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95. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 333-339

Dai modi insinuanti, dalla parola convincente, dall’indole dolcissima, esercitava su’novizj e su’ provetti un fascino ineffabile : non uno de’ vissuti con lui o sotto di lui che non ne abbia ricordato e non ne ricordi tuttavia con profondo rammarico la bontà e la valentia.

96. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 738-742

Notate questa originalità : era veneziano puro sangue, fanatico della sua città, e non era buono di dire una parola in veneziano : a Venezia i vicini lo chiamavano El Foresto.

97. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Qui non cade in acconcio l’esporvi, o Signore, i differenti significati che gli autori più antichi e que’ de’ secoli posteriori attaccavano a siffatta parola. […] Leggesi ancora nel medesimo autore (IX. 4.), che vi ha delle sillabe lunghe più lunghe delle une e dell’altre, e così delle brevi più brevi; “pallentes” per esempio, e “divini” sono del pari composte di tre lunghe: ad ogni modo e chi non s’accorge che la prima parola va più lentamente della seconda? […] Io voglio adunque persuadere a’ nostri musici quanto lor monterebbe di conoscere il meccanismo della loro lingua, e segnatamente di rivolgere l’attenzion loro all’energia de’ piedi onde ogni parola è composta. […] L’articolo “il, la, lo”, che si premette a tutti i casi della declinazione di qualunque nome, le danno un certo andamento pesante e tardo; la desinenza costante d’ogni nome nella medesima lettera per tutti i casi della sua inflessione la rende troppo uniforme, e le toglie una cagione feconda di varietà e di precisione, essendo manifesto che più facile e pieghevole non meno pel genere eroico che pel lirico sarà quella lingua che col solo cangiar terminazione esprima in una parola il diverso caso della sua inflessione che non l’altra, la quale conservando sempre la terminazione medesima abbia bisogno di due parole per esprimerlo.

98. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Allora formando ciascuno di questi rami un’arte da sé, nacque presso a’ Greci la scienza che i moderni chiamano musica, cioè quella combinazione artifiziosa di suoni che può esistere e realmente esiste divisa dalle parole, e che ha i suoi colori, le sue figure, i suoi movimenti, in una parola il suo linguaggio indipendente e proprio; laddove prima di quel tempo l’armonia non era una scienza a parte, ma un rinforzo soltanto della espressione poetica, o per esprimersi con più esattezza, altro non era che l’arte di far valere gli accenti della poesia. […] Ma gli antichi, i quali aveano di essa nozioni più generali, comprendevano sotto quella parola più cose. […] [15] Ma lungo sarebbe il rilevare tutte le bellezze di Omero in questo genere, come quelle altresì dei poeti drammatici fra i quali basterà per ultimo l’addurre una pruova tratta dal gran comico Aristofane, che volendo nella sua commedia intitolata il Pluto rappresentar al vivo la golosità d’un parasito, lo introduce girando la scena d’intorno e fiutando senza dir parola l’odore delle carni abbrustolite per il sagrifizio. […] egli è chiaro che al maestro resterebbe pochissimo da fare nel primo, poiché, trovando di già misurata ogni sillaba, non doveva far altro che impiegar quattro tempi nella parola “dulces” composta di due lunge, due nell’“ex”, un solo nell’“u”, un altro nel “vi”, e così per tutto il verso di mano in mano, al fine del quale si troverebbe esattamente aver corrisposto al pensier del poeta. […] Se prestiamo fede all’erudito Bochard, un siffatto costume fu tramandato a noi da quei poeti e musici antichi chiamati Bardi dai settentrionali, parola che, secondo lui, significa in ebreo lo stesso che “cantar in suoni sminuitati e rotti”.

99. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

r Flavio dunque, veduta questa perfidia, scrisse e fece che noi scrivessimo a Leandro ch’era a Napoli, dandoli parola di compagnia : là dove il povero giovane, credendo alle nostre parole, ma più alle promesse del Sig.r Flavio, lasciò ogni interesse, ricusò ogni profferta, et a noi diede parola gloriandosi d’hauer acquistato il titolo di servo humilissimo di V.

100. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

Andres istesso per far pienamente trionfar la verità, dovea alla parola Padova sostituir quest’altra l’Europa, giacchè a que’ dì in niun altro paese Europeo videsi una tragedia vera simile a quelle di Albertin Mussato.

101. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

La nostra virtù, amico, è come la buona fede di un politico, la promessa di un quakero, il giuramento di un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi”.

102. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

La nostra virtù, amico, è come la buona fede di un politico, la promessa di un quakero, il giuramento di un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi”.

103. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

Toltosi dal teatro, a continuar l’opera sua scelse Lorenzo Cannelli, del quale fu maestro appassionato, ma che poi dovette abbandonare per la troppa scurrilità di cui si piaceva rivestire ogni sua frase ; giacchè il Del Buono, che il Morrocchesi dice Angelo umanato, volle ritrarre il popolo fiorentino in genere, nella vivezza del linguaggio, purgato da ogni parola men che conveniente.

104. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 724-729

Creò lo Zanarini al Valle di Roma la parte di Aristodemo nella tragedia di tal nome di Vincenzo Monti il 16 gennajo 1787 ; e pochi giorni appresso Volfango Goethe ne' Ricordi dell’ Italia scriveva : « L'attore principale in cui si concentra tutta la tragedia, si rivelò nella parola e nell’azione artista egregio.

105. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

Quella frase di Lucia mia Bernagualà, o era il primo verso di una canzone celebre cantata in carnevale dagli Zanni, come oggi dal popolo quella di Piedigrotta, o una specie di parola d’ordine, nella quale era, dirò, il segno col quale il popolo e le maschere si davano a quella specie di chiasso indiavolato. […] Quanto all’etimologia della parola Zanni, omai, dopo i vari studi dello Stoppato, del Rossi, già pubblicati, e quello del Della Torre, tuttavia inedito, credo sia da rigettarsi recisamente la derivazione che fecero i nostri antichi, seguiti poi servilmente sino al secolo scorso, dello Zanni dal Sannio de’latini.

106. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

no finita l’opera dissi caro Dottore inuitate uoi lui disse uolentieri et io me spogliai il Dottore uiendentro e non l’inuita il popolo si soleua non sentendo a inuitare, io dissi perche non l’haueua inuitato lui me rispose che non hà uoluto inuitare quella fredura ne la quale sua moglie non ui à troppo che fare, io sogionsi che lo doueua dire che non me n’ incuraua tanto più per essere di Giobia et che lo faceua per seruire la Compagnia, et si come lui e stato causa che mai ho fato quest’anno la mia scola per non agiustarse a lasar fare la prima parte com’era di douero a l’inpolita non me marauigliaua che lui auesse disgusto anco di questa Comedia de mia moglie, lui alborosato per la Comedia che bramaua el popolo ò per la mia andata da donna olimpia me disse, ch’ io era un uis de cazzo un Comediante da nulla che non me cognosceua per nulla et che non li rompesse il cullo, io sogionsi che haueua ragione di strapazarme alla presenza non solo del popolo ma di comedianti perche à più mani che me à questa parola me uene alla uolta per darme, il S. […] A. comporti ch’io sia infamato insieme con mia moglie senza farne fare almeno una parola sola di sentimento in fauore della ragione e non d’altro, e pure per bugie state scritte contro di me da Genova a S. 

107. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

ma io vengo a suplicarla di farglila rechapitare in sua mano e ottenerne la risposta a ciò non (qui è parola inintelligibile) e di tanta gratia ne averò come de l’altre una eterna memoria. […] Doppo averli dati nove mila franchi che aveva a l’[o]tel de villa per agiu[s]tare un suo abicioso interese d’una carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore della sudeta carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore della sudeta carica non volendola indieto fu necesario che io la pigliase de la quale la vendei nove mila esendo il denaro messo da u notaro me le fece sequestrare con false ragone e subito parti e questa lite è un anno che continova con (parola inimelligibile) del suo procoratore ed ora per la stesa causa mi a camato al parlamento con altra furberia, ma spero osirne in bene de tutte due e a lascato avochati e prochoratori che mi molestano acciò non vadi a Firence per godere le mie fatiche. […] E perchè per l’ amor grande che li portavo li fece in el suo matrimonio donacione dopo la mia morte e li fu venduta la carica sopra la mia donacione e perchè lui si era obligato pagarli 7cento franchi l’anno credendo di esercitare la detta carica, e come questo interesse andava inace (= inanze) senca sodisfare al venditore della carica venduta 14 mila frachi lo fece ritornare per agiustarsi con il venditore e per g[i]ustarlo à bisog[n]ato che io le dia 9mila fra[n]chi che avevo su l’otel de Villa e lui li diede una G[u]erra che ebe chon ingano dal fratello de la moglie per 10 mila franchi che il fratello era erede della terra e perchè la terra aveva molti debiti prestai dechontanti 9mila e sei cento franchi che ò apreso di me l’obligatione per notaro dicendo vendendo la terra mi sarebe pagati, e cosi si è ag[i]ustato il venditore con darli la terra senza mia saputa e nel darli li sudeti prima 9 mila fra[n]chi mi rinviò la caricha a dove io la vedei, la vendei 8mila fra[n]chi e ne perse mile de’ 9 che li diede e avendo il notaro in mano il denaro il furbo me lo sequestrò con dire ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera lo sgridai e venesimo a parole e l’ultima parola mi dise ch’ero un becho e fugi ne la sua camera e se serò e la notte nel Ripo fugi cho le sue robe ed io con il comesario chon testimoni cavai una presa di corpo e lui sapendo ciò se ne parti per Italia.

108. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Interessa la scena dell’atto II, in cui Gusmano esamina il valore del figlio che ha conseguito un momento di libertà sotto la parola di tornar al campo nemico. […] se uniti non diranno più una parola di ciò che hanno incominciato? […] La parola data da Alfonso al re di Castiglia cagiona in ambedue i drammi il pericolo di Agnese e la ribellione del principe. […] L’incisione del rame fu opera di Don Isidro Carnicero, e l’autore volle fare una puerile allusione al di lui cognome Carnicero scherzando sulla parola carnifex con darle un doppio erroneo significato. […] E nella scena della riconoscenza Elettra indirizzando la parola ad Oreste che crede morto, dice, come io traduco, Vieni pondo ben lieve in picciol vaso, che picciol vaso significa quell’εν σμικρῷ κυτει, e non già un atahud o cataletto come viene tal passo deformato dal miglioratore Huerta.

109. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108

Rimane a far parola de i due corrales destinati alla commedia nazionale, la cui struttura si allontana da i nostri teatri. […] Se Huerta credeva che colla parola insolenza io avessi preteso indicare qualche giornata campale simile a quella de’ Mori e del re Rodrigo che decise del dominio delle Spagne, ebbe tutta la ragione di sostenere di non esservi state insolenze, ma soli pugni scambievoli.

110. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

L’autore ha colorito il carattere, la Bettini lo ha scolpito ; ella ebbe dall’autore una parola che passata sulle sue labbra conduceva al fremito, all’applauso, al delirio. […] Dotata di memoria ferrea, poteva fare a meno del rammentatore ; ed in 5 anni che ebbi il piacere di esserle al fianco come direttore e primo attore, non l’ho mai veduta ricorrere al soggetto per saper la parola di entrata in scena.

111. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Così Dionigi Alicarnasseo nel libro I adoperò tal parola in senso di straniero nel voler dare a’ Romani origine greca, e non barbara.

112. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacitob.

113. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 969-973

E qui passo la parola al Gagliardi : Quando tornai in me, ero circondato dal nostro console e da un medico, i quali mi avevano fatto portare in un albergo : non ero ferito, ma pieno di contusioni riportate dall’ aver battuto negli scogli nel prendere terra, dove estenuato dalla fatica, oppresso dal dolore, ero stato trovato svenuto.

114. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Interessa la scena dell’atto II, in cui Gusmano esamina il valore del figliuolo che ha conseguito un momento di libertà sotto la parola d’onore di tornare al campo nemico. […] se uniti non diranno più una parola sola di ciò che hanno incominciato a dire? […] L’incisione del rame fu opera di don Isidro Carnicero; e l’autore per lodarlo volle fare una puerile allusione al di lui cognome Carnicero, scherzando sulla parola carnifex con darle erroneamente un doppio significato. […] Anche nella scena della riconoscenza Elettra indirizzando la parola ad Oreste che crede morto, dice come io traduco, Vieni pondo ben lieve in picciol vaso, che picciol vaso significa quell’εν σμικρῷ κυτειν, e non già un atahud o cataletto, come è tal passo deformato dal miglioratore Huerta. […] La parola data da Alfonso al re di Castiglia cagiona nell’uno e nell’altro dramma il pericolo di Agnese, e la ribellione del principe.

115. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Altre significazioni di quella parola tutte diverse dal senso de’ citati autori possono vedersi presso Giambattista Doni 22. […] A chiunque sia versato nella teoria musicale è ben noto che il modo suppone il valor delle note, poiché quella parola riguarda la massima e la lunga. […] La rinunzia a tutti i piaceri del secolo, l’annientamento di se medesimo, il timore d’un Dio, che ovunque è presente per esaminare le più ascose rivolte dei cuore, la perpetua ricordanza della morte, e del suo futuro destino, in una parola la sublime, e salutare tristezza di questa vita per guidare all’altra ad un’allegrezza interminabile; ecco il vero spirito del cristianesimo.

116. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Il dialogo non è trasportato parola per parola, ma imitato con libertà moderata e abbellito da qualche immagine. […] Una di esse è il Re ed il Mugnajo di Mansfield di cui si fe parola nel tomo precedente.

117. (1878) Della declamazione [posth.]

Quest’arte che alla nuda parola o a’ meri segni vocali delle idee e degli effetti aggiunge il tuono, la figura ed il gesto conveniente, si dice propriamente pronunciazione. […] Ogni parola non è che un tratto di voce più o meno lungo e variamente modificato. […] Una o più sillabe possono comporre una parola; ed ogni sillaba, sostenuta necessariamente da una vocale, può essere variamente temperata da una o più consonanti che la precedono e la seguano. […] Quindi una parola riesce, a proporzione dell’altra, più rapida e più sfuggevole quanto ha più sillabe disaccentate e continue, e più ancora se queste anzi seguano che precedan l’accentata. […] Quindi, secondo questa primitiva e triplice forma, si moltiplicarono e combinarono insieme i gesti, le attitudini e i movimenti delle persone, sicché non v’ha quasi parola, a cui il suo proprio non corrisponda.

118. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Ma che gli Osci non poterono così nominarsi dalla parola osceno, chiaro apparisce ancora agli occhi degli eruditi che ragionano, dal sapersi che tali popoli da prima chiamaronsi Opici (parola che si allontana di molto da osceno) o da οϕις secondo alcuni, o da un accorciamento di Etiopici secondo altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici lo corruppero in Opsci, indi in Obsci e finalmente in Osci 33. […] Chi poi volesse durare una fatica più leggera, si metta ad arzigogolare cogli etimologisti ghiribizzosi, i quali, a guisa dell’iride o del collo delle colombe cangiando colore ad ogni movimento, dalla semplice somiglianza di una o due lettere sanno trovare in ogni parola il linguaggio Cinese, Etiopico, Pehlvi, Zend, Malaico, Persiano e Copto. […] Noi intanto lasciando ad uomini siffatti i versi Punici di Plauto per confrontarli colle sillabe di tutti i linguaggi a noi e ad essi medesimi sconosciuti, e adorando senza seguirle le orme di cotali oracoli, con maggior senno e vantaggio osserveremo che nella seconda scena del medesimo quinto atto il servo Milfione che appena sa qualche parola Punica, va a parlare al Cartaginese, ma appunto per lo poco che sa del di lui idioma ne interpreta le risposte alla maniera degli etimologisti imperiti e di Arlecchino; per la qual cosa Annone gli parla nella lingua del paese, e viene a sapere che vive in Agorastocle il perduto suo nipote. […] Gli antichi da una banda dipingevano al naturale per ottenere la bramata illusione, e dall’altra la distruggevano alle volte con una parola.

119. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — TOMO VI. LIBRO IX » pp. 145-160

., Ma se quest’autore ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è convenevole attribuirgliela, benchè gli appartenga; tanto più che si è nominato in altre due favole migliori, delle quali dovrà farsi parola.

120. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Il dialogo non è trasportato parola per parola, ma imitato con libertà moderata e abbellito da qualche immagine. […] Una di esse è il Re ed il Mugnajo di Mansfield, di cui si fe parola nel tomo precedente.

121. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacito171. […] Costui nel libretto delle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i Romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, senza curarsi di addurne qualche pruova, siccome per altro avrebbe potuto, facendo parola di quanto noi abbiamo non ha guari riferito, cioè de’ giuochi teatrali dati in Cadice da Balbo, del teatro Saguntino e delle rovine teatrali di Acinippo, di Tarteso e di Merida.

122. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Ferdinando, in una parola, fu il Paolo Veronese del teatro53.

123. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

chè la parola infame sul labbro è a pochi : e questi pochi or sono di te men degni.

124. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Paulo Fabri) come ad Adriano Orazio (il Valerini) si può contrapporre Cintio Fidenzi, che grazioso, ma insieme anche studioso, adorna le scene, diletta a chi l’ascolta, non forma parola, non esprime concetto che non sia accompagnato da quel moto che gli è proprio, onde meritamente da più di un Principe accarezzato, fa conoscere non esser del numero di quelli che poco curandosi dell’onore, recitano per vivere, e vivono per impedire il luogo di un galantuomo.

125. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

Qui non si son fatte se non tre comedie nuove le quali si sono non solo per miei affari ma per altri lette particolarmente, havendosi contentato chi le ha fatto durare questa fatica ; ne per cagion mia, ne di altri vi è stato detto pure una parola.

126. (1772) Dell’opera in musica 1772

Poiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a questa unita sia vivamente riprodotta nello spirito. […] Non si è fatta particolar parola de’ versi tronchi, perché sieguono le medesime regole de’ piani a cui appartengono. […] Poiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a questa unita sia vivamente riprodotta nello spirito. […] Il gesto muto è quello che non è accompagnato dalla parola. Esso appartiene particolarmente all’attore qualora lasci di parlare per ascoltar l’altro che prende la parola.

127. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Ma che Osci non poterono prendere il proprio nome dalla parola osceno, chiaro apparisce ancora agli occhi degli eruditi che ragionano, dal sapersi che tali popoli da prima chiamaronsi Opici (parola che si allontana di molto da osceno) ovvero dalla voce οφις secondo alcuni, o da un accorciamento di Etiopici secondo altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici lo corruppero in Opsci, in Obsci, e finalmente in Osci b. […] Chi poi volesse durare una fatica più leggiera, si metta ad arzigogolare con gli etimologisti ghiribizzosi, i quali, a guisa dell’iride o del colla delle colombe cangiando colore ad ogni movimento , dalla semplice somiglianza di una o due lettere sanno trovare in ogni parola il linguaggio Cinese, Etiopico, Pehlvi, Zend, Malaico, Persiano, Copto. […] Noi intanto lasciando ad uomini siffatti i versi punici di Plauto per confrontarli colle sillabe di tutti i linguaggi a noi e ad essi medesimi sconosciuti, e adorando senza seguirle le orme di cotali venditori di fole, con maggior senno è vantaggio osserveremo che nella seconda scena del medesimo V atto il servo Milfione che appena sa qualche parola punica, va a parlare al Cartaginese, ma appunto per 10 poco che sa del di lui idioma, ne interpreta le risposte alla maniera degli etimologisti imperiti e di Arlecchino; per la qual cosa Annone gli parla nella lingua del paese, e viene a sapere che vive in Agorastocle il perduto suo nipote. […] Così Dionigi Alicarnasseo (libro I) adoperò tal parola in senso di straniero nel volero dare e Romani origine Greca, e non barbara.

128. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

L’armonia era ben concertata, e spiccava la pienezza degli accordi, ma niuno, o pochissimo studio si metteva nell’osservar la relazione tra la parola e il canto, e nel perfezionare la melodia. […] [NdA] La parola sventurato cade solo sulle belle lettere, e non sulle scienze, giacché chi scrive si dichiara intieramente seguace della opinione del Cocchi nel suo Discorso sopra Asclepiade, del Tiraboschi nell’ottavo tomo della sua storia, e del celebre Signor Carlo Denina nel 4 tomo delle Rivoluzioni d’Italia, i quali antepongono con ogni ragione il secolo del seicento a tutti gli antecedenti nelle discipline profonde, e veramente utili.

129. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Mattei in quella dissertazione si prefisse forse di sconvolgere con una parola tutte le idee ricevute dell’erudizione Greca, credendo di parlare a’ fanciulli di qualche villaggio.

130. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Et ideo la Città fu chiamata Bologna, quasi Bonus logos, cioè buon parlare, dalla parola Latina bonus, a, um, che significa buono, e dalla voce Greca Logos, che vuol dire il parlare.

131. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Ma quel che dà importanza e valore a questi dialoghi è l’idea ch’essi ci danno del recitar d’allora ; e forse di que’tali scartafacci o soggetti, ne’quali i comici serbavan le frasi di entrata e di uscita, i pensieri amorosi, le nuove arguzie, le nuove spiritosaggini, il patrimonio insomma dell’artista che dovea recitar la commedia all’improvviso ; poichè questi dialoghi del Bruni molto probabilmente eran incastrati volta per volta nelle varie commedie improvvise, le quali, a lungo andare, avevan poi nelle repliche la parola stereotipata per modo che si poteva col solo soccorso della memoria, trascriverle distesamente, senza nè toglier, nè aggiunger sillaba.

132. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

né m’è ignoto altresì che il costume di replicar talvolta una parola o una frase può avere il suo fondamento nella ragione, e che ciò ha luogo principalmente allora quando l’uomo stimolato da una viva passione, e ripieno di quella idea che serve ad eccitargliela, altro non rivolge in mente fuorché l’oggetto de’ suoi trasporti o de’ suoi tormenti. […] Nella stessa guisa si veggono essi sommamente affaccendati nel rappresentare con suoni alti la parola “cielo”, con bassi la “terra” o l’“inferno”, con suoni cupi la parola “buio”, le precipitano “sul fulmine”, l’incalzano sul “tuono”, e fanno quindici o venti slanci di voce qualora il leone che errando vada per la natia contrada, o l’orsa nel sen piagata, o la serpe ch’è al suol calcata, o la tigre delle foreste ircane, ovvero qualche spaventevole mostro di simil razza si scaglia in un’arietta contro allo smarrito personaggio. […] Anfossi, che pur non è fra cotesto volgo, non ha avuto difficoltà d’impiegare nove battute e mezza (le quali a sedici note per battuta rendono il numero di cento cinquantadue note effettive) sulla seconda vocale della parola “amato” nell’aria “Contro il destin che freme” dell’Antigono.

133. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e del Quinault. » pp. 245-266

Dalle mani de’ letterati passavano a quelle del musico, il quale non le ammetteva se non dopo l’esame ch’egli ne faceva parola per parolaa, e talora ne risecava la mettà, nè contro del suo decreto si concedeva appellazione.

134. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Martino Sherlock stima il capo d’opera dell’eloquenza da preferirsi alle orazioni tutte di Omero, di Virgilio, di Demostene e di Cicerone, in quell’orazione che in ogni parola abbraccia mille bellezze ignote a’ profani, in quella sola orazione, dico, si osservano espressioni ricercate, frivole e contrarie alla semplicità della bella natura.

135. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO IV. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo di Lulli e Quinault. » pp. 59-74

Dalle mani de’ letterati passavano a quelle del musico, il quale non le ammetteva se non dopo l’esame ch’egli ne faceva parola per parola25, e talora ne risecava la metà, nè contro del suo decreto si concedeva appellazione.

136. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

Invece egli la profondità dell’analisi a tavolino, teorica, sposò con una siffatta grandezza pratica di commediante, da riuscire artista gigantesco nel vero senso della parola.

137. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

La pace, ove consiste tutta la favola, non dice mai una parola. Non dice mai una parola, ed è pure il fondamento della favola; or che perciò? […] La Casina di Plauto presa a difendere dal Nisieli contra l’Einsio, è l’oggetto interessante di tutta la favola, è la persona in cui cade una riconoscenza, e non dice mai una parola . […] In fine Bacco pone questi emuli a un nuovo cimento, volendo che profferiscano a vicenda un verso per esaminare qual sia di maggior peso; ma vi buffoneggia su al solito, prendendo la parola peso materialmente, e dando la palma a colui che nomina in esso cose più gravi. […] Con mille ridicoli sofismi va puntellando l’empia proposizione, e aggiunge prendendo ad ogni parola nuova baldanza, che sia lecito battere la madre ancora.

138. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Acciò si coltivino in un paese le arti che parlano al sentimento e alla immaginazione, e che acquistino quella delicatezza di gusto, che le rende stimabili, oltre l’influenza del clima dolce e fervido insieme, il quale, gli organi in certa guisa modificando, disponga gli animi alla vivacità ed allegrezza, vuolsi eziandio un particolar assortimento di cause politiche, vuolsi un ozio agiato ne’ cittadini e magnificenza ne’ principi, voglionsi costumi che inchinino alla morbidezza, in una parola vuolsi piacere, tranquillità ed abbondanza. […] In moltissime loro canzoni si trova alla fine il primo versetto o la prima parola dell’inno latino sulla cui composizione furono esse modellate. […] [11] Ritornando ai menestrieri, quei che si sparsero per l’Italia venivano conosciuti dal volgo sotto il nome ora d’“uomini di corte”, ora di “ciarlatani”, denominazione che presero non dalla parola “circulus” né da “carola”, ma, come ben osserva il Muratori, dalla parola “ciarle”, maniera italiana di pronunziare il vocabolo “charles” francese, a motivo che i trovatori cantavano spesso le azioni di Carlo Magno.

139. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Per giunta non può palesare il vero, per la parola datane a Mirrina. […] Di’ per pietà, che nuove porti; e sbrigati, Se puoi, ’n una parola. […] Tenete su le carte, e rimbeccate Ogni suo detto, ogni parola, ond’egli Incollorito colle sue bravate Non v’abbia a sopraffar. […] Ma la nota Romana II è molto frequente nelle iscrizioni, Consul II, Consul III, Pontifex VII, e s’interpreta la seconda, la terza, la settima volta; or perchè solo in questa favola vuolsi che significhi bis, puntellandola con supplirvi la parola die?

140. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

La nostra virtù, amico, é come la buona fede d’un politico, la promessa d’un quakero, il giuramento d’un giocatore, e la parola e l’onore de’ grandi.»

141. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Costui nel libretto delle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i Romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, senza curarsi di addurne qualche pruova, siccome per altro avrebbe potuo, facendo parola di quanto noi abbiamo non ha guari riferito, cioè de’ giuochi teatrali dati in Cadice da Balbo, del teatro Saguntino e delle rovie teatrali di Acinippo, di Tarteso e di Merida.

142. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

E già sacro l’invidia de'pedanti lo fece, e lo consola l’eco possente della tua parola.

143. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

La pace, ove consiste tutta la favola, non dice mai una parola. Non dice mai una parola, ed è pure il fondamento della favola; or che perciò? […] La Casina di Plauto presa a difendere dal Nisieli contra l’Einsio, è l’oggetto interessante di tutta la favola, è la persona in cui cade una riconoscenza, e non dice mai una parola. […] Con mille ridicoli sofismi va puntellando l’empia proposizione, e aggiugne, prendendo ad ogni parola nuova baldanza, che sia lecito battere la madre ancora. […] Mattei nell’accennata dissertazione, forse senza volerlo, sconvolge sovente con una parola molte idee ricevute con fondamento intorno all’ erudizione Greca.

144. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Tanto può dunque in voi una soave, ma traditrice parola, una mentita belleza, un modo lusinghiero, un atto astuto, un’arte di Circe, una frode amorosa, una rete incantata, un feminil inganno, un laccio dannoso, un ciglio bugiardo, un animo finto, un cuor simulato, una fede mendace, un ghigno fraudolente, una breve stilla di pianto, un sospir tronco, un leggiero toccar di mano, un molle bacio, pieno d’insidie, una grata ma perfida accoglienza, uno sdegno lieve artificioso, una repulsa pietosamente cruda, una pace piena di guerra, e finalmente un vaso colmo di menzogne e di tradimenti ? […] , e tra’nojosi imitatori del Cantore di Laura, è de’meno nojosi o, se la parola non potesse sembrare sarcastica, de’più geniali. […] Et spinger fuori ogn’ un d’ essi, alla sua desinenza, e porli anco in bocca la parola, con che haurà da cominciare.

145. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Lo trovò adunque corrotto, e forse nacque da temi originariamente pontici e silvetrri, come dinota la parola introduxeron; e se in qualche cosa merita Lope di esser ripreso, si é in non aver tentato, come avrebbe potuto, di opporsi al torrente limaccioso delle commedie stravaganti.

146. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

La favola intitolata le Coefore, cioè Donne che portano le libazioni (dalla parola χοἠ, libatio) rappresenta la vendetta della morte di Agamennone presa da’ suoi figliuoli, argomento poì trattato anche da’ due gran tragici che vennero appresso.

147. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Si è pure nella nostra citata opera della Coltura delle Sicilie fatta parola del teatro di Venosa sacro ad Imeneo secondo l’Antonini, di quello de’ Marsi in Alba Fucense, e di quelli di Baja, di Alife e di Sessa.

148. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per capriccio di lui decaduto.

149. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

E fatto di mano in mano ognora di se maggiore veggiamo ch’egli osa non solo di elevarsi fisicamente entro esile e leggier globo areostatico per le vie de’ venti co’ Mongolfieri e co’ Lunardi, ma che travalica calcolando oltre la terrestre atmosfera, spazia per l’immensità dell’universo, spia e rinviene co’ Galilei, con gli Ugenj, co’ Ticoni, con gli Erschel nuovi pianeti, ravvisa e distingue altre stelle un tempo confuse e impercettibili nel chiarore della detta Via Lattea, rivela de’ corpi celesti i volumi, le densità, le velocità, le distanze, le leggi, misura e previene il ritorno se l’immense ellissi delle comete; in una parola osserva e legge ne’ cieli co’ Cassini, co’ Manfredi, coi La-Lande, coi Toaldi e con gli Oriani, e si solleva quasi al di sopra della sua natura coi.

150. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per di lui capriccio decaduto.

151. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Un sol verso, una sola parola gli basta alle volte per far capire ogni cosa. […] Così nell’esempio testé accennato la parola “sogliono” rende più adattata e più naturale la sentenza che profferita genericamente, come in Seneca, ha l’aria di un apotegma scolastico. […] Difatti veder umiliato a’ piedi di Deidamia quell’Achille lo spavento di Troia e l’oggetto il più caro delle premure dei numi; osservar pendente dai cenni di Fulvia quell’Ezio che rassicurò il volo delle aquile romane sbigottite dal furore di Attila; sentir sospirare fra gli allori trionfali un Cesare arbitro del destino del mondo, e di quello di Catone; contemplar un Alessandro innanzi al cui cospetto la terra s ammutolì, fermar il rapido corso delle sue conquiste per disputare contro un barbaro re il possesso di un cuore; scorger la virtù, la sapienza, la grandezza, il valore, in una parola quanto avvi fra gli uomini di più cospicuo, e di più rispettabile prostrato innanzi al simolacro della bellezza tributarle fiori ed incenso, offrirsi volontariamente al servaggio, baciando inoltre la mano che l’incatena. […] Catone stesso, quel seguace così rigido del giusto che la parola di lui aveva presso ai Romani la forza medesima che il giuramento fatto in presenza dei numi, niega a Cesare sotto un pretesto leggierissimo l’udienza che gli aveva dianzi promessa, né si sdegna di mischiare fra le cure pubbliche e in giornata così decisiva il privato affare delle nozze di Marzia sua figlia; egli che scevro d’ogni domestico affetto non era padre, né fratello, né marito, ma cittadino.

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Egli si trova di lei innamorato, e pensa intanto che non può palesare il vero, per la parola datane a Mirrina. […] Di per pietà che nuove porti, e sbrigati, Se puoi, ’n una parola. […] Se puoi, ’n una parola. […] Ma la nota romana II è molto frequente nelle iscrizioni, Consul II, Consul  III, Pontifex  VII, e s’interpreta la seconda volta, la terza, la settima volta; or perchè solo in questa favola vuolsi che significhi bis, puntellandola consupplirvi la parola die?

153. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Ogni parola dà nuovo moto, e nuovo calore alla favola. […] Altro non aggiungeremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì ingegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiungnere una parola che non venga al proposito; che stimo che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto. […] Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento. […] Di un’altra commedia latina detta Lucia del cremonese Giuliano Fondoli pure inedita fa parola il Tiraboschi nella parte III del VII volume.

154. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Ogni parola dà un nuovo moto un nuovo calore alla favola. […] Altro non aggiugneremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì in gegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace, grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiugnere una parola che non venga al proposito, che stimo, che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani, che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro, e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto114. […] Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’ analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento. […] Di una commedia composta dal Guarnello fa menzione Muzio Manfredi nelle citate lettere scritte da Lorena: di un’ altra intitolata gl’ Inganni di Curzio Gonzaga celebre nell’armi e nelle lettere parla il Quadrio: della Porzia e del Falco commedie inedite di Giuseppe Feggiadro de’ Gallani si favella nel Compendio Istorico di Parma scritto dall’Edovari e non pubblicato: della Pellegrina di Baltassarre di Palmia Parmigiano, che si rappresentò avanti al cardinal Grimani, e dell’altra del medesimo i Matrimonj recitata avanti al duca Pier Luigi Farnese, si fa motto nel citato ms. dell’Edovari: di un’ altra commedia latina detta Lucia del Cremonese Girolamo Fondoli anche inedita fa parola il Tiraboschi nella parte III del VII volume.

155. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Però nella mossa generale del buon gusto musicale in Italia l’arte del canto se ne dovette spogliare, e se ne spogliò infatti del cattivo metodo antico, e contribuì a rinforzar vieppiù l’espressione, non già facendo strazio della poesia, come nel secolo passato, né aggirandosi intorno a’ vani arzigogoli, come a’ tempi nostri, ma ponendo ogni suo studio nell’immitar l’accento naturale delle passioni, nell’acquistar una perfetta intonazione, che è il cardine d’ogni melodia, nell’imparar la maniera di cavare, modulare, e fermare la voce a dovere, nell’eseguir maestrevolmente i passaggi da nota in nota colla debita gradazione acciochè tutte quante spicchino le diverse inflessioni del sentimento, nell’appoggiar a tempo e luogo sui tuoni trattenuti, ove il richieda la espression del dolore o della tristezza, scorrendo poi leggiermente sugli altri, che generati vengono da affetti contrari, nel preferir il naturale al difficile, e lo stile del cuore a quello di bravura, nel far uso di quelli abbellimenti soltanto, che necessari sono alla vaghezza e brio della voce senz’adoperarli tuttavia con prodigalità nuocevole alla espressione, nell’attemperar l’agilità naturale di essa voce non già all’arbitrio di chi la possiede fecondo per lo più di capricci, ma all’indole della natura e della passione, nell’accomodar la prosodia della lingua coll’accento musicale in maniera che vi si distingua nettamente ogni parola, se ne comprenda il sentimento e la forza, e si ravvisi il quantitativo valor delle sillabe, nell’accompagnar col gesto appropriato e convenevole i movimenti del canto, e il carattere de’ personaggi, in una parola nel portar il più lontano che sia possibile l’interesse, l’illusione, e il diletto, que’ gran fonti della teatrale magia.

156. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Sommamente comica ancora é la scena IV dell’atto IV, nella quale Francaleu, che ha dato la sua parola a Balivò, di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami, di cui si tratta, a volersi adoperare per questa carcerazione. […] Negli attori spagnuoli osservo due difetti rimarchevoli derivati dalla poca destrezza in conciliare quelli due riguardi; l’uno si é il parlar di profilo, come i francesi; l’altro il mettersi dirimpetto all’uditorio a declamar le loro relaciones con una incessabile gesticulazione, non che delle braccia, delle dita, facendo consistere l’abilità in accompagnar ciascuna parola con un atto che la denoti; ma di ciò e di altro nel mio Sistema Drammatico.

157. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Proprio suo uffizio è il dispor l’animo a ricevere le impressioni dei versi, muovere cosi generalmente quegli affetti che abbiano analogia colle idee particolari che hanno da essere eccitate dal poeta; dare in una parola al linguaggio delle Muse maggior vigore e maggiore energia43.

158. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

E queste due azioni, a dispetto della virtù talismanica infusa dall’Apologista nella parola triste, sono ancor due nella traduzione del Perez.

159. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

Gia-Giacomo, suo sentimento sulla parola genie 354. suoi drammi 382. contro de’ Filofosi Francesi 428. n.

160. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

Apparteneva la Cordace alle commedie ed era a tal segno ridicola e lasciva che da essa venne la parola oscena cordacizo, e il cordacismo nominato da Demostene nelle Filippiche a.

161. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Apparteneva la cordace alle commedie ed era a tal segno ridicola e lasciva che da essa venne la parola oscena cordacizo, e il cordacismo nominato da Demostene nelle Filippiche 139.

162. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Indirizza poi a’ circostanti un discorso diverso dal secreto, del qual discorso però ogni prima parola di un verso s’intende diretta all’amante; di modo che raccogliendo in fine tutte le prime voci, ne risulti l’avviso che si vuol dare. […] Ciascuna parola di questi quattro versi dee servire per prima parola di ogni verso del discorso generale indirizzato a tutti gli altri; di maniera che ciascuno di questi versi fornisce le quattro prime parole de’ quattro versi del sentimento che si dirige agli astanti. […] Queste pennellate eccellenti preparano ad intenderne le ingiustizie e le violenze; e vien descritto come ingannatore di nobili donzelle deluse con parola di matrimonio, e poi rifiutate con discortesia e disprezzo, come rapitore di spose illustri, come derisore dell’autorità reale quando si tratta della sua pretesa giurisdizione.

163. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Indirizza poi a’ circostanti un discorso diverso dal secreto, del qual discorso però ogni prima parola di un verso s’intende diretta all’amante; di modo che raccogliendo in fine tutte le prime voci, ne risulti l’avviso che si vuol dare. […] Ciascuna parola di questi quattro versi dee servire per prima parola di ogni verso del discorso generale indirizzato a tutti gli altri, di maniera che ciascuno di questi versi fornisce le quattro prime parole de’ quattro versi del sentimento che si dirigge agli astanti. […] Queste pennellate eccellenti preparano ad intenderne le ingiustizie e le violenze; e vien descritto come ingannatore di nobili donzelle deluse colla parola di matrimonio e poi rifiutate con discortesia e disprezzo, come rapitore di spose illustri, come derisore dell’autorità reale quando si tratta della sua pretesa giurisdizione.

164. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Ditemi , aggiugne, ditemi almeno: mio figlio, Bruto non ti odìa; basterà questa parola a rendermi la gloria e la virtù; si dirà che Tito morendo ebbe un vostro sguardo per mezzo de’ suoi rimorsi, che voi l’amate ancora, che alla tomba egli portò la vostra stima. […] Scrisse anche l’autore dell’Erriade i Guebri, Erifile il cui piano gli costò moltissimo senza interessare abbastanza sulla scena, Ericia ossia là Vestale, Artemira disapprovata dal medesimo autore, Adelaide, ed il Duca di Foix tragedie mediocri di fatti nazionali; e Tancredi intrigo condotto con poco verisimili reticenze, ed in cui una parola di più scioglierebbe gli equivoci, e torrebbe Tancredi di augustia. […] Prima di far parola de’ tragici componimenti prodotti sulle scene della Francia nel formarsi la Repubblica Francese, convien parlare di un altro tragico nato in Parigi, cioè del signor di Belloy morto nel 1775.

165. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Posto questo principio chiaramente si scorge che il canto è il dominante oggidì nel melodramma, che su questo perno si raggira tutta l’azione, che 1a poesia ubbidiente allo stabilito sistema non è altro che una causa occasionale, un accessorio che dà motivo alla musica ma che dipende affatto da essa, e che per conseguenza, rinunziando ai propri diritti per modellarsi su quelli della padrona, ha dovuto metter in non cale la condotta, lo sceneggiar, l’orditura, trasandar lo stile e la lingua, perder mille situazioni vive e appassionate e accorciar i recitativi divenuti ormai fastidiosi e languidi, in una parola strozzar i componimenti per badar solo al pattuito cerimoniale di mezza dozzina d’arie cantabili, d’un duetto, d’un trio, o d’un finale tratto, come suol dirsi, pe’ capegli. […] Per tali devono riputarsi nell’Antigono la scena muta dei due fratelli Eteocle e Polinice, che compariscono sul teatro nella prima scena unicamente col fine di ammazzarsi senza profferir una parola: combattimento introdotto dal poeta per cagione della comparsa, ma che troppo funesta fin dal principio l’immaginazione dello spettatore non preparato ad un simile orrore.

166. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Una riproduzione quasi esatta, adattata all’ambiente moderno, ce l’ha data e forse inconsciamente il Novelli nell’americano delle Vacanze matrimoniali ; un amenissimo tipo che vuole ammazzar tutti, che sbraita per cento, e alla menoma parola proferita in tuono più alto del solito, si ritrae sbigottito dietro le seggiole e i tavolini. […] Contengono prima – dice il Guerrini – le bravate di questo Smidolla ossa in 14 ottave, nelle quali, con qualche parola napoletana, sono narrate prodezze e vittorie inverosimili sopra draghi, chimere, ecc. ecc. « Dal che appare come fra queste dello Smidolla ossa e le ottave pubblicate (pag. 76) del Capitano Spezza capo e Sputa saette sien grandi punti di contatto. » (Quanto agli attori che rappresentarono i varj Capitani, vedi De Fornaris, Fiorillo, Gavarini, Bianchi, Mangani, Boniti, Fiorilli, Benozzi, ecc. ecc.).

167. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Ditemi (aggiugne) ditemi almeno, mio Figlio, Bruto non ti odia; basterà questa parola a rendermi la gloria e la virtù; si dirà che Tito morendo ebbe un vostro sguardo per mezzo de’ suoi rimorsi, che voi l’amavate ancora, che alla tomba egli portò la vostra stima. […] Scrisse anche l’autore dell’Erriade i Guebri, Erifile il cui piano gli costò moltissimo senza recargli moltissimo applauso, le Leggi di Minos ove campeggiano le sue vedute filosofiche senza interessare abbastanza sulla scena, Ericia ossia la Vestale, Artemira disapprovata dal medesimo autore, Adelaide ed il Duca di Foix tragedie mediocri di fatti nazionali, e Tancredi, intrigo condotto con poco verisimili reticenze, ed in cui una parola di più scioglierebbe gli equivoci e torrebbe Tancredi di angustia.

168. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

169. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

I motteggi che vi campeggiano, consistono per Io più in una lotta di concetti e di scherzi mordaci sulla parola, de’ quali i Francesi de’ Dipartimenti comprendono a stento tutta l’acutezza, mentre i Parigini che l’assaporano pienamente, escono dallo spettacolo canticchiando le strofette ascoltate che bentosto si adottano e passano in moda.

170. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

171. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Ben si può lagnare del Signor Lampillas l’Italia e ’l Signorelli, che alla parola Frati, soggiugne per capriccio, cioè Ecclesiastici, e Vescovi.

172. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Si osservi come Strepsiade nell’atto IV indirizza la parola agli spettatori, e ciò fassi ancora dal coro in questa e nelle precedenti commedie.

173. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Tuttavolta la parola ludus usata da’ cronisti par che più favorisca il nostro avviso che il dubbio del celebre storico.

174. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Sommamente comica ancora è la scena quarta dell’atto IV, nella quale Francaleu, che ha data la sua parola a Balivò di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami di cui si tratta, a prendere sopra di se tale carcerazione.

175. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Talvolta Plauto, come Aristofane, indirizza la parola agli spettatori, e in qualche commedia non serba con esattezza l’unità; ma d’ordinario le sue favole son regolari, vagamente semplici, ingegnose, vivaci, e scritte interamente sul sistema della commedia nuova. […] Uno studio continuato di mostrar ingegno ad ogni parola, fa che l’autore si affanni per fuggir l’espressioni vere e naturali e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso assettato, e sempre noioso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e sostenersi sulle punte de’ piedi.

176. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Tutta volta la parola ludus usata da’ cronisti par che favorisca più il nostro avviso che il dubbio del celebre Storico.

177. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Nella sola orazione di Antonio nel Giulio Cesare, in quella orazione che Martino Sherlock stima il capo d’opera dell’eloquenza da preferirsi alle orazioni tutte di Omero, di Virgilio, di Demostene, di Cicerone , in quell’orazione che in ogni parola abbraccia mille bellezze ignote ai profani: si osservano espressioni ricercate frivole e contrarie alla semplicità della bella natura.

178. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Per convincersene legga il giovane studioso subito dopo la critica del Bettinelli almeno una scena del Regolo; legga il suo arrivo in Senato (sc. 7 del I); ogni parola smentirà l’ingiusta censura.

179. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ad implorare che i due prigionieri si tengano senza catene sulla loro parola; e perchè ciò? […] Bruto nell’atto V prende la parola in Senato, e dice che Cesare vi è venuto per mostrare che sa trionfar di se stesso, e per far certo il Senato che saranno ristabilite le leggi. […] In questo luogo si trova un pezzo di musica concertato, in cui Adelvolto risponde appena da parte che è smarrito l’imbelle suo cor, e qualche altra cosa simile, ed Osmondo, e Siveno personaggi ugualmente nulli (che nol dicendo il poeta possiam credere di esser venuti fuori col seguito d’Eggardo) articolano la sola parola tremo. […] Per una parola . . .

180. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Rachele Per una parola… E per un tradinento ! […] Una delle scene più pregevoli è l’abboccamento di Terza moglie di Fabio figlia di un Equite con Cornelia madre de’ Gracchi figlia di Scipione che ad ogni parola scipioneggia. […] Per convincersene il giovane studioso subito dopo la strana critica del Bettinelli legga almeno una scena del Regolo ; legga il suo arrivo in senato (sc. 7 del 1) ; ogni parola smentirà l’invida ingiusta capricciosa censura. […] Quì si trova un pezzo di musica concertato, in cui Adelvolto risnonde appena da parte che è smarrito l’imbelle suo cor, ed Ormondo e Siveno altri due personaggi egualmente nulli (che nol dicendo il poeta è da credere che sien venuti fuori col seguito di Edgardo) articolano la sola parola tremo.

181. (1715) Della tragedia antica e moderna

[Intro.5] Protesta finalmente l’autore che quantunque non sappia aver detto cosa di cui la nostra santa religione possa offendersi, pure, se qualche parola gli fosse sfuggita delle usate per chi compone, intende di conservare sino alla morte sentimenti indubitati di vero cattolico. […] ad ogni parola e quello era io: guardami bene ed esamina se sotto questa parrucca, che mi ha non so se abbigliato o più deformato, ti sovviene di questa figura che pur dovrebbe esserti rimasta fitta nella memoria. [1.97ED] Tu pure, benché non tanto, applaudevi; e come astenersene? […] — [3.94ED] — Franchezza ci vuole — ripigliò l’Impostore — nell’impostura: almeno con questa il tuo avversario ha fatta tacere la disputa; ma non avrebbe già convinto Aristotile, che ha visto il teatro greco ed il teatro latino folti di donne non meno di quello che sien oggi il franzese, l’italiano, lo spagnuolo, il tedesco e l’inglese. [3.95ED] Nel teatro latino intervenivano infin le vestali e v’era il luogo per esse medesime destinato. [3.96ED] Ma, perché si parla del greco, non vo’ che tu creda alla mia parola, perché ritorceresti contro di me che ti parlo la mia sentenza; diresti almen fra te stesso che all’impostura ci vuoi franchezza nell’asserire, e che io già sono impostore. […] [4.55ED] Perché il verso vostro non ha un’essenziale armonia, ma solamente un’accidentale datagli non dalla natura ma dall’usanza; e voi poeti sapete benissimo, per dare ritondità al vostro verso, dove bisogna ripigliar fiato e posarsi; perciò lo fate anche a costo di spezzar la parola impropriamente, come in quello: Nemica naturalmente di pace. […] Nemica…. pace: Petrarca, Rvf, V.4, in cui la prosodia impone una cesura dopo la 6ª sillaba a metà di un’unica parola.

182. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

per far poi la fantastica opposizione colla giunta della parola Moderno.

183. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Sommamente comica è ancora la scena quarta dell’atto IV, nella quale Francaleu che ha data la sua parola a Balivò di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami di cui si tratta, a prendere sopra di se tal carcerazione.

184. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Uno studio continuato di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso affettato e sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’ autore a portar la testa altà e a sostenersi sulle punte de’ piedi.

185. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Uno studio continuo di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a certo sublime talvolta falso, spesso affettato, sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e a sostenersi sulle punte de’ piedi.

186. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Si osserva da chi ha veduto questo teatro, che non è sottoposto al difetto comune quasi a tutti gli altri, che la voce si perda ne’ buchi de’ palchetti, perchè tutti convengono che vi si senta egregiamente ogni parola.

187. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Senza difesa far, senza parola Traboccò nel suo sangue singhiozzando.

188. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Un tal fallo assai frequente credo che abbia avuto origine dalla massima di Pietro Cornelio che definisce il necessario «le besoin du poète pour arriver à son but», e fonda tale definizione nella parola ἀναγκαῖον usata da Aristotele, dandole significato d’utile invece di necessario, il che tanto è contrario alla ragione, non che al senso d’ogni testo aristotelico, che stimo superfluo il dimostrarlo. […] Utile anche, in proposito, il profilo storico sui diversi significati assunti dal termine «classico» offerto da Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci, 2015. […] Per modo che la Tragedia per questo solo meriterebbe di essere, come fiero, e scandaloso spettacolo abborrita», Battista Guarini, Compendio della poesia tragicomica, in Id., Opere, III, Verona, Tumermani, 1737, p. 408), avallando una fruizione edonistica del testo poetico che già era stata suggerita da Castelvetro («E per venire all’età nostra, che bisogno abbiamo oggidì di purgare il terrore e la commiserazione con le tragiche viste, avendo i precetti santissimi della nostra religione, che ce l’insegna con la parola evangelica?

189. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Senza difesa far, senza parola Traboccò nel suo sangue singhiozzando.

190. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Brevemente e come da noi si suole senza timore e senza dipendenza coll’usata nostra debolezza ne farem parola. […] Bruto nell’ atto V prende la parola nel Senato, e dice che Cesare è venuto per mostrare che sa trionfar di se stesso, e per far certo il Senato che saranno ristabilite le leggi.

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