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1 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ne poi ho voluto fregiare del venerato Suo Nome questa mia scrittura, ed è appunto la poca cosa ch’essa è, essendo io pur
ndo io pur certo che il portarlo in fronte aggiungerà quella vaghezza ed eccellenza che manca all’umile mio dettato. Ed a
nque della gioventù debbon porre fra le mani de’ loro allievi i greci ed i latini scrittori, se non vogliono che si spenga
κθονιοι), a’ quali si riducono i Marini (θαλασσιοι), gli Eroi (ηρωες) ed i Semidei (ημιθεοι), e finalmente degl’Infernali
cioè tempo, perchè Satùrno era quel nume che in se contiene il corso ed il rivolgimento degli spazii e de’ tempi(1) ; o i
Cielo, detto da’ Greci Urano, era riputato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra, sua moglie. De’
è l’isola di Creta ; a Nettùno, il mare, cioè le isole del mare Egeo, ed a Plutòne, l’inferno, cioè l’Epiro, ch’è la parte
a que’dì era signore del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo animo, ed il fece padrone di buona parte del suo reame ; pe
ammaestrò quella rozza gente a coltivar la terra, a seminare il grano ed a piantare le viti ; il che simboleggia Noè, il q
il primo fu Stercenio o Dercenno, cui successe Giano ; a Giano, Pico, ed a Pico, Fauno, suo figliuolo, il quale da Marica,
o, di cui figliuolo era Pico, peritissimo nella scienza degli augurii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò
osco, incontrò la maga Circe, la quale il toccò colla sua verga d’oro ed il cangiò nell’uccello detto pico (1). I compagni
he la voce. Fauno si vuole figlio di Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava gli oracoli
n vi era gastigo pe’ malfattori, nè poteasi pensare a muover guerra ; ed i servi assisi a mensa eran serviti da’ padroni i
usa e la pace e la guerra, e che a suo talento or questa ne fa uscire ed or quella. Virgilio (2) al contrario finge nobilm
io (3) rappresenta Giano stesso rinchiuso nel suo tempio qual custode ed autore della pace. Quindi il Tasso, parlando di A
se ; Ed a guerra mortal, disse, vi sfido. E’l disse in atto sì feroce ed empio, Che parve aprir di Giano il chiuso tempio.
percui filira si chiama quella pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero, di cui si servivano gli
la chirurgia, ma nella medicina ancora, nell’astronomia, nella musica ed in più altre scienze valse moltissimo. Egli abita
della spedizione degli Argonauti, Ercole, Giasòne, Esculapio, Achìlle ed altri. Si rammentano alcune scoperte in medicina
roade. I sacrificii di quella Dea si celebravano con tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse, d
a quale i Coribanti cantavano le loro sacre canzoni, e ch’era ricurva ed aveva aggiunto un corno che ne accresceva l’acuto
tro di Aprile, che fu festa grandissima, celebrandosi il lettisternio ed i giuochi Megalèsi, i quali malamente si confondo
celebra vano avanti al tempio di Cibèle con istraordinario concorso, ed in que’giorni i patrizii erano soliti invitarsi a
mi secoli dell’era volgare. In esso s’immolava un toro ; o un ariete, ed allora si diceva Criobolio ; e si offeriva in ono
Vesta o del fuoco eterno fu per Enèa dalla Frigia recato in Italia ; ed i Frigii l’appresero dagli antichi Caldei e Persi
o perpetuo, vi era pure il Palladio, famoso pegno del Romano impero ; ed i Penati che da Troia recò Enèa in Italia, erano
no scelte quattro da Numa, e Tarquinio Prisco ne aggiunse altre due ; ed in Roma vennero da Alba Longa. A principio si ele
ano vi è una figura di Satùrno, di venerando aspetto, col capo velato ed il corpo avviluppato in un gran manto, e con ronc
a di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per ricordare c
s (da claudo), perchè le porte del suo tempio in guerra erano aperte, ed in pace eran chiuse-Janus matutinus, quasi signor
no era anche Dio dell’agricoltura ; chiamavasi il custode delle ville ed a lui si attribuiva l’invenzione degl’innesti, la
’uso del vino e del farro ne’ sacrificii. Egli ritrovò pure le corone ed i navigli, e fu il primo che coniasse monete. Era
Roma un vico assai frequentato, ove stavano in gran numero gli usurai ed i mercadanti, ed un tribunale che condannava i de
i frequentato, ove stavano in gran numero gli usurai ed i mercadanti, ed un tribunale che condannava i debitori a pagare ;
e il capo del vico si chiamava Janus summus ; il mezzo Janus medius ; ed il termine, Janus imus. Giove. I. Nomi d
formola augurale, Jove fulgente, tonante si dice per coelo fulgente ; ed in Orazio manet sub Jove frigido, cioè all’aria s
gente ; ed in Orazio manet sub Jove frigido, cioè all’aria scoperta ; ed in Virgilio plurimus Jupiter significa l’aere dis
fu allevato. Secondo Callimaco però, Rea partorì Giove nell’Arcadia, ed il lavò nelle acque del fiume Ladone ; ed in fasc
partorì Giove nell’Arcadia, ed il lavò nelle acque del fiume Ladone ; ed in fasce avvoltolo, diello alla ninfa Neda, che l
Allora le ninfe Melie, compagne de’ Coribanti, il presero in braccio, ed Adrastèa l’addormentava in culla d’oro, dandogli
ato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto Giove, il quale, ottenuta
uta la signoria del cielo, la sua nutrice trasformò in costellazione, ed al corno donò virtù di provvedere abbondevolmente
l’empio orgoglio de’ Giganti, la sua potenza si stabilì maggiormente, ed a fianco a lui si assise la Maestà, qual compagna
secondo i Poeti, la potenza e la giustizia che governano l’universo ; ed egli ottenne il primato per ragione del potere e
la sua potenza che il tuono e la folgore, ond’era sempremai armato ; ed Orazio (2) afferma che il tuonare che fa Giove ne
avasi da’ Poeti coll’epiteto di vibratore del fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmine davasi l’aggiunto di domator di ogni c
cello solito a convivere coll’aquila. V. Creazione. Caos. Prometeo ed Epimeteo. Pandora. A principio l’universo non
i gli elementi di tutte le cose, in guisa che ove era terra, ivi pure ed aria ed acqua e fuoco ritrovavansi stranamente co
ementi di tutte le cose, in guisa che ove era terra, ivi pure ed aria ed acqua e fuoco ritrovavansi stranamente confusi. O
an senno che collo specchio di metallo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò agli uemini di far uso di quel fuoco che
ini viveano felicissimi ; ma i vizii tosto guastarono tanta felicità, ed il genere umano mosse a sdeguo sì fattamente gli
he lasciò la socièta degli uomini. Ebbe luogo fra i segni del zodiaco ed è quello della Vergine. Si chiamò pure Temi, la q
l celeste suo regno, all’altissimo Olimpo soprapposero il monte Ossa, ed all’Ossa, il Pelio. Allora Giove con un fulmine a
muover guerra agl’immortali, all’Olimpo mettendo sopra il monte Ossa, ed a questo il boscoso Pelio. Ma prima di eseguire l
la. La Terra intanto (3), che avea veduto da Giove debellati i Titani ed i Giganti, vieppiù inacerbita, volle fare l’estre
ra la sua destra sta il capo Peloro ; sopra la sinistra, il Pachino ; ed il Lilibeo, sopra le gambe, mentre l’ignivomo Etn
n aria le intere rupi, si formarono l’idea di una guerra fra la terra ed il cielo. Virgilio (1) dice che Tifeo fu sepolto
he i Giganti mossero guerra a’ Numi nella Macedonia, scagliando sassi ed alberi accesi contra il cielo, e che gli Dei, chi
λυκος, lupus) ha dato occasione di fingere che quel Re, forse crudele ed empio, fu trasformato in lupo ; ovvero ebbe la ma
κανθρωπια). Or la temeraria impresa de’ giganti, l’empietà di Licaòne ed i grandi vizii degli uomini avean mossa talmente
ni. I quali vedendo l’uman genere distrutto tutto quanto dalle acque, ed essi soli sopravviventi, consultarono Temi che a
da que’ vecchi, i quali, ponendo in moto tutta la poca lor masserizia ed apprestando parchissima mensa, fecero a quegli os
ove. Ma l’Olimpo propriamente è un monte di Tessaglia vicino all’Ossa ed al Pelio, così alto che dicesi trascendere la reg
di un notabile candore, per cui ha preso il nome dal latte. A destra ed a sinistra di questa strada sorgevano le magnific
egnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed il trasformò in monte. L’Atlante è un monte altis
llo. L’ambrosia era propriamente il cibo di Giove e degli altri Dei, ed il nettare, la loro bevanda ; sebbene non mancano
ogni gherone. In quest’arme la Diva folgorando Concitava gli Achivi, ed accendeva L’ardir ne’ petti, e li facea gagliardi
rva. Anche gli altri Dei adoperavano l’Egida nelle battaglie in terra ed in cielo ; e la frase ricoprire coll’egida signif
cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1) era una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno munita, di cui a
primo ingresso a bitavano due sorelle di stranissima natura, Pefredo ed Enio, alle quali aggiungono la terza Dino, chiama
iglie di Forco, dio marino, e di Ceto, fig. del Ponto e della Terra ; ed aveano un sol occhio, di cui si servivano a vicen
sol occhio, di cui si servivano a vicenda, sicchè or l’una vegliava, ed ora l’altra alla custodia delle Gorgoni, di cui e
goni (Γοργονες, Gorgones, da γοργος, terror) erano tre, Medusa, Steno ed Euriale, che Esiodo chiama inaccessibili, perchè
avea predetto che sarebbe morto da un figliuolo di Danae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi in una cesta coperta
care in un tempio di Minèrva. Il seppe Acrisio e pretese la figliuola ed il nipote da Polidètte ; ma questi ottenne che si
avo. Essendo Acrisio nella corte di Polidètte, venne questi a morte ; ed allora fu che celebrandosi funebri giuochi in di
one. L’eroe accettò l’impresa, che si annoverava fra le impossibili ; ed avuli, da Mercurio il cappello ed i calzari alati
si annoverava fra le impossibili ; ed avuli, da Mercurio il cappello ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o sp
o scudo lucido al pari di tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio era carissimo ; e postosi l’elmo di Pl
ra e regale sembianza colle mani legate, la quale, al dolente aspetto ed alle molte lagrime, pareva aspettarsi grave svent
cinarsi per divorare la donzella, si pone coraggiosamente all’impresa ed uccide la bestia con applauso grande de’ riguarda
marine il capo di Medùsa ; le quali tosto si convertirono in pietra, ed il sangue che ne grondava, le tinse di un bel ros
ette contro la madre, col mostrar loro il capo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in sassi. L’isola di Serifo
o, nipote di Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città di Micene, ed uno degli eroi dell’antichità per lunghe e malage
e, re della Fenicia, e di Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, con un drappello di nobili
un segno bianco a foggia di luna piena in ambedue i lati. Così fece, ed andando ad attingere acqua ad un fonte, gli furon
quali aiutarono Cadmo nella fabbrica di Tebe. Così Apollodoro, Igino ed altri ; ma Ovidio favoleggia alquanto diversament
giovanetti. Stanco ormai Cadmo (2) di più cercare la sorella Europa, ed esule dalla patria per comando dell’ingiusto geni
termine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti gli Dei e vi ca
ei e vi cantarono le Muse e le Grazie. Da lei ebbe Ino, Semele, Agave ed Autonoe ; le sventure delle quali sì conte nelle
arie. XIV. Minos-Niso e Seilla-Minotauro e Laberinto. Da Giove ed Europa nacquero Minos, Sarpedone e Radamanto. Non
mano, perfidamente recise l’aureo crine del genitore, mentre dormiva, ed il recò al nemico per metterlo al possesso della
rribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle monete deg
ne’ quali l’arte ebbe pure la sua parte. XV. Continuazione-Dedalo ed Icaro-Perdice. Del Cretese laberinto fu autor
sì avventuroso fu quello d’Icaro, il quale, com’è costume dell’audace ed indocile gioventù, mal seguendo gli accorti consi
g. di Ebalo e re della Laconia, detti per ciò Tindaridi (Tyndaridae), ed Ebalidi (Oebalidae). Dicono alcuni che nacquero d
o alcuni che nacquero da due uova, uno immortale, da cui uscì Polluce ed Elena ; l’altro mortale, dal quale nacque Castore
Omero dice che Leda ebbe da Tindaro i due gemelli Castore e Polluce ; ed Elena li chiama suoi germani fratelli, e nati dal
mo ritrovato il giuoco del cesto. Percui Virgilio (1) per lodare Bute ed Erice di segnalata destrezza nel combattimento de
dio e riportarono insigne vittoria i Tindaridi ne’ giuochi Olimpici ; ed Igino parla de’solenni giuochi fatti celebrare in
però i Tindaridi con Mercurio e con Ercole soprintendevano a’ certami ed erano i protettori degli atleti. Erano pure in gu
del vello d’oro liberato l’Arcipelago da’ corsali che l’infestavano ; ed ancora perchè una gran fortuna di mare che poneva
si veggono nelle tempeste, si chiamano i fuochi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi di S. Elmo o di S. Ni
i dell’estremo fato di questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello di Afareo, re d
r l’acutezza della vista ; percui fu scelto a pilota degli Argonauti, ed intervenne alla caccia del cinghiale Caledonio. O
d intervenne alla caccia del cinghiale Caledonio. Or fra que’ giovani ed i Dioscuri nacque fierissimo combattimento presso
Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino alla tomba di Afareo ; ed in esso, Castore fu morto per man di Linceo. Poll
tà col fratello in guisa che un giorno fossero con Giove sull’Olimpo, ed un altro sulla terra co’ mortali ; sebbene Omero
bbene Omero (1) dica che que’ due fratelli un giorno vivano entrambi, ed un giorno sien morti. Eustazio in questa favola v
a vicenda, significano il Sole che ora scende, diciam così, sotterra, ed ora sale sull’orizzonte. Nelle medaglie anti che
nsi a cavallo o con cavalli a lato. XVIII. Anfione e Zeto-Callisto ed Arcade. Anfione (Αμφιων, Amphion) e Zeto (Ζηθ
n pastore del monte Citerone, ove vissero ignari di loro condizione ; ed Anfione divenne celebre per la musica, e Zeto, pe
posta in prigione da Dirce e fuggitane, andava vagando pel Citerone, ed imbattutasi nel figliuolo Zeto, che quivi pascola
dicarono i torti di lei, come nell’articolo di Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arcade, fig. di Giove e di Ca
er l’inclinazione degli abitanti alla poesia, specialmente pastorale, ed alla musica. Or Callisto, per odio di Giunone, fu
cuni lustri, era vicino a ferirla di saetta, quando Giove e la madre, ed il figliuolo trasportò in cielo, e ne fece due co
to fu trasformata nella costellazione che dicesi Orsa maggiore, Arto, ed Elice ; ed Arcade, nella costellazione detta Arto
ormata nella costellazione che dicesi Orsa maggiore, Arto, ed Elice ; ed Arcade, nella costellazione detta Artofilace, cio
ino al polo, sembra procedere con più lentezza, è chiamato ora tardo, ed ora pigro da’poeti(3). Arturo finalmente è una st
eri e negli antri. Eaco li raccolse e diede loro domicilio più sicuro ed agiato ; e da ciò la trasformazione delle formich
amina, e Peleo, a Ftia presso Eurizione. Eaco avea un tempio ad Egina ed in Atene, e vi era adorato qual semidco. XX. I
ciò detta Inachide (Inachis) ; ma Apollodoro la fa figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo
ardia del pastore Argo, che Eschilo dice d’ignota origine (γηγενες) ; ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote di un
vano colle proprie favole unire quelle degli Egiziani, avvenne che Io ed Epafo si rassomigliassero ad Iside e ad Api. Ques
I Troiani, come tutt’i popoli antichi, vantavano un’origine divina ; ed Ilioneo (1) Ioda Enea ed i Troiani, perchè al som
opoli antichi, vantavano un’origine divina ; ed Ilioneo (1) Ioda Enea ed i Troiani, perchè al sommo Giove riferivano il pr
e da Sergesta, fig. d’Ippola, Troiano. Omero gli dà dodici figliuoli ed altrettante figliuole ; e lo chiama caro agli Dei
sulla vetta di un monte, e collo scettro frenava gli sdegni de’venti, ed ora lasciavali andare, ora li ratteneva incarcera
ndare, ora li ratteneva incarcerati. Quindi spesso arbitro e signore, ed altre volte re e padre de’venti si appella (ταμια
o regnò in sette isole vicine alla Sicilia che alcuni chiamano Eolie, ed alcuni, Vulcanie, da Vulcano, loro re ; fra le qu
ssero riposte molte preziose cose, l’aprirono, mentre Ulisse dormiva, ed i venti scatenati turbarono all’Eroe i dolci dise
gloria ; la quale poscia svanì in guisa che divenne deserto del tutto ed abbandonato. Ammone chiamavasi Giove dagli antich
e la volontà di Giove, che dava oracoli dalla sua altissima quercia ; ed Enea(1), lasciata la flotta presso Butrintò, co’p
, e 776 prima di G. C. erano quasi dimenticati, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più di quatt
ni compiuti, trascorsi i quali doveansi celebrare i giuochi olimpici, ed il nome del vincitore denotava per lo più ciascun
ceiglia fa tremare l’olimpo. Nelle vicinanze adunque di questo tempio ed alla riva dell’Alfeo si celebravano questi famosi
di pubblici cimenti, ch’erano la lotta, il disco, il salto, la corsa ed il pugilato ; i quali presi insieme costituivano
dei giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la quale bastava ad infonde
more di gloria. Ma, oltre a ciò, la lode de’vincitori era grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bos
ando alla patria, vi erano introdotti sopra cocchi a qualtro cavalli, ed ogni nazione a gara li ricolmava di privilegii.
a. Giove Capitolino, assai venerato da’ Romani, riputavasi il custode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo sce
onservatore dell’impero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più elevato del Campidog
io gettò le fondamenta Tarquinio Prisco, dopo una guerra co’ Sabini ; ed ampliato poscia da Tarquinio Superbo, a tempo del
che ne rendevano più maestoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di
estoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su di un cocchio d
di lamine di oro, oltre e candelieri e statue e corone tutte di oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le più rar
ie de’Galli, arricchì il Campidoglio dell’oro promesso a que’barbari, ed istituì i giuochi Capitolini(1). Ad imitazione de
certame Capitolino, in cui gareggiavano e suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona
anni. Rimase poi a Roma il costume di coronarsi solennemente i poeti ed i retori dagli stessi Imperatori ; il che forse h
appresentava sotto sembianza di un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to di alloro o di ulivo, talvolta
ono di avorio, collo scettro nella sinistra, nella destra il fulmine, ed a’piedi, un’aquila. Alle volte per iscettro gli s
a. In un intonaco Pompeiano vi è Giove barbato, con corona di quercia ed adagiato sulle nuvole che addensa col suo cenno ;
erti e rotondi ; all’ ampiezza della fronte rilevata e quasi gonfia ; ed alla chioma che, come quella del leone, gli scend
e de’ Numi. Il Giove Ellenio si dipinge senza barba ; e Giove Tonante ed Ultore non potea sempre figurarsi con quel sembia
ndicato da un Giove, che siede sul trono colla folgore nella sinistra ed un lungo scettro nella destra. Sotto i piedi ha u
sai frequente in Omero, Esiodo ec. così detto o da αιξ, αιγος, capra, ed οχη, alimento, perchè Giove fu nudrito in Creta c
’ospitalità quasi da tutt’i popoli, perchè credevasi che i forestieri ed i mendici vengon da Giove(1), e che sono da lui p
he inghiottì Saturno invece del figliuolo. Presso i Romani santissimo ed antichissimo costume era il giurare per Iovem Lap
zio, de’quali i principali, dopo i Romani, erano i Latini, gli Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto o dalla c
ficavano i Greci per averlo propizio contro i Troiani, da πας. omnis, ed ομφη, vox divina, o perchè era a dorato in ogni l
Iupiter Pluvius, Giove datore della pioggia, detto da’ Greci ομβριος ed Υετιος, che avea un altare sul monte Imetto nell’
di miglior sapore che la ghianda. A Giove si sacrificava il giovenco, ed era cattivo augurio sacrificargli un toro ; sebbe
zione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cagione di sventure ; e la chiama vene
che, secondo gli Stoici, Giunone era l’aere posto in mezzo alla terra ed al cielo. E diceasi moglie di Giove, perchè l’aer
a di vetrice(1). Nella sua fanciullezza fu educata da Eubea, Prosinna ed Ascrea, fig. del fiume Asterione ; o da Temeno, f
nel tartaro, essa fanciulla fu dalla madre Rea consegnata all’ Oceano ed a Teti, i quali con grande amorevolezza la nutrir
in altri luoghi ; e che perciò fosse consacrato alla Dea di Samo(3) ; ed i pavoni di quell’isola sono in gran pregio. Omer
pavone(4). Oltre a Samo, le città a lei care furono Sparta e Micene ; ed anche Argo era gratissima alla nostra Dea, la qua
alla stessa Samo antepose la superba Cartagine, ov’erano le sue armi ed il cocchio, tanto che meditava farla donna e sign
unone sposò Giove ; e Varrone attesta che vi era un suo antico tempio ed una statua che la rappresentava in abito di novel
i numi : e Mercurio ebbe da Giove l’incarico d’invitarvi tutti e Dei, ed uomini ed animali. La ninfa Chelone con inudita t
Mercurio ebbe da Giove l’incarico d’invitarvi tutti e Dei, ed uomini ed animali. La ninfa Chelone con inudita temerità be
trasformò in testuggine, animale che ancora porta la casa sul dosso, ed in pena de’ suoi scherni condannolla ad un perpet
ace nel suo sdegno ; di che nelle favole sono non pochi esempi. L’Emo ed il Rodope furon due monti della Tessaglia, de’ qu
aglia, de’ quali si favoleggia ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella di tal nome, i quali sì forte si amav
se Dee, fu da Giunone trasformata in grù ; e da ciò l’odio fra le grù ed i pigmei, i quali ogni anno vengono con quegli uc
oli uomini di paglia, o Pigmei, ne’loro campi, per ispaventare le grù ed impedir loro che portassero via il grano seminato
ò alla giurata promessa ; percui Nettuno inondò la campagna di Troia, ed Apollo mandò micidiale pestilenza. Omero(1) racco
icidiale pestilenza. Omero(1) racconta che Giove sdegnato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti di Giunone contr
sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli negò la figliuola ed i cavalli. Gli antichi ebbero tanto in orrore sif
nella città. Ad Esione fu data la facoltà di liberare un prigioniere, ed ella scelse Podarcete, suo piccolo fratello, e pe
dra, Creusa, Polissena, Troio ec. Omero ne conta sino a 90, Igino 54, ed altri 17. V. Continuazione. Sogno di Ecuba. Pa
0, Igino 54, ed altri 17. V. Continuazione. Sogno di Ecuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida di Paride, s
gli posero il nome di Paride o Alessandro. Il quale cresciuto in età ed essendo naturalmente giustissimo nel dirimere le
in poi Minerva e più la nostra Giunone giurarono odio eterno a Priamo ed alla sua stirpe. Nell’Antologia, Venere schernend
di straordinaria bellezza. Or Menelao andò per suoi affari a Creta ; ed allora fu che Paride, mancando alle sante leggi d
portò a Sparta il fatale figliuolo di Priamo, cagione di tanti mali ; ed Enone : oh ! Dei, esclama, sommergete, vi prego,
Partì adunque Paride da Sparta, seco portando con Elena lunga guerra ed infinito pianto alla patria, chè il seguirono cen
ave del perfido Pastore Ideo, sciolse la lingua ad orribili presagi ; ed ahi ! gli disse, con infausto augurio una tal don
però fra Troia e Roma fosse frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Paride insultassero gl
rae ? VI. Continuazione. Giunone pel suo carattere capriccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera di G
Giove, l’etere che all’aria soprasta. Or per significare che la terra ed il mare, i quali occupano un luogo inferiore, son
i a’ piedi di Giunone. L’orgoglio della nostra Dea la rendea inquieta ed infelice, e spesso le conveniva giungere ad atti
degni della sua grandezza, di modo che il titolo di regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Callimaco, lo scettro e
regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Callimaco, lo scettro ed il diadema non bastavano a liberarla dalle affann
uggere la diletta Cartagine ; richiama alla memoria i ricevuti torti, ed al paragone di Pallade, la quale per più lieve ca
niverso. Nulladimeno della sua grandezza e potenza vi è assai a dire, ed i poeti stessi non lasciano di raccontarci grandi
tà nel portamento, di cui si vanta presso Virgilio(2). Spesso a Giove ed a Giunone davansi le medesime prerogative e gli s
simo, anche Giunone da Virgilio(1) si chiama grande e potente regina, ed anche massima. In Roma ella divideva con Giove e
le(5). Giunone la pose in cielo in ricompensa de’ servigi prestatile, ed essa stava sempre assisa presso al trono della De
moveva a fare le imposte cose, tutta facevasi bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col suo piede di ros
si vede nell’aria di riucontro al sole, detto arco baleno o celeste, ed Iride (1). Essa avea la cura dell’appartamento de
i congiungere la Fortuna, la quale dispensava a’ mortali le ricchezze ed ogni altro bene temporale, e che dal Guidi chiama
avvenimenti, e distribuiva, a seconda del proprio capriccio, il bene ed il male, e specialmente le ricchezze. Virgilio(5)
i dicevasi Fors, e τυχη da’ Greci, la quale voce non trovasi in Omero ed in Esiodo, per cui il nome Fortuna dovea essere s
appellasi da Giovenale ; e da Cebete, non solo cieca, ma sorda ancora ed insana. Quindi la dipingono calva, cieca, colle a
ll’infimo della ruota di Fortuna. La rappresentavano pure con un sole ed una luna crescente sul capo, ed appoggiata ad un
. La rappresentavano pure con un sole ed una luna crescente sul capo, ed appoggiata ad un timone, per indicare ch’essa reg
tua la Fortuna tiene nelle mani un cornucopia, segno dell’abbondanza, ed a Tebe si rappresentava nell’atto di condurre per
vuole abbandonare la casa di altri ; e ciò perchè le ricchezze tardi ed a stento si acquistano, e se non ne usi con moder
; un timone nella destra ; il corno dell’abbondanza, nella sinistra ; ed una smaniglia figurata di un serpente le cinge il
lla guerra. Il motto di Cesare era : Virtute duce, comite Fortuna  ; ed i Romani dicevano che la Fortuna avea stabilita l
te le ali, avea gettata la ruota, avendo prima abbandonato gli Assiri ed i Persiani, e poscia Alessandro il grande ed i su
a abbandonato gli Assiri ed i Persiani, e poscia Alessandro il grande ed i suoi successori. Giova infine avvertire che il
e del Fato stabilito ; ma gli uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignoranti del futuro, nel vedere la serie degli a
iva, hanno inventata la Fortuna. Giunone presedeva pure a’ matrimonii ed a tutte le cerimonie che li riguardavano ; ed ant
deva pure a’ matrimonii ed a tutte le cerimonie che li riguardavano ; ed anticamente i mariti chiamavan Giunoni le loro mo
e però a lei le donne incinte facevan voti per la felicità del parto, ed a lei si raccomandava la prole. I Greci davano un
el cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed ora nel Museo di Parigi, basta sol esso per indic
a. Appresso Fulvio Orsini si vede Giunone tutt’armata e collo scudo ; ed in Elide veneravasi armata (Ηρα οπλοσμια). I Lati
n Elide veneravasi armata (Ηρα οπλοσμια). I Latini le davano l’asta ; ed è nota la Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla
ti del volto. In un intonaco di Pompei, oltre lo sfendone, lo scettro ed il pavone, vi è pure un piccolo simulacro della V
diadema rialzato a modo di collina, è riconoscibile agli occhi grandi ed alla bocca imperiosa, i cui tratti sono sì partic
 ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su trono di oro. Nella Galleria Giustinian
i Samo avea sul capo la corona, per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta di un gran velo nel rimanente del cor
rma di matrona che sta ritta in piedi, avendo una tazza nella destra, ed un’asta nella sinistra colla iscrizione : Iunoni
er ciò ne’ vasi etruschi si vede spesso dipinta in forma di leggiadra ed alata giovinetta. X. Principali epiteti di Giu
destra lo scettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente scolpite ; ed era opera di Policleto. Iuno aspera, atrox, iniq
’Eneide, pel suo carattere orgoglioso e vendicativo, e quindi crudele ed ingiusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi d
di Giunone vuol dire averli grandi e belli. Viene da βους, βοος, bos ed ωψ, ωπος, oculus. Iuno Gabina ; detta così perch
invoca Lucina o Ilitia, e la chiama figliuola della potente Giunone ; ed Esiodo dice che questa Dea partorì Ebe, Marte ed
la potente Giunone ; ed Esiodo dice che questa Dea partorì Ebe, Marte ed Ilitia o Lucina. Iuno Moneta, detta a monendo, p
Nicomaco pittore veggendola ne stupì : accostossegli un certo goffo ed interrogollo perchè ne facesse tanti miracoli :
’erano sacri alla nostra Dea, per essere uccello superbo di se stesso ed ambizioso. Secondo Buffon il pavone non è il solo
la luce del giorno e volano soltanto quando è spenta ». Lo sparviere ed il passere l’erano pur consacrati, e qualche volt
volta veggonsi presso le sue statue. I Greci le offerivano il dittamo ed il papavero, allorchè la consideravano come Giuno
ittamo ed il papavero, allorchè la consideravano come Giunone Lucina, ed anche la melagrana, e con siffatte piante ornavan
nalmente dalla memoria derivano il nome di Minerva, quasi Meminerva ; ed ognun sa che gli antichi aveano Minerva per la me
ειν) che significa vibrare l’asta, perchè quantunque Minerva, Pallade ed Atene sieno presso gli antichi una medesima divin
n capo uscì una Vergine armata da capo a piedi, che scuoteva lo scudo ed agitava l’asta ; di età matura e bellissima, benc
cervello Minerva, uguale al padre sì nella potenza che nel consiglio, ed indomabile signora degli eserciti, che chiamavasi
Beozio chiamato Alalcomeno allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avorio, la quale fu da Silla recata
dopo la sua morte fu tenuta come una Divinità che alle belle lettere ed alle armi soprantende, e ch’era uscita del capo d
tatua che lo rappresentava sopra il suo trono con Minerva a lato(1) ; ed il poeta Aristide(2) chiama la nostra Dea vicinis
rima s’invoca Minerva, l’immortale figliuola di Giove, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, secondo il pensare di Omero,
sare di Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una potenza ed una
rovvidenza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a quella del Padre de’ Nu
giovane Telemaco, al quale la Dea della sapienza, sotto le sembianze ed il nome di Mentore, si fece, nella varia sua fort
o tutte le cose, nelle quali più chiaro si scorge vigore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti gli antichi
elle arti ; che a lei si doveano le utili scoperte ; e che le lettere ed i letterati erano sotto la guardia e tutela di le
, fece ov’era Atene, uscire un braccio di mare. Venne poscia Minerva, ed alla presenza di Cecrope piantò un verdeggiante e
e presso a quello, una copiosa vena di acqua. Si consultò l’oracolo, ed Apollo rispose, l’ulivo significare Minerva, e l’
e per maestra delle altre città. Forse Cecrope approdato nell’Attica, ed avendo ritrovato gli uomini del paese dediti al c
del paese dediti al culto di Nettuno, cioè inchinati alla navigazione ed al corseggiare, si studiò a suo potere d’introdur
on soggettarsi, se vinta fosse, ad ogni gastigo. Si viene al cimento, ed imprendono a tessere ciascuna un nobilissimo drap
’Omero(2) gli fu pur concesso che nell’inferno egli solo avesse senno ed accorgimento, e che tutti gli altri vagassero a m
ia), alla quale(3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con quelli mischiati, quand
i labbri recossi La dolce tibia, e sopra i fori mosse Le dotte dita, ed imitò col canto Delle Gorgoni audaci il tristo pi
la divina sapienza è quella che le umane menti dirige nelle memorande ed utili scoperte, qual’è quella delle navi. Prima d
va la pecora. Ed in Omero per opera di Minerva s’intende il lanificio ed il tessere. Avean anche Minerva per protettrice i
purgatori de’ panni (fullones), i calzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese di Marz
dette Quinquatria, nelle quali gli scolari non andavano alle scuole, ed i maestri novelli offerivano le primizie de’ loro
le città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era un tempio consacrato a Minerva Pol
arono la loro Minerva sul tipo dell’Iside di Egitto. Di fatto Platone ed Erodoto(1) affermano che Minerva era l’Iside vene
nautica dovea molto ad Iside, e nelle sue feste si portava una nave ; ed i Greci dissero che Minerva avea insegnata la man
nata la maniera di costruire le navi. Minerva presedeva alla guerra ; ed Iside eziandio, tanto che lo scarafaggio che nell
l simbolo di quella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo stesso di Minerva, sicchè chiamavas
ri che notte e giorno il tormentavano, va al tempio di Apollo a Delfo ed implora il soccorso di quel Nume. Apollo lo purif
di, dice la Dea presso Eschilo, e tu, Oreste, somministrate le pruove ed i testimoni. Io sceglierò i più sapienti e probi
i ritrovati uguali, Minerva diede il suo suffragio in favore del reo, ed egli fu assoluto. Chiamossi questo il suffragio d
rici dicono questo tribunale istituito da Cecrope ; altri, da Cranao, ed altri, da Solone. VIII. Peplo. Panatenee. Erit
l peplo, ch’era una veste donnesca che mettevasi sopra tutte le altre ed era aperta solo dalla parte davanti, ove affibbia
giamo l’epiteto dal bel peplo dato a molte donne per loro gran lode ; ed Omero(1) dal peplo e dall’aurea fibbia loda le do
e ; ed Omero(1) dal peplo e dall’aurea fibbia loda le donne Attiche ; ed anche l’Aurora va lieta del suo croceo peplo (κρο
a Cerere dal peplo. Omero in più luoghi descrive or Minerva, or Teti, ed ora Venere ornate del loro peplo ; e chiama quell
ne di Atene, fabbricò sulla rocca di quella città un tempio a Minerva ed istituì le feste Panatenee. Questo re inventò l’u
odi i versi di Omero per una legge d’Ipparco, fig. di Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portavan de’ rami di uliv
di quella regione. I Romani in onore di Minerva celebravano in marzo ed in giugno le feste dette Quinquatria o perchè com
a, che si celebravano sul monte Albano, e ne’quali gareggiavano poeti ed oratori. IX. Iconologia di Minerva. Massim
petto, e con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo, e coll
mo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome bionde
ione di Stosch, Minerva Salutare o Medica è preceduta da un serpente, ed ba un parazonio, o scimitarra pendente al fianco.
battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva di bel lavoro, s
; una sfinge ; il caval Pegaso, simbolo della fama e della sapienza ; ed un cocchio a quattro cavalli, di cui Minerva dice
ausania parla di una statua della Dea che avea un gallo sul cimiero ; ed il Montfaucon, di un’altra ch’è nel Museo del Mon
ermanese, la quale ha una lunga veste, l’egida, un gallo sul cimiero, ed una borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo
cimiero, ed una borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo di oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro. In un a
uattro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea i
nge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una stat
il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa su di un tro
di Minerva Poliade assisa su di un trono colla conocchia in una mano ed un globo sul capo. Se si rappresentava vicino a G
i che Pallade ne ha coperto non solo il petto, ma la schiena ancora ; ed alle volte, a guisa di mantello. Dice il Winckelm
ntico monumento vedesi Pallade coll’elmo, e con due tibie nelle mani, ed era forse la Pallade musica(4) ; ed in un bassori
elmo, e con due tibie nelle mani, ed era forse la Pallade musica(4) ; ed in un bassorilievo vi è Pallade in piedi con una
gnesii vi è Minerva Pacifera, con l’elmo e lo scudo ; tiene la lancia ed un ramo di ulivo. I Greci attribuivano a Minerva
za madre, così detta, perchè nata dal cervello di Giove. Armipotente ed Armisona, armipotens ; gr. δαιφρων, che significa
oriosa ; Ευρεσιτεχνος, inventrice di arti, dicevasi per le tante arti ed opere, cui presedeva. Flava Minerva, ξανθη, ηυκο
auco è il verde di mare, o il color celeste, ch’è misto tra il bianco ed il verde azzurro. Ma come nell’Iliade γλαυκιοων s
primo verso dell’Iliade sia Minerva, la quale come a tutte le scienze ed arti, così pure alla poesia presedeva. Anche Dant
guardiana delle città ; πολιουχος, custode di città, da πολις, urbs, ed εχειν, habere. Tritonia, e τριτογενεια detta o p
i Minerva. Minervium chiamavasi un tempio consacrato a Minerva ; ed il luogo, ove si congregavano gli uomini studiosi
e ch’essa sia la stessa cosa che il Dio Termine, confondendo gli Ermi ed i Termini. Altri credono che un’Ermatena sia un p
e osarono penetrare sino al luogo ove custodivasi la fatale effigie ; ed uccisi i custodi, col favore di Antenore, che ave
mede restituito ad Enea, il quale cogli altri Dei il portò in Italia, ed allogato a Lavinio, e poscia in Alba Longa dal fi
di rovina, perchè il soperchio calore del Sole è dannoso agli animali ed apporta agli uomini frequenti morbi. Così nell’Il
e al sole assai bene convengono. Questo nume in cielo si chiama Febo, ed Apollo, in terra, e perciò più spesso Febo vuol d
e un medesimo Dio era il Sole in cielo, il padre Libero, sulla terra, ed Apollo, nell’inferno. E fu detto Libero, perchè l
nacque in Creta da Coribante ; il terzo, da Giove terzo e da Latona ; ed il quarto nato in Arcadia chiamavasi Nomio, perch
isola delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a s
tone, ne gittò le ossa sul tripode o cortina che pose nel suo tempio, ed in memoria di ciò istituì solenni giuochi funebri
ere la sua gran sete. Ma molti contadini intesi a raccogliere la sala ed il giunco, gliel vietano, e per dispetto quelle c
poratura(4) ; ovvero di Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed allevato in una caverna, il fanciullo nascendo pa
inandolo all’inferno, ove disteso occupava lo spazio di nove iugeri ; ed il fegato di lui, sempre rinascendo, pasce un gra
l’ambra. Fu pianto eziandio Fetonte da Cigno (Cycnus), di lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Liguri, il quale
ci avvertono a non cercar quelle cose che son sopra le nostre forze, ed a lasciarci reggere da’ consigli degli uomini sap
ta ad Ippolito, fig. di Teseo, ne andò Giove in grandissima collera ; ed indottovi eziandio dalle gravi querele di Plutone
ipi greci che convennero alla celebre caccia del cinghiale Caledonio, ed uno degli Argonauti. Apollo il rimunerò della buo
ne, Ercole che albergava allora in casa di Admeto, pugnò colla morte, ed andato all’inferno, ne liberò la generosa Alceste
deliziosa valle di Tempe(2). La quale avvezza alle arti della caccia ed alla solitudine, fuggendo un giorno la vistu di A
da quel Nume trasformata in alloro, di cui staccò un verde ramoscello ed ornossene le tempia. Questa pianta fu a lui dedic
 ; e le ramose corna fregiate di oro, un bel monile di gemme al collo ed altri ornamenti ne facevano il più piacevole dipo
e cantava che non solo gli uomini di fiera indole, ma le tigri ancora ed i feroci leoni ammansiva, e muovendo gli alberi e
ma le tigri ancora ed i feroci leoni ammansiva, e muovendo gli alberi ed i sassi, se li menava dietro, ed il corso arresta
oni ammansiva, e muovendo gli alberi ed i sassi, se li menava dietro, ed il corso arrestava de’fiumi e l’impeto de’ venti(
gl’infernali ministri e fece alle ombre dimenticare le proprie pene ; ed allora fu che le Eumenidi stupirono di quell’inso
chiarissime stelle, ch iamasi la lira. Orfeo fu uno degli Argonauti ; ed instituì le orgie, le quali da lui si dicono Orfi
rciò un cantore, il quale col suono della lira addimesticava le tigri ed i feroci leoni. Pausania poi racconta, esser trad
anzia, in cui erano antri tenebrosi, che parevan la via dell’inferno, ed ove si evocavano le ombre de’morti. Quivi egli ev
diede la morte pel dolore. Orfeo insegnò pure l’astronomia a’ Greci ; ed il suono della sua lira composta di sette corde r
di que’ luoghi ; dalle quali avendo egli appreso a coagulare il latte ed a fare il mele e l’olio, il primo ne insegnò l’us
la valle di Tempe andò egli doloroso al fonte, da cui nasce il Peneo, ed ove la reggia era della madre Cirene. Quivi lagri
esi inventore de’ versi lirici. Insegnò la musica ad Orfeo, ad Ercole ed a Tamira, poeta insigne di Tracia e cantore sì no
on fievole e paurosa voce ripeteva : Mida ha le orecchie di asino  ; ed alcune canne mosse dal vento ripetevano : Mida h
da Minerva, la suonò sì maestrevolmente che ne venne in gran superbia ed ardì provocare al canto le Muse e poscia il medes
lla lira, così s’intende la contesa con Apollo, inventore della lira, ed il gastigo del Satiro. Senofonte dice chiaramente
ione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore di lira. Di costui ella partorì
ed insigne suonatore di lira. Di costui ella partorì sette figliuoli, ed altrettante figliuole di grandissima bellezza ; d
ai villanie : aver ella per avo materno Atlante, e Giove, per suocero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembia
o Atlante, e Giove, per suocero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, oltre sette figl
ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante figliuole di una bellezza che non ave
o le stelle ; che a Latona la terra avea negato un luogo a partorire, ed aver solo due figliuoli ; ed altre cose di grande
terra avea negato un luogo a partorire, ed aver solo due figliuoli ; ed altre cose di grande dispregio. Allora Latona sul
o, degli abiti sacerdotali vestito andò agli alloggiamenti de’ Greci, ed offerendo assai danaro pel riscatto, domandò la r
a scende dal cielo Apollo stranamente adirato, coll’arco su gli omeri ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepito degli s
ni ad Apollo. Ma nella favola di Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una gloriosa spedizione, per cui Apollo meritò il
dava superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran e
Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polinnia, Calliope ed Urania. Alcuni(1) fan derivare la parola Musa da
si scettro, un ramoscello di alloro, il consacraron poeta(3). Le Muse ed Apollo inspiravano i Vati ed i Cantori, per cui s
alloro, il consacraron poeta(3). Le Muse ed Apollo inspiravano i Vati ed i Cantori, per cui son chiamati ministri e quasi
servi delle Muse. Esse amavano i begli ozii tanto amici alle lettere ed alla poesia soprattutto. L’Elicona, monte della B
la poesia soprattutto. L’Elicona, monte della Beozia, sacro ad Apollo ed alle Muse, da Ovidio chiamato virgineo monte, per
nte Aganippe(4) il facevano quanto delizioso, altrettanto alla poesia ed al canto favorevole. IX. Continuazione. Filamm
, fig. di Apollo e della ninfa Chione, uno de’ più antichi Musici(1), ed il primo che istituì i cori di donzelle, fu amico
to a contesa colle Muse sulla cetra, in cui era lodatissimo, fu vinto ed in pena privato degli occhi. Pireneo, barbaro re
el tristo ; per cui, prese le ali, fuggirono velocissime per l’aria ; ed egli che salito su di un’alta torre del suo palag
Alcuni per un luogo di Strabone avvisano che la regione detta Pieria ed il monte apparteneva un giorno alla Tracia ; ma p
nia, ebbe nove figliuole, le quali, della cognizione di molte scienze ed arti dotate, osarono le Muse stesse provocare in
ristata. Allora le Ninfe affermarono, alle Muse doversi la vittoria ; ed in pena di lor presunzione furono le figliuole di
simile a quella delle piche, è il vero tormento delle dotte orecchie ed il flagello del sacro bosco delle Muse. Le Sirene
tana. Il dissero consacrato alle Muse, perchè Cadmo era uomo sapiente ed inventore delle lettere. Il Pegaso alato, secondo
n grandissima venerazione. Era tutto ombreggiato di pregevole alloro, ed avea due sommità, Cirra e Nisa, l’una consacrata
alloro, ed avea due sommità, Cirra e Nisa, l’una consacrata ad Apollo ed alle Muse, e l’altra, a Bacco ; e però chiamasi s
eano virtù fatidica ; e non lungi il monte Citerone pur sacro a Bacco ed alle Muse. Alla custodia di quel fonte stava un d
cui primeggiavano nove sue figliuole, e queste furon poscia le Muse, ed egli fu chiamato lor padre tra perchè la poesia p
i ; e che le Muse consacravano i Poeti, detti sì spesso lor sacerdoti ed amici, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’
di rado negli antichi monumenti si veggono vestite di lunghe tonache, ed una o due piume sul capo, per la vittoria riporta
nza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fascio di carte ed uno stile per segnarvi le memorabili gesta ed i f
mano un fascio di carte ed uno stile per segnarvi le memorabili gesta ed i fatti storici. La Clio di Ercolano ha vicino a
i dipinge come una giovane inghirlandata di fiori, con carte musicali ed un flauto in mano, e con altri strumenti appresso
o), quasi fiorente, presedeva alla commedia di cui vuolsi inventrice, ed all’agricoltura. Tiene nella diritta una maschera
lsi inventrice, ed all’agricoltura. Tiene nella diritta una maschera, ed ha il socco comico a’ piedi. La Talia del Museo P
bassorilievo dell’apoteosi di Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in atteggiamento di recitare. Melpomene, (a μελ
ω, delecto, et χορος, chorus), era la Dea della musica e della danza, ed a lei si attribuisce l’invenzione della cetra. Si
enta in forma di una giovane inghirlandata, e che ha in mano un’arpa, ed alcuni strumenti musicali intorno a se. Nel basso
to, (ab εραω, amo), quasi amabile, era la Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani nel mese di Aprile.
altra, un arco o plettro. Nelle pitture di Ercolano, Erato è in piedi ed ha in mano la cetra. Polinnia, (a πολυς, multus,
ianco, colla destra in atto di arringare, uno scettro nella sinistra, ed un rotolo, sul quale è scritto : Suadere ; simbol
Pomponia tocca colla sua bacchetta un globo che poggia su tre piedi, ed ha dietro al suo capo una stella. Catullo la fa m
, ed ha dietro al suo capo una stella. Catullo la fa madre d’Imeneo ; ed Igino, di Lino. Calliope infine, (a καλος, pulche
αλος, pulcher, et οψ, οπος, cantus), Musa che presiede all’ eloquenza ed alla poesia epica. Da Ovidio(1) si chiama la prim
uo coro e la più grande delle Muse ; come Orazio(2) la nomina regina, ed Esiodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si ra
pianta ; le quali se facevano un certo strepito, era felice augurio ; ed era funesto, se nol facevano(2). Or qui dobbiam f
nsi a Delfo(4). Ora in questo centro del mondo era il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovi
lo tutt’oro, stava su di una rupe altissima intorno intorno tagliata, ed il concorso della gente vi faceva una città ; e d
della gente vi faceva una città ; e del tempio e della città le balze ed i dirupi facevan le veci di mura, sicchè non era
tempio che in magnificenza appena cedeva a quello di Diana in Efeso, ed ove Apollo dava i suoi oracoli in versi. Si vuole
guri dicevano che i corvi veduti a man destra davano fausti augurii ; ed infausti, a sinistra. Quindi cantò il Petrarca(4)
gliuolo di Apollo e d’Ipermestra o Ipermnestra, fu Anfiarao, indovino ed augure insigne, ed uno de’sette a Tebe. Prevedend
d’Ipermestra o Ipermnestra, fu Anfiarao, indovino ed augure insigne, ed uno de’sette a Tebe. Prevedendo che se andato fos
cognato, le diede un bel monile di oro e gemmato, fatto da Vulcano ; ed ella di quel dono invaghita tradì il consorte. An
lo Alcmeone di vendicar dopo la sua morte il tradimento della madre ; ed andato a Tebe, insieme co’ cavalli fu inghiottito
qual cosa fu dalle furie agitato. Apollo infine chiamavasi veritiero ed amante della verità e non della mensogna ; percui
onsacrata la panacea, erba odorosa cui attribuivansi virtù miracolose ed universali, detta perciò rimedio universale. Da q
ntana dall’uomo la morte. Anche Ippocrate giurava per Apollo medico ; ed Igino gli attribuisce l’invenzione della medicina
ιειν) che significa ferire. I suoi dardi uccisero il mostruoso Pitone ed i Ciclopi, come pure i figliuoli di Niobe. Da Ora
bile vincitore(3). Alcuni vogliono che Paride stesso uccise Achille ; ed altri, che Apollo diresse il suo dardo. Infine è
suo dardo. Infine è certo che principale attributo di Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i soprannomi di Arciero
presso i Greci di consultare l’oracolo di Delfo sì riguardo al luogo ed al modo d’impadronirsene, e sì per conoscere a ch
i cui parlando il poeta fa menzione dell’ara cornea, fatta da Apollo, ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta co
iso avea sul monte Cinto, le quali erano assai ingegnosamente dispote ed intrecciate insieme senza alcuna maniera di cemen
. Era pure Dio tutelare de’ pastori, a’quali insegnato avea il canto ed i carmi pastorali, ed a suonar la sampogna ed a c
re de’ pastori, a’quali insegnato avea il canto ed i carmi pastorali, ed a suonar la sampogna ed a custodire e ben governa
insegnato avea il canto ed i carmi pastorali, ed a suonar la sampogna ed a custodire e ben governare il gregge. Quindi chi
del Sole. Apollo finalmente era il dio del giorno e della luce ; ed in questo senso propriamente dicevasi Febo o il S
ato la divinità di quasi tutte le antiche nazioni. Avea i suoi tempii ed i suoi sacrificii, e si diceva fig. d’Iperione, m
Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperione e di Eurifessa ; ed Esiodo, d’Iperione e di Tia o Tea. Cicerone(4) nu
 ; il quarto che in Rodi ebbe per figliuoli Gialiso, Camero e Lindo ; ed il quinto che a Colco procreò Eeta e Circe. Fu ch
a splendore. Dal Sole e da Perseide, una delle Oceanidi, nacque Circe ed Eeta, re della Colchide, il quale da Idìa procreò
Da Omero chiamasiDiva terribile, dal crespo erine e dal dolce canto ; ed egli racconta che, approdato Ulisse a quell’isola
uoi compagni trasformati in porci per virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magica verga. E lo stesso sare
o, cede. Pindem. Colla virtù di quest’erba sciolse Ulisse l’incanto, ed ottenne da quella ninfa che i compagni ritornasse
uesti in gran numero tra buoi e pecore pe’fertili campi della Sicilia ed eran di loro natura immortali. Venivan guidati al
fig. di Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo di grande bellezza, ed ottenne da Giove(6) il dono della immortalità per
iuolo di grande bellezza, chiamato Mennone, che recò soccorso a Troia ed avea le armi fabbricate da Vulcano. Egli fu re de
si pone per l’Etiopia. Presso Troia uccise Antiloco, fig. di Nestore, ed egli stesso fu ucciso da Achille. Titono ne fu sì
ngiato in cicala. La madre poi pianse amaramente l’estinto figliuolo, ed il piange tuttavia, giacchè le gocciole di matuti
i poeti. Il complesso delle sue forme sollevasi sopra l’umana natura, ed il suo atteggiamento mostra la grandezza divina c
icato. L’aurea sua clamide si allaccia gentilmente sull’omero destro, ed i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse
ica è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maraviglie del mondo, alto 105 piedi, c
liberamente fra le sue gambe. Un forte tremuoto il ridusse in pezzi, ed un mercadante, ne caricò novecento cammelli. Nel
ercadante, ne caricò novecento cammelli. Nel dipingere Apollo i poeti ed i pittori adoperano ogni fiore di bellezza. Egli
llimaco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia di oro ; ed alle volte la veste lunga citaredica, o sia la pa
ero bianchi gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua
tonio e Cleopatra. Vi avea Apollo un tempio edificato dagli Argonauti ed abbellito da Augusto. Vi si celebravano alcuni gi
ni, i quali averruncabant, cioè tenevan lontana la peste, la carestia ed ogni pubblica calamità. E però nel Carme secolare
o l’aurea chioma del sole. Apollo Branchideo avea un celebre oracolo ed un tempio presso i Milesii, ove prima era l’oraco
Dafne ch’egli cangiò in alloro. Con questo soprannome avea un tempio ed un boschetto di alloro presso Antiochia. Chiamava
e di tutti gli astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων, sol sublimis ; ed alle volte Υπεριων ponesi pel Sole. Latonio, Lat
figli Apollo e Diana, passando vicino all’antro del serpente Pitone, ed uscito questo contro di loro, gridò ιω παιαν, fer
uola di Latona, la quale appellasi Luna nel cielo, Diana sulla terra, ed Ecate o Proserpina nell’Inferno. Quindi quei noti
enicii : Dione, gli Assirii ; Militta, i Persiani ; Selene, i Greci ; ed i Romani, Venere, Giunone e piú spesso Diana. Ces
tte le cose governano. La Luna da Omero ora si dice fig. di Pallante, ed ora d’Iperione, e di Eurifessa. Ma Esiodo dice ch
te come deliquii, cui esso era soggetto per la paura di quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere aiuto col suono di
do Esiodo, dal Caos nacque l’Erebo e la Notte, e dalla Notte, l’Etere ed il Giorno. Da’ Greci Mitologi chiamavasi madre de
popoli antichi. Oltre non pochi altri figli, da lei nacquero la Morte ed il Sonno, detto perciò dai poeti fratello della m
. Tibullo(2) dipinge la Notte che attacca al suo cocchio i destrieri, ed un coro di stelle che il sieguono ; ella si porta
e nere ali, e la schiera de’ neri sogni. Per ragione poi del regolare ed armonico movimento degli astri, loro attribuivano
Col ramo intinto del liquor di Lete. Callimaco gli dà l’ala Letea ; ed in Ovidio(2) la reggia del Sonno è bagnata da un
negli antichi monumenti l’immagine di un fanciullo alato col papavero ed una lucerna rappresenta il Sonno. Credevasi che c
gni, sebbene Euripide chiama la Terra madre de’sogni dalle nere ali ; ed Igino li faccia fig. dell’ Erebo e della Notte. G
ad ogni cenno del suo signore imita qualunque sembianza, e le parole ed il gestire stesso degli uomini. Fobetore (a φοβος
Rea o Pandora, da Iperione ebbe un figliuolo chiamato Elio o il Sole, ed una figliuola detta Selene o la Luna, insigni tut
mpero dell’universo potesse venire in mano di Elio, uccisero Iperione ed annegarono il figliuolo nell’ Eridano. La madre i
olo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di Elide, il quale dimandò ed ottenne da Giove l’immortalità, un’eterna giovine
quale dimandò ed ottenne da Giove l’immortalità, un’eterna giovinezza ed un perpetuo sonno. Altri raccontano che Giove, pe
Divinità tiene cogli uomini intesi alla contemplazione della sapienza ed al conseguimento della vera beatitudine. V. Br
ntichi attribuivano alla Luna la biga, ora con cavalli, ora con buoi, ed ora con muli. La Luna, come il Sole, nel tramonta
con muli. La Luna, come il Sole, nel tramontare s’immergeva nel mare, ed uscivane quando compariva sull’orizzonte. Il suo
erta di un gran velo seminato di stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nell’articolo di Diana diremo a
E credo che si chiamò Fascelis non dal fascio di legna, in cui Oreste ed Ifigenia portarono avvolto il simulacro di Diana
se fra gli Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima della Luna, cioè di Se
ero, cioè Bacco, era presso gli antichi il Sole ; e pare che Virgilio ed Ovidio(1) rafforzino questa opinione. Il qual nom
l’altro, fig. di Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il terzo, di Giove e di Semele, cui i Greci attri
to o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di Esione. Cicerone(5)finalme
ve e dalla Luna, in onore del quale si facevano i sacrificii Orfici ; ed il quinto, da Niso e da Tione, che istituì le fes
onio Mela(3) dice che, fra le città dell’ India, Nisa era chiarissima ed assai grande ; e fra’monti, il Mero consacrato a
Mero consacrato a Giove ; e ch’era fama, in quella esser nato Bacco, ed in un antro di detto monte essere stato nudrito ;
rabone(4) afferma che la città di Nisa era stata edificata da Bacco ; ed il monte Mero soprastare alla città, e nascervi e
on si vede Mercurio nell’atto di affidare Bacco alla ninfa Leucotoe ; ed in un marmo della villa Albani vi è Leucotoe che
, tanto che se gli raccomandò fortemente. Di ciò risero quei corsari, ed il fanciullo trattarono con modi sì villani che v
Allora fu che il fanciullo mostrò chi era ; e resa immobile la nave, ed i remi e le vele vestite ad un tratto di ellera e
rimbi, si vide egli stesso agitare il tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di pantere e di
i Acete saltano nelle acque e son di presente convertiti in delfini ; ed Acete, ricevendo il premio della sua pietà, su qu
ale al nume dell’ubbriachezza si conveniva. Eran lungi da lui le cure ed il pianto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fr
stiva un abito di color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua delizia i
ni che per le guerriere imprese(1). Questo carattere di effeminatezza ed i vergognosi disordini delle orgie mossero Penteo
gognosi disordini delle orgie mossero Penteo a tal dispregio di Bacco ed a tanto sdegno per le sue feste, che a tutto pote
dmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e specialmente di Bacco, ed il dipinge più stranamente furioso, anzi feroce,
gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2) dice che prima di
legrezze sul Citerone, monte della Beozia, vicino al Parnaso, a Bacco ed alle Muse consacrato. All’arrivo del Nume le camp
io Tiresia. Solo Penteo rampogna i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri
o un re sapiente, il quale volendo mettere un modo a’ gravi disordini ed al pericoloso furore che nelle intere città desta
oe, Alcatoe, e Leucippe, le quali amando starsene fra le mura paterne ed attendere a’donneschi lavori più che impazzare co
paterne ed attendere a’donneschi lavori più che impazzare colle altre ed aver parte a’disordini di quelle feste, col racco
Nume, che mostrasi presente per l’improvviso apparire di varie fiere ed il risplendere di cento faci, si appiattano fugge
d unirsi alle Baccanti, dalle quali rigettate, furon in varii uccelli ed anche in pipistrelli cangiate. Eliano dice che le
ane menti trasforma. Onde reso furioso per ope ra di Bacco, la moglie ed il figliuolo uccise, ed esso sul monte Rodope fu
e reso furioso per ope ra di Bacco, la moglie ed il figliuolo uccise, ed esso sul monte Rodope fu da quel nume alle panter
dalla figliuola Erigone. Era questi nato da Ebalo, re della Laconia, ed avea a fratello Tindaro e tre fig. Erigone, lttim
un otre pieno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fedel can
uo mesto latrare mostrò alla figliuola ov’era il cadavere del padre ; ed ella ivi per dolore finì la vita con un laccio, e
teniesi punissero gli uccisori d’Icaro e che in ciascun anno al padre ed alla figliuola offerissero le primizie delle biad
e. Ma, ad onta di tante contraddizioni, Bacco trionfò dei nemici, ed il suo culto alla giornata prese piede e si propa
ono, Bacco, presa la figura di animoso leone, fece prodigii di valore ed atterrò il gigante Reto, mentre Giove gli dava co
he avendo scoperto il modo di coltivarla, fu il primo a bere il vino, ed agli altri uomini insegnò la maniera di farlo ; c
pagna, ove fu assalito da un serpente a due teste, detto anfesibena ; ed egli destatosi l’uccise con un colpo di sermento.
Fu pure per l’odio della Dea che il povero Bacco impazzò stranamente ed errò per l’ Egitto e per la Frigia, ed accompagnò
vero Bacco impazzò stranamente ed errò per l’ Egitto e per la Frigia, ed accompagnò Cerere, quando cercava la perduta figl
in tale impresa i Satiri, i Pani, i Cabiri di Samotracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di p
Coribanti ed i Cureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, co
ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’oro, sedeva su di un cocchio
u di un cocchio tirato da tigri, o da linci, avendo a lato il dio Pan ed il vecchio Sileno. Questo strano esercito era pre
Sileno. Questo strano esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati invece di armi portavane tirsi, cembali
, cembali, flauti e tamburi, mentre le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e g
. Il che finsero per significare che i centauri erano grandi bevitori ed inchinati alla ubbriachezza ; o perchè il vino ad
rrivò in tal guisa fin nelle Indie, dove combattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli di quella pen
hi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la testa calva e cornuta, naso grosso e volt
premio gli promise accordargli qualunque grazia chiesto gli avesse ; ed egli domandò di cangiare in oro tutto ciò che toc
i Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costellazione di nove stelle detta dagli as
grida del Citerone. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed alle Muse, ed era famoso per le orgie che vi si c
erone. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed alle Muse, ed era famoso per le orgie che vi si celebravano di
cesta per lo più si vede mezzo aperta e pare che n’esca un serpente ; ed è tutta coronata di edera. Vi erano pure le Canef
rse perchè a Bacco eran esse consacrate(1), e se ne credeva il datore ed il conservatore, ed a lui se ne offerivano tutte
ran esse consacrate(1), e se ne credeva il datore ed il conservatore, ed a lui se ne offerivano tutte le primizie(2). Alle
tanto che Orazio(4) grandi cose ci dice della forza delle Baccanti ; ed i disordini delle feste baccanali erano sì vitupe
Bacco. Bacco fu il primo che insegnò agli uomini l’uso del vino, ed il modo di colfivare le viti, per cui spesso da’p
prendesi pel vino stesso, come Cerere pel pane, e Vulcano pel fuoco ; ed in un antico poeta si rappresenta Bacco stesso in
iare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’foresti
avoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sac
iti. Piritoo, fig. del centauro Issione, sposò Ippodame, o Ippodamia, ed a quelle nozze intervenero i Centauri ed i Lapiti
sposò Ippodame, o Ippodamia, ed a quelle nozze intervenero i Centauri ed i Lapiti, popoli bellicosi della Tessaglia. Il ce
ostanza, per cui fu maltrattato in modo assai strano, e fra’ Centauri ed i Lapiti si accese la più sanguinosa pugna del mo
re, cominciò dopo il diluvio a coltivar la terra e piantò una vigna ; ed avendo fatto il vino, di cui non conosceva la for
pure il nostro Bacco il modo di estrarre e di apparecchiare il mele ; ed in Euripide(1) leggiamo che scorreva latte, vino
tra il tirso. Come dio del vino, egli a ragione presedeva a’banchetti ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisc
ti in onore del loro dio ; percui Tiasarca era il preside ai tripudii ed a’conviti in onore di Bacco. E propriamente per t
). IX. Iconologia di Bacco. Fanno conoscere Bacco, volto bello ed effeminato ; molle delicatezza delle mani e di tu
ora e bellissima vedesi sempre mai fregiato negli antichi monumenti ; ed oltre a ciò i pittori ed i poeti gli danno due pi
empre mai fregiato negli antichi monumenti ; ed oltre a ciò i pittori ed i poeti gli danno due picciole corna che potea le
(4). Ornato di corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’edera, ed armato di tirso il vide Filostrato il vecchio ; e
chezza, percui gli antichi ne inghirlandavano la fronte de’commensali ed i bicchieri(4). Bacco si rappresentava stante in
ommensali ed i bicchieri(4). Bacco si rappresentava stante in piedi ; ed Ateneo(5) riprende gli artisti che lo facevan gia
on un vaso nella destra che fors’era il cantaro potatorio di Arnobio, ed il tirso nella sinistra. Nell’arca di Cipselo des
escritta da Pausania vedevasi Bacco con un vaso di oro nella destra ; ed altri artefici gli ponevano in mano diverse speci
tefici gli ponevano in mano diverse specie di vasi, come il carchesio ed il corno(7). Di Bacco presso i Greci era propria
da pantere, o da linci, per indicare forse che la forza del vino doma ed ammansisce ogni più indomita natura. « Bacco, dic
igi trovato nella città di Rennes. Questo rappresenta nel mezzo Bacco ed Ercole che si fanno versare da bere. Bacco si ser
co ed Ercole che si fanno versare da bere. Bacco si serve del rython, ed è osservabile pel tirso e per la pantera che ha a
orno del vaso rappresenta la vittoria riportata da Bacco sopra Ercole ed il suo trionfo. La truppa è preceduta da Baccanti
balo. Vi è un Fauno, dal cui omero sinistro pende una pelle di tigre, ed ha in bocca due tibie diritte. Vi è un altro Faun
foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed ha una nebride ad armacollo.
Il suo solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed ha una nebride ad armacollo. Colla destra tiene i
anichi pure di oro, e colla sinistra si appoggia al tirso. La pantera ed i cembali si veggono da un lato e dall’altro del
he Bacco dipingevasi col tirso nella sinistra, la tazza nella destra, ed una pantera a’ piedi, il quale animale significa
incipali di Bacco. Acratoforo, ακρατοφορος, che porta vin puro ; ed Acratapote, ακρατοποτης, bevitore di vino puro, s
me di Bacco, dal grido delle Baccanti evan, che corrisponde all’evoè, ed al nostro evviva. Perciò le Baccanti furon dette
che non eran mica veri serpenti, ma fatti di oro o di altro metallo ; ed il Vossio(3) avvisa che le scuriate che quelle st
sregolatezza di una mente alterata dal vino, dee regnare una licenza ed un’audacia assai grande in guisa che il poeta, se
una ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(1) di Pindaro ; ed egli stesso in due odi a Bacco(2) pare che abbia
antano il Bacco in Toscana del Redi, ditirambo che può dirsi perfetto ed a cui nè le antiche nè le moderne nazioni hanno c
lle viti(3) ; pure ritroviamo essergli state immolate pecore e tori ; ed Erodoto afferma che gli Egiziani gli sacrificavan
gli offerivano poi in voto il potatoio, i cofani, il torchio da vino ed altri strumenti della vendemmia. Venere, Cup
ella bellezza, nasce la parola latina venustus, grazioso, avvenente ; ed il composto invenustus, che significa non solo di
e di Venere. I Greci le chiamarono Cariti (χαριτες) da χαρις gratia ; ed i latini Charites o Gratiae, perchè esse eran la
ciò ch’è proprio delle altre tre. Omero chiama Venere fig. di Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del mare presso
re ; e da Orazio(3) appella vasi sovrana padrona di Cipro, ove nacque ed esercitava in modo particolare il suo impero. Anz
olombe, ad istanza di Venere, furon da Giove allogate tra gli astri ; ed i Sirii non le uccidono, avendole per cosa sacra(
sola, ove i fiori e le tenere erbette le germogliavano sotto i piedi, ed era accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal gi
procurato di vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazione, ne h
in prima fermarsi a Cipro ch’è la più vicina alle coste della Siria, ed il culto di lei vi fu generalmente abbracciato. D
i là andarono a Citera ch’era non lungi dal continente della Grecia ; ed allora i Greci cominciarono ad acquistar conoscen
ch’era nata dalle onde del mare. III. Continuazione-Adone-Atalanta ed Ippomene. Orti delle Esperidi. Astarte adunqu
in traccia del ferito Adone, la spina di un rosaio le punse il piede, ed una goccia del suo sangue che zampillò dalla feri
cappelletta, ove andavano alcune volte a piangerlo le donne. I porci ed i cinghiali sono odiosi a Venere per la morte dat
ngiata in altra forma ; per cui fuggiva di dare la mano a chicchessia ed attendeva solo alla caccia. Ora, per evitare le i
ro de’ pomi d’oro consacrato a Venere ; e si chiamavano Egle, Aretusa ed Esperetusa ; ma sul loro numero e nome variano i
eide, Giunone e Pallade tutte intese alla finale distruzione di Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla di quella città
onti. Allora Iride, presala per mano, tirò la Dea fuori del tumulto, ed ella, salita all’olimpo sul cocchio prestatole da
ro, ella dice, non si è contentato di attribuire agli Dei le passioni ed i vizii degli uomini ; egli loro attribuisce anch
entato nell’inferno per avere sparso nel suo poema finzioni sì strane ed indegne. Si potrebbe solo scusare, dicendo avere
, e che per ciò potevano molto bene partecipare delle umane debolezze ed infermità. Ma suo malgrado ed ingannata dalla sca
bene partecipare delle umane debolezze ed infermità. Ma suo malgrado ed ingannata dalla scaltra Giunone dovè un giorno la
se(1) che l’ Italia sarebbe stata il termine delle sventure di Enea ; ed è noto che Apollo avea presagita la serie fatale
fa innanzi a Giove sull’Olimpo, e delle calamità, onde opprimeva Enea ed i suoi Troiani, gravemente si duole. A tali pieto
. Caro. Or l’amorosa madre sospettando che tra via il figlluolo Enea ed il compagno Acate distornati fossero o trattenuti
o con Giunone, e per diversi fini le nemiche Dee procurano che Didone ed Enea in marital nodo si stringano ; Giunone, per
ettuno intanto, per le preghiere di Venere, rende il mare tranquillo, ed Enea, dopo la dipartita da Cartagine e più altre
duce Vulcano a fabbricargli un’armatura che il dovea rendere invitto, ed in cui erano bellamente effigiati i posteri suoi
’ suoi nemici. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone di venire ad amichevole concordia e non
ato interamente commette. Arde intanto gran fuoco di guerra fra Turno ed Enea per la promessa mano della principessa Lavin
ra fra Turno ed Enea per la promessa mano della principessa Lavinia ; ed è vicino il momento, in cui coll’ uccisione del r
ei indigeti o tutelari del paese (1). VI. Corte di Venere – Cupido ed Antero – Le Grazie. Imeneo e Talasso – Armon
ventù e di Mercurio. Nicearco (3) dipinse Venere in mezzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero, nel seguit
ciano nel giudizio delle Dee dice di avere due belli figliuoli, Imero ed Ero, cioè il Desiderio ed Amore ; e secondo Orazi
ee dice di avere due belli figliuoli, Imero ed Ero, cioè il Desiderio ed Amore ; e secondo Orazio (5), intorno alla rident
urio e di Diana prima ; il secondo, di Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Venere terza e di Mart
nciullo cieco, o cogli occhi bendati, colle ali, per ciò detto alato, ed aligero ; armato di strali, e col turcasso, per c
un monticello sparso di fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di braceialett
nato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di braceialetti, ed il fanciullo vi è nudo. Spesso questo fanciullo s
re sugli alberi e dardeggiare ; dipingesi in aria, in terra, in mare, ed alle volte suona qualche strumento. Egli infine e
lavavano nel fonte Acidalio ch’ è presso Orcomeno, cit. della Beozia, ed era consacrato a Venere, detta perciò Acidalia ;
di Eteocle. Le Grazie (Χαριτες, Charites) erano tre, Pasitea, Egiale ed Eufrosine, secondo il Boccaccio, e fig. di Giove
oglie al dio Sonno ; forse per significare che il sonno sta in grazia ed è caro a tutti. Ed in altro luogo (3), una delle
, ornata il capo di eleganti bende, dicesi vezzosa moglie di Vulcano, ed essa introduce Teti nella magione affumicata di q
er piacere. Esse ordinariamente non aveano che un tempio colle Muse ; ed in Delfo le statue delle Grazie erano collocate a
e di gaio in natura ; esse danno a’ luoghi, alle persone, alle opere ed a qualunque altra cosa nel genere suo quell’ultim
tti gli stati, tutte le professioni e tutte l’età loro porgevano voti ed incensi ; e mentre ciascuna scienza e ciascun’art
finalmente invita le Grazie a venirne a lui dalla città di Orcomeno, ed in prima Aglaia che si distingue al lieto e decor
biante ; Talia che ha il sacro capo cinto di verdeggiante ghirlanda ; ed Eufrosine, dalle belle guance e dalle rosee labbr
colle Ore, o si fingon loro compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig. di Giove e di Temi ; ed afferma che
Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig. di Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suada ornarono Pandora di
Talasio o Talasso, giovane romano, il quale sposò la più bella Sabina ed ebbe felicissimo matrimonio. Quindi agli sposi no
dovere ehe ha la donna, quando va a marito, di attendere alla fatica ed alle faccende domestiche, e specialmente al lanif
ota antichità, in cui non ancora si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme di uomini o di animali. Gnido, cit
e sopra di uncasco, è stata scoperta negli scavi del teatro di Capua, ed ora orna il real palazzo di Caserta. Winckelmann
il quale forse indicava il potere di lei su’giardini, di cui i Greci ed i Romani la riputavano signora. Omero fa menzione
a dire, il capolavoro di Prassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed alla quale fu debitrice quella città della sua ri
nere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di lui discepolo, ne fece an
donzella che sta sulle acque del mare e con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel serto di rosse e di bianche
gni, o da bianche colombe o da passeri(2), uccelli a lei consacrati ; ed Ovidio(3) anche il cocchio trionfale di Cupido fa
hiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e di un pr
, nella Beozia, ove solevansi lavare le Grazie. Afrodite, Αφροδιτη ; ed Afrogenia, Αφρογενης θεα da Esidio, απυ του αφρου
Ciprigna, Κυπρις, Κυπρογενης, Cypria, dall’isola di Cipro, ove nacque ed era venerata. Dante disse : Che la bella Ciprign
rea, Κυτερεια, Cytherea, da Citera. Cupido anche chiamavasi Citereo ; ed Aprile fu detto pure mese citereo, perchè consacr
, Genitrix. Romolo(1) dedicò i due primi mesi dell’anno antico, Marzo ed Aprile, il primo a Marte, suo padre, ed il second
mesi dell’anno antico, Marzo ed Aprile, il primo a Marte, suo padre, ed il secondo, a Venere, madre di Enca, affinchè lan
piacere. Era la dea de’ funerali, che alcuni confondono con Venere ; ed altri dicono essere stata Proserpina. Nel tempio
li animali erano specialmente consacrati a Venere i cigni, le colombe ed i passeri ; ed il cocchio della bella Ciprigna er
o specialmente consacrati a Venere i cigni, le colombe ed i passeri ; ed il cocchio della bella Ciprigna era portato per l
o per l’aria or da una bianca coppia di amorose colombe, or da’ cigni ed ora da due neri passeri, come cantò Saffo(1) : «
sseri, come cantò Saffo(1) : « del padre la magione aurata Lasciavi, ed i bei passeri veloci Le fosche ale agitando in va
appunto la colomba. Fra le frutta, la mela ; e fra le piante, la rosa ed il mirto erano consacrati a Venere ; ed anticamen
la ; e fra le piante, la rosa ed il mirto erano consacrati a Venere ; ed anticamente i simulacri di quella dea si coronava
Grazie, compagne di Venere. Gli antichi credevano, che tutte le arti ed i mestieri erano sotto la protezione de’ Genii, d
la pittura si serviva per rappresentare le arti medesime in acconcia ed elegante maniera. In una pittura del Museo Borbon
ra. In una pittura del Museo Borbonico si veggono i Genii de’ fiori ; ed in un dipinto Pompeiano vi sono i Genietti mugnai
accende del macinare, Sono sette e fanciulli di aspetto assai giulivo ed alati, quali appunto son descritti da Filostrato,
a Filostrato, il quale li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed alati. Nel dipinto di una parete Pompeiana si rap
giovane colle ali spiegate, il corno dell’ abbondanza nella sinistra, ed un ramo di ulivo nella destra. Fu poi antica cred
a. Fu poi antica credenza che i Genii fossero i custodi degli uomini, ed i ministri degli uomini e degli Dei. Per ciò a ci
Dio Natalizio (Deus Natalis)(3). Nè gli uomini solamente, ma i regni ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui v
co un giorno sì per la caccia e sì pel caldo, si ritirò in una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte di limpidissime a
di un fonte si specchia nelle acque, tenendo due dardi nella sinistra ed a fianco due veltri. L’acqua chiamasi da Dante lo
, virtù, e propriamente la virtù bellica, il valore ; perchè la forza ed il coraggio, che forse sono utili all’uomo nello
col soprannome di Quirino, quasi tranquillo custode della medesima ; ed un altro fuori di essa, nella via Appia, come num
uesto è il Marte Iperboreo ; il quarto è il Marte greco, detto Ares ; ed il quinto finalmente è il Marte de’Romani, il qua
che Giunone fece educare il figliuolo Marte, fanciullo d’indole dura ed oltremodo virile, da Priapo che Luciano crede uno
erra, ne fu dichiarato il nume. Nella guerra contro i giganti(2), Oto ed Efialte, fig. di Aloeo, giganti di strana grandez
occorrere i Greci, Diomede istigato da Minerva ferì Marte nel ventre, ed allora mugolò il ferito nume, e ruppe in un tuon
e pace, odia più di ogni altra cosa le sregolate e brutali passioni ; ed aggiungerei, come odia l’impeto sfrenato e le dev
i discordie delle ingiuste guerre. Nel fatto poi di Minerva che vince ed abbatte l’impetuoso Marte, Omero c’insegna che la
e vince ed abbatte l’impetuoso Marte, Omero c’insegna che la prudenza ed il senno escono sempremai vittoriosi della forza
la prudenza ed il senno escono sempremai vittoriosi della forza cieca ed insensata. Peone intanto, per comando di Giove, g
di Giove, guarì a Marte la ferita fattagli da Diomede. E con brusche ed acerbe parole ritenne pure Minerva lo impetuoso f
di Marte. Bellona, sorella del nume, gli metteva in ordine il cocchio ed i cavalli, quando andava al combattimento. Essa a
avalli, quando andava al combattimento. Essa avea in mano un flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli
. Caro. Orazio(1) chiama Bellona amante di sangue, perchè le stragi ed il sangue sono l’infelice frutto de Ila guerra. D
pur menzi one Virgilio(2) in una comparazione fra il dio della guerra ed il giovane Turno che si spinge alla pugna : Qual
no da’ poeti, sono i più atti a farcene conoscere il carattere. Omero ed Esiodo il chiamano nume insaziabilmente avido di
cudi. Omero spesso lo chiama impetuoso (θουρος Αρης), perchè l’impeto ed un cieco furore suol essere compagno indivisibile
. Culto di Marte appresso i Romani. Sacerdoti Salii. Ancili. Roma ed il popolo romano aveano dal dio della guerra pres
veano dal dio della guerra preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla
Romolo fosse nato da Marte e da Ilia o Rea Silvia, fig. di Numitore ; ed un eroe d’indole feroce e guerriera, come Romolo,
si finse Romolo nato da Marte anche perchè l’origine di cotanta città ed il principio di quell’impero che dopo il potere d
ssimo e potentissimo, doveva esser fatale(3). Ed in quanto alla morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel
ricamata, e sopra la tunica nel petto un certo pettorale di bronzo ; ed ordinò che portassero quegli scudi che caddero da
che portassero quegli scudi che caddero dal cielo, chiamati Ancili ; ed andassero per la città cantando alcuni inni, dett
con frequenti e spaventosi fulmini pieno avea di gran terrore e Numa ed il popolo romano. Egeria, ninfa colla quale quel
Greci, ch’ era ballo di gente armata. Essi accordavano il loro canto ed il passo al tintinnio degli scudi che percuotevan
on una bacchetta o specie di pugnali. La festa durava tredici giorni, ed in tutto quel tempo era vietato far cosa che foss
l capo dei Salii si chiamava Presule (Praesul, qui ante alios salit), ed il loro principal musico, Vate (υμνωδος). Le loro
posto su di un rialto. I giudici in questa famosa causa furon dodici, ed appartenevano alle prime famiglie di Atene ; e pe
lie di Atene ; e però si disse che Marte fu giudicato da dodici numi, ed assoluto con sei suffragii, favorevoli. Ma dell’A
che formavano un popolo presso il Caucaso sulle rive del Termodonte, ed il loro nome significa un’eroina, una donna guerr
erseguitati, quantunque egli avesse a questo nume innalzato un tempio ed a Mirtilo un funebre monumento. Lico infine, fig,
arte si rappresentava armato da capo a piedi, con lo scudo al braccio ed un gallo accanto, simbolo della vigilanza, col vo
con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto di una co
elmo, della picca e di uno scudo ; or nudo, or coll’ abito militare, ed anche con un mantello sulle spalle ; qualche volt
la guerra. Da Ovidio si chiama bellicus, e da Virgilio, bellipotens ; ed a lui Enea per trofeo consacrò le armi dell’uccis
a’ latini scrittori, ma eziandio da Omero(3). E con bel tropo i Greci ed i Latini per Marte intendevano la guerra. Quindi
mato di corazza di bronzo, cioè Marte, ovvero Enialio ». Presso Omero ed Esiodo la voce Enialio alle volte dinota Marte, e
io ». Presso Omero ed Esiodo la voce Enialio alle volte dinota Marte, ed alle volte è un aggiunto di questo nume. Quindi M
Merione da Omero chiamasi uguale all’ omicida Enialio, cioè a Marte ; ed Achille eziandio si rassomiglia al prode Enialio,
avis). Come dio della guerra, presedeva Marte a’ giuochì gladiatorii ed alla caccia, che ne sono un’immagine(5). Quindi i
celebrarsi in Roma alle calende di Giugno fuori della porta Capena ; ed in Livio(2) ritroviamo un tempio di Marte avanti
a ogni anno il mìglior cavallo de’ cocchi vincitori nel campo Marzio, ed appellavasi il cavallo di ottobre (equus october.
quale si assembrava il Senato per ricevere gli ambasciatori stranieri ed altri che non si volevano ammettere fra le mura.
errieri, spesso si usa a significare la guerra stessa e la spada(5) ; ed i guerrieri presso Omero si appellano ora ministr
i presso Omero si appellano ora ministri di Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora di lui figliuoli (οζοι Αρηος), ed uguali a Ma
ri di Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora di lui figliuoli (οζοι Αρηος), ed uguali a Marte (Αρηι αταλαντοι, ισος Αρηι), per i
voce dal verbo ερμηνευω, interpetrarè, perchè Mercurio è l’interpetre ed il messaggiere fra gli uomini e gli Dei ; ma pare
conviene assai bene a Mercurio. E poi si vedrà che l’Ermete de’ Greci ed il Mercurio de’ Latini sono senza dubbio l’ Ermet
lle merci (a mercibus), perchè era il nume che presedeva al commercio ed alla mercatura(3). Altri però dicono che Mercuriu
il Thautus de’Fenicii, il Camíllo degli Etruschi, l’Ermete de’ Greci ed il Theutate de’ Galli. Lo Scoliaste di Stazio(1)
condo, del Cielo o del Giorno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal quale fu uc
cesi avere ucciso Argo, e che perciò fuggì in Egitto, ove dettò leggi ed insegnò l’uso delle lettere ; e vi fu chiamato Th
ucciso Argo, fuggì in Egitto, e che quivi insegnò l’uso delle lettere ed i numeri agli Egiziani, da’ quali fu chiamato Tho
Pleiadi(5). Delle quali Maia(6) vinceva le altre sorelle in bellezza, ed ella fu che da Giove ebbe il nostro Mercurio, che
città di Cillene. Fu quindi questo nume assai venerato dagli Arcadi ; ed Evandro, partito dall’Arcadia colla madre, prima
. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci chiamavan Temi, ed i Latini Carmenta, così detta, perchè vaticinava
nava in versi (a carmen)(1). Quindi è che Mercurio chiamavasi facondo ed illustre nipote di Atlante (2). E si vuole che Me
i mercatanti in questo mese facevano in Roma i loro sacrificii a Maia ed a Mercurio(3). Questo nume, dice Pausania, nacque
(3). Questo nume, dice Pausania, nacque sul monte Coricio di Arcadia, ed appena nato, le Ninfe lo lavarono in Tricrena, mo
descrive con molta grazia alcune furtive imprese di lui ancor bambino ed avvolto nelle fasce (εν τοις σπαργανοις), e fa di
la spada dal fodero a Marte, a Venere, il cesto, a lui stesso, l’arco ed il turcasso ; e che a Giove pure avrebbe rubato i
, si accorse, da quel ladroncello essergli state involate le tanaglie ed altri fabbrili strumenti. Omero nell’inno di Merc
notte mi è dato dormire, dovendo di notte guidare le anime a Plutone ed assistere al loro giudizio, come se fossero picci
e incumbenze di Mercurio. E primieramente egli presedeva al commercio ed era il nume protettore de’mercatanti. Quindi (1)
voglia merce, offeriva incenso a Mercurio per fare maggior guadagno ; ed i mercatanti (2) pregavano il loro nume tutelare
o, di ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresciuto il suo avere. E perciò una botte
chanaan in ebraico significa mercatante, come Mercurio dalle merci ; ed i Fenicii che discendevano da Chanaan, furono i p
a Chanaan, furono i primi ad esercitare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’idi di Maggio era in Roma solen
e quel landroncello avanti a Giove per la restituzione dei suoi buoi, ed in che modo Mercurio si schermì destramente dall’
io si schermì destramente dall’accusa tanto che Giove stesso ne rise, ed Apollo con lui strinse amicizia, ricevendo in don
ollo con lui strinse amicizia, ricevendo in dono da Mercurio la lira, ed a lui donando il caduceo. E quando Mercurio rubò
nò tosto da lui sotto altra forma, promettendogli in premio una vacca ed un toro, se gli avesse manifestato ove le vacche
Battologia poi (βαττολογια) vuol dire inutile ripetizione di parole, ed è un vizio di elocuzione consistente in una molti
» Poscia con bell’arte si avviene in Priamo, gli si offre per guida, ed addormentate le scolte del greco esercito, apre l
er guida, ed addormentate le scolte del greco esercito, apre le porte ed il vecchio re co’ doni introduce inosservato nel
, il ricco Priamo, colla scorta di Mercurio, deluse i superbi Atridi, ed i Tessali fuochi e gli alloggiamenti a Troia infe
dolo e frode, cioè di quella scaltra accortezza che impone agli altri ed illude sì nella civile e bellica scienza, e sì in
llude sì nella civile e bellica scienza, e sì in que’ giuochi di mano ed altre maniere d’inganni fatti per diporto o per m
volava in qualunque forma, in guisa che trasformava il bianco in nero ed il nero in bianco, e cornuto ciò che non evea cor
e l’autore del furto, pensò di marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli armenti di Autolico, con siff
. E per ciò pure gli antichi offerivano sacrificii a Mercurio insieme ed a Minerva. Gli scrittori egiziani dedicavano i lo
ore per mezzo di S. Barnaba e di S. Paolo, chiamarono Giove il primo, ed il secondo, Mercurio, appunto perchè destava la m
idotto gli uomini che vivevano a guisa di bestie, alla vita socievole ed umana, dobbiam ricordarci che, giusta le parole d
a ragione fu riputato Mercurio anche dio della musica e della poesia, ed inventore della lira, tanto che Orazio (2) chiama
do per caso ritrovato il guscio di una testuggine alla riva del Nilo, ed i soli nervi secchi rimasti, ne avesse avuto un s
a lira, che facevasi di tartaruga. Essa per lo più avea sette corde ; ed Ovidio (5) finge che Mercurio avesse scelto quest
a suonar la lira, sì maestrevolmente che si tirava appresso le fiere ed i sassi (6). E dicono ch’egli innalzò il primo al
li Dei, e specialmente di Giove. Era quindi considerato qual ministro ed araldo de’ celesti, protettore de’ viandanti e de
giere e di presedere a’ lucri. Giove gli avea posto le ali alla testa ed a’ piedi, onde velocemente portasse per ogni luog
r indurla a liberare da quella specie di prigionia il divino Ulisse ; ed allora Obbedì il prode messaggiero. Al piede S’a
rtava in mano Mercurio questa verga detta caduceo (ραβδος), che Omero ed Orazio chiamano aurea. Essa ha in cima attaccate
guerra e discordie. Con quella verga adunque egli divideva le contese ed acchetava le liti, toccando con essa i contendent
olo gli armenti ; e che Mercurio, volendo far pruova della sua virtù, ed imbattutosi a caso, sul monte Citerone, con due s
iano si ritrova spesso occupato a trattar colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dat
dando l’accortezza di quel nume, il quale i primi uomini ancora fieri ed incolti ammansò coll’eloquenza, ed i loro corpi c
quale i primi uomini ancora fieri ed incolti ammansò coll’eloquenza, ed i loro corpi co’ ginnastici esercizii della pales
giuochi ; e questo nome spesso si usa per significare la lotta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig. di Mercur
Altri dicono che Corico, re di Arcadia, ebbe due figliuoli, Plesippo ed Eneto, ed una figliuola chiamata Palestra ; e che
ono che Corico, re di Arcadia, ebbe due figliuoli, Plesippo ed Eneto, ed una figliuola chiamata Palestra ; e che avendo i
un mantelletto sulle spalle. Gli si vede alle volte a’ piedi un gallo ed un becco(2) E com’egli formò la lira del guscio d
a tutti gli altri pianeti. Queste ali si chiamavano talaria (πεδιλα), ed eran d’oro. Il cappello alato poi dicevasi petaso
an d’oro. Il cappello alato poi dicevasi petaso (πετασος), o galero ; ed era un cappello con larga falda proprio, presso i
o galero ; ed era un cappello con larga falda proprio, presso i Greci ed i Romani, de’ viaggiatori e de’ cacciatori per ri
che rappresenta Mercurio seduto sopra uno seoglio colle ali a’ piedi, ed il petaso alato sul capo. Sutto scoglio si vede a
etaso alato sul capo. Sutto scoglio si vede a sinistra una testuggine ed a destra una lucertola, ed un ariete sta pure in
scoglio si vede a sinistra una testuggine ed a destra una lucertola, ed un ariete sta pure in piedi al suo fianco. « Merc
lucro ; πολυτροπος, versipelle ; ποικιλοβουλος, astuto ne’ consigli, ed altri simili. Agonio, Αγωνιος, appresso Pindaro,
s o Alipes Deus chiamato da’ poeti(1), perchè fornito di ali a’ piedi ed al petaso. Argicida, Αργειφοντης (ab Αργος, Argu
fanciulli che assistevano alle cerimonie religiose portando l’acerra ed il prefericolo. Cyllenius, da Cillene, in Arcadi
perchè egli diede le leggi a’ popoli. Pacifer, nelle antiche monete, ed arbitro della pace da Ovidio chiamasi Mercurio, c
ll’inferno. Chiamasi pure da Ateneo(1) ηγητωρ ονειρων (dux somniorum) ed υπνον προστατης (praeses somni), perchè portava’
ma, dice Millin, questo nume incontrasi per tutto, in cielo, in terra ed anche nell’inferno. Da Lara, fig. di Almone, ebbe
ase, e le strade ancora, ritrovandosi nelle iscrizioni Lares viarum ; ed in loro onore a’ 22 di Dicembre si celebrava una
etrusca che significa principe o signore. Si veneravano su’ focolari ed anche in una cappella detta lararium. I Cretesi a
etesi aveano le loro feste Mercuriali, simili ai Saturnali de’Romani, ed in esse i poveri erano serviti da’ ricchi, da’ qu
detta mercorella, si vuole così chiamata da Mercurio che la ritrovò ; ed ha virtù sommamente purgativa(2). Lattanzio(3) di
esser la madre comune dei mortali ; o perchè da essa nascono le biade ed i frutti necessarii per la conservazione dell’uma
aziosa Terra, dalla quale nacque il Cielo che dovea tutta circondarla ed essere la sede sicura de’ beati Iddii. Questa Dea
. Secondo i Latini, non era essa, come Ge, Rea, Fitea, Cerere, Cibele ed altre Dee de’ Greci, una divinità speciale ; ma e
cuopre. Da Omero chiamasi alma Tellure genitrice, e madre degli Dei ; ed il più degli antichi credevano che l’uomo fosse f
i ; ed il più degli antichi credevano che l’uomo fosse fatto di terra ed acqua riscaldata da’ raggi del sole. Quindi dicev
i dicevano la Dea Tellure moglie del Sole o del Cielo, perchè il sole ed il cielo la rendono feconda. E dagli Etruschi la
n dee recarmaraviglia, se dal suo seno mandava fuori certe esalazioni ed alcune acque buone a travolgere La mente e ad ins
fo dava gli oracoli la Dea Tellure ; dopo Temi, e finalmente Apollo ; ed aggiunge, quivi essere stato comune oracolo della
a il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevendo l’acqua, predicevano il
ci uscivano insieme, quando la Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o di Apollo,
i non potevasi entrare ; si mettevano in piedi nella picciola grotta, ed in un baleno si sentivano tirar dentro con forza
a una madre di smisurata grandezza. Perciò vediamo che oltre i Titani ed i Giganti, da Esiodo anche i Ciclopi si dicono fi
ostruosissimi. Callimaco li rassomiglia per l’altezza al monte Ossa ; ed Omero dice esser simili al vertice selvoso delle
. Servio dice che chiamasi ciclopea ogni fabbrica vasta e grandiosa ; ed Aristotele chiama i Ciclopi inventori delle torri
Micene, e specialmente una porta sormontata da leoni, fu opera loro ; ed essi fabbricarono al re Preto le mura di Tirinto,
e di Nauplia, dopo più di tremila anni, dimostrano la prima immagine ed i primi passi dell’architettura nascente(5). Ne’
ccole pietre, per empiere i vani che lasciavan tra loro i massi rozzi ed informi. Fu loro invenzione ancora Parte di fabbr
antichi monumenti Polifemo si rappresenta con tutti e due gli occhi ; ed Omero non ha mai dato un sol occhio al suo Polife
accio pe’ fianchi, sollevandolo dal suolo ; e per terra vedesi l’arco ed il turcasso ch’egli ha gettato via nella zuffa pe
entia erano insuperabili. Esiodo li fa fig. del Cielo e della Terra ; ed Igino, dell’Etere e della Terra. Essi, nella guer
Virgilio(2) pone Briareo cogli altri mostri alla porta del Tartaro ; ed altrove(3) dice che ad Egeone arde il petto, perc
. Di fatto e boschi, e monti, e fiumi, e fontane, e città, e campagne ed ogni altra maniera di luoghi, tutti si credevano
era di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe di Sati
fantasia là truppe di Satiri e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, ed Oreadi e simili drappelli di Ninfe ; e quasi non
elle divinità campestri, il primo de’ Fauni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti gl
 ; avea il ventre sparso di stelle, per indicare gli astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed irti significavano gl
stelle, per indicare gli astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed irti significavano gli alberi, i virgulti ec. Tro
e Egipane (ab αιξ, αιγος, capra), perchè rappresenta vasi colle gambe ed i piedi di capra ; sebbene Egipani o Semicapri er
o di più cannucce formalo (πολυκαλαμος), di cui fu inventore Sileno ; ed il terzo in cui le cannuce si uniscono colla cera
nobilissima cosa e quasi divina, se ne attribuì l’invenzione a’ numi, ed a Pan specialmente creduto dio tutelare de’ pasto
vasi abitare nella pastorale Arcadia , ove a lui eran sacri il Menalo ed il Liceo , monti di Arcadia tanto celebrati da’ p
Orazio (8) per significare Pan dice il nume cui piacciono gli armenti ed i piniferi monti di Arcadia. E chiamavasi Menalio
giamo gli occhi a’campi, vedremo e Vertunuo , e Pale, dea de’pastori, ed il dio Termine. I giardini erano sotto la protezi
ora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le case aveano i loro Penali ed i Lari ; e ciascun uomo, e forse ciascun luogo, i
li antichi Italiani non di rado si mescolavano con quelle de’ Greci ; ed allora a Fauno davano i piedi di capra. Alcuni vo
di capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. N
i dicevansi quelli, che sembravano ispirati e predicevano il futuro ; ed il verbo fatuor presso Giustino significa io son
rcadia, ove per quei monti errava ora cantando al suon della fistola, ed ora veloce inseguendo le fiere. Or nell’Arcadia q
ravaganze. Silvano, antico nume del Lazio, presedeva alla piantagione ed alla semina. Da Orazio (1) chiamasi padre e custo
ocissimi che vivono sopra alcune montagne dell’India, i quali corrono ed a quattro piedi ed alla maniera degli uomini, nè
sopra alcune montagne dell’India, i quali corrono ed a quattro piedi ed alla maniera degli uomini, nè possonsi prendere c
iorno era gran silenzio ; ma che la notte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di tr
iputavansi una specie di Genii locali che aveano un culto particolare ed alcune feste lor proprie. Eran considerate come g
la di fresche e limpide acque. Orfeo le chiama abitatrici degli antri ed amiche delle spelonche. Celebre è l’antro delle n
ntro ombroso che chiama abitazione delle Ninfe, formato da due scogli ed in cui erano dolci acque e sedili scavati nel viv
stesso Omero(3) loro attribuisce e le selve, e le sorgenti dei fiumi ed i prati erbosi. Di fatto vi eran molte specie di
ς, vallis) che presiedevano pure alle colline, a’ boschetti, ai prati ed agli orti. Quindi il Chiabrera : I regii albergh
erquetulanum (2). Le Limoniadi (a λειμων, pratum) presedevano a’prati ed eran soggette alla morte, come le altre deità cam
tà proveniente dall’Etruria, era il dio de’ giardini e dell’autunno , ed era il simbolo delle vicende dell’anno e delle st
icende dell’anno e delle stagioni. Presedeva a’ pensieri degli uomini ed a’ loro cambiamenti, come quegli che poteva cangi
i offrivano le primizie de’ frutti dell’anno ( anni vertentis ) (5) ; ed altri meglio dal cangiarsi in molte e varie forme
meritò la mano di Vertunno. Visse a’ tempi di Proca, re de’ Latini ; ed avea un sacerdote (flamen Pomonalis), che offeriv
del giglio ; le guance sono colorite da vermiglie rose freschissime, ed il suo fiato spira fragranza. Le vere statue di F
colla destra, un serto anche di fiori. È adorna di quattro ali rosse ed occhiute, come quelle delle farfalle. Questa dea
o è che gli antichi davano quel nome a Vesta, a Rea, ad Opi, a Cerere ed a Cibele, tutti nomi, co’ quali onoravano la Terr
i ladri e gli uccelli (1), e perciò gli mettevano in mano una falce, ed appellavasi il terrore de’ ladri e degli uccelli
resentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di alloro. Da’ poe
io, una Dea de’ pastori, cui facevan voti pel felice parto del gregge ed affinchè ne tenesse lontani i lupi ; e prima di c
le offeriva del latte, e di latte si spargeva la statua di lei (4) ; ed i suoi sacrificii si chiamavan Palilia o Parilia.
(1) era un tempio con un’antica statua della dea Tellure Euristerna, ed una sacerdotessa. In Esiodo (2) leggesi Γαιαευρυσ
feste dette da’ Romani sementine, che si celebravano dopo la semente, ed in cui si offeriva a Cerere ed alla Terra anche d
e, che si celebravano dopo la semente, ed in cui si offeriva a Cerere ed alla Terra anche del farro. Nelle feste dette For
no fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale era tutta a lei ed a Proserpina consacrata, sicchè il loro culto pre
il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed intorno intorno assai laghi e sacr
, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed intorno intorno assai laghi e sacri boschetti, ed
nura ed acque vive, ed intorno intorno assai laghi e sacri boschetti, ed in ogni stagione bellissimi fiori. Quella città n
. Quella città non già una città pareva, ma un gran tempio di Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. Or vicino ad
disperata a cercarla tutta sola si diede, sì che e la nascente aurora ed il sole vicino a tramontare la videro infatigabil
mani avea due gran faci accese al gran fuoco dell’Etna per la notte ; ed in tutto quel tempo, non gustò cibo, se non che i
roso uccello, detto gufo. Infine Giove, volendo far piacere a Plutone ed a Cerere, sentenziò che Proserpina per sei mesi f
ingiovanì e vestissi di bellissime messi. Cerere fu regina di Sicilia ed insegnò a que’ popoli l’agricoltura, la quale ess
si disse ch’ella avesse dato le leggi a que’ primi selvatici uomini ; ed ecco la Cerere legislatrice o Tesmofora. Si finse
icavano i sei mesi, in cui la semenza germoglia in piantoline, matura ed è mietuta, quando il sole va per gli altri segni
an con lei tre sorelle chiamate Sirene, Partenope, Leucosia e Ligea ; ed eran figliuole dell’Acheloo, fiume della Grecia c
ia racconta come que’ mostri invitarono Ulisse a sentire il lor canto ed in qual guisa schivò egli un tal periglio. Comune
giò di presente in bellissimo fonte. E così cangiata, per sotterranei ed occulti luoghi apertomi un sentiero sotto del mar
è un fonte di acqua dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci ; il quale tutto da’ fio
mortale ; il che dalla madre osservato, fu cagione a lei di spavento, ed a Cerere di disgusto ; percui Trittolemo restò mo
e regioni della terra, a’ popoli distribuisse la semenza del frumento ed insegnasse l’agricoltura ; e ciò fu prima in Aten
re di quella città. Poscia trascorse i paesi dell’Europa e dell’Asia, ed arrivò nella Scizia, ove allora regnava Linco, uo
a dagli antichi (1) più degli altri animali addetti all’agricoltura ; ed in Atene credevasi ministro di Cerere e di Tritto
isteri per eccellenza, che si celebravano in Eleusi, città fra Megara ed Atene, così detta da Eleusi, fig. di Ogige e maes
ne’ grandi misteri, per ammettersi Ercole che n’avea fatta la dimanda ed a cui niente potea negarsi, s’istituirono i picci
e, il quale dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte di ben vivere ed erano aiutati a menare una vita migliore. Alcuni
grinaggio avea in sua casa ricevuti, fece cuocere il figliuolo Pelope ed il diede loro a mangiare ; ma Cerere sola ne divo
, per indicare che i due grandi mezzi di ricchezza sono l’agricoltura ed il commercio. Sulle medaglie di Feres, nella Tess
anco che le discende su gli omeri. Ha sopra una tunica senza maniche, ed un peplo giallo con pieghe fluttuanti. Tiene un f
iallo con pieghe fluttuanti. Tiene un fascio di spighe nella sinistra ed una face accesa nella destra. X. Principali ep
piga in mano. Gli agricoltori dedicavano a Cerere la falce, il vomero ed altri strumenti villerecci. Dopo la raccolta le o
i villerecci. Dopo la raccolta le offerivano le primizie delle biade, ed insieme vino melato e latte. A lei si sacrificava
A lei si sacrificava la troia, animale nocivo alle biade. Alla Terra ed a Cerere dagli agricoltori s’immolava ancora la t
detto quasi canus volitans per aerem, perchè la fiamma pare che vola ed è candida. Qualche erudito crede che venga da Tub
o, fig. di Giove terzo e di Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, signore di alcune isol
l’Etna e le Vulcanie, fra le quali è Lipari, son soggette a’tremuoti ed abbondano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che
ferro. Ed era sì perfetto nell’arte sua che tutte le armi degli Dei, ed anche i fulmini di Giove, si fingono fabbricati d
e i fulmini di Giove, si fingono fabbricati da Vulcano e da’ Ciclopi, ed anche quelle de’ più illustri eroi. Esso diede ad
Ercole. Cadmo nel dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un peplo ed una collana fatta da Vulcano. Questi(3) fabbricò
li sedili ne’ portici della casa di Giove ; il talamo di questo nume, ed uno scettro che Vulcano diede a Giove, Giove a Me
la tazza di argento che Fedimo, re di Sidone, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e di argento nella reggia di Alcinoo
i che professavan quest’arte, offerivano voti e sacrificii a Vulcano, ed il fuoco stesso chiamaron Vulcano. Non solo fu eg
no, al quale fu ucciso da quell’eroe il primo de’ due figliuoli Fegeo ed Ideo ; nè il secondo avrebbe schivata la morte, s
Peleo, dopo grandi prodezze, fatta avea terribile strage de’ Troiani, ed incalzando gli altri, parte ne avea rincacciato n
de, di cui la vampa si rivolge contro il fiume, il quale « s’infoca ed in voce dolorosa esclama : Vulcano, al tuo poter
amasi mezzo uomo e mezzo bestia. Egli gettava fuoco da tre bocche(5), ed abitava un antro, donde usciva per uccidere e spo
a cui bocca era chiusa da un sasso grandissimo, ivi fermato con ferro ed ordigni fatti dal padre Vulcano. Ercole, poscia c
ormentossi. Allora Caco, invaghito di que’ buoi e scelti i più belli, ed attesochè le pedate avrebbero potuto mostrare al
, ancora, fig. di Vulcano, attaccava i viandanti a due alberi piegati ed avvicinati nella cima cosi che risalendo in alto
di Vulcano. Presso De La Chausse(2) si vede Vulcano col cappello, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, col martello n
llo, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, col martello nella destra, ed una tanaglia nella sinistra. I monumenti antichi
o inclito, gr. κλυτος, αγακλυτος e περικλυτος, celeberrimo, in Omero ed Esiodo, per la sua perizia maravigliosa nelle arl
te per la sua verginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli strali ed il drappello di sessanta ninfe Oceanine per suo c
suo corteggio, oltre venti altre che le custodivano l’arco, i coturni ed i cani. Le concesse pure di presedere alla caccia
oturni ed i cani. Le concesse pure di presedere alla caccia, alle vie ed a’parti. Quindi ella riuscì abilissima a tirar l’
a’parti. Quindi ella riuscì abilissima a tirar l’arco, amava i boschi ed i monti e feriva i cervi al corso. In breve, la c
i e feriva i cervi al corso. In breve, la caccia era la sua passione, ed ella era la Dea de’cacciatori, e delle foreste. O
e sparse tante lagrime da farne un fonte che portò poscia il suo nome ed in cui dicesi che fu ella convertita. Nè meno fun
ella sua virtù, e degli omaggi degli uomini, vendicativa, implacabile ed inchinevole a punire coloro che l’oltraggiavano.
sere accompagnato da piogge ; e però chiamasi da Virgilio procelloso, ed il Petrarca cantò : Allor riprende ardir Saturno
trarca cantò : Allor riprende ardir Saturno e Marte, Crudeli stelle, ed Orione armato Spezza a’tristi nocchier governi e
artaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig. di Testio, dalla quale e
gomento di gloria in quella caccia, giacchè ne’ tempi eroici la forza ed il coraggio eran solamente strada alla immortalit
i Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo, padre di Achille ; ed oltre più altri la quanto bella, altrettanto valo
ne possedeva una statua che ora trovasi in quello delle Arti a Parigi ed è stimata uno dei primi capi d’opera dell’antichi
ries vi è una statua di Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il suo cane ; ed a’ suoi piedi è
il quale è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il suo cane ; ed a’ suoi piedi è il teschio dell’ucciso cinghiale.
he sono certamente i fratelli di Altea. IV. Continuazione – Oreste ed Ifigenia. Si offerivano a Diana i primi frutt
ferivano a Diana i primi frutti della terra, buoi, montoni, cervi ec. ed anche vittime umane ; il che dinotava in questa D
sta Dea un’indole crudele. Cosi gli Achei le sacrificavano un giovane ed una donzella ; ed a Sparta le s’immolava ogni ann
crudele. Cosi gli Achei le sacrificavano un giovane ed una donzella ; ed a Sparta le s’immolava ogni anno un uomo. Ma nell
Tauride, ove l’ara della faretrata Dea di crudeli vittime si pasce ; ed il bianco marmo di essa dello sparso sangue de’ f
a, fig. di Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse con Diomede furon mandati alla madre Clite
o, ricoprendola di folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauri
la di folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauride, ove nel t
nno a que’ barbari uno spettacolo tutto nuovo ; perchè essendo Pilade ed Oreste simili nel sembiante, nella statura ed in
; perchè essendo Pilade ed Oreste simili nel sembiante, nella statura ed in tutt’altro, e volendo Toante dar morte ad Ores
ndi fermata con una zona o cintura. Senofonte(1) scrive che la caccia ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo
nzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi, accompagnata da una mu
e foreste ; e Callimaco dice che a questa Dea sono a cuore gli archi, ed il ferir lepri, e le liete danze su per le montag
questi nomina il Taigete e l’Erimanto, dilettandosi di ferire i cervi ed i cinghiali. E si noti che presso i Greci nella c
in giro per le mani ; la quale credevasi molto cara alla Dea. In Delo ed in altre città della Grecia vi erano danze in ono
descrivono le fanciulle che al suono delle tibie danzano tutte unite ed in giro in onore di Diana. Molte ninfe e Marine,
ite ed in giro in onore di Diana. Molte ninfe e Marine, e Fluviatili, ed Oreadi ec. volle la Dea al suo servigio, perchè a
chiamasi Giunone-Lucina, perchè l’una e l’altra Dea presedeva a’parti ed alla nascita ; e Plutarco (3) mette nel numero de
l numero degli Dei nuziali anche Diana o Lucina ; e con Diana a’parti ed alle nozze presedevano eziandio le Parche. Le par
ocavano sotto il suo nome greco. Finalmente Diana presedeva alle vie, ed era come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per
rti(7) ; e per ciò il simulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avanti gli usci delle case. Ciò si scorge e
tato a Diana – Tempio di Efeso. Il culto di Diana fu molto esteso ed antico. Dalla Media negli antichi tempi si sparse
o vittime umane ; passò nella Grecia e fu l’ Artemide di quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome di Diana. Il novel
quella città adunque era il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed il più ricco che mai vi fosse stato sulla terra,
sto per la prima volta in uso(3) ; e tutta l’Asia concorse ad ornarlo ed arricchirlo con quanto avea di più prezioso(4). V
apelli annodati addietro, il turcasso su gli omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto di scoccare una freccia. Una
icco coturno ; posa una mano sulla faretra, tiene con l’altra l’arco, ed afferra per le corna una cerva. Dice Millin che l
ecce che formano la pettinatura di Diana e che vengono a congiungersi ed attaccarsi sulla sommità del capo detta corimbo,
e. Diana saeva dicesi da Ovidio(1), perchè Dea vendicativa, iraconda ed avida di sangue. Virgo per eccellenza chiamasi l
a donzelle cacciatrici. Fra le piante erano sacri a Diana il papavero ed il dittamo ; e fra gli animali, la cerva ed il ci
sacri a Diana il papavero ed il dittamo ; e fra gli animali, la cerva ed il cinghiale. Da Ovidio i cani si chiamano turba
Diania. Eroi e semidei. Notizia generale de’ tempi favolosi ed eroici della Grecia. L’antica Grecia avea ben
gane l’ambiziosa vanità greca ; poichè, avendo essi un’origine oscura ed ignobile, come quelli che discendevano da uomini,
i dalla terra. E poi, vedendo essi alcune loro opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Mi
memorie erano poeti che cantavano i grandi avvenimenti della patria, ed i loro versi si mandavano a memoria ; il loro lin
un bel campo di dilettevoli conoscenze, termina colla guerra di Troia ed arriva sino alla fondazione del regno di Sicione,
a reso celebre per prodigiosa forza, o per una serie di belle azioni, ed a cui dopo la morte prestavansi onori divini. Dav
come vuolsi, Ercole fu il primo de’mortali adorato in vita per Iddio ed a cui furon fatti tempii ed altari ; e chiunque e
rimo de’mortali adorato in vita per Iddio ed a cui furon fatti tempii ed altari ; e chiunque era forte e valoroso, dicevas
one e della detta Alcmena. Gli Autori Inglesi della Storia universale ed il Lavaur credono che la maggior parte delle deca
er divorarlo due orribili serpenti, mentre egli era ancora in culla ; ed Ercole, senza restar punto atterrito, li uccise.
) parla di un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano di Zeusi ; ed in una pittura di Ercolano si vede Ercole bambino
e, gli apparvero due donne di grande statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colore e di sembianze no
armenti. Enorme era la grandezza di quel mostro che avea sette teste, ed anche più, secondo alcuni. Dice Igino che il vele
a di portar viva a Micene la cerva Cerinitide che avea le corna d’oro ed era consacrata a Diana. L’eroe l’inseguì per un a
tre corpi erano forse tre fratelli che viveano con tanta amorevolezza ed armonia che sembrava che avessero un’anima sola ;
perchè egli regnava sulle tre isole dette Baleari, Maiorica, Minorica ed Ivica. Ercole uccise Gerione e ne portò via i bel
lla Laconia, ov’era la porta del Tartaro, e per quel luogo vi penetrò ed a viva forza condusse il tricipite mostro a Micen
n esser vinti, per consiglio di Minerva Giove chiamò Ercole in aiuto, ed egli uccise Alcioneo e Porfirione ch’erano i prin
eo, re di Caledonia, ebbe a sostenere con Acheloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. dell’Oceano e di Teti, il quale s
o di Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apollodoro dice che una n
spoglia del leone Nemeo ch’egli porta qualche volta sopra un braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella di tutte
ndo fu cacciato dal regno da Danao, il quale avea cinquanta figliuole ed altrettanti figli maschi il fratello Egitto, re d
Danaidi ». Linceo intanto successe nel regno a Danao, da lui ucciso ; ed a lui, Abante, il quale da Ocalea ebbe due gemell
ucciso ; ed a lui, Abante, il quale da Ocalea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’ quali il primo fece tutti gli sforzi
famiglia di Atreo ha dato agli antichi argomento di molte tragedie ; ed Orazio(1) per dire che la tragedia rigetta un ver
ne, udite le imprese di Ercole, e bramoso d’imitarlo, uccise Perifete ed il masnadiere Sinnide, non che Scirone, fig. di E
Si segnalò ne’giuochi Eleusini, avendo ucciso Cercione, re di Eleusi ed inventore della lotta. Uccise ancora il famoso ma
al Cretese Minotauro. Il giovane eroe si offre ad uccidere il mostro, ed imbarcatosi consegna al nocchiere due vele, una n
re il mostro, ed imbarcatosi consegna al nocchiere due vele, una nera ed un’altra bianca ; la prima, segno d’infausto even
Giunto a Creta ottiene da Minos il permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli Ateniesi dal sanguinoso trib
ngratamente abbandonata Arianna nell’isola di Nasso, mentre dormiva ; ed avvicinandosi alla città, trasportato dalla soper
in sogno che dimandassero a Plutone Proserpina per moglie a Piritoo ; ed i due eroi per la Tenaria spelonca, creduta strad
que’luoghi in cerca del figlio. I quali s’incontrarono nella Focide, ed insorta fra loro una contesa, Edipo ammazzò Laio
el volto e nelle mani rassembrava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leon
averi. E questa fu la prima guerra di Tebe tanto celebrata da’poeti ; ed i sette duci chiamaronsi i sette prodi contro Teb
ssaglia. La Tessaglia era un paese assai celebre ne’tempi favolosi ed eroici. In essa era l’Olimpo, monte tanto famoso
sa era l’Olimpo, monte tanto famoso presso i poeti ; il Pelio, l’Ossa ed il Nefele, ove abitarono i Centauri. Quivi erano
quale era in un sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era
Vuolsi che sia il celebre Centauro Chirone. Ma nella storia favolosa ed eroica de’ Tessali non vi ha impresa più memorand
re di Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nefele un fig. chiamato Frisso ed una fig. detta Elle. Sposò poscia Ino, fig. di Ca
acabile contro la famiglia di costui, volle sfogarlo anche contro Ino ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore di far per
la famiglia di costui, volle sfogarlo anche contro Ino ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore di far perire i figliuol
curio e ch’era insigne pel suo vello d’oro ; sul quale montati Frisso ed Elle tentarono di passare il mare e recarsi nella
il timone di quella nave e che morì nel viaggio presso i Mariandinii, ed ebbe per successore Anceo ; Orfeo, fig. di Eagro 
i Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; Ificlo, di Testio ; ed altri non pochi. Or a questi avventurieri accadde
partiti di notte tempo dall’isola, furon respinti indietro dal vento, ed essendo stati per errore giudicati Pelasgi, co’qu
uerra, avvenne sì fiera battaglia fra gli uni e gli altri, che Cizico ed un gran numero de’suoi restaron miseramente uccis
piaggia, gli Argonauti si posero in viaggio, dimenticando quell’eroe, ed approdarono nella Bitinia, ove accadde la pugna d
ch’esso fu da Giove reso cieco, perchè apriva il futuro a’ mortali ; ed era di continuo molestato dalle Arpie che infesta
rvio le pone nel numero delle Furie. Virgilio nomina la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il quale le chiama fig.
numero delle Furie. Virgilio nomina la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il quale le chiama fig. di Taumante, fig
rra, seminandovi alcuni di que’ denti didragone già seminati da Cadmo ed a lui donati da Minerva. Questi buoi aveano le un
ive flamme ; dono fatale di Vulcano. Giasone accettò l’arduo cimento, ed istruito da Medea, insigne maga, fig. di Eeta, ch
della promessa ; ma vedendo ch’egli cercava di uccidere gli Argonauti ed incendiare la loro nave, Medea, incantato il vigi
un monte della Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di c
Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di capra, e la coda
ne, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofonte, col favore di Minerva ed avendo ottenuto da Nettuno il cavallo Pegaso, and
e che nella parte superiore era abitato da leoni, nel mezzo da capre, ed alle falde, da serpenti ; e che avendo Bellerofon
r, un avvenimento che senza fallo è il più celebre de’ tempi favolosi ed eroici ; e che nel tempo stesso può dirsi l’ultim
ale avvenne il famoso rapimento di Elena. Di sopra(4) abbiam discorso ed il fatale odio di Giunone contra i Troiani, ed il
pra(4) abbiam discorso ed il fatale odio di Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride
fatale odio di Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride ed il rapimento di Elena ;
ontra i Troiani, ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride ed il rapimento di Elena ; ora rimane a dire quel ch
impiegati dai Greci in questa spedizione ; secondo Omero erano 1186 ; ed al dir di Tucidide, 1200. In questa guerra erano
formidabile esercito ; e Mennone, fig. dell’Aurora, con molti Assirii ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assem
ente discacciato. Il sacerdote pregò il nume di vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste nel campo de’ Greci. Oltre
ci. Oltre questa sciagura nacque pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig. di Peleo, fig. di Eaco, detto spess
ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella delle Nereidi, ne
armi. Achille, seguendo il natural talento, le indossò con trasporto, ed in tal guisa scoprì se stesso. Achille adunque al
ennone e Menelao il superavano nella prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanza
Menelao il superavano nella prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanzava(1), e
ndo, inesorabile, altero. Ora, per ritornare alla gara fra quest’eroe ed il supremo duce Agamennone, diciamo che avendo qu
biamo a quest’ira famosa, dice uno scrittore, l’Iliade, il più antico ed il più ingegnoso de’poemi conosciuti. Achille si
roia l’infelice cadavere di Ettore attaccato pe’ piedi al suo cocchio ed esporlo a’cani ed agli avvoltoi. Ma essendo andat
davere di Ettore attaccato pe’ piedi al suo cocchio ed esporlo a’cani ed agli avvoltoi. Ma essendo andato Priamo a gittars
ogo dell’estinto amico. Ovidio dice che Achille fu ucciso da Paride ; ed Igino aggiunge che il dardo ferì il calcagno, ove
a nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco l’infelice città, la quale, se crediamo a
pescatori. Certamente esso era un attributo proprio del Dio del mare ed un simbolo del suo assoluto dominio su quell’infi
racconta che i Ciclopi donarono il fulmine a Giove, l’elmo a Plutone ed a Nettuno il tridente ; e che coll’aiuto di siffa
tiamo. Di fatto al mare, e quindi a Nettuno, attribuivansi i tremuoti ed altri straordinarii fenomeni che succedono sulla
rre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia stata opera di Nettuno ; ed a ragione, egli soggiunge, perchè credendosi che
iedi i monti e le foreste : « Egli ha fatto tre passi, dice il poeta, ed al quarto giunge sino a’ più lontani lidi. Dal se
Dio del mare, avea pure la cura de’cavalli, dicendo Omero ch’egli era ed il domator de’cavalli, ed il conservatore delle n
cura de’cavalli, dicendo Omero ch’egli era ed il domator de’cavalli, ed il conservatore delle navi. Anzi Virgilio(2) affe
. Perciò chiamasi Ippio o Equestre ; e Pausania fa menzione di tempii ed altari innalzati a Nettuno Equestre. E nella prim
tutto ciò Nettuno è stato uno degli Dei più onorati del paganesimo ; ed Erodoto asserisce ch’esso era sconosciuto agli Eg
te ne’luoghi marittimi furono in onore di lui innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa p
tro avea un sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza di un monte.
po. È noto pure il nostro Polifemo per l’avvenimento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di u
dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gellio chiama fig. di Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone
uomini di gigantesca statura e feroci, che cibavansi di carne umana, ed abitavano nella Sicilia, o secondo altri, a Formi
nia. Antichissimo re de’ Lestrigoni fu Lamo, di eui fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per sua mala ventura, alla lo
ccontasi nell’ Odissea(1) Figliuoli di Nettuno furono eziandio Beoto ed Eolo o Elleno, ch’egli ebbe da Melanippe, fig. di
e da Melanippe, fig. di Desmonte. Il primo diede il nome alla Beozia, ed Eolo, all’Eolia. Pausania dice che Eumolpo fu pur
e fu uno d’egli Argonauti, e che per le sue molte conoscenze nautiche ed astronomiche, successe a Tifi, pilota della nave
le avea smarrito, fu da questo eroe ucciso in un duello ; Epafo, Bolo ed Agenore ; ed infine l’invulnerabile Cicno, l’enor
ito, fu da questo eroe ucciso in un duello ; Epafo, Bolo ed Agenore ; ed infine l’invulnerabile Cicno, l’enorme Anteo, All
forma di un vecchio assiso sulle onde del mare con una picca in mano ed un mostro marino al fianco ; tiene un’urna e vers
, al quale serviva di trombettiere, detto perciò canoro, precedendolo ed annunziandolo col suonare una conca marina ritort
iversi Tritoni aventi tutti la stessa figura e le stesse incumbenze ; ed ora son figura, che serve di ornamento all’archit
cumbenze ; ed ora son figura, che serve di ornamento all’architettura ed in certi dipinti. In un calcedonio(4) vedesi Vene
ano furore nell’animo di quel re, che pigliando Ino per una leonessa, ed i figliuoli Learco e Melicerta per leoncelli, sch
e le tempeste. La stessa fatidica virtù si scorge attribuita a Proteo ed a Glauco da altri poeti. Secondo Apollodoro, il s
e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù di presagire il futuro, ed Orfeo dice ch’egli conosceva si le presenti che l
presenti che le future cose. Egli prendeva molte e stranissime forme, ed era ora un giovane, ora un leone, ora un toro, or
alquanto diversa da quella di Giove, avendo la barba più increspata, ed essendovi una considerevole differenza nel getto
s’innalzano. Alle volte si rappresenta con volto sereno e tranquillo ed alle volte commosso e sdegnato, per indicare il d
ommosso e sdegnato, per indicare il diverso stato del mare or quieto, ed or turbato. Si rappresenta pure sopra un cocchio
a σειω, fut. σεισωconcutio, et χθων, terra), scuotitore della terra ; ed Enositone, Ενοσιχθων (ab ενοσις, concussio, et χθ
a Nettuno Padre(1). Neptunus redux, cioè che riconduce a buon porto, ed a cui i marinari offerivano sacrificii in rendime
afferma che finiva in cani marini (3), come Lucrezio, Ovidio, Tibullo ed altri eziandio asseriscono. Omero (4) bellamente
etto di Messina. Ed i latrati di Scilla non son altro che lo strepito ed il rumoreggiare delle onde che s’infrangono fra q
o Tartaro o Inferno da’Greci chiamavasi Αδης, o Αιδες, da α privativo ed ιδειν, vedere ; per cui Aide dinota un luogo tene
e ; sebbene altri affermano che nacque da Demogorgone e dalla Terra ; ed era propriamente un luogo dell’inferno, ove prima
o. Fu chiamato Orco da ορκος, giuramento, perchè non vi era più santo ed invidiabile giuramento che quando giuravasi per l
che nasceva da quella palude. Or questi nomi di Aide, Tartaro, Erebo ed Orco, quantunque propriamente significano certi l
Iago di Averno, il quale, come diremo, era per folte selve tenebroso, ed avea acque assai pestilenziali ; percui gli antic
e’sepolcri de’morti che de’palagi de’vivi. Dall’Egitto Melampo, Orfeo ed altri recarono nella Grecia la dottrina dell’immo
di premio, detto Elisio o Campi Elisii. Or ecco in qual guisa i Greci ed i Latini poeti li han descritti colla loro vivace
esso il lago di Averno, ov’era la grotta della Sibilla, vicino a Baia ed a Pozzuoli. Essi il giorno abitavano in antri e l
la palude Acherusia. Il che ebbe origine dall’essere que’luoghi bassi ed oscuri e circondati da montagne che impedivano di
no, ove dimora il Sonno e la Morte, nè vi giunge mai raggio di sole ; ed un terribile mastino che fa mille moine a chi ent
le ombre di fresco uscite de’corpi che sono stati sepolti. Il Pallore ed il Verno signoreggiano que’luoghi incolti, pe’qua
tre orrendi latrati ; e le Furie, fig. della Notte, divinità crudeli ed inesorabili, colle chiome di atri serpenti, stann
ndo quell’empia turba si disperde. Nero serpente vi cova alla porta ; ed il rabbioso Cerbero e stride, e latra e veglia in
in mezzo all’aria, ove regna un clima purissimo ; altri, nella luna, ed altri nel centro della terra accanto al tartaro ;
e. Pindaro finge due regni sotterranei, l’inferno, ove regna Plutone, ed i Campi Elisii, de’quali è signore Saturno, ove g
i da limpide acque. Di essi que fortunati abitatori portano e le mani ed il crine adorno. Il tutto si governa secondo i gi
mano dolci melodie. Quivi il terreno senza coltura è ricco di cassia, ed odorifere rose il suol benigno tutto germoglia ;
ltrici, i pallidi Morbi, la Vecchiezza, la Fame, la Povertà, la Morte ed il Sonno, parente della morte, la Guerra, le Furi
, parente della morte, la Guerra, le Furie e la Discordia dal vipereo ed insanguinato crine. Là pure (1) un opaco e grande
ione, e le Gorgoni e le Arpie. Prima di giungere alla casa di Plutone ed al tribunale di Minos è mestieri passar l’Acheron
e Ombre debbono subire un rigoroso giudizio della lor vita. Radamanto ed Eaco siedono giudici nel campo detto dell a Verit
ne del Tartaro, ove giacevano i famosi scellerati, come Tizio, Sisifo ed altri, e dove stavano le Parche, le Furie ec. Il
nero. E perciò ancora essi opachi e tenebrosi si fingevano da’poeti ; ed avvedutamente Omero fra le tenebre di cui erano i
uell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel dipingono gli storici ed i poeti dell’antichità. Alle vecchie foreste che
Omero, il quale afferma che nell’Acheronte si getta il Piriflegetonte ed il Cocito ch’egli chiama un rigagnolo dello Stige
ocito era fiume dell’Inferno, che i geografi pongono nella Tesprozia, ed altri presso il Lucrino. Lo Stige ed il Cocito er
eografi pongono nella Tesprozia, ed altri presso il Lucrino. Lo Stige ed il Cocito erano limacciosi e lenti ; ma rapidi l’
o Stige ed il Cocito erano limacciosi e lenti ; ma rapidi l’Acheronte ed il Flegetonte ; e lo Stige, per essere assai torb
tissima, percui nebulosa appellasi da Ovidio. Per essa gli Dei stessi ed anche Giove temevano di spergiurare (2) : « L’acq
dell’Eneide diede al Dio del sonno un ramo stillante di umor Leteo ; ed Ovidio, nelle Metamorfosi, descrivendo la casa de
cuni pochi che certi benefici cigni a gran fatica pescavano col becco ed in tal guisa sottraevano all’oblio. » V. Dell
chiamansi simulacri o idoli (βροτων ειδωλα καμοντων), cioè corpi vani ed ombratili, e da Virgilio, ombre tenui e simulacri
li che alle volte dicevansi esser comparsi ai viventi, erano le Larve ed i Lemuri, cui si offrivano cibi e si preparavano
sì Deifobo mostravasi ad Enea col corpo tutto lacero, come morì (1) ; ed Euridice seguiva nell’inferno il suo Orfeo con le
vita. Presso Omero le ombre trattano le cause al tribunale di Minos, ed Arione si esercita, come in vita, alla caccia del
ere D. M. che poneansi su’ sepolcri e che gli antichi credevano sacre ed inviolabili. Si noti che la voce Manes spesso si
. Al dir di Ovidio esse sedevano avanti le porte dell’eterno carcere, ed aveano serpenti per crini, o crini frammischiati
ma eziandio Erinni, Eumenidi e Dire. Di esse chiamate da Ovidio dura ed implacabile divinità, Aletto. dice Virgilio, era
abile divinità, Aletto. dice Virgilio, era terribile a Plutone stesso ed alle altre Furie ; e secondo Eschilo, questi most
tre Furie ; e secondo Eschilo, questi mostri erano odiosi agli uomini ed agli Dei. Queste Dee si riguardavano come ministr
iguardavano come ministri della giustizia de’ Numi, e come Dee severe ed inesorabili, intente solo a punire il delitto sì
cuno è dalle sue scelleratezze ridotto all’insania, i ferali pensieri ed i rimorsi della coscienza sono di noi stessi il c
. Il nostro Dante il descrive come un vecchio bianco per antico pelo, ed il chiama Dimonio con occhi di bragia. Virgilio i
erpina. Ma come vide l’aureo ramo, cadde l’ira del vecchio nocchiero, ed il figliuolo di Anchise fu tosto nell’affumicato
infernale fu nipote di Demogorgone e fig. dell’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana, nel quale
uisa de’Triumviri capitali de’Romani, eseguiva le sentenze de’giudici ed i rei dava in mano a Tisifone che nella tartarea
erma che Tantalo rubò il nettare e l’ambrosia dalla mensa degli Dei ; ed a questo fatto il poeta attribuisce la cagione de
una stilla, così l’avaro in mezzo alle ricchezze non sa punto goderne ed è fra quelle veramente povero (inter opes inops).
a osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pena della quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e l
che beneficio. VIII. I Greci attinsero dall’Egitto il loro Inferno ed i Campi Elisii. Diodoro di Sicilia riferisce
no scritto ne’loro annali che Orfeo, Museo, Omero, Pittagora, Platone ed altri Greci di gran rinomanza, erano stati in que
de’malvagi nell’inferno, i beati Elisii de’giusti, le ombre de’morti, ed altre simili finzioni, tutte erano state da Orfeo
resso la palude Acherusia non lungi da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto
prato. La barca che trasportava i cadaveri, appellavasi bari (βαρις), ed al barcaiuolo che volgarmente gli Egiziani chiama
erali dagli Egiziani. Di là da quel lago vi erano deliziosi boschetti ed un tempio consacrato ad Ecate tenebrosa, con due
stessa e la natura della terra. Or è noto che dis significava ricco, ed era lo stesso che dives. Dicevasi pure Orco (Orcu
he significano non vedere, perchè era signore di quel regno tenebroso ed oscuro, ovvero un Dio invisibile. Chiamavasi pure
aticano a filare i loro fatali stami, giacchè esso presiede alla vita ed alla morte degli uomini. Il suo dominio era formi
infernali Dei, si è sempre detto da’poeti che hanno un cuore crudele ed inesorabile ; e ci vien descritto di una maestà t
ui che la portava. Agamennone presso Omero chiama Plutone implacabile ed inesorabile e quindi a’mortali odiosissimo ; e ci
fra tutti gli Dei in niun luogo gli uomini han consacrato mai tempii ed altari o cantato inni in suo onore (3). E la stes
olo al signore del cielo, ma ancora al Dio del mare, come in Eschilo, ed a quello dell’inferno, che da Omero dicesi Giove
hilo, ed a quello dell’inferno, che da Omero dicesi Giove sotterraneo ed infernale ; con che volevano farci intendere i po
i potenti, e principalmente la folgore a Giove, il tridente a Nettuno ed un elmo a Plutone. Il quale, sebbene non sembrass
il Sole, mentre percorre l’emisfero inferiore, apparisce nell’autunno ed insieme col sole tramonta sulla Sicilia, per un o
fre una figura ritta in piedi, avente la barba e portante il tridente ed un’aquila ; a’suoi piedi sta il Cerbero. Secondo
edaglie, ove Plutone è rappresentato assiso, portante ora una patera, ed ora un’asta ; una volta sola la forca, e due solt
di una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con una folta barba ed in aria severa, ed ha sovente sul capo l’elmo don
uesto Dio rappresentasi sempre con una folta barba ed in aria severa, ed ha sovente sul capo l’elmo donatogli da’ Ciclopi.
severa, ed ha sovente sul capo l’elmo donatogli da’ Ciclopi. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plu
quattro neri e focosi cavalli, che si chiamavano Orfneo, Eton, Nitte ed Alastore. Plutone si rappresentava, dice Albrico
uo trono uscivano i quattro infernali fiumi Lete, Cocito, Flegetonte, ed Acheronte. V. Principali epiteti di Plutone.
’aggiunto ora di nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygius, ed ora di Ctonio, ευς Χθονιος, Giove terrestre. Fer
stre. Ferale, soprannome dato a Plutone per quell’indole sua crudele ed inesorabile, per la quale fu detto da Orazio illa
rpina. Secondo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo di
di Giove, fu tosto dichiarata regina de’silenziosi regni dell’Erebo, ed ebbe col marito diviso l’impero sulle ombre de’ m
ernali luoghi, ad imitazione dell’ Ulisse di Omero, sacrifica all’uno ed all’altra per renderseli propizii(1). Tibullo esp
e fa menzione della potestà che avea Proserpina sulla vita umana(2) ; ed aveasi per arbitra della vita e della morte ; per
e sullo stesso suo trono la regina dell’Erebo. È probabile che Ercole ed i due mentovati eroi fossero entrati nell’inferno
rnali Deità, colle quali le streghe aveano troppo stretto commercio ; ed anche perchè la luna che presiede alla notte e ch
presiede alla notte e ch’è la stessa cosa che Proserpina, è l’arbitra ed il fedel testimone de’loro arcani sacrificii(2),
di rado le maghe, le quali alle loro erbe univano i così detti carmi ed alcune preghiere, invocavano Ecate e la Dea Tellu
e fra gli Dei magici (Dii magici), come fa Medea appresso Ovidio(3) ; ed i monti e le rive de’fiumi che alle maghe sommini
soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti gli altri celesti ed infernali Iddii. E veramente esse ebbero gran par
i annoverano fra le divinità infernali, perchè presiedevano alla vita ed alla morte degli uomini ed a bitavano un antro te
à infernali, perchè presiedevano alla vita ed alla morte degli uomini ed a bitavano un antro tenebroso nel Tartaro, erano
ppellavansi Μοιραι da μερω, dividere, perchè le Parche distribuiscono ed assegnano a ciascuno la sua sorte ; o da μοιρα, f
ullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della più risplendente e lu
trono di Amicleo pose le Parche insieme colle Ore intorno a Plutone ; ed a Megara erano state scolpite da Teocosmo sulla t
uel poeta, nel luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto di bronzo e di solido ferro, sebbene la
ne ottenuto il permesso di uscirne, come Cerere, Bacco, Ercole, Teseo ed altri. Esse compiono i tempi assegnati dal fato(2
Ercole, Teseo ed altri. Esse compiono i tempi assegnati dal fato(2) ; ed alle volte si servono del ministero degli uomini
on lunga tunica e con ampio peplo ; sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora di una collana e di due bracciale
ος, Iddio, e γαμως, nozze. E Teogamie eran feste celebrate in Sicilia ed in Atene in memoria delle nozze di Proserpina con
rande vecchiezza significa l’eternità de’divini decreti. La conocchia ed il fuso ci additano ch’era loro incumbenza regola
Dee regolano l’armonia maravigliosa di esse, in cui consiste l’ordine ed il sistema dell’universo. A Proserpina si sacrifi
e ed il sistema dell’universo. A Proserpina si sacrificava una troia, ed anche una vacca nera e sterile(1), in segno della
v. 738 sqq. (1). Ovid. Met. IV, v. 771, sqq. (1). Apollod, Ferecide ed Ovidio. (1). Plin. XXXII, 2. 11. (1). Ovid. Str
2 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
veri, o Allegorie opportune a correggere i difetti degli uomini ; 4° ed in racconti relativi ai buoni costumi od alla Mor
sprofondamenti di paesi, apparizioni d’isole, pestilenze e carestie ; ed allora potrebbero esser dette favole fisiche. Inf
, e con graditi ornamenti le imprimono meglio nella memoria. 8. Ceice ed Alcione trasformati in alcioni sono immagine comm
massi, esprime il potere dell’ eloquenza e della musica sugli uomini, ed anche l’ effetto maraviglioso che i naturali ogge
ono ad adorare le cose materiali, il Creatore, cioè, nella creatura ; ed il sole, la luna, le stelle, il tuono ed il fulmi
tore, cioè, nella creatura ; ed il sole, la luna, le stelle, il tuono ed il fulmine furono i loro Dei ; e quindi giunsero
Dei ; e quindi giunsero ad onorar come tali anche i bruti, le piante ed i sassi. 13. Poi ottennero templi ed altari gli u
me tali anche i bruti, le piante ed i sassi. 13. Poi ottennero templi ed altari gli uomini celebri ed i benefattori dell’
nte ed i sassi. 13. Poi ottennero templi ed altari gli uomini celebri ed i benefattori dell’ umanità, e la riconoscenza re
oscenza rese divini i guerrieri famosi, gli artisti di grande ingegno ed i legislatori dei popoli. Cosicchè Esculapio che
ato il Panteon adunarono tutte le divinità adorate in paesi diversi ; ed insieme con le loro armi vittoriose introdussero
il numero degli Dei. Gli antichi annoveravano più di trecento Giovi, ed almeno quaranta Ercoli ; perlochè Giovenale, poet
: La prima comprendeva gli Dei supremi o i grandi Numi (Dii majores), ed erano in numero di venti. 18. La seconda era quel
rì 9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella
cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella congerie di cose casuale ed informe, nella quale immaginarono confusi tutti g
che questi non allevasse figliuoli maschi. Saturno osservò i patti ; ed essendo in lui personificato il Tempo che distrug
Giove fu dato a educare alle Ninfe del monte Ida nell’ Isola di Creta ed ai sacerdoti di Cibele, chiamati Cureti, Galli, C
aesi dell’ Europa che furono i primi ad essere abitati e inciviliti : ed i suoi figliuoli hanno lasciato più fama del padr
70, 71), tanto celebre nella favola, ebbe Epimeto (73), Atlante (382) ed Espero (altri dicono Meneceo) (507). Forse passa
o aveva due teste o due volti per conoscere tanto l’ uno che l’altro, ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il re
ri. All’ uom che già vivea del suo sudore, S’ aggiunse noja, incomodo ed affanno, Pericol nella vita e nell’ onore, E spe
; Fêr le ricchezze i già svegliati ingegni Darsi ai furti, alle forze ed agli inganni, Agli omicidj ed a mille atti indegn
iati ingegni Darsi ai furti, alle forze ed agli inganni, Agli omicidj ed a mille atti indegni, Ed a tante dell’ uom ruine
i, Ch’ oltre l’ orgoglio de’ venti e de’ mari, Molti uomini importuni ed arroganti In varj legni diventâr corsari. La terr
nel letto, Lui che con tanto amor diè lor ricetto. S’accendon l’aspre ed orride giornate Piene di sanguinosi alti perigli,
i entravano in carica ; seguiti dalla folla, salivano il Campidoglio, ed in mezzo ai profumi immolavano a Giove-Capitolino
doni e banchetti ; era vietato eseguir le sentenze e far la guerra ; ed i padroni servivano a tavola i loro schiavi, per
ni servivano a tavola i loro schiavi, per rammentare l’antica libertà ed eguaglianza goduta dagli uomini nell’età dell’oro
to di falce, per indicare ch’ei presiede al tempo che tutto distrugge ed all’ agricoltura che tutto riproduce. È anche ala
hio, Pensando ’l breve viver mio, nel quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio. Chè più d’un giorno è la vita mor
, dal presiedere alla terra, come Saturno aveva presieduto al cielo ; ed Ops, cioè soccorso, ricchezza, perchè stimavano c
ia, di dove Enea (608) figliuol d’Anchise ne recò in Italia la statua ed il culto. Numa re di Roma le consacrò un tempio12
i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e di libera condizione.
i testamenti e quanto poteva esservi di segreto e di sacro. Al circo ed a tutti gli spettacoli avevano luogo distinto. Il
face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare alle novizie. Le Vestali
neo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare alle novizie. Le Vestali conservaronsi
cro) d’una falsa religione. Uscivano costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa di ciarlatani andavano di città in città
oro o una capra o una scrofa a motivo della sua fecondità. Il bossolo ed il pino eranle sacri, perchè col legno del primo
si conviene al nume di coloro in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed il suo regno, benchè pieno di dovizie, incuteva t
rasformata in fontana. La terra si spalancò al colpo del suo scettro, ed egli trasse la preda nei suoi tenebrosi dominii.
egli trasse la preda nei suoi tenebrosi dominii. La tenera fanciulla ed innocente Tutta lieta cogliea questo e quel fiore
fonte ov’ erano certi villani che per malvezzo gliela intorbidarono ; ed essa, quanto era stata generosa verso la cortesia
sua sventura Proserpina aveva assaggiato alcuni chicchi di melagrana, ed Ascalafo figliuolo dell’Acheronte (218) lo riferì
e sdegnata gettò in faccia al delatore l’ acqua del Flegelonte (220), ed egli fu subito trasformato in sozzo gufo notturno
era chiuso un fanciullo, un serpente d’oro, un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia, nel tempo di questa pr
e accende…. Vendè la casa e le masserizie per procacciarsi alimenti, ed era ridotto in estrema povertà. Allora la sua fig
esero ad assalirlo sullo stesso suo trono sovrapponendo Ossa a Pelio, ed Olimpo ad Ossa, tutte montagne della Grecia, di s
no dar la scalata al cielo, avventando incontro agli Dei massi enormi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé di su
elio. Giove sotterrò vivi, sotto l’isola d’Ischia, Tifone e Briareo ; ed Encelado sotto l’Etna. Il fine dei giganti adombr
o a Prometeo ; il quale, prevedendo qualche inganno, respinse Pandora ed il vaso ; ma Epimeteo suo fratello, meno accorto
Egli era poi onorato anche in Affrica sotto il nome di Giove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essendo in pericolo di
di sete nei vasti deserti della Libia, implorò il soccorso di Giore ; ed il padre degli Dei, apparsogli in forma d’ariete,
imo posto tra le divinità, così il suo culto fu sempre il più solenne ed il più diffuso tanto in Europa che in Asia. Il su
tanto in Europa che in Asia. Il suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la mirabile statua di Giove Olimpico, sco
indorate le corna ; ma spesso si limitavano ad offrirgli farina, sale ed incenso. 82. Gli antichi consacrarono a Giove la
ta barba, assiso in un trono d’avorio, avente nella destra la folgore ed uno scettro simbolo dell’onnipotenza, ed una stat
ente nella destra la folgore ed uno scettro simbolo dell’onnipotenza, ed una statuetta della Vittoria nella sinistra ; all
tatuetta della Vittoria nella sinistra ; allato gli seggono le Virtù, ed ai piedi ha l’aquila a lui consacrata, siccome il
Virtù, ed ai piedi ha l’aquila a lui consacrata, siccome il più forle ed il più coraggioso tra i volatili ; talvolta l’aqu
ro degli enti mitologici che hanno avuto il nome di Giove ; e Varrone ed Eusebio li fanno ascendere sino a trecento, lo ch
enerato per virtù di un fiore, o secondo altri comparso già cresciuto ed in armi di sotto tcrra allorchè Giunone, rampogna
70) che Giove precipitò dal cielo sulla terra da quanto era deforme ; ed Ebe (87) Dea della giovinezza. 87. Questa Ebe fu
a regina e di Giove, pregò il padre perchè ripopolasse il suo regno ; ed egli fece scaturir fuori da una vecchia querce de
ngiata in gru ; e le figlie di Preto rè d’Argo (462), Lisippa, Ifinoe ed Ifianasse, per essersi vantate belle quanto Giuno
Melampo restituì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed in premio di questa cura mirabile ebbe la mano d’
sta Dea consacrati ; ma con maggior culto l’onoravano ad Argo, a Samo ed a Cartagine. Nella prima di queste città si celeb
cia nella sinistra ; oppure comparisce assisa con un bambino fasciato ed un giglio. Qualche volta aveva sulla fronte una c
he offeser Cerere (55), ebbero la crudeltà di negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solito gastigo di convertirli in
ma la fronda Peneia), e volle che il lauro in memoria di un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenisse nobile ricomp
e la palla ribattuta da Apollo, in modo che Giacinto ne restò colpito ed ucciso. Lo Dio, sventurato anche nell’amicizia, t
otta a fine la costruzione, Laomedonte negò loro la pattuita mercede, ed essi crucciatine, fermarono di vendicarsi. Nettun
, infiammare, gr.) 111. Secondo la favola Apollo ebbe parecchi figli, ed i più celebri sono l’Aurora, Fetonte, le Eliadi e
iducendosi ad essere oppresso da interminabile decrepitezza, desiderò ed ottenne di trasformarsi in cicala. 113. Dal matr
uali si separarono in due branchi, e si combatterono con tanto furore ed ostinazione, da cader morti accanto al rogo a gui
oeti. E quale, annunziatrice degli albori, L’aura di maggio muovesi, ed olezza, Tutta impregnata dall’erba e da’fiori….
no il carro del Sole per attestare così la propria nobiltà vilipesa ; ed Apollo, benchè sulle prime ne lo dissuadesse, fu
lli, accortisi di esser guidati da mano inesperta, deviano il corso ; ed ora salendo troppo alto per le vie del cielo fann
La terra, adusta fin nelle viscere, alza i suoi gemiti a Giove (63), ed egli, per impedire l’ultima ruina dell’universo,
lo sacro ad Apollo, alle Muse ; indi i poeti stessi erano trasformati ed onorati nei cigni. Ugo Foscolo nel carme le Grazi
seguenti bei versi : A quanti alati28 Godon l’erbe del par, l’acre ed i laghi, Amabil sire é il cigno ; e coll’impero M
il cigno ; e coll’impero Modesto delle grazie i suoi vassalli Regge ; ed agli altri volator sorride, E lieto la superba aq
a aquila ammira. Sovra l’omero suo guizzan securi Gli argentei pesci, ed ospite leale29 Il vagheggiano s’ei visita all’a
elo dov’era nato, e dove Teseo (402 e seg.) stabilì i giuochi Pitii ; ed uno sul monte Soratte ove i suoi sacerdoti cammin
lete mandò il treppiede a Biante ch’ei teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di scienze e d
assalto Priene sua patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi averi ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani vuote ris
patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi averi ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani vuote rispose, io porto con
elle Muse (274) con le quali abitava il Parnaso, l’Elicona in Beozia, ed il Pindo. Il Parnaso ha anche il nome di monte sa
volesse riconoscere la sua inferiorità, si pose a dileggiare Apollo ; ed ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla v
lo, e andava spacciando che i suoni del suo flauto superavano la lira ed il canto del Nume dell’armonia. Venuti infine a c
onoscere come bene gli si addicevano le note orecchie asinine, chiese ed ottenne il privilegio di convertire in oro tutto
l Cancro. 131. Leucotoe era figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghitosi della sua bellezza prese l’eff
o ogni vittoria, questa esclamazione diventò grido di gioia. Il Corvo ed il Cigno (120) furon sacri ad Apollo, denotando c
Fu poi attribuito al corvo il naturale istinto di predire il futuro, ed il suo crocidare serviva spesso di prognostico. L
Apollo con una radiante corona in testa, armato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale d
inghirlandata d’alloro ; gli stanno ai piedi gli emblemi delle arti, ed ha nella destra l’arco e i dardi, e nella sinistr
e Dei. Talora av[ILLISIBLE] a un elmo, come protettore degli uomini, ed era in atto di far donativi alle Grazie (175) che
la più celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo di Belvedere, ed è una meraviglia dell’arte. Diana. 137
ie amica, E ognor con esse in tutela al core Delle ingenue fanciulle, ed agli infanti, Foscolo. Le Grazie. Ebbe soprann
a perchè invocata anch’ella nei parti, e perciò confusa con Giunone ; ed i Latini la dissero Genitalis od Illitia dal grec
Endimione dormiva in [ILLISIBLE] valle spesso illuminata dalla Luna, ed ecco l’origine de favola delle nozze di Diana e d
e passava la sue notti sulla cima delle mo[ILLISIBLE]tagne a misurare ed a studiare il corso degli astri. No[ILLISIBLE] in
uno di quei cappelli in capo, che si dicono acidari, largo di sotto, ed acuto e torto in cima, come il corno del Doge, co
un abito di velo sottilissimo di varj colori, bianco, giallo e rosso, ed un’altra veste tutta nera, ma chiara e lucida, sp
Claudiano, è di corno, e secondo Ovidio, d’oro. Fatelo come vi pare, ed attaccatele il turcasso agli omeri. Si trova in P
sso agli omeri. Si trova in Pausania con due serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un vaso dorato col manico di serpe
Ausonio. E facendo giovenchi, vogliono avere le corna molto piccole, ed una macchia bianca sul destro fianco. » (Vasari.
ra cruccciata Per Semelè contra ’l sangue tebano. Come mostrò già una ed altra fiata…. Dante, Inf., c. XXIX. La sdegnata
sdegnata Dea apparve a Semele sotto le sembianze di Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la sua vanità, la istigò a chied
quando fu in età da essere istruito, presero a educarlo le Muse (274) ed il vecchio Sileno (150), sicchè diventò in breve
o, indi dalle Naiadi (317), dai Baccanti, dalle Tiadi e dalle Menadi, ed avevano il nome di Baccanali od Orgie. Prima furo
do in quando la collocavano sotto l’ombra di una quercia o d’un fico, ed ivi le facevano i soliti sacrifizj : ………. le fol
lavori ; quand’ecco la casa empirsi a un tratto di coruscanti fuochi ed echeggiare d’ urla tremende, e la vendetta del Nu
anzi tratto celebrate tre volte l’anno : la prima nel mese d’agosto, ed appendevano allora sugli alberi vicini alle viti
pre la corona di pampani o d’ellera, con la faccia di giovine ridente ed imberbe, essendochè l’uso moderato del vino manti
dochè l’uso moderato del vino mantiene la vivacità della giovinezza ; ed ha nell’ una mano i grappoli d’uva o la tazza, e
a gazza, per avvertire che il vino ci rende indiscretamente loquaci ; ed il capro perchè quest’animale è infesto ai germog
ani, e invocando Bacco nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè di notte furia e calca Pur che
tto di ricordare una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli di Liber
are una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli di Libero, Dionisio,
sì nel mare che nell’inferno ; dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte di tutte le loro brighe e degli a
più sollecito nell’eseguire gli ordini dei Numi aveva ali alla testa, ed ai piedi talari : Ali son queste Con penne d’oro
incontrato quei due animali che si battevano, li separò con la verga, ed essi vi rimasero avviticchiati ; quindi il caduce
e un’ anima. Il filosofo Pitagora propagò questa credenza in Italia ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ ass
avi. 163. Mercurio sonava perfettamente il flauto, era logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora l
l flauto, era logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentavano con una catena d’oro pe
ciamento di ginnastica, la quale è utilissima a incivilire gli uomini ed a mantenerli valorosi ed onesti. Laonde Mercurio,
a quale è utilissima a incivilire gli uomini ed a mantenerli valorosi ed onesti. Laonde Mercurio, interprete ed esecutore
omini ed a mantenerli valorosi ed onesti. Laonde Mercurio, interprete ed esecutore delle volontà degli Dei, eloquente per
he da giovinetto cattivarsi l’animo di tutti, e divenire rispettabile ed assennato quanto il vecchio Dio dei mari, eloquen
atti. Mercurio era sempre in fasce quando portò via i bovi ad Apollo, ed ebbe l’accortezza di farli camminare all’ indietr
altro giorno Mercurio involò allo stesso Apollo la lira, il turcasso ed i greggi ch’ ei pasturava pel re Admeto (102). Ba
a Erse fosse protetta da Mercurio, pose ostacoli all’amore del Nume ; ed ei, volendonela punire, la converse in pietra. 16
te, cioè interprete, quando lo consideravano preposto alle ambascerie ed ai negoziati ; fu detto Nomio quanto al commercio
rie ed ai negoziati ; fu detto Nomio quanto al commercio, alla musica ed all’eloquenza ; Agoreo se proteggeva le piazze de
vie o le strade, ove sorgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il soprannome di Quadratus ; finalmente lo
ll’eloquenza, un altro era medico, il terzo esperto mercatante, ec. ; ed è verosimile che coll’andar del tempo queste dive
’ austero nome : fra’ Celesti or gode Di cento troni ; e con più nomi ed are Le dan rito i mortali, e più le giova L’inno
piamente il concetto della Venere genitrice, dichiarando i suoi pregi ed il suo potere. Vediamone la elegante traduzione d
e i più celebri sono Cupido o l’Amore, Imene o Imeneo, le tre Grazie ed Enea ; e figurarono parimente nati da lei il Riso
di Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, simbolo di potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolta è cieco o
na. Qual é morto da lui, qual con più gravi Leggi mena sua vita aspra ed acerba Sotto mille catene e mille chiavi. Ed a q
issimo poeta Dante Alighieri, non contento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose nel cielo, ed inspirato d
ento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose nel cielo, ed inspirato da esso a quel canto che dovea rendere
zie, Aglaia (aglaos, bello, gr.) Talia (thalia, giorno di festa, gr.) ed Eufrosine (euphrosyne, gioia, gr.) ebbero Bacco p
piaccio, gr.) nato in Arabia, era giovine di straordinaria bellezza, ed appassionatissimo per la caccia. Non faceva che a
littissima di questa morte, richiese a Giove 35 il suo diletto Adone, ed ottenne ch’ egli passasse ogni anno sei mesi sull
sei mesi sulla terra e sei nell’inferno. Adone fu posto tra gli Dei, ed ebbe tempio e culto e feste chiamate Adonie, le q
molta bellezza ; ma, secondo alcuni, d’indole tanto altera, volubile ed incostante, che non stava mai ferma in un proposi
ntorno. Un Nume potente, amabile e giovine, fu preso d’amore per lei, ed immaginò uno strattagemma per esserne costantemen
e di tanti doni e di tanti prodigj. Interrogava le sorelle, le amiche ed i servi, ma nessuno sapeva darlene contezza. L’en
a che il caso guidi a lui la donzella. Psiche vi giunge, si accosta…. ed oh maraviglia ! trova addormentato colui ch’ ella
oci di questo momento ; ora non potrà fuggire ai miei avidi sguardi ; ed io saprò se debbo amarlo o vendicarmi. » Si accos
no stato da far temere della sua vita. Le vengono prodigati soccorsi, ed è condotta a piè degli altari di Venere, dove rit
orsi, ed è condotta a piè degli altari di Venere, dove ritorna in sè, ed invoca la Dea. In quel punto Amore sopraggiunge p
non ha forza di parlare ; si prostra a’ piedi del generoso vincitore, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celes
garzone udia. 179. Venere ebbe maggior culto in Idalia, in Amatunta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isolet
acra, Tanto ritien del suo primo esser vile, Che par dolce a’cattivi, ed a’buoni acra. (Petr., Trionfo d’Amore, c. IV.) O
nell’isola di Cipro, ove la città e la montagna Idalia eranle sacre ; ed aveva anche il nome di Citerea, perchè, appena fo
ficare che l’amore della sola materiale bellezza ci fa divenire pigri ed abietti : a Sparta, patria d’eroi, ed a Citera in
e bellezza ci fa divenire pigri ed abietti : a Sparta, patria d’eroi, ed a Citera indossava l’usbergo come Minerva ; e ad
on è pregevole. Fu anche figurata col pomo della bellezza in una mano ed un mazzo di papaveri nell’altra, perchè talora il
dei Medici, così detta per aver appartenuto alla famiglia dei Medici, ed è ora uno dei più belli ornamenti della galleria
ere, con la fronte incoronata di mirto, recavanle in offerta il latte ed il miele. La gran sacerdotessa si prostrava la pr
il fuoco era acceso col ginepro e coll’acanto. Intanto altre vergini ed altre donne si appressavano all’ ara di Venere nu
(190). 189. Nettuno ebbe dal matrimonio con Anfitrite parecchi figli, ed i più noti sono i Tritoni e le Arpie (191). 190.
avano l’uomo ; e nel resto il pesce. Precedevano il Nume o Anfitrite, ed annunziavano il suo arrivo col suono della conca
iolentemente, gr.) eran mostri con volto femminile, mammelle cascanti ed irsute, orecchi d’orso, corpo d’ avvoltojo, ali d
d’ avvoltojo, ali di pipistrello, crini di cavallo e artigli ai piedi ed alle mani. Quale orrido simbolo dei vizj, infetta
. Quale orrido simbolo dei vizj, infettavano ogni cosa che toccavano, ed erano cagione di carestia e d’infiniti guai. Abit
re membra : hanno di ventre un fedo Profluvio, ond’è la piuma intrisa ed irta ; Le man d’artigli armate, il collo smunto,
arono sulla Grecia e nelle vicine isole, cagionarono grande carestia, ed infettarono l’aria coi loro cadaveri. — V’ è chi
dicono che fossero Corsari frequentemente scesi negli stati di Fineo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti agli estre
fiume al quale presiedono. 195. Proteo nacque dall’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di f
gliava ogni specie di forme per atterrire chiunque gli s’accostasse ; ed ora diveniva leone, or leopardo, or cinghiale, e
leone, or leopardo, or cinghiale, e talvolta si trasformava in acqua ed anche in fuoco ; dimodochè, per astringerlo a ris
cogli invisibili, intorno a’quali gorgogliando l’onda vorticosa attræ ed ingoia in profondi abissi le navi degl’ incauti n
quelli da essi cagionati, allorchè separarono la Sicilia dall’Italia ed apersero lo stretto di Gibilterra :39 ……..Ivi i
iosi slanci si rituffavano in mare. Volle farne anch’esso esperienza, ed appena si fu cibato di quell’ erba, corse a preci
o, e colle bocche De’suoi mostri voraci, che distese Tien mai sempre ed aperte, i naviganti Entro al suo spece a sè tragg
o in Alcioni. 207. Nettuno ha folta barba, in capo il regio diadema, ed è coronato di piante marine ; comparisce per lo p
nno la parte posteriore del corpo fatta a guisa della coda dei pesci, ed i piedi palmati per nuotar meglio. 208. Il car
dominio ch’egli ottenne sulle acque del mare, dei fiumi e dei fonti ; ed aveva inoltre la proprietà di spalancare la terra
la nuova navigazione. 211. Le sue vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma gli aruspici gli offrivano acq
Conso, o Dio dei buoni consigli ; Poseidon, ovvero sfascia vascelli, ed Enosigeo, ossia scotitor della terra. Plutone
serpina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone, ed egli dovè rapirla (53), giacchè nessuna Dea volev
de parole che tutti sanno : « Per me si va nella città dolente ec., » ed Enea vide una folla d’ orrendi spettri : Nel pri
biosamente tormentavano le ombre dei malvagi : Quivi sospiri, pianti ed alti guai Risonavan per l’ær senza stelle…. Diver
Parte in musiche, in feste, in balli, in suoni Se ne van diportando, ed han con essi Il tracio Orfeo, ch’in lungo abito e
n con essi Il tracio Orfeo, ch’in lungo abito e sacro Or con le dita, ed or con plettro eburno, Sette nervi diversi insiem
e le lacrime dell’eterno pianto dei malvagi, come suona il vocabolo ; ed il loro mormorio ne imitava i gemiti. Credevano g
éttare. L’Ambrosia (ambrosios, immortale, gr.) era il cibo degli Dei, ed il Néttare la lor comune bevanda. La prima era mo
ude : » ……Demonio spaventoso e sozzo, A cui lunga dal mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha gli occhi accesi Com
passo Non sono ammessi. (Loc. cit.) 226. Cerbero, cane con tre teste ed il collo orridamente cinto di serpenti, custodiva
la gente che quivi é sommersa. Gli occhi ha vermigli, e la barba unta ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Gr
a. Gli occhi ha vermigli, e la barba unta ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli scuoia
il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c. VI.) Accoglieva talora
i. 227. Minosse, Eaco e Radamanto erano i tre giudici dell’ Inferno, ed esaminavano le anime di mano in mano che Mercurio
a lui ne stanno molte : Vanno a vicenda ciascuna al giudizio ; Dicono ed odono, e poi son giù volte. 229. Eaco, figlio di
Aiace Telamonio (561). Telamone si trovò alla spedizione di Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole sotto il regn
ed alla presa di Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima breccia nelle mura
seguirlo. Ella con l’una man la sferza impugna, Nell’altra ha serpi ; ed ambe intorno arrota, E grida e fere ; e delle sue
mbe intorno arrota, E grida e fere ; e delle sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al ministero de’ tormenti inv
emi dell’Inferno (215). E non a caso, nell’affidare ad essi il finale ed inappellabile giudizio dei mortali, era contempla
in, invidiare, gr.) ; Tesifone (tisis, pena, phonos, uccisione, gr.), ed Aletto (alektos, indicibile, gr.). Cui son l’ire
rmoglia intorno ; Che Pluto e le tartaree sorelle Sue stesse in odio, ed in fastidio l’hanno. (Eneide, lib. vii. Trad. de
gne erano ora nere, ora bianche ; nere quando le accendeva lo sdegno, ed allora le chiamavano Nemesie (furiose) o Erinni ;
trello, con serpenti attorcigliati sul capo, e una fiaccola in mano ; ed avevano per compagni il Terrore, la Rabbia, il Pa
ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avean ed atto ; E con idre verdissime eran cinte ; Serpent
commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco, ed egli eresse allora un secondo tempio in onore del
le potenze infernali. Con membra immani sta sulla soglia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o
ove e di Temi od anche della Notte, e secondo altri della Necessità ; ed erano così dette dalla parola parcere, perdonare
sta una zona svolazzante smaltata di stelle, ora con un manto azzurro ed una teda rovesciata ; e scorre silenziosa pel cie
de stella, la quale fosse quella di Venere, per chè Venere e Fosforo, ed Espero e Crepuscolo, par che si tenga per una cos
rio delle sue acque rompe il silenzio. Sul limitare crescono papaveri ed altre piante sonnifere, onde la Notte raccoglie i
spaventano. Abbiano l’ali ancor essi e i piedi storti, come instabili ed incerti che sono. Volino, e si girino, intorno a
facendo come una rappresentazione, con trasformarsi in cose possibili ed in impossibili. Morfeo è chiamato da Ovidio, arte
più forme ; e questo figurerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di uccello, di serpente, c
sto luogo siano due porte ; una d’avorio, donde escono i sogni falsi, ed una di corno, donde escono i veri. E i veri, sian
ti, più distinti, più lucidi e meglio fatti, i falsi confusi, foschi, ed imperfetti. » (Vasari, loc. cit.) 241. Il Sonno
asari, loc. cit.) 241. Il Sonno (240) aveva anch’esso i suoi figli, ed erano i Sogni dei quali due o tre si distinguevan
cosa concilia subito e dolcemente il riposo ; mentre pei ricchi molli ed oziosi il culto del sonno era dei più importanti 
el Sonno (240), è la divinità più inesorabile di tutte, sorda ai voti ed alle suppliche dei mortali, senza portar rispetto
i non si raffronta ! Era consacrato alla morte il tasso, il cipresso ed il gallo, essendochè sembri che il suo canto debb
la tutela dell’urna. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle Larve, ed era lor consacrato il cipresso ; a
’urna. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle Larve, ed era lor consacrato il cipresso ; ai Mani poi degl
onquistato l’Elide s’empì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio Fu di voler, quale il Tonante in cielo, Ton
suocero Deioneo i donativi promessigli per isposarne la figlia Dia ; ed esso gl’involò i suoi cavalli. Issione, dissimula
suocero, e lo fece morire. Questo delitto svegliò universale orrore ; ed Issione fu assalito da così cocenti rimorsi, che
e’ sedere alla mensa degli Dei. Spesso il colpevole è anche ingrato ; ed Issione si diportò tanto male da cortigiano col p
che il denaro. Un giorno i Numi andarono ad alloggiare in casa sua ; ed egli ebbe tanto a male di dover fare le spese a q
glie chiamate dal nome paterno Danaidi, o Belidi da quello dell’avo ; ed Egitto, suo fratello e re d’Egitto, aveva cinquan
avari, E scarsi a’ suoi, di cui la turba è grande…. Tutti, che brutte ed empie scelleranze Hanno osato o commesso ; e cent
d’onestà, e nel sapere. Quanti ricchi non vediamo sguazzare nell’oro, ed esser privi di quelle cose che fanno piacevole, d
3), era la Dea della Sapienza, e presiedeva alla guerra, alle scienze ed alle arti.58 La favola narra che Giove, tormentat
scita ella si dedicò all’invenzione delle arti che allora mancavano ; ed a lei fu attribuita la scoperta della scrittura,
va in quest’arte. La Dea andò a farle visita in sembianza di vecchia, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ; ma tanto la
fosse superata ella stessa da Aracne, la quale ne menò troppo vanto ; ed allora Minerva indispettita stracciò l’opera dell
ava la testa anguicrinita di Medusa principale tra le Gorgoni (357) ; ed Omero dice : ….. Intorno agli omeri divini Pon l
li. 275. Esse presiedono tutte insieme alle scienze, alle belle arti ed alla poesia. Ora ponendo mente alla umiltà della
e alla umiltà della loro origine, poichè ebbero per padre un pastore, ed alla belta e verecondia di cui furono dotate, sar
esser puro come l’innocenza ; e siccome gli oggetti di dove il bello ed il vero emergono sono molti, e le differenti loro
pe (Kallos, bellezza, ops, voce, o canto, gr.) presiede all’eloquenza ed al poema eroico (oratoria ed epica) ; Clio alla
ce, o canto, gr.) presiede all’eloquenza ed al poema eroico (oratoria ed epica) ; Clio alla storia (Kléio, io celebro, gr
io, io celebro, gr.) ; Erato (eráo, io amo, gr.) alle poesie liriche ed amorose (erotiche) ; Melpomene (melpoméne, colei
r.) al ballo ; Euterpe (che vale « molto gioconda » gr.) alla musica ed agli istrumenti musicali ; Polinnia (da polys, e
e con alto stile le vicende dei popoli e dei re ; Calliope con nobili ed armoniosi versi celebra le grandi gesta degli ero
are le loro anime pure, tragge soavi concenti dall’agreste zampogna ; ed Erato suonando con più leggiadria il liuto e la l
Teatro : « Melpomene, di sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed augusto, con abito ed acconciatura ricca e regale
, di sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed augusto, con abito ed acconciatura ricca e regale, coturni alle gambe,
faretra e facella accesa ; » Tersicore con fisonomia gentile, corpo ed atteggiamento svelto in atto grazioso quasi di ba
na stolta presunzione, poichè avendo voluto sfidare al canto le Muse, ed essendone rimaste vinte, furono trasformate in Pi
mate in Piche. 279. Le Muse avevano altari in Grecia, nella Macedonia ed a Roma ; ed erano sempre onorate insieme con le G
e. 279. Le Muse avevano altari in Grecia, nella Macedonia ed a Roma ; ed erano sempre onorate insieme con le Grazie (175)
che gli antichi mossi da rispetto o da paura, solevano personificare ed onorare di special culto. Siccome troppo lungo sa
egli trovò materia di biasimo nei coturni. Alla fine le sue continue ed insipide baje lo resero insopportabile a tutti, e
coperto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una marionetta nell’altra, indizio della follia,
tirico Nume un grazioso sonetto moderno composto da uno dei più colti ed arguti ingegni del nostro tempo. Momo, di cui la
ua natura, Di spirti alteri, impetuosi, ardenti, Or con motti giocosi ed or pungenti Fe guerra al vizio, e non serbò misur
lla gioia e dei banchetti, presiedeva alle feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge di vestire e di adornar la perso
ha i capelli sciolti e scarmigliati, l’occhio scintillante di fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso staffile. 28
bbe tempio anche nell’isola di Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malati erano soliti di andare a scrivere sulle
sono arruffati, e la barba incolta. Gli spuntano in fronte le corna, ed ha il corpo di caprone dalla cintura all’estremit
Tutto, guardando forse alla semplice rozzezza della primitiva natura, ed alla qualità degli alimenti pastorali ed agresti,
ezza della primitiva natura, ed alla qualità degli alimenti pastorali ed agresti, che soli possono bastare ai bisogni dell
dette a fuggirlo, e il fiume Ladone suo padre la trasformò in canna ; ed ecco che il verde cespuglio, mosso dai sospiri do
perchè aveva insegnato agli uomini alcune cognizioni d’agricoltura ; ed egli stesso introdusse in Italia il culto degli D
uendosi dai Satiri e dai Silvani, che soprintendevano alla pastorizia ed ai boschi. Veniva immolata ai Fauni una capra, ed
ano alla pastorizia ed ai boschi. Veniva immolata ai Fauni una capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi di ca
iuoli di Silvano, è attribuito comunemente a tutti gli Dei campestri, ed è vocabolo generale per indicare i Fauni, i Satir
onore fosser tenute le faccende agricole più confacenti alla moralità ed all’agiatezza del vivere, e come il mantenimento
l mantenimento dei boschi fosse reputato profittevole all’agricoltura ed alla salubrità delle dimore. Benchè anche i Greci
erale poi queste divinità pastorali, boschereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fu
iatti pelosi con le corna, le orecchie, la coda e le gambe di capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo di far paura ai pa
oro azioni, erano più guardinghi e più solleciti nelle loro faccende, ed avevano forse un ritegno al mal fare. Ma convien
’enorme bocca, il naso aquilino, le spalle straordinariamente larghe, ed una invereconda deformità insomma da non ’si dire
egli sdegnato della cattiva accoglienza, tolse il senno ai malcreati, ed essi incominciarono dove a battersi, dove a balla
retarono il ritorno del Nume esiliato, e onori e feste per placarlo ; ed allora l’orribile tafferuglio ebbe fine. Term
ir latte e miele, e poi nel dar fuoco a tre grandi barche di paglia ; ed i pastori un dopo l’altro saltavano la fiamma. Il
fossero sempre uditi dalle mandre, e il latte fosse munto sempre puro ed in abbondanza. Queste feste furono istituite da R
furono istituite da Romolo il giorno stesso della fondazione di Roma, ed i pastori vi accorrevano da ogni parte incoronati
nua bellezza. Un po’d’alloro o di ramerino le incoronavan la chioma ; ed aveva in mano un covone di paglia, per significar
isa sopra una paniera colma di fiori e di frutta. In Roma ebbe tempio ed are. Ed a voi mi rivolgo, o Dei, ch’avete Degli
sione d’una grande sterilità, eran dette giuochi floreali o fiorali ; ed a Roma le celebravano leggiadre fanciulle corrend
e a culto onesto Traducendo i malnati. Essa il rigoglio Ne correggeva ed il non casto istinto : Essa gli odj segreti e i m
maritaggi, Securo a tutti procacciando il seggio, E salubri ruscelli ed auro amiche…. (V. Monti.) Ninfe 313. Fu
osto nell’Olimpo. 314. V’è chi le fa ascendere al numero di tremila ; ed erano ripartite in Ninfe delle acque o marine, ed
numero di tremila ; ed erano ripartite in Ninfe delle acque o marine, ed in Ninfe della terra o terrestri. 315. Le Ninfe
dia ad enti così leggiadri. Venivano sacrificate a queste ninfe capre ed agnelli, e fatte libazioni di vino, d’olio e di m
utta e di fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano divise in più schiere, ed avevano vari nomi secondo la natura dei luoghi da
Le Napee (nape, valle, gr.) presiedevano alle campagne, ai boschetti ed ai prati. Le Oreadi (oros, montagna, gr.) protegg
tutte liete di questa scoperta, dettero alle api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello di mèli, onde abbiam fatto
e il nome di Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi fu Teti, ed era tanto bella che Giove (63), Nettuno (185) ed
le Nereidi fu Teti, ed era tanto bella che Giove (63), Nettuno (185) ed Apollo (96) se ne disputaron le nozze ; ma saputo
la spregiò sempre, sicchè alla fine Eco andò a celare i vani sospiri ed a struggersi d’affanno per entro le più riposte p
lle importune dimande trasformarono Aretusa in fontana nella Sicilia, ed Alfeo in fiume nella provincia d’Elide. Tuttavia
eria rimase tanto afflitta della morte di Numa, che andò a rifugiarsi ed a piangere continuamente nella foresta d’Aricia,
tutelari di ciascheduna casa, come a dire i custodi delle famiglie ; ed i Penati passavano per essere protettori delle ci
ati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lancia per uno ed un grosso cane accovacciato a’piedi, risiedevano
ella casa in una cappella detta Lararium ; e colà avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di v
detta Lararium ; e colà avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e talora di vittime. A
i dei Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno su quei fantocci, ed a loro facessero sopportare tutte le pene che pot
e di più riconoscevano tutti un genio buono che gl’ induceva al bene, ed uno genio cattivo che li tentava a commettere il
orno natalizio sacrificava al proprio Genio, offerendogli vino, fiori ed incenso, ma senza mai spargere una goccia di sang
angue. 331. Il genio buono aveva sembianze di giovine con volto bello ed onesto riso, poichè la serenità del sembiante suo
o.di corona. Ma il genio cattivo era un tristo vecchio con accigliati ed incerti sguardi, rabbuffato il crine e lunga la b
sì dire, al governo delle cose umane, distribuendo a capriccio i beni ed i mali. Essa è origine e madre di tutte le invenz
l caso debbonsi tutti i ritrovamenti più utili alla vita. L’uomo vede ed osserva l’incontro di certi naturali effetti, gli
l’età dell’ oro, vale a dire quando nacque la necessità di lavorare ; ed è la stessa cosa che Pandora (72), ed anche la Na
cque la necessità di lavorare ; ed è la stessa cosa che Pandora (72), ed anche la Natura medesima, vale a dire il concorso
a (72), ed anche la Natura medesima, vale a dire il concorso fortuito ed il conflitto di vari naturali effetti. I poeti la
tocca la superficie di una sfera, od il cerchio d’una ruota che gira, ed è simbolo dell’incostanza. Qualche monumento la r
tori, e ogni dì muta favoriti e ministri. Il cielo le posa sul capo : ed ella reca in mano nello stesso tempo il fuoco e l
chè quando ci si offre il punto propizio bisogna troncare ogn’indugio ed afferrarla. I Romani adoravano la Fortuna Aurea ;
care ogn’indugio ed afferrarla. I Romani adoravano la Fortuna Aurea ; ed infatti la sua statua d’oro era collocata nel qua
llità della coscienza, l’amore del prossimo, la stima di sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone più pregevoli di
a i suoi tempj più famosi erano ad Anzio, città del paese dei Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito di o
anda la nera chioma, un leggerissimo velo adombra le severe bellezze, ed ha un manto bianco dato alle spalle, e che scende
ebole contro l’oppressore. Talora ha una lancia per colpire il vizio, ed una tazza piena di liquore celeste per fortificar
nche a proteggere i morti e vendicasse le ingiurie fatte alle tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara nel Campidoglio, sull
con incredibile celerità, e gode a ritrovarsi nel mezzo alle sventure ed in compagnia dei malvagi, de’ quali alla fine acc
compagnia dei malvagi, de’ quali alla fine accelera la ruina : Lieve ed alta dal suolo ella sul capo De’ mortali cammina,
a fronte ornata d’ una mitra con la punta divisa in due parti eguali, ed era tenuto in somma venerazione dai sapienti, nel
quest’ albero hanno la forma della lingua che deve tacere i segreti, ed il frutto ha quella del cuore che li tiene celati
ere i segreti, ed il frutto ha quella del cuore che li tiene celati ; ed è parimente ingegnoso emblema dell’ accordo che d
abitanti delle sponde del Nilo gli consacravano le primizie. temi ed astrea. 337. Temi (thémis, diritto, gr.), fig
e Dea della Giustizia. La favola aggiunge che Giove (63) ebbe da lei, ed era ben naturale, questre tre figlie : l’Equità,
Pace (347). 338. Gli artisti diedero a Temi sguardo franco e severo, ed immaginarono che avesse in una mano le bilance, s
soverchiamente compassionevole o rigorosa, parziale o corruttibile ; ed in alcuni monumenti è priva di mani, volendo fors
, di quello che ridurre la Giustizia a dover porre in bilancia le une ed a far punire gli altri ; se pure questa mutilazio
e innanzi al sole, Che s’accompagna volentier con ella, Cotal venia ; ed or di quali scole Verrà il maestro, che descriva
quadri e sulle pareti, è vestita di bianco a guisa di matrona romana, ed ha in capo un berretto frigio, poichè davasi ques
ono uno scettro od una bacchetta chiamata vindicta, un giogo spezzato ed un gatto, perchè questo animale non sopporta vinc
legrina. Commossa al lampo di quei dolci rai Ridea la terra intorno, ed io t’adoro, Dir pareva ogni core, io ti chiamai.
evento felice l’affligge o sveglia i suoi sdegni ; destinata a patire ed a far patire, ella è il continuo carnefice di sè
dia o Erinni, figlia della Notte, éra una Dea autrice d’immensi guai, ed alla quale venivano attribuite le cause di guerra
ibuite le cause di guerra e le irate fazioni che dividono le famiglie ed i cittadini. Abitò un tempo nel cielo, ma Giove n
rfido sorriso, traendo per mano la Frode che viene con passi obliqui, ed alza la femminea testa sopra un corpo di serpente
i lontano s’inviava verso di lui. Stavangli attorno due donnicciuole, ed erano, s’ io non erro, l’ Ignoranza e la Sospezio
opria innocenza. Facevale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta nel guardo, nel resto simigliantissima ad u
e impallidisce, e languide appariscono le tinte e vicine a spegnersi, ed inclinanti ad una cara e mesta conformità. Lo sve
l volto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed era la Dea tutelare del secol d’ oro, e l’ origin
statue in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra era il più grande ed il più sontuoso che fosse nella città ; fu cominc
na e finito da Vespasiano, e accolse le spoglie che questo imperatore ed il suo figliuolo recarono dal tempio di Gerusalem
a ebbe il caduceo come favorevole al commercio, una face arrovesciata ed alcune spighe di grano. Il lavoro. 347, 2
ruto, pieno di forza, di statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed accanto a sè gli strumenti necessarj a diverse ar
ume di essa Aurora, per significare l’ore che vengono innanti al Sole ed a lei. » (Vasari, Vita di Taddeo Zucchero.) L
osare per ristoro e non per infingardia. Tenga una corona di papaveri ed uno scettro appartato da un canto, ma non sì che
i piedi sopra un globo perchè la Vittoria domina su tutta la terra ; ed era in atto di volare verso il tempio dell’Immort
frutto : ella predilige il color verde, emblema delle mòssi future : ed è alata, perchè pur troppo la speranza è sollecit
Verità è figliuola del Tempo o di Saturno (27) e madre della Virtù ; ed appare nuda o coperta di semplici vesti, ma digni
istra un libro aperto e una palma, che spesso è quella del martirio ; ed ha nella destra un lucido specchio, talvolta ador
iace a’piedi un cane bianco, simbolo che le è comune con l’Amicizia ; ed infatti il cane unisce l’affetto alla fedeltà. I
classe comprendevano gli Dei che ebbero per genitori un ente celeste ed una creatura mortale, e quelli Eroi che furono pr
dusse a Polidetto re di essa isola. Questi ricevè umanamente la madre ed il figlio, e dettelo a educare ai sacerdoti del t
divenire orribilmente deforme. In tutte e tre avevano un solo occhio ed un solo dente che adoperavano a vicenda ; ma ques
a vicenda ; ma questo dente era più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguardo solo del loro occhio bastava ad uccid
o aveva ammonito a star guardingo contro un figliuolo di Giove (63) ; ed egli udendo come Perseo fosse tale, non volle acc
pianti dei desolati genitori. Precipitarsi sull’enorme drago, ferirlo ed ucciderlo fu un punto solo ; i pianti si mutarono
2. Cefeo offerse tosto la figliuola in isposa al generoso liberatore, ed ei l’accettò ; ma gli convenne conquistarla con a
ul trono, dal quale era stato scacciato da Preto (462) suo fratello ; ed uccise l’usurpatore. Ma poco dopo gli accadde che
romeda, Cassiopea e Cefeo (361). Ercole o Alcide. 364. Ercole ed Euristeo nacquero da Alcmena moglie d’Anfitrione
quindi usò ogni arte perchè Euristeo venisse al mondo prima d’Ercole, ed il protetto di Giove fosse sottoposto al fratello
decreto del Fato. Così accadde ; ma non fu paga. Ercole era in fasce, ed ella mandò due serpenti a divorarlo nella cuna ;
d’Ercole. E qui convien rammentare come la prima giovinezza d’Ercole ed il suo accingersi a tali imprese, abbia somminist
sa della nostra vita ; quella cioè nella quale, essendo liberi di noi ed in tutto il vigore della gioventù, dobbiamo scegl
seducente per lusinghiere delizie, ma inetta e vile ; o quella ripida ed aspra che par faticosa a salire, ma ehe infine a
e le mèssi dei vicini paesi. Ercole gli esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a volo gli fac
e e Busiride, s’erano dati a commettere ogni sorta di scelleraggini ; ed Ercole purgò la terra da quei nefandi. 377. Diome
 : Ecco la fiera con la coda aguzza, Che passa i monti, e rompe muri ed armi ; Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza : Si
de’passeggiati marmi :77 E quella sozza immagine di froda Sen venne, ed arrivò la testa e ’l busto :78 Ma in su la riva
sto. Duo branche avea pilose infin l’ascelle :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotell
te ricusato, l’eroe, preso dallo sdegno, pose a sacco la città d’Eli, ed uccise il principe sconoscente. 381. Nettuno (185
oco più d’una spanna, ma pieni appunto di sfacciatissima presunzione, ed abitavano, chi volesse prestar fede alla favola,
questi nani, essi si armavano di tutto punto, salivano sui caprioli, ed in questo arnese correvano ad affrontare i nemici
recipitarono sulle braccia d’Ercole ; il centro s’avventò alla testa, ed i bersaglieri lanciavano le loro frecce contro il
te, e così egli ne ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si ammalò, ed era in pericolo di morire, se non che un oracolo
a : Già il mio giuro terribile dai cupi Suoi regni udia Proserpina ; ed accetto Anco l’ebb’ella indissolubilmente. Secura
etto di Gibilterra. Quelle montagne furono dette le Colonne d’Ercole, ed egli vi scolpì l’iscrizione : Nec plus ultra : T
sempre più indispettita in veder Ercole trionfare di tutti i nemici, ed uscir vittorioso dai rischi maggiori, commise ad
atura e faccia severa, coperto con la pelle del leone di Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. T
lta somiglianza tra l’ Ercole greco e l’ Osiride egiziano (690, 691), ed in ambedue queste divinità era personificato il s
eso per tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la sua spada
14. Teseo, vinti questi tiranni, volse il suo valore contro i mostri, ed ebbe tosto la gloria di liberar la terra da un to
smisurata grandezza che devastava le campagne di Maratona. Raggiunse ed uccise il cignale di Calidone spintoda Diana (137
all’ eroe un gomitolo di filo, mercè del quale potè ritrovare la via, ed uscire dal Laberinto dopo aver ucciso la belva. 4
u quello che immaginò e costrusse il laberinto dell’ isola di Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima vittima de
ue paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza di cera alle sue spalle ed a quelle d’ Icaro. In questo modo potè sollevarsi
focato in una stufa. 424. Dedalo ebbe anche fama di esimio scultore ; ed a lui stesso furono attribuite molte invenzioni,
gnare, testimoni delle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato di tale ingratitudine eccitata per
re di cavalli ; laonde ambedue passarono per protettori degli Atleti, ed erano invocati nei giuochi olimpici (671). 443. E
ste. 444. Questi due fratelli seguirono Giasone (448) nella Colchide, ed ebbero molta parte nella conquista del Vello d’ o
mezzo guscio d’ uovo, e brandiscon la lancia. Talora si abbracciano, ed una lucida stella splende sul loro capo. Gias
ra crucciata Per Semelè contra ’ l sangue tebano, Come mostrò già una ed altra fiata, Atamante divenne tanto insano, Che v
2), e perciò fu detto che quella nave dava i responsi dell’ oracolo ; ed ebbe il nome d’ Argo, o per essere stata costruit
o. Tifi stava al timone ; Linceo, di vista acuta scopriva gli scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con g
i allo sdegno del padre ; ma il re inseguiva minaccioso i fuggitivi ; ed essi accecati dalla paura non risparmiarono iniqu
l re di Corinto. La lega tra i malvagi non produce mai buoni frutti ; ed i beneficj fatti mercè le colpe rendono sconoscen
i i pericoli, e con un pugno di soldati debellò i Solimi, le Amazzoni ed i Licii. Alla fine il re lo mise all’ impegno di
nto giunse, Al re de’ Licj appresentossi, e lieta N’ebbe accoglienza, ed ospitai banchetto. Nove giorni fumò su l’are amic
il tracio fiume ; E, misera Euridice, ancor dicea L’anima fuggitiva, ed Euridice, Euridice la ripa rispondea. (Monti, Ma
he gl’insegnarono la coltivazion dell’ulivo e l’arte di fare il cacio ed il miele. Questo pastore industrioso amava Euridi
amava Euridice (470) ; ma ella, fedele ad Orfeo (466), non lo curò ; ed il giorno stesso delle sue nozze, volendo fuggirn
i Dei per vendicar questa morte fecero perire tutte le api d’Aristeo, ed egli ne fu sconsolato, e ricorse a sua madre. Cir
ione chiese almeno la grazia di poter suonare un’altra volta la lira, ed empì 1’aere della più commovente armonia ; ma veg
ul suo scudo. Anfione. 481. Anfione discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie di Lico re di Tebe,
rsi pei boschi a guisa di belve, furono indotti a riunirsi in società ed a fabbricarsi le case. Cadmo. 482. Cadmo
482. Cadmo era figlio d’ Agenore re di Fenicia e della ninfa Melia, ed ebbe per sorella Europa, fanciulla di così rara b
terono furiosamente tra loro, dimodochè cinque soli ne sopravvissero, ed essi lo aiutarono nella costruzione della città.
lie, ordinò che il pargoletto appena nato fosse condotto in un bosco, ed ivi esposto alle fiere. 492. Forba, pastore del r
liberato i Tebani dalle stragi del mostro, fu proclamato re di Tebe, ed ebbe due figli, Eteocle e Polinice (505), e due f
e, ed ebbe due figli, Eteocle e Polinice (505), e due figlie Antigone ed Ismene. 501. Qualche anno dopo, il regno di Tebe
scoperse di quanti guai era stato cagione, senza saperlo, ai genitori ed al paese. 503. Allora inorridito di sè medesimo,
ie mani. I figliuoli, più scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfuggito con orrore da tutti, e ciec
 E che fa teco Questo squallido manto ? Imene appresta E liete vesti, ed ara, e pompe, e trono. Antigone. Vince gli oltra
di quello scellerato di Creonte, non partecipava della sua barbarie, ed essendo innamorato d’Antigone, quando ne seppe la
occhiere d’Enomao, fece sì che il carro del principe si rovesciasse ; ed Enomao perì nella caduta. Pelope allora sposò Ipp
tempo il giovine lettore conoscerà meglio questi fatti nelle istorie, ed anco nelle tragedie che il sommo Alfieri ne compo
ne sua zia. I principi ricusarono di rendere Esione, presero le armi, ed alla testa di formidabili schiere accorsero a ric
seppe impedire uno scandalo così grande : Nettuno (185), Apollo (96) ed Ercole (364), che volevano vendicarsi delle antic
dicarsi delle antiche offese, stettero apertamente contro a’ Trojani, ed ebbero seguaci nell’odio Giunone (85) e Minerva (
tempo dell’assedio. Questi avvenimenti furono detti fatalità o fati, ed erano sei : 1° Bisognava che intervenisse all’ass
 : 1° Bisognava che intervenisse all’assedio un discendente d’ Eaco ; ed era questi il prode Achille (536) ; 2° Che i Grec
i Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due femmine, Ifigenia ed Elettra, e un figliuolo chiamato Oreste. 528. Me
iso una cerva a lei consacrata, negava ai Greci il vento favorevole ; ed era mestieri per placarla il sacrifizio d’Ifigeni
do rapitore d’Elena prese la fuga). Tornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa gli rinfacciarono la sua viltà ; Men
. 531. Dopo la presa di Troja, i Greci restituirono Elena a Menelao ; ed egli aveva deciso d’immolarla ai mani di tanti er
te insidie ad Agamennone, che al suo ritorno fu tradito dalla moglie, ed ucciso nella propria reggia ; indi lo scellerato
lla propria reggia ; indi lo scellerato seduttore sposò Clitennestra, ed usurpò il trono. 533. La presenza d’Oreste (527)
iuto d’Elettra e di Pilade suo amico, potè finalmente assalire Egisto ed ucciderlo ; ma fu tanto il cieco impeto del giovi
la sua disperazione, andando in Tauride a rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade suo costan
ante andò alla corte di Licomede, e offerse alle donzelle varie gioie ed arredi femminili, tra i quali aveva mischiato ad
edi femminili, tra i quali aveva mischiato ad arte una spada, un elmo ed altre armi. Achille, secondo che Ulisse aveva pre
sio, Achille in Sciro.) Allora seguì Ulisse all’assedio di Troja, ed ebbe dalla madre un’armatura impenetrabile fabbri
ille diventò il primo eroe della Grecia ; ma una contesa nata fra lui ed Agamennone privò lungo tempo i Greci dell’ aiuto
atto prigioniera Criseide, fìglia di Criseo, sacerdote d’Apollo (96), ed il Nume per vendicarlo desolò con la peste il cam
favorevole ai Trojani, che in quel tempo riportarono molte vittorie ; ed Ettore (591), figliuolo di Priamo (587) re di Tro
conosciuto in tempo di tregua la giovane Polissena figlia di Priamo, ed ammiratane la rara bellezza, fece di tutto per av
rodezze, che passò pel più valoroso dell’ esercito dopo Achille (536) ed Ajace (561) figlio di Telamone (518). 551. Omero
olti duci ; uscir glorioso dai duelli contro Ettore (491), Enea (608) ed altri capi trojani ; e finalmente ferir Marte (25
tempo chiese almeno agli Dei la grazia di riveder l’ombra del marito, ed essendole apparsa, morì di dolore mentre sforzava
ille (536), il più valoroso tra’ Greci, e com’ esso ardito, impetuoso ed invulnerabile, fuorchè in una parte del petto sol
4) ch’ ei soleva portare per sua difesa. Nacque infatti il fanciullo, ed Ercole, avvolgendolo entro la pelle del leone, lo
intorno alle mura di Troja (540). 564. Dopo la morte d’Achille, Ajace ed Ulisse (563) vennero a contesa fra loro per eredi
quell’eroe. I capitani dell’esercito greco ne furono eletti giudici, ed Ajace propose che le armi fossero lanciate in mez
erena Itaca, dove Lo scuotifronde Nérito99 si leva Superbo in vista, ed a cui giaccion, molto Non lontane tra loro, isole
inta pazzia, s’ era posto ad arare la sabbia sulla spiaggia del mare, ed a seminarvi sale invece di grano. Ma Palamede (58
nzione, collocò a giacere il bambinello Telemaco a traverso il solco, ed Ulisse allora dovè tradirsi voltando il vomere pe
a di Troja, stava celato sotto spoglie femminili nell’isola di Sciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo condusse a
Diomede (550) gli assalirono all’improvviso, uccisero Reso nel sonno, ed involarono i suoi cavalli prima che potessero abb
o principe, re di Misia, erano state devastate le campagne dai Greci, ed egli stesso era stato ferito gravemente da Achill
Ulisse ebbe a veder perire undici delle sue navi in quella tempesta, ed appena potè egli stesso approdare all’isola d’ Ea
ora vide sfasciarsi e perire con tutti i compagni la sua ultima nave, ed egli solo trovò salvezza nell’ isola d’Ogigia (se
na Corfù, dove regnava Alcinoo. Il palazzo di questo re era sontuoso, ed in mezzo ad ameni giardini che in tutte le stagio
o, le giovanetle si danno alla fuga ; ma Nausica rimane imperterrita, ed egli se le trascina a’piedi implorando il suo aiu
 ; la serata passa in divertimenti, in suoni, in amorevoli colloqui ; ed Alcinoo mette il colmo alla sua buona accoglienza
rezza e stima in tutti quelli che lo ascoltarono. La nave era pronta, ed ei v’ascese lieto di grati e doviziosi regali. Na
grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò col più tenero addio, ed i suoi occhi seguirono per lungo tempo la nave. L
riva, s’accostarono agli scogli ; le navi percosse andarono in pezzi, ed i vincitori dei Trojani perirono nelle onde, meno
o. 586. La tradizione rammenta che Palamede insegnò a’Greci a formare ed a schierare i battaglioni, e gli attribuisce l’in
ci. Ulisse, dopo averla lungamente cercata, la trovò quasi mentecatta ed errante fra i sepolcri de’suoi figliuoli periti t
ato in custodia Polidoro il minor dei suoi figli, con immensi tesori, ed ella trovò sulla spiaggia il corpo del giovinetto
ell’assassino, con altre donne trojane che la seguivano in schiavitù, ed avventate segli addosso lo accecarono, e spensero
bili imprecazioni ch’ella scagliava sui Greci. Toglie l’inverosimile, ed aumenta col sublime il patetico di tante sciagure
ura Combattendo cadeo dianzi al tuo piede. Per lui supplice io vegno, ed infiniti Doni ti reco a riscattarlo. Achille ! Ab
tradì l’infelice donna ; perchè Ulisse scoperse l’asilo d’Astianatte, ed allora il misero fanciullo fu precipitato dalla c
tezione di Venere. Ferì Diomede (550), Macaone (530), Palamede (584), ed uccise, ma a tradimento, Achille (541), operando
Troja, conosciutone il merito e la bellezza, la condusse in Grecia ; ed ella gli annunziò la trista ventura a che il fato
il fato lo riserbava (531) ; ma secondo il solito non le fu creduto, ed Agamennone restò vittima della scelleraggine d’Eg
quella macchina era un artifizio del nemico per entrare nella città ; ed affinchè fossero persuasi della verità de’suoi de
mare, E s’ergean con le teste orribilmente Cinte di creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri e con grand’archi T
e dagli altari Sorge ferito, se del maglio appieno Non cade il colpo, ed ei lo sbatte e sfugge. I fieri draghi alfin dai c
fu chiamata anche Birsa, cioè a dire, pelle di bove. 612. Le sventure ed i meriti dell’eroe trojano mossero a pietà la bel
enture ed i meriti dell’eroe trojano mossero a pietà la bella Didone, ed egli cedè per qualche tempo alle seduzioni di mol
i ordinò di cogliere un ramo d’oro per farne dono a Proserpina (53) ; ed obbeditala, penetrò nell’inferno, e vide nei Camp
te ; e finalmente la guerra ebbe termine con un duello tra il loro re ed il figlio d’Anchise, nel quale Turno perdette la
ta. 615. Dopo quattro anni di pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve nel tempo di una battaglia, essend
lisi. 619. Orione era inoltre uno dei più belli uomini del suo tempo, ed aveva la statura sì appariscente, che ne hanno fa
lla cima del monte, dove rivoltisi a guardare in giù, videro il borgo ed i contorni tutti inondati dall’acqua, meno la lor
ndi promise loro di non negar nulla di quanto gli avrebbero chiesto ; ed i pietosi vecchi implorarono la salvezza dei borg
oro voti furono esauditi. Giunsero beatamente ad estrema vecchiezza ; ed un giorno, mentre restava attonito Filemone dal v
ia faceva le maraviglie in vedere il marito trasformarsi in quercia ; ed allora si diedero teneramente l’ultimo addio.
sarà prediletto argomento a chi brama significare in carte, in marmi ed in tele la tenerezza del filiale affetto. Ed oh !
) che aveva avuto due figliuoli soltanto, Apollo (96) e Diana (137) ; ed osò anche impedire il culto che le rendevano, arg
impedire il culto che le rendevano, argomentandosi di meritar tempio ed altari più giustamente di lei. 631. Latona commis
eria pubblica di Firenze vedonsi le statue che rappresentano la Niobe ed i suoi figliuoli, opere attribuite a scalpelli gr
ma nella sola figura della madre si scorge la divina arte di Fidia ; ed è monumento d’inestimabile pregio.119 Filome
diventò rondinella ; Tereo che le inseguiva fu trasformato in upupa ; ed Iti suo figlio, vittima innocente degli altrui de
le s’accostò alla statua, e gli parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo era cedevole. Attonito a tanto prodigio,
cammina verso di lui. Ah ! la felicità di Pigmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore al suo ingegno della più bella
rebbe perduto la forma umana, così risolse di rimaner sempre nubile ; ed essendo tanto agile al corso da non poter venire
r abboccarsi con colei che ormai gli era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo nel tragitto accendeva una face
desiderio di rivedere la fidanzata. Partì, che il vento imperversava, ed il cielo era oscuro. Lottò lungo tempo contro l’i
erversità degli uomini, aveva statuito di sommergere il genere umano, ed ecco inondarsi tutta la superficie della terra, m
. Sicchè andarono raccattando pietre, e gettandole dietro le spalle ; ed allora accadde che quelle di Deucalione si cangia
(25), che secondo gli antichi dimoravano nelle isole Eolie (Lipari), ed avevano per re Eolo (199) che li teneva incatenat
te, i quali fecero il viaggio della Colchide con gli Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbero loro con i capelli. E
con ambo le mani dovunque passa ; gli resta dietro il levar del sole, ed è bruno in volto, perchè soffia dalla parte dell’
(143), gentil marito di Flora (312), spira tutta serenità e dolcezza, ed ha le ale di farfalla ; è un giovinetto vermiglio
pe riconoscerlo, meno che il suo fratello minore che era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divulgatasi la fama d
, e cominciarono a consultarlo a guisa d’oracolo. Visse dugento anni, ed in questa lunga età si nutrì solamente d’Ambrosia
one del futuro formava una scienza tutta fondata sulla superstizione, ed aveva molta parte nella teologia pagana. Gl’ indo
ella giace un laco Appiè dell’ alpe, che serra Lamagna Sovra Tiralli, ed ha nome Benaco.130 Per mille fonti, credo, e più
dorata Guidò a’ ludi i garzoni, o alle carole Le anfionie fanciulle ; ed insultanti, Delle sue frecce immemori, le lepri G
er punirlo della sua presunzione lo fulminò, e la terra inghiottì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra gl
predizioni delle Sibille, contenevano i destini dell’ impero romano, ed erano tenuti in custodia da quindici sacerdoti ch
dei versi sibillini che poterono essere raccolti in Italia, in Grecia ed in Asia ; ma non ebbero per la moltitudine la ste
in su le foglie, dico, Scrive ciò che prevede, e nella grotta Distese ed ordinate ove sian lette, In disparte le lascia. E
o.) 668. Questa Sibilla, nata a Cuma, aveva nome Deifobe o Erofila, ed era figliuola di Glauco (201) e sacerdotessa d’ A
pito dalla sua bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi d
recia erano spettacoli consacrati dalla religione a qualche divinità, ed i popoli li celebravano in un circo od in uno sta
cie : Olimpici, sacri a Giove ; Pitii, ad Apollo : Nemei, ad Ercole ; ed Ismici a Nettuno. Nell’Attica poi usavano i giuoc
l celete o cavallo da sella e coi carri, il salto, il disco, la lotta ed il cesto. Una corona d’oleastro, che pe’ gloriosi
patria stessa del vincitore diventavano celebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana di quella
una nobiltà meno vana di quella che vien dai natali, aveva monumenti ed immagini ; e se morte o sventura gl’ impediva di
vecchi genitori, la nazione tutta li accoglieva sotto la sua tutela ; ed anche senza tale estremo bisogno, la patria adott
no, la patria adottava i suoi figli e provvedeva alla loro educazione ed alla futura lor sorte. Indi era bello per le grec
che città l’esser liete di viventi cittadini, i quali e gloria e vite ed onore collocavano interamente nella patria, tutti
ani, e gli toccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante, suo emulo ed amico, il quale da fanciullo, dicono, aveva soffo
nciullo, dicono, aveva soffocato un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una m
in una grotta coi suoi amici, quando ne cominciò a franare la volta, ed i convitati scapparono ; ma egli, fidando nella s
ia, non avea ove sedere, e qua e là scorrendo riceveva molte ingiurie ed oltraggi, e niuno lo volea ricevere. Arrivato che
l’assemblea con lieto scoppiettar di mano lodò questa buona speranza, ed il vecchio crollando la canuta chioma e la bianca
; doversi le forze, il valore spender tutto per il ben della patria ; ed esser veramente magnanimo colui che sa vincere le
lo stesso Dio in memoria della vittoria riportata contro quel mostro, ed erano dai Greci tenuti in massimo pregio. Si dett
o dieci cursori, vestiti in sajo succinto, con leggierissimi coturni, ed avvolti in largo manto. Si posero quindi in ordin
di minimo spazio, quando quegli ch’era di mezzo crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gli altri, che erano a lato di l
a il segno. Tiene imboccata la tromba alle labbra l’esperto sonatore, ed egli pure rimira aspettando il segno consueto. I
ona la tromba ; al desiderato segno si lanciano i frementi destrieri, ed i giovani ad un tempo istesso allentano la brigli
tal nembo di arida polve, che, come la luna, tra le nubi, ora appare ed ora s’asconde, così ora un cocchio si mostrava, e
e nubi, ora appare ed ora s’asconde, così ora un cocchio si mostrava, ed ora spariva nel turbine polveroso. Ma pure alla f
no biondi con nere chiome, trascorreva gli altri di non breve spazio, ed il condottiere dimostrava la speranza della vitto
i veloci, colle orecchie lese, ognor più rapido stendevano il corso : ed i seguaci non meno gareggiando, quel poco che rim
enuti, furono stesi sul terreno. Il condottiero traboccò sul timone : ed intanto l’altro cocchio pendeva da una parte, tra
andosi il condottiero al dispensatore de’ premj, ebbe in dono un elmo ed un usbergo d’acciajo, ornato di argento, sul pett
» Gli altri tacitamente deviarono tutti, nascondendosi per vergogna ; ed i due caduti furono soccorsi da’ più prossimi spe
uand’ecco si udì susurrare e crescere alla fine una voce d’applauso ; ed apparve nello steccato il così bramato garzone, c
mostrò nella palestra con leggiadro coturno involto al piede candido ed ignudo. Una cerulea veste lo ricopriva sino al gi
ellite il succinto sajo, sciogliendone al petto il nodo della fascia, ed apparve nudo in tutto, fuorchè cinto dalla consue
tava lanugine delicata dalle guance, fresche come i fiori mattutini ; ed il colore di tutta la persona non potrebbe in alt
per afferrarlo sicuramente. Stettero così alquanto di nuovo discosti, ed il Cretese fremeva nel vedersi, al principio del
iolento, quasi ad urtargli il petto, appoggiò su quella ambe le mani, ed allargando le gambe spiccò un salto, per cui rima
chè andò vano il violento impeto, privo di resistenza, cadde boccone, ed impresse nell’arena la propria immagine. Aspettò
risurgesse l’avversario, secondo la giustizia delle leggi atletiche ; ed intanto gli spettatori, che taciti avevano tratte
le grida nel rimirare quel dubbioso incontro, proruppero in applausi ed in ismoderate risa, vedendo così sconciamente cad
ardenti, nondimeno cauto, e pronto alle sorprese, tornò alla tenzone, ed accostandosi entrambi, alla fine di slancio stret
e nel tempo istesso spingendogli il petto, lo costrinse a vacillare, ed alla fine a cadere. Pure egli rimase in piedi : p
seggio del giudice atletico, che pose la corona su le tempie di lui, ed aggiunse in premio un lucido elmo, da cui pendeva
ottenne. — Poco a dirti per molto, io mai non vidi Tanta d’uom lena, ed opre tali. Insomma Di quante giostre in quel prim
i venne Fra molti aunghi. Achivo l’un ; di Sparta L’altro ; due Libj, ed ei venía per quinto Con tessale puledre. Etolo il
e già l’aggiugne, E già d’ambo le mute a paro a paro Erano i gioghi, ed or questi ed or quegli Sporgea più innanzi de’ co
ugne, E già d’ambo le mute a paro a paro Erano i gioghi, ed or questi ed or quegli Sporgea più innanzi de’ corsier col cap
o nella Bibbia i nomi d’ Orione, delle Jadi, delle Plejadi, di Arturo ed altri ; ma pende questione tra’ dotti sul vero si
uole che questi nomi abbiano relazione alle faccende dell’agricoltura ed alla varietà delle stagioni ; l’altro li fa deriv
no il vigore degli armenti che quello della vegetazione delle piante, ed è l’animale in cui si trasformò Giove per rapire
i, cioè Castore e Polluce (441), nè manca chi li dichiari Apollo (96) ed Ercole (364). 680. Il Cancro, ossia gambero, espr
ta framezzo alle ricolte maggiori, cioè tra le mèssi e le vendemmie : ed è quell’ Astrea (339) che fugata dalla terra pei
e, animale velenoso, si vogliono denotare le malattie dell’ Autunno ; ed è quello stesso che fu mandato da Diana (137) a p
le operazioni rurali, invita gli uomini all’occupazione della caccia, ed è sotto la figura di Centauro (430) in atto di sc
oni. 688, 2°. Anche le stagioni furono onorate con templi, statue ed are dai Greci e dai Romani. La Primavera ha per e
ai Romani. La Primavera ha per emblema un fanciullo coronato di fiori ed appoggiato ad un arboscello con le foglie che pri
misurato con l’oro. Divini sono i versi d’ Ugo Foscolo sui sepolcri, ed hanno maravigliosa possanza a rammentare la pietà
ceneri di molli ombre consoli. ……………….. Dal di che nozze e tribunali ed are Diero all’umane belve esser pietose Di sè ste
r pietose Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi All’etere maligno ed alle fere I miserandi avanzi che natura Con veci
Ferrario sodisfa in parte al bisogno degli artisti e degli studiosi ; ed è così divulgato che ci parrebbe inutile compendi
n gnerra e fuor della patria, ebbe nel campo tutti gli onori funebri, ed inclusive i giuochi coi quali solevano celebrare
ltari Gli consecrammo. Oggi è (s’io non m’inganno) Quel sempre acerbo ed onorato giorno, Ch’onorato ed acerbo mi fia sempr
(s’io non m’inganno) Quel sempre acerbo ed onorato giorno, Ch’onorato ed acerbo mi fia sempre, (Poichè si piacque a Dio) q
n troiano Aceste. Voi d’Aceste e di Troja i patrj Numi Ne convitate ; ed io quando l’aurora Tranquillo e queto il nono gio
disse : A voi sant’ossa, a voi ceneri amate E famose e felici, anima ed ombra Del padre mio, torno di nuovo indarno Per o
la sonora tuba Al monte appese, che d’Aerio il nome Fino allor ebbe, ed or da lui nomato Miseno è detto, e si dirà mai se
ove(63) e da Niobe(629), e, secondo alcuni, da Inaco re d’Argo (89) ; ed ebbe per sorella e compagna Iside, divinità egizi
rlo ; indi era condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a Memfi, ed allo sbarco era accolto dai sacerdoti e da immens
gliare aria sopra un prato, o per girar la città in certe occasioni ; ed allora procedeva in mezzo ad ufiziali che allonta
lora procedeva in mezzo ad ufiziali che allontanavano la moltitudine, ed era preceduto da fanciulli che celebravano le sue
omo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nell’altra. Il suo culto fu sempre asso
d’ Osiride. Anche Serapide è una delle principali divinità egiziane, ed aveva un magnifico tempio a Memfi, uno ad Alessan
tà egiziane, ed aveva un magnifico tempio a Memfi, uno ad Alessandria ed un terzo a Canopo ; ma i più credono che sia la s
sembianza di donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi lunari, ed un sistro nella diritta mano ed un vaso nella sin
di vacca, simbolo delle fasi lunari, ed un sistro nella diritta mano ed un vaso nella sinistra, il primo per indicare il
o con sandali di scorza d’albero ; recavano una bisaccia sulle spalle ed un campanello in mano. Ogni mattina cantavano pri
. Quei popoli credevano ch’ella fosse giunta fra loro sopra una nave, ed alcuni scrittori danno questa origine alla nave d
astri sotto un bel cielo, così ne impararono a conoscere la posizione ed i movimenti, e divennero astronomi ; ma resero fa
la posizione ed i movimenti, e divennero astronomi ; ma resero falsa ed assurda la loro scienza pretendendo d’indovinare
endendo d’indovinare il futuro mediante l’osservazione delle stelle ; ed è forse questa l’origine dell’astrologia giudicia
o o genio buono, Oromaze, era l’essere supremo, origine d’ogni bene ; ed il cattivo principio, detto Arimane, passava per
uarto. Quando lo poserà sulla terra, la farà sprofondare nell’abisso, ed il mondo verrà distrutto. Aspettando il tempo di
imploravano le vittorie. 729. Immolavano a questo Dio cani e cavalli, ed in tempi calamitosi anche vittime umane. 730. Eso
. 730. Eso, divinità di gran conto pei Galli, presiedeva alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato di scure, in
credevano rendersi favorevole questo Nume con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e il più sangui
do loro gli stessi attributi. Quindi è facile riconoscere in Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi di
rimario oggetto della venerazione dei Galli. Era essa il loro tempio, ed anche lo stesso Nume, poichè, come dicemmo parlan
sacro per essi il vischio, pianta parasita che rampica sulla querce, ed ogni anno i loro Druidi o sacerdoti andavano a ra
specialmente dei sacrificii e delle altre cerimonie della religione, ed avevano fama di predire il futuro. Quindi i divot
predire il futuro. Quindi i divoti le consultavano quali profetesse, ed i loro oracoli passavano per infallibili. 738. Il
dove era stata celebrata qualche cerimonia religiosa diveniva sacro, ed era profanazione il lavorarne la terra. Quindi pe
ve. 739. Odino, conquistatore e legislatore del Nord, fu il primo ed il più antico Nume della Scandinavia, ossia di qu
terra. Ecco perchè quel potentissimo Dio sapeva un visibilio di cose, ed era chiamato per antonomasia il Dio dei Corvi ! 7
noto, e gl’Incas loro dinastia reale. A Pasciacamac opponevano Cupac, ed allorchè eran costretti a nominarlo, sputavano in
tali tenevano la Luna, le Pleiadi, l’arco baleno, le stelle, il tuono ed i lampi. Offrivano al Sole piccole immagini di uo
ando il momento fatale, rimiravano i teschi di chi le avea precedute, ed un sacerdote, tenendo in mano l’idolo anzidetto,
Dei, per bruciarle poscia, le merci di cui trafficano cogli Europei, ed il sacrifizio giunge talvolta fino a cinquantamil
tto questo nome comprendono Castore e Polluce (441) ossia i Dioscuri, ed anche gli Dei Penali (525). I Cabiri in aoslanza
anche gli Dei Penali (525). I Cabiri in aoslanza aono divinità greche ed egiziane, ma poco note. Gli Egiziani onoravano in
o note. Gli Egiziani onoravano in essi i figliuoli di Vulcano (272) ; ed il loro tempio fu tenuto in tanìa venerazione, ch
’Eretteo (116, 654). 17. I Misteri eleusini erane distinti in grandi ed in piccoli. Questi ultimi, sacri a Proserpina, er
ene intuitiva dei misteri), ciné alla contemplazione della Divinità ; ed i filosefi e gli studenti aspiravano a quest’ulti
mani, udivano la lettura delle leggi di Cerere, pigliavane poco cibe, ed entravane nel santuario dove regnava profonda osc
ate, di dove allo splendore di mille faci la vista spaziava per vasti ed ameni giardini ornati a festa e preparati alle da
a dovesse rimaner privilegio di pochi. La verità non cenosce misteri, ed esser deve patrimonio della moltitudine. — Lo spe
conoscono due Promelei : il primo è quello che formò l’uomo col loto, ed in esso viene simboleggiata la divina provvidenza
careslia. D’allora in poi Trofonio fu tenuto per figliuolo d’Apollo, ed il suo antro diventò uno dei più celebri oracoli
cilà e con forza. Poi venivan tralli fuori pei piedi legali con funi, ed erau coslrelli a scrivere sopra un quadro quel ch
i, ed erau coslrelli a scrivere sopra un quadro quel che avevan visto ed udito. Sui loro scrilti i aacerdoti componevano l
rna ; e respirando il vapore (gas) che ne esalava si posero a sallaro ed a belare straordinariamente. Anche il paslore app
salto di Leucade. Leucade è un’ isola del mare lonio vicioa a Corfù, ed ha on promonterio divenuto celebre perchè di li a
piò lontani paesi. Si preparavano alla prova del salto cen aacrifizj ed offerte ; credevano di peter sopravvivere alla ca
Saffo, abbaudooata da Faone, si gettò dalla cima del fatale scoglio, ed ebbe il modo di dimenticar devvero l’ingrato, per
otto lo scoglio alcune reti che rettenevano la caduta a fior d’acqua, ed alcune barche crane pronte a raccogliero i folli
’acqua, ed alcune barche crane pronte a raccogliero i folli saltatori ed a soccorrerli. Con l’ander del tempo avani anche
ago detto Acherusia. Porlavano sulle sponde di questo lago i defunti, ed ivi erano giudicati secondo le opere loro. Se il
va fiamme ; edi suoi abilanli furono abilissimi nel lavorare il ferro ed altri melalli. 60. Di Chirone. 61. La poesia no
quei popoli, sì nella politica che nell’ industria ; mentre i tiranni ed i mostri da essi combattuti e vinti rappresentava
a grand’ Orsa Che pur Plaustro si noma. Intorno al polo Ella al gira, ed Orïon riguarda, Dai lavacri del mar sola divisa.
un busto d’ avorio o di cera cho somigliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi
esta statuetta era formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso, ed aveva una certa molla nascosta per farla muovere
si nella ginnastica quando si trovarono colti dal peatifero influsso, ed in pochi istanti furon visti giacere l’un sull’ a
Nei giardini della Mauritania Tingitana abbondavano squisite arancie, ed erano custodite da grossi cani. Chiamavansi Esper
. ; Esculapio a Epidauro ; Trofonio in Beozia, erano i più reputati ; ed ogni oracolo aveva un modo particolare per annunz
3 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
eduti indispensabili a sapersi, trattandoli con una certa latitudine, ed impiegando ogni cura perchè l’esposizione ne foss
i Mitologia sono stati consultati e messi a profitto per questo libro ed agli autori di essi dovrassi attribuirne l’esito
ni, la necessità dell’ ordine, della giustizia, della pace, i diletti ed i piaceri e le dolcezze della vita campestre ; e
e de’ monumenti preziosi sfuggiti alle devastazioni dei conquistatori ed ai rigori del tempo ; e non dissimil sorte tocche
danna altamente e dispregia questa maniera di studii, siccome frivoli ed infruttuosi, e come sogni d’infermo e fole da rom
uccise. Quella limpida fonte uscìa dell’ urna D’un’innocente Najade ; ed , infranta L’urna, il crudel a questa ancor diè mo
onar percossa Dafne morì ; ne’ calami palustri Più non geme Siringa ; ed in quel tronco Cessò di Mirra l’odoroso pianto(1)
l raggio mattutino Vereconda si schiude, in più desío Pungere i cuori ed allettar le menti. Vien, chè tutta per te fatta p
figli di Urano e della Terra, sono Titano e Saturno. Il nostro globo ed un altro pianeta portano il nome di queste due di
ta sul padre lo scacciò anche dal cielo. Saturno si ricovrò in Italia ed ìn quella parte ove fu pei fal bricata Roma, e fu
re colla quale è soventi confusa. I suoi sacerdoti chiamati Coribanti ed anche Cureti le rendevano il culto danzando intor
talvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, con una torre sulla testa,
esso detti Titani, per riconquistare i loro diritti gli mosser guerra ed ammucchiando monti sopra monti, tentarono l’assed
monticchiate. Dopo questa vittoria Giove più non pensò che agli amori ed ebbe un infinito numero di concubine. Meti dalla
no il secondo, del mare il terzo ; che molti ebbero il nome di Giove, ed avendo abusato di diverse donne con vari stratage
sti si cangiò in cucculo o corvo, come dicono alcuni, per ingannarla, ed essendo stato riconosciuto, ella si decise di asc
re la condotta del marito e perseguitò mai sempre le concubine di lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro Io figli
alla moglie. Insospettita Giunone di quel che era, la chiese in dono, ed ottenutala la mise sotto la guardia del pastore A
tala la mise sotto la guardia del pastore Argo che aveva cento occhi, ed essendo questi stato ucciso per ordine di Giove d
Alcmena e suscitò mille traversie al figlio di quest’ ultima, Ercole, ed a molti altri. Ma vedendo che Giove non le dava r
Giove non le dava retta, si ritirò in Samo, ove dimorò molto tempo ; ed egli per farnela ritornare, fè venire un carro so
ei voleva sposare. Giunone accorse adirata, fece in pezzi la statua ; ed avvedutasi della malizia di Giove, si riconciliò,
. Avendo preso parte questa Dea alla congiura degli Dei contro Giove, ed essendo essi stati vinti, il Dio del cielo la sos
Plutone, Cerere ricorse a Giove per ottenere che le fosse restituita, ed ebbe da lui promessa di riaverla quando però non
i altri sei col marito. Era Cerere venerata principalmente in Sicilia ed in Grecia ; i Greci riconoscenti istituirono in o
sa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una mano ed alcune spiche o papaveri nell’altra. I papaveri n
no, che l’afflizione pel ratto di Proserpina, le avea fatto perdere ; ed aveva in tal modo trovato il mezzo di alleviare i
due dragoni. Questo è quanto racconta la Favola di Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordano su la storia di ques
un figlio che avrebbe l’impero dell’universo, egli inghiottì la madre ed il figlio. Da quel momento fu oppresso da un terr
il Caval Pegaso ; Minerva percuotendolo coll’asta ne usicì un ulivo ; ed avendo giudicato gli Dei più utile l’ulivo per es
forme degli Dei. Venere odiò il marito per la soverchia sua deformità ed ebbe un numero infinito d’amanti. De’ suoi amori
nandolo alla più bella tra le Dee. Questa Dea presiedeva ai matrimoni ed a tutti i piaceri che traggon il principio dalla
labbra il sorriso ; e mille Amoretti stanno scherzando col suo cinto ed ammirando la sua bellezza. Sono abbominevoli i di
e una perpetua verginità. Sotto il nome di Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello di Febea e
agl’incantesimi ; e sotto quello di Ecate, essa è la Dea dell’inferno ed è soventi confusa con Proserpina moglie di Pluton
pina moglie di Plutone. Si riconosceva pure per la Dea della castità, ed era tanto vergognosa che converse Atteone in cerv
per venir a vederlo e che avesse da lui cinquanta figli. Il dio Pane ed Orione vuolsi che sieno stati amanti corrisposti
re gelosa della sua bellezza e degli omaggi degli uomini. Vendicativa ed implacabile si mostrò ella mai sempre contro chi
ento, recando stragi nelle gregge con epidemie, distruggendo le messi ed umiliando i genitori colla perdita dei figli. Il
ll’arco teso in atto di lanciare un dardo. Porta i coturni alle gambe ed ai piedi che son per altro nudi ; come porta scop
a nata aveva in Efeso il più magnifico tempio che si fosse mai veduto ed annoverato fra le sette maraviglie del mondo dagl
ono tutti e due ad aiutare Laomedonte a fabbricare le mura di Troia ; ed avendo Laomedonte negato il convenuto premio a Ne
nto per fame, col corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed alle mani, e con orecchi d’orso. Le principali er
e, gettaronsi su la Tracia e le vicine isole portandovi la carestia ; ed essendo state rispinte dal vento settentrionale n
delle arti. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali si fece capo ed abitava con esse i monti Parnaso, Elicona, Pierio
ossi presso Admeto re di Tessaglia, del cui gregge fu fatto custode ; ed è per questa ragione che venne onorato come Dio d
Zefiro giuocando con Giacinto al disco, lo uccise involontariamente, ed Apollo che amava Giacinto lo cangiò in un fiore c
stinto a predir l’avvenire. Gli s’immolavano alle volte degli agnelli ed anche un toro. La palma e l’alloro erano i suoi a
erviva tutti con uno zelo infaticabile, anche nelle cose poco lecite, ed aveva cura di tutti i loro affari. Onde potesse v
te eseguire i suoi ordini Giove gli aveva attaccate le ali alla testa ed ai piedi. Mercurio era riguardato come il Dio del
l caduceo in mano, qualche volta con una borsa e colle ali alla testa ed ai piedi. Ora nudo ed ora con un manto su le spal
lche volta con una borsa e colle ali alla testa ed ai piedi. Ora nudo ed ora con un manto su le spalle, che non gli copre
a si servì di quella di Apollo per addormentare Argo che custodiva Io ed ucciderlo. Liberò Marte dalla prigione ove era st
statue che si ponevano su le vie a guisa di termini or con tre teste ed or con quattro facce erano dette Mercuri da’ Roma
con tre teste ed or con quattro facce erano dette Mercuri da’ Romani, ed Ermeti dai Greci, che tale è il nome di Mercurio
tto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto suo. Giunone sempr
ma senza dirgli quale. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come una prova di amore, q
o in un carro mezzo scoperto, tirato da tigri o da linci. Il dio Pane ed il vecchio Sileno gli camminavano a lato. Il cort
esto Dio fu accolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno che era s
sto a pentirsi della sua dimanda, e mutandosegli in oro anche il pane ed il vino, fu costretto per non perire d’inedia di
Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corna e le gambe di capro, ed il vecchio Sileno aio di lui, che lo seguiva sedu
o la caduta stette nove anni in una grotta profonda assistito da Teti ed Eurinome figlie dell’Oceano, per le quali si occu
e quali si occupò a fare dei pendenti, degli anelli, dei braccialetti ed altre simili cose. Sortito finalmente da questo n
ano giganti di statura enorme perchè queste montagne erano altissime, ed il solo occhio scintillante in mezzo della fronte
cevere il vaso, Pandora lo presentò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza di aprirlo, ne usc
ad un incudine con un martello e le tenaglie nelle mani. Gli Etruschi ed i Romani lo rappresentavano giovine ed imberbe. I
aglie nelle mani. Gli Etruschi ed i Romani lo rappresentavano giovine ed imberbe. In Lenno aveva egli il suo principal cul
di Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori. Plutone la vide, ed invaghitosene, corse a rapirla, la mise sul suo c
ità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di Alemena. A lui ed a Proserpina sacrificavansi due nere vacche o due
e si offerivano in numero dispari. Il suo culto era celebre in Grecia ed in Roma. Sono i Romani che l’avevano messo nel nu
mero delle dodici prime divinità. Si denominava Giove infernale, Dite ed Orco ; benchè secondo alcuni Orco sia più propria
evole dello scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone era il Dio ed il re era un luogo sotterraneo, vasto, oscuro, di
, l’una terribile, ove si vedevano dei laghi, la cui acqua limacciosa ed infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume di
tormentare gli empi ; l’altra, ridente e pacifica, destinata ai saggi ed agli eroi. All’Inferno fingevansi due ingressi,
dicate da Minosse, Eaco e Radamanto. I tre giudici Minosse, Radamanto ed Eaco, esaminavano la vita de’trapassati, e giusta
ssessori di lui. Le due grandi divisioni dell’Inferno sono il Tartaro ed i Campi Elisi. Il Tartaro è la prigione degli emp
i Titani nella lor guerra contro di Giove. Le sue acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passavane senza speranza di r
ito risguardató da alcuni come un ramo di Stige circondava il Tartaro ed era formato delle sole lagrime dei malvagi. Il su
per cent’anni privi della divinità. Le acque di Stige erano infette, ed in esse si ponevano i traditori ed i calunniatori
. Le acque di Stige erano infette, ed in esse si ponevano i traditori ed i calunniatori. La decima parte di queste acque
vuele abbia avuto il Giorno. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo passar l’Ache
o del fango del fiume infernale. La sua barca ha vele color di ferro, ed egli tiene un palo e remo per dirigerla. Nessun m
meno da Tifone, Orco, Cerbero, l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea. Cerbero era il custode dell’In
, la Sfinge ed il Leone di Nemea. Cerbero era il custode dell’Inferno ed impediva che vi entrassero i viventi e ne sortiss
le coste del Chersoneso di Tauride : indi ella diviene sposa di Eete, ed istruisce nella propria arte due degne figlie Med
che la costringevano a comparir sulla terra. Sopraintendendo ai sogni ed agli spettri, essa compariva a chi l’invocava. Co
e nei trivi. Soggiornavano nell’Inferno le tre Parche, Cloto, Lachesi ed Atropo dette da alcuni figlie della Notte e dell’
i. Gli antichi credevano che queste divinità presiedessero alla vita ed alla morte ed erano riguardate siccome quelle che
i credevano che queste divinità presiedessero alla vita ed alla morte ed erano riguardate siccome quelle che avevano un po
i fra tutte le divinità furon esse le sole che vissero in un’amicizia ed in un’inalterabile unione. Esse ingannavano la mo
oro deformità avvi chi scorge un’allegoria relativa all’ineguaglianza ed all’incertezza dei destini. Altri non vi scorgono
immaginate come ministre della vendetta degli Dei contro i colpevoli ed incaricate della esecuzione delle sentenze che co
no. Si fanno figlie della Terra da alcuni, da altri della Discordia ; ed avvi chi le vuole figlie della Notte e del fiume
iglie della Notte e del fiume Acheronte. Erano tre : Tisifone, Megera ed Aletto. Mentre i colpevoli erano in vita, le Furi
egli arieti e delle tortorelle. Si rappresentano con severo sembiante ed in aria minacciosa, colla bocca spalancata, con a
serpenti intreociati intorno al capo, con una torcia ardente in mano ed un flagello di serpente nell’altra oppure un unci
che mostra tutto il loro furore. Le Furie si chiamarono anche Erinni ed Eumenidi in terra ; Dire in cielo e Cagne di Stig
o de’ tempii in loro onore, si facevano de’ sacrifici per pacificarli ed il cipresso era la pianta che loro si consacrava.
e in figura d’un giovane sdraiato mollemente su di un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato di quiete in cui trovansi
conservato il nome di alcuni più celebri tra i condannati del Tartaro ed il genere del supplizio con cui vi erano tormenta
Demogorgone, il più antico degli Dei che aveva per compagni il Tempo ed il Caos, la cui sede fu posta da alcuni nelle vis
esi che fosser pur anche figli suoi le tre Parche, il serpente Pitone ed il Cielo stesso e la Terra. Pane ebbe molte concu
bitanee apparizioni, timore agli animali che abitavano il monte Liceo ed il monte Menalo in vicinanza del fiume Eurota nel
colle corna e metà del corpo di capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo ultimo caso gli si dà una ronca in mano
, un abito rustico che gli scende sino alle ginocchia, un cane a lato ed alcuni alberi. Sotto la prima forma è preso per i
a lato ed alcuni alberi. Sotto la prima forma è preso per il dio Pane ed allora si vede tutto nudo, coronato di edera, por
rco. Egli fu sommamente onorato in Italia ove dicesi esser egli nato ed aver regnato per la felicitò degli uomini. Fauno
Mercurio e della Notte, dipingevasi come Pane ma senza peli al mento ed al petto. Gli si sacrificava un agnello o un capr
agnello o un capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soventi gli un
lla sola differenza che i Satiri si rappresentavano col pelo al mento ed allo stomaco e gli altri non ne avevano, ed abita
ntavano col pelo al mento ed allo stomaco e gli altri non ne avevano, ed abitavano tutti le foreste ed i monti. Le occupaz
llo stomaco e gli altri non ne avevano, ed abitavano tutti le foreste ed i monti. Le occupazioni dei Fauni avevano un più
gricoltura. I loro lineamenti sono meno schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di essi più allegra. Si
nche una fisonomia di essi più allegra. Si consacrava ad essi il pino ed il selvatico ulivo. Si pretende che la voce dei F
forme a piacer suo, era il Dio delle vergini e presiedeva all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere di cambiare di form
o il nome di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio all’anno ed alle sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto
di varie specie, con un abito assai corto, con de’ frutti in una mano ed il corno d’abbondanza nell’altra. Ebbe questo Di
cesto pieno di fiori e di frutti con un ramoscello nella mano dritta ed alcuni pomi nella sinistra ; da altri si rapprese
che avesse il potere di cambiar di forme, ebbervi Proteo, Periclimene ed Acheloo. Proteo Proteo, dio marino, figlio
arlo parlare. Vogliono alcuni che Proteo sia stato re d’Egitto saggio ed avveduto. La sua prudenza gli faceva prevedere tu
a fece subito rinverdire il legno del quale era composto il simulacro ed il bosco stesso rigermogliò e divenne improvvisam
cappello della libertà. Zefiro, Flora Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali, era figlio di Eolo e
’Aurora e secondo altri di Astrea. Spira questo vento così soavemente ed ha pur tanta virtù, che ravviva tutta la natura.
o la figura di un giovinetto con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato di ogni sorta di fiori. Amò tenerament
e ceste di fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al frumento, ed in certi tempi dell’anno le venivano offerti dei
posto senza muoversi malgrado gli sforzi che si fecero per levarnelo, ed egli si trovò in tal modo rinchiuso nel tempio in
o per persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecito l’uccidere quelli che non li rispettav
ar di ghirlande il limite principale presso cui innalzavano un altare ed un piecolo rogo, al quale uno dei fittaiuoli e de
dei signori appiccava il fuoco, poscia spargeasi su le brace del vino ed una parte delle provvisioni che avevano portate.
ed una parte delle provvisioni che avevano portate. Dopo le preghiere ed il sacrificio della vittima, i due proprietari co
n mancanza di sangue ; ungevasi di olio semplice o preparato. Eolo ed altri venti Sí è già detto che Giove si riser
e di Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano il governo de’ venti, ed Eolo teneali rinchiusi nelle spelonche delle isol
he delle isole Eolie o Eolidi o Vulcanie ora di Lipari tra la Sicilia ed il continente dell’Italia ov’egli risiedeva. Era
r indicare la sua leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantello ed ha la figura di un giovine. Alcune volte si rappr
a di un giovine. Alcune volte si rappresenta con una fisonomia severa ed irritata, inviluppato in densi vapori quando trav
imo, che dicono vento furioso e freddissimo, con una coda di serpente ed i capelli sempre bianchi. Euro vento d’oriente vi
iorno. Il suo fiato era alcuna volta sì infuocato che ardeva le città ed i vascelli in mare. Si dipinge da alcuni di statu
Non s’intraprendevano viaggi sul mare se non si sacrificava ai venti ed alle tempeste. Imene Imene Alcuni poeti
altre volte con abito bianco ornato di fiori con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una
do, e dicevasi che il primo impetuoso e violento invasava gli stolti, ed il secondo soave e moderato ispirava i saggi. Cup
ni di cui sarebbe stato origine, volle obbligare Venere a disfarsene, ed essa lo allevò nascostamente in un bosco, dove su
igno, per dimostrare che Amore non ha niente di proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno di frecce ardenti, simbol
chè il vero Amore scocca dei dardi d’oro che inspirano una gioia pura ed un’affezione virtuosa e sinoera. Momo Momo
a questa divinità le lenticchie e le primizie dei legumi ; ma il loto ed il pesco gli erano particolarmente consacrati, pe
cavalli al di lei carro. Ercole la sposò in cielo e n’ebbe un figlio ed una figlia. In questa unione si vuol indicare che
n un velo e sopra di un carro risplendentissimo. Essa precede il Sole ed apre le porte dell’oriente ; è accompagnata dalle
oriente ; è accompagnata dalle Ore e fuggono al suo giugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura alle volte con una face in
Divinità che presiedeva a tutti gli avvenimenti e distribuiva i beni ed i mali a capriocio. I poeti la dipingono cieca e
n aria. La ruota gira velocemente. Fu anche rappresentata con un sole ed una mezza luna su la testa, per indicare che essa
o Como era il dio della gioia, dei banchetti e dei balli notturni ed il nume favorito della gioventù dissoluta. Presie
orito della gioventù dissoluta. Presiedeva alle Cronie presso i Greci ed alle Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui
celebrava la sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci
a sinistra sopra un tronco. Gli si fa tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume era uno de’compa
i suoi ordini. Si rappresenta cieco col globo celeste sotto i piedi ed in una mano l’urna in cui si rinchiudono le sorti
rti dei mortali. Si dipinge anche con una corona sormontata di stelle ed uno scettro simbolo del sommò suo potere. Per ind
ogni uomo abbia il suo. Il Destino non aveva statue, ma aveva oracoli ed un culto. Igiea o Igia Igiea secondo alcun
to dal corvo, che poi di bianco fu tramutato in nero, uccise Coronide ed Ischi ; trasse però dal fianco di lei Esculapio e
mplici sotto la scuola di Chirone che gl’insegnò a comporre de’rimedi ed egli stesso ne inventò moltissimi ; unì la medici
n cane presso di lui sdraiato ; qualche volta con un vaso in una mano ed il serpente nell’altra ; e finalmente appoggiato
erpente. Nei sacrifici gli si offrivano capre e galline. Il serpente ed il gallo erano a lui specialmente dedicati. Si vu
egola la mite temperatura dell’aria, e mantiene la salute e la vita ; ed ha la facoltà di conservare o di rigenerare i cor
di quell’immagine lo impegnasse a non espor nulla che alla giustizia ed alla verità non fosse conforme. La Pace Qu
ezza corona d’alloro in testa. Da altri si rappresenta con un caduceo ed una fiaccola rovesciata. In una medaglia d’August
rappresenta armata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i capelli s
. Le sta vicina la Discordia che colle sue faci mette fuoco ai tempii ed ai palazzi ; ed in certa distanza si scorge la Ca
la Discordia che colle sue faci mette fuoco ai tempii ed ai palazzi ; ed in certa distanza si scorge la Carità che fugge c
entrò nel palazzo del Sole e lo trovò seduto sul suo rilucente trono ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pre
ono alcuni figlia di Stige e della Terra ; di Stige e Pallante altri, ed avvi chi la fa nascere dal Cielo e dalla Terra. S
stino, e a suo beneplacito faceva dell’urna di quel Dio uscire i beni ed i mali. Prendeva diletto ad umiliare chi non sape
lti come solare potenza, estendeva il suo impero sopra tutto il globo ed il suo culto erasi dovunque sparso. Riconoscono a
, assicuravano la fedeltà dei giuramenti. Erano rappresentate con ali ed una ruota sotto i piedi, simbolo delle umane vici
dietro il carro di lei ; le belle chiome scendevano loro sulle spalle ed in balía de’ venti ondeggiavano. Teti da una mano
degli antichi. Minosse guidice infernale, Minosse secondo, Dedalo ed Icaro, descrizione del labirinto e dell’areopago
anno luogo alla presenza di lui. Altri lo figurano tenendo nelle mani ed agitando l’urna fatale ov’ è rinchiuso il destino
le nè anco parlarle ; e narrano alcuni che la facesse gittar in mare, ed altri che sciogliesse sollecito le vele senza vol
nto di Tauro quanto di Minosse, secondo alcuni che somigliava all’uno ed all’ altro, così gli venne dato il nome di Mino-T
Gli antichi fanno menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone nel l
ti, metà dei quali erano sotto terra, e dodici palazzi in un ricinto, ed era fabbricato e coperto di marmo. Eravi una sola
er rinchiudervi il Minotauro, colla differenza che quello era coperto ed oscuro e questo era scoperto. Considerando che il
stria, trovò il mezzo di fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di
tribunale tutti i cittadini indistintamente, purchè fossero religiosi ed onesti. In faccia agli Areopagiti eranvi due piet
ine Deità. Malgrado però di tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto che gli Dei marini lo avevano del
ocide. Giunone la condannò a non parlar mai senza essere interrogata, ed a rispondere in poche parole alle dimande che le
Bacco e Venere come più generalmente si crede erano tre : Egle, Talia ed Eufrosina, così almeno vogliono la maggior parte
nchè ne variasse il numero presso gli antichi che ne annoveravano due ed anche quattro. Omero dà il nome di Pasifea ad una
iù bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai beneficii ed alla riconoscenza. A sì amabili Divinità non dove
Le Grazie avevano templi in Elide, in Delfo, in Perinto, in Bisanzio ed in tutti gli altri luoghi della Grecia e della Tr
moderazione. Si dipingevano giovani, belle e vergini perchè le Grazie ed i piaceri sono sempre stati risguardati come attr
il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie di abito succinto ed incolto piace assai più degli studiati ornamenti 
loro dei sacrifici. Anche in Roma erano ad esse consacrati due templi ed un terzo in cui venivano festeggiate sotto il nom
tragedia, l’una delle cui parti essenziali erano altre volte i canti ed i cori. Talia o la fiorente, presiedeva alla comm
ertimenti. Euterpe ossia la giocosa e rallegrante, presiede al flauto ed agli istromenti da fiato e la sua giurisdizione e
o vergini. Tra i fiumi e le fontane erano loro consacrati l’Ippocrene ed il Permesso nella Beozia, il Castalio nella Focid
rmesso nella Beozia, il Castalio nella Focide, tra le piante la Palma ed il Lauro. Il caval Pegaso pascolava per lo più al
ra vedesi un tempio di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre di tutti i tempii che abbia Venere
mavera, l’estate e l’inverno. Quando venne ad esse aggiunto l’autunno ed il solstizio d’inverno ossia la sua più fredda pa
anche dell’educazione di Venere. Era loro cura di allestire il carro ed i cavalli del Sole. Si vuole che presiedessero al
e chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle mani che erano di bronzo. Erano pei mortali
ano in sasso quei che guardavano. Esse davano il guasto alla campagna ed incrudelivano sopra tutti i viandanti. Perseo le
ngiar in pietra chiunque ei si voleva. Dopo la morte di Medusa, Steno ed Euriale andarono ad abitare presso l’Inferno, all
iamano Gorgone, il quale è molto somigliante ad una pecora selvatica, ed il cui alito è tanto velenoso che infetta tutti c
le specie di serpenti che veggonsi nell’Africa, come nacque Crisaore ed il Pegaso cavallo alato. Appena che quest’ultimo
che equivale a fontana di cavallo. Questo fonte consacrato ad Apollo ed alle Muse vogliono alcuni che fosse scoperto da C
l comandante della nave ne uscì Crisaore, celebre artefice in metalli ed il Pegaso. Il capo della Medusa, comperando dell’
un culto particolare : offrivasi loro in sacrificio l’olio, il latte ed il mele ; talvolta immolavansi ad esse delle capr
olio, il latte ed il mele ; talvolta immolavansi ad esse delle capre, ed erano altresì loro consacrate alcune feste. Alle
adi, in Ninfe de’ boschetti dette Napee, e delle foreste dette Driadi ed Amadriadi. Le Oreadi, Ninfe de’ monti che si fan
adi, Ninfe de’ monti che si fanno nascere da Foroneo antico re d’Argo ed uno de’ primi che contribuirono all’incivilimento
le di Giove. Le Napee si facevano presiedere ai boschetti, alle valli ed ai prati. Il loro nome nella lingua greca signifi
renduto alie Naiadi. Le Driadi presiedevano alle campagne, ai boschi ed agli alberi. Erano state immaginate per impedire
al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avevano in mano una scure, perchè si credeva che
abbattuta ; ma la Ninfa se ne vendicò, poichè la sera stessa l’empio ed avido legnaiuolo fu colpito assieme col figlio da
della città di Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incurvata ed in procinto di cadere. Ei si determinò a puntella
ia incurvata ed in procinto di cadere. Ei si determinò a puntellarla, ed appena ebbe terminato questo lavoro gh comparve l
adriadi dipendesse dalle piante che le medesime avevano in custodia ; ed era questo un ottimo mezzo per far rispettare i p
rine divinità erano onorate con un culto il quale consisteva in preci ed in sacrifici. Questo culto era fondato sul vantag
ficato un toro nero, e quando era in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro era però l’animale che più c
venenza del volto. Amata da Polifemo e da Aci, preferì questo giovine ed avvenente pastore al deforme Ciclope. Polifemo sd
molto limpide volle bagnarvisi. Il fiume Alfeo che la vide spogliarsi ed entrare nell’ acqua se ne innamorò subito, ma ess
gee erano Ninfe che presiedevano alle fontane, ai fiumi, alle riviere ed ai torrenti. Alcuni distinguono le Ninfe che pres
ed ai torrenti. Alcuni distinguono le Ninfe che presiedevano ai fiumi ed alle riviere dalle Naiadi col nome di Potamidi. L
abbigliamento delle Naiadi, come a quello di tutte le divinità marine ed ai fiumi. Le Limniadi erano le ninfe che presiede
ine ed ai fiumi. Le Limniadi erano le ninfe che presiedevano ai laghi ed agli stagni. Erano onorate anche sotto i nomi di
chi conta la quarta chiamandola Espera, chi una quinta detta Eriteide ed altri parlano della sesta chiamata Vesta. Giunone
a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro molti hanno intesi gli aranci ed i cedri. Nel drago non hanno scoperto che l’immag
arbusto che mette le prime foglie ; tien essa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata di spiche di frumen
grappoli d’uva o un paniere di frutti sul capo. L’Inverno ben vestito ed il capo coperto, sta presso di un albero spoglio
mezzo di quattro animali : si dà alla Primavera un paniero di frutti ed un ariete ; all’Estate un covone di frumento ed u
un paniero di frutti ed un ariete ; all’Estate un covone di frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia ripieno di
erchè è il tempo della caccia ; all’Inverno, un vaso ripieno di fuoco ed una salamandra. Gli antichi hanno caratterizzato
io marino, la cui figura offriva sino alla schiena un uomo che nuota, ed il resto del corpo mostrava un pesce con lunga co
ite. Avvi chi ne nomina quattro : Aglaosi o Aglaope, Telsipia, Psinoe ed Elige facendole figlie di Acheloo e della Musa Te
me di Neapolis presentemente Napoli. Le Sirene dipingonsi colla testa ed il corpo di donna fino alla cintura e la forma di
voragine vorticosa, nello stretto di Sicilia, che inghiottiva le navi ed i naviganti che sovr’essa passavano. Fra Messina
o il timore di un male ci conduce in un peggiore. I Penati, i Lari ed i Lemuri I Penati ed i Lari erano Dei domesti
conduce in un peggiore. I Penati, i Lari ed i Lemuri I Penati ed i Lari erano Dei domestici ; si facevano presiede
Lari erano Dei domestici ; si facevano presiedere i primi alle città ed alle ville, alle case i secondi ; ma comunemente
r essi delle lampade accese. In pubblico si sacrificava loro un gallo ed anche un porco ; le offerte che ad essi si faceva
i si facevano in particolare erano incenso, vino, una coperta di lana ed una parte dei cibi giornalieri. Vuolsi che antica
menti ; Maturna era la dea della maturità ; Mellona proteggeva le api ed i loro lavori. Colui che rubava del mele o guasta
perchè non si smarissero ; Avveruno era quello che allontanava i mali ed i pericoli. Nerina era la dea del rispetto e dell
ove, si vendicò sopra il figlio, sollecitando la nascita di Euristeo, ed assicurandogli così la superiorità sul suo compet
no la gloria del figlio di Giove. Alcmena partorì due gemelli, Ercole ed Ificlo e secondo alcuni Euristeo. Volendo Anfitri
ezzi. Giunone per le preghiere di Pallade si raddolcì allora alquanto ed acconsentì anche di dargli del proprio latte onde
di essere un giorno balzato dal trono, lo perseguitò incessantemente ed ebbe cura di occuparlo bastantemente fuori dei su
a cui se una veniva recisa, immantinente rinasceva. Ercole la uocise, ed uccise pur anche il cancro marino, mandatogli da
ma tre de’ loro nemici : facevano morire o storpiavano i figli maschi ed allevavano con molta cura le fanciulle ; alle qua
e mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto figlio di Echidna, ed un Dragone con sette teste. Ercole uccise anche q
e tolse i pomi d’oro, o come altri dicono, li fe’ cogliere da Atlante ed ei frattanto sostenne invece di lui sulle sue spa
e Anteo. Distrusse molti mostri come Caco, Albione, Bergione, Tirreno ed altri. Domò i Centauri, uccise Busiride tiranno d
a di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era figlia di Oeneo, ed Ercole per ottenerla in moglie dovè combattere co
ata degli amori di suo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia, ed appena se l’ebbe egli posta in dosso, che sentiss
e egli posta in dosso, che sentissi subito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa era infettata gli penetrò f
iove lo innalzò al cielo e lo pose tra il numero de’ Semidei. In Tebe ed in molte altre città della Grecia, in Roma, nelle
ma, nelle Gallie, nella Spagna e sino nella Tabroane isola tra l’Indo ed il Gange, furono eretti degli altari in onor suo.
spoglie del leone Nemeo, ch’egli porta qualche volta sopra un braccio ed anche sopra la testa. Vedesi pure ma di rado con
o alcuni, dopo la sua morte, piantata nella terra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio di lui e di De
iente all’uomo che esso aveva formato. Innalzato al cielo da Minerva, ed avendo osservato che tutti i corpi celesti erano
rometeo ebbe l’avvedutezza di ricusare il dono temendo di un inganno, ed Epiméteo suo fratello accolse lietamente il dono
e nel veder che Prometeo era sfuggito a questo agguato non ebbe freno ed ordinò immantinente a Mercurio secondo alcuni, a
Pirra due figli. Elleno che alcuni mitologi chiamano figlio di Giove, ed Anfittione che regnò nell’Attica. Ebbe inoltre un
anae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante ed aveva un fratello chiamato Preto ch’egli detestav
eo e raccolta da un pescatore nomato Ditti il quale condusse la madre ed il figlio a Polidete sovrano dell’isola, che dice
i amici purchè ciascuno dei convitati gli facesse dono d’un cavallo ; ed invitò. Perseo perchè sapeva che non ne aveva. Qu
iato con Nettuno nel suo tempio aveva cangiato i capelli in serpenti, ed aveva prescritto che chiunque la riguardava doves
to dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mercurio gli prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra di diaman
ade uno scudo che risplendeva ad uso di specchio. Armato in tal guisa ed assistito da Minerva partì, vinse le Gorgoni e ta
te che invidioso della gloria di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietava con ogni sorta di violenze Danae, e pe
a Mercurio le ali e i talari, a Plutone il càsco, a Vulcano la spada ed a Pallade lo scudo ; e siccome aveva dei particol
cevere più alcuno in casa sua. Perseo vi andò, come abbiam già visto, ed essendogli negata l’ospitalità, n’ebbe tanto sdeg
inchè Ercole, o come altri vogliono, Euristeo, non andò a liberarlo ; ed era stato sì strettamente legato a quel sasso, ch
e ne giva verso il mare, e presa la fuga, mandarono il carro in pezzi ed Ippolito strascinato per le rupi morì miseramente
ero i due valorosi giovani cangiato l’odio e l’invidia in ammirazione ed amore, si strinsero colla più ferma amicizia. Gio
cavalli abitavano un paese della Tessaglia. Andavano armati di clava ed erano destri nell’uso dell’arco. Variano le opini
ni e mezzo cavalli. Ercole, Teseo, Piritoo ne uccisero un gran numero ed obbligarono gli altri a fuggire. Narrasi pure che
ti del re di Tessaglia, vollero partecipare alla successione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio co
iù rinomati tra i Centauri furono Cauma, Chirone, Eurito, Amico, Folo ed Anfione. Dagli scritti di alcuni autori e da vari
quattro bellissime fanciulle Ino, Agave, Autonoe e Semele. La gelosa ed implacabile Giunone non potè tollerare a lungo ta
a Tindaro di lei marito ; l’altro fecondato da Giove produsse Polluce ed Elena che partecipavano dell’immortalità di colui
I Greci li ammisero tra il numero de’loro Dei. A Sparta ove nacquero ed ove ebbero la tomba fu loro innalzato un altare,
vorevoli ai navigatori. I Romani fabbricarono in loro onore un tempio ed offrivano loro in sacrificio degli agnelli bianch
ioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed i navigatori come si è già detto li avevano in gr
ià dato le prime lezioni di teologia iniziandolo ai misteri di Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in questa scie
scire dai limiti del loro impero. Non gli restava a fare che un passo ed avrebbe riveduta la luce colla sua amata Euridice
o uccise con un colpo di lira, perchè lo aveva aspramente rampognato, ed anche contraffatto per la cattiva sua maniera di
per acquistarne. Fu annunciata per tutta la Grecia questa spedizione ed accorse in folla a Iolco il fiore degli eroi grec
ccorse in folla a Iolco il fiore degli eroi greci per prendervi parte ed accompagnare Giasone. Ne scelse cinquantaquattro
ia, se ne impadronì e forzò il suo rivale ad abbandonare la Tessaglia ed a ritirarsi a Corinto con Medea. Creonte che ne e
a Corinto con Medea. Creonte che ne era il re li accolse cordialmente ed accordò loro generosa ospitalità. Essi vissero in
ca, che giunse a guarire le malattie coi soli concenti della sua lira ed era tanto valente nella cognizione de’corpi celes
e nella cognizione de’corpi celesti, che giunse a saperne allontanare ed a prevenirne le influenze funeste all’umanità. Ne
lea dove ritirato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra
rì invece Chirone in un ginocchio. Ercole disperato corse prontamente ed applicò un rimedio che aveva imparato dal suo ant
Orizia, il poeta Orfeo, Teseo secondo alcuni, non nominato da altri, ed Ercole in fine, il quale perduto Ila, giovinetto
ospitalmente Giasone, e a lui pure congiunta n’ebbe due figli Toante ed Euneo. Continuando il loro viaggio arrivarono gli
’Ellesponto, costeggiarono l’Asia Minore, sboccarono nel ponte Eusino ed arrivarono sotto le mura di Aea, città sul fiume
rrivarono sotto le mura di Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a sei leghe dalla sua imboccatura, capitale della
eghe dalla sua imboccatura, capitale della Colchide ove regnava Eete, ed eseguita, come si è riferito, la loro intrapresa
pericolo. Continuando il loro viaggio, sboccarono finalmente in Egina ed arrivarono in Tessaglia. Questo avvenimento sareb
l Vello o Toson d’oro era la spoglia del montone che trasportò Frisso ed Elle nella Colchide, e la di cui conquista fu l’o
te. Dicono gli uni che all’istante in cui stavasi per immolare Frisso ed Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un mon
o approdò col suo montone a un capo abitato da barbari vicino a Colco ed ivi si addormentò. Avendolo visto quegli abitanti
Xanto. Giobate lo ricevette con gioia, lo tenne soco per nove giorni, ed in ciascun giorno immolava un toro ai numi, ringr
ostro alato, d’estrema agilità, nato in Licia da Tifone e da Echidna, ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa di lione, l
ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitav
uoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione di Minerva, ed avendo ottenuto da Nettuno il caval Pegaso, andò
i avevano fatto un’irruzione nella Frigia e negli altri paesi vicini, ed egli le vinse similmente. Ritornando Bellerofonte
in un combattimento contro i Solimi, Ippoloco che fu padre di Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della quale Giove s’
ro di Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cortigiana nata in Ic
e, durante però la notte soltanto, secondo alcuni. Sopra questo monte ed intorno al vulcano vedevansi de’leoni ; a metà er
ansi de’leoni ; a metà eranvi de’pascoli dove pascevano delle capre ; ed appiè del monte stesso vi erano delle paludi infe
non potevasi estinguere se non che colla terra. Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di
a, si presentò un gran numero di concorrenti. Molti erano stati vinti ed avevano già subìto la loro trista sorte. Allorchè
rinunciando alla vita selvaggia da lui sin allora condotta, la seguì ed accrebbe il numero dei concorrenti alla di lei ma
talanta invaghitasi della loro bellezza, si trattenne a raccoglierli, ed egli giunse il primo alla meta, e sposò la princi
lioni, e Cibele li attaccò al suo carro. Vogliono altri che Atalanta ed Ippomene non fossero già trasformati in lioni, ma
ene dotata di somma bellezza e di Apollo. Giano fu allevato in Delfo, ed Eretteo ignorò sempre e la sua nascita e la sua e
eguente. Difatti Giano figlio di Creusa fu il primo a’ presentarsegli ed egli lo adottò. Essendo Giano cresciuto in età ap
se, approdò anch’esso in Italia, ove fu da Giano cortesemente accolto ed associato al proprio regno, che nominò Lazio dall
ndichino la rara prudenza che ponevagli sempre sott’occhio il passato ed il futuro di cui fu dotato da Saturno inricompens
te si rappresenta Giano anche con quattro facce. Gli si dà una chiave ed un bastone in mano ; la chiave perchè credesi inv
isse l’anno nel mese di gennaio che da lui tratto aveva il suo nome ; ed un bastone perchè accoglieva con cortesia i viand
’loro villaggi, incontrò una giovinetta che veniva ad attinger acqua, ed avendole significato il motivo del suo viaggio, e
con sè questa donzella onde imparare da lei la forma del sacrificio, ed avendola poscia sposata, n’ebbe un figlio chiamat
he questi fosse colui indicato dall’oracolo, lo elessero per loro re, ed egli pose fine a tutte le loro differenze. Mida,
desio di vedere il famoso carro cui stava attaccato il Nodo Gordiano ed essendo persuaso che la promessa dell’oracolo ris
urio : Non importa, diss’egli, qualunque sia la maniera di snodarlo ; ed avendolo tagliato colla spada, in tale guisa delu
la Sfinge mostro alato nato da Tifone e da Echidna che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di
quero da essa due gemelli Eteocle e Polinice e le due figlie Antigone ed Ismene. Gli Dei irritati di un tale incesto perco
esser condotta ad Atene, ove Teseo li accolse ambidue favorevolmente, ed offrìloro il suo potere per appoggio ed i suoi st
colse ambidue favorevolmente, ed offrìloro il suo potere per appoggio ed i suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oraco
, il quale essendosi spezzato nel corso precipitò Enomao che ne morì, ed egli così ottenne Ippodamia ed il regno. Egli si
el corso precipitò Enomao che ne morì, ed egli così ottenne Ippodamia ed il regno. Egli si rese ben tosto formidabile ai p
i Peloponneso. Questa contrada che fu la culla di tanti grandi uomini ed il teatro di tanti celebri avvenimenti, è conosci
il nome di Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori divini, ed i Greci lo ponevano tanto al dissopra degli altri
morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed il più potente principe della Grecia, scelse la c
ia Agamennone aveva avuto vari figli e tra gli altri Oreste, Ifigenia ed Elettra. Mentre l’armata era raccolta in Aulide p
ell’intiera Grecia adunata. Ma Diana avviluppò in una nuvola l’altare ed il sacrificatore, salvò Ifigenia sostituendole un
ra dovea esser ucciso da Egisto, ma fu salvato dalla sorella Elettra, ed allevato secretamente da Strofio nella Focide, di
uindi, per una necessaria conseguenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali
in Aulide. Solamente dopo dieci anni riuscirono i Greci a soggiogare ed ardere Troia. Paride fu ucciso da Pirro e vide pr
oia il formale assedio. Ma essendo insorta grave rissa tra Agamennone ed Achille per una schiava che il primo al secondo v
to della perdita dell’amico si mosse finalmente Achille a vendicarlo, ed incontratosi in Ettore dopo lungo conflitto l’ucc
sa e l’incendio della città salvi e liberi partirono, furono Antenore ed Enea. Antenore che fu creduto favorevole al part
o venire alle mani prima con Achille poi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato nel primo caso
eligione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più sacra ed augusta. Per mezzo degli Oracoli credeva l’uomo d
i modo che gli Oracoli del tripode passavano in proverbio per antiche ed infallibili verità. Il privilegio degli Oracoli v
mose in questa professione furono le Sibille. Così chiamavano i Greci ed i Romani certe donne ch’essi dicevano invase di s
ed i Romani certe donne ch’essi dicevano invase di spirito profetico ed alle quali attribuivano la cognizione del futuro.
Delfo, quello di Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello di Giove Capitolino, ed il Panteon
llo di Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello di Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia sussiste ; ne’ Sacrifici
distinte col mezzo di particolari ornamenti e di grandi prerogative, ed annoverate tra le Sacerdotesse. Ai conviti che ce
dazione di Roma. Essi preparavano i banchetti sacrinei giorni solenni ed erano anche obbligati a pubblicare il giorno in c
nosceva giuoco alcuno il quale non fosse a qualche Dio in particolare ed anche a molti insieme dedicato. Eravi un decreto
ighe e le quadrighe ; la lotta o il pancrazio, in cui gli atleti nudi ed unti d’olio cercavano di atterrarsi l’un l’altro 
nifici, di cui gli avanzi ancora si veggono a Roma, a Verona, a Nimes ed in altri luoghi. A detti giuochi essi aggiunsero
). 217. I Ia. V. Atlante. 316. Iadi. V. Atlante. Id. Icaro. V. Dedalo ed Icaro. 210. Idea. V. Cibele. 11. Idra (l’) di Le
Ercole. 297. Imene. 141. Inferno (Descriz. dell’). 78. Ino. V. Frisso ed Elle. 361. Introduzione. 1. Io. V. Giunone. 20. I
fe. 241. Narciso. V. Eco. 215. Nascio o Nasio. 278. Nefele. V. Frisso ed Elle. 361. Nemese (le). 188. Nemesi. 187. Nenia.
4 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
i, presso de’ quali ebbero la loro origine, i Greci che le accolsero, ed i Romani, che parimente le adottarono, riguardava
il sistema di religione dagl’Iddj ad essi presentato, e che i Poeti, ed i Savj colle cure più sollecite avevano custodito
tante altre, la cui spiegazione ci è affatto ignota. Ma tali sistemi, ed interpetrazioni sarebbero all’intutto fuori di pr
lle arti : le sue antiche bizzarrìe sono tuttogiorno in moda fra noi, ed hanno un incantesimo tanto lusinghiero da farci r
te, che gli antichi scrittori si assumevano il dritto di far parlare, ed agire a lor talento gli Dei : e talvolta abusavan
lasse sarà composta de’ Semidei così detti, per esser nati da un Dio, ed una mortale, o da un Uomo, ed una Dea, come Ercol
i così detti, per esser nati da un Dio, ed una mortale, o da un Uomo, ed una Dea, come Ercole, Castore, e Polluce, e tanti
gioso. Tali erano le favole di Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi nel
a pertutto, assegnarono un posto nel Cielo alle Virtù, alle Passioni, ed alle Miserie puranche dell’uman genere. Quindi fu
tta spezzò le catene de’ suoi fratelli, e s’impossessò dell’Empireo : ed aggiungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò
da Titèa si ritirò in una grotta Chiamata Dittèa nell’isola di Creta, ed ivi partorì Giove, e Giunone ; affidò il primo al
Giano, principe Tessalo, che regnava allora nel Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio, Giano civilizzò i suoi
e, e facili a spiegarsi. I Greci lo chiamarono Cronos, cioè il tempo, ed era naturale, che i poeti lo facessero nascere da
forze. Ha le ali sul dorso per dinotare, che il tempo veloce giunge, ed al momento sen fugge : porta seco una falce per t
al suo fianco ci mostra il corso sempre eguale, e misurato del tempo, ed il serpente, che si morde la coda formando un cer
ede al nostro Globo. Fu detta Rèa del Greco Rhèo, fluo per le piogge, ed i fiumi, che scorrono sulla Terra, ed Opi pel soc
Greco Rhèo, fluo per le piogge, ed i fiumi, che scorrono sulla Terra, ed Opi pel soccorso che apprestava agli uomini. Mig
na robusta, coronata di foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di fiori, assis
’impiedi, o cavalcando un lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostro di una nave, per dinotare il
mperio cogli altri fratelli. Nettuno ebbe il mare, Plutone l’inferno, ed esso l’empireo. Per mano de’ Ciclopi fu formato u
ispirava. Egli aveva cento teste con serpenti armati di lingue nere, ed avvelenate, vibranti urli che incutevano spavento
inge accigliato, colla fronte coverta da nuvole, coll’aquila accanto, ed armato del fulmine. A’ suoi piedi fanno sgabello
o del fulmine. A’ suoi piedi fanno sgabello il Rispetto, e l’Equità : ed in poter suo sono i beni, ed i mali, che a suo ta
fanno sgabello il Rispetto, e l’Equità : ed in poter suo sono i beni, ed i mali, che a suo talento distribuisce. Talvolta
sisa sopra di un carro tirato da pavoni, portando lo scettro in mano, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figli
consistendo il vitto degli uomini per l’addietro in ghiande, radici, ed animali presi alla caccia. Questa diva benefica e
ma fu accordato a Proserpina di poter passare sei mesi con sua madre, ed altrettanti con Plutone, che l’aveva sposata. Cal
lo. Apollo fra gli Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse, ed il Dio della poesia, onde vien invocato dai poeti
t’isola fralle Cicladi pria errante nel mare : e tosto che fu adulto, ed istruito nell’arte di maneggiar l’arco, ammazzò i
atona. Questo mostro aveva cento teste : lanciava fiamme dalla bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corp
lo, riguardandolo in qualità di un giovane gajo di età sempre fresca, ed istruito nelle belle arti. Egli amò varie Ninfe ;
mantello con bastone, a cui sta una serpe attortigliata in una mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi.
cui sta una serpe attortigliata in una mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di q
caso ch’esponesse al mostro la sua figliuola Esione. Bisognò cedere : ed oramai questa principessa sarebbe stata la vittim
e Apollo volentieri accettò. Tmolo Re di Lidia fu scelto per giudice, ed il suo voto fu per Apollo. Mida ivi pur presente
dole cicalone, che non osando svelare l’arcano fece un buco sotterra, ed ivi depose il segreto, che celar non sapeva. Into
nome di Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il carro lunare, ed era altresì considerata per la luna istessa. In t
l numero delle costellazioni. Callisto ebbe il nome di Orsa maggiore, ed Arcade quello di Orsa minore, o Boote, Bifolco. D
rcasso sulle spalle, e coll’arco alla mano : la sua veste è succinta, ed il suo cane corre presso a lei. Doppia treccia an
ie è coronata di allori con qualche papiro alla mano, o con un libro, ed un piccolo stile. Euterpe, voce indicante piacer
e. Euterpe, voce indicante piacere, contento, presedeva alla musica, ed alla poesia boschereccia, circondata da istrument
llo, e suona la lira, o pur batte il timpano. Ella ha seco una tazza, ed un tirso. Erato si occupa della bellezza degli a
zza degli amorosi componimenti. La lira è il suo istrumento musicale, ed è corteggiata da piccoli amori. Polimnia è la mu
a. Calliope presiede alla poesia epica. Ella tiene in mano un poema, ed una corona : nell’altra una tromba. Urania non h
a : nell’altra una tromba. Urania non ha altr’oggetto, che il Cielo, ed è perciò la Musa dell’astronomia. La sua testa è
onata da un diadema di stelle : ha per insegna un compasso, un globo, ed altri istromenti matematici, oltre una bacchetta,
1. La sua bellezza era tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed a lei in concorso di Pallade, e Giunone, fu dato
chetto : Amore vantossi di esser egli più sollecito in raccoglierli : ed agile saltellando da fiore in fiore mercè le ali,
qual fanciullino pieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali so
ruppe ciò non ostante una coscia, e restò zoppo1. Come era ingegnoso, ed inventore, abbracciò una professione dove poteva
a avrebbe dato alla luce una bambina dotata di una perfetta saviezza, ed uu fanciullino a cui il Destino aveva riserbato l
ondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo gli venne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo di
corso a Vulcano, questi con un colpo di accetta gli aprì il cervello, ed immantinente ne uscì fuori Minerva già fatta gran
il cervello, ed immantinente ne uscì fuori Minerva già fatta grande, ed armata. La Dea appena nata cominciò ad eseguire u
fece uscire un cavallo. Minerva ivi fece nascere una pianta di ulivo, ed ottenne l’intento. Iu seguito questo arbore fu il
d ottenne l’intento. Iu seguito questo arbore fu il segno della pace, ed a lei fu consagrato. Minerva chiamavasi anche Pal
allade1. Sotto la prima denominazione ella era la Dea della sapienza, ed aveva la preminenza sulle scienze, sulle belle ar
lle belle arti, e sulla pace. Sotto la seconda presedeva alla guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura era
a guerra, ed era la protettrice degli Eroi. La sua figura era nobile, ed alta la sua statura : la fisonomia era bella, ma
caschetto con una civetta, uccello sno favorito2 : un’asta alla mano, ed il braccio armato dell’Egida, ch’era per l’appunt
a Bellona Dea similmente della guerra : i suoi cavalli nati da Borea, ed Erìnni chiamansi il Terrore, e lo Spavento. Parec
gno formano l’ornamento del suo elmo : la Fama lo precede da lontano, ed il Terrore gli sta d’accanto. Eccone ne’ seguenti
ove, il martello a Vulcano, il tridente a Nettuno, i dardi ad Apollo, ed a Venere il cinto. Come aveva tutte le disposizio
ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto gli offerì una vacca, ed un bue a condizione, che avesse svelato il luogo,
ercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare di Giove, ed il Messaggiere dell’O
iù occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare di Giove, ed il Messaggiere dell’Olimpo. Egli si mischiava in
, fu astretto ad eseguire il suo giuramento. Egli rimontò all’Olimpo, ed indi ne discese decorato da’ suoi raggi, ed armat
Egli rimontò all’Olimpo, ed indi ne discese decorato da’ suoi raggi, ed armato della folgore. All’accostarsi tutto avvamp
n era giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì una sua coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando nel trasse, il d
di celebrare le feste di Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed alle sue Menadi, o siano Baccanti un sì fatto fur
io non era sicuramente bello : la sua reggia non era la più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrovata una Dea,
ida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vec
e vegliava eternamente per impedire alle ombre l’uscita. Il Tartaro, ed i Campi Elisj formavano la divisione dell’Inferno
li esecutrici delle sentenze de’ giudici infernali, Tisifone, Megera, ed Aletto, nomi indicanti rabbia, carnificina, ed in
ali, Tisifone, Megera, ed Aletto, nomi indicanti rabbia, carnificina, ed invidia. Chiamavansi altresì Eumenidi, cioè dolci
sete, malgrado che una pianta carica di frutta gli penda sulla testa, ed egli stesso stìa fino al mento tuffato nell’acqua
che non potevano concepire le divinità separate da tutte le passioni, ed esenti dalle umane debolezze, credette indispensa
estri. Pane. Pane occupa il primo luogo tra gl’Iddj campestri, ed è specialmente il Dio de’ pastori. La sua figura
becco, avendo le corna sulla testa, il volto umano, le cosce irsute, ed i piedi di capra. Il flauto composto di più canne
Fauno figliuolo di Pico Re del Lazio cra altresì il Dio de’ pastori, ed è rappresentato sotto la forma medesima di Pane.
per la Lidia, smontato dal suo asinello si fermò presso di un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe, bramando di a
igliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il più saggio ed istruito tra i centauri. Celebri furono i suoi al
allievi, fra quali si distinse Esculapio, Giasone, Castore, Polluce, ed Achille. Egli suonava benissimo l’arpa, scoccava
arpa, scoccava l’arco perfettamente, conosceva la forza dei semplici, ed era eccellente medico. Come figlio di Saturno ave
iumi. I Fiumi, o per dir meglio i Genj che preseggono alla sorgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro fi
unata : fu tale il suo dolore, che si ritirò ne’ siti i più solitarj, ed ivi fu cangiata in rupe. Sopravisse solamente la
duttore degli armenti di Nettuno. Questo gregge componevasi di foche, ed altri mostri marini. Proteo possedeva il dono di
e di Atamante re di Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso, ed Helle figli di Atamante nati da un altro matrimon
e. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Sci
so di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Scilla. Cariddi era una
are l’oscurità che vela l’avvenire. I loro nomi erano Cloto, Lachesi, ed Atropo. Cloto la più giovane presedeva al momento
eva in mano la conocchia, Lachesi filava i varj accidenti della vita, ed Atropo ne tagliava il filo colle forbici. Sorde a
ichi sacrificavano alla Notte il gallo, perchè turba il suo silenzio, ed a lei era sagrato il gufo uccello amico delle ten
tanti della nostra vita. Ella è dipinta come uno scheletro colle ali, ed una falce. Gli antichi non offrivano voti, nè fab
o voti, nè fabbricavano templi a questa Divinità, perchè la più dura, ed implacabile. Il Sonno. È annoverato fra gli D
il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio di luce non penetra, ed altro non si sente che il solo mormorio del fiume
nvita a dormire. Innanzi alla sua abitazione si trovano de’ papaveri, ed altre erbe, che hanno la virtù d’addormentare i m
ll’altro ; abbassava l’orgoglio, e dispensava a suo arbitrio il male, ed il bene. È rappresentata in diverse guise or come
icare del merito di ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari, ed i Penati. Fa di mestieri distinguere di Lari dai
uere di Lari dai Penati. I Lari erano Dei particolari delle famiglie, ed i Penati delle Città, o altri luoghi. Nell’ingres
, e persiste tuttavia in questa opinione una moltitudine di sciocchi, ed ignoranti2. Di varie altre Divinità del secon
. Gli antichi credevano ch’ ella dispensasse capricciosamente i beni, ed i mali, ed era soggetta alle imprecazioni degli u
hi credevano ch’ ella dispensasse capricciosamente i beni, ed i mali, ed era soggetta alle imprecazioni degli uomini, allo
. Ha dippiù la Fortuna le ali ai piedi, indizio della sua incostanza, ed un ciuffo di capelli sulla testa, che fa d’uopo a
i. Durante il secolo di oro Astrea conversò cogli uomini : ma stanca, ed annojata dai delitti che si commettevano, involos
e della Notte. Il suo fare è grottesco, e porta in mano una maschera, ed un bamboccio. Imenèo. Imene, o Imenèo era il
ran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed assistevano al suo abbígliamento. Erano tre Aglaj
madre, ed assistevano al suo abbígliamento. Erano tre Aglaja, Talia, ed Eufrosine. Erano contente delle semplici attratti
ma un’aria dolce, e ridente, accompagnata da una fisonomia parlante, ed atta a conquistare i cuori più duri. Divinità
Oltre le tante fin quì da noi descritte Divinità, avevano i Greci, ed i Romani fatta l’apoteosi alle passioni umane, no
ed i Romani fatta l’apoteosi alle passioni umane, non che alle virtù, ed ai vizj, ai beni, ed ai mali. Non altrimenti che
poteosi alle passioni umane, non che alle virtù, ed ai vizj, ai beni, ed ai mali. Non altrimenti che a Giove, si erano a q
. Non altrimenti che a Giove, si erano a questi Dei innalzati templi, ed altari, ed erano rappresentati con que’ caratteri
menti che a Giove, si erano a questi Dei innalzati templi, ed altari, ed erano rappresentati con que’ caratteri, ed attrib
nalzati templi, ed altari, ed erano rappresentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano gli uomini di quanto po
Dea della giustizia. Colla bilancia ella pesa le azioni di ciascuno, ed egualmente giudica del merito di chicchessia : co
bianca, e sedendo sopra di pietra quadrata per indicare la fermezza, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. L
no qual donna con alí larghissime, e due trombe per palesare il bene, ed il male. Gli antichi la credevano messaggiera di
figura era simile a quella della Pace. I Greci la chiamarono Ὀμονοια, ed aveva un tempio in Olimpia. La Pace. Era altr
gno della fede data, e ricevuta. A lei non si offriva alcuna vittima, ed i suoi sacerdoti avevano una veste parimente bian
rta da un velo. La Sanità. Vien espressa con una coppa alla mano, ed accanto un altare, intorno al quale un serpente s
nell’intero globo. L’Amicizia. Meritava questa Dea degli altari, ed in fatti gli antichi a lei ben molti ne innalzaro
n rasojo1. La Necessità. Figlia della Fortuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avev
tuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti d
ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti di Corinto le avevano inn
a Primavera. È rappresentata sotto l’effigie di Flora con ghirlanda, ed un cestellino di rose. L’Està. Per esprimere
penti sulla testa, una fiaccola in una mano, e nell’altra una biscia, ed un pugnale rappresentava la Discordia detta puran
sotto il regno di Saturno. A questa tenne dietro l’età dell’argento, ed ebbe meno puri costumi. Nell’età di bronzo spunta
e il palazzo di questo mostro. Licaone tentò sottrarsi alla vendetta, ed all’istante diventò un lupo, che cerca immacchiar
di allontanarlo fingendo di volere sposare una principessa di Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo fasto vole
orco Dio marino, che regnavano nelle isole Gorgonidi. Medusa, Stenio, ed Euriale chiamavansi queste tre sorelle, che aveva
d Euriale chiamavansi queste tre sorelle, che avevano un occhio solo, ed un solo dente, che s’improntavano a vicenda. La l
cura della sua salvezza. Minerva gli diede l’egida, Mercurio le ali, ed un cimiero lavorato da Vulcano. Allora l’Eroe si
scoglio per esser preda di un mostro marino, che uccise all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola di Cefèo
virtù. Giobate lo accolse con gioja, e nove giorni durarono le feste, ed i divertimenti nella reggia per il suo arrivo. Ne
ale gli Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente sette donzelle, ed altrettanti garzoni, che dovevano essere divorati
se fu padre di molti figli : i più conosciuti furono Androgèo, Fedra, ed Arianna. Il suo governo fu sì giusto, e regolato,
regolato, che divenne il modello de’ principi. Per la sua giustizia, ed esattezza fu Minosse eletto dopo morto per uno de
dei tre giudici nell’inferno con Eaco, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re di Atene furono i genitori di Teseo. Vole
, e li faceva rotolare nel mare. In Eleusi vinse alla lotta Cercione, ed arrivato a Termione diede la morte all’empio giga
se a chiedere per la terza volta il solito tributo de’ sette giovani, ed altrettante donzelle. Volle Teseo ascriversi fra
tempo Piritoo sposò Ippodamia. I Centauri invitati alle nozze ebbri, ed impazzati tentarono di rapire la sposa. I Lapiti
tore, e Polluce germani di Elena ostilmente entrarono ne’ suoi stati, ed i sudditi l’obbligarono ad andare in esilio. Ques
mesi si sgravò di due ovi, in uno de’ quali stava rinchiuso Polluce, ed Elena, nell’altro Castore, e Clitennestra. I prim
oti, e fu deciso, che i due germani passassero sei mesi nell’inferno, ed altrettanti sulla terra. Finalmente furono traspo
Gemelli 1. Giasone. Regnando in Tessaglia Esone principe debole, ed incapace di difendere i dritti del suo popolo ; f
sesso. Bisogna sovvenirsi quì di quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figliuoli di Atamante re di Tebe. Perseguita
di tale strepitosa vendetta prese i figli che aveva avuti da Giasone, ed al cospetto del padre barbaramente li trucidò : i
o amico Teseo, costrinse Cerbero per la prima volta a vedere la luce, ed incatenato lo trascinò sulla terra. Finalmente co
rdati da un dragone che ammazzò. L’Esperidi erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperusa figliuole di Espero germano di Atlante,
di Atlante, che fu cangiato in una stella che comparisce al levarsi, ed al tramontare del sole, detta perciò Lucifer, ed
mparisce al levarsi, ed al tramontare del sole, detta perciò Lucifer, ed Hesperus. Osservammo già che Atlante era stato tr
sue quattordici figlie cangiate in altrettante stelle dette Plejadi, ed Jadi. Oltre tanti fin quì descritti travagli illu
’ bovi. Pagò Caco la pena del suo delitto : si riprese Ercole i bovi, ed uccise l’indegno ladrone. Stupenda è la descrizio
questi promesso a Nettuno suo padre d’innalzargli un tempio di cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una visita, gli
olte all’Inferno per liberare Teseo, indi Alceste figliuola di Pelia, ed Anassabia. Suo padre per sottrarla dalle premure
questa principessa, avendo adempito a tale condizione mercè un lione, ed un cinghiale che Apollo gli diede. Ma il Destino
ide. Tasso Gerusal. Canto 16. Navigò Ercole l’Oceano fino a Calpe, ed Abila, quali due monti prima erano uniti, ed esso
e l’Oceano fino a Calpe, ed Abila, quali due monti prima erano uniti, ed esso li separò, dove innalzò una colonna col mott
insinuò negli umori, e la sua ferita divenne insanabile. L’infezione, ed il fetore era tale, che i Greci lo lasciarono nel
evuto, non volle vederli : ma Ulisse ch’era destro nel tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, calmò la sua collera,
ro covili le bestie feroci, e divenivano altresì sensibili le piante, ed i sassi. Dopo i suoi viaggi per l’Egitto si ripat
i le piante, ed i sassi. Dopo i suoi viaggi per l’Egitto si ripatriò, ed ebbe per sua sposa la bella Euridice. Ma disgrazi
pensasse a far ritorno alla patria, perchè avrebbe ucciso suo padre, ed indi sposata la propria madre. Intanto credendo e
cidesse la Sfinge, sarebbe divenuto l’immediato successore del trono, ed avrebbe sposato Giocasta. La vita del mostro dipe
scioglimento di uno degli enigmi che proponeva. Edipo intraprendente, ed ardito, malgrado che tanti prima di lui fossero p
oppia incestuosa nacquero Eteocle, e Polinice, e due femine Antigone, ed Ismene. Gli Dei vollero far presenti ad Edipo tal
icidio aveva aggiunto l’incesto, andossene volontariamente in esilio, ed increscendogli la propria esistenza, si cavò anch
in un combattimento a corpo a corpo. Si azzuffarono dunque entrambi, ed era tale l’accanimento, che l’odio reciproco loro
chè le ceneri de’ due fratelli non si poterono mai unire nella tomba, ed allorchè furono esposti sul rogo per bruciarsi i
lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed esperto capitano, e disfece più volte Eteocle ; i
uova di sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egli in fatti : ed Alcmeone esegui l’ordine paterno. Ma tosto il san
nati i due figli del fratello, li diede a mangiare allo stesso padre, ed alla madre Erope. Dicono i poeti, che in quel gio
si scoprì. Atrèo spirando nuova vendetta, mandò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tem
a spada Tieste riconobbe il suo figlio Egisto ; Pelopea sopraggiunta, ed istruita del fallo involontariamente commesso si
questo principe generoso alle due figliuole di Tindaro Clitennestra, ed Elena, giurarono la vendetta di Atrèo, e persegui
sinceramente con Egisto, a cui con poca prudenza affidò Clitennestra, ed i figli. Il perfido Egisto lungi dal corrisponder
te vittima di sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse celato, ed indi fatto partire per la Focide, ove regnava Str
la sorella di Agamennone. Colà Oreste trovò Pilade figlio di Strofio, ed alla parentela unì puranche la più stretta amiciz
ricò di condurre Achille alla guerra. Egli si mascherò per la strada, ed introdottosi nella reggia di Licomede, espose inn
i torti. Teti fin dal fondo del mare intese le querele di suo figlio, ed immantinente volò sull’Olimpo per indurre Giove a
cia diretta al re di Sparta. Il colpo arrivò leggiermente a Menelao ; ed Agamennone, spirando nuova vendetta schierò il su
rva dal Cielo : Apollo, che favoriva i Trojani, s’incontra colla Dea, ed insieme stabiliscono di suggerire ad Ettore il pr
nto fosse necessario il suo braccio. Ne fu dato l’incarico ad Ulisse, ed Ajace, che partirono all’istante. Ulisse procurò
si ai loro vascelli. I Trojani erano al punto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accostato ad uno de’ più belli,
alla fine i due guerrieri, e insieme si azzuffarono. Era tanto fiera, ed ostinata la pugna, che gli stessi Numi erano onde
o ebbero la sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime di dolore, e le gr
onia con immolare dodici prigionieri Trojani scelti dai più valorosi, ed appartenenti alle famiglie più distinte. Poichè i
de’ giuochi, e de’ combattimenti, facendo preparar premj grandissimi, ed adattati ad eccitare l’emulazione. Tutto questo n
cente cagione della morte di quest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi al cospetto d
ato in se, n’ebbe tanta vergogna, che si diede da se stesso la morte, ed indi fu cangiato in un fiore. Analisi dell’Odi
ollera indussero questo Eroe a far morire il migliore dei suoi amici, ed una quantità di guerrieri, che avrebbe potuto soc
ammirata. Questo poema ci offre de’ quadri ben diversi, ma preziosi, ed interessanti per la società. Vedremo Ulisse senza
età. Vedremo Ulisse senza perdersi di coraggio far fronte ai perigli, ed alle disgrazie, e trar profitto da suoi lunghi, e
rasca cotanto furiosa, che il naviglio di Ulisse ne resta fracassato, ed egli stesso resta seppellito negli abissi dell’oc
oraggio : in preda del pericolo comparisce sulla superficie del mare, ed abbracciandosi ad un piccolo avanzo del suo navig
lorchè avrà afferrato il lido. Ulisse ubbidisce, e dopo dieci giorni, ed altrettante notti di fatica, e di timori arriva a
tà, e dargli qualche panno per vestirsi. Nausicae dopo aver chiamate, ed assicurate le sue compagne, gli dà degli abiti, d
ed assicurate le sue compagne, gli dà degli abiti, della biancheria, ed un’ampollina d’oro piena di odori per potersi pro
enare le lagrime. Alcinoo che se ne avvide gliene dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli era accaduto Ecco la sua
dei Lestrigoni, popoli che si dilettavano di mangiar la carne umana, ed in fatti furono divorati due compagni del figliuo
o. Istruito dalla maga seppe evitare evitare gl’inganni delle Sirene, ed i rischi nel passaggio fra Scilla, e Cariddi. Cir
isola. Questo fu il contenuto della narrativa di Ulisse, che Alcinoo, ed i Feaci ascoltarono con ammirazione. Essi riconob
candolo con una bacchetta, cangiò gli abiti di Ulisse in tanti cenci, ed immantinente involandosi recossi a Sparta, dove s
’Iliade, e dell’Odissea : il suo protagonista va errante come Ulisse, ed all’occasione è coraggioso, quanto Achille. L’ogg
scongiurò il re de’ venti perchè avesse posto il mare in iscompiglio, ed avesse ingojato i vascelli del figliuolo di Vener
d avesse ingojato i vascelli del figliuolo di Venere. Eolo ubbidisce, ed all’istante una terribile burrasca si alza dal pr
i rammenta le promesse fatte in di lui favore. Questo Dio le rinnova, ed assicura Venere, che il suo figliuolo arriverà fe
rdote di Nettuno è di avviso che si abbatta questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo nel fianco di quello.
giunto l’esterminio di Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed alla testa di pochi suoi amici attacca quanti Gre
così disse, e sparì. Ritornato al luogo dove aveva lasciato Anchise, ed Ascanio suo figlio con tutti quelli che avevano a
maledizioni, che dopo molti socoli si verificarono fra i Cartaginesi, ed i Romani, e non potendo resistere al dolore risol
Anchise, che lo consigliò a lasciare in Trapani i vecchi, e le donne, ed a condur seco soltanto gli uomini d’armi. Gl’insi
o, che il Ciclope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, ed il sangue di Aci diede la nascita ad un fiume che
e gocce di sangue caddero da questa pianta che prima era stata donna, ed inseguita da Pane aveva perduta l’antica bellezza
, benchè separati fra loro dall’Ellesponto. Leandro abitava in Sesto, ed Ero in Abido sull’opposta riva. Questo non impedi
re cesserebbe, quando si fosse sacrificata a Bacco una vittima umana, ed in mancanza di questa la stessa Calliroc. Nessuno
’era la loro madre, che si recava al tempio. Gli Dei per compensarli, ed esaudire nel tempo istesso la madre, che li suppl
tata cangiata in uccello. Ceice ancor esso fu trasformato in uccello, ed entrambi ebbero il nome di Alcioni. Dicono i poet
. Al suo ritorno ella diede in dono a suo marito un cane velocissimo, ed un giavellotto che si scagliava a colpo sicuro, e
delle sue fatiche. Morì sul monte Emo : i Greci l’onorarono qual Dio, ed i pastori gl’innalzarono degli altari. Pico, e
tari. Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola di Giano,
a sua lira : ma non potendo ottenere tal grazia si lanciò nelle onde, ed uno de’ delfini, che si erano accostati al navigl
la degl’Iddj, che adoravano gli Egizj, i Fenicj, i Caldei, i Persiani ed altre nazioni. Saremmo in tal caso usciti dal pia
sarebbe strana cosa l’aver piena contezza del Greco, e Latino idioma, ed ignorare nel tempo istesso la lingua che parliamo
de attingere pienamente le notizie delle nostre primitive costumanze, ed osservare il delirio, e le fantastiche idee di re
he questa giovane amantissima della castità ritirossi nella Campania, ed ivi elesse il suolo dove oggi è Napoli per sua ab
go distinto. Vedesi nelle nostre monete inciso il capo di Partenope ; ed attesta Licofrone antichissimo poeta, che al di l
di Partenope col Sebeto, annoverato anch’ esso fra i Numi tutelari : ed i Napoletani con tanta gelosia ne conservano la m
a questo patrio siumicello, esige da noi di doversene quì far parola, ed appunto dietro l’articolo Partenope. Quale sia st
schiettamente l’affare ai fratelli di lei. Ocna pensò di prevenirlo, ed indusse i fratelli ad ammazzare Eunosto, accusand
i, che recatesi sulla faccia del luogo, ritrovarono in fatti e marmi, ed iscrizioni, che chiaramente manifestavano colà av
i, che credono adorato il toro in Napoli, in Pozzuoli, Atella, Capua, ed in tutta la terra di Lavoro per essere questo ani
r. Quindi alla buona salute (Hygiae) furono altresì eretti monumenti, ed altari. Presso di Orazio : Sic me servavit Apoll
tributi di Bacco, presso alcune delle nostre monete, cioè con pampini ed edere : e ciò perchè nell’Egitto Serapide, cioè i
Infatti la nostra strada dei Tribunali chiamasi Via Solis, et Lunae : ed assicura il testè lodato Celano, che nella casa d
teatro, dove il folle Nerone volle far pompa dell’arte sua musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insigne cavallo di
ella Città, la cui testa vedesi oggi nel Regale Museo de’ Regj Studj, ed il resto del corpo fu destinato a formare le camp
ente piangendo non potè far altro per lui che trasportarlo nel Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costella
a facilità caminava sott’acqua da Reggio a Messina, portando lettere, ed altro. Ma sparì finalmente il poverino mentre una
tazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio, ed altri, era la presente Chiesa di S. Gregorio Arme
tore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e specialmente nel circo : ed avendo i Napoletani sì l’uno che l’altro, è da su
ia. Attesta il Pontano, che ritornato Ercole vittorioso dalla Spagna, ed ucciso il famoso ladrone Caco nel Lazio, visitò v
o il tempio a Vesta dedicato. Infatti la rotonda figura del medesimo, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre di un tripode,
ra del medesimo, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre di un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbastanza persuader
sa di S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano gli Alessandrini, ed Egiziani, come rilevasi dalla statua del Nilo, iv
el Nilo, ivi ancora esistente con iscrizione del dotto Matteo Egizio, ed ornata da varj simboli, e diversi putti indicanti
aeorum, da Κυων, il cane) poichè gli Egiziani oltre di Osiride, Iside ed altri, adoravano Anubi, effigiato sotto le sembia
ola o scuola di Virgilio, apparisce che a lei erano consegrati templi ed altari. Vesorius Zeloius Post assignationem aedi
I Romani dissero Charistia i conviti, ne’ quali si univano i parenti, ed affini in contrassegno e conferma del comune atta
o chiama Δαιμονιον Demonio. Censorino lo crede un continuo assistente ed osservatore di tutte le nostre azioni. Servio par
consiglia. Filone chiama Genj le facoltà dell’animo inclinati al bene ed al male. Comunque sia, ogni luogo aveva il partic
llia multa fingere ? Molte antiche iscrizioni ritrovate in Pozzuoli, ed in Napolï ci dimostrano il culto che al Genio si
tera, e nell’altra il corno dell’ za. Celebre fu il Genio di Socrate, ed a questi Genj che noi chiamiamo folletti, e farfa
hio mitico, o il corso di tutta la favola. 1. I poeti primi teologi, ed inventori d’immaginarie sostanze animate o di Dei
il fuoco, Giunone per l’aria, Nettuno per l’acqua, e cet. 1. Omero, ed Esiodo primi scrittori di favole nella Grecia. Pr
in una data cadenza : facevano degli orribili e strani contorcimenti, ed alzando al cielo acute grida straziavano i loro c
no confuse. 1. Trovasi rapportata questa Venere seconda da Pausania, ed Esichio. Senofonte lasciò scritto ch’ella presede
conosce tre Vulcani ; il primo figlio del Cielo, il secondo del Nilo, ed il terzo di Giove, e Giunone. Quest’ultimo abitav
lcain, di cui parlasi nel libro della Genesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo nel lavorare ogni sorta di metalli.
fu gelosamente custodita in Roma nel tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano gli animali consacrati a questa
re di Achille per dinotare che gli Eroi debbonsi servire della virtù, ed occorrendo, della forza propria delle bestie, del
l’Odis. parla sovente de’ Cimmerj, popoli che abitavano nelle grotte, ed in luoghi oscuri, e tenebrosi nella Campania pres
nostra credenza, mentre noi facciamo la distinzione fra gli Angioli, ed i Demonj. 2. Il popolo Romano aveva il suo Genio
i Loth era in Sodoma, allorchè questa Città andò in fiamme. Le virtù, ed i buoni andamenti di Loth piacquero tanto a Dio,
h nell’Ebreo idioma oscurare. Calliope madre di Orfèo vuol dir canto, ed Orfèo appunto era il cantore della Tracia. Euridi
collegio in ciascheduna regione della Città. Queste erano ben molte, ed ognuna aveva il suo nome particolare. Queî che vi
5 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
stianesimo, era Eeta, il quale aveva una figlia nubile chiamata Medea ed un piccolo figlio chiamato Absirto. I Colchi eran
ti nei mari della Grecia accompagnarono Giasone e Medea in Tessaglia, ed ivi si divisero da loro per andare a compiere alt
poichè aveva sperato di essersi tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezios
nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricom
giovanire il vecchio padre con certe erbe magiche che ella diè loro ; ed esse troppo credule furono orribilmente micidiali
asone dopo essere stato qualche anno in perfetto accordo colla moglie ed avutine due figli, ricominciò una vita errante in
li, ricominciò una vita errante in cerca di straordinarie avventure ; ed essendosi fermato lungamente alla corte di Creont
voler fare anch’essa un dono alla novella sposa, e le diede un abito ed anche un cinto spalmati di magici succhi, che div
vanti. Si può bene ammettere che fosse la prima di quella particolare ed egregia costruzione, ma non già che gli Argonauti
coll’insegna o col nome di quell’animale, e così il montone di Frisso ed Elle ; mentre poi per l’ aureo vello intendono un
inentemente tragediabile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche nel secolo di Augusto sembra che si recitas
astare e spopolar territorii, ma non creare la civiltà. Questa deriva ed è prodotta soltanto dalla persuasione e dalle art
prannaturali, o figli degli Dei, o ispirati da loro. Tali erano Orfeo ed Anfione, la cui esistenza appartiene ai tempi ero
ossero giunti alla superficie della terra. Orfeo promise e si avviò ; ed Euridice lo seguiva. Ma quando furon vicini allo
ro, Orfeo udì del romore, e temendo per Euridice, si voltò a mirare ; ed allora Euridice diè un grido di dolore, e gli dis
tolando giù per le balze del Rodope cadde nel sottoposto fiume Ebro ; ed anche così com’era spiccato dal busto e trasporta
ivarono delle sue rendite. Nè allora esistevano altre api nel mondo ; ed Aristeo non sapendo come riparare a tal perdita,
afferma che fossero 12, conosciute sotto il nome di fatiche d’Ercole, ed imposte ad esso dal re Euristeo suo cugino ; ma p
rima Euristèo, e perciò Ercole fosse a lui sottoposto. Nato che ei fu ed essendo ancora in culla, Giunone gli mandò due gr
po atroce e crudele a tutti gli Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa finse di cangiar l’odio in benevolenza, e pe
sistibile. Quindi si procurò d’infrenarla e dirigerla coll’eduzione ; ed Ercole ebbe maestri ed occupazioni non solo in og
ocurò d’infrenarla e dirigerla coll’eduzione ; ed Ercole ebbe maestri ed occupazioni non solo in ogni genere di esercizii
quella ardua e malagevole della Virtù che guida al bene della umanità ed alla gloria. Accenneremo prima le 12 imprese impo
li suoi meriti, fu cangiato nella costellazione che ne porta il nome, ed è uno dei 12 segni del Zodiaco, adorno di 93 stel
questa cerva era sacra a Diana, stimavasi un sacrilegio l’ucciderla ; ed avendo inoltre un mirabile distintivo, cioè le co
erla ; ed avendo inoltre un mirabile distintivo, cioè le corna d’oro, ed alcuni aggiungono anche i piedi di bronzo, Eurist
so il lago Stìnfalo in Arcadia. Ercole le scacciò da quel territorio, ed esse fuggirono in Tracia a tormentar Fineo ; disc
oni guerresche nell’Asia Minore, non che nella Grecia sino all’Attica ed alla Beozia. Furon chiamate le Amazzoni, del qual
parola Amazzone da due vocaboli greci che significano senza mammella, ed allude a quel che raccontano di queste guerriere
anno Diomede Mostri peggiori delle fiere crudeli sono i tiranni ; ed Ercole da par suo non li risparmia. Seppe che Dio
sceva di sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli carnivori, ed egli andò a far visita a quel tiranno, lo prese g
Dante diceva, « Che le terre d’Italia tutte piene « Son di tiranni, ed un Marcel diventa « Ogni villan che parteggiando
fica le figlie di Espero ; le quali erano tre, chiamate Egle, Aretusa ed Esperetusa 88. Avevano esse nell’Affrica un bel g
ca : Il Can Cerbero Questa fatica doveva compiersi nell’Inferno ; ed Ercole vi si accinse ben più volentieri che alle
e con ordigni di ferro fattigli da suo padre. Di là scendeva a rubare ed uccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiav
a quel monte e il Tevere, con le mandre tolte nella Spagna a Gerione, ed ivi le lasciò a pascere per andare a far visita a
elle giovenche rubate che rispondevano a quelli delle loro compagne ; ed aperta a forza la caverna, a colpi di clava uccis
no talmente contenti, che eressero ad Ercole un’ara appellata Massima ed ivi gli fecero sacrifizii come a un Nume. Questo
di uomo. Così rappresentati posson vedersi in pittura e in scultura ; ed è celebre il gruppo di Ercole e del Centauro sott
itologi gli attribuiscono molte altre mogli da lui sposate in Grecia, ed anche una in Italia, e questa dicono che fu la fi
l re dei fiumi. Questi fu il solo pretendente che non cedesse al nome ed alla fama del valore di Ercole, il solo che osò c
dalle fiamme ; il suo spirito fu accolto in Cielo come Indigete Dio, ed ivi ebbe in moglie Ebe Dea della Gioventù. Gli As
no che Leda avesse partorito due uova ; che in uno vi fossero Polluce ed Elena, e nell’altro Castore e Clitennestra. I più
l’altro Castore e Clitennestra. I più antichi affermarono che Polluce ed Elena, nati dallo stesso uovo, eran figli di Giov
elle spose che avevano scelte. Eran queste due sorelle chiamate Febèa ed Ilaìra o Talaìra, e che dai parenti erano state p
Talaìra, e che dai parenti erano state promesse a due fratelli Linceo ed Ida. L’esito del duello fu questo, che Linceo ucc
i dentro da esso. » Al qual segno o costellazione, rivolge un saluto ed un rendimento di grazie col linguaggio astrologic
lla sua vita pubblica appartiene più alla Storia che alla Mitologia ; ed all’opposto nella vita privata, o di famiglia, pi
i Mitologi aggiunsero, che Pasifae, avendo veduto un bel toro bianco ed essendole molto piaciuto, partorì un mostro che e
tria erasi rifugiato nella suddetta isola, ov’ebbe in principio liete ed onorifiche accoglienze. Ma poscia caduto in disgr
straordinarii effetti che ne derivarono. Androgeo figlio di Minosse ed erede del trono era così valente negli esercizii
dell’Eroe Tebano106. Lo stesso Plutarco che è sì credulo e miracolaio ed inserisce nelle sue celebri Vite degli Uomini ill
gognava di poterlo imitare. Quando poi egli seppe la sua vera origine ed ebbe la spada lasciata dal padre, si mosse tosto
e di quel che fece Ercole della pelle del Leon Nemeo. In Eleusi vinse ed uccise nella lotta Cercione che era stimato invin
ò la Terra da quel mostro di crudeltà. Preceduto dalla fama di questi ed altri mirabili fatti giunse Teseo in Atene, e ser
Corinto dopo essersi crudelmente vendicata di Giasone, come dicemmo ; ed avendo acquistato molta autorità per mezzo delle
oe, e riconosciutala tosto, gittò a terra tutte le imbandite vivande, ed abbracciando Teseo lo dichiarò suo figlio. Medea
oscuramente i suoi giorni. Trovò Teseo tutto il regno in iscompiglio ed in lutto, perchè appressavasi il tempo di mandar
i quali, chiudevansi le Ateniesi vittime nel labirinto. Teseo chiese ed ottenne di prender parte anch’egli a quei giuochi
er chi fosse entrato nel labirinto : quello d’incontrare il Minotauro ed esser da lui divorato, e l’altro di morir di fame
a che egli trovò il Minotauro a guardia del 7° cerchio dei violenti ; ed al qual mostro, perchè lasciasse loro libero il p
o semplice e pietosa Arianna, alla quale pur doveva la sua salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella deserta isola
ra le altre cose, che essendo conservato in Agrigento come una rarità ed opera d’arte antica fu rapito dai Cartaginesi, e
prese di Teseo compiute in compagnia del suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima di tutto come nacque la loro amicizia.
no la loro natura più bestiale che umana, tentando di rapire la sposa ed altre donne convitate : onde che nacque una tal m
nel mondo andare a caccia, » a saettar colaggiù i violenti (tiranni ed assassini) immersi per pena nella riviera del san
furono rappresentati i Centuari secondo le descrizioni mitologiche ; ed uno dei più celebrati è quello di Giovan Bologna
pagare tre suoi desiderii : desiderò Teseo irato la morte del figlio, ed avendola impetrata, cadde in gravissimo lutto. »
dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte di Licomede re di Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferro, o coll’esser precipita
cui egli era ritornato da Creta coi giovani liberati dal Minotauro ; ed inoltre l’onoravano agli otto pure di ogni altro
ggia, fu esposto in un lontano bosco, perchè lo divorassero le fiere, ed appeso per un piede a un ramo d’albero. Ma invece
o il padre e sposata la madre. Ma egli non potendo tollerare un’umile ed oscura condizione di vita, si diè a percorrer la
e figli che furono chiamati Eteocle e Polinice, e due figlie Antigone ed Ismene. Dopo qualche anno, una fiera pestilenza d
morte. I tristi casi di Edipo furono il soggetto di molte tragedie ; ed ogni scrittore li modificò o alterò secondo la su
a di Giocasta, e narrare che trovansi nel Limbo « Antigone, Deifile ed Argia « Ed Ismene sì trista come fue. » Dei prod
è non solo altercò, ma diede di piglio alla spada nella reggia stessa ed al convito di Eteocle ; e poi inseguito da una sc
Eteocle ; e poi inseguito da una schiera di soldati, li mise in rotta ed in fuga egli solo, lasciandone molti sul terreno
ntò di dar la scalata alle fortezze. Al suo ardire univa un insolente ed empio disprezzo per gli Dei ; e giunse perfino a
all’assedio di Troia. Orazio lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. Poche ed incerte notizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo
otizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto, ed altri figlio di Atalanta, la famosa cacciatrice c
udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura di Tebe ed in un modo straordinario e mirabile, a quanto rac
Callirœ, questa desiderò di possedere la famosa collana di Erifile ; ed Alcmeone per contentar la nuova sposa, pretendend
unque per causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle sue due figlie, non che il fratello e l
fu perciò chiamata degli Epìgoni, ossia dei rampolli, o discendenti ; ed ebbe luogo dieci anni dopo la prima per aspettar
anni dopo la prima per aspettar che questi rampolli fosser cresciuti ed atti alle battaglie. Ma dei fatti d’arme e degli
no argomento prediletto degli antichi tragici e delle antiche plebi ; ed alcuni non hanno cessato di comparire anche sui m
cuni non hanno cessato di comparire anche sui moderni teatri francesi ed italiani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin
rsi che egli sposò Ippodamia figlia di Enomao, re d’ Elide e Pisa119, ed ebbe molti figliuoli e discendenti che sono in co
oro condizioni durissime, cioè o di superarlo nella corsa dei cocchi ( ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuper
a nella corte del re Tindaro, di cui sposarono le figlie Clitennestra ed Elena ; quindi colle truppe ausiliari del suocero
i del suocero ritornarono a Micene e ne cacciarono gl’invasori Tieste ed Egisto, ricuperando il paterno regno ; del quale
nelao erede del trono di Sparta, poichè eran già morti e divenuti Dei ed Astri Castore e Polluce. Lasciamo che per pochi a
spaventevole pestilenza in quell’isola, che morirono tutti i sudditi ed anche la regina, e vi rimase soltanto il giovinet
o Chirone perchè lo istruisse in tutte le arti necessarie ai Principi ed agli Eroi122. Ma quando sentì dichiarata contro i
de, dell’Ellesponto e dell’Egeo ; nella qual regione fra l’Ellesponto ed il monte Ida esisteva l’antica e famosa città di
a dissotterrare una gran parte delle rovine di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente per le stampe nel suo lib
ia, Ilio e Pergamo. Anche Dante in una stessa terzina la chiama Troia ed Ilio, o Ilion, secondo la terminazione greca e la
nio nacque « Trœ re de’Troiani, e poi di Trœ « Generosi tre figli Ilo ed Assaraco « E il deiforme Ganimede, al tutto « De
dicendo : « Io vidi Elettra con molti compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed Enea, « Cesare armato con gli occhi gri
« Io vidi Elettra con molti compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed Enea, « Cesare armato con gli occhi grifagni ; »
ro ; e da questo re si fa derivare il nome di Teucria dato alla città ed anche al territorio Troiano : tutti gli altri re
o della città e i cittadini126, e per Troia il fabbricato della città ed anche il territorio. Questa distinzione che ricon
ce della Dea Ebe. Di Ganimede hanno fatto parola quasi tutti i pœti ; ed anche nella prosa del volgo il nome di Ganimede è
eder sospesa « Un’aquila nel ciel con penne d’oro, « Con l’ale aperte ed a calare intesa : « Ed esser mi parea là dove for
emente. L’ultima cinta delle mura di Troia fu ordinata da Laomedonte, ed i pœti aggiungono eseguita da Nettuno e da Apollo
nto, ma tutti gli Dei ne furono irritati, e mandarono una inondazione ed una pestilenza nella Troade. Così accadde anche a
promise ; ma, uccisa che fu l’orca, non volle mantener la promessa ; ed Ercole non stette a pregar gli Dei che punissero
significa riscattato : è dunque un soprannome col quale quest’ultimo ed infelicissimo re Troiano passò alla posterità. De
nvece avvenne di lui come di Edipo, che fu trovato vivo da un pastore ed allevato come suo figlio sul monte Ida. Quivi egl
be ignaro della sua origine, e fu tra i pastori chiamato Alessandro ; ed egli è quel desso che fu eletto per giudice della
utt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, ricorse alle arti sue, ed ispirò ad Elena un fatale aborrimento pel marito,
di Agamennone consentirono a portar guerra di esterminio ai Troiani, ed elessero Agamennone stesso Duce supremo di quell’
la Beozia in faccia all’isola di Eubea. Vi accorsero infatti principi ed armati da quasi tutte le parti della Grecia, ma n
l’Iliade e l’Odissea. E veramente di Achille non sapevasi dove fosse, ed Ulisse dicevasi divenuto pazzo « D’uom che sì sa
da mercante di gioie, e andò ad offrirle nelle corti alle principesse ed alle loro ancelle ; ed avendo fra i monili donnes
andò ad offrirle nelle corti alle principesse ed alle loro ancelle ; ed avendo fra i monili donneschi portato ancora una
spiriti guerreschi del giovane Eroe, e ad una lunga vita effemminata ed oscura preferì una breve esistenza terrena, ma pi
. Grecia fu di maschi vota « Sì, che appena rimaser per le cune ; » ed eran già da 1200 le navi pronte per fare il passa
della cerva, gli Dei rimasero placati, i venti spirarono favorevoli, ed Euripilo « ……. diede il punto con Calcante « I
cono a pochi : la noia e la stanchezza divenivano sempre più generali ed intollerabili ; e perciò inventarono giuochi, fat
o ; il che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già una superstizione, ma una nece
a comincia dal narrare la causa che produsse l’inimicizia fra Achille ed Agamennone, e termina con la morte e le esequie d
Era uso comune in quelle antiche guerre da masnadieri devastar prima ed uccidere, e poi rapire non solamente le cose ma p
e dividersi le prede fra i combattenti. Le persone divenivano schiave ed eran trattate come bestie da soma. Finchè durò il
o da Achille dichiarò che bisognava render Criseide al padre con doni ed offerte ad Apollo per placare quel Nume e far ces
olontaria inazione di Achille, presero coraggio ad assaltare i Greci, ed in pochi giorni furon date le più straordinarie e
randi proporzioni, e per conseguenza lo scoraggiamento dei superstiti ed illesi. Si notò allora con dolore l’assenza di Ac
ella sua armata, oltre la restituzione di Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie figlie in isposa, Achille stett
per lavoro. Rimasero i più ostinati a contrastarsele Aiace Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più
r parola, almeno incidentalmente, di quei principi e guerrieri, amici ed alleati dei Troiani che recaron loro soccorso per
lio dell’Aurora e di Titone. Essendo ambedue re, il primo della Licia ed il secondo dell’Etiopia, andarono alla guerra con
andasse quei suoni per salutare il Sole suo avo quando la irradiava ; ed erano essi che penetrando per occulti accessi nel
amente alla gioia per la partenza dei Greci, ai conviti, all’ebbrezza ed al sonno. E nella notte usciti dal cavallo i guer
ero periti tutti questi illustri Eroi, « Che fur Tessandro e Stenelo ed Ulisse, « Acamante e Toante e Macaone « E Pirro e
imo cavallo pieno d’armi e d’armati dal campo greco fin dentro Troia, ed anche nell’alto della rôcca ; il qual racconto è
i dissero che Ecuba per aver provato tante sciagure, piangendo sempre ed urlando per disperato dolore, fu cangiata dagli D
ori d’animo, avesse perduto la ragione e finito i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti gli altri e figli e parenti di amb
gli artisti antichi e i moderni a rappresentarle in tele e in marmi ; ed anche il vivente scultore Pio Fedi col suo mirabi
e gli altri si diressero verso la patria, ognuno con le proprie navi ed i proprii sudditi superstiti senza dipender più d
la tomba, e si tratteneva con lui più che poteva per fargli compagnia ed avvertirlo del pericolo che correva, se fosse sco
si rappresenta Pirro che tiene sospeso in aria il piccolo Astianatte, ed è in atto di scagliarlo lontano da sè, mentre l’i
cora Nauplio padre dell’infelice Palamede che fu calunniato da Ulisse ed ucciso ingiustamente dai Greci ; e perciò per ven
io aveva Nauplio sempre cercato di nuocere in ogni modo alle famiglie ed agli Stati di quei Greci che erano andati alla gu
li credessero segnali di un porto amico ove ripararsi dalla tempesta, ed invece percuotendovi naufragassero ; ma non vi pe
ra insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo di Clitennestra ; ed avendo fatto sparger voce che Agamennone fosse mo
o il nome del gran re dei re e quello del figlio di lui 137. Menelao ed Elena dopo esser partiti da Tenedo erano stati sp
e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava la fece divenire sua moglie, ed ebbe da essa un figlio a cui alcuni Mitologi anti
la ripudiò e la fece sposare ad Eleno, e diede ad entrambi la libertà ed una parte del regno dell’Epiro che era divenuto s
ella nazione, o per conquista. Quindi sposò Lanassa nipote di Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però di quest’ero
zia, ma per colpa sua. Volle rapire Ermione promessa sposa di Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uccise. I suo
i Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fine di Agamennone. Ve
a figlia del re Dauno che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fondò la città di Arpi, e, secondo altri, anc
li era ancor vivo sette anni dopo, allorquando giunse in Italia Enea, ed essendo allora richiesto da Turno di unirsi con l
a significare un lavoro che non ha mai termine. In tal modo l’accorta ed affettuosa moglie tenne a bada i Proci sino al ri
lisse all’Inferno, perchè quello fu opera d’incanto della maga Circe, ed era piuttosto uno scongiuro da Negromanti, ossia
arnesi, « E noi tranquilli sedevam, la cura « Al timonier lasciandone ed al vento. » (Odiss.,xi. Trad. di Pindemonte.) E
i del loco « Re fosse, e su qual gente avesse impero « La domandaro ; ed ella pronta l’alto « Loro additò con man tetto de
a quando « I salsi flutti ringhiottiva, tutta « Commoveasi di dentro, ed alla rupe « Terribilmente rimbombava intorno, « E
hi « Torsi, e li vidi che levati in alto « Braccia e piedi agitavano, ed Ulisse « Chiamavan, lassi ! per l’estrema volta.
rata « Onda schiantò : ma di taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io con questa « L’albero e la carena in un legai,
ell’antro del Ciclope Polifemo la narrazione è troppo lunga in Omero, ed occuperebbe troppo spazio a riportarla qui tutta 
« Una tal peste), chè a mirarlo solo, « Solo a parlarne, orror sento ed angoscia. « Pascesi delle viscere e del sangue « 
angoscia. « Pascesi delle viscere e del sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con gli occhi miei, nel suo speco
rlar dei Mostri marini (V. il N° XXIII) ho detto ancora delle Sirene, ed ho riferito che lo stesso Dante trovò il modo d’i
ondotto dai Feaci nella sua isola nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi poste in opera tutte le sue più mirabili astu
taca ; anzi alcuni asseriscono che egli fu ucciso prima di giungervi, ed altri che non tornò più in patria e perì insieme
che « D’ogni malizia ch’odio in Cielo acquista « Ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale « O per forza o per frode altrui
(molto diversa da quella che narra Omero), affinchè sembri più vera ; ed è questa : che Ulisse volle passar le colonne d’E
legge, « Tolse al regio fanciul la vita e l’oro. « Ahi dell’oro empia ed esecrabil fame ! « E che per te non osa, e che no
mi scerpi ? « Noi hai tu spirto di pietate alcuno ? « Uomini fummo, ed or sem fatti sterpi ; « Ben dovrebb’esser la tua
ulla del loro prestigio. Un altro fatto straordinario avvenne ad Enea ed ai suoi compagni nelle isole Strofadi, e fu di tr
ovarvi le Arpie. Noi descrivemmo questi mostri nei Cap. XLV e XLVIII, ed accennammo che oltre gli antichi poeti ne avevan
uesti mostruosi e sozzi volatili nella selva delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenza l’orrore di quella,
balestra, « Quivi germoglia come gran di spelta ; « Surge in vermena ed in pianta silvestra ; « Le Arpie pascendo poi del
silvestra ; « Le Arpie pascendo poi delle sue foglie « Fanno dolore ed al dolor finestra 146. » Un ingegnosissimo episo
ronismo, l’invenzione di Virgilio fu ritenuta per una verità istorica ed ebbe gran fama, perchè faceva risalire gli odii d
ontro i Romani sino allo stipite della dinastia del fondatore di Roma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantavansi dis
i compagni di Enea, dai quali vantavansi discesi molti dei più nobili ed illustri Romani. Didone, chiamata altrimenti Eli
rimenti Elisa, era figlia di Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia ; ed ebbe per marito Sichèo che poi fu ucciso da Pigma
esta, Enea fu accolto umanamente dalla regina, la quale offrì ad esso ed ai Troiani di fare un sol popolo coi Tirii, e cre
ea chiamato dai Fati a fondare un regno in Italia, abbandonò Didone ; ed essa imprecando ad Enea ed a tutti i Troiani e lo
are un regno in Italia, abbandonò Didone ; ed essa imprecando ad Enea ed a tutti i Troiani e loro discendenti, per dispera
e il Paradiso. Prima di narrare come finalmente Enea giunse nel Lazio ed in quel territorio ove dopo tre in quattro secoli
agno, « E de’più segnalati intorno a lui « Combattendo, or la tromba ed or la lancia « Adoperava : e poi che ‘l fiero Ach
sonora tuba « Al monte appese, che d’Aerio il nome « Fino allor ebbe, ed or da lui nomato « Miseno è detto, e si dirà mai
ebre anticamente perchè vi stavan sempre due flotte bene equipaggiate ed armate, postevi dall’Imperatore Augusto a guardia
ea fida nutrice « Caieta, ai nostri liti eterna fama « Desti morendo, ed essi anco a te diero « Sede onorata, se d’onore a
pretendente e, secondo alcuni, promesso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua moglie la c
he asserirono di possederne il privilegio o il segreto. Così nacquero ed ebbero credito gli Oracoli ed ogni genere di Divi
privilegio o il segreto. Così nacquero ed ebbero credito gli Oracoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Oracoli ragiona
la con solenni formalità e pratiche religiose alla direzione pur anco ed alle risoluzioni degli affari pubblici ossia del
artificiale. La Divinazione naturale comprendeva soltanto i vaticinii ed i sogni : l’artificiale tutte le altre specie di
ioè sopravvivessero ai genitori) furon chiamati superstiziosi 157 ; » ed aggiunge poi che quel vocabolo di superstizione e
sarebbe saccheggiata la città, molti Tebani esularono insiem con lui ed andarono a cercar nuove terre ed una nuova patria
olti Tebani esularono insiem con lui ed andarono a cercar nuove terre ed una nuova patria. Credevasi inoltre che anche dop
le è l’origine di Mantova, che Dante fa raccontare a Virgilio stesso, ed assicurare che questa è la verità, e che qualunqu
quale si chiuse, e ove rendeva oracoli a chi andasse a consultarlo ; ed ivi morì di fame. Si aggiunse dipoi che un Genio
degli Stati per facilità di governo che il popolo fosse così credulo ed ignorante, non solo lasciavano allignare queste i
allignare queste imposture, ma spesso le favorivano, le sanzionavano ed anche se ne impadronivano per servirsene a modo l
città dell’Asia Minore. La stessa fu chiamata ancora Amatea, Demòfile ed Eròfile. 8ª La Sibilla Ellespontìaca, detta ancor
ssia, perchè nacque nel territorio della Troade vicino all’Ellesponto ed in un luogo chiamato anticamente Marpessio. 9ª La
ma prima ha raccontato poeticamente tutto l’atroce delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome di Tomi lo
ue di una bestia nelle vene dell’ uomo o della donna non è proibita ; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu ese
el lodare questa tragedia ne riporta un sol verso, che è tanto citato ed analizzato dai retori e dai logici, ed è il segue
sol verso, che è tanto citato ed analizzato dai retori e dai logici, ed è il seguente posto dal poeta sul labbro di Medea
o Esperia l’Italia, perchè vedevano da questa parte la stella Espero, ed ultima Esperia la Spagna, perchè più lontana dall
tti in qua, si ch’io ti prenda : « Poi fece sì che un fascio era egli ed io. » (Inf., C. xxxi, v. 130) 91. Con questo s
luminato da luce fosforescente, e non la sola punta, ma anche l’ asta ed una parte della catena. Salla punta degli altri 1
volatile, con piccola alterazione ortografica dell’ablativo latino ; ed altresì il nome francese Perdrix deriva dalla ste
color che a tanto il Ciel destina « L’opra scabrosa ; o per lung’uso ed arte « Via più la mano e più l’ingegno affina. »
ata dalla legge Mosaica, fu poi riconosciuta in molti casi aberrativa ed inapplicabile ; e perciò non trovasi oggidì in ne
adiso : « Non prendano i mortali il vóto a ciancia : « Siate fedeli, ed a ciò far non bieci (non inconsiderati) « Come fu
costretto a partir d’Atene per le calunnie della sua matrigna Fedra ; ed egli facendosi predire il suo esilio, assomiglia
li interpretò che i principi e gli eroi antichi erano dati ad educare ed istruire (come noi abbiamo detto di Ercole e di G
d educare ed istruire (come noi abbiamo detto di Ercole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che
i fosse vago di conoscere le particolarità relative a questa scoperta ed alla questione di priorità fra il dott. Schlieman
7 novembre 1874, celebre periodico inglese che si pubblica in Londra, ed è diffuso per tutto. 124. « ………….. hinc Darda
, il primo dei quali significa propriamente il materiale della città, ed il secondo i cittadini ed anche il diritto di cit
fica propriamente il materiale della città, ed il secondo i cittadini ed anche il diritto di cittadinanza ; come pure dei
, Pallas iniqua fuit. » (Ovid., Trist., i, 2ª.) 133. È famigerato ed assiomatico il bel verso di Orazio : « Dulce et
el De Amicitia e nel libro ii De Finibus, narra quanto fosse ammirata ed applaudita dal pubblico quella scena della traged
dell’amico, quando Egisto voleva sapere chi di loro due fosso Oreste, ed entrambi si affaticavano a dire : Io sono Oreste.
dilezione per Enea : « Che più non arse la figlia di Belo, « Noiando ed a Sicheo ed a Creusa. » (Parad. xix, 97.) Rammen
r Enea : « Che più non arse la figlia di Belo, « Noiando ed a Sicheo ed a Creusa. » (Parad. xix, 97.) Rammenta ancora co
6 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
oro. Eccolo pertanto, che tratto appena dall’ancor sudante mia penna, ed il fresco impronto mostrando della testè consegui
e bramare, perche soddisfatto appieno de’voti. Vivete intanto felici, ed all’altrui amore ben grati. A’leggitori S
n giovane intendere con frutto le opere de’Greci, e Romani scrittori, ed in particolar modo quelle de’Poeti tragici, e lir
te è fondata sulle fantastiche idee de’più riscaldati Poeti ? Questi, ed altri mille sono i vantaggi, che risultano a noi
la cognizione del vero Dio in tal profonda oscura notte d’illusioni, ed inganni ne caddero, che della lor nobile origine,
confuse del tutto le idee, cominciarono a lavorarsi Dei a capriccio, ed a rivolgere a questi le loro adorazioni ; onde vi
nde videsi con orror di natura darsi al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed a quante creature più ferivano gli sguardi ogni o
a quante creature più ferivano gli sguardi ogni ossequio, ogni culto, ed onore. Quindi in tal’insulso sistema introdottosi
il suo Marte, ogni ladro il suo Mercurio, ogni lascivo la sua Venere, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal detestabile s
errore, culto si strano si diramò a tardi nipoti di Sem nell’Oriente, ed a quelli di Jafet nell’Occidente. Toccata la Grec
ome pur si pretende, superiori alle altre nazioni, pur con bel genio, ed animosa contesa troppo ciechi a fabbricar si died
sorpassando gli altri in tal sorte di follia, mille altri più stolti, ed insensati Dei inventarono, che quivi cogli altri
. concil. cioè Giove, fra’ maschi, Nettuno, Vulcano, Marte, Mercurio, ed Apollo, e fra le donne Giunone, Cerere, Vesta, Mi
arta alle latine muse unicamente sagrata. Facciamoci pertanto dalla I ed incominciamo propriamente da Giove padre degli De
ciosissimo nome ; Chi fù Giove poichè però al solo figlio di Saturno, ed Opi, ossia Rea, fù attribuito quanto degl’ altri
, e da Cureti sacerdoti di Cibele mercè il latte della capra Amaltea, ed il mele delle Api quivi graziosamente adunate, Co
mo un tridente, al secondo un elmo, ritenendo per sua condecorazione, ed insegna il fulmine tre mendo, tutti istrumenti, e
Regno, perche più guerre a lui mosse lo tennero disturbato non poco, ed afflitto. Qui però parlerò soldi due le più princ
sitibondo fra deserti della Libia. Da Cretesi fù nominato Diespiter, ed anche assolutamente Dies, come riferisce Macrobio
glio, E se s’irrita il mar turba, e confonde, Ogni fiume il rispetta, ed ogni scoglio. Sorge talor da viscere profonde Qua
agl’ antichi riconosciuto il Ponto prodigioso germoglio della terra ; ed almo padre di Nereo, da cui, come pretendesi, ven
anch’io Chi fù Nettuno Nettuno figlio di Saturno, e di Rea pel vero, ed assoluto Dio del mare, regno a lui sortito nella
del mare, regno a lui sortito nella general divisione per sua parte, ed eredità, sul quale qual’assoluto padrone esercita
variamente cambiandosi a sfogar si diede i suoi affetti. Rapì quindi ed Ifimedia figlia di Triope, e la Ninfa Bisalti, e
detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avvilir la sua maes
e dicevansi le feste sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri nel mese di Agosto, come si pretende, ed a
si in luoghi privati, ed oscuri nel mese di Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno co
elle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno
ese ancora era a lui consacrato, come general presidente alle acque ; ed universalmente poi da Libici, da Greci, da Romani
ende la favola, pria di giungere l’ordinario prescritto della natura, ed un tal acceleramento forse fù la ragione, per cui
e in Lipari, e nell’Etna pur fece, chiamate perciò officine Vulcanie) ed in sua compagnia associando il mostruoso stuolo d
ui ; laonde benchè distratto da mille occupazioni nel favorire e Dei, ed uomini di buon genio ; pronto sempre però si tenn
ato il ritratto. Mirasi perciò dipinto in sembianza di fabro vecchio, ed annerito, benchè in alcune medaglie si scorge gio
o cammino con dolce sorriso un fiore additolle, di cui il solo tocco, ed odore valevole era all’impresa. Impaziente allora
Impaziente allora con piè veloce al designato fiore ne corse la Dea, ed immantinenti n’ ebbe a sperimentare con sommo suo
uralmente portata a guerreggiare, ebbe per questo Dio speciale culto, ed affetto, istituendo in varii modi, e diversi temp
finalmente chiamate Marziali solite a celebrarsi nel Circo in Maggio, ed Agosto. Sue vittime Ogni qualvolta pertanto cons
, e porge aiuto, Cerbero fa tacer benchè feroce. Speme a raggiratori, ed a mercanti, Desta, ed ammorza al cor ogni desio,
ro fa tacer benchè feroce. Speme a raggiratori, ed a mercanti, Desta, ed ammorza al cor ogni desio, Spesso s’usurpa ancor
ra non mai più per l’addietro veduta, detta perciò da latini Testudo, ed un giorno ancor non compiuto di sua vita mortale
ove, il martello a Vulcano, il tridente a Nettuno, i dardi ad Apollo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece di
ritratto. La efficie di questo Dio è tutta adattata a simboleggiare, ed esprimere i diversi moltiplici suoi impieghi. Pin
iversi moltiplici suoi impieghi. Pingevasi egli colle ali alla testa, ed a’piedi, mentre essendo suo ufficio portare i com
io portare i comandi di Giove, servire agli Dei nelle loro ordinanze, ed il presidente altresì essendo alla negoziatura, a
di sua verga i due colubri duellanti deposero ad un tratto lo sdegno, ed in segno di pace amorosamente si strinsero, cosi,
urea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuovere gli ascoltatori, ed attirare a se i loro animi, quasi attratti da dol
frodite, che ebbe da Venere, come dimostrano le stesse parole Hermes, ed Aphrodite, di cui costa tal nome, e tolto ancora,
che per ragione delle sue occupazioni sempre aggiravasi negli affari, ed intrighi, e perciò in mezzo alle occasioni più be
e del nato Nume non più fù errante com’era, ma restò ferma del tutto, ed immota, per essere cosi di memoria a posteri, e t
n giorno il luminoso suo carro. Tremò il caro genitore a tal dimanda, ed imprese a distorglierlo con quelle parole, che gl
rco nell’ altra, con cornacchia svolazzante sulla testa, con un lupo, ed un albero d’ alloro al fianco, con cigno, ed un g
ulla testa, con un lupo, ed un albero d’ alloro al fianco, con cigno, ed un gallo dall’ altro, e finalmente con rampanti g
e sconsiglia, E spesso lancia a donne infide il telo. Europa, Danae, ed Alcmene un giorno Destaron nel suo sen la voglia
a rea Di punir l’opre di fatal rio scorno. Essa è madre, essa è Diva, ed essa crea I fenomeni infausti al sole intorno : C
liata nelle stesse sue grandezze videsi sempre angustiata, gemebonda, ed afflitta. Suc azioni Era il fonte delle sue tris
testimoni del suo sdegno Io, Europa, Danee, Semele, Latona, Alcmene, ed altre molte Dee, che ella afflisse non poco, sol
come appunto parlando di Marte si disse, per far conoscere agli Dei, ed agl’uomini quanto efficace il suo potere si fosse
o prodigio di fortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la sua gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stesso marito pe
spese in aria, con catene di oro le avvinse dietro le spalle le mani, ed un’ aurea incudine ligò destramente a suoi piedi.
, e Cibile Cerere. Chi fù Cerere. Per essa invero si scosse la terra, ed in vaghe forme presentò i suoi preziosi tesori a
fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso dalle vaghe sue forme, ed obbliando le leggi del sangue cadde in fallo con
avesse deciso, che sei mesi passasse Proserpina con Cerere sua madre, ed altri sei col suo marito Plutone. Sue vendette.
che per essersi scioccamente burlato di essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla sete con avidità tracannava il gra
sul capo, e con altro a piedi, stringendo con una mano piccola falce, ed un fascetto di recise spiche additando nell’altra
ro nel grado di Efori, cioè contemplatori ; soggetti però a si sacro, ed inviolabil silenzio, che dalla società era ben to
ca stola vagamente adornata, mostrando nella destra mano una lampada, ed un vaso stringendo nella sinistra, detto il corno
erle sorteggiate strappava dalle braccia de’ suoi genitori la eletta, ed al tempio immediatamente la menava, ove collaceri
inare il resto di loro vita, o ritirarsi nelle loro antiche famiglie, ed anche maritarsi ; sebbene da poche ciò si fece, e
à era il massimo de’ delitti, e punivasi colla morte la più spietata, ed a tempi di Tarquinio Prisco erano vive rinserrate
rinserrate in una fossa colla provisione di poco oglio, pane, latte, ed acqua, e quivi lasciavansi miseramente a perire.
Dei fù mai la sposa, Solo ad opre sublimi dedicata, Ottenne e tempii, ed ara, e fù adorata, Perchè saggia, potente, e bell
sacro suo tempio ardi violarla ? E che altro fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto nel più bel de’ suoi ma
applicazioni potessero con special modo assistere a tali sollennità, ed insieme col fumo delle capre svenale alzar divoti
ragionevolmente sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di mille altri v
. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di mille altri viziati stranamente ne’ l
un traffico troppo infame del suo corpo, altri molti perciò da altri, ed in particolar da Marte ne ottenne, come ancor per
rio suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora di diamanti trapunto, ed affibiato da uu cinto, che in se racchiudeva ogni
ente riguardata. I luoghi però nei quali riceveva essa special culto, ed omaggio furono Gnido, Cipro, Amatunta, Idalio, Ci
te, come quelle, che più da vicino ne sapeveno imitare le operazioni, ed i tratti. Tanto testifica Erodoto in Spec. Babyl.
uella con scorno di sua natura cangiato in cervo, e quindi inseguilo, ed ucciso infelicemente da suoi cani. Nè solo così f
rba in prato, fiera in bosco, che non ne senta il valore. Per questi, ed altri innumerabili suoi effetti essa fù confusa c
urono i tempii edificati in onor di questa Dea, non sol nella Grecia, ed in tutte le spiagge Orientali, ma in tutte le par
re la inflessibile sua volontà non pensarono ad istituire sacrificii, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma nel se
giacere : mitto quod certum est, cosi un poeta, et inevitabile fatum, ed un altro : Quid quid patimur mortale genus Quid
dell’empio, e la infelicità del giusto ne sia stata tutta la cagione, ed il motivo. Ed in vero se questo mal inteso effett
lche novella fortuna. In umile atteggiamento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno
o della sostenuta inedia ; nna dentata falce nelle sue mani sostiene, ed un grazioso bambino s’avvolge a suoi piedi. Altri
Altri perchè lo confondono col tempo gl’aggiungono sul dorso le ali, ed una ambollina al suo fianco, quelle per dinotar l
ostiene a gara, E li versa del pari in tutti i petti. Or dà contento, ed or la doglia amara, Ma grande è più fra due contr
mosso da divoti affetti tutte rivolse le sue cure a costruire tempii, ed altari in onor dei suoi Dri, e soprattutto di Gio
oltre una bacchetta nella mano qual presidente alle pubbliche strade, ed invece di essa alle volte in molti ritratti una c
tto del successore Numa sempre dovea tenersi chiuso in tempo di pace, ed aperto soltanto nelle circostanze di guerre ; ond
r teme, Or s’innalza, or cade in folle errore, Or prova alto diletto, ed or dolore, Ora gioisce, ed or paventa, e geme. Tu
de in folle errore, Or prova alto diletto, ed or dolore, Ora gioisce, ed or paventa, e geme. Tutti i seguaci suoi di piant
sceso questo velenoso germoglio di Venere radice assai più micidiale, ed infetta chi mai spiegar potrà le tante sue causat
fanciullino con cascante benda sugl’occhi, lutto infiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simbolo delle s
tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e gli Elisii ; sul lor sito, ed ingresso ; su i diversi fiumi, e riviere adjacent
rinomati fratelli il vasto impero si divise, e sortì in sua porzione, ed eredità, come sopra accennai, il vasto regno dell
iseri rinserrati spiriti esercitar poteva ogni dominio qual’assuluto, ed esclusivo padrone. Ad onta però del suo ammirabil
del tartareo lor Nume. Orrore facevano le tre furie Tisifone, Megera, ed Aletto dette Erinni da Greci, che aggirandosi int
, et non temnere Divos. Orrore facevano le tre parche Cloto, Lachesi, ed Atropo, che tutto di aggirandosi intorno al minis
nfernale, Giove stigio, e terzo Giove veniva comunemente riguardato ; ed a lui insiem colla moglie in segno di onore sacri
ente Con due gran tigri, che gli sono allato. Conforto dell’afflitto, ed impotente, Vince per tutto, e pur non pugna armat
vita è nominato Con mille varii altari in orïente. Amico di piaceri, ed allegrezza, Or timido, or ardito, or forte, or fi
e più care, questo forma per essa la gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle sue qualità. I ra
inta, come non ligare al suo carro animali i più indomiti per natura, ed ammanziti sol per portento ? Se sulla terra son c
quinci, e quindi a tal veduta le stupite compagne, e con alti gridi, ed amare querele cercarono confondere ne’suoi consig
itologi di dichiararla spogliata degli antichi sensi di piacevolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da sentimenti di orgo
mente l’ignori, o sfacciatamente lo neghi. Le ammirabili sue qualità, ed i prodigiosi effetti che sotto le diverse sue spe
tauratrice fortunata dell’umana natura, degua perciò d’ogni ossequio, ed amore. Maraviglia dunque non fia, se la Gentilità
per tenerli mai sempre lontani se ci mostrarono da vicino ossequiosi, ed amici. Siasi però come siasi proseguendo io le st
attro stagioni dell’anno anohe esse un dì tenute in gran venerazione, ed ossequio. Capitolo I. Verità Sonetto
Costante più, quanto è di più sprezzata. Che del par lieta in calma, ed in tempesta Figlia del tempo, che l’aspetta, e gu
. Capitolo II. Innocenza Sonetto T enero lanciullino, ed impotente In largo pian cinto dall’erbe, e fiori,
tto Siede maestosa, e non è trista, o lieta. Due fanciulle ha vicino, ed alla meta Di gran disegno volge l’intelletto, Cur
intanto la giustizia la base di ogni virtù sia ognuno amante di essa, ed operi sempre a tenore de’suoi dettati se non vuol
tta Siede con dolci sguardi, e dolci modi, Gl’infelici tuttor chiama, ed aspetta, Occulta si palesa, odia le lodi. Dissipa
quella, E nulla cura il vil piacer mondano. Tien la cicogna a piedi, ed è sì bella, Che figlia sembra del fattor sovrano 
a fedeltà vince ogni ostacolo. Lattortora poi, che stringe nella mano ed il cane che costane si tiene dietro i suoi passi
te d’una picca armata si scorge tutto é per far fronte alla menzogna, ed alla calunnia, che la vorrebbero conculcata, e de
n compie mai, Speranza io veggo chiaro in ogni segno, Prima nascesti, ed ultima morrai. Annotazioni. La speranza ve
ma morrai. Annotazioni. La speranza vera fonte di vita, primo, ed ultimo conforto degli uomini pingesi qual vaga do
e la possanza Palesa dalla reggia al vile ostello, Ciascun l’invoca, ed essa in ordin bello Non inganna d’alcun mai la sp
La providenza ristoratrice delle pene de’mortali pingesi con urna, ed una verga, onde ombreggiare i suoi benefici influ
ci influssi. E non è forse quell’urna, da cuì versa un sempre eguale, ed indeficiente ruscello atto a dissetar nelle sue v
ella verga, con cui segna il globo non mostra evidentemente il vasto, ed universale suo governo ed impero ? Or se tanto se
il globo non mostra evidentemente il vasto, ed universale suo governo ed impero ? Or se tanto seppero ideare i Gentili, ch
ognun la vanta, e che nessun l’osserva. Annotazioni. L’alloro, ed il papiro son veramente i caratteri della sincera
affetto, Con quel latte li dà novella vita, Al misero, all’oppresso, ed all’abietto Porge benigna in ogni tempo aïta. Non
levare i più cari figliuoli. Lacnde qual sostegno de’miseri in Atene, ed in Roma venne con singular onore riguardata, e pi
’ naviganti sulle mosse di giungere al desiato lor lido. La migliore, ed unica allegrezza, che possa assaggiare un cuore n
paga, quello cioè esser felice, che a Dio fonte di felicità sol vive, ed in lui centro d’ogni bene soltanto confida, giust
n fatto dia fiato alla tromba onoratrice, e renda nel mondo glorioso, ed immortale il nostro nome, memori di quel che scri
et magni. Capitolo XV. Occasione Sonetto D onna nuda, ed alata il piè veloce Rapida muove, si presenta, e
selve adugge, Passa come passar suole una voce. Crinita fronte porta, ed è precoce Il suo favor, che se al mortal mai sfug
iù speranza. Annotazioni Secondo la iconologia di Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occasione è dipinta
enti Nel foco, in terra, e in mar fissa la mano ; Or vicino tel vedi, ed or lontano Tra mille diversissimi strumenti. Or l
r lontano Tra mille diversissimi strumenti. Or la penna, or l’aratro, ed ora a venti Dispiega i lini, e par, che il credi
vaglio al dir di Tullio lib. 1. de Orat. condecorato da mille premii, ed onori, invece di fuggirlo atterrito, intrepido, e
imboleggia la prestezza del vindicativo nel compire suoi rei disegni, ed il timone dimostra, che essa si aggira da per tut
segni, ed il timone dimostra, che essa si aggira da per tutto in mare ed in terra perseguitando chiunque l’abbia fatto qua
o cautamente guata, L’altrui virtù come delitti svela, Par, che teme, ed ardisce, suda, e gela Mentre il suo gran poter cr
e, e di lamenti. Nè l’averno contien furia peggiore. Corre per tutto, ed infiammar procura Popoli all’armi, che crudel li
zella, Col vago sguardo, e l’allegrezza in viso, La rosa, l’amaranto, ed il narciso Ornan la chioma sempre bionda, e bella
ata, Di lumi ardenti, e in tutto è circondata Di frumento or cadente, ed or sospeso. A gran cure il pensier tien sempre in
testa, Sembra del par feroce, e insiem serena Fà la gioia de’ cambi, ed è funesta Ove si volge par, che il ciel balena Pr
ritorno, Perchè egli sol sà unir Pomona, e Flore. Capitolo XXX. ed ultimo. Inverno. Sonetto T remante ve
brandi, e gli archi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La gloria, ed il terror fù di Monarchi Fra suoi trïonfi generos
e prostrati. L’opre fallite, i desiderii astretti, Cangiati i sensi, ed il parlar deriso, Farsi innocenti i più mordaci a
scrittori compose ben sei cantici per piangere il commesso suo fallo, ed ottenerne dall’offeso suo Dio indulgenza, e perdo
mezzo non riconobbero, onde svegliare sempre più sensi di tenerezza, ed affetto nel cuore del gran Dio d’Israello se non
edone, perchè la fortuna a quel eroe concesso aveva un amico in vita, ed un cantore in morte. Laonde fuori ragione certame
? Ecco ad un tratto senz’acume l’intelletto, senza fuoco la fantasia, ed il cuore senza quei dolci, e diversi palpiti, che
iare la sua possa. Persuadasi perciò chiunque s’inizia nelle scienze, ed ardisce penetrar nel santuario della dottrina, ch
son manche) onde cosi additando a’giovani e del Parnasso il sentiere, ed animandoli del pari a tenersi dietro le mie orme,
’ampia preparazione solita a farsi dagli Oratori non senza industria, ed arte, onde conciliarsi l’attenzione, e la benevol
uditori, oppur lettori tutto nella sostanza il poema sia ben capito, ed accolto ; altrimenti annoiati essi dalla lunghezz
poema de partu Virginis, con poca avvedutezza, si rivolse ad Apollo, ed alle Muse. Ma diamo omai un’ occhiata alla narraz
à di mestieri, che si rifonda. Allora, allora sì offrendosi ai sensi, ed all’immaginazione quel linguaggio, che lor convie
non men, che robusto rende la narrativa sono appunto le somiglianze, ed i confronti. Questi aggiungendo all’azion princip
mpio dell’ epico latino, nelle cui opere se campeggia il sentenzioso, ed il grande, se ridono le bellezze, e le grazie, tu
i sforzi de’ mal accorti autori hanno incontrate cattive accoglienze, ed un esito sempre più sventurato ; anzi non solamen
a. Cap. II Del verso Chiunque percorre lo studio della vita ; ed ama di godere un dominio sul cuore altrui mercé l
irarsi nel saper restringere in poche parole più sensi con chiarezza, ed armonia. Un tal parlare perchè spiritoso, e vivo
arla. Ed ecco perchè gli Spartani fino a tal segno odiarono il lungo, ed esoso ragionare degli Asiatici, che uno di essi c
niente inteso, il fine non capito ? Un tal parlare però sentenzioso, ed armonico senza la conoscenza del verso unquemai n
e immense ballate degli Scozzesi per conoscere quanta sia la potestà, ed il valore del verso anche presso le nazioni barba
stà, ed il valore del verso anche presso le nazioni barbare un tempo, ed incolte. Ma che se magnifica pomba ne fa il Sol d
etastasio ? Egli con copia non più di seimila voci ha espresso tanto, ed ha toccato in tal modo il cuor dell’uomo, che tut
a pena Che può farmi impallidir Può esprimersi con maggior vivacità, ed energia, che l’uomo dabbene teme della colpa, non
ultimi moti fur, l’ultime voci E nel canto 2 potevasi forse meglio, ed in sì poco descrivere un uomo dal nulla innalzato
nti altri non ebbero giammai canto di ritmo regolato, ma allungavano, ed accorciavano le strofe secondo più li riusciva co
mai non può far gran cosa. Suole avere il suo luogo nel Ditirambo(1) ed in esso quale tronco l’accento cade alla seconda
a rima o abbraccia il primo e terzo verso restando il secondo libero, ed il quarto tronco da rimare col tronco della stanz
guente, oppur avvinge il secondo col terzo rimanendo il primo libero, ed il quarto colla stessa legge spiegata, quale per
rio semplice intendesi il metro di quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto di cinque perchè tronco da rimare nella
di sei sillabe d’accentarsi sulla quinta, come nel senario semplice, ed un quinario. In esso sogliono rimare il primo col
semplice, ed un quinario. In esso sogliono rimare il primo col terzo, ed il secondo col quarto, restando il quinto libero,
primo col terzo, ed il secondo col quarto, restando il quinto libero, ed il sesto tronco ; altre volte poi il solo secondo
to E tosto spirò. Di viver lasciò. Cap. VI. Del settenario, ed ottonario. Il metro settenario non senza ragio
o. Il metro settenario non senza ragione suol dirsi il più facile, ed il più praticabile come quello, che costa di vers
tro suol rimare il secondo col terzo verso rimanendo il primo libero, ed il quarto ossia il tronco obbligato come sopra si
gendo il passo tremolo Presso di quella assidesi, Fra stipe secche, ed aride, E con lamento querulo E giunto presso un
nia, Senza l’amico tenero Le grotte mi ributtano, Scorro dolente, ed esule I boschi mi discacciono, Fatto a me stess
L’anacreontico metro, che dal greco Anacreonte il carattere serba, ed il nome, è uno di quelli, che al dir del Crescimb
ono A macellar si danno. Fra l’ombre van confusi Quai lupi fieri, ed avidi, Pe’ molti colpi rendono Che in mandra en
l quarto similmente piano, che rima al secondo, il quinto sdrucciolo, ed il sesto senario tronco, che rima, come già si di
onimento abbiam noi un’esempio nel Petrarca, un altro nel Sannazzaro, ed uno a stento nel Frugoni ; ma che ! Dopo il lungo
ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo, il secondo col quarto, ed ìl quinto col sesto. Eccone a nostro modo l’esemp
ario piano, poi due altri senarii tronchi similmente rimati tra loro, ed il sesto quinario piano, che rima al terzo, quest
costa di cinque versi per ogni strofa, il primo è un ottonario piano, ed anche sdrucciolo se la necessità l’imperasse, il
io piano, ed anche sdrucciolo se la necessità l’imperasse, il secondo ed il terzo son due ottonarii rimati, il quarto, ed
mperasse, il secondo ed il terzo son due ottonarii rimati, il quarto, ed il quinto son due settenarii tronchi rimati insie
e molte comedie, per cui un tal verso comunemente divenne la delizia, ed il cuor del teatro. Non però comparve come nel na
effervescenza della fantasia contribuisce non poco alla sua nobillà, ed altezza. Tale è per avventura la comedia intitola
ostro divorato Ippolito figura Lo dauna, e l’infelice Incestuoso, ed empio, Dal carro è rovesciato. E contro d’esso
nto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in tal modo rimati. Il primo è un settenario pian
rima al primo, il quarto è simile al secondo con cui rima, il quinto, ed il sesto sono tronchi, che rimano insieme, il set
p. XIV. Del novenario, e decasillabo. Qual son fra essi l’ombra, ed il Sole, tempesta, e serenità, tenebre, e luce ;
questo Capitolo rinchiusi. Il novenario perchè metro sciocco, rozzo, ed astruso inflettente per altro anch’esso sulla fin
sta oscura notte del Novenario, la vera delizia dell’armonia poetica, ed il mezzo più facile, onde esprimere concetti di q
critte le sue satire Vittorio Alfieri, Salvator Rosa, Antonio Abbate, ed altri ; due terzi in somma della poesia italiana
asillabi accentati sull’ottava,(1) de’ quali il primo rima col terzo, ed il secondo fissa la rima della stanza, che siegue
ssionevoli, e funebri. Esso costa di quatro versi, tre endecasillabi, ed un quinario, dei quali il primo rima col terzo, e
tre endecasillabi, ed un quinario, dei quali il primo rima col terzo, ed il secondo col quarto. La legge poi, cui soggiace
io, e tu spietato Mirar potesti gli ultimi momenti Di chi tanto amò : ed or di orgoglio armato I fasti ostendi ? Mirar pot
mente fra loro. Un tal metro è trattabile in ogni sorte di argomento, ed in tutti conserva egualmente le sue bellezze. Con
mente nel comporre elogii a grandi Eroi prima di provarsi all’Ottava, ed al Sonetto. Eccone intanto il modello Bruto, ch
ell’ottava Il metro più nobile, che vantar possa l’italica poesia, ed il più adatto del pari a descrivere in vaghe form
aquile generose, e specialmente de due toscani Omeri l’Ariosto cioè, ed il Tasso ? L’Orlando furioso del primo, la Gerusa
a dal suo natio decoro. Badino dunque bene i giovani a queste vedute, ed attendino pria a consumarsi nella lettura de’clas
poeti fù un giorno in gran pompa, e ben sappiamo nella gara di Omero, ed Esiodo ne’giuochi Olimpici sotto il regno di Agid
e furor di battaglia, e questi cantò i piaceri della vita campestre, ed i vantaggi della vita pastorale nel metro suddett
est’ultimo de’miei capitoli trattar dell’opera più bella, più grande, ed insiem più difficoltosa dell’arte poetica, tradot
ata che sia, che non ardisce calzare lo stretto ceturno di Melpomene, ed adagiarsi sull’ invariabile letto del famoso Proc
e di Sonetti la poetica arte ravvisa, l’ Eroico cioè, il Decasillabo, ed il Lirico, mentre le altre, che sotto accenneremo
tre le altre, che sotto accenneremo, tutte partono da questi modelli, ed ad essi si possono per conseguenza riferire. Può
i, e il nò. Abbia dunque per norma chi è quaggiù La maschera evitare, ed io ben sò, Che non sa mascherarsi la virtù. La
a sapersi farò brevemente parola. Questi sono il Sonetto in risposta, ed il Sonetto coll’ intercalare, a quali in fine agg
si ne Comm. del Crescimbeni ; ma presso i moderni dietro il Petrarca, ed il Casa due son principalmente le ammesse, o risp
tradotti dal corpo istesso, affin di aggiungergli maggior robustezza, ed energia. Tal composizione però sembra sol’ adatta
il poeta allora invece di dividere il pensiero all’ obietto insieme, ed alla rima, lo fissera unicamente a quello, ben sa
a alle muse latine un distinto trattato al pari del primo ben’ ampio, ed esteso, potendola ben considerare, come fin dal p
la. Questi sono sei, tre di due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il Giambo, tre altri poi di tre, cioè il Tribraco
e, Tembla, Cerne ecc. III. Il Giambo inventato dalla donzella Giamba, ed usato ne’ componimenti satirici, e pungenti è l’o
ttilici salti erano le mosse de’ piedi, perciò consiste in due brevi, ed una lunga, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui
a, che per antonomasia appellasi Verso siccome in rapporto al numero, ed al valore de’ suoi componenti cangia sempre di as
no a tre classi commodamente ridurre, agli Esametri cioè, a Giambici, ed a Lirici, quali tutti imprendo brevemente ad espo
o, come la voce istessa disegna, costa di sei piedi in parte Dattili, ed in parte Spondei. Esso ne’ primi quattro piedi of
ltima sillaba d’una parola) o dopo il secondo piede, o dopo il primo, ed il terzo in mancanza di quella. Abbiasi ancor la
ro comunemente si scande per due piedi Dattili, o Spondei come siansi ed una cesura, due altri dattili quindi con altra ce
L’ Archilochio detto da Archiloco suo inventore costa di due Dattili, ed una cesura, come : Flumina praetcreunt Oraz. lib,
’ Ateniese Ferecrate così detto con siste in uno Spondeo, un Dattilo, ed un’altro Spondeo, come : Vix durare carinae. Or.
nio così nominato da Adone, di cui in onor si cantava, ha un dattilo, ed uno Spondeo, come : Nomen imago. Or. lib. 1. Od. 
ago. Or. lib. 1. Od. 12. V. L’ Innominato primo costa di tre dattili, ed una cesura, come : Munera, laetitiamque Dei. Virg
ici li riduco tutti a tre classi, cioè in Coriambici, Endeceasillabi, ed Anapestici. Alla classe de’ Coriambici appartiene
erciò abbraccia uno Spondeo, un dattilo con cesnra, un altro dattilo, ed un’altro Spondeo, come : O quam glorifica luce co
di, cioè un Giambo, o uno Spondeo in suo luogo, un giambo con cesura, ed in fin due dattili, come : Donec virenti canities
pensat Hic scelus omne fugit. III. La terza comprende un’ Esametro, ed un verso composto degli ultimi quattro piedi di e
Id Sapiens nos admonet omnes. IV. La quarta abbraccia un’ Esametro, ed un Giambico dimetro, come Artibus ingenuis nihil
us inter Terrena cuncta cetera. V. La quinta contiene un’ Esametro, ed un Trimetro puro, come Gloria sit Christo, coeli
ordis actus in miserrimos. VI. La sesta unisce un Giambico Trimetro, ed un Dimetro come Quicumque carde Iesu matrem amav
is crimina tergimus IX. La nona finalmente consiste in un Eptametro, ed in Trimetro Archilochio,(1) come Ingenium cura q
appartenenti a questa classe. La prima comprende tre Aselepiadiadei, ed un Eliconio come I. Natae Mnemosynes, et Iovis o
diti Sit nobis decus, ac honor II. La seconda abbraccia tre Saffici, ed un Adonio, come Ipse qui nostri miserans salutem
però poco giova, se dietro lunga lettura non si passi all’ esercizio, ed all’uso. Quindi per invogliare i Giovanetti a tal
m. Apertamente confessarono esser la pluralità degli Dei una chimera, ed una fantastica invenzione, le orme in ciò seguend
uni creduto fondator di Ninive, laddove di essa fù conquistatore sol, ed amplificatore, vien creduto da molti Mitografi in
he in essi non riconescevano per natura, fingevano mille metamorfisi, ed esprimevano le lero deità co’nomi di quadrupedi,
. Actor 14. Il suo lieto e giovial volto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tratti di sua beneficenza,
Doctior ad patrias lapsus pervenerit oras. Per questi tristi gemiti, ed amare querele delle abbandonate Sirene può spiega
costumi, che dimorando nelle vicinanze siciliane con mille lusinghe, ed attrattive, quasi con altrettanti lacci attiravan
uo ritratto (1). Tritone propriamente parlando fù figlio di Nettuno, ed Anfitride, e pur Celeno, come piace ad altri, met
nozze. Suoi nomi. Suo ritratte. Suo culto. (1). Numa per consiglio, ed insinuazione della Dea Egeria chiesto avea a Giov
nsinuazione della Dea Egeria chiesto avea a Giove un pegno di salute, ed un monumento di perpetuità dell’impero Romano, nè
Mercurio vero legato, e nunzio di pace fra Dio, e gl’ uomini, Cristo, ed i fedeli non è certamente da provarsi, rilevandos
i di essa comparvero cosi splendidi, e vistosi, così ricchi di cifre, ed iscrizioni, che hanno attirato il genio, e la pen
mezza, e costanza nel servizio Divino ad onta di qualunque avversità, ed ostacolo. Chi fù Apollo. Sue vendette. Sue nozze
el, che deve sentirsi circa gl’ oracoli. In molti padri della Chiesa, ed in molti profani scrittori può originalmente ciò
Giuno adirata, Ad Eolo parla con terribil voce Fiera, torva, funesta, ed accigliata. Disse : tu sai qual reo dolor mi nuoc
sacrificii, e quei clandestini misteri, che nelle spelonche, caverne, ed altri luoghi secreti celebravansi da gentili, sop
esso Palladio di Troja, il quale sebbene fosse stato rapilo de Greci, ed altronde recato, pure per mezzo di Diomede di bel
dà a Noè la Sacra Scrittura. Fingesi Saturno coltivator delle vigne, ed ognun sà, che il primo in quest’ arte fù Noè Cred
o Orat. pro Font. ma benanche presso i Greci, Sciti, Traci, Africani, ed altri popoli ; per cui Lattanzio dopo aver espost
or Huvet ; eccone i principali. Ebbe Bacco due Madri Semele, e Giove, ed esposto quantunque sù d’un Isola libero però si f
Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era la coro
sferza i giorni mena : Indi in età più fosca, che serena Tra fortuna, ed amor more, e rinasce. Quante poscia sostien trist
(1). Il Ditirambolo altro non significava un tempo che quel confuso, ed inordinato componimento, che cantavansi dalle bac
ell’industria, che in questo manca, tutta si versi sul suo artificio, ed impasto. Quindi la ricercatezza de’ termini, la n
ro. La prima non ammette arbitrio, la seconda nelle sole aspirazioni, ed in qualche altro caso, come può apprendersi dalla
7 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
nvenga alla gioventù, un altro inconveniente pure in essi si ritrova, ed è che obbligato lo studente a leggere queste favo
i mitologiche idee. Pare quindi molto più adattato all’ intendimento, ed al profitto degli scolari, per quanto la Mitologi
La Mitologia è l’ esposizione delle favole, che intorno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli antichi immaginato. La cognizione
e daremo un breve compendio, sufficiente però all’ uso cui è diretto, ed il divideremo in due parti, nella prima delle qua
mero fu indi portato a venti, che detti vennero Dii selecti o scelti, ed erano Giano, Saturno, Giove, Nettuno, l’ Orco o P
i che detti furono Dii minorum gentium, e Semones, quasi Semihomines, ed erano gli Dei campestri, e quelli, che presedevan
lddii sotto il nome di Indigetes, tra’ quali Enea, Quirino e Romolo, ed altri. Finalmente divinizzati vennero ancora pare
e finanche la Febbre, la discordia, l’ invidia, la Frode, il Furore, ed altri siffatti. La più generale divisione che fac
erazione degli Dei, i primi fra tutti furono il Caos, Gea o la Terra, ed Amore. Dal Caos nacque l’ Erebo o la Notte; da q
di cui era il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parche Cloto, Lachesi ed Atropo, e Nemesi punitrice delle colpe. Gea o la
, Teti, Febe Crono o Saturno. In seguito partorì i Ciclopi, Sterope, ed Arge, così detti dal solo occhio circolare, che a
lo generò Nereo, poi congiunto alla Terra ebbe Taumante, Forco, Ceto, ed Euribia. Da Nereo, e Dori, figlia del fiume Ocean
a del fiume Oceano, nacquero le Nereidi o Ninfe del mare. Da Taumante ed Elettra, figlia parimanti dell’ Oceano venne prim
ettra, figlia parimanti dell’ Oceano venne prima e poi le Arpie Aello ed Ocipete. Da Forco e Ceto nacquer Pefredo, ed Emo,
ima e poi le Arpie Aello ed Ocipete. Da Forco e Ceto nacquer Pefredo, ed Emo, dette Cree, perchè canute a guisa di vecchie
all’ Aurora generò i Venti e le Stelle. Ceo con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre
eto da Climete, figlia dell’ Oceano, ebbe Atlante, Menezio, Prometeo, ed Epimeteo. Finalmente Crono o Saturno unito a Rea
sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, nè formò una falce dentata, ed istigò i figli a vendicarsi del padre. Crono o S
maschio alla luce, ricorse ai genitori suoi Urano e Gea per consiglio ed aiuto, onde occultarlo a Saturno. Essi la spedir
e il fece nutrire nascostamente in un profondo antro del monte Argeo: ed a Saturno in vece fu presentato un sasso avvolto
e in un sol parto Giove e Giunone, mostro a Saturno Giunone soltanto, ed occultò Giove; che Titano, ciò risaputo, mosse gu
, e chiuso in tempo di pace. Capo III. Di Giove. Presso i Greci ed i Romani Giove riguardavasi come la principale Di
o i Greci ed i Romani Giove riguardavasi come la principale Divinità, ed era caratterizzato col titolo dì Padre degli Dei,
dopo morto Giove trasportò in cielo nella costellazione della Capra, ed egli della pelle di lei si valse per coprirsene i
egno del cielo e dell’ aria, e lasciando a Nettuno il Regno del mare, ed a Plutone quello dell’ inferno. Ma fierissime gue
apposero ne’ campi di Flegra l’ un al l’ altro i monti Olimpo, Pelio, ed Ossa (il che però dice Omero essersi fallo invece
o, Pelio, ed Ossa (il che però dice Omero essersi fallo invece da Oto ed Efialte, figli di Nettuno e d’ Ifimedia moglie di
i, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la diede poscia alla luce. Altri diss
Giove fu Temi Dea della giustizia, da cui ebbe le Ore Eunomia, Dice, ed Irene, e le Parche Cloto, Lachesi ed Atropo; sebb
a cui ebbe le Ore Eunomia, Dice, ed Irene, e le Parche Cloto, Lachesi ed Atropo; sebben queste dal medesimo Esiodo sieno s
di Tindaro, che partorì due uova, dall’ uno de’ quali nacque Polluce ed Elena, dall’ altro Castore e Cliemnestra. Rapì Eu
a fè dà Vulcano legar con una catena d’ oro le mani dietro le spalle, ed attaccare un’ incudine d’ oro a’ piedi, e per tal
ueste percosse fuggivano, persuase che utili fossero al concepimento, ed al parto. In tal occasione a Giunone Februale imm
i vulcano; e madre del più antico Apollo; la seconda figlia del Nilo, ed adorata in Egitto particolarmente da’ Saiti; la t
o di Minerva; benchè l’ un nome si cambii frequentemente coll’ altro, ed Omero soglia assai spesso chiamarla con tutti e d
un cavallo; Minerva percolandola coll’ asta ne fè spuntare un ulivo; ed essendosi questo giudicato più utile, Minerva die
segnò chiuso in una cesta alle tre figlie di Cecrope, Pandroso., Erse ed Aglauro tratta dalla curiosità volle vedere ciò c
olenza di Nettuno; ma che avendo Minerva congegnata a Pandroso, Erse, ed Aglauro figlie di Gecrope, chiuso, in una cesta i
a Vittoria. Figlio di Giove e di Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero figlio di Giove e di Enio
eroni di trarre la loro origine. Oltrecciò egli ebbe da Venere Antero ed Ermione, o Armonia; dalla ninfa stonide ebbe Tere
addormentato sul mattino, il Sole penetrò nella camera e li scoperse; ed avendone dato avviso a Vulcano marito di Venere,
sorella, Tereo s’ incaricò di condorgliela, ma per viaggio la violò, ed acciocchè il fatto restasse occulto, le recise la
gli fu tramutalo in upapa, Filomela in rossignolo, Progne in rondine, ed Ili secondo alcuni in faggiano, e secondo altri i
erano il Terrore e il Timore. Il suo principal culto era nella Tracia ed anche in Roma, ove in somma venerazione tenevasi,
te altresì celebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al primo di Agosto. Come Dio della guerra ci dipi
passione, e cresciuto si diede unitamente ai Cicopli Sterope, Brente, ed Arge, secondo Esiodo, o Piracmone secondo gli alt
avansi in Roma il dì 23 di Agosto. Capo VIII. Di Venere, Cupidine, ed Imene. Quattro Venere pur si trovono nominate
due colombe. Adorata era Venere principalmente nell’ isola di Citerà, ed in Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ isola di Cip
rimoto, ov’ ella era di tutto lautamente fornita da ninfe invisibili, ed ei medesimo veniva da lei la notte senza lasciars
e intraprese, avvenutasi nelle sorelle raccontò loro la sua sciagura, ed aggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea
lirono lo scoglio, da cui Zefiro le avea portate al palagio di Amore, ed una dopo l’ altra da esso precipitarono. Intanto
di una delle muse, che alcuni vogliono esser Urania, altri Calliope, ed altri Clio. Ei presedeva alle nozze, rappresentav
o Cefalo i doni, alla fine si diede vinta. Allora Cefalo si scoperse, ed ella vergognandosi fuggi ne’ boschi, ove si fece
uace di Diana, da cui ricevette in dono un cane di mirabile velocità, ed un dardo, che sempre sicuramente colpiva. Richiam
forma di un Genio avente una stella in fronte, e una fiaccola in mano ed accompagnata da altri Geni quali in atto di versa
i e rose. Il Sole, che molti poeti confusero con Apollo, ma che Omero ed Esiodo sempre da lui distinsero, ebbe da Climene
endo Factente guidarlo, tanto alla terra sì accostò che ne arse essa, ed il mare. Alle preghiere della terra allor Giove f
a sorella di Climene, piangendo anch’ egli la sciagura del suo cugino ed amico, fu tramutato in cigno. Eeta fu re di Coleo
or di Caria, scendea la notte dal cielo a star seco sul monte Latino; ed aggiungono pure, che fu da Pane Dio de’ pastori a
ecatasi trasformata in quaglia, diede alla luce sul monte Cinto Diana ed Apollo, il qual cresciuto, e fatto espertissimo a
o, per cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si died
sacrifici, ne’ quali a lui offerivansi capri o galline. Il serpente, ed il gallo erano specialmente a lui dedicati. Apoll
le Parche il poterne campare, se altri si offerisse a morire per lui; ed essendosi Alceste generosamente a ciò offerta, eg
; ed essendosi Alceste generosamente a ciò offerta, egli fu risanato, ed Alceste fu poi da Ercole tratta fuor dell’ l’ Inf
to a chi meglio sonar sapesse o questi la zampogna, o quegli la lira; ed avendolo vinto, in pena del suo ardimento’ gli tr
cchie d’ asino. Ingegnossi egli colle velature del capo a ricoprirle, ed ordinò al suo tosatore di non manifestarle a ness
o luogo una fossa, e vi mormorò dentro: Mida ha le orecchie di asino, ed essendo ivi cresciute delle canne, alle percosse
easi nell’ Aonia, parte della Beozia sopra i monti Parnasio, Castalio ed Elicona, da cui usciva il fonte Castalio, in cui
ove figlie di Pierio edi Evippe avendo sfidate al canto le nove Muse, ed essendone state vinte a giudizio delle Ninfe venn
i tentato di far loro violenza, esse fuggirono convertite in uccelli, ed ei volendo inseguirle precipitossi da una loggia,
suo diletto. Costringeva a perpetua verginità le Ninfe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia d
idone e marito di Altea, che offerendo le primizie a Cerere, a Bacco, ed a Minerva, a lei con disprezzo le avea negate. El
n Ecate, e detta perciò triforme, cioè Luna in cielo, Diana in terra, ed Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi di Delia e di C
o e dalla Dea del giorno; il secondo figlio di Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli, che abita sotto terra, ed è
Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli, che abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e d
o come il messaggiero degli Dei. Perciò dipingevasi colle ali a piedi ed al capo; onde esprimer la sua velocità. Davaglisi
in Tessaglia gli armenti di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacche, ed essendo in ciò stato scoperto dal pastore Batto,
onevano sulle vie a guisa di termini erano dette Mercurii dai Romani, ed Ermi dai Greci, che tale è il nome di Mercurio in
enteo re di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compagne lo fe
tto quello, che da lui fosse tocco, mutandosegli in oro anche il pane ed il vino ei fu costretto per non morire d’ inedia
o in Andoo presso il fratello, che aveva a quell’ isola dato il nome, ed avendole Agamennone colà pure inseguite, elle a B
Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corne e le gambe di capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro vernagli seduto
zzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di Saturno e di Rea fu Cerere, ed a lei venne attribuita l’ invenzione dell’ agrico
i epiteti mammosa e di alma, perchè tutti per certo modo essa aliatta ed alimenta.. Unita a Giasone o Giasio figlio di Gio
Plutone, era stata rapita. Essa allora sir volse a Giove per riaverla ed ebbe dà lui promessa che le sarebbe restituita, q
na vecchia, il figlio di lei Stellione si fe scioccamente a beffarla, ed ella irritata cangiollo in lucerta. Recatasi in E
anzi ammazzarlo; ma fu da Cerere cangiato in lince. Avverso a Cerere ed a Trittolemo fu pur in Tessaglia Erisittone, che
do la schiavitù raccomandossi a Nettuno da cui prima era stata amata, ed ei per toglierla al padre la trasformò in pescato
giare le proprie carni. Era Cerere venerata principalmente in Sitilia ed in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri di lei c
ue dragoni. In Roma a lei offerivansi ne’ sacrificlatte, vino e fave, ed immolavasi una troia. Le feste Cereali si celebra
o la vittima attorno ai campi con rusticani salti, e con inni a lode, ed invocazione di Cerere. Capo XV. Di Vesta. D
di verginità chi l’ avea sedotta morir faceasi a forza di battiture, ed ella era portata con lugubre pompa sopra i una ba
e. Egli rappresentavasi colle orecchie, le corna e le gambe di copro; ed il suo soggiorno ponevasi in Arcadia, spezialment
Mercurio e della Notte, dipingetesi come Pane, ma senza peli al mento ed al detto. Alcuni lo dissero figlio di Pico re dei
i troppo rigide di Licurgo, colà approdando le consacrassero un bosco ed un tempio. Si aggiunse poi, che essendosi il bosc
infa Cirene fu creduto inventore dell’ arte di far l’ olio, il cacio, ed il mele. Mentre inseguiva Euridice moglie di Orfe
il guidò a Proteo, che gli scoperse la cagione della morte delle api; ed allora fatti per consiglio della madre de’ sacrif
an Limniadi, altre ai monti, e si chiamavan Orcadi, altre alle valli, ed eran dette Napee, alti e alle piante ed a’ boschi
van Orcadi, altre alle valli, ed eran dette Napee, alti e alle piante ed a’ boschi, e si appellavano Driadi ed Amadriadi.
dette Napee, alti e alle piante ed a’ boschi, e si appellavano Driadi ed Amadriadi. Le Nereidi ninfe del mare appartenevan
terculio o Stercuzio il Dio dei concime, che diceasi figlio di Fauno, ed avere il primo introdotta la concimazione de’ cam
on infestasse colla ruggine il frumento. Dii domestici erano i Penati ed i Lari di cui i primi presedevano alle città e al
vennero Medius Fidius, Mehercule, Mecastor, sottintendendovi adjuvet, ed Ædepol, cioè per Ædem Follacis. Ad ogni parte de
i sdegni. Oltre Lucina, per cui altri intendeano Latona, altri llitia ed altri Diana, a’ parti presedean pure Partunda ed
Latona, altri llitia ed altri Diana, a’ parti presedean pure Partunda ed Egeria, e Prosa invocavasi ne’ parti regolari, Po
ivinizzati. Fra questi la Dea Fortuna avea un nobile tempio in Anzio, ed in Preneste or Palestrina, e molti ne aveva in Ro
a questi oltre Esculapio, e Romolo o Quirino, de’ quali abbiam detto, ed Ercole, Castore, Polluce ed Enea, dei quali direm
Romolo o Quirino, de’ quali abbiam detto, ed Ercole, Castore, Polluce ed Enea, dei quali diremo appresso, dee ricordarsi C
omolo le feste Laurentine o Laureatali, che celebravansi in Dicembre, ed Anna Perenna, che avendo recato de’ pani al Popol
econdo Omero, Nettuno da Ifimedia moglie di Aloeo ebbe due figli Oto, ed Efialte, i quali a nove anni essendo cresciuti al
, che fu liberato poi da Mercurio, e soviapposero all’ Olimpo l’ Ossa ed il Pelio per cacciar Giove dal cielo; ma da lui f
Polifemo con lei sorpreso, lo schiacciò con’ un pezzo del monte Etna, ed ella poscia cangiollo in fiume. Forco o Forcine f
o.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma che di professione tutti dic
sa Tersicore, e ne nomina quattro Aglaosi o Aglaope, Telciope, Pisno, ed Ilige o Ligia. Eran esse, al dir di Ovidio, compa
pero dell’ aria fu da’ Mitologi assegnato, come abbiam detto, a Giove ed a Giunone, da cui dipendean le piogge e le altre
lo figlio di esso e di Acesta o Sergesta figliuola d’ Ippota troiano, ed ei rinchiusi teneali nelle spelonche delle isole
ane amica di Proserpina a lui opporsi, ma fu tosto cangiata in fonte; ed ei lieto recò Proserpina all’ Inferno, di cui la
erro tratto da neri cavalli, e con un bidente di ferro in mano. A lui ed a Proserpina sacrifìcavansi nere vacche o agnelle
istingue da amendue, dicendola figlia di Geo, e di Febo. Nella Tracia ed in Alene qual Dea dell’ Inferno adoravasi anche C
vansi Bapti. Nell’ Inferno soggiornavano le tre Parche Cloto, Lachesi ed Atropo, cui Esiodo in un luogo dice figlie della
termine. Le tre Furie, o Dire, o Erinni, o Eumenidi, Tisifone, Megera ed Aletto, figlie dell’ Acheronte e della Notte, ave
na, ch’ era il custode dell’ Inferno. Tre giudici, Minosse, Radamanto ed Eaco, esaminavano la vita de’ trapassati, e giust
ne condannati vi furono, come si è accennato nel Capo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno, e d’ Ifimedia moglie di
alcuni de’ quali particolari erano a’ Romani, altri comuni a’ Romani ed a’ Greci, alcuni altri i Romani adottati ne aveva
i cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri stesso e con Api; ed Arpocrate Dio del silenzio, che dipingevasi col d
propriamente quelli che avean per padre un Dio, o una Dea per madre, ed Eroi quelli che distinti si erano con qualche gra
e il fuoco, e lo seppellì sotto terra. Ma Prometeo riuscì a trovarlo, ed agli uomini lo riportò in una cava ferula o sferz
e detto aveagli di rigettare qualunque presente gli venisse da Giove; ed avendo Pandora aperto il vaso: ne uscirono tutti
iunone, sicchè si arrese fin anche a nutrir Ercole col proprio latte; ed essendosi porzione di questo sparso pel Cielo, fo
o di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di Nemea o Cleone; ed avendogli colle mani squarciata la gola, gli tras
ppadocia le Amazoni, che la signoreggiavano sole, esclusi gli uomini, ed erano così dette, perchè recideansi la destra mam
tolse i pomi d’ oro, o come altri dicono, li fè cogliere da Atlante, ed ei frattanto in vece di lui sostenne sulle sue sp
ar seco, e vinti gli uccidevano; Ercole con lor provandosi li superò, ed ambedue li mise a morte. Mentre tornava dalla spe
istato, il costrinse a trarre invece dei dardi e della clava la rocca ed il fuso. Dopo ch’ ebbe sposata Deianira, innamoro
ette a Filottete figlio di Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a niuno manifestare ove fosse sepolto. Le favole
a questa, secondo alcuni, fu portata dall’ onde ai lidi della Puglia, ed ivi raccolta da’ pescatori e recata al re Pilunno
Bellerofonte di dosso, e precipitollo nel campo, che fu detto Aleio, ed ei solo volò su in cielo, ove fu posto fra le cos
in mare; Autonoe madre di Atteone, che fu da Diana cangiato in cervo: ed Agave madre di Penteo, cui ella medesima uccise i
pagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure di sua famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insieme con Ermione a
a consultar l’ oracolo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornare nella sua patri
re in Beozia. Giunto nella Focite, mentre in una contesa tra i Focesi ed i forestieri ei volle prender le parti di questi,
i nacquero i due gemelli Eteocle e Polinice, e le due figlie Antigone ed Ismene. Ma sopravvenne in Tebe alcuni anni dopo u
aureo monile lasciato da Ermione, scoperse il luogo dov’ ei celavasi; ed ei costretto ad andarvi, lasciò ordine al figlio
essi l’ un contro l’ altro che amendue scambievolmente, si uccisero; ed essendo i loro corpi stati posti sopra, il medesi
e, che areale recato per presente di nozze dai fratelli di lei Temeno ed Assieme fu trucidato; e questi lo furon poi da Ac
ato che il possedesse. Era questo la pelle del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re di Tracia e di Nefele,
ospitalmente Giasone, e a lui pure congiunta n’ ebbe due figli Toante ed Euneo. Seguendo il loro viaggio arrivarono gli Ar
e mezzo cavallo. Dicesi ch’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel sonar la lir
el tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali arti istruì Giasone ed Achille, che l’ uno da Alcimede, come abbiam dett
da due uova partorite da Leda; ma l’ un di questi contenente Polluce ed Elena era stato fecondato da Giove cangiato in ci
ono poi trasportati in cielo amendue nella costellazione de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè f
Tracia e della Musa Calliope, fu a tempi suoi insigne musico e poeta, ed uomo eloquentissimo; e come seppe ammansare la fe
alle favole, che al suono della sua lira traeva le piante e le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Eu
le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Euridice, ed essendo questa, caduta estinta per morsicatura di
inchè dall’ Inferno non fosse uscito, mai la sua impazienza il tradì, ed Euridice gli fu ritolta. Allora andò egli solitar
e medesimo era già ad inventare la sega, il torno, la ruota dei vasi, ed altri ingegnosi istrumenti.), mosso da invidia pr
procacciatesi delle penne, le unì con cera, e ne formò due ali a se, ed al figlio, colle quali deluse i custodi fuggendo
sicchè squagliatasi al calor del Sole la cera, le penne gli caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola di
nell’ istmo di Corinto il gigante Sine, che piegando due pini a terra ed attaccandovi gli uomini, col rilasciare i piai fa
i due valorosi giovani, cangiato l’ odio e l’ invidia in ammirazione ed amore si strinsero colla più ferma amicizia. Giov
di rapirgliela; ma coll’ aiuto di Teseo i Centauri furono debellali, ed Ippodamia ad essi ritolta. S’ invogliò poscia Pir
n una sola città i vari casali che formavano la popolazione ateniese, ed istituì in essa ad onore di Minerva le feste Pana
o. Capo XI. Di Pelope, Atreo, Tieste, Agamennone, Menelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia
Enomao padre di Ippodamia, la quale perchè bellissima, e perchè unica ed erede del regno, veniva ambita da molti. Ma Enoma
il quale essendosi spezzato nel corso precipitò E nomao che ne morì;  ed egli cosi ottenne Ippodamia ed il regno, cui posc
l corso precipitò E nomao che ne morì; ed egli cosi ottenne Ippodamia ed il regno, cui poscia ingrandì per modo che tutta
ali guerrieri furono Ettore, Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si a
roia il formale assedio. Ma grave rissa dappoi insorse fra Agamennone ed Achille, per cui questi lungo tempo si astenne da
battaglia per riavere il corpo di Achille insorse allora fra i Greci, ed i Troiani; ma Ulisse recandoselo sulle spalle, di
numento sul promontorio Sigeo. Ma forte contesa poi nacque fra Ulisse ed Aiace per aver le armi di Achille, cui Tetide ave
il primo che sopra il lido incontrasse. Questi fu il proprio figlio; ed avendolo immolato, sopravvenne tal pestilenza, ch
i nel golfo di Gabes presso Tripoli, dove spediti avendo due compagni ed un araldo a spiare il paese, i Lotofagi dieder lo
dimenticare il ritorno, sicchè a forza dovette ritrali sopra le navi, ed ivi incatenarli. Di là i venti il portarono al li
nte, indi legati i compagni sotto il ventre de’ montoni che ivi erano ed egli aggrappatosi sotto al più grande, ne usciron
Mola di Gaeta. Erano costoro uomini selvaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una gran
mpagni; ma egli coll’ erba moli datagli da Mercurio vinse l’ incanto, ed obbligò Circe a richiamare i compagni alla forma
lei medesima n’ andò a’ Cimmeri, che da Plinio pongonsi presso a Cuma ed allago di Averno (benchè altri Cimmeri pur vi fos
ima del tebano Tiresia. Qui fatti i prescritti sacrifizî a Proserpina ed a Plutone, vide prima l’ anima del compagno Elpen
oro di cibo e dì vestimenta, e fu scortato alla città, ove da Alcinoo ed Arete venne liberalmente accollo, e spedito con r
guente in villa a far una dolce sorpresa al vecchio Laerte suo padre; ed essendo là venuti per assalirlo Eupide padre di A
one che questi sbattuto dalla tempesta in Itaca vi fe qualche guasto, ed essendo venuti Ulisse e Telemaco per discacciarlo
l’ incendio della città salvi e liberi ne partirono, furono Antenore ed Enea. Ettore, Troilo, Cigno, Mennone e Pentesilea
sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi gli cavò gli occhi, ed essendo poi stata perciò lapidata dai Traci, fu c
che fuggì da lui dispettosa, e i guerrieri fra’ quali conobbe Deifobo ed altri Troiani e Greci; quindi mostratogli a manca
zio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per consiglio avuto in sogno dal Dio del fiu
ò a nuoto nel Tevere, e trapassò all’ altra sponda. I due amici Niso, ed Eurialo uscirono coraggiosi di notte per recare d
ucciso si appicca. Turno vedendo l’ incendio della città vi accorre, ed è ucciso da Enea. Fin qui Virgilio. Altri aggiuns
ervanti l’ atteggiamento in cui erano, altre in uccelli marini. Cadmo ed Ermione e Armonia son tramutati in serpenti. Part
ini. Parte I. Capo XVII. Aracne sfida Minerva nell’ arte del tessere, ed è mutalo in ragno. Parie. I. Capo V. Gara di Nett
tona si vide uccisi da Apollo e da Diana sette figli e sette, figlie, ed ella è cangiata in pietra. Parte I. Capo XI. Il S
ver un toro che Fillio gli ricusa; per dispetto si getta da una rupe, ed è convertito in cigno. La madre si strugge di dol
n’ è precipitato. Parte I. Capo XVI. Arne vende la patria a Minosse, ed è cangiato in mulacchia. Parte II. Capo IX. Essen
ta rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita di lui era annessa, ed ei muore consunto da interna arsura. Parte I. Cap
ovane Cisso saltando nelle feste di Bacco cade in una profonda fossa, ed è mutato in edera. Parte I. Capo XIII. Ati è cang
lia di Dedalione è trafitta da Diana; Dedalione si precipita in mare, ed è cangialo in uno sparviero, Parte I. Capo XI. Ce
i. Parte II. Capo XI. Ecuba accieca Polinnestore uccisore di Polidoro ed è cangiata in cagna. Parte II. Capo XIII. Mennone
in mostro. Parte I Capo XVII. I Cercopi, due de’ quali erano Candulo ed Atlante, per le loro frodi sono da Giove mutati i
. Capo IX. I compagni di Diomene, Acmone, Lico, Ida, Retenore, Nitteo ed Abante sprezzando l’ ire di Venere sono cangiati
è portato alla sepoltura, ella s’ affaccia alla, finestra a mirarlo, ed è cangiata in sasso. Nella guerra di Tito Tazio r
co si ritira la Ninfa Eperia dopo la morte del maritò Nu-ma Pompilio, ed è cangiata in fonte. Nell’ Etruria un aratore pro
in’ Roma ei ne sarebbe proclamato Re. Egli invece convocato il senato ed il popolò domanda di esser escludo da Roma, ed in
ce convocato il senato ed il popolò domanda di esser escludo da Roma, ed in compenso gli viene assegnato quanto terreno pu
ello di Giove Olimpio in Atene, e in Roma quello di Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia sussiste. Ne’ sacrifici o
Eusebio ai tempi di Romolo, 6. La Samia chiamata Pilo secondo Suida, ed Erfile secondo Eusebio; 7. La Cumana detta second
una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma i vincitori erano poi
avansi ne’ teatri. I secondi tenevansi negli anfiteatri e ne’ circhi, ed erano: 1. la corsa a piedi, o a cavallo, o sulle
co al segno prefisso; 4. La lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti di olio cercavano di atterrarsi l’ un l’ alt
8 (1880) Lezioni di mitologia
tali studj addimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scrisse a chiare note da
non cancellate da’ vostri affettuosi ricordi, quello di un ammiratore ed amico, che bramò anche in questa raccolta apparec
colle voci di alta riconoscenza per lui, frutto più copioso di nobili ed efficaci opere, onde l’Italia non fallisca oggima
agli annali di tutte le genti che agli astri, e specialmente al sole ed alla luna, fu tributato il primo omaggio dell’uma
e io ho giudicato di dover con queste dar principio alle mie Lezioni, ed aprire quel vasto arringo, in cui inoltrandomi sì
ebbe se sott’esso trema. » Ma per dimostrarvi che arduo è l’assunto, ed accrescere ad un tempo in voi il desiderio di imp
nno. La strada che dobbiamo percorrere ò difficile ad un tempo stesso ed amena; ed io, per quanto la povertà dell’ingegno
rada che dobbiamo percorrere ò difficile ad un tempo stesso ed amena; ed io, per quanto la povertà dell’ingegno mio lo con
e, contrastati dagli odj profani di due fratelli destinati alla colpa ed all’odio vicendevole, che nè la pietosa sorella,
limo artefice del terrore, ci sarà guida, e vedromo ancora in Eschilo ed in Euripide i Sette Re congiurati all’eccidio di
no la fedeltà di Penelope, che aspettandolo, canuta divenne. Sofocle ed Euripide comanderanno il nostro pianto sulle scia
ncherei allo scopo del mio istituto se, esaurite le favole teologiche ed istoriche, tralasciassi di parlarvi delle divinit
e Lezione è destinata a narrare questi errori, fondamento all’istoria ed alla religione delle nazioni idolatre. Principio
vano uniti alla coda. Questo mostro era robusto, aveva favella umana, ed erudiva di giorno i mortali nelle scienze, nella
sedute dall’acque, dalle tenebre, e che in queste erano chiusi uomini ed animali mostruosi, simili a quelli che erano ritr
di queste formò la terra, coli’ altra il cielo, uccise tutti i mostri ed ordinò l’universo. Avendo distrutti gli animali c
rona raggiante sul capo, e con due segni dello zodiaco, il sagittario ed i pesci. Nè meno assurde erano le opinioni dei Fe
rincipio dell’universo, secondo esso, era uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos di folte tenebre ingombro. Ciò pe
rmentare. Essendo giunta la fermentazione alla perfetta sua maturità, ed essendosi le membrane onde era involta affatto se
ennero volatili; quelle che in loro avevano più terra, furono rettili ed animali terrestri; quelle nella di cui generazion
mo, poiché di alcuna divinità nell’esposta cosmogonia non si favella, ed è il sole l’artefice e l’eccitatore dell’universo
embiante di un uomo di color celeste, che avea nelle mani una cintura ed uno scettro, sulla testa un maestoso pennacchio,
a degli esseri, e il principio di essa avea dato vita a tutte le cose ed all’uomo istesso. » Da Orfeo, secondo alcuni, de
era afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che diede a Saturno; ed egli, insidiando il padre mentre inviavasi al let
to, l’Esperidi custodi dei pomi d’oro, le Parche, cioè Cleto, Lachesi ed Atropo, dee terribili, che filano la vita dei mor
mortali tormenta, come le querele, le dissensioni, i discorsi maligni ed ingannatori, lo scherno delle leggi, la doppiezza
suo commercio colla Terra ebbe il giusto Nereo, Taumante, Forci, Ceto ed Euritia. Da Nereo e da Dori, figliuola dell’Ocean
e n’ebbe Iride e l’Arpie Aello e Ocipete. Forci da Ceto ebbe Pefredo ed Enio, che ambedue furono subito chiamate gree dal
ode del giardino delle Esperidi. Tati dall’Oceano ebbe tutti i fiumi, ed innumerabile stuolo di ninfe abitatrici delle fon
a tremila, e ad altrettanto i fiumi figli dell’Oceano e di Teti. Ftia ed Iperione generarono il Sole la Luna, l’Aurora col
ima sull’Olimpo coi suoi figli; lo che tanto piacque a Giove che doni ed onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di
temessero di spergiurare gli Dei. Febea ebbe da Geo l’amabile Latona ed Asteria, che poi maritata a Perseo, divenne madre
i sacrifizj e preghiere, e presiedeva ai consigli dei re, alle guerre ed alle vittorie. Rea si congiunse con Saturno, e n’
i Ciclopi, i quali gli donarono il fulmine, per cui comanda agli Dei, ed atterrisce i mortali. Erasi intanto Giapeto congi
ancora da Eurinome figlia dell’Oceano le tre Grazie: Talia, Eufrosine ed Aglaia; da Cerere, Proserpina, che fu da Plutone
enerò da Marte lo Spavento, il Timore, eterni compagni di questo dio, ed Armonia la bella. Maia figlia di Atlante partorì
a di Atlante partorì Mercurio a Giove, che ebbe pure da Semele Bacco, ed Ercole da Alcmena. Vulcano sposò Aglaia la più gi
più giovane delle Grazie. Bacco si congiunse all’abbandonata Arianna, ed Ercole fatto dio diventò marito di Ebe. La bella
to dio diventò marito di Ebe. La bella Perseide partorì al Sole Circe ed Eete, il quale sposando Idia per consiglio divino
lenzio delle selve gli antichi sentivano la divinità, e sopra a zolle ed informi pietre offrivano sacri fizj al padre degl
riputavano agli eterni più caro della luce, primogenita degli esseri ed anima dell’ universo. Ancora i primitivi Cristian
ora l’oro, che non avea violata l’ingenua semplicità dei loro templi; ed eran pure assicurati dalla riverenza di que’ rozz
secondo il genere dei numi ai quali erano offerti, in celesti, marini ed infernali. Succederà a questi la descrizione di q
l’aurora, per servirmi dell’espressione di Dante, pallide divenivano, ed il sole appariva sull’oriente. Serti composti col
spruzzo sovente sulla bianca veste del sacerdote rosseggiava. Purgate ed aperte le vittime, nelle di cui viscere palpitant
li doni La magnifica pompa, e l’auree masse, E gli splendidi bronzi, ed i superbi Dodici corridori, e le di Lesbo Sette d
endevasi, vi era gara di morte. Cessata la fiamma, incenerito il rogo ed il corpo, erano le reliquie e le ossa cercate fra
si: bende cerulee, frondi di funebre cipresso circondavano gli altari ed i vestiboli delle case. Invocavansi le omhre a be
Iliade, Canto XXIII, v, 220 e segg. Lezione quarta. Degli Altari ed altre notizie soprei i sacrifizj. Nella passat
avellato dei templi, si ragionò ancora de’ sacrifizj, argomento vasto ed importante, e che per esser esaurito quanto è per
per Pausania si osserva. La cenere stessa fa destinata a questo uso, ed è celebre l’altare che a Giove Olimpio fu eretto
are che a Giove Olimpio fu eretto da Ercole Ideo in faccia al Pelopio ed al tempio di Giunone. Questo, secondo il mentovat
no delle libazioni. Nè tutte s’inalzavano nei templi, ma fra i boschi ed i campi, e sovente sopra le montagne, forse perch
ore amico, a cui scriveva nell’esigilo lettere che dettava il dolore; ed Enea, lagnandosi della rotta fede dei Rutuli, chi
he all’alto mare aperto fidati, avea fragil legno divisi dalla morte, ed a Mercurio ancora, se l’avarizia gli avea spinti
curio ancora, se l’avarizia gli avea spinti sulle navi a cercar merci ed oro profondendo la vita. Sacrificavano a Giunone
I mortali non contenti nel princìpio di offrire alla divinità, erbe ed incensi, quindi animali, arrivarono a tanta insan
dinò di uccidere Antiope sua moglie e figliuola di Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguirono gettandosi nel fuoco
noscendo che coli’ uccisione degli animali si avvezzava alla crudeltà ed al sangue il core dei mortali ! Ma quali erano i
erano accorse Al sacrificio orrendo. Afi’erra Pirro Quell’innocente, ed al funesto altare L’avvicina; ed io presso orale.
ndo. Afi’erra Pirro Quell’innocente, ed al funesto altare L’avvicina; ed io presso orale. Ancora Della memoria tremo; e me
Della man col cenno D’impor silenzio all’ addensata turba Mi comanda, ed io sorgo, e grido: Achei Tacete; e tutto è quoto.
, e a noi comanda La maestade della man feroce, D’afferrar Polissena; ed essa grida: Achivi, onde io più non ho patria, al
mmolata, come Eschilo nell’Agamennone, Sofocle nell’Elettra, Lucrezio ed Orazio. Altri, come Euripide, dicono che Diana, c
Racine, prima lode del Teatro francese, ha adottata questa credenza, ed io ho reputato farvi cosa grata traducendo la par
appaga, Perchè l’aitar non macchi un sangue illustre: Al mar si vada, ed alle navi: il cielo Ai nostri legni assente aura
Che dico, o madre Infelice! la mia figlia già cinge Abominato serto, ed offre il collo Ai coltelli sacrati. E chi gli app
all’ eredità del sapere. Così le statue non furono dapprima che rozze ed informi pietre, destinate a rappresentare le divi
dell’arte per le città tutte di Grecia questi simulacri erano sparsi, ed Alcibiade fé’ troncare il capo a tutti quelli che
ano alcuni colossali, altri piccolissimi, e tali che comandavano riso ed affronti, e gli ebbero da Cambise allora che a Me
oppio vantaggio cagione, giacché del vincitore evitarono gli scherni, ed ai Greci vani fecero credere che la loro mitologi
ve, e l’ ingresso n’era vietato ai profani; quindi vi si fabbricarono ed altari e templi, che n’accrebbero la religione. E
litato all’eccidio di Troia, e che fosse ad un tempo patria di Giove; ed ambedue queste qualità si trovarono riunite in Te
banti, che furono detti Cureti ancora, e Dattili Idei, che con celere ed armonica danza movendosi, picchiavano gli scudi p
l canto famoso: « Vieni splendido e bello; copriti di veste purpurea, ed ordina bellamente le lunghe chiome: sii tale come
eone, che contro il fulmine del Saturnio picchiar faceva cento scudi, ed altrettante spade impugnava vomitando per cinquan
do per cinquanta bocche le fiamme. Ma non rispose l’evento all’ardire ed alla forza; poiché da Giove fu superato, e sotto
delicato collo. Gridando: Europa è dell’Egioco Giove: Mi fu promessa, ed è fatato il dono. Sorse tremante dall’aurato lett
ndo, andava in traccia Delle care compagne, ad essa eguali Per natali ed età; soave scherzo D’Europa e quando per le danze
ine bella. Lunga cura i tuoi fiori: e il cinto intatto Giove ti vede, ed arde. E tu puoi solo Giove domare, onnipotente am
domare, onnipotente amore: Già medita schivar l’ire gelose Di Giuno, ed alla tua tenera mente Tessere, o giovinetta, illu
icello. Appare La vergine più snella, e parte mostra Del bianco seno, ed ai liberi crini L’error felice accresce. Allor ch
pietosita lo celò nella sua veste. Depose allora il mentito aspetto`. ed a un dio innamorato chi resiste? Dal primo furto
li sdegni gelosi della moglie. Leda figliuola di Tindaro gli piacque, ed in candido cigno trasformato volò presso lei, fìn
ielo; la bionda Cerere generò da lui Proserpina, per cui tanto pianse ed errò, che col primo sorriso mansuefece la severa
lche parte di vero, é colla favola tanto confuso che é impresa ardita ed inutile lo sceverarlo, abbandonandosi alla licenz
le lo sceverarlo, abbandonandosi alla licenza di congetture difficili ed infelici. Beve render cauti coloro che di mendace
elle tenebre di una religione così diversa per origine, indole, tempo ed uso, che tanto deve alle costumanze, ai bisogni,
ro Della Natura degli Dei) erano i Giovi, secondo i teologi. Il primo ed il secondo nati in Arcadia; uno dall’Etere, l’alt
gli occhi di tutto il mondo, non per la sua grandezza, perchè in Rodi ed in Roma si veggono statue colossali, ma per la su
tempio è per lo meno di quattro stadj (cinquecento passi geometrici), ed in così lungo circuito voi non trovate luogo che
ove Olimpico è antico: si pretende che da Deucalione fosse edificato; ed in prova, la tomba di lui presso il tempio si add
abilonia sorgeva. Pisistrato gli die principio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re di Macedonia,
iore del tempio la pugna di Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla destra di lui il re, la consorte Sterope, e
errore dell’Erimanto, e le imprese di Ercole contro Diomede e Gerione ed altri mostri, onde fu la terra vendicata e difesa
no fratello di Fidia vi avea ritratto Atlante che sosteneva il cielo, ed Alcide pronto ad ofi’rire gli omeri eguali a tant
e alto è il Sol, che ‘1 suo torrido raggio Non fesse a tal beltà noia ed oltrasrofio. E se qualche animai nocivo e strano
oscura e folta, Che con la ninfa il tenesse nascosto; Qui lei fermata ed ai suoi preghi volta, Non pensa di partirsi così
oi ritrovando in cielo, è più che certa, Che sian contro di sé fraudi ed offese: Discende in terra, e quella nube aperta,
rbose sponde, Che sparte son nel suo bel patrio regno; Acque fangose, ed erbe amare e fronde Le sue vivande sono e’l suo s
fa il can, ch’il suo patron ritrova. Mentre scherzando ella s’aggira ed erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di
a. Mentre scherzando ella s’aggira ed erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di propria man l’erba di terra, A le
tanti specchi. Tosto ei la verga e l’ali e’I pileo appresta Alle mani ed a’ piedi ed alla testa. Lasciata l’alta region c
i. Tosto ei la verga e l’ali e’I pileo appresta Alle mani ed a’ piedi ed alla testa. Lasciata l’alta region celeste, Nell
i s’innamora, E dicea a lui: Qui meco venir puoi, Ch’avrem grata erba ed ombra il gregge e noi. Il cauto Dio fa tutto que
rabbia e quella spoglia. Udito il giuramento, allegra torna Giunon, ed Io racquista il primo stato: Si fan due bionde tr
rtali. Col nome di Custode particolarmente adoravasi presso i Romani, ed è nelle medaglie di Nerone ritratto assiso sul so
è. la gran mano di Giove fulminante. » Tonante lo dissero gli Auguri; ed Augusto, dopo la guerra Cantabrica, gii eresse un
to, di cui ci ha conservato memoria Polibio nella guerra fra i Romani ed i Cartaginesi. Eccone la formula e il modo: « Se
ra sulla testa dei fanciulli. Giove Pluvio ricorda Pausania, Furnuto, ed il commentatore di Pindaro: i Pagani gli attribui
one cristiana. Gli Ateniesi con questo nome l’adorarono nell’Inietto; ed Aquilicia, ci accenna Tertulliano nell’Apologia,
ei cognomi che il padre degli uomini e degli Dei ebbe presso i Latini ed i Romani. Ora mi rivolgo a quelli che presso i Gr
e di tutti i mortali. Carco della sua altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal monte, sacro pure alle Muse, Plutarco.
rio lo adorarono i Fenici i. Ammone fu detto nell’Affrica dall’arena, ed è noto che avea le corna d’ariete, e Lucano ci ha
e egli qual si conviene a sovrano. Ha l’aquila ministra presso di se; ed appoggiandosi colla manca allo scettro, sostiene
rgineo foco, E di quell’ara che il mio pianto irriga. Diman si pugna, ed è pubblico grido. Del difficile giogo occupa il t
cognate squadre Io nel mezzo starò con questo petto; Partirò le ire, ed unirò le destre, Scosse le spade: tacerà la tromb
La cura di educare la divina fanciulla fu affidata ad Eubea, Prosimna ed Acrea, figliuole del fiume Asterione, come lasciò
la frode amorosa. I figli più illustri della diva sono Marte, Vulcano ed Ebe: i più oscuri, Arge, lUitia e le Preghiere. A
Preghiere. A ninna fra le immortali piacquero maggiormente i litigii, ed a dritto, dissero i poeti, partorì Marte, supremo
cecata dal furore corse al plaustro, si avventò sulla creduta rivale, ed avendola riconosciuta per una statua, terminò col
profanare il tempio colla loro presenza. Devote pure le erano le oche ed il pavone; le prime perchè dell’aria (che reputav
co’ quali effigiavasi furono diversi, secondo i luoghi, gli attributi ed i nomi. I più comuni avrete nella descrizione del
i: indi sul dorso Poggia dell’Ida; al Gargare sublime Lieta s’avanza, ed improvvisa al guardo S’appresenta di Giove. In le
do d’ Etolia. Di Giunone Moneta è frequente menzione negli scrittori, ed [è dubbio se onore di tempio avesse sul Campidogl
le fosse stabilito da Ercole, quando dopo aver pugnato con Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevol
suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole gli era stata. Samia ed Argiva fu detta dalle due greche città, che vi ac
a che in Argo amruiravasi, era opera di Policleto, composta di avorio ed oro, come il Giove Olimpico ed altri simulacri. S
opera di Policleto, composta di avorio ed oro, come il Giove Olimpico ed altri simulacri. Sedeva coronata sopra un soglio
Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce dalle sue medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie di
resta solo ad osservare che Giunone ebbe ancora il titolo di Natalis, ed allora è lo stesso che Lucina, ufficio che potreb
Gloria dell’anno, nei miei campi regna: Sempre han gli alberi fronde ed erbe il suolo. Nella terra dotai possiedo un orto
in delfino mutò sua sembianza; Cerere deluse trasformato in cavallo; ed ebbe da varie ninfe infinito numero di figli. Lib
onorano l’imperatore dell’onde, offerendogli le primizie delle biade, ed avendo scolpito nelle monete loro il tridente. No
ò ad ambedue la pattuita mercede; onde Nettuno sdegnato mise orribile ed immensa balena, che tutta la regione inondò coll’
ggiungere i modi nei quali è rappresentato dai poeti e dai monumenti, ed i diversi cognomi che attribuiti gli furono dagli
rno alla natura degli Dei, avvertono che effìgiavasi con neri capelli ed occhi cerulei. I poeti lo mostrarono assiso nudo
an sepolte, Egli stesso, le vaste sirti aprendo, Sollevò col tridente ed a sé trassele; Poscia sovra al suo carro d’ogni i
ro gli era in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiamarono in Lesbo ed in Eubea. Nè tacerò che Conso appellarono i Roman
l cocchio aggioga. In aura vesta si ravvolge tutta La divina persona; ed impugnato L’aureo flagello di gentil lavoro, Mont
o nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofonio: il terzo dal Nilo; del
necessariamente dubitarsi dagli antichi della patria del nume. Omero ed Or feo lasciarono scritto che nacque in Cillene m
ifero albergo, alto inganno agitando nella mente, vide che il cocchio ed i cavalli il Sole nell’Oceano nascondeva. Balzò d
giuochi. In ricompensa concesse a Mercurio la cura della 2:reo’2’ia, ed aurea verga di tre foglie, potente ad eseguire tu
toreo sangue macchiate. Alato, senza alcun ornamento, con lieto volto ed occhi argutamente ridenti rappresentavasi: un gal
hé ne divise l’ ira facendo del dono esperimento. Degli altri simboli ed ufficii propri di questa divinità favellerò nella
e molte antiche gemme, fra le quali una bellissima del Museo Strozzi, ed un’altra della collezione Stoschiana illustrata d
ol suo maestrevole scalpello. Il braccio sinistro mancava nell’antico ed ora porta la borsa, distintivo notissimo di quest
rsa, distintivo notissimo di questo dio, a cui si attribuiva il lucro ed il commercio; il quale serve per farlo al primo c
servono ora di muro alla città. Questo è il piano sottoposto al monte ed al tempio della Fortuna Primigenia, che ne abbell
to con simmetria e varietà in diversi ordini, di sustruzioni, portici ed edifizii, nella guisa appunto che si godeva dal F
assici; e Pausania ci avverte che neir Attica specialmente onoravasi, ed in Tebe gli sorgeva un tempio che Pindaro, illust
uestore delle anime, perchè alle beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’epiteto di infernale gli davano. Onde Cl
schi con nome ai Beoti ancora comune. Odio dalle strade denominavasi, ed Egemonio perchè era dei miseri e dei giusti, libe
a del disegno e dell’esecuzione ad alcuna che sia mai stata scolpita, ed ha un’aria così tranquilla e divina che incanta g
n bronzo, dissotterrata negli scavi dell’ Ercolano, è ora in Francia, ed è stata pubblicata dal conte di Caylus. Non si de
on regie bende. Baciò le mani al vincitor tremendo Sparse di sangue, ed ammutir le squadre Achille nel senil volto piange
el suo mortale pellegrinaggio cercò Apollo l’oblivione di tante cure, ed inventò la musica; scoperta che da altre divinità
olte lodato Prassitele, di cui non solo in marmo, ma in bronzo ancora ed in gemme si conservano le copie. Ci ha lasciato M
una copia alquanto minore, perchè le altre in marmo sono più grandi, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Vil
perchè coloro che prestavano orecchie a queste incantatrici morivano, ed i loro corpi, privi di tomba, avvelenavano l’aria
e aveva purificato Apollo. « Dopo lui Filamrnone figlio di Crisotemi, ed in seguito Tamiri figlio di Filammone, poiché si
r una legge espressa, furono ammessi alla corsa dello stadio semplice ed a quello dello stadio ripetuto; ma nella Pitiade
un non so che di tristo, e non poteva convenire che alle lamentazioni ed all’elegie, ed infatti questo era l’uso che se ne
i tristo, e non poteva convenire che alle lamentazioni ed all’elegie, ed infatti questo era l’uso che se ne faceva. « Nel
parti con un facil pendio. Il tempio di Apollo ha la stessa posizione ed occupa gran parte della città, e molte strade vi
e per madre non Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto s
a; la Vittoria e la statua di Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano sono di Samola Arcadie. Finalmente Elato, A
nio; Trifilo ed Azano sono di Samola Arcadie. Finalmente Elato, Afida ed Eraso sono di Antifane Argivo. Innanzi a questi s
iani nella battaglia di Maratona. « Dette state sono in prima Minerva ed Apollo, in secondo luogo Milziade, come generale
varie tribiì ateniesi: Eretteo, Cecrope, Pandione, Leo, Antioco, Egeo ed Acamante figlio di Teseo. Vi si ammira ancora Cod
figlio di Eneo, i discendenti di Preto, come Capaneo nato da Ipponoo, ed Eteocto da Isi; finalmente lo stesso Polinice ed
neo nato da Ipponoo, ed Eteocto da Isi; finalmente lo stesso Polinice ed Ippomedonte, nato da una sorella di Adrasto. Là p
frecce sopra Tizio, che sembra averne le membra forate. Gli Ateniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro u
, appartiene agli Arcadi di Mantinea. Un poco più lontano vi è Apollo ed Ercole che disputano un tripode: ognuno di loro v
leva bruciare la nave di Protesilao. Cigno ebbe da Proclea un maschio ed una femmina; il primo si chiamò Tene, ed Emitea l
o ebbe da Proclea un maschio ed una femmina; il primo si chiamò Tene, ed Emitea la seconda, Morta la prima moglie, sposò i
lla colonna a cui sovrasta la statua del principe dei poeti. — Felice ed infelice, giacché tu sei nato per l’una e l’altra
in mano. Sopra lui si vede un certo Ictemene, che porta dei vestiti, ed Echeace che discende da un ponte con un’urna di b
heace che discende da un ponte con un’urna di bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padiglione di Menelao, che era
isfanno il padiglione di Menelao, che era un poco lontano dalla nave, ed Anfialo ne tende un altro più vicino. Sotto i pie
bbia preso il nome da Omero. Briseide è in piede: Diomede sopra essa, ed Ifi accanto, sembrano ammirare la bellezza di Ele
o d’ Ulisse, benché manchi di barba. Elena ha due donne seco, Pantali ed Elettra. La prima è vicina alla sua padrona; la s
ura della città. Sopra Elena vi è un uomo seduto, vestito di porpora, ed esternamente afflitto. Non vi è bisogno d’iscrizi
elle chiome, e grida: Affollatevi, o donne, e date ai figli Di Latona ed a lei preghi ed incensi. Cingete il crin di lauro
rida: Affollatevi, o donne, e date ai figli Di Latona ed a lei preghi ed incensi. Cingete il crin di lauro: io vel comando
talo è padre, Che solo fra i mortali un dì sedeva Alle mense celesti: ed è sorella Alle Pleiadi la madre, ed avo Atlante,
un dì sedeva Alle mense celesti: ed è sorella Alle Pleiadi la madre, ed avo Atlante, Quel potente che il ciel sostiene e
ante, Quel potente che il ciel sostiene e i numi Sull’eguale cervice, ed ho per avo E per socero Giove: il Frigio aspetta
: Vana è la fuga: che il seguace dardo Lo giunge, e passa la cervice, ed esce Dalla gola col sangue. Egli già prono Dai cr
a e congiunto, Allor che uniti gli trafìsse il dardo. Gemono insieme; ed ambo il duolo aggrava Le curve membra; sopra il s
re stesso è sasso: Ma piange: un turbo alla paterna terra La rapisce, ed ancor lacrime stilla Il marmo, e le vendette eter
simo greco di somma conservazione, non mancando che la mano sinistra, ed essendo le gambe riunite dei loro pezzi antichi.
più insigni della greca scultura, non è però confermata dalla verità, ed è appoggiata di vacillanti argomenti, quando si v
ione del nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portic
a l’Apollo Alessicaco, ovvero Averrunco, cioè Allontanatore dei mali, ed era stata a questo nume eretta in Atene dopo la c
li due strali Dalla faretra liberò: di piombo È l’uno, d’oro l’altro, ed hanno effetto Contrario; il primo all’odio, ed al
l’uno, d’oro l’altro, ed hanno effetto Contrario; il primo all’odio, ed all’amore Desta il secondo: per la sua vendetta A
è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca di porpora, ed il personaggio messo in scena da Ateneo dimanda
ica non può aver luogo, perchè la bella natura ci prova al contrario, ed è da presumersi che i Greci avranno fatta la stes
fuori: non ch’eglino fossero neri, ma solamente ombrati, come sembra, ed è realmente, una bella chioma bionda quando divis
che deva intendersi dei capelli di color blu che Omero dà ad Ettore ed a Bacco: vale a dire dei capelli biondi, che inte
le terre pietosa a Latona, gli die di Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro di lui, il quale,
eva pure a Triopo città della Caria il dio, onde Triopo fu appellato, ed i vincitori nei giuochi che sacri gli erano ne ri
un tempio. Clario da Claro città dell’Asia, nella quale ebbe oracoli ed altari fondato da Manto figlia di Tiresia, che qu
ino città dei Mirine:, nella quale il dio aveva oracolo antichissimo, ed are. Virgilio disse: « Ci promette l’Italia Apoll
a: evvi il canoro Triton che suona la ritorta conca, E Proteo dubbio, ed Egeon che preme Con le sue braccia alle balene il
gli aperti Campi tutti gli Dei. Là sopra il cielo Sei segni a destra, ed a sinistra stanno Altrettanti. Calcò le chiare so
chio mortale Luce di Febo, che sul soglio siede Di smeraldi distinto, ed ha velate L’eterne mem.bra di purpurea veste. Sta
n spazii eguali Ore e Stagioni: a Primavera il crine Cingono i fiori: ed ha di spighe un serto La nuda Estate: dell’Autunn
te s’arroga la seconda, che è sorella di Apollo e custode delle selve ed onore degli astri, perchè, come dai poeti appare
castità ancora molti titoli onde Febo non gareggi meco: dammi frecce ed archi. Non ti chieggo il turcasso ed il grande ar
o non gareggi meco: dammi frecce ed archi. Non ti chieggo il turcasso ed il grande arco, poiché a me fabbricheranno tosto
coturni da caccia, e dell’altra suppellettile destinata a questo uso, ed i veloci cani bene nutriscano quando le linci ed
tinata a questo uso, ed i veloci cani bene nutriscano quando le linci ed i cervi non ferirò colle saette. Voglio inoltre t
olte volte; Giove, sorridendo acconsentì piegando la testa sul petto, ed accarezzandola disse: - — Ah se le dee mi partori
Winkelmann che siffatta benda è propriamente il credemnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa di quella voc
vivace cervo Le corna, il collo gli prolunga, acute Rende l’orecchie, ed in sottili gambe Muta i piedi e le braccia, e il
iata pelle, E d’ignoto timor gli colma il petto. Fugge l’eroe tebano, ed ha stupore D’esser così veloce: allorché vide Nel
non pasca Gli occhi bramosi nell’offerta preda. Esser lungi vorrebbe, ed è presente: Vedere e non sentir le prove atroci D
ttante cagnoletto credute prestissime a seguire i cavrioli, le lepri, ed a guidare sulla traccia di qualunque animale. Di
il core rinascente, avendo d’oro Tarmi e il cinto, poni aurei freni, ed aureo cocchio attacchi alle cerve. Dove queste ti
arenti, le cognate. Sia, o veneranda, caro a me solo chi è veritiero, ed io sia quegli; abbia sempre a cuore il canto in c
la frigia querce del monte Oeta, egli è quello istesso Ercole vorace, ed ha quel medesimo ventre col quale s’in contro in
veloci, ucciditrice dei cinghiali, e le insegnasti accertare il colpo ed inseguir le fiere coi cani. La lodano quelli che
che le furono dati nei tempi posteriori. La sua figura è più svelta, ed ha membra più pieghevoli che Giunone e Pallade; c
e oltrepassa il ginocchio; ma talora è pure effigiata in veste lunga, ed è la sola d^a che in alcune sue figure porti scop
odotta per sciogliere Fazione, ci palesa l’innocenza del suo seguace, ed ordina che nella patria onori gli sieno fatti. Qu
i arma la fronte, E gialla squamma gli ricopre il corpo. Serpe feroce ed indomabil toro Colla coda più volte il mar misura
delle chiome le sanguigne spoglie Gli spini. Arrivo: egli mi chiama, ed alza La destra verso me gelida e nuda, E gli occh
se edificato dalle Amazzoni allorquando andarono a far guerra a Teseo ed agli Ateniesi. Ma Pausania dice che a questo gran
i terremoti e dalle crepature, che alcune volte nella terra si fanno; ed affinchè le fondamenta di un sì pesante edifizio
n sì pesante edifizio avessero della sodezza in quel morbido terreno, ed inzuppato d’acqua, vi posero del carbone pestato,
olonne che sostenevano Tedifizio sono state donate da altrettanti re, ed erano di 60 piedi alte. Fra queste colonne ve n’e
etto che condusse a fino questa greca mole fu Chersifrone, Ctesifone, ed è cosa mirabile che siansi potuti mettere in oper
per saette insigne Adrasto, Ida veloce, Telamon, d’Achille II padre, ed Echion nel corso invitto; Nestore ancor nei primi
II padre, ed Echion nel corso invitto; Nestore ancor nei primi anni, ed Eclide Dalla moglie sicuro; evvi Atalanta, Gloria
ti Dirlo, e virgineo in giovinetto. Appena L’eroe di Calidon la vide, ed arse, E felice, esclamò, colui che degno Di tue n
esclamò, colui che degno Di tue nozze farai: nè più concesse Il loco ed il pudor. Dell’alta gara Preme l’opra maggiore il
dubbio petto. Densa, e dal tempo inviolata selva Frondeggia in piano, ed i soggetti campi Riguarda: degli eroi parte le re
rido si ripete, a tutti Nelle mani tremar vedesi i dardi. Egli ruina, ed i latranti cani Sparge, disperde con obliquo mors
e il valor crebbe. Volano mille dardi: è l’uno all’altro D’ inciampo, ed al disio nuoce la fretta. Quando incontro il suo
i fili del fatato stame Disser le dive: Egual tempo doniamo Al legno ed al fanciul. — Balzò la madre Dal letto, e tolse d
’iniquo pera, E tragga nella sua ruina il padre, La patria, il regno: ed io son madre: ahi dove, Dove sono i pietosi antic
crive Esichio che fosse denominata Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio presso gli Spartani, ove
ero ai diversi attributi che stimavano spettarle. Quanto al simulacro ed al culto di Diana Efesina v’ instruirà Visconti n
ia che questa dea riguardava, abbiano accozzati insieme diversi numi, ed ora in Cerere, ora in Iside ed ora in Cibele abbi
bbiano accozzati insieme diversi numi, ed ora in Cerere, ora in Iside ed ora in Cibele abbiano trasformata la dea degli Ef
elle adoravano quei d’Efeso, non quella cacciatrice, che tiene l’arco ed è succinta, ma quella multimammia che i Greci chi
ia in ciò a quella della Cibele dell’orbis terrarum, o dell’universo, ed è così ornata perchè munita in eccelsi luoghi sos
zione e della fecondità. La seconda scende a guisa di luna crescente, ed è tutta tramezzata da ghiande, sotto un festone d
e, e sul quale sembran danzare quattro donne alate con serti e corone ed archi nelle mani, credute sinora dagli antiquarii
di fiori e d’api; e sulla sommità, di due mezze figure femminili nude ed alate. Si scorge benissimo che la forma umana non
parecchi scrittori. » Illustre fra le compagne di Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar le avventure di ques
nè all’indocil chioma Impose leggi: sol frenò la veste Aurata fibbia, ed i negletti crini Candide bende. Or nelle mani ha
risposta pronta Stampa. La ninfa di un color di rosa Tinge la faccia, ed i mutati amplessi, E sente, e fu2ri?e: col delitt
sudor la polve Nel desiato umor tergiamo, o ninfe. — Consentir tutte, ed arrossì Calisto; Depongono le vesti: ella soltant
n mova, E si disserra dalla roca gola La voce che ha terror, minaccie ed ire. Orsa è fatta: ma resta in lei la mente Antic
stesso dio e da Corife figlia dell’Oceano, detta dagli Arcadi Coria, ed inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di P
di Coria, ed inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava di violarla. A
dovea dividere con Marte la gloria feroce di presiedere alla guerra; ed infatti Omero, o chi sia l’autore delllnno a Vene
tavano, e dei quali fa l’inventore Arione Metimneo, spiravano guerra, ed i maschi petti animavano nella zuffa. Il celebre
che avea il soprannome di trombetta. La veste di questa dea è rossa, ed il manto, o la drapperia che vi è sopra è ordinar
, perchè era forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali alle spalle ed ai piedi di Minerva, forse perchè figlia di Palla
ndeggianti e meno aperti di Giunone; non solleva la testa orgogliosa, ed ha modesto lo sguardo, come chi tranquillamente m
a e superiorità da sovrana di quasi tutto il mondo allora conosciuto, ed ha, siccome Pallade aver lo suole, il capo armato
a difesa, onde trasse i titoli di (grec), e (grec), cìoò che ha bella ed aurea celata. E questa fregiata da due civette, u
accia inseguitrice, e la strillante Trepida Fuga, e ‘1 crin scomposto ed irto L’ulutante Spavento; orribil orlo Forma allo
ttributi delle divinità antiche, le stesse sembianze che gii artefici ed i poeti loro davano sono consegnate ai diversi co
za. Minerva, dea del valore e del sapere ad un tempo, ne sortì molti, ed io ne riporterò i più famosi. Omero continuament
bica credenza che ascrive la nascita di Minerva alla palude Tritonide ed a Nettuno, cui pure occhi glauchi danno i poeti.
reste. Col titolo di Marziale, o Guerriera, fu adorata dagli antichi, ed ebbe un’ara nell’Areopago che le consacrò Oreste,
rchè nell’incendio di Corinto presa dai Doriesi, due sorelle, Euritio ed Ellolide, si rifugiarono nel tempio della diva, e
l quale nelle sciagure erano ricorsi, espiarono l’ombre dell’estinte, ed a Pallade fabbricarono tempio, istituirono feste
ll’arte di tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per quello che si credeva. Sul ca
ristauro moderno, sostenesse il suo olivo, pianta diletta a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo sti
a buona disposizione di panneggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed in oltre ci offre le armi di Pallade in una manie
serpenti di bronzo della di cui armatura erano con tanta sottigliezza ed artifizio lavorati che risuonavano al sonar di un
e di sufficiente grandezza per la difesa, essendo di figura rotonda, ed avendo il suo diametro di tre piedi. — Non solo l
rime al vivo il carattere bellicoso e feroce della vergine guerriera, ed insieme l’etimologia del suo nome greco di Pallad
he l’attitudine minacciosa, all’idea che avevano di Minerva i Gentili ed ai nomi che le dierono ben corrisponde. La statua
ricca delle altre, che in qualche rara statua femminile si osservano, ed esser propriamente di quel genere che paludamento
ano, ed esser propriamente di quel genere che paludamento appellavasi ed insigniva i capitani, apparisce ancor doppia, qua
ge il suo voto, per assolvere Oreste, ai suffragi raccolti nell’urna, ed ugualmente divisi fra l’assoluzione e la condanna
e colla destra, come lo regge nel bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed in una mezza figura singolarissima ch’ò nella Vil
vergini Argive con solenni cerimonie portare il simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bagnarlo nel fi
embra effigiato sasso Custode delle tombe. Acuto grido Mise la madre, ed esclamò: Tremende, Che festi? così siete, o dive
ndo ammira L’insolito silenzio, e l’albor caro Mira sparso di sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso nido. Ma d
ortale non richiama: il figlio Questo fato sortì quando la luce Vide, ed ora ha suo premio. Ahi quanto offerte Autonoe n’a
di Venere, la condussero dai numi che gareggiavauo per abbracciarla, ed ognuno chiedeva di prenderla in moglie, ammirando
Cretese, seguendo un parere del tutto op posto, pensa che di Saturno ed Evenirne Venere fosse figlia. L’opinione più comu
e fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col quale i Greci chi
menso ardore presa andò a Cipro, quindi in Pafo, ove le fuma l’altare ed il tempio. Qui entrata, le Grazie la lavarono ed
ove le fuma l’altare ed il tempio. Qui entrata, le Grazie la lavarono ed unsero d’olio immortale, coll’odoroso peplo le co
Troiani io mi distingua; dammi spaziosa e felice vita, florida prole, ed invidiata vecchiezza. Dissimulò Venere la sua div
ridò: Tu m’ ingannasti, diva: ma pietà ti prenda di me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perchè questa è la pena di
scusò il proprio errore coll’esempio di altri beati: illustre figlio ed ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma gl
tunato fra gli uomini pei favori di Venere. Adone aveva fama maggiore ed annual tributo di lacrime, come udirete nel fine
ù raramente come un fiore, che sembra essere il giglio ch’ella amava: ed in sì fatta maniera si vede solamente in due oper
Citerà rappresenta Venere coU’arco nella mano sinistra, e con un pomo ed una freccia nella destra. Arduino vuole applicare
tture di Ercolano, che dalla mano diritta porta un ramo con due pomi, ed uno scettro dalla sinistra. Pietre incise offrono
a Venere che la prima ha negli occhi dolcemente aperti un lusinghiero ed affettuoso che i Greci chiamavano (grec), cioè um
gno da Atteone, che in qualche antico marmo viene rappresentata nuda, ed anche in positura non molto diversa. Le mollezze
olle fiere Perchè serrarsi tanto in dura lotta? — Vener così piangea; ed al suo pianto Sospira, e piange il coro degli Amo
amore. Venere Astarte, cioè l’astro di Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione di alcuni che fosse lo stesso che la d
vinsi ero nuda? — Venere fu cognominata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro di lei era sedente col capo coperto,
accorre la sopravvesta ondeggiante, si conoscono in varie collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora di ninfe,
pel nostro argomento. Inoltre giova osservare che le pieghe regolari ed artefatte della sua tunica, la quale ne contorna
la fronte. Questo rapporto dà un risalto notabile alla nostra statua; ed è sicuramente un gran piacere per l’amatore delle
spuma del mare, onde fu detta Afrodite. Era perciò venerata sui lidi, ed eran sacri a lei i porti e i promontori:: come co
i oltre il mentovato. Il primo dal Cielo, il secondo dal Nilo nacque, ed Opa fu detto dagli Egiziani; il terzo daMenalio g
Portava questo dio, come piace ad Euripide, le fiaccole nelle nozze, ed in onore di lui celebravansi delle corse con le d
lle Grazie), e fabbricò una rete con tanto artificio, che la consorte ed il drudo sorprese. Incauto: mostrò agii Dei l’alt
la Sicilia da l’un canto E Lipari da l’altro un’isoletta, Ch’alpestra ed alta esce dall’onde e fuma. Ha sotto una spelonca
delle sue fiamme E de le sue fornaci, d’Etna in guisa Intonar s’ode, ed anelar si vede. Questa è la casa ove qua giù s’ad
variate forme Sceltissimo vaghissimo contrasto, Che il guardo inebria ed il pensiero arresta. Qui terra e mare, e degli ae
ima ghirlanda, L’Iadi piovose, e a’ naviganti amiche Le vaghe Pleadi, ed Orióne armato, L’Orsa che intorno a se lenta s’av
ordia insana Lacera il manto, e l’inamabil Parca Che un vivo abbatte, ed un ferito afferra, Trae pel piede un estinto, e d
lanelle E i vispi giovinetti, e motteggiando Sulle viti s’aggrappano, ed a prova In bei canestri d’intessuti vinchi Portan
mie ricerche. Ma tal finzione appartiene alla Mitologia meno antica, ed Esiodo custode della prima semplicità delle favol
arrassio, TerecMolo, Partaone, Cupido, Armonia, Calibe, Romolo e Remo ed altri si gloriarono di dovergli i natali. Favoleg
cari all’umana debolezza. Adoravasi Marte particolarmente dai Traci, ed in Lenno ostie umane gli erano sacrificate. L’urn
ll’opera il ridire, giacché della storia di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene di bronzo legat
erva non lo avesse ra:?2:iunto. Gli trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza gli disse: Furioso
o scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza gli disse: Furioso ed insensato che sei, non conserverai piiì alcuna re
tutto il rigore la legge promulgata da suo padre contro gli adulteri, ed essendo stato informato che una dama della sua co
commercio impudico con un cortigiano, entrò di notte nella sua casa, ed avendola sorpresa coll’amante castigolla severame
i nemici. Fu detto Enialio da Enio, la quale è lo stesso che Bellona, ed è del nume sorella, come ad altri piace, genitric
io. soqo una statua sedente coll’Amore ai piedi nella Yilla Ludovisi, ed un piccolo Marte su una delle basi dei due bei ca
del valor guerriero Ha nel volto; di sangue Ircano è lordo II manto, ed il crudel spruzzo del carro Cangia il color dei l
i Cerere dissero nato un cavallo, onde favoleggiossi che fra vergogna ed ira divisa nere vesti prendesse, ed in oscurissim
de favoleggiossi che fra vergogna ed ira divisa nere vesti prendesse, ed in oscurissima spelonca nascosa fuggisse la luce
Trittolemo cercava una nutrice. La dea si offerse per questo ufficio, ed il fanciullo nutrito di latte divino maravigliosa
za i monumenti danno a Cerere tutti gli attributi relativi alle messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coronata di sp
a col calato sulla testa. Il papavero era un simbolo della fecondità, ed è per questa ragione che sopra alcune medaglie si
questi rettili tortuosi, e il suo carro n’è qualche volta attaccato, ed ordinariamente eglino hanno l’ali. Apuleio gli ri
rappresentare Cerere, e di tutte le altre cose interessano la storia ed il culto di questa divinità famosa, parlerò nelle
ete, Perchè tenti far forza e l’alte leggi Che i nostri stami ordirò, ed i fraterni Patti turbando, con civile tromba Empi
doppio mondo Formi il commercio: va, dividi i venti Nell’agil corso, ed al superbo Giove Reca i miei cenni. E chi ti die
Altri simboli sui monumenti ove Cerere vien rappresentata si scorgono ed è prezzo dell’opera l’annoverarli onde maggiormen
piedi, l’altra al suo carro lo aggiunge. I galli piacevano a Cerere, ed uno si mira sul modio, o moggio di lei, stringere
Universo: quindi è ch’effigiata l’hanno sedente sul globo. Lo scettro ed il fulmine ch’ella tiene, sono segni di possanza,
oro la fortuna. La palma, la corona di lauro altra origine non hanno; ed il leone, che sulle ginocchia della dea si vede,
l’abito di una vecchia contadina seduta sopra un bove: ella portava, ed aveva al braccio un canestro ripieno di sementa.
oria scrissero, hanno dato a questo racconto il senso il più semplice ed il più vero. Petellide di Cnosso assicurava che P
icurava che Pluto ebbe il fratello Filomelo, che in lite col maggiore ed al puro necessario ridotto. comprò con quel poco
tto. comprò con quel poco che gli restava dei bovi, inventò l’aratro, ed ebbe dalla fatica sussistenza migliore. Ammirando
secondo Dione Crisostomo. Infatti sopra alcuni monumenti ha le spighe ed altri simboli a Cerere convenienti. Forse questa
ra e volontaria di lei, Febe sua sorella ne divenne la terza sovrana, ed ella alla nascita del suo nipote gliene fece un d
risce alle relazioni immaginate più tardi fra la favola di Proserpina ed il sistema astronomico. Il ratto di Proserpina.
delle rote Coprono Torma le sorgenti spighe, E la messe la via segue ed adorna. Etna innanzi ai fuggenti occhi decresce:
sospirata terra, Più cara a me del cielo; io del mio sangue La gioia ed il dolor, di questo petto Caro dolor, ti raccoman
on una quadriga. Queste monete avrebbon dovuto esser meglio disegnate ed incise nella collezione del signor Pellerin. Si v
lavorare figure colossali, restandone i dintorni tutti assai distinti ed osservabili ancor di lontano, e non offrendo nepp
entrate anch’ esse per una parte non ultima del culto greco e romano, ed essendo particolarmente Cerere la compagna di Bac
ntei petti severi Mansuefaccia la saetta eterna. — Vener si affretta, ed al paterno cenno Obbediente la seguì Minerva: Si
e e Brente L’opra lasciò: gli atrii l’avorio cinge. Bronzo è la cima, ed in colonne eccelse Sorge l’elettro. Con tenero ca
lore hanno le cose: D’oro le stelle accende, e sparge l’onde D’ostro, ed i lidi con le gemme inalza: Mentiti flutti il fil
to nella Grecia col mezzo di Orfeo, che le cerimonie sacre ad Osiride ed Iside ridusse al culto della dea ed a quello di B
che le cerimonie sacre ad Osiride ed Iside ridusse al culto della dea ed a quello di Bacco. A Trittolemo, secondo altri, f
in un uomo detto Stefaneforo, perchè coronato andava alle cerimonie, ed era eletto dal concilio delle sacerdotesse della
rie coi misteri eleusini. Sono queste due cose diverse, come vedrete, ed è certo che le Tesmoforie furono stabilite per la
Tesmoforie furono stabilite per la rimembranza delle ricevute leggi; ed al contrario i misteri eleusini ebbero per oggett
evano dei sacrilegi commessi. D’uopo vi era ancora di corone e fiori; ed Idrano, dall’acqua, si chiamava colui che purific
l’inganno: il vicin fato Con mesto cigolio disser le porte Tre volte, ed altrettante Etna gemeva Con flebile muggito: inva
o Tutta s’increspa la Gortinia veste, Che scende sino alle ginocchia, ed erra L’instabil Delo nel commosso stame. Lezi
dei misteri, come di sopra per me vi fu detto, Jerofante si chiamava, ed era delitto per l’iniziato rivelare in nome di lu
ziato rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed era insigne per l’ammanto, per la chioma, per la
qualunque delitto. Era delitto divulgare i riti di Cerere ai profani, ed erano obbligati al segreto con giuramento. Quindi
si chiamava il primo giorno, come Esichio ne fa chiara testimonianza, ed in questo aveva luogo l’iniziazione. Nel secondo
l’iniziati. Si aggiungeva alle libazioni l’orzo nato nel campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente fuora. Il sacerd
lludeva questo rito ai fiori colti da Proserpina nei prati siciliani, ed al ratto di lei, cagione di perpetuo dolore alla
i Pessimo, con la face e col flagello Qual delle furie qui ti spinse? ed osi Profanar con la tua quadriga il mondo? Per te
orator grifagno E a lui non crescon le rapide fibre. Oblian le colpe, ed il furor temuto UEumenidi, e d’un nappo il vin sp
e Y altra figlia di lui. La somiglianza del nome le fece confondere, ed alla seconda si attri"buiscono tutte le qualità d
ui Giganti, Giove diede a Vesta la scelta di ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime libazioni, ottenne di castit
altare pei sacrifizii che facevano alla dea, la quale presso i Greci ed i Romani non avea anticamente altro segno che il
a che tiene una fiaccola accesa in forma di lancia nella mano destra, ed una patera, simbolo comune a quasi tutte le divin
gli orni infecondi. Sorgea di tutto il bosco a lei più caro Un lauro, ed eran le pudiche frondi Ombra gradita del virgineo
iglia, tu? forse m’inganna Un’ombra vana? — Rispondea: Crudele Madre, ed immemor dell’estinta figlia, Tanto ti prese oblio
l loco Spaventa: ancora con timor diverso Mi avverton sogni infausti, ed ogni giorno Tremendi auguri: al mio dolor minacci
membra un gelo. Ma geme al fine, e con il crin si strappa Le spighe, ed erra per le vote sedi, Per gli atrii desolati, e
sommo Giove, E locarla con dolce atto di madre Nel ginocchio paterno, ed era a lei Genitrice seconda. Allora avea La caniz
e giganteo congiura Alla nostra ruina: o dea tu vedi Celesti insidie, ed han turbato i numi La lunga pace dei tranquilli l
aspetto di tutta la natura nell’universo, che consisteva in una rozza ed indigesta mole, in un inerte peso, ed in ammucchi
so, che consisteva in una rozza ed indigesta mole, in un inerte peso, ed in ammucchiati semi discordi di cose non ben cong
ia, fu annoverata, come Eschilo lasciò scritto, fra gli Dei terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi come lo stesso scri
ata, come Eschilo lasciò scritto, fra gli Dei terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi come lo stesso scrittore nel Prom
bro dell’ Iliade di Omero. Orazio le assegna altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirle gli stes
ra antica del sepolcro dei Nasoni, ov’è effigiata la pugna tra Ercole ed Anteo, la Terra è rappresentata nella figura di u
Sole; eglino hanno divorato lo spazio, i loro piedi percotono l’aria, ed allontanano le nuvole. — Ma l’artista si allontan
l’ammirazione, la riconoscenza, la gioia. Tale è questa composizione, ed io non so il perchè gli antiquarii siano stati di
sono figurate nei quattro fanciullini, tutti rivolti verso la Terra; ed il primo di essi, che rappresenta l’Inverno, ha u
erno, ha un manto che gli pende dagli omeri: gli altri poi sono nudi, ed in tal guisa appunto sono rappresentati questi pa
ti pargoletti, che figurano le stagioni, nel Museo Passeri al tomo I, ed ha pur ivi l’Inverno, ch’è solo abbigliato, riste
pianeti, come appunto da Macrobio viene espressa. La Terra è turrita, ed ha al di sopra alla destra Mercurio, come si dist
l di sopra alla destra Mercurio, come si distingue dall’ali sul capo, ed alla sinistra è Saturno turbato in vista e severo
mezzo la Terra: sotto a Marte stassi la Luna, che ha di fronte Giove, ed in mezzo tutto raggiante mirasi il Sole. L’Olivie
nome. Esiodo non gli attribuisce genitori, ma lo fa succedere al Caos ed alla Terra. Secondo Cicerone vi furono tre Amori.
do di Mercurio e Venere; il terzo nato dalla Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favo
lorché cade, Vittima immensa innanzi all’ara, il toro: Tutti stupirò, ed un fra tanti osava Vietar la colpa e trattener la
e già dei sogni Nell’immagini i cibi ei cerca, e move La vana bocca, ed i delusi denti Stanca in loro, e le lievi aure di
fame Nelle viscere immense, ond’egli chiede Ciò che rinchiude e mare ed aria e terra, E a mensa piena del digiun si lagna
perzio, uno dei più grandi poeti antichi, spiegò con molta accortezza ed artifizio poetico gli attributi d’Amore: « Chiun
lievi cure gran beni periscono: « E non invano gli diede Tali veloci, ed errar fece lo dio negli umani cuori: poiché or qu
e col Desiderio e la Passione. Fra le pitture di Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano nel tempio di
loro fu tolto da Cajo imperatore dei Romani, che Claudio lo rimandò, ed ultimamente fu di nuovo rubato da Nerone e situat
he l’offre tenente un gruppo di chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guardiano del talamo di Venere, come Euripide
e dormente è in un marmo della Villa Pinciana nella stanza del Sileno ed in un altro dei monumenti Peloponnesiaci. Questo
tacere di molti altri. Vogliono alcuni che senza marito la generasse, ed altri, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al
copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di questo nume; ed io la crederei volentieri un’immagine dell’Amore
menzogne apriva; Nè vide più nell’amator celato, Che spoglie anguine ed omicida artiglio, Fin che il terror poteo nel cor
e n’è ferita. Scorge la chioma bionda. Il volto e l’ali, Amor conosce ed ama; E cade il ferro, e la lucerna mcauta Coir ar
o sotto le frondi, fra le quali volano solamente pipistrelli, nottole ed altri uccelli amici della notte. Scorre in mezzo
ormente colla testa appoggiata sopra le due mani poste sopra un cippo ed incrociate l’una sull’altra. Il Sonno è pur rappr
barbata con barba puntuta, capelli acconciati quasi all’uso femminile ed ali al capo, che vedesi nelle medaglie della fami
iullo alato, è in atto di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di
ale è scolpito nei bassi rilievi rappresentanti la tragedia di Medea, ed accompagna i doni avvelenati che i fanciulli figl
d’alcuna delle accennate figure, che a Lessing è sembrata impropria, ed è attribuita da lui, che non vedeva gli originali
quelle che porta l’età infantile, in cui le figure si rappresentano; ed in fatti le lor forme son più rotonde a misura ch
cati colle fòrme di toro. L’ Oceano fu amico dell’ infelice Prometeo, ed oltre Teti ebbe due altre mogli, chiamate Parteno
lla Cilicia. Di Mnemosine non sappiamo se non che fu madre delle Muse ed amica di Giove, che per sedurla si trasformò in P
Apollo, io risponderei che la credo Femonoe, prima di quel ministero, ed inventrice dei versi esametri, anzi reputata figl
ggiore di Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla sua prudenza ed amore per la giustizia; ed è quella, dice Diodoro
Giove. Ella si distinse colla sua prudenza ed amore per la giustizia; ed è quella, dice Diodoro, che istituì la divinazion
ibele. Rea, secondo, Esiodo, fu figliuola del Cielo e della Terra, ed il consenso dei più fra i Mitologi la fa madre de
fa madre dei primi fra gli Dei, come Giove, Giunone, Nettuno, Plutone ed altri, ch’ella generò da Saturno, e sottrasse all
la dea. Il pubblico consenso scelse Scipione Nasica ancor giovinetto, ed egli la fece deporre nel tempio Palatino della Vi
elebravansi alla dea in Roma ogni anno solennità alla metà di Aprile, ed erano chiamate megalesie, cioè feste della gran m
asso del trono, poiché nelle medaglie di genere così viene effigiata. ed è verisimile che la statua di tanto scultore serv
dea appoggiata ad una colonna in una medaglia pubblicata dall’Eckel; ed in diverse medaglie vedesi ella stante senza veru
rre che il capo le fregia, e il timpano che usa tenere nella sinistra ed appoggiarvi sopra il braccio. Suole essere velata
Cibele e il leone, che talvolta la sola figura di questo in medaglie, ed anche la sola testa, simbolo comparisca del suo c
un bastone ricurvo come un pastorale, gli giace accanto. La siringa, ed unita ad essa due tibie, una diritta, l’altra cur
i Cibele, erano scolpite, dice Zoega, in una delle fiancate dell’ara, ed essendo rimaste invisibili per es’ sere stata la
ontigue all’angolo ove è il carro della dea erano due faci rovesciate ed un paio di cembali, cose relative alla cerca dell
lando, Vostra mente torbid’egra Serenate, Ricreate, E la fate gioiosa ed allegra. Via, via; dall’animo Ogni indugievole Le
na, Repente in voci tremolanti e trepide. La saltatrice torma esclama ed ulula. Agitato rimugghia il lieve timpano, E risq
la, E di fere ad antri gelidi Sempre accanto vivrò: Ed ora in questa, ed ora in quella Loro tana, ohimè, farnetica A entra
torva parlò Cibele, e il giogo di sua man lento. Va la belva orribile ed aspera. S’avvalora, s’ infuria, s’ inaspera, Corr
o si passava in gioia e scherzi festivi, placato lo sdegno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali. Il quinto era giorn
ino ruscello a Pessinunte senza dubbio nel Gallo, a Roma nell’Aimone, ed indi con licenziosa pompa riconducevasi al tempio
pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione di un sacrifizio di toro ed ariete chiamato Taurobolo e Criobolo, ed a questo
one di un sacrifizio di toro ed ariete chiamato Taurobolo e Criobolo, ed a questo è allusivo il figurato della facciata op
’era annessa (e per lo più un montone, delle volte ancora un caprone) ed ivi si scannavano in modo che il lor sangue per q
glior vita, e la moltitudine l’adorava in distanza qual persona sacra ed amica degli Dei. Assai di Rea, o Cibele. Saturno
one più comune è quella di Esiodo che ne attribuisce l’origine a Celo ed alla Terra. Giunto questo dio all’adolescenza udì
lo incatenò, gli fece quell’oltraggio ch’egli poi sofierse da Giove, ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da
dell’ universo. Saturno scelse allora per moglie Opi, o Rea, sorella; ed avendo udito che un figlio lo avrebbe cacciato da
’altra. Il frammento di Foronide nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed Acmone ministri di Adrastia o di Cibelle, dice il
bacerei le mani Se non volessi il viso, il bianco giglio A te recando ed il papaver molle: Quei fiorisce lo estate, e ques
pero i primi mettere in opera questo secondo metallo. Benché i Cureti ed i Coribanti (prosegue il nominato critico) siano
ifferenza che passa fra Cibele e Rea, e fra questa ultima e la Terra: ed io credo inutile il darvene conto, perchè vi acce
antichi nacque da Rea e da Saturno, militò con Giove i contro Titani, ed ebbe dalla sorte il terzo regno, cioè l’ Inferno:
l Fabbretti, e poi dal Cupero, che in tutto confronta colla presente, ed è a basso rilievo su un’ara a Serapide dedicata.
dal Serpente, ebbe il nome di Serapide, o Sarapide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col quale amarono di co
, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perga ed Efeso: e vogliasi questo attributo spiegare per u
cora in statue, come in quella del tempio di Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’altra in Villa Borghese alla quale è stata
rvelo osservato. L’ abito, come nella statua, mostra pochissimo nudo, ed è allusivo all’oscurità tutta propria del nume de
ntiquaria che le arti, e il celebre conte Caylus, disegnatore valente ed erudito, ne dà per prova la descrizione di due pi
ma leggerissimi come ombre. Sopra questo fiume vi è Caronte che rema, ed è rappresen tato molto vecchio. Vi sono nella bar
gruppi si vede Eurinome, che ha un color nero che al blu si avvicina, ed è assiso sopra una pelle di avoltoio. Quelli che
rli della città di Milasso. Più alto due compagni di Ulisse, Peremede ed Euriloco, conducono dei montoni neri pel sacrifiz
tichi ne insegna ad evitare nelle pitture gli spettacoli dispiacenti, ed a rammentarli allo spirito con delle cose che equ
uali abbiamo parlato è la figlia di Salmoneo seduta sopra una pietra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa passar la
ì famoso. Al di sopra di Erifìle Polignoto ha rappresentato Elpenore, ed Ulisse inginocchiato. Egli pende in avanti e tien
guire la loro ardita intrapresa. Questo momento è bello polla qualità ed il numero dei circostanti: egli presenta un ogget
do: Vicino a loro si vede Antilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo viso e la sua testa sopra ambe le
anto a Pelia: si vede che è divenuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed i suoi capelli sono in
divenuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed i suoi capelli sono incanutiti per la vecchiaia:
non sussiste. Al di sopra di Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra, ed accanto a lui Olimpo, rappresentato nelle sembian
a di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa del loro paese, ed i poeti c’insegnano che le ninfe vivono per molto
donne poste sopra uno scoglio: una di queste è accanto a un vecchio, ed è molto vecchia: l’altre portano l’acqua: la vecc
erdonasser l’Ombre! Il piò ritenne, e già presso alla luce, Immemore, ed , aimè: nel cor già vinto. Mirò Euridice sua. Qui,
Fu rotto il patto, e dallo stagno Averno Un fragore si udì tre volte, ed ella: Misera me: deh qual furore, Orfeo, Ci perse
re, Orfeo, Ci perse: un’altra volta il crudo fato Me chiama indietro, ed i notanti lumi Nasconde il sonno. Addio, rimanti
Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove, ma di. Giove truce ed iracondo, quale Seneca tragico ce lo accenna. Win
chi monumenti, che il vero Plutone rappresentano, del quale la chioma ed anche il vestiario si conformano all’uso di Giove
ve sotto il pallio quel dio porti la tunica: in ciò da Giove diverso, ed accostantesi al costume di Serapide, di cui però
morsi. Gli antichi, che erigevano in divinità le fantasie della mente ed i sentimenti del core, fecero dei rimorsi altrett
core, fecero dei rimorsi altrettante dee che i Latini dissero Furie, ed i Greci Erinni per lo stesso motivo, giacché loro
ste, perchè col consiglio di Pallade potè in Argo placarle. Licofrone ed Eschilo fanno le Furie figlie della Notte. Orfeo
te dal sangue di Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’opera ed i Giorni dia loro per madre la Rissa. Abitano, se
lla della prossima è moderna. Nel basso rilievo le Furie sono cinque, ed il nu mero di tre, che vien loro assegnato, non a
lfusa città dell’Arcadia erano con istraordinaria religione venerate, ed immolavan loro una agnella gravida e nera. Questi
esti sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo di notte, ed era vietato ai nobili l’intervenirvi. Esichidi, d
a quest’uso, dei quali dovea cingere di pelle d’agnello nero gli orli ed i manichi. Quindi volgendosi all’Oriente, sparger
che si sacrificavano alle Furie erano di narciso e di croco. Furnuto ed Eustazio allegano una ragione ridicola relativame
o che la derivazione di questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed era sacro alle Furie, perchè sileno ispirano terr
hiamato Acè, cioè medicina, perchè Oreste fu guarito dai suoi furori, ed eglino vi hanno edificato un tempio all’ Eumenidi
rizione, dopo che egli si fu tagliato il dito, le vide tutte bianche, ed allora ricuperò la ragione, e che perciò onde pla
ia del narrato avvenimento credono di poter sacrificare a queste Dee, ed alle Grazie ad un tempo. Dante cosi descrive le F
ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili aveano ed atto, E con idre verdissime eran cinte: Serpentel
la conocchia: Lachesi filava tutti gli avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più matura di tutte, tagliava colle fo
one. L’opinione più comune è che il Fato, il quale comandava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure di esse il padrone. Pla
sfere celesti con abiti bianchi coperti di stelle, coronate il capo, ed assise sopra troni risplendenti di luce, dove acc
hesi canta le cose passate, Cleto quelle che avvengono alla giornata, ed Atropo quelle che avverranno un giorno, Pausania
ne avevano eretto uno in una loro città vicino al sepolcro di Oreste, ed i Sicionii gliene aveano dedicato un altro in un
noso effetto Quasi presaghi, a gran fatica al Cielo Mandavan gli empi ed odiosi fumi, E la turba gentil con liete voci Chi
i ed odiosi fumi, E la turba gentil con liete voci Chiamavano Imeneo: ed ei fuggiva L’oscena stanza, e la consorte stessa
o il pugnale (e non t’ascondo il vero) E ben tre volte io lo ripresi, ed egli Dalla man feminil tre volte cadde. Ma spinta
lle minaccie altere Del padre mio, lo scelerato ferro Di novo prendo, ed arditetta il feci Molto vicino all’innocente gola
Misero Linceo, Che sol tra tanti sei restato in vita, Levati e fuggi, ed al tuo scampo attendi: E se a fuggir tu non t’aff
Linceo troppo amato, Fuggi veloce. Tu fra pietà e tema, Tra spavento ed amor, tra dubbio e speme D’indi partisti, ed io r
età e tema, Tra spavento ed amor, tra dubbio e speme D’indi partisti, ed io rimasi sola Mesta nel mesto e doloroso albergo
el sangue loro orribilmente involti. Tu sol mancavi alla gran strage, ed egli Non potendo soffrir la vita in uno. Si lamen
ola, che usavano di giurar sempre per |Proserpina. Ora cani, ora nere ed infeconde vittime immolavano a questa dea gli ant
sto Caron, demonio spaventoso e sozzo, A cui lunga dal mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha gli occhi accesi Come
a, sono i giudici dell’Inferno secondo i Mitologi: Minosse, Radamanto ed Eaco. Minosse nacque da Giove e da Europa, figliu
augurio gli fosse comparso. Nell’ istante comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati gli permisero di regnare.
ve, e dice che in quest’isola regnò per nove anni, quantunque Eusebio ed altri scrittori molto da lui dissentano su questo
eo. Nacquero da lui (non contando Androgeo) Glauco, Deucalione, Fedra ed Arianna. Vogliono che inseguendo Dedalo autore de
tologia assegna gli stessi genitori, fu anch’esso per la sua prudenza ed amore del giusto stimato degno di tanto uffizio.
eguirlo. Ella con l’una man la sferza impugna, Nell’altra ha i serpi, ed ambe intorno arrosta E grida e fere, e de le sue
ambe intorno arrosta E grida e fere, e de le sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al ministerio dei tormenti in
onsunti perirono tutti gli abitanti. Eaco solo avanzò a tanta strage, ed odiando la solitudine della sua patria fé prego a
io convertì in uomini delle formiche che erravano in una querce vuota ed antica. Questi nuovi mortali furono chiamati Mirm
l fiume Crati. L’acqua ne era mortale, secondo Pausania, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vas
. L’acqua ne era mortale, secondo Pausania, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi di ogni ter
ie. Sopra delle pietre incise si vede colla testa pendente in avanti, ed un ramo nella mano dritta: colla sinistra ella so
ura che i Greci chiamavano (grec), simbolo di una retribuzione giusta ed equa di tutte le azioni. Lo sguardo che ella volg
elle quali questa dea si occupa per discoprire i segreti più nascosi; ed è sotto questo punto di vista eh’ Esiodo la chiam
erminata nella spiegazione di quella pittura, è Nemesi probabilmente, ed hanno creduto per isbaglio un elmo i suoi capelli
rano venerate due Nemesi in un tempio, che gareggiava in magnificenza ed in ricchezza coli’ Efesino. « Queste immagini ne’
una folla d’imitatori, che la replicarono in varii generi di lavoro, ed in varii tempi. Così è rappresentata Nemesi nel b
to al padre Icaro, e tratta con ridente volto I suoi perigli, ignaro, ed or le piume Serra, che mosse son dall’aura errant
dal foco: Fra l’uno e l’altra vola: io tei comando. Non mirar l’Orsa ed Orione armato; Me nella nuova via segui. — Gli ad
il preteso Orfeo: e certamente molti fortunati divennero spargendolo; ed il trono, la più splendida, ma la men vera fra le
negli avvenimenti di quaggiù, e se qualche volta, più che al coraggio ed al sapere, a lei debbano i potenti l’esito felice
enator Buonarroti, Nemesi ha il timone e la carnucopia della Fortuna, ed in altri monumenti ha le torri per la stessa ragi
eni e della felicità. Le ali d’oro sono date da Eschilo alla Fortuna, ed a proposito delle Nemesi con essa identificata, s
a, la nave, il ramo di ulivo; bisogna più lodarne la buona intenzione ed i voti che concepiva per l’impero che il buon gus
o questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie di. querce, ed uno scudo dalla sinistra. Una Vittoria dormente s
meraldo alti splendori Le fean ghirlanda al crine: In sì rigido fasto ed uso altero Di bellezza e d’impero Dolci lusinghe
l’alto monarca Fede a gli uomini allor d’esser celeste, E con eccelse ed ammirabil prove S’aggiunse ai Numi, e si fé glori
me latino: Nè si schermirò i Parti Di fabbricar trofei Di lor faretre ed archi: In su le ferree porte infransi i Dacì, Al
r faretre ed archi: In su le ferree porte infransi i Dacì, Al Caucaso ed al Tauro il giogo imposi: Alfin tutte de’ venti L
e lento Già non può star su l’ale il gran momento. — Una felice donna ed immortale, Che da la mente è nata de gli Dei, (Al
volette. « Non dubito punto di assegnar francamente l’Istoria a Clio, ed in ciò, oltre le lodate pitture che danno a Clio
che convenga pure all’Istoria che rammenta i fasti dei tempi passati, ed è la depositaria delle grandi azioni. Ma il senso
e apparivano senza lacci, erano anche proprie delle persone teatrali, ed è ben noto quanta parte avessero le Muse negli sp
1’età incerta di quell’artefice, e crederlo posteriore ad Alessandro ed anteriore ad Attalo. « Non posso tralasciare un b
sa che regge colla destra due flauti, presi dal Kirkero per fiaccole, ed è nel piano superiore. Il Cupero e lo Schott la r
ci rimangono. Nel sarcofago della Villa Mattei, Euterpe è nel mezzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al quale la
er soddisfare a questo vostro desiderio ho trovato un mezzo migliore, ed è di tradurvi in ogni Lezione, finché non saremo
edendo la sciagura che gli sovrasta. Gli altri duci temono anch’essi, ed inalzano le loro mani al cielo: non vi è che il s
ti, con cosce muscolose, largo e robusto nelle spalle, di collo fermo ed indomabile, senza lunaa chioma e senza apparenza
’occhiata dolce e graziosa, che sembra chiamare il sonno, egli saluta ed abbraccia la morte che viene ad impadronirsene. —
pede danneggiatore delle viti. Perciò la scena fu attribuita a Bacco, ed egli stesso per la sua sovrintendenza alla Traged
mene sia la musa della Tragedia l’ho finora supposto come indubitato: ed in fatti, sono d’accordo su ciò la maggior parte
ha la maschera tragica alzata dal volto, che le serve come di cuffia ed ornamento del capo, ed altissimi coturni alle pia
alzata dal volto, che le serve come di cuffia ed ornamento del capo, ed altissimi coturni alle piante. Quello che più fa
e essere assai attamente la cetra: una cioè quella della lirica sacra ed eroica, l’altra quella della lirica molle e amoro
ni, e singolarmente in quelle di Pindaro divise in strofe, antistrofe ed epodo. Le due prime parole derivano dal Greco(gre
rofe ed epodo. Le due prime parole derivano dal Greco(grec), volgere, ed allude alla maniera di girare da destra a sinistr
attitudine di questo simulacro la rende pregevolissima da osservarsi, ed avvene un’altra copia antica in piccolo nel Museo
ran forse, come abbiamo più volte notato, quelle scolpite da Filisco, ed ammirate dall’antica Roma e da Plinio nei portici
tua era mancante del capo: ma quello che l’è stato supplito è antico, ed abbastanza conveniente al soggetto. « La Lira dis
istingue Tersicore nel singolare bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la prima che siede sul secondo piano col plettr
, indotto in errore da una stampa, ha preso il plettro per un volume, ed ha dato alla Musa il nome di Clio. Con tal nome è
terza figura, che posando la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto
o tentavano di restituire V impero, nessuno ritornò fuori che Adrasto ed Anfìarao; gli altri ha la città di Cadmo: periron
rrogano l’oracolo, e lo stesso sonno è dipinto con faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è di s
lui. Finalmente la scure è alzata: ella vi rivolge gli occhi paurosi, ed esclama un non so che di compassionevole, affinch
ha fatto dagli antichi attritribuire a Polinnia anche la taciturnità ed il silenzio. Col dito al labbro l’esprimono le lo
a il ravvolgersi nei vestimenti, essendoché ella presiede alla fredda ed estrema sfera del tardo Saturno. La nostra Polinn
ione medesima, ‘ s’ incontra nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la terza del secondo piano presso Apollo. Lo Sc
lla Pinciana. « Nel bel bassorilievo cilindrico rappresentante Paride ed Elena illustrato dall’Orlandi, sono tre Muse, ass
delle quali ha le tibie, T altra la lira, sono a mio credere Euterpe ed Erato. Queste Muse sono qui collocate come simbol
isamente. Urania. « Questa bella statua maggiore del naturale ed egregiamente panneggiata ci rappresenta la Musa c
alla statua la sua vera espressione, aggiungendovi un’ elegantissima ed antichissima testa proveniente dalla Villa Adrian
erfettamente a una Musa. È coronata di fiori come la nostra Polinnia, ed è vestita di un abito teatrale a lunghe maniche,
i che caddero davanti Tebe, daranno qui sepoltura a Tideo, a Capaneo, ed ancora ad Ippomedonte e a Partenopeo. Ma a Polini
ri a un gigante. Quanto a Polinice, ananch’ esso è di grande statura, ed in ciò a loro eguale. Antigone ne ha inalzato il
gli uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo caso di questo, ed avendo compassione di Andromeda per esser stata e
a combattere seco lui con l ‘orribile animale. Fu il Greco esaudito, ed arrivò per soccorrerlo. Quanto alla giovinetta, e
sciata. Egli giace sulla tenera erba spargendo gran stille di sudore, ed ha messo da parte la sua spaventevole Gorgone ond
eleganti:.^sima statua, le supera forse tutte in finitezza di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata nel fondo Ca
ale amica di Pallade, lo è maggiormente perchè presiede alle Scienze; ed è però congiunta con lei in una bella pittura del
uesta figura esprimersi l’una e l’altra, giacché il volume è simbolo, ed anche comune, nelle pitture Ercolanensi, e nelle
ampo, e al rovescio una Musa che suona la cetra retta da una colonna, ed è prohabilmente Erato; secondo il Begero però è C
ruzioni ha conservate per tanti secoli, per farne poi all’ età nostra ed al sovrano di quella bella parte d’ Italia un don
he venuto di Etiopia uccide Antiloco che difendeva Nestore suo padre, ed il terrore che spaventa i Greci, perchè avanti al
con essi il re d’ Itaca, il figlio di Tideo e tutti gli altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a conoscersi dalla sua
e io credo, magnifiche esequie, e forse l’armi e la testa di Mennone, ed egual vendetta finalmente alla memoranda che fece
mo pelo vano della barba comincia a spargersi sul volto in qua in là, ed a distendersi la bionda chioma. Le gambe sono sve
n loro, e che dispensatrici sono anch’esse di tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in obbligo di sacrificare più
à loro in madre. Antimaco antichissimo poeta loro dà in genitori Egle ed il Sole: r opinione più comune le vuol nate da Ve
ggior parte dei poeti le ha fissate a tre, e furono dette Egle, Talia ed Eufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sol
inavano con essi nel numero e non nel nome, poiché le chiamavano Auxo ed Egemona, Pito, sia la dea della Persuasione, fu a
ia la dea della Persuasione, fu annoverata da Pausania fra le Grazie, ed Egle la più giovine di tutte fu data in moglie a
vedersi. Il loro abito, continua egli, era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bianco: una teneva una rosa, l’a
er certo mancar templi. Eteocle re d’Orcomene fu il primo ad erigerne ed istituire loro un culto particolare: e la fama gr
alle Grazie nell’ultimo dei luoghi mentovati udì la morte del tìglio, ed incontanente gettò la corona e fé’ cessare del fl
sospetta il Visconti che fosse in una gemma pubblicata dall’Agostini, ed osserva che nel caso che fosse un elmo, come appa
va arroganti bestemmie contro gli stessi numi. Però Nettuno terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e di pro
u figliuolo di Apollo e di Coronide, come attesta l’autore degli Inni ed Omero attribuiti. Lasciò scritto Pausania che Fle
ustodita dal cane d’una greggia. Il pastore si avvide della mancanza; ed andando in traccia dello smarrito guardiano trovò
poco nato guariva da ogni malat tia. Trigone fu la nutrice dello dio, ed il centauro Chìrone lo educò nelle arti mediche,
dei rimedi, quantunque questo vanto sia da alcuni ascritto ad Apollo: ed Eschilo ne dia la gloria a Prometeo, Omero a Peon
ume l’abito mentovato, proprio presso loro dei più teneri giovinetti, ed atto a difenderli dal rigore dell’aria. Infatti,
tto il ritratto di qualche Medico illustre. È ottimamente conservato, ed ha la cortina ai piedi, simbolo degli oracoli che
i avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati orribilmente negli oggetti d
Argomento di sogni eruditi e di ardimentose congetture è la divinità ed il culto di Bacco. Famoso al pari di Ercole per l
Così mutilato com’era, ne fu ricercato il gesso per molte Collezioni, ed uno fra gli altri formò la delizia del cavalier M
rate: Invadono Gli aditi, e le de’ suoi membra già care, Fra le mense ed il vino in preda al sonno, Parte ha la spada, o l
Penteo, ma non l’udiva Agave. Intorno Turba d’atroci donne ondeggia, ed alza Ver lui le mani nel furor concordi; Ed una i
liesti a Cadmo I due conforti della sua vecchiezza: Hai Penteo morto, ed Atteon nascondi. — Sì diceva, e di lacrime un tor
i ricusa di governare da qui innanzi un mondo destinato a tanti mali, ed uomini, la vita dei quali è così breve e piena di
sere della natura di questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel tempio di Minerva per sacri
a Giove dio del Fulmine un toro, che rappresenta l’immagine di Bacco, ed un capro nemico dei frutti autunnali. Quindi Seme
ve, lo inviti a venire da lei in tutto lo splendore della sua gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il solo mezzo di
maestose di un Dio. Giove si affligge di questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche nemiche della sua amante. Siccom
sco, la moglie e i figliuoli per fiere. Schiacciò Learco fanciuUetto: ed Ino a un tale spettacolo sorpresa da un trasporto
Quanto la moglie? — Si dicendo espone La causa della via, dell’odio, ed apre Suo feroce volere, onde di Cadmo Non stia la
ll’odio, ed apre Suo feroce volere, onde di Cadmo Non stia la reggia, ed il furor conduca Atamante al delitto: in un confo
chiome, e sibilar del capo L’idre commosse: sulle spalle giace Parte, ed altre cadute intorno al petto Fischiando vomitar
tamorf., lib. IV, v. 463 e seg. Lezione cinquantesimanona. Nascita ed educazione di Bacco. Origine della vite. Dopo
tunque morto, era tanto bello come quando viveva. Bacco lo contempla, ed esprime il suo dolore: minaccia della sua vendett
to anch’egli in un arbusto, s’inalza tortuosamente intorno alla vite, ed agli alberi i quali protegge colla sua ombra. Bac
oria di Bacco. Semele. — Questo fulmine, in apparenza così terribile ed impetuoso, e il baleno che così scintilla alla vi
e fatiche. Lo stesso re degli Dei non vi è giunto che dopo aver vinti ed incatenati i Giganti. Adempiuta l’imbasciata, Iri
ghiere, e scocca una freccia sul misero amante. Le ninfe lo piangono, ed Amore giura di vendicarlo, sottomettendo questa b
li da Pane, al quale promette di collocarlo nel cielo accanto a Sirio ed a Procione, onde, unendo il suo foco a quello dì
ava su queste con ro’o trade: Botri era suo figlio e Meti sua moglie, ed aveva Pito per capitano. Questi eroi non sono che
carro vanno davanti a Bacco, e lo invitano ad accettare l’ospitalità, ed è dipinta la magnifica accoglienza fatta allo dio
proporgli di accettare i suoi doni, o di prepararsi al combattimento, ed aspettare il destino di Oronte. Perisce Stafilo,
Serve, dic’ella, eh’ io vegga una tazza di questa deliziosa bevanda, ed io non piangerò più. Questo passo non si accorda
he fa celebrare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo di Atene si disputano il premio del canto
re L’urto del mostro che s’ inalza: il mare Scorre e suona nei denti, ed al diviso Flutto sovrasta la terribil testa. Qual
o in su ritorna, E copre il mare con le vaste membra Tremendo ancora, ed il virgineo volto Pure in mirarlo impallidisce: i
olar Mete e tutta la casa di Stafilo. La notte invita tutti al sonno, ed Eupetale, o la bella foglia, nutrice di Bacco, pr
Polifemo in Virgilio. Questo principe avea per padre Dria, la querce, ed era re dell’Arabia. Giunone invia Iride verso que
ma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di amicizia Licurgo ed a presentarsegli inerme. Bacco persuaso arriva se
Bacco fra le loro acque, e gareggiavano neir accarezzarlo. Melicerta ed Ino suoi parenti, divinità marine, gli sono liber
e, le mie sole divinità. Porta queste risposte a Bacco, dice Deriade, ed annunziagli che io l’aspetto. Intanto la gioia pe
cello. Le acque dell’ Idaspe si tingono del sangue degl’Indiani. Baco ed Erette© si distinguono fra i combattenti di Bacco
il nemico è alle porte? L’uccisore di Oronte tuo genero vive ancora, ed egli non è vendicato. Mira questo seno che porta
da Flostrato, che traduco, la descrizione di antiche pitture. Pelope ed Ippodamia. — La maraviglia, che qui vedete, deriv
ieme otto cavalli. Guardate ora come sono terribili quelli di Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore, tutti cope
nigno, che la vittoria promette. Considerate Enomao rovesciato, fiero ed orribile, e simigliante a Diomede di Tracia, che
o, col quale potrebbe traversare il mare come la terra. Pelope dunque ed Ippodamia hanno guadagnato il premio del corso: s
e della sepoltura. Capaneo fu quindi portato cogli altri alla patria, ed ebbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippome
o fu quindi portato cogli altri alla patria, ed ebbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più
santesimaseconda. Continuano le avventure di Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più di tutti s’inoltrano contro gl’Indiani.
sue fiamme. Ma l’I daspe padre di Deriade l’ estingue: uccide Flogio, ed insulta alla sua disfatta. Il famoso Tettafo che
re di Meroe sua figlia, numera le altre vittime di Morreo, Alcimachia ed altre Menadi, che hanno i nomi coll’Iadi comune.
i Dei, onde servire al furore di Giunone. Lo dio del Sonno obbedisce, ed Iride va nell’Olimpo a render conto della sua imb
rsi per la sorte di suo padre. Venere commossa, invia Aglae a Cupido, ed essa lo trova sulle sommità dell’Olimpo. Aveva ac
o scommesso trastulli fanciulleschi onde fossero premio al più bravo, ed il poeta ne fa una piacevole descrizione di que’
mede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia di sua madre,
stellazioni, Calisto cangiata in orsa, Mirtillo in cocchiere celeste, ed accanto a Cassiopea l’Aquila di Egìna. Morreo pur
te da Icaro volle ricompensarlo, facendogli gustare il nuovo liquore, ed insegnandogli il modo di coltivare la vite che lo
cielo. Morte di Erigone. D’Icaro l’alma le sembianze antiche Prese, ed entrava nella nota casa. Avea la veste, che l’ in
e nelle quali effigiato si vede nei monumenti avanzati all’ ignoranza ed al tempo. Quindi vi parlerò dei suoi seguaci, cio
vi parlerò dei suoi seguaci, cioè dei Satiri, dei Fauni, dei Centauri ed altri. I Baccanali compiranno le nostre ricerche
Teologica Mitologia. Nel quadro di Filo strato che rappresenta Bacco ed Arianna, questo dio porta un vestito di porpora,
ua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprann
arvi del tirso, che voi vedete tante volte espresso nei bassirilievi, ed è uno degli attributi di Bacco. Io mi prevarrò de
acco per l’amicizia eh’ egli ebbe con Cibele, come vi ho già esposto; ed in un Baccanale osservato dal Buonarroti vi era u
ria, l’altro è immerso nell’acqua. Il fanciullo si avvicina all’onde, ed esse sono ferme ed innamorate quasi della sua bel
rso nell’acqua. Il fanciullo si avvicina all’onde, ed esse sono ferme ed innamorate quasi della sua bellezza. — Giacinto
Giacinto. — Leggete in questo fiore Giacinto, perchè vi è scritto, ed attesta di essere stato procreato dalla terra per
spartano giace là rovesciato sopra la terra: le sue forme sono belle, ed esercitate alla corsa. Apollo abbassa i suoi occh
dei Latini è diversa molto da quella dei Greci: questa spira soavità ed eleganza: in tutto vi è l’originalità di un popol
a i libri degli antiquarii il Lanzi non ha trovato alcuno che il vero ed antico sistema greco rischiari prima del Museo Cl
lascia confondere nel volgo dei voluttuosi, ma che conosce le cagioni ed i fini delle cose, ed ha pieno il petto d’una sin
volgo dei voluttuosi, ma che conosce le cagioni ed i fini delle cose, ed ha pieno il petto d’una sincera filosofìa. Questa
attere sor prendente; e la naturalezza, la carnosità del torso pingue ed irsuto è tutto quello a che può giungere la scult
la licenza de’ Baccanali. Questa statua di Sileno è assai stimabile, ed è affatto diversa da quelle che si conoscono, com
poneano indosso gli attori per meglio rappresentare le membra pingui ed irsute |del nutritore di Bacco, abito che finora
e s’ off’re a portare lo stesso Bacco: E il Centauro, che ha l’ispida ed orrida barba, spontaneamente porgendo la fronte v
orrida barba, spontaneamente porgendo la fronte volontaria al giogo, ed avendo più assai dei Satiri desiderio del dolce v
e in cielo Arianna: guida il carro Imeneo, o sia Genio, con una face; ed Amore re<^i:>‘e la veste ad Arianna che, se
Catullo scrisse: Percotevano l’altre i timpani colle vigorose palme — ed erano perciò leggieri e semplicemente composti di
ro di marmo bianco statuario recentemente scavato presso al Laterano, ed è una prova novella del merito del suo originale,
Villa Fonseca contigua all’orto dove si è trovata la presente statua, ed ora si conserva nella Villa Pinciana. Quantunque
te. Oltreché simile azione di cacciatore data al Centauro ne nobilita ed abbellisce l’espressione: ed è poi tutta propria
cacciatore data al Centauro ne nobilita ed abbellisce l’espressione: ed è poi tutta propria di questi selvaggi misti di u
ate nella costellazione deiriadi. Insegnarono le prime l’uso del vino ed a cantare gli onori del dio che soccorsero contro
la scultura, pel genere, e per la conservazione ugualmente stimabile ed interessante, quando si consideri la sua forma no
ui si estendono le tappezzerie, dette aulei peripetasmi, che separano ed abbelliscono il luogo destinato al convito. Seguo
ua di Priapo in profilo, che termina dal mezzo in giù a guisa d’erma, ed è posata sopra d’un’ara, è egualmente propria per
o questi divini versi di Omero, nei quali il nume è ritratto: Disse, ed i neri sopracigli il figlio Di Saturno inchinò: s
nel manto istesso, il quale forma sul petto un doppio ravvolgimento, ed ha nelle sue falde segnato in greche lettere Sard
e cui memorie quasi ignote ai vetusti annali, si ricavano a gran pena ed assai dubbiamente da qualche notizia indiretta. I
per determinarci contro l’epigrafe, quantunque antica, sui più forti ed evidenti. E se il soggetto della nostra statua è
pur valea quel nulla che indicava il gesto. Ora una simile attitudine ed espressione si dava dagli antichi ancora alle fig
È da notarsi la manica del braccio destro, il cui principio è antico ed è ben diversa dalle consuete: non saprei assomigl
e l’educheranno. Il pargoletto nume si scioglie dalle membra paterne, ed è in atto di lanciarsi in braccio al germano. I s
ta dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra mano lo scettro, ed è tutta involta in un elegante panneggiamento. « 
due ultimi dai Latini si dissero Libero e Libera, ebbero una stretta ed evidente unione nel culto del paganesimo. L’ amis
’ una di miglior cibo, l’altro provvede i mortali di miglior bevanda, ed amendue un genere di alimenti introdussero da pro
i luoghi dei pubblici divertimenti; o sia che preside delle vendemmie ed inventore del vino, fosser le sue immagini egualm
ali attribuisce siffatti suoni l’antica poesia. Un’altra ara coronata ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seg
mo gruppo è di minor proporzione che non esige il resto delle figure, ed è piuttosto prova della diligenza e della laborio
chici. Un’ altra immagine di Bacco barbato, una statua di un Fauno ed un’ altra ninfa Bacchica, e diversi bassirilievi
na statuetta di Bacco sostenuta in mano da un Fauno vedovasi coperta, ed al quale ha dato Plinio stesso il nome di Palla,
a Bacchica per esser fornita di questo simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta di un gran serpe la ninfa di un fonte in
la sua nutrice: la turba degli altri Baccanti il precede. Una Menade ed un Satiro battono i timpani. Un’altra Baccante da
il serpente Orgio, e vicino sorge un rustico altare. Innanzi un Fauno ed una Canefora, cioè una di quelle donne che portav
atria di quell’uomo singolare che insegnò ai Greci tante arti ignote, ed introdusse tra loro sì nuovi costumi, i Greci dip
gionieri: una donna acconciata nel capo come l’Indiano sull’elefante, ed un giovine seminudo. Una Baccante lo stimola col
imola col suo tirso. Altri portano canestri di frutta forse esotiche, ed accompagnano una pantera già mansuefatta. « Lo st
carro di Bacco: è tratto da cavalli, come in nessun altro monumento, ed è a quattro ruote, come altrove nelle pompe Bacch
Lezione é l’ultima di quelle che trattano della teologia mitologica, ed altri monumenti Bacchici vi sono illustrati. La s
a famosa impresa. Vi prego di accrescere la vostra attenzione. Bacco ed Ercole sul carro tirato dai Centauri. « Il raro a
so che tutte in questo greco epigramma: Ambo Tehani, ambo guerrieri, ed ambo Prole di Giove: un tratta il tirso, ed uno
Tehani, ambo guerrieri, ed ambo Prole di Giove: un tratta il tirso, ed uno Della possente clava arma la destra. Pere
o han sembiante. La maculata nebride, e la spoglia Del lion fero; ed i trastulli eguali, I crotali, ed i cembali son
de, e la spoglia Del lion fero; ed i trastulli eguali, I crotali, ed i cembali sonanti. Giuno ad entrambi avversa fu
ervir di sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accresce l’imbarazzo della sua situazione: mentre
una tunica manuleata, in cui soltanto ha il destro braccio inserito, ed un palliolo che tien ravvolto al sinistro. « Il t
scorre nei seni della tunica, e la solleva: e così compisce con bella ed artificiosa invenzione la piramidal forma del gru
o le figure dei danzatori che possiamo ravvisarvi con sicurezza copie ed imitazioni dei più ammirati un tempo ed or perdut
avvisarvi con sicurezza copie ed imitazioni dei più ammirati un tempo ed or perduti originali. I cinque Fauni hanno chiome
uce dei Satiri e dei Fauni, quindi nelle cerimonie di Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell’edera per le sue c
anto in soggetto simile debbono esserlo, senza che perciò sien gonfie ed esagerate, le forme tutte sono decise e contornat
fiate e fumide. L’ardite Ninfe l’asinel suo pavido Punsron col tirso; ed ei con le man tumide A’ crin s’appiglia; e mentre
9 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
apoli Che alla valente operosità della vita politica Intesa al bene ed alla gloria Della patria italiana Tenne compagn
erità ; rischiarati dal lume dallo studio ; sorretti dalle autorevoli ed irrecusabili testimonianze della storia ; appoggi
sa e limpida, del modo al quale ci siamo attenuti, onde render chiara ed utile allo studioso questa opera storico-scientif
raggiungere la quale, abbisogna fermezza di volontà, studio accurato ed indefesso, osservazione profonda e sottile. Nè ci
era, sopratutto nella parte sensibilmente visibile di essa, spiegando ed analizzando le ragioni che ci indussero, dopo lun
cominciata e condotta a termine ; nell’armonia con la quale è tessuta ed esposta ; ordine ed armenia che debbono essenzial
a a termine ; nell’armonia con la quale è tessuta ed esposta ; ordine ed armenia che debbono essenzialmente regnare nel mo
ea e l’attuazione di essa ; fra lo spirito e la materia ; fra il fine ed i mezzi. Seguendo, adunque, questo principio d’or
mezzi. Seguendo, adunque, questo principio d’ordine che a noi sembra, ed è, essenzialmente necessario nell’attuazione d’un
della Favola, dev’essere una specie di storia dettaglita delle divine ed umane personalità che formavano la Mitologia, ovv
tta e circostanziata dei luoghi ove quelle ideate personalità vissero ed agirono ; una nomenclatura, per quanto più si pos
e in esso (come già accennammo) un concetto generale della Mitologia, ed un maggiore sviluppo dell’idea informatrice dell’
i si avessero una guida sicura, e per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla quale venisse loro additata la v
metodo che si è già da lungo tempo adottato da tutti gli scienziati, ed in tutte le opere di recente pubblicate per le st
si, inglesi e tedeschi, siccome di altrettante testimonianze illustri ed irrecusabili della importanza storica, scientific
al fatto stesso, di cui vengono in appoggio, rese più chiare, limpide ed indelebili, nell’animo del lettore. É, al certo,
e ed indelebili, nell’animo del lettore. É, al certo, altamente utile ed importante, anche sotto l’aspetto letterario, que
oi abbiamo detta la nostra una opera storico-scientifico-letteraria ; ed abbiamo la convinzione di aver agito con sano dis
comunanza e il vincolo della lingua, che resistette ai conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntu
nazionali ; le istituzioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effet
opere della greca poesia, 10 11 Che più ? l’erfino negli oscuri ed osceni saturnali di Bacco ; in tutte le feste o c
del culto individuale di ogni deità degli antichi ; anche nelle turpi ed infami lascivie che componevano tutto il culto di
, scolpiti su tavole di macigno. Maomello il profeta, adoperò simboli ed emblemi allegorici, attinti nelle stesse credenze
eggiata. Così gli Ebionili,19 i Carpocraziani,20 i Cainili,21 nefandi ed infami ; così gli Adamiti,22 scelleratissimi ed i
i Cainili,21 nefandi ed infami ; così gli Adamiti,22 scelleratissimi ed impuri ; con tutta la sozza turba dei Peratensi,2
re il chiodo di una verità inconcussa, e il raggio del vero scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna di frasi suonant
ità, che i simboli mitologici hanno sopravvissuto alla quasi completa ed universale sparizione della religione pagana dal
o, e che altra volta furono destinati al culto delle divinità pagane, ed ora lo sono all’adorazione dei santi, delle vergi
giardi e le false allegorie del paganesimo, in cui tutto era fittizio ed immaginario, si sono, in certo modo, trasfusi nel
ono trasferite in seno dell’età favolosa, venendo attribuite agli dei ed eroi mitologici, solamente dalle illusioni degli
ovi, fittizii e reali, immaginarii e positivi ; nei quali però domina ed impera costantemente il principio simbolico e con
o miti delle numerose deità del paganesimo, balenano ad ogni tratto ; ed in cui tutto è grande, maraviglioso, sovrumano, p
bre pagane aveano coperta la terra. E allora, i simboli o miti atroci ed impuri, proprii di una religione che serviva più
poeta. Di contro a questo pagano, simbolo della forza, sorge luminoso ed immortale, il mito dell’ancella di Dio, sine labe
erare le favole che la compongono, come altrettanti fatti particolari ed isolati ; ma gioverà nell’insieme osservare il pe
portarlo seco, indirizzargli voti e preghiere, sacrificargli offerte ed olocausti. Nell’osservazione scientifica dei temp
ria ; ma ciò avviene solo perchè la immaginazione dell’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori
d accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori di un’età barbara ed inculta, non pone mente alla natura materiale o f
i si divisero in meccaniche e liberali. I greci le coltivarono tutte, ed in tutte colsero le più nobili palme. Essi furono
ata sarebbe riuscita meno proficua esercitando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contem
vevano ideate, nei sogni sbrigliati d’un’età semibarbara, ebbero odii ed amori ; nozze e figli, convenienti alla loro divi
per quanto moltiplici e svariati sono essi miti, altrettanto svariate ed innumeri sono le fonti da cui derivano. Un’azione
dell’eroe di quel fatto, ne ingrandisce il merito primitivo e reale ; ed ecco che l’uomo valorosamente illustre, diventa u
e reale ; ed ecco che l’uomo valorosamente illustre, diventa un dio, ed a lui si attribuiscono tutte le azioni o i fatti
favella di voci arcane che ragionano fra il cielo e la terra. Al Fato ed ai Genii, prestarono cieca fede Mozari, Byron, Na
. Al Fato ed ai Genii, prestarono cieca fede Mozari, Byron, Napoleone ed altri infiniti e celebri uomini. Nell’ Irlanda, t
della rivoluzione francese, e quando il Mesmerismo 38 l’Illuminismo, ed altre cosiffatte credenze, avevano presso i nostr
i terribili di Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il perchè ed il come di questi fatti, che sembrano soprannatur
era logicamente necessario attribuirgli in pari tempo, idee, passioni ed affetti umani. Così Anteo 41, simbolo delle sabbi
otto la presidenza di Giove, il re dei numi, si deliberava sui divini ed umani destini : e dal quale ciascan Dio aveva ass
stro, esser largamente sufficienti onde si riconosca quanto difficile ed ardua impresa, sia quella di dettare una storia a
ieme di tutte le cognizioni umane intorno alla Divinità, alla Natura, ed alla Storia. Sempre nell’intento di render maggio
ura, ed alla Storia. Sempre nell’intento di render maggiormente netto ed esplicito il concetto informatore della nostra op
nsiderare la relazione che passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa
Il Fondo di un mito può essere un’idea, una credenza, un sentimento, ed anche un concetto della mente : può essere un fat
è che un simbolo attuato nell’istesso tempo dal pensiero e dal fatto, ed è tanto più prossimo al simbolo, quanto più è ant
e dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul monte Nisa. L
ittima immolata dal pastore per la espiazione del gregge ; il cavallo ed il bue che, aggiogati all’aratro, fecondano col l
scoltanti che egli adduca esempii antichi e gravi, ripieni di dignità ed autorità antica — Questi sogliono aver molta effi
d autorità antica — Questi sogliono aver molta efficacia in approvare ed apportar molto diletto in ascoltare. M. T. Cicero
sentimento anima d’ogni arte. Pope — Nei saggi morali. … … .prece ed amore V’hanno indiviso e avvicendato il regno. B
nesta che infiniti addusse tutti agit Achei. Sette città. Caritamila ed Enope. Le liete di hei prati Ira ed Antèst. L’inc
t Achei. Sette città. Caritamila ed Enope. Le liete di hei prati Ira ed Antèst. L’inclita Fere, Epea la bella, e Pédaso D
co degli Dei, veniva ritenuta come un amleto divino e soprannaturale, ed adorata anche essa come una divinità. 22. Abracax
giorno chiamato Absirto. 26. Abyla. — Montagna dell’ Affrica. Questa ed un’altra montagna a cui si dà comunemente il nome
ita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed alle belve. Ma il famoso Centauro Chirone (che fu
a bordo del vascello di Acete, allor che questi si oppose vivamente, ed obbligò i compagni a lasciar libero lo sconosciut
e compagno fedelissimo di Enea. 48. Achea. — Soprannome dato a Cerere ed a Pallade. 49. Acheloia. — Detta anche Callirhoe,
falvos, entrambi Ciclopi. Essi erano così arditi che attaccavan briga ed insultavano tutti coloro che incontravano per via
do questi dettero la scalata al cielo. Le sue acque divennero fangose ed amare ed è uno di quei fiumi che le ombre dei mor
dettero la scalata al cielo. Le sue acque divennero fangose ed amare ed è uno di quei fiumi che le ombre dei morti passav
sono diversi fiumi di questo nome uno nell’ Epiro, un altro in Elide, ed un terzo in Italia. 57. Acherusa. — Caverna sulle
la gente che quivi è sommersa, Gli occhi ha vermigli, e la barba unta ed atra, E il ventre largo, e unghiate le mani ; Gra
il ventre largo, e unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli seuoia, ed isquatra. (Inferno. — Canto VI.) 57. Acherusia o
mmerse tutto nelle acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile, ed egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro,
ar le trapassate genti, Altro non mi potè del suo lasciare, Ch’un amo ed una canna da pescare. (Ovidio. — Metamorfosi libr
o terra cagionata dalle annuali inondazioni del Nilo. Daciò la grande ed antica venerazione che gli Egizii ebbero per l’ac
ltri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello di Cephalo. 94. Adad, Adargatide o At
ta principessa una strana avventura. Dotata di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città di Argo,
pirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città di Argo, ed approdò felicemente a Samo, ove credendosi debitr
ami d’albero. Vi fu anche una sacerdotessa di Giunone così chiamata ; ed una ninfa ricordata nella favola sotto il nome di
Venere allora lo cangiò in anemone. Adone dopo la morte fu deificato, ed il suo culto ebbe cominciamento nella Fenicia, ov
soprannome dato a diverse divinità e particolarmente a Giove, a Bacco ed a Plutone. 114. Adonie. — Feste in onore d’Adone.
ato Afaca fra le città di Biblo e di Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un oracolo con questo soprannome. Essendovi in qu
l culto di quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute sotto il nome di Agave. 1
ssa era singolarmente venerata. E questa però una opinione assai vaga ed incerta. Noi la riportiamo senza attestazione di
ere la curiosità, propria della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchiuso un mostr
ire esservi stati due Ajaci, ma sono tutti discordi circa alla storia ed alla discendenza dei medesimi, ed ai fatti che ve
no tutti discordi circa alla storia ed alla discendenza dei medesimi, ed ai fatti che vengono loro attribuiti. Noi citerem
In seguito essendo stato ucciso Achille, surse una disputa fra Ulisse ed Ajace, a causa delle armi del morto eroe. Ulisse
el suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede Sul misto ancora ed indiviso armento La sua furia devolsi, ond’egli i
in mezzo Vi si gettando, e trucidando a cerco, Ampio ne fea macello, ed or credea Ambo svenar di propria man gli Atridi,
lo, ed or credea Ambo svenar di propria man gli Atridi, Or l’un duce, ed or l’altro. In cotal rete Io quel furente di deli
febbre, Sospinsi, avvolsi. Ei dalla strage alfine Poi che cessò, bovi ed agnelli insieme, Quanti ancor vivi rimanean, lega
trati che i Galli si avvicinavano. Come Ceditio era un uomo da nulla, ed i Galli una nazione lontanissima da Roma, e perci
di Roma, i quali per altro furono ben presto ricacciati dalla città, ed allora Camillo, per espiare la negligenza dei mag
dal momento ch’è divenuto celebre, e che gli si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha preso il partito di tacere, ed
innalzato un altare ed un tempio, egli ha preso il partito di tacere, ed è diventato muto ». 224. Alabanda, figlio di Call
la morte furono in considerazione della Dea innalzati varii monumenti ed egli stesso assunto agli onori eroici. 228. Alalc
iganti figli di Nettuno. Essi incontrarono un giorno Ercole disarmato ed osarono attaccarlo, ma Giove li schiaccò sotto un
restituire la collana per farne presente alla nuova sua sposa, Fegeo ed Arfinoe furono fortemente sdegnati del grave affr
uto il fatto supplicò Giove, e ottenne che i suoi due figli Acarnasso ed Anfotero, ancora bambini, divenissero in un momen
nto. Perdutamente innamorata di lui, abbandonò per seguirlo il marito ed i figli, ma poi divenne così furiosamente gelosa
nome ; una, figlia di Oenomao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; ed una terza pastorella, di cui parla Teocrito e Vir
ro che fu detto Ercole, per fare che il primo avesse avuto predominio ed impero sul secondo. Ma Galantea, ancella di Alcme
sciuti sotto questo nome : uno figlio di Marte, uno figlio di Amycus, ed un terzo figlio d’Ippocone. 256. Alea. — Sopranno
ia, conosciuta sotto questo nome e nella quale la Dea aveva un tempio ed un culto particolare. 257. Alectone o Aletto. — U
l nome. 262. Alemanno eroe degli antichi Germani che essi deificarono ed adorarono. 263. Alemona Dea tutelare dei fanciull
, quasi avesse cura del mare e facesse di questo elemento sua delizia ed amore. 287. Aliteo o Aliterio. — Giove fu così so
e la figlia con intenzione di ucciderla, ma fu cangiato in isparviero ed essa in quell’uccello detto lodoletta o allodola
erra. Egli sposò Ifimedia, la quale ingannata da Nettuno, partorì Oto ed Efialto. Aloeo li allevò come suoi proprii figliu
i Nettuno re del mare potrebbero essere due famosi corsari a nome Oto ed Efialto, temuti ed invincibili. Marte fatto da es
re potrebbero essere due famosi corsari a nome Oto ed Efialto, temuti ed invincibili. Marte fatto da essi prigioniero è te
loro dare codesto nome di Amadriadi dalle parole greche αμα insieme ; ed αρυς una quercia. Le Amadriadi non erano del tutt
nnome dato ad Apollo, per aver posto fine alla guerra fra le Amazzoni ed i Greci. 323. Amazzoni. — Femmine della Scizia e
o uomini che una volta l’anno ; lasciavano morire i loro figli maschi ed educavano con gran cura le femmine. Uccidevano tu
Cesarotti nelle Dissertazioni, vi sono state varie classi di Amazzoni ed in varie regioni. 324. Ambarvale. — Sacrifizio in
poeti l’ambrosia era una sostanza destinata al nutrimento degli Dei, ed è opinione sufficientemente generalizzata, che go
ritiene tuttavia in gran parte la metempsicosi come un fatto positivo ed indiscutibile, credevano che quella voragine a cu
’adoravano con particolari cerimonie. 333. Amicizia. — Presso i Greci ed i Romani era una divinità figlia della notte e de
che poeti, sono su tale proposito altrettanto numerose, quanto vaghe ed indeterminate. Il solo Lilio Geraldi parlando del
uniforme e costante in tutt’i tempi, da vicino e da lontano ; in vita ed in morte, e che tutto si sagrifica a questo santi
era anche il nome di un dio particolare della Grecia, ove avea tempii ed altari. 336. Amico. — Uno dei compagni di Enea ch
e sdegnato la maledisse e la cacciò dalla sua casa insieme al figlio ed al marito. Mirra col piccolo Adone si ritrasse ne
figlio ed al marito. Mirra col piccolo Adone si ritrasse nell’Arabia, ed Ammone prese stanza nell’Egitto, ove morì poco te
l quale vengono infiniti esempi, che tutte le religioni hanno simboli ed allegorie proprie non solo, ma anche ereditate da
più possente Che fa spesso cader di mano a Marte La sanguinosa spada, ed a Nettuno Scotitor della terra il gran tridente.
uno dei più famosi centauri compagno di Enea, che ebbe questo nome ; ed un fratello d’Ippolita, regina delle Amazzoni, ch
re la morte del figlio, portò la guerra contro gli Ateniesi, li vinse ed a placare l’ombra del morto li costrinse a mandar
cangiò in lauro. Anfiareo ritenne quel fatto come un cattivo augurio, ed in effetti l’indomani la terra si spalancò sotto
si spalancò sotto i suoi piedi inabissandolo coi suoi cavalli. Plinio ed Ovidio, riferiscono che i poeti dell’antichità co
cissima melodia, si collocavano di per se stesse al loro posto. A lui ed a Zeto suo fratello, si attribuiva dagli antichi
tica Epistola III. Anfione era anche il nome d’uno degli Argonauti, ed un re d’Orcomeno, che fu padre di Cloro. 418. Anf
fratello Iso, sotto le mura di Troia. Due di Priàmo figliuoli, Ieso ed Antifo L’un frutto d’imeneo, l’altro d’amore, ………
ccise sul corpo di lei. …..Ah tu, se rimirar potessi Con men superbo ed offuscato sguardo Suo nobil cor, l’alto pensar. s
venò sull’altare di Diana, ne affisse le corna alle porte del tempio, ed ebbe così tutto l’onore del sacrifizio. 481. Anub
riconoscere da uno di essi. ……….. Agevolmente. Si riconosce un nume, ed io da tergo Lui conobbi all’incesso appunto in qu
co di forma quadrata sulla fronte ; i peli della coda doppii e corti, ed un segno bianco sul lato destro, in figura di lun
inare il dio, e che lo accostavano sempre quasi nude e con atti sconc ed indecenti. Terminati i 40 giorni il fortunato ani
che ebbero contatto con lui, molti furono cangiati in albero d’olivo, ed altri in gallo o sparviero. Apollo viene rapprese
ua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era esclusivamente a lui consacrata. 506. Aquilon
ivamente a lui consacrata. 506. Aquilone. — Vento estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Au
special modo consacrati ad una divinità ; così, per esempio, il mirto ed il lauro a Venere ed Apollo ; l’ulivo a Minerva ;
ti ad una divinità ; così, per esempio, il mirto ed il lauro a Venere ed Apollo ; l’ulivo a Minerva ; l’adianto (comunemen
onneso i cui abitanti si resero celebri per il loro amore alla poesia ed alla musica. 516. Arcesilao. — Uno dei capi della
il primo sacerdote di Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed illustri famiglie. L’archigallo vestiva come una
llustri famiglie. L’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che gli scendevano sino ai piedi : po
nome al dio destinato nel loro culto a presiedere alle piccole città ed agli armadi. 526. Ardalidi. — Soprannome dato all
il suo corso sottomarino venisse a spuntare sulle rive della Sicilia, ed asserivano che tutto ciò che si gettava nell’ Alf
i Es. 544. Argeo. — Figlio di Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico di Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Arg
di Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiamata col suo nome, ed il primo che coltivò le terre della Grecia. 556.
si fece sacerdotessa di Bacco il quale, secondo che narrano Properzio ed Ovidio, la tolse in moglie e collocò fra le coste
dodici segni dello zodiaco. Questo animale era consacrato a Mercurio ed a Cibele. 569. Arimane. — Dio adorato dai Persian
stata per lungo tempo il terrore delle campagne circostanti fu presa ed uccisa. Virgilio canta che Venere presentossi ad
ido come per famelica rabbia ; le mani armate di formidabili artigli, ed erano ingordi, insaziabili e succidi. Al dire d’
Le più famose Arpie furono Celeno nominata da Virgilio, Iside, Aejo ed Ocipete, e finalmente Alope più comunemente conos
rgo di cortesi accoglienze si offrirorono a liberarlo da quei mostri, ed infatti Zeto e Calaide, due degli Argonauti, i qu
suggelli una figurina di Arpocrate, volendo così denotare esser sacro ed inviolabile il segreto delle lettere. Era consacr
ciò, dicendo che le foglie del persico hanno la figura d’una lingua, ed il frutto quella di un cuore, volendo con ciò dim
 Nome che gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di Troso ed avo di Anchise. 623. Assinomanzia. — V. Axinomanz
tà di Argo, a cui la favola attribuisce due figliuole a nome Porcinna ed Arcona, che furono tra le nutrici di Giunone. Nel
omini la costrinsero ben presto a ritornare alla sua luminosa dimora, ed ella andò a collocarsi in quella parte dello Zodi
e re. 650. Astri. — I Pagani credevano che gli Astri fossero animati ed immortali ; che avessero influenza benefica o mal
e Ino (V. Atamante) la quale pei cattivi trattamenti costrinse Prisso ed Elle suoi figliastri a fuggire dalla casa paterna
rigia del quale Cibele sebbene già vecchia fosse pazzamente invaghita ed a cui ella facesse fare la dolorosa amputazione p
Aleo. Avendo dimorato qualche tempo con Ercole essa ne restò incinta ed andò a partorire in un bosco ove dette alla luce
bra di Aiace. Autoleone placò lo spettro del guerriero con sacrifizii ed offerte e così potè vivere dopo una dolorosa mala
Plutone perchè i miasmi che ne esalavano erano talmente pestilenziali ed infetti, che quel luogo era ritenuto come la bocc
 V. Averunci. 704. Avoltoio. — Quest’uccello era consacrato a Giunone ed a Marte, e gli auguri ne osservavano con particol
arte, e gli auguri ne osservavano con particolare attenzione le grida ed il volo. 705. Avverunei. — V. Averunci. 706. Axin
ezza e magnificenza. 716. Baal-Berit. — Dio innanzi al quale i Fenici ed i Cartaginesi davano il giuramento della loro all
Tre volte all’arduo ciel diero la scossa Sopra Pelio imponendo Olimpo ed Ossa. V. Monti. — Musogonia. 725. Babia. — Dea
V. Tutta la città si estendeva per un circuito di sessanta miglia, ed ebbe cento porte. Ciro, re dei Persiani, la distr
non conserva altro ricordo. Oscuro di nascita, fu pessimo di costumi, ed il suo nome andò perduto nella notte dei tempi. N
uolo di Proserpina. Cicerone conta fino a cinque dii di questo nome ; ed è perciò che la grande generalità degli autori no
io, e il folgorante bagliore di quelli, incendiò la dimora di Semele, ed ella stessa mori, ravvolta nelle fiamme. Giove al
alle solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò di tutt’i suoi nemici, ed uscì sempre vincitore dai mortali pericoli a cui
ei miti allegorici in tutte le religioni, miti che noi dicemmo propri ed individuali di esse, ma della trasmissione, o dir
, che essa avea più caro degli altri, e ne ebbe due figli, un maschio ed una femmina. Ma gli altri Titani, gelosi della pr
parlando con una voce diversa, si presentò a Batto e gli offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indicargli il luogo ov
tempio. Giove promise di conceder loro tutto che avessero dimandato ; ed essi altro non chiesero che di essere i ministri
ione mitologica di quei popoli, aveva un tempio ove tutto era tenebre ed acqua, e che conteneva mostruosi animali. I Calde
dando ordine e metodo all’universo, ma che, vedendo la terra deserta ed inabitata, avesse imposto ad uno degli Dei minori
lbuc e Zeomeeuc. — Presso i Vandali venivano così denominati il buono ed il cattivo genio ; Belbuc con la significazione d
o e che i Galli davano indistintamente a Giunone, a Minerva, a Venere ed alla luna. 764. Belizama. — V. Belifama. 765. Bel
 Soprannome che gli antichi Galli dell’Alvernia davano al dio Beleno, ed a cui facevano i più grandi sacrifizii e le più s
vertito di quanto si tremava contro di lui, montò il cavallo Pegaseo, ed uccise la Chimera, mostro che Lobate gli avea ord
o Evergete, la quale aveva una magnifica capellatura, che ella recise ed offrì agli dei, per la prosperità delle armi di s
velo al capo, al dosso quella veste Dà, ch’una vecchia balia oggi usa ed ave, Che tien del cor di Semele la chiave. Ovidi
io del dio Beza, e che l’imperatore, dopo averne fatto fare un minuto ed accurato esame, facesse incarcerare buon numero d
ipe Troiano, così chiamato, che fu ucciso da Agamennone. 788. Bibesia ed Edesia. — Dee dei banchetti : una presiedeva al v
a. La loro denominazione deriva dal latino bibere che significa bere, ed edere, mangiare. 789. Bibli. — Figlia di Mileto e
il luogo in cui era caduta la folgore. Vi si sagrificava un agnella ; ed il luogo divenuto sacro, veniva recinto di una pa
nti felicitarono quella madre per aver dei figliuoli così affettuosi, ed ella stessa, dolcemente commossa, supplicò la Dea
one parlando di Nabuccodonosor. 815. Boopide. — Dal greco Βους, bove, ed ωφδος, occhio, era così denominata Giunone a caus
teo, dalla quale ebbe due figli Calaide e Zeto. Subito scuote l’ali, ed alza il grido, Trema per tutto il mare, e s’apre
XX trad. di Vinc. Monti I Poeti dipingono Borea con le ali ai piedi ed alle spalle per mostrare, la sua leggerezza e con
Nella città di Eubaste si aveva in grande venerazione la Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, ch
rannome, poichè alcuni pretendono che fosse Cerere, altri Proserpina, ed altri Cibele. Plutarco la confonde con Flora ; Va
volto della Dea tristo e severo ; mentre a chi usciva sorrideva gaio ed allegro. 851. Buphago. —Soprannome dato ad Ercole
ra i quali un trojano, ucciso da Camillo, un sacerdote, un argonauta, ed un figlio di Pandione, re d’Atene, al quale veniv
la sua sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacrata alle muse ed era la stessa che quella d’Ippocrene, perchè la p
più rinomati della Favola, era il cavallo di cui si servivano le Muse ed Apollo. 859. Cabarnide. — Si chiamava così l’isol
’isola di Lenno, poi passarono nella Samotracia e finalmente in Atene ed in Tebe, ove furono celebri. 866. Cabro, o Calabr
i da un drago. Minerva allora ordinò a Cadmo di combattere il mostro, ed avendolo egli ucciso, ne seminò i denti, e, come
a. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice di Enea e dette il suo nome ed un promontorio della penisola Italiana, dove essa
omontorio della penisola Italiana, dove essa morì, come pure al porto ed alla città che venne poi costruita in quel luogo,
Enea fida nudrice Caieta, a i nostri liti eterna fama Desti morendo ; ed essi anco a te diero Sede onorata, se d’onore a’m
o Caystrio. — Fu uno degli eroi del popolo di Efeso : aveva un tempio ed un altare sulle rive del fiume Caistro, presso qu
in onore della sua consorte in Pafo, in Amatunta, nell’isola di Cipro ed a Biblo nella Siria : istituì in suo onore un cul
particolare, con feste e sacerdoti. Bacco amò sfrenatamente Calicope ed un giorno il marito lo sorprese fra le braccia di
er con lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana. Giove, aven
allianasse o Callianira.  — Ninfa che presiedeva alla buona condotta, ed alla decenza dei costumi. 903. Callianira. — V. C
lungi dal tener conto del salutare consiglio, intrapresero il lavoro ed in poco tempo disseccarono lo stagno. Ma ebbero p
per quel passaggio nella loro isola e la desolarono ponendola a sacco ed a fuoco. 914. Cambe. — Soprannominato Ofiaso, dal
da quei popoli, ove il Dio Camulo veniva rappresentato con una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome di uno dei
fa dire a Virgilio : …… Quel fu un dei sette regi, Ch’assiser Tebe, ed ebbe, e par ch’egli abbia Dio in disdegno, e poco
o di fedeltà ai novelli imperatori ; vi si facevano i voti pubblici ; ed era ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il
di Mendes, in Egitto, veniva particolarmente venerato questo animale, ed era proibito con grande severità ucciderne alcuno
aceva la morta. Il re stesso era tenuto ad intervenire a questa festa ed a presiederne tutte le cerimonie. 966. Cario. — F
io. V. Caria. 967. Carisie. — I greci chiamavano le tre grazie Cariti ed istituirono in loro onore alcune feste, alle qual
tenendo come oltraggi le sventure ch’ella gli predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, essa toccò come preda di botti
tivamente. Essendo stati invitati alle nozze delle loro cugine, Febeo ed Ilaijo, essi le rapirono ai loro futuri mariti ;
ro. Finalmente, si osservavano con grande attenzione i loro movimenti ed i loro nitriti, e non eravi alcun’altra predizion
alto quanto una montagna, il quale aveva rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianchi un numero considerevole di guerrier
leggi sull’unione dell’uomo e della donna, per mezzo del matrimonio ; ed altri perchè essendo egiziano di nascita, era anc
e si presentò sotto un travestimento che lo rendeva irriconoscibile ; ed ebbe il dolore di vedere che essa condiscendeva a
sotto il nome di Ceneo, il quale fu dapprima donna e si chiamò Cena, ed ottenne da Nettuno il doppio favore di cangiar se
e invulnerabile. Essendosi trovato presente alla querela fra i Lapidi ed i Centauri, questi vendendo ch’egli era in effett
n effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta di alberi ed egli fu cangiato in uccello. Costui nacque in Te
i servivano con estrema destrezza dell’arco. E tra ’I piè della ripa ed essa, in traccia Correan Centauri armati di saett
tauri rassomigliava al nitrito di un cavallo. Fra tutti il più famoso ed il più celebre fu Chirone, precettore di Achille.
ri sei con sua marito all’inferno. Cerere aveva diversi templi famosi ed un culto generale in tutte le città del mondo ant
di tutti i prodotti della terra le venivano scrupolosamente offerte, ed erano puniti di morte coloro che per qualunque ra
rmava in cavallo per deludere la gelosa vigilanza di sua moglie Rea ; ed è perciò ch’egli ebbe da Filira un figlio che, se
a tradizione mitologica, ebbe il corpo metà di uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il nome di Chirone. Questo m
offrirono un sacrifizio a Giunone, che concesse loro un tempo sereno, ed a Nettuno che rese immobili quelle rocce, e imped
ua officina. Buon numero di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altri di Nettuno e di Anfitride. Essi avevano un
la Sicania da l’un canto. E Lipari da l’altro un’isoletta Ch’alpestra ed alta esce de l’onde, e fuma. Ha sotto una spelonc
de le sue fiamme E de le sue fornaci, d’ Etna in guisa Intonar s’ode ed anelar si vede. …………… …… Stavan ne l’antro allora
listi, nudrisce il padre e la madre nel tempo della loro vecchiezza ; ed ama svisceratamente i suoi parti. Vi sono non poc
igno o Cieno. — Uccello consagrato ad Apollo, come Dio della musica ; ed a Venere, a causa della sua voluttuosa indole, e
mosa maga che alcuni mitologi dicono figlia del Giorno e della Notte, ed altri del Sole e della ninfa Persa. Circe, la do
dal suo paese nativo per avere avvelenato suo marito, re dei Sarmati, ed andò a dimorare nell’isola di Ea, o, secondo altr
ritenerlo presso di se, cangiò tutti i seguaci di lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro a bere certo liquore di
e ispiravano una specie di divino furore, e facevano rendere responsi ed oracoli. Da ciò il soprannome di Cirreo dato ad A
e, dopo averlo ucciso. È questa del paro l’opinione di Plutarco. ….. ed ei brandita (Arma tremenda) l’Epidauria clava E r
uoi stati, usurpando, con sanguinosa opera di regicidio, il suo trono ed il suo talamo. … Ahi ! lassa ! ohimè ! che bramo
ragedia. Atto 1. Scena 3. Oreste divenuto adulto, vendicò suo padre, ed uccise Egisto e Clitennestra, immergendo in lei,
fermamente che i vecchi coccodrilli avessero la virtù d’indovinare ; ed era ritenuto come felice presagio se questi anima
à. Anche presso gli Assiri era grande la venerazione per le colombe ; ed era generale credenza presso quei popoli, che l’a
ser giunto all’estremità della terra, separò le due montagne di Calpe ed Abila, quella ai confini dell’Africa e questa in
li due rappresentavano Giove, due Apollo, uno il Sole, uno Domiziano, ed uno Nerone. 1223.Colosso di Rodi. — Vedi l’artico
ei Penati. 1230.Comuso. — Divinità che presiedeva alle gioje notturne ed allo abbigliamento delle donne e dei garzoni segu
iano Conservio. 1235.Consenti. — Nome collettivo che si dava agli dei ed alle dee di prim’ordine, conosciuti pure, secondo
il simbolo delle immagini di Cerere, di Bacco e degli altri semi-dei ed eroi, che procurarono agli uomini l’abbondanza de
zza. Il nume fu talmente irritato dell’abbandono, che uccise Coronide ed il suo novello amante ; ma non potendo interament
 Uno degli eroi a cui dopo la morte furono eretti in Grecia monumenti ed altari. 1278. Cratea. — Dea degli stregoni e degl
agani. 1288. Creta. — Famosa isola i cui abitant i immolavano a Giove ed a Saturno vittime umane. La maggior parte degli d
rai…….. ……………….. …… poscia a’suoi piedi il cinto In atto umil deponi, ed altro aggiugni, E poni ogn’opra, onde l’accetti,
nori divini. 1298. Crinifo. — Principe Trojano il quale fu da Nettuno ed Apollo ajutato a riedificare le mura di Troja ; m
lo non regnasse in pregiudizio dei propri figli, lo trattò assai male ed istigò Atreo e Tieste, suoi figliuoli, ad uccider
talmente ferito visse ancora tanto tempo da poter palesare la verità, ed impedire che la sua morte fosse imputata ai due s
to sotto la figura di un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno di frecce. Egli fu amato con pa
one da Psiche. Compagni di Cupido erano i piaceri, il riso, i giuochi ed i vezzi, tutti rappresentati, come lui, sotto la
fece dalla Pitonessa rispondere che non sarebbe trascorso molto tempo ed avrebbe ritrovato il perduto animale : infatti po
, la cangiò in lauro. Apollo allora consacrò quell’arboscello a Dafne ed egli stesso si fece di quelle foglie una corona,
ella Sicilia : fu figlio di Mercurio. Egli amò con passione una ninfa ed ottenne dagli dei la grazia che di essi due, quel
e di Alciope. Si mise Giove nelle loro mani appena venuto alla luce ; ed essi, tutte le volte che l’infante divino piangev
tene. Era ritenuto come il più abile artefice greco e famoso scultore ed architetto. Al dire d’Aristotille, Dedalo fabbric
Al dire d’Aristotille, Dedalo fabbricava degli automi che camminavano ed avevano ogui altro movimento, loro comunicato dal
o XII. Per maggiore intelligenza riportiamo il commento che il Costa ed il Bianchi hanno dato a questo passo della divina
i di cera alle spalle del figlio, dopo aver fatto per sè altrettanto, ed aver raccomandato caldamente al figliuolo di non
nome venivano dinotate quelle divinità che presiedevano alla campagna ed ai prodotti della terra, ed è questa la ragione p
e divinità che presiedevano alla campagna ed ai prodotti della terra, ed è questa la ragione per la quale, tanto sulle med
il culto delle Dee Madri, rimonta ai primissimi tempi del paganesimo ed è stato il più diffuso ed universale. Queste divi
rimonta ai primissimi tempi del paganesimo ed è stato il più diffuso ed universale. Queste divinità avevano nella città d
gli abitanti di tutti i paesi circonvicini, per offrir loro sagrifizî ed onori solenni ; e dove era generale credenza, che
generalmente riconosciuta dai più rinomati scrittori dell’antichità, ed appoggiata dallo essersi trovato da per ogni dove
e classi a cui appartenevano, dodici numi principali detti dei Grandi ed erano : Saturno, ossia ii Tempo, Giove, Gibele, A
arlare di tutte le differenti e numerose denominazioni, particolarità ed attributi, che essi avevano nel culto degli idola
nominazioni generali come dei Cabiri, dei Sopramondani, dei Materiali ed Immateriali, dei Semonii, dei Palici, dei Compita
omede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre di Pirro,
eci e dei Romani ; ma la tradizione favolosa ci ripete che gli Egizii ed i Fenici, che sono i popoli riconosciuti come i p
apparteneva, poscia nella intera città, quindi in tutta la contrada, ed è in questo modo che di una divinità particolare
icolare ad una famiglia, si viene a formare una divinità riconosciuta ed adorata da tutti. Così e non altrimenti hanno avu
l volto su di un letto d’avorio nel vestibolo del palagio dei Cesari, ed il senato, in abito di corruccio si poneva alla s
mentre si lanciava un’aquila, la quale, volando in mezzo alle flamme ed al fumo s’innalzava nell’aria, quasi che l’anima
reparato sulla strada che doveva percorrere, crollò dalle fondamenta, ed egli se avesse seguitato il suo viaggio, sarebbe
posa, e giunti al fiume Eveneo, il centauro Nesso andò loro incontro, ed offri ad Ercole di far traghettare il flume alla
nfitrite ; altri da uno di quei marinai che Bacco cangiò in delfini ; ed altri finalmente dal delfino che Apollo dette per
monte Parnaso ; e da quel tempo si dette opera a fabbricare la città ed il tempio si Delfo, che sorgevano appunto in quel
zzo per gli altri sei che rimanevano. Il reperò la respinse di nuovo, ed allora la sibilla bruciò altri tre dei suoi volum
illini furono ritenuti come sacri, e dati in custodia ai più cospicui ed illustri personaggi del patriziato romano. 1411.
era un lurido vecchio, pallido e sfigurato, che insieme alla Eternità ed al Caos, dimorava nelle viscere della terra. L’al
li guidavano nel cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicurezza ed erano loro di potente aiuto nei pericoli. Infine,
immaginarii, ma realmente esistenti, e rivestiti, di un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sensi, e dei quali era a
lbero del Libano. Da questo albero si facevano le corone per gli dei, ed era generale credenza presso i pagani non esservi
erò sua madre fra le divinità, e le consacrò un tempio. 1420. Derelle ed Albione. — Figliuoli di Nettuno recordati, nella
il proprio nome, Le parti di più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa, e non so come, Prese ogni sasso qnel divino
te celebrate in Atene in onore di Giove, onde scongiurare le sventure ed i mali di cui si poteva essere minacciati. Queste
le cerimonie religiose aveva delle grandi prerogative, alti privilegi ed estesissime facoltà, ed in pari tempo numerosi ob
veva delle grandi prerogative, alti privilegi ed estesissime facoltà, ed in pari tempo numerosi obblighi da compiere. Non
e, il fuoco sacro ; è necessario sia disciolto dai legami io schiavo, ed introdotto nella casa loro per nasconderlo nel co
te per visitarlo. Diana passava quasi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una muta di cani. I Satiri,
nzia. Gli Ateniesi vi si distinguevano pel gran numero dei sacrifizii ed offerte agli dei, e più ancora per la delicatezza
dimeone. — Rione della città di Mileto, in cui Apollo avea un oracolo ed un tempio famoso. 1443. Didimo. — Soprannome part
i dei suoi immensi tesori. « … …il qual Licheo era molto ricchissimo ed avea grandissimi tesori, de’quali tesori poichè n
enda rivelazione, si dette silenziosamente ai preparativi della fuga, ed un giorno impadronitasi delle navi che stavano ne
. Una tempesta spinse la flottiglia di Didone sulle coste dell’Africa ed ella approdò nella regione detta Mauritania o Tau
u moglie di Meone, re della Lidia. 1454. Dio — I poeti dell’antichità ed i cronisti della favola, distribuiscono la divini
della favola, distribuiscono la divinità fra tutti gli esseri animati ed inanimati ; possibili ed impossibili ; reali ed i
ono la divinità fra tutti gli esseri animati ed inanimati ; possibili ed impossibili ; reali ed immaginarii. Essi fanno de
ti gli esseri animati ed inanimati ; possibili ed impossibili ; reali ed immaginarii. Essi fanno delle loro deità dei most
e presso i pagani, l’idea della divinità è collegata a configurazione ed immagini così basse ed abbiette e spesso così tur
ea della divinità è collegata a configurazione ed immagini così basse ed abbiette e spesso così turpi ed infami, che può b
configurazione ed immagini così basse ed abbiette e spesso così turpi ed infami, che può ben dirsi tutto l’olimpo pagano a
ede. — Re d’ Etiolia : fu figliuolo di Tideo e ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più valoroso fra i Greci. Lampi gli us
e alla fiera Di tumido torrente che cresciuto Dalle pioggie di Giove, ed improvvisa Precipitando, i saldi ponti abbatte, D
isa Precipitando, i saldi ponti abbatte, Debil freno alle fiere onde, ed i verdi Campi, i ripari rovesciando, ingoia Con f
! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione per la quale si dà talvolta a
di Tebe. Ella trattò con assai aspra maniera per lungo tempo Anflone ed Antiope, che poi fu madre di Zeto ; ma poi caduta
e Acheronte. Erano, secondo la tradizione favolosa, in numero di tre, ed avevano lo speciale incarico di tormentare coi ri
delle Sabine. Questo nume era ritenuto come il dio della buona fede, ed è perciò che presso gli antichi era così frequent
n giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata nel porto di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacrifizio agli dei, all
mini d’intervenirvi. 1508. Driadi. — Ninfe che presiedevano ai boschi ed alle foreste, nelle quali dimoravano notte e gior
i loro mariti esse venivano circondate della più alta considerazione, ed avevano ingerenza nelle cose del loro culto. Esse
one Celtica aveva delle altre sacerdotesse che vivevano nel celibato, ed erano le Vestali del culto. E v’erano finalmente
, i Sarronidi ec. Èssi menavano almeno in apparenza, una vita austera ed irreprensibile. Si dedicavano all’educazione dell
ustera ed irreprensibile. Si dedicavano all’educazione della gioventù ed avevano sparsi in tutte le Gallie gran numero di
a il gran sacerdote, o capo supremo dei Druidi. L’autorità dei Druidi ed il loro potere era onnipossente : essi presiedeva
fici i magistrati, gli alti e bassi dignitarii, e per sino i generali ed i re, quando non osservavano le leggi del paese,
non spiegavano taluni dati articoli, se non con grandissima riserba, ed in casi estremamente rari. Tenevano le loro scuol
essi avevano tolta in moglie una donna, questa si chiamava Druidessa, ed aveva diritto all’universale venerazione. 1516. D
ò con tanta giustizia che alla sua morte Plutone lo associò a Minosse ed a Rodomonte per giudicare le anime dei morti. 152
boleggiare, sotto questo connubio, l’eterna gioventù, unita al vigore ed alla forza. Ebe vien rappresentata sotto la figur
ga. — Così avea nome una ninfa dei boschi che fu celebre cacciatrice, ed estremamente esperta negli esercizii del corpo. C
o di diec i tori, al quale avevano invitato tutti gli dei boscherecci ed acquatici. 1543.Echione. — Re di Tebe. La tradizi
divorata dalle fiere. Ercole, consapevole del fatto, liberò la madre ed il figlio. 1547. Ecelissi. — I pagani credevano c
na ; e che bisognava fare un assordante rumore di calderoni, martelli ed altri strumenti, onde impedire che la luna sentis
fu ucciso unito al fratello Cromio, da Diomede. Due priamidi, Cromio ed Ecmone, Veniano entrambi in un sol cocchio. A que
gò caldamente Ecuba di nasconderlo e di salvarlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuore della decaduta regina, era una
era madre, cieca di collera, frenando a stento il suo furore, dimandò ed ottenne di parlare in segreto al re Polinnestore 
furore, dimandò ed ottenne di parlare in segreto al re Polinnestore ; ed avendolo condotto in mezzo alle donne Trojane, ch
atura, per non spargere quel sangue, lo legò per i piedi ad un albero ed ivi lo lasciò sospeso. Un pastore, passando per d
madre. Da questo connubio nacquero i due fratelli Eteocle e Polinice, ed una figlia che ebbe nome Antigone. Gli dei, irrit
one, per nome Politecno. Questi due sposi si amavano così teneramente ed erano così felici, che, resi orgogliosi dalla lor
lo caricò di catene e così legato lo espose ai raggi ardenti del sole ed alle morsicature degl’insetti. Edone, allora, dis
e padre di Medea, la quale per questa ragione vien anche detta Eetia, ed anche Eeeta. 1561. Efesio. — Questa parola in gre
famosissimo monumento aveva 426 piedi di lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto delle sue mura, si
eso fu egualmente celebre per aver dato i natali al pittore Parrasio, ed al filosofo Eraclito. Durante il terzo anno della
andar del tempo gli vennero innalzati dei templi, sacrificate offerte ed olocausti, e dedicato per fino un oracolo. Lucian
a loro città la statua di Tiresia, che all’andare era vestito da uomo ed al ritorno da donna. Vedi Tiresia che mutò sembi
avesse le maschili penne. Dante — Inferno — Canto XX. 1567. Eflaite ed Oto. — Così avevano nome i due giganti figli di N
ne per un anno e un mese, finchè Mercurio non andò a liberarlo : Oto ed il forte Efialte l’annodaro D’aspre catene. Un an
, perchè in queste tre città ella servì di guida conduttrice a Cromio ed alla sua colonia. 1574. Egenete. — Ossia quotidia
a dichiarò la guerra agli Ateniesi per vendicare la morte del figlio, ed avendoli vinti, impose loro un sanguinoso tributo
i anno gli Ateniesi avessero dovuto mandare in Creta sette giovanetti ed altrettante vergini, per essere divorati dal Mino
o di tempo Teseo, figlio di Etra, avea toccato l’età dell’adolescenza ed avea ricevuta dalla principessa Trezenia la spada
e fece il possibile onde impedire il riconoscimento, e con seduzioni ed incantesimi avea quasi persuaso Egeo a far morir
nto fatale, la vista della spada riaccese nell’animo di Egeo più miti ed umani sentimenti, e poscia, seguito il riconoscim
zia dei numi, fosse ritornato salvo in patria. Teseo promise e partì, ed avendo ucciso il Minotauro, fece ritorno in patri
te, Quando contra i suoi folgori e i suoi tuoni Con altrettante spade ed altrettanti Scudi tonava e folgorava anch’egli ;
oè cantatrice e profetessa, e racconta che avesse presso forma umana, ed avesse sposato il re, in una selva presso le port
della solitudine, che profonde i tesori del raccoglimento altesmoforo ed al saggio, amico dello studio lungo e meditativo.
gislatore umanato sotto la figura di un re della terra, dalla poetica ed iperbolica favella delle primitive mitologie. I R
Romani adorarono ancora un’altra Egeria, che presiedeva allo sgravo, ed alla quale le donne incinta facevano continui sag
o sgravo, ed alla quale le donne incinta facevano continui sagrifizii ed offerte, onde implorare un parto felice. 1579. Eg
poeti detl’antichità danno questo nome allo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era di oro, ma
o denso e nerissimo. Per più tempo portò la desolazione nella Frigia, ed in altre contrade, finchè Giove ordinò a Minerva
ria della madre. Dopo qualche tempo, Giove si rivolse ad altri amori, ed Egina fu tolta in moglie da Attore, figlio di Mir
ma non poterono mai ricostruire la loro possanza, per quanto gloriosi ed antichi ne fossero i ruderi. Strabone ed Eforo di
ossanza, per quanto gloriosi ed antichi ne fossero i ruderi. Strabone ed Eforo dicono nelle loro opere che gli Egineti fos
erto il suo scudo, o Egida, della pelle della Capra Amaltea. In Omero ed altri poeti e cronisti della favola è assai di so
ma Giove, mosso a compassione, cangiò Bulis e Timandra in Sparvieri, ed Egipio e Neofronte in Avoltoi. 1591. Egira. — Cos
ispose che gliela aveva data la madre. Tieste alle parole del figlio, ed alla evidenza delle pruove, trovò compiuta la pre
stodia della propria moglie Clitennestra e dei suoi due figli Elettra ed Oreste. Egisto però sconoscente a tanti benefizii
madre. Noi sotto Troja travagliando in armi, Passavam le giornate ; ed ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquill
iquo Egisto : Agammennone a tradimento spense, Soggettossi gli Argivi ed anni sette Della ricca Micene il fren ritenne, Ma
e quali furono Gergones, Efestina, Tiria, Caliante, Arabia e Fusina ; ed altre — ed ebbe cinquanta figli, i quali tolsero
ono Gergones, Efestina, Tiria, Caliante, Arabia e Fusina ; ed altre —  ed ebbe cinquanta figli, i quali tolsero in moglie l
oracolo rispose : che un’aquila avrebbe palesato la volontà dei numi, ed essendosi dopo pochi giorni uno di questi animali
ta appellazione, e nelle quali si offrivano ricchi sacrifizii a Giove ed a Minerva per la prosperità della repubblica. 160
più interessanti nomi della mitologia, avuto anche riguardo al dubbio ed alla incertezza degli avvenimenti di cui essa fu
ra, sebbene la tradizione della favola ripeta che tutti questi figli, ed Elena stessa, fossero nati dagli amori che Giove
e di Menelao, e la fatale bellezza di Elena lo innamorò perdutamente, ed essendo in egual modo corrisposto da lei, la indu
abbandonare il consorte, a calpestare i più santi doveri d’una moglie ed a fuggir seco alla corte di Priamo, ove la sposò.
aride morì in battaglia nell’ultimo anno di quell’assedio memorabile, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio
che tempo dopo, epoca in cui i Greci la scacciarono dalle loro città, ed essa prese rifugio presso Polixa regina dell’isol
o Deiporo. Grande e battuta su le tracie incudi Alza Eleno la spada, ed alla tempia Deiporo fendendo gli dirompe L’elmo,
’affetto del suo signore, avendogli predetto molti prosperi successi, ed una felice navigazione. L’avverarsi di tutte ques
costni, pensier fla mio, del tutto, Il darvi e loco, e modo, e tempo, ed armi Per trucidario. Alfieri — Oreste — Tragedia
atore di Troia. Vi fu finalmente un’ altra Elettra, figlia di Edipo ; ed un’ altra che fu figlia dell’ Oceano e di Teti. 1
se in moglie sua nipote Anaxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfimaco ed altri — V. Anaxo — Da una schiava della Frigia pe
i lo Scita, e Ippocrate, non che Ercole, Castore, Polluce, Esculapio, ed altri, fossero iniziati a quei misteri, per il lo
n quattro stagioni : si resero celebri per le cognizioni tecnologiche ed astronomiche, e dettero un grande impulso all’art
ura dell’infanzia di Giove, questi la trasportò fra le costellazioni, ed è propriamente quella conosciuta sotto il nome di
in tutta la sua terribile verità, poichè Trajano fu ucciso in guerra, ed in Roma altro non ritornarono che le sue ossa, le
e Fortunate ; chi nel paese della Betica, oggi Andalusia in Ispagna ; ed altri finalmente nel centro della terra. Quest’ul
ata, e quella seguita dai più rinomati cronisti della favola. Pindaro ed Esiodo ripetono, che Saturno era il sovrano dei c
e, combatte le belve : quella di Ettore Troiano, addestra i cavalli ; ed altre finalmente cantano, accompagnandosi col suo
a i poeti, perchè le poesie venivano generalmente consacrate a Bacco, ed eccitavano l’entusiasmo. …… o, pastori d’Arcadia
me corona di mirto, che, secondo la tradizione, si chiamava Ellotide, ed aveva venti cubiti di circonferenza. 1651. Elloti
acerdotessa. I Corinti seguirono l’uno e l’altro ordine dell’oracolo, ed in memoria di questo fatto dettero a Minerva stes
e, liberandolo così dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in rendimento di grazie al nume che Elpide aveva
immense, mandandosi continuamente da tutte le città circonvicine doni ed offerte ad Emitea di una ricchezza favolosa. Il s
oso personaggio della favola, sono divergenti e contrarie le opinioni ed i pareri a noi trasmessi dagli scrittori dell’ant
nuto nelle file Trojane, uno dei più valorosi campioni, dopo Ettore ; ed invero egli combattè eroicamente in tutti gli sco
ne un particolare duello col più prode guerriero Greco, con Achille ; ed ebbe uno scontro non meno pericoloso con Diomede,
anita pugna presso le trincee greche, Enea uccise di sua mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a piegare innanzi alle
i ebbe il comando della quarta colonna di attacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè vendicare la morte di suo cogn
brando il petto di due chiari e prodi guerrieri greci per nome Afareo ed Enomao. Poscia combattendo intorno al corpo di Sa
ò man forte ad Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di sua mano Jaso e Medone. ….. e tali all
stava a fare, additò al principe trojano in modo forse più enigmatico ed oscuro del solito, la meta a cui doveva mirare. E
dei Latini, istruito dall’oracolo, fece ad Enea le liete accoglienze, ed avendogli in prosieguo di tempo fatta sposare sua
ò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la sua moglie. ed ella concepette e partori Henoc. Poi egli si mise
l’oracolo di Trofonio, senza prima offrire un sagrifizio a Giove Re, ed a Giunone Enioca. 1682. Eniopea. — Così avea nome
e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia funebre nella quale si reca
iù belle abitatrici del monte Ida. Apollo se ne invaghì perdutamente, ed essa lungi dal resistergli, si abbandonò alle vog
to di guarirlo, ma prima che avesse potuto raggiungerlo, Paride morì, ed essa disperata si strangolò con la propria cintur
ia. — Specie di divinazione che si faceva per mezzo di uno specchio ; ed era così detta dalla parola greca ευοπιρου ; che
pieno di divinità, ispirato , ogni persona che predicesse l’avvenire, ed il luogo dove si davano gli oracoli. 1699. Entell
gli e tenebre D’abissi e di caverne, e moli e monti Lor sopra impose, ed a re tale il freno Ne diè, ch’ei ne potesse or qu
coll’ajuto di studii astronomici, dedicato alla conoscenza dei venti, ed all’osservazione del flusso e riflusso della mare
rincipali che nei giorni delle burrasche sconvolgono l’aria, la terra ed il mare. Dodici, sei d’un sesso e sei dell’altro
Dodici, sei d’un sesso e sei dell’altro, Gli nacquer figli in casa ; ed ei congiunse Per nodo marital suore e fratelli, C
do a diporto per le vie di Sparta, passò dinanzi la casa d’Ipocoonte, ed il cane che la custodiva gli si avventò addosso.
do il pericolo di Ercole, scagliò contro l’animale una grossa pietra, ed allora i figli d’Ipocoonte uscirono dalla casa e
mpagnato da una mano di suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoonte, ed uccise il padre ed i figli, onde vendicare la mor
o di suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoonte, ed uccise il padre ed i figli, onde vendicare la morte di Eono. Fu dopo
Epafo divenuto adulto, tolse in moglie una giovanetta per nome Menfi, ed avendo in seguito edificata una città le impose i
cero regolava al genero. Questi doni venivano portati pubblicamente, ed erano preceduti da un giovine vestito di bianco e
il vincitore gli sarebbe succeduto al trono. I fratelli Peone, Etolo ed Epeo, tennero la sfida, e quest’ultimo riuscito v
oro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocabolo col quale i greci ed i romani denotavano i soldati di marina. Nelle op
ipo. La favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un figliuol
Laconia ove Esculapio, dio della medicina, aveva il magnifico tempio ed oracolo celebre nell’antichità sotto lo stesso no
dote. Presso i greci veniva data questa stessa appellazione al sonno, ed in generale a tutti i genii benefici che s’invoca
he egli avea lasciato bambino di pochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale Epimenide raccontò la sua storia. Ben pr
se voluto vendicarsene. Egli per altro trascurò l’avviso del fratello ed accolse il falal dono che Giove gli fece inviando
on questo nome. Divenuto adulto, Epopeo, dotato di un animo ambizioso ed irrequieto, si recò in Tessaglia e fermossi per q
le crudeltà di Corace avevano accese nei suoi sudditi, lo detronizzò, ed aggiunse in breve tempo ai suoi novelli stati anc
uesto il titolo che si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere alle più
a dea, dovesse Quinto la riportata vittoria al suo non comune ardire, ed alla bravura dei soldati, pure egli tenne il voto
ità. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra. Assai sovente si confond
ta Era, per significare Sovrana essendo ella moglie del re dei numi ; ed altri pretendono che Era significhi aria, e che b
olle sterminare anche i discendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe, di terra in terra, di pro
vadere quella contrada, ma ne furono novellamente scacciati da Atreo, ed allora essi compresero che per impadronirsi del P
rato. — Nome della sesta Musa, la quale presiedeva alla poesia lirica ed erotica. I romani l’invocavano particolarmente ne
le famiglie. 1763. Ercina. — Figliuola del famoso Trofonio e compagna ed amica di Proserpina. Al dire di Pausania, essa av
la che possa a ver riguardo alla formazione di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn dato prova di una lodevole
ll’aver da principio voluto paragonare, e poscia identificare gli dei ed eroi greci a quelli delle altre nazioni. Allora s
i dignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altr
alcuni la durata di dodici anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio e nella sua
sua forza soprannaturale, Ercole affronta la durezza della schiavitù ed esce trionfante da tutte le prove a lui imposte,
frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile di un
persino uno dei suoi cavalli si chiama Airone, nome greco che Esiodo ed Omero ci ripetono nelle loro opere, essenzialment
, a viva Forza uccideste ; e il mostro d’Erimanto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uomo e di des
rsata uno dei suoi tori si sbandò, errando per le campagne di Reggio, ed uccise Ericio re di quella contrada. Avendo in se
ì per altro all’Eterna Giustizia, di seguire il suo immutabile corso, ed Ercole colpito da una terribile malattia, andò a
irebbe dalla sua malattia, allorchè sarebbe venduto come uno scbiavo, ed avrebbe dato il prezzo di quella vendita ad Eurit
Apollodoro e da Apollonio. Durante la sua schiavitù, Ercole sconfisse ed incatenò i Cercopi specie di spiriti malefici. Pa
sua figlia all’eroe. La giovane sposa morì poco tempo dopo le nozze, ed Ercole fu colpito da tale disperazione, che volle
quest’onore temendo di maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed allora in sua vece fu eletto Giasone. Ercole fu a
n diciotto navi a cinquanta remi, e secondo altri, con sole sei navi, ed accompagnato da un drappello di valorosi che volo
ada. Padrone della città, Ercole fece morire a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Esioda la quale det
le fece morire a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Esioda la quale dette in moglie a Telamone. Al su
in favore degli dei. Al suo ritorno egli instituì i giuochi olimpici, ed innalzò dodici altari in onore di dodici divinità
ciò, fu la presa di Pilo, in cui ebbe a combattere Periclimene, Neleo ed i suoi figli i quali tutti caddero sotto i suoi c
vendicarsi di suo figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno Cefeo ed i venti figli di lui, che tutti morirono in quest
d un particolare combattimento da Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale seguendo l’o
contro la città di Oecalia, che alcuni scrittori pongono nella Eubea, ed altri in Tessaglia. Resosi padrone delle città ne
tati. Dopo aver dato la sepoltura a Ipposo, figlio di Ceixo, ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti combattendo al suo
ompagni, caduti combattendo al suo fianco, egli mise la città a sacco ed a fuoco, e condusse con sè prigioniera la giovane
menticata, asperse del filtro di Nesso la tunica che mandò al marito, ed attese l’esito dell’incantesimo. Ritornato l’aral
Scarca sarà dal suo mortal tormento, Vo che venga alla patria eterna ed alma, E credo che ogni Dio ne sia contento ; Che
ente estesissimo e moltiplicato è il numero dei soprannomi allegorici ed allusivi a lui dati, dai differenti popoli dell’a
rza. Seguendo la opinione di Dionigi d’Alicarnasso, Ercole ebbe tempî ed altari in tutte le parti di Italia. Da ciò non bi
ia per la confusione necessariamente avvenuta fra le leggende Fenicie ed Asiatiche, che sopraccaricarono inevitabilmente d
statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano appena poppante che s
unzia infine l’eroe destinato a sostener con onore la lotta terribile ed accanita con tuttociò che si riveste di un appara
a nella pubertà, non è in minor relazione di quella che già sorprende ed atterrisce quasi nel simbolico neonato, strangola
mente egli è rivestito d’una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La testa e gli occhi, paragonati al re
er parte sua gli armenti di Gerione. Nel combattimento Erice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio di Venere. Dop
re volte Meraviglia a contarlo : era mestiero Combatterlo e domarlo ; ed io tre volte Lo combattei, lo vinsi, e lo spoglia
pollo allora per vendicare il figliuolo, prese le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il nome di una m
ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avieno ed atto ; E con idre verdissime eran cinte : Serpent
vea nome uno degli avi materni di Utisse che ebbe fama di audacissimo ed empio disprezzatore degli dei. La cronaca mitolog
nnome a quel dio. Quella statua riposava sopra una specie di Zattera, ed una tradizione degli Eritrei ripeteva che fosse g
si fosse fermata nelle vicinanze del promontorio di Giunone, fra Chio ed Eritre. Narra Pausania nelle sue cronache, che qu
egne di Minerva ; e dall’altra il cimiero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano gli attributi di Mercurio. 18
demie e nei luoghi di esercizii, quasi a volere indicare che Mercurio ed Ercole ossia la destrezza e la forza, dovevano pr
statua di Mercurio gli avessero tolto le braccia e tagliate le gambe, ed avessero poi collocato il tronco alla porta d’un
Oreste, la condusse seco insultando al suo rivale : Così in Euripide ed Ovidio. Però questi due autori discordano fra lor
gli uomini che si erano resi celebri con una serie di azioni gloriose ed insieme utili e benefiche ai loro concittadini. P
escelse come sua sposa e n’ebbe un figlio che poi fu chiamato Aollio, ed una figlia per nome Prima. La morte di Romolo pen
solennità, i pubblici affari erano sospesi ; le officine, le botteghe ed i negozì erano chiusi ; la guerra veniva sospesa 
a sospesa ; le armi venivano nascoste, e non si respirava che la pace ed il riposo. Ciò finchè il sacerdote non guidava no
li si vedono impresse tre dee aventi ognuna nella destra una bilancia ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio d
ognuna nella destra una bilancia ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete, di rame, d’argento, e
Esculano. — V. Es. 1827. Esculaplo. — Dio della medicina. I cronisti ed i poeti non sono d’accordo sulla sua nascita. Tal
come simbolo della guarigione. Esistono molte statue e busti in marmo ed in bronzo che rappresentano il dio della medicina
n mostro marino che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio da una terribile pes
i tanto servizio, i suoi invincibili cavalli. L’eroe infatti combattè ed uccise il mostro, ed Esione fu fatta arbitra dell
uoi invincibili cavalli. L’eroe infatti combattè ed uccise il mostro, ed Esione fu fatta arbitra della propria volontà, av
ea muovere in Colchide, alla conquista del Vello d’oro, lasciò Esione ed i cavalli che il re gli aveva donato, a Laomedont
roiana, e dopo pochi giorni, essendosene impadronito, la mise a sacco ed a fuoco ; uccise di sua mano Laomedonte, e dette
rra. Quei popoli sagrificavano a questo dio non solo tutte le spoglie ed i cavalli tolti al nemico in battaglia, ma persin
o di Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle era Aretusa, Egle ed Ipertuosa : alcuni scrittori ne aggiungono una qu
le trafugarono sui loro vascelli. Ercole li sorprese sulla spiaggia, ed avendo appreso dalle rapite, la loro disgrazia, u
ono per purificare le persone che aveano commesso un qualche misfatto ed i luoghi ove il delitto era stato consumato. Lo s
studio dei tempi dell’antichità rivela per altro che presso i romani ed i greci si faceva uso di tal cerimonia in moltipl
n tempio. Quando il reo apparteneva alla classe patrizia, i re stessi ed i personaggi più considerevoli e cospicui, ne com
dio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da Euristeo, re di Micene ; ed Ercole stesso vediamo espiato da Ceixo re di Trac
eriodo di tempo che trascorreva tra una di queste pubbliche cerimonie ed un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossi
rò ? Coro Crateri troverai, lavoro Di dotto fabbro : orlo ne cingi, ed anse. — Edipo Di fronde o lana ? Coro Del rec
e che qualcuno veniva iniziato ai grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e di Priapo. 1839. E
vano quasi in tutte le città della Grecia, e segnatamente in Corinto, ed a cui si dava questo nome in onore di Vesta, dett
. Esta. La parola Estipici deriva da due parole latine Exla, viscere, ed inspicere, considerare. 1844. Estipielo. — Istrum
delle Termopili era posto su questa montagna. 1846. Età. — I cronisti ed i poeti più accreditati della favola, concordano
l pudore. Allora la terra produceva, senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e di m
lora la terra produceva, senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e di miele, che sc
uando correva il periodo dell’età dell’oro, le guerre più fratricide, ed i delitti più atroci, insanguinarono la terra. Sa
corse al suo suocero Adrasto, re d’Argo, e ottenuto da lui protezione ed appoggio, ritornò in patria alla testa di un form
sì perdutamente suo marito che, secondo riferisce la cronaca, domandò ed ottenne dagli dei la grazia speciale di essere ca
crudele Meditando, de’ piè gli fora i nervi Dal calcagno al tallone, ed un guinzaglio Insertovi bovino, al cocchio il leg
dei figliuoli di Atreo, il quale insieme ai suoi due fratelli Melampo ed Aleone vengono soprannimati da Cicerone col nome
. Il loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata di dieci anni ed era creditario nella famiglia. 1886. Eumolpo. — D
nsieme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio di Troja, ed era simile agli dei. ….e il somigliante a nume E
egli decise di andare a Delfo, onde consultare l’oracolo di Apollo ; ed infatti ebbe da questo risposta ch’egli avesse do
appello di uomini, i quali si accingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su di un altare di Diana Triclaria.
itologica narra che avendo Giove giurato che dei due bambini Euristeo ed Ercole, quegli figlio di Micippe, e questi di Ale
anche quel centauro che fu cagione della celebre contesa fra i Lapidi ed i Centauri. Al dire di Omero, durante il convito
l fuori Trasserlo, e orecchie gli mozzaro e nari Con affilato brando, ed el, cui spento Dell’intelletto il lume avean le t
a il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in ordine di battaglia, ed appiccò la zuffa. Ma gli Ateniesi distrussero int
dire vinvitore, da ciò prese Augusto lieto presagio per la vittoria, ed è scritto che riportata che l’ebbe, fece fabbrica
ello delle lettere, fino allora sconosciute, e ciò gli valse la stima ed il rispetto dei popoli Aborigeni, i quali senza n
uesto sacrifizio fu ripetuto una volta l’anno sul monte Aventino. …… ed appressarsi La ’ve per avventura il re quel giorn
culto delle divinità greche ; che avesse istituito i sacerdoti Sali, ed i Lupercali ; e che avesse edificato, sul monte P
ione, i quali venivano nella maggior parte attribuiti al poeta Proclo ed a Orfeo stesso. In essi si conteneva una specie d
a Evocazione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed era di tutte la più solenne e la più frequentemen
tempi di Omero l’evocazione dei morti non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non piccolo numero di persone, ch
di persone, che facevano pubblica professione di evocare i defunti ; ed esistevano molti templi ove si celebrava la cerim
epidemia, onde si andò a consultare l’oracolo per saperne la cagione, ed essere indicato il mezzo onde far cessare il flag
rtà, e a tutti i mali della vita, che similmente essi personificavano ed adoravano, supplicandoli a rimaner sempre lontani
o e fuga. Virgilio — Eneide — Libro X. trad. di A. Caro. I cronisti ed i poeti dell’antichità pagana ci riportano innume
ati concordano sulla opinione che fra i greci si ritenesse come certa ed immutabile la credenza che la caduta di Troja, an
nello intento desiderato fu inviato Ulisse il più scaltro dei greci, ed egli riusci nella impresa affidata alla sulla sag
gacia e condusse allo assedio di Troja Filottete, armato delle famose ed invincibili frecce. La terza fatalità, e la più g
delle famose ed invincibili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte era quella che voleva si togl
o, di Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe era non solo amico ed alleato dei trojani, ma legato coi vincoli del sa
vola — È questo il vocabolo che si dà generalmente ad una narrazione, ed in particolare ai racconti adorni di finzioni. Pr
, e gli eroi più famosi dell’antichità, dei quali il sostrato storico ed informatore, è preso dal vero. Favole filosofiche
quelle la cui invenzione è tutta dovuta all’immaginazione dei poeti ; ed altro non sono che una specie di parabole, sotto
ico, facevano ciò non ostante diretta e limpida allusione alla fisica ed alla morale. 1955. Favore — Dalla voce latina Fav
re e di febbraio, alcune pubbliche cerimonie, in onore del dio Fauno, ed alle quali perciò si dava il nome di Faunali. Que
due piccole corna sulla fronte e i piedi di capra. L’ulivo selvatico ed il pino erano le piante consacrate ai Fauni. 1960
mitologia pagana. Taluni lo fanno figliuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo di Pico re dei
ne di alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui era detto che Nettuno odiava i Feacidi per
e questa Cittade copriria d’alta montagna. Così arringava il vecchio, ed oggi il tutto Si compie. Or via, sottomettiamci o
i dava in generale a tutti i sacerdoti del tempio di Apollo in Delfo, ed in particolare alla sacerdotessa che presiedeva a
in particolare alla sacerdotessa che presiedeva a quello. 1964. Feba ed Ilaria — Così venivano denominate le mogli degli
e lasciava scoperto sino al ginocchio ; avendo nella destra un’anitra ed a fianco un pesce, un aghirone, uccello acquatico
destra un’anitra ed a fianco un pesce, un aghirone, uccello acquatico ed un urna da cui cade un’acqua abbondante. Al dire
durante il mese di febbraio. Queste feste, accompagnate da sacrifizi ed offerte si facevano, al dire di Plinio, per rende
ili famiglie di Roma. Le persone dei feciali erano tenute come sacre, ed essi componevano un collegio tenuti in moltissima
tà — In latino fides, dea che presiedeva al giuramento delle promesse ed alla inviolabilità dei contratti. Presso i romani
n giuramento fatto per la dea Fedeltà, era ritenuto come il più sacro ed inviolabile. Numa fu il primo a costruire un temp
ì aveva nome la famosa figlia di Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deuc
ne, ebbe ricorso ad un infame rimedio onde salvare in faccia al mondo ed al marito, la sua riputazione. Narra la cronaca c
a di una donna giovane e sorridente, con un cornucopia nella sinistra ed un caduceo nella destra. 1979. Femonea — Ai tempi
dei naturalisti è che l’uccello Fenice nasce nei deserti dell’Arabia ed ha una lunghissima esistenza, vivendo da 500 ai 6
o da 500 ai 600 anni. Presso gli scrittori dell’antichità, è concorde ed unanime l’opinione, che fa contare a quattro sole
cristiana, come S. Tertulliano, S. Ambrogio, S. Cirillo, S. Epifanio ed altri, si sono avvalsi nei loro scritti di questa
o amante. Il feci. Reso acceorto di questo il genitore, Mi maledisse, ed invocò sul mio Capo l’orrende Eumenidi. pregando
e fu spedito dai Greci in traccia di Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accompagnò sottò le mura di Troia, e segu
iti sacrificavano a Giove Laziale, un toro e gli offerivano del latte ed altre specie di libazioni. Da principio le Ferie
allorquando Prometeo rubò il fuoco dal cielo lo nascose in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco nel gam
la invocavano dopo le fatiche del campo. 1994. Feste — Straordinarie ed innumerevoli erano le feste, i giuochi pubblici,
resso i popoli della antichità favolosa e sopra tutto presso i romani ed i greci. Questi ultimi particolarmente avevano ta
. Che ti scopron figliuol d’un grande Dio : Non mente Febo e Climene, ed ho pronte Le voglie ad empir meglio il tuo desio 
o, così aveva nome una donna ateniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di volto, della quale le cronache mit
liuolo di Giove. Come che sia il dio Fidio aveva molti templi in Roma ed era venerato con generali divozioni. 2000. Fidola
rarono nelle arti stesse, esercitate da qualche nume come Orfeo, Lino ed altri moltissimi. Tutti coloro che si distinsero
is, Rumina, Levana, Paventia, Carnea, Orbona, Nondina, Deverra, Rumia ed altre. 2003. Fila. — Dalla parola greca φιλεω che
ncipessa ; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza
lla persona ; onde posto piede a terra, la rinchiuse in un suo antico ed abbandonato castello, ove la violò. Ma non potend
ritorno presso la moglie, alla quale ebbe il coraggio di presentarsi, ed a cui affettando il più alto dolore, narrò come l
. A tale annunzio altrettanto funesto per quanto inatteso, la gentile ed affettuosa anima di Progne, fu colpita dal più pr
rto su quelle rocce ove i suoi lamenti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acq
come seguiteremo a vedere nel corso della nostra opera, personificava ed adorava sovente cose assai meno considerevoli. La
reci, racchiudeva le statue dei loro fiumi ; e specialmente in Grecia ed in tutto l’ Italia non vi erano che ben pochi tem
tore Massimo di Tiro, gli Egiziani adoravano con un culto particolare ed esteso in tutte le città e le borgate dell’Egitto
a quale gl’ Indiani adoravano il Gange ; il Reno veniva rappresentato ed adorato, coniandosi persino in suo onore delle me
sacrifizi ; il Clitunno, fiume dell’Umbria, aveva non solo simulacri ed altari, ma perfino un oracolo, e finalmente il Te
ismonta : Fanno Cocito : Dante — Inferno — Canto XIV. il Flegetonte ed il Lete. Ed io ancor : Maestro, ove si trova Fle
o. Al principio della loro istituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ognuno di essi prendeva la sua denominazione indi
sotto un’ alta rupe Vide un’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un di fiume intorno : Ed era il fiume il negro Fl
34. Flora. — Ninfa delle isole Fortunate che i greci chiamarono Clori ed i latini Flora. L’allegoria mitologica rivestita
ben presto, la rapì, la fece sua sposa e le dette l’impero dei fiori ed una perpetua giovanezza. La mère du Printemps, j
un cornucopia da cui cadeva un’ abbondante pioggia di fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il soprannome di madre
atrizia. Al dire di Giovenale, vi si commettevano turpissime oscenità ed infami dissolutezze, riunendosi al suono di una t
igliuolo della Terra e del Mare. Atlante lo vinse in un combattimento ed egli per disperazione si gettò nelle onde. Fin qu
Pubbliche feste che si celebravano in Roma il 15 aprile di ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome di Fordicidie. D
olo seguente. 2049. Fornace. — I romani ne avevano fatta una divinità ed avevano in suo onore consacrata una pubblica fest
del fiume Inaco e fu in compagnia degli altri due fiumi l’ Asterione ed il Cefiso, arbitro fra Giunone e Nettuno, per la
a Fortuna, in cui essa veniva effigiata con un cornucopia nella mano, ed avendo vicino un Cupido alato, per significare, s
tutta Roma, ove essa sola ebbe più templi, altari, statue, sacrifizi ed offerte, di quante non ne ebbero le altre divinit
e dei templi di questa dea, erano del pari infiniti e svariati i nomi ed i soprannomi che i pagani le davano. Così tutte l
Carpazie. Te il fero Daco, il fuggitivo Scita. Te le città paventano ed i popoli. Ed il Lazio guerriero ; Orazio — Ode X
rrendo Su gli omeri all’ irato un tintinnio Al mutar de’ gran passi : ed ei simile A fosca notte giù venia. Piantossi Dell
iantossi Delle navi al cospetto : indi uno strale Liberò dalla corda, ed un ronzio Terribile mandò l’ arco d’ argento. Pri
accolto. 2058. Fulgora. — Nome della divinità che presiedeva ai lampi ed ai luoni ; e che non deve confondersi con l’ appe
esso i pagani, il Fulmine, era il contrassegno della suprema autorità ed è appunto perciò che nel tempio di Diana in Efeso
a continuamente. I patrizi e per sino le dame appartenenti a cospicue ed illustri famiglie si recavano del paro all’ adora
n quando fosse stata fatta la coronazione del novello signore. Comune ed estesissima era la credenza dei persiani, che il
l primo tempio che Zoroastro innalzò nella città di Xis nella Media ; ed era tanta la venerazione che quei popoli avevano
munemente erano tre chiamate con nome particolare di Tesifone, Megèra ed Aletto. Questa è Megera dal sinistro canto : Que
llazioni che rispon lono nel nostro idioma alle parole Rabbia, Strage ed Invidia ; qualificazioni tutte, che si addicono p
i la tradizione mitologica ci fa il più spaventoso ritratto. Discorde ed oltre ogni credere contradittoria è la opinione d
do loro quei genitori che parve meglio convenissero al loro carattere ed alle funzioni a cui erano addette. In fatti secon
figlie : Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia trad. di F. Bellotti. ed altri finalmente asseriscono esser le Furie figli
o della morte, le Furie venivano sempre considerate come dee tremende ed inesorabili, e come sacerdotesse della vendetta d
un sacrilegio. In quasi tutte le città della Grecia sorgevano templi ed altari consacrati alle Furie, e presso i Sicioni,
che si facevano alle Furie veniva loro offerto il narciso, il ginepro ed il zafferano ; e sui loro altari si svenavano con
ite di abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile anche di serpenti nella altra e segu
gorica seguace delle Furie. Veniva raffigurata orribilmente col volto ed il petto coperto di piaghe insanguinate ; con un
attea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa, che gli eroi avevano access
grembo ad Aci mio, tra’ fiori e l’ erba : Ben la sua voce allor cruda ed altera Passò, per quel che udii, la nona sfera.
dove fu raccolta dalle Nereidi sue sorelle. Lo persegue il Ciclope, ed abbrancata Una roccia che parte era del monte, La
ambino, consultò gl’indovini Galeoti per sapere la sorte del figlio ; ed essi le risposero che il fanciullo sarebbe stato
o Tratto tra i Galli e il Frigio suol sappiamo ? Infra l’ alta Celene ed il frondoso Cibele, disse, un fiume si presenta,
nome alla più alta sommità del monte Ida, dove Giove aveva un tempio ed un altare a lui consacrati. Al dire di Omero, fu
onisti dell’antichità, non si faccia particolare menzione di una vera ed unica denominazione delle tre Grazie ; pure è qua
si volesse ritenere che ogni uomo nascendo avesse due Genii, il buono ed il cattivo. Assai di sovente i geni sono stati ra
nte Geni, prendendo cura di quelli che rimanevano della loro famiglia ed erano pacifici e consolatori. Altri poi, si crede
con nome particolare Geni familiari ; e i secondi Dei Lari. Agli uni ed agli altri si dava il nome collettivo di dei Mani
rti. Si dava anche il nome di Genio ai dei Lari, ai Lemuri, ai Penati ed ai Demoni. V. queste differenti voci. 2101. Genis
nei suoi commentari, non avevano altre divinità che il Sole, la Luna ed il fuoco ossia Apollo, Diana e Vulcano. Tacito pe
ie molti altri numi adorati dai Germani, e fra questi Marte. Mercurio ed Ercole, a cui offrivano sacrifizi d’umane vittime
o Apollo, il quale la sorprese, e ne ebbe un figlio, che fece nudrire ed educare in Delfo — Eretteo intanto, inconsapevole
e lo adottò. Giano divenuto adulto, dotato di un animo intraprendente ed ardito, si pose alla testa di un forte stuolo di
n Italia, ove si dette ad incivilire quel popolo da principio barbaro ed incolto. Estesissimo ora in Roma il numero dei te
odici altari consacrati a Giano, indicanti ognuno un mese dell’anno ; ed ed ifificati al di là della porta Gianicola fuori
ci altari consacrati a Giano, indicanti ognuno un mese dell’anno ; ed ed ifificati al di là della porta Gianicola fuori le
rato dal dio Giano. Narra la cronaca alla quale si attengono Macrobio ed Ovidio stesso, che allorquando i Sabini cinsero d
l’Oceano, da cui ebbe quattro figliuoli : Prometeo, Menezio, Epimeteo ed Atlante. I grecî riconoscevano Giapeto come capo
ce per prolungare l’esistenza del suo amatissimo genitore già vecchio ed infermo. Comparso intanto era a la cura lapi D’I
la tradizione, che avendo l’oracolo predetto a Pelia, zio di Giasone ed usurpatore del trono, che sarebbe stato alla sua
iasone all’età di venti anni, e sospinto dalla sua indole avventurosa ed ardita, e mal sofferendo di rimanere ancora nasco
all’usurprtore Pelia, la restituzione di quel diadema che era paterno ed esclusivo retaggio del giovanetto. Giasone seguì
spargere per tutta la Grecia la nuova della prossima sua spedizione, ed ebbe la gioia di vedere che il fiore della nobilt
vi aveva lasciato, — V. frisso — e che veniva custodito da un enorme ed orrendo drago, e da due tori furiosi che vomitava
coronare la difficile e pericolosissima impresa, bisognava combattere ed uccidere il dragone mostruoso che vegliava del co
rato a Marte, fuori le porte di Colco, onde assistere alle differenti ed ardue prove che il giovanetto eroe si accingeva a
nsi obblighi da lui contratti verso Medea ; e calpestando le promesse ed i giuramenti, la ripudiò per sposare Creusa, figl
ei segni o caratteri di cui particolarmente si servirono gli Egiziani ed i Caldei, per esprimere senza parlare i loro pens
sovente ripetute dai Gieroglifici, non solo per le diverse attitudini ed usi delle differenti membra del corpo dell’uomo ;
no ad un ordine distinto fra i ministri del culto religioso di Atene, ed erano destinati particolarmente all’insegnamento
ei sacerdoti, i quali presiedevano alla spiega dei misteri religiosi, ed alle cerimonie del culto. Altri vogliono invece c
facevano di tutta la dottrina della loro religione. Finalmente altri, ed il cronista Suida fra questi ultimi, asseriscono
l sangue che grondò dalla ferita di Urano ; mentre Apollodoro, Ovidio ed altri ; ripetono che i Giganti fossero figli dell
elo, imponendo sulla montagna chiamata Pelio, le alire due dette Ossa ed Olimpo Ma coraggio no perde la terrestre Stirpe,
re volte all’arduo ciel diero la scossa. Sovra Pel o imponendo Olimpo ed Ossa. Monti La Musogonia — Canto. e scagliaron
del sommo Gione. Allora fu che Pallade Minerva, vedendo lo scompiglio ed il terrore che aveva invaso tutti gli animi, e ri
e seguì il salutare consiglio che le veniva dalla dea della saggezza, ed in fatti, aiutato nella disastrosa battaglia da E
trad. di A. Caro. Porfirione, Eurito — V. Eurito — I due Aloidi Oto ed Efialte. — V. Aloidi ed Efialte. Questo superho
irione, Eurito — V. Eurito — I due Aloidi Oto ed Efialte. — V. Aloidi ed Efialte. Questo superho voll’esser sperto Di sua
e — Inferno — Canto XXXI. Pallante, Agrio, Polibote, Tizio, Graziano ed altri, ed il terribile Tifeo che valse egli solo,
o — Canto XXXI. Pallante, Agrio, Polibote, Tizio, Graziano ed altri, ed il terribile Tifeo che valse egli solo, al dire d
a, sotto il nome di Giganti, le cronache della favola e gli scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno continua menz
di nave ; e che appena toccato si ridusse in polvere, meno tre denti, ed una porzione del cranio, che furono portati nella
ente. 2151. Gige. — Uno dei formidabili Giganti che insieme a Briareo ed a Cotto suoi fratelli, dettero l’assalto a Giove,
esta professione, la terra si sprofondo in diversi punti per continue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza di penet
disco o piastrella, la lotta detta auche pancracio, l’asta, il salto ed il pugillato. Fra tutti questi esercizii la corsa
cco furore dell’odio — V. Eteocle e Polinice — e due figlie, Antigone ed Ismene. Al dire di Sofocle, Giocasta appena scope
si scrittori sono combattute da vari antori antichi, fra cui Pausania ed Omero, i quali asseriscono che l’incesto di Gioca
graziati. Secondo si rileva dalle cronache dell’antichità, gli Egizii ed i Caldei furono i primi a fare codesta distinzion
à, gli Egizii ed i Caldei furono i primi a fare codesta distinzione ; ed i romani ed i greci non fecero che seguire le orm
i ed i Caldei furono i primi a fare codesta distinzione ; ed i romani ed i greci non fecero che seguire le orme di quelli,
a consimile distinzione. Esiodo, nel suo trattato intitolato Le opere ed i giorni, ci ha trasmesso un esatto catalogo dei
i detronizzare il padre, onde impadronirsi del regno dell’ universo ; ed avendogli la Terra predetto, che egli non avrebbe
a, e avendo ordinato ai Ciclopi di fabbricargli il fulmine, il tuono, ed il lampo, se ne servi per detronizzare il padre s
uoi fratelli, Nettuno e Plutone, dando al primo il regno delle acque, ed al secondo quello dell’ inferno. Sterminato è il
nto e di Minosse Padre mi fece. Nè le due di Tebe Beltà famose Sémele ed Alcmena, D’Ercole questa genitrice, e quella Di B
di Apollo e Diana ; dalla propria moglie Giunone ebbe Vulcano, Marte ed altri figliuoli, e da Mnemosina nove figliuole ch
e del Destino V. DESTINO. Il culto di Giove e i misteri, le cerimonie ed i sacrifizii che lo accompagnavano, erano sparsi
avano, erano sparsi universalmente come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono
he ordinariamente si sacrificavano a Giove, erano la pecora, la capra ed il toro bianco, del quale si doravano le corna pr
rna prima del sacrificio. Similmente venivano a lui offerte la farina ed il sale, mentre sulle are di questa onnipossente
suo invincibile potere, che dalle sfere supreme si estendeva agli dei ed agli uomini : e finalmente l’aquila, che con le a
benignamente i voti e le preghiere di tutti. A somiglianza del largo ed esteso numero delle mogli e dei figliuoli di Giov
da ignoti genitori, e che si fosse fatto poi conoscere dagli Arcadi, ed avesse esercitato su di loro un potere quasi mist
uasi divino l’uomo al quale essi andavano debitore di un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere la origine di lui, l
d’ Inaco ; nell’ isola di Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è padre di Minosse e di Radamanto ; e poi il Giov
a ; e dando a Plutone le province dell’ occidente, fino alla Spagna ; ed a Nettuno la supremazia su tutti i mari. È questa
e ritenere questi tre fratelli come altrettante divinità onnipotenti, ed esclusivamente indipendenti l’una dall’altra nell
a, due erano le divinità che presiedevano alla giovanezza, cioè : Ebe ed Orta. I romani a queste ne aggiungevano una terza
un cerchio su cui erano seguati alcuni caratteri cabalistici, lettere ed altre figure. Coloro che eseguivano questa divina
ipitò Saturno, mi nudriro Ne’lor soggiorni, e m’educàr con molta Cura ed affetto. OMERO — Iliade — Libro XIV. trad. di V.
uole del fiume Asterione, conosciute sotto il nome di Porsinna, Eubea ed Acrea. La tradizione mitologica racconta che Giov
ettanti oltraggi conjugali, dandosi in braccio al gigante Eurimedonte ed a molti altri. Nè paga a ciò, insieme a Minerva e
igante Eurimedonte ed a molti altri. Nè paga a ciò, insieme a Minerva ed a Nettuno, cospirò contro Giove, onde detronizzar
in Asia, nell’impero di Cartagine, in Egittò e nella Siria. In Italia ed in Grecia si trovavano da per ogni dove templi, o
talia ed in Grecia si trovavano da per ogni dove templi, oratori, are ed oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città
à. Anche il papero e lo sparviere erano gli uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione per la quale si vedono auche
e i romani, offerivano generalmente a Giunoue il papavero, il dittamo ed il granato ; e l’animale che le si sacrificava er
llativi e soprannomi ; alcuni dai nomi dei luoghi in cui era adorata, ed altri moltissimi da qualche suo attributo. I più
2176. Giuoehi — Il culto religioso dei pagani sopratutto fra i greci ed i romani aveva reso sacri questa specie di pubbli
a per mezzo di questi esercizi, amore alle cose militari e marziali ; ed i giovani si rendevano più disposti, più svelti,
a quanto in Grecia, erano i giuochi detti Olimpici, i Nemei, gl’Istmi ed i Pilj, che erano tenuti in grande considerazione
finalmente i giuochi detti Neroniani, i secolari, i romani, i trojani ed infine i giuochi detti funebri, celebrati con gra
a descrizione dei solenni giuochi, celebrati nella corte di Alcinoo. ed io quando l’Aurora Tranquillo e queto il nono gio
rende ragione di simile tradizione col dire che gli dei essendo beati ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume
ustizia — A questa divinità i greci davano il nome proprio di Astrea, ed i romani quello di Temi ; sebbene vi sono varii s
chi e una spada nella mano. I greci la raffiguravano con una bilancia ed una spada nuda, per dinotare che la giustizia pre
ci ripete che Giove, innamoratosi di lei, la richiese dei suoi favori ed ella aderì volentieri volentieri alle voglie del
Le cronache raccontano, che Giuturna, informata da Giunone che Turno ed Enea avrebbero posto fine a la guerra che sostene
ettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e di Eutea. La tradiz
nelle vi. scere e nel cuore ; e fu immantinenti colpito da un ardente ed indomabile desiderio di cangiar natura ; per modo
ra riconoscendolo per l’uomo cui accennava l’oracolo, lo elessero re, ed egli pose fine a tutte le loro dissensioni. Mida
alle Arpie, ai Ceutauri e agli altri mostri, dimoravano nell’inferno, ed avevano la special cura di punire i dannati. Esse
punire i dannati. Esse erano individualmente chiamate Medusa, Steno, ed Euriala. Al dire di Esiodo, esse soggiornavano al
scrittore, le Gorgoni non avevano fra tutte e tre che un occhio solo, ed nu sol dente, di cui si servivano a vicenda l’una
loro capellatura era formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; ed un solo loro sguardo valeva ad uccidere un uomo.
gge, abitatrici delle Gorgati, da cui venne loro il Lome di gorgoni ; ed aggiunge che il solo Annone, generale dei cartagi
a andare la femmina. Gracco allora, amando teneramente la moglie sua, ed essendo già iu età molto avanzata, pensò che era
a ultima asserzione più divulgata, le Grazie avevano nome Talia, Egle ed Eufrosina. Presso i popoli dell’antichità ve ne e
li stessi Ateniesi avevano la medesima credenza, e le chiamavano Auxo ed Egemone. Per contrario in altre città della Greci
andate di fiori, vestite di lunghe tuniche dorate e col viso, le mani ed i piedi d’una bianchezza marmorea. Comunemente un
ie come vergini ; sebbene Omero ne dà una per moglie al dio del Sonno ed un’altra a Vulcano. Un uso assai strano erasi ado
empre circondate dei più brutti e lurudi satiri ; e sovente le statue ed i simulacri di questi ultimi, eran vuoti nello in
sogonia — Canto. La primavera era la stagione consacrata alle Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani aveano la cost
vera era la stagione consacrata alle Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani aveano la costumanza di cominciare tutti
tte e puntute. Molti scrittori dell’antichità, fra cui Eliano, Solino ed Erodoto, han creduto che simili mostri esistesser
vano a questi favolosi animali, un senso allegorico molto più elevato ed importante. Infatti presso gli egiziani, le due c
cronache mitologiche, solamente perchè in essa Apollo aveva un tempio ed un bosco a lui consacrato. I poeti antichi chiama
dire nell’inverno, dalla levata del sole fino alle 3 del pomeriggio ; ed in estate del sorgere del sole fino a mezzodi. Ne
, dio della morte e della suprema felicità : almeno così era ritenuto ed adorato da tutti gl’isolani dell’arcipelago. Un’a
oro massiccio, la quale stringeva sette frecce dell’istesso metallo, ed a cui dettero il nome di frecce della sorte. È pr
nifica splendore infinito. Secondo la tradizione, Hopamè regnava solo ed indivisa nella parte occidentale del mondo. I
bbe riportato in premio la mano di Penelope. Ulisse riportò il premio ed ebbe infatti in moglie la bellissima giovanetta.
ga dall’isola di Creta. Prima di mettersi in viaggio Dedalo, prudente ed accorto, esortò caldamente il figliuolo a non vol
nati di successo, e trasportato dalla foga propria dell’età giovanile ed inesperta, Icaro spinse l’audace suo volo troppo
volo troppo oltre le nubi, così che i raggi del sole, saettando caldi ed infuocati le spalle del temerario giovanetto, liq
onargli la morte. Presso i pagani l’Icneumone era consacrato a Lucina ed a Latona. 2233. Icziomanzia. — Dalla parola greca
e Numa Pompilio. La seconda era in grande estimazione presso i greci, ed è scritto che Pitagora stesso, se ne servì per tu
flanassa, Qual più d’essa il talenta a sposa ei prenda Senza dotarla, ed a Peleo la meni. Omero — Hiade — Libro IX trad.
enne facilmente a capo, con la protezione di Apollo, del suo intento, ed infatti, poco tempo dopo, ridonata completamente
stinto santissimo della madre suggerì a Feletusa una pietosa astuzia, ed ella fece credere al marito che si fosse sgravata
a dell’inatteso cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere su di un
olta al suo primo rapitore, avesse nella città di Argo, dato i natali ed una bambina, che fu appunto questa Ifigenia ; e c
ico francese ; e dove chiama Erifile, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamennone e di C
pensiero della grandezza e del benessere della patria, trionfò in lui ed egli condiscese a sacrificare la propria figliuol
ggio fino ad accompagnare ella stessa la vittima innocente all’altare ed offrirne il seno denudato al flamine sacrificator
Il soggetto di quest’altra tragedia altro non è che la continuazione ed il compimento dell’idea informatrice di quella in
 ; e Pancratide ebbe la fortuna d’esser vinta dal re stesso dei Traci ed Ifimedia da uno dei favoriti. 2255. Ifito. — Re d
nsò di recarsi in persona a Delfo per consultare l’oracolo di Apollo, ed avere così il mezzo di far cessare tante sciagure
i pagani rappresentavano Igiea, sotto la figura di una donna giovane ed imponente d’aspetto ; coi tratti del volto d’una
momento istesso che stavano per dare la loro fede di spose, a Linceo ed Ida, cugini germani dei due divini gemelli. Narra
cugini germani dei due divini gemelli. Narra la tradizione che Linceo ed Ida ricorsero alle armi, per vendicare l’offesa m
marito, fece passare Difilo figlio di Polinnestore, come suo fratello ed allevò iuvece con ogni materna sollecitudine il p
rtare nel tempio consacrato alla dea Ilizia, una moneta, alla nascita ed alla morte di ogni persona, e ripetono che il sag
con la morte di Euristeo non ebbe fine l’inimicizia fra gli Eraclidi ed i Pelopidi ; e la guerra minacciava di durar Inng
o disegno e con l’ajuto del travestimento e della sua fisonomia dolce ed imberbe fu ricevuto fra le dame ateniesi. Mentre
e alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apollo e di Calliope. I pagani
issimo, coronato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra ed un velo di color giallo nella sinistra, e ciò, se
asserisce Servio, Lirœ o Imprecazioni nel cielo ; Furie sulla terra, ed Eumenidi nell’inferno. La credenza religiosa dei
a avevano i greci fatta una divinità e le aveano consacrato un altare ed un uccello, propriamente la pernice, che nòn sapp
zia sul regno di Argo. A giudici della contesa furono chiamati Inaco, ed altri due fiumi, del paese e questi di comune acc
Inaco fu padre di varii figliuoli di cui i più ricordati sono Foraneo ed Io. 2277. Inarima. — Piccola isola del mar Tirren
2281. Indovinazione. — Detta anche divinazione. Dallo studio continuo ed accurato dei più rinomati scrittori e cronisti de
quanto potea succedere col passare degli anni, riportando congiunture ed avvenimenti, presso a poco simili a quelli già co
denze : tanto più poi perchè l’uomo per sua natura preoccupato sempre ed inquieto dell’avvenire, ha cercato sempre di pene
lla indovinazione, una scienza arcana e misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono di formarne una scienza
sorridente ; dallo sguardo dolce e malinconico ; e seduta tra un toro ed un bue, forse per indicare che l’indulgenza amman
he Enea discese nei regni della morte, traversando il lago d’Averno ; ed Omero ripete, che Ulisse per scendere all’Inferno
a. A tale uopo, comandò alle furie di turbare la ragione di Atamante, ed egli infatti percosso nello intelletto dalle terr
i, credè che il suo palagio fosse trasformato in un bosco ; la moglie ed i figliuoli in fiere, e in un accesso di questa a
Panopea, seguita da altre cento najadi, sue sorelle, ricevè la madre ed il fanciullo fra le sue braccia e li condusse ent
i statue erette a questa divinità ; e solo alcuni autori come Luciano ed Ovidio, ci hanno trasmesso delle descrizioni di q
rriti Successi : e questi rivolgendo in mente Intisichisce, e sè rode ed altrui. E porta in se medema il suo castigo. Ovi
e, le mise d’innanzi un fascio d’erba. Commossa Io dall’atto cortese, ed avendo riconosciuto suo padre, lambì a lui le man
i in atto di riconoscenza, mentre due lagrime le caddero dagl’occhi ; ed in mancanza della parola, segnò sulla sabbia col
offrire alla sventurata giovanetta, mandò Mercurio ad uccidere Argo : ed infatti avendo un giorno Mercurio sorpreso nel so
o qualche tempo lo dette alla luce un bambino, che fu chiamato Epafo, ed ella stessa fu adorata sotto il nome d’Ifide come
nto il Nilo. Del paese all’estremo evvi Canopo Città posta alla foce ed alle dune Del Nil vicina : ivi al primiero stato
i altri corpi che occupano lo spazio ; marcò distintamente il periodo ed il ritorno delle stagioni, che sono la conseguenz
ella chiamata Basilea, che lo rese padre di due figliuoli, un maschio ed una femmina ; il primo che fu chiamato Elio, e la
li, che aveano all’intorno nella parte esterna due ordini di colonne, ed altrettanti nella parte interna, rimanendo scoper
porte, e che sorgeva nella strada che da Falera conduceva ad Atene ; ed il secondo ricorda il tempio di Giove Olimpico, n
no nell’ interno. Il solo Epito, figliuolo d’Ipoteo, spezzò la fascia ed entrò arditamente nel sacro recinto, quasi disfid
della Tebaide a visitare S. Paolo eremita, incontrò un Ippocentauro, ed aggiunge che l’ Africa produceva sovente di tali
te in moglie a Teseo, dopo di aver distrutta le Amazzoni a Temiscira, ed uccisi i suoi due fratelli Amico e Migdone. Egli
lta schiuma dintorno, al lido lende. Alla mira del cocchio, e giunge, ed ecco Dal tempestoso immane grembo crutta Portento
dominava la pianura ove Ippolito eseguiva i suoi esercizii equestri ; ed aveva così agio a vedere il giovanetto bellissimo
il dio Ipsisto come il padre degli dei ; nè più nè meno che i romani ed i greci ritenevano il loro Giove. 2323. Ipsuranio
due, secondo l’ opinione del cennato scrittore avevano, nome Ocipeta ed Ello. Iride era similmente chiamata quella divini
er sorella, perchè in lingua greca questa parola vuol dire tempesta ; ed infatti l’apparizione di quella meteora non si re
entar padre, chiese agli dei che gli avessero conceduto un figliuolo, ed infatti dopo poco tempo, sua moglie dette alla lu
l’ antichità per aver fatto costruire dai celebri architetti Trofonio ed Agamede, un grande edifizio onde rinchiudervi i s
i religione. Molti autori moderni, come il padre Kirker, il Pignorio, ed altri, han tentato di spiegare le numerose config
ittà, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisaccia a tracollo ; e portavano sovente sul
citato scrittore ad una strana tradizione egizia, aggiunge che Iside ed Oriside concepiti gemelli, si erano congiunti coi
l’ istesso momento in che nacque, era già gravida di un figlio. Iside ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivend
re conoscenza andavan loro debitori. In seguito si disse che Osiride, ed Iside erano andati a dimorare nel sole e nella lu
ndo asserisce il cronista Eliano, nella città di Alessandria, a Copto ed a Bubaste. Pausania ripete, che la dea Iside era
ne del morte e frammischiarla a quella degli animali portati in dono, ed egualmente tagliati in minuti pezzi ; poscia in u
una dote, come è uso dei moderni, dovea fare ricchi donativi al padre ed alla madre della sposa, prima e dopo il loro cons
iuochi prese occasione dall’istmo di Corinto, dove furono istituiti ; ed aggiungono che i giuochi istmici ebbero la loro i
giuochi istmici, imperocchè si sarebbero sottratti alle imprecazioni ed agli anatemi che Moliona, moglie di Attore, aveva
nti avevano un’ antica loro tradizione, la quale ripeteva che Nettuno ed il Sole avevano avuto fra loro una contesa, prete
arte attiva a codeste turpitudini, cantando in onore di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — Figlio di Zeto e d
legorica delle due divinità, i pagani volevano alludere alla prudenza ed alla industria, che è la fonte della ricchezza. 2
greci dopo la morte di Jolao, gl’ innalzarono varii eroici monumenti, ed in suo onore eressero un altare nella città di At
ndono che ella fosse figlia di un re della Lidia, per nome Giardano ; ed altri, segnatamente Ovidio e Sofocle, che ella fo
del proprio figlio, incaricò Mercurio di andare in soccorso di lui ; ed infatti Mercurio, recatosi alla grotta ove Creusa
i. Così Tei-Kuan presiede alla nascita degli uomini, all’ agricoltura ed alla guerra : Zui-Kuan, al mare ed alle navi : e
ita degli uomini, all’ agricoltura ed alla guerra : Zui-Kuan, al mare ed alle navi : e finalmente Tan-Kuan alle procelle,
due al diritto, e due al sinistro lato ; delle quali però, una destra ed una sinistra, sono levate in aria, e le altre due
imo come padre della famosa dea Keasaire, il secondo come suo marito, ed il terzo come suo fratello. Però è a notare che,
oghi di essa, e finalmente soccombono nella loro impresa. 2388. Kasia ed Anna. — Presso i giapponesi, sono questi i nomi d
odo, nelle sue opere, qualifica Ker come un dio, figlio della Notte ; ed aggiunge che abitualmente veniva raffigurato con
giammai, affidò il figliuolo Krisna ad un re pastore per nome Nunda, ed alla moglie di lui detta Jasciada ; e questi non
ad Echeone, figliuolo di un cittadino di Corinto per nome Echecrate, ed ebbe da quello un figliuolo che fu chiamato Cipfe
e tutte le mura erano letteralmente coperte di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran po
. Divenuto adulto egli sposò una figlia di Eurota, re della Laconia ; ed avendo ereditato il regno del suocero, dette alla
g o tempo, desolò il paese di Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in memoria di questo fatto fece edificare un temp
nne famosa nei fasti del paganesimo per aver dato i natali a Milziade ed a Cimone figlio di lui, che entrambi andarono ann
lcuni scrittori dell’antichità che chiamano questo nume Lacteus Deus, ed altri ancora che ne fanno una dea chiamata Lactur
o, si dava questo soprannome a Minerva, perchè presiedeva alla guerra ed alla divisione delle spoglie e del bottino. 2411.
sero un tempio alla sua memoria, sotto il nome di Lamia-Venere. Lamia ed Aussesia erano finalmente i nomi di due divinità
finalmente i nomi di due divinità venerate particolarmente in Trezene ed in Epidauro. La cronaca a cui si attiene Pausania
Epidauro. La cronaca a cui si attiene Pausania stesso, dice che Lamia ed Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali n
riguardato dai pagani come dio del fuoco e inventore delle lampadi ; ed in quelle di Prometeo che, secondo la favola avea
ri tre cavalli bianchi del carro solare aveano nome Atteone, Filogeo, ed Eriloo, che altri scrittori chiamano anche Eritre
Tenedo si videro strisciare sulla superficie delle acque due orribili ed enormi serpenti, che slanciandosi sulla riva, sib
la moglie al virtuosq Bellerofonte tre figliuoli, Isandro E Ippoloco, ed alfin Laodamia Che al gran Giove soggiacque, e pa
l popolo, cieco di furore contro la madre spietata, invase tumultuoso ed iracondo le più riposte camere della reggia, e im
itale del suo regno, si fosse servito dei tesori consacrati ad Apollo ed a Nettuno e depositati nel loro tempio, prometten
essi celebravano in memoria di due giovanette cretesi, chiamate Lamia ed Aussesia, le quali morirono lapidate. V. Lamia ed
esi, chiamate Lamia ed Aussesia, le quali morirono lapidate. V. Lamia ed Aussesia. 2436. Lapis. — In memoria della pietra
entauri furono quasi distrutti dai Lapiti, alla cui testa erano Teseo ed Ercole. 2438. Lara. — Figlia del fiume Almone. N
disse ; È della Ninfa Giuturna il tuo marito amante. Giove ne freme : ed a lei toglie quella Lingua, cui così male essa go
madre di due gemelli che poi furono detti, dal nome della madre Lari, ed a cui varii scrittori danno anche il nome di Laru
l’andare degli anni i morti vennero sepolti lungo le strade maestre ; ed allora fu che i Lari o Penati furono considerati
bre. Quando Espero tre volte indi la bella Sua faccia avrà mostrata, ed avrà ceduto Tre volte il loco al Sol, vinta ogni
iuola Lavinia in consorte. Ma i suoi popoli si opposero a questa lega ed obbligarono invece Latino ad armarsi contro d’ En
ridente sorgere, dal fondo dell’oceano, l’isola galleggiante di Delo, ed ivi Latona potè in pace sgravarsi. Però appena la
nella città di Butite con gran pompa e splendore. Anche i Tripolitani ed i Galli avevano una particolar divozione per ques
conosciuto con l’appellativo di S. Giovanni di Laona. Presso i greci ed i romani, le donne adoravano Latona come protettr
sanato offrì alla dea Latona onori e sacrifizii solenni. 2451. Latria ed Anasandra. — Figliuole gemelle di Tersandro, re d
di Licurgo. 2452. Lavazione. — Era questo il nome che i romani davano ed una festa, che essi celebravano annualmente in on
Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna, dove gli assassini ed i ladri si riunivano a dividere il bottino, dopo
on gl’anni si vide scopo alle ricerche matrimoniali di molti principi ed eroi del Lazio e dell’ Italia. Sola d’un sangue
dopo infatti Enea, coi suoi trojani, approdò sulle spiagge del Lazio, ed ebbe a sostenere, contro Turno re dei Rutuli, una
he Ascanio fu costretto a ricercare della matrigna e a cedere ad essa ed al figliuolo Silvio il governo della città di Lav
elle acque del fiume Eurota in Laconia, si fosse trasformato in cigno ed avesse ordinato a Venere di cangiarsi in aquila e
rito un uovo, il quale trovato e covato da Leda, si fosse poi schiuso ed avesse dato alla luce Castore, Polluce ed Elena.
Leda, si fosse poi schiuso ed avesse dato alla luce Castore, Polluce ed Elena. 2466. Leena. — Più comunemente conosciuta
quell’acqua, dimenticò il marito Cadmo. 2481. Lettisternio. — Solenne ed imponente cerimonia religiosa, che i romani compi
nio in un sontuoso e splendido banchetto, che per più giorni, in nome ed a spesa della repubbblica, si dava alle principal
nome ed a spesa della repubbblica, si dava alle principali divinità, ed in uno dei loro templi, credendosi che gli dei, a
ero le anime degli eroi. Al dire di Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua in quell’isola, nella quale, secondo i
Crotona. Narra la cronaca, che quando ardeva la guerra fra i Locresi ed i Crotoniati, quelli, a motivo della loro affinit
oi proprii occhi nell’isola di Leuce, i due Aiaci, Achille, Patroclo, ed Elena stessa, la quale sposata ad Achille, aveva
ppidi. — Nome collettivo deile due figliuole di Leucippo, dette Febea ed Ilaria che furono rapite da Castore e da Polluce.
agli abitanti di restare nella loro città e di placare con sacrifizii ed offerte la corrucciata ombra dell’ eroe, a cui bi
ioni di lui, che disperato d’esser stato vinto, si precipitò nel mare ed Eutimo sposò la giovanetta che avea così miracolo
i dell’ antichità danno assai di sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani lo invocavano con questa appellazione, q
animali domestici, il gatto è quello che non soffre alcuna violenza, ed ha un istinto d’indipendenza dichiaratissimo. 250
fano chiamato l’erario di Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed amico di Ercole, che lo ebbe carissimo, e che non
il cennato poeta, aggiunge che il corpo di Lica s’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in uno scoglio, che si vedeva ne
sorabile contro il misero Licaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise di sua mano, immergendogli i
sgozzare un soldato Molosso, che riteneva in ostaggio, presso di sè, ed approntò le membra di lui, onde servirle la sera
o gli armenti, e ancor del sangue esulta. Le vesti in peli cangiansi, ed in gambe Le braccia : lupo fassi, e delle antiche
a verità di quanto asseriva il loro padre, ebbero ricorso ad un truce ed iniquo mezzo, ed avendo fatto uccidere un fanciul
o asseriva il loro padre, ebbero ricorso ad un truce ed iniquo mezzo, ed avendo fatto uccidere un fanciullo, mescolarono l
verso il cadere del sole, una violenta tempesta si scatenò, impetuosa ed irrestibile, e il fulmine cadendo con orrendo fra
i Argo al re Gelanore, gli accadde un giorno d’incontrarsi in un toro ed un lupo che combattevano insieme, e dopo poco vid
avesse fatto ritorno in Sparta. La sua volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora partì, ma invece di andare a Delfo, s
fe, protettrici dei prati. 2540. Lince. — Animale consacrato a Bacco, ed a cui i pagani accordavano la strana prerogativa
cisione che Danao avea ordinato alle sue figliuole. V. Danao, Danaidi ed Ipernestra. Alla morte del suocero, Linceo salì s
no in cui quegli era immerso, tentò di ucciderlo a colpi di pugnale ; ed avrebbe compiuto l’ infame attentato se la dea no
e, mentre altre opinioni pre tendono che l’inventore ne fosse Orfeo ; ed altre finalmente Apollo e Mercurio. La lira avea
, sotto l’appellazione di Lucifera, è anche considerata come la Luna, ed allora veniva raffigurata dai pagani con una luna
’una matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella destra, ed una lancia nella sinistra ; ma più comunemente se
nella mano destra una specie di giglio. Lucina era anche detta Ilitia ed Olimpica, e sotto quest’ultimo nome aveva un temp
e detta Ilitia ed Olimpica, e sotto quest’ultimo nome aveva un tempio ed una sacerdotessa presso gli Eliani. 2564. Lucinia
di questi due splendori della creazione, e riconoscenti agli effetti ed ai vantaggi che essi ne ritraevano, si persuasero
le principali e supreme divinità, e che avessero diritio al rispetto ed alla religiosa venerazione degli uomini. Ma come
così credettero che fosse animata ; e vedendo le fasi sempre eguali, ed il suo corso costantemente lo stesso nell’ampia v
lte nel culto che i primitivi popoli della terra, tributarono al Sole ed alla Luna. Secondo quello scrittore, tutte le div
llo di Alizat ; i persi, con quello di Militra ; e finalmente i greci ed i romani, colla denominazione di Artemide e più c
mondo antico ove la più cieca superstizione aveva un impero assoluto ed estesissimo su tutte le menti, si vantavano d’ave
settimana era, forse dal suo nome medesimo, consacrato a Diana Luna, ed è forse per questo che sui ruderi dei monumenti a
vano la dea Luna, andavano facilmente soggetti al potere delle donne, ed erano dominati da esse ; mentre per contrario gli
ati da esse. Da ciò nasce, sempre al dire di Sparziano, che gli egizi ed i greci, se pure comunemente avessero chiamata la
mente le donne, che per altro ricevevano quei colpi assai volentieri, ed andavano incontro a quei giovani nella credenza c
accortisi del fatto, si spogliarono sollecitamente delle loro vesti, ed avendo raggiunti i ladri, tolsero loro la preda.
785 Bettille » ivi 786 Beza » ivi 787 Bianor » ivi 788 Bibesia ed Edesia » ivi 789 Bibli » ivi 790 Biblosa o Bi
o » ivi 1418 Dendrolibano » ivi 1419 Derceto » ivi 1420 Dercile ed Albione pag. ivi 1421 Despena » ivi 1422 Dest
tee » ivi 1565 Efestione » 119 1566 Efestrie » ivi 1567 Efialte ed Oto » ivi 1568 Efialti » ivi 1569 Efidriadi »
1 Faustolo » 181 1962 Feacidi » ivi 1963 Febade » 182 1964 Feba ed Ilaria » ivi 1965 Febea o Febe » ivi 1966 Feb
2386 Kaor-Bus » ivi 2387 Kapa, Laighne e Luassat » ivi 2388 Kasia ed Anna » ivi 2389 Kekki » ivi 2390 Ker » ivi
48 Latmo » 286 2449 Latobio » ivi 2450 Latona » ivi 2451 Latria ed Anasandra » 287 2452 Lavazione » ivi 2453 Lav
za, a nome Pelasgo. I Pelasgi, seguendo le tradizioni più accreditate ed i ricordi dei poeti, degli storici e dei geografi
rsi nelle prestoriche età, sul continente della Grecia. sulle spiagge ed isole del mare Egeo, nonchè nell’ Asia minore e n
comunanza e il vincolo della lingua, che resistette ai conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntu
nazionali ; le istituzioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effet
i genitali straordinariamente sviluppate, e con in mano un cornucopia ed una falce. 13. Gnostici, professanti lo Gnostic
o secolo dell’era volgare, e siccome ciascuno di essi aveva principii ed idee proprie e particolari, cosi ne venne la fond
iti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgomentarono la chiesa cattolica
iti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgomentarono la chiesa cattolica
iti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgomentarono la chiesa cattolica
esto tempio gode il privilegio di asilo per ogni sorta di colpevoli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi da più musulma
i si divisero in meccaniche e liberali. I greci le coltivarono tutte, ed in tutte colsero le più nobili palme. Essi furono
ata sarebbe riuscita meno proficua esercitando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contem
e dirupata e quasi perpendicolare da ogni lato, e soprattutto all’est ed al sud. Marmocchi — Diz. di geografia universale
o da quella. che da questi ; ma non consentendoci lo spazio una lunga ed esatta esposizione di essi, riporteremo il passo
 : per qual motivo consulti me mentre il Signore si è ritirato da te, ed è favorevole al tuo rivale ? 20. Subitamente cadd
Saul per terra disteso ; perocchè si sbigotti alle parole di Samuele, ed era senza forze, non avendo preso cibo tutto quel
endosi dato dalla prima gioventù. con eguale successo agli studi seri ed alle arti dilettevoli, volle porgere ai suoi conc
an Giles. 37. Lusignano. — Famiglia francese che regnò a Gerusaleme ed a Cipro e si rese celebre nella storia delle Croc
, i sacerdoti dicevano che si precipitava in un pozzo a tutti ignoto, ed allora si andava in cerea di un altro bue. Se mor
un altro bue. Se moriva prima del tempo, tutto l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel tempio di Ser
e dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato loro padre. ed anche perchè era stato allevato sul monte Nisa. L
10 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
la immaginazione degli antichi Greci e Latini in crearsi i loro Dii, ed escogitarne poscia una Teogonia, che commisero al
sico o morale — di falso, portando in mezzo narrazioni tutte fittizie ed immaginarie. Dal tipo vero, o solo allusivo ognun
o, quando si deificavano gli stessi esistenti, innalzando loro tempii ed altari. E veramente l’Achille dell’ Iliade ci pre
ento chiede, siffatto dettato, siffatti concetti, siffatte immagini ; ed aggiungiamo, per toglierci da tali censure : che
per miti, se ne trae un esempio dalla Repubblica di Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane, d
icerca la cagione nella ignoranza e nello smodare de’costumi, ragioni ed esempii — 8. Delle varie specie di mito. 9. Di al
i ognuno può porre la falce, e dar loro diversi siguificati — Ragioni ed esempii tratti da Depuis, da Esiodo, da Giamblico
e del vero Dio, si vide sorgere su la terra uno spettro di religione, ed all’ Ente sostituendosi l’ esistente, in numeri D
all’ Ente sostituendosi l’ esistente, in numeri Dii si ebbero tempii ed altari, si placarono con vittime e sacrificti, i
a religione figlia ingegnosa del cielo dipartendosi dal trono di Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intuito, o, per meglio
e una candida figlia del cielo discesa in su la terra per santificare ed incivilire l’umana progenie, e per indiarla, quan
ione, e per la mancanza di questa idea intermedia divinizza la natura ed umanizza Dio, e ondeggia così tra lo antropomorfi
a cattolica nel senso più esteso della parola, cioè la società divina ed infallibile prima e dopo Cristo : la seconda ch’è
irile, educato nella scuola dello stesso Dio per vie tutte misteriose ed arcane. Nè poteva, come vanno errati taluni, inco
tore, ma si disperse nella gran selva della terra, addivenne parvolo, ed allora, così un filosofo italiano(1) « gli errori
a umana famiglia in varie caste, in varie lingue, l’uomo andò solingo ed irsuto come belva tra le boscaglie, e molte cagio
tremito di terra ruinoso, uno sboccar fuori da’loro limiti di oceani, ed altri sconvolgimenti, onde fu preda la terra, bas
serbarono non meno il concetto di Dio, fu instituita una Mitografia, ed alla casta feratica fu affidata la tutela del pat
eduti come tre divinità, altro non intendevasi che il cielo, la terra ed il mare. Era questo il parlare degli uomini della
le virtù, la scienza, le passioni dell’animo, le facoltà della mente, ed altre cose non dissimili, li presentano sotto il
della eternità veniva seguito da una fenice ; e quando alle vittorie ed ai trionfi un principe andava debitore dello impe
e donne patrizie, e non l’ottennero che dopo lunga lotta tra i nobili ed il volgo. E Pasife arde d’impuri amori e giace co
unsero, come di Eusehio, ai miti, interpolandoli, significati mistici ed improprii, sensi laidi ed oscurissimi, e questo a
i miti, interpolandoli, significati mistici ed improprii, sensi laidi ed oscurissimi, e questo avvenne anche prima del can
e chiamollo nugatorio, cui si fingono degl’ Iddii molte cose indegne ed avverse alla purezza de’costumi ; l’altro come un
rafia, mistica, fisica e civile. Mitografia mistica, ossia favolosa —  ed in questa si finsero molte cose contra la natura
ulteri, presedere al furto, servire a gli uomini. Mitografia fisica —  ed in questi Varrone fa ricerca su la natura e genea
omposto di minutissimi corpicciuoli indivisibili. Mitografia civile —  ed in questa riponeva tutti gl’ Iddii, che furono im
parono perciò questa seconda uscita con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introdussero nel mondo una divinità cor
ciò questa seconda uscita con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introdussero nel mondo una divinità corporale, ch
asciava i filosofi nell’ambizione di conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e
ta solo con immagini o simboli sottendrando il concetto di cose finte ed immaginate a talento, ognuno ha creduto i miti e
i, e supponendo a un tempo alcune intelligenze unite a corpi celesti, ed un’anima sparsa dappertutto e motrice della natur
bbonsi dividere in istoriche, filosofiche, allegoriche, morali, miste ed inventate a capriccio. Favole istoriche, ossia an
si scuopre, che con questo nume indicavasi l’apparente corso del sole ed i suoi fenomeni, pruove. 26. S. Agostino v’intend
padri di non volgare sapienza, volendo esprimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e di simbol
altri plasmato di varii e diversi obbietti, vi portano misura, ordine ed unità, come Apollo, Mercurio, entrambi l’armonia,
atto di fulminare, e credevasi a un tempo che lo slancio da’ baleni, ed il fragore de’tuoni non fossero che i cenni e lo
a su le prime il cielo, le terre, i mari, il lucido globo della Luna, ed i pianeti andar tutti interiormente alimentati da
Luna, ed i pianeti andar tutti interiormente alimentati da un anima, ed una mente trasfusa da ogni parte agitare la immen
o Giove. Mirabile per questo argomento è uno squarcio dall’ Agostino, ed io qui lo trascrivo, voltandolo in italiano con u
uanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a sua sorella Giunone, ed a’suoi fratelli ; or si vuole esser l’etere, oude
porge loro le bevande e dicesi Dea Potina ; somministra loro l’esca, ed è denominato Diva Educa. Dal terrore onde son pre
venescendo dall’ingiovanirsi, alludendo alle apparizioni della Luna ; ed è detta Lucina, quasi lucida, per esprimere il lu
coscia di Giove, onde parto immaturo e imperfetto venisse a maturità ed a perfezione, interpetrando questo mito, che il v
pigolarsi di lui ne’classici greci e latini, tutto si allude al vino, ed all’ubbriachezza. Ei è così detto da Βακχος, clam
orcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indicavasi gli ubbriachi andar vacillant
udi, volendosi esprimere gli animi degli ebrii andar del tutto aperti ed in nulla simulati. Le orgie di lui celebravansi a
certo modo divora le cose, che ha generato, nascendo da essa i semi, ed in essa ritornando. Se nella favola si dice, che
chio radiante ; ora sotto quello di uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello di un serpente di oro alato, sim
centripeta, senza distruggere la centrifuga, libra in alto le sfere, ed ingenera una mirabile armonia in tutto il sistema
alestra e della lira, destro callidissimo in depredare, alato i piedi ed il capo, messaggiero degli Dei e degli uomini. Tr
tta allegoria, con cui si vuole indicare il corso apparente del Sole, ed i suoi fenomeni. Ei si dipingeva con un caduceo i
une, chè torna utile a tutti che altri tolga le strade dagl’ingombri, ed affinchè i simulacri di lui con l’addizione delle
i come un gran Nume, perciocchè di molto contribuisce alla produzione ed incremento di ogni cosa. Col nome dunque di Vulca
iffusa per tutto lo universo, dicevano di esser ella un fuoco sottile ed etereo al di sopra dei pianeti e delle stelle. Te
vando Marte giacer con Venere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a gli sguardi di tutti — con questo mito,
he di nobile e di bello, a cagione di un mutuo fervorosissimo accordo ed armonia. — Pari interpetrazione può avere l’altro
le arti, sia stato un mezzo a dar fuori le arti istesse, pria occulte ed ignote. 32. Si volevano per compagni di Vulcano i
sorgono non di rado presso i mari, personificando il mare per Nettuno ed Anfitrite. Si dipingevano qua’giganti di robusta
Individuazione di questo personificamento. 53. Le Grazie — Simbolica ed allegorie delle Grazie — Sviluppo di questa simbo
ato il nome di regina degli Dei e degli uomini, di consorte di Giove, ed è lodata dalle qualità, che porta non dissimili a
generatrice di tutte le cose, e che senza di lei nulla avrebbe vita, ed in fine dallo impero, che ha su tutto lo universo
vengono a questo elemento. L’aria, dice Tullio(1), posta tra il cielo ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sore
ognavano alle nozze solenni. onde a Giunone fu data ministra l’Iride, ed asseguato il pavone, che con la coda l’Iride rass
se, onde ci nutriamo e andiamo satolli. A lei si offriva il papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la roto
e incendiato dal fuoco dell’Etna, personificando il fuoco in Plutone, ed il frumento in Proserpina. Cerere cerca la sua Pr
ate, e fecero nascere lo incivilimento ove prima non’era che fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse di lei tu
fendendonelo Vulcano : intendevasi con questo le scienze, le lettere ed ogni altra disciplina non essere un ritrovato del
sapienza e di valore, era conceputa senza madre ; perciocchè la virtù ed il valore non tanto scendono con il sangue per lu
n lunghi sudori, facendo forza e resistendo a’moti smodati del cuore, ed elevandosi su la fralezza dell’argilla, onde l’uo
glauco, come si scorge nelle fiere robustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali tinti di color glau
ciò che trovasi appieno nelle onde del mare. Ella fu detta Αφροδιτη, ed è quella potenza, cui son prodotti il maschio e l
io, onde va illuso ancora l’uom saggio. A Venere era sacra la colomba ed il mirto — la colomba perchè molto amabile, ed è
e era sacra la colomba ed il mirto — la colomba perchè molto amabile, ed è simbolo del vero amore, secondo la maniera di b
conciliare gli amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cupido, ed una a lei era venerato. Chi sia questo nume ben s
cuore, e vi apre profonda ferita — è come una fiaccola, che infiamma ed accende, ingenerisce e strugge. I greci lo chiama
e fra loro, e che le discipline e le arti traggono la loro iniziativa ed il compimento dal cielo. Si disse elleno andar se
in italiano le sue parole, teneva a suo diletto il canto e le ridde, ed aveva sempre con seco musici e cantori, fra i qua
i quali nove leggiadre donzelle molto intente al canto e alle danze, ed a queste davasi il nome di Muse. 52. Niuno ignora
mor dolce sospira ; Ed Vrania, che gode le carole Temprar negli astri ed abitar nel Sole. 53. Nè tre nè nove erano le Mus
ffetti del cuore umano. 54. Le Grazie — Tre di numero, Aglaia, Talia, ed Eufrosine, sebbene in non pochi luoghi della Grec
il nome istesso cui eran chiamate, altro non erano che una simbolica ed una allegoria, con cui si voleva esprimere i più
, la gratitudine, la munificenza, le fraterne corrispondenze amorose, ed ogni legame, che rannoda l’uomo all’uomo e ne ren
io 55. Ercole — Egli può considerarsi come un personaggio fantastico, ed allegorico. 56. Ercole fantasticamente considerat
ndo, e da ciò Tullio tragge la etimologia della parola Giano — tempii ed altari simbolici innalzati a Giano. 70. Pane, sim
un gruppo di metafore, additandosi con le squame e le spine i dumeti ed i bronchi della selva della terra sempre folta pr
apire il vello di oro, mentre a tutto altro intendevano. Ed il Gange, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il
e a tutto altro intendevano. Ed il Gange, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi di oro, poichè
dell’eroiche città, lutta con Anteo, carattere dei famoli ammutinati, ed innalzandolo in cielo.… il vince e lo annoda a te
legoria. Acheloo era un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania con le sue frequenti inondazioni portav
pressioni, che tutte convengono al sole. A lui s’innalzarono e tempii ed are, e con l’Ercole allegorico, che vi si adorava
rgevasi in Megalopoli un simulacro di Ercole presso quello del sole ; ed Alessandro il grande quando rivide il suo Nearco,
il quale trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge a gli Dei, ed egli improntava questo sentimento dalla scuola Pi
evastava le pianure di Maratona. Combatte inoltre contro questo toro, ed uccide lo avoltoio, che divorava il fegato a Prom
ava di carne umana — r sponde al passar del sole nel segno dei Pesci, ed è fissato dalla levata Eliaca del Pegiso, che ava
te, sacro a Marte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramo
sa ricompensa — risponde al passar del sole nel segno del Capricorro, ed è indicato dal tramonto del fiume dell’Aquario, l
tare la sua istoria — Giù, Vate operoso, il timore ; odi le mie voci, ed apprendi da me stesso ciò, che desideri sapere. C
sedi : in alto la luce, più vicino a questa l’aere, in mezzo la terra ed il mare. Io allora, che era stato un globo, ed un
ere, in mezzo la terra ed il mare. Io allora, che era stato un globo, ed un’informe mole, presi aspetto e forme degne di u
di da ogni lato, il Cielo, il mare, le nubi, la terra, tutto è chiuso ed aperto della mia mano. Presso di me solo è la cus
mano. Presso di me solo è la custodia del mondo per quanto è grande, ed a me si appartiene solamente di ravvolgere i card
empre movenlosi con ravvolgersi in giro, e con darsi principio da sè, ed in sè ritornare, onde Tullio riportato da Cornifi
coda, onde far comprendere, che il mondo e si sostiene da sè stesso, ed in sè stesso si ravvolge — molti tempii inaugurat
ui dagli antichi romani ora erano un rappresentato di Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce
finge Cadmea, che fu dipinta da’poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto di donzella, le ali di uccello e voce um
esprimere l’unità di natura ; perciocchè la natura, l’universo è uno, ed unigenito. Si diceva vestire una veste di pardo b
a di varii colori, per significare la moltiplice la variata bellezza, ed i diversi colori delle cose. Creduto custode degl
indicare la commistione di tanti semi, onde sorge il regno vegetabile ed animale, e tante esalazioni ed umori che vengono
i semi, onde sorge il regno vegetabile ed animale, e tante esalazioni ed umori che vengono dalla terra e dalle acque per r
non pochi commovimenti e fremiti di natura, che sembrano inaspettati ed improvvisi, perchè non se ne conosce la cagione.
sce, tutto pone in equa lance, onde sorge l’estetica, cioè il sublime ed il bello dell’universo. 71. Son queste le poche
n queste le poche nozioni, che ho saputo dare intorno alla simbolica, ed ai miti etorodossi, e non ho fatto che aprire le
Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando di chi fosse le diede il nome dal luogo
11 (1897) Mitologia classica illustrata
e riguarda gli Dei, rappresenta le credenze e la fede di quel popolo, ed è presupposta, come dalle istituzioni e dalle fes
uale aveva ritenuto il sole come una pietra e la luna come una terra; ed anche Platone si mostrava convinto della divinità
ra i poeti antichi meritano particolarmente d’ essere ricordati Omero ed Esiodo; essi e i loro numerosi seguaci trattarono
ivinità? Mitologia dunque e arti belle hanno molti punti di contatto; ed ecco perchè in questo libro l’ esposizione dei si
lte delle quali sono strane e contradditorie, bene spesso anche empie ed immorali? Giacchè ivi non solo gli Dei sono rimpi
ssiamo ritenere come certo: 1º Che quel grandioso corpo di narrazioni ed immagini onde consta la mitologia classica, non s
una collisione per cui alcune Divinità dovevano avere il sopravvento ed estendere il loro culto, altre rimaner soccombent
della luna in Arcadia, cedendo il luogo ad Artemide, ne divenne ninfa ed ancella. 4º Causa efficacissima di evoluzione mit
ava uno spazio di sette plettri o 700 piedi (Il. 21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza di Zeus era
ella natura; potevano suscitar d’ un tratto tempeste, malattie, ecc., ed anche d’ un tratto farle cessare, e il loro poter
oppie più notevoli erano: Oceano, il gran fiume che circonda la terra ed è padre degli altri fiumi, e Teti (Tethys) l’ umi
ono. Fra essi erano Pallante, Efialte, Encelado, Alcioneo, Porfirione ed altri. Costoro dai Campi Flegrei in Tessaglia ten
ggiò che questi, detronizzato da Giove, si fosse rifugiato nel Lazio, ed ivi nascostosi; donde il nome stesso di Latium,
avori più antichi, i Giganti non hanno figura diversa dagli altri Dei ed eroi, a cominciare dall’ età di Alessandro Magno
relle Era, Estia e Demetra, i figli Ares, Efesto, nati da Era, Apollo ed Artemide nati da Leto, Atena uscita dal cervello
tere inesorabil del fato (la Moira). Ha il supremo governo del mondo, ed è egli il custode dell’ ordine e dell’ armonia ch
Hospitalis); a nome di lui si presentano i mendicanti e i forestieri, ed egli punisce chi trascura di accoglierli e ospita
zo dei sogni, ecc. Era ritenuto anche il principal dio degli oracoli, ed aveva anche i suoi oracoli egli stesso, principal
ei un figlio che gli togliesse la signoria dell’ universo, l’ ingoia, ed esce poi dal suo cervello, bella ed armata, Palla
gnoria dell’ universo, l’ ingoia, ed esce poi dal suo cervello, bella ed armata, Pallade Atena (Pallas Athena). Dopo egli
o Grazie, con Mnemosine (Mnemosyne) le Muse, con Leto (Latona) Apollo ed Artemide. Era, la sorella e moglie legittima di Z
glie legittima di Zeus, non gli diede che due figliuoli, Ares (Marte) ed Efesto (Hephaistos, Vulcano). Tra le donne mortal
iter era il dio tutelare dell’ onestà, della giustizia, della lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribu
urato come un giovane che tiene una mano sul timone del carro solare, ed ha nell’ altra il fulmine e delle spighe di grano
dell’ oro, delle pietre, dell’ avorio univasi una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazioni e di forme con ril
niugali di Era con Zeus formavano il nucleo dei miti ad essa relativi ed offrirono copiosa materia ai poeti. Specialmente
le località devote al culto di Era, come Argo, Micene, l’ Eubea, Samo ed Atene, con speciali sacrifizi e cerimonie nuziali
a madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi di guerra, ed essa serbasse un’ accanita ostilità contro i suoi
a luce matutina; ma ben presto furono dimenticati i caratteri fisici, ed essa divenne semplicemente la protettrice delle m
fidato alla sua tutela; Iuno Lucina presiedeva all’ atto del nascere, ed era invocata da chi stava per divenir madre; Iuno
e dell’ intelligenza, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datrice di ogni bene. Essa dirige gli eser
ome dea della pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran tempio di Giove Capit
celebravano a Roma feste in Marzo e in Giugno; duravan cinque giorni, ed eran dette Quinquatrus perchè cominciavano il 19
col cimiero e colla punta dell’ asta il fastigio dei vicini edifizi, ed appariva visibile fin dal promontorio Sunio. — Qu
la luce i figli suoi. Finalmente ebbe ospitalità nell’ isola di Delo, ed ivi alle falde del monte Cinto partorì Apollo (de
lle falde del monte Cinto partorì Apollo (detto perciò Delio, Cinzio) ed Artemide. Delo che prima era un’ isola non fissa,
tere bellicoso e funesto. È persino Dio della morte; manda pestilenze ed è cagione di morti improvvise. A Troia, quando i
a desolazione. Però se apporta questi mali, Apollo sa anche guarirli; ed ecco riappare il carattere benefico del Dio; egli
ome inventore della musica. Il suo istrumento era la cetra o forminx, ed ei la sonava con grande abilità a sollazzo degli
dettero ispirati gli oracoli Sibillini che cominciarono a diffondersi ed essere oggetto di culto fin dal tempo di Tarquini
dedica del tempio, si offriva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Quando più
utto vede, comparve improvvisamente e con una rete dalle maglie litte ed invisibili accalappiò l’ imprudente coppia, onde
ercizi ginnastici e militari, prendeva suo nome appunto dal Dio Marte ed era a lui consacrato. Tra i templi dedicati a Mar
in molte scene di guerra, segnatamente in pitture vascolari o murali; ed anche l’ avventura di Ares e Afrodite fornì argom
. 22). Il Dio vi è rappresentato in atto di riposo dopo la battaglia, ed ha aspetto più dolce del consueto; sotto il destr
e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti ed operai che per l’ opera loro hanno bisogno del fu
Anche le leggende di Lenno avevan data ad Efesto in moglie Afrodite, ed altre leggende, registrate già da Omero ed Esiodo
Efesto in moglie Afrodite, ed altre leggende, registrate già da Omero ed Esiodo, gli facevan compagna una delle Grazie, a
ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni di lavoro i Cabiri, i quali in
altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto venivano lucidati ed
nel quale le trombe ed altri arnesi usati nel culto venivano lucidati ed offerti a Vulcano (ciò si diceva tubilustria: ana
Vulcano era poi anche considerato dai Romani, come Dio degli incendi; ed a lui si attribuiva sia l’ origine dell’ incendio
co dopo la nascita, egli avrebbe dato prove manifeste della destrezza ed abilità che costituivano il fondo della sua indol
si riacconcia nelle sue fasce. Ma Apollo non poteva ignorare la cosa, ed ecco se ne viene alla grotta di Cillene per obbli
a, gli lasciò le cinquanta giovenche. Così Ermes diventò dio pastore, ed Apollo d’ allora in poi prese diletto dell’ arte
eus di uccidere Argo dai cento occhi, custode di Io. Come messaggiero ed araldo degli Dei, Ermes portava sempre il caduceu
del bisogno, e in genere proteggeva tutte le invenzioni dell’ ingegno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Erme
ora apparisce palestrita e vien munito strigile, ora è commerciante, ed ha la borsa in mano; ora infine è messaggero ed a
, ora è commerciante, ed ha la borsa in mano; ora infine è messaggero ed araldo di Zeus coll’ ali ai piedi e sul petaso e
testa. Il Dio, raffigurato in pienezza di gioventù, con forme robuste ed eleganti, porta sul sinistro braccio un piccolo D
tura. La bellissima fra le Dee esercitava su tutti gli esseri, divini ed umani un fascino irresistibile. Quindi molte legg
lorquando dovendo scegliere la più bella delle tre dee, Afrodite, Era ed Atena, aveva conferito alla prima il premio della
sovrana del cielo, della terra e del mare. Tali i filosofi Parmenide ed Empedocle, dopo loro i tragici Eschilo ed Euripid
. Tali i filosofi Parmenide ed Empedocle, dopo loro i tragici Eschilo ed Euripide e più altri. Bellissima l’ invocazione a
quindi la divinità principale della famiglia; era la sua protettrice, ed aveva parte importantissima in tutti i sacrifizi
voluto rimaner vergine, e che anche sollecitata di nozze da Posidone ed Apollo, aveva opposto un deciso rifiuto. Anche le
le colonie: ma non le si erigevano templi speciali, giacchè ogni casa ed ogni città era un tempio per lei; anzi essa aveva
vavasi in Lavinio, la metropoli dei Latini, dove i consoli, i pretori ed i dittatori entrando in carica, recavansi a offri
i l’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed era detto Giano Gemino, Giano bifronte. Dall’ ess
ecchio foro conduceva al foro di Cesare. Lo si diceva eretto da Numa, ed era appunto il tempio le cui porte si tenevan chi
ssa (Euryphaëssa, la largisplendente), come le sue due sorelle Selene ed Eos (la luna e l’ aurora). Perciò venne spesso da
etonte (splendore e scintillio) per gratificare della diurna luce Dei ed uomini, prevenendo il carro del sole, e spargendo
uce, quindi anche del nascimento, e la sua festa chiamavasi Matralia, ed aveva luogo in Roma l’ 11 Giugno. Era però anche
i rilievi di quell’ antico monumento ateniese che ancor si conserva, ed è conosciuto sotto il titolo di « Torre dei venti
fregio. Tale costruzione era dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati
ta; Melpomene e Talia le maschere tragica e comica; Tersicore la lira ed illungo abito dei citaredi; Erato anch’ essa un g
ome Temi protettrici dell’ ordine morale nei rapporti tra gli uomini, ed ogni cosa nobile, bella e buona è posta nella lor
empio nelle vicinanze del Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i più bei monumenti eretti dal
posteriore Iride diventa quasi esclusivamente messaggiera di Giunone, ed Ermes ne prende il posto nei rapporti cogli altri
detta Iride dai poeti che ne descrivon la figura, e ha l’ ali d’ oro, ed è tutta piena di rugiada, tra le goccie della qua
resentava ancora presso i Greci l’ affezione e l’ amiciziatra giovani ed uomini; quindi lo si venerava nei Ginnasi insieme
iovani ed uomini; quindi lo si venerava nei Ginnasi insieme con Ermes ed Eracle, e nell’ Accademia Attica insieme con Aten
diede questo fratello perchè giocasse con lui; d’ allora crebbe Eros, ed era lieto semprechè il fratello si trovasse press
a figura di quel volubile e scaltro giovanetto, che tiranneggiava Dei ed uomini, e compiacevasi a stuzzicar tutti gli esse
ll’ animo il veleno della diffidenza, Psiche trasgredisce il divieto, ed ecco d’ un tratto sparisce Amore ed ella rimane c
, Psiche trasgredisce il divieto, ed ecco d’ un tratto sparisce Amore ed ella rimane colla sua desolazione. Allora cominci
dicevasi, da Apollo e da Coronide, una figlia del re tessalo Flegias, ed era il Dio delle guarigioni, il Dio della salute.
ell’ incubazione. Consistera questo nel portare il malato nel tempio, ed ivi dopo preghiere e sacrifizi farlo addormentare
ia le streghe, che venivan di notte a succhiare il sangue ai bambini, ed era in genere ritenuta come protettrice del benes
orfosi Ovidiane, ove si racconta la venuta di Esculapio a Roma. Bella ed evidente la pittura ch’ egli fa del Dio: Baculu
ciascun uomo, a ciascuna famiglia, a ciascuna città è così importante ed ha un fondo così oscuro e impenetrabile, che gli
greci, detto perciò il re dei fiumi, venerato così a Atene e in Acaia ed Acarnania, come nell’ isola di Rodi e in Sicilia.
ata anche la bianca Galatea, che divenne amante del Ciclope Polifemo, ed era la prediletta nelle leggende della Sicilia e
il Dio era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il protettore delle corse
one occidentale del Partenone, dov’ era rappresentata la gara fra lui ed Atena; ma ci è giunta disgraziatamente in frantum
è semplicemente una personificazione dei romoreggianti flutti marini, ed è dipinta nell’ Odissea come colei che spinge le
rcondata e corteggiata da Tritoni e Nereidi in groppa a cavalli, tori ed altri animali marini; generalmente tra le chiome
ravasi che conducesse il suo gregge a meriggiare nell’ isola di Faro, ed egli stesso ivi in una caverna presso il lido si
a di Glauco Ponzio divento argomento predilotto della poesia. Pindaro ed Eschilo, sollecitati da quel diantedone, come dic
ia di Glauco col loro versi; nell’ età alessandrina Callimaco, Euante ed altri presero a ritrattar questo tema; fra i Roma
a crucciata    Per Semele contra il sangue tebano,    Come mostrò una ed altra fiata, Atamante divenne tanto insano    Che
rte Palemone, diffusasi dalle regioni dell’ istmo a molte altre terre ed isole greche. Eran considerati come genii benefic
culto di queste divinità doveva risentirsi di questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste di gioia per le une, di do
si congiunta avesse dato a luce i Titani, i Ciclopi, gli Ecatonchiri, ed alcune deità marine, già s’ è detto nella Teogoni
metallici e corni e flauti, si abbandonavano ad una musica strepitosa ed orgiastica. I miti che si riferiscono a questa De
tta la sua maestà fra tuoni e lampi, fu involta dalle flamme di Zeus, ed ivi morì. Zeus però salvò il figlio che non era a
sia dalle nuvole irrigatrici. — Cresciuto nella solitudine dei boschi ed educato principalmente per cura di Sileno, Dionis
ltando in mare dove lo accolse Tetide; ma Licurgo fu accecato da Zeus ed ebbe accorciata la vita, come in Omero si narra,
nviene ancora considerare il rapporto in cui veniva messo con Demetra ed Apollo. Come Dio del vino e della frutticultura i
cia e nelle isole e nell’ Asia Minore; celebravasi con leste rumorose ed orgiastiche, più o meno selvaggiamente secondo i
ò da notare che le feste italiche non avevano quel carattere romoroso ed orgiastico che il culto di Dioniso ebbe in Grecia
o annoverate le Ninfe, che noi vedemmo far parte del corteo di Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e di Afrodite. Eran
grande venerazione. Come le Nereidi avevano il dono della divinazione ed erano amiche del canto e della poesia. 2º Le Ninf
l quale sotto la maschera di Satiri venivano messi in parodia gli Dei ed Eroi celebrati dall’ Epopea e dalla Tragedia, ril
erasi sviato dal cammino che il corteo di Bacco percorreva in Frigia ed era capitato in un giardino del re Mida; questi l
ida era quella che lo faceva arbitro in una contesa musicale tra Pane ed Apollo; si narra va che avendo egli sentenziato i
nel sesto delle Metamorfosi, descrivendone il supplizio con tal forza ed evidenza da destar raccapriccio; e parla dell’ ul
lo, monte della Lidia; una evidente ripetizione della gara tra Marsia ed Apollo. L’ elemento orgiastico, la tendenza al ch
lora in poi una grotta nelle vicinanze di Atene fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una
Nell’ arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’ arte gr
entificato il greco Pane, sebbene la corrispondenza non sia completa; ed era Dio delle selve come il nome stesso dice; ami
i, come Pane. D’ altro lato anche i rumori delle foreste eran da lui, ed egli pure, divertivasi a incutere spavento nell’
ato del trono da Giove, dopo lungo peregrinare fosse venuto in Italia ed ivi si fosse nascosto in quella terra che da ques
tà d’ oro dell’ umana vita). — Intimamente legata con Saturno era Ops ed Opis, sua moglie, Dea dell’ abbondanza, identific
schiavi godevano piena libertà, si vestivano degli abiti dei padroni ed erano serviti a tavola dai padroni stessi, e mang
irgilio nell’ 8o dell’ Eneide, dove Evandro informa Enea dei primi re ed abitatori d’ Italia (v. 314 e sgg.). In arte Satu
altra Cappella dedicata a Vertunno era sulle pendici dell’ Aventino, ed ivi ogni anno il 13 Agosto si faceva un’ offerta
ia e licenziosa. 2. Nel quinto dei Fasti d’ Ovidio si parla di Flora; ed ella stessa descrive il suo carattere e spiega co
le proprietà prediali; quindi era il patrono della proprietà privata, ed a lui sacre erano quelle pietre che segnavano i c
; come tale aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termi
Persefone, in compagnia delle Oceanine sollazzavasi in un verde prato ed era tutta intenta a cogliere i più bei flori; in
fronzuto, ad alcune ragazze venute ad attingere acqua chiese soceorso ed asilo. Erano esse le figlie di Celeo, re d’ Eleus
i sentimento, sebbene in genere con un’ intonazione alquanto retorica ed esagerata. In arte si soleva figurar Demetra-Cere
ria quando lo rappresentò gli assegnò un’ espressione di volto severa ed arcigna, labbra ben chiuse, arruffata la chioma.
e a giudizio davanti al tribunale di Minosse, Radamanti (Rhadamantys) ed Eaco. La sentenza di costoro decideva se esse dov
ombre che evocate dal sacrifizio fatto da Ulisse gli passano davanti ed egli le interroga. Una vera descrizione dell’ Inf
gue; ma chiuso il dibattimento, a parità di voti, avendo Atena stessa ed Apollo votato in favor di lui, fu assolto. Le Eri
azia. Per la stessa ragione a lei erano sacri i trivii e i crocicchi, ed ella stessa era denominata Trivia. Più tardi, per
pratutto nelle leggende relative alle maghe, come Circe, Medea, ecc.; ed è solitamente designata cogli epiteti trivia trif
all’ ultima, essendo l’ avorio un corpo opaco, uscivano i sogni falsi ed ambigui che portan con sè fantasmi fallaci e vani
he persona nota, Ichelo che assumeva qualsiasi forma anche di bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator di paura), i
o Ceice. Ivi si dan compagni al Sonno i Sogni, suoi figli e ministri, ed è Morfeo quegli che obbedendo all’ ordine avuto p
e il Sonno con quella differenza d’ aspetto ch’ è accennata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca di Cipselo (cassa di le
risto, Apollonio di Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi di Grecia e di Roma, come Virgilio, Cicerone
i agli Dei in forza e sapienza, ma immortali com’ essi, così tra Eroi ed uomini non si credeva ci fosse differenza di natu
atto diversa faceva risalire le umane stirpi, specie le stirpi regali ed eroiche, a qualche divinità, come Zeus, Posidone,
Climene erano nati due figliuoli, Prometeo (il previdente o prudente) ed Epimeteo (chi pensa dopo, chi non ha che il senno
arti e l’ industria. Per questo Prometeo era messo insieme con Efesto ed Atena, Dei promotori dell’ umano progresso. Senon
sorgente d’ innumerevoli guai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna; gli Dei andarono
generale inondazione tutti i viventi, Deucalione si costruì un’ arca ed ivi racchiusosi con Pirra galleggiò per nove gior
ella terra fossero le pietre; gettaron dunque delle pietre dietro sè, ed ecco miracolosamente queste pietre si mutaron in
e dell’ Oceanina Filira, già menzionato da Omero come amico di Peleo ed educatore di Achille, cui egli avrebbe ammaestrat
e. Un’ altra Centauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili era nelle
sta dal padre della sposa di aggiogare allo stesso carro un cinghiale ed un leone. Durante le feste nuziali, Apollo dando
1. Allorquando Cadmo lasciò Tebe, già era morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio di lui Labdaco ancora in tenera
no, l’ incarico di far le sue vendette. Lico riprese la guerra, vinse ed uccise Epopeo e condusse seco prigioniera Antiope
gitale; subitamente ordinò a due pastori che erano per caso presenti, ed erano Anfione e Zeto, di dare a colei la meritata
tona: « lasciatni almen questa ch’ è la minore! Di tante quest’ unica ed ultima figlia ti chieggo! ». Ma dovette vedere an
nte, stando sul suo cavallo in aria, potè a distanza saettar la fiera ed ucciderla. Appresso fu mandato contro i Solimi, p
. 2. La favola di Bellerofonte ha la sua parte nelle opere letterarie ed artistiche dell’ antica Grecia e di Roma. Un lung
0-211). Poi si sa che Sofocle compose una tragedia intitolata Jobate, ed Euripide una su Stenebea. Allusioni a questo eroe
finchè si posò in Egitto. Ivi Zeus la ritornò alla sua prisca forma, ed ella die’ poi alla luce un figlio, chiamato Epafo
igurata questa però come l’ avvenente fanciulla che era da principio; ed è tolta da una pittura murale che fu trovata nell
uente stirpe argiva, a cui tra gli altri appartennero gli eroi Perseo ed Eracle. Le Danaidi sono ancora ricordate dalla le
fe fontane con secchie in mano. c) Preto e le Pretidi. A Linceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte,
a guarigione ottenne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratello Biante parte del r
vuto superare. Ma vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato
poi Eschilo compose su questo argomento un’ intiera trilogia; Sofocle ed Euripide ne sceneggiarono momenti diversi, il pri
glio, aiutata da Perseo; entrambe le statue nottevoli per espressione ed eleganza di movimento. Lo stesso motivo si trova
le Leucippidi), Icario, padre di Penelope, infine Periere in Messenia ed Ebalo (Oebalus) in Laconia. Ben presto si cercò s
iere; secondo altri, Periere era padre soltanto di Afareo e Leucippo, ed Ebalo si faceva padre degli altri due. Tindareo e
ollux, grecamente Polycleuces) e delle due celebri donne Clitennestra ed Elena. Più tardi Tindareo fu restituito per opera
irono a liberarla. Poi presero parte alla spedizione degli Argonauti, ed ivi Polluce si acquistò grande fama vincendo il g
rla. Avendo esse disobbedito, vennero in punizione colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa Dea nel suo
scese, ma quando vide Filomela se n’ innamorò perdutamente; chiestala ed ottenutala col pretesto di condurla dalla sorella
ò in Asia Minore, Niso vide la sua città assediata da Minosse cretese ed è allora che la figlia di lui, Scilla, innamorata
tica, è da ricordare prima chi gli fu madre. Essendo Egeo senza figli ed essendosi rivolto all’ oracolo di Delfo, questi g
serie di fatti eroici. Generalmente se ne contano sei: 1º fra Trezene ed Epidauro uccise Perifete, un figlio di Efesto, ro
Atene. E già Medea minacciava toglier di mezzo anche il nuovo venuto ed aveva preparato all’ uopo il veleno, quando Egeo
e. Teseo volle esser del numero, deciso a lottare contro il Minotauro ed esporre la sua vita per liberare la patria da si
sua vita per liberare la patria da si doloroso tributo. Gli fu guida ed aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne,
rotettrice istituì il culto di Afrodite Pandemo, e in onor di Dioniso ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophoria), consist
a. 5º Insiem con Eracle, Teseo fece una spedizione contro le Amazoni, ed ebbe come premio della vittoria la loro regina An
spaventò e infuriò i cavalli, onde Ippolito fu trascinato, malmenato ed ucciso. 6º E un’ altra volta ebbe Teseo a combatt
i con più confidenza scherza con lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il dorso alle carezze di lei e gode farsi a
nti, disponendole secondo i momenti principali della vita dell’ eroe, ed avvertendo che molte son di origine relativamente
di Stenelo; nacque quindi quel giorno Euristeo, al quale sebben vile ed imbelle, dovettero rimaner soggetti pel decreto d
elle, dovettero rimaner soggetti pel decreto di Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte di lui. Non contenta
arerga. a) La lotta col leone di Nemea. Era un mostro nato da Tifone ed Echidna, ed aveva la pelle invulnerabile. Abitava
La lotta col leone di Nemea. Era un mostro nato da Tifone ed Echidna, ed aveva la pelle invulnerabile. Abitava nei dintorn
) L’ Idra di Lerna. Era un grosso serpente, nato anch’ esso da Tifone ed Echidna, con nove teste (il numero varia, alcuni
mato presso il centauro Folo, che gli diè a mangiare carni arrostite, ed avendo per bere aperto il vaso del vino che era c
e) Gli uccelli di Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli, ali e becco di bronzo, e
bitava nell’ isola Eritea (Erytheia) situata al l’ estremo Occidente, ed ivi possedeva un ricco e bellissimo armento. Di q
erione, se ne impossessò. Senonchè Gerione avvertito gli corse dietro ed impegnò lotta con lui, ma fu vinto ed ucciso. Era
ione avvertito gli corse dietro ed impegnò lotta con lui, ma fu vinto ed ucciso. Eracle ritornò passando per l’ Iberia, la
atto un cercine per non sentir troppo la fatica. Atlante se la bevve, ed Eracle parti col pomi. Secondo un’ altra tradizio
anche sciogliere dai ceppi Piritoo, ma in quel momento tremò la terra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli di
iche. Tornato a Tebe, Eracle cedè a Iolao la sua prima moglie Megara, ed egli s’ avviò ad Ecalia (luogo incerto, dagli uni
da altri nel Peloponneso sul confini dell’ Arcadia e della Messenia, ed anche in Eubea presso Eretria), dove il re Eurito
uola pel motivo ch’ egli aveva ucciso i suoi bambini avuti da Megara, ed era stato in servitii presso Euristeo. Anelando v
ulsa; adirato Eracle voleva far violenza nel tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo stesso Dio, con lui s’ accing
re dei Lacedemonii. Era questi Ippocoonte, fratellastro di Tindareo, ed a lui aveva usurpato il regno. Eracle lo vinse e
e mosse contro Caco, e impegnata con lui aspra lotta, affine lo vinse ed uccise. Poi per gratitudine a suo padre Giove che
tare in di lui onore e gli sacrificò uno dei buoi ricuperati. Evandro ed i suoi fecero festa ad Ercole che aveva liberato
urato di sacrificare ad Artemide, questa si vendicò mandando un fiero ed enorme cinghiale a infestare i dintorni di Calido
ciarla non era impresa da soli; quindi Meleagro invitò i più valorosi ed eroici guerrieri d’ allora a prendervi parte; ci
i drammatici elaboro pel teatro la leggenda, poi la ripresero Sofocle ed Euripide svolgendo specialmente la parte più pate
essa aveva avuto due figli, Frisso (Phrixos, la pioggia che scroscia) ed Elie (Helle, la viva luce). Ma poi lasciò la mogl
vello d’ oro datole a questo scopo da Ermes; sul quale ariete Frisso ed Elle se ne fuggirono diretti alla Colchide (Ea, A
eadi, Telamone, Peleo, Meleagro, Tideo, Ifito, Teseo, Orfeo, Anfiarao ed Eracle stesso; il quale ultimo però, per non asse
le genti mandate dal re a inseguire i fuggenti, e Giasone lo combattè ed uccise. Rispetto alla via seguita dagli Argonauti
poi trucide i due figliuoletti ch’ ella Medea aveva avuto da Giasone, ed essa quindi fuggì ad Atene sopra un carro tirato
, il quale fornì inesauribile materia e argomento ad opere letterarie ed artistiche. E perche in questa istoria s’ intrecc
ei non ne sapevano nulla ancora, vissero e felici alcun tempo assieme ed ebbero quattro figliuoli, Eteocle e Polinice, Ant
mpo assieme ed ebbero quattro figliuoli, Eteocle e Polinice, Antigone ed Ismene; almeno secondo la leggenda posteriore, pe
è a Colono, demo dell’ Attica, ebbe rifugio nel bosco delle Eumenidi, ed ivi morì, e la sua tomba divenne, in forza d’ un
lendido monile di Armonia (bello a vedere ma ne pendeva la sventura), ed Erifile così guadagnata avendo svelato il luogo o
uoco di Zeus, venne fulminato dall’ alto delle scalate mura; Polinice ed Eteocle venuti a singolar tenzone si ammazzarono
e Menelao, Achille, Aiace Telamonio, Aiace di Oileo, Diomede, Nestore ed Ulisse. Daremo brevi cenni delle loro famiglie. A
drone e a sostituirli con cavicchi di cera. Così Pelope vinse la gara ed Enomao o rimase morto o si uccise da sè vedendosi
suo, un bel giorno lo mandò a Micene perchè uccidesse Atreo. Scoperto ed arrestato, dovette pagare colla morte il fio di t
e di Sparta, ebb’ ero in moglie le due figliuole di lui, Clitennestra ed Elena. Agamennone poi coll’ aiuto dello suocero r
Paride col rapimento d’ Elena destò l’ incendio della guerra. Achille ed Aiace il maggiore appartengono alla famiglia degl
s, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era re dell’ isola di Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro Chirone. P
e alla guerra di Troia, pur sapendo che sarebbe stata per lui fatale; ed è anch’ essa leggenda posteriore ad Omero quella
ssere un grande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Troia, sebb
erra di Troia si rese famoso per la sua scaltrezza, per l’ eloquenza, ed anche per la sua abilità e fermezza nei pericoli;
uest’ iscrizione: « alla più bella ». Le tre dee presenti, Era, Atena ed Afrodite naturalmente pretendevano aver diritto a
dice. Era gli prometteva signoria e ricchezza, Atena sapienza e fama, ed Afrodite la più bella donna del mondo. Egli asseg
del mondo. Egli assegnò il pomo ad Afrodite; di qui ne venne che Era ed Atena furono sempre acerbe nemiche di Troia, e Af
Troia, e Afrodite amica. Poco dopo, avendo Paride, che era bellissimo ed aitante della persona, vinto tutti i suoi fratell
ci sulla costa troiana invano s’ opposero i Troiani guidati da Ettore ed Enea; bensì il primo greco che saltò a riva, Prot
roiani, temendo d’ Achille, ma poi venuti a singolar tenzone Patroclo ed Ettore, il primo venne facilmente ucciso e spogli
suo sì combattè a lungo e con accanimento, finalmente riuscì ad Aiace ed Ulisse di assicurarne il possesso ai Greci. Allor
e giorni e diciasette notti con canti e nenie così commoventi che Dei ed uomini non potevano trattenere le lagrime. Poco a
dei campioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè di braccio; ed egli era eroe da ciò. Egli dall’ indovino troiano
dotessa di Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratto della statua e tutti in
di Troia, Ulisse veniva anzitutto sbattuto sulle coste della Tracia, ed ivi presso Ismaro, città dei Ciconi, venne a batt
ire col compagni, uscendo questi dalla spelonca confusi colle pecore, ed egli avviticchiandosi al vello d’ un ariete di so
aligini profonde dell’ Ades l’ ombra di Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticlea che gl
o s’ erge maestosa la figura di Zeus, a sinistra di lui stanno Pelope ed Ippodamia, a destra Enomao con la moglie Sterope;
di tre scultori, Agesandro, Polidoro e Atenodoro della scuola di Rodi ed è probabile risalga all’ età classica di questa s
modo il bel corpo giovanile dell’ eroe morto colle membra abbandonate ed inerti fa un efficace contrasto col guerriero che
di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste nel momento che si rivedono nella casa pat
reveder l’ avvenire. Dalla Messenia i due fratelli passarono ad Argo, ed ivi avendo Melampo saputo guarire le figlie di Pr
lla fig. 91. Rappresenta la seconda irreparabile separazione di Orfeo ed Euridice. Questa, che è la figura di mezzo, posa
40. « Cantone il grammatico, sirena latina, l’ unico che sa leggere ed educare i poeti. » 41. « … aveste condiscendenti
cune i pampinosi Tirsi, rapivano altre le divulse Membra d’ un tauro, ed altre s’ avvinghiavano Di ritorti serpenti; e chi
ompiva nelle cave ceste… Batteano alcune con le palme alzate Cimbali, ed altre dai ritondi bronzi Acuti squilli suscitavan
12 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
dei doni (b). Ognuno di que’ sepolcri si appellava Monumento eroice, ed era un asilo. I Greci sopra i medesimi ergevano u
e’ Fenicj. Altri dicono, che la madre di Cadmo fu la Ninfa Melia(b) ; ed altri soggiungono, che fu Argiope, nata dal fiume
o in vece tenesse dietro alla prima giovenca, che avrebbe incontrato, ed ivi fabbricasse una città, ove quella si sarebbe
arne dell’altra. Giunto all’antro Corcireo, mise il piede nel fango ; ed estraendolo, ne sortì un fiume, che fu chiamato P
pose la testa della Gorgone sopra certi giunchi teneri e pieghevoli ; ed essi appenachè vennero toccati, divennero duri e
a que’ viaggiatori sotto la figura di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba di terra
poc’ anzi avea ucciso. Ne sorsero tanti corpi animati, che con lunghe ed acute aste si avventarono contro Giasone. L’Eroe
quando Medea gli recise inoltre la gola, lo tuffò in acqua bollente, ed ivi lo lasciò, finchè venne dal fuoco intierament
Acasto, figlio del predetto Pelia, ch’era stato uno degli Argonauti, ed era riuscito eccelente cacciatore. Quegli, morto
i tutta circondata di fuoco, che la incenerì(25). V’ accorse Creonte, ed egli pure rimase preda delle fiamme(c). Nè conten
e siccorne Alcmena partorì nello stesso tempe due figli, Ercole cioè, ed Ificlo, così Anfitrione, volendo conoscere, quale
e a vista di quelle Ificlo, preso dallo spavento, si diede alla foga, ed Ercole neppure si mosse, anzi le mise, come abbia
ad istanza di Minerva abbia alquanto cessato dalle sue persecuzioni, ed abbia ella stessa somministrato ad Ercole del pro
cadia. Quelli erano molto mostruosi, perchè aveano ali, testa, becco, ed unghie di ferro. Addestrati da Marte a combattere
erti dell’ Arabia (d). Ercole con certi timpani, ricevuti da Minerva, ed atti a spaventire, trasse quegli uccelli dal bosc
Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due soli piedi di altezza, ed erano sempre in guerra colle gru, le quali spesso
ro chi egli era, si ritirarono in città. Ercole li strinse d’assedio, ed era già per prenderli d’assalto, quando coloro pe
zio. Ercole aveva condotto i buoi di Gerione lungo le rive del Tebro, ed erasi colà addormentato. Caco di notte gliene rub
, fattogli da suo fratello. Fu perciò, dicono, annoverata tralle Dee, ed ebbe in Roma una Capelletta, ove le Vestali le of
i paesi, che aveano promesso (c). Ritornando sene da Trachina, vinse, ed uccise Cigno, figlio di Marte, il quale disputò s
na e la chirurgia. Come medico ebbe tempj e altari, comuni con Apollo ed Esculapio. Conobbe la botanica, e arricchì il suo
ppure allora parlò. Per la terza volta gli avvenne la medesima cosa ; ed ei finalmente ne fece consapevole l’Areopago. Fu
onvito. L’Eroe in una sola notte rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche di più. Una sola di quelle ricusò d’
lle ricusò d’unirsi ad Ercole, perchè voleva serbarsi sempre vergine, ed erasi costituita sacerdotessa d’un tempio (a). Te
veva pagare ad Ergino, re d’Orcomene, un annuo tributo di cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per vendicare la mort
trasferì el suo palagio, e quivi credendo di trovarsi ora in Corinto, ed ora in Micene, combattè coll’ aria, si diede a cr
li fosse Euristeo, coll’ arco lo inseguì. Fu rinchiuso in una stanza, ed ei ne spezzò le porte, che diceva essere quelle d
arlo. Acheloo, vestite allora le sembianze di toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò uno de’ corni, dielo svelse,
ò in una grotta. Colei aveva anche là coperto l’Eroe de suoi vestiti, ed ella aveasi indossata la pelle di leone, ed erasi
o l’Eroe de suoi vestiti, ed ella aveasi indossata la pelle di leone, ed erasi armata della di lui clava. Oppressi amendue
tta madre d’un figlio, detto Ecmagora. Alcimedonte fece esporre Fillo ed Ecmagora sul monte Ostracino, dov’erave moltitudi
Flaminio, e chiamato il tempio del Gran d’Ercole, custode del Circo ; ed uno presso il Foro Bovino, in cui non entravano m
della quale non era lecito agli uomini gustare alcuna cosa. Properzio ed Ovidio dicono, ch’ Ercole stesso si aveva eretta
l’entrarvi. I Sacerdoti di quel tempio doveano serbarsi sempre casti, ed erano tenuti a sacrificarvi col capo raso, e co’
do d’aver tocchi i confini della terra, separò le due montagne, Calpe ed Abila, e sopra cadauna vi piantò una colonna, per
affaticato, lo afferrò per un piede, lo trasse all’ altare comandato, ed ivi lo immolò. Egli inoltre mediante la protezion
o con pelle di leone, e coronato di pioppo. Stringe in mano la clava, ed ha il turcasso pieno di frecce. Talvolta comparis
di Colco, la quale, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo, ed era divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avut
narsi il tempo del terzo tributo gli Ateniesi altamente si agitavano, ed erano per sollevarsi. Teseo ganerosamente s’offer
e il vascello, su cui partivano, denominavasi Deliade o Teoride(17), ed era quello stesso, che avea trasportato in Creta
io un vaso, che conteneva vino, mele, formaggio, farina, e poco olio, ed offeriva il sacrifizio(g). Plutarco vuole, che qu
, squarciò la fronte a colui, il quale cadde tutto asperso di sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, che i Lapiti
suoi da un certo Lico (h), fece passare la sua famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, fi
nfa Naide(27) ; Mori, figlio d’Ippozione(28) ; Astipilo(29) ; Adrasto ed Anfio(30). Priamo, come vide la sua città in mano
de’ più robusti uomini avrebbono durato fatica ad alzarla da terra ; ed egli solo con tutta facilità lo fece, e la gettò
i Copreo(e). Il cocchiere d’ Ettore fu Cebrione, figlio di Priamo(3), ed Eniopeo(4). Il di lui trombetta poi fu Miseno, fi
Achille, e mostravasi impaziente di venire alle mani con lui. Priamo ed Ecuba, tremanti per la vita del loro figlio, lo s
il morto figlio ; e Achille, tocco dale lagrime del dolente vecchio, ed eccitàto da’ di lui generosi doni, v’acconsentì(c
me di Alessandro(c). In differenti occasioni diede prove di giustizia ed equità sì grande, che i vicini Pastori a lui rico
ionasse qualche disordine. Ella cercò tutti i mezzi di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molto bene la parte su
mento, come più diffusamente narreremo. Filottete finalmense lo ferì, ed egli però si fece trasferire appresso Enone, cui
e lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed altre eroiche imprese fu in sogno avvertito da Et
Enea tentare per placare Giunone, e a consultae porto della Sicilia, ed ivi ebbe a sofferire il dolore di veder a morire
el Lazio. Latino, figlio di Fauno, e della Ninfa Marica, n’era il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavinia. Alle d
ante lo risanò. Il contrasto per ultimo si decise solamente tra Turno ed Enea. Quegli vi restò morto(c), a questi sposò La
nel seno (c). I Greci per tale delitto lo aveano condannato a morte ; ed egli, per evitare l’infamia del supplizio, a gran
ordine di Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo di Antenore, ed eccitò i Trojani a violare le stabilite convenzio
ò molto barbaro, perciocchè volendo avviarsi alla volta della Grecia, ed essendone sempre contrastato da’venti, fece uccid
secondo Apollonio di Rodi solevano apprestargli tale nutrimento(c) ; ed esse secondo lo Scoliaste dello stesso Apollonio
e altresì Demolione ; figlio d’Antenore ; Polidoro, figlio di Priamo, ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azzuffò anche
e vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col manico della spada ammac
sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col manico della spada ammaccò la faccia e le
le si fece a serrargli co’lacci della stessa di lui armatura la gola, ed a torgli in sì barbaro modo la vita. Nè pago d’av
cadente fortuna de’suoi(c). Tetide gli ottenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle fece orribile strage de’ Trojani(
ei bellezza, voleva per forza farsela sua. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impo
erne vendetta. Il Nume, velatosi d’una nuvola, si manifestò a Paride, ed eccitollo a volgere l’arco contro il Greco Eroe.
da’più valorosi dell’armata Greca. Fu annoverato Achille tra’Semidei, ed ebbe tempio anche nella Penisola del Ponto Eusino
e, il quale chiamavasi Antifate. Colei additò loro il reale palagio ; ed eglino, avviatisi al medesimo, ne incontranono su
ia vennero accolti da gran numero di lupi, frammischiati con lionesse ed orse. Queste fiere, lungi dall’atterrirli, li acc
he aveva nera la radice, e bianchi i fiori. Gli Dei la chiamano Moli, ed eglino solo potevano facilmente raccorla. Entrò U
re Femio, e Medone. Neppure la risparmiò a Melantio, figlio di Dolio, ed altro suo guardiano di capre. Costui avea insulta
io, ed altro suo guardiano di capre. Costui avea insultato ad Ulisse, ed avea somministrato delle armi agli amanti di Pene
tà, montò sopra un naviglio con varj compagni per amlarsene ad Itaca, ed ivi farsi riconoscere da Ulisse. Venne gettato da
ciprocamente si fecero dei regali. Ajace ricevette in dono una spada, ed Ettore un pendaglio(g). L’Eroe finalmente, di cui
dopo tal fatro partorì un uovo, e da esso nacquero Castore, Polluce, ed Elena. Alcuni soggiongono, che colei diede alla l
pito per opera di Giove un solo uovo, da cui trassero origine Polluce ed Elena ; e che Tindaro poi abbia fitto divenire Le
in tempo di guerra(c). Febe, e Talaira, detta anche Laira(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e di Leucippo, frat
aro(e), chiamate perciò Leucippidi(3), erano per isposarsi con Linceo ed Ida, figliuoli di Afareo o Afarete, fondatore del
egli così denominò da Arene, sua moglie, e madre dei predetti Linceo ed Ida(f). Intervenuti a quelle nozze Castore e Poll
Da Castore e Talaira nacque Anagonte, il quale alcuni chiamano Anasi, ed altri Auloto ; e da Febe e Polluce nacque Mnesino
da Febe e Polluce nacque Mnesinoo, il quale altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Corsero gli sposi alle armie all
nacquero due figliuoli, Eteocle e Polinice, e due figliuole, Antigona ed Ismene(a). Fencide, citato dallo Scoliaste di Eur
armo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). C
Si riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ; ed una moneta d’oro o d’argento gettavasi in essa de
di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase uc
ri in guisa, che da ogni parte potesse difendersi nello stesso tempo, ed egli si riserbò a combattere col fratello, Polini
della patria(b). L’eroica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittad
se non si passava per quello : con che voleasi esprimere, che la vera ed unica via di procacciarsi onore è la virtù. Vicin
virtù sotto i suoi piedi(a). La Virtù rappresentasi giovine, bella, ed ilare di volto, perchè essa non invecchia mai, ma
il migliore ornamento dell’uomo. La lancia è simbolo di maggioranza, ed è in mano della Virtù per indicare la superiorità
lo. Le giace a’piedi un leone. Questo di sua natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente ingegno : qualità, che si devon
di chi egli ha cura. Diligenza. La Diligenza è pronta, esatta, ed assidua applicazione nell’operare. Questa virtù
stante quelle difficoltà, che sogliono accompagnare le utili, grandi, ed oneste imprese. Questa virtù viene rappresentata
ulazione. L’Emulazione è uno studio, per cui si procura d’imitare, ed anche superare le belle azioni altrui. Questa Vir
on Dice. Temi veramente regnò nella Tessaglia, e fu di tanta saviezza ed equità, che si disse essare nata dal Cielo e dall
Ore, ma anche delle Parche. Altri le danno per figliuole Irene, Dice, ed Eunomia, cioè la Pace, la Legge, e l’Equità(e). D
i singolare bellezza, perchè il benefizio più d’ogni altra cosa piace ed alletta. Tiene colla destra le tre Grazie, le qua
che afferma il vero, e nega il falso. Ella dicevasi da’ Greci Aletia, ed era considerata figlia di Saturno, e madre della
la rappresentavano giovane, per indicare, ch’essa non invecchia mai, ed è sempre la medesima ; a capo scoperto, per dimos
Ha le ali alle tempia, perchè esso nasce dalla capricciosa fantasia, ed è sostenuto dalla leggierezza dell’ umano pensare
autorità, è con odio di chi primo offese. E’vestita di colore rosso, ed ha un pugnale nella destra, perchè essa talvolta
ricercarne corrispondenza d’amore, usando ora preghiere lusinghevoli, ed ora promesse di larga mercede, alle quali la giov
gia co destro gomito sopra un Porco, perchè questo animale è indocile ed insensato. Prodigalità. La Prodigalità è sc
. Ella è di volto ridente, e coa ambe le mani versa in gran copia oro ed altre cose di sommo pregio. Avarizia. L’Ava
i Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. Sta in mezzo di densa notte, ed ha nella destra un’arma. E’giovine, per indicare,
ere i ladri. Sta in mezzo a buja notte, perchè il ladro odia la luce, ed ama le tenebre, le quali favoriscono alle sue dis
La Parzialità è ingiusta predilezione : Essa tiene la destra chiusa ; ed ha poi il sinistro braccio esteso colla mano aper
Camaleonte è animale, che si cambia secondo le variazioni de’ tempi ; ed è quindi simbolo dell’ Adulazione, che adopera tu
La Pigrizia è tardanza nell’adempire i proprj doveri. E’ scapigliata, ed ha la veste lacera, onde dinotare l’infelice cond
crede, che i favori fattigli sieno a lui dovuti. Ha in mano l’edera, ed è circondata di nube. Quella innaridisce l’albero
presenta con un piede sopra un Granchio, animale, che va ora innanzi, ed ora indietro. La veste, con cui cuopresi l’ Incos
cchi nostri seinbra mutabilissima. Giuoco. Il Giuoco è ingiusta ed eccedente convenzione, in cui l’ingegno, o il cas
indi il consolante aspetto, e l’abito magnifico. Sull’ accumulato oro ed argento, per cui si hannoquasi tutti gli altri be
lla terra, che sul mare. Altri la dipingono ora sopra volubile ruota, ed ora sopra instabile globo. Pausania finalmente di
bio. Il Dubbio è ambiguità dell’ animo, la quale deriva da opposti ed eguali motivi, riguardo al sapere o all’ operare
5. Poliie I. 256. Polimede II. 31. Polimela I. 325. II. 244. Polinice ed Eteocle II. 275. 281. Polinnestore II. 125. 135.
& 3. (1). Telafassa s’unì a’suoi figliuoli per cercare Europa ; ed essendosi fermata nella Tracia, îvi finì di viver
itti era fratello dello stesso re, Polidette(g). (5). Eratostene(a), ed Igino (b)pretendono, che Perseo abbia ricevuto la
isalto, per avvicinarsi alla quale Nettuno aveala cangiata in pecora, ed egli erasi trasformato in ariete(a). Quel montone
etze vuole che queglino fossero sei, Argo, Mella, Cati, Fronti, Soro, ed Elle(f). Gli Orcomenj poi in memoria della fuga d
to di troncare i giorni nella vegnente notte a’ predetti figli d’Ino, ed aveva commesso alla loro non conosciuta madre, ch
eta aver anche inteso de’ campi Flegrei della Campania, per l’amenità ed eccelenza de’ quali dice Polibio essere verisimil
anche Testore in suo ajuto. A tale nome l’un l’altro si riconobbero ; ed Icaro, informato dello strano avvenimento, li ric
per vera l’uccisione medesima, altri la vogliono in un sito commessa, ed altri in un alro, variando anche fra loro nelle c
mare Adriatico, dette poi Absirtidi (c). Lo Scoliaste d’Apollonio (d) ed Igino (e) pretendono, che Absirto sia stato uccis
l quale anche i Romani ne inalzarono un altro alla medesima Divinità, ed eglino pure lo rispettarono come un Iuogo d’asilò
avo non eseguiva bene il suo uffizio, gli gettò un bastone, che colpì ed uccise Licinnio. Per causa di questo omicidio, be
erreno. Gli avoltoi, che lo credettero morto, calarono sopra di lui ; ed egli, avendone presi due pe’piedi, li legò insiem
er padre Nettuno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che f
c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno, ed armata di ferro nell’ estremità (e). (b). Joh.
(c) pretendono, che Teseo abbia ricevato quella corona da Anfitrite, ed ecco come : tralle sette giovani Ateniesi, che co
di Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono strepitoso avvenne nel Cielo. Teseo poi
piti ugualmente dallo stesso Piritoo rimasero Lico, Cromide, Dittide, ed Elope. Il pino, che Demo leonte voleva far cadere
ò con un piede un serpente, nascosto sotto un cespuglio, che la morse ed uccise. Esaco, irritato contro quell’animale, e a
e di Paride prese egli in moglie Elena ; ma questa introdusse Menelao ed Ulisse, ove Deisobo dormiva, e queglino lo privar
amo d’allero, gettato nel fuoco ; ora coll’osservazione degli Astri ; ed ora coll’intelligenza degli linguaggio degli ucce
ennone ; e ch’ella poi di notte sia andata sulla tomba del suo sposo, ed ivi s’abbia trapassato il seno(g). (10). Nella n
li apparve, e gli disse, che Cibele la aveva trasferita nella Frigia, ed aveale affidata la custodia d’uno de’suoi temoj(a
e(d). (12). Cassandra era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è fama, che fosse di singolare costumatezza. Sì b
buiscono la prerogativa di Cassandra di profetizzare. Dicono, ch’ella ed Eleno, i quali erano gemelli, furono portati qual
i mentovati di Paride furono costruiti da Fereclo, figlio d’Armenide, ed eccellente Artista, decantato da Omero. Fereclo p
Elena. Come fu presa Troja, Etra mostrò ad Acamante il di lui figlio, ed egli salvò la vita a quello ed a lei, che gliedo
a mostrò ad Acamante il di lui figlio, ed egli salvò la vita a quello ed a lei, che gliedo avea fatto conoscere(c). Notisi
natura, e prese non solo forina e colore di corpo, ma spirito ancora, ed ali le somministrava la leggerezza del fuoco. Div
ville a fare lo stesso. Per tre giorni si aggirarono intorno al rogo, ed empirono l’aria concordemente d’un flebile lament
lo fu ucciso da Achille sulle rive del fiume Xanto(c). (30). Adrasto ed Anfio erano figli di Merope, indovino della città
di vita. Per tale motivo fu costretto ad allontanarsi anche da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re di lolco, il quale pari
tidamia, moglie di quel Sovrano, detta anche Astiadamia(b), Creteide, ed Ippolita, s’invaghì di Peleo ; e non veggendosene
e rive del mate, che bagna la Tessaglia. Là Peleo andava a trovarla ; ed ella, tostochè lo vedeva, celava le proprie sembi
celava le proprie sembianze sotto quelle ora d’uccello, ora d’albero, ed ora di tigre. Peleo, non sapendo più come guadagn
za fece ben presto, che Enone si pentisse di quanto aveva proferito ; ed ella risolvette di andare incontro a Paride co’ne
vano al male (e). Questi ultimi vennero da’Greci denominati Telchini, ed Alastori, ossia malefici, tra’quali si fa menzion
e Deità comunemente si rappresentavano sotto la figura ora di vecchi, ed ora di giovanetti, qualche volta alati (b). Si co
nime, e tre armature (a) Evandro dopo morte ottenne gli onori divini, ed ebbe un altare sul monte Aventino, perchè introdu
ta di Turno conoro Bnea molto si distinse Messapo, figlio di Nettuno, ed eccellente nell’arte di maneggiare i cavalli (d) 
e origine (h). (c). Id. Aeneid. l. 9. (d). Id. Ibid. (21). Niso ed Eurialo furono due compagni sì fedeli, che l’uno
sivoglia periglioso cimento. Eurialo rimase sorpreso da’suoi nemici ; ed anche Niso spontaneamente diodesi in loro potere,
da’suoi nemici ; ed anche Niso spontaneamente diodesi in loro potere, ed offerì la propria vita per salvare quella dell’am
ne’quali poscia si fabbricò Cartagigine. Da di là passò in Gallecia, ed ivi finalmente si stabilì la dimora (a). Una trad
dal Tessalo Evemone (d). Egli uccise Apisaone, figlio di Fausio (e), ed Ipsenore, figlio di Dolopione (f). Nella division
esti, trasportato dalla collera, ferì col dardo la Dea in una coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arrivato a casa,
i rimbrotti ad Agamenone intorno al buon esito dell’assedio di Troja, ed Ulisse perciò fortemente lo percosse(b). Ebbe fin
liuole di Anio ebbero per madre Dorippe, e si chiamavano Eno, Spermo, ed Elaide. Aveano ottenuto da Bacco la virtù di cang
Elaide. Aveano ottenuto da Bacco la virtù di cangiare in vino, grano, ed olio tutro quel, che toccavano. Usò Agamennone de
dalirio, figlio di Esculapio(c). Mopso poi fu annoverato tra’Semidei, ed ebbe tempio e oracolo nella Cilicia(d). (b). Ha
sere sacrificata, venne convertita in giovenca, altri dicono in orsa, ed altri in vecchia donna(f). Virgilio ci fa credere
iamo, che avea fatto morire il di lui figliuolo(d). Capi all’opposto, ed altri miglior consiglio, paventando le Greche ins
la macchina fatale sull’alta rocca. Frattanto sopraggiunse la notte ; ed eglino, trovandosi stanchi, ed ebri d’insolita al
cca. Frattanto sopraggiunse la notte ; ed eglino, trovandosi stanchi, ed ebri d’insolita allegrezza, tutti si abbanconaron
o poi ad Eaco notiamo, ch’egli appresso que’di Egina divenne un Nume, ed ebbe un tempio, in cui i vincitori deponevano le
e il quale voleva detronizzarlo. Teutrante promise la propria corona ed Auge in matrimonio a chi lo avesse liberato da qu
se liberato da quel nemico. Telefo alla testa de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed era al
ta de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei m
Omero(b) e Tolommeo. Efestione(c)narrano, che l’anzidetta donna vinse ed uccise Achille ; ma che questo Eroe per le preghi
e, come premio a colui, che avesse sorpassato gli altri nella corsa ; ed Ulisse ne fu il vittorioso. (e). Hyg. fab. 78.
Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (6). Filostrato riferisce, che Ajace ed Achille ebbero cura di seppellire Palamede appres
stesso le Greche navi, le quali credettero d’accostarsi ad un porto ; ed ivi facendole urtare in varj scogli, le fece nauf
rono, era stato loro predetto da Aliterse Mastoride, celebre Indovino ed Augure, allorchè Giove mandò due Aquile, le quali
so difensore della sua patria(a). Omero lo dipinge come il più saggio ed eloquente tra’ Trojani(b). Molti Greci perirono s
e una delle sue figliuole, la quale Diodoro Siciliano chiama Glauce ; ed essendo morto senza figli, lo lasciò erede del tr
be anche una terza, che Sofocle(c), Pindaro(d), Diodoro Siciliano(e), ed Igino(f) chiamano Eribea, e Apollodoro(g) denomin
stre Diction. Mythol. (4). Altri danno a Mirtilo per madre Faetusa, ed altri un’Amazone, detta Mirto(b). (b). Id. Ibid
erchè que sti era nato da altra donna(a). Pelope li cacciò in esilio, ed eglino si ritirarono appresso Euristeo, re d’Argo
lche tempo lo richiamò a se, fingendo di voler riconciliarsi con lui, ed ammetterlo a parte del Regno. Ritornato Tieste ap
lo, perchè Giocasta, appenachè lo sposò, Io riconobbe per suo figlio, ed ella tosto si uccise(d). V’è chi, seguendo questa
i de’ compagni di Diomede parlavano con disprezzo dell’anzidetta Dea, ed eglino furono cangiati in uccelli, i quali nello
armo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu in grande estimazione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). C
Si riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ; ed una moneta d’oro o d’argento gettavasi in essa de
di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase uc
eggio delle armi ; nè attese che a sostenere i travagli della guerra, ed a servire uolmente alla patria(d). (6). Partenop
eagro e di Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Menalippe ; ed altri gli danno per padre Milanione, re d’Arcadia
della patria(b). L’eroica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittad
erna, corse al luogo del supplizio, e disperato si trafisse il petto, ed egli pure finì di vivere. L’inumanità poi di Creo
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
i seppero governare, che fecero buone leggi, che assicurarono la pace ed aumentarono l’incivilimento ed il bene dell’ uman
buone leggi, che assicurarono la pace ed aumentarono l’incivilimento ed il bene dell’ uman genere. Quindi l’adulazione de
opoli avviliti nella servitù concesse l’apoteosi a indegni monarchi ; ed essi, prevalendosi del potere, divinizzarono uomi
empli, gli offersero sacrifizj, e giunsero ad attribuirgli guarigioni ed altri miracoli. Sono pur note le follie dell’impe
coprendole di sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le pietre, ed alle rozze pietre i mattoni, il marmo e i metalli
stinati principalmente ad esaminare gli animali offerti in sacrifizio ed immolati agli Dei, ossia le vittime, per cavarne
sse buono il presagio, doveva elevarsi presto, impetuosa, a piramide, ed essere trasparente, senza molto crepitare, senza
ordinarj ; poichè generalmente erano destinati a dichiarare la guerra ed a presiedere ai trattati di pace.3 Quando un popo
religiose. VI. Feste e Ferie. I giorni consacrati ad onorare gli Dei ed a ricreare il popolo eran detti feste. In antico
eriœ da ferire, colpire, immolar la vittima) i giorni sacri al riposo ed ai sacrifizj in onor degli Dei. Le ferie latine f
da un littore,5 aveva la sedia curule o da senatore, l’anello d’oro, ed un posto in senato. Non poteva salire a cavallo,
re l’attenzione del popolo dallo spettacolo delle pubbliche calamità, ed a guarire il corpo ricreando lo spirito. Il primo
ioni anche il latte, il miele, l’olio, l’acqua delle fonti o del mare ed il sangue degli animali. X. Lustrazioni, cerimoni
e degli animali. X. Lustrazioni, cerimonie sacre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi, gli ese
all’esercito schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano con imprecazioni contro
ciava alloro, sabina e zolfo, faceva tre volte il giro della cascina, ed offriva a Pale latte, vin cotto, miglio ed una fo
lte il giro della cascina, ed offriva a Pale latte, vin cotto, miglio ed una focaccia. Le lustrazioni pubbliche e nazional
are in vita i morti per consultarli intorno alle eose future. I Greei ed in speeie i Tessali la usavano molto, ed incomine
no alle eose future. I Greei ed in speeie i Tessali la usavano molto, ed incomineiavano l’ areano rito eol bagnare di sang
i destinati ai saerifizj. Ogni divinità aveva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima
le più belle. Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animal
ono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altri Dei. Le mo
el culto degli altri Dei. Le mogli dei Flamini erano dette Flaminicæ, ed avevanu parte nel sacerdozio dei luru mariti. — I
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
ie di Atlante perchè lo allevassero. Il piccolo Bacco cresceva vivace ed allegro ; ed ebbe per custode della sua giovinezz
perchè lo allevassero. Il piccolo Bacco cresceva vivace ed allegro ; ed ebbe per custode della sua giovinezza (o come ora
piose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in
a animali feroci, per lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed emblemi di Bacco lo manifestano chiaramente come
colla sua freschezza era stimata dagli Antichi un. sedativo ai calori ed ai fumi del vino ; e gli animali feroci significa
che si faccia derivare da un greco vocabolo che significa favellare, ed accenni al vaniloquio dell’ubriachezza, o da altr
e fumide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentr
di evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste di lui ; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’interpret
ssaridi ; il primo dei quali significa furenti, il secondo impetuose, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di B
no il tirso o il cembalo o il crotalo 203), il flauto o le nacchere ; ed anche talvolta la spada o il pugnale. Generalment
bito facendola sua sposa e conducendola sempre seco in continua festa ed allegria. Arianna (per chi non lo sapesse) signif
lo sapesse) significa molto piacente ; e Bacco a cui piaceva il bello ed il buono se ne trovò molto contento, e le regalò
corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo matrimonio di Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva ed al vin
uesto matrimonio di Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva ed al vino, cioè Evante, che significa fiorente ; St
che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata stafusaria ; ed Enopio, che vuol dire bevitor di vino. Si attribu
, e specialmente dopo i fatti storici pur troppo veri degli stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il
il sacco « D’ira di Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ; ed ha fatti suoi Dei « Non Giove e Palla, ma Venere
sero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più
storicamente o per pratica che le uve non maturano nei luoghi freddi ed esposti al nord, e generalmente in nessuna posizi
luoghi freddi ed esposti al nord, e generalmente in nessuna posizione ed esposizione al di là del grado 50 di latitudine20
zionale e probabile spiegazione. Quasi tutti i poeti lodano il vino ; ed anche gli astemii se ne fingono amantissimi : val
n balsamo per chi sa usarne temperatamente e secondo il bisogno208) ; ed è un veleno per chi ne abusa : oltre al nuocere a
in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità nell’ordine delle idee e nei metri o
15 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
le Vittime, gli Altari, i Tempj, i sacri Boschi, e le Statue ; queste ed altre filologiche nozioni verranno quà e là indic
ndo trattava della Maniera d’insegnare e studiare le Belle--Lettare ; ed è questo appunto lo scopo spezialissimo, a cui te
cieco di mente in mezzo a’ più evidenti lumi della naturale ragione, ed empiamente costituitosi perverso di cuote, non os
e. Certo è, che l’Idolatria è quasi così antica, come lo è il mondo ; ed è parimenti fuori di ogni dubbio, ch’essa con tal
lo, Ecate, Bacco, Venere, Nettuno. Minerva, Marte, Vulcano, Mercurio, ed Esculapio. Dodici di questi si dissero Consenti,
vasetti di terra(a), e vi si gettavano con profusione fiori odorosi, ed anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal
e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie di Divinazione,
a di ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a loro capriccio, ed anche liberamente usavano delle insegne delle dig
si purificato (a). Gl’ iniziati(13) alle minori si appellavano Misti, ed Efori ; ovvero Epopti, ossia ispettori, quelli, c
cun giorno venivano scelte a presiedervi. Queste vestivano di bianco, ed erano obbligate a vivere tre o cinque giorni inna
escatore. Non molto dopo Metra ritornò alla primiera forma di donna ; ed Erisittone, avvedutosi del privilegio, che godeva
di nuovo la vendette. Non cessava la meschina di prendere ora questo ed ora quell’ aspetto per alimentare il padre suo, s
hè si credeva, che ne uscisse tutto ciò, che poteasi desiderare (c) : ed esso quindi simboleggiava l’abbondanza, che quest
, e cominciarono a scagliare contro la Reggia di Giove grossi macigni ed alberi ardenti (a). Giove implorò il soccorso deg
Giove(8). Pirra poi ebbe da Deucalione due figliuoli, Anfittione (b) ed Elleno(c), e una figlia, Protogenia (d), che fu d
ellava Flamine Diale. Questa dignità s’instituì da Numa Pompilio (b), ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’er
Suila sommità della stessa beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo,
ispezial modo venerato ; altri da’ diversi popoli, che ciò facevano ; ed altri dalle beneficenze, ch’ egli conferiva. I pi
nio, Conio, Milichio, Ilapinaste, Ctesio, Trifilio, Ultore, Sponsore, ed Ospitale. Fu detto Padre, e Re, perchè si conside
e di Statore, ossia che ferma, perchè Romolo, combattendo co’ Sabini, ed essendo per rimanerne vinto, invocò Giove, accioc
quanto quello di Giove Ammone, ma i suoi detti erano molto intricati ed oscuri. La statua del Nume, quando si portava in
Si celebravano inoltre delle feste per recare diletto agli stranieri, ed esse si cominciavano, e compivano con libazioni a
egli caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva gli onori divini, ed era in un tempio venerato sotto il nome di Giove
i, e tra questi spezialmente Briareo, eccitato da Saturno, lo uccise, ed era anche per abbruciarne le interiora, quando un
inse alla grande impresa. Opponevasi a’ suoi disegni il fiume Idaspe, ed ei lo disectò. Conquistate le Indie, vi fabbricò
, si dissero Eleleidi(e). Biforme, o perchè si dipingeva ora giovine, ed ora vecchio ; o perchè il vino produce effetti co
vite, e coronati anch’ essi d’ellera, su’ quali abbruciavano incenso ed altri aromi. L’uso delle Ceste mistiche(10) in qu
no escluse. Quindi un sacerdote di Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli permesso di uccidere tutte quelle, che pot
i sparsi dietto le spalle, cingevano la fronte di ellera, e di corna, ed aveano in mano delle fiaccole accese, o il tirso(
e nascosero il corpo in un pozzo. Avea quegli due figliuole, Penelope ed Erigone, e una cagna, chiamata Mera, la quale sem
Sacco vinario (c). Bacco, come abbiamo detto, dipingesi ora giovine, ed ora vecchio. Cinge egli la fronte di corona, da c
o lo caricò di catene. Il Gigante Briareo però sciolse que’ceppi (e), ed ella ne venne quindi severamente punita. Giove le
fu così detta, perchè nacque da Ope (f). Le derivò il nome di Lucina, ed anche di Lucezia, perchè si credeva, ch’ella conf
un becco. Colla pelle di questa vittima furono sferzate quelle donne, ed esse al decimo mese ebbero un pronto e felice par
de, Moneta, Caprotina, Lanuvia, Tropea, Conservatrice, Natale, Aerea, ed Argolica o Argiva. Giunone per essersi sposata a
a o Argiva. Giunone per essersi sposata a Giove fu denominata Regina, ed Era, ossia la Signora, perchè Giove, come abbiamo
, nè alcuno osava di toccarla (f). Come Era ottenne in Argo, in Samo, ed in Egina cette Feste, dette Eree. Al tempo di que
quelle acque erano riputate sacre (f). Cotesta statua divenne famosa, ed eccone la ragioneremo Admere, figliuola d’ Eurist
e conseguirono la libertà, furono marine a spese del pubblico erario, ed ebbero la permissione di vestire gli abiti delle
di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20), e da Giove, il
tutti quasi gli altri Numi(b). Questo Nume fu molto onorato in Pilo, ed ebbe ivi un assai magnifico tempio(c). Non molto
bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chiavi. Queste indicano, che
are alla luce Apollo e Diana (e) (3). Apollo si dimostrò molto destro ed esperto nell’uso dell’arco, e contro il mostro an
figlio di Amicla Volle un dì divertirsì seco lui al gioco del disco ; ed essendo questo ricaduto con impeto sul capo di Gi
il serpente Pitone, si trasferì con Diana, sua sorella, in Egialea ; ed essendone stato scacciato, si ritirò in Creta. Po
re sette fanciulli e sette fanciulle ad Apollo e a Diana per placarli ed eccitarli a ritornarsene nelle loro città. Ciò pi
bbonacciava le procelle ; finalmente secondo alcuni non mangiava mai, ed era stato quegli, che con uno degli ossi di Pelop
iare l’ abbondanza, ch’ egli produce. Ha in capo una corona di raggi, ed è tirato sopra un carro da quattro cavalli, chiam
o di farlo per timote di castigo, scavò in rimota campagna una fossa, ed ivi appagò il suo desiderio. Qualche tempo dopo u
, ove quello fosse per cadergli di mano, ergesse un tempio ad Apollo, ed ivi fissasse la sua dimora. Giunto Corebo al mont
ntauri, popoli della Tessaglia(d). Iapi fu vate di somma riputazione, ed esimio suonatore di cetra. Virgilio dice, che Apo
endo i quali Cidippe era per giurare d’unirsi seco lui in matrimonio, ed era per chiamare la stessa Diana in testimonio de
di foresta in foresta ; o dal trovarsi ora in cielo, ora sulla terra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare
rno un cervo sino alla spiaggia del mare. L’animale si gettò a nuoto, ed egli fece lo stesso, cosicchè si trovò senza acco
notte (h). Si soprannominò Faesfora, o Fosfòra (a), o Lucifera (b), ed anche Coritallia, in quanto che era invocata anch
mente venne mitigata. I giovanetti erano scelti trall’ignobile volgo, ed essi soggiacevano alla flagellazione, finchè sola
ti la portarono al luogo stesso, ove l’amante di lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò nel momento, in cui egli s’assideva
mpio e un oracolo in un luogo della Palestina, detto Afaca, tra Biblo ed Eliopoli, appresso il quale eravi un Lago. Chi re
opo la morte di Arginno, il quale era stato da lui teneramente amato, ed erasi finalmente annegato nel fiume Cefiso(c). Ag
i si numerano Priapo(7), Imene o Imeneo(8), le Grazie(9), Cupido(10), ed Enea, di cui parleremo altrove. La stessa Dea amò
inalmente perchè la Dea avea cangiata in mirto Mirena, giovine Greca, ed una delle sue sacerdotesse(16). Le perle altresì
ombe (b), o da Cigni (c), o da Passere (d). E’accompagnata da Cupido, ed ha per suo speziale ornamento una misteriosa cint
accorsero al rumore, che andava facendo quell’Isola nello stabilirsi, ed essendovisi sbarcati, v’alzarono un tempio a Nett
quello ne fece costruite un altro. Niuno poteva entrare nell’antico ; ed Epito, re d’Arcadia, che volle violare questa leg
Glauco(8), Anceo(9), i Ciclopi, Cencreo(10), Tafio(11), Beto o Boeto, ed Eolo(12), Nitteo(13), e Tritone(14). Que’di Corin
anto lo restò, che da Strabone e Pausania si sa aver servito d’asilo, ed esservisi ritirato anche Demostene, di cui vi si
imili a quelli dell’uomo. Era inoltre fornito dell’uso della favella, ed era stato allevato dalle Nereidi(b). Minerva.
ade o da un tempio, che le era stato eretto in Sciro, borgo tra Atene ed Eleusi ; o da un certo vate, appellato Sciro(5) ;
’impadronirono della città di Corinto. Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizione, si ritirarono nel tempio di Minerva pe
hè voleva allevare quel bambino secretamente nel suo tempio. Pandroso ed Erse osservarono fedelmente il comando, ma l’altr
era uccello, sacro a Marte, perchè esso è di natura molto coraggioso, ed ha il becco sì forte, che con esso giunge a forar
one da comando in mano, e gli addattano al petto l’Egide (e). Sofocle ed altri gli pongono altresì nella destra il fulmine
2). Virgilio parla dell’ Erebo, descrivendocelo ora come un luogo(c), ed ora come un fiume dell’ Inferno(d). (3). Oceano
fontane, e de’ fiumi.(e). Anche questi furono tenuti quali Divinità, ed ebbero tempj, altari, statue, e sacrifizj. A loro
aspetto di un vecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia in mano, ed ha appresso di se un mostro marino. (4). Comunem
nope, da cuigli vennero partoriti Espero, Atlante, Menezio, Prometeo, ed Epimeteo(a). Esiodo però vuole che la madre di qu
recassero al soggiorno de’ morti per osservare ciò che ivi si faceva, ed ora passassero a conversare cogli Dei e cogli Ero
primo codice de’ Toscani Indovini(c). Tra questi anche Arunte poscia, ed Asila molto eccellentemente vi riuscirono(d). Per
si applicavano all’osservazione de’fulmini, si dicevano Fulguratori, ed erano i più stimati di tutti(a). Solevano parimen
un tempio da una vergine, la quale altri credono essere stata Clausa, ed altri Claudia Vestale(g). Dal nome di Fauno conse
e alcun tempio, nulladimeno erano onórate di particolare culto. Latte ed oglio loro si offrivano, e si sacrifica vano anch
inità si risguardavano dagli Antichi con sommo rispetto di religione, ed erano onorati di particolare culto. Si circondava
sce(c), e ad essi si appendevano corone, voti, tavolette(d), lucerne, ed anche le spoglie de’ nemici(e). I viaggiatori si
fiorì nell’ Ellesponto. E’ incerto il suo nome, poichè ora coll’ uno ed ora coll’ altro vedesi chiamata. Incerti re sono
di eccellente vaticinatrice in Tivoli, fu ivi adorata quale Divinità, ed ebbe tempj, are, e sacrifizj. Presso il fiume Ani
o come altri vogliono, trecento monete d’oro. Si rigettò l’inchiesta, ed ella fu tenuta per pazza. La Sibilla in presenza
o, e dove avea sposato una donna, da cui ebbe i due figli, Trittolemo ed Eubuleo. Altri lo fanno figlio dell’ Oceano, e de
glio Cercione, di cui parleremo (b). V’è chi credette, che Trittolemo ed Eubuleo fossero figliuoli di Disaule, fratello di
renderlo immortale. Soleva quindi la Dea riporlo la notte sul fuoco, ed ungerlo d’ambrosia il giorno. Ma la di lui madre,
si. Vennero spesse volte stabiliti a custodire le cose preziose (i) : ed ebbe da ciò origine l’uso di na scondere la loro
Divinità, e quindi non s’intraprendevano senza premettervi sacrifizj ed altre religiose ceremonie (a). Moltissimi furono
rendere questi Giuochi ancora più dilettevoli, si premisoro le danse ed altri spettacoli (b). I Ginnici comprendevano var
i chiamava Stadio, Ginnasio (g), Palestra (h), Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio di terreno di cen
molte sue ricchezze, e che pefò ne fu annoverata tra le Divinità (i), ed ebbe annui sacrifizj (l), e feste, dette Laurenta
Gige, Cotto e Briareo(d). Gli Aloidi erano due fratelli, di nome Oto ed Efialte. Costoro nacquero da Ifimedia e da Nettun
n solo pugno. L’azione di lui dagli Ellanodici si giudicò un delittò, ed egli fu condannato a perdere il premio. Cleomede
ella. Saltava altresì co’piedi uniti sopra un disco, asperso d’oglio, ed ivi sene stava talmente fermo, che altri, prenden
Egesta. Gli stessi suoi nemici dopo morte gli alzarono un monumento, ed anche gli offrirono dei sacrifizj(b). Ne’ mentova
o il premio del Pancrazio tre volte a’ Giuochi Istmici, due a’ Nemei, ed una agli Olimpici(d). Appresso Pausania oltre i p
scuopriva pure un’Ara sotterranea, situata appresso il Circo Massimo, ed essa si onorava con sacrifizj, e libazioni, getta
za, che v’è tra Rogo, Pira, e Busto (b). Egli la prese da Servio (c), ed eccola : la catasta, non ancor accesa, dicevasi R
Si celebravano inoltre delle feste per recare diletto agli stranieri, ed esse si cominciavano, e compivano con libazioni a
. Vi sono alcuni, che le fanno nascere da Eretteo, altri da Cadmo(a), ed altri da Atlante e da Etra, una delle Oceanidi(b)
iconoscevano anche certi Spiriti, i quali prendevano la figura umana, ed erano pure compagni di Bacco(c). Questi da’ Greci
obo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e di una capra : ed è per questo, dicono essi, che Silvano comparve a
lo presiedeva a ciò, che chiude l’apertura del muro, per cui si entra ed esce dalla casa(f). Il Dio Limentino proteggeva l
sacre ceremonie. Queste Ceste si portavano nelle solenni processioni, ed erano sempre chiuse, onde il popolo non potesse v
Espero, fratello di Atlante, e loro padre, erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperetusa (a) ; ovvero, come ad altri piace, qua
usa (a) ; ovvero, come ad altri piace, quattro, Egle, Eretusa, Vesta, ed Eritia (b) Esiodo le vuol nate dalla Notte (c). E
pollod. l. 2. (11). Melampode dopo morte fu annoverato tra’ Semidei, ed ebbe tempj, Feste, e sacrifizj (f). Lasciò un fig
asciò un figlio di nome Teodamante o Teodamante, il quale riuscì vate ed augure rinomatissimo (g). Riguardo poi a Biante d
se manifestare i casi suoi. Formò finalmente una tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila di color porporino, con
i a’matrimonj. Tra queste si nomina Manturna, a cui si porgevano voti ed offerte, affinchè la novella sposa permanesse nel
chiamavano Eleutò (c), ovvero Ilitia quella, che presiedeva a’ parti, ed a cui le donne vicine a partorire consecravano de
omani (c). Due di tali giovani in Roma conducevano per mano la sposa, ed un altro la precedeva con una fiaccola. Questa, p
rte donne di sperimentata pudicizia chiudevano la stanza degli Sposi, ed altre vergini amiche, standone al di fuori, canta
21). Varj altri Numi s’invocavano prima d’innalzare qualche edifizio, ed essi si chiamavano Prodromei (f). (b). Calep. S
e nella maniera la più naturale (e). Antevorta fu anche detta Prosa ; ed ella sapeva alttesì il passato, come Postvorta co
Gli Argivi, rifabbricato quel tempio, elessero un’altra sacerdotessa, ed ebbero tutto il rispetto verso quelle, che eserci
(h). (3). Gli Antichi riconobbero la Morte, come una Divinità, nata, ed educata dalla Notte(a). E perchè essa è veramente
no, che la Morte riesce dolce e soave a chi ben visse, spiacevole poi ed amara a chi condusse malvagia vita. Ha la barba b
i antichi Pagani : altri veri, i quali cioè annunziavano cose reali ; ed altri falsi, che non erano se non false illusioni
nominato dal terrore, che destava, facendosi ora fiera, ora volatile, ed ora serpente. I Numi lo chiamavano Icelonte(i). Q
Virgilio Aello, Ocipete, e Celeno(b). Igino le nominò Alope, Acheloe, ed Ocipete ; Stesicoro v’ aggiunse Tiella ; Asclepia
eloe, ed Ocipete ; Stesicoro v’ aggiunse Tiella ; Asclepiade Ocitoe ; ed Acheo Ocipode(c). Omero dà a Celeno il nome di Po
ue sorelle, che parimenti erano mostri alati, e si chiamavano Pefredo ed Enio. Apollodoro Ateniese le chiamò Penfredo, Eri
goni(g). (10). Le Parche erano tre sorelle, chiamate Cloto, Lachesi, ed Atropo. Non convengono i Mitografi intorno alla l
lle loro mani al dire de’ Poeti sta il corso della vita degli uomini, ed elleno ne filano i giorni avventurati con bianca
austi. Cloto a tale oggetto tiene la conocchia, Lachesi gira il fuso, ed Atropo colla forbice taglia il filo(n). L’opinion
e(a). Virgilio parla dell’ Erebo, descrivendolo ora come un luogo(b), ed ora come un fiume dell’ Inferno(c). (19). Tra g
be per padre Antione ; Ferecide lo fa nascere da Pisione e da Etone ; ed altri da Marte e da Pisidice. Issione avea preso
dell’ inganno, non attese, che a prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala di fuoco, v’imbandì di sopra lauta mens
empiutala di fuoco, v’imbandì di sopra lauta mensa. V’invitò Dejoneo, ed essendovi questo intervenuto, ve lo fece miserame
un’urna, detta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età n
e muojano (c). Radamanto poi giudica le anime, che vengono dall’Asia, ed Eaco quelle, che partono dall’Europa (d). (a).
a (a). Dalla predetta giovine anche Cerere fu soprannominata Ercinna, ed ebbe Feste, dette parimenti Ercinnie (b). (22).
b. de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre verdeggiante. I Poeti la decantarono c
. Metam. l. I. (5). Pausania dice, che Diomede, ritomando da Troja, ed essendosi salvato da una burrasca appresso i Trez
do ad Agamede soggiungono, che la terra si aprì sotto i di lui piedì, ed egli vi restò sepolto in una fossa, detta poscia
one alla testa de’ convitati chiese giustizia da’ministri del tempio, ed essi condannarono la regina ad essere precipitata
so Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Reggia di lui per essern
. Ne avvenne, che quelli ben presto traviarono dal consueto cammino : ed ora troppo alzandosi, minacciavano di abbruciare
mino : ed ora troppo alzandosi, minacciavano di abbruciare il Cielo ; ed ora troppo abbassandosi, inaridivano i fiumi, e r
quello era attaccato al timone con un nodo d’ammirabile sottigliezza, ed era il legame talmente aggirato, che non si potev
i addestrò molti nel suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo, ed Ercole, il quale poi, sgridato fortemente da lui,
re. Egli poi ebbe la temerità di far prova del suo canto colle Muse ; ed essendone rimasto superato, le Dee lo privarono d
sso Periandro, re di Corinto, si trasferì in Italia e nella Sicilia ; ed avendoviraccolto coll’ arte sua gran quantità di
ere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apollo, geloso di
Dei. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo di Solone, ed egli molto giovò ad essi co’consigli e colle pred
rippe, e che questa gli abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed Etolo, e una figlia, di nome Euridice(d). Endimio
i, giacchè gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto nel rendere gli ultimi doveri a’loro paren
ano privati, altri pubblici. I privati si comperavano dalle famiglie, ed erano per lo più formati ne’ campi e negli orti.
iarno detto ; altri vollero, che fosse nato da Calliope e da Apollo ; ed altri finalmente lo fecero discendere da Bacco e
bbero due sole, Clita e Faenna (c). Gli Ateniesi le denominarono Auso ed Egemone (d). Alcuni le appellarono Pasitea, Eufro
narono Auso ed Egemone (d). Alcuni le appellarono Pasitea, Eufrosine, ed Egiale (e). I moderni Scrittori però diedero loro
ce figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del Sole(d). Esiodo finalmente di
cuno, ma solo udì certe voci, le quali la eccitarono a trattenervisi, ed era servita da invisibili Ninfe. In tempo di nott
mortale. Il di lui corpo fu assoggettato alla lavanda di cento fiumi, ed esso divenne diverso da quel di prima (a). A Glau
una Ninfa, e la rendette madre di Pterelao (b). (12). Beto o Boeto, ed Eolo ebbero per madre Melanippa. Eglino erano sta
primi, si propose di farli perire. Crebbero i di lei figli naturali, ed ella li eccitò ad effettuare il suo progetto. Tro
no contro gli altri due per ucciderli. I loro colpi andarono falliti, ed essi in vece perirono. Nettuno, che in quella cir
nacquero, viveva per comando del padre rinchiusa in una carcere. Beto ed Eolo si affrettarono a liberarnela. Metaponte, co
icilia, e chiamate da’ Greci Efestiadi e Plote, e da’ Latini Vulcanie ed Eolie(g). Esse presero questa ultima denominazion
cione. Costei amò grandemente Ceice, il quale regnava nella Ftiotide, ed era divenuto suo marito. Egli, ritornando dall’av
o e salvo. La Dea, cui non piaceva, che Alcione porgesse indarno voti ed offerte, ordinò ad Iride che commettesse al Sonno
a questa molto rinomata pel suo coraggio. Un’orsa la aveva allattata, ed ella erasi consecrata agli esercizj di Diana. Nel
ne gioiva Meleagro, che ardentemente la amava. Arrossirono gli altri, ed esortandosi scambievolmente, scagliarono le loro
bri Sibillini, ordinava digiuni, giuochi, pubbliche preci, sacrifizj, ed altri indizj di universale dolore e costernazione
vano la festa della loro Dea, correvano per le strade come furibondi, ed esprimevano varie predizioni (g). Gli stessi Sace
ni, tra quelli cioè che favorivano indifferentemente tutti i partiti, ed erano adorati da tutte le Nazioni (c). Il culto d
purchè fosse stato d’ottimi costumi. Tale Magistrato era severissimo, ed osservava la più rigida equità. Egli puniva i più
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
rno e i suoi Ministri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Ter
e ai dannati. Era inoltre al pari degli altri Dei sottoposto al Fato, ed anche al suo maggiore e più potente fratello Giov
; e poi ne inventarono tre, distinguendole coi nomi di Cloto, Lachesi ed Atropo, nomi che furono adottati dai poeti latini
arche formavano lo stame vitale di lane di diversi colori : il bianco ed il nero (che allora non si sapeva che non fossero
che uno speciale ufficio : Cloto teneva la conocchia, Làchesi filava, ed Atropo troncava il filo ; e Dante ha rammentato i
ilava, ed Atropo troncava il filo ; e Dante ha rammentato i loro nomi ed ufficii nella Divina Commedia, come apparisce dai
mpre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. Aggiunge poi che ciascun’anima per essere
rinni, nome adottato dai poeti latini, e che trovasi anche in Dante ; ed erano tre : Megera, Tisifone ed Aletto, vocaboli
atini, e che trovasi anche in Dante ; ed erano tre : Megera, Tisifone ed Aletto, vocaboli significanti odiosa, punitrice d
ifone ed Aletto, vocaboli significanti odiosa, punitrice delle stragi ed inquieta. Ebbero anche il titolo di Eumenidi, che
asa del Sonno, ma quasi tutti i poeti parlano del Sonno e dei Sogni ; ed anche Dante racconta diversi sogni ch’egli ebbe n
avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la nasconde al lettore ; ed anche i pittori si sbizzarriscono a rappresentare
ttore ; ed anche i pittori si sbizzarriscono a rappresentare il Sonno ed i Sogni secondo la loro fantasia ; e lo stesso Va
« Tre Furie infernal di sangue tinte, « Che membra femminili aveano ed atto, « E con idre verdissime eran cinte ; « Serp
te. » Sono ivi pure chiamate, come nella Mitologia, Megera, Tisifone ed Aletto, e ricevono anche il greco nome comune a t
mi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuoco ed allo stesso Lucifero. Altri Dei e mostri mitologi
di Proserpina al 26° asteroide scoperto da Luther il 5 maggio 1853 ; ed in appresso avendone scoperti tanti altri (che si
piante della famiglia delle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inoltre ad una specie di vipere. 240. « Colà
mbiante, « Dinanzi mi si tolse, e fe’ ristarmi, « Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco « Ove convien che di fortezza t’armi
i, Eleg. vii.) 246. Son questi i versi di Dante riferibili ai nomi ed agli ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei c
xi, 25.) « E quando Lachesis non ha più lino, « Solvesi dalla carne, ed in virtute « Seco ne porta e l’umano e il divino.
mologia Cloto significa filatrice, Lachesi distributrice delle sorti, ed Atropo inevitabile. 247. « Vestibulum ante i
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
nde dove non apparisce più terra alcuna e null’altro vedesi che Cielo ed acqua209), per sentirsi intenerito il core210) e
che arreca agli uomini colle innumerevoli e maravigliose produzioni ; ed anche, secondo la Mitologia, pel gran numero dei
più celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella
uali è il tridente, che consiste in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col quale
fronte. I Romani avanti la prima guerra punica poco lo consideravano ed adoravano come Dio del mare, ma più generalmente,
eco, portandola alternativamente sul loro dorso, la sposa a Nettuno ; ed egli per gratitudine li trasformò nella costellaz
stro sistema solare, preconizzato da Leverrier dietro le osservazioni ed i calcoli sulle perturbazioni di Urano, e veduto
modernamente. Turbe infinite di Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbellivano, nella fantasia dei poeti, le onde de
Teti madre di Achille. I naturalisti peraltro applicano distintamente ed arbitrariamente queste due denominazioni a due di
crucciata « Per Semelè contra ’l sangue tebano, « Come mostrò già una ed altra fiata, « Atamante divenne tanto insano, « C
aviganti e le due cose più da loro desiderate, cioè la calma del mare ed il ritorno in porto, a due Divinità che avevan pr
sentì trasumanato e sospinto da forza soprannaturale verso il Cielo, ed in sì breve tempo, « ….. in quanto un quadrel po
oteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre d
randi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più
non costretto, e che per esimersene si trasformasse in mille guise ; ed inventarono che bisognava legarlo mentre dormiva
la primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima legato, ed era costretto a rispondere veracemente alle doman
e non costretta. Il modo di costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli allora prendeva successivamente tutte le più
udiosi non si stanchino dal proseguir lungamente le loro osservazioni ed esperienze, se voglionc scuoprire i segreti, ossi
tela di cabale e d’inganni « Che fu tessuta poi per trecent’anni ; » ed eran precisamente 300, quando il Giusti così scri
il Biancone ; e mentre si l’un volgo che l’altro tien bene a memoria ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura
ti mova. » E quindici secoli prima, Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle labbra di Didone quell
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
ona 91). Questa Dea ha dunque due bellissimi nomi nelle lingue dotte, ed inoltre il più alto rango fra le Dee, essendo ess
splendido carro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo di quattordici bellissime ninfe94). Mol
ide ed un corteo di quattordici bellissime ninfe94). Molti altri nomi ed attributi eran dati a questa Dea ; e l’etimologia
appresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. A
ersi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba
Ninfa Io figlia d’Inaco re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni di sua moglie, la trasformò in
i Argo è rimasto celebre in tutte le lingue moderne affini alla greca ed alla latina, per significare antonomasticamente u
nificare antonomasticamente un uomo oculatissimo, cioè vigilantissimo ed a cui nulla sfugga. Anche Dante descrivendo nel C
te contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientifico. Nei poeti più elegan
embrana circolare che è situata sopra l’umor cristallino dell’occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi col
dell’occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi colori, ed è quella che determina il colore particolare degl
Iride, descrittane la bellezza e chiamatala, come Virgilio96, fregio ed onore del cielo, eran per altro ben lungi dal con
i della luce per mezzo dello spettroscopio è divenuta così importante ed estesa, che può quasi considerarsi come una scien
ienza particolare ; e perciò i moderni alle antiche fantasie poetiche ed alle cervellotiche induzioni cercano di sostituir
di sostituire le positive cognizioni scientifiche. Di forme corporee ed in figura umana raramente trovasi Iride dipinta o
sculta, e non è mai rappresentata nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea
tue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta avente in mano
1804. 91. Anche in latino hera è sinonimo di domina, cioè padrona ; ed herus equivale a dominus, cioè padrone. In Plauto
us, cioè padrone. In Plauto è detto herus maior il padre di famiglia, ed herus minor il figlio di lui. 92. « Ast ego qu
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
erficie del mare182. I poeti aggiungono che andò a fermarsi in Cipro, ed ivi ebbe il maggior culto e il titolo di Ciprigna
u poi venerata, in Citera, in Pafo, in Idalio, in Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli di C
nello stesso Dante183. Del nome di Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto tanto comune nelle lingue affini, Cice
iù grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Be
, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185. Il nome di Dionèa dato a Venere pe
attributo un figlio chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte
un altro proprio e particolare a ciascuna di esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. Così venne a significarsi che la Belle
dovevano intervenire in tutte le consuetudini del civile consorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta effica
hi mitologi aprirono un vastissimo campo alla immaginazione dei poeti ed alla fantasia dei pittori e degli scultori. Ma se
dei pittori e degli scultori. Ma se a quasi tutte le Divinità pagane ed allo stesso Giove furono attribuiti difetti e viz
o a significare quanto sian condannabili i matrimonii fatti per forza ed a contraggenio ; ma però si estesero tanto ad inv
o di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe troiano. Cu
o bendato ; e questi son tutti simboli dell’Amore facili a spiegarsi, ed a cui si fanno interminabili allusioni in verso e
interminabili allusioni in verso e in prosa. Parve strano ai mitologi ed ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sem
ni di qualunque genere, non sono che modificazioni dell’animo stesso, ed è impossibile che abbiano realmente forme corpore
lio di Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del Matrimonio ; ed anche in italiano si usa elegantemente il nome di
ga l’ufficio o attributo, erano rappresentate come giovanette gentili ed ingenue, nude e abbracciate amorevolmente tra lor
i e spontanee e che non hanno bisogno di stranieri o compri ornamenti ed aiuti. Qualche poeta le ricoprì d’un sottilissimo
20 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
tudiosi questa importantissima epoca di transizione tra il Paganesimo ed il Cristianesimo, per somministrare ad essi maggi
essi recarono in Roma i loro sistemi di filosofia liberi e svariati ; ed i poeti latini ben presto si fecer lecite strane
La superstizione sparsa tra i popoli ha oppresso quasi tutte l’anime, ed ha signoreggiato la debolezza umana. Noi siamo co
to poema dunque è insieme il più ingegnoso commentario del paganesimo ed il segnale più chiaro della sua decadenza. Il sol
strologi. Questi aveano, a così dire, rubato il mestiero agli oracoli ed agli auspicj caduti in disuso ; e la magia s’era
a. Ma l’incredulità s’era già da molto tempo intrusa fra i sacerdoti, ed avea fatto grande avanzamento per cagione delle s
vinità : di qui ne venne la tradizione che essi adorassero le cipolle ed i gatti, e che s’armassero città contro città per
ragionevole e più puro del politeismo d’Europa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro, era un’ad
anto l’impero medesimo. Villemain. Prima lotta fra il politeismo ed il cristianesimo. 747. Allorchè il Cristianes
ione in sè medesima più non ispirava nè fede nè riverenza. I sapienti ed i grandi disdegnosamente la confinavano tra la pl
e di legno, fu veduto a un tratto avanzarsi in mezzo ai pazzi tripudj ed alle sguajate religioni d’un mondo invecchiato ne
abbattuto. I Cesari gelosi avean giurato la rovina del Cristianesimo, ed eccolo assiso sul trono de’ Cesari. Come ha vinto
difensori si servono per provare l’innocenza loro. Possono rispondere ed altercare, non essendo lecito che senza punto ess
voli, la qualità del fatto, il numero, il luogo, il tempo, i complici ed i compagni. Con noi poi non fate così ; ancorchè
delitti tra le tenebre si sian commessi ; quali siano stati i cuochi ed i cani assistenti.149 Qual gloria sarebbe di quel
amente sia ? Ma chi è che, dopo averne ricercato, a noi non s’unisca, ed unito non brami di patire per acquistare intera l
la quale dire si può illecita, se si rassomiglia ai ridotti illeciti, ed è con giustizia condannabile, se alcuno di quella
hi ci aduniamo mai ? Congregati, siamo gli stessi che siamo disuniti, ed in comune siamo gli stessi che soli : nessuno da
di questo ci fate rei, che pure con voi viviamo, che abbiamo il vitto ed il vestire stesso e le medesime necessità della v
uttociò all’ora debita e giovevole mi bagno per conservarmi il calore ed il sangue. Intirizzire ed impallire dopo la lavan
iovevole mi bagno per conservarmi il calore ed il sangue. Intirizzire ed impallire dopo la lavanda, posso farlo ancor dopo
vuoi per combattere l’eresia, servi possentemente alla conservazione ed al risorgimento del sapere. In qualunque ipotesi
uale, senza condurre alla distruzione degl’idoli, produceva i delitti ed i mali dell’ateismo nei grandi, mentre lasciava a
hiava ; le società ondeggiavano continuamente fra l’anarchia popolare ed il dispotismo : ecco i mali a cui il Cristianesim
gnava che la Religione avesse, per così dire, anch’essi i suoi atleti ed i suoi spettacoli nei deserti della Tebaide. Gesù
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ra a rappresentare splendidamente questi simboli del Dio della luce ; ed ognuno li intende facilmente senza bisogno di spi
itornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentemente taciuto : soltanto
nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamen
, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girand
ale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione d
iglia dell’ arte greca, ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. Un’altra mirabi
oro. Dante nota ancora l’ aura annunziatrice degli albori che movesi ed olezza tutta impregnata dall’erbe e dai fiori. Da
, si trovò impegnato per fanciullesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar
tti i focosi cavalli del Sole ben presto si accorsero della inesperta ed imbelle mano che li guidava, e non trattenuti dai
ni deviarono dall’usato sentiero, ora accostandosi alla vôlta celeste ed arroventandola, ora scendendo vicino alla terra,
lla vôlta celeste ed arroventandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando gli alberi e gli animali e prosciugan
abbruciando gli alberi e gli animali e prosciugando i fiumi, i laghi ed i mari. Da per tutto s’udivano i gemiti degli uom
à della scienza. Apollo fu celebrato ancora come infallibile arciero, ed ecco perchè rappresentasi spesso con l’arco e con
etto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cris
lla più felice conservazione degli esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma di un sillogismo.
ca che fa l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte salutare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più
Lactea nomen habet, candore notabilis ipso. 116. Allude al lamento ed alla preghiera che si trova rettoricamente amplif
Michel Lévy dichiara nella sua grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri assiomi generali « sono la parte più sana d
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
sunti in Cielo ergevansi nel mondo dalla credulità dei pagani, tempii ed altari, offrivansi incensi e voti. Tutti gli altr
to o seppellivansi nella stessa tomba, gli schiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali oggetti che gli furono più cari
pese al vento, altre nell’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè quale è di ciascuno il genio e ’l fa
, consistente in una piccola spalla d’avorio263). Il padre scellerato ed empio fu condannato nel Tartaro ad una pena che t
ell’Inferno ; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che
n d’orgoglio per aver conquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler, quale il Tonante in cielo, «
ifesta superiore non solo a tutti i poeti, ma pur anco ai legislatori ed ai criminalisti. Nel Canto xi dell’Inferno espone
e la proporzionale graduazione delle pene relativamente alla qualità ed alla quantità, o vogliam dire intensità, non pote
 : « D’ogni malizia ch’odio in cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O con forza o con frode altrui
rutto. « A Dio, a sè, al prossimo si puone « Far forza ; dico in loro ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. »
rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender sua vita ed avanzar la gente. « E perchè l’usuriere altra via
e lo spazio per cacciarvi tanti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei, di ogni classe e condiz
on Tantalo un uccello della classe dei Trampolieri, simile all’Airone ed all’Ibi. I Chimici da Tantalo denominaron Tantali
o Tullo. Fissò il suo soggiorno in Crotone città della Magna, Grecia, ed ivi ebbe molti discepoli, e costituì la famosa sc
one. Dopo avere insegnato per venti anni a Crotone, passò a Metaponto ed ivi morì ; e dopo la morte fu più ancora ammirato
ra ammirato che in vita, poichè la sua casa fu cangiata in un tempio, ed egli adorato qual Nume. 254. Avendo ammesso Pita
assato in quasi tutte le lingue europee traversando più di 30 secoli, ed è rimasto sempre un termine usitatissimo ed elega
ersando più di 30 secoli, ed è rimasto sempre un termine usitatissimo ed elegante dall’obolo di Caronte all’obolo di San P
samente di lui, in tuono di rimprovero : « Rida in barba a San Marco ed a San Luca, « E gridi che il suo santo è san Seco
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
ce o principal personaggio più e diverse tragedie antiche e moderne ; ed inoltre quasi tutti i poeti, incluso Dante, ne pa
a della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nome Frisso ed Elle ; che non contenti della matrigna fuggirono
lo spazio di sette anni, usa questa perifrasi mitologica ad un tempo ed astronomica : « … Or va, che il Sol non si ricor
tte volte nel letto che il Montone « Con tutti e quattro i piè copre ed inforca, « Che cotesta cortese opinïone « Ti fia
la groppa del suo impareggiabile montone, furon costretti a costruire ed armare una nave che fu creduta la prima inventata
iale di Calidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce e Telamone ; ed altri di cui non si è ancora parlato, cioè Calai
. Gli Argonauti sapevano soltanto che quel paese era fra settentrione ed oriente, e in quella direzione volsero la prora.
volsero la prora. Il capitan della nave era Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo di vista acutissima, (come si
opportune notizie riferibili al luogo e allo scopo del loro viaggio, ed anche per rinnovare le loro provvisioni da bocca,
hiava a Licurgo re di Tracia66. Dante, amico non timido amico al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno di Giason
bene accolti da Fineo, vollero per gratitudine liberarlo dalle Arpie, ed oltre a cacciarle dalla reggia colle armi, le fec
la terra. « Prende la briglia e salta su gli arcioni « Dell’Ippogrifo ed il bel corno afferra ; « E con cenni allo scalco
i eran novizii in confronto dei Colchi70. Sarebbe dunque rimasta vana ed inutile la spedizione degli Argonauti, quanto al
marittima della Tessaglia, rammentata anche da Plinio il naturalista, ed ove Valerio Fiacco dice che fu costruita la nave
piccolo figlio di Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore ; ed avendolo lasciato solo in un prato per mostrare a
uo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso di un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avrebbe dovuto subire
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
(vedi il n° VI). Ne seguì la guerra di Giove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la sconfitta e l’esilio di questi. O
cugini con la sconfitta e l’esilio di questi. Ora sono i soccombenti ed oppressi Titani che tentano colla forza di ricupe
ta del trono, prima per frode, e poi per forza 69, esiliata dal Cielo ed oppressa, tenta di riacquistar colla forza ciò ch
o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo
, come per esempio il gigante Tizio che si estendeva per nove jugeri, ed Encelado che era lungo quanto la Sicilia, e Tifeo
no i principi fuggiaschi del nostro globo, si trasformarono in bestie ed alcuni anche in piante, e si ricovrarono quasi tu
cono i mitologi, perchè gli Egiziani adoravano come Dei tante bestie, ed anche qualche vegetabile75). Giove rimase a comba
izione dei Giganti, molte e strane vicende. Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò n
e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse « Vibrano ad ora ad or lurid
poeta parlava cinque in sei secoli fa, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando che lo zolfo nasce e
 : « D’ogni malizia ch’odio in Cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O per forza o per frode altrui
lio, parlando della Fama, la dice sorella dei Giganti Ceo e Encelado, ed aggiunge che « Terra parens ira irritata Deorum
xiv, 58.) Dai Latini si trova altresi dato il nome di Phlegrœi Campi, ed anche di Forum Vulcani alla Solfatara fra Pozzuol
Se ne trova pure in copia combinato col piombo, col rame, collo zinco ed altri metalli. Acidificato dall’ossigeno e salifi
i distinguono, quanto alla proporzione dello solfo, i peli, i capelli ed altre materie cornee. » — Cosi risponderebbe tutt
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
Gli Oracoli Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione d
troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece basterà descriverne tre o qua
devano in un sotterraneo del tempio, inaccessibile a tutti i profani, ed ove ammettevasi soltanto qualche devoto che ne av
to della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di
ponsi a voce, ma consistevano nella interpretazione di segni casuali, ed anche di sogni che si facessero addormentandosi i
a e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conosc
va. I primi Cristiani attribuirono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata c
naturalissimo della impostura dei sacerdoti pagani, da prima nascosta ed ignota, e poi a poco a poco scoperta e smascherat
anti e barbari dalla vita selvaggia e brutale e condurli a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel c
e o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza
qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oraco
nia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il mondo in ammira
ilosoficamete nelle Tusculane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità da parer su
à e il pubblico bene, anche i dotti e i sapienti del mondo ammirarono ed encomiarono la loro santa impostura 291), e ben s
sta falsità si fu scoperta nei popoli, divennero gli uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine buono. » Fu allora
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
XXXIX Eolo e i Venti Non bastò ai Greci ed ai Romani politeisti, dopo aver considerata l’Ari
in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome di Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendosi, « ….. or vien
Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendosi, « ….. or vien quinci ed or vien quindi, « E muta nome perchè muta lato, »
e tenebre « D’abissi e di caverne e moli e monti « Lor sopra impose ; ed a re tale il freno « Ne diè, ch’ei ne potesse or
ice che Eolo « …. de’venti dispensier supremo « Fu da Giove nomato ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il
enere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantunque nella stessa regione insulare.
odici, sei d’un sesso e sei dell’altro, « Gli nacquer figli in casa ; ed ei congiunse « Per nodo marital suore e fratelli,
o sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò Eolo ed i Venti figurano molto in tali descrizioni dei po
Zeffiro, nomi adottati dai Latini e conservati nella poesia italiana ed in alcune denominazioni scientifiche. Corrispondo
dai punti cardinali spirassero quei loro Venti intermedii. Fra Borea ed Euro spiravano Aquilone e Volturno ; fra Euro e N
rsi nomi come sinonimi di uno stesso Vento. Così fanno sinonimi Borea ed Aquilone ; Austro e Noto ; Zeffiro e Favonio, ecc
dell’Orsa maggiore giaceva tutta sovra’l Coro, cioè fra settentrione ed occidente, ossia presso a poco a ponente-maestro
e di dire prosaicamente che soffia o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con questa perifrasi m
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ferno, secondo l’etimologia latina, significa ciò che resta di sotto, ed è propriamente un aggettivo a cui può sottintende
loro per l’uso a cui erano destinate. La prima chiamavasi il Tartaro, ed era luogo di pena per le anime dei malvagi : la s
ano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed Enea in corpo e in anima, ossia da vivi, fossero
endosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto campo libero ed aperto alla loro immaginazione, che percorsero a
eci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà sempre una ma
L’Acheronte, il Cocìto e il Flegetonte scorrevano dentro il Tartaro, ed erano fiumi propriamente da dannati, perchè le ac
rivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un bosco di alberi annosi ed un boschetto di mirti. Nei Campi Elisii per altro
(ora Mar d’Azof). Tal descrizione trovasi nel lib. xi dell’ Odissea, ed è la seguente : ….« Spento il giorno, e d’ombra
di qualsivoglia architetto. La sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tr
eguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometr
da qualche tempo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto, di scuoprire cioè l’origine del nostro p
te filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad o
., vi, 637.) 237. Per dare un esempio quanto l’Alighierisia chiaro ed esatto nel far la descrizione dell’immensa fabbri
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
XXXV I Satiri ed altre Divinità campestri Chiunque ha veduti scu
si formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni
o parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più ef
lleria. Il Dio Momo è da porsi vicino ai Satiri pel suo umor satirico ed impudente. Il greco nome Momos datogli da Esiodo
rle. Era rappresentato con un berretto frigio coi sonagli, un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che
ai pastori e dagli agricoltori, per implorare la protezione di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte di sacre fo
itologi ne spunta di tratto in tratto qualcuna non egualmente felice, ed inoltre poco dignitosa per una divinità, qual fu
e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che raccontano di lui servono tutti a isp
onto, e perciò i poeti lo appellano Lampsaceno e Nume Ellespontiaco ; ed eragli immolato l’asino, vittima che si credeva a
rdini, ma per far soltanto da spauracchio agli uccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una
nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più semplice e più dell’uso comune
io là ov’el sentìa la piaga « Della giustizia che si gli pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vivente nel linguagg
irgilio nel lib. 7° dell’Eneide. La moglie di Fauno chiamavasi Fauna, ed aveva un tempio in Roma sotto il nome di Dea Bona
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
XIX La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno Al pari di Apollo aveva Dian
rno Al pari di Apollo aveva Diana diversi ufficii non solo in Cielo ed in Terra, ma pur anco nell’Inferno ; e secondo ci
si lunari i popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la L
hiamavasi egli Endimione, e stava sul monte Latmo che è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato d
n una caverna e la Luna che sta a guardarlo. I poeti poi quasi tutti, ed anche gl’italiani, rammentano il vago della Luna,
inunziato a prender marito, passasse il tempo nei boschi ad inseguire ed uccider le fiere. E perciò si rappresenta come le
afiggerla con un dardo. E questa costellazione fu detta Orsa maggiore ed anche Elice per distinguerla dall’altra vicinissi
distinguerla dall’altra vicinissima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe ch
lice nel C. xxv del Purgatorio : « …………………al bosco « Si tenne Diana, ed Elice caccionne « Che di Venere avea sentito il t
to terzo attributo son molto incerti e discordi fra loro i mitologi ; ed urta il senso comune e il buon gusto il sentire c
o che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, bast
facente a Diana, perchè Lucina, come dice Cicerone, deriva a lucendo, ed appella più propriamente alla Luna145. Diana avev
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi troviamo un
vamente malinconico e furibondo. Nel Cristianesimo il tempo che Adamo ed Eva passarono nel Paradiso terrestre è considerat
o sognaro. « Qui fu innocente l’umana radice ; « Qui primavera sempre ed ogni frutto ; « Nettare è questo di che ciascun d
si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spon
feste gli schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei loro difetti
ei. Ecco uno dei molti casi mitologici in cui più e diversi attributi ed uffici si riunivano in uno stesso soggetto, che i
La Grecia non ha alcun Dio pari a questo, asserisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal lati
da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse
Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di se
i negozianti. Gli antichi scrittori latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola di questi Giani, c
a se ne conserva tuttora uno antichissimo, situato tra il Foro romano ed il Tevere39. 26. « Natus homo est ; sive hun
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tut
benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto
ndolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. Qual Nume dunque poteva esser perfetto
cordia, alla Pudicizia, alla Virtù militare, all’Onore, alla Vittoria ed alla Salute pubblica, cioè alla più felice conser
imo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come di tant
si fecero e si fanno tuttora di qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche di qualsivoglia idea astratta, politica o r
che di qualsivoglia idea astratta, politica o religiosa. Il riferirne ed analizzarne le poetiche descrizioni antiche e mod
he e le moderne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici di Belle Arti, e non al Mitologo, poichè
rne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo
accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base de
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
egno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccol
lta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui sta
figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortiglia
no dunque i mitologi, che nacque Mercurio dotato d’ingegno acutissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto di valersene per i
si battevano, li percosse colla sua verga per separarli e dividerli ; ed essi attortigliandosi a quella rimasero in atto d
iò gli Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo nella musica, ed aveva pur anco inventato un musicale stromento. Q
ovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei, per invidia frapponeva os
ll’atmosfera. Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pubblicazioni a stampa, perchè furon consid
sti tali riporta Cicerone nella 2ª delle sue Filippiche un bellissimo ed elegantissimo proverbio latino : male parta, male
ste maestà il compose : « Tra giovane e fanciullo età confine « Prese ed ornò di raggi il biondo crine. « Ali bianche vest
ua in bronzo che ornava prima una fontana della villa Medici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
le della divinità dei filosofi. Ora conviene accennare le meno buone, ed anche le assolutamente malvagie. Quando i Titani
le assolutamente malvagie. Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra 
irpe crebbe e si moltiplicò. Fra i più celebri si annoverano Prometeo ed Epimeteo, di cui ora occorre parlare. Prometeo e
nnoverano Prometeo ed Epimeteo, di cui ora occorre parlare. Prometeo ed Epimeteo erano figli di uno dei Titani chiamato J
Prometeo ed Epimeteo erano figli di uno dei Titani chiamato Japeto, ed ambedue ingegnosissimi : il primo faceva le statu
esi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre
erò che la pena di Prometeo non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò, ed uccise l’avvoltoio che gli rodeva il fegato : il
ersi rami degli alberi, produce estesissimi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e
ma questi il cui nome significa provvido o cauto, non volle aprirlo ; ed avendolo essa portato quindi ad Epimeteo, il cui
ano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rov
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
culto di Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione da Evandro ed accolto dai popoli limitrofi in ringraziamento de
ual culto non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. ix dell’Eneide ed Ovidio nel lib. i dei Fasti, ma anche Tito Livio
ccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi. Quantunque i Greci sotto Alessandro Magno,
no, e trecento anni dopo di loro i Romani sotto Cesare, Marc’ Antonio ed Augusto, avessero conquistato l’Egitto, poche e s
rittori di ambedue quelle nazioni relativamente al feticismo Egiziano ed alle idee religiose che quel popolo annetteva al
stessa Ninfa Io trasformata in vacca da Giove, fu ben presto adorata ed ebbe un tempio in Roma, come asserisce Lucano nel
o che era infermo in Corfù. I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti di tela di lino, e perciò si chiama
insegnato a loro l’agricoltura, si fossero trasformati essa in vacca ed Osiride in bove o toro. Nè gli Egiziani si conten
pi. Questo bue aveva il pelo nero, e soltanto nella fronte era bianco ed in alcuni punti della groppa. I sacerdoti Egizian
remer le labbra col dito indice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione di silenzio. Quest’atto
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
forma corporea, che certamente debbono apparire strani e irrazionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in
ua madre fu gettato giù dall’Olimpo nel mare, e pietosamente raccolto ed allevato da due Dee marine Teti ed Eurinome. Ma O
nel mare, e pietosamente raccolto ed allevato da due Dee marine Teti ed Eurinome. Ma Omero fa raccontare a Vulcano stesso
utabili, si è maggiormente diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi
urono eseguiti : qui basterà soltanto accennarne due, cioè gli automi ed i fulmini. Chi ha veduto qualche automa in azion
animati (e quel che è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scienza o un’arte), non trover
isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcanici : e quindi aggiunge che le
ti chiamavasi Polifemo (il qual greco vocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i
i tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutti feroci ed antropofagi. Abitavano in un’isola, secondo Omero
., viii.) 194. Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi della geol
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
coda224. Oltre al dire che erano bellissime, aggiungevano i mitologi ed i poeti, che esse cantavano dolcissimamente, e su
deva. Da circa 3000 anni quasi tutti i poeti, incominciando da Omero, ed incluso anche Dante, hanno parlato delle Sirene ;
delle Sirene, e ne rammentano tre, cioè Lisia, Leucosia e Partenope ; ed aggiungono che la sirena Partenope andò a morire
229, abbellirono con straordinarie invenzioni favolose le fantastiche ed esagerate paure del volgo. E poichè stimavasi dif
cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende,
a con le campane che suonano a festa, un convento di frati cappuccini ed altre simili stravaganze ? Monsignor Forteguerri
picuri de grege porcum. Ecco i due celebri esametri della sua sincera ed aperta dichiarazione : « Me pinguem et nitidum b
228. Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che gli abit
 » 231. I naturalisti la distinguono col nome di Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta della Groenlandia, perchè si tr
tiene ; « Chè dove l’argomento della mente « S’aggiugne al mal volere ed alla possa, « Nessun riparo vi può far la gente. 
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
ura, e attribuirono a quelle l’invenzione delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazione di molti p
a Proserpina. Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di straordinarie fantasie da tutti i po
uesto mito, e dice alla bella Matelda, « ………… (che si gìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta
r dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primavera. » A questo punto cederò la parol
in un carro tirato da serpenti alati, o vogliam dire draghi volanti, ed avente in mano una o due faci accese : si riconos
mmentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo
empo tutto il suo ricco patrimonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal
strano di fatto, colle loro dotte investigazioni sui tempi mitologici ed eroici, Bacone da Verulamio, il Vico, Mario Pagan
empi mitologici ed eroici, Bacone da Verulamio, il Vico, Mario Pagano ed altri. 52. Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo di regia stirpe Argiva. In ap
 ; e Acrisio non fu così snaturato come furono in appresso Aristodemo ed Agamennone, i quali non esitarono ad uccider le l
. I poeti antichi dicono che Medusa aveva due sorelle chiamate Stenio ed Euriale, e che da prima eran tutte bellissime, e
eschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggior bisogno ed estremi. Su questi dati mitologici i romanzieri d
i la testa di Medusa e pietrificò nell’istante quanti la guardavano ; ed anche Fineo ebbe la stessa sorte. Dipoi volle Per
di Serifo, e trovò che Polidette voleva costringer Danae a sposarlo ; ed egli per toglier d’impaccio la madre, lo cangiò i
lo cangiò in una statua. All’avo Acrisio, che ancor viveva, perdonò, ed anzi lo rimise nel regno, uccidendo l’usurpatore
nella Mitologia. Infatti la Cronologia greca più comunemente seguita, ed anche adottata dallo stesso Cantù (Ved. i Documen
al Corso della Storia Antica ; e quanto poi alla Letteratura classica ed alla Archeologia è fondamento indispensabile ; «
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
ne umana. Trovò che la fama era minore del vero, poichè alla crudeltà ed alla barbarie univasi l’empietà ed ogni altra sce
ore del vero, poichè alla crudeltà ed alla barbarie univasi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli
i ad invadere le vicine convalli. Tutti perirono, fuorchè un sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvar
Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e quindi il solo
i e sudditi, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che era sul mon
ossa della gran madre. — Tutte le risposte degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo n
e donne ; biblica secondo la Genesi, che Adamo fu composto di terra, ed alcuni commentatori aggiungono ancora precisament
crosta del nostro globo, poichè vi si comprendono la creta e l’arena, ed alcuni vi aggiungono anche la torba. Un simil ter
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
se ne trovano tuttora alcune poche in qualche lago, in qualche palude ed anche in qualche fiume, non però nel mare. Tra le
di Agrippa presso Tivoli. Poteva dunque Pindaro aver sentito parlare ed anche aver veduto delle isole natanti ; e valendo
he si sollevò in uno o due giorni nel 1538, all’altezza di 200 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo secolo, e preci
ad Apollo e a Diana, aggiungerò che ambedue furono creduti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzion
la stimava a sè inferiore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa sua folle empietà fu terrib
a Diana, convien parlare separatamente dei loro particolari attributi ed uffici. 98. Dallo stesso greco vocabolo Elios s
a, come perielio, afelio, parelio, eliocentrico ; di ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni di pian
minazioni di piante eliofile e di eliotropio (volgarmente girasole) ; ed anche la fotografia è detta altrimenti eliografia
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
e di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitivo era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di Bellerofonte,
che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e dalle narici
iuto egli potè velocemente schermirsi da qualunque pericolo e vincere ed uccidere la Chimera. Allora sì parve a Iobate man
Cielo, presumendo che gli Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed alla loro mensa. Ma Giove, per punirlo della sua
rto una gradita sensazione all’occhio dei profani, qual fu immaginata ed eseguita dagli antichi Etruschi. 52. Quindi è c
la vittoria all’innocente e a far perdere il reo. Quest’ uso barbaro ed empio si estese anche ad altre prove, come a quel
ui sola proposta fanaticamente fattane dagli avversari del Savonarola ed imprudentemente accettata dai suoi fautori, riusc
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
anto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti
dee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre na
ia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia natur
i. Dunque lo studio della Mitologia greca e romana sarà utile sempre, ed anche sempre più necessario, quanto maggiori prog
agini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle s
ri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora in avanti s’i
tori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranie
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ntemporanei. Sebbene i Mitologi la considerino un’impresa secondaria ( ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccider
ziamento per le buone raccolte ottenute, erasi dimenticato di Diana ; ed essa lo punì mandando un mostruoso cinghiale a de
ra la folta selva Calidonia, da cui usciva il cinghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era i
elva Calidonia, da cui usciva il cinghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era impresa perico
l cinghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era impresa pericolosissima l’andare ad assaltarl
si riferisce al destino della vita di Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle
che Danterammenta nella Divina Commedia la trista fine di Meleagro ; ed eccomi ad accennare in quale occasione. Dopo aver
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città
ominazione della famosa città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene,
uesto nome, era detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi gli abit
o si dà elegantemente questo nome di Ateneo alle Università, e da noi ed altrove suol darsi anche ad alcune società o acca
re che l’ingegno vede e scuopre le cose che agli altri restano oscure ed ignote. E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, c
ri e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salv
a le diverse arti e professioni che celebravano le feste di Minerva ; ed oltre i collegi dei poeti, dei medici, dei pittor
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
zzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece sua sposa,
di Marte, e dalla medesima ebbe quattro figlie : Autonoe, Ino, Semele ed Agave, e inoltre un figlio chiamato Polidoro. Abb
chi ci hanno trasmesso anche il nome di quei cinque che sopravvissero ed aiutarono Cadmo a fabbricare e popolare la città
he a Dante. Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto
egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, i
n potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi 
e prime sedici lettere60. Sino al presente secolo non se ne dubitava, ed oltre al dirsi precisamente quali erano le sedici
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
stocratico e inoltre tanti vantaggi a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual
r Pertinace l’anno 193 dell’E. V. Troppo lungo sarebbe il riportarle, ed anche soltanto il compendiarle ; ed inoltre stanc
oppo lungo sarebbe il riportarle, ed anche soltanto il compendiarle ; ed inoltre stancherebbe la pazienza di qualunque let
i deponevasi il feretro. Dentro e intorno al rogo spargevansi incensi ed aromi preziosi in gran quantità. Vi appiccava il
ante apoteosi diverse ; in ciascuna delle quali vedesi un’ara ardente ed un’aquila che ergesi a volo, ed inoltre vi si leg
una delle quali vedesi un’ara ardente ed un’aquila che ergesi a volo, ed inoltre vi si legge la parola Consecratio, che er
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
iò principalmente alla confusa massa di tutta quanta la materia bruta ed informe, supposta esistente nello spazio prima ch
di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’U
un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero a
turalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anc
che l’età moderna ci presenta sotto altre forme ! E prende per guida ed interpetre dei portati dell’antica sapienza il po
e un grande ammasso o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche talvolta una gran confusione amministrativa
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
on può insorger questione, poichè li consideran tali tutti i Mitologi ed i poeti latini e pur anco gl’ Italiani : lo stess
Lari 38. La questione per altro verte intorno all’etimologia del nome ed alla origine di questi Dei, poichè v’è chi li cre
chi li crede così chiamati, perchè figli della Ninfa Lara o Larunda, ed altri ne derivano il nome da Lar antica parola et
unge che nella pratica applicazione questi Dei rappresentano i comuni ed i privati vantaggi della social convivenza. Perci
a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza
are : « locus ubi focus accenditur. » Questa parola foculare, che era ed è barbara in latino, è divenuta la pura e schiett
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
XL Osservazioni generali Questi tre termini di Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvolta indistintamente l’
à. Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale,
anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio comme
determinare l’estensione, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse
a cui intervennero quasi tutti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura di rammentare : tali son
rmine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza
50 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
fonda Micene. — Licaone, figlio di Pelasgo, costituisce Licosura, ed immola vittime umane a Giove ; forse a significar
 ; Eolo agli Eolii ; Xuto ebbe due figli, Acheo, origine degli Achei, ed Jone degli Jonii. 1522. Consiglio degli Amfiz
Ercolano. — Fiorisce Orfeo. 1310. Atreo e Tieste regnano a Micene ed a Tirinte. 1283. Agamennone, nipote d’Atreo, r
i Carii con Naste, i Licii con Sarpedonte e Glauco, i Traci con Piroo ed Acamante. Dicesi che questa guerra costasse ai Gr
d Acamante. Dicesi che questa guerra costasse ai Greci 800,000 uomini ed ai Trojani 600,000. 1280. Viaggio d’Ulisse, d
mero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette gli occhi. » (Ve
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretare e il recare agli De
Dèmoni dei Greci equivalevano a quelli che Mosè chiama Angeli 273) ; ed Apuleio lasciò scritto che corrispondono ai Genii
ori ecclesiastici. Da dèmone derivò in latino il diminutivo demonio ; ed ambedue questi nomi servirono nel Cristianesimo a
« Fecero a un tratto un muso di defunto « Tutti, nel centro, a dritta ed a mancina, « E morì sulle labbra accidentato « Il
reca etimologia, significa messaggiero o nunzio ; la quale etimologia ed interpretazione è rammentata e adottata anche nel
voce diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed era il titolo che si dava soltanto al principe de
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono neppure i più strani ed assurdi miti della greca mitologia inventati da q
asciò vincer da queste, le idee morali cominciarono ad esser neglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prest
l loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benchè scellerato ed empio, come furono i più degli Imperatori romani.
i dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’atte
favoriva e comandava l’abolizione della schiavitù, anche i più rozzi ed ostinati contadini cominciarono ad apprezzare se
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
spazio una materia cosmica, onde si formano le nebulose e le stelle, ed un’aria sottilissima e purissima chiamata etere.
italiani. Da questo matrimonio nacquero due figli, Titano e Saturno, ed una figlia chiamata Cibele. Titano in prima, e po
o come il Sole istesso. Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò
l poeta ch’io stava « Stupido tutto al carro della luce « Ove fra me ed aquilone entrava. » 20. Il Giusti parlando del
r legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla suc
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
mai più di sette. Si prendevano da famiglie illustri, o almeno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni s
o erano quei due indicati di sopra ; e severissime le pene minacciate ed inflitte per la violazione di quelli. La Vestale
nefasti, ossia infausti. Ebbero luogo pur troppo, e più d’una volta ; ed anche in Tito Livio ne troviamo il ricordo e la n
lia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tenevano chiuso ed invisibile ad ogni occhio profano. Era probabilme
nea nel campo scellerato, e postole appresso un pane, un vaso d’acqua ed un lume, vi era chiusa ermeticamente e abbandonat
55 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Tavola analitica. secondo il metodo di giov. humbert  » pp. 3-
. Arpocrate, 336. Mani, 243. Ebe e Ganimede, 87. Iride, 93. Temi ed Astrea, 337—339. Latona, 97, 98. Furie o Eumeni
37—339. Latona, 97, 98. Furie o Eumenidi, 232—234. III. Seml-Del ed Eroi. Giapeto, 30. Prometeo, 70, 71. Ercole
(l’Ingiustizia), 335. Arpocrate (il Silenzio) 336. Giustizia (Temi ed Astrea) 337—339. Forza, 346. Calunnia, 345. 2°.
lomcla e Progne, 634—638. Psiche, 178. Cefalo e Procri, 116. Ceice ed Alcione, 206. Piramo e Tisbe, 644—646. Mida, 12
ustrazioni, X. Apoteosi, I. Funerali, 689. Lettisterni, VIII. Vittime ed Ostie, XIII. Libazioni, IX. Orgie o Baccanali, 15
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
Plutone. Giove sposò Giunone elevandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da alt
evandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da altre Dee, ed anche da donne morta
el Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da altre Dee, ed anche da donne mortali, altri figli in gran numer
iamavano i primi Majorum gentium, o Superi, o Coelites, o Coelicolœ ; ed i secondi minorum gentium o de plebe Deos. 7. I
la storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche gli s
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
XXXVII Gli Dei Dei Fiumi Se i Mitologi ed i poeti inventarono le Divinità delle fonti, tant
dre Tebro poi, ossia il fiume Tevere, era un personaggio molto serio, ed in certi casi anche un poco profeta. Nell’Eneide
col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulc
olcro, onde non v’abbia « Mestier di fossa nell’esequie sue. « Disse, ed alto insorgendo, e d’atre spume « Ribollendo e di
xtremum hunc Arethusa, mihi concede laborem. » 30. Non solo Ovidio ed altri poeti raccontano questo fatto mitologico, m
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
to Dio, derivò e fu composto il termine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente significa borgo di Marte ; e poi
to da un verbo che significa camminare, o avanzarsi a passo misurato, ed appella evidentemente alla marcia militare e all’
o rustico, ossia un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo dett
ibunali collegiali si procura che il numero dei giudici sia dispari ; ed in alcune società amministrative o di privati, ov
ere, le scienze e la civiltà moderna, e varranno sempre a conservarle ed accrescerle, se saranno studiati e meditati come
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
vano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Gea, ossia Tellure. Afferma p
Dio Pane considerato come il protettore dei cacciatori e dei pastori, ed inoltre l’inventore della sampogna, i tre distint
una sola similitudine e in soli due versi e mezzo, riunisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio
ione della sua loquacità, e condannata a tacere se nessun le parlava, ed a ripeter soltanto le ultime voci di chi le dirig
quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. A
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
ro Mitologia. Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi libri sulla
lla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componev
onda Parte vi troveremo l’applicazione di quelle ai casi più speciali ed anche individuali. Nella terza poi vedremo cambia
Divinità per mezzo di matrimonii misti, che danno origine ai Semidei ed agli Eroi ; e questi son sempre in lotta coi most
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
one di alcuni strani miti che a lui si riferiscono per tale attributo ed ufficio. Saturno memore del patto di famiglia con
letteralmente, è peggio che bestiale, poichè anche le bestie allevano ed amano la loro prole. Ma questo racconto è un mito
ul trono, e quindi congiurò contro di lui. Giove scuoprì la congiura, ed esiliò Saturno dal Cielo ; ma non estese la conda
violazione dei medesimi, guerre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e di morti, per
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
avere assegnato tre Dee al globo terrestre, come notammo nel N. VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai principali prod
i primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mitologia per dimostrare le assurdi
e, se, oltre Lattanzio, non ne parlasse anche Plinio il Naturalista ; ed era il Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perc
ovrà dunque recar maraviglia che il dottissimo Varrone, contemporaneo ed amico di Cicerone, abbia annoverati trentamila De
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
è inesorabile, nessun lo pregava o adorava, nè perciò ebbe mai tempii ed offerte. Immaginavano che i suoi decreti, riferib
logia a ferenda ope, dal recar soccorso. In greco era chiamata Tiche, ed aveva gli stessi attributi della Fortuna dei Lati
significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali. Finalmente la Morte, sec
(Hor., Od. i, 29.) 16. Nei moderni ritratti della Fortuna ai frutti ed ai fiori del cornucopia son sostituite le monete
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
Fasti : ogni superstiziosa religione ha i suoi adattati alle fantasie ed alla credulità dei popoli. In Roma per altro Cibe
popoli. In Roma per altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come u
urrita, ossia in forma di torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un leone ; e spesso le si dava ancora un carro ti
ava che quella Dea avesse insegnato agli uomini a fortificar le città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Ant
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
l Dio benefico per eccellenza57. Questa significazione è tanto chiara ed evidente, che un dei nostri poeti ha detto : quel
eso : « Indi alla vetta dell’immoto Olimpo « Annoderò la gran catena, ed alto « Tutte da quella penderan le cose. « Cotant
dere onore a Giove dando il nome di esso a quel pianeta che apparisce ed è maggiore degli altri veri e proprii pianeti, e
degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fato. Si fatta Au
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
are al popolo la dottrina segreta. Alcuni moderni autori eruditissimi ed infaticabili hanno tentato di spiegare quei miti
nguaggio poetico degl’italiani, nasce quindi il bisogno di conoscerli ed illustrarli, e, quando è possibile, decifrarli. S
è fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam. i). 1. Nel
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
ta anche in un modo diverso da quello che accennammo nel Cap. XXXIV ; ed è collegata colla favola di Narciso. E poichè Dan
pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Gal
ero che Dante l’assegnò perfino alle Virtù Cardinali, che sotto forma ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e fa di
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
fa scïenza « Senza lo ritenere, avere inteso. » Le Muse erano nove, ed avevano questi nomi : Calliope, Polinnia, Erato,
le presuntuose, cantarono così divinamente da farle rimanere attonite ed atterrite, se ne vale stupendamente coll’ invocar
rbo vaticinare 131. E i poeti non ne fanno mistero ; son gente franca ed aperta, e dicono liberamente quel che sentono e q
69 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
ei loro poeti, e noi invece di tradurre quelli vi abbiamo sostituito, ed in maggior copia, le citazioni e le descrizioni c
orso di Mitologia, riveduto e migliorato con aggiunte del traduttore, ed ornato di stampe fatte da valenti artisti, utilis
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
ttera che io scriverei, possa correre. E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto per copia c
gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ;
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
male lingue. Le Feste Caristie erano un solenne convito fra i parenti ed affini che si riunivano annualmente in questo gio
ivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli
72 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
, figlia di Latino, 614. Lavoro, divinità allegorica, 347 2°. Leandro ed Ero, 646 2°. Learco, 449. Leda, 74, 441. Lenno :
ime, 196 ; — loro perfidi artifizj, 197 ; — tentano di sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa. Sua metamorfosi, 2
73 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
, a poco più può servire che ad agevolare l’intelligenza dei Classici ed a spiegare i monumenti d’arte dei Greci e dei Rom
74 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
tri, ossia dei prodotti della terra, e principalmente degli animali ; ed eccoci al Feticismo, che per antichità gareggia c
75 (1847) Mythologie grecque et romaine, ou Introduction facile et méthodique à la lecture des poètes (3e éd.)
btenu en France et en Suisse de flatteurs encouragements. La première édition , publiée sous forme de dictionnaire, fut promptem
que j’avoue, mais que j’ai sensiblement atténués dans cette nouvelle édition , œuvre de patience et de conscience. L’addition d
eilleure division dans les chapitres, font presque de cette troisième édition un nouveau livre. J’avais, pour me soutenir dans
76 (1810) Arabesques mythologiques, ou les Attributs de toutes les divinités de la fable. Tome II
ou la science des emblêmes, etc., par J. B. de l’Académie française, édition de 1698, deux gros volumes in-8°. 49. Discours
77 (1898) Classic myths in english literature
Guide to Egyptian Rooms, Com. § 15. Bugge, Sophus. Com. §§ 177-184, Edition of Elder Edda. Buchanan, R. W., 1841. Cited or q
he King’s new cellar to Bacchus. Jonsson, Thorleif. Com. §§ 177-184, Edition of the Younger Edda. Jordaens, Jaques, 1593-1678
des of Pindar; § 167, Sonnet on the Iliad. Myller, C. H. Com. § 185, Edition of Nibelungenlied. N Neaves, Charles, Lord
0-1454. Com. § 43, The Letter of Cupid. Olafsson, Magnus, 1574-1636. Edition of Snorri’s Edda, 32. P Paley, F. A., 1816
78 (1850) Précis élémentaire de mythologie
Avertissement de la première édition . La mythologie n’est plus mise entre les mains
79 (1822) La mythologie comparée avec l’histoire. Tome I (7e éd.)
t c’est là qu’il sera placé pour servir de modèle. Depuis la première édition de cet ouvrage, une foule de dessins, tous dignes
80 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
hought them to be more than compensated by its merits. Of the present Edition I think I may venture to speak with more confiden
d to me, in the course of study, since the publication of the present Edition of this work : I have printed them separately, wi
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