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1 (1880) Lezioni di mitologia
a sede di Dio, che, al dir del Profeta, vi pose il suo padiglione. Ma col proceder del tempo l’uman genere, dai vizj e dall
a che accinto mi sono. Non fu mai maggiore l’opportunità di ripetere col divino Alighieri; « Che chi pensasse al poderoso
si vedono nei loro monumenti. Difficile è l’arte di esprimere le idee col mezzo delle immagini, in che consiste l’allegoria
e essere il mondo deserto, impose a un nume di troncargli la testa, e col sangue che dalla^ piaga scorreva formarne gli ani
ovato non conobbe da verun altro la sua produzione. Si unì finalmente col mot, o mud che è lo stesso del fango, e secondo a
uesti la forma di ovo, e generato il fango, cominciarono a risplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì di
nderò l’acqua, balzarono come pesci nell’elemento che loro conveniva. Col progresso del tempo la terra, inaridita dal sole
venti, perde il potere di produrre animali, che quindi moltiplicarono col mezzo della generazione. 5 Se questa cosmogonia
’evo era simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma di serpente col capo di sparviere, è sentimento di alcuni che fos
lle, soggiorno dei numi. Formò ancora le Montagne unite in matrimonio col Cielo; produsse l’Oceano, e con lui Geo, o Ceco,
rugiadosi crini Fra le fuggenti tenebre Appare, e il suo viaggio Orna col lume dell’etereo raggio, Sorgon così tue dive Mem
tero nella battaglia dei Titani dalla parte di Giove. Si unì la Terra col Tartaro, volendo vendicare i Titani, e generò l’u
mune paura l’arme per cui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine
so all’Olimpo folgorando move, E dall’Olimpo al cielo. Il fulmin vola Col baleno, col tuono, e lo circonda La sacra fiamma,
o folgorando move, E dall’Olimpo al cielo. Il fulmin vola Col baleno, col tuono, e lo circonda La sacra fiamma, dell’eterno
l già gli ricopre, e lega Catena eterna le superbe mani; E Giove solo col poter del ciglio Li circondò di triplicati nodi.
luoghi sacri agli Dei, che in prima erano rozze fabbriche, divennero col tempo miracoli dell’arte, come il tempio antichis
Dei ai quali erano sacri. Gli Auguri rivolti all’oriente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte di cielo, e q
o l’esempio della colpa: che r ara di Diana era stata tinta in Aulide col sangue d’Ifigenia, e un padre immolava all’ambizi
consacravasi alle Ninfe custodi dell’acque. Nell’orrore della notte, col capo inchinato verso la terra, al contrario dell’
ro i sepolcri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col quale gli antichi davano autorità maggiore al giu
lle mie lacrime: sederò supplichevole sulla terra che la ricoprirà, e col cenere muto mi lamenterò delle mie sciagure. » Se
eri flagello, e della fronte Maestosa alterezza, in su la bara Tronca col ferro, e del defunto amico N’empie le mani, e le
esser possa la fede di chi i numi crede doversi placare colle colpe e col sangue dei mortali: Aspetterassi da costoro pietà
o atroce D’Achille inalza la dorata coppa, E liba al padre. Della man col cenno D’impor silenzio all’ addensata turba Mi co
lle lo prende, intorno all’ara Corse, e quindi esclamò: Dea, che godi Col certo strale saettar le belve, E col tuo raggio d
e quindi esclamò: Dea, che godi Col certo strale saettar le belve, E col tuo raggio della mesta notte Le tenebre rallegri,
u dimenticato dai potenti felici, il bisogno dei numi deve esser nato col tempo e colle sciagure. I mortali, da queste avve
si osserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora nel segno col quale nello Zodiaco sono i Gemini additati. Furon
egno col quale nello Zodiaco sono i Gemini additati. Furono collocate col progresso del tempo le teste sulla cima di queste
io longitudinale la divisione delle gambe. Un triangolo era l’emblema col quale s’indicava il sesso femminile dagli Egizj.
venerazione; trentadue boschi sacri si numeravano in Roma. I Druidi, col sangue umano aspersero gli alberi ove credeano ch
ntasti lodi a Giove vincitore dopo che fu posto in fuga Saturno. » Ma col regno di Giove vennero sciagure e delittiPrima la
ciò gli fu sacra, e divise l’universo trionfato con Plutone e Nettuno col mezzo della sorte. Peride Callireuco non ammette
oso ingegno di Giunone, e macchiando i talami de’mortali, gl’illustrò col vitupero, associando in tal maniera col cielo la
alami de’mortali, gl’illustrò col vitupero, associando in tal maniera col cielo la terra. Il celebre ratto di Europa che di
da Cerere generò da lui Proserpina, per cui tanto pianse ed errò, che col primo sorriso mansuefece la severa mestizia dell’
ecessità far tua voglia: pendiamo dal tuo cenno. » Ecco Giove confuso col destino. Abbandonando tanti ‘dubbj e tanta divers
dando un simulacro: ma gli Ateniesi si sono particolarmente distinti col magnifìco colosso che hanno eretto ad Adriano, ch
eso: Teseo e Piritoo fra i seguaci dell’eroe: il combattimento di lui col leone nemeo: l’attentato d’ Aiace verso Cassandra
ta l’infelice apre le braccia Per abbracciar il suo nuovo custode; Ma col piede bovin da se lo scaccia. Nò man può ritrovar
ua fessa usa per penna Per far noto quel mal, che sì l’offende; Rompe col piede al lito la cotenna Per dritto, per traverso
a; deh chi t’ha tolto Il tuo leggiadro e dilicato volto? Deh: perchè col parlar non mi rispondi, Ma sol col tuo muggir ti
dro e dilicato volto? Deh: perchè col parlar non mi rispondi, Ma sol col tuo muggir ti duoli e lagni, E il mio parlar col
mi rispondi, Ma sol col tuo muggir ti duoli e lagni, E il mio parlar col tuo muggir confondi, E col muggito il mio pianto
o muggir ti duoli e lagni, E il mio parlar col tuo muggir confondi, E col muggito il mio pianto accompagni? Tu sai dal mio
cauto Dio fa tutto quel che vuole L’avveduto custode e circospetto, E col suon dolce e le sagge parole Cerca addolcirgli il
arte discorre e in parte sogna, E non dà noia al discorso il sognare, Col pensier desto di sapere agogna, E il pastor prega
sua rabhia e la sua guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol col volto e con gli occhi al ciel s’eresse, E con un
n muggito, Che veramente parca che piangesse. Parca che con Giunone e col marito De’ suoi strani accidenti si dolesse, E ch
era attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle sorti mortali. Col nome di Custode particolarmente adoravasi presso
o i Romani, ed è nelle medaglie di Nerone ritratto assiso sul soglio, col fulmine nella destra e coir asta nella sinistra.
tto, che fu venerato in molte greche città, e specialmente in Corinto col nome di Corifeo? E noto che non solo il tetto, ma
rpea, della quale vi narrerà la morte Properzio, ingegno sovrano, che col volo della fantasia, col fuoco delle immagini pri
erà la morte Properzio, ingegno sovrano, che col volo della fantasia, col fuoco delle immagini primeggia fra tutti i poeti.
tto il nome di Giove Statore un monumento, che ai posteri attesti che col tuo presente soccorso hai Roma salvata. — In alcu
o un’immagine nuda in piedi, appoggiata colla destra sopra un’asta, e col fulmine nella sinistra, e vi si legge inscritto:
campamenti di Brenne, onde togliergli la speranza di vincere i Romani col mezzo della fame. È opinione di alcuni, ma ridico
i queste ricerche, nelle quali l’utilità difficilmente può mescolarsi col diletto. Assai di Giove Olimpico. Da Ida, e Ditte
Giove Le schiave soglie. — Nel felice bosco Sorge un antro ederoso, e col nativo Fonte si ascolta mormorar le frondi, Casa
e l’onda freme, E te fanciulla, che il fraterno mostro Un dì tradisti col seguace filo, Famoso inganno del Dedaleo errore.
o, Nutre la colpa, e fiamma a fiamma aggiunge. Precipita Tarpea, qual col reciso Petto sen balza l’amazzonia schiera Sul Te
ià nell’ostili Tende penetra: qui del monte insegna L’ignoto calle, e col fatai nemico Lega la fede dell’iniquo patto. Tazi
ulla creduta rivale, ed avendola riconosciuta per una statua, terminò col riso l’ordita frode, e ne fu frutto la desiderata
ll’Egitto, prescelse la dea questa forma per celare le sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di
sulla testa della Giustizia, creduta esprimere il ritratto di Livia, col nome di questa prima Augusta, fu contradistinta,
menzione Senofonte. Osserva Polluce che solevano esser di lino, e che col tenerle piegate si obbligavano a prendere simili
tis. » Omero, tradotto dal celebre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cinto di Venere accresce la sua eterna bellezza p
e col cinto di Venere accresce la sua eterna bellezza per distogliere col piacere Giove dalle cure, onde ritardava il fato
alma del bel, gli acconci Detti E i soavi Colloquìi, e quanto accorda Col Piacer la Ragione, e d’alma e spirto Mesce i dile
amai (nè sola io già), se giusta La lor causa credendo, osai talvolta Col mio zelo spiacerti, il mio rimorso Assai ti vendi
etta Calendare, e il pontefice massimonella curia celebre propiziava. Col titolo di Curi, perchè così l’asta significavano
scano Taria, di cui questo nume è il simbolo; l’altro crede additarsi col velo che le ricchezze, delle quali Giunone è arbi
fici, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera d
appagarla presentandole un fiore nato ne’ campi olenii di Acaia, che col solo contatto la rese feconda. La prole fu Marte,
ar volli, Ne lo potei. La copia era maggiore Del numero. Ed allor che col primiero. Raggio alle foglie la rugiada il sole S
o, quantunque Plutarco, che nella vita di lui ha soggiogate le favole col vero, ne avverta che questa fama fu sparsa accort
li ed occhi cerulei. I poeti lo mostrarono assiso nudo sopra la conca col tridente, e talvolta di cerulea veste coperto. Al
le nubi, apparve il sole. Cimotoe e Triton, Tuna coli’ onde, L’altro col dorso le tre navi indietro Ritirar dallo scoglio
nell’arena eran sepolte, Egli stesso, le vaste sirti aprendo, Sollevò col tridente ed a sé trassele; Poscia sovra al suo ca
ntidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura, nel quale il dio col sublime capo toccando il soffitto sedeva sopra un
Un’ ara sotterranea gli era costruita nel circo massimo, e si onorava col corso dei cavalli. Ippico lo chiamò la Grecia, si
i’ dell’immenso Pindaro, sorgeva un tempio a Nettuno Ismico dedicato. Col nome di Petreo, perchè divise le montagne, adorav
ndo 1’ amabile scherzo, ritornò nell’antro, dove uccise la testuggine col ferro; e avendo divise misuratamente le canne, tr
di due gioghi, vi tese sopra sette corde, e tentandole ad una ad una col plettro ne risvegliò l’armonia, che colla propria
cieco e sordo, e taci, poiché io non porto via la tua roba. — La luna col recente raggio illuminava la terra quando il pote
a scusa e la risposta di Mercurio, che dopo molte frodi e parole andò col Saettante sull’Olimpo al tribunale di Giove, che
e con un riso artificioso l’imbarazzo della sua sorpresa, e far cenno col dito per inculcare il silenzio a chi l’avea osser
che ha segnato l’antico scultore nei tratti di questa graziosa figura col suo maestrevole scalpello. Il braccio sinistro ma
cura gli affidò degli armenti. I mitologi più recenti aggiungono che col potere di questo l’ire separò nell’Arcadia di due
per significare la concordia degli animi più efferati. Jamblico, che col velo dell’allegoria adonestar volle di soverchio
vol sorpresa può vedersi l’Antinoo di Belvedere coi talari ai piedi e col caduceo alla manca. Parte di questi simboli è ind
tlante, Che il fero culto del recente mondo Colla palestra ornasti, e col sonante Carme fecondo; Te canto, o padre della c
quei che spargon per la nova luce Provido pianto. Tu vinci gli occhi col miglior dei numi, Che per te lascia le Cimmerie g
d’infiniti benefizii, onde nell’insigne tragedia di Euripide il nume col suo pietoso ministero aiuta Ercole, che libera da
e mura troiane. Non adoprò il dio, secondo Ovidio, i comuni mezzi, ma col suono della lira volontarie le pietre si unirono
solamente minore. Egli, che al dire di Orazio, del mentito destriero col timido inganno non avrebbe vinto i Troiani in mis
e volò sul Parnaso, e due dardi di diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dorato e ministro di amore, ferì Apollo; c
se dalla faretra. Col primo, dorato e ministro di amore, ferì Apollo; col secondo, di piombo, d’invincibil odio cagione, sa
ro al tronco, indicata da Plinio colla parola insidiante, da Marziale col fanciullo insidioso, sono altrettanti segni per r
’apollineo ramo E l’atrio intero: lungi ite, profani, Lungi. Le porte col bel pie percote Febo: noi vedi? La Deliaca palma
rbe parole alta vendetta. Misero è ben chi cogli Dei contrasta: Pugna col rege chi con dio combatte. Apollo il coro onorerà
sse ella stessa i suoi oracoli in questo luogo, e pure i suoi Nettuno col ministero di Pircone. Si pretende che snccessivam
oggi sussiste, furono gli Antizioni che ne ordinarono la costruzione col danaro dal popolo consacrato per quest’uso. Spiri
bero, il nome. Aggiungono che trovasse l’arte di conoscere l’avvenire col volo degli uccelli, e che la città di cui è fonda
ta Tia: alcuni gli danno per madre ancora Melene figlia del Cefiso. «  Col tempo la gente del paese chiamò la città non sola
la poesia, ne aggiunsero due altri; uno per quelli che accompagnavano col flauto, l’altro per quelli che lo sonavano. Allor
il Pelide, e nella Teucra polve Pone il capo, dolor lungo alla madre. Col palladio destrier timido inganno Ei non tendeva a
occhio mortale. Alla messe propizia, e che degli anni Mostra la fuga col crescente raggio. Quindi sposi direte: un inno ai
averne le membra forate. Gli Ateniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro una specie di cappella, i primi pe
ttura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale era distinta col nome. Conviene credere che non pregiudicassero al
to è uno dei più famosi antichi pittori). — « Presso Eleno sta Megete col braccio fasciato nella stessa attitudine che Lesc
, Primo dolor dell’infelice madre, E certo giro al corridor prescrive Col freno, e spuma la ribelle bocca. Oimè, grida, nel
he il seguace dardo Lo giunge, e passa la cervice, ed esce Dalla gola col sangue. Egli già prono Dai crini del corsier balz
: l’infelice cade Nell’ufficio pietoso. Apollo il core A lui trafìgge col fatato strale, Che svelle e spiccia colla vita il
numi L’oltraggiata ragione osi cotanto: Che posto fine il padre avea col brando Alla vita e al dolor. Quanto diverso Era,
rte per diverso fato. L’ultima avanza di cotanta prole: Colla vesta e col suo corpo la madre La protegge gridando: Una ti c
mpio della Fortuna, e per le delizie imperiali chiamate da Filostrato col nome di reggia dei- Cesari, che tale poteano dirs
a a’SS. Apostoli nel suo palazzo. Salito al trono, la collocò insieme col Laocoonte nel suo giardino Vaticano colla direzio
lo in atto appunto di saettare infermità e morte, ma nel tempo stesso col serpe ai piedi, simbolo dei rimedii e della salut
e il morbo eccitato dall’ira del nume cessava poi per la sua clemenza col mezzo dell’arti agli uomini da lui insegnate. Che
’ vapori maligni esalati dalle grandi inondazioni della terra confuse col diluvio universale, perciò adattatissimo simbolo
ra delle sue membra. — Vola, o tu che ami i monumenti dell’arte, vola col tuo spirito sino alla regione delle bellezze eter
d all’amore Desta il secondo: per la sua vendetta Ambo gli sceglie, e col primiero Apollo Fere, e Dafne con l’altro. Ama lo
da le mani E le braccia, che appena il vel nasconde, Quel ch’è celato col desio figura Più bello. Ma la ninfa emula il vent
mor consiglia: Così Gallico cane in voto campo Siegue una lepre: ella col pie salute Cerca, ei la preda, e par che già l’af
di questo animale per la musica. Apollo non è stato mai rappresentato col berretto frigio, e le teste fornite di questo e c
rida: Son nume: del mio sangue è fede Questo. — I Tritoni accompagnar col canto La voce, e plauso dier le dee marine Alle l
premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo Pausania, dell’argento. Col nome di Parrasio s’onorava Apollo in Arcadia; Agi
e al nume edificato era un tempio insigne per ricchezza e per lavoro. Col nome di Carneo si trova frequentemente Apollo men
i cognomi potete ricavare che Apollo presso gli antichi si confondeva col Sole quantunque i Mitologi diano a quest’ultimo o
di Fetonte; che ho tradotto dalle Metamorfosi di Ovidio, giacché voi, col vostro compatimento mi avete incoraggito a tentar
a i rotanti poli; Potrai tu gire e trattener dell’asse La fuga? forse col desio figuri Città di numi, e selve e ricchi temp
nimo Fetonte, aprìa l’Aurora Le porte d’oriente, e vi spargea Le rose col bel pie: fuggon le stelle Che Lucifero aduna, e l
affrena. Gli atterriti corsier rompon le briglie: Là giace il freno; col timon spezzato Stanno le rote in altra parte, e s
di Latona; la terza di Upi e di Glauce, che i Greci sovente chiamano col vocabolo paterno. I vanti di tutte s’arroga la se
e l’offrono da cacciatrice, eppure la sua attitudine non è il riposo, col quale ha creduto il senator Bonarroti di render r
aso. La nostra Diana si rende con ciò tanto più singolare, non avendo col jiume tebano alcuna cognita relazione. Potrebbe d
i seguaci. E questo l’ephaptis, che secondo Polluce è un piccol manto col quale si coprivan le mani quei che sul teatro rap
el recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea L’imitatrice sua col proprio ingegno, E con pomice vivo e lievi tufi C
ì la selva. Si gettan sulla dea, veste le fanno Del proprio corpo: ma col collo a tutte Sopravanza Diana:15 avea la faccia
onda: incerto Fra verofosrna e timor vesrsronlo i cani. Primo Melampo col latrato accenna Ai compagni la preda: accorron tu
Oeta, egli è quello istesso Ercole vorace, ed ha quel medesimo ventre col quale s’in contro in Teodamante che arava, e fé’
ntichi monumenti, ma al contrario non si vede in niun luogo le Oreadi col turcasso. Nel numero delle ninfe di Diana si trov
na al cocchio Schiera ch’imita il suo silenzio, e gara Ha di mestizia col signor, che segue Pensoso il calle Miceneo. Le br
Miceneo. Le briglie Erran sul collo ai corridori alteri, Cui parlava col freno e colla voce. Ora inchinan la fronte e i me
piò questo spazio; ma Tiberio per evitare gli abusi che commettevansi col favore di tali privilegi, abolì quest’asilo. Non
o: era Teseo Lode comun fra i coronati altari. Pallade vi s’invoca, e col Tonante Gli altri Celesti hanno votivo sangue, Pr
go, E per gli immensi denti il capo insigne. Alla donzella il donator col dono Piace: invidiano gli altri, e.per la schiera
alfine È sorella miglior che madre, e vuole Placare le cognate ombre col sangue, Empiamente pietosa. Il crudo foco Risplen
ratelli: ecco vendetta, ombre di sangue, E poi vi seguirò. — Disse; e col volto Rivolto indietro, con mano tremante Getta n
nte da cieco fuoco arder le membra L’ignaro Meleagro, e del suo duolo Col coraggio trionfa: ignobil morte Senza sangue gì’
allide labbra il suono estremo Chiamò forse la madre: il dolor cresce Col fuoco, e langue e pere in un: io spirto Volò nell
e le madri. Il genitore i crini Canuti e il volto nella polve intride Col fato della lunga età sdegnato. Dalle furie insegu
Monumenti Inediti di Winkelmann per ciò espressa si vede colla face e col cane. Illitia presso i Greci appellavasi, perchè
e delle pieghe degli abiti feminili, e d’ordine ionico; e scanalate e col capitello ionico erano appunto le colonne incise
emor petto Conobbe i segni dell’antica fiamma. La giovinetta non domò col fuso La man sdegnosa, nè all’indocil chioma Impos
or di rosa Tinge la faccia, ed i mutati amplessi, E sente, e fu2ri?e: col delitto il nume Si manifesta: quanto lice a donna
seguaci grida: In questa selva ignota al Sol, non temo Occhi profani: col sudor la polve Nel desiato umor tergiamo, o ninfe
vesti: ella soltanto Cerca dimore: alla dubbiosa il manto Toglesi, e col delitto il corpo ignudo Appar: le pronte mani inv
cco deforme il volto Lode di Giove: il favellar l’è tolto. Onde pietà col suo pregar non mova, E si disserra dalla roca gol
no cagionata dal nome che si trattava di dare ad Atene. Quando ella è col serpente, ella si chiama Igiea, Peonia; perchè ma
ndi di aspetto, e simili a quelli del biondo imperator delle foreste. Col titolo di Marziale, o Guerriera, fu adorata dagli
mposto. E nella nona regione di Roma antica afferma P. Vittore che fu col titolo di Calcidica venerata: anzi è parere di al
ui, le Troiane donne fuggire poterono la servitù sovrastante. Minerva col titolo d’ Igiea, o dea della Salute, ebbe statua
la plebe, che era caduto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome di Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata,
ede da una parte il tridente, dall’ altra la testa di Pallade, perchè col dio del mare divideva di questa città l’impero e
o e la tutela. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di Ergane, così detta perchè presiedeva al
; fu maladetta la terra ove abitava, e condannata a sterilità eterna. Col tempo i popoli consultarono l’oracolo di Dodona,
idea come dovesse essere quella famosa di Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti di bronzo dell
a beltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca di poi la ragione perchè col di lei simulacro s’immerga ancora lo scudo di Dio
er la sua nascita prodigiosa, e per la sua divina bellezza, e termina col solito saluto e richiesta. Uscite voi, che nell’
iò del Simoenta: e Giuno Di mirarsi obliò. Venere sola Si consigliava col lucente bronzo: Mutò due volte e ricompose un ric
mo Dorato porti, della bionda testa Ornamento e terrore. A te diletta Col nitrir dei cavalli il suon confuso Delli scudi pe
ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col quale i Greci chiamavano Venere, non altro signif
dell’ali. Famosa in Plinio è la statua di Venere composta di calamita col fine di attrarre quasi per grazie segrete un Mart
qua ne arreca. Un altro i fianchi, e la ferita lava. Un dietro a Adon col ventilar delle ali Par che lui in vita richiamar
e con fibbie dorate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine di Venere sedente col capo ornato di nimbo, che in una mano aveva un pa
do videro le donne svelare la loro nudità per difendersi dall’ impeto col quale assalivanle credendoli Messenii perchè eran
inata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro di lei era sedente col capo coperto, e coi piedi incatenati. Ericina dis
a medesima nella stessa attitudine, e precisamente nell’abito stesso, col nome di Venere Genitrice: onde potersi accertare
l celeberrimo signor Heyne: osserverò solamente che una Venere ignuda col cesto cinto sotto le mammelle si vede in un singo
ere era già in Vaticano, collocata probabilmente da Giulio II insieme col Laocoonte e l’Apollo, nel cortile detto perciò de
coliaste di Sofocle, e ch’ebbe con esso ara comune. Ma delle arti che col fuoco si esercitano, per comune consenso autore è
sorte di Marte. La piromanzia, cioè la pretesa maniera d’ indovinare col mezzo del fuoco, ascrivono pure a Vulcano, di cui
fatta dei Cartaginesi verso Nola. Cabiro figlio di Vulcano è indicato col martello sulle medaglie di Tessalonica. Vulcano f
i le spezzate membra Di pingue toro allo schidione infitte Rammollano col foco ad imbandirne Largo convito signoril; nè len
braccia a braccia intrecciansi: Ma due nel mezzo saltatori agevoli Or col capo, or col pie la terra appuntano Con rapida vi
ccia intrecciansi: Ma due nel mezzo saltatori agevoli Or col capo, or col pie la terra appuntano Con rapida vicenda; il can
Marte. La maravigliosa maniera nella quale nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore indicatole dalla moglie di Zeft
a negligenza e del rossore di Marte, annunciando ai mortali il giorno col batter dell’ ali e col canto. Così la religione f
ore di Marte, annunciando ai mortali il giorno col batter dell’ ali e col canto. Così la religione fantastica desrli antich
aci, ed in Lenno ostie umane gli erano sacrificate. L’urna nità abolì col tempo questa barbara usanza, e furono sostituite
nemico. In mezzo ad una nuvola di polvere s’inalzò verso l’Olimpo, e col core oppresso dal dolore mostrò a Giove il sangue
armi infuriava. Leggiamo che avesse due templi: il primo nella città col titolo di Quirino, come della pubblica sicurezza
si trova sopra delle medaglie; in alcune altre si vede colla lancia e col caduceo, come arbitro della guerra e della pace.
ti: ma il padre degli uomini, non soffrendo nel suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo Scoliaste di Teocrito vuole
o porta sopra molti monumenti. Differiva poco dalla forma del calato, col quale si è qualche volta confuso. Il primo rassom
Una statua di Cerere trovata nelle rovine di Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. Il papavero era un simbolo de
l crine: La tigre il vela, e in un sol nodo accoglie L’unghie dorate: col meonio tirso Regge l’orma mal certa. Dei, cui ser
tal dritto, dei fratelli il più crudel? Non tolse La rea fortuna a me col ciel le forze E l’armi? forse oppresso e vii mi s
rse oppresso e vii mi stima Perchè non stringo dei Ciclopi i dardi, E col tuono le vane aure deludo? Non ti basta che sola
acra mente Vari pareri: del richiesto nodo Qual sarà il frutto? e chi col puro sole L’ombre di Stige Gambiera? Piaceva Alfi
. Sì giovenca non ama il suo torello Che calca appena la minuta arena Col pie mal fermo, e non ha curvo ancora Il nuovo ono
risimilmente per l’invenzione delle leggi, e il timone perchè governa col loro soccorso l’Universo: quindi è ch’effigiata l
ariamente accrescere e variare dei simboli l’uso. Questo s’introdusse col tempo, e nella più remota antichità Cerere non eb
di Cnosso assicurava che Pluto ebbe il fratello Filomelo, che in lite col maggiore ed al puro necessario ridotto. comprò co
. Cerere è rappresentata sulle medaglie di Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da una parte della sua veste. Osserv
stene, Diodoro Siculo e Plutarco, trasferite dall’Egitto nella Grecia col mezzo di Orfeo, che le cerimonie sacre ad Osiride
a di notte. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Gl’Ionii flutti col promesso lume Percote il non ancor lucido giorno;
morte scherzi: S’inalza al cielo con terribil giro L’asta qual selva. Col splendido manto Alla Gorgone adombra il crin fìsc
e il ministro dell’ara la Luna. Presedeva poi ai misteri un prefetto col titolo di re, il quale comandava che ogni nemico
ere quelle cose che si fossero fatte contro il rito. Ad altri quattro col nome di Curatori, scelti dal popolo, per legge er
, che nei nostri campi Degna scherzare; deh ti prego, adesso Vieni, e col tuo favor tutto germogli: Ibla fertil c’invidii,
dei numi. — Disse, e Zeffir scotea tosto le penne Umide di rugiada, e col fecondo Umor marita le soggette glebe. Segue il s
e tentò di trasportarli presso i Romani, e la sua intenzione fu posta col tempo in effetto da Adriano. Eccovi date, con que
Minerva: Re di vigliacca plebe, o dei fratelli Pessimo, con la face e col flagello Qual delle furie qui ti spinse? ed osi P
Donzelle, ch’altro rapitor toglieva: Godete almen della comune luce. Col pudore anche il sole a me si toglie, Del Tartareo
del primiero amore Sente i sospiri, e alla fanciulla il pianto Ter2:e col ferruorineo ammanto, e il mesto Dolor consola con
giusti tu darai. Le colpe, Giudice te, le nuove ombre diranno. Ricevi col Leteo fiume le Parche Ancelle, e fato i tuoi dett
lpe, ed il furor temuto UEumenidi, e d’un nappo il vin spumante Bevon col crin feroce; i serpi eterni Son miti; accendon co
Sia sogno; eppur del lacrimato amplesso Si duole che il piacer fugga col sonno. Balza e grida a Cibele: I Frigi campi, Ven
Terra. Gli Egiziani, gli Sciti, i Liei, i Frigi, i Romani, la posero col Cielo e cogli astri, dai quali cominciò la idolat
i. Oppone la mano alla fronte, e scotendo il suo vasto corpo si lagna col Cielo. — Per allontanare questa funesta immagine,
sul capo, ed alla sinistra è Saturno turbato in vista e severo. Marte col suo elmo, e Venere colle chiome annodate pongono
rtà. Darò compimento nella presente Lezione a ciò che riguarda Cerere col leggervi il delitto e la pena di Eresittone. che
gl’infiniti colpi, e al suol piegata Per tese funi ruinò la querce, E col suo peso molto bosco inchina. Le Driadi sorelle,
giunte dimandar frementi D’Eresitton la pena. A lor consente La dea: col cenno del divino capo Scosse i campi ove gran mes
Di Scizia negli estremi lidi È steril luogo, e non ha frondi e biade: Col pallore qui giace il freddo inerte, E col Tremore
o, e non ha frondi e biade: Col pallore qui giace il freddo inerte, E col Tremore la digiuna Fame. A lei comanda che nel se
inca: Nè te la lunga via sgomenti, e prendi Il cocchio e i serpi miei col fren governa. — Lo diede. Vola col concesso carro
e prendi Il cocchio e i serpi miei col fren governa. — Lo diede. Vola col concesso carro La ninfa, giunge nella Scizia, il
entre Tutto alfine discende il censo avito, E le sue membra a lacerar col morso Necessità lo strinse, e col suo corpo II mi
so avito, E le sue membra a lacerar col morso Necessità lo strinse, e col suo corpo II misero la vita e scema e nutre. O
ittura di Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronato di rose. Col tempo gli furono afirsriunti non solamente nomi,
uesta divinità. A Megara scorgevasi l’Amore scolpito da Scopa insieme col Desiderio e la Passione. Fra le pitture di Pausia
Savioli sopra Amore e Psiche. Si presenterà l’occasione di ritornare col tempo su questa favola ingegnosa, con tanta venus
ate prove, Terribil Nume, esercitar solevi Sovra Nettuno e Giove; Poi col favor dell’ombre Ti raccogliea nella segreta regg
o. questa, o altra sia stata però la ragione dell’alleanza delle Muse col Sonno, noi possiamo considerare in questo bel mar
monumento s’incontra; non Bellerofonte, che avrebbe qualche rapporto col Pegeso, perchè la sua testa non si trova giammai
e in qualche rara medaglia antica si osserva barbato, e perchè non ha col Pegaso relazione veruna, e perchè non gli può com
nate, che cotroni comunemente si appellano, e finalmente il suo busto col nome greco pubblicato da Fulvio Orsino, che si cu
ria. « Con più ragione l’attribuiamo ora a Morfeo, e per l’uniformità col tipo sopramentovato della famiglia Tizia, e per l
Alfine il nume Inalza gli occhi che il sopore aggrava: Cade, ricade, col mento notante Percote il seno, e sé da sé discacc
i ministeri stanche, E nel travaglio le ripari: i sogni Che gareggian col ver vegga Alcione; Giuno lo vuol. — Sì detto, Iri
dio quelli che il poeta di Ascra gli assegna per fratelli. Celo sposò col tempo la Terra, che lo fé’ padre d’insigne moltit
a opera sugli Dei, come Apollodoro nella Biblioteca. La stessa Terra, col Tartaro congiunta, partorì quindi Tifeo. Saturno,
r quella vile venerazione che gli uomini ebbero sempre pel potere, fu col tempo, per la simiglianza del nome, adorato come
nè possiamo avere il piacere, o di verificare l’opinione dello Scott col confronto dell’immagine di Biante dissotterrata n
immagine che può riferirsi a Mnemosine poiché rappresenta la Memoria, col nome però non di (grec), Memoria, ma di (grec), c
capo che vedremo dato all’ immagine di Aspasia unica nel nostro Museo col suo nome greco, non rende improbabile che possa d
lle quali si vede incisa una mano in atto di stropicciare un orecchio col motto greco (grec) Ricordati. Infatti, secondo Se
romano prese parte nel culto di Cibele figlio della frigia mollezza. Col tempo i patrizii e le matrone si associarono a co
ure muliebri di statura molto minore, matronalmente vestite, la prima col capo velato, la destra alzata verso le due deità,
i, nella sinistra tenendo il timpano sollevato quasi per indicare che col tempo farà ritorno alla servitù dell’antica padro
tta al verd’Ida la danzante schiera, E trasognata, furibonda, ansante Col timballo fra man corre primiera Ati fra’ boschi b
bile ed aspera. S’avvalora, s’ infuria, s’ inaspera, Corre, sbuffa, e col piede vagante Preme, infrange le tenere piante. A
colla moglie da essi incatenato. Giove volò per liberare il padre, e col soccorso di soldati Cretesi vìnse i Giganti, e re
soldati Cretesi vìnse i Giganti, e restituì il trono ai Genitori. Ma col tempo il timore, eterno compagno dei potenti, per
ersuase Saturno a tramare insidie al proprio figlio, che accortosene, col soccorso di Prometeo nel Tartaro incatenò l’ingra
a Agatocle, attribuirono la loro sconfìtta all’avere irritato Saturno col sostituire altri fanciulli invece dei proprii, ch
chi usi, insegnò agli abitanti la maniera di placare l’ira di Saturno col sostituire, invece degli uomini, che, legati pied
lceste fa uccidere i Ciclopi da Apollo per aver fabbricato il fulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio di lui. Quest
ati da Vulcano eglino istruirono gli uomini a lavorare questo metallo col fuoco. I nomi che loro dà l’autore della Foronide
orsacchi; Or vieni a me, quel che prometto avrai; Lascia che il mare col ceruleo flutto Flagelli il lido, che più lieta no
re io non ti posso, O donzella, a notar fra poco imparo; Se navigando col suo legno arriva Qualche straniero in questo lido
ati. Questo nome significa guarire, raddolcire il dolore. Non ostante col tempo questo nome divenne ingiurioso, e sinonimo
ava di un culto singolare, e sulle medaglie di questa città si vedono col berretto del dio, di forma conica, tenenti da una
i Plutone, e quindi di tutta la corte infernale: onde discendete meco col pensiero nell’Inferno degli Idolatri, che prestò
e Stigio, il Giove Sotterraneo, il Giove Dite, conosciuto comunemente col nome di Plutone, o Dio Ricco, nome che al latino
Serapide, o Sarapide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col quale amarono di confonderla. Esigeva ciò il geni
nete di tante città greco-asiatiche impressa la stessa effige sedente col Cerbero ai piedi, 1’ osservarla replicata non sol
opria del nume del tartaro, espresso perciò in qualche antica pittura col capo velato: onde presso i Greci avea sortito il
colore deve altrettanto partecipar del bianco ch’egli sarà possibile col giorno, che si usa di spargere per illuminare gli
ri pel sacrifizio. Da presso si vede un uomo seduto, che fa una corda col giunco: è Ocno, come lo mostra l’iscrizione; vici
r indicare fatica inutile. Tizio non è rappresentato nei tormenti, ma col corpo arido dai patimenti; non è che un’ombra app
serisce Winkelmann; ma ha la chioma legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle pitture del
sun reo è assoluto davanti al tribunale interno della Coscienza: onde col ferro, o coli’ oro poterono gli empii comprare il
he agitava gli scellerati. Eumenidi furono chiamate da Oreste, perchè col consiglio di Pallade potè in Argo placarle. Licof
assise sopra troni risplendenti di luce, dove accordano la loro voce col canto delle sirene. Ivi, die’ egli, Lachesi canta
enio, con occhi di bragia. Loro accennando, tutte le raccoglie; Batte col remo qualunque s’ adagia.» Inferno, Canto III,
iume torbo e fangoso, pieno di voragini, che bolle e si frange, e che col suo nero loto si perde in Cocito. Alcuni fanno fi
’ Ercolano sembra consolare Arianna da Teseo abbandonata, mostrandole col braccio teso la nave che si allontana, e che non
ura del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli, col quale non solamente la giustezza indicava della r
’ incontrano in va rie medaglie; ma la situazione del braccio destro, col quale espone appunto la lunghezza del cubito, è i
ramo di pomi,, che alludeva alla vittoria d’Ida, e che poi fu confuso col frassino di Nemesi. Dall’altra reggeva un’ampolla
che il buon gusto. Per escludere ogni sospetto di gentilesimo le pose col tempo in testa una croce per mostrare la sua dipe
ta deità, com’anche in gemme e in medaglie: non così però in marmo, e col corredo conservato dei suoi attributi. La nostra,
a una Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea di quel quadro, col quale si rimproverò a Timoteo capitano Ateniese l
n Roma. Pur nelle monete di Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col rostro di nave. Chi sa che non fosse una semplice
ti soavi. Io mando a la lor sede Le sonanti procelle, E lor sto sopra col sereno piede: Entro l’eolie rupi Lego l’ali de’ v
: io sola Te chiamo a novo e glorioso stato. Seguimi dunque, e l’alma Col pensier non contrasti a tanto invito; Che neghitt
te tra quelle della Yilla Mattei sarà più verisimilmente Clio la musa col volume scolpita in una delle fiancate, che quella
i stesso per la sua sovrintendenza alla Tragedia fu venerato in Atene col titolo di Melpomeno. Non a caso ho annoverato fra
di quel genere di scarpe che abbiamo ravvisate per le antiche alute, col plettro che ha nella destra, va destando i concen
evo dell’Apoteosi di Omero, ed è la prima che siede sul secondo piano col plettro nella destra e nella manca la cetra. Lo S
sonando la nomineremo Tersicore, avendo già ravvisata Clio nella Musa col volume, da luì chiamata Calliope. È da notarsi qu
lio xx disse: — Portando Erato il plettro salta coi piedi, coi carmi, col volto. — Finalmente i due scoliasti di Apollonio
pittura ci comanda di guardare al solo Anfìarao colle stesse corone e col lauro fuggente sotto terra. I cavalli sono bianch
sparsi in qua e in là per la stanza del convito, il sangue mescolato col vino, questi che spirano sulla mensa, questo napp
antichi attritribuire a Polinnia anche la taciturnità ed il silenzio. Col dito al labbro l’esprimono le lodate pitture di E
entemente potrà dirsi Polinnia che la quinta, la quale sta appoggiata col gomito ad una rupe, e così colla destra si sostie
vatori in Campidoglio. Ha questa sul ripiano, eh’ è tutto d’ un pezzo col simulacro, inciso a caratteri antichi Urania, che
ali. Questa all’incontro, il cui capo era in antico d’un pezzo stesso col rimanente, e tanto delicata nell’esecuzione, capr
torre ogni dubbio, ci offre la figura di un Poeta coronato di edera e col volume fra le mani. « Questo bel simulacro è conf
un astro presso il capo nell’area del dritto, e nel rovescio accenna col radio i circoli segnati su del globo che vien sos
ate in tal genere di favole, le accompagnano, quando vogliono, ancora col pianto. Non avrò dunque bisogno di dirti che Tese
tte Egle, Talia ed Eufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavan
savio e modesto risparmiava allora gli Dei, e lo incorraggiva allora col suo scettro) ma adesso ch’egli è oltraggiato, imp
l suo tridente, e lo scoglio che Aiace sostiene sarà scosso onde cada col bestemmiatore. Ecco quello che vuol dir la pittur
l solito per arrestare l’esercito, onde ella possa togliersi il corpo col consenso di Giove. Ecco lo trasporta già: essendo
non riducendosi allora questa parte delle umane cognizioni, divenuta col tempo così vasta, che alla cura delle ferite. Qua
lliano, per ornamento delle statue di Esculapio. In quanto al bastone col serpente avviticchiato, racconta Igino che Escula
eniva, al riferire di San Clemente Alessandrino, espresso dagli Egizi col ieroglifico della serpe. Ma in quella maniera che
ume nei monumenti, cominciando dalla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome di Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi
questa scultura non può rappresentarsi abbastanza nò colle parole, nè col disegno: le prime non la dipingeran mai così bene
lo trova Prono sopra uno scoglio; aiuto e pianto Offerse al Nume, che col fianco infermo Tarda l’alterno passo. Alfine al f
lamo presso, in lunghe tele Sanno ingannar la spaziosa notte. Questa, col pianto e colla nota veste Di Neera incontrò la Di
in mar sommerso Fosse il nostro dolor: Colui che cerchi E coi voti e col pianto, arde l’indegno Dell’amor di una schiava:
i, e sulle soglie i baci E sopra i letti raddoppiare, e fìsse Yi stan col pianto e colla vista. Alfine Lascian le case, e i
ccinta: l’accompagna il ciel coi nembi E con luce sonora: accresce il Padre Col tuono a lei la maestà crudele; E per l’aure trema
passi il Terrore, e dai recinti Gotici irrompe la Discordia pazza, E col pallido volto Ire feroci, E la Rabbia e l’Inganno
o La turba feminil; di foglie ornato Laccio l’arbore stringe, e in un col ramo Penteo brama atterrar: l’unite mani Scotono
gar: lo tira Per l’altra mano Autouoe a se, la madre Errando intorno, col suo piede opprime Il petto al figlio, e la cervic
la stolta Minaccia Cadmo della lieta figlia, E questi detti confondea col pianto. Ahi qual fera domasti. Agave? il figlio S
, E non senza rossor venera Bacco La maestà dell’infelice volto. Onde col riso si confonda il duolo. Ad Agave cangiò la men
il tempo, dopo avere scosse le porte tenebrose del Caos, si avanzava col suo turcasso che rinchiudeva i dodici dardi di fu
sole a finire il suo corso, e chiama la notte troppo lenta a coprire col suo velo il mistero dei suoi piaceri. Finalmente
mpi dell’Olimpo, ove splendono le stelle. Dopo avere consolata Semele col paragone ch’egli fa del suo destino con quello de
a l’ Invidia gelosa dei destini di Semele, che la chiamavano al cielo col suo fiolio. Giunone medita nell’istante uno strat
sua nipote pregò Nettuno ad averne compassione; e questi la ricevette col figlio fra le divinità del suo impero, e Leucotea
e rive dell’Astaco disfatti. Oronte era genero del bellicoso Deriade, col quale Bacco combattere doveva. Qui il poeta ci po
i sé scordata: Sospira, e il cor più che le membra pende: Ruina alfin col lacerato corpo Il mostro, e pien del flutto in su
ratto così terribile, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Ornava le porte
o insolente il mare che ha ricevuto Bacco. Il Canto seguente comincia col combattimento di Ambrosia contro Licurgo, che la
ostellazioni. Vi era inoltre espresso Anfione e Zeto, eh’ edificarono col suono della lira Tebe dalle sette porte; l’aquila
hé esperti nell’arte di guidare, usavano bighe ai tempi di Pelope: ma col tempo divennero così valenti da accoppiar insieme
ettuno talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale potrebbe traversare il mare come la terra.
a alla sua disfatta. Il famoso Tettafo che la sua figlia avea nutrito col proprio latte nella prigione, armato della sua te
chi innocenti. Il giovine Ganimede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola v
rga pastoral verrai nei prati Fioriti, figlia, il tuo gregge pascendo Col tuo consorte. Sian vedove l’acque, Sterile Torto,
i, e ad essi insegna 1 nuovi rami della bella vite Porre nei campi, o col bifolco a mensa Cura il ritiene del comune arment
fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno di fico per all
va nella sinistra un tirso circondato di mitre. Ma siccome dall’ aste col ferro coperto di ellera ebbero origine i tirsi, c
ellera ebbero origine i tirsi, così è molto probabile che alcune aste col ferro in cima tondo e grosso fossero, per la simi
ome di tre belle statue feminili del Museo Capitolino, e d’un Adriano col torace del Palazzo Ruspoli. Quel che si è conserv
un amico e pare che aspetti qualche cosa da lui. Noi lo descriveremo col discorso come è dipinto. — Riposa ritto co’ piedi
non pericolose le ferite o le morti, si conseerasse questo benefizio col darne a Bacco il soprannome di porta ferule. Alle
ndo avuto coda a’ lombi, tutta la sua posterità ebbe lo stesso segno. Col tempo si disser Sileni i vecchi Satiri, e vi cons
il pontefice latino Tulliano Cotta ignora cosa sia il Fauno? Ripeterò col Lanzi quello che ha provato Heine. La Mitologia d
accanti: eppur sappiamo che i Greci non conobbero giammai i Fauni, ma col nome di Satiri e di Sileni chiamarono promiscuame
egli domò i furiosi Centauri Reto, Folo, e Ileo minacciante i Lapiti col gran vaso; — intendendo della guerra che per sove
ato da Chirone: quindi è che si vedono negli antichi intagli Centauri col bastone pastorale e col tirso, e uniti alle Bacca
che si vedono negli antichi intagli Centauri col bastone pastorale e col tirso, e uniti alle Baccanti, siccome si vedevano
favellarvi delle donne compagne di Bacco, che si distinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, d
inspirato: sicché Agave sbranò Penteo suo figlio, Licurgo imperversò col ferro contro se stesso. Le femmine di Lemno spens
e Agrippina mentre celebra i Vinali, nei quali vedeasi la principessa col suo coro scorrere per la reggia nel modo che Euri
a beato i mortali. Due sembrano preparargli un divertimento musicale, col quale gli antichi solevano rallegrare le mense, i
il suono di un doppio flauto. Il primo è un giovine Baccante ignudo, col pedo nella sinistra: il secondo è un vecchio Faun
pretto dalle poppe della madre, presso a cui appoggiato graziosamente col mento al bastone sta in piedi un giovin capraio.
a, al quale gli abbiamo veduti prestar servigio in più monumenti: uno col tirso e l’altro colla ferula e diademati ambedue,
lo alzava la destra colle dita disposte in guisa da fare uno scoppio, col che s’ indicava ciò che schiarivasi dalla sottopo
e siede coperto del suo manto dal mezzo in giù, secondo il costume, e col femore sinistro snudato. Si appoggia colla manca
n dubito denominar Proserpina o Libera, e ciò sì per le sue relazioni col nume che nasce, sì per l’altre più cognite colle
acco: tre simulacri di bronzo alle stesse divinità s’eressero in Roma col denaro delle multe l’anno 565. Un tempio presso i
nia per ricomporre la sconcertata immaginazione. Pane è poco appresso col suo bastone pastorale: si rivolge indietro verso
forse nei misteri e nei riti dei Baccanali per allontanare i profani col suono, e i male augurati oggetti con quella forza
iete per non destarle. « Gli accennati simulacri non sogliono vedersi col serpe: ho perciò distinto la presente figura col
non sogliono vedersi col serpe: ho perciò distinto la presente figura col nome di ninfa Bacchica per esser fornita di quest
marmo, pretendevano ravvisarvi Olimpiade, la madre del gran Macedone, col serpe in cui si pretese trasformato per amor di l
ndiano sull’elefante, ed un giovine seminudo. Una Baccante lo stimola col suo tirso. Altri portano canestri di frutta forse
dilettevole. Il primo soggetto della Mitologia storica è Giasone, che col fior della Grecia ardisce violar l’onde non tenta
di schiena, leva la destra in atto di acclamazione e di accompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso che gli dovea se
i fa più sensibile. La prima i cimbali, la terza i timpani accompagna col rumor del ballo, mentre la seconda in leggiadriss
l’estro del nume, e sembra accoppiare i clamori, gli ululati Bacchici col batter del timpano inventato dai Corjbanti, ch’el
tiniani: eppure non solo il dimostra tale la sua perfetta simiglianza col nostro putto, ma ne toglie ogni dubbio la coda fa
n rosse, enfiate e fumide. L’ardite Ninfe l’asinel suo pavido Punsron col tirso; ed ei con le man tumide A’ crin s’appiglia
2 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
ato però dale vostre reiterate premure, nè sapendo di buona voglia, e col dovuto decoro ulteriormente perseverar sulla nega
ciò, che donar poss’io, Che certo io sono, e il creder mio non erra, Col vostro nome superar l’oblio. Generali nozio
gli di costui trasmetter non si dovea) ma Giove con invitto potere, e col favor di altri Dei combattendo li vinse, li conqu
ti colligati con Tifeo spaventevole mostro nato dalla terra congionta col Tartaro si accinsero ad attaccarlo fin dentro la
eta dell’ amore, e proseguendo quindi collo stesso coraggio a pugnare col resto degli altri giganti, che si affaticavano a
più rimarchevoli. Dagli Assirii, e da Babilonosi chiamato venne Belo, col nome appunto di quel Belo, che, come dissimo, il
a sua virtù a rintuzzarne gl’assalti, pensò ben presto di sbrigarsene col menar moglie. A tal’ effetto rivolse egli lo sgua
curandosi di avvilir la sua maestà si con tante indegne azioni, come col trasformarsi in diversi animali per giungervi. Qu
e Nettuno il primo si diede a far pruova di suo potere. Percosse egli col suo divino tridente la terra, come attesta Virgil
da ricco manto azzurro con occhi, e chiome çerulee, con barba folta, col tridente in mano assiso dentro maestoso cocchio c
ie si scorge giovine sbarbato, con testa coverta da piccolo cappello, col martello alla dritta sua mano, colla tenaglia nel
con Nettuno. Celebre fù la quistione, e la lite, che ebbe questo Dio col suo zio Nettuno. Egli per vindicare la violenza u
 V. Mercurio Sonetto A ligero, eloquente, furbo, e astuto Col caduceo in man, col piè veloce, Che vola allor ch
Sonetto A ligero, eloquente, furbo, e astuto Col caduceo in man, col piè veloce, Che vola allor che passa, e resta mut
a vacca per ottenerne il secreto, nè di ciò contento per isperimentar col fatto la fedeltà del pastore cambiando portamento
bbia ancor commesse le sue galanterie. Sia però che le stesse facende col sottrargli il tempo, avessero del pari distolti d
mile a quella degli elisii campi sul volto, colla lira in una mano, e col suo arco nell’ altra, con cornacchia svolazzante
il Pavone. Cap. VIII. Cerere Sonetto C olla falce, e col grano in fronte, e a piedi, Da strumenti rural ci
, che sei mesi passasse Proserpina con Cerere sua madre, ed altri sei col suo marito Plutone. Sue vendette. Gelosa pur tro
an vaso di acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia Becubo, fù col resto di quell’acqua con sdegno buttatagli in fac
onetto a rime tronche. C on fiamma viva, che le splende al piè, Col volte pien di rigida virtù, Divinità spreg evole
è inventrice di molte arti, e specialmente de’ rigami, salutata venne col rozzo, ma pur nobile nome di Operaria. Suo ritra
ni potessero con special modo assistere a tali sollennità, ed insieme col fumo delle capre svenale alzar divoti le loro pre
ar di questa Dea regina delle grazie, e madre degl’amori, m’ingegno o col velo della modestia nascondere alcuni fatti più s
acevolezza infiorato, con mille bellezze, che le scherzano sul petto, col piacere, e colla Voluttà, che se le agiran d’into
ien detta ancor, come Febea Suora del Sol, e l’uomo o veglia, o dorme Col raggio, e col poter inebbria, e bea. Fascele, e D
r, come Febea Suora del Sol, e l’uomo o veglia, o dorme Col raggio, e col poter inebbria, e bea. Fascele, e Delia perchè dr
poter inebbria, e bea. Fascele, e Delia perchè drizza l’orme Dell’uom col Dio di Delo, e lo ricrea : Questo è il poter dell
ta, tutta si diede all’allettante, ma faticoso esercizio della caccia col seguito di ben sessanta Ninfe figliuole dello Oce
per non attribuire a questa Dea di castità le leggierezze della Luna col Pastore Endimione. Inoltre qual divinità infernal
etoso Enea, e saper da lui le sue avventure cercò rendersela propizia col donativo del cotanto celebrato ramo di oro, giust
vicino ci scnopra il loro ideato. E che altro vollero essi intendere col pingerlo tutto truce, e furibondo nel viso, se no
a piegarsi a qualunque siasi prece, e sospiro ? E che altro pretesero col pingerlo bendato, se non che la sola nccessità av
n grazioso bambino s’avvolge a suoi piedi. Altri perchè lo confondono col tempo gl’aggiungono sul dorso le ali, ed una ambo
eggianti lumi. Il modo poi da sagrificarsi le vittime dagli offerenti col capo non velato era la cerimonia in preferenza de
prudenza, colla caparra sicura d’essere un giorno annoverato fra Dei col bel titolo di Dio della Pace(1). Sue imprese. St
tto perciò Bifronte, in memoria d’aver egli diviso un dì il suo regno col Dio Saturno formando entrambi un sol Re ; se pur
erchè in tutti i sacrificii le prime preci erano dirette a questo Dio col proprio nome di Padre comunemente invocato. Quod
cuore non mirossi, che da dolci suoi strali non fosse stato corrotto. Col tenero suo piede conculcò ogni altero ; con pargo
’Olimpo l’amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove col latte di bestie feroci procurò allevarlo finchè g
. Bacco Sonetto F iglio a due genitrici almo, e possente, Col tirso in man di foglie coronato Senza provar dolo
orato nel giorno delle sue feste, ebbero a perdere l’antica lor forma col divenir pipistrelli ; e finalmente un Licurgo di
e le viti sacre a questo Mecenate del vino, ebbe a recidersi le gambe col proprio suo ferro. Suo ritratto. Ben convenevole
quale sola, al dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mortali decorati col bel titolo di uomini dabbene è appunto la giustiz
istata donzella piangente alle carceri del disgraziato suo Padre, che col proprio latte nudrisce per prolungargli la vita s
isulta dal possesso de’ beni mondani, come quella, che sempre è mista col dispiacere, giacchè sta scritto Prov. 14 Risus do
XIII. Felicità Sonetto A ssisa in ricco tron vaga Regina, Col regio serto il caduceo sostiene, E dalla faccia a
n si stringe un serpe in seno, Tien l’altra un nappo di letal veleno, Col qual cerca di dar morte a se stesso. Col guardo a
ra un nappo di letal veleno, Col qual cerca di dar morte a se stesso. Col guardo a terra timido, e dimesso, Non osa alzarlo
nduce. Compiangendo si dice, che accusa, perchè è suo proprio vestire col manto della compassione per ottenere più facilmen
: è zoppa, perchè soppiantata dalla verità : è vecchia, perchè nacque col mondo nella bocca dell’antico serpente nell’ Edem
. Primavera Sonetto D i fiori ornata una gentil donzella, Col vago sguardo, e l’allegrezza in viso, La rosa, l’
guata, Da gran stuol di formiche accompagnata, Porta la falce in man col braccio teso. Di mille insetti l’aria intorno é p
n distrutti, Crescon per esso i fiumicelli asciutti In atto di danzar col crin discinto Mille turbe diverse a lui d’intorno
apparir tra nubi il Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter di sue parole Spesso fece cangiar vol
el delitto i crudi artigli. Coll’ opre, cogli affetti, e con favella, Col voler, col saper, co’ suoi costumi Tanto fece avv
i crudi artigli. Coll’ opre, cogli affetti, e con favella, Col voler, col saper, co’ suoi costumi Tanto fece avvanzar la na
fra le arti belle, al dir del melanconico cantor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità di sua cuna.
obietti detti episodii, in tal caso quei soli debbonsi eleggere, che col primario scopo abbiano una qnasi necessaria relaz
usar per poetiche licenze una voce per un’ altra, e dire per esempio col Tasso Cero per chiedo, col Metastasio Straccia pe
una voce per un’ altra, e dire per esempio col Tasso Cero per chiedo, col Metastasio Straccia per strappa ec : piochè sebbe
terzo verso restando il secondo libero, ed il quarto tronco da rimare col tronco della stanza seguente, oppur avvinge il se
da rimare col tronco della stanza seguente, oppur avvinge il secondo col terzo rimanendo il primo libero, ed il quarto col
el senario semplice, ed un quinario. In esso sogliono rimare il primo col terzo, ed il secondo col quarto, restando il quin
n quinario. In esso sogliono rimare il primo col terzo, ed il secondo col quarto, restando il quinto libero, ed il sesto tr
nto libero, ed il sesto tronco ; altre volte poi il solo secondo rima col quarto e tutti gli altri restano liberi come. E
i gli altri restano liberi come. Epaminonda, che vince la battaglia col dardo al fianco. L’ardito Tebano Il sangue già
ionfa il suo campo Con destra feroce, È sparta già vinta Or vince col brando, La schiera nemica Or fuga la voce Per t
loro accento, restando per forza della rima obligato il solo secondo col terzo. Eccone l’esempio. Temistocle, che prende
alle settima il loro accento. Ia questo metro suol rimare il secondo col terzo verso rimanendo il primo libero, ed il quar
trovar nell’anima Presso il ruscello limpido Più la quiete stabile Col gorgogliar suo flebile Se al par d’afflitta tor
sdrucciolo, ed il sesto senario tronco, che rima, come già si disse, col tronco della stanza seguente. Eccone l’esempio.
rali. Costa una tal sestina di sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo, il secondo col quarto, ed ìl quinto col se
stina di sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo, il secondo col quarto, ed ìl quinto col sesto. Eccone a nostro m
e’ quali il primo rima col terzo, il secondo col quarto, ed ìl quinto col sesto. Eccone a nostro modo l’esempio. Titiro,
ndecimo è piano, che rima al nono ; l’ultimo finalmente è tronco, che col decimo s’accoppia in rima. Questo metro, che senz
gioventù. Duplice però n’è il metro. Nel primo rima il secondo verso col terzo lasciando il tronco obbligato a rimar col t
rima il secondo verso col terzo lasciando il tronco obbligato a rimar col tronco seguente. Nel secondo il primo, che è pian
o a rimar col tronco seguente. Nel secondo il primo, che è piano rima col terzo della sua stessa natura, non altrimenti che
a sua stessa natura, non altrimenti che il secondo, che è tronco rima col quarto. Ma per non dilungarmi a darne due norme d
versi endecasillabi accentati sull’ottava,(1) de’ quali il primo rima col terzo, ed il secondo fissa la rima della stanza,
tore, E qual’obbligo tien colui, che regna, Che forma il ben d’altrui col suo dolore Che il camin di giustizia un re disegn
tro versi, tre endecasillabi, ed un quinario, dei quali il primo rima col terzo, ed il secondo col quarto. La legge poi, cu
abi, ed un quinario, dei quali il primo rima col terzo, ed il secondo col quarto. La legge poi, cui soggiace un tal metro d
ti condanno i figli miei. Cada tanta empietà depressa, e doma Paghino col morir l’indegno errore Pria d’esser padre lor fui
eno ciglio Lascia la patria, e va costante a morte Innalzandola ancor col suo consiglio Da se stesso tornò fra le ritorte S
pron bellissimo Fe per que’greppi divorando bacchere, E i cespi apria col corno suo fortissimo Vien Melibeo, e con moïne, e
pone, meno che nella chiusura, dove la rima o avvince i due ultimi, e col antipenultimo l’estremo. Essendo dunque arbitrari
imo l’estremo. Essendo dunque arbitrario nell’intreccio un tal metro, col seguente esempio intendo insegnare sol un modello
lenta solent inter viburna cupressi. Virg. ec. 1. Tullia, che passa col carro sul cadavere del Padre. SONETTO ENDECASILL
dà Perchè forse talor mancò di fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccorso, che l’arte appien gli diè. La maschera
a greggia aspetto, E deggio rassettar la mia capanna, E quando il sol col raggio non affanna M’occupa del mio ovil solo l’a
r la cura di terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, mai però col monosillabo, eccetto soltanto qualora sia incorpo
divina fortezza, che oppresso aveva quel gran duce degl’ Assirii non col braccio de’ Titani, o de’ Giganti, ma per la mano
ti sugli scogli lungo la Sicilia. Proprio di esse si era addormentare col canto i miseri passaggieri, quindi affogarli nell
di Giobbe, d’aver egli piante le sue disgrazie travagliato da dolori col tuono delle Sirene, se pur non abbia egli il S. u
Ida un dì fui dispregiata, Questa schiatta Trojana empia feroce Resti col folle Enea tutt’ annientata. Una mia Ninfa avrai
gni altro animale. Imperochè nella dolce contesa, che ebbe questa Dea col Dio Cupido circa la frettolosa raccolta de fiori,
done, che punto in atto di coglierla diè alla naturale sua bianchezza col sangue proprio quel porporino colore, che essa la
3 (1897) Mitologia classica illustrata
greche e romane, come quelle degli altri popoli ariani, si connettono col grandi fenomeni della natura, come dimostra l’ et
sia per le qualità intellettuali o morali. È ciò che suol designarsi col vocabolo antropomorfismo. Ma l’ idea del divino i
robuste ed agili eran le membra divine; la forza di Zeus era tale che col solo muover delle sopracciglia faceva tremar tutt
orze distruttrici della natura, il terremoto e le tempeste. In unione col Ponto Gea genero diverse divinità marine, Nereo,
a assicurato. Gea crucciata per l’ imprigionamento dei Titani, si uni col Tartaro, e dato a luce un nuovo mostro Tifeo o Ti
rno; e le feste in onor di Crono, le Cronie, avevano qualche analogia col Saturnali. Identificato quindi Saturno con Crono,
i. Un altro particolare. Poichè i fenomeni celesti eran creduti segni col quali la divinità si rivelava agli uomini, Zeus,
resta di annose quercie, le cui foglie agitate dal vento, esprimevano col loro fremito misterioso gli oracoli divini, che d
a, quindi della luce, della pioggia e della tempesta, e pero invocato col titoli di Diespiter, padre del giorno, e Iupiter
prediali. Il culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe dai Tarquinii
; ma se io volessi tirar su, potrei tirar su voi insiem colla terra e col mare, e legar indi la corda alla più alta rupe de
ai tempi di Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine di tutta la statua col trono, in altra solo del capo. — Nei secoli segue
etta di Verospi nel Museo Vaticano, la quale rappresenta Giove seduto col fulmine nella destra, e colla sinistra in energic
la romana Giunone, che divenne anche protettrice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempi
porta oltre le solite armi, l’ elmo, l’ asta lo scudo, anche l’ egida col Gorgoneo. È l’ egida stessa appartenente a Giove,
ipata dalla serena luce. 2. I caratteri morali di Atena sono connessi col fisici; ella rappresenta la luce dell’ intelligen
tua colossale, posta sulla spianata dell’ Acropoli e che sopravanzava col cimiero e colla punta dell’ asta il fastigio dei
D’ altra parte il sole estivo è pur dannoso alle bestie e alle piante col soverchio ardente calore. Espressione di questo p
, che è in Vaticano. « Un adolescente di bellissime forme si appoggia col braccio sinistro ad un tronco; la mano destra arm
per lo più l’ arco e le saette, riferentisi al dio solare che ferisce col dardo de’ suoi raggi (cfr. l’ espressione lucida
anetti; in qualche luogo era anche venerata come dea della maternità, col titolo di Ilizia (Ilithyia). La bella leggenda de
iustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di Leto (Latona); e a Delo
cielo. 2. Varie sono le attribuzioni di Ermes; le une hanno rapporto col mondo umano, le altre col mondo sovrannaturale. C
ttribuzioni di Ermes; le une hanno rapporto col mondo umano, le altre col mondo sovrannaturale. Cominciando da queste ultim
acia, terre ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e considerato come dat
ti, porta sul sinistro braccio un piccolo Dioniso, mentre si appoggia col gomito ad un tronco; nella mano destra tiene un g
ersonificato nella dea Astarte; il culto di costei si diffuse insieme col commercio fenicio, e i Greci accogliendolo ne con
ale. Presto si distinsero tre aspetti di questa deità; contrassegnati col nomi di Afrodite Pandemo, Afrodite Urania e Afrod
specialmente delle città di Pafo e Amatunte che erano più in rapporto col Fenici. Da Cipro questo culto si estese in Panfil
queste forme più antiche del culto latino di Venere se n’ aggiunsero col tempo delle altre, segnatamente quello della Venu
penda della testa o la incantevole proporzione delle membra. Connesse col capolavoro di Prassitele sono anche la Venere tro
o. Era un tempietto rotondo, propriamente null’ altro che un focolare col suo tetto; ivi ardeva continuamente il sacro fuoc
ri degli uomini. Anche per la procreazione dei figliuoli era invocato col nome di Ianus Consivius. Giano era ancora ritenut
e della guerra insieme. La fusione dei Sabini stanziati sul Quirinale col Latini del Palatino, fece che si adottasse questo
rilievo trovato a Troia dallo Schliemann; il Dio è sulla sua quadriga col lungo abito proprio del cocchiere, e la testa cor
di Mennone negli uccelli detti Mennonidi, i quali appiccan battaglia col rostri e cogli adunchi artigli e cadon sul rogo s
rdando che dai Latini eran dette Suculae, porcellini, lo connettevano col nome che significa « porco »; e pensavano che la
Muse, le quali sanno cantare il presente, il passato e l’ avvenire e col loro dolci canti, che Apollo suole accompagnare c
el divinare. Celebre tra esse la ninfa Egeria per i rapporti che ebbe col re Numa. Pare fossero tutt’ uno colle ninfe Carme
la più alta potenza; infatti Atena stessa era venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche, e a costei era dedicato un g
e mancava pure della testa; quest’ ultima fu ritrovata di poi sebbene col viso tutto guasto. È mirabile l’ atteggiamento de
atteggiamento della dea, in atto di scendere a volo sulla terra, già col piè destro al suolo; le belle forme del corpo si
aginava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue freccie infallib
con invocazione di Imeneo, son notissimi i carmi 61o e 62o di Catullo col ritornello « O Hymenaee Hymen, o Hymen Hymenaee. 
, con beveroni, ma più spesso con la recitazione di formole magiche e col metodo dell’ incubazione. Consistera questo nel p
onorata di templi e statue in molte città della Grecia e dell’ Asia. Col tempo si mutò il concetto di lei; e divenne signi
l re che era stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò alla Dea col titolo di Fors Fortuna un tempio, e istituì una s
recia, paese così riceo di acque correnti e da tutte parti a contatto col mare. I. L’ Oceano e la sua stirpe. 1. Nella
a bufera rapace e impetuosa. Queste ultime erano credute esseri alati col viso di donna e il corpo pennuto di uccello con l
tuoso è egli e potente come l’ elemento che ei governa; allorch’ egli col suo tridente, l’ insegna della regale dignità, si
ntedone, come dice Pausania (9, 22, 7), onorarono la storia di Glauco col loro versi; nell’ età alessandrina Callimaco, Eua
rtalità, lasciando che lei vivesse felice tra le Nereidi, e Melicerte col nome di Palemone, o protettore dei porti, fosse a
ignità l’ accoglie. IX. Le Sirene. 1. Son le Muse del mare, che col loro dolci canti ammaliano i naviganti, e facendo
facit poetas ‌ 40. — Quanto alla figura, le Sirene erano immaginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio n
Quanto alla figura, le Sirene erano immaginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio nel quinto delle Metamor
d’ ogni stabilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col titolo di Tellus stabilita. Era anche Dea dei mat
ico della fecondità della natura, venerato nella Lidia e nella Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa
a Dea amasse andare attorno su un carro tirato da leoni, o pantere, e col corteo de’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispon
’ equinozio di primavera. I Coribanti fra urli selvaggi e strepitando col tamburi e co’ dischi, movevano alla volta della m
quella di Nasso, Dioniso che aveva assunto la forma d’ un bel ragazzo col capelli ricciuti e il mantello di porpora, fu pre
ir di Novembre o in principio del Dicembre; si faceva una processione col sacrifizio di un capro. Alla lesta congiungevansi
ore dei bassi tempi, raccolse tutte le leggende bacchiche a lui note, col titolo: Dionisiache o Bassariche. Tra le cose lat
iante). Queste si credeva non fossero già immortali, ma si diceva che col morir d’ ogni pianta avesse termine anche la vita
eressero Ninfei, o tempietti speciali dedicati al culto delle Ninfe. Col tempo se ne eressero anche nelle città, e Roma st
alla sua avarizia, chiese si convertisse in oro ciò che egli toccasse col suo corpo. Fu soddisfatto; ma il piacere divenne
to co’ piedi di capra, con due corna sulla fronte e una lunga barba e col corpo tutto peloso. La madre rimase spaventata qu
mante delle Ninfe e delle Menadi, come celiatore e bulfone gareggiava col Satiri e facilmente potè essere con loro scambiat
hiassi strani, incubi, cattivi sogni; del resto vivevano in comunella col Satiri, su pei monti e nelle foreste. Per altra v
aston da pastore e la zampogna. b) Silvano. È il Dio italico col quale fu identificato il greco Pane, sebbene la c
uto per Sileno, Pane, ecc.; e allora questi Fauni furono identificati col Satiri, salvochè si rilevò meglio il loro caratte
rice delle popolari adunanze. Tra le sacre leggende che si connettono col nome di questa Dea, nessuna è più conosciuta e pi
sente, le rivelò la verità, nè tacque che Ade aveva rapito Persefone col consenso di Zeus. Allora Demetra crucciata contro
della sua presenza la madre, e il resto dell’ anno vivesse in inferno col suo sposo e signore. Così avviene che ogni anno a
da draghi insegnando a tutti l’ agricoltura e il culto di Demetra; e col diffondere l’ agricoltura diffoudeva pure un migl
ralità per essere ammessi; e da principio n’ erano esclusi i barbari, col progresso di tempo anche questi s’ ammisero. Gli
ella fertilità, talvolta un giovenco, e le si offrivano frutta e favi col miele. 4. La più bella e antica rappresentazione
ei presso Troia, come si descrive nel 20º canto, avendo Posidone dato col tridente una tremenda scossa alla terra, dicesi c
prendere la sua Euridice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inferno col palazzo regale di Plutone e Persefone e con varii
ì le Erinni si piegarono, ridonarono pace e prosperità all’ Attica, e col nome di Eumenidi, le ben pensanti, e Semne, Vener
congiunto osa il congiunto Recar. Tosto con rapido Pie’ chi sparso ha col ferro il nuovo sangue Noi seguiam, benchè forte;
i uomini e però gradito, la Morte invece era un Dio crudele e temuto. Col tempo l’ idea della Morte si fe’ meno temibile; f
ullo bianco, addormentati entrambi, colla scritta: Thanatos e Hypnos. Col tempo si modifico questo tipo della morte, preval
certo dovevano essere di origine diversa dagli altri uomini, formati col limo della terra o sorti dalle pietre e dalle pia
e (di Temi secondo Eschilo), il quale avrebbe formato uomini e bestie col limo e coll’ acqua, mentre Atena avrebbe spirato
re e s’ è fatto scala all’ Olimpo. E un altro riflesso dell’ idea che col progredire della cultura tra gli uomini sorsero e
nell’ atto che questa viene animata da Atena; il che è rappresentato col simbolo di una farfalla posta da Atena sulla test
i stesso alla fonte, e vista la strage de’ suoi, sostenne fiera lotta col drago e infine l’ uccise. Allora ammonito da Mine
fo, che divenne re d’ Egitto e fondò Menfi, mentr’ essa vi fu onorata col nome d’ Iside. Già s’ è fatto cenno, parlando di
lla naturale deficienza d’ acqua in Argo. 2. Un’ antica poesia epica, col titolo Danais, illustra va questo mito; e di poi
lla ostilità fra Linceo e Danao, Eschilo e Frinico composero tragedie col titolo « le Danaidi » e Teodette un’ altra che si
di centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda di Perseo si chiude col ritorno dell’ eroe ad Argo. Perseo si riconcilia
i il pescatore di Serifo. Il commovente episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di umiltà e di rassegnazi
reo che è nel Museo di Napoli. Solitamente Perseo vien raffigurato col calzari alati, colla falce di cui si servi per uc
erno fuoco si manteneva in onor dei Dioscuri. Ad Atene erano venerati col nome di Anakes (ossia Anactes, i re, i dominatori
do vide Filomela se n’ innamorò perdutamente; chiestala ed ottenutala col pretesto di condurla dalla sorella, la portò in l
Pallantidi, parte uccisi, parte cacciati da Teseo. Così rimase Teseo col padre incontestato signore di Atene. Qui è da col
sto fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare nel labirinto, uccidere
elebri furono Arianna (Ariadne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col quale dicevasi venisse di quando in quando a segr
er gelosia d’ arte ucciso il suo nipote Talo, erasi riparato in Creta col figlio Icaro, e ivi aveva costruito pel re Minoss
ggiunga che Dedalo, per punizione d’ aver aiutato Teseo, fu rinchiuso col figlio Icaro nel labirinto. Ma egli non sgomentat
o. Secondo una nota leggenda, ma di tarda formazione, Minosse diventò col fratello Radamanto e con Eaco il giudice dei mort
nell’ età alessandrina, allorchè si volle mettere Eracle in rapporto col dio solare Fenicio Baal e le dodici gesta venivan
ol dio solare Fenicio Baal e le dodici gesta venivano a corrispondere col dodici segni dello zodiaco), e così conseguire l’
sta accessorie, che si dissero, con greca voce, parerga. a) La lotta col leone di Nemea. Era un mostro nato da Tifone ed E
na nell’ Argolide uccidendo uomini e bestie. Il nostro eroe dopo aver col dardi stanato la bestia, l’ affronte) impavido e
di Eracle si connette uno del parerga o fatiche accessorie, la lotta col Centauri. Giacchè strada tacendo essendosi fermat
uì aspra zuffa; Ippolita fu da Eracle uccisa, e questi potè andarsene col desiderato cinto. A questa fatica si connettono a
a Cleone d’ Argo, poi devastò il paese d’ Augia, e uccise lui stesso col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h)
va. — Tra i parerga connessi con quest’ impresa, ricorderemo la lotta col gigante Anteo, figlio della terra, il quale era r
ibia e obbligava i passanti a lottare con lui; egli semprechè toccava col piedi la sua madre terra, ripigliava forza, ond’
cioneo sull’ Istmo. I Latini collocavano qui la lotta del loro Ercole col gigante Caco, di cui parleremo. m) I pomi aurei d
per non sentir troppo la fatica. Atlante se la bevve, ed Eracle parti col pomi. Secondo un’ altra tradizione, Eracle sarebb
se madre di Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà di salvare col suo velo uno dei prigionieri, salvò suo fratello
rgli rifiutato la figlia Iole. La città fu conquistata. Eurito ucciso col figliuoli, e la bella Iole cadde in mano del vinc
vocava per aiuto nelle difficili congiunture della vita, specialmente col titoli di Soter, salvatore, e Alexicacos, allonta
andro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passando col suo armento per le pendici del monte stesso un la
poema in quattordici libri, collo stesso titolo di quel di Pisandro, col quale si può dire i racconti eraclei abbiano pres
a lotta equestre, celebra con nobil arte la lotta di Eracle fanciullo col dragoni mandatigli da Era. Alla loro volta i poet
e di Ercole ancora esistenti, ha il primo luogo il colosso conosciuto col titolo di « Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540
re a Parigi; notevole sopra tutte quella ov’ è rappresentata la lotta col toro cretese. Fra le imprese accessorie dette Par
rie dette Parerga, quella che s’ incontra più di frequente è la lotta col centauri; ve ne son gruppi statuari nel Museo di
di Firenze e pitture vascolari in vasi di Volci e altri. L’ incontro col centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeia
Pitti a Firenze è un celebre gruppo rappresentante la lotta di Ercole col gigante Anteo; e della liberazione di Prometeo es
recedente, e in fondo si tratta di un mito naturale, giacchè la lotta col cinghiale, la lotta dell’ eroe contro un mostro d
le aveva fatto fuggire dall’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno dalla Colchide av
rucidarono. Erano in questo modo adempiute le volontà del re; ma Eeta col pretesto che Giasone aveva ricevuto aiuto da Mede
ù cedere il vello. Allora Giasone si decise a rapirlo; e addormentato col farmachi di Medea il vigile drago, prese il vello
ada verso Tebè, Edipo incontrò la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo di leone e la faccia di donna, mandato da E
e o si diedero alla fuga; fuggì Anfiarao, e mentre fuggiva fu insieme col suo cocchio ingoiato dal terreno e divenne un dio
se ne trova cenno in Omero, doveva esistere già un poema antichissimo col titolo « la Tebaide ». A questo attinse Antimaco
gici attinsero a piene mani a questa ricca fonte di leggende; Eschilo col « Sette contro Tebe » sceneggiò la prima guerra c
o col « Sette contro Tebe » sceneggiò la prima guerra che si chiudeva col disgraziato duello tra i due fratelli, al cui odi
Menelao invece rimase a Sparta ove successe a Tindareo, finchè Paride col rapimento d’ Elena destò l’ incendio della guerra
altro figlio, Teucro, che divenne celebre arciero. Prese ancor parte col fratello Peleo alla caccia di Calidone e alla spe
morsicato da un serpe in un piede; dopo di che molestando i compagni col suoi lamenti e col fetore della ferita, si delibe
rpe in un piede; dopo di che molestando i compagni col suoi lamenti e col fetore della ferita, si deliberò di lasciarlo nel
’ ombra d’ Achille comparvegli minacciosa chiedendo di essere placata col sangue di Polissena. L’ infelice ragazza strappat
e avventure del ritorno de’ Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi di uomini e di navi, si favoleggiò ab
a non potersi identificare, spesso fantastici. La prima è l’ incontro col Ciclope Polifemo. Erano i Ciclopi un popolo di gi
occhio del gigante e l’ acciecò. Il giorno dopo gli riuscì di fuggire col compagni, uscendo questi dalla spelonca confusi c
na tutti li uccise. Fattosi infine riconoscere da Penelope, con lei e col vecchio Laerte visse i suoi ultimi anni felicemen
roe morto colle membra abbandonate ed inerti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vi
lustrali, inni, vaticini. Ma i lavori che nell’ età storica correvano col suo nome eran naturalmente di elaborazione ben po
giro il ben librato Fuso volgean, lo stame a mano a mano Agguagliando col dente, onde in su gli aridi Labruzzi rimaneano i
8 e segg.: Sotto, le lor palme i tesi timpani Tuonano intorno insiem col cavi cembali I raucisoni corni orriditi strepono,
i il furor. Venere istessa In loro il suscitò quando di Glauco Preser col denti ad isbranar le membra Le potniadi puledre.
materna il rapido corso dei fiumi e i celeri venti, carezzevole così col suon della sua cetra da trascinare a sè come foss
4 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di lui più tre
È una invenzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea col sugo di certe erbe trasfuso nelle vene del vecchi
d’albero scavato naturalmente per vecchiezza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti di pietra. Anzi gli scritto
e il toro che rapì Europa non fosse altro che una nave coll’insegna o col nome di quell’animale, e così il montone di Friss
nell’osservare i fenomeni dell’Universo, per giunger poi a scuoprire col raziocinio qual ne fosse la causa e l’autore74. Q
atini vi trovarono un argomento eminentemente tragediabile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche nel secolo
tralascia di accennarlo, e tra questi anche Dante. Dicono che Anfione col suon della cetra e col canto facesse scender dal
, e tra questi anche Dante. Dicono che Anfione col suon della cetra e col canto facesse scender dal monte Citerone i macign
ollo e della Musa Calliope si narrano innumerevoli maraviglie operate col suono e col canto, e prima e dopo la spedizione d
Musa Calliope si narrano innumerevoli maraviglie operate col suono e col canto, e prima e dopo la spedizione degli Argonau
lor linguaggio, che significa lo stesso che Via lattea nel nostro ; e col greco nome la rammentò Dante descrivendola nei se
almeno accennare le più note e famose. Combattè Ercole spontaneamente col Libico gigante Antéo figlio di Nettuno e della Te
e dovè combattere, per essa dovè morire. Dovè combattere per Deianira col Dio del fiume Acheloo, il più gran fiume della Gr
dell’Idra di Lerna ; e Nesso sentendosi mortalmente ferito si vendicò col persuader Deianira che quella sua veste insanguin
, entra il sole nel mese di maggio. In questa costellazione si vedono col telescopio sino a 85 stelle, ma quasi tutte picco
, era sotto l’influenza di questa costellazione. La rammenta da prima col nome di Castore e Polluce nei seguenti versi del
l segno o costellazione, rivolge un saluto ed un rendimento di grazie col linguaggio astrologico di quei tempi, e intanto c
a troppo tutte le stravaganze della regina Pasifae, fu chiuso insieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli tr
nch’egli a quei giuochi ; e destò ammirazione in tutti gli spettatori col suo avvenente e nobile aspetto, e più per la dest
oi, secondo quel che dice Plutarco, « uccise Tèrmero cozzando insieme col capo. » Di questo nuovo genere di duello ad imita
seo, ci dice il perchè Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo nel capo di coloro co’quali s’incontrava
a violenza che essi usavano contro degli altri ; onde nel modo stesso col quale ingiustamente operavano, fossero giustament
anto xxvii dell’Inferno : « Come ‘l bue Cicilian che mugghiò prima «  Col pianto di colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea t
teo, si ritirò alla corte di Licomede re di Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferro, o coll’esser precipitato da un’altura in u
Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Ercole, il più forte e il
Laio in una strada stretta di una solinga campagna venne a questione col cocchiere di lui e lo uccise : e poichè Laio vole
no, poichè non v’erano figli eredi del trono. La Sfinge era un mostro col capo e le zampe di leone alato, e col petto e la
trono. La Sfinge era un mostro col capo e le zampe di leone alato, e col petto e la testa di donna. Essa fermava i passegg
anno doveva diventar suddito ; quindi inventò pretesti per altercare col fratello e negargli alla fin dell’anno il possess
: e in quegli ultimi istanti di vita fingendo di volersi riconciliare col fratello, ma furente in cuor suo di lasciarlo in
gli dice che quella fiamma « ……. par surger dalla pira « Ove Eteòcle col fratel fu miso. » Il solo Creonte gioì della mor
rio fratello. Ma Adrasto prese l’assunto di riconquistare ad entrambi col proprio esercito l’avito regno ; e cominciò da qu
ra ad Eteocle volle tentare se egli veniva a qualche equa transazione col fratello ; e vi mandò per ambasciatore plenipoten
9, ed ebbe molti figliuoli e discendenti che sono in comune appellati col patronimico di Pelopidi. Ma il modo con cui Pelop
il periglioso arringo ; ma cercò di uscirne vittorioso colla frode e col tradimento. Promettendo qualunque premio (fosse a
a, « Là onde poi gli Greci il dipartiro. » E poichè ora siamo giunti col racconto all’ epoca in cui ebbe luogo la famosa g
trofa alla Troade. Avuta notizia dell’editto di Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca, a patto però che gli desse
regar gli Dei che punissero il re spergiuro e mancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di Telamone e di poc
i antichi etimologisti, significa riscattato : è dunque un soprannome col quale quest’ultimo ed infelicissimo re Troiano pa
amor proprio e nell’interesse, giurò vendetta e l’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone, di lui più potente e più
comparir reo Palamede per mezzo di falsi documenti di corrispondenza col nemico, sotterrati a bella posta nella tenda di e
con amore alfine combatteo ; » ma nell’Inferno il fraudolento Ulisse col suo compagno Diomede circondati ambedue dalle fia
le la straordinaria forza del braccio, e che il più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achi
posero entrambi i loro titoli ad avere la preferenza, ma vinse Ulisse col fascino della sua facondia ; e Aiace ne rimase co
resentarle in tele e in marmi ; ed anche il vivente scultore Pio Fedi col suo mirabil gruppo di quattro statue, chiamato vo
l gruppo vedesi Pirro che si è impadronito di Polissena e la sostiene col braccio sinistro sollevata da terra e stretta al
ante supremo ; e lo stesso Menelao che sempre era stato così concorde col fratello Agamennone, in questo discordò da lui, e
mirabili casi ai quali trovossi esposto. Lasciate le spiagge troiane col rimanente della flotta greca capitanata da Agamen
r Cariddi « Ricondur mi volea. L’intera notte « Scorsi sui flutti ; e col novello Sole « Tra la grotta di Scilla e la corre
di sanie e di sangue. Ed è il Ciclopo « Un mostro spaventoso, un che col capo « Tocca le stelle (o Dio, leva di terra « Un
rva fronte occhio rinchiuso, « Gli trivellammo : vendicando al fine «  Col tor la luce a lui l’ombre de’ nostri. » (Eneid.,
lla bufera con Francesca da Rimini, e Ulisse tra i rei del fuoco furo col Conte Guido da Montefeltro, il più grande inganna
mostri ? a che molesti « Un ch’è morto e sepolto ? a che contamini «  Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè di pat
nte estinto ; « Miseno, il figlio d’Eolo, che araldo « Era supremo, e col suo fiato solo « Possente a suscitar Marte e Bell
tichi romani fra religione e superstizione, asserisce formalmente che col toglier la superstizione non si toglie già la rel
o portati dagli Argonauti i fagiani in Grecia, e dalla Grecia vennero col greco nome a Roma e furono perciò chiamati Phasia
dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acquistate col canto e col suono, i marinari che lo riconducevan
di Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acquistate col canto e col suono, i marinari che lo riconducevano a Metimna
b. ii dei Fasti, e chiude la sua narrazione con le lodi del delfino e col premio che ebbe dagli Dei di esser cangiato nella
come ne vedevano gli Antichi ad occhio nudo, se ne vedono diciannove col telescopio. 83. « Silvestres homines sacer i
« Noto a Giunon superba il divin germe « Godea del ciel sereno, « E col fratel posava in crocei veli : « Ma la Saturnia,
va forma di scritto) ; cacodèmone (cattivo genio o spirito) ecc. 92. Col titolo di Mègara móglie di Ercole esiste in greco
oratura, e che v’ erano dei segni a zig-zag sulla lamina che comunica col suolo. I contadini delle vicinanze dissero che un
a Pier delle Vigne : « L’animo mio per disdegnoso gusto, « Credendo col morir fuggir disdegno, « Ingiusto fece me contro
Noiando ed a Sicheo ed a Creusa. » (Parad. xix, 97.) Rammenta ancora col biasimo che si merita Pigmalione, fratello di lei
5 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
rva alcuna. Coll’ entrare, come si è fatto, in alcune particolarità e col togliere il velo allegorico che copre alcune favo
E per convincerli maggiormente porrem termine alla nostra esposizione col riportare alcuni squarci di un discorso del maggi
h riedi al primo officio, o bella Diva, Riedi, e sicura in tua ragion col dolce Delle tue’ vaghe fantasie l’amaro Tempra de
e trasformazioni ; ma che per la pioggia d’oro intender si deve l’oro col quale Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro
ucciso per ordine di Giove da Mercurio che lo avea indormentato prima col suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giu
da Mercurio che lo avea indormentato prima col suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giunone pose gli occhi di Argo
va. I poeti rappresentano Giunone in abito da regina sopra d’un trono col pavone ai piedi, o sopra d’un cocchio tirato da’
ordinò che Proserpina passasse sei mesi colla ma dre e gli altri sei col marito. Era Cerere venerata principalmente in Sic
i un’altra avrebbe avuto quest’ onore. Percosso il terreno da Nettuno col tridente ne uscì un cavallo, che dicesi essere il
Flora in cognizione, le promise di insegnarle il desiderato segreto, col patto che nol palesasse ad alcuno ; le additò poi
le siede su le labbra il sorriso ; e mille Amoretti stanno scherzando col suo cinto ed ammirando la sua bellezza. Sono abbo
ro tirato da due cervette o da cervi bianchi ; cammina spesso a piedi col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa ar
di donna vecchia, con lunghi crini, con volto sempre smunto per fame, col corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai pie
e dell’eloquenza. Si rapresenta come un bel giovine, snello di corpo, col caduceo in mano, qualche volta con una borsa e co
segnò l’immortalità dell’anima e che questo Dio n’era il condottiero. Col caduceo vuolsi da alcuni che avesse il potere di
mparì armato de’ suoi fulmini, e Semele, semplice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco, di cui era inc
no, ora sopra di un carro tirato da due tigri, da linci e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e di edera, ora con
o, uno di quei che diedero l’assalto al cielo e che toccava le nuvole col capo, si agitò di tal maniera la Sicilia, che Plu
rso era placido ; sulle sue sponde si vedeva una porta che comunicava col Tartaro. Si raffigura come un vecchio che da una
l trono di Plutone ove si era rifuggito. Orfeo addormentò questo cane col suono della sua lira, allorchè andò a cercare Eur
rava Nenia la Dea protettrice dei moribondi. Presiedeva ai funerali e col nome di Nenia si denominavano certi versi cantati
in veste nera sparsa di stelle diceasi abittue l’Inferno colla Morte, col Sonno e coi Sogni suoi figli. La morte è la più i
glio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col quale è stato alle volte confuso. Si rappresentav
ma Giove inorridito per un tale misfatto, riunite le membra di Pelope col ministero delle Parche lo richiamò in vita ; e co
venzione delle trombe ; e siccome si traeva forse continuamente acqua col unezzo di queste trombe pei differenti usi delle
stmo di Corinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso di enorme sasso quelli che gli cadevano tra
a prova e convintosi della verità, preso da giusto sdegno lo percosse col fulmine e lo fece legare dalle Furie nell’ Infern
contro Giove, salisse al cielo e si sedesse al fianco di Giove, e che col suo fiero e terribile contegno spaventasse i cong
i fave. Purificavano eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo di sabina e di zolfo ; poscia offrivansi dei
lla di un capro. Gli si sacrificava una capra. Molti confondono Pane col dio Silvano e col dio Fauno. Il primo era partico
li si sacrificava una capra. Molti confondono Pane col dio Silvano e col dio Fauno. Il primo era particolarmente Dio delle
corna in testa, colla sola differenza che i Satiri si rappresentavano col pelo al mento ed allo stomaco e gli altri non ne
. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi di fregare col sangue della vittima il limite o la pietra che se
alcuni di statura alta, vecchio, con capelli canuti, di aspetto cupo, col capo circondato di nuvole, e stillante acqua da t
ditare qualche astuzia, o, appoggiato sopra una base, suona la tromba col viso volto verso il cielo. Si vede anche in atto
suoi seguaci correvano di notte in maschera al chiarore delle torce, col capo cinto di fiori, accompagnati da garzoni e da
te. Si rappresentava il dio Como giovine, bello, di leggiadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, coronato il capo di ros
le Parche incaricate di eseguire i suoi ordini. Si rappresenta cieco col globo celeste sotto i piedi ed in una mano l’urna
neralmente sotto la figura di un uomo grave ora imberbe, ora barbuto, col capo coronato d’alloro, tenendo in mano un baston
prevenire lo sconvolgimento dell’universo rimediò a tanto disordine, col fulminare sull’istante Fetonte, il quale cadde e
o non fosse che una divinità puramente fisica : chiamavasi essa anche col greco nome che significa nutrice, perchè era la D
ssa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito la spingevano. Eolo librato in mezzo a
inosse, secondo di questo nome, che quasi tutti i mitologi confondono col primo. Minosse nipote del precedente distinto so
atria sua da questo crudele castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia d
l’opera di quel Caronte, il quale, dopo aver guadagnato immense somme col tributo che egli esigeva col tragitto degli estin
uale, dopo aver guadagnato immense somme col tributo che egli esigeva col tragitto degli estinti, abbia fatto costruire que
e gli amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro, alcuni dicono nel Labirinto, altri
; e di rado facevansi deliziosi banchetti senza chiamarle e salutarle col bicchiere alla mano. I poeti non tralasciarono ma
invito per riposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso di Apollo presero tosto le ali e se ne f
gandole di accordar loro un moderato calore onde i frutti della terra col soccorso della pioggia, venissero a poco a poco a
no di bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo uccidevano gli uommi o almeno t
i Plutone, ove poscia hanno sempre avuto la loro dimora coi Centauri, col gigante Briareo, coll’Idra di Lerna, colla Chimer
i Parnaso, Elicona, Pierio e Permesso. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le sue ali i poeti di primo ordine. A
confonde con Pegaso il cavallo alato che Nettuno percuotendo la terra col suo tridente fece nascere nella gara che ebbe con
poichè la sera stessa l’empio ed avido legnaiuolo fu colpito assieme col figlio da inaspettata morte immatura. Un altro s
guono le Ninfe che presiedevano ai fiumi ed alle riviere dalle Naiadi col nome di Potamidi. Le Naiadi vengono d’ordinario d
e. Con uno di questi pomi la Discordia pose lo scompiglio fra le Doe. Col medesimo frutto Ippomene raddolcì la superba Atal
e del Dio del mare ; sempre lo precedeva, annunciando l’arrivo di lui col suono della marina conca. Talvolta è egli portato
rsone dabbene e facendo ai malvagi dei mali reali, e si distinguevano col nome di Larve. Altre divinità degli antichi
contenevano tremila buoi e che non erano state pulite da trent’anni, col farvi passare il fiume Alfeo. Dopo averle pulite
non osando alcuno di competere con esso, Giove medesimo volle lottare col proprio suo figlio sotto la figura di un atleta ;
eguale da ambe le parti, il Dio si diede a conoscere e si congratulò col figlio per la sua forza e valore. Ercole ebbe mol
ra figlia di Oeneo, ed Ercole per ottenerla in moglie dovè combattere col fiume Acheloo. Questo eroe condusse via la novell
braccio ed anche sopra la testa. Vedesi pure ma di rado con l’arco e col turcasso ; ora barbuto e molte volte senza barba.
edesimo. Sposata ch’ebbe Andromeda Perseo tornò in Grecia. Pietrificò col teschio di Medusa Preto che aveva scacciato Acris
pina, egualmente inteneriti, acconsentirono di restituirgli la sposa, col patto ch’ei dovesse essere preparato a perderla p
ere che i poeti nel dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe col suono della sua lira, che indipendentemente del s
o tosto alla fuga e veggendosi inseguiti, narrasi che Medea d’accordo col marito prese il barbaro partito di fare a pezzi i
zodiaco, dove formò la costellazione del Sagittario. Argonauti. Nome col quale si distinguono i principi greci che s’imbar
Elle fu perita, Frisso dalla stanchezza e dal dolore oppresso approdò col suo montone a un capo abitato da barbari vicino a
e di Ipponoo, come il primo che insegnò l’arte di condurre un cavallo col soccorso della briglia ; ma dopo aver ucciso suo
ggì volontariamente presso Preto re d’Argo che non debbesi confondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Per
ortata in Grecia. Nelle medaglie antiche trovasi soventi Bellerofonte col caval Pegaso. La Chimera, dicesi da chi vuol spie
ggio le sarebbe stato funesto, come asserirono alcuni, ella d’accordo col padre suo, mise il dono della sua mano ad una con
i dovessero essere senz’armi, e che essa corresse con un giavellotto, col quale avrebbe uccisi quelli che non l’avessero vi
ro. Essendo coloro in pena di siffatta risposta, videro giungere Mida col padre e colla madre sopra di un carro, e allora,
nuta finalmente la sera della sua vecchiezza, è costretto ad aiutarsi col bastone, onde qui pur dir si può che con tre pied
re Edipo s’occupava premurosamente a farne ricerca, venne a scoprire, col mezzo del pastore che lo aveva salvato, non solam
ciute, ricusa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo
mentre scalava le mura di Tebe venne fulminato da Giove ; anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito ; Ippomendonte
luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quella spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di guarire ogn
data la cura di numerose mandre, che seppe in più occasioni difendere col suo coraggio dalle feroci belve. In diverse circo
a moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì nel viaggio. Enea col padre e col figlio andò a ricovrarsi ad Antandro
usa figlia di Priamo, che poi si smarrì nel viaggio. Enea col padre e col figlio andò a ricovrarsi ad Antandro città della
la Pizia rispondesse a coloro che ivi recavansi a consultare Apollo. Col tratto del tempo in un giorno d’ogni mese, il Dio
o rendeala interessante. Apollo istesso le offrì quel favore novello, col patto che dovesse ella pure esser con lui condisc
e le mogli loro conosciute sotto il nome di Flaminiche erano distinte col mezzo di particolari ornamenti e di grandi prerog
6 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
a perfetta innocenza, e tranquillità. A Saturno in Roma sacrificavasi col capo scoperto, laddove agli altri Iddii col capo
rno in Roma sacrificavasi col capo scoperto, laddove agli altri Iddii col capo velato. I Saturnali ossia le feste in onor d
fu da essi tenuto sempre in grandissima venerazione. Rappresentavasi col bastone in mano come preside delle strade, e coll
Giove riguardavasi come la principale Divinità, ed era caratterizzato col titolo dì Padre degli Dei, e Re degli uomini. Tre
o de’ loro cembali ne occultavano a Saturno i Vagiti; e vi fu nutrito col mele, che le api corsero a formarvi, e col latte
i Vagiti; e vi fu nutrito col mele, che le api corsero a formarvi, e col latte della capra Amaltea, cui dopo morto Giove t
medesimo Esiodo, fu contro Tifeo ultimo figlio della Terra congiunta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste di
a cento occhi. Questi per ordine di Giove fu da Mercurio addormentato col suono della zampogna e col tocco del caduceo, e p
rdine di Giove fu da Mercurio addormentato col suono della zampogna e col tocco del caduceo, e poscia ucciso. Giunone allor
aumante. Giunone rappresentavasi in abito di regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o sopra di un cocchio tirato dai
cir di terra la cosa più utile alla città; Nettuno percossoli terreno col tridente, ne fece sorgere un cavallo; Minerva per
Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, vendicossi di Aglauro col farla rivale della sorella Erse, come vedrassi ne
sola Pallade fu indi aggiunto il teschio di Medusa, dappoichè Perseo col mezzo di quello riuscì ad ucciderla, come appress
a civetta, di cui era stata trasformata Nittimene sorpresa in incesto col padre Pitteo. Sacre a Minerva in Roma eran le fes
i Dei: di che Marte adirato cangiò Alettrione in gallo, che or sempre col canto previene il nascer del Sole. Tereo fu re d
a questo diversa origine. Effigiavasi Vulcano, in sembianza di fabbro col martello in mano, e zoppo da ambi i piedi. Aveva
perdita fu disciolta in aura; finalmente con una bevanda incantata, e col tocco della Sua verga mutò ella in porci i compag
tere ei si arrogasse, lo fulminò e Apollo, che prese a farne vendetta col saettare i Ciclopi, che fabbricati avevano i fulm
cede, Apollo il punì colla pestilenza, e Nettuno coll’ inondazione, e col mandar un mostro marino, al quale Laomedonte per
suo ardimento’ gli trasse la pelle, e dalle lagrime di Ini mescolate col sangue formossi il fiume Marsia, che sbocca nel f
imo, di Delfo, quello di Febo, cioè risplendente, dall’ esser confuso col Sole. In Roma i giuochi Apollinari celebravansi a
e Dio della poesia e della musica, colla lira. Era pur tenuto insieme col figlio Esculapio per Dio della medicina. Qual Dio
tatasi Bacco in aria giovenile, sopra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlandato di edera e di pampini, e col t
o tirato da due tigri col capo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia ornata anch’ es
e ella ad educarne il picciol figlio Trittolemo, pascendolo di giorno col proprio latte, e coprendolo di fuoco alla notte.
sposa alla casa del marito; Domizio e Minturna per cui ella in casa e col marito restava: Virginense e Cinzia per cui il ci
gitore, e scotitor della terra. Rappresentavasi con chiome cerulee, e col tridente in mano, sopra una grande conchiglia tir
lette colà vicine, che ancor si chiamano l’ isole delle Sirene. Quivi col loro canto seduceano i naviganti e poscia li divo
abbracciare, e dalla quale poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato col fulmine lo percosse, e lo fe poi dalle furie lega
stava l’ Attica co’ suoi latrocini, e schiacciava, secondo Lattanzio, col peso di enorme sasso quelli, che gli cadeano tra
siri stesso e con Api; ed Arpocrate Dio del silenzio, che dipingevasi col dito indice alla bocca in atto appunto d’ intimar
. Da una parte ei nascose sotto la pelle le intestina e carni coperte col ventriglio; dall’ altro le ossa coperte col grass
intestina e carni coperte col ventriglio; dall’ altro le ossa coperte col grasso, e ne diede a Giove la scelta. Questi scop
inerva di placare Giunone, sicchè si arrese fin anche a nutrir Ercole col proprio latte; ed essendosi porzione di questo sp
e le corna d’ oro, e raggiuntala, viva portò lei pure ad Euristeo. 5. Col rumore de’ cembali di metallo prestatigli da Mine
gli eresse un’ ara, che in grande onore fu poi ancora presso i Romani col nome di Ara massima., Busiride tiranno di Egitto
aquila. Ma Ercole lo ferì di saetta in un’ ala, e quagli cadendo fece col peso del proprio corpo che la saetta gli penetras
na Danae ebbe dato Perseo alla luce, Acrisio là fece chiudere insieme col figlio in una cassa, e gettar in mare, affinchè a
addero ne’ deserti di Libia; allorchè Perseo venne sopr’ essi volando col capo di Medusa, nacquero i serpenti, onde quella
. Giunto in Mauritania, essendogli negato l’ ospizio, dal re Atlante, col presentargli il capo dì Medusa lo convertì nel mo
ti gli altri pur con Fineo medesimo. Tornato con Andromeda in Grecia, col medesimo teschio tramutò in sasso Preto; che avea
l medesimo nome. Era la Chimera un mostro nato da Tifone e da Echidna col capo e il petto di leone, il ventre di capra, e l
udir queste nozze di propria mano si uccise. Avendo poi Bellerofonte col cavallo Pegaso tentato a salire in cielo, Giove m
la moglie Erfile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col presente di un aureo monile lasciato da Ermione,
mentre scalava le mura di Tebe, venne fulminato da Giove; Anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito; Ippomedonte e
tretto il nome di Ellesponto; Frisso giunto all’ opposta riva n’ andò col montone a Coleo; dove sacrificollo a Giove (il qu
Polluce era immortale, e mortale era Castore. Polluce però, onde aver col fratello una sorte comune, ottenne da Giove che a
da Aristeo, egli scese all’ inferno per riacquistarla. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che
ra di lei sorella. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo stesso Dedalo col figlio Icaro nel labirinto, e custodirne in modo
gante Sine, che piegando due pini a terra ed attaccandovi gli uomini, col rilasciare i piai faceva gli uomini in quarti; pr
di non mancare al giuramento tacendo il luogo, e accennandolo invece col piede. Ma allorchè le frecce ne furon tratte, cad
rificando per implorare propizi i venti, che poi non ottennero se non col sacrificio d’ Ifigenia, un serpente salito su di
stesso Nettuno sommerso con parte di quello scoglio, ch’ ei distaccò col tridente. Idomeneo nel tornarsene a Creta con Mer
no di essi riuscito a tender quell’ arco, Ulisse, avutolo fra le mani col titolo di farne prova, incominciò col primo stral
co, Ulisse, avutolo fra le mani col titolo di farne prova, incominciò col primo strale a passar i dodici fori, poi col seco
farne prova, incominciò col primo strale a passar i dodici fori, poi col secondo uccise Antinoo, e col terzo Eurimaco, ch’
rimo strale a passar i dodici fori, poi col secondo uccise Antinoo, e col terzo Eurimaco, ch’ erano i capi de’ Proci, e via
nerlo, finchè vedendolo già partito, sul rogo che avea fatto disporre col pretesto di un magico sacrificio per richiamarlo,
in cigno. Parte I. Capo IX. Calisto è cangiata in orsa, e trasportata col figlio Arcade nelle costellazioni dell’ orsa magg
o XI. Il corvo avvisa Apollo di aver veduta Coronide figlia di Flegia col giovane Ischi. Egli uccide Coronide, e le trae da
. Capo XIII. Tiresia tebano veggendo due serpi accoppiati li percuote col bastone e diventa donna. Rivedendoli otto anni do
ll’ Attica ucciso Icario e gettatolo in un pozzo, perchè ubbriacatosi col vino che ei loro avea dato, credettersi avvelenat
agliato il bosco di Cerere è tormentato dalla fame. Metra sua figlia, col lasciarsi vendere schiava, per alcun tempo il sos
rendosi in beltà alle Dee, è cangiata in pietra nel monte Ida insieme col marito, che a parte vuol essere della pena. Il gi
7 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
più che paterna. Or fra essi senza fallo l’E. V. R. è de’ primi ; chè col consiglio non solo, ma coll’ opera eziandio, in o
ed il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o il Sole, il quale col suo corso regolare è il misuratore e quasi l’auto
io ; e si offeriva in onore di Ati. Chi doveva consacrarsi o espiarsi col Taurobolio, si faceva scendere in una profonda fo
olta si dipingeva in sembianza di un vecchio canuto, con lunga barba, col corpo curvo, e col volto pallido e mesto. Spesso
n sembianza di un vecchio canuto, con lunga barba, col corpo curvo, e col volto pallido e mesto. Spesso ha il capo velato o
n dipinto Pompeiano vi è una figura di Satùrno, di venerando aspetto, col capo velato ed il corpo avviluppato in un gran ma
avea tanti figliuoli divorato, vicino a partorir Giove, si consigliò col Cielo e colla Terra sul modo di nasconderlo alla
de’ cembali de’ Cureti, nell’antro del monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero i
ni, che Dio formò del fango della terra e cui diede l’anima e ta vita col suo soffio divino. Di fatto vedendo Prometeo altr
ltro non essere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor di Minerva salito al cielo, accese una flac
con fuoco tolto dal cielo. Quanta somiglianza poi abbia questa favola col racconto di Mosè sulla creazione dell’uomo e dell
so, come dicono alcuni. Per comando dell’oracolo, Deucalione e Pirra, col capo velato e colle vesti discinte, si gettarono
imosse da quell’uffizio ; e per compenso fu data in moglie ad Ercole, col quale avea un tempio in Atene. Presso i Romani l’
la madre Danae, la quale, per fuggire le insidie di Polidette, erasi col fratello Ditte ritirata in un luogo sacro. Egli d
vedendo che quegli abitanti avean favorito Polidette contro la madre, col mostrar loro il capo di Medusa, e Polidètte ed i
ò leggi di tanta sapienza, che credevasi averle date lo stesso Giove, col quale egli spacciava un’intima familiarità, detto
erno. Era forse un re di moltissima sapienza, che i Cretesi adorarono col nome di Giove, e che in quell’isola avea anche la
Minos quella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo di forma umana, sebbene n
ella Cilicia, e s’impadronì della Licia ; e ciò per una contesa avuta col fratello Minos. Si vuole che visse l’elà di tre u
pruova nella famosa spedizione degli Argonauti, della quale era egli col fratello Castore la più bella parte. Approdali er
ciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di dividere l’immortalità col fratello in guisa che un giorno fossero con Giove
dia, e mentre un giorno giuoca vano, Telamone uccise il fratello Foco col disco ; e per evitare la giusta ira del padre si
curio che, ucciso Argo, liberasse la giovenca ; il che quegli eseguì, col dolcissimo suono del flauto addormentando que’suo
degli Argivi, significava la luna, della quale era simbolo una donna col capo coronato ; e da ciò ha potuto avere origine
a rinchiusi Giove per impedire che ponessero sossopra e cielo e terra col loro mal regolato furore. Il che finsero, perchè
n ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza di un montone, il quale col piede fece zampillare una sorgente di fresche acq
se che quei versì dell’ Iliade, ne’ quali il poeta descrive Giove che col muovere delle sopraceiglia fa tremare l’olimpo. N
e barbato, con corona di quercia ed adagiato sulle nuvole che addensa col suo cenno ; ha vicino l’arco baleno e l’aquila, e
ie divisioni ricadongli da’ lati, curvandosi in piccole increspature, col taglio dell’occhio grande, rotondamente ricurvato
a che addita la serenità del cielo. Si vede pure Giove detto Serapide col modio sul capo, che Millin crede essere un avanzo
fregiata di raggi. In una medaglia di Alessandria vi è Giove Serapide col modio circondato da’sette pianeti e dallo zodiaco
raggi del sole, i quali sono cocentissimi nella Libia. Ebe si dipinge col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in
αιξ, αιγος, capra, ed οχη, alimento, perchè Giove fu nudrito in Creta col latte di una capra ; o perchè porta l’egida. Iup
a ; o perchè l’aria significata per Giunone ci è amabile, vivendo noi col respirarla. Laonde alcuni affermano che Ηρα sia d
gli Dei, e la Dea de’ regni e delle ricchezze, percui spesso salutasi col titolo di Regina(1). I poeti la dipingono oltremo
i amavano, che, per un tal vezzo di stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Giove, e Rodope, con quello di Giunone. P
o(4), marciava Come stormo di augei, forte gridando E schiamazzando, col romor che mena Lo squadron delle grù, quando del
rsi a Giunone, la quale trasformò la donzella in cicogna, uccello che col suo canto pare che applaudisca a se stessa e most
; ed allora fu che Paride, mancando alle sante leggi dell’ospitalità, col favore di Venere rapì Elena, e seco la condusse a
capriccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col quale non era mai d’accordo, e garriva in modo in
divo Ettorre, E i Troiani fuggir. Non so perch’io Or non t’afferri, e col flagel non faccia A te prima saggiar del dolo il
tutta facevasi bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentie
po. In una moneta de’ tempi di Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua c
moneta de’ tempi di Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e col modio. Velata era pure la sua statua che nel Camp
i Argo a lei cara, ove in suo onore celebravansi alcune feste (ηραια) col sacrificio di un’ecatombe. Nella statua di Giunon
ribellamento di quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acchetare col trarre dalla sua parte principalmente le donne. E
recossi La dolce tibia, e sopra i fori mosse Le dotte dita, ed imitò col canto Delle Gorgoni audaci il tristo pianto. Igi
ino al luogo ove custodivasi la fatale effigie ; ed uccisi i custodi, col favore di Antenore, che avea per moglie una sacer
pollo irato con Agamennone che avea oltraggiato Crise, suo sacerdote, col tirare sul Greco esercito le sue micidiali saette
erde alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spartano, amico di Apollo, col quale presso l’Eurota trovossi un giorno a giuoca
d una vita compagnevole e civile. Finsero perciò un cantore, il quale col suono della lira addimesticava le tigri ed i fero
superbo della sua maestria nel suonare il flauto, veniva al paragone col medesimo Apollo(2). Imolo, re della Lidia, che n’
e che hanno gli uomini a manifestarli. Anche Marsia osò venire a gara col Dio del canto. Fu questi un famoso satiro della F
elocissime, che fu appunto il Pegaso, il quale un giorno sull’Elicona col piede percosse una pietra, da cui spicciò un bel
tazio(3) afferma che questa fontana eziandio scaturì per un colpo che col suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad es
estita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di alloro, e col pedo o bastone pastorale, perchè presedeva agli s
l’altra mano portava le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezzo con la sampogna in bocc
secondo il corso del sole. Il gallo era consacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunzia il vicino apparire di Febo, ci
mo dopo il Sole, percui adoravasi dalla maggior parte degli Orientali col nome di Urania o Dea Celeste. Gli Egiziani la chi
per la paura di quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere aiuto col suono di alcuni bronzi percossi(2). Gli antichi c
Palinuro. Quindi l’Ariosto : Il Sonno venne e sparse il corpo stanco Col ramo intinto del liquor di Lete. Callimaco gli d
insieme ; e negli antichi monumenti l’immagine di un fanciullo alato col papavero ed una lucerna rappresenta il Sonno. Cre
l vediamo pure in sembianza di un fanciullo alato immerso nel sonno e col capo appoggiato sopra i papaveri, mentre abbracci
precipitata da una loggia del suo palagio ; e dopo quel sogno insieme col fratello Elio trasformati in due astri, il Sole e
silenzio della notte : Mostrando lor la taciturna Diva La dritta via col luminoso corno. Da Orazio chiamasi Noctiluca, e
’intollerabile loquacità di una donna letterata e saccente, la quale, col solo suo perpetuo cinguettare, poteva soccorrere
lsi pure(3) che sieno molto amanti della musica ; e però si disse che col suono di musicali strumenti Bacco fece che i Tirr
che impazzare colle altre ed aver parte a’disordini di quelle feste, col racconto di piacevoli novellette alleggerivano la
trarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fedel cane Mera andò nell’Attica per propagare l’
vvelenata bevanda, a colpi di bastone l’uccisero. Allora il cane Mera col suo mesto latrare mostrò alla figliuola ov’era il
izione delle Indie impresa dall’uno e dall’altro per lo stesso fine e col medesimo corteggio. E veramente Osiride, come rac
vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’oro, sedev
segnamento della coltura della terra. In questa spedizione egli toccò col tirso l’Oronte e l’Idaspe, che arrestarono il lor
re di Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Creta per pugnare col Minotauro, quella giovane principessa gl’insegnò
seo Borbon. vedesi Bacco nel fiore della sua immutabile giovinezza, e col braccio sinistro appoggiato ad un tronco, cui si
a un fondo rosso(2) ». Anche Erodoto(3) afferma che Bacco dipingevasi col tirso nella sinistra, la tazza nella destra, ed u
Semele, che Giove, ad istanza del figliuolo, allogò fra le immortali col nome di Tione. Tirsigero, θυρσοφορος, Thyrsiger,
o regno di Plutone, e Venere manda una coppia di amorose colombe, che col fausto lor volo gli mostrano l’albero dell’aureo
esce ogni arte. Allora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col quale risanò di repente la piaga, percui Enea, ri
Armonia, con Ebe e con Venere stessa, mentre le Muse celebrano i numi col dolce lor canto. Era questa la gaia e splendida c
ati, colle ali, per ciò detto alato, ed aligero ; armato di strali, e col turcasso, per cui si chiama il faretrato Arciero.
na delle Grazie, per indicare la grazia e la bellezza delle opere che col fuoco faceva quel fabbro divino. Da Esiodo si app
; e di rado facevansi deliziosi banchetti senza invocarle e salutarle col bicchiere alla mano. Anzi Pindaro aggiunge che in
dolcissimi versi il rappresenta inghirlandato di odorosa maggiorana ; col flammeo ch’era un velo giallo o del colore della
, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina di Gnido e di Pafo, e la prega a
iportata sulle Dee rivali, come in una moneta di Plautilla era Venere col pomo e coll’epigrafe « a Venere vincitrice ». L’o
la riputavano signora. Omero fa menzione del nitido peplo di Venere, col quale ella ricoprì il figliuolo Enea per difender
uto origine la città di Roma ; per cui ne’sacrificii invocavasi Marte col nome di padre (Marspiter), e Venere con quello di
colombe mandate dalla madre Venere. Si divertiva un giorno questa Dea col figliuolo Cupido a coglier fiori. Cupido volea su
e Mamers, Mavors e Mars in quel linguaggio significano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il quale
va Quirino, allorchè stava tranquillo. Avea un tempio dentro la città col soprannome di Quirino, quasi tranquillo custode d
iro, udir gli Achivi e ne tremaro. Allora doloroso salì alle sfere, e col padre de’ numi lamentossi della tracotanza di Min
uffa infiammava ; e l’empie Furie Co’lor serpenti, la Discordia pazza Col suo squarciato ammanto, con la sferza Di sangue t
Ne van co’venti a gara, urtando i vivi, E calpestando i morti, e fan col suono Dei piè sino agli estremi suoi confini Trem
, Romolo e Remo ; e Properzio(2), rivolto a Romolo, gli dice che avea col latte succhiato l’indole sua feroce. Or si finse
Ersilia, una delle Sabine rapite, fu do po morte annoverata fra’ numi col soprannome di Orta o di Ora (1). Ma non fu Romolo
o stuolo De l’Amazzoni sue vide in battaglia Attorneggiar Ippolita, e col carro Gir di Pantasilea le schiere aprendo Con fe
con lo scudo al braccio ed un gallo accanto, simbolo della vigilanza, col volto infocato, qualche volta colla barba, ma per
te ; e presso Cicerone, Marte nostro aliquid facere, fare alcuna cosa col proprio ingegno, senza l’aiuto altrui, come se si
è padre di Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei invocavansi col nome di padre(2). Nel sacrificio ambarvale si dic
uturo al poeta, si flagella, non teme la fiamma, si lacera il corpo e col proprio sangue si rende propizia la Dea(4). In Ro
i, Che sul mare il portavano, e su i campi Della terra infiniti a par col vento. Poi l’aurea verga nelle man recossi, Onde
geva questo nume con un piccolo cappello a lato, co’ talari a’ piedi, col caduceo nella sinistra, colla borsa nella destra,
avolosa della Terra o sia di Opi. Igino dice che la Terra insieme col Cielo e col Mare, nacque dall’Etere e dal Giorno.
a Terra o sia di Opi. Igino dice che la Terra insieme col Cielo e col Mare, nacque dall’Etere e dal Giorno. Ma secondo
al vertice selvoso delle alte montagne ; e presso Virgilio il Ciclope col capo tocca le stelle (alla pulsat sidera. Aen. II
tettura nascente(5). Ne’ primi tempi, quasi generalmente si edificava col legno, colla terra cotta e co’ mattoni, ma i Cicl
con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne, e col cipresso in mano. Orazio (4) lo chiama orrido, pe
onio in una sassosa valle vide una forma di uomo di picciola statura, col naso adunco, col capo cornuto e che avea di capra
sa valle vide una forma di uomo di picciola statura, col naso adunco, col capo cornuto e che avea di capra l’altra metà del
uetulanae virae (1) ; e vi era un tempietto consacrato alle Amadriadi col nome di sacellum Querquetulanum (2). Le Limoniadi
a andava cercando la figliuola Proserpina, le si faceva lieto augurio col dire : la troverai. II. Storia favolosa di Cer
lle acque dei fonti spegnevano la lor sete. Or Cerere fu la prima che col curvo aratro insegnò agli uomini a coltivar la te
vero, che per la sua virtù sonnifera, valse ad ammorzar qualche fiata col sonno il suo dolore ; percui chiamasi il papavero
se troviamo presso gli antichi, Omero nell’Odissea dice che le Sirene col dolce lor canto affascinando i viandanti, li tira
ngo vezzo di perle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona di foglie fermate con un dia
V.Iconologia di Vulcano. Presso De La Chausse(2) si vede Vulcano col cappello, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, c
) si vede Vulcano col cappello, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, col martello nella destra, ed una tanaglia nella sini
a Luna. Cicerone però(2) deriva il nome Diana da dies, perchè la Luna col suo splendore fa che la notte sia simile al giorn
na opponevasi al loro tragitto in Asia ; e che perciò doveasi placare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il qu
ella Grecia e fu l’ Artemide di quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome di Diana. Il novello culto de’figliuoli di L
al magnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col quale era adorata in Elide e che significa caccia
de’ Latini, cioè Dea dalle tre teste. Fu pure detta Trivia, τριοδος, col qual soprannome le si offerivano de’ sacrificii n
L’antica Grecia avea ben molte ragioni per abbellire la sua origine col maraviglioso delle favole. Furono quindi i primi
almente nel passaggio del Ladone, già stanca la ferì, e sulle spalle, col beneplacito di Diana, la portò viva a Micene. Que
[dal nostro eroe colle saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono di campanelli di bronzo fatti da Vulcano e
mi capo e corna di toro ; e negli antichi monumenti(2) Acheloo vedesi col capo fornito di corna. Pausania descrive un monum
stra, la quale avendo in orrore tal misfatto, salvò il marito Linceo, col quale fuggissene alla città di Lircea. Essa intan
aschio, subito che giunto fosse in età di poter sollevare quel sasso, col contrassegno della spada, lo avesse inviato da lu
Atene, sacrificandolo ad Apollo. Dopo ciò giunse Teseo in Atene, che col padre Egeo trovò assai costernata per l’infame tr
i prospero. Giunto a Creta ottiene da Minos il permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli Ateniesi dal sang
el re, che Teseo avea sposata, dato avesse a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo di sortire dal laberin
e ; nella giovinezza, a due piedi ; e nella vecchiaia, co’due piedi e col bastone. Della quale spiegazione ebbe tanto dolor
usava di prendervi parte e ne dissuadeva anche gli altri. Ma Polinice col mezzo della moglie Erifile l’indusse a seguire la
lo obbligato a condurre all’altare quel principe infelice. Ma Nefele, col favore di Giove, trovò la maniera di liberarlo, d
e che infestavano il paese. Erano queste mostruosi uccelli di rapina, col volto di donna, sempre pallido per la fame, con l
rsero tosto uomini armati, da’quali Giasone sarebbe stato ucciso, se, col consiglio della stessa Medea, non avesse procurat
’aureo vello e datolo a Giasone, fu accolla da lui nella nave insieme col fratello Absirto ; la quale tosto coll’invitto dr
ra, e la coda di dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofonte, col favore di Minerva ed avendo ottenuto da Nettuno i
tto dell’armata nell’Asia co’ contrarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia,
uerrieri, e fingendo esser quello un voto a Minerva che aveano offesa col rapimento del Palladio, fanno mostra di ritornare
ffesa col rapimento del Palladio, fanno mostra di ritornare in Grecia col resto dell’armata. I creduli Troiani, per le arti
o alla greca flotta’ che si era nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco l’infelice c
otendosi in questa guisa, egli dice, da ogni parola derivare un’altra col solo cambiamento di qualche lettera. Il Vossio pe
’assoluto signore de’fiumi, i quali pronti ubbidiscono alla sua voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sgorgano lar
uale chiamavasi scotitor della terra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era una specie di scettro a tre punt
e, accompagnata dalle Nereidi che portano le redini, e da’Tritoni che col suono delle lor trombe ricurve annunziano l’arriv
nna e mezzo pesce. Virgilio(2) elegantemente descrive il Dio del mare col nobile corteggio delle marine deità. Vi era Forco
a di trombettiere, detto perciò canoro, precedendolo ed annunziandolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia
si scorge, essere stata credenza degli antichi che quel trombettiere col suono fragoroso della sua conca quasi sgridava le
i giunchi, con chioma e barba ritorta e lunga, come gli Dei fluviali, col tridente nella sinistra, e che colla destra calma
nde agitate. Dipingesi pure con un delfino in mano e solto i piedi, e col tridente. Nettuno è caratterizzato dalla robustez
alla potenza ch’egli esercita anche sulla terra, scuotendola talvolta col suo tridente. Winckelmann dice che la configurazi
sopra un cocchio in forma di conchiglia, tirato da cavalli marini, e col tridente in mano. Una delle più belle statue di q
piedi di profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel dipingono gli storici ed i poeti dell’a
sia fu ucciso Alessandro, re di Epiro. Nella palude Acherusia insieme col Cocito si scarica il Piriflegetonte (a πυρ, ignis
ma un rigagnolo dello Stige. Spesso poi il Piriflegetonte si confonde col Flegetonte, fiume dell’inferno che deriva dallo S
tranne alcuni pochi che certi benefici cigni a gran fatica pescavano col becco ed in tal guisa sottraevano all’oblio. »
che aveano nel tempo della lor morte. Così Deifobo mostravasi ad Enea col corpo tutto lacero, come morì (1) ; ed Euridice s
lio però quel cane sta in un antro all’altra riva dell’Acheronte, ove col suo eterno latrare ch’esce da tre gole, fa echegg
g. di Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col quale egli date avea giustissime leggi a’Cretesi.
ntre percorre l’emisfero inferiore, apparisce nell’autunno ed insieme col sole tramonta sulla Sicilia, per un osservatore c
ne. Alcuni vogliono che negli antichi monumenti ritrovasi Plutone col capo ornato del fiore detto narcisso, il quale si
una patera, ed ora un’asta ; una volta sola la forca, e due soltanto col modio di Serapi-Plutone. Spesso i monumenti numis
petto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono di zolfo, col regio scettro nella destra, mentre tiene nella si
e, fu tosto dichiarata regina de’silenziosi regni dell’Erebo, ed ebbe col marito diviso l’impero sulle ombre de’ morti. Qui
abile che Ercole ed i due mentovati eroi fossero entrati nell’inferno col passaporto del ramo dalle foglie d’oro, essendoch
a sua sorte ; o da μοιρα, fato, perchè le Parche spesso si confondono col fato. Nell’inno di Mercurio attribuito ad Omero,
è un quadro di Michelangelo rappresentante le Parche colla conocchia, col fuso e colle forbici, di così grande espressione
occhio con due neri cavalli e sempre allato a Plutone. Spesso si vede col papavero ch’è il proprio suo simbolo, o tenendo i
ch’ella raccoglieva, quando fu rapita da Plutone. Non di rado si vede col calato sul capo, il qual vaso o paniere simile a
Antesforia, da ανθος, fiore, e φερειν, portare ; epiteto della Dea, col quale si alludeva a’ fiori ch’ella sceglieva, all
ofi le hanno allogate sulle sfere celesti, ove accordano la loro voce col canto delle Sirene e delle Muse, ciò vuol dire ch
8 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
agini ad essi allusive, e la descrizione dei loro attributi, del modo col quale erano adorati, delle cerimonie sacre, dei t
petti, Pronti al perdono, al beneficio, e pronti A consolare i miseri col pianto. 46. Sei vergini donzelle furon create sa
pianto. 46. Sei vergini donzelle furon create sacerdotesse di Vesta col nome di Vestali, destinate in Roma alla custodia
i raggi del sole o il fulmine, od un pezzo di legno secco incendiato col farvi girar dentro velocemente un succhiello. Le
otivo della sua fecondità. Il bossolo ed il pino eranle sacri, perchè col legno del primo formavano i flauti sacerdotali de
erpina (53) di passare sei mesi dell’anno colla madre e gli altri sei col marito.15 59. Cerere ha volto bello, membra robu
parecchi alberi in un bosco a lei consacrato ; sicchè ella ne lo punì col tormento d’insaziabile voracità : Se l’infelice
vedo), preso ad imitare il padre degli Dei, formò alcune statue umane col fango della terra, e le animò col fuoco sacro rap
egli Dei, formò alcune statue umane col fango della terra, e le animò col fuoco sacro rapito al carro del Sole.20 71. Ma G
uni era lo stesso che Pistius, altra sua denominazione. Lo invocavano col nome di Terminale quando ponevano sotto la sua pr
sotto tcrra allorchè Giunone, rampognando Giove, la battè incollerita col piede ; Vulcano (270) che Giove precipitò dal cie
a Cartagine. Nella prima di queste città si celebravano le sue feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire di cento b
e (55), ebbero la crudeltà di negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solito gastigo di convertirli in rane. 99. Appena
ro maggior della natura, Che del valor del cielo il mondo imprenta, E col suo lume il tempo ne misura, (Dante, Parai., c. 
ta sua origine, gli fu contradetta da tutti. Di che andato a lagnarsi col padre, gli chiese in grazia di condurre un giorno
tre gambe, coperto con la pelle del serpente Pitone (97), e indicato col nome di Tripode o Cortina. Nel tempio di Delfo i
citore ; e furon chiamati a giudicare i Nicii. Il Nume superò l’emulo col suono della lira e col canto, benchè gli fosse st
ti a giudicare i Nicii. Il Nume superò l’emulo col suono della lira e col canto, benchè gli fosse stata contesa lungamente
Clizia, celò in un sotterraneo la figliuola. Allora Apollo irrigando col néttare la terra che la copriva, ne fece spuntar
uila che fissa nel sole l’audace suo sguardo, il gallo che ne celebra col canto mattutino il ritorno, e la cicala che feste
è vestita da caccia, in abito succinto, coi capelli annodati dietro, col turcasso in ispalla, un cane al fianco e l’arco i
nia con due serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un vaso dorato col manico di serpe, il qual pare come gonfio di vele
aso dorato col manico di serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma con questo cr
di Mosè fece scaturire una sorgente d’acqua. Infine il primo, toccate col tirso le acque dell’Oronte e dell’Idaspe, gli att
lira, della quale era già reputato inventore. Questa lira fu formata col guscio d’una testuggine e con le corde di lino. 1
Batto pastore fu il solo testimone di questo audace furto, e Mercurio col regalo della vacca più bella lo indusse a tacere.
iome ; Amor si assida Sulla faretra dove l’arco ei posa, E i bei nomi col dardo all’ ara incida. Due belle madri alfin, col
modestia alla beltà che senza essa non è pregevole. Fu anche figurata col pomo della bellezza in una mano ed un mazzo di pa
spine nell’ accorrere in aiuto d’ Adone (177) moribondo per la lotta col cinghiale. 184. Le sacerdotesse di Venere, con la
e le sacrificavano una capra bianca sull’ara ove il fuoco era acceso col ginepro e coll’acanto. Intanto altre vergini ed a
pesce. Precedevano il Nume o Anfitrite, ed annunziavano il suo arrivo col suono della conca marina. Talora anch’ essi erano
e sei teste ; e una moltitudine di cani le uscivan dal corpo, i quali col continuo abbaiare atterrivano i passeggeri. Laond
regio diadema, ed è coronato di piante marine ; comparisce per lo più col tridente in mano ; sta ritto sulle acque del mare
acro a Nettuno, perch’ei lo fece apparire di sotto terra percotendola col tridente. Quindi era chiamato anche Ippio ossia e
è questo Fangoso e torbo, e fa gorgo e vorago, Che bolle e frange, e col suo negro loto Si devolve in Cocito. (Eneid., lo
’inferno Alceste sposa d’Admeto (102) ; che Orfeo (469) lo addormentò col suono della sua lira, quando scese per richiedere
l ventre Trangugiando mandolla, e con sei lumi Chiusi dal sonno, anzi col corpo tutto Giacque nell’ antro abbandonato e vin
320) e fu padre d’Achille (536). Le sue nozze, che la Discordia turbò col pomo fatale, furono la prima causa della rovina d
’immerga in uno che sia nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ; di questa mostrino le groppe. E c
a morte, perchè d’ambedue questi si dica esser madre. Mostri di cader col capo innanzi fitto in un’ ombra più folta, e ’l c
ia la verga, nell’altra tre vessiche di papavero. Dorma come infermo, col capo e con tutte le membra languide, e come abban
vole è anche ingrato ; ed Issione si diportò tanto male da cortigiano col padre dei Numi, che questi lo fulminò nel Tartaro
ta la cosa più utile per una città. Allora Nettuno, battendo la terra col suo tridente, ne fece sbucar fuori un ardimentoso
onti nella Mascheroniana : Colei che gl’intelletti apre e sublima, E col valor di finte cifre il vero Valor de’ corpi imma
da di pesce. » La Licenza poi è una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto di mosto, corona di viti in capo, tirs
insopportabile a tutti, e fu espulso dal cielo. 284. È rappresentato col capo coperto da un berretto ornato di sonagli con
nudo, e inghirlandato di rose appassite. E’ s’appoggia languidamente col braccio sopra una lunga lancia da cacciatori ; gl
pieni licori ; Talor le membra strignere Solea con placid’erbe, Talor col ferro docile Pronta recò mercè, E risanar potè — 
ccompagnarono i Greci all’assedio di Troja, e vi si resero utilissimi col medicare i feriti. Poi i discendenti d’Esculapio
poichè ha la faccia soverchiamente rubiconda, con folti sopraccigli, col naso schiacciato e bernoccoluto e con la bocca ri
storali, boschereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur compagni di Febo. Infra le
cendenti da Bacco (146) e dalla naiade Nicea che fu da esso inebriata col trasformare in vino l’acqua d’una fonte ov’ella e
pratello amenissimo, posto innanzi alla bocca della grotta, lo teneva col suo nutrimento sempre erboso, e per lo più tempo
vasse Numa Pompilio de’suoi consigli, poichè quel saggio legislatore, col pretesto di andare a consultarla, si appartava in
dedicò un altare alla Fortuna reduce ; indi le furon coniate medaglie col titolo di Fortuna stabile o costante (Fortuna sta
tra della celeste vendetta. Le sue funzioni consistevano in gastigare col sentimento della propria perfidia quei colpevoli
anno da raccontare vane o cattive azioni, e quando mescolano il falso col vero : È questa Fama un mal, di cui null’ altro
lieti i scultori Veston d’eterna giovinezza il marmo ; Dove i pittori col divin sorriso De’ color varj irraggiano le menti
a fu sulla terrestre mole Dalle celesti lucide contrade, Per dissipar col suo divin fulgore La cieca nebbia dell’umano erro
ni ; e le facevano molte offerte, ma senza macchiar mai i suoi altari col sangue delle vittime. Sul rontespizio del tempio
iovine eroe punì subito tanta scortesia facendolo diventare di pietra col mostrargli la testa di Medusa. Così il gigante fu
, che abbandonò il soggiorno d’Argo, e andò a fondare una nuova città col nome di Micene, ove poi fu ucciso con frode da Me
iove. Noto a Giuno superba, il divin germe Godea del ciel sereno, E col fratei posava in crocei veli : Ma la Saturnia, la
mano erano accorsi in aiuto di Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale sguainato s’era quivi tratto per intender
intercessione di Pallade (263), Giunone si placò a segno d’allattare col proprio seno il famoso pargolo per farlo diventar
o (230) o secondo altri da Eurito ; a combattere in armi da Castore ; col Centauro Chirone (430) studiò l’astronomia e la m
iglio in vece : Ma tu poi, di’, tu che sol vivi in essa, Dimmi, in un col suo vivere non fòra Tronco all’istante il tuo ? D
ma di morire, volle vendicarsi ; e donò a Dejanira una tonaca bagnata col suo sangue, facendole credere che se Ercole voles
oichè caduto in sospetto di infedeltà, Minosse ve lo fece rinchiudere col figlio Icaro e col Minotauro. 422. Tuttavia l’ i
petto di infedeltà, Minosse ve lo fece rinchiudere col figlio Icaro e col Minotauro. 422. Tuttavia l’ industre Dedalo, ris
e paterna. 426. Quel povero padre, veggendo la nave tornar da lontano col funebre arredo, credè morto il figliuolo, e preso
giovine, parole greche. 442. Polluce acquistò molta fama combattendo col cesto, nella qual lotta vinse il vigoroso Amico r
nta remi, del quale Minerva stessa aveva dato il disegno. Il legname, col quale fu costruito, era stato preso sul monte Pel
lleggeriva le noie della navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice che gli Argonauti recassero sulle
egno ; e non volendo neanch’ esso offendere le leggi dell’ ospitalità col punire Bellerofonte nella sua corte, pensò di esp
eno, e Bellerofonte inorgoglito delle sue gesta volle salire in cielo col Pegaseo ; ma Giove fece pungere da un insetto il
eroe fu punito del suo orgoglio. Tuttavia, secondo alcuni, risplende col poetico Pegaseo nel numero degli astri. 468. Ques
o La coda, e dalla bocca orrende vampe Vomitava di fuoco. E nondimeno Col favor degli Dei l’eroe la spense… Orfeo.
lo della Tebe d’Egitto. Anfione (481) costruì le mura di questa città col suono della sua lira. 486. La favola aggiunge che
figlio maggiore di edipo (491), dopo la partenza del padre, divise col fratello Polinice il trono di Tebe, pattuendo di
re certo della vittoria, tuttavia vogliono alcuni ch’ei la macchiasse col tradimento ; e subornato Mirtillo, figliuolo di M
nell’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col quale aveva additata la tomba d’ Ercole, e vi pro
soccorso d’ Enea, e non potè salvarlo dall’ impeto di Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Questa Dea, per punirlo
itore : Ecco al Nestoreo cocchio s’implica Destrier, cui Paride feri col dardo : Ecco discendere contra il gagliardo L’ast
e’brandi, onde intronato Avea l’elmo e lo scudo, i vincitori Impaurir col grido, e rincalzarli : Fra le dardanie faci arso
ndente Scagliar rotta la spada, e trarsi l’elmo, E fulminare immobile col guardo Ettore che perplesso ivi si tenne. (Fosco
sse all’astuto Eolide Il sanguinoso Ajace, Notturno il seno aprendosi Col vindice pugnai. E là sul Xanto i Danai Copria di
o un magnifico monumento ad Ajace sul promontorio Reteo. 567. Insieme col Telamonio vi fu un altro Ajace figliuolo d’Oileo
roferito queste parole, che Nettuno (185) sdegnato, franse lo scoglio col suo tridente, e lo fece sprofondare nei flutti.
buì molto alla rovina di Troja, mentre gli altri Greci la distrussero col valore e con le armi. Sicchè Omero, quanto alla p
avigli perchè lo conduca ad Itaca. Ulisse corrispose a tante cortesie col racconto delle sue avventure, e svegliò tenerezza
d ei v’ascese lieto di grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò col più tenero addio, ed i suoi occhi seguirono per l
azioni ch’ella scagliava sui Greci. Toglie l’inverosimile, ed aumenta col sublime il patetico di tante sciagure quel signor
a volse in basso L’altezza de’Trojan che tutto ardiva, Si che ’nsieme col regno il re fu casso ;115 Ecuba trista, misera e
o, Che se Giove l’onor di tua caduta Mi concede, non io sarò spietato Col cadavere tuo, ma renderollo, Toltone sole le bell
 : ……. Sul carro indi salito Con l’elevate glorïose spoglie, Stimolò col flagello a tutto corso I corridori che volàr bram
amo ; gli accordò undici giorni di tregua, perchè i Trojani potessero col decoro conveniente dare gli onori funebri al valo
ito dei fragili tesori che abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani gli A
toria della sua vita è tessuta di prodigj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lungi da una casa campestre di suo padre ;
o suo dritto fischiava ; Però che la divina ira di Palla Al cacciator col cenno onnipossente Avvinse i lumi di perpetua not
rano tenuti in custodia da quindici sacerdoti chiamati quindecemviri, col divielo, sotto pena di morte, di lasciarli vedere
quale s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i pericoli di quella col celete o cavallo da sella e coi carri, il salto,
o, figlio di Senocrate d’Agrigento, avendo riportato il pitio trionfo col carro, volle che fosse pubblicato vincitore suo p
ella manca, e nella dritta sospeso il flagello in atto di percuotere, col viso rivolto al trombettiere, stanno i giovani, a
di argento, sul petto di cui si vedeva scolpita una quadriga in oro, col motto : « È felice ogni affanno per acquistare la
baldanzosi, che partirono sostenuti dalle braccia dei pietosi amici, col viso tinto di sangue. Non ancora appariva Faone,1
edendo così sconciamente caduto il prepotente atleta, e rialzarsi poi col viso imbrattato di polvere. Ma quegli, oramai cie
o i gioghi, ed or questi ed or quegli Sporgea più innanzi de’ corsier col capo. Ma il misero garzon, ritto sul cocchio Gli
è rappresentato in un uomo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nell’altra. Il s
lo abolì per la troppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di lutte le cose e di Dea universal
vo esito delle imprese. 741. Odino aveva in Upsal un magnifico tempio col tetto contornato da una catena d’oro ; e un altro
ene fu eretto in Islanda, ove i sacerdoti solevano aspergere i divoti col sangue delle vittime. 742. Due corvi erano sempre
tro dei loro idoli era composto di tutti i semi della terra impastati col sangue di molti fanciulli ai quali si era strappa
empio fu costruito di figura rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel centro di un
tichità riconoscono due Promelei : il primo è quello che formò l’uomo col loto, ed in esso viene simboleggiata la divina pr
la festa durava un giorno ; poi ne furono destinati due, poi quattro col nome di ferie latine. Prima di separarsi, i Depul
ve. Dieono adnnque che Trofonio fu celebre arcbitetto nella Beozia, e col fratello Agamede fabbricò il tempio d’Apollo a De
ul monle Cinto. Non vi sacrificavano animali, nè lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Quest’isola era io tanta ve
in prosa. 31. Omnia bona mea mecum porto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33
73. Il fuoco di Vesla. 74. I Romani avevano Io Dio della buona fede, col nome di Fidius (Dius). Il suo nome serviva di giu
scana, e abitò ne’monti di Luni sopra Carrara. 126. Perciocchè viene col tergo innanzi. 127. Profetessa figlia di Tiresia
9 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
eramente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine col quale viene cominciata e condotta a termine ; nel
nte vitale di esso ; e il modo fisico o materiale, o moglio, il mezzo col quale detta opera viene sviluppata, rappresenta i
appresenta il corpo, ossia il subbietto fisico, materiale, sensibile, col quale l’idea informatrice deve essere assolutamen
piutisi in quel periodo di tempo che tutti gli scrittori si accordano col chiamare tempi eroici o favolosi ; dev’essere una
ò solo nell’intento di render più agevoli le ricerche dello studioso, col marcare e distinguere, per mezzo di un segno part
, sia in verso che in prosa, degli autori da noi citati, per mostrare col loro autorevole appoggio, quanto fosse vera e rea
suo concetto, nella sua forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di metterla alla portata di tu
lo significato, come quella che dinotava la enunciazione del pensiero col mezzo della parola ; un discorso un racconto, che
llanza ; una civiltà più essenzialmente umana ; non venne a redimere, col sangue dell’ Uomo Dio, i funesti errori onde le t
ima dell’uomo. Allora, il Mi to purissimo della Vergine Madre, spense col fulgore della sua casta luce, col suo significato
rissimo della Vergine Madre, spense col fulgore della sua casta luce, col suo significato umanamente divino, l’osceno bagli
abe concepta, che sotto l’usbergo della sua celeste purità, schiaccia col fragile piede, la testa del serpe insidiatore, e
aturisce il mito di Ercole che in cullz strangola i draghi, e finisce col famoso — Nec plus ultra, onde le colonne su cui f
ciò che è, e come è : esprime la Forma immedesimata al Fondo, l’idea col fatto, senza avvertire codesta distinzione. In un
el gregge ; il cavallo ed il bue che, aggiogati all’aratro, fecondano col lavoro il seno della terra, diventano gli animali
pilota segnala il naviglio laggiù in fondo, dove il mare si smarrisce col firmamento. Guerrazzi F. D. — Dall’Introduzione
ndovi nell’antichità dei tempi favolosi molti eroi e guerrieri famosi col nome di Aba, i figli e discendenti di essi furono
auro dello stesso nome. Vi fu anche un altro Abas, da non confondersi col re degli Argivi, e che fu del paro figlio di Linc
ntagne, le separò, e mise così in comunicazione le acque dell’ Oceano col Mediterraneo. 27. Acacalide. — Ninfa sposata da A
la carneficina, questo principe ebbe la ventura di riconoscere Ethra col figlio suo, e riuscì a salvar tutti e due dalle m
io con gli occhi di bragia, Loro accennando tutte le raccoglie, Batte col remo qualunque s’adagia. (Dante — Inf. Cant. III)
uesto Dio ricchi sacrifizii per essere liberati da quegl’insetti, che col loro moltiplicarsi erano sovente cagione di conta
. Acratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col quale egli veniva principalmente venerato in una
non li potè vincere che adoperando l’astuzia. Vi furono diversi altri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio
arcate o Atergate fu moglie di Adad re della Scizia. Dopo la morte fu col marito deificata. È comune credenza di molti mito
Si sapea ben per Cipro il folle incesto, Che già commesso Mirra avea col padre : Ovidio, Metamorfosi Libro X trad. di Del
. Le donne ministre di questo culto piangendo correvano per le strade col capo raso, battendosi il petto. In Alessandria la
on vale giuochi solenni. Giano, nelle feste Agonali, veniva designato col nome di Agonio. 197. Agoreo. — Soprannome dato a
 ; poichè il calteo, o budriere che Ajace donò ad Ettore fu lo stesso col quale questo eroe venne legato pei piedi al carro
. che formano il principio della parola Ajace, e il suono esclamativo col quale si esprime il dolore nel ricevere una ferit
fù, erano il popolo più voluttuoso di quel tempo, poichè arricchitisi col commercio vivevano nell’abbondanza e nel lusso. N
iglia d’Elettrione re di Micene e di Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col patto che vendicherebbe la morte di suo fratello,
un figlio Ippotono. Però il padre della sedotta la uccise per lavare col sangue l’onta riversata sul suo nome. Nettuno la
rè di Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bosco sacro d
na quercia. Le Amadriadi non erano del tutto inseparabili dall’albero col quale avevano comune l’alito della vita. Ma potev
eo significa privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere col quale gli Ateniesi l’adoravano con particolari ce
coperto il lato destro del petto fino al livello del cuore, indicando col dito le seguenti parole : Da lunge e du vicino  
i Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un montone e battendo col piede la terra ne fe scaturire una sorgente d’acq
isse e la cacciò dalla sua casa insieme al figlio ed al marito. Mirra col piccolo Adone si ritrasse nell’Arabia, ed Ammone
gl’immortali. Fu fino dai primi giorni della creazione con la terra e col caos. ……. non mica un Dio Selvaggio, o della ple
e Tasso. Aminto. Secondo Aristofane quell’amore che ebbe principio col caos fu l’amore benefico, e da questa unione venn
uto il vino della sua vigna. Anceo derise la predizione e per provare col fatto la falsità di quella, ordinò che gli fosse
spalancata una voragine. Anchuro per il bene pubblico vi si precipitò col suo cavallo, e la voragine si rinchiuse immantine
ostringere le tre figlie di Anio a seguirlo alla guerra, contando che col loro aiuto, l’armata dei Greci non avrebbe mai pa
Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e di Marte. Vedendo che Cupido col passare degli anni non diventava mai adulto, ne c
del re informo Servio Tullio della profezia, e allora il re d’accordo col pontefice, fecero sapere a Corace, onde trarlo in
ome sotto il quale gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nome col quale i poeti denotavano talvolta Apollo. Più com
rticolare, ma a tutt’i greci in generale il nome di Argivi o Argolici col quale Virgilio e molti altri poeti li dinotano so
odia della ninfa lo, che Giove avea cangiata in giovenca. Ma Mercurio col suono dolcissimo del suo flauto, addormentò il gu
Argo, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiamata col suo nome, ed il primo che coltivò le terre della
, ma finalmente acconsentendo alle preghiere di lei la lasciò partire col novello sposo. Però ben presto pentito della sua
ovava sulla soglia di tutt’i tempii pagani, volendo cosi indicare che col silenzio si doveano primamente onorare gli Dei. G
stri e cospicue famiglie di Roma, e venivano collettivamente denotati col nome di fratelli Arvali, la cui istituzione si de
oi Minerva prese sotto la sua protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo grido di tutto ciò che avveniva la notte. Fe
e sue storie, veniva attribuita ad Asclepiade la scoperta di medicare col vino. Salvator Rosa nelle satire dice : So che A
dei Troiani. Calcante indovino greco consigliò la morte di Astianatte col farlo precipitare da una torre. Per seguire il co
poichè Andromaca lo sottrasse con la fuga al pericolo, ricoverandosi col figlio in Epiro. 635. Astidamia. — Una delle mogl
i ; che avessero influenza benefica o malefica sopra gli uomini e chè col loro apparire e col loro corso predicessero la vo
luenza benefica o malefica sopra gli uomini e chè col loro apparire e col loro corso predicessero la volontà degli Dei. Da
rla che a colui che avesse vinto il premio della corsa. Ippomene ebbe col soccorso di Venere il premio, avendo seguito il c
Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di ladro col potere di prendere diverse forme. Sisifo lo scopr
a di Turno. ….Aventino, de l’invitto Alcide Leggiadro figlio. Questi col suo carro Di palme adorno, e co’ vittorïosi Suoi
guillara. 753. Bauci. — Era una povera e vecchissima donna, la quale col marito Filemone, vecchio quanto lei, viveva in un
artoli, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col quale essi onoravano Apollo, attribuendogli la gu
a gravida il bitume, Qual l’onda che già neve il verno fece, L’Austro col caldo sol fonde e consume : Tal la misera Bibli s
ldo sol fonde e consume : Tal la misera Bibli si disfece, E ’l pianto col sudor cangiolla in fiume. Ritien la fonte il nome
vano il nome da βοῡ, grido, e δρόμω, io corro. 811. Boedromio. — Nome col quale in Atene veniva dinotato Apollo. 812. Bolat
le orme dei piedi non avessero palesato il fatto ; ma passando Ercole col resto dell’armento d’innanzi all’antro di Caco, g
tra pubblica calamità. 871. Camdea o Cadmia. — Pietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie di metallo di co
a parola cano, io canto. I pagani ritenevano che le Muse celebrassero col canto le azioni degli Dei e degli eroi : da ciò c
uta nettezza. Finalmente le arpie erano ritenute e talvolta designate col nome di cani di Giove, forse perchè questo Dio se
allegorico, la grazia e la bellezza delle opere, che quel Dio faceva col ferro e col fuoco. 964. Carienne. — Feste che si
la grazia e la bellezza delle opere, che quel Dio faceva col ferro e col fuoco. 964. Carienne. — Feste che si celebravano
onio con occhi di bragia, Loro accennando, tutte le raccoglie : Batte col remo qualunque s’adagia. Come d’autunno si levan
, avendo Giove conceduta l’immortalità a Polluce, questi la divid sse col suo bene amato Castore, per modo che, essendo que
à, da cui essi stessi l’avevano rapito. …. Per la qual cosa i Greci, col consiglio del delto Calcante, fecero fare questo
 Nome che si dava agli Ateniesi : Ovidio chiama particolarmente Teseo col nome di Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome
gli aveva donato. Riconosciuto il suo fatale errore egli si trafisse col ferro stesso. Giove mosso a compassione li cangiò
di cui era Dio. Similmente si denotavano tutte le divinità marittime col nome complessivo di Dei Cerulei. 1068. Ceruso. — 
estilenza. L’oracolo interrogato rispose che il flagello avrebbe fine col sacrifizio dell’incestuoso Cianippo. Allora la fi
re divorata dalle fiere ; ma che queste ne ebbero cura e la nudrirono col loro latte. Si crede assai generalmente che sia l
a loro, a causa del famoso ratto delle Sabine. 1193. Clodonie. — Nome col quale i Macedoni indicavano le Baccanti. 1194. Cl
figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto d’una corona di sette stelle. 1204. Cn
te innammorata del generale nemico, si lusingò di guadagnarne l’amore col tradire il padre ; ma avendo reciso quel fatale c
e sembianze d’un giovine dalla faccia arrossita per l’ubbriachezza, e col capo coronato di rose, secondo si costumava nei b
reccia Crateo. Questo sventurato principe morì della ferita ricevuta, col dolore di veder compiuta la funesta predizione de
ù tardi la famosa Troja. 1360. Dardani o Dardanidi — Nome patronimico col qua’e si denotavano i Trojani. 1361. Dardania. — 
costellazioni. La cronaca favolosa racconta che Gige, uno dei Titani, col solo passarsi uno di quegli anelli al dito si ren
cronaca, morì placidamente in assai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musica
Ebe vien rappresentata sotto la figura di una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labbra, e coronata di flori. Aveva
tuiti ai buoi altri animali di minor costo ; ma si seguitò a chiamare col nome di Ecatombe qualunque sacrifizio in che si u
, uniche figlie del re, si offrirono vittime volontarie, onde placare col loro sangue innocente lo sdegno degli dei. Appena
ri uscirono due biondi giovanetti, coronati di flori, che celebrarono col canto la morte di quelle eroiche fanciulle. Vi fu
e, Veniano entrambi in un sol cocchio. A questi S’avventò Diomede ; e col furore Di lion che una mandra al bosco assalta E
la trasportò in cielo, sotto la costellazione conosciuta anche oggidì col nome di capra. Del vello di Ega, Giove rivestì il
olonia. 1574. Egenete. — Ossia quotidianamente rinascente. Soprannome col quale gli abitanti dell’isola Camarin, adoravano
inquanta bocche Fiamme spirando e da cinquanta petti, Esser già stato col gran Giove a fronte, Quando contra i suoi folgori
udo di Giove, era ricoperta della pelle della capra Amaltea, che avea col suo latte nutrito il re dei numi e che egli aveva
e avea col suo latte nutrito il re dei numi e che egli aveva chiamata col nome particolare di Egida, dalla parola greca άηξ
Fu in quest’isola che Egina dette alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui era nato, in memoria
me di Egipani. V. l’articolo seguente. 1589. Egipani. — Così venivano col nome collettivo denotate tutte quelle divinità ch
bile, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio di Priamo, col quale alcuni scrittori dicono che fin dal tempo i
città, pensò di riguadagnare la grazia del suo primo marito Menelao, col tradire i Troiani. Di notte tempo fece accendere
tta che quegli compì sette anni dopo, epoca in cui ritornato a Micene col suo fido Pilade, ordi, d’ accordo con la sorella,
e disegno, sentì arrestarsi da due solide braccia e riconobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome
cchè egli era stato trasportato in cielo ove quella flamma conosciuta col nome di fuoco sacro si sarebbe chiamata Elio, cio
enze di quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col quale gli domandava se dopo la guerra egli sarebb
no, addestra i cavalli ; ed altre finalmente cantano, accompagnandosi col suono della lira, l’eroiche gesta dei semidei. È
di uno dei combattenti gocciolava sul sepolcro. 1659. Ematia. — Nome col quale s’indicavano le diverse contrade della Mace
tto a cui noi accenniamo, sebbene egli lo riporti chiamando Encelado, col nome di Tifeo ; e ciò perchè in alcune cronache d
enne assedio della Trojana città. Enea sostenne un particolare duello col più prode guerriero Greco, con Achille ; ed ebbe
iloco ; e potè vendicare la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando il petto di due chiari e prodi guerrie
e Medone. ….. e tali allor dall’asta D’Enea percossi caddero costoro Col fragor di recisi eccelsi abeti. Omero. — Iliade 
presenza. Però essendone perdutamente innammorata, lo segui da lungi, col fermo divisamento di guarirlo, ma prima che avess
l ritornare alle loro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocabolo col quale i greci ed i romani denotavano i soldati di
mente sdegnata dell’oltraggio che Paride aveva fatto a tutti i greci, col rapimento di Elena, travestitasi da uomo, andò co
o ciò che ha principio. 1747. Epitragie. — Altro soprannome di Venere col quale si voleva ricordare un fatto avvenuto a Tes
a di ciò rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro, e lo chiamarono col nome di Epitragie, che significa popolare. 1748.
a orlata di porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla Fortuna e col quale questa divinità aveva un tempio a lei edifi
sai di sovente, nelle opere degli antichi scrittori, vengono denotati col nome di Ercei gli dei Penati, forse nella signifi
ersecuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Ercole, col quale dovea conquistare tanta gloriosa rinomanza.
ar si diede Di fumo, di caligine e di vampa, Tal che miste le tenebre col foco Togliean la vista a gli occhi e’l lume a l’a
la bocca. Ercole combattè il mostro e l’uccise. Finalmente egli lottò col gigante Anico, e similmenie lo uccise, sollevando
itorno a Tebe, avendo saputo che il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano di sua figlia Iole, a co
padre e signor dell’universo. L’Olimpio Giove, e quella fraude in lui Col servaggio puni. Chè se vendetta Fatto egli avesse
l’antichità, i quali hanno assai di sovente scambiato l’ Ercole greco col Sandon della Lidia. Da una schiava di Onfale a no
a incontro Ad alto scoglio : il capo gli si spezza Per mezzo, e misto col sangue e le chioma Ne va il cerebro sparso. Sofo
del cesto. Avendo un giorno sfidato alla lotta Ercole, questi accettò col patto che premio della pugna fossero, per parte d
ere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono gli onori divini al
ciò dal mangiare avidamente tutto ciò che gli cadeva alle mani e finì col lacerarsi coi proprî denti le carni. 1787. Ericin
un nom stretto numero di autori, la cui opinione concorda in generale col dare l’appellazione di eroe a quel mortale che av
tradizioni della antichità favolosa, non si accordano punto sui modo col quale Esculapio avesse acquistato tanto meravigli
pollonio riporta che Minerva gli avesse dato il sangue della Gorgone, col quale egli risuscitava i morti. …… La cui somma
Se l’espiatore accettava l’incarico che tacitamente gli dava il reo, col suindicato indizio di pentimento, allora faceva p
indizio di pentimento, allora faceva portare una pecora di un anno, e col sangue di questo animale purificava le mani dell’
adre. Coro Tu dei propizie Far queste dive, il cui terren dapprima Col piè premesti Edipo E come far ? mel dite Coro
ndo il loro genitore ebbe abdicato il trono di Tebe, Eteocle convenne col fratello, che avrebbero regnato a vicende un anno
così principio alla memorabile guerra di Tebe, la quale ebbe termine col duello dei due fratelli, che restarono entrambi v
era tutto caos e notte. Secondo il citato scrittore, l’etere, nacque col giorno, dall’Erebo e dalla Notte, figliuoli del C
a e ricondotta in patria. 1860. Etreo — Uno dei soprannomi di Vulcano col quale aveva un tempio a lui consacrato sul monte
l capo. Sul carro indi salito Con l’elevate glorïose spoglie. Stimolò col flagello a tutto corso I corridori che volar bram
il corpo dell’eroe con la sua egida di oro, per impedire che Achille, col trascinarlo tante volte, così velocemente, intorn
suoi due fratelli Melampo ed Aleone vengono soprannimati da Cicerone col nome collettivo di Dioscuri. Questa opinione del
nel tempo istesso essendosi una cicala posata sull’istromento, supplì col suo canto con tanta aggiustatezza al difetto dell
ove regna eterna la notte, si accostò al tetro monarca delle ombre, e col suono della sua lira discese nei più profondi rec
possenti palme : e tosto Ciò detto, gli spari dagli occhi, come Misto col vento fugge in aria ’l fumo Lieve, nè lui ch’inda
era ragione dell’odio che Giove ebbe poi tanto con Eurimedonte quanto col figliuolo di lui. 1902. Eurinome. — La più bella
isola di Creta, quando Europa morì, la innalzarono agli onori divini, col nome di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa
ari. 1913. Euterpe — Una delle nove Muse detta così perchè rallegrava col suono del flauto e degli altri istrumenti da fiat
li pretendono che Evandro, fosse la stessa divinità adorata in Italia col nome di Saturno, e che sotto il regno di lui fior
e della città, mentre continuava la celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di feccia di vino, coronati
na donna smunta, pallida, emaciata ; cogli occhi incavati e vitrei, e col corpo magro e scarno. 1939. Fanatici. — Con quest
relazione con la religione pagana, coi suoi misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e
a. Narrano le cronache, che avendo un giorno osservato un uccello che col cibo nel becco volava sempre presso una data cave
ndità rappresentata come una donna appariscente per florida bellezza, col seno interamente nudo fino a ! principio della ci
oprannome a Giove, come vincitore dei loro nemici che aveva abbattuti col terrore. Altri scrittori pretendono, che si desse
. di Dell’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle di
le parole : Il pianto no, che più che main’abbonda L’arbor ch’or sol col lagrimar si dole : Beu ch’alfin perdon la forma d
della lerra, perchè il sole quando tramonta sembra abbandoni la terra col lento rammarico di un amante. 2017. Filolao — Che
Ercole, il quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in don
l’ adattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col quale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’e
città di Petilia. Fu in Calabria che egli combattè il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon nel suo libro del
oceda De’ sempiterni Dei Al sommo giuramento, Chiese ch’ egual volere Col signor delle sfere Tal’ ella mostri, ch’ ove usci
ti due pianeti, regola e presiede a tutto ciò che accade sulla terra. Col suo braccio sinistro cinge due corni dell’abbonda
 ; e che non deve confondersi con l’ appellativo di Fulgur soprannome col quale i pagani invocavano Giove, come padrone dei
i baccante invasa Ratta qui corro, onde la flamma auch’ io Partecipar col mio Consorte, e in tomba andar con lui sepolta, G
inità allegorica seguace delle Furie. Veniva raffigurata orribilmente col volto ed il petto coperto di piaghe insanguinate 
ibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la quale formava la principale offerta nei
tosto strepitoso, che soave ; E da lo stral d’ Amor piagato e punto, Col canto al dolce suon fa contrappunto. Ovidio — Me
civilimento quello, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo col quale presso di noi vengono nudriti i majali. 211
lcioe Clusivio o Clusio. Quindi Giano mi chiamo, il quale allora Che col farro al sal misto, e pan melato Posto sull’ara i
ite due facce e talvolta anche quattro. Questi templi ven’ivano detti col nome collettivo Giani e quelli di Giano Quadrifro
lla funesta passione inspiratale dall’eroe greco, fuggendo con lui, e col rapito tesoro, uccise di propria mano il fratello
la tradizione, Mercurio cangiò in sparviere, sdegnato che egli avesse col suono del suo flauto rotto il sonno di Argo, al m
al Giorno, considerandolo in sè stesso, e senza relazione coll’anno, col mese e con la settimana. Nè si creda che quanto n
ietro questa risposta, il senato promulgò una legge di comune accordo col collegio dei Pontefici, ordinando che in avvenire
ranei. della Molossa Gente ad un tale a lui mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una part
o stesso dà a Giove il soprannome d’infernale e Tacito chiama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione di Ciceron
te in cui Troja cadde, incendiata per mano de’greci, non sapendo Enea col padre Anchise risolversi a prendere la fuga, Vene
, e presiedeva anche alla moneta per modo che veniva sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone er
trodotto in Italia il culto delle dea Giunone e perciò lo designavano col soprannome di Giunonio. 2176. Giuoehi — Il culto
a. E cosi detto, L’abbranca e l’alza. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra. Al ginocchio di retro ove si p
di 9mila anni. Lo storico Serbio, rende ragione di simile tradizione col dire che gli dei essendo beati ed immortali giura
unga barba ; con le sopracciglia unite in modo da formarne una sola ; col petto coperto di alga marina fino alla cintura, d
sguardo. Il citato autore ripete che nella Lidia, i popoli conosciuti col nome di Nomadi, chiamavano gorgone un animale che
orridenti, inghirlandate di fiori, vestite di lunghe tuniche dorate e col viso, le mani ed i piedi d’una bianchezza marmore
o ed un bosco a lui consacrato. I poeti antichi chiamano questa città col nome di Cryncus. 2205. Gru. — Presso i pagani que
odi. Nei libri Zendi, Havan viene indicato come una divinità femmina, col sóprannome di Benefattrice delle strade. I Parsi
e forte dei suoi diritti, condusse seco Pelenope. Nel momento ch’ella col marito salì sul carro, Icario segui correndo i ve
olontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele bivio di sac
soli esseri, a cui ella fosse affezionata, Penelope si copri il volto col velo, e volgendosi dalla parte del marito, non di
io allora, interpetrando l’eloquente silenzio di lei, lasciolla andar col marito ; e in memoria di questo fatto, e del cast
urta Idomeneu Guida i Cretesi…. …………. Di questi tutti Idomeneo divide Col Marzio Merion la glorlusa Capitananza, e oltanta
ete, che Ercole bagnasse le sue famose frecce, nel sangue della Idra, col fine di rendere inguaribili le ferite di esse, me
evoli i venti, allorquando il duce supremo delle loro schiere, avesse col sacrificio della propria figliuola Ifigenia placa
. Infatti Ifigenia delude la vigilanza di Toante, re della Tauride, e col pretesto di una cerimonia espiatoria, che dovea f
ra di Troja e da ciò i poeti e gli scrittori dell’antichità, chiamano col nome d’Ilio o Ilione, non solo la cittadella, ma
a Giove stesso. 2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua chiamata J
e avendo fatto scavare un nuovo letto al fiume Anfileo, cangiò questo col pr oprio nome. Al dire del citato autore, e se co
l passato, procurava di scoprire l’avvenire, e quanto potea succedere col passare degli anni, riportando congiunture ed avv
caddero dagl’occhi ; ed in mancanza della parola, segnò sulla sabbia col piede il suo nome. Giove intanto addolorato suile
ia di Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide, col quale Io fu adorata come una Dea, le venne dato s
’uomini, o per mezzo dei sogni ; o con un’azione reale ; o finalmente col dare dei contrassegni sensibili, della loro prese
finalmente col dare dei contrassegni sensibili, della loro presenza, col compimento di qualche prodigio. Dionigi d’Alicarn
ozione che aveano per lui quegl’isolani, veniva generalmente additato col soprannome d’Iperboreo. 2295. Iperione. — Fratell
ue del celebre artefice Mirone. 2299. Ipoprofeti. — Nome particolare, col quale, venivano indicati certi servienti degl’ in
triade delle pagane divinità particolarmente designate dagli antichi col nome di Equestri, perchè erano i soli numi che il
udio, un Ippocentauro portato dall’Egitto e che era stato imbalsamato col miele, secondo l’uso di quei tempi. Anche fra i p
sè le lira. Come il remo il vogante, e tutto addictro Pende da quelle col corpo. Ma i freni. Le putedre mordendo, a furia s
re su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore di Venere. Col pretesto di andare ad adorare la dea Fedra, si re
ta V. Ippolito. Coll’ andare degl’ anni il tempio costruito da Fedra, col nome d’Ippolizione, in memoria dell’ amato giovan
, dimenticò ben presto le lagrime della sventurata sedotta ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli di
’l groppo disciogliesse tosto, Che la tenea, malgrado anco di morte, Col suo mortal si strettamente avvinta ; Ch’ anzi tem
ero d’Iro. Il suo vero nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare i messaggi di cui veniva incaricato, così
a l’eta maggiore. Gli Egiziani, quando Iside morì l’adorarono insieme col consorte ; istituirono in loro onore delle splend
ggi, e gli Egiziani, che sono i primi sapienti del mondo, mi chiamano col mio vero nome Iside regina, e mi onorano con sole
tutti, e tanto che molti luoghi pubblici furono perfino controsegnati col nome di Iside. L’attributo più usuale che veniva
nalmente agl’ inverecondi ministri di quelle orgie e di prender parte col capo raso a quelle infami lascivie. 2337. Ismene.
riconoscere i proprii torti, e fece le viste di volersi riaccomodare col suo futuro suocero, e lo invitò ad un banchetto.
Gli Eleati ritenevano per fermo, che avrebbero evitate gravi sventure col non recarsi in Corinto, durante la celebrazione d
involontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome di Giove, col quale veniva particolarmente adorato in Messenia,
incontrò nel giovanetto depositario dei tesori di quello, e lo chiamò col dolcissimo nome di figlio. Riflettendo poi che l’
ette l’incarico ad un vecchio servo, suo confidente, di uccidere Jone col veleno. Quando fu portata la tazza avvelenata nel
amiglia ad abitare nell’ Asia minore, ove fondò le colonie conosciute col nome collettivo di Ionie. 2374. Jonidi. — Nome co
mitivo e vero nome di Iove ossia Giove. I celti chiamavano questo dio col nome di Jov che nella loro lingua vuol dire giova
a veniva così chiamato il dio della pace, che ha molta rassomiglianza col dio Giano, venerato dai pagani greci e romani. Ne
di quella contrada. I giapponesi, individualmente parlando, chiamano col nome collettivo di Kamis quegli uomini che, divin
popolare credenza prese tanto vigore, che il senato emanò un editto, col quale comandava che le tegole di marmo fossero ri
aforie venivano celebrate una volta ogni tre anni, e si distinguevano col nome di Atenee le prime ; Esestiee o Vulcanie le
cente dell’inumano sacrifizio ; ma nell’istesso tempo emanò un editto col quale proclamava, che chiunque avesse combattuto
sto dio. Sotto questa denominazione ordinariamente egli viene confuso col dio Termine. Al dire di Apuleio, i pagani ritenev
lche tempo avendo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio di Latona col proposto di vedere la magnifica statua che Prassi
olle armi il possesso di Lavinia e del regno di lei. ……. Chè tra noi Col nostro sangue a difinir la guerra, E di Lavinia l
recedente. 2456. Laurentali. — V. Larentali. 2457. Laurentini. — Nome col quale primiti vamente venivano additati alcuni an
lio di Glaucone e di Astidamia. Narra la cronaca che Lepreo d’accordo col re Augia, avesse stabilito di legare Ercole, allo
di Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale passato qualche tempo sostenne una triplice
a cura de’ sacrifizii attesero per lo spazio di otto giorni a placare col lettisternio, fatto allora la prima volta nella c
veva un tempio, in cui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto di più mammelle, e col capo coronato
a sua statua che la rappresentava col seno coperto di più mammelle, e col capo coronato da due vittorie. 2489. Leucosia. — 
a a colpi di bastone sull’altare della dea Leucotoe, conosciuta anche col nome di Matuta V. Matuta. 2492. Lia. — Appellazio
ben facilmente. Eutimo infatti, secondo la cronaca favolosa, combattè col genio di Liba, e avendolo vinto, liberò la città
arlare liberamente — V. Liberali. Anche gl’Indiani chiamavano il Sole col soprannome di Libero. 2503. Libertà. — Dea a cui
vano tutti gli oggetti necessarii alle pompe funebri. Chiamavansi poi col nome proprio di Libitinarii, i sacerdoti o minist
ui. …… della Molossa Gente ad un tale a lui mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una part
tenta Parlar, ch’ ulula invece. Si raccoglie Alla bocca la rabbia, e col desio Delle solite stragi si converte Contro gli
zione favolosa, la quale ingrandendosi per le crudeltà di cui si rese col tempo colpevole Licaone, e dalla stessa etimologi
o a Giove dal monte Liceo in Arcadia, che da principio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pausania, gli abi
crifizi con gran mistero. Liceo era anche un soprannome del dio Pane, col quale egli aveva un tempio sul monte Liceo, circo
Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e col pretesto di fargli ammirare il magnifico panorama
un asilo, edificarono le prime capanne su quel luogo stesso, ove poi col tempo surse la città di Licoria. 2524. Licurgo. —
desmo Bramando largitor d’ un tanto dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave era dal sonno. Ma colu
edianti, chiamati ad accrescere il brio di quelle feste, erano pagati col danaro che si ricavava dalla vendita del legname,
re, ne attaccasse e staccasse i destrieri. 2563. Lucina. — Soprannome col quale particolarmente i romani adoravano la dea G
ra, ed una lancia nella sinistra ; ma più comunemente seduta, tenente col braccio sinistro un bambino ravvolto nelle fascie
Da ciò è che si dette vita agli amori che la Luna, ossia Diana, ebbe col bellissimo Endimione. V. Diana e Endimione. Tutti
tari, con una picca nella destra e con ai piedi un gallo, animale che col suo canto avvisa il ritorno della luce. Finalment
di cui s’eran serviti per immolare le vittime, e tingendosi la fronte col sangue degli animali svenati ; poi asciugavano il
mmollire nel latte. Comunemente andavano anche armati di uno staffile col quale battevano tutti quelli che incontravano e s
api. In generale però tutti codesti riformatori, furono controsegnati col nome di Gnoslici ossia Illuminati. 14. Simonia
a. Il luogo ove gli antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome di Stretto di Gibilterra. Questo promontorio
 1778. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire col quale é conosciuto in tutta l’ Europa, da una ter
10 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
a terra il Cielo. ……………………………… Non v’era chi portasse il nuovo giorno Col maggior lume in Oriente acceso, Nè rinnovava mai
intorno intorno Librata in aere dal suo proprio peso. Nè il mar avea col suo perpetuo grido Fatto intorno alla terra il va
guerra il lieve al grave, il molle al saldo : Contro il secco l’umor, col freddo il caldo. ……………………………… Ma quel che ha cura
er se. Si venne pertanto ad un aggiustamento, che gli propose Titano, col quale Saturno si obbligava di non allevar figli m
Fu accolto da Giano, principe Tessalo, che regnava allora nel Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio, Giano civ
e meritava dagli uomini. Fu ascritto egli stesso al numero degli Dei, col titolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chius
tto le sembianze di diversi animali ; ma Giove più coraggioso abbattè col suo fulmine sì potente nemico : lo rovesciò, e re
l soccorso di Giove, si vide innanzi un ariete, che battendo la terra col suo piede ne scaturì una sorgente di acqua. Bacco
ria. Vedesi Diana ordinariamente rappresentata in abito di cacciatore col turcasso sulle spalle, e coll’arco alla mano : la
e muse. Clio, parola che significa gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di
carmi. Il mutulo parlar Polimnia insegna, Atteggiando cogli occhi, e col sembiante. Destasi al suon di musico stromento Te
tasi al suon di musico stromento Terpsicore, e danzar snella si vede. Col spirto animator dell’opre belle Le figlie di Memo
di conchiglie, tirato da cavalli marini : tiene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti di sollevarsi, o di mette
isse molto Atamante, che trasportato dalla rabbia volle ammazzare Ino col suo figliuolo Melicerta. Ella non potè salvarsi,
Melicerta. Ella non potè salvarsi, se non che precipitandosi nel mare col figlio, dove furono ammessi fra i Dei marini. Ino
on appartenevano però alla classe della divinità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso,
a che porta con se. La Fortuna. La Fortuna è dipinta, come Pluto, col corno dell’abbondanza, e gli occhi bendati con un
itridate, e Tigrane. Crede il Vossio che la Felicità adorata da Greci col nome di Ευδαιμονια sia la stessa che Salus la sal
tempj erano dedicati in Roma. In doppia guisa è rappresentata : cioè col corno dell’abbondanza con frutta di ogni specie,
terra. Dalle volte del Ciel aureo lucenti Discendi, o bella Pace, e col tuo ciglio Arresta Tu del Ciel la troppo giusta M
Gli antichi la dipingevano sotto l’aspetto di una venerabile matrona col corno dell’abbondanza in una mano, e nell’altra u
nverno. Il suo fianco era aperto fino a vedersi il cuore che mostrava col dito, ov’era il detto, da vicino, e da lontano :
lino di rose. L’Està. Per esprimere questa stagione vedesi Cerere col corno dell’abbondanza, e una corona di spighe.
quale loro rispose, che avessero scavate le ossa della gran madre, e col capo velato le avessero gittato dietro i loro pas
isole Cicladi dove regnava Polidette, che volentieri accolse la madre col bambino, con prendere somma cura dell’educazione
ad Argo. Ivi ammazzò Preto che aveva cacciato Acrisio dai suoi stati, col quale si riconciliò. Ma fatalmente giuocando al d
assediò Atene, e non si ritirò fino a che non fu segnato un trattato, col quale gli Ateniesi si obbligarono di dargli annua
inalmente ad Atene, dove non potendosi vedere ozioso volle combattere col toro di Maratona, che menò vivo in Città per sacr
o le lagrime di suo padre si pose in viaggio ad oggetto di combattere col Minotauro, e liberare Atene da sì umiliante tribu
che lo avesse privato della vita, o avesse divisa la sua immortalità col fratello. Esaudì Giove i suoi voti, e fu deciso,
. Ciò fatto di concerto con Medèa, che sposò, pensarono di fuggirsene col favore della notte trasportando seco i tesori di
monti prima erano uniti, ed esso li separò, dove innalzò una colonna col motto Non plus ultra. Finalmente ritornando nella
l giuramento. Egli intanto credette di eludere il sacro voto battendo col piede la terra, in quel luogo ove stavano le cene
che credeva incapace di offendere. Giove volle punire tale empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe,
perdita conpermettergli di poter leggere nel libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinque volte di più del resto de’
del padre ; arrollò delle truppe, e prese congedo da Strofio insieme col caro suo Pilade. Elettra segretamente lo fece ent
n esservi stata chiamata gittò un pomo di oro nella sala del festino, col motto alla più bella. Ecco sorgere una briga fra
isa una cerva a lei cara : questo delitto non poteva espiarsi, se non col sangue di una principessa della famiglia del reo.
io morirebbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di L
di suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una tenzone singolare col più forte de’ Greci. Tal dimanda sgomentò i più b
nutilmente prima offerti. Impaziente Achille di sfogare la sua rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo ai Greci d
inò tre volte il mattino il cadavere del suo nemico, che Apollo covrì col suo scudo per non farlo corrompere. Finalmente si
voleva perseguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno nel cuore discese nell’Eolia, e scongiurò
to vecchio rispettabile sulle sue spalle, traversa l’incendiata città col disegno di ritirarsi sul monte Ida. Fuori le port
rarsi sul monte Ida. Fuori le porte inseguito dai Greci perde Creuso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza di rin
di scusarsi, ma nel tempo stesso dispone il tutto per la partenza, e col favore della notte scioglie le vele da un lido, d
asione spedì Enea i suoi ambasciadori al Re Latino, per fare alleanza col medesimo. Questo re non solamente gentilmente acc
là la Furia passò alla corte di Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de’ suoi soldati. I principi vicini prendon
mo Sannazaro poeticamente scherzando, celebrano le nozze di Partenope col Sebeto, annoverato anch’ esso fra i Numi tutelari
esente il Fusaro. Sotto diverse sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno d
te di un vecchio con lunga barba. Nelle nostre antiche monete segnate col motto Heboni, e Neapolitae, si vede di altri embl
di un vecchio, a differenza delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un giovanetto, di un uo
vessero professato un culto particolare verso il principe de’ pianeti col nome di Ebone. La nostra Cattedrale edificata sul
ellit . Conservasi dalla nobilissima casa Borghese in Roma una lapida col motto Soli Deo invicto Mithrae. VII. Sera
Mithrae. VII. Serapide. Ecco in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il di lui culto era etesissimo
a massima solennità celebrate, e non ha guari fu ritrovata una lapida col motto Dusari sacrum, così chiamato ancora Bacco c
nel Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di Orione. La di lui statua osservasi oggigi
οπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa di una delle Grazie col motto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sappiamo, che
cioè taciturno, dai sacrifizj a questo Nume istituiti dal re Dionigi col massimo silenzio, e rammentati da Cicerone. Il Ca
11 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
ii, interpetrazione de miti di Pane, di Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo cangiossi il significato della parola mito,
cielo e la terra ». Questa formola, puro concetto della creazione, fu col tempo alterata : alterossi non meno nell’uomo il
tenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il simbolo di un globo. E col globo istesso porto o da Dio ad un principe, o da
lotta tra i nobili ed il volgo. E Pasife arde d’impuri amori e giace col toro, e ne viene il minotauro, ossia un mostro da
Iddii plebei. Egli con il nome di Libero presiede seminibus hominum ; col nome di Libera seminibus mulierum (2). A lui si d
delle onde, si tennero lungi a percorrerle. Nettuno rappresenta vasi col tridente in mano, segno della terza regione, il m
e nella sinistra, ond’è detto Dio della medicina, giovando ai mortali col temperato suo calore, e cacciando al contrario ne
di ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma poscia estenuate col salubre fervore de’raggi cadenti a simiglianza di
bri altercantisi, ne avesse tolto di mezzo la rissa, rappacificandoli col tocco della sua verga. Questo mito non era che un
quei campi, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro. 30. Vvlcano — Dio del fuoco e dell
chè di molto contribuisce alla produzione ed incremento di ogni cosa. Col nome dunque di Vulcano non s’intende altro che il
ventore di molte arti, perciocchè queste in miglior parte si compiono col fuoco. 31. Gli Stoici ammettendo un’aria diffusa
erpenti alati. È questa una simbolica tutta propria dell’agricoltura. Col carro si voleva indicar lo aratro, cui coltivasi
sa su di un carro sostenuto da ruote trascinate da leoni, indicandosi col carro la terra librata in aria col proprio pondo 
e trascinate da leoni, indicandosi col carro la terra librata in aria col proprio pondo — con le ruote la terra istessa in
, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entrava essa in congiunzione, secondo i div
alla Luna corone di papavei, e lagrime, placandola, così Virgilio(2), col nome di Ecate. Le incantatrici, come dice Orazio(
neo(4), le preghiere del taciturno esploratore degli astri. Emergendo col suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di
gendo col suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e col nome di Deli
lei fu dato il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e col nome di Delia, così Callimaco(5), guidatrice dell
e(9), s’invocava Gamelia, Ilizia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e
ice Ovidio(3), non è altro che la terra ; e poichè questa si sostiene col suo proprio peso, è detta Vesta. Presa Vesta per
a e conducemi Apollo, E nuove Muse mi dimostran l’Orse » Tante volte col loro nome non s’intende che la stessa poesia, com
eritassero l’approvazione di tutti. Operando gli scultori tutti e tre col portento dell’arte, trassero da’loro scarpelli no
altro aspetto poi non sfugge a colui che vi pone mente di confonderlo col sole, rispondendo per un traslato allegorico le d
mezzo la coltura. E con altro mito si disse di Ercole di aver ucciso col ferro e col fuoco un’idra, che sempre ripulluland
ltura. E con altro mito si disse di Ercole di aver ucciso col ferro e col fuoco un’idra, che sempre ripullulando nelle molt
oro ciò che seco portasse molto utile all’uomo. Trascorrendo in vero col pensiere per alcuni periodi della istoria antica
l nome per indicarsi lo strepito, che seco porta il fulmine istesso —  col triplicato corpo significarsi la triplice forza d
i che restò un giuoco ai greci detto del nodo : ch’è il nodo erculeo, col quale Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo q
ole, si circondavano le tempia di alloro, dando termine al sacro rito col sorgere e col tramonto del sole. Oltre l’alloro s
davano le tempia di alloro, dando termine al sacro rito col sorgere e col tramonto del sole. Oltre l’alloro sacro ad Apollo
e padrone dell’una e dell’altra parte del Cielo, schiudendo il giorno col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e
una e dell’altra parte del Cielo, schiudendo il giorno col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e solevasi prima
12 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
Introduzione. Se col volgere degli anni si videro di quando in quando
i loro particolari sistemi li conducevano a rintracciarvi. Il Fisico col mezzo dell’allegoria ebbe a vedervi indicati gli
d’ omaggio versò sugli altari di lui sangue umano ; e i padri stessi col più feroce furote si videro talvolta guidare all’
trovavasi suori della Porta Capena(d). Le Feste Ilarie si celebravano col conduire in giro per Roma la statua della Dea. Ce
, udi che per far cessare quelle desolazione conveniva placaro Cibele col sacrifizio di due vittime, nate da una sola giove
a Ceiere quanto le era avvenuto, nè potendo farlo colla voce, supplì col far comparire’ una fascia, caduta a Proserpina in
rrò pure quell’ albero. Se ne sdegnò Cerere, e si propose di cruciarl col mezzo della Fame. Non conveniva però, nè permette
ghe, e con fiaccola accesa in mano. Altri la dipingono colla falce, o col cornucopio, ossia col corno dell’abbondanza. Ques
cesa in mano. Altri la dipingono colla falce, o col cornucopio, ossia col corno dell’abbondanza. Questo fu così denominato,
uole di Melisseo, le quali furono Adrastea e Ida, attesero a pascerlo col latte della capra Amaltea (d). In Igino leggesi,
ello stesso nome (c). Altri vogliono, che lo abbia nut ito un’ aquila col nettare (d) (2). Altri pretendono, che il Nume ab
chi, volle tuttavia farlo sotto le mentite spoglie di Atleta (d) (9). Col progresso poi del tempo anche le femmine poterono
enzione della Bufonia, così detta, perchè si celebrava dagli Ateniesi col sacrifizio di molti buoi (d). La medesima Solenni
era ; e Romolo alle falde del monte Palatino eresse al Nume un tempio col titolo di Giove Statore (c). La statua di questo
i innoltre, che il Console Flaminio, marciando contro Annibale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro di Giove Stator
mplorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la sembianza di ariete percosse col piede la terra, e così gli additò una sorgente d’
e le mani (h). Giove, per conservare la memoria della capra Amaltea, col di cui latte era stato nutrito nella suainfanzia,
riposta un’ Oca d’argento, per ricordare, che le Oche aveano salvato col grido e col dibattimento delle ali il Campidoglio
Oca d’argento, per ricordare, che le Oche aveano salvato col grido e col dibattimento delle ali il Campidoglio dall’invasi
deva alla religione de’ contratti. Dionisio d’Alicarnasso lo confonde col Dio Fidio(27). Si chiamò Ospitale (c) da’ Romani,
personaggio, conlunga e folta barba, assise sopra un trono d’avorio, col fulmine nella destra e col regio scettro (c), ovv
lta barba, assise sopra un trono d’avorio, col fulmine nella destra e col regio scettro (c), ovvero con una Vittoria nella
lare, e invitavano i passeggieri a comperare certi liquori, mescolati col mele, per versali nel fuoco ad onore del Nume(g).
loro, i quali celebravano questa Festa, accompagnassero il loto salto col suono e col canto. Questa Festa passò in uso anch
i celebravano questa Festa, accompagnassero il loto salto col suono e col canto. Questa Festa passò in uso anche appresso i
Traci bassaride ; o dal loro gridare, che in greco esprimevasi anche col verbo bazin ; o perchè elleno si vestivano con pe
i Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare lo sdegno di Bacco col sacrificargli per mano di Coreso la giovine Calli
ati tutte le viti ; ch’egli stesso volle darne eccitamento a’ Sudditi col suo esempio ; che con un colpo d’accetta si tagli
n serpenti(c). Bacco stesso diedesi allora a divedere coronato d’uve, col tirso in mano, e circondato da tigri, leoni, e pa
ere in moglie. Il motivo, per cui Giunone non visse quasi mai in pace col marito, fu la gelosia, da cui era continuamente a
he Antifane d’Argo, e Androstene di Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegno agli ornamenci di quel tempio (c). I
mente, e che le loro sconnesse parole divennero predizioni. Conchiude col riferire, che, essendo pericolosa l’apertura di q
’pubblici luoghi. La pompa s’incamminava verso Amicle, guidata da uno col nome di Legato, il quale offeriva i voti della na
la medesima ; e che Giove irritato da tale violenza, colpì il Gigante col fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(f). Comunemen
l Re, vedendosi di sì deforme aspetto, studiò di celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia di purpurea tiara. Con tutto
I flutti la portarono sulle rive dell’Isola di Delo, dove fu raccolta col bambino. A questo ella diede il nome di Anio. Lo
o in un tempio di Diana la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a lei col più stretto vincolo di cordiale amore : e perchè
Aricia, ebbe altresì un bosco. Un servo fuggitivo n’era il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso doveva aver ucciso di
ornando poi al predetto tempio di Venere in Cipro, dicesi che in esso col progresso del tempo la Dea abbia avuto un Oracolo
le. Egli avventò uno strale contro quella fiera, ma essa strappandosi col dente dalla pelle il ferro, lo svelse intriso di
o onorata, e avea il soprannome di Architide (f), compariva afflitta, col capo coperto, e appoggiato sulla sinistra in atto
nghirlandati di fiori. Le stesse Feste si celebravano anche da’Romani col nome di Giuochi Consuali. Appresso Mantinsa, citt
vano dagli Agremoni sacerdoti il sacrifizio di una schiacciati, fatta col mele(a). Fu chiamata Ergane, ossia la Dea delle a
v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull’altra la testa di Minerva col motto Poliade. Il tempio, che Minerva Poliade ave
a mentovata città, la avrebbe anche dato il nome. Nettuno, squarciata col tridente la terra, ne fece uscire un cavallo, sim
di Nitteo, re di Lesbo(d). Questo uccello ordinatiamente si confonde col Gufo, che pure è sacro a Minerva, perchè esso, ve
dolore. Benchè morta, non lasciò di pascere in gran copia il bambino col proprio latte. Ciò si ebbe per un prodigio, opera
re (c) ; Mulcibero dal latino verbo mulceo, ammollire, perchè Vulcano col fuoco, cui presiedeva(1), ammolliva il ferro, e o
strano sdrajati, con un gomito sopra un’ urna, co’ capelli bagnati, e col capo coronato di canne, delle quali ne tengono ta
co(d). Il sale pure offrivasi come sacrifizio gratissimo agli Dei(e). Col progresso del tempo vi si sostituirono gli animal
va allora ravvolgendo nella mente, se era possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza di lui tosto
arrire degli uccelli predicevano l’avvenire(b). Tale distinzione però col progresso del tempo svanì, e il nome di Auspici s
amo essere stata quella una spezie di Divinazione, la quale si faceva col fuoco, osservaudone il movimento e lo strepito(b)
sentava la Dea Minerva in atto di tenere nella sinistra una conocchia col fuso(c), e nella destra un’ asta e uno scudo(d).
nalmente le Ninfe Amadriadi. Queste, come abbiamo indicato, nascevano col nascere delle quercie, e cessavano di esistere, q
utare. in Numa (20). Le Feste Argee al dire di Festo si celebravano col gettarsi dalle Vestali nel Tevere trenta figure d
P. Gabinio, M. Ottacilio, e L. Valerio ve ne riportarono mille versi. Col progresso del tempo se ne raccolsero inoltre da v
ia i Poemi, ne’ quali si descrivevano le gesta de’ Numi e degli Eroi. Col progresso del tempo si rappresentarono gli stessi
iò facevasi o collo sorivere in cedolette alcuni versi delle Sibille, col chiuderle in un’urna, e coll’adattare l’estratte
incipio si faceva solamente coll’alzare la mano verso il Cielo ; indi col porla sull’altare(c). In vece di questo se ne ser
oi solevano giurare o collo stringersi vicendevolmente la mano (a), o col toccare l’estremità dell’orecchia (b). (h). Pot
i, che quell’ara indicasse, che i consigli devono essere secreti (c). Col progresso del tempo tali Giuochi si celebrarono c
r questo anche Apelle nel tempio di Diana Efesina distinse Alessandro col fulmine in mano. I felmini poi di Giove si figura
o, che Licaone venne mutato in Lupo, perchè sacrificò un fanciullo, e col di lui sangue ne bagnò l’ara di Giove, che trovav
arpo. La prima di esse presiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c). Col nome di Ore appresso gli antichi Greci s’indicava
o d’argento, e veniva portata sopra una picca, colle ali spiegate, e col fulmine tragli artigli. Sotto la medesima si appe
anno ne’boschi e ne’prati le Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libazioni di vino.
di notte nelle case, si posavan sul corpo di quelli che dormivano, e col loro peso fortemente li opprimevano(d). Quindi le
ella si chiamava Aletide, ossia errante, dall’essere andata cercando col cane il morto suo padre (f). Si fece allora anche
le fibre del Gelso, e tinse le bianche more di color nero, mischiato col porporino. Sopraggiunse Tisbe ansiosa di racconta
o di Sileno o di Sileto. Fu il primo, che insegnò a mescolare l’àcqua col vino (d). (22). Narce nacque da una giovine dell
Danao (d). (d). Calep. Sept. Ling. (7). Servio chiama le Pretidi col nome di Lisippe, Ipponoe, e Cirianassa (e). Altri
ellato il figlio di Amitaone, perchè avendolo la di lui ma re esposto col corpo tutto coperto fuorchè ne’ piedi, questi ven
i quali non poterono trattenere le risa (n). Comparve Pane alla luce col naso (a), colla barba, con due corna d’irco alla
’ lupi. Riguardo poi al sacrifizio della capra, narrasi, che a questa col progresso del tempo siasi sostituito un irco (d).
cose, siasi data la morte(h). Bellerofonte poi voleva anche ascendere col mezzo di Pegaso perfino in Cielo ; ma Giove, per
i Mani si riconoscevano anche le ombre de’ morti(e). E quì si osservi col dotto Varburton, che i Pagani distinguevano tre p
de’ loro delitti andavano errando sulla terra, e dallo spavento, che col loro orribile aspetto cagionavano, si dicevano La
da di là lanciava fiaccole accese a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(c). E qu
ti al vederla diede subito segni d’affetto per essa. Il Nume lo colpì col , fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo nel T
loro destrezza e agilità. In quel dì si purificavano anche le greggi col fumo di solfo, d’alloro, e d’ulivo(a). Queste Fes
ebbe il figlio Mopso(g). Trasferitasi in Italia, si unì in matrimonio col Tevere, e divenne madre di Bianore, soprannominat
colui nel suo desiderio, si lusingò pazzamente di poter raggiungerle col librarsi anch’egli in aria. Ma staccatosi dalla c
nasso. Fu così chiamato da Elicone, il quale dicesi essere ivi venuto col fratello Citerone a singolare tenzone(g). Sopra i
fortemente da lui, perchè non aveva suonato bene, gli ruppe la testa col predetto strumento(c). Fuvi un altro Lino, figlio
ch’ella, passeggiando con varie Najadi in amenissimo prato, premette col piede una biscia. Questa la punse col velenoso de
i in amenissimo prato, premette col piede una biscia. Questa la punse col velenoso dente nello stesso piede, e sul più verd
e all’ ombra d’ Euridice. Non bastò ad Orfeo disfogare notte e giorno col pianto la sua doglia ne’ campi del monte Rodope,
pia caverna del Promontorio di Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco delle sue corde il cane Cerbero, e vi fece
’Oracolo fece intendere a’ Tebani, che non se ne libererebbono se non col sacrifizio di due Principesse, le quali avessero
di Orione, per salvate la loro patria, si trapassarono elleno stesse col ferro il seno. Plutone e Proserpina ne raccolsero
seguivano gli amici e i parenti. Presso i Romani i figli comparivano col capo coperto di velo nero, e le figlie scoperte,
Dio Mutino, o Tutino, o Tutuno, o Tutano, cui le donne sacrificavano col capo coperto d’un velo. La vittima d’ordinario er
ircondato dalle sue figlie, chiamate Nereidi, le quali lo divertivano col canto e colle danze(c). Notisi per ultimo, che Ne
odici piedi. Altri dissero, ch’ella comparve con sei reste di cane, e col rimanente del corpo, simile a quello de’serpenti
ato Cariddi. Questo pure da prima era femmina, e poi colpito da Giove col fulmine, fu ridotto ad essere tale in pena d’aver
a lui lisciò il regno, pregandolo, che volesse vendicare la sua morte col combattere più fortemente contro Epopeo. Lico col
ano Astreo(e). Zefiro da’ Latini fu ch’amato Favonio, perchè favoriva col dolce suo soffio alla comune generazione : benchè
l sembiante di Ceice, squallido e grondante d’acqua ; e presentandosi col pianto sugli occhi ad Alcione, che dolcemente dor
uel fanciullo. Cloto le disse, ch’egli sarebbesi acquistato gran nome col suo coraggio ; Lachesi soggiunse, che sarebbe sta
issima fiamma. Non ne comprendeva la causa, e si studiava di superare col coraggio lo spasimo. Finalmente al languire che f
se alcuno avesse voluto immolarsi pel pubblico bene. Aglauro lo fece col precipitarsi dall’alto di una torre. Gli Ateniesi
ui non si ricorresse all’ espiazioni. Queste si facevano coll’ acqua, col fuoco, col solfo, co’ profumi, o talora coll’ agi
icorresse all’ espiazioni. Queste si facevano coll’ acqua, col fuoco, col solfo, co’ profumi, o talora coll’ agitare l’aria
il loro ministero con incisioni, fatte nel la coscia o nel braccio, e col raccorno il sangue nella palma della mano per far
13 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
lla sua promessa, e continuava a ritenersi l’usurpata corona. Giasone col favore di Medea volle prenderne vendetta. Finse l
Medea volle prenderne vendetta. Finse la Maga di essere in discordia col marito suo, e ricorse supplichevole alle figliuol
alttesì l’occasione di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose
vette ritirarsi. Qualche tempo dopo egli ritornò ad essi, e li uccise col padre loro. Per tale motivo offerì poscia una cap
e dalle pedate non iscuoprisse ove quelle si trovavano. L’ Eroe passò col rimanente della sua mandra vicino alla caverna, e
vallo. Marte, per vendicare la morte del figlio, s’accinse a battersi col di lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando
ò in modo eguale ; finalmente il Dio, datosi a conoscere, si rallegiô col figlio pel di lui valore. Ercole per ultimo con u
racie l’ingresso del di lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la quale col mezzo de’ sogni manifestava i futuri eventi a col
cole nello stesso luogo, ove il cane erasi fermato, e denominò Ercole col titolo di Cinosarge, ossia Cane bianco (b). Il no
ce d’un fanciullo. Là pertanto drizzò il passo, vide la dolente madre col figlio, li riconobbe, e liberolli dal pericolo, i
tempio doveano serbarsi sempre casti, ed erano tenuti a sacrificarvi col capo raso, e co’ piedi ignudi. Neppure potevano a
erirsi sulle rive dell’ Esaro, fiume de’ Bruzj in Italia. Dileguatasi col sonno la visione, Miscelo per lungo tempo stette
mano la clava, ed ha il turcasso pieno di frecce. Talvolta comparisce col cornucopio sotto il braccio (b). Cinge una corona
, oppressi dalle armi nemiche, furono nella dura necessità di segnare col re Megarese un trattato, per cui si obbligarono d
i respiri di lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo strascinò col volto nella polvere intorno le mura di Troja, e c
ura degli Dei Penati(3) al vecchio suo padre, con lui sulle spalle, e col figlinolo, Ascanio(4), a mano uscì di città(5). L
e, che voleva sposare la figlia ad Achille. Giunta che fu la giovine, col pianto comune venne accompagnata all’ara. Alzò la
enne accompagnata all’ara. Alzò la mano il sacro Ministro per fevirla col fesso micidiale, quando Diana, mossa a pietà di q
uta in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero di far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione.
suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col manico della spada ammaccò la faccia e le tempie
imo a’ Greci nel tempo della guerra Trojana sì co’ suoi consigli, che col suo valore. Egli insieme con Diomede tolse a’nemi
d infiniti, disastri cercato, inutilmente il suo genitore. Parlò egli col padre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò con
malgrado avea schivato il periglio, l’anzidetto Nume percosse allora col tridente lo scoglio, su cui Ajace erasi rifugiato
Pellena, città della Laconia, per esservi allevati(a). Si segnalarono col loro valore nella celebre spedizione degli Argona
fortezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli d
otesse difendersi nello stesso tempo, ed egli si riserbò a combattere col fratello, Polinice(d). Dopo varj combattimenti, n
arlo, ma quegli, avvalorato dal desiderio della vendetta, lo trafisse col suo ferro, e amendue spirarono sul campo. Neppure
cace e vigoroso. Il Consiglio finalmente dipingesi in atto di calcare col destro piede la testa di un Orso, e quella d’un D
beni proprj, o degli altrui. Dipingesi questa virtù in età avanzata ; col comperso in mano, e col timone appresso di se. La
rui. Dipingesi questa virtù in età avanzata ; col comperso in mano, e col timone appresso di se. La cura de’beni proprj o d
altrui non s’impara che coll’esperienza, e questa non s’acquista che col progresso degli anni. Il compasso dimostra, che c
nersi dalle spese superflue. Viene rappresentata in abito semplice, e col compasso in mano. Come questo non esce mai dalla
sso in mano, perchè essa dev’essere misurata colle proprie facoltà, e col merito della persona, verso cui si esercita. Stri
ad alzarle anche un tempio dopo la disfatta degli Spartani, ripottata col mezzo del loro Generale, Timoteo ; ovvero dopo la
ne nella destra un oriuolo, con cui si dà ad intendere, che la verità col decorso del tempo si manifesta. Democrito diceva,
ere e nelle avverse vicende. Ha scoperto un fianco sino al cuore, ove col dito mostra l’altro moto : da lontano e da vicino
verò bruscamente della sua ingratitudine, e lo rimandò alla sua sposa col presagirgli un tardo e inutile pentimento. Questa
La Gola è smoderato desiderio di ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lungo, e con veste di colore simile alla ru
ro, co’ quali conversa. Il mantice è stromento attissimo ad accendere col vento il fuoco, e ad ammorzare i lumi : lo che si
te la grazia di Pallade, perchè egli le eta riuscito troppo importuno col suo cantare. Ira. L’Ira è interna inquietud
posta anch’ essa a sedere, colla guancia appoggiata sulla sinistra, e col gomito di questa sul ginocchio. Tiene il capo chi
a). Servio Tullio le fabbricò in Roma il primo tempio. La Fortuna poi col decorso degli anni divenne in quella città la Dea
tta di essa, poichè si veggono con fiori e frutta in mano, e calvolta col cornucopio. V’è chi per Dee Madri intende le bali
i mandò il primo a scegliere la più bella pecora tralle gteggi del re col pretesto d’ offerirla in sacrifizio a Giove. Ment
gocce di sangue, cadute dalla testa dì Tifone, quando Giove lo colpì col fulmine sul Caucaso. Igino lo dice semplicemente
odoro Siculo (i), e Apollodoro (l) dicono, che Esone si privò di vita col bere il sangue di un toto per liberarsi dalle per
comando. Là, rispose l’Oracolo, ove essi avrebbono trovato la pioggia col buon tempo. Miscelo allora s’imbarcò con molti de
arsi al supplizio, cui era stato condannato dall’ Areopago, si ritirò col suo discepolo, Endeo, nell’ Isola di Creta (b). M
ri e stradelli non si sapeva trovarne l’ uscita(d). Ivi Dedalo stesso col suo figliuolo, Icaro, per ordine del re in pena d
e al figliuolo, e lo instruì d’ attenersi alla via di mezzo, affinchè col volare troppo basso, l’ umido delle acque non agg
asso, l’ umido delle acque non aggravasse soverchiamente le penne ; e col troppo alzarsi, l’ ardore del Sole non avesse ad
nelle Medaglie della Grecia Italica e di Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e col corpo di bue (a). (d). Apoll
la Grecia Italica e di Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e col corpo di bue (a). (d). Apollod. l. 3. (a). Pl
i quel luogo, avendo inteso ciò che le era avvenuto, la fece condurre col giovane Trojano a Menfi dinanzi al re Proteo. Que
i fra loro opposti, guerreggiarono msieme colle unghie, co’ rostri, e col dibattimento delle ali, finchè caddero estinti su
jace, figlio d’ Oileo(a). (28). Mori, venuto in soccorso de’ Trojani col padre e co’ fratelli, fu messo a morte da Merione
ra e quello spergiuto, nè più frenando la bile, gli piombò addosso, e col braccio delle compagne, chiamate in ajuto, do acc
erta quercia, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella ruggine col vino, e di berne per dieci giorni. Se ne ottenne
gli Dei, cae le fosse permesso di vedere e ragionare per tre ore sole col suo marito. Mercurio ne la soddisfece ; ma spirat
hè ne lo guarisse della ricevuta ferita, fu da lei rimandato indietro col commettergli, che suggerisse da parte sua a Parid
sì grande rincrescimento, che da se si gettò sul rogo, e si abbruciò col corpo di Paride(a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1)
l’antico costume di seppellire nelle case i trapassati. E perchè essi col decorso del tempo si tumulavano lungo le pubblich
. Id. Acneid. l. 11. (23). Camilla fu allevata ne’boschi, e nutrita col latte di un giumento. Venne consecrata a Diana da
de pompa (a). (5). Antifo, figliuolo di Tessalo, e nipote di Ercole, col fratello Fidippo, condusse trenta navi contro Tro
suo parente, e re di Ftia. Quegli lo fece allevare da Chirone insieme col suo figliuole, Achille. Da ciò ne nacque tra i du
ioni a venti, Zefito e Botes, e loro promise anche de’sacrifizj, onde col loro soffio consumassero più presto quanto sul ro
contro Troja quaranta vascelli, de’quali posoia ne divise il comando col fratello Anfimaro(g). (12). Toante vi condusse g
Teuti dalla sua risoluzione. Questi, trasportato dalla collera, ferì col dardo la Dea in una coscia, ed eseguì ciò, che av
nza avere nel loro esercito chi presiedesse a’sacrifizi, e predicesse col mezzo della Divinazio ne l’esito delle battaglie.
placare l’offesa Dea, e poi ripigliare l’assedio di Troja. Conchiuse col dire, che intanto per espiare la fatale colpa ave
le la adotto per sua figliuola(d). Pausania dice, che Auge, rinchiusa col figlio, Telefo, in una cesta, fu gettata da Naupl
esioso nel tempo stesso di soddisfare alle ricerche de’suoi, percosse col piede il luogo, ove giacevano le ceneri d’ Ercole
uce ; ed essendo morto senza figli, lo lasciò erede del trono, perchè col mezzo di lui eransi liberate quelle terre da un s
vogliono, figlio di Mercurio e di Erse, ne andò anch’egli alla caccia col cane Lelapo, detto da Apollo loro(a) Fae, che Pro
e dagli stessi suoi figliuoli, Eteocle e Polinie(a). (e). In Oedip. Col . (a). Sophool. in Ocd. Tyr. , Apollod. l. 3.
fortezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone, suo cocchiere(d). Egli d
itutori. I Giuochi da prima consisistevano in combattimenti equestri. Col progresso del tempo vi fu introdetto ogni altro e
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
ncelado che era lungo quanto la Sicilia, e Tifeo che toccava il cielo col capo. Gli antichi mitologi aborrivano le minuzie
esso Virgilio. Si riferisce ad Encelado seppellito vivo nella Sicilia col capo sotto il monte Etna, coi piedi che giungevan
endo, « Infin dal fondo romoreggia e bolle79). » E Dante gareggiando col maestro, e, com’è suo stile, distinguendosi da es
e fra i mineralizzatori di diversi metalli, e segnatamente del ferro, col quale combinato forma il solfuro di ferro, comune
col quale combinato forma il solfuro di ferro, comunemente conosciuto col nome di pirite. Se ne trova pure in copia combina
te conosciuto col nome di pirite. Se ne trova pure in copia combinato col piombo, col rame, collo zinco ed altri metalli. A
o col nome di pirite. Se ne trova pure in copia combinato col piombo, col rame, collo zinco ed altri metalli. Acidificato d
salificato dalla calce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso, di alabastro, di spato pesante ecc
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
i in onore di lui150. Era questo certamente un linguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo
n linguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cat
uore a tutti. Ma gl’ignoranti intendevano questi furti alla lettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non cr
Ovidio aggiunge la preghiera che essi recitavano, la quale terminava col chiedere a questo Dio guadagni in qualunque modo
uggine, perchè credevasi che Mercurio avesse formato questo stromento col guscio di una testuggine adattandovi 7 corde158.
’incivilimento, asserendo che egli avesse dirozzati i popoli selvaggi col canto e coll’uso dei giuochi ginnastici, esercizi
e più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo
acilmente ; indica cioè che l’onestà degli uomini si mette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
matrigna fuggirono dalla casa paterna portando via un grosso montone col vello d’oro, donato già dagli Dei ad Atamante ; e
e. Orfeo interrompeva la monotonia del viaggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti gli altri Er
errompeva la monotonia del viaggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti gli altri Eroi costituiv
ro una ricca sala immantinente « Apparecchiossi il convito solenne, «  Col Senàpo s’assise solamente « Il Duca Astolfo, e la
dietro lor sprona ; « Volando esce il destrier fuor della loggia, « E col castel la gran città abbandona, « E per l’aria, c
iù là, dove quel suon non s’oda. » E così l’Ariosto collega l’antico col moderno, e fingendo che Astolfo nell’800 dell’èra
come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fineo ebbero gli A
a nell’Ode iv delle Pitiche. 65. Perciò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e col
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ando nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia meridionale attraevano col canto e col suono i naviganti, per avere il barba
Tirreno fra la Sicilia e l’Italia meridionale attraevano col canto e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto d
, il poeta ce la rappresenta come l’immagine del vizio che alletta «  Col venen dolce che piacendo ancide. « Ma così tosto
immagine del vizio, ne mostrò a Dante la turpitudine, « E lo svegliò col puzzo che n’usciva. » Nè al divino Alighieri bas
nzi, e se gl’immerse « Con quell’àncora in gola, e, s’io non fallo, «  Col battello anco ; e l’àncora attaccolle « E nel pal
chi là van per salvarsi. « Orlando al lito trasse il pesce orrendo, «  Col qual non bisognò più affaticarsi ; « Che pel trav
yllam dum vult vitare Charybdim. » 231. I naturalisti la distinguono col nome di Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
sse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumide « A’crin s’appigl
l’ubriachezza. Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender part
e Bacco. » Alcuni mitologi antichi confusero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ;
Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore e di luce
l Canto che è intitolato : Trionfo di Bacco e di Arianna, che insieme col Canto dei Cialdonai, dei Romiti, dei Sette Pianet
dei Cialdonai, dei Romiti, dei Sette Pianeti e degli Uomini che vanno col viso volto indietro si trova riportato nel Floril
è e il caffè, appunto perchè queste sostanze e bevande non fanno lega col vino, e ne diminuiscono l’uso e il consumo : « N
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
olo di Dea Triforme 135. Tutto ciò che si riferisce a Diana in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il l
evano accesi i lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana era considerata come Dea della
uto il termine di settentrione 141. Dante rammentò la ninfa Callisto col nome greco e latino di Elice nel C. xxv del Purga
nendo da tal plaga, « Che ciascun giorno d’Elice si cuopra, « Rotante col suo figlio ond’ella è vaga ; » ecc. E al nome di
pureoque alte suras vincire cothurno. (Virg., Æneid., i 336…) 141. Col telescopio invece di 7 stelle se ne vedono 87 nel
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
cia congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col quale termina l’età eroica e comincia l’epoca sto
posò Danae che fu poi madre di Perseo. S’intende facilmente che l’oro col quale furon comprate le guardie da un ricco princ
mostro colla spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio di Medusa. I genitori che eran presenti d
e vedesi nella base del Perseo ; ma l’eroe vi è rappresentato volante col petaso e i talari di Mercurio e non sul caval Peg
llazione di Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son distinte col nome di Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
tempi, sappiamo dalle istorie, che cantavansi gl’inni accompagnandoli col suono degli strumenti ; anzi spesso vi si univa c
tragedia in una mano, e nell’altra lo scettro o il pugnale, e calzata col tragico coturno. Euterpe aveva per distintivo il
rgatorio : « Or convien ch’Elicona per me versi, « Ed Urania m’aiuti col suo coro « Forti cose a pensar, mettere in versi.
to nome di lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti di parole col nome di Laura, l’ Eroina del suo Canzoniere. Su t
ora direbbesi alle piastrelle), il vento Zeffiro invidioso che Apollo col suo ingegno avesse trovato il modo di esser tranq
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
l’Alighieri falsi e bugiardi, doveva cadere in dispregio e dileguarsi col progresso del buon senso e del raziocìnio, come a
il racconto par. vera istoria : ma ora incomincia la favola. Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protet
a sè stesso il potere di crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Cauc
eo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fe
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
le quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna. Prima di tutto però rammentere
elementare elettronegativo che per molti dei suoi caratteri armonizza col solfo, ma è molto raro in natura. Si chiamò col n
i caratteri armonizza col solfo, ma è molto raro in natura. Si chiamò col nome di selenio dal greco vocabolo selene (la Lun
greco vocabolo selene (la Luna) per significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo nel
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
o per la mediazione di Giove che Proserpina restasse 6 mesi dell’anno col marito Plutone nell’inferno, e gli altri 6 mesi c
rappresentare l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone di spighe, e inoltre la falce da grano, pa
che sacrificavasi a Cerere era la scrofa, perchè, dice Ovidio, scava col suo grifo le biade sacre a questa Dea. Fra i supp
o per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una D
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
no sempre aperti e vigilanti anche quando Argo dormiva. Mercurio però col canto, col suono e con un soporifero fece complet
perti e vigilanti anche quando Argo dormiva. Mercurio però col canto, col suono e con un soporifero fece completamente addo
uella che determina il colore particolare degli occhi di ciascuno ; e col derivativo Iritide chiamasi in Patologia qualunqu
e in Orazio97) : ma non avevan pensato neppur per ombra ad analizzare col prisma di cristallo il settemplice raggio del sol
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
te degli animali ; ed eccoci al Feticismo, che per antichità gareggia col Sabeismo, e fu principalmente professato dagli Eg
l bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine di M
. Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Ter
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
nti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’in
detto perchè aveva inventato il modo di render più fertili i terreni col fimo o concime. Plinio asserisce che era questi u
s Juris dei Romani (le Pandette, il Codice, ecc.) troviamo rammentati col titolo di Divi quegli Imperatori di cui si citano
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
i Titani, quella degli uomini plasmati di creta e animati da Prometeo col fuoco celeste, e l’altra degli uomini che Giove s
tutta la Terra ; e per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in un
e donne. La qual trasformazione graduale è significata nella pittura col rappresentar le diverse pietre in maggiore o mino
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
e fra loro colla cera, un musicale stromento, che in greco chiamavasi col nome stesso della Ninfa, cangiata in canna, cioè
atini usarono lo stesso greco nome Pan, declinandolo anche alla greca col gen. in os e l’acc. in a, per distinguerlo dal lo
., iii, 5ª.) 12. Narrando T. Livio che l’augure Accio Nevio tagliò col rasoio la pietra, cosi dice : « Tum illum haud cu
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazi
riosità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più invidiabile degli imenei la bella e vivacissi
lie e madre, dipingevasi splendidamente vestita con aurei ornamenti e col cinto donatole da Vulcano. Aveva quasi sempre pre
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
ttro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e gli altri quattro col solo distintivo di due piccole corna che spuntano
bi, l’uva, i pampini, il tirso, ecc. Tale è l’antica statua di Sileno col piccolo Bacco nelle braccia, che trovasi nella vi
e i fiori avevano la loro Dea, e questa chiamavasi Flora ad indicarne col nome stesso l’ufficio. Era la stessa che la Dea C
32 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
anguinarj ; nè conosceva libazioni più grate agli Dei di quelle fatte col sangue dei prigionieri romani. I sacerdoti godeva
ada ad una larga vendetta, se fosse lecito a noi ricompensare il male col male ? Ma non fia mai che una setta, che ha del d
tire per acquistare intera la divina grazia e per ottenere il perdono col prezzo del proprio sangue ? Perciocchè dal martir
e del modesto convito dei Cristiani si mormora. E pure la nostra cena col proprio vocabolo rende buon conto di sè ; percioc
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato v
iglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar per un giorno il carro della luce. E coll’
io. Quanto poi alla vanitosa illusione che le virtù degli avi passino col sangue nei loro discendenti, Dante la condanna co
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
iziani sotto quella di vacca, perchè credevano che questa Dea insieme col suo fratello e marito Osiride, dopo avere insegna
io del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto di premer le labbra col dito indice della mano destra, segno usitatissimo
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso d
oni degli autori antichi), molte divinità dello stesso nome, distinte col numero d’ordine, come Giove primo, Giove secondo
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
i Oreadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero alle Ninfe, indicano col loro significato a quali cose queste Dee presiede
zia di Giove, cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
. 174. « Jam qui magna verteret, Mavors. » (De Nat. Deor., ii.) E col nome di Mavors è chiamato Marte anche da Virgilio
in Cicerone : Marte nostro, per significare colle nostre forze, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno. 181. L
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
ia che la Ninfa Carmenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la sua dimora su q
Festo e negli Acta fr. Arval. e nel Glossarium Labronicum, concludono col Preller che Summanus è un Dio del cielo notturno,
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
Un giorno intero « Rovinai per l’immenso, e rifinito « In Lenno caddi col cader del Sole, « Dalli Sintii raccolto a me piet
Passando ora a parlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi, cioè Bronte, Sterope e Pira
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
esso la parola cortina in latino fu interpretata per tenda o velario, col qual significato è passata nella lingua italiana.
opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ; e così assegnavano gra
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
rca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col quale comanda ai flutti e scuote la Terra cagiona
onso, e in appresso anche come protettore dei cavalli e dei cavalieri col titolo di Nettuno equestre, alludendosi alla favo
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
o l’anno appresso per associazione. Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Di
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
attributo ed ufficio. Saturno memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano, di non allevar cioè fig
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
olti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede. Qu
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
ra cosa desse briga, « Che la notturna tenebra, ad ir suso : « Quella col non poter la voglia intriga. » (Purg., vii, 55.)
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
non vedevasi alcuna statua o immagine della Dea ; ma soltanto un’ara col fuoco perpetuamente acceso, come simbolo della cr
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
loro vendette a questa Dea, ma davano opera ad ottenerle e compierle col proprio braccio e co’propri mezzi. Vero è che in
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
fanno da’ filologi germanici sulle origini dei miti, potrà dar vita, col tempo, ad una nuova scienza che starà alla Mitolo
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladime
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
riscono le più straordinarie imprese condotte a termine colla forza e col senno degli uomini, assistiti e protetti dalle Di
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
ome di Coribanti deriva da due parole greche che significano cozzanti col corno ; il che appella ai loro furori per cui sem
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
a di Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nel
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della
55 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
tà alta). Quindi le dodici borgate che Teseo riuni in una sola città, col nome d’Atene. — Instituzione del Senato e dell’Ar
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ominando i venti più opposti e più procellosi. E finalmente terminerò col rammentare che Dante non ha dimenticato d’introdu
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
o, hanno potuto rappresentarla senza alcuna difficoltà colla matita e col pennello. Dante pur conservando le credenze e i
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
in caldo e in gielo. » E usando i soliti suoi modi cortesi, « Batte col remo qualunque si adagia. » Ha soltanto di buono
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
pollo, e ne incendiò il tempio di Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso
60 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
ios is evidently related to σκάϕος, a skiff or boat. 430. Soph. Œd. Col . 714. Servius, Geor. i. 13. 431. Hes. Th. 278. s
ntimachus said of him, 904. Paus. viii. 31, 1 ; iv. 26, 8. Soph. Œd. Col . 682. 905. Paus. viii. 10, 10 ; 27, 6 ; 35, 2 ;
ποί. 1018. See above, p. 69. 1019. Æsch. Eumen. 317, 413. Soph. Œd. Col . 40, 106. Compare Virg. Æn. vi. 250 ; vii. 320 ;
1. 1240. Peter Martyr in Irvine's Life of Columbus. 1241. Soph. Œd. Col . 682. 1242. Nicander, ap. Ant. Lib. 31. Ovid, Me
nd slew her. 1688. Apollod. iii. 5. 8, 9. Diodor. ut sup. Soph. Œd. Col . 1689. Il. xxiii. 679. The word δϵδουπότοѕ is ra
ghter of Sthenelos. 1692. Athen. xi. 465. 1693. Ap. Sch. Soph. Œd. Col . 1440. 1694. See below, Theban Wars. 1695. Od.
61 (1823) Mythologie des dames
r un aigle aux serres cruelles ; Léda d’une main caressante flatte le col d’albâtre du bel oiseau qui semblait implorer son
62 (1909) The myths of Greece and Rome
ndemned, 137, 138 Cœ′us. One of the Titans; son of Uranus and Gæa, 6 Col ′chi-an Land. Ram bears Phryxus to, 130; Argonauts
rgonauts arrive at, 236; Argonauts depart from, 237; sailors of, 238 Col ′chis. Land in Asia ruled by Æetes, where the gold
63 (1898) Classic myths in english literature
Gnossus. Coc′alus, 256. Cocy′tus, 78. Coe′us, a Titan, 91; Com. § 17. Col ′chis, 46, 244; Com. §§ 139-143 (Textual). Colo′nu
m. § 17. Col′chis, 46, 244; Com. §§ 139-143 (Textual). Colo′nus, 271. Col ′ophon, 24. Co′mus: in later mythology a god of fe
64 (1807) Cours de mythologie (2e éd.)
ont tremblé. Superbe, émaillé d’or, le serpent se déroule, Dresse son col d’azur, s’arrête, et sur la foule Promène ses reg
65 (1855) Mythologie pittoresque ou méthodique universelle des faux dieux de tous les peuples anciens et modernes (5e éd.) pp. -549
on propre fils, arrive furieuse dans le palais du roi, et se jette au col d’Atys en lui faisant connaître en même temps et
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