Innamoratasi perdutamente dell’Asprucci, prima ancora di darsi all’arte, sol per averlo sentito recitare, e da lui corrisposta, fu a un punto di morire, per non avere il padre suo assentito sulle prime a quelle nozze, schiavo piuttosto di un antico pregiudizio….
Neri nel Fanfulla della Domenica (4 aprile 1886), per avere licenza di recitare colà per tre mesi le loro honeste Comedie, sottoscritta dalla Piissimi, dal Pilastri, dallo Zenari, dal Pelesini, dal Capitan Cardone, dal Fabri, dal Salimbeni, dal Panzanini, e dal nostro che firmò : Io Giovanni Balestri affermo ut supra.
Nato a Livorno il 21 agosto del 1844, dopo di avere studiato tra’filodrammatici sotto la direzione di Vittorio Benedetti, esordì come secondo caratterista nella Compagnia di Ciotti, Marchi e Lavaggi, dalla quale passò, dopo un solo anno, in quella N.º 1 di Bellotti-Bon, sotto l’artista Antonio Zerri, poi in quella che lo stesso Zerri formò in società con Lavaggi.
Perduto ogni suo avere, indebitato sino alla punta de’capelli, dovè smettere ogni altra speculazione, passando dalla compagnia propria a società di maggiore o minor conto, in sino a che, vecchio omai, e senza più una via a guadagnarsi onoratamente il pane, ricoverato dal genero Giuseppe Guagni, morì a Firenze verso il 1850.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Uscita di convento, ad onta della singolar squisitezza di educazione, si innamorò di un giovine scavezzacollo, il quale, chiestala in moglie e non ottenutala, seppe con tali arti circuirla, che la indusse a fuggir da la casa paterna, e a recarsi con lui a Venezia, ov’egli la sposò, colla certezza di avere, a fatto compiuto, il perdono del padre.
Osteggiato da' parenti, dovè, per darsi con tutto l’amore.all’arte drammatica, aspettare l’età maggiore ; giunta la quale, infatti, e realizzato dai parenti tutori ogni suo avere, si scritturò subito con Marta Coleoni, passando poi, attore ammiratissimo, con Goldoni, Perotti, ecc.
Si fece allora conduttor di compagnia, ma con niuna fortuna ; e in breve, consumato ogni suo avere, si trovò costretto a ramingar con piccole compagnie in piccole città, fino a'dì d’oggi, in cui ha la triste ventura di sollazzar la gente con qualche buffonata dalla minuscola scena di un caffè concerto.
[6.4] Ma perché gli uomini vanno generalmente presi a ciò che ha del grande e del magnifico, hanno pensato a un modo di avere il teatro oltre misura grande e a potervi, ciò non ostante, comodamente udire. […] Avendosi, secondo le leggi architettoniche, a dare agli ordini di sopra più di sveltezza che a quelli da basso, vengono i palchetti ad avere differenti altezze. […] E di fatto, se in niuna fabbrica poco ci ha da avere del massiccio e del solido, se l’architettura all’incontro ha da esser quasi tutta permeabile, quella dello interno del teatro è pur dessa. […] E per questo particolare, singolarmente mirabile è il teatro di Fano disegnato da Iacopo Torelli, il quale, dopo avere nella trascorsa età passato molti anni a’ servigi di Francia, ne volle nobilitare la patria sua.
L’avolo suo, di Lipsia, si chiamava Calemberg ; ma quando Antonio, dopo di avere studiato quattro anni a Roma, fu chiamato dall’arcivescovo di Ferrara per alcuni lavori in chiese ed in conventi, finì collo stabilirvisi, mutando il nome tedesco in quello italiano di Colomberghi.
Passò poi con Onofrio Paganini, e recitava il 1748 al Teatro degli Obizzi in Padova, ove s’acquistò molta lode, specialmente per una sua commedia intitolata Il Par onzino, in cui produsse una difesa dell’arte comica dettatagli dal Paganini, che terminava col seguente SONETTO Aver in finto oprar pompe d’onore, mostrar ne' scherzi sollevati ingegni, mover tutti gli affetti in un sol core, passar dal genio a provocar gli sdegni : Eccitar in un punto odio ed amore, di politica idea mostrar gl’impegni, esser scuola di speme, e di timore, aprir ad ogni mente alti disegni : Sollevar con virtù gli spirti oppressi, rinovar con piacer le altrui memorie, i fasti rammentar de' Numi istessi : I giorni degli Eroi colle vittorie in un fascio di scene avere annessi della comica azion tutte son glorie.
Francesco Bartoli ci lasciò di lei il seguente ritratto : Sortì dalla natura i più bei doni, che mai potesse avere una giovane attrice.
Si crede che il Conte d’Egmont, colonnello dei dragoni e uno dei più amabili signori della Corte, morisse a cagione della vita sregolata condotta con lei ; e che il signor Le Féron, ufficiale delle guardie, con lei finisse ogni suo avere.
Esordì nell’arte comica in Compagnia di Antonio Sacco, e fu noto sotto il nome di Menghino degli Aldrovandi, per avere, prima di darsi all’arte, servito come impiegato in quella Casa Senatoria, come dice il Bartoli.
Si vuole che rappresentato più volte l’Antonio Foscarini, l’Autore dicesse in pubblica prova : credevo di avere scritto la Teresa per la Pelzet ; errai.
Passò a recitare in Sicilia, dove fu ben accolto, e dopo d’avere colà incontrata una sorte propizia, a morir venne circa il 1733. » Così Fr.
Nullameno, dopo tanti allori mietuti, dopo di aver dato l’anima all’arte sua, egli, che trovandosi al cospetto del pubblico, sentiva il sangue fluirgli vivo nelle vene e una ricreazione immediata e nuova dello spirito ; dopo di avere impegnata assieme al Burchiella una lotta gagliarda e pur troppo infruttuosa contro l’avversione o apatia del pubblico, dovette piegarsi, e abbandonar la scena a cinquant’anni circa, per godersi il danaro che s’era guadagnato, in mezzo alle attestazioni di stima e di affetto che gli venivan certo da ogni parte, ma che non gl’impediron mai forse di menare una vita di rimpianto. […] Di tutte le opere del Calmo, una lettera, quella scritta al padre domenicano Medici per avere un proemio al Travaglia, è scritta in italiano e senza sensi riposti ; a questa si aggiungon brani qua e là, specie nelle egloghe.
In due lettere del Goldoni all’Albergati del gennajo '63 e del febbrajo '64 da Parigi, si accenna alla moglie di questo Federico, Anna, rimasta a Bologna, poverissima, e pregante l’Albergati col mezzo del Goldoni di farle avere una limosina.
Prima con Giovanna Mestre, mortagli il 6 agosto dell’anno 1766, poi con Giovanna Maugras, o Naugras, ch'egli amava, vivente la prima moglie, e che sposò dopo di avere promesso con atto formale di abbandonare per sempre il teatro.
Ch’è gloria assai maggior d’alme e di cori reggere il fren, che in testa e in braccio avere cerchio e verga real di gemme e d’ori.
Annunzia al Grisanti che non potendo avere il carnovale di Roma, procurerà in ogni modo di ottenergli quello di Venezia, e raccomanda la pace in compagnia (il Grisanti con lettera delli 28 maggio gli aveva scritto di certi dissapori), minacciando di castigare i perturbatori alla forma che meritano.
Trovandosi fermo a Firenze con la madre, a spasso, gli venne fatto di conoscere Giovanni Chiarini celebre conduttore di una compagnia di pantomimi, e fu da lui scritturato con due svanziche alla settimana per ogni specie di parti, dopo di avere esordito con ottimo successo in quella di vecchia mugnaia nei Mulinari.
Pregi incontestabili doveva avere la Caracciolo : che fosse oro colato tutto quel che usciva dalla penna de’suoi laudatori non giurerei.
… Sembrò a tutti e per un pezzo ch'ella dovesse avere il cuore invulnerabile ; ma un bel giorno con universal sorpresa, si ammogliò al bello e forte attore Andrea Maggi, dal quale poi si distaccò artisticamente avendo così diverse le attitudini e le aspirazioni !
In una lettera del 1612 dell’arlecchino Martinelli al Cardinal Gonzaga è detto : che la ne faci avere Zanfarina….
A lui tributarono i contemporanei parole di encomio, come a colui che mostrò potersi avere applausi e concorso di pubblico anche con vecchio repertorio, purchè buono e rappresentato a dovere.
Per lei la Palmira Spinazzi ebbe i trionfi che dovevano avere poi il Tecoppa, il Pedrin, il Massinelli, il Pastizza e gli altri personaggi proverbiali del Ferravilla.
Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento di poter darsi agli studi, di poter avere un po' di quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua. […] E al Rasi tocca il merito d’avere compresa e misurata tutta l’importanza e d’avere accennato al da farsi.
Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie.
Tornarono all’assalto i comici, a lei dicendo rompersi il collo pigliando Buffetto, a lui avere essa dichiarato formalmente di non voler perdere la propria libertà…. […] La Regina di Francia fe’istanze al Serenissimo di Parma per avere aggregato a’suoi comici Buffetto.
Fors’anche perchè modenese, ella parve avere alcun ascendente su l’animo del Duca Alfonso, che le tenne al fonte battesimale un figliuolo, e a cui spesso si volgeva per soccorsi morali e materiali : e vi han parecchie ricevute sue delle solite dieci doppie, che il Duca le faceva pagare come donativo.
Chi voglia avere notizie particolareggiate e dell’indole sua e del suo poetare, specialmente improvviso, veda il forbitissimo articolo di Cece nel Piovano Arlotto del febbrajo 1859, pag. 97.
Attila Flagello di Dio, Ezzelino da Romano, Fazio nel Ratto delle Sabine, Talbot nella Giovanna d’Arco, e moltissime altre parti furon da lui interpetrate alla perfezione, e nessun attore potè vantarsi mai di avere nella sua beneficiata un incasso maggiore di quello che nella sua beneficiata aveva il Vedova ; il quale se sollevava all’entusiasmo il popolino delle recite diurne, era anche molto apprezzato in quelle serali, dal pubblico eletto, come padre nobile, non che come attor di tragedia.
» Ludovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova, zio del Marchese, e quanto lui appassionatissimo pel teatro, desiderando nel 1488 celebrare il Corpus Domini con una rappresentazione, si rivolgeva il 28 maggio a Cristoforo Arrivabene per avere Zaffarano, il quale, anche se non voleva lui « fare demonstratione sive representation veruna nel corpo di Christo, doveva almeno rinvenire ale, cavigliare, barbe, diademe et lo ferro che tene Christo in alto, più le parole, qual dicono li angeli et propheti et si pur non potesse servirne delle robe, saltem ne favorisca delle parole ; » e in una prima festa drammatica data nel 1501, nel suo reggimento di Gazzuolo, si valse dell’Albergati per gli addobbi teatrali.
Dell’uno (Lucca) perchè è cagione della mia ruina, e ha dilapidato ogni mio avere ; dell’altro perchè m’insidia, importuno, l’onore.
Dopo di avere sostenuto in Compagnia Mascherpa il ruolo di generico e secondo brillante, passò brillante assoluto in quella che Cesare aveva formato il ’53 ; e poco mi resta da dire sul miglior tempo della sua vita artistica, essendo essa legata intimamente a quella del fratello.
A me basti ricordare qui che se taluno dopo di lui potè avere maggior finezza di recitazione, niuno mai lo superò nell’ardore della passione e nella spontaneità.
Ad avere un’idea del repertorio della compagnia, a codest’ epoca, basti sapere che il caratterista fece a S.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Tanto la Bastona se ne adontò, che andava gridando di avere il Goldoni composto quella sua ciarlantaneria per favorire la sola Ferramonti, che non era che una seconda attrice…. e che il diritto di rappresentazione ne spettava alle prime donne ; e aizzava la Romana, perchè anch’ella si unisse a lei ne’reclami e nelle molestie.
Egli si avvezza al facile, cioè ad osservare i particolari e a dipingerseli; e prima di avere acquistata una gran copia d’immagini, e di averle in mille guise combinate, non può per una piena induzione sollevarsi agli universali, donde comincia il sillogismo. […] All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni Europee, prima di avere chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di Trovatori Provenzali e di Rimatori Siciliani.
E Francesco Righetti nel suo Teatro italiano, dopo di avere accennato alle invidie suscitate da lei nelle compagne d’arte, e di avere enumerati alcuni difetti di gesto e d’intonazione dovuti a mancanza di scuola, viene a concludere così : Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dell’arte comica a dirmi in chi, dove, e quando si è veduto nella commedia italiana una donna, che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobiltà passeggi la scena ?
Anzi in essa buona parte ebbe il Pasquati, chè, non solo, a dire del Porcacchi, s’ era in dubbio qual fosse maggiore in lui o la grazia, o l’acutezza dei capricci spiegati a tempo e sentenziosamente nella rappresentazione data in onore di Enrico III al Fondaco de'Turchi a Venezia la sera delli 18 luglio 1574 ; ma lo stesso Re, che desiderò poi di avere la Compagnia in Francia, scrivendone al suo ambasciatore a Venezia, Du Ferrier, il 25 maggio '76, gli chiedeva e raccomandava sopra tutto il Magnifico che aveva recitato a Venezia davanti a lui. […] Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.
Può egli asserire di avere assiduamente e profondamente studiata l’arte sua ?
Egli si avvezza al facile, cioè ad osservare i particolari e a dipingerseli; e prima di avere acquistata una gran copia d’immagini e di averle in mille guise combinate, non può per una piena induzione sollevarsi agli universali, donde comincia il sillogismo. […] All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni Europee, prima di avere chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di Trovatori Provenzali e di Rimatori Siciliani.
» E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Tal è la grande idea, ch’io non mi lusingo d’avere nemmen da lungo tratto adeguata, ma che bramerei pure di poter eseguire accingendomi a scrivere le Rivoluzioni del teatro musicale italiano. […] [10] Ad ogni modo però son ben lontano dal lusingarmi d’avere sfuggito ogni motivo di riprensione. […] Quanto a me animato perfettamente da spirito repubblicano in punto di lettere ho sempre stimato, che la verità e la libertà debbano essere l’unica insegna di chi non vuol avvilire il rispettabile nome d’autore: ho creduto, che l’accondiscender ai pregiudizi divenga egualmente nuocevole agli avanzamenti del gusto di quella che lo sia ai’ progressi della morale il patteggiare coi vizi: ho pensato, che la verace stima verso una nazione non meno che verso le persone private non si manifesti con cerimoniosi e mentiti riguardi, figli per lo più dell’interesse, o della paura, ma col renderle senza invidia la giustizia che merita, e col dirle senza timore le verità di cui abbisognai ho giudicato, che siccome l’amico, che riprende, palesa più sincera affezione che non il cortigiano che adula, così più vantaggiosa opinione dimostra ad altrui chi capace il crede d’ascoltar ragione in causa propria che non faccia quell’altro, il quale tanto acciecato il suppone dall’amor proprio che non possa sostener a viso fermo l’aspetto della verità conosciuta: mi sono finalmente avvisato, che se il rispetto per un particolare mi sollecitava a usare di qualche parzialità, il rispetto vieppiù grande che deggio avere per il pubblico , mi vietava il farlo, facendomi vedere cotal parzialità biasimevole, e ingiusta. […] Che se ciò nonostante alcun m’attribuisse intenzioni che non ho mai sognato d’avere: se dalla stessa mia ingenuità si prendesse argomento a interpretare malignamente le mie intenzioni, come dall’aver Cartesio inventato un nuovo genere di pruove fortissime a dimostrar l’esistenza d’Iddio, non mancò ch’il volesse far passare per ateista: se altro mezzo non v’ha di far ricreder costoro, che quello d’avvilir la mia penna con adulazioni vergognose, ovvero d’assoggettarmi ad uno spirito di partito ridicolo; in tal caso rimangano essi anticipatamente avvisati, che non ho scritto per loro, e che la mia divisa per cotal genia di lettori sarà sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.»
Presso gli antichi tutti gli attori rappresentavano mascherati, essendo tra essi un delitto di mostrarsi al popolo con volto nudo; e se tra’ Romani alcuno deponeva la maschera era solo in pena di avere male rappresentato, per soffrire a volto scoperto le fischiate della plebe.
Presso gli antichi tutti gli attori rappresentavano mascherati, essendo tra essi un delitto il mostrarsi al popolo col volto nudo; e se tra’ Romani alcuno deponeva la maschera, era solo in pena di avere male rappresentato, per soffrire a volto scoperto le fischiate della plebe.
Tornata in Lombardia, dopo di avere recitato vari anni con poca fortuna, avanzando ella in età, e in lei scemando il valore, non trovò più chi la scritturasse, e dovè ritirarsi al Finale di Modena, ove morì poverissima nel’60 circa.
.° 375 ; depose di avere acquistata l’opera « Il piano di fortificazione, » da certo Sig.
Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari.
Ebbe egli un altro fratello, Luigi, nato in Ferrara il 1814, che datosi all’arte, dopo di avere esordito qual generico giovane in Compagnia Tessari, morì al principio del ’ 38 in Napoli.
, 104) : Essendo giunto in questa città per passare a Venezia un famoso comico, detto Gandini, quale fa la figura di diversi personaggi con una prestezza e sveltezza non ordinaria, con mutare li linguaggi in tutte le forme, et in due che ha fatto prova del suo spirito nel teatro Formagliari ; vi è stato un concorso cosi grande d’ogni genere di persone, che quel teatro non fu capace per tutti, e quegl’ impresarj hanno fatto grandi impegni e profferto una gran parte perchè resti per tutto il carnevale, ma si crede che non restarà per avere l’impegno con Venezia.
Per quante ricerche fatte, non ho potuto avere di lui altre notizie fuorchè quelle pubblicate da Francesco Bartoli (op. cit.
Della nobile Torino, riserbata ad avere tanta e così gloriosa parte nella storia d’Italia, scriveva il Bruni, quasi presago dell’avvenire : « in questo luogo dove i monti tengono il piede, l’Italia il cuore, il Re dei Fiumi la cuna, Venere l’albergo, la Vittoria le palme, la Gloria i trionfi e l’Onore il seggio, ecc. » Non ho veduto questo libretto di Prologhi, ed ho però trascritte le parole di A. […] L’anno del mille cinquecento novantaquattro, che fu il quatordicesimo dell’età mia, dopo lo avere passato per tutte le angustie e patito tutte le necessità, che la carestia universale (gravissimo flagello di Dio) così vivamente gli anni inanti fece sentire, intendendo che mio Padre si ritrovava in Firenze, essendo di ritorno di Sicilia e di Napoli ; esortato dal magnifico Adriano Riccardi (la bontà del quale di molte miserie in quella età mi sollevò) di andare a ritrovarlo ; chiesto licenza alla madre, dopo molte lagrime ottenutala, involto in un pelliccetto, ed un paro di sottocalze per le saccoccie, delle quali spingevo fuori le braccia, mandate a punto dallo stesso M. […] La mattina entrato, dopo l’avere a molti chiesto lo albergo dove mio padre alloggiava, trovatolo in fine, il desiderio che avevo d’abbracciare il padre, mi fece abbracciar l’oste che anch’egli come mio Padre era convalescente ; e dichiarandomi per suo figliuolo, provocai sua moglie a dirmi bastardo, a gridar col marito, quasi a mettere la casa sottosopra.
Morto Enrico (30 maggio 1610), si adoperò vivamente un anno dopo la Regina Reggente per avere alla Corte il Martinelli, di cui fe' tenere in suo nome a battesimo un figliuolo, l’ottobre del 1611, come annunzia il Martinelli stesso al Vinta in una lettera datata da Bologna il 4 gennaio 1612 ; e corser trattative fra loro e il Cardinal Gonzaga, per lo spazio di due anni, a cagione delle difficoltà che nascevano ad ogni istante, generate per invidia di mestiere ora da Lelio, Giovan Battista Andreini (V.), che sopr' a tutto, voleva avere egli l’incarico di formare e condurre la compagnia, ora da Florinda, Virginia Andreini (V.), che s’era scatenata contro la Flavia, Margherita Luciani, moglie del Capitano Rinoceronte (V.
Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno di me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno. […] A pochi anni di distanza, dopo di avere scritto a essa Pelzet : « non vi faccia specie se (l’Internari) avrà qui quell’applauso che giustamente le nega Bologna.
A me basterà di averne accennato quel tanto che s’è fatto insino a qui; non altro essendo stato l’intendimento mio, che di mostrar la relazione che hanno da avere tra loro le varie parti constitutive dell’opera in musica, perché ne riesca un tutto regolare ed armonico.
Da piccola era alcoolica, tanto che a quattr’anni fu trovata lunga e distesa per terra, per avere bevuto un’intera bottiglia di coca.
Dal che apparirebbe avere il Sangiorgi voce in capitolo in compagnia presso S.
E un ballo ha da avere anch’esso la sua esposizione, il suo nodo, il suo scioglimento: ha da essere un compendio sugosissimo di un’azione.
Non rinuncio all’onore di essere stato il primo ad eseguire il Nerone, e di avere contribuito in parte, scusa la poca modestia, alla buona riuscita del lavoro.
Morì nel 1730 circa a Palermo dopo di avere scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori.
), a pag. 113, dopo di avere accennato a concessioni di famigliarità e passaporti e patenti a vari comici e cantanti dal 1680 al 1684, scrive : « anche prima vi sono lettere di Francesca Allori, detta Ortensia, comica. […] ), dopo avere detto semplicemente che il ruolo di Ortensia era quello di servetta, come l’Olivetta, la Nespola, la Francischina, ecc., dice, al proposito di Valerio (I, pag. 331) : Nel 1660, essendo la Compagnia italiana definitivamente stabilita a Parigi, il Cardinale fece venir d’Italia un primo innamorato, il quale colmasse il vuoto lasciato dal valente Marco (?)
Fiorilli poteva avere allora trentadue o trentatrè anni ; e ogni qualvolta si recava a Corte, doveva entrar dal Delfino, che molto si divertiva e molto l’amava : e divenuto Luigi XIV, si godeva a richiamar quell’avventura d’infanzia alla memoria di Scaramuccia, molto ridendo alle boccaccie ch’ei soleva fargli, narrandola. […] Scaramuccia guadagnò la superiora, questa ne disse tanto bene alla Granduchessa, che al presente ne vuole avere il pensiero, ma solo di farla maritare e che Scaramuccia non la tocchi. […] più diforme di quelo che mi sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scandolo de gli homini, e se la povera infelice è ridotta a ri sentire le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in uno altro convento dove sia esente dalla penuria in che si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non mi averebe conceduta la gratia se non avesse conosciuta per giusta la mia dimanda ; questa atione in facia de Dio e del mondo è da cristiano e da homo onorato, ciò non ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla. […] ma con ogurarli le sa[n]tissime feste di Pasqua e in esa dirle come sarebbe sei anni che io saria a Fire[n]ce, ma l’avere incontrato un selerato figlio è cagione che io sono ancora in Pariggi. […] Il Gherardi che aveva perduto la causa, non doveva dunque avere il cuor molto tenero verso il suo glorioso avversario.
Era presto detto, ma come averne il tupè dopo quel ciclone, e specialmente dopo avere esaurito tutti i propri cavalli di battaglia ? […] Ernesto Rossi nel primo volume de' suoi Quarant’anni di Vita Artistica, dopo di avere parlato degli attori che componevan la sua nuova Compagnia, così ci descrive il passaggio di Cesare Rossi dal ruolo di brillante a quello di caratterista e promiscuo, che doveva farlo salire in breve a tanta altezza : ….. […] erano appunto quei temi là, che i miei attori risolvevano meglio : Cesare Rossi specialmente : di modo che, un giorno lo chiamai a casa mia e gli dissi : – Scusi, ma lei crede proprio di avere la vocazione per fare il brillante ?
Or per queste parti bisogna avere un genio particolare cosi a scriverle come a rappresentarle.
A chi voglia avere un’idea chiara di quel che fosse Antonio Petito, raccomando la Cronaca del Teatro di San Carlino, di S.
E di queste accuse e dello sparlar contro il Duca stesso, e dell’ avere il fratello Arlecchino strapazzato in Firenze e in Parma il servo di S.
Lasciò morendo ogni suo avere alla sua famiglia, il che fece onore alla sua mente e al suo cuore.
Attaccati al proscenio havvi due spezie di palchi laterali a livello del corridore della barandilla, chiamati faltriqueras, cubillos, i quali, in vece di avere il punto di vista verso la scena, girano di tal modo, perchè non impediscano la vista ai corridojo, che guardano al punto opposto, cioè alla cazuela. […] Ora avere un monte e una cassa sola e cambiare annualmente a vicenda il luogo delle rappresentazioni, ed avere tal volta un solo capo di compagnia come qualche anno avvenne al Ribera ed a Martinez, non è l’istesso che fare un corpo solo?
Giuseppe, e di tutti i Santi protettori ed Avvocati, acciò lo assistano nel punto estremo di sua vita, si apprende come dopo aver lasciato alla Carlotta Corazzi sua diletta consorte (sic) (era una nobile signora veneziana che sposò nel 1817, e dalla quale poi visse diviso) il medesimo trattamento che riceveva vivente il marito, e di avere nominato erede universale il figliuolo Alessandro ch’egli ebbe legittimamente dalla moglie, lasciasse otto scudi fiorentini al mese sua vita natural durante a Coriolano figlio naturale ch’ egli ebbe dalla signora Margherita della Rose, dimorante a Milano e presso un farmacista Cataneo, il quale prega vivamente di cure e assistenze speciali a detto figlio sinchè non sia pervenuto all’età maggiore. […] Dopo di avere aiutato la madre nella sua professione, entrò nella Compagnia di Giuseppe Lapy, in cui divenne in poco tempo attore egregio per le parti d’Innamorato ; e seppe con l’arte e con la bontà così ben meritare dell’affetto e della stima del suo Capocomico, che ne ottenne una figliuola in moglie per nome Luigia.
Antonio Collalto, che dopo di avere riscossi lunghi applausi in Italia, passato è a Parigi, dove presentemente è stimato ed applaudito qual merita.
Pietriboni, ricorrendo a Ferrari, ebbe un di quei lampi che non possono avere, ripeto, che gl’ intelligenti e in un modesti !
Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa.
Al presente il teatro è in mano d’impresari che non altro cercano se non trar guadagno dalla curiosità e dall’ozio di pochi cittadini, non sanno il più delle volte ciò che fare si convenga, o atteso i mille rispetti che sono forzati di avere, nol possono mandare ad effetto.
Ecco come ne favellò presso l’Alcionio Giovanni Medici essendo cardinale: Sovviemmi di avere nella mia fanciullezza udito da Demetrio Calcondila peritissimo delle Greche cose, che i Preti Greci ebbero sventuratamente tanto di credito e tale autorità presso i Cesari Bizantini che per di loro favore ebbero la libertà di bruciar la maggior parte degli antichi poeti, e specialmente quelli che parlavano di amori; alla qual disgrazia soggiacquero le favole di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alesside.
Ed in fatti dopo la Dafne di Opitz, e l’Elena e Paride rappresentata in Dresda nel 1650, s’itrodusse fra’ Tedeschi il gusto dell’opera, ed ogni principe dell’Imperio Germanico volle avere una sala d’opera musicale.
Ed in fatti dopo la Dafne di Opitz, e l’Elena e Paride rappresentata in Dresda nel 1650 s’introdusse tra’ Tedeschi il gusto dell’opera, ed ogni principe dell’Imperio volle avere una sala d’opera musicale.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img008.jpg] Quanto alla gastronomia, egli lasciò rinomanza di avere avuto il maggior numero d’indigestioni.
Questi sono, a dir vero, abbozzi di poesie teatrali, anzi che vere tragedie e commedie, Ma non é nondimeno picciola lode l’avere pur cominciato, aprendo così la strada a’ valorosi poeti, che venner poscia; e anche che in quello, come in quasi ogni altro genere di letteratura, non si può contrastare all’Italia il vanto di essere stata maestra di tutte l’altre nazioni.»
All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.
Tu potevi avere un trono e scegliesti un pagliaio.
Ma gli scriventi, dopo di avere annunziato essere in trattative con certo Don Ferdinando Baldese per la stagione di Pasqua a Napoli, ove sarebbero andati a tutte sue spese con teatro e abitazione per la Compagnia, pagati, e con altre condizioni molto vantaggiose, si dichiarano pronti a eseguire gli ordini di Sua Altezza, raccomandandosi in ogni modo, acciocchè voglia somministrar loro il bisognevole per fare un viaggio tanto dispendioso.
Caratterista e promiscuo de' più sinceri, forse il più sincero, che non potè avere la fortuna, a cui gli dava diritto il suo grande ingegno artistico, per la cerchia ristretta in cui visse, nacque a Forlì il 2 novembre del 1830 da Vincenzo e da Teresa Strocchi.
Dopo avere ciò letto, gli parranno ancora incompatibili le idee del Volgo, e quelle della Gente onesta e rischiarata, sulla Poesia Scenica? […] di avere del di lui latte nutrito il maggior Tragico Francese dello scorso secolo? […] Di poi, quando anche que’ versi recitati nel Circo fossero stati scenici (che ben poteva ciò avvenire, perchè ne’ Giuochi Romani, Plebei, e Megalesi3 aveano luogo gli spettacoli scenici), questo proverebbe, che il Popolo Romano talora s’infastidiva degli spettacoli teatrali, e desiderava i Circensi, che formavano la di lui passione principale, ma non già, che per avere il gusto corrotto, come fantastica il Sig. […] Basta dunque, perchè si sostenga l’osservazione del Signorelli, che l’amore delicato, passione inusitata sulle scene Greche, potè avere in Francia buono accoglimento per le disposizioni degli animi ad ascoltarlo; nè perciò vi era bisogno, che fosse ugualmente purificato in quella Corte.
L’ Italia, la Spagna, l’Inghilterra empieronsi di piccioli tiranni gelosi degli acquisti e sempre pronti a guerreggiar sotto di un capo contro gli stranieri, o ad avere in conto di stranieri ora i compagni ora lo stesso sovrano per difendere i proprj diritti. […] Basti alla moderna Italia il pregio singolare, non efimero, non equivoco, non mendicato con sofismi, reticenze ed artificii Lampigliani, nè con invettive e declamazioni de’ sedicenti filosofi, nè con villanie e tagliacantonate; ma certo, veduto e confessato da classici scrittori transalpini, cioè quello di avere insegnato alle nazioni ad esser libere. […] I codici stessi delle leggi pubblicate dalle nazioni (dice il celebre Guglielmo Robertson nell’Introd. alla Stor. di Carlo V) lasciarono di avere qualche autorità, cedendo il luogo a certe costumanze vaghe e bizzarre. […] Dopo avere egli, coll’ intelligenza che si è veduto, assicurato al codigo di Alarico il vanto dell’osservanza per più secoli, passa glorioso e trionfante con ugual perizia de’ tempi mezzani a dipignere i disordini della giudicatura in Italia, citando il Sig.
A maggiore e più compita illustrazione della materia io aveva pensato d’aggiugnere alcune riflessioni intorno alla storia della tragedia e della comedia italiana, e intorno all’influenza che deve avere sull’indole dello spettacolo lo stato attuale civile e politico dei costumi della nazione; ma i consigli di qualche amico illuminato e sincero m’hanno fatto cangiar opinione mostrandomi esser inutile il trattar brevemente di queste cose, e sconvenevole il trattarle alla lunga in up’opera che ha tutt’altro fine ed oggetto. […] S’è già posto in obblio avere la tragedia un diletto proprio di essa, e non comunicabile agli altri generi, come più non si pensa che il ridicolo è l’anima e il fondamento della commedia 193. […] I più degli autori moderni che han trattato di tale materia, anzicchè svilupparla e rischiararla l’hanno involta in maggiori tenebre, e confusione; lo che nacque dal non avere studiata accuratamente l’origine, e il genio della poesia antica. […] Tutta l’opera oltre la chiarezza alla quale si cercherà di ridurre gli spinosi, ed astrusi principi della espressione e del buon gusto, sarà fregiata di moltissimi esempi tratti dalle opere de’ più accreditati oratori poeti, musici, e storici delle antiche lingue, e delle principali moderne; cosicché i lettori di già iniziati negli studi filosofici potranno avere una spezie di logica filosofica fondata sulla teoria e sulla pratica, onde accertatamente giudicare in siffatte materie. […] Nella medesima guisa l’uso che si fa dei verbi ansiliari essere e avere mettendoli avanti a tutti i tempi della voce passiva dei verbi, e a molti della voce attiva induce non so qual imbarazzo nella sintassi che nuoce alla trasposizione, al numero, e all’armonia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una sola “feceram”; e mentre costoro aggiungendo, o soltanto cangiando l’ultima lettera facevano divenir passiva la voce attiva come in “amor, amabar”: egli non può far un passo senza chiamar in aiuto un’altro verbo dicendo “sono amato, era amato”.
a che Miguel Cervantes che confessa di avere scritte Commedie?
Egli si avvezza al facile, cioé ad osservare i particolari e a dipingerseli; e prima di avere acquistato una gran copia d’immagini, e d’averle in mille guise combinate, non può per una piena induzione sollevarsi all’ardua impresa di afferrar gli universali, donde comincia il sillogismo.
Ma il Loret potea benissimo avere preso un granchio, tanto più che per semplice referto aveva dato erroneamente all’opera il nome di Pastorale.
Da tal Cicalamento parrebbe accertato avere avuta il Biancolelli la prima educazione da Carlo Cantù, dal quale, espertissimo Zanni, molto probabilmente accolse l’idea fondamentale del teatro e del tipo che dovea poi, non molti anni dopo, farlo al sommo famoso.
Sbrigati ch'ebbe alcuni operaj che attendevano soldi, mi chiese, con un’eloqueuza da scena, in che potesse avere la bella sorte e l’onor di servirmi.