Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”.
Si favella di tragedie e commedie composte da Anselmo Faidits nella poco esatta e veridica Storia de’ Poeti Provenzali del Nostradamus; ma quegli fiorì nel secolo tredicesimo, essendo morto nel 1120.
Ma dopo il ritratto che di Luigi Del Buono ci lasciò il Morrocchesi nelle sue memorie tuttavia inedite, pubblicato per la prima volta dallo stesso Jarro insieme ad altre molte notizie concernenti la maschera e l’artista (ivi, 13 e 20 aprile ’91), io credo che il nome di Stenterello egli prendesse da sè stesso, essendo piccolo di statura, magro, sparuto, di carnagione giallastra, ma non difettoso della persona.
Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche.
Bartoli – i suoi modi graziosi e la di lei teatrale abilità forse non del tutto al teatro saranno tolti, essendo sparse alcune voci, che ci fanno sperare di rivederla ben presto sulle scene d’Italia. » Ma dal 1781 in poi non mi fu dato rivederne il nome in alcun elenco.
[14] Da ciò ne siegue che la melodia della lingua e del canto italiano è la più viva e sensibile di quante si conoscano, perocché traendo questa nobilisima parte della musica da sua origine, e la sua forza dalla imitazione trasferita al canto delle diverse successive inflessioni, che fa l’uomo nella voce ordinaria, allorché è agitato da qualche gran passione, ed essendo esse inflessioni tanto più variate, e moltiplici quanto maggiore è la varietà degli accenti nella sua pronunzia; egli è per conseguenza chiarissimo, che più espressiva sarà la melodia a misura, che la lingua sarà più abbondevole e varia in questo genere, perché l’imitazione della natura diverrà più perfetta. […] Al che s’aggiugne eziandio l’indole de’ loro versi, i quali, essendo dappertutto rimati, e dovendo la musica fare su ogni rima una qualche pausa, l’andamento del recitativo divien tardo, noioso, e difficile. […] La prima, che non essendo stata l’Italia né tutta intiera, né lungo tratto di tempo soggiogata dai barbari, la favella italiana ha potuto conservar i suoi primitivi caratteri meglio delle altre nazioni, dove la lingua, e i costumi non men che la religione, e le leggi hanno dovuto piegare sotto il furore delle conquiste, come si vede nella lingua francese, la quale altro non è, se crediamo a’ loro autori più illustri, che un antico dialetto celtico diversamente alterato, e nella spagnuola tutta impastata di latino, e di gotico idioma, cui s’aggiunse dell’arabo non piccola parte.
Dopo un contrasto di Edipo e Creonte, Giocasta nel l’atto terzo cercando di consolare il consorte con iscreditare le predizioni racconta come andò a voto un’ oracolo di Apollo, il quale presagiva che un di lei figlio dovea essere l’uccisore del padre; imperciocchè essendo stato il bambino esposto sul monte Citero, il padre cadde per altra mano, avendolo ucciso alcuni ladroni in un trivio. […] In oltre lo stesso Castelvetro dice nel c. 86 che quando si ballava, si cantava e si sonava, non si recitava la tragedia ciò essendo bisogna dire che essa si recitasse da chi non ballava, non cantava e non sonava, e per conseguenza che gli attori introdotti contro l’esposizione del Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quello del ballo, del canto e del suono.
Colla mia solita sincerità replicai al prelodato valentuomo, che io sin dal 1779. essendo stato in Genova di lei commensale, e dovendole il dono di alcuni libriccini, nel tempo stesso che mi lusingava di essere in certo modo in possesso della di lei buona grazia, mi vedea in una specie di obbligo, nel prodursi qualche mia bazzecola, di avvertirne io stesso il valoroso competitore.
Constant diviene totalmente piacevole quando parla con dolcezza alla moglie essendo soli, e quando affetta asprezza ed umore al comparir de’ servi. […] Corràl de la Crux, Corràl del Principe, Corràl de los Caños del Peral, chiamansi i teatri pubblici di Madrid, de’ quali l’ultimo chiuso da molti anni, fu rifatto nel 1767 in nuova forma senza tavolato per la scena, essendo destinato ai balli in maschera, oggi pur anco aboliti. […] Egli, quantunque giovane di buona indole, essendo sedotto da una donna da lui amata, ruba il suo padrone, assassina il suo zio benefattore, e finisce per essere impiccato.
Tornaron gl’Italiani a Parigi il 1661, recitando subito a Fontainebleau ; e dopo cinque mesi alternativamente colla Compagnia di Molière nella Sala del Palais-Royal, quella del Petit-Bourbon essendo stata demolita. […] Da questo momento non s’han più indizj della presenza di Marinetta a Parigi, il che fa credere ch’ ella fosse in quest’ ultimo viaggio condotta a Firenze, ove si stabilì separata dal marito, forse per incompatibilità de’ caratteri, essendo essa più tosto uggiosa, e venendo egli di dì in dì più avaro. […] Verso il 1680, i capitani spagnuoli finirono in Italia, e il Capitano antico italiano essendo da gran tempo dimenticato, si fu costretti a toglier dalle Compagnie dei comici napolitani un attore che sostituisse il Capitano spagnuolo : Scaramuccia ne prese il posto.
Le tragedie, che di essa rimangono, spirano da per tutto questo carattere della nazione: essendo i personaggi di quelle magnanimi e grandi, ma a un tempo stesso impetuosi e inumani. […] Per questo medesimo fu da taluni biasimato il melodramma, che nel recitativo frammette il settenario all’endecasillabo, essendo tal mescolanza, secondo essi, poco accomodata alla tragica gravità. […] Non essendo adunquo in oggi la musica esercitata da’ nostri filosofi, non potè il suo patetico profittar molto, come quello, che non può senza la scorta della filosofia andare innanzi. […] Dodici di questi (tanti essendo i semituoni, che compongono la scala musicale, e altrettanti i modi della nostra musica) gioverebbero moltissimo a parecchi moderni teatri. […] Gli specchi ancora, quando sien molti, pregiudicano non poco, non essendo lo specchio capace di quegli ondeggiamenti che l’aere sonoro comunica al legno.
Ella entra dicendo a Sigerico che l’attenda, nè torna se non dopo due lunghe scene, essendo partito Sigerico. […] Ciò essendo errò Omero che nell’Iliade si prefisse di cantar solo l’ira perniciosa (μηνιν ουλομενεν) di Achille che tanti dolori cagionò agli Achivi? […] Dulcidio annunzia al figlio Aluro che dee morire essendo il di lui nome uscito dall’urna. […] Or ciò essendo l’editore, ossia l’autore sotto il di lui nome, invano si millantò d’aver fatta una tragedia più artifiziosa di ogni altra francese, perchè per questa parte (e non è poco) essa nè migliora nè peggiora il metodo degli antichi e de’ moderni. […] L’autore fa nascere per incidente un contrasto fra loro, e Garcia rimprovera a Manrique varj tradimenti fatti da i Lara e da i Castro, la qual cosa non essendo di pura necessità pel suo argomento, gli fu imputata ad astio o ad altra occulta cagione.
Degno di lui è pure nell’atto III che si rappresenta in Cabañas, il pensiero di far maritare Isabella col suo cugino per vendicarsene; perchè essendo poveri, mal grado del loro amore, forza è che vivano malcontenti. […] Il padre d’Isabella la destina ad un ricco e Ferdinando è tale, essendo Diego povero di beni e pieno solo di virtù e di valore. […] La relazione ch’ella prima di spirare fa della morte del suo amante al marito, e l’estreme sue querele mal corrispondono alla scena patetica e naturale che abbiamo tradotta, essendo il rimanente pieno di arguzie, sofisticherie, scipitezze e concettuzzi impertinenti. […] Anche in questa favola si osservano le solite allusioni buffonesche alle cose sacre; essendo preso un cavaliere nel giardino, la Graciosa dice, Es noche de Jueves santo, Que se hace prision en huerto. […] Dal primo atto al secondo passano sedici anni, e l’azione consiste nell’esser Nino avvelenato, nel chiudersi tralle Vestali d’ordine della regina il proprio figliuolo Ninia avuto da Nino, e nel farsi ella stessa coronar re, essendo per la somiglianza creduta Ninia suo figliuolo.
L’apparizione che mi si presentò, potrebbe essere opera di spirito infernale cui non è difficile il trasformarsi; chi sa, se essendo sì poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina . . .! […] Sul supposto che verisimilmente egli ricuserebbe d’imprendere un nuovo viaggio, per farlo morire in guisa che la sua morte sembri casuale alla madre stessa, propone che godendo Laerte gran fama di destrezza nel maneggiar la spada, ed essendo Amlet pieno di opinione di se stesso per la perizia della scherma, il re pensa di fargli susurrare all’udito di tal sorte il valore di Laerte, che si darà luogo ad una scommessa, altri tenendo la parte di Laerte, altri del principe.
Oltre a ciò si osservano tuttavia in Murviedro le rovine del teatro Saguntino, essendo questa città eretta nel regno di Valenza sulle ceneri dell’antica Sagunto.
Forse la critica più sobria attaccò il doppio amore di Celia per la rarità del caso, poco atto essendo un possibile raro o troppo metafisico a persuadere e chiamare l’attenzione.
Forse la critica più sobria fu quella che si fece al doppio amore di Celia per la rarità del caso, poco atto essendo un possibile raro o troppo metafisico a persuadere e interessare.
E, naturalmente, essendo la tragedia e le antichità quelle cose ch'ei predilige, son quelle ancora che gli dànno il maggior dei dolori.
Le memorie si leggono d’ un fiato e l’ elemento fantastico è così bene intrecciato allo storico, che pur essendo esso un romanzetto, lasciano poco o nulla a desiderare dal lato dell’ esattezza.
Il Principe Antonio di Parma inviò al Duca Reggente il Regolamento della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello del Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Compagnia Costantini, alla quale il Riccoboni, essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie, aveva accennato : e forse la ragione di quell’accenno, sta in ciò, che trovandosi il Costantini a Parigi, ove s’era fatto impresario nel 1712 di spettacoli alle fiere di San Germano e di San Lorenzo, il Riccoboni ne temeva l’ingerenza nella nuova compagnia.
Erano altresì l’albergo della dissolutezza, poiché vi si rappresentavano le arti pantomimiche, delle quali son troppo note le oscenità e le laidezze, e noto è l’infame letto su cui obbligavansi non poche fiate le donne a comparir ignude agli occhi del pubblico , e nota è parimenti la esecrabile costumanza di privar della virilità loro i fanciulli, acciò più agili, e più snelli divenissero ne’ pantomimici atteggiamenti. né potevano allora i cristiani una musica a lor modo inventare, perché essendo dai gentili ferocemente perseguitati, vedeansi astretti, se volevano celebrar gli uffizi divini, a ragunarsi nei sotterranei delle case, o nelle caverne, od in luoghi ermi, e selvaggi, dove usavano di canto sommesso, e timido senza strepito di strumenti, i quali il disagio loro, e la povertà mal comportavano, e che avrebbero col romore il solitario loro ritiro agevolmente scoperto. […] Ma oltrachè una falsità è il dire che il sistema musicale dei Greci non avesse se non quindici suoni, essendo chiaro che le pretese aggiunte del monaco italiano altro non avrebber fatto che restituire il diagramma alla sua antica estensione o piuttosto non giunsero neppure ad uguagliarlo, come dimostra evidentemente il Meibomio 24, certo è che siffatta restituzione o ritrovamento non è di Guido, ma d’un altro autore anteriore a lui di più secoli, le parole espresse del quale si rapportano dall’eruditissimo Isaacco Vossio 25. […] Ora ne’ tempi e nelle nazioni che chiamansi rozze, i principi della religione agiscono con maggior forza sugli spiriti, che ne’ tempi e nelle nazioni che diconsi illuminate, sì perché venendo per lo più la coltura delle arti e delle scienze in un popolo congiunta coi progressi del commercio, del lusso, e delle altre cose, le quali necessariamente corrompono i costumi, non è facile che i motivi religiosi abbiano gran potere, ove i vizi han troppa licenza, come perché, essendo il carattere generale della filosofia quello di render probabili le cose più dubbiose, e di sparger dubbi sulle verità più evidenti28 non è possibile ottenere che siffatto scetticismo non si stenda anche agli oggetti più rispettabili, i quali appunto perché sono tali, e perché mettono a disagio le nostre passioni, si vorrebbe pure che non esistessero.
Quanto alla Commedia Italiana, essendo stata licenziata la compagnia antica, non ve ne fu per diciannove anni fino al 1716, quando il Duca d’Orleans regente vi fé venire la nuova compagnia di Luigi Riccobboni. […] Niuna cosa essendo tanto difficile, quanto il far ridere gli uomini gentili e perspicaci, non é maraviglia, che i francesi in questo secolo di scadimento siensi ridotti a far commedie romanzesche, le quali, al dire del signor di Voltaire, sono piuttosto saggi di tragedie domestiche o cittadinesche, che la naturale e piacevol dipintura dei ridicoli correnti. Questa spezie bastarda, quantunque abbia spesso il merito di commuovere gli spettatori, non essendo né comica, né tragica, non purga a dovere i vizi e le passioni, e manifesta abbastanza non solo l’impotenza, in cui sono gli autori, di creare vere commedie e vere tragedie, ma il loro gusto eteroclito e depravato.
Dersagrena invita Melilcoma a deporre l’arco e prender l’arpa, essendo terminata la caccia coll’ avanzarsi la notte. […] Avendo disegnato di morire congeda l’affettuoso servo Randal, ed essendo egli vicino a partire Wilmot gli dice: “Addio . . . ti arresta, tu non conosci il mondo, a me costa caro l’averlo conosciuto; pria di separarci debbo darti un consiglio . . . […] Constant diviene totalmente piacevole allorchè parla con dolcezza alla moglie essendo soli, ed affetta asprezza ed umore al comparir de’ servi.
La tragedia de’ Sette a Tebe reca diletto ed invita a leggere anche a’ giorni nostri, essendo ripiena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni maravigliose, fatta in somma per presentare uno spettacolo degno di ogni attenzione. […] La condotta n’è così maestrevole che il leggitore dal principio sino alla fine vi prende parte come nato in Grecia: tale essendo l’arte incantatrice degli antichi posseduta da ben pochi moderni, che la più semplice azione viene animata dalle più importanti circostanze con tanta destrezza, che il movimento e l’ interesse va crescendo coll’ azione a misura che si appressa al fine. […] Si è però detto che Eschilo morisse tre anni dopo la vittoria di Sofocle, il che non può conciliarsi coll’ epoca della di lui morte, che seguì nell’ultimo anno dell’olimpiade LXXX, o nel primo della LXXXI, essendo egli di anni sessantanove59. […] Dopo il contrasto di Edipo e Creonte, Giocasta nell’atto III cercando di consolare il consorte con iscreditare le predizioni racconta come andò a vuoto un oracolo di Apollo, il quale presagiva che un di lei figlio dovea essere l’uccisore del padre; imperciocchè essendo stato il bambino esposto sul monte Citero, il padre cadde per altra mano, avendolo ucciso alcuni ladroni in un trivio. […] L’oracolo che comanda un sacrificio di una vergine illustre perchè gli Ateniesi possano trionfar degli Argivi, apporta una rivoluzione interessante, facendo ricadere gli Eraclidi in una penosissima incertezza, non essendo nè onesto nè sperabile che qualche illustre Ateniese s’induca in favore di persone straniere a versare il sangue di una propria figlia.
Bartoli - una brava comica per nome Lidia rimasta vedova anch’essa da alcuni anni ; ed essendo di fresca età e vistosa, oltre il suo valore nell’arte del teatro, pensò Gio. […] Arlecchino non è informato di ciò facendo vita fuori del grembo dei compagni, et essendo sempre stato in casa del signor Ambasciatore e poi lui fuori de’ suoi interessi non capisce altra cosa.
L’una si è l’evidenza di espressione che conservavano i pantomimi nonostante la somma difficoltà che dovevano sentire nel rappresentare, essendo privi dell’aiuto degli occhi e della fisionomia a motivo della maschera, onde, come sa ognuno, aveano coperto il volto. […] Non basta che il danzatore faccia dei gesti e delle attitudini, bisogna che i gesti abbiano un senso e le attitudini un significato, il quale, essendo dagli spettatori facilmente compreso, faccia loro nascer tosto in mente l’immagine della cosa che vuolsi rappresentare. […] Di non iscostarsi dal disegno propostogli dall’inventore, di scordarsi d’essere ballerino per non essere che pantomimo, d’usare di que’ gesti soltanto, la significazione dei quali essendo fissata da una convenzione generale e non dal capriccio, può facilmente essere intesa dagli spettatori. […] La cagione si è perché la materia primitiva de’ gesti su cui s’esercita l’imitazion pantomima, essendo di già molto scarsa nella natura, è divenuta scarsissima nella società, cosicché si rende assai diffìcile, per non dire impossibile, il tessere un’azione di qualche durata che condotta sia colla necessaria chiarezza, e che interessi per la novità. […] Omero in più luoghi delle sue opere mi dipinge gli dei poco dissimili dai mortali, hanno eglino pelle, carne ed ossa come abbiamo noi, hanno se non un vero sangue almeno un quasi sangue, vestono la corazza, imbracciano lo scudo, trattano l’armi al paro degli uomini, il poeta dunque non ismentisce se stesso qualora gli fa venire alle prese con loro, né gli spettatori hanno occasione di ributtarsene essendo stati preparati prima a questa credenza dall’ipotesi mitologica offerta loro sin d’avanti.
Un villano p. e. con un asino carico di paglia urta e spinge al suolo un nobile imaginario, e un altro impostore, che ha preso il titolo di barone, essendo ciabattino di origine e di mestiere, dice con disdegno, no merece mil muertes?
Le sublimi e vive dipinture, e le grandiose e robuste immagini d’Omero faceano dire al celebre Statuario Francese Bouchardon: sempre che ho letto Omero, ho creduto aver venti piedi di altezza; e una volta servirono anche di scusa a un bravo Disegnatore, che essendo stato ripreso di aver fatto una figura di Capitano d’esercito alquanto smisurata, rispose: Io avea letto pur dianzi Omero, e tutto pareami più grande dell’ordinario.
Questo scrittore nato nel 1549 sotto l’imperador Carlo Quinto sei anni prima che cominciasse a regnar Filippo II, in un prologo ad otto sue commedie ci fa sapere che essendo egli fanciullo componevasi il teatro di Madrid di quattro o sei tavole poste sopra quattro assi in quadro alti dal suolo quattro palmi. […] Egli compose quasi estemporaneamente tutto le sue opere, e spezialmente le commedie, essendo solito a scriverne una in due soli giorni. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di esser ultimo come Euripide o Racine o Metastasio che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Il buon poeta Luperzio Leonardo de Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, la Filli e l’Alessandra, le quali si rappresentarono con gran concorso e vantaggio de’ commedianti.
Dersagrena invita Melilcoma a deporre l’arco, e prender l’arpa essendo terminata la caccia coll’avanzarsi la notte. […] Avendo disegnato di’ morire congeda l’affettuoso servo Randal, ed essendo egli vicino a partire Wilmot gli dice: Addio… Ti arresta. […] Constant diviene totalmente piacevole allorchè parla con dolcezza alla moglie essendo soli, ed affetta asprezza ed umore al comparir de’ servi.
Né altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro.
Humil fo a voi ricorso, essendo d’ogni bene destituto.
mo Signor Duca, ch’io non m’impegnassi, con nessuna Compagnia di Comici, intendendo Sua Altezza di seruirsi di me, per il Carneuale, et unirmi, con Beatrice, Trappolino et altri Comici. or’io, per guarire d’un mio male, uenni à padoua, e mi couenne recitare in una Compagnia che uiue sotto la prottetione del Signor Marchese Obizij. questa Compagnia si è obbligata per l’Autunno, è Carnouale al Signor Almoròzane ; la quale non à che far di me, mentre il Carnouale non possa essere con essi loro. et essendomi stato acertato, che Beatrice, con altri Compagni se ne ua per il Carnouale à Roma ; e che l’Angiolina si è obligata in altra stanza à Venetia ; non ueggo forma di Compagnia per seruir cotesta Altezza, et à me non istà bene, essendo pouer huomo uiuer sù l’incertezze. perciò suplico Vostra Signoria Ill.
Anchora che da Mantoua non habbia hauuto tal auiso nondimeno qua si dice ch' essendo uenuto capriccio al Duca di uedere una Comedia dai Gelosi che fosse tutta redicolosa et faceta, i recitanti lo seruirno con farne una ingieniosissima et ridicolosissima solo che tutti i recitanti erano gobbi della qual cosa Sua Altezza rise tanto, et tanto piacere se ne prese che niente più, finito il spasso, chiamo quei Principali comedianti et disse qual di loro era stato l’inuentore.
Questo scrittore nato nel 1549 sotto l’Imperadore Carlo Quinto sei anni prima che cominciasse a regnar Filippo II, in un prologo ad otto sue commedie ci fa sapere che essendo egli fanciullo componevasi il teatro di Madrid di quattro o sei tavole poste sopra quattro assi in quadro alte dal suolo quattro palmi. […] Egli componeva quasi estemporaneamente tutte le sue opere, e specialmente le commedie, essendo solito a scriverne una in due soli giorni. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di essere ultimo come Euripide o Racine o Metastasio, che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Il buon poeta Luperzio Leonardo de Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, la Filli e l’Alessandra, le quali si rappresentarono con gran concorso e vantaggio de’ commedianti.
Non mi distendo di vantaggio, non essendo mio intendimento di mettere in vista tutte le pruove, che ha dato in questa favola il per altro famoso Poeta Argensola, e della poca età in cui la scrisse, e del gusto al suo tempo dominante nella Penisola, che non gli permise maggiore esattezza. […] Circa all’altra domanda, se io creda, che si possa dire altrettanto della Semiramide del Manfredi, rispondo colla medesima nettezza, che da questa sola domanda comprendo che l’Apologista non l’abbia letta, nè abbia udito parlarne, e che il Virues avrebbe potuto approfittarsi di essa, essendo stato in Italia, e la Tragedia del Manfredi essendovisi impressa sette anni prima di spirare il secolo XVI.; ma ciò non volle la sorte del Teatro Spagnuolo, e il Virues compose la sua Tritragedia.
Certamente nè Ariosto invano da Voi preso di mira, essendo per le vostre saette invulnerabile, nè Machiavelli, nè Bibbiena, nè intorno a dugento settanta Poeti Comici di nome in più di sei a settecento Commedie pensarono a profanare e presentare sulla Scena Comica Monsignori ed Eminentissimi, come avviene nelle Commedie Spagnuole. […] Nè le buffonate del primo, nè le mimiche scipitezze del secondo si debbono portare in trionfo da chi ha fior di senno, non essendo queste le ricchezze della Poesia Scenica delle due Nazioni.
Nò, amico, costoro con quanti per elezione, principj, o instituto, vivono a così fatto modo, paghi del loro cannocchiale, de’ loro rosi rimasugli dell’antichità, delle loro arrugginite medaglie, de’ loro alfabeti Orientali, della loro notte Metafisica, delle loro guastade, e de’ lambicchi chimici, meritano ogni rispetto, ma non si debbono rimovere dal loro centro, poco atti essendo per la loro rintuzzata sensibilità a intendersi e a gustare delle amene leggiadre Lettere. […] Roma oggi Metropoli del Cristianesimo ha lo spirito che avea essendo dominatrice di gran parte della Terra conosciuta.
Un villano p. e. con un asino carico di paglia urta, e spinge al suolo un nobile immaginario, ed un altro impostore che ha preso il titolo di barone essendo di origine e di mestiere ciabattino, dice con disdegno, no merece mil muertes? […] L’avea l’autore molti anni indietro composta e destinata a recitarsi in musica in una casa particolare; ma non essendo venuto a capo tal disegno, corse per alcun tempo manoscritta con più applauso che non isperava chi la scrisse.
Si favella di tragedie e commedie di Anselmo Faidits nella poco esatta storia de’ poeti Provenzali del Nostradamus (Nota IV) ma quell’ Anselmo fiorì nel XIII secolo, essendo morto nel 1220. […] I cori Dionisiaci in Grecia non erano vere azioni teatrali; nè tal fu la ludrica degli Etruschi introdotta in Roma; ma di quelli e di questa si conservano le memorie da quanti imprendono a favellare dell’origine e del progresso della poesia teatrale greca e latina; essendo come le povere scaturigini de’ gran fiumi, che con ogni diligenza e con diletto curiosamente si rintracciano.
Viene Gerbino tralle guardie, il quale essendo lasciato dal loro capitano per darne avviso al re, ha la libertà di amoreggiare a sua posta. […] E con ciò lavora contro l’oggetto della sua ambasciata, non essendo questo il camino di ottener la libertà di Corradino. […] La sua venuta col pugnale insanguinato alla mano, essendo egli stesso mortalmente ferito, cagiona in Bianca in prima timore pe’ fratelli, indi dolore pel marito. […] Adelvolto è una figura di tinte sfumate e smorte; pure esige morendo qualche compassione, d’altro in fine non essendo reo che di superchiería fatta al re per troppo amore. […] Del resto essendo questa una delle consuete imposture di Almonte e Ricimero, come si vedrà, il lor terrore è una pura ipocrisia.
Fa dunque mestieri di un altro ramo della sapienza che sappia correggere i costumi; e non essendo essi altro che abiti contratti per opinioni vere o false, nostre o straniere, a purificare i costumi bisogna raddrizzare le opinionia.
Una copia esatta del vero (osserva egregiamente l’immortal Metastasio nel capitolo IV dell’Estratto della Poetica d’ Aristotile) renderebbe ridicolo lo scultore, il pittore ed il poeta, essendo essi obbligati ad imitare, non a copiare il vero in maniera che non perdano di vista ne’ loro lavori la materia propria delle rispettive loro arti.
Allora il Righetti, che in lei sola omai vedeva l’àncora di salvezza della naufragante Compagnia Reale, tornò all’assalto ; ma ella da Castel Gandolfo rispondeva il 12 settembre del '47 : La ringrazio delle di Lei esibizioni ; ma avendo preso marito da qualche tempo, ed essendo ciò a cognizione di tutti, doveva bene immaginarsi che se rimanevo ancora sulle scene, lo facevo in riguardo di non rovinare i miei Capo-Comici con un repentino allontanamento dal Teatro.
Contemporaneo di Gongora fu Giovanni de Tasis y Peralta Conte II di Villamediana poeta distinto per la nascita, per le avventure e per la morte, essendo stato una notte in Madrid nella propria carrozza ucciso da braccio sconosciuto mosso, come si esprime Gongora, da impulso soberano. […] Ma di questi ed altri Portoghesi e Castigliani che tralasciamo, non essendo state le sceniche produzioni nè per numero nè per fortuna, nè per eccellenza degne dell’altrui curiosità, rimasero sepolte ed obbliate universalmente sopraffatte dalla celebrità di quelle che si composero sotto Filippo IV. […] Degno di lui nell’ atto III che si rappresenta in Cabañas, è il pensiero di far maritare Isabella col suo cugino per vendicarsene; perchè essendo poveri, mal grado del loro amore, forza è che vivano malcontenti. […] Il padre d’Isabella la destina ad un ricco, e Ferdinando è tale, essendo Diego povero di beni e pieno solo di virtù e di valore. […] La relazione ch’ella prima di spirare fa della morte del suo amante al marito, e le di lei estreme querele mal corrispondono alla scena patetica e naturale che abbiam tradotta, essendo il rimanente pieno di arguzie, sofisticherie, sciapitezze e concettuzzi impertinenti.
Tacito ci fa sapere che Tiberio dopo varie inutili lagnanze de’ Pretori, si determinò a riferire in Senato l’immodestia degl’ istrioni, i quali alimentavano le sedizioni in pubblico e le dissolutezze e le turpitudini in privato, essendo anche lo spettacolo Osco caro un tempo alla plebe a tal colpevole indecenza trascorso che bisognava reprimerlo coll’ autorità de’ Padri; ed allora gl’ istrioni furono cacciati dall’Italia34. […] Marco Accio Plauto nativo di Sarsina nell’Umbria mancato essendo consoli L. […] Anzi non io (Tossilo dice) ma qualche altro che possa fingersi forestiere, cosa non difficile, non essendo scorsi che sei mesi dalla venuta del ruffiano da Megara in questa città. […] Esce Tossilo dicendo alla fante che consoli la padrona, essendo già disposto e pronto il modo di liberarla.
Si favella di tragedie e commedie di Anselmo Faìdits nella poco esatta e favolosa storia de’ Poeti Provenzali del Nostradamus a, ma quell’Anselmo fiorì nel XIII secolo essendo morto nel 1220. […] I Cori Dionisiaci in Grecia non erano vere azioni teatrali, nè tal fu la ludrica degli Etruschi introdotta in Roma; ma di quelli e di questa si conservano le memorie da quanti imprendono a favellare dell’origine e del progresso della poesia teatrale greca e latina; essendo come le povere scaturgini de’ gran fiumi, che con ogni diligenza e con diletto curiosamente si ritraccianoa.
Chi sa se essendo sì poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina! […] Palesa poi a Laerte un espediente che gli è sovvenuto per disfarsi di Amlet: Sul supposto che verisimilmente egli ricuserebbe d’imprendere un nuovo viaggio, per far che pera in guisa che la morte sua sembri alla madre stessa casuale, propone che celebrando la fama la destrezza di Laerte nel maneggiar la spada, ed Amlet essendo pieno di opinione di se stesso per la perizia nell’arte di schermire, pensa il re di fargli susurrare all’udito di tal sorte il valore di Laerte, che si dia luogo ad una scommessa, tenendo alcuni la parte di Laerte, ed altri quella del principe.
Nacque in Napoli e nacque sobria, ogni poeta essendo persuaso sin dall’ incominciar del secolo di non aver dalla musica ricevuta la facoltà di allontanarsi dalle regole del verisimile. […] Ma gli Spagnuoli che già ebbero un Ramos, un Salinas, un Morales, non parmi che oggi contino altri che il maestro Rodriquez de Hita compositore della musica della Briseida, e che il nominato Valenziano Martin; perchè Gaetano Brunetti maestro di violino di Carlo iv essendo Principe di Asturias, ed il Corselli della R.
La commedia é ancor più deplorabile, non essendo che una farsa grossolana che ristucca e dispiace a chiunque abbia fior di, gusto, di buon costume, e di politezza.
Una copia esatta del vero, osserva egregiamente l’immortal Metastasio nel capitolo IV dell’Estratto della Poetica d’Aristotile, renderebbe ridicolo lo scrittore, il pittore, ed il poeta, essendo essi obbligati ad imitare non a copiare il vero, in maniera che non perdano di vista ne’ loro lavori la materia propria delle rispettive loro arti.
Fa dunque mestieri di un altro ramo della sapienza che sappia correggere i costumi; e non essendo essi altro che abiti contratti per opinioni vere o false, nostre o straniere, a purificare i costumi bisogna raddrizzare le opinioni 3.
I musici, i poeti, i pittori, e gli scultori cercavano con ogni sforzo e industria delle lor arti renderla immortale. » Poi, venendo alle bellezze fisiche, dice : « Era di corpo bellissima, e di rado avviene che ad un bel corpo non sia bell’alma unita, essendo il bello e il buono un’istessa cosa.
Vì sono i cori scritti ottimamente, i quali incatenano un atto coll’altro, e meritano l’attenzione degl’intelligenti essendo ricchi di pensieri sublimi poeticamente espressi(a). […] Non essendo però le sue tragedie accomodate al bisogno de’pubblici teatri, fèce che ne fossero escluse, e che si rappresentassero solo nel Collegio di San Luigi di Bologna nel 1732, e ne’due seguenti anni, e si ripetessero in teatri privati dalla nobiltà bolognese. […] Fu il Rodrigo sventurato anche nella rappresentazione, secondo quel che ne dice l’istesso autore, essendo stato pessimamente accolto in Venezia per gli sforzi di un partito avverso. […] Anche il prode Ildovaldo che ha più volte giurata la morte di Almachilde, essendo da questo re chiamato a duello, accetta, e poi ricusa per non abbassarsi. […] La sua venuta col pugnale insanguinato alla mano, essendo egli stesso mortalmente ferito, cagiona in Bianca timore pe’ fratelli, e dolore pel marito.
Se ne riprende il personaggio di Ansedisio di nota malvagità come poco necessario e lasciato impunito: qualche discorso secreto che si ode dall’uditorio e non da’ personaggi che stanno sulla scena: e la mancanza del tempo richiesto perchè giunga Beatrice co’ sei compagni dal fondo della torre, non essendo passati dalla chiamata alla venuta che sei versi soli recitati da Amabilia. […] Io però credo che fra gli antichi il Tieste di Seneca adombri il di lui Manasse, essendo uno scellerato renduto migliore nelle disgrazie; e fra’ moderni l’abbandono disperato del Radamisto del Crebillon, che riconosce e detesta i passati suoi falli, esprima il dolore di questo re di Giuda. […] Ecco ciò che ci sembra più interessante in questa favola, oltre ad alcune vaghe imitazioni della maniera Metastasiana e di altri nostri poeti: l’appassionato trasporto di Penelope nella scena 4 dell’atto II in procinto di aprirsi il foglio della scelta dello sposo; il colpo di scena quando al volersi ferire essendo trattenuta da Ulisse ella il riconosce, ed egli destramente l’avverte di non iscoprirlo; la bella scena 8 dell’atto IV, in cui Ulisse esplora l’indole di Telemaco, e poi si dà a conoscere. […] Fu il Rodrigo sventurato anche nella rappresentazione secondo il racconto del medesimo illustre autore essendo stata pessimamente accolta in Venezia per gli sforzi di un partito avverso. […] Il prode Ildovaldo che ha più volte giurata la morte di Almachilde, essendo da questo re chiamato a duello, accetta e poi ricusa per non abbassarsi.
Vi hauremo forse disturbato, essendo uoi per quello che comprendo, intento a conteggiare. […] Hor noi siam qui, e per far come il pardo, al primo salto la preda, cominciaremo a dimandarui del modo che uoi terreste essendo [poniam caso] ricercato hoggi dal principe nostro, a farle rappresentare una comedia. […] Ne lodo io, che uadi mutando loco ; ma che con grauità si fermi a recitare, e se pur haurà da mouersi ; da un proposito all’ altro, puo far un passo solo, o due, ma graui, senza però uoltar mai le schiene a gl’ uditori. et non essendo hora fuor di proposito al tutto, dirò per regola generale, cosi a tutti i recitanti come al prologo, et all’ argomento ; che mai non bisogna Voltar le spalle a spettatori, et che sempre è bene il ridursi a ragionare piu in mezo, et piu in ripa al proscenio, che sia possibile, si per accostarsi il più che si può a gl’ uditori ; come per iscostarsi quanto piu sia possibile dalle prospettiue della scena, poi che accostandolisi perdono del lor naturale, et il molto discostarsene par però poco a i ueditori ; come benissimo la esperienza ci mostra. et generalmente dico ancora, che mentre si parla ; non si dee mai caminare, se gran necessità non ce ne sforza.
Da una lettera di Don Angelo Grillo scritta a Giulio Caccini si rileva che «la nuova musica drammatica inventata dal Peri era dalle corti de’ principi italiani passata a quelle di Spagna e di Francia», lo che, essendo certo, proverebbe che l’opera in musica fosse stata trapiantata fra gli Spagnuoli quasi subito dopo la sua invenzione.
Finalmente il buon poeta Luperzio Leonardo di Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, l’Alessandra, e la Filli, le quali si rappresentarono con grandissimo concorso e molto profitto de’ commedianti.
Ditemi, e chi è quello il quale possa trattare senza sdegno, con uno, che essendo tu Pantalone ti dica.
A. fa trattenere costì, soggiunsegli che non vedevo quello che egli vi havesse che fare, et dissigli di più, che mi maravigliavo che essendo egli informatissimo della rissolutissima volontà et stabilimento de compagni, pensasse a venir costà con le mani piene di vento, et soggiungendomi egli che si moveva per ubbidire, io gli supplicai, che già che egli sapeva non poter servire a cosa alcuna nel concertato suo con S.
Tacito ci fa sapere che Tiberio dopo varie inutili lagnanze de’ Pretori, si determinò a riferire in Senato l’immodestia degl’Istrioni, i quali alimentavano le sedizioni in pubblico e le dissolutezze e le turpitudini in privato, essendo anche lo spettacolo Osco caro un tempo alla plebe a tal colpevole indecenza trascorso, che bisognava reprimerlo col l’autorità de’ Padri, ed allora gl’Istrioni cacciati vennero dall’Italiaa. […] Marco Accio Plauto nativo di Sarsina nell’Umbria mancato essendo Consoli L. […] Anzi non io (Tossilo dice); ma qualche altro che possa fingersi forestiere; cosa non difficile, non essendo scorsi che sei mesi dalla venuta del Ruffiano da Megara in questa città. […] Esce Tossilo dicendo alla fante che consoli la padrona, essendo già disposto e pronto il modo di liberarla.
E’ da avvertirsi in prima, che, confessando i difetti della Commedia Spagnuola, il nazional Teatro minaccia ruina, non essendo da altro genere rappresentativo sostenuto. […] La Commedia, secondo Orazio, più di qualunque altro genere Drammatico, è sottoposta alla esattezza richiesta dalla verisimilitudine, essendo ognuno capace di scorgerne il traviamento: Creditur, ex medio quia res arcessit, habere Sudoris minimum; sed habet Comœdia tanto Plus oneris, quanto veniæ minus 1.
Una cognizione più intima del teatro gli fece avvertire che l’aria, essendo quasi l’epifonema o l’epilogo della passione, non dovea collocarsi sul principio, o tra mezzo ad una scena, giacché non procedendo la natura per salti, ma bensì colla opportuna graduazione ne’ suoi movimenti, non è verosimile che sull’incominciare d’un dialogo si vedesse di già il personaggio nel colmo della passione per rientrar poi immediatamente nello stile pacato che esige il recitativo.
Or non essendo sicuri della loro specie, come poteva il Varchi compaparle con le favole del Ruzzante?
Il Ciclope si volge a seconda delle parole del Coro brancolando; ed essendo in tal guisa aggirato Ulisse ha luogo di uscire, e con tutti i compagni, col Coro e con Sileno si salva sulla nave, deridendo il Ciclope che inutilmente freme e minaccia.
Il Ciclope si volge a seconda delle parole del coro brancolando; ed essendo in tal guisa aggirato Ulisse ha luogo di uscire, e con tutti i compagni, col coro e con Sileno si salva sulla nave, deridendo il Ciclope che inutilmente minaccia.
Davide Agostino Brueys, benchè morto nel 1723, passò la maggior parte della sua età nel secolo XVII, essendo nato in Aix nel 1640.
La riconoscenza del fratello e della sorella si sa nell’atto II per mezzo de’ capelli gettati da Oreste sulla tomba, e delle vestigia impresse nel suolo simili a quelle di Elettra, e per un velo da lei lavorato, essendo Oreste fanciullo. […] La condotta n’é così maestrevole, che il leggitore dal principio fino al fine vi prende parte come nato in Grecia, tale essendo l’arte incantatrice degli antichi, posseduta da pochissimi moderni, per mezzo della quale un’azione semplice viene animata da tutte le più importanti circostanze con sifatta destrezza, che ’l movimento e l’interesse va crescendo coll’azione a misura che si appressa al fine. […] Dopo il contrasto di Edipo e Creonte, Giocasta nell’atto III cercando di consolare il consorte con iscreditar le predizioni, racconta come andò a vuoto un oracolo d’Apollo, che presagiva che un di lei figlio doveva estere l’uccisore del padre; perocché essendo stato il bambino esposto sul Monte Citero, il padre cadde per altra mano, avendolo ucciso alcuni ladroni in un trivio.
Ella entra dicendo a Sigerico che l’attenda, nè torna se non dopo due lunghe scene, essendo partito Sigerico. […] Dulcidio annunzia al figlio Aluro che dee morire essendo il di lui nome uscito dall’urna. […] Or ciò essendo l’editore (cioè l’autore sotto il di lui nome) invano si millantò di aver fatta una tragedia più artificiosa di ogni altra, perchè per questa parte (e non è poco) in essa nè si migliora nè si peggiora il metodo degli antichi e de’ moderni.
Il trattato Della declamazione di Salfi non può essere soggetto a datazione certa, essendo stato pubblicato postumo soltanto nel 1878. […] La conoscenza di tale soggetto dunque contribuisce a un’educazione completa, essendo il teatro una manifestazione particolarmente diffusa anche tra i circoli di dilettanti. […] Occorre dunque formarsi un mondo ideale che, pur essendo modellato sul reale, trasformi il vero in verosimile. […] Ora essendo tutti gli oggetti della natura più o meno complessi, quelli interessano più che hanno più elementi atti a produrre insieme lo stesso piacere. […] [9.8] L’espressione, essendo armonica e significante, non può separarsi dalla natura del fine a cui serve.
Davide Agostino Brueys, benchè morto nel 1723, passò la maggior parte della sua età nel secolo XVII, essendo nato in Aix nel 1640.
Il primo grazie va doverosamente alla mia «scorta saputa e fida», Elisabetta Selmi, che in qualità di supervisore ha saputo guidarmi nei meandri della drammaturgia rinascimentale e moderna, essendo fonte inesauribile e generosa di stimoli e suggerimenti. […] Una parte della morale imitazione non dà veruna loda al poeta, essendo di sua natura unita a’ fatti e però necessaria a qualunque favola. […] Tutto ciò che lice per mio parere al poeta, si è il dare alle azioni ed alle passioni que’ migliori sentimenti che umanamente possono ricevere, essendo ufficio del poeta rappresentar tutto nella maggior perfezione. […] S’aggiunga che essendo quella lingua assai men ricca che la nostra, non solamente essa è più scarsa di rime, ma le rime sono più scarse di voci, sicché accade bene spesso d’incontrare nelle medesime desinenze le medesime parole. […] La quale sconvenevolezza non accade ne’ versi: perciocché non essendo essi d’uso comune, e rappresentando un linguaggio più divino che umano, danno un’aria misteriosa e sublime a ciò che sembra delirio nell’idioma ordinario.
Udite come a tal proposito giudiziosamente discorre un dotto Spagnuolo Regio Professore di Poetica in Madrid1: “Sono inutili tutti i Libri, in cui la Storia Letteraria si dilata per verificare i fatti, e la Letteratura de’ Celti, de’ Greci, e de’ Cartaginesi; imperciocchè l’oggetto di tal travaglio altro non essendo, se non che il mostrare le Scienze acquistate dagli Spagnuoli per mezzo di quelle nazioni, non provandosi che ce le comunicarono, si dura una fatica inutile.
A’ ventuno poi del medesimo mese del seguente anno vi si rappresentò la favola di Cefalo divisa in cinque atti e scritta in ottava rima dall’illustre guerriero e letterato Niccolò da Correggio (che non so perchè vien detto da Saverio Bettinelli Reggiano, essendo nato in Ferrara l’anno 1450, ove erasi recata Beatrice da Este sua madre); ed indi a’ ventisei dello stesso mese l’Anfitrione tradotto in terzarima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I compose la sua commedia, o a dir meglio, azione sacra intitolata Joseph impressa poi in Venezia nel 1543 corretta da Gennaro Gisanelli.
Delle canzoni natalizie chiamate villancicos quì non è luogo di parlare non essendo teatrali.
Egli ebbe colà una pensione che gli fu tolta nella grande rivoluzione della Francia ; ma sebbene gli venne poscia restituita, ne godè molto poco, essendo morto a’9 di febbrajo del 1793. […] É una pretta commedia lagrimante, in cui al dire del medesimo autore,sono in contrasto le lagrime e le risa, essendo stata scritta nel furore della lettura de’ drammi sentimentali. […] Nacque in Napoli e nacque sobria, ogni poeta essendo persuaso sin dall’incominciar del secolo XVIII di non aver dalla musica ricevuto facoltà verune di allontanarsi dalle discrete regole del verisimile. […] Non anderemo mai innanzi a voler cercar gnavità tragica in queste prime scene, tutto essendo imbrattato di maniere liriche tutto al più da pastorale. […] Del resto essendo questa una delle consuete imposture de’ due compagni nelle menzogne, come si vedrà, il loro terrore è una pura ipocrisia.
Egli sarebbe forse miglior consiglio trattener il suo giudizio intorno a siffatto confronto, essendo più agevole il dubitare che l’asserir qualche cosa, e mettendo la diversità del poetico genere un inciampo non lieve a chi sensatamente ne volesse giudicar dei poemi. […] I Pergolesi, i Vinci, i Jummella, i Buranelli, i Terradeglias, i Perez, i Duranti, e tanti altri insiem coi Farinelli, coi Caffarielli, coi Gizzielli, coi Guarducci, coi Guadagni, e coi Pacchiarotti possono con qualche ragione chiamarsi gli allievi del Metastasio, essendo certo che a tanta maestria non sarebbero giammai pervenuti se non fossero stati riscaldati dal di lui fuoco, e perfezionati non avessero nelle opere sue i propri talenti. […] Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello.
Ma il conte di Calepio critico non volgare oppone non senza apparenza di ragione, che essendo Zaira uccisa appunto quando abbracciando la religione de’ suoi maggiori è disposta a rinunziare alla felicità che attendeva dalle sue nozze, sembra che la di lei morte non possa concepirsi come castigo della sua passione. […] Saurin cominciò la carriera tragica coll’ Amenofi e con Bianca e Guiscardo, le quali rimasero presto dimenticate, essendo scritte in istile duro, inesatto, prosaico.
Zoe fa uscire Delancourt dal gabinetto, e palesa esser colui che dall’infanzia l’ha protetta, soccorsa e sollevata nelle sue disgrazie, e che essendo ora nell’estrema povertà, ella per sovvenirlo ha preso danaro da Furard lusingandolo.
Oltre a ciò si osservano tuttavia in Murviedro le rovine del teatro Saguntino, essendo questa città eretta nel regno di Valenza sulle ceneri dell’antica Sagunto.
Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella.
Lisicle, da venditor di montoni essendo diventato questore, o sia tesoriere della Repubblica, e contendendo di magnificenza co’ primi d’Atene che gli facevano una spezie di corte, perché la di lui mensa era dilicata, e la di lui borsa sempre aperta a coloro che l’adulavano, fu ancora esposto alla pubblica irrisione e beffe in questa commedia de’ Cavalieri.
Non mancando d’interesse ed essendo stata rappresentata assai bene nel 1750, mal grado di essere sfornita di veri colori comici, riuscì mirabilmente, e si è anche recitata e tradotta altrove.
in Rudia nel Capo d’Otranto68e morì in età d’anni settanta, essendo consoli Cepione e Filippo. […] L’Andria fu rappresentata l’anno di Roma 587, essendo consoli M.
Così nella Conclusione egli ricorda «non altro essendo stato l’intendimento mio, che di mostrar la relazione, che hanno da avere tra loro, le varie parti constitutive dell’opera in musica, perché ne riesca un tutto regolare, ed armonico».
e come Promessa sì l’avria liberamente Ad Anaferne, non l’essendo figlia? […] Non ne vanno esenti le altre tragedie del Torelli, e nè anche la Vittoria ed il Tancredi, le quali per altro debbono esserci care essendo del numero di quelle che si allontanano dagli argomenti greci, e dipingono, siccome insinuava il gran Torquatoa, costumi non troppo da noi lontani; e l’ultima singolarmente si rende pregevole per l’attività di purgare le pas ioni, per la qual cosa il conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope.
Ma il Conte di Calepio critico non volgare oppone non senza apparenza di ragione, che essendo Zaira uccisa appunto quando abbracciando la religione de’ suoi maggiori è disposta a rinunziare alla felicità che attendeva dalle sue nozze, sembra che la di lei morte non possa concepirsi come castìgo della sua passione. […] E quanto all’Arabo impostore essendo accreditato dalla storia stessa che tale l’ha a noi tramandato, e migliorato dall’arte del pittore, non può che inspirare per lui tutto l’orrore agli occhi dello spettatore per farlo detestare, e servire all’oggetto tragico.
e come Promessa sì l’avria liberamente Ad Anaferne, non l’essendo figlia? […] Non ne vanno esenti le altre tragedie del Torelli, e nè anche la Victoria e ’l Tancredi, le quali per altro debbono esserci care essendo nel numero di quelle che si allontanano dagli argomenti greci, e dipingono, siccome insinuava il gran Torquato103, costumi non troppo da noi lontani; e l’ultima singolarmente si rende pregevole per l’attività di purgare le passioni, per la qual cosa il Conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope.
La commedia italiana di tal tempo non pervenne all’insolenza della greca antica per la costituzione de’ governi italiani, ben differente dall’ateniese; ma non fu timida e circospetta quanto la latina, essendo stati i nostri autori comici persone nobili e ragguardevoli nella società, e non già schiavi, come la maggior parte de’ latini.
La sfera delle belle idee in materia di belle arti e essendo molto stretta fecondo che c’insegna Platone, di leggieri l’ingegno umano dà in un pensar fantastico e stravagante quando vuol di quella uscir fuori; é perciò reputasi cosa lodevole e necessaria le imitar i migliori tratti di que’ sagri Ingegni che nelle loro opere seguitando più dappresso la bella natura, han saputo contenersi nella sfera del bello.
Non mancando d’interesse ed essendo stata rappresentata assai bene nel 1750, malgrado di essere sfornita di veri colori comici, riuscì mirabilmente e si è anche recitata e tradotta altrove.
Mamerco Scauro sotto Tiberio scrisse anche una tragedia, la quale cagionò la morte dell’autore, senzachè gli giovasse l’amicizia di Sejano, essendo stato accusato occultamente da Macrone di averla scritta espressamente per mordere la condotta dell’Imperadore120.
Mamerco Scauro sotto Tiberio scrisse pure una tragedia la quale cagionò la morte dell’autore, senzachè gli giovasse l’amicizia di Sejano, essendo stato accusato occultamente da Macrone di averla scritta espressamente per mordere la condotta dell’imperadorea.
Oltre a ciò si oppone al solito effetto della simmetria l’architettura dei due grand’ingressi laterali posti tralla scalinata e ’l proscenio, essendo ornati di due ordini diversi dal rimanente.