(1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

XXXVIII

Gli Dei Penati e gli Dei Lari

Se dovessimo prendere ad esaminare le diverse opinioni degli eruditi intorno a questi Dei, faremmo un lavoro arduo e poco piacevole, e poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. Perciò converrà contentarsi di conoscere quel che ne accennano i Classici e principalmente Virgilio e Cicerone, e starcene a quel che essi ne credevano e ce ne lasciarono scritto ; e tutt’al più deducendone quelle illazioni che ne derivano razionalmente. — Per chi non è idolatra o politeista sembra che possa bastare.

Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. E quando Enea li consegna a suo padre Anchise, li chiama patrii Penati 33. E per viaggio, allorchè questi Dei gli compariscono in sogno, li appella Frigii Penati 34. Ecco tre esempi che dimostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade. Vero è che lo stesso poeta aggiunge che i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo :

« Era nel mezzo del palagio all’aura
« Scoperto un grande altare, a cui vicino
« Sorgea di molti e di molt’anni un lauro
« Che co’rami all’altar facea tribuna,
« E coll’ombra a’Penati opaco velo35. »

Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, questo fatto non toglie agli Dei Penati il loro carattere generale e il loro principale ufficio, che essi non avrebber perduto ancorchè in ogni famiglia avessero ricevuto un simil culto. Infatti non è proibito nemmeno nella religion cristiana l’eriger private cappelle in onore del santo patrono della città o dello Stato. Con tal distinzione sparisce ogni dubbio sul vero e proprio ufficio attribuito dai Pagani agli Dei Penati. Anzi ne deriva al tempo stesso la spiegazione come avvenga che talvolta in qualche Classico latino si annoverano tra gli Dei Penati taluni degli Dei superiori o maggiori, come Giove, Marte, Nettuno ecc. Vedemmo altrove che lo stesso Dante rammenta Marte come il primo patrono di Firenze, che poi i cittadini divenuti cristiani cangiarono nel Battista 36. Infatti, la voce Penati è soltanto un attributo o aggettivo che corrisponde, non già per l’etimologia, ma pel significato e per l’effetto creduto, alla parola protettori, o patroni : quindi per tale ufficio poteva scegliersi qualunque Nume dei più noti e celebri.

Riguardo poi all’ etimologia del titolo di questi Dei, che furon portati in Italia

« ……. da quel giusto
« Figliuol d’Anchise che venne da Troia, »

lasceremo decidere ai solenni filologi di professione se il vocabolo stesso Penati discenda in linea retta o collaterale dal troiano linguaggio, come i Romani dai Troiani. E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37. Sappiamo infatti anche dagli storici essere stata comune opinione che quegli stessi idoli degli Dei Penati venuti da Troia fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide giammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. Quindi l’espressione rituale dei politeisti i sacri penetrali corrisponde al sancta sanctorum dei monoteisti ; quindi il comun verbo penetrare significa lo spingersi addentro nei più riposti recessi dei luoghi o dei pensieri.

In quanto ai Lari, che questi fossero Dei familiari o domestici non può insorger questione, poichè li consideran tali tutti i Mitologi ed i poeti latini e pur anco gl’ Italiani : lo stesso Ugo Foscolo, peritissimo nelle lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama nel suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove, i domestici Lari. Sappiamo poi che nelle case dei più ricchi politeisti romani v’era il Larario, ossia la cappella dei Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei focolari, parola questa che alcuni etimologisti notano come composta colla voce Lari 38.

La questione per altro verte intorno all’etimologia del nome ed alla origine di questi Dei, poichè v’è chi li crede così chiamati, perchè figli della Ninfa Lara o Larunda, ed altri ne derivano il nome da Lar antica parola etrusca che significa capo o principe. Chi non la pretende a filologo è indifferente per l’una o per l’altra etimologia ; ma quanto all’origine e alla particolar natura di questi Dei nessuno potrà convenire di dover confondere i Penati coi Lari, come fanno alcuni Eruditi. Oltre la diversa origine, troiana dei primi, etrusca o italica dei secondi, e le caratteristiche bene accertate degli Dei Penati, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità di classici, da cui chiaramente apparisce il differente ufficio dei Penati e dei Lari. Vero è che potrebbe citarsi ancora qualche esempio in contrario ; ma qualche rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib. v della Repubblica, ov’egli parla, per dirlo colla frase del Romagnosi, dei fattori dell’ Incivilimento. Tra questi egli annovera il culto degli Dei Penati e dei Lari familiari ; e aggiunge che nella pratica applicazione questi Dei rappresentano i comuni ed i privati vantaggi della social convivenza. Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39.