La danza deve essere una imitazione che, per via de’ movimenti musicali del corpo, si fa delle qualità e degli affetti dell’animo; ella ha da parlare continuamente agli occhi, ha da dipingere col gesto.
Io lo ricordo giovinetto a Torino, quando a notte alta per le vie ci ripeteva i brani più salienti delle interpretazioni paterne : nelle modulazioni musicali della voce la imitazione era tal volta perfetta.
Da ciò deriva lo spirito d’imitazione e il ricopiarsi l’un l’altro necessario nella massima parte perché la massima parte scarseggia di ricchezze proprie. […] Né si dee far menzione di quella spezie di melodia o sensazione aggradevole prodotta da qualunque vibrazione sonora, e che fatta per lusingare unicamente l’orecchio va disgiunta da ogni idea d’imitazione. […] Ed ecco un’altra non piccola sottrazione da farsi nella materia opportuna per la melodia drammatica, la quale, come più volte si è replicato, non può afferrare nella sua imitazione fuorché i tratti originali e precisi delle passioni. […] In secondo luogo perché nel caso ancora che un falso amore della patria determinato l’avesse ad eseguire quell’atto di crudeltà, né il teatro, né la filosofia dovrebbero autorizzarlo giammai esponendolo sulle scene alla pubblica imitazione. […] La sfera d’imitazione per la moltiplicità de’ caratteri, per la forza di essi, e per la verità della espressione è più dilatata nella prima che nella seconda.
In Pekin e Costantinopoli, in Parigi e Firenze si pretende cogli spettacoli scenici correggere e divertire la società mediante un’ imitazione della natura rappresentata con verisimiglianza, adoperandovi le molle della compassione e del ridicolo.
Ed è tale l’esattezza che si esige nel l’imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere, che lo distingue nello stato. […] I Cinesi non distruggono questa bella imitazione colle maschere sempre nemiche della vera rappresentazione.
E non altrimenti avverrà finché si tralasci l’imitazione della natura il vero, il grande, il patetico, il semplice per correr dietro alle bambocciate, alle caricature e a’ falsi ornamenti. […] Imperocché egli è certo che fra l’imitazione che si propone la musica vocale, e quella ch’è propria della strumentale, la prima è più fedele, più circostanziata e più immediata che non è la seconda, dove la distanza tra la maniera d’imitare e l’oggetto imitato è assai grande a motivo di non imitatisi le cose se non se in maniera troppo vaga e generica. […] [26] Supposti gli accennati principi tanto più sicuri quanto che sono ricavati non da’ capricci dell’usanza né dalla particolare opinione di un qualche scrittore di musica, ma dai fonti inesauribili di quel vero comune a tutte le arti d’imitazione, qual’è la maniera osservata dagli odierni compositori nel lavorare le arie? […] [39] Dalla fedele rappresentazione di questi diversi idiomi che non può eseguirsi se non da chi si è molto avanti inoltrato nella cognizione degli uomini, nasce ciò che s’appella in musica “espressione”, la quale non è altro che l’imitazione abbellita d’un sentimento determinato. Ora siccome questo sentimento non viene somministrato alla musica se non dalla poesia, così la vera espressione musicale nella drammatica non è né può essere che l’esatta imitazione della imagine, passione o sentimento compreso nelle parole.
Nell’Ambigu Comico vidi applaudito lo Statuario Greco, o Sophronime, imitazione di una novella di Florian, ed il Calderajo uomo di stato immaginario di Etienne, imitazione di un componimento Suedese. […] Nel teatro detto Sans pretension si ascoltava volentieri la tragedia di Giuseppe già rappresentata a Nantes, ed il dramma intitolato l’Angelo ed il Diavolo, i quali si contrastavano la condotta di un giovane, imitazione stravagante di Shakespear. […] Nè questo nè il buon senno di uno scrittore Francese ha punto giovato a richiamar su quelle scene l’opera eroica all’ imitazione degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine.
Rispetto alla poesia, l’indole della provenzale tutta fievole e cascante di vezzi è tanto diversa dall’arabica sparsa di pompose figure, e fraseggiata alla foggia orientale; la natura degli argomenti è così differente; così ne è lontano l’andamento dell’una e dell’altra, che il menomo vestigio non si scorge d’imitazione. […] A imitazione de’ trovatori molti e celebri Italiani fiorirono in Milano, Mantua, Vinegia e in Sicilia principalmente per la dominazione de’ provenzali ivi stabilita. […] 40» [16] Circa le canzoni a ballo, è da osservarsi però ch’esse non ebbero in Italia un principio cotanto naturale e filosofico quanto ne sembra a prima vista, poiché dagli esempi rimastici chiaramente si scorge essere stati cotai componimenti un prodotto piuttosto della imitazione, che una libera ed espontanea emanazion del talento. […] «Non avrebbe detto, che fra le due poesie il menomo vestigio non si scorge d’imitazione.» Sì, lo torno a dire di quella imitazione cioè immediata ed intrinseca, che caratterizza uno stesso spirito ed una origine stessa; non di quei rapporti universali, che nulla provano, perché provano troppo, e sui quali il Signor Abbate inalza la sua fabbrica rovinosa.
Colpa dello sconcerto che viene a mettersi tra le differenti parti di essa, d’imitazione non resta più ombra, svanisce in tutto la illusione che può nascer solamente dall’accordo perfetto di quelle; e l’opera in musica, una delle più artifiziose congegnazioni dello spirito umano, torna una composizione languida, sconnessa, inverisimile, mostruosa, grottesca, degna delle male voci che le vengon date e della censura di coloro che trattano il piacere da quella importante e seria cosa ch’egli è40.
Vedesi adunque nelle surriferite se e danze di Ulietea e delle altre isole mentovate quello spirito imitatore universale che guida l’uomo a copiare le azioni de’ suoi simili per farsene un trastullo; si notano i primi passi verso una spezie d’imitazione drammatica; si osservano congiunte alla danza le parole ed il canto; ma non si va più oltre.
Dotato di un singolare spirito di imitazione egli disegna, dipinge, pupazzetta con correttezza e spigliatezza incredibili, mettendo nelle sue macchiette quel sentimento che manca assai volte negli artisti di professione.
Non era ne’ primi lustri estinto il gusto e lo spirito di verità nell’ espressione e di semplicità nella favola acquistato coll’ imitazione de’ Greci. […] L’autor sagace e pieno della greca lettura vi seppe innestare l’ imitazione dell’Ifigenia in Aulide. […] Si trova nell’atto I qualche imitazione del Tasso. […] Una imitazione delle preghiere dell’Ercole in Eta di Seneca vedesi in quelle d’Amfia nella II scena Rotin gli astri innocenti, che possono dirsi nobili ed eleganti; ma la gioventù schiverà sempre queste liriche attillature.
Forse il piacere prodotto in questa festa dal ballo, dal canto e dalle maschere, suggerì il disegno di formare di tali cose un tutto e una imitazione più ragionata. […] Simili idee (ripetiamolo) combinandovisi circostanze simili, si risvegliano naturalmente senza bisogno d’imitazione; come senza questa vi si accozzano le particelle elementari necessarie alla produzione, e vi spuntano e vegetano le piante.
Forse il piacere prodotto in questa festa dal ballo, dal canto e dalle maschere, suggerì il disegno di formare di tali cose un tutto e una imitazione più ragionata. […] Simili idee (ripetiamolo) combinandovisi circostanze simili si risvegliano naturalmente senza bisogno d’imitazione; come senza questa vi si accozzano le particelle elementari necessarie alla produzione, e vi spuntano e vegetano le piante.
Bello è vedere ciò che fanno nelle colte nazioni gli attori distinti; ma una scrupolosa imitazione osta al disviluppo del genio e ne deprime le forze.
A imitazione degli Etruschi aggiunse Romolo il pomerio nella sua città14.
.): “Le più celebrate Tragedie, le Commedie più regolate non furono altro, che una troppo timida e superstiziosa imitazione degli Antichi. […] E con qual fondamento istorico dite che la Drammatica Italiana fu solo una servile imitazione degli Antichi? […] Dite che “l’affettata imitazione rese fredde e nojose le migliori Tragedie, e troppo dissolute le Commedie più celebrate, e che i più bravi ingegni inviluppati nella superstiziosa osservanza de’ precetti Aristotelici non ebbero coraggio di scuotere il giogo imposto dagli sterili interpreti di Aristotile”. […] Nè crediate, Signor Lampillas, che l’avere egli detto, che non istudiava altri Libri fuorchè il Teatro e il Mondo, significasse, che ad imitazione di Lope egli conculcasse le regole ragionevoli; che questo sarebbe uno de’ vostri farfalloni madornali.
L’avversione al mal gusto letterario gl’ inspirò il nominato poema satirico ad imitazione di quello di Pope; e l’ abborrimento conceputo contro i compatriotti che davano nome di filosofia a’ loro capricciosi sistemi, gli dettò le commedie les Philosophes e l’Homme dangereux. […] Il Valerio di quest’altra è una imitazione del Cleanto del Tartuffo e dell’Aristo del Méchant. […] Si sono anche ultimamente rappresentate l’Ottimista o l’ Uomo contento di tutto del giovane Collin d’ Harleville; il Matrimonio segreto di tre atti tollerata in grazia de’ buoni attori; la Fisica in un atto imitazione debole delle Letterate di Moliere, in cui una donna d’altro non vuol parlare che di magnetismo, di gas, di elettricità, di palloni volanti; le Riputazioni commedia in versi di cinque atti non migliore imitazione delle Letterate rappresentata in Parigi nel 1788; Moliere in casa di Ninon in prosa di mad. di Gouge impressa nel medesimo anno da’ gazzettieri enunciata col titolo di episodica, in cui intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV; la Morte di Moliere in versi e in tre atti che serve solo a rinnovare il dolore della perdita di quell’ingegno raro; la Giovane Sposa in versi ed in tre atti del sig. di Cubieres lodata dal giornalista di Buglione per la morale e pe’ caratteri.
Imperocché ove la musica non mi farà sentire che intervalli, consonanze, proporzioni, accordi, e rapporti, ove tutta la sua possanza si ridurrà a titillare unicamente i nervi auditori con certe vibrazioni metodiche e insignificanti, io applaudirò bensì alla scienza del musico, ammirerò quell’algebra sonora, come ammiro i calcoli di Ricatti e d’Eulero, goderò tinche dello stesso materiale diletto che mi arrecano i gorgheggi d’una lecora o d’un canario, ma rassembrerò altresì a que’ vecchi descritti da Omero, che formavano il consiglio di Priamo, i quali ammiravano la bellezza di Elena senza sentirsi commossi, perché non vi ravviserò punto quel principio d’imitazione, che di tutte le belle arti ne è il fondamento, non troverò alcun segno di convenienza tra gli accordi armonici e le mie proprie affezioni, né sentirò ricercarmi l’anima e il cuore da quei movimenti improvvisi e forti, che dalle arti di genio ha ogni uomo sensibile diritto di esigere. […] Al che aggiugnendosi l’accento vivo ed appassionato degl’Italiani, che gli dispone in particolar maniera alla melodia e dolcezza di canto, non è da maravigliarsi se la musica strumentale, la quale non è che una imitazione più o meno vaga e generica della musica vocale, ne prende anche essa l’indole dilicata e leggiera del suo modello. […] Il primo compositore disuguale e fecondo presenta agli amatori del bello musicale eccellenti esemplari d’imitazione nei maestosi e patetici gravi lavorati in gran parte sull’esempio degli adagi del suo maestro, nelle sue brillanti variazioni e soprattutto nelle suonate a solo, le quali sono la più pregievol raccolta che ci resta della scuola corelliana. […] L’arte del maestro e del sonatore altro non è infine che un linguaggio imperfetto, col quale non s’arriva a esprimere se non troppo rimotamente ciò che si vuole, laddove il canto è la più compita e più interessante imitazione che le belle arti possano proporsi per fine. […] Ivi ad imitazione di Demostene, di cui si dice che andasse ogni giorno al lido del mare affine di emendare la balbuzie della sua lingua col suono de’ ripercossi flutti, gli esercitavano essi facendoli cantare dirimpetto al sasso, il quale, replicando distintamente le modulazioni, gli ammoniva con evidenza de’ loro difetti, e gli disponeva a correggersi più facilmente.
I cinesi non distruggono questa bella imitazione colle maschere sempre nemiche della vera rappresentazione, le quali si adoperano unicamente ne’ balli e ne’ travestimenti di ladro.
Associatosi con l’empirico italiano Mondor, misero su, ad imitazione di tutti gli empirici del secolo decimosettimo, un palco sulla piazza del Delfino….
Io lo presi a modello in tutta quella difficilissima scena perchè, per quanto studio avessi posto onde variare modi, ed atteggiamenti, m’ avvedeva che tutto sarebbe rimasto al disotto d’ una felice imitazione.
Il Gozzi dice : Atanagio Zannoni, che sostiene con rara abilità il personaggio del Brighella tra le maschere nella Truppa Sacchi, rappresentava cotesto vecchio con quella perfetta imitazione nel vestito, nella voce, negl’intercalari, nel gesto, e nella positura, che suol far sempre ne' Teatri un grand’effetto con indicibile applauso.
L’avversione al mal gusto letterario gl’inspirò il nominato poema satirico ad imitazione di quello di Pope; e l’abborrimento conceputo contro i suoi compatriotti, che davano il nome di filosofia ai loro capricciosi sistemi, gli dettò le commedie les Philosophes, e l’Homme dangereux. […] Il Valerio di quest’altra è una imitazione del Cleante del Tartuffo, e dell’Aristo del Mechant. […] La Fisica in un atto è una imitazione debole per altro delle Letterate di Moliere. […] Non fu migliore imitazione delle medesime Letterate la commedia intitolata le Riputazioni in versi in cinque atti rappresentata in Parigi nel 1788. […] Puysegur, i Parlatori del Degligny attore ed autore imitati da una commedia di Collin d’Harleville, il Medico de’ Pazzi del sig. di Mimault, in cui si trova qualche imitazione del Ritorno inaspettato di Regnard, i Viaggiatori di Carlomagno, i Parenti di Dorvo.
L’imitazione sia degli zeffiri, sia delle fronde agitate, sia delle acque cadenti in mille guise, sia degli augelli, come diceva Lucrezio Caro, inspirò all’uomo una specie di canto, e gli sugeri il pensiero di accoppiarvi comunque le parole. […] Ogni imitazione poetica (diceva il dottissimo nostro Gravina) è il trasporto della verità nella finzione.
Si occupò il Goldoni tutto nella meccanica esteriore, e non si avvide che mancava alla sua imitazione l’anima che dovea serpeggiarvi. Quest’anima che tutto opera in simili posizioni consiste in renderle verisimili, naturali e necessarie; e tutto ciò manca all’ imitazione che ne fece nel suo Filosofo. […] Il sig. conte Aurelio Bernieri di Parma ne ha tradotto il solo Trinummo chiamandolo i Tre oboli, in cui adoperò un nuovo verso di dodici sillabe, come il seguente Questa più d’altra leggiadra e più pudica, ad imitazione di quello che usarono gli Spagnuoli del XV secolo, che Antonio Minturno nel XVI propose agl’ Italiani, quando a gara si cercava un verso che equivalesse all’antico giambico.
Simili idee (ripetiamolo), combinandovisi circostanze simili, si risvegliano naturalmente in diversi luoghi senza bisogno d’imitazione, come senza questa vi si accozzano le particelle elementari, necessarie alla produzione, e vi spuntano e vegetano le piante.
Quest’arte celeste questo sforzo portentoso dell’umano ingegno, impaziente d’ogni confine porta la contemplazione per tutta la natura, e facendo tesoro degli oggetti verì gli ordina nella fantasia, gli colora, gli adorna, gl’illeggiadrisce, e trasportando con viva imitazione l’evidenza del vero nella bellezza del finto, ne congegna l’armoniosa catena di vive immagini che mulcendo l’udito penetra negli arcani avvolgimenti del cuore umano, ed ammaestra dilettando. […] Imperocchè trovansi, egli è vero, dal Volga al Nilo, e dal giallo fiume Cinese all’Orenoco, i semi di sì bell’arte, cioè imitazione, versi, musica, saltazione, travestimenti, e spettacolo: non mancano (è vero ancora) i Tespi, i Cherili, i Pratini, i Carcini, non che nella Grecia e nell’Etruria e nell’antica Sicilia, ne’ Giavani, ne’ Cinesi, ne’ Giapponesi, ne’ Tunchinesi, ne’ Messicani e ne’ Tlascalteti.
Trovasi in questa commedia più d’una imitazione di Terenzio. […] Un’ altra imitazione Terenziana si scorge nell’allegrezza di M. […] É questa una libera imitazione o una bella copia della Casina di Plauto o di Difilo. […] Una libera elegante imitazione della Mostellaria di Plauto si ammira in quest’altra favola del Bentivoglio. […] Niuno meglio di lui seppe seguir gli antichi dando all’ imitazione la più gaja e fresca tintura de’ costumi della sua età.
E tal credenza radicò più che mai, quando l’una di queste arti tornata alla imitazione degli antichi nostri autori ed arricchitasi l’altra di nuovi ornamenti, condotte si stimarono assai vicine alla perfezione.
Ad imitazione degli Etruschi aggiunse Romolo il pomerio alla sua cittàb.
Altre favole si formarono ad imitazione di quelle dette di espada y capa ripiene di evenimenti notturni, di ratti, puntigli, duelli, equivoci, raggiri e sorprese al favor de los mantos.
E il Signorelli appunto nel luogo combattuto nelle prime parole affermò contro i ragionatori d’oltramonti, che “il diletto che partoriscono le faccende poetiche, proviene dalla dolce alleanza del Vero colla Finzione”, allegando l’eruditissimo Calabrese Gravina, che avea detto, che ogni imitazione poetica consiste nel trasporto della verità nella finzione. […] Se voi dunque vorrete mostrarvi un poco più Filosofo, vedrete, che il Canto regolato a norma della verità sarà una pretta imitazione del natural parlare accresciuta dall’Ottica teatrale di qualche tuono più vivace. […] L’imitazione de’ personaggi storici, o favolosi fu un altro pensiero di Eschilo. […] Esiste dunque per necessità nel Teatro questa tacita convenzione male impugnata; e la Drammatica ancora ne abbisogna, ad onta di quanto sinora si è travagliato per conferire all’illusione; e ridotta, se possibile fosse, a più manifesta imitazione del vero, e ad una approssimazione ad esso più immediata, vieppiù la produrrebbe.
Esse accoppiavano alla più esatta imitazione della natura i voli più bizzarri della fantasia, e nobilitavano gli argomenti in apparenza i più frivoli colla più vigorosa poesia, colla morale più sana, e colla politica più profonda. […] Osò per questo un poema sì straordinario internarsi impunemente nel segreto dello stato, trattar di pace, di guerra, e di alleanze, beffeggiare ambasciadori, screditar magistrati, manifestar latrocini de’ Generali, e additar i più potenti e perniciosi cittadini, non solo con una vivace imitazione de’ loro costumi, ma col nominarli e copiarli al naturale colle maschere. […] Sono poetiche e più che comiche l’espressioni del servo del poeta Agatone in tal commedia, ma si presume preso (come ordinariamente avviene a i servi de’ letterati) dal furore di far da bell’ingegno a imitazione del padrone.
L’autor sagace e pieno della greca lettura vi seppe innestare l’imitazione dell’Ifigenia in Aulide. […] Si trova nell’atto I qualche imitazione di Torquato Tasso. […] Una imitazione delle preghiere dell’Ercole in Eta di Seneca vedesi in quella di Amfia nella seconda scena, Rotin gli astri innocenti , che possono dirsi nobili ed eleganti; ma la gioventù schiverà sempre queste liriche attillature.
Trarremo solo da questa folla di poca importanza il Pedante burlato piacevole commedia di Cirano di Bergerac, i Visionarj di Desmaret morto nel 1676 commedia in quel tempo stimata inimitabile, benchè non sia che una filza di scene di ritratti immaginarj cattiva e maltessuta, e i Litiganti di Racine imitazione delle Vespe di Aristofane uscita nel 1667, cui credesi di aver in qualche modo contribuito e Despréaux e Furetiere ed altri chiari letterati18. […] Di lui è pure rimasta al teatro una imitazione dell’Eunuco di Terenzio intitolata il Mutolo.
In tempo di Antonino Pio da Capitolino si fa menzione solamente di Marco Marullo, attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città, senza eccettuarne l’istesso imperadore; Marco Aurelio, di lui figliuolo adottivo e successore, diceva, che le commedie de’ suoi tempi altro non erano che mimi, Dagli Antonini fino alla divisione dell’imperio romano non si trova nominato, ch’io sappia, altro scrittore drammatico a riserba d’una commedia in prosa poco degna di lode, scritta da un autore incerto ad imitazione Aulularia di Plauto, e così pure intitolata109.
É ben vago questo pronome elle posto prima di nominar Sofia ad imitazione di Terenzio.
Trovasi in questa Commedia più d’una imitazione di Terenzio. […] Un’altra imitazione Terenziana si scorge nell’allegrezza di messer Claudio. […] È questa una libera imitazione o una bella copia della Casina di Plauto o di Difilo. […] Una libera elegante imitazione della Mostellaria di Plauto si ammira in quest’altra favola del Bentivoglio. […] Antonio Minturno propose anche un verso di dodici sillabe ad imitazione di quelli del l’antico poeta Spagnuolo Giovanni di Mena, come questo, Non nocque a lei l’esser coranta bella.
Trarremo solo da questa folla di poca importanza il Pedana burlato piacevole commedia di Cirano di Bergerac, i Visionarii di Desmaret morto nel 1676 commedia in quel tempo stimata inimitabile, benchè non sia se non una filza di scene di tratti immaginarii cattiva e maltessuta, e i Litiganti di Racine imitazione delle Vespe di Aristofane uscita nel 1667, cui credesi di avere in qualche nodo contribuito e Desprèaux e Furetiere ed altri chiari letteratia. […] Di lui è pure rimasta al teatro una imitazione dell’Eunuco di Terenzio intitolata il Mutolo.
Questo traffico de’ letterati è antichissimo (Nota IV); ma distinguasi il plagio vergognoso dalla lodevole imitazione. […] La Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche ne fusse un’ esatta imitazione. […] Il Migliavacca oltre alla sua Tetide scrisse l’Armida, ed ebbe la destrezza di congiungere agl’incantesimi, ai sison delle furie ed a’ bilancè de’ personaggi allegorici di Quinault il vivo interesse dell’inimi abile Armida del gran Torquato ed una felice imitazione del seducente stile Metastasiano.
Non occorre punto fermarsi intorno all’origine della prima, essendo noto ad ognuno che nacque dalla mal intesa imitazione de’ poeti greci e latini trasferita al teatro. […] Crebbe all’opposto e salì alla sua perfezione l’arte della prospettiva per l’imitazione degli antichi, per l’ardore acceso negl’Italiani in coltivarla, per le scuole insigni di pittura fondate in parecchie città emule della gloria e degli avanzamenti, pel gran concorso di stranieri, e pel favore de’ principi.
Giudica il prelodato Affò essersi dovuta in Mantova formar la scena ad imitazione delle antiche, che figuravano a un tempo stesso più luoghi, e mostrar da un lato la via che faceva Orfeo nell’avvicinarsi alla reggia di Plutone, e dall’altro l’inferno stesso. […] A noi basti l’aver mostrato ad evidenza con altri non ambigui monumenti ciò che incresce ai Lampigliani, che l’Italia può vantarsi di aver coltivata la drammatica ad imitazione degli antichi con quella felicità che altri le invidia.
Affò essersi dovuta in Mantova formar la scena ad imitazione delle antiche, che figuravano a un tempo stesso più luoghi, e mostrar da un lato la via che faceva Orfeo nell’avvicinarsi alla reggia di Plutone, e dall’altro l’inferno stesso. […] A noi basti l’aver mostrato ad evidenza con altri non ambigui monumenti ciò che incresce a’ Lampigliani, che l’Italia può vantarsi d’aver coltivata la drammatica ad imitazione degli antichi con quella felicità che altri non ebbe.
Naturalmente, non avendo nè l’ingegno di lei, nè, come lei, la volontà di darsi anima e corpo allo studio, fecer consistere l’imitazione in tutto l’esteriore dell’attrice : la rapidità della dizione e del gesto, l’abbandono della persona, il correr delle mani ai capelli, l’abuso degli ah, degli oh, dei ma…. […] Anche gli spadini ch’ella soleva portar ne’capelli entraron per alcun tempo nel materiale d’imitazione, o, meglio, di ridicola contraffazione.
È ben vago questo pronome elle posto prima di nominar Sofia ad imitazione di Terenzio.
Chi ne ha dipinta la virtù con colori più amabili o si ponga mente ai magnifici esemplari, ch’ei propone alla nostra imitazione, o le massime importanti qua e là sparse ne’ suoi componimenti, o la persuasiva, irresistibil maniera colla quale dispone il cuore a riceverli? […] Nientedimeno Metastasio ha fatta vedere che niun oggetto è inferiore alla fecondità della imitazione poetica. […] Non può negarsi che riflettendo a quella fecondità prodigiosa dell’Ariosto, che fila sì complicate e moltiplici per la lunga e difficil carriera di quarantasei canti continui è costretto a condurre: a quella varietà che maneggia tutti gli stili, che dipinge tutti i caratteri e che trascorrer fa il lettore dal sommo all’infimo con fortunatissimo volo; a quella evidenza di pennello, che atteggia ogni movimento, che colorisce ogni muscolo e che ti fa quasi vedere e toccare le cose rappresentate; a quella forza che pareggia in alcuni caratteri quella d’Omero, e che supera in molti la forza di Virgilio; a quella brillante ed ardita immaginazione, la quale tante e sì maravigliose stranezze gli fa trovare per via, e che sì eccellente il rende in ogni genere di descrizioni; a quella inarrivabile schiettezza di stile aureo sempre ed ingenuo, onde s’arricchisce di mille forme diverse la patria lingua, si dilatano i confini della elocuzione poetica, e il più compito esemplare si ricava d’imitazione. […] [39] Altri finalmente decideranno se il Metastasio abbia sempre cavato dal proprio fondaco o dall’altrui i suoi pregiatissimi drammi; se l’imitazione de’ Greci, Inglesi, Francesi e Italiani sia abbastanza nascosa, o troppo visibilmente marcata; s’abbia tolta l’arte d’intrecciar gli accidenti da Calderon, autore ch’aveva tra i suoi libri e che a ragione veniva da lui stimato moltissimo a confusione di tanti saccenti, i quali intieramente lo dispregiano senz’averlo neppur veduto. […] Non può negarsi che Metastasio non abbia in alcuni luoghi portata l’imitazione fino ad involar le parole stesse non che i sentimenti, ma generalmente parlando, egli ha l’arte di adattare i pensieri che imita dall’altrui genere al proprio, la qual cosa basta per dare agli oggetti imitati quell’aria di novità, che gli rende pregievoli.
Quello del l’atto terzo mi sembra il più patetico, ed il Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione. […] Lodovico Dolce che ne fece una libera imitazione, ne tolse il prologo, e fe che Giocasta narrasse a un servo tutti gli evenimenti passati di Edipo. […] Havvi poi in Euripide una scena fra un vecchio ed Antigone che da un luogo elevato osservano l’armata Argiva, e ne vanno descrivendo i capi, che è una imitazione felice di un passo del III libro del l’Iliade pure dal Tasso trasportato nella Gerusalemme. […] Intorno a sì eccellente produzione di Euripide, al l’imitazione che ne fece Racine, alle antiche versioni e critichè, il giovane curioso potrebbe percorrere il tomo III della nostra operetta in tre volumi intitolata Delle migliori Tragedie Greche e Francesi nostre Traduzioni ed Analisi comparative.
Colla stessa signoril maniera è cangiato in latino il Prometeo al Caucaso di Eschilo, benchè con più libera imitazione, specialmente nel descrivere che fa la situazione di Tifeo atterrato dal fulmine di Giove e sepolto sotto l’Etna, nella narrazione fatta da Prometeo de’ beneficii da lui procurati agli uomini e nelle veramente tragiche querele d’Io.
[11] Nella Dorinda d’un poeta sconosciuto si trova un monologo fatto ad imitazione di quello d’Amarilli nel Pastor fido, dove fra le altre cose Dorinda dice: «Niso amato ed amante, Se giugnesti a veder quanto mi costa Questo finto rigore, So che avresti pietà del mio dolore. […] Fu nondimeno tenuto a’ suoi tempi per ristorator del teatro: i suoi drammi furono ristampati non poche volte come cose degne di tenersi in gran pregio: i letterati sel proponevano per modello d’imitazione, e le muse anche elleno, le vergini muse concorsero a gara per onorar con inni di laudi chi più d’ogni altro recava loro vergogna ed oltraggio.
Onde accusar il dramma musicale perché introduce i personaggi che cantano, è lo stesso che condannarlo perché si prevale nella imitazione de’ mezzi suoi invece di prevalersi degli altrui: è un non voler, che si trovino nella natura cose atte ad imitarsi col suono, e col canto: è in una parola accusar la musica perché è musica. […] Mal s’applicherebbe la più possente e la più energica delle arti d’imitazione ad un discorso freddo e insignificante. […] Nullameno considerando, che il duetto lavorato a dovere è il capo d’opera della musica imitativa, e che produce sul teatro un effetto grandissimo: riflettendo, che l’agitazion d’animo veemente, che ne’ personaggi si suppone, basta a rendere se non certa almeno possibile la simultanea confusione di parole, e d’accenti in qualche momento d’interesse, la quale possibilità basta a giustificar il poeta nella sua imitazione: ripensando, che lo sbandir dal dramma siffatti pezzi sia lo stesso, che chiuder una sorgente feconda di diletto alle anime gentili; il critico illuminato sarà costretto a commendarne l’uso non che a permetterlo, avvisandosi, che nelle belle arti l’astratta ragione debbe sottoporsi al gusto come questo si sottopone all’entusiasmo, e al vero genio.
» Certo il ‘martelliano’ non piacque al marchese Orsi7, ma le allusioni a un incalzante partito ‘marchigiano’ di austera imitazione classicista lasciano intendere che tra i detrattori delle tragedie di Martello ci fosse anche Domenico Lazzarini, che dopo un lungo soggiorno romano durante il quale era entrato in contatto con Gian Vincenzo Gravina, Giusto Fontanini e Domenico Passionei, si era trasferito a Bologna nel 1709 per ripartire solo nell’estate del 17118. […] — [4.106ED] — Io — replicava l’Impostore — ti ho detto altre volte che l’imitazione perché diletti dee contentarsi di una perfezione la quale non esca fuori della sua sfera, e però in alcune cose dee convenire col vero e in alcune disconvenire. [4.107ED] Egli è per questo che le comparazioni son belle, imperocché fra due cose dissomiglianti si viene a conoscere qualche convenienza che per l’avanti non appariva; ma la similitudine del leone con Ettore non sarebbe lodata, se in tutte le cose il leone con Ettore convenisse, perché allora Ettore ed il leone sarebbero una cosa medesima e sarebbe un comparare lo stesso a se stesso, lo che non dilettevole, ma viziosa renderebbe la comparazione. [4.108ED] Tale si è l’imitazione: in alcune cose dee convenire, in alcune disconvenire, altrimenti non sarebbe più imitazione del vero, ma il vero medesimo; né si avrebbe il gran merito del produr gli effetti ne’ cuori umani col finto, che si producon col vero. [4.109ED] Che se pensassero mai i tragici di sedur tanto le immaginazioni de’ loro uditori da far lor credere di trovarsi in coloro a veder la vera trasformazione di Edipo o in Aulide al sacrificio d’Ifigenia, di gran lunga s’ingannano. […] [6.37ED] Ma tu replicherai che imitandosi nel dramma i veri ragionamenti, questi solamente seguono in prosa, avvenendo casualmente che qualche verso cada fra mezzo al discorso; alla qual cosa rispondo: esser altro il vero, altro l’imitazione del vero; il vero ha per sé un’efficacia a persuadere che non ha il finto, né l’imitazione pareggia mai l’imitato. [6.38ED] Questa differenza che sempre è notabile, viene ricompensata altamente dalla dolcezza prestata dal metro a’ discorsi; imperocché, affascinando questo con la soavità la mente degli ascoltanti, vi discende con tanto lor piacimento che poi, animato dalle ragioni, le quali da esso vengono contenute, muove non altrimenti che se vero fusse ed anche alle volte assai più del vero. [6.39ED] Questo fascino dunque dell’armonia, che tanto vale a condurre a suo talento gli affetti, facilita il conseguire alla tragica imitazione il glorioso fine di muovere all’odio del vizio ed all’amore della virtù gli uditori e di giovare, dilettando, alla repubblica. […] [commento_3.36ED] imitazione… altrui: cioè da entrambi i tipi di soliloqui di III.[22]. […] [commento_4.50ED] quelli: l’Italia liberata dai Goti derogò dal metro canonico della narrativa lunga (l’ottava), in ossequio a un più rigido principio di imitazione classica adottando gli endecasillabi sciolti.
[14] Da ciò ne siegue che la melodia della lingua e del canto italiano è la più viva e sensibile di quante si conoscano, perocché traendo questa nobilisima parte della musica da sua origine, e la sua forza dalla imitazione trasferita al canto delle diverse successive inflessioni, che fa l’uomo nella voce ordinaria, allorché è agitato da qualche gran passione, ed essendo esse inflessioni tanto più variate, e moltiplici quanto maggiore è la varietà degli accenti nella sua pronunzia; egli è per conseguenza chiarissimo, che più espressiva sarà la melodia a misura, che la lingua sarà più abbondevole e varia in questo genere, perché l’imitazione della natura diverrà più perfetta.
Sono tutte artificiose e facete scritte ad imitazione de’ Latini con intrighi maneggiati da servi astuti e talvolta con colori tolti da Plauto, come il raggiro de’ servi per ingannare un Capitano nell’Alvida, che con poche variazioni si trova nel Miles del comico Latino.
I noti carri di Tespi menati d’uno in altro luogo dovettero essere una specie di tenda portatile che prontamente si rassettava alle occorrenze ad imitazione del primo semplice apparato campestre.
Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ?
Accordiamo di buon grado quel che egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo che egli stesso con altri suoi compatriotti troverebbe poco glorioso per la testa e per la lingua francese): e che Lope de Vega, il Castro e il Calderòn siensi più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Uno storico della letteratura universale lascerà seppellirgli nell’obblio, non vedendo nell’Oreste che languidezza ed imitazione del greco? […] Al principio del secolo XVI le lingue nazionali giacevano tutte neglette e solo l’Italia poteva vantare ne’ suoi volgari scrittori esemplari da paragonare in qualche modo agli antichi, e da proporre al l’imitazione de’ moderni. […] Di tante traduzioni ed imitazioni francesi della Sofonisba, quella di Mairet fu l’unica che si sostenne lunga pezza in teatro, ed, al dir di Voltaire, fu la prima tragedia francese, in cui ad imitazione del Trissino si videro osservate le regole delle tre unità, e che servì per ciò di modello alla maggior parte delle tragedie francesi che vennero dopo.
Per quanto concerne la coesistenza di cooperazione e imitazione, essa si verifica quando diversi tipi di espressione sono delegati a organi differenti. […] Ed i greci, e gli ateniesi principalmente, non eran gente da prendere a gabbo in materia di finezza di gusto per tutto ciò che alla bella imitazione si apparteneva. […] La sua imitazione è una pretta ripetizione della cosa medesima che s’imita. […] Egli debbe, il più che può, particolareggiare e individualizzare gli oggetti della sua imitazione. […] Allora l’imitazione in tutti gli astanti diventa un bisogno, e si rinnovano i fenomeni degli Abderiti, e di quell’illusione, che è l’effetto prodigioso dell’arte.
[1] Il metodo progressivo dell’umano ingegno nelle sue investigazioni, gli avanzamenti fatti nell’armonia e nella poesia, il favore largamente concesso da Leon X alla musica, della quale fu intendentissimo, e lo studio dell’antichità da tre secoli pertinacemente coltivato doveano in un secolo d’attività e d’imitazione sollicitar la fantasia pronta e vivace degl’Italiani a rinovare tutto ciò che aveano fatto gli antichi. […] [21] Nonostante, il Rinuccini non lasciò d’urtare nello scoglio incontro al quale urtano sovente gli inventori in cotai generi, la mescolanza, cioè, dell’antica imitazione colle moderne usanze.
Essa scorgerà il proprio inganno al riflettere che mentre gl’inglesi s’ingegnano d’introdurre nelle proprie scene il brio e la giovialità francese, il teatro di Francia per una mal intesa imitazione inglese si riempie d’orrore e di tristezza oltraggiosa all’umanità; e così ogni genere rientrerà dentro i confini prescritti dall’invariabile ragion poetica.
Mairet, gentiluomo del Duca di Montmorenci, non solo fu tralle altre mentovate l’unica che si sostenne in teatro per lunga pezza, ma fu anche, al dir del Sig. di Voltaire, la prima tragedia francese, in cui ad imitazione del Trissino si videro osservate le regole delle tre unità, e che servì perciò di modello alla maggior parte delle tragedie francesi che vennero appresso.
Accoppiavansi in esse alla esatta imitazione della natura i voli più bizzarri della fantasia e si nobilitavano colla più vigorosa poesia, colla morale più sana e colla politica più profonda i soggetti all’apparenza i più frivoli e meno interessanti. […] Osò per questo un poema così straordinario internarsi impunemente nel segreto dello stato, trattar di pace, di guerra, di alleanze, beffeggiare ambasciatori, screditar magistrati, manifestare i latrocinj de’ generali, e additare i più potenti e perniciosi cittadini, non solo con una vivace imitazione de’ loro costumi, ma col nominarli e copiarli al naturale colle maschere. […] Questi versi non possono essere imitazione di alcun passaggio di tragedia? […] Questo coro grottesco di uomini con maschera di uccelli di varie spezie, imitava al possibile la fisonomia di coloro che si volevano additare e mordere; ed oltre a fare una capricciosa decorazione, serviva a dar motivo alla musica di essere varia e piacevole coll’ imitazione del canto di varj uccelli. […] Con tutto ciò il Pluto per mio giudizio par che tenga il principato di tutte quelle favole; perocchè quivi non sei stomacato da laidezze, nè scandalizzato da oscenità, nè immalvagito da perversa imitazione quanto si vede nelle altre.
Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette Metastasio53, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze del tempo. […] Nell’atto quinto trovasi quello squarcio maraviglioso che latinamente con molta eleganza tradotto da Cicerone adorna il II libro delle Questioni Tusculane, O multa dictu gravia, perpessu aspera ecc., del quale Ovidio nel IX delle Metamorfosi fece una bellissima imitazione. […] Quello dell’atto terzo mi sembra il più patetico, ed il Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione. […] Lodovico Dolce che ne fece una libera imitazione, ne tolse il prologo, e fe che Giocasta narrasse a un servo tutti gli evenimenti passati di Edipo. […] Vi è poi in Euripide una scena fra un vecchio ed Antigone che da un luogo elevato osservano l’armata Argiva e ne vanno descrivendo i capi, che è una felice imitazione di un passo del terzo libro dell’Iliade, che dal Tasso pur si trasportò nella Gerusalemme.
Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio di questo secolo, è appunto la saggia imitazione fatta dal Martelli dell’Ifigenia in Tauri e dell’Alceste di Euripide. […] Egli compose tre tragedie col coro continuo lavorate con una troppo servile imitazione de’ Greci, per la quale riescono fredde e nojose, la Temisto, la Penelope, e Salvio Ottone. […] Degna di notarsi è pur la profezia dell’atto IV che il Granelli ad imitazione di quella di Giojada dell’Atalia del Racine fa profferire a Geremia dell’eccidio di Babilonia e dell’impero degli Assirj trasferito a’ Medi. […] L’imitazione può chiamarsi esatta, e pur questi versi non pare che abbiano destato la commozione che recitandosi quelli del Cinna facea piangere il gran Condè all’età di venti anni. […] Perchè il non verace autor da colpi d’occhio noverò tra’ difetti dell’Alfieri l’imitazione de’ Greci?
L’imitazione de’ personaggi che parlano nel dialetto napoletano ha somma verità e piacevolezza ; là dove quella de’ personaggi che usano la lingua toscana, ha qualche stento sì per certe trasposizioni aliene dalla lingua e del genere comico, sì per alcune maniere di dire toscane ma poco toscanamente collocate. […] Si occupò il Goldoni tutto nella posizione esteriore mal motivata, e non si avvide che mancava alla propria imitazione l’essenza, l’anima che dovea renderla interessante. […] Distinguasi però il plagio vergognoso dalla lodevole imitazione. […] La Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche fosse del Cinna una esatta imitazione. […] Comunque sia commendiamo l’imitazione di Calsabigi ; quella al certo, se avesse avuto più tempo, era la maniera di formarsi lo stile dolce e preciso, seguir le vestigia de’ grandi ; ma bisognava adorarle nel tempo stesso nel calcarle, in vece di mordere il piede che le stampa.
Nell’anno 1486 cominciarono ad imitazione di Roma, e con maggior magnificenza, a rappresentarsi in Ferrara feste e spettacoli teatrali sotto la direzione dell’infelice Ercole Strozzi, figlio di Tito Vespasiano Strozzi Ferrarese146 e niuno vi ebbe (dice l’eruditissimo Tiraboschi) che nella pompa di tali spettacoli andasse tant’oltre quanto Ercole I duca di Ferrara, principe veramente magnifico al pari di qualunque più possente sovrano147.
Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette il Metastasio a, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze dell’unità del tempo.
I noti carri di Tespi menati d’uno in altro luogo dovettero essere una specie di tenda portatile che prontamente si rassettava alle occorrenze ad imitazione del primo semplice apparato campestre.
Colla stessa signoril maniera è cangiato in latino il Prometeo al Caucaso di Eschilo, benchè con più libera imitazione, specialmente nel descriver che fa la situazione di Tifeo atterrato dal fulmine di Giove e sepolto sotto l’Etna, nella narrazione fatta da Prometeo de’ beneficj da lui procurati agli uomini, e nelle veramente tragiche querele d’Io. […] Accordiamogli di buon grado quel ch’egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso, non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo, ch’egli stesso per avventura con tanti altri suoi dotti compatriotti troverà poco glorioso per la testa e per la lingua Francese); e che Lope de Vega, il Castro e ’l Calderon si sieno più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Uno storico della letteratura lascerà seppellirgli nell’ obblio, non vedendo nell’Oreste che languidezza ed imitazione del greco? […] Vi si vede talvolta troppo studio della semplicità greca, talvolta un’ imitazione delle sentenze di Seneca poste come aforismi, e sovente degli ornamenti più proprii dell’epica e della lirica poesia.
Jodel e Ronzard in Francia, invitati dall’esempio degl’Italiani, tentarono di seguirli nella imitazione medesima, ma le loro tragedie furono poco applaudite. […] Questa consiste nel far comparire in principio della favola persona dallei separata e senza nome a dire il tema, ad imitazione di Terenzio. […] Ora aggiungerò qual regola s’hanno comunemente proposta nella imitazione de’ tragici costumi. […] Una parte della morale imitazione non dà veruna loda al poeta, essendo di sua natura unita a’ fatti e però necessaria a qualunque favola. […] L’imitazione ne costituisce l’essenziale bellezza; l’armonia del verso dà loro la grazia.
Però gli spettacoli nel loro nascere, ovunque si formano dipersè, e non per pura imitazione degli altri (nel qual caso la faccenda procede altrimenti) impresero a trattar argomenti propri della religione di quel dato paese, come cel dimostra l’esempio di molti popoli selvaggi, degli Scandinavi, de’ Messicani, de’ Peruviani, de’ Chinesi, e de’ Greci principalmente. […] Gli spettatori non vedevano tra essa e loro quella distanza infinita, la quale, togliendo ogni proporzion fra gli estremi, rende inapplicabile qualunque teatrale imitazione.
Questo, che a prima vista sembra un paradosso, verrà nondimeno facilmente accordato dal lettor giudizioso qualora ei voglia riflettere che la energia de’ suoni musicali nel muovergli affetti non altronde deriva se non se dalla più vicina imitazione della natura, cioè dalla espressione più esatta di quei toni naturali, nei quali prorompe l’uomo allorché si sente oppresso dal dolore, dall’ira, dalla gioia o da qualunque altra passione impetuosa e vivace. […] Il ritmo poetico non era che una successiva imitazione dei diversi moti delle passioni; il ritmo musicale adunque non poteva essere che una rappresentazion successiva dei medesimi moti. […] Siccome in tutte le belle arti riguardavano essi come oggetto principale l’imitazione della natura, e siccome la possanza imitatrice della musica, massimamente nello svegliar le passioni, dipende, come si provò nel capitolo ottavo del primo tomo di quest’opera, dalla sola melodia, così rivolsero ad essa principalmente la loro attenzione, la costituirono il fine ultimo dell’arte del suono, e il centro, quasi direi, intorno al quale aggirar si dovessero come subalterne e inservienti tutte le parti dell’armonia.
E conchiuse, alla fine, che il fondamento di una tale imitazione ha da essere un’armonia che seguiti passo passo la natura, una cosa di mezzo tra il parlare ordinario e la melodia, un temperato sistema tra quella favella, dic’egli, che gli antichi chiamavano diastematica, quasi trattenuta e sospesa, e quella che chiamavano continuata.
Egli vedeva ugualmente gli errori tanto di chi contento della regolarità de’ Francesi non sentiva il gelo e la languidezza di una servile imitazione, quanto di chi trasportato dall’entusiasmo di Shakespear senza possederne l’ingegno, ne contraffaceva piuttosto le mostruosità che le bellezze, il patetico, il sublime.
Egli vedeva ugualmente gli errori tanto di chi contento della regolarità de’ Francesi non sentiva il gelo e la languidezza di una servile imitazione, quanto di chi trasportato dall’entusiasmo di Shakespear senza possederne l’ingegno, ne contraffaceva piuttosto le mostruosità che le bellezze, il patetico, il sublime.
[26] La ricchezza parlando delle arti d’imitazione e di sentimento può renderle più dotte, più variate, più estese, ma non è una conseguenza che debba renderle più patetiche e più commoventi. […] La perfeziona bensì, se per perfezionare s’intende darle quella unità, che risulta dal trasportare la stessa melodia in più tuoni, e dal collocarla ne’ siti analoghi della composizione, o anche dal congruamente alternare le diverse cantilene, onde nasce la varietà208; e di questa sorta di perfezione si trovano molti, e distinti esempi ne’ moderni contrappuntisti dal Palestrina fino al Valotti; ma non la perfeziona punto quando si tratta di produrre il vero patetico ovvero sia l’imitazione degli affetti umani. […] L’una e l’altra di queste cose sono la rovina delle arti e delle belle lettere, imperocché consistendo il bello di esse nell’imitazione della natura, ed essendo siffatta imitazione ristretta ad una limitata sfera di sentimenti e d’imagini espresse con certi colori e con certe determinate forme, qualora la suddetta sfera sia stata, a così dire, intieramente trascorsa per opera dei trapassati autori, e qualora agli artisti comincino a sviare da quelle forme e da quella determinata maniera; vanno a rischio di perder affatto le traccie della vera imitazione, smarrita la quale non resta per loro altro principio regolatore fuorché il capriccio, onde si genera la stravaganza.
., di cui Ovidio nel IX delle Metamorfosi fece una bellissima imitazione. […] Quello dell’atto IV mi sembra il più patetico, e ’l Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione. […] Appresso in Euripide vi é una scena tra un vecchio e Antigone, che d’alto stanno osservando l’armata argiva, e ne vanno descrivendo i capi; il che é un imitazione felice di un patto del III libro dell’Iliade, che pur fu dal Tasso trasportato nella Gerusalemme.
Si fa leggere con piacere la tenera elegante Zelinda, tragedia del conte Calini da Brescia, benché imitata da Blanche e Guiscard (e quando mai una felice e spiritosa imitazione su riprensibile nelle lettere? […] Il celebre Geronimo Gigli ha consacrato qualche ozio alla poesia comica in Siena, ed oltre al Don Pilone, elegante imitazione del Tartuffo, e alla Dirindina.
Egli è però da confessarsi che pur si trova in tal tragedia qualche imitazione fatta di Sofocle non infelicemente, e vi si veggono sparsi quà e là molti bei versi ed alcuni squarci pregevoli. […] Monstra jam desunt mihi, Minorque labor est Herculi jussa exequi, Quam mihi jubere; ch’è una vaga imitazione di ciò che Ovidio con eleganza fe dire all’ istesso Ercole nel IX delle Metamorfosi: . . . . . . . .
del quale Ovidio nel nono delle Metamorfosi fece una bellissima imitazione.
E il piacer patetico altro non è che la speranza, che quella vivace imitazione produce nel nostro animo, di godere di quell’oggetto. […] E se niuno si trovi che a publico vantaggio modestamente gli rilevi, essi vengono ciecamente imitati come tante bellezze: da che l’imitazione de’ difetti è ben più agevole che non è quella delle virtù. […] Non altrimenti il ritratto d’una persona temuta, amata, odiata, ci sveglia que’ medesimi alletti, che già ne svegliò la persona che è l’archetipo di quella imitazione o ritratto. […] Anzi, l’imitazione de’ grandi attori è un mezzo efficacissimo di giugnere alla bella pronunziazione: nulla essendo tanto naturale agli uomini, quanto il contraffare quelle maniere di parlare e di gestire, che osservano in altrui. […] Non sepea messer lo professore che è un precetto universale e comune a tutte le arti d’imitazione, il rispettare il verisimile; precetto, che non ammette veruna licenza, se non nel caso ch’esse vogliano esporre li grottesco.
Egli è però da confessarsi che pur si trova in tal tragedia qualche imitazione fatta di Sofocle non infelicemente, e vi si veggono sparsi quà e là molti bei versi ed alcuni squarci pregevoli. […] Non è da omettersi la bella espressione di Giunone nell’atto I: … Monstra jam desunt mihi; Minorque labor est Herculi jussa exequi, Quam mihi jubere; che è una vaga imitazione di ciò che Ovidio con eleganza fe dire all’istesso Ercole nel IX delle Metamorfosi: … Defessa jubendo Saeva Jovis conjux, ego sum indefessus agendo.
Sono tutte artificiose e facete scritte ad imitazione de’ Latini con intrighi maneggiati da servi astuti, e talvolta con colori tolti da Plauto, come il raggiro de’ servi per ingannare un Capitano nell’ Alvida che con poche variazioni si trova nel Miles del comico latino. […] Altre favole si formarono ad imitazione di quelle di espada y capa ripiene di evenimenti notturni, di ratti, puntigli, duelli, equivoci, raggiri, sorprese al favor de’ manti.
.: sul giudizio che portaste di Rapin: sugl’inventori della Pastorale: su i Pregiudizj attribuiti al Signorelli, che in fatti sono vostri errori di Storia di Critica: sulla sognata decenza delle favole Lopensi, e Calderoniche: sulla possibile imitazione di un Metastasio delle Opere di Calderòn: sul vostro falso modo di ragionare dell’Opera Italiana: sulle Tragedie divine della Caverna di Salamina: sul passo di Orazio, in cui prendeste per rappresentazioni teatrali difettose l’Orso, l’Elefante bianco, i Pugili, i Gladiatori, la pompa de’ Trionfi, e tutti i Giuochi del Circo, e dell’Anfiteatro.
Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio del XVIII secolo, è appunto la saggia imitazione che fece il Martelli dell’ Ifigenia in Tauri e dell’ Alceste di Euripide. […] Egli compose tre tragedie col coro continuo lavorato con troppo servile imitazione de’ Greci, per la quale esse riescono fredde e nojose, la Temisto, la Penelope, e Salvio Ottone. […] L’imitazione può chiamarsi esatta, e pure questi versi non pare che abbiano destata la commozione, che recitandosi quelli del Cinna facea piangere il gran Condè all’età di venti anni. […] Diremo su di essa di passaggio che se si esamina come una sua imitazione libera, dal solo titolo appare di avere introdotto nell’argomento greco multiplicità di azione. […] Or perchè il non Verace autore da Colpi d’occhio noverò tra’difetti dell’Alfieri l’imitazione de’Greci ?
Viene fuori il servo di Agatone, il quale colle sue comiche espressioni si manifesta preso (come d’ordinario avviene a’ servi de’ letterati) dalla smania di mostrarsi bell’ ingegno ad imitazione del padrone. […] Questi versi non possono essere imitazione di alcun passaggio di tragedia? […] Con tutto ciò il Pluto per mio giudizio par che tenga il principato di tutte quelle favole, perchè quivi non sei stomacalo da laidezze nè scandalezzato da oscenità, nè immalvagito da perversa imitazione quanta si cede nelle altre.
L’autore si prefisse l’imitazione di una scena della Clemenza di Tito 2. […] Nell’atto I si nota una felice imitazione di un pensiero del Metastasio.
Per chi si contenta di averne qualche leggiera notizia, accenniamo soltanto, che tal festa stimossi un’ imitazione de’ Saturnali de’ gentili.
Il circuito delle sue mura, descritto all’usanza religiosa dell’Etruria da un solco fatto coll’aratro tirato da un toro e una vacca61; il pomerio a imitazione degli etruschi aggiunto da Romolo alla sua città62; tanti riti, divinità, regolamenti politici e spettacoli da essa adottati, dimostrano che fin dalla sua origine Roma presa l’Etruria per esemplare. […] ……………… Monstra iam desunt mihi; Minorque labor est Herculi iussa exequi, Quam mihi iubere, ch’é una vaga imitazione di ciò che Ovidio con eleganza avea fatto dire ad Ercole nel IX. delle Metamorfosi, …… Defessa iubendo.
L’autore si prefisse l’imitazione di una scena della Clemenza di Tito a. […] Nell’atto I si osserva una felice imitazione di un pensiero di Metastasio.
I pedanti orgogliosi, i quali appresero l’antica letteratura soltanto nelle scuole fanciullesche, e vogliono indi gludicarne canuti dalle idee elementari che ivi ne ricevettero, imparino dall’argomento di questa commedia, che gli antichi comici molte altre invenzioni avranno immaginate assai diverse da quelle che leggiamo nelle reliquie de’ loro scritti a noi pervenute; e cessino dal dettar pettoruti in tuono di oracolo aforismi generali che contraddicono all’ imitazione dell’immensa natura, e circoscrivono angustamente la poesia comica, ristrignendola a’ soli raggiri servili, a intrighi meretricii e ad una elocuzione bassa e triviale. […] Gio: Burmeistero nel 1625 ne fece una imitazione volgendola al fatto di Saulle che promette la figliuola a Davide.
Un rispettabilissimo personaggio che ha voluto occultare al grosso de’ lettori un nome grande, di cui andrebbe superba la poesia, come ne va la nazione spagnuola, ha proposto all’altrui imitazione un modello di tragica poesia nell’Ifigenia di Racine da lui ottimamente trasportata in versi castigliani e impressa nel 1768.