Lasciava il padrone sotto la custodia de’ servi un paniere pieno di provvisioni: i ladri carolando con posizioni diverse aggiravansi per involarlo: i servi si studiavano di costodirlo e salvarlo da’ loro tentativi. […] In un altro giorno il re per trattenerlo piacevolmente fe rappresentare una specie di commedia, di cui pure furono attrici le tre sue sorelle vestite bizzarramente con abiti nuovi ed elegantia. […] Accompagnavano la voce con movimenti di mani che portavano vezzosamente verso il volto e il petto, lanciando un piede innanzi, indi ritirandolo con grazia, mentre l’altro piede rimaneva immobile. […] Precede una canzone di movimento lento e grave, alla quale tutte le ballerine prendono parte movendo le gambe e battendosi dolcemente il petto con attitudini graziose rassomiglianti a quelle del l’isole della Società. […] Anche in Nootka gli abitanti in certe straordinarie occorrenze si adornano in una maniera grottesca, e talora copronsi il volto con maschere di legno scolpite, di grandezza eccedente la naturale, e figurano ora la testa e la fronte umana con ciglia, barba e capegli, ed ora teste di uccelli, e specialmente di aquile o di pesci o di quadrupedi.
Cromwel cassò con insolenza il parlamento, e ne convocò un altro composto de’ suoi parziali scelti fra il popolaccio, detto per derisione il parlamento di barebone, cioè osso spolpato. […] Dal 1660 nella corte brillante di Carlo II amante della poesia e de’ piaceri cominciarono gli spettacoli teatrali a coltivarsi con novello ardore. […] Egli volle distenderla con fatti e personaggi episodici, e la rendette meno rapida, e ne fe sparire l’unità. […] Egli non meno che Congreve vollero opporsi, ma con poca riuscita al Collier, che nel 1698 produsse contro il teatro inglese il suo Quadro dell’empietà, e dell’irreligione. […] Uomo d’ingegno, osservator sagace, e spiritoso dipintore, ritrasse al naturale i costumi di quella corte, copiandone le ridicolezze e le bassezze con forti colori.
Dal 1660 nella corte brillante di Carlo II amante della poesia e de’ piaceri cominciarono gli spettacoli teatrali a coltivarsi con novello ardore. […] Andres dispensati con troppa prodigalità. Voltaire confrontò alcuni passi della nominata di lui tragedia l’Orfana con quelli del Mitridate del Racine, e ne mostrò la gran distanza svantaggiosa all’autore Inglese. […] Egli volle distenderla con fatti e personaggi episodici, e la rendette meno rapida e ne fe sparire l’unità. […] Andres, a somiglianza del Voltaire, ha confrontate alcune scene della Giovane Reina di Dryden con altre simili della Fedra del Racine.
Fu ancora, prima del matrimonio, con Luigi Perelli, con Gio. […] Merli, con Francesco Menichelli, e con Giuseppe Pellandi. A Padova, non è ben precisato nè in quale anno, nè con qual compagnia (secondo il Mazzoni nel ’90 con quella del Menichelli, ma forse più tardi col Pellandi), preluse a un corso di rappresentazioni, recitando i seguenti versi dettati per lei da Melchior Cesarotti. […] Nol so, ma pur con tacita dolcezza ripenso ognor che accompagnar vi piacque con pietosi sospir di Nina amante i soavi delirj, 9e sorrideste all’ ingenua Lucinda,10 a cui natura parlava al cor con più efficace lingua che non facea con le dottrine ingrate e coi prestigi suoi la maga accorta. […] Formò poi società con Belli-Blanes per un altro triennio, sempre ammirata, festeggiata, acclamata.
Certo è pure che la compagnia di Luigi Riccoboni le rappresentò con profitto e con applauso non equivoco in Verona, in Venezia, in Bologna. […] Didone sviene, come Armida, ed Enea parte con Ascanio, come Rinaldo con Ubaldo. […] Nobilmente si esprime la magnanima Arsinoe nell’atto II con Seleuco e con Artamene. […] Si aggiunge nel Discorso che i Greci ciò dimostrarono con esempi e con precetti, e nè anche questo mi par vero. […] Per avviso del medesimo autore, questa tragedia cede all’Aristodemo, benchè scritta con pari eleganza, con versificazione ottima, con intelligenza del cuore umano nel dipingersene i caratteri.
Dicesi anche in tal discorso che i Greci ciò dimostrarono con esempi e con precetti, e nè anche questo a me sembra vero. […] Ma spera ella con palesarne la vera condizione di salvarlo? […] Incomincia con una scena inutile del duca con Geldippe, perchè nulla vi si accenna, che non debba ripetersi, come avviene, nella seguente. […] Elfrida con uno stile minaccia di svenarsi. […] Viene Almonte nella scena 12 con fretta, e dice che morì Adallano.
Egli impose silenzio agl’ invidiosi e a i pedanti con gli Orazj, col Cinna e col Poliuto. […] “Non è così facile (disse di lui con verità M. […] Nella Fedra più che la soverchia pompa del racconto di Teramene da ognuno osservata, ferisce il gusto e il buon senno il sentire con figure intempestive e con improprj e falsi pensieri, che il cielo guarda con orrore il mostro marino, la terra n’è scossa, l’aria infettata, e le onde che lo condussero alla riva, rinculano spaventate. […] Voltaire la rammenta con disprezzo mal grado di essersi continuata a rappresentare per più di cento anni. […] Tommaso con più debolezza di stile e con minore ingegno del fratello merita ancor la stima de’ nazionali per essere stato più del fratello gastigato nell’uso delle arguzie viziose, per la scelta degli argomenti, per la vasta letteratura ond’era ornato, e per la purezza con cui parlava la propria lingua.
Così alle nozze di Galeazzo I con Bianca di Savoja nel 1350 furono date, secondochè dice il Corio e ’l Giovio, settemila braccia di panni buoni a buffoni e giocolieri, che allora correvano a rallegrare tali feste. […] Le Vite de’ Poeti Provenzali da lui scritte, e per la prima volta stampate in Lione l’anno 1575, sono piuttosto favolosi racconti che vere storie, siccome con dotta critica hanno mostrato i Maurini autori della storia generale della Linguadocca tom. […] Abate Bettinelli, e assai più apertamente da tutto ciò che sin quì con saggio criterio e raziocinio, e con iscelti esempj, ha detto e dimostrato il nostro erudito critico filosofo, e poeta drammatico Don Pietro Napoli Signorelli, vedesi quanto il sig. […] Andres s’inganni e vada errato allorchè con troppa precipitazione ed arditezza fassi a così dire: La parte drammatica (degl’ Italiani) cede senza contrasto al greco teatro, e benchè gl’ Italiani sieno stati i primi a coltivare con arte e con vero studio la poesia teatrale, non hanno però prodotto prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e del Guarini, un poema drammatico che meritasse lo studio delle altre nazioni. […] IV dell’opera sua ebbe a dire con sensi di verità: Si distingueva l’Italia sopra le altre nazioni per la superiorità di parlare con tanta cultura la propria lingua, come se di questa sola facesse tutto lo studio.
Egli sosteneva il ruolo di amoroso, che con quella voce e con quel naso, non era proprio fatto per conciliargli la benevolenza del pubblico. […] Ernesto, con la famiglia Job e mio padre noleggiarono a Trieste un barigozzo e sciolsero le vele per Fano. […] Quel Rabagas al Fondo di Napoli con Cesare Rossi a soli quarantatrè anni ! […] Dopo quello della Sadowski, egli ebbe ancora un grande periodo : del Teatro Carignano, della Duse con Andò. […] Dalla quale staccatosi, riformò compagnia con la Mariani prima attrice, ch'egli rivelò e sviluppò.
… « Con chi era il nuovo scritturato ?… – Con Azampamber !… – Con uno stenterello ? […] … – Era con Anzampamber ! […] Atto quinto – Il Trionfale ingresso dei Francesi, con il fuoco di gioja.
La Celia — egli scrive da Ferrara, ov'egli si trovava con la Compagnia e con la stessa Malloni, ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, il 6 gennaio 1627 (pag. 964) — è la prima donna che reciti, poichè se la Compagnia od altri mettono fuori opere 0 comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia (l’ Antonazzoni) nè altra donna non lo farà, se prima di un messe, non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene. […] re Duca, Virginia et Lucilla Maioni commici con la loro Compagnia supplicano a Vostra Altezza Serenissima a volergli concedere licenza di poter recitare Commedie nella Città di Reggio per tutto questo Carnouale, ch'il tutto otterrà per gratia singolarissima dalla benignità di Vostra Altezza Serenissima quale Dio mantenga felicissima con tutta la Ser. […] O con abito pur, che rappresenti Ninfa selvaggia, il suo Pastore alletti, O dolce esprima in amorosi accenti Fatta Donna civile alti concetti, O talor spieghi in tragici lamenti Reina illustre i suoi pietosi affetti, Co' sospiri non men, che con la laude Chi ne langue traffitto, e chi l’applaude. […] Bartoli : Risposta di Celia Pompa d’onor, che dall’obblio di Lete Sempre fuggendo accresci gloria agli anni, E quasi Cacciator tendi la rete Alla virtù con onorati affanni. […] Dal quale anche appare, dopo un reciso richiamo all’ordine, come Celia si andasse ammansando, cosi da farsi chiamar dallo Scala stesso coppa d’oro, e chiedere in isposa da Iacopo Antonio Fidenzi detto Cintio ; matrimonio che non potè poi farsi per solenne divieto della madre infame, che vedea morto con esso ogni sorgente di lucro.
.), quando questi si suicidò, formò compagnia con alcuni superstiti della catastrofe. Si recò all’Argentina con Emanuel (V.), e di qui cominciò la sua fortuna ; chè, avuto un grande e schietto successo, trovò modo di formar da solo una compagnia che condusse poi in ogni parte dell’America del Sud con ottima riuscita artistica e finanziaria. […] La vediamo l’autunno del 1795 al San Cassiano di Venezia, impresaria Marta Coleoni, e il 1813 nella Compagnia di Luigi Parrini, nella quale, il 1° maggio, invitò con versi sdruccioli il pubblico lucchese alla rappresentazione di suo beneficio, che fu Ferdinando II Granduca di Toscana alla Villeggiatura di Pratolino con Francesco Fagiuoli buffone di Corte.
., con cori e orchestra. […] Figurava nella stessa Compagnia una Maria Tassani, e il Tardini (Teatri di Modena) annovera una Amalia Tassani-Majeroni, amorosa il '57 con Luigi Aliprandi, il '58 con Luigi Robotti, e il '62 con Francesco Sterni ; poi prima attrice assoluta il '68 con Gaetano Benini, moglie di Emilio Tassani, e madre di Enrichetta, generici.
e con qual franchezza! […] [2.121ED] Ciò pure era con più decoro e con più profitto nelle sue stanze, tanto più che né la madre né il padrigno erano nella reggia. [2.122ED] Vi è ben di peggio. […] [5.146ED] Gl’ingressi debbono chiudere ogni scena e un musico non dee mai partire senza un gorgheggiamento di canzonetta. [5.147ED] Siasi o non siasi verisimile, poco importa. [5.148ED] Troppo solletica quel sentire la scena terminata con spirito e con vivezza. [5.149ED] Ma avverti bene che terminando una scena con aria d’ingresso, non cominci l’altra con canzonetta di escita. […] Chracas, 1711) con dedica a Ippolito Bentivoglio d’Aragona, e cfr. […] II. (1701-1750), … in collaborazione con O.
Dotato di bella figura, di aspetto gioviale, di molta intelligenza, fu, dopo brevi anni di noviziato, caratterista egregio prima con Angelo Rosa, poi con Corrado Verniano, e con Gaetano Nardelli. S’unì poi in società collo stesso Verniano e con Luigi Domeniconi, col quale restò fino al 1850 colla moglie Fanny ; anno in cui, lasciate per sempre le scene, si restituì alla natìa Cortona, ove morì il 16 agosto del 1883. – Fu Gaetano Coltellini artista valentissimo, specialmente per la recitazione dell’Odio ereditario, della Figlia dell’avaro, del Curioso accidente, del Far male per far bene, e di tante altre commedie di cui è parte principale il caratterista.
S. come oggi a mezo giorno è urtata in uno di questi Molini una Barca, in cui ui era la Compagnia Comica detta Marcheselli, quale da Turino con passaporto del Sig.r Ambasciatore di Francia passaua a Verona per recitami questo Carneuale ; fortunatamente e con stento si sono saluate le persone, che molto hanno soferto, auendo per altro perduto quasi tutto l’ Equipaggio con loro gran danno. […] S. mentre con la maggiore vmiltà sempre ai miei doueri mi dico.
Cominciò a recitar con successo le parti d’Innamorato in Compagnia di Girolamo Brandi e quella di Francese italianato, in cui, dice il Bartoli, imitò assai bene il Vieri (V.). Fu con Pietro Ferrari, con Girolamo Medebach, con Nicola Menichelli, col quale trovavasi il 1781.
Si segnalò a’ nostri di tra’ Danesi il barone Holberg con varie commedie che non mancano di merito. […] La Marianna, ovvero la Scelta libera in prosa in cinque atti si rappresentò dopo la di lei morte con particolari encomii. […] La Suezia incoraggita da’ proprii sovrani si è con più ardore nell’inoltrarsi il secolo XVIII dedicata alla poesia scenica, e circa il 1780 ha innalzato in Stokolm un teatro non inferiore agli altri d’Alemagna. […] Adlerbeth suo segretario secondo con buon successo le reali vedute con Ifigenia in Aulide tragedia con cori ricavata dagli antichi, e con Cora ed Alonso componimento posto in musica dal Nauman, e con altre favole musicali imitate dalle francesi, cioè Procri e Cefalo, Anfione, Nettuno ed Anfitrite.
Avanti di esser Comico al Servizio del Duca di Modena (ma non sappiam quando), Riccoboni era a Napoli ; e ciò sappiam da una supplica del '74 al Duca, in cui egli espone : che certo Bartolomeo Pavia modenese, suo servo, partitosi con lui da Napoli, per recarsi a Modena al servizio di quell’Altezza Serenissima, a Gaeta se ne fuggì con danaro parte prestatogli, e parte affidatogli. […] Lo vediamo il '79, Pantalone a Londra, non sappiam se solo o con la Compagnia, ma certo al servizio sempre di Don Alfonso,… come ci fa sapere la moglie Anastasia (probabilmente non comica), la quale, lontana dal marito, senza mezzi di sussistenza, e più con cinque creature da allevare, si raccomanda alla solita pietà e munificenza del Duca…. Delle cinque creature non abbiam notizia che di due : Luigi, Lelio, del quale s’ avrà da discorrer lungamente, e Bartolomeo, soldato di fortezza di Modena, che il giugno dell’ '83, provocato da altro soldato di fortezza, figlio di Carlo Curti della guardia del Duca, e seco lui costretto a battersi con la spada, lo distese morto, passandogli il fianco. […] Pel carnovale di quell’anno furon distribuite con ordine del 7 marzo '89 doble centocinquanta d’Italia, ai dodici comici, fra'quali il Riccoboni, ritenendo doble venticinque prestate il maggio. […] Il '95 egli si rivolge al Marchese Pio perchè voglia confermargli e continuargli « la gloria già goduta da lui con tanta venerazione, ordinando che gli sia rinnovato il Passaporto, e repplicata la segnalata dichiarazione d’attuale servitore etc. » Con altra supplica dello stesso anno implora un sussidio, che gli è accordato.
Fu l’81 con Ferrante, poi, per un triennio e per sua fortuna, con Vittorio Pieri, direttore Alamanno Morelli. Formò società fino all’ '88 con Raspantini, facendosi poi da solo capocomico con avversa fortuna ; tanto che il padre dovè corrergli in ajuto ; ma col patto ch'egli avrebbe lasciato l’arte per sempre. […] Tornato in patria si unì ad Angelo Saltarelli (già conduttore per quattordici anni della Compagnia di Ernesto Rossi), uomo di molta esperienza e di molta onestà, che gli fu sin ad oggi, e gli sarà lungo tempo ancora, amico, fratello, padre ; e con esso vide la Russia, l’Austria, la Serbia, la Croazia acclamatissimo, a fianco d’Ida Bertini, una filodrammatica pisana, che, divenuta sua moglie, sostenne prima i ruoli di amorosa, poi di prima donna assoluta. Ma ormai egli aveva una spina nel cuore, che gli dava spasimo forte e continuo : all’applauso del pubblico mancava quello di suo padre, il quale risentitolo a Roma e a Firenze (non ne aveva più l’idea dall’'89 a Ferrara), non solamente gli die' col bacio del perdono il suo assenso a continuare, ma si mostrò con lui nel Saul e nell’Otello, lasciandogli in quello la parte del Protagonista, e in questo la parte di Jago. […] Egli stesso con amorevole modestia scriveva, a' primi del '900, di sè : « …. lo studio mi aveva reso più forte nelle interpretazioni, ma io adesso posso confessare candidamente che come ho recitato gli ultimi anni in Compagnia Morelli-Pieri non reciterò mai più.
Termina la festa con un altro coro che pur contiene tre strofe anacreontiche. […] Essi insieme con s. […] Adriano con un suo rescritto condannò alla morte chi si lasciasse castrare, chi l’ordinasse, ed il norcino che l’eseguisse. […] Non incresca al lettore di udire con qual trasporto favelli di questa Leonora un intelligente di musica che l’avea più volte ascoltata.” […] Canta con pudore ma franco, con modestia ma nobile e con grazia e dolcezza.
Passò di là a Caserta, Capua e Santa Maria Vetere ; poi (con Luigi Ferrati, al fianco dell’ Anna Pedretti), al Rossini di Napoli, ov’ebbe la fortuna d’interpretare con successo strepitoso la parte di protagonista in un nuovo dramma del Duca Proto di Maddaloni « Ruit-hora. » Andò poscia con Drago e Paladini, dopo i quali fu scritturata prima attrice giovane assoluta con Virginia Marini : ma Francesco Pasta, solerte e avveduto capocomico, a lei la tolse, pagando di penale parecchie migliaia di lire. Morto il Garzes, diventò socia dello stesso Pasta, con cui stette sei anni ; dopo di che, ritiratosi il Pasta dalle scene, si unì in società con Flavio Andò (’97) col quale si trova tuttavia. […] E però più forte appariva la Di Lorenzo, a chi la giudicasse con mente riposata, in quelle opere in cui dominava soavità di sentimenti. […] Come sempre insuperata e insuperabile nelle parti così dette leggere, con una tinta più accentuata di delicatezza muliebre, certo non meno affascinante delle grazie quasi infantili di una volta, ella è in grado di esprimere oggi un forte sentimento di amore o di dolore con efficacia ed evidenza nuove.
Adunque cercai parlarne in guisa, che non istancando con soverchia e rancida pedanteria, appagar potessi la giovanile curiosità, per quelle ricchezze riposte. […] Siccome non si schiva il frequentare la Casa dell’Orazione per l’abuso fattone talvolta da chi vi amoreggia con cenni, sorrisi, e parolette; nè si bandisce il ferro, perchè con esso si versa il sangue umano; nè dobbiamo fisicamente cavarci gli occhi, perchè per essi può entrar la morte: così pensava il Signorelli non doversi trascurare lo studio di un eccellente modello dell’arte, quando anche alcuna cosa vi si dicesse con qualche libertà. Ma poi (sia ciò detto con pace del Signor Lampillas) non è punto vero, che nelle Commedie di Ariosto s’insegni il corrotto costume. […] Or chi non crederebbe che l’Apologista parlasse secondo che pensa, a quella gravità e serietà con cui afferma simil cosa? […] Per vedere intanto il Signor Lampillas di ragguagliare i conti in qualche maniera, scappa fuori con una Dedicatoria del Varchi, in cui si parla con disprezzo delle Commedie Italiane.
Come poeta eccellente seppe con arte e facilità maggiore degli antecessori trasportar le favole Omeriche al genere tragico e maneggiarle in istile assai più grave e più nobile. […] Prende Prometeo in buon grado le parole del l’amico, e dopo aver seco favellato di altri rigori da Giove usati con Atlante e con Tifeo, Prometeo l’esorta a partire, perchè schivi d’incorrere anch’egli nel l’indignazione del nuovo regnante. […] Sin dalla prima scena vi si espone lo stato del l’azione con arte e con garbo tale che l’antichissimo riformatore e padre della tragedia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa parte sì rilevante del dramma, nella quale tanti moderni fanno pietà, a differenza di Pietro Metastasio e di qualche altro che vi riesce felicemente. […] L’atto quarto, in cui comparisce l’Ombra di Dario, è un capo d’opera con tanto senno contrastandovi coll’ambizione di Serse il governo di Dario ch’era divenuto pacifio, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane regnante, e con tale delicatezza mettendovisi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Noi siamo persuasi che, dopo di essersi la mente preparata co’ saldi invariabili principii della Ragion Poetica ed avverati con una sana filosofia, con una paziente critica lettura e con una lunga esperienza del teatro, il cuore solo è quello che decide dei drammi e senza ingannarsi ne conosce e addita le bellezze.
ma a darme licenza che piccone non stia alla porta poi che questo carneuaile ma sasinato e se bufetto non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma questo non lo dico per la camerata, ma perche son stato a robato et de laltri compagni sono del mio umore pero scrino la mia uolunta el dotore non parla perche a meso el pitore in compagnia bufeto non parla per la camerata e perche uole il bologna suo compare il Cap.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser. […] ma a darne tal licenza poi che non lo fo per meterli un altro portinaro ma solo quello che la Compagnia comanda poi che uengo per seruire e non per comandare la suplico di subita risposta e con tal fine li bacio vmilmente la sacra Veste di roma el dì 16 genaro 1647. […] , 784), con Lavinia, similmente comediante, e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, ed altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
Il 26 febbraio 1760 fu già ricevuto in società con tre quarti di parte, e l’11 marzo 1765 con parte intera. […] Il D’Origny, pure contemporaneo del Collalto, ha parole caldissime sull’arte e l’indole di lui, in aperta contraddizione con quelle del Bartoli, col trattamento alla grande. […] Si hanno di lui diciassette comedie, di cui la maggior parte rappresentate con successo : tra queste i tre gemelli veneziani. Sosteneva con molta anima e con molta intelligenza il ruolo di Pantalone, ed era specialmente ammirato nelle scene appassionate, in cui l’anima sua ardente poteva mostrarsi tutta intera. […] « Figli miei — dice loro il morente con un fil di voce — l’autore di questi versi non vi conosceva. »
Palissot, scritta con istile comico, e con libertà aristofanesca, e imitata in parte dalle Donne Letterate di Molière. […] Diderot ha voluto trattar quello stesso carattere con maggior cura. […] Con giusta ragione afferma dunque il signor D. […] Un bel principe le risponde con un atteggiamento geometricamente misurato. […] É stato per altro osservato, che i tragici francesi con quelle loro tirate ambiziose, e con que’ sentimenti studiati e rari ch’essi adoprando vanno con tanta cura e frequenza, peccano spesso nel costume, nei caratteri, e nel verisimile.
Nel 1753, andato Antonio Sacco in Portogallo, il Paganini lo sostituì con nuova compagnia per quel teatro, che però non piacque. […] E noi pochi e senza lena, travagliammo con gran pena. […] Era questi un uomo picciolo e grosso, con una faccia rotonda, e sanguigna. […] L'ho trovato in veste da camera, con una berretta bianca in testa, fatta a pane di zucchero. […] Intanto, Figlia mia, tenetevela pure con essa ; se volete ottenere quanto bramate, e col tempo…. chi sà ?
Ed ebbe un figlio che recitasse : quello che vediamo il 1659 con una compagnia a Vienna, in cui era il famoso Dominique ? […] Tutte domande a cui non si potrebbe, credo, con sicurezza rispondere. […] Associatosi con l’empirico italiano Mondor, misero su, ad imitazione di tutti gli empirici del secolo decimosettimo, un palco sulla piazza del Delfino…. […] E, fosse pur di Zanni, com’è a supporre, lo rappresentava col suo nome di casa o con un nome di teatro ? […] Più volte abbiam visto attori e attrici salire in rinomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascondeva sulla scena sotto uno dei tanti nomi di Zanni o di altro tipo, non potuti sin qui identificare.
Egli conduceva la sua Compagnia « con buoni regolamenti – dice il Bartoli – vantaggiosi per se stesso e pe’suoi compagni. Bologna, Firenze, Genova, ed altre città applaudirono al suo modo di condurre e dirigere una società di persone abili nel loro mestiere con decoro, e con quella riputazione che ha formato il suo buon nome. » Scorreva il 1781-82 la Lombardia con la compagnia, la quale, benchè in gran parte modificata, non gli scemò punto il favore del pubblico.
Moglie del precedente, e figlia di Luigi e Antonietta Robotti, cominciò a recitare nella Compagnia reale sarda coi parenti, poi in quella ch'egli avea formata in società con suo padre. […] Fu il '66 a Napoli con la Sadowski e Majeroni, e il '68 con Zoppetti e Vitaliani, dai quali si sciolse per passare a seconde nozze col dottor Icilio Polese-Santarnecchi, direttore del giornale L'Arte Drammatica di Milano. Il '70, sollecitata dall’ agente Eugenio Lombardi, andò a sostituir la moglie di Alamanno Morelli, e con quell’anno chiuse per sempre la sua carriera artistica.
L’Anglomano ritratto bene espresso si accolse con applauso. […] Con tal convenzione vanno al teatro. […] Con tutto ciò la donna riconvenuta di stare al patto ricusa e nega di consentire alle nozze della figliuola con Dami. […] La di lui riputazione è cresciuta con gli anni. […] Azemia è una commedia romanzesca in tre atti con ariette che si recitò con applauso nel 1787.
Vi si recò però il '77, recitando prima a Blois, poi a Parigi con immenso diletto di Enrico. […] Vi si recavan certo l’ '88, passando poi con raccomandazioni del Duca, per essersi diportati bene, a Milano. […] Pantalone (l’etimologia non sappiam dire con sicurezza se si trovi nella frenesia dei mercanti veneziani di acquistar terre nel nome della Repubblica, piantando il lion di S. […] L'huomo è un animal prodizioso composto de pezzi contrarij, l’anema xe come un principe, el corpo come una bestia, con tutto zò queste do parte se abbrazza così ben tra loro, che i non puol vivere inseme senza verra, ne separarse senza dolor ; podendosi con rason buttar in occhio l’un all’altra de non poder con ella ne senz'ella vivere. […] Nigun ; ste dunque ziti, che nu parleremo cercando con una bella comedia recompensar el premio abuo da vu Signori alla porta, e la grazia che receveremo del vostro silenzio.
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi. […] Egli interpretava con abilità ed intelligenza tanto il Goldoni, come Dumas, Ferrari, Giacosa. Ha diviso con me gli applausi del pubblico nella Signora dalle Camelie, nella Serva amorosa, nella Partita a scacchi…… Aveva un avvenire splendido : la morte l’ha rubato giovanissimo all’arte ed alla gloria !! […] Lo rammento sempre con affetto di sorella e con ammirazione di compagna.
Figlio della precedente, nacque a Capo d’Istria il 1796, e crebbe con un suo padrino a Fiume, ove stette alcun tempo, impiegato nella di lui casa commerciale. Si diede poi all’arte del comico in cui riuscì mediocremente ; sposò Maddalena, figlia di Ricci-Pomatelli, capitano sotto Napoleone I, nata a Ferrara del 1795, e morta del 1874 a Firenze ; e fu con lei in molte compagnie di secondo e di terz'ordine. […] Morto il Ristori a Firenze il 3 settembre 1861, fu tumulato nel Cimitero del Monte alle Croci, ove la figliuola desolata fe' erigere, alla morte della madre, una cappella, co' medaglioni degli estinti, opera dello scultore Cambi, e con le seguenti epigrafi : AD ANTONIO RISTORI nato il 5 marzo del 1796 | mancato ai vivi il 3 settembre del 1861 || o mio dilettissimo padre | a te che mi fosti esempio | delle più belle virtù | che per generosità di cuore | e spirito di santa carità verso i miseri | fosti sempre benedetto dalla sventura | che fra gli stenti al lavoro | consacrasti tutta la tua vita | la tua figlia adelaide | che amavi tanto e che sì presto ti ha perduto | questo monumento | debole segno d’incancellabile affetto | tuttora in pianto poneva. […] La sua primogenita Adelaide Ristori Del Grillo con disperato accento esclama : Oh Madre mia tu sai quanto in terra t’amai ; Dal luogo ove tu sei or tu vedi il mio duol, gli affanni miei ; benedici i miei figli, il mio consorte nel cammin della vita ed anche in morte ; io con lagrime e fior vuo' darti addio fino a quel di che ti rivegga in Dio.
Più forte è la scena con Agamennone. […] Si apre sì bel componimento con uno spettacolo curioso e compassionevole. […] Aristotile quel gran conoscitore n’era con troppa ragione incantato. […] Mattei amplificate, benchè con minor precisione. […] Ecuba con tutta sicurezza del suo infortunio e con enfasi afferma che vede una strage inopinata, incredibile, tutta nuova.
Variamente ne han giudicato i critici, ma sempre con ingiustizia. […] Pietro Calderòn é il poeta che ha posseduta la versificazione più fluida e armoniosa e che ha maneggiato la lingua con maggior grazia, facilità ed eleganza. […] Il Desdén con el Desdén dell’istesso é una commedia sregolata, ma vi si trovano pennelleggiate con tal maestria le passioni di una donna bizzarra, che si farà sempre veder con piacere anche da’ rigidi censori dell’irregolarità. […] Dal 1660 sotto la corte brillante di Carlo II, amante della poesia e de’ piaceri, ricominciarono a coltivarsi con fervore gli spettacoli. […] Con simile equivoco si dice che la samaritana abita alla Strada del Pozzo.
Insieme con Gaetano Casali servi il Teatro S. […] Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno del 1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate del 1742, nonostante i suoi impegni con S. […] Fu molti anni a Venezia e in Italia, finchè, chiamato alla Corte di Portogallo, non curandosi nè men questa volta del contratto ch'egli aveva con S. […] Samuele, e continuò per alcuni anni a condur la Compagnia con buona fortuna, recandosi in vario tempo a Milano, Torino, Genova, Bologna. […] Li commedianti d’altra nazione sanno anzi rigentilire la comica professione con modi li più costumati e sulle scene e nelle case ; ma tu, più ch'ogni altro, ben sai renderla infame con un’intollerabile licenza di continui atteggi e sali, o repugnanti alla decenza, o temerari nella censura.
Albergati Ercole, detto Zafarano, bolognese, e al servizio del Marchese di Mantova, fu molto pregiato come inventore e costruttore di meccanismi scenici, e fu nel 1487 « adoperato da Giovanni Bentivoglio nelle feste per le nozze del figliuol suo Annibale con Lucrezia d’Este, a costruire archi e trionfi, etc. etc. […] » Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F. Gonzaga, illustrissima et eccellentissima Madonna sua patrona osservandissima, per darle ragguaglio di una rappresentazione allegorica di Serafino dell’Aquila, nella quale prese parte egli stesso, cantando alcune terzine, assai lascivamente vestito, como a la Voluttà si convene, con il Leuto in brazzo. Ma ecco il passo : Cussì finita questa Representazione (che, considerata la brevità del tempo, fu assai bella) Zafarano nostro introe in sala, con un’altra Representazione, per lui e di sua famiglia composta tutta, perchè nel triunfale curro de la Pudicicia aveva quattro figlioli, due maschi e due femine, essendo la sua figliola maggiore ne la summità del curro collocata, tra due unicorni. Qual, condutta a la presenzia de li convivanti, recitoe alcuni versi latini, con bona audagia, gran modestia et ottima pronunzia, subjungendo, poi, alcune rime vulgare, tutte in laude etc. etc.
Con ripetizione di parole, occhiate espressive, alti e bassi immediati di voce, tremarelle e simili ingredienti, era sicuro di scuotere le moltitudini. […] Aveva l’Asti un bel far rotare in alto la spada, andando alla quinta e tornando a dietro poi, rosso come un gallinaccio per l’indignazione con cui proferiva le parole : « sì, con questa spada, lo giuro ! […] … Con questa spadaaa ! […] L’Asti, giunto al parossismo, uscì precipitoso di scena, e per vendicarsi dell’ offesa per lui inqualificabile del pubblico, trafisse con terribile veemenza la tela di una quinta. […] Nel 1842 eran con lui in Compagnia Lipparini come generici i figliuoli Gustavo e Marina.
Si cimentò con buon successo, benchè giovanissimo, nell’accademia filodrammatica diretta dall’attore e autore Luigi Ploner, dopo di aver dato vive speranze di riuscire più che mediocre pianista. […] Consigliato da Bellotti-Bon di lasciar le parti serie, abbracciò di punto in bianco il ruolo di brillante, che sostenne con assai decoro per alcun tempo, per passar poi a quello di caratterista, a cagione della figura che accennava già a diventar voluminosa, nel qual ruolo fu per molti anni con Alamanno Morelli, al fianco di Luigi Monti e Pia Marchi. […] Pippo Bergonzoni, allettato dai grandi successi che ottenevan dovunque le fiabe musicate dallo Scalvini, determinò di darsi a quel genere, con nuovi intendimenti d’arte, trascegliendo le migliori operette del repertorio forestiero, e formando in società con Achille Lupi una compagnia, della quale fu direttore appassionato e intelligentissimo, e dalla quale s’ebbe ne’ primi tempi lodi e guadagni ! […] – Quirino Norberto Berilli Bolognese comico, e sua compagnia, che da Piacenza passano a questa Metropoli per divertire la nobiltà della medesima colle loro fatiche, con loro famiglie, servitù, armi all’uso militare, ed attrezzi teatrali esenti di qualunque dazio e gabella.
Occhi neri, espressivi, lucenti come il diamante, lampeggianti come stelle ; un sorriso che ipnotizzava tutti con quelle labbra più rosse e fresche del corallo, con quei denti che avrebber fatto invidia alle più autentiche perle orientali ; un’indole quasi infantile, semplice, piena di soave ingenuità, sempre bonacciona con tutti, pronta sempre all’ allegria, alla risata argentina, al buon umore : al tempo della primiticcia compagnia dialettale di Giovanni Toselli ella era il vero cucco del pubblico. […] Ricordo di aver visto quasi bambino la famosa Romagnoli già un po’ in là cogli anni, recitar la Serva amorosa di Goldoni col Boccomini ; e confesso che allora ne fui così dolcemente colpito da non sognar per un pezzo che la Romagnoli con quelle inflessioni di voce così simpatiche, con quelle grazie tanto naturali e tanto care. […] Il suo nome sarebbe certo stato proferito con lode e ammirazione accanto a quelli della Tessero e della Pezzana, e di altre che, stelle fulgidissime, han brillato più tardi nell’orizzonte glorioso del nostro Teatro italiano.
Alla cessione di Finocchio, aggiunge queste parole : Con tal occasione deuo dirle che conuenendo al presente far qualche permuta di simili soggetti per meglio aggiustare le compagnie, desiderarei ch’ella hauesse la bontà d’intendersi etiandio meco nella guisa che si pratica tra me, et il Signor Duca di Parma, mentre uariandosi alle uolte d’anno in anno li Comici, si proua maggior dilettazione e si dà campo agl’istessi di far più studio e riuscire assai grati all’Vditorio. Io ho uoluto dar questo motiuo à Vostra altezza in segno dall’ottima volontà mia, che professo di caminaretrà di noi con ogni uicendeuole et affettuosa corrispondenza….. […] Forse il Riccoboni si è ingannato colla dimanda dell’artista per parte del Re di Francia, ma, quella volta almeno, Cimadori non potè muoversi assolutamente da Modena, per una malattia incurabile qualificata dal Dottor Francesco Tonani per passione asmatica con scirio nelle visere naturali et propensione alla idropisia, che se non l’obbligava al letto, non gli permetteva in alcun modo di intraprender viaggio alcuno senza rischio della vita. E l’attestato del medico fu inviato all’abate Riccini a Parigi con lettera autografa del Serenissimo di Modena addì 28 settembre 1684. Tuttavia, come nel Cimadori si notò un leggiero miglioramento, il Duca, dopo di aver dimostrato largamente la impossibilità di far partire Finocchio, conchiude con queste curiose e poco edificanti parole : Atteso con tutto ciò quello che Vostra Signoria ci motiua e già che pare che sia in qualche miglioramento noi facciamo speditamente partirlo, stimando minor male l’azardare la di lui persona che potesse mai questa dilazione essere interpretata costì a difetto di prontezza e di uolontà.
Rimasto vedovo, il Landi passò a seconde nozze con un’attrice di merito per le commedie improvvise, di nome Assunta, senese, con la quale fu a Napoli, d’onde tornò poi in Lombardia nel '68, scritturato nella Compagnia di Pietro Rossi. […] Siamo riscontrati dal Giudice di Reggio, che nella sera de' 30 dello scorso novembre, restò gravemente ferito in rissa tra le scene di quel Teatro con colpo di Spada dal Comico Lucio Landi fiorentino Giuseppe Spisani Bolognese vomo al seruigio della Compagnia Comica, che attualmente sta in esso recitando ; e che nella sera de'5 corrente cessò di vivere. Il feritore trovasi in Carcere, e contro di Lui abbiamo ordinato allo stesso Giudice di sollecitamente proseguire il Processo con ogni rigore di giustizia, ed a norma delle Istruzioni dell’aula Criminale, per riferirne in seguito le risultanze. …………………………… Tavola di Stato – 7 febbraio 1770, …………………………… Con nostro ossequiatissimo Dispaccio de' 13 del prossimo passato Dicembre fu riscontrata Vostra Altezza Serenissima dell’ Omicidio commesso in Reggio dal Comico Lucio Landi, stato colà sin’ora carcerato, in persona di Giuseppe Spisani Bolognese Vomo al servigio della Compagnia Comica, che in allora recitava in quel Teatro, e di cui l’Omicida n’ è il Capo, viene in oggi d’essere dal Consiglio Criminale risoluta la di lui Causa colla decretata dichiarazione, che attese le circostanze concorse nel predetto Omicidio, e particolarmente la qualità del medesimo stato eseguito a propria necessaria difesa, debba rilasciarsi « ex quo satis » quindi secondo le provvidenze portate da' Sovrani regolamenti abbiamo ordinata la esecuzione dell’ anzidetto Decreto nell’ atto stesso, che ne facciamo il presente rispettabilissimo rapporto a Vostra Altezza Serenissima a disimpegno de' proprii nostri doveri. […] Viveva ancora nel 1782 la moglie « la quale – dice il Bartoli – ad una vita piena d’inerzia, decaduta quasi interamente dall’acquistatosi concetto, in compagnie di niun valore andava passando con stento la propria vita. »
Comico rinomato dei tempi di Francesco Bartoli (1781), che sosteneva il ridicolo personaggio di Don Fastidio De Fastidiis con grande successo, specialmente nelle Avventure di Donna Irene o La sepolta viva, di Francesco Cerlone. Recitava anche in parti serie, ma con poco buon successo, essendo egli troppo noto come buffone. […] Bartoli — d’una figura assai gentile, di sembianze geniali, e gli occhi suoi sono due vivi specchi in cui sulla scena conosconsi chiaramente gli affetti interni dell’animo, spiegando con essi valorosamente a meraviglia e il duolo e il gaudio e l’amore e lo sdegno. […] Ebbe il '25 compagnia in società con Filippo Zinelli, padre nobile, la di cui moglie Sofia Eloisa n’ era la prima attrice, e certo Pietro Simoni il primo attore. […] Sepolcro la sera del 12 agosto la sua Benefiziata col Viaggio dei Pianeti, ossia Giove e Mercurio in Tianèa, azione allegorica spettacolosa, con promessa in un manifesto reboante, di mutamenti di scena a vista prodigiosi, di macchinismi non più veduti, ecc.
Un po'magrolina, coi capegli fini e naturalmente ricciuti, nerissimi al pari degli occhi, e con quella pelle bianca che è particolare alle bionde, accoglieva in sè i tipi della bellezza nordica e della meridionale. […] Esordì a Milano con la parte di Micol nel Saul di Alfieri : Saul era Modena, David Salvini. Ceduta la Compagnia Modena al Battaglia, ella vi passò prima attrice, sotto la direzione di Francesco Augusto Bon, con Alamanno Morelli primo attore, e Luigi Bellotti-Bon brillante. […] Leone Fortis scrisse per lei Cuore ed Arte, e io stesso l’ho sentita nell’ultimo tempo della sua vita artistica, recitare con passione fervida la figura alta e poetica della Gabbriella di Teschen. […] Ora accadde che, dati da lei allo stesso punto due baci la sera di poi, un bell’umore dalla platea si diede a sclamare : « Donna Fanny, so' ventiquattro ducati », con che successo di risa e di applausi ognuno può immaginare.
Fratello della precedente, aveva poco più di un anno, quando fu condotto il 1716 a Parigi, e comparve alla Comedia italiana il 19 gennajo 1719 con l’abito di Arlecchino in una scena aggiunta alla commedia di Gueullette, Arlequin Pluton, pubblicata soltanto il 1879 dallo Jouaust a Parigi. […] Il 4 settembre seguente fu data a suo beneficio una rappresentazione, che ebbe grande successo, con La Servante maîtresse di Baurans, musica di Pergolese, La Fête de l’ amour di M. […] Un documento del 3 luglio 1749 reca l’accusa della sua domestica Elisabetta Deniset di averla con ogni specie di carezze e promesse e tentazioni violata e incinta, e la domanda di un rifacimento di danni e interessi ; con un altro del 22 giugno 1741, il Duca di Gesvres, Governatore di Francia, gli ordina di costituirsi immediatamente prigioniero a For-l’Evêque per aver liticato colla moglie tra le quinte, cagionando un certo scandalo. […] Infatti il 20 maggio del '52, alle nove di sera, ei si slanciò per di dietro su di un soldato della guardia che andava a braccietto di un amico : lo separò con violenza, lo percosse con pugni nello stomaco, e tratta la spada, glie l’appuntò al petto, provocandolo e sfidandolo.
Il ’44, lasciata il Canova l’arte, la compagnia si formò in società con Livini e Majeroni. […] Fu il ’50 con Majeroni, la Rosa e Branchi ; e il ’53 formò società con Francesco Paladini e sua moglie Clotilde, la celebre servetta. […] Il ’48 Luigi Gagliardi combatte a Vicenza nel battaglione universitario e la giornata finisce miseramente con la semidistruzione di que’ sciagurati e con la più rovinosa delle ritirate. […] Il disgraziato lasciò la vedova con sei figli. […] I primi di giugno del ’64 se ne fa la solenne inaugurazione con opera e il ballo Carlo il Guastatore.
Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento di poter darsi agli studi, di poter avere un po' di quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua. […] All’ esperimento che dette il mese scorso nella sua scuola, un alunno alto tre o quattro palmi lesse un discorso – per esercizio – con una disinvoltura, con un garbo da sbalordire. […] Ma le cure della Scuola, cui egli si è consacrato con grande abnegazione, non lo hanno nè fisicamente nè moralmente abbattuto. […] Commedia di Aristofane, volgarizzata in prosa, con prologo in versi e lettera di A. […] Mi creda con verace stima Suo dev.
A cotal abuso si fecero incontro i poeticoartando la smodata licenza delle decorazioni, preparando con maggior saviezza gli avvenimenti, imbrigliando con certa regola la fantasia del macchinista e dello spettatore. […] Per la stessa ragione fu anche levato via il costume di chiuder con un coro ciascun atto del melodramma. […] Tra le molte imprese a cui porse mano con gran vantaggio della sua nazione, una fu quella di migliorare il dramma. […] E siccome il suo carattere naturalmente il portava più a quel genere di stile che a qualunque altro, così in un altro luogo s’esprime con egual robustezza. […] [14] Con siffatti pregi codesto poeta è nondimeno assai lontano dall’aver toccata la perfezione.
Egli ha pur tentata la riforma dell’opera comica spogliandola delle buffonerie irragionevoli con alcuni suoi componimenti scritti in prosa frammischiata con versi. […] E con un fatto sì comune, com’ è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. […] Egli nonpertanto con tal arte ne prepara gli eventi e maneggia le passioni che ci commuove ancor col Salomone. […] Voi mi precedevate ed io vi seguiva con passi timidi ed incerti e pareva che mi deste coraggio con qualche sguardo che di tempo in tempo rivolgendovi gittavate sopra di me. […] Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne insinua e ne fomenta l’amore.
Giovinetto, entrò in una filodrammatica della città, e vi si fece notare pe' l modo garbato e spontaneo con cui recitava talvolta parti di ingenua e di prima donna. […] Sposò Adelaide Salsilli, giovine artista, figlia di artisti, che bene prometteva di sè ; e venuto egli poi al grado di primo attore, e non degli ultimi, formò compagnia con la moglie, ch'era salita e con molto onore a quello di prima donna, resuscitando le commedie di Goldoni, e facendone base del lor repertorio. Il 1822 li troviamo applauditissimi a Tolentino con Benvenuti e il Giandolini.
Lo vediamo il '75 secondo brillante, prima con Bozzo e Checchi, poi con De Ogna e Schiavoni. L' '80 era nello stesso ruolo con Morelli e la Tessero, coi quali passò primo assoluto l’ '83 colla moglie (V. […] Diventò l’ '84, e per un triennio, capocomico solo, poi in società con Cesare Vitaliani e Angelo Vestri.
Il Soldato e i Menecmi, tradotti e imitati con arte, si pubblicarono nel medesimo anno in Anversa; ma se ne ignora l’autore. Con poca intelligenza del latino tradusse Simone Aprile e pubblicò nel 1577 le commedie di Terenzio, e n’é stato deriso in un epigramma dal poco fa mancato Iriarte. […] Di più quel letterato ci diede una notizia non vera, né verisimile, allorché scrisse che si «rappresentarono con indicibile applauso in Roma e in Napoli» sotto Leone X. […] Egli compose trenta commedie ricevute con molto applauso, delle quali altro non se ne conserva, se non il titolo di alquante. Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne dalle cose da lui ragionate nel Don Quixote con tanto senno intorno alle commedie; ma quest’argomento perde ogni vigore, quando dall’l’altra parte si riflette, che Cervantes medesimo il quale ragionò si bene, lodò come eccellenti alcune tragedie che la posterità ha trovate strane e difettose.
A., dopo gl’ impegni assunti col Gran Duca, ma comici isolati no ; chè sarebbe un distruggere la Compagnia ch' egli con tanta pazienza e con tanto amore tiene insieme da circa sei anni (le lettere han la data del '18). […] S. che al ritorno di Monferrato del detto Scala, con la lettera di S. […] r Hercole mio per parlar con V. […] S. che l’ ho voluto molto ben vedere e toccar con mano. […] S. che saprà con la conveniente circuspezione et riverenza ritenere alquanto con dolcezza, certi impeti vivaci, soliti a regnare nelle menti de gran Principi, che dai buoni ser.
E che ci ha che vedere il Capitano di cavalleria con Pulcinella o Matamoros ? […] Ma in qual tempo la Compagnia di Molière cominciò a trovarsi mescolata con quella degl’ italiani, recitando alternativamente nella sala stessa del Petit-Bourbon ? […] Dietro il quale esame, noi non sapremmo in che modo rispondere con precisione alle fatte dimande. […] In fatti : nel luglio 1651 Tiberio Fiorilli era a Roma con la moglie Isabella : nello stesso mese e stesso anno vi erano Giovan Battista Fiorillo con la moglie Beatrice ; e tutti quattro, invitati dal Serenissimo di Mantova pel prossimo carnovale, risposero negativamente per averlo impegnato in Roma. […] | In Milano, & in Bologna per Niccolò Ubaldini | con licenza de’Superiori 1627.
Francesco Gonzaga con Margarita di Savoia con sontuosità e grandezza tale che fa stordire i lettori. […] I lumi erano in tanta copia e con tal artifizio disposti che gli occhi degli spettatori sostener non potevano il vivace chiarore dei raggi, che dai cristalli venivano ripercossi e vibrati. […] Divenne un vezzo della poesia; anzi un costume l’introdurre dei serventi scilinguati e gobbi, che interrompessero con mille buffonerie gli avvenimenti più serii. […] Si presenta alle dame ma con eguale riuscita. […] Un nobile tedesco chiamato Kansperger dimorante allora in Italia insieme con Galeazzo Sabattini inventore di nuova sorte di tastatura negli stromenti, con Nicola Ramarini, con Lelio Colista, romano, con Manfredo Settali, con Giammaria Canario, con Orazietto, celebre suonatore d’arpa, e Michelagnolo Verovio di violino, introdussero nella musica strumentale mille chiamato da loro galanterie, che si riducevano a trilli, strascichi, tremoli, finte, sincopi e tal cose, che accrebbero maggiormente la corruzione.
Como hubiera profanado sus manos con mi Libro el Grande que, à manera de los Despotas Orientales hace alarde de mirar con loco defayre todo lo que, segun él, no alcanza hasta su grandeza? […] E. admitirla con benignidad, y apadrinar al Autor, que, usano de la honra de presentarsela, se acoje à su auxilio, y pide à Dios guarde la vida de V. […] E ciò con uno spirito così disinteressato e imparziale, che non si dissimulano le irregolarità e i difetti, qualora negli antichi o ne’ moderni s’incontrano; e non si lascia di notargli e di appuntarli con quella vivacità che somministrar può una filosofica franchezza. […] Carlo, che addossato vi siete con incredibile attenzione la cura della stampa, e corredata avete l’opera istessa di opportune eruditissime note di asterisco segnate. […] Pietro arricchir voglia in brieve il nostro paese di graziose ben condotte commedie, alle quali so di essersi per pura inclinazione determinato, ed ammirar ci faccia egregiamente, eseguiti que’ principi, e con nobile gara imitati que’ colpi di mano maestra, ch’egli con tanto sonno e avvedutezza va discoprendo ne’ drammi altrui, e tratto tratto additando.
Con tale pessima economia e distribuzione trovansi nella Briseida incastrati dodici pezzi di musica quasi tutti parlanti, e senza affetti. […] Di un reo che involge gl’innocenti nella propria ruina, dicesi con felicità, proprietà, ed eleganza, hizo partecipantes del castigo gl’innocenti. […] Per dirsi che Agamennone nè vuol cedere Criseida, nè permettere che sia riscattata, si dice con proprietà castigliana ni cederla quiere ni redimirla . […] Stancherò io i leggitori con una circonstanziata analisi dell’atto II? […] Gli Spagnuoli non avranno ancora obbliato che il Teatro di La Cruz s’impresse por suscripcion, con dedicatoria y prologo.
Si apre così famoso dramma con uno spettacolo curioso e patetico. […] Aristotile n’era incantato con ragione. […] Un fatto sì strepitoso avvenuto in pubblico, poteva ignorarti con verisimilitudine dalla regina? […] Racine scorre più rapido e con più energia senza fermarsi con Euripide a far dire a Fedra: Sai tu che mai sia una certa cosa che si chiama amore? […] L’argomento é lo stratagemma d’Ulisse che con Diomede ammazza quello re di Tracia nel campo troiano.
Le Preziose ridicole si rappresentarono prima del 1658 in Beziers con molto applauso. […] Dipinse a meraviglia i petits-maitres francesi divenuti ognora più ridicoli con passarne la caricatura alle altre nazioni. […] Egli convisse con Palaprat per alcun tempo con molta intimità e da lui fu ajutato nel comporre la nominata commedia. […] Dialogizza con felicità e piacevolezza, se non che talvolta diventa affettato per voler esser concettoso. […] Verseggiava languidamente, ma scriveva con vivacità in prosa.
Nata in Roma il 1839 da onesti negozianti, fu ammessa nell’agosto del '53 nella Filodrammatica Romana qual socia esercente, ed il 4 marzo del '59 vi dava la serata d’addio, scritturata prima attrice giovine in Compagnia Domeniconi, ove stette un anno con Virginia Marini servetta e Silvia Fantechi generica giovane. Passò poi in quella di Alessandro Monti, ove stette l’intero triennio '60, '61, 62, poi in quella de' Fiorentini di Napoli a sostituirvi la Virginia Marini, con Tommaso Salvini primo attore, e Clementina Cazzola prima attrice. Il '66 si ritirò dalle scene per unirsi in matrimonio con certo Enrico Finizio, negoziante in seta, il quale, dopo pochi anni, dovè per infortunj commerciali abbandonar Napoli, e recarsi con la moglie a Roma, ove vivon tuttora agiatamente, lontano dal teatro.
Per l’indole sua e per la sua figura non molto slanciata, poco le si attagliavan parti di sentimento ; ma in quelle comiche profondeva una sì misurata e signorile e spontanea gaiezza, con una dizione delle più nitide da farci sperare che in un tempo non lontano avrebber rivissuto su la nostra scena di prosa le glorie della Romagnoli, della Lipparini, della Cutini. Fu con Maggi, con la Iggius e con altri, amorosa e prima attrice giovine.
Lo troviamo il ’38 generico primario con Gaetano Nardelli, il ’42 padre e tiranno con Romualdo Mascherpa e il ’43 collo stesso ruolo nella seconda Compagnia Domeniconi, nella quale si unì in matrimonio con Luigia Moretti, figlia di un suggeritore, e dalla quale passò poi in quella dei Fiorentini di Napoli, condotta prima da Alberti e Monti, poi da Alberti e Colomberti, poi dall’Alberti solo. […] Tardini (La Drammatica nel nuovo Teatro Comunale di Modena, ivi, 1898) apprendiamo come il Fabbri quand’era col Mascherpa (27 luglio ’42), recitasse con molto successo alcuni versi dell’Inferno e Purgatorio di Dante. […] Si trova oggi quale caratterista con Giuseppe Brignone e Celeste Montrezza.
È un libriccino di dieci pagine in 12°, compreso il frontespizio, e contiene ventitrè scipitaggini, di cui ecco un esempio : A far parere molte persone senza testa Piglia sale armoniaco, sale gemma, e sale di canfora tanto dell’uno, quanto dell’ altro, & acqua vita di sette cotte ; fa fondere tutto insieme, & ongi con quello la candela di sevo, o di cera ; col chiaro di detta candela pareranno senza testa. […] A. pur che unita con lui habbia la moglie al recitare. Auisai con altra mia humilissima lettera all’ A. […] A. ma che la bizzaria di questa gente non mi prometteua quella consolatione che tanto ambisco in pontoalmente seruire a suoi cenni, escusandosi chi con uno chi con altro pretesto ; dopo di che insistendo nel mio debito hò condotto da M.
Carico di famiglia, e ormai non più giovane, determinò di darsi alla scena, esordendo qual caratterista nella Compagnia ch'egli stesso formò in società con Gaetano Colomberti e Luigi Bergamaschi, e diventando in pochissimi anni de'più valenti. Fu con Goldoni, e con Perotti ; e il 1819 si fece capocomico. […] Gustavo Modena, richiesto d’informazioni dall’attore Giovan Paolo Calloud su l’arte di entrambi, così gli scrisse il 17 agosto del 1851 : La Petrucci è un buon acquisto ; recita naturalmente, ha forza, ha intelligenza, è un pastone di bontà, e farà progressi : è giovanissima, un po'tozza di persona, ma belloccia di viso, e non sconcia : non ha sentito eroi nè eroine a recitare, quindi non è ancor guasta, - ma venga con voi o con altri si guasterà, grazie al colto pubblico e all’esempio dei compagni.
Nei sette anni di esilio di Gustavo, egli, con sacrifici di ogni maniera, privandosi quasi del pane per sè e i suoi, gli fu largo di soccorsi in Francia e in Isvizzera, sopportando sempre con rassegnazione i molti dolori che per tristizia di tempi ebbe a patire nel corso non breve della sua vita. […] Esiliato dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Toscana, dallo Stato Pontificio, dal Napoletano e dalla Sicilia, dovè rifugiarsi nel Piemonte, ove fino al '61 restò, percorrendone le varie città or con compagnie rilevate, or con formate di nuovo. […] Io ho seguitato fino a pochi mesi addietro a spendere e spandere per decorare le produzioni con una esattezza di costumi e con uno sfarzo ignoto fino ai nostri giorni ; e qual è la città che me ne ha tenuto conto ? […] Battaglia è in trattato con alcuni de' miei artisti : colle Botteghini madre e figlia, colla Sadowski, con Bellotti-Bon, col ragazzo Vestri Angelo, e con Lancetti. […] Leone Fortis delineò l’uomo politico nel Capitan cortese del 12 aprile '96 con queste parole : Fu tutto di un pezzo : repubblicano sin dalla prima giovinezza, fiero nemico così dell’ oppressione straniera, come di qualunque arroganza anche tribunizia che mirasse ad imporsi, sia con la dittatura della piazza, sia con quella della Reggia.
Niuno ignora i meriti di Noverre e per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, e pel modo di ballare, e per l’invenzione de’ balli, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, per aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con graziosi passi naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche. […] Germano nel 1752 con tutte le stravaganze e buffonerie e co’ vaudevilles nazionali cari a’ volgari. […] “Cinna e Atalia, al dir del medesimo Voltaire, doveano rappresentarsi in sì meschini edifizj e con decorazioni così grossolane”? […] Gabriel un teatro di figura semicircolare con una scalinata che gira intorno e con una sola loggia. […] Questo edifizio (dicesi nel trattato Del Teatro) è ben provvisto di convenienti accessorj, ed ha la facciata retta a tre ordini di finestre con gran ringhiera nel mezzo e con balaustrata in cima arricchita di statue.
Altro vantaggio era un contratto di privativa, contro qualunque altra Compagnia di prosa che non agisse con la maschera del Pulcinella. […] Per la famiglia reale, erano riservati tre palchi di 2º ordine, prossimi al palcoscenico, con ingresso speciale. Allorchè intervenivano al teatro i sovrani, s’incollava un cartellino rosso, con la scritta a caratteri cubitali « Per ordine » e sull’angolo che da via Toledo conduce al teatro, s’impiantava una specie di fiaccola alimentata con brandelli di legno ; la si accendeva in prima sera e la si toglieva finito lo spettacolo. […] Per di più, un picchetto di granatieri era ordinato di guardia all’ingresso dei palchi reali ; e fra le quinte era mandato un caporale con tre granatieri. […] Fra questi si annoveravano i già nominati Tessari, padre nobile, con la signora Carolina sua moglie, prima donna ; Prepiani e Visetti, primi attori.
Restaurato a Roma il teatro Pallaccorda, oggi Metastasio, Giacomo Job vi tenne compagnia per due anni, con l’Anna prima donna, ruolo ch’ella non lasciò più sino al ’48. Fu con Giuseppe Moncalvo due anni, poi sette con Corrado Vergnano, poi con Luigi Domeniconi e con Luigi Taddei. […] Fu dal’57 al’59 con Ernesto Rossi, e dal’61 al’75 con Alamanno Morelli, dal quale si allontanò per ritirarsi più che settantenne a Firenze, ove morì il 12 maggio del 1890. Dal suo matrimonio con Giacomo Job, nacque a Napoli il 25 marzo 1827 il figliuolo Achille, modesto attore e specchiatissimo amministratore delle Compagnie Morelli, Bellotti-Bon, e Marini, morto a Firenze il 22 giugno del ’98. […] Con questa pare vi fossero i soliti malumori che abbiam trovato nelle comiche di ogni tempo.
Ferrarese, figlio di Zanone Zanoni (nell’ediz. de'Motti brighelleschi, pubblicata a Torino nel 1807 dal figliuolo Alfonso è Zannoni coll’n doppia), dopo di avere con buona riuscita recitato tra' dilettanti della città natale, si diede per le non floride condizioni di famiglia all’arte drammatica, scritturandosi subito con Gerolamo Medebach, e passando poi con Antonio Sacco, del quale sposò nel 1750 la sorella maggiore Adriana, vedova di Rodrigo Lombardi (V.), e col quale andò il '53 in Portogallo. Forse egli, buono, sarebbe rimasto col cognato sino alla morte ; ma l’umor bestiale di lui, fattosi ancor più intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli : lo vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a Giacomo Modena. […] Il Gozzi dice : Atanagio Zannoni, che sostiene con rara abilità il personaggio del Brighella tra le maschere nella Truppa Sacchi, rappresentava cotesto vecchio con quella perfetta imitazione nel vestito, nella voce, negl’intercalari, nel gesto, e nella positura, che suol far sempre ne' Teatri un grand’effetto con indicibile applauso. […] Bartoli, là dove dice che Atanasio Zannoni per rendersi particolare nell’eseguire la parte di questo personaggio, ha voluto allontanarsi dall’adottato suo trivial costume, e l’ha reso un uomo illuminato e spiritoso ; che parla con eleganza, che raziocinia con buon criterio, che ha qualche cognizione delle scienze, e ch' è naturalmente per sè stesso un poco filosofo. […] Ne'Contratti rotti, negl’Influssi di Saturno, nella Vedova Indiana, ed in altre commedie dell’arte, dove egli abbia un assoluto maneggio vedesi pure il Zannoni porre in opera tutto il suo ingegno, ed infaticabilmente adoprarsi con lode nell’esecuzione dello studiato suo personaggio…. ecc.
Tu rispondi con troppa libertà. […] E voi mi domandate con troppa perversità. […] Esce Amlet con Orazio. […] Laerte attacca briga con Amlet. […] Altro messo del re vuol sapere, se Amlet intenda assaltar subito con Laerte.
Un messo racconta al duca Borso la sventura del duce, e la tragedia termina con un coro. […] E potevasene allungar la lista co’ versi cantati da’ Mori prima delle giostre, con i cori Messicani, colle musiche Peruviane, co’ rustici canti de’ selvaggi, e con che no? […] Ciò che solo con certezza si deduce dalle di lui parole, si è, che quel componimento fu una tragedia. […] Questa incongrua mescolanza è compensata dall’unità dell’azione condotta regolarmente nel giusto tempo con gravità e con facilità, e non senza nitidezza di locuzione se non con proprietà ed eleganza Virgiliana. […] Aggiugneremo con pace dell’esgesuita stimabile sig.
Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo. […] Il traditore lo asserisce con quella enfasi che ha premeditata col suo delitto. […] Il servo raggiratore, astuto, con sogghigno derisorio. […] La crivetta lo pronunzia con seduzione agli amici sorpresi. […] Dimostrasi adunque ad evidenza la necessità della più accurata analisi e dello scrutinio del cuore umano, nelle ascose latebre del quale deve aggirarsi con sicurezza colui che aspira a meritare il titolo di artista drammatico.
» Aveva molta coltura il Costantini, e possedeva l’uso di varie lingue con una franchezza ammirabile. Disputava sopra varie materie con uomini dotti, che non lasciavano di lodar il suo spirito. Morto il Re Carlo, passò con la Compagnia a Palermo, dove un frequentatore assiduo di casa, conosciute le sue non poche ricchezze, ed entrato una sera per la finestra, mentre tutti erano in teatro, gli rubò quanto più potè. Desolato per tanta sciagura, il pover’uomo, il quale, sebbene scoperto il ladro, nulla o ben poco potè riavere, ridotto in vecchiaja, carico di figli, e per di più con un occhio perduto, si ritirò a Venezia ove morì nel 1757.
Appassionatissimo pel teatro, entrò nella Compagnia Fabbrichesi, passando poi in quella di Paolo Blanes e dei Fiorentini di Napoli, ove condusse in moglie Vincenza Pinotti, figliuola di Francesco, vezzosissima giovinetta, ed artista valente, che sostenne con molto plauso le parti di prima attrice giovine e prima attrice, in Compagnia Reale Sarda sotto la Bazzi. Il Righetti, entrato il 1821 con la moglie in detta Compagnia, al momento della sua formazione, vi sostenne ammiratissimo le parti di primo attore, a vicenda con Luigi Romagnoli. […] Aveva con la moglie Vincenza, il '25-' 26, lire annue 7500, e una serata a mezzo.
Fu detto Goldoncino per essere stato alcun tempo copista di Carlo Goldoni il quale con lettera del 17 marzo 1759 da Roma (V. […] Fu molti anni capocomico, con Angiola Dotti, e recossi con lei a Vienna. Si trovava il 1781 sempre con la Dotti a Ragusa, dove – dice il Bartoli – facea valere il suo spirito procacciandosi degli applausi, e facendo qualche mediocre fortuna.
Ma Davo con alta voce e con volto che esclude ogni sospetto d’intelligenza, l’interrompe dicendo, concede ad dexteram. […] Ma in questa Terenzio lavora con maggior delicatezza. […] Se ne querela con Lachete padre di Panfilo, il quale ne va a far romore con Bacchide. […] Con qual pretesto il rifiuterà? […] La favola è condotta con buona economia e con ispecial grazia e vaghezza.
Viene il re e la regina con seguito. […] Tu rispondi con troppa libertà. […] Laerte attacca briga con Amlet. […] Altro messo del re vuol sapere se Amlet pensa battersi subito con Laerte. […] Viene il re e la regina con tutta la corte.
Secondariamente si può aggiugnere, che Sulpizio avrà voluto dinotar coll’agere il rappresentar nudamente la tragedia, e col cantare il cantarne con vera musica ciò che va cantato, cioé i cori, qual cosa si direbbe acconciamente con latina proprietà agere et cantare tragoediam senza convertirla in melodramma moderno. […] Menestrier, e qualche altro erudito ritrovano l’opera in musica dovunque si son cantati versi solennemente, ne’ canti de’ pellegrini di Parigi, nelle sacre cantate delle chiese, nelle cantilene riferite dal Muffato ec.; e potevano allungarne la lista co’ versi cantati da’ mori prima delle giostre, con i corei messicani, colle musiche peruviane, con i cantici rustici de’ selvaggi, e con che no? […] Ciò che solo con certezza si deduce dalle parole di Sulpizio, si é che quel componimento fu una tragedia. […] Tali rappresentazioni si adornavano con molte decorazioni; e vari squarci d’importanza, p. […] Piacevano oltramodo per gli colpi satirici che vi li portavano piacevolmente; e perciò si attese a comporli con più cura, e mettervi più azione, migliorarli.
Si recò in America dell’ '82 con Ernesto Rossi, interprete fra lui e gli artisti inglesi. […] La sua figura atletica non si accorda con le espressioni tenere e melliflue, che disdicono anche alla sua voce robusta, altisonante ; come pure i suoi gesti imperiosi e decisivi si mostrano soggiogati da una volontà che si ribella all’istinto…. Ho ferma fiducia che fra poco rivaleggerà con i migliori campioni della lizza artistica, e sarà tutto merito suo. […] Avea sposato in America Maud-Wilson, divenuta poi artista con lui. […] mo Giunto in Venetia non mancai di unirmi alli miei compagni con il conferire la gent.
Si vuole che, stando al fianco di Francesco Bon, artista insuperato nelle parti brillanti, s’invogliasse d’imitarlo ; e con tanto esemplare sotto gli occhi e con la costanza nello studio non mai attenuata, vi riuscisse così mirabilmente, che parve a tutti, se non uguagliare il maestro, a lui molto accostarsi. […] Saturno vuol far vero il detto con l’Etimologie, ecco ch’ io vi stampo la vera Etimologia di quella Città, donde si conoscerà la mia buona ragione. […] Pure assicurata dal mio mostaccio d’huomo da bene, fatto vn ghigno sott’occhio, fattamisi innanzi allargò il pensier suo con queste parole. […] Non Saturno, non Gioue, non Apollo, non Marte, non Venere, non Pallade, non Mercurio, è stato da sè solo il fondator di Bologna ; ma tutti insieme d’accordo come pifferi fuste i muratori di fabrica così stupenda ; e molto ben ve ne ricordate, se non hauete perduto il cervello ; Saturno fece i fondamenti con la Giustitia delle leggi, Gioue tirò sù le belle prospettiue con la benignità de’costumi ; Apollo vi fece miniature all’arabesca con il pregio della Poesia, Marte vi pose i baluardi con la fortezza de gl’huomini, Venere l’adornò di pitture con la beltà delle donne, Pallade dotò la Città tutta co’tesori delle scienze, e Mercurio la vesti d’vn bellissimo drappo di grata, e natural facondia. […] E con questo vi lascio.
Riempie di stupor la nobil Flora, et io con rozzo Carme il ver astringo che felice è chi l’ ama e chi l’ honora. Molto probabilmente l’Aurelia qui lodata, e che destava stupore in Firenze, è quell’Aurelia, ignota sin qui, desiderosa nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova colla data del 27 marzo, e riportata dal D’Ancona (II, 511) : Aurelia comica desidera sommamente di haver luogo et unirsi con la Compagnia di Vittoria (la celebre Piissimi) sperando con la scorta di si gran donna di poter avanzarsi nella professione. […] S. può farla degna di questa gratia, è venuta a pregarmi con la maggior istanza del mondo, ch’ io voglia supplicar V. […] S. con tutto l’animo, che resti servito di essaudir cosi giusta et virtuosa domanda. […] – Giovami di credere che se bene la Compagnia è stabilita, di conseguire questa gratia, et come di cosa già ricevuta le resto con quel magior obligo che possi venire dal mio conoscimento.
Si trovava nel 1853 in Compagnia Feoli, già sposa all’attore Ludovico Mancini ; e ad Alessandria della Paglia, in quell’anno, uditala il Righetti, la scritturò per la Compagnia Reale Sarda, pagando la penale alla Società Arnoud e Carrani con cui la Cutini era scritturata. […] La Cutini-Mancini recava con sè, in più della Romagnoli, uno spirito di modernità e un sentimento di grande fierezza che il nuovo repertorio esigeva. […] ) : Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota. […] Non era una donna, ma uno spiritello, che correva per la scena con movenze birichine, d’una galanteria indicibile, con una vocina d’argento che s’insinuava ne’ cuori, con una dizione limpida e netta, che afferrava lo spirito.
De' primi anni dell’arte sua riferisce il Colomberti il seguente aneddoto : Il direttore Antonio Belloni che trova vasi con la Compagnia Paganini nel 1803 unitamente all’Elisabetta, da poco divenuta vedova, possedeva un piccolo cane, che, divenuto idrofobo, fuggi di casa, e si recò in quella della Marchionni, forse per non mordere i padroni. […] Il Capocomico ed il Belloni lo impiegarono con la Compagnia condotta dal caratterista Francesco Pieri ; e là il disgraziato giovinetto fu obbligato a suggerire, copiare originali e parti, non meno che a far parti adattate alla sua età. […] Sembra che il tempo e l’amor materno, non meno delle preghiere della sorella, gli ottenessero il perdono della severa Elisabetta dopo diciassette anni di esilio dalla famiglia : e infatti lo ritroviamo nel 1820 nella Società drammatica della madre e della sorella al posto di primo amoroso assoluto, dopo la scelta del primo attore Meraviglia, con la moglie Teresa, brava prima e seconda donna giovane. […] Entrò il 1825 con l’impresa Tessari, Prepiani e Visetti a' Fiorentini di Napoli, ove stette sino al '64, anno della sua morte. […] La Moda di Napoli dice : « è difficile veder due volte il Marchionni con la stessa sembianza : diverso sempre da sè sotto le diverse forme che veste su le scene, ei non somiglia a sè stesso che in una sola cosa, cioè in esser sempre eccellente. » Di lui abbiamo tragedie : I Martiri, Olindo e Sofronia, Edea Zavella o La presa di Negroponte, La Vestale, che meritò gli elogi di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo ; spettacoli : Pirro, o i Venti Re all’assedio di Troja, La figlia della terra d’esilio ; drammi : Chiara di Rosenberg calunniata, Chiara innocente, L'Orfanello svizzera ; lavori questi scritti per la sorella Carlotta e da lei con molto successo recitati.
Primo amoroso nel 1829 della drammatica Compagnia Bergamaschi, e generico dignitoso e tiranno, a vicenda con Giuseppe Nolis, nel 1832, della Compagnia tragico-drammatica diretta da Giovanni Ghirlanda. Annunziò la recita a suo beneficio, il 2 giugno 1832, al Teatro del Giglio di Lucca, nella quale si rappresentò Il Gran Los-Rios Assassino delle Alpi, con Pasquale spaventato dai Masnadieri (Pasquale era Giuseppe Guagni) e nella quale egli sosteneva la parte del protagonista, con un programma reboante (degno dell’attore capocomico), di cui ecco una parte : Per le anime d’altissimo sentire non riescirà stravagante il fatto che si espone di quest’uomo, il quale profugo dalle terre native per un fallo d’amore, dalla malvagità attribuito ad altissimo delitto, a rifugiarsi costretto si vide nelle Alpi, ed a condurre una riprovevole vita in odio di tutta la terra e fulminato dalla celeste maledizione. […] Eccolo assassino, ed eccolo con la marca in fronte, ed il suggello dei reprobi. […] Questo veridico quadro, porgendo allo sguardo dello scrittore un non so che di truce, venne dal medesimo con provetta arte episodiato di ridicoli caratteri, che nulla pregiudicano all’interesse dell’azione, e mantengono sempre vivace la scena.
Improvvisatore di versi, che, grazie a Dio, non son giunti sino a noi, se giudichiamo dal distico che ne dà il Bartoli e che riportiamo qui in fondo, soleva con una sfacciataggine singolare intromettersi nelle altrui conversazioni, sedersi alle altrui tavole, ciarlataneggiando, declamando, talvolta con grande sollazzo dei commensali, tal altra con gran loro rammarico. Nel secondo caso, che accadeva non di rado, era costretto dai moti nervosi o di mal celata insofferenza, o di aperta ribellione, batter la ritirata : e questo egli faceva senza verun atto di risentimento ; anzi inchinandosi a più riprese con esagerate cerimonie. […] Baldi Francesco, detto Ciccio, attore napoletano, sosteneva con molta grazia la maschera del Pulcinella.
Adamo Alberti ne’ suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’ Fiorentini in Napoli (ivi, 1878), dice che Luigi Belisario era un distintissimo attore comico ; ei recitava con grande spontaneità, e spesso improvvisava la sua parte con tanta verità, che il pubblico lo applaudiva credendo che la sapesse a memoria. Egli era un uomo molto erudito, traduceva dal francese con molto spirito e le migliori opere del repertorio erano sue traduzioni. E più oltre, al Capitolo VIII, anno 1840 : con grave dolore perdemmo il bravo artista Luigi Belisario, il quale non volle rimanere con noi, dappoichè avendo per figlia una graziosa giovanetta che aveva grande disposizione per l’arte drammatica, preferì di fare una Compagnia drammatica da lui diretta e portarsi in Sicilia, dove la figlia esordi come prima attrice e fu molto applaudita, ed avrebbe fatta una bella carriera, se dopo pochi anni non si fosse ritirata dal teatro, facendo un vantaggioso matrimonio.
Auretta figlia d’Angiola Serua à Vicenda con Colombina moglie di Bagolino. […] 2 (sic) pigliandosi sua moglie Flaminia per 2ª Donna, e elegendosi Lucindo Odoardo à Vicenda con Leonardo 2º, e 3º moroso. […] P.º Zanni Bagolino Manca il 2º, onde si suplicano l’Altezze Vostre Serenissime ad ordinare à Volpino, che s’unischi con la sud.ª Compagnia. […] Marchese Manzoli, de quali l’Altezze Vostre possono seruirsi, con tutto, che l’anno passato habbino recitato nelle due Compagnie di Mantova. […] Chi fosse la Lucinda non so dir con certezza.
Fracanzani Camillo, bolognese, cominciò a recitar parti di prima donna nel Teatro de’ Nobili Felicini, con certo Maccaferri sellaio, poi comico anch’egli, e dice Fr. Bartoli che lo vide « circa il 1760 rappresentare con bravura la parte di Donna Aurora nella Gratitudine, commedia in versi martelliani del signor Abate Pietro Chiari. » Il padre di lui, di nobile famiglia veronese, costretto ad abbandonar la patria, si recò in Bologna, ove aprì un negozio di pelli stampate per calzature da donna. […] E tornati in Italia, il Fracanzani s’unì ad altro ciarlatano Daniele del Puppo, con cui formò una vera e propria compagnia comica, traendo la vita con maggior decoro, e di cui Camillo sposò la figliuola Orsola. […] Gertrude, separatasi dalla famiglia, si recò nell’Istria con una compagnia nomade, poi di là nel Teatro S.
Bartoli – con molto spirito, apportò del profitto alla comica Compagnia. » Uscito dal San Luca, si fece capocomico e passò in Terra ferma con Giustina Cavalieri e Vincenzo Bugani, percorrendo poi, quand’essi tornarono a Venezia con la Battaglia, il Tirolo e la Dalmazia. Diventò poi conduttore d’opere in musica, ma con poca fortuna ; chè il '79, s’incendiò il Teatro di Gorizia, del quale egli aveva l’impresa. […] Figlia del precedente e moglie di Carlo Serramondi, Innamorato di buon nome, che dopo due mesi di vedovanza passò a seconde nozze con una figlia di Marco Fiorio veronese, fu educata dal padre nell’arte scenica, in cui divenne pregiata artista per le parti di serva.
Con tal disegno e con le spoglie degli uomini s’incamminano al Consiglio. […] La commedia termina con una gran cena. […] Ecco sen fugge con maraviglia della finta Andromeda. […] Parlano intanto con gli spettatori della qualità della favola. […] Egli vituperava con vigore tutti i vizii dell’amministrazione.
Passò poi il '24 a Napoli col Fabbrichesi, che lo condusse con sè a Trieste, poi, avanti la fine dell’anno lo rimandò a Napoli primo amoroso e primo uomo a sostituire con Mario Internari, stipendiato dal Fabbrichesi, l’attore insufficiente che copriva quel ruolo. […] Passò, da questa, in quella di Antonio Raftopulo pel triennio '27-28-29, indi, il 1830, formò società per un nuovo triennio colla celebre Carolina Internari, con cui si recò a Parigi. Fu, ancora per un triennio, scritturato dai soci Fabbrici e Petrelli ; poi, sposata l’egregia servetta Clotilde Sacchi, si fece nuovamente capocomico per vari anni (il '56 aveva società con Stefano Riolo), finchè, avanzato in età, abbandonò l’arte. — Il Colomberti lo dice attore di molta intelligenza e di prestante figura, applauditissimo sempre, nonostante il difetto di una voce alquanto nasale.
Il D'Ancona (II, 534) riferisce alcune parole di Federico Zuccaro nel suo Passaggio per Italia con la dimora in Parma, pag. 28, riguardanti il 1605, nelle quali è detta la Compagnia di Frittellino, « la migliore forse che sia oggidì, guidata dal Capitano Rinoceronte e Frittellino, con le lor donne meravigliose, la Flavia, la Flaminia e la Rizzolina, con Arlichino e altri due, etc. etc. » Questa Rizzolina potrebbe anch'essere la Marina Antonazzoni, la quale, secondo l’articolo del Neri, avrebbe recitato ne' Gelosi le parti di serva sotto nome di Ricciolina, prima di salire al grado di prima donna sotto quello di Lavinia, a vicenda con la Roncagli.
Passò dopo due anni secondo brillante con Cesare Vitaliani ; ma poi gli si affidaron le parti di primo attor giovine, essendo rimasto scoperto tale ruolo. Fu poi con Diligenti, Monti, Pieri, Pasta, Zacconi ; col quale ultimo cominciò a recitar parti di primo attore (1894), e dal quale passò il '98 nella Compagnia Di Lorenzo-Andò, in cui stette fino alla quaresima del 1903, per diventar poi capocomico in società con Gemma Caimmi, e primo attore assoluto : società che dura tuttavia (1905) con molta fortuna.
Con una pennellata sola fa conoscer tosto lo spirito di tutta la casa di Socrate. […] E’ artificiosa e piacevole la scena di Socrate con Strepsiade nell’atto II. […] Ei non si prefiggeva per oggetto principale il far ridere gli spettatori con facezie, o piangere con avventure compassionevoli, ma sì bene l’additar loro i doveri più sacri, il fortificarli contra ogni,, nemico domestico o straniere, e l’istruirli con sode lezioni piacevolmente. […] Ma la poesia rappresentativa meglio sviluppata negli episodi, si appropriò certi attori più esperti nel declamare, cioé nel recitar i versi con un’azione naturale e con un canto parlante, il quale, sebbene accompagnato dagli stromenti, non lasciava di appressarsi più al favellare che al canto corale; e allora questa classe di attori ad altre non attese che ad animar con musica moderata e con vivace energica rappresentazione la poesia. […] Potino con esse rappresentò (benché con indignazione de’ buoni, cioé de’ pochi) alcune burlette in Atene e in quella medesima orchestra, in cui Euripide declamava le sue tragedie immortali.
Alfredo intanto attese con pari ardore a rischiarare la Gran-Brettagna. […] Vuole altresì con fondamento che il nominarsi versi recitati su’ teatri non sempre additi un’ azione drammatica. […] Forse non si direbbe con ogni proprietà ludus un mistero espresso con un groppo di statue; nè perchè in vece di quelle statue si mettessero degli uomini, tal rappresentazione diventerebbe un giuoco. […] Vedrassi nel seguente capo che in Francia sin dal tempo di Filippo il Bello vi fu una festa simile con canti e con parole. […] Ma con sua pace legga con gli occhi aperti, e vedrà che il Tiraboschi punto non reca in testimonio di buona latinità le opere di Adriano.
Questa scena termina con una osservazione vera e gloriosa per l’umanità. […] Non si può far di più, con voi convengo. […] Cominciò nel 1760 con Zulica e Teagene tragedie d’infelice evento. […] “Io preferisco (dicesi nel libro l’Anno 2440) quest’Italiani a’ vostri insipidi commedianti Francesi, perchè questi stranieri rappresentano più naturalmente e perciò con maggior grazia, e perchè servono il pubblico con più attenzione”. […] Un bel principe le risponde con un atteggiamento geometricamente misurato.
Con Idraotte, Rinaldo, Armida ed altri personaggi reali intervengono gli allegorici l’Odio, la Vendetta, la Rabbia, le Furie, i Demonj, i Piaceri. […] Tutto ciò è detto con leggiadria, ma con poca verità; per un poeta lirico è bello, per un personaggio drammatico è falso. […] Il drammatico ciò dee sempre mitigare almeno con un sembra. Rinaldo si addormenta e Armida gli si avventa con un dardo ma non ferisce. […] He, têtebleu (ripigliò gajamento e con coraggio Lulli), vous en feriez autant, si vous le pouviez.
D’ingegno pronto e vivace, d’indole mite e aperta, appassionatissimo dell’arte, divenne il figliuolo adottivo di Augusto Bon, secondo marito di sua madre ; e così, potendo al nome del padre aggiungere quello del padrigno, egli si presentò alla ribalta con un augurio doppiamente splendido di futuri trionfi. […] Dai modi insinuanti, dalla parola convincente, dall’indole dolcissima, esercitava su’novizj e su’ provetti un fascino ineffabile : non uno de’ vissuti con lui o sotto di lui che non ne abbia ricordato e non ne ricordi tuttavia con profondo rammarico la bontà e la valentia. […] A questo punto l’entusiasmo del pubblico era al colmo, e scoppi continuati di ilarità accoglievano poi per tutta la sera le parole di quel personaggio incarnato da Bellotti con tanta finezza, con tanta intelligenza…. e con tanta verità…. […] Finalmente, non potendo più resistere all’ inclinazione ch’egli aveva per il teatro, s’insinuò nell’ amicizia d’alcuni comici, i quali seco lo tolsero a recitare, e bravamente riuscì sostenendo con molto spirito il personaggio di Pantalone, a cui era tanto inclinato. Avanzandosi in meriti, fu accolto nella Compagnia d’Antonio Marchesini ; e quindi in quella d’Antonio Sacco fu con piacere accettato.
Il carattere di Alceste contrasta egregiamente con quello di Filinto, e dà movimento a tutti gli altri che lo circondano. […] Tre altri comici rinomati si vogliono nominar con onore dopo Moliere, cioè Regnard, Brueys e Dancourt. […] Egli convisse con Palaprat per alcun tempo con molta intimità, e da lui fu ajutato nella nominata commedia. […] Dialogizza con felicità e piacevolezza, se non che tal volta diventa affettato per voler essere concettoso. […] Verseggiava languidamente, ma scriveva con vivacità in prosa.
Rachele, é verseggiata con eleganza, ma é un dramma pastorale. […] Imita gli antichi, ma con un artificio, con un garbo, con una maestria che par nato or ora ciò ch’essi dissero venti secoli in dietro. […] I suoi personaggi non rispondono, come in Seneca, improvvisamente con un aforismo. […] Chi imita con maestria migliorando, nasce per esser successivamente imitato. […] Con che é venuto ad illustrare la leggi colla storia, e la storia colle leggi.
Paralello della poesia e musica moderne con quelle dei Greci. […] Imperocché avendo eglino con sottile filosofia osservato che le passioni dell’animo s’esprimono con movimento analogo alla loro natura, la tristezza, per esempio, e lo scoraggiamento con movimenti tardi ed ineguali, l’allegrezza e lo sdegno con movimenti rapidi e veloci, la speranza con moti più equabili, con più rimessi il timore, e così delle altre, s’avvisarono d’imitare il loro andamento nella poesia dando quantitativo valore alle sillabe, e certa misura alle parole, affinchè esprimessero colla loro durazione, lentezza o velocità l’indole fisica di essi movimenti, dal che trassero origine i poetici piedi e la combinazione loro diversa. […] Se le campane vengono percosse egualmente, e con moti proporzionali, le ondulazioni si propagano con suoni chiari e gradevoli, se però percuotonsi inegualmente, s’apre di leggieri qualche fenditura e qualche volta sconciamente si frangono. […] Si dovea rappresentare un qualche oggetto che agisse con imbarazzo, tardità, o fatica? […] Il modo dorico, che era il più grave, suonavasi con due tibie destre, il lidio più acuto con due sinistre, e il frigio mezzo tra l’uno e l’altro con due tibie parimenti una destra e l’altra sinistra.
Calisto stando con Melibea ode un romore nel giardino accorre, cade dalla scala, e si ammazza. […] Nell’atto settimo Parmenone si giace in letto con Areusa a persuasione della vecchia scellerata che ciò stà vedendo; e questa situazione si rende tanto più scandalosa, quanto più il dialogo di tutti e trè è scritto con somma proprietà e bellezza. […] Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne da quanto, egli con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. […] Delle favole sceniche di questo gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino. […] E quello che ora io dico nel testo con più parole, non era allora stato da me indicato?
Artista singolarissimo per le parti di brillante, che cominciò a sostenere con plauso il 1837 in Compagnia Nardelli, in cui sposò l’attrice Carolina Fabbretti (V.), e ove stette sino al’ 40. Dal Nardelli passò con Voller e Bellati in società, che durò parecchi anni, dopo la quale formò solo una compagnia (1844) che gli procacciò lauti guadagni. […] Si soleva dir nell’arte ch’egli possedeva lo scatolino delle voci : passava di continuo dalle note di basso profondissimo a quelle di soprano acuto, e da queste a quelle, talune proferendo col naso, altre con la gola, e tutte poi accompagnando con gesti inqualificabili, inguistificabili, ma, forse perchè spontanei e originali, ridicolissimi.
Determinare con esattezza cronologica il suo stato di servizio non è certo agevol cosa, tante sono le compagnie di vario genere, in cui militò, e per tanti anni si trovò a essere conduttor di compagnie egli stesso ! […] E come il sangue non è acqua, così egli potè in breve, a motivo di una dizione purissima, che ha tuttavia serbato il primo nitore, salire ai maggiori gradi di primo attor giovine e di primo attore, diventando poi con la intelligenza non comune e la non comune gagliardia di fibra, un de'più pregiati direttori di compagnie, fra cui quella di Teresa Mariani-Zampieri, nella quale stette assai gran tempo, ammiratissimo. — Fu il 1900 in quella di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con Clara Della Guardia, con la quale si recherà nell’ America meridionale.
A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »
Lo vediamo il triennio 1834-35-36 generico primario con Gaetano Bazzi, poi con Gaetano Nardelli, col quale assunse per la morte di Giovanni Boccomini il ruolo di Padre nobile e promiscuo. […] Passò poi nella Compagnia di Carlo Re, della quale doveva essere primo sostegno Luigi Vestri, che morì nel suo cominciamento, poi in quella Alberti ai Fiorentini di Napoli, per un triennio, spirato il quale, tornò nell’Italia Centrale, formando una Compagnia che condusse per anni con varia fortuna. Da capocomico solo passò a essere conduttore in società, con non so quale attore, ma di Compagnia secondaria : finchè, travagliato dalla sorte contraria e dagli anni, si ridusse a Sassuolo, ove morì verso il 1860. – In Compagnia Rafstopulo egli aveva sposato Adelaide, figlia della celebre Teresa Angelini (V.), che gli sopravvisse.
Osteggiato da' parenti, dovè, per darsi con tutto l’amore.all’arte drammatica, aspettare l’età maggiore ; giunta la quale, infatti, e realizzato dai parenti tutori ogni suo avere, si scritturò subito con Marta Coleoni, passando poi, attore ammiratissimo, con Goldoni, Perotti, ecc. […] Lo vediamo poi a Pavia il giugno del 1810, dove non avrebbe trovato modo di svincolar la condotta impegnata, se non gli fosse venuto in soccorso il proprietario dell’ Arena del Sole di Bologna che lo Zuccato andò a inaugurare il 5 di luglio con gran pompa di preavvisi-fervorini.
Faceva parte della Compagnia comica a Parigi nel 1653 con Tiberio Fiorilli, Scaramuccia, e Mario Romagnesi, Orazio ; e recitava le servette sotto il nome di Diamantina. […] Recitava con somma abilità una commedia intitolata : La Pazzia ; talchè Andrea Baruzzi volle onorare i suoi meriti col seguente sonetto tolto alle rime di lui, stampate in Verona per il Rossi l’anno 1675 : Beato esser credea col suo bel volto, e poi mi diede un infernal dolore, poichè con finti vezzi a me rivolto, da dovero il crudel m’impiagò il core. […] Io venni ad osservar la tua Pazzia sulla scena baccante, e con tormento non seppi mai veder la mia follia. […] In vendetta di che l’altra sera furono gettate in gran numero altre carte credute sonetti, ma invece ci erano caricature con mostazzi e motti in disprezzo di detta Eularia. Di ciò ne corse querela e furono carcerate tre persone per informar la curia, ma si rilasciarono per non pigliar impegni con li Cavalieri, e con li Principi ehe proteggevano dette donne.
.), al cui nome è riferita per intero ; in essa appare per la prima volta la moglie Marzia, seconda donna col nome di Flaminia, a vicenda con Lucinda (la Nadasti ?). […] S. non vuole ueder la ruina, esterminio, e danno d’una sua obbligatissima serua supplicante, et attendendone gl’effetti della sua magnanima bonta, con ogni profonda humiltà, baccia la sua Ser. […] Il 1682 Egli si disfece della compagnia, dandole in dono 240 doppie in ragione di venti per ciascheduno (una doppia d’Italia valeva trentatrè lire) : ma la vediam ricostituita al suo soldo l’ ’86 con pochi mutamenti, alla quale con ordine al tesoriere Zerbini del 28 giugno, il Duca Francesco assegnò a titolo di sussistenza due doppie il mese per ciascuno, cominciando dal primo giorno di maggio. […] , e Narici – Orazio), mosser lagnanza al Duca di Modena con lettera da Lodi del 16 xbre ’87, invocando la grazia di recarsi alla Piazza stabilita. Con questa data cessa la comparsa del Fiala tra’comici di S.
Parlava bene, e con una prontezza ammirabile, e niuno meglio di lui ha saputo, come dicono i commedianti, giocar le Maschere ; cioè sostenere le scene giocose colle quattro Maschere della Commedia italiana, e farle risaltare e brillare. […] Eppure piaceva al pubblico ; ed era l’idolo di Venezia ; e licenziato qualche anno dopo dalla Compagnia di San Samuele, fu preso con avidità dalla Compagnia di San Luca (Gold. […] Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via. […] Da Bologna potè recarsi a Genova, ma non cessandogli la febbre, si volse tosto a un medico che gli ordinò cascia con entro gialapa (sciarappa), quale gli mosse dimolto e operò assai. […] Entrato nella Compagnia di Antonio Sacco, si recò in Portogallo con lui, e di là tornò a Venezia, applauditissimo sempre.
Il materiale da adoprare era perciò già copioso, e a questo ha recato nuovo accrescimento il signor Rasi con proprie ricerche, specialmente d’archivio. […] L’arte italiana dev’essere molto riconoscente al Rasi del grande servigio che egli le rende con tanto affetto e con tanta capacità. […] Poichè a un’opera, come quella che Ella ha così coraggiosamente intrapreso, ognuno ha l’obbligo di recare aiuto con tutte le sue forze. Con sincera e speciale considerazione, suo devotissimo D. […] Nè l’opera è solamente valida come arida miniera di ricerche ; essa è compilata con spigliatezza, con brio, con intenti artistici così palesi e con una così sicura vivezza di spirito da dar campo ad una delle letture più singolarmente piacevoli che si possano immaginare.
La vediamo il '22-'23 con Assunta Perotti e Luigi Fini ; poi, per un triennio, nella ducale di Parma, capocomico il Mascherpa. Fu con Raftopulo il’ 27, e con Rizzo il '28, per tornar poi col Mascherpa sino a tutto il '31. […] Il dramma era stato da poco rappresentato dalla signora Tessari con esito felicissimo. La signora Pelzet era venuta a Napoli con molte lettere di raccomandazione dirette a persone stimabili ed influenti. […] Aggiungete i miei successi e l’invidia che hanno prodotto, e giudicate poi come posso vivere allegra con si cara compagnia.
Con ciò che il marito le avea lasciato, e, dice Fr. Bartoli, « con qualche suo industrioso travaglio » viveva ancora in Bologna nel 1782. […] Recitava con grazia e vivacità sotto la maschera di Arlecchino nelle Compagnie di Venezia. […] ) che dal 1749 in poi il Falchi fu al servizio dell’Elettor di Baviera con uno stipendio di 600 fiorini, non più in compagnia italiana, sibbene mischiato cogli attori di Corte francesi, e impiegato a recitar nelle parti del Nouveau Théatre italien. L’anno della prima entrata al servizio di quella Corte non sappiam dire con precisione.
Attore e capocomico, fiorito nella seconda metà del secolo xvii, recitava le parti d’Innamorato sotto il nome di Mario, al servizio, dall’ '86 al '93, del Serenissimo Francesco di Modena, a vicenda con Gaetano Caccia (V. […] Il 25 febbrajo '90, trovandosi a Roma, e avuta notizia che il Duca privava la Compagnia del Dottore e del secondo Zanni, si volge con lettera a un segretario del Duca, per ottenere o lo scioglimento da ogni obbligo di servizio, o la sostituzione dei due personaggi. Il Fontanelli poi con lettera del 20 luglio 1691, impetrando soccorsi dal Duca pel pantalone Girolamo Gabrielli e la prima donna Antonia Torri, dice di questa : « La Lavinia anch'essa sta attendendo dalla solita benignità di V. A. qualche soccorso, tanto più il Rechiari non l’ha voluta in Compagnia, non sa come sostentarsi. » Il 5 dicembre del’91 scrive da Arezzo di Toscana a un segretario del Duca, perchè gli ottenga raccomandazioni per Roma, ove i comici di Silvio, con lor mene, gli farebber guerra. […] Egli aveva in compagnia la moglie, che recitava le prime donne a vicenda con la Torri, prima nell’elenco (e forse per ciò il Rechiari o spontaneamente o stimolato dalla moglie pensò bene di liberarsi di questa), e un figliuolo, Giorgio, che recitava i terzi amorosi, sotto nome di Ottavio.
Tuttavia abbandonò il ruolo di Arlecchino, e prese quello di Dottore e di parti staccate, che sostenne fino alla chiusura del teatro nel 1767, dal quale si ritirò, essendogli morta l’aprile dell’anno prima in ancor giovine età la moglie Elena Savi, che aveva esordito come amorosa il 28 maggio 1760 con molta intelligenza e con molto brio nell’Homme à bonne fortune, ed era stata accolta poco tempo dopo a mezza parte. […] III) che la signora Savi era la prima attrice della Commedia italiana, e abitava con Zanuzzi al sobborgo di S. […] Detti fuochi teatrali furono illustrati con un carme apologetico dell’abate Gio. […] Soliani), che comincia : Abbia Marte i suoi fuochi, e da tonanti guerrieri bronzi, e da le ferree canne vomiti incendi strepitoso, e morti sotto del Cielo Artoo col Prusso in lega pur anco resistente e col feroce non cedente German col Gallo invitto col numeroso Mosco e il prode Sveco abbia i suoi fuochi anco Talìa : Si costruì poi il Savi un teatrino di marionette, con cui tornato in Italia e stabilitosi a Torino, ov'era ancora il 1781, aggiunse nuove fortune alle già acquistate.
E’ parimente maneggiata con vigore l’ esitazione ed il contrasto di Medea madre con Medea consorte oltraggiata: . . . . . . . . […] Indi con molta avvedutezza lo scaltro Itacense conchiude: magis hæc timet, quam mœret. […] Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che diede alla sua favola; là dove Seneca accenna varie circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accresca l’interesse. […] Ciò abbiamo voluto con ingenuità rilevare, sebbene il piano di questa favola non sembrami disposto con quel giudizio che si richiede per tener lo spettatore attento e sospeso; e bisognerebbe che le scene vi fossero con più artificio concatenate. […] Le di lui riflessioni filosofiche son ricavate con molta cura da varie epistole di Seneca.
Le passioni son dipinte con vivacità; ma l’azione sembra difettosa. […] Crebillon non eleva gli animi quanto Cornelio, non gl’ intenerisce quanto Racine; ma gli spaventa con certo terrore tragico assai più vero e con un forte colorito tutto suo. […] Sabatier des Castres nel libro de’ Tre Secoli decide che Alzira, Maometto, Merope e Zaira non sono comparabili con Cinna, con gli Orazj, con Poliuto e Rodoguna. […] É una situazione maneggiata con gravità tragica o almeno con intelligenza e pratica della scena41? […] Non fuggirono con Carlo VIII abbandonando precipitosamente un regno?
Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne da quanto con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. […] Con tutto ciò il Nasarre volle a gran torto avvilire il merito di Lope. […] Delle favole sceniche di questo gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino. […] E quello che ora dico nel testo con più parole, non era allora stato da me accennato? […] Io riconosco nella locuzione usata dal Perez purezza, eleganza e naturalezza; ma trovo con pace del sig.
La commedia termina con una gran cena. […] Mnesiloco è legato, ed il coro con balli e canti conchiude l’atto. […] Ecco sen fugge con maraviglia della finta Andromeda. […] Noi oggidì favelliamo con altro rispetto, e per lo più con manifesta adulazione anche de’ popoli che servono nelle monarchie o nelle aristocrazie. […] Bellissime allegorie fatte per insegnare con popolarità!
Carlino, colla Compagnia rifatta, impresario Silvio Maria Luzzi, chiama l’Altavilla « attore valentissimo nelle parti di carattere, che con le sue grazie, con i suoi epigrammi ci muove al riso e fa dimenticarci della tristezza di che è circondata la vita. […] Perdonéme, compare, à hè vezù cento apicché, che n’ha sì mala ciera con haì vu. […] » Ma notevole è la schietta semplicità del monologo con cui egli apre la Moschetta, e in cui si lamenta con sè stesso, per essersi innamorato come mai non avrebbe dovuto della comare : « Putana mo del viver, mo a son pur desgratiò, a crego ch’a foesse inzenderò, quando Satanasso se pettenava la coa : a dir ch’ a n’ habbi me arposo, ne quieto, pi tromento, pi rabiore, pi rosegore, pi cancari, c’haesse me Christian del roesso mondo ; mo l’è pur an vera, Menato, cancar’ è ch’ a l’ è vera, ma a dire an la verité, a no m’ he gnian da lumentare lome de mè, perquè a no me diea mè inamorare in tuna mia comare con hè fatto, ne cercar de far becco un me compare : che maletto sea l’amore, e chi l’ ha impolò, e so pare, e so mare, e la puttana on l’ è vegnù ancuò. Me gh’ hal mo tirò a Pacca, e si hè lago buò, vacche, cavalle, piegore, puorci, e scroe, con tutto, per venir on ve mo ?
Nè solamente il Brizzi intende alle cose del teatro suo ; ma dell’arte drammatica in genere, discutendo, consigliando, ammonendo con larghezza di vedute sempre, e con sano criterio. Quando più sembravano arridergli le gioie della famiglia, dovè staccarsi dalla moglie che adorava, e che morta pianse con affettuosi versi, e rifugiarsi nel suo dolore, solo. Fu allora, nel ’64, che abbandonato Cesare Dondini, entrò, attore e amministratore, con Ernesto Rossi. Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio. […] Inceder fra i pericoli Baldi di voluttà, Con uno sguardo vincere Le più restie beltà !
Passato dalla Compagnia Pezzana qual primo attore assoluto in quella della Sadowski, diretta da Cesare Rossi con la Campi prima attrice, potè sviluppar maggiormente il suo genio artistico, e mostrar quanto alto egli avrebbe potuto salire. […] La domenica 24 dicembre dell’ ’82, la Compagnia di Francesco Pasta chiuse il corso delle sue recite al Teatro Manzoni di Milano con una commovente solennità artistica a favore del povero Ceresa, al quale pervenner oltre duemila lire. […] … Or meglio morir nel profondo dei flutti, regina, con te ! […] … » E felice è stata l’ispirazione del poeta di chiuder l’evocazione de’personaggi ne’ quali il Ceresa nitidamente rifulse, con quello di Armando, ch’egli soavissimamente incarnò, e in cui ben pochi ebbe che gli si accostassero. Nè ormai si fermò all’interpretazione del teatro moderno : chè tutti i varj tipi della gamma artistica, dal Fulgenzio di Goldoni all’Amleto di Shakspeare, recitò con egual giustezza di concezione, con egual finitezza di rappresentazione.
E siccome questi esempj di errori e di bellezze vanno alla giornata moltiplicandosi, fa uopo tratto tratto (per fortificar co’ veri principj dell’arte e col gusto più fine e più sicuro gli animi giovanili facili ad essere illusi e sedotti da cattivi modelli) tenerli instruiti de’ continui passi che con felicità o troviamento si danno nelle rispettive carriere. […] Egli è vero che a certi uomini grandi del secolo cadente, di se stessi pieni così che ne riboccano per ogni verso, questa, com’ essi dicono, trita materia teatrale parrà frivola e puerile occupazione da non meritar tante cure, anzi da mirarsi con una specie di compassione da chi si crede nato a recondite elevate imprese nelle scienze e nelle lettere. […] Sanno in fine che i migliori delle nazioni antiche e moderne in ogni tempo fecersi un pregio e forse un dovere di contribuire co’ loro lumi al miglioramento del teatro, e se ne occuparono con proprio piacere e con altrui vantaggio. […] Platone aspirò alla vittoria Olimpica con una tetralogia: Temistocle attese a far riuscire con ogni splendidezza gli spettacoli scenici: Eschine il competitore di Demostene, Archia capitano, Neottolemo favorito del re Filippo, e Aristodemo ambasciadore in Macedonia, furono essi stessi rappresentatori: il sobrio filosofo Plutarco ha conservate varie memorie teatrali, ed ha profuso i più alti encomj sul gran comico Menandro. […] Adunque o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surriferite maschere, o aver sortito dalla natura matrigna la comprensione di un vero Tinitiva dell’Orenoco, per non ravvisare l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere che ci appresta la poesia teatrale, e per tenere in conto di studio triviale quello che spendesi in descrivere l’origine, i progressi, le vicende, il buon gusto di un genere poetico così utile, così difficile, e con ardor sommo e con felice successo trattato da’ filosofi di grido, da nobili di primo ordine, da vescovi, da cardinali, da santi padri, da re, da imperadori.
Con quale applauso vi fossero accolte e con quanti privilegii onorate, si vede da’ seguenti fatti. […] Questa favola tutta decente e nobile e condotta con regolarità e piacevolezza, dimostra, che se Filemone inventava sempre con simil grazia accoppiando alla ben disposta tela lo stile, certamente con molta ragione venne tante volte in Grecia coronato. […] Un parassito con danajo è indegno di portarne il nome. […] Esce Tossilo baldanzosamente, e vedendo Dordalo con disprezzo ed alterigia gli dice che prenda pure il danaro aspettato con tanta diffidenza. Con pari insolenza rispondegli Dordalo.
Se per poco questo pur giovane artista avesse potuto persuadersi nel principio della sua carriera che l’arte va coltivata con maggior cura e serietà, con indagini perseveranti, con profonde meditazioni, affinchè renda frutti maturi e prelibati, non ne raccoglierebbe degli scialbi ed acerbi. […] La esuberanza dei suoi mezzi fisici, con l’invidiabile suo organo vocale, credo che in luogo di giovargli gli furono dannosi, poichè, se avesse dovuto combattere qualche lieve imperfezione, si sarebbe maggiormente addentrato nello studio dei segreti, che dirò psicologici, dell’arte, e ne avrebbe ottenuto uno splendido effetto. […] Al momento in cui scrivo, egli si trova in Società con l’attore Della Guardia al Teatro Valle di Roma ove ha creato in italiano la parte di De Cyrano Bergerac con tal successo, che Adelaide Ristori ha dichiarato essere a suo avviso la interpretazione di Andrea Maggi la più bella e completa interpretazione di attore ch'ella abbia sentito dacchè ha abbandonato il teatro.
Scriveva con garbo in prosa ed in verso ; aveva anche fra le sue carte qualche non infelice tentativo drammatico ; si era fatto largo nella schiera degli artisti per l’ingegno suo vivace, per la festività dello spirito, per l’arguzia della parola, per la bontà del cuore, per l’ardore infaticabile de'suoi studj continui. Festeggiato da per tutto, applaudito, incoraggiato, camminava a fronte alta, e con passo spedito verso un avvenire che non pareva troppo lontano. […] Trascrivo da Francesco Bartoli : Fece egli in sua gioventù il Ballerino da corda in una Compagnia di saltatori diretta da Gaspare Raffi Romano, di cui sposò la Maddalena di lui sorella ; e vedesi ancora andare attorno una stampa in Rame con espressevi tutte le forze, ch'egli faceva, e con sotto questa iscrizione : Giuseppe Marliani Ballerino da corda. Fu il Marliani istruito nell’arte comica da Alessandro d’Afflisio Innamorato di merito ; e però in Venezia ballava di giorno co'suoi compagni e colla moglie, in un casotto nella Piazza di San Marco, e la sera recitava con gli stessi nel Teatro di San Moisè, esercitandosi nella maschera di Brighella. […] Passò vecchio, con la moglie, da quella del Medebach nella Compagnia della Battaglia, nella quale viveva ancora al 1781.
Esordì alla Comedia italiana il 10 gennajo '26 con la parte di amoroso in La Surprise de l’Amour, commedia di Marivaux, presentato al pubblico dal padre Lelio con un fervorino, che ispirò a un anonimo i seguenti versi : Pour ton fils, Lelio, ne sois pas alarmé, Il n’a pas besoin d’indulgence ; D'un heureux coup d’essai le parterre charmé N'a pu lui refuser toute sa bienveillance. […] Uscì Francesco dalla Comedia italiana il 25 aprile '29 coi genitori, per rientrarvi nel '31 con tre quarti di parte ; e si presentò sotto le spoglie di Valerio negli Amants réunis, commedia di tre atti in prosa di Beauchamps. […] Il 14 dicembre del '49 domandò e ottenne il riposo ; ma eccolo di nuovo alla Comedia italiana il 21 aprile '59 con 500 lire mensili di stipendio. Aveva sposato il 7 luglio 1734 Marie Jeanne de Heurles de Laborras de Mèzières, nata a Parigi il 1713, entrata alla Comedia italiana il 23 agosto '34 col ruolo di amorosa, che mutò per insufficienza con quello di madre, e assai nota per una quantità di romanzi, che furono in voga al suo tempo. […] Francesco Riccoboni, che il Grimm assicura essere stato attore freddo e pretenzioso, compose un trattato : L'Art du théatre (Paris, MDCCL), pubblicato poi in italiano a Venezia da Bartolommeo Occhi nel MDCCLXII, e molte commedie sia da solo, sia in collaborazione con Dominique e Romagnesi.
Dell’ arte sua, negli ultimi anni, e del suo secondo matrimonio con un figliuolo del capocomico Giuseppe Lapy, suonator di violino, così parla il velenoso autore del Teatro, Antonio Piazza (Tom. […] Alcuni gondolieri a Venezia, che di ciò se ne accorsero, gli andavano sempre vicini, e applaudivano la sua cara metà, con quella voce che si fa sentire tanto dagli orecchi, come dal naso. […] Non è possibile di rappresentare una passion viva ed interessante con maggior forza, con maggior energia e con maggior verità di quel che fece Madama Bresciani in una parte così importante. […] Se critica con grazia, e se corregge, E no se intacca la reputazion. […] Quanto a vu, semo allegri, che siè sana, E ve stimemo Attrice d’importanza, Ma del Poeta vostro, con licenza, Pensemo ancuo con qualche differenza.
Un messo racconta al duca Borso la sventura del Duce, e la tragedia termina con un coro. […] E potevano allungarne la lista co’ versi cantati da’ Mori prima delle giostre, con i corei Messicani, colle musiche Peruviane, co’ rustici canti de’ selvaggi, e con che no? […] Dicesi nella dedicatoria che fu ascoltata con sommo applauso dal pontefice e da’ cardinali e prelati. […] Questa mescolanza poco plausibile è compensata dall’unità dell’azione, che è condotta regolarmente nel giusto tempo con gravità, e con facilità e nitidezza, se non con tutta la maestosa eleganza Virgiliana51. […] A noi basti l’aver mostrato ad evidenza con altri non ambigui monumenti ciò che incresce a’ Lampigliani, che l’Italia può vantarsi d’aver coltivata la drammatica ad imitazione degli antichi con quella felicità che altri non ebbe.
E con ciò la musica vocale era quale ha da essere secondo la vera instituzione sua: una espressione più forte, più viva, più calda dei concetti e degli affetti dell’animo. […] Tali erano gli studi de’ passati maestri; con tali avvertenze e considerazioni procedevano; e ben mostrava l’effetto che non si perdevano in vane sottigliezze. […] Erano essi nondimeno dispensati con sobrietà, aperti, chiari, di gran tocco, dirò cosi, non leccati e minuti. […] Quando ecco fu udito in Francia lo stile naturale ed elegante insieme della Serva padrona con quelle sue arie tanto espressive, con que’ suoi graziosi duetti; e la miglior parte de’ Francesi prese partito a favore della musica italiana. […] Prima di mettersi a scrivere è solito leggere una qualche composizione del Petrarca, con cui per la finezza del sentimento simpatizza di molto; e ciò per avere dinanzi una data cosa a dipignere con le varie modificazioni che l’accompagnano, e non perder mai d’occhio il motivo o il soggetto.
Accortosene il Goldoni, quegli amori e quelle gelosie riprodusse nella Pupilla, inter mezzo in tre atti, che fu rappresentato con buon successo insieme alla sesta recita del Belisario. […] Tra le farse rappresentate sul teatro di Varsavia nel 1748, ne troviamo una : Le contese di Mestre e Malghera per il trono, o scritta o rimaneggiata dalla Casanova, con musica dell’Appolloni. […] « Bolognese, nato – dice il Bartoli – da illustri parenti celebri nel foro…. c nelle cattedre della sua Patria, come non meno ne’ gradi eccelsi di Religioni claustrali antichissime ed insigni, » lasciò a mezzo gli studi per darsi all’arte del comico in cui riuscì ottimo per le parti di primo innamorato, e specialmente nella commedia all’improvviso, « da lui travagliata – trascrivo ancora dal Bartoli – con nobili e concettosi sentimenti, facendosi non solo conoscere per buon Rettorico e dicitore forbito, ma altresi per dotto e sentenzioso filosofo, degli affetti e delle amorose passioni in sul teatro scrutatore ingegnosissimo e penetrante. » Fu quasi sempre con Gerolamo Medebach e con Antonio Sacco, applauditissimo ; e Carlo Gozzi lo ricorda con onore nel suo ditirambo in lode del Sacco stesso, Truffaldino (V.) ; poi fu, nel 1762, con Pietro Rossi, poi di nuovo con Medebach, poi, dopo il carnevale del 1774, con Vincenzo Bugani e Giustina Cavalieri, che abbandonò a Bologna, per recarsi in Sardegna colla Compagnia di Andrea Patriarchi, trascinatovi dalle grazie allettatrici di una femina.
Basti alla moderna Italia il pregio singolare, non efimero, non equivoco, non mendicato con sofismi, reticenze ed artificii Lampigliani, nè con invettive e declamazioni di omiciattoli sedicenti filosofi, nè con villanie e tagliacantonate, ma certo, veduto e confessato da classici scrittori transalpini, cioè quello di avere insegnato alle nazioni ad esser libere. […] Vuole altresì con fondamento che il nominarsi versi recitati pe’ teatri non sempre additi un’azione drammatica. […] Forse non si direbbe con ogni proprietà ludus un mistero espresso con un gruppo di figure; nè perchè in vece di quelle statue si mettessero degli uomini, tal rappresentazione diventerebbe un giuoco. […] Vedrassi nel seguente capo che in Francia sin dal tempo di Filippo il Bello vi fu una festa simile con canti e parole. […] Ma con sua pace legga con gli occhi aperti, e vedrà che il Tiraboschi punto non reca in testimonio di buona latinità le opere di Adriano.
Adescato dall’arte drammatica, soggiacque al suo fascino, e fuggì con la Compagnia Rosaspina-Bonivento, senza paga, mantenuto e non vestito. […] Volenteroso, appassionato, riuscì a occupar, dopo non lungo noviziato, il posto di brillante assoluto, che tenne con costante favore del pubblico, passando dalla Compagnia di Michele Ferrante a quelle di Alessandro Monti, di Angelo Diligenti, di Luigi Monti, e di altri, e diventando poi capocomico, or solo, ora in società. […] Fu anche primo attore e direttore, ora in società con Brunorini, or solo, or pagato e con Fantechi e con la Diligenti-Marquez.
In tal modo potendo eseguire il più difficile, sarà anche più atta a meglio esprimere il meno, e potrà farIo con quella facilità che aggiugne tanto di grazia alle cose ch’essa accompagna. […] Le si compongono larghe assai e con pochissime note: le guide soltanto della melodia; ond’egli vi possa dipoi supplire a suo talento, e metterci quanto gli aggrada del suo. […] Per cento rapsodisti di luoghi comuni, o d’infarcitori di ciò che meno conviene, ne riesce a gran fatica un solo che con la dottrina riunisca il gusto, con l’eleganza la naturalezza, e in cui la propria discrezione imbrigli la fantasia. […] Laddove gran torto noi avremmo, se mai credessimo di potere con un mezzo solo ottener quello che ha da esser il risultato di molti49. […] [Nota d’autore n. 9] Trovasi tal proposizione con un’altra consimile intorno alla sinfonia dell’opera disapprovata dallo illustre Sig.
Il 17 maggio del ’90 si unì in matrimonio col brillante fiorentino Virgilio Talli, e con lui si trovò per due anni capocomica in società col Paladini. Fu un anno con Flavio Andò e Claudio Leigheb, e un anno con Giovanni Emanuel ; poi toltasi momentaneamente dal teatro, andò con Pasta due mesi a sostituir la Tina Di Lorenzo ammalata.
Egli vi si accinse con alacrità e coraggio, vi si accinse con tutti i soccorsi onde i frutti poetici si stagionano per l’immortalità, avendo appresa da Prodico l’eloquenza, e da Anassagora le scienze fisiche, e vi si accinse con quella indefessa attenzione indispensabile per disviluppar l’ingegno e rintracciar le vere bellezze di ogni genere. […] Un fatto di tanta importanza avvenuto pubblicamente poteva ignorarsi con verisimilitudine dalla regina? […] Ecuba con tutta sicurezza del suo infortunio e con enfasi afferma che vede una strage inopinata, incredibile, tutta nuova. […] N’ è l’argomento lo stratagemma di Ulisse che con Diomede ammazza questo re di Grecia nel campo Trojano. […] Con questi due rari ingegni finì la gloria della poesia tragica de’ Greci.
Con quale applauso vi fossero accolte e con quanti privilegii onorate, vedasi da’ fatti seguenti. […] Questa favola tutta decente e nobile e condotta con regolarità e piacevolezza, dimostra, che se Filemone inventava sempre con simil garbo, accoppiando alla ben disposta tela lo stile, certamente con molta ragione venne tante volte in Grecia coronato. […] Un parassito con danajo è indegno di portarne il nome. […] Esce Tossilo baldanzosamente, e vedendo Dordalo, con disprezzo ed alterigia gli dice che prenda pure il danaro aspettato con tanta diffidenza. Con pari insolenza rispondegli Dordalo.
con alqvante leg- giadre è belle Compositioni di detta Signora Vincenza. […] Ognuno fuggiva di venir con lei a disputa, e se alle volte sostentava il falso, lo faceva parere a chi l’udiva, il vero. […] Era la signora Vincenza di statura piuttosto grande che no, e con tanta proporzione e conveniente misura eran situate le belle membra, che cosa si ben composta, altrove non fu vista mai. […] Nasceva il profilato naso dai confini delle ciglia, scendendo per mezzo il volto con debita convenienza, fiammeggiavano gli occhi a guisa di Zaffiri, nei quali irraggi il sole….. […] E con le belle braccia mi cinge il collo e tace : e’l cor con l’alma allaccia che di desìo si sface ; ond’io di piacer pieno, le bacio il petto e il seno.
Noi non osiamo giudicare del patetico che in entrambe si trova espresso con tanta verità che giugne al cuore. […] Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che egli diede alla sua favola; là dove Seneca accenna variè circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accrosca l’interesse. […] Ciò abbiamo voluto con ingenuità rilevare, sebbene il piano di questa favola non parmi disposto col giudizio che si richiede per tener lo spettatore attento e sospeso; e bisognerebbe che le scene vi fossero con più artificio concatenate. […] Le riflessioni filosofiche di lui sono ricavate con molta cura da varie epistole di Seneca. […] So però che il Critico illuminato che ve ne scorgesse, dovrebbe avvertirne il pubblico con buone ragioni esposte con urbanità e moderazione, e non già con decisioni magistrali enfaticamente profferite in qualche prefazione destinata dall’autore ad esaltar se stesso ed abbassar altrui con oracoli che muovono a riso, perchè in essi sempre trovasi il mistero e di rado il gusto o la verità o la giustizia.
Il Newtonianismo per le dame, l’opera che consolidò la fama europea di Algarotti, fu concepito e redatto a Parigi e vide la luce a Milano (con la falsa indicazione di Napoli) nel 1737; messo all’indice, fu ripubblicato con il titolo Dialoghi sopra l’ottica newtoniana nel 1752. […] Il dibattito sul teatro musicale che aveva animato le discussioni dell’inizio del secolo si collocava all’interno della riflessione sulla tradizione nazionale ed era strettamente connesso con le questioni che dominano il quadro culturale primo settecentesco: la riforma dei generi letterari, il confronto con la cultura francese, l’eredità della poesia secentista11. […] È in questo contesto e con questi presupposti che va considerata la difesa della centralità della poesia con cui Algarotti esordisce nel suo Discorso, facendone l’argomento perno attorno al quale egli organizza tutto il suo testo che nella prima redazione è ancora privo della divisione in paragrafi. […] La seconda versione del 1755, pubblicata sempre dall’editore veneziano Pasquali e intitolata Saggio sopra l’opera in musica, riprende la redazione precedente ampliata con esempi che approfondiscono le questioni e con una struttura più articolata nell’esposizione degli argomenti. […] Nella dedica si intravede già una dichiarazione programmatica: facendo anche riferimento al «gran Federigo», amico di Pitt, Algarotti sottolinea il ruolo che le lettere hanno nella gestione degli stati in linea con una prassi di collaborazione con i sovrani ampliamente messa in pratica nel Settecento anche da Voltaire e Diderot.
Invogliato poi di continuar l’arte dei genitori, entrò con essi nella Compagnia di Flaminio Scala, recitando con molto successo le parti d’innamorato sotto il nome di Lelio. […] Troviamo l’Andreini, nel’16, al servizio di don Alessandro Pico, principe della Mirandola, al quale dedica la rappresentazione sacra della Maddalena, ch’egli aveva scritta in Francia, a istigazione della Regina Maria ; e che fu musicata, nel’18 — secondo scrisse il Canal — dal Monteverdi insieme con Salomone De Rossi, con Muzio Effrem, maestri della ducale Cappella, e con Alessandro Ghivizzani, lucchese. […] Et il quarto intermedio fu un gigante, che portaua una grandissima palla, et postola in mezo alla scena, con darli alcuni colpi con una sua mazza, la palla si aperse, et ne uscirono quattro satiri che fecero una moresca uaghissima. In una tragicomedia poi nella città nostra, vidi non ha molto, rappresentar la battaglia delli tre horatij, con li tre curiatij, con tanto arteficio condotta a tempo di moresca, con arme da filo ; che fece un superbissimo vedere. […] Debbe insieme chi legge operar, che l’ intelletto comandi alla memoria che dispensa il Tesoro de’ premeditati concetti nello spacioso campo delle continue occasioni, che la Comedia porge, in quel modo, ch’ egli possa pretender di mieter applauso, et non di raccoglier odio, come fanno certi, che trattano con un servo sciocco, od una femina vile, con quelle forme di dottrine, che solo vanno adoperate con huomini saggi, et di eminente conditione.
Suocera di Antonio Sacco, il famoso Truffaldino, e passata poi a seconde nozze con Gio. Maria Pelati, portinaio del Sacco stesso, fu, secondo il Bartoli, una prima donna « che recitò sempre con del valore, e sostener seppe il suo impegno con felice riuscita.
Nel 1613 tornò a Parigi con G. […] Le bocche delle ferite, senza favellare chiedono con la pietà rimedio. […] E così sarà vissuto con tal credenza. […] Scarpe di pelle gialla con fiocchi neri. Cintura di cuojo gialla con fibbia di rame.
….. essendo in Venetia gli anni a dietro mi fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spirto, donata questa comedia, la quale essendo da me vista, et in qualche parte imbellita, o fiorita, per quanto con la comica prattica sapevo, introducendoli il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa, dico, comparirle davanti. Con tal pensiero dunque volsi prima farla recitare, per vedere se li fusse stata alcuna parte soverchia oppure bisognevole, come in fatti io feci nel felicissimo battesmo della figliuola dell’ Eccellentissimo Signor Duca d’Umena, alla presenza della Serenissima Regina Madre et de molti illustrissimi Prencipi e Principesse. […] E. con tuti li altri Signori spettatori la godessero presi ardire di farla in parole stampare, et poi sotto nome di altri personaggi dedicargliela, come con essa le dedico la servitù et affetion grande ch’io le porto. […] Magnifica teatralmente è la scena settima dell’atto secondo, quando Fulvio venuto a cognizione delle nozze di Angelica col Capitano, si dispone a cimentarlo con offese di ogni specie.
Primo figlio di Federigo, nacque a Bergamo il 1792, e, con l’esempio del padre, si mostrò fin da giovanetto egregio amoroso in Compagnia di Antonio Goldoni, poi di Giacomo Dorati ; riuscendo quindi, sotto gli ammaestramenti di Giovanni Libanti, artista de'più pregiati. […] Passò da questa primo attore con Giacomo Modena, poi, intollerante di giogo, formò da sè compagnia della quale fu prima attrice l’ Amalia Vidari. […] Villano e sprezzante di tutto e di tutti, non aveva amici perchè voleva suppeditar tutti con il suo prepotente contegno, e con il suo basso e triviale frasario. Osteriante, bene spesso era preso dal vino, ed in allora nessuno sapeva il modo di contenersi con lui. […] Là giunto, corse fra loro un dialogo con minaccie da parte del Lombardi, e di scuse da quella del cuoco ; ma queste non servirono che a iritar maggiormente il padrone, il quale fini col percuotere il vecchio.
Appena mortogli il padre, tornò in patria, e, dopo aver fatto il carnovale del ' 43 a Carrara con una miserrima compagnia, si scritturò pel ' 44 a Firenze in Compagnia Viti e Baroncini. Il ' 46 si scritturò con l’Impresa Jacovacci pel teatro Argentina di Roma, e il ' 48 con Gandolfi e Landozzi in qualità di primo attor giovine. Fu dal ' 48 al ' 54 con Domeniconi, generico per parti di prima importanza, e direttore il ' 55 di una delle compagnie di lui, della quale era prima attrice Laura Bon. […] Attore generico di molto pregio, fattosi celebre con la parte di Rodin, in cui per la interpretazione e la truccatura meravigliosa non ebbe rivali, nacque a Cassola di Bassano il 22 maggio del 1822. […] Nel '59, anno primo del suo capocomicato, fu a un punto di essere fucilato con tutti i suoi per ordine di Urban, governatore di Verona.
Recitò le parti di innamorato, prima colla Compagnia di Lapy, poi con quella della Tesi. Nel 1782 era con la rinomatissima della Maddalena Battaglia, in cui, con buon gusto di recitare – dice il Bartoli – seguendo lo stile de’suoi compagni sapeva farsi distinguere per un comico di merito in sui Teatri gradito.
Gentile e singolar coppia di fratelli questa dei Berti, i quali, avendo cominciato a recitar da bimbi in compagniette di provincia, in cui peregrinarono sino all’ ’85, si scritturarono in quella italo-veneta di Benini-Sambo, lei come generica giovine, lui come amoroso e mammo, passando poi sempre uniti, modesti e perseveranti, rispettosi dell’arte e di sè, l’ ’87-88 con Marchetti, l’ ’88-89 con Maggi, dall’ ’89 al ’94 con Marini, e dal ’94 a tutt’oggi con Pasta, col quale resteran tutto il triennio, lei qual seconda donna di spalla, lui quale primo attor giovine. […] Recitò anche a viso scoperto, e sostenne con molto valore la parte di Gobe-Mouche nella Serata dei boulevards, commedia di Favart. […] Dovevasi parlare al pubblico, o con esso far qualche scusa ? […] Rosaura viene con Scapino per vedere questo caro fanciullo, e mentre lo accarezza, giunge Pantalone. […] Il quarto atto comincia con una scena di dispetti, fra Celio e Rosaura ; Scapino li riconcilia.
Quasi tutte le attrici, sino alla metà del secolo diciottesimo, sapevano intuonare un’arietta, e accompagnarsela con qualche strumento, come quasi tutte le cantanti sapean mettere assieme e dire con garbo una scena di commedia. L’Astrodi (V.) esordì con un duetto, e l’Astori (V.) s’era fatta celebre cantando una canzonetta italiana con accompagnamento di trombe.
Fu con essa più anni nella Compagnia di Corrado Verniano, passando il 1853-54 in quella di Luigi Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti. Fu in Egitto, ad Alessandria e al Cairo, con una compagnia sociale, e, tornato in Italia, si scritturò con la moglie e una figliuola, l’Annetta, in Compagnia di Cesare Dondini. […] Divenuta in poco tempo artista delle migliori, nonostante il metodo manierato, fu scritturata il '61 in Compagnia di Cesare Dondini, in cui sposò il primo amoroso Angiolo Diligenti, col quale formò subito una buona compagnia, che durò parecchi anni con buona fortuna.
Il buon Prelato fece stringere la sua Corte e dar luogo ai Comici ; e con parte de' regali presentati a lui sovvenne alla lor poca provvisione. Il tempo con l’asprezza e il mare con la tempesta tolse la facoltà di viaggiare a tutti. I Comici offerirono un poco di ricreazione al Prelato lor benefattore ; egli si compiacque d’accettarla : il primo giorno si fece la comedia così : « Monsig. sedeva avanti la porta d’una camera : i Religiosi venerandi sedevano dentro con la porta non affatto chiusa ; ma che ?
Le tribù selvagge non soggette a questo impero coltivavano eziandio con predilezione il ballo valendosene in diverse congiunture pubbliche e private. […] Tutti i balli americani esprimevano con somma energia qualche azione, e possono giustamente chiamarsi pantomimi. […] L’Inca ce ne dà alcune notizie senza entrare a indagarne l’origine, la quale con alcune probabilità può rinvenirsi in una festa solenne che solea celebrarsi in Cusco. […] Seguiva il sacrifizio, si mangiava la carne delle vittime, beveasi con certo ordine e con brindisi scambievoli, e si danzava cantando, e facendosi da ognuno uso delle proprie insegne, maschere ed invenzioni. […] Tali rappresentazioni eseguivansi nelle sacre festività più solenni (una delle quali era la mentovata Raymi) assistendovi il maggior inca con tutta la corte.
Le tribù selvagge non soggette a quest’impero coltivavano eziandio con predilezione il ballo valendosene in diverse congiunture pubbliche e private. […] Tutti i balli Americani esprimevano con somma energia qualche azione, e possono giustamente chiamarsi pantomimi. […] L’Inca, ce ne dà alcune notizie senza entrare a indagarne l’origine, la quale con alcuna probabilità può rinvenirsi in una festa solenne che soleva celebrarsi in Cusco. […] Seguiva il sacrifizio, si mangiava la carne delle vittime, beveasi con certo ordine e con brindisi scambievoli, e si danzava cantando, e facendosi da ognuno uso delle proprie insegne, maschere ed invenzioni. […] Tali rappresentazioni eseguivansi nelle sacre festività più solenni (una delle quali era la nominata Raymi), assistendovi il maggior Inca con tutta la Corte.
Sorella della precedente, cominciò a recitar bambina con Monti, poi, giovinetta, colla Duse, con la quale stette più anni. […] Prima attrice giovane l’anno scorso, in Compagnia Di Lorenzo-Andò, è passata oggi prima attrice con Ermete Zacconi.
Tre anni prima della morte dell’autore seguita nel 1590 fu rappresentata due altre volte nelle nozze di Girolamo Sanseverino San Vitale con Benedetta Pio, e di Marco Pio fratello di Benedetta con Clelia Farnese. […] La prima rappresentazione dell’Aminta secondo il marchese Manso, si fece in Ferrara nel 1573 con lode e meraviglia universale con quattro intermedii composti dall’aurore. […] Le querele di lei sono con tal vaghezza e verità espresse che non possono mancare di commuovere l’anime sensibili. […] L’intreccio è più complicato dell’Aminta, e si sviluppa con un’agnizione. […] Francesco Patrizii la rammenta ancora con grandi elogii.
Esse sono tutte romanzesche nell’intreccio, piene di colpi di scena, e di situazioni inaspettate, e terminano con più paja di nozze. […] E che parte poteva prendere lo spettatore al freddo giuoco di Lorino con Madama? […] Angelio tutte le ha tradotte in Napoli con particolare accuratezza ed intelligenza de’ due idiomi. […] Con una piena libertà d’immaginare ed eseguire a suo modo, con un sito ampio e d’ogni intorno sgombro di ostacoli e di abitazioni, con la magnificenza di un Sovrano come Ferdinando IV che ne forniva la spesa, ha formato un teatro con una facciata pesantissima, non ampio, non magnifico, non comodo per vedere ed esser visto, non armonico all’ udire; mentre la più eccellente musica de’ Sarti e de’ Paiselli perdevi due terzi della nativa squisitezza, anche per gl’ interpilastri che dividono ciascun palchetto, e per tanti intagli e centinature. […] Ciò si fece con abbellirlo interiormente tutto di cristalli e di festoni pendenti di dipinta tela o di cartoni che siansi.
Ho detto che rettificò (con pace del Lampillas) i difetti principali degli originali, perchè in fatti ne tolse le irregolarità manifeste sebbene non vò lasciar di dire che alle favole che fece sue traducendole liberamente, manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione del Solis e del Calderòn, e l’amabile difficoltà della versificazione armoniosa. […] Laonde alla mancanza del concorso nel loro teatro pensarono i commedianti di riparare colle accennate imitazioni delle commedie spagnuole, e con altre ancora più difettose, come il Conte di Saldagna, Bernardo del Carpio, Pietro Abailardo ecc. […] La moltitudine si affollava sempre con maggior diletto ed avidità alla scena musicale piena di magnificenza che allettavano potentemente più di un senso. Opposero allora i commedianti decorazioni a decorazioni e musica a musica, e si sostennero anche un poco con farse magiche ripiene di apparenze, di voli, di trasformazioni, e con intermezzi in musica, passeggieri ripari a’ loro continui bisogni. […] Pur non lasciò di eccitare il riso e di fare in parte conoscere il proprio valore, e gli fu continuata la pensione assegnatagli di mille luigi, colla quale soccorse e chiamò presso di se i suoi genitori, ed in seguito prese moglie e visse con decenza sino al 1685.
Loehner in una sua nota (Mem. di Goldoni) al nome di Bigottini, dice : lo credo identico con quel Francesco Bigottini, che trovai nelle carte dell’archivio ex Gonzaga di Mantova, agente della Passalacqua (V. […] Il 25 dicembre 1775, fu richiamato con ordine de’primi gentiluomini della Camera alla Comedia italiana, dove, per altro, non riappare che il 18 febbraio 1777 in Arlequin esprit folet di cui egli era l’autore. […] Alle quali osservazioni il Bigottini rispose con lettera del 22 febbraio 1777, in cui pur accettando l’osservazione del giuoco della bandiera ch’egli poi soppresse, rigettava, discutendole, quelle concernenti la maschera. […] Nel 1780, Bigottini fu congedato con una indennità equivalente alla metà dell’assegno ch’egli aveva allora. […] Nulla uguaglia la prontezza con cui egli cambia di costume e di maschera ; la sua perizia a questo proposito ha del prodigioso ; ma è tal pregio che finisce collo stancare….
Fu il '50 con Coltellini, e la vediamo al Teatro Re di Milano, festeggiatissima ; il '51 passò con Domeniconi a fianco di Tommaso Salvini, di Gaetano Vestri, di Amilcare Belotti ; e il '57, per un triennio, con la Compagnia Righetti, appendice alla Compagnia Reale Sarda, sotto la direzione di Gustavo Modena, « in qualità di prima attrice per quel genere di parti, che i francesi chiamano fort premier rôle, e per quella di madre tragica, con l’annuo stipendio di lire nuove di Piemonte 6300, e tre mezze serate a suo benefizio, di cui una, la quaresima, a Torino. » Il triennio '61-'63 fu nella Compagnia di Filippo Prosperi, e andò l’ultimo anno in Ispagna, ove s’ ebbe i maggiori onori. Tornata in Italia, fu a più riprese con Ernesto Rossi, poi direttrice della Filodrammatica di Terni, poi a Roma, prima attrice al Teatro Capranica, ov' ebbe a rialzar le sorti della povera Compagnia che non faceva le spese dell’illuminazione. […] a Firenze : Sti ;mo Signior Ferdinando Eccomi di nuovo ad’ incomodarlo con la presente, per pregarlo di mandarmi tre monete dovendo comperare della roba, che mi sarà necessarissima.
Con tali preparativi la declamazion musicale, ovvero sia il recitativo, confuso fin’allora col canto, o non abbastanza distinto, divenne un genere di per sé, che acquistò peculiar forma e leggiadria. […] La munificenza d’un sovrano, che pagava con quattordici mila scudi un pessimo sonetto di Claudio Achillini, faceva con più ragione attendere non dissimili favori per sé ai belli spiriti tanto più bramosi nella pratica di ricchezze, e di un’agiata fortuna quanto più si mostrano disprezzatori di esse ne’ loro scritti; somiglianti appunto a que’ sacerdoti musulmani, di cui parlano i viaggiatori, i quali, predicando fervidamente ai turchi l’astinenza del vino, niun’altra cosa assaporiscono con tanto diletto quanto una bottiglia di eccellente liquore europeo. […] Le note però e gli ornamenti sono distribuiti con sobrietà, in maniera che senza toglier niente alla vaghezza dell’aria, non rimane questa sfigurata dal soverchio ingombro. […] Una fantasia creatrice congiunta con una pieghevolezza d’organi a tutta pruova lo mettevano in istato di poter inventar mille forme di canto sconosciute e pellegrine. […] Basterà non per tanto l’accennar brevemente il valore di due donne, che si fecero a quel tempo sentir sul teatro con gloria uguale a quella de’ più celebrati cantori.
Recitò con molto plauso le parti di Dottor Balanzoni nelle Compagnie della Battaglia, del Paganini, del Perelli e della Colleoni. […] Molte notizie di comici del suo tempo furon da lui date al Colomberti, che le affidò in vario tempo alla carta, se non con perfetta esattezza, certo con moltissima cura.
Fu prima Innamorato negli accademici della città, poi Dottore in arte, cominciando con compagnie secondarie, e passando poi con quelle di Pietro Ferrari e del Menichelli. […] Bartoli lo dice « comico abile ancora (1781) per recitare qualche parte seria, e può essere fatto degno di qualche applauso. » Ma lo rivediam Dottore con la Coleoni l’autunno del 1795 al S.
Giorgio Bucanano compose il Jefte ed il Batista impresse in Londra l’anno 1628, nelle quali sostenne i personaggi principali con molta dignità nel Collegio di Guyenne il celebre Michele Montagna. […] Vondel si distinse fra’ suoi con alcune tragedie al pari di Corneille e Shakespear, benchè a questi di molto inferiore. […] Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori; ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, essi corsero appresso ad uno splendore efimero che gli abbacinò e fè loro perdere le tracce del buon sentiero. […] Daniele Gasparo di Lohenstein giunse all’accesso del mal gusto imitando con maggior caricatura il Marini. […] Ma Hallemann con pari gonfiezza, e co’ medesimi difetti del suo modello vide i proprii drammi più lungo tempo applauditi e rappresentati.
Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori, ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, corsero appresso a uno splendore efimero che gli abbacinò. […] Daniele Gasparo di Lohenstein giunse all’eccesso del mal gusto imitando con maggior caricatura il Marini. […] Ma Hallemann con pari gonfiezza, e co’ medesimi difetti del suo modello vide i proprj drammi più lungo tempo applauditi e rappresentati. […] Aurelio Giorgi Bertòla nel capo III dell’Idea della poesia Alemanna afferma che nella Giuditta Opitz mostrò di saper caminare con egregia riuscita anche fuori delle tracce altrui. Egli però non ne recò documento veruno, nè mostrò d’aver confrontata la Giuditta del Tedesco con quella dell’Italiano.
Lo sono unicamente quelli che hanno inflessione chiara e sensibile cosicché la loro espressione porti seco un significato da per se che non si confonda con verun altro. […] [15] Parecchi drammi parte seri e parte buffi scritti con bella versificazione e con viste musicali ha lavorato il Signor Riniero de’ Calsabigi, i quali ponno vedersi nel tomo secondo delle sue opere. […] La traduzione de’ salmi di quest’autore eseguita con ispirito, con disinvoltura e con brio benché inesatta in più luoghi perché troppo libera, e mancante forse di quella dilicatezza e finitura alla quale difficilmente pervengono i troppo fervidi ingegni, fa vedere che nessuno più di lui era forse in istato di rimpiazzare la perdita dell’illustre amico se la feconda fantasia che non s’appaga di una sola spezie di gloria, o le circostanze domestiche non l’avesser costretto a rivolgere la sua attenzione ad altri diversi lunghi e moltiplici studi. […] Senza però ch’io inclini per questo ad abbracciare i brillanti e poco solidi pensamenti che intorno alla convenienza del sistema drammatico degli Ateniesi col nostro ha l’autore con molto ingegno ed erudizione ma non con uguale giustezza proposti nella sua dissertazione intorno alla maniera d’interpretare i tragici greci. […] Del restante qui non parlasi che della maggior parte, essendo certo per altro che trovasi attualmente fra i poeti italiani più d’uno che compone con sensatezza e con gusto.
In fatti sotto gli Antonini non troviamo mentovati con applauso se non Q. […] L’ utile curiosità congiunta al bisogno che si ha di esempj, onde s’ infiamma e si alimenta il genio, ne renderà sempre accetta la narrazione con gusto e con senno particolareggiata, la quale per gradi e con sicurezza ammaestra; e la preferirà a que’ rapidi abbozzi poetici ove scelgonsi arbitrariamente i colori più vaghi, ed a capriccio si compartono l’ombre ed i lumi, per dipignere d’idea e di maniera, purchè si piaccia alla vista, a costo della verità. […] Posero essi in quel clima la meta alla gloria tragica, che spirò pur con loro, ancor prima che la Grecia divenisse schiava. […] Le Cereali, le Nubi, il Pluto leggonsi oggi ancora con ammirazione, ed incantarono un popolo principe. […] Libere e delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e con volto gioviale.
È stata l’anno appresso con la truppa d’Antonio Camerani ; ed oggi trovasi con una vagante compagnia, esercitandosi con impegno, e procurando d’acquistarsi qualche concetto nella sua Professione. » Così Fr.
Tatarone, ossia, vecchio che vuol fare il tata, il mimmo, parlando con favella mozza, infantile ; fu soprannome d’un comico bolognese, che recitò nelle migliori Compagnie con la maschera del Dottore,« e si mostrò – dice Francesco Bartoli – grazioso insieme ed erudito nel sostenere il carattere del suo secondo vecchio, parlando con assiomi latini, e facendosi distinguere per ottimo commediante.
Passò poi con Antonio Camerani, poi con Luigi Perelli, ove trovavasi ancora il 1781, scritturato per l’ '82 con Francesco Paganini.
Chi negherà che oggi dietro la scorta di tali insigni corifei si penetri con agevolezza incredibile ne’ più riposti arcani della natura, e corransi con sufficiente sicurezza gli immensi spazj de’ cieli? […] Niuno screditerà mai gli spettacoli teatrali o chi gli coltiva con felicità, se non colui che ne paventa la censura. […] Passando ad altro ho cercato esaminare con nuova diligenza le favole antiche e moderne, per presentare a’ giovani studiosi con sempre più accurata scelta le drammatiche bellezze da tenersi per esemplari. […] Gli aveano pur mostrato la stessa cosa con un libro intero i Veneziani nel 1758. Dirò ancora con certa pena che gliel mostrò pure uno straniero, quando gli rimproverò l’aver confuso Errico il Valetudinario di Castiglia con Errico terzo di Portogallo, e di non aver letto nè Tostado nè i Teologi che l’aveano citato.
È ver, ma a questo Che dividi con me, l’onor tu accoppi D’esser d’un gran regnante oggi consorte. […] Con Idraotte, Rinaldo, Armida, ed altri personaggi reali intervengono gli allegorici l’Odio, la Vendetta, la Rabbia, le Furie, i Demoni, i Piaceri. […] Tutto ciò è detto con leggiadria, ma con poca verità; per un poeta lirico è bello: per un personaggio drammatico è falso. […] Il drammatico sagace dee sempre ciò mitigare almeno con un sembra. Rinaldo si addormenta, e Armida gli si avventa con un dardo ma non ferisce.
Noi intanto limiteremo le nostre cure a rilevare quelle notizie più sicure che appaghino la curiosità e rischiarino sobriamente la storia de’ predecessori di Aristofane senza opprimere la studiosa gioventù con rancide discussioni. […] Corse fama secondo Suida di aver Diocle inventata certa armonia tratta dal suono di alcuni vasi di creta percossi con una bacchetta di legno. Coltivarono l’antica commedia varii altri comici non molto dai nominati lontani, come Cratete, Archesila, Cherilo, Eviso, Apollofane, Ipparco, Timocle, di cui Ateneo ci ha conservato un frammento in lode della tragedia, nel quale afferma essere agli uomini utilissima, e Timocreonte, il quale ebbe nimistà con Simonide Melico e con Temistocle Ateniese, contro di cui scrisse una commedia. […] Lasciò questo comico dieci favole, una delle quali s’intitolava Pasifae, e con essa, secondo l’interprete di Aristofane nell’argomento del Pluto, contese con questo comico riputato nel quarto anno dell’olimpiade XCVII. […] Con più ragione adunque il teatro Ateniese potrebbe chiamarsi il gabinetto della Repubblica, il consiglio di stato, in cui, benchè di passaggio, soleva commendarsi la morale.
L’esperienza ne convince che il patetico per lo più si risveglia con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo del cuore umano; a che dunque caricar le tinte a sì alto segno? […] Dionigi Diderot filosofo di molto nome morto nel 1787 vide il suo Padre di famiglia nel 1761 rappresentato in Parigi con felice successo ed applaudito eziandio su’ teatri stranieri, principalmente perchè sin dalla prima scena il pubblico s’interessa per Sofia e per Saint-Albin, la cui passione è toccata con ottimi colori. Ecco come quest’innamorato si esprime con naturalezza e calore: Elle pleure, elle soupire, elle songe à s’éloigner, & si elle s’ éloigne, je suis perdu. […] Toccati con maestria e con pennello comico sono i caratteri di Fierenfat, Rondon, la Baronne. […] Nel Caffè dipingesi la natura con sagacità.
Fu anche al San Luca, e cantò con successo in alcuni Intermezzi musicali. Era a Palermo con la Passalacqua (V. […] Tornò con essa in Lombardia, poi restituitosi a Roma, vi morì nel 1773.
Chi negherà che oggi dietro la scorta di tali insigni corifei si penetri con agevolezza incredibile ne’ più riposti arcani della natura, e corransi con sufficiente sicurezza gli immensi spazj de’ cieli? […] Niuno screditerà mai gli spettacoli teatrali o chi gli coltiva con felicità, se non colui che non paventa la censura. […] Gli aveano pur mostrato la stessa cosa con un libro intero i Veneziani nel 1758. Dirò ancora con pena che gliel mostrò pure uno straniero quando gli rimproverò l’aver confuso Errico il Valetudinario di Castiglia con Errico III di Portogallo, e di non aver letto nè il Tostado, nè i teologi che l’aveano citato. […] Soria; ciò che è un’ altra pruova o che non sempre si legga bene, o che si giudichi con ingiustizia e mala fede.
Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. […] Ma voi a guisa de’ gran Signori gli accetterete con benignità popolare, come i doni villeschi di fiori, e frutta. […] E se verisimilmente soltanto egli il congettura (ad onta pure di tante incertezze), come poi repentinamente muta stile, e linguaggio, e con asseveranza conchiude con queste parole (p. […] Queste illazioni false, questi discorsi viziosi, fallaci, abituano gl’ingegni a fabbricare spropositi, a ragionare con leggerezza, e a risolvere con inganno e precipitazione. […] Stavano scritte con questa Logica le Scienze de’ Turdetani?”
La tragedia fu dedicata a Leone X, il quale con somma magnificenza la fece rappresentare prima dell’anno 1516 in Roma. […] Saverio La-Santé non men pregiudicato si lusingò ancora di aver oscurata tutta la gloria di questo componimento con quel suo magistrale, «Quid habet Torrismundus? […] Rapin diede una lode immaginaria a Molière dicendo che fu il primo a far ridere con ritratti de’ nobili uscendo dagli schiavi, parasiti, e raggiratori. […] Quando il padre Bouhours con bisbetica e strana insolenza mise in avanti questa ridicola quistione, «Si un Allemand peut avoir de l’esprit», i tedeschi gli risposero, come doveano, con quest’altra: «Se un francese può aver senso comune?» Giustamente le ingiurie con altre ingiurie si reprimono: la legge del taglione rende offesa per offesa.
Fu sposa di Luigi Lancetti, veneziano, che recitava al suo fianco le parti dell’amoroso, e tornata in Italia si scritturò con lui nella Compagnia del Truffaldino Perelli. […] Nel 1799, vedova da un anno con un figliuolo, dovè fuggirsene, ricacciata da’ moti rivoluzionari. […] Sposò l’anno dopo in seconde nozze l’artista Giacomo Modena, che trovossi con lei a Napoli, e che come lei n’era fuggito. Si unirono in società il 1803 con Angiolo Venier e si recarono a Venezia prima al San Giovan Grisostomo, poi al San Benedetto, dove Luigia rinnovò i trionfi della prima volta.
Gli notifico poi come sono in Rimini con la Compagª che douerà farli seruitù qtoCarneuale, e dimani si darà principio alle Recite nel Teatro di qta Cità e spero che qti Cavalieri e Citadini nò si abandonerano poichè si mostrano assai uogliosi. […] e Iddio mi darà vita, qto Carnevale verò ad esercitare con l’opere, quelli ossequij che hora con l’ Idea vo Riverentete esercitando verso il suo Gra merito, e col Ralegrarmi nouamente de’ suoi onori, Baciand :i con ogni Umiltà le mani, p sempre mi dichiaro Di V.
« Felice rampollo di famiglia illustre ne’ fasti del teatro italiano, perchè nata Sacchi, ella venne già onorata col titolo di Pellandi delle servette ; in fatti è un’ottima sostituzione all’eccellente Maddalena Gallina, di cui non si può ricordare che con dolore la perdita. » Così il Giornaletto ragionato teatrale di Venezia (N. […] Luigi Vestri la volle sempre con sè ; le commedie del Goldoni più specialmente, come la Donna di governo, la Locandiera, la Donna vendicativa ed altre, ebbero in lei una interprete ottima. […] Luca di Venezia, poi con Pietro Rosa e la Giustina Cavalieri in Lombardia e in Toscana. […] Grisostomo, infelice, e laido secondo Zanni, aveva destato il risibile ne’ veneziani per modo, ch’era predicato per Venezia con perfetta ignorante ingiustizia, assai miglior Zanni del Sacchi.
Un forte artista senza dubbio, se il Duca di Mantova lo sostituì nella Compagnia che si recò a Parigi nel 1608 al celebre Arlecchino Martinelli, raccomandandolo vivamente alla Maestà della Regina con la seguente del 14 novembre 1607, alla quale accenna il Baschet (pag. 163). […] tà per le ragioni da me già significatele, ho procurato che venga Cola, personaggio che non le sarà forse di poco gusto, ma la supplico ad haver di lui particolare protetione con sicurezza che le gratie ch’egli riceverà da lei obbligheranno me ; e qui con debita riverenza della M. […] Il 3 luglio 1608 il Delfino fu condotto per la prima volta alla Commedia Italiana, ove potè vedere con grande stupefazione quel famoso Cola, che pure mescolava alla sua recitazione de’salti ginnastici sin allora poco noti, e che i cronisti del tempo dicon essere stati sorprendenti.
Il carnevale del 1817, egli era, (dopo di essere stato alcun tempo capocomico con la moglie prima attrice) al Tordinona di Roma in Compagnia Benferreri, di cui era parte principale la maschera del Pulcinella, con la moglie e il figliuolo Cesare allora decenne. […] Riusciti poi finalmente a lasciar la Sicilia, si recarono a Napoli, dove con una colletta del Fabbrichesi, capocomico a’ Fiorentini, e con qualche recita fatta qua e là, poteron trascinar la vita sino al carnevale ’25-’26 ; dopo il qual tempo, unitisi ad alcuni sciagurati, poteron fare una discreta campagna a Marcianese.
Da compositore nella stamperia Cellai in via de' Martelli passò allo studio della maschera, esordendo in un teatrino popolare di via delle Ruote con la Compagnia di Vincenzo Da Caprile, di cui sposò nel '50 la figliuola Anna. Piacque ad Amato Ricci, che il Landini, giovanissimo, studiava dalla platea della Piazza Vecchia, e recitò con lui il '46. […] Si ebbe l’ammirazione e la stima di valenti, quali Gherardi Del Testa, Pietro Fanfani, Vittorio Bersezio e Valentino Carrera, del quale ultimo recitò con molto plauso la Quaderna di Nanni. […] « Dalla luce abbagliante della ribalta - conclude Jarro con belle parole - dal fragore degli applausi passar, quasi senza intervallo, alla oscurità, al silenzio della tomba !
E l’Impresa (Prepiani, Tessari e Visetti) andò con prospere sorti fino alla quaresima del '51, nel qual anno il Prepiani morì per infiammazione viscerale. Molto istruito, di nobile portamento, d’intelligenza acuta, rappresentava La clemenza di Tito, il Padre in Giulietta e Romeo, il Generale nei Due Sergenti e l’Aristodemo con dignità singolarissima. […] Ebbe moglie e un figliuolo ; ma la moglie lo abbandonò, prima ch'ei si recasse a Napoli col Fabbrichesi, fuggendo con un inglese dovizioso. […] Il nostro Prepiani, buon attore nella tragedia, non è degli ultimi nella commedia, avvegnachè in questa renda più sensibili que'difetti d’articolazione che quasi sempre sa nascondere con arte nella tragedia.
Recitò in dialetto veneziano sotto la direzione di Giacinto Gallina ; poscia in milanese ; e oggi (1904) trovasi da cinque anni con la Compagnia Gramatica, Talli e Calabresi. – La Vestri, vera faccia di caratterista, è un attrice modesta, la quale, per la serena semplicità del suo dire, meriterebbe maggior attenzione. […] A voler mettere qui tutte fino a oggi le compagnia, in cui pellegrinò con varia fortuna e con vario ufficio, troppo ci vorrebbe. Basti ch'egli pervenne, onestamente modesto e rassegnato, ai settantadue anni, dopo i quali, soccorso con amore dalle figliuole Gilda e Anna, andò a stabilirsi a Bologna, ov'è tuttavia (1904).
Alla venuta degli austriaci, dopo il famoso blocco di quella città, nel 1799, dovette (era impiegato al Comune) fuggire con molti altri compromessi in faccende politiche. Filodrammatico valentissimo, pensò con altri suoi compagni di formare una compagnia comica che fu detta : Compagnia ligure. […] Primo caratterista e capocomico in società con Angelo Rosa, recitava al Teatro D’Angennes di Torino il carnevale 1819-20. […] « Quando egli può — dice un giornale del tempo — e vuolsi cacciare con impegno nelle produzioni, sa farle degnamente risaltare. […] Mio padre esordi con una commedia tradotta dall’inglese intitolata I novelli sposi e i loro parenti.
Ella tentò di schermirsi, non credendo, nè alcuno lo credeva in compagnia, di poter colle sue tenui corde arrivare a tanto : ma con inaudita sorpresa trascinò il pubblico all’entusiasmo, riducendo la parte a’suoi mezzi con sapere profondo e con fine discernimento d’arte. Fu la prima amorosa della Compagnia di Romualdo Mascherpa con la Ristori prima attrice ; poi per lungo tempo la prima attrice della Compagnia Lombarda diretta da suo marito, ed ebbe da ogni pubblico applausi e fiori, da ogni giornale parole d’encomio. […] Fu l’Aliprandi attrice di molto merito, senza alcun dubbio, nonostante una recitazione alquanto accentuata, acquistata forse in quell’ambiente napoletano di attori e di repertorio, che ricordava nelle parti serie, con una certa gonfiezza della dizione non discompagnata certo da una palese abbondanza di intelligenza, le grandezzate del tradizionale Capitano Spagnuolo trapiantato a Napoli e vissuto per tanto tempo nelle nostre vecchie compagnie di prosa.
Forse, con soli otto anni di distanza e con la stessa qualità di attore e capocomico, egli e il precedente Carpiari sono una persona sola ? […] Si unì poi in società con Francesco Ciarli, che abbandonò ben presto, per entrar nella Compagnia di Giuseppe Moncalvo prima, poi in quella di Francesco Sterni qual padre e tiranno. […] La concessione, in data del 25 gennaio 1831, aveva le seguenti parole : « Risultando che il detto con intelligenza non ordinaria tanto nelle rappresentazioni comiche che tragiche, e sempre con zelo e dignità si è saputo conciliare la pubblica lode, ecc.
La troviamo al Teatro Nuovo nel ’34 seconda donna con la madre e una sorella, Giulietta. […] Dell’ idillio amoroso di Marianna Checcherini con Salvatore Petito, il Di Giacomo scrive alcune pagine soavissime degne del poetico soggetto (XIV-511). […] Pioveva a dirotto : la poverina, addossata a uno spigolo di muro, levava gli occhi al soffitto, di volta in volta, con uno sguardo cosi triste, cosi disperato che impietosiva. […] La vecchietta piangeva, silenziosamente, con le mani sotto lo scialle ; le sue labbra si movevano, come mormoranti una preghiera. […] La Checcherini, come la pioggia era cessata, se n’ andava con i suoi dieci soldi, pian piano, infagottata in una veste scura, tutta rammendata, tutta insozzata di mota e così rifinita che pareva le dovesse a momenti cascar di dosso a brandelli.
Fu con Domenico Bassi, attore e cantante. Passò il 1776 con la Faustina Tesi ; ma dopo due mesi fu licenziato dalla compagnia per contese domestiche. […] E. a continuarmi la sua grazia, e Patrocinio, e con tutto il rispetto mi do l’onore di rassegnarmi Di V. […] Entrata l’ ’86 in arte come amorosa, fu scritturata l’ ’87 da Enrico Dominici come prima attrice giovine, per passar poi nello stesso ruolo con Giovanni Emanuel, col quale stette il triennio ’88-’89-’90, e al quale, maestro de’più egregi, deve gran parte del suo valore artistico. Divenuta sposa di Ernesto Della Guardia, attore brillante di buon nome, esordì qual prima attrice assoluta in America ; e tale si trova ora, dopo egregie prove e là e qui, in società con l’artista De Sanctis, col quale andrà l’anno venturo a far parte della compagnia stabile della città di Torino.
La casa con due porte, commedia, da Ivan Perez de Montalban. […] I, pag. 929), per le solite gelosie di mestiere, e convenienze, e invidie suscitate non sappiam bene se dalla stessa Fiorillo, o dalla moglie del Napolioni, che ci sembra poter identificare per Argentina, come quella che insieme a lui assalse Beatrice con dispetti di ogni maniera (V. anche Fiorillo Giovan Battista). […] Formò il 1830 società con Luigi Ghirlanda, che fu poi sostituito da Giovanni Boccomini fino al '35. […] Andata lei con Romualdo Mascherpa, e andato il Boccomini con Angelo Rosa, Nardelli si ritirò a Verona, ove comprò il teatrino dell’ Accademia, e de' vigneti in Valpolesella ; non tardando poi a formare una società per un triennio con Carlo Re, proprietario dell’antico teatro di questo nome in Milano, e con un caffettiere presso San Carlo, per nome Gottardi, i quali, saputa la provata esperienza di lui, gli affidaron la direzione dell’azienda. […] Passò a seconde nozze (la prima moglie, una mediocre servetta figlia di comici, gli morì nel '39) con certa Barbato, figlia d’un suggeritore, e morì non ancor settantenne.
La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea, e con palehi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle dipinture dall’Amiconi pittore veneziano assai caro a Ferdinando VI. […] Il teatro de los Caños del Peràl pur si costrusse alla foggia moderna con platea e palchetti, e si destinò per le opere buffe. […] L’apparato di essi sino al 1770 in circa consisteva in un proscenio accompagnato da due telai o quinte laterali, e da un prospetto con due portiere dette cortinas, dalle quali solamente entravano, ed uscivano gli attori con tutti gl’inconvenienti che nuocono al verisimile e guastano l’illusione. […] Essi diranno se procedano con politezza gli apologisti nazionali con dubitare a siffatto modo dell’altrui veracità senza verun fondamentoa. […] Affrettiamoci a conchiudere questa istoria generale con quella del Teatro Italiano del secolo XVIII e XIX.
Grisostomo di Venezia con Girolamo Medebach, passando poi con Maddalena Battaglia. […] Grisostomo con la Battaglia, e vi recitava i caratteri sotto nome di Anselmo.
Moglie del precedente, cominciò a recitar quindicenne, seconda amorosa, con Virginia Marini, con la quale stette un triennio. […] Adorna di fisico elegante, di fisionomia aperta, di voce armoniosa, di sufficiente sentire, e di una grande passione per l’arte, è passata al ruolo di prima attrice assoluta, nel quale va oggi affrontando, con onore, i pubblici più severi, e le parti più scabrose.
Un’altra rappresentazione se ne fece in Sassuolo con prologo del conte Fulvio Testi. […] Il disperato dolore della Ninfa si spiega nella prima scena dell’atto IV con energia e felicità senza veruna affettazione di stile. […] Ad Alcanta si assegna la cura di tirar Gelopea al fenile di Alfeo per accertarsi che Filebo dee trovarvisi con altra ninfa. […] Alcippo per amore di Clori si trasforma in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo. […] Se ne fecero quattro edizioni sino al 1648, e comparve in Napoli nel 1666 nell’edizione quinta di Napoli con tutte le altre opere del Cortese.
Piacquero universalmente i primi quattro atti, e con ispecialità il quarto. […] L’esperienza ne convince che il patetico può risvegliarsi per lo più con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo del cuore umano; a che dunque caricar le tinte a sì alto segno? […] Dionigi Diderot filosofo di molto nome morto nel 1787, vide il suo Padre di famiglia nel 1761 rappresentato in Parigi con felice successo, ed applaudito eziandio su’ teatri stranieri, principalmente perchè sin dalla prima scena il pubblico s’interessa per Sofia, e per Saint-Albin, la cui passione è ritratta con ottimi colori. […] Tratteggiati con maestria, e con pennello comico sono i caratteri di Fierenfat, Rondon, la Baronne. […] Nel Caffe dipingesi la natura con sagacità.
Venuto il Cardinal Ruffo in Napoli, egli fu in que’ moti politici arrestato, e dovè esulare in Francia, d’onde poi ritornato, si rimise a calcar le scene con successo rapido e prodigioso. […] Il valore degli ori, argenti e gioie fu di L. 6111, delle quali 1866 per una verghetta doppia con 20 brillanti : quello dei libri di L. 1383. […] Fu con Giuseppe Moncalvo, il famoso Meneghino, o Beltramino, e più grandicello con Giorgio Duse, zio della celebre Eleonora : ma la sua vita artistica, può dirsi datare dal ’62, nel qual anno entrò come secondo amoroso e generico giovine in Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, attore brillante insuperato e insuperato direttore. […] Dopo di avere aiutato la madre nella sua professione, entrò nella Compagnia di Giuseppe Lapy, in cui divenne in poco tempo attore egregio per le parti d’Innamorato ; e seppe con l’arte e con la bontà così ben meritare dell’affetto e della stima del suo Capocomico, che ne ottenne una figliuola in moglie per nome Luigia. […] Morto il padre Lapy, passò con la moglie nella Compagnia di Maddalena Battaglia, ove stette sino all’autunno del 1795, per recarsi poi a Roma ove stette tutto il carnevale ’96.
Fino a qual grado ha egli esercitata la pazienza nelle discipline degli studj per fondere il comico e il drammatico in modo da far piangere e ridere il pubblico in su lo stesso punto, con una perfetta musicalità d’inflessione, con un atto, con uno sguardo ? […] Chi non ricorda, per esempio, il Marecat de' Nostri intimi con quella enorme pancia, con quella faccia rosea, ridente, piena, fatta di bambagia, nè già grottesca come quella di un siur Cámola, ma ritraente un de'più belli e simpatici tipi di grasso borghese ? […] Per tal guisa il pubblico era sempre alle prese con un forte e geniale artista, dicesse quattro parole, o recitasse i primi attori. […] Lottò con una pertinacia degna di chi ha la coscienza della propria forza, e vinse : chi gli rispose fu il pubblico…. […] Oggi Novelli è tutto vòlto alla erezione in Roma della Casa di Goldoni, di cui mise la prima pietra al Teatro Valle il 1° novembre del 1900 con pompa solenne e con accoglienze entusiastiche ; pensiero alto e generoso di cui gli deve saper grado ogni italiano.
La Teodora fu scritturata, in unione al marito, innamorato, con l’onorario annuo di soli cinquecento venti ducati. […] I suoi vestiti, che spiegavano la sua indigenza, erano però accomodati e portati da lei con tant’arte leggiadra, che non lasciava riflettere se fossero di lana o di seta, nuovi o logori. […] La Ricci per pregiudizio, o per un naturale altero e schizzinoso, ogni momento sentiva e vedeva delle cose spregevoli e schife con l’udito e lo sguardo suo, e le dinotava col contorcere le sue labbra. […] Il vecchio capocomico, anch’esso, con meno onesti intendimenti di quelli del Gozzi, la circuì con promesse di donativi…. […] … E con che voluttà a quelle si lasciava !
Contuttociò egli seppe, sempre che gli piacque, scherzare e dipinger con grazia senza cadere nelle troppo sceniche buffonerie. […] Ammiri la gioventù fin dalla prima scena dell’Andria il modo di raccontar delicatamente con grazia, con eleganza, con passione e con immagini vivaci e pittoresche: ……………… Funus interim Procedit: sequimur: ad sepulchrum venimus, In ignem posita est. fletur. […] Il piano semplice é lavorato sulla greca, ma in alcune parti alterato con qualche miglioramento. […] Il dolore, i rimorsi, le furie della matrigna, la sua funesta risoluzione di seguire Ippolito, tutto é con vigore espresso. […] Or quando noi le leggiamo, non ci dispiacciono esse già; che anzi ci sembrano con lepore e con eleganza composte.
Cominciò nel 1760 a recitare con favore le parti di serva. […] ) la dice capace di sostenere con buona riuscita qualsivoglia altra parte o comica o tragica, per la sua abilità in ognigenere universale (sic). […] Angelo di Venezia un solo anno, si scritturò con varie Compagnie nomadi, recandosi poi in Sicilia, dove ebbe a lottar colla…. sorte, e dove…. al tempo in cui il Bartoli dettava le sue notizie dei comici, cioè al 1780 circa, viveva ancora recitando.
Quando egli passò scritturato nella Compagnia Peracchi, essa mostrò in alcune parti di amorosa a qual grado avrebbe potuto salire, se con più amore e con più studio si fosse data all’arte comica. Ma appassionatissima pel canto, al quale aveva mostrato sin da giovinetta singolari attitudini, vi si abbandonò con tal fervore, che in breve tempo riuscì artista lirica assai reputata.
Esordì nel Teatro Marsigli di Bologna sua patria in parti di niun conto, passando poi col tempo a quelle di prima donna, che sostenne in Italia e fuori con molto successo. Trascorsa l’età giovanile (1782) si diede a recitar parti adattate – dice il Bartoli – agli anni suoi più gravi, mantenendosi con pari fortuna in concetto e riputazione. Ebbe una figlia, Gertrude, la quale, a detta del Bartoli, aliena dagli amori, e sol dedita allo studio dell’arte sua, recitava con buon raziocinio in tuttociò che s’aspettava al suo teatrale impiego.
Lo vediamo il 1820 con Daniele Alberti, e il '21 con Belloni, prima attrice la moglie Gaetana. Di lui, allora, in entrambe le compagnie le Varietà teatrali inserirono poche parole di lode, dicendo « ch'ebbe il vantaggio di crearsi un metodo di recitare suo proprio, che piace e lo rende ben accetto presso il pubblico. » Fu con la famiglia nella Compagnia Reale Sarda, dal '24 a tutto il '31.
Sorella minore della precedente, fu prima attrice giovine di qualche pregio, e la vediam la prima volta insieme all’Adelaide del 1861 in Compagnia Morelli, dove la troviamo ancora il '79, e l’80 quando ne fu socia la sorella, con cui trascorse gran parte della sua vita artistica. Fu moglie di Olinto Mariotti (V.), morto il quale passò a seconde nozze con Antonio Bozzo (V.), vedovo di Amalia Checchi. Oggi Laura Tessero, passata ai ruoli di madre, vive la vita di compagnia in compagnia di secondo ordine, con una figlia, avviata anch'essa all’arte de' parenti.
Il primo dramma non è altra cosa che il secondo libro della Eneide messo in azione con qualche leggieri mutazioni solamente, perché ogni cosa, come è dovere, si riferisca ad Enea, che è il protagonista della favola. […] In alcune parti del dramma ho seguito l’antico poeta, e in alcune altre il moderno; facendomi però lecito di recedere tra le altre cose dall’uno con lo aver reso l’azione semplicissima, e di recedere dall’altro con lo aver rappresentata Ifigenia di costume eguale. Ama essa la vita per sentimento di natura; e come di sangue regio e greca, se ne va con fortezza d’animo alla morte. Non è paurosa e supplichevole da principio; e con subito cambiamento non apparisce da ultimo tutt’altra, come la rappresenta Euripide, per la qual disuguaglianza e anomalia di costume egli vien tassato da Aristotile nella Poetica 61. […] [Nota d’autore n. 21] Una Ifigenia in Aulide è stata rappresentata nel regio teatro di Berlino con applauso grandissimo.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio e al ridicolo, di toccar il punto vero del sublime e del grandioso, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. […] Con tutto ciò Lope de Vega morto nel 1635, per aver egli calpestata ogni regola, mostrava di temer la censura non meno dell’Italia che della Francia, la quale nel di lui fiorire avea un teatro tanto sregolato quanto l’alemanno e ’l cinese, e di gran lunga inferiore a quel di Lope per invenzione e per ingegno e per vivacità. […] Tristano e Scudery si segnalarono ancora con qualche dramma bene accolto. […] Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le premier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unités. Prima dunque che Cornelio imitasse gli Spagnuoli, Mairet avea imitati gl’ Italiani con vantaggio.
Esiliato il 1689, d’ordine del Re, Bartolomeo Ranieri per aver con indiscrezione parlato delle cose del tempo, Costantini lo sostituì, con gran soddisfazione del pubblico, sino al ’94 ; nel quale anno sostituì per le parti di primo amoroso Marc’ Antonio Romagnesi, detto Cintio, che assunse quelle di Dottore. La qual cosa non parve dal Romagnesi accettata con rassegnazione, dacchè in un documento pubblicato dal Campardon (op.cit.) […] La sola evaginazione della spada era punibile con una multa di 25 scudi d’oro, e con tre tratti di corda, che potevano esacerbarsi ad arbitrio di S. […] Esso fu il primo ad avvertir la marcia de’ nemici in Italia, dai quali ebbe poi manomesso ogni suo avere ; e il Cavaliere di Lislière, inviato dal Re in Italia, ne rilasciò ampia testimonianza, in forza della quale egli potè al suo ritorno in Parigi, che fu il 1708, avere in ricompensa l’ufficio d’ Ispettore di tutte le barriere di Parigi, che lo mise in grado d’intraprender nel 1712, con varia fortuna, spettacoli di opera comica alle fiere di S.
Fu con la Compagnia di Antonio Sacco (V.), di cui sposò la figliuola (V. […] Al presentarsi di quel personaggio, la parte di cui era stata appoggiata al comico Vitalba col baratto sopraddetto, m’avvidi tosto della serpe che mi s’era tenuta occulta con una malizia impenetrabile, e ch' io non averei mai potuto nè sospettare, nè immaginare. Ecco il fondamento d’un diabolico manupolio concertato, di cui non posso accusare che la comica abborribile venalità favorita ; manupolio che legato alle anteriori disseminazioni, e con un’illusione anticipatamente fissata da' passi sconsigliati del Gratarol, ha dato corpo solido a ciò che non era nemmeno un’ombra. […] Quel comico, per sè stesso persona dabbene ed onesta, era stato ammestrato non so da chi (forse con di lui cecità), ne'gesti, ne'passi marcati del Gratarol per modo, che quantunque io non abbia giammai avuta la menoma inurbana mira di porre il Gratarol in sulla scena, devo dire con mio dolore : il Gratarol si è posto, e fu posto in iscena nella mia commedia : Le Droghe d’amore. […] Il Vitalba, andando o ritornando di notte dal teatro si era incontrato in un sicario, il quale gli aveva scagliato con una forza da atleta un ben grosso bottiglione pieno d’inchiostro per difformargli la faccia.
Di tali scene fu l’inventore Ferdinando Bibbiena, il quale con la nuova sua maniera chiamò a sé gli occhi di tutti. E già parvero cose pur troppo secche quelle strade, que’ viali, quelle gallerie che corrono sempre al punto di mezzo, dove insieme con la veduta se ne va anche a finire la immaginativa dello spettatore. […] Veggonsi assai volte i personaggi venir dal fondo del teatro, perché di là solamente ci è l’uscita nella scena; ed ognuno può avere avvertito con quanta disconvenienza ed offensione dell’occhio. […] Mirabili cose farebbe il lume, quando non fosse compartito sempre con quella uguaghanza e così alla spicciolata, come ora si costuma. […] E già non è dubbio che, vistesi in tale teatro delle scene inventate da bravi pittori con decoro e con giudizio, non piacessero sopra tutte le strane fantasie che sono ora tanto in voga, e vengono tanto esaltate da quelli che niente considerano e di ogni cosa decidono.
Lo vediamo in tal ruolo il 1820 con la comica Compagnia Toffoloni al San Luca di Venezia, e il Giornaletto ragionato teatrale disse di lui : « nelle parti odiose questo comico spiega la non poca sua abilità, che sovente lo trasporta forse al di là del giusto confine. Con un aspetto vantaggioso, con una voce robusta, non abbisogna che di buon gusto comico per rendersi sempre bene accetto agli spettatori. » Fu ufficiale e sposò Teresa Salimbeni, attrice e poetessa.
Nel 1819 sosteneva in Compagnia Modena-Bellotti le parti di servetta con molto brio, applauditissima sempre dal pubblico, il quale vedeva in lei una forte promessa per l’arte. […] Con gli insegnamenti del padre, del Domeniconi, della Marchionni, con la fermezza della volontà, e la squisitezza dell’ingegno potè in breve tempo competere colle migliori attrici dell’età sua, mostrando quanto valesse ne’ caratteri più disparati, come Ottavia, Mirra, Antigone, Pamela, Zelinda, Eugenia degl’ Innamorati, Chiara di Rosemberg, e altri più. […] Fu poi la prima donna e prima donna giovine della Compagnia formata da Carolina Internari in società con Francesco Paladini per recarsi a Parigi.
Passò il 1780 con Maddalena Battaglia al S. […] V., recitò – dice il Bartoli – con valore, combattendo con marziale coraggio, benchè finto, e nella apparente ombra di lei, cantando con molta grazia.
Tornato il marito, e scritturatosi anch'egli col Rossi, ella ebbe occasione di assumere il grado di prima donna, che sostenne con molto buon successo, meritandosi la primavera a Piacenza il seguente sonetto che il padre Francesco Ringhieri pubblicò nella seconda edizione della sua tragedia Ortoguna, di cui la Sacchi fu prima e fortunata interprete. Rappresentando il personaggio di Ortoguna la prima volta in Piacenza con applauso universale e singolar maestria la signora Brigida Sacchi. […] Con ciglia immote il Grande e il Vil l’ammiri, e rapito dall’arte pellegrina, frema a' suoi sdegni, e a' suoi sospir sospiri. […] Vedova con due figli, passò a seconde nozze fuor del teatro, ma non potè godersi a lungo la quiete del suo nuovo stato, chè, obbligata non poco tempo al letto da una cronica malattia d’utero, lasciò la vita il 1775 col compianto de'buoni, e fu sepolta nella chiesa di San Gio.
Compiuti gli studi agli Scolopi, fu iniziato al Foro, e ammesso poi nel tribunale con rescritto del granduca Ferdinando, come ajuto di suo padre. Ma la Legge non aveva per lui alcuna attrattiva, sicchè un giorno, datole un addio, passò all’ospedale di Santa Maria Nuova per darsi agli studi di anatomia e fisiologia con l’intento di diventar chirurgo. […] Mentre si trovava al San Benedetto di Venezia, con un’accolta de' più egregi artisti, quali la Internari, Lombardi, i Venier, Berlaffa, e vedeva ogni sera il teatro rigurgitare di spettatori, andò al San Gio. […] Volgeva le chiavi del riso e del pianto ; della vita sentiva il duplice aspetto, e lo ritraeva con libera agevolezza, per quasi innata facoltà. […] Con un cenno ei rendeva un carattere ; con una modulazione di voce avvivava una scena.
Un altro maestro napolitano espresse il fracasso d’una tempesta con una sinfonia di bicchieri. […] Suonato con forza imita il pieno delle trombe, suonato rimessamente e con qualche delicatezza esprime le sordine e i flauti, col suo pizzicato rende in qualche maniera, benché imperfettamente, il suono dell’arpa. […] Però si tornano a replicare per molte volte quel “cor”, quel “seno”, e quel “lato” scorrendo or sù or giù per le note con gorgheggi velocissimi, e con mille semicrome. […] che la colpa non è di loro, ma degli ascoltanti che chiedono con furore la replica. […] Quella ch’è piaciuta all’estremo nel carnovale scorso s’ascolta con isvogliatezza e fastidio nel carnovale presente.
Se ne querela con Lachete padre di Pamfilo, il quale ne va a far romore con Bacchide. […] Con qual pretesto il rifiuterà? […] Antifila con oro e vesti e calca di fantesche! […] La favola è condotta con buona economia e con ispecial grazia e vaghezza. […] Crede egli che Ctesifone sia in villa, mentre si trova con la donna con Eschino in casa di Mizione.
Bartoli : Reggeva allora quella Compagnia Antonio Franceschini detto Argante primo Innamorato, con il quale faceva de’ Scenici contrasti con molta vivacità di spirito, e con un dialogo eloquente ed ottimamente condotto. Passò in altre Compagnie di grido, e crebbe sempre più il suo valore quando ebbe occasione d’esercitarsi con Silvio della Diana, e poi con Antonio Vitalba. Ella era assoluta Padrona del Teatro, e quando parlava, sapeva ben in qual modo incominciare e finire il discorso con intero compiacimento di chi l’ascoltava. […] Si recitarono ventotto commedie dal 3 agosto 1748 al 24 gennaio 1749, fra le quali una in tre atti di Giovanna Casanova, con musica di Apollini : Le Contese di Mestre e Malghera per il trono, che si conserva tuttavia manoscritta (testo e partitura) e rilegata in velluto rosso nella biblioteca musicale del Re di Sassonia.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista. […] Scioltasi il ’24 dal Fabbrichesi formò un’ ottima Compagnia in società con Francesco Visetti e Giovanni Prepiani, e si recò al Valle di Roma, rinnovando il successo di Milano e di Napoli. […] Il Regli, dopo di aver detto che all’ultima recita di Alberto Tessari, e a quella di sua moglie (a’ Fiorentini di Napoli), il pubblico piangeva, e applaudiva con quello spontaneo trasporto, che è figlio della convinzione, scrisse di lei : Tessari Carolina era sorprendente per la robustezza de’suoi polmoni, per la voce maschia ed insinuante. […] (Con lic. […] Aveva la Cavalli sposato a Napoli l’amoroso Demetrio Cristiani ; e con lui, scritturato dalla società Tessari-Prepiani-Visetti quale caratterista, tornò il ’25 a Napoli, ove dopo alcuni mesi morì.
Esordì qual primo attor giovine, a diciotto anni, in Compagnia Domeniconi, al fianco di Amalia Fumagalli, Alessandro Salvini, Amilcare Bellotti, Gian Paolo Calloud, e a ventun anni, uscito di Compagnia Salvini per un ripicco, Francesco Ciotti fu assunto al grado di primo attore assoluto, e iniziò, si può dire, il nuovo ruolo con una stupenda creazione al Teatro Re di Milano del protagonista nella Satira e Parini di Paolo Ferrari. […] Luigi Bellotti-Bon 1868-69 In Società con Lavaggi, Dondini e Piamonti 1870-72 ……. […] Figura aggraziata e severa insieme, lineamenti simpatici, era un forte tipo bruno, onde all’estero lo dicevano tipo italiano ; vestiva con suprema eleganza sicchè dava l’illusione del signore, aggiungendo il porgere dignitoso. […] Però recitò con giustezza e con diligenza inappuntabili. […] Cresciuta si può dir su la scena, desiderò vivamente di farsi artista ; e dopo una felice prova coi filodrammatici, entrò amorosa il ’54 con Giovanni Leigheb ed Ernesto Rossi.
Tre anni prima della morte dell’autore seguita nel 1590 fu rappresentata due altre volte nelle nozze di Girolamo Sanseverino San Vitale con Benedetta Pio, e di Marco Pio fratello di Benedetta con Clelia Farnese. […] La prima rappresentazione dell’Aminta, secondo il marchese Manso, si fece in Ferrara nel 1573 con lode e maraviglia universale con quattro intermedj composti dall’autore. […] Le di lei querele sono con tal vaghezza e verità espresse che non possono mancare di commuovere l’anime sensibili. […] L’intreccio è più complicato dell’Aminta, e si sviluppa con un’ agnizione. […] Francesco Patrizj la rammenta ancora con grandi elogj.
Sorella di Francesco Antonazzoni (V.) e moglie del precedente, recitava nella stessa Compagnia le parti di prima donna, alternativamente con la Lavinia, sotto il nome di Valeria. […] Ella, col marito e con Domenico Bruni (V.), che pare usasse con lei intimamente, mosse guerra spietata alla Lavinia, la quale fu costretta a impetrar soccorso al protettore della Compagnia D.
Passò con la Battaglia in Venezia, poi con Girolamo Medebach (1781-82). […] « Il tempo però ed uno studio più assiduo – aggiunge lo stesso Bartoli – ci daranno questo comico ad un segno di perfezione che agevolmente da’ suoi talenti si può con gran certezza sperare. »
Attore reputatissimo, recitasse egli a viso scoperto, o con la maschera del Dottore o del Brighella. Fu con Gabriele Costantini a Napoli al servizio del Re Carlo, poi, tornato in Lombardia, con Pietro Rossi.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo, e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio, e al ridicolo, di toccar il punto vero del grandioso, e del sublime, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. […] Scudery si segnalò ancora con qualche dramma bene accolto. […] L’illuminazione fecesi poscia con placche di latta appiccate alle tapezzerie; e perchè la luce percoteva di fianco ed alle spalle i personaggi e gli mostrava adombrati e neri, sostituirono a tali placche alcune lumiere o lampadari ciascuna di quattro candele poste davanti al teatro, le quali con corde visibili si abbassavano allorchè un uomo per ismoccolarle saltava fuori a bella posta. […] Il sig. di Voltaire ciò negò in un luogo delle sue opere e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le prèmier, qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unites. Prima dunque che Cornelio imitasse gli Spagnuoli, Mairet avea imitati gl’Italiani con vantaggio.
S'offrì il Monti di sostituire il Ferri : e alle meraviglie e obbiezioni degli artisti rispose con tal sicurezza, che ne fu fatto l’ardimentoso esperimento, con riuscita abbastanza buona. […] Da'secondi amorosi passò ai primi, finchè, nel 1835, sposata Giulietta Alberti, sorella del brillante Adamo (V.), entrò con lei e col cognato nella Compagnia dei Fiorentini, per sostituirvi l’egregio amoroso Giovan Battista Gottardi (V.), di cui non potè sì facilmente cancellar la memoria, a cagione, in ispecie, della voce aspra e nasale. E si narra che una sera, non dandogli più l’animo di sopportare la manifesta avversione del pubblico, fattosi alla ribalta, invocò pietà e misericordia ; e lo fece con tal garbo e con tal commozione, che l’avversione si mutò di subito in indulgenza, e d’allora Pietro Monti diventò il beniamino del pubblico. Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte. […] Egli allora non fingeva più ; ma per uno sforzo di fantasia, di cui solo conosceva il segreto, s’immedesimava, si trasfigurava nel personaggio, che aveva preso a ritrarre, illudeva in somma sè stesso prima d’illudere gli altri ; e quindi, piangendo, tremando, rallegrandosi davvero, senza obliar mai quel bello ideale, che la mano stessa del Bello eterno gli aveva stampato nell’anima, costringeva gli spettatori a piangere, a tremare, ad allegrarsi con lui. – Era tanta la potenza del Monti nel trasfondere, dirò così, in sè stesso il soggetto da lui rappresentato, che spessissime volte, calato il sipario, egli rimaneva come stupito e fuori di sè, e visibile era il suo sforzo per passar da quella esistenza creatasi con la fantasia, nell’esistenza sua propria.
L’arte che ora prendo a considerare è quella che consiste in far sì che l’uditore ingannato apprenda con agevolezza e con piacere la tragica rappresentazione per l’azione stessa che si rappresenta. […] Inoltre quegli stessi costumi ch’avevano intenzione di rappresentare non furono nelle loro tragedie dipinti con quel rilievo e con quella vivacità che abbiamo poscia osservato in altre. […] Tra gli autori delle prime tragedie si distinse con qualche particolar pregio di sublimità il Rucellai nell’Oreste, benché affettasse di render magnifico lo stile con forme talor troppo poetiche e con l’uso di parole troppo latine, ed offendesse la gravità della tragedia con qualche cicaleccio. […] Il cardinal Delfino diede principio all’abbandonamento degli scherzi, recando alla tragedia della maestà sì con le sentenze che con la maniera d’esporle. […] La prima fu quella del Trissino che si servì de’ versi endecasillabi con varie rime sparse senza ordine, frammischiandoli in qualche incontro ancora con gli ettasillabi.
Avrei voluto, e l’avrei certamente voluto con quel zelo, che l’amor nazionale ispira, e giustifica, consecrar alla nostra comune dilettissima patria le mie fatiche: allora io vi sarei venuto avanti con un dono più degno di voi, e la mia patriotica riconoscenza non sentirebbe ad ogni momento l’involontario rimorso di menar sulla terra una vita inutile affatto per la sua gloria. […] [4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Moglie di un comico Adami, prima, poi del famoso Lolli, nacque a Roma nel 1635, e si recò a Parigi nella Compagnia italiana col giovane Biancolelli, con Eularia e Ottavio nel 1660 come servetta sotto il nome di Diamantina, che l’aveva già fatta celebre a Roma. Ella era graziosa oltre ogni dire, se bene più tosto piccola e brunettina ; recitava con molto brio e con molta naturalezza, ed ecclissò al suo apparire in Francia la Diamantina, che l’aveva preceduta nella Compagnia, e che aveva recitato dal 1653 al 1660 nel teatro del Petit-Bourbon, al fianco dei celebri Fiorilli e Romagnesi. Patrizia Adami, naturalizzata francese in un con suo marito nel giugno del 1683 (V. il Campardon che riporta l’atto di naturalizzazione — Les Comédiens du Roi de la Troupe italienne. […] Eularia e Diamantina aprono la porta del giardino ; Ottavio si ritira da un lato per discorrere ad Eularia ; e Arlecchino, imitando il suo esempio, va dall’altro con la servetta.
Passò il ’53 amoroso in quella di Luigi Robotti e Gaetano Vestri, con la madre Vittorina, scritturata per le parti di madre e seconda donna, e la sorella Carlotta come serva. […] Fece poi società con Gian Paolo Calloud, Amilcare Bellotti e Cesare Vitaliani, creando la Compagnia Romana, ch’ebbe vita sino al ’72. Fu allora appunto che contese domestiche balzarono il Diligenti in Egitto, ov’ebbe a trarre per due anni la più fortunosa delle vite, ora in lotta con la fame, or possessore di cospicue somme. In Egitto, a Costantinopoli, a Smirne, in Atene, s’ebbe grido di celebrità, e conquistò con l’arte sua due croci : quella dell’ordine del Megediè, e altra datagli dal vicerè Ismail. […] Egli venne su con la fioritura del teatro italiano a metà del secolo, e interpretò, primo, i grandi lavori del tempo come Prosa, Goldoni di Ferrari, e tante altre che i giovani d’oggi non sanno neppure immaginare.
Trascrivo le parole del Garzoni : non lascio da parte quella Lidia gentile della patria mia, che con si politi discorsi, e con si bella grazia, piangendo un di per Adriano, lasciò in un mar di pene l’affannato core di quel poeta, che perso nel suo amore, le mandò quel Sonetto, che comincia, Lidia mia, il di, che d’ Adrian per sorte ti strinse amor con mille nodi l’alma, io vidi il mar, che fu per lui si in calma, a me turbato minacciar la morte. […] Nel '71 i Gelosi andarono in Francia con Orazio, Adriano, e Lidia ; e Fr. […] E se Lidia era nella Compagnia con la Vincenza, forse dovette ella entrare un po', per dispetto, invidia, e gelosia, nell’attossicamento dell’Armani ?
Fu anche capocomico, e condusse e diresse la Società ('92-'93) con Italia Vitaliani. […] Quando era con Morelli (del '70) sposò Enrichetta Pirocca di Este, maestra del Collegio ov'era stata educata, e appassionata filodrammatica, che fu poi buona generica e seconda madre. Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione. […] Antonio Salsilli fu anche scrittore egregio di articoli e bozzetti di teatro, spesso col pseudonimo di Paron Toni, nella Gazzetta di Napoli, nella Rivista Subalpina, nel Corriere di Roma, nel Carro di Tespi ; autore di commedie, tra cui accolta con molto favore quella in un atto Cicero pro domo sua, e di monologhi, tra cui Il punto interrogativo, fatto celebre dall’arte meravigliosa di Claudio Leigheb, e divenuto poi la delizia di tutti i dilettanti maggiori e minori. […] Ora egli sta preparando la Storia del teatro contemporaneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio uomo di condurre a fine le due opere che saran certo dei più preziosi contributi alla storia della nostra scena di prosa.
Con qual altra proprietà ed energia di passione, parla l’Elettra Greca in questo medesimo luogo! […] Què es esto, Madre, que lloras con tan tristes gemidos? […] Està con los muertos. […] Ahi, Madre mia, con hombre muerto me quieren casar?” […] Ancor con mesta infausta voce Mi appelli?
con impazienza una risposta possa sempre con proprietà di rappresentazione darsi luogo alle battute musicali che debbono precedere. […] E con quanta maestria non colorisce i caratteri? […] Andres con ben poche eccezioni. Non ha perchè temere (dice) il Metastasio il confronto con Cornelio, con Racine e con qualunque altro poeta tragico. […] Ma eccetto che il solo Gluck, potranno gli oltramontani sulla musica gareggiar di preminenza con gl’ Italiani?
Ma ventura volle che Buffetto, il quale era comico al servizio del Principe Francesco Maria Farnese, dovesse andar con la sua Compagnia a Venezia ove si trovava a recitar Colombina. […] A queste chiacchiere seguiron nuove scene tormentose, finite poi, al solito, con proteste di fiducia da un lato, di fedeltà dall’altro. […] Compiute le quali, Buffetto con nuova generosità offerse alla moglie quanto egli aveva potuto avanzar nell’arte in quattordici anni circa. […] Nullameno si tentò di consolarlo con belle parole. […] Buffetto la sollecitò alla partenza ; ma ella, sopravvenuto l’inverno, passò con la compagnia a Piacenza, poi a Modena, senza aver ordine mai di lasciar l’Italia.
Dopo aver fatto i primi passi nell’arte come ingenua e generica giovine nella Compagnia che suo padre conduceva in società con Gaetano Martini il 1830, entrò il 1833 nella Compagnia di Romualdo Mascherpa qual prima donna giovine. Passò poi a’ Fiorentini di Napoli colla società di Tessari, Visetti, Prepiani, con cui stette cinque anni, terminati i quali, sdegnando il posto di prima attrice assoluta che le fu offerto da Luigi Domeniconi, si diede all’ arte del canto, riuscendo una egregia artista. Cantò al Fondo di Napoli e al Valle di Roma con pieno successo del pubblico ; ma anche nell’ arte del canto fe’ pochissime prove ; chè un conveniente matrimonio la tolse improvvisamente al teatro e per sempre.
La beneficiata del Ricci del 31 gennaio 1837 si aprì con Il Matrimonio con la benda agli occhi con Pulcinella ciabattino, segretario ignorante e servitore in casa della miseria ; e quella del 17 febbraio del 1840, si chiuse con una pantomima, adorna di voli e trasformazioni, intitolata : Arlecchino bombardato ossia Il Gigante Para-Faragaramus.
Si distinguevano essi con vari nomi secondo i vari mestieri. […] Chiunque vorrà render giustizia alle donne non dovrà amarle giammai di buona fede, e con lealtà. […] Ma la gloria d’avere i primi accoppiata la musica alla poesia volgare può con tanto minor ragione negarsi ai Provenzali quanto che niuna delle moderne nazioni Europee ci presenta monumenti di poesia profana posta sotto le note che gareggino nell’Antichità con quelli presentati da loro. […] Io le lessi, e le disaminai fin d’allora con quell’attenzione che basta per trovarle deboli e inconcludenti. […] Io muoio con un sorriso.»
Ma nei casi indicati, come in tutti gli altri, gli ornamenti debbono usarsi con parsimonia e con opportunità. […] Le cadenze si devono eseguire con una ben graduata messa di voce, e con sobrietà d’inflessioni scorrendole con un sol fiato e con quel numero di note soltanto che basti a far gustare il pensiero e a riconoscervi l’indole della passione. […] V’è chi lo dice in confidenza, chi con una confusione che ributta. […] Io non mi presento inanzi al tuo altare con sì umili sentimenti. […] rispose con faceto imbarazzo «Ah!
Preso d’amore per Antonietta Robotti, formosissima donna e valentissima attrice della Compagnia Reale Sarda, si diè a seguirla per quasi due anni, finchè ammalatosi quel primo amoroso, Pietro Boccomini, egli, che s’era già acquistata fama tra'filodrammatici di artista promettentissimo, fu scritturato qual primo amoroso a vicenda col Boccomini, passando poi per la morte di Giovanni Battista Gottardi, al posto di primo attore che sostenne con molto onore al fianco di artisti egregi, quali la Robotti e la Romagnoli, il Gattinelli, il Domeniconi, il Dondini. […] E si raccomanda a mani giunte alla carità dell’amico perchè lo sciolga, sia pur con penale…. Scioglimento che, sappiamo poi, non gli fu accordato, che dopo un anno di prova, trascorso il quale, egli si scritturò con la Compagnia Astolfi e Sadowski, per un anno. Passò nuovamente, e per un triennio, con Antonietta Robotti, uscita dalla Reale Sarda, poi con Giuseppe Trivelli, conduttore di una Compagnia, famosa allora per ricchezza di arredo scenico, di cui era prima attrice Elena Pieri Tiozzo. […] Il Peracchi fu lungo tempo maestro della moda : signorilmente austero dapprima, poi grottesco a segno da mostrarsi in abito nero con le falde foderate di raso bianco.
) come si presentasse a San Beneto in ca da Pesaro tra un atto e l’altro del Miles gloriosus di Plauto (16 febbrajo 1515), recitato dagli Accademici Immortali, con una « comedia nova, fenzando esser negromante, et stato all’Inferno, e fe' venir un Inferno con fogi e diavoli : fense pur farsi Dio d’Amor : e fo porta a l’inferno : trovò Domenico tajacalze cazava castroni, el qual con li castroni vene fora ; fe' un ballo essi castroni ; poi venne una musica di Nimphe, in un carro trionfai, quali cantavano una canzon, batendo marteli, cadauna sopra una incudine a tempo, et fenzando bater un cuor ». […] Fratello di Elisabetta Catroli, nato verso il 1728, recitò ne' teatri di Venezia le parti di Innamorato, e fu cognominato Vitalbino, per la gran somiglianza ch'egli aveva nella recitazione con Antonio Vitalba. […] Alla chiusura del teatro nell’ '80, Zanuzzi, che ad ogni modo aveva compiuto i suoi anni di servizio, fu congedato con una pensione di 1000 lire annue, e un indennizzo di 5000 lire, pagabili in due volte e in due anni. […] Avendo il Giornale di Parigi, nel dar conto della rappresentazione, chiamata la fanciulla figlia di Zanuzzi, questi pubblicò una lettera, firmata Zanuzzi, Comico italiano ordinario del Re, nella quale dichiarava ch'ella non aveva con lui alcun vincolo di parentela, e si chiamava Maria, figlia dei coniugi Lescousier borghesi di Parigi.
Sulzer, con varj Italiani illustri, e con tutti gli avveduti Critici dell’Europa, il Signorelli affermerà, che la Musica Moderna non rare volte tradisce nell’Opera la verità. […] Egli il dichiara con iscagliarsi contra l’insoffribile prolissità delle Arie. […] Poesia con Poesia, Amico, se volete comparar sanamente. […] Con un canto cominciarono i versi a uscire dalle umane bocche. […] Ciò parimente è asserito con troppa fretta.
L’azion principale vi è come affogata dentro dagli accessori; e la parte poetica di esse ne rimane così debole e meschina, che con qualche color di ragione furono chiamate altrettante infilzature di madrigali. All’incontro, i soggetti cavati dalla storia non cosi bene si confanno con la musica, che in essi ha meno del verisimile. […] Ed egli è troppo difficile trovare balli e simili altri intrattenimenti, che ben si adattino con azioni tolte dalla storia. […] [1.5] Contro a tali inconvenienti non potrà il poeta far riparo se non collo scegliere il soggetto della sua favola con discrezione grandissima. […] [Nota d’autore n. 3] Il Montezuma fu scelto per argomento di un’opera rappresentata con grandissima magnificenza nel regio teatro di Berlino.
Le vide egli, se ne approfittò, spinse oltre le ricerche, interrogò di proposito la natura, e questa con una sorta di gratitudine e di compiacenza si mosse a premiare le di lui cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con iscoprirgli alquanto, per casì dire, quel velo, di cui si ammanta. […] Finché si studiò con pedantesca superstizione la sola Grecia senza degnar d’un guardo il resto del mondo, la storia del teatro greco si prese per la sorgente di tutti gli altri. Ma fu un inganno che si dissipò tosto che comparve a rischiarar le menti una sapienza più sona, più sobria, e più vasta, la quale insognò con maggior fondamento a rintracciar tale origine nella natura dell’uomo ch’é da per tutto l’istessa, e vi produce essetti simili. […] Esse più o meno remotamente hanno seco un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevette la macchina, nella quale esso signoreggia e discorre di modo che le l’urto fu piacevole, cioé se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che ’l cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioé se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male. […] Si rammenta pure da prima con qualche ribrezzo del male, cioé delle forme che gli cagionarono dolore; ma a poco a poco s’avvede che tal rimembranza non gli rinnova il dispiacere, e perciò non fugge più dal rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; il che sembra la fonte del piacere che si gode nel ripetere a se stesso o agli altri con tutte le circostanze una tempesta, un incendio, ed ogni altro disastro già passato.
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una spezie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] Finchè si studiò con pedantesca superstizione la sola Grecia, senza volgersi un solo sguardo al rimanente della terra, la storia del teatro Greco si prese per la sorgente di tutti gli altri. […] Queste più o meno remotamente hanno un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevè la macchina nella quale esso signoreggia e discorre, di modo che se l’urto fu piacevole, cioè se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che la cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioè se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male. […] Si rammenta pure, benchè da prima con certo ribrezzo, del male, cioè delle forme che gli apportarono dolore; ma a poco a poco si avvede che tale rimembranza non gli rinnova il dispiacere, e più. non ischiva di rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; e quindi nasce quel diletto chè si pruova nel ripetere a se stesso o ad altri con tutte le circostanze i già passati disastri.
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una specie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] Finchè si studiò con pedantesca superstizione la sola Grecia, senza volgersi un solo guardo al rimanente della terra, la storia del teatro Greco si prese per la sorgente di tutti gli altri. Ma fu un inganno che si dissipò tosto che apparve a rischiarar le menti una sapienza più sana, più sobria, più vasta, la quale insegnò con maggior fondamento a rintracciar tale origine nella natura dell’uomo ch’è da per tutto la stessa e vi produce effetti simili. […] Queste più o meno remotamente hanno un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevè la machina nella quale esso signoreggia e discorre; di modo che se l’urto fu piacevole, cioè se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che lo cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioè se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male. […] Si rammenta pure, benchè da prima con qualche ribrezzo, del male, cioè delle forme che gli apportarono dolore; ma a poco a poco si avvede che tale rimembranza non gli rinnova il dispiacere, e più non ischiva di rappresentarsele, anzi si accostuma alla dipintura che se ne forma, e della verità del ritratto si compiace ancora; e quindi nasce quel diletto che si pruova nel ripetere a se stesso o ad altri con tutte le circostanze i già passati disastri.
L’occhio stupido, incerto ; l’incerto piegar della testa coll’orecchio e la mente tesi verso la donna che ha parlato, per afferrar qualcosa di quello che ha detto, poi con timidità, con circospezione, con la paura quasi di essere inteso, il proferir di quel comme scivolato, sdrucciolato…. […] Chi potrebbe nel sur Càmola, con quelle guancione di ovatta, trovar segni di raffronto colla faccia impresciuttita del maester Pastizza ? […] Ebbe alcun tempo società con lo Sbodio e il Giraud, poi fu scritturato assieme a tutta la Compagnia dal Capitani. […] E con tutto ciò non siete forse un grande igienista ? […] Non sarebbe anche qui il caso, a vedere il Ferravilla fuor della scena, con quell’aria d’uomo triste o almen d’uomo annojato, di consigliargli di andare un po’a sentire il Ferravilla ?
Per tal motivo il Caraccio col cardinal Delfino e con pochi altri sobrii scrittori, si considerarono da un Gravina, da un Crescimbeni e da altri gran letterati, come i primi ristoratori del buon gusto in Italia. […] Nella prima giornata trattasi dell’incontro di Nino con Semiramide moglie di Mennone, cui il re propone di cedergliela; egli ricusa; il re gliela toglie per forza; e Mennone s’impicca. […] Vi muojono intorno a cinquantasei persone oltre di una galera bruciata con tutta la gente che vi è imbarcata. […] La favola del Virues si aggira sul matrimonio che Jarba vuol contrarre con Didone. […] Didone presso a conchiudere il suo matrimonio con Jarba torna col pensiero a Sicheo; ma pure per suo comando Jarba è introdotto in città.
E tali ragioni furono scritte dallo Zanotti stesso al Duca, esagerando il male con tal conchiusione : « Sì che unito con tutta la mia povera famiglia supplico per l’amor di Dio l’Altezza Vostra a non comandarmi tal cosa se desidera il mantenimento di mia casa ». […] Prima del '74 passò a seconde nozze con Margherita Enguerant di Abville, donna gagliarda, che gli diede sette figliuoli : i primi cinque battezzati a S. […] Maestà (senza speranza di riveder più l’Italia) « con provvigione di sedici mila franchi annui, oltre a quello si guiadagnano in far l’opre e le commedie, che tolto l’Aduento e la Quaresima sempre si fanno ; nè vi entra, senza pagare, se non la famiglia tutta del Palazzo del Re ». […] L' 84 lascia Parigi con sette figliuoli, secondo la notizia sui documenti data dallo Jai, e torna in Italia ; ha già sessantadue anni ! […] A chi volle alludere in quel passo al Duca : con tutta la mia povera famiglia ?
Scioltasi la compagnia, si scritturò con Angiolo Morolin, formando poi egli stesso una compagnia che condusse per vari anni con tempestosa fortuna. Levatosi dal capocomicato, ritornò scritturato per un triennio con Ernesto Rossi : ma dopo alquanti mesi, colpito da febbre tifoidea in Faenza, vi morì in pochissimi giorni nell’anno 1863.
Un’ altra rappresentazione se ne fece in Sassuolo con un prologo del conte Fulvio Testi. […] Il disperato dolore della ninfa si spiega nella prima scena dell’atto IV con energia e felicità e senza veruna affettazione di stile. […] In conseguenza ne avvengono le nozze di questi amanti, e quelle di Celia con Aminta, e la felicità di Sciro liberata dal tributo crudele solito a riscuotersi da’ Traci. […] Ad Alcanta si assegna la cura di tirar Gelopea al fenile d’Alfeo per accertarsi che Filebo dee trovarvisi con altra ninfa. […] Alcippo per amore di Clori si trasforma in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo.
Fu con la Battaglia seconda donna e serva ; madre nel 1812 con Serafino Callochieri, nella cui Compagnia era primo amoroso Luigi Domeniconi, e madre per le tragedie nel ’14 con suo marito in Compagnia di Elisabetta Marchionni.
Esordì con la Battaglia, come generico di niun conto, poscia, a dar pieno sfogo alla sua viva passione per l’arte, entrò in una compagnia di infimo ordine, ove s’innamorò della prima donna, giovinetta di qualche pregio, che sposò più tardi e col padre della quale formò compagnia. […] In capo a tre anni di capocomicato fu scritturato, con la moglieseconda donna, nella Compagnia di Andrea Bianchi, poi in quelle di Marta Coleoni, Francesco Perotti e Giacomo Dorati. Stimolata la moglie dalla brama di ridarsi a’ruoli principali, Broccoletto formò nuovamente compagnia il 1810, che condusse con fortuna sino alla metà del carnevale 1812 ; nel qual tempo morì per apoplessia a poco men che quarant’ anni.
Luca di Venezia, nel quale anno pubblicò La clemenza nella vendetta, commedia in versi di Giovanni Palazzi (Padova, Conzatti), dedicandola con una epistola in versi e in dialetto veneto al Pantalone Garelli (V.). […] Grisostomo con Onofrio Paganini a sostituir la Compagnia Sacco, andata in Portogallo. « Fu il comico Argante – dice Fr. […] Allevò la sua famiglia con decoro, ed essendo passato a Praga, ivi morì l’anno 1755. »
Fu con Onofrio Paganini, poi, nel 1764, con Pietro Rossi. […] Quando il Magni lasciò l’arte, il Mantovani passò con molto successo alle parti di primo attore : ma recatosi colla Compagnia a Vercelli, l’autunno del '65, vi morì, a trent’anni circa, colpito da malattia violenta.
Celini a Bologna con ordine del S. […] Lucca di Venezia nel venturo carnevale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io mi impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde mi dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le sue gracie con Sig.ri Grimani, m’ honari riserbarmi il desiderio che con tanta bontà si da a conoscere per favorirmi, ch'io n’ mancherò di procaciarmi occasione di conservarmeli per quella che senza fine mi confesso di V.
Il '41 e '42 ebbe Compagnia in società con Giardini e Belatti, e vi recitò le parti di Tiranno e Padre. […] Appare il '62 con Tommaso Salvini, e il '63 con Gaetano Gattinelli.
E., onde habbiamo di comune gusto e consenso riaccettato la sig.ª Valeria tra di noi, con la quale di nuovo uniti cercheremo di mantenerci in quella pace tanto a noi necessaria, e con tanta fatica per nostro honore da V. […] E. ogni felicità con la sottoscrizione di propria mano affermerà quanto di sopra è scritto, di Lucca il dì 8 settembre 1616. […] ), egli era a Parigi con Gio. […] Il perchè più brevemente che potrò con questa mia lo paleserò a V. […] E con questo fo fine ricomandandomegli di tutto cuore.
Piemontese, un de'migliori capocomici, fiorito dal 1790 al 1820, anno della sua morte, si diede alla scena giovanissimo, come primo amoroso, ma con poca riuscita. Scontratosi, dopo alcun tempo, in una giovinetta, figlia dell’attore Santo Nazzari, la quale recitava allora con molto plauso le parti di prima donna giovine, se ne innamorò e la sposò in capo ad alcuni mesi. […] Egli assegnò alla moglie con regolare contratto la paga di quattrocento zecchini veneti all’anno, e una mezza serata per ogni piazza, ove le recite non fosser minori di venti ; e stabilì sul contratto ch'ella dovesse fornirgli un panciotto della stoffa di ogni nuovo abito ch'ella facesse, o per la scena o per fuori, o in costume o in borghese ; tal che alla sua morte si trovò una gran quantità di panciotti di ogni specie e di ogni colore, naturalmente, non mai indossati. […] Ecco l’elenco della Compagnia con balli che agiva al Teatro della Canobbiana in Milano il carnovale '19-'20 : UOMINI Luigi Romagnoli, primo attore Santo Romiti, tiranno Francesco Augusto BonAlessandro Angiolini amorosi Giovanni Boboli, caratterista Gaetano Perotti Paolo Baldigara Santo Nazzari generici Domenico Verzura, padre nobile Filippo Conti, secondo padre Cipriano Cardosi Giovanni Cardosi DONNE Assunta Perotti, prima attrice Teresa Baldigara, supplemento Carlotta Polvaro Angiolini, amorosa Teresa Corona, terza donna Elisabetta Gaidoni, madre Eugenia Zocca, caratteristica Ginevra Guglierini, serva Rosa Pasini Romagnoli, seconda donna Caterina Zelmi Rosa Novo generiche
L’anno 1601 si rappresentò ivi l’Euridice del Rinuccini, e poi di mano in mano altri drammi comparvero con poche volte interrotta cronologica serie fin quasi a’ nostri tempi. […] In questi componimenti non meno che negli amorosi si scorge piuttosto la vivacità e il brio che il vero gusto musicale, sebbene alcuna vi si legga di esse lavorata con siogolar espressione71. […] Le loro antiche fiere, ovvero siano feste carnascialesche chiamate Wirschaft, che con grandissimo apparato di comparse e di suoni vi si celebravano; la musica strumentale da loro coltivata con impegno; la magnificenza degli elettori di Baviera, di Sassonia, dell’Imperador Leopoldo, e d’altri principi che non risparmiavano spesa né diligenza affinchè riuscissero sontuosissimi gli spettacoli che si davano alle loro corti, aveano di già appianata la via al melodramma. […] Le Tonadillas, ovvero sia spezie di arie buffe che vi si cantano, possono gareggiare nella vivacità comica con qualsivoglia componimento musicale delle altre nazioni. […] La Balalaika, spezie di chittarino comunissimo presso al popolo, composto di due corde, una delle quali si vibra colla man sinistra mentre con la destra si suonano entrambe.
[2] Quegli schiavi insensati del pregiudizi, que’ corpi senz’anima, quelle creature indifinibili, che si chiamano gente di mondo, le massime delle quali consistono nel distrugger i sentimenti della natura per inalzar sulle loro rovine l’idolo dell’opinione, nel ridurre ogni affezione del cuore alla sola voluttà, ogni morale al personale interesse, nel far che un’apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù, e nel colorir con brillanti sofismi l’orrore del vizio non altrimenti che soglionsi coprire con vistosa vernice i putridi legni dalla vecchiezza o dal tarlo corrosi; fanno del teatro quell’uso appunto, che sogliono fare delle altre cose. […] Se la filosofia le aggiugne giustezza e profondità, l’erudito anch’egli concorre con braccia poderose, e con incessante fatica: dal che avviene che se la gloria di quest’ultimo è meno luminosa e brillante, non è perciò men solida né meno sicura. […] Tutto ciò con un candor d’animo, e con una tal gentilezza inesprimibile, che avranno meco divisa quanti uomini di lettere hanno la buona sorte d’avvicinarglisi, e che non suol vedersi troppo comunemente negli avari posseditori d’erudite ricchezze, i quali somiglianti al drago custode degli orti Esperidi, vietano che altri accosti la mano a quegli aurei frutti, ch’essi pur guardano da lontano senza mai toccarli1. […] Questa è l’urbana bensì ma ferma, e imparziale maniera con cui si parla delle opere e degli autori. […] Io mi terrò fortunato se da miei errori altri prenderà occasione d’illustrar con penna più maestrevole codesto bell’argomento, non men degno delle ricerche d’un filosofo che delle premure d’un uomo di gusto.
Spinto Ulisse da una tempesta in Sicilia non lungi dalla spelonca del Ciclope Polifemo, per salvarsi dalle di lui mani, dopo che ha perduti alcuni compagni, lo sbalordisce e L’addormenta con dargli a bere del vino generoso, L’accieca, e fugge con tutto il Coro de’ Satiri, i quali intervengono nella favola con Sileno, Ulisse e Polifemo. […] Ulisse manifesta il pensiere di accecare il Ciclope con un legno bruciato nella punta per renderlo più duro e penetrante. […] Il Ciclope si volge a seconda delle parole del Coro brancolando; ed essendo in tal guisa aggirato Ulisse ha luogo di uscire, e con tutti i compagni, col Coro e con Sileno si salva sulla nave, deridendo il Ciclope che inutilmente freme e minaccia. […] La rappresentazione e la danza composero sempre un corpo solo con la musica e la poesia. Versi non potevano cantarsi dal Coro che non si animassero con misurati atteggiamenti.
Ulisse manifesta il pensiero di acciecare il Ciclope con un legno bruciato nella punta per renderlo più duro e penetrante. […] Il Ciclope si volge a seconda delle parole del coro brancolando; ed essendo in tal guisa aggirato Ulisse ha luogo di uscire, e con tutti i compagni, col coro e con Sileno si salva sulla nave, deridendo il Ciclope che inutilmente minaccia. […] La rappresentazione e la danza composero sempre un corpo solo con la musica e la poesia. Versi non potevano cantarsi dal coro che non si animassero con misurati atteggiamenti. Ma la poesia rappresentativa meglio sviluppata negli episodj, si appropriò certi attori più esperti nel declamare, cioè nel recitare i versi con azione naturale e con un canto parlante, il quale sebbene accompagnato dagli stromenti non lasciava di appressarsi più al favellare che al canto del coro.
Si vuol dunque in prima apporre in fine del capo I alla pagina 31 di questo tomo, dopo le parole curiosamente si rintracciano, la seguente nota: (1) Con singolar nostro compiacimento vediamo che il chiar. cavalier Tiraboschi nelle sue addizioni al tomo IV pag. 343 siasi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone, ed altre simili. […] Vengono da più periti antiquarj con particolar lode rammentati e tenuti per Etruschi, Admone cui si attribuisce l’Ercole bibace una delle più pregiate gemme Etrusche, ed Apollodoto, di cui si ammira una gemma con una testa di Minerva incisa a punta di diamante, ed un’ altra rappresentante Otriade del Museo Cortonese. […] Per avviso però datomi con somma gentilezza dal dotto Sig.
Recatosi il poeta improvvisatore Pistrucci a Viterbo, a darvi accademie alternate con le rappresentazioni della Compagnia Taddei, invitò una sera la Rosa a svolger con lui di su la scena l’ultimo tema datogli. Parve a' più una celia ; ma la giovane artista, che assisteva da un palco di proscenio, si levò incontanente ; e recatasi alla ribalta, improvvisò una sestina-fervorino, che le acquistò subito la benevolenza del pubblico, andatasi poi grado a grado mutando in entusiasmo, onde, a tenzone finita, ella fu accompagnata a casa con torce, in mezzo alle più pazze acclamazioni. Da quella sera fu improvvisatrice famosa, e giunta a Roma, accolta e festeggiata da Iacopo Ferretti, tal fanatismo vi suscitò con le frequenti accademie, che fu ascritta col nome di Licori Partenopea tra gli Arcadi di Roma. […] Ed or la stessa sua voce sovrana, all’ orecchio de' fisici eccellenti, Destatelo, suonò con legge arcana d’alti portenti : e ispirati di Cristo alla parola, sommessi a Lui che l’ Universo ha in pugno, obbedian gli educati all’alta scuola del gran Cotugno.
Iniziò la sua vita di artista con Angelo Moro-Lin, seconda amorosa al fianco di Amalia Borisi. Poi, sposatasi al Buccellati, lo seguì nelle varie compagnie or prima attrice giovine, or prima attrice assoluta, traendo tutto il giovamento che potè dalle sue valorose maestre, Anna Pedretti e Adelaide Tessero, la quale, con Luigi Monti, ebbe sempre parole di calda ammirazione e di schietta affezione per la gentile artista, che in pochi anni, dopo di avere esordito l’ ’86 a Torino colla parte di Bérangère nell’Odette, si trovò a interpretare in Italia e fuori, e con plauso dovunque, le più forti opere del teatro moderno, quali Francillon, Moglie ideale, Casa di bambola, Trilogia di Dorina, Rozeno e altre assai.
Fu coi parenti nella Compagnia Sacco, e recatasi poi con essa a Lisbona assieme ai fratelli e ad altri fanciulli, recitò con gran maestria le parti di prima attrice, protetta e remunerata da quei Sovrani sino al dì del famoso terremoto del 1755, in cui fu costretta a tornarsene con la Compagnia in Italia.
Entrò nella Compagnia di Domenico Bassi più come cantante, che come comico ; e vi piacque moltissimo per la bella voce di baritono che possedeva, specialmente poi nel personaggio di Simon che sostenne con gran plauso al San Cassiano di Venezia. Passò il 1770 con la moglie e il suocero Gritti nella Compagnia di Pietro Rossi, in cui cominciò a recitar parti in commedia e in tragedia. Lasciato il Rossi, fu scritturato pel 1775 con la famiglia a Barcellona, d’onde tornò in Italia dopo un anno, prendendo egli le redini della Compagnia, per la morte del suocero avvenuta in Nizza di Provenza, la primavera del '71.
In effetto non ne hanno avute altre sino a questo secolo, e si rappresentavano ne’ monisteri in occasione di qualche festa, concorrendovi tal volta il sovrano con i grandi della corte. […] Quanto agli spettacoli scenici continuano a fiorire e a rappresentarsi con magnificenza. […] Incoraggite i poeti, cercate ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori, ed essi che sono l’anima delle scene, inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, e questo spirito farà che essi rappresentino con tanta energia-naturalezza e sensibilità, con quanta durezza, stento e freddezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri. […] Il tedesco Hilverding vi dimorò sette anni con 3000 rubli di paga; il toscano Angiolini gli succedette, e n’ebbe 4000. […] Il primo ordine è una balaustrata, il secondo ha i palchetti con bocche centrali, il terzo a specchio di toletta, il quarto in piatta banda, il quinto è tutto aperto senza separazione.
detto Scaramuccia, con una compagnia comica che molto piaceva a Sua Maestà e ai Francesi. […] – Non ho mancato di intelaiare con il Conte di S. […] Questa è la riconpesa delle mie fatiche che con il mio sodore ò aquistato, come V. […] ma se con questa mia lo infastedisco e l’asicoro che quato li scrivo è l’evagelio – e qui resto. […] Il Riccoboni, come s’è potuto vedere con prova di date, non è qui esatto.
Donne tali, schiave abbiette, ed infami, si prostituiscono ai nobili giapponesi, i quali le sprezzano, e le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte, vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cani5. […] Quindi é che, qualunque ne sia la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione con i veri colori del costume, che ne risulta quella tanto desiderata incantatrice illusione che interessa e sospende gli ascoltatori. […] Mancano adunque i poeti cinesi d’arte e di gusto ne’ drammatici componimenti, che seppero inventar sì a buon’ora; e con tanto agio ancor non hanno appreso a scegliere dalla serie degli eventi un’azione, per la verisimiglianza delle circostanze propria a produrre quell’illusione che sola può trasportar lo spettatore in un mondo apparente per insegnargli a ben condursi nel vero. […] Un solo musico di età avanzata, e ’l più brutto di tutti gli uomini, le siegue e le accompagna con uno strumento di rame chiamato nell’Indie Tam. Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce, e stringendo il tempo del suono in maniera ch’egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni: e le ballerine si agitano con un’agilità sorprendente, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori, de’ quali son tutte asperse e profumate le fa grondar di sudore e rimaner dopo il ballo pressoché fuor di se.
Cercando adunque di conseguir coll’industria L’effetto stesso che produceva il nominare i cittadini, gli dipinsero sotto finti nomi con tale artificio che il popolo non s’ingannava nell’indovinarli, e con diletto maggiore gli ravvisava. […] Ciò rilevasi da’ frammenti che se ne sono conservati, de’ quali alcuni ne riferii con mia traduzione nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] I forestieri acclama, E i patriotti poi sprezza e i congiunti; Fasto e ricchezza in povertade ostenta: Con scarsa mano o con maligno oggetto, Spinto da vanità, non da virtude, I suoi doni dispensa. […] Stefano di lui figliuolo, secondo Suida, seguì le orme del padre coltivando anch’egli con applauso la commedia mezzana, ed Ateneo cita un frammento del di lui Filolacone, ossia fautore degli Spartani. […] Questo poeta di vantaggiosa statura amico di vestire pomposamente e di cavalcare, fu così altiero, che soffriva con impazienza che le sue favole rimanessero superate nel certame, e tal dispetto ne concepiva che incontinente le lacerava.
Intanto l’Apologista per confutarlo ha dovuto leggerlo, e pure con disinvoltura ammirabile le ha scritte e stampate in Italia. […] Ma credo che il Filosofo, il Letterato, debba mirarle con nobile con virtuoso orrore. […] Il Signor Lampillas, cui incresceva di ciò vedere, volle dare ad intendere, che io poteva sì bene spacciare queste cose co’ poco instrutti, ma non con gl’illuminati, e bene informati della nostra Letteratura, tra’ quali conta forse sestesso. Così dopo di aver commesso un manifesto delitto contro la veracità propria dell’uomo onesto, dopo di aver dissimulati, a guisa di un astuto inonesto Curiale, i fatti istorici innegabili, si lusingava il buono Signor Lampillas di uscir dal giudizio impunito con una (perdoni se nomino quì, come diceva Aristofane, zappa la zappa) con una buffoneria, fidando forse nel verso Oraziano, Solventur risu tabulæ, tu missus abibis. […] Io dunque diressi quelle notizie ad instruirne chi non le sapeva; e se Voi con questi altri gl’ignoravate, rimanete incluso nella lista de’ poco instruiti, che se poi ad arte fingete di esserlo tradite l’onestà.
I Misteri degli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse di Luigi Chocquet si rappresentavano in Parigi à l’Hôtel de Flandres con gran concorso, e vi furono impressi in tre volumi nel 1541. […] I Confratelli vi si sottomisero, ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternità, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588 quando il loro teatro si cedette ad un’altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione. […] Con tutto ciò questa favola si rappresentò la prima volta avanti al re Errico II con indicibile applauso, e si replicò sempre con grandissimo concorso. […] Jodelle pose più azione nella commedia, e dipinse i costumi di quel tempo con gran franchezza. […] Il fecondo Hardy ne scrisse più di seicento, schiccherandone per lo più con vergognosa fertilità una in soli otto giorni senza serbarvi nè regole nè decenza.
I misteri degli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse di Luigi Chocquet si rappresentavano in Parigi á l’Hôtel de Flandres con gran concorso, e vi furono impressi in tre volumi nel 1541. […] I Confratelli vi si sottomisero; ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternita, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588, quando il teatro fu ceduto ad un’ altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione. […] Con tutto ciò questa favola si rappresentò la prima volta avanti al re Errico II con indicibile applauso, e si replicò sempre con grandissimo concorso. […] Jodelle pose più azione nella commedia, e vi dipinse i costumi di quel tempo con gran franchezza. […] Il fecondo Hardy ne scrisse più di seicento, schiccherandone egli per lo più con vergognosa fertilità una in ogni otto giorni senza serbarvi nè regole nè decenza.
Il corpo dell’attore deve in questi casi esprimere il non detto con i gesti e con l’attitudine. […] I pantomimi fecero dire ch’essi parlavano con le mani e con le dita e con lo stesso silenzio, sicché potevano servire d’interpreti a’ barbari, che non intendevano la loro lingua. […] Così tutta la nazione adopera un medesimo accento, ma non tutte le province con la stessa esattezza e con lo stesso artifizio l’adoperano. […] L’epressione sarebbe allora in contrasto con l’oggetto e con se medesima, che è quanto dire, assurda e ridicola. […] [11.3] Spesso con la più bella figura e con la più elegante organizzazione, e con lo studio e con l’artifìcio più squisito, manca un certo che, che dà l’anima e la vita all’espressione.
L’ ’86 fu scritturata prima attrice giovane a vicenda con altra alunna, Olga Della Pergola, poi con Ida Carloni in Compagnia Pietriboni, che lasciò dopo due anni per andar prima attrice giovane assoluta in quella di Serafini, poi, collo stesso ruolo, in quella formata da Michele Fantechi, del quale diventò ben presto la moglie. Smesso nel’90 il capocomicato, si scritturaron entrambi con Cesare Vitaliani, per rifar poi compagnia del ’91, in cui la Fausta assunse per la prima volta il ruolo di prima attrice assoluta, che non abbandonò più mai.
Figlia del precedente, e allevata, fanciulla, dal Pantalone Giovanni Vinacesi, di cui il Bartoli non ci dà notizie, esordì nella Compagnia di Vincenzo Bazzigotti, facendosi notar subito per chiare attitudini alla scena ; e tanto con la volontà e l’ingegno vi progredì, che fu il 1775 al S. […] Entrò il 1780 con Antonio Sacco al Teatro S. […] Bartoli, contemporaneo, ha per lei parole di alto encomio e come attrice e come donna. « È la Martorini molto commendabile — egli dice — nelle parti tenere ed amorose, mostrando coll’ espressione della voce gl’ interni affetti dell’anima ; distinguendosi in singolar modo con attenzione indefessa anche nelle più minute cose, senza ommetterne alcuna, e tutto volendo che giovi, e contribuisca alla perfezione di ciò che ella rappresenta. » E più giù : « nel nubile suo stato, al fianco d’una vecchia tutrice, esposta agli occhi del mondo, fornita di bellezza e di grazia, ella ha saputo schermirsi dall’insidie del secolo. »
S. rappresentai con ogni più viva espressione il torto fattomi, che perciò dall’A. […] Cardinale che i negotiati della Compagnia passavano in tale stato che se mi risolvessi di recitare oltre il pregiudicio delle due parti, di dovermi contentare di recitare da serva a vicenda con la Flaminia, ciò che è pregiudicio totale alla mia reputatione, e quello che più importa è che il negotio delle parti si renderebbe usitario per ogni anno si che si renderebbe impossibile l’haverle mai più ; si che genuflessa a’piedi di V. […] Bianchi (De) Ludovico e Bagliani Pietro) l’opera seconda ha questo titolo : Aspramonte, Tom. 2 con l’allegorie di Zan Frignocola. […] Zan Frognocola, con Madonna Gnigniocola, e avrai la riprova che si tratta veramente di un nome di maschera appartenente alla infinita schiera degli antichi Zanni.
Nel 1780 cominciò a uscir di Firenze, sotto la protezione di Pietro Leopoldo, con privilegio di occupar egli solo con la sua comica compagnia i teatri varj della Toscana ; e lo vediamo l’autunno di quell’anno a Livorno, ove per l’apertura del Teatro di San Sebastiano fu composto un prologo (Livorno, Falorni), che finisce con queste parole di Minerva volta alla Compagnia schierata in sulla scena : ….. scendete O miei figli scendete ; eccovi aperto Vasto campo al valor ; dell’arti mie Fate qui prova ; Io non vi guido al varco D' incognita region ; del patrio Mare Rivedete le sponde ; in ogni volto Distinguete la gioia ; in voi si scorga Un’umiltà non vile ; assai decente Abbia lo scherzo il suo confin ; il gesto Non si avanzi di troppo, il fasto improprio Nel vestir non deformi Il carattere altrui ; fate che sia Esatta ognor l’esecuzion, ma prima, Lungi dall’adularvi Fate che ognor risulti Ad eterna memoria, Dall’altrui perdonar la vostra Gloria ; Solo pregio del terreno Non è il darne il frutto, o il fiore Pregio è pure del calore Dell’umore È pur mercè. […] Aggiunge il Bartoli che non contento di rimaner ristretto nei confini della Toscana, il Roffi percorse con grande fortuna la Lombardia, il Piemonte e il Genovesato.
L’uno e l’altro è stato dalla natura con mirabile provedimento ordinato. […] Innanzi al carro poi quattro amorini, e dietro quattro altri pur con le loro facelle accese al medesimo modo, ballando una moresca intorno e battendo con le facelle accese. […] In seguito la corte di Torino si distinse in questo genere con vaghissime invenzioni. […] Colpisce l’anima con una folla di sensazioni complesse, che tengono in perpetua azione la sensibilità. […] Ma da quale ipotesi, opinione, o credenza siamo noi preparati a veder lottare una donna con un’ombra?
Or questo non è tutto l’opposto di quanto Voi asserite, e pretendete fortificar con questo passo? […] Or chi si offende con osservar questo fatto? […] Accordatevi con voi stesso. […] Ed io in ciò convengo con Voi; gl’Istrioni le sfigurarono, come per ignoranza sfigurano quanto tocccano. […] Or questo Teatro, che mai ha di comune con quello di Lope?
Figlio di buoni e modesti artisti drammatici, fu per lungo tempo nelle provincie meridionali ; poi nell’alta Italia con Sterni e Moro Lin come primo attore. Uscito Giovanni Ceresa dalla Compagnia di Luigi Pezzana, fu chiamato a sostituirlo il Contini, il quale passò di trionfo in trionfo interpretando i caratteri più disparati, come il Foscolo e il Raffaello, ch’egli rendeva, più che con delicatezza di contorni, con maschio e gagliardo colorito.
Grisostomo di Venezia l’autunno del 1794 in Compagnia di Gaetano Fiorio, nel qual tempo creò, con molto successo, la parte di Columella nell’Olivo e Pasquale di Antonio Simon Sografi. Creò allo stesso teatro, e con egual successo, la parte di Polinesso, Duca d’Albanìa, gran Contestabile del Regno di Scozia, nella Ginevra di Scozia di Luigi Millo, rappresentata la prima volta il 4 gennaio del’95. […] xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Lasciata poi la milizia per l’arte della scena, si scritturò quale amoroso dando subito prova di certa riuscita, mercè le sue doti fisiche e intellettuali che mostrava con ugual successo e nel premeditato e nell’improvviso. […] Fu due anni a Napoli con Giacomo Modena, poi con Antonio Goldoni col quale creò il protagonista nel dramma l’Incognito, che replicò diciotto sere a Torino e venti a Venezia, il carnevale del 1806, traendo il pubblico all’entusiasmo.
Ella recitava le parti di prima donna con molto successo, e al Teatro Valle di Roma le fu dedicato il seguente sonetto con in fronte il ritratto qui riprodotto. […] Ma l’arte, che su i cuor ti dà l’impero, e quei modi, con cui tratti animosa il Socco umile, ed il Coturno altero, mano incider non puole, oppur non osa.
Moglie del precedente, figliuola di saltimbanchi, che recitavano e ballavano sulla corda in baracche mobili di legno, preceduti e accompagnati da un suonatore di tromba, di gran cassa e di chitarra, fu con essi in Portogallo ; d’onde, restituita in patria, fu veduta e amata dal Pieri, il quale, avutala in moglie, la separò per sempre da' suoi congiunti. Diventò l’Anna in poco tempo un’attrice di liete promesse, e con l’ornamento della persona bellissima, del volto simpatico, degli occhi splendidi, dello spirito singolare, salì in breve al grado di seconda donna, poi di prima assoluta, nel qual ruolo stette sei anni, nella Compagnia Raftopulo, assieme al marito caratterista, poi in quelle di Pani e di Vedova. Cedè, il 1826, il ruolo di prima donna a sua figlia Amalia, passando essa a quello di madre nobile, sino al '34, anno della morte di Pieri, dopo il quale scritturò le figliuole Amalia e Luigia a' Fiorentini di Napoli, e il’35 andò a viver con esse fuor dal teatro.
Tuttavia, alla deficienza fisica sopperì largamente con la intelligenza, mercè la quale, toltosi dal recitare, diventò uno de' più abili capocomici e direttori. Formò una società con l’artista Solmi, che durò con raro accordo ventidue anni, e in cui acquistaron fama Luigi Gattinelli, Amalia Pieri, Albina Pasqualini, Vincenzo Gandolfi e Cesare Dondini.
Bonhours appellate maravigliose, e rigetta tutte le delizie del Palagio di Armida con tanto artificio, con tal grazia, e leggiadria delineate dal grand’Epico Italiano? […] Nel XIV. dell’Odissea Ulisse non conversa lungamente con Eumeo guardiano di porci? […] Così Rapin con sì famosa censura travia, s’ègare, perchè si allontana dal suo Aristotile, e dal calore di Virgilio (con pericolo di stecchirsi) per motteggiare sinistramente il Tasso. […] espressa con sentimenti non languidi, non freddi, ma vivaci, animati, spiranti tutto il calore della passione, tratti dall’intimo del cuore umano? […] Vedrà poscia con altr’occhio la difesa, che ne imprende con più calore, che avvedutezza, e con certo tono un poco troppo acuto, che può obbligare altri a rispondere in consonanza.
Magro quanto il diginno, con una faccia secca, e intagiuta, affettando una voce sottile, e camminando come le anitre che menano sempre la coda, non ci volle di più, perchè il Popolo gli battesse le mani. […] Vecchio, com’è presentemente, parla ancora il suo disgustoso dialetto, con quella stessa [illisible chars] di pro[illisible chars], che usavav da giovine, facendo la barba. […] Sicario da Originali, osa con quella roano vilissima, che la saponata faceva per i biricchini del suo Paese, d’aggiungere, di cangiare, di deturpare i sudati scritti de' Poeti, senza rispettare nemmeno il Moliere dell’ Italia, il famoso Goldoni, a cui egli è debitore di tutto quello che al mondo possede. Sprezzatore dell’altrui merito, non fa mai conto de'Personaggi, che recano decoro e vantaggio alla sua Compagnia, crede di bastar egli solo al sostentamento della medesima, lascia andar chi vuole andare, mai non prega nessuno, è villano ed insolente con tutti. […] Francesco Bartoli difende con grande calore il Lapy dalle accuse ingiuriose del Piazza….
Le ninfe del bosco l’accompagnano con augurj di felicità. […] Precede una canzone di movimento lento e grave, alla quale tutte le ballerine prendono parte movendo le gambe e battendosi dolcemente il petto con attitudini graziose rassomiglianti a quelle delle isole della Società. […] Anche in Nootka gli abitanti in certe straordinarie occorrenze si adornano in una maniera grottesca, e talora copronsi il volto con maschere di legno scolpite, le quali sono di grandezza eccedente la naturale, e figurano ora la festa o la fronte umana con ciglia, barba, e capegli, ed ora teste di uccelli, e specialmente di aquile, o di pesci, o di quadrupedi. […] Non si può concepir con qual misura Gli sottoposi il foco! […] Il dottissimo conte della Torre Gaetani ne distingue con più esattezza le parti che ne sopravvanzano, ed il sito.
Delle corbellature della Passalacqua e del Vitalba, omai fatte pubbliche, Goldoni si vendicò aspramente nel Convitato di Pietra, mettendovi un pastore e una pastorella, che — son parole di Goldoni — assieme con D. […] Il che non impedì che al primo rimpasto della Compagnia, ella, con gran piacere del Goldoni, fosse licenziata. […] Luca, al servizio dei fratelli Vendramini, recitò con molto plauso la parte di protagonista nella tragedia di Vitturi veneziano : Berenice, Regina d’Armenia. […] Tornata in Lombardia, dopo di avere recitato vari anni con poca fortuna, avanzando ella in età, e in lei scemando il valore, non trovò più chi la scritturasse, e dovè ritirarsi al Finale di Modena, ove morì poverissima nel’60 circa. […] Il solerte Conte Paglicci-Brozzi mi comunica con l’usata gentilezza il seguente documento, tratto dall’Archivio di Stato di Milano (Spettacoli pubblici — Teatri Comuni — Parma) : Elisabetta da Flisio (sic) detta la Passalacqua, supplica accordarli il teatro di Parma colla graziosa condizione accordata a Bartolo Ganascetti e Crosa (sic) Compagni.
Ne’ dialoghi famigliari cogl’ innamorati e colle donne, sentivasi raziocinando persuaderli a non seguire gli stimoli dell’amore, quando non acconsentiva che un suo figlio, o una sua figlia in matrimonio s’accoppiasse con un oggetto a lui medesimo dispiacente. […] Quando rappresentava un vecchio innamorato, mostravasi tutto grazioso verso l’amata donna, e con persuasive eleganti facevale comprendere che le nozze co’vecchi sono le più felici per una giovane sposa. […] Disse all’uditorio che la sua vecchiezza non permettevagli di farli una più lunga servitù, che avrialo servito con pari attenzione quel suo collega, e che lo raccomandava all’ amore de’suoi affezionatissimi veneziani. […] Com pagno sviscerao, salute e bezzi A vù che per tant’ anni se sta bon de far el Vecchio en Scena con bravura favorio cusì ben da la natura per esser un famoso Pantalon ; A vù che recitando in più Cittae se sta gloria e lusor d’ogni Teatro, che si ben xe sonà le vintiquatro, sè ancora bon cavar de le risae ; A vù che el tempo coi sò Carnevali v’ha messo in tel catalogo dei Cuchi, che al despetto de certi mamaluchi ve conserverà el nome i vostri sali ; Presento adesso un don che m’è sta fato, e ve dedico i ferri de’ Bottega ; basta una scena a metterve in Canzega, e repararve i refoli del flato. Una tragicommedia capricciosa porta con gusto el vostro Nome in fronte, fe’ come el Sol, che andando chiaro a monte mostra sempre la fazza luminosa.
Venuto a conoscere la Gavardina, e offertole un posto nella compagnia, ch’ella subito accettò, la fece esordire colla piccola parte di Madama Giuseppina nel Medico olandese di Carlo Goldoni, da lei recitata con molta grazia – dice il Bartoli – e spirito non ordinario. […] Doveva recarsi la primavera del ’66 a Barcellona con altro impresario, ma la paura del mare le fe’ sciogliere il contratto, e formar là per là una compagnia, che condusse l’estate a Mantova, dove s’ebbe tal successo da essere scritturata nella Compagnia di Gerolamo Medebach, colla quale esordì nella commedia a soggetto Di peggio in peggio. Ignazio Casanova le fu maestro egregio, e « volle – riferisco dal Bartoli – che si presentasse all’uditorio con una sortita, che pareva della commedia, ma che però alludeva a raccomandare sè stessa all’animo de’benignissimi Veneziani. » Il Pantalone Bissoni poi, che faceva scena con lei, aggiunse un’arguta raccomandazione, chiamando la Gavardina una tenera pianticella, che coltivata nel bel terreno dell’ adriache scene, ed innaffiata dall’ acqua di sì benefico cielo, non potea che crescere in poco tempo, e produrre dolci frutti. […] Il Bartoli cita la Rosalia nel Jeneval di Mercier, tradotto dalla Caminer fra le parti che la Gavardina recitò con maggior lode, e la dice inarrivabile in quelle in dialetto veneziano.
Colla mia destrezza sostengo persino la Dreoni, che viene salutata al suo comparire ; Salvini furoreggia ; ma con la debita modestia io sono il più festeggiato, e ne ho potenti prove pecuniarie. Per mia beneficiata feci il Goldoni e le sue sedici commedie, in cui sostenevo la parte del protagonista ; ebbene, quantunque stravecchia la commedia, pure il teatro era quasi pieno, e rimasero nette 314 lire, senza alcuni regali che mi vennero fatti, mentre in festa con Dramma nuovo, non abbiamo mai incassato più di 160 lire. Ne feci due repliche con bel teatro, e piacqui immensamente, come pure il Raimondi nella parte del Suggeritore. […] Era stato il '54 nella Compagnia Reale Sarda (obbligato di recitare tutte le parti di brillante e non meno quelle di primo generico amoroso che gli verranno assegnate senza ulteriore pretesa, o contraddizione alcuna, con lo stipendio annuo di lire nuove di piemonte 3400, e due mezze serate), poi diventò per un anno capocomico, anno malauguratissimo, in cui s’ ebbe malanni di ogni sorta un po' : Colera, Leve, Carestia, Imprestiti e altro. Tornava scritturato pel '56, attore e direttore, con Astolfi, e nella lettera al Righetti dianzi accennata, scriveva : « non voglio più dolori di testa, nei più begli anni della mia carriera : questo è il momento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi mi ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila, e cinque mezze serate. » Ma l’ Astolfi morì, e il Pieri fu d’ allora in poi capocomico fino alla morte (a Genova, il 3 marzo 1866), e per di più senza dolori di testa.
Fanciullo, non ebbe alcun amore agli studj, ma n’ebbe uno grandissimo al teatro, ch'egli si fabbricava da sè, e in cui faceva agire i pupi con commedie da lui stesso improvvisate. […] Entrò il 1869 al Teatro di San Carlino, impresario il Mormone, con diciassette lire al mese di paga ; passò dal San Carlino alla Partenope, e quindi in Compagnia di Michele Bozzo, allora in giro per la Calabria, ultimo generico, disprezzato, vilipeso, deriso. […] Morto il Petito nel '76, e l’impresario Luzi nel '77, Edoardo Scarpetta, dopo alcun tempo trascorso al Teatrino delle Varietà pur di Napoli, e al Metastasio e Quirino di Roma con Raffaele Vitale, riuscì finalmente a prendere in affitto il Teatro San Carlino, ripulendolo, ammodernandolo, rinnovandolo così materialmente come intellettualmente : alle bizzarrie a trasformazioni, ai lazzi improvvisi, alle maschere, alle vecchie e grottesche tradizioni del celebre teatro napoletano, fe' seguire la commedia scritta, moderna, elegante, brillantissima, vera. […] Il povero Edoà…, entrato nel campo dell’arte per un usciolino sgangherato, con un vestito che gli cascava di dosso a brindelli, colla faccia macilenta per fame ; che ad ogni passo verso l’agiatezza e la gloria, uno vedea farne contro di lui dalla maldicenza e dall’invidia, trionfando finalmente di tutto e di tutti, autore ammirato, attore idolatrato, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al rione Amedeo : al battesimo di gloria del San Carlino è succeduta la conferma non mai alterata sin qui de' Fiorentini di Napoli e del Valle di Roma, ove si reca ogni anno a deliziare della sua inesauribile giocondità il gran pubblico della capitale.
L'Ajo era fuggito alla Commenda ad abbracciare il primogenito maschio, e quando ricomparve sulla scena, il pubblico, messo a parte omai dell’avvenimento, lo accolse con tale scoppio di applausi che fece piangere di consolazione il fortunato padre. […] Abbandonati allora gli studj sì di medicina, sì legali, Gaetano, padrone omai di sè, vinto dal fascino che avevan sempre esercitato su di lui le glorie teatrali del padre, si fece comico, esordendo con Luigi Domeniconi al Teatro Rossini di Livorno, e mostrando subito le più chiare attitudini alla scena, le quali poi sviluppò con gran successo al fianco di Gustavo Modena, che gli fu capocomico e maestro affezionato. Acquistatosi una bella rinomanza, si unì in società con Luigi e Antonietta Robotti, di cui sposò nel 1851 la figlia Luigia, prima attrice giovine. Ma ragioni d’interesse lo tolsero dopo varj anni dai suoceri per fare una società con Antonio Feoli, che sortì esito disastroso, sì ch'egli ritornò attore scritturato nella nuova Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, dove, ahimè !
Attese adunque ad osservare le debolezze più generali, ne raccolse i lineamenti più visibili, ne vestì un carattere poetico, e con mirabile sagacità in un preteso ritratto particolare espose alla derisione i difetti di un ceto intero. […] Gellioa) le commedie Greche di Menandro, Posidio, Apollodoro, Alesside ed altri nelle traduzioni latine, ci riempiono di diletto, e pajono scritte con grazia e venustà da non potersi migliorare. Quando poi si esaminano minutamente, e si confrontano le copie cogli originali, quando se ne alterna la lettura, comparisce la debolezza de’ Latini, i quali disperando di emularle con dignità, alle bellezze native sostituiscono le proprie immondizie.» […] Tutto quello che Menandro espresse con giudizio, nitidezza e piacevolezza, Cecilio si studiò inutilmente di voltare in latino con ugual leggiadria, per la qual cosa si appigliò al partito di saltarne alcune cose, riempiendo il voto con qualche cicalata meramente mimica. […] Mattei in quella dissertazione si prefisse forse di sconvolgere con una parola tutte le idee ricevute dell’erudizione Greca, credendo di parlare a’ fanciulli di qualche villaggio.
Quando ad una interrogazione del Rettore esaminante rispose Roma dev’essere la Capitale d’Italia, il pubblico entusiasta si levò in piedi, agitando i fazzoletti, urlando e applaudendo : e il piccolo Benini tutto compreso dell’effetto artistico ch’egli aveva saputo produrre con quelle parole, giù a profondersi in riverenze senza fine. […] E ho detto in forma di teatro, chè prima era un baraccone, con la loggetta al di fuori pe’suonatori chiamanti il pubblico sotto le spoglie di Pagliaccio, Arlecchino e Donna Cannone. […] si mostrava un vitello con cinque gambe. […] Animati da ciò, andaron formando una Compagnia non delle peggiori, con proprietà di abbigliamento e di allestimento scenico ; tanto che, mentre essa al suo esordire era composta di quattro attori, finì poi coll’averne ben trenta ; il pubblico scamiciato restava al di fuori a guardar le eleganti signore che scendevan di carrozza per recarsi al teatro ; e l’incasso della stagione, che durò tre mesi, fu di 37,000 lire.
Formò compagnia a Napoli per due anni, con scrittura firmata il 5 luglio del 1575, in società con Mario, alias Lepido, De Thomase di Siena, Iacop’Antonio De Ferrariis di Napoli, Alfonso Cortese di Napoli, e Francesco Viviani di Lucca. […] Deslauriers, detto Bruscambillo, famoso buffone e ciarlatano, poi attore con Gian Farina stesso (ch’egli chiama nel prologo dell’amicizia venerabile confratello) all’Hôtel di Borgogna. […] Zan Farina dunque non solamente fu maschera del teatro italiano, ma vi ebbe chi sotto quel nome recitò con grido, se fu proposto dal Martinelli per una Compagnia che doveva recarsi a Parigi.
Aristocratico e barabba, amoroso e tiranno, vecchio e giovane, cantante, marionetta, pagliaccio : tutto ei tentò e tutto eseguì con una vita, con una accuratezza, con una passione, con una slancio incredibili.
Passò il 1815 col Granara prima attrice assoluta, poi con Giacomo Modena, poi con Francesco Lombardi, e finalmente si mise col marito alla testa di una buona Compagnia che durò molti anni con gran favore. Ella rivaleggiò con le maggiori artiste del suo tempo : a niuna seconda in nessun genere di parte, le superò tutte nella commedia, in cui, dice il Regli, era una potenza ; e aggiunge che : « Pamela nubile, Zelinda e Lindoro non ebbero più mai un’interpetre così fedele e così perfetta. » Ritiratasi dall’arte, andò a recitar co' filodrammatici a Vicenza, dove, a soli cinquantun’ anni trovò la più tragica fine. « Afflitta da molte sventure di famiglia, angosciata di cuore e alterata di mente, uscì di casa una mattina senza dire ove andasse, nè mai più fu veduta….
mo di Mantova per dimandar favore che detto Graziano andasse con loro a Roma. […] Ma il Bentivogli non diè troppo peso alle promesse dell’ Andreazzo, e chiuse la sua lettera al Donati, in cui dava relazione delle trattative per la scrittura dell’ Andreazzo, con queste parole : « Sappia bene V. S. che questo è un bordello d’ innamoramenti di p…… con questi furfanti ; e questo è quanto mi occorre per hora.
Non essendole riuscito di porre un freno alle sregolatezze del marito, si separò da lui legalmente, scritturandosi prima con Lorenzo Pani, poi con Luigi Favre. Assunse il 1825 con Romualdo Mascherpa, col quale stette quattr’anni, il ruolo di madre nobile ; e dopo di essere stata in altre Compagnie, applaudita sempre, abbandonò il 1840 il teatro per recarsi in patria, ove morì.
Lasciò l’ arte per seguire una figlia ballerina ; maritata la quale, ritornò sulle scene, applauditissimo sempre, or con Pietro Rossi, or con Domenico Bassi, or con la Faustina Tesi, che molto aveanlo in pregio, benchè vecchio.
Cominciò a salire in rinomanza nella Compagnia di Angelo Lipparini, col quale tornò il 1847, dopo di essere stato con Domeniconi. […] Ritiratosi il Lipparini dalla scena, il Feoli formò con Gaetano Vestri una società ch’ebbe sorte infelice. A Sebenico, dove trovavasi con la compagnia, s’innamorò di una giovane che tolse in moglie, lasciando l’arte per la mercatura.
Nato a Torino da civile famiglia, fu costretto dall’avversa fortuna a recarsi in Lombardia, ove consumato tutto quanto gli restava ancora, si unì a una compagnia di guitti, recitando le parti d’innamorato con felice riuscita, se bene non avesse avuto dalla natura requisiti necessari a un artista. Fu con Gnochis (Alessandro Alborghetti), col quale fe’ non pochi progressi ; e passò poi con Pietro Ferrari il 1776.
Salvatore il 13 agosto 1739 con Maria Claudia Duflos, dalla quale ebbe più figli, e dal 1754 in poi recitò anche i servi e i contadini. Scrisse alcune commedie con buon successo ora solo, ora in società con Panard.
Vuol egli con tali parole in prima insinuare, che io gli abbia con malignità così descritti per tacciar di cattivo gusto gli Spagnuoli (nel che al solito combatte colle ombre impalpabili): in secondo luogo mette in dubbio la veracità di chi gli descrive. […] Ponz, con entrare a rilevare i difetti, di cui ora stò ragionando, e mi ristrinsi alla semplice descrizione delle parti colla possibile esattezza colle parole, già che nol facea con un disegno, e pure non ho potuto liberarmi dalla censura del sospettoso Apologista. […] Soleano veder la Commedia con quei pilei, ovvero cappelli rotondi, o slacciati in testa, di modo che quasi toccandosi per la folla formavano una specie di antica testudine, che a molti impediva la libera veduta dello spettacolo. […] E con tali sagge provvidenze inspirò lo spirito di decenza in un Teatro, dove interviene il fiore della Grandezza Spagnuola di ambo i sessi, la Uffizialità più distinta, e la gente seria ben nata, che ama in qualche ora di godere tranquillamente dello spettacolo senza essere disturbata dalla plebaglia. […] Intorno al secondo punto, in cui dimostrate dubitare della verità descritta con quelle urbanissime parole, se poi lo sia l’originale, offendete me, e voi stesso col presumere senza fondamento, e senza veruno precedente esame, una persona mendace.
Bisognava per tanto o moltiplicar le consonanze, o trovar il modo di renderle con qualche novità più piccanti e più vive. […] La storia ci ha consevati con lode i nomi di Francesco Nigetti inventore del cembalo onnicordo, di D. […] E dal profondo cuore Con un sospir mortale, Sì spaventoso ohimè! […] [23] L’apparato poi di sceniche mutazioni con cui si rappresentarono cotali drammi fu sorprendente. […] Venit a bess, venit a bess; Adonai; che le è lo Goi, Che è venut con lo parachem.
Apresi il teatro dopo la quaresima con quelle composizioni del secolo passato che conservano le due compagnie come loro fondi. […] E rappresentata chi avrebbe sperato che si ripetesse sette volte nel teatro del Principe con applauso, e con profitto della cassa, avendo dato ai comici di entrata de’ nostri docati 123080? […] la Faustina traducida con bastante fidelidad à nuestra lengua. Yo no tenia antecedente ninguno, y me hallè sin pensarlo con un drama que ni remotamente esperaba yo verle en la escena Española &c. […] El pueblo que no tiene que ver con las questioncillas literarias, aplaude lo bueno sin averiguar de quien es: le he visto conmoverse en los pasages mas pateticos y reir en los que estan llenos de sales comicas . . .
Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. […] Da Monselice passò il Bartoli a Montagnana, poi di nuovo a Bologna, poi, scritturato con Gerolamo Sarti, detto Stringhetta, a Sassuolo nel modenese, sostenendo la parte dell’innamorato. […] … Frattanto egli cercava di levarsi i grattacapi, che la moglie a lui procurava, scrivendo commedie con rapidità vertiginosa. […] Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia. Lo stesso anno (1777), la moglie Teodora partì per Parigi con una figliuoletta di cinque anni.
Un pennello felice, e diligente vi ritrae al vivo con maestria certi tratti delicati, di cui si trova l’immagine in tutte l’anime sensibili. […] Fu Racine il primo a introdurlo nella tragedia con tutta decenze e delicatezza, e la francese ne acquistò un carattere tutto suo. […] Nacque nel 1620 con disposizioni naturali alla rappresentazione comica più che alla seria. […] Duché, Campistron, Tommaso Corneille, e Fontenelle si segnalarono fra’ poeti che scrissero con Quinault pel teatro musicale eroico. […] Castilhon che con sì scarsa provvisione di fatti ha voluto darsi la briga, di filosofare, o per meglio dire di fantasticar sulle nazioni.
Il coro la consola celebrando insieme con Priamo la fuga de’ Greci; dell’onta de’ quali sarà un perpetuo monumento il cavallo consecrato a Minerva. […] Calcante con brevi parole gli anima all’eccidio della città nemica, e sotto voce intuona un cantico al quale pur sotto voce rispondono i Greci. […] Se alcuno può difender Troia, Enea sarà quel desso, che è ora alla guardia della torre del palagio e con la uccisione di tanti Greci ha già in parte vendicato la patria. […] A cui Pirro risponde con le parole di Virgilio e l’uccide. […] Pure, preso il partito di perire insieme con la patria e di prender qualche vendetta o sopra Elena o sopra Sinone, gli comparisce Venere e gli mostra nel fondo del teatro gli dei inimici di Troia, tutti congiurati a sovvertirla.
In effetto altre non ebbero sino al XVIII secolo, e si rappresentavano ne’ monisteri in occasione di qualche festa, concorrendovi tal volta il sovrano con i grandi della corte. […] Egli compose dieci o dodici tragedie tratte dalle storie nazionali recitate in Pietroburgo ed in Mosca con molto applauso. […] Per gli spettacoli scenici continuano a fiorire ed a rappresentarsi con magnificenza. […] Il tedesco Hilverding vi dimorò sette anni con 3000 rubli di paga. […] Il primo ordine è una balaustrata; il secondo ha i palchetti con bocche centrali; il terzo a specchio di tavoletta; il quarto in piatta banda; il quinto è tutto aperto senza veruna separazione.
La riputazione artistica della Medebach si stabilì con la Donna di garbo del Goldoni, recitata qualche sera dopo della Griselda, nella quale il pubblico avea già avuto modo di notar le qualità dell’ attrice. […] La buona gente di sua famiglia, credendola affascinata, fece venir Esorcisti, e carica di reliquie, giuocava e scherzava con quei monumenti pii come una fanciulla di tre o quattro anni. […] Madama Medebach si fece veder in piedi ed in buon essere il di di Natale ; ma quando seppe che si era affissata pel giorno appresso La Locandiera, commedia nuova fatta per Corallina, andò a rimettersi in letto con convulsioni di nuova invenzione, che facevano impazzire sua Madre, suo marito, i suoi parenti ed i suoi domestici. […] Pare anche fosse Tolentino, con questa compagnia, una delle prime città delle Marche a veder le donne sulla scena. […] E a questa risoluzione fu spinto il dottor Bellagi, procuratore del Torricelli, stante – dice il testo – la notoria condotta del Medebach di aver praticato lo stesso con altri Locandieri, e somministranti vitto in altre città, senza che in quelle sia stato appurato anzi costretto non ostante a pagare, ecc. ecc.
Nel 1804 recitò al Teatro Gottardi di Vercelli, poi, l’autunno, a Magenta, formando l’anno dopo una compagnia regolare in società con G. […] Richiamato dal padre a Milano, ove gli fu permesso di alternar l’arte della scena con la professione paterna, istituì filodrammatiche società, di cui egli era esperto direttore, recitandovi con successo parti di tragedie alfieriane, quali di Filippo, di Agamennone, di Egisto, ecc. […] Quanto al Meneghino, egli s’adontava ogni qualvolta gli si desse il nome di maschera…. e lo si mettesse in mazzo con Arlecchino, Brighella e Pantalone. « Meneghino – egli diceva – è carattere e non maschera, » e Ambrogio Curti, da cui tolgo le presenti parole, aggiunge : « ed io credo fosse proprio nel vero, perocchè egli fosse la sintesi fedele del carattere milanese o piuttosto ambrosiano, che, per il confluire nella mia città di tanti diversi elementi d’ogni popolazione d’Italia, si va ogni dì più perdendo. » Alcuni fecer derivare il nome di Meneghino da Domenico, altri da omeneghino, piccolo uomo : altri ancora da Menechino, come s’usò per erronea lettura chiamare I Menechini, facendo risalire il nostro tipo, non so con quali argomenti, alla Commedia plautina. […] Giuseppe Moncalvo ebbe due mogli : Maria Bonetti, la prima, figlia di Francesco e di Teresa Proverbio, nata a Milano nel 1785, e quivi morta nel 1843, con cui condusse vita tormentosa ; e Giovanna Roveda di Carlo e Maddalena Rossetti, nata a Torino nel 1805, con cui visse amorosamente, e che a lui sopravvisse.
Figlio di Medoro, attore modesto e onesto, che, dopo essere stato secondo amoroso e generico della Compagnia Botteghini-Vedova, fu anche in società con Pasquale Tranquilli, capocomico : (era prima attrice della Compagnia l’Anna Tessero, e stenterello Gio. […] Giovanni Aliprandi fu primo a dar nome al cognato Ettore Dominici, rappresentando con ottima riuscita le sue commedie Un passo falso, La legge del cuore, La Dote, La Moda, Una società anonima. Di questa ho ancora un ricordo ben chiaro ; e sento ancora quei lunghi discorsi che egli faceva risaltare con una dizione precipitosa, corretta e precisa….
Le commedie metteva in scena e dirigeva da sè : e tutto faceva con una semplicità, con una ingenuità indescrivibili. […] A poco più che dieci anni, la piccola grande artista abbandonò per sempre il teatro della scena per darsi con gran fervore a quello degli studj classici, nel quale anche riuscì, dicono, attrice preclara.
Era il 1796 con Antonio Morrocchesi, dal quale passò il 1800 con Domenico Verzura, direttore della Compagnia ligure ; e con lui divise poi per oltre vent’ anni le imprese teatrali.
Dopo studiata la pittura con Matteo Borbone, partì da Bologna, ancor giovinetto, collocandosi in qualità di paggio presso un capitano di vascello ; il quale prese molto ad amarlo per averlo sentito improvvisar bizzarrie poetiche, e recitar maestrevolmente sotto la maschera del Dottore. Abbandonato il padrone, il Paderna si diede a girar l’Italia or con l’una, or con l’altra compagnia di comici, rappresentando sempre la sua parte dialettale di secondo vecchio.
Ma in lui crebbe a segno la passione del teatro, che, un giorno, fuggito dalla casa paterna, si unì a una compagnia delle più mediocri, di cui divenne ben presto il sostegno, recitando con singolare perizia, e con meraviglia dei suoi compagni, i disparati caratteri di amoroso, primo attore, padre e tiranno. Morto improvvisamente il primo attore della Compagnia Battaglia (annegò nel Po con altri comici, mentre si recava da Pavia a Piacenza), il Patella andò a sostituirlo ; e, trovatosi in un campo adatto alle sue eccellenti qualità artistiche, potè ne'primi teatri d’Italia ottener successi clamorosi, confermati poi nel San Giovan Grisostomo di Venezia, dove, esordito col dramma di Monvel Clementina e Dorigny, tanto vi piacque, che la veneta aristocrazia disertò gli altri teatri per recarsi ogni sera a sentir lui, il quale, dopo alcune sere, nella creazione dell’Aristodemo di Monti e di Nerone nell’Agrippina di Pindemonte raggiunse il sommo del trionfo.
Lo chiamarono comunemente Felicino Sacchetto per distinguerlo da Antonio Sacchi, il celebre Truffaldino, da cui derivò atteggiamenti e arguzie e prontezza nella maschera dell’arlecchino, che sostenne con buon successo e per molti anni in Compagnia Medebach a fianco del brighella Giuseppe Marliani (V.), che gli fu largo di utili ammaestramenti. […] Sacchetti, così è citato nel D'Origny, non parlò francese, con assai poco diletto degli spettatori ; ma egli volle, fermamente volle, dopo soli quattro giorni, uniformarsi al gusto del Paese, e vi riuscì. E a chi gli domandava, meravigliato, quanto gli fosser costati progressi così rapidi, – ho molto pianto, – rispondeva con una soavità commovente e una modestia degna d’incoraggiamento.
Dell’arte sua dice la Gazzetta Universale di Firenze (10 gennajo 1800) che ella rappresentò la parte d’Andromaca con quella vivacità e maestria, con la quale s’era fatta sempre distinguere sopra le scene del R. […] La indemoniata donna morì alle 2 ½ del mattino del 1° maggio 1821, e si ha dai conti del Del Buono, il quale omai viveva con lei nella sua casa di via Borgognissanti, che spese pel mortorio (le fece dire ottanta messe) in tutto lire 328.6.8.
Nondimeno a lei non mancarono le tribolazioni de la scena che le vennero più specialmente dalla vicenda impostale con altra Flaminia, la Calderoni, colla quale s’era architettata una specie di congiura contro di lei, ora il marito Silvio rifiutandosi di imparar cose nuove e tenerle dialogo, ora i comici tutti coprendola di contumelie anche al cospetto del pubblico, tra cui prima e più atroce la qualifica di vecchia e inabile omai al recitare. […] ma a continuarli le gratie con il concederli un suo stafiere quale accompagni il detto suo figlio a Milano, comme anche di qualche lettera di fauore in quelle parti doue astretto dal bisogno gli conuiene andare essendo colà aspettato da una Compagnia, et non uedendo strada di accomodarsi con la giustitia che in longo tempo. […] « Comica, che recitava la parte della serva con diligenza, e prontezza di spirito, nella Compagnia de’ Comici affezionati in Bologna il carnevale dell’anno 1634.
Sonetti, ed epigrafi e articoli di ogni specie s’ebbe dovunque ; e non sarà discaro a'lettori ch'io trascriva qui un epodo, offertole a Ravenna il 7 febbraio del 1877, mentre dilettava quel pubblico del Teatro Alighieri : epodo, il quale, se bene anonimo, sembra a me si levi, con altre poche, dalla schiera infinita di quelle poesie volgari di circostanza che sono la vergogna di chi le scrive e di chi le riceve. […] È la ragion che lascia il pover capo e tra' dolor lo sfascia ; oppur vi fa ritorno con l’alma, giovin sempre e innamorata ? […] Celestina De Paladini, sposa a Flavio Andò, primo attore e direttore della Compagnia da lui formata in Società con Tina Di Lorenzo, è oggi di essa compagnia pregiato ornamento nelle parti di madre, ch'ella sostiene con quella innata signorilità, che non è facile di ritrovare nelle sue compagne di ruolo.
Fu con le migliori Compagnie d’Italia scritturato, poi socio del Dorati e del vecchio Pieri, poi di nuovo scritturato con Francesco Taddei, e di nuovo socio (1829) con Gaetano e Antonio Colomberti, artista anche allora di gran pregio, sebben già in età avanzata. […] Secondo la leggenda del palcoscenico, il Vedova fu il più ignorante uomo del mondo ; e si vuole che un giorno (già da tempo era impensierito per la scelta della beneficiata) si recasse alla prova con un libro sotto al braccio, sclamando : l’ho trovada, l’ho trovada, un po'lungheta, ma tagiaremo.
La Compagnia, che si chiamò appunto Carlo Goldoni, ebbe dal Duca di Modena il titolo di Compagnia ducale e il teatro gratis per l’autunno e carnevale con un assegno di 8000 lire…. […] Quivi sposò in seconde nozze una giovine padovana, e quivi morì nell’età di oltre settant’anni. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione : qui riposa Francesco Augusto Bon patrizio veneto scrittore comico dopo Goldoni primo morto in Padova il xvi decembre mdccclviii Laura figlia sua maggiore con doloroso affetto questa pietra pose il gennaio del mdccclix A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24). […] Così faceva mio padre, modellato sul Todaro brontolon e sul Burbero benefico, durò anni ed anni sulle scene con successo commozionale. […] Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza. E ciò le partecipo in forma di atto regolare, onde procedere con tutto quell’ordine che la urgentissima circostanza permette.
Felice il ’50, e citata al nome del marito, sappiam ch’ella era con lui a Bologna. […] Azzolini pubblico in fine, e da un’altra del Gualengo scritte da Roma il ’51, ella appare colà con propria compagnia. […] Beatrice), che a fianco di Locatelli e di Fiorilli Tiberio incantò il pubblico parigino, confusa dall’Ademollo con Patrizia Adami, e probabilmente la Beatrice del Bartoli (V. […] La libertà con la quale mi uaglio de suoi fauori seruira a V. […] za di argomento, come desidero mi venghino da lei somministrati mezi proportionati per comprouare con la corrispondenza l’ affettuosissimo mio ossequio ; Et a V.
L’autorità de’ tuoi produci invano Con me nemico. […] Con te nemico L’autorità non vaglia. […] A me rispondi Con animo tranquillo. […] Nessuno m’incolperà con ragione o di non averlo conosciuto abbastanza, o di averlo malignamente tacciuto. […] Cangia natura Allor che amor con la ragion congiura.
A’ nostri dì si è segnalato tra’ Danesi il barone Holberg con varie commedie che non mancano di merito. […] La Marianna, ovvero la Scelta libera in prosa e in cinque atti si rappresentò dopo la di lei morte con particolari applausi. […] Incoraggita da’ proprj sovrani la Suezia con più ardore si è nella nostra età dedicata alla poesia scenica, ed ha eretto in Stokolm da non molti anni un teatro non inferiore agli altri dell’Alemagna. […] Adlerbeth suo segretario ha secondato con buon successo le reali vedute scrivendo un’ Ifigenia in Aulide tragedia con cori ricavata dagli antichi, e Cora ed Alonso componimento posto in musica dal Nauman, ed altre favole musicali imitate dalle francesi, cioè Procri e Cefalo, Anfione, Nettuno ed Anfitrite.
Il secondo, generico a vicenda con Innocente De Cesari nella Compagnia di suo padre, morì giovanissimo. […] Domenico sosteneva le parti di secondo amoroso nella Compagnia di suo padre a vicenda con Vincenzo Monti. Nel carnevale 1832-33 lo troviamo generico della Compagnia Pisenti e Solmi, insieme a sua moglie, Amalia Appelli, artista di pochissimo conto, e che recitò poi qualche volta anche ai Fiorentini di Napoli con Adamo Alberti e Pietro Monti, quando il marito fu accettato come sorvegliante alla porta di quel teatro in Compagnia Prepiani, Tessari, Visetti.
Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei, si eresse estemporaneamente nelle grandi piazze un tavolato con scene formate degli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle male accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e spettatori, convenne inalzare un edifizio più solido. […] Il Conte della Torre Cesare Gaetani ne distingue con esattezza maggiore le parti che ne sopravvanzano ed il sito. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata. […] Se ne occupavano perciò con tutta l’accuratezza i Temistocli e i Pericli per cattarsi la benevolenza popolare. […] Il popolo che vi accorreva con estrema avidità, soleva azzuffarsi e spargere del sangue per avervi luogo.
Di slancio tutto meridionale, facea levarsi il pubblico con iscatti di passione felini…. Dinanzi a tali scatti spariva anche il metodo di recitazione, che fu, a creder mio, de’ più bizzarri : strascicava le finali, fermandole con una nota, che pareva a bella prima una stonatura. Accanto a queste vocali strascicate, altre ne proferiva scivolate, guizzate, salterellate…. nè questo accadeva per la volata incettatrice di applauso, come, ad esempio, nella Orfanella di Lowood, se ben ricordo, in cui colla frase « ed anche i cani delle reggïe muteee van rispetttati (alzata massima di tono, con immediato ruzzolamento delle parole che seguono) perchè portano sul collare una corona reale, » strappava i più calorosi applausi ; ma per le scene piane, nelle quali poi il difetto era più palese. […] Alta e svelta la persona, quadrate le spalle, toroso il collo ; fisionomia aperta con misto di ferocia e di dolcezza ; carnagione bruna, occhio saettante ; era nell’insieme un uomo che avventava.
D’ingegno svegliatissimo, di memoria facile e pronta, s’era dato allo studio delle lettere, del disegno e della musica, con tutto l’ardore della sua giovinezza gagliarda : ma sciagure domestiche lo distolser presto a’suoi amori per confinarlo in una casa di commercio. […] Da quel momento figure e squarci poetici si succedevan nella sua mente accesa : ora era un pezzo dell’ Otello, ora uno della Zaira che egli diceva ad alta voce con febbrile concitazione…. e da quel momento non ebbe più che uno scopo nella vita : salire sul palcoscenico. Fece le prime armi, se così possiam dire, in un paesello poco discosto da Torino, con una specie di compagnia formata da quattro o cinque ragazzi della sua età, e capitanata da Ferdinando Salvaja, amico inseparabile del povero Diotti, del quale, dopo morto, rievocò affettuose memorie, da cui traggo oggi le presenti notizie. […] Giacinta Pezzana, che gli fu compagna con Cesare Rossi nell’ ’80, scrisse di lui : Povero Arturo !
Fu per vario tempo capocomico, e tale lo vediamo citato nella memoria tolentinate con moltissima lode. […] Essa recitò con molto plauso le parti di prima donna giovine ; ma una malattia di cuore la condusse giovanissima (febbraio del ’72) al sepolcro. […] Morta la Masi, Achille Dondini si unì con una Rosina Ingargiola di Castelvetrano in Sicilia, artista di qualche pregio, dalla quale ebbe quattro figli : l’Amelia, moglie di Ferruccio Benini, l’Ida, moglie di Camillo De Riso, l’Ada, ora in Collegio nel Friuli, e un secondo Cesarino che comincia a recitar con la madre e la sorella Ida a Corfù.
La libertà con la quale mi uaglio de suoi fauori seruirà a V. A. d’argomento ch’ambitiosissimo uiuo mi uenghino da lei somministrati mezi proportionati per comprouare con la corrispondenza l’affettuosissimo mio ossequio. […] Felice, entrato a raccontare le solite peripezie di compagnia con le parole : Sia maledetto, quando mai m’intricai in queste maledete zenie di comedianti (alludendo alla lettera del Fidenzi (V.) a lui diretta), dà a Trappolino il titolo di briccone, perchè, nel timore che il Duca volesse per sè il comico Flaminio (Napolioni), egli sel prese con sè in casa, mantenendolo di tutto punto, col fondamento di averlo per compagno.
ra Lucrezia sua Madre, mi sono volontieri e di buon animo risoluto di mostrare ad esse un attestato della mia munificenza à loro utile e vantaggio, con le ingionte Propositioni. […] ra Clarice il mio attual servizio con l’annuo stipendio di Doppie trecento all’anno, et in oltre m’obligo à luogare le sue due sorelle della medes.ª nelgrado di loro inspiratione, si di monacare, come di maritarsi, fitto di casa p habitatione della med.ª S.ª Clarice, come della sud.ª sig.ª Lucretia sua madre coll’obligo di habitare continuam. […] S. con andar a recitare dove Ella comandarà ; ò pure (secondo) Assignarà S. […] ra Clarice Doppie ducento all’anno di Stipendio, e fitto di casa, lasciando alla stessa libertà di ricevere impegni di recite con la permissione assoluta di S.
Bartoli lo dice « Uomo di molto ingegno, che non solo in Teatro, ma al Tavolino ancora mostrar sapeva uno spiritoso talento. » Non ebbe alcuno mai in società, e cumulò denari quanti volle : ma proprio al momento, in cui credè la sua sorte assicurata per sempre cominciò a esser da essa perseguitato, e con siffatta costanza, che in capo a pochi anni fu ridotto in miseria. […] Rimasto vedovo passò a seconde nozze con la prima donna Lucrezia Tabuini di Modena, artista pregiatissima nelle parti studiate e nelle improvvise, mortagli in Bologna il 1762. […] Partendo dai Nostri Stati per portarsi altrove Antonio Marchesini Capo della Compagnia de' Comici, che ha esercitata per più mesi tal professione ne' Teatri di Modena, e di Sassuolo con piena nostra sodisfazione, e della nostra Corte, ed’auendo percio motivo d’accordargli la nostra prottezione, con ascriverlo nel numero de nostri attuali Sruitori, l’accompagniamo colle presenti nostre lettere patenti, in vigore delle quali preghiamo i Signori Principi per i Stati de quali gli occorrerà transitare, e rispettivamente ricerchiamo i loro Ministri a far godere allo stesso Marchesini i suoi cortesi riguardi, lasciandolo passare liberamente col suo seguito, e Bagaglio, e tanto poi comandiamo espressamente aj Ministri, Officiali, e Sudditi Nostri per quanto stimano la gratia.
Nella interpretazione del repertorio goldoniano non ebbe rivali, e ogni più piccola parte acquistava con lei grande importanza. […] Riaperte le porte della scena al nostro Goldoni anche alcuni moderni scrittori presero ad imitarlo, ed il personaggio della servetta tornò ad essere importante, e necessario ; ma non si trovava più chi sapesse con disinvoltura, con brio, con grazia, e colla necessaria finezza rappresentarlo.
Ed in fatti Tespi che purgò la tragedia da ogni mescolanza comica, tingendosi di feccia, poteva mai farlo con intento di eccitare il riso? […] Che se con Suida voglia attribuirsi l’invenzione della vera maschera, non ad Eschilo tragico, ma a Cherilo l’Ateniese ch’egli chiama comico; non perciò potrà negarsi, che la maschera allora si ammettesse ugualmente nella tragedia e nella commedia; e i tragici con somma sciocchezza avrebbero ne’ loro drammi adottata una invenzione destinata a far ridere. […] Del resto nulla dimostra con maggiore evidenza che la maschera si usò per bene imitare i personaggi, quanto la commedia. […] Ed a questo tempo si rapportano i personaggi descritti da Lucianoa mostruosamente lunghi con una grandissima pancia, colla hoccaccia spalancata, e che camminavano con certe scarpe altissime come se andassero a cavallo. […] Con tale meschino artifizio ajustavansi gli antichi attori per esprimere col volto i movimenti dell’animo, che senza la maschera avrebbero mirabilmente dipinto nel sembiante naturale.
Ed in fatti Tespi che purgò la tragedia da ogni mescolanza comica, tingendosi di feccia, poteva mai farlo con intento di eccitare il riso? […] Che se con Suida voglia attribuirsi l’invenzione della vera maschera, non ad Eschilo tragico, ma al Cherilo Ateniese ch’ei chiama comico, non perciò potrà negarsi, che la maschera allora si ammettesse ugualmente nella tragedia che nella commedia; e i tragici con somma sciocchezza avrebbero ne’ loro drammi adottata un’ invenzione destinata a far ridere. […] Del resto nulla dimostra con maggiore evidenza che la maschera si usò per bene imitare i personaggi, quanto la commedia. […] Ed a questo tempo si rapportano i personaggi descritti da Luciano145 mostruosamente lunghi con una grandissima pancia, colla boccaccia spalancata, e che camminavano con certe scarpe altissime come se andassero a cavallo. […] Con tale meschino artifizio ajutavansi gli antichi attori per esprimere col volto i movimenti dell’animo, che senza la maschera avrebbero mirabilmente dipinti nel sembiante naturale.
Talmente che nulla v’ha di più comune in quei tempi quanto l’attribuire ad un autore delle scoperte che poi con più diligente ricerca si ritrova esser di molto a lui anteriori. […] Terminati i divini uffizi, correvano pel tempio come forsenati, o si mettevano a saltare e ballare con tale impudenza che alcuni restavano ignudi in presenza di tutti. […] I1 terzo, ove s’inventò il contrappunto chiamato “a mente” nato fra il duodecimo secolo e il decimoterzo, cioè quando sopra le sillabe e le antifone principalmente di quelle che appartengono agl’introiti, i compositori si fermavano saltellando con moltiplicità di consonanze secondo le parti di ciascuno con piacere bensì dell’orecchio, ma colla rovina e lo sterminio delle parole. […] Se non che l’esempio di questo grande armonista non ha avuta alcuna influenza nell’Italia dove la musica ecclesiastica con discapito della religione, con iscandalo degli esteri, e con irreparabile iattura del buon gusto dura sul medesimo piede dopo due secoli, nonostanti alcune rispettabili eccezioni che, per esser poche, non bastano a derogare al costume generale. […] Indi con grande zelo s’esclama contro questa nuova maniera di profanare il sacro nome della filosofia.
Egli era giunto a tal perfezione di copia del suo maestro, che chiudendo gli occhi si poteva scambiar l’uno con l’altro. Uscito dalla compagnia, ne formò una in società con Angiolo Gattinelli, scritturandovi il Taddei, col nome e colla direzione del quale potè passar tra quelle di prim’ordine. […] Apparve ancora nel ’63 al Teatro Re di Milano ; poi, venuto vecchio, e ormai vedovo da qualche tempo, con le due figlie ancor giovani, ebbe la fortuna di essere ricoverato da un’agiata famiglia milanese, in seno alla quale morì in tardissima età.
Entrò appena diciottenne in Compagnia di Giuseppe Moncalvo per le parti di seconda amorosa, assumendovi con molto successo, dopo un solo anno di prova, quelle di prima donna giovine, Passò il ’32 nella Real Compagnia Sarda, sotto la grande Marchionni, agl’insegnamenti della quale ella dovè il suo rapido progredir nell’arte. Scritturata da Gaetano Nardelli, vi si perfezionò a segno da divenir nel ’39, quand’egli smesse di condur compagnia, e già sposa da due anni dell’attore brillante Antonio Giardini, la prima attrice assoluta di una società che il marito aveva formata con Voller e Bellati, e in cui fu scritturato come poeta Paolo Giacometti. Scioltasi quella, dopo nove anni di buona fortuna, la coppia Giardini continuò da sè a condur compagnia, e sempre con crescente favore del pubblico ; ma venuta la Carolina in quella età in cui mal si addicon a un’attrice le parti di prima donna, e non volendo a niun patto scender di grado, risolse di abbandonar la scena e separarsi dal marito, per assumer il posto di direttrice nella Filodrammatica del Falcone in Genova, dove il 5 dicembre del 1877 morì di polmonite.
Di sera, affrettava l’alzata del sipario con ripetuti rulli di tamburo, e soleva talvolta partirsi da una Piazza con la condotta e i suoi scritturati, senza un soldo in tasca, e senza sapere ove si sarebbe posato. […] Era l’estate del 1740 al Teatro Ducale di Milano, in cui dette un regolare corso di recite, con una Compagnia più che sufficiente, di cui erano parte principale i seguenti artisti : DONNE Angiola Costantini, prima donna Elisabetta Gnudi, servetta Caterina Silani, per le parti a trasformazione UOMINI Giovanni Ant.
Venne con lei in Francia, e non aveva mai recitato. Morto Alborghetti, lo sostituì con assai onore il 1733 nella maschera del Pantalone, e fu ricevuto in compagnia con decreto dell’ 11 febbrajo a un quarto di parte, e con-decreto del 4 maggio, a metà.
Lo vediam primo attore il '47 con Torello Chiari, e caratterista, il '57, con Giovanni Leigheb, e dal '59 al '64 con Francesco Sterni.
Passò dalla Toscana nel Regno di Napoli che percorse tutto in pochi anni con buona fortuna. […] Le rappresentazioni si chiudevan più volte con arie, pantomime e farse in musica. […] Formò in seguito compagnie con buoni elementi, e in quella del '43 eran parti principali Luigia Bon, prima attrice, Laura Bon, amorosa, Giovanni Tessero, primo attore, e il figlio Francesco, brillante.
quanto meglio ciò conta che il vedere provetta attrice con tre dozzine d’anni alle spalle affibbiati rappresentarci talora l’ingenua ragazza, o la spiritosa sposina ! […] Andò in iscena la Carolina con Sedici anni sono e fece un fiasco deciso – andò lui di seconda sera col Filippo e fece doppia damigiana. […] Ora vien fuori Francesco Paladini da Ravenna il 25 agosto, dicendo che è in trattative di far società con Domeniconi, e quindi spera che la Bettini cui si dirige, accetti d’andare con essi. […] Il contratto da me stabilito con la signora Internari è per tre anni. […] Dal primo suo apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto amore, con tanta forza descritto dal Pellico ; anzi si può dire, che lo stesso autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove l’avesse veduta rivivere per opera della egregia attrice.
Antinori Amilcare, della famiglia dei marchesi Antinori di Perugia, invaghitosi nel 1842 dell’Annetta Vestri, figlia del celebre Luigi e artista di non pochi pregi, si diede con ogni amore all’arte comica. […] Volle poi formar Compagnia, e s’unì in società (1855-56) con Vestri, uno dei cognati. […] Le cose andate a male, abbandonò poi con suo grande rincrescimento l’arte militante ; e si ritirò a Perugia, sua patria, ove fu nominato Direttore della Filodrammatica del Carmine.
Di questa attrice, prima donna e capo comica, abbiamo la seguente lettera del 1663 al Duca di Modena : Serenissima Altezza Hippolita Gabrielli comica hunita con suoi Compagni ricorono alla benignità di Vostra Altezza Serenissima supplicandola a uolerli far gratia col suo benignissimo rescritto di concederli licenza di poter recitar opere, e Comedie per il suo felicissimo Statto come altre uolte à sempre hauto fortuna di seruire al Altezze Sue antesesori che di tal gratia l’oratrice e suoi Compagni pregarano Sua divina Maesta per la Sua Esaltatione, che della gratia quam deus…… Volendo dar principio al Finale, e poi a Reggio. […] Con questa data, a un dipresso, concorderebbe la Ippolita, prima donna, rimasta fin qui sconosciuta, di cui è parola nella lettera del Buffetto Cantù (V.) e del Dottore Nelli (V.) e in altra di Giovanni Parenti del 1655 da Venezia al Duca, in cui dà notizie de’teatri di Venezia, e ne promette sulla Ippolita, richiesta, pare, dal Duca, per aggregarsi a’ suoi comici. Nè men di questa si può dir con precisione.
) : Nel 1662 era a Napoli, tra i comedianti lombardi, ano chiamato Zaccagnino, che recitava da Zanni, « qual godeva una donna chiamata Lavinia, similmente comediante e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’ è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza, e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, et altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
.), è questo brano che si riferisce al Marchetti : …… pongo auanti gl’occhi di Vostra Signoria Ill.ma che sono in Napoli con cinque persone carico di debiti fatti per uenir in questa Città, non con altro ogetto che di leuarmi dalla tirannia e persecutione di Lelio marchetti e suoi adherenti, che è stato la rouina di mia casa, che se io hauessi hauto minimo comando nel tempo sono dimorato in modona non mi sarei partito e non sarei cosi consumato. […] Molto probabilmente la moglie è quella tal Marchetta, citata al nome di Girolamo Chiesa, la quale appunto, nel 1664, s’era fatta autrice d’una Compagnia, in cui s’erano impegnati il Dottor Violone e Bagolino : impegno che, a detta dello scrivente Ludovico Bevilacqua, era più atto di perfidia, e liuorc contro la signora Marzia (la Fiali) che sincero, et anteriore à quello, che haueuano con questa signora….
) : Giuseppe Pasquale Cirillo che, assieme al Lorenzi, recitava nel teatrino domestico del Duca di Maddaloni ed aveva anche un altro teatro di filodrammatici a casa sua….. e che, per mettere in burla un paglietta molto conosciuto per la sua bessaggine cercava l’attore che ne sapesse vestire i panni e l’ignoranza, capitò un giorno in un barbiere alto allampanato e con un naso meraviglioso : proprio tal quale il paglietta di cui voleva far la caricatura. […] Una sera, nel 1768, il pubblico della Cantina, mentre applaudiva freneticamente al Massaro, lo vide, d’un subito, arrovesciarsi addietro e stramazzar, con un grido, sul palcoscenico. […] Gli attori, sgomentati, affollarono il palcoscenico, e Pulcinella, con gli altri, si chinò sul povero Massaro inerte.
Passò poi con Onofrio Paganini, e recitava il 1748 al Teatro degli Obizzi in Padova, ove s’acquistò molta lode, specialmente per una sua commedia intitolata Il Par onzino, in cui produsse una difesa dell’arte comica dettatagli dal Paganini, che terminava col seguente SONETTO Aver in finto oprar pompe d’onore, mostrar ne' scherzi sollevati ingegni, mover tutti gli affetti in un sol core, passar dal genio a provocar gli sdegni : Eccitar in un punto odio ed amore, di politica idea mostrar gl’impegni, esser scuola di speme, e di timore, aprir ad ogni mente alti disegni : Sollevar con virtù gli spirti oppressi, rinovar con piacer le altrui memorie, i fasti rammentar de' Numi istessi : I giorni degli Eroi colle vittorie in un fascio di scene avere annessi della comica azion tutte son glorie.
Federigo Augusto, l’amante dell’arte, che dopo la riconquista della Polonia aveva condotto a fine il disegno di una Corte splendida a Varsavia con opera e commedia italiana, volle anche a Dresda procurare un tal godimento ; e il 2 settembre del 1714 furono anticipati 4000 fiorini imperiali al Ristori, comico di S. […] Tornò il '17 in Italia per iscritturar nuovi attori da sostituire agl’insufficienti, e sotto la direzione del figlio Giovanni furon rappresentati Intermezzi e Pastorali : e sebbene il Re Augusto prediligesse la Compagnia francese, ch'egli manteneva alla Corte insieme alla italiana, questa non ebbe mai a patirne ; e Tommaso Ristori, specialmente, s’ebbe per grazia del Re con decreto del 20 marzo 1717, un regalo di 269 scudi, come « chef de la Troupe italienne, tant pour faux frais dans son voyage, que pour autres pertes et dépenses extraordinaires. » Licenziata la compagnia del 1732, anche il vecchio Ristori con la moglie se ne tornò in Italia, ove morì poco tempo dopo.
Finito un atto, saltano fuori tutto a un tratto dei ballerini, che per nulla non hanno che fare con l’argomento dell’opera. […] Non falla mai che l’uno non incominci dal rubare all’altro un mazzetto di fiori, o dal fargli altro simile scherzo; vanno in collera, si rappattumano poco stante insieme; l’uno invita l’altro a ballare, e si mettono su per il palco a saltellare senza modo; appresso i ragazzi entrano i più grandicelli; succedono dipoi i coriferi a fare anch’essi un simile balletto a due; e si conchiude finalmente con un altro concerto, che è di un pelo e di una buccia col primo. […] Egli avviene ben di rado che ne’ nostri ballerini si trovi congiunta con la grazia la forza della persona, la mollezza delle braccia con l’agilità de’ piedi, ed apparisca quella facilità nei movimenti senza la quale il ballo è di fatica a quelli ancora che stanno a vedere. […] E noi singolarmente non ci dovremmo mostrar ritrosi di prendere dai Francesi con che perfezionare la nostra opera; da quella nazione cioè che ha preso da esso noi la opera medesima.
Abbiamo di lui in Francesco Bartoli queste pochissime parole : « fu un grazioso Pulcinella, che recitò per molti anni con applauso ne’Teatri di Napoli. A mancar venne con danno dell’arte e dispiacere de’suoi amici intorno all’anno 1 777. » Nella pregevole cronaca del Teatro S. […] Nel novembre del 1745 il Barese doveva già trovarsi a Roma ; il Valle s’era obbligato con contratto, di « fornirgli la casa e il letto per ogni anno, come parimente scarpe e calsette e Abito, alla riserva della Mascara e Coppola. » Ma Barese gli fa tutt’a un tratto sapere ch’egli non può partire per Roma, poich’è scritturato a Napoli con un’altra Compagnia istrionica. […] Carlino, nella quale Michele Tomeo, con parole garbate, tirava i gonzi i quali stavano annusando i manifesti del S.
Era con lui prima attrice la moglie Paolina, nata Conti. […] Buona parte della vita artistica passò tra Firenze e Lucca con compagnie comiche, cantanti e danzanti. […] Si capisce che ballerini e cantanti recitavan con gli altri : anzi ho qui sott’ occhio il manifesto della beneficiata di Felice Sciaccaluga, artista comico e primo ballerino (15 nov. 1843) in cui si eseguì un nuovissimo PAX-DEX-DEUX POLLACCO ossia CRACCOWIENNE Composto dall’artista beneficiato, Ballato dal medesimo e dalla PRIMA ATTRICE Un’altra sera (27 nov. 1837) a benefizio del primo attore Lorenzo De Paoli, Onde non restasse tediato il Pubblico, nell’ intermezzo della Commedia e della Farsa vi fu un gran volo di Piccioni. Talvolta il Cannelli, attore-specialità si aggregava solo, a simiglianza de’ grandi, a compagnie comiche, per rappresentazioni straordinarie : lo vediamo infatti al Pantera l’autunno 1825 colla Compagnia Zocchi, e al Giglio la primavera del 1829 con quella di Bergamaschi. Quanto al repertorio Cannelliano, i soliti spettacoloni con trasformazioni, combattimenti, naufragi, incendj, in cui lo Stenterello ci faceva la solita parte di servo perseguitato dai ladri, dalle ombre, dalle balene, ecc., ecc.
Nelle cose all’improvviso era vivacissima, ed insieme con Silvio, che dal di lei nome fu cognominato della Diana, recitava delle Scene di grande impegno, dove i frizzi gustosi, i motti pungenti, gli sdegni e l’amorose tenere espressioni vi campeggiavano a meraviglia. Sapeva altresì cantar dolcemente, e suonava varj strumenti con maestrìa. » Questo per l’artista. […] Senza dubio nissun, vu sè la stella, che porta luse ai più sublimi inzegni con la vostra dottissima favella. […] Ma una Diana se che con rete amorosa de splendori chiapè a vostro poder a mille i cuori. […] Di un’altra Diana trovo notizia nella lettera dell’Archivio di Stato di Modena, che qui riproduco : Ser.mo Sig.re Cugino Oss.mo Bramoso d’incontrare in ogni opportunità le soddisfattioni di Vostra Altezza, hò dato ordine alla Diana Auerara di portarsi à recitare in conformità di quelli dell’ Altezza Vostra, la qual pregando uiuamente à porgermi frequenti occasioni di seruirla, come ne sarò sempre ansioso, mi raffermo con tutto l’animo Di V.
Vi entrò qual segretario, e quale scrittor di commedie ; e come da ragazzo aveva talvolta recitato con la sorella (V. […] Visse per tal modo coi parenti sino al 1873, nel quale anno passò con Giuseppe Peracchi, avendo il cognato, per cattiva fortuna, dovuto scioglier la compagnia. Ma rifattala poi l’anno seguente in società con Carlo Romagnoli, egli ritornò sotto la vecchia bandiera. […] Quando dopo molte, forse troppe prove, mi convinsi che la povertà dell’ingegno e la coltura insufficiente non mi consentivano di uscir dalla mediocrità, deposi la penna, pensando che con opere mediocri non val la pena d’ingrossare il ciarpame artistico-letterario d’Italia. […] Di lui scrisse il Calissano in un opuscolo edito a Siena il 1876, nel quale sono messe in rilievo tutte le buone qualità dello scrittore, alcuna opera esaminando con coscienza di artista, quale ad esempio, la Moda, una delle migliori, se non la migliore di lui.
Dopo il primo giro artistico all’estero, Adamo Alberti lo scritturò nella sua compagnia permanente al teatro Fiorentini di Napoli, compagnia sussidiata con biglietto regio borbonico, e là rimase per anni ed anni, passando da un teatro all’altro. […] Dalla Compagnia Lombarda passò il '49, primo attore assoluto, in quella di Coltellini e Zannoni, con Carolina Santoni prima attrice. […] Tornato dopo il’ 60 dall’estero colla Ristori, si unì colla Sadowski e si fermò al Teatro del Fondo in Napoli, ove mise in iscena con allestimenti non più veduti, il Faust e il Don Giovanni, che gli procacciaron lodi nuove e ingenti somme ; e dove, dopo varie peregrinazioni, tornò del '68. […] Colpito il Taddei d’apoplessia, il Majeroni gli diè gratuitamente per due anni la cospicua somma di diciottomila lire, procurandogliene poi altre dodicimila con una solenne rappresentazione ch'egli fece insieme a Tommaso Salvini. […] Aveva sposato del '59 Graziosa Bignelti, comica e figlia di comici, compagna d’arte di lui, a' Fiorentini di Napoli, ove sosteneva con buon successo le parti di prima attrice giovane.
Financo l’Avvocato Linguet benemerito del Teatro Spagnuolo sebbene avesse letti i due lunghi Discorsi del Signor Montiano, si accorda con M. […] Non consiglierei però al Signor Apologista a far paragone del numero delle Tragedie Spagnuole con quello delle Italiane. […] E benchè gl’Italiani non potessero vantarsi che di due soli, ma eccellenti, con poco senno da ciò si argomenterebbe che essi non hanno conosciuta l’Epica Poesia. […] Il suo Cid non divenne vera Tragedia se non nelle mani di Corneille; or possiamo dire con sicurezza che fosse vera Tragedia cotesta Dido y Eneas? Con qual fondamento diremo ancora che fossero Tragedie le favole accennate dal Barbadillo?
Bartoli nell’introduzione a’suoi Scenarj, dalle quali si può vedere con quanta dimestichezza solesse usar col Granduca. […] S. la quila partorirà quarto primiere semino appresso a terra l’oca in un cassone et con sequestro un milion di monte et un miglio in cane le vinte mane agli impegolando ogni facilità e continento. […] S. la quale portarò quanto prima se mi appresenterà l’occasione ; et con questo humilmente me gli inchino, baciandole le invitte mani, pregandoli dal Cielo ogni felicità e contento. […] Ditemi, e chi è quello il quale possa trattare senza sdegno, con uno, che essendo tu Pantalone ti dica. […] Ma con simili cose avrebbe meritati e gli elogii che sogliono darsi a’ dotti artefici e l’amicizia di un Petrarca ?
Merita però attenzione particolare il Giasone del Cicognini (pubblicato nel 1649) «il quale, come osserva il signor cavalier Planelli, cominciò a interrompere il grave recitativo con quelle anacreontiche stanze che si chiamano arie». Nocque egli con tal novità, o giovò al melodramma? […] Così i maestri musici si avvezzarono a trascurar il tutto per trarre partito unicamente da quelle strofe, nelle quali spessissimo (per una o due volte che vi si trovi fondato il punto interessante della passione) l’azione prende una spezie di riposo, e l’affetto é rimpiazzato da un sentimento espresso con eleganza intempestiva. […] Opposero allora decorazioni a decorazioni, e musica a musica, e si sostennero alquanto con farsacce magiche piene di apparenze, voli, e trasformazioni, e con alcuni intermezzi musicali, passeggieri ripari a’ loro continui bisogni. […] Si dee osservare che i soprannominati ed altri filosofi italiani, nel consultar il gran libro della natura furono i primi a scoprire in buona parte gli arcani di essa, a diradar le tenebre dell’ignoranza con utili cognizioni, e a fare gran conquiste sulle terre del vero; e perciò possono chiamarsi a giusto titolo «primi duci e maestri del moderno sapere».
Un posto di tale specie parve dover assicurare la sorte di Mezzettino ; ma l’ardire di lui spinto talora alla impudenza, soprattutto con le donne, fe’ volger le sue mire su di una Dama di Corte, che il Re onorava del titolo di sua Favorita, alla quale con le richieste di amore proferì parole non contegnose all’indirizzo del Re. […] E visitata la prigione ov’era Mezzettino, questi con la barba lunga e incolta si gettò alle ginocchia di Augusto, che dopo tre mesi lo fece liberare, ordinandogli di lasciar Dresda e la Sassonia. […] Ma ecco un documento, dal quale apprendiamo come il Costantini con la moglie Annetta, il 1678 al servizio del Serenissimo di Parma Ranuccio Farnese, passasse per un anno a Venezia al servizio dell’Abate Grimani. […] Il 7 dello stesso mese, e commedia e prologo furon replicati con egual successo alla presenza della Duchessa di Bourbon. […] Nè di questa vanità ci sarebbe troppo da stupirsi, poichè con tutte le notizie raccolte sul conto del Costantini, non è difficile immaginare un siffatto tipo di ambizioso, che sapeva accoppiare un forte talento a una palese ciarlataneria.
ECCELLENTISSIMO SIGNORE Una mammola un moncherino presentato con garbo e semplicità da un fanciulletto si accoglie di buon grado e con lieto viso da un Signore magnanimo e gentile più che dalla mano di un facoltoso un tributo di perle di Comorino, di diamanti di Golconda, di metalli del Potosi. Vuolsi che un villanello, non potendo altramente dar segno di sua divozione al gran Serse, fatta coppa delle proprie mani, gli porse dell’acqua pura, ed il Re Persiano l’accolse con quella umanità che accompagna sempre la vera grandezza. […] Allora, non che vile il dono, parrà temerario il donatore, che osa trattenere un tanto Uomo con somiglianti minutezze.
Bartoli : Altra difficilemente si è veduta sostenere al pari di lei le tragiche rappresentazioni con tanta maestria e con tanto decoro. […] Grisostomo con molta fortuna di Girolamo Medebach. […] Al subblime merito della Signora Maria Maddalena Battaglia nata Torti di Pisa, la quale con universale applauso recita nel pubblico Teatro di Lucca in grado di prima Donna nella scelta Compagnia Comica degli Accademici Riuniti.
Esordì al Fosso, a Napoli, con Tommaso Tomeo nel ’65. […] Oh se aveste veduto : l’assedio di Troja con Pulcinella scrivano criminale ! Oh se aveste ascoltato Angelo del Duca con Pulcinella servo sciocco, finto morto e perseguitato dal mago Aristone ! […] I sostitutori erano accolti a fischiate, il pubblico s’andava assottigliando, e il teatrino di Piazza del Castello dovè, per la morte di Giancola, cedere il primato a un bugigattolo sotterraneo, da quello non discosto, che s’intitolò la Fenice, e che accolse le ornai sparse reliquie della Compagnia, vedovata del suo sostegno, afforzandola con nuovi elementi.
Fratello minore dei precedenti, cominciò a recitar con Gaetano in Compagnia Nardelli, qual semplice generico, l’ anno 1837. […] Mentr’ era il 1850 al Teatro Re di Milano con una compagnia di prim’ ordine, della quale prima attrice era la Carolina Santoni, i giornali del tempo lo disser caratterista eminente. « In lui – è scritto nella Moda del 1°febbraio ’50 – nessuna affettazione, nessuna ricercatezza : le scene da lui riprodotte son quali tuttogiorno succedono nel domestico focolare e d’ una naturalezza sorprendente. » Nel 1857 era a Tolentino, capocomico e attore applauditissimo con la Feoli e la Miutti. […] Il lotto poi doveva consistere in bacili di argento, sottocoppe, fruttiere ed altre cose di argento ; d’oro poi collane, anella con diamanti, rubini et altre gioje fine, bottoni d’oro, centurini d’oro da cappello et simili altre cose di tutta finezza.
Alle maschere italiane seguì una vera e propria Compagnia di comici, che dopo aver ajutato il loro padrone a ricevere il denaro che veniva loro buttato in fazzoletti annodati, ed a rimandare i fazzoletti medesimi con iscatolette o vasetti, davano poscia la rappresentazione di commedie in tre atti a lume di torcie di cera bianca con una specie di magnificenza. Dopo alcuni anni passò a Venezia, poi a Verona, chiamatovi per una malattia epidemica mortale, ch'egli infallantemente guariva con mele appiole e vin di Cipro, dove morì di peripneumonia nello stesso anno (2 ottobre 1745) col titolo di Primo medico di Verona, compianto da tutti, fuorchè dai medici. […] I, dei drammi giocosi per musica, XXXV delle opere teatrali), in fronte alla quale è detto con nuovo errore : rappresentato per la prima volta in Milano nell’anno 1732.
Non si sarebbero mai immaginato i moderni Anfioni teatrali, che i primi Cantanti, ovvero istrioni musicali, sieno stati l’Arlecchino, il Pantalone, il Dottore ed altre maschere comiche; e pure con questi personaggi appunto cominciò l’opera. […] La Dafne rappresentata nel 1567 alla presenza della gran duchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. […] Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli Eruditos à la violeta dell’ingegnoso nostro amico Joseph Cadhalso y Valle, e che appena leggono pettinandosi alcuni superficiali dizionarii o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral franchezza che il canto rende inverisimili le favole drammatiche . […] Ovvero di tutto ciò contento passandovi sopra con indulgenza, ancorchè ne riconosca la falsità, e se ne sovvenga ad ogni istante, si trasporta, si fa sedurre, piange, freme, si adira, seguendo i movimenti, e le passioni de’ personaggi imitati? […] Cantavansi i drammi greci, e i filosofi e i grand’uomini di allora, i Socrati e i Pericli che vi assistevano, non mai dissero con cuore di ghiaccio, come ora dicono i filosofastri, che improprietà!
Cominciò col recitar le parti di secondo amoroso nella Compagnia condotta in Francia da Luigi Andrea Riccoboni il 1716 per incarico del Duca d’Orléans ; nel 1757 si diede a sostener parti di maggiore importanza con piena soddisfazione del pubblico, il quale vedeva in lui non solamente un artista coscienzioso, ma un uomo di onestà a tutta prova, come è dimostrato dalla seguente quartina : Mario (era il suo nome teatrale) que chacun renomme Pour un acteur ingénieux, Le rôle que tu fais le mieux, C’est le rôle d’un galant homme. […] L’usciere fu accolto da Silvia con invettive, e il Balletti, uscito ipso facto, tornò con certo Domenico Morin, tappezziere, il quale dichiarò formalmente esser lui il proprietario assoluto de’ mobili e delle suppellettili ivi esistenti, pei quali egli riceveva un prezzo di nolo in lire 400 annue.
Luca di Venezia, per Brescia e poi per Venezia, con suoi attrezzi di teatro, casse, baulli, armi, etc. […] Luca di Venezia, che colle loro fatiche anno con applauso divertito la nobiltà di questa Metropoli nel R.° D.e Teatro, e che or ripassano da Pavia per il Pò alla Patria, con loro servitù, armi, bagaglio, vestiti, ed arnesi teatrali.
Fu poi prima attrice col famoso Toselli col quale era a Venezia il '67, dov'ebbe un successo di lagrime nel Ciochì del vilage, quando con affetto profondo esprimeva il dolore della povera derelitta nella festa di tutto il villaggio. Maritatasi al Moro-Lin, con tanta facilità si diede a recitare in veneziano, e con tal nitidezza di pronunzia, che tutti la credean figlia della Laguna.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte. […] Nella Compagnia Reale Sarda, almeno per l’anno 1825-26, aveva lo stipendio annuo di lire 6000 con tre serate a mezzo, secondo l’uso comico.
Moglie del precedente, e figlia di comici, fu un’egregia prima attrice giovine, poi, divenuta sposa a Francesco, passò alle parti di prima donna assoluta, che sostenne con molto successo, più specialmente nelle commedie goldoniane, e in dialetto. […] Lasciato col sopravvenir degli anni il ruolo di prima donna, passò con egual merito a quello di madre nobile. […] Addestratosi co' Filodrammatici della sua città natale nelle parti di Pantalone, riuscì comico egregio, e fu più anni sotto quella maschera, con Antonio Sacco, col quale anche si recò in Portogallo.
E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore, al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato. […] Dietro della scena era il βροντειον, il luogo, in cui con otri ripieni di selci che si agitavano, imitavasi lo strepito de’ tuoni. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata. […] Se ne occupavano perciò con tutta l’accuratezza i Temistocli e i Pericli per cattarsi la benevolenza popolare. […] Il popolo che vi accorreva con estrema avidità, soleva azzuffarsi e spargere anco del sangue per avervi luogo.
Non si sarebbero mai immaginato i moderni Anfioni teatrali, che i primi Cantanti, ovvero istrioni musicali, sieno stati l’ Arlecchino, il Pantalone, il Dottore ed altre maschere; e pure con questi personaggi incominciò l’opera. […] La Dafne rappresentata nel 1597 avanti la Granduchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. […] Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli eruditos à la violeta dell’ ingegnoso mio amico il signor Cadalso y Valle, e che appena leggano pettinandosi alcuni superficiali dizionarj o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral sicurezza, che il canto rende inverisimile le favole drammatiche. […] Ovvero di tutto ciò contento, passandovi sopra con indulgenza, ancorchè lo riconosca per falso e se ne sovvenga ad ogni istante, si trasporta, si fa sedurre, piange, freme, si adira, seguendo i movimenti e le passioni de’ personaggi imitati? […] Cantavansi i drammi greci, e i filosofi e i grand’uomini di allora, i Socrati e i Pericli che vi assistevano, non mai dissero con cuore di ghiaccio, come ora dicono i filosofastri, che improprietà!
Non vi fu nel di lei regno che il lord Tommaso Sackville che compose Gordobuc commedia in qualche maniera scritta con regolarità17. […] Spicca soprattutto nel colorire con forza ed evidenza i caratteri de’ grand’ uomini, segnandone i temperamenti, i difetti e le virtù. […] Farsa Tragi-Comi-Pastorale, in cui non meno che nella prefazione viene finamente e con grazia comica deriso il teatro di Shakespear in mille guise, formandosi fin anche de’ di lui versi piacevolissime parodie. […] Shakespear scrisse anche commedie, e gl’ Inglesi veggono sempre con piacere il di lui Cavaliere Falstaff, e le Commari di Windsor. […] Dunque a’ di lui sguardi è più stravagante il confronto di due drammatici, che di un romanziere con un drammatico?
Vero è che in Plinio si osserva che altri l’attribuisce a’ Greci, i quali da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. Ma secondochè ben riflette il Maffei nel Ragionamento degl’Itali primitivi, a quei, che vennero con Demarato si riferisce altresì in parte la pittura, e pure, per quel che osserva lo stesso Plinio, era essa già perfezionata in Italia molto prima. […] Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia. […] L’Auditore Giambattista Passeri nel 1771 l’illustrò con una dissertazione latinaa. […] Da più periti antiquarii vengono con particolarità rammentati e tenuti per Etruschi Admone, cui si attribuisce l’Ercole bibace, una delle più prezìose gemme Etrusche, ed Apollodoto, di cui si ammira una gemma colla testa di Minerva incisa a punta di diamante, ed un’ altra rappresentante Otriade del Museo dell’ab.
Il 1675 aveva stampata a Napoli con la data di Venezia una commedia tradotta dallo spagnuolo da altro comico : Amare e fingere, che fu poi ristampata davvero a Venezia, e più tardi a Bologna. […] Due fanciulle mie Nipoti da marito, se ne stanno in Casa de miei Padregni, con poca pace, et è facile, ch' un giorno ne siano scacciate per la mia absenza. […] Non fò poco à scriuere queste due righe di fretta qui in Cremona, in doue passo costandomi più oro, che inchiostro ; si compiaccia far le mie parti con il S. […] mo e con il S. […] Finito il carnovale a Modena, Florindo si restituì in patria, e il Duca lo raccomandò con ogni larghezza, il 3 marzo 1681, a Francesco Magnacavallo suo Agente a Napoli e al fratello di lui Ortensio, dei quali Florindo ebbe sempre a lodarsi.
Con qual Compagnia era dunque l’Amorevoli ? […] S., di nuovo tornata insieme la Compagnia di Pedrolino, come già era, et anco migliorata di personaggi famosi nell’arte comica, et desiderando noi venire a recitare a Mantova con buona gratia di V. […] S., affine che la si degni trattarne con l’A. […] La supplico adunque con ogni humiltà e col maggior affetto ch’ io posso, che per sua benignità si degni concedermi licenza di poter venire a Mantova con una compagnia di Comici a recitar comedie, assicurandola che la Compagnia è tale, che merita esser favorita da V.
Certo è che il Biancolelli visse maritalmente con una delle sue compagne, Maria Teresa di Lalande, dalla quale ebbe una figlia nel 1723. […] Rappresentò con egual successo diversi caratteri, e sopra gli altri un tipo di ragazza (fille d’opéra), con grazia e finezza tali da richiamar gran folla al teatro per lungo tempo. […] Il Biancolelli scrisse grandissimo numero di produzioni in verso e in prosa, con e senza musica, ora solo, ora in società con Legrand, Riccoboni padre e figlio, e Romagnesi, così per l’Opéra comique, come pei teatri di provincia e pel Teatro italiano.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito. […] Tornò a Parigi nel ’72, e prese parte egli e i suoi ai festeggiamenti pel matrimonio del Re di Navarra con Margherita di Valois, avvenuto il 18 agosto ; ed ebbe dal Tesoriere del Re la somme de soixante-quinze livres tournois en testons à xii sols par livre dont le dict seigneur lui a faict don tant à luy que à ses compagnons, en considération du plaisir quils ont donné à Sa Majesté durant le mariage etc. etc. […] II, pag. 37) : Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da un fiorentino, huomo di molto spirito e pratico della Spagna, ch’ egli circa l’anno 1610 stando in Siviglia, seppe da certi suoi amici, huomini vecchi e testimoni di vista, che Ganassa, comico italiano e molto faceto ne’detti, andò là con una compagnia di comici italiani, e cominciò a recitare all’ uso nostro ; e se bene egli, come anche ogni altro suo compagno, non era bene e perfettamente inteso, nondimeno con quel poco che s’intendeva, faceva ridere consolatamente la brigata ; onde guadagnò molto in quelle città, e dalla pratica sua impararono poi gli Spagnuoli a fare le commedie all’ uso hispano, che prima non facevano.
La troviamo in Tolentino nel 1819 applauditissima con la Pani e con lo Zuccato.
Ci si trova dinanzi a’ soliti contrasti dalle imagini bizzarre a grossi paroloni, dalle sottigliezze lambiccate, dalle sdolcinature iperboliche a base di sole, di luna, di fontane, di fiumi, di aurore, di tramonti, con tutti gli dei e semidei dell’olimpo. […] Con tuttociò le crudeltà di Fulvio sono per me di tanta dolcezza animate, che minacciandomi rovina, pare che mi promettino salute. […] Vengo dunque, o Fulvio, a servirti, sperando ancora nella notte così horrida della mia sventura, e nel mare così procelloso de’miei sdegni, di trovare con la forza della sofferenza, e sole e porto. […] Maria nuova in Firenze ; montato con questo ornamento sopra d’un Mulo carico di mezza soma di ferro oltre la mia persona, uscii di Bologna il di 15 di Gennaio la sera. […] Questo fu il primo prologo ; e così entrato nelle Commedie, e con mio Padre vivendo tra’ Commedianti, conobbi l’arte non essere così facile come molti che, non la praticando se non con gli occhi, la credono ; poi che vi sono persone di così poca pratica, che giudicano esse mestiero d’ogni ignorantello il farsi vedere sopra i teatri, parlare in pubblico, e ad una infinità di popolo dare più che mediocre satisfazione.
Ma cosa ha in comune un’arringa con un’aria o con un recitativo? […] Ma il resto del vestimento va supplito con invenzioni vaghe e bizzarre. […] II pittore avrà con tutte le leggi dell’arte ma dipinta una scena. […] XIII, dove sono citati gli esempi di Planelli, con la precisazione: «si recitavano le Rappresentazioni con una maniera di proprio canto». […] Con altre poesie, Bologna, Pisarri, 1724, p. 252.
E quantunque il giornalista non abbia addotta non che confutata neppur una sola di esse, nulladimeno sarà bene il confermarle qui con nuovi fatti e con nuove testimonianze degli antichi scrittori. […] E con quali ragioni s’oppone il giornalista ad una opinione così verificata e così generalmente stabilita? […] Con qual logica con qual erudizione ci pruova che tutto ciò altro non sia che un “discorrere in aria”? […] Forse ch’ei non ha letto con attenzione quel capitolo, o che non l’ha inteso? […] Mi vorrebbe inoltre costringere a venir alle prese con un letterato di tanto polso, qual è il Signore D.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui […] « Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Mi si assicura esser egli debitore in gran parte della sua comica naturalezza ad alcune lezioni di Simeone Sografi ; e certamente un buon terreno con tale e tanto cultore produr non poteva che bellissimi frutti. […] Mosso a pietà di un povero sordo-muto, lo aveva raccolto e istruito : e, insegnatagli con ogni amore la parte di Giulio nel noto dramma L’Abate de l’Epée, pensò di produrlo in quella colla Compagnia di Antonio Morelli che allora recitava in Venezia. […] … L’arguto Buratti, poeta veneziano, lo annichilì con questo epigramma : O vu che podè tuto, Giusto e clemente Iddio, Deghe la vose al muto, Toleghela a Bonfio.
Piemontese, del Moncenisio, nato il 1640 circa, fu comico al servizio di Ferdinando Carlo per diciassette anni, e richiesto il 1685 dalla Maestà Cristianissima di Francia, Le fu concesso con lettera dello stesso Principe datata di Mantova il 14 marzo, nella quale era il più ampio ben servito che dir si potesse. […] mo Spedisco Aurelio, perchè serua a Vostra Altezza con ogni puntualità maggiore nella Compagnia dei Suoi Comici, e già che uengo auuisato, ch' ella mi habbia fauorito della persona di Florindo, io non lascio di ringratiarnela di cuore, assicurando l’Altezza Vostra, che perfettionato il futuro Carneuale resterà à di lei dispositione lo stesso Florindo, confidando, che il simile seguirà d’Aurelio. […] Il successo se non strepitoso fu buono, ed egli avrebbe potuto rimanere in Francia amato e stimato, se non avesse, con assai poca prudenza, avventurate opinioni sulle vicende del tempo.
Nel registro passaporti dell’Archivio di Milano, N. 780, in data 26 settembre del 1739, è scritto : Antonio Belingeri comediante con sua moglie ballarina, per passare a Venezia con loro bagaglio (Comunicazione Paglicci-Brozzi).
Con che si venne a guastare una composizione, la cui bellezza dovea risultare da un giusto temperamento di tutte, l’una insieme con l’altra. […] E con ciò quello antico maestro viene quasi di rimbalzo ad insegnare a’ moderni di che materia e’ debban fare i loro teatri. […] Così le vibrazioni non verranno ad accavallarsi l’una con l’altra, e più regolarmente ripercuoterà le onde sonore quel legno che in ogni sua parte verrà a vibrare d’un modo. […] Con che, ponendo gli attori quasi nel bel mezzo dell’udienza, non è pericolo non sieno a maraviglia uditi da ognuno. […] E non meno sarà egli lodevole, se nello interior del teatro saprà ristrignersi a una gentile e ben intesa intagliatura di legname, quanto se ne saprà arricchire l’esterno con di bei loggiati di pietra, con iscalinate e con nicchie, con quanto ha di più sontuoso e magnifico l’architettura.
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo. Fu dunque secondo brillante il ’66 con Bellotti-Bon, poi primo amoroso il ’67 con Coltellini, il ’68 con Vernier, col quale creò con gran successo la parte di Sirchi nel Duello di Ferrari, il ’69-’70 con Alessandro Salvini, e il ’71 con Peracchi : poi, Capocomico. […] Certo l’ Emanuel dev’essere additato ai giovani come specchio di vero artista ; chè niuno forse accostossi ai suoi autori con rispetto maggiore e maggior diffidenza delle proprie forze ! […] O giovani, lasciate fare della filosofia all’autore : voi studiate bene le parole, le passioni, il carattere del personaggio, vestitelo secondo il costume del suo tempo, poi recitatelo con anima, senza fronzoli, senza declamazioni, senza preoccupazioni del come è vestito : leggete Alfieri, ma recitate Augier, Goldoni, Molière, Shakespeare, Macchiavelli e Plauto e Aristofane, e recitateli tutti nella stessa maniera, cioè con naturalezza ; e non lasciatevi infinocchiare dalla teoria barocca e ridicola, che per tutti i tempi e per tutti i personaggi ci vuole una recitazione diversa : di diverso non c’è che il carattere e il vestito : e quindi se il personaggio è serio e piange, voi dovete star serii e piangere, ma con naturalezza e verità tanto vestiti alla romana, che alla veneziana, tanto coll’elmo che colla tuba ; e se un personaggio è comico, è comico allo stesso modo tanto in Shakespeare, che in Molière, che in Goldoni, che in Augier, che in Bersezio.
Fu l’anno seguente con Romualdo Mascherpa, poi di nuovo colla società Colomberti, nella quale, come abbiam detto, sposò Alessandro Monti. Compagna esemplare non abbandonò mai il marito, sostenendo con decoro il ruolo di prima attrice nella propria compagnia, e passando poi a quello di madre e seconda donna. […] A sciogliere la lite di precedenza fra esse, appariscono Apollo nel suo Parnasso coi Poeti ed Aristotele, il quale le affida a Felsina sovraggiunta sopra un carro trionfale, acciocchè essa decida del merito di ciascuna ; la quale dando termine a questa introduzione, così favella : Pregiate Donne, se alla vostra lite Sorta sol per aver la precedenza Delle vostre virtù rare, infinite, Bramate fine impor con gran prudenza : Meco omai, che son Felsina, venite Che m’offero condurvi alla presenza De'saggi figli miei, da'quali avrete Giudizio, onde contente alfin sarete. […] Oltre la lettera dedicatoria, il Montini diresse ad essi il seguente SONETTO Del Felsineo Leon regger il freno, Librar con giusta lance e premj e pene, Donar a' Patrj Figli ore serene, Renderli in pace fortunati appieno : Nudrir quasi in bel Ciel sul picciol Reno Lucide stelle di saver ripiene, Fra' magnanimi Eroi fruir quel bene, Premio della virtù, che non vien meno : Poggiar di gloria all’ultimo confine, Opre son vostre, il cui alato suono, Vola alle regïoni alte, e divine.
Mise il primo in iscena a Firenze, dopo la rappresentazione dei filodrammatici Concordi, il Goldoni di Ferrari con grandissimo plauso, e andò famoso per alcune parti di genere opposto, come Luigi XI, e Il Cavalier di spirito. Io ho sentito il Pezzana, capocomico, negli ultimi anni della sua vita artistica, rappresentar tra l’altre con molta verità e molta efficacia la parte di Vincenzo Monti nell’ Ugo Foscolo di Castelvecchio (il Foscolo era Giovanni Ceresa, un artista di gran pregio, formatosi sotto i savj ammaestramenti di lui). […] Passò con lei dalla Compagnia Fiorio in quelle di Ghirlanda, di Asti, e Domeniconi (1842). […] Fu il '60 con Adelaide Ristori a Parigi, a Londra, in America qual promiscuo e caratterista, poi di nuovo capocomico, poi, finalmente, direttore di una delle tre Compagnie di Luigi Bellotti-Bon.
Nato a Verona il 21 giugno del 1780 da Epifanio del fu Marco Tessari e da Rosa Turella, si diede, appena compiuto un regolare corso di studj, a recitare nella Filodrammatica della città, scritturandosi poco di poi col Paganini, dal quale passò in processo di tempo col Bianchi, con la Consoli e Zuccato, e finalmente col Fabbrichesi, Direttore della Real Compagnia Italiana. Quando questi condusse nel 1824 la Compagnia nell’Italia Centrale, il Tessari ne uscì, per rientrarvi poi l’anno dopo, diventandone a' Fiorentini, il proprietario fino all’anno 1839, in società con Prepiani e Visetti (V)., stipendiato dalla Corte. […] E narra l’aneddoto che scontrato per via da un meschino attor di provincia, che gli si raccomandò per un abito vecchio, squadratolo da capo a piedi con atto di stupore, « ma come ! […] Il Regli, a proposito della recitazione tragica del Tessari, dice che « si parlava ancora (1860) del modo stupendo con che rappresentava il Filippo d’Alfieri, Creonte, ecc. ; » e F.
Ma lasciate che la poesia cooperi con la musica e specifichi la natura di ogni impressione particolare, non siamo più in perdita; riconosciamo l’accordo del suono con l’idea, e le impressioni generali diventano indicazioni specifiche dei modi e delle passioni»; Daniel Webb, Remarks on the Beauties of Poetry, London, R. and J. […] cadenza: con cadenza nelle arie si indica non solo la conclusione del brano, ma anche il lungo inciso solistico e virtuosistico inserito alla fine dell’aria. […] Serlio, Regole generali di architetura sopra le cinque maniere de gli edifici, cioè, thoscano, dorico, ionico, corinthio, et composito, con gli essempi dell’antiquita, che, per la magior parte concordano con la dottrina di Vitruvio, Venezia, Marcolini, 1537). […] India: Bernardino India (Verona 1528 – 1590) pittore manierista, autore di affreschi decorativi, alcuni con grottesche. […] Lord Burlington aveva trasformato il suo giardino di Chiswick, originariamente all’italiana, in un nuovo modello di giardino più simile a una conformazione naturale, paesaggistico, anche in collaborazione con William Kent.
In grazia della comicità della persona (era piuttosto piccolo, avea le gambe formate ad arco e il viso di color terreo) potè recitare qualche parte di mammo (ingenuo, sciocco, da mammolo – fanciullo, bambino) nella quale, in quella di Filippetto dei Rusteghi specialmente, palesò nuove e maggiori attitudini alle parti comiche ; tanto che, scritturato da Luigi Domeniconi e Gaetano Coltellini pel 1843, finì coll’assumere il ruolo di brillante assoluto che mantenne per diciotto anni in compagnia del Domeniconi stesso, con piena soddisfazione del pubblico. […] Annunciava, secondo l’uso, la sua entrata in scena con qualche parola : va bene, va bene, ecc. ecc. […] Lo rimpiangerai…. ma io già non credo che tu voglia davvero voltargli le spalle : sospetto bensì che tu tiri il roccolo per farti esibir maggior paga da X e poi dire con tuono flebile a Domeniconi : Papà mio, mi piange il cuore, ma vedi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto con te fino alla morte. […] Con questa lettera obbligatoria in via commerciale da valere come un rogito del notaro dottor Bellini, rinunzio per me ed eredi, in favore dell’egregio artista Amilcare Belotti, ad ogni e qualunque direzione di dilettanti drammatici, nata e nascitura nell’ Orbe terraqueo illuminato dal sole e dalla luna ; assoggettandomi in caso di mancanza alla mia obbligazione, a rifondere il valsente delle penali pagate e da pagarsi dal capocomico Domeniconi, più i danari spesi e da spendersi dal sullodato capocomico in viaggi d’andare e venire colla sua nomade Compagnia.
Alcune poche attesero a farlo fruttificare, e contente d’una vaga semplicità, presero ad abbellirlo soltanto con recinto di testi di rose, garofani, e gelsomini, e con ispalliere di grati agrumi fiorentini. […] Ma la storia pronta a diradar ogni nebbia, gli avvertisce, che le facili farse romanzesche e i mostri scenici non allettano che ’l volgo imperito e dopo una vita efimera corrono a precipitarsi nell’abisso dell’obblio; doveché gli ottimi componimenti, come il Misantropo e l’Atalia non solo sforzano alla perfine l’uditorio a vergognarsi del primo giudizio, ma ricreano la parte più pura e illuminata delle società, che sono dotti272, e passano indi a’ posteri insieme con quelli che furono scritti nella caverna di Salamina. Or si può esitare un sol momento a scegliere tra ’l restar tosto sepolto nella propria terra in compagnia di tante migliaia di scheletri mostruosi, e tra ’l convivere con Euripide ne’ gabinetti de’ savi di tutti i tempi e di tutti i paesi? […] All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.
Nel luogo selvoso, ov’era Populonia una delle dodici principali città dell’Etruria, appajono molte vestigia di sì famosa città, e specialmente una porzione di un grande anfiteatro, che si congettura essere stato tutto di marmi: tralla Torre di San Vincenzo ed il promontorio dove era la nomata Populonia, veggonsi le reliquie di un altro anfiteatro, presso al quale giaceva un gran pezzo di marmo con lettere Etrusche: di un altro osservansi i rottami fralle antichità della città di Volterra5, Del magistero degli Etruschi nel dipingere, oltre ai vasi coloriti, de’ quali favella il Maffei6 e ad altri posteriormente scoperti, ci accerta il lodato Plinio7, affermando che quando in Grecia cominciava la pittura a dirozzarsi, cioè a’ tempi di Romolo, non avendo il Greco pittore Butarco dipinto prima dell’ olimpiade XVIII, in Italia già quest’arte incantatrice era perfetta, e le pitture di Ardea, di Lanuvio e di Cere erano più antiche di Roma fondata, secondo la cronologia del Petavio, nella VI olimpiade8. […] Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia. […] L’Auditore Giambatista Passeri nel 1771 l’illustrò con una dissertazione latina10. […] Perciò quando l’Etruria sfoggiava con tante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi, poeti e oratori insigni, e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù, batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e a una gran parte del nostro emisfero.
Dondini Argenide, sorella dei precedenti, nacque a Roma il 1825, e cominciò a recitar le parti d’ingenua con Lorenzo Tassani, poi quelle di amorosa con Mascherpa.
Recitò le parti d’innamorato in Compagnia di Nicodemo Manni, con la moglie Anna, egregia servetta, con la quale passò poi a Napoli e a Palermo (1782).
Cosi fece in Cadice il Pretore Balbo, il quale essendosi straricchito con inaudite estorsioni, rapine e ingiustizie, fe costruirvi un teatro con quattordici ordini di scalini per l’ordine equestre; e per potersi millantare di essere la scimia di Giulio Cesare, nell’ultimo giorno de’ giuochi donò l’anello d’oro all’istrione Erennio Gallo, e lo fe sedere tra’ cavalierib. […] Una lega distante da Calpe, venendosi da Algezira, si osservano i vestigii di un teatro e di un anfiteatro con altre rovine dell’antica città di Tarteso (differente da Cadice che pure portò questo nome) detta da’ Greci Carteia. […] Intanto però la gente da teatro avea di giorno in giorno acquistato tal predominio sopra i Romani, che i personaggi più illustri, e le matrone più nobili facevano a gara nell’arricchirla, nel trattarla con somma famigliarità, e nell’amarla follemente. […] E perchè Apelle indugiò alcun poco a rispondere, lo fece battere aspramente, insultando frattanto al di lui dolore, con dire che nel tuono lamentevole ancora spiccava la dolcezza della di lui vocea. […] La grandezza eroica campeggia nel loro stile con carattere particolare, meno attaccato alla naturalezza greca, e più confacente alla maestà Romana.
Si sposò con un giovane parmigiano, non figlio d’arte, e nel 1782 era (V. […] Bartoli) con lui a Palermo, ammirata e applaudita.
Nullameno egli continuò a recitar con favore, e il 1781 si trovava con Antonio Camerani, applauditissimo.
Trascorso vario tempo in quel ruolo, colla zia (era in Compagnia Domeniconi il 1844), entrò prima attrice assoluta con Antonio Stacchini, poi di nuovo con Luigi Domeniconi. […] ) dice : « Una Virginia Clarini detta Rotalinda trovo pure da alcuni rimatori lodata, come eccellente nel rappresentare con maestà le alte matrone.
Maria della Mascarella in Bologna, prese moglie, con cui visse molti anni senza figliuoli, e che gli morì del 1768 in Venezia. Passato nella Compagnia di Vincenzo Bazzigotti, e recatosi a Siena, tentò in vano di passare a seconde nozze con una giovane del paese, per nome Caterina, divenuta poi la moglie di Antonio Fiorilli. […] Si diede poi alle Missioni apostoliche, e lo vediam percorrere tutta la Marca Anconitana, e fece con grande successo il quaresimale del '77 a Bologna, in quella stessa chiesa della Mascarella, ove, rinnegata la fede, avea preso moglie.
Fece parte con onore della nuova Filodrammatica pisana, indi sì aggregò nella Compagnia Capodaglio, per un breve corso di recite a Massa-Carrara. Andò poi a sostituir l’amoroso Tollo in Compagnia Peracchi, esordendo colla parte di Maurizio nell’Adriana Lecouvreur, e di qui ebbe principio la sua vita di artista, nella quale s’ebbe comuni gli onori, e ahimè comune la sorte ultima con Giovanni Ceresa. […] Due giovani forze possenti, le più possenti forse del lor tempo, grandi nell’interpretazione di medesimi tipi, come, a esempio, del Raffaello di Marenco, del Signor Alfonso di Dumas, e prostrate a un tratto nel più terribile modo, con la ironia della serbata vita bestiale, col dono maledetto di un’agonia crescente di anni e anni !!!!
Con lettera del 12 agosto '37 domandava a Ferdinando Pelzet, scadendogli una cambiale, il prestito di otto scudi. « Gli affari – scriveva – poco favorevoli del mio Capocomico, mi pongono nel caso di non poter soddisfare al contratto impegno. » Ma non ho potuto sapere il nome di quel capocomico. […] Della sua vita privata un piccol cenno si ha in un epigramma del tempo, che ho in una raccolta manoscritta, diretto alla moglie di lui, chiedendole come mai egli divenisse tanto birba da consumar la sovvenzione teatrale con la Ciabetti, e fare poi scandali con la moglie di parole e percosse.
Enrichetta era il '60 insieme al padre e al fratello Antonio amorosa con Gio. […] Il '90 era con Maggi, che la conduisse in America, dove, in quel luttuose Rio Janeiro lasciò la vita per febbre gialla il 14 maggio del '91, precedendo di tre ore il povero marito, Vespasiano Grassi, colpito assieme a lei dal morbo inesorabile. […] E la scena di Clotilde con Pomerol della Fernanda (Pomerol era Cesare Rossi) ?
Questa mia opera• dei comici italiani • voglio consacrata • al nome di mia moglie • TERESA SORMANI • che da quindici anni • collaboratrice fedele e costante • leva in alto il mio spirito • confortandomi nel lavoro • sostenendomi nelle lotte • gli ostacoli rimovendo o attenuando • con intelligenza rara di donna • con amore di sposa profondo • incomparabile.
Sciolta la società, fu scritturato da Gaetano Bazzi, con cui stette parecchi anni ; passò poi con altre Compagnie, finchè, lasciate le scene, andò a stabilirsi a Firenze, ove morì nel 1865.
Figlia della precedente, recitava al tempo del Bartoli (1782) le parti di donna seria con molto spirito. […] Poteva la Corticelli, a detta del Bartoli, aver luogo fra le più belle e meritevoli comiche che calcassero allora con bravura i teatri.
Recitava con coraggio — dice il Bartoli — e con vivacità nel carattere della serva.
Era però più valente nell’ arte del canto che esercitava con la moglie, alternandola pur sempre con quella di comico, secondo gli tornava più il conto.
Ed io ben credo che così avvenisse; ma per soddisfazione degli Stranieri non si dovea avvalorare questa semplice asserzione con qualche pruova, col nominare almeno le Città dove tali rovine esistono? […] 21.) con tali parole: “Ora se i Saguntini presero da’ Romani e non da’ Greci il Teatro, perchè mai lo fabbricarono conforme a’ Teatri antichi di Grecia piuttosto che a’ Teatri Romani”? […] Io tralascio qualche altra conformità di tale edificio con altri precetti Vitruviani, e specialmente la situazione per esso eletta, che non può essere a quelli più simile. […] L’Autore dell’accennata storia risponde, che del Teatro di Balbo fece menzione con ogni altro Scrittore, ed invoca la testimonianza del pubblico. […] Così abbacinato da tali magnificenze di un privato che diveniva Edile, le quali saranno povertà per altri di maggior cuore, non pensò a quel tesoro inarrivabile di quattro colonne di onice, le quali tutto, e con molta ragione, riempierono il vasto cuore dell’Apologista Spagnuolo.
La nazione peruviana senza dubbio la più colta di tutta l’America, oltre all’avere inventata e migliorata l’agricoltura con tante altre arti, seppe qualche cosa di geograsia, meccanica, e agronomia, ed ebbe polizia e legislazione eccellente, nella quale trionfa una sanissima morale. […] Seguiva il sacrificio sontuoso, e poi si mangiava da tutti la carne delle vittime, si bevea con certo ordine e con brindisi scambievoli, e si danzava cantando, e facendo uso ciascuno delle proprie insegne, maschere, ed invenzioni. […] Tali rappresentazioni si faceano nelle sacre festività più solenni (una delle quali era la sopraccennata Raymi), e vi assisteva il maggior inca con tutta la corte; e perciò erano decenti e gravi e degne del luogo, del tempo, e degli spettatori, né mai gli amauti avvilirono i loro talenti all’oscenità di Aristofane, e degl’inglesi. […] In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo, e di lusso, fabbricandovisi particolarmente per eccellenza quadri e stoffe di penne, antichi lavori messicani, non mai più da veruno imitati: vi si eseguiscono con destrezza tutti gli esercizi ginnici spagnuoli, come corse di tori, e giuochi di canne: vi si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città: vi si formano alcuni castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio, e si difendono: e finalmente vi si coltiva la pittura, la danza, e la musica, e vi si trovano teatri. […] Alcuni di loro sogliono permettersi di rappresentare certe feste teatrali, e spezialmente una tragedia della morte dell’ultimo Inca Atabalipa, accusato dall’indiano Filipetto divenuto cristiano, e condannato con formalità giuridiche da Pizarro.
Scrisse con de Lisle, e fece rappresentare con non molto successo a la Commedia Italiana, nel 1726 e 1729, Il Naufragio e Abdilly, Re di Granata. Abbandonò il teatro col marito nel 1729 con una pensione di 1000 lire, per rientrarvi poi il 10 aprile 1731, con parte intiera, a condizione di rinunciare alla pensione, che non le fu restituita fuorchè il 29 marzo 1752, epoca del suo definitivo riposo. […] Tutti e tre furono naturalizzati francesi, con atto, dato a Meudon, il mese di giugno dell’anno di grazia 1723, ottavo del Regno di Luigi, per grazia di Dio, re di Francia e di Navarra. […] Bramerei bene di rappresentarne una con l’assistenza di questo gran Comico, per sentire dal suo giudizio, se trovasse la nostra maniera plausibile, e per disingannarci infine se i Comici Italiani senza declamare possino recitar tragedie. […] Baron, non potrà tanto imitarlo che discendino al di lui familiare, e se una volta potrà farsi un misto della tragica ed inverisimile dignità francese, con un poco di vero e di natura, felici gli spettatori che lo ascolteranno.
Lo stesso Fiorilli, il famoso Scaramuccia, è ricordato negli annali del teatro, con parole di alta ammirazione e di alto stupore ancor più per lo schiaffo ch’egli sapea dare col piede a ottantatrè anni, che per la prontezza e sottigliezza delle risposte. […] Dal giardino di Corte si sale su al Castello di Trausnitz, che il Principe, assieme a Federigo Sustris, un olandese di nascita, venuto a posta dall’Italia, ha con fine sentimento di arte ornato di quadri magnifici, vestendolo de’ più eleganti e civettuoli abiti della Renaissance italiana, e rendendolo così un luogo di delizie e di ricreazione : un incantevole rifugio, dove la natura e l’arte e il ricordo de’ tempi antichi avvincono fortemente il cuore del visitatore. […] Massimo Trojano, quando appunto la commedia italiana pareva metter per opera di questi tre, intelligentissimi, radici solide e profonde nella Corte (si vuole che lo Scolari fosse uno Zanni perfetto), spirito bizzarro, irrequieto, indipendente, rimproverato da un collega in Landshut, il violinista italiano Battista Romano a cui doveva danaro, per la sua vita oziosa e sregolata, tócco nell’orgoglio, appostò un giorno l’odiato nemico, e lo freddò con un colpo di fucile. […] Ma le rappresentazioni non andavano troppo in lungo ; chè, nell’anno 1575, visto il dissesto nell’amministrazione di Corte (il giovane principe, non troppo misurato nelle spese, aveva già un debito di 229,375 fiorini), si determinò di licenziare 51 persone del seguito, fra le quali e i nostri saltatori e lo stesso Scolari : e con essi probabilmente se ne andò gran parte della vita gaja e gioconda di Trausnitz. Fu l’anno dopo, 1576, che il Duca, forse a perenne ricordo di quella giocondità, omai dileguata per sempre, fece istoriare il soffitto della camera da letto, di cui diamo un saggio nella qui unita tavola colorata, e la grande Scala dei buffoni (Narrentreppe) con le più comiche e svariate scene della commedia dell’arte ; e di quella probabilmente rappresentata da Orlando di Lasso, da Giovan Battista Scolari e da Massimo Trojano, della quale ci ha lasciato quest’ultimo in un suo dialogo la descrizione particolareggiata.
A Padova, innamoratosi di un’attrice della Compagnia Boldrini-Peracchi, si scritturò a prova secondo amoroso contro il volere del padre, e aiutato segretamente dalla madre ; ed esordì con la parte di Egidio nelle Scimie di Gherardi del Testa. […] E il successo fu pieno : e anzichè tornarsene a casa, il giovine artista fu confermato con una paga che gli desse da vivere ; e indi a poco egli fu primo attor giovine. […] Il primo anno fece società con Francesco Coltellini, da cui essendogli pervenute alla resa dei conti cinque o seimila lire di guadagno, oltre a quel tanto da vivere che s’ era assegnato giornalmente per sè e la moglie, si sciolse amichevolmente, e diventò capocomico solo, mettendo subito piede al primo teatro di prosa di Milano (ora Manzoni) il settembre, e all’Arena Nazionale di Firenze la primavera. […] Egli andava assiduamente a frugar nelle vecchie commedie per rinsanguare il suo repertorio ; e quelle, cito ad esempio la Famiglia Benoiton di Sardou, metteva in iscena con la importanza di una novità ;… alla prima rappresentazione di esse, accortamente preparati, la stampa e il pubblico accorrevan in folla a dare il lor giudizio come si trattasse di grande avvenimento. […] Distribuite le parti e letta la Commedia, venne alla prima prova con un foglio, ove eran segnati meccanicamente nelle scene più confuse i movimenti de'singoli attori !
Attore di qualche pregio per la maschera del Dottore che sosteneva alternativamente con quella del Brighella. […] Aveva con sè la moglie Paolina nata Faccioli, che recitava le seconde donne al fianco di Chiara Cardosi.
Amava la Commedia con passione, era di natura eloquente, ed avrebbe molto ben sostenute le parti degli amorosi all’improvviso secondo l’uso d’Italia, se la sua figura e grandezza avessero corrisposto ai suoi buoni talenti. Corto, grosso, senza collo, con occhi piccoli, e con un nasino schiacciato, era ridicolo nelle parti serie, e i caratteri caricati non erano alla moda. […] , I). » La qual cosa concorderebbe con quanto ci fa sapere il Casanova sulla minor figliuola dell’Imer, Teresa, « figlia d’un comico che abitava in una casa presso il palazzo del senator Malipiero, e le cui finestre davan sulla sua camera da letto.
Suscita col suo dir gioje e terrori ; pronuncia ad un sol cenno e pace ed ira ; sveglia con un sol guardo odj ed amori. […] Probabilmente questo sonetto fu scritto del ’72, un anno avanti la pubblicazione delle rime del Vestamigli, quando cioè l’Isola si trovava a recitare a Bologna con Angiola Isola, con la D’Orsi, i Broglia, Milanta, Cimadori, e Riccoboni. […] La Duchessa di Parma scrive a suo fratello, il Principe Rinaldo d’Este, il 16 aprile del ’77, ricusando di concedergli Lavinia, la mancanza della quale produrrebbe troppo sconcerto nella Compagnia del Duca ; e la ricusa un anno dopo Ranuccio Farnese in persona al Duca di Modena che la voleva con Lelio suo marito per mandare a Londra.
Dimenticati dalla famiglia comica, si stabilirono a Torino ; il padre con un impiego di copista, le due donne ad agucchiare per la sartoria del Teatro Regio. […] A quindici anni, la Compagnia Diligenti-Pezzana l’accoglieva con amore ; e nel 1885 nella parte di Edith del Figlio di Coralia debuttava applaudita al teatró dei Rozzi di Siena ; continuando negli anni successivi, colle Compagnie Novelli, Pasta e Drago, a rafforzare sempre più la sua delicata fibra d’artista. […] D'ingegno pieghevolissimo, passò con singolare sicurezza e rapidità ai generi più disparati, riuscendo interprete felice della nuova scuola. […] Le più che festose, entusiastiche accoglienze di Madrid e di Barcellona la compensarono a esuberanza de'tristi anni della fanciullezza, che, tra le acclamazioni di un popolo artista, le torneranno alla mente con naturale e vivo compiacimento, sentendo di dovere a sè sola, alla sua tenacità, al suo amore per l’arte, all’ingegno suo, se potè da quelli balzar nella vita presente tutta intessuta di rose.
Ebbe allora un’avventura di amore con una gran dama, che colmavalo di favori e doni. […] Ognun qui vive a suo talento, ognuno arbitro di sè stesso, e di sè pago trae con semplice vita ore gioconde. […] qual dardo che dall’arco sortì, corre, e s’invola, e porta omai senza sentirne orrore tutta con sè di questo cor la pace. […] Io son tradita, son disperata, e il mio dolor soltanto che mi lacera il cor, può con un colpo la morte annichilar.
Altezza di Vittorio Amedeo Duca di Savoja, e per tirar assai bene a gli uccelli in aria, e correr con qualche grazia e velocità a' cervi, et averne ucciso alcuno, è stato honorato oltre alli molti regali d’un singolar appatente di poter levar cavalli dalla Ducale Scuderia a suo beneplacito, e cacciar in ogni luogo riserbato a Sua Altezza Sereniss. con priuilegio, che per qual si uoglia bando, che potesse sospender la permissione a priuilegiati da S. […] E…. » L'ultima notizia riguardante Nicolò Zecca è dell’aprile '70, quando Ranuccino Farnese per compiacere alla Corte di Mantova, lasciavale il Capitano Fiala (V.) con tutta la famiglia, affinchè si unissero in Mantova con lo Zecca, e formassero una buona Compagnia (V.
Cuniberti Luciano, torinese, uscito da una società di dilettanti, fece le sue prime armi in arte con Gustavo Modena. […] Bellissimo della persona, era noto in arte per la strana rassomiglianza ch’egli aveva con Napoleone I.
Paullo Rigetti, bolognese, che abitò con la Camia, la de Massi, l’Anelli da Domenico Torni ; e al 5 maggio '91 Gio. Paolo de Rigetti, del Friuli, con un ragazzo, che si fermò due giorni soltanto, e alloggiò all’Albergo della Fortuna.
Il signor Bettini dacchè è stabilita la Compagnia Reale fa sempre il primo amoroso giovine : e quantunque qualche cosa siasi sempre detto sul suo conto, si è sempre concluso che era il meno cattivo, e fu ed è il più ben pagato di tutti gli amorosi attuali nella Comica Italiana, quindi niuno mi ha mai detto di cangiarlo, bensì io più che altro in obbligo di conoscere i bisogni della mia Compagnia, ho cercato fra gli Accademici, se si poteva trovare uno che con decoro potesse servirgli di supplemento ; nei Commedianti era inutile cercarlo ; non ci è assolutamente : trovai, per mala mia ventura, il sig. […] Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
Dopo di aver fatto parte delle primarie compagnie Taddei, Righetti e Bazzi, ne formò una egli stesso in società con Pietro Solmi e Giovanni Pisenti, colla quale si trovava il 1820 al S. […] Maroadi, generico dignitoso Filippo Bresciani Angelo Pisenti Generici Lodovico Mancini Angelo Mancini parti ingenue Luigi Barbieri, poeta e rammentatore Filippo Margoni, guardarobe Lorenzo Zavagna, macchinista La Compagnia recitava ora allo scoperto, di giorno, ora in teatro chiuso di sera, cercando di contentar tutti i gusti con commedie di carattere e con drammi spettacolosi che avean per base l’inverosimile.
Stringer con quella mano, onde tu stringi un finto Scettro, un vero Scettro merti. […] L’anno 1634 era in Bologna a recitare, e fu distinta con poetiche lodi nel Libretto intitolato : La Scena Illustrata, composizioni di diversi. […] Recitò ivi con molto applauso una faticosa commedia, intitolata : La forsennata Isabella (La pazzia d’Isabella ?)
Zingari della commedia dell’arte essi si sbandavano paurosamente, a quando a quando, come, nel verno, soffiasse sulla loro straccioneria la raffica della miseria, livida nemica di Talia ridente, oppur come – impensierito da’ reclami dei padri di famiglia che vedevano i lor figliuoli impegolati fra le attrici – il severo Tanucci fulminasse la banda comica con decreti di immediato scioglimento. Domenicantonio di Fiore conquistava, è vero, la celebrità, ma battagliava con la fame. Gli cascavan davanti gli amorosi, pallidi e allampanati, i suoi vecchi padri serii si trascinavan, moribondi, sul palcoscenico, Cola e Coviello ridevano giallo e la stretta sorveglianza degli Scrivani dell’ Udienza impostati, con tanto d’occhi aperti, sul palcoscenico, impediva alle servette la pratica fruttuosa de’loro infiniti adoratori.
Annunzia al Grisanti che non potendo avere il carnovale di Roma, procurerà in ogni modo di ottenergli quello di Venezia, e raccomanda la pace in compagnia (il Grisanti con lettera delli 28 maggio gli aveva scritto di certi dissapori), minacciando di castigare i perturbatori alla forma che meritano. […] Forse a codest’ epoca egli era con la Marzia Fiala, giacchè nella lettera di Bevilacqua, accennata al nome di Gerolamo Chiesa, e in data appunto del 9 aprile 1664, troviamo la frase : « il dottor Violone (non Chiesa) confermò sempre la parola di essere con Mario primo Inamorato della signora Marzia…. »
Desta con un sospir mille sospiri, e con mentito ardore infiamma e coce. […] E con nuovo amoroso alto stupore e lega l’alme, e le sue note scioglie, slega la voce, e fa prigione il core.
Morto il marito, passò a seconde nozze con Camillo Friderici, amoroso egregio, e si diede a sostenere i caratteri di servetta con molto plauso nella Compagnia di Pietro Ferrari, Innamorato e Arlecchino (1782).
Fu il 1875 con Emanuel-Pasquali ; poi con Giuseppe Pietriboni, dal quale, dopo una cattiva prova al Teatro Valle di Roma, si tolse a principio d’anno, per finir colla moglie, una giovane dilettante torinese, in America, ov’egli si fece direttore di filodrammatici, e ove, dopo pochi anni, morirono entrambi ancor giovanissimi ;
Moglie del precedente. « Recitò questa comica – dice il Bartoli – nel carattere della serva con molto spirito ; e dopo d’aver passato un lungo corso di comiche vicende, toltasi alla professione, morì nella città di Bologna. » È questa dunque la bruna fresca e vezzosa del Goldoni, che faceva col Ferramonti le Colombine (V. sopra), e che era a Rimini il ’43 con la Casalini.
Recita (1781) nella maschera dell’arlecchino con qualche spirito ; travagliando altresì ne'caratteri caricati con buona grazia.
A questo infatti, col mezzo del signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fece, il 21 dicembre '99 da Parigi, l’invito formale di recarsi nel suo regno, promettendogli ogni buon trattamento : e l’invito fu accettato per la Pasqua vegnente, e il Duca Vincenzo I il 19 aprile raccomandava con ogni calore al Duca d’Aiguillon e al Duca di Nevers i suoi bonissimi recitanti. […] È composto di 70 pagine in 40, inquadrate da un doppio filetto bruno, e pressochè tutte bianche, con in testa le parole COMP. […] Un mezo (C) Niente, Con un (O) Niente entiere, Accompagnato con un (RE). […] Contro il Tesoriere dalla mezza collana, al quale accenna, s’era già scagliato Arlecchino in un poscritto di altra lettera con data di Mantova, 3 dicembre 1611, in cui lo chiama cane cornuto, e gli prepara un purgante per renderlo uomo dabbene. […] Morì nel '30 a settantacinque anni circa, e nella soprintendenza de' comici, escludendosi questa volta i virtuosi del Monferrato, furono confermati i figliuoli con decreto del 13 settembre 1639.
Minor fratello del precedente, recitò con lui nell’ accademia de' fortunati, sostenendo le parti di serva. […] Fu a Napoli più anni ; poi entrò nella Compagnia della Tesi col fratello, con cui era sempre nel 1781.
Tiranno il 1843 nella Compagnia di Alberto Tessari, colla moglie Angiola seconda donna e il figlio Teodoro generico, era con la famiglia e negli stessi ruoli il '51 con Giuseppe Astolfi.
Altro figlio di Andrea, marito di Elisa Duse, artista mediocre, era il 1848 con la famiglia in Compagnia Lipparini, col ruolo di generico. […] Il '69 era con la moglie prima donna in Compagnia Carbonin, diretta da Antonio Giardini, e il '76 in quella di Luciano Cuniberti.
Moglie del precedente, sostenne nella Compagnia del marito le parti di prima donna, con molto favore del pubblico, specialmente per le commedie improvvise. Rimasta vedova, condusse per due anni ancora la Compagnia ; poi passò a seconde nozze con un agiato mercante di Milano, col quale visse ritirata dall’arte fino al 1761, anno della sua morte.
Figlia di Tommaso Monti e seconda moglie del precedente, recitò con molto plauso le parti di donna seria, e fu, dopo la morte del marito, in Compagnia di Nicola Petrioli per varj anni. […] Viveva ancora al tempo del Bartoli (1782) recitando tal volta, ma fuor dell’arte, e campando la vita con sussidj di parenti e di qualche pietoso capocomico.
Figlia di un apparator teatrale, e moglie del precedente, che sposò a sedici anni nel 1883, scritturandosi con Ettore Dondini in qualità di seconda amorosa. Dopo di essere stata seconda donna, prima attrice giovane e prima attrice, in compagnia del marito, cui tutta è legata la sua vita artistica, e con cui sempre divise ansie e dolori, privazioni e soddisfazioni, andò quest’ anno a far parte della Compagnia Vitaliani, quale seconda donna e prima dopo la scelta di lei.
Il Moland, non sappiamo con qual fondamento, gli dà il nome di Marco. Egli, marito dell’ Aurelia, Brigida Bianchi, si era recato con la Compagnia Locatelli a Parigi, ove morì il 1660.
E siccome tali esempli di errori e di bellezze vanno alla giornata moltiplicandosi, fa mestieri tenere istruita tratto tratto la gioventù de’ continui passi che con felicità o traviamento si danno nelle arti. […] E sanno finalmente che i migliori delle nazioni antiche e moderne in ogni tempo fecersi un pregio, e forse un dovere di contribuire co’ loro lumi al miglioramento del teatro, e se ne occuparono con proprio piacere e con altrui vantaggio. […] Temistocle contribuì a far eseguire con ogni splendidezza gli scenici spettacoli. […] San Gio: Crisostomo con compiacenza leggeva le commedie di Aristofane; San Girolamo quelle di Plauto; il Sinesio ne compose alcune sulle orme di Cratino e di Filemone; Apollinare imitò Euripide e Menandro. […] Laonde o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surrtferite deformi maschere, o aver sortito dalla natura madrigna la comprensione di un semplice Tinitiva dell’Orenoco, per non capire l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere di un genere poetico cosi difficile, così nobile, e con tanto ardore e buon successo maneggiato da filosofi grandi, da prelati, da cardinali, da più egregi repubblicani Greci e Latini e di ogni nazione e di ogni tempo.
Sosteneva la maschera del dottore, « rappresentando – scrive il Bartoli – l’avvocato dei poveri con valore ed energia. » Fu in varie Compagnie, fra cui quella di Pietro Rossi e di Gerolamo Medebach. […] Fu artista pronta e vivace nelle parti di serva, che sostenne sempre al fianco di suo marito. « Rappresentava – dice il Bartoli – lo Spirito folletto con molto impegno. »
Fu con Vincenzo Bazzigotti al fianco dell’Ugolini che gli fu largo di savi ammaestramenti nell’arte comica ; e con Costanzo Pizzamiglio, col quale stette più anni, non solo come attore, ma anche adoperato da’ suoi Compagni — dice il Bartoli — negli affari della Truppa, avendolo esperimentato per un Uomo di spirito, e ne’proprj divisamenti utilissimo alla società.
Nel’ 19 fu a Tolentino con lo Zuccato e la Zannarini, e s’ebbe lodi moltissime. […] Fu prima donna con Luigi Vestri, poi seconda donna di nuovo col Fabbrichesi, col quale restò fino all’anno in cui lasciò definitivamente le scene, che fu il 1827.
In una delle quali fu conosciuta e sposata dal Fabbrichesi, con cui stette sino alla morte di lui, preclara madre nobile, e ottima caratteristica. Si scritturò pel triennio 1828-29 e 30 con la società Tessari.
Fu una prima donna assai rinomata, specialmente per le parti goldoniane, che sostenne acclamatissima nelle prime città d’Italia, e a Malta, e a Barcellona, ora sola, ora in società con Vincenzo Bazzigotti, con cui stette più anni.
Moglie del precedente, nata Lenzi, recitava con molto brio le parti di servetta. […] Firenze, Bemporad, 1898), il quale ci fa anche sapere che la Parrini era divisa dal marito e conviveva con Ercole Gallina, il primo attore, da cui ebbe il 3 gennaio del '26 una bambina che le morì il 7 successivo.
Cassiano di Venezia, ove con commedie di particolar fatica si fece buon nome, diventando poi socio dello stesso Medebach, col quale stette lungo tempo. […] Era parte principale della Compagnia, a vicenda con un Domenico Camagna, suo figlio Antonio, che sposò poi al terminar di quell’anno la celebre Anna Fiorilli (V.).
Dico così perch’io imprenderò a trattare lungamente della musica degli antichi, e di quanto ha relazione con essa. […] Con questo metodo così semplice ho veduto operarsi i più meravigliosi effetti. […] Potremmo eziandio comparare allora i nostri tuoni con quelli degli antichi, e venirne a capo, avvegnacchè io non possa convenire con M. […] Mi fo lecito d’assicurarvi, o Signore, che trattando siffatta materia, io cercherò di farlo con quel candore e con quella imparzialità che si richiede da chi ama e tiene in pregio il bello, ovunque lo ritrova. […] S’é il poeta che parla solo, e che racconta, con qualche verosimiglianza si passa dal racconto all’azione?
L’azione è ben condotta e trattata con energia, e i caratteri si sostengono con nobiltà e si esprimono con forza.
), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon. Comunque sia, l’Angelica nostra era la colonna della Compagnia dei Comici Uniti, quando nel 1580 si unì a Bergamo per qualche giorno con quella dei Gelosi ; nella quale occasione Cristoforo Corbelli dettò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il core, far, ch’Angelica un poco senta ne le sue fiamme il vostro foco : che, com’aspide chiude sordo agl’incanti le sue orecchie crude.
Vestiva con tanta attillatura – dice Francesco Bartoli – che fu l’esempio del buon gusto alle donne in allora sue compagne. […] Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Molte compagnie l’ebber con sè attrice comica e compagna incomparabile : dalla prima, come s’è detto, del Peracchi, a quella stabile napoletana dello Squillace (1898). […] Recitò con pari ardore e con pari coscienza la Madama Bonivard delle Sorprese del divorzio, in cui trasse assai profitto dall’antico studio della danza, e la Clitennestra dell’ Oreste, la Cesarina del Figlio di Coralia, e l’Ofelia dell’Amleto.
Dopo alcune recite al Teatro Partenope, fu scritturato da Adamo Alberti a' Fiorentini, quale amoroso a vicenda con Luigi Monti, assumendo alla sua partenza il ruolo di primo attor giovine a fianco della Sadowski, della Cazzola, della Monti, di Taddei, di Alberti, di Bozzo, di Majeroni, di Tommaso Salvini, di Angelo Vestri, di Marchionni e di Virginia Marini, con la quale passò poi in Compagnia di Alessandro Monti. […] Giovane colto, si adoperò con qualche suo scritto in pro dell’arte drammatica, alla quale, non ostante il posto che oggi occupa di rappresentante di una compagnia d’assicurazioni, è sempre legato di vivissimo affetto.
Svegliatissima di mente, di spirito pronto, ebbe attitudini singolari alle parti comiche, che coltivò amorosamente sul tardi, acquistandosi con Niniche, Ma Cousine, Femme à Papa, e altro, il nome di Iudic italiana. Recitò come tutti i figli d’arte, piccolissima ; poi fu messa in collegio a Milano, dal quale uscita, tornò a recitare, esordendo al Carcano con la parte di prima donna nel Cavalier di spirito di Goldoni, in Compagnia di Adelaide Ristori, colla quale visitò Londra, Parigi, Barcellona. […] … Sembrò a tutti e per un pezzo ch'ella dovesse avere il cuore invulnerabile ; ma un bel giorno con universal sorpresa, si ammogliò al bello e forte attore Andrea Maggi, dal quale poi si distaccò artisticamente avendo così diverse le attitudini e le aspirazioni !
Non grande artista, era veramente una grandissima attrice : alla mancanza del temperamento che non le concedeva lo scatto inatteso, geniale che suscita gli entusiasmi, suppliva con una forza di volontà singolare, accogliendo sommessa i consigli, gl’ insegnamenti assimilandosi, e le parti più disparate analizzando, sminuzzando con tal cura affettuosa, da acquistarsi la benevolenza e l’ammirazione de' pubblici più severi. […] Così furon commedie predilette e da lei e dal suo pubblico Le prime armi di Richelieu, Il Positivo, Il Cantico, Il Bicchier d’ acqua, I nostri buoni villici, La Sposa sagace, ecc. – Nel primo anniversario della sua morte (21 febbraio '93) il marito raccolse con pietoso pensiero in un volume, che pubblicò a Palermo pei tipi del Barravecchia col titolo In Memoriam, quanto fu scritto e stampato nelle sue esequie dagli amici, dalla critica, dall’ arte tutta.
Qui venga il folle, e nel sentir la forte Faconda Donna sostener l’impresa Con cor virile, e con maniere accorte : Vedrà la Donna della Fè custode, Costante all’uopo, e di valore accesa, Che il bel Sesso gentil merita lode. […] Le scene violente ch'ella ebbe di continuo con lui per vedere la eredità paterna insidiata da ridicoli amori, resero incompatibile la sua dimora in Compagnia, sicchè, avanzando negli anni, determinò di togliersi col marito dalla professione.
In fatti sotto gli Antonini non troviamo mentovati con applauso se non Q. […] Libere, delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e volto gioviale. Se l’austero, imperioso dispotismo (ch’è tutto l’opposto della moderata sovranità de’ tempi moderni) le atterrisce, si arretrano, perdono il brio, divengono taciturne e finiscono con volgere in altro cielo il volo per cercare aure meno ingrate, clima men rigido e più ospitale e dolce nido. Ottimamente ad altro proposito cantò Pope nel IV canto del suo Saggio di Critica, secondo il volgarizzamento di Gasparo Gozzi: Sotto un colpo istesso Roma cadeo con le belle arti insieme. […] Los Arabes y Moros , diceva, fueron eth’las representaciones con hechos, gestos y palabras muy excelentes…. como se harà ver quanda se publiquen las reliquias de su litteratura, que por felicidad grande se han hallado poco ha en la famosa Libreria del Escorial, y aun sin es llas se puede provar con nuestras historias.
Anzi da Ateneo vien biasimato di aver il primo introdotto con mal esempio le persone degli ubbriachi nella tragedia, e da Aristofane nelle Rane atto V, sc. 1, fu condannato di frase asaphis non intelligibile per bocca di Euripide. […] Oltre alla prefettura di Samo ebbe Sofocle l’onore di esser fatto Arconte di Atene, e attese con lode al governo della Repubblica. […] Plutarco però nell’opuscolo de Poetis audiendis riconosce in Euripide una certa loquacità; ed Aristofane nella Pace lo tassa col nome di Causidico più che di Tragico, facendo maggiore stima di Eschilo e di Sofocle, perchè questi aspirano con molta felicit à sempre all’altezza elocutoria. […] Fralle altre cose rare vi si trova paragonato con somma finezza di giudizio Aristofane a Catilina e a Narciso, e antiposto Lucano a Virgilio, il quale anche graziosamente viene accusato dal Sig. […] Platone per mostrare più particolarmente la stima, ch’egli faceva di questo poeta, gli diede il miglior luogo nel suo Convito, ch’è uno de’ suoi più belli dialoghi, e mette sotto il di lui nome il bel discorso, ch’egli fa dell’amore, dando con ciò ad intendere che Aristofane era il solo che potesse con vaghezza e diletto parlare di questa passione.
Che l’Etruria fosse fiorita prima della Grecia, e che a questa dato avesse molte arti e scienze, viene quasi ad evidenza provato con autorità e ragioni dal ch. […] Il Tafuri con molta probabilità pretende che fosse nelle vicinanze della città di Taranto, e che dalle ruine di essa sorgesse la terra delle Grottaglie. Altri anche con assai verisimiglianza sostiene, che fosse nel tenimento di Francavilla, ove oggi vedesi Rodia, che ne ha conservato il nome, e che trovasi a sei miglia ugualmente distante dalle montuose città d’Oira e di Ceglie, e diciassette in circa da Brindisi. […] Or quando noi le leggiamo, non ci dispiacciono esse già; che anzi ci sembrano con lepore e con eleganza composte. […] Un cert’altro letterato Francese di tal fatta, in un circulo d’uomini e di donne, gravemente affermò ancora, aver letto con sommo piacere l’Euripide di Sofocle.
Il suo nome cominciò a esser proferito con lode sul finire del ’67, insieme a’grandi interpreti dei Mariti di Torelli, in cui rappresentava mirabilmente il personaggio del Duchino Alfredo. Passò poi al ruolo di brillante che sostenne con favore sempre in buone compagnie, or socio ed ora scritturato : sposò l’Amalia Checchi, larga e gentil promessa di artista, e, in seconde nozze, la Laura Tessero, sorella della celebre Adelaide e vedova di Olinto Mariotti.
Recitò con molto plauso le parti di prima donna, nonostante la figura soverchiamente pingue. Fu in Portogallo nel 1770 col Paganini, poi, tornata in Italia, con varie Compagnie, fra cui quella del Bazzigotti.
Lo vediamo in quest’ ultima qualità il 1836 con Luigi Taddei. […] Sposatosi già in là cogli anni a una certa Giannuzzi, fu lungo tempo, con lei seconda donna di spalla, amministratore di Bellotti-Bon, dal quale si allontanarono per recarsi a Torino.
È citato dal Bartoli più come ingegnoso autore, che come attore, benchè recitasse con qualche abilità nelle commedie improvvise. Lasciò varie opere manoscritte, fra cui la Medea in Corinto, una parodia dell’Amleto con le maschere, e Una le paga tutte, commedia di carattere di cui ha copia la Biblioteca comunale di Verona.
È citato dal Baschet come capocomico in Francia del 1583 all’Hotel de Bourgogne, ma con poca fortuna. […] Una lettera dell’ Arlecchino Martinelli a un famigliare del Duca di Mantova, con data di Cremona 4 decembre 1595, ci dà notizia di questo comico in Compagnia della Diana, al quale il Martinelli fa indirizzar le sue lettere per maggior sicurezza.
Scrisse il 1735 Ottaviano Trionfante di Marc’ Antonio, dramma-parodia, che fece rappresentare da' suoi compagni con la musica del Maestro Maccari. Nel '36 sostenne con molto successo la parte di Uranio, maggior sacerdote di Apollo nella tragicommedia : La clemenza nella vendetta.
Pieri-Cristiani Amalia, figlia dei precedenti, cominciò a recitar quindicenne nella Compagnia che suo padre aveva in società con Vedova. Col padre capocomico, assunse il ruolo di prima donna giovine, e prima donna, nel quale fu scritturata a' Fiorentini di Napoli, a vicenda con Carolina Colomberti, sotto la celebre Tessari.
Fu sempre con lui a tutto il '24, cominciando a recitare le parti di madre in Compagnia Vestri. Il '25, scritturato il Venier coll’Internari, ella si scritturò con Tommaso Zocchi ; poi si riuniron di nuovo, fuor delle scene in Verona, città natale del marito, dov'ella morì verso il 1830.
A dieci anni, quando i parenti si trovavan con Benferreri al Tordinona di Roma, esordì con molto successo in una piccola parte di pulcinellino : poi seguì i parenti in Sicilia, passando in mezzo alle tribolazioni di ogni specie pel lungo periodo di otto anni. […] Fece i suoi primi passi alla celebrità nella Compagnia Solmi e Pisenti, creandovi per cortesia del Pisenti, brillante, la parte di protagonista nel Diplomatico senza saperlo di Scribe, con tal successo, che a poco gli fu dagli accorti capocomici passato il repertorio intero del brillante, nel quale il Dondini potè di punto in bianco mostrarsi artista preclaro. […] Avea fatto mezza la parte all’apparire in scena, (in arte lo chiamavano buzzo, a causa della sua splendida pancia) l’altra metà la faceva, dicendola, con una semplicità di mezzi sorprendente.
Esordì nella Compagnia di Pietro Rossi con parti di poca importanza, nelle quali però die' subito a vedere a qual grado sarebbe salita col volere e lo studio. […] Destata poi l’invidia della prima donna della compagnia, artista provetta, ma già vecchia, non fu riconfermata dal Paga- nini, e tornò con Pietro Rossi, col quale a Livorno, a Parma, a Verona, s’ebbe i maggiori onori nelle cose studiate e improvvise. […] Ond’oggi il mio desir più non v'ascondo, il qual con prosa incolta e bassa rima, tenta innalzarvi, e farvi eterna al Mondo. […] II), il quale, accennando al fatto che la Manzoni, da lui scritturata pel Sacchi, si sciolse poi dall’impegno, vinta dalle supplicazioni e dalle lagrime de' suoi compagni e delle sue compagne, che vedeansi alla rovina, abbandonati da lei, conchiude : Ella ha abbandonata in età giovanile la comica professione in cui si distingueva dalle altre attrici, per abilità, e per educazione, pochi anni dopo l’accennato accidente, e s’è ben meritata la fortuna che la pose in istato di poter fare un tal passo, per dedicarsi, com’ella fa con tutto lo spirito, a istillare in due suoi figliuoletti, le massime più austere della virtù sociale e spirituale.
Girelli Giacomo e Anna, veronese il primo, suggeritore e attore, fu con Pietro Rossi, col Lapy, colla Battaglia e con altri.
Generico primario pel triennio del 1843 e '44 con Corrado Vergnano, lo vediamo il '46 Direttore, Primo Attore e Conduttore di una Compagnia, della quale era primo ornamento Adelaide Ristori, e facevan parte la moglie Adelaide Laugier, dilettante bolognese, e i minori fratelli, Francesco e Alessandro, generici (che vediam trent’anni dopo, conduttori della Compagnia Alessandro Manzoni), e il vecchio padre Tommaso. Avanzato in età, ritornò alle parti di generico, e lo vediam tale il '68 nella Compagnia del brillante Tommaso Massa, con una Elisa Zocchi, forse figliuola.
Sposatasi con Tommaso Grandi, comico notissimo sotto il nome di Pettinaro, divenne comica anch’essa di qualche pregio, valendosi di quando in quando, e con molto profitto, dell’arte musicale…., giacchè, suonatrice egregia di pianoforte, sapeva mescolare nelle commedie or qualche pezzo di musica, or qualche arietta che la faceva meglio accetta al pubblico.
Si rileva da una lettera dell’Archivio di Modena, scritta da Parma a quel Duca da Ranuccio Farnese il 1° aprile del 1678, come Auretta e Mezzettino, comici dei Farnesi, fossero stati accordati per un anno all’Abate Grimani, dietro istanze del Duca di Modena espresse con lettera del 24 marzo. […] Fabrizio) a vicenda con Colombina, moglie di Bagolino (?)
Passò il ’41, e nello stesso ruolo, nella Compagnia Reale Sarda, al fianco di Amalia Bettini ; il ’47 era madre coi soci Internari, Colomberti e Fumagalli ; madre e caratteristica il ’56 con Ernesto Rossi, poi a Parigi il ’57 colla Ristori. […] Ricordo ch’ella mi mostrava, giustamente fiera, un magnifico ritratto di Alessandro Dumas con una affettuosa dedica.
Fu secondo brillante un triennio ; poi brillante assoluto con Eleonora Duse (che abbandonò un solo anno per entrare con Ermete Zacconi), fino a tutto il carnevale del 1899.
Esordì nella Compagnia di Angelo Canova ; fu colla moglie, Maria Pompili, divenuta comica anch’ essa, e con un figliuoletto, Luigi, in quelle di Carlo Mancini, di Giuseppe Colombo, e di Francesco Lombardi, con cui fece quasi tutto il giro della Sicilia, nella quale poi, a Noto, morì l’anno 1846.
Ritornato a Firenze, recitò nel Teatrino della Piazza Vecchia, ed oggi scorre l’Italia con la Compagnia di Giovanni Roffi, facendo sempre più conoscere con certezza i teatrali meriti suoi.
Compiuto un corso regolare di studj, s’ innamorò di una giovane comica venuta in Cortona con una compagnia di infimo ordine, e la sposò. […] Si scritturò poi il ’24 con Luigi Fini, qual secondo caratterista, dopo la scelta di Domenico Verzura. […] Tornato sulle scene, vi fu poi applauditissimo, dal ’37 al ’40, con Luigi Domeniconi ; che, scritturatosi a’ Fiorentini, e non volendo pagar penali agli artisti, gli affidò pel ’40 41-42 la condotta e direzione della sua compagnia.
So che quando fu per andare in Francia con la sua compagnia, fece chiara e gagliarda protesta a’ compagni, che nol levassero d’Italia, se non avevano animo risoluto di recitare modestamente. [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img159.jpg] Questo buon comico aveva un figliuolo unico, a cui propose con affettuosa esortazione la fuga dalla vita pericolosa secolare, ed il ritiramento alla religiosa, ed ebbene l’intento, vedendolo fatto Religioso zoccolante. Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Egli secondo Eliano prima di tutto dedicarsi alla filosofia scrisse tre tragedie e une favola satiresca, per concorrere con una tetralogia nel certame tragicoa. […] L’oratore Teodette, il quale con Teopompo e Naucrite concorse nel certame panegirico instituito da Artemisia in onor di Mausolo, compose fralle altre una tragedia bene applaudita intitolata Mausolo, la quale a tempi di Aulo Gellio ancora si leggeva. […] Si segnalarono in tal carriera in Atene Platina, due Carcini, un altro Euripide cui Snida attribuisce dieci favole, con due delle quali riportò la tragica corona. […] Dionisio il maggiore tiranno siracusano compose varie favole tragiche che niuno volle con lui tener per buone. […] La di lui eccellente edizione col testo si esegui nel 1792 in Parma con i caratteri del riputato Giambattista.
Nato a Feltre il 27 marzo del 1854 da Giovanni e Rosa Milliacci, non comici, dopo di aver recitato fra i dilettanti, con buona riuscita, fu mandato alla scuola di declamazione di Firenze, d’onde uscì dopo due anni, per entrar poi nell’arte, per modo di dire, in una modesta compagnia, condotta, se ben ricordo, da un cotal Silvano. […] Questa morte si rende anche più pungente di commozione per la famiglia dell’arte, poichè Libero Pilotto apparteneva alla breve e egregia schiera di quelli attori che alla fortuna e alla dignità della comica cosa pigliano particolare interesse ; egli, con la fede e l’entusiasmo degli ottimi. Infatti tutto quanto il miglioramento della classe interessava non lo trovava indifferente : e discuteva, scriveva, sempre con quel cuor di galantuomo sulle labbra, e con una visione alta e nobile per il bene e per la gloria del palcoscenico. […] Era l’ '87 al Valle di Roma con Petronio Zanerini, e creò il 16 gennajo la parte di Eumeo nell’Aristodemo, e il carnovale dell’ '88 quella di Zambrino nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Monti (V.
Vero è che in Plinio si vede che altri l’attribuisce a’ Greci, che da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. Ma, secondochè bene osserva il Maffei nel Ragionamento degl’Itali primitivi, a chi venne con Demarato si attribuisce altresì in parte la pittura, e pure, per osservazione dello stesso Plinio, era essa già perfezionata in Italia molto innanzi, come abbiam veduto. […] ; eravi dall’altra un lupo che teneva sotto un agnello con un bastone nel mezzo. Il signor Denina par che abbia scritte le ultime sue cose in fretta, fermandosi sul primo pensiere senza esaminarlo, come può comprovarsi con varie osservazioni sull’indicato Discorso, e sul Proseguimento delle Rivoluzioni d’Italia. […] Denina che con tutta la posterità non ne ha veduta nè anche una.
Figlia dell’arte, e moglie del capocomico Gioacchino Petrelli, il quale vediam già nel 1800, a dar quaranta recite con la sua Compagnia a Tolentino, riuscì una egregia prima donna per compagnie di second’ordine. […] Formò nel '30 in società con l’artista Natale Fabbrici una Compagnia primaria, che condusse per varj anni, finchè non ebbe abbandonate col marito le scene. – Si ritirarono entrambi a Venezia, ove morirono tra il '40 e il '50.
Nata a Chieti il 28 dicembre dell’anno 1874, entrò quattordicenne alla Scuola Maria Lætitia di Torino, diretta da Domenico Bassi, e vi stette un anno e mezzo, scritturandosi poi prima attrice giovine, dal '91 a tutto il '92, con Giovanni Emanuel. […] Esuberante di vita, ricca d’ intelligenza, benevolmente accolta dai pubblici come una gentile promessa, ella avrebbe potuto con perseveranza di studi, toccar la meta desiderata, ma alla vita turbinosa della scena preferì la serenità degli affetti domestici.
Si ampliò poscia e si prolungò dal marchese Enzio Bentivoglio, e si rendè capace di tal numero di persone che nelle feste celebrate l’anno 1690 per le nozze di Odoardo Farnese con Dorodea Sofia di Neoburgo, vi si contarono quattordicimila spettatoria. […] Sopra di essa si alzano due magnifiche logge, l’una d’ordine dorico, l’altra d’ordine jonico, ciascuna con una scalinata di quattro sedili. […] La costruzione fu nella nuova maniera con palchetti sostituiti modernamente alle antiche scalinate, cioè con più ordini di stanzini collocati a guisa di gabbie l’un sopra l’altro, i quali avendo l’uscita a’ corridoi, lasciano il passaggio alla voce per dissiparvisi, in vece di essere rimandata alla scena. […] Il proscenio per ogni lato ha due pilastri con una nicchia nel mezzo di essi colle figure di Pallade, e nel mezzo vi è scritto Theatrum Fortunae, Si osserva da chi ha veduto questo teatro che non è sottoposto al difetto comune quasi a tutti gli altri, che la voce si perda ne’ buchi de’ palchetti, perchè tutti convengono che vi si sente egregiamente ogni parola. […] Alterando al fine il sistema drammatico degli antichi si prese a tradurre ed imitar con furore il teatro spagnuolo, di cui si corressero alcuni difetti, si adottarono le stravaganze, e si perderono non poche bellezze.
Con simili componimenti battevansi colà i Luterani e i Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato a farlo nel XVII secolo colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuinglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i SS. […] S’impressero in un volume da Bernardo Jobin nel 1592, e furono dedicate prima a Cristiano IV destinato re di Danimarca con una elegia che porta la data di Brunswich 1589, indi al figliuolo Federigo. Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] e queste bestie che poi si descrivono, sono Carlo-Magno leone, Ildegarde agnella, Talando volpe; e con tal continuata allegoria dà a conoscere l’ azione, che termina colla riconciliazione d’Ildegarde e Carlo, ma che nell’avvilupparsi entra nel tragico. […] Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco, manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, che io nella prima mia Storia registrai, e che ora con nuove giunte riproduco.
Il paziente, qual buon cristiano, accettò i conforti della religione con esemplare rassegnazione, e spirò come un angelo in braccio del Signore. In una celletta presso Marradi fu alzato un monumento a perenne sua memoria, con una lunga iscrizione latina, dettata da L. […] Tra le commedie ch’egli recitò con grande successo vanno annoverate le seguenti : La bottega del caffè, Il Poeta fanatico, Il Disperato per eccesso di buon cuore, Don Cesareo Persepoli, L’Ajo nell’ imbarazzo. […] Gli era troppo a cuore presentarsi con un completo drappello di attori alla diletta sua Roma, città delle sue più nobili e tenere memorie, città che saluta quasi per seconda sua patria ; ma nel meglio di utili trattative, quasi concluse, accaddero inattese vicende che fallir fecero le sue ben concepite speranze. […] Chiudo questo articolo con la lettera ch’ egli scrisse da Faenza al figliuolo Angelo, in Montagnana, il 24 luglio del ’45, cinque giorni prima di mettersi in quel viaggio che gli costò così tragicamente la vita.
L'Archivio di Stato di Modena conserva alcune lettere di Coviello, il quale, per non essere da meno dei suoi compagni, batte cassa con supplicazioni di ogni specie ; ora (Brescia, 4 agosto 1690) allegando in ragione che il suo esercito è in rovina per non aver potuto fare in diciassette giorni che sei comedie, che fruttarono di parte lire dieci e soldi otto ; ora (Reggio, 20 novembre 1690) che li Massari del ghetto vogliono semignare l’elettione, per la carica dei letti nel Castello, e sospira una gratia che può liberarlo dalle mani del Ebraismo. […] Suppl.) e Galeazzo Savorini, Dottore (V.), con questa annotazione in calce : S. […] Hà la positione semplice, ne i personaggi sciocchi ; la positione doppia ne i serui astuti ; con la prattica d’algebra, e di almucabalà, si espongono i moltinomij de soggetti ; Con l’aritmetica attiua poi numera il tempo, somma gl’accidenti, sottrae l’improprio, e moltiplica gl’abbellimenti ; vsa le proue per riuscire, tiene libro semplice per le rappresentationi, e doppio per il guadagno ; in fine se Pittagora sostiene che la natura de numeri, trascorre per tutte le cose, anche la Comedia di tutte le cose è specchio ; però moltiplicando il suo merito per ogni regola, trouo che innumerabili, come innumerabili sono le diuisioni aritmetiche, sono ancora le sue glorie. […] Seguendo il Callot, Maurizio Sand ci ha rappresentato il tipo in atteggiamento di danzatore e suonatore di mandolino ; ma a me pare non si debba con troppa sicurezza attenersi pel costume a coteste incomparabili figurine, nelle quali, a osservar bene, dominan solamente due tipi : del Capitano e dello Zanni ; e talvolta l’uno invade il campo dell’altro, come, a esempio, il Fracassa che ha l’abito zannesco di Pulcinella, o di Scapino, o di Frittellino (V. […] Il Coviello, tranne alcuna eccezione, è uno stupido che fa il bravaccio, come il Capitano ; e di Capitano ha il costume con grandi piume al cappello, grandi stivali, e grande spada.
Abbandonato il Rossi, condusse per qualche anno compagnia in società con Costanzo Pizzamiglio mediocre attore, ma egregio cantante ; ed essendo anche’gli dotato di buonissima voce, si fece molto onore ne’ musicali intermezzi. Passò nel 1779 in Compagnia di Pietro Ferrari, lasciata la quale si trasferì a Roma, ove stette alcun tempo, vagando ne’ dintorni e procacciandosi, con recite mescolate di prosa e musica, onorata esistenza.
Cominciò Oreste ai 14 anni a recitar parti di niuna importanza, salendo gradualmente ai mami e secondi brillanti, sino al ’67, in cui si scritturò secondo brillante con Morelli. Passò poi il ’70 con A.
Fu accettata il 1775 con 1800 lire di stipendio, e congedata il 1780 assieme agli altri comici del genere italiano con lo stipendio di sei mesi a titolo di gratificazione.
Nato a Milano, verso il 1652, era parte il 1686 della Compagnia del Duca di Modena in qualità di Dottore, a vicenda con Galeazzo Savorini. […] Passò a seconde nozze il 13 novembre del '31 per puro atto di pietà, con Vincenza Gallini-Bertoï, vedova del Pantalone Alborghetti, e morì il 29 novembre 1738 a ottantasei anni, naturalizzato francese, e ufficiale del Re.
In arte non recitò che un anno, dopo il quale, benchè favorevolmente accolta, si restituì a Roma, abbandonata dal marito, dove continuò a recitare in Società private, alternando le sceniche rappresentazioni con declamazioni dantesche a cui dedicò studi speciali, e dov'è anche oggi, maestra di recitazione. Io l’ebbi compagna tra' filodrammatici il '75, e la ricordo, bellissima, nell’ultimo atto della Pia declamato con molta passione.
Il '76 formò società con Adelaide Tessero che sciolse l’ '81, al suo ritorno dall’America, per farsi di bel nuovo capocomico solo, scritturando l’ '82 la coppia Lavaggi, l’ '83 Cesarina Ruta, l’ '84 Emilia Aliprandi-Pieri. […] Fu poi con altre compagnie di minor conto, e terminò la sua lunga e gloriosa carriera del '91 con Calamai. […] Nè gli anni valsero a piegare o infiacchire la sua tempra gagliarda : a poco men che ottant’ anni rappresentava ancora con efficacia incredibile la Riabilitazione del Montecorboli e la Signora di San Tropez.
Fu il triennio 1840-41-42 con Giardini, Voller e Bellati ; e a quel tempo, dal poeta della Compagnia Paolo Giacometti molte parti di rilievo furono scritte pel Benini, e da lui valentemente eseguite. […] Sposò una Elena Tamberlicchi, di onesta e agiata famiglia fiorentina, che troviamo il 1840 con Luigi Domeniconi, e n’ebbe fra gli altri il figliuolo Ferruccio, che fu poi il sostegno della Compagnia paterna.
La troviamo nel 1820-21 in Compagnia Mascherpa e Velli, e il succitato giornale constata con parole di encomio, ch’ella « approfittò degli amichevoli consigli datile in allora. » Sposò un Pietro Bignami, appartenente a doviziosa famiglia bolognese, il quale sosteneva nella stessa Compagnia a vicenda con Gio.
Nato a Chioggia, mostrò sin da giovinetto una chiara attitudine alla pittura che coltivò finchè potè e come potè, però che il padre, desideroso di aver tutti con sè i propri figliuoli, lo tolse agli studi, incorporandolo nell’artistica famiglia come primo attore ; il qual ruolo mantenne anche dopo la morte del padre in Compagnia dei fratelli. […] Toltosi dal teatro e stabilitosi a Venezia, passò gli ultimi suoi anni nelle sale dell’Accademia, e tra’monumenti, che egli riproduceva con assai gusto, realizzando in parte il sogno di tutta la sua vita.
Cominciò giovanissima a recitar parti di alcuna importanza, e la vediamo nel ’56 con Ernesto Rossi, al fianco della Bon e della Peracchi. […] Passò nel ’57 con la Compagnia di Adelaide Ristori a Parigi, ove le si fece il presente ritratto in costume di Elisabetta nella Stuarda di Schiller.
Comico di qualche merito per le parti di Pantalone e di Brighella che recitava alternativamente, ma più noto a’ suoi giorni per le finte gemme di teatro ch’egli fabbricava con singolar perizia e vendeva non solo a comici, ma a cantanti e ballerini. Il Bartoli ci dà la notizia che il Gritti di sì fatte gemme formò con buona simmetria un piccolo trono dal suo baldacchino coperto, e ne fece un presente a S.
Pier Maria Cecchini aveva proposto con lettera del 1612 da Venezia al Duca di Mantova di mandarlo a Parigi, ove poi non andò, pei raggiri di Tristano Martinelli che vi andò in sua vece il 1613. Vediam più tardi il Romagnesi, il 1616, nella Compagnia de' Confidenti, diretta dallo Scala e protetta da Giovanni De Medici, nella quale ebbe a Genova un alterco con Battista Austoni, l’amministratore della Compagnia.
Calderòn in tali sue favole espone tutta la filastrocca de’ fatti, alterandone bensì le circostanze ad arbitrio, confondendoli con frequenti anacronismi, e colorendo i caratteri, secondochè glie li presenta la propria immaginazione. […] Vi pare poi che quei tratti ch’io dico, sieno sì proprj di Calderòn, che altrove, e con molto minor fatica nello scavarli, non si rinvengano? […] Le ammantate, le case con diverse uscite e col comodo di un’ altra contigua, gli amanti nascosti, e simili molle de’ Drammi Calderonici, non si ammettono in un’ Opera Eroica. […] Non concede dunque agli Spagnuoli il pregio di avere elevati i sentimenti de’ Tragici moderni (come con un colpo di penna franca cambia il Sign. […] “Las representaciones (degli Autos) y las de Comedias de Santos, hace tiempos que prohibiò el Rey con los justisimos motivos de respeto à la Religion y credito nuestro”.
Con tanto fervore, con tale spirito di emulazione si diedero le due donne allo studio de’ loro personaggi, che, a detta degli spettatori, ne uscirono due delle più stupende creazioni dell’arte.
Formata compagnia in società con Antonio Colomberti, potè mostrare i suoi pregi non comuni, interpretando mirabilmente i caratteri più disparati della tragedia, della commedia, e pur della farsa. Più tardi, nel ’63, essendo seconda donna in Compagnia di Luigi Domeniconi, supplì con ottima riuscita al Teatro Re di Milano la prima donna Carolina Civili, ammalata.
Dice di lei Francesco Bartoli : « Sosteneva con molta abilità il carattere di prima donna in varie Compagnie, e specialmente in quella condotta e diretta da Onofrio Paganini. La primavera dell’anno 1750 recitò in Genova ; e si produsse con un Prologo scritto in versi sciolti dal medesimo Paganini, che trovasi fra le di lui rime manoscritte, il quale incomincia : Qual timor, o compagni,e qual ribrezzo sì vi sorprende, il vostro passo arresta, e vi rende da voi tanto diversi ?
Fu comica del Duca di Mantova, e il 23 maggio del 1695 le si concesse vita durante una casa ove ella abitava sul Corso, purchè restasse in servizio con doppie 50 d’Italia annue (f. 95). […] Il servizio però non fu lungo, poichè la vediamo esordire nell’aprile del 1697 a Parigi alla Commedia italiana, un mese avanti la sua chiusura, nello Scenario : Spinette Lutin amoureux, in cui rappresentò cinque o sei personaggi con una verità sorprendente.
Nel '75, assieme al Turri Pantalone e all’Allori Valerio, fa istanza al Serenissimo di Mantova di appartenere alla sua compagnia : istanza che vediam poi accettata, dacchè in data 30 marzo scriveva da Venezia a un famigliare del Duca, avvertendolo di essersi abboccato con Valerio e di esser pronto a partire, secondo i comandi di S. […] Altra lettera abbiamo di tre giorni dopo, in cui ringrazia de' passaporti, e raccomanda con molto belle parole Federico Beretta che fa le parti di Capitano Spagnuolo, pubblicata al nome di questo comico (V.).
Del '46 la vediamo madre e direttrice della Compagnia di Balduini, suo nipote, assieme ai figli Giovannina e Salvatore ; del '47 madre della Compagnia dalmata, diretta da Luigi Capodaglio, con la figlia ed il genero ; e del '57, vecchia, a Ivrea con la Santoni.
Ebbe figliuoli che « allevò – dice il Bartoli – con amore, ed ai quali diede un’ onesta educazione, essendo ella molto religiosa e buonissima cristiana. » Fu, come artista, egregia nel ruolo della serva, e specialmente nelle comedie all’improvviso, in cui recitava con molto spirito e molta prontezza.
Arcelli Emilia, figlia del precedente, allieva di Gustavo Modena, col quale fece le sue prime armi come seconda amorosa e dal quale se ne andò per assumere il ruolo di prima donna giovane con Domeniconi, a fianco della Fumagalli, dell’Aliprandi, della Cazzola, del Morelli. […] Qui capita Tabarrino occupato nei preparativi per le nozze sue con Isabella ; e, richiesta Franceschina del cammino che conduce alla macelleria, gli offre in vendita i due porci che son ne’ sacchi. […] Il banchetto nuziale va all’aria, e finisce la farsa con una bastonatura generale.
però sarete contento di cominciare a disporre la signora Flavia, a ciò la venga a questo servicio, et se lei si scusasse con dire che gli è malsana, ditegli che li farete dare delle medicine soave, chè la guarirà, et se lei dicesse che non li piace le medicine per esser dolce, ditegli che glie ne darete di brusche, essendo che a lei gli piace più il brusco che il dolce. […] me Tutrici et da me, che possa venire, con la sua Compagnia à recitare in Siena come ha desiderato. Assicurisi l’ Altezza Vostra ch’io le uorrei poter mostrar con gli effetti in cose di sustanza la stima che tutta questa Casa fa delle sue intercessioni.
Fu poi capocomico con varia fortuna ; e, or è qualche anno, fu nominato direttore dell’ Accademia de' filodrammatici di Milano, non lasciando ogni tanto, di mostrarsi al pubblico sotto le spoglie di quei personaggi che più gli acquistaron fama di eletto artista. […] Scioltasi la compagnia in Livorno per ragione di guerra nella primavera di quell’anno, il Monti si scritturò assieme alla moglie con Luigi Pezzana, recandosi in Grecia. Si unì poi in società col Meneghino Preda ; poi, abbandonato questi le scene, si fece capocomico solo, conducendo una compagnia, non primaria, ma che salì in grande rinomanza, per l’armonia artistica, l’allestimento scenico, la cura minuziosa con cui eran presentati certi drammi popolari, fra i quali Il gobbo misterioso, che procacciò al Monti guadagni non isperati.
Mortagli poco dopo la moglie (1831), passò a seconde nozze con Fanny Donatelli, divenuta poi buona artista di canto, dalla quale in breve fu per infedeltà separato. Lasciato il maggior figlio Alessandro a studiar belle arti all’Accademia di Firenze, si scritturò nella Compagnia di Bon e Berlaffa, conducendo seco il figlio minore Tommaso ; poi, sempre con lui, in quella di Gustavo Modena ('43-'44), a fianco del quale egli sosteneva Achimelech nel Saul, Lusignano nella Zaira, Andrea nella Pamela nubile, ecc., oltre a tutte le parti di primo attore assoluto in quelle opere di varia indole, in cui Modena non avesse parte. […] Avanti di entrare in Compagnia Modena, trovavasi a Forlì, ove per la sua beneficiata si pubblicò, in foglio volante, la seguente epigrafe : A GIVSEPPE SALVINI livornese per felice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare del decoro della proprietà della grazia onde la drammatica recitazione dilettando governa le menti e i' cuori a figurare gli umani affetti una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soci delle barcacce ghinassi versari e minardi vollero rendere onore con questa memoria ed augurare all’arte lodatissima perfetta giusta mercede e che italia schiva una volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e del canto serbi a più utili studj e non torni in bas tarda
Rousseau racconta, nelle sue Confessioni, come, essendo segretario dell’ambasciatore di Francia, il carnovale 1743-44, con un audace colpo di mano costrinse a recarsi a Parigi per il Teatro Reale il Veronese, il quale non voleva tenere il contratto, e s’era invece impegnato col Teatro Giustinian a S. […] Nel Principe di Salerno, commedia tutta a macchinismi, data il 1746, era un volo pericoloso che si fu obbligati a sopprimere a scanso di sciagure : Arlecchino rapiva il Dottore dal teatro, e spariva con lui da un fóro nel soffitto della platea, fatto per dar aria alla sala. […] Bartoli – che accrebbe, andando in Francia, le di lui fortune, senza pagare – aggiunge il Loehner – i suoi debiti di Venezia, ebbe dal suo matrimonio con Lucia Pierina Sperotti cinque figliuoli, di cui tre, Pier Antonio, Cammilla e Anna seguiron l’arte del padre ; e morì a Parigi il 26 gennajo 1762 Officier du Roy et bourgeois de Paris, sostituito alla Comedia nel suo ruolo di Pantalone già dal 1760 da Antonio Matteucci detto Collalto (V.).
Era padre e tiranno nel 1815, a vicenda con Francesco Righetti, detto Righettone, in Compagnia di Pietro Perotti e Antonio Goldoni ; e tale nel 1819 in quella di Vestri e Venier, colla moglie Maria Teresa, seconda donna mediocre, figlia della famosa Caterina Venier. Capocomico il 1833 in società con Luigi Romagnoli, sosteneva sempre le parti di padre nobile, insieme alla moglie, madre nobile.
Fu lungo tempo con la Battaglia, il Sacco, e il Lapy. […] Non volle che la moglie recitasse per non esser distratta nelle faccende di casa, ch'ella dovea fare con matematica precisione : e guai se la colazione, il pranzo o la cena subiva qualche ritardo.
Il 1754 era con Domenicantonio di Fiore al Casotto del San Carlino ; dal '63 al '69 ottenne, per farvi commedie, un rimessone dei Reverendi Padri Agostiniani a Portici. Il '70, fatto vecchio, fu per essere licenziato di compagnia, ma con una supplica al Re, vi rimase fino all’ '82.
Ebbe varii figliuoli dalle tre mogli, migliori de'quali i due della terza Salvatore e Giulia : quello primo attor giovane e primo attore di assai buone qualità con Italia Vitaliani ; questa egregia seconda donna con la Società Gramatica-Talli-Calabresi.
Anche sostenne con molto plauso la tragedia e l’alto dramma ; e una bella litografia in foglio del Doyen di Torino (1840) la raffigura in costume di Pia ; ma per la piccolezza della statura, a lei certe parti eroiche non si convenivano. L'anno comico '57-'58 fu scritturata col marito Federico Bianchi, caratterista e promiscuo, nella Compagnia torinese, appendice della Reale Sarda, sotto la direzione di Gustavo Modena, per parti di seconda donna, madri serie e comiche, ed altre di generica primaria, con l’annuo stipendio (in coppia) di lire 5400, più due mezze serate.
Ebbe una figlia ballerina, e andò con lei a Palermo, dove le fu rapita da un Personaggio di qualità. Tornatasene sola, fu così turbata dall’accaduto, che die'segni non dubbi di pazzìa, e fu vista a Bologna passeggiar per le vie coronata d’alloro, o recarsi a San Michele, declamando poesie sconclusionate. – Fortunatamente non restò lungo tempo in quello stato di alterazione, e viveva ancora tranquillamente in Bologna nell’anno 1782 al tempo del Bartoli, il quale, alludendo alla sua separazione dal marito, di cui ella apprese con dolore la morte, le dedicò colla solita vena dozzinale il seguente epitaffio : Moglie fui per virtù di quel gran sì, che detto retroceder non si può.
Una lettera dell’attore Beltramo a Icilio Polese così descrive la morte eroica del povero amico, noto in tutta l’arte per la soavità dell’indole : Il mattino che precedette la sua morte si ritirò in casa, accomodò la sua cameretta cambiando posizione al letto ed al comodino, si vesti da garibaldino, mise le sue decorazioni sul guanciale accanto al revolver, sfoderò la spada e la mise in croce col fodero ai piedi del letto, si coricò, e si sparò un colpo al cuore con una rivoltella a due colpi con tanta sicurezza e precisione che restò fulminato.
Nata a Bassano del 1782, fu una egregia comica per le parti di serva, che cominciò a sostenere all’improvviso, sì in dialetto che in italiano, con tal grazia ed eloquenza, che i più provetti dell’ arte si dice non potessero starle a fronte. […] Se per avventura trovasi costretta alcuna volta a coprire qualche parte di altro genere, abbiamo la compiacenza di assicurare che viene da essa sostenuta con maestria comica e senza mai scordarsi il nuovo carattere ch'ella assume e ricadere nel consueto.
Nel mutamento frequente di comici, egli restò sempre con sua moglie Isabella, come base della Compagnia italiana assieme alla coppia Vulcani, a Foscari, alla Casanova e a Moretti, a cui si aggiunse per parti giovanili, Luisa Toscani, figliuola forse di Gio. […] Parla e si muove nobilmente ; e recita le parti di amoroso con molta naturalezza e molta correttezza. »
Ma poi lasciata la comica arte, e distribuito a' poveri tutto il suo avere, ritirossi a Mestre, luogo da Venezia non più distante, che sette miglia : dove in un romitaggio, macerandosi continuamente con asprissime penitenze, passò molti anni ; finchè divotissimo e vecchissimo chiuse con morte felice i suoi giorni circa il 1630.
Sorella della precedente, conosciuta in teatro col nome di Sidonia, nata in Francia come Babet, esordì alla Comedia italiana con la parte di protagonista in La Folle raisonnable di Pier Francesco Biancolelli, lunedì 15 ottobre 1736 ; e vi fu ricevuta al posto della sorella defunta poco innanzi, il maggio del 1740. […] Ma la maggior fama ella s’acquistò nelle parodie a Vaudeville, ove spiegava con una voce passabile tutte le grazie ond’era piena, specie in quella di Fedra, che fu come suggello alla sua celebrità.
Il Di Giacomo così descrive con sintesi felice l’attore geniale : Buon marito, operajo onesto, generoso, talvolta pur coraggioso, spiritoso, non servo, non maligno, non egoista, arguto, non goffo in amore, fine osservatore, intelligente popolano : ecco il Pulcinella in Antonio Petito. […] Quanto al costume, la maschera del pulcinella è nata con la camicia e i calzoni bianchi larghissimi, cappello di feltro bianco a cono, talvolta ripiegato in avanti, scarpe basse, e mezza maschera nera con enorme naso aquilino. […] Gran numero di scrittori e nostri e forestieri si occupò della origine della sua persona e del suo nome : in taluni prevalse l’idea che la maschera fosse invenzione moderna ; in altri, specie dopo la scoperta del famoso Macco dell’ Esquilino, ma non ho ancora capito bene con qual fondamento, che fosse discendente in linea retta dal Mimus albus della farsa atellana, come l’arlecchino dal Mimus centunculus ; quelli fecer derivare il nome or da Puccio d’ Aniello, or da Paolo Cinelli, or da pulcino, pulecino, puleciniello ; questi, or da Πολλή ϰιησις (molto movimento), or da Πόλις città, e ϰἔνός o in forma jonica ϰεινός, vuoto, sciocco, come se si dicesse buffone della città.
E con opere dialettali in verso e in prosa, ricche di giocondità e profondità insieme, si venne in breve acquistando tra’ letterati del suo tempo un tal posto che poi gli mosse contro l’invidia irosa e petulante dei parrucconi. […] Comunque sia, tolto il valore storico-autobiografico, riman sempre un valore storico relativameute alla generalità delle descrizioni di persone e di cose, descrizioni fatte con sicurezza di tinte, con pennellate da vero maestro, talora di una soavità ineffabile, talora, il più sovente, di una sensualità nuda e cruda. […] Se cerchi con mia morte farti gloria, t’inganni. […] Però statti con Dio, e ad altro pensati : nè sperar più di me, come de l’India farti signor, cosa fuor d’ogni termine.
Ma quando a varj attori della antica Compagnia Giancola venne in mente di rappresentar l’Annella tavernara di Porta Capuana, ella si rivelò attrice fortissima nella caratteristica parte della vecchia Porzia che recitò colla maschera al viso ; e a quella della Porzia seguì la parte della Baronessa Cofani che rappresentò con successo ognor crescente. […] Ma in nessun’altra forma portò ella mai la naturalezza e la verità ad un più alto segno, nè mai fu più lepida e sagace che nel carattere di quella donna che i Francesi esprimono interamente col termine prude e che noi indichiamo a metà con gli aggettivi schifiltosa, schizzinosa, smancerosa, leziosa, smorfiosa, ecc. […] Carlino, preparò il suo debutto di caratterista nelle Funnachere, con pellegrinaggi continui ai quartieri di Porto e di Pendino ove imparò la lingua e il costume della nostra gente, diventandovi, pur dopo breve tempo, di tutte e due cose padrona in tale maniera da meravigliare quanti l’avevano udita, da prima, romaneggiare nell’antico repertorio semidrammatico. […] Composi dunque una Commedia a lui principalmente appoggiata, col titolo di Momolo Cortesan…… Il Golinetti la sostenne con tutta la desiderabile Verità….. […] Il suo ruolo era quello del Pantalone che rappresentava nel modo più naturale : pure sosteneva con egual valentìa un giuocatore o un buontempone.
Con simili componimenti battevansi colà Luterani e Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato ad usarle nel secolo XVII colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuiglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i ss. […] S’impressero in un volume da Bernardo Jobin ncl 1592, e furono dedicate prima a Cristiano IV destinato re di Danimarca con una elegia che porta la data di Brunswich nel 1589, indi al figliuolo Federigo. Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] e queste bestie che poi si descrivono, sono Carlo-Magno leone, Il degarde agnella, Talando volpe; e con simile continuata allegoria dà a conoscere l’azione, che termina colla riconciliazione d’Ildegarde e Carlo, ma che nell’avvilupparsi entra nel tragico. […] Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco (o perchè d’altro non ebbe contezza) manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, ciò che io nella mia Storia teatrale in un volume non lasciai di registrare, e che indi nel produrla in sei volumi con nuove aggiunte riprodussi.
Un messo racconta le disgrazie della patria e la prosperità d’Ezzelino, il quale con insidie e crudeltà già regna in Verona ed in Padova. […] Con un’ ode saffica il coro chiude l’atto, dando grazie al cielo per la morte del tiranno e per la ricuperata pace. […] Lo stile è facile; gli eventi dipingonsi con evidenza, benchè vi si desideri eleganza e purezza, ed oggi più, leggendosi molto scorretto. Ma vi si trovano le passioni ritratte con vigor grande; e un interesse nazionale ravviva tutte le parti del dramma. […] Ma con simili cose avrebbe meritati e gli elogii che sogliono darsi a’ dotti artefici e l’amicizia d’ un Petrarca?
Asprucci-Cesari Caterina, detta dalla famiglia dell’arte la Cesarina, nacque a Treviso nel 1775 ; fu moglie del precedente, e figlia di una sorella della notissima attrice Teodora Ricci-Bartoli (V.) che, presala con sè, l’educò all’arte. Fu prima amorosa a vicenda con quell’Anna Pellandi, che doveva poi più tardi salire in sì gran fama.
Formata suo marito società con Luigi Biagi e Salvator Rosa dal ’71 al ’75, ella ne fu la prima donna. Entrò quindi a far parte della Compagnia di Alamanno Morelli quale seconda donna, e prima (di spalla) sotto l’Adelaide Tessero, della quale, gravemente ammalata, sostenne con lode un intero carnevale al Manzoni di Milano il difficile repertorio.
re Horatio Colletta da Ferrara con tutta la sua compagnia de Comici hauendo uisuto sempre desideroso di servire la serenissima casa d’Este, et hora più che mai, et uedendo, che in questa Città non si trouano altri comici, et essendoli noto la sua humanità che tiene in fauorire li uirtuosi comici uiene esso pronto ad offerirsi di seruirla con tutta la sua compagnia anzi a pregarla, che si uoglia degnare di accettare al suo seruitio per questo poco carneuale poiche esso si offerisce pronto di seruirla se non quanto che comporta la sua grandezza, almeno secondo che comportara il loro poco sapere, et di piu l’oratore a nome di tutta la compagnia la prega a uolere restar seruita di honorarla di farli prouedere di un luoco opportuno a potere recitare.
Il rinomato capocomico Romualdo Mascherpa si provò con ardimento inaudito di colmar con lei il gran vuoto lasciatogli in compagnia dall’Amalia Bettini, ma dopo un anno di disastrose vicende, lasciò in libertà la nuova venuta, che andò poi vagando di compagnia in compagnia secondaria come prima donna di spolvero, sino al 1853, in cui passò in un de’teatri nazionali di Napoli, scritturata per le parti di madre nobile.
Rimasto vedovo, continuò nell’ arte sua, specialmente in Compagnia di Pisenti e Solmi, con cui stette più anni, ammiratissimo. Dal 1830 al 1859 fu con le Compagnie di Mascherpa, Pelzet e Domeniconi, Taddei e Gattinelli, Costantini e Colombino, Livini, ancora Mascherpa, Ferri, Pisenti e Solmi, Giannuzzi, Mòzzi e Gattinelli, Vestri e Antinori, Tassani e Augusto Bertini, nella compagnia del quale morì, a Rovigno d’Istria, il 12 gennaio 1859, assistito amorosamente dai fratelli d’arte, e dal figlio Luigi.
Aveva sposato la signora Pompili – che restò poi quattr' anni con Ernesto Rossi prima attrice di qualche pregio – figlia del secondo marito della signora Botteghini sunnominata. Fu marito esemplare, amoroso in famiglia, onesto con tutti : – Sentii vivo dolore per il suo abbandono e più tardi per la sua morte. »
Moglie, forse, del precedente, fu artista di grandissimo pregio : e la vediamo onorata di applausi a Padova il carnovale 1747 quand’era con Onofrio Paganini, il quale per la bella interpetrazione del personaggio di Armellinda nel Rinaldo di Carlo Goldoni, le dedicò il seguente SONETTO Benchè a lui che la Gallia e il mondo onora svelar non osi il concepito affetto per il zelo d’onor, che nutre in petto, tacita amante il gran Rinaldo adora ; pur nel silenzio istesso è bella ancora, e dimostra l’ardor nel cor ristretto. […] L'Eroe difende, e con vergogna e orrore de' perfidi German trionfa, e gode aver lor forze indebolite e dome.
Al Gallo vi era Emilio Balduino, da Parma, comico, con spada. […] La licenza fu accordata con decreto del 12 ottobre.
Guittate di capocomico, pettegolezzi di artisti, liberalità di attrici, intimità di retroscena, tutto è raccolto in quei ricordi e con rara semplicità a parte a parte descritto. Vincenzo Bellagambi esordì nientemeno che a Borgo di Lucca, in Compagnia Majer la quale dovette fare una colletta con cui raccapezzar pochi soldi per potere abbandonare la piazza.
L'ultimo dei Meneghini, nato a Milano il 1811, fu prima compositore nella tipografia teatrale Brambilla ; poi, accarezzato il sogno di eccellere in arte come attore tragico, si scritturò, dopo alcune prove con dilettanti, al Teatro Lentasio, come generico nella Compagnia di Antonio Giardini, della quale sposò la prima attrice giovine Amalia Pasquali. Formò il 1847 con suo cognato Valentino Bassi una società, in cui la moglie fu assunta al grado di prima donna assoluta, ed egli, infelicemente, a quello di generico primario.
Fu lungo tempo brillante, e beniamino de'Fiorentini di Napoli, capocomico Adamo Alberti, e tolse in moglie in quel torno l’attrice Pia Fabbri figlia dell’attore, poi professor di recitazione, Paolo ; morta la quale, passò a seconde nozze con Vittorina Checchi. […] Fu poi colla moglie in altre compagnie, e finalmente in quella di Romolo Lotti, colla quale si recò in America ove perdè la moglie, e d’onde non rimpatriò più. – Una sua sorella, Giulia, moglie di Leopoldo Orlandini, prima, poi di Giacomo Brizzi, ebbe dal suo primo marito i figliuoli Leo e Giulio, e fu con Ernesto Rossi dal 1863 al 1884 in qualità di seconda donna pregiata.
E concordando il nome di battesimo e quel di teatro della Vitaliani, con quelli della Calderoni, ed esaminate le date da Marco Napolioni alla moglie di Riccoboni, sarei portato a inferire che Agata Vitaliani, figlia di un Vitaliani e di una Napolioni, moglie di Francesco Balletti, e suocera della Fravoletta (V. […] , rimasta vedova, fosse nel 1766 circa passata a seconde nozze con Francesco Calderoni.
o gli apologisti con gli occhiali colorati? […] In Pekin e Costantinopoli, in Parigi e Firenze si pretende cogli spettacoli scenici correggere e divertire la società mediante un’ imitazione della natura rappresentata con verisimiglianza, adoperandovi le molle della compassione e del ridicolo. […] Ma la storia pronta a diradar ogni nebbia, gli avvertisce che le facili farse romanzesche e i mostri scenici non allettano che l’ultimo volgo, e dopo una vita efimera corrono a precipitarsi nell’abisso dell’obblìo; dovechè il Misantropo e l’Atalia ed i componimenti che ad essi si appressano, non solo sforzano alla per fine il pubblico a vergognarsi del primo giudizio, ma ricreano la parte più pura e illuminata della società che sono i dotti, e passano indi a’ posteri insieme con quelli che furono scritti ne la caverna di Salamina. Ora si può esitare un sol momento a scegliere tra il restar tosto sepolto nella propria terra in compagnia di tante migliaja di scheletri mostruosi, e tra il convivere con Euripide ne’ gabinetti de’ savj di tutti i tempi e di tutti i paesi?
. – Con chi ? – Con una Compagnia di Comici. – Di Comici ! […] lo conosco ; è un brav’uomo : faceva la parte di Don Giovanni nel Convitato di Pietra ; si pensò di mangiarsi i maccheroni d’Arlecchino, e da ciò gli diedero questo soprannome….. » La Compagnia di Florindo fu quella con cui viaggiò Carlo Goldoni il 1720 da Rimini a Chioggia. […] Si fecero le più grandi fatiche a quietarla con una buona chicchera di cioccalata.
Fu colla famiglia e con quella donna in varie città d’Italia, fra le quali Modena, ov’ era già il 1668 con l’ Ippolita e la Cintia, e ove tornò poi il ’75, comico del Serenissimo Signor Duca, con la Flaminia e la Vittoria.
Rossi Pietro, veneziano, nato il 1719, cominciò a poco men che trent’anni a farsi conoscere nelle parti d’Innamorato in Compagnia di Francesco Berti, con cui stette alcun tempo, e di cui tolse in moglie la cognata Maddalena. […] Urlava quand’ era minaccioso, e parlava sberleffando con una voce crepata, quando pretendeva d’intenerire. […] Dopo il carnovale del '78, fatto prima al Comunale di Bologna, poi a Firenze, egli cedè la compagnia a suo genero (ne era prima donna Anna Lampredi (V.), e andò a ritirarsi con la moglie e due figlie a Cento, ove aprì una bottega di commestibili ed altro.
Incomincia dall’escludere i pretesi Drammi Pastorali Italiani con questa grave decisione (p. […] Nulla di ciò sanno con sicurezza nè l’Apologista, nè i suoi compatrioti. E con tali dubbietà, anzi con tali non dubbie ignoranze vogliono venire a competenza in un punto, che dipende dalle date? […] Puntella l’Apologista la riferita congettura sul Rueda con un’ altra ugualmente invincibile. […] Esta Egloga es muy desigual, y aunque en ella se hallan muchos pedazos excellentes, en el todo no puede compararse con la primera.
Sarebbe dunque inutile anzi contrario al fine ch’ei si propone, l’assalire il cuore della sua amata con teoremi, o con principi tratti da una filosofia, che l’amore non riconosce. […] Èdunque assai conforme all’indole di tal passione l’esprimersi con massime generali, che suppongono meditazione. […] “Ardo di rabbia”, “cielo allegro”, “giornata maninconica” con cento altre somiglianti espressioni s’odono ad ogni tratto nella bocca de’ più idioti. […] [27] Io conosco per cotali similitudini proferite con quella brevità ed energia un uomo dallo sdegno fortemente compreso. […] Glissi permette l’uso delle comparazioni e della stile lirico drammatica, ma gli si raccomanda d’usarlo con sobrietà, e di consultar prima la verosimiglianza.
Venutagli a mancar la voce, dovè abbandonar l’arte come attore, ma dedicandovisi con tutte le sue forze come capocomico, in società prima col Giardini, poi col Pezzana, poi col Marchi ; poi solo colla figlia Emilia prima attrice. […] Divisa in tre la Compagnia, l’Arcelli passò nel 1873 in quella diretta da Cesare Rossi, con cui stette fino al 2 novembre 1890, nel qual giorno morì d’aneurisma mentre giuocava al bigliardo col brillante Masi al caffè del Teatro Alfieri di Torino.
Bartoli – circa il 1725, recitando nella Comiche Compagnie di Venezia con molto credito nello spiritoso carattere della Serva. […] Pare che la Fravoletta o Fragoletta (nomignolo che le venne da un neo che sembrava una fragola) non seguisse i suoi a Parigi, ove furon chiamati nel 1711 per la Compagnia del Reggente, trattenuta in Italia da un amoretto con Gaetano Giuseppe Casanova, il futuro marito della Zanetta.
Bellotti-Bon Luigia, moglie del precedente, e figlia di Teresa Ristori (attrice rinomatissima tra ’l finire dello scorso e’l principiar di questo secolo e nonna della celebre Adelaide, educata all’arte e alle lettere da Antonio Simon Sograffi, divenne ancor giovanissima la prima donna della Compagnia che suo marito aveva formato in società con Giacomo Modena. Rimasta vedova, passò dopo un anno nella Compagnia della Teresa Goldoni-Riva, nella quale, al fianco di Alessandro Lombardi, crebbe in rinomanza più specialmente con le parti in dialetto veneto del repertorio goldoniano, ch’ella rappresentava mirabilmente.
Bartoli – che travagliò con indefessa attenzione, che fu ben accolta dovunque con molti applausi, e che lasciò le caduche spoglie l’anno 1770. »
Ma, volendo la Tessero per amor di famiglia far accettare in compagnia la sorella Laurina, la Gritti dovè andarsene ; ed entrò con Emanuel, dal quale uscì per assumere il ruolo di prima attrice con Ciotti e Belli-Blanes.
Si sposò in tal compagnia, il 26 ottobre del ’14, con Carolina Tafani, che fu poi la celebre Carolina Internari. Passò, con lei prima donna, in Compagnia di Luigi Vestri, poi di Antonio Goldoni, poi di Granara, poi nuovamente di Blanes per un triennio, che per la morte dello stesso non fu compiuto.
Recitò poi a sbalzi, con intervalli più o meno lunghi, per malattia o per altro, nelle Compagnie Reinach-Talli, Gramatica-Raspantini, Pia Marchi-Maggi, Severi-Garzes-Raspantini, e finalmente Pieri-Severi, in cui si trova anche oggi (1904), per andar poi nel futuro triennio con Oreste Calabresi.
Pare che egli recitasse, ancor giovinetto, nella Compagnia del celebre Tabarrini a Vienna, quando per invito di Luigi XIV, con lettera del 5 luglio 1661 al Duca di Parma, fu mandato a Parigi. Il Duca di Parma più che protettore e benefattore, fu amico di Buffetto ; e durante le noie che questi ebbe a patire pel suo matrimonio con Colombina, il Duca potè conoscere e amare anche il piccolo Domenico, il quale, molto probabilmente, per intromissione e raccomandazione di Buffetto stesso, che volea bene al figliastro come a figliuolo, fu dal Duca mandato a Parigi per assumervi nella compagnia italiana la maschera dell’arlecchino. Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo. […] Non mi fu dato rintracciare il titolo della commedia colla quale egli esordì : si sa solo che il primo Zanni della compagnia era Locatelli (Trivelino), e il secondo Biancolelli ; che, recitando con istraordinaria verità, finì col vincerla sulla recitazione raffinata, ma un po’manierata di Trivelino ; morto il quale, nel 1671, egli ne prese il posto, conservando la maschera di arlecchino, e diventando in breve l’idolo del pubblico. […] Baron voleva protestare, ma il Re, dopo aver riso della interpretazione spiritosa, conchiuse : — Quel che è detto è detto, e non se ne parli più. — Assistendo una sera Biancolelli alla cena del Re, contemplava con occhio avido e invidioso due magnifiche pernici servite su di un piatto d’oro.
In Ispagna veggonsi con piacere le sole commedie del secolo passato, e quella di carattere vi é sconosciuta. […] Non v’ha dubbio che dopò l’incoraggiamento del sovrano di Parma si é veduta coltivar in Italia con fervore la tragedia da Magnocavallo, Calini, Perabò, Campi, e la commedia, oltre del Goldoni, si vanta di Albergati. […] Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra. […] «Si, pour être philosophe, (scrivea con somma ragione Gian Giacomo Rousseau contro de’ moderni filosofi parigini in una lettera a M. […] Questi ginnosofisti, e spiriti forti della Senna veggonsi dipinti con colori vivi dallo stesso Rousseau in quel luogo dell’Emilio che incomincia, «je consultai les philosophes etc.»
Uscita di convento, ad onta della singolar squisitezza di educazione, si innamorò di un giovine scavezzacollo, il quale, chiestala in moglie e non ottenutala, seppe con tali arti circuirla, che la indusse a fuggir da la casa paterna, e a recarsi con lui a Venezia, ov’egli la sposò, colla certezza di avere, a fatto compiuto, il perdono del padre.
Anche sosteneva con plauso la maschera del Brighella nelle commedie all’ improvviso. […] Questa fisedia, che vorrebbe significar canto della natura, è un vero e proprio zibaldone in prosa e in versi con scene a grandi tinte, mutamenti a vista, effetti di sole e di luna, combattimenti, musiche, ecc. ecc.
Nel 1817 vi fu già un po’ di miglioramento, e si limitò a recitar la Pianella in prosa e musica, con una compagnia, della quale facevan parte artisti discreti. […] Fu però il Bosio artista stimabile e onesto ; e tanto seppe adoprarsi che potè da solo allevar con decoro una numerosa famiglia, la quale nell’arte comica e lirica lasciò bellissimo nome : citiamo l’Angela, cantante celebratissima, morta ancor giovine a Pietroburgo, che lasciò ai fratelli un patrimonio di circa mezzo milione di franchi ; Francesco, primo attore e capocomico pregiato, poi buon generico primario ; Romualdo, attore brillante di meriti singolari ; e Virginia, prima attrice, della quale discorreremo al nome di Virginia Chiari.
Moglie del precedente, adottata per figliuola dall’attore Campioni, fu una egregia attrice per le parti all’improvviso che sosteneva con molta spontaneità ed eleganza di parola. […] Grisostomo, in società colla Maddalena Battaglia, con cuis stette cinque anni, per passar poi a seconde nozze in Verona, abbandonando definitivamente la scena.
Nettuni Lorenzo, bolognese, rappresentante le parti di secondo Zanni con molto valore, apparteneva il 1610 alla Compagnia dei Comici Confidenti, con cui lo vediam recitare in Reggio, Modena e Carpi.
Uno spirito lodevole, un’espressiva aggiustata, ed una sufficientissima intelligenza formavano i suoi meriti nell’arte del recitare. » Applaudita dovunque, fu più volte lodata con poesie, tra cui il Bartoli riferisce il seguente sonetto : Al merito impareggiabile della signora Elisabetta Ughi, prima donna, che nel Teatro delle Vigne si distingue nelle commedie e tragedie mirabilmente il carnovale 1781. […] Con la Madre d’Amor dal Ciel discese applaudendo le grazie in lieto tuono, stavano l’aure ad ascoltarle intese.
Generalmente i turchi, malgrado della loro comunicazione con alcune corti europee che potrebbero darne un’idea diversa, son reputati affatto barbari e rozzi. Coloro che dimorano fra di essi, e che leggono con sano criterio i libri che ne parlano, si disingannano ben presto. […] Il di lui figliuolo Maometto II che suol dipingersi con nerissimi colori, é commendabile per la rara moderazione che dimostrò nel soffrire che ’l padre riprendesse l’imperio; e lasciando da banda le tante sue vittorie e conquiste, era dotato di magnanimità e prudenza, e possedeva varie lingue, amava le arti, e coltivava l’astronomia. Selim I formidabile a’ nemici, godendo nella pace di quel piacere, che, secondo la sua massima favorita, é il maggiore che possa desiderarsi in questa vita, «il regnare senza temer verun nemico domestico o straniero», coltivava con felicità la poesia turca.
Se non avessi a voi con puro zelo l’alma, Signor, donata, che congiunta gode felice in Voi, come in suo cielo. […] Specchiati in Ciel nel sommo ben verace, poi ch'hai vinto Satan Angelo immondo, e con li giusti godi eterna pace. E sopratutto come concorderebbe con questa terzina del Fidenzi (pag. 36) ? […] Ma nè anche questa è prova sicura del suo cognome di sposa, serbando le attrici in arte il nome con cui salirono in rinomanza.
Ma il successo della Compagnia fu effimero, sia per le commedie tutte in italiano, che i francesi non arrivavano a comprendere, sia per la ripresa di quelle francesi d’una volgarità rivoltante, scavate dal repertorio dell’antica Comedia italiana ; e dopo un solo anno, vedendo i comici deserta ogni sera la sala, incaricaron Visentini di presentarsi al pubblico, e riottenere con un bel discorso l’antica benevolenza. […] Quanto alle nostre commedie, io non ho troppo da invidiare la felicità de' nostri predecessori, che vi han pure attratto e divertito con le scene stesse, che oggi vi tediano, e di cui non potete nè meno sopportar la lettura. […] I fratelli Parfait nel lor Dizionario de' Teatri gli dedican parole di molta lode, riguardandolo come compatriotta, e dicendo ch'egli ha fatto un uguale onore alla Francia e all’Italia, degno veramente di occupar la scena con Silvia (V. […] Fra le lettere del Riccoboni alla Biblioteca dell’Opera di Parigi, ve n’ha una dell’agosto 1739, colla quale prega il Gueullette di andare con lui ad assistere il povero Thomassin Visentini, morente, e soprattutto per indurlo prima della morte a pensare alla sua famiglia.
Il manifesti con qualche scena; che io a pruova ne produrrò alcun’ altra di quella del Ceruti. […] Che io non imiterei mai il Lampillas, che con una fiducia senza pari e con tutta la serietà ci assicura della bontà di tal Tragedia . . . […] Di questa nella nuova Edizione della Storia de’ Teatri vedrà l’Apologista i difetti e le scene interessanti; non già, come si fa nel Saggio, con lodi vaghe applicabili ad ogni Dramma, o con biasimi che tengonsi ammaniti come le formole delle private Segreterie: ma con una competente analisi accompagnata da qualche scelto squarcio. […] La morte d’Isabella insieme con Muley? […] Ma con questi principj capricciosi, con tali assurdi e difetti ne’ caratteri, mi parve che riescir dovesse poco accetta a’ posteri la memoria di alcun pensiero elevato che vi si trovasse; che quanto alla concatenazione naturale degli accidenti, e alla proprietà della locuzione, mi sembrano cose che neglette partoriscono vergogna, ed osservate con tutta diligenza non producono lode.
Fu premiato con medaglia d’oro a un concorso di declamazione, tenuto nella R. […] La sera del 30 marzo toccò al De Angelis di presentare al pubblico, con un monologo in martelliani, il successore di Petito, il De Martino, già pulcinella del Teatro Rossini.
Nei trent’anni di vita artistica, il Brunetti ne passò dodici direttore di Compagnia e capocomico in società con Luigi Pezzana ; e fu il primo a scritturar la Eleonora Duse affatto sconosciuta per gli anni ’75-’76 con l’Adelina Marchi prima attrice.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img167.jpg] Suonava ancora con assai maestria la chitarra, il che sappiamo da questi quattro versi che son sotto al ritratto di Bonnart che riproduco : Avec sa guittare touchée, plus en maître qu’en écolier, il semble qu’il tienne cachée une flute dans son gosier. […] Ebbe per moglie una certa Leonarda Galli, che, rimasta vedova, si unì in seconde nozze con Carlo Beaumont, ufficiale nel reggimento di San-Secondo.
Morto il padre, peregrinò con la madre che professava sonnambulismo, e una sorella in Piemonte e in Liguria, e finalmente a Firenze, ove stette fino al ’74, recitando con altre giovinette, e mostrando una speciale attitudine al teatro di prosa e di musica.
I pregi artistici del Medoni erano alquanto scemati dalla cattiva pronunzia dialettale, ma compensava tal difetto con la coltura e l’ ingegno non ordinari in un comico (è stato autore di molte tragedie applaudite, tra le quali, applauditissima, la Dirce) e con la eloquenza, che, tra' comici del suo tempo, oserei dire, unica.
ni Nelli ; ma per quanti raffronti fatti, non m’è riuscito di trovar con quell’abbreviatura il nome di famiglia. Paolo Abriani nella prima parte delle sue rime, recitando essa Lo Spirito Folletto, dettò il seguente SONETTO Spirto sei finto, e con veraci incanti stilli ne' sensi altrui gioje e dolori.
Fu con tale ruolo socio di varj nelle imprese, finchè, impinguatosi alquanto, passò a quello di caratterista, scritturato nella Compagnia Bianchi e Paganini. […] Tornò col Pani il '23, fece società il '24 con Nicola Vedova, e divenne poi conduttore di Compagnia egli stesso, che tenne fino alla sua morte.
D’accordo quanto all’arte del Barlachia ; ma che le composizioni dell’Araldo non valesser nulla, con buona pace del Borghini è falso. […] » Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato : « Chi fa l’arte che fece il Barlacchia non può come gli sdotti arrampicare. » A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave : IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE Alto, invitto Signor, se voi bramate ch’il Bigio viva allegro, e lieto moja, la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate, per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ; ei ve ne prega, se vi ricordate delle commedie, ove contento e gioja vi dette già, e spera a tempo e loco farvi vedere ancor cose di fuoco. […] 1548, fu deputato il Barlacchi, il quale, trattandosi di festa fiorentina, e di esecutori fiorentini, mutò il luogo di azione della commedia, di Roma che era, in Firenze, recando così sulla scena i leggiadri e ricchi vestimenti della sua terra : e tanto piacque la rappresentazione di detta Calandra, che fattasene la replica a preghiera de’ lionesi che non la poteron vedere la prima volta, il Re e la Regina e la Corte vi intervennero inattesi, e dichiararon esser loro piaciuta la commedia assai più che la prima volta : e innanzi di partirsi di Lione il Re fe’ dare a’comici 500 scudi d’oro, e 300 la Regina, dimodochè — chiude la descrizione — il Barlacchi et li altri strioni che di Firenze si feciono venire in giù se ne tornarono con una borsa piena di scudi per ciascuno.
Cipriano con Giacomo Casanova ; vestì, come lui, l’abito ecclesiastico, poi abbracciò il mestiere dell’istrione, in cui pare vivesse brutalemente. […] Una lunga tavola apparecchiata per metà con un cencio di tovaglia che portava l’impronta di un mese di servizio ; sull’altra metà stava un pajuolo assai lercio, nel quale si lavavano alcuni vasi di terra, rimasti là sin dal pranzo, che dovevan servire poi per la cena. […] Come chiusa, l’attore-cuoco mise sulla tavola un secondo piatto, pieno di pezzi di porco fritto nella padella, che fu divorato in un fiat con grande avidità.
V. gradise di Voler ch’io mi portasi in modona Con la Compagnia niente inferiore à quella che Ci Verà il Carnouale ; quando io sia Chiamato dal A. […] La sera del 27 dicembre, con pompa funebre fu portato alla sepoltura alla sua chiesa parrocchiale di S. Michele del Mercato di mezzo il famoso Tracagnino Cattoli, compianto universalmente da tutti li Tracagnini per essere lui l’unico in tale professione, e vi erano tutti questi comici dietro con torcie accese.
Attore de' più pregiati alla Comedia italiana di Parigi, nella quale apparve la prima volta il marzo del 1685 col ruolo di Capitano ch'ei recitava in italiano e in francese, nacque a Messina e fu noto prima col nome di Pascariello, poi con quello di Scaramuccia, che aveva già prima di recarsi in Francia, quand’era al servizio del Duca di Modena (1680-82). Dalle memorie di Dangeau sappiamo ch' egli fu ammiratissimo anche al Teatro di Corte di Versailles ove recitò il 15 e il 21 marzo 1685 con la maschera di Pascariello Tuono. […] Il Pasquariello del Bertelli (1594) avrebbe un semplice abito di Zanni con maschera dal naso grande e aguzzo, simile a quella di Pulcinella ; e un altro ne abbiamo nella riproduzione di antica incisione in legno (pag. 592), che adorna il frontespizio di una delle solite canzonette di Zanni.
Ella potrà sì bene stimare insufficienti le mie risposte, ma non già dire, che io abbia o dissimulate le sue ragioni, o risposto ad argomenti con invettive. […] Anzi in Genova mi avvidi che con istudio (per altro inutile) sfuggì di spiegarsene meco, per cogliermi forse appieno senza darmi luogo a chiedere mercè, e per incatenarmi al suo Carro Trionfale Apologetico, come con dolce sogno si figurò di avervi più altri avvinti. […] Librata sulle ali ridente, e graziosa attende gl’inviti di chiunque, e non si assolda con impegno esclusivo. […] Ella pensa, o vuol dare ad intendere, di esser solo ad amar la Spagna, e che ogni altro che non vi nacque, la miri con indifferenza, o peggio ancora. […] A lei essa par bella ancor nella guisa che si raffazzonò con affettazione in tempo de’ pedanti: a me l’amore dà luogo a riflettere, che quanto più essa sarà naturale nell’abbellirsi, come fa oggi giorno, tanto più mostrerà la nativa sua maschia venustà, e trarrà a se tutti gli sguardi.
I Fratelli vi si sottomisero; però non parve loro conveniente di montar più in palco, e si applicarono a instruire alcuni nuovi attori, finché nel 1588 cederono il teatro a un’altra compagnia che si formò in Parigi con real permesso. […] Pur fu rappresentata la prima volta in presenza del re con applauso, e replicata con grandissimo concorso. […] Più azione delle tragedie hanno le commedie di Jodelle, e dipingono i costumi di quel tempo con tutta sincerità. […] Hardy ne scrisse più di seicento, e per lo più con vergognosa fertilità ne scarabocchiava una in otto giorni. […] Brilla soprattutto nel colorir con forza ed evidenza i caratteri de’ grandi uomini inglesi e romani, vedendovi si a meraviglia marcati i loro temperamenti, difetti, e virtù .
Con prefazione di Luigi Morandi. […] Con prefaz. di Ferruccio Benini. […] Seconda edizione con aggiunte. […] Due volumi in-8° piccolo, con ritratto dell’autore. […] Conte Marco Verità con alcune Annotazioni del sig.
Fu un buon amoroso, e recitò applauditissimo nella Compagnia di Pietro Rossi e in quella di Giovanni Roffi di Firenze, dove con molto onore recitava ancora tra l’ 80 e l’ 81. […] Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze. […] Essa prelude al suo articolo con queste parole : « il giovane attore che compose questa rappresentazione merita i nostri elogi e gl’ incoraggiamenti del Pubblico, il quale avvezzo ad applaudire a’ suoi non ordinarj talenti nell’ arte del declamare, potrà, s’ egli non si stanca d’ impiegarli eziandio nello scrivere, dovergli dei drammi, pei quali anche il Teatro italiano conti un autore fra’ suoi attori.
Esiste ancora a Chioggia un Calle Duse, benchè la famiglia fosse un tempo assai più nota col nomignolo di Griguolo, che le fu dato un po’ per antica consuetudine del sito di chiamar ciascheduna famiglia con un soprannome che riman poi per secoli, un po’per distinguerla da altra famiglia Duse, tuttavia esistente. […] Felice fu capitano di mare, e viaggiò lungo tempo con molta fortuna.
Di rincontro i fratelli Parfait con la scorta del Mercurio di Francia dicono che Gioacchino Visentini esordì alla Comedia italiana col ruolo di Arlecchino in Timon le Misantrope, il sabato 26 agosto 1741 all’età di soli diciotto anni. […] Il Mercurio di Francia dell’agosto 1741, seguìto poi dai fratelli Parfait, dice ch'egli fu molto applaudito nella parte di arlecchino, che recitò con conveniente intelligenza, dando prova di molto talento ; mentre il D' Origny afferma che l’esordire di lui come arlecchino servì a provare che il talento è di rado ereditario.
Manduco era un personaggio ridicolo coperto di una maschera di grandi guance con certi dentacci che si movevano e facevano molto strepito, ond’è che i ragazzi se ne spaventavanoa. Questo personaggio era menato intorno ne’ giuochi con altre maschere spaventevoli e ridicole, principalmente nel rappresentarsi le Atellane. […] Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato indi in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] In Ismirne acquistò rinomanza con un dotto commentario, ed in Roma insegnò le belle lettere a molti nobili e specialmente a Giulio Antonio figliuolo del Triumviro. […] Su di ciò vedasi il mentovato trattatino de’ Teatri del Maffei, il quale con diligenza raccolse le antiche testimonianze per convincere il p Concina (se i Concini possono convincersi con ragioni ed autorità) e persuadergli che le donne non rappresentavano nelle commedie e tragedie.
Manduco era un personaggio ridicolo coperto di una maschera di gran guance con una gran bocca aperta e con certi dentacci che si moveano e facevano molto strepito, ond’è che i ragazzi se ne spaventavano132. Questo personaggio era menato intorno ne’ giuochi con altre maschere spaventevoli e ridicole, principalmente nel rappresentarsi le Atellane. […] Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] In Ismirne acquistò rinomanza con un dotto commentario, ed in Roma insegnò le belle lettere a molti nobili e spezialmente a Giulio Antonio figliuolo del triumviro. […] Concina (se i Concini possono convincersi con ragioni ed autorità) e persuadergli che le donne non rappresentavano nelle commedie e tragedie.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli (ad oggetto di lasciar le ultime pennellate di questa istoria al teatro Italiano) termineremo questo libro IX, dopo un breve saggio sul grado di coltura della Turchia Europea e della commedia che vi si rappresenta, con descrivere il teatro Spagnuolo degli ultimi tempi. […] Generalmente i Turchi, malgrado della loro comunicazione con varie corti Europee, che potrebbero darne più giuste idee, si reputano barbari e rozzi totalmente. […] Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ grandi conquistatori e tra’ principi magnanimi e prudenti. […] Al l’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico italiano. […] Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, fu un poeta che ne’ versi fatti da lui per la sultana che poi gli divenne moglie, mostrò d’intendere e sapere esprimere con grazia le delicatezze dell’amorea.
I successi dell’ Oreste e della Virginia, ma più ancora del Saul, che tenner con altre pochissime opere per un intiero carnovale i cartelloni del teatro di Santa Maria a Firenze, furon tali ch'esso d’allora innanzi s’intitolò dal nome di Alfieri. Io mando lo studioso alla lettura di quel saporitissimo libretto di Jarro, ove della prima recita del Saul, e della quinta alla presenza dell’autore, è riferita la cronaca del Morrocchesi : qui basterà dire che il nostro attore dovè ripetere alcun brano subito la prima sera fra le acclamazioni del pubblico, e che la quinta, al cospetto di Alfieri, si abbandonò con tal violenza su la spada nel proferir l’ultimo verso Me troverai, ma almen da re [quì…. morto…. […] La sua voce era rauca, e mal atta a colorire tenere espressioni, imponente, terribile nell’espansione di violenti affetti ; il suo portamento, il suo gesto erano nobili, e dignitosi, nè perdevano della loro dignità, e della loro nobiltà, che quando voleva dipingere gli oggetti fisici con gesti di contraffazione. […] Questi è il solo valente artista con cui, nella mia carriera teatrale, mi sia trovato in contatto fino che non fui aggregato alla drammatica compagnia al servizio di S. […] Non m’uscirà mai dalla memoria il modo straordinario con che rappresentava l’ultimo atto del Saulle d’ Alfieri.
Appassionato per l’arte comica, cominciò a recitare con plauso in Compagnie di poco valore, sostenendo la parte di primo innamorato, finchè la sorte non lo condusse in quella ben nota di Francesco Paganini, ove potè far apprezzare maggiormente le sue ottime qualità artistiche. […] La troviamo insieme con lui, terza nell’elenco della Compagnia Paganini, poi prima donna a soggetto in quella di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobile in quella di Morrocchesi nel 1802, nella quale il marito era caratterista.
Fece, non trionfalmente, le prime armi con Cesare Rossi, dal quale passò con Roncoroni in America, per tornar poi in Italia, scritturato dopo tre anni di secondo noviziato, qual primo attore di Francesco Garzes, che ebbe sì malaugurata fine, poi di Emanuel, poi della Duse, poi della Vitaliani, poi della Della Guardia, colla quale trovasi tuttora, e colla quale andrà l’anno prossimo (’97-’98), nella Compagnia stabile di Torino, al posto di direttore artistico.
Pietro di Emilia il 10 aprile del 1867, si diede allo studio della pittura nell’Accademia di belle arti bolognese, dalla quale uscì con diploma di pittore, per entrar dopo soli quattro mesi (quaresima del ’90), e senza mai aver calcato un palcoscenico, secondo amoroso nella Compagnia Maggi. […] A Rio Janeiro rifiutò il posto di direttore in un grande stabilimento litografico offertogli dal noto banchiere Matteo Consalve ; a Washington quello di caricaturista in un giornale quotidiano de’ più rinomati, con un forte onorario, offertogli da un deputato di quel parlamento.
Principal colonna della compagnia di suo marito, fu con lui dal '29 al '60, sorgente non interrotta di lauti guadagni. […] Datosi poi al capocomicato, percorse il Regno di Napoli e Sicilia, ma con non troppa fortuna.
Dopo di aver fatto parte di molte Compagnie di giro, si fermò il 1774 con quella di Lapy al Sant’Angelo di Venezia, ove recitò La pazza per amore, sua particolar fatica, in cui oltre al rappresentar vari personaggi, cantava ariette musicali non senza grazia. Pare, a detta del Bartoli, ch'ella non fosse artisticamente grande ; ma un cotal grado di altezza raggiungesse con sufficiente valore, a cui s’univano tal prestanza della persona e leggiadria del volto, e tal gaiezza e vivacità di espressione e saettar d’occhi neri, che la reser, se non attrice perfetta, attrice, per fermo, ammiratissima ; aggiunge il Bartoli che vestita da uomo mostravasi di membra tondeggianti e formose.
Il Principe di Toscana con lettera 19 agosto 1698 da Pratolino, prega il Duca di Modena di rilasciarli il commediante Sondra ; il che starebbe ad attestare del valore artistico di lui. […] ,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
Primo attore assoluto il 1826 nella Compagnia di Tommaso Zocchi, poi nella stessa il '38, a vicenda con Giovanni Trenti, che il raccoglitore lucchese chiama mediocre, poi, sempre nella stessa e di nuovo assoluto il '43. […] Lo vediamo poi il '60 e il '62 in tournée con la grande cognata Adelaide Ristori.
Grisostomo di Venezia con Onofrio Paganini il 1753, l’anno in cui Antonio Sacco abbandonò la Compagnia per recarsi in Portogallo. L'ultima sera del carnovale 1754, la Torri recitò un addio, di cui ecco alcune strofe allusive all’abbandono del Sacco e al suo mancato impegno : Chi di sorte il cieco dono amò più del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro, e noi pochi, e senza lena, travagliammo con gran pena.
Ma forse egli s’avvide più tardi, e i suoi compagni con lui, che per gli studj a'quali s’era dato prima di calcar le scene aveva assai più inclinazione che per l’arte. […] Amoroso il '43 con Angelo Lipparini, diventò socio e cassiere il '46 della Compagnia di Ernesto Rossi, poi conduttore e amministratore della famosa Lombarda che fu prima diretta da Alamanno Morelli, e ch'egli tenne più anni or sotto la direzione di Luigi Aliprandi, ora di Carlo Lollio, ed ora di Carlo Romagnoli.
Del '60 egli si trovava il maggio e giugno al Teatro Comunale di Modena, e vi diede la prima recita con Clelia o la Plutomanìa del Gattinelli, a totale profitto, dedotte solo le spese di teatro, dei Siciliani. […] Sua moglie, Rosa Bresciani, figlia d’arte, e discendente forse dalla celebre Caterina, recitò sempre con lui, e morì a Mestre nel 1888.
Tale fu pure il dialogo di Gherardo Richier con una pastorella, la quale, benchè da lui trovata a caso, si mostra intesa degli amori di lui colla sua Bel-de-port 1. […] Con nostro singolare compiacimento abbiamo notato in seguito, che il fu degno nostro amico, ornamento ed istorico della letteratura Italiana, il cav. Tiraboschi, nelle sue Aggiunte al tomo IV pag. 343 siesi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni sacre del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone ed altre simili.
L’esperimentata clemenza dell’ illustre pubblico lucchese si degni accogliere il rispettoso tributo, ed onorar l’umile offerente con qualche tratto della di lui valida protezione. […] Regno d’ Italia — Milano, 27 aprile 1808. — Il Prefetto di po lizia del Dipartimento dell’Olona, al Cons. […] Cons.
Ma non per quello ne diminuì il numero, anzi andarono talmente crescendo, che di sole ballerine forestiere, secondo Ammiano105, si contarono in Roma più di tremila, le quali co’ loro cori, e con altrettanti loro maestri, furono privilegiate ed eccettuate da un bando di sfratto dalla città intimato per timore di carestia a tutti gli stranieri filosofi, retori ed altri professori. […] Costui nelle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, di che gli saremmo tenuti, se ne avesse addotta qualche prova; ma egli non appoggia la sua assertiva con veruna ragione o autorità113, e solo prorompe in invettive contra Filostrato, perché nella vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici. […] Ivi in fatti veggonsi apparir della scena il Papa, l’imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’eresia e dall’ipocrisia, e perfino la sinagoga col gentilesimo, che anch’essi ragionano. […] «Los Arabes y Moros (diceva) fueron en las representaciones con hechos, gestos y palabras muy excelentes… como se harà vér quando se publiquen las reliquas de su literatura que por felicidad grande se han hallado poco ha en la famosa Libreria del Escorial; y aùn fin ellas se puede probar con nuéstras historias». […] «Con marmoles de nobles inscripciones (Teatro un tiempo y Aras) en Sagunte.
Un Messo racconta le disgrazie della patria e la prosperità di Ezzelino, il quale con insidie e crudeltà già regna in Verona ed in Padova. […] Con un’ ode saffica il coro chiude l’atto, dando grazie al cielo per la morte del tiranno e per la ricuperata pace. […] Lo stile è facile; gli eventi dipingonsi con evidenza, benchè vi si desideri maggiore eleganza e purezza, ed oggi più, leggendosi molto scorretto. Ma vi si trovano le passioni ritratte con robustezza, e un interesse nazionale ravviva tutte le parti del dramma. […] Ma con simili cose avrebbe meritati e gli elogii che sogliono darsi a’ dotti artefici e l’amicizia di un Petrarca?
Donne tali schiave, abjette ed infami si prostituiscono a i nobili Giapponesi i quali le sprezzano e le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cani24. […] Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30. […] Un solo musico di età avanzata e per lo più il più brutto di tutti gli uomini le segue e le accompagna con uno stromento di rame chiamato nell’India Tam. Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce e stringendo il tempo del suono in maniera che egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni, e le ballerine muovonsi con una maravigliosa agilità, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori de’ quali tutte sono esse sparse e profumate, le fa grondare di sudore e rimanere dopo il ballo pressochè fuori di se.
Vedo un uomo dell’altezza di quasi sei piedi, grasso e grosso proporzionatamente, che traversa la sala con canna d’India alla mano e cappello tondo all’inglese. […] La lettera con cui fu inviato il sonetto, ed il sonetto medesimo, li trascrivo da Francesco Bartoli. […] Ora era l’uomo più allegro e più vivace del mondo, ora prendeva l’aria, i tratti e i discorsi d’un inetto, di un balordo ; queste variazioni poi succedevano in lui senza pensarvi, e con la maggior naturalezza. […] Compiuto il lavoro fu accettato, e rappresentato il 7 febbraio 1752, probabilmente nel grande teatro dell’opera, sotto la direzione anche’ sta volta di Pietro Algeri, venuto a bella posta da Parigi, e con musica nuova del suonatore di viola da braccio, e compositore della musica pe’ balli, Johann Adam. – Della musica di Rameau furon serbati la sinfonia e il primo coro. […] Fra le comparse del ballo era anche la signora Casanova ; « forse, aggiunge il Byrn, Maria Maddalena Augusta, la ventenne figlia della commediante, che era ancora in casa di sua madre nel 1745. » Cesare D’Arbes, lasciata poi la Corte di Dresda, e tornato in Italia, si scritturò con Antonio Sacco, il celebre Truffaldino, col quale stette fino al 1769.
Duranson è Don Geronimo della commedia, Mèlidor è il marito ingannato e guasto dall’usurajo trasformato in amico, ed Acelie è la savia consorte; e le convenzioni maneggiate con accorgimento, e la donna di piacere persuasa prudentemente la quale dà le armi per iscoprire vie più il nero carattere di Don Geronimo; e lo scioglimento, e la carica tolta al traviato e passata dal provvido Ministro ad un di lui tenero figliuolo, tutto appartiene al Francese, di cui per altro non si sono trasfuse nella commedia le grazie e le morali vedute. […] Anche la Fanatica per ambizione del medesimo autore, di cui si parla nella pagina 277, prende l’argomento e lo scioglimento di un finto fallimento di altra novella del medesimo Francese, l’Ecole des Peres; l’innamorato però che finge disprezzarla e riprenderne i difetti, mostrando un’apparente estrema freddezza, è tolto dal Desden con el Desden di Agostin Moreto.
Anzi il Ferretti aggiunge che egli si fece un peccato di susurrare (invano, s’intende) il proprio nome accompagnato dalle parole « non ti scordar di me. » Scrisse con entusiasmo pel Fortunati, detto Totino, per Ciccio Taddei, e per Vestris…. […] Novelli che ne rappresenta con ottima riuscita il Barbiere di Gheldria.
Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie. […] Giovanni De Medici. » E dall’Appendice di Paglicci Brozzi alla sua opera : Il Teatro a Milano, apprendiamo che « Simone Basilea, comico veronese, ebreo, come ben si comprendre dal suo cognome medesimo, ottenne nel 1619, in occasione che recavasi a Milano onde recitare con alcuni suoi compagni, di poter portare la berretta nera, in luogo della gialla, colore allora obbligatorio pei seguaci della fede giudaica. »
Continuò la Teresa a tenere la compagnia con decoro e fortuna : ma avanzando nell’ età, e passando dal ruolo di prima donna a quello di madre nobile e caratteristica, il quale sostenne con egual plauso, si unì in società per gli anni 1811-12-13 col bravo primo attore Bartolommeo Zuccato e col bravo caratterista Ferdinando Pellizza.
Fu anche autore, e si rappresentaron di lui con successo La donna che non si trova e La bella castellana. […] Bravo Comico in Scena, e bravo in Piazza raggiratore ed inventor di Fole ; ed in Teatro e fuori ei può che vuole con il talento suo, che ogni altro ammazza.
Moglie del precedente e figlia di Luigi Gritti, fu istruita da una zia paterna nell’arte del canto, in cui riuscì tanto da poter prender parte con successo negl’Intermezzi lirici, che soleansi fare nella Compagnia di suo padre che ella non abbandonò mai. […] E come ha sempre de lodar gran brama, sentila pur che con parole tonde Bravi Costanzo e Giulia ancuo la chiama.
Il Cinelli racconta « che una volta (Curzio Marignolli, poeta, nato a Firenze il 1563 e morto a Parigi il 1606) sgridato dal padre, perchè i suoi averi licenziosamente spendesse, arditamente rispose : Anzi, tutto il mio spendo con prudenza, intendendo dire con una donna sua amica che Prudenza chiamavasi. » E l’Arlia che varie rime di Curzio raccolse e pubblicò nelle Curiosità letterarie del Romagnoli (Bologna, 1885) aggiunge : era costei una comica, alla quale poi impazzata, o davvero, o per meglio accalappiare i merlotti, quell’altro capo ameno di Francesco Rovai scrisse il seguente sonetto, che pizzica di secentismo un buon poco : Folle è Prudenza : oh che follie soavi folli fan per dolcezza i saggi amanti !
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza. […] La protezione del fratello del Marchese Palmieri, che più d’ogni altro cavaliere frequentava la sua casa, ajutando lei e la madre senza interesse alcuno, nelle necessità in cui le trovò involte, per la mancanza delli alimenti, inasprì a segno il Desiderij, da farlo sparlar della Torri con moltissimo danno alla sua riputazione.
Donne tali schiave, abjette ed infami si prostituiscono ai nobili Giapponesi, i quali le sprezzano é le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cania. […] Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana. […] Deh Padre mio, poichè questa cara gazella, che ora pel peso che porta nel ventre, cammina con tanta pena, avrà partorito, ti prego di mandarmene il dolce avviso, e di farmi sapere lo stato di sua salute; nol dimenticare» «Can. […] Un solo musico di età avanzata, e per lo più il più brutto di tutti gli uonrini, le segue e le accompagna con uno strumento di rame chiamato nell’India Tam. Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua rinsorzando per gradi la voce e stringendo il tempo del suono in maniera che egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni, e le ballerine muovonsi con una maravigliosa agilità, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori de’ quali tutte sono esse sparse e profumate, le fa grondare di sudore e rimanere dopo il ballo pressochè fuori di se.
Domenico Bruni dice di lui, che fu peritissimo nelle lettere greche e latine ; e con tuttociò in iscena non avendo quella grazia che si aspettava, benchè di bellissima presenza fosse, non ispaventava Orazio Nobili (V.), l’altro innamorato della Compagnia de' Gelosi. […] Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire. […] Conte Marco Verità, con alcune annotazioni del signor Fulvio Vicomani da Camerino in alquanti dei Madrigali. […] lxvi Rubò Prometeo il foco À le ruote del Sole, Per farne parte a la mondana prole ; Rapì Tantalo a Gioue Il Nettare, e l’Ambrosia ; ma toglieste Gli alti concenti, e l’armonia celeste Voi Madonna a le Stelle, et a le noue Sfere superne ; e'l furto riteneste Dentro le labra : nè per questo sete Con fame eterna, e con perpetua sete Punita ne l’inferno, o nel Caucaso, Ma fatta habitatrice di Parnaso.
Tiranno in Compagnia Donati il 1820 colla moglie Teresa madre nobile, idem nella sua propria in società con Morelli. […] Ma agire minuziosamente sulle masse, curare i dettagli, dirigere un insieme, perchè tutto armonizzasse e scorresse con regolarità e precisione, non era cosa per lui : forse perchè egli pure era vecchio e si stancava.
Andò con la madre Clarice e col marito a Venezia, ove recitò nella Compagnia di Antonio Sacco al Teatro Grimani a S. […] Le grazie del volto, la pronunzia dolcissima, lo spirito non comune fecer di lei un’artista di pregio ; sì che, passata con Girolamo Medebach, il Chiari ebbe a scriver per lei alcune parti, quali la Melania nella Pastorella fedele, Ipparchia nel Diogene, e altre.
Toltasi alcun tempo dall’arte per malattia, vi tornò l’autunno del '96, scritturata collo stesso ruolo da Eleonora Duse ; e fu con lei in Russia, in Germania, in Francia. […] È passato il Tellini dagli amorosi ai primi attori e da questi a parti di minore importanza ; e anc’oggi, di compagnia in compagnia mediocre, va esercitando l’arte comica con varia fortuna.
Nato a Roma il 4 febbraio 1859 da parenti non comici, e datosi, giovanetto, al recitare in società filodrammatiche, si scritturò l’ '83 con Bellotti-Bon, per la cui morte non ebbe luogo il contratto, esordendo invece quello stesso anno come generico con Alessandro Salvini ed Ettore Paladini, e passando subito l’ '84 al ruolo di secondo e primo caratterista sotto il Salvini : ruolo che non abbandonò mai più, e che sostenne lodevolmente in compagnie egregie, quali dell’Emanuel, del Morelli, Maggi, Rossi, De Sanctis, Teatro d’Arte, Rasi, Della Guardia, Pieri-Severi, nella quale ultima si trova oggi (1904).
Figlio del precedente, nato a Prato in Toscana agli 11 di novembre 1663, secondo la bibliografia pratese, esordì alla Comedia italiana di Parigi, dopo di aver compiuto gli studi di filosofia, il 1° ottobre 1689 colla parte di Arlecchino nella commedia Il divorzio di Regnard, rappresentata la prima volta all’Hôtel de Bourgogne il 17 marzo 1688 con Domenico Biancolelli. […] E poco prima del ’700, caduto in una rappresentazione ch’egli diede con Thorillière e Poisson a Saint-Maur, n’ebbe tal colpo alla testa, che, tornando da Versailles, ove s’era recato a offrire il suo Teatro italiano a Monsignore, morì improvvisamente il 31 agosto del ’700, mentre teneva fra le ginocchia il figliuolo che avea avuto da Elisabetta Danneret, la cantatrice della Comedia italiana, nota col nome di Babet la chanteuse. […] Il Gherardi ebbe il 5 febbraio 1689, da una unione illegittima con certa Maria Maddalena Poignard, un primo figliuolo per nome Fiorentino Giacinto. […] Chi dice buon comico italiano, dice un uomo di fondamento, che esercita assai più la fantasia che la memoria, che compone, recitando, ciò che dice, che sa coadiuvare il suo interlocutore, vale a dire ch’egli sposa così bene le parole e l’azione con quelle del suo compagno, ed entra di punto in bianco in tutto il movimento drammatico dall’altro richiesto, di tal maniera da far credere agli ascoltatori che tutto sia stato anticipatamente combinato.
xvi, sostenne con gran plauso le parti d’Innamorato sotto il nome di Leandro. […] Alle qualità artistiche del Pilastri che lo fecer uno de' più pregiati comici del suo tempo andò congiunta una memoria prodigiosa : e Domenico Bruni nell’introduzione alle sue Fatiche Comiche dice di lui : Vi è stato un Leandro Pilastri, e dotto e grazioso, che della profondità della sua memoria ha fatto stupire ogn’uno, poichè in molti luoghi, ma particolarmente in Milano ha di tutte le famiglie illustri, in una occasione narrato l’armi, descritto i colori, detto i nomi e la origine col nominare quanti Castelli sono sotto quel Dominio, e le cose notabili che in quelle parti nascono ; ha fatto raccolta di sei e settecento nomi, e con epiloghi differenti di quelli mostrato la sicurezza della memoria sua.
me uolessero acquistar nella forma qui sotto, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in questo modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che mi tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno Comedie li pagarò il cinque per cento : Che le spese si farrano nel teatro per benificio de Comici siano comune come anche del Teatro : E perche li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in questo caso, di far quello comandarano le Signorie loro Ill. […] Anche di un Torquato Toschi l’Archivio di Stato conserva una lettera, nella quale egli appare direttor di attori accademici, e chiede la protezione di qualche Principe, « acciò possano questi giovini operare con maggior vigore, et esimersi da ciò che potesse di sinistro apportarle qualche emolo invidioso come altre volte ben notto è all’altezza Vostra Ser.
Fu quasi sempre capocomico e de' più pregiati, e militaron con lui i migliori attori e le migliori attrici del suo tempo. […] Gustavo Modena che s’era aggregato alla sua Compagnia, scrive a Calloud da Parma il 20 novembre del '42 : « La Compagnia Vergnano non piacque ; e con essa, te lo dico schietto, i Parmigiani sono ingiusti.
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella di una divinità e di un culto religioso16 (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni Lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto minore è la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del proprio discorso. […] Vedi con esso I gran figli del canto Ullin canuto, E Rino il maestoso, e il dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento 19. […] Oltre a ciò gli scrittori primitivi ambivano di scostarsi dal favellar volgare, e non essendo ancor destri abbastanza per conseguirlo nella sciolta orazione che aveano comune con tutti, adoperarono la meccanica de’ versi, i quali subito e a poco costo allontanansi dal linguaggio naturale. […] Plutarco nel libro contra Colote afferma con asseveranza che possano ben trovarsi nel mondo città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasii, ma senza tempi, senza numi, senza oracoli ουδεις εϛιν ουδέ εϛαι γεγονως ϑεατης, nè alcuno la vide nè la vedrà mai. […] Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circondano, e le ceneri degli antenati per essi divengono sacre, quando i matrimonj certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’ impulsi dell’amor proprio degl’ individui ad essere solleciti del corpo intero . . . . .
Tali rappresentazioni si adornavano con decorazioni curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole del Padre Eterno. […] I Clerici de la Bazoche, che cominciarono con alcune farse dette Moralità, proseguirono rappresentando mere buffonerie. […] Colà non si capiva ancora, che nella drammatica eranvi modelli antichi da imitarsi con profitto. […] Quando Carlo VII entro in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di san Dionigi sino alla chiesa di Nostra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni. […] Essi piacquero oltremodo pe’ colpi satirici che vi si lanciavano con lepidezza, e se ne composero non pochi.
Tali rappresentazioni si adornavano con decorazioni curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole del Padre Eterno. […] I clerici de la Bazoche, che cominciarono con alcune farse dette Moralità, proseguirono rappresentando mere buffonerie. […] Tutti questi spettacoli francesi di questo secolo erano scuole di superstizione, d’indecenza e di rozzezza 69, nè colà pensavasi ancora che nella drammatica eranvi modelli antichi da imitar con profitto70. […] Essi piacquero oltremodo per li colpi satirici che vi si lanciavano con lepidezza, e se ne composero non pochi. […] Quando Carlo VII entrò in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di San Dionigi sino alla chiesa di Notra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni.
Bartoli scrive : Bellotti, detto il Monco, Comico famoso, che recitò il carattere d’ Arlecchino con grande impegno ; e che cessò di vivere oltre la metà del secolo presente. […] Si sa che il Bellotti era retribuito con 600 fiorini annui, i quali pare non fosser punto sufficienti al suo quieto vivere, se fu costretto a muover suppliche per un impiego, magari di portinaio, che lo sottraesse alla miseria, accampando i suoi meriti d’Arlecchino per 17 anni : e il Directeur des Plaisirs, in una Istanza dell’ 11 febbraio 1734, indica il Dottore Malucelli e l’Arlecchino Bellotti, come coperti di debiti.
Per dare un’idea della riuscita di questi spettacoli, basti dire che a Milano, mentre al gran Teatro della Scala fanatizzava il Prometeo ballo, al Teatro Lentasio faceva furore il Prometeo dramma, scritto in pochi giorni in versi, del quale furon fatte trenta rappresentazioni con tale affluenza di pubblico, che molti furon costretti seralmente ad andarsene per mancanza di posti. […] Fece, dopo la scrittura col Dorati, società con Giacomo Modena ; ma còlto da improvvisa infiammazione cerebrale in Venezia, vi morì in pochissimo tempo, a soli trentasette anni.
Corsini Alceste, figlio di Ludovico Corsini, Stenterello di pregio, nacque a Firenze, e si diede giovanissimo all’arte di suo padre, esordendo con una Compagnia da lui accozzata alla meglio a Piombino nella maschera di Stenterello, e peregrinando poi con incerta fortuna da Piombino a Cecina, da Cecina a Montecatini, da Montecatini a Pontedera, poi a Pistoia, poi…. poi…. fino a Nizza, lottando colla fame, affrontando privazioni di ogni specie, senza che mai lo prendesse lo sconforto.
Recitava con gran merito sotto la maschera di Pantalone. […] In La Clemenza nella Vendetta egli sostenne, il '36, con grandissimo onore la parte di Pantalone Re dei Cuchi, cantandovi ariette musicali, ed eseguendovi diversi combattimenti.
Oltre a quanto dicesi dal Conte Pietro di Calepio nel Paragone della Poesia Tragica d’Italia con quella di Francia, ed al Marchese Maffei nel tomo I delle Osservazioni letterarie sulle moltissime locuzioni ricercate, strane, e difettose usate da Corneille e da altri Tragici Francesi, i nazionali stessi hanno confessato che l’arguzia è stata sempre il gusto dominante e ’l tentator tenebroso della nazione Francese. […] Moliere, secondo che riferisce M. d’Arnaud, avea trovato un di quegli uomini originali, i cui tratti sono caricati; si attaccò a quest’uomo, si pose con lui in carrozzino, l’ accompagnò sino a Lione, e non l’abbandonò, finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che componevano questo personaggio. […] Egli scrisse della commedia e della tragedia con molta erudizione e giudizio.
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella d’una divinità e di culto religioso (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto é minore la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del suo discorso. […] Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma: ……………… Vedi con esso I gran figli del canto, Ullin canuto, E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento3 Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora. […] Oltre a ciò gli scrittori primitivi ambivano di scortarsi dal favellar volgare, e non essendo ancora destri abbastanza per conseguirlo nella sciolta orazione che aveano comune con tutti, adoprarono il meccanismo de’ versi che subito e con poca spesa si allontanano dal linguaggio naturale.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli ad oggetto di lasciar tutto l’ultimo tomo a’ teatri dell’Italia e delle Spagne, termineremo questo libro con un saggio de’ progressi della coltura della Turchia e della commedia che vi si rappresenta. […] Generalmente i Turchi, mal grado della loro comunicazione con alcune corti Europee, che potrebbero darne più giusta idea, sono stimati barbari e rozzi. […] Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ più grandi conquistatori, e tra’ principi magnanimi e prudenti. […] All’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico Italiano.
Si recò a Parigi verso il 1640 con Tiberio Fiorilli, e ne partì un anno dopo per poi tornarvi nel 1645 colla Compagnia che fu chiamata dal Cardinal Mazarino, di cui fecer parte le tre cantanti Locatelli, Gabrielli e Bartolazzi, come si ha dalla spiegazione dell’allestimento scenico e dagli argomenti della Finta Pazza di Giulio Strozzi, rappresentata nella Sala del Petit-Bourbon. […] Io son sempre per la prima ipotesi, aggiungendo l’altra che col nome di teatro e con quel della Compagnia a cui appartenne, abbia fatto per un volume di versi un nome di guerra. Che altri la chiamasse pel suo nome di guerra, capisco : ma non capirei che altri potesse chiamarla col nome del secondo marito (e il figlio specialmente), giacchè sappiam per uso come un’attrice porti con sè oltre la tomba il nome col quale diventò famosa. […] Voi col pennello il mio ritratto fate, et io con la mia penna formo il vostro ; voi stemprate i colori et io l’inchiostro ; io carta adopro e voi tela adoprate.
Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario. […] , e ad esse tenner dietro in vario tempo un brindisi in versi martelliani nel Convitato di Pietra, pubblicato in foglio volante a Livorno l’autunno del 1766 ; un piccolo libretto in-8° contenente alcune considerazioni sopra un parere del dottor Carlo Goldoni, pubblicato il 1767 non so dove, ma forse a Bologna, mentre lo Scherli era col Davia ; Sette Notti di Edoardo Young tradotte in versi, pubblicate in-4° a Palermo il 1774 nella Stamperia de' Santi Apostoli ; e una scelta delle Rime con aggiunta di poesie siciliane e di lettere varie, edita in Palermo il 1777 in-12°. […] Alme eccelse, graditelo, che vostri servi siamo, E con tal nome in fronte, di noi superbi andiamo : Che se sarem sicuri del perdon vostro almeno, Nelle fatiche istesse lieti saremo appieno.
Recitò le parti di caratterista con molto favore, prima nella Compagnia di Onofrio Paganini, poi in quella di Gerolamo Medebach a Venezia, l’anno 1772, finchè si fece conduttore di una Compagnia propria, che intitolò dal nome di sua moglie, la rinomata Maddalena, e pella quale scritturò, dice il Bartoli, una scelta de’ migliori commedianti che vantasse allora l’Italia. […] Nell’estate del ’95 la Compagnia era a Trieste, ove recitò per la prima volta e con gran successo L’Avventure notturne del Federici.
L’arte del commediante era a que’tempi riguardata più tosto come un volgar mestiere ; e regnava nella famiglia il pregiudizio di aver macchiato l’onore, imparentandosi con gente di teatro : quindi le ripulse del padre. […] Divenuta moglie di Colleoni, la Marta cominciò a manifestar viva inclinazione all’arte ; e provatasi in particine di niun conto, con tanto garbo le sostenne da invogliare il capocomico Zanerini a occuparsi seriamente di lei.
Non volendo tornare in patria si aggregò a una compagnia di niun conto, e da questa passò in altre della stessa specie, recitando ogni parte dall’amoroso al brillante, e terminando poi con quelle di generico. […] Formò poscia a Torino il Teatro di famiglia con animo di rappresentar le vecchie commedie morali del Teatro dialettale ai Teatri d’Angennes e Scribe ; ma l’ '80 ritornò nella Compagnia piemontese diretta da' suoi due allievi Gemelli e Milone, e dopo il carnovale dell’ '82 abbandonò il teatro seguendo le sue figliuole Clara e Carlotta, attrici della Compagnia Pedretti (aveva preso in moglie da giovine una Anna Dogliotti), e vivendo di una piccola pensione che gli accordava il Consiglio dell’ordine dei Cavalieri dei SS. […] Morì a Genova il 12 di gennajo del 1886, e il 9 di aprile dello stesso anno, la sua salma, reclamata dall’autorità municipale di Cuneo, fu trasportata con gran pompa in quel cimitero, dove si ammira il busto che abbiamo detto, opera dello scultore Alessandro Cafetti, sulla cui base è la seguente epigrafe dettata da Desiderato Chiaves : a | GIOVANNI TOSELLI | che su queste scene | il teatro piemontese | instaurò | perchè ricreando educasse | testimonianza | di memore affetto | i torinesi posero | il xii cennaço m dccc lxxxvii.
Scrisse varie commedie, e fra le altre Il Genio benefico, commedia con trasformazioni, e L’avarizia combattuta dal punto d’onore. […] Giovanni Laterano con funerale privato.
Appena infatti fu questi lungi dalla città, Lucilla, partitasi dalle Maddalene, si uni a far vita comune col Niccolò, ma non mantenendosi del tutto fedele neppure a costui, provocò la scena di gelosia della quale abbiam fatto parola, e che fini con un colpo d’arme da fuoco, senza però grave suo danno. […] Il sergente in forza della propria patente militare e perchè così richiedeva il benefisio e il servisio di Sua Maestà, si credette autorizzato a portar le terzette e richiese in grazia al Governatore che il Podestà di Cremona desistesse durando il servizio di dare alcuna molestia al supplicante il quale con ogni accurata diligenza invigila alla cura e difesa della città.
Sappiamo che prese parte alla recitazione dello Sfortunato, pastorale di Agostino Argenti, data il maggio del 1567 a Ferrara ; alle rappresentazioni che si fecero in Ferrara il 1570 per le nozze di Lucrezia d’Este con Francesco Maria della Rovere, Principe d’Urbino, per le quali furon pagate lire marchesane 19.0.10 (V. Solerti, Il Teatro ferrarese) ; e alla recitazione del Sagrificio del Beccari, data in Sassuolo nel 1587 con prologo del Guarini, pel matrimonio di Pio di Savoja, Signor di Sassuolo, Modena, Vicenza, 1871 ; e che, morto il 1589, fu sepolto in Santa Monica di Ferrara.
Secondo la tradizione, il Del Buono avrebbe accolto l’idea della sua maschera dalla viva voce del basso popolo fiorentino, chiassoso, arguto, spensierato nella sua miseria, rigido conservatore del vernacolo, dacchè la sua casa situata in faccia alla via di Merignano, che sboccava allora in via Gora, mettevalo con lui in immediato contatto. […] Buon cristiano, buon amico, buon prossimo : sovventore dei poveri, ed abile artista comico in generale : in particolare poi, sommo nel così detto carattere di Stenterello, che egli stesso inventò, ed inimitabilmente e gustosamente sostenne fino alla decrepitezza…… E il Morrocchesi poteva discorrerne con ragione, poichè fu con lui scritturato per tutto il 1800, che egli passò, dice, in un batter d’occhio, perchè fu del continuo accompagnato da quiete d’animo, da perfetta salute, da ogni possibile soddisfazione nell’arte, e con sopra a 400 zecchini d’avanzo, dopo essersi mantenuto gajamente in tutto e per tutto. […] o forse il Fracanzani, caratterista allora al fianco di Luigi Vestri, aveva, quarant’anni prima accennato con insuccesso a quella maschera, affermata poi nel suo maggiore sviluppo dal nostro Del Buono ?
Nel 1740 – dice lo Ial – egli fu ricevuto come segretario, serbando la parte di Scapino : e l’ 8 maggio del 1754, tre anni dopo la morte della prima moglie, si unì in seconde nozze con Maria-Giacomina Commolet, figlia di un capo sarto, dalla quale ebbe due figli, e la quale morì il 30 luglio 1769. Il Ciavarelli, alla morte della moglie, abbandonò il teatro dopo di avervi sostenuto con crescente successo la parte di Scapino per trent’anni ; e dopo un lustro a pena, morì a settantadue anni il 12 giugno del 1774.
., II, 110 : Mar[illisible chars], il Brighella della Compagnia, era maritato : sua [illisible chars], la quale era stata ballerima da corda al pari di lui, era una giovine veneziana molto bella ed [illisible chars], poema di spirico e di talenti, e mostrava felici disposiricai per la commedia : ella aveva abbandonato suo marito per giovanile inconsideraterra, e venne a riunirsi con lui dopo tre anni, preadendo l’impiego di serva nella Compagnia di Medebach sotto il nome di [illisible chars]. […] Recatasi col marito nella Compagnia Battaglia, rimase tuttavia, benchè in là con gli anni, quella celebre Corallina che fu nella sua fresca giovinezza, e le lodi — dice il Bartoli — che a lei si dànno in alcuni moderni romanzi sono degne di lei ; ma meglio sarebbero state in una storia vera, di quello che figurano in mezzo alle favole.
Egli incominciò a esercitar l’arte comica sotto il nostro celebre Pertici, e sostenne sempre con qualche decoro quei caratteri, che gli venivano destinati dal sopraffino discernimentò del suo direttore. » A ventidue anni perdè improvvisamente la vista, e si diè allora a scrivere poesie, specialmente bernesche, in cui riuscì egregio. […] Allorchè le cicale non son stanche di sciattare i bimmolli in fogge strane, quando del Diacciatina sulle panche si ganzan di sorbetti le sottane ; il giorno, in cui tra loro uniti stanno di Cecco e Beco i venerandi figli, cosa, che segue un par di volte l’anno : nel secol d’ora, in la Città de'Gigli, gli anni, che con più sei cinquanta fanno, nacque al mondo Domenico Somigli.
Fatto grandicello e ritentata la prova, passò progressivamente, nè con maggior fortuna, dai servi ai mami, ai secondi amorosi, ai brillanti, ai meneghini, ai primi atori ; poichè, al finire del disastroso capocomicato di suo padre, nel ’59, egli, cavallo da tiro e da soma, alternava le parti comiche colle tragiche, fra cui, incredibile a dirsi, quella dell’ Amleto e dell’ Otello !!! Sciolta il padre la compagnia, Domenico si scritturò il ’60 collo Sterni, poi dal ’61 al ’66 con A.
Formò, il ’46, società con la Fusarini e Marchi, della quale discorre largamente Ernesto Rossi nelle sue Memorie (vol. […] Fu con Pezzana ; entrò il ’61 a far parte della Compagnia di Roma condotta da Cesare Vitaliani, dopo la quale fu scritturato in quella di Angelo Diligenti.
Rappresentando a Lucca il 6 dicembre 1836 in Compagnia Pelzet il Galeotto Manfredi per sua serata, invitò il pubblico con queste parole : La fiera gelosia che agita la sospettosa Matilde, fomentata dall’ arte scaltrita dell’ambizioso Zambrino, la debolezza del generoso e troppo credulo Manfredi ; infine l’ingenuità della giovine ed onesta Elisa, formano l’inviluppo di questa tragedia, la di cui catastrofe, terribile non meno che esemplare degna la rende di tenere un posto distinto tra le classiche italiane. […] I soggetti trattati con molto acume e senza pur l’ombra della pesantezza sono : la nobiltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri, lo studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la pronunziazione, la mimica, la direzione, il contegno e la controscena, il vestiario in costume e l’acconciatura, le doti naturali, la moralità dell’arte (Teatro greco, romano, medievale, e moderno) e in ultimo, la moralità dell’attore accoppiata a quella del teatro.
Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione di giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza di scena, tanta forza di passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio di Dora. […] … Il martedì 20 gennaio del 1878, rendeva l’anima al Signore, e il dì dopo fu condotta a Père Lachaise, con modesto, ahi troppo modesto trasporto, al quale, oltre a’pochi intimi amici, appena intervennero il Vitu e il D’Harcourt del Figaro, e la signorina Rousseil, unica fra le attrici parigine – scrisse l’Yorick – che stimasse suo dovere rendere quest’ultimo omaggio alla compianta consorella.
2ª sera Ora che la mia figlia è maritata con quel Zannetto più fier del demonio, crede d’esser contenta, e s’è ingannata, perchè ha trovo una stampa senza il conio. […] 5ª sera Ascoltatemi, figlia, in cortesia ; ora vi parlo con materno affetto, già siete dello sposo e non più mia, e questo è ciò che mi trafigge il petto.
Vedea egli sgorgare da limpida sorgente, e scorrere mormorando fra le verdi rive un ruscello; vedeva germogliare anno per anno le piante, rifiorir gli alberi, e coprirsi di fronda; vedea la notte al giorno, e il giorno alla notte vicendevolmente succedersi, e il sole per gl’interminabili spazi del cielo con invariabil corso aggirarsi finché si nascondeva agli occhi suoi sotto l’orizzonte. […] Il meraviglioso, che in questo s’introdusse nel secolo scorso, fu di due sorti, la mitologia degli antichi, e le fate, gl’incantesimi, i geni con tutto l’altro apparato favoloso, cui io darei il nome di mitologia moderna. […] E ciò non solo colle parole e col tatto, ma con misteriosi caratteri ancora, i quali aveano virtù d’allontanare ogni guai da chi li portava seco: onde trassero origine i talismani, gli amuleti, e tai cose. [12] La religione cristiana, apportando seco l’idea semplice, vera e sublime d’un unico iddio, distrusse nella Scandinavia i deliri della idolatria, e con essi la potenza dei Rymers, che ne erano il principale sostegno. […] [20] Salita poi sul teatro continuò a comparire unita alle farse, agl’intermezzi ed ai cori, che con grande apparato esponevansi agli occhi.
Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa. […] E questa si è regolare con buoni ordini lo stato musicale, a parlar cosi, e porre i virtuosi, come erano negli andati tempi, sotto disciplina e governo41. […] Altre volte presiedeva al teatro un corago o un edile, e ogni cosa vi procedeva con quell’ordine che si conviene, quando le antiche repubbliche intendevano per via delle sceniche rappresentazioni di accendere il popolo alla virtù o di tenerlo almeno divertito per la quiete dello stato.
Bartoli – con bravura il carattere d’Innamorato nella Compagnia diretta dal Lapy nel Teatro di S. […] Grisostomo con Girolamo Medebach, impiegato nell’assoluto carattere di primo Innamorato. Volò il grido de’ suoi meriti sino a Parigi, e fu colà chiamato, perchè la parte dell’Innamorato egli recitasse nella Truppa Italiana. » Bartolommeo Camerani si recò a Parigi nel 1767 chiamatovi a recitare i secondi amorosi, alternativamente con Francesco Antonio Zanuzzi e Antonio Stefano Balletti, e vi esordì la sera dell’ 8 maggio, insieme all’ arlecchino Sacchetti nel Maître supposé, nuova commedia italiana che non ebbe veramente un gran successo.
Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille. […] « inebriarsi di sole a Napoli, » ha detto Dumas ; il Vesuvio, che io scorgo benissimo dalla mia finestra, mi sembra l’arciprete dei monti che con la cotta di neve incensa le stelle. […] Non ti lascio sotto silenzio li maccaroni, specialità unica e squisitissima del paese, e nota maccaroni non maccheroni, perchè un tale, che ne assaporava un piatto stupendo, entusiasmato all’ultima forchettata, esclamò : « Ma voi non siete cari, ma…. caroni…. » la qual cosa combina anche con l’etimologia greca Μαχαρ, che vuol dire felice, beato, carissimo ; e non ti taccio che conto pure sopra una mezza dozzina di finocchi, squisitissimi a Napoli quanto i maccaroni, e chiusura inevitabile del pranzo.
Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] Molte n’ho fatte, è vero, in varia istanza a Vostra Altezza, mio Padron sovrano ; e pur con tante stanze essendo al piano, di star allo scoperto ho per usanza. […] Ai nomi di Costantini Giovan Battista e Gherardi Evaristo sono accennate alcune querele e dispute ch'egli ebbe, per le quali si ricorse perfino alle vie di fatto con la spada alla mano.
Tornato nel 1750 a Parigi, rientrò nella Commedia Italiana, ove rimase fino al 15 marzo 1769, epoca del suo definitivo riposo, che ottenne con una pensione di 1500 lire. […] Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
Samuele le parti di prima donna con molto plauso l’anno drammatico 1736-37 nella Compagnia Imer diretta da Carlo Goldoni, il quale nella prefazione al Vol. […] E più oltre, al proposito della Rosmonda : L’ho composta per contentar la Bastona, la quale sostenuto avendo il carattere odioso di Teodora, pretendeva di farsi onore con una parte virtuosa, ed eroica ; ma tutti e due c’ ingannammo : ella non era fatta per queste parti, ed io non era ancora assai pratico per iscegliere gli argomenti.
E se con te tutto finor tentai, ad onta ancor d’ogni destino infido, io tuo sostegno, e Tu onor mio sarai. Recitando con universale applauso la valorosissima ed incomparabile signora Rosa Brunelli Baccelli nelle Commedie, che si rappresentano nel Teatro Formagliari di Bologna il Carnevale dell’ anno 1765.
Maria Formosa per l’anniversario delle nozze di Francesco Morosini con una Querini. […] A questo punto si arrestan le notizie di recitazioni a Venezia in cui prese parte il Cherea ; ma sappiam poi dal diarista Sanudo che il Cherea, stretta amicizia con l’oratore ungaro, di passaggio a Venezia, aveva lasciato la città, nella quale aveva raccolto tanta messe di lodi, per recarsi in Ungheria, dov’era nel 1532, non sappiam bene se per ispasso, o ad esercitar l’arte sua.
[2] Affinchè proceda con precisione il discorso d’uopo è scomporre la quistione ne’ suoi primi elementi, e risalire fino alla sorgente, esponendo onde tragga origine la maggior o minore attitudine delle lingue pel canto. […] L’altra modificazione, che forma le lettere consonanti, si fa, qualora passando gli organi della bocca dalla loro posizione fissa ad un’altra momentaneamente variata agiscono l’uno sopra l’altro con qualche movimento, battendo la lingua ne’ denti, o nelle labbra, o questi scambievolmente contro a quella. Le consonanti adunque non si pronunziano se non coll’aiuto delle vocali, laddove le vocali si proferiscono senza l’aiuto delle consonanti, ma accoppiate con esse servono a distinguere più esattamente le sillabe dalle parole, e dall’accoppiamento, ed ordine loro si forma poi la sintassi, e il discorso. […] E i passaggi da una parola in un’altra fansi con agevolezza grandissima, atteso che tutte le dizioni, siano nomi siano verbi, terminano in vocale, eccettuati alcuni monosillabi, come “sur, in, con”, o quando per accrescer forza al discorso, per ischivar le troppe elisioni, o per terminar più speditamente il periodo, in una cadenza si troncano infine alcune vocali, come “finor, fedel” da “finora fedele”. […] Bisogna scorticar un moscovita per far ch’ei senta, dice con molto spirito il Montesquieu.
Recitava in Italia con grande successo nel 1715.
Recitava le parti di Pantalone e lo vediamo in Francia il 1613 e 1620, con la Compagnia di Tristano Martinelli (V.).
È l’attore che partì da Roma per Venezia il 1738 con Girolamo Medebach, e recitò per alcun tempo applauditissimo nella maschera di Pulcinella.
Si esercitò nella sua Maschera con impegno, e fu ricercato nelle migliori Compagnie.
Bartoli Francesco) recitò con molto plauso le parti di Tartaglia.
Moglie del precedente, recitò con ispirito nel carattere della serva.
Il maggio del 1777 era a Modena, con la Compagnia di Francesco Panazzi, insieme ai Falchi, agli Andolfati, ecc.
Fu artista del San Salvatore di Venezia, tartassato con Medebac, Falchi e la Marliani da Carlo Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi, e in un sonetto burchiellesco.
Dice il Bartoli ch’egli « recitò con infinito valore nell’astuto Personaggio di Scappino ; e che in Parigi fu onorato de’più sonori applausi.
. – E de’versi che il Burchiella lasciò in italiano e in greco, dice il Dolce ch’e’ potean contendere con quelli del Bembo e del Petrarca. […] : Dal pigro sonno, che con gli ozj suoi neghittoso alle fredde ombre ti rese, alma risorgi, e fa al mio cor palese quell’affetto d’amor che or dorme in noi.
Dal suo secondo matrimonio con Edoardo Majeroni ebbe un figlio, chiamato anch' esso Edoardo, che fu marito di Giulia Tessero, la sorella di Adelaide, morto in Australia il 1891.
Bartoli – assai bene nella maschera dell’ Arlecchino, e ne’ Teatri di Venezia fu per molto tempo, con piacere di quella Metropoli, nel presente secolo (xviii) applaudito.
Maritò la figlia Elisabetta all’arlecchino Giovanni Fortunati (V.) « e con fama d’uomo onorato – dice il Bartoli – morì in Parma l’anno 1767. »
Compare la prima volta con lui nell’elenco della Compagnia del 1796, terza dopo Rosa Grignani e Carlotta Angiolini.
S’esercita nella maschera del Tartaglia (1782) ; fu nelle Compagnie di Giuseppe Lapy e di Luigi Perelli ; e può con sufficiente abilità adoprarsi nell’impegno del suo ( ?)
Sa bene il Signor Lampillas quanti Libri rimangono sepolti nelle Biblioteche per non essere del gusto e dell’indole generale della Nazione, e quanti altri all’opposto non con altro condimento accomodati eccetto di quello di secondare i pregiudizj e la vanità de’ paesani, corrono per qualche anno. […] E pure già competentemente colta sapea e darsi leggi, serbar riti religiosi, e governarsi, e guerreggiare e vincere, e fabbricare con istupenda solidità e magnificenza, e verseggiare, e dilettare il Popolo con feste e giochi.
Queste farse istrioniche aveano per oggetto primario l’eccitare il riso con ogni sorte di buffoneria, e vi si faceva uso di maschere diverse, colle quali nel vestito, nelle caricature e nel linguaggio si esagerava la ridicolezza caratteristica di qualche città. Pantalone era per lo più un mercatante veneziano d’ordinario dedito alla spilorceria; il Dottore un curiale bolognese cicalone; Spaviento un millantatore poltrone; Coviello un furbo, Pascariello un vechio goffo che non conchiudeva un discorso incominciato con grande apparato, tutti e tre napoletani; Pulcinella un villano buffone dell’Acerra; Giangurgolo un goffo calabrese; Don-Gelsomino un lezioso insipido roma no o uno Zima fiorentino; Beltramo un o milanese semplice; Brighella un ferrarese raggiratore; Arlecchino uno sciocco malizioso da Bergamo. […] Il volgo Italiano sene compiacque per la novità e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’ varii popoli di una medesima nazione, siccome avviene in Francia ancora tra’ Provenzali, Normanni e Gasconi, e nelle Spagne tra’ Portoghesi e Castigliani e Galiziani, Valenziani, Catalani, Andaluzzi, le cui ridicolezze e maniere di dire e di pronunziare rilevansi con irrisione vicendevole.
Nemico acerrimo di ogni volgarità, dei doppi sensi, di quelle licenze in somma, tanto vive in iscena su lo scorcio del secolo xvii, si diede con molto acume a purgare il teatro, arricchendolo delle opere migliori. Recitò più volte il Pastor fido del Guarini, tentò l’ Aminta del Tasso, e a Venezia volle cimentarsi per la prima volta con una tragedia in versi, l’ Aristodemo del Dottori, per la quale dovè predispor l’animo degli spettatori, che di tragedia avean fin perduta l’idea, per avvertirli che Arlecchino non vi prendeva parte, che il soggetto era pieno d’interesse e che li avrebbe commossi alle lagrime. […] In uno stile gonfio e reboante, con mescolanza di prosa e versi rimati, son le solite scene vuote, retoriche, in cui si passa dal furore all’amore colla maggior tranquillità del mondo, senza ombra di gradi.
D’Ancona) che nel 1567 formò compagnia in società con Guglielmo Perillo napoletano e Marcantonio veneto : societatem insimul recitandi comedias… e, all’occorrenza, sonandi, cantandi, ballandi, ecc.
Era nel 1837 in Compagnia Corrado Vergnano ; e nel 1840 a’ Fiorentini di Napoli con Domeniconi, Guagni e la Pelzet.
Andrà Giuseppina, torinese (citata da Giacinta Pezzana in un suo recente opuscolo, tra le alunne di Carolina Malfatti), sosteneva con garbo le parti di amorosa nella Compagnia di Adamo Alberti ai Fiorentini di Napoli, l’anno 1850-51.
Bartoli — di una Comica Compagnia per molti anni e recitò nel tempo istesso con grazia ne'caratteri caricati….
Ma dal l’idea complicata di società non può a ragione acompagnarsi quella di una divinità e di un culto religiosoa (malgrado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni Lucreziani) e tali idee nel l’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto minore è la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del proprio discorso. […] Tra gli antichi Scozzesi ed Irlandesi di origine Celtica siorirono moltissimi cantori appellati parimente Bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne perquello che apparisce dal poema di Ossian intitolati Canti di selma: Vedi con esso I gran figli del canto Ullin canuto, E Rino il maestoso, e il dolce Alpino Dal l’armonica voce, e di Minona Il soave lamentoa. […] Plutarco nel libro contra Colote afferma con asseveranza che possono ben trovarsi nel mondo città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasii; ma senza templi, senza numi, senza oracoli ουδεις εστίν ουδέ εσται γεγονως θεατης, nè alcuno la vide nè la vedrà mai . […] Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circonlano, e le ceneri degli antenati per essi diventano sacre, quando i matrimonii certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’impulsi dell’amor proprio degl’individui ad essere solleciti del corpo intero.
Il Ferrarese recitava con la maschera di Tartaglia.
Sa molto bene le commedie all’improvviso a memoria, le concerta con dello spirito, e non è indegno dell’epiteto di buon commediante. » Così Fr.
Recitava oltre la metà del secolo xvii le parti di innamorato con grande successo, in Sicilia.
Seconda edizione Accresciuta, variata, e corretta dall’autore Tomo primo In Venezia MDCCLXXXV. nella stamperia di Carlo Palese con pubblica approvazione
Nella commedia con musica dell’ Apollini, Le contese di Mestre e Malghera per il trono, ella sostenne la parte di Mestre.
Marini Giuseppe, veronese, esercitatosi tra'dilettanti della sua patria, si diede all’arte nel 1810, dedicandosi per la sua maestosa figura al ruolo di tiranno, che sostenne con moltissima lode nelle primarie compagnie di Raftopulo, Goldoni, Dorati, Internari e Paladini, Perotti e Fini.
Fu in qualche Compagnia di Venezia, poi seconda donna con Onofrio Paganini, al fianco di Rosa Brunelli, prima donna, poi, avanzando negli anni, in Compagnie varie di pochissimo conto.
Fratello di Carlo, artista di qualche pregio per le parti d’innamorato, recitò in varie compagnie vaganti, e fu diversi anni con Giuseppe Lapy al Sant’ Angelo di Venezia, che poi lasciò, per andare a recitare in compagnie di minor conto.
Lodigiana, seconda moglie del precedente, fu da lui educata all’arte del canto, in cui riuscì egregia, cantando con molta grazia in vari intermezzi.
Marco, e con Antonio Molino detto Burchiella, comico, istituì un’ accademia di musica.
Comica veneziana, la quale fiorì intorno al 1590, e della quale non sappiamo altro, fuorchè l’ 11 dicembre di quell’anno, di passaggio per Mantova, fu alloggiata con un suo ragazzo, Girardino, e cogli altri comici Messer Guido Nolfi da Fano e Messer Leandro de Pilastri (V.), presso M.
Fu prima attrice amorosa il 1832 in Compagnia di Giovanni Ghirlanda, col marito Giovanni Trenti primo attore e con Geltrude, forse una sorella, generica.
« Recitò – dice il Bartoli – nel carattere dell’arlecchino per molto tempo con valore ; ma poi si alienò dall’arte, e vive oggigiorno (1782) in Ferrara, coi vantaggi che ne ricava assistendo ad una Bottega di Caffè, che da non pochi anni in quella città egli aperse. »
Angelo di Venezia, passando poi a Napoli, dove fu chiamato a sostener le parti d’innamorato, e dov’era ancora al tempo del Bartoli (1782), recitando – egli scrive – con grazia e ponderato sentimento, sì nelle comiche, che nelle tragiche rappresentazioni.
Diolaiti Gaetano, bolognese. « Fu un bravissimo Dottore, il quale molto affaticossi per dare al suo carattere scenico delle nuove grazie ; e cogli assiomi latini, e con un sentenzioso studiato si rese utile alle comiche compagnie ; e procurò a sè medesimo e fortuna ed applauso.
Dones Francesco, milanese, nacque verso il 1785, e tenne dal 1810 al 1830 il posto di caratterista con grandissima lode nelle primarie Compagnie, quali di Consoli, Zuccato, Goldoni e Perotti, e in quella poi ch’egli formò al finire della sua carriera.
Fu il primo amoroso, nel 1850, della Compagnia che Antonio Colomberti formò in società con Eugenia Baraccani, sposata la quale, si fece capocomico egli stesso, separandosi poi amichevolmente dalla moglie, e ritirandosi dopo alcun tempo dall’arte per andare a seguire il figliuolo, divenuto tenore de' più ammirati.
Recitò nel carattere da Innamorato con buonissima disposizione.
Moglie del precedente, e, come dice il Sansovino, notabilissima recitante, che rappresentava commedie a soggetto con detto Valerio, Frate Armonio e Lodovico Dolce.
[Dedica] ULTIME CURE ultimi tratti della penna di PIETRO NAPOLI SIGNORELLI su i fasti teatrali gia’ da lui descritti oggi in dieci volumi raccolti e consacrati alla patria sempre a se cara che la vita gli diede che dopo i suoi viaggi e le vicende fremendone la malvagita’ invano l’accolse benigna e che ne accogliera’ con materno sguardo l’ultimo vale mdcccxiii.
Si scritturò poi nel 1860 con Luigi Domeniconi, col quale tornò il ’63, come madre nobile e caratteristica.
Gnochis, si scritturò con altra, e morì nell’estate del '76 nella Valtellina a circa cinquant’anni.
« Brava attrice, che recitò con gran franchezza nel carattere della serva, e che fu nelle Compagnie di Venezia molto applaudita.
Duse Eugenio, nato a Padova il 1816, troncò da giovanetto gli studi per viver con suo padre la vita della scena, alla quale non era chiamato.
Sappiamo solo che recitava le parti di donna seria, e che fu con la Battaglia, col Camerani, col Sacco ; da cui passò in una Compagnia vagante, ove trovavasi ancora nel 1781.
Recitò anche da Serva con sufficiente successo, e fu sempre al fianco del marito, sposa esemplare.
Fu anche nelle compagnie di Pietro Rossi e di Onofrio Paganini ; poi, protetto da un veneto gentiluomo, visse alquanto con lui, lontano dall’arte.
Andolfati Teresa, moglie del precedente, sostenne con plauso le parti di prima attrice nella Compagnia di Pietro Rossi.
) – il primo attore, tal Comincio, impiegato alla fabbrica dei tabacchi, lo apostrofa spesso con l’aggettivo di furbacchiotto, il lubbione ha soprannominato Fra Pacchiotto il Carbutti, ch’ è l’idolo suo.
La morte del padre lo richiamò in Atene, donde non uscì più, troncando la carriera artistica ch’egli aveva abbracciata con tanta passione, e nella quale dava di sè così belle speranze.
Fu con Bazzi, Goldoni, Perotti, Dorati e Raftopulo.
Par nullameno ch'egli fosse assai più reputato violinista che attore, e dice il Bartoli ch' ei poteva comparire con lode in mezzo ai più esperti professori di musica.
Ebbe l’incontro di dover recitare colla Maddalena Battaglia poco dopo comparsa in Venezia, e con essa fece maggiormente spiccare il di lui valore, sostenendo la parte d’Arsace nella Semiramide di Monsieur di Voltaire, e l’Amleto nella Tragedia di questo nome di Monsieur Ducis ; ambe tradotte da peritissimi Scrittori. […] Scrisse ancora, dopo la stampa dei quattro volumi : Solitudine e pianto, tragicommedia in tre atti con prologo intitolato Offesa e Vendetta, recitata al S.
Sposata nel 1767 una fanciulla di Udine, mentr’egli colà si trovava in Compagnia di Girolamo Brandi, l’addestrò nell’arte comica, e con lei passò il 1774 in Compagnia di Giuseppe Lapy al Sant’Angelo di Venezia.
Entrò innamorato con Pietro Rossi, col quale stette quattr' anni.
Fu con la Coleoni, la Battaglia, Zuccato, e il cognato Goldoni.
Al governatore Claudio Ricci fu dato l’aprile del 1697 l’ordine ducale di arrestarlo, non è detto per qual motivo, in un con Giuseppe Sontra, Flaminio, quando fossero passati pel Po, diretti da Ferrara a Cremona ; ordine che il Ricci annunzia da Brescello in data del 21, di avere passato al Capitano del Brigantino.
Brava comica napolitana, che recitò nel carattere di prima donna con assiduo impegno, divenendo un oggetto di piacere sui teatri del Regno e d’altre Provincie.
Lo vediamo per molti anni con Giuseppe Pellandi, col quale era al Sant’Angelo di Venezia il 1795-96.
Fu il ’76 con Gerolamo Medebach al S.
Sorella minore della precedente, fece i primi passi nell’arte in Compagnia Patriarchi, e riuscì egregia in ogni specie di parti, ma particolarmente in quelle di serva, che sostenne, dice il Bartoli, con molto spirito, grazia ed intelligenza.
Pare però che le cose si accomodassero, poichè oltre alla scrittura continuata dal 1789 al ’90, con documento prodotto dal Di Giacomo del notajo Pietro de Roma, di Napoli, troviamo il Catani dopo il Buonamici nell’elenco de’ comici del S.
Trascrivo dal Bartoli : « Lasciata Vicenza sua patria con qualche studio fatto nelle prime scuole, passò alla comica professione facendo da innamorato.
« Sa cantare – scrive il Bartoli – con qualche grazia, e benchè pieghi a quegli anni che dalla gioventù son lontani, pure la sua gracile e piccola figura le serve ancora di qualche schermo contro l’ ingiurie del tempo. »
La sua azione consisteva in un esagerato agitar delle mani, con assoluta mancanza di spontaneità.
Moglie del precedente, fu con lui a Dresda il 1738.
Egregio caratterista ai primi di questo secolo, era nel triennio 1810-11-12 in società con Bartolommeo Zuccato e Teresa Consoli.
Travagliò con dello spirito, della grazia, e fu nelle cose dell’arte molto bene instrutta.
Passò a seconde nozze con una pulita giovine – dice il Bartoli – e seco visse non pochi anni, sul finir de’ quali alienossi dalla Professione, avendo ottenuta una carica onorevole.
Forse lo stesso Lutio, che firmò la supplica degli Uniti con Gio.
Sposò la vedova di Giovanni Bazzi, la celebre Maria Anna, e con essa andò a stabilirsi nel 1849 a Firenze, ove, pochi anni dopo, morì.
Condusse alcuni anni ai primi del XIX secolo una Compagnia secondaria, della quale egli era applaudito caratterista, e con la quale s’ebbe la più varia fortuna.
Una sera dopo d’aver recitato, perdè con sua gran meraviglia la vista, senza avervi avuto alcun preventivo malore.
Figlia dei precedenti e moglie di Giuseppe Salvini, fu una egregia servetta, e tale la vediamo col marito nella Compagnia Paladini-Internari, con la quale doveva recarsi del 1830 a Parigi ; ma còlta dal mal di petto, fu obbligata a restarsene in Italia, a Venezia, presso i suoi parenti, sostituita nel ruolo dalla moglie di Luigi Taddei.
Continuando in tal guisa lungo tempo questi Cori pastorali, ed inni Dionisiaci doveano naturalmente partorir sazietà, e svegliare in alcuno un desiderio di rianimargli con qualche novità. […] In una tragedia pose alcuni versi cosi pieni di robustezza, di energia e di arte militare, e gli rappresentò con tanto brio che scosse gli spettatori di un modo che nel medesimo teatro fu creato capitano; giudicando assennatamente gli Ateniesi che chi sapeva tanto solidamente favellare delle operazioni belliche, era ben degno di comandare elle squadre per vantaggio della patriaa. […] L’Espugnazione di Mileto, di cui parla Eliano stessoa, appartiene a un altro Frinico figliuolo di Melanta, il quale per tal tragedia fu punito dagli Ateniesi con una multa di mille dramme.
Entrò il ’29 nella Reale Compagnia Sarda, in cui rimase sino al suo ultimo disfacimento, scritturato per le parti di sciocco o mamo, nelle quali acquistò tanta rinomanza da poter mantenere con successo quel ruolo giovanile anche quando la canizie e la obesità ebber dileguata ogni illusione.
Datosi poi al ruolo di primo attor giovine, fu in Compagnia di Bellotti-Bon con Virginia Marini negli anni ’79-’80-’81, durante i quali s’era acquistato buon nome specialmente per la parte di Morto da Feltre nella Cecilia di Pietro Cossa ch’egli recitò di tal modo da non aver mai chi lo superasse.
Sposò il 21 marzo ’95 a Lecce l’attrice Armida Bergonzio, che fu amorosa e prima attrice giovine, e che è oggi con lui come generica.
Fu per sei mesi aggregata alla Compagnia Gustavo Modena ; ed ebbe l’onore di sostener con lui le grandi parti del suo repertorio.
Angelo di Venezia con una Teresa Giovannoni, moglie probabilmente, o figlia.
Creò con molto successo la parte di Mamma Agata nelle Convenienze Teatrali del Sografi, e recitò anche talvolta colla maschera di Arlecchino.
Comico, fiorito nella seconda metà del secolo xvii, con la maschera del dottore, e famoso col nome di Dottor Lanternone.
Ricci Anna, bolognese « figliuola — dice il Bartoli, di Paolo Ricci, accademico recitante, — che ne' privati teatri di Bologna fece per alcuni anni un’ottima comparsa. » Entrò con lui in arte, sostenendovi le parti d’ingenua ; e di lei dice ancora il Bartoli che « nelle cose dove la tenerezza affettuosamente compeggi, a meraviglia riuscì. » Si recò dopo di aver vagato in compagnie di giro, in Napoli, ov'era nel 1782 ; passò poi al ruolo di Donna seria, ammiratissima.
Seconda donna il 1819-20 della Compagnia di Gaetano Perotti, poi primattrice supplementare con l’Assunta Perotti.
Primo attore e prima attrice della Compagnia accademica-toscana addetta al regio teatro degl’Intrepidi di Firenze, si trovavano l’estate del 1790 a Livorno, ove dieder principio a un corso di recite con un prologo in versi (stampato in Siena dai torchi di Francesco Rossi), esaltante la città di Livorno e l’attore Giuseppe Fineschi, il quale avea, pare, lasciato il teatro, e al nome del quale è pubblicato per intero il prologo originalissimo, ricco d’interesse per la storia della scena italiana su ’l finire del passato secolo.
Dondini Ettore, noto in arte con l’appellativo di Bazza, nacque a Capua del ’22.
Egli s’esercita con bravura nelle parti gravi ; e ne’ caratteri serio-faceti si fa conoscere per un comico d’abilità.
Fu qualche tempo con Onofrio Paganini, poi capocomico egli stesso.
Figlio del precedente, iniziato al teatro da suo padre e dal capocomico Lapy, con l’esempio di Majanino e del Pettinaro (Grandi Tommaso), ch' erano in compagnia, recitava le parti d’innamorato.
Tornò col padre, e fu con lui in Portogallo ove sposò la Corona, assunta la quale al grado di prima donna, al suo ritorno in Italia, si distaccò dal padre per farsi a sua volta capocomico non troppo — a detta del Bartoli — fortunato, negli ultimi anni almeno, nonostante i grandi meriti della moglie.
Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
Incoraggiare e perfezionare i poeti, i quali sono l’anima di tutto lo spettacolo, ed essi inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali rappresenteranno con tanta energia e sensibilità animati da questo spirito, con quanta freddezza e durezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri.
Creò con molto successo la parte di Eleonora nei Tre Gemelli Veneziani di Antonio Mattiucci detto Collalto, rappresentati il 7 dicembre del 1773 ; e abbandonò la Commedia Italiana, alla sua chiusura del 1776. […] Attrice fiorentina che recitava a Venezia le parti di servetta con molto plauso.
Un amico di suo figlio, il Casanova, che la conobbe nel 1751, ne fece un ritratto evidente con pochi tratti di penna : dopo di avere parlato del fisico (non era nè bella, nè brutta, ma aveva un non so che, che saltava subito agli occhi, e affascinava), dopo di avere parlato delle sue maniere gentili, dello spirito fine e abbondante, concludeva : …. non s’è potuto trovare sin qui un’attrice che ne prenda il posto, poichè è poco men che impossibile trovare un’attrice la quale riunisca in sè tutte le doti ond’era ornata la Silvia nell’arte difficile del teatro : azione, voce, spìrito, fisonomia, portamento, e una grande conoscenza del cuore umano. […] A sinistra Silvia con veste color di rosa e bustina bleu a maniche gialle, vista di profilo, che tien colle due mani il grembiale bianco, tra Arlecchino che reca la maschera e Scapino che scoppia dalle risa.
Lasciata poi l’arte della scena e tornato a quella del fòro, tanto vi si distinse che a’tempi del Bartoli (1782) egli passava per uno de’ migliori avvocati, sapendo anche ne’ più astrusi juridici contrasti con raffinato acume a favore de’ suoi clienti vantaggiossamente affaticarsi.
Passò in Ispagna con quest’ultimo ; ma seco non volle ritornare in Italia.
non ispaventava Orazio Nobili che solamente grazioso, con due o tre Sonetti (che si potevano adimandar Protei poichè in mille guise ad altre tante occasioni li trasformava), ha tenuto il luogo di buono tra i primi (V.
Partì il '20 per Parigi con lo zio ; ma, arrivati a Chambéry, sorpreso da malore, vi dovette soccombere.
Nato a Bologna da civili parenti, compiè il corso degli studj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale aveva già fatto egregie prove co' filodrammatici, si scritturò il 1829 con la Società Vedova-Colomberti, riuscendo in breve sì per la svegliatezza di mente, sì per la correttezza dei modi e la spontaneità, un de' migliori attori comici del suo tempo.
A. col agregarlo nella Compagnia delli di lei Comici, e veramente da questo con ogni prontezza ne ha riportata la parola, et assenso.
Pindemonte, in Compagnia Goldoni, la parte di Appio-Metello, ne ebbe tal plauso, che d’allora in poi fu assai più noto col nome del suo personaggio, che con quello vero di casa, non giunto sino a noi.
La Didone del Dolce è da lui dedicata al senatore Tiepolo con queste parole : « avendo il padre mio questo carnevale passato (1546), aperto in Venezia la strada ad altrui di avvezzar le orecchie, corrotte per tanti anni dai giuochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei teneri anni, sotto abito di Ascanio rappresentai la Didone di messer Lodovico Dolce, ecc. » A lui virtuoso fanciullo dedicò poi il Dolce la sua commedia Il Capitano (Venezia, Giolito, 1545).
.), intitolata Serpilla e Bajocco, rappresentata il 14 luglio 1729, ov’ella cantò un’aria italiana con accompagnamento di trombe.
Fu con Bellotti e Marini di nuovo secondo amoroso, poi generico d’importanza nelle Compagnie Nazionale, Marini, e Garzes, morto il quale, fu scritturato dal Ferrati, cui si era associato Cesare Rossi.
Passò poi in quella migliore di Vincenzo Bugani, col quale stette più anni ; e sotto gl’insegnamenti di Giustina Cavalieri tanto progredì, che Girolamo Medebach lo volle con sè a Venezia nel S.
Fiorito – dice il Colomberti – tra il 1790 e il 1820, sostenne con massima lode nelle migliori Compagnie del suo tempo, Coleoni, Dorati, Goldoni e Perotti, il ruolo di tiranno tragico.
Vedi anche (pag. 626) pe 'l costume il Francatrippa di Callot, danzante con Fritellino (Pier Maria Cecchini).
Scrisse anche in versi martelliani, e pubblicò a Reggio…. una rappresentazione intitolata La Giuditta, che dedicò alle Dame e ai Cavalieri di quella città ; e una commedia in prosa di due atti, a Gorizia il 1780, intitolata La Costanza in Cimento, che dedicò con lettera in versi sciolti alla Contessa Teresa Della Pace.
Di lui Corrado Ricci (Teatri di Bologna) riferisce una lettera del 1613, con la quale domanda privilegio particolare che nissun possa dispensare un secreto di un olio da lui chiamato il suo Balsamo.
Ella era moglie, probabilmente, di quel Giovanni Trenti, che abbiamo visto primo attore il '38 in Compagnia Zocchi a vicenda con Giovanni Tessero (V.).
Fu socio per lungo tempo della prima donna Maria Grandi, soprannominata la Pettinara dall’arte di suo marito, e con lei si recò a Malta il 1758.
Fu il 1820 nella Compagnia con balli di Gaetano Perotti, il ’22 in quella di Paolo Belli-Blanes, e il ’27 in quella di Carolina Internari, colla moglie Anna, buona servetta.
Benchè difettosa alquanto nella pronuncia, potè passare con una recitazione calda e spontanea, al ruolo di prima attrice assoluta in Compagnie di primo ordine, come della Sadowski, diretta da Luigi Monti, nella quale io l’ebbi collega affezionata, di L.
Gianvito Manfredi nel suo Attore in scena dice di lei : si distinse la celebre non meno che saggia ed onesta Vittoria Miti, detta Eularia, passata all’ altra vita pochi anni sono, da me più volte con non poco stupore ascoltata.
Valentini Rosa, detta la Diana, fu moglie del precedente, e nacque – dice il Bartoli – in Polonia, « mentre la madre sua trattenevasi al servizio di quel monarca, da lui cotanto favorita, che donolle il suo proprio ritratto tempestato di gemme d’inestimabil valore. » Cresciuta in bellezza (vuolsi che dalla maestà di tutta la persona, e dalla ricchezza dei biondi capegli trasparisse la nobiltà del seme di cui dicevasi frutto), e divenuta artista preclara, si sposò a Giovanni Valentini, percorrendo con lui l’Italia, ammiratissima e per le doti fisiche, e per le artistiche.
Nel ’57 entrò con lui in Compagnia di Cesare Dondini nella quale erano Tommaso Salvini, Clementina Cazzola, Lorenzo Piccinini, Achille ed Ettore Dondini, ecc.
il quale dopo aver detto, che seppe acquistarsi una gloria non disgiunta dall’ utilità, venendo a parlar dell’ Amleto di Ducis, applauditissimo a Bologna col Menichelli, protagonista, nell’ estate del 1795, dice ch' egli esprimendo con tragica energia il sopraeminente carattere del protagonista, seppe ricordare il gran Molè a tutti quelli che udito l’ avevano a Parigi.
Anche il Bartoli dice che travagliò con molto spirito nella maschera del Dottore e fu conosciuto per un ottimo commediante.
Passò il '32 prima donna giovine con Romualdo Mascherpa, tornando poi subito servetta in Compagnia di Luigia Petrelli in cui stette sei anni dal '33 al '38, e in cui sposò l’attore Paladini, col quale si fece poi capocomica, dovunque ammiratissima.
Mediocre artista per le parti di primo attore, e capocomico egregio in società con Antonio Pisenti detto il Margoncino : società che durò ben ventidue anni.
Par che talvolta le cose non camminasser troppo bene ; e si sa che a Venezia gli fu venduta all’asta pubblica tutta la roba con quella del capocomico : grave infortunio, compensatogli da una vincita al lotto fatta dalla moglie in quell’istesso tempo di quattrocento Bavare. […] Composto più sorprendente di così belle sociali pitture noi non troviamo che nelle Allegorie, nelle quali con vive immagini osserviamo i diversi mostri, che mascherati di soave apparenza, si fanno i tiranni dei nostri affetti, e tutto sfigurano il nostro spirito.
Fu dal suo esordire ricevuta alla Comedia italiana con stipendio fisso, e nel 1746 vi ottenne un po' di parte. Ammessa più tardi a parte intiera, abbandonò il teatro alla chiusura del 1759 con mille lire di pensione.
Si scritturò poi con la moglie in quella di Girolamo Medebach, poi ancora in altre Compagnie nomadi.
Non compiuto il quattordicesimo anno, sostituì con Tommaso Salvini, che aveva rilevato la Compagnia del padre, l’Amalia Checchi-Bozzo, spentasi a Parigi, recitando le parti di Ofelia, Desdemona, ecc. ecc.
Avendo suo marito formato compagnia il 1826 in società con Gaetano Colomberti, nella quale la Rosa era scritturata qual prima attrice tragica, benchè di oltre cinquant’anni, potè mostrare l’antico valor suo, ammirata dovunque così nell’ Isabella del Filippo, come nella Clitennestra dell’ Oreste e nell’ Antigone di Alfieri.
Ercole di Ferrara, rispondendo con lettera del 5 febbrajo 1496 al Marchese di Mantova Francesco Gonzaga, che gli aveva domandato le commedie volgari già rappresentate a quella Corte, dice che non può favorirlo, per essersi fatte soltanto le parti de'singoli attori, le quali, recitate le commedie, non furono serbate nè messe insieme, e per essere alcuni degli attori in Francia, a Napoli, a Modena, a Reggio.
Spera con ciò e di rendere questo volume a un di presso di giusta mole, e di soddisfare ad un tempo alle gentili richieste di alcuni compatriotti e di qualche imparziale straniero.
Troviam prima un Bartolomeo citato dall’Andreini nella sua lettera del 1609 al Duca di Mantova da Torino (V. le lettere di comici italiani, pubblicate per le nozze Martini-Benzoni dal D’Ancona), che altri non dovrebb’essere che il Bongiovanni stesso, forse non ancora scritturato per le parti di Graziano ; forse Graziano a vicenda (un per le parti italiane, un per quelle dialettali) con Messer Aniello Soldano facente parte di quella compagnia, noto col nome teatrale di Dottor Spaccastrummolo napoletano.
Brancaccio Flaminio, napoletano. « Nel 1636 scrisse e recitò un Prologo nella commedia intitolata : La Flaminia, composta da Ottavio d’Isa di Capua, e pubblicata in Napoli insieme con esso Prologo nell’anno suddetto. » Così il Bartoli.
Passò poi con la Faustina Tesi l’anno medesimo in qualità di seconda attrice, e poscia acquistando maggio concetto, Fedele Venini la volle nella sua Truppa per assoluta prima donna.
Era la prima donna della Compagnia di tal bellezza maravigliosa, che il Laurenziis se ne invaghì, corrisposto : e provò, pare, tutti i tormenti della gelosia pel pittore napolitano Domenico Brandi, il quale, affascinato dalle rare doti di lei, riuscì a entrar, con donativi da pazzo, nelle sue grazie.
San Petronio è il santo protettore de' Bolognesi, e moltissimi di loro si chiamano con tal nome ; onde il celebre Alessandro Tassoni nella Secchia Rapita volendo parlare de' Bolognesi, li chiama i Petronj.
La lettera con cui il Nobili chiede la licenza di dedica, trovasi nell’ Archivio di Modena e ha in calce : Imprimatur – Inquisitor Mutina Carolus Barberius.
Fu il '66 con Garibaldi, poi attore di qualche pregio fino al '73, nel quale anno si stabilì a Milano, dedicandosi allo scrivere pel teatro.
Bergamo, Lancellotti, m. dcc lix) : Dimorava in quel tempo in Fossano una Compagnia di Comici assai faceti, capo de'quali era uno chiamato Toscano, che si tirava dietro un gran numero di sfaccendati, pure sonando un giorno, giusta l’ordine di Giovenale (Santo Prelato Giovenale Areina), la campanella, che dava il segno, che si principiavano gli esercizi dell’oratorio, restò solo co' suoi compagni abbandonandolo tutta l’udienza, con sua gran confusione e scorno, per andare ad udir Giovenale, che ragionava ; ciò che essendogli poi più d’una fiata succeduto, stimò meglio il ciarlone di mutar paese, e nel partirsi ebbe a dire : « In Fossano non vi è guadagno per esservi un altro Saltinpergamo.
Mise da giovine la maschera del Pantalone, poi quella del Dottore ; e, dice il Bartoli, che sosteneva or l’una or l’altra con egual maestria.
Il luogo di nascita ci dice egli stesso in un sonetto A Cividal del Friuli sua patria in occasion di guerra civile, e ci ripete poi nella Canzone, nella quale descrive parte de’ suoi infortunij da che nacque fino all’anno quarantesimo sesto di sua età, e la conchiude con la morte della figliuola. […] Andò con Francesco e Isabella Andreini alla Corte di Francia il 1603 : e allude a tal tempo nel I Capitolo al Della Genga, là dove dice : Con le Comedie ho già servito ai Gigli di Francia in Compagnia di quella donna che non teme del tempo i duri artigli. […] Esordì, generica, in Compagnia Brangi, sotto l’Isabella Buzzi, assumendo dopo un anno il ruolo di prima attrice giovine, col quale fu scritturata il 1821 in Compagnia di Tommaso Zocchi, che abbandonò poi per passare, il ’22 e ’23, con l’Assunta Perotti e Luigi Fini. […] Ma temendo sempre di esser troppo vicina al marito, si offri al capo comico Brangi, che con la sua Compagnia occupava il teatro di quella città, come generica giovine.
Recitava con molta intelligenza, cantava di buon gusto, e facevasi del ballo un passatempo.
Cominciò col sostener mediocremente le parti di innamorato, poi, con moltissimo plauso, la maschera del Brighella.
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
Nel 1831 ebbe Compagnia in società con Giovanni Falchetti, nella quale figuravan elementi assai più che mediocri, quali la Falchetti prima donna, la Buzzi madre, il Carrani primo attore, il Tessero tiranno, il Pellizza caratterista, Luigi Robotti, Cesare Fabbri, ecc. ecc.
Tornata con il suo marito in Lombardia, fu accettata nella comica truppa d’ Onofrio Paganini, e seco fu in Portogallo.
Il 3 maggio 1729 esordì con successo alla Commedia Italiana nella Femme Jalouse di Ioly, e nella Veuve Coquette di Desportes ; e il 14 luglio seguente comparve nei Débuts sotto le spoglie di Mezzettino, e vi cantò la canzone dell’ Usignuolo, colla quale aveva già esordito lo zio Angelo.
Prese parte il 1562 alle feste fatte a Bozzolo da Vespasiano Gonzaga, nelle quali fu anche data una commedia piena di molte cose ridiculose, con scena miracolosa etc. etc. e prospettiva grande.
Guazzetto, di cui si pasce il riso e s’imbandisce la mensa del piacere, arguto nelle parole, scaltro nelle invenzioni, con l’acutezza de’ suoi detti traffiggeva le cure più nojose.
Magni Carlo, milanese, recitava con molto plauso le parti di primo innamorato sotto il nome di Odoardo.
Dopo di avere recitato fra gli accademici le parti di prima donna, sollevando all’ entusiasmo nella Zaira di Voltaire e nella Perselide del Martelli, risolse con un fido compagno, Orazio Zecchi, di formare una Compagnia tutta di giovani, colla quale si recò nella Marca anconitana, ov' era vietato alle donne di presentarsi in Teatro, e ove s’ ebbe i più completi trionfi.
Fu poi con la Battaglia, e sostituì egregiamente il D'Arbes nella maschera del Pantalone.
Nubile ancora nel 1781 viveva « lietamente – dice il Bartoli – presso il suo genitore, e dirigendo più che con femminile ingegno i domestici affari della propria famiglia ».
Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione. […] Bon, potè coltivar con amore la sua passione dello scrivere ; e abbiamo di lui commedie e drammi, di cui mettiamo qui i titoli : Il matrimonio occulto, La fidanzata dell’ottimista, La famiglia degli usurai, Fra gli amanti il più scaltro, Rubare ai ladri, Studio dal vero, L’esecuzione militare, Paola Desinof.
Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori (V. il P. […] ) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro de’ due Principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere. […] Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) da Giambatista della Porta fertile ed elevato ingegno, pregio delle scienze e delle arti, onore dell’Italia non che del Regno, pure fassene quì menzione, perchè parecchi individui di essa col loro capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei instituita in Roma l’ anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca di Acquasparta, il quale con raro immortale esempio (secondo l’eruditissimo ab.
Egli sa però talvolta farlo servire con bravura al comico.
Ottenne laurea d’ingegnere all’Università di Roma, e servì per alcun tempo il governo : ma stimolato dall’amor della scena, lasciò la città natale per aggregarsi alla Compagnia Rosa, in cui di punto in bianco esordì e con successo qual primo attore.
Nel movimento della popolazione mantovana per l’anno 1591, il Bertolotti (La musica in Mantova) segna il nome di Giacomo Braga, ferrarese, che con G.
Dopo di aver fatto monaca una figlia e addottorato un figlio, si ritirò, dopo il carnevale del 1763, dalle scene, pensando di vivere gli ultimi suoi anni agiatamente e in pace col danaro lasciatogli dal padre, e con quello da lui guadagnato.
Era nel 1782 con Giuseppe Lapy, e il Bartoli ha parole di molta lode per codesta attrice che all’inizio della sua carriera dava sì belle speranze di sè, avendo sortito dalla natura una bella e grata voce, e un portamento maestoso e gentile a un tempo, alle quali doti accoppiava lo studio indefesso, e una instancabile volontà.
Bon, di un banchiere per nome Sacerdote : un epigramma del tempo e di un compagno d’arte (Miscellanea poetica di Luigi Forti, artista drammatico [Manoscritto della Raccolta Rasi]) accenna con poco rispetto alla prodigalità di lei.
.), che era stata con altre in predicato per andare a Parigi ; ma pare invece ch' ella fosse di gran pregio, chè sappiam troppo bene come il Gozzi profondesse lodi alla Ricci in danno di qualsiasi altra, nella speranza di togliersela di torno.
Egli era discendente dei duchi di Celsa piccola e del Marchese Forcella, ed esistono ancora presso il figlio Antonio, capocomico da venticinque anni, lettere colla data del 1849 del Vescovo di Caltagirone, Monsignor Benedetto Dente, con l’indirizzo : A S.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
E il ruolo mantenne con crescente favore del pubblico, gentile e viva promessa dell’arte, sino all’ ’84 : in cui, innamoratasi a Bari di un egregio ufficiale, che poi sposò, lasciò il teatro per recarsi a Firenze nella casa paterna.
Battista da Treviso), poi con tutte due nella lettera dei Comici Costanti, senza data, ma diretta da Ferrara al Duca di Modena, reclamando la partizione di trenta zecchini dal Pantalone Scarpetta (V.) il quale non solo vuol tenerli per sè, ma neanche vuol seguire la compagnia, adducendo la ragione del caldo soffocante.
Dalla Compagnia Pellandi-Blanes, passò il 1817 in quella di Raftopulo, qual prima attrice assoluta, in cui si sposò all’attore Luigi Fini ; e tale fu l’entusiasmo destato dovunque, che il gran Luigi Vestri, allora capocomico, stipendiato dal Duca Torlonia di Roma, la volle con sè ; e non tardò molto che il pubblico romano, il quale avea già proclamato Carolina Internari la prima tragica del suo tempo, non proclamasse Teresa Fini attrice insuperabile nella commedia e nel dramma.
ma Con quella humiltà douuta al Alto Merito, di V.
Ai primi tempi della sua vita artistica, egli recitò nelle commedie all’improvviso con le maschere, riuscendo attore di gran pregio : e ciò gli fu di gran soccorso più tardi nella recitazione del Bugiardo, il quale rappresentava in modo vario, ogni sera, sì da esser reputato in quella parte superiore al gran De Marini.
.), concordano in questo : ch' egli corruppe con cento pistole l’ incaricato di Luigi Riccoboni di trovare a Napoli un buono Scaramuccia ; ch'egli era usciere del Vicariato di Napoli, e che, recatosi a Parigi, nè piacque, nè dispiacque.
Scrisse anche una commedia in versi sciolti di argomento spagnuolo per commissione del Sacco, ma con poca fortuna.
Sposò il 30 luglio '42 l’attore della Comedia italiana, Dehesse (il suo vero nome, dice una nota manoscritta del Gueullette, era Hesse), olandese, figlio di francesi, dopo cinque anni almeno di contrasti penosi, cagionati da certa Maria Maddalena Hamon, la quale, vissuta lungo tempo con lui, e presentata a più persone come sua moglie, pretendendone i diritti legali, si opponeva al matrimonio.
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S. […] Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi da vivere, che non voglio ch' egli viva de mio, mena rovina et parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli quella mala compagnia che S.
Il Ganassa pare fosse a Parigi sino alla morte di Carlo IX, 1574, anno in cui si recò in Ispagna con la compagnia, della quale era parte anche la maschera dell’Arlecchino, sebbene il Sand si contraddica, affermando che l’Arlecchino apparì in Francia la prima volta sotto Enrico III (I, 73) ; e raccontando poi come in un ballo di Corte sotto Carlo IX nel 1572, tutti i cortigiani vestissero il costume di una maschera italiana, e quello d’arlecchino fosse indossato dal Duca d’Anjou (Enrico III) (I, 43).
Entrata in Compagnia Sacchi la Teodora Ricci, che assunse il ruolo di prima donna assoluta, ella dovè passare a quello di seconda donna, che sostenne con ugual valentìa e ugual zelo.
Della Bon-Martini dice il Rossi nel 1° volume delle sue memorie (pag. 44) : …. mi occupai molto della direzione della compagnia, e specialmente della nuova prima donna, la quale, poveretta, faceva tutto quello che poteva ; ma le piaceva più cantare che recitare : e tale era la sua passione, che indusse anche me a cantare con lei.
» Fu poi per tre anni prima donna assoluta al teatro de’Fiorentini di Napoli, ove si sposò con Giovan Angiolo Canòva, attore della stessa compagnia e scrittore di cose d’arte assai pregiato.
Innamoratosi a quel tempo di una figlia d’artisti, e venuto in possesso dell’eredità lasciatagli dal padre, determinò di realizzarne i capitali, e di formare una compagnia comica, pernio della quale sarebbe stata la giovane artista, ch’egli avea già sposato, e che sino ad allora non aveva sostenute che parti di amorosa generica ; dando però con l’avvenenza e intelligenza e volontà a sperar bene della prova audace.
In tali ruoli lo vediamo a' primi del 1800 con Antonio Pellandi, applauditissimo.
Congedati i Francesi, i comici di Treu signoreggiarono ancora una volta alla Corte, con un repertorio de' più svariati ricco di drammi, farse, pastorali, ecc.
Nominò con testamento del precedente 24 febbrajo legatario universale il nipote Giovanni Antonio, ed esecutrice testamentaria la moglie Elisabetta.
A trent’anni ebbe un vivo alterco a Trieste con un tale che lo percosse pubblicamente.
Luigi Bellotti-Bon che ben conosceva le qualità dell’Artale come capocomico, strinse con lui contratto per affidargli la guida della sua seconda compagnia…. contratto che la morte fatale del Bellotti non mandò ad effetto.
Passò poi nella Compagnia di Pietro Rosa (V.) e in altre ; fu di nuovo col Lapy, fuor di Venezia, poi di nuovo a Venezia nel carnevale del 1779, al Teatro San Casciano, ove fu accolta con ogni favore.
Nonostante il divieto del padre, uomo di austerità singolare, e schiettamente e profondamente religioso (tre altri figli datisi agli studi ecclesiastici, coprironto alte cariche nel clero), frequentando nascostamente i teatri, fu preso d’amore per l’attrice Adelaide Pasquali, figlia di un ex-capitano contabile di Napoleone, poi capocomico, e di Annetta Verolti ; e fuggito dalla casa paterna per entrar nella Compagnia del futuro suocero, si diede con tanto amore all’arte che potè riuscrire brillante prima, poi caratterista non de’peggiori, al fianco de’grandi artisti del tempo, Ventura, Monti, Pertica, Taddei, Vestri, Marchionni, Pelandi, Internari e Vergnano.
Fra le opere del Cuccetti son da annoverarsi il Mitridate che fu dato con gran successo dalla Compagnia Raftopulo, e l’Alunna della giumenta che ebbe otto repliche consecutive.
VIII), dice : Se il Sacchi avesse que’due compagnoni, (Antonio Vitalba e Rodrigo Lombardi, morti) e la Davia crudel che l’abbandona, (che noi preghiamo tutti ginocchioni a ridonarci ancor la sua persona) ben potrieno i poeti co’ Bordoni, e con la cetra in spalla che mal suona, andarsi nella Persia e nella China, donde hanno tratto la miglior dottrina.
Da lui stesso fu scritturata qual prima attrice assoluta nella Compagnia ch’egli formò in società con Gaspare Pieri, e sappiamo che insieme a lui recitò al Cocomero di Firenze le Ultime ore di Camoens di L.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima.
Toltosi dalla professione, correva le strade di Palermo chiedendo del suo fallo perdono con queste parole : Vi chiedo scusa del cattivo esempio che v' ho dato, e m’accuso d’essere stato un furfante ; ma più furfanti siete stati voi altri portandovi così vogliosi ad ascoltarmi.
Fra le tante poesie che le furon dedicate, il Bartoli trasceglie il seguente sonetto, parto felice (dice lui) d’un dottissimo Cavaliere Urbinate : Recitando con applauso universale nel Teatro de' Nobili Sig.
Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, dell’Arteaga, de’ Garcia de la Huerta, ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre nè dalla storia nè da’ romanzi apologetici stessi cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario don Blàs de Nasarre nè all’abate Andres. […] mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini .
Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, degli Garcia de la Huerta ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre, nè dalla storia, nè da’ romanzi apologetici stessi, cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario D. […] S. mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli Apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini.
Trascrivo da Francesco Bartoli : Bravo ed esperto commediante, che da molti anni recita in Fiorenza nel teatro della Via del Cocomero con la comica compagnia da Giovanni Roffi diretta. […] 7 gennaio 1779 Più facile saria con l’acqua pura togliere il pel dal capo del Somaro, o lavando un Etiope figura tor dal volto il color del calamaro ; toglier dal foco la vorace arsura, toglier dal forte ghiaccio il freddo amaro, la durezza levar da una colonna che la curiosità dal cuor di donna.
Sa anche rappresentare con valore le parti di Marchese, ma il più delle volte egli è Tabarino.
E se bene egli non avesse troppo bella persona (era gobbo), ei li rappresentava con tal giustezza e precisione che niente lasciava a desiderare. » Aveva sposato Angelica Caterina Tortoriti, figlia del celebre Pascariello, poi Scaramuccia, e morì il 14 novembre 1732, munito dei SS.
Ma, avviluppato dalle lusinghe di Angiola comica, per opera specialmente di sua madre, Isabella, la sposò, ed entrò con esse nella Compagnia del Serenissimo di Modena, recitandovi gl’Innamorati sotto il nomedi Orazio.
Fu in varie compagnie, encomiatissimo sempre, e specialmente nelle commedie goldoniane ; si meritò l’amicizia di Gustavo Modena, il quale invitato a recarsi or a Torino, or a Cuneo, or a Genova a recitarvi con la Compagnia di Cesare Asti che faceva magri affari e di cui il Bottazzi era ottimo ornamento, gli scrisse parecchie lettere che son pubblicate nel volume Politicae Arte.
Al merito singolare | della Signora Rosa Scalabrini | Medebach | che recita con universale applauso | in Bologna | l’estate MDCCLXXX.
Il carnovale del 1690 si trovava a Roma, d’onde scrisse una lunga lettera al Duca, perchè richiesto di andare a Bologna con la compagnia, gli fosse mandato il danaro bisognevole pel viaggio dispendioso (V.
La commedia fu recitata a spese del Vicerè, con « superbissimo apparato, » e per dare un’idea del soggetto di essa, ecco le ultime parole del prologo : Prendete, o miei compagni, e vigore et ardire da così lieto augurio, discacciate dal petto ogni timore c’havete di comparire in iscena, chè il nostro eccelso Duca darà spirito alle voci, animo ai cori ; e voi, Dame pietose, l’ascoltar non v’affligga già i lamenti di padri sconsolati di tre dispersi figli, che, fra poche hore, li vedrete lieti coi figli ritrovati ; e voi, giovani amanti, non inasprischino le vostre piaghe l’udir i mesti accenti e gli ardenti sospiri d’amanti disprezzati ; ma prendete speranza d’esser un di felici, col vedergli fra poco contenti, e riamati, e fra la pietà e il dolore vi trattenghino lieti le bravure d’un capitano, l’astutie d’un Ragazzotto, gl’intrichi di due servi, l’innamoramenti di tre vecchi, e le facetie di un Napoletano.
Bartoli – alcune cose appartenenti al suo Mestiere, le quali poi con molta cura, ritornato in Italia pose in esecuzione.
Fu il 1880 con Antonio Colomberti, che in una sua nota inedita dice di lui : …. avemmo campo di apprezzarne le doti artistiche nel dramma di Gualtieri, Silvio Pellico, nell’Antigone di Alfieri, nella Signora dalle Camelie di Dumas, in varie commedie di Gherardi Del Testa, ecc.
Nè la tragedia solamente coltivò con trasporto, ma il dramma e la commedia.
Aveva preso parte attiva il '31 ai moti insurrezionali italiani con la legione del marchese Guidotti.
Neri (Fanfulla della Domenica, 16 luglio 1882) a far le parti di donna sotto nome di Franceschina cogli Uniti a Genova, dove con nota 4 agosto 1614 fu loro concesso di recitar commedie per due mesi.
Il padre Andrea colla moglie fu tra i fortunati che poteron rimanere a Dresda con pensione reale ; e a lui si diede incarico di formar compagnie.
Tomeo scrittura l’amoroso Gaetano Buonamici, che intanto firma un altro impegno con l’impresario del Valle di Roma.
Fu come lui valoroso interprete delle commedie goldoniane, e come lui grandissimo nelle parti di mammo in genere e di Giacometto in ispecie, che recitava già vivente il padre, sostenendo con gran successo al suo fianco uno dei Due Giacometti nella commedia omonima.
Fratello, o figlio, del precedente, e per non esser con lui confuso, detto in arte il Gnudin, fu per varj anni primo attore e primo amoroso in compagnie di grido, quali del Goldoni e del Perotti ; morì il 1827.
Morto il padre nel febbraio del '62, egli entrò di punto in bianco primo amoroso ai Fiorentini di Napoli, dove, mercè gli ammaestramenti del Taddei, dell’ Alberti, del Salvini, della Cazzola, della Pezzana, della Marini, salì a tal grado d’arte, che la quaresima del '70 partiva con la madre per Cremona a raggiunger la Compagnia di Alamanno Morelli, della quale egli era il primo attore assoluto.
.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Un riso caustico, un guardo ironico, un accento risentito anche nel rispetto, un dispettoso silenzio, una loquacità non affettata, la malizia, la civetteria, la curiosità, l’albagia, e la fedeltà delle cameriere, e dell’amore più il puntiglio che il sentimento, più l’epigramma che l’espansione, il passaggio più rapido e più spontaneo dalla indifferenza sardonica alla collera, ed una gradazione mirabile tra il sospetto e la minaccia ; ecco le forme sotto le quali abbiam veduto finora brillarla, ed ecco ciò che la rende degna della lode che qui con ingenua ammirazione le rendiamo.
A detta del quale anche fu generico di molto valore, sapendo rappresentar con valore così le parti comiche, come le serie e tragiche ; queste specialmente, chè il Farasmane nella tragedia di Radamisto e Zenobia sosteneva mirabilmente.
Nelle due Clitennestre delle due tragedie del grand’Astigiano, Agamennone, ed Oreste, nella Giocasta in Eteocle e Polinice, nella Rosmunda, nella Merope, tutte del medesimo autore, nella Fedra di Racine, ha cotesta attrice dei tratti veramente sublimi, si disegna non di rado con molta maestà, e nelle violente espansioni dell’anima dà alla sua dizione tutto il fuoco possibile, e non scapiterebbe alquanto di pregio, se fosse più accurata la pronunzia, e facesse mente locale a proferire lascia e non lassia, sciagura e non siagura, ecc., vizio di pronunzia, in che cadono molti attori ed attrici, e di che poco lor cale.
Si meritò il pubblico elogio di Carlo Goldoni che lo vide rappresentar la Pamela Fanciulla con molta perizia.
Il Campardon pubblica ancora due documenti tolti dagli Archivi Nazionali, uno concernente la dichiarazione del Benozzi per il furto commesso alla Commedia Italiana di un orologio da tavola con soneria in bronzo dorato : l’altro la querela di esso Benozzi, contro un inquilino di una casa situata in via Montorgueil, il quale dal terzo piano gli aveva rovesciata addosso dell’acqua sudicia.
Dopo qualche anno di servizio, esordì nella suite du festin de Pierre, il 4 febbraio 1673, col nome e il costume di Pierrot, tipo di servo sciocco, che il Geratoni rappresentò con molto successo, e sempre come stipendiato, sino all’anno 1684, in cui fu ricevuto come attore socio, e recitò il Pierrot in francese nell’Arlequin empereur dans la lune, ove sono scene deliziose di una comicità irresistibile, specialmente tra Pierrot e il Dottore.
E più largamente il Colomberti : …. possessore di una bella e proporzionata persona, di fisionomia dolce ed espressiva, e di non comune ingegno, con magistero esprimeva le varie passioni, e senza sforzo i molteplici caratteri del suo repertorio.
.), ma oltre che dagli altri sottoscritta dal Salimbeni per sè e per gli assenti, sì dal tenore di questa lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri ne lo ritiene (e io con lui) in conto di Capo.
Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo.
Nacque da ciò il mio pensiere di pubblicare in Napoli con tali notamenti un volume settimo in continuazione de’ sei dell’edizione napolitana, e l’autore si compiacque, annuendo al mio disegno, accordarmi il manoscritto domandato di tutte le addizioni che oggi chiudonsi in questo volume.
Dopo la morte del re Augusto II, la Corte sassone si era volta di nuovo e con occhio ancor più benigno alla commedia italiana ; e il re Augusto III e la regina Maria Giuseppa, sentito il bisogno di ripristinar ne’loro palazzi la commedia italiana, dieder carico al Bertoldi di recarsi in Italia a scritturarvi una compagnia, la quale coll’aiuto dell’Ambasciator sassone a Venezia, Conte di Villéo, riunita sul finire del 1737, arrivò al principiar del nuovo anno a Dresda.
.), servetta col nome di Diamantina, insieme alla quale fu naturalizzato francese il 16 giugno del 1683, e si ritirò dal teatro, a cagione dell’età e de'malanni, nel 1694, con una pensione di mille lire, sostituito da Marc’Antonio Romagnesi, che avea recitato sin allora gli amorosi.
Passato con Fabbrichesi, De Marini, la Tessari alla Corte di Napoli, divenne in breve l’idolo del pubblico, e dello stesso Ferdinando IV, al quale dovette forse la sua morte.
I compagni si volsero allora al Duca di Duras, primo gentiluomo di camera, con questa supplica : « Les comédiens italiens demandent qu’il vous plaise de leur conserver encore le sieur Rubiny dont ils disent avoir besoin pour lui donner le temps de trouver à se placer en Italie.
Di bella persona, di volto piacente, di voce magnifica, d’ingegno non comune, riuscì in breve un egregio primo attor giovine ; e dopo di essere stato alcun tempo nelle Compagnie Dorati e Righetti passò in quella di Fabbrichesi, allo stipendio della Corte di Napoli, diventandone il 1824 primo attore assoluto e capocomico in società con Prepiani e Tessari, fino al 1838, in cui, condotta nella novena di settembre la moglie a Macerata, sua patria, fuor dal clima di Napoli, e da una vita ordinata, fu colpito prima da febbre, poi da paralisi nervosa, che lo impedì nella parola.
Fu al fianco di Eleonora Duse lungo tempo, come primo attore, per passare poi capocomico, qual’è tuttavia, in società con Claudio Leigheb, il rinomato brillante
Il che concorderebbe con quel che della Bajardi lasciò scritto Fr.
Di bella figura, se bene alquanto esile, di voce armoniosissima, d’ingegno pronto, di coltura non comune venutasi acquistando da sè con l’assidue letture, di maniere dolcissime, fu amato da quanti lo conobbero.
Passata con lui dalla Compagnia di Napoli diretta dal Fabbrichesi in quella di Righetti e Blanes, entrò, dopo tre anni, in quella di Bazzi e Righetti, che più non lasciò, e che divenne più tardi la celebre Compagnia Reale Sarda.
Passò per un triennio nella Compagnia Mascherpa al servizio dell’Arciduchessa Maria Luigia, per rientrar nella Reale di Torino, prima attrice assoluta, al fianco sempre del marito, amoroso, a vicenda con Carlo Romagnoli, fino a tutto l’anno '52, dopo il quale fe'compagnia col maggior figlio di Luigi Vestri, Gaetano, lanciando prima attrice giovine la figlia Luigia, che del Vestri doventò poscia la moglie.
La versatilità delle sue illustrazioni drammatiche le attiravano la stima di Gustavo Modena che la teneva in grande considerazione ; ed infatti, nessuna attrice, nè prima nè dopo di lei, interpretò con maggior giustezza d’espressione e di verità i differenti personaggi di Sofia nei Due Sergenti, della qual parte faceva una vera creazione, della moglie di Jacquart nel Jacquart, di Cate nella Putta onorata di Goldoni, di Numitoria nella Virginia di Alfieri, e finalmente della Marchesa di Savné nella Calunnia di Scribe.
Questo star lungamente in viaggio a proprie spese con le famiglie faceva sì che i poveri comici non avesser troppo da scialare.
Tale fu la tua arte, o povera gentile Pierina, su questa l’arte che sentivi, che non indarno, con tutti gli entusiasmi della giovinezza adorasti, perchè di lei, e della tua vita, non ti fosse ignota nessuna delle gioie, delle soddisfazioni, delle ebbrezze, delle vertigini, mal giudicabili da coloro che l’arte non ebbe baciati in fronte del suo bacio infiammato, consumatore, divoratore.
Con lei entrava nel dialogo una nuova, una speciale vivacità, una ilarità prepotente e sonora, lo spirito, il disegno, il colore della caricatura popolare.
Cessata la società col Rossi, Giovanni Leigheb passò con lo stesso ruolo in Compagnia Colomberti, poi in altre, ora socio, ora scritturato.
Sua moglie recitava con lui le ultime parti.
La figura di questo teatro non è un semicircolo, ma una semiellissi: ha una scalinata di quattordici scaglioni di legno senza precinzioni, senza aditi, senza vomitorii: su di essa pose una loggia di colonne Corintie con una balaustrata ornata di statue: la scena è di pietra a tre ordini, e mostra nel prospetto tre uscite e due laterali.
Lasciava il padrone sotto la custodia de’ servi un paniere pieno di provvisioni: i ladri carolando con posizioni diverse aggiravansi per involarlo: i servi si studiavano di custodirlo e salvarlo da’ loro tentativi.
Allettata da questa, in me rinasce Vigor novello a scior la voce estrema, Che spiega a Voi d’un grato core i sensi : Parte di questo cor con Voi qui lascio ; E parte meco traggo, in cui scolpita Sta l’immagine vostra, che giammai Cancellar potrà 'l tempo, che giammai Sparger d’oblio, che mai…. ma tronca i detti Un doloroso, e fra i sospiri espresso, Non dal labbro, dal cor ultimo addio.
Noi sottoscritti Comici facciamo fede come sono uenute da Padoua tre lettere dirette a fichetto nostro compagno, scritte da Cauaglieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in quella Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per essersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi quella della Sig.
L' istanza fu respinta con data del 25 marzo, stesso anno, dietro informazioni del Presidente del Buon Governo, il quale oltre ad aver trovato che i comici del Rafstopulo erano scarsi di merito, mostrava come, aderendo a tal domanda, si sarebbe danneggiato un disegno emesso da tre o quattro anni di una vera e propria Compagnia Toscana, autorizzata e sovvenzionata dallo Stato, quantunque tal disegno avesse poca probabilità di essere nonchè approvato, solamente discusso.
lle Biancolelli, con una parte d’amorosa nella commedia di Boissy : La sorpresa dell’odio, ottenendovi un successo vero e proprio, e ispirando i seguenti versi : Par la Surprise de la Haine En vain vous avez cru débuter en ce jour ; Non, non, pour qui vous voit paroitre sur la scène, C’est la Surprise de l’amour.
Giuseppe Antonio Angeleri, di anni 37, figlio del fu Giovanni Angelo Angeleri, assalito da accidente apoplettico, è morto senza ricevere alcun sacramento, e fu sepolto in duomo con sei sacerdoti.
Luttavano allora con questo linguaggio adulterato cento idiomi oltramontani, e in tal conflitto di voci la necessità di farsi intendere dava la vita a certi nuovi gergoni, ciascuno de’ quali prendeva un carattere nazionale e distinto, in Italia, in Francia, e nelle Spagne. […] E non ostante il titolo di tragedie e commedie, esse altro non erano che meri monologhi, o dialoghi satirici senz’azione, posti in musica da lui stesso118, e cantati insieme con sua moglie, ch’egli menava seco in cambio di menestrels, o jongleurs, da noi detti giullari.
., avendo detto che si era trovata in lui molta rassomiglianza con quell’attore, oh, v’ingannate — disse il Principe di …… — egli non ha mai ucciso alcuno.
» Il poco che potè mettere assieme lasciò a Luigi Riccoboni, il quale, con lettera-patente data a Versailles il maggio 1723, fu autorizzato ad accettare la eredità.
Con coloro, chi grida più ha più merito, e dove trovare tra i comici una voce da stali e premi più sonora di quella ?
ma con le lettere dell’ordinario di venetia e di milano sono anciosissimo di sapere se V.
Il primo che pensò a costruirne uno stabile di pietra, fu Pompeo, e l’eseguì nel suo secondo consolato che esercitò insieme con M.
Il primo che pensò a costruirne uno stabile di pietra, fu Pompeo, e l’eseguì nel suo secondo consolato che esercitò insieme con M.
r Antonio è si troua in secreta con molto pericolo della sua uita.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca.
Nella Colombina del xvii e xviii secolo, abbiamo lo stesso tipo con accentuazione marcata di birichineria e di civetteria insieme : vero ideale di servetta.
Chè sí che un piè gli spezzo Con questo ciotto.