XXI
Minerva
Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita di Minerva Dea della sapienza. Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era questa, com’è veramente, la più bella e sapiente allegoria, significando essa che la sapienza è figlia del supremo dei Numi e che uscì dalla divina mente di lui. In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove.
Per intender certe parole e frasi dei poeti pagani è necessario almeno accennarne alcune. Aggiungono dunque i mitologi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor di testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mandò a chiamare Prometeo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia.
Prima di tutto convien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi di questa Dea.
Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa fanciulla robusta, perchè nacque adulta e tutta armata ; e questo nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani.
Minerva poi è voce di origine tutta latina, e Cicerone stesso ne dà l’etimologia derivandola dai verbi minuere e minitari (diminuire e minacciare) ; e perciò sotto questo nome sarebbe considerata come della guerra. Altri però dicono che deriva dal verbo monere (ammonire) ; e che perciò verrebbe invece a significare la Dea del consiglio, ossia della sapienza. Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio :
« Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte« Armati ancora in mezzo al padre loro« Mirar le membra de’giganti sparte. »
E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea della sapienza :
« Minerva spira e conducemi Apollo. »
Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. Aggiungono che nacque gara fra gli Dei per darle il nome ; e Giove per troncar le questioni decretò che avrebbe questo privilegio quel Nume che producesse una cosa più utile al genere umano. Gli altri Dei lasciarono libero il campo a Nettuno e a Minerva. Quegli fece nascere il cavallo e questa l’olivo ; e fu stimato più utile l’uso dell’olio che quello del cavallo. Minerva dunque che in greco chiamasi Atena diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza inventarono le scienze e le arti, e divennero il popolo più civile165 e ingegnoso che sia mai esistito166.
L’invenzione è bellissima e facile ad intendersi ; significa che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella. Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente questa invenzione e riprodotta a gara con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie di lui :
« …..Se tu se’ Sire della villa« Del cui nome ne’ Dei fu tanta lite,« Ed onde ogni scienza disfavilla,« Vendica te di quelle braccia ardite, ecc. »
Dante inoltre volge ad ornamento del suo divino linguaggio poetico l’origine mitologica dell’ olivo, e considerandolo come simbolo di sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla sua Beatrice rappresentante la cristiana Teologia. E perchè il suo nuovo concetto apparisca manifesto, prima descrive Beatrice (nel Canto xxv del Purgatorio) :
« Sovra candido vel cinta d’olivo, »
e poco, dopo soggiunge che era quel velo
« Cerchiato della fronde di Minerva ; »
e così commenta sè stesso, facendo conoscere qual significato simbolico intendeva di dare, in quel caso, all’olivo.
Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo di Ateneo.
Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatina sacra ad Apollo. Chiamavasi pure Ateneo un altro simile edifizio ove adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare di lettere, scienze e filosofia. In italiano si dà elegantemente questo nome di Ateneo alle Università, e da noi ed altrove suol darsi anche ad alcune società o accademie di letterati o scienziati e ad alcuni periodici letterarii e scientifici167.
Minerva rappresentavasi con volto serio e maestoso, e quasi sempre armata, coll’elmo in testa, nella sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai piedi una civetta o un gufo, animale a lei sacro.
Secondo alcuni poeti l’egida era un’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera di Vulcano. Perchè poi fosse▶ sacro a Minerva quell’animale notturno, rispondono i poeti, perchè le recava notizie di quel che accadeva di notte ; e si voleva significare che l’ingegno vede e scuopre le cose che agli altri restano oscure ed ignote. E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169.
Questa Dea era venerata al par di Giove da tutti i popoli civili, o almeno non affatto barbari e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che ◀fosse▶ quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine, e il tempio chiamavasi il Partenone, cioè sacro alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avanzi da poter fare su quelli la completa restaurazione dell’edifizio ; e se ne ha il disegno in molte stampe o incisioni. Anzi a Parigi fu costruita sul disegno e le dimensioni del Partenone la chiesa della Maddalena, guasta recentemente e quasi rovinata dagli anarchici furori della Comune.
Di Minerva avremo occasione di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però dobbiamo riportare un racconto mitologico, che non si collega con quegli altri importanti e celebri avvenimenti.
Una giovane lidia, di nome Aracne, osò sfidar Minerva a chi meglio sapesse lavorare e ricamare in lana. Minerva accettò e vinse, e punì la presuntuosa Aracne cangiandola in ragno, animale che conserva l’abitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto xii, 43….) :
« O folle Aragne, sì vedeva io te,« Già mezza aragna, trista in su gli stracci« Dell’opera che mal per te si fe ! »
Quindi egli non accetta l’opinione di qualche strambo mitologo, che Minerva ◀fosse vinta, e per dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno.
È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per la somiglianza del nome. Infatti Suida, lessicografo greco, scrive nel suo dizionario che la parola Aracne al femminile significa tela, e al maschile ragno, e Plinio asserisce che una donna chiamata Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio di lei, i fusi.
Il nome di Minerva fu usato dai poeti latini (e spesso anche dai prosatori) a significare per metonimia l’ingegno naturale, e vi si univa qualche epiteto o aggettivo per indicare se era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o restìo171. Il nome di Pallade poi trovasi del pari figuratamente usato nella poesia latina a significare l’olio 172.
Dagli astronomi fu dato il nome di Pallade al secondo asteroide o pianeta telescopico, scoperto da Olbers il 28 maggio 1802.