Dite voi ciò per vostro, o per mio sentimento? […] Quando anche la magnificenza conveniente a una Corte di sì possente, e ricca Monarchia, richiedesse che alcuno di nuovo, e in migliore stato che non è quello de la la Cruz, se n’edificasse, per mio gusto sempre riterrei le medesime scalinate, e le divisioni di Cazuela, Barandillas, Gradas, Tertulla, Patio, e Lunetas, come proprie della nazione, che in fatti per i forestieri formano un certo vario giocondo spettacolo. […] Quello però che è più notabile, e di maggiore importanza, per mio avviso, è il caso di un veloce incendio, nel quale non so come la calca intanata in que’ meschini Corridoj interiori, e in quelle angustie de’ varj spartimenti, potrebbe liberarsi prontamente dal rimanere divorata dalle fiamme, o soffogata dal fumo. […] Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenuto lontano da molte cose, che sono fuori di voi), che los Chisperos, los Arrieros, e simile gentame, trovandosi al coperto in quelle tenebre, specialmente prima d’incominciare la rappresentazione, per la loro naturale rozzezza, e non curanza per la decenza, soleano bere del vino, fumare, mangiar degli agrumi, delle frutta, delle nocciuole, e gettarne via le bucce sull’altra gente. […] Siete pure espantadizo, mio caro Signor Apologista.
Ecco : pur giunta è l’ora prefissa a piacer tanto ; ond’io, senza dimora, prendo il notturno manto, ed al luogo m’invio, dove alberga il cor mio. […] — Dunque è, ben mio, pur vero ch’io sia da voi degnato, qui dov’esser già spero felice, anzi beato ? […] Troppo contento è il mio ! Non merta la mia pena sofferta, e il mio tormento, una, di mille appena gioje che per voi sento, e, mercè vostra, ottegno oggi ch’io sono indegno. […] Dolce io l’ammiro, e insieme con lei ringrazio amore che in gioje alme e supreme bear voglia il mio core….
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S. […] Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi da vivere, che non voglio ch' egli viva de mio, mena rovina et parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli quella mala compagnia che S. A. potrà sapere ; et di più per haver saputo che 'l mobile che è nella suddetta casa, è maggior parte mio et che io lo vorrò quando mi tornerà comodo.
In un mio manoscritto di notiziole, raccolte dalla bocca de' vecchi artisti, trovo questa curiosa, e interessante : « Luigi Taddei buttava al pubblico ogni fine di frase, e camminava come un ballerino. » Dettò poesie, non prive di spontaneità e di acume, tra cui una satirica intitolata Artisti e giornalisti, che ha, tra l’altre, strofe come queste : È un foglio inutile, ma molta gente va a sottoscriversi immantinente : gli artisti corrono per la paura come le pecore alla pastura. […] Gigi mio, Gigi mio, se sapessi tu quant’io ho penato, tribolato, nel sentir ch'eri malato !
r Hercole mio per parlar con V. […] r mio, son povero sì, ma son generoso, et confesso il vero, son persona dolce, ne so far male a chi mi riverisce. […] r mio notissimi et conosciuti i Lelij, le Florinde, le Flamminie, i Frittelini et gli Arlichini tutti huomini desiderosiss. […] S. un mio pensiero che io tengo per sicuriss.° che la prudenza di S. […] n Giovanni mio Sig.
Ati Ti adoro; Tel dissi già; condannerai tu stessa Il mio foco il mio ardire, Mi lascerai morir. Castigo io merto; Un rival generoso, Un mio benefattor pur troppo offendo. […] Senza ritegno il mio morir decreta. […] Perdere è poco L’oggetto del tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi, e l’idol mio tu sei. […] M’ami tu, mio bene?
Ah de’ tuoi dì felici Questo il più glorioso Sarà del viver mio l’estremo giorno. […] T’adoro; Te ’l dissi già, condannerai tu stessa Il mio foco il mio ardire, Mi lascerai morir. Castigo io merto, Un rival generoso, Un mio benefattor pur troppo offendo. […] Senza ritegno il mio morir decreta. […] M’ami tu, mio bene?
r mio oss. […] A. il mio solito desiderio di sempre seruirla, le bacio con parzialissimo affetto le mani Di V.
mo mio S. […] ma di benigna protetione per mio figliolo Virginio, che desidera abbandonare il posto di terzo moroso, et esercitare quello del secondo, e tanto più quanto che dovendovi essere (come si dice un capitano spagnolo) non sa come possino accordarsi le cose.
Il caratterista Miutti che poco piaceva al pubblico si licenziò, e venne in sua vece scritturato Daniele Alberti mio padre, valentissimo artista, che aveva più volte contrastata la palma al Pertica e al Vestri. […] La commedia piacque bastantemente ; e mio padre che rappresentava la parte di un uomo flemmatico, diverti l’uditorio e fu anche applaudito ; ma, lo ripeto, egli era malaticcio ; e, benchè si vedesse in lui l’avanzo di un grande artista, io mi accorsi che non era più in caso di sostenere un posto principale al Teatro de’Fiorentini, e fin d’allora pensai di farlo ritirar dal teatro e procurargli una vita tranquilla in famiglia.
MADRIGALI v Or ch'altro scampo al mio martir non trouo, Spero che il Tempo mi darà salute, Voi della giouentute Priuando e me d’affanni, E spiegarà l’insegne fra poch'anni Nel vostro vago volto, Al qual tosto che tolto Haurà le rose fresche, e matutine, Torrà fors’anco a me del cor le spine. vii Vanne picciol mio parto Se ben pochi ornamenti hai dentro, e fuore, In mano a lei, ch'è de l’Italia honore ; Così t’auesse, acciò le fossi grato, Orfeo composto, e Dedalo legato, O almen fosse a l’Autore D'esser il libro suo dal Ciel concesso, Per viuer sempre a sì gran Donna appresso. […] A DONNA MARITATA xcv L'altra notte io sognai, quando le stelle Dan loco al vicin giorno, di tenerti Stretta ne le mie braccia, e di goderti ; Fa che non passi il sogno Per l’Auorio ben mio de i denti tuoi, Perchè saria fallace ; Se vuoi ch'ei sia verace, Soccorri al mio bisogno, E passi il Sonno per la fronte poi Del tuo marito adorno, Ch'iui la porta trouerà di Corno.
Mia Madre era una Rosa Pugno, mio Padre si chiamava Guglielmo. […] la croce di cavaliere ; unico mio giudice, inappellabile, assoluto, la mia coscienza. Quando imprendo a studiare una gran parte, prima la copio tre, quattro, cinque volte, poi la studio letteralmente a memoria, come facevo a scuola del cómpito, poi comincio a plasmare da me e per me il mio personaggio : quando sono riuscito a contentare me, allora mi accingo al duello. […] Era il mio uomo : era il formaggio sui maccheroni : il formaggio era lui, ed io ero il gran maccherone. […] L’ Emanuel, a mio credere, ha trovato la via per la quale, nell’interesse dell’arte drammatica, sarebbe stato a desiderare che si fosse posto prima di ora.
L'ode comincia : Fiamma de l’intelletto, mobil del mio voler, moto dell’alma, colmo d’estro, e dispetto, a te perturbator della mia calma, parlo, o mio Genio insano : a te che sei, forsennata cagion de'torti miei. […] Molte n’ho fatte, è vero, in varia istanza a Vostra Altezza, mio Padron sovrano ; e pur con tante stanze essendo al piano, di star allo scoperto ho per usanza.
Di fatti che cosa è mai questo mio povero presente agli occhi dell’Autor preclaro del poema de i Doveri dell’Uomo, delle auree traduzioni de’ Greci Bucolici e di Anacreonte, e delle Pescagioni? […] Mi discolpi eziandio l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde mi onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare doti dell’animo vostro, la vostra dottrina e l’erudizione somma prima ancora che venga alla luce la Coltura delle Sicilie nel Regno di Ferdinando iv da me delineato appena in tre volumi vicini ad imprimersi, nella quale, o Signore, come Poeta, come Filologo, come Erudito di ogni maniera figurate vantaggiosamente ed ornate il mio patriotico racconto dell’Epoca Fernandiana.
Et io amerei grandemente che il buon desiderio di questa donna fosse ajutato dal mio reverente affetto. […] – Giovami di credere che se bene la Compagnia è stabilita, di conseguire questa gratia, et come di cosa già ricevuta le resto con quel magior obligo che possi venire dal mio conoscimento.
Fidati del mio cor : Parla l’Autore : Temi di sorte rea l’empio rigore, o speri in avvenir vanti felici ? […] E se con te tutto finor tentai, ad onta ancor d’ogni destino infido, io tuo sostegno, e Tu onor mio sarai.
Col termine del carnovale 50 in 51 termino il mio contratto e la carriera drammatica per cambiare di condizione. […] A render tutto ciò meno difficile, mio marito pensa partire per Parigi il 20 0 25 corrente, e, corredato di lettere commendatizie, interessare l’alta società a frequentare le rappresentazioni italiane, e proteggere questo esperimento. Ella più che ogni altro può in ciò giovarci, e mandarci qualche lettera che presenti mio marito, per ora, e quindi ma alle distinte e ragguardevoli famiglie sue conoscenti, raccomandando onorare di loro appoggio quest’esperimento drammatico italiano, pel quale colà si porta mio marito (Giuliano dei Marchesi Capranica, Marchese Del Grillo)…. […] Per conto mio non ho mai veduto niente di più bello al teatro, che l’azione di questa maravigliosa donna ; e le serate di Pia, di Medea, di Giuditta, di Maria Stuarda, son rimaste le più belle di tutta la mia vita di teatro. […] Scuola di Recitazione di Firenze che ho l’onore di dirigere ; e sono orgoglioso di poter qui legare in qualche modo il mio piccolo nome a quello di lei grandissimo e venerato.
O tenace dolore Mentre del viver mio la sorte scrivo Come languido son per te mal vivo Lasciami, che ben tosto a me ritorno Farai col trarmi alfin d’oscuro giorno. […] Ne la città, ch’ ha d’oro i bei costumi Benchè di ferro il nome, un si riposa Iacopo mio primier estinto germe ; Vittoria tu chiudesti i cari lumi In grembo a Flora. […] Mi chiamano Flaminio uomini assai : ma ’l mio nome è Gio. […] …………… Signor, non ho denari, e ’l mio Destino padre mi fa di povera famiglia, che spesso dà molestia al suo vicino ; ho tra l’altre una mia picciola figlia, che co’ suoi modi pargoletti in fasce un’ Aurora bambina rassomiglia. […] Muta eloquenza filïal che in tutto ogni altra vinci, io volli allor allora, venir a dirvi il mio doglioso lutto : Ma per ventura, d’una stanza fuora uscì una donna che pietoso il petto le porse, e richiamolla a nova Aurora.
Si nasconde sotto questo nome Antonio da Molino, veneziano, attore assai pregiato non che pregiato scrittore, amico intrinseco di Andrea Calmo, il quale gli scrive la tredicesima lettera del primo libro, interessantissima per la storia del costume, coll’indirizzo : « al mio conzontao in openion, M. […] : Dal pigro sonno, che con gli ozj suoi neghittoso alle fredde ombre ti rese, alma risorgi, e fa al mio cor palese quell’affetto d’amor che or dorme in noi.
Tuto questo non è stato risposto che in ordine a i consigli del mio confesore e avrei uno eterno rimorso se non l’avesse fatto. […] Non ò che agungere fori che non è in mio potere il far ritorno in Italia là dove l’ arbitrio reggio me ne tronca i tentativi. […] mo signor mio signor Parigi li 23 Luglio’88 ( ?). […] Al mio arivo paleserò la vita disoluta e infame tanto de l’ anima come del corpo, che resterà maravigliato. […] Questa è la riconpesa delle mie fatiche che con il mio sodore ò aquistato, come V.
ciò intanto, di cui accerto il mio rispettabilissimo pubblico fiorentino che da dodici anni pazientemente mi soffre, si è, che più mi sta a cuore la di lui cara grazia, che qualunque oggetto di vanità, e d’ interesse. […] quel di che rea Sorte prepara a ogni contento umano, Quel di che tanto il mio desir lontano, E si vicino il mio timor facea. […] A voi soltanto Il timido mio dir volger si debbe, Ed ai Numi non già.
Questa mia opera• dei comici italiani • voglio consacrata • al nome di mia moglie • TERESA SORMANI • che da quindici anni • collaboratrice fedele e costante • leva in alto il mio spirito • confortandomi nel lavoro • sostenendomi nelle lotte • gli ostacoli rimovendo o attenuando • con intelligenza rara di donna • con amore di sposa profondo • incomparabile.
Ah l’amor mio Ciò meritò? […] Per te, per te ... tu la cagion tu sei D’ogni tormento mio! […] Vana illusione e gelosia fallace In te si armaro del mio amore a danno! […] Gio: Tardi, è ver; la morte Terminerà il mio male. […] Gio: Addio mio ben, non ci vedrem più mai, Lungi da te cercherò climi ignoti.
Al mio arrivo in Milano lo incontro in peggiore condizione di prima ; da una parte era combattuto dal desiderio di far conoscere la singolarità del suo ingegno, ritenendolo nel tempo medesimo dall’ altra il rossore di comparir sul teatro nel proprio paese. […] Il mio compagno di malinconie !
parte l’infido, e me qui lascia tradita, e sola al mio dolore in preda. […] Io son tradita, son disperata, e il mio dolor soltanto che mi lacera il cor, può con un colpo la morte annichilar.
Come mio sposo? […] L’onor mio m’è caro. […] E l’onor mio? […] E il mio Consorte? […] Oimè, ben mio, Mio sposo, mio signor, tua schiava io sono, Fa di me quel che vuoi.
……………………… Ma non il mio ringraziamento solo, stimatissimo Sig. Direttore : io voglio esprimere anche il mio migliore augurio. […] Per me poi sarà un onore e una gioia se potrò in qualche modo esserle utile nella cerchia del mio lavoro nella Baviera. Se Ella desiderasse delle notizie su personaggi che abbiano avuti rapporti colla Corte bavarese e che non siano menzionati nel mio studio sui Comici Italiani, io farò tutte le ricerche.
….. in voi è tanta l’abilità e l’eccellenza nell’arte, che non avete bisogno d’esser protetta : ….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e mi piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che tenete nel mio core, e nei miei pensieri. […] Nella medesima del '43, discorrendo del capocomico Domeniconi, dice : Il prossimo carnevale torniamo in questa città, e voi dovreste parlare a Domeniconi, pregandolo, a nome mio, che faccia mettere in iscena questa tragedia (Antonio Foscarini) per la prima attrice tragica. […] Io ho fatto il contrario, e mio marito non ha potuto secondare i vizi dei comici e le loro abitudini, ed ecco il motivo per cui non abbiamo amici in quest’arte. […] Da un omaggio agli attori della Compagnia Pelzet e Domeniconi, per le recite dell’estate 1833 a Pistoja, tolgo la seguente epigrafe : a più splendida onoranza di maddalena pelzet tragica maravigliosa comica inarrivabile singolare commovitrice d’affetti per portamento e nobile gesto commendevole ; in matilde bentivoglio gelosa amante ; nella gismonda di contrarie passioni pittrice : nell’ester d’engaddi fedele e magnanima con bello esempio insegnò alle spose anteporre l’onore alla vita un ammiratore di tanto merito pubbliche gratulazioni e festivi applausi affettuosissimo porge DI GIUSEPPE MATTEI Quand’io pendo dal tuo labbro gentile, e il suon de'detti tuoi mi scende al core, sia che del vizio alla licenza vile ti faccian scudo la virtù, l’onore, sia che di fida sposa e figlia umile, o di tenera madre immenso amore t’infiammi il petto, o che cangiando stile arda tu d’ira e di crudel furore ; in estasi dolcissima rapito oltre l’usato il mio pensier veloce al Ciel s’estolle, e dopo averti udito muto io resto, nè so dir se potria bearmi il cor, più della tua, la voce di Melpomene stessa e di Talia.
Prémare e tratto da una collezione di un centinaio di drammi scritti nella dinastia di Yuen: «Io sono Tching-poei, mio padre naturale é Tching-yng, mio padre adottivo é Tu-ngan-cu; io soglio la mattina esercitarmi nelle armi, e la sera nelle lettere; ora vengo dal campo per veder mio padre naturale».
E se ben amore semina nel mio cuore abbondantissime granella de’suoi meriti, e che i raggi de’ suoi begli occhi, quasi vivi soli, faccino il loro officio di generare, non havend’io già mai con l’acqua del mio consenso inaffiato questo cuore, il seme non ha potuto concepire vegetativo germoglio….. […] Ad un par mio si direbbe di ruffiano ; ma se ciò facesse un gentil’ huomo, si direbbe un servizio, et ad una par vostra si dice ajuto. […] Duca della Valletta mio Capitano ; e l’Eminent. […] Cardinal Ubaldini può dir ancora per lettere scrittegli da Sua Maestà Cristianissima a mio favore, fin dove la benignità di quel gran Re si estese ad onorarmi.
A me basterà di averne accennato quel tanto che s’è fatto insino a qui; non altro essendo stato l’intendimento mio, che di mostrar la relazione che hanno da avere tra loro le varie parti constitutive dell’opera in musica, perché ne riesca un tutto regolare ed armonico. […] Nel rimanente ho procurato supplire col mio di maniera che il lavoro non dovesse aver sembianza di musaico, parte composto di pietre dure e parte di pezzuoli di vetro.
La Didone del Dolce è da lui dedicata al senatore Tiepolo con queste parole : « avendo il padre mio questo carnevale passato (1546), aperto in Venezia la strada ad altrui di avvezzar le orecchie, corrotte per tanti anni dai giuochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei teneri anni, sotto abito di Ascanio rappresentai la Didone di messer Lodovico Dolce, ecc. » A lui virtuoso fanciullo dedicò poi il Dolce la sua commedia Il Capitano (Venezia, Giolito, 1545).
Il burbero benefico, Il poeta fanatico, Il maldicente e l’avaro del Goldoni, L’ajo nell’imbarazzo e Il pronosticante fanatico del Giraud, L’Ulivo e Pasquale del Sografi, Così faceva mio padre del Bon furono i lavori nei quali si levò a maggior altezza.
re mio S. […] Ser.mo Sig.re mio Sig.re e Pron. sempre Coll.mo Questa passata notte alle X hore mi sono comparse le lettere di V.
Sig. et solo mio Sing. […] mo mio S. […] mo mio Sig. […] ma per l’jnfiniti fauori da lei ricceuti, non essendole [ILLISIBLE] ueputo a far riuerenza alla mia partita Come erra mio debito, ma fu la subita et jnnaspetata noua che mi uene di douer ritrouarmi al seruicio del ser. […] Tal’Jo ch’umile a riverir or vegno Heroe celeste, in picciol carte accolto Vostra pompa, è ’l mio cor mostrar m’ingegno.
Udire quella brutta vecchiaccia a chiamarlo sempre colviscere mie, mio core, anima mia, parole paralitiche che le ballavano in bocca prima di uscire ; veder lui zoppicando starle attaccato sempre alla gonna, usare il diminutivo nel di lei nome, vaneggiarla, alla presenza di tutti, era cosa da eccitare il vomito alli stomachi più forti eziandio. […] Ecco l’uno e l’altra : ADDIO Questa è per onor mio la sesta volta, Che me presento a sta benigna Udienza, L’ultima sera a ringraziar chi ascolta, E chi soffre la nostra insufficienza. […] Gho una passion, che me devora el petto, Quando no posso far l’obbligo mio, E lo fazzo de cuor, come convien, E no go invidia de chi fa del ben. […] Ben mio, no fe’ de quel proverbio abuso : La forza ghe ne indorme alla rason ; Perchè, se ancuo xe le sbattue cinquanta, Le vien trenta, e poi vinti, e poi i ve impianta.
re mio S. […] perdoni il mio fastidiolo. […] r Vinta, mio Signore offiziosissimo, verso chi ricorre alla sua bontà, ella lodando la mia speranza, e maravigliandosi della tardanza, mi disse, ch’io scriuessi di nuouo, e procurassi d’intender l’essito del negozio, che s’ hauesse bisognato altra lettera, l’haueria scritta, certiss.ª d’ottener in mio benefizio quel c’ hauessi dimandato. […] Del mio carcer terreno uscito fuora, là su di rivederla ho speme e fede. […] Ben è tronca nel mezo ogni mia spene, Nè pace più, nè più salute spero Se da cotanti riui il mio duol viene.
Un mio fascicoletto manoscritto di epigrammi reca il seguente : ALL' ANGIOLINI-ZANONI Imita nel mestier la fu tua madre.
mo mio Sig. […] Per tanto, caro il mio Sig. […] E ’l uago FIOR nel mio giardino io colsi. […] r mio Oss. […] mo mio S.
Hoggi ho consegnato alla Fran ceschina comico (alias Batista Amorevoli, il quale e tutto cosa mia, et e buona persona et desidero che gli facciate per amor mio buona cera) un pacchetto, dove è 3 libri di quei mia, del quale V. […] S. e i comici di maggior grido : rapporti che confermerebbero le parole del Corbinelli : è buona persona et desidero che gli facciate per amor mio buona cera.
r mio et padrone oss. […] mo Signor mio et padrone oss.
Sulle vostre orme il mio pensiero intento segue l’ardor che mi sospinge e fiede, e mi riempie il cor d’alto ardimento. […] In proposito del valore della Riccoboni, e del seguirla che faceva il Maffei di città in città, assistendo alle rappresentazioni della Merope, la Fama (atto secondo, scena I) a Radamanto, che, dopo la descrizione chiara e viva da lei fatta della tragedia, aveva detto : mentre Femia m’accusi, io ben m’avveggio, che nelle accuse tue l’amor traluce, perchè se tu l’odiassi, i bei colori negati avresti al tragico racconto…, risponde : Facciol perchè l’ingrato entro il mio amore specchi sua colpa, e sè convinto accusi. […] Concludo il mio discorso coll’assicurarla, che se la Truppa Francese, ed ogni altro Comico di qualunque Nazione si sia, vorrà farsi un esemplare di questo grand’uomo, e cercar d’imitarlo, arriverà a quel segno, ove al giorno d’oggi alcuno Attore è ancor giunto.
Tu sola il mio. […] Tu sola il mio. […] Ahi non resisto più, vieni al mio seno. […] profferì il mio nome? […] Il sangue mio giovar può a Sparta, Non il mio pianto a te. . .
Dai Ricordi di un comico (1822-25-26) pubblicati in estratto nel mio Libro degli Aneddoti (Modena, Sarasino, 1891) e che serbo originali nella mia biblioteca, appare chiaramente esserne il Bellagambi l’autore.
: Qual comparve il tuo volto al mio pensiero, tal l’incise la man : guancia di rosa, vago ciglio, ora mite, ed or severo, labro gentile, e fronte maestosa.
Di lui non fu detto troppo bene allo stesso Vendramin, che alle preghiere del Goldoni faceva orecchi da mercante. « Questo giovane – insisteva Goldoni – non è mio parente, ma ho preso impegno di assicurarlo, e deggio farlo. » E più innanzi : « Per cattivo ch'ei fosse, avrebbe mai rovinata la compagnia in un posto di terzo amoroso ?
mo Sig. mio e Pron. […] mo A mio ariuo in Parma fu da me il Sig.
Sul mio primo apparire alle tue case Tu mi accogliesti appena Con un cotal sorriso, A cui non rispondea per gli occhi il core. […] ch’io t’ami; Io t’amo, e se per altro Non t’è caro il mio amor, caro ti sia Perchè il mio amor sarà la morte mia. […] La prima intitolata Fontana vitale e mortale è di Andrea Gonzaga, da cui nacque Vincenzo conte di San Paolo in Puglia, che gli succedette nel ducato di Guastalla; ma tal componimento, per avviso del lodato religioso e mio, è poco degno di trattenerci.
Possa solamente questo mio scritto esser da tanto, che trovi anch’esso un luogo nell’ozio erudito di un tal uomo, e giunga ad ottenere il suffragio di colui che ne’ più alti uffizi dello stato ha meritato l’ammirazione e l’applauso di tutta Europa.
Sè bene dal’altro canto non uorei uedere un mio nemico in questa Compagnia à causa delle continue dissensioni chè sono continuamente in essa ; Dio nè liberi i Turchi ; Io uò sopportando perchè il Sig.
Come mio sposo? […] Ecco tradotta la lettera che le scrive, la quale spira tutta la gentilezza di Don Luca: Sorella, io possiedo seimila e quarantadue ducati di rendita di un maggiorato, e se non ho figli, viene ad essere mio cugino il mio successore. […] Saprai poi del mio stato, risponde Diego; ma tu come stai? […] Isa: E l’onor mio? […] Oimè, ben mio, Mio sposo, mio signor, tua schiava io sono, Fa di me quel che vuoi.
Ma ecco, senz’altro, il documento : Serm. signor mio osserv. […] Diedi fede al tuo riso, e il pensier stolto si riscaldò nel simulato ardore : e quando a imitar Venere t’hai tolto, per figlio avesti il mio verace amore.
Così faceva mio padre, modellato sul Todaro brontolon e sul Burbero benefico, durò anni ed anni sulle scene con successo commozionale. […] Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
Ma'l Dio d’amore a l’uopo suo non parco di favor, disse a lei rivolto ; or quale sconsigliato furor, morte, t’assale di fare al regno mio si grave incarco ? […] e ce ne parla Niccolò Boldri in un sonetto (pag. 124) al raccoglitore Antonazzoni : ….. « Amico, i' godo il cielo, non dir ch' in verde età sia al mio fin giunta, chè grave è sempre all’alma il mortal velo. » Al quale rispondeva Antonazzoni (pag. seg.)
La Maestà del compor vostro altero, lodando il mondo, in suon chiaro, et profondo, acquista fede al mio giuditio intero. […] Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Mi sovviene, che rappresentandosi il mio Bellisario (in cui sosteneva egli un tal personaggio), nella scena tenera e dolente, in cui comparisce senz'occhi, con un bastone alla mano, moralizzando sulle vicende umane, diede un colpo di bastone a una guardia per far ridere l’uditorio. […] Per questo drammetto, o pettegolezzo amoroso in tre, Goldoni, la Passalacqua, Vitalba, nel quale il povero Goldoni non fa la più bella figura al mondo, vedi il mio monologo La Spigliatezza (Mil., 1888).
E il padre Ottonelli nella sua Cristiana moderazione del Teatro, riferisce al proposito del gran conto in che eran tenuti i comici da Principi e da Re e da nobili in genere, come il Chiesa gli dicesse un giorno in Firenze : « Io ebbi in Francia il mio primo figliuolo, e fu tenuto a battesimo dal Duca N.
Sono lieto di mettere qui il nome di Giuseppe Strini, mio caro compagno del tempo della Sadowsky (1873), il quale ebbe a sostenere dure lotte in arte, per la figura e soprattutto per il volto, poco in armonia col suo ruolo di amoroso ; dalle quali uscì vittorioso con la rara correttezza della sua dizione.
Non credo però, che per le mie risposte venga nell’animo vostro alterata, come nel mio non la turbarono le vostre apologie sceniche. […] Che se voi l’affermaste a dirittura colla usata franchezza, sareste smentito da tutte le parole del mio Libro. […] Intanto questo Popolo non è mica il vostro diletto Volgo, Signor Lampillas mio. […] Lampillas mio dolcissimo, siccome fin quì avete innocentemente creduto, rappresentazioni teatrali strepitose di gusto corrotto. […] Si prende dal modo di comporre de’ migliori e più famigerati Drammatici, Signor Lampillas mio, i quali formano Scuola, e non da qualche meschino dozzinal Commediografo, che accozzi un numero di scene malcucite.
Ah l’amor mio Ciò meritò? […] Per te, per te… tu la cagion tu sei D’ogni tormento mio! […] Vana illusione e gelosia fallace In te si armaro del mio amore a danno! […] Tardi, è ver; la morte Terminerà il mio male. […] Giovanni Addio, mio ben; non ci vedrem più mai.
«A voi pace: Ai contumace Israele Guerra orribile, e crudele Il mio braccio arrecherà. […] Empietevi, e cadete, Dirà il dio d’Israel; né sia chi sorga, Dal lampo della spada, Che strisciare su voi farà il mio sdegno. Che se dove s’invoca L’alto mio nome alzo la verga, e batto: Voi sol quasi innocenti Ne andrete immuni? […] Almen potessi anch’io Seguirti o del cor mio Parte migliore. […] «Guarda pur: o quello o questo È tua prole, e sangue mio.
[6] La consonanza, cioè quell’intervallo armonico, nel quale i due toni grave ed acuto s’uniscono senza confondersi in maniera che l’orecchio percepisce facilmente la differenza e la conformità, l’unione e la distinzione, fu, al mio avviso, trovata per mero accidente, e introdotta in seguito nella musica a cagion di piacere. […] Le mie parole: E se a ragion mi doglio Piangete al mio cordoglio. […] Rimbombate al mio pianto, ombre d’Inferno. […] Rimbombate al mio pianto, ombre d’Inferno.» […] [NdA] Tra le apparenti contraddizioni che ci presenta l’esame dell’umano spirito, non è la minore a mio avviso quella d’amare l’unità, che tende a riconcentrare tutte le sensazioni in una sola, insieme colla varietà che tende a separarle e distinguerle.
Entra nel mio studio a passi contati, ed io mi alzo : costui fa un gesto propriamente pittoresco per dirmi che non m’incomodassi ; s’avanza, e lo fo sedere : ecco il nostro colloquio. […] Signore, io non ho l’onore di esser conosciuto da voi ; voi però dovete conoscere in Venezia mio padre e mio zio ; in una parola, sono il vostro servo umilissimo D’Arbes.
Questa sera non avete sentito Capodaglio, perchè il mio torace, come tutti abbiamo un torace, era indisposto.
Quest’uomo, Chiamato Ferramonti, non mi avea mai lasciato in tutto il tempo del mio soggiorno a Bologna.
Il Cinelli racconta « che una volta (Curzio Marignolli, poeta, nato a Firenze il 1563 e morto a Parigi il 1606) sgridato dal padre, perchè i suoi averi licenziosamente spendesse, arditamente rispose : Anzi, tutto il mio spendo con prudenza, intendendo dire con una donna sua amica che Prudenza chiamavasi. » E l’Arlia che varie rime di Curzio raccolse e pubblicò nelle Curiosità letterarie del Romagnoli (Bologna, 1885) aggiunge : era costei una comica, alla quale poi impazzata, o davvero, o per meglio accalappiare i merlotti, quell’altro capo ameno di Francesco Rovai scrisse il seguente sonetto, che pizzica di secentismo un buon poco : Folle è Prudenza : oh che follie soavi folli fan per dolcezza i saggi amanti !
Del '46, Enrico Montazio, non sospetto certo di tenerezza verso i comici, così scrisse di lui nella Rivista : Salvator Rosa ha sopra il Vergnano (recitava questi al Nuovo in Compagnia Pezzana) il vantaggio della voce, della persona, della età ; ambedue amano l’arte non da istrioni, ma da artisti ; ambedue pongono pari amore alle piccole parti, che a quella principale e di protagonista : e da ciò, a parer mio, si distingue sopratutto l’artista ragionevole e tenero, più che d’un trionfo a carico de'suoi compagni, della totale riuscita di un’azione drammatica.
r et Pron mio Col. […] Flavio ho havuta, che se non fosse la sincerità della mia coscienza che mi accerta di essere innocente di quanto mi viene apposto non solo non ardirei di scriverli, ma confuso nel mio mancamento cercherei con la forza del merito di altri impetrare da V. […] Ma perchè mio pensiero è solo di far conossere all’ E. […] r mio Dal Ill.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
In voi trova il mio Cor riposo, e nido, Ed or, ch’arde per voi d’onor la face, Così parlo con voi costante, e fido.
r mio Oss.
[1.67ED] Io pretendo che il mio esemplare infallibile siano non già i Greci soli, ma la natura, e che siano il mio fondamento non già i soli tuoi scritti né quelli de’ tuoi comentatori, ma la ragione. [1.68ED] Essendo, a mio credere, ne’ tragici Greci molte sconvenevolezze di cose che patiscono una necessaria mutazione dal tempo, queste si debbono compatire e, s’uom lo voglia, lodare, ma non giammai imitare; e giova il sostituir ad esse le nostre che si conformano all’uso. [1.69ED] Ve ne sono ben poi delle altre che non patiscono mutazione da’ tempi, ed in queste si vogliono condannare e, per chi lo può, riformare. […] [1.104ED] Se sentenziassi contro di lui, parrebbe fatto in vendetta dello strapazzo continuo che ei fa del mio nome in ogni occasione di scrivere o di parlare. […] [2.18ED] Dell’unità del luogo ho io parlato nel mio libro della tragedia, ma nel frammento che voi ne avete non ne ritrovo pur orma. […] [4.35ED] Quasi che fra il verso franzese ed il mio non sia notabile differenza, sì nella disposizione che nella misura. […] [4.85ED] Ben è però vero che il mio verso non è così pertinace come è il verso alessandrino franzese, perché il mio non è sempre della stessa misura, benché per una certa conformità di ritmo lo paia.
E’ vero, che il Signor Lampillas nota altri miei pregiudizj intorno al Rueda, e a Naarro di Torres, e a Nasarre; ma del primo ho già parlato, e circa i secondi stimo, che quella parte della Storia de’ Teatri, che di loro favella, non sia stata punto crollata per quanto in più pagine abbia ammonticato per conseguirlo il mio spregiudicato Maestro Apologista. […] Lasciamo che questa querela non avrà più luogo, pubblicata la nuova edizione del mio Libro. […] Ma qualche mio amorevole compatriota m’insinuò, che nel reimprimere il mio Libro parlassi pure del Teatro Italiano al pari degli altri, perchè non era così noto come io pensava, e perchè alcuni nostri Eruditi ne favellavano in termini assai generali secondo il proprio gusto o interesse, e non secondo la verità istorica, e gli emuli forestieri mettevano a profitto le loro parole per iscreditarlo. […] Voi, Signor mio, par che me gli cacciate sotto il naso, e pur Voi non sapete quali siano, nè dove siano, nè se mai siano stati, e così mi lasciate più digiuno di Tantalo.
A. ma che la bizzaria di questa gente non mi prometteua quella consolatione che tanto ambisco in pontoalmente seruire a suoi cenni, escusandosi chi con uno chi con altro pretesto ; dopo di che insistendo nel mio debito hò condotto da M.
Ma la Petrucci ha il padre che è caratterista, niente cattivo attore, anzi, a parer mio, buon attore ; e se non sta col padre, passa in podestà del marito, sposa cioè Germoglia che fa il primo attore ; nell’un caso o nell’altro non vedo come possa fare al caso vostro.
me uolessero acquistar nella forma qui sotto, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in questo modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che mi tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno Comedie li pagarò il cinque per cento : Che le spese si farrano nel teatro per benificio de Comici siano comune come anche del Teatro : E perche li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in questo caso, di far quello comandarano le Signorie loro Ill.
Con lettera del 12 agosto '37 domandava a Ferdinando Pelzet, scadendogli una cambiale, il prestito di otto scudi. « Gli affari – scriveva – poco favorevoli del mio Capocomico, mi pongono nel caso di non poter soddisfare al contratto impegno. » Ma non ho potuto sapere il nome di quel capocomico.
Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Lampillas, e strepita contro del Montiano e del Signorelli; ma le di lui repliche si trovano combattute abbastanza nell’articolo VI del mio Discorso storico critico. […] Vedasi anche su di ciò il mio Discorso Storico-Critico. […] Vedasi il mio Discorso Storico-critico art. […] No, non vivrà il mio Prence. […] Lampillas, ed a me convenne additarglieli nel VI articolo del precitato mio Discorso.
Non ne ripeto qui i passi che ne ho addotti in esempio nel mentovato mio Discorso alla pag. 39 e alle seguenti. […] Vedasi anche su di ciò il mio Discorso Storico-Critico pubblicato su i Saggi apologetici di Saverio Lampillas. […] Vedasi il mio Discorso Storico-critico art. […] No, non vivrà il mio Prence. […] Meco sol condurrò per mio ristoro Questi suoi cari pegni insino ad ora Col sangue sol del petto mio nutriti, Ch’oggi in lor danno tu a versar ti appresti.
„Io amo mio figlio (gli dice) e voglio esserne amato. Così pensò mio padre, così mi educò, nè si vergognò a mio riguardo d’ingannare un ruffiano, e vestito da marinajo menarmi la donna che io amava. […] Assai, se il mio pensier riesce. […] Vorresti Che per lo re Filippo ovver per Attalo Vendessi il mio? […] Al mio paese Lucrida era chiamata.
Home (non Hume congiunto dell’Istorico) che tuttavia vive, come mi assicura il mio degno amico Giuseppe Cooper Walcker di Dublino, compose &c.
. — No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che io mi creda sicuro del fatto mio. — Sia così !
Si vede che tu conosci poco il mio carattere – per tua norma io sono seria sempre e non amo per nulla scherzare. […] Mi fai osservare che il mio amor proprio sarà appagato ? […] che trascrivo : In questo momento ricevo una lettera di mio fratello, il quale mi dà notizia delli coniugi Tessari. […] Soggiunge mio fratello che la prima sera non piacque nè al pubblico, nè ai comici. […] Il progetto sarebbe onorifico e vantaggioso per voi, e per me l’àncora di salvezza poichè in 3 anni ho perduto 32 mila lire austriache. – Voi sareste il mio nume tutelare.
Prèmare e tratto da una collezione di un centinajo di drammi scritti nella dinastìa di Yuen: «Io sono Tching-poei, mio padre naturale è Tun-gan-cu; io soglio la mattina esercitarmi nelle armi, e la sera nelle lettere; ora vengo dal campo per veder mio padre naturale.» […] Deh Padre mio, poichè questa cara gazella, che ora pel peso che porta nel ventre, cammina con tanta pena, avrà partorito, ti prego di mandarmene il dolce avviso, e di farmi sapere lo stato di sua salute; nol dimenticare» «Can.
Sul mio primo apparire alle tue case Tu mi accogliesti appena Con un cotal sorriso, A cui non rispondea per gli occhi il core. […] Ella così conchiude: Per me non v’è conforto, Per te non v’è tormento, Che qual tu pur ti se’ perfido e crudo, E’ forza, oimè, ch’io t’ami; Io t’amo, e se per altro Non t’è caro il mio amor, caro ti sia Perchè il mio amor sarà la morte mia.
Così pensò mio padre, così mi educò, nè si vergognò a mio riguardo d’ingannare un ruffiano, e vestito da marinajo menarmi la donna che io amava. […] Questo è il mio destino, risponde Tossilo. […] Vorresti Che per lo re Filippo ovver per Attalo Vendessi il mio? […] Vendessi il mio? […] Non permetto il destin che mi fa serva, Che del mio mal meravigliar mi debba.
Cotesto al tempo mio non era solito. […] E stà sicuro, Calandro mio, che chi fa questo, non è mai morto. […] che vi duol, padron mio caro? […] Egli poi tutto ardore vuol tirarle un anello in segno di volerla sposare, ed ella l’impedisce dicendo: Non gittate, non gittate, che io l’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se a Dio piacerà mai che io possa come vorrei, esser vostra, ne leghi eternamente ambedue; e tenete per certo che ogni mio desiderio, ogni mio pensiero, ogni mia speranza è che voi o per serva, o per altro che mi vogliate, abbiate ad essere scudo dell’onor mio: questo mi basti: ricordatevi di me. […] Ahi Tindaro, voi vi maritate; or non siete voi mio marito?
Appoggiatevi pur sopra il mio petto. […] Porto la morte del mio Oreste; a cui? […] Con che volto potrò veder mio padre? […] E questi è il mio diletto e la mia vita? […] Spiacemi sol che il morir mio vi turbi, E vi apporti cagion d’amara vita.
Immaginarsi la gioia di entrambi : Colombina gli fe’dono d’un suo ritratto in miniatura, del quale aveva già fatto promessa per lettera, e sul quale egli scrisse la seguente ottava : Già fu il mio primo nome d’Isabella, Franchini nel cognome fui chiamata, Colombina tra’comici son quella, Ch’ora qui tu rimiri effigiata, Mi mutai di Franchini in Biancolelli, Quando in Francesco già fui maritata : Vedoa restai, & hora non son più, Che son moglie a Buffet Carlo Cantù. […] Pensi ognuno l’allegrezza del pover’uomo, il quale si sfogava a cantare : Hora si, che son contento, Causa che son maridado, El mio cor è consolado, Nè più ancor me dà tormento.
… Ah non fia mai ; l’affanno Ceda a ragione : il sospirar che giova, Quando di rivedervi alta speranza Profondamente ho nel mio cor scolpita ?
ma a darme licenza che piccone non stia alla porta poi che questo carneuaile ma sasinato e se bufetto non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma questo non lo dico per la camerata, ma perche son stato a robato et de laltri compagni sono del mio umore pero scrino la mia uolunta el dotore non parla perche a meso el pitore in compagnia bufeto non parla per la camerata e perche uole il bologna suo compare il Cap.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser.
Il terzo è un mio defunto amico D. […] I difetti della Musica, Signor mio, non si distendono sulla Poesia Melodrammatica. […] Se queste osservazioni, o mio Signor D. […] Signor Lampillas mio, all’evidenza mal si contrasta. […] E che dice ora il mio Signor D.
Il Biamonti già mio Collega ed amico nella r. […] vieni al mio seno. […] Il sangue mio giovar può a Sparta, Non il mio pianto a te. […] Due ferri son, quel che tu lasci è il mio. […] Il voto mio È compito così.
L’autore stesso ha data la più giusta idea di tali sacri componimenti: In essi (ei dice) studiai di far ragionar le persone, e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle Scritture, e co’ sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] Sesto, mio caro Sesto, io son tradito. […] Ah tu che sai Tutti i pensieri miei: che senza velo Hai veduto il mio cor: che fosti sempre L’oggetto del mio amor, dimmi se questa Aspettarmi io dovea crudel mercede. […] Ma dunque faccio Sì gran forza al mio cor, nè almen sicuro Sarò ch’altri m’approvi? […] Ben vede il leggitore nel mio confronto che io col rilevar di proposito l’ artifizio diverso che richiedeva l’opera e la tragedia, volli distruggere l’imputazione de’ critici, ed indicare la necessità che avea Metastasio di non seguire il Cornelio alla pesta, e di tessere la favola del suo Tito più rapida e più capace di compiere l’oggetto musicale.
Nel sottoporre questo mio giudizio alla sua autorità le bacio divotamente la mano, e mi dichiaro.
Dell’uno (Lucca) perchè è cagione della mia ruina, e ha dilapidato ogni mio avere ; dell’altro perchè m’insidia, importuno, l’onore.
Dinanzi a tali scatti spariva anche il metodo di recitazione, che fu, a creder mio, de’ più bizzarri : strascicava le finali, fermandole con una nota, che pareva a bella prima una stonatura.
» Ella rispose : « Ahimè, quanto scheccherinata, signor mio.