Ad Alcanta si assegna la cura di tirar Gelopea al fenile d’Alfeo per accertarsi che Filebo dee trovarvisi con altra ninfa. […] Una legge condanna a morire sommerso nell’Erimanto chiunque ardisce insidiare l’onestà di quelle rigide seguaci di Diana; ed Alcippo dee soggiacere a questa pena.
Humili inchinan voi tutti coloro, nei quali spirto di ragion si vede ; et chi più v'alza al Ciel, chi più vi cede, più di ciò che far dee serua il decoro.
Poiché, così adoperando, si andrebbe contro a un fine principalissimo a cui nel porre il teatro si dee aver l’occhio dall’architetto; e ciò è ch’esso riesca sonoro e tale, che le voci de’ cantanti vi spicchino il più che è possibile, e sieno a un tempo melodiose e grate a chi ode. […] La grandezza del foro, dice ancora Vitruvio, si dee fare proporzionata alla quantità del popolo, acciocchè o non riesca la capacità di esso ristretta riguardo al bisogno, o pure per la scarsezza del popolo il foro non paia disabitato e solitario58.
Ei paragonando insieme le diverse bellezze degli autori, delle nazioni e de’ secoli, si forma in mente una immagine del bello ideale, la quate poi applicata alle diverse produzioni degli ingegni gli serve, come il filo ad Arianna, per inoltrarsi nel sempre oscuro e difficile labirinto del gusto: contempla l’oggetto delle belle arti modificato in mille maniere secondo i climi, le costumanze e i governi, come la materia fisica si combina sotto mille forme diverse: conosce che tutti i gran geni hanno diritto alla stima pubblica, e che un sol genere di bello non dee, e non può donar la esclusiva agli altri. […] Non dee solamente cercare sterili fatti, ma l’ordine e il congegnamento tra essi: dee usar di stile conveniente al soggetto, ma senza tralasciar le riflessioni opportune, e il colorito talvolta vivace: ora rispettar modestamente l’autorità, ora aver a tempo e luogo il coraggio di misurarla colla bilancia della ragione: quando apprezzar le particolarità, che servono ad illustrar l’argomento, quando troncarle allorché divengono oziose: dove avvicinar i secoli passati e presenti per rilevar col confronto i progressi delle arti, dove risalire fino ai principi a fine di rintracciar meglio l’origine della perfezione loro, o del loro decadimento.
In altra cosa sbaglia, al creder mio, giudicando che la condotta di quelle tragedie sia troppo etica e liscia, senza veruno intrecciamento che metta in curiosità l’auditore di ciò che avverrà, in guisa che, quanto dee poi avvenire, riesca nuovo ed inaspettato. […] [2.109] Nel principio Oreste era in casa ed in letto, e qui dee entrare in casa, dunque era in strada. […] [3.10ED] Lo fanno ancora talora sortire, perché venga a dire i suoi versi che dan progresso alla favola; lo fanno rientrare quando gli ha terminati e quando conviene far parlare altra persona di cose che il primo non dee ascoltare, ed in ciò son bene inferiori ai Franzesi e ad alcun di voi Italiani. […] Dunque dagli scrittori in verso di questo secolo si dee ricever la regola in avvenire. […] [5.119ED] Ben è però vero che per amore della repubblica ti dee piacer l’onestà: con questa l’affetto amoroso è utilissimo a’ cittadini, invitandogli a’ legittimi accoppiamenti da’ quali nasce il bene del crescer popolo, che è l’anima delle cittadi.
Il celebre Callimaco Cirenese autore degl’inni ed epigrammi e di altri pregevoli lavori poetici, dee contarsi ben anche tra coloro che si distinsero nella poesia rappresentativa e specialmente nella tragica sotto Tolomeo Filadelfo fino al l’Evergete che cominciò a regnare l’anno secondo del l’olimpiade CXXVII.
Ugone Grozio, cui si dee una dotta collezione di frammenti di antichi tragici, scrisse il Giuseppe, o Sofamponea, ed il Cristo paziente stampate nel 1648 in Amsterdam.
Ugone Grozio cui si dee una dotta collezione di frammenti di antichi tragici, scrisse il Giuseppe, o Sofamponea, ed il Cristo paziente stampate nel 1648 in Amsterdam.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca.
Per le commedie non v’ha tra tanti e tanti commedianti chi uscisse dalla mediocrità, ove se n’accettui il solo Moliere, che colse le palme prime, ed il Dancourt assai debole attore, che pur dee contarsi tra’ buoni autori; là dove contansi fuori della classe de’ commedianti di mestiere tanti stimabili scrittori comici, come Des Touches, Regnard, Du-Freny, Saint-Foi, Piron, Gresset e cento altri Qual commediante nelle Spagne (senza eccettuarne Lope de Rueda, che fu il Livio, Andronico di quella penisola) si è talmente accreditato che contar si possa tra’ migliori scrittori al pari del Vega, del Calderòn, del Moreto, del Solis, del Roxas, di Leandro, de Moratin?
Per conseguenza dove la natura non ha bisogno di supplemento, dov’ella ha in se stessa i gradi di attività necessari a produrre compiutamente il suo effetto, ivi l’artifizio non dee punto aver luogo. […] Ma si ricordi bene ch’essa appunto non dee far altro che riempiere il vuoto, vale a dire correggere, o aiutare, o perfezionar la compagna, non mai soppraffarla né opprimerla. […] [23] Dai principi accennati si ricava che il musico non dee ammetter in ogni luogo gli ornamenti, né in ogni luogo schivarli. […] Non dee il cantore frammetter gli ornamenti qualora l’andamento delle note nella composizione o la mossa degli strumenti è incitata e veloce. […] Le composizioni stesse dei primi maestri del nostro secolo sono oggi mai divenute anticaglie, non piacendo altro che lo stile dei moderni cantori, il quale nel giro di pochissimi anni dovrà cedere anch’esso ad un nuovo gusto che dee succedere sicuramente.
Quindi dee principalmente badare al collegamento ed unità dell’azione, e alla pompa del dialogo; qualità che apportano seco maggior unione nelle scene, più d’ornamento nei discorsi, e sviluppo più circostanziato nelle cose. […] Quindi dee render lo stile più lirico, frammetter gran illusione teatrale, sfuggire i nodi troppo complicati, troncar molte circostanze, passar insomma rapidamente da una situazione in un’altra, acciochè si renda più brillante e più viva l’azione. […] Una cosa che non dee tralasciarsi in favor suo, si è la preferenza che ha egli sul poeta francese nella parte più interessante di questo genere di poesia, qual è senza dubbio la composizione dell’aria. […] Per conseguenza Aristea dee fuggir parimente, ed esser trattenuta.) […] Siffatti ragionamenti, ammessi che fossero una volta, farebbero crollare quel buon senso e quella illuminata ragione che dee pur tutti guidare i lavori dell’ingegno.
[8] Allora si coltivò l’espressione anima e spirito dell’arte, la quale è alla musica ciò che l’eloquenza al discorso: s’imparò a subordinare l’una all’altre tutte le diverse e moltiplici parti che la compongono, e a dirigere il tutto verso il gran fine di dipingere e di commuovere; si studiò con maggior cura l’analogia, che dee sempre passare tra il senso delle parole e i suoni musicali, tra il ritmo poetico e la misura, tra gli affetti che esprimono i personaggi, e quelli che rende il compositore; si sminuirono considerabilmente le fughe, le contrafughe, i canoni, e gli altri lavori simili, i quali sebben provino, allorché sono eseguiti esattamente, la ricchezza della nostra armonia e l’abilità del maestro, nondimeno sogliono per lo più nuocere alla semplicità ed energia del sentimento. […] Niuno meglio di lui ha saputo ottenere i fini che dee proporsi un compositore; niuno ha fatto miglior uso del contrappunto, ove l’uopo lo richiedeva; niuno ha dato più calore e più vita ai duetti, questa parte così interessante della musica teatrale. […] [12] Se non che il miglioramento dell’arte del suono in Italia non dee tutto ripetersi dalle accennate cagioni ma dalle scuole eziandio che incominciarono a fiorire dopo la metà del passato secolo. […] Fu celebre maestro in Milano Francesco Brivio, e Francesco Redi in Firenze, che non dee confondersi coll’altro Redi parimenti Francesco, che tanti vantaggi ha recato alla sua lingua, alla poesia, e alla fisica. […] [24] Se non che non si dee credere che il buon gusto musicale quale è stato finora descritto, fosse così universale quanto a prima vista apparisce.
Lascio poi che l’istruzione morale che dee prefigersi un buon tragico non si scorge quale esser possa in tal tragedia. […] Dulcidio annunzia al figlio Aluro che dee morire essendo il di lui nome uscito dall’urna. […] Gareggiano su di ciò; ma tutto dee sospendersi, perchè Scipione viene a trattar di pace. […] Certo La-Motte non lo dee a veruno, nè gli fu sugerito dalla storia della Castro. […] Circa la lingua tutto si dee perdonare a uno straniero che si studia di coltivar quella del paese ove abita.
Il teatro che dee considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a quei mali, s’infervora, trascorre, e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa coll’esempio del resto della società.
Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ più grandi conquistatori, e tra’ principi magnanimi e prudenti.
Non dee averla nasale, perché facendosi una risuonanza troppo confusa nella cavità della bocca, e delle narici, il suono s’offusca, e l’accento perde molto della sua chiarezza. […] Ora l’origine del moderno italiano non dee tutta ripetersi dal latino parlare o dal settentrionale, ma dai rottami ancora della lingua italica primitiva anteriore alla latina, e che formavasi dai dialetti etrusco, indigene, osco, greco, sabino, e tant’altri usati dai rispettivi popoli che abitavano questi paesi. […] Allora il sembiante dell’italiano prende anima e vita: gli occhi, le mani, il portamento, tutto diviene eloquente: il suo linguaggio sentesi pieno d’interiezioni, d’esclamazioni, di suoni spiccati e sensibili: l’idioma degli accenti rinvigorisce quello delle parole, ed ecco il gran fonte onde scaturisce il modello, che il musico dee per ogni verso cercar d’imitare, e al quale la melodia è debitrice della sua possanza. […] Essa forse non sarebbe la più armoniosa, poiché la melodia per rendersi gradevole, dee non solamente esser dolce, ma esser ancora variata.
Ati recitata nel 1676 dee reputarsi una delle favole più interessanti del Quinault. […] Il drammatico sagace dee sempre ciò mitigare almeno con un sembra.
Ma questo vero indiscreto non si dee imitar sulla scena; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza del buffone, e perciò sembrando tal mescolanza sconvenevole nella conversazione dovrà, come in fatti avviene, dispiacere ancor nella scena, dove la natura dee comparire scelta e conveniente19.
Ati recitata nel 1676 dee reputarsi una delle favole più interessanti di Quinault. […] Il drammatico ciò dee sempre mitigare almeno con un sembra.
Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ grandi conquistatori e tra’ principi magnanimi e prudenti.
Dalla sola noja inseparabil compagna di tali disperati uniformi pantomimi, la quale, intepidito che sarà il furore della moda capricciosa, dee guarir l’Italia dell’umore anticomico del Lillo e dell’anglomania comico-lugubre francese.
Or perchè non dobbiamo impropriamente stendere il nome di opera sino a que’ drammi, ne’ quali soltanto i cori e qualche altro squarcio si cantavano, e molto meno a quelle poesie cantate che non erano drammatiche, ma unicamente attribuire il titolo di Opera que’ componimenti scenici, ne’ quali sarebbe un delitto contro il genere se la musica si fermasse talvolta dando luogo al nudo recitare: egli è manifesto che l’opera s’inventò nella fine del secolo XVI, e che si dee riconoscere come inventore dell’opera buffa l’autore dell’Anfiparnaso, e come primo poeta dell’opera seria o eroica il Rinuccini, e Giacomo Peri come primo maestro di musica che, secondochè ben disse sin dal 1762 l’Algarotti, con giusta ragione è da dirsi l’inventore del Recitativo . […] Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, potrebbe dirci il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senso, non dico in teatro, ma fuori ancora.
Ecco quello che dee piacere in ogni tempo; ecco il linguaggio che giugne al cuore, perchè dal cuor parte.» […] L’attore Favart dee contarsi tra’ più fecondi e piacevoli scrittori d’opere comiche e di vaudevilles. […] Ciascun atto ha una nuova decorazione e mutazione di scena; ma vi è l’inconveniente che in ognuno si cala il sipario, e l’uditorio dee attendere che si pianti con gran lentezza la scena.
Laonde a questi due dotti uomini dirozzati ed ammaestrati in Italia dee la Spagna tutto l’onore di aver da’ suoi cacciata l’ignoranza in cui erano immersi.
Il rinomato traduttore di Tito Livio, Giacomo Nardi, compose in versi di vario metro l’Amicizia, commedia che per le ragioni addotte da monsignor Fontanini dee essersi prodotta almeno nel 1494. […] Ecco ciò che ne dicono gli autori dell’Efemeridi letterarie di Roma, parlando delle poc’anzi citate memorie: «Il trasporto che l’duca di Ferrara Ercole d’Este ebbe per le lettere benché poco le conoscesse, il favore che dispensava ai dotti, l’introduzione, che a lui si dee, della scenica poesia, coltivata con splendide teatrali rappresentanze e le provvidenze ch’ebbe per mantenere nell’università il seme di abilissimi professori, mostrano in lui un talento uguale a coloro che stimò e favorì.»
Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette il Metastasio a, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze dell’unità del tempo. La guardia posta sulla cima di una torre a veder se risplenda la fiamma che dee di montagna in montagna da Troja ad Argo prevenire la venuta di Agamennone, scorge appena il fuoco e ne porta la notizia a Clitennestra, che il marito giugne quasi nel medesimo punto.
Questo esser dee l’uffizio della vera storia teatrale ragionata; e questo non sanno fare nè i plagiarj di mestiere quando copiano e furano a metà, nè gli apologisti preoccupati. […] Trattasi del tutto, di un figlio unico suo sostegno, perduto Ulisse; e che dee a lei importare l’origine della contesa in quel punto? È l’evento della pugna che dee occuparla tutta. […] Se ne dee pur lodare, oltre del pregio dell’ invenzione, quello di un ottimo oggetto morale, cioè di distruggere un colpevole pregiudizio che si occulta spesso sotto l’aspetto del dovere. […] È ciò in natura, si dirà colle parole del Voltaire; ma noi siamo persuasi che l’arte dee scegliere fra gli eventi naturali quelli che non distruggono un disegno dell’artista con un altro opposto.
La gran Semiramis a buona ragione non dee reputarsi una tragedia divisa in tre atti o giornate, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre favole separate.
Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo della gloria nell’olimpiade LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino poeta di stile austero, mordace e forte ne’ motteggi, dal quale si dee riconoscere il lustro di quel genere di commedia caustica e insolente chiamata Satirica e Antica.
Se però verso l’anno 1300 erano comuni in Italia tali divertimenti ne’ teatri di qualunque specie si fossero, non dee dirsi che essi cominciassero nel 1304 allorchè nella Toscana fecesi la festa, in cui s’imitava l’inferno co’ demoni e dannati che gridavanoc.
Se però verso l’anno 1300 erano comuni in Italia tali divertimenti ne’ teatri, di qualunque spezie si fussero, non dee dirsi che essi cominciassero nel 1304 allorchè nella Toscana fecesi la festa, in cui s’imitava l’inferno con i demonj e i dannati che gridavano28.
E nelle notizie che seguono l’Oracolo tradotto dal Cesarotti (Venezia, 1797) : A quel meraviglioso accoppiamento di comici pregi, che forma nella signora Anna Fiorilli-Pellandi il prodigio della declamazione scenica, dee unicamente l’Italia la presente egregia traduzione che col nostro mezzo comparisce ora la prima volta alle stampe.
Ma questa censura avrà ben poco peso per chi rifletta che don Pietro è un marito per ipotesi del poeta tuttavia fervido amante, il quale gode fra mille pericoli e sospetti il possesso dell’amata, ciò che dee mantenere sempre viva la sua fiamma. […] La di lui candidezza che tutto confessa, dee almeno toglierle la sicurezza che esige la vendetta; tanto più che non si tratta solo di trucidare un innocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece dell’uccisore del figlio. […] Nino l’accusa e vuol vendetta ed invita il figlio alla sua tomba; or questi dee saper qual sarà la vittima. […] Io t’amo (risponde) ciò dee bastarti. […] Vedi un frammento di una di lui lettera sulla considerazione che si dee à Letterati.
Il terror tragico dee prodursi per questo assassinamento ad oggetto di purgar le passioni smoderate di chi ascolta, e di rendere detestabili gli atroci delitti di sì malvagia donna. La compassione dee tutta eccitarsi pel gran marito che pieno di sincera tenerezza per la moglie arriva nella sua reggia, e proditoriamente per mano della rea consorte cade sul letto maritale. […] Alcuna tralle commedie del Federici dee riconoscersi per totalmente tragica, come lo Schiavo già nominata, in cui si trovano varj intoppi nella traccia, ne’ caratteri, e ne’ disegni. […] Singolarmente dee notarvisi il decoro conservato ne’ caratteri di Ercole e Dejanira, il patetico delle situazioni, e la convenienza dello stile alla scena. […] e. esprimersi con calore il pensiero che dee occupare Adelvolto di aver egli formata l’infelicità d’Elfrida: poteva ella corrispondere riflettendo di aver ella coll’infausta sua beltà ridotto a quel punto l’amante.
“E siam d’accordo (soggiugne nella Sessione I.) che un tal viluppo ha il suo pregio intero nelle Commedie . . . . ma non l’ha nelle Tragedie, il cui viluppo dee esser semplice, e naturale...
[26] Parte principalissima della musica drammatica è l’aria, che non si dee sotto silenzio trapassare. […] [28] Facendo adunque la distribuzione di laude che a ciascun s’appartiene nell’invenzione dell’opera seria, si vede che dee la città di Firenze il vanto riportarne principalmente, che Giovanni Bardi e Jacopo Corsi furono i mecenati, Girolamo Mei e Vincenzo Galilei i precursori nella parte teorica, e nell’arte d’intavolar le melodie Emilio del Cavalieri il primo, che da lontano adittò agli altri la strada, Giulio Caccini e Jacopo Peri nella esecuzione, ma che deesi principalmente l’elogio al Rinuccini, il quale coll’armonia e bellezza de’ suoi versi mirabilmente adattati alle mire dei compagni, e più colla sua autorità, collo studio degli antichi e colla dipendenza in cui teneva gli altri, si fece il ritrovatore d’un nuovo genere che tanto lustro ha recato alla poesia, alla musica e alla sua nazione. […] L’autore fu un modenese che fece la musica e la poesia, chiamato Orazio Vecchi, il quale non si dee confondere con Orfeo Vecchi, musico e maestro di Cappella nel medesimo secolo.
Nò , dice, l’ucciderò quando tripudii, gozzovigli, giuochi, bestemmi, o dorma ubriaco, affinchè l’anima sua rimanga nera e maledetta come l’inferno che dee ingojarla. […] Ma questo vero indiscreto non dee sulla scena imitarsi; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza del buffone, e perciò, sembrando tal mescolanza sconvenevole nella conversazione, dovrà come in fatti avviene, dispiacere ancor nella scena, dove la natura dee comparire scelta e conveniente b.
Il poeta drammatico non dee spacciar troppe massime. […] Ma il poeta non dee consumare nel recitativo gli estremi sforzi della passione. […] Egli dee proferir netto e intieramente tutte le parole, e non cavarle scodate e languide, com’è pur vezzo di molti. […] Senza che ogni altra ragione dee cedere a quella della publica costumatezza. […] Breve, il poeta drammatico non dee metter la morale in precetti ma in azione.
Né si dee far menzione di quella spezie di melodia o sensazione aggradevole prodotta da qualunque vibrazione sonora, e che fatta per lusingare unicamente l’orecchio va disgiunta da ogni idea d’imitazione. […] In primo, luogo dee ricondur sulle scene quel maraviglioso d’immaginazione, quel macchinismo arbitrario che siede benissimo in un poema narrativo qual è l’epopea, ma che distrugge affatto e perverte, secondo che pensa con molta ragione Aristotile 155, i poemi drammatici. […] Né si dee credere che finite appena le nozze avesse egli introdotto il padre ragunando le cinquanta figlie nel tempio di Nemesi, e consigliando loro l’uccisione degli sposi senza che questi maravigliati della improvvisa lontananza in un giorno di sposalizio ne facessero qualche ricerca col fine di penetrare l’arcano, e senza che le novelle spose mostrassero la menoma renitenza ai barbari comandi del padre. […] «Ho sentito dire altresì che il ridicolo comico dev’essere cavato dalla esperienza non tratto dalla fantasia, che si devono studiare profondamente gli uomini prima d’esporli sul teatro, che le debolezze di temperamento non i vizi di riflessione, i difetti nati da una stranezza di pensare innocente non i delitti odiosi e nocivi sono la materia propria della scena comica, che questa materia dee rappresentarsi abbellita da un colore alquanto caricato e forte ma non esagerato, con cert’altre filastrocche che voi altri autori dite esservi state prescritte dal buon senso.
Il celebre quanto infelice gran poeta portoghese Luigi Camoens autore del poema epico Las Luisiadas composto nelle Indie, perfezionato in Europa quando vi fece ritorno nel 1569, e pubblicato sette anni prima della di lui morte dopo aver menato una vita da mendico sotto gli occhi del sovrano cui avea servito colla penna e colla spada; Camoens, dico, dee contarsi tra’ benemeriti del patrio teatro pel suo Anfitrione tratto da Plauto, di cui ritiene molte grazie, e per un’altra picciola farsa che leggesi nelle di lui opere. […] Gli argomenti sono di quel genere che dee bandirsi da ogni teatro culto. […] Laonde a questi due dotti uomini dirozzati ed ammaestrati in Italia dee la Spagna tutto l’onore di aver da’ suoi cacciata l’ignoranza in cui erano immersi. […] Un’ Accademia composta di Spagnuoli non dee chiamarsi Spagnuola? […] Non dee tenersi per fondamento di esserne autore lo stesso Cervantes solo perchè lo nominò, potendo anche esser componimento di un altro, e forse del medesimo Lope, ed averlo Cervantes nominato come assai noto; la qual cosa ha sovente praticato in quell’opera piacevolissima parlando or della storia di Melisenda, or di Belianis, or di altro. 3.
E lasciando a parte i rimproveri della propria coscienza, e il deterioramento della riputazione presso il pubblico, si dee poi riflettere, che parlando in tempo, che gli avversarj vivono, e mangiano, e beono, e agiscono, essi per diritto di difesa non ometteranno di notare le vostre petizioni di principj, ignorazioni dell’elenco, i circoli viziosi, le anfibologie, e in oltre i fatti soppressi, i passi degli Autori stiracchiati, le congetture sofistiche, e allora il credito va tutto in fumo, e cadono al piano le apologie, e gli Apologisti. […] Da questo esempio in somma si vuol dedurre, che il buono Apologista dee favoreggiar la Patria nella Buona Causa, in vece di ostentare nelle incertezze, e ne’ punti svantaggiosi un trionfo chimerico col vano suono delle parole.
a Venne poi l’Orfeo del Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra noi composta in volgare con qualche idea di regolare azione. […] Ma quest’uomo insigne in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di lug’io del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel Codice Veranensis in vece di Vezanensis,siccome dee leggersi per quel che appare da una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinal Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
Venne poi l’Orfeo del Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra noi composta in volgare con qualche idea di regolata azione. […] Ma questo insigne istorico in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di luglio del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel codice Veranensis in vece di Vezanensis, siccome dee leggersi per quel che si vede in una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinale Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
Molto meno dee egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ tragici latini e nella scarsezza di sublimità; perchè dalle ultime favole moderne risalendo sino ai cori di Bacco in Icaria, non so quante tragedie potrebbero ostentarsi come perfette, grandiloquenti e prive di ogni taccia.
Non siamo stati avari delle nostre lodi al componimento di questo illustre Poeta: perchè non le picciole macchie, ma la massa intera del loro luminoso merito poetico dee tenersi avanti gli occhi nel ricordare i trapassati valentuomini.
Pur non dubitiamo d’affermare che l’Italia soffre tanta penuria di valenti comici, ch’ ella dee della morte del Blanes, come di non lieve perdita, dolersi.
Questo esser dee l’uffizio della vera storia teatrale ragionata ; e questo non sanno fare, nè i plagiarii di mestiere quando copiano o furano a mettà, nè gli apologisti preoccupati. […] Oltre a ciò gli eventi si enunciano con certa uniformità che dee ristuccare nella rappresentazione. […] Trattasi del tutto, di un figlio unico suo sostegno, perduto Ulisse ; e che dee a lei importare l’origine della contesa in quel punto ? E l’evento della pugna che dee occuparla tutta. […] In procinto di restare ucciso è salvato da un guerriero ignoto ; ne cerca contezza, e trova che dee la propria vita alla grata virtuosa Ormesinda, la quale gli è condotta innanzi mortalmente ferita.
Soggiugne a ciò l’erudito Brumoy: l’autore dee mai mostrarsi inteso di parlare in versi? […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contradire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Non dee lo spettatore affaticarsi, non esercitare il suo ingegno. Il dolore nella natura si abbandona a se stesso e non ha più forza; e lo stesso dee seguire nelle opere del l’arte emule di quelle della natura.»
Ma quest’ultima censura avrà poco peso per chi rifletta che Don Pietro è un marito per ipotesi del poeta tuttavia fervido amante, il quale gode fra mille pericoli e sospetti il possesso dell’amata, ciò che dee mantener sempre viva la sua fiamma. […] La di lui candidezza che tutto confessa, dee almeno toglierle la sicurezza che esige la vendetta; tanto più che non si tratta solo di trucidare un innocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece del suo uccisore. […] Si dice, è vero, Au sacrificateur on cache la victime, ma intanto Ninia sa che la Madre è la rea, Nino l’accusa e vuol vendetta, ed invita il figlio alla sua tomba; or questi dee sapere qual sarà la vittima. […] V. un frammento di una di lui lettera sulla considerazione che si dee a’ letterati.
che è contraddetta dal parlare in versi, dal linguaggio comune a tutti, dalla conoscenza degli attori; e che per conseguenza lo spettatore non la troverebbe sì viva e naturale, se non considerasse, che a quella cosa non dee badare? […] Voi però affermate, che sendo tale non dee, nè può produrla. […] Ciò si nega, di ciò appunto si questiona: che se non mostrate il modo di superare gl’inconvenienti in parte dal Signor Iriarte, e da me sopraccennati, la rappresentazione dee sempre essere imperfetta, e rimarrà sempre all’Uditorio qualche cosa da supplire per passare il tempo senza noja. = Dove essa (vostre parole ancora) è un ammasso d’inverisimili, non sarà convenzione, che basti a produrla =.
E di ciò contento, non si sovviene della musica, Lo spettatore ch’é sul fatto, se ne sovviene, ma non altrimenti che sovviene del verso, del musico, delle gioie false, delle scene dipinte, e dice a se stesso, il poeta fa parlare Aquilio come si dee, come richiedesi al di lui stato? […] Ma se non si dee cantar quest’immagine piena d’affetti vigorosi, e attivi, ch’egli chiama massima fredda, tuttoché io sappia che i greci animavano colla musica tutte le parole d’una tragedia, domando al signor Sulzer, quali sono le cose che si possono cantare senza offender la ragione, non dico in teatro, ma fuori ancora? […] Sulzer taccia a torto e inurbanamente di puerilità un grand’uomo, cui tanto dee il teatro musicale, egli poi non ha totalmente torto quando afferma che l’opera merita esser riformata; e tengo anch’io per fermo, (e ciò non pregiudicherà mai alla gloria immortale del gran poeta cesareo) che si fatto dramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma, come di proposito ho trattato nel mio Sistema drammatico inedito.
Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette Metastasio53, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze del tempo. […] Soggiugne a ciò l’erudito Brumoy: l’autore dee mai mostrarsi inteso di parlare in versi? […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contraddire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Non dee lo spettatore affaticarsi, non esercitare il suo ingegno. Il dolore nella natura si abbandona a se stesso e non ha più forza, e lo stesso dee seguire nelle opere dell’arte emule di quelle della natura”.
Certo è che anche Luigi Racine disapprovò quegli amori episodici, e disse del padre, che “dovea esser meno compiacente pel di lui secolo, e non introdurre un amor galante in un argomento in cui l’ amor tragico dee regnar solo”. […] Cornelio non mai se ne valse come oggetto principale; e fu Racine il primo a introdurlo nella tragedia con decenza e delicatezza; e quindi dee dirsi che da lui cominciasse la scena tragica ad avere un carattere tutto suo.
I Greci non cadevano in tale inverisimiglianza pel coro fisso; ma Liveri privo di simil presidio introduceva i suoi personaggi a favellare senza rendere le strade solitarie, la qual cosa dee osservarsi nella lettura di esse colla descrizione della scena. […] O perchè maggior difficoltà s’incontra in iscerre i tratti più espressivi dal vastissimo campo della natura, come dee fare il comico, che in calcare le orme del picciol numero de’ buoni scrittori che il tragico prende a modelli?
Egli esser dee puro cinico di setta: pochi mobili a lui bastano, un vaso, una stregghia, un orinale, un pajo di zoccoli, un pallio e un picciolo borsotto da guardare alcuna coserella per divertirsi mentre sta in casa; questo è quanto può possedere un buon parassito. […] Saturione si rattrista al’ vedere andare in fumo il banchetto, se dee dipendere da questo intrigo. […] Vanne dunque in casa, previeni la giovane, instruiscila di quanto dee dire, di chi si abbia a chiamar figlia, da chi debba favoleggiare di essere stata rapita, in qual guisa figurarsi nata lungi da Atene, come piangere al ricordarsi della patria e de’ parenti. […] Prendi anche un vestito per mascherar colui che dee fingersi forestiere e vendere tua figlia. […] Oltre a ciò per procurargli quaranta mine che dee a un usurajo per aver comprata un’ altra donna, fa sì che lo stesso Perifane compri un’ altra cantatrice, che per altro è libera, dandogli speranza che non mancherebbe di esser ricomprata da un soldato che l’ ama.
Al medesimo Capo ed articolo, pag. 72, lin. 7, dopo le parole, se non che il proprio autore, dee cangiarsi ciò che segue nell’opera ne’ diciotto versi, e scrivervisi la presente addizione.
Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
E se non ci appare artista completo, ciò si dee forse a una recitazione affaticata, direi quasi ansimata, e a un’andatura curiosa in certi inceppamenti, che lo rendono monotono tal volta.
Il cavaliere Giambatista della Porta diede alla luce il suo Ulisse nel 1614, nella quale dee lodarsi la scelta del protagonista, la naturalezza, la regolarità ed il patetico, sebbene non possa paragonarsi nell’eleganza dello stile e nell’armonia della versificazione co’ Torrismondi e colle Semiramidi. […] Non dee omettersi però, che per l’economia della favola la vittoria par che sia del Dottori.
Ma ciò dee privarlo del l’onore di essere stato uno de’ primi viaggiatori in quei paesi?
Ma ciò dee privarlo dell’onore di essere stato uno de’ primi viaggiatori in quei paesi?
La qual meraviglia tanto dee crescere maggiormente quanto che la sfoggiata ricchezza della nostra colla povertà paragonata di quella dovea renderci superiori in cotal genere. […] Quali sono le dee che presiedono a quest’arte? […] Ma le passioni degli uomini e la maniera d’esprimerle si vanno cambiando in un popolo a misura che va egli passando dallo stato di rozzezza a quello d’una progressiva coltura; lo strumento adunque destinato a rappresentar le passioni dee per conseguenza rappresentare i suddetti cangiamenti. […] E che nelle arie stesse dove il riposo della voce sulle rispettive vocali è più durevole, e più facilmente possono accomodarsi le note, troppo è grande tuttavia l’incertezza del compositore nel numero delle note che a ciascuna sillaba dee corrispondere, e nei tempi che debbono impiegarsi nel proferirle?
É ciò in natura, si risponderà col Voltaire ; ma noi sostenghiamo che l’arte sceglier dee fra gli eventi naturali quelli che non distruggono il disegno dell’artista con un altro opposto. Nulla dico del dramma Nancy che non ho mai potuto vedere ; e solo da’ fogli periodici ricavo che esser dee una vera tragedia cittadina che forse non degenera in commedia lagrimante. […] Tra le commedie di carattere dee contarsi come buona. […] Ma in certi drammi suppongono gli autori un patto tacito, per cui si accorda che un innocente accusato dee tenersi per colpevole, per andare avanti. […] Or non son questi gli esemplari che dee raccomandare il gusto ?
Egli esser dee puro cinico di setta; pochi mobili a lui bastano: un vaso, una stregghia, un orinale, un pajo di zoccoli, un pallio e un picciolo borsotto da guardare alcuna coserella per divertirsi mentre stà in casa; questo è quanto può possedere un buon parassito. […] Saturione si rattrista al vedere andare in fummo il banchetto, se dee dipendere da questo intrigo. […] Vanne dunque in casa, previeni la giovane, istruiscila di quanto dee dire, di chi si abbia a chiamar figliuola, da chi debba favoleggiare di essere stata rapita, in qual guisa figurarsi nata non lungi da Atene, come piangere al ricordarsi della patria e de’ parenti. […] Prendi anche un vestito per mascherar colui che dee fingersi forestiere e vendere tua figlia. […] Oltre a ciò per procurargli quaranta mine che dee a un usurajo per aver comprata un’altra donna fa si che lo stesso Perifane compri un’altra cantatrice, che per altro è libera, dandogli speranza che non mancherebbe di esser ricomprata da un soldato che l’ama.
Il cavaliere Giambatista della Porta diede alla luce il suo Ulisse nel 1614, nella quale dee lodarsi la scelta del protagonista, la naturalezza, la regolarità ed il patetico, sebbene non possa paragonarsi nell’eloquenza dello stile e nell’armonia della versificazione col Torrismondo e colla Semiramide. […] Non dee omettersi però, che per l’economia della favola la vittoria par che rimanga al Dottori.
Certo è che anche Luigi Racine disapprovò quegli amori episodici, e disse del padre che « doveva esser meno compiacente pel di lui secolo, e non introdurre un amor galante in un argomento in cui l’amor tragico dee regnar solo ». […] Pietro Cornelio non mai se ne valse come oggetto principale, e Racine fu il primo a introdurlo nella tragedia con decenza e delicatezza; per la qual cosa dee dirsi che da lui cominciasse la scena tragica ad avere un carattere tutto suo.
Lo sfidatore dee dire al chiamato, sei un traditore, e ’l disfidato rispondere, tu ne menti; e questa disfida dee farsi per corte e alla presenza del re.
Anzi per ciò che si osserva nel parlarsi di una delle di lui commedie smarrite intitolata il Cocalo, da essa dee prendersi la vera sorgente ed il modello della commedia nuovaa.
Il leggitore, che conosce tali tragedie, rimane sorpreso al veder nella dissertazione del signor Mattei tutte l’idee naturali scompigliate per lo prurito di dir cose nuove, le quali in fine si risolvono in nulla22; e chi non conosce le greche tragedie, dee sulle di lui parole concepirne un’immagine totalmente aliena dalla verità, e credere che le patetiche declamazioni in Eschilo preparavano il ballo serio, come i discorsi di Tancia e Lisinga in Metastasio introducono al ballo cinese. […] Brumoy soggiugne: «l’attore dee mai mostrarsi inteso di parlare in versi»? […] L’espressione dunque d’Ifigenia non dee tradursi letteralmente per l’istessa misura de’ versi, ma sì bene per lo medesimo lamento, e così fece il Dolce: Madre, misera madre, Posciaché questa voce Di misero e infelice Ad ambedue conviene, ec. […] Nell’Alceste che si offre vittima volontaria alla morte in cambio di Admeto suo Marito, dagli stupidi ammiratori de’ moderni dee leggersi attentamente l’atto II per apprendere l’arte di distinguere la natura con verità ed energia29.
Io credo il pubblico ; il quale, o genialità o realità, dee volere soprattutto dell’arte pura.
La gioventù dee però esser prevenuta che Gongora non manca di merito in altri generi. […] Sdegna il conte di fuggire, getta la chiave nel fiume sottoposto alla finestra della prigione, e le dice che se non vuol essere ingrata, dee cercar nuova guisa di soddisfare al suo debito. […] Ciascuna parola di questi quattro versi dee servire per prima parola di ogni verso del discorso generale indirizzato a tutti gli altri; di maniera che ciascuno di questi versi fornisce le quattro prime parole de’ quattro versi del sentimento che si dirige agli astanti. […] Sarebbe incessantemente da inculcarsi a’ poeti scenici, che il diletto non mai dee andar disgiunto dall’insegnamento. […] Non dee, però dissimularsi che nè gl’Impegni in sei ore, nè la Confusione di un Giardino ho mai veduto rappresentare in Madrid nella mia ben lunga dimora.
Si osservi che il poeta nell’atto quinto fa che Bacchide entri in casa di Mirrina, e narri ed ascolti più cose, e ne avvenga la felice riconoscenza dell’anello, e che indi n’esca; ma intanto non si sono recitati che foli dodici versi, ne’ quali dee supporsi trascorso il tempo richiesto al congresso di Bacchide in quella casa. […] Panfilo sempre più si attrista, che se prima di esser nato il bambino poteva esitare intorno al riprendersi la moglie, e nel caso di riprenderla poteva esporre il bambino, e seppellire nell’obblìo l’accaduto, oggi però che è palese ch’ella abbia partorito, non dee riceverla, o nel riceverla dee riconoscere per suo un bambino che di lui non nacque: Etsi jamdudum fuerat ambiguum hoc mihi, Nunc non est, cum eam consequitur alienus puer. […] A suo credere l’atto I non dee terminare colle parole di Taide, Concedam hinc intro, atque expectabo dum venit.
Lo sfidatore dee dire al chiamato, sei un traditore; e il disfidato rispondere, tu ne menti; e questa disfida dee farsi per corte nella presenza del re.
Ma tutto oggi dee sacrificarsi a’ ballerini. […] Ma se le grazie incantatrici di questa grand’arte ti lasciano in calma, se non hai nè delirio nè trasporto, se in ciò che dee rapirti, tu non trovi che del bello, osi tu domandare che cosa è Genio?
Sommario Di che qualita si dee elegere la comedia da recitarsi — Cauar le parti — Informar tutti del soggetto — Elettione de recitanti — Pronuncia de recitanti — Dispositione — Bona uoce nel recitare — Delle preferenze de recitanti — Documenti de recitanti — Dir forte — Dir adagio — Che il recitare non sia spezzato — Efficaci affetti de recitanti — Il recitante suegliato — Delle comedie mute — Mouimenti de’ recitanti — Modo del uestire — Vestir nobilmente — Variare gli habiti de recitanti — Colori de gli habiti — Habiti barbari piu uaghi in scena — Habiti delle tragedie — Habiti pastorali — Habiti de le Nimphe — Auertimento prima che si mandi fuori il prologo — Ordine o norma per mandar fuori i recitanti — Prima che si mandi giù la tela — Qualita de prologhi — Voltar sempre la faccia a lo spettatore — Non caminar parlando — Con chi ragiona il prologo — Delli intermedij ordinarij. […] Ma a questa corporale eloquenza [quantunque sia parte importantissima , talmente che è chiamata da molti l’ anima de l’ oratione, la qual consiste nella degnita de i mouimenti del capo, del uolto, degli occhi, e delle mani, e di tutto il corpo] non si potendo assegnare regola particolare, dirò solo, generalmente parlando, che il recitante dee sempre portar la persona suelta, Et le membra sciolte, et non annodate et intere. […] Ne lodo io, che uadi mutando loco ; ma che con grauità si fermi a recitare, e se pur haurà da mouersi ; da un proposito all’ altro, puo far un passo solo, o due, ma graui, senza però uoltar mai le schiene a gl’ uditori. et non essendo hora fuor di proposito al tutto, dirò per regola generale, cosi a tutti i recitanti come al prologo, et all’ argomento ; che mai non bisogna Voltar le spalle a spettatori, et che sempre è bene il ridursi a ragionare piu in mezo, et piu in ripa al proscenio, che sia possibile, si per accostarsi il più che si può a gl’ uditori ; come per iscostarsi quanto piu sia possibile dalle prospettiue della scena, poi che accostandolisi perdono del lor naturale, et il molto discostarsene par però poco a i ueditori ; come benissimo la esperienza ci mostra. et generalmente dico ancora, che mentre si parla ; non si dee mai caminare, se gran necessità non ce ne sforza.
Furono poi maggiormente promosse sotto la regenza di Caterina de’ Medici, la quale chiamò musici e suonatori italiani per rallegrare con balli, mascherate e festini la corte, ove gran nome s’acquistò il Baltassarini conosciuto dai Francesi col nome di Beaujoieux colle sue leggiadrissime invenzioni, onde ottenne l’impiego di cameriere della regina, e in seguito di Arrigo Terzo. né dee tralasciarsi Ottavio Rinuccini inventore del dramma in Italia, il quale allorché accompagnò la regina Maria de’ Medici, di cui ne fu perdutamente innamorato, col titolo di gentiluomo, il gusto delle cose musicali grandemente promosse.
Laonde a questi due dotti uomini, che furono dirozzati e ammaestrati in Italia, dee la Spagna tutto l’onore di aver da’ suoi cacciata la crassa ignoranza, in cui erano miserabilmente immersi.
È il poeta, è l’autore che col suo fuoco ispira l’anima nella sua favola; è quest’anima questo fuoco che dee passare agli attori e rendergli grandi ed originali; è Moliere che forma i Baron; è Voltaire che produce le Clairon.
Si osservi che il Poeta nell’atto V fa che Bacchide entri in casa di Mirrina, e narri ed ascolti più cose, e ne avvenga la felice riconoscenza del l’anello, e che indi n’esca; ma intanto si sono recitati soli dodici versi, ne’ quali dee supporsi trascorso il tempo richiesto al congresso di Bacchide in quella casa. […] Pamfilo sempre più si attrista, che se prima di esser nato il bambino poteva esitare intorno a riprendersi la moglie, e nel caso di riprenderla poteva esporre il bambino, e seppellire nell’obblio l’accaduto, oggi però che è palese che ella abbia partorito, non dee riceverla, o nel riceverla dee riconoscere per suo un bambino che di lui non nacque: Etsi jamdudum fuerat ambiguum hoc mihi, Nunc non est, cum eam consequitur alienus puer. […] A suo credere l’atto I non dee terminare colle parole di Taide, Concedam hinc intro, atque expectabo dum venit .
Si sono finora limitati gli uomini ad insegnarci l’accozzamento de’ suoni, a ordinar de’ concerti, a conoscere i moti e le misure anzi che a darci a divedere le differenti energie di essa, a indicarci le forme particolari, alle quali la musica deve la sua possanza di commovere, e di dipingere, e ad illuminarci finalmente intorno all’uso che di tali forme dee fare chiunque voglia ottenere il suo intento. […] La mancanza di questo induce dell’imbarazzo, e del disordine in tutte le parti, e per esso nella musica lo spirito gode del canto presente di quello che lo ha preceduto, e si accorge in certa guisa del canto che dee venire in appresso.
I pag. 266 seqq. e ne’ tre Secoli letterari de’ francesi238, perché il tenero dee far molti passi prima di pervenire al tragico, e la commedia può bene aver le sue lagrime senza cangiar natura. […] Difetto é quello veramente da non perdonarsi a un attore, il quale non dee pensar né a se stesso, né al poeta, né allo spettatore, ma unicamente all’affetto ch’esprime e al personaggio che imita.
[2.3] Tra le disconvenienze della odierna musica dee notarsi in primo luogo ciò che la prima cosa salta, per cosi dire, agli orecchi nell’apertura stessa dell’opera, o vogliam dire nella sinfonia.
Egli dee piuttosto chiamarsi un uomo di talento che un uomo di genio, e tra i componimenti suoi e quelli del Metastasio passa a un dippresso la medesima differenza che passerebbe tra amena e frondosa valle veduta al languido lume della luna e questa stessa rischiarata da’ raggi del sole nel più puro mattino di maggio.
Ma tacciano le autorità, e mi dica il Signor Lampillas, se dee valere il giudizio del Varchi contro l’umana sensibilità?
Un paese sì vasto popolato e diviso in varii potentati, e dedito nel secolo XVIII a coltivar con tanto ardore la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero, e per magnificenza convenienti al lustro di ciascuna città di primo ordine.
Un paese sì vasto, sì popolato, sì diviso in varj principati, sì dedito in questo secolo a coltivare la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero e per magnificenza conveniente al lustro di ciascuna città.
La risoluzione del Duca parve davvero cruda e irrevocabile, se dee giudicarsi dagli strisciamenti e dalle lacrime in ispecial modo della Antonazzoni.
I ciò che Rachele risponde al padre che vuol suggerirle quel che dee dire al re. […] Ciascuna parola di questi quattro versi dee servire per prima parola di ogni verso del discorso generale indirizzato a tutti gli altri, di maniera che ciascuno di questi versi fornisce le quattro prime parole de’ quattro versi del sentimento che si dirigge agli astanti. […] Non dee però dissimularsi che nè gl’ Impegni in sei ore, nè la Confusione d’un Giardino ho veduto rappresentar mai in Madrid nella mia lunga dimora. […] La gioventù dee però essere informata che Gongora non manca di merito in altri generi.
Dunque a Silvio Stampiglia, e non allo Zeno, come asserisce nel trattato della musica il signor Eximeno, si dee con più ragione attribuire il costume osservato poi costantemente nello scioglimento de’ drammi musicali di far mutare di sinistra in prospera la fortuna dell’eroe. […] Ella dee, come tutte le arti, la sua origine al bisogno, e quello bisogno fu il piacere.
Un personaggio comico (ben diceva il sign. di Voltaire) non dee studiarsi di mostrarsi spiritoso; e bisogna che sia piacevole a suo dispetto, e senza avvedersi di esserlo». […] Tralle scene bene scritte dee contarsi la quarta dell’atto IV in cui Aristo (personaggio virtuoso copiato dal Cleante del Tartuffo) volendo distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone entra a dipingere i malvagi culti che si arrogano il diritto di dare il tono negli spettacoli, e quei che prendono l’aria beffarda, e quelli che affettano di parer gravi e laconici.
Or quello che i Greci profferivano ne’ tempi della loro maggior coltura, nè già nel solo teatro, ma dove gravemente decidevasi del destino della patria, ci dee far risalire sino al tempo eroico di Achille e di Ajace, e guarirci dal pregiudizio di giudicare dal decoro osservato ne’ moderni tempi di quello che convenisse a’ tragici Greci nel copiare Teseo ed Agamennone.
No, dice; l’ucciderò quando gozzovigli, giuochi, bestemmi, e dorma ubbriaco, affinche l’anima sua rimanga nera e maladetta come l’inferno che dee accoglierlo.
Ogni atto presenta un punto importante dell’azione; le situazioni sono patetiche senza languidezza e senza esagerazione; lo stile è appassionato, naturale, e molte volte energico; gli accidenti dall’intervallo dell’atto quarto per tutto il quinto sembrano troppo accumulati riguardo al tempo della rappresentazione, ma a giustificarne la verisimiglianza non mancano esempj nella storia, e molto meno dee contrastarsi al poeta la facoltà di fingerne, purchè ne faccia risultare il diletto dell’uditorio, ed il trionfo della virtù, come appunto avviene nel Gustavo.