Essa sola sa discernere quel che può esser bello per un sol popolo, e quello che lo farà per moltissimi: ed egli é chiaro che ciò che si chiama buon gusto, non dipende se non dalla conoscenza di questo bello271. […] Io per me, a quanto cotesti sentenziar potessero intorno a’ drammi, preferirei sempre, e senza tema di fallare, l’unanime sentimento di un popolo che non fosse del tutto incolto, o nella crisi di una febbre passeggiera.
Pasquali, XIII) che non valeva gran cosa nel suo personaggio, ma aveva degli adornamenti che attiravano il basso popolo.
Il popolo se ne avvide, e mormorò della novitàb, ma continuò ad ascoltarli, e la novità parve felice e dilettevole. […] Questo Frinico di Melanta fu il poeta che rappresentando la mentovata tragedia preso da non so qual timore, ovvero da orrore naturale, non potè proseguire, ed il popolo lo fe ritirare dalla scenab.
Incontratolo per via, sapendo com’egli era amato dai grandi e dal popolo, gli ordinò di seguirlo. Il Napolioni dovette obbedire, e lo sciagurato lo nominò ambasciatore per aggiustar le differenze tra il popolo e la Corte di Spagna.
Assai di rado egli fecesi vedere nel teatro dopo che una volta a richiesta del popolo videsi astretto a manomettere il comedo chiamato Accio170. […] Appena in Roma ripetevansi le antiche produzioni, ed il popolo trovava insipido ogni altro spettacolo scenico, fuorchè i pantomimi e i mimi che occuparono interamente le scene. […] Egli è vero che Plinio ascrive a lode di Trajano, che il popolo stesso abborriva sotto di lui l’effemminatezza de’ pantomimi. […] Le Cereali, le Nubi, il Pluto leggonsi oggi ancora con ammirazione, ed incantarono un popolo principe. […] Plauto calcando le orme di Epicarmo, e non di Aristofane, ed imitando a un tempo Difilo, Demofilo e Filemone, diletta soprammodo un popolo guerriero.
ERRORI CORREZIONI pag. 66, lin. 7 Tu fra que’ dieci Te fra que’ dieci pag. 84, linea penultima ed ultima con felicità la secondano, sono copiate al naturale da lo pre con felicità la secondano, sono copiate al naturale dalle procedure pag. 113, lin. 19 sempre io t’ami sempre io ti amai pag. 190, lin. 1 Tum verò pavidâ sonipes Tum verò pavidâ sonipedes pag. 236, lin. 20 a un cenno del popolo doveano snudarsi a un cenno del popolo, nel tempo de’ Giuochi Florali, doveaao snudarsi *. […] Al Capo III art. 111, pag. 127. lin. 10, e 11 dopo le parole, per raccomandarla al popolo, si apponga la seguente citazione.
Intanto la scena romana spiegava tutto il lusso, il fasto, e la magnificenza conveniente a un popolo arricchito delle spoglie di tanto mondo. […] Il coro loda la bellezza di Poppea, e un messo annunzia il tumulto del popolo pel ripudio di Ottavia. […] Di più quando gl’istrioni veri rappresentavano male, a un cenno del popolo dovean soggiacere a smascherarsi, e soffrirne a volto nudo le fìschiate. […] Queste erano a tal segno sfrontate, che al comando del popolo si nudavano, e facevano spettacolo del lor corpo; ma in ciò eran mai più sfacciate quelle schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo? […] Catone ai giuochi florali fatti dall’edile Messio; e ’l popolo si vergognò di domandar che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone uscì del teatro, usando della prudenza che non avea avuta in andarvi, e ’l popolo l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena l’antico costume94.
Giudichi il leggitore se in tale argomento siasi convenevolmente inserito un languido amore subalterno che contrasta coll’immagine di un popolo che stà morendo di fame. […] Un popolo ridotto nell’atto II a tanta estremità mostrerà nel proseguimento quel necessario progressivo incremento dell’azione? […] V’è analogia tra Megara capo e difensore amato di Numanzia, per la quale vuol morire, con Tarquinio re tiranno, oppressore, abborrito dal suo popolo? […] Il popolo è sedato; ma il re per cautela ha ordinato a un campo di duemila cavalli e cento bandiere che marciavano verso Cuenca, a tornare a Toledo per fortificare la Rocca di San Cervantes. […] La caccia però nel dramma di costui, che non si limita a un giorno, ma che abbraccia sette anni, non è ripiego inverisimile, là dove nella favola dell’Huerta il re s’invoglia di andare alla caccia poche ore dopo che il popolo ha chiesta la morte di Rachele, quel popolo ch’egli ha mortificato con farla sedere sul trono e con rivocare il bando degli Ebrei.
.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser.
Sagace osservazione del poeta, per far rilevare al popolo il cangiamento di Fidippide. […] Cattivo esordio è questo certamente per cominciar gli Esercizj Spirituali al popolo Ateniese. […] accusare ridendo un uomo che disponea del popolo, come suol dirsi a bacchetta! […] Con quale ardita satirica allegoria dipingevasi dalla scena un popolo principe! […] Per prezzo forse, ovvero data gratuitamente al popolo da qualche ricco cittadino?
Terenzio imitatore e pressochè copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare dimidiate Menander, non si studiò tanto di piacere come Plauto al popolo quasi tutto, quanto agli Scipioni, a i Lelj, a i Furj, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credeva, veniva ajutato a scrivere, o come è più verisimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi e Donato). […] VI, epist. 17, che allor quando alcuno de’ suoi amici esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie, e che egli nol giudicasse opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo, e ritenere ciò che esso col suo applauso approvasse. […] Il Gregge o la Caterva, fu chiamato da Orazio nella Poetica Cantor, perchè cantando e sonando (siccome nel fine degli atti si costumava) chiedeva al popolo il favor dell’ applaudere.
Giudichi il leggitore se in tale argomento siesi convenevolmente inserito un languido amore subalterno che contrasta coll’immagine di un popolo che stà morendo di fame. […] Un popolo ridotto nell’atto II a tanta estremità presenterà nel proseguimento quel necessario progressivo incremento nell’azione? […] E quale analogia v’ha tra Megara capo e difensore amato da’ Numantini per vantaggio de’ quali offre di morire, con Tarquinio tiranno oppressore abborrito dal suo popolo? […] Il popolo è sedato; ma il re per cautela ba ordinato a un campo di duemila cavalli e cento bandiere che maroiavano verso Cuenca, a tornare a Toledo per fortificare la Rocca di San-Cervantes. […] Ma nel componimento di costui che non si limita alla durata di un giorno, ma abbraccia sette anni, la caccia per cui il re si allontana dalla reggia non è ripiego inverisimile, là dove nella favola congegnata da Huerta il re s’invoglia risolutamente di andare a caccia poche ore dopo che il popolo ha chiesta la morte di Rachele, quel popolo ch’egli ha poco prima mortificato con far sedere l’abborrita favorita sul trono e con rivocare il bando degli Ebrei.
Mi ricordo, che rappresentando essa la parte di Rosmonda in una tragedia mia, che Rosmonda era intitolata, mancando la Ballerina che danzava fra gli atti, e gridando il popolo Furlana !
Il ’97 egli non si chiama più arlecchino ma Truffaldino, e il Giornale dei teatri di Venezia dice di lui : Se al merito singolare di questo insigne attore accoppiate si fossero alcune felici combinazioni teatrali, egli solo sarebbe bastato per far riempiere ogni sera dai più intelligenti dell’arte, non che dal popolo, il vasto teatro in cui recitava.
[1.105ED] Se pronunciassi contro di te, parrebbe fatto in vendetta di quanto hai contra me scritto nella Poetica. [1.106ED] Io passo dunque sotto silenzio il giudicio, rimettendovi l’uno e l’altro a quello del popolo. […] [1.111ED] Se tu vorrai che il popolo (e quando dico popolo intendo un’adunanza di dotti, d’indotti e di misti) giudichi saviamente della bellezza di un sonetto, di una canzone, perché si ricerca un intelletto purificato dalla notizia ed esperienza del buono, per esser la minor parte del popolo i dotti, la parte maggior può ingannarsi e seppellire ne’ suoi applausi la disapprovazion de’ pochi, e così il maggior numero strascinerà seco il migliore. [1.112ED] Ma quanto alle azioni sceniche, la maggior parte e la più degna del popolo ha cuore che fisicamente si lascia muover gli affetti, e quando lo spettatore già mosso entra nell’interesse degli attori, non vi è chi meglio giudichi dell’economia dell’azione e della proprietà de’ caratteri, e tanto vede addentro la condotta del fatto rappresentato quanto vi vedrebbero i veri personaggi che in scena sono imitati se, non finta, ma realmente operassero. […] [2.43ED] E qual utile verrebbe per ciò alla repubblica ed a’ costumi dalla tragedia, abborrendo allora il popolo da’ teatri come gli schiavi dalla galea? […] [5.119ED] Ben è però vero che per amore della repubblica ti dee piacer l’onestà: con questa l’affetto amoroso è utilissimo a’ cittadini, invitandogli a’ legittimi accoppiamenti da’ quali nasce il bene del crescer popolo, che è l’anima delle cittadi. […] [commento_1.107ED] popolo: ‘pubblico’, sempre, cfr.
Ma perché troppo nuda ed uniforme non si rimanesse la rappresentazione, s’introdussero tra un atto e l’altro, a ricreazion del popolo, gl’intermezzi e dipoi i balli, e venne l’opera a poco a poco pigliando la forma in cui la vediamo al dì d’oggi. […] Tanto più che in quei soggetti al popolo notissimi, oltre a un gran gioco di passioni, entrano anche i prestigi della magia.
I Lapponi, popolo assai materiale e barbaro, fanno versi. […] Ne segue parimente un’ altra filosofica, e sicura conseguenza, cioè che la poesia teatrale prende l’aspetto della cultura di ciascun popolo: se esso non eccede i costumi primitivi e semplici, l’imitazione scenica ne seconderà la materia: se ha costumi barbari, feroci, romanzeschi, il teatro gl’ imiterà: e se si giunga all’ultimo raffinamento e alla doppiezza propria de’ popoli culti, nasceranno i Tartuffi de’ Molieri e i Cleoni de’ Gresset21.
I Lapponi, popolo assai materiale e barbaro, fanno versi. […] Ne segue parimente un’ altra filosofica e sicura conseguenza, cioè che la poesia teatrale prende l’aspetto della coltura di ciascun popolo: se esso non eccede i costumi primitivi e semplici, l’imitazione scenica ne seconderà la materia: se ha costumi barbari, feroci, romanzeschi, il teatro gl’imiterà: e se si giunga all’ultimo raffinamento e alla doppiezza propria de’ popoli culti, nasceranno i Tartuffi de’ Molieri e i Cleoni de’ Gresset a a.
L’Italia governata da’ savj pontefici Romani e in gran parte dagl’ imperadori Greci, per consenso degli stessi oltramontani, prima d’ogni altro popolo emerse dalle ombre. […] Così venne a indebolirsi l’ indipendenza de’ baroni; le corone accrebbero la propria prerogativa; ed il popolo spezzate le sue catene diede allo stato cittadini utili ed industriosi. […] Correva il popolo volentieri alla festa de’ pazzi che si celebrava dal natale all’epifania in molte chiese greche e latine. […] Altri simili dialoghi senza numero in Francia, in Alemagna, in Italia e nelle Spagne, recitaronsi nelle chiese o ne’ cimiteri dove passava il popolo dopo la predica. […] Creavasi eziandio un vescovo e talora un papa de’ pazzi che officiava solennemente e benediceva il popolo.
Presso gli antichi tutti gli attori rappresentavano mascherati, essendo tra essi un delitto di mostrarsi al popolo con volto nudo; e se tra’ Romani alcuno deponeva la maschera era solo in pena di avere male rappresentato, per soffrire a volto scoperto le fischiate della plebe.
Presso gli antichi tutti gli attori rappresentavano mascherati, essendo tra essi un delitto il mostrarsi al popolo col volto nudo; e se tra’ Romani alcuno deponeva la maschera, era solo in pena di avere male rappresentato, per soffrire a volto scoperto le fischiate della plebe.
Le più che festose, entusiastiche accoglienze di Madrid e di Barcellona la compensarono a esuberanza de'tristi anni della fanciullezza, che, tra le acclamazioni di un popolo artista, le torneranno alla mente con naturale e vivo compiacimento, sentendo di dovere a sè sola, alla sua tenacità, al suo amore per l’arte, all’ingegno suo, se potè da quelli balzar nella vita presente tutta intessuta di rose.
Nacque a Firenze nel popolo di S. […] Benedetto suonava il tocco dei morti, e quivi radunavasi il popolo che vivo l’ammirò, a impetrar requie all’anima di Luigi Vestri. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne del valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirigeva la esecuzione, ed egli e tutti i professori filarmonici e cantanti, artisti ed amatori che trovavansi in Bologna, prestavano gratuitamente questo doloroso tributo. […] Di Luigi Carrer : Potrebbe chiamarsi quasi la mostra del gusto predominante in un popolo, secondo ch' egli si studia maggiormente piacere per via della serietà, o dello scherzo, potentissimo com’egli è in doppia prova.
Che non riparò i mali dell’espulsione di un immenso popolo di Mori Spagnuoli. […] Al Capo IV pag. 203, lin. 9, in vece delle parole, che espulse un popolo di Mori Spagnuoli, si scriva.
Prima però che Cornelio si avvedesse delle proprie forze nel genere tragico, e che comprendesse quanto la regolarità contribuisca all’accrescimento dell’istruzione e del diletto col partorir l’illusione, il Trissino servì di modello a Mairet nel comporre la Sofonisba rispettando le tre unità1; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ suoi difetti e della debolezza dello stile, ne senti il pregio e l’applaudì.
Siedi, e fa per lo contrario, del Vitalba o Vedovella, perchè il popolo t’appella una fune del sipario.
Tutto il popolo abbisogna di essere educato perchè possa concordemente serbar gli statuti prescritti dal pubblico bene; corre perciò tutto il popolo alle biblioteche de’ filosofi? […] Vorrebbe sopratutto essere spoglio di ogni aria magistrale che riesce sempre nojosa, ed allettare il popolo che cerca ristoro dopo della fatiga.
E quando mai, replicherò io a codesti fautori della irragionevolezza, e quando mai fu costituito il popolo per giudice competente del gusto ove si tratta di arti o di lettere? […] Il popolo può giudicare bensì del proprio diletto e compiacersi d’una cosa piuttosto che d’un’altra, nel che i filosofi non gli faranno contrasto, ma non è, né può esser mai, giudice opportuno del bello, il quale non viene così chiamato quando genera un diletto qualunque, ma allora soltanto che genera un diletto ragionato figlio della osservazione e del riflesso. […] Un altro scrittore non minore di lui concorre nella stessa opinione deducendo apertamente la perdita della musica, come ancora delle virtù politiche in Atene, dall’aver tolto di mauo alle persone di miglior qualità le arti ginnastiche e le musicali conferendone al popolo l’esercizio e il profitto146. […] Lo stesso avviene degli strumenti, coi quali s’accompagnavano presso ai Greci e Latini tante cose che non erano canto né potevano esserlo (come sarebbe a dire i bandi, le dichiarazioni di guerra, e le concioni al popolo) che l’uso di essi nelle rappresentazioni drammatiche non può servire di pruova esclusiva a stabilire che le tragedie o le commedie fossero in tutto somiglievoli alle nostre opere in musica. […] Quello di Bacco, così chiamato per esser vicino al tempio di cotesta falsa divinità, oltre le rappresentazioni sceniche serviva ancora di luogo ove tenevansi i comizi del popolo, e si deliberava intorno agli affari delio Stato.
Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza. Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta. […] Quella frase di Lucia mia Bernagualà, o era il primo verso di una canzone celebre cantata in carnevale dagli Zanni, come oggi dal popolo quella di Piedigrotta, o una specie di parola d’ordine, nella quale era, dirò, il segno col quale il popolo e le maschere si davano a quella specie di chiasso indiavolato.
Hora spropositatamente io sono stato mal ricompensato dal Dottore il quale ingiuriò me et mia moglie nel honore et riputatione presente tuto il popolo et i Comici senza alcun riguardo del patrocinio del Ser. […] no finita l’opera dissi caro Dottore inuitate uoi lui disse uolentieri et io me spogliai il Dottore uiendentro e non l’inuita il popolo si soleua non sentendo a inuitare, io dissi perche non l’haueua inuitato lui me rispose che non hà uoluto inuitare quella fredura ne la quale sua moglie non ui à troppo che fare, io sogionsi che lo doueua dire che non me n’ incuraua tanto più per essere di Giobia et che lo faceua per seruire la Compagnia, et si come lui e stato causa che mai ho fato quest’anno la mia scola per non agiustarse a lasar fare la prima parte com’era di douero a l’inpolita non me marauigliaua che lui auesse disgusto anco di questa Comedia de mia moglie, lui alborosato per la Comedia che bramaua el popolo ò per la mia andata da donna olimpia me disse, ch’ io era un uis de cazzo un Comediante da nulla che non me cognosceua per nulla et che non li rompesse il cullo, io sogionsi che haueua ragione di strapazarme alla presenza non solo del popolo ma di comedianti perche à più mani che me à questa parola me uene alla uolta per darme, il S.
Egli stesso in tal caso parrà in certo modo conquistato dal popolo vinto; la qual cosa avvenne in fatti agli ultimi Tartari conquistatori della China, i quali ritenendo la polizia, la legislazione e i costumi del paese, diventarono i primi Cinesi. […] L’Italia governata da’ pontefici Romani e in gran parte dagl’imperadori Greci, per consenso degli stessi Oltramontani, prima di ogni altro popolo emerse dalle ombre. […] Così venne a indebolirsi l’indipendenza de’ baroni, le corone accrebbero la propria prerogativa, ed il popolo spezzate gran parte delle sue catene diede allo stato cittadini utili e industriosi. […] Altri simili dialoghi senza numero in Francia, in Alemagna, in Italia e nelle Spagne, recitaronsi nelle chiese o ne’ cimiteri, dove passava il popolo dopo la predica. […] Creavasi eziandio un Vescovo, e talora un Papa de’ Pazzi che officiava solennemente, e benediceva il popolo.
Tutto il popolo abbisogna di essere educato perchè possa concordemente serbar gli statuti prescritti dal pubblico bene; corre perciò tutto il popolo alle biblioteche de’ filosofi? […] Vorrebbe soprattutto essere spogliato di ogni aria magistrale che riesce sempre nojosa, ed allettare il popolo che cerca ristoro dopo della fatica.
Difatti qual diversità d’impiego non trovasi fra il Metastasio e lo Zeno costretti di servire ai capricci d’un popolo spensierato e voluttuoso con quello d’Orfeo e di Terpandro, i quali o richiamavano al suono della lira i selvaggi erranti per le campagne a fine di riunirli sotto una legge ed un culto, ovver guidavano alla testa delle armate un popolo di eroi animandalo colla poetica armonia ai trionfi ed alle conquiste? […] I canti di Solone fanno andar in tumulto il popolo, se ne abolisce il divieto, se ne allestisce un’armata, e se ne riporta una compita vittoria. […] Da ciò si rileva altresì il perché in seguito gli uomini più saggi fra i Greci, persuadendosi che fosse più utile anzi necessario al bene dello stato il moderar le passioni del popolo che il troppo violentemente svegliarle, abbiano appunto nella musica regolata dalla filosofia trovato il segreto d’ottenere siffatta calma. […] [20] Ma in qual maniera il ritmo poteva essere così intimamente legato coi costumi d’un popolo che dallo stato di quello se ne dovesse cavar conseguenza allo stato di questi? […] Ma le passioni degli uomini e la maniera d’esprimerle si vanno cambiando in un popolo a misura che va egli passando dallo stato di rozzezza a quello d’una progressiva coltura; lo strumento adunque destinato a rappresentar le passioni dee per conseguenza rappresentare i suddetti cangiamenti.
Surse il popolo allora e un grido mise visto il garzon che si scolora e langue, e pietoso terror l’alme conquise.
Egli riuscì così bene ad accusarlo di prepotenza e ladronecci, che ’l popolo condannò Cleone a pagar cinque talenti, cioé intorno a tremila feudi; e quello pruova che la commedia antica era un’effettiva denunzia di stato37. […] Probabilmente cotesto Gaulese, e di lingua greca, e di poesia, e della politica che conveniva alla repubblica ateniese, e di ciò che poteva in que’ tempi esser pregevole sul teatro, se ne intende meglio del popolo greco, il più illuminato dell’universo, meglio di Platone, meglio di Aristotile, meglio dell’istesso Molière, meglio di tanti e tanti grand’ingegni antichi e moderni, i quali tutti (a riserba di qualche Chamfort) hanno avuta la compiacenza di ammirare Aristofane.» […] Cercando adunque di conseguir coll’industria l’effetto stesso che produceva il nominare i cittadini, gli dipinsero sotto nomi fìnti con tal artificio che ’l popolo non s’ingannava nell’indovinarli, e con maggior diletto gli ravvisava. […] Volgo, idioti, fanciulli di dieci, di trenta, e di sessant’anni, trovansi in qualsivoglia popolo. […] Piacque molto al popolo d’Atene il personaggio di Anfiteo introdotto in questa commedia, perché gli sembrava essere insultato dall’alterigia di questo magisrato del Pritaneo, che quantunque povero fosse parlava spesso della sua genealogia, e vantavasi di essere disceso del sangue degli Dei.
Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue.
Egli è vero che qualche antico romanzo in versi non rimati si conserva tuttora presso al popolo, come quello del gigante Ilia Murawiz, del grande Estergeon, ed altri di simil guisa, ma le moderne canzoni tutte in prosa altro per lo più non sono che improvvisate, che ciascuno compone a suo talento, senza curarsi d’osservare il numero delle sillabe o il ritorno delle rime76. […] La Balalaika, spezie di chittarino comunissimo presso al popolo, composto di due corde, una delle quali si vibra colla man sinistra mentre con la destra si suonano entrambe. […] Sebbene Pietro il Grande incominciasse dalla musica con lodevole divisamento la sua riforma, sapendo quanta influenza acquisti su un popolo non coltivato tutto ciò che parla immediatamente al sensi, non è tuttavia da commendarsi che siasi egli prevalso a cotal fine d’una musica straniera invece di perfezionare la nazionale.
Tutta adunque la scalinata dividevasi in tre spartimenti, basso, mezzano e superiore, detti da’ Latini ima, media e summa cavea, delle quali parti l’ima occupavasi da’ senatori e cavalieri, e la media e la summa dal rimanente del popolo.
Tutta adunque la scalinata dividevasi in tre spartimenti, basso, mezzano e superiore, detti da’ Latini ima, media e summa cavea, delle quali parti l’ima occupavasi da’ senatori e cavalieri, e la media e la summa dal rimanente del popolo.
Mentre dividevasi il popolo tra Goldoni e Chiari comparve il conte Carlo Gozzi che finì di ristabilire tutte le passate stravaganze del Veneto teatro istrionico. Da prima questo letterato pieno d’ingegno quasi scherzando prese a combattere i due competitori, e si contentò di provar col fatto che il concorso del popolo non era argomento sicuro della bontà de’ loro drammi. […] Notabile è l’arte adoperatavi dall’industre autore, imperciocchè le perturbazioni tragiche, le piacevolezze comiche, le favole anili, le metamorfosi a vista, un fondo di eloquenza poetica e di riflessioni filosofiche concorsero a formar que’ mostri lusinghevoli che seducevano il popolo Veneziano, ed ebbero un imitatore nel sig. […] Sembra che a toglier forza al falso argomento del conte Gozzi patrocinatore delle irregolarità e stravaganze, uscisse da Bologna una nuova luce per richiamare il popolo alla buona commedia.
La grandezza del foro, dice ancora Vitruvio, si dee fare proporzionata alla quantità del popolo, acciocchè o non riesca la capacità di esso ristretta riguardo al bisogno, o pure per la scarsezza del popolo il foro non paia disabitato e solitario58.
Altre volte presiedeva al teatro un corago o un edile, e ogni cosa vi procedeva con quell’ordine che si conviene, quando le antiche repubbliche intendevano per via delle sceniche rappresentazioni di accendere il popolo alla virtù o di tenerlo almeno divertito per la quiete dello stato.
Le Cereali, le Nuvole, il Pluto, la Pace leggonsi oggi ancora con ammirazione, ed incantarono un popolo principe.
Abbandonato questo scrittore a se stesso si arrollò tra’ commedianti per libertinaggio, e compose poi per sostentarsi pel teatro di un popolo che ancor non poteva gloriarsi di aver prodotto alle scienze, alla politica, alla marina e al commercio, un Newton, un Bacone, un Locke, ed il Grande Atto della navigazione. […] Pieno il re di timori e di sospetti per le mormorazioni del popolo, accenna che è venuto di Francia il fratello di Ofelia, che si occulta. […] Amlet, sì per l’amore che ha per lui la madre, come per l’affezione del popolo. […] Perchè componeva per vivere, avvicinandosi al termine del lavoro si dava tutta la fretta per ritrarne frutto al più presto… Non ebbe riguardo veruno a’ tempi ed a’ luoghi, e senza scrupolo attribuiva ad un secolo, e ad una nazione i costumi e le usanze e le opinioni di un altro tempo, e di un altro popolo… Quando vuole esser comico, la sua piacevolezza è rozza, e l’allegoria licenziosa. […] Finalmente con abbondantissime lagrime trasse fuori il corpo di Cesare nu lo scoprendo la veste sua piena di sangue e stracciata dal ferro; dal quale lamentevole spettacolo il popolo tutto fu commosso a piagnere.
.), mentre si sparla unicamente dell’arte di Lavinia, di Cintio, di Ortensio, di Mezzettino per metterli in disgrazia del Duca, venuto a parlar di Cecchini « Frittellino — dice — è buono da farsi odiare non solo da comici, ma da tutto il popolo, e lo vediamo con isperienza, poichè se volle compagni bisogna vadi per forza de prencipi, o che li pagi ; lasso il voler tirare più parte degli altri. […] VII) : Prima guardarsi di parlar con il popolo, raccordandosi che non vi si prossume persona in quel luoco, se non quello con cui si parla in scena, et se per sorte si parla solo fra sè stesso, si dee andar discorendo, se della sua donna si querella, alla casa di quella si volta gli occhi, se d’amore, se di fortuna, o d’altro, hora il cielo, hora alla terra, et hor in un luoco, et hor nell’altro, e non far come quelli ch’ apostano nel auditorio uno o due amici, et a quelli vanno dicendo le loro raggioni, questo precetto è di tanta osservanza, quanto mal osservato quasi da tutti. Il secondo havertimento sarà, ch’ essendo sopragiunto in scena da un altro personaggio si taccia subito, non impedendo il luoco a quello che cominciar dee a parlare e troncar qual si voglia bel discorso per non lasciar mutto colui, che di novo è giunto, havertendo però chi dee uscire di star sin tanto che conoschi esser giunto al fine del suo raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che quello che dianzi parlava non resti come una statua, se però non deve dir cosa aspettante al soggetto, il quale ha molto bene da essere impresso nell’ascoltante, raccordandosi insieme ch’il dir breve e compendioso è quello solo che piace, et ch’ osservar si dee, non repplicando le cose dette più volte per non venir a noja, e secondo la necessità apporta la replica rassumer il discorso, si che solo si tocchi quello che già save il popolo. […] Ma se in onta di ciò ; se in onta alle requisitorie dell’ Andreini, del Martinelli, del Gabbrielli, ecc. ecc., egli potè artisticamente restar saldo sul suo piedistallo di bronzo, ammirato, onorato da Re, da Principi, da popolo, è segno manifesto che i pregi dell’artista soverchiavan d’assai i difetti dell’uomo.
Marco su l’Isole mediterranee, ciò che li faceva derisi dal popolo, che li chiamava piantaleone…. […] L'huomo se può distinguer in tre parti : anima e spirito e carne : el spirito e la carne han tiolto in mezzo l’anema ; el spirito per farme intendere xe come el Principe nella republica : non spira e non respira che beni del ciel al qual sempre varda, la carne per contrario xe come la lega d’un popolo tumultuario e furfante, la scovazera e sentina dell’huomo, parte che cala sempre al mal.
Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare; perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo Ateniese sempre che gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di disposizioni naturali proprie per comparire sul pulpito.
Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, e la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba, e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non pertanto le tre unitàa, ed il popolo nella rappresentazione seguitane nel 1609, ad onta dei difetti che vi notò e della debolezza dello stile, ne sentì il merito e l’applaudì.
Figlia del precedente, nata a Firenze l’8 dicembre 1842, nel popolo di S.
Si può nondimeno far uso talvolta di esso purché non si prenda come una vana ripetizione delle parole, o come una voglia indeterminata di ballar per ballare, ma come una usanza propria del popolo o dei personaggi che parlano, appoggiata sulla storia o sulla tradizione. […] [19] Nello stato di decadenza in cui ricevettero i moderni l’arti musicali e rappresentative, e nella poca filosofia di coloro che furono i primi a restituirle, non è maraviglia che s’introducessero non pochi abusi avvalorati in seguito dall’usanza, e dal gusto del popolo. […] Presso a niun altro popolo seppe ella rinvenire le vie di conseguirlo come presso ai Greci; la musica greca fu dunque e dovette essere fra tutte la più perfetta. […] La grotta, il mare, il boschetto e la pianura spariscono per dar luogo alla piazza d’una città dove una folla di raccolto popolo sembra congratularsi a forza di salti colle danzatrici del loro fortunato ritorno. […] Questo muto personaggio significava il popolo.
Il popolo Romano anche dopo la legge del Dittatore Publilio Cilone esercitava la somma potestà or ne’ Comizii Tributi or ne’ Centuriati or per bocca dell’intero Senato. […] Ma prevedendo la meraviglia del popolo promette di convertirla in commedia senza alterarne i versi. […] Ogni popolo ha un gusto particolare, ed è stravagante il pretendere che il proprio gusto abbia ad essere norma a tutti gli altri! […] Gli Spagnuoli nelle commedie del XVI secolo che nel seguente continuarono a rappresentarsi, fanno che il loro Grazioso quasi sempre narri al popolo ascoltatore i disegni del poeta. […] Il poeta acconciamente la mette in vista per insegnare a detestarla, e per rendere più accetta al popolo la beffa che ne riceve poscia quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore.
Egli sarebbe per poco stato messo a brani da un popolo d’entusiasti. […] Veggiamo adunque ciò che in questa parte della pronunziazione esiga il popolo dalla diligenza d’un cantante. […] Qual diletto non avrà il popolo, in vedere la favola continuata non più con parole, ma a forza della sola danza? […] Tanto era quel popolo buono conoscitore e di difficile contentatura. […] Presso un popolo incivilito dovrebbe essere ignoto anche il nome di sì fatte villanie.
Cercando adunque di conseguir coll’industria L’effetto stesso che produceva il nominare i cittadini, gli dipinsero sotto finti nomi con tale artificio che il popolo non s’ingannava nell’indovinarli, e con diletto maggiore gli ravvisava.
Uno scoppio spontaneo, universale di applausi mosse dal popolo maravigliato, e noi, ancora commossi, ricordiamo quel momento, e le potenti emozioni, onde fummo scossi in quella sera. » Le opere che nella non breve carriera della forte artista, si disser suoi cavalli di battaglia, furon : l’Antigone e la Rosmunda d’Alfieri, la Pia di Carlo Marenco, la Gismonda da Mendrisio, l’Ester d’Engaddi, l’Iginia d’Asti del Pellico, la Medea del Duca di Ventignano ; ma con pari ardore, e con pari successo, rappresentava le commedie del Goldoni e del Nota.
Abbandonato questo scrittore a se stesso si arrollò tra’ commedianti per libertinaggio, e compose poi, per sostentarsi, pel teatro di un popolo che ancor non poteva gloriarsi di aver prodotto alle scienze, alla politica, alla marina e al commercio, un Newton, un Bacone, un Locke, ed il Grande Atto della Navigazione. […] Non ebbe verun riguardo ai tempi ed a’ luoghi, e senza scrupolo attribuiva ad un secolo e ad una nazione i costumi, le usanze, le opinioni di un altro tempo e di un altro popolo . . . .
Questi stranieri furono i Provenzali, popolo celebre nella storia pella piacevolezza del suo temperamento sempre vivace, alla giocondità, e al riso inchinevole che abbonda di vini spiritosi e di donne galanti, e ch’educato sotto un cielo per lo più sereno e ridente, e in un paese amenissimo sembra fatto a bella posta dalla natura per non aver altro impiego che quello di cantare e ballare. […] Quelli che poetavano all’improvviso si chiamavano “Troubadores”, o “Trovatori”, “Canterres” quelli che cantavano i versi composti dai primi, e “Giullares” ovvero siano “Giocolieri” coloro che suonavano un qualche strumento, o intertenevano il popolo con varie buffonerie. […] Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico era l’anima di cotali feste dove rappresentavansi sovra pomposi carri trionfali guidati per le strade di Firenze fra gli applausi del popolo parecchie ingegnose allegorie allusive per lo più a soggetti amorosi. […] [19] Nel secolo XV cominciò a rosseggiar sull’orizzonte italiano l’aurora del miglior gusto nella musica, il novello raggio della quale si spiccò da un popolo che faceva profession di distruggere le arti e le scienze, come gli altri facevano di coltivarle. […] Ed ecco i fondamenti, sui quali il Signor Abbate Andres stabilisce il gran edifizio dell’origine arabica delle poeti che facoltà in Europa; fondamenti ricavati da analogie remote, da rassomiglianze generalissime, da rapporti inadeguati, da relazioni applicabili a cento popoli della terra, e per conseguenza non valevoli per niun popolo in particolare.
Piacque al popolo ancor quest’altra novità, e ne nacque l’usanza di dividere la declamazione dall’azione, usanza che non so per qual singolarità di gusto serbossi poscia costantemente nel teatro latino. […] Plauto nel prologo fa dire a Mercurio che la sua favola è una tragedia; ma prevedendo la maraviglia del popolo promette di convertirla in commedia senza alterarne i versi. […] Ogni popolo ha un gusto particolare ed è stravagante il pretendere ch’egli abbia ad essere una norma universale. […] Gli Spagnuoli nelle commedie del passato secolo, che in questo continuano a rappresentarsi, fanno che il loro Grazioso quasi sempre narri al popolo ascoltatore i disegni del poeta. […] Il poeta acconciamente la mette in vista per insegnare a detestarla, e per rendere più accetta al popolo la beffa che poscia ne riceve quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore.
Se non molto amandola pure ne tollerò lo spettacolo, non permise però che vi si mettessero sedili (Nota III) affinchè il popolo obbligato a goderlo in piedi anche nel divertimento mostrasse virilità e robustezza71. Nell’anno di Roma 558 il Senato tuttavia assisteva allo spettacolo misto tra ’l popolo. […] Tizio fu contemporaneo di Lucilio, ed aringò al popolo a favore della legge proposta dal console Fannio contra i festini. […] Cornelio Dolabella, e per quel che dicesi nel prologo che ora la precede, il popolo impaziente per lo spettacolo de’ ballerini da corda e de’ pugili non si curò di vederla o di comprenderla. […] Già la scena spiegava tutto il lusso, il fasto e la magnificenza conveniente a un popolo arricchito delle spoglie di tanto mondo.
Alcune traduzioni di qualche commedia del Goldoni, come della Sposa Persiana e del Bourru Bienfaisant son piaciute moltissimo al popolo, e dovea esserne lodato (fuorché in alcune alterazioni fatte senza gusto agli originali) qualunque egli siasi chi ha impreso a mostrare sulle scene spagnuole queste commedie; ma sul medesimo teatro sono state motteggiate da soliti piccioli compositori di saynetes, e ricevute con freddezza da alcuni pochi, che invecchiati in un certo lor sistema di letteratura, sdegnano di approvar dopo il popolo ciò che lor giugne nuovo, Vel quia nil rectum, nisi quod placuit sibi, ducunt, Vel quia turpe putant parere minoribus, et quae Imberbes didicere, senes perdenda fateri.
Appena in Roma ripetevansi le antiche produzioni, ed il popolo trovava insipido ogni altro spettacolo scenico, fuorchè i pantomimi e i mimi che occuparono interamente le scene. […] Vero è che Plinio ascrive a lode di Trajano che il popolo stesso abborriva sotto di lui l’effeminatezza de’ pantomimi.
Pel popolo vi erano pozzi di vino; alle tavole piatti e vasi tutti d’oro e di argento; prodigiosa quantità di strumenti musicali, e di mimi, a’ quali dedit ingens Dux prœmiæ maxima. […] I Poeti Provenzali, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi del Petrarca l’uno del Trionfo d’Amore cap. 4, e l’altro della Prefazione alle sue Epistole Famigliari, vennero dopo i nostri Siciliani a verseggiare e a far uso della rima nelle moderne lingue volgari, si distinguevano con varj nomi secondo i loro varj mestieri, in Troubadores, cioè trovatori, così detti dal trovar prontamente le rime, e dall’inventar favole verseggiando, in Canterres, o cantori, i quali cantavano i versi composti dai Trobadori, e in Giullares, o siano Giucolari, o Giullari, che vale lo stesso che giocolieri, o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, o nelle fiere intertenevano il popolo con varie buffonerie, sonando qualche stromento, o sollazzavano i conviti de’ Principi e gran Signori con canti, suoni e balli, celebrando le gesta de’ Paladini, e le bellezze delle donne.
Ben sanno i veri filosofi, i degni letterati del secolo da me con alacrità di animo altrove rammentati tra’ grandi ornamenti de’ nostri dì, la prestanza e l’utilità di un genere di poesia, da cui, se v’ha mezzo efficace per diffondere nel popolo una vantaggiosa pubblica educazione, debbe questa principalmente da buon senno ottenersi; siccome m’ingegnai d’indicar nel breve ragionamento che premisi alla mia storia, dirigendolo a chi ama la poesia rappresentativa.
Il popolo, che forse conserva meno alterata l’indole e la natura del suolo americano, trovasi nella nuova Spagna, e propriamente nella provincia di Chiapa, i cui abitanti, d’ingegno, di forza, di statura, e d’idioma più che altrove dolce ed elegante, passano tutti gli altri messicani.
Recitando egli a Pistoia l’estate del ’33 in società con Ferdinando Pelzet, fu pubblicato un opuscoletto di versi e prose, da cui trascelgo la seguente epigrafe, un po’ duretta se vogliamo, in onore di lui : i circhi, i ludi, i teatri in età feroci l’abbondanza della forza esaurivano in tempi codardi il sibaritico ozio molcevano in secoli emergenti dall’orror delle tenebre vita di contradizione mostravano oggi sono riepilogo di tutti gli errori dei tempi allora, ed ora a quei che si porgeano spettacolo del popolo plausi secondo natura de’tempi sinceri ma come noi, l’età future non danneranno dell’età volte la manifestazione di falsa vita, quando sapranno che prorompevamo in solenni encomii per te O LUIGI DOMENICONI che coll’eloquente gesto, colla parola informata da tutte gradazioni del sentimento incomparabilmente a mostrarci l’uomo emulo de’ più celebri scrittori svolgevi l’idee eterne del vero Lo spirito analitico, la coscienza ch’egli metteva in una parte, sapeva mettere anche nelle cose del capocomicato.
Il rimanente del popolo assiste parimente senza sedere nel piano dopo la luneta, il quale si chiama patio, cortile. […] Ha egli il Signorelli mentovato per altro il cappello rotondo (qualunque stata ne sia l’origine) che per indicare le varie cagioni della male intesa libertà del popolo che assisteva alle rappresentazioni teatrali?
Or perché quella spinta industrioso é comune a tutti gli uomini e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, é chiaro a chi diritto mira, che pochissime sono le arti che se un primo popolo inventore passarono ad altri, ed all’incontro moltissime quelle che la sola natura, madre e maestra universale va comunicando a’ vari abitatori della terra.
Or perchè questa spinta industriosa è comune a tutti gli uomini, e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, è chiaro a chi dritto mira, che pochissime sono le arti che da un primo popolo inventore passarono ad altri, ed al l’incontro moltissime quelle che la sola natura, madre e maestra universale, va communicando a’ varii abitatori della terra.
Or perchè quella spinta industriosa è comune a tutti gli uomini e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, è chiaro a chi dritto mira, che pochissime sono le arti che da un primo popolo inventore passarono ad altri, ed all’incontro moltissime quelle che la sola natura madre e maestra universale va comunicando a’ varj abitatori dell a terra.
Giovanni Prati dettò il seguente sonetto : Visitando la tomba di sua madre Sì ; vidi anch'io quell’urna e quelle forme sculte nel marmo, e che tu piangi estinte : E volto a quella che là dentro dorme, e per aura miglior l’ali ha sospinte, sclamai : « Beata, che traesti l’orme da queste zolle in vanità dipinte, dove s’indraca un popolo difforme, che troppo ha l’alme nella creta avvinte.
Egli ha migliorato anche l’artificio della parlata di Antonio, facendo portare per ultimo colpo il corpo di Cesare in iscena, che il Shakespear con arte minore fa dimorare sempre alla vista del popolo Romano. […] Incatenato poi o libero non dovea egli temere ancora che la di lui presenza commovesse un popolo così affezionato alla famiglia di Cresfonte? […] Voltaire stesso soddisfece a questa censura, mostrando che la passione amorosa gareggia in Maometto colla sua ambizione, e che la perdita di Palmira ed i rimorsi che in lui si svegliano alla vista del di lei sangue, danno a vedere al popolo lo spettacolo di un uomo potentissimo e non pertanto infelicissimo. […] Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara del padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolore del popolo intenerito. […] Poco umanamente trattarono cogli abitanti di Castellaneto, spogliandoli e tentando le loro donne; e quando quel popolo si diede agli Spagnuoli ed imprigionò que’ Francesi, qual fu l’implacabile vendetta Italiana?
Sentasi qual grandiosità di sentimenti metta egli in bocca a Sisara allorché, promettendo la salvezza al solo Abner, minaccia all’intiero popolo d’Israele totale eccidio. […] Torri eccelse a terra andranno Sorgeranno Monti d’ossa, e di ruine: E squarciate Lacerate Seno, e crine Ebrea madre piangerà» [12] Maggiore si è ancora il vigor profetico con cui Daniello annunzia l’ira tremenda dell’altissimo al popolo della Persia in presenza di Amiti.
Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale. Si che il popolo tutto parte scandalizzato, e mal soddisfatto di costoro, portando oltre di ciò nella memoria i bruttissimi ragionamenti recitati, nella seguente sera, non spenderebbe un bagattino per sentir di nuovo cotali sciocchezze, già per tutta la terra, con beffe d’ognuno divulgate e sparse.
Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare, perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo ateniese, quando gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di abilità per rappresentare.
In Roma si ripetevano appena l’antiche produzioni, e ’l popolo trovava insipido ogni altro spettacolo scenico fuorché i pantomimi e i mimi, i quali occuparono interamente i teatri.
O generoso popolo d’Antenòr, tu sol tu puoi la tua speme avverar : se tutti i frutti, quali ei si sian, dell’arte mia son opra del tuo favor, se un tal favore è figlio d’ una felice illusïon cortese del tuo bel cor, tu me la serba, e forse tal ti parrò qual mi fingesti.
E’ vero che quando le prime e le seconde parti coniurant amice, anche lo spettatore grossolano sente senza intendere un maggiore piacere: ma è vero altresì che la difficoltà e la rarità di tale accordo obbliga, per così dire, i teatri da guadagno a fidarsi più di quelle arti delle quali son giudici tutti, e queste poi sciolte da ceppi d’ogni relazione e convenienza, ostentano in piena libertà senza cura di luogo o di tempo tutte le loro meraviglie, e seducono il popolo col piacere che prestano dal desiderio del maggiore, di cui lo defraudano. […] La corruzione dello spettacolo operistico è paragonata a «uno stato sconvolto35», che necessita di una guida che riconduca il teatro allo scopo di educare il popolo alla virtù, come avveniva nel teatro antico. […] Algarotti interpreta una risposta italiana alla querelle des bouffons e nonostante le critiche e la consapevolezza dell’esistenza dei consueti problemi della rappresentazione operistica, promuove un genere al quale nel Settecento è affidata la fortuna europea della lingua e della letteratura italiane e spende quindi la sua esperienza cosmopolita al servizio di una causa volta a valorizzare non solo la tradizione letteraria italiana, ma anche la creazione, attraverso il dramma per musica, di un linguaggio poetico universale, di grande diffusione, capace di parlare alle corti e al popolo e in grado di esprimere le passioni dell’uomo moderno.
Avvegnaché il linguaggio delle passioni sia, generalmente parlando, lo stesso in tutti gli uomini, e che la natura si spieghi con certi segni comuni ad ogni nazione, egli è nondimeno certissimo, che la differenza de’ climi e de’ temperamenti, il maggior o minor grado di sensibilità e d’immaginazione siccome contribuiscono assaissimo alla formazion delle lingue, così ancora mettono gran divario nella maniera di esprimer gli affetti non meno tra popolo e popolo che tra individuo ed individuo. […] Un intiero volume potrebbe scriversi contro a sì leggiera asserzione, nel quale si proverebbe ad evidenza: Che la pronunzia gutturale della nostra lingua si riduce a tre sole lettere delle ventiquattro, che compongono l’alfabeto, cioè “x”, “g” e “iota”; che il loro suono, quando vien proferito da bocca castigliana la sola depositaria fra noi del bello e colto parlare, è meno aspro, e men rozzo di quello, che sia la pronunzia del popolo più colto d’Italia cioè del fiorentino nel pronunziare in “ca”, dov’essi fanno assai più sentire la gorgia; che la frequenza di esse lettere non è tale, che non possa agevolmente schivarsi, ove si voglia comporre per il canto; che appena la terza parte delle parole spagnuole finisce in consonante, e per ben due terzi in vocale; che esse consonanti finali sono le più dolci, e soavi dell’alfabeto, per esempio “s, d, l, n, r”, ove la pronunzia niuno trova, o pochissimo intoppo; che le consonanti più ruvide, e meno musicali tanto adoperate dai Latini, dai Francesi e dai popoli settentrionali, come sarebbero “f, p, t, c, b, k, g, m, ll, rr” sono affatto sbandite in fine delle nostre parole; che niun vocabolo termina con due consonanti in seguito, come avviene agl’Inglesi, Tedeschi, Francesi e Latini; che però siffatte terminazioni rendono la notra lingua maestosa, e sonora senza renderla per questo men bella, come le frequenti desinenze in “-as, -es, -os” non toglievano alla lingua greca l’esser dolce, e soavissima; che quasi tutti i vantaggi insomma, che sono stati da me osservati nella lingua italiana circa la netezza de’ suoni, gli accenti, e la prosodia si trovano appuntino nella spagnuola, come si dovrebbe da un filosofico, e imparziale confronto, se l’opportunità il richiedesse.
Egli ha migliorato anche l’artificio della parlata di Antonio, facendo portare per ultimo colpo il corpo di Cesare in iscena, che il Shakespear con arte minore fa dimorare sempre alla vista del popolo Romano. […] Incatenato poi o libero non dovea egli temere ancora che la di lui presenza commovesse un popolo così affezionato alla famiglia di Cresfonte? […] Lo stesso autore pensò di soddisfare a questa censura, mostrando che la passione amorosa gareggia in Maometto colla sua ambizione, e che la perdita di Palmira ed i rimorsi che in lui si svegliano alla vista del di lei sangue, danno a vedere al popolo lo spettacolo di un uomo potentissimo e non pertanto infelicissimo. […] Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara del padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolore del popolo intenerito. […] Poco umanamente trattarono con gli abitanti di Castellaneto, spogliandoli e molestando le loro donne; e quando quel popolo si diede agli Spagnuoli, ed imprigionò que’ Francesi, qual fu l’implacabile vendetta Italiana?
Nella penisola di Spagna il popolo trattenevasi colle buffonerie de’ giullari degenerati in meri cantimbanchi e ciarlatori.
Nella penisola di Spagna il popolo trattenevasi colle buffonerie de’ giullari degenerati in meri cantimbanchi.
Pasquali) : Il popolo interessato per essa, non so se per il carattere che rappresenta, o per il merito singolarissimo dell’ eccellente attrice, la valorosa signora Catterina Bresciani, mi andava continuamente eccitando per una seconda commedia.
Ma la morte lo colse anzi tempo, e quel povero teatro, in cui il Duse aveva militato decorosamente e trionfalmente ventotto anni, sul cui frontone si leggeva : Al popolo Padovano consacrava Luigi Duse riconoscente, oggi, (perchè ?)
[14] Dalla osservazione di siffatti avvenimenti, e dalla voga che avea preso nel popolo quel maraviglioso tramandato dai settentrionali, nacquero i romanzi in verso e in prosa, i quali altro non sono stati in ogni secolo se non se la pittura de’ pubblici costumi. […] [19] Cotali difficoltà fecero sì che il popolo, non vedendo alcuna relazione tra la favella ordinaria e la musicale, stimò che quest’ultima fosse un linguaggio illusorio, che poco avesse del naturale, destinato unicamente a piacere ai sensi.
Pieno il re di timori e di sospetti per le mormorazioni del popolo, accenna che è venuto di Francia il fratello di Ofelia; si occulta. […] Il re ha raccontata a Laerte la verità dell’accaduto; gli dice poi di non aver potuto vendicare ancora il sangue del di lui padre nell’uccisore Amlet, sì per l’amore che gli tiene la madre, come per l’affezione del popolo.
Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba; e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non per tanto le tre unità1; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ difetti che vi notò, e della debolezza dello stile, ne sentì il pregio, e l’applaudì. […] Solone altro non fa che ondeggiare sperando nelle varie fazioni, e promettendo la pretesa figliuola a colui che contribuisca a distruggere il partito oppressore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere del popolo e del senato ateniese: e svelare l’inutile arcano.
I successi clamorosi avuti nel vecchio e nuovo mondo, attenuaron la crudeltà del giudizio de'suoi connazionali ; ma il grande, unico premio, a cui egli ambisse, di veder le platee tra noi riboccanti di popolo sì all’Otello, come alle Tre mogli per un marito, gli fu lungo tempo conteso.
Tizio fu contemporaneo di Lucio, ed aringo al popolo a favore della legge proposta dal Console Fannio contra i festini. […] Cornelio Dolabella, e per quel che dicesi nel prologo che ora la precede, il popolo impaziente per lo spettacolo de’ ballerini da corda e de pugili, non si curò di vederla o di comprenderla. […] Manlio, e neppur piacque, o per meglio dire neppure si ascolto, perchè recitato appena l’atto primo che fu hene accolto, si levò un romore, che davansi i giuochi gladiatorii, ed ecco che il popolo abbandona il teatro e si affolla a prender luogo nell’anfiteatro. […] Secondo me Terenzio, nel servirsi del semplice argomento greco, v’inserì al suo solito la traccia di un’ altra azione forse di sua invenzione, per fare la favola più ravviluppata, accomodandosi al piacere del popolo, cui già increscevano gli spettacoli troppo semplici, come suole avvenire allorchè il buon gusto comincia a vacillare. […] Già la scena spiegava tutto il lusso, il fasto e la magnificenza conveniente a un popolo arrichito delle spoglie di tanto mondo.
Ma intanto che compiange la principessa destinata a morir vergine, vede il popolo che in atto di stupore accorre alla reggia. […] Nell’atto IV Tullo destina i Duumviri per giudicare Orazio, i quali lo condannano alla morte, contraddicendo invano il di lui afflitto padre che appella al popolo. Nel V il popolo libera il reo dalla pena di morte, ma vuole che soggiaccia all’infamia del giogo. Sdegna il magnanimo di sottoporvisi: Publio prega: il popolo è inesorabile: si ascolta una voce in aria che comanda ad Orazio di ubbidire. […] Un cuore veramente Romano trasparisce in quanto fa e dice Publio; ma quando è in procinto di perdere il valoroso Orazio, l’unico figliuolo che gli rimane, allora fa vedere tutto il padre, implorando la pietà del popolo.
Tale sarebbe il ritorno di Ezio fra gli applausi e l’allegrezza d’un popolo che si vede per mezzo di lui liberato dal timore di Attila. […] Il primo ad introdurlo sembra essere stato il cantore Baldassarre Ferri perugino, come si può argomentare dalla prefazione d’una raccolta di poesie a lui dedicata, ove nello stile ampolloso di quei secolo si dice, parlando di non so quale cantilena: «Che il popolo sopraffatto da vostri sovrumani concenti, guardandovi qual novello portentoso Orfeo della età nostra, vi sentì replicar più volte sulle nostre scene rimbombanti coi vostri applausi ed inaffiata coi torrenti dell’armonia vostra dolcissima.» […] La dimanda che oggidì fa il popolo italiano a chi timoneggia nel governo, è la stessa che ne faceva sedici secoli addietro a’ tempi di Giovenale, vitto e spettacoli Panem et Circenses. […] I capi d’opera del Jumella e del Sassone giacciono polverosi e negletti, perché il popolo avido di novità gli pospone, dopo averli più volte sentiti, alle bambocciate e alle caricature de’ compositori moderni. […] Quanto maggiore è il trasporto di un popolo per gli spettacoli tanto più grande è la libertà che concede ai coltivatori di essi.
Gli Inglesi, che ad un vivo interesse per la patria loro sanno accoppiare quella imparziale filosofia che generalizza i sentimenti e le idee, e presso ai quali il titolo di straniero non è, come per tutto altrove comunemente, un titolo alla esclusiva, o un’arma di più contro al merito nelle mani dell’invidia, si prendevano talvolta il piacere di obbligar i tre professori a che suonassero in presenza del pubblico a gara in tre organi separati con proposte e risposte da una parte, e dall’altra, come già nell’antica Grecia si vedevano Eschilo e Sofocle, e Menandro, e Filomene concorrere nell’Odeon d’Atene a disputarsi fra i lietissimi applausi del radunato popolo ora il premio del tripode, ora il privilegio di recitar sul teatro i loro componimenti. […] Nelle prime, perché né la musica né la poesia possono arrivar a tanta eccellenza in un popolo, che dotato non sia di squisita sensibilità, e di brillante immaginazione; qualità, che trasferite alle belle arti non solo bastano ad immortalar un uomo, ma ad assicurar eziandio ad una intiera nazione l’omaggio di tutti i secoli. […] Imperocché è incontrastabile, che giammai un popolo baderebbe a perfezionar con tanto studio le facoltà di puro diletto, se l’agio, la pace, la morbidezza, e le superflue ricchezze, onde nasce il lusso, non vi dominassero da lungo tempo. né può tampoco chiamarsi inutile quella gloria, che al sostentamento serve di tanta gente, e contribuisce in particolar maniera a tirar in Italia l’oro degli stranieri, essendo certo, che da niun ramo delle belle arti cava, se ben si considera, tanto lucro questa provincia, quanto da quei che servono al melodramma. principalmente dacché le arti del disegno dopo aver padroneggiato senza rivali per’ben due secoli nel bel paese, «Che Appenin parte, e l’mar circonda, e l’Alpe» voltarono infine le spalle, e sene andarono assise sul carro di Minerva ad illeggiadrire colla sua venustà le rive della Senna e dello Scaldi.
I Francesi del XVII fecero un passo di più maneggiandoli in guisa che si adattassero al popolo ed al tempo in cui gli ripetevano. […] In quella del III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrerebbe a parte del suo paterno affetto, ove egli inclinasse al perdono, ovvero si solleverebbe ? […] In questa tragedia si vede una tremenda catastrofe della costituzione di un popolo che conculca le proprie leggi per alzare un tempio alla libertà nazionale, sacrificandole con formalità giudiziarie per prima vittima la vita del proprio sovrano. […] Le aringhe successive fatte nel Foro da Cajo e da Opilio sono di tanta energia ed eloquenza che a vicenda tirano ad encomiarle i suffragii del popolo. […] Gli ultimi suoi respiri spendonsi nell’intendere che in Telaira celisi la sua figlia Fenarete, ed essere stato Anito trucidato dal popolo furioso.
La provincia di Chiapa contiene un popolo che forse conserva meno alterata l’indole e la natura americana.
Ma intanto che compiange la principessa destinata a morir vergine, vede il popolo che in atto di stupore accorre alla reggia.
La provincia di Chiapa contiene un popolo che forse conserva meno alterata l’indole e la natura Americana.
Fritellino è buono da farsi odiare non solo da comici, ma da tutto il popolo, e lo vediamo con isperienza poichè se volle compagni bisogna vadi per forza de prencipi, o che li pagi ; lasso il voler tirare più parte degli altri.
Il piacere, che gustava il popolo nelle macchine e nelle decorazioni, faceva che si stimasse più un buon macchinista che un poeta o un musico: quindi mancò l’emulazione tra i professori, la quale non si riscalda, ove il pubblico grido non la risveglia. […] Allora l’utilissimo talento di gorgheggiar un arietta divenne una strada sicura per giugnere alle ricchezze ed agli onori, e ne fu dal popolo riguardato collo entusiasmo medesimo, con cui avea ricevuta in altri tempi Vetturia, allorché liberò Roma dal giogo di Coriolano, ovver Pompeo conquistatore dell’Asia e di Mitridate 84.
Per prezzo forse, ovvero data gratuitamente al popolo da qualche riceo cittadino?
Questo fu il primo prologo ; e così entrato nelle Commedie, e con mio Padre vivendo tra’ Commedianti, conobbi l’arte non essere così facile come molti che, non la praticando se non con gli occhi, la credono ; poi che vi sono persone di così poca pratica, che giudicano esse mestiero d’ogni ignorantello il farsi vedere sopra i teatri, parlare in pubblico, e ad una infinità di popolo dare più che mediocre satisfazione.