negli al
roe apparisse in armi alla battaglia di Maratona. Allora ne cercarono con gran premura le spoglie, e nel luogo dove la trad
imone fece trasportare le venerate ossa ad Atene, ove furono ricevute con solenne festa ; e un bellissimo tempio, di cui tu
ti in due giovani di rara bellezza, coperti d’ armi da capo a piedi e con due cavalli bianchi ; il loro elmo ha la forma di
tamante re di Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per fuggire con Elle sua sorella i mali trattamenti della matrign
rigna Ino, si valse dell’ aiuto di questo maraviglioso ariete, e potè con esso attraversare lo stretto che separa l’ Europa
reso furioso da Tisifone per opera di Giunone, incontrando la moglie con due figliuoletti, uno per braccio, la credè una l
a moglie con due figliuoletti, uno per braccio, la credè una leonessa con due leoncini. Allora si spinse forsennato contro
raccia il fanciullo Learco, e lo uccise. La madre disperata s’ annegò con l’ altro per nome Melicerta. Maestrevolmente dipi
ome Learco ; E rotollo, e percosselo ad un sasso ; E quella s’ annegò con l’ altro incarco. 450. Frisso arrivò senza risch
gli procacciò per seguaci i più scelti guerrieri che ambivano divider con lui l’ onore di tanta impresa. 452. Tutti questi
a scopriva gli scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice c
ito in un giorno. 454. Giasone venne felicemente a capo di tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), l
. 455. Dopo aver predato il tesoro, Giasone fuggì da Colco insieme con Medea, alla quale non rimaneva altro scampo che l
prese l’ incarico di punirlo. Costei, che si vantava d’ aver trovato con le sue arti il segreto di rendere la gioventù al
i rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama di tanto prodigio, e le indusse a farne e
care a Giasone i suoi stati, perchè i figliuoli di Pelia li ritennero con la forza. 457. Dopo aver vissuto dieci anni con M
di Pelia li ritennero con la forza. 457. Dopo aver vissuto dieci anni con Medea, scordò Giasone ciò ch’ ella aveva fatto pe
causa della sua morte. Giasone voleva punirla ; ma ella, prevenendolo con nuovi delitti, salì alla fine sopra un carro trat
accusano solamente del delitto d’ avere abbandonato il padre fuggendo con Giasone. Le altre scelleraggini, tra le quali la
h’ egli era stato il primo ad insegnare agli uomini l’ arte di guidar con la briglia un cavallo ; ma poi accadutogli per di
to, non volendo violare i diritti dell’ ospitalità, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re di quel paese e padre di St
o alle più difficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pericoli, e con un pugno di soldati debellò i Solimi, le Amazzoni
rj all’espettativa di chi le porta. Omero fa narrare queste avventure con bella semplicità da un discendente dell’eroe : …
per indicare i popoli dallo stato selvaggio ridotti a vita più civile con le persuasioni dell’eloquenza. 470. Orfeo sposò l
lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona di nove bellissime stelle somministrat
) 473. Gli antichi monumenti rappresentano Orfeo incoronato di lauro, con la lira o il liuto in mano, e varj animali feroci
ta la lira, ed empì 1’aere della più commovente armonia ; ma veggendo con tutto ciò di non intenerire quei barbari, si lanc
gendo con tutto ciò di non intenerire quei barbari, si lanciò in mare con una ghirlanda in capo e con la lira in mano. 480.
ntenerire quei barbari, si lanciò in mare con una ghirlanda in capo e con la lira in mano. 480. Quand’ecco un delfino, che
n capo e con la lira in mano. 480. Quand’ecco un delfino, che insieme con altri, tratto dal dolce suono teneva dietro alla
formò in toro bianco, e scese in riva al mare dove Europa passeggiava con le sue donzelle. Essa gli s’accostò per ammirare
e s’azzardò anche a montarvi sopra. Allora Giove scappò verso il mare con tanta velocità, che la giovinetta non potè fare a
Tebe per non esserne spettatore, e si ritirò in Illiria, dove insieme con la moglie fu cangiato in serpente. Edipo.
e ai Tebani era questo : « Quale sia l’animale che la mattina cammina con quattro piedi, con due a mezzodì e con tre la ser
sto : « Quale sia l’animale che la mattina cammina con quattro piedi, con due a mezzodì e con tre la sera ? » La Sfinge poi
animale che la mattina cammina con quattro piedi, con due a mezzodì e con tre la sera ? » La Sfinge poi era destinata a per
mmina qual si conviene ; e declinando la vita, regge la sua vecchiaia con un bastone che gli fa da terzo piede. La Sfinge,
enere la vista del sole, degli uomini, della sua persona, e si accecò con le proprie mani. I figliuoli, più scellerati di l
scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfuggito con orrore da tutti, e cieco, non ebbe altro sostegno
altro sostegno, altra guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci tramandarono il
e, e la patria gli dovè la salvezza. Altri narrò ch’ei si trafiggesse con la propria spada. 508. Infatti a così bella pr
ua mano. L’amante poteva correre il primo, ma il re, che lo inseguiva con una lunghissima lancia ; era tratto da due cavall
e compose. Qui sono ricordati soltanto perchè hanno qualche attinenza con la favola. Guerra di troja. 517. La città
(514) suo zio, si rifugiò alla corte di Tindaro (441) re di Sparta ; con 1’aiuto del qual principe cacciò da Argo Tieste,
valore, e propose a Paride (597) di terminare la contesa fra di loro con un duello, a condizione che Elena restasse in pre
tornò in patria per punire il tiranno ; e, non senza grave pericolo, con l’aiuto d’Elettra e di Pilade suo amico, potè fin
il centauro Chirone (430), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e di tigre, dal che provennero
). Dante cita questo fatto nel IX del Purgatorio per fare un paragone con sè medesimo : Non altrimenti Achille si riscosse
di Criseo, sacerdote d’Apollo (96), ed il Nume per vendicarlo desolò con la peste il campo dei Greci. Achille propose di p
e. Spinto allora da brutale vendetta privò di vita Ettore combattendo con lui corpo a corpo ; e non contento di questo, inf
ma un giuramento l’obbligava a nascondere il luogo dove erano sepolte con le ceneri del figliuolo d’AIcmena (364). Tuttavia
n volendo violar la promessa nè tradire le speranze dei Greci, additò con un piede la sepoltura del grand’eroe. 547. Nonost
97) ebbe l’ audacia di sfidarlo a singolare battaglia, e restò ucciso con una delle frecce d’Ercole, che ferivano sempre mo
Tebe (505), fu educato alla scuola del celebre Chirone (530), insieme con gli altri eroi della Grecia. All’ assedio di Troj
1. Omero fa di quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narra che con l’ aiuto di questa Dea potè ghermire i cavalli di
la casa di Diomede, che al suo ritorno non potendo più vivere in pace con Egiale sua moglie, dovè fuggire e ricoverarsi pre
d’aver preso parte per Augia (380). 554. Viaggiò contro la Colchide con gli Argonauti (452) ; si ritrovò alle nozze di Pi
role, supplicò Giove (63) affinchè concedesse all’ amico un figliuolo con la pelle impenetrabile quanto quella del leone di
eccettone il luogo dove questa pelle era stata sbranata dalla ferita con che Ercole aveva ucciso la belva. 563. Ajace most
nque molto valore all’assedio di Troja ; e pugnò per un giorno intero con Ettore (591), finché stanchi ambedue, e mara vigl
cuore non si reputava da tanto, fece rigettare l’ ardita proposta, e con la sua eloquenza sedusse i giudici a segno che pr
estimone di quella pugna bestiale, non resse alla vergogna, e si ferì con la propria spada. Sorge talor del debole L’arte
; ma Palamede ebbe a pagargli cara questa scoperta (584). 570. Ulisse con l’eloquenza, con le frodi e con la scaltrezza con
e a pagargli cara questa scoperta (584). 570. Ulisse con l’eloquenza, con le frodi e con la scaltrezza contribuì molto alla
ra questa scoperta (584). 570. Ulisse con l’eloquenza, con le frodi e con la scaltrezza contribuì molto alla rovina di Troj
a rovina di Troja, mentre gli altri Greci la distrussero col valore e con le armi. Sicchè Omero, quanto alla prudenza, lo p
se ne scoperse l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio di Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che er
(546) gli fosse nemico, seppe indurlo a seguirlo all’assedio di Troja con le frecce d’Ercole (364). 571. Dopo che Ulisse eb
(185), e il più possente fra loro, lo rinchiuse nella propria caverna con tutti i suoi compagni per farne lauto pasto. 573.
anto pericolo immaginò l’ espediente di far ubriacare Polifemo, e poi con un palo gli accecò il solo occhio che aveva in me
re la forma umana in virtù d’un’erba che gli era stata data da Giove. Con l’aiuto del medesimo Dio obbligò Circe a restitui
restituire le primiere sembianze ai suoi compagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo di partire dalla sua isola.1
to la vista al figliuol suo Polifemo. Allora vide sfasciarsi e perire con tutti i compagni la sua ultima nave, ed egli solo
Nausica era solita di recarsi a fare il bucato ; e quel giorno v’andò con le compagne per lavare le vesti de’ suoi fratelli
ttando il declinar del giorno, s’era messa a scherzare innocentemente con le compagne ; i loro gridi, le danze, le risa sve
anze, le risa svegliarono Ulisse. Era pallido e rifinito, quasi nudo, con le membra intirizzite dal freddo. Si alza, e il p
re così malconcio alla presenza delle donzelle ? Si copre alla meglio con le frondi, e si risolve ad uscire dal nascondigli
elle quali ha bisogno. » Quando Ulisse tornò a lei rivestito e lavato con aspetto nobile e franco, qual si addiceva ad un e
Alcinoo e della sua moglie, si prostrò alle loro ginocchia aspettando con umiltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con frat
oro ginocchia aspettando con umiltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con fraterna benevolenza, e lo fa sedere ; i servi ap
degli vizj umani e del valore : Ma misimi per l’alto mare aperto Sol con un legno, e con quella compagna105 Picciola, dal
i e del valore : Ma misimi per l’alto mare aperto Sol con un legno, e con quella compagna105 Picciola, dalla qual non fui
Ma per seguir virtute e conoscenza. Li miei compagni fec’io si acuti, Con questa orazion picciola, al cammino, Che appena p
bo nacque, E percosse del legno il primo canto. Tre volte il fe’girar con tutte l’ acque,114 Alla quarta levar la poppa in
quale Priamo aveva dato in custodia Polidoro il minor dei suoi figli, con immensi tesori, ed ella trovò sulla spiaggia il c
uesta infelicissima madre entrò furibonda nel palazzo dell’assassino, con altre donne trojane che la seguivano in schiavitù
7) e d’Ecuba (589), era fra’Trojani il più prode. Dopo aver sostenuto con molta gloria varj scontri co’più formidabili eroi
la d’Ettore colpisce invano l’impenetrabile scudo d’Achille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi
lia delle armi, e lo lega al suo cocchio : ……. Sul carro indi salito Con l’elevate glorïose spoglie, Stimolò col flagello
e nelle mani dell’acerbo nemico, risolse di andare inerme, di notte, con doni e supplichevoli preci a’piedi dello stesso A
osarlo. Morto lui, ebbe un terzo marito in Eleno fratello d’Ettore, e con esso menò sempre afflitto il rimanente della sua
ta distruzione di Troja. 602. Nel tempo dell’assedio, Paride combattè con Menelao, nè sarebbe stato salvo senza la protezio
eniva ad un rapitore di donne. 603. Ferito a morte da Filotlete (546) con una freccia d’Ercole (368), Paride si fece recar
uille e quete : Dal mezzo in su fendean coi petti il mare, E s’ergean con le teste orribilmente Cinte di creste sanguinose
on le teste orribilmente Cinte di creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri e con grand’archi Traean divincolando 
bilmente Cinte di creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri e con grand’archi Traean divincolando ; e con le code
te. Il resto con gran giri e con grand’archi Traean divincolando ; e con le code L’acque sferzando si, che lungo tratto Si
ngo tratto Si facean suono e spuma e nebbia intorno. Giunti alla riva con fieri occhi accesi Di vivo foco, e d’atro sangue
, Sen fero crudo e miserabil pasto. Poscia a lui, ch’a’ fanciulli era con l’arme Giunto in ajuto, s’avventaro, e stretto L’
in ajuto, s’avventaro, e stretto L’avvinser si che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchius
bava e di veleno Le bende, ’l volto asperso, i tristi nodi Disgroppar con le man tentava indarno, E d’orribili strida il ci
a tanti vittoriosi nemici, si tolse sulle spalle il vecchio genitore con gli Dei Penati (325-328), e menando seco il figli
28), e menando seco il figliuoletto Ascanio, si ricovrò sul monte Ida con quanti potè raccogliere dei Trojani. In questa fu
erazione salì sopra un rogo fatto alzare a bella posta, e si trafisse con la spada che aveva donato all’eroe. 613. Spinto n
I Rutuli furono vinti due volte ; e finalmente la guerra ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise,
sa di un contadino della Beozia, il quale, benchè povero, gli accolse con amorevole sollecitudine, e per imbandir loro men
cente, che ne hanno fatto un gigante capace di uscir fuori dell’acqua con la testa camminando nel fondo del mare. Una volta
enti d’un villaggio, e solamente questa misera coppia di vecchiarelli con tutto amore gli accolse. 622. Sicché Giove, che n
al figliuolo, si tolse quel tizzone, lo spense, e lo tenne custodito con grandissima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno di D
desse più segno di vita ; infatti era cangiata in scoglio : O Niobe, con che occhi dolenti Vedeva io te, segnata in sulla
O Niobe, con che occhi dolenti Vedeva io te, segnata in sulla strada Con sette e sette tuoi figliuoli spenti ! (Dante, Pu
deva già morta, il deplorabile avvenimento ; e vi riuscì disegnandone con un ago in sulla tela tutta la storia. 637. Progn
elle feste di Bacco, potè liberare di carcere la sorella, e imbandito con le membra del fanciullo Iti, figliuolo di Tereo,
Sciro, fu dotata di straordinaria bellezza ; ma non è da confondersi con l’ altra che fu sposa di Meleagro (627). Siccome
dove s’ era nascosta, ritrovar Piramo già spirante, e darsi la morte con la medesima spada ! 646. Narrano che il gelso res
ante Leandro ogni sera attraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai gli era stata destinata per mogli
bbe due figli, Calai e Zete, i quali fecero il viaggio della Colchide con gli Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbe
Colchide con gli Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbero loro con i capelli. Ercole (364) gli uccise perchè non ave
l essere dipinto in sembianze di giovine alato che va spargendo fiori con ambo le mani dovunque passa ; gli resta dietro il
esori che abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani gli Aquiloni e le nere
o e con le sue ale ne tien lontani gli Aquiloni e le nere Tempeste, e con le lacrime della madre nutrisce l’infanzia dei fi
olamente d’Ambrosia (222) somministratagli dalle ninfe di Creta. Così con bella immagine è simboleggiata la soavità dell’ e
ontrò sul monte Cillene due serpenti avviticchiati fra loro, li colpì con la sua verga, e tosto diventò donna, e dopo esser
ni, ritrovati i due serpenti nel medesimo posto, e colpitili di nuovo con la medesima verga, riebbe subito la primiera sua
tte quante ; E prima poi ribatter le convenne Li duo serpenti avvolti con la verga, Che riavesse le maschili penne.124 Ar
veduta tronca. E quella che ricopre le mammelle,126 Che tu non vedi, con le trecce sciolte, E ha di là ogni pilosa pelle,
suo tempo, e ne prolungò la vita oltre cinque secoli. Diversamente, e con più gentile poetica finzione, è narrato da altri
n facevano alcuna cosa di rilievo senza prima udire il suo parere ; e con Agamennone (527) e con Ulisse (568) concertava il
di rilievo senza prima udire il suo parere ; e con Agamennone (527) e con Ulisse (568) concertava il senso degli oracoli. V
indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non aver potuto indovinare
emofila o Demo. Coperta di lungo velo si avanzò Demofila gravemente e con sicurezza verso il palazzo di Tarquinio, e chiese
orosamente vietato di pigliar parte in questi giuochi alle donne ; ma con l’andar del tempo alcune vi si recarono in abiti
arro, volle che fosse pubblicato vincitore suo padre. Pindaro celebra con una bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. —
o tratto d’ amor filiale. — Diagora di Rodi che si era fatto illustre con una vittoria riportata ai giuochi Olimpici, condu
mani su quel padre avventurato. — Dionigi tiranno di Siracusa voleva con l’oro indurre il padre di un vincitore olimpico a
Era stato visto mettersi sulle spalle un toro di quattro anni, correr con esso lo stadio senza ripigliar fiato, ucciderlo c
ttro anni, correr con esso lo stadio senza ripigliar fiato, ucciderlo con un pugno, e mangiarlo tutto in un giorno. Sia o n
ostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una mano un carro tirato da sci cavalli, banchett
zzarono, e molti uomini fatti gli cedeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto scoppiettar di mano lodò questa buona spera
speranza, ed il vecchio crollando la canuta chioma e la bianca barba, con le lagrime in su gli occhi così disse : Oh Dio !
ssi. Il popolo si compiacque di questo fatto, e lietamente romoreggiò con gran dimostranza di averlo approvato. Disse allor
Volgarizzamento di Plutarco.) Pindaro, maraviglioso poeta, celebrava con altissimo canto le glorie dei vincitori, e tutta
con altissimo canto le glorie dei vincitori, e tutta Grecia ripeteva con ardore quei versi, tramandando d’età in età ai po
i nomi dei celebrati. Nè solamente dispensava lode il grand’uomo, ma con belle massime rammentava non esser vera gloria se
reci, e che fu adottato da molti scrittori latini per andar d’accordo con loro. Ogni Olimpiade formava un periodo di quattr
utto. 674. I Giuochi Ismici presero il nome dall’ismo di Corinto, ove con gran pompa erano solennizzati ogni cinque anni. F
sto arciero. Si presentarono dieci cursori, vestiti in sajo succinto, con leggierissimi coturni, ed avvolti in largo manto.
donde era il principio dello stadio ; e, vicendevolmente guardandosi con emula curiosità, gettò ciascuno leggiadramente da
piro, onde, per tôrsi da tale molestia, trattenendosi all’improvviso, con mirabile arte stese il piede verso di lui ; il qu
ro corsieri, che, anelando dalle allargate nari, scotevano la polvere con l’ugna e i crini del collo, altieramente nitrendo
ini del collo, altieramente nitrendo. Dentro i cocchi, alti in piedi, con le redini nella manca, e nella dritta sospeso il
fe gli stessi derisori. Ma già un carro, i cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva gli altri di non breve s
voce d’applauso ; ed apparve nello steccato il così bramato garzone, con invidia de’ competitori, e con giubbilo della tur
ello steccato il così bramato garzone, con invidia de’ competitori, e con giubbilo della turba spettatrice. Egli aveva quel
el giorno scelto l’esercizio della lotta : e si mostrò nella palestra con leggiadro coturno involto al piede candido ed ign
ed ignudo. Una cerulea veste lo ricopriva sino al ginocchio, annodata con fascia d’oro al petto. E poichè alquanto ristette
retese, di smisurata grandezza ; il quale, a lui presentandosi, gettò con impeto un breve manto in cui era involto, e si mo
ttò con impeto un breve manto in cui era involto, e si mostrò ignudo, con una fascia ai lombi, secondo è costume. Erano fos
lte e smisurate le sue membra come quelle del competitore, ma formate con piacevole proporzione. Non appariva in lui l’azio
entamente guardandosi l’un l’altro, da prima alquanto discosti, e poi con lento e cauto passo inoltrandosi alla fine si sla
i rapidamente, lo prese di dietro ai fianchi. Quegli però, scotendosi con impeto, si disciolse ; perchè non ancora Faone av
ntrata negli occhi, e per la brama di vendetta, mordendo le labbra, e con pupille ardenti, nondimeno cauto, e pronto alle s
, finchè gli si offerse l’opportunità d’introdurre la destra gamba, e con essa il sinistro di lui piede a sè traendo, e nel
bbandonò. Tutti acclamarono Faone vincitore : questi girò gli sguardi con nobile compiacenza della ottenuta gloria, vieppiù
i. Achivo l’un ; di Sparta L’altro ; due Libj, ed ei venía per quinto Con tessale puledre. Etolo il sesto, Biondi corsieri
’arena Tosto un fragor di rumorose rote ; Iva in alto la polve ; l’un con l’altro Misti e confusi alla pungente sferza Niun
di cielo apparentemente percorso dal sole in un anno. Ma, per parlare con le teorie dell’astronomia, se si prendono nove gr
intera dentro la larghezza di esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unico oggetto di circoscriver la zona celeste,
ta Nemea (370) ucciso da Ercole. 682. La Vergine, la qual si dipinge con una spiga in mano, sta collocata framezzo alle ri
(185). Le stagioni. 688, 2°. Anche le stagioni furono onorate con templi, statue ed are dai Greci e dai Romani. La
emblema un fanciullo coronato di fiori ed appoggiato ad un arboscello con le foglie che principiano a verdeggiare. Ha seco
to un paniere di frutta appassite. Cerimonie funebri. 689. Con grande solennità e con molta tenerezza onoravano
appassite. Cerimonie funebri. 689. Con grande solennità e con molta tenerezza onoravano gli antichi i defunti,
l collocarne sotto la terra le spoglie, sia nel celebrarne la memoria con annue feste. Era quest’uso grande argomento a con
ni. Ma vi fu un tempo nel quale la depravazione dei costumi contaminò con vana pompa e con bugiarda ostentazione anche la c
empo nel quale la depravazione dei costumi contaminò con vana pompa e con bugiarda ostentazione anche la cerimonia dei fune
come quella dei bruti, e il compianto dei ricchi estinti fu misurato con l’oro. Divini sono i versi d’ Ugo Foscolo sui sep
sotterra, quando Gli sarà muta l’armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi ? Celeste è quest
’amorosi sensi, Celeste dote è negli umani ; e spesso Per lei si vive con l’amico estinto, E l’estinto con noi, se pia la t
gli umani ; e spesso Per lei si vive con l’amico estinto, E l’estinto con noi, se pia la terra Che lo raccolse infante e lo
o i vivi All’etere maligno ed alle fere I miserandi avanzi che natura Con veci eterne a sensi alti destina. Testimonianza a
lari, e fu temuto Sulla polve degli avi il giuramento : Religion che con diversi riti Le virtù patrie e la pietà congiunta
quella L’invitto spirto struggitor, che il tutto Divorasse, e chiamò con dolorosi Gridi l’amico : Addio, Patroclo, addio N
to Lo si struggano tutto, esso e la pira. ………………… ………. E quei levârsi Con immenso stridor, densate innanzi A sè le nubi. Si
iamma, e tutta notte Il Pelide da vasto aureo cratére Il vino attinse con tritonda coppa, E spargendolo al suol devotamente
Supremo Atride, E voi primati degli Achei, spegnete Voi tutti or meco con purpureo vino Di tutto il rogo in pria le bragie,
ivi Dopo me rimarrete a questa riva. Del Pelide al comando obbedïente Con larghi sprazzi di vermiglio bacco Di tutto il rog
hiere di genti, umile e mesto Al sepolcro d’Anchise appresentossi ; E con rito solenne in terra sparte Due gran coppe di vi
Tebro (Se pur Tebro è per noi) ne si contende. Or, quel ch’io posso, con devoto affetto V’adoro e ’nchino come cosa santa.
alto avello, un gran lubrico serpe Uscío placidamente ; e sette volte Con sette giri al tumulo s’avvolse. Indi strisciando,
iando, in fra gli altari e i vasi Le vivande lambendo, in dolce guisa Con le cerulee sue squamose terga Se’n gío divincolan
o messo ; e com’era uso antico, Cinque pecore elette e cinque porci, Con cinque di morello il tergo aspersi Grassi giovenc
o. (Virgilio, Eneide, lib. V, Traduz. del Caro.) 694. Lo stesso Enea con non minor pompa compie i funerali di Miseno, aral
pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E di cibi e di vasi ancor con essi, Siccome è l’uso antico, entro gittârvi. Poi
a Di dorato metallo urna riposte. Lo stesso Corinéo tre volte intorno Con un rampollo di felice oliva Spruzzando di chiar’o
uoi stati al fratello Egialea, andò a stabilirsi in Egitto, ove regnò con Iside, adoperandosi ambedue a incivilire i loro s
n poco tempo Osiride soggiogò un gran numero di nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la persuasione, di quello che c
de soggiogò un gran numero di nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la persuasione, di quello che con le armi. 698. N
oni, ma piuttosto con la dolcezza e con la persuasione, di quello che con le armi. 698. Nella sua assenza Tifone suo fratel
erano andate ad abitare il Sole e la Luna, e che s’erano immedesimate con quei benefici astri, dimodochè ebbero egual culto
male (Metempsicosi 162 2°), era chiamato Api, e scelto di color nero, con in fronte una macchia bianca di forma quadra, una
nni, dopo i quali i sacerdoti lo conducevano sulle sponde del Nilo, e con solennissima cerimonia e coi segni di profondo ri
cchio alla sua gola, e poi uscivan dal tempio chiudendosi le orecchie con ambe le mani ; quand’erano fuori del santuario le
i cavalli attaccati al suo carro. Talora comparisce in figura d’uomo con la testa di sparviero, perchè quest’uccello, embl
ei principali di quel popolo. Questo Anubi è rappresentato in un uomo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo
ose e di Dea universale, spesso è rappresentata in sembianza di donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi lunari, ed
di torri come quella di Cibele. In alcuni monumenti la si vede ancora con le ali, con la faretra a tergo, un corno dell’abb
e quella di Cibele. In alcuni monumenti la si vede ancora con le ali, con la faretra a tergo, un corno dell’abbondanza nell
corno dell’abbondanza nella sinistra, e nella destra un piccolo trono con sopra il berretto e lo scettro d’ Osiride ; anch’
sti attributi fanno supporte infatti che gli antichi la confondessero con Cerere (51) o con Cibele. In certe medaglie antic
o supporte infatti che gli antichi la confondessero con Cerere (51) o con Cibele. In certe medaglie antichissime ha in mano
il capo, non mangiavano carne di maiale nè carne salata, si coprivano con lunghe vesti di lino, camminavano a piedi nudi o
ta, si coprivano con lunghe vesti di lino, camminavano a piedi nudi o con sandali di scorza d’albero ; recavano una bisacci
gislatore dei Persiani avevano ricavato la dottrina dei due principii con la quale spiegavano l’origine del bene e del male
parti eguali, di cui formò il cielo e la terra. Brama governò l’India con molta sapienza, e vi dettò leggi che sono sempre
ni passavano nei corpi dei bruti. 720. Gl’Indiani rappresentano Brama con quattro braccia e con quattro teste. Ha in una ma
dei bruti. 720. Gl’Indiani rappresentano Brama con quattro braccia e con quattro teste. Ha in una mano un circolo, emblema
o, emblema dell’immortalità, in un’altra il fuoco, segno di forza ; e con le due rimanenti scrive sopra certe olles o libri
enuto per la stessa divinità che distrugge o muta le forme. È dipinto con tre occhi, e perciò talvolta è chiamato Triloco.
to tranquillamente in un mare di latte, e sta sdraiato sopra un serpe con cinque teste. Divinità galliche. 726. Tr
nella loro barbara ferocia credevano rendersi favorevole questo Nume con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più
la querce, ed ogni anno i loro Druidi o sacerdoti andavano a raccorla con gran pompa. Il capo dei Druidi, al cospetto del p
capo dei Druidi, al cospetto del popolo, saliva sull’albero, e segava con una falcetta d’oro quel vischio, il quale pel cap
Odino o la Terra, che la spedisce nei mondi per eseguir commissioni, con un cavallo che corre per l’aria attraverso al fuo
Dio delle ricchezze sotto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei
ella terra, e d’ inventare il modo di fonderli e di lavorarli. Quindi con prestigi e incantesimi aumentarono l’ opioione de
dire per 1200 anui. — In sul finire della vita Eumolpo si riceociliò con Tegirio che, non avendo prole, lo fece crede del
erra, sposata al Tartaro partorì Tifeo o Tifone ultimo dei suoi figli con cento teste e cento bocche dalle quali mandava fu
famiglio selvaggie vennti ad assalire i popoli già rinniti in sociotà con vineoli di religione e di leggi. A questi parve c
loro deputati assisterono, sotto il regno di Tarquinio Il, alla fesla con la quale fu istituita quest’associazione politica
vano tenendo io mano una focaceia di miele, e ai senlivano trascinali con velocilà e con forza. Poi venivan tralli fuori pe
mano una focaceia di miele, e ai senlivano trascinali con velocilà e con forza. Poi venivan tralli fuori pei piedi legali
i con velocilà e con forza. Poi venivan tralli fuori pei piedi legali con funi, ed erau coslrelli a scrivere sopra un quadr
del mondo, e lo credevano eretto da lui atesso quando era fanciullo, con lo corna delle capre uccise de Diana sul monle Ci
ia, riapettaron Delo. 28. « Il Cigno, dice Buffon, regna sulle acque con tutti i titoli che sono base di pacifico impero,
en aacrifizj ed offerte ; credevano di peter sopravvivere alla caduta con l’aiute d’Apollo, e di ricuperare la calma e la f
Si dice che Deucalione ne facesse la prova dopo Venere, ma non si sa con qoale esito. Millo anni più tardi Saffo, abbaudoo
barche crane pronte a raccogliero i folli saltatori ed a soccorrerli. Con l’ander del tempo avani anche la voglia di fare i
o da non perdere una sola moneta, e lacerimonia andava così. a fiuire con sodisfazione di tutti. 36. L’argomento del pœma
Callimaco, famigliare di Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con questo pœmetto, di cui reslando rari vestigj in g
eri attraverso gli scogli di Scilla, indicando la linea da percorrere con sicurezza nel difficile passo. 41. Ludi magni o
che Cleopatra ai facesse recare in un canestro di fiori quell’aspide, con cui ai diè morte per non cader nelle mani d’Augus
e. 76. Perché montando ambedue sul dorso del mostro dovevano esserne con dotti per discendere dal sellimo nell’ottavo cerc
iva. 79. Fino alle ascelle. 80. Per nodi, intendi le fallaci parole con che i frodolenti ingannano altrui ; e per rotelle
navigli. 83. Il Castoro si prepara a dar la caccia ai pesci, stando con la coda nell’acqua e adescandoli con quella. 84.
a dar la caccia ai pesci, stando con la coda nell’acqua e adescandoli con quella. 84. Bieche, inique. 85. Forse questa fa
da leoni in cima, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con paludi piene di serpi alla base, e che Bellerofon
tutti gli altri Dei. Aveva per stemms nello scudo uu uomo senz’armi, con una fiaccola accesa, e con queste parole scritte
per stemms nello scudo uu uomo senz’armi, con una fiaccola accesa, e con queste parole scritte in oro : Io brucerò Tebe.
lendo vendicare la morte dei loro padri, fecero alleanza coi Messenj, con gli Arcadi, coi Megaresi e coi Corintj, e mossero
a, la vendemmia, un armento assalito da due leoni, e un’amena paatura con danze di pastori e greggi e capanne ; e per tulto
o somigliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero pre
ta. 99. Monte dell’isola d’Itaca. 100. Questa statuetta era formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso, ed aveva u
o, di rame o di sasso, e vinceva colui che stando ritto in equilibrio con un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar l
2 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
e, a me stesso quel tempo, che necessario si fosse a compiere, se non con mio onore, almen con compiacenza vostra l’incomin
empo, che necessario si fosse a compiere, se non con mio onore, almen con compiacenza vostra l’incominciato lavoro. Eccolo
pegno, E priachè io compia il vital corso intero Darvi parti maggior con voi m’impegno. Sarà mia gloria il dir, che questa
belle, onde effigiare le più magnifiche opere atte a rapir chi si sia con lusinghevole invaghimento ? Da qual’altra scienza
vansi alla divina foggia espressate ? Come potrà un giovane intendere con frutto le opere de’Greci, e Romani scrittori, ed
a capriccio, ed a rivolgere a questi le loro adorazioni ; onde videsi con orror di natura darsi al Sole, alla Luna, alle St
da Fenicii, nelle stesse miserie cominciò pian piano a languire, anzi con mille piacevoli invenzioni ampliando, e fregiando
dizio ancora, come pur si pretende, superiori alle altre nazioni, pur con bel genio, ed animosa contesa troppo ciechi a fab
quivi graziosamente adunate, Come Campato da Marte, e fatto Re acciò con tal ritrovato âvesse potuto sfuggire il nato infa
a uno degli stessi suoi figli era spogliato temerariamente del Regno, con inudita crudeltà divorava tutti i maschi figli, c
adre, nonche della congiura, che contro di se novellamente machinava, con arte affatto nuova, e con forza del tutto inudita
a, che contro di se novellamente machinava, con arte affatto nuova, e con forza del tutto inudita lo cacciò superbamente da
la, che ei sostenne contro i Titani, i quali in forte lega congiurati con sfrontata ribellione, e licenzioso coraggio si di
ceduto a Saturno à figli di costui trasmetter non si dovea) ma Giove con invitto potere, e col favor di altri Dei combatte
iera, cui dovè far fronte Giove fu contro i Giganti. Questi colligati con Tifeo spaventevole mostro nato dalla terra congio
degli altri giganti, che si affaticavano a soprapporre monti a monti con forza stupenda, vide con suo piacere tra un nembo
si affaticavano a soprapporre monti a monti con forza stupenda, vide con suo piacere tra un nembo di fulmini cadere il’ fo
un nembo di fulmini cadere il’ forte Briareo, il vigoroso Encelado, e con essi tutto il folle stuolo de’ suoi potentinemici
pur essa oscurata venne non poco da quelle infami azioni, alle quali con ardita licenza sfacciatamente si diede. Imperochè
i Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia di Nitteo ec. cereò con diversi mezzi soddisfare le illecite sue brame. Q
o silenzio religioso le passo(1). Suoi nomi. Venne Giove qualificato con diversi nomi a lui dati o da luoghi, ove venne eg
e qualificato con diversi nomi a lui dati o da luoghi, ove venne egli con special culto adorato, o da qualche sua azione, c
ratto. Effigiavasi Giove in aria di terribile Maestà tutt’accigliato, con fronte covert da nubi, co’ fulmini alla mano, col
oeti venne egli riconosciuto pel mare, e non pel Dio di esso ; percio con questi riconosco anch’io Chi fù Nettuno Nettuno f
o intentato ; ma quella per custodir illibato il suo vergineo candore con magnanimo rifiuto constantemente il respinse. Un
urimedonte, ed altre ancora non curandosi di avvilir la sua maestà si con tante indegne azioni, come col trasformarsi in di
ne. Suo ritratto Pingevasi questo Dio coverto da ricco manto azzurro con occhi, e chiome çerulee, con barba folta, col tri
uesto Dio coverto da ricco manto azzurro con occhi, e chiome çerulee, con barba folta, col tridente in mano assiso dentro m
col tridente in mano assiso dentro maestoso cocchio creduto d’avorio con ruote di oro tirato da due, o quattro CavaHi alat
quattro CavaHi alati, nella parte inferiore simili a pesci, scorrendo con tanta velocità, che pareva volare sulla superfici
inità marine, e preceduto da Tritoni,(1) che animavano le loro trombe con eco sonoro delle conche marine, innanzi a’ quali
onde miserabil trastullo. Sue feste. Molti hanno confuso questo Dio con Conso Dio del Consiglio ; ma stimo meglio con alt
anno confuso questo Dio con Conso Dio del Consiglio ; ma stimo meglio con altri distinguerlo, stantecche in Roma altre dice
, come si pretende, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di
deforme, abbietto, e brutto, Ridicolo, bavoso, e sciagurato, Dal Ciel con sdegno spinto appena nato, Fatto per dare all’uom
ei sensi d’umanità, de’ quali spogliato si era il gran padre istesso, con braccia distese in gentil gara concorsero, e s’im
orsero, e s’impegnarono opporsi alle sue imminenti ruine ; ma sebbene con mille usate diligenze valsero a sottrarlo dalla b
uon Nume verso quel padre, che un dì troppo barbaro dimostrato si era con lui ; laonde benchè distratto da mille occupazion
nte rapita di suo marito, non senza suo disonore, e discredito divise con altri i suoi affetti, sebbene poi la sottil rete
sebbene poi la sottil rete distesa dal suo astuto consorte, dove ella con Marte improvisamente fû colta per oscitanza di El
aerem volitat ; vel a vi, ac violentia ignis ; fù ancor contrasegnato con altri molti, e diversi nomi, de’ quali in corti t
o, ed annerito, benchè in alcune medaglie si scorge giovine sbarbato, con testa coverta da piccolo cappello, col martello a
fiaccole, che si portavano da campioni accorsi a celebrar tali feste, con legge, che colui, cui correndo smorzavasi la fiac
e spavento, Che si pasce di sangue, e di querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, Avido sol di risse, e di cimento,
dosi presso la Dea Flora, questa all’udire il disegno del suo cammino con dolce sorriso un fiore additolle, di cui il solo
i il solo tocco, ed odore valevole era all’impresa. Impaziente allora con piè veloce al designato fiore ne corse la Dea, ed
signato fiore ne corse la Dea, ed immantinenti n’ ebbe a sperimentare con sommo suo piacere l’effetto. Diede quindi a suo t
e perciò pel Dio delle guerre venne comunemente tenuto. Sua contesa con Nettuno. Celebre fù la quistione, e la lite, che
avola in lui ancor riconosce le sue, per aver divisi i suoi affetti e con Venere, da cui ebbe Ermione, e con Bistonide, da
, per aver divisi i suoi affetti e con Venere, da cui ebbe Ermione, e con Bistonide, da cui ebbe Tereo, e con Ilia, da cui
on Venere, da cui ebbe Ermione, e con Bistonide, da cui ebbe Tereo, e con Ilia, da cui ebbe i celebri gemelli Romolo, e Rem
, detti il Terrore, e lo Spavento, da più mostri cinto per corteggio, con furie svolazzanti intorno al suo elmo per orrore,
per corteggio, con furie svolazzanti intorno al suo elmo per orrore, con gallo qual simbolo di vigilanza al suo fianco, pr
lo qual simbolo di vigilanza al suo fianco, preceduto dalla fama, che con spaventevole mormorìo ne annnnziava da per tutto
hi fù Mercurio. Nato appena da Maia primogenita di Atlante consociata con Giove, si grazioso comparve nelle sue sembianze,
sinceramente svelogli. Allora riprendendo il Nume l’antico sembiante con virtù a se tutta propria lo trasformò in pietra (
pace amorosamente si strinsero, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbando
dell’uffizio di servire agli Dei vien detto messaggiero degli Dei, e con altro nome Camillo, cioè Servo : perche inventore
o da latini Vialis, e da Greci Cyllenius : il titolo poi di Argicida, con cui sovente vien salutato dagli scrittori delle f
vacca da Giove Suoi figli. Quali siano stati i figli di questo Dio, con parsimonia par che ne scrisse la Mitologica penna
sacrificii. Su suoi altari(1) ove per altro sovente si trovava unito con Minerva, dette perciò le loro statue Hermathenae,
ue Hermathenae, sacrificar si doveva in segno di culto una vitella, e con gran cerimonia ancora bruciar si dovevano le ling
maggio. Cap. VI. Apollo Sonetto C on bionda chioma, e con aurata lira, Con fiamma in petto, e con bel lauro
VI. Apollo Sonetto C on bionda chioma, e con aurata lira, Con fiamma in petto, e con bel lauro al crine, Dovunq
to C on bionda chioma, e con aurata lira, Con fiamma in petto, e con bel lauro al crine, Dovunque il guardo dignitoso
un giorno dal cielo villanamente cacciolla, e la terra dippiù obbligò con solenne giuramento a negarle asilo nel vasto suo
to le mire. Diveuuto arciero contro di quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte gli fè pagare ben presto il fio de
se insieme collo sdegno le armi, e spinto dalla forza del molle amore con strane guise tutto agl’ amoreggiamenti si diede ;
e. Imperocchè alla vista d’Ippolito redivivo sdegnato altamente Giove con fulmine fatale tolse di vita il valente Esculapio
era stato il ministro, ammazzando perciò i Ciclopi fabri de’ fulmini con furioso nembo di frecce ; tale ingiuria però ripu
a delle sue mura ; benchè poi tradito da lui nella convenuta mercede, con pestilenza ne attaccò gli stati, come per la caus
rcede, con pestilenza ne attaccò gli stati, come per la causa istessa con inondazioni fè similmente il gran Dio del mare.
Contro di questo Dio valentissimo nella lira insorse il superbo Pane con imprudente disfida, ma perditor partendo dalla co
umiliazioni il fiò del suo presuntuoso attentato, e Mida suo fautore con due orecchi di asino tirategli dal vincitore Apol
al fasto di orgoglio il famoso satiro Marsia ardì parimente di venire con questo Nume alle pruove ; ma anche esso restandov
rro. Tremò il caro genitore a tal dimanda, ed imprese a distorglierlo con quelle parole, che gli mette in bocca Ovidio Mag
nti atterriti ferì l’orccchio di Giove, e crucciato questi ben presto con fulmine rovesciò nell’ Eridano l’audace Fetonte,
si sù d’ un carro svavillante tratto da quattro velocissimi destrieri con bionda capellatura fluttuante sul capo con attegg
ttro velocissimi destrieri con bionda capellatura fluttuante sul capo con atteggiamento, che annunzia la sua grandezza divi
nte sul capo con atteggiamento, che annunzia la sua grandezza divina, con pace inalterabile spiegata sulla fronte, con occh
la sua grandezza divina, con pace inalterabile spiegata sulla fronte, con occhio ebbro di dolcezza, con eterna primavera si
ace inalterabile spiegata sulla fronte, con occhio ebbro di dolcezza, con eterna primavera simile a quella degli elisii cam
campi sul volto, colla lira in una mano, e col suo arco nell’ altra, con cornacchia svolazzante sulla testa, con un lupo,
, e col suo arco nell’ altra, con cornacchia svolazzante sulla testa, con un lupo, ed un albero d’ alloro al fianco, con ci
olazzante sulla testa, con un lupo, ed un albero d’ alloro al fianco, con cigno, ed un gallo dall’ altro, e finalmente con
d’ alloro al fianco, con cigno, ed un gallo dall’ altro, e finalmente con rampanti grilli a suoi piedi. E come in vero non
questo Dio, non fia maraviglia se molto esteso si legge il suo culto. Con particolar modo però era egli adorato in Delo, Cl
Saturno, e di Opi, e Sorella per conseguenza dello stesso Giove, anzi con esso più avvinta mercè i ligami di nozze, divenut
. Suc azioni Era il fonte delle sue tristezze un vano orgoglio misto con una solta gelosia ; percui a morte perseguitava c
ene, ed altre molte Dee, che ella afflisse non poco, sol perchè amate con tenero affetto da Giove. Nè qualora pensava alle
più bella ; purchè questi mosso a compassione de’ suoi affanni avesse con furia diventi annegata nelle onde la nazione odia
nti annegata nelle onde la nazione odiata, che nell’ Italia portavasi con intenzione di fissar quivi il soggiorno.(1) Non c
el padre, non si curò di stendere le mani contro la stessa sua madre. Con due calamite la sospese in aria, con catene di or
mani contro la stessa sua madre. Con due calamite la sospese in aria, con catene di oro le avvinse dietro le spalle le mani
Venere in isposa. Suo ritratto. Pingevasi ordinariamente questa Dea con aria di maestà assisa sopra d’un carro tirato da
oni, recando nelle mani in segno dell’ alta sua autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto di ricordare le
enerla al fine dopo tante reiterate ripulse in sua sposa. Suoi nomi. Con varii titoli era questa Dea comunemente salutata.
one Pronuba, ossia Natale. Fù detta finalmente Eterea, perche sposata con Giove preso sovente, secondo Macrobio, per l’ etr
no Regna ne campi, e all’ opre sue se credi Non verserai il tuo sudor con scorno. Anima della terra e di mortali, Tutto mos
ministro ben ammaestrati nell’arte della coltura de’ campi, passarono con piacere dal vile pascolo di ghiande, e selvagge r
alle vaghe sue forme, ed obbliando le leggi del sangue cadde in fallo con essa ; pel qual fatto essa madre divenne della fa
zia per la figlia non avesse deciso, che sei mesi passasse Proserpina con Cerere sua madre, ed altri sei col suo marito Plu
mente burlato di essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla sete con avidità tracannava il gran vaso di acqua ad essa
offerto dalla impietosita vecchia Becubo, fù col resto di quell’acqua con sdegno buttatagli in faccia dalla risentita Dea a
a ebbe similmente a provare l’irreligioso Eresittone. Questi per aver con audace ardire recise alcune piante in un bosco a
audace ardire recise alcune piante in un bosco a lei sacro fù punito con fame di sì strana natura, che ad onta di qualunqu
mai saziarsi, e non ostante che Metra sua figlia, divenuta un proteo, con mille trasformazioni ingegnata si fosse a costo d
potendo più tollerar la molestia, divorandosi le sue medesime carni, con quel cibo in bocca ebbe a lasciar miseramente la
che altri la vogliano tirata da due Dragoni) in atteggiamento festoso con aurea capellatura, con biondo serto di spiche, e
irata da due Dragoni) in atteggiamento festoso con aurea capellatura, con biondo serto di spiche, e papaveri sul capo, e co
aurea capellatura, con biondo serto di spiche, e papaveri sul capo, e con altro a piedi, stringendo con una mano piccola fa
serto di spiche, e papaveri sul capo, e con altro a piedi, stringendo con una mano piccola falce, ed un fascetto di recise
iù antica fù. Il suo rito scordarsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii di sua man donò. Questa mo
edere, che tenuta fosse la Dea stessa di quella ? Descrivasene perciò con tutto piacere la vita. Chi fù Vesta, Fù questa De
ndore, che quando Giove rapito indi a poco dal suo grazioso sembiante con tenere espressioni di padre la facoltà le concess
con tenere espressioni di padre la facoltà le concesse di chiedergli con libertà quanto le fosse più in grato, essa la ben
ù in grato, essa la ben nata ogni altro dono fastosamente sprezzando, con tutto calore sol in grazia gli chiese di potersi
presso tutti la principal domestica Divinità, alla cui cura, e tutela con religioso affetto affidavano se stessi non solo,
etto dalle vicinanze dei suoi altari, ben lungi da quei Sacri recinti con immota pupilla pregiavansi di vagheggiar la fiamm
, che bruciava in suo onore ? Qual po rtento in sentirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi di santa, di
onore ? Qual po rtento in sentirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi di santa, di casta, e d’illibata m
trio si formasse da servire di soggiorno a quelle vergini, alle quali con special modo premeva il dovere di onorare questa
ed un vaso stringendo nella sinistra, detto il corno dell’abbondanza, con viva fiamma, che onorava i suoi piedi ; benchè in
edi ; benchè in alcuni suoi ritratti veggasi ancora tenere nelle mani con gentil aspetto un palladio(1). Modo di eleggersi
dovea occupare nell’esercizio delle stesse, soggetta ad esser punita con verga dal gran Sacerdote, se per sua negligenza e
negligenza estinto si fosse il Sacro fuoco, da riaccendersi quindi o con raggi solari, o coll’attrito di due legni ben sec
ntiche famiglie, ed anche maritarsi ; sebbene da poche ciò si fece, e con esito assai infelice. Durante però il tempo di tr
ente ai vaticinii d’Urano, che Meti sua moglie data avrebbe alla luce con un fanciullo, cui dal fato si riserbava l’impero
vide altro mezzo più espediente per ovviare il futuro suo scorno, che con incredibile voracità dibranare la stessa sua mogl
credibile voracità dibranare la stessa sua moglie ; onde così insieme con la madre distruggere quanto di prodigioso portava
ne’ suoi sciocchi consigli il crudele. Imperocchè la graziosa bambinà con prodigio inudito saltando dal seno della madre ne
seno della madre nella testa del padre, quivi fissò per ben tre mesi con modo più nobile la sua dimora. Annoiato impertant
l’insueto gravame l’ignorante Giove, e ravvisando crescere sempre più con suo maggior dolore il gran peso, per man di Vulca
capo, per osservar cosa fosse del suo tormento il motivo. Vide allora con suo stupore uscire una bambina ben grande, e tutt
e tutt’armata, che intorno a se addolorato per la terribile percossa con bella garbatezza saltando, die chiaro a conoscere
i sta scritto, fù del suo onore si fortemente gelosa, che senza pietà con castighi sopraffece chiunqne non la rispettava a
role contumeliose, e degradanti l’onor di questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno privata dell’antico suo essere,
rapita venisse dalla amata sue castità. Suoi nomi. Fra gl’altri nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello di Pallad
contegno, di fisonomia molto bella, ma nel tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lanc
el tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno scudo sull’altro
con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno scudo sull’altro braccio, e coll’Egida, che c
acciò i giovani studenti liberi dalle consuete applicazioni potessero con special modo assistere a tali sollennità, ed insi
no o col velo della modestia nascondere alcuni fatti più seducenti, o con castigate parole esporre il più essenziale. Dappo
perla in guscio rinchiusa fù da Zefiri spinta sul Cipro, dove le Ore con sviscerato affetto la educarono, e grandetta dive
venne tal Dea. Questo però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora di diamanti trapunto, ed affibia
da cigni, o da colombe, mostrando un volto da piacevolezza infiorato, con mille bellezze, che le scherzano sul petto, col p
re grazie, e finalmente seguita dal suo bellissimo Adone. Suoi nomi. Con varii nomi fù contradistinta tal Dea ; eccone per
popoli di Cipro, che ardirono sacrificare umane vittime in suo onore. Con maniere inoltre le più strane credevano le donzel
Essa nel seno della perseguitata Latona sua madre rinchiusa dopo aver con essa divorati gl’affanni de’lunghi travagliosi vi
questa Dea, che insieme colle sue Ninfe si tuffava nelle acque, venne con un pugno delle acque istesse buttategli sul viso
venne con un pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno di sua natura cangiato in cervo, e quindi
Bacco, e Minerva, ne fù l’infausto motivo ; E perchè inoltre traforò con un suo dardo la lingua della infelice figlia di D
e senza farle più articolar parola ? La temerità che ebbe di attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione di tanta sve
n disprezzo la sua beltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostra con chiarezza nelle sue Metamorfisi Ovidio … Se prae
sti, ed altri innumerabili suoi effetti essa fù confusa colla luna, e con questo nome similmente chiamata, benchè gl’antich
irato da Cervi in abito sciolto, si ma decente affibiato al suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con turcasso
bito sciolto, si ma decente affibiato al suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con turcasso armato di frecce so
ecente affibiato al suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con turcasso armato di frecce sospeso alle spalle, ci
i pendono ognor mille catene, In cui stretto dell’uom gl’eventi tiene Con atto grave, e in furibondo viso. Ogni avvenir dal
e pene, E tutto, che egli vuol tutto, è preciso. Libro eterno sostien con mano ardita, In cui scritto a carattere Divino St
idenza, la giustizia, e la esistenza stessa del vero Dio conchiudendo con Lucano .… Sunt nobis nulla profecto Numina cum c
usurpatore del Regno dovuto a Titano per dritto di primogenitura ; ma con mano audace ancora di uncinato ferro armata sorpr
Giove, fù la cagione, per cui obliando questi tutti i dritti paterni con mano ardita lo rovesciò dal Trono, e lo cacciò vi
a mostrare al suo benefattore i più vivi segni della sua gratitudine. Con arte affatto nuova, gli incivilizzò in modo i sud
di lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio curvo di spalle con lunga barba, e con calva testa, mostrando nella f
resentasi egli qual grinzo vecchio curvo di spalle con lunga barba, e con calva testa, mostrando nella fronte due occhi lip
dalle tenebre della ignoranza alla luce della verità erano candelieri con fiammeggianti lumi. Il modo poi da sagrificarsi l
lieto all’albo degli Dei ascritto il suo Nome. Le avvenenti maniere, con cui accolse l’esule Dio Saturno, il liberal genio
r dei suoi Dri, e soprattutto di Giove Re, e Padre degl’altri, di evi con special impegno ne propagò il culto, e ne magnifi
altri, di evi con special impegno ne propagò il culto, e ne magnificò con luminose cerimonie la gloria ; quali ottime quali
i cui in grazia del detto Nume andava egli fregiato ; che se talvolta con quattro facce raffigurato si mira, presa è l’alle
porte dette per questo Ianua dal proprio suo nome, se pur non dinoti con quella esser egli la porta, per cui sol le umane
tempio a due porte inalzato a questo Dio da Romolo di comun consenso con Tazio, quale per prescritto del successore Numa s
non fosse stato corrotto. Col tenero suo piede conculcò ogni altero ; con pargoletta mano tolse a Regi istessi la porpora ;
sti effetti di questo Dio Genio può oguuno legittimamente conchiudere con quanta sodezza, e maturo consiglio un dì parlava
ottrarre al giusto sdegno del regnator dell’Olimpo l’amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove col latte
ipo di questo tirannico Nume. È egli figurato qual tenero fanciullino con cascante benda sugl’occhi, lutto infiorato di gra
e benda sugl’occhi, lutto infiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle sue frecce alla mano, con
avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle sue frecce alla mano, con turcasso sugl’omeri, cou porporine, e dorate ali
gli daranno la morte, e tutto odio alfin trovera quel Dio, che amore con delce voce egli appella. Cap. XVII. Plutone
Plutone Sonetto C on sette corna attorcigliate in fronte Con scettro rüidissimo, e pesantc, Con altissimo capo
ette corna attorcigliate in fronte Con scettro rüidissimo, e pesantc, Con altissimo capo al par d’un monte, Che minaccia i
nte, Che minaccia i mortali in ogni istante. Che cerca i danni altrui con voglie prontc, Che scnote il mondo al muover dell
e sviluppo Mio pensier non è nel favellar di questo infernale Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce di
n profusa penna esporre quanto dietro le tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono di tratto in t
d altri fonti i curiosi lettori. La sola esposizione del Nume Monarca con poche circostanze a lui più da presso appartenent
tto in tratto dalle pretese Dee riceveva, e se la infelice Proserpina con infame ratto attirata non avesse al suo seno, io
E chi in vero per soddisfar le sue brame avrebbe voluto infelicitarsi con lui in quel regno, ove in triste vedute sempre er
ndosi intorno al trono del lor Sovrano scarme, ma foribonde nel viso, con impazienza attendevano il cenno, onde sfogar cont
, irrequietamonte il fio pagavano delle loro antiche reità, ripetendo con singhiozzi ne’ loro tormenti le parole che li met
do le tre terribili sue teste armate di acri, e penetrantissimi denti con furor divorava chiunque osato avesse sloggiar via
rro di ferro non senza gran forza tirato da neri, e smagriti Cavalli, con chioma irsuta intorcigliata da lunghe corna spunt
orna spuntale dalla abbronzita sua fronte, fuliginoso tutto nel viso, con folta, e nera barba fino al suo petto, mostrando
ol tirso in man di foglie coronato Senza provar dolor scherza sovente Con due gran tigri, che gli sono allato. Conforto del
ince per tutto, e pur non pugna armato, Ristoro della vita è nominato Con mille varii altari in orïente. Amico di piaceri,
soffrendo l’iraconda Giunone, che Giove suo fratello, e marito spesso con questa divideva i suoi affetti, con soprafina inv
ove suo fratello, e marito spesso con questa divideva i suoi affetti, con soprafina invenzione pensò disbrigarsi della sua
donna il suo concepito desìo, e Giove prevedendone le sventure cercò con belli modi frastornarla, ma vincer non potendo la
arsi più d’appresso ingeneri la incinta Semele, e se Mercurio insieme con Giove disceso sollecito sottratto non avesse il f
Ninfe figlie forse di Atlante presso la Città di Nisa lo fè da quelle con sollecito impogno allevare.(1) Sue prodezze. Fa
padre Giove, e qui nel rendersi padrone dell’ Arcadia, e della Siria con poche forze di uomini, e donne radunate da lui st
er altro si generoso portossi co’vinti, che sembrò averli conquistati con animo più tosto di giovarli, che di recarli alcun
l fresco, e rubicondo giovane chiamato perciò da Ovidio puer aeternus con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chi
ovane chiamato perciò da Ovidio puer aeternus con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chiome(1) con pelle di Pant
aeternus con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chiome(1) con pelle di Pantera cascante dagl’omeri, assiso sopr
hà cura ; Se manca il suo favor tutto è sventura, Chè il mondo regge con maniere accorte. Colla materna man sparge ogni be
n figlia di Urano, e di Gea, detta comunemente Magna Dea, per esporre con ben purgata penna quanto di più magnifico, e sing
atrona seduta su d’un carro tirato da leoni, tutta coronata di torri, con una chiave alla mano, ammantata d’una veste vagam
chiave alla mano, ammantata d’una veste vagamente adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simboli delle sue
etici per le strade fra il trambusto di più suoni, altri quai buffoni con salti, e strani contorcimenti danzando innanzi ad
ai buffoni con salti, e strani contorcimenti danzando innanzi ad essa con date cadenze, e variamente percuotendosi alzavano
del fianco di sua madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere gli ama
ilia, onde godersi dell’aria di quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo piacere un drappello di vaghe donzelle, che d
ni. Affollaronsi quinci, e quindi a tal veduta le stupite compagne, e con alti gridi, ed amare querele cercarono confondere
si alle doglianze barbaramente rovesciò sul carro la preda bramata, e con rapida velocità seco la menò nel tartareo suo reg
n tratto l’a more divenne al fine di esso sì gelosa, che ravvisandolo con soverchia parzialità trattar colla figlia di Coci
questa in erba dello stesso suo nome : onde così non avendo il marito con chi dividere gli affetti fosse ella sola del cuor
ste atteggiamento di far resistenza alle furie del rattore Plutone, e con alzate mani raccomandarsi alla pietà delle accomp
Nume addivenne. Per quest’ultimo segnale de’ fiori, ch’ella presenta con accigliata pupilla presero occasione i Mitologi d
lori : Dà il pan, che mangia in bocca al rio serpente, Quindi scherza con lui scevro da orrori, Ride all’altrui spavento, e
anze di un tenero fanciullo. E da chi altro mai, eceettuati i bambini con poche anime avventurate per la divina grazia, che
serba ? Che poi il detto fanciullo si pinge presso orrido Drago, che con mano di amore del proprio pane alimenta, questo t
II. Giustizia Sonetto V ergine altera, taciturna, e cheta Con grave sguardo, e con sereno aspetto Senza sentir
Sonetto V ergine altera, taciturna, e cheta Con grave sguardo, e con sereno aspetto Senza sentir di tema il vil difett
ti proibisce, e vieta Nemica di tesori, e di ricchezza Solo il giusto con essa al mondo giova ; Dà la mano agli oppressi, i
la mano agli oppressi, i forti sprezza. Spada, e bilancia ha in man, con questa prova Scandagliare, e punir dritti sol pre
mpio ristoro. Nell’altra man, che spinge all’uom sicura Porta l’olivo con gentil lavoro, Ilare, grata, generosa, e pura Pin
rbo a quel cuore che caramente l’alberga. Le ricchezze poi, che versa con una mano, e l’olivo, che porge graziosa coll’altr
età Sonetto L eggiadra donna d’un gran monte in vetta Siede con dolci sguardi, e dolci modi, Gl’infelici tuttor c
VI. Fedeltà Sonetto Con biondo crin cinto di verde ulivo, Con bianco ammanto una gentil donzella, Porta a una m
ben d’ognun si mostri accinta ; Ma non ascolta mai querele, e lutto. Con una mano a ognun dona la spinta, Tien l’altra un
, primo, ed ultimo conforto degli uomini pingesi qual vaga donna, che con una mano spinge ognuno ad ogni benchè ardua impre
ma sol confidare in quel Dio verace e che à suoi confidenti promette con infallibil parola il vero bene, e la gloria. Qui
um Is. 57. Capitolo VIII. Carità Sonetto F emina vaga con piangenti lumi Vittima geme di fatal dolore Press
aldi fiumi Mentre geme tra ferri il Genitore, Stende le braccia a lui con dolce amore Condannando del mondo i rei costumi.
ame è fatto un gelo In bocca dà la filïal mammella. Lo toglie a morte con sì nobil zelo, Mortal la mira, e dì a ciascuno è
sseta e questo e quello, E l’onda sempre nel suo corso avvanza. Segna con verga il globo, e la possanza Palesa dalla reggia
’alcun mai la speranza. Providenza è costei, che fa sereno L’uom, che con essa ogni travaglio sfida, Chè il materno suo amo
otazioni. La providenza ristoratrice delle pene de’mortali pingesi con urna, ed una verga, onde ombreggiare i suoi benef
vo, e sublime tipo di sua beneficenza, e liberalità ? E quella verga, con cui segna il globo non mostra evidentemente il va
uel Dio, nel quale vivimus, movemur et sumus. Aet. 17. Buttiam dunque con cuor docile nelle sue mani le nostre sorti giusta
elem quis inveniet ? Se è vero però, che Dio non teme chi il prossimo con sincerità non ama al dir di Giobbe al 6. Qui toll
bis. Capitolo XI. Misericordia Sonetto D onna sublime con pietoso aspetto Apre le braccia, e tutti al seno
al proprio petto, E la destra mammella indi l’addita. Quindi la preme con materno affetto, Con quel latte li dà novella vit
a destra mammella indi l’addita. Quindi la preme con materno affetto, Con quel latte li dà novella vita, Al misero, all’opp
i donna, che preme la destra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa più abbondante di latte sogliono le madri
figliuoli. Lacnde qual sostegno de’miseri in Atene, ed in Roma venne con singular onore riguardata, e più tempii s’innalza
iè, Serto rëal colla sinistra dà, E talor d’un pastor ne forma un Rè. Con la man destra un’ ancora poi fà Fissare al suol,
anciulli in ogni dì Essa a se chiama quanti averne può, Ognùn ride, e con lei pronunzia il sì Tal’emblema palese or io vi f
La felicità mostra per sua insegna il caducco, onde designare, che con quello essa raddolcisce, e quasi addormenta ogni
di Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occasione è dipinta con una crinita fronte, e tutta calva da dietro, onde
he se ella fugge vano è tentar di afferrarla. Porta il rasoio, perchè con quello recide ella la speranza di colui, che inca
a lasciò scappare. Assai dì più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso velando gli occhi fa sì, che l’uomo non ri a
est. Capitolo XVI. Travaglio Sonetto R obusto atleta con sudori, e stenti Nel foco, in terra, e in mar fis
o a tanti laboriosi, e diversi esercizii incessantemente si aggira, e con dolore sempre si versa dà con tali attribuzioni l
esercizii incessantemente si aggira, e con dolore sempre si versa dà con tali attribuzioni la vera idea del travaglio eter
da mille premii, ed onori, invece di fuggirlo atterrito, intrepido, e con piacere ne sosterebbe l’amarezza per gustarne un
Rimorso Sonetto U om scarmigliato, umil, tremante, oppresso Con una man si stringe un serpe in seno, Tien l’altra
ngustiati suoi giorni troppo chiaro ci dimostra il rimorso chi sia, e con quanta ragione verace inferno si appella. Se è ve
tenerci spediti da tormentatore si fiero, e proveremo coll’esperienza con quanta ragione scrisse Davidde : Fuerunt mihi la
C on mezza veste orribile, e feroce Alata donna di colore ardente, Con sguardo acceso, e suffocata voce Cinta nel seno d
rpente. Il crin si strappa, e muove il piè veloce, Vibra crudo pugual con man possente ; La precede un lïon tremendo, e atr
eccesso è capace questa belva quando è stizzita, e quel pugnale, che con forte braccio crudelmente ella vibra non indica f
penes illam, cosi Val. max. lib. 9. sit. timeri penes nos sit odiss. Con maggior ragione noi dunque ne dobbiamo essere lon
erata, perchè nascosta sotto le divise della verità : e quella benda, con cui covre gli occhi de’creduli è il primo, e vero
questa più espressiva per indicar la rea qualità de’ fraudolenti, che con bel garbo, e dolci lusinghe eseguono i loro infer
o XXIV. Discordia. Sonetto Tremenda donna di fatal colore Con chioma agguernita di più serpenti, Colla bocca sp
rte d’ognuno or parte, or riede, Stender la scarna mano ognor si vede Con labbra inaridite, e viso smorto. Dell’altrui ben
t factores eius. Capitolo XXVI. Morte. Sonetto B atte con passo egual qualunque porta, Corre velocemente, e
non avere per non ravvisarne i sfavillanti colori. Li riffetta ognuno con avvedutezza, e poi son sicuro, che qualora voglia
. Inverno. Sonetto T remante vecchio colla neve al crine, Con l’ammanto nevoso, e’l bianco mento Spira da labri
i Troncando del delitto i crudi artigli. Coll’ opre, cogli affetti, e con favella, Col voler, col saper, co’ suoi costumi T
tto nel cuore del gran Dio d’Israello se non diversi cantici comporre con divoti affetti in suo onore. Qual meraviglia fia
sse deità infernali ? Svolgansi pure le istoriche tradizioni, e quivi con occhio di stupore si ammireranno le bravure dell’
Laonde fuori ragione certamente non è l’encomio, che le nazioni tutte con unanime consenso danno alla poesia chiamandola il
quest’arte si è fatto) ma sforzandomi di ridurre quelli alla pratica con molti diversi, ma adattatissimi componimenti in e
viaggio, potessero un dì quivi finalmente arrivati essi congratularsi con la guida, e la guida del pari con essi a comune e
almente arrivati essi congratularsi con la guida, e la guida del pari con essi a comune esultanza. Pria però di venire all’
corso unquemai non si efforma. Ed ecco perciò il bisogno di conoscere con distinzione queste tre parti, per poterle quindi
gno di conoscere con distinzione queste tre parti, per poterle quindi con felicità maneggiare. 1. L’Esordio poetico però no
nto del poema ; onde è che da più scrittori il proemio poetico dicesi con stretto linguaggio Proposizione. E qual altro eso
emora. Badi ognuno però, che se il canto è sagro lungi dal profanarlo con siffatte invocazioni lo decori con invocare Dio,
canto è sagro lungi dal profanarlo con siffatte invocazioni lo decori con invocare Dio, Maria, i Ss. o quel S. in particola
nissimo per altro Iacopo Sannazzaro, che nel poema de partu Virginis, con poca avvedutezza, si rivolse ad Apollo, ed alle M
e commuovono mirabilmente lo spirito. Tali fregi però non debbono nè con modi troppo lussureggianti, nè con relazioni poco
to. Tali fregi però non debbono nè con modi troppo lussureggianti, nè con relazioni poco coerenti comparir nel corpo della
Sed nunc non erat his locus. Detti episodii debbono però maneggiarsi con arte assai fina, acciò mentre dilettano colla lor
in sua sostanza può abbellire i suoi poemi in guisa, che valgono poi con gloria dell’ autore a riscuotere dignitomente i c
vocali, che s’incontrano nella fine delle parole antecedenti qualora con altra vocale incominciano le susseguenti. A quest
pegno deve raggirarsi nel saper restringere in poche parole più sensi con chiarezza, ed armonia. Un tal parlare perchè spir
odiarono il lungo, ed esoso ragionare degli Asiatici, che uno di essi con prontezza preferir volle la morte alla lettnra di
ifica pomba ne fa il Sol del melico emisfero Pietro Metastasio ? Egli con copia non più di seimila voci ha espresso tanto,
. E la colpa, e non la pena Che può farmi impallidir Può esprimersi con maggior vivacità, ed energia, che l’uomo dabbene
mente nell’ epilogar la vita dell’uomo nel Demofoonte. Att. 3. Sc. 2. con quel passo che incomincia ; Perchè bramar la vita
sotto leggi sicure, e videsi ognuno obbligato a spiegare i sentimenti con versi misurati. Questi dal rispettivo numero dell
ditirambo suole aver luogo, mentre la sua ristrettezza rare volte, e con difficoltà può abbracciare un periodo, che perciò
rso quinario la inflessione della voce cade sulla quarta sua sillaba. Con esso perchè più esteso può facilmente formarsi qu
a non v’è. Gettando vi va. Al ciel si ricorre Ma cresce la fiamma Con alma disposta ; Più avvampa, e divora Ma oscura
ivora Ma oscura risposta Ciascun resta allora Più affanno le diè. Con misero cor. L’oracolo disse Sol Curzio più sagg
nno le diè. Con misero cor. L’oracolo disse Sol Curzio più saggio Con voce ben chiara L’oracolo intende La cosa più c
gettar. Da prode pensier. Or questo intendete Invitto si slancia Con anima ardita Nel foco sotterra Più cara è la vi
d’ardir. Così scese allor. Abbatte, debella Trionfa il suo campo Con destra feroce, È sparta già vinta Or vince col
Dall’armi si scosta, Da un arco si scioglie E in terra sen giace Con fischio mortale La man tiene al fianco, Al fian
so tremolo Presso di quella assidesi, Fra stipe secche, ed aride, E con lamento querulo E giunto presso un’edera L’amic
nto querulo E giunto presso un’edera L’amico evoca, e smania, Che con suoi giri intrecciasi E il susurrar degli alberi
erma alle termopile Volea la Grecia oppressa Ricolmo d’ardimento, Con numeroso esercito E i suoi compagni providi Ver
to estremo, L’invitto gran Leonida E questa sera io giurovi Corre con pochi all’armi. Con Pluto ceneremo. La chioma
tto gran Leonida E questa sera io giurovi Corre con pochi all’armi. Con Pluto ceneremo. La chioma ognun si pettina Ent
rte s’apparecchiano Così il fatal Leonida Forti, possenti, e fieri. Con braccio alto, e possente Tosto che l’ombre scen
stan fugate, e rotte ; Il Sol ritorna in sorte O qual lëon numidico Con tutt’i suoi Leonida In greggia di vitelli Cadde
stanza seguente. Eccone l’esempio. Telesilla disposta a combattere con altre donne contro gli assediatori Spartani. M
mea In squadre appien distende ; Non sanno a chi rivolgersi, Quindi con voce stridola, E a chi cercar pietà. Parla a’ S
enite a queste mura Argo volea deprimere, Difese dalle femmine, E con tremendo impero Che in lor non han paura, Vuol
rchè un gallo il provocava Lo condanna a fiera morte, Corse altier, con lui pugnò, E l’esempio altrui donò, E l’uccise,
eo, che condanna Ippolito a morte. La vecchia età fu sempre. Veste con mille modi Ligia di gelosia, La troppo infame a
è anche settenario, che rima al primo, il quarto è simile al secondo con cui rima, il quinto, ed il sesto sono tronchi, ch
e più non son. Le toglie Ulisse il figlio, Parte della mia vita E con fatal consiglio Perchè ti generai ? Dall’alta t
nar si dovrà, Che tra mille altre Vergini, e mille Quegli ha amata, e con esso cadrà. Se non cade la regia donzella Da qui
tesso la deve svenar. Cosi esposto ; per forza il guerriero A ubbidir con minacce s’induce, Già si porta alla tomba ogni du
condo col quarto. La legge poi, cui soggiace un tal metro di chiudere con sentenzioso quinario il pensiere sviluppato ne’ t
spietato Uso soltanto a inganno vile abbietto Poichè il mio bene hai con orror svenato Squarciami il petto. Non regge il g
manifesta a quelli Il di già conosciuto empio attentato Tremon color con animo confuso, Nè ponno a tanto error trovar la s
i due ultimi reciprocamente obbligati la occasione più bella di poter con forte sentenza, quasi con colpo impreveduto, conc
e obbligati la occasione più bella di poter con forte sentenza, quasi con colpo impreveduto, conchiudere i suoi detti. Il f
tal metro privo allora delle robuste espressioni, che ricerca, decade con lagrimevol veduta dal suo natio decoro. Badino du
ettura de’classici, e nell’esercizio di altri più facili metri, e poi con avvedutezza a discendere a questa ardua impresa.
edi il sangue mio Per voi morrò, ma qui si piange Addio. Cosi parlato con sereno ciglio Lascia la patria, e va costante a m
chevuole, e se per accidente s’incoutra a terminare il sccondo verso con una rima, che non abbia le altre due compagne, tr
do bacchere, E i cespi apria col corno suo fortissimo Vien Melibeo, e con moïne, e zacchere Tanto gli fece, che sel seppe t
credibile. Venne a cercare il foco al mio ricovero, E innanzi a tutti con prestezza estranea Tolse una secchia, e un banghe
vita campestre, ed i vantaggi della vita pastorale nel metro suddetto con sommo piacere degli spettatori ; lo che poi fù la
tta la raddrizzò tra scoglio, e scoglio, Ed or dov’è il nocchiero Che con tanto sudore, e tanta cura L’umil nave guidò nel
cere la difficoltà di un tal componimento, confermano del pari, e non con minor lume l’azidetta mia verità. Quindi non senz
l’azidetta mia verità. Quindi non senza ragione molte, e molte regole con maestrevole industria prescrivansi da primi conos
maggior copia di acque, nell’ avvicinarsi al suo termine deve finire con una sentenza, che ferisce il cuore, e cagiona una
no del mio lungo errore Scenderà meco nell’ orrendo inferno Dividendo con me l’aspro dolore Sempre compagno del mio lungo e
zio efformato sù tal proposito, non sarà a chi siasi di maraviglia se con affrettato passo percorrer mi vede il presente se
efforma, esempliflcando la speculativa conoscenza di ciascuna di esse con una strofa pratica da me stesso bassamente lavora
o il latino ; e come per la disposta unione di quelle camina il primo con allettante armonia, così per l’ordinato misto di
tire, che una sillaba benchè sia breve per sua natura, pur se finisce con consonante, e con altra consonante incomincia la
aba benchè sia breve per sua natura, pur se finisce con consonante, e con altra consonante incomincia la voce seguente, ess
d il terzo in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, mai però col mon
attili, o Spondei come siansi ed una cesura, due altri dattili quindi con altra cesura, come : Hei mihi quo Domi-no non li
lib, 4. Pd. 5. III. Il Ferecrazio dall’ Ateniese Ferecrate così detto con siste in uno Spondeo, un Dattilo, ed un’altro Spo
. L’ Innominato secondo costa de’ primi quattro piedi dell’ Esametro, con legge però d’avere il quarto sempre dattilo, come
verso, in cui domina il piede Giambo, e sebbene un tempo vi dominava con dominio esclusivo ; pur oggi può dirsi, che sia i
rvata per metà l’antichià di lor composizione, mentre il solo Spondee con ben innesto si frappone ; ne’ Trimetri però, e mo
nel valor della quantità, e perciò abbraccia uno Spondeo, un dattilo con cesnra, un altro dattilo, ed un’altro Spondeo, co
quattro piedi, cioè un Giambo, o uno Spondeo in suo luogo, un giambo con cesura, ed in fin due dattili, come : Donec viren
eria, nè brigandomi delle composizioni lavorate ad un sol torno, cioé con una sola specie di versi dette Carmen Monocolon,
settimana accoppia un Dimetro manchevole di una sillaba in principio con un Trimetro manchevole anch’esso di una, ma nella
Potest procaces continere mores VIII. L’ottava accoppia un Gliconio con un Asclepiadeo, come Luctus vertitur in bonum Qu
re in Orazio, perche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e di un Alcaico minor
to omai il vostro comune desio. Eccovi già nelle mani quel libro, che con iterate istanze da voi si pretese. Se nel percorr
fals. Rel. (3). Sebbene più ragionevole sembrato mi sia in tal guisa con altri opinare circa l’antichità della idolatria,
ri opinare circa l’antichità della idolatria, non è però mio pensiere con ciò rigettare la opinione di molti orientali Scri
ritto : Omnis quippe caro corruperat viam suam  : Non altrimenti che con quel, che accennai, sulla origine della idolatria
ò ben per altro non esservi documento istorico, che valga a sostenere con certezza qualunque parere. Luc. dial. de Deor. co
e a Dio l’ Eucaristico Canto per l’ ottenuta vittoria contro Oloferne con singolare maniera celebra la divina fortezza, che
tori della falsa loro religione, benchè privi della luce del Vangelo, con molta prudenza, e cautela però si condottareno ne
te divorarli. Quale cosa ben sapendo Ulisse nel passar per quel luogo con tutti i suoi, a questi turò con cera gl’orecchi,
endo Ulisse nel passar per quel luogo con tutti i suoi, a questi turò con cera gl’orecchi, e se stesso fece ligare ad un al
e donne di depravati costumi, che dimorando nelle vicinanze siciliane con mille lusinghe, ed attrattive, quasi con altretta
do nelle vicinanze siciliane con mille lusinghe, ed attrattive, quasi con altrettanti lacci attiravano al lor seno gl’ inca
onto. Sue feste. Chi fù Vulcano. Suo impiego. (1). I Ciclopi furono con tal nome chiamati perchè presentavano un sol occh
i nomi. Suo ritratto. Suoi tempii, e feste. Chi fù Marte. Sua contesa con Nettuno. (1). Saggia pur troppo, e prudente si e
use de’ loro clienti. Essi sotto pena di non essere ascoltati doveano con nuda schiettezza, e semplicità esporre i loro arg
i essere allettati dalla vaga pompa di artificiosi ornamenti potevano con giudizio non prevenuto rettamente pronunziare sul
tardò Giove a farlo pago de’suoi voti. Imperochè vide egli un giorno con suo piacere scender dal cielo uno scintillante sc
legio de’ detti sacerdoti, alla cura de’ quali affidò questo scudo, e con esso altri ben molti del tutto, simili al primo c
pale fra essi portavano per tutta la Città detti scudi, detti Ancili, con festoso apparato, e quindi con cantici di lode, e
ta la Città detti scudi, detti Ancili, con festoso apparato, e quindi con cantici di lode, e con salti d’allegrezza, detti
, detti Ancili, con festoso apparato, e quindi con cantici di lode, e con salti d’allegrezza, detti perciò Salii, celebrava
Trojan dell’ opra atroce Di Paride fatal Giuno adirata, Ad Eolo parla con terribil voce Fiera, torva, funesta, ed accigliat
e’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gran tempio di Numa con tanta gelosia, che solamente la Sacerdotessa magg
e privilegii delle Vestali. (1). Il privilegio poi, che fa ravvisar con maggior chiarezza il gran pregio delle Vestali er
a Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in più Scrittori, e soprattutto in Virgil
enere, come piace a molti Commentatori, a fin di contrarre matrimonio con essa, e riceversi a’ titolo di dote gran denaro,
unias multas dotis uomine. Che se qvesto fù il suo depravato disegno, con ragione pagò il fio del suo attentato per mano de
to per mano degl’ingannatori Sacerdoti di quel tempio, che percossolo con pietre lo fecero in pezzi : Cum intrasset Antioc
nte diffusi, e gelosamente custoditi ci fa ben intendere perchè Iddio con chiare formole proibi a Giudei di imitare le cost
nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo imperatore l’infamia, e perciò con note leggi proibi rinserrarsi nel suo erario i tr
ciò con note leggi proibi rinserrarsi nel suo erario i tributi pagati con tal sozzo danaro. Chi fù Diana. Sue vendette. Suo
vanni Crisostomo stima essere state esse alcune piccole cassette, che con proprio vocabolo le chiama Ciborii. Il Lirano pen
ogo semplice farmi gran Teologo tacendo ogn’altro argomento conchiudo con questo adattatissimo apologo. Un uomo una volta c
gomento conchiudo con questo adattatissimo apologo. Un uomo una volta con un’uccello vivo chiuso in mano portossi da un ora
gli stringendolo facevalo morire ; ma l’oracolo per eludere l’inganno con invenzione più fina disse : l’uccello è come ti p
ttime però, che a lui si offrivano mel farebbero piuttosto confondere con Moloch Idolo degli Ammoniti, che secondo la tradi
e rampognate si barbare usanze quasi generalmente praticate conchiude con questa Epifonema l’istoria : Tantum religio potu
ivisa chiaro non scorgendosi, come passato poi fosse al Regio soglio, con qual fondamento dimostrar si potrebbe quanto con
sse al Regio soglio, con qual fondamento dimostrar si potrebbe quanto con Saturno gli avvenne ? Sue imprese. Suo ritratto.
cquistare vero odie all’Amore ; e così lungi dal onorarlo cogl’Egizii con fiaccole accese con occhio chiuso fuggiremmo anch
all’Amore ; e così lungi dal onorarlo cogl’Egizii con fiaccole accese con occhio chiuso fuggiremmo anche l’ombra de’ suoi r
ei Mosè ci sia stato dai Gentili rappresentato nella persona di Bacco con troppo plausibili argomenti tratti dalle reciproc
fù presevato, e sottratto, e per questo appunto chiamato Mosè ? Bacco con grande armata di uomini, e donne varcò l’Eritreo
quista delle Indie, e chi ignora aver Mosè tragettato il mare istesso con nnmeroso stuolo di uomini, e donne per andar nell
trattandosi ciò non estante però de’delirii de’gentili mi è convenuto con essi, come in altri punti, così in questo similme
1). Da qual fatto preso avesse allegoria un tal celebre ratto non può con certezza definirsi. Molti antichi Storici per alt
Ectlissi, cioè, e la Sinalefo. La Ectlissi è lo struggimento della M con tutta la sua vocale in fine delle parole semprech
h’essi forzosi. Il Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
3 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
arne poscia una Teogonia, che commisero alla casta ieratica, la quale con le astuzie e con il terrore inspirava il sentimen
eogonia, che commisero alla casta ieratica, la quale con le astuzie e con il terrore inspirava il sentimento religioso negl
i dalle annotazioni, dagli antichi classici greci e latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere di l
on poco giovamento. Taluni, forse comparando questa ultima produzione con le altre nostre opere finora pubblicate, la trove
a tali censure : che le umane, virtù di rado sorgono senza innestarsi con qualche vizio. Capitolo I. della origine d
l’ esistente, in numeri Dii si ebbero tempii ed altari, si placarono con vittime e sacrificti, i voti del cuore umano furo
iedestallo a questa larva di religione, onde non cadere essi medesimi con il crollo di quella, ancora tai filosofi si tacqu
dendo i bei sentimenti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con gli strazii, con la cicuta, e così il politeismo
menti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con gli strazii, con la cicuta, e così il politeismo sorgeva impavido
erano in onore gl’ Iddii, e non poche altre cose, che hanno attenenza con queste ricerche filologiche. 2. Vno spettro di re
i era il concetto intuitivo e perfetto dell’ Ente, che può concepirsi con la formola ideale — l’Ente crea l’esistente — non
tevasi avere per religione che un’emanatismo ; ora come un moltiplice con una divisione sostanziale, e non ne sorgeva che u
capriccia a questi mostruosi errori, mettendo in comparazione la vera con l’erronea filosofia. « Il pensiero umano, ei dice
pi fino a noi ha percorso due strade distinte, che si possono seguire con gli occhi nella vasta estensione de’paesi e dei s
atura dell’errore, abbraccia il paganesimo sotto tutte le sue forme e con tutte le sue filosofie, l’eresie cristiane, il no
acendosi per ogni divieto, la Idea andò in lui offuscata e dispersa ; con la perdita della unità sociale fu obbliato del pa
a sono fonte ubertosa di idolatria. I poeti, che adornavano la natura con le loro brillanti illusioni, son trascinati anch’
uscenti fuori la dea Patelena(5) ; alle biade eguagliantisi sul prato con le nuove spighe la dea Ostilina(6) ; a’ frumenti
e solo per loro splende a riflesso, e passando ombre d’avanti a loro. Con l’antro egl’intende il globo, che noi abbitiamo —
’avanti a loro. Con l’antro egl’intende il globo, che noi abbitiamo —  con le catene le nostre passioni — con le ombre gli u
ende il globo, che noi abbitiamo — con le catene le nostre passioni —  con le ombre gli uomini stessi abitatori del globo, e
edaglie faceva imprimore un globo, su cui poggiava una vittoria alata con in mano una corona. Ancora con miti descrivevansi
bo, su cui poggiava una vittoria alata con in mano una corona. Ancora con miti descrivevansi gli avvenimenti degli uomini.
, stringe in vece al seno una nube : indicavasi dalla istoria poetica con questi due miti la leggerezza, la vanità delle no
a di Vlisse, ne divorano le sostanze, contendono di venire a connubio con Penelope : non era questo che un mito, cui intend
roi Cretesi lasciati liberi i connubii a gli estranei venuti in Creta con una nave detta Toro. Da’ questi e da innumeri alt
via di allegorie, e tutti gl’intraprendimenti umani essere conceputi con modi fantastici e per immagini. 7. E non sempre q
fantastici e per immagini. 7. E non sempre questo si intese co’miti e con le favole, ma la ignoranza e lo smodare per ogni
elo come un’immenso corpo animato, cui donarono il nome di Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuono volesse dir
imato, cui donarono il nome di Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuono volesse dir loro qualche cosa ; un Giove
cetto tutto panteistico, da cui tragge gli esordii quello emanatismo, con cui ora va contaminandosi la vera filosofia in no
cora di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creavano nella lo
mana famiglia furono deificati, si ebbero tempii, altari e sacrificii con tutti i loro errori. Vomini, esseri esistenti ele
rive questo smodare delle genti. Ligate, ei dice(1), in tal modo, ora con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso,
nti. Ligate, ei dice(1), in tal modo, ora con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, o
al modo, ora con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, l
torevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più deboli, rimanev
queste umane invenzioni ». « Occuparono perciò questa seconda uscita con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introd
di qui trassero accomodata alle passioni de’letterati tanto allettava con l’albagia, quanto appagava con l’ apparenza. Nacq
passioni de’letterati tanto allettava con l’albagia, quanto appagava con l’ apparenza. Nacque, allignò, si distese la seco
a tutti compiacendo lasciava i filosofi nell’ambizione di conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di tr
ersare con gli. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso
li. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso in possessio
nati, nel mantenere il senso in possessione di ogni diletto, placando con giuochi, danze e conviti, in somma con la imitazi
ione di ogni diletto, placando con giuochi, danze e conviti, in somma con la imitazione de’vizi de’loro maggiori, più che l
rge vaghezza di venire ad alcune induzioni, che hanno molta attenenza con questo argomento. Alla narrazione vera del mito c
za con questo argomento. Alla narrazione vera del mito conceputa solo con immagini o simboli sottendrando il concetto di co
otrice della natura, che da Pitagorici era detta anima del mondo, che con un’antico emanatismo volevano uscita dal seno del
o il tipo di una divinità allegorica, figlia del Sonno e della Notte, con una maschera in volto e splendidamente vestita, c
teva la più bella donna del mondo : favola mista di allegoria, perchè con il convito qui s’intende la celeste facoltà, cioè
s’intende la celeste facoltà, cioè lo spirito e la mente degli Dei —  con il pomo di oro il mondo, il quale come che è un’a
do, il quale come che è un’aggregato di contrarii concorrenti in uno, con ragione viene gettato dalla Discordia — e di mora
ologia di questa parola — dall’allegoria de’suoi miti si scuopre, che con questo nume indicavasi l’apparente corso del sole
traggonsi molti vantaggi — (31). Sentimento della scuola stoica, cui con Vulcano può intendersi l’anima del mondo. 31. I C
diceva, ciò che su in alto si eleva mobile e sparso da ogni lato, che con tenero amplesso circonda la terra : questo ritene
argomento da un simulacro, che, come dice Pausania, vedevasi in Argo con due occhi non dissimili a quelli, che la natura h
occhi non dissimili a quelli, che la natura ha dato a gli uomini ; e con un terzo in mezzo alla fronte ; perciocchè oltre
uarcio dall’ Agostino, ed io qui lo trascrivo, voltandolo in italiano con una libera versione — Or si crede, ei dice(1), es
aere sparso di sotto ; or ana all’aere è creduto essere il cielo, che con le feconde piogge e co’semi feconda la terra come
esso del pari in tutta quella innumera turba degli Iddii plebei. Egli con il nome di Libero presiede seminibus hominum ; co
one, prende Giove per il Sole, e Giunone per la Luna ; poichè il sole con il suo corso apparente per le vie del cielo compi
il suo corso apparente per le vie del cielo compie l’anno, e la Luna con le sue rivoluzioni i mesi. Nè, soggiunge, creder
irso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indicavasi gli ubb
, per dimostrare non esservi uomini sì fieri, che non si rendono miti con l’uso moderato del vino. 17. A Giove si dava per
ata una zolla, una pietra in vece di Giove, si volle significare, che con le mani degli uomini furono ricoperte le biade se
rte le biade seminate, prima di essersi ritrovato a svolgere la terra con l’aratro. La stessa terra dunque non i semi dovè
nella favola si dice, che Saturno avesse castrato il Cielo suo padre, con questo s’intese che presso Saturno, non presso il
onsigli, di distruttore e che ingenera tutte le cose, di raffrenatore con vincoli ineffabili dell’intero mondo, di germe de
re circondando tutta la terra, per un traslato può dirsi di maritarsi con la terra istessa. Da greci Nettuno ποσειδων, che
, quasi che egli sia un’altra cagione del moto della terra, urtandola con le acque del mare. È detto ancora μιακητας, che s
ando sono agitate, sì a cagione della simiglianza del muggito de’bovi con il rugghio de’mari — e per questo ancora i fiumi
per questo ancora i fiumi si dipingono solto le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso di loro esp
emoti ; sì perchè dalla istoria è dato principio al secolo degli eroi con le piraterie di Minosse, e con la spedizione nava
è dato principio al secolo degli eroi con le piraterie di Minosse, e con la spedizione navale, che fece Giasone nel Ponto
nel seno della terra, hanno creduto, che gli antichi non intendessero con questo nume, che le ricchezze istesse. Tutta la f
to il simbolo di un’occhio radiante ; ora sotto quello di uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello di un serpe
basterebbe ad indicare come gli antichi immedesimassero il Dio Apollo con il Sole ; ma onde dar maggior peso a questo detta
ogni altra creatura, figlio dell’autore dell’universo — di Latona, e con questo traendo la etimologia di questa parola del
ad altri piace, perchè il Sole tante volte toglie la vita ai viventi con un intemperie di calore, onde può derivarsi ancor
e, per indicare i raggi del Sole ; e soprattutto la lira, chè il Sole con la sua forza centripeta, senza distruggere la cen
reduto come Dio della salute pubblica ; perciocchè il Sole la produce con la sua temperie. Perciò la parola Apollo può deri
ate ancora le pestilenze. I simulacri di Apollo vengono rappresentati con le tre Grazie nella destra, e con l’arco e le sae
cri di Apollo vengono rappresentati con le tre Grazie nella destra, e con l’arco e le saette nella sinistra, ond’è detto Di
lore, e cacciando al contrario nelle vene di loro umori pestilenziali con la oltre misura delle intemperie. E con questa os
e di loro umori pestilenziali con la oltre misura delle intemperie. E con questa osservazione ben dobbiamo approvare la eti
rta dal sig. Screvelio(1), dal verbo απολυιν, liberare,perchè il Sole con il suo temperato concorso ci tiene liberi dai mal
io(2), furono instituiti i giuochi Pizii. Poichè Apollo va idenficato con il Sole, gli abitatori di Ieropoli quando volevan
enefico calore. A canto a lui facevano distendere le ali d’un’aquila, con cui volevano dare un’immagine dell’etere emanante
concento della musica, onde fu chiamato Citaredo ; perciocchè il sole con ordine e misura contempera e regola ciascuna part
u lo umore mercè di una effervescenza, che ricoprendo il sole istesso con un folto addensar di caligine, sembra di ottenebr
di un solo, ma di ogni gregge può chiamarsi pastore. Altri intendono con questo un’Apollo re di Arcadia, che imperando con
re. Altri intendono con questo un’Apollo re di Arcadia, che imperando con rigore fu gettato dal trono. 24. Il chiarissimo s
chiarissimo scrittore della Scienza Nuova, senza indentificare Apollo con il sole, lo prende per la luce-civile, ossia per
I miti raccontati di questo nume non sono che una perfetta allegoria, con cui si vuole indicare il corso apparente del Sole
care il corso apparente del Sole, ed i suoi fenomeni. Ei si dipingeva con un caduceo in mano, che il poeta della lliade chi
reduto essere questo un simbolo di pace ; posciachè, incontrandosi ei con due colubri altercantisi, ne avesse tolto di mezz
col tocco della sua verga. Questo mito non era che un’allegoria, cui con il caduceo intendevasi il radiar del Sole, che di
i il radiar del Sole, che dileguale addensate tenebre della notte ; e con i colubri, tenuti da tutta l’antichità per simbol
del Sole si voleva esprimere, che il Sole istesso fecondando la terra con il suo calore, e generando la vegetazione, anima
desse nello inferno per ricondurre le ombre da que’luoghi tenebrosi : con questo indicavasi l’apparente discesa del Sole so
Giove in vacca, onde trarla al furore di Giunone : è questo un mito, con cui si voleva dare un’emblema del cielo, ove a no
chè il parlare va rapido per l’aria. Portò il nome di nunzio, giacchè con il favellare si danno fuori tutti gli escogitati
dere zoppicante, volendosi alludere, ch’ei facesse tutte le cose solo con il magistero della parola, senza prendervi parte
conto, credendosi d’inestimabile valore quando altri venisse battuto con questa, e ciò dalla utilità della correzione. A q
. A questa verga si ponevano attorti due colubri, simbolica vera, chè con la parola si ammansiscono ancora le fiere. Si fin
e altri tolga le strade dagl’ingombri, ed affinchè i simulacri di lui con l’addizione delle pietre addivenissero più appari
legge nella verga divina, parola reale degli auspicii, ch’è la verga con cui Mercurio richiama le anime dall’Orco, come na
l quale divorasi il tutto degli uomini… Tale verga ci viene descritta con uno o due serpi avvoltivi, che dovettero essere s
a loro dagli eroi, e il dominio quiritario, che questi si serbarono ; con due ali in capo alla verga, per significare, il d
erga, per significare, il dominio eminente degli ordini… Oltre di ciò con ali a talloni per significare, che il dominio dei
egge agraria ai famoli degli eroi... Portò l’agraria di Servio Tullio con la quale ordinò il censo…. Da Mercurio de’Greci f
fece cessar finalmente tutte le forze o violenze private, e la legge con tutta proprietà restò ai poeti definita lyra regn
nte de’poeti greci come un carattere eroico, per indicare coloro, che con le armi avevano fatto prodigii di valore. Per que
elementare. Invero il fuoco, che commisto all’aere, ossia si alimenta con l’aere, da’ Greci si dice Ηφαιστος che s’interpet
e perciò questo Dio si vuole nato da Giove e da Giunone, intendendosi con l’uno non altro che l’etere, con altra l’aria ; o
da Giove e da Giunone, intendendosi con l’uno non altro che l’etere, con altra l’aria ; o dalla sola Giunone, chè il fuoco
l’aria ; o dalla sola Giunone, chè il fuoco e le fiamme si alimentano con Paria. Si vuole inventore di molte arti, perciocc
tefici. Il poeta dell’Iliade narra, che Vulcano trovando Marte giacer con Venere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed
bia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a gli sguardi di tutti —  con questo mito, poicchè come i contrasti e le piacev
armonia. — Pari interpetrazione può avere l’altro mito — aver fenduto con una scure il capo di Giove, e che ne sia uscita f
2. Si volevano per compagni di Vulcano i Ciclopi di alta corporatura, con un solo occhio nella fronte, tutti intenti a fabb
e e della Vlissea, non è che una perfetta allegoria, personificandosi con questi immaginati mostri i vulcani igniferi. Si c
stri i vulcani igniferi. Si credevano figli del cielo e della terra : con questo volevasi indicare l’altezza e le profonde
a de’vulcani. Si dava loro un solo occhio scintillante nella fronte : con questo si alludeva all’ignivomo cratere dei Vulca
il nome di Giunone, consorte e sorella di Giove, il quale del pari ha con l’etere molta simiglianza e stretta unione per la
do, dallo ingiovanirsi, alludendo alle fasi della Luna, confondendola con la Luna istessa ; e Lucina, quasi lucida, dal can
i Greci la chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza di questo nome con quello di Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e con
detta ancora sorella e consorte di Giove, per la prossimità dell’aria con l’etere, cui, come dicemmo, intendevasi Giove, on
onde i nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 309 di Roma tennero i c
ano da nozze solenni, delle quali era nume Giunone, e perciò generati con amor nobile, che tanto ερος significa, che fu lo
me schiavi…. E quel geroglifico o favola di Giunone appiccata in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune l
oglifico o favola di Giunone appiccata in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune legate, e con due pesant
a di Giunone appiccata in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune legate, e con due pesanti sassi attaccat
in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune legate, e con due pesanti sassi attaccati a’piedi, che signific
onde a Giunone fu data ministra l’Iride, ed asseguato il pavone, che con la coda l’Iride rassomiglia ; conla fune al collo
al collo per significare la forza fatta da’giganti alle prime donne ; con la fune legate le mani, la quale poi appo tutte l
a fune legate le mani, la quale poi appo tutte le nazioni s’ingentili con lo anello per dimostrare la soggezione delle mogl
enne : essendo poi stato preso per crudele castigo di Giove adultero, con si fatti sensi indegni, che le diedero i tempi ap
’innalzarono are, e si porsero sacrificii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con un manipolo di spighe in u
porsero sacrificii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con un manipolo di spighe in un altra, adornandosele
gerendis frugibus, dall’averporto a gli uomini le biade, scambiandole con le ghiande e con altri frutti agresti, ch’erano i
, dall’averporto a gli uomini le biade, scambiandole con le ghiande e con altri frutti agresti, ch’erano il cibo dell’uomo
tura. Col carro si voleva indicar lo aratro, cui coltivasi la terra —  con Trittolemo, che guida il carro, l’aratore — co’se
all’uomo istesso un migliore alimento. 36. Presa Cerere per la terra con ragione da greci fu detta γημητηρ, da γη terra, e
lei si offriva il papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondità di tal flore la forma quasi sferica
finalmente di trovarsi nello inferno, ottiene da Giove di riportarla con seco per sei mesi su la terra, lasciandola a gli
che abbiamo detto di Giove e di Cerere istessa. È rapita da Plutone —  con questo volevasi indicare, ch’è d’uopo mandare il
to in Proserpina. Cerere cerca la sua Proserpina per tutta la terra —  con questo esprimevasi, che Cerere, ossia l’agricoltu
de. Proserpina fu tenuta per impero di Giove a rimanersi per sei mesi con Plutone nell’inferno e per altrettanti con Cerere
e a rimanersi per sei mesi con Plutone nell’inferno e per altrettanti con Cerere su la terra — con questo indicavasi, che i
i con Plutone nell’inferno e per altrettanti con Cerere su la terra —  con questo indicavasi, che il frumento mandato alla t
Cerere, ossia l’istessa fecondità essere rapita da Plutone e portata con lui nell’Orco ; e compianta poscia questa sciagur
tone e portata con lui nell’Orco ; e compianta poscia questa sciagura con pubblico lutto, venne in mezzo la ubertà de’campi
della fermezza e stabilità della terra. Le si circondavano le tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi
Le si mettevano sul capo alcune torri, e chiavi in mano, per indicare con quelle le aggregazioni degli uomini, che sursero
ursero in città fortificate e poste sotto la protezione de’fondatori, con queste le dovizie che la terra racchiude nel suo
i, indicandosi col carro la terra librata in aria col proprio pondo —  con le ruote la terra istessa in muoversi con un moto
in aria col proprio pondo — con le ruote la terra istessa in muoversi con un moto circolare — co’leoni, non esservi belva s
a vogliono nata dal capo di Giove, fendendonelo Vulcano : intendevasi con questo le scienze, le lettere ed ogni altra disci
degli uomini considerata come guerriera, vel quod minaretur, o perchè con la sua armatura guerriera caccia il terrore nel e
deriva dal radicale « παλλειν vibrare, saettare, onde si rappresenta con in mano un’asta in atto di vibrarla. I greci, dic
inarono la decima divinità delle genti, Minerva, e la finsero nascere con la fantasia fiera egualmente e goffa, che Vulcano
finsero nascere con la fantasia fiera egualmente e goffa, che Vulcano con una scure fendette il capo di Giove, onde nacque
cose, poichè ne’suoi nomi, e nelle sue attribuzioni, da noi spigolati con lungo studio ne’classici greci, troviamo non poch
uta senza madre ; perciocchè la virtù ed il valore non tanto scendono con il sangue per lungo ordine, come dice ironicament
ce ironicamente il Panni(1), di magnanimi lombi, quanto si acquistano con lunghi sudori, facendo forza e resistendo a’moti
do mai quello la sua verdezza, e questo non potendosi mai contraffare con altro liquore, rimanendo sempre nella sua purezza
. Venere anticamente chiamata Calisto, ossia la più bella, Venere che con tanta pompa esce dal grembo delle acque, passò pe
l Dio del fuoco, di quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amant
hè ella era considerata, come una divinità celeste, onde confondevasi con Febe, ossia con la Luna ; come una divinità della
iderata, come una divinità celeste, onde confondevasi con Febe, ossia con la Luna ; come una divinità della terra, e chiama
va poi il nome di Ecate da εκατον cento, o perchè ella veniva placata con cento vittime, o perchè desse in una erranza di c
a’trivii,(1). Fu creduta come Dea della caccia, e perciò si dipingeva con l’arco, con il turcasso, e seguita da cani. Era q
. Fu creduta come Dea della caccia, e perciò si dipingeva con l’arco, con il turcasso, e seguita da cani. Era questa una si
l’arco, con il turcasso, e seguita da cani. Era questa una simbolica, con cui volevasi indicare come questo pianeta, ora si
fficile la interpetrazione di questo mito — considerata come la Luna, con i tre corpi, e le tre facce si voleva dare un sim
riposo : non è questa, dice Plutarco, che un’accusa tutta allegorica, con cui voleva intendersi di aver egli spostata la te
Per questo i greci da Vesta prendevano le iniziative de’sacrificii, e con essa vi davan fine. 50. Le Mvse — Elleno erano co
li uomini cose sublimi, e che non sono alla intelligenza di tutti ; e con altro nome Camene, che può interpetrarsi canto am
ate la prima volta da Giove non si possono acquistare dagli altri che con assidua meditazione e diligente memoria. Esiodo n
iendo iterate danze, cantando inni e celebrando il culto degl’Iddii : con questo volevasi intendere, che le virtù personifi
, pe’monti, chè le scienze e le arti, cui presedevano, per coltivarsi con esito cercano sempre la solitudine della mente e
sue parole, teneva a suo diletto il canto e le ridde, ed aveva sempre con seco musici e cantori, fra i quali nove leggiadre
oesia, della musica, delle danze, e degli effetti da queste prodotti. Con la parola Clio κλεος gloria, da κλειειν, cantar l
ui eran chiamate, altro non erano che una simbolica ed una allegoria, con cui si voleva esprimere i più preziosi beni, tutt
eramente elleno erano dette Carite, voce greca che significa gioia, e con questo nome volevasi esprimere, che l’uomo deve c
ignifica gioia, e con questo nome volevasi esprimere, che l’uomo deve con piacere mostrare la sua riconoscenza e prestare b
va beneficato. Rappresentavansi strette le palme le une alle altre, e con questo volevasi esprimere, che le amabili qualità
della famiglia umana, od ancora, che l’uomo deve stringersi all’uomo con alterno scambio di beneficii. Si dipingevano nude
decorose Grazie, dice Orazio(1), unite alla ninfe percuotono la terra con alternative piede — nude per indicarsi che nulla
o il corno dell’abbondanza : è questo un fatto istorico personificato con un’allegoria. sviluppo di questa allegoria. 60. E
ntastico, e come di un personaggio allegorico. Sotto il primo aspetto con Ercole si volle personificare la natura sempre fo
ana a compierle, onde si disse di esservene stato più di uno ; se pur con più ragione non si voglia dire, che a questo part
meti e spinai, onde era ricoperta, vi portasse in mezzo la coltura. E con altro mito si disse di Ercole di aver ucciso col
ndasse alla terra i denti, onde sursero uomini armati : concetti, cui con un vero traslato si volevano indicare i legni ric
li orti Esperidi. Non è questo che un gruppo di metafore, additandosi con le squame e le spine i dumeti ed i bronchi della
ate le pecore di oro. Degli Argonauti fu narrato di percorrere i mari con ardito tentativo, onde andare a rapire il vello d
daspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi di oro, poichè irrigando con le loro acque i campi, li fecondavano di dovizios
cate le frecce, invocando Giove, gli mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i bovi di lui per
are una perfetta allegoria, potrebbe portare questa interpetrazione —  Con Gerione intendersi il fulmine, cui fu dato tal no
ovi. 58. Ercole uccide Anteo, che la favola vuole figlio della terra, con sollevarlo in atto strozzandolo fra le sue bracci
in mare, togliendogli di recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con nuovi sussidii, ivi lo fece perire. « Ercole, ecc
2), carattere degli Eraclidi, ovvero nobili dell’eroiche città, lutta con Anteo, carattere dei famoli ammutinati, ed innalz
Acheloo. Qnesti che si credeva figlio dell’Oceano e di Teti, combatte con Ercole, onde impalmare Deianira promessagli in is
loo era un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania con le sue frequenti inondazioni portava il guasto al
. Appiccando poi a questo mito un’allegoria, potrebbe interpetrarsi —  con la metamorfosi di Acheloo in serpe voleva intende
i di Acheloo in serpe voleva intendersi il corso tortuoso del fiume —  con quella di toro le sue inondazioni ne’campi — con
tortuoso del fiume — con quella di toro le sue inondazioni ne’campi —  con venirgli strappato da Ercole un corno il porsi in
Ercole un corno il porsi in un solo letto le due correnti del fiume —  con lo addivenire il corno strappato il corno dell’ab
che tutte convengono al sole. A lui s’innalzarono e tempii ed are, e con l’Ercole allegorico, che vi si adorava altro non
Nearco, che credeva estinto una alla sua flotta, volle render grazia con un sacrificio e a Giove liberatore, ad Ercole, ad
sole. Oltre l’alloro sacro ad Apollo e ad Ercole, ebbe questi insieme con quello la cetra e la compagnia delle Muse, onde f
o in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sole fa di mese fu mese pe’dod
ncipio di Autunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani
sato dal levar del Centauro, ch’è rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappoli di uva.
scendendo su la nave Argo per la conquista del vello di oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie di Marte, rapisce
stalle di Augia, figlio del Sole, o come altri vogliono, di Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Peneo o di Alfe
an serpe, sbosca la gran selva antica della terra, ne semina i denti, con la bella metafora con curvi legni duri che innanz
an selva antica della terra, ne semina i denti, con la bella metafora con curvi legni duri che innanzi di trovarsi l’uso de
i Petulcio, ora di Clusio(1). Vale a dire quella rude antichità volle con alterno nome significare le mie diverse vicende.
licanti. Perciò sovente i simulacri di lui si rappresentavano tenendo con la destra il numero 300, e con la sinistra il 65,
acri di lui si rappresentavano tenendo con la destra il numero 300, e con la sinistra il 65, per dimostrare il numero dei g
essere così denominato ab eundo ; poichè il mondo va sempre movenlosi con ravvolgersi in giro, e con darsi principio da sè,
undo ; poichè il mondo va sempre movenlosi con ravvolgersi in giro, e con darsi principio da sè, ed in sè ritornare, onde T
o facce. I tempii di Giano Quadrifronte portavano quattro lati eguali con una sola porta, e tre finestre per ciascun ato. C
e quattro porte si volevano indicare le quattro stagioni dell’anno, e con le tre finestre di ciascun lato i re mesi di ogni
erra il suo consorte, tendendo di giorno in giorno molte insidie, che con altro nome dicono enigmi, opprimendo non pochi de
i antichi, onde personificare la natura, tutto l’universo, designando con la parte inferiore la natura selvaggia, aspra, is
do con la parte inferiore la natura selvaggia, aspra, ispida, dumosa, con l’altra l’uomo, l’aria, l’etere. Fu creduto abita
a falce, gli si cingeva il seno di ogni specie di frutti, indicandosi con la falce esser della natura generar le cose e dis
u creduto che una lupa desse le mamme a Romolo e Remo. (1). Sentia, con altro nome Fauna, e la vogliono così detta a fand
4 (1897) Mitologia classica illustrata
ione orale attraverso ai secoli e alle generazioni, allargati via via con nuove aggiunte e trasformazioni, divennero il più
lo spirito se non come incarnati sensibilmente. Miti si denominarono con voce greca questi racconti, e Mitologia l’ esposi
a Mitologia di un popolo, non va confusa colla sua Religione; ha però con essa intimi rapporti; giacchè in sostanza la Mito
a Socrate professava, davanti ai giudici, di non aver nulla di comune con Anassagora il quale aveva ritenuto il sole come u
e leggende ereditate dai progenitori ariani, e diffondendosi man mano con successivi allargamenti e trasformazioni dovute a
impossibile ridurli sempre al loro naturale significato e tracciarne con sicurezza la storia; anche diligentissimi studi n
eferenza a istituire ordini sacerdotali, e sacre solennità, a fissare con gran cura le cerimonie del culto e gli uffici di
mitici, il greco Zeus venne identificato coll’ italico Iupiter, Hera con Giunone, Athena con Minerva, ecc. Poche deità ita
us venne identificato coll’ italico Iupiter, Hera con Giunone, Athena con Minerva, ecc. Poche deità italiche rimasero isola
Poche deità italiche rimasero isolate non trovandosi alcun tipo greco con cui identificarle, ad es. Giano. Noi parleremo de
nsì gli antichi Dei costretti an ch’ essi nei limiti dello spazio, ma con molte prerogative; in un batter d’ occhio percorr
e. Qui cominciano i connubi; si raccontò che Gea si fosse unita prima con Urano e poi con Ponto; evidentemente si traduceva
o i connubi; si raccontò che Gea si fosse unita prima con Urano e poi con Ponto; evidentemente si traduceva in linguaggio m
oppia Urano-Gea, più tardi interpretati come il tempo (Kronos confuso con Chronos) e quella che scorre, personificazione de
aveva l’ ardire di ciò fare, ma sorto il più giovane, Crono, attaccò con violenza il padre, lo domò, lo mutilò e l’ obblig
di dieci anni, e ne fu teatro la fertile Tessaglia, avendo i Cronidi con Zeus occupato il monte Olimpo, i Titani con Crono
ssaglia, avendo i Cronidi con Zeus occupato il monte Olimpo, i Titani con Crono e Giapeto il monte Otri. Fu combattuta con
nte Olimpo, i Titani con Crono e Giapeto il monte Otri. Fu combattuta con straordinaria violenza; di qua e di là scagliaron
enso fragore. È evidente il significato naturalistico di questo mito; con esso rappresentavasi un gran conflitto di forze d
ovette contentarsi d’ allora in poi, secondo alcuni poeti, di regnare con Radamante sulle isole dei beati. Zeus divenuto si
taro, e dato a luce un nuovo mostro Tifeo o Tifone (Typhæus, Typhon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato di g
ei Giganti, nati dalle goccie di sangue sparse da Urano dopo la lotta con Crono. Fra essi erano Pallante, Efialte, Encelado
orato come Dio della maturità, dell’ abbondanza e lo si rappresentava con in mano un coltello a falce, come Saturno; e le f
, avevano qualche analogia col Saturnali. Identificato quindi Saturno con Crono, si favoleggiò che questi, detronizzato da
equenti le rappresentazioni di Crono. Generalmente veniva raffigurato con faccia torva e accigliata, con la testa coperta a
Crono. Generalmente veniva raffigurato con faccia torva e accigliata, con la testa coperta all’ indietro da un velo, e con
torva e accigliata, con la testa coperta all’ indietro da un velo, e con una piccola falce in mano. Un busto ben conservat
Afrodite nata da Dione. Salvo Posidone, tutte queste divinità, insiem con altre, si favoleggiava abitassero sull’ Olimpo, d
già i Cronidi avevano sostenuto la lotta contro i Titani; e l’ Olimpo con le sue alte vette si pensava toccasse il cielo e
benefica a fecondar la terra e maturarne i frutti. Insomma, per dirla con un’ espressione popolare che designa appunto un a
gna nelle cose. Degli uomini è padre come degli Dei; ad essi dispensa con mano giusta i beni e i mali; a tutela dell’ ordin
eus leggende antropomorfiche, nelle quali egli compariva come un uomo con tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio
o così la gelosia di Era sua legittima moglie. Prima egli ha rapporti con l’ Oceanide Metis (l’ assennatezza), ma ben prest
e; quello d’ Arcadia ebbe Maia da cui nacque Ermes (Hermes). Inoltre, con Demeter Zeus generò Persefone (Persephone, Proser
eus generò Persefone (Persephone, Proserpina, dea della vegetazione), con Eurinome (Eurynome, una oceanide) le Cariti o Gra
getazione), con Eurinome (Eurynome, una oceanide) le Cariti o Grazie, con Mnemosine (Mnemosyne) le Muse, con Leto (Latona)
una oceanide) le Cariti o Grazie, con Mnemosine (Mnemosyne) le Muse, con Leto (Latona) Apollo ed Artemide. Era, la sorella
ne la produzione di certi fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus con Leto e la generazione di Apollo e Artemide signif
cui provengono i raggi del sole e quelli della luna; l’ amore di Zeus con Demeter, la dea delle biade, rappresenta l’ union
tà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzione di lui. Con lui si confondeva il dio Terminus che custodiva i
, e in onore di questa triade Capitolina si istituirono i Ludi Romani con giochi e spettacoli scenici. Quando poi gli imper
Roma il culto degli Dei asiatici, altre divinità orientali si fusero con Giove; e si ebbe quindi un Iupiter Optimus Maximu
to dall’ aquila; nella destra una piccola Nike alata volgentesi a lui con una benda, simbolo di vittoria, quasi significass
eva la forza. La statua era crisoelefantina, d’ avorio i nudi, d’ oro con ismalti colorati il manto. Il trono era pur esso
i una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazioni e di forme con rilievi, statue e pitture ». Questo capolavoro de
si desiderava un’ espressione più spirituale e si cercava ottener cui con maggior finitezza di particolari. Un notevole ese
ai fenomeni atmosferici e celesti, anch’ essa scatena le tempeste ma con minor violenza di Zeus; anch’ essa divide con Zeu
scatena le tempeste ma con minor violenza di Zeus; anch’ essa divide con Zeus gli onori del regno celeste. I rapporti coni
ide con Zeus gli onori del regno celeste. I rapporti coniugali di Era con Zeus formavano il nucleo dei miti ad essa relativ
à devote al culto di Era, come Argo, Micene, l’ Eubea, Samo ed Atene, con speciali sacrifizi e cerimonie nuziali. Molto spe
a come sia stata pensata madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi di guerra, ed essa serbasse un’ accanita
eduta pari per bellezza. 4. Giunone è la dea romana che s’ identifica con Era (Iuno = Iovino, nome femminile di Giove). Dap
on Era (Iuno = Iovino, nome femminile di Giove). Dapprima era confusa con Mater Matuta, vecchia divinità italica della luce
ervata in Vaticano, rappresenta la Dea coperta d’ una pelle di capra, con lancia e scudo, in atteggiamento guerriero. Disti
costantemente ad Atena; si diceva fosse la pelle della capra Amaltea con in mezzo l’ orribil testa della Gorgone Medusa. E
gione Attica. Per il possesso di questa terra aveva la Dea gareggiato con Posidone il re del mare, avendone Zeus assegnata
mens o dell’ intelligenza come Pallade Atena; quindi venne ben presto con essa identificata; con questo però che in Minerva
za come Pallade Atena; quindi venne ben presto con essa identificata; con questo però che in Minerva prevaleva il concetto
battaglia di Azio. Come dea della pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran t
feste dei Quinquatrus; e lo stesso poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e freschezza di colori narra l’
lancia in mano e atteggiamento guerriero. Tali immagini si vestivano con paludamenti più o men ricchi e si conservavano co
agini si vestivano con paludamenti più o men ricchi e si conservavano con religiosa venerazione nelle città; le considera v
erare della loro salvezza quand’ ebbero perso il Palladio, tolto loro con uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conservava
idia, il quale non solo curo l’ ornamentazione plastica del Partenone con rilievi concernenti i miti relativi ad Atena e le
tatua era preziosissima, alta ben dieci metri, tutta in avorio e oro, con due gemme per occhi e adorna anche nella base di
indica ferma volontà e forza. Delle bestie che son messe in rapporto con lei, van ricordati specialmente il serpente, la c
ivenne d’ allora in poi una stabile terra perchè Posidone la assicurò con potenti colonne al fondo del mare. Febo Apollo è
o, amato da Apollo per la sua straordinaria bellezza, e da lui ucciso con un involontario colpo di disco mentre giocava; da
onde la leggenda lo fe’ padre di Asclepio o Esculapio e lo identificò con Peone il medico degli Dei. E non solo dei corpi,
lla musica. Il suo istrumento era la cetra o forminx, ed ei la sonava con grande abilità a sollazzo degli Dei immortali, du
monte Cinto. Anche ivi si celebravano ogni quattro anni feste solenni con varii giochi, che dicevansi istituiti già da Tese
ntiene molti e interessanti particolari tolti dalle leggende del Dio. Con esso si può confrontare l’ inno di Callimaco a D
e gloria. Ricordisi Ovidio che nel primo delle Metamorfosi, racconta con soavi versi la leggenda dell’ amore di Febo Apoll
infallibili. Si vendica anche fieramente dei rinomati cacciatori che con lei vogliono gareggiare; e ne provo, fra gli altr
sta divinità s’ eran formati i Greci. Era poi anche messa in rapporto con Apollo e le Muse, e detto che si compiacesse dei
a, Artemide sotto il nome di Ortia (Orthia), veniva placata in antico con sacrifici umani; più tardi quando questi furono a
a flagellare a sangue alcuni fanciulli nell’ annual festa della Dea. Con questa divinità sanguinaria si connette la leggen
Troia. E poichè anche gli Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sacrifizi umani, fu con questa confusa l’ Artemid
li Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sacrifizi umani, fu con questa confusa l’ Artemide Ortia, e ne nacque la
sere sacrificata, sostituendole una cerva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Tauride per farne là una sua sacerdotess
« grande è la Diana di Efeso ». 4. Diana era appunto la Deita italità con cui si identificò l’ Artemide dei Greci. In origi
a giorno festivo per gli schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con Artemide, il culto di lei anche a Roma fu conness
ana fu confusa con Artemide, il culto di lei anche a Roma fu connesso con quello di Apollo, ad es., nei ludi secolari. 5. O
le sue odi degl’ inni a Diana; dove però essa è per lo più congiunta con Apollo e anche con Latona, come nella 21a ode del
nni a Diana; dove però essa è per lo più congiunta con Apollo e anche con Latona, come nella 21a ode del I libro che cominc
o ai piedi; e nella fig. 19 la celebre Artemide del Museo del Louvre, con tunica succinta, la faretra sul dorso, il portame
ignificato naturale, Ares era probabilmente l’ uragano che si scatena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto d
o diecimila uomini in procinto di attaccar battaglia. In connessione con questo carattere selvaggio di Ares, son le leggen
Eracle; e del selvaggio re tracio Diomede che pasceva i suoi cavalli con carne umana, finchè fu ucciso anch’ egli da Eracl
eran dette figlie di Ares. Men rozzo si mostrò Ares ne’ suoi rapporti con Afrodite, secondo la leggenda riferita nell’ Odis
vvertito da Elios, il sole che tutto vede, comparve improvvisamente e con una rete dalle maglie litte ed invisibili accalap
a Grecia il culto di Ares. Aveva però templi a Tebe e Argo, in unione con Afrodite. Anche Atene aveva eretto un tempio a lu
ui veneravano come il sommo degli Dei. 3. Il Dio italico identificato con Ares è Marte. Ma è da notarsi che in origine Mart
in caso di disdette, attribuite a’ suoi sdegni, si cercava ammansirlo con grandi sacrifizi di espiazione. Si facevan compag
que sequor tentoria curru 10 . Detto questo, Marte scende nel campo con Stilicone e comincia a far strage dei comuni nemi
figura di un giovane gagliardo, bello di forme, fiero nel portamento, con elmo, lancia e scudo. Nella fig. 21 riproduciamo
Anche il fuoco sotterraneo, il fuoco vulcanico era messo in relazione con Efesto; là, nell’ interno dei vulcani si diceva c
loro hanno bisogno del fuoco. Per questo era messo in intimo rapporto con Atena, la dea delle arti, e si capisce come quest
’ Etna. Già abbiamo ricordato il culto di Efesto in Atene, accomunato con quello di Atena. Nelle Efestee, (o feste in onor
sposo di Maia antica deità latina, sopranomata Maia Volcani e onorata con un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa di simile al
un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa di simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le feste di Vulcano, le Vulcanalia, ave
eretta una statua nel foro vicino a quella di Vulcano; e molte altre con tempietti trovavansi nelle varie regioni della ci
le leggende di questo Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vulcano con Marte, narrato nel famoso passo dell’ Odissea (li
re una bella pagina ad Ovidio (Metamorfosi 4,170 e segg.) In rapporto con Venere e le Grazie Vulcano ci è presentato da Ora
eraio (exomis, sorta di tunica che lasciava nuda la spalla destra), e con gli arnesi dell’ arte sua. Si hanno ben pochi mon
i Dei, e gli ruba cinquanta giovenche, e via le conduce e le nasconde con tal arte che non se ne può scoprir traccia; poi t
sul niego, ma Zeus, capita la cosa, gli diè ordine di cercare insieme con Apollo le giovenche e restituirgliele. Così vien
oglievano in nodo sul primo; più tardi si trasformò in una bacchetta, con due serpenti intorno attorcigliati. Siccome i sog
ratti comuni coll’ Ermes greco. Il suo culto erasi introdotto insieme con quel di Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Ta
o in onor di lui e della madre Maia. Più tardi Mercurio si identificò con Ermes, ma si avverta che il bastone da araldo, il
seguito, e la descrizione di Pausania, permisero di restaurarla quasi con certezza. La fig. 25 riproduce l’ intiera restaur
fig. 25 riproduce l’ intiera restaurazione, e la fig. 24 ne presenta con più precisione la testa. Il Dio, raffigurato in p
più precisione la testa. Il Dio, raffigurato in pienezza di gioventù, con forme robuste ed eleganti, porta sul sinistro bra
ene un grappolo d’ uva che la vedere al fanciullo, verso cui si volge con dolce sorriso il suo sguardo. Belle le fattezze d
esta leggenda cedette il luogo ad un’ altra, a cui i poeti posteriori con predilezione si attennero; secondo la quale Afrod
a cui approdò sarebbe stata l’ isola di Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti di Anadiomene
l commercio fenicio, e i Greci accogliendolo ne confusero l’ immagine con quella della loro Afrodite, la quale divenne così
il timore e la paura. In altre leggende Afrodite è messa in rapporto con Dioniso e con Ermes. Spesso poi di essa si dice c
a paura. In altre leggende Afrodite è messa in rapporto con Dioniso e con Ermes. Spesso poi di essa si dice che esercito la
una tal dea aveva presso i Latini, provenne che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende di questa furono accolte
otò un tempio dopo la vittoria di Farsalo; questo tempio fu costruito con grande splendidezza e dedicato nel settembre del
o ed Euripide e più altri. Bellissima l’ invocazione a Venus Genetrix con cui Lucrezio cominciò il suo poema della natura;
i ardeva in di lei onore continuamente il fuoco. Da questo prendevano con sè un po’ di fuoco quelli che andavano a colonizz
Dei, e nessun sacrificio aveva luogo senza che cominciasse e finisse con una libazione ad Estia; sicchè essa aveva la sua
i e si conducevano al tempio di Vesta asini da macina inghirlandati e con pani appesi all’ intorno, per indicar che la Dea
gurarla seduta o in piedi in atto tranquillo, compiutamente vestita e con l’ espressione di una severa onestà. Noi riproduc
a tazza del sacrifizio, la fiaccola, il simpulum (specie di chicchera con lungo manico usata nei sacrifizi), lo scettro. È
aspetti, il davanti e il di dietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed era detto
) era la festa del Dio; quel giorno si ornavano le porte di ogni casa con corone e rami d’ alloro, gli amici e i parenti si
i monumenti di Giano, riproduciamo (fig. 31) un’ antica moneta romana con la figura di Giano bifronte. — Si assegnano a Gia
l Palatino, fece che si adottasse questo Dio nel culto comune insieme con Iupiter e Mars, formando una triade che si ritene
e del primo orologio a sole. — Più tardi Quirino venne a confondersi con Romolo, il primo re di Roma divinizzato, e ne nac
l sole d’ estate i cui effetti possono essere temperati solo da Giove con opportuni temporali. 2. Il dio Elio aveva anche i
enia, in Elide, e più di tutto nell’ isola di Rodi, dove si celebrava con gran pompa un’ annua festa con giochi ginnastici
nell’ isola di Rodi, dove si celebrava con gran pompa un’ annua festa con giochi ginnastici e musici, festa che per Rodi av
terono le stesse favole riferite in Grecia di Elio. Fu presto confuso con Apollo. 5. Lungo sarebbe il ricordare quante volt
i immaginosi dell’ antichità. Se la figuravano colle braccia bianche, con la testa bellamente ricciuta e ornata d’ un diade
a e a baciarlo dormente. — In tempi posteriori Selene fu identificata con Artemide, con Ecate e Persefone. — Non sembra che
dormente. — In tempi posteriori Selene fu identificata con Artemide, con Ecate e Persefone. — Non sembra che Selene sia ma
i Fasti ricorda. 3. Innumerevoli cenni della dea Selene negli autori; con lei vengono paragonate spesso le belle donne; di
la pure sorella del Sole, sposa di Titone antico. Ma oggetto di culto con questo nome non è stata mai. Bensi antica deità,
deità, venerata dagl’ Italici fu Mater Matuta, il cui nome è connesso con mane e matutinus. Era una dea della prima luce, q
la greca Leucotea (Leucothea), come il dio Portunus, venerato insieme con Mater Matuta, fu identificato con Melicerte, figl
e il dio Portunus, venerato insieme con Mater Matuta, fu identificato con Melicerte, figlio di Leucotea. Antichi templi in
Giove perchè qualche funebre onore concedesse al defunto, si descrive con vivi colori la trasformazione delle faville uscit
eo, o secondo altri di Cefalo, dicevasi avesse gareggiato di bellezza con Afrodite, oppure che Afrodite l’ avesse rapito gi
e soleva rappresentare questi due astri in figura di due bei garzoni, con fiaccole in mano. 2. Molte leggende correvano int
re Arctos, l’ Orsa, detta anche il Carro. La leggenda la identificava con Callisto, una ninfa Arcade, del seguito di Artemi
atamente chi doveva intraprender viaggi di mare, soleva propiziarseli con preghiere e sacrifizi. Già si disse che i quattro
diritto alla gratitudine degli Ateniesi; i quali perciò lo onorarono con un tempietto e un altare a lui dedicato. — Non me
tritone mobile che girando secondo il vento ne indicava la direzione con un bastone rivolto in basso verso la figura corri
ed era chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati a mo’ di uomini con l’ ali alla testa e alle spalle, e la bocca semia
arte del canto le grandiose gesta degli Dei; e che allora Zeus genero con Mnemosine le nove Muse, le quali sanno cantare il
o e l’ avvenire e col loro dolci canti, che Apollo suole accompagnare con la cetra, rallegrano l’ animo degli Dei, allorqua
sorgenti. Dalle alture dell’ Olimpo molti ruscelletti scorrevano giù con dolce mormorio, e può ben essere che l’ impressio
infine Polinnia (Polyhymnia) rappresentava l’ innografia (religiosa), con un carattere non ben definito, spesso confusa con
grafia (religiosa), con un carattere non ben definito, spesso confusa con Mnemosine. 2. Presso i Romani si veneravano certe
mpagnate da gare musicali e poetiche. Spesso erano messe in relazione con Apollo e le Muse, in compagnia delle quali soleva
sentare le Cariti e le Grazie come fanciulle d’ ogni bellezza adorne, con fiori in mano, segnatamente rose e mirti; talvolt
adorne, con fiori in mano, segnatamente rose e mirti; talvolta anche con strumenti musicali o con dadi da giuoco; per lo p
o, segnatamente rose e mirti; talvolta anche con strumenti musicali o con dadi da giuoco; per lo più si figuravano con mani
con strumenti musicali o con dadi da giuoco; per lo più si figuravano con mani e braccia a vicenda graziosamente intrecciat
no il regolare corso della natura nella vicenda delle stagioni; e ben con ragione è stata pensata come loro madre Temi, per
uomini, auree figlie della prudente Temi. Così altri poeti ricordano con parole d’ elogio le tre graziose vergini. — L’ ar
e in figura di gentili fanciulle, ornate di flori, frutta e corone, e con altri attributi, secondo le stagioni volute rappr
rilievo del Museo Campana, ora a Parigi, rappresenta appunto due Ore con frutti varii, vegetali e animali. — Tra le Ore fu
reggente sul braccio sinistro un fanciullino che a lei stende la mano con atto di amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza
amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza). V’ è nel gruppo, insieme con certa nobile grandezza, un’ affettuosa intimità e
contro i Titani e i Giganti. Essa era pero anche in intima relazione con Pallade Atena, che dopo Zeus rappresentava la più
vasi, e durò come tale fi no agli ultimi tempi del Paganesimo, difesa con zelo dai sostenitori della morente religione cont
arte greca e romana soleva per lo più rappresentare la Vittoria alata con un ramo di palma e corona d’ alloro. Preziosa rel
come una messaggiera degli Dei; tale apparisce già in Omero. Essa va con velocità straordinaria da un capo all’ altro del
te di giovinezza e di beltà, e rappresentante anche dei godimenti che con queste doti si connettono. Nel culto Ebe or è mes
e con queste doti si connettono. Nel culto Ebe or è messa in rapporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statu
ele, era messa accosto a quella della moglie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove
resentare una figura librata nello spazio è stata vinta dall’ artista con ingegnosa accortezza, in quanto che diè al gruppo
ga d’ amore. Alla forza di Eros, dicevasi, neppur Zeus può sottrarsi; con che si veniva a indicar l’ amore come la più fort
o luogo feste, le Erotidie, che erano le più importanti della Beozia, con certami ginnastici e musici. — Oltre l’ amor sess
ciziatra giovani ed uomini; quindi lo si venerava nei Ginnasi insieme con Ermes ed Eracle, e nell’ Accademia Attica insieme
Ginnasi insieme con Ermes ed Eracle, e nell’ Accademia Attica insieme con Atena. Gli Spartani e i Cretesi solevano sacrific
lia, perche ispirasse a tutti la concordia e l’ affetto reciproco. 2. Con Eros sono nominati spesso dagli antichi altri ess
i Temi (l’ ordin di natura) gli diede questo fratello perchè giocasse con lui; d’ allora crebbe Eros, ed era lieto semprech
ente. La natura dei sentimenti d’ amore non poteva essere significata con più grazia. 3. Presso i Romani il dio d’ Amore ch
ordine; ma vista la fanciulla, si innamora egli stesso di lei, e vive con lei in felice unione, in una valle paradisiaca, i
fosse accolta in cielo tra gli immortali, dove essa vive eternamente con lui congiunta dopo essere divenuta madre della Vo
ggetto di rappresentazione letteraria e artistica. Degli inni nuziali con invocazione di Imeneo, son notissimi i carmi 61o
Più comunemente Ilizia figura come una sola, e vien messa in rapporto con Era come dea della maternità. Siccome però anche
na candela nel momento della nascita; e le già nominate Carmentes che con scongiuri e formole magiche aiutavano il parto; i
agli artisti greci essere rappresentata come una donna tutta vestita, con una mano distesa in atto di porgere aiuto e una f
accorrevano a frotte i malati per ottenere la guarigione. Si curavano con atti chirurgici, con empiastri, con beveroni, ma
i malati per ottenere la guarigione. Si curavano con atti chirurgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la rec
tenere la guarigione. Si curavano con atti chirurgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la recitazione di for
avano con atti chirurgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la recitazione di formole magiche e col metodo de
ua, antica deità sabina, in onor di cui era stato eretto un santuario con un sacro bosco nelle vicinanze del Colosseo, poi
e vicinanze del Colosseo, poi una Salus, onorata già nei primi secoli con templi e feste, appresso divenuta una divinità im
uli Romani e come Salus Augusti o Augustorum, identificata in seguito con la greca Igiea; infine una dea Carna o Cardea, a
soleva rappresentare Esculapio come un uomo in età matura, barbuto, e con tratti nobili quali si convenivano a un generoso
alla fig. 48. Altre volte si vedono assegnati ad Esculapio una coppa con bevande medicinali o un ciuffo d’ erbe o un pinol
morte. Come esecutrici della volontà divina, erano messe in rapporto con Zeus reggitore dell’ ordine supremo, o con Apollo
a, erano messe in rapporto con Zeus reggitore dell’ ordine supremo, o con Apollo il suo profeta; quindi l’ uno e l’ altro e
irageti, capi delle Moire. 2. Presso i Romani il destino era espresso con Fatum, la parola divina; e di questa voce s’ usav
Afrodite vestita; ma nessuna statua fra le tante a noi giunte è stata con sicurezza riconosciuta per figura di Nemesi. 2. T
Questo culto si estese sempre più in seguito e la Fortuna fu onorata con più epiteti, o riferentisi alla vita pubblica, co
addistingueva come governatrice delle umane sorti; poi la si figurava con una cornucopia, ovvero con un giovane Pluto, dio
rice delle umane sorti; poi la si figurava con una cornucopia, ovvero con un giovane Pluto, dio della ricchezza, in braccio
lla teogonia greca, il più antico Dio dell’ acque era l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la coppia più antica di Tit
evalo stretto, dovette cedere e dargli la desiderata risposta. Invece con Paride si mostrò subito compiacente, vaticinandog
credute esseri alati col viso di donna e il corpo pennuto di uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla di loro nel
fa riscontro il dantesco: Ali hanno late e colli e visi umani Pie ’ con artigli e pennuto il gran ventre, 34 costituisc
’ insegna della regale dignità, si tuffa nelle onde, levansi i flutti con impeto, e scon-quassano le navi e si riversano su
irò su Ulisse l’ odio del Dio; così pure era padre del gigante Anteo, con cui Eracle ebbe a sostenere aspro combattimiento,
iglio di Posidone; si raccoutava avesse egli in più luoghi gareggiato con altre divinità per la signoria di alcuna terra, a
altre divinità per la signoria di alcuna terra, ad es., per l’ Attica con Atena, per l’ Argolide con Era, ecc. 2. Il potent
ria di alcuna terra, ad es., per l’ Attica con Atena, per l’ Argolide con Era, ecc. 2. Il potente Dio del mare, è naturale
ribuiva la sua liberazione dalle inondazioni del Peneo, in quanto che con un colpo del suo tridente aveva egli aperto la sc
Posidone avesse creato lui il cavallo in occasione della sua contesa con Atena per il possesso dell’ Attica (cfr. pag. 43)
doveva essere di grande importanza. Quando poi si identificò Nettuno con Posidone, la qualità che più venne a essere rilev
altri mostri marini. Solo più tardi venne messa in costante rapporto con Posidone e venerata come la sua sposa. Ai Romani,
ra giovane e bella, o seduta in trono vicino a Posidone o su mi carro con lui, circondata e corteggiata da Tritoni e Nereid
te. Era detto l’ unico robusto figliuolo di Posidone e Anfitrite, che con loro abita nel palazzo d’ oro in fondo al mare. L
rago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di acqua scorrevole; se con tutto ciò non riusciva a slacciarsi, allora, e so
estava la ben nota a lui volontà divina. Questo è narrato e descritto con vivaci colori da Omero nel quarto dell’ Odissea,
a la sua pesca, avendo posto giù i pesci semivivi sull’ erba, vedesse con sua meraviglia che al contatto di un certa erba r
altra fiata, Atamante divenne tanto insano    Che veggendo la moglie con due figli    Andar carcata da ciascuna mano, Grid
Learco,    E rotollo, e percosselo ad un sasso;    E quella s’ annegò con l’ altro carco. (Inf. XXX, princ.). Dante fa ch
di loro. 2. Allorquando la mitologia greca penetro in Roma, volendosi con qualche Dio italico identificare Ino e Palemone,
ero in braccio alla madre in atto di essere presentato a Posidone che con paterna benignità l’ accoglie. IX. Le Sirene.
ciarsi ammaliare dalle lusinghe delle Sirene dovè turarsi gli orecchi con cera e farsi legare al fondo della nave. Omero ne
vescere pennis 41 . Tali solevan rappresentarle le arti figurative, con tendenza però a dar maggior rilievo alla parte fe
bre del Caos, come essa avesse da sè prodotto Urano e Ponto, e di poi con essi congiunta avesse dato a luce i Titani, i Cic
ctonica, ossia del mondo di sotterra. Questi concetti essendo comuni con altre divinità, n’ è venuto che spesso Gea venne
uni con altre divinità, n’ è venuto che spesso Gea venne identificata con altri, ad es. con Rea, Estia, Demeter e Temis. In
nità, n’ è venuto che spesso Gea venne identificata con altri, ad es. con Rea, Estia, Demeter e Temis. In alcuni luoghi del
come la madre degli esseri, quindi invocata come Tellus Mater insieme con Iupiter il padre celeste, ad es. nei giuramenti,
. Era anche Dea dei matrimoni, a cui si rivolgevano preghiere insieme con Giunone Pronuba, e infine come Dea dei morti era
ganalia in Gennaio, celebrata in ogni pagus o gruppo di più villaggi, con solenni preghiere a Tellus e Ceres per la prosper
ela la madre Terra ». Varrone comincia il suo lavoro di cose agricole con un’ invocazione a Giove e a Tellus. — La statuari
anti o Galli davano annuo spettacolo della sovreccitazione orgiastica con cui onoravan la Dea tra strepiti e ululati. 3. Po
compiacesi di girare di luogo in luogo, incoronato d’ edera e alloro, con un numeroso corteo di ninfe, satiri e altri genii
o di porpora, fu preso da alcuni pirati Tirreni che ideavano portario con sè e andarlo a vendere in Italia. Ma, oh portento
timento, sente risuonar le selve d’ un lieto frastuono, e presto vede con meraviglia accostarsi il corteo di Dioniso. Quest
adeguato, conviene ancora considerare il rapporto in cui veniva messo con Demetra ed Apollo. Come Dio del vino e della frut
valeva anche come il civilizzatore, l’ ordinatore, quasi identificato con Demetra legislatrice; certo a lei molte volte con
etra legislatrice; certo a lei molte volte congiunto nel culto. Anche con Apollo aveva stretti rapporti, perchè come il vin
agli Orfici, che mescolando tradizioni asiatiche e greche, cercavano con esse dar veste simbolica ai loro principii filoso
e regioni della Grecia e nelle isole e nell’ Asia Minore; celebravasi con leste rumorose ed orgiastiche, più o meno selvagg
o Baccanti o Lene (Lenai) o Bassaridi, agitando tirsi (thyrsus, asta con la punta ricoperta di pampani o di edera) e fiacc
ta ricoperta di pampani o di edera) e fiaccole, ricingendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e
Intanto cantavano inni a Dioniso, gridando Evoè, Evoè, e invocandolo con diversi epiteti, Bromio, Bacco, Iacco, Iobacco, e
si ammanta. Invece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso con spargimento di flori e lieti canti. Giova ricorda
capro. Alla lesta congiungevansi sollazzi campagnuoli d’ ogni specie, con danze burlesche e motti spiritosi, origine della
zo giorno era detto festa della pentola, perchè si esponevano pentole con legumi cotti che dovevano servire come offerta al
no la principal festa della primavera per gli Ateniesi e si celebrava con grande pompa. Durava più giorni e attirava una gr
spondente; i Dioniso era Liber, o Liber pater, generalmente associato con Cerere (= Demetra) e Libera (= Persefone). Era il
devoti solevano abbandonarsi ad un’ allegria libera (donde il nome), con canti e motti pungenti e versi fescennini. Queste
sentazioni figurate di Dioniso. L’ arte più antica soleva presentarlo con aspetto maestoso sebben collo sguardo sfolgorante
ma a torto. In tutte queste statue e in altre molte apparisce Dioniso con una folta chioma, tutta a riccioli pendenti sulle
e, o attendendo a filare o a tessere, ovvero intrecciando liete danze con suoni e canti, o tuffando le loro tenere membra n
avano al seguito delle maggiori divinità della natura, e o cacciavano con Artemide, o scorrevano di luogo in luogo con Dion
a natura, e o cacciavano con Artemide, o scorrevano di luogo in luogo con Dioniso o si trovavano in intimi colloqui con Apo
evano di luogo in luogo con Dioniso o si trovavano in intimi colloqui con Apollo e con Ermes, o si ingegnavano sfuggire agl
o in luogo con Dioniso o si trovavano in intimi colloqui con Apollo e con Ermes, o si ingegnavano sfuggire agli inseguiment
fati, orecchie caprine, e una codetta dietro o da cavallo o da capra, con tutte le altre membra umane. Vivevano abitualment
sando e bevendo in compagnia di Dioniso. La danza dei Satiri dicevasi con vocabolo speciale: sicinnide. Verso gli uomini, i
genii dell’ acqua che corre e irriga e feconda; difatti si pensavano con orecchie e code di cavallo, e il cavallo è spesso
Tra i Sileni meritano special menzione Marsia e Mida. Marsia, insiem con Iagnide suo padre e Olimpo suo alunno, era detto
formava il viso. Si narrava poi che Marsia avendo osato venire a gara con Apollo il citarista, a condizione che il vincitor
rre del primo nel sesto delle Metamorfosi, descrivendone il supplizio con tal forza ed evidenza da destar raccapriccio; e p
priccio; e parla dell’ ultimo nell’ undecimo raccontandone la istoria con l’ usata vivacità di colori. Nell’ arte statuaria
rone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigurato in atto di guardare con meraviglia e curiosità insieme il flauto gettato
pe, figlia di Driope; narra vasi che è fosse nato co’ piedi di capra, con due corna sulla fronte e una lunga barba e col co
panico, raccontando che Pane si divertiva a spaventare i viaggiatori con ogni maniera di voci strane e rumori inaspettati.
alcuni, Apollo stesso avrebbe imparato la mantica da lui. In rapporto con Apollo fu pensato anche per via della musica; anz
anche per via della musica; anzi si narrò anche d’ una gara musicale con Apollo, sedendo giudice il Tmolo, monte della Lid
ggende di lui. Già da tempi abbastanza antichi fu pensato in rapporto con la gran Madre e se ne fece un compagno di lei. Co
adre e se ne fece un compagno di lei. Così pure fu messo in relazione con Bacco e fatto partecipare alle peregrinazioni bac
me celiatore e bulfone gareggiava col Satiri e facilmente potè essere con loro scambiato. Anzi l’ immaginazione fu tratta a
a mezzo umana mezzo caprina, i quali dicevasi molestassero gli uomini con chiassi strani, incubi, cattivi sogni; del resto
le vicinanze di Atene fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una corsa di fiaccole. Gli anim
a gli Omerici, il 19o, è un bel monumento in onore di Pane; descritta con colori vivaci l’ alpestre natura della regione Ar
, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia di una corona di pino, con le due corna rosse che scappan fuori della fronte
no le corna nascenti ai due lati della fronte. Più tardi lo si figurò con corna più sviluppate, lunga barba e piedi caprini
e Pane, Priapo e le ninfe. In arte lo rappresentavano come un vecchio con una corona di pino in testa e un ramo della stess
o dei più antichi e popolari Dei d’ Italia. Più tardi fu identificato con Pane e fatto venire in Italia dall’ Arcadia; ma i
icevasi che di notte penetrasse nelle case e tormentasse gli uomini o con cattivi sogni o con apparizioni patirose; in tal
penetrasse nelle case e tormentasse gli uomini o con cattivi sogni o con apparizioni patirose; in tal senso era detto Incu
dopo di che i sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi il nudo corpo con le pelli di alcuni dei capri sacrificati e taglia
in striscie, percorrevano la città palatina e il Foro, e percotevano con quelle striscie la gente che si faceva loro incon
dini premono in liete danze quella terra che gli altri giorni scavano con tanta fatica. I Fauni in arte non differivano pun
ira anch’ oggi nel Museo Capitolino. La Dea Bona poi si rappresentava con uno scettro nella mano sinistra, a significare la
Orazio nell’ 8a satira del primo libro, una specie di erina in legno con una roncola in mano contro i ladri e un fascio di
seguace di Bacco o di Venere, si raffigurava come un vecchio barbuto, con un lungo abito, berretto in testa all’ asiatica,
quando le idee greche penetrarono in Roma, Saturno venne identificato con Crono e allora sorse la leggenda che privato del
er lungo tempo (l’ età d’ oro dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno era Ops ed Opis, sua moglie, Dea dell’ ab
d’ una vecchia, entrò nel suo orto, lodo frutti maturi curati da lei, con dolci parole rimproverolla della fierezza sua, e
te soleva costei rappresentarsi come una giovane nel fiore dell’ età, con corone di flori in testa e mazzi in inano. Una be
ntica Dea (secondo alcuni, Dio) pastorale delle popolazioni italiche, con cui va connesso il nome del Palatium o monte Pala
ente non era un Dio della campagna; ma indirettamente aveva relazione con essa perchè rappresentava divinizzato il concetto
o mutazione di termini era sempre accompagnato da cerimonie religiose con invocazione del Dio. Ma il Dio Termine non aveva
tti dalla condizione di rozzi cacciatori e pastori a uno stato civile con sedi fisse e città ordinate. Così Demetra veniva
, senza prender riposo, per tutti i paesi della terra, invan cercando con sempre crescente ansia le traccie della smarrita
o grido temendo per Demofoonte. La Dea allora lo toglie dal fuoco, ma con dolci rimproveri lascia capire alla madre che que
si annue feste dette Eleusinie, in onore di Demetra e degli altri Dei con essa connessi. Si distiguevano le piccole e le gr
deva parte, talvolta non meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone di ellera e di mirto, e siccome si usciva
lusi gli altri mortali. I segreti della congregazione erano mantenuti con grande scrupolo, pene severissime essendo commina
ona. Le feste di Cerere, o Cerialia, celebravansi dal 12 al 19 Aprile con solenni cerimonie, anche con giuochi del Circo. T
rialia, celebravansi dal 12 al 19 Aprile con solenni cerimonie, anche con giuochi del Circo. Tali feste erano inaugurate co
i cerimonie, anche con giuochi del Circo. Tali feste erano inaugurate con una solenne processione alla quale prendevano par
ina, dove descrisse in sonori versi le diverse scene di questo dramma con belle descrizioni, con parlate piene di sentiment
sonori versi le diverse scene di questo dramma con belle descrizioni, con parlate piene di sentimento, sebbene in genere co
belle descrizioni, con parlate piene di sentimento, sebbene in genere con un’ intonazione alquanto retorica ed esagerata. I
uanto retorica ed esagerata. In arte si soleva figurar Demetra-Cerere con un’ espressione di dignità maestosa insieme e di
na, conservata nel Museo di Napoli, dov’ essa figura sedente in trono con fiaccola e fascio di spighe in mano e a pie’ del
anch’ essa era una potenza tenebrosa, colei che ogni essere vivo trae con sè nell’ oscuro grembo della terra. E Persefone c
essere vivo trae con sè nell’ oscuro grembo della terra. E Persefone con Ade formava il riscontro di Era e di Zeus. Tale è
nza, supposto sempre che l’ uomo si renda degno di questa vita felice con una condotta retta e approvata dagli Dei. Templi
lutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto che nel culto di Cerere con lei si identificò la dea Libera, il contrapposto
e degli Dei, rivedere la luce della vita. lu origine era lui pure che con inflessibile rigore si impadroniva dell’ anima di
i ogni mortale, non appena fosse scoccata l’ ora sua, per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi quest’ ufficio di psi
e un pubblico culto in Grecia; qualche tempio gli fu eretto in unione con Persefone e Demetra, ad es. a Pilo nella Trifilia
la o rappresentarla. I poeti greci e romani lo ricordano di sfuggita, con epiteti come imus tyrannus , rex silentum , um
igna, labbra ben chiuse, arruffata la chioma. Tale il Plutone sedente con il Can Cerbero a lato, che trovasi nella Villa Bo
umi, alla porta dell’ Inferno, sta custode il terribile cane Cerbero, con tre teste, che non impedisce ad alcuno l’ entrata
ne e le Danaidi. Tizio gigante, figlio della Terra, per aver assalito con turpi desideri Leto sulla via di Pito, è disteso
cciso i loro mariti, erano condannate ad attinger continuamente acqua con vasi senza fondo. 2. Descrizioni dell’ inlerno se
di raffigurar l’ Inferno col palazzo regale di Plutone e Persefone e con varii gruppi di esseri infernali. XIV. Le Erin
a, sl’ ugge al loro acuto sguardo, e appena scorto il delitto, subito con implacabile severità si mettono alle calcagna dei
anche in Argo, in Sicione, nell’ Arcadia, nell’ Acaia, e generalmente con un nome esprimente il loro aspetto buono, come Eu
avano pecore nere, e si facevano libazioni senza vino, di miele misto con acqua. 3. I Romani chiamarono Furie le Erinni, e
e la fortuna Quando morte al congiunto osa il congiunto Recar. Tosto con rapido Pie’ chi sparso ha col ferro il nuovo sang
e l’ arte adottò questo tipo rappresentandole come cacciatrici alate, con asta, arco e faretra, anche fiaccole o un serpent
e case private e alla porta delle città si collocavano certi pilastri con l’ immagine di lei, colla persuasione che ciù ten
rice nei tre regni del cielo, della terra e del mare, e venne confusa con altre dee mistiche, quali Demetra, Persefone e Ci
godevano molta ripntazione; ma in genere essa era associata nel culto con altre divinità, come Apollo, Artemide, ecc. Nell’
e Apollo, Artemide, ecc. Nell’ acropoli ateniese era venerata insieme con Ermes e le Cariti, come custode dell’ ingresso e
e, tricipite, conforme all’ immagine che gli antichi se ne formavano, con tre teste o un corpo solo o anche tre corpi ma un
del grande altare di Zeus a Pergamo Ecate apparisce tra i combattenti con tre teste, sei braccia e un sol corpo. A dar un’
Museo Capitolino. La figura di mezzo ha in testa una berretta frigia con un diadema di sette raggi, tiene nella mano destr
nistra ha in ambe le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave
’ avorio un corpo opaco, uscivano i sogni falsi ed ambigui che portan con sè fantasmi fallaci e vani; dall’ altra, essendo
e e l’ incatena; e nell’ Alcestide d’ Euripide ove la Morte apparisce con nere ali, torvo sguardo e un coltello in mano per
o testa agli Dei infernali; in principio della tragedia essa discorre con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo propo
e con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo proposito di portar con sè l’ infelice regina sacratasi a morte per la sa
suo marito Admeto. L’ arte dapprima rappresentava la Morte e il Sonno con quella differenza d’ aspetto ch’ è accennata in O
nata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca di Cipselo (cassa di legno con figure, consacrata in Olimpia dai Cipselidi tiran
vinità dell’ Olimpo. I. I Penati. 1. La voce Penates si connette con penus, che è la raccolta di quelle provvigioni an
lle fave. Allora il capofamiglia ripeteva più volte un’ altra formola con cui invitava le ombre a lasciare il suo tetto. Si
a. — La statuaria soleva rappresentare i Lares come giovani danzanti, con in mano una patera sacrificale o un orciuolo, e d
a notare che si accentuò sempre più la tendenza a identificare i Lari con le anime di celebri persone o già defunte o ancor
postipite della stirpe eolia. Qui spesso s’ intrecciava questa teoria con quella dell’ autoctonia, in quanto si faceva un D
o si faceva un Dio sposo di qualche donna terrestre; così Giove unito con Pirra aveva generato Elle, con Dia Piritoo, con E
lche donna terrestre; così Giove unito con Pirra aveva generato Elle, con Dia Piritoo, con Egina Eaco, con Danae Perseo e v
tre; così Giove unito con Pirra aveva generato Elle, con Dia Piritoo, con Egina Eaco, con Danae Perseo e via dicendo. Una t
unito con Pirra aveva generato Elle, con Dia Piritoo, con Egina Eaco, con Danae Perseo e via dicendo. Una terza opinione, r
ssibili le arti e l’ industria. Per questo Prometeo era messo insieme con Efesto ed Atena, Dei promotori dell’ umano progre
rinasceva. Alla fine Eracle lo liberò dalle catene dopo avere ucciso con una freccia l’ aquila, e avendo il centauro Chiro
ella agli Dei e usurpa quello che a loro spetterebbe, pur beneficando con ciò la società umana; della sua audacia deve paga
arrabili dolori, fino a che non viene a liberarlo Eracle, l’ uomo che con lotte e fatiche d’ ogni maniera ha vinto la vita
va essere sorgente d’ innumerevoli guai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna; gli Dei
Avvertito da suo padre dell’ intenzione che Zeus aveva di sterminare con una generale inondazione tutti i viventi, Deucali
ne tutti i viventi, Deucalione si costruì un’ arca ed ivi racchiusosi con Pirra galleggiò per nove giorni e nove notti sull
statuaria Prometeo plasmatore veniva raffigurato seduto su una rupe, con davanti a sè una figura fatta di terra, nell’ att
incudine, di dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura di Prometeo con una cannuccia in mano, pronto a rapire il fuoco.
ito delle umane età leggesi in molti autori, diversamente riferito, e con più o meno compiuta enumerazione; qui ricordiamo
ti invitati. Uno di questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto di rapire con violenza la sposa; ciò dà luogo a una zuffa che d
eca civiltà. Allora furono considerati come Genii e messi in rapporto con Dioniso, come i Satiri, i Sileni; si diceva accom
diceva avesse posto sede sul promontorio Malea. Ferito per disgrazia con una delle freccie avvelenate del suo amico Eracle
he poi venne universalmente adottata, la quale al corpo di un cavallo con tutte quattro le zampe univa il petto e la faccia
ti di recente importanti frammenti, dai quali si è potuto ristabilire con probabilità l’ ordine delle figure. Un’ altra Cen
i che si trattava recasi alla tomba della defunta, e dopo fiera lotta con la Morte, ne torna riconducendo ad Admeto la spos
in risposta, tralasciasse di cercar la sorella, ma seguisse una vacca con macchie sul fianchi a forma di mezzaluna che egli
adre di Labdaco. Dopo aver lungo tempo regnato su Tebe, Cadmo insieme con Armonia passarono in Illiria; in ultimo poi, tras
ista in bagno Artemide, o come altri narrava, per essor venuto a gara con lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che i
acalla e collocato prima nel palazzo Farnese, nel 1786 passò a Napoli con l’ eredità Farnese. La scena è raffigurata sulle
a più dietro. Sul davanti un piccolo Dio montanino contempla la scena con espressione di dolore. La cesta mistica che è ai
orti, salvo l’ ultima figliuola, la madre, narra Ovidio, ricoprendola con tutto il suo corpo e con le sue vesti, gridava ri
liuola, la madre, narra Ovidio, ricoprendola con tutto il suo corpo e con le sue vesti, gridava rivolta a Latona: « lasciat
sifo la morte, egli colla sua malizia riuscì a legare la morte stessa con si stretti nodi che nessuno più moriva, onde dove
non era che un epiteto del mare, e in fatto lo troviamo in relazione con Posidone Ippio. È ricordato per la disgrazia che
ulto, pensò mandar Bellerofonte al suo suocero Jobate re della Licia, con una tavoletta suggellata, entrovi dei segni segre
loro regno si diceva essere in Cappadocia presso il fiume Termodonte con Temiscira per capitale, oppure nel paese degli Sc
fine al ritorno, Jobate gli tese un’ imboscata deciso di farla finita con lui, ma il divino eroe se la cavò anche allora uc
così valoroso e così evidentemente protetto dagli Dei, si riconciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’
Licia. Non molto però potè godere Bellerofonte la felicità guadagnata con tanta fatica; giacchè narra Omero che venuto in o
Pegaso, e riaccese l’ amore di Stenebea per lui. Allora egli la prese con sè sul cavallo alato come per condurla nella sua
ose e florenti fanciulle, somiglianti ad Artemide o alle sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre di bipe
so, fecero a gara chi scolpisse la più bella Amazone. Vinse Policleto con una statua di bronzo che fu conservata parecchio
ciò la figlia in un oscuro carcere; ma poi le perdonò e si riconciliò con Linceo che divenne il suo successore, celebre com
escogitate quelle parti della favola che connettevano il mito Argivo con le cose d’ Egitto. Il significato naturale del mi
cilmente disseccabili; Danao rappresenta l’ industria umana che cerco con l’ arte di rimediare alla naturale deficienza d’
sto soggetto, rappresentate solitamente le Danaidi come ninfe fontane con secchie in mano. c) Preto e le Pretidi. A L
nne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratello Biante parte del regno di Tirinto. E
penetrare Zeus, si trasformò in pioggia d’ oro, e così fè sua Danae e con lei genero Perseo, che Omero dice il più ragguard
sola di Serifo, una delle Cicladi, un pescatore a nome Ditti (Dictys) con la rete la trasse a terra, e salvati così madre e
ente. Inoltre Perseo ebbe da Ermes una falce e da Atena uno specchio. Con queste istruzioni e arnesi mosse Perseo, e prima
orsero a Posidone per ottener vendetta. Posidone colpi prima il paese con una grande innondazione, poi mandò un enorme e te
pasto la bella figlia del re. Cefeo e Cassiepea dovettero adattarsi e con immenso loro dolore consegnarono Andromeda perchè
ssa. In questa guerra molto giovò a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia di nemici impietran
rar in possesso del regno di Acrisio dopo averlo ucciso, scambiò Argo con Tirinto, cedutagli questa signoria da Megapente f
a fare colle Graie o colle Gorgoni cioè colle grigiastre nubi, quelle con un sol occhio che è il lampo, queste dallo sguard
tazione della grande lotta fra gli elementi naturali. Infine il disco con cui Perseo uccide Acrisio fa anche pensare al dis
Perseo uccide Acrisio fa anche pensare al disco solare; anche Apollo con un colpo di disco uccide Giacinto (cfr. p. 57). 2
di Andromeda e la guerra mossa da Fineo contro Perseo sono raccontate con vivaci colori e conforme all’ ultima forma della
arte disdegnò queste deformità, e si prese a rappresentare la Medusa con bellissimi lineamenti irrigiditi dalla morte. Un
r i giovani. Nelle spedizioni di guerra gli Spartani portavano spesso con sè un simbolo dei Dioscuri, consistente in due ba
dei Dioscuri, consistente in due bastoncini paralleli legati insieme con altri trasversali. Templi vi erano anche altrove,
Anakes (ossia Anactes, i re, i dominatori) e celebrata la loro festa con delle corse equestri. In genere le gare equestri
onda il pavimento di questa, traendo a morte Scopa e tutti quelli che con lui si trovavano. E siccome que’ giovani non furo
latini; a che contribuiva il fatto di essere i Dioscuri identificati con una costellazione, i lucida sidera fratres Helen
soleva rappresentare i Dioscuri come bel giovani, solitamente nudi o con una leggiera clamide in atto di tener in freno in
genda attribuiva l’ aver deciso la controversia tra Atena e Posidone. Con questo concetto è forse connessa un’ altra leggen
o di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eumolpo figlio di Posidone con buon numero di Traci e d’ Eleusini; Erittonio, si
di Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Teseo re di Tracia, e con lui viveva da molti anni in buona compagnia. Le v
scongiurasse il vecchio padre Pandione a lasciarla venire alcun tempo con loro. Teseo accondiscese, ma quando vide Filomela
latini Livio Andronico e Accio. E tutte tre queste leggende raccontò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità di sentim
Efesto, rozzo come il padre, che aggrediva i viandanti e li uccideva con una mazza di ferro (perciò detto Corinete, dalla
a i viandanti a lavargli i piedi, e mentr’ erano chini a questo, egli con un calcio li faceva capitombolare in mare. Teseo
il gigante Cercione, che obbligava i passanti a lottare corpo a corpo con lui. 6º Poco dopo uscito da Eleusi, ebbe a combat
otauro, il mostro mezzo uomo mezzo toro, nato dall’ unione di Pasifae con un toro mandato da Posidone, nascosto da Minosse
e ricordo di una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato appunto con testa di toro, onorato con sacrifizi umani). Già
enicia, il dio Baal, rappresentato appunto con testa di toro, onorato con sacrifizi umani). Già due volte il tributo person
ritorno avrebbe egli spiegato vela bianca sulla nave, mentre salpava con vela nera nell’ andata; Teseo tornando si scordò
ti in una gara di corsa in cui venti giovani portavano tralci di vite con grappoli e in una processione dal tempio d’ Atena
appoli e in una processione dal tempio d’ Atena a quello di Dionisio, con sacrifizii; fondò pure le Pianepsie (Pyanepsia) p
º ei domò il toro di Maratona, quello stesso che Eracle aveva portato con sè da Creta, e lo sacrificò ad Apollo Delfinio; 2
3º in una spedizione a Creta, rapi Elena, la sorella dei Dioscuri; 4º con Piritoo e per fare cosa a lui grata scese all’ in
o aver espuguato la città di Afidna ov’ ella era rinchiusa. 5º Insiem con Eracle, Teseo fece una spedizione contro le Amazo
ci minori come Artino, Lesche e l’ autore delle Ciprie; poi la lirica con Saffo e Simonide celebro alcuni momenti della leg
lla leggenda, sopratutto le pietose vicende di Arianna; e la tragedia con Sofocle e Euripide sceneggiò la triste fine di Eg
nato le metope del lato meridionale a rappresentare la Centauromachia con intervento di Teseo, e le metope del lato occiden
ll’ armento regale che là pascolava, un bel toro bianco come la neve, con piccole e ben tornite corna, con aspetto placido
va, un bel toro bianco come la neve, con piccole e ben tornite corna, con aspetto placido e mansueto. Era Zeus che aveva pr
lei. La figlia di Agenore s’ avvicina a si leggiadro animale e prima con qualche timore poi con più confidenza scherza con
ore s’ avvicina a si leggiadro animale e prima con qualche timore poi con più confidenza scherza con lui; egli posa il fian
dro animale e prima con qualche timore poi con più confidenza scherza con lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il
igli alla custodia del re del luogo, Asterio. Che si abbia qui a fare con astri celesti divinizzati è ben probabile. Europa
ato. Cacciati i suoi fratelli, Minosse regnò solo in Creta e si sposò con Pasifae, figlia di Elio (altra personificazione d
suo desiderio. Ne nacque il Minotauro, mostro composto di corpo umano con collo e testa di toro, che Minosse fece rinchiude
e ivi aveva costruito pel re Minosse, tra altri edifici, il labirinto con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi e
sfuggire per le vie aeree, e fabbricate delle ali di penne, le adattò con cera al suo corpo e a quello del figlio; così vol
nda, ma di tarda formazione, Minosse diventò col fratello Radamanto e con Eaco il giudice dei morti nell’ Averno. Dei figli
ventar rovente, poi abbracciava i mal capitati e se li teneva stretti con un riso sardonico finchè esalavano l’ ultimo resp
vena unica che dalla, testa scendeva sino ai talloni, dov’ era chiusa con un tappo; perdendo questo, rimaneva presto dissan
acle, sebben figlio di Zeus, fosse anche detto Anfitrioniade. Gemello con Eracle, ma nato da Anfitrione, si disse Ificle. E
te da Euristeo s’ intrecciano altre gesta accessorie, che si dissero, con greca voce, parerga. a) La lotta col leone di Ne
Lerna. Era un grosso serpente, nato anch’ esso da Tifone ed Echidna, con nove teste (il numero varia, alcuni dicono persin
col dardi stanato la bestia, l’ affronte) impavido e andava tagliando con la spada le teste; ma con suo grande stupore a og
a, l’ affronte) impavido e andava tagliando con la spada le teste; ma con suo grande stupore a ogni testa tagliata ne vedev
il fuoco ad un bosco vicino, e si fece portare dei tronchi in flamme. Con questi affrontò l’ idra e bruciò mano mano tutte
a lui, n’ ebbe egli tanta paura che corse a nascondersi in una botte. Con quest’ avventura di Eracle si connette uno del pa
Pelio per opera dei Lapiti; anche Chirone fu inavvertentemente ferito con un dardo d’ Eracle, e la ferita rimase insanabile
eguì un anno intero; infine presso il fiume Ladone in Arcadia la ferì con un dardo a un piede e la prese. e) Gli uccelli di
essi lanciavano come freccie. Eracle ne uccise alcuni, altri spaventò con un sonaglio di bronzo datogli da Atena, si che no
Si recò a Temiscira, la metropoli delle Amazoni, e entrò in rapporto con la regina. La quale sulle prime era disposta a da
ale le rimise in libertà. l) I buoi di Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio di Crisaore e
ossessò. Senonchè Gerione avvertito gli corse dietro ed impegnò lotta con lui, ma fu vinto ed ucciso. Eracle ritornò passan
ad Euristeo che lo sacrifîcò ad Era Argiva. — Tra i parerga connessi con quest’ impresa, ricorderemo la lotta col gigante
a terra, il quale era re della Libia e obbligava i passanti a lottare con lui; egli semprechè toccava col piedi la sua madr
Eracle dovè per vincerlo tenerlo sollevato da terra e soffocarlo così con una stretta delle sue braccia poderose. Altri nem
i nozze che Era aveva ricevuto da Gea in occasione del suo matrimonio con Zeus. Erano custoditi nell’ estremo occidente dal
ra egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli diè il permesso di portare con sè il tricipite Cerbero, purchè riuscisse senz’ a
verlo fatto vedere ad Euristeo, lo ricondusse di nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Eu
li nel trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano di Iole; venuto a gara con Eurito facilmente lo vinse; ma poi questi non vol
lenza nel tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo stesso Dio, con lui s’ accingeva temerariamente a lottare l’ eroe
o, con lui s’ accingeva temerariamente a lottare l’ eroe, quando Zeus con un terribile fulmine separò i combattenti. A espi
vigna. — Tornato in libertà dalla servitù di Onfale, Eracle in unione con altri eroi Greci, come Peleo, Telamone, Oicle, fe
i Laomedonte. La città fu presa e Laomedonte cadde per mano d’ Eracle con tutti i suoi figli, ac eccezione di uno, Podarce.
di Ifito. Tale guerra contro i Pilii fu dai poeti posteriori narrata con una folia di particolari, e vennero introdotti a
ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e mentre era in questa città, generò con la bella Auge, figlia del re, quel Telefo che per
diventò il Corno dell’ abbondanza. Eracle vincitore sposò Deianira e con lei visse felicemente qualche tempo e n’ ebbe il
icemente qualche tempo e n’ ebbe il figliuolo Illo. Più tardi si recò con Deianira dal suo amico Ceice in Trachine ai piedi
ò il re dorico Egimio contro i Lapiti. Poi lottò in singolare tenzone con Cicno (Cycnos) figlio di Ares, presso Itone vicin
ortalo su sull’ Olimpo. Là egli visse cogli immortali, e riconciliato con Era, ebbe da Zeus il dono di eterna gioventù, fat
ovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passando col suo armento pe
’ armento fè avvisato Ercole, il quale mosse contro Caco, e impegnata con lui aspra lotta, affine lo vinse ed uccise. Poi p
e dell’ Oeta; poesie speciali compose per celebrare le nozze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Cicno il fig
per celebrare le nozze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Cicno il figlio di Ares; quest’ ultimo componimen
ine di tempo Stesicoro che tratto di avventure isolate, come la lotta con Cerbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singola
ture isolate, come la lotta con Cerbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Più di tutti va men
Nemea a lodare un valoroso, vincitore in una lotta equestre, celebra con nobil arte la lotta di Eracle fanciullo col drago
deale dell’ eroe che superando innumerevoli difficoltà, e combattendo con invitta costanza le battaglie della vita, si rend
d’ Ercole; quindi troviamo narrata nel nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi il turpe te
za. Venendo all’ opere d’ arte ove Ercole si rappresenta in gruppo con altre figure e seguendo l’ ordine biografico, non
conservato nel museo Capitolino. — A ricordare l’ incontro di Ercole con Atlante, il reggitore del mondo, giovi la fig. 86
della pelle leonina e colla clava nella destra in atto di riguardare con aria di dileggio l’ eroe vestito da donna colla r
o di Meleagro ferì la belva mortalmente e allora fu facile agli altri con più colpi finirla. Il premio della vittoria, cioè
alanta e l’ acerba morte dell’ eroe. Fra i Latini, illustro la favola con poetici colori Ovidio nell’ ottavo delle Metamorf
caso, avendo perduto per istrada un sandalo, egli si presente a Pelia con un sandalo solo; ora Pelia era stato poco prima a
no i Bebrici, e Amico loro re. Ivi Polluce venuto a lotta di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso di Tracia
l Ponto Eusino, i quali alternatamente si aprivano e si chiudevano, e con tanta velocità che ben difficilmente una nave pot
tori che sbuffavan fuoco dalle narici e avevan l’ unghie di bronzo, e con essi arasse un tratto di terreno seminando nei so
attenerli uccidendo e facendo a brani un fratellino che aveva portato con sè, Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno nel m
tirato da un drago alato. Ivi ebbe un figlio da Egeo, di nome Medo, e con questo poi tornò in Colchide allorchè per opera d
hilo, Sofocle, Euripide mettono in iscena Giasone ne’ suoi rapporti o con Medea o con Fineo o con Eeta e i Colchidesi o con
e, Euripide mettono in iscena Giasone ne’ suoi rapporti o con Medea o con Fineo o con Eeta e i Colchidesi o con Pelia. Si r
mettono in iscena Giasone ne’ suoi rapporti o con Medea o con Fineo o con Eeta e i Colchidesi o con Pelia. Si ricordino spe
ne’ suoi rapporti o con Medea o con Fineo o con Eeta e i Colchidesi o con Pelia. Si ricordino specialmente le varie tragedi
a Delfo per interrogare l’ oracolo sulla Sfinge. Il cocchiere che era con Laio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne nas
acconti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e
ombattendo essi contro il volere degli Dei come i loro padri, ma anzi con buoni auspici, ebbero fortuna. Laodamante, figlio
lla madre, ucciso poi dai fratelli di Alfesibea e venerato dopo morte con divini onori, queste avventure formarono l’ argom
ge, che a differenza della Sfinge egiziana, tronco di leone senz’ ali con petto e testa d’ uomo maschio, soleva raffigurars
eone senz’ ali con petto e testa d’ uomo maschio, soleva raffigurarsi con tronco leonino alato e petto e testa di giovine d
podamia in isposa a colui che sapesse vincerlo alla corsa dei cocchi; con questo però che chi si lasciava vincere doveva pa
ar i cavicchi dalle ruote del cocchio del suo padrone e a sostituirli con cavicchi di cera. Così Pelope vinse la gara ed En
segno di vendetta contro il fratello. Si finse pronto a riconciliarsi con lui, e lo richiamò co’ suoi a Micene. Tieste fida
cui stava compiendo un sacrificio sulla riva del mare. Allora Tieste con Egisto ottennero la signoria di Micene, cacciatin
he val formica). Dopo morte, Eaco venne per la sua giustizia ascritto con Minosse e Radamanto fra i giudici dell’ inferno.
nel fuoco voleva rendere immortale il figlio, così come era avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è questa una leggen
lamone lo accompagnò alla prima spedizione contro Troia; di là trasse con sè cattiva Esione figlia del re Laomedonte, e da
ccolto da Adrasto re d’ Argo e sposata una figlia di lui, prese parte con lui alla guerra dei sette contro Tebe incontrando
dovi la morte. Diomede stesso prese parte alla seconda guerra tebana, con che ottenne la signoria di Argo, sotto il supremo
cciato da lui e aveva trovato nuova patria in Messenia. Venuta a urto con Eracle, la famiglia già prospera di Neleo ebbe la
ioscuri, essendo occupati nella guerra contro gli Afaridi, essa fuggi con Paride e se ne venne a Troia. Menelao ne chiese d
auride per farla sacerdotessa del suo tempio. Dopo ciò la flotta potè con buon vento salpare e approdò a Tenedo, sulle cost
uomo saggio ricco di idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti maneggi di Ulisse c
uita al padre. Agamennone sdegnato di ciò, prendendosela specialmente con Achille, dichiarò avrebbe liberato Criseide ma av
più oltre parte alla guerra. I Troiani, saputo ciò, presero ardire e con valorose sortite principiarono a tormentare gli A
ora dopo aver fatto strage di Troiani, s’ azzuffò in terribile duello con Ettore e l’ uccise. Il cadavere di lui legato al
Secondo una leggenda posteriore, mentre festeggiava il suo sposalizio con Polissena la bella figlia di Priamo, fu a tradime
fu a tradimento ucciso. Intorno al cadavere suo sì combattè a lungo e con accanimento, finalmente riuscì ad Aiace ed Ulisse
ra delle Nereidi lo piansero per diciasette giorni e diciasette notti con canti e nenie così commoventi che Dei ed uomini n
iace il maggiore, sia come cugino, sia per il suo valore, vi aspirava con ragionevole presunzione, ma vi aspirava anche Uli
ossesso di Filottete rimasto a Lenno. Ulisse organizzò una spedizione con Diomede, secondo altri con Neottolemo figlio d’ A
o a Lenno. Ulisse organizzò una spedizione con Diomede, secondo altri con Neottolemo figlio d’ Achille; riuscì a trascinare
ottete a Troia; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle sue freccie uccise Paride, la cagion pr
e sue freccie uccise Paride, la cagion prima della guerra. Poi Ulisse con Diomede compì la pericolosa avventura di penetrar
l campo vicino alle navi e fingendo desistere dall’ impresa salparono con la flotta, e si ripararono in un portò dell’ isol
etta di Tenedo. I Troiani, lieti della partenza dei Greci, guardavano con curiosità quella meraviglia del cavallo di legno,
Il vecchio Priamo, che aveva cercato protezione presso l’ ara di Zeus con Ecuba e le figlie, venne ucciso da Neottolemo che
volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non era stata accolta che con dileggi e derisione. La morte di Agamennone non p
ndotto da uno zio, Strofio, abitante nella Focide. Ivi crebbe insieme con Pilade figlio di Strofio che era quasi coetaneo,
e e rapir di là l’ immagine di Atena e portarla in Attica. Vi si recò con Pilade; e, colto dal re Toante, stava per essere
e Eumenidi. Più lieta fu la sorte toccata a Menelao che se ne tornava con Elena e i tesori del bottino di guerra. Una tempe
re che si sarebbe salvato anche a dispetto degli Dei; allora Posidone con un colpo del suo tridente spaccò lo scoglio e l’
a, ma il padre nol volle accogliere accusandolo di non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata di
lla Tracia, ed ivi presso Ismaro, città dei Ciconi, venne a battaglia con costoro, e ben distrusse la lor città, ma poi sor
natura selvaggia, erano anche cannibali. Ulisse sbarcato nell’ isola con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo
. Ivi passò un ben brutto momento; giacchè tornato Polifemo, e chiusa con un masso l’ entrata della caverna, si mangi due d
Ciclope; e quando fu bene addormentato, infocata la punta a un palo, con quello pestò l’ unico occhio del gigante e l’ acc
tenarli quando ne riceveva ordine da qualche Dio. Eolo accolse Ulisse con cortesia, e quando il congedò gli fe’ un dono ass
ando il congedò gli fe’ un dono assai prezioso, cioè gli die’ un otre con racchiusi dentro tutti i venti violenti; custoden
meno del sonno, avrebbe potuto guadagnare doppia mercede giornaliera. Con una sola nave riuscì Ulisse a fuggire da questo p
he capitavano nell’ isola. Ulisse avendo mandato metà della sua gente con Euriloco al palazzo della maga, non li vide torna
cò l’ isola delle Sirene, le ingannevoli Muse del mare che allettando con dolce canto i naviganti li invitavano a sbarcare,
parenza calmo e seducente. Ulisse tappò le orecchie de’ suoi compagni con cera; egli stesso si fe’ legare all’ albero maest
rribile vortice di Cariddi, avvicinatisi troppo all’ altro mostro che con sei lunghi colli e bocche abitava nella sua teneb
ria abitata da Calipso, figlia di Atlante. Costei accolse il naufrago con grande benevolenza; se ne invaghì; voleva farlo s
Troia; e dormiva in quel momento che i Feaci lo sbarcarono e deposero con tutti i suoi tesori sulla riva, n) Negli ultimi a
o e di Atena tutti li uccise. Fattosi infine riconoscere da Penelope, con lei e col vecchio Laerte visse i suoi ultimi anni
o perchè aveva sempre consigliato la restituzione d’ Elena e la pace, con venti navi salpò dal portò di Antandro per andare
to in Epiro, dove ritrovò Eleno figlio di Priamo che portato da Troia con Neottolemo, alla morte di questo, aveva ottenuto
na nuova tempesta sbalzato sulle coste d’ Africa ove ebbe l’ incontro con la fenicia Didone fondatrice di Cartagine. Costei
artagine. Costei, invaghitasi di Enea, avrebbe voluto che si fermasse con lei e divenisse suo sposo, ma un espresso ordine
i Zeus, a sinistra di lui stanno Pelope ed Ippodamia, a destra Enomao con la moglie Sterope; seguono da una parte e dall’ a
ti superiori delle braccia, e di sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso morso, contro il quale tenta inutile dif
mostrasi spaventato non per sè ma per il padre suo, al quale si volge con pietà e sgomento. E il padre nel mezzo, preso fra
invano colla sinistra comprime il collo del serpe che gli si avventa con rabbioso morso al fianco; sotto quel morso il cor
a in tre modi, a) nel vaticinar l’ avvenire, b) nel poetare e cantare con accompagnamento della cetra, c) nel fare opere d’
altri minori, come Polifide, Teoclimeno suo figlio che andò in Itaca con Telemaco e Poliido che acquistò fama in Corinto.
nore, dove fondò l’ oracolo di Claro presso Colofone. Quivi sposatasi con Rachio di Creta, diè alla luce Mopso, il quale di
personificazione mitica di antico canto popolare in cui si lamentava con querule note il perire della natura nella stagion
Esiodo in una poesia speciale, la Melampodia. Tiresia già comparisce con regali onori in Omero; e Pindaro nella prima Neme
i mezzo, posa leggermente la mano sulla spalla d’ Orfeo che la guarda con triste dolcezza. La terza figura è Ermes che deve
litto. » 2. « Giove illustre pel trionfo sui Giganti, quel Giove che con un cenno delle sue ciglia fa muover tutto l’ univ
e il triste regno (della Morte) et le turbe degli Dei e degli uomini con equo imperio regge egli solo. » 4. Vedine la des
lume della luna dirige le danze, e le belle Grazie insiem colle Ninfe con alterno piede percuoton la terra, mentre l’ arden
barba. » 28. Una candida veste il corpo tremulo Loro avvolgendo con purpureo lembo A’ pié scendeva e li copria. Di ni
nosa avevan riciuta, E trattava la man Topera eterna. Tenean la rocca con la manca, avvolta Di molle lana; con la dritta il
n Topera eterna. Tenean la rocca con la manca, avvolta Di molle lana; con la dritta il filo Sottil traendo, co’ diti supini
enti; e chi le arcane Orgie compiva nelle cave ceste… Batteano alcune con le palme alzate Cimbali, ed altre dai ritondi bro
 585: « Scuotendo il semiferino capo velato di corone di pino, spesso con curvo labbro percorre le bucate canne perchè la z
pag. 412. 53. Carm. I, 12, 9: « il canoro Orfeo, abile a trattener con l’ arte materna il rapido corso dei fiumi e i cel
5 (1880) Lezioni di mitologia
testimonianza d’amica memoria ». E bastarono perchè mi si ravvivasse con molta soavità e con nuovo desiderio la memoria de
ca memoria ». E bastarono perchè mi si ravvivasse con molta soavità e con nuovo desiderio la memoria dei colloqui nostri in
te Federigo Sclopis, allora Presidente del Senato, visitandovi io poi con assai frequenza nella Biblioteca Universitaria e
assai frequenza nella Biblioteca Universitaria e passeggiando talora con voi nelle vie di cotesta veramente italiana città
fìsso in mente quel giorno in cui ci aggirammo per Doragrossa, e voi con erudita e limpida parola, e con abbondevole copia
ui ci aggirammo per Doragrossa, e voi con erudita e limpida parola, e con abbondevole copia di argomenti e d’esempi, sponev
ed amico, che bramò anche in questa raccolta apparecchiare, per dirlo con modo dell’ Alighieri, grazioso loco al nome vostr
o del suo culto) comincia dalle favole: onde io ho giudicato di dover con queste dar principio alle mie Lezioni, ed aprire
raduzione che siavi; e quando questa manchi, sia tale che vivamente e con dignità non rappresenti l’originale, avrò io l’ar
o nel suo poema. Egli è grande ancora in questo, poiché (come Longino con degno paragone si espresse) se nell’Iliade egli è
iste l’allegoria, la quale vedrete che, per esser vera, dee contenere con chiarezza le qualità distinte della cosa indicata
ittura del pensiero, agevolmente vi si presenterà il modo di ritrarre con simboli semplici e chiari gli esseri astratti, co
reggiava l’universo, narra lo stesso, fu da Belo divisa in due parti: con una di queste formò la terra, coli’ altra il ciel
edente collo scettro nella destra, colla corona raggiante sul capo, e con due segni dello zodiaco, il sagittario ed i pesci
fu infinito: ma lo spirito s’innamorò dei suoi principj, si mi schiò con essi, e questa misura fu Desiderio chiamata. Di q
rma di ovo, e generato il fango, cominciarono a risplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì di luce; dal
rte di questo erano il Caos e la Notte che sta sotto l’Etere, volendo con ciò significare che la Notte era prima della crea
ncora le Montagne unite in matrimonio col Cielo; produsse l’Oceano, e con lui Geo, o Ceco, Iperione, Giapeto, Ftia, Rea, Te
Sole la Luna, l’Aurora colle dita di rosa; e Creio dal suo matrimonio con Eurita ottenne Astreo, Perseo e Fallante. Perseo,
lissima fra le stelle, cara a Venere, a cui un moderno poeta paragona con tanta eleganza, imitando Virgilio, la sua amica.
mali Le nate a vaneggiar menti mortali.6 » Dal commercio di Fallante con Stige figlia dell’Oceano e di Teti nacquero Zelo,
va ai consigli dei re, alle guerre ed alle vittorie. Rea si congiunse con Saturno, e n’ebbe prole troppo chiara e potente i
ati e alle catene: Noi che maggior della paura il danno Soffrimmo, or con prudente e intensa mente Fia difeso da noi l’impe
confonde. Meraviglioso ardor l’Èrebo investe, Ode, e vede la pugna, e con la terra Par che di nuovo si confonda il cielo, E
i, dove queste diverse norme dell’ architettura furono da Scopa Pario con solenne artificio distribuite. Ma di questa varie
ti del nume, o la pluralità degli Dei che nel tempio erano adorati. E con ogni altra iorma della fabbrica alludevano alle q
o il tempio di Delfo, e deridendo la religione dei sepolcri cercarono con memoranda avidità l’oro fra le ceneri degli estin
rdoti, i vasi stessi che accogliere dovevano il sangue delle vittime. Con queste corone alcuni cingevano la sommità del cap
ano credute poco accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e farina di orzo, detta mola,
’anima del trapassato, ne spruzzavano di chiarissime acque i compagni con un ramo di ulivo, e così tutti piangendo gli dice
ien presso alla bara: il capo Del diletto guerrier sostenta e stringe Con ambe mani, e ad or ad or sov’esso Il suo dechina,
ano agnelli e giovenchi a Cerere, vestiti di bianco, e legate le mani con rami d’olivo, perchè loro rendesse con larga usur
ti di bianco, e legate le mani con rami d’olivo, perchè loro rendesse con larga usura il seme fidato alla terra, e con fall
vo, perchè loro rendesse con larga usura il seme fidato alla terra, e con fallaci erbe non deludesse la speranza della mess
Gentili erano preceduti i sacrifizj dalle lustrazioni, che facevansi con un ramo di ulivo, o con istrumento a ciò destinat
i sacrifizj dalle lustrazioni, che facevansi con un ramo di ulivo, o con istrumento a ciò destinato, del quale può vedersi
ceglieva o il maglio o la scure o il coltello, ch’esser soleva lungo, con manico d’avorio dall’oro o dal hronzo adornato. C
ser soleva lungo, con manico d’avorio dall’oro o dal hronzo adornato. Con un ferro detto dolabra, delle palpitanti vittime
olta dal terrore guidati, giudicano doversi onorar gli Dei immortali, con umane ostie ne funestano i templi e gli altari? O
nde nemmeno onorar possono la religione, se prima violata non l’hanno con qualche delitto. Chi fra voi ignora che così barb
a, il corpo Precipita, si frange in mille parti Su gli aspri sassi, e con il proprio sangue. Infelice fanciul, bagni il tuo
nità, erbe ed incensi, quindi animali, arrivarono a tanta insania che con umane vittime contaminarono le loro mani e i temp
alla Luna, ad Iside, ch’è lo stesso presso gli Egiziani, propiziarono con umano sangue: tanti mali potè consigliare la supe
lontanasse l’ira divina, meritata colle scelleraggini, quasi le colpe con altre colpe potessero espiarsi. Seneca, di cui la
ella disperazione, se ne ordinava il sacrifizio; onde Amasi patteggiò con Plutone dieci uomini per la propria vita. Nè a se
à compiacevasi, ma Numa, di mansueti costumi maestro ai Romani, eluse con accorta ripulsa la dimanda di quel dio che parlar
e tua mercede i Greci Bacin la patria lacrimata terra. — Così dicea: con mormorio sommesso Tutte le squadre accompagnar le
regi detti, I bei veli del sen bianco custodi, Arrossendo, sciogliea con mano incerta. Apparve allor d’effigiati marmi L’e
e ferir bramasti. Eccoti, Pirro: ove tu vuoi ferisci. — Ei dubitando, con mano tremante Vibrava il ferro nel sicuro collo.
elle avea le forme, e tutta avea Sparso del sangue suo Tara del nume. Con quella gioia che pensar ti puoi Allor Calcante es
Parlata di Clitennestra. Apra il mar nuovi abissi, i Greci inghiotta Con mille navi, e se d’Auìide il porto Vomiterà le in
r deve la riva. D’Elena è figlia, e ne fu Teseo il padre Quando placò con imeneo segreto I brevi sdegni alla rapita donna.
o col tempo e colle sciagure. I mortali, da queste avvertiti, avranno con facile errore sottoposti i numi alle forme umane,
divinità visibili adoravano, senza dar loro figura umana, indicandole con informi masse o pietre quadrate, come facevasi pr
, cioè colona: tanto nei vocaboli sta l’origine delle cose racchiusa. Con due pezzi di legno paralleli, insieme uniti a due
Atene. Erme (come noto è a tutti) chiamavansi le pietre quadrangolari con una testa, alle quali, con profondo scherzo, para
tutti) chiamavansi le pietre quadrangolari con una testa, alle quali, con profondo scherzo, paragona Giovenale gl’inetti no
enienti forme si effigiarono nella parte superiore di essi, indicando con taglio longitudinale la divisione delle gambe. Un
minile dagli Egizj. Dedalo insegnò il primo a rappresentare le statue con occhi guardanti, a disgiungerne le gambe, a dista
mpico, che veruno emulò, e neir Esculapio di Epidauro, l’avorio erano con artificio, che vincea la preziosa materia, distri
tivo dei numi, ai quali erano le statue dedicate, praticavano ornarle con nastri e fasce, uno’erle coli’ olio: questa ultim
intieramente era sacrilegio: pure concesso fu diradarli, propiziando con sacrifizio al nume del luogo. Celebri sono nell’a
gli antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre di sangue. Qui, con gli occhi vedi Ciò che udire è terror; splende la
a colpa: è sacerdote Atreo! Ei le funeste preci all’ara innanzi Dicea con labbro violento: il bosco Trema e la terra: la fu
a a colpa aggiunge. Come armeno lion fra molta strage Esulta, e turba con sanguigne zampe Le ignude ossa, ove ha regno, e l
:ìi antichi sulle nutrici di tanto fanciullo, poiché Luciano e Arato, con molti altri, dicono che alimento gli fosse il lat
vedevasi la statua della Fortuna, dal di cui seno beato suggeva Giove con Giunone il primo alimento; e ninna certamente gli
nume i Coribanti, che furono detti Cureti ancora, e Dattili Idei, che con celere ed armonica danza movendosi, picchiavano g
i, nè avidità di sangue i lupi; il mare non aveva procelle. Fuggirono con Saturno questi beni; l’avarizia dominò il cuore d
curo fra tanti iniqui dopo aver dato l’esempio della violenza. Egeone con altri giganti congiurati tentò rapirgli l’occupat
e della querce che perciò gli fu sacra, e divise l’universo trionfato con Plutone e Nettuno col mezzo della sorte. Peride C
ve. Teocrito, ovvero altro greco poeta, lo dà descritto in un Idilio, con tanta grazia e semplicità così bella che vince og
tima cade Alla sorgente aurora, e dolce il sonno Siede sugli occhi, e con soave nodo Gli lega e vince le disciolte membra.
ièi vita, e questo suolo Pargoletta toccava, e fu nutrita Soavemente. Con le forti palme L’altra invadeva il delicato collo
avemente colla man divina La carezzava: al fianco eragli il Nilo, Che con sette onde dà tributo al mare. Tutto d’argento er
l curvo Aratro trae per le ostinate glebe, O fra gli armenti pasce, o con domata Cervice traggo ponderoso carro: È tutto bi
colpata fermossi, a lei lambiva Il collo, e l’adescava: essa lo palpa Con la tenera mano, e dalla bocca Soavemente gli terg
Tritoni Abitatori del veloce flutto Suonano a nozze la ricurva conca. Con una mano Europa al lungo corno S’attien del tauro
lò nei campi corintj sul colle già detto Tronace, che Coccige quindi, con greco vocabolo, fu per tal motivo chiamato. Tempe
simulando evitare il furore della procella, venne il finto cuculo, e con ali umide e tremanti si pose sulle ginocchia dell
primo furto di Giove nacquero le Preci, che, al dir d’ Omero, seguono con tardo piede l’ingiuria veloce. Nè Giove marito si
entuno scudi aurei, che da Mummie vincitore furono consacrati al dio. Con solenne artifìcio effigiata era nella facciata an
Quintiliano, potè emulare; in cui l’oro e l’avorio erano distribuiti con tal lavoro, che la preziosa materia era vinta. Un
lui col leone nemeo: l’attentato d’ Aiace verso Cassandra: Ippodamia con la madre, e mille altri mitologici argomenti. Nel
bassorilievo dimenticati erano Ercole e Minerva, Apollo e Diana,, che con Anfitrite e Nettuno era scolpita pure nel l’estre
ende. « La vide un dì partir dal patrio speco Giove, e disse ver lei con caldo affetto: O ben degna di me, chi fìa, che te
soprano, Ch’ha lo scettro del ciel, mai gliel consenta Quel dio, che con la sua sicura mano Il tremendo dal ciel folgore a
che d’averla era disposto, Fé’ nascer una nebbia oscura e folta, Che con la ninfa il tenesse nascosto; Qui lei fermata ed
iporto e per ristoro. Andar godendo il bel luogo, ov’egli era; Giunon con gelosia, con gran martore. La giovenca mirò sdegn
ristoro. Andar godendo il bel luogo, ov’egli era; Giunon con gelosia, con gran martore. La giovenca mirò sdegnata e altiera
resche e tenerelle; Alle paterne rive un dì ritorna Dove giocar solea con le sorelle; Ma come le sue nuove altere corna Mir
specchia, e fugge. Le Najadi non san che la vitella, Che vuol giocar con loro, e le scompiglia. Sia la perduta lor cara so
i, e fai quel che far puoi. Ohimè: che le tue nozze io preparava Far con pompa, con gaudio e con decoro; Onde nipoti e gen
el che far puoi. Ohimè: che le tue nozze io preparava Far con pompa, con gaudio e con decoro; Onde nipoti e genero aspetta
oi. Ohimè: che le tue nozze io preparava Far con pompa, con gaudio e con decoro; Onde nipoti e genero aspettava, Per la mi
o ignoti, I tuoi figli saranno, e i miei nipoti? Potessi almen finir con la mia morte L’intenso e dispietato dolor mio, Ch
tor gli erra da canto, Che alle fresche erbe il suo gregge ristora: E con le canne sue sì dolce canto Rende, che n’addolcis
ian chiusi a lor dispetto: Ma molti ei ne tien desti e gli ritarda, E con quei vegghia e la giovenca guarda. Mentre in par
la sampogna il suono, e la favella Dalla sua lingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la
ingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la verga sua toccando aggiugne; Sfodra la spada s
’ognun chiaro vedevi. Una infelice e tetra notte oscura: Solo una man con tuo gran danno e scorno T’ha tolto i lumi, la vig
gli occhi che distacca Dal capo tronco, ivi gl’imprimé e inchioda, E con mirabìl’arte ve gli attacca. Tutta arrabbiata poi
e la sua guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol col volto e con gli occhi al ciel s’eresse, E con un sospirar, co
prostrata sul lito, Sol col volto e con gli occhi al ciel s’eresse, E con un sospirar, con un muggito, Che veramente parca
o, Sol col volto e con gli occhi al ciel s’eresse, E con un sospirar, con un muggito, Che veramente parca che piangesse. Pa
ospirar, con un muggito, Che veramente parca che piangesse. Parca che con Giunone e col marito De’ suoi strani accidenti si
fin, come innocente, Del suo doppio martir che prova e sente. Giove con grato modo e caldo affetto. Per ammorzare ogni ra
uggella Per non udir quel che fuggia d’^udire. S’ arrischia alfin, ma con rotta favella Tutta dubbiosa sotto voce a dire; E
a guisa di auriga, e tenente nella sinistra i fulmini e le spighe, e con sembianze imberbi, quantunque comunemente con vir
fulmini e le spighe, e con sembianze imberbi, quantunque comunemente con virile aspetto usanza fosse il dipinger Giove. L’
il Redentore per le preghiere di una legione cristiana. Gli Ateniesi con questo nome l’adorarono nell’Inietto; ed Aquilici
ne abbracciava l’altare che in Olimpia, al dir di Pausania, sorgeva. Con somma religione Giove ospitale, o Xenio, riguarda
o Giove dagli Arabi; Ermontide dagli Egiziani dalla città di Ermonto. Con Belo fu confuso dagli Assiri, benché sia più prob
comandar solea La loquace zampogna. Or d’alto vallo Tazio le cinse, e con la fida terra Fece al campo corona. Altera Roma,
la tradita Roma Ti porto. Ahi: tu delle rapite donne Compensa i danni con ingiuria alterna, E me rapisci: alle cognate squa
giuria alterna, E me rapisci: alle cognate squadre Io nel mezzo starò con questo petto; Partirò le ire, ed unirò le destre,
tributi diversi che l’antica credulità le concesse Nacque ad un parto con Giove, ma il timore ma terno non la celò al genit
rlo sopra un carro, spargendo al tempo stesso la fama delle sue nozze con Platea figlia di Asopo. Prestò lede Giunone alla
ito, come Omero nel quinto libro dell’Iliade lasciò scritto. Venerata con somma religione era specialmente la divinità di l
le braccia, nelle quali il greco artefice avrà gareggiato sicuramente con Omero per esprimerne la bellezza, pregio singolar
appunto, e molto maggior del naturale. Ma ora nè possiamo distinguere con precisione la maniera di quel gran maestro, delle
retto da Leonardo Agostini antiquario. Dalla similitudine del diadema con quello che si osserva in alcune medaglie sulla te
le, per cui Delira il saggio e s’incatena il forte. Placido e lento e con soave forza Nè certa men tocca lo spirto, e al co
tti a quell’ardor, che senza Leggiadra ésca vital langue e si spegne. Con tai due nuove e di diversa tempra Arti, che all’u
ndo de’ suoi proprii oltraggi, Quasi di proprie colpe, a lei perdono. Con questo a Giuno ella ritorna; e, prendi, Disse, ec
di Venere serpeggia Soavemente a Giove in sen; già tutta La trascorre con l’occhio e in lei si pasce. Per man la prende, e:
utto M’empie lo spirto e ‘1 cor: No dea, no donna Non fu giammai, che con sì cara e degna Seduzion mi risvegliasse in petto
svegliasse in petto Così tenero amor. — Scherzi, riprese Sospirosetta con sogghigno accorto, Scherzi o t’infinofi: e che? t
i fur quegli amplessi, onde temprasse Divino seme de’ mortali i danni Con celesti virtù: la terra a questi Deve Alcide, e P
Dei solenni Imenei, figura e pegno Di quel nesso vivifico, che cielo Con terra innesta, e l’universo attempra. Non un afi’
issima discende. Sorride il cielo, circola d’intorno Arcano gaudio, e con bisbigli e tresche Di lieti augei, d’ implacidite
atrimonio sottoponeva i coniugi, che davanti al suo altare si univano con un laccio in augurio, raramente avverato, della c
nla quando diminuiva il sollecito pudore delle vergini, cui lo sposo, con mano ardita, scioglieva il cinto beato. Regina ap
rle quell’animale fosse stabilito da Ercole, quando dopo aver pugnato con Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea,
suti in un tempo nel quale i filosofi pagani si sforzavano di scusare con industri allegorie tutte le assurdità delle lor r
ssandro Severo, una ve ne ha, nella quale è effigiata Giunone sedente con un fiore nella destra, e un putto in fasce nella
molan le stille, Onde agli alberi son gravi le chiome, L’Ore succinte con le varie vesti Convengon quivi, e nei canestri li
l’evento La promessa, e fu madre: e quindi io svelsi Lo stabil fiore con la lieta destra: A se Giuno l’appressa, e già nel
men chiara. Non fu questo dio esente dall’ambizione, giacché congiurò con gli altri per legar Giove, che fatto accorto da T
o nei sacrificii a Nettuno e ad Apollo. Venne Nettuno pure in contesa con Minerva e Vulcano per la preferenza dell’arte; e
e una casa, e da Vulcano fu l’uomo composto. Un’altra volta ebbe gara con Minerva nell’Areopago per dar nome ad Atene, e al
el suo libro Intorno alla natura degli Dei, avvertono che effìgiavasi con neri capelli ed occhi cerulei. I poeti lo mostrar
za era d’immolargli un toro. Inondatore, Prosclistio, perchè, adirato con Giunone, inondò un campo argivo; dove poi, come P
a serie dei cognomi dal Paganesimo dati a Nettuno, che ninno atteggiò con maestà degna di un dio quanto Omero descrivendone
estuggine col ferro; e avendo divise misuratamente le canne, trapassò con queste il dorso dell’ucciso animale, lo circondò
con queste il dorso dell’ucciso animale, lo circondò di bovina pelle, con accorto consiglio v’impose i cubiti e li fornì di
Separò da questo cinquanta bovi, e delle sue arti non dimentico, egli con la preda camminava all’indietro. Nè bastò questo
neffabile astuzia di Mercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e con foglie di mirto e di mirica ordì pei piedi nuovo
gli uomini e degli Dei: dei cani stessi non s’udiva il latrare. Entrò con tacito piede nell’antro, si cinse di nuovo delle
i ancora dell’ettoreo sangue macchiate. Alato, senza alcun ornamento, con lieto volto ed occhi argutamente ridenti rapprese
o. Nella via Lechea, che conduceva a Corinto, fu effigiato in bronzo, con un ariete accanto, perchè affidata gli era la tut
affidata gli era la tutela dell’ armento. Gli attribuivano il caduceo con due serpi, simbolo dalla sicurezza della concordi
so, o cappello, in una medaglia di Metaponto si vedono legate al capo con un semplice nastro, come appunto nel bel marmo ch
a di un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al quale raccomandò con tutta energia che tacesse: « Veggendo come non v
della nostra statuetta, in cui si mira l’avveduto bambino dissimulare con un riso artificioso l’imbarazzo della sua sorpres
i maniera che se ne godeva nel Foro il maestoso prospetto, compartito con simmetria e varietà in diversi ordini, di sustruz
e si riporteranno a suo luogo, si sono scoperte due basi di gran mole con singolari iscrizioni, le quali dimostrano evident
ecetti del padre, e prima ai piedi I talari adattossi. Ali son queste Con penne d’oro, ond’ei l’aria trattando Sostenuto da
elo dell’allegoria adonestar volle di soverchio le favole per opporle con insana fiducia alla luce dell’Evangelo, asserisce
oro fu il nipote d’Atlante pure cognominato per questo segno, che era con molto artifizio composto; perchè aureo fu detto a
sandrini, Taaut da’ Fenicii, Tentate dai Cartaginesi e dai Galli, che con umano sangue lo placavano onorandolo sopra ogni a
el gregge. Cammillo, cioè ministro degli Dei, lo dissero gli Etruschi con nome ai Beoti ancora comune. Odio dalle strade de
na breve Ode di Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata non con fedeltà di traduttore, ma con licenza d’interpetr
del nume, la quale ho volgarizzata non con fedeltà di traduttore, ma con licenza d’interpetre. Mercurio detto l’Antinoo d
somiglianza di attitudine conia celebre statua di quell’eroe, che si con serva in questo stesso Museo, Disconvengono però
o? Questa è sotto gli occhi del pubblico nella Galleria Farnese, dove con piacevol sorpresa può vedersi l’Antinoo di Belved
incanta gli spettatori. Nessuna statua ha accoppiata tanta robustezza con tanta eleganza. Nessuna è stata immaginata o eseg
robustezza con tanta eleganza. Nessuna è stata immaginata o eseguita con più ardire, o si consideri il serpeggiamento dell
uesto ben provenire dalla riunione moderna dei pezzi antichi eseguita con qualche arbitrio, L’ armoniosa relazion delle par
egno l’ira D’eterno amore: A te fanciullo del rapito armento La cura con miglior senno commise, E vedovo dell’arco, all’ir
i Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio di Saturno lo partorì Latona con la sorella, emula illustre che seco divide l’impe
erviti: d’Apollo ebbe fine, poiché la povertà lo costrinse a dividere con Nettuno l’impresa di costruire le mura troiane. N
in bronzo), fece un Apollo jmbere insidiante ad un serpente lucertola con una saetta da vicino. L’età della nostra figura,
erabil atto Niobe, che in Frigia sorge umida pietra, E ognora attesta con immoto lutto Di superbe parole alta vendetta. Mis
ta vendetta. Misero è ben chi cogli Dei contrasta: Pugna col rege chi con dio combatte. Apollo il coro onorerà se canta A s
hi al par di lui lo puote. Che siede a destra del gran Giove, e vince Con beata armonia le cure eterne, E crebbe invidia ai
tu consumi il peso Della faretra: nell’immensa helva Seguonsi i dardi con stridore orrendo, E: Saetta, saetta, urla la pleb
he lascia Di narrar quanto il vasto mare abbraccia; Ma l’urta il nume con irato piede E grida: Larga dell’assirio fiume E l
on posso dar principio migliore alla seconda Lezione sopra Apollo che con Delfo, nobilitato dalle imprese, dal tempio e dal
dagnata la sommità del Parnaso coi lupi e le altre hestie feroci, che con gli urli servivano loro di scorta, vi edificarono
scorta, vi edificarono una città chiamata Licorea per questo motivo. Con tutto ciò, un’ altra tradizione porta che Apollo
si vuole che nò Orfeo, il quale rispettabile rendeva un’alta saviezza con una perfetta cognizione dei misteri, nè Museo che
o, Ineguale guerrier, benché di Teti Figlio scotesse le Dardanie mura Con la, fato di Troia, asta tremenda. Qual pin reciso
avria, tremendo apertamente ai vinti, I figli ascosi nel materno seno Con le fiamme rapite al frigio rogo Arsi, se Giove, c
o sopra una sommità, dalla quale si può discendere per tutte le parti con un facil pendio. Il tempio di Apollo ha la stessa
e riportarono su gli Spartani. Consiste in un Apollo, in una Vittoria con le statue degli eroi originarii di Tegea; come Ca
dei principali capi che presero il partito di Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio di Tala
, nato da una sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con Batone suo parente e suo scudiere, che tiene le b
ollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui, sola innocente. Accant
origine greca; una statua equestre di Achille, dei Tessali; un Apollo con una cerva, dei Macedoni, che abitano la città di
di i poeti hanno presa l’occasione di fingere ch’Ercole aveva pugnato con Apollo per un treppiede. « Dopo la famosa vittori
da soldati, marinari e fanciulli: Fronti, celebre piloto, è in mezzo, con un remo in mano. Sopra lui si vede un certo Ictem
Ictemene, che porta dei vestiti, ed Echeace che discende da un ponte con un’urna di bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfa
’allor strappate Al crine, e l’ara si rovesci. — Il volgo Muto obbedì con mormorio sommesso. Veneran sempre gli oltraggiati
io, e volge Sipilo il freno, qual nocchier presago Che scema ai venti con dimesse vele Il furor, quando unica nube ingombra
edirne, prova di novelle forze Facean nella palestra, e petto a petto Con stretto nodo opposto era e congiunto, Allor che u
più misera resta Che a te felice: dopo tante morti Ancor ti vinco. —  Con stridore orrendo L’arco scoccò: tremano tutti: au
E Niobe sola. In nere vesti avvolte Stavano intorno del funereo letto Con sparse chiome le sorelle meste. Fere lo strale un
uò essere sì degnamente descritta che si possa figurare alla fantasia con tutti quei pregi, che si apprendono dall’ispezion
e. L’artefice, che si era sollevato fino a concepire una bellezza che con venisse ad un dio, l’ha poi espressa con tanta fé
a concepire una bellezza che con venisse ad un dio, l’ha poi espressa con tanta fé licita nel marmo, che sembra aver realiz
con tanta fé licita nel marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con un semplice atto di volontà. Ha rap presentato il
dopo che è cessato il vento. Guarda egli il colpo delle sicure saette con una certa compiacenza che mostra la soddisfazione
almeno originali di second’ordine, impareggiabili, se si confrontino con ciò che l’arte rediviva fra le nazioni moderne ha
ore, senza additare il sito preciso dove si custodiva. Potrebbe anche con maggior probabilità esser quello di Calamide esis
ea della Sapienza, e le sovracciglia, che il voler supremo manifestan con i cenni; gli occhi della regina degli Dei in mani
da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima a cui sembra con bella pompa annodata dalle Grazie e di aromi cele
allibil dardo Di me, ch’or dianzi sul Piton, che mille Campi ascondea con spazioso giro, Votai della faretra il peso immens
ampi ascondea con spazioso giro, Votai della faretra il peso immenso. Con la tua face le concesse cure, Ignote a me, sii d’
la sua vendetta Ambo gli sceglie, e col primiero Apollo Fere, e Dafne con l’altro. Ama lo dio; La ninfa ancor d’amante abor
l prego, 10 non ti seguo qual nemico; agnella Sì dal lupo s’invola, e con tremante Penna l’aquila tal fugge colomba: Ma son
o solco Gl’ignoti abissi dell’età future, 11 passato, il presente: io con la cetra Marito il suon degli animosi carmi: Cert
te: dubita l’altra, e al vano morso Quasi presa si toglie. Era lo dio Con la vergine tal: rende paura Celer la ninfa, e la
o in rami le sperate braccia, E il pie già sì veloce al suolo è fìsso Con le pigre radici, e copre il volto La frondifera c
Greci chiamavano κρωβυλος, e che presso gli scrittori non trovasi mai con sufficiente precisione descritta. Questa voce sig
te son biondi. D’altronde nella pittura il contrasto dei capelli neri con la bianchezza della carne è troppo duro, e produc
tri di simil genere che gii hanno dati i poeti, saranno state dipinte con una capellatura bionda, come noi possiamo giudica
o (prosegue il medesimo) è qualche volta rappresentato nelle medaglie con una patera in mano, e tiene al tempo stesso un ra
si corona da sé stesso di lauro come vincitore nel suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di
senta una tazza di ambrosia, immagine tolta da Omero. Apollo si trova con dei cervi e dei cani sopra una medaglia; e rappre
si trova con dei cervi e dei cani sopra una medaglia; e rappresentato con questi attributi era nominato Agreo, cioè cacciat
un Apollo cacciatore, come Spence pretende. La cerva sopra un altare, con altri attributi propri: di Apollo, rappresenta la
eve averli da questa isola banditi. A Delo vi era una statua del nume con un arco nella destra, e le tre Grazie poste sulla
mai rappresentato col berretto frigio, e le teste fornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di una tomba di
o. Parecchie di queste medaglie greche e latine si conservano tuttora con tale impronta, e. ciò che più singolarmente fa al
ono a’ citaredi e alle persone teatrali, e chiamano palla, benché non con tutta la proprietà. (La palla dei Latini era, sec
che lo guarnisce sul petto. La clamide che gli sta sospesa agli omeri con due borchie è anche parte di questo abito citared
odo si sospendevano, vengono da Esichio dette φορμιγγες, parola greca con cui talora si denota ogni sorta di cetra o lira:
ate nelle cesellature dell’aurea cetra di Evangelo. Intendiamo ancora con quanta ragione fosse prescelto questo simulacro a
cossa una giovenca. L’urna Ministri l’acque di Cirene: il serto Lazio con l’edra Filitea gareggi: Fumin gl’incensi: triplic
Migdonia tromba. Lungi, frodi. La colpa in altro cielo Alberghi. Febo con l’allor lusinga La nuova strada al suo poeta. mus
r non detta i voti. Qui del mondo pugnar le mani: ascose Mole di pini con diverso fato L’onde soggette. Eran d’Antonio i le
l suono inerme; Ma quel sembiante che al maggior Atride Rivolse, onde con mille avidi roghi Vuotò le tende Achee, e i giri
e tu sei prence dei latini remi. Deh non temer se la contraria armata Con cento ali remeggia: il mar sdegnoso Sotto le frem
ncontrarsi: io son degli anni Il padre: io guiderò di Giulio i rostri Con la man trionfale. — In questi accenti Sciolse la
la sorella. Didimeo, perchè credevasi lo stesso che il Sole, il quale con doppio lume fa heto l’universo, rallegrando ancor
riton che suona la ritorta conca, E Proteo dubbio, ed Egeon che preme Con le sue braccia alle balene il tergo: Dori e le fi
Stupisce all’alta novità del loco Il giovinetto, ma le scorge il Sole Con gli occhi omniveggenti, e dice: figlio, Che vuoi?
e il carro Dentro l’onde ospitali: un moto eterno Rapisce il cielo, e con veloce giro Gli astri conduce: nell’avversa parte
il calle ove si vede Certi vestigi delle nostre rote. Perchè la terra con il ciel divida Egual calore, il sommo evita e l’i
esiato. — Occupa il carro Fetonte già coll’agil corpo, e gode Trattar con mano le permesse briglie, E rende grazie non volu
e tuoni. Mancan l’acque e le nubi: il folgor vibra Sopra l’auriga, e con la vita il carro Gli toglie, e fiamme con le fiam
gor vibra Sopra l’auriga, e con la vita il carro Gli toglie, e fiamme con le fiamme affrena. Gli atterriti corsier rompon l
imbombava l’Etna, l’isola tutta, l’Italia vicina, e la Corsica ancora con eco spaventoso. Diana solo non mutò faccia, perch
uando fu posta a sedere dà Latona sui forti ginocchi di Brente, a lui con la mano pargoletta strappò dal largo petto le lan
do in una moneta della famiglia Ostiglia l’osserviamo in veste talare con un cervo che ha raggiunto, stretto da lei per le
rvo che ha raggiunto, stretto da lei per le corna colla sua destra, e con una lancia da cacciatrice nella sinistra. E poi s
n alcune immagini si osservano pendenti, poiché Penelope presso Omero con quelle appunto si copre e asconde le gote. Quello
, e che io credo insussistente, è la sua massima che qualunque statua con tal benda si osservi debba a Leucotea attribuirsi
perchè gii fosse di scampo. Deducesi da tutto ciò che Ino o Leucotea con tal benda soleva effigiarsi: non mi sembra per al
principio del suo poema ne adorna le ninfe dello Scamandro. « Vero è con tutto ciò che forse questa è la sola figura che n
rse questa è la sola figura che non sia bacchica, la quale s’incontri con simile abbigliamento, poiché le Muse stesse non s
a cui è sacra una delle sommità del Parnaso. La nostra Diana si rende con ciò tanto più singolare, non avendo col jiume teb
altre immagini, che pure a simili soggetti appartengonsi. « Commento con diligenza questa parte dell’antico vestiario perc
rato. Fra i piccoli busti dell’ Ercolano è un Ercole vestito da donna con corona e abbiggliamento da baccaute. Questo bronz
io da certi antiquarii. E questi un giovine robusto di capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di veste muliebre e con
o di capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di veste muliebre e con una mano nella stessa guisa avvolta nel manto. No
il virgiliano Micene in que’ versi: « Tutta di levigato marmo starai con roseo coturno avvinte le gambe. » La tonaca è bre
o. Tu primiera cagion fosti di pianto, misero Atteon, mutato in cervo Con non tue corna, e voi, cani feroci. Ch’il sangue s
r che chiama L’Ianzio giovinetto i suoi compagni, Che gian pei boschi con error diverso: Compagni di fatica, ei dice, assai
e par di natura, e qui fìngea L’imitatrice sua col proprio ingegno, E con pomice vivo e lievi tufi Curvava arco nativo. Un
’onda e Jale e Nife e Rani; Dall’ abil’ urna la diffonde a gara Fiale con Seca: coU’usato umore Mentre si terge la Titania
la Titania dea. Il nipote di Cadmo al bosco arriva Per ignoto sentier con passi incerti Vagando: così piacque al fato. Appe
sparse di rugiada Le presentano l’Ore, e invan la chiama Il suo Titon con desiose braccia. Pur dalie ninfe sue celata e str
vento, Ileo feroce, E Lelape, e Teronte, Agre che trova Orme di belve con sagaci nari, E mille veltri che è il ridir dimora
ignari compagni accrescon rabbia Coi gridi usati alla feroce torma, E con gli occhi Atteon cercano, a gara: Atteone, Atteon
« L’animosa fanciulla in mezzo al terrore delle compagne, ch’avriano con le mani sopraposte agli occhi desiderato di celar
ima volta? Sul monte Emo di Tracia, ove il turbine di Borea i mortali con grave gelo flagella. Qui da un pino tagliasti la
. Qui da un pino tagliasti la fiaccola che accendesti sul Miso Olimpo con quella luce inestinguibile, che dai fulmini del t
divora la peste i loro bestiami, la grandine le loro terre, i vecchi con recisi capelli piangono sopra i figliuoli, muoion
a cuore il canto in cui si odano le nozze di Latona, e tu molto regni con Apollo, e di tutte l’imprese tue si favelli, dei
grande, o per un pie di dietro smisurato palpitante cignale, e quindi con accorte parole, così ti favella: Ferisci le besti
de gorgogliando alzarsi: Si appressa al lido, e vi si frange, e getta Con infinite spume orrido mostro. La minaccia dei cor
valli: Afferra i dardi, incontra il mostro, e larga Piasra nel fianco con la man sicura Gli apre. Per rabbia e per dolore i
e questa enorme macchina: ma invece di questo riferisce freddamente e con serietà una visione dell’architetto, al quale app
hiai ministro E vindice. Volò pubblico grido Che Eneo, per l’anno che con larga usura Rese ai cultori gli affidati frutti,
I lumi: eguale è il setoloso tergo A selva d’aste: la bollente spuma Con strider roco dall’adunca guancia. Ch’arma il fulm
Di Leda, che diverso onor commenda; Giason ch’osava violare i flutti Con la nave primiera; evvi Teseo, Piritoo d’amistade
remar vedesi i dardi. Egli ruina, ed i latranti cani Sparge, disperde con obliquo morso. Inutil fu dell’Echionio braccio Lo
uina le mura, e l’alte torri Ove il chiuso soldato impallidisce; Tal, con certo furor, s’avventa il crudo Cinghiale: abbatt
idò: L’ambito onore È d’Atalanta. Arrossir tutti; un grido Levossi, e con la voce il valor crebbe. Volano mille dardi: è l’
nda nel tergo. E mentre volge La belva inferocita il corpo in giro, E con roco strider versa il novello Sangue e la spuma,
e.per la schiera Un indistinto mormorar s’ascolta. Di Testi i fiorii con distese braccia: Lascia il dono, esclamaro, e i n
atori ingiusti Dell’onore non vostro, io voglio ferro E non parole; e con nefando colpo Il sicuro Plexippe uccide. Incerto
sul fuoco Posto allora ch’Altea dal grembo scosse L’ infausta prole. Con la man temuta Toccando i fili del fatato stame Di
lzò la madre Dal letto, e tolse dal vorace foco Il ramo palpitando, e con la pura Onda il consperse. Nel recesso stava, O e
fìcio orrendo Rivolgete la fronte: ecco un delitto Vendico, e faccio: con la morte espio Morte, e colpa novella a colpa agg
e di sangue, E poi vi seguirò. — Disse; e col volto Rivolto indietro, con mano tremante Getta nel foco il ramo: acuto grido
n grido In Calidone: ogni età piange, il volgo Coi potenti confuso, e con le sparte Chiome le madri. Il genitore i crini Ca
use, io non potrei Nel vario pianto le sorelle meste Seguire: Al seno con le palme oltraggio Fanno, sul freddo corpo i cald
, anche il mulo univasi al carro della diva. Ippolito Pindemonte dice con molta leggiadria in una sua Canzone alla Luna: «
leggiadria in una sua Canzone alla Luna: « L’Ore in oscuro ammanto E con viole ai crini T’ imbrigliavano intanto I destrie
dre ne’ suoi commenti all’Epistola di San Paolo agli Efesini: — Diana con molte mammelle adoravano quei d’Efeso, non quella
succinta, ma quella multimammia che i Greci chiamano (grec) affinchè con quella effìgie ancora mentissero esser lei la nut
sposto e sostenuto da Luca Olstenio. Eccone le parole: « Diana Efesia con molte mammelle e spiedi costruita. » Questa descr
l Cancro e del Leone, e sul quale sembran danzare quattro donne alate con serti e corone ed archi nelle mani, credute sinor
ra improprio, perchè le sfingi non sogliono ordinariamente osservarsi con tutta la mezza figura superiore umana, e persino
o Demetrio un orefice che lavorava in argento dei tempietti della dea con una certa somiglianza al gran tempio di Efeso, un
: al di sopra sembrano collocati due vasi, e al di sotto due volatili con alcune piccole perle. Una sì rara antichità mi è
ionico erano appunto le colonne incise in una patera etrusca insieme con due Amazoni, che ora si è smarrita, e che certame
fraterne fiamme un bosco grato Di fredde ombre occupò Diana: un rivo Con lento mormorio l’onda stringeva Fra pietre attrit
ccie ed ire. Orsa è fatta: ma resta in lei la mente Antica, e attesta con assiduo grido Il suo dolore, e verso il cielo ina
Tritonide, e questo favoloso natale attestavano le pugne scherzevoli con le quali dalle fanciulle celebrata era in quel lo
che vuol Pallade nata dal capo di Giove fu Stesicoro, che volle forse con questo racconto, in apparenza ridicolo, insegnare
e burlando or insegnò, or pervertì, nei dialoghi degli Dei introduce, con quella grazia ch’è tutta sua, Giove afflitto dai
rto, che non il soccorso di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii di levatrice, ond
ntorno minacciosa e torva. » Una deità così terribile dovea dividere con Marte la gloria feroce di presiedere alla guerra;
ano in un suo dialogo intitolato Hermolimo narra che venuta a contesa con Nettuno, oppose al toro, ovvero al fremente caval
simulacro di lei nel Museo Capitolino. Pallade è stata rappresentata con Giunone, allato del trono di Giove, in piedi. La
ezza naturale lavorata nel più antico stile greco rappresenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisel
o stile greco rappresenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisele di pelle, e gettata sopra il bracc
l soprannome poco conosciuto di (grec); Polluce spiegando questa voce con quest’ altra (grec), non ce ne dà una più chiara
, uccello a lei sacro per la somiglianza del colore delle sue pupille con quelle della dea. Gli antichi, accuratissimi osse
so sul suo usbergo, anche come un trofeo; per aver Medusa contrastato con Minerva sulla bellezza dei suoi biondi capelli, p
ne sopra il Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea era con occhi di questo colore figurato. Pensano alcuni c
dalla nottola sacra alla dea derivano questo cognome, e Gellio crede con probabilità maggiore che glauchi gli occhi di Pal
mpio. Ippia, od Equestre, fu detta perchè la prima inventò il cocchio con evento più felice della tibia, giacché favoleggia
e è rappresentata ferita in una coscia, che dice aver veduta Pausania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso
e di Minerva Musica, i serpenti di bronzo della di cui armatura erano con tanta sottigliezza ed artifizio lavorati che risu
tosa figura, é stato motivo di attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri simboli proprii di questa dea del valore e
za. » Solevano in un determinato giorno deli’ anno le vergini Argive con solenni cerimonie portare il simulacro di Pallade
uale è il frutto Del melagrano. Il maschio olio soltanto Però recate, con che s’unge Alcide E Castore; togliete un pettin d
o figlio per corvette e damme? — Sì Cariclo dicendo, al sen stringeva Con entrambe le mani il caro figlio. Così dell’usigno
Minerva, E voi che Argo, o fanciulle, in cura avete, Acclamate la dea con fauste voci. Con preci e voti. Salve, o dea: prot
e Argo, o fanciulle, in cura avete, Acclamate la dea con fauste voci. Con preci e voti. Salve, o dea: proteggi Tu l’Argiva
e dalla spuma del mare. Appena nata, dai capelli e dal volto spremeva con ambe le mani l’onda dell’ Ocea no: e il principe
chiome la spuma che è nei crini. Pallade, avendola veduta, così parlò con Giunone: E giusto cedere a Venere nella bellezza.
za. — Dicesi che concepita in una conchiglia ripiena di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio di u
hie traforate l’oro più fino, e l’oricalco; il collo, il bianco petto con monili dello stesso metallo adornarono. Così elle
de; la seconda, di cui abbiamo favellato, generata dalla spuma, diede con Mercurio la vita al secondo Cupido; la terza, da
Orfeo, o chi sia l’autore degli Inni, confonda la marina, o volgare, con la celeste. Epimenide Cretese, seguendo un parere
fiori nascevano sotto i piedi divini. Venere la prima mescolò gli Dei con donne mortali, e Giove per vendicarsi la fé’ sogg
vivrò ed infermo fra i mortali, perchè questa è la pena di chi giace con le dee. — Consolò Venere i timori dell’eroe; scus
ebre sulla morte dell’ assirio giovinetto. Il Salvini volgarizzandolo con non ordinaria eleganza mi ha dissuaso da tentare
miei studii. Venere è stata rappresentata ancora presso gli Etruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane gli ama
incise del Museo Stosciano offrono Venere tenente un pomo e la lancia con la punta rivolta verso la terra, probabilmente pe
ll’isola di Citerà rappresenta Venere coU’arco nella mano sinistra, e con un pomo ed una freccia nella destra. Arduino vuol
stita delle pitture di Ercolano, che dalla mano diritta porta un ramo con due pomi, ed uno scettro dalla sinistra. Pietre i
e spogliato di ogni desiderio sensuale, è stata rappresentata ancora con dell’ali. Famosa in Plinio è la statua di Venere
altre gemme e statue dello stesso soggetto. E ammirabile il giudizio con cui ha ancora impiegato per sostegno dell’ anca s
che n’era comunemente la materia. Oltre l’additarsi vie maggiormente con questo vaso rovesciato l’azione del bagno, dove e
ente delizioso. Presso della medesima fu disotterrata una base antica con lettere greche che significano: Bupalo lo fece. P
; avea Criprigna Bello l’aspetto allor che Adon vivea. Morì sua forma con Adone, ahi ahi! Dicon le querce, e i monti: ahi l
orché morto, e par che dorma, Ponlo in morbidi panni, qual solea Teco con essi trarne i sacri sonni Nel letto aurato, or co
ca il tristo Adone. Gitta sopra di lui ghirlande e fiori; E ogni cosa con lui tu gitta intanto, Poich’egli è morto, e tutti
tanto, Poich’egli è morto, e tutti i fior morirò. Spargi il bel corpo con unguenti, spargi; Peran gli unguenti tutti, poich
orgente sopra una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pure con sembianze di donna che teneva la stessa conchigli
in Orazio, in Ovidio, in Apuleio. Filostrato nelle Immagini l’addita con specchio d’argento, con sandali e con fibbie dora
Apuleio. Filostrato nelle Immagini l’addita con specchio d’argento, con sandali e con fibbie dorate. Canaco Sicionio fé’
ostrato nelle Immagini l’addita con specchio d’argento, con sandali e con fibbie dorate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine di
ll’abito stesso, col nome di Venere Genitrice: onde potersi accertare con buon fondamento qual fosse il vero soggetto delle
abbastanza osservate e distinte dagli eruditi. Questa che conosciamo, con sicurezza ci fa strada a ravvisare questa dea in
il seno e la sinistra mammella. « La circostanza non potea rilevarsi con maggiore opportunità pel nostro argomento. Inoltr
a del bagno; la cura della beltà han cercato gli antichi di esprimere con questi accessorii nelle statue di Venere; così in
citrice. La prima era che la presente statua avea la tunica dal petto con lasciva negligenza cadente, foggia usata dagli an
l’origine di Roma e degli Augusti. Quantunque la figura sia composta con certa eleganza, che la dimostra proveniente dal b
che la dimostra proveniente dal buon secolo dell’arte, è poi trattata con molta trascuratezza. La novità dell’ invenzione e
nta sventura ascrive all’aver Vulcano tentato sciogliere le incudini, con le quali era Giunone legata, come la più litigios
no che il nume, memore dell’ingiuria, mandò una sedia d’oro a Giunone con alcuni lacci nascosi, che legarono tosto la dea q
le fiaccole nelle nozze, ed in onore di lui celebravansi delle corse con le dette fiaccole nella mano. Si affaticavano di
rtarle accese fino alla meta prescritta: quello cui si estingueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno era superato
per legge del giuoco era costretto a dargli la face ardente. Lucrezio con molta vaghezza paragona questa gara alla nostra v
eteo, più antico del dio, secondo lo Scoliaste di Sofocle, e ch’ebbe con esso ara comune. Ma delle arti che col fuoco si e
consenso autore è creduto, e divide, secondo l’Inno Omerico, l’onore con Minerva di avere insegnato agli uomini che abitav
tunque alcuni gli diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una rete con tanto artificio, che la consorte ed il drudo sorp
e saette a Giove. Ed una allor n’aveaii parte polita. Parte abbozzata con tre raggi attorti Di grandinoso nembo; tre di nub
lib. viii, v, 639 e segg. Vulcano è stato rappresentato nelle pitture con un cappello di colore violetto per indicare il fu
quella dell’iraperator Claudio il Gotico. Vulcano vi è rappresentato con l’incudine, le tanaglie e il martello, con l’iscr
Vulcano vi è rappresentato con l’incudine, le tanaglie e il martello, con l’iscrizione al Re dell’Arte; il che si riporta a
so rilievo che apparteneva al cardinale Polignac, hanno fatto nascere con ragione dei dubbii sull’antichità di questo monum
alda tenaglia, e colla destra inalza Pesante mole di martel, che cala Con grossi colpi: il docile metallo Cede alla man che
ssalito ferì: ciascuno ha seco Chi ‘1 ravvalora, e sua ragion difende Con dubbiosa tenzon; parteggia e grida La mobil turba
l tintinnìo gentile Mesce la voce dilicata; e insieme Gioconda coppia con vivaci salti Percote il suolo alternamente, e i m
, e nel sangue Lordano il grifo; alle lor fauci indarno Tenta ritorla con bastoni e grida Quello e questo pastore, indarno
ruppi il coro sblazzevole S’aggira e mesce, e si congiunge e spartesi Con giri alterni, e braccia a braccia intrecciansi: M
el mezzo saltatori agevoli Or col capo, or col pie la terra appuntano Con rapida vicenda; il canto inanima E dà norma alla
Alfin dell’ampio scudo il lembo estremo La vasta possa d’Oceàn corona Con le curve spumose onde d’argento. Compita è la gra
voleggiano che sia tratto in un carro sul quale auriga, siede Bellona con sanguinoso flagello. I cavalli che lo trasportano
tivo. Aveva il nume, per assicurare il segreto dei suoi furti amorosi con Venere, posto Alettrione a custode. Il giovinetto
stica desrli antichi animava tutta la natura, spiegandone gli effetti con dei sogni cari all’umana debolezza. Adoravasi Mar
io figlio di Nettuno, perchè violar voleva Alcippe sua figlia, difese con successo la causa della sua vita alla presenza di
é della storia di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene di bronzo legato lo tennero per tredici me
se di questa disavventura non fosse stato fatto accorto Mercurio, che con le arti usate lo tolse di furto. Ascalafo figliuo
mede e di Minerva, che tanto gli aveva fatto osare. Giove guardandolo con occhi pieni di collera: Incostante e perfido, gli
di mortale in un Dio. Omero nell’Odissea racconta gli amori del nume con Venere. Tutti gli Dei, come vi esposi nella passa
cendo che Sol figliuolo di Vulcano re di Egitto volendo far osservare con tutto il rigore la legge promulgata da suo padre
stato informato che una dama della sua corte avea commercio impudico con un cortigiano, entrò di notte nella sua casa, ed
il Terrore e la Fuga. Una sola figura del Palazzo Borghesi lo mostra con un anello alla gamba, alludendo forse alla favola
questo uso di figurarlo, il vano timore che gli abbandonasse. Vedesi con un olivo in mano il Marte Pacifero in un rovescio
sagger già stava Sulle Tracie contrade, e mentre varca L’Orsa gelata, con error diverso Lo trae del loco la tempesta eterna
stodia: al primo Ingresso al forsennato Impeto balza, La colpa cieca, con acceso volto L’Ira, e il Timore con la faccia smo
ato Impeto balza, La colpa cieca, con acceso volto L’Ira, e il Timore con la faccia smorta. Vi stan l’Insidie con i brandi
ceso volto L’Ira, e il Timore con la faccia smorta. Vi stan l’Insidie con i brandi ascosi, E doppio ferro la Discordia vibr
e urla ia reggia. Mestissima Virtù siede nel mezzo; Lieto è il Furor; con sanguinosa faccia Siede la Morte armata, e sopra
squadre in pianto: Cedon le selve, e la profonda neve Dà loco. Regge con la man sanguigna L’atra Bellona i suoi cavalli, e
ge con la man sanguigna L’atra Bellona i suoi cavalli, e stanca A lor con l’asta il polveroso tergo. Sol per la vista la Ci
Tanto è vero che gli antichi artefici si formavano sui poeti, perciò con loro dividono la gloria di serbarci la religione
la gloria di tutte due a Cerere, che i Latini confusero da principio con Rea, la Terra. Distinta da questa, ella fu nonost
be seco sei mesi, ricomparve la tranquillità sul suo volto, intralciò con le spighe i capelli, e la raccolta fu sì abbondan
per fermarvisi, e servirà di notare che l’uso di rappresentare la dea con le spighe di grano le avea fatto consacrare il se
oro situazione. Cerere, soprannominata Nutrice, è stata rappresentata con due fanciulli che tengono il corno dell’abbondanz
ità, ed è per questa ragione che sopra alcune medaglie si vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si sc
ella terra, doveva esser caro a Cerere, ancora che non si riguardasse con essa sotto relazioni misteriose: così si vede cir
i Cerere. Le offrivano delle vitelle, e qualche volta è rappresentata con . una testa di toro. Quantunque tutto questo possa
izii ordinarli, misteriosi. Però si vede nelle medaglie romane Cerere con una fiaccola da ambedue le mani, e con una troia
e nelle medaglie romane Cerere con una fiaccola da ambedue le mani, e con una troia ai piedi. Degli altri simboli e maniere
amente la rosata cresta Ergono. La variata in tre figure Ecate appar: con lei Bacco procede Festante: l’edra gli circonda i
ali delle sacre cose Apritemi, e del ciel vostro i secreti, E narrate con qual face l’amore Trionfò dell’inferno, onde rapi
Dite l’error della delusa madre, Alma inventrice delle bionde spighe, Con che mutossi la Dodonia querce. D’Erebo il re d’ir
la canizie, indi i ginocchi Supplicanti abbracciar, non senza pianto, Con quelle mani per cui trema il mondo E serve; che d
corrono sempre i nostri fusi. Che, di tutto principio e fin, compensa Con le veci di vita alterna morte, Per cui s’avviva l
l’alte leggi Che i nostri stami ordirò, ed i fraterni Patti turbando, con civile tromba Empie insegne sollevi, onde ai prof
ol possiedo Informi spiaggie, e te di luce il cielo Cinge, e calpesti con altero piede Gli altri sosro’etti, che d’Imene an
sul modio, o moggio di lei, stringere nel becco un topo, considerato con ragione come il nemico della dea delle biade. Ecc
. Le gru passavano ancora per fedeli interpreti di Cerere, e le erano con sacrate. L’immaginazione degli artisti, poco cont
il fulmine ch’ella tiene, sono segni di possanza, che comuni le sono con altri numi. Similmente la vittoria ch’ella ad Enn
e sulle ginocchia della dea si vede, parmi alludere alla sua identità con Cibele, o la terra, della quale era simbolo speci
lo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba nell’altr
dell’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba nell’altra, lo che accennava i mal gr
tterizzano l’antico stile egiziano. Cercarono nel principio d’imitare con fedeltà maggiore la natura: poi s’inalzarono fino
gli attributi simbolici. Innanzi questa epoca si vede Cerere espressa con un velo che cade sulla parte posteriore della ves
di sopra foglie e spighe. Quella parte di capelli, che non è nascosa, con felice disordine adombra la fronte. Qual variazio
si era ai tempi di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicata con l’abito di una vecchia contadina seduta sopra un
tura ad ornare qualche miserabil capanna. Quando non si può esprimere con un sol tocco una grande idea, si ricorre agli acc
boli, e diviene tutto enimma e confusione. Tale è la statua di Cerere con ali, che hanno neir estremità un raggio coi sette
e braccia di lei Castore e Polluce: sta in piedi accanto ad un altare con una patera nella mano. Chi cercherà la spiegazion
a maniera. Spanemio crede che la Pace rappresentata sopra le medaglie con spighe nella mano, da Cerere non differisca. Che
ssi che questo dio delle ricchezze fu il frutto degli amori di Cerere con Jasione. Gli scrittori seguenti hanno aggiunto a
omelo, che in lite col maggiore ed al puro necessario ridotto. comprò con quel poco che gli restava dei bovi, inventò l’ara
elle terre compagne. Or lei rapita All’Italia, natura all’onde oppone Con triplicati scogli. Indi Pachino Ver l’Ionio furor
dal ribelle collo E muta i fianchi, la Sicilia trema. Le città dubbie con le mura ondeggiano, E della vista sol d’Etna le c
nalza; in improvisa notte Splendon le fiamme che nel cielo avventa, E con i danni suoi l’incendio nutre. Ma benché bolla pe
Sa serbar fede alle Sicane nevi, Che ne difende arcano gelo, e lambe Con fedel fumo l’innocente fiamma Le contigue pruine.
nde l’oro fra k squamnie: or vince Zeffiro il giro tortuoso, or lambe Con minor volo li soggetti campi, E si feconda la sol
da una parte della sua veste. Osserva Winkelmann che non si vede mai con una chiave sulle spalle, come da Callimaco è dipi
opera sul Laocoonte, di trovare nei monumenti delle arti le divinità con tutti gli attributi che loro danno i poeti; e d’a
della sacerdotessa Nicippe. Cerere in nessun luogo è stata effigiata con sì belle sembianze quanto in una moneta d’argento
e rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un Vincitore con una quadriga. Queste monete avrebbon dovuto esser
icazioni di Cerere: ma conviene avvertire ch’essendo la sinistra mano con quanto contiene, di moderno risarcimento, non sia
rò che la sopravvesta, o palla, che tutta la circonda e la copre, può con gran proprietà convenire alla gran dea dei mister
ndo quelle linee parallele, che formano le pieghe del panneggiamento, con tale intelligenza disposte e variate di spazi che
stra di maggior grazia e di maggiore eleganza, questo sembra eseguito con maggiore maestria. « Questa figura femminile priv
tura, e una statura quadrata e robusta così bene espressa da Lucrezio con quei due epiteti di doppia e mammosa, che sembran
alla nostra specie, che pei suoi insegnamenti mutò la ghianda caonia con la pingue messe. Appoggia la sinistra allo scettr
augusta Ida alla dea: del tempio La rispettata pietra un pino adombra Con dense frondi; non turbò procella La pace delle se
vorio cinge. Bronzo è la cima, ed in colonne eccelse Sorge l’elettro. Con tenero canto Molce i silenzi dell’eterna casa Pro
e qui coll’ago L’ordin degli elementi e la paterna Sede illustrava, e con qual legge avea Vinta natura la discordia antica.
le cose: D’oro le stelle accende, e sparge l’onde D’ostro, ed i lidi con le gemme inalza: Mentiti flutti il filo asconde,
’increspa che tu l’alga credi Frangersi negli scogli, e lambir l’onde Con roco mormorio l’aride arene. Finge dell’avo ancor
iori, perchè a Cerere rammentavano le sventure della rapita figlia, e con eguale rigore proibivasi di mangiare il melagrano
e finalmente dagli Erminionensi che Plutone glie l’avea rapita. Irata con gli Dei, lasciò il cielo, e simile fatta a donna
olpo. Vietava la legge che fosse ammesso uno straniero: non si ardiva con tutto ciò opporsi alla domanda d’Ercole amico e b
ti Immemore: cosi voUer le Parche E di Vener l’inganno: il vicin fato Con mesto cigolio disser le porte Tre volte, ed altre
n mesto cigolio disser le porte Tre volte, ed altrettante Etna gemeva Con flebile muggito: invan; non move Proserpina prodi
nel cimiero aurato Tifon scolpito, che nell’ima parte Vivendo par che con la morte scherzi: S’inalza al cielo con terribil
ell’ima parte Vivendo par che con la morte scherzi: S’inalza al cielo con terribil giro L’asta qual selva. Col splendido ma
ra echeggiar faceva voci terribili, alternava le tenebre e la luce, e con mille altre apparizioni, spaventando le menti, le
a commessa la religione dei misteri. E dieci sacrificatori dividevano con gli altri ministri le cure. S’iniziavano in quest
iunque ama la virtù, e non cerca di scemarle la fede del genere umano con insensati sofismi. Nel numero degl’iniziati si an
a virtù più severa. Cicerone dice che non solo erano causa di vivere con allegrezza, ma pure di morire con buone speranze.
che non solo erano causa di vivere con allegrezza, ma pure di morire con buone speranze. Era opinione che le dee Eleusine,
divulgare i riti di Cerere ai profani, ed erano obbligati al segreto con giuramento. Quindi fu proscritto dagli Ateniesi D
se pericolo della vita perchè parve in alcune sue opere avere toccato con profana curiosità i misteri di Cerere. Orazio, fo
gloria, ma dolor presto alla madre. Pari per forme e per onor, potea Con gli strali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo por
mula di natura, a lei pingea La veste, e qui l’Iperionia prole Nascea con inegual sembianza: Teti Dava la cuna agli anelant
in tale ammanto Proserpina pompeggia; a lei compagne Le Naidi sono, e con simile schiera Quelle ninfe le fan densa corona C
rresoluta nutre Nello stagno palustre, e il noto fonte D’Aretusa, che con sicuro errore Segue l’ospite Alfeo. Così la schie
rmo nutre, nel solenne rito Fanno di Bacco, e le paterne ripe Scorron con ebra gioia: lieto nell’antro Già l’urna liberal d
siede in curva valle: Di primavera genitor soave, Che pei miei prati con lascivo volo Regni, e fai lieto di rugiada l’anno
iano, e movon varii rivi Lo strepitoso pie tra verdi sponde. Del Sole con la fredda ombra dei rami Tempra i raggi una selva
de Evvi, e il frassin guerrier, la sacra a Giove Querce e il cipresso con i mesti rami Ombra ai sepolcri, e dei futuri even
i mesti rami Ombra ai sepolcri, e dei futuri eventi Presago il lauro: con la densa cima Il bossolo cresputo ondeggia, serpe
elebre Zoega. Dopo questo, che lentamente procedeva, veniano le donne con le ceste mistiche di purpurea fascia circondate.
into giorno andavano gl’iniziati di ambidue i sessi portando di notte con volto truce le fiaccole, intorno alla grandezza d
i era la processione di Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con error manifesto lo rappresenta Claudiano. Questo
zione. Teodosio il maggiore, benemerito della nostra Religione, abolì con molte altre ridicolezze del Paganesimo ancora i m
sua intenzione fu posta col tempo in effetto da Adriano. Eccovi date, con quella brevità che si poteva, le notizie più impo
i muri, in lievi Studii ora stanca, depon l’asta, all’elmo Ingentilir con nuovi serti insegna. La ferrea cima lussureggia,
Colei che scorre del Partenio i boschi Or sprezza i cori, e di frenar con vago Serto del crin la libertà non sdegna. Ecco c
destrier pesanti: Encelado gemente opprime, e solca L’immense membra con le ferree rote. Già nuovo peso alla cervice è Dit
uro oste sorprenda, e vinca Le rocche dagli assalti invan difese. Tal con erranti briglie il terzo erede Di Saturno ricerca
eran le rupi. Sdegnato, i sassi collo scettro immenso Percote il nume con muggito orrendo. Di Sicilia sonar gli antri: si s
rapita, e grida: O dee, Aita; — e già la sua Gorgone svela Pallade, e con il teso arco s’affretta Diana: all’armi castità c
re accende; Ei qual lione che giovenca afferra Decoro dell’armento, e con gli artigli Sbrana il petto, poiché nel tergo imm
ni. Gli dicea Minerva: Re di vigliacca plebe, o dei fratelli Pessimo, con la face e col flagello Qual delle furie qui ti sp
a face e col flagello Qual delle furie qui ti spinse? ed osi Profanar con la tua quadriga il mondo? Per te di Lete è il pig
ià saria vibrata, Ma puro raggio di tranquilla luce Giove ne torse, e con tonante nembo Genero confessava il re dell’ombre.
la il pianto Ter2:e col ferruorineo ammanto, e il mesto Dolor consola con placata voce. Perchè tormenti con funeste cure Pr
o ammanto, e il mesto Dolor consola con placata voce. Perchè tormenti con funeste cure Proserpìna il tuo cor? scettro maggi
che i numi mertaro una sol volta Sempre tenghiamo, più fecondi prati Con Zeffiro migliore educan fiori Eterni, ch’Etna tua
foglie dalle frondi: incontra Inferno il proprio Re: sereno ei torna: Con facil riso la mestizia eterna Mansuefece. Flegeto
noti prati. Parte tiene la reggia, orna di rami Le soglie, e il letto con adorni vasi Inalza. Cingon con pudica schiera L’E
ia, orna di rami Le soglie, e il letto con adorni vasi Inalza. Cingon con pudica schiera L’Elisie madri la regina, e fanno
schiera L’Elisie madri la regina, e fanno Al tenero dolor frode soave Con detti accorti; dell’errante crine L’error si fren
vin spumante Bevon col crin feroce; i serpi eterni Son miti; accendon con diverso lume La face, che nuzial teda diviene. La
l nero ammanto Pronuba notte le sta presso, e tocca Le piume e unisce con perpetua pace Tutto il creato. Godon l’ombre pie,
madre, o del Tonante E genero e fratel, sonni concordi Traete: unite con l’alterne braccia 1 petti. Già nasce beata prole,
sso i Greci ed i Romani non avea anticamente altro segno che il fuoco con solenne religione custodito. Numa Pompilio fece f
er significare che questo fosse il globo della Terra, ma per additare con esso tutto l’universo, nel mezzo del quale stava
la di Giove. Nel tempio accennato mantenevano i Romani il fuoco sacro con tanta superstizione, che veniva riguardato come p
no sinistro augurio se si estingueva, se si espiava questa negligenza con cure e con inquietudini da non dirsi. Non potevan
augurio se si estingueva, se si espiava questa negligenza con cure e con inquietudini da non dirsi. Non potevano più accen
con cure e con inquietudini da non dirsi. Non potevano più accenderlo con altro fuoco: bisognava, dice Plutarco, farne di n
ean piangenti Le Driadi, che abbattuto il sacro alloro Avean le Furie con tartarea scure. Nuncia dei proprii danni era la f
a fama il mio segreto. Me la famosa nobiltà del loco Spaventa: ancora con timor diverso Mi avverton sogni infausti, ed ogni
ginocchi Mancano, e scorre per le membra un gelo. Ma geme al fine, e con il crin si strappa Le spighe, ed erra per le vote
pettin le dotte arti interrotte. Perì l’opra divina, il ragno audace Con sacrilego fìl supplìa lo stame! Non piange il dan
upplìa lo stame! Non piange il danno, nella cara tela Imprime baci, e con le mute fila Ragiona, e tutti del lavoro illustre
nge Come la figlia: del pudico letto I vestigi ricerca e gli percorre Con lacrime a con baci: i voti campi Interroga così m
glia: del pudico letto I vestigi ricerca e gli percorre Con lacrime a con baci: i voti campi Interroga così mesta giovenca
solea nel sen gradito Portar la pargoletta al sommo Giove, E locarla con dolce atto di madre Nel ginocchio paterno, ed era
e Esiodo, il quale nella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divise con Omero la gloria di dare un sistema alle opinioni
erie dai Latini. Quasi tutte le antiche pagane nazioni hanno venerata con sommo culto la Terra. Gli Egiziani, gli Sciti, i
rcotono l’aria, ed allontanano le nuvole. — Ma l’artista si allontana con sommo giudizio dal poeta. Tutti due rappresentano
rno, ch’è solo abbigliato, ristesso luogo. Forse i Romani esprimevano con giovani uomini o fanciulli le stagioni, perchè pr
resittone selva a Cerer sacra Violò colla scure: immensa querce Stava con tronco annoso, e sola è bosco: Memori segni la ci
ei comanda che nel sen si celi Di quel profano, nè alla copia ceda, E con le forze mie combatta e vinca: Nè te la lunga via
so si noma: e qui la Fame Cercata trova, che in sassoso campo Strappa con l’unghie e con i radi denti Le pallid’erbe: irto
ui la Fame Cercata trova, che in sassoso campo Strappa con l’unghie e con i radi denti Le pallid’erbe: irto era il crine, i
ati; invade Del sacrilego il letto, in alto sonno Lo trova immerso; e con le fredde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel v
onda terra Lascia; ai poveri tetti, agli antri noti Ritorna. Il sonno con placate penne Eresitton lusinga, e già dei sogni
gente vana. » E Properzio, uno dei più grandi poeti antichi, spiegò con molta accortezza ed artifizio poetico gli attribu
i rammentata. Neir ingresso dell’Academia vi era 1’ altare dell’Amore con un’ iscrizione, la quale attestava che Carmo fu i
ore era chiamato (grec) o chiavigero. Si rappresentava ancora l’Amore con gli attributi di tutte le grandi divi^nità per de
se la lite degli elementi, e leggi prescrivesse alla materia informe. Con ragione quindi l’autore degl’Inni, che vanno sott
rgilio seguitò ancora questa opinione, dicendo: Precipita la Notte, e con le nere ali abbraccia la Terra, — E nel libro sec
to, della quale il drappo è blu, e che tiene una fiaccola rovesciata, con l’iscrizione: La Notte. Sopra un basso rilievo de
del Palazzo Albani, che esprime la scoperta dell’ adulterio di Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al
non esiste più, la Notte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e con una fiacco
nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e con una fiaccola nella mano. Compirò il mio ragioname
enterà l’occasione di ritornare col tempo su questa favola ingegnosa, con tanta venustà raccontata da L. Apuleio: « Maggio
llo, che dice: — E poi viene il sonno colle ali fulve, e i neri sogni con incerto piede. — Questa immagine da lui derivò il
sa. Ov’è il silenzio, che il di fugge e il lume? E i lievi sogni, che con non secure Vestigia di seguirti han per costume?
e dure! » Alato, come avete udito, lo hanno figurato i poeti, perchè con prestezza tutto l’universo percorre, e chiude all
ere od in acqua la schiuma. » Quindi è che fratello di Lete lo disse con ragione Orfeo, che chiamò pure quiete dell’univer
degli Dei. In Omero tutti gli Dei cedono al Sonno: solo veglia Giove; con che quel principe dei poeti volle indicarci che c
’altro Tutta-Notte. Nella città sono due porte: uno di corno lavorata con grande artifizio mostra espresse, come in basso r
Sogni, tutti di figura diversa. Alcuni sono gracili, piccoli, gobbi, con gambe torte. Altri di bella statura e non men leg
ggiadri di volto e di portamento. Vi sono Sogni che alati minacciano, con tremendo aspetto, sciagure, e ve n’ha diversi che
aspetto, sciagure, e ve n’ha diversi che promettono felicità vestiti con pompa reale. Se qualche uomo entra in questa citt
Diana, dormire sul monte Latmo. Morfeo è ordinariamente rappresentato con due grandi ali alle spalle, e due piccole alla te
un cippo ed incrociate l’una sull’altra. Il Sonno è pur rappresentato con un giovine genio che si appoggia sopra una fiacco
ova colla parola Sonno sopra una pietra sepolcrale nella Villa Albani con sua sorella la Morte. Si vedon questi due genii n
nfìli ci presenta lo stesso genio addormentato coli’ ali ripiegate, e con dei capi di papavero nella mano. In un altare di
ne ha scritta il Bellori, benché pubblicato per antico da Montfaucon. Con questo Nume sia effigiato nel bel monumento che o
o dormendo: al che può anche alludere avere unito la statua del Sonno con quella delle dee del Parnaso. Così appunto si ved
rebbe pensato che lo rappresentassero. «  La prima è la testa barbata con barba puntuta, capelli acconciati quasi all’uso f
icato da Fulvio Orsino, che si custodisce a Firenze nella Galleria. «  Con più ragione l’attribuiamo ora a Morfeo, e per l’u
gante. Io congetturo che l’immagine di questo rettile vi sia aggiunta con più mistero. « In Olimpia la statua dell’ indovin
mente è l’effigie della Morte. Tale è al certo il giovinetto coronato con una face rovesciata nella destra e i papaveri nel
dice che nell’arca di Cipselo la Morte e il Sonno erano due fanciulli con le gambe torte. Pretendere che la frase greca pos
Febo ignoto ad ogni raggio il suolo, E sola nebbia di caligin mista. Con vigil canto non invoca il giorno Chi soffre il da
gi, ai duci Mostrano i tre fratelli, e l’altra schiera Erra pel volgo con le incerte piume. Ovidio , Metamorf. lib. XI.
o, il minor dei figli, dopo avere incatenati i fratelli fece al padre con una falce adamantina quell’ingiuria, che in lui f
cro, che sarebbe restato oscurissimo, ma ci è servito per riconoscere con maggior chiarezza di quella che potevamo sperare
dell’immagine di Biante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivoli, con questo stesso, di rigettarla. « Debbo avvertire c
caduta in questo luogo menzione di questa eccellente pittura, osservo con piacere che le Muse si veggono in quella distinte
’ordine e la pace fra gli uomini. Regnò nella Tessaglia, e si applicò con tanta saviezza a render giustizia ai suoi popoli
i veruno negherà la notizia perfetta delle antiche superstizioni, che con la potente arme del ridicolo ha combattute. Quind
a i lirici poeti, i principii della religione; il quale avendo veduta con Olimpico, sonatore di flauto, la madre degli dei
vendo veduta con Olimpico, sonatore di flauto, la madre degli dei che con fragore e lampi scendeva dal cielo, eresse un san
a fune in mezzo a una moltitudine, che invano si affaticava, e trasse con picciolo sforzo la nave nel porto. L’idolo al suo
ono a così turpe ministero. La dea fu probabilmente scolpita da Fidia con timpani in mano e con leoni a basso del trono, po
tero. La dea fu probabilmente scolpita da Fidia con timpani in mano e con leoni a basso del trono, poiché nelle medaglie di
onete, le quali come protettrice di Smirne la rappresentano in unione con altri numi, questi, e fra essi Giove stesso, rest
so, senza briglie come nell’ara pubblicata da Zoega; talvolta corrono con velocità, la dea stessa governandone le redini. H
dei piedi, e sino dentro le scarpe, e che di taglio aperto a riprese, con bottoncini astretto alle membra, fa travedere int
me; vi sono dei monumenti ove veste al consueto dei Frigii una tunica con maniche succinta, talvolta ancora con doppia cint
consueto dei Frigii una tunica con maniche succinta, talvolta ancora con doppia cintura e dei calzari lunghi. La clamide o
importa, ma vi leggerò la traduzione dei mentovati versi che ha fatta con impareggiabile felicità uno dei più grandi letter
cinto, U’ da rabbioso alto furor sospinto, Tratto fuor di sua mente. Con selce si sanò dura e tagliente. Dunque come piutt
Al tuo lieve timballo, o frigia Diva, Che di tromba ti tien luogo, e con cui Consacri, o madre, i sacerdoti tui: E le terg
à ‘ve di timpano Mugghi rintuonano; Dove fa il barbaro Sonator frigio Con culvo calamo Severa musica: Dove l’edrigere Festo
e menadi Il corimbifero Capo dimenano: Dove le mistiche Lor cerimonie Con urli e stridule Voci celebrano, Dove quella Della
il lieve timpano, E risquillan percossi i gravi cembali. Tale sen va con frettolose piante Ratta al verd’Ida la danzante s
sua rabbia Rabbiosissima Dal placido riposo Ati riscossa Rimembrando con fresca memoria Dei suoi casi la flebile storia, E
ena il cor di tempesta Alle sponde del mar si ricondusse: Ivi del mar con lacrimose luci Il vasto pian guatando, Così dolen
e riottoso Dal mio domino sottrarsi vorria. Su, la coda ti scuoti, E con essa le terga percoti, E con sì fatta sferza Per
ttrarsi vorria. Su, la coda ti scuoti, E con essa le terga percoti, E con sì fatta sferza Per te stesso ti sferza: Fa che d
e tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele, era con annue feste onorato. La solennità celebravasi al
ro sotto carro coperto ad uso di carpento, tirato da buoi, per essere con segreti riti lavato in un vicino ruscello a Pessi
ello a Pessinunte senza dubbio nel Gallo, a Roma nell’Aimone, ed indi con licenziosa pompa riconducevasi al tempio. Il sign
, Titano e Giapeto. È fama che questi due ultimi dividessero Y impero con Saturno nel priijcipio, e che quindi, essendo ogn
catenò l’ingrato genitore. Saturno fuggitosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Italia, che gli fu ospite
impresse nelle monete da una parte una nave, e dall’altra un’effigie con due fronti, per denotare che due re, ma un solo c
in Italia come autore di un miglior modo di vivere fu Saturno onorato con Rea, e Virgilio fé’ dire ad Evandro. « Saturno i
alle latebre sue Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido impero Con giustizia, con pace e con amore Si visse un secol
e Lazio nomossi. Dicon che sotto il suo placido impero Con giustizia, con pace e con amore Si visse un secol d’oro, infin c
ossi. Dicon che sotto il suo placido impero Con giustizia, con pace e con amore Si visse un secol d’oro, infin che poscia L
aro i Sicanii, onde più volte Questa che pria Saturnia era nomata, Ha con la signoria cangiato il nome.» Eneide, trad. de
eggi non era incisa usi bronzi, ma impressa nell’animo degli uomini e con loro invecchiava. Pensano alcuni, fra i quali Pla
uali Platone, che Saturno non fuggisse, e che legge eterna lo tenesse con Oiapeto fratello di lui, come piace ad Omero, nel
edi e mani, gettavano nel Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con ciò levò lo scrupolo che poteva nascere da questo
senta comunemente come un vecchio incurvato sotto il peso degli anni, con una falce in mano per indicare che presiede al te
i per riempire i vuoti; vi si scorge delle specie di volte, o grotte, con volte in forma di arcata. Acrisie e Prete, pei qu
ome di Cabiri su molte medaglie, nelle quali li vediamo rappresentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola d
o il CìcIojjC, ho tradotto, ‘;,~;[jero che ofjTiurj di voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta è nel suo genere m
no dei Dattili, almeno sotto questo nome. Nonostante, eglino figurano con distinzione nella Mitologia, e sovente presi pei
zioni e mutamenti, che mescolarono i popoli fra loro, e contribuirono con <|uesta confusione a urna nizzare paesi fin al
acerba Aspra di più, ten vieni allor eh’ un sonno Dolce mi prende, e con lui fuggi, e fuggi Qual pecorella che canuto lupo
’unico occhio mio di te men caro. O madre mia, perchè non farmi l’ali Con che guizzano i pesci: allor per l’onde A te verre
divenne ingiurioso, e sinonimo di demonio, d’incantatore. I Telchini con tutto ciò avevano partigiani, che consideravano q
istinti, sono stati quasi sempre dagli antichi confusi. Omero indica con questo nome un popolo presso Calidone, che sono g
minavano facendo ogni tanto piccoli salti, e percotevano i loro scudi con ferri come baionette. La danza dei Coribanti era
fra noi. Nella seguente Lezione Pausania vi descriverà questo quadro con tanta esattezza che potreste rifarlo. Plutone, ch
’Inferno fu reputato dagli antichi nacque da Rea e da Saturno, militò con Giove i contro Titani, ed ebbe dalla sorte il ter
esservi stata presso gli Ateniesi una statua di questo dio fanciullo con la Pace per nutrice, forse per significare che qu
esen tarlo. Plutone, secondo Winkelmann, non si trova in alcuna parte con uno scettro a due denti come ì moderni lo rappres
parte con uno scettro a due denti come ì moderni lo rappresentano, ma con uno scettro, che Pindaro chiama verga, colla qual
edero il nome, e che l’arbitro ne fu reputato, confuso perciò sovente con Pluto dio della ricchezza, divinità allegorica e
a lo sguardo del sagace conoscitore, è la perfetta somiglianza che ha con le immagini di Serapide. Sì osservi, fra 1’ altre
Alessandria un vetusto simulacro di Giove Dite, o Infernale, venerato con antichissima religione in Sinope, città non ignob
ponendo al modio di Serapide un’origine egizia, han pensato alludersi con questo simbolo all’abbondanza procurata da Giusep
dio della morte: quindi come deità nocente fu talvolta considerato, e con fuso dai Greci coir Arimanio dei Persiani, eh ‘er
. Non tanto il color nero delle sue foglie, quanto il non rallegrarsi con nessun fiore, e mostrarsi insensibile alla letizi
e e Psiche presso al trono di Plutone e di Proserpina, favola narrata con tanto vezzo da L. Apuleio. Il Plutone è molto sim
n Misia presso il re Teutra, e fra tutte le donne ch’ebbero commercio con Ercole fu quella che partorì un figlio il più som
glio, e guarda la sorella di lei Fedra sospesa ad una corda che tiene con due mani. Questa disposizione presenta con orror
esa ad una corda che tiene con due mani. Questa disposizione presenta con orror minore la funesta avventura di Fedra. Quest
lle pitture gli spettacoli dispiacenti, ed a rammentarli allo spirito con delle cose che equivalgono. Un tal compenso, dice
comene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Nettuno. Tia ebbe commercio con Nettuno stesso. Accanto a Tia si vede Procri figl
dre di Ulisse seduta sopra una pietra. Elpenore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. P
di Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la sua: Pirito
etto che colpisce in se stesso: le posizioni delle fìgure son variate con arte. Benché l’azione di Ulisse sia l’oggetto pri
ggetto principale di questa composizione, Polignoto non l’ha distinta con alcuna affettazione, e concorre con le altre per
ione, Polignoto non l’ha distinta con alcuna affettazione, e concorre con le altre per l’effetto di un ricco e magnifico in
si chiamò dopo la Focide: essendosene impadronito legò forte amicizia con lasco, che fra gli altri regali gli diede un anel
opo Tamiri, vi è Ettore seduto: egli tiene il suo ginoc chio sinistro con due mani, e sembra oppresso dalle tristezza. Pres
follia occupato perde, violando la legge impostagli da Proserpina, è con tanta maestà di stile descritta nella Georgica di
a rocca Rodopea ti pianse, e l’alto Pangeo, di Reso la Mavorzia terra Con Orizia d’Atene, e Geti e l’Ebro. Cercò conforto a
stagno: e come mai poteva Seguir di nuovo la rapita moglie, O piegar con qual canto i numi e l’Ombre? Ella già fredda sull
ontrario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accordo con gli antichi monumenti, che il vero Plutone rappre
già da Visconti notata, asserisce Winkelmann; ma ha la chioma legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiam
madre la Rissa. Abitano, secondo Virgilio, nel vestibolo dell’Inferno con altra compagnia di loro ben degna. « Nel primo e
trusche nelle quali sempre alate comparir le Furie afferma Winkelmann con troppa franchezza. Di più, ad un’altra osservazio
generalmente usa nei monumenti etruschi, forse accennano la velocità, con cui, a guisa di cacciatori inseguono i rei, quant
orsa: e se non fosse che ancora in qualche greco monumento si veggono con endromidi, cioè vesti pesanti da inverno, si cred
iccio di tal foggia calzate, usitata da loro in molte altre figure, e con qualche predilezione dai Romani in varie immagini
lla notte a tutte le cose temute. In Tilfusa città dell’Arcadia erano con istraordinaria religione venerate, ed immolavan l
’Oriente, spargere del miele, e dopo questa libazione piegare a terra con ambe le mani nove rami di ulivo. Le corone che si
urie infernal di sangue tinte, Che membra femminili aveano ed atto, E con idre verdissime eran cinte: Serpentelli e ceraste
la loro origine alla necessità, o all’informe materia che generò Pane con gli altri Dei. Licofrone finalmente ne fa genitor
rone. Platone fa vedere queste tre dee nel mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coperti di stelle, coronate il capo
che, le quali da Catullo vengonci descritte quali vecchie e schifose, con membra tremanti, grinze nel volto e truci nello s
ralmente espresse nella morte di Meleagro, e son belle fanciulle, ora con l’ali al capo, or senza, distinguendosi fra loro
anno dei serpenti intorno al capo. Si vedono le furie anguicrinite, e con faci accese nelle mani, e con braccia ignudo cont
apo. Si vedono le furie anguicrinite, e con faci accese nelle mani, e con braccia ignudo contro di Oreste armate, su un vas
si figura. Fra la gente tormentata nell’Inferno sono le Danaidi, che con eterna fatica versano nel Tartaro l’acqua in un’u
all’ara ai loro sposi e cugini, ucciderli la prima notte, dopo averli con vino artefatto assopiti. Tutte eseguirono il coma
n fatica al Cielo Mandavan gli empi ed odiosi fumi, E la turba gentil con liete voci Chiamavano Imeneo: ed ei fuggiva L’osc
e nefandi Dell’alma ogni paura: onde io sul letto Mi levo alquanto, e con tremante mano Prendo il pugnale (e non t’ascondo
o coli’ unghie il volto E il seno offesi, e mi squarciai le chiome, E con sospiri, e con sommessa voce Dissi queste parole:
il volto E il seno offesi, e mi squarciai le chiome, E con sospiri, e con sommessa voce Dissi queste parole: Ahi trista ama
utti opinarono che Proserpina fosse figliuola di Cerere, e quelli che con Ecate la confusero le diedero la stessa madre, ci
che con Ecate la confusero le diedero la stessa madre, cioè la Notte. Con tutto ciò Esiodo, che non violò l’antica semplici
iovenca. Ma passando a cognizioni per voi più importanti, vi ripeterò con Winkelmann che le città della Magna Grecia e dell
ta ed irta Pende canuta barba. Ha gli occhi accesi Come di bragia. Ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto, e con
Come di bragia. Ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto, e con un palo Che gli fa remo, e con la vela, regge L’a
po al collo Appeso un lordo ammanto, e con un palo Che gli fa remo, e con la vela, regge L’affumicato legno, onde tragitta
iva malvagia, Ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimenio, con occhi di bragia. Loro accennando, tutte le raccog
ti a lui, come dice un antico poeta, tanto era Achille che Tersite. E con ragione ai Numi infernali questa idea d’eguaglian
stabilisce i diritti e fa sicure vendette battendo, come dice Orazio, con egual piede la capanna del povero e la reggia dei
ttava di giudicare delle cose che erano dubbie. Omero ce lo presenta con uno scettro alla mano, sedente in mezzo all’ ombr
i Radamanto esce il precetto Che Tesifone è presta ad eseguirlo. Ella con l’una man la sferza impugna, Nell’altra ha i serp
dra: ebbe da Acheronte la Vittoria, la Forza, lo Zelo, che militarono con Giove contro i Titani, onde egli in premio le con
del cavallo resistevano alla sua forza. Credono che Alessandro fosse con quest’acqua avvelenato. Questa proprietà può senz
a, secondo Platone, Flegetonte nella palude Acherusia, ma non mescola con esso le sue onde. Favoleggiarono che Plutone rupp
nde. Favoleggiarono che Plutone ruppe la fedeltà giurata a Proserpina con una figlia di questo fiume, chiamata Minta, che f
il nome. Omero lasciò scrìtto nell’Odissea che questo fiume si perde con Flegetonte nell’Acheronte, e che non è che un riv
eri, figlia della Giustizia, che i lievi fremiti dei mortali contieni con freno di adamante, odiando la perniciosa superbia
ota instabile, non calcata, serena si volge la fortuna umana: celata, con tacito piede cammini, e degl’insuperbiti inchini
o misuri sempre la vita, dirigi nel seno sempre agi’ iniqui il ciglio con nn giogo nella mano imperando. Placati, beata leg
retribuzione delle opere buone e cattive è comunemente rappresentata con una ruota ai suoi piedi, e tenente un freno nella
della Notte. Però una medaglia dell’imperatore Adriano la rappresenta con un dito sulla bocca. Il ramo eh’ ella tiene è di
rmo alla Villa Albani è stata creduta da Winkelmann Nemesi, ma da lui con ragione dissente, come udirete, Visconti. La figu
lla Adriana, mancante però di un braccio, il quale è stato ristaurato con in mano un ramo di frassino, simbolo di cui danno
i antichi se ne servivano per bere e per giuramenti. Ma io non voglio con altre riflessioni, che la bontà dell’amico mi ha
, che ho tradotto, come Dedalo, il più antico degli Artisti, fuggisse con Icaro suo mal avventurato figlio a Minosse, di cu
hreve, e credi Che quasi colle cresca; in questa guisa Sorge zampogna con dispari canne. Quelle che in mezzo sono aggiunge
zampogna con dispari canne. Quelle che in mezzo sono aggiunge all’ime Con cera e lino, e le disposte piume Con piccol giro
e in mezzo sono aggiunge all’ime Con cera e lino, e le disposte piume Con piccol giro piega, ond’è ch’imiti Ali vivaci. Sta
ga, ond’è ch’imiti Ali vivaci. Stava accanto al padre Icaro, e tratta con ridente volto I suoi perigli, ignaro, ed or le pi
e Serra, che mosse son dall’aura errante Ed ammollisce la docile cera Con la destra scherzosa, onde ritarda La meraviglia d
elle del figlio. Ambi gli vide Stupido il pescator ch’insidia l’onde; Con la tremula canna alla sua stiva 11 bifolco s’appo
Dandole biasmo a torto e mala voce. Ma ella s’è beata, e ciò non ode: Con l’altre prime creature lieta Volve sua spera, e b
nte attribuito. La Fortuna ebbe attributi in parte simili a Nemesi, e con lei fu sovente confusa. In fatti in un rovescio d
d’oro sono date da Eschilo alla Fortuna, ed a proposito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che nè quella
primersi alle miserie degli altri, ch’era creduto da questa Dea farsi con tanta velocità quanto si volge una ruota. Costant
assomigliava principalmente a una Vittoria. L’unirono per lo più però con la Croce, o altri segni, per levarle ogni superst
superstizione, e distinguerla dalla Vittoria, che i Gentili in Roma e con tanta cura conservavano nel Senato, avendola, dop
ssero contro. La Fortuna felice in una medaglia di Giulia Pia è fatta con un putto avanti, con il cornucopio, con un timone
una felice in una medaglia di Giulia Pia è fatta con un putto avanti, con il cornucopio, con un timone e un globo. Fortuna
edaglia di Giulia Pia è fatta con un putto avanti, con il cornucopio, con un timone e un globo. Fortuna si chiamavano tutti
che la volontà e il decreto di Giove. Io però sospetto che si voglia con tal divisamento far onore a quei due Poeti di una
quale ì filosofi pagani circonscrivevano la possanza del loro Dio, e con cui si lusingavano di spiegare l’origine del male
elle espressioni di Orazio: — Di qui l’apice la rapace fortuna inalzò con stridore acuto, qui gode di averlo deposto: — esp
Ateniesi effigiare la fecero senza esse, acciò non potesse volare, e con loro mai sempre restasse. Gli Egiziani simboleggi
stata celebrata, o che meriti d’esserlo, sembra essere stata indicata con una Vittoria alata, che fa libazione ad una Musa:
on una Vittoria alata, che fa libazione ad una Musa: vale a dire, che con un vaso ella versa acqua o vino in una coppa, che
essati i suoi pubblici sacrifìzii che verso la fine del quarto secolo con tanta resistenza e indegnazione del Senato, quant
statuetta era forse destinata all’ ornamento di qualche architettura con altre simili. L’occasione non è facile a congettu
entro la chioma, E vedrai d’ogni intorno Liete e belle venture Venir con aureo piede al tuo soggiorno: Allor vedrai ch’io
terra, E fé l’alto monarca Fede a gli uomini allor d’esser celeste, E con eccelse ed ammirabil prove S’aggiunse ai Numi, e
tagion funeste: Ben mi sovvien che il temerario Serse Cercò de l’Asia con la destra armata Sul formidabil ponte De l’Europa
afferrar la man tremante: Ma sul gran dì de le battaglie il giunsi E con le stragi de le turbe perse Tingendo al mar di Sa
ruina De l’odiata maestà latina. Rammentar non vogl’io l’orrida spada Con cui fui sopra al cavalier tradito Sul menfitico l
i da lei Su la capanna mia vennero i nembi: Venner turbini e tuoni, E con ciglio sereno Da le grandini irate allora i’ vidi
iccome rammenta i secoli addietro in prosa, da una parte può scrivere con piiì franchezza, e dall’altra suol tanto diffonde
azioni. Ma il senso più antico e più genuino di questa voce, in che è con preferenza adoprata da Omero, è quello di esprime
infe che dà Virgilio alle Muse. Il suo vestire consiste in una tunica con mezze maniche, strette e allacciate con diversi d
estire consiste in una tunica con mezze maniche, strette e allacciate con diversi davi o bottoncini, chiamata dagli antichi
e l’antico scoliaste dell’ Antologia, e l’Epigramma antico delle Muse con questi versi: Infonde Euterpe alle forate canne I
a lungo tempo per le scale del Palazzo Lancillotti a Coronari insieme con un’altra perfettamente simile che vi è rimasta. Q
che sono nelle miniature del Terenzio Vaticano, allude alla Commedia, con la cetra allegorica dei conviti, i quali avevano
. Fi vestita di una tunica colle maniche sino a mezzo braccio strette con borchie, fra le quali le due prime, che restano s
lostrato. Queste non sono che descrizioni di quadri antichi, ma fatte con quell’ eleganza che è tutta propria di questo scr
Edipo, divisa in altrettante schiere. Fra queste Anfìarao si avvicina con meste sembianze prevedendo la sciagura che gli so
alzano le loro mani al cielo: non vi è che il solo Capaneo che misuri con occhi arditi le mura, delle quali si ride perchè
e Platone loda tanto. E l’ha munito di stomaco e di lianchi rilevati, con cosce muscolose, largo e robusto nelle spalle, di
’esangue, perchè 1’ anime sono innamorate dei bei corpi ove stanno, e con dispiacere gli abbandonano. Il sangue che scorre
andonano. Il sangue che scorre a poco a poco fa sì che ei traballi, e con un’occhiata dolce e graziosa, che sembra chiamare
i distintivi della Tragedia anche la positura di questa Musa, poiché con somma giustezza aveva riflettuto il senator Buona
greci. « L’abito di questa Musa è una tonaca talare e lunghe maniche con sopra un peplo, o tonaca pili corta, e di piiì il
do Tersicore per la somiglianza appunto di questo musicale istrumento con quello che ha la Tersicore dei begli intonachi Er
gli antichi artefici, consentaneamente agli scrittori, a distinguerla con tal simbolo. « La grazia dell’attitudine di quest
preso il plettro per un volume, ed ha dato alla Musa il nome di Clio. Con tal nome è distinta ancora la nostra Musa dal dot
io nel terzo libro dove incomincia la narrazione degli amori di Medea con Giasone, chiama Erato con questi bei versi: Erat
comincia la narrazione degli amori di Medea con Giasone, chiama Erato con questi bei versi: Erato, or tu mi assisti, or tu
e la maggior parte delle Muse, di una tonaca a mezze maniche, fermata con piccole borchie sul braccio, e con un manto che l
na tonaca a mezze maniche, fermata con piccole borchie sul braccio, e con un manto che le scende dagli omeri vezzosamente n
one e col lauro fuggente sotto terra. I cavalli sono bianchi, le rote con impeto si aggirano: di spuma è sparsa la terra, i
bisogno quelli che interrogano l’oracolo, e lo stesso sonno è dipinto con faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra u
oi, coir insidia del peplo chiuso circondando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli alberi più g
atto di tragedia, grandi cose in poco spazio di tempo sarebbero state con gran compassione rappresentate; ma in questa pitt
a, poiché Clitennestra si affretta di alzare tutta la scure sopra lei con uno sguardo furioso, crollando la testa scapiglia
re sopra lei con uno sguardo furioso, crollando la testa scapigliata, con un braccio reso più fermo e più terribile dal fur
la nostra, favorisce questo sospetto la somiglianza ancora dell’abito con quello della Polinnia Ercolanense. « Del rimanent
l panneggiamento. Questo panneggiamento appunto è nella nostra statua con tal’ eleganza trattato, che può servire di esempl
etra, e non i doni Di Vener, non la chioma e il bello aspetto. Quando con lui tu scenderai nel campo. « E Nereo così minacc
etra versi grati alle donne. — Quell’epiteto grati alle donne, mostra con quanta ragione abbia lo scultore di quel bel bass
generalmente le matematiche. Il globo e il radio, o sia la bacchetta con cui i matematici indicavano nelle scuole loro le
portate. « È stata una fortuna pel Museo dementino di poter possedere con tutta sicurezza la statua di Urania, la quale nel
o si è traveduto in essa la Fortuna Reduce. « Chiunque però l’esamini con riflessione la riconoscerà per la Musa dell’Astro
cortile della Cancelleria da me creduta parimente Melpomene. « Rilevo con maggior forza quest’ ultima conformità perchè dal
quale ella seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteocle, cercando con questo di riconciliare i due fratelli. Ma che dir
ndirizzate le sue preghiere perchè egli volasse a combattere seco lui con l ‘orribile animale. Fu il Greco esaudito, ed arr
orme a ciò che succede, perchè ella sembra essere in dubbio, e godere con spavento e terrore. Ella riguarda di un lato dell
te: nel resto l’artifizio, quantunque maestrevole, non è perfezionato con egual diligenza. Son tali insomma quali possiamo
, lo è maggiormente perchè presiede alle Scienze; ed è però congiunta con lei in una bella pittura dell’Ercolano. Merita pe
punito orgoglio delle sorelle Pieridi trasformate in piche per avere con loro voluto competere nella perizia del canto. Qu
me quelle che debbono cantarli o rappresentarli, possono distinguersi con altri segni che più decisamente le determinino, c
osa che ha saputo dare a questa figura, per la quale merita di essere con meraviglia considerata da chiunque ama le belle a
il chiarissimo signor Abate Amaduzzi espositore di quel monumento, e con scelta erudizione, tratta da vetuste lapidi, gli
Polinnia. L’ultima è la musa Euterpe, chiamata Tersicore dal Begero, con due tibie decussate nell’area del dritto, e con u
Tersicore dal Begero, con due tibie decussate nell’area del dritto, e con una sola in mano nel tipo del rovescio. « Le ragi
e di pantera, è manifesto segno dello dio. Ma qui Bacco non è dipinto con altro simbolo che con quello dell’Amore. Poiché l
sto segno dello dio. Ma qui Bacco non è dipinto con altro simbolo che con quello dell’Amore. Poiché la florida veste, i tir
Greci ricevuto il corpo, i due Atridi si mettono a piangere Antiloco; con essi il re d’ Itaca, il figlio di Tideo e tutti g
aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito di una pelle di leone, con un volto lieto e risoluto getta un sorriso fellon
e alle Muse che le Grazie, ch’ebbero fra gli antichi comune il tempio con loro, e che dispensatrici sono anch’esse di tanti
avano due sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel numero e non nel nome, poiché le chiamav
era la stagione consacrata a queste dee, onde Orazio disse: La Grazia con le Ninfe e con le due sorelle ardisce adesso nuda
consacrata a queste dee, onde Orazio disse: La Grazia con le Ninfe e con le due sorelle ardisce adesso nuda danzare. — S’i
ue sorelle ardisce adesso nuda danzare. — S’invocavano nei conviti, e con tre brindisi era costume di onorarle. Mille belle
è sorelle, perchè colle mani unite, perchè ridenti, giovani, vergini, con veste sciolta e trasparente. Vogliono alcuni che
o del Museo Pio dementino pubblicato da Visconti si veggono le Grazie con Esculapio e Mercurio. Mercurio, egli dice, scorge
Esculapio un uomo barbato vestito di pallio, che rende grazie al Nume con un ginocchio a terra e le mani alzate. I due Numi
o intorno spuma, questo guerriero magnanimo che riguarda fieramente e con una certa audacia contro le onde, è Aiace Locrens
o Ettore e contro i Troia » ni. Ma Nettuno 6ol suo tridente abbatterà con lui gran parte dello scoglio; il resto delle Gire
e, e n’ebbe Podalirio rinomato per la medicina, e Macaone, che militò con gli altri Greci a Troia. Igia, dea della Salute,
, che militò con gli altri Greci a Troia. Igia, dea della Salute, che con lui si trova sempre unita nei monumenti, secondo
a nodoso per rami mezzo potati, fosse attaccato un serpente generoso, con lubrico ravvolgimento. — Ciò veniva preso per sim
li aiuti che alla natura umana deve dare la medicina, particolarmente con i preservativi, onde si vede solo nelle monete di
ero di Esculapio e della Salute. Era sovente questa dea unita insieme con Esculapio, come si vedeva in Atene nella via per
uona salute: onde Apollo era fatto padre di Esculapio, perchè il Sole con i suoi annuali giri comunica la salubrità all’ari
rità all’aria. Alla Salute era ancor dato il serpente per l’attenenza con Esculapio: e lo facevano in atto di dargli da man
ita la Salute per figliuola ad Esculapio, per la connessione del nome con gli effetti e cause della medicina, così tutto il
i Snida aggiunge Acesio Sanatare, di cui fa menzione Pausania insieme con Evamerione, che significa esser di buona salute e
esser di buona salute e complessione, e dice essere una medesima cosa con Telesforo e Alexanore che vuol dire Scacciatore d
tefici, come dai precitati luoghi di Pausania e Plinio si conosce: ma con verun altro non fu fatto così spesso Esculapio ch
si conosce: ma con verun altro non fu fatto così spesso Esculapio che con la Salute, e moltissime volte ancora con quel pic
to così spesso Esculapio che con la Salute, e moltissime volte ancora con quel piccolo Telesforo, che Pausania dice esser c
mmagine di questi tre Dei. Telesforo in una medaglia dei Nicei vedesi con la penula cuculiata, suo abito particolare, e cos
propri: di queste divinità. « Ad Esculapio è stata adattata una testa con barba essendo per lo più barbato questo nume nei
a del vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile di persuaderlo con gli oggetti presenti. Che ciò vi basti. Contempla
un fanciullo nato da Semele sua figlia non unita in matrimonio, aveva con Osiride, e della circostanza della pronta morte d
bacchici, poiché il figlio di Semele si trova talvolta rappresentato con lunga barba, nonostante il soprannome di fanciull
o vestito, non ostante la nudità dai mitologi attribuitagh, ma sempre con lunghe treccie, e per lo più così sparse intorno
quindi finalmente fu creduto esser maschio e femina, o per dir meglio con Aristide, avea così miste le qualità dei due sess
tentato tradurre questa parte del poema di lui, nella quale gareggia con Stazio, se non sentite con quanta ragione, piange
rte del poema di lui, nella quale gareggia con Stazio, se non sentite con quanta ragione, piangendo r immatura morte del po
hinò nefanda Trama, e danno furiale a Lenno appresta. Nè lega il crin con artifìcio illustre Sparsa il manto stellato: alta
sparsa le guancie, Alle Vergini Stigie eguale, un pino Sonante vibra con ferale ammanto. Già presso è il dì che, vincitor
colpa. Avida la cercò. Vide Ciprigna Prima la Fama; impaziente vola: Con tai detti viepiù Vener l’infiamma: Va, vola, o ve
n prole Doriclea: gli piace Sol per le pinte mani, e l’arso mento. Ma con fato miglior fìa che tu scelga Altri Penati: pei
sifone, e liba i crudi cibi Ed i nappi ferali, e, di tormento Novità, con i neri angui l’abbraccia. Scote l’irate formidabi
tà, con i neri angui l’abbraccia. Scote l’irate formidabil’onde Vener con la procella, e l’ombre ammassa, E in Lenno scende
o scende alla tremenda pena Accinta: l’accompagna il ciel coi nembi E con luce sonora: accresce il Padre Col tuono a lei la
umano ognora nell’ignudo petto Le anelanti ferite, e guizza il tronco Con orribile sforzo al suol reciso. Gettan le faci su
’ arbor sulla cima assiso La madre, qual lion tremendo, il figlio Che con lo dio combatte, e lui mostrava Alle Baccanti del
lui mostrava Alle Baccanti del furor compagne. Fera, il savio chiamò con voce insana! Quasi corona a lui circola intorno L
o al figlio, e la cervice inchina Trofeo diviene dell’audace tirso. E con la gioia del furor volgeva Al mal non ebro Cadmo
Cadmo, appella Penteo compagno del tuo soglio, e miri L’opre di Bacco con gelosi lumi. Affrettatevi, o servi, e alla Cadmea
Ahi che tal belva Mai non uccise Ino cognata. Mira, Autonoe, disse, e con tranquillo braccio Il caro peso inalza. — Udìa la
di tue glorie il figlio cerchi, Misero: e come il chiamerò se l’alzi Con le tue mani? il tuo lion rimira, Riconosci il tuo
i. Esule i figli Ino mia non uccise: il padre solo Fu reo. Misera me: con Semel Giove Giacque, onde Penteo io mi piangessi,
. Dopo avere consolata Semele col paragone ch’egli fa del suo destino con quello delle altre amanti, Giove risale al cielo,
no in cielo il loro coro: Elettra infatti vi mescola il suo splendore con quello della luna: Apollo è figlio di Latona: Gan
a. Ella la prega di prestarle il suo magico cinto affinchè ella possa con questo richiamare nell’Olimpo Marte suo figlio, c
a sua tenerezza. Ella vuole che si mostri a lei come a Giunone quando con essa il letto divide. Io non vi ho ancora veduto,
o di terrore, fuggì, tenendo nelle braccia, l’altro figliuolo, e andò con esso a precipitarsi nel mare. Venere impietosita
tà del suo impero, e Leucotea fu detta la madre, Palemone il figlio. Con torva faccia rimirò d’Averno Giuno i tormenti. D’
face impugna Grave di sangue, e la purpurea vesta, Sparsa di stragi, con ritorte serpi Ricinge, e lascia la tremenda casa.
a casa. L’accompagna il Terror, l’Angoscia, il Pianto, E la Stoltezza con tremante volto. Si fermò sulla soglia, e ne freme
lampeggia La lingua: alfine della fronte al mezzo Svelle due serpi, e con la man, di morte Apportatrice, lor dà via: percor
e della cieca Mente l’oblio, colpe, furori e pianto. Amor di strage, con recente sangue In cavo bronzo la feral cicuta: Tu
a. Alfìn la madre Commossa, o sia dolore, o sia veleno, Ulula e fugge con le sparse chiome Furiosa, e te porta in mezzo al
con le sparse chiome Furiosa, e te porta in mezzo al mare, Melicerta, con le nude braccia. Evoè Bacco, suona: e rise Giuno
ssa. Della nipote Venere piangeva Il non mertato caso, e così esclama Con utile lusinga: Dio dell’onde, Dell’universo imper
alità mortale Ed Ino, e Melicerta; a loro impone Maestade tremenda, e con l’antiche Sembianze ancor perdono il nome. Adora
iglio del Sole e della Luna. Bacco se ne innamora: non è contento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore di
o è vincitore ancora nel nuoto; ma ha l’imprudenza di voler scherzare con gii animali delle foreste, e si espone a ricevere
gli persuade di montar sopra un toro, come Bellerofonte sul Pegaso, e con altrettanta sicurezza di Europa che non ebbe biso
ne come si rallegra sulle cime del monte Citerone saltando, danzando, con Evoè nella bocca. Ma Citerone in umane sembianze
casi che vi avverranno. Ha per ora una corona di edera che gli pende con negligenza sulla testa, e sembra pronta a cadere,
furore del vino sono alterati! Bacco guarda tutto questo da una rupe con le gote gonfie pel corruccio, e punge le donne co
o questo lo poneva ad ira. Ah fu ben stoltezza il non avere infuriato con Bacco: Ma ciò che accade alle donne è degno di gr
a armatura, i suoi vestiti, che rappresentavano il cielo e le stelle. Con questo treno lo dio lascia il soggiorno di Cibele
no, che si era innamorato della ninfa. E espressa la passione di lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ suoi voti r
canta la vittoria dello dio, e Blemi, capo degl’ Indiani, si presenta con un ramo di ulivo per domandargli la pace. Il segu
a le maravigliose imprese del dio del Vino. Stafilo regnava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti sua mogli
o sveglia, s’arma, chiama i suoi Satiri: Stafilo e Botri si svegliano con Pito: Meti continua a dormire. Stafilo accompagna
eliziosa bevanda, ed io non piangerò più. Questo passo non si accorda con la dignità degli altri Canti. Meti dichiara di es
e conteste piume: il mar contenne I flutti, e non bagnò le note ripe. Con lieve soffio le pendenti membra L’aura riscalda,
Medusa. Affretta L’aereo corso, e i genitori in pianto Ei già ricrea con la promessa vita, E patteggia le nozze, e torna a
a fronte e l’ ira: S’inalza, e sopra i tortuosi giri Fisso si scaglia con le membra in alto. Ma quanto ei s’ erge dal profo
ato corpo Il mostro, e pien del flutto in su ritorna, E copre il mare con le vaste membra Tremendo ancora, ed il virgineo v
o, e prende per ingannarlo la forma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di amicizia Licurgo ed a presentarsegli
acco persuaso arriva senz’ armi al palazzo del re feroce, che sorride con aria sdegnosa del suo corteggio: minaccia il dio,
mare, ove è ricevuto da Teti, e da Nereo consolato. Licurgo minaccia con un discorso insolente il mare che ha ricevuto Bac
etamente. Gl’Indiani schierati assalgono l’armata di Bacco, che fugge con inganno per condurli neUa pianura. Incontanente l
rende al fiume le sue acque. Deriade arma gl’Indiani contro Bacco, e con lui vengono in soccorso altri Dei dell’ Olimpo. A
oeta comincia il venticinquesimo Canto, o la seconda parte del poema, con un’ invocazione alla Musa per invitarla a cantare
le forme di Oronte appare in sogno a Deriade, e lo muove a combattere con Bacco. — Tu dormi, Deriade, gli dice. Un re che d
onna che si getta disperatamente nel fuoco, tutto ciò è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e gli amici di Capaneo
le mura. Voi avrete sentito dai poeti, ch’egli fu fulminato per avere con arroganti parole ingiuriato Giove. Poiché dunque
anza dell’esercito, egualmente che il primo assalto. Faleno si misura con Deriade, e cade morto. Corimbaso, uno dei più val
Un guerriero ateniese, dopo aver perduto un braccio, combatte ancora con valore fino all’estremo momento. Dopo il combatti
combatte armato di torcie infiammate, uccide molti Indiani, e ferisce con un colpo di pietra Deriade stesso. Il resto del c
oraggio e il furore di Deriade loro capo, che unisce le sue truppe, e con nuovo impeto rinnova la battaglia. Morreo rompe l
l’urto dell’esercito, animato dall’esortazione dello dio, che investe con nuovo vigore i nemici. Melaneo, il nero abile arc
suasa acconsente alla sua domanda, e le concede Megera. Giunone parte con lei, fa tre passi, e al quarto arriva sulle spond
delle fortune di Bacco più della stessa Giunone, che a lei si rivolge con un sorriso disdegnoso e con insolente discorso ri
ella stessa Giunone, che a lei si rivolge con un sorriso disdegnoso e con insolente discorso ripieno d’ingiurie a Giove e m
e di mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder potesse, nella forma di Satir
iove che l’ha perseguitata: le consiglia d’ingannare il fiero Indiano con apparente condiscendenza: questo è il solo mezzo
o perpetuo della sua virtù accanto alla corona d’Arianna, e splenderà con Ofiuco. Disse, e una densa nuvola inviluppando la
: io soffrir posso Finch’ ei non giunge: se pur vive il mio Genitore, con lui voglio dell’orto Irrigar ritornando i primi f
so. Così sceglieva volontaria morte Erigone infelice. Intorno intorno Con ambo i piedi saltellando il cane Ululava, e sparg
additò. Tolgono al ramo La pendente donzella; indi la fossa Le scavar con le marre; il fido cane Coll’ unghia esperta solle
hia esperta sollevò la terra. E la fatica dei pietosi uffici Divideva con essi. Alfìn compita L’opra, partiano i pellegrini
i rappresentarlo è quella che si scorge in un piccolo Bacco di bronzo con un Genio alato, di cui la testa è adornata del lu
chi l’elemento liquido, perchè quest’ animale è acquatico; e pretende con Buonarroti che questa figura rappresenti Bacco, q
questi animali amano il vino. Nei primi tempi si rappresentava Bacco con una testa di toro; e si congettura da un Inno deg
nei luoghi ove sono ombreggiati mostrano una tinta di questo colore. Con tutta la venerazione che aver si debbe al maestro
ovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rappresentante lo s
no per far lume a Cerere che cerca Proserpina. Ma lo dio si effigiava con essa nella mano, come si rileva da Euripide che d
a da Euripide che dice: Di più lo vedrai sulle delfiche rupi saltante con le faci. — E in Atene, secondo quello che raccont
nia, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio, descrivendo Alcibiade come ve
perta di ellera, al che allude San Giustino dicendo: Come le Baccanti con abito pacifico portano sotto i tirsi coperte le p
e per la similitudine fu chiamata e creduta esser veramente una pina, con de nominarne anche il medesimo tirso; sicché il B
che il pino era consacrato anche a Bacco per l’amicizia eh’ egli ebbe con Cibele, come vi ho già esposto; ed in un Baccanal
scrittori infinite volte menzione dell’ellera del tirso, onde sovente con figura lo chiamavano ellera: se noi vogliamo che
poi quest’aste, le quali si veggono nei marmi, e in altre anticaglie con quel capo grosso e pannocchia in cima, fossero ve
amano capitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la quale, come istrumenti sacri, si sogliono vede
nto dei palazzi e di ville particolari, per potersi a loro piacimento con più facilità trasferire. Si crede comunemente che
azzo Ruspoli. Quel che si è conservato ci fa desiderare il rimanente: con tanta sublimità di contorni, con tanta maestria d
rvato ci fa desiderare il rimanente: con tanta sublimità di contorni, con tanta maestria di scalpello è stato scolpito. « L
e Ninfe. La pittura segue il verisimile: le statue sono rappresentate con poca arte lavorate, e di pietra qui nata; e altre
e il sangue ancor pieno dì vita, inondando il terreno, tinse il fiore con qualche rassomiglianza, poiché comincia a scorrer
giovinetto: Ma tu ridi del dolore di Apollo: e colle ali alle tempia con insultante fìsonomia ti prepari ad ornare i tuoi
lle tempia con insultante fìsonomia ti prepari ad ornare i tuoi crini con questo fiore, eterna pena del dio del canto. —
i, si estenderà il mio ragionamento. Qualche volta il nume incontrasi con breve pelle di fiera, o spesso con lunga vesta, c
. Qualche volta il nume incontrasi con breve pelle di fiera, o spesso con lunga vesta, che Tibullo e Stazio vogliono gialla
o che i conviti, anche sacri, finissero in percotersi scambievolmente con bastoni, ai quali sostituì egli le ferule; talché
autore, si mostruose deità, e non restano che i Satiri e i Sileni, e con questa compagnia nell’Isola di Nasso è dipinto Ba
per fantasia di artefice e di poeta. Nonno attesta l’opinione esposta con questi versi, così elegantemente dal Lanzi tradot
I Sileni in Roma antica ci si rappresentano vestiti di pelose tuniche con pallio fiorato: in Grecia pure con vesti villose,
esentano vestiti di pelose tuniche con pallio fiorato: in Grecia pure con vesti villose, che nella Pompa di Tolomeo erano r
contraffare le loro sottili gambe e i piedi caprigni: il che facevasi con certi trampani detti grallae, dei quali servivans
: fra le quali è questa dei Fauni. Fauno non fu conosciuto dai Greci: con diversità, ne parlarono i Latini: fa confuso con
onosciuto dai Greci: con diversità, ne parlarono i Latini: fa confuso con Pan; ora guerriero, ora protettore dell’ armento
di Fauni a quelli che coll’orecchie sole e colla coda e qualche volta con un principio di corna si veggono, ma le gambe e c
nominare. Alcuni per maggior precisione hanno pur voluto distinguere con differenti nomi le diverse maniere di Fauni, lasc
a antiquaria, vogliono derivata dall’ idee degli antichi, e censurano con poca esattezza quei Classici che non l’hanno osse
iano, additandoceli alla testa delle armate conquistatrici dell’Indie con queste parole: Due comandavano l’esercito sotto d
no l’esercito sotto del nume: un basso, vecchio, grassotto, panciuto, con naso simo a con grandi orecchie, tutto tremante;
tto del nume: un basso, vecchio, grassotto, panciuto, con naso simo a con grandi orecchie, tutto tremante; un altro, uomo m
ro, uomo mostruoso, dal mezzo in giù simile a capro, di gambe peloso, con corna, barba lunga, e stizzoso. Questi due ritrat
la scultura. Se ne osservi la fìsonomia, e se ne vedrà la somiglianza con Socrate; la quale, non solo ne’ tempi antichi fu
endo mantenere, invitò il genitore della propria moglie ad un convito con finta amicizia, asserendo di volersi dal suo obbl
ducono alla pugna coi Lapiti nella circostanza delle nozze di Piritoo con Deidamia o Ippodamia. Vinti dal vino e dall’amore
la sposa di Piritoo e alle altre mogli dei Lapiti; ma furono superati con l’aiuto di Teseo nella pugna, in cui da principio
o i Centauri dati a varii Dei, come al Sole, ad Ercole, ad Esculapio, con far condurre ancora i loro carri sacri: più frequ
ino, mezzo perfetto, l’uomo misto di cavallo nitriva, bramando alzare con le sue spalle Bacco: — quindi è che spesso negli
Buonarroti, e che rappresenta la pompa e trionfo del dio del Vino. Nè con diverso modo si vesrcfono in co altro cammeo d’ag
i Nasso conduce in cielo Arianna: guida il carro Imeneo, o sia Genio, con una face; ed Amore re<^i:>‘e la veste ad Ar
e<^i:>‘e la veste ad Arianna che, secondo favoleggia Nonno, era con Bacco quando andò a Nasso. Giù basso in terra acc
rra accosto all’ onde del mare vi è la Ninfa, o Genio di quell’isola, con una vela che le svolazza sulla testa per indicare
ra a tempo suo perduti, adduce una più stretta attenenza dei Centauri con Bacco: poiché paragonando a quegli i cacciatori,
cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tigre consacrata accanto e fra due Fauni, ved
econdo quello del coro delle Baccanti presso Earipide: Questo cerchio con la pelle ben tirata me l’hanno trovato i Coribant
uto da un Fauno barbato e cinto d’una pelle ai lombi che si fa scorta con face in ambe le mani, s’avanza il nume oppresso d
giovin Baccante, che salito in ginocchio sulla sua groppa si adopera con ambe le mani per torli ad essa. Un altro giovin B
olla sua face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la quale insieme con un Faunetto si sforza scotere dal suo dorso il Fa
azione e l’espressione dei Capitolini. Son sembrati a taluno scolpiti con maggior morbidezza degli originali medesimi, non
l Capitolino, a norma di cui si è supplita ogni altra parte mancante. Con somma accuratezza se ne è specialmente copiata la
entre del Centauro simile al Capitolino, si vede scolpita una siringa con alcuni rami di pino, arnesi proprii dei seguaci d
o dei timpani, dei cimbali, dei flauti, dei corni, che accompagnavano con movimenti della persona violenti e fanatici, non
gnavano con movimenti della persona violenti e fanatici, non misurati con legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti d
oiché dopo aver descritti i primi, dicendo, scorrevano in qua e in là con mente -furiosa, più particolarmente dice dei seco
enza, e da Tuia dice derivato quel coro di donne attiche, che insieme con le delfiche donne andavano ogni anno in Parnaso,
’errante Bacco nella sommità di Parnaso spinse le Tiadi gridanti Evoe con le sparse chiome. — Non può dunque negarsi che st
zie chiamerei Naiadi le ninfe che nei vasi antichi vengono attruppate con Bacco coi Satiri: se non che avendo creduto gli a
l’Orgie delle Menadi, non sarà facile discernere le une dalle altre. Con qualche verisimiglianza si rincontreranno le Naia
o Tischbein: e quella, che assisa in un toro, che vuol credersi Bacco con corno potorio in mano, levasi di terra dipinta in
ievo Bacchico esposto continuamente alla vostra vista. Bacco barbato con Fauni. « Questo curioso marmo per la scultura, pe
te greca. La sua bellezza n’è una prova ulteriore. Un uomo corpulento con lunga e ben colta barba e chioma rannodata, coron
co e barbato, quale Diodoro il descrive, è quello cui servono i Fauni con tanto rispetto. « Fulvio Orsino, che lo chiamò Si
che funebre fosse la destinazione e l’oggetto del monumento abbellito con bacchiche rappresentazioni, o per indicare che il
ingolare, anzi unico monumento, non è stato considerato dagli eruditi con critica sufficiente. Winkelmann, che lo ha pubbli
al giudizio dei leggitori, dopo aver fatto considerar loro la statua con tutte le sue circostanze. È effigiato nel marmo u
e: la quale per altro apparisce nel personaggio rappresentato nutrita con gran cura e disposta. Immaginò per tal motivo che
rappresentare Ottaviano Augusto. E non trovansi delle immagini simili con iscrizioni contradditorie? La stessa testa che ne
presso i quali erano in proverbio le cene, e il lusso di Sardanapalo, con simile oscitanza l’avranno riconosciuto in quelle
tudio. La voluttà, la mollezza nell’età adulta non possono esprimersi con maggior sentimento, nè con maggior dignità. Il co
zza nell’età adulta non possono esprimersi con maggior sentimento, nè con maggior dignità. Il corpo non solo è delicatament
capelli sembrano stillanti di preziosi balsami, e l’abito è eseguito con una somma verità d’ imitazione, e composto con ot
, e l’abito è eseguito con una somma verità d’ imitazione, e composto con ottimo gusto. È da notarsi la manica del braccio
specie di parodia d’ altre composizioni esprimenti il fatto medesimo con tutta la dignità che esigevano la religione, la v
etta ed evidente unione nel culto del paganesimo. L’ amistà di Cerere con Bacco sembra esser nata dall’affinità delle loro
cessarie le proprietà e le società regolate. Furono questi numi detti con verità Tesmofori, o legislatori, e riguardati com
ra origine della perfezione dell’uomo civile. Quindi Cerere si unisce con Bacco non solo da Euripide e da Virgilio, ma nel
e ai tre mentovati numi. I Romani insomma non men dei Greci onorarono con Cerere, Libero e Libera: e monumento di questo cu
seguaci. Le nove figure che io compongono sono distribuite sul campo con buona economia; felicemente inventate, e forse da
che dalle spalle gli cade sulla destra coscia infino ai piedi, mostra con un gentil serpeggiare l’ondeggiamento della mal f
de, la quale sembra invitarlo alla danza: quindi sorgono due are, una con fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’ altr
o due are, una con fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’ altra con delle offerte di frutta soprappostevi. Le tre fig
canali per allontanare i profani col suono, e i male augurati oggetti con quella forza, che dava allo strepito dei bronzi l
e non quanto ha gettata sull’omero sinistro una pelle di pardo, suona con forza un istrumento da fiato, tien le gambe incro
va, scuoteva i misteriosi arredi dei Baccanali. Delle linci o pantere con canestri di frutti, e teschi di capro, maschera d
ri di frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiusa, e un Fauno con una capra empiono il basso del quadro. Que st’ ul
assai comuni, debbano ascriversi a Bacco Indiano e barbato, si è già con luoghi di scrittori, con osservazioni di monument
criversi a Bacco Indiano e barbato, si è già con luoghi di scrittori, con osservazioni di monumenti posto in sufficiente ch
o marmo è diligente, e tratta da buono esemplare, che vi è stato reso con fedeltà ma con una certa durezza. Fauno. « I fe
ente, e tratta da buono esemplare, che vi è stato reso con fedeltà ma con una certa durezza. Fauno. « I festosi compagni
no, secondo il precetto o il costume dei balli più vetusti, non salta con le mani vuote, ma reca delle frutta, primizie dei
esso tempo dimostra quanto andassero errati coloro che per nobilitare con qualche celebrata avventura la rappresentanza di
nne che speravano riportarne fecondità. Quindi Silio Italico descrive con , questa sferza il nume d’Arcadia. « La destra sch
le solennità lupercali istituite da Evandro. La connessione di Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: il nome stes
stume de’ banchetti. La donna che presso al cocchio par che lo guardi con af fetto, è forse Nisa, la sua nutrice: la turba
come la composizione, la quale, benché semplicissima, empie il campo con naturalezza e senza confusione. Pompa nuziale d
gli s’invaghisse di Arianna abbandonata già da Teseo, o che a forza e con naval certame gliela togliesse, tutti consentono
hiera dei Baccanti precede i cocchi degli sposi; due Fauni sostengono con fatica 1’ ebro Sileno, i cui cembali caduti al su
gue saltando ad onta del non lieve peso del gran cratere che sostiene con ambedue le mani sugli omeri in assai bella attitu
serve di pronuba a queste nozze. Se costei sia Venere, i di cui amori con Bacco non sono ignoti, e dai quali nacque Priapo,
a o da greca pittura, o da greco bassorilievo, ha reso alcuni oggetti con sì poca esattezza o correzione che non s’intendon
tanto per la bassezza dell’arte, che si sostenne ancora a quei tempi con qualche decoro, quanto perchè vi osservo prodigam
rodigamente impiegato il lavoro del trapano, che appunto vedesi usato con sì poco risparmio nell’antica scultura fin dall’i
el soggetto e la caricatura di alcune l’orme sono combinate così bene con quella nobiltà d’idee, eh’ è pur l’anima delle an
« Incavalca egli quasi vacillante i pie coturnati,19 e abbandonandosi con tutta la persona piegata al dinanzi fra le bracci
ua destra scorre nei seni della tunica, e la solleva: e così compisce con bella ed artificiosa invenzione la piramidal form
ell’argomento, cosi felici e vaghi appaiono nell’invenzione, eseguita con diligente e risoluto scalpello. Il soggetto dei B
se delle città. « Le dieci figure maggiori rappresentano cinque Fauni con cinque Baccanti, che intrecciano insieme quella d
sì ben composte sono le figure dei danzatori che possiamo ravvisarvi con sicurezza copie ed imitazioni dei più ammirati un
fianchi nella violenza del moto raggruppandosi in un lato, la lascia con bizzarra idea quasi del tutto ignuda nel rimanent
to bel bassorilievo è quasi del tutto ignuda, se non che ha rigettato con neghgenza un ammanto sull’omero manco: è invasa d
certamente il pargoletto Fauno coronato di edera, che seduto a terra con espressione maravigiiosa di avidità si tracanna i
sione maravigiiosa di avidità si tracanna il vino da una tazza da lui con ambe le mani sostenuta. Tutte le parti sono segna
tazza da lui con ambe le mani sostenuta. Tutte le parti sono segnate con mollezza e con intelligenza; le membra sono roton
on ambe le mani sostenuta. Tutte le parti sono segnate con mollezza e con intelligenza; le membra sono rotonde, quanto in s
a, ai monumenti di Bacco, e nel tempo stesso alla Mitologia Teologica con queste tre ottave del Poliziano, che la dolente A
rro d’ellera e di pampino Coperto Bacco, il qual duo tigri guidano, E con lui par che l’alta rena stampino Satiri e Bacchi,
ri guidano, E con lui par che l’alta rena stampino Satiri e Bacchi, e con voci alle gridano; Quel si vede ondeggiar, quei p
i alle gridano; Quel si vede ondeggiar, quei par che inciampino, Quel con un cembal bee, quei par che ridano, Qual fa d’un
o una ninfa, e qual si rotola. Sopra l’asin Silen di ber sempre avido Con vene grosse, nere, e di mosto umide, Marcido semb
e fumide. L’ardite Ninfe l’asinel suo pavido Punsron col tirso; ed ei con le man tumide A’ crin s’appiglia; e mentre sì l’a
6 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
e di nazioni, ora sepolte nella notte profonda dei secoli ; svolgere, con occhio osservatore, le più oscure notizie delle c
cie d’illustrazione storico-scientifica sulla Mitologia, adoperandoci con accuratezza di studio, onde l’idea che dà vita ai
e perfetta. Noi non abbiam nulla omesso, nulla trascurato : lavorammo con assiduità, con calma, con pazienza. La nostra cos
non abbiam nulla omesso, nulla trascurato : lavorammo con assiduità, con calma, con pazienza. La nostra coscienza è tranqu
nulla omesso, nulla trascurato : lavorammo con assiduità, con calma, con pazienza. La nostra coscienza è tranquilla, la no
ivere un’opera per la gioventù studiosa ; dare ad essa una guida, che con mano ferma e secura, avesse potuto accompagnarla
completa, armonizzando la fisica disposizione di un’opera qualunque, con la nettezza e precisione dell’idea, che è il prin
ordine col quale viene cominciata e condotta a termine ; nell’armonia con la quale è tessuta ed esposta ; ordine ed armenia
ce di ogni opera dell’ingegnu umano ; e la maniera materiale o fisica con la quale essa opera viene eseguita. Infine il con
col quale l’idea informatrice deve essere assolutamente in relazione con quello stesso ammirevole accordo che passa fra la
ario della Favola, suddiviso in articoli posti per ordine alfabetico, con notizie, ragguagli e annotazioni, tolte dai più a
dell’idea informatrice dell’opera nostra, e completammo questo studio con la giunta di numerose annotazioni, onde i lettori
i. A raggiungere questo scopo ci servimmo della stessa configurazione con la quale si stampano le pagine dei dizionarii, co
atto estranea al carattere della nostra opera, la più lieve relazione con l’opera eterna dello Alighieri. Ma noi credemmo,
della loro maschera oscena i demonii relegati nel baratro, a punire, con un’eterna espiazione, le anime dei reprobi. Quest
nisti, i loro scrittori, i quali, chi più chi meno, ànno disseminata, con le loro opere antiche e moderne, la conoscenza de
itologia. Ma se per poco la mente dei lettori si porti a considerare, con riposata attenzione quest’opera, nel suo concetto
citazione, un brano di altre opere, le quali venissero ad appoggiare, con la loro irrecusabile testimonianza, i fatti, gli
ecc., ma di letteratura antica e moderna, i cui autori ci hanno dato ( con le citazioni da noi riportate) il mezzo di farli
rico-scientifico-letteraria ; ed abbiamo la convinzione di aver agito con sano discernimento ; imperocchè nel nostro lavoro
di buon animo la nostra intenzione, che fu quella di esser loro utili con l’eterno insegnamento della storia, e facciano bu
osimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la s
1 nefandi ed infami ; così gli Adamiti,22 scelleratissimi ed impuri ; con tutta la sozza turba dei Peratensi,23 e degli Abe
o Potito, la quale altro non è che un simulacro pagano del dio Marte, con la lieve variante d’aver sostituito un libro, all
Satyaxrata — Iao, in Cina, il primo re, dà cominciamento al suo regno con lo scolamento delle acque diluviane, che avean to
nderla maggiormente utile agli studiosi ; a farla vieppiù comprendere con facilità, gioverà attentamente riflettere sui tre
ella favola. Uno degli istinti insiti alla natura umana, porta l’uomo con grande facilità, ad assimilare sè stesso all’ente
emmo citare in appoggio delle nostre parole, ma basterà a convincere, con prove di fatto, i nostri lettori, il ricordar lor
rno. Interrogato circa la causa della sua mestizia, rispose prevedere con gli occhi della mente, orribili fatti : e siccome
te le donne, egli rispose : Voi, Signora, e molte altre illustri dame con voi, sarete trascinate alla Piazza della Giustizi
illustri dame con voi, sarete trascinate alla Piazza della Giustizia, con le mani legate dietro il dorso !… Come, riprese l
n uomo per sette giorni di seguito, fece il giro delle mura, gridando con voce di terrore : Sventura a Gerusalemme ! Il set
ffetti umani. Così Anteo 41, simbolo delle sabbie libiche, confinanti con la regione dell’Egitto, sarà figlio di Nettuno, D
staccata. Tale è, per esempio, l’anecdoto di Giunone, sospesa in aria con un’incudine ai piedi.44 Tale quello di Vulcano, p
un’incudine ai piedi.44 Tale quello di Vulcano, precipitato dal ciclo con un calcio da Giove, sucopadre45, e molti altri fa
ioni, nell’assimilitudine delle cose appartenenti all’ordine celeste, con quelle proprie dell’ordine terrestre, venendo all
Maggiormente si accresce, nella religione pagana, il numero dei miti con l’innesto di quelli fisici coi morali. Cosi noi v
curato, e lo studio paziente e minuto dei tempi favolosi, ci dimostra con tutta evidenza come nell’età primitive, la Mitolo
con tutta evidenza come nell’età primitive, la Mitologia confondevasi con la Poesia, e conteneva l’insieme di tutte le cogn
animatore, onde i personaggi mitici si sviluppano nella loro essenza, con tutti i singoli caratteri proprî dell’umanità ; o
esterne e sensibili che colpiscano i suoi sensi, e sieno ín relazione con questi. Gli antichi non si rappresentarono il mon
essi li adorarono. E tanto ciò è vero che il culto degli astri, detto con vocabolo proprio Sabeismo 48 è il più universale,
sava l’aria. Si racconta che avendo fabbricato un flauto per Minerva, con le ossa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani
cui escono a profusione i fiori e le frutta più belle. Essa si salvò con Saturno allorchè questi fu scacciato dal cielo da
e affatto stupida : ma questa cattiva opinione non va punto d’accordo con la passione che gli Abdereniani han sempre dimost
a Tracia. Mal si apposero quegli scrittori che confusero questi Sciti con gli Ipomolgami. Questi ultimi detti anche Galadef
po al padre ! che la perseguitava, quando ella cieca d’amore, fuggì con Giasone. Il flume della Colchide sulle cui rive a
levato, da Ethra ava paterna di Acamao, la quale Paride avea condotto con Elena. Allorchè i Greci si resero padroni di Troj
— I Greci davano questo soprannome ad Apollo, che i Latini chiamavano con lo stesso significato Irtonsus, vale a dire che n
si sapea tagliare i capelli. In effetti questo Iddio veniva effigiato con una lunghissima capigliatura e senza barba. Però
albero, e lo insultarono : Ercole li legò per i piedi alla sua clava, con la testa in giù, e alzatili sulle spalle s’incamm
. Era generale credenza che essa avesse una sotterranea comunicazione con l’inferno, e gli abitanti delle vicinanze, sosten
erbero, di cui l’Alighieri canta : Cerbero, fiera crudele e diversa, Con tre gole caninamente latra Sopra la gente che qui
Di là la favola di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio con gli occhi di bragia, Loro accennando tutte le rac
conservata in Ilione, rispose aver sempre cercato la lira di Achille, con la quale quel grand’eroe cantava le lodi e le imp
agani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di Mileto, e con lui i più antichi filosofi riguardarono l’acqua c
Acrise suo avo, e lo riconobbe. Si preparava a lasciare questa città con lui per ritornare ad Argo, quando in una partita
aveva inventato, il disco ricadde sventuratamente sul capo di Acrise con tanta violenza che questi ne morì. 89. Acrisionad
ziabile) soprannome dato ad Ercole. Egli fece un giorno una scommessa con certo Depreo, figlio di Nettuno, a chi avesse man
vennero a contese fra loro, si dissero delle ingiurie che terminarono con una lotta nella quale Ercole atterrò il suo antag
sembra che gli eroi favolosi si tenessero altamente onorati. Ulisse, con tutta la sua reputazione di saggio, sembra averlo
to eroe un carattere di ghiottoneria di cui lo scrittore Atenco parla con molta severità. 100. Adea. — Nome d’una delle Ner
carsi nella Caria, onde essi ad impedire una novella fuga la legarono con alcuni rami d’albero. Poco di poi Admeta purgò co
a fuga la legarono con alcuni rami d’albero. Poco di poi Admeta purgò con un sacrifizio il supposto delitto dei Samii, e sl
vigliosa bellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re di Cipro con Mirra sua figlia. Si sapea ben per Cipro il foll
no otto giorni. Codeste cerimonie di commemorazione avevano principio con tutti i contrassegni del lutto. Coloro che vi pre
igli dei suoi caduti compagni, a vendicarne la morte gloriosa, e levò con essi un’armata simile alla prima, alla quale fu d
le città di Biblo e di Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un oracolo con questo soprannome. Essendovi in quelle circostanz
i degni di essa. 149. Afrodite. — Parola greca che significa schiuma. Con questo nome veniva denotata Venere perchè i poeti
ia Atto II. Durante l’assedio di Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a causa d’una schiava per nome Briseide,
che fu alla disgraziata causa d’infinite sciagure. 154. Aganapidi. —  Con questo nome venivano designate le nove muse, dall
o di Troia, e fece forte la flotta greca di 60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spin
ito Europa, il padre Agenore ordinò ai suoi figli di andarne in cerca con espressa proibizione di ritornare senza di lei. A
— Figlio di Apollo e di Cirene e fratello di Aristea. 182. Agirti. —  Con questo nome s’indicavano i Galli sacerdoti di Cib
i Erse, Aglauro gliene contrastò vivamente l’accesso, sicchè Mercurio con un colpo di caduceo la cangiò in una rupe. Dopo l
e conosciuti sotto questa denominazione. 194. Agoni. — Si designavano con questo soprannome i sacerdoti che colpivano la vi
i che colpivano la vittima sulle are della Divinità. 195. Agoniani. —  Con questa parola che deriva dal verbo latino Ago, ve
209. Agriope. — Euridice, moglie d’Orfeo, viene di sovente designata con questo nome. Vol. I. Vi fu anche un’altra Agrio
lo e fece da Nettuno suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flotta era uscito dal porto per ritornare
o avere sfuggito ad una infinità di pericoli, lottando disperatamente con le onde furiose, gli riusci di afferrarsi ad una
ro malgrado. L’orribile bestemmia irritò così fortemente Nettuno, che con un colpo di tridente spaccò la roccia, sprofondan
. All’assedio di Troja si coprì di gloria battendosi un giorno intero con Ettore. Ecco come Omero racconta questo passo :
a. Tale si mosse degli Achei trinciera Lo smisurato Aiace, sorridendo Con terribile piglio e misurava A vasti passi il suol
di sopra, e Ajace durante la notte, furioso fino al delirio si gettò con la spada alla mano in mezzo ad una gregge e ne fe
ssi di Ovidio Come ha cosi parlato, alza la mano, E poi la lira a sè con ogni forza : E quel petto ferisce, al quale in va
2. Ajdoneo. — Re dei Molossi. Egli imprigionò Teseo, perchè d’accordo con Pirotoo, avea voluto rapire sua figlia Proserpina
epolto e morto ; Ucciderà della vendetta vago. Per vendicare un torto con un torto La madre, e sarà in un pieloso e rio Nel
si. Libro IX traduzione di Dell’Anguillara. 241. Alci. — I Macedoni con questo soprannome onoravano Minerva. 242. Alcide.
gio che Ulisse fece sulle rive di quell’isola, ove Alcinoo lo accolse con regale amorevolezza. …. Ameni e vaghi Tanto non
ci di Ercole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi di freccia. Le sett
delle figliuole d’Eolo, re dei venti della stirpe di Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re di Traflina,
ità fra cui Ovidio riportano il fatto in modo che ha qualche analogia con le tradizioni della favola. La verità non è quind
2. Alcithoe. — Una delle figlie di Minea o Mina. Burlandosi del culto con cui veniva onorato Bacco lavorò, e fece lavorare
minio ed impero sul secondo. Ma Galantea, ancella di Alcmena, ingannò con molta astuzia di Giunone allorchè nacque Ercole.
to Anfitrione sposò Radamento. Ed io che avea nel sen si raro pegno. Con immenso dolor premea le piume. E ben vedeasi al v
endo un giorno in sentinella alla tenda di questo Dio mentre egli era con Venere, Aletrione si addormentò, e lasciò sorpren
e fu madre d’Esaco. Il re Priamo da cui ella ebbe questo figlio l’amò con passione. 290. Allegrezza. — Dal latino hilaritas
ì gran numero di medaglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresentata con le sembianze di una donna giovane e bella, con un
a. Viene rappresentata con le sembianze di una donna giovane e bella, con un corno dell’abbondanza nella mano sinistra, e a
nti in potere di Minos. Niso allora si dette a perseguitare la figlia con intenzione di ucciderla, ma fu cangiato in isparv
racconta di lui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era stato vinto da quella Dea, avesse ta
un carro. Allora i giganti volendo uccideria si ferirono l’un l’altro con le loro frecce e morirono entrambi : dopo poco fu
come dea di ambrosia vive E tardi vede l’ora della morte ; Intreccia con gli dei danze festive, E con Mercurio e coi Silen
tardi vede l’ora della morte ; Intreccia con gli dei danze festive, E con Mercurio e coi Sileni mesce Negli antri e ne’rusc
ntri e ne’ruscei nozze furtive. Quando alcuna di loro alla vita esce, Con lei nasce un abeto, un pino, un faggio, Che verso
ssima vita, ma pure finalmente, lungi dall’essere immortali, morivano con la pianta in cui avevano vissuto. 311. Amaltea. —
ette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia, con la virtù di produrre tutto quanto esse avrebbero
lisso, re di Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo nutrire con latte di capra. Amaltea si chiamava anche la sibi
perazione vedendo che non avea potuto impedire le nozze di sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere era co
una volta l’anno ; lasciavano morire i loro figli maschi ed educavano con gran cura le femmine. Uccidevano tutti gli strani
speciale. I Romani le aveano innalzati dei templi a cui sagrificavano con maggior frequenza che alle are degli altri numi.
frequenza che alle are degli altri numi. Dipingevano questa Divinità con le ali sugli omeri, per alludere alla prontezza c
o questa Divinità con le ali sugli omeri, per alludere alla prontezza con cui mette in esecuzione i più arditi disegni. 326
la parola Ades, cioè luogo sotterraneo, intendevasi presso gli Egizii con la parola Amente, ovvero il centro delle viscere
Amica. — Soprannome dato a Venere col quale gli Ateniesi l’adoravano con particolari cerimonie. 333. Amicizia. — Presso i
resentavano come una bella e giovane donna, vestita di ruvida stoffa, con la testa scoperta e avente sulla parte inferiore
ti sotto il nome di Leone e Dragone, i quali erano strettamente uniti con la loro sorella. Da ciò la favola che dà al mostr
Libia, il quale per questa ragione viene spesso erroneamente confuso con Bacco. 342. Ammonia. — Soprannome dato a Giunone
Il più bello degl’immortali. Fu fino dai primi giorni della creazione con la terra e col caos. ……. non mica un Dio Selvagg
raziata dai rimorsi, ella si nascose in un bosco, dove volendo tirare con una freccia su di una biscia, ferì invece un sati
altri, di Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con Venere, che si era perdutamente innamorata di lui
sto e forte Sono a tal peso ; e sia poscia che vuole. …………….. …… e tu con le tue mani Sosterrai, padre mio, de’santi arredi
de’santi arredi E de’patrii Penati il sacro incarco. …………… Ciò detto, con la veste e con la pelle D’un villoso leon m’adegu
E de’patrii Penati il sacro incarco. …………… Ciò detto, con la veste e con la pelle D’un villoso leon m’adeguo il tergo : E’
li della Brettagna adoravano sotto questo nome la Dea della vittoria, con un culto particolare. 391. Andiomena. — Con quest
me la Dea della vittoria, con un culto particolare. 391. Andiomena. —  Con questo soprannome veniva adorata Venere marina, d
romeda ancor vede : V’accorre, in fretta, e subito la scioglie. E poi con l’onestà, che si richiede, Saluta allegro la salv
ligato a raggiungere, un’aquila si posò sulla lancia, e poscia avendo con quella ripreso il volo, la lascio cadere in un lu
ed Ovidio, riferiscono che i poeti dell’antichità confondono Anfiareo con Alcmeone suo figlio. 409. Anfidamo. — Figlio di B
one per la conquista del vello d’oro, si uccise trapassandosi il seno con un pugnale. 416. Anfinomo. — Un altro dei pretend
o di Penelope. Telemaco lo uccise. …… da tergo Tra le spalle il feri con la pungente Lancia, che fuor gli riusci dal petto
ncia, che fuor gli riusci dal petto. Quell’infelice rimbombò caduto E con tutta la fronte il suol percosse : Ma il garzon s
fu detto Anfitrionide. Egli mosse guerra ai Telebani, e li sconfisse con l’aiuto di Cometo figlio Pterelao loro re, al qua
tri finalmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata di sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Giove. La cred
figurato sotto la sembianza di un giovane senza barba, veniva onorato con questo nome. Altri scrittori dicono che questo no
due immortali fanciulli venivano rappresentati in atto di baloccarsi con una palma, e con le ali agli omeri. Antero deriva
nciulli venivano rappresentati in atto di baloccarsi con una palma, e con le ali agli omeri. Antero deriva da αντ contro e
e. vedi Antenore. Fu ucciso da Paride per isbaglio. Si chiamava anche con tal nome uno dei capitani di Enea. 462. Antesforl
iove due figli : il padre di lei volle farla morire, ma ella si salvò con la fuga e si tenne celata fino alla morte del pad
fidanzato, si uccise sul corpo di lei. …..Ah tu, se rimirar potessi Con men superbo ed offuscato sguardo Suo nobil cor, l
divino spirar d’ambrosia odore ; E la veste, che dianzi era succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a’ piè, che a l
i ad esprimere, come vedemmo dalle citazioni dei classici, la maniera con la quale gli Dei si palesavano talvolta agli uomi
nome Melanto, che accettò la sfida del re dei Beozii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di
n quando il padre rispettivo di ognuna di esse, non avesse proclamato con giuramento, che il novello ascritto era suo figli
lio di Niobe. Essendosi impadronito dell’ Egitto, governò quel popolo con tale dolcezza che fu ritenuto come nn Dio. Veniva
veniva Apis venerato in tutto l’ Egitto, doveva essere di color nero, con un segno bianco di forma quadrata sulla fronte ;
rmesso di avvicinare il dio, e che lo accostavano sempre quasi nude e con atti sconc ed indecenti. Terminati i 40 giorni il
bue dovea vivere, i sacerdoti consacrati al suo culto in gran pompa e con tutte le cerimonie che la superstizione imponeva,
ella Poesia, della Musica e delle Arti. Capo delle nove muse, abitava con esse il monte Parnaso, l’ Elicona e le rive del f
ti al Apollo, perchè fra i mortali uomini e donne che ebbero contatto con lui, molti furono cangiati in albero d’olivo, ed
d impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di serpente e i capelli lunghissimi e bia
n sopra le sparse, Che tolse al corpo il grande, il duro e’ l greve : Con picciol capo, e ventre a un tratto apparse Un ani
la Grecia per le favole a cui dette vita. Il dio Pane vi era venerato con culto particolare, perchè generalmente si credeva
nome di orsa maggiore. Evandro ebbe anche un figlio chiamato Arcade. Con tale denominazione veniva del paro designato Merc
levato sulla montagna di Cillene in Arcadia. Plinio chiama similmeute con tal nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più c
ù cospicue ed illustri famiglie. L’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che gli scendevano sino
estoridi. — Argo e tutt’i discendenti di Aristoro, venivano designati con questo nome. 534. Areta. — Moglie di Alcinoo re d
la riconosciuta riprese la sua figura di flume e confuse le sue acque con quelle della fontana Aretusa. Ei cerca e non si
sorella di Ebe e di Vulcano. Fu il frutto degli amori che Giove ebbe con la propria moglie Giunone, quando per averne gli
ie di Seleno, il quale ella amò teneramente, in ricambio dell’affetto con cui questo l’aveva cara. Essendo Argira vicino a
ittà di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul quale Giasone con gli altri principi greci, mosse alla conquista de
Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, ciò che gli f
cita del labirinto, dopo avere ucciso il mostro. Arianna fuggì allora con Teseo, ma questi l’abbandonò su d’una roccia nell
i Atene. 567. Arieina. — Soprannome di Diana che le veniva dal culto con cui era venerata nelle foreste di Aricia presso R
ione fu pure il nome del cavallo che Nettuno fece sorgere dalla terra con un colpo del suo tridente, allorchè sostenne con
sorgere dalla terra con un colpo del suo tridente, allorchè sostenne con Minerva la disputa a chi di loro due avesse fatto
o e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lui, fu morsicata da
Armilustria. — V. Armilustre. 582. Armi-potente. — S’invocava Pallade con questo nome allorchè la si considerava come Dea d
Arno divennero celebri nella città di Lacedemone, ove si celebrarono con gran pompa. 586. Arpa. — Istrumento musicale e sa
to anuunzio di futuro danno Ale hanno late, e colli e visi umani, Piè con artigli e pennoruto il gran ventre ; Fanno lament
Iside e Dio del silenzio, ond’è che la sua statua viene rappresentata con un dito alla bocca come insegnando di tacere. Il
anno la figura d’una lingua, ed il frutto quella di un cuore, volendo con ciò dimostrare l’allegoria racchiusa sotto il sim
Arceofonte, la spietata giovanetta assistette alla cerimonia funebre con una gelida indifferenza, del che sdegnata Venere
er la morte di lui e che solo la facciata del tempio fosse fabbricata con pietre di calamita. Arsinoe fu similmente il nome
un culto particolare pei coccodrilli, questi animali venivano nutriti con cura deligente e continua, e dopo la morte veniva
Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, sec
dicare col vino. Salvator Rosa nelle satire dice : So che Asclepiade con un suo trombone I sordi medicava. Sal. Rosa. La
te. 610. Ascolie. — Feste in onore di Bacco : si celebravano saltando con un piede in aria sulla pelle di un becco gonfiata
nde dispregio il suono della tromba trovando in esso qualche analogia con la voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome di Gi
orire ; ma le ricerche riuscirono vane, poichè Andromaca lo sottrasse con la fuga al pericolo, ricoverandosi col figlio in
Astrena. — Soprannome di Diana da varii luoghi in cui veniva adorata con culto particolare. 645. Astomi. — Dalla parola Gr
erale a tutt’i popoli dell’antichità. Questo culto degli astri veniva con particolare vocabolo chiamato Sabeismo vedi lo St
di Climene. Atalanta sposò Meleagro da cui ebbe Partenopea. Essa amò con passione la caccia e fu la prima a ferire il cign
re ognuno del canto suo la cose più utile agli uomini. Nettuno allora con un colpo di tridente battè la terra, e ne uscì un
ia. Per vendicarsi della vergognosa tresca che Eropa sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e g
ge. — Detta anche Auga, figlia d’ Aleo. Avendo dimorato qualche tempo con Ercole essa ne restò incinta ed andò a partorire
sione al loro riconoscimento. 680. Augia. — Re d’ Elide. Egli stabili con Ercole che gli avrebbe ceduto la decima parte dei
cui capitale fu Aulisia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace di contenere 50 vascelli. Fu in q
po qualche tempo si pacificarono, e un giorno Cefalo andando a caccia con Procride la uccise per inavvertenza. Allora Auror
e da lui questa contrada fu detta Ausonia. 688. Auspicii. — Cerimonie con le quali si pretendeva scoprire la volontà dei De
ferita dall’ombra di Aiace. Autoleone placò lo spettro del guerriero con sacrifizii ed offerte e così potè vivere dopo una
cteone. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una stretta intelligenza con gli Dei, erano presso i Pagani ritenuti come per
to la figura d’un bel giovane, avente in mano un canestro di frutta e con ai piedi un cane. 699. Auxo. — Una delle Grazie.
ello era consacrato a Giunone ed a Marte, e gli auguri ne osservavano con particolare attenzione le grida ed il volo. 705.
e dagli scrittori dell’antichità, l’invenzione di schierare le truppe con quell’ordine che oggi si direbbe di attacco. Da c
ua gad significa felicità. 720. Baal-Peor. — Dio venerato dagli Arabi con culto particolare, sulla montagna di Peor. Si cre
ta la scalata all’ Olimpo. Di divolte montagne arman le destre E fan con rupi e scogli la battaglia, Odonsi cigolar sotto
canali, esse, appena coperte d’una pelle di tigre, tutte scapigliate, con in mano delle torce accese, facevano rintronar l’
nelle principali città dell’ Egitto, era consacrato al sole e adorato con particolare venerazione. Il pelo di questo animal
aprir fece, il padre prese : E se creder vogliam quel che vien detto. Con tanta industria a quel fanciul s’attese, Ch’unito
egli Dei. Bacco veniva rappresentato sotto diversi aspetti : talvolta con due corna sulla fronte, perchè nei suoi viaggi ri
animale che a lui si sagrificava ; talvolta a cavalcioni d’una botte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di pampini ;
; e spesso finalmente circondato di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani, in atto di far scaturire del
cc : e mosse alla conquista delle Indie. La favola dipinge questo dio con le corna e lo raffigura con un tirso fra le mani.
delle Indie. La favola dipinge questo dio con le corna e lo raffigura con un tirso fra le mani. Bacco fu allevato su di una
lla dea Cotitto, di cui si celebravano le cerimonie durante la notte, con le più luride oscenità. — V. Bali. 742. Baraico,
e l’eroe avea un oracolo, celebre per la maniera affatto particolare, con la quale rendeva i responsi. Coloro che venivano
onsultare l’oracolo, dopo aver pregato nel tempio, gittavano la sorte con quattro dadi, sopra dei quali erano incise alcune
 Soprannome dato a Venere, che, sebbene di rado, veniva rappresentata con la barba, per dinotare che le erano attribuiti ta
Iperione, uccisero i figli di Basilea, la quale impazzì pel dolore e con le chiome disciolte, ballando e gridando, corse p
 ; ma poi, non fidandosi a lui, Mercurio sott’altra forma, e parlando con una voce diversa, si presentò a Batto e gli offrì
eneva, e d’una rustica polenta, Ch’avea per uso suo fatta pur dianzi, Con fede e con amor le pose innanzi. Ovidio. — Metam
una rustica polenta, Ch’avea per uso suo fatta pur dianzi, Con fede e con amor le pose innanzi. Ovidio. — Metamorfosi. Lib
tagna, e di là mostrò loro tutti gli abitanti della borgata, sommersi con le case dalle acque d’uno spaventevole diluvio, c
dare avante, Che l’ascosa radice il piè ritiene. Accorti del lor fin, con voci sante Rendon grazie alle parti alte e serene
avano mai nei loro sacrifizii poichè rappresentavano il loro dio Pane con la faccia e le gambe di becco, sotto il cui simbo
i Dei minori di tagliare la propria testa, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne gli uomini e gli animali. Qu
andali venivano così denominati il buono ed il cattivo genio ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con qu
cattivo genio ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con quella di dio nero. 760. Beleno. — Gli abitanti d
a avente in una mano una verga grondante sangue, coi capelli sparsi e con gli occhi truci. 769. Bellonarii. — Sacerdoti di
Essi celebravano i riti e le feste di questa dea, pungendosi il corpo con le spade, e offerendole il sangue che grondava da
delle genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con una lettera diretta a Lobate, padre di Antea, rim
col sudor cangiolla in fiume. Ritien la fonte il nome, e quelle valli Con puri irriga e liquidi cristalli. Ovidio Metamorf
nti. 805. Bistonio. — Diomede, tiranno e re della Tracia cra dinotato con questo soprannome. 806. Bisultore. — Soprannome d
. — Figlio di Nettuno. Egli si rese celebre per la estrema franchezza con la quale diceva ciò che pensava. 810. Boedromie. 
e immortale. 814. Bolomancia. — Specie di divinazione che si eseguiva con delle frecce. Ezechiello ne fa menzione parlando
ugge ; E vede in Grecia appresso il regio nido Lei, che dal suo furor con molte fugge : La toglie in grembo, e volta a’Grec
molte fugge : La toglie in grembo, e volta a’Greci il tergo. E torna con la preda al patrio albergo. Ovidio. — Metamorfos
di questa metamorfosi procurò a Dardano 12 poledri, i quali correvano con tanta velocità che sorpassavano un campo di spigh
mero Iliade — Libro XX trad. di Vinc. Monti I Poeti dipingono Borea con le ali ai piedi ed alle spalle per mostrare, la s
con le ali ai piedi ed alle spalle per mostrare, la sua leggerezza e con la figura di un uomo giovane avvolto in un mantel
la città di Braurona. V. l’articolo precedente. 823. Briareo. — Detto con altro nome Egeone. Gigante, figlio del cielo e de
, la giovinetta Briseide, sprezzato il nostro avviso, Ben io, lo sai, con molti e caldi preghi Ti sconfortai dall’opra : ma
o amico, indusse Achille a prendere nuovamente le armi, e a vendicare con la morte di Ettore (il cui cadavere egli trascinò
fosse Cerere, altri Proserpina, ed altri Cibele. Plutarco la confonde con Flora ; Varrone la fa moglie di Fauno, e dice ch’
o di Maggio ; la cerimonia veniva fatta durante la notte, adornandosi con gran dispendio le case ove si celebrava e gli app
ran dispendio le case ove si celebrava e gli appartamenti illuminando con uno sterminato numero di torce. I Cartaginesi ave
Dio dei bevitori, il quale per questa ragione veniva sovente confuso con Bacco. In Grecia, sulla strada che da Tebe menava
a Giove tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole,
stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al quale egli pre
i, che Busiride sia lo stesso che Osiride ; e che il sanguinoso culto con cui quest’ultimo veniva adorato, abbia dato vita
, Amico, re dei Bebrici, il quale non volle riconoscerlo. Egli allora con pochi seguaci si ritirò in Sicilia e durante la f
delle mogli di Vulcano. 862. Cabiri. — Divinità che venivano adorate con un culto tetro e misterioso, nell’isola di Samotr
edificare la città di Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva con sè si era fermato, compiendosi così il dettato de
ure. Allora, afflitto e scoraggiato dalla crudele profezia, si esiliò con la moglie dal proprio paese, per non assistere al
apelli di colore azzurro per indicare l’aria d’onde soffia il vento e con le ali, per alludere alla loro paternità (V. Bore
perocchè essendosi Euripilie ricusato di aderire alle nozze dell’eroe con la figliuola, Ercole l’uccise, e poscia fuggì con
lle nozze dell’eroe con la figliuola, Ercole l’uccise, e poscia fuggì con Calciope, da cui ebbe un figliuolo per nome Tessa
iblo nella Siria : istituì in suo onore un culto sacro e particolare, con feste e sacerdoti. Bacco amò sfrenatamente Calico
ato su quelle sponde da una tempesta. Essa lo amò, e visse sette anni con lui ; ma, passato questo tempo, Ulisse fece ritor
lità che la Ninfa gli aveva fatto se avesse voluto continuare a viver con lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figl
rappresentano come una giovanetta coronata di lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella mano dirit
giovanetta coronata di lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella mano diritta, con un libro nella
na di flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella mano diritta, con un libro nella sinistra, e seguita da altre tre f
i ai giudici ; i quali però le fecero grazia, ordinando da quel tempo con una legge che i maestri degli esercizii dovessero
ina. — V. Camarina. 919. Cameso. — Principe d’Italia, il quale divise con Giano l’autorità reale. 920. Camilla. — Regina de
orì in una battaglia uccisa da un colpo di giovallotto. Si chiamavano con nome collettivo Camilli tutti quel giovanetti che
ntrade abitate da quei popoli, ove il Dio Camulo veniva rappresentato con una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nom
1. Canacea. — Altra figliuola di Eolo la quale non bisogna confondere con la Canace, di cui nell’articolo precedente. Canac
l’Idra di Lerna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo schiacciò con un colpo di clava, e Giunone allora lo trasportò
me di Giunone dalla città di Candara nella Pafaglonia, ov’era adorata con un culto particolare. 936. Candaulo. — Detto anch
che i Romani sagrificassero ogni anno uno di questi animali, volendo con ciò ricordare la sorpresa che i Galli fecero loro
me sacri, i quali lasciavano che coloro che si avvicinavano al tempio con la dovuta reverenza, entrassero liberamente ; men
e ; mentre latravano e talvolta laceravano coloro che non comparivano con la dovuta nettezza. Finalmente le arpie erano rit
potevano resistere al loro. Allora un sacerdote del Dio Canope, volle con una sfida, provare il contrario, e le statue dei
cese un gran fuoco, in mezzo al quale fu posta la statua di Canope, e con grande sorpresa dei Caldei, essi videro ben prest
e della sua rinomanza all’astuzia del sacerdote, il quale avea forato con una quantità di piccoli buchi le pareti del vaso,
piccoli buchi le pareti del vaso, e dopo averli esattamente otturati con della cera, riempì il vaso di acqua, la quale usc
mente otturati con della cera, riempì il vaso di acqua, la quale uscì con violenza non appena l’azione del fuoco ebbe lique
alle atroci bestemmie che egli scagliava contro il cielo, lo incenerì con un colpo di fulmine. Di questo empio bestemmiator
aglie, a cui il Senato avea tributato gli onori del trionfo, salivano con gran pompa e solennità nel carro trionfale. 949.
itto, veniva particolarmente venerato questo animale, ed era proibito con grande severità ucciderne alcuno, essendo radical
ale cerimonia consisteva nella corsa che esse facevano, percuotendosi con delle bacchette. 954. Capricorno. — Essendo un gi
di spaventose grida. Come fa l’onda là sovra Cariddi, Che si frange con quella in cui s’intoppa, Cosi convien che qui la
e grazie ; Omero la dà per consorte a Vulcano, volendo forse dinotare con questo connubio allegorico, la grazia e la bellez
ra anche questo uno dei soprannomi di Giove, per il culto particolare con cui veniva adorato nella provincia fondata da suo
biva alle dame di tener cani presso di loro. 974. Carmentis-Flamen. —  Con questa denominazione veniva designato uno dei qui
di quei morti che non avevano la moneta da pagargli. Caron, dimonio con occhi di bragia, Loro accennando, tutte le raccog
te orribil fato Squarciar la benda ? È vita il solo errore ; Il saver con la morte all’uom fu dato. Schiller — Cassandra.
opia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi.
avallo Pegaso, pietrificò il mostruoso animale, mostrandogli lo scudo con la testa di Medusa, liberò Andromeda, e ottenne d
Pausania, un altro dei nomi della fontana conosciute più comunemente con quello di Castalia. 990. Castalia. — Ninfa, che A
sposi. A cagione della immortalità che, come dicemmo, Polluce divise con Castore, i Romani rinnovavano ogni anno nella fes
er la briglia un altro destidero, su cui non montava alcuno ; volendo con ciò spiegare che dei due fratelli uno solo poteva
come un presagio di guerra. Enea appena ebbe posto il piede in Italia con suo padre Anchise, ritenne come presagio di batta
un carro, ritenuto egualmente come sacro. Finalmente, si osservavano con grande attenzione i loro movimenti ed i loro nitr
smisurata grandezza non consentiva entrare dalle porte, e collocarono con le loro mani nel mezzo della città il fatale simu
onno, e introdussero in Troja tutta l’armata Greca : e così ebbe fine con la distruzione totale della città e dell’armata d
gno d’Atene, che dal suo nome fu detta Cecropia. Alcuni la confondono con Cecopro di cui nell’articolo precedente. 1025. Ce
spuglio per spiarlo, e Cefalo credendo che fosse una fiera, la uccise con l’istessa arme ch’ella gli aveva donato. Riconosc
tto gli attaccò sulla fronte uno dei capelli della testa di Medusa, e con quel talismano lo rese invincibile. 1032. Cefiso.
in cerca e saputa la sua morte ottenne dagli Dei di essere cangiata, con lui, nell’uccello che si chiama Alcione V. Alcion
035. Celadone. — Uno di coloro che furono uccisi alle nozze di Perseo con Andromeda. 1036. Celana. — Comunemente si dava il
a della ninfa Pirene. Essendo stata uccisa involontariamente da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la
tà cavalli. Essi erano sempre armati di nodosi bastoni e si servivano con estrema destrezza dell’arco. E tra ’I piè della
— Così viene soprannominato il gigante Briareo, che la favola dipinge con cinquanta braccia e cento mani. e Briareo Cui la
Questa credenza viene dall’ etimologia greca Κεραμπτον che significa con le corna. 1055. Cerasti. — Popoli di Amatunta, ce
’Inferno e del palazzo di Plutone. ….. il gran Cerbero udiro Abbaiar con tre gole, e ’l buio regno Intronar tutto ; indi i
ider pria giacer disteso avanti, Poi sorger, digrignar, rabido farsi. Con tre colli arruffarsi, e mille serpi Squassarsi in
Perch’ebbe il suo valor Cerbero a scherno, Quel mostro ch’ivi abbaja con tre teste, Per forza incatenollo Ercole, e prese,
i gli sventurati pazienti. Teseo disfece questo brigante, uccidendolo con l’istesso supplizio ch’egli infliggeva ai viaggia
ore di Cerere ordinò che Proserpina avesse passato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con sua ma
passato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con sua marito all’inferno. Cerere aveva diversi temp
oposito di questa famosa Divinità. Ve ne sono molti che la confondono con Cibele ; ossia la Terra, quantunque queste due De
i giuochi funebri in onore di Giulio Cesare, fosse apparsa una cometa con la coda, o stella crinita, e che questa apparizio
’esser più bella di Diana, del che sdegnata la Dea, le forò la lingua con una freccia. 1083. Chiromanzia. — Così veniva det
ulle montagne e nei boschi sempre armato di un arco di cui si serviva con mirabile destrezza. Conoscendo per lungo uso le v
bbracciavano lo spazio di venti stadii. Le onde del mare, frangendosi con spaventevole rumore fra quelle rocce, spingevano
llora la figlia di questo trascinò il padre all’altare, e dopo averlo con le sue mani svenato, si uccise sul corpo di lui.
urore. Veniva chiamata la madre degli Dei, non altrimenti che Cibelle con la quale per altro non bisogna punto confonderla.
terra ; viene raffigurata sotto le sembianze d’una donna bellissima, con una corona di torri sul capo, circondata da anima
bellissima, con una corona di torri sul capo, circondata da animali, con una gonna seminata di fiori e montata su di un ca
on poche medaglie dei tempi antichi ove è scolpita la Dea della pietà con una cicogna accanto. 1100. Ciconi. — Popoli della
gnato per la disfatta del proprio figlio volle battersi personalmente con Ercole ; ma Giove li separò facendo cadere fra di
to. 1134. Ciparisso. — Figlio di Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo al quale era estremamente affe
. la Deessa udiro Dai ben torti capei, Circe, che dentro Canterellava con leggiadra voce, Ed un ampia tessea, lucida, fina,
ali venti. 1140. Cirene. — Ninfa figlia del fiume Peneo. Apollo l’amò con passione e la condusse in Africa ov’essa divenne
e. Secondo il suddetto scrittore, la clava di Teseo, veniva designata con l’epiteto di Epidauriana, perchè fu appunto nell’
lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un pugno, facendo così morire un gran numero di p
u figlia di Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Divinazione con la quale si pretendeva conoscere la sorte per mez
i. 1182. Climene. — Ninfa, figlia dell’Oceano e di Teti. Apollo l’amò con passione e ne ebbe va rii figli. Climene era anch
o sotto figura di una donna giovane, d’imponente e maestosa bellezza, con la fronte coronata di lauro, e avendo nella mano
ennone era all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il quale, d’accordo con lei, assassinò Agamennone, quando questi ritornò
sti ritornò dalla guerra, e si rese padrone de’suoi stati, usurpando, con sanguinosa opera di regicidio, il suo trono ed il
sacro. Gli abitatori del lago Meris e i popoli di Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo addomesticavano e gli c
ra anzi buon numero in cui i coccodrilli venivano uccisi e riguardati con orrore, dappoichè era diffusa credenza, che Tifon
ell’inferno che circonda il Tartaro e arricchisce le sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito era anche il nome
il nome di uno dei discepoli del centauro Chirone. 1213. Coe o Coo. —  Con questo nome i ragani designavano il secondo giorn
lo stretto di Gibilterra, dando cosi la comunicazione al Mediterraneo con l’oceano. Sulle due montagne, Ercole fece innalza
l’eleganza della moda. Veniva rappresentata inghirlanda ta di fiori e con una torcia accesa nella mano destra. 1231.Concord
ra. 1231.Concordia. — Figlia di Giove e di Temi. I Romani l’adoravano con un culto particolare e le avevano innalzato un te
ssero improvvisamente comparse cinque cerve, di non comune grandezza, con le corna d’oro. Diana si dette a inseguirle, ma n
tuno Ippio. 1240.Consuali. — Feste che si celebravano particolarmente con gli spettacoli del Circo, in onore del dio Nettun
e di suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli trapassò la mano con un colpo di lancia ; ma fu da quest’ultimo egualm
ni dei questa terra. Al dire di Focio, Ercole veniva spesso effigiato con un corno dell’abbondanza sul braccio, perchè Ache
sciuta anche sotto il nome di Arfinoe, figlia di Flegia. Apollo l’amo con passione ; ma essa l’abbandonò per darsi ad Ischi
i voglia in ciel superba dea. La vede il corvo un di che si trastulla Con altro amante, e che ad Apollo è rea ; E va per ac
armi e ne segui un accanito combattimento, nel quale Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Questo sventurato principe mo
accusa, e volle uccidere Prisso ; ma questo giovane si salvò fuggendo con la propria sorella Elle. 1292. Cretheja-Virgo. — 
nell’articolo precedente. 1293. Cretone. — Figlio di Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’assedio di Troja, furon
ratello Orsiloco all’assedio di Troja, furono entrambi uccisi da Enea con un sol colpo. Menelao durò gran fatica a ritoglie
’al tuo seggio arrivi, Che fia poi ne l’Esperia, ove il Tirreno Tebro con placid’onde opimi campi Di bellicosa gente imping
a lui venuto dalla città di Criaforide, nella Caria, dove era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Figlio di Nettu
Degli Achivi era Crise alle veloci Prore venuto a riscattar la figlia Con molto prezzo. In man le bende avea, E l’auro scet
rudeli speranze, si dette di sua mano la morte. 1308. Crisomattone. —  Con questo nome i greci indicavano il famoso agnello
un altro Croco, marito di Smilaxa. Essi si amavano cosi teneramente e con tanta innocenza, che gli dei li cangiarono in arb
va alla voluttà. Veniva rappresentato sotto la figura di un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pie
rappresentato sotto la figura di un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno di frecce. Egli fu a
hi bendati, con un arco ed un turcasso pieno di frecce. Egli fu amato con passione da Psiche. Compagni di Cupido erano i pi
abini onoravano sotto questa denominazione, Giunone, rappresentandola con una lancia nella destra. D 1337. Dadea. — 
natamente amata da Apollo. Un giorno mentre essa cercava di sottrarsi con la fuga alle amorose persecuzioni di quel dio, la
loro responsi, mangiavano delle foglie di lauro, volendo far credere con cio che essi fossero ispirati da Apollo, a cui qu
ni. — Giovane pastore della Sicilia : fu figlio di Mercurio. Egli amò con passione una ninfa ed ottenne dagli dei la grazia
nomi di Cerere, come era detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con poca differenza di giorni, corrisponde al nostro
delle isole Cicladi, dove Politetto, re di quella, la sposò allevando con affetto paterno Perseo, di cui ella era rimasta i
adre, furono condannate nell’inferno ad attingere eternamente l’acqua con una secchia senza fondo. Le Danaidi, furono dette
dalie. — Feste greche celebrate in onore della pacificazione di Giove con Giunone V. Citerone. Gli abitanti di Platea, cele
ito, per lasciarveli morire. Essi però pensarono al modo di sottrarsi con la fuga all’orribile e lenta morte che loro sovra
otrigliezze dell’arte loro, fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con grossi pezzi di cera alle spalle del figlio, dopo
al figliuolo di non volare nè troppo basso, nè troppo alto, temendo, con giusto discernimento, che nel primo caso i miasmi
vi appresso al re talmente è viva La fama delle sue stupende prove, E con tal premio Cocalo il ritiene, Che riveder più non
llara. 1374. Dee. — Divinità del sesso femminino, adorate dai pagani con culto e cerimonie particolari. Venivano distinte
i pagani era generale opinione che quei mortali che avevano contatto con le dee non vivessero a lungo. 1375. Dee Madri — C
avevano contatto con le dee non vivessero a lungo. 1375. Dee Madri —  Con questo nome venivano dinotate quelle divinità che
à, quanto sui monumenti, si vede la loro effigie sempre rappresentata con un corno dell’abbondanza. Secondo l’opinione di D
iculo eran queste le ragioni per le quali il tempio d’Anguja divenne, con l’andare degli anni, ricchissimo, contandosi fra
mero di numi, ma i re, i pontefici, e le città intere, contribuirono, con tutte le loro forze fisiche e morali, all’apoteos
niva celebrata da tutta la città. Dopo che il corpo era stato sepolto con gran pompa, si metteva una figura di cera che ne
mi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novello imperatore con una fiaccola appiccava il fuoco ai quattro angoli
Fa d’animo e di cor costante e fermo ; Ciò disse, e da furor spinta, con lui, Ch’adeguava i suoi passi arditamente, Si mis
Meganira, o secondo altre opinioni, figlio d’Ippotoone. Cerere l’amò con passione, tanto che per renderlo immortale, e per
a combattè contro il fiume Acheolo. Domato il nemico, l’eroe condusse con sè la bellissima sposa, e giunti al fiume Eveneo,
schiva all’occhio, prese Parer di dare al sangue un’altra scorza : E con vermigli fior tale il lin rese, Ch’ogni occhio a
e ; — V. Arione — altri da quello che trattò il matrimonio di Nettuno con Anfitrite ; altri da uno di quei marinai che Bacc
ncinto della sua luce immortale, bello della sua eterna giovanezza, e con una lira d’oronella mano, da cui traeva dolcissim
di d’oro. Il re, credendo ch’ella fosse colpita di pazzia, la scacciò con aspre maniere, e allora Demofila innanzi al re st
ni. I decreti di questa cieca divinità, regolatrice di tutte le cose, con un potere assoluto, erano irrevocabili. Giove ste
re le flere, dai conosciuti sentieri. 1427. Dia o Dea. — Appellazione con la quale i greci indicavano particolarmente Cerer
urre dei fanciulli innanzi all’altare della dea, ove venivano battuti con le verghe in così aspra maniera, che il maggior n
. 1432. Diania-turba. — Ossia turba, drappello e anche muta di Diana. Con questo nome venivano designati i cani addestrati
done. — Figlia di Belo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciuta con l’appellazione di Dido : fu moglie di Sicheo, che
rsi la morte che violare il suo giuramento di fedeltá. Ella si ucsise con un pugnale, e ciò le valse il nome di Didone, che
ngolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parlano degli amori di Anubi con la Luna ; fanno che Diana venisse sferzata ; che
freno alle fiere onde, ed i verdi Campi, i ripari rovesciando, ingoia Con fragor le speranze e le fatiche Del gagliardi col
o di devozione e di oscenità. 1463. Dionisio. — Detto anche Dioniso : con questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla c
pubblici mercati a suo profitto le spoglie di che si rendeva padrone con sacrilega violenza. Ciò non ostante gli dei non f
opra la terra. 1465. Dioscuri. — Castore e Polluce venivano designati con questo nome. Gli antichi veneravano diverse altre
di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re di Tebe. Ella trattò con assai aspra maniera per lungo tempo Anflone ed An
ato vantarsi d’essere più bella di lei. Non bisogna punto confonderla con la Dirce, di cui nell’articolo precedente. 1471.
Venere, ciò che fu causa d’infinite sventure. La Discordia si dipinge con capigliatura di serpi, con volto livido, con occh
infinite sventure. La Discordia si dipinge con capigliatura di serpi, con volto livido, con occhi impietriti, e vesti insan
La Discordia si dipinge con capigliatura di serpi, con volto livido, con occhi impietriti, e vesti insanguinate ; avendo n
tina. — Ninfa dell’isola di Creta, che assai di sovente viene confusa con Diana. La tradizione mitologica racconta di lei,
idio fosse uno dei figli di Giove : altri lo hanno di sovente confuso con Ercole. 1483. Divall. — In onore della dea Angero
i si adoperava il fuoco si chiamava Piromanzia ; quella che si faceva con la terra chiamavasi Geromanzia ; e quella che si
città di Dolichene. 1492. Dolone. — Trojano, celebre per la rapidità con la quale correva. Nella speranza di avere in prem
n orribile drago, che strisciando sull’albero divoro otto passere che con la loro madre vi annidavano ; e dopo d’averle div
ica attribuisce una celerità prodigiosa, forse per alludere all’ansia con la quale essa cercò per tutta la terra la figliuo
sorella Iole il bambino, il quale, senza di ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella corteccia dell’albero. Driope era anche
ruidi, sacerdotesse del culto religioso dei Celti, venivano designate con questo nome. Al pari dei loro mariti esse venivan
eologia, della quale essi non spiegavano taluni dati articoli, se non con grandissima riserba, ed in casi estremamente rari
quercie secolari ; e ricevevano coloro che li andavano a consultare, con le cerimonie più solenni e misteriose. La religio
mini, e a questo nuovo popolo impose il nome di Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che alla sua morte Plutone lo ass
suoi concittadini, perchè questi non avevano onorato la sua vittoria con un monumento, imprecò contro di essi una maledizi
re e Mecastore. — Formola di giuramento assai in uso presso i pagani, con la quale essi giuravano per Castore nell’istesso
i pagani, con la quale essi giuravano per Castore nell’istesso senso con cui adoperavano la parola Meehrcole quando presta
di Perseo. Secondo il citato autore, Giove, dopo aver avuto commercio con Asteria, la dette in moglie a Perseo e da questo
cque Ecate. Teocrito lo Scoliaste, dice che Giove ebbe dai suoi amori con Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la quale
serpina quando stava nell’inferno. Presso i pagani veniva Ecate detta con nome particolare dea Triformis, appunto per allud
adronirsene, e che allora gl’indigeni fanno uno strepito spaventevole con ogni specie di strumenti, per obbligare il mostro
e della favola racconta di lei che avendo un giorno di comune accordo con Giove, intrattenuta Giunone coi suoi piacevoli di
nde questa non avesse disturbato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito di sua moglie, Giunone, sap
co a ripetere l’ultima parola di coloro che la interrogavano. Eco amò con passione Narciso, ma vedendosi da lui disprezzata
avevano seguita, queste si avventarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba di sua propria mano ucci
avano alla vita del fanciullo, lo consegnò ad uno dei suoi ufficiali, con ordine espresso di farlo morire, ma quell’ufficia
ndo di lasciare così la sua patria. Giunto nella Focide, ebbe querela con uno sconosciuto e lo uccise. Quello incognito era
dipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la città di Tebe con una orribile pestilenza, la quale non cessò che q
ccaccio, che Edone fosse cangiato in un cardellino, uccello che canta con un tuono triste e malinconico. 1554. Edonidi. — L
i marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con st
o di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con statue e quadri di un valore favoloso. E pure que
tempio, che essi menarono nuovamente a termine dopo lunghissimi anni, con più magnificenza e ricchezza. Ma sembra che il de
di esse consisteva nella corsa che tre giovanetti facevano, ciascuno con una torcia accesa nella destra. Quello fra i tre
a torcia accesa nella destra. Quello fra i tre che giungeva alla meta con la torcia accesa, gualagnava il premio ; se poi l
ul monte Cilleno, vide due serpenti attorcigliati insieme e li divise con un colpo di bastone : nell’istesso momento egli f
e dell’ottavo, Tiresia trovò altri due serpenti, li divise nuovamente con non colpo di bastone e ritornò uomo. Questa doppi
un dissidio fra loro, essi morirono entrambi, in seguito alle ferite con che si erano reciprocamente offesi. 1568. Efialti
575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Attica di cui i Mezioniti
Etra una spada, ingiungendole di conservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal re di Atene. In pros
rese ogni cosa e fece il possibile onde impedire il riconoscimento, e con seduzioni ed incantesimi avea quasi persuaso Egeo
, e Teseo dovè, come gli altri, sottostare alla comune fatalità. Egeo con le lagrime del più profondo dolore vide partire i
o dolore vide partire il figlio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più calde preghiere di far cangiare le nere ve
cangiare le nere vele del vascello, che faceva il terribile viaggio, con altrettante di colore bianco, ove mai egli, per u
ento braccia e cinquanta teste. …. In quella guisa Che si dice Egeon con cento braccia E cento mani, da cinquanta bocche F
col gran Giove a fronte, Quando contra i suoi folgori e i suoi tuoni Con altrettante spade ed altrettanti Scudi tonava e f
nsigliera di Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affine di dare più aut
ifizii ed offerte, onde implorare un parto felice. 1579. Egghitree. —  Con questa denominazione i Greci indicavano quelle do
lla parola Greca άηξ άηγδς, che significa capra ; i pagani indicavano con questo nome un particolare sagrifizio espiatorio
di tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano quindi la fossa con una tavola forata in più punti e si gettava su di
 ; e Virgilio dice che Minerva combatteva coprendosi tutta la persona con uno scudo, o Egida, su cui era incisa la testa de
disgraziata donna. 1585. Egina. — Figlia del flume Asopo, la quale fu con passione amata da Giove, che sotto la forma di un
, figlio di Mirmidone, che la rese madre di Menezio. 1586. Egineti. —  Con questo nome erano conosciuti gli abitanti dell’is
o di mano ebbe principio l’odio inestinguibile che divise poi sempre, con mortale inimicizia gli Ateniesi e gli Egineti, i
e facilitare il commercio marittimo, a servirsi delle monete, potendo con tal mezzo dar maggiore sviluppo allo scambio, e s
altri poeti e cronisti della favola è assai di sovente chiamato Giove con questa denominazione. 1588. Egipane — Il dio Pane
nse a Micene e lo uccise. In seguito venuto Egisto in grande amicizia con Agammenone, re d’Argo e di Micene, questi, al mom
e quando dopo la caduta di Troja, quegli ritornò in patria, d’accordo con la colpevole moglie, lo assassinò, e tenne per lu
Micene, uccise l’usurpatore Egisto, e trasportato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno di Clitennestra sua madre
le giornate ; ed ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con detti aspersi di dolce, veleno, La moglie dell’At
dormiva profondamente, essa chiamò due Satiri, Monatilo, e Cronide e con essi d’accordo, legò le mani al dormente con una
i, Monatilo, e Cronide e con essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il su
legò le mani al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome
9. Egofaga. — Detta anche Caprivoca, vale a dire che divora le capre. Con questo soprannome i Lacedemoni indicavano Giunone
uesti figli, ed Elena stessa, fossero nati dagli amori che Giove ebbe con Leda — V. Castore e Polluce. Tindaro Re d’Ebalia
la vera cagione della sanguinosa guerra tra Greci e Troiani, che finì con la totale distruzione della città di Troia, dopo
i Troiani immersi nel sonno. …… Una gran face in mano Riprese, e diè con essa il cenno ai Greci. Virgilio — Eneide L. VI
la vendetta esercitata sopra i Troiani e riconciliatosi di buon grado con l’adultera sposa, la condusse come in trionfo a S
anetta per nome Cassandra e la favola racconta che dormendo un giorno con lei nel vestibolo interno di un tempio, due dragh
di Ulisse e degli altri capi dell’esercito, s’impadronirono di Eleno con l’astuzia. Giunto al campo nemico egli predisse a
to Filottete ad abbandonare la sua isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto s
epoca in cui ritornato a Micene col suo fido Pilade, ordi, d’ accordo con la sorella, la congiura da cui risultò la morte d
icare una città a cui fu dato il nome di Eleutera. 1631. Eleuteria. —  Con questo nome i greci adoravano la dea della libert
feste che si celebravano in onore del Sole. 1636. Eliadì. — Venivano con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliu
e degli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninfa, figlia di Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura dell’infanzia di Giov
n tempio assai in rinomanza presso i pagani. 1638. Elielo. — I Romani con questo nome adoravano Giove e credevano che pronu
iscritto, comunicava ancora il suo volere, sia chinando il capo, sia con far cenno con le braccia. La città di Corinto si
unicava ancora il suo volere, sia chinando il capo, sia con far cenno con le braccia. La città di Corinto si chiamava anch’
petono, che Saturno era il sovrano dei campi Elisi ; ove egli regnava con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli
accompagnata, l’abbandonò per modo che affogò miseramente, rendendo, con la sua morte, celebre quel tratto di mare, che da
lo rispose che bisognava rifabbricare il tempio di Minerva, e placare con grandi sacrifizii l’ombra della morta sacerdotess
ato in majale. Avendo riacquistata la primitiva sua forma, egli corse con tanta velocità, onde raggiungere i suoi compagni,
ominazione di Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle sue cronache, e con lui varii altri scrittori dell’antichità, narrano
to in Africa, s’imbattesse in un leone che restò fermo innanzi a lui, con la bocca spalancata. Elpide, impaurito pensò sott
on la bocca spalancata. Elpide, impaurito pensò sottrarsi al pericolo con la fuga, e si arrampicò su di un albero, ai piedi
giovani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie di duello con delle verghe, e solo cessavano dal duellarsi, all
rice dei parti ond’è che le donne incinta ne invocavano la protezione con ricchissimi doni. L’opinione della potenza sopran
il vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale con sua moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi a
avrebbe ucciso, sè questi non si fosse sottratto al furore del figlio con la fuga. Allora Emone rivolse contro se stesso tu
l padre. Il padre a lui, Tosto che il vede, alto sclamando accorre, E con rotti singulti : Oh sciagurato ! « Oh ! che mai f
esso irato Sovra l’acciar slanciandosi, sel figge Mezzo nel fianco, e con tremole braccia Stringe al petto la vergine, e ve
che stessero i villaggi. 1666. Emploei. — Pubblici giuochi celebrati con molta solennità dagli Ateniesi, i quali vi si rec
nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di Mercurio che veniva con esso riverito come protettore dei mercanti. 1668.
he dell’antichità, questi due Titani, sono di sovente scambiati l’uno con l’altro. Schiaccia l’immensa fronte Etna sublime
del fumo ; immagini e configurazioni queste, che si addicono entrambi con assai convenienza ad un vulcano. La cronaca fa a
figlio, chiamato Ascanio o anche Julo o Julio. Allorchè Paride giunse con la rapita sposa di Menelao, alla corte di Priamo,
à. Enea sostenne un particolare duello col più prode guerriero Greco, con Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso
uerriero Greco, con Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede, nel quale però Enea, ebbe seco stesso a
lla a soffrire, poichè tutte le volte che Enea correva in uno scentro con l’inimico, un positivo pericolo, Nettuno lo ravvo
a cadde, Enea dopo averla eroicamente difesa, ne uscì la notte stessa con tutti quei Trojani che vollero seguire le sue sor
raffatta dall’orda irrompente dei soldati vincitori, ella dovè pagare con la vita, e forse anche con l’onore, la triste glo
te dei soldati vincitori, ella dovè pagare con la vita, e forse anche con l’onore, la triste gloria di esser moglie d’un vi
anche con l’onore, la triste gloria di esser moglie d’un vinto. Enea, con tutti i suoi seguaci, potè dopo qualche tempo, im
Recatosi quindi a Delo, fu da Anio, vecchio amico di Anchise, accolto con ogni amorevolezza, e dove, l’oracolo interrogato
one. ….. e via più bello. Ma di beltà feroce e graziosa Le giva Enea con la sua schiera a lato. Qual se ne va da Licia e d
ancora sopito il rancore per la morte del loro re Turno, collegatisi con Mezenzio re dell’Etruria, dichiararono la guerra
dendolo coperto di ferite lo avesse trasportato nel cielo, dopo avere con materna sollecitudine lavato il suo corpo nelle o
e privato presso Diomede, ove rese all’avo paterno, gli onori funebri con gran pompa e solennità, e volle che il luogo ove
ovasi nelle tradizioni della favola indicato Marte, dio della guerra, con questo nome. 1679. Enia. — Soprannome di Bellona
. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle cangiata in colomba. V. Anio.
tume in uso presso gli antichi di marcare le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita
esse potuto raggiungerlo, Paride morì, ed essa disperata si strangolò con la propria cintura. 1693. Enopione. — Figlio di A
oli di Licaone, re d’Arcadia. Egli fu il primo a stabilirsi in Italia con una colonia greca. Secondo Virgilio egli dette an
un contra l’altro si levaro : Brandir le braccia ; ritirarsi indietro Con le teste alte ; in guardia si posaro Or questi or
fosse, il mar, la terra e ’l ciclo, Lacerati da lor, confusi e sparsi Con essi andrian per lo gran vano a volo. Ma la possa
, ed a re tale il freno Ne diè, ch’ei ne potesse or questi, or quelli Con certa legge o rattenere o spingere, Virgilio — E
rvazione del flusso e riflusso della marea, cosicchè spesso prediceva con felice successo, quale vento dovesse soffiare per
i pubblicamente, ed erano preceduti da un giovine vestito di bianco e con una fiaccola nella destra. 1711. Epemenide. — V.
ponde del flume Assio, dette il suo nome a quella contrada conosciuta con la denominazione di Peonia. 1713. Epeuso. — Altro
ne. 1720. Epiclidie. — Feste che gli abitanti dell’Attica celebravano con gran pompa in onore di Cerere, in ringraziamento
n tempio dedicato al suo culto nel borgo di Bassa, ove veniva adorato con la stessa denominazione. 1723. Epidauria. — Nella
Urano, ossia il cielo e sua sorella Gea, fu detta Rea ossia la terra. Con questi nomi al dire del cronista Sanconiatone, i
ve, temendo che questi sdegnato contro Prometeo per aver questi fatta con la creta una figura umana e detto che era anch’eg
vano vincitori ai pubblici giuochi. Non bisogna confondere l’Epinicio con l’Epiodia canzone funebre, alla quale davasi comu
rca, si dava codesto nome ad una festa delle barche, che si celebrava con grande apparato nell’isola di Rodi. 1744. Episcir
si aggirava pel campo, gli comparve un uomo di una grande statura, e con lunga barba nera, e che avendolo ucciso rimase al
1750. Epopeo. — Dalla ninfa Canace ebbe Nettuno un figlio che chiamò con questo nome. Divenuto adulto, Epopeo, dotato di u
tempo nella città di Sicione di cui Corace era re. Quivi, profittando con grande avvedutezza e coraggio, delle inimicizie c
ne. La tradizione favolosa dice che la dea, in attestato dell’affetto con che ebbe caro Epopeo, fece quand’egli morì, scatu
el campo Marzio. 1755. Equità. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra.
da in una mano ed una bilancia nell’altra. Assai sovente si confondea con Astrea. Al dire di Pindaro l’Equità fu madre di t
ssa aveva nella città di Lebadia, molte statue che la rappresentavano con un’oca in mano. 1764. Ercole. — In greco Eraclide
igliuolo di Alcmena, à una tinta particolarmente greca, che armonizza con grande concordia tanto coll’assieme di tutta la c
la concezione primitiva. Per metter d’accordo la opinione di Erodoto, con quanto ci detta il ragionamento e la conoscenza d
a Melkarth, divinità Fenicia, che assai di sovente viene identificata con l’eroe greco, la si può relegare, come Som, nel n
appartenente al primo periodo della civilizzazione, il quale accetta con gioia i più duri lavori, e compie le imprese più
infestano, combatte i mostri, protegge i deboli, fertilizza il suolo con lo scolamento delle acque, e civilizzatore e guer
nno Omerico ci presenta nello stesso ordine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la quale gli stessi fatt
ello stesso ordine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la quale gli stessi fatti sono esposti nell’Iliad
he traccia delle tradizioni fenicie, la quale armonizza in certo modo con l’Ercole greco. Cicerone conta fino a sei eroi di
rato in culla, ma l’eroe fanciullo uccise i due mostri strangolandoli con le mani. Avidamente in tortuose spire Stringean
da guerra. E fatal prova nel primier periglio Dando d’immenso ardire. Con mano inevitabile n’afferra Cli orridi mostri insa
meta piegar sicuri e illesi Gli assi di rota, insegnò pure al figlio Con dolce cura Anfitrion medesmo. Teocrito — L’Ercol
ni. Castore e Polluce, negli esercizii ginnastici e guerrieri. Come con lancia in resta, e il tergo ascoso Sotto lo scudo
dillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il quale fatto, richiamato i
to stesso, la quale mandava assolto chiunque avesse respinto la forza con la forza. In conseguenza di questa legge, egli fu
ino della Virtù ». Un giorno tornando dalla caccia Ercole si incontrò con gli araldi che Ergino inviava a Tebe onde ricever
ricevere il tributo imposto a quella città. Egli dopo averli battuti con la sua clava, ne fece alcuni prigionieri e dopo a
nemica di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli, con la sua forza soprannaturale, aveva fatto cadere s
i lanciò, onde raffrenare il suo terribile furore. Pindaro si accorda con Euripide per far perire i figli di Ercole sotto l
poeti greci fanno menzione di questo numero determinato, il quale fu, con ogni probabilità, immaginato dagli Alessandrini i
dagli Alessandrini in seguito dell’identificazione dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella sua qualità di
sta Nemea. All’altra mano un baston saldo avea Di frondoso olcastro, con sua scorza. Di non vulgar misura, che alle falde
i non vulgar misura, che alle falde Del sacrato Elicona intero svelsi Con le dense radici….. Teocrito — Idillio — XXV. tra
, la lancia e finalmente la corazza, opera di un Do. Egli tira d’arco con impareggiabile destrezza e persino uno dei suoi c
struzione degli uccelli del lago Stinfalo os sia delle Arpie le quali con la loro prodigiosa quantità, oscuravano il sole.
e ove fece sposare Megara a Iolase, ritenendo la sua primitiva unione con quella come disapprovata dagli dei. Seguendo la o
lia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro, la quale non si accorda con quanto ne dice Sofocle, secondo cui Ercole, era g
cui era premio la mano di Iole. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con Ifito figlio di Euriteo, lo uccise precipitandolo
a fraude in lui Col servaggio puni. Chè se vendetta Fatto egli avesse con aperta forza. Perdonatò gi avria ; ma tradimento
i due nemici erano uno di fronte all’altro, allorchè Giove li separò con un colpo di fulmine. L’oracolo novellamente inter
ide, egli uccise Sileo insieme alla figlia Xenodice, poichè d’accordo con suo padre obbligava i passanti a lavorare la terr
sua malattia, Ercole intraprese una spedizione contro Troja, e mosse con diciotto navi a cinquanta remi, e secondo altri,
o Troja, e mosse con diciotto navi a cinquanta remi, e secondo altri, con sole sei navi, ed accompagnato da un drappello di
incipe la corona, uccise Laogara, re dei Driopi, e tutti i suoi figli con lui, per punirli della loro ribellione. Al suo pa
endo al suo fianco, egli mise la città a sacco ed a fuoco, e condusse con sè prigioniera la giovanetta Iole, di rara bellez
avere un’abito da festa. Dejanira saputo dall’araldo, che Ercole avea con sè la giovanetta Iole, e temendo che innamoratosi
la fiamma, per le membra un largo Sudor gli si diffuse, e tutta, come Con glutine tenace, alla persona Gli si affessa la sp
nel numero degli dei, Ercole ricevette l’immortalità e si riconciliò con Giunone, la quale lo unì ad Ebe, da cui Ercole eb
dorando una quaglia, farebbe credere ad uno scambio erroneo e vizioso con quell’Ercole che Cicerone sa esser siglio di Giov
lla sua nascita quasi divina, o a qualcheduna delle singole città che con un culto particolare, venerava codesto simbolo de
orato sotto il soprannome di Musagete, la cui denominazione non si sa con esattezza d’onde derivi. Il certo è che Marcio Fi
dio veniva adorato sotto la figura di un uomo dalle forme atletiche, con una lira nella mano. Tutte le diverse città della
nti simili, in cui egli veniva adorato o sotto il suo proprio nome, o con qualche particolare denominazione. Così Ercole vi
i come doppiamente sacri. La festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Er
a Germania presso le quali ultime contrade degli eroi indigeni furono con ben poca ragione, identificati con l’uomo Dio, fi
ontrade degli eroi indigeni furono con ben poca ragione, identificati con l’uomo Dio, figlio di Alcmena. L’arte plastica ha
indomabile, tutto in lui annunzia infine l’eroe destinato a sostener con onore la lotta terribile ed accanita con tuttociò
l’eroe destinato a sostener con onore la lotta terribile ed accanita con tuttociò che si riveste di un apparato fisicament
i lo si vede ascendere al cielò accompagnato da Minerva o da Mercurio con la fronte recinta di un’aureo’a luminosa. Esiston
li aveva carissime. Però le quattro giovanette si amavano fra di loro con tanta tenerezza, che si erano scambievolmente giu
li dei. Secondo Euripide, Eretteo fu precipitato nel seno della terra con un colpo di tridente da Nettuno. Un’altra delle q
one. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giovanetta Greca la quale amò con passione un cacciatore chiamato Menalca. Ella non
vincitore i monti Arsi de’scudi ; allor ch’Erilo stesso, Lo stesso re con queste mani ancisi. A cui nascendo avea Feronia m
rie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avieno ed atto ; E con idre verdissime eran cinte : Serpentelli e cerast
così bello se ne innammorò perdutamente e volle costringerlo a vivere con lei. Ermafrodito respinse le sue preghiere, e all
nome particolare a Mercurio Anubi, la cui statua veniva rappresentata con un corpo umano avente una testa di sparviero o di
di loro tutti i popoli della Grecia, rappresentavano Mercurio Ermete con una pietra di figura cubica con la sola testa, se
ecia, rappresentavano Mercurio Ermete con una pietra di figura cubica con la sola testa, senza piedi e senza braccia. Al di
e statue di Ermione, rappresentato come un guerriero coperto di ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio d
si della infedeltà di Venere, allorchè questa dea ebbe dai suoi amori con Marte, Ermione, avesse fatto presente quest’ultim
le ispirava la vedova del famoso Trojano, stabilì in segreto accordo con Oreste, di uccidere Pirro. Consumato il delitto E
a aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa di sparviero con un Aquila a fianco, per simboleggiare Osiride ; e
ra tutte le cose. ……….. Il fato Amor non valse a distornar : quà, là Con impeto terribile balzatoDal flutto d’ogni intorno
appellativo davano i greci a quegli uomini che si erano resi celebri con una serie di azioni gloriose ed insieme utili e b
significa amore. Le anime degli eroi si alzavano fino alle stelle, e con ciò diventavano degne degli onori divini, e di qu
evole rinomanza, nella cronaca mitologica, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo,
munemente Erotidie ; feste in onore di Cupido che i Tespi celebravano con grande solennità e ricchezza ogni cinque anni. 18
o di piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pi
te Quirinale, ove Romolo le apparve circondato di luce e la trasportò con sè nel cielo. Dopo questo fatto i Romani resero a
dote attaccava i buoi al carro coperto e lo seguiva, solo, a piedi, e con atti di grande venerazione. Il periodo di tempo c
era ritenuto come festivo ; il carro veniva accolto da per ogni dove con grande solennità, i pubblici affari erano sospesi
di rame. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata su di un bastone e aven
vendo saputo per mezzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Elato, incaricò Diana di andare
astone. Esculapio lo uccise, ma all’istesso momento un altro serpente con una certa erba nella bocca si avvicinò al morto c
Da ciò, secondo Igino, Esculapio imparò a conoscere una certa pianta con la quale richiamava in vita i cadaveri. Esculapio
io veniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una mano appoggiata sulla testa di un serpente e
piante. Adunatisi i capi del governo, il re decise di comune accordo con quelli di mandare una deputazione all’oracolo di
ue porte. Omero — Iliade — Libro IX Trad. di V. Monti. 1832. Eso. —  Con questo nome i Galli adoravano una divinità che si
li onde rendersela favorevole. Si dipingeva il dio Eso mezzo ignudo e con una scure nella mano levata in atto di percuotere
ce particolare. Esone fu padre del famoso Giasone, che egli sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele gelosia di Peli
Ercole. Diodoro nei suoi scritti sull’antichità, confonde le Esperidi con le Atlantidi, alle quali dà per madre una donna,
a alle libazione di vino puro in onore di Giove ; poscia si bagnavano con acqua e mele tre volte alcuni rami di olivo in si
si erano assoggettati a succhiare il sangue dell’ucciso, onde placare con più sicurezza le Furie. Non tutte le cerimonie es
rie. Non tutte le cerimonie espiatrici per gli omicidi venivano fatte con la stessa pompa, nè all’istesso modo, e la tradiz
ar seco prima di essersi tuffato nella corrente di un fiume. …… e tu con le tue mani Sosterrai, padre mio, de’ santi arred
a delittuosa tentazione, bisognava purificarsi le orecchie, lavandole con acqua corrente onde placare le dee ultrici. Quest
delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione di su
e a queste cerimonie espiatorie ne avevano i romani delle altre dette con vocabolo proprio lustrazioni, con le quali si red
avevano i romani delle altre dette con vocabolo proprio lustrazioni, con le quali si redimevano gli eserciti dopo una guer
lustrale. Non si deve però confondere questa lustrazione espiatoria, con quella che facevasi ogni cinque anni dal popolo,
ione dei luoghi sacri e particolari, essa veniva similmente celebrata con differenti cerimonie. Il calendario romano segnav
dipo E come far ? mel dite Coro Pria l’onda sacra di perenne fonte Con pure mani attingi. Edipo E poi che attinta L’av
l terreno ? Coro Allor tre volte Nove rami di ulivo al suol ponendo Con ambe mani, a supplicar le dive Prendi cosi. Edip
benignamente Di raccorti le prega (od altri il rito Compai per te) ma con sommessa voce Mormorando la prece ; indi partirne
famosa guerra di Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio di Ifide. Che con sette falangi e sette duci Tutta cingono Tebe…..
equie di un patrizio chiamato Lino. 1851. Etere — I greci appellavano con questa denominazione, i cieli distinti dai corpi
tempio nè altare. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con una Fenice d’a
tata sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con una Fenice d’appresso ; appoggiata ad un elefante
ta di raggi ; con una Fenice d’appresso ; appoggiata ad un elefante e con un globo nella destra. Con questi differenti attr
e d’appresso ; appoggiata ad un elefante e con un globo nella destra. Con questi differenti attributi si voleva denotare, p
irono di Afidne, profittando dell’assenza di Teseo, essi ricondussero con se Elena a cui dettero per schiava Etra stessa la
il suo amico, giurò la perdita del valoroso Troiano, e armatosi corse con disperato furore alla pugna. Invano Ecuba sua mad
ndar lasciando strascinato a terra Il bel capo. Sul carro indi salito Con l’elevate glorïose spoglie. Stimolò col flagello
ò il cadavere di Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la sua egida di oro, per impedire che Achille, co
se di riportare in Troia il cadavere del valoroso guerriero, il quale con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stesse d
glia del mattino, s’accolse Il popolo d’intorno all’alta pira. E pria con onde di purpureo vino Tutte estinser le brage. O
i Demetrio di Maratona, il quale fu, per decreto del senato, premiato con la sacra dei corona, in segno d’aver egli compiut
ato, premiato con la sacra dei corona, in segno d’aver egli compiuti, con molto decoro della repubblica, alcune importanti
simili sconci si fossero ripetuti nell’avvenire, fu fatta una legge, con la quale la Pitia del tempio di Delfo, doveva ave
idi le furie, o come dicemmo benefattrici ; e nella città di Atene fu con questo nome inalzato loro un tempio in prossimità
icoverò Ulisse, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel servitore che egli potè s
e guerra. Nella battaglia decisiva che fu da ambe le parti combattuta con accanito furore, i capi degli eserciti nemici, ri
ondo la favola madre delle Grazie che furono il frutto dei suoi amori con Giove. 1890. Eunomo. — Fu un famoso musico della
sso essendosi una cicala posata sull’istromento, supplì col suo canto con tanta aggiustatezza al difetto della corda, che E
tto gli abitanti di Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale era posata una cicala. I Locre
nebre. Le furie stesse ne fureno allettate : Cerbero cessò di latrare con le sue tre gole ; la ruota d’Isione sospese l’ete
Euridice fosse ritornata sulla terra, sui passi dello sposo fedele ; con patto però che Orfeo non si rivolgesse a riguarda
o Euridice disparve. Ei giva innanzi, ella ’l seguiva dopo (Perocchè con tal legge conceduta Glie l’aveva Proserpina allor
amato, e questa fu la vera ragione dell’odio che Giove ebbe poi tanto con Eurimedonte quanto col figliuolo di lui. 1902. Eu
esce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la sua statua era legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non si apriva c
. — Uno dei giganti che dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo di ramo di quercia. Eurito aveva anche n
entaro, e del vestibol fuori Trasserlo, e orecchie gli mozzaro e nari Con affilato brando, ed el, cui spento Dell’intellett
me Lete, che passava a Goritna. Giove sotto il bugiardo e nove pelo. Con sì soave e preziosa salma. Per l’onda se n’andò t
o che fu sotto uno di questi, che si compirono i primi amori di Giove con Europa. Giove ebbe da Europa tre figliuoli Minoss
neso, il cui nome primitivo era Imero. Essendo i Lacedemoni in guerra con gli Ateniesi, aspettavano per fissare il giorno d
che, che quando Augusto mosse da Roma, per la spedizione che poi finì con la battaglia di Azio, avesse incontrato fuori le
città, un uomo il quale spingeva innanzi a sè un asinello, pungendolo con un bastone. Quell’uomo avea nome Eutico, che in g
e che sotto il regno di lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al
tinti le debili teste Pregai, promisi lor, che nel mio tetto, Entrato con la nave in porto appena, Vacca infeconda, dell’ar
i mandò per mezzo d’una donna chiamata Anite, una lettera suggellata, con ordine di aprirla e leggerla. Falisio credette da
nuto di quel foglio, Allora rese grazie ad Esculapio, e rimandò Anite con un dono di duemila monete d’oro, secondo che era
ità, si ebbe in risposta che dovevano ricevere Bacco nella loro città con solenni pompe e pubbliche cerimonie. Allora gli A
ro fare gran numero di statue rappresentanti qual dio, e le portarono con grande apparato in processione per tutte le strad
re onde far disperdere ogni traccia del misfatto. Però Iside raccolse con amorosa diligenza le disperse membra di Osiride e
Gli ateniesi le avevano innalzato un tempio, nel quale la onoravano con un culto regolare. 1938. Fame. — I pagani metteva
cchi incavati e vitrei, e col corpo magro e scarno. 1939. Fanatici. —  Con questa particolare denominazione gli antichi chia
la dea. I fanatici s’incidevano le braccia in tutta la loro lunghezza con un coltello, e in cotal guisa offrivano alla dea
uomini. Così Giunone per salvare Turno re dei Rutoli che si esponeva con troppo audace coraggio nella battaglia contro Ene
e stata ricevuta a bordo del bastimento di Faone, e tragittata da lui con ogni prontezza, e senza pretender nulla in pagame
mpio a Venere, in commemorazione di quel fatto. Peraltro Faone non fu con tutte le donne insensibile come lo fu con la disg
atto. Peraltro Faone non fu con tutte le donne insensibile come lo fu con la disgraziata poetessa ; imperocchè la tradizion
a città. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di contro a questa, sorgeva il si
uti ad involare questo pegno di sicurezza, che i trojani custo livano con ogni solerzia. Bisognava inoltre al compimento de
a il nome di favola, a tutti quei singoli fatti che avevano relazione con la religione pagana, coi suoi misteri, colle sue
olle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e con le cerimonie di esso. Lo studio dell’antichità pa
ri e dalla voluttà come madre dei delitti. Veniva raffigurato cieco e con le ali, forse per dinotare che non riconosce i su
a pagana. Taluni lo fanno figliuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo di Pico re dei Latini, e
padre. Soventi volte nelle cronache della Favola, egli viene confuso con Saturno, forse perchè in alcuni cronisti si trova
l’immolate pecorelle Sotto un covile, ove s’adagia e dorme. Nel sonno con mirabili apparenze Si vede intorno i simulacri e
simulacri e l’ombre Di ciò ch’ivi si chiede, e varie voci Ne sente, e con gli Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide 
Di ciò ch’ivi si chiede, e varie voci Ne sente, e con gli Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide — Libro VII. Trad. d
a tale fatto, e convinto che era quella una rivelazione divina, portò con se i due neonati e li consegnò ad Acca Laurentia
braccia ! Si gittaro nel lido ; e Ulisse in prima Co’ bianchi lini e con la bella coltre Sollevar dalla nave, e seppellito
Dai vaticinj antichi Del padre, che dicca, come sdegnato Nettun fosse con noi, perchè securo Riconduciam su l’acque ogni mo
ttuno, bisognava offrirgli un sacrifizio di dodici tori, e promettere con giuramento che non avrebbero più nell’avvenire ri
se così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa era onorata con un culto particolare. 1969. Februali o Februe — S
iferisce Macrobio, i romani costumavano di onorare le anime dei morti con alcune cerimonie, alle quali si dava questo nome
a guerra. 1973. Fecondità — Divinità romana che viene sovente confusa con la dea Tellure, che non è altro se non la Terra.
esser feconde, i sacerdoti le facevano spogliar nude, e le battevano con uno staffile di lana. Sulle antiche medaglie si t
llezza, col seno interamente nudo fino a ! principio della cintura, e con quattro fanciulli, due fra le braccia e due fra l
veniva rappresentata come una giovanetia coronata di foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una mano, e con una tortor
ia coronata di foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una mano, e con una tortorella nell’altra, essendo questo uccello
llevare nella città di Trezene. Qualche tempo dopo le sue nuove nozze con Fedra, Teseo costretto a recarsi in Trezene, cond
sa assai danni si procaccia, Poi mi proposi quella rea demenza Vincer con forte castità. Ma quando Nè con tal mezzo soggiog
mi proposi quella rea demenza Vincer con forte castità. Ma quando Nè con tal mezzo soggiogar non valsi D’amor la possa, al
evole amore, questa che amava ciecamente la sua padrona prese impegno con lei di adoperarsi a soddisfare le sue brame colpe
perarsi a soddisfare le sue brame colpevoli, e a tale effetto, palesò con accorte e seducenti parole ad Ippolito l’amore ch
ruciava il sangue della matrigna per lui. Ma avendo Ippolito respinto con orrore le infami proposte, Fedra cieca di passion
ssava molte ore del giorno vicino a quell’albero, bucandone le foglie con uno spillo, assorta nell’unico pensiero che le tr
niva rappresentata sotto la figura di una donna giovane e sorridente, con un cornucopia nella sinistra ed un caduceo nella
nità, adorandolo sotto la figura di un uccello grande come un’aquila, con le piume del collo dorate e le altre colore della
à di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse con ogni cortese amorevolezza e lo fece aio del propr
el dio, le spoglie tolte ai vinti. 1987. Ferie. — I romani chiamavano con questo nome alcuni particolari giorni dell’anno,
omunemente ripetute nelle cronache dell’antichità, erano quelle dette con nome particolare Saturnali, Vendemmiali, Paganali
ne si attribuisce al fatto seguente. Fetonte avendo avuto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli che egli non
l Sole. Fetonte punto al vivo dalle oltraggiose parole, se ne lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè da
il padre dal pericolo a cui volea esporsi l’incauto fanciullo, cercò con ogni persuasiva, di dissuaderlo dal proprio divis
e inespertezza di Fetonte minacciava il creato, arrestò il giovanetto con un colpo di fulmine, e lo precipitò nell’Eridano.
na stella. …………… Lontan dalla sua patria il Po l’accoglie. E lava lui con l’infiammate spoglie Ovidio — Metamorfosi — Libr
Come che sia il dio Fidio aveva molti templi in Roma ed era venerato con generali divozioni. 2000. Fidolao. — La tradizion
ere assoluto e dispotico dei re della terra appoggiarsi largamente, e con solida sicurezza, all’empio e tenebroso potere de
rchè volle opporsi alla ingiustizia che Augia voleva usare ad Ercole, con negargli la ricompensa dei suoi servigi. L’eroe s
la Tracia, al suo ritorno in patria dall’assedio di Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane regina, la quale finì
tinuamente gridare il bambino, avesse imparato a contraffarne la voce con tale incredibile perfezione, che un giorno passan
ico di un amante. 2017. Filolao — Che significa salutare agli uomini. Con questo glorioso soprannome si venerava Esculapio,
ere presso la diletta Progne. Però, come dicemmo, Pandione acconsenti con molta repugnanza a staccarsi dalla sua figliuola
mena gemeva in potere degli scherani di Tereo, i quali la custodivano con vigilante solerzia, e tanto che passò un anno int
pita quasi da un ispirazione del cielo, ella trapunse su di una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato di Tereo, e
i lamenti, ma pensò di vendicar la sorella in modo terribile ; e spiò con indefessa alacrità di pensiero, ogni favorevole o
della ricorrenza di una festa a Bacco, che si celebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso alle
fosse stata cangiata in usignuolo e Progne in rondinella ; alludendo, con poetica immagine, alla mestissima dolcezza del ca
e regie ancora in testa ; E dimostra il dolor, ch’egli ha del figlio, Con la sdegnata vista atra e molesta : Upupa alza la
ua sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di fronde in fronde Con una melodia soave e bella : Tien del suo incesto
di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nascondere una colpa con un delitto. Però al dire del citato scrittore, il
gli lasciò in dono le sue famose frecce, facendogli prima promettere con giuramento, che non avrebbe mai palesato ad anima
cittadini, credè di poter eludere la propria coscienza, rivelando non con le parole, ma cogli atti, il luogo ov’ erano nasc
cce. Ma ben presto gli dei, sdegnati contro lo spergiuro, lo punirono con quelle istesse armi ch’erano state cagione del su
po l’ira degli dei, servirono a prolungargli la vita, poichè uccideva con quelle gli uccelli di cui poi si cibava. Intanto
E tu pur, sappi, a gloriosa vita Sorgerai da tue pene. A Troja giunto Con questo prode, all’ egro piè ristoro Troverai prim
e, è là fra tutti Poi riputato per valor primiero, D’alma privo cader con mie quadrella Quel Paride farai, funesto capo Di
fizi. Al dire dello scrittore Massimo di Tiro, gli Egiziani adoravano con un culto particolare ed esteso in tutte le città
ubio ; i popoli dell’ Etiolia adoravano l’Acheolo per aver combattuto con Ercole ; i Tessali, il fiume Peneo ; i Lacedemoni
la figura di un vecchio venerando per dinotare l’antichità di essi ; con la barba e i capelli lunghi e generalmente incoll
re rimosso dal suo grado per alcune date ragioni ; ciò che si diceva, con frase speciale : Flaminio abire, cioè deporre il
attribuivano a questo nume l’invenzione. Questo istrumento chiamavasi con voce propria Siringa. V . Siringa. 2030. Flegeto
di fiume intorno : Ed era il fiume il negro Flegetonte Ch’ al Tartaro con suono e con rapina L’onde seco traea, le flamme e
orno : Ed era il fiume il negro Flegetonte Ch’ al Tartaro con suono e con rapina L’onde seco traea, le flamme e i sassi. V
oro. Un moderno scrittore è di avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a tutti gli empi e sacrileghi che le cronach
he poi si fece chiamare Flora, aveva guadagnato un’ ingente ricchezza con l’osceno mercato dei propri vezzi. Venuta a morte
sentato sotto la sembianza di una giovanetta bellissima e sorridente, con in mano un cornucopia da cui cadeva un’ abbondant
 Dea della paura : i greci l’avevano divinizzata e la rappresentavano con una testa di leone. 2039. Foco. — Figlio di Eaco
continua dissenzione fra loro. Avvenne un giorno, che Foco giuocando con Telamone e Peleo al giuoco della piastrella, Tela
, si fosse riposato nella casa del Centauro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offrì una lauta cen
transitavano per la via principale, che conduceva a Delfo, a battersi con lui al pugillato, e dopo averli vinti li faceva m
assunse l’aspetto di un atleta e presentatosi alla lotta, lo accoppò con un pugno, liberando così quelle contrade. 2043. F
Egina, vi era una statua della Fortuna, in cui essa veniva effigiata con un cornucopia nella mano, ed avendo vicino un Cup
enti e di bassorilievi, nei quali è rappresentata la Fortuna talvolta con un sole sulla testa e tal’ altra con una mezza lu
appresentata la Fortuna talvolta con un sole sulla testa e tal’ altra con una mezza luna, per esprimere che essa al paro di
spiegare che essa governa tutto l’ universo e che impera egualmente, con assoluto e dispotico potere, sulla terra e sul ma
entro la chioma, E vedrai d’ ogni intorno Liete e belle veuture Venir con aureo piede al tuo soggiorno : Allor vedrai, ch’
Guidi — La Fortuna — Canzone. Assai di sovente si dipinge la Fortuna con una ruota nella mano, per simboleggiare l’ incost
reccie nel sangue avvelenato del mostro, per modo che le ferite fatte con quelle armi, erano incurabili. Con una di queste,
stro, per modo che le ferite fatte con quelle armi, erano incurabili. Con una di queste, Ercole uccise il Centauro Nesso, e
nità che presiedeva ai lampi ed ai luoni ; e che non deve confondersi con l’ appellativo di Fulgur soprannome col quale i p
saette a Giove. Ed una allor n’ avean parte polita. Parte abbozzata, con tre raggi attortDi grandinoso nembo, tre di nube
so, Alessandro, il conquistatore, si fece ritrarre dal celebre Apelle con un fulmine nella destra, volendo così dimostrare
le divinità dell’ antica Seleucia, era il fulmine, che veniva onorato con un culto particolare. Al dire di Servio, fra tutt
onde la flamma auch’ io Partecipar col mio Consorte, e in tomba andar con lui sepolta, Giù nell’ Orco disciolta Dal sentime
mali amaro, Soavissima morte, Se così vuol la sorte. Egli è il morir con chi più a noi fu caro. Euripide — Le supplicanti
, ove il fuoco non avesse la sua gran parte, venendo per fino onorato con ogni specie di riguardo, quello che si preparava
elle vendette celesti contro gli empi. Comunemente erano tre chiamate con nome particolare di Tesifone, Megèra ed Aletto.
quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome proprio di Celeno, con l’ appellazione di Furiarum Maxima. Io son furia
— Eneide — Libro III trad. di A. Caro. Le furie venivano anche dette con altri nomi Eumenidi, Erinni, Dee rispettabili ; D
di punire i delitti e le colpe degli uomini, non solo nell’ inferno, con gli eterni castighi del Tartaro ; ma anche sulla
li non lasciavano un istante di riposo, perseguitandoli continuamente con spaventevoli visioni, che facevano di sovente per
ordi fratelli : odj e zizzanie Seminar tra’ congiunti : e per le case Con mill’ arti nocendo, in mille guise Infra ’mortali
inità cotanto terribili venissero dalla pagana superstizione, onorate con un culto particolare, quasi a voler scongiurare,
altro tempio famoso, dedicato alle Furie, nel quale si conservavano, con grande venerazione, delle piccole statue di legno
o di paura. Esse venivano raffigurate sotto le sembianze di tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece d
urate sotto le sembianze di tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece di chiome ; vestite di abiti neri
on serpenti invece di chiome ; vestite di abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile an
Morte. Senz’ ali Son queste, e negre, e abbominande in lutto, Russan con ributtanti aliti : un tristo Umor cola dagli occh
2064. Furina. — Divinità dei ladri che presso i romani veniva onorata con una pubblica festa detta Furinalia, che si celebr
a orribilmente col volto ed il petto coperto di piaghe insanguinate ; con un elmo e con le mani legate dietro la schiena ;
col volto ed il petto coperto di piaghe insanguinate ; con un elmo e con le mani legate dietro la schiena ; assisa sopra u
i chiamata, la quale veniva rappresentata sotto la figura di un leone con la testa circondata di raggi. È opinione di molti
ia. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Gabina. Si venerava con questo soprannome la dea Giunone, particolarmente
a sua padrona, ritornò premurosamente vicino alla vecchia, dicendole, con i controsegni della più viva gioia, che la sua pa
il piccolo Ercole, abbandonato in un campo. Il pargolo atleta succhiò con tanta forza il seno che gli veniva offerto, che i
o del cielo. Una tradizione popolare, confondendo il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di
bellissimo giovane pastore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza di una vera passione. Ma la scia
ntichi popoli abitatori del monte Etna in Sicilia, ove veniva adorato con un culto particolare e ritenuto come figliuolo di
2079. Galintia — Una delle eroine della Grecia, in cui veniva onorata con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiad
tanti come una delle loro più possenti divinità, e che essi adoravano con un culto particolare. Le acque di quel fiume eran
amore un tempo Pel Frigio Ganimede il re de’ numi. …………… ….. l’ aere con mentite penne Percuotendo, il figlinol d’ Ilio ra
i alta mestizia, e dopo avere imbalsamato Il cadavere lo seppellivano con pompa. Presso il popolo egizio veniva severamente
te tre dee giovanette si chiamassero Gelasia Lecori e Comasia. Almeno con questi nomi vengono più comunemente indicate le t
ni sono stati rappresentati sotto la figura di altrettanti giovanetti con le ali ; talvolta però venivano anche rappresenta
e ali ; talvolta però venivano anche rappresentati come uomini maturi con il mento ornato di folta barba ; e talvolta sono
di un giovane bellissimo della persona rivestito d’un manto bianco e con un cornacopia nella mano. Al dire del cronista Ap
o il terrore panico, e spaventavano i cattivi. I primi venivano detti con nome particolare Geni familiari ; e i secondi Dei
greci davano questo soprannome a Bacco, per alludere alle alte grida, con che le baccanti celebravano le orgie di quel dio.
della città di Amicle, nella Laconia. Suo padre l’aveva fatto educare con molta cura, cosicchè il giovanetto Giacinto, vers
re insieme al disco, e spogliatisi si unsero scambievolmente il corpo con olio profumato ; e quindi cominciarono il giuoco.
ollo essendo il primo a lanciare il suo disco, lo spinse così forte e con tanta destrezza, che quasi si nascose fra le nubi
on tanta destrezza, che quasi si nascose fra le nubi. Nel momento che con tutta la forza di gravità ricadeva sulla terra, G
morente ; osservò la ferita ; v’applicò le erbe più salutifere ; lavò con l’acqua della fonte vicina quelle care sembianze 
o, che era appunto il figliuolo che Creuse aveva avuto dai suoi amori con Apollo, e lo adottò. Giano divenuto adulto, dotat
he dà interpretazione alle due simboliche facce di Giano, dicendo che con una di esse guardava il passato, e con l’altra le
he facce di Giano, dicendo che con una di esse guardava il passato, e con l’altra leggeva nell’avvenire. Numa Pompilio che
asserisce esser due le ragioni per le quali Giano veniva raffigurato con due facce. Una ritenendo che Giano avesse insegna
Festa in onore di Giano, che i romani celebravano il primo dell’anno, con tutti i contrassegni della più pazza allegria. Er
ad aprire. Lo, perchè un troppo osar saria l’opporsi A si gran diva con aperta guerra. Alle usate arti mie scaltro ricors
erficie delle acque, finchè Apollo l’avesse resa immobile fissandola, con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e
da cui ebbe un figliuolo che fu Plutone dio delle ricchezze ; volendo con ciò alludere all’agricoltura che è fonte di ricch
dei non solo come figlio di Giove, ma anche per aver contratto nozze con due dee. 2136. Giaso. — Figliuolo di Epione e di
e la pietosa menzogna fece tutti gli apparecchi dei funerali ; mentre con gran segretezza confidò il piccolo Giasone alla m
li avesse dovuto guardarsi da un uomo che gli sarebbe venuto incontro con un piede ignudo e con l’altro calzato. Arrivato G
arsi da un uomo che gli sarebbe venuto incontro con un piede ignudo e con l’altro calzato. Arrivato Giasone nella città di
lpiti un cuore, appena quadrilustro ; e quindi non è strano che fece, con ogni sollecitudine, spargere per tutta la Grecia
rativi del viaggio, riunì tutti coloro che erano accorsi per dividere con lui gloria e periglio, e ordinò un solenne sacrif
che giunse felicemente al Porto Pegaso, da cui fece partire la nave e con prospero vento, fu condotto in Lenno, dove essend
regnando Isifile già figliuola del re Toante, Giasone avendo insieme con i compagni vinto quelle, fu da Isifile amato, ma
le ardite femmine spietate Tutti li maschi loro a morte dienno. Ivi con segni e con parole ornate Isifale ingannò, la gio
mmine spietate Tutti li maschi loro a morte dienno. Ivi con segni e con parole ornate Isifale ingannò, la giovinetta. Che
cune altre cronache aggiungono ancora che Medea, essendosi incontrata con Giasone presso il tempio di Ecate, la quale entra
dio Vulcano : quindi attaccarli ad un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di terreno di un campo consac
l giorno dopo si radunarono tutti gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito di cortigiani e di sudditi dall’altr
il quale si accostò ad essi, e dopo averli carezzati, li aggiogò, arò con essi il terreno, seminò in quei solchi i denti di
agone ; e appena giunto si accostò alla terribile fiera, l’addormentò con una bevanda incantata, preparata da Medea stessa,
le nemico, lo uccise, s’impadroni del prezioso vello, e quindi, presa con sè Medea, s’imbarcò coi suoi compagni per alla vo
cciecata dalla funesta passione inspiratale dall’eroe greco, fuggendo con lui, e col rapito tesoro, uccise di propria mano
sacerdoti del dio Mitrà, perchè essi avevano il costume di rivestirsi con abiti che figuravano quegli animali, di cui porta
collettivo di Titaui ai Giganti ; non bisogna punto confondere questi con quelli, di cui noi ci occuperemo particolarmente,
r che troppo le ne caglia. Di divelte montagne arman le destre. E fan con rupi e scogli la battaglia. Odonsi cigolar sotto
reggia Giove si trasformasse, onde pur anco Sculto il Libico Ammone è con le corna. Delio in un corvo si nascose, il figlio
sa dei Giganti, che vollero detronizzare il Giove pagano, e penetrare con la forza nei celesti recessi dell’Olimpo ; e la c
infra’primi, di persona e d’armi Riguardevole e fiero, e sopra tutti Con tutto ’l capo, in campo appresentossi. Virgilio 
incitrici, le Amazzoni imposero ai vinti guerrieri di avere commercio con esse, a patto che i figliuoli che sarebbero nati
la raffiguravano sotto le sembianze d’una donna giovane e sorridente, con una corona nella mano destra, e con la sinistra a
d’una donna giovane e sorridente, con una corona nella mano destra, e con la sinistra appoggiata su di un’ancora. Gli antic
considerandolo in sè stesso, e senza relazione coll’anno, col mese e con la settimana. Nè si creda che quanto noi ci facci
o gli scendeva fino ai piedi, e avente una torcia nella mano, volendo con siffatta configurazione esprimero che il Crepusco
mbattere contro Tigrane, nelle None di ottobre, facendogli osservare, con superstizioso timore, che qualche anno prima in q
TE — Inforno — Canto XIV. Giove, diventato più adulto, si accompagnò con Meti, ossia la Prudenza, e la cronaca mitologica
a Giove ; e al dire di Cicerone le dame romane onoravano questo dio, con un culto castamente particolare. Generalmente Gio
ianze di un uomo, nella completa pienezza delle sue fisiche qualità ; con folta barba scendente a metà del petto ; colle sp
na maestà, e avente nella mano destra i fulmini, e ai piedi un’aquila con le ali spiegate. La tradizione aggiunge che al mu
eme si estendeva agli dei ed agli uomini : e finalmente l’aquila, che con le ali spiegate riposa a’ suoi piedi, era l’emble
lari maniere di raffigurare Giove. Così i Lacedemoni lo raffiguravano con quattre orecchie, volendo dimostrare ch’egli asco
la di Creta, rappresentavano Giove privo affatto di orecchie, volendo con simile configurazione ricordare che la suprema di
i tempi primitivi della creazione, e tanto che molti lo hanno confuso con Cam, figliuolo di Noè. Da questa prima configuraz
re ed altre figure. Coloro che eseguivano questa divinazione giravano con tanta celerità, intorno al cerchio tracciato, che
to sotto le sembianze d’un giovanetto bellissimo, interamente nudo, e con una torcia accesa nella mano destra, per dinotare
e il tuono Precipitò Saturno, mi nudriro Ne’lor soggiorni, e m’educàr con molta Cura ed affetto. OMERO — Iliade — Libro XIV
iamato Cuculo V. CUCULO —  e che dopo qualche tempo, l’avesse sposata con tutta la pompa, venendo le nozze celebrate — seco
avvaloramento a quanto asseriamo. Infatti, Giunone contendeva sovente con Giove, e questi non solamente l’ingannava del con
inuo, assumendo moltiplici e differenti aspetti, per darsi buon tempo con le sue innumerevoli amanti, ma spingeva la sua br
cronaca mitologica, una volta la sospesa in aria ad una catena d’oro, con due incudini ai piedi. E non rammenti il dì ch’a
mbe le mani D’aureo nodo infrangibile t’avvinsi, E alla celeste volta con due gravi Incudi al piede penzolon t’appesi ? Fra
I. Vulcano, che tentò liberarla, fu da Giove precipitato dall’Olimpo con un calcio, per modo che percosse violentemente su
losia, avesse più d’una volta contracambiato i tradimenti del marito, con altrettanti oltraggi conjugali, dandosi in bracci
timi due, ai figli di Giunone, ve ne sono molti i quali allegorizzano con simbolica configurazione la nascita di questi fig
donna d’imponente e maestosa bellezza ; ricoperta d’un manto reale ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul cap
ellezza ; ricoperta d’un manto reale ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata di raggi. Ai suoi
ione per la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella dea, con uno di questi volatili a fianco. I greci e i roma
ni mese, s’immolava sui suoi altari una scrofa bianca. Si badava però con ogni accuratezza di non svenar mai sugli altari d
, la quale ordinava che tutti i pubblici giuochi fossero solennizzati con gran pompa in onore di qualche nume ; che non si
gani le corse, i combattimenti e gli spettacoli. Le corse dette anche con nome proprio giuochi equestri o curuli, consistev
razione, sopratutto gli Olimpici, la cui celebrazione marcava perfino con cronologica importanza una data nel corso dell’an
spettacoli, ve ne erano dei secondari, la cui celebrazione si faceva con minor pompa dei sopracennati, ma che ciò non pert
ari, i romani, i trojani ed infine i giuochi detti funebri, celebrati con grandissima pompa e solennità, e con tutto l’appa
giuochi detti funebri, celebrati con grandissima pompa e solennità, e con tutto l’apparato di una importantissima cerimonia
un sùbito colpo, che le forze Scioglie ad Aiace, e resupino il gitta Con Ulisse sul petto. Alto levossi De’riguardanti stu
Quirito, per Ercole, per le corna di Bacco, e per Castore e Polluce, con una formola particolare V. Castore e Polluce. Rig
mestizia negli occhi e una spada nella mano. I greci la raffiguravano con una bilancia ed una spada nuda, per dinotare che
urante tutto il periodo dell’età dell’oro, conversando giorno e notte con gli uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e inse
vrebbero posto fine a la guerra che sostenevano l’uno contro l’altro, con un particolare duello, nel quale sarebbe caduto v
, ragione per la quale si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire di Varr
ombre degli uomini grandi, caduti in battaglia. …….Gli fa gir legati Con le man dietro, i destinati a morte Per onoranza d
fosse adorata questa mite e soave divinità da un popolo che assisteva con tanta passione ad un si disumano spettacolo. 2182
° Scena III Sposata da Giasone, fu per gelosia fatta morire da Medea con un cinto avvelenato. V. Creusa. .....Il fatal ci
di Antedone in Beozia, avesse preso un giorno gran quantità di pesci con le sue reti ; e che avendoli posti sull’erba dell
posar cessato, io ti saluto ; Ed il corpo tuffai per entro all’onde. Con ceremonie di compagno, accolto Fui da’numi del ma
av. Ermolao Federigo. Egli veniva adorato sotto la figura di un uomo con folta e lunga barba ; con le sopracciglia unite i
i veniva adorato sotto la figura di un uomo con folta e lunga barba ; con le sopracciglia unite in modo da formarne una sol
innammorò di Arianne, quando Bacco l’abbandonò ; e si dette ad amarla con passione ; ma che Bacco per castigarlo lo avesse
one ; ma che Bacco per castigarlo lo avesse fatto legare ad un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò
spitalità, depose a terra l’asta che avea brandita ; abbracciò Glauco con effusione d’affetto ; e giurò che non avrebbe più
’altro fra quelle dei trojani, essi scambiarono le loro armi, volendo con ciò dimostrare che se pure nemici per ragioni di
rno, mentr’egli era ancora giovanissimo, suo padre lo vide accomodare con un pugno l’aratro, che si cra torto, mentre colti
lo fece iscrivere fra i combattenti la lotta. Però a principio Glauco con tutta la sua forza, stava per essere vinto, allor
rianimare il coraggio di Glauco, il quale ebbe il premio della lotta. Con l’andare del tempo egli fu vittorioso otto volte
e di isola di Glauco. 2186. Globo — I pagani rappresentavano il Tempo con un gran globo nella destra, il quale raffigurava
urante questo incantesimo, che si faceva di notte, presso i sepolcri, con gemiti e lamenti. 2188. Gordiano — La tradizione
ro da ciò tratto cattivi auspici per le battaglie avvenire, lo tagliò con un colpo di spada, compiendo così la predizione d
proposito, che appena Alessandro ebbe tagliato il nodo ; si ritrasse con tutto il suo seguito, come se avesse del tutto co
sovrano. Gordio pregò allora la giovanetta che volesse accompagnarsi con lui, onde insegnargli la formola del sacrificio.
po Gordio la sposò, e ne ebbe un figlio che fu chiamato Mida. Intanto con l’andare degli anni essendo fra gli abitanti dell
zione del compimento dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su di un carro.
ento dell’oracolo, videro andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su di un carro. Allora riconosc
dee. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso per mano di Teucro con una freccia che avea mancato Ettore. Al colpo tu
e la cronaca favolosa. In su le porte I biformi Centauri……… ……… . .e con Medusa Le Gorgoni sorelle, Virgilio — Encide — L
non erano altro che dei terribili e mostruosi animali che uccidevano con lo sguardo. Il citato autore ripete che nella Lid
gorgoni le dettero la caccia per farla morire, ma essa li prevenne e con uno sguardo le rese tutti cadaveri. Finalmente è
è scritto che alcuni cavalieri Nomadi, essendosi un giorno imbattuti con una delle gorgoni, la uccisero da lontano senza c
i tutti i doni e le prerogative della bellezza, che vale ad ammaliare con uno sguardo. L’impressione che produceva la loro
raffigurato sotto le sembianze di un guerriero, in atto di marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Roma vi era un te
nome, della loro madre, chiamate ninfe Amadriadi. 2200. Gran madre —  Con l’appellazione di Magna mater indicavano Cibele c
riconoscevano quattro Grazie, e perciò talvolta esse venivano confuse con le quattro stagioni. Pausania mette nel numero de
i si trovavano quasi sempre delle statuette rappresentanti le Grazie. Con questa singolare costumanza, volevano forse gli a
r fede alle apparenze ; che i difetti della persona possono mitigarsi con le grazie dell’anima, e che un fisico ributtante
lle Grazie. Così avveniva pure di quelli dedicati a Mercurio, volendo con ciò significare che lo stesso dio dell’eloquenza,
nsacrati alle nove Muse, le quali dovevano avere stretta correlazione con le Grazie, come quelle che presiedevano alle arti
e ingentiliscono lo spirito. A cui d’arcanto la magion d’Amore Sorge con quella delle Grazie amiche Dive senza il cui nume
ed i pagani aveano la costumanza di cominciare tutti i loro banchetti con una triplice libazione in onore delle tre Grazie.
olo gruppo rappresentante le tre Grazie, e ciò per significare che se con la sinistra feriva, con la destra arrecava la san
e le tre Grazie, e ciò per significare che se con la sinistra feriva, con la destra arrecava la sanità, di cui le Grazie si
i altri simboli della mitologia pagana. Per esempio, le orecchia tese con le quali si distinguevano i Grifoni, alludevano a
consacrato a Minerva. Fè nel suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugubri accenti Fè di pianto una lunga querimonia
ce, per la redenzione universale. 2213. Halden. — I cimbri indicavano con questo nome uno dei loro Penati. 2214. Har-Heri. 
Persiani ecc. Haraopopa veniva sempre rappresentato interamente nudo, con un solo lembo di drappo rosso avviluppato alle pa
volatile, gli onori divini, adorandolo come una delle loro divinità, con un culto particolare, forse in ringraziamento dei
sservato che da sè stesso si appresta un tal rimedio, a cui si piega, con assai facilità, la lunghezza del suo becco e del
i ruderi dell’antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città
remota spiaggia lontanissima dall’isola inospitale, prendessero terra con tanta precipitazione, che Icaro ricadde nell’acqu
le ali, le cui penne erano unite fra loro per mezzo della cera, e che con queste ali intraprendesse la fuga dall’isola di C
braccia Icaro scuole, S’ajuta invan per non cader nell’onde : L’aure con l’ali più prender non puole, E cade, e chiama il
pensa gl’insegnò l’arte di coltivare le viti e di fare il vino. Icaro con l’andar del tempo insegnò l’istessa arte ad alcun
gnato allora contro gli abitanti dell’Attica disertò la loro contrada con una terribile pestilenza, la quale non ebbe fine
angiarsi in tutte le forme che voleva assume re alle quali somigliava con una perfezione incredibile. Da cio l’etimologia d
lo come dio, e Fobetore come uomo V. Fobetore, Morfeo. 2231. Icnea. —  Con questo soprannome, che deriva dalla parola greca
ltolato nel fango profittando del momento in cui il coccodrillo dorme con la bocca aperta, si lancia nelle sue viscere e, s
V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove.
pete che ogni anno, si celebrava una festa in onore della madre Idea, con pubblici giuochi e sacrifizii solenni ; e portand
’unico suo figliuolo, il quale avvisato dell’arrivo del re, era corso con trasporto d’amore, a dare al padre diletto il bac
iletto il bacio del ritorno. A lingua umana non è concesso descrivere con le parole la sorpresa, il dolore e la disperazion
o alcuni autori, i quali asseriscono che il popolo di Creta impedisse con la forza delle armi che il padre dispietato compi
proteggerla contro i colpi di Ercole ; ma questi schiacciò il cancro con un colpo di clava, e uccise l’Idra. La generalit
, i sacerdoti egiziani, in alcuni giorni dell’anno adornavano l’Idria con ricca magnificenza, e la mettevano su di un’alta
ra, specie di teatro, su cui tutti gli abitanti salivano per adorare, con le mani levate verso il cielo, questa loro strana
rare, con le mani levate verso il cielo, questa loro strana divinità. Con tale cerimonia il culto egiziano rendeva grazia a
pecie generali d’incantesimi, in uso presso i pa gani e che si faceva con l’acqua. L’idromanzia veniva comunemente praticat
tore, si precipitò sotto i suoi occhi sul rogo del marito, per morire con lui. Ifi fuori di sè alla vista terribile, volle
giorno entrate in un tempio di Giunone, ove ben lontane dal rimanere con quel devoto e castigato contegno, che imponeva la
a. Tolta così questa prima ragione del male, venne facilmente a capo, con la protezione di Apollo, del suo intento, ed infa
e Filaco. Non avendo potuto aver figli, dopo varii anni di matrimonio con la bella Astioca, sua consorte, egli consultò il
neone, nell’Elide. I Feneati onorarono annualmente il sepolcro di lui con solenni funerali ritenendolo come un eroe. Le cro
mai di buon occhio la principessa Ifigenia, e si vuole che cogliesse con piacere l’occasione di liberarsene, allorchè si t
uento sacrificio, fosse dato di comune accordo dall’indovino Calcante con lo stesso Agamennone. Altri scrittori fanno parti
prestò fede allo scritto del re e si pose immediatamente in viaggio, con l’amata figliuola, alla volta del campo greco ; m
ensi. Clitennestra stessa tenta ogni sforzo a raggiungere lo scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma in
stra stessa tenta ogni sforzo a raggiungere lo scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma invano, di storn
nta ogni sforzo a raggiungere lo scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma invano, di stornare dal capo a
se loro di sacrificarne uno solo quante volte l’altro si fosse legato con giuramento di portare al fratello Oreste una lett
cerimonia espiatoria, che dovea farsi sulle rive del mare, s’imbarca, con Oreste e Pilade portando seco la statua di Diana.
o marito una figliuola per nome Pancratide, la quale stando un giorno con sua madre a celebrare i misteri di Bacco, sulla r
e d’aspetto ; coi tratti del volto d’una bellezza regolare e severa ; con una corona sul capo come regina della medicina ;
olare e severa ; con una corona sul capo come regina della medicina ; con una coppa nella sinistra, e con uno scettro nella
sul capo come regina della medicina ; con una coppa nella sinistra, e con uno scettro nella destra e avendo attoreigliato a
o codesto soprannome a Giove, il quale nei loro templi veniva onorato con solenni e magnici banchetti. 2260. Ilaria e Febea
lle molte allegrezze di coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con sè quanto aveva di più prezioso e se ne faceva of
are Difilo figlio di Polinnestore, come suo fratello ed allevò iuvece con ogni materna sollecitudine il piccolo Polidoro. I
i della mitologia dicono, che Ascanio figliuolo di Enea, si chiamasse con questo primitivo nome durante tutto il tempo che
o, di portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli sotto pena dell
Teseo, re di Atene. Questo principe, legato di parentela e d’amicizia con Ercole prese a difendere gli Eraclidi suoi discon
ilimento nell’Attica ; legò i suoi sudditi d’interessi e di relazioni con quelli ; e allorquando Euristeo mosse alla testa
gnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l’inimicizia f
tene si cominciavano a fare i preparativi per le feste di Cerere, che con gran pompa si celebravano una volta l’anno sulla
l tempo delle feste. Infatti egli pose ad esecuzione il suo disegno e con l’ajuto del travestimento e della sua fisonomia d
più coraggiose fra le rapite, uccise quelli che dormivano e si dette con le sue poche seguaci a correre precipitosamente v
o sotto le sembianze di un giovanetto bellissimo, coronato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra ed un velo
glie della Notte e del fiume Acheronte. Esse venivano sovente confuse con le Furie e si chiamavano più particolarmente, com
dei nemici. Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la quale gli antichi pronunciavano le imprecazion
uesto fatto Ercole ebbe il soprannome di Indicante. 2280. Indigeto. —  Con la denominazione di Giove Indigeto, i romani indi
biformi Due Scille : Brïareo di cento doppi : La Chimera di tre, che con tre hocche Il foco avventa : il gran Serpe di Ler
tre hocche Il foco avventa : il gran Serpe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo e Gerïone ; e con Medusa Le
pe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo e Gerïone ; e con Medusa Le Gorgoni sorelle, e l’empie Arpie, Che s
quale la rese madre di due figliuoli, Melicerta e Learco. Ella trattò con vero cuore di madrigna, Elle e Frisso, figliuoli
i figliuoli, pensò di far morire i suoi figliastri, e per raggiungere con più sicu rezza lo scopo crudele, profittò delle s
e sull’ara della divinità, Elle e Frisso. Questi però si sottrassero, con una precipitosa fuga, al destino che era loro ris
la madre istessa, la quale afferrato il figliuolo Melicerta, si dette con esso a precipitosa fuga verso il mare ; ma insegu
olo esclama : Orsù, compagni, Le reti distendete in queste selve : Io con due leoncini una lionessa Qui pur or vidi ; e, qu
a portando fra le braccia l’altro figliuolo Melicerta, e si precipitò con esso nel mare. Ma la ninfa Panopea, seguita da al
azione, alla divinità che presiedeva a tutti i lavori che si facevano con la scure. Alcuni autori ripetono, che la dea Inte
di panni pesanti, inghirlandato d’una corona di rami senza foglie, e con in mano un uccello acquatico. 2290. Invidia. — I
crittori greci, tanto cronisti come poeti, si narra il fatto medesimo con l’aggiunta di altre congiunture. Infatti, presso
ed alle dune Del Nil vicina : ivi al primiero stato Giove ti tornerà, con amorosa Man ti palpando e carezzando ; e il bruno
Egitto in Grecia il cutto della dea Ifide, la quale i greci confusero con Io V. Argo. 2293. Ipar. — Con questa parola, i gr
a dea Ifide, la quale i greci confusero con Io V. Argo. 2293. Ipar. —  Con questa parola, i greci dinotavano i due segni sen
era che gli dei si rivelassero agl’uomini, o per mezzo dei sogni ; o con un’azione reale ; o finalmente col dare dei contr
nacque Latona, madre d’Apollo e che perciò quegl’ isolani venerassero con un culto particolare questo dio. Nel mezzo dell’
mano in mano, fino a Delo, e si presero perciò gli accordi nenessarii con gli abitanti delle differenti città, che si trova
avola, dice che Iperione era un principe Titano, il quale erasi dato, con grande amore, allo studio dell’astronomia ; e che
n grande amore, allo studio dell’astronomia ; e che avendo conosciuto con l’assiduità delle sue osservazioni, il corso del
a. — Una delle Esperidi. 2298. Ipetri. — Presso i pagani s’indicavano con tale denominazione alcuni templi, che aveano all’
zò la fascia ed entrò arditamente nel sacro recinto, quasi disfidando con proterva audacia gli dei ; ma rimase immediatamen
la vita. Ippio era anche il soprannome particolare di Marte, il quale con Minerva e Nettuno formavano la triade delle pagan
o ad un insetto lungo circa sei once, e che non ha alcuna somiglianza con la figura che i poeti antichi davano agl’Ippocamp
, raccontava che essendosi quei popoli mischiati in carnale commercio con le cavalle, nacquero da questo mostruoso connubio
ona. La tradizione mitologica ripete, che il cavallo Pegaseo battendo con l’unghia sonora su di una pietra, ne avesse fatto
ella Ippodamia. Vi sono vari scrittori che raccontano l’istesso fatto con qualche leggiera variante — V. Enomao — Mirtillo 
ame proposta, la rigettò spaventato e respinse le inique proposizioni con tutta l’energia della sua tempra, e in modo da to
ar : quivi un rimbombo, Come di Giove un sotterraneo tuono Romereggiò con fremita profondo. Spaventoso ad udirsi. Alto i ca
remita profondo. Spaventoso ad udirsi. Alto i cavalli Rizzar le teste con aguzzi orecchi : E it’avetamo noi pur molto terro
spavento : E il signor nostro assai nell’ arte esperto Dell’ aurigar con ambe man le redini Abbranca e stringe, e forte a
ne, in memoria dell’ amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ip
mini. Per altro nella città di Papremide, l’Ippopotamo veniva adorato con un culto particolare, volendo con ciò gli Egizii
remide, l’Ippopotamo veniva adorato con un culto particolare, volendo con ciò gli Egizii scongiurare il male che egli avreb
isognava esiliare l’ uccisore di Arno, e placare l’ombra dell’ucciso, con solenni funerali, e giuochi funebri, celebrati in
tati scrittori che il suo nome che ha qualche somiglianza etimologica con la parola cavallo abbia dato vita alla tradizione
di Taumante. Iride veniva raffigurata come una giovanetta bellissima, con agli omeri due lunghe ali trasparenti di varii co
lle figliuole del dio Pane e della ninfa Eco. Non bisogna confonderla con la ninfa Siringa, di cui parleremo a suo tempo. 2
correvano per le strade della città, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisaccia a trac
scrittori, intorno alla origine della dea Iside ; ma tutti convengono con l’essere ella più antica della Io dei greci. Seco
e lungamente la morte e onorò la memoria del suo consorte e fratello, con splendidi e magnifici funerali ; placò l’ombra de
rare nel sole e nella luna, cosichè spesso il loro culto andò confuso con quello di questi due pianeti. Un’ antichissima tr
che sia nell’uníverso ; che tutta la terra onora sotto diverse forme, con nomi e cerimonie diverse. ………………. I popoli Etiopi
i del mondo, mi chiamano col mio vero nome Iside regina, e mi onorano con solenni cerimonie. Apuleio — L’asino d’oro o le
roscritto il culto della dea Iside, pure coll’ andare degl’ anni finì con l’essere riconosciuto da tutti, e tanto che molti
e veniva assegnato ad Iside, era il sistro, strumento vuoto nel mezzo con un lungo manico, che ha la parte superiore più la
dagli atroci dolori, che gli cagionavano le ferite fattegli da Apollo con le sue frecce, si precipitò in quel fiume, che do
opo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome
tura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione lo traccheggiò sempre con belle parole e con larghe promesse ; finchè stanc
piere al suo dovere, Issione lo traccheggiò sempre con belle parole e con larghe promesse ; finchè stanco Deioneo d’esser p
issa ove Issione si trovava in quel tempo. Colà giunto vi fu ricevuto con splendida magnificenza, ma nel recarsi al luogo o
ta. Immenso fu l’orrore che l’atroce misfatto, che tutti addebitavano con certa ragione ad Issione, suscitò contro di lui,
’ospite suo, del quale sedusse la moglie, intrattenendo per più tempo con essa, un’ infame tresca. Avvertito il principe de
quale entrata di notte nella camera d’ Issione, fu da questi ricevuta con tutte le testimonianze della passione e divise il
ciglia. Per lui le man di Glove. Bella cagion di danno, La fabbricar con meditato inganno : Ma intanto quel dolente Con fo
di danno, La fabbricar con meditato inganno : Ma intanto quel dolente Con forsennate prove A sè stesso compose. orrida pena
llara Sdegnato allora Giove contro tanta perfidia, palesò il vero e con un colpo di fulmine, precipitò Issione nel fondo
sacra la celebrazione dei giuochi istmici, i quali venivano eseguiti con la maggiore magnificenza ogni tre anni, e questa
gli il crine : Pindaro — Odi Ismiche — Ode III. trad. di G. Borghi. con la differenza, però che i vincitori dei giuochi N
i coloro che vi prendevano parte passavano l’intera giornata portando con gran divozione l’acqua attinta nelle parti inferi
inata dall’ avere nella città di Coronea, in Beozia, un tempio comune con Plutone dio delle ricchezze. Con questa unione al
Coronea, in Beozia, un tempio comune con Plutone dio delle ricchezze. Con questa unione allegorica delle due divinità, i pa
V. Ifide. Jante era già famosa per la sua bellezza, quando si maritò con Ifide, sebbene non contasse che 13 anni. Giungea
2368. Jodama. — Madre del famoso Deucalione, che ebbe dai suoi amori con Giove. 2369. Jola. — Detto più comunemente Jolant
er suo. Morto Ercole, Jolao si pose alla testa degli Eraclidi e mosse con essi alla volta di Atene, onde fare che Teseo, re
di lei, e dopo d’ aver saccheggiata la città, s’impadronì di Jole, e con ogni cura la portò seco. Questa Jole fu la princi
Ma indarno : ond’ egli di mentita accusa Fatto pretesto al suo voler, con l’armi Ecalia assale, ove sedea regnante Eurito,
2372. Jolee. — Feste in onore di Jolao che gli ateniesi celebravano con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figli
cepì una passione quasi materna per l’abbandonato bambino e lo allevò con solerte e vigile affetto. Così Jone crebbe per va
o, e Apollo, spinto sempre dal suo affetto pel figliuolo, si adoperò, con solerte cura, onde fare in modo, che Jone passass
uscire dal tempio, sarebbe stato suo figlio. A questa risposta, Xuto con l’anima giubilante, si risovvenne di aver avuto u
Riflettendo poi che l’età del giovanetto era in esatta corrispondenza con la data del suo viaggio, lo riconobbe per figliuo
lizio, quando la sacerdotessa mandata da Apollo, comparve nel tempio, con un piccolo paniere nelle mani, che era quello ste
gl’ anni, divenuta la contrada dell’ Attica troppo angusta, Jone andò con tutta la sua famiglia ad abitare nell’ Asia minor
ano questo nome al loro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce
dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagal
come capo di tutti i Kamis. I templi di queste divinità, alle quali, con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia, sono quas
anon. — È questo il nome che nel culto mitologico del Giappone, detto con vocabolo particolare Buddaismo, si dà al dio dell
o corno marino, da cui esce fino alla cintola, il corpo di un giovane con folta barba e nudo. 2385. Kao-Mancon o Khahho-Man
figlio della Notte ; ed aggiunge che abitualmente veniva raffigurato con gli occhi spalancati e terribili con la bocca att
abitualmente veniva raffigurato con gli occhi spalancati e terribili con la bocca attratta da uno spaventoso sogghigno, e
cati e terribili con la bocca attratta da uno spaventoso sogghigno, e con le vesti grondanti di sangue. Anche fra gli scrit
, che si crede guarisca le donne dalla sterilità. Viene rappresentata con un bambino fra le braccia. 2393. Kurù. — Nel cult
grande nel mezzo, e due meno elevate a destra e a sinistra. Esse sono con un intervallo di dugento passi l’una dall’altra,
i adorati. 2396. Krisna. — Nel culto religioso degli orientali, viene con questo nome chiamato il dio Visnù, allorquando si
laberinto del lago Meride era opera dell’architetto Psanmetico, e che con teneva tremila appartamenti, e dodici palagi, fab
rato il padre degli dei, si venerava in quella città la statua di lui con una scure nella mano. Questo cangiamento negli at
cio, ovvero ricoperta semplicemente di foglie d’ oro, la fece puntare con taluni istrumenti e trovò che era d’ oro massicci
coppa bevevano ad un fiasco particolare, c..e ognuno di essi portava con sè dalla propria dimora. Le Lacenoforie erano fes
vittoria. I cronisti dell’antichità non fanno menzione della maniera con la quale si risolveva la questione, nel caso non
quale si vedeva scolpita, come un’allegoria sanguinosa, una lionessa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio
e Polluce. 2418. Lamia. — Una delle figliuole di Nettuno. Giove l’amò con passione e Giunone ne concepì tanta gelosia, che
ana d’ Atene, figlia di Cleonora e che si rese celebre per la perizia con la quale suonava vari strumenti. Tolomeo primo re
iva, per aver lasciato spegnere il fuoco sacro della dea, si chiudeva con essa nel sotterraneo una lampada sepolcrale, la q
i del paganesimo, perchè Priapo, dio delle dissolutezze eravi adorato con un culto particolare, le cui oscenità vincono di
proprio convincimento, Laocoonte afferrò una lunga asta di guerra, e con forza prodigiosa la lanciò contro i fianchi del c
lla vendetta dei numi. Mentre egli offeriva un sacrifizio nel tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dall
n aiuto, s’avventaro, e stretto L’avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire nel petto, e due nel collo Gli racchius
Laodamia. — Figlia di Achemone e del famoso Bellorofonte. Giove l’amò con passione e la rese madre di quel Sarpedone che fu
, che la figliuola s’era lasciata sorprendere in turpi abbracciamenti con un uomo. Acasto, geloso custode del proprio onore
gli dei che le avessero conceduto per sole tre ore di poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse tanto amaramente nel
volle separarsi dallo sposo adorato e si contentò piuttosto di andar con lui nel regno dei morti, di quello che rimanere s
che cieco d’ira contro la disgraziata giovanetta. le spaccò il cranio con un colpo di scure. Ma ben presto il sangue innoce
ine i fiagelli, ministri dell’ira degli dei si scatenarono sull’Epiro con tale rapidità che ben presto quella grande contra
una del padre, e lo seguì da per ogni dove, finchè caduta Troja, andò con lui nell’isola di Cipro, ove Agapenore si stabili
uta Troja, andò con lui nell’isola di Cipro, ove Agapenore si stabili con la sua famiglia. 2431. Laodoco. — Figliuolo di A
del mare, furono riguardati come opera di Nettuno stesso. Anzi avendo con l’andare del tempo le onde fatto rovinare uno deg
di cui s’era servito, per modo che Apollo afflisse il popolo troiano con una terribile pestilenza, e Nettuno mandò dal fon
alche tempo, nella città di Feneone, in Arcadia. 2435. Lapidazione. —  Con questo nome veniva dagli Egineti denominata una f
misteriosa parola. Cicerone stesso asserisce che un giuramento fatto con questa formola : Jovem lapidem jurare, era riten
ibile. 2437. Lapiti. — Da un figliuolo che Apollo ebbe dai suoi amori con una giovanetta chiamata Stobia, figlia di Pineo,
mitologica che essa palesò a Giunone la tresca amorosa che egli aveva con la ninfa Giuturna ; per il che sdegnato Giove le
ori quelle dei cattivi, le quali per altro venivano anch’esse onorate con certe sacre funzioni, dette le funzioni delle omb
degli dei Penati venivano riposte in un particolare oratorio e tenute con scrupolosa nettezza. Nelle case dei ricchi v’era
n occasione della morte di un qualche congiunto, i pagani insultavano con atti e con parole oltraggiose i loro Penati, accu
della morte di un qualche congiunto, i pagani insultavano con atti e con parole oltraggiose i loro Penati, accusandoli di
ticolare ove venivano conservate le statuette dei Penati, si chiamava con nome proprio Larario. 2442. Larissa. — Questa cit
la patria di Achille ; e perchè Giove vi era particolarmente onorato con culto speciale. Da ciò il soprannome di Larissio
quello, sorgeva un tempio dedicato a Minerva Larissea. 2444. Larve. —  Con questo nome collettivo, i pagani indicavano le an
racolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia sua, che con un principe straniero, egli fece alleanza con Ene
tare la figlia sua, che con un principe straniero, egli fece alleanza con Enea, e gli offrì la figliuola Lavinia in consort
di Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola di Saturno. Giove l’amò con passione, a causa della sua stupenda bellezza e l
Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle lagrime di lei, fece con un colpo del suo tridente sorgere, dal fondo dell
ortura della sete. Allora Latona sdegnata contro quegl’empi, richiamò con disperate grida la vendetta dei numi sul loro cap
ore, sembra che i greci, altro non abbian fatto se non che mascherare con la larva simbolica dell’allegoria mitologica, una
a in onore di Latona, e che veniva solenuizzata nella città di Butite con gran pompa e splendore. Anche i Tripolitani ed i
adorata anche sotto il nome di Laona, nella contea di Borgogna, dove con l’andare degl’anni, togliendo il t dalla parola l
data forse origine alla denominazione del santo cattolico, conosciuto con l’appellativo di S. Giovanni di Laona. Presso i g
ettava di vedere, altro non scorse che un informe simulacro di legno, con una faccia così contrafatta e sconcia, che appena
e del trono paterno. V. Latino. Narra la cronaca che essa già innanzi con gl’anni si vide scopo alle ricerche matrimoniali
ricerca. Virgilio — Eneide — Lib. VII. trad. di A. Caro. Ma gli dei con presagi e sogni si opposero sempre al compimento
orgeva un albero d’ alloro, il quale, per essere secolare, era tenuto con certo religioso rispetto ; e che avendolo il re t
stanze reali, ove un gran lauro Già di gran tempo consecrato e colto Con molta riverenza era serbato. Si dicea che Latino
dell’ Anguillara. Gran numero degl’ autori antichi han confuso Leda con Nemesi. Fidia, l’immortale scultore della Grecia
atria gemeva sotto il ferreo giogo d’ Ippia tiranno, posta in carcere con altri, sospetti di congiura, temendo di cedere al
ulcano, che ne fece un dono a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla sua concubina. Con l’ andar
uale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla sua concubina. Con l’ andare del tempo il re Minosse l’offrì in dono
logica cadde Vulcano, allorchè Giove suo padre lo precipitò dal cielo con un calcio. La cronaca favolosa narra che i Lemni
mini per la destra vendicatrice di Giove. 2469. Lemuri. — Detti anche con un’appellazione complessiva larve, specie di genî
, viene dalle cronache dell’ antichità attribuita a Romolo, che volle con quelle cerimonie, placare l’ ombra di Remo, suo f
de vendicarsi di Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale passato qualche tempo sostenne
cronaca dice, che avendo Iolao accompagnato Ercole nel combattimento con l’Idra dalle sette teste, non volle Euristeo amme
gni Sorse nel porto un suon tetro e confuso, Ed alcuai infilzati eran con l’aste, Quali pesci guizzanti, e alle ferali Mens
trarsi : o a te, Letéa, simile, Misera, troppo in tua beltà superba : Con saldissimo nodo un giorno stretti, Ora pietre sul
. — Solenne ed imponente cerimonia religiosa, che i romani compivano, con grandissimo rispetto, in tempo di pubblica calami
posero, che per far cessare il castigo, bisognava celebraré una festa con uno splendido convito, offerendolo a sette divini
a, e in tale occasione lasciavano la porta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno di servirsi di quanto occor
arità che, intorno al banchetto del convito, era posto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle di Giove e di
a, Leonimo a capo dei Crotoniati, attaccò i nemici, venendo alle mani con un forte drappello di soldati, ch’ egli supponeva
sponsi, ordinò agli abitanti di restare nella loro città e di placare con sacrifizii ed offerte la corrucciata ombra dell’
ino non era generalizzato a tutta la Grecia, le Libazioni si facevano con l’acqua pura. L’uso delle Libazioni fu ereditato
ò che piaceva. 2497. Libera. — Dea che assai di sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la fa figliuola di Cerere e
che la dea Libera altro non era che Arianna deificata dopo la morte, con tal nome, dal dio Bacco. Tu a me consorte, non v
a commettere le più turpi dissolutezze, pure non bisogna confonderle con quelli. Durante le Liberali si portava per la cit
ivano la toga libera. Usavano i pagani di celebrare codeste cerimonie con grande solennità e vi erano invitati tutti gli am
si vede ancora sulle medaglie antiche. È rappresentata come una donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra una tavol
sai di sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani lo invocavano con questa appellazione, quando correvano alcun peric
rtà, rappresentata sotto la figura di una matrona, vestita di bianco, con uno scettro in una mano, un berretto nell’ altra,
ta di bianco, con uno scettro in una mano, un berretto nell’ altra, e con un gatto disteso ai suoi piedi. Era accompagnata
ausania, avvenne che un pastore coricatosi verso l’ora del pomeriggio con la testa appoggiata al sepolcro di Orfeo, si addo
amente ; e così addormentato si pose a cantare i versi di quel poeta, con una voce estremamente soave. Sparsasi ben presto
ffattamente le acque del torrente Sus, che rotto gl’ argini, straripò con tanta violenza, che allagando la città di Libetra
ura, ne rovesciò i templi, i ponti, le case, i monumenti, e si spinse con tale precipitoso impeto che la città fu interamen
lte nel vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerrier
l corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerriera lancerebbe un sasso. L
esti da terra il leva, e poichè il volse Tre volte e quattro intorno, con più forte Impulso che di macchina guerriera, Al f
Euneo, figlio di Giasone, nell’ isola di Lenno ; poscia fu riscattato con molti e preziosi doni da Eezione, che lo mandò ne
si fosse apprestato a levargli la vita, durante il sonno, come faceva con gli altri. Però, avendo avuto sospetto che quello
i fè le mense, Io sui Penati, del signor ben degni, Travolsi il tetto con ultrice fiamma. Egli fugge atterrito, e le desert
a tempesta si scatenò, impetuosa ed irrestibile, e il fulmine cadendo con orrendo fracasso, incenerì gli autori di quell’ o
ano due aquile dorate ; e innanzi alle quali si compivano i sacrifizi con gran mistero. Liceo era anche un soprannome del d
argivo, Danao sparse la voce che Apollo, avea voluto far comprendere, con la vittoria del lupo, che uno straniero doveva av
a innanzi all’ altare si sentì tirare la veste e rivolgendosi, scorse con estrema maraviglia, un lupo che accennava quasi a
mirare il magnifico panorama che si stendeva ai suoi piedi, precipitò con un urto violento il mal capitato eroe dall’ alto
ione fu liberta del senatore Volunnio. Il poeta Cornelio Gallo l’ amò con passione, e Licori corrispose per qualche tempo a
pel sacro Nisselo egli di Bacco Le nudrici inseguia. Dal rio percosse Con pungolo crudel gittaro i tirsi Tutte insieme, e f
o Minacciar di Licurgo paventoso Teti l’ accoise. Ma sdegnarsi i numi Con quel superbo. Della luce il caro Raggio gli tolse
operai a seguire il suo esempio, si fosse tagliate ambedue le gambe, con un violento colpo d’accetta, la qual cosa venne c
acesse onoranza, siccome ad un dio. Infatti gli spartani accettarono, con reverente riconoscenza, le leggi che da allora in
dei porti di mare. In simili congiunture la dea veniva rappresentata con una specie di gambero marino sulla testa. 2532. L
Infatti, giunto Trittolemo alla sua corte, Linco finse di accoglierlo con ogni cortesia, ma venuta la notte, profittando de
he gli abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario, con una festa, la quale cominciava sempre con un sacr
i anno il suo anniversario, con una festa, la quale cominciava sempre con un sacrifizio alle muse. Lino similmente ebbe nom
di che vede appenanato, e perchè, secondo la credenza pagana, dormiva con gli occhi aperti. In Egitto il lione era consacra
Apollo e Mercurio. La lira avea una figura triangolare, e si suonava con le dita. Da principio i pagani non si servivano d
azione data, in alcuni monumenti, al dio Silvano, coronato di edera e con le corna sul capo. Forse in tal modo veniva onora
e si sono anche recentemente trovate delle statue di quelle divinità, con quel fiore nelle mani. Un altro fiore di Loto, e
 ; e forse la grande somiglianza che il nocciuolo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le sue foglie con que
olo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e le sue foglie con quella della lingua, è la sorgente di tutta l’arc
a savorar lor porse. Chiunque l’esca dilettosa e nuova Gustato avea, con le novelle indietro Non bramava tornar : colà bra
che considerata come la Luna, ed allora veniva raffigurata dai pagani con una luna crescente sul capo, con una torcia acces
allora veniva raffigurata dai pagani con una luna crescente sul capo, con una torcia accesa nella destra e coperta d’un man
è, o diva, Della luce il principio in te contieni. Ogni gravida sposa con giuliva Faccia rimira ; odi, o Lucina, i prieghi,
Lucina sotto le sembianze d’una matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella destra, ed una lancia nella sinis
ione d’Iside, parola che significa vecchia, antica, adorarono la Luna con un culto speciale ; forse perchè la qualificazion
il nome di dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quello di Militra ; e finalmente i greci ed i rom
idionale della bassa Brettagna, sorgeva un tempio dedicato alla Luna, con un oracolo a cui erano addette, come sacerdotesse
oluto ed estesissimo su tutte le menti, si vantavano d’aver commercio con la Luna, e di potere coi loro incantesimi farla d
i si trova personificato il lunedì sotto le sembianze della dea Diana con la testa adorna di un novilunio. 2568. Luno. — I
o sotto le sembianze di un giovane, rivestito delle insegne militari, con una picca nella destra e con ai piedi un gallo, a
ovane, rivestito delle insegne militari, con una picca nella destra e con ai piedi un gallo, animale che col suo canto avvi
o e Remo, i quali bambini suggevano il latte della belva, scherzavano con essa come con la loro madre, e l’animale rivolgen
ali bambini suggevano il latte della belva, scherzavano con essa come con la loro madre, e l’animale rivolgendo il capo, ac
a come con la loro madre, e l’animale rivolgendo il capo, accarezzava con la lingua i due infanti, come proprî figliuoli.
71. Lupercali. — Così venivano chiamate le feste, che si celebravano, con grande solennità in Roma, in onore del dio Pane,
a per fare il colpo. Però i due fratelli, e tutti i giovani che erano con essi, accortisi del fatto, si spogliarono solleci
ità o da qualche delitto. Le lustrazioni si facevano in tre maniere : con fuoco e zolfo, coll’ acqua e coll’ aria. Prima d’
uesta cerimonia dei bambini. Comunemente le lustrazioni avean termine con un gran banchetto, al quale si credeva presiedess
osimilmente Pindaro mori nell’ 80° anno della sua vita, e ammettendo, con Bockh, che fosse nato nel 522 avanti Cristo, la s
scalzi. Iside viene comunemente rappresentata in figura di una donna con le corna di vacca. 11. .Brahma. — Voce sanscrita
ne afferma che negli ultimi tempi del paganesimo soltanto fu venerato con culto divino. Priapo veniva rappresentato comunem
lto divino. Priapo veniva rappresentato comunemente in forma di erme, con le parti genitali straordinariamente sviluppate,
forma di erme, con le parti genitali straordinariamente sviluppate, e con in mano un cornucopia ed una falce. 13. Gnostic
trosegnati col nome di Gnoslici ossia Illuminati. 14. Simoniani. —  Con questo nome si additavano i seguaci dell’eresia d
che professavano le più oscene dottrine, vivendo in completo divorzio con le donne e ammettendo, come principio di fede, l’
i ; vivendo completamente divisi dalle donne, da cui si allontanavano con sacro giuramento, al momento in che venivano iniz
i ; vivendo completamente divisi dalle donne, da cui si allontanavano con sacro giuramento, al momento in che venivano iniz
i ; vivendo completamente divisi dalle donne, da cui si allontanavano con sacro giuramento, al momento in che venivano iniz
bambino Ercole quasichè si burlasse del gran cimento ; e avendo preso con ambe le mani l’uno e l’altro serpente da Giunone
ona nell’ anno 1237. Narrasi che essendosi dato dalla prima gioventù. con eguale successo agli studi seri ed alle arti dile
ue Alessandro Humboldt. La reggenza di Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazione di 1.280.000 anima cirea. Marauc
erte sotto i pledi due incudini e di legarle le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei cercarono di lib
in isposa. 45. Vulcano. — Era nato deforme e perciò suo padre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull
7 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
articoli interessanti e creduti indispensabili a sapersi, trattandoli con una certa latitudine, ed impiegando ogni cura per
i come pure di eccitare la curiosità dei giovani onde si applicassero con maggior zelo a tale studio. Vari buoni trattati
esto studio ha esposto i più eccellenti artisti a confondere il tutto con degli strani anacronismi, rappresentandoci delle
nco Cessò di Mirra l’odoroso pianto(1). Così chiuse poi il discorso con alcuni versi che si potrebbero dire un Inno di vi
Dea per madre. Semidei si dissero pure gli eroi che distinti si erano con qualche grande azione e che ebbero l’onore degli
à anche il nome di Cielo ; e qualcuno confonde Vesta Prisca o Tetture con Cibele sua figlia. Da queste due divinità trasser
ato età dell’oro. Si rappresenta questo Dio sotto forma di un veochio con lunga barba, colle ali e con una falce in mano, e
nta questo Dio sotto forma di un veochio con lunga barba, colle ali e con una falce in mano, emblema del tempo, il quale pa
le rendevano il culto danzando intorno alla sua statua contorcendosi con modi spaventevoli. Sotto il nome di Vesta presied
veramente punita. Se taluna mancava al voto di verginità, era portata con lugubre pompa sopra una bara fuor della porta Col
iva. Vesta si rappresenta talvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, c
i una bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, con una torre sulla testa, circondata soventi da molt
tie, e spesso sopra un carro tirato da leoni. Talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano e con una patera, per isparg
o tirato da leoni. Talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano e con una patera, per ispargere profumi sul fuoco sacro
e ad un pianeta. Giove Giove figlio di Rea e di Saturno nacque con Giunone e fu sottratto, come si è detto, dalla ma
iove li perseguitò anche in quel paese, ma finì poi per riconciliarsi con essi tutti.   Giove e Giunone   I Giganti
che molti ebbero il nome di Giove, ed avendo abusato di diverse donne con vari stratagemmi, tutti questi furono attribuiti
sia. Essendosi accorto Giove dell’avvicinarsi di Giunone mentre stava con Io, cangiò questa in vacca per nasconderla alla m
statua ; ed avvedutasi della malizia di Giove, si riconciliò, ridendo con lui dell’accaduto. Avendo preso parte questa Dea
il Dio del cielo la sospese in aria e le fè legar da Vulcano le mani con una catena d’oro dietro le spalle, e attaccare un
n averle dato il pomo d’oro sul monte Ida quando gareggiò di bellezza con Venere e Pallade, e si dichiarò in quel momento n
, e fu adorata come la Dea dell’agricoltura e delle messi. Viaggiando con Bacco insegnò ovunque l’agricoltura. Da Giasone e
e la veste che le cade fino a’ piedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una mano ed alcune s
i però non s’accordano su la storia di questa divinità che confondono con Cibele. Da questa Dea ha preso il suo nome un pia
preso il suo nome un pianeta. Minerva Minerva Minerva detta con altro nome Pallade, dea della sapienza, delle gue
un terribile mal di capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò il cranio ; dal cer
uo padre nella guerra contro i Titani ove si distinse molto. Gareggiò con Nettuno per dare il nome alla città fabbricata da
to e deriso. Si rappresenta questo Dio sempre armato da capo a piedi, con un gallo vicino, per aver convertito in gallo il
lettrione, il quale addormentossi facendo la guardia mentre Marte era con Venere, e lasciollo così sorprendere da Vulcano.
i dalla schiuma del mare, secondo altri dal sangue del Cielo mutilato con una falce da Saturno, da Giove e da Dione come op
hia sua deformità ed ebbe un numero infinito d’amanti. De’ suoi amori con Marte da cui ebbe Cupido se n’è già parlato. Da A
che traggon il principio dalla tenerezza. Le sue feste si celebravano con ogni sorta di dissolutezze. Ovunque sorsero degli
convertita in colomba da Cupido, poichè in una sfida che questi ebbe con Venere a chi sapeva coglier più fiori, Peristera
cambiata in rossa allorquando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figli di Venere si contano Amore
otto quello di Ecate, essa è la Dea dell’inferno ed è soventi confusa con Proserpina moglie di Plutone. Si riconosceva pure
re contro chi eccitò il suo risentimento, recando stragi nelle gregge con epidemie, distruggendo le messi ed umiliando i ge
rice, coi capelli annodati di dietro, colla faretra su di una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco teso in atto di la
tesori del tempio di Apollo e di quello di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva per dar il nome alla città di Atene. Viol
ra un carro in forma di conchiglia tirato da cavalli marini o tritoni con un tridente in mano. Vuolsi che abbia avuto più
re in Tracia. Si rappresentavano sotto le sembianze di donna vecchia, con lunghi crini, con volto sempre smunto per fame, c
appresentavano sotto le sembianze di donna vecchia, con lunghi crini, con volto sempre smunto per fame, col corpo di avolto
, con volto sempre smunto per fame, col corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed alle mani, e con orecchi d’o
l corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed alle mani, e con orecchi d’orso. Le principali erano Ello, Occipet
. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali si fece capo ed abitava con esse i monti Parnaso, Elicona, Pierio, le rive de
Patarno erano i loughi più famosi ove davansi tali oracoli. D’accordo con Diana uccise co’suoi strali i quattordici figli d
ate. Dopo questo accidente, lasciato il servigio di Admeto, andossene con Nettuno ad aiutare Laomedonte a rifabbricare le m
ante il suo soggiorno sulla terra egli inventasse la lira, ma credesi con maggior fondamento che gli fosse data da Mercurio
mutò in lauro, co’rami del quale si fece una corona. Zefiro giuocando con Giacinto al disco, lo uccise involontariamente, e
iacinto lo cangiò in un fiore che porta il suo nome. Ciparissa avendo con uno strale ucciso per disavventura un cervo addom
senza barba, bello, coi capelli lunghi e biondi sparsi sugli omeri ; con una cetra in mano, una corona d’alloro sul capo,
si sugli omeri ; con una cetra in mano, una corona d’alloro sul capo, con parecchi strumenti d’arti a lui vicini e sopra un
va ogni giorno trovarsi per ricevere i suoi comandi, li serviva tutti con uno zelo infaticabile, anche nelle cose poco leci
e un bel giovine, snello di corpo, col caduceo in mano, qualche volta con una borsa e colle ali alla testa ed ai piedi. Ora
lta con una borsa e colle ali alla testa ed ai piedi. Ora nudo ed ora con un manto su le spalle, che non gli copre se non l
egli porta una lancia o pertica armata di uncini oppure un tridente. Con questi attributi egli proteggeva il commercio. Il
te Caucaso. Le statue che si ponevano su le vie a guisa di termini or con tre teste ed or con quattro facce erano dette Mer
e che si ponevano su le vie a guisa di termini or con tre teste ed or con quattro facce erano dette Mercuri da’ Romani, ed
zzo. Per timore che Bacco, di cui era incinta Semele, non abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una de
lto da Bacco. Cresciuto in età questo Dio andò a conquistare le Indie con un esercito di uomini e di donne, che invece di a
ere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e di uve con
glie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e di uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamati d’oro,
ste di porpora coronato di pampini e di uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamati d’oro, era assiso in un carro me
linci e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso, di cui s
e sotto il nome di Baccanali o Orgie si celebravano a Roma in autunno con ogni genere di stravizzo. Le sacerdotesse di Bacc
n avevano che un occhio in mezzo alla fronte lavoravano continuamente con lui. I tre principali erano Bronte, il quale fabb
ppresenta Vulcano come un uomo di età matura, zoppo da ambe le parti, con folta barba, coi capelli sparsi, conun abito che
un abito che gli arriva appena ai ginocchi, appoggiato ad un incudine con un martello e le tenaglie nelle mani. Gli Etrusch
ratelli, ebbe in parte l’impero dell’inferno nella divisione che fece con Giove e Nettuno dell’eredità paterna. Essendo il
e capelli neri, sopra un cocchio di ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di c
ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con una corona d’ebano su l
lli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con una corona d’ebano su la testa ; talvolta si rapp
hiavi, e con una corona d’ebano su la testa ; talvolta si rappresenta con Proserpina tra le braccia, svenuta per la paura,
errotti che dalle toccanti voci de’grandi poeti e de’rinomati cantori con dolce mormorio. Lete vi scorreva, e le sue onde s
rra sempre ridente rinnovava tre volte ogni anno le sue produzioni, e con bella vicenda presentava o fiori o frutti. Dolore
che porgevano un’ombra mesta e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla quale si penetrava nell’I
e’colpevoli. Erano a questo fiume attribuite le più nocevoli qualità. Con l’acqua di questo fiume Cerere trasformò l’indisc
l regno delle Ombre, perchè l’accesso ne era difficile e le sue acque con sordo strepito mormorando, ispiravano una cupa tr
ò in soccorso tutti gl’immortali, lo Stige fu il primo che vi accorse con tutta quella formidable famiglia. Il supremo tra
essere traghettate. Caronte si rappresenta come un vecchio robusto, con oochi vivaci, con sembiante maestoso, benchè seve
e. Caronte si rappresenta come un vecchio robusto, con oochi vivaci, con sembiante maestoso, benchè severo, coll’impronta
e maestoso, benchè severo, coll’impronta della divinità nell’aspetto, con folta e canuta barba, con un oscuro vestimento in
coll’impronta della divinità nell’aspetto, con folta e canuta barba, con un oscuro vestimento indosso, lordo del fango del
comune si è che questo nome in lingua egizia suoni barcaiuolo, e che con esso si denotasse colui che per ordine del re tra
re Euridice. La Sibilla che conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e di papavero. Molti si son
ssa Proserpina. Dea dell’Inferno era pur Ecate che alcuni confondono con Diana, altri cólla stessa Proserpina, e taluni di
ici allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Si voleva con ciò indicare che la prima preparava i destini, la
ha sempre avuto per esse. Si rappresentano nere, digrignando i denti, con ispaventevole sguardo, con mani armate d’unghie a
i rappresentano nere, digrignando i denti, con ispaventevole sguardo, con mani armate d’unghie adunche, avide di sangue e d
erano ancor rispettati. Si vedono avventarsi sui corpi nella mischia con inaudito accammento, e mille altri crudeli tratti
r udirlo, lasciarono in abbandono i loro fusi, e poscia raddoppiarono con velocità maggiore il lavoro, temendo di aver di t
vita, le Furie portavano nell’anima loro il terrore, li tormentavano con rimorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le
nell’anima loro il terrore, li tormentavano con rimorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le quali gettavanli nel più
agnelle pregnanti, degli arieti e delle tortorelle. Si rappresentano con severo sembiante ed in aria minacciosa, colla boc
o con severo sembiante ed in aria minacciosa, colla bocca spalancata, con abiti neri e insanguinati, con ali di pipistrello
ia minacciosa, colla bocca spalancata, con abiti neri e insanguinati, con ali di pipistrello, con serpenti intreociati into
ca spalancata, con abiti neri e insanguinati, con ali di pipistrello, con serpenti intreociati intorno al capo, con una tor
ti, con ali di pipistrello, con serpenti intreociati intorno al capo, con una torcia ardente in mano ed un flagello di serp
dente in mano ed un flagello di serpente nell’altra oppure un uncino, con il Terrore, la Rabbia, il Pallore e la Morte per
ando sedute intorno al trono di Plutone, attendono esse i suoi ordini con un’impazienza che mostra tutto il loro furore. Le
e sole ossa, in veste nera, sparsa di stelle, colle ali e molte volte con una falce in mano. Il Sonno figlio dell’Erebo e d
e Morfeo suo figlio o ministro, che addormenta tutti quelli che tocca con un gambo di papavero e fa sognare, sta vegliando
sottomesso sta continuamente riposando in quel luogo. Si rappresenta con un corno in una mano e un dente di elefante in un
rimente quello stato di quiete in cui trovansi i mortali, mentre egli con ali spiegate nelle aeree regioni, lascia dal suo
i più celebri tra i condannati del Tartaro ed il genere del supplizio con cui vi erano tormentati. Tantalo re di Lidia o d
altre tutte condannate nell’Inferno ad attignere acqua perpetuamente con un vaglio. Si chiamavano anche Belidi, da Belo re
e gregge. Questa Dea de’ pascoli e de’ pastori è confusa dai mitologi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19 di aprile cele
sta Dea de’ pascoli e de’ pastori è confusa dai mitologi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19 di aprile celebravasi tutti
nità. I contadini avevano in quel giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri
consistevano in latte, in vino cotto e in miglio. La festa terminava con fuochi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sop
la zampogna e custodendo gli armenti. Si faceva piacere di incutere, con subitanee apparizioni, timore agli animali che ab
selve e si rappresenta ora colle corna e metà del corpo di capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo ultimo caso gl
uni cogli altri ; erano tutti rappresentati metà uomini e metà capri con le corna in testa, colla sola differenza che i Sa
sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba di varie specie, con un abito a
sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba di varie specie, con un abito assai corto, con de’ frutti in una mano
ane, con una corona d’erba di varie specie, con un abito assai corto, con de’ frutti in una mano ed il corno d’abbondanza n
appresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno di fiori e di frutti con un ramoscello nella mano dritta ed alcuni pomi ne
a altri si rappresenta coronata di foglie di vite e di grappoli d’uva con un corno d’abbondanza tra le mani ovvero un cesto
no d’abbondanza tra le mani ovvero un cesto di fiori. Giunto Vertunno con sua moglie in età avanzata, ringiovanissi insieme
Giunto Vertunno con sua moglie in età avanzata, ringiovanissi insieme con lei e non violò giammai la fede che le aveva data
zzo di rìsuperare le sue api, e dovette sorprenderlo mentre dormiva e con questo artificio gli riuscì di farlo parlare. Vog
tti che reca la vita. Si rappresenta sotto la figura di un giovinetto con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronat
Dea de’ fiori e della primavera, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una
ai pastori. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di fo
to di foglie di vite o di alloro, colla barba e la chioma scomposta e con una falce in mano per allontanare i ladri e gli u
una tavola. Questo principe si presentò nuovamente ad Eolo, da cui fu con isdegno respinto, riguardandolo come un uomo colp
ra degli Dei. Si rappresenta sotto la forma di un vecchio venerabile, con un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi di
chi e sei femmine che si maritarono gli uni colle altre, avendo forse con ciò voluto indicare i dodici venti principali. Le
l quale, coll’ osservazione del flusso e riflusso, prediceva, soventi con precisione, alcuni giorni prima, qual vento dovea
a passione, la rapì dalle sponde del fiume Ilisso dove si trastullava con altre fanciulle della sua età, e la trasportò nel
i alle spalle per indicare la sua leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantello ed ha la figura di un giovine. Alcune
n mantello ed ha la figura di un giovine. Alcune volte si rappresenta con una fisonomia severa ed irritata, inviluppato in
Borea rappresentano il primo, che dicono vento furioso e freddissimo, con una coda di serpente ed i capelli sempre bianchi.
che seguita la tempesta da lui suscitata. I moderni lo rappresentano con un giovine a lato che va con ambe le mani seminan
ui suscitata. I moderni lo rappresentano con un giovine a lato che va con ambe le mani seminando fiori ovunque passa. Dietr
ed i vascelli in mare. Si dipinge da alcuni di statura alta, vecchio, con capelli canuti, di aspetto cupo, col capo circond
uomo alato, robusto, intieramente nudo. Cammina sopra nuvole, soffia con gote enfiate, per dinotare la sua violenza, e tie
questo colore era particolarmente applicato alle nozze ; altre volte con abito bianco ornato di fiori con una fiaccola in
e applicato alle nozze ; altre volte con abito bianco ornato di fiori con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio ; si trov
con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato di
Giunto in età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassino, con frecce di cipresso, e fece saggio sopra le bestie
gli uomini. In appresso cangiò il suo arco e il suo turcasso di legno con altri d’oro. Si rappresenta solitamente come un f
ndato ma maligno, per dimostrare che Amore non ha niente di proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno di frecce arde
di frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli animi, alcune volte con una torcia accesa, o con elmetto e lancia ; coron
lo del suo potere su gli animi, alcune volte con una torcia accesa, o con elmetto e lancia ; coronato di rose, emblema dei
cita sia soggetta al capriccio della cieca Dea. Egli è sempre dipinto con ali, perchè non c’è cosa più passeggiera della pa
potere si estende fino sui mari. Non è cosa rara di vederlo scherzare con sua madre ; qualche volta Venere tiene il suo tur
ora è seduto dinanzi sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria egli sembra meditare qualche ast
vede parimente in atto di suonare il flauto di Pane, o addormentato, con l’arco e il turcasso ai piedi ; o coll’elmo in te
ta, colla picca sopra una spalla e collo scudo in braccio, camminando con aria trionfante, quasi dimostrando che Marte disa
amor reciproco, scambievole. Dicesi che Venere si lagnasse un giorno con Temi, perchè Cupido rimaneva sempre fanciullo, e
i Atene. Rappresentansi i due Amori come due piccioli fanciulli alati con turcasso, frecce e balteo. Avvi chi per Antero in
perciò in atto di levare la maschera da un volto. Altri lo dipingono con un bastone su la punta del quale sta una piccola
n essere più vicine agli occhi o alle spalle, onde potesse percuotere con maggior violenza. Avrebbe desiderato che fosse st
parlasse poco. Si rappresenta questo Dio come un giovine mezzo ignudo con un corno d’abbondanza in mano e un dito su la boc
resenta Ebe sotto la figura di una bella giovinetta, coronata di rose con un vaso in una mano e nell’altra una tazza in cui
one e dopo di lui molti altri ancora. L’Aurora si rappresenta coperta con un velo e sopra di un carro risplendentissimo. Es
fuggono al suo giugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura alle volte con una face in una mano, mentre coll’altra sparge de
ro sospeso in aria. La ruota gira velocemente. Fu anche rappresentata con un sole ed una mezza luna su la testa, per indica
giadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, coronato il capo di rose, con una face nella mano destra che sta per cadergli,
to luogo ove gli Dei andavano a consultare questo Nume. Giove vi andò con Venere per conoscere il Destino di Giulio Cesare.
o l’urna in cui si rinchiudono le sorti dei mortali. Si dipinge anche con una corona sormontata di stelle ed uno scettro si
e che esso non variava e che era inevitabile, si figurò dagli antichi con una ruota tenuta ferma da una catena. Si pretende
che le furono dedicate si distinguono all’aspetto di una bella donna, con un braccio intorno del quale sta avviticchiato un
’alloro, tenendo in mano un bastone, cui è attortigliato un serpente, con un cane presso di lui sdraiato ; qualche volta co
liato un serpente, con un cane presso di lui sdraiato ; qualche volta con un vaso in una mano ed il serpente nell’altra ; e
la pace tra gli altri uomini. Regnò essa nella Tessaglia e si applicò con molta saggezza nell’amministrare con tanta giusti
ssa nella Tessaglia e si applicò con molta saggezza nell’amministrare con tanta giustizia i suoi popoli, che fu sempre dapp
pur anche il nettare a Giove quando era a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi.
ve quando era a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi. La sua bilancia fu da Giove
cia fu da Giove posta tra i segni dello zodiaco. Da alcuni si dipinge con una spada in mano. Ogni volta che presso i Romani
nata da Giove e da Temide o Temi si rappresenta di un contegno dolce, con volto soave, con una piccola statua del dio Pluto
a Temide o Temi si rappresenta di un contegno dolce, con volto soave, con una piccola statua del dio Pluto in una mano, con
e, con volto soave, con una piccola statua del dio Pluto in una mano, con spiche, rose e rami d’olivo nell’altra e con una
l dio Pluto in una mano, con spiche, rose e rami d’olivo nell’altra e con una mezza corona d’alloro in testa. Da altri si r
tra e con una mezza corona d’alloro in testa. Da altri si rappresenta con un caduceo ed una fiaccola rovesciata. In una med
una fiaccola rovesciata. In una medaglia d’Augusto vi è rappresentata con un ramo d’olivo in una mano, e nell’altra una fia
Bellona dea della guerra chiamata Enio da’ Greci, confusa molte volte con Pallade, vuolsi da alcuni che fosse figlia di For
he entrassero nella città. Si rappresenta armata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga
ii ed ai palazzi ; ed in certa distanza si scorge la Carità che fugge con un fanciullo nelle braccia. I suoi sacerdoti cele
sta correndo gli uni contro gli altri armati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea ce
te Fetonte era figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io, il quale dicesi fa
del Sole come si credeva. Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con sua madre Climene, la quale il rimandò al Sole pe
condurre il suo carro per lo spazio di un giorno. Impegnato il padre con un irrevocabile giuramento, tentò ogni via ma inu
lla Terra. Si rappresenta sotto le forme di una donna sempre allegra, con l’ali alle spalle, una corona d’olivo in una mano
rra, vegliava in questo mondo pel castigo dei colpevoli, e nell’altro con estremo rigore li puniva. I suoi castighi erano s
di pace, assicuravano la fedeltà dei giuramenti. Erano rappresentate con ali ed una ruota sotto i piedi, simbolo delle uma
ielo e di Titea o la Terra. La maggior parte de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie di Pelco e madre di Achil
tti : dopo questi venivano alcuni Tritoni i quali suonavano la tromba con ricurve conchiglie. Circondavan eglino il carro d
Sarone Sarone, antico re di Trezene nell’Argolide in Morea. Amava con tanto ardore la caccia che un giorno mentre cacci
llo e che viaggiò a Delfo per apprenderle da quel Dio. Si rappresenta con uno scettro in mano, assiso in mezzo alle ombre,
esse sollecito le vele senza volerla condur seco, quantunque si fosse con tutta la forza attaccata alla nave di lui ; si vu
della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare,
ero per avere imprudentemente parlato di quella Dea e tenutala a bada con lunghi discorsi intanto che Giove si tratteneva i
altri luoghi della Grecia e della Tracia. Ne avevano anche in comune con altre divinità come Mercurio, Amore e le Muse. Si
delle medaglie esprimenti le Grazie. Da prinicpio si rappresentarono con semplici pietre greggie, poco dopo sotto forme um
uo soccorso, non deve quest’ultima far uso di ornamenti stranieri che con moderazione. Si dipingevano giovani, belle e verg
indo, in Grecia e Pierio, in Macedonia. L’Amore e le Grazie abitavano con esse. L’Amore non vi era mal situato ; parecchie
il Buon Ordine, la Giustizia e la Pace. Volendo indicare senza dubbio con questa finzione che il buon uso delle Ore mantien
rappresentarono poscia di diversa età. I moderni rappresentano le Ore con ali di farfalla, accompagnate da Temide e portand
col gigante Briareo, coll’Idra di Lerna, colla Chimera, colle Arpie e con tutti gli altri mostri immaginati dai poeti. Ass
fetta tutti coloro che gli si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di Itaca e di altre
col suo dorso e le sue ali i poeti di primo ordine. Avvi chi confonde con Pegaso il cavallo alato che Nettuno percuotendo l
ercuotendo la terra col suo tridente fece nascere nella gara che ebbe con Minerva, come si è già riferito all’articolo di q
erva, come si è già riferito all’articolo di questa Dea. Ecco il modo con cui si spiega la favola del caval Pegaso. Medusa
sti, infernali, terrestri e delle acque. Si trovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dalla loro ori
to cra in suo potere, per ricompensarlo del servigio che avevale reso con prolungare la sua esistenza, che da quella querci
ti, l’Oceano e Nettuno e tutte le altre marine divinità erano onorate con un culto il quale consisteva in preci ed in sacri
erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aretusa. Allora la casta Diana aprì la
rifici, i quali talvolta consistevano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e di olio ; e più sove
sse le figure, che la Dea non potendo scoprirvi alcun difetto, lacerò con isdegno quella bella tappezzeria nella quale eran
eide ed altri parlano della sesta chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove gli diede delle piante di pomi che fruttava
i esso teneva sempre gli occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con uno di questi pomi la Discordia pose lo scompigli
ddolcì la superba Atalanta. Le Esperidi erano dotate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliavano gli occhi di c
Esperidi. Le Esperidi o Atlantidi secondo alcuni storici custodivano con molta cura o degli armenti o dei frutti di una gr
d una salamandra. Gli antichi hanno caratterizzato la Primavera anche con Mercurio ; l’Estate con Apollo, l’Autunno con Bac
tichi hanno caratterizzato la Primavera anche con Mercurio ; l’Estate con Apollo, l’Autunno con Bacco e l’Inverno con Ercol
zato la Primavera anche con Mercurio ; l’Estate con Apollo, l’Autunno con Bacco e l’Inverno con Ercole. Tritone Trit
e con Mercurio ; l’Estate con Apollo, l’Autunno con Bacco e l’Inverno con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno
la schiena un uomo che nuota, ed il resto del corpo mostrava un pesce con lunga coda. Era egli il trombettiere del Dio del
ari di second’ordine si dicono Tritoni e si dipingono per l’ordinario con una conchiglia di mare in mano ; si metton loro a
re i suoi desiderii, a norma dell’ordine che avevano da lui ricevuto, con nuove corde più fortemente all’albero lo raccoman
no alla cintura e la forma di uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto il corpo di augello e la testa di donna. Si
ate dalla più viva amicizia. Avrebbero per caso i poeti avuto in mira con tale racconto di eccitare nelle donne il nobile s
tue rappresentanti Deità che nelle case si onoravano e si custodivano con moltissima cura. Per l’ordinario si collocavano d
argli del suo latte. Giunone vi acconsentì, ma il bambino la mordette con tanta forza, che essa ne provò un violento dolore
in medicina. Lino gl’ insegnò a suonare un istrumento che trattavasi con l’archetto, e siccome Ercole stuonava, Lino lo ri
trattavasi con l’archetto, e siccome Ercole stuonava, Lino lo riprese con qualche severità ; Ercole poco docile non potè so
po incredibile ; era anche un famoso mangiatore. Un giorno viaggiando con Ilo suo figlio, sorpresi dalla fame ambidue, chie
ini di Euristeo. Giunoue per punirlo della sua disubbedienza lo colpì con tale delirio che uccise i propri figli natigli da
i fatiche di Ercole, persuaso che dovesse perire ; ma Ercole ne sortì con gloria. Dovette primieramente combattere il terri
odonte in Capadocia. Non volevano uomini seco loro e non conversavano con essi che una volta ogni anno, e li rimandavano do
o nemici : facevano morire o storpiavano i figli maschi ed allevavano con molta cura le fanciulle ; alle quali recidevano l
aleari, altri in Eritia isola vicino di Cadice. Questi era un gigante con tre corpi che faceva pascere i suoi buoi con carn
e. Questi era un gigante con tre corpi che faceva pascere i suoi buoi con carne umana. Per custode delle sue mandre aveva u
suoi buoi con carne umana. Per custode delle sue mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto figlio di Echidna, ed un
un cane con tre teste chiamato Orto figlio di Echidna, ed un Dragone con sette teste. Ercole uccise anche questi mostri. 1
chi Olimpici per disputare il premio e non osando alcuno di competere con esso, Giove medesimo volle lottare col proprio su
di Lidia fu sì ardente, che si vestiva da donna per piacerle e silava con lei. La morte di Ercole fu un effetto della vende
che Ercole acconsentì ; ma accortosi che Nesso si preparava a fuggire con Deianira, scoccogli una freocia che lo costrinse
e a lei. Deianira troppo credula, informata degli amori di suo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia, ed appena se
degli altari in onor suo. Si dipinge Ercole estremamente nerboruto, con spalle quadrate, tinta nera, naso aquilino, occhi
ne ordinariamente rappresentato coi tratti di uomo forte e robusto, e con una mazza o clava in mano, armato delle spoglie d
olta sopra un braccio ed anche sopra la testa. Vedesi pure ma di rado con l’arco e col turcasso ; ora barbuto e molte volte
le colonie di que’ due paesi andassero a popolare la Grecia, i tratti con cui gli antichi hanno dipinto Ercole che tutti co
animati dal fuoco, vi accese una fiaccola e portatala in terra diede con essa alla sua statua anima e vita. Adirato Giove
rono tutti di doni per cui fu detta Pandora e la mandarono a Prometeo con una scatola che conteneva tutti i mali. Prometeo
meteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti gli uomini con un diluvio universale, perchè erano troppo scelle
inondata. Deucalione e que’ pochi sudditi che fuggirono si salvarono con lui sul monte Parnaso, e venute meno le acque sce
sola che fosse mortale ; cui Pallade per punirla di aver amoreggiato con Nettuno nel suo tempio aveva cangiato i capelli i
no, gli negò l’ospitalità e lo scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che era un gigante di una enorme altezza,
to della propria madre Cassiopea che aveva gareggiato per la bellezza con Giunone e le Nereidi. Perseo la salvò uccidendo i
enti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tutti gli altri con Fineo medesimo. Sposata ch’ebbe Andromeda Perseo
so della gloria di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietava con ogni sorta di violenze Danae, e per ultimo trasmu
inventato e che ebbe la disgrazia di uccidere innocentemente Acrisio con un colpo di piastrella, verificandosi in tal modo
oni e ne sposò la loro regina Antiope o Ippolita. Discese all’inferno con Piritoo per aiutarlo a rapir Proserpina. Piritoo
o in patria, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui era partito ; ma Teseo dimenticò il comando d
o della gloria di lui, venne colle sue genti nell’Attica per provarsi con esso : ma appena si videro i due valorosi giovani
he egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Enomao invitato i Centauri, F
ultarono i Lapiti popoli della Tessaglia, i quali vedendoli ritirarsi con un’estrema sveltezza dopo aver scoccate le loro f
uccessione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio con loro, essi gli mossero guerra. Dopo qualche ostil
à d’ambe le parti, il giovine principe fece alcune trattative di pace con essi, pace che non durò lunga pezza ; imperciocch
fondamenta della nuova città, dimostrare la sua riconoscenza agli Dei con un sacrificio. A tal fine mandò i suoi compagni a
ebe e dopo aver lungamente errato in diversi paesi, giunse in Illiria con Ermione sua sposa, che avevalo sempre accompagnat
egli tanto eccellente nel trarne melodiosi suoni, e nell’accompagnare con quelli la propria voce, che fin le cose insensibi
dita e divenuto insensibile all’amore ricusò costantemente di legarsi con un nuovo imeneo. Le donne di Tracia tentarono ogn
no destinato agli amanti virtuosi. Orfeo rappresentasi ordinariamente con una lira in mano o un liuto. Antiope, Zeto
andonare le campagne e le foreste per ritirarsi in una città, e porsi con buone mura al ricovero de’nemici e delle bestie f
nò la musica ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo aveva aspramente ramp
nspirava, non osò opporsegli apertamente, ma cercò la via di perderlo con segretezza. Tormentato da lungo tempo da terribil
capo e condottiero, siccome a quello cui per prossimità di parentela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro quella spedizi
zò il suo rivale ad abbandonare la Tessaglia ed a ritirarsi a Corinto con Medea. Creonte che ne era il re li accolse cordia
era avvelenata, così appena Glauce se l’ebbe posta andò essa a fiamme con tutta la reggia. Nè paga di ciò Medea per isfogar
la sua vita. Chirone nacque dagli amori di Filira figlia dell’Oceano con Saturno che si era trasformato in cavallo per occ
ivenuto grande si ritirò su le montagne e nelle foreste ove cacciando con Diana acquistò la cognizione de’semplici e delle
ce Ercole ai Gentauri, sperando questi di calmare il furore dell’eroe con la presenza del suo antico maestro, si rifuggiron
uti. Nome col quale si distinguono i principi greci che s’imbarcarono con Giasone per andare nella Colchide a fare la conqu
colle loro grida. Argo figlio di Alettore co’legni del monte Pelio e con una quercia tolta alla selva Dodonea formò la nav
neansi a farlo morire, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui e
so tutti i disegni della matrigna discoperse ; il consigliò a fuggire con Elle sua sorella e si offrì per servir loro di ve
volgevano le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccolta con pelli di montoni ; locchè si pratica anche presen
le sponde del Rodano e dell’Arriège ove la polvere d’oro si raccoglie con simili tosoni, i quali essendone ben ripieni, pos
Hanno forse più ragione coloro che spiegano la favola del toson d’oro con tutto ciò che vi ha rapporto coll’astronomia, com
ro dell’oltraggio che credeva aver ricevuto, pregandolo di vendicarlo con la morte del colpevole. Da questo avvenimento fur
fonte e giunse felicemente su le rive del Xanto. Giobate lo ricevette con gioia, lo tenne soco per nove giorni, ed in ciasc
crudeli ordini che aveva ricevuti, e gli diede in isposa sua figlia e con essa metà del suo regno. I popoli medesimi, tocch
rimo che lo rese abitabile, e di qui venne il suo finto combattimento con questo mostro. Dicesi che il fuoco di questo vulc
one che i concorrenti dovessero essere senz’armi, e che essa corresse con un giavellotto, col quale avrebbe uccisi quelli c
no si crede da qualche mitologo derivare l’uso di rappresentare Giano con due facce, per dinotare che la regia potestà era
a dell’accordatagli ospitalità. Alle volte si rappresenta Giano anche con quattro facce. Gli si dà una chiave ed un bastone
che da lui tratto aveva il suo nome ; ed un bastone perchè accoglieva con cortesia i viandanti e custodiva le strade. Giano
sacrificare a Giove sotto il titolo di re e di sovrano. Egli condusse con sè questa donzella onde imparare da lei la forma
della fortezza. Il carro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un nodo di scorza di corniolo, fatto con tant’art
il giogo attaccato al timone con un nodo di scorza di corniolo, fatto con tant’arte e in tal guisa intrecciato, che non si
cioè quando è bambino, se ne va carponi, onde si può dire che cammini con quattro gambe ; sul mezzogiorno, cioè mentre dura
zza, è costretto ad aiutarsi col bastone, onde qui pur dir si può che con tre piedi, e non più con due cammini. Così interp
rsi col bastone, onde qui pur dir si può che con tre piedi, e non più con due cammini. Così interpretò Edipo l’enimma, e la
ne ed Ismene. Gli Dei irritati di un tale incesto percossero i Tebani con una peste, che, secondo la risposta dell’oracolo
poli, di battersi in singolar certame alla presenza delle due armate, con tale accanimento pugnarono essi l’un contro l’alt
cettibile una figlia di quel carattere ; le ali esprimevano l’agilità con cui ella qua e là trasportavasi onde sottrarsi al
opera di suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abi
figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo e morendo gli
ma non credendosi abbastanza vendicato finse di volersi riconciliare con lui e lo richiamò. Per meglio suggellare la ricon
delle truppe colle quali assalirono e vinsero Tieste, che trattarono con umanità contentandosi di esiliarlo nell’isola di
edurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua condotta, di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, a tradim
tato dalle Furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato, giunse in Tauride, ove per
ro questioni. Sposò la ninfa Enone, figlia del fiume Lebreno, e visse con lei nella più perfetta unione, sino all’epoca del
Amazzoni, ecc. Non tutti i principi greci si prestarono a quella lega con eguale prontezza. Ulisse cercò di sottrarsene si
Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentatosi in abito da mercante con vari ornamenti donneschi a’quali frammiste erano
le, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quell’armi andar egli a combattere contro Ettore,
o padre, che venne in persona a chiederglielo. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia di lui Polissen
nell’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove
tata per la violazione del Palladio o simulacro di Pallade che Ulisse con arte introdottosi in Troia aveva precedentemente
à introdotto. Intanto Sinone a notte buia diede dall’alto della rocca con una fiaccola il segno a quelli che dietro Tenedo
nsigliava la restituzione di Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò, dopo
ome uno de’ migliori suoi difensori, e fattolo venire alle mani prima con Achille poi con Diomede, sebbene all’uno ed all’a
iori suoi difensori, e fattolo venire alle mani prima con Achille poi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore,
otessa d’Apollo rendeva gli oracoli su di un tripode, scranna piccola con tre piedi, che Apollo aveva coperto colla pelle d
e. Quando costei voleva predir il futuro, usciva fuori di sè, parlava con una voce tremolosa e mozza, si contorceva orribil
vasi la risposta dal Nume, durante il sonno, e quel sonno preparavasi con particolari disposizioni che avevano qualche cosa
o le offrì quel favore novello, col patto che dovesse ella pure esser con lui condiscendente ; ma al piacere di una eterna
ina un ramo d’oro e gli ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa discese nel soggiorno delle ombre, ove appre
nominate da Varrone, la quale era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’Italia per l’uniformità del nome del luo
ve volumi diversi pei quali chiese 300 monete d’oro. Il re la scacciò con disprezzo ; per il che essa ne gettò tre nel fuoc
iò tre altri e perseverò nel chiedere la stessa somma pei tre ultimi, con minaccia di bruciarli in caso di rifiuto. Tarquin
o medesimo, essendo il tempio di Apollo stato consumato dalle fiamme, con molta fatica furono conservati quei libri che pos
. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi eran distinti con nomi particolari secondo il Dio cui servivano, co
pre restati. Comunque sia la cosa, eglino si avvilirono, procurandosi con basse adulazioni l’accesso nelle case dei grandi.
lla destra di Giove ; non così se udivasi al contrario. Dalla maniera con cui ardeva l’incenso, dal crepitare, dal fumo tra
i che recavansi alla casa ove era il morto, nell’uscirne aspergevansi con quest’acqua : si soleva servirsene anche per lava
che gli ordinava espressamente. Principiavasi sempre a solennizzarli con sacrifici e con altre religiose cerimonie : in un
a espressamente. Principiavasi sempre a solennizzarli con sacrifici e con altre religiose cerimonie : in una parola la loro
Greci, fin dalla prima giovinezza acquistavano lo spirito marziale e con ciò rendevansi atti a tutti i militari esercizi ;
he si tenevano nell’istmo di Corinto. In questi giuochi che facevansi con tanta pompa, ai quali non solo da tutta la Grecia
8 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
en presentato al Pubblico per uso dei Reali Collegj, è stato ricavato con sobrietà e giudizio dai migliori mitologi tanto I
i tali invenzioni : essi hanno azzardato le più plausibili congetture con fabbricare altresì de’ sistemi, che potessero app
o esatto delle loro vantate invenzioni. Omero non è sempre di accordo con Esiodo : e Ovidio, che visse molto dopo, ha soven
mo posto nell’opera. Il Destino era figlio della Notte : vien dipinto con una benda avanti gli occhi. Egli è, a dire il ver
e cotesto libro2. Spesse fiate i poeti confondono il nome del Destino con quello di Legge immutabile, privandolo della Divi
ireo : ed aggiungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato.
figli lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto come avea esso praticato con suo padre. Egli dunque divorò tutt’i figli, ai qu
; ma bensì ritenne presso di se Giunone, poichè il trattato stabilito con Titano, riguardava la sola prole maschile. Giove
governo delle leggi. Finalmente durante il tempo che Saturno conversò con gli uomini, fu sì grande la felicità, che tal’epo
passato, e del futuro, o finalmente perchè avesse diviso il suo regno con Saturno, non formando entrambi che un Re solo. Vi
Saturno, non formando entrambi che un Re solo. Vien figurato talvolta con quattro facce, per indicare le quattro stagioni.
i, se il suo genio torbido non lo avesse indotto ad unirsi nuovamente con i Titani per fare la guerra a Giove. Fu vinto anc
ronata di foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di fiori, assisa sopra di un c
Talvolta è figurata all’impiedi, o cavalcando un lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostro di una
erbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il rumore, lo
tte l’Etna, i di cui sforzi si risentono tuttavia, al dire de’ Poeti, con gittar fiamme, e sassi per liberarsi dal grave pe
erva cadde pur il Gigante Pallante, della di cui pelle ella si coprì, con prenderne anche il nome ad eterna ricordanza di t
sua forza sorpassava il terrore, che ispirava. Egli aveva cento teste con serpenti armati di lingue nere, ed avvelenate, vi
ccasione di parlare delle diverse sembianze, sotto le quali si cangiò con avvilire la sua dignità. Omero, che ci ha data fr
che avendone Giove rossore lo fece precipitare dal Cielo sulla terra con un calcio. Vulcano non curò questo maltrattamento
ni attaccate ai calcagni, dopo averle legate le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei si affaticarono
va per le praterìe di Sicilia accanto la fontana di Enna, incontrossi con Plutone, che lasciato per poco l’Inferno, volle v
nanze di Minerva, e Cianea, che fu punita per tal cagione da Plutone, con averla cangiata in un fonte ne’ contorni di Sirac
sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando per tutta la terra con fiaccole accese nell’Etna. Ritrovò ella il velo,
iato in gufo : ma fu accordato a Proserpina di poter passare sei mesi con sua madre, ed altrettanti con Plutone, che l’avev
a Proserpina di poter passare sei mesi con sua madre, ed altrettanti con Plutone, che l’aveva sposata. Calmatasi Cerere si
aveva sposata. Calmatasi Cerere si applicò nuovamente all’agricoltura con insegnarne i principj a Trittolemo figlio di Celè
disfarla. Cerere vien rappresentata ordinariamente coronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra un fascio
nel più forte delle boscaglie sotto la forma di un giovine leggiadro, con capelli ondeggianti sugli omeri, con turcasso dor
a forma di un giovine leggiadro, con capelli ondeggianti sugli omeri, con turcasso dorato, pieno di frecce, e con arco alla
elli ondeggianti sugli omeri, con turcasso dorato, pieno di frecce, e con arco alla mano, come appunto si osserva nella sup
atona ritrovato un sito ove sgravarsi, se Nettuno mosso a compassione con un colpo del suo tridente non avesse fatta sorger
figlio di Tesèo. Un potere così grande ingelosì lo stesso Giove, che con un fulmine troncò i giorni ad Esculapio, e lo sit
o questo Dio sotto la figura di un uomo grave, coperto da un mantello con bastone, a cui sta una serpe attortigliata in una
per i furti di Mercurio, non trovò altra via, che di fare il muratore con offrire unito a Nettuno, parimente privato della
ettuno contemporaneamente furono fatti inondare dalle acque del mare, con inviar colà per giunta un mostro orribile per acc
da Climene figlia di Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio di Giove, e di Jo, per avergli quest
passione diede di piglio al suo fulmine, e lo scagliò contro Fetonte, con averlo fatto precipitare nell’Eridano, o sia Pò.
e Mida aveva gli orecchi dell’asino. Apollo non fu però così discreto con Marsia satiro, e musico valentissimo, che parimen
suoi dardi, se Giove non si fosse affrettato di evitare un parricidio con aver sottratto la madre al figlio, che amendue si
i questi ricordato di lei in un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, con aver inviato un cignale di enorme grandezza negli
eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di allori con qualche papiro alla mano, o con un libro, ed un p
. La sua effigie è coronata di allori con qualche papiro alla mano, o con un libro, ed un piccolo stile. Euterpe, voce ind
i natura i segreti, e dell’Olimpo. Celebra Clio la sorte degl’imperi, Con rendere immortali uomini, e Dei. Canta Calliope a
Calliope al suon di dolce lira, Ed alte imprese scopo son del canto. Con vaga illusion mista d’ingegno Talia scherzando, a
illusion mista d’ingegno Talia scherzando, al vizio ognor fa guerra. Con gravità Melpomene narrando Tragici eventi, a pian
volentieri passiamo sotto silenzio le varie sue vicende, specialmente con Marte, e con Adone. Crediamo quì piuttosto miglio
ssiamo sotto silenzio le varie sue vicende, specialmente con Marte, e con Adone. Crediamo quì piuttosto miglior partito ind
Egli è sempre figurato qual fanciullino pieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2.
r vedere il suo figlio fatto suddito di questa giovane, la perseguitò con tanta stizza, che infelicemente alla fine se ne m
cano. Si è già detto, che Vulcano1 nacque talmente brutto, che Giove con un calcio lo fece cadere dal Cielo. Il nume bambi
io del fuoco, e la sua figura è poco vantaggiosamente espressa, cioè, con una gamba più corta dell’altra, e con un martello
antaggiosamente espressa, cioè, con una gamba più corta dell’altra, e con un martello alla mano, per lo più assiso innanzi
tempo gli venne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo di accetta gli aprì il cervello, ed imma
ppena nata cominciò ad eseguire un ballo detto Pirrico, annunciandosi con soverchia gentilezza per una Divinità, che durant
tennero nell’aria, e la cangiarono in ragno. La controversia ch’ ebbe con Tiresia, terminò all’istante. Avendo questi avuta
nel bagno, fu privato della vista. Questa Dea si contrastò il dritto con Nettuno pel nome, che doveva darsi alla nascente
e un più utile servizio alla nuova città, avesse tal facoltà. Nettuno con un colpo del suo tridente battè la terra, e fece
era bella, ma fiera nel tempo istesso. Portava in testa un caschetto con una civetta, uccello sno favorito2 : un’asta alla
aveva sopra questo scudo fatto incidere la terribile testa di Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egid
enza che Giove ci avesse parte1. Forte nel suo proposito si consigliò con Flora, che le indicò un fiore, che al solo toccar
ga va la Tema, e lo spavento : Intrepido il Valor gli siede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto alzata, Con alma, e
il Valor gli siede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto alzata, Con alma, e cor di sicurezza pieno, Seco traendo la s
ge, che glie l’accorderebbe : questa fu che Giove venisse a visitarla con tutto l’apparato celeste. Tremò Giove per Semele
ui dorso talvolta appena si reggeva, perchè semiebrio. Bacco combattè con ardire nella guerra de’ giganti : indi disceso in
amente rappresentato Bacco sotto l’aspetto di un bel giovane imberbe1 con capelli biondi inanellati, e coronati di edera2,
entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava immobile ai di lui piedi. Abbiamo
nto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in segno della loro digni
aspetto avrebbe sgomentato i più intrepidi : erano macilenti, scarne, con lunghe smunte mammelle, e da per tutto spiravano
o spiravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una
trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine di ammazzare i loro sposi nella prima nott
, che amava teneramente ; e questi verificò il presagio dell’oracolo, con detronizzare Danao in vendetta della morte de’ su
va loro promesso alcuni versi che mai non diede, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e gli tinsero il volto di mora
vano. È questi uno degli Dei delle foreste, che talvolta si confonde con Pane, perchè rappresentato come il medesimo. I Sa
uturo : ella volla annunziare il destino di Esculapio, e ne fu punita con perdere la sua figura essendo divenuta una cavall
d al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e sovente in ve
ino, che avrebbe un giorno superato la gloria di suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia nacque Achille il più ce
ura di uomo fino alla cintura : il resto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad u
e moltissimo per carpirne una risposta sull’avvenire. Ciò si otteneva con fargli violenza, involandosi in ogni momento con
ire. Ciò si otteneva con fargli violenza, involandosi in ogni momento con prendere sempre nuova forma, e figura. Virgilio c
esecuzione di un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera gli orecchi de’ suoi compagni, e facendosi e
della divinità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed a’ pied
dolci attrattive, e la bellezza istessa cangiò figura. Ella comparve con sei teste orribili, con altrettante gole, tre ord
bellezza istessa cangiò figura. Ella comparve con sei teste orribili, con altrettante gole, tre ordini di denti, e dodici b
male, ed il bene. È rappresentata in diverse guise or come Furia, or con sembianze più dolci : talvolta porta un velo sull
presentato qual vecchio zoppo, ma alato per dinotare che le ricchezze con pena si ammassano, e con celerità possono svanire
oppo, ma alato per dinotare che le ricchezze con pena si ammassano, e con celerità possono svanire. Come ha gli occhi benda
riccio l’oro, l’argento, che cava dal corno dell’abbondanza che porta con se. La Fortuna. La Fortuna è dipinta, come Pl
è dipinta, come Pluto, col corno dell’abbondanza, e gli occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su di una ruota, che
chi bendati con un piede in aria, e l’altro su di una ruota, che gira con velocità. Gli antichi credevano ch’ ella dispensa
il Dio del silenzio, in origine filosofo Greco. Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito di una pelle di lu
he presagiva il futuro. Le matrone Romane le avevano eretto un tempio con istituire le feste Carmentali. I pagani supponeva
imostrare la solidità de’ suoi giudizj, colla bilancia in una mano, e con una spada nell’altra per vendicare egualmente i d
ri, e della mensa era Como. Egli è rappresentato coronato di fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran parte della not
o. Era questo l’amico stretto di Como. La buffoneria ben si accoppia con i piaceri della mensa. Il primo degli oggetti di
i Imenèo sotto l’aspetto di un giovane leggiadro, coronato di rose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie er
rano a questi Dei innalzati templi, ed altari, ed erano rappresentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano gli
uanto potevano temere, o sperare. Eccone un esempio. Assisa una donna con ispada in una mano, e nell’altra una bilancia rap
uoi giudizj sono sceveri di qualunque prevenzione. Talvolta è dipinta con benda avanti gli occhi, perchè non vegga chi si p
oma. In doppia guisa è rappresentata : cioè col corno dell’abbondanza con frutta di ogni specie, e fiori : ma per lo più ve
lia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianca, e sedendo sopra di pietra quadrata
e vestita di un abito bianco, e semplicissimo, e talvolta vedesi nuda con uno specchio alla mano. Era figlia di Saturno, o
torciglia un serpente. La Fama. I Moderni la dipingono qual donna con alí larghissime, e due trombe per palesare il ben
a altresì figlia di Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in
ove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altr
ercio. Inviolabili erano i giuramenti concepiti per lei. Vien dipinta con veste di color bianco, e colle mani giunte, segno
mbianza di una donna coverta da un velo. La Sanità. Vien espressa con una coppa alla mano, ed accanto un altare, intorn
nominata anche Igia. La Voluttà. Una femina nuda coronata di rose con coppa d’oro dove beve una biscia, è l’effigie del
penti. L’Occasione. È rappresentata presso a poco come la Fortuna con un piede sopra di una ruota che gira rapidamente.
antro spaventevole, ove raggio di luce non penetra. Smunta, pallida, con ciglio torvo, e viso malinconico. Il veleno che h
toria. Era figlia di Stige, e del gigante Pallante. Si dipinge alata con un ramoscello di palma in una mano, e nell’altra
Si dipinge alata con un ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di alloro, e di ulivo. La P
di ulivo. La Primavera. È rappresentata sotto l’effigie di Flora con ghirlanda, ed un cestellino di rose. L’Està.
no dell’abbondanza, e una corona di spighe. L’Autunno. Un giovane con corba di frutta, e carezzando un cane rappresenta
a barba bianca sono coverti di ghiaccio1. La Discordia. Una donna con serpenti sulla testa, una fiaccola in una mano, e
hi per qualche impresa segnalata o illustre azione si fosse distinto, con aver richiamata l’attenzione degli Dei, e la mera
ita del mondo, al momento che Prometeo formò il primo uomo, e l’animò con una particella del fuoco celeste. Prometeo. Pr
, un uomo, servendosi del semplice limo della terra cui diede l’anima con una particella di quel fuoco celeste, che dal car
mensa degli ospiti Numi. Irritato Giove per tale indegnità, incenerì con un fulmine il palazzo di questo mostro. Licaone t
lo ajutarono alla fabbrica della famosa Tebe. Cadmo regnò lungo tempo con Ermione sua sposa, ma sopraffatto dalle disgrazie
dove regnava Polidette, che volentieri accolse la madre col bambino, con prendere somma cura dell’educazione di questo pri
di Minerva, che in tal guisa la sfigurò perchè amata da Nettuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la sua premur
ssiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritornò da Polidette : indi con sua madre Danae ritornò ad Argo. Ivi ammazzò Pret
uoi stati, col quale si riconciliò. Ma fatalmente giuocando al disco, con un colpo imprevisto uccise suo avo, con essersi c
atalmente giuocando al disco, con un colpo imprevisto uccise suo avo, con essersi così verificato l’oracolo. Bellerofont
sposta. Irritata questa principessa dal disprezzo, volle vendicarsene con un’infame calunnia. Preto soverchiamente credulo
il diritto delle genti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Licia con ordini segreti di prendere vendetta dell’oltraggi
egli Dei protettori dell’innocenza, e della virtù. Giobate lo accolse con gioja, e nove giorni durarono le feste, ed i dive
re del re d’Argo, impose immantinente all’Eroe di andare a combattere con un mostro terribile chiamato la Chimera, di razza
Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella di lui disgrazia con il suo figlio Icaro. Questi però escogitò la mani
zza fu Minosse eletto dopo morto per uno dei tre giudici nell’inferno con Eaco, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re di
diede da se stessa la morte. Contrasse Teseo un’amicizia strettissima con Piritoo re de’ Lapiti. Alla fama del valore di qu
lena figliuola di Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo ballare con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di
ti di fuoco, indi assoggettarli al giogo, e lavorare un campo vergine con seminarci i denti di un dragone, da’ quali doveva
a da Medèa. S’impadronì Giasone dell’aureo vello che portò sulla nave con istupore de’ suoi compagni, che si erano scoraggi
erano scoraggiti all’aspetto di tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa, che sposò, pensarono di fuggirsene col fav
inse di volere intervenire alle nozze per felicitare la nuova coppia, con aver fatto il dono a Creusa di una veste avvelena
ltre tanti fin quì descritti travagli illustrò quest’Eroe la sua vita con tante altre brillanti azioni. Egli fu che diede l
saggio del fiume involato la sposa, se Ercole non lo avesse arrestato con una freceia avvelenata. Questo mostro si vendicò
i Eroi. Dicemmo già ch’egli aveva assistito alla morte di questo Eroe con aver giurato di non rivelare il luogo della sua t
agiti lo staccò dall’albero, e lo presentò al re, che lo fece educare con attenzione, adottandolo anche per figlio. Edipo d
ide. In uno stretto del monte Citerone ebbe la sventura d’incontrarsi con Lajo, che avendogli imposto bruscamente di scosta
o và brancolando a quattro piedi, sul mezzo dì a due, e verso la sera con tre piedi. Edipo senza punto esitare rispose che
no esposti sul rogo per bruciarsi i cadaveri, le fiamme si separarono con meraviglia, e spavento degli astanti. Nomi de’
a, avendo aceolto nella sua reggia Polinice. Tidèo contemporaneamente con Polinice rifuggissi ad Argo, dopo avere ucciso i
lla collana a lei donata da Polinice. Amfiarao fu obbligato a partire con aver però imposto al suo figlio Alcmeone, che app
rogo, ove si bruciava il cadavere di Capanèo, e mischiò le sue ceneri con quelle del marito. Ippomedonte, e Partenopèo ebbe
o accolti gli Dei in sua casa, volle mettere alla pruova la divinità, con preparar loro in un banchetto le membra di Pelope
ina, si rivolse a tali odiose vivande, e mangiò una spalla di Pelope. Con un fulmine Giove incenerì Tantalo : indi ordinò a
perchè figli del vento. Pelope che anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che gli promise di spez
Astiochea ; perlochè furono cacciati dalla Corte di Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggironsi presso Euristeo re di Arg
orte : ma non credendosi vendicato abbastanza, finse di riconciliarsi con lui. Lo richiamò quindi alla Corte, dove invitato
er sua nipote, facendo allevare nella sua reggia anche Egisto insieme con Agamennone, e Menelao. Tanta complicazione di err
a, ed istruita del fallo involontariamente commesso si diede la morte con quella spada medesima. Avendola Egisto portata tu
cato abbastanza, e ringraziò gli Dei. Egisto ben presto lo disingannò con dargli la morte, e con far salire sul trono d’Arg
raziò gli Dei. Egisto ben presto lo disingannò con dargli la morte, e con far salire sul trono d’Argo Tieste, che non vi st
a suo fratello. Questo re prima di partire si riconciliò sinceramente con Egisto, a cui con poca prudenza affidò Clitennest
esto re prima di partire si riconciliò sinceramente con Egisto, a cui con poca prudenza affidò Clitennestra, ed i figli. Il
catisi al tempio di Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste con i suoi soldati di propria mano ammazzò la rea cop
loria del padre, nacque da questa coppia. Tali nozze furono celebrate con gran pompa. Crucciata la Discordia di non esservi
la maniera di far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia, e che si era dichiarato nemic
, ed immantinente volò sull’Olimpo per indurre Giove a punire i Greci con far vincere i Trojani, perchè ognuno conoscesse i
di questa guerra, uscito dalle file propose una pugna a corpo a corpo con Menelao per terminare così le contese. La dissida
raccomandò alle gambe. Il poeta per palliare questa fuga l’abbellisce con dire, che Venere inviluppò in una nuvola il guerr
spirando nuova vendetta schierò il suo esercito, e cominciò la pugna con maggior accanimento di prima. L’invincibil Diomed
l’istante. Ulisse procurò d’interessare Achille a favore della Grecia con fargli conoscere quanto potrebbe giovare il suo v
iove, che voleva donare la vittoria ai Trojani, inviò Iride ad Ettore con ordine di ritirarsi dal campo, e ricomparirvi, al
. Vedendo Giove il bisogno di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordine di ritirarsi, e nel tempo stesso comanda a
per la terza volta spinse Ettore a combattere, che venuto a battaglia con Patroclo, dopo un’ ostinata tenzone, l’uccise. Pa
ano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagrime con promettergli le armi pel dì vegnente. Infatti rec
delle nuove, di cui armato Achille ricomparve fra i capi dell’Armata, con protestarsi che scordava l’antica sua collera. Ag
delle fiamme : volle inoltre, che quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gittati nel fuoco, chiudendo
lli con alcuni cani fossero gittati nel fuoco, chiudendo la cerimonia con immolare dodici prigionieri Trojani scelti dai pi
urna d’oro, e portate nel padiglione di Achille. Per celebrare ancora con maggior pompa la memoria dell’estinto amico, Achi
riamo, che aveva veduta sulle mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a difesa degli
ssacrare una moltitudine di porci, credendo di sacrificare Agamennone con tutt’i Greci. Ritornato in se, n’ebbe tanta vergo
are. Per il corso di dieciassette giorni la sua navigazione fu felice con avere approdato all’isola de’ Feaci : ma Nettuno
la sua salvezza : gli dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine di gittarlo nel mare allorchè avrà afferra
Nausicae sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le sue nozze erano vicine a cel
ito degli abiti che aveva ricevuto, si presenta alla sua benefattrice con nobile contegno, e con aria maestosa, onde guadag
va ricevuto, si presenta alla sua benefattrice con nobile contegno, e con aria maestosa, onde guadagnò il cuore di tutti. A
di uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buon re lo accoglie con quella bontà che forma il carattere di quei temdi
gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela, e sbattuto da
o mani dopo una pugna sanguinosa, uscì di strada per la seconda fiata con averlo il vento sbalzato ai liti de’ Lotofagi nel
ella Sicilia che stava a fronte del porto. Avendo posto piede a terra con i suoi compagni entrò in una vasta caverna dove a
menti, accortosi che vi era gente nella caverna, ne chiuse l’ingresso con un sasso, che la forza di venti uomini non avrebb
per tutte le vie trovava mezzi per salvarsi, tenne a bada il Ciclope con i suoi racconti, e lo ubbriacò con vino generoso,
salvarsi, tenne a bada il Ciclope con i suoi racconti, e lo ubbriacò con vino generoso, che aveva portato, e ch’ ebbe la f
ad uno passare fra le gambe. Allorchè si avvide che eran fuori Ulisse con i compagni, volle inseguirli, e gittò a caso un m
ccoglienza, ordinò, che tutt’i venti si fossero rinchiusi in un otre, con lasciare in libertà il solo Zefiro. Erano già a v
sconquasso, e tutta la flotta fu subissata : Ulisse soltanto si salvò con essersi abbracciato ad un albero della nave. Le o
tenuto della narrativa di Ulisse, che Alcinoo, ed i Feaci ascoltarono con ammirazione. Essi riconobbero in lui un Eroe favo
tesori, e li pose in serbo entro una caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò gli abiti di Ulisse in tant
ella saggia Penelope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta accolto Ulisse i
ti avrebbe riveduto. Le dà parimente de’ consigli, onde ben regolarsi con i suoi persecutori. Nel dì vegnente questa princi
lli attaccati ad altrettante colonne. Questo era il segnale convenuto con Telemaco, che avvicinatosi a lui snuda la sua spa
sti perfidi, e da quello dei loro aderenti. I sudditi che attendevano con impazienza il ritorno del re, fanno risuonare la
er nome Sinone, che andava errando. Quest’impostore inganna i Trojani con un falso racconto, dicendo, esser egli l’odio de’
corso di Priamo, assediato nel suo palazzo da Pirro, che ivi l’uccide con quanti a lui si presentano. Non avendo potuto Ene
soltanto della sposa morta nell’incendio, che lo consiglia a fuggire, con predirgli ch’egli anderebbe lungo tempo ramingo,
Ritornato al luogo dove aveva lasciato Anchise, ed Ascanio suo figlio con tutti quelli che avevano abbracciata la stessa su
a che il Destino gli prometteva. Fa costruire all’infretta una flotta con alberi tagliati sul monte Ida, e si scosta dai pa
flotta con alberi tagliati sul monte Ida, e si scosta dai patrj lidi con venti legni. Dopo di essersi fermato nella Tracia
mentre tutta la Corte della regina era impegnata in una caccia : Enea con Didone si rifugiano in una caverna, con uscirne d
mpegnata in una caccia : Enea con Didone si rifugiano in una caverna, con uscirne divenuti già sposi. Ma Giove, che aveva r
avore della notte scioglie le vele da un lido, dove era stato accolto con tanta cortesia. Accortasi del tradimento Didone m
cio agli Dei dell’inferno, innalza un rogo : lo ascende, e si ammazza con quella spada medesima che aveva donata ad Enea, e
che abitava sul monte Palatino. Questo principe gli spedisce Pallante con quattrocento cavalli. La guerra cominciò, e fu be
a corpo a corpo fra i due principali rivali. La disfida fu accettata con solenne giuramento. Enea, e Turno si avanzano in
si avanzano in mezzo dell’armata schierata in ordine di battaglia, e con pari accanimento si azzuffano. Restò Turno perdit
uesti intanto i soli, che accolsero il sovrano degli Dei, e Mercurio, con preparar loro una mensa assai frugale, non permet
re a chi gli aveva alloggiati, li conducono alla cima di una montagna con far loro vedere tutto il villaggio sommerso, e gl
ia non erano di accordo. Quindi non potendosi i due amanti accoppiare con i nodi d’imeneo, pensarono di fuggire dalla patri
o velo, e credendo che Tisbe fosse stata la vittima di qualche belva, con un pugnale si diede la morte. Non tardò a colà fa
nte di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte una corda, e con quella per disperazione si strangolò. Il dimani n
aveva per lei Coreso sacerdote di Bacco, che vendicò il suo ministro con far sorgere una malattia in Calidonia, la quale p
aro. Alcione sua moglie, che teneramente lo amava, stavalo attendendo con impazienza, ma Giunone in sogno le fece intendere
Titono figliuolo di Laomedonte, volle altresì trasportarlo nel cielo, con dirgli che avesse dimandato quanto sapeva desider
sua sposa. Ma fu vano qualunque tentativo : quindi dovette rimandarlo con dirgli, che un giorno si pentirebbe di tanta poca
le selve. Cefalo che non poteva vivere lontano da Procri, la richiamò con premura. Al suo ritorno ella diede in dono a suo
endo uccisa la propria sposa. Trafitto Cefalo dal dolore, si trafisse con quel medesimo giavellotto. Giove trasportò nel ci
. Trovò però la maniera d’informare sua sorella Progne dell’accaduto, con aver ricamato in un velo la storia funesta delle
se l’abito di una baccante : liberò sua sorella dalla prigione : indi con un pugnale trapassò suo figlio Iti, e lo diede a
uotevano un culto nel suolo ove siamo nati. Gareggia la nostra Patria con Roma istessa madre, e cultrice delle belle arti,
Ci duole soltanto che in mezzo a tante patrie ricchezze non possiamo con certezza e precisione dar fuori un trattato di qu
eva più plausibile, avendo dovuto aggirarci tra l’oscurità dei secoli con andar quasi a tentone. Potranno in età più matura
lei sepolcro bruciavano saci i Napoletani, e l’Ateniese Diotimo venne con una flotta per consultarne l’oracolo. Quindi il c
l Sebeto, annoverato anch’ esso fra i Numi tutelari : ed i Napoletani con tanta gelosia ne conservano la memoria, che anche
ella voce riposo, quiete, adattando questo nome a que’ rigagnoli, che con lentissimo corso scaricavansi al mare, qual è il
urnalia. In un fierissimo terremoto accaduto nell’anno 1688, allorchè con gravissima perdita dell’Architettura rovinò il fa
troce misfatto, la giovane si pentì, e svelato l’arcano, da se stessa con un laccio si diede la morte. I Tanagrei ad eterna
r, taurus. In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente di un vecchio con
l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente di un vecchio con lunga barba. Nelle nostre antiche monete segnate
VI. Mitra. Adoravano gli antichi Napoletani Mithram, Mitra, con vocabolo Persiano indicante il sole medesimo. Se
ora degli attributi di Bacco, presso alcune delle nostre monete, cioè con pampini ed edere : e ciò perchè nell’Egitto Serap
rovata una lapida col motto Dusari sacrum, così chiamato ancora Bacco con voce Araba secondo il Bochart vel ab uvarum expre
diis florentem ignobilis otî. Artemis è chiamata da Omero la luna, e con questo motto eran segnate le antiche nostre monet
to. Gittato Orione dal mare semivivo sul lido, si dolse dell’affronto con Diana, che amaramente piangendo non potè far altr
rtissimo nuotatore, che vivea a tempi del Governo Viceregnale. Costui con grandissima facilità caminava sott’acqua da Reggi
iti quassamus lampada mystae. Le feste di questa Dea erano celebrate con grandissima pompa ad imitazione delle feste Eleus
ebrate con grandissima pompa ad imitazione delle feste Eleusinie, che con solenne rito nella Grecia si rinnovavano. Durante
solenne rito nella Grecia si rinnovavano. Durante : il loro corso, e con assegnate cerimonie si alludeva al ratto di Prose
d Egiziani, come rilevasi dalla statua del Nilo, ivi ancora esistente con iscrizione del dotto Matteo Egizio, ed ornata da
cleziano viene espresso il Genio colla figura di un giovine guerriero con lunga veste, portando in una mano una patera, e n
are, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così gli altri, dei quali con ingegnosa sottigliezza lungamente scrisse il nost
La Mitologia degli antichi comincia dall’unione di Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo ritorno di Ulisse ad I
ciò che per tradizione loro era stato tramandato, che abbellivano poi con i parti della loro fantasia. Ecco al dire di Vico
à in un luogo, ove gli Dei venivano per consultarli. Cosi Giove entra con Venere in questo luogo, per leggere il destino di
hio del fulmine lo dissero i Greci. Gli Ebrei chiamarono Iddio Jehova con voce che comprendeva tutte le vocali ; e che dist
sta mistica delle feste Eleusinie. Tiene talvolta un vaso nelle mani. Con quest’attributo l’adoravano gli Achei sotto il no
rmente adorato in Mensi, in Sicilia, in Roma. È rappresentato barbuto con una roba, che non gli giunge al ginocchio, con be
rappresentato barbuto con una roba, che non gli giunge al ginocchio, con berretta in testa, con martello in una mano, con
con una roba, che non gli giunge al ginocchio, con berretta in testa, con martello in una mano, con tanaglia nell’altra. Gi
giunge al ginocchio, con berretta in testa, con martello in una mano, con tanaglia nell’altra. Giovine però, e senza barba
ono tutti gli utili ritrovati. 1. Si rappresenta Mercurio da giovine con viso gaio, con capelli biondi e crespi, e con man
tili ritrovati. 1. Si rappresenta Mercurio da giovine con viso gaio, con capelli biondi e crespi, e con mantello, che atta
nta Mercurio da giovine con viso gaio, con capelli biondi e crespi, e con mantello, che attaccato sotto al petto gli cade c
iondi e crespi, e con mantello, che attaccato sotto al petto gli cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto che ne fa
di Bacco il Tebano : per contrario l’Indiano è rappresentato vecchio con lunga barba, ond’ebbe il nome di Bacco Barbato Κα
1. Si mira anche Bacco poggiato talora al suo genio Ampelo, e talora con corna dorate per notare la sua nascita da Giove A
menando la coda. 1. Niente di più favoloso quanto l’incontro di Enea con Didone, che visse 300 anni dopo. Bisogna dire, ch
personaggi, e poeti, che in quell’età fiorirono. Ritornando da Atene con Augusto, si ammalò in Brindisi : prima di morire
9 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
emeo. L’ Oceano congiunto a Teti generò il Pilo, l’ Alfeo, l’ Eridano con tutti gli altri’ fiumi, e le Naiadi Ninfe dei fon
o, mentre l’ Oceano cogli altri nove scorre sopra la terra. Iperione con Tea generò il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo c
terra. Iperione con Tea generò il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante di Terse, e di Astre
e di Astreo, che un ito all’ Aurora generò i Venti e le Stelle. Ceo con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiun
Stelle. Ceo con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre di Ecate. Giapeto da Climete,
i diede il poter vedere il passato e il futuro, onde suole effigiarsi con due facce: finalmente che sotto Saturno fiorì l’
i cosa. A questo aggiungevansi anche le ali, per indicare la celerità con cui vola. Giano, antichissimo re degli Aborigeni
si dell’ anno; e come quattro sono le stagioni, cosi talor figuravasi con quattro faccie. Il primo di Gennaio era singolarm
ultimo figlio della Terra congiunta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste di dragò; dalle quali tulle vomitava
Mercurio in ibi). Alla fine avendo Vulcano a Giove forniti i fulmini, con questi rovesciò egli i giganti, e sotto de’ loro
un figlio, il quale sarebbe stato re degli uomini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’
do molti avuto il nome di Giove, e avendo essi abusato di molte donne con varii stratagemmi, e ornati colie favole delle tr
la quale rapì Europa, per l’ aquila un’ egual nave portante l’ aquila con cui rapì Ganimede ec. Rappresentavasi Giove in as
con cui rapì Ganimede ec. Rappresentavasi Giove in aspetto maestoso, con folta chioma (la quale agitando facea, secondo Om
nei sacrificii, era un bianco bue. Molti tempii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove C
e esercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re di Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’ appressar di Giunone, e p
e, avendo Giunone ancora pigliata parte, Giove la fè dà Vulcano legar con una catena d’ oro le mani dietro le spalle, ed at
ese. Ella ne fu poi disciolta dallo stesso Vulcano. A Giunone insieme con Giove altribuivasi il regno dell’ aria. Sotto il
o questo nome traesse da giuniori, come quello di maggio da’ maggiori con cui intitolar volle que’ due mesi. A Giunone Febr
e il pudore nasconde, e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli di pelle di capra tutti quelli, che inco
ii frequentemente coll’ altro, ed Omero soglia assai spesso chiamarla con tutti e due Palla Minerva. Fabbricando Cecrope la
io, in mezzo alla sua tela rappresentò l’ anzidetta gara avuta da lei con Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re
Bacco in uva per Erigane, Saturno in cavallo per Fillira: e il tutto con tal maestria, che Minerva rimase vinta. Indispett
da Ilia, o Rea Silvia ebbe Romolo e Remo. Per nascondere i suoi amori con Venere tenea di guardia Alettrione, ma essendosi
endo a Progne ch’ ella era morta per via. Filomela in un candido velo con fili purpurei descrisse la sua sciagura, e spedì
alende di Marzo (mese a lui consecrato da Romolo) recati per la città con canti in lode di Marte (sul fine de’ quali pur no
amurio, com’ egli a Numa aveva chiesto in compenso dell’ opera sua) e con salti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu dato il n
e disse figlia di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una corona di alloro o una palma nelle mani. C
ello di fabbricare i fulmini a Giove: e tanta grazia si acquistò egli con ciò presso il padre, singolarmente allor quando f
nnate a mostrarsi ignude, e poscia cangiate in pietra. De’ suoi amori con Marte già si è detto Ma oltre a questo amò ella A
della notte la guidò al letto del padre come un’ ignota amante. Stato con lei più notti, mentre Cencreide occupata nelle fe
angiata in rossa, allor quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra gli uccelli il cigno; il passero
giata da Cupido la ninfa Peristera, perchè in una sfida ch’ egli ebbe con Venere a chi sapesse coglier più fiori, Peristera
distinto da Cupidine. Gli altri poeti comunemente contondono Cupidine con Amore, e gli danno per madre Venere, e per padre
tte, mentr’ era addormentato, accese una lucerna, e prese un coltello con animo di ammazzarlo, se fosse un mostro. Al veder
nne da Giove di averla in isposa, e placata Venere in cielo si fecero con lieta pompa le nozze, dalle quali nacque la Volut
ne volle far prova, e presentandosi a lei travestito cercò di sedurla con doni. Per molto tempo ella resistette; ma accresc
, e quali di sparger gigli e rose. Il Sole, che molti poeti confusero con Apollo, ma che Omero ed Esiodo sempre da lui dist
seide Eeta, Pasifae e Circe. Factente, secondo Ovidio, in una contesa con Epafo figlio di Io; sentendosi da lui negare di e
ichiese di poter reggerne il carro. Questi che già gli aveva promesso con giuramento qualunque cosa gli avesse chiesto, dop
moglie di lui piangendone la perdita fu disciolta in aura; finalmente con una bevanda incantata, e col tocco della Sua verg
fici a lui immolavasi il cavallo. La Luna, che comunemente confondesi con Diana, fu anch’ essa dai più antichi poeti intera
Latino; ed aggiungono pure, che fu da Pane Dio de’ pastori allettata con un presente di bianca lana a venirne a lui ne’ bo
di bianca lana a venirne a lui ne’ boschi di Arcadia. Rappresentavasi con un arco lunato in fronte sopra di un cocchio a du
ibante e nato in Creta, intorno al dominio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figlio di Giove e di Latona, venu
el fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con tutta possa a fuggirlo. Con pari ardore si mise A
ombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con tutta possa a fuggirlo. Con pari ardore si mise Apollo ad inseguirla, e già s
iparisso, Clizia, Leucotoe, Isse, e Coronide. Mentre giocava al disco con Giacinto figlio di Pierio, e di Clio secondo alcu
prenderlo. Ciparisso figlio di Amicleo avendo per disavventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che gl
Jaso. La celebrità ch’ egli si era acquistata fece riguardare insieme con Apollo suo patire qual Dio della medicina. Il suo
uelle, sembianze, e gli s’ innalzarono templi, in cui rappresentavasi con un bastone in mano, al quale era un serpente atto
cosa si fece a tutti palese. Una tenzone di altro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impossessatosi del cammino di Del
Diana stessa era creduta castissima, e malamente gli amori della Luna con Endimione a lei vengono attribuiti. Anzi avendo A
, e secondo alcuni a Diana stessa, fu da essa ucciso, secondo alcuni, con un dardo, e secondo altri colla puntura di uno sc
rne due soli. Diana per punire l’ oltraggio fatto alla madre, unitasi con Apollo, uccise a colpi di frecce tutti i figli e
tea, che offerendo le primizie a Cerere, a Bacco, ed a Minerva, a lei con disprezzo le avea negate. Ella mandò a disertar l
il cignale, il quale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma con fatai danno di lui medesimo. Imperocchè nella cac
i il tizzone sul fuoco, e Meleagro consunto da interna arsura insieme con quello rimase estinto. Altea poscia di ciò pentit
ur anche un arco lunato in fronte; anzi da molti poeti pur fu confusa con Ecate, e detta perciò triforme, cioè Luna in ciel
so, che poi fu incendiato da Erostrato, preso dalla mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedicata era una
amava il sonno su gli occhi de’ mortali, o il fugava a suo talento, e con cui pur guidava le anime de’ trapassati all’ infe
, per altri Ermafrodito. Innamorato di Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sorella di lei a tenergli mano. Pallad
i. Era anche chiamato Dio de’ mercatanti, e spesso perciò dipingevasi con una borsa nelle mani. Dio dell’ eloquenza fu egli
u anch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto s’ era con una scure a tagliarle, tagliossi le gambe. All’ i
, celebravansi ai 17 di Marzo; le Baccanali si celebravano in autunno con ogni genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere.
aver ella ottenuto in seguito, che Proserpina pei sei mesi dell’ anno con lei si stesse, e per altri sei con Plutone. Mentr
Proserpina pei sei mesi dell’ anno con lei si stesse, e per altri sei con Plutone. Mentre Cerere nelle sue scorrerìe arsa d
prio latte, e coprendolo di fuoco alla notte. Or crescendo Trittolemo con portentosa prestezza, ebbe Celeo curiosità di spi
a prestezza, ebbe Celeo curiosità di spiare quale magìa usasse Cerere con lui la notte, e veggendol coperto di fuoco, corse
afflizione per la perdita della figlia non potendo mai prender sonno, con questi per consiglio di Giove riuscita era a conc
iglio di Giove riuscita era a conciliarselo. Portava pure la fiaccola con cui andò in traccia della figlia, e la falce con
ava pure la fiaccola con cui andò in traccia della figlia, e la falce con cui si miete il frumento. Il suo cocchio era tira
lle celebravansi le Ambarvali, conducendo la vittima attorno ai campi con rusticani salti, e con inni a lode, ed invocazion
arvali, conducendo la vittima attorno ai campi con rusticani salti, e con inni a lode, ed invocazione di Cerere. Capo XV
istinguevano, l’ una che si tenea per madre di Saturno, e confondeasi con Gea o la Terra, l’ altra che si dicea figlia di l
per altro modo si raccendeva, che per mezzo de’ raggi solari raccolti con una specie d’ imbuto sopra materie facilmente com
avea sedotta morir faceasi a forza di battiture, ed ella era portata con lugubre pompa sopra i una bara fuor della porta C
Terra, e degli Dei terrestri. La Dea della terra, detta da Esiodo con proprio nome Gea, e dagli antichi Latini Tellure,
ronata di torri per indicar le città, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo de
cocchio a quattro ruote tirato da due leoni, e colle chiavi in mano, con cui apre alla buona stagione i suoi tesori, e li
ura, perchè tosavansi; Coribandi da coryptein agitare il capo, perchè con grandi agitazioni del capo e di tutto il corpo, e
il capo, perchè con grandi agitazioni del capo e di tutto il corpo, e con grande strepito di percossi cembali di metallo le
a statua di Cibele fatta di nera pietra, e venuta di Frigia portavasi con pompa da’ Sacerdoti a lavarsi nel fiume Almone, c
celebravansi alle calende di Maggio nella casa del Pontefice massimo con gran mistero, e dalle sole donne, senza che alcun
rsi è Pale Dea delle gregge e dei pastori, che alcuni han pur confuso con Vesta o Cibele. Le Feste palilie a lei sacre si c
, spezialmente sui monti Menalo e Liceo. Già abbiamo detto, com’ egli con un presente di bianca lana a se trasse ne’ boschi
fossero sacerdoti. Silvano era il Dio delle selve, e rappresentavasi con un cipresso in mano per memoria del giovane Cipar
bravansi in Ottobre. Clori o Fiora Dea de’ fiori fu moglie di Zefiro. Con molta lascivia si celebravano in Roma ai 28 di Ap
olle da esso per gratitudine onorata di perenne culto, e la sua festa con solennità celebrata ai 15 di Marzo. Capo XVII.
delle piante su lui ammassate. Già si è detto come nella sua contesa con Pallade per dar il nome ad Atene, fece di terra u
vallo, e come avendo congiurato contro di Giove fu costretto a servir con Apollo al re Laomedonte nella costruzione delle m
zato coi titoli di cingitore, e scotitor della terra. Rappresentavasi con chiome cerulee, e col tridente in mano, sopra una
i Luglio. Il Dio Conso, particolare a’ Romani da alcuni venne confuso con Nettuno, da altri distinto, e riguardato come Dio
per Aci figlio di Fauno e della ninfa Simetide. Ma avendolo Polifemo con lei sorpreso, lo schiacciò con’ un pezzo del mont
ati poscia da’ Greci co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e di Portuno. In mostri marini fur
spettita di vedersi posposta infettò la fonte, ove Scilla lavavasi, e con ciò fu questa convertita in un mostro, che Omero
avasi, e con ciò fu questa convertita in un mostro, che Omero dipinge con dodici piedi, sei lunghi colli, e ad ognuno orrid
dipinge con dodici piedi, sei lunghi colli, e ad ognuno orrida testa con triplicali denti con cui divorava i passaggieri.
iedi, sei lunghi colli, e ad ognuno orrida testa con triplicali denti con cui divorava i passaggieri. Cariddi fu prima una
unemente il bel tempo, suole dipingersi in figura di alato giovinetto con faccia serena e incoronato di fiori. Borea rapì O
ro le Sirene veggansi ai Capi XIV e XVII. Venia Plutone rappresentato con volto fuliginoso, con nera barba e neri capelli,
ai Capi XIV e XVII. Venia Plutone rappresentato con volto fuliginoso, con nera barba e neri capelli, sopra un cocchio di fe
a e neri capelli, sopra un cocchio di ferro tratto da neri cavalli, e con un bidente di ferro in mano. A lui ed a Proserpin
umero dispari. Dea dell’ Inferno era pur Ecate, che alcuni confondono con Diana, altri colla stessa Proserpina, ma che Esio
li nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papavero. I sogni, secondo Omero, avean d
na moneta, sotto la lingua. Di là dell’ Acheronte era il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e da Echina, ch’ era il
nire la moglie che lo lasciasse insepolto; e che uscito dall’ Inferno con questo pretesto non volle più ritornarvi, finche
perciò furon condannate nell’ inferno ad attinger acqua perpetuamente con un vaso senza fondo. Furon esse chiamate anche Be
che figuravasi colla testa di cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri stesso e con Api; ed Arpocrate Dio del sile
a testa di cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri stesso e con Api; ed Arpocrate Dio del silenzio, che dipingeva
dre un Dio, o una Dea per madre, ed Eroi quelli che distinti si erano con qualche grande azione. Degli uni e degli altri no
per cui fu detta Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso, nel quale chiudevansi tutti i mali. Acco
oio: il quale tormento Prometeo soffrir dovette, finchè da Ercole pur con assenso di Giove medesimo, non ne fu liberato. Al
ielo coll’ aiuto di Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola, con essa diede alla sua statua anima e vita. Fu Prome
di cui, secondo i Mitologi, avvenne l’ universale diluvio. Deucalione con Pirra sua moglie figliuola di Epimeteo, postosi i
guerra contro de’ Tafii e da’ Teleboi, e’ per istarsi più lungamente con lei triplicò il corso della notte. Poco dopo sopr
stesso Anfitrione, da cui Alcmena concepì Ificlo, che nacque gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stene
onumento piantò due colonne, su cui era scritto: Non più oltre. Lottò con Anteo figlio della Terra, e veggendo che atterrat
ccia sì fattamente, che il soffocò. Mentre andava a Pito, ossia Delfo con Giolao figlio d’ Ificlo, Cigno figlio di Marte vo
ostringevano gli ospiti a lottar seco, e vinti gli uccidevano; Ercole con lor provandosi li superò, ed ambedue li mise a mo
i potersi trasformare a suo talento. Di ciò orgoglioso volle provarsi con Ercole, e con lui combattendo sotto varie forme,
formare a suo talento. Di ciò orgoglioso volle provarsi con Ercole, e con lui combattendo sotto varie forme, da ultimo cang
e Acheloo figlio dell’ Oceano e della Terra, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re di Calidan
n procinto di perdere il fruito della sua vittoria; perciocchè giunto con Deianira al fiume Eveno, il Centauro Nesso offren
iume, tentò di rapirla, se non che quegli avvedutosi a tempo il colpì con un dardo tinto del sangue dell’ Idra, e l’ uccise
intrisa del suo sangue e del veleno dell’ Idra, dandole a credere che con quella avrebbe richiamato Ercole all’ amor suo qu
ine Licia la veste tinta del sangue di Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ amor suo, come il Centauro le avea pr
si abbracciò, date prima le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a niuno manifes
le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a niuno manifestare ove fosse sepolto. Le
chè Perseo fu cresciuto, di lui temendo, commisegli, per allontanarlo con onorevol pretesto, di andare a combatter Medusa u
che fu poi padre di Gerione, e il cavallo Pegaso, che in Elicona aprì con un calcio il fonte Ippocrene; e dalle gocce sangu
i di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutti gli altri pur con Fineo medesimo. Tornato con Andromeda in Grecia,
o di Medusa petrificò tutti gli altri pur con Fineo medesimo. Tornato con Andromeda in Grecia, col medesimo teschio tramutò
casa propria, lo spedì ad Ariobate o Giobate suo suocero nella Libia con lettere, in cui raccomandavagli di trovar mezzo,
va dalla bocca. Bellerofonte, ottenuto da Nettuno il cavallo Pegaseo, con esso andò coraggioso ad assalire il mostro è l’ u
ostro è l’ uccise. Allor Giobate ammirando il valore di lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua
ise alla fine che data avrebbe la mano a chi lei avanzasse nel corso, con questa legge però, che raggiugnendoli fosse in po
ueste sciagure di sua famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insieme con Ermione allontanossi da Tebe, e andò nell’ Illiri
ormalo in ciò ch’ era stato il principio di sue avventure, fu insieme con Ermione tramutato in serpente. Succedette a lui n
in fanciullezza si strascinasti quattro piedi, in età adulta cammina con due, e in vecchiaia si appoggia al bastone come t
imo, Pollinice, Tideo, Ippomedonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo, e con questi si mosse contro di Tebe. Anfiarao però, ch
e e dall’ interesse aizzato. Incontratisi corpo a corpo nella mischia con tale accanimento, pugnaron essi l’ un contro l’ a
allor vivessero. Argo figlio di Alettore co’ legni del monte Pelio, e con una quercia tolta alla selva Dodenea formò la nav
e impossesatosi Giasone del vello d’ oro, se ne parrì coi compagni è con Medea, la quale prevedendo che dal padre sarebbe
i Cianei. In Iolco Medea ringiovenì il vecchio Esone padre di Giasone con trargli il sangue dalle vene, e nuovo sangue crea
queste di ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promettendo che con sue erbe l’ avrebbe fatto rinascere giovane; ma i
ra avvelenata così appena Glauce se l’ ebbe posta, andò essa a fiamme con tutta la reggia. Ne paga di ciò Medea, per isfoga
in una vacca di legno, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il filo, con cui Teseo, ucciso nel laberinto il Minotauro, pot
ucciso nel laberinto il Minotauro, potè strigarsene, e fuggir poscia con Arianna medesima, e con Fedra di lei sorella. Ciò
Minotauro, potè strigarsene, e fuggir poscia con Arianna medesima, e con Fedra di lei sorella. Ciò risaputo, Minosse fe ch
non potesse fuggirne. Dedalo allora procacciatesi delle penne, le unì con cera, e ne formò due ali a se, ed al figlio, coll
li morte, tenendo dietro al filo medesimo se uscì, presa seco Arianna con Fedra di lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato
Arianna, che fu poi trovata e sposata da Bacco e tornossene in Atene, con Fedra soltanto, cui fece sua moglie, e che fu poi
vo tornasse, per dargliene indizio, cangiasse in bianche le nere vele con cui era partito; ma Teseo dimenticò il comando de
o della gloria di lui venne colle sue genti nell’ Attica per provarsi con esso; ma appena si videro i due valorosi giovani,
h’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Atracio invitato i Centauri,
pera di suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel quale egli era abi
a Ippodamia due figli, Atreo e Trieste, il secondo de’ quali sorpreso con Erope moglie di Atreo se ne fuggi; ma Atreo covan
già aveva ucciso Atreo, riuscì a sedurre Clitennestra, e di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, invitand
tato dalle furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato giunse in Tauride, ove per
figlio amorevolmente l’ accolse. Poco dopo lo spedì Priamo in Grecia con venti navi per ripetere Esione, che liberata dal
Amazoni. Non tutti però i principi Greci si prestarono a quella lega con egual prontezza. Ulisse cercò di sottrarsene simu
uoi, co’ quali arava, il piccol figlio Telemaco, e vedendo la premura con cui egli corse a levarlo, conobbe la finzione, e
eidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentatosi in abito da mercatante con vari ornamenti donneschi, a’ quali frammiste eran
lle a queste subito appigliarsi, lo riconobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filottete era stato compagno di Ercole, e t
olle che le sue frecce tinte del sangue dell’ Idra fossero seppellite con esso-lui, e fe giurarsi da Filottete di non mai a
to da Macaone figliuol di Esculapio. Mentre i Greci adunati in Aulide con mille navi stavano a Giove sacrificando per implo
eva Briseide toccata ad Achille. Si volse allora questi ad Agamennone con aspre ingiurie e già la mano pur gli era corsa al
nimento. Frattanto Paride e Menelao convennero di terminare la guerra con un duello alla presenza dei due eserciti; ma Vene
le, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quelle armi andar egli a combattere contro di Ett
ia apparso, vale a dire dell’ Iliade di Omero. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia di lui Polissen
nell’ atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove
, appena nato per esso tenendolo, immerso lo aveva nel fiume Stige, e con ciò reso invulnerabile in tutte le altre parti. D
rtò a’ Greci la più esalta contezza. Altra volta colà entrato insieme con Diomede, ne rapì il Palladio o simulacro di Palla
l’ erba de’ prati troiani, e bevessero l’ acqua del fiume Xanto, egli con Diomede andò a prevenirlo anzichè giugnesse nella
introdotto. Intanto Sinone a notte buia diede dall’ alto della rocca con una fiaccola il segno a quelli che dietro Tenedo
o degli Dei salvarsi da se medesimo, fu dallo stesso Nettuno sommerso con parte di quello scoglio, ch’ ei distaccò col trid
coglio, ch’ ei distaccò col tridente. Idomeneo nel tornarsene a Creta con Merione, sorpreso anch’ egli dalla tempesta, fe v
nture vennero da Omero descritte nell’ Odissea. Partito egli da Troia con dodici navi, approdò prima in Tracia al lido de’
i là i venti il portarono al lido de’ Ciclopi in Sicilia, dove andato con dodici compagni a visitare nella sua grotta Polif
nella sua grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di divorar gli altri ancora, se non che Uli
mo di divorar gli altri ancora, se non che Ulisse, prima ubbriacatolo con vi no generoso, gli trasse poscia, mentre dormiva
a ubbriacatolo con vi no generoso, gli trasse poscia, mentre dormiva, con un palo infocato il sol occhio circolare, che ave
macigno, che serviva di uscio alla grotta, ne mandò fuori la greggia. Con questo acciecamento però Ulisse concitò contro se
iede chiusi tutti i venti in un otre eccetto Zefiro a lui propizio, e con questo felicemente arrivò in faccia a Itaca; ma e
vaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli c
appena egli colla sua e coi compagni che in essa erano potè camparne. Con questa approdò all’ isola Eea, ossia al promontor
ò Circe a richiamare i compagni alla forma primiera. Dimoralo un anno con essolei, da cui ebbe, secondo Esiodo, Aglio e Lat
sia udì i futuri suoi casi; ragionò coll’ anima della madre Anticrea, con quelle delle antiche donne più illustri; tenne di
Anticrea, con quelle delle antiche donne più illustri; tenne discorso con Agamennone e con Achille, ma Aiace dispettosament
lle delle antiche donne più illustri; tenne discorso con Agamennone e con Achille, ma Aiace dispettosamente negò di rispond
costrutta ei fu vicino a Scherla, ora Corfù, isola de’ Feaci, Nettuno con una fiera tempesta gli sciolse la zatta e ne disp
città, ove da Alcinoo ed Arete venne liberalmente accollo, e spedito con ricchi doni sicuro in Itaca sopra una loro nave,
, e l’ araldo Medonte, che ai Proci servivano a forza. Fattosi quindi con sicuri contrassegni conoscere da Penelope, e seco
suo padre; ed essendo là venuti per assalirlo Eupide padre di Antinoo con altri del suo partito, Laerte per consiglio di Pa
Laerte per consiglio di Pallade getto contro di essi la prima lancia con cui uccise Eupide, e dopo alquanta uccisione degl
te sotto alla sembianze di Mentore aio di Telemaco s’ interpose a far con essi la pace. Secondo la predizione di Tiresia, r
predizione di Tiresia, riportata da Omero, doveva quindi Ulisse andar con un remo sopra la spalla fin dove gli fosse detto
he guasto, ed essendo venuti Ulisse e Telemaco per discacciarlo, egli con una spina avvelenata del pesce trigono o tortora
nsigliava la restituzione di Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò: dopo
come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire alle mani prima con Achille, e poscia con Diomede; sebbene inferiore
suoi difensori, e lo fa venire alle mani prima con Achille, e poscia con Diomede; sebbene inferiore all’ uno e all’ altro,
ro figlio di Priamo, ucciso dal re Polinnestore per rapirne i tesori, con cui Priamo l’ aveva a lui spedito. Aggiunge Ovidi
o, ora Batrinto porto dell’ Epiro, ove regnava Eleno figlio di Priamo con Andromaca vedova di Ettore, che egli aveva sposat
Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte di Pirro. Accolto quivi con gran tripudio, ebbe da Eleno, che era pur vate, l
ermarsi, dove alla riva di un fiume veduto avrebbe, una candida Troia con trenta candidi figli. In questo giro alle radici
te dal re Aceste figlio del fiume Crinise e di Egesta Troiana, ma ivi con estremo rammarico perde il padre Anchise. Di là s
nzi, e ottenuto dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere con un cuojo di bue, e tagliato questo in sottilissim
hiamavalo il destino. Ubbidì Enea, e invano Didone e eoa rimproveri e con preghiere, e con interporre l’ opera della sorell
ino. Ubbidì Enea, e invano Didone e eoa rimproveri e con preghiere, e con interporre l’ opera della sorella Anna, sforzossi
ad esso il ramo d’ oro; poi addormentato dalla Sibilla il can Cerbero con un’ esca incantala, Enea scorse colla medesima le
che mangiato il restante, le mense ancora si divoravano, conobbe Enea con ciò compì anche il vaticinio dell’ arpia Celeno.
a stabilirsi sul colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il consigliò di ricorrer
veva lasciato le sue genti, incendiò le navi, che per esser costruite con legni d’ Ida vennero da Cibele cangiale in Ninfe
rre l’ assedio a Laurento, Turno allora si offrì di decider la guerra con un duello. Questo ad istanza di Giunone fu distur
tutt’ i vizi, Da questi irritato Giove delibera di sommerger la terra con un diluvio universale. Scende egli prima per visi
che ne morì, e fu cangiato nel fiore narciso. La ninfa Eco per avere con lunghi discorsi intertenuto dal sorprender Giove
son mutate in piche. Parte II. Capo X. Gli Dei nella guerra di Tifeo con Giove si trasformano in vari animali, e fuggono i
del tessere, ed è mutalo in ragno. Parie. I. Capo V. Gara di Nettuno con Pallade per dar il nome ad Atene. Parte I. Capo V
tù anche alle vecchie sue nutrici. Per uccider Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade alle figlie di Pelia di uccider
he sopravvenuta la peste in Atene, l’ oracolo disse che Bacco vendica con essa la morte d’ icario, a cui egli avea insegnat
glio Icaro cade in mare. Parte II, Capo VIII. Altea madre di Meleagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al qua
o poi dimostrandosi verso di Venere, e da lei sospinto ad accoppiarsi con Atalanta nel bosco consacrato da Echione a Cibele
igni. Parte II. Capo XIV. Un pastore della Puglia insultando la Ninfe con ingiuriose parole è mutato in oleastro. Le navi d
le fa che nell’ urna dei giudici i calcoli diventino tutti bianchi, e con ciò a lui favorevoli. Parte quindi assoluto, e pr
le si poneva sul capo la mola salsa, che era una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le strappava dal capo alcuni p
avasi. Usavasi pure ne’ sacrifìci l’ incenso maschio, e dalla maniera con cui ardeva da! crepitare, dal fumo, traevansi gli
Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi erano distinti con nomi particolari secondo il Dio a cui servivano,
dei e gli Egiziani, e propagata poscia nelle altre parli del mondo, e con cui pretendevasi di potere da’ movimenti e dalle
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
la mia Mitologia pe’ giovanetti, ho creduto fare il pregio dell’opera con intitolarlo a V. E. R. Vengo con ciò a soddisfare
ho creduto fare il pregio dell’opera con intitolarlo a V. E. R. Vengo con ciò a soddisfare ad un antico mio obbligo, ch’è q
andio, in ogni mio frangente, tenne tutte le vie per giovarmi. Di che con questa mia dedicatoria intendo renderle cordialis
za che manca all’umile mio dettato. Ed a ciò pur mi conforta la bontà con cui l’E. V. R. ha compatita qualche altra cosucci
ia ; pure, se non Le do molta gravezza, piacemi brevemente discorrere con V. E. R. sull’intendimento di questa opericciuola
del chiarissimo Nome di V. E. R. la quale son certo che l’accoglierà con serena fronte qual sincero e pubblico attestato d
onte qual sincero e pubblico attestato della mia stima e gratitudine, con cui ho l’onore di baciarle devotamente il s. Anel
ella madre una propensione pel fratello Satùrno, a questo la cedè, ma con espressa legge che nessun suo figlio maschio lasc
so. Giano intanto che a que’dì era signore del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo animo, ed il fece padrone di buona par
, le quali erano immagine dell’aurea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissima nel mese di Dicembre per cin
tal pelle di uno strato di cera, sopra la quale incidevano le lettere con un punteruolo di ferro (Stylus), la cui testa ser
o, della Frigia, del quale bevendo le acque, venivano in gran furore, con coltelli si laceravan le membra, ruotavano il cap
tato da Creta nella Troade. I sacrificii di quella Dea si celebravano con tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso s
Prisco. I giuochi Megalesi si celebra vano avanti al tempio di Cibèle con istraordinario concorso, ed in que’giorni i patri
ando, tutto aspergeva il Sacerdote o la persona ch’era nella fossa. E con questo sacrificio si credeva l’uomo quasi rinasce
umenti. Qualche volta si dipingeva in sembianza di un vecchio canuto, con lunga barba, col corpo curvo, e col volto pallido
aspetto, col capo velato ed il corpo avviluppato in un gran manto, e con ronca in mano. Nel Museo Capitolino, Satùrno vela
ittà che sono come la corona della terra. Per lo più si rappresentava con un disco in mano ; attorniata da molte belve ; co
ù si rappresentava con un disco in mano ; attorniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera di metalli e di piet
tata su pomposo cocchìo per le città della Frigia. Giano si dipingeva con due facce, o perchè conosceva le passate e le fut
veduta avea la terra prima e dopo del diluvio. Alle volte si dipinge con quattro facce, per indicare le quattro stagioni d
asi Jupiter da’ Latini, quasi iuvans pater, per la somma beneficenza, con cui sopra tutte le create cose diffonde quanto ha
tava in culla d’oro, dandogli a poppare il latte della Capra Amaltèa, con un dolce favo di mele, che tosto fabbricò l’ape P
reta, ebbe due figliuole, Amaltèa e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte di capra e con mele. Or questa capra avea d
ole, Amaltèa e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte di capra e con mele. Or questa capra avea due curvi bellissimi c
ne il primato per ragione del potere e della forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pal
di ogni cosa (πανδαματωρ). La folgore stessa onoravasi qual Divinità con sacre danze e con inni. E da ciò quel Iupiter Ful
δαματωρ). La folgore stessa onoravasi qual Divinità con sacre danze e con inni. E da ciò quel Iupiter Fulgur apresso Festo.
ponte di bronzo, che passava sopra di Elide ; sul quale passeggiando con magnifico cocchio, faceva un rumore simile al tuo
ndo, quasi che volesse Salmonèo disputargli la sovranità dell’Olimpo, con un vero fulmine il cacciò nell’inferno. Ma niuno
limpo, con un vero fulmine il cacciò nell’inferno. Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza di Giove, che Capanèo, di
i Argo, figliuolo d’Ipponoo e di Astinome. Questo greco capitano andò con Polinice alla guerra di Tebe, e nel dare la scala
dò con Polinice alla guerra di Tebe, e nel dare la scalata alle mura, con empio orgoglio disse, volere impadronirsi della c
lsi essere stato primo inventore della scalata, il quale fu da’Tebani con sì gran mole di pietre oppresso, che si disse mor
pir Ganimède. Dicesi che Perifànte, antichissimo re di Atene, governò con tanta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual
di Minerva salito al cielo, accese una flaccola al fuoco del sole, e con questo fuoco celeste animò quella sua mirabile st
i recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo e padre di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chiusa, nella
atue, si finse che avesse formato l’uomo di creta e lo avesse animato con fuoco tolto dal cielo. Quanta somiglianza poi abb
limpo soprapposero il monte Ossa, ed all’Ossa, il Pelio. Allora Giove con un fulmine abbattè quella superba congerie di mon
’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì di perdere gli uomini con un diluvio. Era nella Focide un monte insigne pe’
na povera, ma pietosa vecchierella. Or viaggiando Giove per la Frigia con Mercurio che solea portar seco per compagno, da n
gl’Immortali. Nell’Odissea (3) Calìpso imbandisce a Mercurio la mensa con abbondante ambrosia, e gli mesce rosseggiante net
tamente felice. Venere (1) facendo gustare ad Enèa ambrosia mescolata con dolce nettare, il rende immortale, percui è annov
ettare. Così Dante : Lo secol primo quant’oro fu bello : Fè saporose con fame le ghiande, E nettare per sete ogni ruscello
isfarsi di Persèo, già adulto, finse di dover celebrare solenni nozze con Ippodamìa, principessa greca di famosa bellezza ;
la donzella, si pone coraggiosamente all’impresa ed uccide la bestia con applauso grande de’ riguardanti. Dopo di che, per
l riguardarono come salvatore della figliuola, che il vittorioso Eroe con grandissima festa impalmò nella loro reggia medes
da Persèo insidiosamente e fra le tenebre della notte, ne guardò egli con istupore l’insigne bellezza, e recisole il capo,
Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, con un drappello di nobili donzelle andava un giorno
o vano e lungo pellegrinare, avendo dimorato alcun tempo nella Tracia con Telafassa, sua madre, questa morta, andò a Delfo
, e dall’armento di lui avesse scelto a scorta del suo viaggio un bue con un segno bianco a foggia di luna piena in ambedue
, figliuolo di Marte, che il fonte guardava. Cadmo uccise quel mostro con un colpo di pietra, o colla sua spada ; e per con
pinione che Cadmo allogò in primo luogo fra le lettere l’alfa, perchè con questo nome chiamasi il bue nella lingua de’ Feni
i Gela, e di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo di toro, e di uomo insieme. A questo mostro
lgimenti. Altri però dicono che il laberinto di Creta fu una spelonca con moltissimi ravvolgimenti, ne’ quali l’arte ebbe p
niente è disdetto, trovò il modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e di piume fece du
era seco nel laberinto e che pure fornì di ali, si librò nell’aria, e con volo non mai veduto passò felicemente il mare. Ma
vi ottennero il primo vanto fra gli altri alleti ; e però i Tindaridi con Mercurio e con Ercole soprintendevano a’ certami
primo vanto fra gli altri alleti ; e però i Tindaridi con Mercurio e con Ercole soprintendevano a’ certami ed erano i prot
ceo ; e Giove di un fulmine colpì Ida, il quale percosso avea Polluce con un gran sasso sì che n’era caduto al suolo. Se cr
di dividere l’immortalità col fratello in guisa che un giorno fossero con Giove sull’Olimpo, ed un altro sulla terra co’ mo
edaglie anti che i Dioscuri son rappresentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale era una stella 
era una stella ; più spesso però nelle statue o veggonsi a cavallo o con cavalli a lato. XVIII. Anfione e Zeto-Callisto
come Artofilace o Boote, perchè più vicino al polo, sembra procedere con più lentezza, è chiamato ora tardo, ed ora pigro
(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di Eaco una strana siccità, con cui i Numi afflissero l’Attica per punire la perf
undus), così detta dalla rotondità della sua forma, e che getta fuoco con grande splendore ; e quivi, dice Strabone, era la
ria e gli amici(1). Eolo, dice Diodoro Siculo, fig. d’Ippota, approdò con alcuni compagni all’isola di Lipari, ove, sposata
vano non già colle parole, come a Delfo ; ma in gran parte co’cenni e con varii segni. Celebre nella storia è la spedizione
di una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte lazze di argento, con il processional seguito di matrone e di verginell
ella città era una selva tutta di querce consacrate a Giove, le quali con umana voce rendevano gli oracoli, che i Selli rac
da Ercole, fig. di Giove, e di Alcmena, il quale vi combattè il primo con Acareo al pancrazio ; e ciò forse perchè gli anti
. Giove si rappresentava sotto sembianza di un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to di alloro o di u
e tiene sotto i piedi. Il Giove Pluvio si figurava a guisa di vecchio con capelli e barba lunga, e con le braccia aperte e
ve Pluvio si figurava a guisa di vecchio con capelli e barba lunga, e con le braccia aperte e spenzolate, in atto di versar
versare copiosa pioggia. In un intonaco Pompeiano vi è Giove barbato, con corona di quercia ed adagiato sulle nuvole che ad
ge senza barba ; e Giove Tonante ed Ultore non potea sempre figurarsi con quel sembiante tranquillo e con quella fronte ser
ed Ultore non potea sempre figurarsi con quel sembiante tranquillo e con quella fronte serena che addita la serenità del c
gura era questo Nume anticamente adorato. Si vede pure Giove Serapide con la testa fregiata di raggi. In una medaglia di Al
Giove Fulminatore esistente in un cammeo : « È in esso espresso Giove con maestoso carattere, ma acceso d’ira, stando in un
nella destra tenendo uno scettro, la cui cima è ornata di un fiore, e con la sinistra scagliando i fulmini contro due angui
n attitudine di maggiore vivacità e fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di lui e di formare i gigan
rizzare Giove con espressione più degna di lui e di formare i giganti con più terribile aspetto, mentre essi si scontorcono
re i giganti con più terribile aspetto, mentre essi si scontorcono, e con le loro maestose facce minacciano il supremo Nume
ve in terra cotta rinvenuta in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia, che gli circonda le chiome cad
ocentissimi nella Libia. Ebe si dipinge col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come quella che vers
’aquila di Giove. Castore e Polluce poi si disegnavano dagli Spartani con due pezzi di legno paralleli insieme uniti a due
 ; e questa primitiva configurazione si ravvisa tuttora nel segno II, con cui nello zodiaco son figurati i Gemini o Gemelli
licius, detto ab eliciendo, perchè credevano poterlo trarre dal cielo con certe cerimonie per allontanare un male minacciat
anciulla fu dalla madre Rea consegnata all’ Oceano ed a Teti, i quali con grande amorevolezza la nutrirono ; forse perchè l
donna e signora di tutte le altre città. I Cartaginesi la veneravano con un nome che in greco significava Urania o Celeste
la rappresentava in abito di novella sposa. Queste nozze celebraronsi con solennità degna di siffatti numi : e Mercurio ebb
arico d’invitarvi tutti e Dei, ed uomini ed animali. La ninfa Chelone con inudita temerità beffossi di tal matrimonio, e fu
zzo di stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Giove, e Rodope, con quello di Giunone. Per la qual follia questa Dea
ù ; e da ciò l’odio fra le grù ed i pigmei, i quali ogni anno vengono con quegli uccelli a fierissimo combattimento. Il Tro
uadron delle grù, quando del verno Fuggendo i nembi l’ocean sorvola : Con acuti clangori, e guerra e morte Porta al popol P
oiani. Laomedonte e Priamo. Laomedonte, fig. d’Ilo, avea promesso con giuramento a Nettuno e ad Apollo d’immolar in lor
ollo mandò micidiale pestilenza. Omero(1) racconta che Giove sdegnato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti di Gi
le Parche avean presagito a Giove che dal matrimonio che fermato avea con Teti, sarebbe nato un figliuolo maggiore del padr
alla sua stirpe. Nell’Antologia, Venere schernendo Minerva, la punge con queste parole : L’asta e lo scudo è tuo, ma il p
la sorella Esione. Ivi giunto, fra le altre città, visitò Sparta, ove con grandissima cortesia fu accolto nella sua reggia
e rapì Elena, e seco la condusse a Troia, o secondo altri, in Egitto, con molte preziose cose tolte alla reggia del tradito
no viene essa ricolma ! Partì adunque Paride da Sparta, seco portando con Elena lunga guerra ed infinito pianto alla patria
ore Ideo, sciolse la lingua ad orribili presagi ; ed ahi ! gli disse, con infausto augurio una tal donna tu meni a casa, do
mbe le mani D’aureo nodo infrangibile t’avvinsi, E alla celeste volta con due gravi Incudi al piede penzolon t’appesi ? Fra
iama grande e potente regina, ed anche massima. In Roma ella divideva con Giove e con Minerva gli onori del Campidoglio, ov
e potente regina, ed anche massima. In Roma ella divideva con Giove e con Minerva gli onori del Campidoglio, ove fin da’ te
a. Etlio da Giove fu ammesso in cielo ; ma perchè osò trattar Giunone con poco rispetto, ne fu da Giove medesimo cacciato e
ava il letto e la vestiva ; e quando ritornava dall’inferno in cielo, con profumi e con certe sue acque la purificava(2). N
la vestiva ; e quando ritornava dall’inferno in cielo, con profumi e con certe sue acque la purificava(2). Nell’Eneide(3)
colmo, o nell’infimo della ruota di Fortuna. La rappresentavano pure con un sole ed una luna crescente sul capo, ed appogg
zze ; e spesso si adopera per le dovizie stesse ; nè deesi confondere con Plutone, Dio dell’Inferno. Nel Timone di Luciano,
perchè le ricchezze tardi ed a stento si acquistano, e se non ne usi con moderazione, prestamente sen vanno via. Pluto rap
uetta di argento che rappresenta la Fortuna vestita di tunica talare, con un diadema ornato della mezza luna e del fior di
degli uomini. Tutto ciò che accade, dicevano gli antichi, è da’ Numi con immutabile legge del Fato stabilito ; ma gli uomi
compagnava la sposa alla casa del marito, e presedeva alla cerimonia, con cui la sposa ungeva la porta della casa di suo ma
di Giunone. Il pittore Zeusi, ad istanza de’ Crotoniati, abbelli con insigni pitture il tempio di Giunone Lacinia da l
lorchè la consideravano come Giunone Lucina, ed anche la melagrana, e con siffatte piante ornavano le sue immagini. La vitt
iffuso presso gli antichi popoli, ma a principio in Argo era figurata con una semplice colonna, perchè tutte le prime statu
no essi placidamente di un sonno, da cui mai più non si svegliarono ; con che significò la Dea, niuna cosa esser maggior be
Giove ; e Luciano in un suo dialogo lepidamente introduce Vulcano che con una scure ben affilata sta innanzi a Giove e da l
scure ben affilata sta innanzi a Giove e da lui riceve il comando che con quella gli aprisse il capo ; e che Vulcano, dopo
bella pioggia d’oro per irrigarne il beato suolo ; e Minerva fu anche con loro liberale de’ suoi doni, percui si resero fam
e, nel giorno natale della Dea, molte vergini donzelle il celebravano con diverse specie di giuochi. Ma Omero dice che in A
Giove Olimpico era una statua che lo rappresentava sopra il suo trono con Minerva a lato(1) ; ed il poeta Aristide(2) chiam
che Minerva era la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutt
e di Mentore, si fece, nella varia sua fortuna, fedelissima scorta. E con ciò i poeti volevano significarci che la divina s
Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale con venti navi andò cogli altri principi Greci alla g
a nacque dal cervello di Giove ; e l’ingegno o la sapienza dell’uomo, con cui regge le cose e fa le grandi scoperte nelle s
ica. Virgilio dice(1) che nella contesa fra Minerva e Nettuno, questi con un colpo del suo tridente fece uscir della terra
a quello che fu fatto nascere da Minerva, quando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle med
disgiunta da cieco orgoglio. Aracne non dubitò di provocare Minerva, con soggettarsi, se vinta fosse, ad ogni gastigo. Si
ncere la sua divina rivale, e fece un broccato da reggere al paragone con quello di Minerva. Ma la Dea gelosa motteggiò l’o
nte ; percui quella, non sofferendo sì villano oltraggio, volle finir con un laccio. Di ciò ebbe pietà Minerva e trasformol
o occasione i lamenti di Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con quelli mischiati, quando Perseo, coll’aiuto della
so di cervo ritrovato a caso. Lo suonò alla tavola degli Dei, e ne fu con riso schernita da Giunone e da Venere, perchè, co
degli Dei, e ne fu con riso schernita da Giunone e da Venere, perchè, con que’ suoi occhi azzurri e colle gote gonfie, appa
ato avesse suonarlo. Il che avendo fatto il satiro Marsia, nella gara con Apollo pagò il fio del suo ardimento, come nell’a
che Minos II, re di Creta, che visse 120 anni prima degli Argonauti, con una flotta liberò il mare Egeo da’ corsari, e s’i
iade, perchè erasi dichiarata protettrice della loro città di accordo con Nettuno. VII. Minerva la stessa che l’Iside de
stizia. Socrate(2) affermava di non conoscere uomini che giudicassero con maggior costanza, onestà e giustizia che gli Areo
favore di tutti i colpevoli. Gli Areopagiti davano il loro suffragio con alcune pietruzze bianche e nere, le quali metteva
tte le altre ed era aperta solo dalla parte davanti, ove affibbiavasi con molti fermagli. Ne’ greci poeti leggiamo l’epitet
venente, cogli occhi azzurri, di alta statura, coll’egida al petto, e con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta c
egida al petto, e con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo
egli antichi monumenti vedesi Minerva accompagnata da un serpente ; o con un serpe sull’elmo, perchè questo rettile è simbo
quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita di Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamente della Vitt
umi, e segnatamente della Vittoria, di quattro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge
utte le figure di Minerva hanno la chioma di dietro raccolta e legata con una stringa, la quale sotto la legatura scende pi
trecce e legati. » In un antico monumento vedesi Pallade coll’elmo, e con due tibie nelle mani, ed era forse la Pallade mus
se la Pallade musica(4) ; ed in un bassorilievo vi è Pallade in piedi con una tibia in ciascuna mano. Sopra una medaglia di
ciascuna mano. Sopra una medaglia di Atene vedesi Minerva che disputa con Nettuno sul nome da darsi alla città ; essa ha fa
ere allora l’ulivo. In una moneta de’ Magnesii vi è Minerva Pacifera, con l’elmo e lo scudo ; tiene la lancia ed un ramo di
da Pietro Vivenzio, vedesi Pallade colla Vittoria in una mano, e che con un piede posa su di un globo, per indicare che la
le chiamavasi Αρειας Αθηνας βωμος, l’ara di Minerva Marziale. Capta. Con questo nome avea in Roma un picciol tempio detto
e degli Auguri, che significava, il suo tempio essere stato disegnato con tutte le cerimonie necessarie. Calcieca o Calcid
nerale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma gli Ateniesi con questo nome salutavano propriamente Pallade, come
azzurro. Ma come nell’Iliade γλαυκιοων significa che guarda bieco, o con volto minaccioso e terribile ; così pare più veri
ostra Dea, che nelle monete di molti antichi popoli si vede effigiata con un gallo allato ; e ciò o perchè la sapienza non
vinità presidi dell’eloquenza, Mercurio e Minerva, perchè gli antichi con un sol nome composto dinotavano due numi, come Er
favore di Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa di Pallade, con sacrilega mano la rapirono. Del quale sacro pegno
ed apporta agli uomini frequenti morbi. Così nell’Iliade Apollo irato con Agamennone che avea oltraggiato Crise, suo sacerd
ostro Apollo è fig. di Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo. Della quale raccontano
le lasciava luogo a partorire. Callimaco(2) afferma che quella bestia con nove giri circondava il Parnaso ; e Stazio(3) dic
za, e che non mai per volger di anni scadeva. Quindi leggiadrissimo e con biondi e ben lunghi capelli il rappresentavano, d
icino a morire(2). Quindi cantò bellamente l’ Ariosto : Terrà costui con più felice scettro La bella Terra che siede sul f
on più felice scettro La bella Terra che siede sul fiume, Dove chiamò con lagrimoso plettro Febo il figliuol ch’avea mal re
’Molossi, assai amante dell’astronomia, si annegò nel Po. I poeti poi con questa favola ci avvertono a non cercar quelle co
cchio, tiranno di Siracusa, veduta in Epidauro la statua di Esculapio con barba d’oro, comandò che gli fosse tolta, dicendo
ulapio adirato, volle farne vendetta, e non potendo l’ira sua sfogare con Giove, uccise di saetta i Ciclopi, fabbricatori d
zii ec. e le sue statue ne’ monumenti veggonsi o coronate di alloro o con in mano un ramoscello di esso. Gl’indovini ne man
rovossi un giorno a giuocare al disco. Il lanciò quel Nume ben alto e con mirabil destrezza ; ma il vento Zeffiro, per fare
o, stando quel cervo all’ombra, Ciparisso, senza avvedersene, il ferì con un dardo ; e ne fu sì dolente che pregò i Numi di
a donatagli da Mercurio o da Apollo ; e perchè fu pure insigne poeta, con tal magistero toccava la lira e sì dolcemente can
ota d’ Issione. Proserpina stessa al Tracio cantore donò la sposa, ma con patto che non si voltasse a guardarla prima di us
r l’infelice Orfeo, mentre pel fosco aere della valle infernale lieto con Euridice ritornava, non si tenne dal rimirarla, e
llido, per sette giorni(1), senz’altro cibo che il suo dolore, pianse con mesto canto la perduta consorte, come l’usignuolo
o scorgiamo espressa da’poeti la forza della sapienza e della poesia, con cui i primi sapienti indussero gli uomini selvagg
 ; dalle putrefatte viscere de’ quali animali, dopo nove giorni, vide con grata maraviglia volare infinito numero di api ch
ominia. Il quale mal potendo tenere un tal segreto, seavato un fosso, con fievole e paurosa voce ripeteva : Mida ha le ore
pese in un tempio della città di Celene. I Satiri e le Ninfe piansero con tante lagrime l’acerbo fato di lui, che di quelle
il flauto è strumento inferiore alla lira, così s’intende la contesa con Apollo, inventore della lira, ed il gastigo del S
aramente(2) che Marsia fu un filosofo che ritrovò il flauto e disputò con Apollo di cose filosofiche. Fu pure segno alla ve
na. Niobe ne fu gelosa, e fra la raccolta moltitudine parlò di Latona con assai villanie : aver ella per avo materno Atlant
e di grande dispregio. Allora Latona sul monte Cinto forte si lamentò con Apollo e Diana, i quali non furon tardi alla vend
acerbità del suo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Te
la restituzione della figliuola in nome del suo Dio. Agamennone però con villani modi rigetta le preghiere del sacerdote,
Greci si adira e freme, ma pur rimanda a Crise la figliuola Astinome con preziosi doni ad Apollo. Ma nella favola di Crine
ampo da grandissima schiera di topi. Per allontanare tanto male placò con molti sacrificii l’ira di Apollo ; il quale, vole
le. IX. Continuazione. Filammone. Pireneo. Pieridi. Sirene. Ma con tutto ciò neppure a quelle vergini Dee fu dato vi
scienze e delle arti, o perchè disturbò la tranquillità di quel paese con continue guerre, si disse da’ Poeti che tramò ins
’Alighieri : E qui Calliopea alquanto surga, Seguitando il mio canto con quel suono, Di cui le Piche misere sentiro Lo col
ma nel poetare, disse : Poichè molte lasciando l’ago o il panno, Son con le Muse a spegnersi la sete Al fonte d’Aganippe a
esentare il Genio di qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il quale, us
stesso che il Pierio, ne’ confini della Tessaglia, vicino all’Olimpo, con un fonte sacro alle Muse, che avea il medesimo no
le Muse consacravano i Poeti, detti sì spesso lor sacerdoti ed amici, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’ mentovati
breve iconologia delle Muse. Le Muse si dipingono belle e vestite con molta semplicità e modestia, di modo che possonsi
un doppio flauto. Si dipinge come una giovane inghirlandata di fiori, con carte musicali ed un flauto in mano, e con altri
ne inghirlandata di fiori, con carte musicali ed un flauto in mano, e con altri strumenti appresso di se. Talia, (a θαλεω,
Clementino, tiene in una mano il globo, e nell’altra, una bacchetta, con cui facevansi le dimostrazioni astronomiche. Sull
; ma altri vogliono che avesse ricevuto sì maraviglioso dono da Giove con patto che non l’avesse mai agli altri Dei comunic
e aquile, una dall’oriente, l’altra dall’occidente, le quali, andando con volo eguale, fermaronsi a Delfo(4). Ora in questo
io racconta(6) che, dovendo i Romani mandare a Delfo un dono promesso con voto da Camillo, e non trovandosi tant’ oro che b
i quei che l’ascoltavano(1). L’oracolo era una spelonca profondissima con piccola apertura, onde usciva un freddo vento, ch
era ; il quale fu, essersi ritrovati morti nell’ultimo di essi. Volle con ciò Apollo dare ad intendere, niuna cosa essere p
in Delo. Teseo, dovendo partire per combattere il Minotauro, promise con voto ad Apollo Delio di far sì che gli Ateniesi o
o per aspettare che venuti fossero a maturità. Ritornò poscia da Febo con un’idra fra gli artigli che avea ghermito, scusan
quasi un presentimento della vicima sua morte, la quale esso annunzia con un canto dolcissimo. Figliuolo di Apollo e d’Iper
dissea, muore repentinamente, perchè avendo osato di venire a contesa con Apollo sulla perizia nel maneggiar l’arco, questo
. Morto Ettore, l’indomito Achille, appressandosi alle mura di Troia, con gran voce diceva ch’egli solo bastava ad espugnar
rti ricevuti da Scilla, bellissima ninfa, fig. di Forco e di Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò la fonte, ove
Cariddi, che nel profondo e vorticoso suo gorgo assorbiva i vascelli con rumoreggiare spaventoso ; da ciò la finzione di O
alipedi, cioé veloci. Ogni sera il Sole li distacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che colora delle sue vam
antica. Ed altrove : Era nell’ora che traea i cavalli Febo del mar con rugiadoso pelo ; E l’Aurora di fior vermigli e gi
candida si appella, come Virgilio(1) la rappresenta su di un cocchio con due rosei cavalli, benchè la dica lutea, perchè l
). Da Astreo partorì i Venti, Lucifero, e gli Astri. Omero la dipinge con un gran velo sulla testa rivoltato indietro, e di
nume ; e la sua testa, il colmo dell’umana bellezza. Esso in piedi e con le gambe incrocicchiate è in atto di unire il can
’arco nella destra, e nell’altra mano portava le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezz
azie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica statua dell’ A
da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima a cui sembra con bella pompa dalle Grazie annodata ». Queste e più
ssirio nardo. Secondo Callimaco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia di oro ; ed alle volte la veste lunga
ofone(1). Apollo Dafneo, dalla ninfa Dafne ch’egli cangiò in alloro. Con questo soprannome avea un tempio ed un boschetto
tro, il quale nelle feste Dafneforie portava un ramoscello di alloro, con sopra un globo di rame, da cui molti altri piccol
poesia che cantavasi ne’giuochi secolari che si celebravan da’ Romani con gran pompa per tre giorni al terminare di ogni se
isplende (sola lucet). Altri vogliono che fu così detta perchè riluce con luce aliena, cioè presa in prestito dal sole. Dai
cuni bronzi percossi(2). Gli antichi confondevano alle volte la Notte con Diana in quanto che rappresenta la Luna, percui d
poeti fratello della morte. Esiodo(1) finge che il giorno e la notte con perpetua vicenda entrano nel Tartaro e n’escono i
dolce fluido soporifero sulle palpebre . Presso Virgilio(1), il Sonno con un ramo intinto nel liquore di Lete stilla il pla
entra nel sasso, Di cui la fronte l’edera seguace Tutta aggirando va con storto passo. In questo albergo il grave Sonno gi
bruno, Ed a quanti n’incontra di lontano, Che non debban venir, cenna con mano. Luciano ancora descrive l’isola ove il Son
la Notte, dipingendola ora sopra un carro preceduto dagli astri ; ora con grandi ali ; ora coperta di un largo e nero velo
n grandi ali ; ora coperta di un largo e nero velo stellato che tiene con una mano, e con una fiaccola nell’altra, che tien
ra coperta di un largo e nero velo stellato che tiene con una mano, e con una fiaccola nell’altra, che tiene rovesciata in
onversare di alcuni Dei cogli uomini, come i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e gli Arcadi
omini, come i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e gli Arcadi, della Luna con Endimione, vol
ria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e gli Arcadi, della Luna con Endimione, voleva significare in linguaggio poeti
Diana, o la Luna, o Selene sovente si dipingeva assisa su di un carro con una face in mano e colla mezza luna sul capo, per
E Diana lucifera ch’esser dovea la Luna, in una gemma si rappresenta con una fiaccola in mano ; percui le donne ne’ sacrif
cole ardenti. Questa stessa Diana Lucifera in alcuni simulacri vedesi con face accesa in ambedue le mani. Il che donotava c
recipita nell’oceano. Gli antichi attribuivano alla Luna la biga, ora con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna,
ano. Gli antichi attribuivano alla Luna la biga, ora con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel
attribuivano alla Luna la biga, ora con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel tramontare s’imm
due cavalli, e nell’arco di Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Espero che fa le veci di cocchiere. L’immortale R
fera o la Luna si dipinge coperta di un gran velo seminato di stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nel
tanta visione, e sì ardentemente ne prega Giove che sel fa promettere con irrevocabile giuramento ; ma non sostenne l’infel
dò fortemente. Di ciò risero quei corsari, ed il fanciullo trattarono con modi sì villani che vollero pur legarlo ; ma le c
sava il suo fallo. Poscia ululò, scosse il capo e la sparsa chioma, e con le mani ìnsanguinate mostrando il teschio del fig
mani ìnsanguinate mostrando il teschio del figliuolo, cantò vittoria con le compagne. Il qual fatto atroce fece grande in
accanti. A terrore delle altre si finse che Bacco le punì severamente con quella trasformazione. Conviene dire che i sapien
agli Dei e Giove il privò degli occhi percui visse vita assai breve. Con ciò dimostra Diomede’ folle impresa essere il pug
o vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fedel cane Mera andò nell’Attica pe
la ov’era il cadavere del padre ; ed ella ivi per dolore finì la vita con un laccio, e per compassione degli Dei fu traspor
preghiere di lei Icaro fu cangiato nella costellazione detta Boote, e con lui il cane, che si chiama la canicola, la quale,
, nel suo nascere per quaranta giorni tormenta le regioni meridionali con caldo intollerabile. Ed alcuni popoli(2) offeriva
à dimenati, come si pratica nell’altalena o bindolo, mentre i pastori con festose carole e con canti facevan quel giorno pi
ratica nell’altalena o bindolo, mentre i pastori con festose carole e con canti facevan quel giorno più lieto. Anche da Ene
i era l’Osiride degli Egiziani. Tibullo(2) chiaramente confonde Bacco con Osiride, al quale attribuisce non solo la piantag
obio sappiamo che Bacco era lo stesso che il sole. Ed il vedere Bacco con due corna sul capo ci ricorda che Osiride dagli E
girare per varie nazioni e dirozzarle non colla forza delle armi, ma con quella dolce e potente dell’eloquenza e della mus
n serpente a due teste, detto anfesibena ; ed egli destatosi l’uccise con un colpo di sermento. Fu pure per l’odio della De
oglie de’ pampini. Arrivò in tal guisa fin nelle Indie, dove combattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i p
e cornuta, naso grosso e voltato in su, statura piccola e corpulenta con aria di viso gioconda, o piuttosto beffarda ; e s
Bacco nei suoi viaggi e specialmente nelle Indie, coronato di edera e con una tazza in mano. Or avvenne un giorno(2) che Si
r conciliare autorità alle sue leggi ; e trattò quel piacevole ospite con modi molto cortesi. Il restituì poscia a Bacco, i
gabile luogo. Poscia, temendo l’ira del padre, fuggì di Creta insieme con Teseo, il quale, dimentico del beneficio, crudelm
cco accompagnato dalle Baccanti, da’ suonatori di flauto, da donzelle con crotali e timpani in mano ; vi comparivano Fauni
ì le feste trieteriche, che si celebravano da’ Tebani ogni terzo anno con notturni, discorrimenti di donne, e con arcane ce
no da’ Tebani ogni terzo anno con notturni, discorrimenti di donne, e con arcane cerimonie sul monte Citerone ; e perchè si
acco. A questa specie di orgie appartiene la bellissima comparazione, con cui Virgilio(2) rassomiglia l’infelice Didone ad
ropriamente Orgie, dalla parola greca οργη, furore, pe’ famosi furori con cui celebravansi dalle Baccanti, le qualì si cing
ui, le corna ; Bassaridi, da βαζω clamo, perchè a Bacco sacrificavano con molto gridare ; Tiadi, o da θυω, celebrare le org
ndi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il luogo, nel qua
i si accese la più sanguinosa pugna del mondo, che Ovidio(5) descrive con tutt’i colori della sua vivace fantasia. Orazio c
raccogliere dalla natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo di grazia potessero esprimere questa
che era simbolo di maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacco con dolci grappoli di uva pendenti dalle sue corna. N
cio sinistro appoggiato ad un tronco, cui si marita torluosa una vite con grappoli. Con la dritta elevata tiene un grappolo
ppoggiato ad un tronco, cui si marita torluosa una vite con grappoli. Con la dritta elevata tiene un grappolo, e con la sin
osa una vite con grappoli. Con la dritta elevata tiene un grappolo, e con la sinistra appoggiata regge una tazza. Appresso
giata regge una tazza. Appresso De La Chausse(1) si rappresenta Bacco con volto giovanile, muliebre e delicato, e co’crini
raccolti e pendenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli di uva, come il descrive Ovidio(2), e la
riprende gli artisti che lo facevan giacente. Ma Pausania lo descrive con veste lunga, colla barba, e giacente, come rappre
o Bacco, secondo Diodoro Siculo. Sidonio Apollinare(6) descrive Bacco con un vaso nella destra che fors’era il cantaro pota
a sinistra. Nell’arca di Cipselo descritta da Pausania vedevasi Bacco con un vaso di oro nella destra ; ed altri artefici g
rus, cioè una coppa a due manichi. Effigiasi talvolta nudo ; talvolta con una pelle di pantera alle spalle ; or sul dosso d
iovani Fauni premono la vendemmia ; un satiro che cozza corno a corno con un caprone ; Sileno coricato sopra un cammello, e
ato da pantere ; ha una mano nella testa in segno di riposo, e rimira con indifferenza il vinto suo antagonista ». Nel Muse
oma ogni più feroce natura(4). Nel Museo Romano(5) vedesi un bevitore con un corno in mano, perchè gli antichi prima dell’i
rnide, Bucero, Ιακλος βουκερος, tauriformis, perchè rappresentavasi o con un corno di toro in mano, ch’era l’antica forma d
a, creduto lo stesso che Bacco, o meglio il sole, che rappresentavasi con testa di toro, e faccia di uomo. Edonio, Edonus,
la Venere Urania de’ Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si era maritata con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig.
arsi e si battevano fortemente il petto. Adone avea un tempio insieme con Venere in Amatunta ; e nel tempio di Giove Conser
la di Atalanta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfosi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re
giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il quale con arte gettò nel meglio della corsa successivamente
successivamente i tre pomi, i quali volendo la donzella raccogliere, con tal ritardo diede luogo ad Ippomene di giungere p
Paride rampognato da Ettore si dichiara pronto a combattere in duello con Menelao a patto che il vincitore abbiasi Elena e
a di Giunone suscitata da Eolo, fa sì che l’eroe troiano sia sbalzato con poche navi alle sconosciute coste della Libia. Di
un arco Abile e lesto : i crini a l’aura sparsi, Nudo il ginocchio, e con bel nodo stretto Tenea raccolto de la gonna il se
a nuova ch’eran salve le navi e gli smarriti compagni, e lo rassicura con additargli non lontane le mura della novella Cart
E divino spirar d’ambrosia odore. E la veste che dianzi era succinta, Con tanta maestà le si distese Infino a’piè, ch’a l’a
idone grandissimo amore verso l’eroe Troiano. Anzi si pose di accordo con Giunone, e per diversi fini le nemiche Dee procur
bine di guerra che addensar si vedeva sul capo del diletto figliuolo, con mille carezze induce Vulcano a fabbricargli un’ar
ella supplica, e specialmente di Ascanio ; e Giunone dall’altra parte con avventato discorso di tanti mali accagiona i Troi
li dovea Enea stabilirsi in Italia. Turno si mostra pronto a decidere con un duello la gran lite ; ma per opera dell’inquie
ina svolazzano il Giuoco e Cupido ; il quale poeta in altro luogo (1) con pochi versi soavemente ci rappresenta Venere che,
le Grazie intrecciano nell’Olimpo lietissime danze insieme colle Ore, con Armonia, con Ebe e con Venere stessa, mentre le M
recciano nell’Olimpo lietissime danze insieme colle Ore, con Armonia, con Ebe e con Venere stessa, mentre le Muse celebrano
ell’Olimpo lietissime danze insieme colle Ore, con Armonia, con Ebe e con Venere stessa, mentre le Muse celebrano i numi co
enza sordida speranza di retribuzione. In detta città eran quelle Dee con ispecial culto venerate, per cui furon dette da P
più si rappresentano quali giovani donne belle e ridenti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate di fiori, co
entano quali giovani donne belle e ridenti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate di fiori, con in mano alcu
denti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate di fiori, con in mano alcune rose senza spine, che vanno sparge
di palma che si raddrizzano. I moderni di ordinario le rappresentano con ali di farfalla, accompagnate da Temi, e portanti
e nozze, nelle quali assai frequentemente s’invocava. Catullo stesso, con dolcissimi versi il rappresenta inghirlandato di
velo giallo o del colore della fiamma, proprio delle novelle spose ; con calzari anche di colore giallo, che portavansi da
giallo, che portavansi dagli uomini studiosi del vestire elegante ; e con una face di pino in mano, di cui solevan far uso
una face di pino in mano, di cui solevan far uso nelle nozze, mentre con sonora voce canta le nuziali canzoni, e leggiadra
spesso a significare le stesse nozze (2). In un inno di Omero insieme con Venere e colle Grazie s’introduce a danzare anche
sso argomento di maggior dignità ; per cui non di rado gli Dei stessi con un certo sentimento di iattanza noveravano i luog
adema. Alle volte, dice Winckelmann(2), rappresentavasi la nostra Dea con una colomba in mano, e qualche volta con un fiore
appresentavasi la nostra Dea con una colomba in mano, e qualche volta con un fiore, il quale forse indicava il potere di le
r della boccia al primo apparir del sole dopo una bella aurora, Heyne con molti versi dell’ Antologia greca dimostra che la
i alzarsi dalle onde la bella figlia del mare, e più lucente del sole con folgoranti pupille accender fiamme nell’acque. Ri
pingeva a guisa di bellissima donzella che sta sulle acque del mare e con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel
i oro e di un prezioso monile. Finalmente Venere si rappresentava ora con un gloho celeste in mano, per indicare Venere Ura
te in mano, per indicare Venere Urania ; ora assisa su di un delfino, con una colomba in grembo ; ora con Adone accompagnat
Urania ; ora assisa su di un delfino, con una colomba in grembo ; ora con Adone accompagnato da’ suoi cani ; ora con Cupido
na colomba in grembo ; ora con Adone accompagnato da’ suoi cani ; ora con Cupido e colle Grazie ; ma più spesso come uscent
testa. Cavalcando un cavallo marino, pare che la Dea voli sulle onde, con un velo sul capo, che i venti gonfiano leggerment
e’sacrificii invocavasi Marte col nome di padre (Marspiter), e Venere con quello di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al
na, da libet, piacere. Era la dea de’ funerali, che alcuni confondono con Venere ; ed altri dicono essere stata Proserpina.
ose(3). Ovidio(4) afferma che Venere l’avvertì toccandolo leggermente con un ramoscello di mirto, come a suo poeta. Nel giu
he a Roma nobilissimi cittadini, quali erano i sacerdoti detti Salii, con molta gravità e religione danzavano in onore di M
Marte e tenerlo in dura prigione per ben tredici mesi, dalla quale fu con accorto artifizio liberato da Mercurio. Nè fu più
da Mercurio. Nè fu più felice in un combattimento ch’ebbe a sostenere con Ercole. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Mar
rte, volando a far vendetta dell’ ucciso figliuolo, venne a battaglia con Ercole ; ma Giove li separò con un fulmine. Altri
’ ucciso figliuolo, venne a battaglia con Ercole ; ma Giove li separò con un fulmine. Altri però dicono che fu Marte ferito
apertamente pe’ Troiani. Or terminata la famosa lotta dello Scamandro con Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per vo
e avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì nel collo l’impetuoso Iddio, che
per comando di Giove, guarì a Marte la ferita fattagli da Diomede. E con brusche ed acerbe parole ritenne pure Minerva lo
a tinta di sangue, le chiome sparse e gli occhi di fuoco. Virgilio(1) con Marte accompagna le Furie, la Discordia e Bellona
Furie Co’lor serpenti, la Discordia pazza Col suo squarciato ammanto, con la sferza Di sangue tinta la crudel Bellona, Sgom
fredda riva Il sanguinoso Marte, allor ch’entrando Ne la battaglia, o con lo scudo intuona, O fulmina con l’asta, e i suoi
allor ch’entrando Ne la battaglia, o con lo scudo intuona, O fulmina con l’asta, e i suoi cavalli Da la furia e da lui cac
Dei piè sino agli estremi suoi confini Tremar la Tracia tutta, e van con essi Lo Spavento, il Timor, l’Insidie e l’Ire, De
eloci destrieri. Orazio(4), parlando di quelli che muoiono in guerra, con bella immagine dice che le Furie con queste vitti
di quelli che muoiono in guerra, con bella immagine dice che le Furie con queste vittime infelici del guerriero furore dann
i Capre, mentre ch’ei parlamentava, incontanente si levò una tempesta con grandissimo strepito e romore di tuoni, e con sì
te si levò una tempesta con grandissimo strepito e romore di tuoni, e con sì folta nebbia e caligine lo circondò, che privò
l cielo per salvezza della città e che doveasi gelosamente conservare con altri undici che avessero la medesima forma del c
eano in custodia que’ dodici scudi. Ovidio però racconta(1) che Giove con frequenti e spaventosi fulmini pieno avea di gran
a reggia di Numa, a ciel sereno tuonò tre volte e tre volte balenò, e con grande stupore si vide scendere dal cielo uno scu
i altri undici simili fabbricati da Mamurio, acciocchè, confondendosi con essi, potesse con difficoltà esser rubato. Questi
ili fabbricati da Mamurio, acciocchè, confondendosi con essi, potesse con difficoltà esser rubato. Questi sacerdoti alle ca
o il loro canto ed il passo al tintinnio degli scudi che percuotevano con una bacchetta o specie di pugnali. La festa durav
 ; e però si disse che Marte fu giudicato da dodici numi, ed assoluto con sei suffragii, favorevoli. Ma dell’Areopago si è
veramente una nazione di donne bellicosissime, com’eran le Amazzoni, con molta ragione si finsero figliuole del dio della
torneggiar Ippolita, e col carro Gir di Pantasilea le schiere aprendo Con femminei ululati. Caro. Le Amazzoni poi, come si
Esso avea quattro cavalli di natura sì feroce che doveano star legati con catene di ferro, e non mangiavano che carne umana
arte e di Bellona. Marte si rappresentava armato da capo a piedi, con lo scudo al braccio ed un gallo accanto, simbolo
ovvero da lupi, armato di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri
esca, e come simbolo della vigilanza. Non è difficile rinvenire Marte con l’egida in petto e con la testa di Medusa. Marte
lla vigilanza. Non è difficile rinvenire Marte con l’egida in petto e con la testa di Medusa. Marte vincitore si rappresent
a in petto e con la testa di Medusa. Marte vincitore si rappresentava con un trofeo in mano ; e Marte Gradivo vedevasi dipi
lla picca e di uno scudo ; or nudo, or coll’ abito militare, ed anche con un mantello sulle spalle ; qualche volta barbuto,
così detto non solo da’ latini scrittori, ma eziandio da Omero(3). E con bel tropo i Greci ed i Latini per Marte intendeva
Marte intendevano la guerra. Quindi incerto Marte pugnare, combattere con dubbioso evento ; aperto Marte, in aperta campagn
con dubbioso evento ; aperto Marte, in aperta campagna ; aequo Marte, con forze uguali, con ugual sorte ; e presso Cicerone
o ; aperto Marte, in aperta campagna ; aequo Marte, con forze uguali, con ugual sorte ; e presso Cicerone, Marte nostro ali
i, uno di Marte ultore, nel foro Augusto, da questo monarca edificato con rara magnificenza dopo la battaglia di Filippi(4)
ne delle leggi ec. Quivi la gioventù romana si addestrava alla guerra con frequenti esercizii militari sotto la direzione d
ia di Mercurio mirabili cose ci narrano gli antichi. Luciano descrive con molta grazia alcune furtive imprese di lui ancor
non avesse temuto di restarne bruciato. E Vulcano, mentre queste cose con istupore udiva, si accorse, da quel ladroncello e
prosiegue, debbo presentarmi a Giove, il quale mi manda or su, or giù con tante sue ambasciate e mi abbliga a ben lunghi vi
Plauto (3) vi è chi dice, essere suo costume, quando ritornava a casa con molto lucro, di ringraziare Mercurio, il quale lo
d i Fenicii che discendevano da Chanaan, furono i primi ad esercitare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’id
osi nel fonte detto di Mercurio, ch’era vicino alla porta Capena (4). Con ragione poi si disse che Mercurio presedeva alla
dutosi Apollo, non potè tenersi dal riderne grandemente. Ed Omero (2) con molta gravità descrive come in questa circostanza
rmì destramente dall’accusa tanto che Giove stesso ne rise, ed Apollo con lui strinse amicizia, ricevendo in dono da Mercur
e, guidò l’infelice Priamo sino alla tenda di Achille, per riscattare con molti doni il corpo dell’estinto Ettore  « Il nu
etto a cui fioria Del primo pelo la venusta guancia. Monti. » Poscia con bell’arte si avviene in Priamo, gli si offre per
per volere di Achille, di notte andò incontro a Priamo, per guidarlo con sicurezza alla tenda dell’eroe, il quale avea pur
iù bella di Diana ; percui questa dea in una caccia le forò la lingua con una freccia. Di che fu sì dolente il padre Dedali
e pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli armenti di Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il rubatore dell
anzi delle arti tutte e delle scienze ; e però spesso vedesi insieme con Minerva, dea della sapienza, come apparisce nell’
he nella destra tiene il caduceo e colla sinistra abbraccia Minerva ; con che significavan quell’amichevole accordo ch’esse
mortali dolcemente assonna, Quanti gli piace, e li dissonna ancora, E con quella tra man l’aure fendea. Pindem. Ad imitazi
cetti del padre ; e prima a’ piedi I talari adattossi. Ali son queste Con penne d’oro, ond’ei l’aria trattando, Sostenuto d
ggiero di pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e discordie. Con quella verga adunque egli divideva le contese ed
verga adunque egli divideva le contese ed acchetava le liti, toccando con essa i contendenti, o in mezzo a loro frapponendo
ar pruova della sua virtù, ed imbattutosi a caso, sul monte Citerone, con due serpenti, i quali fieramente fra loro battagl
, dice Virgilio (4), e quella che ha sua possanza fin nell’inferno, e con essa egli richiama in vita le anime spente, e le
’ morti di Luciano si ritrova spesso occupato a trattar colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di nott
mortali dolcemente assouna, Sempre che il vuole e li dissonua ancora. Con questa conducea l’alme chiamate Che stridendo il
. Iconologia di Mercurio. Ordinariamente si dipingeva questo nume con un piccolo cappello a lato, co’ talari a’ piedi,
ari a’ piedi, col caduceo nella sinistra, colla borsa nella destra, e con un mantelletto sulle spalle. Gli si vede alle vol
lo alato poi dicevasi petaso (πετασος), o galero ; ed era un cappello con larga falda proprio, presso i Greci ed i Romani,
, cioè che porta l’ariete, dice Millin, avea in Lesbo, ov’era onorato con quel titolo, una statua, opera di Calamide, che l
dalla peste, girando tre volte in forma espiatoria intorno alla città con un montone sulle spalle. Chiamasi Mercurio Criofo
atto ». In alcuni antichi monumenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che gli esce di bocca e si attacca all
ttore dei letterati. Nel Museo Borbonico vedesi Mercurio che discorre con Ercole ; ha la clamide, il petaso colle ali, stri
e un giovinetto di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle stat
olo. Cyllenius, da Cillene, in Arcadia, ove fu allevato e si adorava con culto singolare. Crioforo (a κριος, aries, et φε
ssione alla ruota che lo tormenta nell’inferno(4) ; inchiodò Prometeo con chiodi di ferro ad un sasso smisurato del monte C
sole ed il cielo la rendono feconda. E dagli Etruschi la Dea Tellure con Vesta si annoverava fra gli Dei che presiedono al
sposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o di Apollo, con mirabile maestria edificavano tempii e regali pal
iedi nella picciola grotta, ed in un baleno si sentivano tirar dentro con forza e prestezza grande ». III.Storia favolos
il ferro ; così i poeti , introdotto in Grecia il culto di quel nume, con lui congiunsero i Ciclopi ch’erano fabbricatori d
di occhi rotondi. In alcuni antichi monumenti Polifemo si rappresenta con tutti e due gli occhi ; ed Omero non ha mai dato
cadendo, la toccava. Di che avvedutosi Ercole, sollevatolo in aria e con amendue le braccia stringendolo, il soffogò. Nel
real Museo Borbonic vedesi un Ercole che, afferrato Anteo, lo stringe con un braccio pe’ fianchi, sollevandolo dal suolo ;
certa guisa che la Divinità è in tutt’i luoghi. Or noi per ragionare con ordine di tante specie di numi, favelleremo prima
fistula) ch’è strumento musicale da fiato, formato di varie cannucce con certa proporzione disuguale, per lo più in numero
erta proporzione disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso dalla sampogna, con c
di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso dalla sampogna, con cui per altro spesso si confonde. Or vi furono tr
i qui brevemente discorreremo. I poeti latini spesso confondono Fauno con Pan, perchè le favole degli antichi Italiani non
n, perchè le favole degli antichi Italiani non di rado si mescolavano con quelle de’ Greci ; ed allora a Fauno davano i pie
tor co’ suoi Selvani, Co’ suoi Satiri e Fauni, a lui compagni, Vengan con le zampogne a schiera a schiera. Fauno, di cui
vatico. Si rappresentavano in figura di becco dalla cintura in giù, e con le corna di capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma
ntura in giù, e con le corna di capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più all
un picciolo cipresso ; e si sa che Virgilio (3) anche lo rappresenta con un giovane cipresso in mano. E spesso si dipinge
e lo rappresenta con un giovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori
Fauni e Ninfe e Satiri e Silvani Ne sieno abitatori, e che la notte Con giochi e scherzi e strepitosi balli Rompan dell’a
scotendo del biforme capo La corona di pino il dio de’ boschi, Spesso con labbro adunco in varie guise Anima la siringa, e
otte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e di cembali. Il ch.
’uomo, ha dato origine alla favola de’ Satiri. Da’ poeti si dipingono con faccia umana, ma sozza e deforme, con picciole co
Satiri. Da’ poeti si dipingono con faccia umana, ma sozza e deforme, con picciole corna, come quelle de’capretti di fresco
deforme, con picciole corna, come quelle de’capretti di fresco nati, con coda, cosce setolose e piedi come di becco. Erano
Amadriadi eran ninfe abitatrici degli alberi, che vivevano e morivano con queglistessi, sotto la cui corteccia eran rinchiu
della coda vi sono molti frutti. Si rappresenta pure come un giovane, con una corona di diverse piante, nella sinistra, alc
un monile : la sua rossa tunica è affibbiata sulla sinistra spalla, e con un braccio sostiene un cesto di fiori, e colla de
e giuochi detti anche Florali. Pare che Plutarco confonda la Dea Bona con Flora ; ma il vero è che gli antichi davano quel
rimi frutti della villa. Spesso si rappresentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona
tenesse lontani i lupi ; e prima di condurlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrificii alla Dea, eran soliti di purificar
tivo Romolo gettò le fondamenta di Roma ; e perciò ogni anno i Romani con grande allegrezza il celebravano. Finalmente Term
n ogni anno ; alle volte era uno stipite ; ma più appresso fu dìpinta con testa umana, ma senza braccia, nè piedi. Tibullo
uristerna, Ευρυστερνος, dal largo petto. Nell’Acaia (1) era un tempio con un’antica statua della dea Tellure Euristerna, ed
lle vaste sue pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudrice di giovanetti. Con questo nome avea un tempio nell’Attica. Μεγαλη Θε
Gli antichi auguravano a’ defonti che fosse loro leggiera la terra con quelle conte parole : Sit. tibi. terra. levis. ;
la quale essendo stata in quel dì dalla ninfa Aretusa ad un banchetto con altre dee, avendo dal doloroso pianto delle compa
iuola, e non convenire che se l’abbia in moglie quel villano rapitore con sì grave onta di Giove stesso e della madre. Giov
ina per sei mesi fosse colla madre in cielo, e sei altri nell’inferno con Plutone. Allora acchetossi lo sdegno di Cerere, e
erra è cercata da Cerere, sua madre. Lo stare Proserpina per sei mesi con Plutone, era simbolo de’ sei mesi che la semenza
essendo nei campi di Enna a coglier fiori, fu rapita da Plutone, eran con lei tre sorelle chiamate Sirene, Partenope, Leuco
que del mare per averne contezza. E però furon trasformate in uccelli con volto di donzella e dolcissima voce umana. Igino
ce umana. Igino dice che furon cangiate in uccelli da Cerere sdegnata con esse, perchè non avevano aiutata la figliuola. Or
l mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due code. L’una dolcemente cantava ; l’altra suon
ogni maniera di malvagi diletti, tiravano i forestieri alla lor corte con lusinghevoli artifizii, ch’eran la dolce voce del
ene. La favola poi di Alfeo e di Aretusa non ha che fare propriamente con Cerere ; ma Ovidio (1) finge ingegnosamente che l
uando per occulte vie gettavasi sotterra per congiungere le sue acque con quelle dell’Alfeo. Or lieta la dea a tal nuova, v
che fu lietissima quella famigliuola. E poscia l’amò tanto che volle con latte divino nutricarlo di giorno, mentre di nott
o il fine degli aerei viaggi di Trittolemo, n’ebbe invidia ; e perciò con finta amorevolezza accoltolo nella reggia, tentò
, s’istituirono i piccioli misteri che si celebravano vicino ad Atene con offerire a Giove un sacrificio e fare alcune lust
mii di un’altra vita ec ; i quali, per timore del popolo, si tenevano con tanta cura celati. Ma i Padri della Chiesa ci fan
fece vendere più volte per soddisfare a’ bisogni del padre, il quale con tutto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope poi
e. In un affresco di Pompei vedesi Cerere in maestosa attitudine, con fiaccola nella destra, e sostenendo colla sinistr
tra un cesto ricolmo di spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezz
ua bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o di ghiande. Altrove sì
iata con un lungo vezzo di perle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona di foglie ferm
vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona di foglie fermate con un diadema ; colla doppia fiaccola, e che colla s
i Feres, nella Tessaglia, dice Millin, vedesi Cerere sopra un cavallo con due fiaccole in mano. Negli antichi monumenti fig
nata di spighe, bionda e quasi rossiccia le chiome, accesa il volto e con de’ papaveri in mano. In un’antica moneta vedesi
e su gli omeri. Ha sopra una tunica senza maniche, ed un peplo giallo con pieghe fluttuanti. Tiene un fascio di spighe nell
Cerere. Alma (ab alo), soprannome di Cerere inventrice del grano con cui gli uomini si alimentano. Aloea (αλως, area)
o, in cui la messe suol esser matura ; e perciò la Vergine si dipinge con una spiga in mano. Gli agricoltori dedicavano a C
lebravano in onore di Cerere dalle matrone romane vestite di bianco e con fiaccole in mano, in memoria di Cerere che andava
che vola ed è candida. Qualche erudito crede che venga da Tubalcain, con cui ha una manifesta somiglianza. Dicevasi pure M
lcano nacque sì deforme che Giove per dispetto il precipitò dal cielo con un calcio ; dalla quale caduta n’ebbe rotta una g
Armonia un peplo ed una collana fatta da Vulcano. Questi(3) fabbricò con mirabil magistero le stanze degl’Iddii sull’Olimp
pareau vivi(1). Mirabile opera di Vulcano fu pure la reggia del Sole con tanto sfoggio d’ingegno descritta da Ovidio(2) ;
ibuite al Dio del fuoco la più famosa è lo scudo di Achille descritto con arte maravigliosa da Omero(8) ; il che solo fa ve
a prima donna, detta Pandora, che presentò agli Dei coperta di velo e con aurea corona in capo. In breve, Vulcano si diceva
ciò restarono i numi tutti contristati ; ma l’inclito fabbro Vulcano con accorte parole compose l’ire de’ coniugi, porgend
rarsi per la salvezza degli altri Dei, avendo ucciso il gigante Clito con una mazza. Allorchè Diomede, coll’aiuto di Palla
danti, e la cui bocca era chiusa da un sasso grandissimo, ivi fermato con ferro ed ordigni fatti dal padre Vulcano. Ercole,
in nessuna delle immagini che abbiamo di questo nume, si rappresenta con siffatta deformità. Solo in Cicerone leggiamo ch’
parla comunemente, è la fig. di Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco nel bell’inn
a, e di Autonoe. Era nella Beozia una valle ombrosa chiamata Gargafia con un limpidissimo fonte detto Partenio. In esso Dia
a di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sdegnata la uccise con uno strale. Dedalione per dolore si precipitò da
Atalanta ; di che ebbero vergogna que’ forti eroi. Meleagro che avea con uno spiedo trapassata la belva da un fianco all’a
imulacro di Diana : siede Meleagro in mezzo al dipinto, e forse parla con Atalanta. A’piedi dell’eroe è la testa dell’enorm
Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse con Diomede furon mandati alla madre Clitennestra per
nestra per prendere l’infelice donzella, la quale giunta in Aulide fu con gran pompa portata all’altare della Dea per esser
ie una sorella di Agamennone. Il quale accolse il giovanetto principe con molta amorevolezza e lo fece educare con Pilade,
colse il giovanetto principe con molta amorevolezza e lo fece educare con Pilade, suo figliuolo ; per cui fra questi due pr
no di continuo le grida della madre uccisa. I greci poeti non poteano con più vivi colori porre avanti gli occhi del popolo
ratello Oreste che credeva in Argo ; e ciò fu cagione di riconoscersi con indicibile allegrezza. Allora senza indugio pensa
a Dea della caccia. Perciò portava la veste succinta e quindi fermata con una zona o cintura. Senofonte(1) scrive che la ca
Fluviatili, ed Oreadi ec. volle la Dea al suo servigio, perchè amava con esso loro danzare ; sotto la quale allegoria fors
tarco (3) mette nel numero degli Dei nuziali anche Diana o Lucina ; e con Diana a’parti ed alle nozze presedevano eziandio
parse lungo le coste del Mar Nero, e nell’Asia Minore, ove si confuse con quello di Cibele. Nella Scizia fu adorata sotto i
a volta in uso(3) ; e tutta l’Asia concorse ad ornarlo ed arricchirlo con quanto avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colo
suo nome, incendiò quel gran tempio. I magistrati di Efeso proibirono con gravi pene di porre il suo nome nelle pubbliche c
onato non di dittamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una corona di lauro nella destra, colla sinistra
corona di lauro nella destra, colla sinistra appoggiata ad un’asta e con un cervo a’piedi. Si rappresentava eziandio, spec
un cervo a’piedi. Si rappresentava eziandio, specialmente de’trivii, con tre capi, perchè la Luna in cielo, Diana in terra
atrice, calzata di ricco coturno ; posa una mano sulla faretra, tiene con l’altra l’arco, ed afferra per le corna una cerva
no. Cinzia, Cynthia, dal Cinto, monte dell’isola di Delo, ove nacque con Apollo. Dicevasi pure Delia. Διδυμος, gemella, ch
Delia. Διδυμος, gemella, chiamasi da Pindaro, perchè nata ad un parto con Apollo. Dittinna, Dictynna, gr. δικτυννα (a δικτ
Facelis da fax, facis, fiaccola, perchè Diana talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano per significare Io splendore
bile ed avvenente, e l’altra, di colore e di sembianze non naturali e con veste soperchiamente ornata. La prima era la Virt
g. di Stenelo, il quale, avuta la signoria di Micene, guardava Ercole con somma gelosia, poichè questi avendo dritto alla c
eo. Il quale essendo invulnerabile per la sua pelle durissima, Ercole con inudito valore, presolo pel collo, lo strozzò e v
rinascevano due(1) ; ma finalmente l’uccise, avendole reciso il collo con un sol colpo. Del suo velenoso fiele Ercole intin
gia, fig. di Elio e re di Elide, il quale, avendo un bovile ampissimo con tremila buoi che per trenta anni non era stato pu
lla quale spedizione aiutò Giove ad atterrare i Giganti, e riconciliò con lui Prometeo, avendolo disciolto dal monte Caucas
popolo bellicoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate con catene di ferro e le alimentava della carne di co
ari, o nella Spagna. I tre corpi erano forse tre fratelli che viveano con tanta amorevolezza ed armonia che sembrava che av
nto che per Deianira, fig. di Eneo, re di Caledonia, ebbe a sostenere con Acheloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. de
ianira, sulla groppa del Centauro Nesso. Ma l’eroe, da lui insultato, con un dardo il ferì nel petto ; il quale, vicino a m
ei ed allogato fra gli astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse con un gran tuono e lo portò in cielo, ove sposò Ebe,
anta rinomanza che si finge, Nettuno avervi pascolato i suoi cavalli. Con Argo confinava Micene, da Orazio(1) celebrata per
antate di superare Ginnone in bellezza. Ma furon guarite da Melampode con buona dose di elleboro. Acrisio poi ebbe una figl
il quale esposto in un bosco e ritrovato da un pastore, fu nutricato con latte di capra e per ciò detto Egisto (ab, αιξ, α
Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re di Tracia, il quale avendo con gravissimo oltraggio tagliata la lingua alla cogn
alla cognata Filomela e postala in segreta prigione in un viaggio che con lei faceva da Atene nella Tracia, l’infelice donz
a Atene nella Tracia, l’infelice donzella su di un fazzoletto scrisse con sottil ricamo il suo infortunio e lo mandò segret
ipe di que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando di stringere con lui parentela, chiesegli in isposa la figliuola O
bastandogli l’ingegno ad intenderla, si recò a Trezene da Pitteo, che con fama di gran sapienza reggea quella città. Il qua
are Egeo. Oltre le mentovate imprese, Teseo vinse le Amazzoni insieme con Ercole, e n’ebbe in premio la loro regina Ippolit
premio la loro regina Ippolita o Antiope ; strinse singolare amicizia con Piritoo, fig. d’Issione, nelle nozze det quale av
di decidere l’affare, venendo a singolar tenzone, la quale si eseguì con tanto furore che vi perirono entrambi ; e che fu
ni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma partiti di notte tempo dall’is
giorno scorto l’errore, gli Argonauti ne furon dolenti a dismisura, e con molte lagrime diedero l’onore di magnifica sepolt
olmente trattati. Poscia fecero vela per la Misia, ove Ercole, avendo con maggior forza che pratica piegato il suo remo, lo
eroe, ed approdarono nella Bitinia, ove accadde la pugna del re Amico con Polluce. Indi veleggiarono verso Salmidessa, citt
si uccelli di rapina, col volto di donna, sempre pallido per la fame, con lunghi crini, e con mani armate di difformi e rap
, col volto di donna, sempre pallido per la fame, con lunghi crini, e con mani armate di difformi e rapaci artigli. Spargev
gli di sottoporre al giogo due grandi, e fierissimi tori e che avesse con essi solcata la terra, seminandovi alcuni di que’
edea, insigne maga, fig. di Eeta, che da lui si avea fatto promettere con giuramento di sposarla e portarla seco nella Grec
, a quel re offrì il conquistato vello. Poscia, dopo varie avventure, con Medea si ritirò a Corinto, ove il re Glauco o Cre
cipe, fu da lui mandato a lobate, re della Licia e padre dì Stenobea, con lettere, nelle quali lo pregava di dar morte all’
evole nella Grecia all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma quale fu mai la fatale cagione che m
la flotta, il loro carattere, e la situazione de’paesi e delle città, con infinite altre cose, che sono pura istoria. Quind
a e della Misia, venne di Tracia in soccorso dell’infelice città Reso con formidabile esercito ; e Mennone, fig. dell’Auror
ce città Reso con formidabile esercito ; e Mennone, fig. dell’Aurora, con molti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ G
i eranvi delle armi. Achille, seguendo il natural talento, le indossò con trasporto, ed in tal guisa scoprì se stesso. Achi
il figliuol di Peleo, sdegnato oltre misura, si ritira sopra le navi con tutta la sua gente e ricusa di più combattere pe’
enerne le armi fabbricate da Vulcano, le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio di Aiace, il quale, per tal r
uel nume vanta sul mare, allorchè descrive il modo come egli sdegnato con Eolo, che senza saputa sua suscitato avea, ad ist
ra del partito de’ Greci contro i Troiani ; e bellissimi sono i versi con cui il gran poeta il descrive nell’atto di recars
dell’universo. Nella gigantomachia Nettuno uccise il gigante Polibote con avergli scagliato contra il promontorio detto Nis
santi balene si alzano e van saltellando intorno al loro re. La terra con dolce fremito attesta la presenza di lui. Sotto a
eptunius dux (1) IV. – Di alcune Deità marine che hanno relazione con Nettuno. Gli antichi, dice Millin, aveano mol
oviamo poi figurato in forma di un vecchio assiso sulle onde del mare con una picca in mano ed un mostro marino al fianco ;
o impero. Veniva rappresentato in figura di mezzo uomo e mezzo pesce, con buccina in mano, o in atto di suonarla. Gli antic
salvati dalle fortune di mare sciolgono sul lido i loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. d
muro. Ma Ino, temendo per se e per l’altro figliuolo la stessa sorte, con Melicerta si precipitô nel mare da un’alta rupe d
, Portunno, così detto perchè presedeva ai porti, e spesso confondesi con Nettuno. E con siffatti nomi invocavansi nelle te
ì detto perchè presedeva ai porti, e spesso confondesi con Nettuno. E con siffatti nomi invocavansi nelle tempeste dal navi
mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre di Achille, la quale con esse compiange l’infelice fato del figliuolo e lo
Nettuno. Nettuno(3) si rappresenta coronato di palustri giunchi, con chioma e barba ritorta e lunga, come gli Dei fluv
la sinistra, e che colla destra calma le onde agitate. Dipingesi pure con un delfino in mano e solto i piedi, e col trident
terizzato dalla robustezza, dallo sguardo fiero e dall’atteggiamento, con cui tiene un piede sulla cima di uno scoglio : al
e al disopra della sua fronte s’innalzano. Alle volte si rappresenta con volto sereno e tranquillo ed alle volte commosso
tutt’i mostri marini. « Assiso sopra un mare tranquillo, dice Millin, con due delfini che nuotano sulla superficie dell’acq
ce Millin, con due delfini che nuotano sulla superficie dell’acqua, e con la prora di un vascello carico di grano, indica l
. Alcuni vogliono che negli antichi monumenti non si vede mai Nettuno con una corona di giunchi ; ma d’ordinario, a guisa d
ppio palustre. A lui s’immolava un toro(5), che Pindaro chiama pigro, con voce greca che alcuni malamente, interpetrano bia
arti in mostro marino. Pare che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig. di Niso, di cui si è parlato nella p
atri serpenti, stanno avanti le porte della tartarea prigione chiuse con chiavistelli di diamante. In simil guisa Tibullo(
igione chiuse con chiavistelli di diamante. In simil guisa Tibullo(1) con elegantissimi versi descrive la casa di Plutone.
Elisii leggiamo in Tibullo (1), il quale, credendosi vicino a morire, con nuova e ridente immagine finge che Venere stessa
, ove regnano ognora e danze e canti ; e gli uccelli qua e là volando con delicato gorgheggiare formano dolci melodie. Quiv
ze, avendo il capo inghirlandato di mirto. Meglio però Virgilio (2) e con più lodevole filosofia ci pone avanti gli occhi l
mieramente osservino i giovanetti che ad ogni cosa che avea relazione con Plutone e cogl’infernali luoghi, davasi dagli ant
ca che l’Acheronte si scarica nel Cocito (2) ; nel che non si accorda con Omero, il quale afferma che nell’Acheronte si get
maccioso e che abbonda di canne, colla tarda sua onda, e lo Stige che con nove giri l’Erebo circonda, impediscono alle ombr
azio (4). Finsero inoltre i poeti che le ombre scendevano all’inferno con quella forma che aveano nel tempo della lor morte
lacero, come morì (1) ; ed Euridice seguiva nell’inferno il suo Orfeo con lenti passi per cagion della ferita che le diè mo
ndo alcuni per Dei Mani una maniera di Dei Infernali che si placavano con certi sacrificii, sebbene altri sotto questo nome
descrive come un vecchio bianco per antico pelo, ed il chiama Dimonio con occhi di bragia. Virgilio il fa nocchiero dell’Ac
sulla sua barca le anime de’ morti, non già i corpi de’vivi ; percui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella sua na
li date avea giustissime leggi a’Cretesi. Radamanto regnò nella Licia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pu
co, fig. pure di Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama di giustizia regnò in quella contrada
er veduto nell’inferno Minos, l’illustre figlio di Giove, che assiso, con aureo scettro in mano, giudicava le anime de’mort
spogliato gli stranieri che cadevano nelle sue mani, li faceva morire con un gran sasso. A Sisifo soggiungiamo il famoso Is
ia. Quando il morto non era convinto di alcun mancamento, sepellivasi con onore. Or chi non vede da questo costume essere n
erano deliziosi boschetti ed un tempio consacrato ad Ecate tenebrosa, con due paludi chiamate Cocito e Lete. Da tutto ciò h
a questo nume e lor ragione. I poeti sovente han confuso Plutone con Pluto, Dio delle ricchezze ; perciò si è fatta de
lo dell’inferno, che da Omero dicesi Giove sotterraneo ed infernale ; con che volevano farci intendere i poeti che una sola
iacevolmente Demetrio Falereo (4) diceva che gli abitanti dell’Attica con tanta ostinazione scavavano la terra nelle minier
scosto emisfero percorre, come si ha da un frammento di Porfirio (1). Con questo principio possiamo spiegare l’opinione di
to chiaramente esposta da Macrobio (2) ; e pare che possa confermarsi con ciò che i mitologi dicono del celebre elmo di Plu
na da lui portata su di una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con una folta barba ed in aria severa, ed ha sovente
dio fra’numi che presiedono all’agricoltura (1) ; e spesso confondesi con Cerere stessa, e con Iside che presso gli Egizian
iedono all’agricoltura (1) ; e spesso confondesi con Cerere stessa, e con Iside che presso gli Egiziani dinotava la terra.
otenza che vantar potea la moglie di Plutone, Piritoo e Teseo osarono con inudito coraggio scendere all’inferno e rapire su
a ne’bui regni dell’inferno, se portato non avesse seco un ramoscello con foglie d’oro che offrir doveasi in dono a Proserp
bellamente risplendeva. Ma che cosa abbiano voluto intendere i poeti con tal finzione, non è facile indovinare. III. Co
Proserpina. Plutone, dice Claudiano(4), volendo dividere il suo trono con una giovane Dea, e non trovandone una nell’Olimpo
niverso fin dalle fondamenta. Ma le Parche arrestano le sue minacce e con quelle mani, con cui regolano la serie fatale del
fondamenta. Ma le Parche arrestano le sue minacce e con quelle mani, con cui regolano la serie fatale delle cose, distorna
sciogliere. Secondo Igìno, esse erano fig. dell’Erebo e della Notte ; con che forse vollero darci ad intendere l’oscurità i
do noto che quelle nozze si celebrarono in Tessaglia. In questo luogo con inimitabile eleganza descrive le Parche che, volg
davano a consultarlo. Così presso Ovidio(1) si legge che Giove stesso con Venere va a consultarlo per leggervi il fato di G
dinotava il fatale rivolgimento degli anni e de’ secoli che le Parche con immutabile volontà regolavano(4). Per significare
venture, dicevasi che in sul suo nascere la Parca gli si era mostrata con volto nugoloso(1). E questo basti delle Parche.
rio si rappresenta assisa allato a Plutone, sopra un trono di ebano e con una fiaccola in mano ; ovvero sopra un cocchio co
n trono di ebano e con una fiaccola in mano ; ovvero sopra un cocchio con due neri cavalli e sempre allato a Plutone. Spess
appresenta l’istituzione de’misteri eleusini, Proserpina vien dipinta con lunga tunica e con ampio peplo ; sulla testa ha u
zione de’misteri eleusini, Proserpina vien dipinta con lunga tunica e con ampio peplo ; sulla testa ha un diadema gemmato e
adema gemmato ed è adorna ancora di una collana e di due braccialetti con perle. Sopra i medaglioni e le medaglie di Siracu
celebrate in Sicilia ed in Atene in memoria delle nozze di Proserpina con Plutone. VI. Alcune altre cose di Proserpina.
apoli 13 Settembre 1856 Vista la domanda del tipografo Andrea Festa, con la quale ha chiesto di porre a stampa l’opera int
. XXXVIII, 48. (4). Strab. IX. p. 419. Claud. Paneg. de Mall. Theod, cons . (5). Cic. de Div. I, 19. (6). Dec. I. 5. (1).
11 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
iaron l’ago, « La spola e ‘l fuso, e fecersi indovine ; « Fecer malìe con erbe e con imago. » Fra tutti gli Argonauti dist
, « La spola e ‘l fuso, e fecersi indovine ; « Fecer malìe con erbe e con imago. » Fra tutti gli Argonauti distinguevasi G
olo fratello Absirto ; e quando vide che il padre stesso li inseguiva con un esercito, invece di fidare nel valore degli Ar
restandolo a rendere alla salma dell’ estinto figlio i funebri onori. Con questo orrendo delitto ottenne l’intento, e dimos
to di Ercole che aveva lasciati molto prima i compagni), si estendono con molte amplificazioni i poeti antichi, come farann
edere alle figlie di lui che potrebbero ringiovanire il vecchio padre con certe erbe magiche che ella diè loro ; ed esse tr
avato naturalmente per vecchiezza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti di pietra. Anzi gli scrittori filosofi
itolata Medea, perchè tutti i più celebri scrittori latini ne parlano con tante lodi da far credere che fosse un capo lavor
er attirarle a un genere di vita più umano e sociale. A questo fine e con questo stesso intento invoca Dante le Muse a dare
a da Giunone, vale a dire per le persecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza di ortografia lo dissero Hercules
lla Cappadocia sul fiume Termodonte.Ad Ercole fu imposto di combatter con esse per togliere ad Ippolita loro regina un prez
lla Spagna esisteva un re di statura gigantesca e di forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso
iovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di tutte le mandre, varcando con esse i Pirenei e le Alpi per ritornare in Grecia.
avanzarsi nell’Oceano Atlantico. Anche Dante rammenta quello stretto con una perifrasi esprimente questo fatto mitologico,
oma di cautela e di confine dell’umano ardire. Gli Spagnoli coniarono con questa iscrizione posta fra due colonne le loro m
, Aretusa ed Esperetusa 88. Avevano esse nell’Affrica un bel giardino con alberi che producevano pomi di solido oro ; ma pe
allettato la cupidigia di molti, eran guardati da un terribil dragone con cento teste pronte all’offesa di chi si accostass
andò quindi a cercar Teseo, lo staccò dallo scoglio e lo condusse via con sè. Di più si trascinò dietro il cane infernale f
’antico continente. Queste imprese spontanee furon chiamate dai Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche di
ofondo dell’Inferno : « Ma lievemente al fondo che divora « Lucifero con Giuda ci posò ; « Nè sì chinato lì fece dimora, «
no e che abitava in una caverna del Monte Aventino, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni di ferro fattigli da suo
in una caverna del Monte Aventino, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni di ferro fattigli da suo padre. Di là sce
elle sue vittime. Giunse Ercole nel piano fra quel monte e il Tevere, con le mandre tolte nella Spagna a Gerione, ed ivi le
l Palatino. In questo tempo Caco rubò ad Ercole nascostamente (perchè con lui non osava affrontarsi) quattro giovenche ; e
in ultimo fu causa della sua morte ; la quale per altro egli incontrò con un eroismo pari a quello mostrato in tutto il cor
al nome ed alla fama del valore di Ercole, il solo che osò cimentarsi con lui in singolar tenzone, fidandosi forse nel priv
lar serpenti fin dalla culla e poi ad uccider mostri e giganti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e d
ppa tentò di rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra
o di Nesso. Ne fece lavare l’insanguinata tunica o camicia, e insieme con altre vesti la mandò al marito. Ercole fu trovato
tronomi moderni, incominciando da Herschel, dicono che il nostro Sole con tutto il cortèo dei pianeti è attratto da forza p
era stata rapita da Teseo ; ma avendola trovata nella città di Afidna con Etra madre di Teseo, le condussero via entrambe s
tellazione. Perciò questi due fratelli, oltre all’esser rappresentati con cavalli bianchi e con un’asta in mano, si vedono
sti due fratelli, oltre all’esser rappresentati con cavalli bianchi e con un’asta in mano, si vedono spesso, specialmente i
chi e con un’asta in mano, si vedono spesso, specialmente in pittura, con una stella sopra la fronte. Credevano gli Antichi
, dal quale io riconosco « Tutto, qual che si sia, il mio ingegno ; «  Con voi nasceva, e s’ascondeva vosco « Quegli ch’è pa
a cera e delle penne, e costruite le ali per sè e pel figlio volò via con esso traversando il mare per andar nell’Asia Mino
cipitato dalla fortezza di Atene il suo nipote Perdice che dimostrava con nuove invenzioni ingegnosissime di dover divenire
i insulsi prodigii, scrivendo la vita di Teseo per farne il parallelo con quella di Romolo, si trova molto impacciato a sce
. L’avo e la madre avrebber voluto che egli andasse ad Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì
la misura di quel letto tirando e dislocando le loro membra107. Teseo con un colpo di clava liberò la Terra da quel mostro
ol suo avvenente e nobile aspetto, e più per la destrezza e il valore con cui superò i più famosi competitori ; e a tutti d
anna che Teseo avrebbe saputo difendersi ; provvide dunque al secondo con un mezzo semplicissimo a sua disposizione. Diede
e colle giovanette Ateniesi, e trovata Arianna che l’aspettava, entrò con sì bella e giuliva compagnia nella nave che era p
eo nel giunger salvo ad Atene si cangiò subito in lutto e in rimorso. Con tal funesto augurio incominciò egli a regnare. Mo
prima « Col pianto di colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato con sua lima, « Mugghiava con la voce dell’afflitto,
i (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato con sua lima, « Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì che, con tutto ch’e’f
perato con sua lima, « Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì che, con tutto ch’e’fosse di rame, « Pure el pareva dal do
tese, cangiata in odio e femminile stizza la benevolenza, lo calunniò con tal sopraffina malignità, che Teseo divenne crude
in un baratro. La sua morte rimase per lungo tempo ignota, o fu udita con indifferenza. In Atene per altro dopo la morte de
acoli per eccitare il popolo a ricercar le ossa di Teseo e riportarle con onore ad Atene. E allora, come dice Plutarco, « g
come dice Plutarco, « gli Ateniesi pieni di allegrezza le ricevettero con splendida pompa e con sacrifizi, come se stato fo
gli Ateniesi pieni di allegrezza le ricevettero con splendida pompa e con sacrifizi, come se stato fosse Teseo medesimo che
finge, che aveva ucciso molte persone e sbigottito tutti, fu promesso con pubblico editto a chi liberasse da quel mostro il
ede a indovinar quest’enigma : Qual è quell’animale che la mattina va con quattro piedi, a mezzogiorno con due, e la sera c
al è quell’animale che la mattina va con quattro piedi, a mezzogiorno con due, e la sera con tre ? Edipo rispose : l’uomo ;
che la mattina va con quattro piedi, a mezzogiorno con due, e la sera con tre ? Edipo rispose : l’uomo ; e ne diede la spie
stro poeta Berni ha messa in versi : « ………… L’umana creatura « Prima con quattro piè comincia andare ; « E poi con due, qu
…… L’umana creatura « Prima con quattro piè comincia andare ; « E poi con due, quando non va carpone ; « Tre n’ha poi vecch
strenui, non produssero l’effetto ultimo desiderato, e tutto terminò con un duello tra i due fratelli, ci affretteremo a p
ccettare un duello definitivo, o, come suol dirsi, all’ultimo sangue, con Polinice. Eteocle cadde mortalmente ferito : e in
di abbracciarlo per l’ultima volta ; e, raccolte tutte le sue forze, con un pugnale, che portava sempre nascosto fra le ve
sti, uccise proditoriamente Polinice, e vedendolo morto prima di lui, con questa infernale soddisfazione spirò. I poeti inv
avere incontrato nel Purgatorio il poeta Stazio autore della Tebaide, con cui parla di questo poema, e fa dire all’autore s
soltanto due figlie di nome Argìa e Deifile, le quali teneva guardate con diligentissima cura senza farle mai uscir di citt
ante fa che Virgilio gli rintuzzi severamente la sua impotente stizza con queste parole : « O Capaneo, in ciò che non s’am
erciò stimava un’impostura l’arte dell’Indovino, lo pone nell’Inferno con tutti gli altri pretesi Indovini antichi e modern
che sono in comune appellati col patronimico di Pelopidi. Ma il modo con cui Pelope ottenne la sposa non è senza delitto.
eo sospettando che la sua propria moglie fosse segretamente d’accordo con Tieste, uccise i due più giovani figli, Tantalo e
di dover dire che Egisto uccise a tradimento Atreo suo zio, e quindi con Tieste suo padre s’impadronì del regno di Micene
dell’Arcipelago che portò anticamente il nome di sua madre, e che ora con poca differenza di suono chiamasi Engía o Enghía.
llo sposar Teti, e tutti d’accordo convennero di unirla in matrimonio con quel mortale che ne fosse più degno per bontà di
gine della guerra di Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio di Peleo con Teti nacque un figlio che fu chiamato Achille. La
antica e famosa città di Troia. Sino al 1870 non si seppe neppur dire con sicurezza di non errare : qui fu ; di modo che ta
l primo a scuoprire l’identità di posizione della esistente Hissarlik con l’antica e distrutta città di Troia. E poichè un
precisa ubicazione della famosa città di Troia123. Il nome di Troia, con cui questa città è passata ai posteri, consacrata
l Limbo, comincia dalla troiana prosapia dicendo : « Io vidi Elettra con molti compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed
olti compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed Enea, « Cesare armato con gli occhi grifagni ; » poichè anche Giulio Cesar
da il ratto : « In sogno mi parea veder sospesa « Un’aquila nel ciel con penne d’oro, « Con l’ale aperte ed a calare intes
sogno mi parea veder sospesa « Un’aquila nel ciel con penne d’oro, «  Con l’ale aperte ed a calare intesa : « Ed esser mi p
ngo i Mitologi che di tutti i suoi predecessori ; ma lo rappresentano con caratteristiche poco favorevoli, cioè come un gra
sposata ; e dalla mollezza e dagli agi della corte di Licomede partì con Ulisse per i duri travagli della guerra. Intanto
dissero che per ottenere favorevoli i venti conveniva placar gli Dei con una vittima umana ; e tanto poteva le superstizio
ati, i venti spirarono favorevoli, ed Euripilo « ……. diede il punto con Calcante « In Aulide a tagliar la prima fune. »
e virtù pubbliche e private, militari e civili. Quando l’armata greca con prospera navigazione fu giunta in vista delle cos
ome altri poeti aggiungono, per mano dello stesso Ettore. È ricordata con somme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima
e pregiato e glorïoso, « E da Belo altamente era disceso ; « Se ben con falso e scellerato indizio « Di tradigion, per de
gione limitrofa alla Troade, dovè, per ragion di Stato, fare alleanza con Priamo contro i Greci ; e l’esercito greco per as
i dell’Inferno. Dante pose nel Limbo « ………. il grande Achille « Che con amore alfine combatteo ; » ma nell’Inferno il fr
causa che produsse l’inimicizia fra Achille ed Agamennone, e termina con la morte e le esequie di Ettore. Il tempo in cui
n lasciar lacune nel mio umile racconto. La causa che inimicò Achille con Agamennone fu una prepotenza del re dei re. Era u
rchè figlia di Crisa sacerdote e re ; e venuto il padre a riscattarla con ricchi doni, era stato respinto da Agamennone ste
riscattarla con ricchi doni, era stato respinto da Agamennone stesso con modi aspri e minacciosi. Poco dopo infierendo una
assicurato da Achille dichiarò che bisognava render Criseide al padre con doni ed offerte ad Apollo per placare quel Nume e
e lo stesso tremendissimo Achille. Seguì allora una tale altercazione con parole e frasi sì poco parlamentari, che fu per t
per altro di non più combatter per esso. E ritiratosi nelle sue navi con Patroclo suo inseparabile amico e coi suoi Mirmid
e più straordinarie e famose battaglie che sieno mai state descritte, con vicende così mirabili che furon copiate o imitate
li. » Per quanto i capitani greci facessero prodigi di valore a gara con Diomede, la sorte era contraria al loro esercito,
onseguenza lo scoraggiamento dei superstiti ed illesi. Si notò allora con dolore l’assenza di Achille, e sorse vivissimo in
gendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi di lui per trattenere alquanto l’i
trage dei nemici, quand’era già stanco incontrò Ettore, e combattendo con lui rimase ucciso. Il tristo annunzio colpì talme
mase ucciso. Il tristo annunzio colpì talmente Achille, che dopo aver con gemiti e con pianto sfogato il suo immenso affann
Il tristo annunzio colpì talmente Achille, che dopo aver con gemiti e con pianto sfogato il suo immenso affanno rivolse con
olle udir patti, neppur di render la salma ai parenti e al sepolcro ; con impeto irrefrenabile lo investì, lo ferì, lo abba
bri onori resi ad Ettore in Troia termina l’Iliade, la quale chiudesi con le seguenti semplicissime parole : « Questi furo
torre. » Anche Ugo Foscolo termina il suo celebre Carme sui Sepolcri con le lodi di quest’Eroe Troiano morto in difesa del
a guerra, il nuovo guerriero. Al tempo stesso Ulisse, al suo ritorno con Pirro, passò per l’isola di Lenno per ricondurre
nfatti non si fidava di Ulisse, e solo consentì e si risolse di andar con lui, rassicurato che fu dalle parole del giovinet
il primo della Licia ed il secondo dell’Etiopia, andarono alla guerra con una schiera di lor gente, e furono entrambi uccis
che Virgilio e Ovidio asseriscono essere accorsa in aiuto dei Troiani con una schiera delle sue compagne e che fu uccisa da
chiama « ……………. l’edifizio « Del gran cavallo che d’inteste travi «  Con Pallade al suo fianco Epeo costrusse, « E Ulisse
tente tuttora nella galleria del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto di fare i supremi sforzi
i sforzi per liberarsi da quelli spaventevoli serpenti che li cingono con le loro spire. Può vedersene anche una copia in m
nell’Inferno tra i fraudolenti, e fa che un altro dannato altercando con esso gli rimproveri le sue frodi, dicendogli : «
Stenelo ed Ulisse, « Acamante e Toante e Macaone « E Pirro e Menelao con lo scaltrito « Fabbricator di quest’inganno, Epeo
quest’inganno, Epeo. » (Traduz. del Caro.) Virgilio racconta ancora con qual facilità trasportarono i Troiani in poche or
me abbiam riportato di sopra : « Forsennata latrò siccome cane, » e con tale espressione mentre alludeva alla mitologica
e col fratello Agamennone, in questo discordò da lui, e volle partire con pochi altri il secondo giorno dopo la presa di Tr
e spiaggie di Troia, e gli altri si diressero verso la patria, ognuno con le proprie navi ed i proprii sudditi superstiti s
ne era rimasto accampato intorno alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio di Achille e gli altri capitani che
Pirro figlio di Achille e gli altri capitani che non vollero partire con Menelao. Nel tempo che ivi si trattenevano per pl
ro partire con Menelao. Nel tempo che ivi si trattenevano per placare con sacrifizii e rendersi propizia la Dea Minerva, ac
o al piccolo Astianatte rimasto solo in quella tomba, e si tratteneva con lui più che poteva per fargli compagnia ed avvert
credè opportuno di partire, tutti i principi greci che erano rimasti con esso salparono contemporaneamente dalle spiaggie
on vi perì che Aiace figlio di Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran dispiacere di Nauplio, principalmente perchè
tesso Nettuno. Tutti gli altri guerrieri che partirono dalla Troade o con Menelao o con Agamennone, giunsero salvi nella Gr
Tutti gli altri guerrieri che partirono dalla Troade o con Menelao o con Agamennone, giunsero salvi nella Grecia. E qui fi
ofetessa veridica in tutte le sue predizioni, ma per volere di Apollo con essa adirato, non mai creduta da alcuno. Non solo
giunsero Oreste e Pilade, riconobbe il fratello, e quindi si accordò con esso e coll’amico di lui ad uccider Toante. Ciò f
e rapire Ermione promessa sposa di Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uccise. I suoi figli e discendenti si man
giunse in Italia Enea, ed essendo allora richiesto da Turno di unirsi con lui per distruggere quest’ultimo avanzo di Troia,
istruggere quest’ultimo avanzo di Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella nazione era stata dannosa agli stessi vinc
Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero che parla più volte con gran lode del valore di Idomeneo, quanto al suo r
ce soltanto che « …………. in Creta « Rimenò Idomeneo quanti compagni «  Con la vita gli uscîr fuori dell’arme : « Un sol non
lie, quando sappiamo che Ulisse, come gli fa dire anche Dante, stette con Circe più d’un anno là presso Gaeta « Prima che
no prima che Ulisse abbandonasse l’isola di Circe, mentre a compierlo con mezzi umani, dove pone Omero l’Inferno, cioè ai g
a lui stesso costruita ebbe a soffrire un’altra tempesta, dalla quale con gran fatica e pericolo scampato a nuoto, giunse n
de’suoi travagli ; poichè ivi accolto onorevolmente dal re Alcinoo e con larghissimi doni ricompensato di tutti i danni so
te avesse impero « La domandaro ; ed ella pronta l’alto « Loro additò con man tetto del padre. « Tocco ne aveano il limitar
barbara e orrenda. Uno afferronne, « Che gli fu cena ; gli altri due con fuga « Precipitosa gionsero alle navi. « Di grida
« Sorse nel porto un suon tetro e confuso. « Ed alcuni infilzati eran con l’aste, « Quali pesci guizzanti, e alle ferali « 
tor che su pendente rupe « Tuffa di bue silvestre in mare il corno «  Con lunghissima canna, un’infedele « Esca ai minuti a
Ma se Ulisse nell’andare in Sicilia potè passare fra Scilla e Cariddi con la perdita soltanto di 6 compagni, nel ritorno li
 Onda schiantò : ma di taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io con questa « L’albero e la carena in un legai, « E so
pirati avanzi. « Le braccia apersi allora, e mi lasciai « Giù piombar con gran tonfo all’onde in mezzo, « Non lunge da que’
delle viscere e del sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto «  Con gli occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender
mi, divisò le veci « Sì, che parte il tenemmo in terra saldo, « Parte con un gran palo al foco aguzzo « Sopra gli fummo ; e
rsi dei Proci uccidendoli tutti, e poi viver tranquillo nel suo regno con la fida Penelope, il saggio figlio e il vecchio s
a del suo ritorno 141. Non tutti però gli antichi autori si accordano con Omero a dire che Ulisse tornò in Itaca ; anzi alc
male « Più spiace a Dio ; » dovè esser perciò assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti gli eccessi di Ac
ace a Dio ; » dovè esser perciò assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti gli eccessi di Achille dipendeva
rsa, secondo le diverse colpe : pone Achille nel cerchio della bufera con Francesca da Rimini, e Ulisse tra i rei del fuoco
Evo. Di Achille dice soltanto : « …… e vidi il grande Achille « Che con amore alfine combatteo. » Ma di Ulisse ragiona a
a terra nacque un tal turbine, che fece affondar nel mare la sua nave con esso lui e tutti i suoi compagni. Queste particol
cque, « E percosse del legno il primo canto. « Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque, « Alla quarta levar la poppa in su
guissero nella sua emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipoi con una flotta di 20 navi partì dalle spiaggie della
o « Il diro annunzio. Ritentando ancora, « Vengo al terzo virgulto, e con più forza « Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo
udendo. Un de’figliuoli « Era questi del re, che al tracio rege « Fu con molto tesoro occultamente « Accomandato, allor ch
enta « Quest’umana ingordigia ?143 Dante ha gareggiato mirabilmente con Virgilio estendendo il virgiliano prodigio di un
Non rami schietti, ma nodosi e involti, « Non pomi v’eran, ma stecchi con tosco. » Inoltre le Arpie sono ivi destinate a f
adronirsi delle ricchezze e del regno147 Ma essa potè fuggir per mare con molti tesori e molti compagni o sudditi e fondare
he Enea fosse divenuto sposo di lei che prima avea rifiutato le nozze con altri principi per serbar fede al cener di Sicheo
cristiana, e senza allontanarsi dalle dottrine di questa, descrivendo con mirabil fantasia e sapienza l’Inferno, il Purgato
ta. E perchè Virgilio stesso ne dà la spiegazione, qui la riporteremo con le parole del suo celebre traduttore A. Caro : «
chè non fu punto « Inferïore a lui. Stava sul mare « Sonando il folle con Tritone a gara, « Quando da lui ch’aschio sentinn
i avanzò in quella regione che doveva divenir sì celebre nella storia con la città di Roma e il popol di Quirino. Gli stori
, incominciando da Tito Livio, concordano coi poeti, e principalmente con Virgilio, ad asserire che Enea strinse alleanza c
e principalmente con Virgilio, ad asserire che Enea strinse alleanza con Latino re di Laurento nel paese dei Latini, e ne
gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni sensibili più o meno evidenti. E sicc
ttribuito da Platone stesso156. Questo greco vocabolo in composizione con altri, diede origine a molte altre denominazioni
mani, i quali la estesero e l’accreditarono maggiormente applicandola con solenni formalità e pratiche religiose alla direz
sagì che sarebbe saccheggiata la città, molti Tebani esularono insiem con lui ed andarono a cercar nuove terre ed una nuova
zarono contro le falsità della religione pagana parlano delle Sibille con molto riserbo ; alle quali attribuirono perfino a
esse attribuita164. Non dovrà dunque recar maraviglia che se ne parli con tanto rispetto dagli storici latini e dallo stess
raccontato poeticamente tutto l’atroce delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome di Tomi lo aveva il ter
alia, e precisamente in Napoli, fu eseguita nel mese di novembre 1872 con prospero successo l’operazione della trasfusione
sue Opere, e di talune confessa ancora i difetti, parla poi più volte con gran convinzione e sicurezza del suo valore tragi
lli ne’suoi Discorsi, e poi nello stesso secolo xvi più estesamente e con metodo scientifico dimostrata dal celebre nostro
lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti, e chiude la sua narrazione con le lodi del delfino e col premio che ebbe dagli D
ra ; « E fatal prova nel primiér periglio « Dando l’immenso ardire, «  Con mano inevitabile n’afferra « Gli avidi mostri ins
doti maravigliosi. Virgilio nella celebre Egloga iv li nomina ambedue con egual lode : « Non me carminibus vincet nec Thra
ece sì che un fascio era egli ed io. » (Inf., C. xxxi, v. 130) 91. Con questo stesso greco vocabolo son composte in ital
minciasse la bufera, i buoi muggivano tanto da far paura, e tentavano con ogni sforzo di svincolarsi per fuggire. Questo fe
ato anche in latino alla pernice, come noi chiamiamo questo volatile, con piccola alterazione ortografica dell’ablativo lat
lung’uso ed arte « Via più la mano e più l’ingegno affina. » 108. Con queste ultime parole sembrerebbe che Plutarco lod
 Dovete dunque sapere come sono due generazioni di combattere : l’una con le leggi, l’altra con la forza : quel primo modo
come sono due generazioni di combattere : l’una con le leggi, l’altra con la forza : quel primo modo è proprio dell’uomo, q
brutte Arpie lor nido fanno, « Che cacciar delle Strofade i Troiani «  Con tristo annunzio di futuro danno. » 147. Dant
sserisce ancora di aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Che con Lavina sua figlia sedea. » 153. « Novam ipse a
cioè a lui, perchè Tiresia finchè non ebbe ribattuto li due serpenti con la verga era non più maschio, ma femmina. Perciò
colle parole Dies iræ, è rammentata l’autorità della Sibilla insieme con quella di David : Teste David cum Sybilla. 164.
12 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
me Nilo(c). Non sempre Cadmo stette appresso il padre suo, ma insieme con Cilice e Fenice, suoi fratelli (2), dovette andar
Sparti, ossia Seminati (b). L’anzidetta Dea avvertì allora Cadmo, che con una pietra nascostamente colpisse uno di coloro.
uel re, avea osato di deridere le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero con Nettuno, e lo pregarono di vendicarle. Il Dio del
ibili. Stupefatte le Ninfe marine, e vaghe di rinovarne l’esperimento con altre verghe, egualmente tenere e fresche, osserv
de una giovenca, e a Mercurio un vitello. Si unì poscia in matrimonio con Andromeda : e fu allora, che Fineo, fratello di C
si portò a fabbricare la città di Micene(g). Dal matrimonio di Perseo con Andromeda nacequaro Perse(8), Stenelo(9), Mestore
arsì da quello tra’discendenti d’ Eolo, che gli si sarebbe presentato con un piede calzato e l’altro ignudo (b). Fu per que
perdette un calzare. Arrivò finalmente in Iolco ; e Pelia, al vederlo con un piede ignudo, si rammentò tosto di ciò, di cui
spiaggie un’ara, sopra la quale vi sparse fiore di farina, mescolato con olio e mele, e poscia immolò due tori a Nettuno e
enne in cognizione, diede segni del più vivo dolore, e volle espiarsi con sacrifizj, fatti alla madre degli Dei, cui alzò u
fossero animali mansueti e domestici, li sottopose all’aratro, e andò con essi seminando i denti del mentovato Dragone, che
e, che già poc’ anzi avea ucciso. Ne sorsero tanti corpi animati, che con lunghe ed acute aste si avventarono contro Giason
a’ sacrifizj, fece le libazioni in onore di Giove Espiatore, e placò con preghiere le Furie vendicatrici. Gli Argonauti co
nel corpo del genitore, onde estraerne il vecchio sangue, e riempirne con altro nuovo le vuote arterie. Così fecero : Pelia
ntre si riposava sulla spiaggia del mare all’ombra della nave stessa, con cui avea fatto il famoso viaggio, spirò sotto il
retendono, che siasi trasferito in Asia, dove, essendosi riconciliato con Medea, e avendo dato varie prove della sua pruden
a venerato da’ Tebani(b). Nel momento, in cui nacque Ercole, il tuono con raddoppiato strepito si fece sentire, e molti alt
il morso di due serpi, che introdusse nella di lui culla ; ma Ercole con intrepide mani talmente li strinse, che li uccise
giunse all’adolescenza, ella risvegliò il suo sdegno contro di lui, e con maggiore ardore tentò di farlo perire. La Dea qui
ontro quell’animale, e sopra il medesimo perfino spezzò la sua clava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’ucciderlo, perchè
ucciderla, perchè era sacra a Diana. Impiegò un anno nell’inseguirla con tale costanza, che la stancò, se la fece sua, e l
i trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi compagni. Ercole lo onorò con magnifici funerali sopra una montagna, che poscia
o pretende, che se ne trovassero ne’ deserti dell’ Arabia (d). Ercole con certi timpani, ricevuti da Minerva, ed atti a spa
ossia la cintura della Regina delle Amazoni, Antiope. L’ Eroe insieme con Stenelo, figlio d’ Attore, e co’due figli di Deim
ò poscia d’adempiere alla sua promessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Ne
so re inoltre, unitosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Tiro, e re di Pilo,
e in quella guerra sia anche morto un certo Calcodone, ch’erasi unito con Ercole, e che da questo sia stato onorevolmente s
gone, e il Cane, e ne portò via gli armenti(c). Mentre Ercole passava con quegli animali perla Libia, Dercilo e Albione, fi
rcole gli eolse uno de’di lui buoi. Se ne offese Teodamante, t marciò con alcuni soldati contro l’ Eroe ; ma questi lo ucci
ta quattro cubiti d’altezza. Egli costringeva i passeggieri a lottare con lui, e poi li soffocava. Provocò Ercole alla lott
avevano tratta la loro origine da Nettuno. Ercole dovette azzuffarsi con loro, perchè non volevano lasciarlo andare a’mont
a tutti a quel giuoco, e ne uccideva i vinti. Osò di cimentarsi anche con Ercole, ch’era giunto ne’di lui Stati co’ buoi di
. Da di là continuando il suo viaggio, arrivò in Misia, dove combattè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi
ggio, e lo regalò d’una tazza d’oro. Ercole lottò ne’Giuochi Olimpici con Giove, il quale cravi comparso sotto la figura d’
onoscere, si rallegiô col figlio pel di lui valore. Ercole per ultimo con una freccia offese Plutone, che fu costretto di s
e la medicina e la chirurgia. Come medico ebbe tempj e altari, comuni con Apollo ed Esculapio. Conobbe la botanica, e arric
tra pratico : seccò paludi, arginò fiumi, scavò canali, frenò il mare con dighe, appianò montagne, aperse pubbliche strade,
aperse pubbliche strade, per cui ne fu tenuto qual Dio, e si confuse con Mercurio. Teocrito lo disse l’uomo universale. In
cle, e gl’indicò chi n’era stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con alcuno. Sognò di nuovo lo stesso, e neppure allor
ese, voleva sacrificare ad Ercole. Un cane bianco prese la vitrima, e con essa se ne fuggì. L’Ateniese invocò Ercole, corse
cole, prima di poter conseguire in moglie Dejanira dovette combattere con Acheloo, figlio dell’ Oceano e di Teti, o, come a
o che Ercole non fosse stato abbastanza punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si
lato béne, o avesse rottoil fuso (a). Narrasi, che Ercole, viaggiando con Onfale, si ritirò in una grotta. Colei aveva anch
a Filottete d’appiccarvi il fuoco, e dallo stesso si fece promettere con giuramento, ch’egli avrebbe raccolto le di lui ce
icare i rei usavano allota certi sassetti, bianchi e neri, assolvendo con quelli, e condannando con questi. Scritto il fune
certi sassetti, bianchi e neri, assolvendo con quelli, e condannando con questi. Scritto il funesto decreto, ciascuno pose
’ atroce castigo. Quindi, rendute grazie al suo liberatore, fece vela con propizio vento per la Ionia, e giunse a’ lidi del
Ercole alla sua corte, l’Eroe indico a’ due predetti vecchi il modo, con cui voleva essere adorato. Esso consisteva nel fa
i finora abbiamo parlato, rappresentasi di figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e coronato di pioppo. Stringe in
minato Corinete, perchè portava una clava, detta in greco corine (3), con cui uccideva i passeggieri(b). Colui voleva arres
lui voleva arrestare anche Teseo, ma questi lo uccise, e portò sempre con se quella clava, come il primo trionfo della sua
ro, quando intese la morte del suo figliuolo(b). Egli, per vendicarla con numerose forze terrestri e marittime, mosse guerr
rinto. Ritornando gli stessi Deliasti in Atene, il popolo li riceveva con molti onori, con grandissime acclamazioni, e cont
gli stessi Deliasti in Atene, il popolo li riceveva con molti onori, con grandissime acclamazioni, e contrassegni d’allegr
portare, attesochè certi nobili giovanetti, vestiti da donzelle(e), e con rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio
a tazza ben grande e scabra per un rilievò d’ intaglio, e scagliatala con tutta la forza, squarciò la fronte a colui, il qu
ima il giovane Trojano a Sparta, Menelao, che ivi regnava, lo accolse con dimostrazioni di singolare benevolenza. Ma paride
lo scudo di lui. Il Greco allora si scagliò sopra l’infelice vecchio, con una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra
sti uomini avrebbono durato fatica ad alzarla da terra ; ed egli solo con tutta facilità lo fece, e la gettò contro quella
Scea, attendendo Achille, e mostravasi impaziente di venire alle mani con lui. Priamo ed Ecuba, tremanti per la vita del lo
tore la picca, e lo stese a terra morto. Disonorò poi la sua vittoria con un tratto di turpe crudeltà. Non contento d’aver
isordine. Ella cercò tutti i mezzi di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molto bene la parte sua senza manifestar
il suo nome ad una città, dove fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combattè con Diomede, figlio di Tideo e di Deifile, e ne rimas
mbattè con Diomede, figlio di Tideo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sasso. Apollo prese cura di lui ; e dopo averl
ltra volta alla testa de’ suoi(c). Allora fu, ch’egli venne alle mani con Achille. Il combattimento fu lungo assai e dubbio
Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f). Sotto le mura di Troja si azzuffò con Demoleo, Greco Capitano, lo spoglio dell’enorme c
 : quindi, affidata la cura degli Dei Penati(3) al vecchio suo padre, con lui sulle spalle, e col figlinolo, Ascanio(4), a
sarebbe disceso nell’Inferno ; e che dove avrebbe trovato una scrofa con trenta figliuoli, avrebbe fabbricato una città. E
tutte le perdite fatte nella procella, lo trattò a lauto banchetto, e con generose offerte, e perfino colle più dolenti lag
i quel paese, e figlio del fiume Criniso, e di Egesta, donna Trojana, con tutta la benevolenza lo accolse. Enea vi celebrò
bbiamo parlato, gli comandò, che lo svellesse dal tronco(17), giacchè con esso alla mano avrebbe potuto recarsi, ove desiav
ita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da di là con propizio vento, passati i perigliosi lidi della M
ta figliuoli, e ne fece un sacrifizio a Giunone. Strinse poi amicizia con Evandro, creduto figliuolo di Mercurio(18). Quest
cavalli, guidati da Pallante, suo figliuolo. Poco dopo si collegarono con Enea anche i Tirreni sotto la condotta di Tarcont
ti contre Mezenzio, loro re, a motivo delle di lui crudeltà(19). Enea con tali soccorsi e con armi, che Venere aveagli fatt
loro re, a motivo delle di lui crudeltà(19). Enea con tali soccorsi e con armi, che Venere aveagli fatto lavorare da Vulcan
e’ Volsci(b) (23). Finalmente vi rimase ferito ; e la Dea, sua madre, con certa erba quasi in un istante lo risanò. Il cont
omministrò forze sufficienti a vendicare la morte d’Atreo. Agamenonne con tali soccorsi perseguitò Tieste sì fortemente, ch
Testoride(16), dichiarò, che ciò avveniva, perchè Diana era sdegnata con Agamenonne, il quale avea ucciso una cerva, a lei
lia primogenita dello stesso Agamenonne. Quessa era rimasta in Micene con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece ta
acrifizio a Giove e agli altri Dei, protettori della navigazione(18), con propizio vento approdò alle spiaggie di Troja. Uc
ture. La moglie allora lo assalì ; e assistita dall’anzidetto Egisto, con un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’e
stesso Agamenonne, dopo la morte del padre lo avea nascosto sotterra con molto oro nella Focide. Gli abitanti di quel luog
istero. Questo durava un anno ; compito il quale, l’anzidetto scettro con certe ceremonie si trasferiva ad altro sacro Mini
oluto di vendicare la morte del genitore, si trasferì in Argo insieme con Pilade, figlio dell’anzidetto Strofio, con cui av
i trasferì in Argo insieme con Pilade, figlio dell’anzidetto Strofio, con cui avea contratto strettissima amicizia. Ivi si
lla morte d’Oreste(2) ; e introdotto appresso Clitennestra, la uccise con Egisto (b). Euripide poi vuole, che Oreste abbra
rtato dalla. Taurica Chersoneso nella Gsecia la statua di Diana. Egli con Pilade si accinse all’impresa. Questa era assai p
zione. Propose quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento di recare una lettera in Argo. Allora
acro nel mare ; e che a questa ceremonia non doveva assistere alcuno. Con tale ritrovato Ifigenia fuggì colla statua(5), e
oncittadino, arrivato in Tegea, città dell’ Arcadia, le trovò sepolte con quelle d’ Agamennone (b). Menelao. MEnelao
quell’arma stessa, che lo avea colpito. Il re pertanto si riconciliò con Achille, ne ottenne di essere guàrito nel modo in
loro marciò contro i Trojani(a). Claudiano dice, che Achille lo guari con un’erba, detta poi dal nome di lui Achillea. Molt
igliuoli di Biante(d). L’Eroe sostenne altresì un lungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era di
i quell’Eroina, sgridò la di lui debolezza sì aspramente, che Achille con un pugno lo uccise(9). Achille mise pure a morte
figlio di Priamo, ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo di colui era i
ntro di quello, scese dal carro, e colla spada investì il nemico, che con intrepida fronte gli stava dinanzi. Il ferro d’Ac
tutti gli sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col manico della spada ammaccò la fa
ò in Achille lo sdegno, che nutriva contro Agamennone ; si riconciliò con lui ; ricevette nuovamente Briseide, carica di ri
fortuna de’suoi(c). Tetide gli ottenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle fece orribile strage de’ Trojani(a). Uccis
consumandosi, e se ne rinchiusero le ceneri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure
quali fece allora, dicesi che abbia preso a lavorare l’arena del mare con aratro, tirato da due animali di diversa spezie,
guerra Trojana sì co’ suoi consigli, che col suo valore. Egli insieme con Diomede tolse a’nemici, come si è accennato anche
città, e vi fece grandissimo bottino. Ma i Ciconi ritornarono poscia con forze maggiori, e uccisero gran quantità de’ di l
arli ritornare alle navi. Una terza procella lo spinse in Sicilia. Là con dodici de’suoi entrò nella caverna, ove soleva st
servare quell’abitazione, Polifemo vi ritornò, e ne chiuse l’ingresso con una pietra, la quale non si sarebbe potuto smuove
sciò gli altri chiusi nell’antro. Ritornatovi a sera, cenò nuovamente con pari cibo. Chiese poi ad Ulisse, com’egli si chia
nzidetto otre vi si trovasse dell’oro, lo aprirono. Ne uscirono tosto con furore e veemenza sì grande i venti, che i Greci
so della Reggia vennero accolti da gran numero di lupi, frammischiati con lionesse ed orse. Queste fiere, lungi dall’atterr
asformazione de’suoi compagni. Recavasi l’Eroe alla Reggia della Maga con animo di prenderne vendetta, quando gli apparve M
amano Moli, ed eglino solo potevano facilmente raccorla. Entrò Ulisse con quella, e senza timore bevette alla tazza avvelen
ne(13). Usò egli la precauzione di far turare a tutti i suoi compagni con cera le orecchie, onde non udissero il canto fata
i animali. Lampezia vo ò ad avvertirne il padre. Questi se ne querelò con Giove, e minacciò di non più apparire sulla terra
genitore. Parlò egli col padre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro Ulisse, e gli restituì la sua primier
non molto dopo riprese le sembianze di vecchio e mendico uomo, passò con Eumeo alla città(a). Giunto al suo palagio, venne
a mendicare appresso di loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una panchetta nell’ultima
i loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una panchetta nell’ultima diritta spalla. Se ne q
se a terra, tutto coperto di sangue(c). Penelope poscia parlò a lungo con Ulisse senza mai conoscerlo(20). Ella comandò, ch
). Ella comandò, che gli si lavassero i piedi, come soleasi praticare con ogni straniero. La vecchia Euriclea, nutrice d’ U
o. Il giuoco consisteva nel dover tendere l’arco d’ Ulisse, e passare con esso dodici anella. Tutti que’ Nobili si studiaro
so la madre nell’isola Eea. Cresciuto in età, montò sopra un naviglio con varj compagni per amlarsene ad Itaca, ed ivi fars
suoi si fece a respingernelo, e Telegono senza conoscerlo lo trafisse con una lancia(e). Ditti Cretese disse, che ciò avven
on trovavasi alcuno, il quale maneggiasse meglio di lui l’asta(a) ; e con tanta destrezza muoveva le mani, che d cevasi ave
e avrebbe per certo soggiaciuto a quella pena, se non avesse promesso con giuramento di purgarsi del commesso delitto. Mine
via non lasciò invendicata la profanazione del suo tempio, e sì colpì con fulmine tutta la di lui flotta, ch’essa naufragò(
e anche lui, e lo fece perire(a). Virgilio dice, che Minerva lo colpì con un fulmine, e che fattolo rapire da un turbine in
atane quela parte, dov Ercole avea ferita la belva(a). Ajace portossi con dodici vascelli alla volta di Troja, e si qualifi
lasgo ; Forcine, figlio di Fenope(f). Ebbe pure la gloria di battersi con Ettore ma il conflitto restò interrotato dalla no
che aveva avuto da Ettore, e ritiratosi in solitario luogo, si diede con essa la morte(a). Altri pretendono, che Ajace vol
a approdato co’ compagni alle spiagge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio di Nertuno, e re di que’ popoli. Co
rtuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava gli stranieri a sostenere con esso il combattimento del Cesto, li vinceva tutti
llo di Tindaro(e), chiamate perciò Leucippidi(3), erano per isposarsi con Linceo ed Ida, figliuoli di Afareo o Afarete, fon
di vita Ida(a). Apollodoro dice, che Castore e Polluce si erano unin con Ida e con Linceo per rubare certi greggi ; che qu
da(a). Apollodoro dice, che Castore e Polluce si erano unin con Ida e con Linceo per rubare certi greggi ; che questi, eseg
rti greggi ; che questi, eseguito il furto, ricusarono di farne parue con quelli ; e che perciò nacque l’anzidetto vicen de
si rappresentano come due giovani, che d’ordinario starmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta d
e giovani, che d’ordinario starmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta di quella(c) (7). Panormo
ni. Eglino durante la guerra de’ Messenj cogli Spartani si cuoprirono con bianca veste, con berretta sul capo, e con picca
la guerra de’ Messenj cogli Spartani si cuoprirono con bianca veste, con berretta sul capo, e con picca in mano. Sotto tal
gli Spartani si cuoprirono con bianca veste, con berretta sul capo, e con picca in mano. Sotto tali sembianze comparvero al
Polluce venne eziandio castigato un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo di loro, e in pena di tale delitto rima
al possesso d’Ippodamia, doveva precederne il padre, che lo inseguiva con un’asta alla mano(d) (3). Pelope fece un sacrifiz
deva egli Ippodamia in moglie ; e che perciò essendo venuto alle mani con Pelope, ne restò vinto(e). Altri finalmente soggi
nalmente soggiungono, che Pelope gettò in mare Mirtilo, perchè questi con gran forza instava nel ricercargli il premio dell
sedia di pietra, si spogliò delle sue vesti, si purificò, e si cuoprì con abito simile a quello, ch’era costume d’imporsi a
nero, Adrasto, figlio di Talaone, e re d’Argo(1), il quale, collegato con Tideo(2), Capaneo Capaneo era nobile d’Argo. Alo
fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato an
vato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol avesse tradito. Anch’egli p
’un sottoposto precipizio, e vi perì(c). Altri pretendono, che mentre con tutta fortezza combatteva, la terra siasi aperta,
eva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo morte fu ascr
ofonte, figlio di Autofono. Tideo, assistito da Pallade, se ne difese con tanto valore, che non lasciò vivi di coloro, se n
a sorella non avea avuto secolei parte alcuna. La stessa Antigona poi con violente morte prevenne l’esecuzione dell’anzidet
ri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il quale era sì unito con un altro, fabbricato all’ Onore, che non si potev
che non si poteva penetrare in questo, se non si passava per quello : con che voleasi esprimere, che la vera ed unica via d
più è dannoso. Accortezza. L’ Accortezza è prontezza di mente, con cui non solo si prevede ; si discerne, e si schiv
ernice, perchè anche questo animale è fornito di sommo avvedimento, e con maravigliosa destrezza si sottrae ad ogni pericol
rtezza è virtù, la quale ci fa incontrare ragionevolmente, e superave con animo costante quelle difficoltà, che sogliono ac
hè questo animale ama le grandi, e sdegna le vili azioni. La Fortezza con una mano si appoggia sull’estremità d’una colonna
sergli recati. Nel mezzo di quello scudo v’è un leone, che si azzuffa con un cinghiale. Di questi du animali il primo opera
colle ali a’piedi : le quali cose tutte sono indizio della velocità, con cui l’ Emulo cerca di pareggiare e oltrepassare c
l Merito sopra erto e scosceso luogo, il quale esprime la difficoltà, con cui si giunge a meritare. Ha egli la fronte cinta
Magnanimità è virtù, che modera gli affetti dell’animo, che sostione con indifferenza i prosperi e i tristi eventi, e che
stituì anche dei pubblici Giuochi(d). La Vittoria viene rappresentata con un piede sopra un globo, per indicare ch’ella dom
e fabbricò un tempio in Roma(b). Questa Divinità venne spesso confusa con Tenti e con Dice. Temi veramente regnò nella Tess
n tempio in Roma(b). Questa Divinità venne spesso confusa con Tenti e con Dice. Temi veramente regnò nella Tessaglia, e fu
b). A Nemesi altresì furono date le ali, perchè si supponeva, ch’ella con tutta prestezza seguisse i passi degli uomini per
indica il carattere di questa virtù, ch’è quello di mostrarsi eguale con tutti. Ella si dipinge altresì di terribile guard
pinge altresì di terribile guardatura, colla bilancia nella destra, e con una spada nella sinistra : simboli, co’ quali si
ce le cattive. Quindi la Giustizia da altri venne anche rappresentata con velo agli o chi, per indicare ch’ella non ha rigu
più d’un marito, il toccare la Statua di quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il quale riferisce, che gli Anti
e quali ammaestrano, che chi vuole esercitare questa virtù, dee farlo con prontezza, onde l’azione di lui riesca più gradit
inoltre una catena d’oro, per simboleggiare il dolce legame d’amore, con cui si unisce il beneficato al benefattore. V’è a
era indizio della medesima. Talora questa Dea è in atto d’abbruciare con una face un mucchio d’armi, per esprimere, ch’ell
ù è in atto d’addittare il Sole, e dì mirarsi ella stessa in quello : con che voleasi indicare, che la verità è amica della
dilegua le tenebre della falsità. Ella tiene nella destra un oriuolo, con cui si dà ad intendere, che la verità col decorso
e d’ordinario nel fondo d’un pozzo, per esprimere ch’essa molte volte con difficoltà si scuopre(a). Sincerità. La Sin
a face, e la rivoglie ad abbruciare un Pellicano co’ suoi figliuoli : con che vuolsi indicare, che le azioni dell’ empio te
ri di questa vita. Esso comparisce cinto la fronte di reale corona, e con ali alle tempia. Versa colla destra da un Cornuco
ovina delle più potenti città : questo è il significato del maltello, con cui il Lusso atterra magnifici palagi. Affetta
ne. Vendetta. La Vendetta è offesa fatta di privata autorità, è con odio di chi primo offese. E’vestita di colore ros
bbracciarla. Procride, che non ancor lo avea riconosciuto, lo rigettò con ira e con proteste, ch’ ella ad uno solo, ovunque
a. Procride, che non ancor lo avea riconosciuto, lo rigettò con ira e con proteste, ch’ ella ad uno solo, ovunque egli foss
Lela po, e inoltre un’asta di mirabile virtù, giacchè essa e colpiva con sicurezza, e ritornava, senzachè alcuno la rimand
a solamente, che avea ricovoto in dono dalla sposa. Non vibrava colpo con essa, che andasse a vuoto : cosicchè sazio della
gelide valli. Se talora quella non si faceva sentire, ei la chiamava con espressioni di tenerezza, e la invitava a recargl
ona, che piangeva ; ma non ne fece caso, e continuò a chiamare l’aura con parole più dolci. In quel momento alcune frondi,
parole più dolci. In quel momento alcune frondi, cadute dà un albero con istrepito, gli fecero credere, che fosse qualche
lagrime. Alle preghiere e al pianto Procride aprì i languidi occhi, e con brevi e lente parole loscongiurò ch’ei non voless
di ignudi, per esprìmere l’ ampiezza de’ suoi disegni, e la velocità, con cui li vuole eseguiti. Ha vicino a se il Leone, p
romba, perchè chi è dominato da siffatta passione, di propria bocca e con magnificenza di parole decanta se stesso. Questo
ta se stesso. Questo Vizio finalmente stringe nella sinistra un filo, con cui è legata una Vespa. Questa è un insetto, che
sgressione de’ comandi legittimamente imposti. Questo Vizio si mostra con un freno sotto i piedi in atto di conculcarlo. In
bedienza trae d’ordinario la sua origine. V'è in terra un Aspide, che con un orecchio preme il terreno, e chiude l’altto co
la mano alta, mostrando il dito indice : lo che dichiara la tenacità, con cui l’Arrogante coltiva le sue opinioni, beachè s
e ricchezze. Questo vizio tiene stretta una borsa, e sempre la guarda con tutta attenzione. Gli sta a canto un Lupo magriss
legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella di Lupo, co
Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella di Lupo, colle braccia è co piedi
vizio toglie ad uno per dare all’altro, quando dovrebbe essere eguale con tutti. Ella guarda verso la parte sinistra : lo c
o desiderio di ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lungo, e con veste di colore simile alla ruggine. La lunghezza
ipingono in abito vago e artifizioso, in atto di suonare il flauto, e con un Cervo a’ di lei piedi. V’è chi la dimostra cop
l flauto, e con un Cervo a’ di lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste di colore cangiante, con un mantice nella d
lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste di colore cangiante, con un mantice nella destra per accendere il fuoco, c
colore cangiante, con un mantice nella destra per accendere il fuoco, con una corda nella sinistra, e con un Camaleorite ap
nella destra per accendere il fuoco, con una corda nella sinistra, e con un Camaleorite appresso di se. Altri ce la danno
ra, e con un Camaleorite appresso di se. Altri ce la danno a divedere con due faccie, l’una di bella giovine, e l’altra di
to. Ila la spada ignuda, perchè l’Ira d’ordinario dà malo al ferro, e con questo si fa strada alla vendetta. La face accesa
o si dipinge pallido di volto, macilente di corpo, bieco negli occhi, con denti lividi e rugginosi, e con lingua infetta di
acilente di corpo, bieco negli occhi, con denti lividi e rugginosi, e con lingua infetta di veleno e dì schiuma. Esso non m
hè Ella, ossservando il bene, che non ha, se ne rattrista e affligge. Con ambe le mani si squarcia il petto : lo che esprim
’effetto si produce anche dall’Invidia, giacchè essa, agitando sempre con affanni il cuore umano, in cui nacque, alfine lo
a, e col gomito di questa sul ginocchio. Tiene il capo chino, e cinto con panno nero. Nella destra il pesce, detto Torpedin
uali dovrebbono essere sempre gli stessi. Questo Vizio si rappresenta con un piede sopra un Granchio, animale, che va ora i
un Granchio, animale, che va ora innanzi, ed ora indietro. La veste, con cui cuopresi l’ Incostanza, è di colore turchino,
e agitata, perchè tali appariscono gli amatori di questo Vizio. Porta con se varie reti, le quali indicano le insidie, che
are, che i beni, affinchè non vengano rapiti, devono essere custoditi con attenzione in ogni tempo. La colonna, indizio di
olo Romano in crudele servitù, quella Nazione rappresentò in monete e con statue la Libertà, che credetto rinascere appress
ni, quando concedevano la libertà agli schiavi, davano loro un pileo, con cui si cuoprissero il capo, mentre per lo innanzi
Nat. Com. Mythol. l. 2. (c). Pherecyd. l. 4. bistor. (2). Insleme con Cadmo v’andò pure in corosi d’ Europa Taso, figli
nore(d). (3). Europa, mentre staversi in diporto sulle rive del mare con altre giovani, osservò tra l’armenmento d’ Agenor
Minerva, mentre ella stava bagnandosi nella fonte d’Ippocrene insieme con Cariclo, di lui madre. Cariclo, continua lo stess
, non potendo in ciò soddisfarla, diede in vece a Tiresia un bastone, con cui poteva camminare sicuro, come se avesse avuto
certe Feste, dette Efestrie, nelle quali si cuoptiva la di lui statua con veste muliebre ; e dopo essere stata condotta in
este muliebre ; e dopo essere stata condotta in giro, essa si vestiva con abito virile. Si voleva con ciò indicare il cangi
e stata condotta in giro, essa si vestiva con abito virile. Si voleva con ciò indicare il cangiamemo di sesso, che la favol
initù, presidi alla campagna e alle frutta di essa, poichè si veggono con fiori e frutta in mano, e calvolta col cornucopio
lo Pegaso nacque anche Crisaore, così detto, perchè comparve al mondo con una spada d’oro in mano(c). Igino però fa nascere
figlio d’Eolo, e re di Tebe, nella Beozia. Egli si unì in matrimonio con Nefele, da cui ebbe un maschio, di nome Frisso, e
manifestò a Frisso la perfida trama d’Ino, lo consigliò a fuggirsene con Elle, e si esibì di trasportarli altrove sul prop
ordinato. Se ne avvide Temisto, ma troppo tardi ; collo stesso ferro, con cui aveva ucciso i prop figli, si trapassò il sen
Tifone. Valerio Flacco soggiunge, che lo stesso Dragone si alimentava con sacrifizj(c). Altri dissero, che Pallade regalò a
esse più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso di navigare con una, che ne conteneva cinquanta, detta perciò anc
e, che morì di semplice malattia. Giasone per molti giorni ne celebrò con gran pompa i funerali, e diede segni di somma tri
ese. Ercole, oppresso dal caldo e dalla fatica, inviò il predetto Ila con un’ urna ad attingere dell’ acqua al fiume Ascani
a). (18). Ificlo si trovò tra gli Argonauti, attesa la sua parentela con Giasone. Tale parentela venne dall’essere Alcimed
ne la loronave ; ma che queglino, essendone stati avvertiti da Medea, con essa lei se ne fuggirono. Altri soggiungono, che
imento (b). Altri raccontano, che Medea mindò il suo figliuolo, Fere, con certi doni avvelenati, affinchè egli li presentas
le (b). Alcmena dopo morte fu da Mercurio per ordine di Giove sposata con Radamanto (c). (e). Declaustre Diction. Mythol.
senzachè ella se ne accorgesse, la medesima, avvedutasene poi, da se con impeto lo rigettasse, e se ne spargesse quindi pe
rzi, che quello faceva per iscappargli di mano, lo tenne sempre fermo con sorprendente robustezza, finchè la bestia gli las
di piede, per cui lo aveva afferrato. Dicesi anche, che questo Atleta con una sola mano arrestò in un momento un carro, che
po tre de’ più forti della sua Guardia, e Polidamante li uccise tutti con un solo pugno. Egli finalmente, entrato in una gr
ccise tutti con un solo pugno. Egli finalmente, entrato in una grotta con alquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì
e soggiugne altresì, che gli abitanti della città d’Agira coltivavano con somma accuratezza la loro capigliatura, finchè ri
zzandosi alle rive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la sollevò con una spezie di turbine oltre le cime de’monti, e f
estato tale servigio a quel re, sì perchê il medesimo li avea accolti con somma ben volenza insieme cogli altri Argonauti,
o. Fineo, essendogli morta la prima moglie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia di Dardano, la quale lo persuase d’a
o da Ercole(e). (a). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (19). Insieme con Ercole, allorchè egli andò in cerca d’Ila, si unì
avrebbono trovato la pioggia col buon tempo. Miscelo allora s’imbarcò con molti de’suoi concittadini, e arrivò in Italia, o
, si ritirò col suo discepolo, Endeo, nell’ Isola di Creta (b). Minos con piacero accolse un uomo assai celebre appresso tu
el tempo ignota, e affatto nuova nella natura. Si fece ad unìre penne con pene con tale simmetria, che le più corte e più p
ignota, e affatto nuova nella natura. Si fece ad unìre penne con pene con tale simmetria, che le più corte e più piccole al
rte e più piccole alle più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò con filo quelle di mezzo, e con cera strinse insieme
randi e più lunghe succedevano. Indi legò con filo quelle di mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dando alle una e
a, non n’ era corrisposta, e la quale, per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua rivale, fu dal predetto Nume cangiat
orona da Anfitrite, ed ecco come : tralle sette giovani Ateniesi, che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’ era una
li erano state appese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse gli cavò gli occhi. Frattanto Reto, abbranca
ico. Il peso non glielo permise, e in vece del Centauro privò di vita con essa Conete, suo collegato, ch’era poco lontapo.
ripigliato il tizzone mezzo abbruciato, replicò sopra Caraso i colpi con maggiore forza, finchè gli ruppe il cranio. Conti
l vino, mescolato colle acque deflo Stige. Il nerboruto Petreo faceva con ambe le braccia ogni sforzo per ischian are una q
una quercia, piena di ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e con una lancia gli rrapassô le coste. Colpiti ugualme
anza Feocomete, le di cui membra erano copette da più pelli di Leoni, con un tronco sterminato alla mano vecise quel Fonole
spettacolo il vadere steso a terra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo di stanga, datogli nel petto. Cimelo poi
mposa mostra dello scudo, della spada, e dell’asta, ferali stromenti, con cui avea tolto la vita e le spoglie al Tessalo Al
a e le spoglie al Tessalo Aleso. Ma il ferro di Latreo, benchè spinto con impeto, non mai offendeva le membra di Ceneo, qua
Nella morte del compagno accorsero a truppa i rabbiosi Centauri, che, con orribile tuono di voce empiendo l’aria di grida,
ia. Colei, che aveva ereditato dal padre il regno, accolse Demofoonte con somma distinzione, e ne divenne amante. Dopo alcu
empre lo fuggiva. Avvenne finalmente, che la giovine, correndo, calcò con un piede un serpente, nascosto sotto un cespuglio
lio di Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto gli Orcomenj
are in molte maniere : ora pet mezzo del tripode, su cui sedeva ; ora con un ramo d’allero, gettato nel fuoco ; ora coll’os
a, e che dopo d’essersi fatte varie preci, e dopo esservisi dispositi con certo ordine alcuni caratteri, da se si muovevan
ispositi con certo ordine alcuni caratteri, da se si muovevan e quasi con voce pnerile rispondeva a chi la consultava(b). E
, che Troilo, trasportato dalla giovanile audacïa, ardi di azzuffarsi con Achille, da cui senza fatica alcuna rimase ucciso
ontani paesi(b). (11). Laodice dopo la morte di Acamante fu maritata con Elicaone, figlio d’Antenore, e re de’Traci, che m
lo il dono di conoscore i più secreti arcani dell’avvenire. Cassandra con tutto ciò risguardava quel Nume con dispregio. Ei
i arcani dell’avvenire. Cassandra con tutto ciò risguardava quel Nume con dispregio. Ei se ne sdegnò ; nè potendo spogliarl
a dallo stesso Erodoto, la quale dice, che Elena, essendosi imbarcata con Paride per trasferirsi in Troja, fu da una procel
allevato da Etra, madre di Teseo, che Paride avea condotto da Sparta con Elena. Come fu presa Troja, Etra mostrò ad Acaman
desi poscia volare in aria una fosca favilla, che si unì e si addensò con altre di somigliante natura, e prese non solo for
lo ogni sette anni(b). (18). Protenore concorse alla difesa di Troja con otto vascelli (c). (19). Appotoo con Pileo, suo,
e concorse alla difesa di Troja con otto vascelli (c). (19). Appotoo con Pileo, suo, fratello condusse i Pelasgi a difende
e. Ebbe per cocchiere Areitoo(l). (27). Satnio, dopo aver combattuno con molto valore, fu privato di vita da Ajace, figlio
veggendo sì maltrattato il loro re, inseguirono Ecuba, che fuggiva, e con immensa quantita di sassi la fecero perire(a). Al
mondo in modo straordinario. Il di lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche, sua moglie, senza averne avuto mai prol
a averne avuto mai prole. Egli consultò l’Indovino Melampo del mezzo, con cui avrebbe potuto rendere la moglie sua feconda.
letto, andò a riferire ad Acasto, che la di lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro alla di lei stanza, nè avend
17. (e). Id. Iliad. l. 15. (3). Cebrione rimase ucciso da Patroclo con un colpo di pieltra, che gli spaccò la testa(e).
n. Lex. Univ. (5). Miseno dopo la distruzione della sua città venne con Enea in Italia. Dicesi, ch’egli, avendo provocato
n zzo di Mercurio gli abbiano spedito una spada, lavorata da Vulcano, con cui potè provedere alla sua salvezza. Assistito p
ride in guisa, che in quello stesso instante egli spirò. Enone allora con un colpo di pietra uccise il messaggiero, perchè
tò talmente sorpresa dalle tristezza, ch’ella pure morì, e fu sepolta con Paride. Finalmente vuolsi da altri, che Enone abb
n Paride. Finalmente vuolsi da altri, che Enone abbia trattato Paride con eccesso d’inumanità d’inumanità, allorchè prostes
ttenne in Caieta per riposarsi de’ lunghi travagli, sostenuti insieme con Ulisse. Là egli s’incontrò con Enea, cui descriss
de’ lunghi travagli, sostenuti insieme con Ulisse. Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le sue avventure, e quelle di
llo di questo stesso animale(a), il quale simboleggiava la vigilanza, con cui si supponeva, che quelle Deità guardassero la
ano al medesimo doni da’ parenti e dagli amici ; e la Festa terminava con un banchetto(f). Nè solamente le famiglie, ma le
ola Iliade, dice, che Enea rimase prigioniero de’Greci, e che fu dato con Andromaca a Pirro, figlio di Achille (c). Altri s
o, che i Greci lo lasciarono uscire liberamente da Troja, perchè egli con Antenore, e Polidamante, figlio dello stesso Ante
roade. Questi due ultimi vennero uccisi da Turno (h). Si unirono pure con Enea Mnesteo, Principe Trojano, discendente d’Ass
in mare. Gli Dei, per punire tanta inumanità di coloro, li àfflissero con fiera pestilenza. I Velini, avvertiti dall’Oracol
ano, che restò colpito dal fulmine, perchè si vantò d’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re
ederle tanto spazio di terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare con una pelle di bue. L’ottenne : quindi, tagliata la
ottenne : quindi, tagliata la pelle in istrettissime striscie, occupò con quella tanta terra, che fu bastevole a fabbricarv
che prende nella generazione degli uomini, o perchè si genera insieme con loro (d). Due sorta di Genj furono da altri ricon
medesimi spargessero la terra d’acqua ; attinta al fiume Stige, e che con essa vi facessero insorgere la peste, la guerra,
vecchi, ed ora di giovanetti, qualche volta alati (b). Si coronavano con foglie di platano (c). Talora comparivano anche s
monte Aventino (l). Virgilio poi narra, che Evandro ebbe a combattere con Erilo, re di Preneste, in Italia ; e che tre volt
e, incoraggito da Apollo, gli si oppose. Combatterono per lungo tempo con eguale valore. Finalmente la vittoria si dichiarò
a il corpo di Ettore, legato a’suoi cavalli ; e terminè que’ funerali con Giuochi funebri(b). In quelli molto si distinse,
e, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja con due cavalle di Fersziade, le quali Apollo aveva a
femminile(d). (10). Mege, figlio di Fileo, si portò contro i Trojani con quaranta vascelli. Egli tra gli altri uccise Cres
Teuti condusse un corpo d’Arcadi contro Troja ; ma poi, disgustatosi con Agamennone, volle ritornarsene nell’Arcadia. Mine
redetta Divinità. Eglino le eressero una statua, che la rappresentava con una ferita in una coscia(a). (14). Tersite era u
re d’insultare anche Achille, come più diffusamente vedremo, e quegli con un pugno lo privò di vita(c). (15). Le figliuole
e si transferì in Colofone, città della Ionia. Ivi prese a gareggiare con Mopso, figlio d’Apollo, e della fatridica Manto.
quanti feti portasse in seno una porca, quando fosse per partorire, e con quali segni ; egli per timore d’ingannarsi non pr
chè ella non osava di manifestare a Menelao il suo secreto matrimonio con Teseo. (18). Mentre i Greci stavano inteati a fa
uoi d’introdurlo in città. Dicesi, che ciò abbia fatto per vendicarsi con Priamo, che avea fatto morire il di lui figliuolo
non senza inganno erano certamente i doni loro. Così dicendo, scagliò con forte braccio nel fianco dello stesso cavallo una
staccarono dall’ Isola di Tenedo due serpenti, che, strisciando prima con fischi orribili sulla superfizie dell’acqua, si l
ma sacrificassero uno di loro, affinchè potessero rimettersi di nuovo con favorevo le vento alle patrie terre. Soggiunse, c
i Trojani a tale discorso, lo sciolsero da’ lacci, e gli’ ricercarono con oual disegno i Greci avessero formata l’immensa m
una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove visse di rapine. Ella correva con somma rapidità, nè fu presa che colle reti(a). Ri
heggiare il tempio di quel Nume, ma in vece restò egli ivi ucciso(c). Con tutto ciò fu poscia onorato in quell’Isola come u
ono certe Feste, dette Neottolemee, le quali si celebravano ogni anno con molta pompa(d). (b). Idard. Stor. Pon. (a).
e ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro nel generale esterminio. Terminata la preghi
novò a Giove l’istanza, acciocchè ripopolasse la di lui deserta città con una copia di abitatori, cotrispondente a quella d
ia presso il re Teutrante. Questo Principe trovavasi allora in guerra con Ida, figlio d’Afareo, e il quale voleva detronizz
ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei mandarono nel mezzo loro un
sifo, figliuolo di Eolo, pochi giorni prima che Anticlea si maritasse con Laerte, la lasciò incinta di Ulisse(a). (2). A’t
co di cose necessarie alla vita, e ciò che si comprava, veniva pagato con animali, o con ischiavi, o con oro o argento info
ssarie alla vita, e ciò che si comprava, veniva pagato con animali, o con ischiavi, o con oro o argento informe. (c). Hom
, e ciò che si comprava, veniva pagato con animali, o con ischiavi, o con oro o argento informe. (c). Hom. Odyss. l. 1.
amede il soprannome di Belide, perchè confonde Nauplio, di lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una delle Danaidi,
ate di quell’Eroe cadde accidentalmente a Filottete sul piede stesso, con cui avea percosso la terra, e gli aprì una piaga
i Esculspio, finalmente lo guarì(a). Filottate subito dopo si segnalò con varj tratti di valore, e fece orribile strage de’
vendo udito, che i suoi gli si erano ribellati, si trasferì in Italia con alcuni Tessali, e nella Calabria fondò, ovvero, c
(16). Ditti Cretese(d) e Aristoto(e) narrano, che Nausicaa si maritò con Telemaco, figlio d’ Ulisse ; e che n’ebbe un figl
ata per lo spazio di venti anni divisa da Ulisse, tuttavia corrispose con invitta costanza alla di lui fedeltà. Ella sperav
ndovino ed Augure, allorchè Giove mandò due Aquile, le quali, volando con gran romore sul capo di coloro, presero a stracci
Centauro Chirone, e per padre Eaco, re degli Egineti. Egli, giuocando con Folo, suo fratello, ma nato da diversa madre, lo
i giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e permise ad essi di combattere l’uno cont
dopo qualche tempo lo richiamò a se, fingendo di voler riconciliarsi con lui, ed ammetterlo a parte del Regno. Ritornato T
e. V’accorse tra quella moltitudine anche Altemene, e vibrò un dardo, con cui senza accorgersi ferì il padre. Ne venne in c
ia e Deifile. Ne ricevette in risposta, chè una di esse si sposerebbe con un cinghiale, e l’altra con un leone. Altri dicon
n risposta, chè una di esse si sposerebbe con un cinghiale, e l’altra con un leone. Altri dicono, che parve a lui in sogno
a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare, che Meleagro, suo fratello,
o per tale ferita ; e ajutato da Minerva, si avventò contro i Trojani con nuovo ardore, e ne fece orribile carnificina. Pan
. Scoccò un dardo, che nol ferì. Diomede anch’egli ne vibrò un altro, con cui stese a terra Pandaro. Enea voleva ricuperare
lei nel tempo della di lui assenza erasi abbandonata a dissoluta vita con Cillabaro, figlio di Stenelo, ovvero, come altri
uta vita con Cillabaro, figlio di Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia uomo : lo ché gli avvenne, per aver fer
ea(c). Durante la navigazione molti de’ compagni di Diomede parlavano con disprezzo dell’anzidetta Dea, ed eglino furono ca
fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato an
vato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol avesse tradito. Anch’egli p
’un sottoposto precipizio, e vi perì(c). Altri pretendono, che mentre con tutta fortezza combatteva, la terra siasi aperta,
eva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli dopo morte fu ascr
13 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
. E’ vero, che questi, qualora sieno alfabeticamente esposti, possono con tutta facilità offrirsi agli occhi di chi or l’un
a seconda gli Eroi più celebri vengono indicati, e degli altri ancora con Note per lo più si fa parola ; nella terza finalm
chè furono dal Gentilesimo divinizzati. I Misterj poi e le Ceremonie, con cui si onoravano que’ pretesi Numi ; gli Oracoli
non potevano non avere altamente in orrore. Era d’uopo pertanto, che con inflessibile severità distinguendosi l’utile dal
le esecrando eccesso di follia ei cadde, che non isdegnò di ammettere con apertissima contraddizione più Nature Divine, nè
diverse opinioni de’ sacri e profani Scrittori non lasciano stabilire con sicurezza chi di sì enormi delirj ne sia stato l’
ca, come lo è il mondo ; ed è parimenti fuori di ogni dubbio, ch’essa con tale e sì ampio corso si diffuse, che quelle sogn
devano il mostruoso ammasso di tante chimeriche Divinità, ad esse-poi con sacrilega mano bruciavano incensi, e supplici ric
no, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato avvinto da Giove, allora si sc
entasi sotto l’ aspetto di un vecchio incurvato, co’ capelli bianchi, con lunga barba, con ali alle spalle, e con falce in
spetto di un vecchio incurvato, co’ capelli bianchi, con lunga barba, con ali alle spalle, e con falce in mano(a). Le ali a
curvato, co’ capelli bianchi, con lunga barba, con ali alle spalle, e con falce in mano(a). Le ali alludono alla rapidità,
i alle spalle, e con falce in mano(a). Le ali alludono alla rapidità, con cui trascorre il tempo ; la falce indica il fine,
orzava, se ne traeva infausto presagio, nè si poteva riaccenderlo che con ispecchi opposti al Sole(i). Esso però si rinovav
desimo conservavasi sospeso in vasetti di terra(a), e vi si gettavano con profusione fiori odorosi, ed anche cose preziose.
stivano di lino ; andavano colla testa rasa ; e si cuoprivano i piedi con sole scorze fine dell’ albero, detto Papiro(c). Q
che se partoriva una femmina, la uccidesse, poichè mon avrebbe avuto con che sostenerla. Nacque una bellissima bambina ; m
di soccorso. Uscì finalmente la madre dal tempio. La seguì la figlia con passo più franco del consueto, e s’ avvide ch’ er
, e la terra divenne nuovamente fertile(a). Cibele comparisce dipinta con corona di toni il capo, donde le derivò appresso
ella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di rallegrarla con varj ridicoli racconti(a). La Dea per ricompensar
alla luce. Visse il fanciullo, e crebbe fino ad unirsi in matrimonio con Crisorte. Plemneo, venuto in cognizione che Cerer
antica città della Sicilia aveva un augustissimo tempio e una statua, con tale artifizio formata, che chi la mirava, o cred
della Laconia, nel quale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e
avano ogni cinque anni, e duravano nove giorni (a). Si correva allora con torcia accese (b) ; si sacrificavano molte vittim
acrificavano molte vittime a Giove e a Cerere ; si facevano libazioni con due vasi pieni di vino, uno de’ quali versavasi d
Oriente, e l’altro da quella d’ Occidente (c) ; finalmente si andava con gran pompa da Atene ad Eleusi, più volte fermando
o in alegrezze e conviti(a). Chi celebrava le Demetrie, si percuoteva con flagelli, composti di corteccie d’alberi (b). In
ste Feste per quattro giorni si facevano in più città della Grecia, e con maggior pompa d’ogni altro luogo in Atene (f). Fu
spezialmente quello d’Eleusi. Il medesimo si riputava così sadro, che con pelli d’animali se ne cuopriva il pavimento, affi
profani, che si allontanassero dal tempio (c). E’ celebre il castigo, con cui Cerere puni il Tessalo Erisittone, figlio di
ame. Non conveniva però, nè permetteva il Fato, che la Fame si unisse con Cerere ; quindi costei per mezzo di una delle Ore
ardore della sua fame (b). Cerere rappresentasi coronata di spighe, e con fiaccola accesa in mano. Altri la dipingono colla
ente comparisce anche assisa sopra un carro, tirato da Dragoni alati, con un fascetto di papaveri nella destra, e una fiacc
presso i Coribanti(1). Questi, fingendo di sacrificare, e strepitando con cembali e timpani, facevano sì, che Saturno non p
Gigantomachia, ossia il contrasto co’ Giganti(4). La terra sdegnatasi con Giove, perchè questi avea sterminato i Titanl, av
i essi. V’è chi dice che uno de’Dattili, di nome Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi fratelli dall’Ida, monte di Cr
lti buoi (d). La medesima Solennità chiamavasi anche Diipolia, perchè con essa si onorava Giove Polico, ossia preside e cus
la città (e). Si poneva allora sopra l’altare del Nume orzo mescolato con frumento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servir
i, che dovei servire di vittima, mangiava di quel grano, il sacerdote con una scure feriva quell’animale, e davasi alla fug
vi perdettero trecento mila uomini(d). Tali solennità si cominciavano con una processione, anounziata colle trombe. Vi conc
l Nume desse i suoi Oracoli. Questi e per la loro origine e pel modo, con cui si rendevano, erano assai famosi. Strabone di
Tebe in Dodona. Quivi sopra i rami delle predette quercie si posò, e con voce umana fece intendere, che Giove era per ista
e ciò sia, certo è, che non v’ebbe Oracolo, cui si facesse rispondere con più solennità, quanto quello di Giove Ammone, ma
tto l’avvicinarvisi gran fatto. A qualche distanza d’intorno le donné con danze e canti festeggiavano la sacra ceremonia. I
è Numa Pompilio lo fece discendere dal Cielo per apprenderne il modo, con cui si porevano allontanare i fulmini. Lo stesso
apparisce, in quanto che Giove si manifestava alla terra co’ tuoni, e con varj prodigi (b). Diespitero fu appellato da’Roma
ale occasione si faceva anche girare da’ sacerdoti per le vie di Roma con grande pompa la sacra Pietra, detta Manale, la qu
te di Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da di là si alzava to
ali anticamente si denominava Atabiria (f). Colà avea Giove un tempio con tori di bronzo, i quali co’ loro muggiti predicev
da lui sotto il nome di Mematte se no implorava in Atene la serenità con solenni sacrifizj, detti parimenti Mematterj (a).
pericoli e disastri (e). Esichio vuole, che le Diasie si celebrassero con somma tristezza. Ilapinaste si disse il Nume dall
Ilapinaste si disse il Nume dalla Greca voce ilapine, conviti, perchè con questi era magnificamente onorato in Cipro(f). Si
r recare diletto agli stranieri, ed esse si cominciavano, e compivano con libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partiv
rtivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza, come indizj della contratta amic
no d’orrore e di sdegno, scagliò in quello stesso istante un fulmine, con cui incenerì la Reggia del Tiranno. Questi spaven
rano gente detestabile pe’loro inganni e spergiuri. Costoro promisero con giuramento a Giove di ajutarlo, allorchè si accin
ato Prometeo se ne stette per trenta anni, dopo i quali Ercole uccise con una saccta l’avoltojo, ministro delle sovrane ven
oandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’era corrisposto. Avvenne, che Ca
no d’avorio, col fulmine nella destra e col regio scettro (c), ovvero con una Vittoria nella sinistra. Appresso al di lui s
e. Ciò talmente promosse lo sdegno del Sommo Giove, che questi voleva con un fulmine precipitarlo nel Tartaro ; ma Apollo o
a, dette le Indie. Intraprese questo viaggio per sottrarsi all’ odio, con cui lo perseguitava Giunone. Egli radunò moltitud
iacarono, che ne uccisero il Sacrificatore. Il Nume tosto li afflisse con grave pestilenza. Consultarono l’ Oracolo di Apol
si denominarono da’ Greci Teinie dal nome Teino, ossia Dio de l vino, con cui appellavasi Bacco (h). Le stesse da quelli si
e altri vogliono, Orfeo, da cui furono delle Orfiche (m). La maniera, con cui si solenizzavano, da principio era sempliciss
adia. Per comando dell’ Oracolo di Delfo allora le donne si battevano con verghe all’ altare di Bacco, e la statua del mede
al nome Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo stesso che Bromio, e con cui gli antichi Romani soleano chiamare Bacco (g)
rio limitrofo. Santio, re de’ Beozj, propose di dar fine al contrasto con un particolare com-battimento. Timete, re d’ Aten
iolati i patti, avendo egli al suo fianco un altro guerriero, coperto con nera pelle di capra. Santio girò il capo per vede
endemia appresso i Pellenj, popoli d’Acaja. Si andava allora di notte con fiaccole accese al tempio di Bacco. In tutti i bo
are seco lui ; ma temendo che gli altri convitati ricusassero di bere con Oreste, ordinò che a ciascuno di quelli fosse dat
(b). Le Antesterie secondo alcuni non erano una festa particolare, ma con tal nome si chiamavano tutte le Feste di Bacco(a)
erano le Orgie, così dette, perchè si celebravano di noste, correndo con torcla accese per Atene(b). Coloro, che v’interve
ste Feste, che le donne n’erano escluse. Quindi un sacerdote di Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli permesso di uc
uecisero Ippaso, figlio di Leucippe, e lo recarono sulla mensa furono con tutta la loro famiglia per sempre escluse dalle A
vano d’olio, e poi vi saltavano sopra, studiandosi di rimanervi ritti con un solo piede. Chi cadeva, era deriso. Il viacito
no. Questa Festa fu detta Ascolia dal greco verbo, ascoliazin, saltar con un solo piede sopra l’otre. V’è chi crede, che co
reco esprimevasi anche col verbo bazin ; o perchè elleno si vestivano con pelli di volpi, dette in lingua Tracia bassari ;
erò altro non otteneva che indifferenza e disprezzo. Ei se ne querelò con Bacco ; e il Nume suscitò tra que’popoli una mala
’egli stesso volle darne eccitamento a’ Sudditi col suo esempio ; che con un colpo d’accetta si tagliò le gambe ; e che gli
invaghì della di lui figliuola, Caria ; ma non poteva mai trattenersi con essa sola, perchè le altre di lei sorelle, Orfe e
Bacco s’avvicinava alle mura di Tebe, il popolo corse ad incontrarlo con giulivi applausi. Penteo, mal sofferendo siffatte
vviso in que’ dintorui grandissimo strepito, e quelle femmine viddero con istupore, che le loro tele divenivano verdi, e fr
carro crano formate di pampini(h). Fu talora questo Nume veduto anche con corna di toro nella fronte, e tal’altra con testa
questo Nume veduto anche con corna di toro nella fronte, e tal’altra con testa dello stesso animale(i). Finalmente gli si
un grappolo d’uva, o un corno di bue, perchè gli Antichi soleano bere con quello il vino(l). Per questa ragione Bacco fu de
io di Giunone posero la di lei statua sopra un trono collo scettro, e con un cuculo sopra di quello (b). Quando si celebrar
cuculo sopra di quello (b). Quando si celebrarono le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti gli
que’pomi a Giove per dote. Giunone non visse troppo in buona armonia con Giove, e unita a Pallade e a Nettuno perfino lo c
ella ne venne quindi severamente punita. Giove le fece legare le mani con catena d’oro, la sospese in aria con due ancudini
ta. Giove le fece legare le mani con catena d’oro, la sospese in aria con due ancudini, che le pendevano a piedi (a). Gli a
improvviso, donde niuno si accorgesse, che un Nume stava conversando con una mortale(3). Giunone, sollecita sempre di Giov
a sì bella. A siffatta inchiesta il Nume si trovò in gradde conflitto con se medesimo, ma finalmente cedette l’animale. Giu
pe, ne intrapreso la guarigione.(9). Cominciò egli dal placare la Dea con numerosi sacrifizj, e facilmente condusse a felic
lla di lei. Benchè Giunone non sia quasi mai vissuta in buona armonia con Giove, tuttavia fu anch’essa riconosciuta come pr
so i Romani era il dividere la capigliatura della sposa in sei trecce con un’ asta immersa nel corpo d’un Gladiatore, la qu
d onore della stessa Dea da Ippodamia. Vi presiedevano sedici matrone con altrettante serve. In queste garoggiavano le verg
ua immagine. Altra Festa dello stesso nome si solennizzava in Pellene con giuochi, ne’ quali davasi per premio al vincitore
ro, che volesse fuggirsene ; e per timore che lo facesse, la legarono con rami d’albero, finchè Admete la rimise nel tempio
empio il pileo (c). Era chiamata Boopide, perchè veniva rappresentata con occhi grandi, coine quelli del bue (d). Si diceva
voli a Giunone, colla quale rispose loro, che se avessero combattusto con coraggio, neppure l’ argento sarebbe loro mancato
ali risposero, che le Dame Romane doveano placare la sorella di Gìove con sacrifizj e offerte. Presentarono queste un bacin
iunone Regina, fatte di cipresso. Seguirono poi le ventisette giovani con abiti lunghi, e cantando un inno alla Dea. I De c
Pavoni (d), uno de’quali le sta anche d’appresso (e). Cinge la fronte con diadema di rose e di gigli (f). Talvolta in figur
eduto, o non orano mai più per vederli. Per tre giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel tea
icinque giusta il numero delle Ninfe Parnassie, che si congratularono con Apollo vincitore, e gli offerirono dei doni (c).
ì divertirsì seco lui al gioco del disco ; ed essendo questo ricaduto con impeto sul capo di Giacinto, talmente lo colpì, c
iglio d’Ilo, stava allora alzandovi le mura di Troja. Il Nume insieme con Nettuno, ramingo del pari sulla terra, esibì la s
cede (b). Quindi Apollo fece perire una gran parte di quegli abitanti con una peste desolatrice (c). Nè fu solamente in Tro
uello dell’accennato stromento (d). Apollo, riconcillatosi finalmente con Giove, sali di nuovo all’Olimpo, e fu venerato co
g). Dicevano gli Antichi, che questo tempio era stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti dalla valle di Tempe, e che
pio, e si disse, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di figure sul frontespizio, le quali d
Osii, ossia santi, i quali assistevano agl’Indovini, e sacrificavano con loro (d). Maravigliosa fu la maniera, con cui Apo
l’Indovini, e sacrificavano con loro (d). Maravigliosa fu la maniera, con cui Apollo manifestò, ch’egli dallo stesso tempio
ati dalla loro patria da’Pisistratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato
l’Epidemie. Il Nume dopo aver ucciso il serpente Pitone, si trasferì con Diana, sua sorella, in Egialea ; ed essendone sta
se i Romani volevano allontanare da se il nemico, dovevano obbligarsi con voto solenne a celebrare ogni anno de’ Giuochi in
un certo Iperboreo, di nome Agieo, trasferitosi nella Focide insieme con un certo Pagaso gittò i primi fondamenti del temp
li avea liberati dalla peste nel tempo della guerra, che sostenevano con alcuni popoli del Peloponneso a’giorni di Pericle
ia un sacerdote, di nome Crine. Il Nume per punirlo della negligenza, con cui esercitava il suo ministero, mandò de’topi a
a di cui strage, commessa da’ Dorj, venne vendicata dallo stesso Nume con orribile pestilenza. Vuolsi da alcuni, che que’ p
utti la spinsero sui lido del Peloponneso. Gli Spartani la raccolsero con tutta venerazione, fabbricarono nelto stesso luog
, e figlio di Seuta. Egli fu regalato dal Nume d’ una freccia d’ oro, con cui sollevavasi in aria, e scorreva per qualsisia
finalmente secondo alcuni non mangiava mai, ed era stato quegli, che con uno degli ossi di Pelope avea formato il Palladio
del tronco d’un ulivo, coronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di rame, il quale rappresentava il Sole.
uanti erano i giorni dell’ anno. Questo ramo così preparato portavasi con gran pompa in giro. Chi ciò faceva, chiamavasi Da
do Dio, prese le sembbianze di Eurinome, si appressò a Leucotoe ; che con alquante serve stava torcendo lo stame. Fece, che
e il capo delle Muse(d) (32), figlie di Giove e di Mnemosina(e) (33). Con queste il Nume soggiornava sopra i monti, Parnass
sere posta a confronto di chi ne avea assai più. Se ne querelò Latona con Diana e Apollo, i quali ben presto la vendicarono
Gigante col fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(f). Comunemente però con Apollodoro si dice, che Tizio, avendo incontrato
iò di celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia di purpurea tiara. Con tutto ciò se ne accorse quello de’suoi servi, che
. Apollo finalmente ebbe sul monte Qulrinale in’Roma un tempio comune con Clatra(54). Gli animali sacrì ad Apollo furono la
a il turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pure una corona d’alloro, e trat
na mano stringe pure una corona d’alloro, e tratra coll’altra un arco con varie frecce, ovvero una lira. Il motivo, per cui
maggiori della Tessaglia, era amata da questo Dio (56). E benchè ella con odio implacabile gli corrispondesse, Apollo tutta
uniti da Diana. Si nominano spezialmente Chione, Cidippe, e Melanippo con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di
no spezialmente Chione, Cidippe, e Melanippo con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di Chione, figlia di Dedali
lo sdegno di Diana. Ella prese ad opprimere eziandio quegli abitanti con varie sciagure. Coloro per liberarsene furono dal
denominò Ortione, ossia dura, inflessibile, a cagione della severità, con cui puniva quelle delle sue Ninfe, le quali non c
o perciò ogni anno al tempo della raccolta delle noci onoravano Diana con balli e canti, che si chiamarono le Feste Carie (
astenevano per qualche dì dalla caccia, coronavano i cani di fiori, e con fiaccole accese si recavano nella predetta selva
Attica un orso, addimesticato e sacro a Diana, viveva famigliarmente con quegli abitanti. Un’incauta fanciulla divenne sua
la Luna, crescente, piena, e calante (d). Ella quindi rappresentasi o con tre figure unite, o con un corpo solo, ma questo
a, e calante (d). Ella quindi rappresentasi o con tre figure unite, o con un corpo solo, ma questo con tre teste, e quattro
rappresentasi o con tre figure unite, o con un corpo solo, ma questo con tre teste, e quattro braccia (e). Gli Ateniesi av
serve in certo modo di guida a’ viaggiatori. Come tale rappresentasi con fiaccole in mano per additare il cammino (e). Ebb
tina (b). Anche i Stratonicesi al dire di Strabone (c) solennizzavano con grande concorso le predette Feste. Le altre Feste
ana (d). I Siracusani pure per tre giorni celebravano le stesse Feste con conviti e giuochi (e). Le Lafrie erano feste, le
quantità di legno secco. Portavano in processione la predetta statua con tutta la pompa. Una vergine sacerdotessa compariv
vano do’ sacrifizj, e sulle pubbliche strade collocavano delle tavole con pani da distribuirsi a’ poveri. Eglino furono imi
in tumulto. Al tempo delle medesime secondo il Pitisso si celebravano con pompa nel tempio della Dea contratti di nozze. Di
lla Dea venerata sotto il nome di Ortia, sì aspramente fla’ gellavano con verghe i più nobili giovinetti, che questi sempre
ltare. Le madri loro stavano presenti a quella barbara carnificina, e con grida li animavano alla costanza. Coloro poi, com
giero, il quale però, se i Ministri della flagellazione non vibravano con forza i loro colpi, diveniva sì pesante, che la p
itale (e). Diana, considerata come la Dea della caccia, rappresentasi con una mezza luna sulla fronte, calzata di coturni,
a, rappresentasi con una mezza luna sulla fronte, calzata di coturni, con arco e turcasso, e con un cane a’suoi piedi. Alle
a mezza luna sulla fronte, calzata di coturni, con arco e turcasso, e con un cane a’suoi piedi. Alle volte ancora dipingesi
Tito consultò, quando, si trasferì in quell’ Isola per congratularsi con Galba del suo innalzamento all’ Impero(b). Si rac
ella parte-superiore erano uomini, e nell’inferiore pesci, e finivano con una lunga coda(b). Si appellò Pandemia, perchè è
e e Melibea si amavano teneramente, e aveansi reciprocamente promesso con giuramento di sposarsi, quando accadde, che i gen
irato ; ed ella v’arrivò nel momento, in cui egli s’assideva a tavola con alcuni amici. I due giovani si maritarono, e in m
, ebbe appresso gli Spartani un tempio, in cui ella compariva velata, con catene a’piedi, impostele da Tindaro, per indicar
La prima, perchè era stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse con una di quelle spine, per la quale puntura la rosa
zarono un tempio a Nettuno Asfalio o Asfalico, ossia Stabilitore (c). Con tale titolo ebbe altri tempj nella Grecia(d), e u
. Vi furono in seguito ammessi anche i Romani, i quali li celebrarono con molta magnificenza. Eglino oltre i soliti eserciz
e agli abitanti dell’Istmo(c). I vincitori da principio si coronavano con fron li di pino, indi con foglie d’appio secco(d)
(c). I vincitori da principio si coronavano con fron li di pino, indi con foglie d’appio secco(d). I loro nomi venivano alt
icevano monofagi, ossia che mangiavano soli. Si chiudeva la solennità con un sacrifizio a Venere(d). La vittima. che soleas
li il fiele degli animali, perchè l’amarezza di quello avea relazione con quella del mare(f). Non s’intraprendeva alcun via
chè esso serve alla construzione de’navigli(b). Nettuno rappresentasi con lunga barba, e striage per iscettro il tridente,
. Comparisce Nettuno anche in atto di sedere sopra un mare tranquillo con due pesci, detti Delfini, che nuotano sulla super
sto Nume tirato dal cavallo Arione. Dicesi che questo animale insieme con Era sia nato da Corere e da Nettuno, che si trasf
la Dea erasi cangiata in giumenta(f). V’è chi soggiunge, che Nettuno con un colpo di tridente abbia prodotto Arione, quand
sorpreso da gagliardissimo dolor di capo, ricorse a Vulcano, il quale con un colpo d’accetta glielo spaccò ; e che ne uscì
abbricato per ordine di Pericle dal celebre Architetto Ittino insieme con Callicrate(3) in Atene, fu denominato Partenon. Q
arere. Minerva allora si, diede a conoscere per quella ch’era. Aracne con tutto ciò stette baldanzosa e intrepida nella sua
e il rossore ridussero la infelico a disperato partito di sospendersi con un laccio, e morire. Minerva però volle, che cole
allora anche una Festa, detta Ellozia, in cui i giovinetti correvano con fiaccole accese in mano(a). Tra Minerva e Nettuno
erva(c). E’stata detta Madre o Matrona dal tempio, che le cressero le conne d’Istide, perchè furono esaudite ; quando la preg
evano tre sorta di giuochi. Il primo era la corsa a piedi e a cavallo con torcia accese ; il secondo la lotta ; il terzo un
ivo. Tali Giuochi erano accompagnati altresì da balli, e sì conpivano con solenne sacrifizio e pubblico convito, per cui og
fferte e sacrifizj alla Dea ; i tre giorni seguenti si solennizzavano con ogni genere di giuochi ; il quinto era il più fes
nerva si rappresenta in divise di guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civetta sopra di quello, coll’Egide al petto,
n cui si sarebbe conservato quello scudo. Lo stesso re lo frammischiò con altri undici, del tutto simili a quello, affinchè
a, saltavano per la città, e battevano nello stesso tempo sullo scudo con una nuda spada, che tenevano nella sinistra. Cant
arte ebbe per compagno Eremartea, Divinità, che gli Antichi onoravano con certi rendimenti di grazie, quando aveano consegu
erchè esso è di natura molto coraggioso, ed ha il becco sì forte, che con esso giunge a forare il tronco degli alberi sino
a midolla (d) (8). Marte rappresentasi sotto le sembianze di gigante, con elmo in testa, armato di asta e scudo, coperto di
n elmo in testa, armato di asta e scudo, coperto di vesti militari, e con manto sulle spalle. Alcuni gli danno un bastone d
tinella alla porta del palagio di Vulcano, finchè Marte si tratteneva con Venere (f), come quanto prima vedremo. Marte vede
chiunque irriverentemente vi si accostava (5). Vulcano rappresentasi con barba e capigliatura negletta, coperto di veste,
ura negletta, coperto di veste, che appena gli giunge alle ginocchia, con beretta rotonda e appuntita in capo, tutto sparso
ntita in capo, tutto sparso di sudore, e annerito la fronte dal fumo, con maltello nella destra, e con tanaglie nella sinis
i sudore, e annerito la fronte dal fumo, con maltello nella destra, e con tanaglie nella sinistra(c). Albrico lo dipinse co
a(c). Albrico lo dipinse coll’aspetto di fabbro, deforme e zoppo, che con una mano alza in aria un maltello, e coll’altra s
ito di tal animale(f). Gli Antichi monumenti ce li mostrano sdrajati, con un gomito sopra un’ urna, co’ capelli bagnati, e
o poi rappresentasi sotto l’aspetto di un vecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia in mano, ed ha appresso di se un m
tino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la quale regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, che alle sue di
i uomini, ma tutti gli altri Dei doveano sottomettersi(d). Nel libro, con cui si rappresenta il Destino, credevasi esservi
a egli quello, il quale in certa guisa apriva l’anno ; giacchè questo con Feste a di lui onore sempre cominciavasi da’ Roma
, al Settentrione, e al Mezzodì(e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali era stato il primo in
a cui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona di fiori(e). Non bisogna confondere il
facilmente gli si accordava, quando colui erasi nella zuffa diportato con grande valore. Il premio, che riportavano i Gladi
va che al tempo il più conveniente a fare qualche cosa. Rappresentasi con piedi alati, assisa sopra una ruota, in atto di v
esentasi con piedi alati, assisa sopra una ruota, in atto di volgersi con somma rapidità in giro, con moltissimi capelli al
sisa sopra una ruota, in atto di volgersi con somma rapidità in giro, con moltissimi capelli al dinanzi della testa, e calv
avvenire : Io che dicovasi Capnomanzia. Terminavano le sacre funzioni con un pranzo, chiamato il Sacro Convito, in cui si m
assistete al Sacrifizio, se prima non erasi purificato dal Sacerdote con acqua, detta lustrale. Questa doveva essere stato
sisteva nel versarsi in terra o sul fuoco vino puro, ovvero mescolato con acqua. Ogni sorte di vino però non era opportuno
rprendere la facile credulità degli uomini Vennero quindi gli Oracoli con somma frequenza consultati sopra gli affari pubbl
più profondi secreti. Fu quindi trovata la Divinazione, ossia l’arte, con cui per mezzo di sensibili indizj si credeva di p
resag ivano il futuro dal canto o dal volo degli uccelli, o dal modo, con cui questi prendevano il cibo ; laddove gli Augur
di essa, e benche il tempo n’abbia sempre più manifestato l’inganno, con tutto ciò qualche sentore della mania degl’ Indov
qualche furbo, che professa la Chiromanzia, ossia la stolta scienza, con cui pretende di trarre vaticinj dalla particolare
osa, il di cui nome non era noto che alle donne. Plutarco la confonde con Flora, detta da’ Greci Clori, Dea dei fiori, e a
Feste ei Giuochi Florali, abbominevoli per la licenza e dissolutezza, con cui si celebravano(d). Varrone dice che Buona-Dea
ceremonia, poteva trovarvisi alcun uomo, ma perfino vi si cuoprivano con velo anche le pitture, che rappresentavano qualsi
tristezza in somma esultanza ; per moltissimi giorni l’animale veniva con tutta la sollecitudine nutrito ; e dal modo, con
rni l’animale veniva con tutta la sollecitudine nutrito ; e dal modo, con cui riceveva il cibo, si traevano i propizj o fun
(17). Gli alberi sacri alle Divinità si risguardavano dagli Antichi con sommo rispetto di religione, ed erano onorati di
ta la castità, prese un crivello, e supplicò Vesta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e portarla nel di li
dell’Asia Minore(f). Dissero che questa viaggiò moltissimo, e fu però con varj nomi indicata negli scritti dell’ Antichità(
mo detto, si diede il nome di Erofila. Lattanzio vuole, che sia stata con no me proprio chiamata Eritrea, e che abbia avuti
asi rinomatissima, è certo, che se ne scolpiva l’effigie nelle moneto con una Sfinge a canto. Fu questo un mostro, nato sec
una fonte, sacri alla stessa Sibilla(a). Dicesi che la di lei statut con un libro in mano siasi trovata nel predetto fiume
ibro in mano siasi trovata nel predetto fiume, e che il Senato Romano con solenne pompa l’abbia trasferita nel tempio di Gi
gli altri sei allo stesso prezzo. Derisa vieppiù, e rigettata da lui con maggiore disprezzo, ne diede, altri tre alle fiam
). (b). Poter. Archaeol. Graec. l. 4. (2). Alcuni confusero Cerere con Cotitto, Dea della lascivia. Il culto di questa s
della medesima Divinità furono denominati Bapti, perchè si bagnavano con acqua calda (i). (3). Proserpina sotto il nome d
Nat. Com. Mythol. l. 5. (6). Non operò Cerere in quella guisa anche con Deifonte, figlio d’Ipotoonte, sebbene dimostrasse
Ma la di lui madre, sorpresa da si strano spettacolo, mise un grido, con cui interroppe l’azione di Cerere ; e questa, sal
che ad essi si assegnarono perfino Sacerdoti e Ministri (b), i quali con religioso rito li cibassero (c), sugli altari li
ario da un grosso serpente, che ne divorava gli abitanti, fu da Giove con quel serpente collocato tragli Astri (f). Altri s
a, per aver saccheggiato un tempio di Cerere, fu primieramente punito con una tormentosissima fame, e che poi fu messo a mo
osissima fame, e che poi fu messo a morte dal morso di un serpente, e con questo trasferito in Cielo. Da Igino però soggiun
prendevasi anche dalle persone di alto grado. Qualche volta si faceva con due cavalli, saltando con maravigliosa destrezza
sone di alto grado. Qualche volta si faceva con due cavalli, saltando con maravigliosa destrezza da uno sull’altro, e sempr
a di trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consisteva nell’ alzarsi con tutto impeto in aria per trapassare uno spazio pi
ciale, guernito di piombo, o di ferro, o di rame, e denominato Cesto, con cui l’uno avventandosi centro l’altro vicendevolm
cuni (f) venivano indicati dal solo nome Pancrazio ; ma secondo altri con esso si abbracciavano tutti cinque i predetti ese
o distinto, ove sedeano, diveniva un inviolabile asilo. Pronunziavano con assoluto potere le sentenze, stabilivano le conve
contro gli Atleti, violatori delle leggi, e li facevano anche battere con verghe da un servo, detto perciò Mastigoforo (f).
Per insegna della loro dignità portavano una corona di spighe, legata con bianco nastro. Credesi, che questa sia stata la p
zza, e due braccia in altezza. Furono poi denominati Aloidi da Aloeo, con cui la loro madre erasi unita in matrimonio(f). D
ermettere, ch’ella pure da se sola partorisse ; e che battendo poscia con una mano la terra, ne usciroso dei vapori, i qual
). Il corpo di costui era di tale altezza, che arrivava alle stelle : con una mano toocava l’Oriente, e coll’altra l’Occide
che Encelado(a). Intorno a Briareo Omero soggimge, che questo Gigante con tal nome era chiamato dagli Dei, mentre gli uomin
a Mercurio, e Grazione da Diana(o). Clizio fu fatto morire da Vulcano con un colpo di massa di ferro infuocato(p) Porfirion
va a vincerne che uno, per riportare il premio. Questi gli si avventò con gran furore, e lo strangolò. Arrichicne tuttavia,
della corsa a cavallo(b). Cleomede, dell’Isola d’ Astipalea, lottando con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pu
l’Isola d’ Astipalea, lottando con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pugno. L’azione di lui dagli Ellanodici s
tremità della carriera, senza mai respirare ; che poi lo abbia ucciso con un pugno, e solo nello stesso giorno se lo abbia
dolo, tuttavia nol potevano smuovere. Alcune volte legavasi la fronte con grossissima fune a foggia di benda, e poi ritenen
ssima fune a foggia di benda, e poi ritenendo il respiro, e chiudendo con tutta la forza le labbra, così si gonfiava i musc
i ispirati e divini, e tra questi principalmente Omero. L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo di dali,
o sempre un grande rispetto pe’ giuramenti. Ogni promessa, confermata con essi, si doveva da loro indispensabilmente osserv
della Naumachia (e). Quegli, che n’era il vincitore, veniva condotto con molta pompa al tempio, e coronavasi di mirto. Nar
ra sotterranea, situata appresso il Circo Massimo, ed essa si onorava con sacrifizj, e libazioni, gettate nel fuoco (a). Al
sere secreti (c). Col progresso del tempo tali Giuochi si celebrarono con maggiore magnificenza dagli stessi Imperatori Rom
a anche dei Giuochi, perchè in quel tempo sovrastava una nuova guerra con Antioco (b). Notisi per ultimo che siccome Ebe er
fulmine era la principale Divinità di Seleucia in Siria, e onoravasi con inni e altre particolari ceremonie. V’è chi pensa
battevano i Gladiatori (a), detti Bustuarj dalla voce latina bustum, con cui si chiamava il Rogo, tostochè il cadavere era
on consumate dal fuoco (c) : lo che si diceva Ossilegio. Le bagnavano con latte e vino, e le chiudevano con fiori e odorosi
e si diceva Ossilegio. Le bagnavano con latte e vino, e le chiudevano con fiori e odorosi liquori in un’urna, detta Cinerar
r recare diletto agli stranieri, ed esse si cominciavano, e compivano con libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partiv
rtivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza, come indizj della contratta amic
re. Così avvenne ; e ben lo comprovarono una grande tempesta, insorta con gagliardissimo vento, e il fulmine, che incenerì
o, e li lasciò in libertà (a). Non è da confondere l’anzidetto Acmone con quello, il quale dicesi essere stato il primo pad
primo ritrovatore del fuoco, ebbe nell’Academia d’Atene un’Ara comune con Vulcano, e Minerva (d). A lui pure, e alle stesse
tratto a sorte, dall’anzidetta Ara sino alla città prendeva a correre con una fiaccola accesa in mano. Se questa gli si est
. 9. (g). Virg. Acneid. l. 4. (38). Virgilio ci descrive la Fama con tanti occhi e tante bocche, quante sono le di lei
che digiorno siede sulle più alte torri, spaventando le grandi città con triste novelle, e facendosi appresso di esse annu
destra, era di buon presagio. Si prediceva il futuro anche dal modo, con cui lo stesso predava. Se i Principi sognavano di
ia vedere meno delle altre per rossore di essersi unita in matrimonio con un mortale, che fu Sisifo, re de’Corintj(h), ment
nobio(e) pretendono, che le Feste Sabazie fossero solennità notturne, con cui si onorava Giove Sabazio, nelle quali si usav
ei della Grecia ; e però fu denominato il padre de’Numi, e fu confuso con Saturno(g). Si applicò altresì all’agricoltura, e
Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libazioni di vino. Si cessava allora da ogni lavo
l di lui nome(b). Ritornando a Fauno, notiamo, che Servio lo confonde con Silvano(c). Anche questi da’ Romani fu venerato q
a notte giravano attorno alla porta della casa, ne batteano la soglia con una scure, poi con un pestello, e finalmente la n
torno alla porta della casa, ne batteano la soglia con una scure, poi con un pestello, e finalmente la nettavano con una sc
soglia con una scure, poi con un pestello, e finalmente la nettavano con una scopa, affinchè Silvano, veggendo questi segn
Cardinea(i) era la. Dea de’cardini. Questa da Ovidio(a) viene confusa con Carna, la quale presiedeva alle parti nobili del
. Questi al vederlo estremamente gioì, e fece palese il suo godimento con magnifiche Feste per dieci giorni e altrettante n
Ceste esteriormente si apponeva qualche ornamento. Alcune ve n’erano con una o due palle in cima al coperchio. Altre si ve
mpo propizio per le vendemmie. Al tempo delle prime si onorava Venere con sacrifizj(e). Al tempo delle seconde le vendemmie
ibuiscono al tirso una mirabile virtù : bastava, dicono essi, battere con esso la terra, e ne scaturivano tosto rivi di vin
i udì da Apollo essere necessario, che si placasse l’ombra d’ Erigone con feste e sacrifizj (e), detti Aletidi, perchè ella
rò appresso il re Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4). Argo ebbe
Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. Il re non v’aderì che con somma ripugnanza d’animo, come se avesse presagit
n mezzo ad un bosco. Ivi, palesatole l’amor suo, pretendeva d’esserne con pari affetto corrisposto. Non potè mai riuscirvi 
tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila di color porporino, con queste descrisse l’atrocità del misfatto, e l’emp
ano le Orgie di Bacco. Uscita allora di casa la Regina, corse furiosa con varie Sacerdotesse di quel Nume ; e arrivata al l
enere le risa (n). Comparve Pane alla luce col naso (a), colla barba, con due corna d’irco alla testa, e co’ piedi di capra
o cauto, quasi d’uno che si lagnava. Pane, rimasto così deluso, ruppe con dispetto la canna, e legate insieme varie porzion
lcuni ladri aveano condotto via i loro armenti ; e che i due fratelli con tutta l’altra gioventù, gettate via le vesti, per
ifere, ch’ella stessa doveva aver raccolto. Compariva altresì coperta con velo, detto il flammeo, finchè entrava nella casa
Nella Grecia, e spezialmente nell’Attica, le spose venivano condotte con gran pompa alla casa dello sposo sopra un carro (
ovani in Roma conducevano per mano la sposa, ed un altro la precedeva con una fiaccola. Questa, primachè la sposa entrasse
o e l’altro degli sposi toccavano l’acqua e il fuoco ivi preparati, e con quell’acqua soleano anche lavarsi i piedi. Finalm
a dovere d’Iride il preparare il letto a Giunone (a) ; il purificarla con acque di celeste rugiada, quando ritornava dall’I
oda del medesimo terminava colla testa di serpente. Egli stava legato con catena parimenti di serpenti in una spelonca dina
tempj il Sonno e da Morte uniti insieme(c). Questa Dea rappresentasi con due faccie, con bianca barba, e in atto di dormir
e da Morte uniti insieme(c). Questa Dea rappresentasi con due faccie, con bianca barba, e in atto di dormire. Vicina ad ess
Numi lo chiamavano Icelonte(i). Questi ultimi tre Sogni si dipingono con ali, con papaveri in una mano e qualche volta con
chiamavano Icelonte(i). Questi ultimi tre Sogni si dipingono con ali, con papaveri in una mano e qualche volta con un vaso
Sogni si dipingono con ali, con papaveri in una mano e qualche volta con un vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua
ndio sulla terra, perseguitando continuamente i malvagi co rimorsi, e con apparizioni si spaventevoli facevano loro perdere
entevoli facevano loro perdere il discernimento (a). Si rappresentano con orrida faccia e rabbiosa, colla schiuma alla bocc
accia e rabbiosa, colla schiuma alla bocca, cogli occhi scintillanti, con vesti nere e insanguinate, con capelli annodati d
alla bocca, cogli occhi scintillanti, con vesti nere e insanguinate, con capelli annodati di vipere, con fiaccole accese i
lanti, con vesti nere e insanguinate, con capelli annodati di vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, spa
e, con capelli annodati di vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, sparsa pure di serpenti, nell’ altra(b
b). Quantunque fossero inesorabili, tuttavia si procurava di placarle con sacrifizj e preghiere. Quindi dopochè Oreste per
re che i Sacerdoti. Il fuoco, che vi s’impiegava, doveva essere fatto con legne di cedro. Non era permesso che il canto mel
uccise(e). Jobate allora gli commise di guerreggiare contro i Solimi con poco presidio, sperando che facilmente sarebbe ri
ro all spalle, i denti lunghissimi, e il corpo coperto di squame (a). Con una sola orchiata davano li morte, e secondo altr
rso della vita degli uomini, ed elleno ne filano i giorni avventurati con bianca lana, e con nera gl’ infausti. Cloto a tal
i uomini, ed elleno ne filano i giorni avventurati con bianca lana, e con nera gl’ infausti. Cloto a tale oggetto tiene la
este(a). Caronte finalmente comparisce vecchio, di terribile aspetto, con barba bianca, lunga, e rabbuffata, con occhi inca
vecchio, di terribile aspetto, con barba bianca, lunga, e rabbuffata, con occhi incavati, coperto di lacera veste, e aggrup
trattava colla sua immagine nello specchio, come se si fosse trovata con altra donna. A tale pazzia poi ella ve ne aggiung
oi ella ve ne aggiungeva varie altre. Pretendeva di conficcare chiodi con una spugna, e soleva ricusare ciò, che grandement
li arcani degli Dei ; altri soggiungono, perchè era solito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, che si recavano appress
l suo peso al piano, Sisifo era costretro a riportarlo subito colassù con immensa fatica senza potersi mai riposare(b). Sal
che Tantalo siasi appropriato un cane, affidatogli da Giove, affinchè con esso custodisse il di lui tempio nell’ Isola di C
avolo, Belo, erano cinquanta. Danao, loro padre, le uni in matrimonio con cinquanta figliuoli di suo fratello, Egitto. Come
vennero condannate ad attingere continuamente nel Tartaro dell’acqua con urne traforate (d). Conviene però credere, che le
e di giudicare le anime de’trapassati, perchè sulla terra governarono con tutta rettitudine i popoli. Di Minos si aggiunge,
poli. Di Minos si aggiunge, ch’egli attese a dirozzare i suoi sudditi con leggi, che poscia servirono di nonna a tutti i Le
l. 2. de Rapt. Proserp. (23). In memoria del matrimonio di Plutone con Proserpina si celebrarono nella Sicilia le Feste
ese, riscaldò la raccolta acqua, la di ede a bere a’suoi figliuoli, e con essa li guarì. Coloro dissero allora di aver vedu
rsiani, ì quali avevano devastato tutte le Isole della Grecia, giunti con mille vascelli a Delo, non oserono di recarvi alc
i Delo, non sicredette sicura in quel soggiorno. Se ne fuggì pertanto con quelli, e stanca dal lungo viaggio, si fermò ne’c
io Leucippe, figlia di Galatea, affinchè potesse unirsi in matrimonio con Lampro, figlio di Pandione, a cui il di lei padre
da un leone e da un cinghiale. Admeto ebbe da Apollo i due animali, e con questi avendo eseguito ciò, che Pelia avea propos
sa dopo aver partorito Jone in una grotta, velo abbbandonò, rinchiuso con certi ornamenti in una cesta. Mercurio per eccita
reduto figlio di Zuto, re d’Atene, il quale erasi unito in matrimonio con Creusa. Colse il Nume il momento, in cui quel re
i erano i Deputati delle Greche città, che rappresentavano la nazione con piena facoltà di provedere al pùbblico bene(a). E
te, figlio di Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta di gran velo, con una stella in capo, e assisa sopra un carro, tira
Sarmati, e per regnare sola lo avvelenò. A motivo poi della crudeltà, con cui reggeva, dovette fuggirsena da’suoi Stati. Si
Ma non potendo nè colle ragioni dissuadernelo, nè colle preghiere, fu con estremo suo rammarico dall’irrevocabile giurament
e tutta la terra. Giove, onde riparare a sì orribile disordine, balzò con un fulmine il temerario giovine, il quale cadde m
li Eroi. Rappresentasi coronata d’alloro, colla tromba in una mano, e con un libro d’ Istoria nell’altra(d). La seconda inv
d). La seconda inventò gli strumenti di fiato. E’ coronara di fiore e con due flauti nelle mani. Le’ sta d’appresso Cupido,
a e Agricoltura, e presiede anche alla Commedia. E’ coronata d’edera, con una mascheta nella destra(b). Melpomene è autrice
. Melpomene è autrice della Tragedia, e comparis e maestosa in volto, con corone e scettri in una mano, e con pugnale nell’
, e comparis e maestosa in volto, con corone e scettri in una mano, e con pugnale nell’altra(c). Terpsicore presiede alle d
tratta colla sinistra un archetto. Anche appresso di lei vedesi Amore con una fiaccola accesa in mano(f). Polinnia si ricon
. Urania inventò l’ Astronomia, e però comparisce coronata di stelle, con veste azzurra, e con gran globo tralile mani(g),
stronomia, e però comparisce coronata di stelle, con veste azzurra, e con gran globo tralile mani(g), ovvero riposto sopra
ettorica, e al verso Eroico. Dipingesi giovinetta, coronata di flori, con moltissime ghirlande d’alloro nella sinistra, e n
ro cammino ; ma trovarono chiusa la porta, perchè quel Sovrano voleva con violenza trattenerle appresso di se. Elleno allor
mprovvisamente scaturito dal predetto monte, quando il cavallo Pegaso con un piede ne percosse un sasso : ond’è che l’ Agan
l più alto della Fortezza. Il giogo di quello era attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sottigliezza, ed era il lega
nace, madre d’un figlio. Voleva la giovine celarlo al di lei padre, e con sacre frondi avealo coperto per consegnarlo ad un
lmente lo lacerarono(d). Non sono da confondersi i due anzidetti Lini con quello, che nacque da Urania e da Anfiarao. Anch’
a. Ricevette da Mercurio una lira, a cui egli v’aggiunse tre coide, e con essa operò grandi maraviglie. Volendo cingere di
re, divenute sensibili, da se sole si disposero le une sopra le altre con ammirabile proporzione(b). Anfione fu il primo ch
nto di lui, si pubblicò, ch’ era figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta dolcezza la sua voce al suono della lira, c
che bella, potè averlo in marito. Avvenne poi, ch’ella, passeggiando con varie Najadi in amenissimo prato, premette col pi
che Orfeo dopo la morte di Euridice non siasi più unito in matrimonio con altre donne, e che da’ alcune di queste al tempo
cancelli. Il Muratori pubblicò un’ Iscrizione da una tavola di bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo, l’ altra u
bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo, l’ altra una donna con uno strumento da suono, detto sistro, con un serp
Apollo, l’ altra una donna con uno strumento da suono, detto sistro, con un serpente, con un canestro, con una misura nell
una donna con uno strumento da suono, detto sistro, con un serpente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con
o strumento da suono, detto sistro, con un serpente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con un rostro di nav
o, con un serpente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con un rostro di nave a’ piedi(e). Tutto è oscurissim
denominati da un certo antico ballo, il quale chiamavasi Sicinnio, e con cui rappresentavano le azioni solite a farsi dal
tirono in edifizj, lavorati a volta, selciati nel pavimento, e chiusi con mura. Vi si discendeva per alquanti gradini, e og
titolazione era agli Dei Mani. La religione de’ sepolcri era somma, e con gravissime pene si puniva chi la violava. Si onor
. Priapo rappresentasi colle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le di
lebravano a di lui onore, erano dette Fallalogie. Le altre ceremonie, con cui Priapo veniva adorato, orano simili a quelle,
di molti, che l’uno e l’altro fossero la stessa Deità. Priapo fu pure con un culto particolare onorato dagli Ornj, popoli d
e da Urania. Egli ha la figura di giovine biondo, coronato di fiori, con face nella destra, e con velo di color giallo nel
figura di giovine biondo, coronato di fiori, con face nella destra, e con velo di color giallo nella sinistra, perchè con q
face nella destra, e con velo di color giallo nella sinistra, perchè con quello, come abbiamo altrove riferito, le giovani
nefizio non deve mai invecchiare ; vivaci, perchè è d’uopo beneficare con prontezza ; in atto di stringerci vicendevolmente
no di piccola statura(f). E’famosa l’Istoria del matrimonio di Cupido con Psiche. I genitori di questa consultarono Apollo
lo, e ottenne da Giove, che Venere non si opponesse alle di lui nozze con Psiche. Costei finalmente fu da Mercurio trasferi
servire in qualità di schiavo, ovvero che Esione lo avesse riscattato con qualche dono. Colei offerì un pennacchio libero,
ammirarne la coltura, e si studiò di persuadere quella Dea ad unirsi con Vertunno in matrimonio. Neppure sotto quell’aspet
la acquistò sei teste e dodici piedi. Altri dissero, ch’ella comparve con sei reste di cane, e col rimanente del corpo, sim
ite, perchè questa s’adirò nel vedere Scilla, che stava trattenendosi con Nettuno (c). Dicesi, che dirimpetto a Scilla vi f
po colei divenne madre di due figli, e osservando che Metaponte amava con della preferenza i due primi, si propose di farli
a parte superiore del corpo simile all’uomo, e nel rimanente al pesce con lunga coda(i). (d). Paus. l. 2. (15). Altri di
a Melicerta si diede anche il nome di Portuno ; e ch’egli si dipinse con una chiave in mano, perchè si credeva che difendo
no a’ medesimi un cavallo sul monte Taigete, e dopo averlo abbruciato con varj profumi, ne dispergevano le ceneri(d). I Rom
acco, e dell’oglio a Minerva. Ciascuno degli altri Numi ne fu onorato con vittime e incensi. I soli altasi di Diana erano r
no tentarono d’atterrare il feroce animale. Atalanta finalmente colpì con una saetta la fiera sotto un orecchio, e ne vide
gli altri, ed esortandosi scambievolmente, scagliarono le loro frecce con disordine e pericolo di nuocere l’uno all’altro.
l’altro. A Meleagro finalmente riuscì di uccidere l’orrendo Cinghiale con uno spiedo, stromento, usato da’ cacciatori di fi
i letto, avea sottratto il tizzone alle fiamme, e il teneva custodito con tutta gelosia in un luogo secreto. Memore di tutt
eagridi in uccelli, eccettuate Gorge e Dejanira. La prima fu maritata con Andremone, e la seconda, come più diffusamente ve
maritata con Andremone, e la seconda, come più diffusamente vedremo, con Ercole. Morta Altea, Eneo prese in moglie Peribea
acrò a Lua le armi di coloro, ch’ erano rimasti morti sul campo, onde con tale offerta ne fosse espiato l’esercito vittorio
chiamavano dal nome di lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o nel braccio, e c
eretto a questa Dea (h). Bellona rappresentasi colle chiome sparse, e con una sferza in mano per eccitare i guerrieti a’ co
c. 2. 6. (d). Calep. Sept. Ling. (5). Bellona telvolta fu confusa con Pallade (e). (e). Varr. de L. L. l. 5. (f). M
Egli fabbricò in Italia una città, e la denominò Preneste(f). Inoltre con un’armata, rac [page 425 manquante] (c). Potter
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ai fianchi come donne e nel rimanente del corpo come mostruosi pesci con doppia coda224. Oltre al dire che erano bellissim
anto mio ; e qual meco s’aùsa « Rado sen parte, sì tutto l’appago. » Con questi detti della Sirena, il poeta ce la rappres
le calcagne ; « Gli occhi rivolgi al logoro che gira « Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora
o, secondo altri, della maga Circe, fu cangiata in un orribile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una m
della Calabria ulteriore I228, ove le onde si frangono romoreggiando con un suono che sembra un latrato : quindi la favola
Scilla e Cariddi ; e i poeti, incominciando da Omero229, abbellirono con straordinarie invenzioni favolose le fantastiche
acqua del mare : « Come fa l’onda là sovra Cariddi, « Che si frange con quella in cui s’intoppa, « Così convien che qui l
le di Orche ; e quanto meno ne conoscevano la struttura e gl’istinti, con tanto maggior sicurezza lavoravano di fantasia. P
i li ha letti, che la vera e propria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli anima
più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la Balena con tutta la sua gigantesca statura, che quando alza
inuarono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di imma
cei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il p
tro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava p
arla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca a
mo vi saria a cavallo. « Si spinse Orlando innanzi, e se gl’immerse «  Con quell’àncora in gola, e, s’io non fallo, « Col ba
bocca, « Stringe la spada, e per quell’antro oscuro « Di qua e di là con tagli e punte tocca. « Come si può, poi che son d
mostra i fianchi e le scagliose schiene ; « Or dentro vi s’attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo e fa salir l’arene. «
àncora fitta, e in mano prende « La fune che dall’àncora depende. « E con quella ne vien notando in fretta « Verso lo scogl
o, ove fermato il piede, « Tira l’àncora a sè, che in bocca stretta «  Con le due punte il brutto mostro fiede. « L’Orca a s
uo antico almo soggiorno « L’Orca tratta per forza di quel braccio, «  Con mille guizzi e mille strane ruote « Segue la fune
al carro i suoi delfini porre, « Quel dì Nettuno in Etiopia corre. «  Con Melicerta in collo Ino piangendo, « E le Nereidi
e terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa co
n mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento di fr
iglie e mostrava quasi orrore che gli uomini avessero osato affidarsi con fragil barca al tempestoso mare e mirar da vicino
ardito (e che inoltre gli riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con tutta la nave, e che ficcasse l’ancora « E nel p
ostra i fianchi e le scagliose schiene ; « Or dentro vi si attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo, e fa salir l’arene «
i si attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo, e fa salir l’arene «  Con mille guizzi e mille strane ruote. » E vero altr
tal proposito è molto notabile, e merita di essere imparato a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elef
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
o nipote, fonda nel 1883 il regno d’Arcadia. Indi emigra in Tessaglia con gli Arcadi, detti Pelasgi.159 — Sparto o Spa
itano supremo che aveva 100 navi ; di Lacedemoni, condotti da Menelao con 60 navi ; quei d’Argo, Epidauro, Tirinte, Trezene
ro, Tirinte, Trezene, Ermione, condotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e di Ciparisso, da Ne
, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di
i Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di Megara e di Salamina, da Ajace Telam
a Menesteo con 50 navi ; di Megara e di Salamina, da Ajace Telamonio, con 12 navi ; Locresi, da Ajace d’Oileo, con 40 navi 
alamina, da Ajace Telamonio, con 12 navi ; Locresi, da Ajace d’Oileo, con 40 navi ; di Calcide, Calidone, ec. da Toante re
Oileo, con 40 navi ; di Calcide, Calidone, ec. da Toante re d’Etolia, con 40 navi ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re
ia, con 40 navi ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec. da Filottete
re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ; i Magnesiani del Peneo, da Protoo, con 4
bea, ec. da Filottete con 7 navi ; i Magnesiani del Peneo, da Protoo, con 40 navi ; di Zacinto, Nerito, Cefalonia, Itaca, d
Protoo, con 40 navi ; di Zacinto, Nerito, Cefalonia, Itaca, da Ulisse con 11 navi ; Cretesi, da Idomeneo e Merione con 80 n
alonia, Itaca, da Ulisse con 11 navi ; Cretesi, da Idomeneo e Merione con 80 navi ; Rodiani, da Tlepolemo, figlio d’Ercole,
meneo e Merione con 80 navi ; Rodiani, da Tlepolemo, figlio d’Ercole, con 9 navi. — Erano insiem coi Trojani, e condotti tu
coi Trojani, e condotti tutti da Ettore figlio di Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti di
con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i Misii con Cromio, i
gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo e Foreide, i Paflagon
sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo e Foreide, i Paflagonii con Pilamene, i Ca
aone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo e Foreide, i Paflagonii con Pilamene, i Carii con Naste, i Licii con Sarpedon
io, i Frigii con Ascamo e Foreide, i Paflagonii con Pilamene, i Carii con Naste, i Licii con Sarpedonte e Glauco, i Traci c
camo e Foreide, i Paflagonii con Pilamene, i Carii con Naste, i Licii con Sarpedonte e Glauco, i Traci con Piroo ed Acamant
Pilamene, i Carii con Naste, i Licii con Sarpedonte e Glauco, i Traci con Piroo ed Acamante. Dicesi che questa guerra costa
ittura sulla cera e sullo smalto. 157. Gli storici congetturano, con molto fondamento, che questo Menete sia lo stesso
16 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
re le assemblee, sconcertare o preparare intrighi, la facilità stessa con cui ne veniva a capo, era una prova della superst
ocolieri. Ma il paese, ove pareva che la superstizione si rinverdisse con fecondità straordinaria, era l’Egitto. L’antica r
visitata da tutti i navigatori d’Europa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la sua vasta biblioteca, con le sue scuole, parea
ri d’Europa e d’Asia, co’suoi monumenti, con la sua vasta biblioteca, con le sue scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ri
rutto una nazione stanziata in un angolo dell’Asia, ebbe a combattere con una religione universale. Il mondo romano, travol
profittò dell’ordine e della pace fiorenti nell’impero per ispargersi con incredibile rapidità ; e marciò, per così dire, a
o, nelle domestiche sentenze operato per la sola inimicizia che avete con questa setta, è stato precluso il sentiero alla s
ente si fanno i Cristiani,147 cioè di quelli che, deposta l’ignoranza con l’informarsi, incominciano ad odiare quello che f
esi, tremano ; accusati, negano ; e tormentati, non sempre confessano con facilità ; condannati, s’attristano, si scolpano,
à del fatto, il numero, il luogo, il tempo, i complici ed i compagni. Con noi poi non fate così ; ancorchè bisognerebbe pur
er questa ingiuria come vi è corrisposto, quando anche una sola notte con poche facelle potrebbe aprir la strada ad una lar
e il male col male ? Ma non fia mai che una setta, che ha del divino, con fuoco umano vendichi i suoi torti, e che si dolga
i discepoli le loro parole, quanti ne trovano i Cristiani, insegnando con le opere. Quella ostinazione stessa, che voi calu
ci necessita ad insegnare e a riconoscere la verità. Nutriamo la fede con le sante cantilene, innalziamo la speranza, stabi
ne, innalziamo la speranza, stabiliamo la fudicia, e nondimeno, anche con reiterati ricordi, inculchiamo la dottrina de’mae
gastiga, e si corregge da parte di Dio ; poichè quivi si giudica, ma con gran riguardo, come certi della presenza di esso.
mmercio. Presiedono alcuni buoni uomini, i più vecchi,151 i quali non con prezzo alcuno, ma per pubblica approvazione hanno
nde tra noi tutto è indiviso fuori che la moglie…. Che maraviglia, se con tanta carità da noi si fanno de’conviti ? Anche l
reputarsi guadagno, mentre si spende per la pietà : poichè certamente con questo sollievo ajutiamo anche i mendichi, non pe
ale dire si può illecita, se si rassomiglia ai ridotti illeciti, ed è con giustizia condannabile, se alcuno di quella si du
iamare fazione. ma adunanza, dove del ben comune si tiene consiglio…. Con un altro titolo ingiurioso noi siamo accusati, ci
inutili per ogni affare. In che modo di questo ci fate rei, che pure con voi viviamo, che abbiamo il vitto ed il vestire s
sa pubblicamente ne’giuochi di Bacco, perchè è costume de’combattenti con le fiere, che cenano per l’ultima volta. Tuttavia
coli ; ma ciò che in quelle adunanze si vende, se da me sarà bramato, con maggior libertà lo prenderò dalle proprie bottegh
per i templi. Le altre imposte ringraziano i Cristiani per la fedeltà con cui sono pagate puntualmente, essendo noi lontani
n compensata dal comodo degli altri dazj che da noi medesimi ricavate con tutta esattezza. Tertulliano. (Traduz, di Maria S
so, perchè Nerone non credeva negli Dei del Campidoglio, e ne calcava con disprezzo le statue ? Tacito pretendeva che sussi
d i suoi spettacoli nei deserti della Tebaide. Gesù Cristo può dunque con tutta verità esser detto Salvatore del mondo nel
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
za del Mar Nero, e giunger salvo a Colco. Frisso fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re di quella
, che il Sol non si ricorca « Sette volte nel letto che il Montone «  Con tutti e quattro i piè copre ed inforca, « Che cot
Che cotesta cortese opinïone « Ti fia chiovata in mezzo della testa «  Con maggior chiovi che d’altrui sermone. » Il vello
, e, secondo altri, a Marte, e custodito religiosamente, e assicurato con molte cautele e magiche invenzioni, di cui parler
ve che fu creduta la prima inventata dagli uomini, e celebrata perciò con lodi interminabili da tutti gli antichi. La nave
, ma che significa l’opposto, lascerò deciderlo ai solenni filologi : con tante idee poetiche e storiche che desta questa s
Eroi da tutte le parti della Grecia, alcuni dei quali eran già stati con lui alla caccia del cinghiale di Calidonia, cioè
irsi in repubblica femminile. La sola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e merit
è giunto in quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la g
quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la giovinetta, «
a dell’Inferno fra i dannati che eran puniti « Da quei Dimon cornuti con gran ferze « Che li battean crudelmente di retro 
pa a tal martirio lui condanna, « Ed anche di Medea si fa vendetta. «  Con lui sen va chi da tal parte inganna. » Dopo ques
he Dante dipinge così : « Ale hanno late e colli e visi umani, « Piè con artigli e pennuto il gran ventre, « Fanno lamenti
stri avevano l’istinto di rapire i cibi dalle mense e di contaminarle con escrementi che fieramente ammorbavano. Il loro st
, 119.) A questo punto l’Ariosto lascia l’imitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo, di cui si era valso
sta via « Per discacciare i mostri ottima sia. « E prima fa che ‘l re con suoi baroni « Di calda cera l’orecchio si serra,
e salta su gli arcioni « Dell’Ippogrifo ed il bel corno afferra ; « E con cenni allo scalco poi comanda « Che riponga la me
riponga la mensa e la vivanda. « E così in una loggia s’apparecchia «  Con altra mensa altra vivanda nuova. « Ecco l’Arpie c
ato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale. Con tale aiuto potè egli solo compier l’impresa, rima
fame. » 70. Anche i poeti latini del secolo di Augusto rammentano con maraviglia e con orrore gl’incantesimi e i veleni
nche i poeti latini del secolo di Augusto rammentano con maraviglia e con orrore gl’incantesimi e i veleni Colchici.
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove di comparirle innanzi con tut
sta di farsi promettere con giuramento da Giove di comparirle innanzi con tutta la maestà e tutti i distintivi con cui si m
Giove di comparirle innanzi con tutta la maestà e tutti i distintivi con cui si mostrava in Cielo agli Dei. La maligna ast
ulto anche questa regione. Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni
ino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè
« Capribarbicornipede famiglia » dei Satiri, come scherzevolmente, con parola significante la forma dei Satiri, la chiam
’ellera e di pampino « Coperto, Bacco il qual duo tigri guidano ; « E con lui par che l’alta rena stampino « Satiri e Bacch
dano ; « E con lui par che l’alta rena stampino « Satiri e Bacche ; e con voci alte gridano. « Quel si vede ondeggiar ; que
gridano. « Quel si vede ondeggiar ; quei par che inciampino ; « Quel con un cembal bee ; quegli altri ridano ; « Qual fa d
anza, e qual si ruotola. « Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, «  Con vene grosse, nere e di mosto umide, « Marcido sem
ide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentre sì l’
la veste di pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi nebridi con voce greca adottata da alcuni poeti latini204) e
re il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto
cultori, ma i suoi doni erano pericolosi per la sovrabbondanza stessa con cui li accordava, talchè divenivano facilmente da
Avendo questo re lietamente e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nu
di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido o
Palla, ma Venere e Bacco. » Alcuni mitologi antichi confusero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo com
ra 5ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi nel Bacco
hræis incinctus nebrida gemmis « Liber agit currus. » (Claud., De iv Cons . Hon., 606.) 205. Il termine di vipistrello us
eglio però dei vini adulterati, o sofisticati (come dicono i chimici) con litargirio, con minio o sal di Saturno, che sono
ini adulterati, o sofisticati (come dicono i chimici) con litargirio, con minio o sal di Saturno, che sono veri e proprii v
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
nne rapirla, e poi contentarsi che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o nel Cielo. (Vedi il Cap.
regni suoi241. Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sosten
entato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impug
tutt’altro che lieta del grado di regina : allora confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era i
el grado di regina : allora confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era il nome che davasi dai
veva altri nomi ; e in principio chiamavasi Pluto, ma poi si distinse con questo nome il Dio delle ricchezze ; e Plutone re
no consisteva nel Can Cerbero che aveva 3 teste, e difendeva meglio e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potess
istante della nascita a quello della morte ; e che ne dessero indizio con un segno sensibile singolarissimo, ma invisibile
dei sudditi di Plutone, le posero tra le divinità infernali. Insieme con queste si annoveravano ancora la Morte, il Lutto,
e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi in de
umenidi, che vorrebbe dire benevole o placabili, dopo che scongiurate con sacri riti lasciarono quieto Oreste. Altri mitolo
nità infernali. Gli si davano per figli i Sogni, di cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre, che erano i capi di a
emonii. Primo si trova il barcaruolo dell’Acheronte, « Caron dimonio con occhi di bragia, « Un vecchio bianco per antico p
iera crudele e diversa, » che conservando la sua forma tricipite, «  Con tre gole caninamente latra « Sovra la gente che q
citor delle peccata « Vede qual luogo d’Inferno è da essa : « Cingesi con la coda tante volte « Quantunque gradi vuol che g
Quantunque gradi vuol che giù sia messa250. » V’è anche « ….. Pluto con la voce chioccia, che parla un linguaggio che n
infernal di sangue tinte, « Che membra femminili aveano ed atto, « E con idre verdissime eran cinte ; « Serpentelli e cera
uelle che avevan chiamate vulcaniche, e perciò da doversi distinguere con altro nome. E poichè queste roccie (principalment
nazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco. Gli astronomi diedero il
l bracco suol, quando entra in sulla traccia. « Tutti che lo veggiam, con faccia smorta « In fuga andiamo ove il timor ne c
gran sasso ne leva ; « Ne caccia il gregge, e noi rinserra quivi ; «  Con quel sen va dove il suol far satollo, « Suonando
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
ali egli era il maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come
on una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e
psicore al ballo e Urania all’ astronomia127. Quindi si rappresentano con emblemi distintivi del loro speciale ufficio : C
esentano con emblemi distintivi del loro speciale ufficio : Calliope con volto maestoso, cinta la fronte di una corona d’e
linnia coll’alloro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una man
ra il plettro. Clio colla corona d’alloro e un libro in mano. Talia con volto allegro e ridente, la corona d’ellera in ca
hera, oppure, come voleva il Parini, uno specchio in mano. Melpomene con volto serio, la regal corona in capo, la maschera
tragico coturno. Euterpe aveva per distintivo il flauto. Terpsicore con vèsti corte e in atto di danzare, aveva inoltre l
ia m’aiuti col suo coro « Forti cose a pensar, mettere in versi. » E con maggior licenza poetica nel Canto i del Paradiso 
aradiso ; « Insino a qui l’un giogo di Parnaso « Assai mi fu ; ma or con ambedue « M’è d’uopo entrar nell’arringo rimaso12
arola furore, come allorquando prima di descriver la pugna di Argante con Tancredi, così invoca la Musa : « Or qui, Musa,
tro sono, « E qui Calliopea alquanto surga, « Seguitando il mio canto con quel suono, « Di cui le Piche misere sentiro « Lo
ne di piazza. All’opposto gli egregi poeti adorano e invocano le Muse con entusiasmo senza pari. In Dante poi era sì grande
i questo medico incomparabile. Aggiunsero i poeti che Apollo sdegnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro di esso, p
osi descrivendo secondo la Mitologia il girasole : « In bianca veste con purpureo lembo, « Si gira Clizia pallidetta al So
ì vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi, «  Con chiome or aspre, e già distese e bionde. » Più t
tibia e a far vari giuochi ginnastici. Mentre egli un giorno giuocava con esso al disco (ora direbbesi alle piastrelle), il
vato il modo di esser tranquillo e contento anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia di Giacinto
ne andò allora in Frigia, ove si mise a fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; d
a, secondo la frase dei latini poeti, perchè il Pegaso fece scaturire con un calcio la fontana Ippocrene che fu sacra alle
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
ben pochi andavano in Cielo nel consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi
i e giusti e pii andavano ai Campi Elisii, soggiorno che gli Antichi, con tutta la loro vigorosa fantasia, non seppero dipi
to di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a visitare il regno delle o
enerazione, le dedicavano agli Dei Mani ; pei quali però non sappiamo con certezza se intendessero le anime stesse dei defu
rrabile. Costui « La gran pietra alla cima alta d’un monte, « Urtando con le man, coi piè puntando, « Spingea ; ma giunto i
ma niuno descrisse meglio di Omero (Odissea, xi.) « Stava lì presso con acerba pena « Tantalo in piedi entro un argenteo
ri un giogo ; « E due avvoltoi, l’un quinci e l’altro quindi, « Ch’ei con mano scacciar tentava indarno « Rodeangli il cor,
il nome e degli Dei « S’attribuiva i sacrosanti onori. « Folle ! che con le fiaccole e co’bronzi « E con lo scalpitar de’s
iva i sacrosanti onori. « Folle ! che con le fiaccole e co’bronzi « E con lo scalpitar de’suoi ronzini, « I tuoni, i nembi,
d’acqua infernale una botte pertugiata, o come altri dicono sfondata, con l’ironica e beffarda promessa che sarebbe cessata
’odio in cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O con forza o con frode altrui contrista. « Ma perchè f
lo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O con forza o con frode altrui contrista. « Ma perchè frode è dell’
imo si puone « Far forza ; dico in loro ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. » Procede infatti con lo stesso
ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. » Procede infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse c
posti in tre diversi cerchi, gironi o bolge infernali sottoponendoli con giusta proporzione a pene diverse per qualità o i
in sommo grado, e al tempo stesso di tutta evidenza, l’argomentazione con la quale dimostra che usura offende la divina bon
egia, poichè in altro pon la speme. Perciò quando egli nel Canto xix con devota ammirazione esclama : « O somma sapïenza,
ome dagli Zoologi a certe farfalle che hanno nera la testa e il corpo con alcuni punti bianchi, e le ali di color di fulvo
ò Danaide un genere di piante rampanti della famiglia delle rubiacee, con fiori rossi che spandono piacevole odore. Anche i
tanza, supponendosi emanata da questa, ovvero sussistente eternamente con essa. » Questo stesso filosofo rosminiano chiama
i, e fu temuto « Sulla polve degli avi il giuramento : « Religïon che con diversi riti « Le virtù patrie e la pietà congiun
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
imi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guidare con mano ferma e sicura quattro focosi destrieri per
il numero delle Ninfe che accompagnano il Sole. I cavalli si chiamano con greci nomi Eoo, Piroo, Eto e Flegone, che signifi
tramontare nei diversi mesi dell’anno. Questa zona del cielo fu detta con greco nome Zodiaco, cioè zona di animali, perchè
oeti fanno a gara a descriverla di bellezza maravigliosa e immortale, con le bianche e le vermiglie guance 111), colla fron
e le grandi e gloriose imprese. Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio di Gi
Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio di Giove e della Ninfa lo, già vacca
ancora come infallibile arciero, ed ecco perchè rappresentasi spesso con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto ne
infallibile arciero, ed ecco perchè rappresentasi spesso con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto nel N° XIII che
sue prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudditi, se ne lagnò con Giove ; e questi, non potendo altrimenti impedire
cui raccomandavansi nelle loro infermità. Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto di meditare ; lunga avea
 Rallegrasse Africano, ovvero Augusto ; « Ma quel del sol saria pover con ello. » (Purg., xxix, 113.) 108. Dal greco n
poi non finiscono mai di rammentare le eoe maremme, che rimano sempre con le indiche gemme. 109. Merita di essere impara
nta è la materia dal lavoro. » Messer Lodovico però gareggia non pur con Ovidio, ma collo stesso Omero a costruir palagi m
corce, « Sì che se non s’appon di die in die, « Lo tempo va d’intorno con le force. » E dice questo per significare che se
degli avi passino col sangue nei loro discendenti, Dante la condanna con ragioni storiche e teologiche : « Jacomo e Feder
formazione delle Eliadi così scrisse : « ……. sul fiume « Dove chiamò con lacrimoso plettro « Febo il figliuol che avea mal
i scorge nel cielo, e che è detta anche dagli astronomi via lattea, e con greco nome Galassia. Con tali parole accenna Dant
è detta anche dagli astronomi via lattea, e con greco nome Galassia. Con tali parole accenna Dante l’opinione di alcuni mi
urg., ii, 55.) 120. Orazio nel Carme secolare, indica chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attrib
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante di celeste bellezza. Con questo strano mito voleva significarsi che la Bel
graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la
e col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna di esse
nsuetudini del civile consorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta efficacia a un suo discepolo, ingegnoso sì
tato efficacemente nella battaglia di Flegra fabbricandogli i fulmini con cui atterrò e vinse i Giganti. Venere non si oppo
io così male assortito fu causa di coniugali discordie e di scandali. Con questo vennero a significare quanto sian condanna
o un linguaggio casto e verecondo, lo encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce di Calliope labb
Quando Vulcano sposò Venere le regalò un bel cinto, che elegantemente con voce greca e latina chiamasi il cèsto. Era desso
rmi ? » (Purg., x, 123…) L’Amore malnato e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in atto di tormentarla
asi come un giovane maggiore di qualche anno del suo fratello Cupido, con volto serio e riflessivo, perchè non v’è cosa più
hè non v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ; con una face ardente nella destra, simbolo del mutuo
qualunque non componesse un epitalamio 188, in cui v’era sempre Imene con le catene, per rima obbligata, a unire gli sposi.
nuda e in una conchiglia marina, oppure, e specialmente in scultura, con un delfino ai piedi, come la Venere dei Medici ch
a considerata come moglie e madre, dipingevasi splendidamente vestita con aurei ornamenti e col cinto donatole da Vulcano.
dei pianeti primarii, « Lo bel pianeta che ad amar conforta, » come con perifrasi mitologica lo contraddistinse Dante, al
ido significa desiderio, e ne deriva cupidità, cupidigia, ecc. 187. Con questa greca voce Psiche (anima) è composto il te
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
il loro umore bizzarro e petulante si confaceva a tal qualificazione. Con questo concetto e sotto questo punto di vista fur
riducendole presso a poco alla forma ordinaria degli uomini ; ma però con fattezze più proprie della razza etiopica o males
ella Signoria si vedono otto Satiri di bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e gli altri quattr
In pittura e in scultura neppur Sileno si rappresenta mezzo capro, ma con forme ordinarie d’uomo, e solamente vi si aggiung
e che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. Era rappresentato con un berretto frigio coi sonagli, un bastone ed una
un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che egli con sfrenata licenza plebea e con modi da pazzo censu
mano, distintivi significanti che egli con sfrenata licenza plebea e con modi da pazzo censurava tutti, pretendendo di sma
lia, a traverso le cui vivide fiamme saltavano quei villici, credendo con tal atto di espiare le loro colpe. Questa placida
ra la stessa che la Dea Clori dei Greci, il qual vocabolo fu tradotto con alterazione di pronunzia in quello latino di Flor
a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una canna con stracci in balìa del vento. Molti poeti latini, t
attribuisce l’invenzione a Numa Pompilio, che volle così santificare con una idea religiosa il diritto di proprietà e rend
e il gennaio e seguire il febbraio ai dieci mesi dell’anno di Romolo. Con tali feste terminavano anticamente il loro anno i
anticamente il loro anno i Romani ; e queste coincidevano in appresso con quelle della cacciata dei re24. Così solennizzava
sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente con occhi languidi e imbambolati per berlasi tutta. H
a stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui spaventò le streghe Canidia e Sagana mentre f
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qualche osservazione che sia ad essi comune. Fra
Il governo era aristocratico o più veramente oligarchico, dipendendo con assoluta autorità da cinque Sommi Sacerdoti, che
enso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio senso ; e il sacro orrore che investiva i
tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo co
e queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli al
i d’interpretazione della volontà degli Dei furono inventati da prima con intenzion casta e benigna per uno scopo altamente
ponsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile di tutte, espressa con queste poche parole : conosci te stesso, leggevas
ta dell’Oracolo di Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insieme con Bruto erano andati a consultarlo per sapere chi d
a celebrità dell’oracolo di Claro che rendeva i responsi in versi ; e con adulazione cortigianesca assomiglia il giudizio c
., v. 391.) 289. Narra Erodoto che la Pizia terminò il suo responso con queste parole che in greco eran comprese in due v
a e il loro poco valore. » 290. Cicerone lo interpreta egregiamente con queste parole : « Quum igitur, Nosce te, dicit, h
crizioni religiose e civili gli erano suggerite dalla Dea Egeria : «  Con aspri precetti « Licurgo severo « Corresse i dife
« Licurgo severo « Corresse i difetti « Del Greco leggiero ; « E Numa con arte, « Di santa impostura « La buccia un po’ du
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
più caratteristico dei quali è il tridente, che consiste in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettr
i Nettuno equestre, alludendosi alla favola che questo Dio nella gara con Minerva per dare il nome alla città di Cecrope av
l cavallo. Ma quando P. Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affrica la potenza carta
agus dei Latini. È rappresentata questa Dea come un’avvenente giovane con una reticella da capelli che le cinge la testa, –
te. Le si dà ancora un carro a conto suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di Tritoni. I nom
, le onde del mare ; e ce le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sul
ichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggettivo di specificazione) a molti gene
me Learco, « E rotollo e percosselo ad un sasso ; « E quella s’annegò con l’altro incarco »221. E l’altro incarco era l’al
e del mare. Dante volendo raccontare che egli nell’ascendere al Cielo con Beatrice si sentì trasumanato e sospinto da forza
presenta la materia che prende tutte le forme, la qual materia perciò con allusione mitologica elegantemente è chiamata pro
o richiestole. E come non bisognava stancarsi ad aspettare, se Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a ripr
cqua. 216. Considerato Nettuno come causa dei terremoti, chiamavasi con greco vocabolo Ennosigèo (scuotitor della terra) 
Delle miserie mie pietà ti mova. » E quindici secoli prima, Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
VI). Ne seguì la guerra di Giove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la sconfitta e l’esilio di questi. Ora sono i soc
nte bestie, ed anche qualche vegetabile75). Giove rimase a combattere con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ;
vegetabile75). Giove rimase a combattere con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ; e tutto al più con quattro,
. Giove rimase a combattere con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ; e tutto al più con quattro, secondo altri
con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ; e tutto al più con quattro, secondo altri poeti, e tra questi anche
. » Ed è questo uno dei più evidenti esempi a dimostrazione del modo con cui gli Antichi trasformavano in racconti mitolog
da qualsivoglia altro scrittore per insuperabile concisione, accenna con un solo verso l’opinione mitologica e dà la spieg
a opporre neppure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi, con tutta la sua nuova teoria dei vulcani. I chimici
lion esset iter. » (Propert., ii, 1.) 74. Anche Dante la rammenta con questo nome : « Si come ei fece alla pugna di Fl
t, fundoque exæstuat imo. » (Æneid., iii, 561.) 80. Chiunque legge con attenzione e riflette su quel che ha letto, quntu
ebbe che vi dovesse essere anche lo zolfo non nativo, ossia procurato con mezzi artificiali per l’industria dell’uomo ! — M
ià sapete ; ma questo corpo elementare si trova in molte combinazioni con altre sostanze. E qui assumendo il tuono cattedra
28 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
. I. Apoteosi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la quale gli eroi, gl’ imperatori e i poeti eran
to pei sacrifizj agli Dei. Quasi tutti i popoli fecero i primi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi copr
itorio nemico, e vi lanciava una picca insanguinata, intimando guerra con cerimonie religiose. VI. Feste e Ferie. I giorni
soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. Le principali appo i Greci eran
ia. Egli benediva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca, e con in cima un r
rtava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’ulivo legato con un nastr
elle di una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’ulivo legato con un nastro. VIII. Lettisterni, banchetti sacri dei
dine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano con imprecazioni contro il popolo nemico. Nella lustr
lo lustrazione. XI. Magia, fu l’ arte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spiriti immaginari, con parole cabalis
rte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spiriti immaginari, con parole cabalistiche e cerimonie misteriose. La di
uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano. Con la Negromanzia pretendevano di richiamare in vita
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
rima volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con gli uomini, convien premettere qualche osservazio
cioè la Giustizia32. Questa invenzione è bella e sapiente, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito
serpente che si morde la coda e forma così un circolo non interrotto. Con tutti questi diversi emblemi s’intende facilmente
li ad occhio nudo37), e inoltre a quel giorno della settimana che noi con vocabolo derivato dall’ebraico chiamiamo sab ato.
ano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dic
cioè dall’andare). Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simbole
re). Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due
pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici. La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con quattro nei
plici uffici. La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essen
ei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in una mano una chiave, e nell
eriori a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta con questa apostrofe : « Salve, magna parens frugum,
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
o delle ecclissi lunari i popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di t
d uccider le fiere. E perciò si rappresenta come le vergini Tirie140, con veste corta che appena le giunge al ginocchio, i
turcasso cogli strali, in una mano l’arco e nell’altra un guinzaglio con cui trattiene un levriero che si volta a guardarl
(il cui nome significa bellissima), perchè si accorse che amoreggiava con Giove. La qual’orsa fu poi da Giove trasformata i
orrida fiera e non sapendo che fosse sua madre, stava per trafiggerla con un dardo. E questa costellazione fu detta Orsa ma
ace. » Rammentò ancora le Orse nel C. II del Paradiso ; ma ivi parlò con figura poetica, e prese per sue stelle polari le
vergogna ; « E per farne vendetta, o per celarse, « L’acqua nel viso con le man mi sparse. « Vero dirò (forse e’parrà menz
ntire che confondessero l’argentea Luna e la svelta saettatrice Diana con la mostruosa Ecate. Sapendo soltanto che ad Ecate
entieri divorate dai poveri. In tempi più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tutte di donna ; e questa triplice
io, e indicarne l’epoca fra circa 50 mesi lunari, esprime queste idee con frasi mitologiche nel modo seguente : « Ma non c
ente che l’ufficio di Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna144. Anche il titolo di Lucina dat
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
o, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente
a evidente relazione etimologica, tanto in latino quanto in italiano, con mercatura e con merce, e vien quindi a significar
ione etimologica, tanto in latino quanto in italiano, con mercatura e con merce, e vien quindi a significare il Dio del Com
uote della gran macchina sociale. Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pen
ei vide « Il livido color della petraia, » e più oltre « ………ombre con manti Al color della pietra non diversi, » e udì
eta più vicino al centro del nostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti prima
degli uccelli, ma due eran fissate in un cappello da viaggio chiamato con greco nome il petaso (termine adottato in latino
una delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine latino talari dal porsi ai talloni. 148.
isse boves. (Ovid., ibid.) 153. Virgilio imitando Omero descrive con elegantissimi versi nel lib. iv dell’Eneide i tal
 Fende i venti e le nubi e va sublime « Sovra la terra e sovra il mar con queste. » 154. E celebre il Mercurio di Giovan
di Mercurio, perchè sta in atto di prendere il volo e riposa soltanto con l’estremità del piede sinistro in un piccolissimo
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
o immaginare come potessero muoversi in figure geometriche regolari e con matematica precisione, se un Ente soprannaturale
nche a Giano, di far girare questa vôlta o callotta sferica celeste e con essa tutte le stelle. Considerarono come un piane
era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. Anzi Dante considerando forse che un
eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso S
o che la Dea che lo dirigeva prima della nascita di Diana chiamavasi, con greco nome Selene, che significava Luna, figlia e
itologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e quest
tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può spiegare con un fatto geologico, che cioè per la forza del fuo
aggi del Sole e della luce riflessa della Luna), e si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come nel
sirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolenti « Vedeva io te segnata in sulla
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
nità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più sommi con espressioni veramente sublimi. Virgilio imitando
espressioni veramente sublimi. Virgilio imitando Omero dice che Giove con un cenno faceva tremar tutto l’Olimpo (Æneid., ix
ea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1). Rappresentavasi con molta maestà seduto in trono, coi fulmini nella d
Cielo è sempre sembrata sì bella e sapiente, che non solo fu accolta con plauso dai poeti e dai letterati, ma commentata p
ato anche il Giusti nella satira del Ballo in questa espressione : «  Con un olimpico cenno di testa. » 63. Giove fu det
se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mond
i restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso
al Fato. Si fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
minciava l’anno civile sin dal tempo di Numa Pompilio, e inauguravasi con molta solennità, in quanto che i nuovi Consoli co
io, e inauguravasi con molta solennità, in quanto che i nuovi Consoli con purpurea veste e preceduti dai loro littori prend
 ; e Cicerone nel lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un
. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati
guere qual fosse quello caduto dal Cielo. Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di
ta come una Ninfa del fiume Numicio. Ovidio ne dà l’etimologia latina con un giuoco di parole, facendo dire alla stessa Dea
ro i moderni Filologi che rivaleggiano coi Paleontologi a ricostruire con frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si
fatto dunque il Preller una nuova scoperta, ma soltanto ha dimostrato con qualche altro documento esser la più vera l’asser
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
duce Vulcano a parlar colla madre : « …….Duro egli è troppo « Cozzar con Giove. Altra fiata, il sai, « Volli in tuo scampo
ti gli Dei possedevan palagi « ……che fabbricati « A ciascheduno avea con ammirando « Artifizio Vulcan l’inclito zoppo. Qu
o Dio è rappresentato in pittura e in scultura come un uomo robusto e con folta barba, ma non però tanto brutto quanto dico
ette a Giove. « Ed una allor n’avean parte polita, « Parte abbozzata, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre di n
nea vis), chi non sa che si forma nell’atmosfera della nostra Terra e con elementi che provengon da questa ? e che noi poss
o fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione degli occhi, u
nificano spontaneo movimento, o come direbbesi anche più precisamente con vocabolo derivato dal latino : semovente. Se gli
stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
do, i Manichei all’incontro sostenevano l’esistenza dei due principii con la sofistica, e maggior danno cagionavano alla mo
ico e del principio maligno. » Vien poi a concludere giustamente che con questo sistema si libera l’uomo da ogni responsab
copia. Così nella colonna Traiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Dia
ali, indossano ancora la toga romana. Per altro i Genii delle persone con caratteri e distintivi pagani furono ammessi anch
Vocabolario della Crusca, nei seguenti versi rammenta il Genio buono con tali caratteri che potrebbero convenire anche ad
« Lui sfolgorante in soglio « Vide il mio genio e tacque ; « Quando con vece assidua « Cadde, risorse, e giacque, « Di mi
la parola Genii a significare scrittori di ingegno straordinario : «  Con che forza si campa, « In quelle parti là ! « La g
e Dizionario dei Sinonimi determina il significato del vocabolo Genio con queste parole : « Genio, nel senso moderno, è la
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ro uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poe
ad Atalanta. Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di esser
odigiosa forza e ferocia del mostruoso cinghiale. Ma la scena termina con una favola di nuovo genere, invenzione che Dante
e occasione. Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanz
Non fora, disse, questo a te sì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero
osi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico 
a Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
a fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agr
ome dea di secondo ordine stava sulla terra e precisamente in Sicilia con diverse ninfe sue compagne od ancelle ; che mentr
a sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo ratto fu eseguito con tal prestezza che neppur le Ninfe a lei vicine se
dea Cerere. Per maggior distinzione fu rappresentata ancora talvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava i
a il titolo di Mammosa. Non è però possibile scambiarla o confonderla con altre Dee, quando si vede rappresentata in un car
beffa di lei. Forse la somiglianza del nome, che in latino è omonimo con quello di questo piccolo rettile, diè motivo ad i
perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « 
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
n principio, i distintivi che gli si davano perchè non si confondesse con altre inferiori divinità di forme presso a poco c
ser cangiata in canna, come Dafne in lauro. E il Dio Pane gareggiando con Apollo ad onorare in quella pianta la prediletta
al lettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, poichè con una sola similitudine e in soli due versi e mezzo
nga, « Gli occhi a cui più vegghiar costò sì caro ; « Come pittor che con esemplo pinga « Disegnerei com’ io m’addormentai 
ti effetti del fenomeno acustico dell’Eco. Il matrimonio del Dio Pane con questa Ninfa sembra significare che solo ai detti
ricordi, l’aggettivo pànico riferito a timore o romore, ma lo scrive con lettere greche, perchè greca è l’origine di quest
glesi l’usano assolutamente come nome. E per non chiudere il capitolo con queste quisquilie filologiche, terminerò esponend
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
ervi fortezza inespugnabile alla quale potesse accostarsi un asinello con una soma d’oro48. Acrisio prese allora un’altra m
dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Ci
to dagli Dei a Perseo mentre egli si disponeva ad uccider la Gorgone. Con questi due potentissimi aiuti, il Pegaso e il tes
to volante col petaso e i talari di Mercurio e non sul caval Pegaso ; con la scimitarra nella destra, e senza la testa di M
del Grande Oceano, che ivi si ammira. Le feste per le nozze di Perseo con Andromeda furono disturbate negli ultimi giorni d
ggiavano che sostenesse il Cielo, e il cui nome hanno dato i moderni, con evidente allusione mitologica, alla collezione de
s’alza nelle stelle « E poi quasi talor la terra rade ; « E ne porta con lui tutte le belle « Donne che trova per quelle c
41 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
di Telamone, 561 ; — sue gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con Ulisse, 564 ; — sua morte, 565. Alceo, 478 (nota)
suo esilio dal cielo, 101 ; — è adorato dai pastori, 102 ; — fabbrica con Nettuno le mura della città di Troja, 106 ; — si
esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; — suoi oracoli, 122 ; — sua disfida con Marsia, 125 ; — punisce il re Mida, 126 ; — metam
oti dei Babilonesi, 712. Calidone, bosco, 414. Calisso. Sue avventure con Ulisse, 577, 578. Calisto, ninfa, madre di Arcade
608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa sua moglie, 609 ; — suoi amori con Didone, 610 ; — suo stabilimento in Italia, 614.
4 ; — sua morte, 395-398 ; — sposa Ebe in cielo, 399 ; — nomi diversi con cui vien chiamato, 400 ; — come è rappresentato,
 ; — giudizio della bellezza, 600 ; — rapisce Elena, 601 ; — combatte con Menelao, 602 : — è ucciso con una freccia d’Ercol
600 ; — rapisce Elena, 601 ; — combatte con Menelao, 602 : — è ucciso con una freccia d’Ercole, 603. Parnaso, monte sacro a
vi ; — è combattuto e fatto prigione da. Titano, 30 ; — sue avventure con Giove, 30, 31 ; — si rifugia in Italia, 32 ; — ri
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
me altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomi
per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono
a facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono il loro dirit
nzi disse di voler farle un dono anch’egli, e le diede un vaso chiuso con ordine di portarlo ad Epimeteo perchè l’aprisse.
Virgilio ; e in oggi spingendosi le scienze sempre più arditamente e con prospero successo a far mirabili conquiste nelle
sumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e di Giunone, non pe
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
attagliero quanto Rodomonte, e osò venir tre volte a singolar tenzone con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira
loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. E poichè è un’alt
o Achille, che non aveva paura di alcuno, non sarà discaro il sentire con quale impetuosa eloquenza il Xanto incoraggiava i
 Veloce in mio soccorso, apri le fonti, « Tutti gonfia i tuoi rivi, e con superbe « Onde t’innalza, e tronchi aduna e sassi
oi rivi, e con superbe « Onde t’innalza, e tronchi aduna e sassi, « E con fracasso ruotali nel petto « Di questo immane gua
nsorgendo, e d’atre spume « Ribollendo e di sangue e corpi estinti, «  Con tempesta piombò sopra il Pelide. « ………………… « Lev
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
mente di lui. In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco da
eo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, o
oni hanno accolta gradevolmente questa invenzione e riprodotta a gara con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo d
alcuni periodici letterarii e scientifici167. Minerva rappresentavasi con volto serio e maestoso, e quasi sempre armata, co
a lei sacro. Secondo alcuni poeti l’egida era un’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita di M
ui però dobbiamo riportare un racconto mitologico, che non si collega con quegli altri importanti e celebri avvenimenti. Un
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
non sapendo che ne fosse avvenuto, mandò il figlio Cadmo a cercarla, con ordine di non tornare a casa finchè non avesse tr
r vendicare la morte dei compagni rischiò la propria vita combattendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi pr
ò la propria vita combattendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. Intanto una voce usc
e seminarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità
nte son narrati dai poeti antichi e moderni, e son letti volentieri e con maraviglia nell’epopea. La trasformazione di Cadm
adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alf
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
oiano, creduto figlio di Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con Latino re dei Latini e ne sposò la figlia Lavinia
chette mobili parimente di metallo ; e se ne traeva un suono musicale con studiati e regolari colpi e movimenti. I Romani a
poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da tutto il popolo ; ma dopo tre
trovato o era risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa festa. Con queste stravaganti cerimonie volevasi alludere al
i poi fosse trasformato in bove. Aggiungono inoltre che Iside insieme con suo figlio Oro uccidesse Tifone in battaglia. Os
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
meno assurdi i romanzieri del Medio Evo, che avendo inventato le Fate con potenza soprannaturale benchè limitata, credevano
uni Mitologi dicono che anche la Ninfa Amaltea fosse cangiata insieme con la sua capra in quella costellazione25. Della Nin
itide e tranquille, anzi che esseri di per sè esistenti, conchiudendo con la seguente osservazione tratta dalla favola di N
vocaboli derivati e composti. Gli Zoologi nello studiarsi d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi di certe s
rola composta starebbe a significare il corno della capra, o la capra con un corno, per alludere alla favola, che alla capr
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
.. Il mar, la terra, e ‘l cielo « Lacerati da lor, confusi e sparsi «  Con essi andrian per lo gran vano a volo. « Ma la pos
d a re tale il freno « Ne diè, ch’ei ne potesse or questi or quegli «  Con certa legge o rattenere o spingere.40 » Questa r
dono al sonno le bramose ciglia « In traforati e attappezzati letti «  Con le donne pudiche i fidi sposi. » Alcuni Mitologi
n su per l’orizzonta « E’l Carro tutto sovra’l Coro giace, » accenna con precisione astronomica che eran due ore prima del
ffia o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con questa perifrasi mitologica : « Quand’Eolo Sciro
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
trade de’felici e de’beati « Giunsero alfine. È questa una campagna «  Con un aer più largo, e con la terra « Che d’un lume
ti « Giunsero alfine. È questa una campagna « Con un aer più largo, e con la terra « Che d’un lume di porpora è vestita, « 
ralasciando ogni altra singolarità, la città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, casso
stro globo. Lo spazio è abbastanza grande da entrarvi parecchie cose. Con una periferia di 21,600 miglia geografiche pari a
21,600 miglia geografiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometr
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte s
ponendo ai suoi servigi il caval Pegaso posseduto prima da Perseo ; e con tale efficacissimo aiuto egli potè velocemente sc
granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e di color giallastro con macchie nere. Le fu dato ancora volgarmente dai p
eguita dagli antichi Etruschi. 52. Quindi è che i Latini chiamavano con perifrasi mitologica Bellorophonteus morbus l’ipo
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
o che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i T
eca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben l
i, o apoteosi, da raccontare. Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualu
raccontare. Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualun
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
e da forza insuperabile del destino, come i fenomeni fisici. Onde che con questo sistema (adottato dai Turchi come principi
(Parad., v, 19.) E altrove trattando lo stesso argomento aveva detto con non minore eloquenza : « Color che ragionando an
più che altrove. Rappresentavasi come una donna stante in equilibrio con un sol piede sopra una ruota o un globo, per indi
gue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
i dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, i
con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli E
ce Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel r
o dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti. « Nell’alma Pilo ei già tra
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
oco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prod
correre, perchè dalla Terra scorrono, ossia provengono tutte le cose. Con questo nome di Rhea la rammenta anche Dante nel C
forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in ca
urlavano, battevano gli scudi e i tamburi, e si percuotevano fra loro con armi taglienti sino a ferirsi e mutilarsi. Quindi
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
a della gioventù, mesceva il nettare agli Dei, quando erano a convito con Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta
n Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella l
lanti anche quando Argo dormiva. Mercurio però col canto, col suono e con un soporifero fece completamente addormentare Arg
nome del padre è detta poeticamente Taumanzia ; e lo stesso Alighieri con frase mitologica chiama figlia di Taumante l’Irid
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
inoltre tanti vantaggi a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual Nume. Ma spen
ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual Nume. Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’
uattro o cinque piani, sull’ultimo dei quali ponevasi un carro dorato con la statua dell’Imperatore. Nell’interno del rogo
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
a materia bruta ed informe, supposta esistente nello spazio prima che con essa fosse plasmato il mondo ; e in questo signif
spiritosa invenzione della sposa del Caos, la quale ora chiamerebbesi con termine dantesco la Tenebra anzichè la Notte5, po
i altri poeti ci rivela un simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternat
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
ecclesiastici dei primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mitologia per dimos
tando, nel Canto xix dell’Inferno, il numero degli Dei degl’ Idolatri con quelli d’oro e d’argento adorati dai Simoniaci, e
vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune a
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
s che significa lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli di quel re bestiale, primo modello dei più
ntarne la prova a nulla nuoceva, vi si provarono ; e poco dopo videro con maraviglia che le pietre scagliate dietro di sè d
diamo indizio della dura origine nostra !87). In tal modo ben presto con molte coppie di coniugi fu ripopolato il mondo. Q
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla
ci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. Ben pochi fatti ra
accelerati e quasi correndo175. Rappresentavasi Marte tutto armato, e con aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialm
61 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
mande più opportune, e risparmia le ripetizioni, additando al lettore con un semplice numerò tra due () i particolari dei f
ngono fatte, ristampiamo il Corso di Mitologia, riveduto e migliorato con aggiunte del traduttore, ed ornato di stampe fatt
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
siem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione. Quando Giove fu ad
lo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
rcavano d’imporre rispetto alle moltitudini e di tenerle soggette ; e con false immagini e miracolose, quanto più strane e
l’ignoranti, li pascevano di vane illusioni e li dominavano, « Forse con intenzion casta e benigna, » per rimuoverli dall
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
l tempio era piccolo e di figura circolare o vogliam dire cilindrica, con colonne esterne che sostenevano il tetto o la vôl
na fossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza b
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
cialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quindi Mitologia significa
nfido che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo studio della Mitologia non debba essere stimat
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
il simbolo della forza generatrice della creazione. A chiunque studia con attenzione la Mitologia deve certamente recar mar
carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Indice alfabetico » pp. 516-
ogia NB. I numeri indicano le pagine. I termini derivati son distinti con caratteri italici, e posti subito dopo quei nomi
Àrcade 118 e seg. Archèmore 335 Argeste 299 Argìa 397, 399 Argo ( con 100 occhi) 81 Argo (nave) 332, 342 Argonauti 3
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
o simboli religiosi dei greci e dei romani politeisti furono espressi con splendide e bellissime immagini e in uno stile im
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
te l’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cor
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
e astratte, non solo delle virtù, ma pur anco dei vizii, e si termina con l’apoteosi degl’Imperatori romani, che fu l’ultim
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
o del mondo morale. Furono allora immaginati e splendidamente dipinti con stile impareggiabile dai Greci e dai Romani i più
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
rivate cappelle in onore del santo patrono della città o dello Stato. Con tal distinzione sparisce ogni dubbio sul vero e p
73 (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls
was the god of revelry. He presided over entertainments and feasts. Con ′cord [Concord]. The symbol of Concord was two rig
ncy, see Cephalus. Consu′alia [Consualia]. Games sacred to Neptune. Con ′sus [Consus]. A name given to Neptune as being th
74 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
ys. xii. l. seq. 210. Ib. xxxii. 51 ; xxxviii. 297. 211. In Prim. Cons . Stil. ii. 467. 212. Met. ii. l. seq. 213. Hym
. 143. 658. Or. xiv. 10. Voss, M. B. ii. 109. 659. Claudian (De VI. Con . Honor. 30.) makes his team on this occasion grif
f Pandora in it. See in Horace (Carm. i. 16. 13.) and Claudian (De IV Cons . Honor. 228. seq., and In Eutrop. ii. 490. seq).
rrowed from the Greeks. 1714. Paus. ut supra. 1715. Apud Plut. De Cons . ad Apoll. Op. vii. p. 335. ed. Hutten. Plutarch
75 (1898) Classic myths in english literature
3, 304; Com. §§ 165 (1) genealogy; 168. A′cis, 215-217; Com. § 126. A′ con , Com. § 123. Acon′tius, Com. § 66. Acris′ius, 27,
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